S.O.S. Famiglia di matti di Ely_fly (/viewuser.php?uid=176658)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Balletto ***
Capitolo 2: *** Allenamenti ***
Capitolo 3: *** Parole ***
Capitolo 4: *** Vacanze ***
Capitolo 5: *** Film ***
Capitolo 6: *** Scuola ***
Capitolo 7: *** Frozen ***
Capitolo 8: *** Baby-sitting ***
Capitolo 1 *** Balletto ***
«Vera!
Tesoro, siamo in ritardo!»
«Non
ci vengo!»
Richard
Grayson, al secolo conosciuto come Robin, soffocò una
risata, mentre guardava sua moglie che sbuffava, aspettando la figlia
nell’atrio del loro appartamento, borsa appesa ad un braccio
e trench ripiegato
sull’altro, le chiavi della macchina in mano.
La
donna si voltò per fulminarlo, prima di ricominciare ad
urlare
verso le scale.
«Vera
Grayson! Hai due secondi per scendere, prima che io venga a
prenderti!»
«No!
Ho detto che non ci vengo!» strillò in risposta la
bambina,
sottolineando la sua rabbia sbattendo la porta della sua camera.
«Vera!»
urlò la donna, correndo sulle scale e cercando di aprire
la porta. «Apri immediatamente questa porta!»
«No,
no, no, no!»
«Vera,
esci immediatamente da qui!» esclamò la donna,
posizionando
una mano sulla porta.
«Non
ci vengo, non ci vengo e non ci vengo!» continuò
imperterrita
la bambina.
«Vera,
sto per perdere la pazienza. E tu non vuoi che questo
accada, vero?»
«Non
voglio!»
La
donna sospirò, si portò le mani alle tempie e
cominciò a
massaggiarsele, poi scese le scale di corsa ed entrò di
furia nel salotto,
davanti al marito.
«Richard,
per favore, pensaci tu. Tua figlia sta esagerando.»
«Ah,
adesso è mia figlia, eh?» sorrise
l’uomo, alzandosi dal
divano su cui era comodamente seduto.
«Non
ti ci mettere pure tu!»
«Tranquilla,
amore, ci penso io» rispose lui, continuando a
sorridere e posandole un bacio sulla fronte, prima di avviarsi sulle
scale.
«Vera?»
«No!»
strillò la bambina dall’interno della stanza.
«Non
sai nemmeno quello che voglio dirti. Mi fai entrare?» chiese
l’uomo.
«No!»
“Tale
e quale a sua madre” pensò l’uomo,
sospirando. «D’accordo,
allora te lo dico da qui. Mi ascolti?»
Interpretò
il silenzio come un sì. Chi tace acconsente, no?
«Perché
non vuoi andare con la mamma?» domandò,
appoggiando un
braccio alla porta per usarlo come sostegno.
«Non
voglio andare a lezione di ballo!» gridò la bimba,
tra le
lacrime.
«Perché
no?»
«Perché
io voglio fare arti marziali, come te e come Will!»
esclamò
la piccola, aprendo la porta all’improvviso e rischiando di
farlo cadere.
«Tesoro…
Lo sai cosa ne pensa la mamma delle arti marziali»
tentò
di farla ragionare il padre.
«Ma
lo faceva anche lei!» rispose la bambina, incrociando le
braccia e mettendo il muso.
«Solo
per necessità, credimi. Infatti, quando ha potuto finalmente
avere del tempo per se stessa, si è dedicata al
ballo» le raccontò l’uomo,
prendendola in braccio.
«Sul
serio?» domandò la piccola, sgranando gli occhioni
azzurri
che aveva ereditato da lui.
«Certo!
Ti ho mai mentito?» le chiese lui, andando verso la
libreria del corridoio. Destreggiandosi con la bambina tra le braccia,
riuscì
ad aprire un vecchio e spesso album di foto. «Vedi? Ecco la
tua mamma al suo
primo balletto. Aveva qualche anno in più di te, ma ha
cominciato tardi perché
prima aveva un’altra attività da portare
avanti» continuò, mostrandole una
fotografia.
«Faceva
l’eroe come te, vero?» chiese la bambina, passando
una
mano sull’immagine di una ragazza con un tutù
bianco.
«Si
dice eroina, se è una donna, però, sì,
era un eroe come me e
come gli zii e le zie» la corresse Richard, facendole vedere
una foto in cui
tutte le ballerine erano disposte in fila, una accanto
all’altra. Puntò il dito
su una ragazza magra, aggraziata, i capelli scuri raccolti in un
elegante
chignon. «Ecco, guarda come era bella.»
«Era?»
chiese una voce di donna con tono seccato da dietro le loro
spalle.
Con
fare colpevole, l’uomo si voltò: «Ho
detto così? Intendevo è,
naturalmente.»
«Naturalmente»
gli fece eco la donna, avvicinandosi ai due.
«Davvero
ballavi, mamma?» domandò la bambina, indicando le
foto.
«Sì,
tesoro. Ed ero anche brava, per aver cominciato tardi»
rispose la donna, con una sfumatura di tenerezza nella voce, guardando
le
fotografie.
«Sul
serio? Mi fai vedere?» chiese la piccola, allungandosi verso
la madre per essere presa in braccio.
La
donna la prese con delicatezza dalle braccia del marito, poi
sorrise. «Se prima tu mi fai vedere come sei diventata
brava.»
«Sì!»
esclamò entusiasta la bambina, gli occhi illuminati di
gioia.
«Quindi
questo è un accordo? Possiamo andare, finalmente?»
domandò
la donna, ravviandole i capelli e sorridendole.
«Sì!»
gridò Vera, saltando giù dalle braccia della
madre per
andare a prendere la sua borsa da palestra.
«Bella
mossa, tirare fuori il mio vecchio album» commentò
la
donna, appoggiandosi al marito, che la strinse delicatamente tra le
braccia.
«Modestamente»
rispose l’uomo, sorridendo tronfio. «Quindi stasera
ci delizierai con un balletto?» domandò dopo un
minuto di silenzio.
«Non
posso deluderla.»
«Posso
invitare gli altri?» chiese Richard.
«Non
osare.»
«È
una minaccia?»
«Pensala
come vuoi. Sappi solo che il divano diventerà il tuo
migliore amico, se osi farlo» replicò la moglie
sorridendo.
