Out of Nowhere

di Apple90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La strage di Soho ***
Capitolo 2: *** L'inizio del Nulla ***
Capitolo 3: *** La scia antica ***
Capitolo 4: *** Susan Rowles ***
Capitolo 5: *** Inseguimento nel Bosco ***
Capitolo 6: *** RAVNICA ***



Capitolo 1
*** La strage di Soho ***


GM Capitolo 1

_Note Autore_
Buongiorno a tutti, questa è la mia prima FF su Twilight (si tratta più che altro di un allenamento, per cui non ho dato il massimo della mia scrittura in questa prima parte)

Ho iniziato a scriverla un po' per caso, e ho deciso di pubblicarla nella speranza che qualcuno recensisca il mio lavoro, per aiutarmi a migliorarlo ulteriormente.
Il prossimo capitolo vedrà come protagonisti Edward e Bella, per cui non preoccupatevi: questo è solo il prologo!!!


Out of Nowhere

La Guerra dei Mannari

Spin OFF [New Moon Sequel]

 

Prologo

La strage di Soho

 

<< Ispettore Lawrence. 5681. Passo.>> Martin Lawrence staccò le labbra dalla ricetrasmittente e gettò un’occhiata al panorama cupo che si estendeva fuori dal finestrino della BMW parcheggiata in seconda fila lungo la trafficata Mortimer Street. A Londra aveva smesso di piovere da poco e già l’odore di umidità mescolato all’inquinamento si stava trasformando in un fetore soffocante.

Era quasi una settimana che la ricetrasmittente non squillava per un’emergenza. Sette giorni dall’ultimo furtarello di zona da parte di un afroamericano che era stato scortato in centrale senza nemmeno opporre resistenza. Gli parve quasi impossibile avvertire quel metallico suono intermittente all’interno dell’abitacolo, accompagnato dalla famigliare scarica di adrenalina lungo la schiena. Stava di nuovo per entrare in azione. Finalmente.

<< E’ stata segnalata una rivolta nei pressi di Chinatown. Ripeto. Rivolta nei pressi di Chinatown. E’ coinvolta una dozzina di civili. Clark e Thomas necessitano rinforzi.>>

<< Merda.>> Lawrence gettò senza ritegno il mozzicone di sigaretta nel posacenere ormai pieno. << Stiamo arrivando.>>

Al suo fianco, con un cheeseburger del McDonald’s avvolto in un sacchetto oleoso e una Coca Light appoggiata in equilibrio precario sul sedile, l’Ispettore Larry Spencer emise un sospiro rassegnato. Era il genere di uomo ormai prossimo alla pensione, stanco di sentirsi proiettato nell’azione improvvisa che rientrava nella vita di ogni poliziotto. Alle sue spalle c’erano trent’anni anni di onorato servizio e Lawrence odiava più di ogni altra cosa al mondo interrompere il suo pranzo. Ma fu costretto a farlo.

<< E’ successo un casino a Chinatown. Clark e Thomas sono già sul posto e hanno bisogno di rinforzi.>>

Larry si passò una mano nei radi capelli grigi. << L’ultima volta che i tifosi del Chelsea e dell’Arsenal si sono pestati giù a Soho, hanno raso al suolo Carnaby Street.>>

<< Non si tratta di calcio, Larry. A dire il vero, non so davvero che cos’abbia innescato una rivolta. Ma dobbiamo intervenire.>> Lawrence sospirò. << Coraggio, metti da parte il McDonald’s e tira fuori la sirena.>>

Il rombo acuto della BMW fece da sfondo ai lampeggianti blu e bianchi che strepitavano sul tettuccio. Lawrence avvertì l’ebbrezza di sfrecciare a centoventi all’ora nel traffico, compiendo manovre brusche per scansare i lenti autobus a due piani incolonnati nella corsia laterale della carreggiata. In un certo senso, si sentì rinato. Aveva trascorso troppi pomeriggi rinchiuso in un umido ufficio di Victoria Street a spulciare vecchi casi di rapimento mai risolti. Ma ora l’ispettore Martin Robert Lawrence era tornato e, in un modo o nell’altro, avrebbe fatto vedere a quelle facce di merda dei suoi superiori che meritava in pieno il suo distintivo.

