Out of Nowhere di Apple90 (/viewuser.php?uid=16422)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La strage di Soho ***
Capitolo 2: *** L'inizio del Nulla ***
Capitolo 3: *** La scia antica ***
Capitolo 4: *** Susan Rowles ***
Capitolo 5: *** Inseguimento nel Bosco ***
Capitolo 6: *** RAVNICA ***
Capitolo 1 *** La strage di Soho ***
GM Capitolo 1
_Note Autore_
Buongiorno a
tutti, questa è la mia prima FF su Twilight (si tratta più che altro di
un allenamento, per cui non ho dato il massimo della mia scrittura in
questa prima parte)
Ho iniziato
a scriverla un po' per caso, e ho deciso di pubblicarla nella speranza
che qualcuno recensisca il mio lavoro, per aiutarmi a migliorarlo
ulteriormente.
Il prossimo capitolo vedrà come protagonisti Edward e Bella, per
cui non preoccupatevi: questo è solo il prologo!!!
Out
of Nowhere
La Guerra dei Mannari
Spin OFF [New Moon Sequel]
Prologo
La strage di Soho
<<
Ispettore Lawrence. 5681. Passo.>>
Martin Lawrence staccò le labbra dalla ricetrasmittente e gettò un’occhiata al
panorama cupo che si estendeva fuori dal finestrino della BMW parcheggiata in
seconda fila lungo la trafficata Mortimer Street. A Londra aveva smesso di
piovere da poco e già l’odore di umidità mescolato all’inquinamento si stava
trasformando in un fetore soffocante.
Era
quasi una settimana che la ricetrasmittente non squillava per un’emergenza.
Sette giorni dall’ultimo furtarello di zona da parte di un afroamericano che
era stato scortato in centrale senza nemmeno opporre resistenza. Gli parve
quasi impossibile avvertire quel metallico suono intermittente all’interno
dell’abitacolo, accompagnato dalla famigliare scarica di adrenalina lungo la
schiena. Stava di nuovo per entrare in azione. Finalmente.
<<
E’ stata segnalata una rivolta nei pressi
di Chinatown. Ripeto. Rivolta nei pressi di Chinatown. E’ coinvolta una dozzina
di civili. Clark e Thomas necessitano rinforzi.>>
<<
Merda.>> Lawrence gettò senza ritegno il mozzicone di sigaretta nel
posacenere ormai pieno. << Stiamo arrivando.>>
Al
suo fianco, con un cheeseburger del McDonald’s avvolto in un sacchetto oleoso e
una Coca Light appoggiata in equilibrio precario sul sedile, l’Ispettore Larry
Spencer emise un sospiro rassegnato. Era il genere di uomo ormai prossimo alla
pensione, stanco di sentirsi proiettato nell’azione improvvisa che rientrava
nella vita di ogni poliziotto. Alle sue spalle c’erano trent’anni anni di
onorato servizio e Lawrence odiava più di ogni altra cosa al mondo interrompere
il suo pranzo. Ma fu costretto a farlo.
<<
E’ successo un casino a Chinatown. Clark e Thomas sono già sul posto e hanno
bisogno di rinforzi.>>
Larry
si passò una mano nei radi capelli grigi. << L’ultima volta che i tifosi
del Chelsea e dell’Arsenal si sono pestati giù a Soho, hanno raso al suolo
Carnaby Street.>>
<<
Non si tratta di calcio, Larry. A dire il vero, non so davvero che cos’abbia
innescato una rivolta. Ma dobbiamo intervenire.>> Lawrence sospirò.
<< Coraggio, metti da parte il McDonald’s e tira fuori la sirena.>>
Il
rombo acuto della BMW fece da sfondo ai lampeggianti blu e bianchi che
strepitavano sul tettuccio. Lawrence avvertì l’ebbrezza di sfrecciare a
centoventi all’ora nel traffico, compiendo manovre brusche per scansare i lenti
autobus a due piani incolonnati nella corsia laterale della carreggiata. In un
certo senso, si sentì rinato. Aveva trascorso troppi pomeriggi rinchiuso in un
umido ufficio di Victoria Street a spulciare vecchi casi di rapimento mai
risolti. Ma ora l’ispettore Martin Robert Lawrence era tornato e, in un modo o
nell’altro, avrebbe fatto vedere a quelle facce di merda dei suoi superiori che
meritava in pieno il suo distintivo.
Impiegarono
poco meno di dieci minuti per raggiungere Chinatown e la sua fitta
ramificazione di vicoli che si perdevano nel vasto quartiere di Soho, affollato
come ogni giorno da turisti, mercatini, piccole botteghe, spacciatori in
incognito e locali notturni.
<<
Cristo santo, non avevi detto una dozzina di persone?>> esclamò Larry,
terrorizzato.
E
in un attimo Lawrence capì che cos’aveva spaventato il collega: nell’angolo più
remoto del viale che stavano attraversando, alle spalle di un take-away
thailandese, intravide una folla indistinta e vociante che si faceva strada
all’interno di un vicolo. Non facevano parte di un’etnia ben precisa e non
erano spinti in quel luogo da motivi religiosi. Imbracciavamo spranghe,
coltelli, mazze di legno e idranti; o, più semplicemente, armi improvvisate
reperite per strada. Un’orda indemoniata e incontrollabile, che aveva lasciato
dietro di sé i segni evidenti del suo passaggio. A destra lungo il marciapiede
erano stati danneggiati due furgoncini di un’agenzia di traslochi. Poco più
avanti, un bidone ribaltato e una volante della polizia giacevano in fiamme in
mezzo alla strada. Era un inferno.
<<
Oh, merda.>> Lawrence pigiò con veemenza il pedale del freno. Avvertì le
ruote sgommare, mentre la BMW si fermava bruscamente sul marciapiede. <<
Dove sono finiti Clark e Thomas, maledizione?>>
<<
Forse sono nel vicolo, davanti alla ressa.>> ipotizzò Larry, che stava
caricando la sua Calibro12. << In ogni modo, c’è bisogno di avvisare
altri rinforzi. Sono troppi per essere contenuti da due pattuglie.>>
<<
Rimani qui, Larry, e avvisa la centrale.>> Lawrence balzò fuori dalla
vettura con la stessa foga di un boxer alle prese con un avversario troppo
potente, che voleva atterrare ad ogni costo. << Devo trovare quei due
idioti. Probabilmente si sono lasciati sopraffare dalla folla. Che Dio abbia pietà
di loro quando il capo scoprirà il casino che è successo.>> Estrasse
rapidamente la pistola dalla fondina nascosta sotto la giacca, senza più
voltarsi verso l’auto. << Ci vediamo dopo.>>
<<
Ehi, Martin, si può sapere cosa diavolo stai facendo?>> Udì i passi di
Larry alle sue spalle e il tonfo della portiera che veniva chiusa con impeto.
<< Siamo una squadra, non ti lascio da solo a farti ammazzare da quei
teppisti!>>
<<
Torna in macchina, ho detto.>> ripeté Lawrence.
<<
Stai forse insinuando che sono anziano per questo incarico? Bene, forse ho
ventidue anni più di te e qualche chilo di troppo sulle gambe, ma la mia piccola Sally non mi ha mai tradito. E
non lo farà nemmeno oggi.>> Larry strinse la Calibro12 con entrambe le
mani, additando la folla di rivoltosi a una trentina di metri di distanza.
<< Altro dettaglio non
trascurabile, Rambo: il capopattuglia sono io.>>
Lawrence
si ritrovò ad annuire, rassegnato. << Coprimi le spalle. E avvisa la
centrale.>> Sbuffò. << Per
favore.>>
<<
Ho capito.>> tutto l’entusiasmo fanciullesco che fino a quel momento
aveva illuminato lo sguardo di Larry Spencer, si dissolse. << Vai a
giocare a guardia e ladri, Martin.>>
Lawrence
non se lo fece ripetere due volte. Avanzò con cautela e si accorse che le sue
gambe stentavano a rispondere ai comandi man mano che la distanza con il punto
focale della rivolta diminuiva. Dov’era finito il vecchio Martin “Pantera”
Lawrence, uno dei pochi agenti di colore di Scotland Yard ad aver messo dietro
le sbarre la maggior parte dei trafficanti afroamericani di Southwank? Ma ora era diverso. E lo sapeva fin
troppo bene. C’era qualcosa di irrazionale e incredibile nascosto dietro quello
scoppio improvviso di violenza.
Notò
il corpicino esile del Sergente Henry Clark steso a terra con il naso
fracassato e la camicia zuppa di sangue. Era seminascosto da due grossi uomini
sulla quarantina armati di spranghe che si stavano occupando di tenere lontani
gli agenti dal resto del gruppo.
Lawrence
impiegò pochi secondi per giungere alla conclusione che non avrebbe potuto fare
nulla per il suo collega, a meno che non si fosse messo a sparare all’impazzata
tenendo conto che cinquanta persone armate gli sarebbero saltate addosso.
Prima
che qualcuno si accorgesse della sua presenza, ripiegò verso la BMW e costrinse
senza mezzi termini Larry a salirvi a bordo. << Vogliono la guerra? E
l’avranno, quegli stronzi di strada. Eccome se l’avranno.>> Fece il giro
dell’isolato e attese che la centrale confermasse l’invio di nuove volanti in
zona. Poi lui e Larry scesero rapidamente e corsero incontro alla rivolta, dal
lato del vicolo dove la maggior parte delle persone si era riunita. Perlomeno,
avrebbero potuto capire il motivo di quella ribellione.
E
la vide.
Era
poco più che una ragazza, a dire il vero. Statura non molto elevata, fisico
esile e asciutto. Una folta chioma di capelli rossi legati in una lunga
treccia, che facevano da sfondo al pallore innaturale del suo volto, alle iridi
nere come delle pece.
Indossava
un mantello verde bottiglia con un’effige dorata ricamata sulla schiena e sul
petto, dei paragomiti e un corpetto intrecciato tanto simile a un giubbotto
antiproiettili. Ma, al contrario di quel che si era aspettato, era disarmata.
Per
un breve istante, i suoi occhi minacciosi incrociarono quelli di Lawrence, e la
ragazza emise un ringhio cupo e bestiale.
Era
lei che la folla invocava con così tanta foga. Era lei a essere nel mirino di
tutti quei rivoltosi, che la stavano accerchiando come una bestia pronta per il
macello. Un vampiro.
Lawrence
si fece avanti e sparò due colpi in aria. Come aveva previsto, gran parte delle
persone si fecero indietro. Non erano teppisti né criminali, ma individui che
avevano validi motivi per odiare i vampiri. I primi esemplari erano usciti allo
scoperto il mese prima, sorpresi nel cuore della notte al largo di Sheffield
durante una caccia notturna. I più temerari si erano spinti in città, uccidendo
alcune donne nel Surrey. E ora, spuntata dal nulla, un vampiro femmina si stava
aggirando nel centro di Londra, braccata dalla folla armata e scalpitante. Se
solo avesse avuto, avrebbe potuto uccidere quelle persone uno a uno, senza
pietà. Ma si era fermata. Perché?
Si
era trovato spesso a fare i conti con loro. E quel pomeriggio ne era l’ennesima
conferma.
<<
Polizia!>> ululò Lawrence, all’unisono con Larry. << Polizia,
maledizione, fate largo!>>
Sgomitò
fra una coppia di cinesi urlanti e, la pistola ben stretta in mano, si ritrovò
faccia a faccia con la ragazza. Aveva paura, glielo lesse in volto. Una paura
fottuta che la folla la uccidesse. O uccidesse lui.
Vampiro o non vampiro,
non era in grado di affrontare un simile numero di persone.
<<
Sono l’Ispettore Martin Lawrence di New Scotland Yard.>> Lawrence sollevò
la pistola, il distintivo ben in mostra appuntato al taschino. Era elettrizzato
e allo stesso tempo terrorizzato a morte. Ma fu come se la mente e il corpo
fossero due ambienti asettici e separati fra loro. Non avvertiva più le fitte
di panico allo stomaco o il tremore alle gambe.
<<
Fai come ti dico e non succederà niente, okay? Non voglio farti del male. E
sono sicuro che tu non vuoi farne a me, non è vero?>> Deglutì, temendo di
ottenere una risposta negativa. Invece la rossa annuì a sua volta. <<
Bene. Ora voltati verso il muro e tieni le mani dietro la nuca. Se obbedirai ti
porteremo via di qui e nessuno ti farà niente.>>
Larry
sparò un colpo in aria. Divaricò l’altra mano per tenere indietro alcuni
ragazzi particolarmente nervosi. << State indietro, cazzo!>>
Il
vampiro rimase immobile. Non abbassò lo sguardo dalla folla, né tantomeno
accennò a voltarsi verso la parete alla quale si stava aggrappando.
<<
Voltati verso il muro.>> ripeté Lawrence. << Parli inglese,
ragazza? Capisci ciò che ti sto dicendo?>>
Il
Vampiro annuì, e i suoi occhi innocenti s’infiammarono di un bagliore violento.
Successe
tutto in un lampo. Lawrence avvertì una profonda sensazione di vuoto allo
stomaco, accompagnata dal bruciore atroce di tutte le giunture. Un lampo di
luce rossa lo colpì di striscio alla spalla e fu proiettato in aria,
piroettando sopra la folla fino a qualche metro di distanza. Atterrò addosso a
un uomo e lo sentì gemere dal dolore nella caduta. E in un attimo le urla e il
caos incendiò il vicolo. Altre persone volarono per aria come burattini. I due
cinesi, invece, furono colpiti da un bagliore accecante e rimasero fermi e
rigidi sul posto come se qualcuno li avesse immobilizzati nel cemento a presa
rapida.
<<
Smettila immediatamente, vampiro!>> urlò la voce di Larry, nel fuggifuggi
generale. << Smettila o dovrò ucciderti. Non costringermi a
farlo!>>
Ma
chi credeva di prendere in giro? Sapeva bene che quella bestia avrebbe venduto
cara la pelle, prima di placarsi.
Ne
seguirono tre spari.
Lawrence
imprecò e si rimise in piedi asciugandosi il sangue che gli colava copioso dal
naso. Non sapeva dov’era finita la sua pistola. Poi alzò lo sguardo e intravide
il vampiro piegare le braccia in un movimento articolato: i tre proiettili
sopraggiunsero all’altezza del suo stomaco, si fermarono a mezz’aria per
qualche lungo istante, poi furono rispediti indietro al mittente alla medesima
velocità. Larry fu colpito a una costola e al petto. Indietreggiò fino a
cozzare la schiena contro il muro, e lì si accasciò come una bambola di pezza.
<<
NO!>>
Il
tempo rallentò e Lawrence perse del tutto la sensibilità del proprio corpo, la
testa immersa nell’ira più cieca, impossibilitato a controllare ogni movimento.
Si mosse e basta, dettato dall’istinto primitivo della vendetta. Raccolse la vecchia Sally accanto al cadavere di
Larry e la sollevò in direzione del vampiro. Sapeva fin troppo bene che non
avrebbe avuto alcun effetto, ma valeva la pena di tentare.
Premette
il grilletto cinque volte, senza temerne le conseguenze. E la colse di
sprovvista. Non aveva attirato la sua attenzione, e lei pareva troppo impegnata
a respingere il resto della rivolta per prestare attenzione al corpo di Larry.
Il
cuore di Lawrence ruggì trionfante quando vide le pallottole conficcarsi nel
petto della ragazza. I suoi occhi verdi dilatarsi per la sorpresa, la bocca
serrarsi in un ultimo grido soffocato. Lasciò andare il ragazzo che stava
tentando di azzannare e crollò inerte a terra come aveva fatto Larry – o ogni
altro essere umano - ed il suo sguardo vuoto fissò un punto indeterminato del
cielo coperti di nubi.
Ma
gli uomini non smisero di essere sbalzati per aria. Iniziarono a crollare a
terra uno a uno, urlando, scalpitando, tentando di farsi scudo a vicenda.
Morti. Come un susseguirsi di esplosioni verdi che li uccidevano senza
concedergli il tempo di riflettere. O di fuggire.
Lawrence
seppe che avrebbe fatto la stessa fine, se non si fosse allontanato in tempo.
Ma dove nascondersi? L’unica cosa che gli venne in mente fu gettarsi a terra,
accanto al cadavere di Larry, fingendosi morto esattamente come lui, macchiato
del suo stesso sangue. Giù sul freddo asfalto, mentre anche i cinesi
fossilizzati venivano spazzati via dalla luce verde e crollavano anch’essi
privi di vita.
Poi,
dalla nebbia del vicolo, apparve un’ombra. Una persona avvolta nello stesso
mantello verde e dorato del vampiro dai capelli rossi. Balzò come una bestia
incollerita alle spalle di uno dei sopravvissuti e gli spezzò il setto nasale
con un pugno. Poi lo spinse contro il muro. Gli assestò un altro colpo violento
allo stomaco, facendo comparire dal nulla un pugnale affilato che gli premette
in mezzo agli occhi. Non proferì parola, mentre gli dava le spalle. Ma l’uomo
dal naso frantumato iniziò a contorcersi a terra e gridare.
Lawrence
fu colto da uno spasmo di paura. Tornò ad avvertire il dolore della caduta,
della sofferenza patita in quel vicolo. D’improvviso, tutto iniziò a farsi
sfocato. Prima che la tua testa cadesse inerte all’indietro, addosso al
cadavere di Larry Spencer, riuscì a intravedere una sottile cicatrice che
segnava il volto del vampiro, che stava correndo verso la compagna ormai morta.
L’aveva uccisa. Aveva ucciso un vampiro.
*°*°*°*
|
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Capitolo 2 *** L'inizio del Nulla ***
GM Capitolo 1
_Note Autore_
Di seguito, ecco a voi il PRIMO capitolo di Out of Nowhere! Buona lettura...
Capitolo
1
L’inizio del Nulla
Jacob
sollevò il cofano del vecchio pick-up ed emise quello che a Bella parve uno
sbuffo arrendevole. Poi si chinò in avanti, con una chiave inglese stretta fra
i denti, perquisendo per l’ennesima volta un motore che non sembrava
manifestare l’intenzione di funzionare.
Il
sole di mezzogiorno rifletteva sulla sua pelle olivastra visibili striature di
sudore. Indossava una camicia larga sbottonata, un vecchio paio di jeans
macchiati di olio e delle All Star logore.
<<
Mi dispiace essere portatore di cattive notizie.>> borbottò Jacob,
qualche istante dopo. E batté leggermente con la punta della chiave inglese una
parte interna del motore, le mani ormai intrise di olio raffermo. <<
Credo sia andato.>>
<<
Oh, merda.>>
<<
So cosa stai provando. Anch’io tendo ad affezionarmi alle mie cose. Troppo.>> Jacob sospirò, e
nell’allusione di quello sguardo c’era il risentimento di un’amicizia sospesa
sul filo di un rasoio. Quella situazione si faceva sempre più assurda, giorno
dopo giorno.