«Bel
ringraziamento per aver convinto una bambina di sei anni a
venire a ballare» si lamentò l’uomo,
fingendo un’espressione arrabbiata.
«Pensavo
che il balletto fosse già abbastanza» rispose lei,
guardandolo con falso stupore.
«Mamma!
Sono pronta!» esclamò la piccola Vera, uscendo di
corsa
dalla sua camera.
«Meraviglioso.
Saluta papà, tesoro.»
La
bambina saltò al collo del padre, stampandogli un bacio
sulla
guancia. «Ciao, papà!»
«Fai
la brava, piccola» la salutò lui, posandola a
terra e
scompigliandole i capelli viola, ereditati dalla madre.
«Ci
vediamo stasera, Richard» lo salutò la moglie,
baciandolo
sulla guancia. «Bada che William faccia tutti i compiti e non
combinate
disastri.»
«Vai
tranquilla, Rachel. Ci penso io» la tranquillizzò
il marito,
sorridendo e guidandola verso la porta.
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Capitolo 2 *** Allenamenti ***
«Papà!
Papà!
Papàààààààààà!»
«Richard,
chiama te» commentò Rachel Grayson, conosciuta una
volta
come Raven.
«L’avevo
intuito» sospirò il marito, alzandosi dal divano e
dirigendosi con fare disperato verso il giardino, da cui proveniva la
voce di
sua figlia, Vera.
«Cosa
c’è, tesoro?» domandò,
uscendo di casa. La risposta era
davanti ai suoi occhi: sua figlia penzolava da un albero, avvolta in
una rete,
mentre suo figlio, William, se la rideva beatamente in un angolo.
«Papà!
William mi ha imprigionato!» strillò disperata la
piccola,
dibattendosi nella rete come un pesce fuor d’acqua.
«Stai
tranquilla, adesso ti libero. William, posso chiederti
perché l’hai fatto?» chiese
l’uomo, marciando verso l’albero, per liberare la
figlia minore.
«Ma
papà, me l’hai detto tu che devo tenermi in
esercizio per
quando diventerò un Titan!» piagnucolò
il ragazzino, smettendo di ridere.
«Questo
non comprende imprigionare tua sorella in una rete, lo
sai, vero?» commentò stancamente Richard,
tagliando la rete e prendendo in
braccio la bambina imprigionata.
«Ma
allora come posso esercitarmi?» continuò in tono
lacrimoso il
figlio.
«Potresti,
per esempio, utilizzare la stanza per gli allenamenti
che ho fatto costruire appositamente per questo motivo dallo zio
Victor, non
credi?» gli rispose il padre, posando la bambina a terra.
«Su, vai dalla mamma»
le disse poi, dandole una spintarella. Vera si voltò verso
il fratello, gli
fece una linguaccia e poi scappò in salotto dalla madre, che
la accolse in un
abbraccio affettuoso.
«Ma
così non è divertente»
bofonchiò il ragazzino, mettendo il
broncio.
«William.
Vieni qui» ordinò il padre.
William
sobbalzò, preoccupato. Di solito quella degli ordini era
sua madre, non suo padre. Perlomeno, non con loro. Quando si trattava
di
coordinare la squadra di supereroi era in prima linea.
Tuttavia
si avvicinò, meglio non contraddirlo.
Con
sua enorme sorpresa, il padre gli posò un braccio attorno
alle
spalle e gli disse: «Vieni con me.»
Padre
e figlio entrarono in casa, passando davanti al salotto,
dove Rachel stava leggendo ad alta voce un racconto di Edgar Allan Poe
alla
piccola Vera, che ascoltava affascinata.
Sentendoli
passare, la donna alzò gli occhi: «Dove
andate?»
«Cose
da uomini. Tu non terrorizzare la mia piccola con certe
storie» rispose giocosamente Richard.
Rachel
stava per replicare, ma Vera reclamò la sua storia e la
donna dovette a malincuore distogliere lo sguardo dal marito e dal
primogenito.
«Dove
mi stai portando, papà?» chiese William, con un
filo di
preoccupazione.
«Per
prima cosa in camera tua a cambiarti. Mettiti qualcosa di
adatto a fare movimento. Direi calzoncini e maglietta. Hai due
minuti» rispose
il padre, spingendolo verso la sua stanza, prima di sparire nella sua.
Dopo
un paio di minuti, i due maschi di casa Grayson si
ritrovarono nel corridoio, vestiti in modo simile.
«Seguimi»
disse Richard, dopo aver esaminato con occhio critico
l’abbigliamento
del figlio.
Intimidito,
il ragazzo lo seguì senza dire una parola.
Il
padre si fermò davanti alla porta della stanza per gli
allenamenti e l’aprì. Lo fece entrare e poi
richiuse la porta.
«Papà?»
domandò William, con un pizzico di ansia.
«Facciamo
esercizio. Tu contro di me» annunciò il padre,
guidandolo al centro della pista e prendendo due bastoni dalla
rastrelliera
sulla parete. Ne tese uno al figlio, poi si mise in posizione di
difesa. «Coraggio,
attaccami» lo incitò, con un’aria
spavalda, tipica di quando era ragazzo pure
lui.
«La
cena!» urlò Rachel, qualche ora dopo. Dei due
uomini di casa,
nessuna traccia.
La
donna sospirò. Già sapeva dove li avrebbe
trovati. Si slacciò
il grembiule da cucina e si rivolse alla figlia: «Vera, vado
a recuperare tuo
padre e tuo fratello. Mi raccomando, non toccare le pentole mentre sono
di là.»
«Sì,
mamma.»
Rachel
le sorrise, poi uscì dalla stanza. Arrivò nel
corridoio
davanti alla sala degli allenamenti. Spalancò la porta e
vide i suoi due uomini
addormentati sui tappetini, William appoggiato al padre. Represse un
sorriso e
si avvicinò al marito. Con delicatezza gli sfiorò
la fronte, togliendogli dagli
occhi una ciocca di capelli corvini. Subito l’uomo
aprì gli occhi di scatto,
temendo un pericolo.
«Ehi»
sussurrò dolcemente Rachel, accarezzandogli i capelli per
tranquillizzarlo.
«Mmh»
fu la risposta dell’uomo, ancora assonnato.
«La
cena è pronta. Tu e il tuo fido allievo ve la
sentite?» chiese
scherzando la donna.
«Cosa?