Impiegarono poco meno di dieci minuti per raggiungere Chinatown e la sua fitta ramificazione di vicoli che si perdevano nel vasto quartiere di Soho, affollato come ogni giorno da turisti, mercatini, piccole botteghe, spacciatori in incognito e locali notturni.

<< Cristo santo, non avevi detto una dozzina di persone?>> esclamò Larry, terrorizzato.

E in un attimo Lawrence capì che cos’aveva spaventato il collega: nell’angolo più remoto del viale che stavano attraversando, alle spalle di un take-away thailandese, intravide una folla indistinta e vociante che si faceva strada all’interno di un vicolo. Non facevano parte di un’etnia ben precisa e non erano spinti in quel luogo da motivi religiosi. Imbracciavamo spranghe, coltelli, mazze di legno e idranti; o, più semplicemente, armi improvvisate reperite per strada. Un’orda indemoniata e incontrollabile, che aveva lasciato dietro di sé i segni evidenti del suo passaggio. A destra lungo il marciapiede erano stati danneggiati due furgoncini di un’agenzia di traslochi. Poco più avanti, un bidone ribaltato e una volante della polizia giacevano in fiamme in mezzo alla strada. Era un inferno.

<< Oh, merda.>> Lawrence pigiò con veemenza il pedale del freno. Avvertì le ruote sgommare, mentre la BMW si fermava bruscamente sul marciapiede. << Dove sono finiti Clark e Thomas, maledizione?>>

<< Forse sono nel vicolo, davanti alla ressa.>> ipotizzò Larry, che stava caricando la sua Calibro12. << In ogni modo, c’è bisogno di avvisare altri rinforzi. Sono troppi per essere contenuti da due pattuglie.>>

<< Rimani qui, Larry, e avvisa la centrale.>> Lawrence balzò fuori dalla vettura con la stessa foga di un boxer alle prese con un avversario troppo potente, che voleva atterrare ad ogni costo. << Devo trovare quei due idioti. Probabilmente si sono lasciati sopraffare dalla folla. Che Dio abbia pietà di loro quando il capo scoprirà il casino che è successo.>> Estrasse rapidamente la pistola dalla fondina nascosta sotto la giacca, senza più voltarsi verso l’auto. << Ci vediamo dopo.>>

<< Ehi, Martin, si può sapere cosa diavolo stai facendo?>> Udì i passi di Larry alle sue spalle e il tonfo della portiera che veniva chiusa con impeto. << Siamo una squadra, non ti lascio da solo a farti ammazzare da quei teppisti!>>

<< Torna in macchina, ho detto.>> ripeté Lawrence.

<< Stai forse insinuando che sono anziano per questo incarico? Bene, forse ho ventidue anni più di te e qualche chilo di troppo sulle gambe, ma la mia piccola Sally non mi ha mai tradito. E non lo farà nemmeno oggi.>> Larry strinse la Calibro12 con entrambe le mani, additando la folla di rivoltosi a una trentina di metri di distanza. <<  Altro dettaglio non trascurabile, Rambo: il capopattuglia sono io.>>

Lawrence si ritrovò ad annuire, rassegnato. << Coprimi le spalle. E avvisa la centrale.>> Sbuffò. << Per favore.>>

<< Ho capito.>> tutto l’entusiasmo fanciullesco che fino a quel momento aveva illuminato lo sguardo di Larry Spencer, si dissolse. << Vai a giocare a guardia e ladri, Martin.>>

Lawrence non se lo fece ripetere due volte. Avanzò con cautela e si accorse che le sue gambe stentavano a rispondere ai comandi man mano che la distanza con il punto focale della rivolta diminuiva. Dov’era finito il vecchio Martin “Pantera” Lawrence, uno dei pochi agenti di colore di Scotland Yard ad aver messo dietro le sbarre la maggior parte dei trafficanti afroamericani di Southwank? Ma ora era diverso. E lo sapeva fin troppo bene. C’era qualcosa di irrazionale e incredibile nascosto dietro quello scoppio improvviso di violenza.