Bella
si sentì avvampare e fu costretta a distogliere lo sguardo dall’amico,
concentrandosi miseramente sui propri piedi. Quel mattino il suo Pick-up
l’aveva abbandonata nel bel mezzo della strada che collegava La Push al
villaggio di Forks - nient’altro che un sentiero tortuoso abbandonato nel bosco
– ed era stata costretta a richiedere il supporto del suo meccanico preferito.
Ovviamente,
Jacob non si era tirato indietro. Nell’arco di pochi istanti sembrava aver già
individuato il problema. << Credo si tratti della cinghia di distribuzione.
E’ già un miracolo che si sia retto in piedi per tutti questi anni. Non mi
meraviglio che sia giunta la sua ora.>> E, con un sospiro ben più
eloquente del previsto, soggiunse: << Non è certo immortale, Bells.>>
<<
Già.>> mormorò lei. Ma dentro di sé, come un fiume in piena, avrebbe
voluto dare un taglio a quelle battute velate, a quella maledetta convinzione
di essere stato escluso una volta per tutte dalla sua vita. Jacob non si
sarebbe mai accontentato di una semplice amicizia, ma era tutto ciò che Bella
poteva offrirgli in quel momento. Prendere o rifiutare, senza dolorose vie di
mezzo. Invece Jacob sembrava divertirsi a giocare al rialzo, punzecchiandola
ogniqualvolta ne avesse l’occasione.
<<
Sei in grado ai ripararlo, Jake?>> domandò Bella, con tono apprensivo.
Lui
tornò a scrutare torvo gli ingranaggi metallici del motore, tenendo il cofano
aperto sopra la sua testa con una mano. Le sue spalle larghe e muscolose
sembravano essersi irrobustite ulteriormente dopo la fine dell’inverno.
<< Posso provarci, Bells, ma non ti assicuro nulla di buono.>>
<<
Grazie.>>
<<
Ti richiamo quando avrò novità. Ci vorranno un paio di giorni per trovare i
pezzi. Nel frattempo, puoi farti accompagnare a casa da mio padre. Ho sentito
che doveva vedersi con Charlie per i play-off, questa sera. Trasmettono il
match in televisione.>>
<<
Ah.>> Fu tutto ciò che Bella riuscì a dire. Era evidente quando Jacob si
sforzasse di guardarla, come se non desiderasse altro che se ne andasse da
quell’umido garage, varcando per sempre i confini di La Push. Un desiderio
convulso le si artigliò allo stomaco e la supplicò di uscire all’aria aperta.
Aveva bisogno di riflettere. Senza il suo pick-up, la sua autonomia si sarebbe
presto annullata. La prospettiva di essere accompagnata a scuola a bordo
dell’auto di polizia di Charlie non contribuì a migliorare il suo umore.
Un
quarto d’ora dopo Bella era a bordo del vecchio Ford 4x4 di Billy, che aveva
rimediato un paio di mesi prima a un’asta pubblica indetta della polizia
cittadina. (Bella aveva seri dubbi sul fatto che Billy e Charlie avessero
brogliato l’asta per riuscire ad ottenere quel rottame, che osavano definire
“fuoristrada”, per le loro battute di pesca) Billy era meno loquace del solito,
e significò rimanere in silenzio durante tutto il viaggio. A Bella, tutto
sommato, non dispiacque affatto. Si godette il vento tra i capelli, affacciata
dal finestrino, dimenticando per qualche breve istante il guasto al pick-up e
gli apri conflitti familiari che da qualche settimana tenevano banco in casa
Swan.
<<
Charlie è preoccupato per te.>> Non era una domanda. Billy si schiarì la
voce mentre guardava la strada, le mani salde sul volante. << Anche mio
figlio lo è, Bella. Eccome.>>
<<
Non c’è niente di cui preoccuparsi. Sto bene.>> borbottò Bella, che
rinsavì dal coma nel quale era precipitata durante tutto il viaggio. <<
Voglio dire, è dal tuffo dalla Scogliera che ho chiuso con i guai. Hanno smesso
di perseguitarmi. O almeno spero.>>
<<
Non mi stavo riferendo a quello.>>
<<
Lo immaginavo.>>
<<
Come sta Edward?>>
Glielo
chiese d’improvviso, a bruciapelo, come se le parole che sgorgavano dalla sua
bocca riguardassero un match di basket in televisione. O l’ultimo argomento
studiato a scuola.
<<
Bene.>> rispose Bella.
Il
silenzio tornò a regnare sovrano nell’abitacolo del fuoristrada. Dopo un po’
Billy tornò a schiarirsi la voce. << Charlie ha detto che intendete
andare al College, dopo la consegna dei Diplomi.>>
<<
Già.>> Bella tornò ad affacciarsi dal finestrino.
Passarono
davanti al negozio di articoli sportivi dei Newton, e Bella poté intravedere la
figura sfocata Mike appena visibile attraverso le vetrine, dietro il bancone.
<<
Puoi lasciarmi qui, Billy. Credo andrò a far visita ai Newton, prima di tornare
a casa.>>
<<
Ne sei sicura?>> le chiese Billy. Nei suoi occhi si lesse un velo di
preoccupazione. Evidentemente aveva promesso a Charlie che l’avrebbe riportata
a casa sana e salva con il suo Ford 4x4.
Bella
annuì. << Dì a Charlie che troverò un passaggio. Stasera c’è una partita
importante, no? Non voglio che mi venga a prendere o che si preoccupi
inutilmente per me. Godetevi la serata. Sarò da voi per cena.>>
<<
Come vuoi, Bella.>>
Bella
osservò il fuoristrada allontanarsi sferragliando lungo la strada, e per pochi
istanti fece finta di incamminarsi verso il negozio dei Newton. Non appena il
Ford 4x4 di Billy fu sparito dietro l’angolo, cambiò rapidamente direzione e
s’avviò a grandi passi al parco cittadino di Forks.
Non
era un granché, con la sua aria poco curata e i cespugli che facevano capolino
agli angoli del sentiero. Non come il vasto parco di Phoenix dove Reneè la
accompagnava sempre quando era piccola, certo, o le immense distese boscose di
La Push. Ma quel pomeriggio si accontentò. Procedette speditamente in direzione
del minuscolo lago artificiale, accanto alla pista da pattinaggio deserta. Il
cemento era duro e sembrava così vecchio da essersi incrostato sulla strada
come la corteccia di un albero. Sedette in equilibrio precario su una
ringhiera, fissando il panorama cupo intorno a lei.
Il
luogo migliore per riflettere. Lontana dal mondo. Lontana dai Cullen. Per un
attimo, ebbe l’impressione che Alice potesse prevedere dove si trovava, ma le
scelte improvvise e poco ragionate contribuivano a mandare all’aria ogni sua
visione del futuro. Meglio così. Aveva un buon margine di vantaggio per
rimanere da sola, in quell’umido parco cittadino, e pensare alla proposta di
Edward.
Sposami. Le
aveva detto. E’ l’unica condizione perché
io accetti di trasformarti.
Una
condizione ben più pesante di quello che lui poteva immaginare. In fondo, a
diciotto anni, quante ragazze pensavano seriamente al matrimonio? Era come
trovarsi sulla sommità di un baratro. Le sarebbe bastato il più lieve soffio di
vento per precipitare nel vuoto, con il solo rimpianto di essersi rovinata la
vita ancora una volta.
Perché
rifiutare? Lo amava, ed era un dato di fatto. Perché non ufficializzare il loro
legame?
Frena, Bells. Stai
correndo troppo.
Carlisle
ed Esme sarebbero stati felici di accoglierla nella loro famiglia. In fondo,
era da molto tempo che aspettavano la fine dei suoi tormenti. Rimanere un
comune essere umano avrebbe compromesso irrimediabilmente il suo legame con
Edward. Sarebbe invecchiata. E solo in quel momento percepì la morsa serrata
allo stomaco, quando pensava a quella triste conseguenza. Aveva bisogno
dell’immortalità come un’ape del miele. Lei, Bella Swan, avrebbe gettato alle
ortiche la propria vita umana per trascorrere l’eternità al fianco di Edward.
Ma avrebbe dovuto sposarlo.
Un
fruscio di vento le scompigliò i capelli, accompagnato dal un lieve formicolio
alla nuca. Tutto ad un tratto, ebbe come l’impressione che qualcuno la stesse
osservando. Bella si voltò di scatto, ma non vide altro che solitudine e fitta
vegetazione.
<<
Ehi, Bella, che cosa ci fai qui?>>
Bella
trasalì dallo spavento e per poco non ruzzolò dalla ringhiera.
Era
Mike Newton, e stringeva in mano un sacchetto del Take-Away e la sgargiante
polo arancione del negozio. << Ti ho vista scendere da un’auto e
incamminarti verso il parco. Sola. Va tutto bene?>>
<<
Sto bene.>> mentì Bella. << Stavo… facendo una passeggiata.>>
<<
A quest’ora, Bells? In questo parco?>> Mike rise. Una risata che
nascondeva un velo di malignità repressa. << E’ la prima volta che riesco
a incontrarti senza che tu sia insieme a Edward.>> Non aveva trovato
molte difficoltà a pronunciare il suo nome, ed era stato sincero: in
quell’ultimo periodo, a scuola, Bella e Edward trascorrevano tutto il loro
tempo insieme.
<<
Sei sicura di stare bene?>> ripeté lui.
<<
Ho molti pensieri per la testa.>>
<<
Avete litigato?>>
Fu
il turno di Bella per sfoderare un sorriso tetro. << Ci mancherebbe solo
questa.>>
<<
E allora cosa c’è che non va?>> Mike sedette al suo fianco con un piccolo
balzo, e per qualche istante la ringhiera vibrò pericolosamente. Estrasse un
muffin dal sacchetto dal Take-away e glielo porse, senza complimenti. <<
Mangia.>> Non era una domanda. << Ho sentito che i dolci sono il
miglior metodo per sollevare l’umore delle persone. Magari riuscirai a dirmi
cosa ti frulla per la testa.>>
Dopo
il periodo in cui l’aveva considerata invisibile, e il naturale astio nei suoi
occhi ogniqualvolta la osservava, Mike sembrava aver cambiato tattica. Voleva
parlarle, dimostrarsi l’amico fedele conosciuto durante i primi giorni di
scuola a Forks.
Bella
accettò di buon grado il muffin. Ne staccò un morso rimirando l’asfalto
dissestato del sentiero.
<<
Okay, non vuoi parlarne.>> sospirò Mike, dopo un lungo silenzio. <<
Si è fatto tardi, e devo ancora finire la ricerca di geografia per la
professoressa Steward. O rischierò un altro votaccio.>>
<<
Mike.>> disse Bella, con un filo di voce. << Ti andrebbe di
riaccompagnarmi a casa?>> Si strinse istintivamente nelle spalle.
Chiedere un favore a Mike Newton, in certi casi, poteva risultare imbarazzante.
<< Grazie per il muffin.>>
Mike
le rivolse un sorriso radioso. << Sono contento che abbia avuto
effetto.>>
*°*°*°*
La
Crysler color verde bottiglia del padre di Mike sembrava uscita da un film di
gangster italoamericani. Era ampia, spaziosa e il rombo sordo e grintoso del
motore accompagnò l’intero tragitto fino a casa di Charlie. Bella si ritrovò a
chiacchierare con Mike per la prima volta dopo molto tempo: parlarono della
scuola, di Angela e della ricerca di geografia. Poi l’argomento si spostò sulla
consegna dei diplomi e Bella avvertì un’immancabile fitta allo stomaco. Era quella
la data prefissata per la sua trasformazione.
Potremo sposarci dopo il
diploma. E tu potrai realizzare il tuo sogno.
<<
Siamo arrivati.>>
Le
ruote della Crysler scricchiolarono sulla ghiaia del piccolo di spiazzo immerso
nel bosco. Charlie e Billy avevano udito il rumore dell’auto e la stavano
aspettando nell’ingresso, i volti incuriositi appena visibili nella
semioscurità del tramonto.
Bella
seppe solo in quel momento che un inspiegabile ritardo durante primo giorno di
libertà vigilata – dopo il castigo che Charlie le aveva inflitto – non poteva
significare altro che cattive notizie. Invece, con sua immensa sorpresa,
Charlie sembrava molto meno nervoso del previsto. Salutò calorosamente Mike
Newton e lo invitò a bere qualcosa, ma il ragazzo rifiutò educatamente.
<<
Ho un sacco di compiti da finire.>> ammise. << Spero che l’invito
sia sempre valido, in futuro. E’ stato un piacere averla rivista, signor
Swan.>>
<<
Augurati di non aver mai bisogno di me quando sono in servizio,
ragazzo.>> Charlie gli strizzò l’occhio. << Grazie per aver
riportato mia figlia a casa.>>
<<
Dovere.>> rispose Mike, che si appoggiò alla Crysler con un sorriso
smagliante dipinto sul volto. Aveva
concordato con Bella di non dire nulla riguardo alle sue passeggiate al parco
cittadino, o Charlie si sarebbe preoccupato inutilmente – come al solito.
Perciò rimase immobile e silenzioso in attesa che Bella dicesse qualcosa. Lei,
impacciata, si limitò a rivolgergli un cenno di saluto con la mano.
<<
Ci vediamo domani.>> Fece per aprire nuovamente la bocca, ma Mike la
interruppe.
<<
Non c’è problema per il passaggio, dico sul serio. Mi ha fatto piacere.>>
Sorrise ancora, come se non sapesse fare altro. << Ci vediamo domani a
scuola.>> E si rivolse a Charlie e Billy, l’uno accanto all’altro
sull’uscio di casa. << Buona serata.>>
Quella
sera Charlie aveva ordinato tre pizze e le risparmiò di affrettarsi in cucina
prima dell’inizio dei play off. Entrambi erano troppo presi dal match imminente
per chiederle che cos’avesse fatto nel pomeriggio, dopo essere scesa di fronte
al negozio dei Newton. Anche se, dalle occhiate riconoscenti che ogni tanto le
scoccava, Charlie sembrava entusiasta del fatto che stesse ricominciando ad
avere una vita sociale.
Dopo
cena Bella si sforzò di impiegare il maggior tempo possibile per sparecchiare:
lavò accuratamente i piatti e li dispose nella credenza. Poi diede un’altra
occhiata al frigorifero. Scrisse su un post-it la lista della spesa per
l’indomani e la appiccicò sul freezer, mentre Charlie e Billy si erano
accomodati in soggiorno davanti al televisore. Sentì il loro allegro vociare al
di là della parete, e si pentì di essere rincasata così presto.
Fu
pervasa nuovamente da uno strano formicolio dietro la nuca. Un fruscio di vento
fece scricchiolare gli infissi della finestra. Qualcuno la stava osservando, ne
era certa. Vivendo a contatto con una famiglia di vampiri aveva imparato, per
quanto le era possibile, ad affinare i propri sensi. Socchiuse leggermente la
veneziana e scandagliò lo spiazzo di fronte all’abitazione, dove un’ora prima
Mike aveva parcheggiato la Crysler. Ma non vide nessuno.
Parzialmente
sollevata, trasse un sospiro di sollievo e si precipitò di sopra. Entrò in
camera con la foga di una centometrista ed incespicò nella moquette del
pavimento, iniziando a barcollare pericolosamente in avanti. Per sua fortuna,
il letto attutì la sua caduta. Si ritrovò distesa sul materasso con la faccia
premuta sul cuscino, i capelli sparpagliati tutt’intorno come mossi da un vento
invisibile.
<<
Bel tuffo.>> disse la voce fredda e lugubre di Edward, alle sue spalle,
aveva tutta l’aria di complimentarsi con lei. << Devi ringraziare il tuo
letto, Bells. Si trovava nel posto giusto al momento giusto per evitarti la
rottura del setto nasale. O forse ancor peggio.>>
Bella
si rigirò sul materasso, rossa in viso per la vergogna di aver dato ancora una
volta ampia mostra alla sua sbadataggine. Rivedere Edward, però, bastò ad
alleviare ogni sua preoccupazione. Balzò giù dal letto e gli gettò le braccia
al collo, senza trattenersi, affondando il viso contro il suo petto marmoreo.
Lui
però non ricambiò la sua stretta, e si fece più serio e gelido di un pezzo di
ghiaccio.
Bella
se lo aspettava. Vile fino in fondo, ben sapendo quanto Edward odiasse che lei
si aggirasse a La Push in sua assenza. Non aveva alcun dubbio sul fatto che già
sapesse tutto quanto. Fin troppo bene.
<<
Dov’è finito il tuo pick-up?>> le chiese, freddo.
<<
E’ rotto.>> Bella prese un sospiro. << L’ho portato da Jacob. Spero
riesca ad aggiustarlo.>>
<<
E poi?>> proseguì Edward e, nonostante la sua voce continuasse a essere
moderata, fu come se ogni sillaba le punzecchiasse i timpani.
<<
Sono stata in città. Ho incontrato Mike Newton, che mi ha riaccompagnata a
casa. Perché tutte queste domande?>> Si finse indifferente, e ciò
contribuì a peggiorare le cose. Gli occhi di Edward dardeggiarono d’ira, neri e
profondi, mentre posava le mani sulle sue spalle e la allontanava leggermente
da sé. << Mi sembrava di essere stato chiaro, riguardo alle tue
amicizie.>>
<<
Esatto, Edward. Alle mie amicizie.>>
puntualizzò Bella.
<<
Niente licantropi.>>
<<
E niente Crysler, presumo.>>
<<
Ancora non hai capito quanto può essere pericoloso?>>
<<
L’unico pericolo che sto correndo in questo momento, è stare accanto a
te!>> esclamò Bella. << Quando la farete finita con questa storia
del patto? Non potrete farvi la guerra per sempre. Odio questa
situazione!>>
Edward
socchiuse gli occhi e inspirò profondamente, anche se poteva risultargli
superfluo. << Tu non capisci.>> disse. << Non ti rendi conto
di quanto possa essere instabile uno di quei randagi. Non costringermi ad
eludere il patto. Prima o poi scoppierà qualche guerra a La Push. E quel giorno
non mi riterrò responsabile delle conseguenze.>> Dal suo sguardo serio e
glaciale capì che non stava scherzando. Nulla, nella sua espressione, glielo
lasciò intendere. << Se mi comporto così, è solo perché sono preoccupato
per te. Perché ti amo. Il solo
pensiero che ti accada qualcosa per colpa di Black…>>
Bella
non gli lasciò terminare la frase. << Jacob non mi farebbe mai una cosa
del genere. E tu lo sai.>>
<<
Nessuno può saperlo. Non dare per scontato le cose più semplici. È un
licantropo.>>
<<
E tu sei un vampiro.>>
<<
Lo so.>>
<<
Che differenza c’è? Sono in pericolo insieme a Jacob quanto con te, Edward
Cullen, ficcatelo bene in testa!>>
<<
E’ diverso.>> sbottò Edward, accigliato.