Cena?» bofonchiò Richard, cercando di mettere a
fuoco la
situazione.
«Proprio
così, cena. Uno dei pasti fondamentali. Hai
presente?»
gli chiese la moglie, scostandosi da lui per svegliare William.
Con
calma, il dodicenne si mosse un po’ nel sonno, prima di
aprire
gli occhi, violacei, proprio come i suoi.
«Vai
a lavarti le mani, tesoro. È ora di cena» gli
disse Rachel,
aiutandolo ad alzarsi e poi spingendolo fuori dalla porta, verso il
bagno.
Poi si
voltò verso il marito, che si era alzato e l’aveva
raggiunta sulla porta. «Allora? Allenamento duro,
vedo!»
«Quella
peste mi ha quasi battuto, lo sai?» replicò
Richard,
posandole un braccio sulle spalle e guidandola fuori dalla stanza,
verso la
cucina.
«Tale
padre, tale figlio» commentò semplicemente la
moglie,
scoccandogli un bacio sulla guancia, prima di andare a servire i due
figli, già
seduti a tavola e affamati.
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Capitolo 3 *** Parole ***
«Vera,
tesoro, dillo, dai! Ripeti con papà,
pa-pà!»
«Richard!
Lo stai facendo di nuovo!» lo rimproverò sua
moglie.
«Non
è vero!» si difese lui, alzando lo sguardo su di
lei.
«Sì
che è vero, papà» intervenne
candidamente suo figlio, William,
di sette anni.
«Tuo
figlio ha ragione. Questo non ti esenta dalla pagina di
esercizi di matematica che devi fare, William. Fila»
commentò Rachel, guardando
il figlio con cipiglio severo, mentre il bambino sbuffava e andava in
camera
sua. Poi la donna passò ad osservare il marito, steso sul
tappeto accanto alla
loro bambina di nove mesi, Vera.
«Tesoro,
non sto facendo assolutamente nulla!» esclamò
l’uomo,
alzandosi e togliendole di mano la cesta del bucato, che
posò sul divano prima
di farla sdraiare a pancia in giù accanto a sé
sul tappeto.
«Stai
tentando di nuovo di farla parlare!» esclamò lei,
guardandolo negli occhi.
«Non
è vero. Le sto insegnando qualche parola che
potrà esserle
utile nell’immediato futuro» disse lui, con calma,
posandole un bacio sulla
fronte.
«Cosa
cambia da quello che ho detto io?» chiese contrariata la
moglie, voltandosi verso la piccola. La bambina la guardava con quegli
occhioni
azzurri ereditati da Richard in un modo che la faceva sciogliere. Si
sentì
all’istante molto fiera di quella creaturina.
«Io
sono più poetico» sorrise lui, voltandosi verso la
figlia e
allungando le mani verso di lei.
Vera
allungò le manine verso il padre, emettendo dei versi senza
senso, con grande delusione dell’uomo, che comunque la
attirò a sé.
«Non
tirarla così, le si irritano le gambe!» lo
rimproverò Rachel,
cercando di tirarsi su per raggiungere la figlioletta.
«Quanto
la fa tragica la mamma, vero?» commentò Richard,
parlando
con Vera in tono confidenziale. «Il mio angioletto sta
benissimo, vero?» La
piccola si limitò a gorgogliare. L’uomo la
tirò accanto a sé, poi si sdraiò
supino e se la posò sullo stomaco, in modo da poterla
guardare negli occhi.
«Fai
ciao al papà!» esclamò poi, agitandole
una mano in segno di
saluto. Vedendo che le piaceva, cercò con gli occhi anche la
moglie, poi disse
alla piccola: «Fai ciao alla mamma!»
Rachel
non poté fare a meno di sciogliersi in un sorriso e di
sporgersi verso quell’amore di bambina che la salutava. La
prese dalle braccia
di Richard e la strinse a sé, lasciandosi andare ad un
attacco di tenerezza.
«Foto
ricatto!» gridò all’improvviso il
marito, agitando il suo
smartphone e facendola sobbalzare.
«Richard!
Non osare!» strillò lei all’improvviso,
alzandosi per
fronteggiarlo.
«Troppo
tardi, amore. Dovevi pensarci prima» ridacchiò
lui,
scappando fuori dalla sua portata.
«Richard!
Torna subito qui! Cancella quella fotografia!»
esclamò
lei, inseguendolo per tutta la stanza, Vera in braccio, con
l’aria di chi si
sta divertendo come mai in vita sua.
«Non
credo proprio» ribatté beffardo, voltandosi
all’improvviso e
abbracciando le donne della sua vita, lo smartphone ovviamente fuori
dalla
portata di Rachel.
«Non
credere di farti perdonare in questo modo, sai?» lo
informò
la moglie, lasciandosi però avvolgere dalle sue braccia
muscolose, cullando la
piccola Vera.
Richard
sorrise, prendendole il mento fra le mani e sollevandole
il viso. Sorrise, poi la baciò gentilmente sulle labbra,
prima di lasciarla
andare. «Credi che così possa andare?»
«Ci
penserò» rispose lei, con un tono fintamente
pensoso.
«Anche
io voglio un abbraccio!!» esclamò il piccolo
William,
arrivando di corsa dalla sua stanza.
«Vieni
qui, piccola peste!» gli disse il padre, allargando le
braccia per accoglierlo. Lo sollevò fingendo fatica, poi
richiuse l’abbraccio
passando il braccio attorno alle spalle di Rachel, che teneva Vera con
entrambe
le mani.
I
quattro si stavano stringendo forte, quando all’improvviso la
piccola Vera fece sentire la sua vocina: «Cento…
Comeciale!»
Richard
e Rachel sciolsero l’abbraccio per guardarla e anche
William guardò la sua sorellina.
«Ha
parlato! Rach, ha parlato!» esclamò contento
Richard,
guardando la sua bambina come se fosse l’ottava meraviglia
del mondo.
«Ha
parlato, mamma, ha parlato!» cominciò a gridare
William,
guardando alternativamente il padre e la madre.
Rachel
però sembrava non sentirsi troppo bene, guardava la piccola
con uno sguardo terrorizzato.
Intanto
la bambina continuava a cinguettare contenta: «Cento
comeciale! Cento comeciale!»
«Rachel,
tesoro, tutto bene?» domandò Richard, posando a
terra
William, che guardava preoccupato la madre.
«Rach?