Notò il corpicino esile del Sergente Henry Clark steso a terra con il naso fracassato e la camicia zuppa di sangue. Era seminascosto da due grossi uomini sulla quarantina armati di spranghe che si stavano occupando di tenere lontani gli agenti dal resto del gruppo.

Lawrence impiegò pochi secondi per giungere alla conclusione che non avrebbe potuto fare nulla per il suo collega, a meno che non si fosse messo a sparare all’impazzata tenendo conto che cinquanta persone armate gli sarebbero saltate addosso.

Prima che qualcuno si accorgesse della sua presenza, ripiegò verso la BMW e costrinse senza mezzi termini Larry a salirvi a bordo. << Vogliono la guerra? E l’avranno, quegli stronzi di strada. Eccome se l’avranno.>> Fece il giro dell’isolato e attese che la centrale confermasse l’invio di nuove volanti in zona. Poi lui e Larry scesero rapidamente e corsero incontro alla rivolta, dal lato del vicolo dove la maggior parte delle persone si era riunita. Perlomeno, avrebbero potuto capire il motivo di quella ribellione.

E la vide.

Era poco più che una ragazza, a dire il vero. Statura non molto elevata, fisico esile e asciutto. Una folta chioma di capelli rossi legati in una lunga treccia, che facevano da sfondo al pallore innaturale del suo volto, alle iridi nere come delle pece.

Indossava un mantello verde bottiglia con un’effige dorata ricamata sulla schiena e sul petto, dei paragomiti e un corpetto intrecciato tanto simile a un giubbotto antiproiettili. Ma, al contrario di quel che si era aspettato, era disarmata.

Per un breve istante, i suoi occhi minacciosi incrociarono quelli di Lawrence, e la ragazza emise un ringhio cupo e bestiale.

Era lei che la folla invocava con così tanta foga. Era lei a essere nel mirino di tutti quei rivoltosi, che la stavano accerchiando come una bestia pronta per il macello. Un vampiro.

Lawrence si fece avanti e sparò due colpi in aria. Come aveva previsto, gran parte delle persone si fecero indietro. Non erano teppisti né criminali, ma individui che avevano validi motivi per odiare i vampiri. I primi esemplari erano usciti allo scoperto il mese prima, sorpresi nel cuore della notte al largo di Sheffield durante una caccia notturna. I più temerari si erano spinti in città, uccidendo alcune donne nel Surrey. E ora, spuntata dal nulla, un vampiro femmina si stava aggirando nel centro di Londra, braccata dalla folla armata e scalpitante. Se solo avesse avuto, avrebbe potuto uccidere quelle persone uno a uno, senza pietà. Ma si era fermata. Perché?

Si era trovato spesso a fare i conti con loro. E quel pomeriggio ne era l’ennesima conferma.

<< Polizia!>> ululò Lawrence, all’unisono con Larry. << Polizia, maledizione, fate largo!>>

Sgomitò fra una coppia di cinesi urlanti e, la pistola ben stretta in mano, si ritrovò faccia a faccia con la ragazza. Aveva paura, glielo lesse in volto. Una paura fottuta che la folla la uccidesse. O uccidesse lui.

Vampiro o non vampiro, non era in grado di affrontare un simile numero di persone.

<< Sono l’Ispettore Martin Lawrence di New Scotland Yard.>> Lawrence sollevò la pistola, il distintivo ben in mostra appuntato al taschino. Era elettrizzato e allo stesso tempo terrorizzato a morte. Ma fu come se la mente e il corpo fossero due ambienti asettici e separati fra loro. Non avvertiva più le fitte di panico allo stomaco o il tremore alle gambe.

<< Fai come ti dico e non succederà niente, okay? Non voglio farti del male. E sono sicuro che tu non vuoi farne a me, non è vero?>> Deglutì, temendo di ottenere una risposta negativa. Invece la rossa annuì a sua volta. << Bene. Ora voltati verso il muro e tieni le mani dietro la nuca. Se obbedirai ti porteremo via di qui e nessuno ti farà niente.>>

Larry sparò un colpo in aria. Divaricò l’altra mano per tenere indietro alcuni ragazzi particolarmente nervosi. << State indietro, cazzo!>>

Il vampiro rimase immobile. Non abbassò lo sguardo dalla folla, né tantomeno accennò a voltarsi verso la parete alla quale si stava aggrappando.