Bella
pestò i piedi per terra, si morse un labbro con l’aria infantile di una bambina
arrabbiata. Voltò sui tacchi e diresse a grandi passi verso la porta della sua
camera, con i nervi a fior di pelle, ma Edward si mosse così velocemente da
comparirle di fronte, sbarrandole il passaggio. Sogghignò soddisfatto di fronte
alla sua esitazione, tornando a farsi serio. << Ho ancora una
domanda.>>
Bella
gli rivolse un’occhiataccia tetra.
<<
Che cosa ci facevi al parco cittadino con Mike Newton?>>
<<
Ho forse l’obbligo di tenermi a distanza anche da lui? Tu sei solo geloso.>>
<<
E’ solo una domanda.>>
<<
E questa è la mia risposta.>>
Edward
si fece più vicino e Bella poté avvertire il suo respiro freddo su di sé. Era
come essere nelle vicinanze di una cella frigorifera. Maledisse tutto il resto
e lo abbracciò di nuovo. Non riusciva a essere arrabbiata con lui. La sua
gelosia, in fondo, la lusingava.
Mosse
la testa contro il suo petto, mentre lui la stringeva così forte a sé da
toglierle il respiro.
<<
Mi dispiace.>> Bella appoggiò le labbra sul suo collo freddo. <<
Odio litigare con te.>>
<<
Non abbiamo litigato.>>
<<
Sì, invece. Tu sei geloso e io isterica. Che bella coppia.>>
Edward
smorzò un sorriso. << Non sono geloso.>>
<<
Allora perché tutta questa preoccupazione per Jacob Black? Sai benissimo che
siamo solo amici. E poi io voglio solo te.>>
<<
Ne abbiamo parlato tante volte. Non è gelosia. Non sopporto l’idea che tu metta
a repentaglio la tua vita per essere amica di un lupo.>>
<<
E’ la stessa cosa. E poi…>>
<<
Ssht.>> Edward le raccolse delicatamente il volto fra le mani, accostando
le labbra alle sue con un movimento istintivo, soffocandole le parole in bocca.
Il cuore di Bella le balzò ruggente in gola e, se lui non l’avesse stretta così
forte, probabilmente le sue gambe di gelatina avrebbero ceduto.
Gli
allacciò le braccia al collo, avvertendo il fuoco fasi largo nel suo stomaco.
Dischiuse piano la bocca e si premette con più foga al suo petto per
intensificare il bacio. Poi, come ogni altra volta, Edward si staccò. Le loro
labbra si divisero con un piccolo risucchio e lui la prese per i fianchi,
posando la fronte contro la sua e osservandola con i suoi occhi neri e
profondi.
<<
Ti amo, Isabella Swan. Come devo dirtelo?>>
Un
altro bacio a fior di labbra. Bella sapeva che presto quel sogno sarebbe
finito. Cercò di viverlo a pieno, in attesa che Edward perdesse il controllo e
si allontanasse da lei.
<<
Anch’io ti amo, lo sai.>>
<<
Allora sposami.>> le disse Edward.
<<
Non adesso. Non così presto.>> Bella si rannicchiò nel suo abbraccio,
sentendosi finalmente al sicuro. Soppesò l’idea di raccontargli degli strani
avvenimenti di quel giorno, dell’improvvisa sensazione di sentirsi osservata,
ma dedusse che era solo il risultato dello stress accumulato nei giorni
post-diploma. Nulla avrebbe rovinato quel raro momento di pace.
<<
Dopo il diploma saremo liberi di stare insieme. Per sempre.>>
Lui
arricciò il naso, manifestando la sua contrarietà. Ma dal suo sguardo, era
ormai arreso all’evidenza. Prima o poi sarebbe stato costretto ad accettare la
sua trasformazione. Non avrebbero potuto continuare a vivere così.
<<
E’ ora che tu vada a dormire, piccola. E’ tardi.>> Senza che Bella
potesse opporsi, lui la sollevò in braccio e la trasportò senza sforzo verso il
letto. La adagiò delicatamente sul materasso, dosando incredibilmente la sua
forza. Poi si chinò su di lei e le posò un bacio leggero sulla fronte. <<
Non cacciarti nei guai. Tipo inciampare sulla moquette o cose del
genere.>>
<<
Contaci.>>
Edward
le sorrise. Quel sorriso tenero apprensivo che sapeva regalare solo a lei.
<< Buonanotte.>>
Bella
lo agguantò per il colletto della camicia e lo obbligò ad avanzare goffamente
verso il suo viso, regalandogli un ultimo bacio prima di lasciarsi. Fu la sua
buonanotte.
*°*°*°*
|
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Capitolo 3 *** La scia antica ***
GM Capitolo 2
_Note Autore_
Innanzittutto, grazie ad Argentlam
per il suo commento. E' la prima persona che devo nominare, per il
semplice fatto che mi segue da così tanto tempo, e credo sia
stata l'ultima idea per lei leggere una FF su Twilight dopo così
tanto tempo di mia inattività.
Grazie a MyLittleHeart e Princess of Vegeta6,
i vostri sono i primi commenti e sono molto felice di averli letti. In
fondo, non so nemmeno se questa FF verrà letta da tante persone.
E' stata una scommessa per me. Cercherò di portarla avanti fino
in fondo.
Capitolo
2
Una
scia antica
Quando
Bella lasciò il pick-up nel parcheggio della scuola, due giorni dopo, lo strano
formicolio alla nuca la colse del tutto impreparata. Le sopraggiunse come un
fulmine a ciel sereno, così improvviso e furtivo da farla trasalire. Per la
terza volta nell’arco di poche ore, aveva come la certezza che qualcosa o
qualcuno la stava osservando senza che lei potesse accorgersene. E l’idea che
la splendida giornata assolata avesse tenuto Edward lontano dalla scuola non
contribuì a tranquillizzarla.
Poco
più in là, all’imbocco del parcheggio, una Audi TT grigia era seminascosta
nella penombra di un albero. I vetri oscurati le impedivano di vedere chi fosse
seduto al suo interno. Non seppe perché, ma quella specie di sesto senso le
disse di andarsene.
Bella
ignorò la fuoriserie sportiva e s’avviò a grandi passi verso la scuola, dove
Angela la stava aspettando con una pila di libri stretti fra le mani.
Si
sforzò di pensare al suo pick-up, che Jacob aveva aggiustato nel giro di poche
ore, riparando il danno grazie ai pezzi rimediati da un vecchio Dodge alla
discarica di Port Angeles. Il suo adorato rottame,
finalmente funzionante.
<<
Sei sicura di stare bene, Bells?>> le chiese subito, squadrandola con
aria apprensiva. << Hai uno strano colorito. Sembri più pallida del
solito.>>
<<
Come un vampiro.>> soggiunse Ben, che era comparso al fianco di Angela.
Bella
accennò a un sorriso. Non disse loro che, in una remota parte del suo stomaco,
qualcosa aveva ruggito trionfante all’udire la parola vampiro. Un miscuglio di paura e felicità, di stupore e di gioia,
si stavamo insinuando in lei. Entro pochi giorni, se tutto fosse andato bene,
sarebbe stata un vampiro sul serio.
Scherzò
con Ben e Angela lungo il corridoio e scacciò via la sensazione di pericolo
alla vista di quell’auto nel cortile della scuola. Una casualità. Pensò. Una
semplice casualità.
A
fine mattinata, si ritrovò a mangiucchiare svogliatamente il suo arrosto nella
mensa, affiancata ormai dalla presenza fissa di Angela. Perfino Jessica, dall’altra
parte del tavolo, ogni tanto le lanciava un’occhiata incuriosita, come se il
muro che si era eretto fra loro non fosse altro che un miraggio.
<<…
per non parlare dell’ultimo film di Roland Zemmerick, Il tormento dei Dannati, ho visto il trailer su YouTube. E’ assolutamente da
vedere!>> stava dicendo Ben, con il suo solito entusiasmo da cinefilo
incallito. << Dovrebbe uscire venerdì prossimo. Un’ultima rimpatriata
prima degli esami.>>
Bella
sospirò e si sforzò di guardare da un’altra parte. Ogni volta che le
ricordavano la data del diploma, provava un’irrimediabile sensazione di
disagio. O forse paura?
Mike
Newton le passò davanti con il vassoio il precario equilibrio, occupando il
posto vuoto di fronte a lei.
<<
Sei dei nostri, Mike, vero?>> Ben raccontò da capo il trailer dell’ultimo
Horror in uscita nelle sale, ma Mike sembrava faticare a udirlo. Era impegnato
a osservare Bella di sottecchi, fra un boccone e l’altro, approfittando dell’attimo
in cui nessuno li stesse osservando per rivolgerle la parola. In assenza di
Edward, la maggior parte dei suoi amici faticavano a notare la sua presenza,
come una mosca pianta rintanata nel suo angolo in fondo alla mensa.
<<
Possiamo mangiare qualcosa a Port Angeles prima del film, eh, Mike?>>
<<
Oh, sì, Ben. Credo di sì.>> borbottò Mike.
<<
Perfetto.>> esclamò Ben, che diede per scontato la presenza di Angela. Il
suo sguardo, dopo aver ottenuto la maggior parte dei consensi lungo la
tavolata, ricadde inesorabilmente su Bella. << Bells?>>
Bella
lo fissò come si fissava il vuoto durante una lezione noiosa di matematica. <<
Non lo so.>>
<<
Oh, andiamo, è l’ultima serata che potremo passare insieme prima del
diploma!>> esclamò Angela.
<<
Lo diremo anche a Edward.>> precisò Ben. << E ognuno di noi potrà
invitare anche altri amici, perlomeno la compagnia sarà più numerosa.>>
<<
Questa è un’ottima idea.>> fu il commento di Jessica.
E
Bella si ritrovò ad annuire, senza quasi aver assorbito ciò che era accaduto,
la testa persa fra mille pensieri.
All’uscita,
l’Audi TT era ancora lì, nello stesso posto, con i suoi vetri scuri e la
vernice color metallo scintillante sotto i tiepidi raggi di sole. Bella ebbe un
tuffo al cuore, quando la vide. Richiamò a sé tutte le sue forze e proseguì
diritta tentando inutilmente di calmarsi, in preda a quel fastidioso formicolio
alla nuca che ormai aveva iniziato a perseguitarla.
Chiunque sia l’autista, mi
sta osservando. C’è qualcuno là dentro. E sta guardando me. Bella Swan.
Ne
era certa.
Salì
frettolosamente sul suo pick-up e avviò rumorosamente il motore, ficcandosi le
cuffie dell’I-pod nelle orecchie prima che il panico potesse travolgerla del
tutto. Uscì dal parcheggio senza degnare di uno sguardo Jessica e Sarah – nuovo
membro della compagnia, arrivata a Forks durante la seconda metà dell’anno.
Sarah Spencer era il tipo di ragazza che tendeva a etichettare le persone prima
di conoscerle veramente. Lei e Bella si erano rivolte a stento la parola un
paio di volte, e Sarah non parve impensierirsi del suo comportamento.
Contrariamente a lei, Jessica mosse istintivamente gli occhi in direzione del pick-up.
Bella la intravide nello specchietto retrovisore. Un attimo dopo, la sua
immagine fu oscurata dal muso aerodinamico e arrotondato della Audi TT. Si
stava muovendo, incanalandosi in coda in attesa di uscire dal parcheggio.
Dietro di lei.
Bella
inghiottì un groppo di saliva che le attanagliava la gola. Edward, dove sei finito? La sua insolita mania di cacciarsi nei
guai si stava manifestando più frequentemente da un anno a quella parte. Perché
proprio in quel momento, poco prima dei suoi esami?
Si
allontanò dalla scuola percorrendo a velocità sostenuta la via principale, che
tagliava in due la città di Forks come due spicchi identici di una mela. L’Audi
presto scomparve nel traffico, ma ogni tanto faceva capolino nello specchietto,
mimetizzata fra gli altri veicoli nel famigliare ingorgo dell’ora di pranzo.
Bella
prese una decisione affrettata. Il sole era troppo cocente e non avrebbe potuto
contare sull’aiuto dei Cullen. Senza riflettere, inserì la freccia direzionale
e si mosse nell’altra corsia, inserendosi nella rotonda successiva per cambiare
repentinamente direzione. Imboccò la statale e si diresse verso La Push.
Due
miglia più tardi, i contorni metallici della Audi apparivano e scomparivano ad
ogni curva, seminascosti nella volta vegetazione del bosco. Il suono ruggente
del motore maledettamente vicino.
Bella
tenne stretto il volante con una mano, mentre con l’altra perquisiva il vano
portaoggetti alla ricerca del cellulare. Lo trovò pochi istanti dopo, e compose
meccanicamente il numero di Charlie. Rispose la segreteria telefonica. Attese
il bip prima di parlare.
<<
Faccio un salto da Jacob. Credo di avere di nuovo problemi con il Pick-up.
Cercherò di essere a casa per cena.>> La sua bugia aveva avuto un effetto
particolarmente sincero. In fondo, chiunque avrebbe creduto all’idea che il
vecchio Chevy si fosse rotto per l’ennesima volta.
Dopo
aver inviato il messaggio vocale, controllò di nuovo lo specchietto
retrovisore.
Al
confine che separava il territorio dei Cullen da quello dei licantropi di La
Push, la Audi TT si era fermata sul ciglio della strada, immobile, con i fari
accesi che proiettavano una strana sfumatura bluastra nella foresta.
Bella,
sollevata, pigiò con veemenza l’acceleratore e sentì il pick-up emettere un
lamento sordo.
<<
Che cos’è successo?>> domandò Jacob, allarmato, quando la vide arrivare
trafelata nello spiazzo ghiaioso di fronte al suo garage. Si ripulì le mani nei
pantaloni intrisi di olio e la raggiunse, stringendola in un abbraccio
protettivo. << E’ accaduto qualcosa, non è vero? Ti prego, Bella, dimmi
ogni cosa.>>
Bella
lo allontanò da sé per riuscire a respirare. Il suo corpo era bollente ed
emanava un leggero odore di sudore. Doveva essere rinchiuso nel garage a
lavorare fin dal mattino.
<<
Non lo so, Jake. Qualcuno mi stava seguendo, fuori dalla scuola. Ho avuto
paura, e sono venuta qui.>> D’improvviso si sentì sciocca e impacciata.
<< Era un’auto sportiva. All’uscita ha iniziato a seguire il mio pick-up.
Ho fatto inversione e mi sono diretta verso La Push per timore che potesse
capire dove abitavo.>>
<<
Dove si trova adesso?>> ringhiò Jacob.
<<
Si è fermata al confine.>> mormorò Bella.
<<
Succhiasangue.>>
<<
Non lo so, Jake. Non so davvero a cosa pensare.>>
<<
L’unico modo per scoprire che cosa vogliano, è trovarli. Se dici che si sono
fermati al confine, significa che conosco bene il territorio e le nostre leggi.>> Storse il naso,
annusando l’aria. << Puzzi di sanguisuga,
Bella. Così forte da coprire gli altri odori nelle vicinanze.>>
<<
Non sei l’unico a criticare il mio odore.>>
Jacob
le prese una mano e la trascinò nel garage. Una vecchia Nissan senza pneumatici
era stata stipata accanto alle loro motociclette, con il cofano aperto ed
alcuni attrezzi sparsi tutt’intorno, insieme a un secchio di vernice verde. Accatastati
negli scaffali di metallo, alcuni paraurti arrugginiti e un alettone.
<<
Dove hai trovato questa roba?>>
<<
Nello stesso posto in cui ho rimediato la tua cinghia di distruzione, Bells. In
discarica.>>
Bella
trovò la forza per sorridere. << Non smetti mai di stupirmi.>>
<<
Tu, invece, per niente.>> le fece eco Jacob. << Riesci sempre a
cacciarti nei guai.>>
*°*°*°*
Embry
e Quil giunsero sulla spiaggia di La Push al tramonto, accompagnati da un altro
Quileute che Bella non conosceva. Era un ragazzone massiccio con la mascella
squadrata e gli occhi troppo vicini fra loro, al di sotto di un naso schiacciato
come quello di un pugile. Portava i capelli rasati a zero e un orecchino gli
brillava all’orecchio sinistro. Del terzetto, era l’unico a essere a torso
nudo. Gli altri due indossavano vecchie t-shirt sgualcite con gli evidenti
segni delle zanne, lacerate e intrise di terra. Avevano pattugliato il
territorio in lungo e in largo, per ordine di Sam e Jacob. Dalle loro espressioni
cupe, dovevano aver trovato qualcosa.
Jacob
e Bella, che erano rimasti ad attenderli seduti sul vecchio tronco d’albero in
riva al mare, si alzarono meccanicamente in piedi al loro arrivo. Una scia di
brividi le corse lungo la schiena, mentre Embry estraeva un minuscolo pezzo
metallico da una tasca e lo porgeva a Jacob.
Lui
lo annusò, per poi rigirarselo fra le grosse mani ruvide e bollenti. << E’
un componente dei fari di un’auto.>> Continuò a perlustrare l’oggettino,
quasi fosse una reliquia preziosa. << Una vite di giuntura. E’ saldata da
un lato.>> Sollevò lo sguardo e lo fece scorrere su tutti i presenti,
fino a soffermarsi su Embry. << Sono
luci molto particolari, che emanano un fascio di luce a metà fra il bianco e l’azzurro.
Solo le auto sportive hanno una dotazione del genere.>>
<<
La Audi.>> squittì Bella, in un sussurro.
<<
Dove l’avete trovato?>> proseguì Jacob, secco.
<<
Nei pressi del confine ovest.>> rispose il terzo Quileute, con voce roca.
<< Abbiamo seguito le tracce lasciate dagli pneumatici. C’era odore di
Freddi nelle vicinanze, ma non ci è stato concesso proseguire oltre.>>
<<
L’auto ha fatto inversione di marcia prima del confine ed è tornata
indietro.>> soggiunse Embry. << Si è allontanata verso il
territorio dei Cullen.>>
Una
vampata di calore investì il viso di Bella, che divenne presto paonazzo. Era
stata così stupida da spaventarsi al primo segnale d’allarme. E se Edward o uno
dei suoi fratelli avesse cambiato auto e si fosse diretto a scuola
proteggendosi dal sole, per farle una sorpresa? Si era comportata come una
bambina. Cercò immediatamente il cellulare a tentoni nella sua testa, mentre i
quattro Quileute continuavano a discutere fittamente, guardinghi e preoccupati.