Amore, ci sei?» le chiese, prendendole Vera dalle braccia e
sorreggendo la moglie.
La
donna si riprese un po’, poi urlò:
«Starfireeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!»
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Capitolo 4 *** Vacanze ***
«Vera!
Dove pensi di andare conciata così?»
esclamò, sull’orlo di
un attacco di cuore, Richard Grayson, vedendo la figlia quindicenne
guadagnare
la porta della loro casa del mare, con ben poco addosso.
La
ragazza sospirò profondamente, poi fece marcia indietro fino
al
genitore.
«Vado
in spiaggia, papà» spiegò stancamente.
«Vestita
così? Non credo proprio, signorina. Non da sola,
perlomeno. Dov’è tuo fratello?»
«Papà!
È soltanto un bikini! E William è già
in spiaggia con gli
altri» protestò la ragazza, attorcigliandosi
nervosamente una lunga ciocca di
capelli viola intorno al dito.
«Quando
io e tua madre eravamo giovani i bikini non erano così. Gli
altri chi?» domandò l’uomo, con il suo
tono da interrogatorio a cui nessun
criminale era mai sfuggito.
«Quando
tu e la mamma eravate giovani era un’era geologica
fa!» si
lamentò la ragazza, evitando volutamente di rispondere alla
domanda.
«Porta
rispetto. Nessuno dei due ha ancora raggiunto la soglia dei
quarantacinque. Comunque, non sviare la domanda, tesoro. Gli altri
chi?»
commentò divertito il padre, alzando gli occhi su di lei e
fissandoli nei suoi
occhiali da sole.
«Jill,
Angela, Matthew, Mark, Alexis e Alex.» La ragazza
sussurrò
l’ultimo nome, arrossendo.
«Come,
cara? Non ho sentito bene!»
«Richard!
Piantala!» intervenne la voce seccata della moglie. Rachel
entrò nell’atrio, pronta per scendere alla
spiaggia, con uno sguardo assassino
rivolto al marito.
«Rach!
Tesoro, come posso far andare in giro mia figlia, sangue
del mio sangue, vestita in questo modo… Aspetta. Avete lo
stesso costume?»
domandò l’uomo, guardando alternativamente moglie
e figlia.
«No.
Il mio è verde e il suo è azzurro»
rispose Rachel,
guardandolo come a chiedergli “Sei daltonico?”
«Non
era questo che intendevo e tu lo sai, Rachel. Come posso
mandare in giro mia moglie e mia figlia con una cosa del
genere?!?» esplose
Richard.
«Non
mi sembra poi così diverso dai bikini che avevo
all’età di
Vera. Anzi, mi pare di ricordare un’estate in cui ne avevo
uno anche più
piccolo. Tu te la ricordi, Rich?» ragionò la
donna, guardando la mise sua e
della figlia, prima di voltarsi verso il marito. Marito che la stava
fissando
con uno sguardo che proprio non le piaceva. Era chiaro che stava
ricordando
quell’estate.
«Facevo
per dire» si affrettò a correggersi, arrossendo un
po’.
«Davvero,
mamma?» chiese Vera, incuriosita. Sua madre in un micro
bikini doveva ancora vederla!! Prese nota mentalmente di cercare negli
album di
fotografie, una volta tornata nella loro casa a Jump City.
«Lasciamo
stare, tesoro. Non dovevi andare in spiaggia con gli
altri? Ti staranno aspettando» cambiò argomento
Rachel.
«Con
un certo Alex, mi pare» intervenne Richard, ripresosi dalla
fantasia in cui era piombato.
Vera
avvampò.
«Richard,
piantala. Nessuno ha mai fatto tutte queste scene quando
io uscivo con te. Nemmeno Victor, il che è tutto
dire!!» lo redarguì la moglie,
fulminandolo. «Vai pure, tesoro. Tra poco arriviamo anche
noi. Se ti fa
piacere, invita Alex a cena stasera, okay?» disse poi,
rivolta alla figlia.
«Mamma,
sei la numero uno!» esclamò contenta la ragazza,
abbracciando la madre e poi sparendo fuori dalla porta con un saluto
veloce.
«Rach,
come hai potuto! La mia bambina!»
«Richard,
la tua bambina ha quindici anni, ormai. È grande e sa
come gestire la sua vita.»
«E
se questo Alex la tratta male?»
«In
tal caso potrai dargli una lezione nel tuo stile, anche se
credo che di mezzo si troverebbe William. Sai che adora sua
sorella.»
«Degno
figlio di suo padre.»
«Smettila
di dire cavolate. Sei pronto per andare in spiaggia, tra
l’altro?»
«Certamente.
Devo andare a controllare i movimenti di Vera.»
«Non
lo farai!»
«Ti
sfido a impedirmelo.»
«Bè…
Avrò bisogno di qualcuno che mi spalmi la crema…
Ma se tu sei
troppo impegnato chiederò al bagnino…»
mormorò languidamente la donna, uscendo
di casa ancheggiando.
«Col
cavolo!» gridò Richard, raggiungendola al volo.
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Capitolo 5 *** Film ***
«Sono
a casa! Siete ancora svegli?»
Era
mezzanotte di un sabato sera e Rachel Grayson, nata Roth, era
appena tornata da una serata con alcune colleghe di lavoro. Aveva
lasciato il
marito a casa con i figli, visto che Vera aveva solo otto anni e non si
fidava
a lasciarla sola con il fratello, quattordicenne e decisamente poco
affidabile.
Solo
che nessuno le rispondeva.
«Richard?
Sei sveglio?» domandò, aprendo la porta della
camera da
letto. Niente, suo marito non era lì. Provò anche
nelle stanze dei bambini, ma
non c’era nessuno. Adesso però cominciava a
preoccuparsi: dove erano finiti i
suoi figli? Richard poteva cavarsela da solo, era grande e vaccinato,
ma i suoi
figli no.
Controllò
persino la sala per gli allenamenti e quella per la
meditazione, ma non trovò nessuno. Andò persino
in soffitta e nei bagni, poi
raggiunse il salotto.
Le
luci erano tutte spente, così come il televisore.
Entrò e
accese la luce. All’improvviso tre figure si alzarono dal
divano, strillando.
La
donna lasciò scappare un gridolino, prima di rendersi conto
che
erano il marito e i figli, chiaramente terrorizzati. Questo la
tranquillizzò,
quindi decise di calmarli. «Richard! Ragazzi! Va tutto bene,
sono io.»
Anche
i tre parvero riconoscerla e le urla si calmarono, anche se
Vera cominciò a piangere. Rachel la prese tra le braccia,
cercando di calmarla,
anche se ormai era grande. «Sssh, tesoro, va tutto bene.
Richard, potrei sapere
cosa avete combinato?» domandò in tono seccato al
marito, che sussultò
colpevole.
«Ecco,
ho pensato di fargli vedere un film, mentre tu non c’eri,
così, per passare il tempo.»
«Che
bella idea, Richard. E che film hai scelto?» chiese la donna,
cullando la figlia.
«Ecco…»
«Papà
ci ha fatto vedere questo!» intervenne William, mostrandole
un dvd. La donna lo prese in mano e lo guardò.
Sgranò gli occhi e poi guardò il
marito, che stava facendosi piccolo piccolo. «Richard,
immagino avrai una
spiegazione meravigliosa per questo.»
«Rachel,
tesoro…»
«Non
dirmi “Rachel, tesoro”! Lo sai cosa potrebbe
accadere,
giusto?» esclamò la donna, rischiando di far
cadere Vera. «Ne discutiamo dopo.
Adesso metti a letto tuo figlio.» Con questo, Rachel gli
voltò le spalle e
portò Vera in camera sua, sussurrandole qualcosa
all’orecchio per calmarla.
«Scusa,
papà. Non volevo metterti nei guai»
mormorò in tono mogio
William, non osando guardare suo padre.
«Non
c’è problema, ometto. Forza, fila a letto.
Buonanotte!» lo
rassicurò il padre, dandogli una pacca sulla spalla e
seguendolo nel corridoio.
«Buonanotte,
papà» disse William, entrando in camera sua. Il
padre
gli fece un cenno, poi proseguì fino alla sua camera, non
senza un po’ di
preoccupazione.
«Richard.
Come hai potuto far vedere ai tuoi figli “Wicked
scary”?!? Sei impazzito, per caso?» lo
aggredì la moglie, non appena entrò in
camera.
«Rachel…
Pensavo che gli avrebbe fatto piacere. Cos’è un
film
dell’orrore, per dei ragazzini di oggi?»
cercò di difendersi l’uomo,
avvicinandosi a lei. Era già cambiata e pronta per la notte,
come lo era lui.
«Per
dei ragazzini di oggi assolutamente nulla, ma per tua figlia
è una tragedia! Credo che tu sappia come funzionano i suoi
poteri, Richard.
Sono uguali ai miei! E lo sai che lei non sa ancora controllare le
emozioni in
modo da poterle dosare. Quindi, perché diamine
gliel’hai fatto vedere?!» sbraitò
la donna, piazzandoglisi di fronte, le mani sui fianchi.
«Rachel,
non succederà nulla. Ne sono sicuro. Vera segue sempre
con attenzione i tuoi insegnamenti e non sarà un film a
farle perdere il
controllo» rispose lui, torreggiando sopra di lei.
«Richard,
ha fatto perdere il controllo a me quando avevo quindici
anni, vuoi che non lo faccia perdere ad una bambina di otto?»
Rachel lo guardò
negli occhi.
«Rach,
ho fiducia in lei. So che non succederà nulla.»
L’uomo
ricambiò il suo sguardo, rivolgendole poi un sorriso dolce e
abbracciandola.
La
donna sospirò profondamente, lasciandosi abbracciare.
«Oh,
Richard, ho tanta paura per lei. Non voglio che si ritrovi ad
affrontare quello
che è successo a me.»
«Lo
so, Rachel, lo so. Stai tranquilla, non le accadrà nulla.
Nel
caso, sappiamo come rimediare. Forza, andiamo a dormire»
cercò di calmarla
Richard, baciandole la sommità del capo e portandola
delicatamente verso il
letto.
Una
volta che furono sdraiati, la tenne stretta e mormorò:
«Buonanotte, amore.»
«Buonanotte,
Richard» sussurrò lei in risposta, stringendosi a
lui
in cerca di calore.
Alle
tre e mezza di notte, Richard sentì qualcosa sfiorargli il
braccio. Si svegliò, ma non vide nulla attorno a
sé. Si rimise a dormire, ma
quel qualcosa continuava a solleticargli il braccio.
«Rach…
Smettila… Voglio dormire…»
bofonchiò, voltandosi verso la
moglie. Ma Rachel dormiva tranquillamente, dandogli le spalle.
Se non
era lei, allora cosa diavolo era? Un terribile sospetto gli
attraversò la mente. E il sospetto divenne certezza quando
vide la figura
accanto a lui svanire, avvolta da lunghi tentacoli verdi.
Senza
pensarci due volte, si alzò in piedi e corse nella camera di
sua figlia. La bambina era sveglia, con gli occhi sbarrati e il respiro
affannato.
«Vera?
Vera, tesoro, va tutto bene. Ci sono qui io. Vera, mi
senti?» la chiamò dolcemente, avvicinandosi piano
per non spaventarla.
La
bimba si voltò verso di lui e non appena fu abbastanza
vicino,
gli saltò al collo, piangendo. «Papà!
Ci sono i mostri, loro… Loro ci
attaccheranno tutti e poi…»
«Vera,
amore, non è niente. È tutta
un’illusione creata dai tuoi
poteri. Devi soltanto dire una frase magica e tutto passerà.
Puoi farlo, per
papà?» cercò di tranquillizzarla,
abbracciandola forte.
«Credo…
Credo di sì. Però, papà, loro sono
qui!»
«Tesoro,
non sono qui. Credimi, è solo un’illusione.
Adesso, però,
dì la frase magica, dilla insieme a me. Forza, “io
ho paura”.»
«Io
ho paura. Io ho paura. Io ho tanta paura, papà!!!»
strillò la
bambina, aggrappandosi ai suoi capelli.
«Bravissima,
amore, così. Continua così, stai andando
benissimo.
Tra poco sarà tutto finito» le disse lui,
nascondendo una smorfia per il
dolore. Era piccola ma forzuta! Proprio come sua madre,
d’altronde.
«Io.
Ho. Paura!»
Si
sentì una specie di scoppio, poi tutto tornò
tranquillo e Vera
si accasciò piangente tra le braccia del padre.