<<
Non era uno dei Cullen, se è ciò che ti stai chiedendo.>> disse d’improvviso
Quil, che era rimasto in silenzio fino a quel momento. Bella alzò lo sguardo e
vide i suoi occhi scuri proiettati su di sé. << Era un odore nuovo. Molto
più… antico.>>
<<
Che cosa intendi per antico,
Quil?>> gli chiese subito Bella.
Il
ragazzo si strinse nelle spalle. << Tarek è infallibile, se si tratta di
riconoscere i Freddi. Lo abbiamo chiamato apposta da Port Angeles, avevamo
bisogno di aiuto.>> Indicò il ragazzo robusto dalla testa calva, e
sghignazzò tetramente. << Lui con i Freddi ormai è abituato a conviverci.
Ne ha scacciati più di chiunque altro, qui a La Push.>>
<<
Per antico significa che il Freddo
vive da molto tempo. Più vivono a lungo, più la loro scia è intensa. Saprei
annusare quel Freddo nell’aria a trenta miglia di distanza.>> Tarek si
passò una mano nei capelli radi. << E’ solo il mio istinto.>>
<<
Non essere modesto, Rek.>> lo rimbeccò Embry. << E’ grazie a lui
che abbiamo rimediato quel pezzo di metallo. Sapevamo che Jake l’avrebbe
riconosciuto. E’ un buon meccanico.>>
<<
Grazie, ragazzi.>> Jacob diede una generosa pacca sulla schiena a Quil,
che rispose con un ringhio che poco aveva di umano, accompagnato da un sorriso
selvaggio. << Avviserò Sam, questa sera. Credo sia meglio pattugliare i
confini nei prossimi giorni, se per caso il succhiasangue torni sui propri
passi. Inoltre, se l’ha seguita fin qui, probabilmente sa anche dove
abita.>> E guardò Bella, ansioso. << Devo fare due chiacchiere con
il tuo Edward.>>
<<
Come vuoi.>> bofonchiò Bella.
<<
Non credo ci siano grandi problemi a trovarlo.>> disse di rimando Embry,
con una scrollata di spalle che espresse tutta la sua rassegnazione. <<
Anche lui si trova vicino al confine, da circa venti minuti. Ho annusato la sua
presenza mentre vi raggiungevamo alla spiaggia.>>
<<
Perfetto.>> ruggì Jacob. Prese Bella per mano. << Ti riaccompagno
da lui.>>
<<
Veniamo con te.>> annunciarono Embry e Quil all’unisono, ma Jacob li
respinse educatamente con un cenno della mano.
<<
Voi avete fatto fin troppo. Non sarà un problema parlare faccia a faccia con
Cullen. E’ un succhiasangue, ma fin’ora non ha mai infranto le regole.>>
Un attimo dopo, stavano già percorrendo affrettatamente il sentiero che
risaliva verso l’insediamento di case di La Push.
Convennero
che lasciare il pick-up nel garage di Jacob fosse la mossa più azzeccata, dal
momento in cui il vampiro a bordo della Audi l’aveva visto e seguito. Fino a
quando non avrebbero trovato maggiori informazioni sul suo conto – o sulle sue
intenzioni – Jacob l’avrebbe tenuto sotto un telo vicino al garage.
Raggiunsero
il confine a bordo della Golf di Jacob, che emetteva un rumore cupo ogniqualvolta
sterzava. La musica di sottofondo dell’autoradio non bastò a placare la
tensione, sempre più palpabile all’interno dell’abitacolo.
<<
Non devi avere paura, Bella.>> la rassicurò Jacob. << A La Push sei
al sicuro. Ti proteggeremo.>>
La
Wolkswagen rallentò sul bordo della carreggiata, fermandosi a una trentina di
metri dalla Volvo argentata: appena visibile dietro un cumulo di cespugli. Jacob
scortò Bella come un segugio nel breve tragitto, e sentì il respiro dell’amico
farsi più affannoso man mano che la distanza diminuiva. Quando ebbero raggiunto
la Volvo, la portiera si aprì e si richiuse con un tonfo attutito. Edward era
in piedi accanto all’auto, avvolto in una giacca dal colletto alto che gli
nascondeva la parte inferiore del viso, gli occhi castano-dorati che
scintillavano nella semioscurità.
<<
Ciao.>> Fu Jacob a rompere il ghiaccio.
<<
Ciao, Jacob.>> Edward rispose educatamente al suo saluto, poi il suo
sguardo guizzò immediatamente su Bella. Non servirono parole per capire quanto
fosse stato in pensiero per lei.
Bella
non resistette e gli corse incontro, allacciandogli le braccia al collo. Avvertì
il contatto freddo con il suo petto. La differenza di temperatura fra un
vampiro e un licantropo era impressionante.
<<
Sali in macchina, per favore.>> le disse Edward a mezza voce. Le
accarezzò i capelli. Poi parlò così piano che il suo sussurro le risultò quasi
impercettibile, come un soffio di vento o un fulmineo suono nella notte.
<< Vuole che parliamo da soli,
piccola.>>
Bella
obbedì. Non trovò la forza di opporsi. Edward aveva letto nel pensiero di
Jacob, e se era ciò che volevano entrambi avrebbe rispettato la loro scelta.
Intanto – pensò fra sé e sé – avrebbe sentito lo stesso.
Si
accomodò sul sedile del passeggero e lo reclinò leggermente indietro,
appoggiandosi comodamente in attesa di udire le loro voci. Entrambi le stavano
dando le spalle, le sagome riflesse sotto i raggi rosso sangue del tramonto. Un
lupo e un vampiro, insieme, per lei. Perché la situazione sembrava tale da
obbligarli a giungere a un compromesso.
<<
Uno dei vostri si è fermato in prossimità del confine, oggi.>> disse
Jacob, che parlò tutto d’un fiato. << Ha seguito Bella fin dalla scuola a
bordo di un’auto sportiva. Un’Audi TT color argento. Ti suona vagamente famigliare?>>
<<
No.>> Edward scosse tetramente il capo. << Ha varcato il
confine?>>
<<
Conosceva le leggi. L’ha seguita fin qui.>> Jacob disegnò una linea
immaginaria sull’asfalto con un piede, le mani nelle tasche dei jeans. <<
Poi è tornato indietro. Ha lasciato un ricordino della sua presenza. Deve
averlo perso mentre ripartiva.>> Mostrò a Edward il microscopico bullone
con l’aria fiera di un investigatore. << E’ un Led.>>
<<
Lo so.>>
<<
Controlleremo i nostri confini, d’ora in avanti.>>
<<
Faremo la stessa cosa. Non ho idea di chi possa essere, e voglio saperlo al più
presto.>> promise Edward. << Se hai qualche novità, ti prego di
informarmi.>>
Jacob
annuì. << Dobbiamo controllare il bosco, vicino a casa Swan. Molto probabilmente
quel vampiro sa dove abita. Conosce la targa del suo pick-up ed è riuscito a
trovarla a scuola. Qualsiasi cosa voglia da Bella, dobbiamo impedirgli che la
trovi.>>
<<
A questo penserò io.>> lo rassicurò Edward, educato. << Buona
serata, Jacob.>>
Jacob
aprì e richiuse la bocca in un suono muto, senza trovare la forza per
replicare.
Edward
salì in macchina ed allacciò la cintura di sicurezza con un cenno disinvolto.
Stava bluffando. Bella glielo lesse negli occhi, nel breve istante in cui la
guardò. Era seriamente preoccupato per lei, si muoveva a scatti ed evitava in
ogni modo i suoi occhi. La situazione gli era sfuggita di mano, o qualcosa non
era andato per il verso giusto?
Bella
sventolò la mano in direzione di Jacob, mentre la Volvo ripartiva verso Forks.
Lo osservò farsi sempre più piccolo nello specchietto retrovisore fino a
scomparire del tutto, nient’altro che una minuscola macchia scura nel crepuscolo.
<<
Perché non mi hai telefonato?>>
Bella
si strinse nelle spalle.
<<
Ero sul punto di entrare nel loro territorio, di uccidere Jacob ancor prima che
mi rivolgesse la parola. Ma non l’ho fatto.>> E piano soggiunse. <<
Per te.>>
Non
stava scherzando. Era freddo e impassibile come due notti prima, quando l’aveva
aspettata in camera appoggiato alla parete. Teneva le mani rigide sul volante e
guidava troppo veloce attraverso il bosco, ingranando rabbiosamente la marce
con un grattare ruggente del motore.
<<
Non sapevo che altro fare, a parte rifugiarmi a La Push.>>
<<
Sei stata fortunata. Se quel vampiro avesse varcato il confine della riserva e
infranto il patto con i licantropi, di certo a quest’ora non saremmo qui a
discuterne. E tu non saresti viva.>>
<<
E nemmeno Jacob.>>
<<
Era scontato.>>
<<
Ma stiamo bene. L’importante è questo, no?>> Bella tentò in vano di farlo
sorridere, ma non ci riuscì. << Voglio dire, poteva andare peggio. L’hai
detto anche tu. Lo so, non avrei dovuto tenerti all’oscuro di cosa stava
succedendo. Ma c’era il sole, non potevi uscire e mettere a repentaglio la tua…>>
Si fermò un istante. Non ebbe il coraggio di pronunciare la parola “vita”.
Sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. << Mi sono
nascosta a La Push. Lo sai benissimo anche tu, Edward, con Jake e gli altri
sono al sicuro. Ho lasciato il pick-up nel suo garage.>>
<<
Dormirai a casa mia finché non l’avremo scovato.>> sentenziò Edward. E,
per l’ennesima volta, le lasciò intuire che non era una domanda. << Ne ho
già parlato con Charlie. Lo ha chiamato Alice. Ha acconsentito.>>
Le
sembrava impossibile che stesse dicendo la verità. Suo padre aveva accettato
che lei dormisse a casa di Edward, sotto il suo stesso tetto?
<<
Alice gode di maggiori simpatie rispetto a me. Penso tu ne sia al corrente.>>
<<
Vagamente.>>
<<
Ed è incredibilmente persuasiva.>>
<<
Non avevo dubbi.>> Bella gli sorrise di nuovo. Mosse la mano sul cambio,
che Edward stava stringendo convulsamente. Sfiorò il suo dorso freddo finché
lui non si volse, i loro sguardi si incrociarono intensamente per qualche breve
istante, che le parve un’eternità.
<<
Qualsiasi cosa tu stia pensando di me, sappi che non avevo intenzione di
ferirti.>> disse Bella, sincera. << So benissimo che Alice non ha
potuto… vedermi. Ero in compagnia di Jake e gli altri, me ne rendo conto. Ma
sto bene, okay? Starò con te, d’ora in avanti. Voglio saperne di più su questa
faccenda. Per quanto ne sappiamo, potrebbe trattarsi dei Volturi.>>
<<
E’ fuori discussione.>> sbottò Edward. << I Volturi non viaggiano
con fuoriserie sportive.>>
<<
Era un’ipotesi.>>
<<
Scartata.>>
<<
Chi altro potrebbe essere?>>
<<
Non lo so. Dimmelo tu.>> replicò Edward. << Sono un vampiro. Non un
veggente.>>
<<
E io non possiedo la vista di Superman, non vedo attraverso le cose. Aveva i vetri oscurati.>>
<<
Questo complica leggermente le
cose.>>
Bella
tornò a rannicchiarsi sul sedile. Si era cacciata in un altro guai. L’innumerevole. E dal sorriso spento che
Edward si sforzò di rivolgerle, capì che le cose non si sarebbero risistemate
facilmente.
*°*°*°*°
|
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Capitolo 4 *** Susan Rowles ***
GM capitolo 3
-Note Autore-
Ciao
e scusate per il ritardo nel post: sono stata via con la scuola e non
ho più trovato il tempo per aggiornare questa Fan Fiction. Tanto
per iniziare subito con i miei immancabili ringraziamenti, non posso
che citare Stizy - beta ritrovata - che spero si sia ripresa dall'influenza.
Grazie a Princess of Vegeta6 e alla mitica Argentlam,
anche se personalmente aspettavo un analisi critica sulla FF. E di
critiche non ne ho potute leggere. Ma so che ce ne sono. Quindi cosa
aspetti a bacchettarmi un po'?
Marco, visto e considerato che non hai letto il libro, hai tutto il diritto di avere una breve panoramica della situazione.
Perchè Bella vuole diventare un vampiro? Bella
e Edward non possono continuare a stare insieme, perchè lei
invecchierebbe e lui rimarrebbe sempre nelle sembianze di un
diciassettenne (immortale). Ed è proprio per questo che Bella
vuole a tutti i costi diventare un vampiro: per poter essere forte e
immortale come lui, e vivere con Edward per sempre.
Sulla faccenda delle auto, bè... mi conosci, Marco. Non c'è bisogno di dire altro. =)
BUONA LETTURA, RAGAZZI! Aspetto i vostri commenti e, soprattutto, le vostre critiche!
Capitolo
3
Susan Rowles
Alice
e Rosalie li attendevano sulla soglia della villa, illuminate solo dai raggi
lunari di quella notte senza stelle. Se ne stavano immobili e attente come due
statue di pietra: due sentinelle notturne pronte ad avvertire il più flebile
rumore nella foresta.
<<
Novità?>> domandò Edward.
<<
Jasper ha trovato una pista.>> lo informò Rosalie, mentre alice stringeva
Bella a sé fino a mozzarle il respiro. Un abbraccio forse ancor più intenso di
quelli che le riservava solitamente Jacob. Capì che erano tutti preoccupati per
lei, per la sua stupida e infantile testardaggine. Perché non aveva avvisato la
famiglia Cullen? Era fuggita a La Push senza pensare ad altro al di fuori di
quella Audi TT.
<<
Piccola, sciocca incosciente.>> la rimbeccò Alice, ma stava sorridendo. I
suoi occhi scuri erano umidi. Non aveva mai visto un vampiro emozionarsi a tal
punto. << Ti accompagno dentro.>>
<<…
stava cercando tracce nel bosco a Est di Forks, verso Port Angeles. Ha scovato
il suo odore. Non è un Volturi, e nemmeno Victoria.>> Rosalie stava
parlando di fretta, irrequieta. << Tu hai trovato qualcosa, a parte
Bella?>>
Edward
le rivolse uno sguardo cupo. << Solo lei.>>
<<
Emmet è ancora nel bosco. Tornerà fra poco.>>
Bella
non riuscì a udire altri stralci di conversazione. Alice l’aveva condotta
all’interno della villa e la stava già trascinando per le scale, con la stessa
foga di una bambina ansiosa di mostrarle una stanza piena di giocattoli. <<
Eravamo tutti in ansia per te, oggi pomeriggio. Ho visto solamente quella macchina,
poi il tuo pick-up che si addentrava nel bosco. Nient’altro. Sei andata dai
tuoi amici a La Push, vero?>> Nella sua voce non c’era traccia di
risentimento. << Non vedevo niente, finché eri in compagnia dei lupi.
Edward e Jasper hanno subito iniziato a perlustrare la zona.>>
<<
Mi dispiace, Alice.>>
Entrarono
nella stanza di Edward, che si affacciava attraverso la vetrata allo spiazzo
nell’ingresso. Da quella posizione, Bella poté le sagome di Rosalie, Edward e
Emmet – appena tornato dalla perlustrazione notturna – che discutevano
animatamente sul selciato.
Avevano
sistemato un grosso letto matrimoniale al posto del divano, e il grande armadio
che occupava la parete nord della camera sembrava più stipato che mai. Le
valigie di Bella erano state posizionate in ordine, ai piedi del letto. C’era
anche un attaccapanni abbandonato sulla poltroncina vicino al terrazzo con tre
paia di jeans e una maglietta in bella mostra. Il suo pigiama preferito, color
lavanda, era ripiegato sul cuscino. Durante la sua assenza si erano premurati
di avvisare Charlie e traslocare gran parte delle sue cose a casa Cullen. Intuì
che il suo soggiorno fosse più lungo del previsto.
<<
Dove sono Esme e Carlisle?>>
<< A Los Angeles.>>
rispose Alice. << Tanya ha insistito per vedersi là. Giungono
brutte notizie dal Vecchio Continente.
In Europa sta scoppiando il caos.>>
<<
Che genere di notizie? Al telegiornale non hanno detto nulla.>>
Alice
sedette a gambe incrociate sul letto, arricciando il naso.
<<
Lo so.>> sbottò Bella. << Puzzo di lupo, vero?>>
<<
Ad essere gentili, avrei preferito dirtelo in un altro modo.>>
<<
Divertente.>> tagliò corto Bella. << Cos’è successo in
Europa?>>
<<
Si chiamava Susan, e stava morendo annegata in un pozzo quando un vampiro si è
accorto di lei e l’ha tratta in salvo, ormai prossima a una morte piuttosto
dolorosa.>> Alice sospirò. << Era il 1975. Sono passati più di
trent’anni dalla sua trasformazione.
E i Volturi non si sono mai preoccupati del fatto che avesse continuato a
vivere in città. Londra è sempre stato un posto adatto per noi, Bella. Piove
sempre e c’è sempre un anfratto dove nascondersi. Ci sono stata, una
volta.>>
<<
Cos’è successo a questa Susan?>>
<<
E’ morta.>>
<<
Un vampiro non può morire. Siete indistruttibili.>>
<<
E’ quello che credevamo tutti, fino a ieri.>>
Bella
tacque. La testa iniziò a pulsarle. Com’era possibile?
<<
Non abbiamo idea di cosa sia accaduto. La folla l’ha stanata. C’è stata una
rivolta. Aro e gli altri sono intervenuti troppo tardi.>>
<<
Non… capisco. Loro erano gli unici a poter concedere la morte a un vampiro.>>
<<
Evidentemente no.>>
Bella
continuava a non collegare i fatti. Aveva appreso troppe informazioni in poco
tempo per riuscirci. Sospirò e chiuse gli occhi, avvertendo il gorgoglio del
suo stomaco affamato.
<<
Non ne sappiamo molto su questa storia, Bella. L’hanno detto al notiziario
delle sei. Parlavano di vampiri e di strani avvenimenti a catena nello
Yorkshire, in Inghilterra. Poi ho cambiato canale. Anche sulla CNN hanno
iniziato a parlarle. Era quasi un gioco al rialzo, capisci? Gli esseri umani si
stanno accorgendo della nostra esistenza, giorno dopo giorno, e non è un caso
che i telegiornali abbiano affrontato l’argomento come una favola
metropolitana.>>
<<
Continuo a chiedermi cosa possa aver ucciso un vampiro.>>
<<
E’ la stessa domanda che tutti ci stiamo ponendo, mia cara. E’ per questo che
Tanya ha convocato Carlisle ed Esme a Los Angeles.>> Alice sospirò.
<< Poi è spuntata quella Audi TT dal nulla. Edward si è immediatamente
preoccupato. E’ un brutto periodo per giocarci questi scherzi. La prossima
volta, devi cercare di tenerci al corrente su ogni tuo spostamento.>>
Bella
annuì. Era spaventata.