«Sei
stata davvero brava, tesoro. Davvero molto brava. Adesso puoi
andare a dormire in tranquillità» le
mormorò, accarezzandole i capelli.
«Papà…
Posso venire nel letto con te e la mamma?» mormorò
la
bambina.
«Come?
Ma hai otto anni, Vera! Non sei un po’ grande?» le
chiese
stupito.
«Solo
per stavolta, papà. Ho ancora tanta paura.»
«Va
bene, ma fai piano. Non vorrai svegliare la mamma, vero?»
disse Richard, alzandosi e portandola con sé nella sua
camera.
«Farò
pianissimo. Grazie papà, ti voglio bene.»
«Anche
io, piccola.»
I due
entrarono nella stanza e si sdraiarono con delicatezza nel
letto. Si sussurrarono “buonanotte” e poi
crollarono addormentati.
La
mattina dopo, Rachel si svegliò verso le nove e si
voltò verso
il marito, come faceva sempre. Con sua grande sorpresa, si
trovò davanti il
volto addormentato di sua figlia. Sorrise dolcemente, poi si
alzò dal letto e
sistemò le lenzuola addosso alla bambina e al marito. Mentre
stava facendo
questo, sentì una mano stringerle il polso e non si
stupì di vedere gli occhi
di Richard aprirsi e fissarla con amore.
«Buongiorno,
raggio di sole» le sussurrò lui, usando il
soprannome
che le aveva dato Victor quando ancora vivevano tutti insieme come Teen
Titans.
«Buongiorno»
replicò lei, con un sorriso. «Vieni a fare
colazione?»
«Mh»
mugugnò lui, alzandosi e seguendola fuori dalla stanza.
In
corridoio, i due alzarono un pochino la voce: «Come ci
è finita
Vera nel nostro letto, tesoro?»
«Un
piccolo incidente, ma abbiamo risolto tutto in fretta. Senza
nessun problema» rispose lui, sorridendo trionfante.
«Quindi
non c’entra nulla con il fatto che io mi sia ritrovata
stritolata da strani tentacoli verdi, giusto?»
«Tentacoli
verdi? Quali tentacoli verdi? Non mi pare di averne
visti, no no. Ti stai sbagliando, tesoro. Vuoi una fetta di pane
tostato?» fece
finta di nulla il marito, una volta che raggiunsero la cucina.
«Volentieri,
mio eroe» rispose lei, baciandolo con passione, prima
di raggiungere il bancone della cucina.
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Capitolo 6 *** Scuola ***
«William.
William. Pst, William. Ehi… William!!!»
strillò a pieni
polmoni Vera, vedendo che suo fratello non l’aveva sentita,
mentre lei cercava
di svegliarlo.
Finalmente
il ragazzino aprì gli occhi e si guardò intorno,
ancora
intontito.
«Che
c’è, che succede?» bofonchiò.
«Sei
in ritardo!» urlò la sorellina, togliendogli le
coperte e poi
scappando via dalla camera del fratello.
«Eh?»
biascicò non troppo convinto, tornando poi a sbattersi sul
letto.
«Vera,
sei pronta per il tuo primo giorno di scuola?»
domandò
Rachel, servendole due fette di pane tostato.
«Sì,
mamma!» esclamò la bambina, spalmando allegramente
della
marmellata di fragole sul pane e anche sulle sue dita.
«Hai
preso tutto, sei sicura?» le chiese la donna, passandole un
tovagliolo, mentre versava del caffè nella tazza del marito,
che stava entrando
in quel momento con il giornale. «Buongiorno,
tesoro.»
«Sì,
ho preparato lo zaino con papà ieri sera!»
raccontò contenta
Vera, mangiando una fetta e imbrattandosi anche la faccia.
Richard
baciò dolcemente la moglie sulla guancia, augurandole un
buongiorno. Poi si sedette, scompigliò i capelli a Vera e
iniziò a leggere il
giornale, bevendo il suo caffè bollente.
«E
ti ricordi anche cosa ti abbiamo detto dei tuoi poteri,
vero?»
chiese ancora Rachel, sedendosi finalmente al tavolo.
«Sì.
Non devo usarli per nessuna ragione e non devo far del male
agli altri bambini» recitò la bambina, sorridendo
alla madre, che le sorrise in
risposta.
Richard
riemerse dal giornale, si guardò intorno e chiese:
«Vera,
tesoro, dov’è tuo fratello?»
«Dorme»
rispose la bambina, bevendo il suo succo d’arancia.
«Come,
dorme? Dobbiamo partire tra meno di dieci minuti!»
esclamò
l’uomo, controllando l’orologio. Poi
guardò la moglie.
«Io
non posso accompagnarlo, lavoro dall’altra parte della
città,
ricordi? E sono anche in ritardo» disse la donna, ingollando
la sua tazza di tè
e alzandosi dal tavolo. Diede un bacio veloce a sua figlia, augurandole
una
buona giornata. Poi salutò il marito baciandolo dolcemente
sulle labbra e sparì
nel giro di un minuto.
Richard
guardò il punto in cui fino a poco prima c’era la
moglie,
poi sospirò profondamente. «Vorrà dire
che ci penserò io a svegliarlo.» Si
alzò
e salì le scale fino alla camera del figlio.
Cinque
minuti dopo, incredibilmente, William Grayson era pronto
nell’atrio. Certo, aveva un po’ l’aria
traumatizzata, ma Richard era certo che
sarebbe passato tutto nel giro di qualche minuto.
«Papà…
Non farlo mai più, ti prego» mormorò il
ragazzino, mentre
il padre spingeva Vera fuori dalla porta e chiudeva la stessa.
«Quando
imparerai a svegliarti da solo, William, non lo farò
più.
E comunque dovrai abituartici, perché così
funziona, nei Teen Titans» replicò
sorridendo Richard, mentre i due figli si arrampicavano sulla lucida
macchina
nera. Chiuse le portiere facendo attenzione alle mani dei bambini, poi
salì e
mise in moto.
«Sul
serio papà? Davvero vi svegliavate con
l’allarme?» chiese
stupito William, cercando di sporgersi dal sedile posteriore.
«Sì,
e non sporgerti, è pericoloso» rispose il padre,
prestando
attenzione alla strada.
«Wow!
Non vedo l’ora di diventare un Titan, lo sai,
papà?» esclamò
il ragazzino, tornando a sprofondare nel morbido sedile di pelle,
mentre la
sorellina guardava fuori dal finestrino. «E tu, Vera? Anche
tu farai la supereroina
come la mamma?»