<<
Secondo Jasper a Londra non ci sono neonati
da mezzo secolo. Perciò sono da escludere le guerre fra clan. Laggiù comandano
i Rowles. E’ una famiglia di vampiri piuttosto potente. Un paio di loro si sono
trasferiti in Italia e lavorano per i Volturi.>>
<<
Se lavorano per loro, perché i Volturi non si sono attivati immediatamente per
aiutarli?>>
<<
Stai facendo troppe domande, Bella. Ed io ho ben poche risposte.>>
Edward
comparve sulla soglia della sua camera, interrompendo la loro discussione. Era
più freddo e pallido del solito. << Emmet ha trovato la macchina.>>
annunciò.
Pochi
istanti dopo Bella era nell’atrio d’ingresso di casa Cullen in compagnia di
Edward e Alice. Non si rese conto di quanto corse veloce giù per le scale, raggiungendo
il resto dei fratelli nel minor tempo possibile. Si sentiva chiamata in causa,
avida d’informazioni. Voleva sapere di più su quella storia, scoprire se
c’erano vaghi collegamenti fra l’Europa e il misterioso pedinatore che l’aveva
seguita fino a La Push. Ma tutto ciò che riuscì a fare, non appena incrociò lo
sguardo esausto e concitato di Rosalie, fu arrossire di fronte alla sua
straordinaria e brutale bellezza.
Emmet
era al suo fianco. Aveva la maglietta intrisa di fango, con alcune chiazze più
scure sparse qua e là sulle spalle e sull’orlo dei jeans. Si perdeva il conto
delle foglie fra i suoi capelli.
Poco
più in là, sulla soglia del portone, Jasper stava parlando fittamente al
cellulare con un interlocutore sconosciuto. I suoi occhi perquisivano il vuoto
del soffitto, seminascosti da alcuni ciuffi ribelli di capelli biondi. Poi,
d’improvviso, si voltò verso di lei, restituendole uno sguardo fugace.
Istintivo. << Sì, è qui con noi.>> disse. << Sta bene. Non
devi preoccuparti. La terremo d’occhio, non le accadrà niente.>> Un
sospiro. La voce metallica di Esme si fece più acuta dall’altro lato del
ricevitore. << Va bene. Glielo dirò.>> S’infilò il cellulare in
tasca con un gesto meccanico, piuttosto ansioso. Poi si unì al resto del
gruppo, facendo capolino dalla spalla di Rosalie.
<<
La Audi TT color argento è stata abbandonata in mezzo al bosco.>> mormorò
Emmet. << Le tracce che ho trovato per terra risalgono a questo
pomeriggio. Probabilmente, chiunque sia, dopo essersi fermato presso il confine
di La Push ha convenuto che fosse necessario sbarazzarsi dell’auto. E
proseguire con altri mezzi.>>
<<
Puoi accompagnarci laggiù?>> domandò Edward.
Emmet
rispose con una scrollata di spalle. << Potrei. Ma i Quileute non sono
della stessa idea.>>
<<
Che cosa?>>
<<
E’ da ore ormai che pattugliano i boschi.>>
Il
ringhio cupo di Edward fu fin troppo eloquente. << Non me ne importa
niente di quei randagi. Io voglio vedere quella macchina e capire chi può averla
guidata fino a La Push.>>
<<
Sei troppo nervoso per controllarti, una volta che incontrerai i lupi.>>
notò Rosalie, con disappunto.
<<
E sentimentalmente legato a questa
faccenda.>> soggiunse Alice. << Troppo.>>
<<
Non c’è solo di mezzo la vita di Bella, ma quella di tutti quanti!>>
ringhiò Edward. << Come potete pretendere che io rimanga al di fuori di
tutto questo?>>
<<
Non sappiamo ancora con chi abbiamo a che fare.>> commentò Jasper.
<< Ci andrei cauto, personalmente. Tre giorni fa Susan Rowles ha commesso
il tuo stesso errore. E ne ha pagate care le conseguenze.>>
Il
cuore di Bella iniziò a battere più forte, provocandole spasmi al petto. Odiava
essere all’oscuro di qualcosa e, soprattutto, odiava l’idea che Edward fosse
così protettivo con lei: perfino sulle discussioni più importanti. La trattava
come una bambola, celata dal resto del mondo, dietro una teca di vetro
sapientemente protetta. Aveva il diritto di sapere quanto gli altri.
<<
Perché Susan Rowles è morta?>> domandò seccamente, rompendo quel breve
attimo di silenzio che si era creato fra i Cullen. Aveva la gola arida.
<< Perché sulla CNN hanno iniziato a parlare dei vampiri?>>
Edward
regalò ad Alice una delle sue peggiori occhiate seccate.
<<
Deve saperlo.>> si difese Alice.
<<
Ne stanno già parlando in televisione?>> soggiunse Emmet.
<<
Forse è meglio che chiudiamo le ricerche, per questa sera.>> Jasper prese
in mano la situazione. Bella ne fu sorpresa. Era forse il membro della famiglia
con cui aveva legato di meno, nonostante provasse per Jasper un profondo
rispetto. Tendeva a starsene in disparte, affidando le responsabilità
decisionali a Edward o Emmet. Era invisibile, a volte. Ma quella sera sembrava
aver assunto un ruolo di spicco nelle ricerche. << Proseguiremo domani,
quando i Quileute saranno lontani.>>
<<
Bella avrà fame.>> si preoccupò Alice. E le cinse le spalle con un
braccio, strattonandola leggermente per farla rinsavire dal coma. << Vuoi
che ti rimedio qualcosa da mangiare?>>
Bella
stava fissando la parete opposta con occhi vuoti. Le capitava spesso quanto era
preoccupata per qualcosa. Non era la prima volta che un vampiro assetato di
sangue era sulle sue tracce per ucciderla. Ma non aveva mai provato così tanta
ansia in vita sua. Ogni fibra del suo corpo era contratta. Nemmeno casa Cullen
sembrava costituire un rifugio sicuro.
<<
Sto parlando con te, Bells. Mi senti?>>
<<
Me ne occupo io.>> tagliò corto Edward. E districò delicatamente Bella
dalla presa di Alice. Tenendola per mano, la scortò nella sua camera al piano
di sopra. Si lasciarono alle spalle il resto dei Cullen.
Edward
aveva cambiato sguardo: era come se volesse intenzionalmente andarsene per
poterle parlare in un luogo più tranquillo. Entrarono in camera e lui si chiuse
la porta alle spalle, appoggiandovi la schiena. Poi la fissò, senza mai
lasciare la mano. Gliela tenne fra le sue, così fredde da farla rabbrividire.
<<
E così devo dormire nella tua stanza.>>
<<
Puoi dormire con Alice, se non mi vuoi.>> sghignazzò Edward.
<<
Lo farò, se non mi vorrai raccontare la storia di Susan Rowles.>>
<<
Non ti si può nascondere niente.>>
<<
Non devi nascondermi niente.>>
La voce di Bella era incrinata dal risentimento. << C’entro anch’io con
questa storia, in fondo. E’ una mia predisposizione naturale, ricordi?>>
Edward
le accarezzò il dorso della mano con i pollici. << Non vorrei che ti
morda qualcun altro, piccola. Quel giorno è stato come un inferno. Se potessi
sognare, lo rivivrei tutte le notti. E ogni volta che ti cacci nei guai, è come
se avessi un vuoto dentro. Se ti accadesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo.>>
Sollevò delicatamente la sua mano, come se fosse di un materiale prezioso,
appoggiando le labbra sulla piccola cicatrice, simile a un taglio che correva
fino all’osso sporgente del polso. << Promettimi che terrai lontani i
tuoi amici guai, almeno fino a quando
non troveremo il colpevole.>>
<<
Non sono miei amici. E’ un rapporto basato sulle leggi fondamentali della
fisica, il nostro. Io sono la calamita e loro migliaia di puntine di
metallo.>>
Edward
rise. Le prese il volto fra le mani, scostandole una ciocca di capelli dal
viso. << Domani ti riaccompagnerò a scuola. Poi andrò con Emmet e Jasper
a recuperare quell’auto.>>
<<
Posso venire con voi?>>
<<
Sapevo che me l’avresti chiesto.>>
<<
Potevi dirmelo subito, allora. Domani
andremo a recuperare quell’auto. Insieme.>> Bella gli posò un dito
sulle labbra. << Devo anche riprendere il mio pick-up.>>
<<
Non domani. E’ troppo presto.>>
<<
Va bene.>> acconsentì lei. << Sai una cosa, Edward? Adoro quando ti
preoccupi così tanto per me. Ma non esagerare. So cavarmela bene da
sola.>>
<<
A meno che tu non inciampi da qualche parte.>>
<<
E’ solo un minuscolo dettaglio.>>
<<
Minuscolo.>>
Edward
abbassò le mani sui suoi fianchi e invertì le loro posizioni. Bella si ritrovò
con la schiena premuta contro la porta ed il viso di Edward a pochi millimetri
dal suo. Le impedì ogni via di fuga puntellandosi con le braccia ai lati del
suo viso, contro la parete. Poteva intravedere i suoi muscoli attraverso il
tessuto della camicia.
<<
E’ bello essere qui con te senza mio padre al piano di sotto.>>
<<
Ci sono i miei fratelli, in compenso.>>
Edward
si chinò lentamente su di lei. Sentì il suo profumo leggero di muschio e
l’innaturale vampata ghiacciata ad ogni suo respiro.
Bella
gli si artigliò alla camicia, tramutando il tocco leggero delle loro labbra in
un bacio più profondo. E il suo cuore ruggì di gioia, incessante, danzando a
ritmo con lei e con le carezze di Edward sulla sua schiena, sotto la maglietta.
Non
resistette alla tentazione di mordergli il labbro inferiore. Edward emise un
gorgoglio cupo, muovendo la testa di lato per trovare il giusto incastro fra le
loro bocche.
<<
Non voglio. Non voglio fermarmi.>> boccheggiò lui, con una voce così
profonda da tramandarle una scarica di brividi lungo tutto il corpo.
<<
Nessuno ti ha detto di farlo.>>
Tornarono
a baciarsi. I loro corpi aderirono più intensamente. Edward spostò dolcemente
le labbra sul suo collo e risalì piano fino a smorzare leggermente sul lobo
dell’orecchio, mentre lei gli accarezzava convulsamente i capelli, le mani
perse nella sua chioma color bronzo.
Bella,
in qualche breve istante di lucidità, seppe che prima o poi si sarebbe fermato.
Lo voleva. Lo voleva tremendamente e l’idea che Edward potesse negarsi di nuovo
la fece stare male.
Lui,
invece, le rispose con un altro bacio, che nulla aveva in comune con i baci
casti e calcolati delle settimane precedenti; quasi avesse lasciato andare ogni
freno, o si fosse bevuto quel poco di autocontrollo che gli rimaneva.
Le
mani di Bella scivolarono sui bottoni della sua camicia. Iniziò a
slacciarglieli, uno dopo l’altro, intensificando maggiormente il loro contatto.
Aveva sete. Ecco qual’era la parola
giusta. Si sentiva come un vampiro. Aveva
sete di Edward. Una sete diversa, ma maledettamente intensa.
<<
No, Bella.>> Un attimo dopo le mani di Edward erano sui suoi polsi.
Glieli allontanò senza difficoltà dalla propria camicia. E l’incantesimo si
ruppe. << Non possiamo. Lo sai. Smettila, per favore.>>
Bella
si sentì come se qualcuno le avesse rovesciato in testa una secchiata d’acqua
fredda. Le sue guance divennero di un colorito rosso vivo.
<<
Ti prego.>> soggiunse Edward, in un sussurro.
<<
Per un attimo avevo sperato che ti fossi dimenticato cosa sono. Umana.>>
<<
Sei tu a dimenticarti sempre di esserlo.>> Edward sospirò. Notò il suo
disappunto e la baciò teneramente sulla guancia. << Non sai quanto mi
stia costando doverti fermare, Bella. Ti desidero. Ti desidero forse più ti
quanto tu sia in grado di volere una persona. Ma non possiamo farlo.>>
Bella stava per opporsi, ma lui la zittì con un sorriso indulgente, seguito dal
gesto ferreo della mano. Voleva dirle tutto fino in fondo. << Se ciò
accadesse, non avrei la certezza di sapermi… controllare. Potrei farti del male. E’ per questo che non voglio espormi
così tanto. Correrei il rischio di perderti.>>
<<
Non mi succederebbe niente.>> lo assicurò Bella, spavalda. << Ci
amiamo. Perché dovrei essere in pericolo, se sono con te?>>
<<
Usa l’immaginazione, ogni tanto.>>
Bella
si zittì. Non era in grado di proseguire quella discussione. Aveva tentato più
volte di affrontare quell’argomento con Edward, di spronarlo a cambiare idea.
Ma era stato irremovibile.
Sei tu a dimenticarti
sempre di esserlo…
Le
sue guance divennero di un colorito rosso vivo, mentre la respirazione si faceva
lentamente meno regolare.
<<
Vado a prenderti qualcosa da mangiare.>> annunciò Edward. << Ti
racconterò la storia di Susan Rowles solo quando avrai messo a tacere il tuo
stomaco.>>
E,
prima che Bella potesse replicare qualcosa, era già sparito nel corridoio.
Bella
strinse le ginocchia al petto, raggomitolandosi sul materasso. Nonostante fosse
stata una giornata movimentata, avvertiva ancora l’adrenalina scorrerle vivida
nelle vene e non sarebbe riuscita a riaddormentarsi prima di qualche ora.
Attese il ritorno di Edward in silenzio, sforzandosi di liberare la mente da
ogni pensiero. Perché continuava a torturarsi? Rifletteva troppo, e di
conseguenza precipitava in un turbine di autodistruzione inutile.
Edward
ricomparve pochi istanti dopo. Stringeva fra le mani un vassoio e il suo
sguardo incrociò solo una volta il suo, di sfuggita, quasi avesse timore che la
loro discussione ricominciasse da capo. C’erano due sandwich, una mela e un
grosso bicchiere ricolmo di quello che le parve succo d’arancia. Ed
immediatamente si domandò dove una famiglia di vampiri potesse trovare sul
momento gli ingredienti per una cena. Umana.
Edward
sedette al bordo del letto, con un movimento leggero. << Buon
appetito.>> disse.
Poi
le porse il vassoio e Bella si sistemò a gambe incrociate accanto a lui. Quando
staccò il primo morso dal sandwich, il suo stomaco ruggì soddisfatto.
<<
Susan Rowles era un vampiro piuttosto giovane. L’ultima arrivata nel grande
clan dei Rowles di Londra. Immagino tu sappia già come sia morta.>> Aveva
letto nel pensiero di Alice e stava dosando sapientemente le informazioni.
<< La sua prima morte, voglio
dire.>>
<<
Mi ha detto che è morta in un pozzo, e un vampiro l’ha trovata in fin di vita e
ha deciso di trasformarla.>>
Edward
annuì. << E’ stato Lance Rowles, Guardia dei Volturi, a trovarla. Lance è
uno dei membri più potenti della Famiglia, e più anziani. Alcuni dicono sia
nato prima di Cristo. Altri – ma sono solo leggende – affermano che abbia visto
con i suoi stessi occhi il luogo dov’è stato nascosto il Sacro Graal. Lance si
è trasferito a Londra negli anni ’70, e lì poco tempo dopo si è imbattuto nel
corpo di Susan precipitato in un pozzo.>> Edward sospirò. << Non è
stato un banale incidente. Susan aveva cercato di suicidarsi. L’odore del suo
sangue era così forte che Lance percorse chilometri, seguendo la sua scia. E,
quando la trovò, capì che Susan possedeva delle qualità fuori dal normale. Ed
era incredibilmente attraente, a dirla tutta, così decise di trasformarla in quella
che sarebbe diventata la sua compagna.>>
Bella
l’aveva ascoltato senza fiatare. Quella storia la affascinava, e non riusciva a
capire perché. Cercò di immaginare di vivere così a lungo, osservare lo
scorrere della storia, le guerre e i grandi personaggi del passato. Se fosse
diventata un vampiro, avrebbe potuto assaporare la stessa esperienza?
<<
Susan è entrata a far parte dei Rowles di Londra, si è subito adattata alla
nuova vita di vampiro. Le piaceva essere così forte, e nei primi anni da neonata
si vendicò di tutti coloro che, quand’era umana, l’avevano spinta verso quel
gesto estremo. Si era suicidata perché aveva perso se stessa, Bella. E
trasformandosi, le cose erano migliorate.>>
<<
Quindi diventare un vampiro non è sempre un’esperienza traumatica.>>
<<
Non lo è, se odi la tua vita umana.>>
<<
Che cos’è successo a Susan dopo la sua trasformazione?>>
<<
Ha iniziato a lavorare per i Volturi, come gran parte dei Rowles. Sono circa
una decina di membri, un clan abbastanza potente da tenere in pugno Londra da
oltre quattro secoli. Susan e Lance hanno vissuto a lungo a Volterra, ma lei
era interessata solo ad incrementare i suoi poteri, a diventare più forte degli
altri Rowles. Così fu rinnegata dalla Famiglia.>>
Bella
si portò una mano alla bocca. Per un attimo, nella mente gli era scorsa
l’immagine di una pazza fuori da ogni controllo. Una ex suicida esaltata dai
nuovi poteri, che tentava in ogni modo di migliorarli bevendo sangue umano.
<< Era pericolosa?>> domandò.
<<
Molto.>> disse Edward. << E molto conosciuta, fra tutti i vampiri.
Pendeva una grossa taglia sulla sua testa e i Volturi, fin dal 1990, non hanno
mai smesso di cercarla. Nessuno sa dove abbia vissuto in questi anni. Sappiamo
solo che pochi giorni fa, nel centro di Londra, un agente di polizia è riuscito
a ucciderla, senza motivi apparenti. Gli sono bastati cinque colpi di pistola
per mandare all’altro mondo uno dei vampiri più ricercati al mondo.>>
Bella
inspirò profondamente. << Esiste una spiegazione logica a tutto
questo?>>
<<
Carlisle sostiene che alcuni umani siano a conoscenza della nostra esistenza, e
che abbiano escogitato un modo per sbarazzarsi di noi.>> disse Edward, in
un sussurro. << E’ per questo che sono così ansioso, in questi giorni. La
morte di Susan Rowles ha gettato nello scompiglio tutte le Famiglie di Vampiri
della Terra, Bella. Non c’è clan che non abbia ricevuto la notizia.>>
Bella
gli afferrò istintivamente la mano, fredda e dura come il marmo. La portò sulla
propria guancia bollente e la strinse a sé con più vigore, e fu come avere un
blocco di ghiaccio a contatto con la pelle.
<<
Andrà tutto bene.>> lo rassicurò. << Penso sia solo un incidente.