«Certo!
Sarò bellissima e bravissima, proprio come la
mamma!»
esclamò contenta la bimba, distogliendo lo sguardo dalla
strada che scorreva
veloce per guardare il fratello.
«Così
vi voglio» approvò Richard, inserendo la freccia e
rallentando.
Accostò al marciapiede e scese. Aprì la portiera
e i due bambini scesero.
«Ma
papà! Mi stai davvero accompagnando come i bambini
piccoli?»
protestò William, vedendo che il padre non accennava a
risalire in macchina.
«William,
non essere egocentrico, non sto accompagnando te. Sto
accompagnando tua sorella, le vostre scuole sono vicine» gli
disse il padre,
prendendo per mano Vera e cominciando a condurla verso la sua scuola.
«Oh,
certo» mormorò imbarazzato il ragazzino,
rendendosi conto che
il padre aveva ragione.
«Ci
vediamo stasera, comportati bene. E niente risse, sono stato
chiaro?» lo salutò Richard. Il ragazzino
agitò la mano, poi sparì all’interno
dell’edificio scolastico, mentre Vera e il padre sparivano
nel portone a
fianco.
«Allora,
come è andato il primo giorno?» chiese Rachel,
all’ora di
cena, quando tutti e quattro erano seduti intorno al tavolo.
«Sempre
la solita storia, nulla di nuovo» rispose William,
giocando con le verdure.
«William,
non giocare con le verdure. Come sono gli insegnanti? Ti
hanno già dato delle note?» lo redarguì
la madre, posando la propria forchetta
e sporgendosi verso di lui.
Il
ragazzino sospirò e alzò gli occhi al cielo,
mentre il padre
soffocava una risata: «William, rispondi a tua madre. Lo sai
che se no non
tace.»
«Richard!
Come ti permetti?»
«Non
è forse vero, tesoro?» rispose lui, sarcastico.
William
scoppiò a ridere e anche Richard lo imitò. Rachel
si
limitò ad ignorarli e si rivolse a Vera. «Allora,
tesoro, ti piace la scuola?»
«Sì!
Abbiamo cantato un sacco di cose divertenti e poi ho tante
nuove amiche!» esclamò contenta la bambina.
«Che
bella notizia, amore. Sei contenta che domani le rivedrai?»
le disse gentilmente la madre, accarezzandole i capelli.
Vera
sgranò gli occhi con orrore e disse: «Ma devo
tornarci anche
domani?»
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Capitolo 7 *** Frozen ***
Richard Grayson aprì la
porta di casa con un’espressione
di pura gioia sul viso. Al lavoro era stata una giornata infernale, non
vedeva
l’ora di rilassarsi nella quiete di casa sua…
La neve che cade sopra di me, copre tutto col suo
brio
In
questo remoto regno la regina sono io...
Ormai la tempesta nel mio cuore irrompe già,
non la fermerà la mia volontà!
“Oh, no. Ti prego,
no” pensò terrorizzato l’uomo,
muovendo un passo malfermo verso il salotto da cui provenivano le note.
Continuò ad avvicinarsi circospetto, come se
dall’angolo potesse comparire
all’improvviso Slade o qualche altro nemico. Nemico che
sarebbe stato più che
benvenuto, visto quel che lo aspettava in salotto…
La stanza era buia e una luce
azzurrina illuminava due
figure sul divano, entrambe raggomitolate in una coperta.
Richard si avvicinò
ancora un po’, vedendo che la
situazione era ancora gestibile, quando…
Il
mio potere si diffonde intorno a me!
Il ghiaccio aumenta e copre ogni cosa accanto a sé!
Un mio pensiero cristallizza la realtà!
Il resto è storia ormai, che passa e se ne va!
I due bambini si alzarono
all’improvviso, saltando in
piedi sul divano e cantando a squarciagola con la figura bionda sullo
schermo,
lanciando le coperte addosso al padre, che si stava avvicinando.
All’uomo non
restò che togliersi le coperte dal viso
stanco e posarle sul divano, rinunciando a salutare i figli,
completamente
assorbiti dalla canzone.
Con un sospiro, si diresse verso
la cucina, dove era
certo che avrebbe trovato la moglie intenta a preparare la cena. Almeno
lei si
sarebbe salvata, pensò…
Stava per entrare nella stanza,
quando sentì la voce di
Rachel che si univa al coretto in salotto, nel momento finale della
canzone.
Io lo so, sì lo so, come il sole
tramonterò,
perché poi, perché poi all'alba
sorgerò!
Ecco qua la tempesta che non si fermerà!
Da oggi il destino appartiene a me.
Rachel si voltò proprio
mentre la canzone finiva e gli
sorrise: «Bentornato,
tesoro. Tutto bene, oggi?»
Richard
si limitò ad annuire e a baciarla distrattamente sulla
guancia, prima di ritirarsi in camera per rinfrescarsi.
«Maledetto
il giorno in cui ho comprato il dvd di
“Frozen”!» borbottò mentre
accendeva la luce del bagno.
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Capitolo 8 *** Baby-sitting ***
«Grazie mille, ragazzi.
Cercheremo di sbrigarcela il
prima possibile» ringraziò Richard, aprendo la
porta e uscendo, prontamente
seguito dalla moglie, intenta a salutare i suoi figli.
«Nessun
problema, Dick. Sarà un piacere badare a questi teneri
frugoletti»
rispose Cyborg, arruffando i capelli del piccolo William. Il
“tenero
frugoletto” in questione si divincolò dalla sua
presa e gli assestò un calcione
allo stinco, gridando: «Io non sono tenero!»
Cyborg
represse un gemito di dolore, mentre Richard e Rachel
cercavano di scusarsi in tutti i modi per il comportamento al limite
del
maleducato del bambino.
«Direi
che hai capito tutto della vita, ometto!» intervenne
Garfield, la piccola Vera stretta tra le braccia. William gli rivolse
un
sorriso smagliante. Per motivi sconosciuti a tutti, il bambino aveva
una vera e
propria passione per il mutaforma e passava molto tempo insieme
all’uomo verde.
«Fate con calma, ragazzi. Sono sicuro che passeremo un
pomeriggio
divertentissimo!»