Non si accorgeranno mai di voi, né saranno tanto stupidi da darvi la
caccia.>> Pronunciare la parola “umani”
le costò troppo caro. Con la gola secca e gli occhi umidi, si sforzò di
proseguire a parlare. Era il suo turno per dimostrarsi forte. Più di quanto
Edward si aspettava. << Voi non potete morire.>>
*°*°*°*
|
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Capitolo 5 *** Inseguimento nel Bosco ***
Carissimi
amici, mi dispiace molto non aver potuto aggiornare in tempo la Fan
Fiction. La scuola è davvero pesante in questo periodo e non
riesco a essere molto presente su internet.
Valy88, sono contentissima di
risentirti! E' un piacere sapere che leggi anche questra FF, come vedi
penso che entrambi siamo appassionate della saga di Twilight, al
momento sto leggendo Breaking Dawn... un'ottimo spunto per proseguire questa storia.
Grazie mille a Princess of Vegeta6, Argentlam, Marco, la mitica Stizy
e tutti coloro che mi hanno aiutato. Anche se, ed è davvero
strano dirlo, non c'è nessun Beta in questa storia: solo grandi
amici che hanno scelto di sopportarmi ancora. =)
[ps: scusate per gli eventuali errori di battitura]
Buona lettura
Capitolo
4
Inseguimento nel bosco
Un
colpo. Poi un altro. Poi un altro ancora.
Bella
si svegliò di soprassalto, nel cuore della notte, il viso illuminato dai
flebili raggi lunari che filtravano attraverso i grossi vetri della finestra.
Tastò immediatamente il materasso. Edward non c’era. Aveva trascorso gran parte
della serata con lei, cullandola finché non si era addormentata. Dov’era
andato?
Un
altro colpo secco alla finestra la fece trasalire. I vetri vibrarono forte,
producendo un sordo eco che si diradò in tutta la camera.
Bella
scivolò fuori dalle coperte e scoprì di essersi addormentata vestita. Non
riuscì a trovare il tempo per realizzare ciò che stava succedendo. Si sistemò i
jeans nel tragitto, affrettandosi a raggiungere la finestra, incespicando nelle
All Star slacciate.
L’ennesimo
scoppio le vibrò nelle orecchie come lo sparo di un fucile. Intravide un
minuscolo sasso sbeccato che rimbalzava sul lastricato del terrazzo.
L’aria,
sul terrazzo, era gelida e tagliente. Si sporse con gli occhi resi ciechi dal
sonno e non intravide altro che una fitta e lugubre vegetazione.
<<
Bella!>>
Una
voce. Roca, affannata. Ansiosa di rivederla.
<<
Bella!>> Jacob balzò fuori da un cespuglio. La sua sagoma robusta si
stanziò nell’oscurità, più alta e massiccia del solito. Per farsi notare, agitò
entrambe le mani nella sua direzione. Indossava solo un logoro paio di jeans e
il suo petto muscoloso era segnato da profonde cicatrici. I suoi capelli,
rasati quasi completamente, luccicavano di sudore.
<<
Che cosa diavolo ci fai qui?>> Bella si sforzò di parlare piano, ma intuì
che Edward già sapesse che cosa stava succedendo. Non c’era alcun bisogno di
moderare la voce, con un vampiro in grado di leggere nel pensiero nelle
vicinanze. << Mi hai fatto prendere un colpo, Jake!>>
<<
Non c’è tempo per discutere. Devi allontanarti subito da casa Cullen. Ti
accompagnerò al sicuro!>>
Bella
strinse con più foga la ringhiera del piccolo terrazzo. << Che cosa ti
salta per la testa, eh? E’ da matti venire qui in piena notte per…>>
<<
Non c’è tempo, maledizione!>> la esortò Jacob. E in quello sguardo
allarmato scoprì che non stava affatto scherzando. << Salta giù dal
terrazzo. Ti prendo io.>>
L’idea
che Jacob fosse piombato nel cuore della notte per portarla chissà dove, senza
una giustificazione logica, la rese nervosa. Inghiottì a stento e diede
un’altra occhiata alla manciata di metri che la separavano dal suolo. Strinse
con più foga la ringhiera metallica. << Non muovo un passo finché non
avrò scoperto perché sei qui.>>
<<
Ti racconterò tutto strada facendo. Adesso salta!>>
<<
Non ci pensare nemmeno.>> ringhiò Bella.
<<
Avanti, non eri tu quella che insisteva per gettarsi giù dagli scogli?>>
Jacob emise un latrato cupo, che poteva vagamente assomigliare a uno sbuffo
scocciato. << Non dovrebbe essere un problema per te saltare da un
terrazzo, dopo esserti quasi ammazzata un anno fa.>>
<<
Che cosa vuoi da me, Jacob Black?>>
<<
Voglio solo portarti al sicuro. Hai la mia parola. Ti dirò ogni cosa non appena
saremo lontani da casa Cullen. Ma ti prego, non costringermi a usare la forza.
Non con te, Bells.>>
Bella
strinse gli occhi in due fessure. In un breve attimo capì di non avere alcuna
scelta. Se un licantropo aveva varcato il confine senza invito, significava che
c’era un buon motivo per farlo. Tornò a scrutare il volto corrugato di Jacob e
si sporse leggermente in avanti, avvertendo la sgradevole sensazione di vuoto
allo stomaco quando scavalcò la ringhiera con una gamba. Vi rimase cavalcioni,
immobile e tremante, senza sapere come riuscisse incondizionatamente a dargli
retta. E se non fosse riuscito ad afferrarla in tempo? Si sarebbe sfracellata
sulla Volvo. O ancor peggio.
<<
Coraggio, Bells. Lasciati andare.>> Jacob, sotto di lei, divaricò le
gambe e si preparò ad afferrarla. Era abbastanza forte da prenderla al volo con
una mano sola, senza sforzo. << Conterò fino a tre. Poi verrò a prenderti
io. E’ l’ultimo avvertimento.>> Un altro latrato teso. << Uno…>>
<<
Al diavolo!>> Bella inspirò profondamente e si lasciò andare. Le All Star
si staccarono dalla terraferma, librandosi nel vuoto per qualche lungo istante.
La caduta durò un istante. Non ebbe il tempo di riflettere. Il suo urlo
stridulo terminò fra le braccia forti di Jacob. Fu come atterrare su un grosso
materasso rigido e avvolgente. Jacob la strinse a sé e non accennò a farla
scendere. Un sorriso sollevato si aprì sul suo viso, non appena gli occhi di
Bella incrociarono i suoi.
<<
Sei tutta intera?>>
<<
Più o meno.>>
<<
Ti è piaciuto il tuffo?>>
<<
Non vedevo l’ora di gettarmi da un terrazzo alle tre e mezzo del
mattino.>>
<<
Non essere così tragica.>> Jacob sollevò un sopracciglio. << Ti
fidi di me, Bella?>>
<<
Ho un po’ paura a rispondere.>>
<<
Promettimi che non aprirai bocca finché non saremo arrivati.>>
<<
Arrivati dove?>> domandò lei, sconcertata.
<<
Adesso voltati, per favore.>> Jacob lasciò delicatamente la presa sui
suoi fianchi e lasciò che si rimettesse in piedi, barcollante, con la schiena
pervasa dall’adrenalina della caduta libera e i capelli arruffati.
Bella
si portò entrambe le mani alle tempie e si sforzò di mantenere la calma.
<< Va bene.>> Gli diede la schiena e avvertì il rumore della zip
che si abbassava. Un attimo dopo i jeans di Jacob erano abbandonati sull’erba
umida vicino al selciato. Ne seguì un sospiro più profondo, accompagnato dal
sibilo del vento che scosse qualcosa di ben più grande del corpo di un essere
umano. Adesso, nonostante non potesse vederlo, poteva avvertire l’enorme mole
spostarsi sulle quattro zampe pelose. Il suo ringhio rintanato nella gola
possente. Gli artigli che si conficcavano nel terreno ad ogni passo.
Si
voltò lentamente. Molto lentamente. Facendo attenzione a dove metteva i piedi
per non rovinargli addosso.
<<
Sei più grosso e peloso del solito, Jake.>>
Il
lupo la guardò con i suoi occhi giallastri. Non sembrò particolarmente
risentito dalla sua affermazione. Piegò il muso in avanti, flettendo le zampe
anteriori in un chiaro cenno d’invito: voleva che salisse sulla sua groppa, per
portarla chissà dove. Edward l’avrebbe ucciso. Lo sentiva. L’avrebbe ucciso e
spolpato fino all’ultimo osso. Ma qualcosa le disse che quella era la cosa
giusta da fare. Altrimenti perché comparire d’improvviso a quell’ora per
rapirla?
Dopo
un attimo di esitazione, Bella si fece avanti e balzò a fatica sul suo dorso peloso,
annaspando alla ricerca di una presa salda attorno al suo collo. Si artigliò al
suo manto fulvo e Jake grugnì soddisfatto, facendole capire che non provava
alcun dolore.
Si
riassestò sulle quattro zampe e, con uno scossone, scattò rapido verso il bosco.
Le sue anche si muovevano ritmiche e
veloci, sballottandola da una parte e dall’altra della sua schiena, al tal punto
che Bella fu costretta a puntare i piedi contro i suoi fianchi possenti per
evitare di essere sbalzata via.
<<
Fai attenzione, o finirò spalmata contro un albero!>> ululò Bella.
Jake
emise un ringhio che le risuonò alle orecchie come una risata. Aumentò la
marcia, superando con ampie falcate il sentiero puntellato di pozzanghere. Il
miscuglio di fango e muschio lungo la strada produceva un calpestio umido sotto
le sue zampe. Bella si strinse con più foga al suo pelo rossiccio. Alcuni
schizzi di fango la raggiunsero al volto, macchiandole la maglia ed i risvolti
dei pantaloni.
Non
seppe quanto rimase avvinghiata a Jake, né tantomeno quante miglia percorse sul
dorso di un licantropo. Quando riaprì gli occhi – e fu come se fossero
trascorse ore – si trovavano in una piccola radura nel cuore della foresta.
Erano nei dintorni di La Push. Poteva avvertire gli scrosci delle onde del mare
contro gli scogli, in lontananza, e il ritmico gracchiare dei grilli nascosti
nell’erba alta.
Jake
si accucciò per permetterle di scendere, poi guizzò rapido dietro alcuni grossi
cespugli.
<<
Non vedo l’ora di ascoltare la tua storia, Jake.>> borbottò Bella. Era
sollevata di poter finalmente calpestare il terreno con i suoi piedi. <<
Muoio dalla voglia di scoprire cosa ci faccio in questo posto!>>
Jake
ricomparve pochi istanti dopo nelle sue sembianze umane. I jeans scoloriti che
aveva stretto fra i denti durante la corsa nella foresta recavano alcuni grossi
tagli all’altezza delle cosce e delle ginocchia. Bella poté azzardare che
fossero di moda, ridotti in quello stato. Ma sapeva che Jake non aveva mai
badato a quell’aspetto del proprio guardaroba.
<<
Sei in pericolo, Bells.>> disse.
<<
Perché non ne sono sorpresa?>> sbottò Bella. << C’entrano i Cullen,
vero?>>
<<
Non sono loro i succhiasangue a cui
mi sto riferendo.>>
<<
E chi, allora?>>
Jacob
prese un respiro profondo. << Un succhiasangue
è stato a La Push, Bella. Ma non era dei Cullen. Ha perquisito il mio garage ed
è scomparso prima che ce ne accorgessimo. Come se si fosse volatilizzato.>>
<<
Che cosa?>>
<<
Hai sentito bene. Ce ne siamo accorti troppo tardi. Pare impossibile che il
nostro fiuto ci abbia traditi, ma è così. Non abbiamo avuto tempo per
raggiungere il mio garage e incastrarlo. E’ lo stesso che ti ha seguita fino al
confine a bordo della Audi. Lo stesso che ti ha spiata a casa Cullen quando il
tuo… ragazzo ti credeva al sicuro.>>
Jacob strinse i pugni lungo i fianchi e non riuscì a trattenere un sospiro più
profondo ed allarmato del solito. << E’ anziano e potente. Io, Embry e
Sam abbiamo pattugliato il bosco per tutta la notte. Ci siamo accorti solo
un’ora fa che le scie erano due.>> Allargò le braccia, in un ampio cenno
che indicava la foresta attorno a loro. << In questo momento si stanno
dirigendo a casa Cullen per cercarti, Bella. Ti sono stati alle costole per un
giorno intero, senza mai perdere le tue tracce. Hanno abbandonato la Audi per
evitare che li trovassimo, e si sono nascosti chissà dove in attesa che tu
uscissi allo scoperto.>>
Bella
pensò ai Volturi. Nessun altro era in grado di riservarle una sorpresa del
genere. Iniziò a tremare da capo a piedi, senza controllo, ripensando agli
avvenimenti delle ore precedenti come il vecchio remake di un film in bianco e
nero. << Vogliono me.>> disse. Ed era una certezza ormai
consolidata.
<<
Ti ho portata via prima che fosse troppo tardi. Il tuo succhiasangue dovrà ringraziarmi.>>
<<
Edward avrebbe dovuto accorgersene da un pezzo.>>
<<
Lui e i suoi fratelli sono usciti di casa poco dopo mezzanotte. Ti hanno
lasciata solo con le due femmine. Anche loro avevano fiutato le tracce di due
intrusi.>>
Un
nodo doloroso le strinse lo stomaco. << Dove si trovano ora?>>
Jacob
annusò l’aria. << Da qualche parte, a Ovest.>> mormorò. << Ma
non è di loro che devi preoccuparti in questo momento. I freddi li hanno
incastrati. Uno di loro si è spinto fino a Port Angeles, attirando su di sé i
Cullen, mentre il compagno avanzava indisturbato verso la villa. Ha camuffato
il suo odore.>>
<<
Stai dicendo che in questo momento un vampiro sta per attaccare i
Cullen?>>
<<
Non lo so. Non conosco le sue intenzioni. Ma so per certo che vuole te. Non gli
interessa fare la guerra con i Cullen. Vuole solo te.>>
<<
E per quale motivo sarebbe così interessato a me?>> fece eco Bella,
acida.
Jacob
scrollò le spalle. << Non lo so. Dimmelo tu.>>
<<
Che cosa ti dovrei dire, che sono una naturale calamita per guai e vampiri
assetati di sangue?>>
<< Forse.>> Jacob le strizzò l’occhio. << Devi stare
tranquilla, finché sei con me. Questo è il territorio dei Quileute. Nessuno ti
farà del male.>> Le posò istintivamente una mano sulla schiena,
aiutandola ad avanzare lungo il sentiero che conduceva nella fitta vegetazione
alle spalle della radura. Raggiunsero un tronco spezzato, abbandonato
orizzontalmente sul terreno, e Bella pensò immediatamente al loro rifugio
felice di La Push in riva al mare. Ma in quella notte senza stelle, nulla al di
fuori di quel ceppo le ricordava l’innata serenità della spiaggia. Si sentiva
esausta, eppure non era stata lei ad attraversare di corsa il bosco: si era
limitata a stringersi al pelo arruffato di un lupo mannaro, in compenso. Ma non
era la stessa cosa.
Jacob
si sedette sul dorso del tronco di legno e attese che Bella lo imitasse, prima
di schiarirsi la voce e iniziare a parlare. << Hai paura, non è
così?>>
<<
Non ho paura.>> sbottò Bella, come una bambina stanata a rubare le
caramelle.
<<
Io dico di sì.>> Jacob le fece scorrere un braccio attorno alle spalle. <<
Lo sento.>>
<<
Lo senti?>>
<<
Il mio olfatto è molto sviluppato rispetto a quello dei comuni esseri umani,
Bells. Dovresti saperlo.>>
Bella
annuì. << Come potrei dimenticarmene?>>
<<
Ti ho detto di stare tranquilla, Bells. Nessuno ti farà del male, fino a quando
ci sarò io.>>
Ne
seguì un breve istante di silenzio. Jake iniziò a giocherellare con un
ramoscello che recuperò dall’erba umida, come se si stesse sforzando di non
dirle altro. Era un comportamento strano: in certi casi si dimostrava
eccessivamente premuroso e protettivo con Bella. In altri, mosso da una forza
invisibile, si comportava con maggiore distacco. Poi, ad un tratto, gli occhi
di Jake guizzarono sui suoi. Si osservarono in silenzio per qualche
interminabile istante.
<<
Ho una cosa da dirti, Bells.>>
<<
Lo so.>> mormorò Bella, che si strinse nelle spalle. L’aveva intuito per
l’ennesima volta. Dimostrazione di quanto conoscesse il suo carattere, nelle
sfaccettature più profonde.
<<
Hai intenzione di rimanere in mezzo alla foresta finché i vampiri non se ne
saranno andati?>>
<<
Adoro quando cambi discorso per non ammettere la verità.>>
<<
Io non ho paura, Jake. Sono solo… preoccupata.>> Bella afferrò il braccio
di Jacob attorno alle sue spalle e lo allontanò bruscamente. << Per la
miseria, mi hai rapito in piena notte dicendomi di essere in pericolo! Non
riesco a sopportare quando vi comportate così. Certamente non muoio dalla
voglia di essere aggredita da qualche…>>
<<
Sssht.>> Jacob la attirò nuovamente a sé con uno strattone. Le cinse i
fianchi mentre si gettava bruscamente a terra, ai piedi del tronco d’albero
rovesciato, e Bella avvertì uno strappo nei pressi dell’ombelico mentre
precipitava sul terriccio umido e rotolava insieme a lui, stretta nella sua
morsa bollente. La sua pelle era come metallo incandescente. Cercò di
divincolarsi, in vano, senza riflettere, sentendosi come un roditore chiuso in
trappola.
Jacob
le posò una mano sulle labbra, regalandole uno sguardo allarmato e severo.
<< Non ti muovere.>> sussurrò. << Rimani qui.>>
<<
Che cosa…>>
<<
Rimani qui.>> ripeté lui, con più foga, che non smise di stringerla
convulsamente a terra, senza concederle la possibilità di muovere alcuna
giuntura del corpo. << C’è qualcuno.>>
<<
In che senso c’è qualcuno?>> squittì Bella. E in quell’istante si poté
intravedere nei suoi occhi color nocciola il terrore più cieco.
Jake
la liberò dalla sua presa. Si rialzò lentamente, attento a non compiere
movimenti bruschi. Le si accucciò accanto facendole cenno di non imitarlo.
Voleva osservare cosa stava succedendo attorno a loro. Forse aveva fiutato
qualcosa. I suoi occhi si muovevano a destra e a sinistra, simili a quelli di
un randagio rabbioso. Poi s’immobilizzò. Scrutò il buio attraverso le fronde
degli alberi, emettendo un ringhio rauco.
<<
Jake, ti prego, dimmi cos’hai fiutato.>>
Lui
si chinò un’ultima volta per osservarla negli occhi. << Promettimi che
non ti muoverai di un solo passo finché non sarò di ritorno.>>
<<
Chi c’è là fuori, maledizione?>>
<<
Promettimelo.>>
Bella
sbuffò. << Siete ossessivi. Magari è solo una lepre. O un animale
notturno. O un qualcosa del genere. Non fate altro che trattarmi come una
bambola di porcellana.>>
<<
La mia non era una domanda, Bella.>>
<<
Perché stai facendo tutto questo per me?>> Quelle parole le uscirono
spontanee, improvvise, così fulminee che le pronunciò prima di trovare il tempo
materiale per pentirsene. Lei lo sapeva. Sapeva perché Jacob si comportava così
possessivamente nei suoi confronti, e non negava un certo conforto nel sapere
di averlo sempre accanto nelle situazioni più difficili.
Un
attimo dopo le labbra di Jacob erano sulle sue. Un bacio veloce. Fugace.
Inaspettato.
Bella
non reagì. Non ne ebbe le forze. Le mani di Jacob intrappolavano i suoi polsi e
le impedirono di schiaffeggiarlo. Seppe che, anche se avesse tentato di
colpirlo, lui non avrebbe provato alcun dolore.
<<
Ti basta come risposta, Bells?>>
No.
Non le sarebbe mai bastato. Così come altrettanto non voleva limitarsi a
guardarlo: se solo avesse potuto scatenare l’ira profonda che la stava
lentamente infiammando, se solo avesse avuto le capacità di Edward o di Jasper
per poterlo sistemare come meritava...
Maledetto.
Come si era permesso?
<<
L’amore è un sentimento difficile da
controllare, Bella Swan.>>
Quando
Bella riaprì gli occhi, confusa e spaesata, scoprì che Jacob era sparito. Al
suo posto, come se si fosse materializzato dal nulla, in un fruscio di vento,
c’era una figura alta e snella, stanziata nella penombra argentea proiettata
dalla luna. Le sue labbra bruciavano ancora dell’intenso calore di Jacob,
mentre la figura si muoveva lentamente verso di lei, leggera, sottile, quasi
fosse composta d’aria. Era un ragazzo. O forse un uomo? Indossava un soprabito
nero di velluto lungo fino alle ginocchia, dei jeans di bella fattura, una
camicia nera che faceva contrasto con la sua pelle pallida e diafana.
Bella
osservò senza fiatare la sua chioma di capelli corvini, corti e spettinati, che
gli ricadevano disordinatamente sulla fronte, sopra gli occhi di un accecante
blu intenso. Il suo fascino rifletteva l’ombra misteriosa dalla quale era
comparso, senza alcun preavviso né rumore. E la sua voce, più profonda e calata
di quella di Edward, sembrava divertita.
<<
A volte è spietato: può annullare l’anima
di una persona, a discapito di un’altra.>>
L’individuo
si scostò di lato, quel tanto che bastava da lasciar intravedere il corpo
immobile alle sue spalle.
Jacob
scrutava il vuoto, in una posizione goffa e alquanto innaturale, come se stesse
allungando le braccia nella sua direzione, le labbra semichiuse, gli occhi
spalancati che osservavano un punto indeterminato del bosco. Il vento aveva
smesso di sibilare, attorno a loro, così come le foglie erano immobili a
mezz’aria, gli insetti fermi come punti neri nello sfondo di un quadro
pittoresco.
Bella
inspirò profondamente una boccata d’aria. Non riusciva a ragionare. Una forza
ignota si era impossessata del suo cervello, a tal punto da non farle provare
paura. Voleva semplicemente aprire gli occhi e scoprire che si era trattato di
un incubo.
<<
Non è magia, se è questo che ti stai
chiedendo. La magia è solo un’illusione. Un po’ come l’amore, Bella Swan.>>
L’individuo si voltò verso di lei, mentre faceva scorrere le dita lunghe e
affusolate lungo il profilo pietrificato di Jake. << Ognuno di noi sfrutta al meglio le nostri doti. E’ un po’ come leggere
nel pensiero, predire il futuro o arrecare del dolore fisico alle persone.>>
<<
Tu sei un vampiro.>> concluse Bella, e un brivido le corse gelido lungo
la schiena.
<<
Preferisco essere chiamato con il mio nome.>> Un sorriso sghembo si aprì
sul suo volto affilato. << Se non ti dispiace.>>
<<
Libera Jake.>> ringhiò Bella.
<<
Liberarlo? Quel cane non è vincolato da nessun incantesimo, nulla può
impedirgli di muoversi e attaccarmi. E, magari, ridurmi in un sol boccone come
il più deplorevole dei mannari della sua specie. E’ il tempo a impedirglielo. Non certo io.>>
<<
Tu… sei in grado di fermare il tempo?>>
<<
Cristian Rowles. Il mio nome è Cristian Rowles.>>
Per
un attimo il suo cuore rallentò, e Bella rasentò un attacco di panico. Rowles.
Aveva sentito nominare quel nome da Edward, a casa Cullen. Erano la famiglia di
vampiri più antica e potente di Londra, e il prestigio che godevano perfino a
Volterra ne era un chiaro segnale. Era di fronte a un ventenne millenario, un
essere privo di scrupoli, ma apparentemente innocuo.
<<
Se ti stai chiedendo il motivo della mia comparsa, Bella, la risposta è molto
semplice. Ho bisogno di scambiare due chiacchiere con te. Il perché potrai dedurlo da sola.>>
Un altro sorriso, ma questa volta nulla di buono parve trasparire nel suo
sguardo.
Era
in trappola, come un topo che si era rinchiuso nella gabbia con le sue stesse
forze, lontana da chiunque fosse in grado di salvarla.
Cristian
schioccò le dita, e d’improvviso fu come se qualcuno avesse premuto il tasto
“play” sullo stereo: tutti i rumori della foresta tornarono a vibrare attorno a
lei, racchiudendola nel guscio naturale della notte, stretto fra le fronde
degli alberi. Il paradiso muto in cui aveva vissuto era stato orribile. E
perfino Jake, che cadde a terra annaspando, si accorse che qualcosa di grave
era appena accaduto. Lo osservò rimettersi in piedi barcollando, ed
immediatamente digrignare i denti in direzione del vampiro.
Ma
Cristian Rowles aveva levato una mano in alto, nella sua direzione. <<
Non ti conviene attaccarmi, lupacchiotto. Moriresti prima di comprenderne l’errore.>>
Ridacchiò. << Che c’è, cane? Ti sorprende il fatto che io riesca a
impedirti di muoverti, non è vero?>>
<<
Eri tu.>> ringhiò Jake, con una smorfia contratta. << L’hai seguita
fino al confine.>>
<<
Non è mia intenzione infrangere il patto.>>
<<
Come fai ad esserne a conoscenza?>>
<<
Io so molte cose.>> rispose il vampiro. << Molte più di quante tu
possa immaginare.>>
Bella
si sentì un essere insignificante, al loro cospetto. La forza dei loro sguardi
era lampante, così come l’aria densa di rabbia e di ira repressa, annidata
ferocemente nei loro arti pronti a scattare al più flebile soffio di vento. I
due si squadrarono da capo a piedi, iniziando a camminare lateralmente. Jake
ringhiava. Il vampiro, invece, sembrava sorprendentemente calmo, per nulla
intimorito dalla presenza di un licantropo nella foresta.
<<
Morirai per ciò che hai detto.>> lo minacciò Jacob.
<<
Sto già morendo. Per la paura.>>
Jake
emise un latrato feroce. Le sue mani iniziarono a tremare. << Perché
siete qui, succhiasangue? Che cosa volete da Bella?>>
<<
Che eroe.>> lo sbeffeggiò il
vampiro. << Puzzi meno di quanto tu sia patetico.>>
Jacob
si acquattò in una tipica posizione da battaglia. Fece leva sulle gambe e compì
un balzo animalesco nella sua direzione. Ma, mentre il suo corpo librava
violento in aria, il suo attacco andò repentinamente a vuoto: era nuovamente
immobile. Fermo come una statua di gesso, i denti in bella mostra e gli occhi
iniettati di rabbia.
Il
vampiro si concedette il divertimento di rimirare quell’immagine, a suo modo
divertente, per poi schioccare le dita. Era un gesto teatrale. A Bella parve
che Rowles fosse in grado di fermare il tempo per brevi intervalli quando e
come volesse.
Jacob
precipitò al suolo ed emise un rantolo di vendetta. L’affronto gli scottava
ardente sulla pelle, e già si stava preparando al contrattacco.
<<
E’ inutile, Jake!>> ululò Bella, in preda alla disperazione. <<
Smettila, ti prego!>>
<<
Ti ucciderà.>> soffiò Jacob.
<<
Ucciderà anche te, se è per questo, finché tenterai di sfidarlo!>>
Il
volto pragmatico di Cristian Rowles si piegò in un sorriso soddisfatto.
<< L’umana ha ragione, cucciolo. Che ti prende? Vuoi per caso una
rivincita?>>
<<
Voglio solo cancellare quel sorriso idiota dalla tua faccia, prima di lacerarla
a morsi!>> latrò Jacob in risposta.
<< A quanto pare, le leggende sull’innata
stupidità dei cani erano
fondate.>> Il vampiro si mosse con passo leggero verso Bella, e Jacob –
che sembrava essersi arreso all’idea di combattere – seguì ogni suo movimento
con gli occhi vigili di un falco. Era come un gioco, per lui: aizzare un lupo e
godersi le conseguenze; giocare con una bambola di pezza, sotto il suo stretto
controllo. << Che cosa farai?>> lo punzecchiò Rowles, all’ennesimo
ringhio feroce di Jake. << Avviserai i tuoi fratelli per farmi sbranare?
Oppure ti batterai da solo per la salvezza della tua amata?>>
<<
Non farà né l’uno e né l’altro, Cris. A meno che tu non voglia infrangere il
patto che lega da secoli l’armistizio fra licantropi e vampiri.>>
Carlisle
comparve nella fitta vegetazione, impeccabilmente avvolto in una giacca a
doppio petto color mogano. La sua voce ferma e altera bastò per cancellare il
sorriso spavaldo dal volto di Rowles, che immediatamente rizzò la schiena e
compì qualche passo indietro, distanziandosi prontamente da Bella e Jacob.
<<
Se solo avessi avuto il buon senso di farmi visita – evitando così di mettere a
repentaglio inutilmente la vita di Bella e dei Quileute di La Push – te ne
sarei stato a dir poco grato.>>
<<
Io non ho niente da dirti, dottore.>> La voce di Rowles era piatta e
dosata. Indicò poi Bella con un cenno veloce del capo. << E’ lei che sto
cercando.>>
<<
Bene.>> disse Carlisle, impassibile.
Ne
seguì un breve istante di silenzio. Rowles era paralizzato. Si sforzava di
dosare ogni parola, visibilmente teso per la presenza del dottor Cullen. Bella,
osservandolo con più attenzione, scoprì ben presto che la sua non era semplice
ansia, bensì il terrore più puro.
<<
Non giungono buone notizie dall’Europa, Cris.>> proseguì Carlisle.
<< In Italia i Volturi non si stanno dando pace, e deduco che la tua
famiglia a Londra abbia avuto parecchi problemi dopo la morte di Susan.>>
<<
Non sono affari che ti riguardano, dottore.>>
<<
Ma riguardano mio figlio e, in un certo senso, quella che presto diventerà una neonata. Nonché la sua compagna.>>
E regalò a Bella uno sguardo protettivo, paterno e accondiscendente, che la
fece sentire al sicuro. << Se è tua intenzione parlare con Bella, dopo
aver attraversato l’oceano per rivolgerle la parola, non ho alcun problema a
negartene l’opportunità. Ma...>> soggiunse, calcando sulle ultime
sillabe. <<… lo farai in nostra
presenza. A casa Cullen.>>
<<
Io là non ci metterò mai piede.>> sbottò Rowles.
<<
Bene.>> disse Carlisle, che posò istintivamente una mano fredda sulla
spalla di Bella. << In tal caso, buon ritorno in Inghilterra.>>
<<
Aspetta.>> ruggì Rowles, e Bella seppe quanto si fosse sforzato per
aprire bocca. << Non sono qui per farle del male, dottore. Non mi mandano
i Volturi. E’ stato Lance a insistere per trovarvi.>> Chinò leggermente
il capo. << Mio fratello, da quando Susan è morta, non si sta più dando
pace.>>
Carlisle
sorrise, soddisfatto di aver trovato un compromesso. Allungò una mano nella sua
direzione, e fu come se gli stesse gettando addosso dall’acqua santa.
<<
Io non metterò piede a casa vostra, dottore.>> ribadì Rowles. <<
Verrà mio fratello, che sta pattugliando i boschi.>>
<<
Rapire Bella e portarla in Inghilterra senza il nostro consenso non è certo una
mossa saggia. Anche perché, come ben saprai, non siamo molto distanti da mio
figlio. E lui sa sempre ciò che stai pensando, Cristian. Sempre.>>
Rowles
ammutolì. Nei suoi occhi, un altro barlume di paura. << Quando,
dottore?>>
<<
Domani. Non prima del tramonto.>> rispose Carlisle. << Quando sarò
tornato dall’ospedale e tutta la famiglia potrà essere presente al vostro
arrivo.>>
<<
C’è poco tempo.>>
<<
Avete a disposizione l’eternità.>> s’intromise Bella, con coraggio.
<< Quanta differenza possono fare ventiquattrore?>>
Rowles
si voltò e la osservò per qualche lungo istante, che parve non finire mai.
<< Nessuna, per me.>> disse. << Ma molta per coloro che ci
vogliono morti.>>
Lo
sguardo fra Carlisle e il membro dei Rowles siglò il loro accordo. Dopo aver
regalato un’occhiata sprezzante a Jacob,e salutato Bella con un mezzo inchino
svolazzante, Cristian Rowles s’avvolse nel lungo soprabito e sparì nella notte.
Nel nulla dov’era apparso.
<<
Maledetto.>> grugnì Jacob, che si stava massaggiando i fianchi. Probabilmente
nella caduta si era rotto qualche vertebra. Un problema secondario, per un
licantropo dalla crescita ossea così rapida.
<<
Perché volevano portarmi via?>> domandò d’istinto Bella, troppo debole e
troppo spaventata per riuscire a sostenere altri episodi del genere. Si sentiva
svuotata, le ossa cave e leggere, la schiena ricurva come un punto
interrogativo. S’aggrappò al braccio di Carlisle e riuscì a mantenere il suo
equilibrio già fin troppo precario, mentre lui emetteva un sospiro profondo.
<<
Grazie per averla difesa, Jacob.>>
Jake
sollevò lo sguardo su Carlisle. I suoi occhi erano esterrefatti. << Non
sei arrabbiato con me, dottore?>> Si passò una mano nei capelli, come
ogni volta in cui si trovava a disagio. << Voglio dire, sono stato uno
stupido. L’ho portata via da casa vostra perché pensavo non fosse un luogo
sicuro. E invece…>>
<<
Hai fatto ciò che farebbe un amico. Non è da tutti scagliarsi a capofitto
contro un vampiro, Jacob. Ma sei riuscito a tenere Cristian Rowles abbastanza
occupato da permettere il mio arrivo. E di questo te ne sono grato.>>
<<
Dovere, dottore.>>
<<
Adesso seguitemi. Vi racconterò ogni cosa strada facendo.>> Guardò Jacob.
<< Hai bisogno di essere medicato, prima di tornare a La Push.>>
<<
Okay.>> acconsentì lui, nonostante avrebbe preferito trovarsi in
qualsiasi posto eccetto casa Cullen. << Ehi, dottore, nessuno mi aveva
mai detto che riuscivate a fermare il tempo.>> soggiunse poi, con una
smorfia. << Lo sapevate tutti, vero?>>
La
Mercedes di Carlisle era parcheggiata nel cuore del bosco, e Bella si chiese
come avesse fatto a raggiungere in auto un luogo così impervio.
<<
Cristian non ferma il tempo.>> disse Carlisle, mentre salirono a bordo.
<< Il tempo è oggettivo, Jacob. Noi vampiri lo vediamo scorrere più
lentamente di voi umani, e possiamo sopravvivere anche senza di esso. Cris si
limita a sfruttare alcuni… buchi
temporali… come strappi in un grande lenzuolo. E’ un dono. Solo gli esseri
viventi ne cadono vittime. Non a caso Bella, che ne è incredibilmente immune,
non ha avuto alcun danno dal potere di Cristian.>>
<<
Oh.>> biascicò Jacob. Si sporse dal sedile posteriore, scrutando
l’oscurità che scorreva fuori dal finestrino. << E’ un bel
casino.>>
<<
Non si ripeterà più, Jacob.>>
<<
I vampiri non smettono mai di sorprendermi.>> commentò Bella, che regalò
un sorriso a Carlisle.
Lui
ricambiò con una strizzata d’occhio. << Anche gli esseri umani, a volte.>>
*°*°*°*
|
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Capitolo 6 *** RAVNICA ***
aaa
Cari lettori,
Mi dispiace davvero molto di essere sparita,
in questo periodo, ma la scuola e lo studio mi hanno impedito di
proseguire la scrittura, perciò non mi resta che scusarmi con
tutti voi per aver interrotto la Fan Fiction. A parte questo, mi sono
resa conto dei numerosi errori nei capitoli precedenti e ne
seguirà a breve un'operazione di correzione (Emmet sudato, per esempio, ammetto apertamente di essere cascata in questi facili erroracci)
Spero che possiate tornare a leggere la storia, che spero proseguirà senza altri lunghi intoppi di percorso.
PS: chi ha letto Destiny: nel ricordo dei suoi occhi, si accorgerà certamente della simpatica citazione del capitolo. =)
Buona lettura
Capitolo
5
Ravnica
<<
Edward!>>
Rivederlo,
sulla soglia di casa, con gli occhi infossati e il cipiglio più cupo che mai,
non fu affatto una consolazione. Ma a Bella importava solo che fosse lì, a due
passi da lei, dopo una notte senza fine in sua assenza. Gli gettò le braccia al
collo e Edward parve reagire con un’insolita lentezza nei movimenti. Se Bella
non fosse stata a conoscenza della sua vera natura, l’avrebbe giudicato stanco
e affaticato: ma i vampiri non provavano stanchezza, così come stentavano ad
abituarsi alle normali sensazioni umane.
<<
Come stai?>> le chiese lui, dopo che Bella ebbe allentato la stretta.
<<
Smettila di preoccuparti così tanto per me. Sto bene.>>
<<
Mi preoccupo eccome.>> ribadì Edward, con calma, e volse lo sguardo verso
la figura di Jacob che tentennava ai piedi della scalinata che conduceva ai
garage. Carlisle stava parcheggiando la macchina e l’aveva lasciato da solo, ed
era come osservare un topo rinchiuso in una scatola di scarpe. Spostava
febbrilmente il peso da un piede all’altro, le mani nelle tasche dei jeans
logori, per nulla preoccupato di essere a torso nudo in quella notte fredda e
priva di stelle.