«Sì,
be’… Se ne può discutere»
mugugnò Cyborg, scoccando
un’occhiataccia al piccolo Grayson, che sorrideva tutto
tronfio.
«Allora
noi andiamo» disse Rachel, con un ultimo saluto ai due
bambini.
«Quanto
vorrei che Starfire fosse con loro…»
confessò Rachel, una
volta in macchina, lontano da orecchie indiscrete.
«Dai,
Rachel, sono solo un paio d’ore, sono sicuro che Cyborg e
Garfield se la caveranno anche senza l’aiuto di Star. Anche
perché la vedo
difficile, per lei, piantare il lavoro per badare a Will e
Vera.»
«Se
lo dici tu…» mormorò lei, dubbiosa.
«Dai,
sono bambini tranquilli. E abbiamo spiegato a tutti e due
come fare per cambiare il pannolino di Vera. E ora, forza. Ci aspetta
un
pomeriggio di puro divertimento all’Ikea.»
«Era
sarcasmo, quello?»
«Assolutamente
no!»
«Guida
e basta, ti prego.»
«Certo,
cara.»
«Allora,
bambini, cosa volete fare?» chiese Garfield, tutto
contento, sfregandosi le mani.
In
tutta risposta, la piccola Vera scoppiò a piangere
disperata.
L’uomo rimase spiazzato e guardò la bambina con
orrore.
«Gar!
Che cosa hai fatto?» domandò severo Cyborg,
accorrendo dal
bagno.
«Ma…
Io… Niente!» balbettò il mutaforma,
agitato.
«E
allora perché sta piangendo come se la stessi
torturando?»
ribatté l’altro.
In
quella, anche William iniziò a piangere. Probabilmente per
solidarietà verso la sorellina, oppure per il puro gusto di
essere d’impiccio.
Chi capisce le menti dei bambini di sette anni è bravo.
«Oh
no!» esclamarono i due amici in coro, tirandosi delle sonore
manate sulla fronte.
«Che
cosa facciamo?» domandò terrorizzato Garfield,
guardandosi
intorno alla ricerca di qualcosa che potesse essere d’aiuto
per calmare i due
fratelli.
«Non
lo so! Non ho figli!» ribatté Cyborg, cullando la
bambina
come meglio poteva. Il brusco movimento non fece che incrementare il
pianto
della piccola.
«Perché,
ti pare che io li abbia? In tal caso, devo essermi perso
qualche passaggio!» strillò il mutaforma, fissando
truce l’amico, mentre
cercava di calmare William con delle facce buffe. Niente, peggio che
vendere
ghiaccio agli eschimesi.
Con
uno sforzo sovrumano, i due uomini riuscirono a spostarsi in
salotto, dove fecero sedere Will sul divano accanto a Garfield, che
cullava
Vera, mentre Cyborg correva in cucina a preparare la merenda.
Dopo
altri cinque minuti di pianto ininterrotto, Garfield non ne
poteva più e di Cyborg e della merenda ancora non si vedeva
traccia.
«Come
è possibile che piangano così tanto?!? La madre
è
praticamente muta, per l’amor del cielo!!» si
lamentò l’uomo,
gettando la testa all’indietro.
«Non
che il padre sia molto più loquace, vero?» si
palesò Cyborg,
portando un vassoio carico di cialde e di fazzoletti di carta. Con
attenzione
posò i dolci sul tavolino e passò
all’amico la scatola di fazzoletti, con cui
l’uomo prontamente salvò il loro divano da una
cascata di moccio.
«Ti
dico, secondo me sono adottati» borbottò il
mutaforma,
destreggiandosi abilmente tra bambini e fazzoletti.
«Lo
direi anche io, se non fosse che sono le copie sputate di quei
due…» rispose l’altro, prendendo Vera
dalle sue braccia e cominciando di nuovo
a cullarla, nella speranza che si addormentasse. Sempre che non fosse
capace di
piangere anche nel sonno, perché in tal caso non avrebbe
risposto delle sue
azioni.
Fortunatamente
per i due amici, alla vista dei dolci, William
aveva deciso che piangere era decisamente una perdita di tempo, quando
poteva
mangiare le cialde preparate da Cyborg, quindi si era quietato
all’istante,
quasi per magia e aveva iniziato a mangiare cialde come se non ci fosse
un
domani.
«Almeno
uno si è calmato» commentò Garfield,
rilassandosi sul
divano per qualche secondo. Il bambino accanto a lui gli fece un gran
sorriso e
continuò imperterrito la sua attività, mentre
anche la sorellina continuava a
strillare come una disperata.
Quando
i coniugi Grayson entrarono in casa, vennero accolti dalle
urla strazianti della loro secondogenita. Rachel si
precipitò a salvarla dalle
braccia di Cyborg e, nel giro di qualche secondo, la bambina dormiva
pacifica
come un angioletto. I due ex-Titans la guardarono sotto choc, mentre
Rachel le
canticchiava all’orecchio la sua canzoncina preferita.
«La
porto in macchina. Grazie dell’aiuto» disse la
donna, con un
veloce cenno di saluto ai due amici, uscendo velocemente dalla porta
per
mettere al sicuro la figlioletta. Chissà che le avevano
fatto quei due!
Richard
si fermò un attimo di più a ringraziare gli amici
per la
cortesia e ad aspettare che William uscisse dal bagno. Quando il
bambino lo
raggiunse, cominciò ad uscire dalla porta, ma, colto da un
pensiero improvviso,
si voltò: «Ma Vera ha pianto tutto il
pomeriggio?» chiese.
«Ehm…»
risposero brillantemente i due amici, guardandosi. Come
potevano dire al loro migliore amico ed ex-leader che sua figlia di un
anno era
una carognetta? Se poi lo fosse venuto a sapere Rachel, i loro resti
non
sarebbero stati riconoscibili nemmeno con un’analisi al
microscopio.
«Anche
a casa piange spesso, ma basta cantarle la sua canzoncina
preferita e si calma subito» spiegò
l’uomo, prendendo la risposta dei due per
un “sì”. «Will non ve
l’ha detto?» domandò poi, scuotendo la
testa e
cominciando a scendere le scale.
Garfield
e Cyborg rivolsero uno sguardo di puro odio al bambino,
che sorrise beffardo con il suo faccino angelico e scappò
via dietro al padre.
«Hai
ancora dubbi sul fatto che siano proprio i figli di Raven e
Robin?»
«Credo
di averli risolti.»
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