<<
Ha cercato di difendermi da un vampiro, stanotte.>>
<<
Credi che non lo sappia?>>
<<
Io…>> Bella si morse un labbro. D’improvviso, l’immagine della bocca di
Jake sulla sua le rimandò un segnale d’urgenza nel cervello, che la venuta di
Cristian Rowles aveva temporaneamente cancellato. Era stato un incidente. Un
maledetto incidente che avrebbe potuto evitare, se solo Edward non leggesse
costantemente nel pensiero delle persone. Intuì dai suoi occhi che sapeva. Con
tutta probabilità ne era venuto a conoscenza nel momento stesso in cui Jacob
l’aveva baciata. Ma che importava? Le avrebbe risparmiato la fatica di
ucciderlo con le sue stesse mani.
<<
Non avresti dovuto allontanarti con lui in piena notte.>>
<<
Mi ha detto che non ero al sicuro, che dovevo andare a La Push prima che
qualcuno…>>
<<
Quel qualcuno, a quanto pare, ti ha
trovata lo stesso.>> Edward sospirò. Una vena parve contrarsi sulla sua
tempia, ma probabilmente fu solo una sua impressione. Non c’era sangue caldo
nel suo corpo. << Alice ha perso le tue tracce finché quel cane non è
stato immobilizzato. Solo in quel momento è riuscita a vederti. E ha visto
anche Cristian Rowles.>> Un altro sospiro. << Anche se a prima
vista può sembrare innocuo, ho imparato sulla mia pelle a non fidarmi di un
Rowles.>>
<<
Sulla tua pelle?>> fece Bella, contrariata.
<<
L’importante è che ora tu sia qui. Sana e salva.>>
<<
Conosci Cristian Rowles?>>
Ma
Edward aveva rivolto lo sguardo altrove, al di là della sua spalla. Adocchiò
Jacob con i suoi occhi dorati e, dalla smorfia rabbiosa dipinta sul suo viso
imperturbabile, intuì che avesse letto nella sua mente notizie sgradevoli.
<<
Mi dispiace.>> mormorò Bella, colpevole. Non aveva mai amato molti giri
di parole, quando la situazione poteva risolversi più facilmente. Doveva
colmare la voragine allo stomaco che non le dava pace da ore: un rimorso
profondo e scottante.
<<
Non volevo che succedesse. Non è stata… colpa
mia.>>
Diede
per scontato che lui sapeva. E non si sbagliò.
<<
Sei arrabbiato con me, vero?>>
<<
No.>>
<<
Non sai quanto vorrei uccidere Jake, se solo ne avessi le forze! Ma è successo
tutto così in fretta che…>>
Edward
le posò un dito sulle labbra. La guardò intensamente e Bella poté intravedere
l’eterea freddezza sul suo volto.
<<
Dopo.>> si limitò a mormorare Edward. Le accarezzò dolcemente una
guancia, quasi la sua pelle fosse composta del cristallo più delicato, capace
di infrangersi al più flebile tatto. Poi si allontanò verso Jacob.
<<
Edward!>>
Edward
scese lentamente la scalinata, con movimenti fluidi e aggraziati. Pochi istanti
dopo – che le parvero un’eternità – si trovava di fronte alla figura massiccia
di Jake, che se n’era stato in disparte dalla conversazione fino a quel
momento.
L’uno
di fronte all’altro. Il vampiro e il mannaro. Insieme. Vicini. Forse troppo.
<<
Jacob.>>
Per
nulla intimorito dalla sua presenza, Jacob arricciò il naso e dimostrò, con un
sorriso ironico, quanto fosse infastidito dall’odore di vampiro nelle
vicinanze.
<<
Non sono io a doverti dire se è giusto o sbagliato.>> disse Edward,
rispondendo ai pensieri di Jake. E quella mossa inaspettata parve spiazzarlo. <<
Posso solo avvisarti, in un certo senso. Non prima di averti ringraziato per
ciò che hai fatto per Bella.>>
Jacob
aprì e richiuse la bocca senza emettere alcun suono. Era esterrefatto dal suo
comportamento. Con tutta probabilità si era aspettato una reazione diversa da
parte di Edward, dopo ciò che era successo nel bosco.
<<
E’ il mio dovere.>> borbottò.
<<
Non ho ancora finito.>> soggiunse Edward. Si volse per un lungo istante verso
Bella. << Tralascio il fatto che non avresti dovuto portarla via da
questa casa senza il nostro permesso, né che ti stia comportando come un
adolescente immaturo di dodici anni. Lei è mia.
Cerca di ricordartelo, perché la prossima volta non sarò così accondiscendente
con te, Jacob.>>
Jake
scoppiò a ridere. << Aspetterò con ansia quel giorno.>>
<<
Come vuoi.>>
<<
Chi ti ha detto che la tua Bella non abbia contraccambiato?>>
Edward,
che stava già risalendo le scale, si fermò, rigido come una statua di pietra.
<<
Perlomeno ho un cuore che batte, e del sangue che mi scorre nelle vene.>>
proseguì Jake, spavaldo e fin troppo sicuro di sé. << Sono umano, anche se a prima vista non sembra.>>
Bella
ricevette quel colpo basso, incassandolo con una fitta di dolore allo stomaco,
che presto divenne l’ira più profonda che avesse mai provato. Non riuscì a
capire come Edward riuscisse a mantenere quell’aspetto così controllato, la
voce incredibilmente dosata, lo sguardo freddo e diplomatico. Erano
sciocchezze. Lei amava Edward e nessuno avrebbe mai potuto impedirglielo,
tantomeno un licantropo affetto da manie
di protagonismo fuori controllo.
<<
Bella può fare ciò che vuole.>> disse Edward, garbato. << Se crede
che tu sia migliore di me - e abbastanza umano
da starle accanto come merita - non le impedirò di fare la sua scelta.>>
<<
Balle!>> abbaiò Jacob. << La trasformerai in un mostro!>>
E
in quel momento, accecata dal sangue che le pulsava nel cervello, Bella ebbe
l’istinto primitivo di vendetta, che Edward – con la sua diplomazia – non
avrebbe mai soddisfatto. Superò quattro scalini con un balzo e in un attimo si
trovava faccia a faccia con Jacob, che se ne stava lì immobile sul posto, sorridente
e sfrontato.
<<
Tu… riesci sempre a rovinare tutto!>> strillò Bella. << Devi
ringraziare quel vampiro, maledizione, perché altrimenti ti avrei già ucciso!
Non m’importa come. Avrei trovato un modo, porco
schifoso, sei solo capace a raccontare menzogne!>> E sollevò
istintivamente una mano per schiaffeggiarlo, ma una morsa gelida le strinse il
polso prima che potesse vibrare il colpo. << Ti odio, Jacob
Black!>> ululò Bella, mentre Edward le faceva scorrere un braccio attorno
alla vita per trascinarla via. Se solo avesse potuto, l’avrebbe sollevata di
peso. Bella lottò per liberarlo, ma seppe che era tutto inutile. Perciò si
limitò a voltarsi, attraverso la presa salda di Edward sui fianchi e attorno
alle spalle, regalando a Jacob un’ultima occhiata velenosa. << Mi hai
sentito? TI ODIO!>>
Cinque
minuti dopo, Bella si accorse di essere nella camera da letto di Edward. Le
grandi vetrate riflettevano le prime luci rosate dell’alba lungo le assi
laccate del pavimento, così come le pareti scure erano tinteggiate da sfumature
color crema.
Non
seppe se Alice, Rosalie e gli altri avessero assistito alla sceneggiata, ma di
una sola cosa era certa: avvertiva così tanta rabbia dentro di sé da non
riuscire a stare ferma. I nervi scattavano da soli, gli occhi erano spalancati
e iniettati d’ansia. Camminò avanti e indietro, sotto gli occhi vigili e
imperturbabili di Edward. La cosa che la faceva più adirare era il fatto che
Edward non fosse arrabbiato quanto lei. Come poteva controllarsi quando Jacob
l’aveva baciata? Com’era riuscito a guardarlo negli occhi, senza provare
l’impulso di divorarlo?
Bella
assestò un pugno contro l’anta dell’armadio. Avvertì un bruciore fastidioso
alle nocche, che presto divennero arrossate. Ma non volle prestarvi attenzione.
<<
So come ti senti.>>
<<
No. Non lo sai.>> sbottò Bella. << Nessuno può saperlo.>>
Edward
emise un lungo sospiro, reclinando leggermente il capo all’indietro. Alle sue
spalle, i primi raggi di sole lambivano le finestre.
<<
Io mi fidavo di Jacob.>> mormorò lei. << Io… per un attimo avevo
creduto che fosse tutto un errore, che non volesse baciarmi per davvero. Lo so,
chiamami pazza, ma mi fidavo così ciecamente di Jake da non pensare a questa possibilità. E’ un amico e uno dei pochi
che sa capirmi, Edward, ma evidentemente mi ero sbagliata!>>
<<
E’ per questo che non l’ho ucciso.>> disse Edward, quasi fosse
un’ovvietà. << E’ molto importante per te.>>
<<
Non più.>> grugnì Bella.
<<
Non credo proprio.>>
<<
Tu sei importante, Edward. Non lui.>>
Edward
le riservò un sorrisetto sghembo. << Lo so.>>
<<
E allora, di cosa ti preoccupi?>>
<<
Di nulla.>> rispose lui, sincero. << Tu, piuttosto, quando avrai
finito di prendere a pugni ogni componente dell’arredamento della mia camera,
capirai che urlare al mondo quanto odi Jacob Black altro non è che un’inutile
sfogo da… umani.>> Sospirò.
<< Non mi fraintendere, piccola. Non ti avevo mai vista così arrabbiata
prima d’ora. Ho aspettato che ti fossi calmata, prima di nominarlo in tua
presenza. Altrimenti, non oso immaginare cosa ne sarebbe rimasto di questa
casa!>>
<<
Esagerato.>>
<<
Non è nient’altro che la verità.>>
Bella
si accorse che la sua mano stava sanguinando. Immediatamente la ritrasse
all’interno della manica, tenendola accuratamente nascosta dagli occhi di Edward.
Ma le bastò osservarlo per capire che aveva già annusato il suo odore
nell’aria, come miele colante in un nido d’api. Il sangue umano rifletteva un
effetto ipnotico sui vampiri.
L’odore del mio sangue è
una droga per lui.
Sapeva
ciecamente che non le avrebbe mai fatto del male, poteva cogliere ogni tanto un
barlume luccicante nei suoi occhi, scintilla remota di una vita che era
cambiata troppo in fretta. Non era più la sua preda. Ma Edward soffriva. Il
solo contatto con la sua pelle, quando le strinse delicatamente il polso
dell’avambraccio sano, la fece rabbrividire.
<<
Forse è meglio che ti faccia controllare da Carlisle.>> mormorò Edward.
E
Bella, nonostante avesse voluto rimanere al suo fianco per il resto della sua mortale eternità, si sentì in dovere di
obbedire. Chi, al di fuori di Carlisle, poteva aiutarla? Di ferite e
contusioni, con la sua innata natura sbadata, ne aveva subite di peggiori; ma
il ricordo di Jacob alimentava in lei e Edward un palese nervosismo, come se
Jake fosse la causa scatenante di tutti gli spiacevoli avvenimenti di quella
notte.
Inoltre,
Carlisle le doveva molte risposte. Aveva accuratamente evitato di raccontarle
la verità dopo l’incontro con Cristian Rowles, ma non si sarebbe scordata tanto
in fretta il panico con cui il vampiro aveva reagito all’udire il nome di
Edward. I Cullen portavano con loro segreti ben più grandi del previsto.
Carlisle
era nel suo studio al primo piano, seduto dietro un’ampia scrivania in mogano,
la testa china su quello che pareva un vecchio volume rilegato in pelle, dalle
pagine color avorio volgeva incurante le spalle alla finestra, dove i primi
raggi di sole inondavano la vallata seminascosta dalle fronde fitte degli
alberi. La mattinata si preannunciava serena: una delle rare giornate di sole
nell’umida e piovosa Forks.
<<
Carlisle.>> Edward si schiarì la voce, quasi timoroso nel dover
interrompere la sua lettura. E non ci fu bisogno di aggiungere altre
spiegazioni: l’intera famiglia aveva udito le escandescenze di Bella in camera
da letto.
<<
Ha bisogno di essere medicata.>>
Carlisle
annuì. Mise da parte il vecchio volume e si alzò dalla sedia con un movimento
fluido, raggiungendo Bella accanto alla libreria. Era teso e pensieroso. Se non
fosse stato un vampiro, Bella avrebbe scambiato il suo nervosismo per
stanchezza.
Carlisle
le strinse la mano sanguinante fra le sue, rigirandosela delicatamente fra le
dita come se stesse catalogando un diamante prezioso.
<<
Non è niente di grave.>> sospirò. << Ma è meglio ripulire e
disinfettare la ferita.>> Lanciò un’occhiata a Edward, appoggiato con le
braccia conserte nella parete in penombra della stanza. << Puoi andare.
Te la restituirò come nuova fra dieci
minuti.>>
Edward
non rise. Annuì in silenzio e scomparve nel corridoio.
<<
Ovviamente.>> proseguì Carlisle, mentre andava a recuperare la valigia
del pronto soccorso su una sedia. << Edward è al corrente della presenza
dei Rowles. E domani, al tramonto, vorrei che tu fossi presente.>>
<<
Ma io non sono…>> Non riuscì a completare la frase.
<<
Fai parte della nostra
famiglia.>> disse di rimando Carlisle. << Voglio che tu sia al
corrente della situazione degli altri clan sparsi per il mondo. Bene e Male nella nostra specie è un
concetto che spesso viene male interpretato.>>
<<
Rowles stanotte ha detto che qualcuno li vuole morti.>> incalzò Bella.
Carlisle
inspirò profondamente. Le fece cenno di sedere sulla scrivania e prese a
rovistare nella propria valigetta. << Dopo quel che è successo a Susan
Rowles penso che molte persone, venute a conoscenza della nostra esistenza,
desiderino la nostra morte. Il che è
un eufemismo, visto che siamo già morti da un pezzo.>> Sorrise fra sé e
sé. << Devi sapere, Bella, che i licantropi e i vampiri non si sono
limitati solo a ricoprire esistenze marginali, ai confini della società. Alcuni
di essi, specialmente, possono essere facilmente scambiati per esseri comuni; quindi in grado di
confondersi con il resto della popolazione senza evidenti difficoltà.>>
<<
Il Presidente degli Stati Uniti non è un licantropo, vero?>>
Carlisle
scoppiò a ridere. << Non intendevo fino a quel punto, Bella; ma non è
raro trovare licantropi nelle grandi città. Il sindaco di Denver, per esempio;
o il sottosegretario ai Beni Culturali del North Carolina. Vivono anni e anni a
contatto con gli esseri umani e decidono di condurre un’esistenza relativamente
breve, proprio come loro, rinnegando la loro stessa natura.>>
Bella
annuì in silenzio. Durante i lunghi pomeriggi trascorsi con Jacob a La Push,
lui le aveva raccontato della particolare capacità della sua specie: essere in
grado di “comandare” la loro immortalità, stabilendo liberamente quando
invecchiare. Cercò di immaginare un licantropo in una prestigiosa aula di
tribunale a New York, contornato da persone che mai avrebbero osato immaginare il
suo segreto. Sorrise al pensiero che quel licantropo potesse essere Jake.
<<
Che cosa c’entra tutto questo con i Rowles? Perché vogliono me?>>
<<
Chi sono gli unici esseri in grado di annientare un vampiro?>>
Bella
strinse le labbra in una fessura. << I Licantropi.>> Un fulmine le
abbagliò la mente. << E’ stato un licantropo a uccidere Susan Rowles. Un
licantropo che vive in mezzo… alla gente comune?>>
Carlisle
annuì, solenne. << I Rowles hanno scoperto della tua esistenza da Aro,
che a sua volta è rimasto meravigliato dalle tue capacità. Tu sei immune al
loro potere, Bella. E sono convinti che tu sia la chiave per scoprire i segreti
dei Mannari.>> E levò una mano in aria, evitando che Bella aprisse bocca.
<< Si fanno chiamare i Grigi o,
più semplicemente, membri della Congrega di RAVNICA, fondata nel 1250 nella
Francia settentrionale da uno dei più antichi branchi di licantropi europei. Il
loro scopo è da sempre stato quello di eliminare i Freddi; per parecchi secoli
hanno portato egregiamente a termine il loro incarico, ma al giorno d’oggi, a
causa del disarmante sviluppo tecnologico, RAVNICA è finita per dissolversi.
Era impossibile per loro, in un gruppo che contava ormai ben pochi elementi,
tenere testa ai Volturi.>> Carlisle emise un altro sospiro profondo.
Sembrava essere un’abitudine, come se si esercitasse a ricoprire il ruolo del
Dottore professionale e premuroso, a contatto con decine di pazienti ogni
giorno. << Quando ho incontrato Edward per la prima volta, disteso in un
letto d’ospedale, RAVNICA stava iniziando scomparire. Per un secolo intero non
ho avuto più alcuna notizia al riguardo, finché una ristretta cerchia di
licantropi non è venuta a galla, poco meno di due mesi fa. Una cerchia con
amicizie piuttosto potenti.
<<
A quanto pare il Governo è al corrente della nostra esistenza, e non mi
riferisco solo agli Stati Uniti d’America, Bella. Informazioni, testimonianze e
altre documentazioni riservate sono state sepolte per anni negli archivi di
stato. Non mi chiedere il perché, ma ho la netta sensazione che RAVNICA si sia
alleata con il Governo. E, di conseguenza, si spiegano le morti misteriose di
Susan Rowles e altri nostri simili.>>
<<
Oh mio Dio.>> gemette Bella.
<<
Proprio così.>> fece di rimando Carlisle. << Stiamo assistendo a
una delle più grandi insabbiature della storia moderna, eppure nessuno sembra
alzare un solo dito per opporsi. I Licantropi sono tornati a galla, vogliono
completare ciò che hanno interrotto secoli fa.>>
<<
Ma voi siete in netta maggioranza!>> esclamò bella.
<<
Con una giusta alleanza, tutto è
possibile.>>
<<
Che cosa intendi per alleanza?>>
<<
Sono anni che il Governo è a conoscenza dei fatti, Bella. E il pretesto di
preservare l’incolumità della specie umana altro non è che il radicato desiderio
di sbarazzarsi di noi.>> Carlisle sospirò, anche se non avrebbe avuto alcun
bisogno. Quel gesto gettò una sferzata gelida nella stanza. << Una volta per tutte.>>
*°*°*°*
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