<< Voltati verso il muro.>> ripeté Lawrence. << Parli inglese, ragazza? Capisci ciò che ti sto dicendo?>>

Il Vampiro annuì, e i suoi occhi innocenti s’infiammarono di un bagliore violento.

Successe tutto in un lampo. Lawrence avvertì una profonda sensazione di vuoto allo stomaco, accompagnata dal bruciore atroce di tutte le giunture. Un lampo di luce rossa lo colpì di striscio alla spalla e fu proiettato in aria, piroettando sopra la folla fino a qualche metro di distanza. Atterrò addosso a un uomo e lo sentì gemere dal dolore nella caduta. E in un attimo le urla e il caos incendiò il vicolo. Altre persone volarono per aria come burattini. I due cinesi, invece, furono colpiti da un bagliore accecante e rimasero fermi e rigidi sul posto come se qualcuno li avesse immobilizzati nel cemento a presa rapida.

<< Smettila immediatamente, vampiro!>> urlò la voce di Larry, nel fuggifuggi generale. << Smettila o dovrò ucciderti. Non costringermi a farlo!>>

Ma chi credeva di prendere in giro? Sapeva bene che quella bestia avrebbe venduto cara la pelle, prima di placarsi.

Ne seguirono tre spari.

Lawrence imprecò e si rimise in piedi asciugandosi il sangue che gli colava copioso dal naso. Non sapeva dov’era finita la sua pistola. Poi alzò lo sguardo e intravide il vampiro piegare le braccia in un movimento articolato: i tre proiettili sopraggiunsero all’altezza del suo stomaco, si fermarono a mezz’aria per qualche lungo istante, poi furono rispediti indietro al mittente alla medesima velocità. Larry fu colpito a una costola e al petto. Indietreggiò fino a cozzare la schiena contro il muro, e lì si accasciò come una bambola di pezza.

<< NO!>>

Il tempo rallentò e Lawrence perse del tutto la sensibilità del proprio corpo, la testa immersa nell’ira più cieca, impossibilitato a controllare ogni movimento. Si mosse e basta, dettato dall’istinto primitivo della vendetta. Raccolse la vecchia Sally accanto al cadavere di Larry e la sollevò in direzione del vampiro. Sapeva fin troppo bene che non avrebbe avuto alcun effetto, ma valeva la pena di tentare.

Premette il grilletto cinque volte, senza temerne le conseguenze. E la colse di sprovvista. Non aveva attirato la sua attenzione, e lei pareva troppo impegnata a respingere il resto della rivolta per prestare attenzione al corpo di Larry.

Il cuore di Lawrence ruggì trionfante quando vide le pallottole conficcarsi nel petto della ragazza. I suoi occhi verdi dilatarsi per la sorpresa, la bocca serrarsi in un ultimo grido soffocato. Lasciò andare il ragazzo che stava tentando di azzannare e crollò inerte a terra come aveva fatto Larry – o ogni altro essere umano - ed il suo sguardo vuoto fissò un punto indeterminato del cielo coperti di nubi.

Ma gli uomini non smisero di essere sbalzati per aria. Iniziarono a crollare a terra uno a uno, urlando, scalpitando, tentando di farsi scudo a vicenda. Morti. Come un susseguirsi di esplosioni verdi che li uccidevano senza concedergli il tempo di riflettere. O di fuggire.

Lawrence seppe che avrebbe fatto la stessa fine, se non si fosse allontanato in tempo. Ma dove nascondersi? L’unica cosa che gli venne in mente fu gettarsi a terra, accanto al cadavere di Larry, fingendosi morto esattamente come lui, macchiato del suo stesso sangue. Giù sul freddo asfalto, mentre anche i cinesi fossilizzati venivano spazzati via dalla luce verde e crollavano anch’essi privi di vita.

Poi, dalla nebbia del vicolo, apparve un’ombra. Una persona avvolta nello stesso mantello verde e dorato del vampiro dai capelli rossi. Balzò come una bestia incollerita alle spalle di uno dei sopravvissuti e gli spezzò il setto nasale con un pugno. Poi lo spinse contro il muro. Gli assestò un altro colpo violento allo stomaco, facendo comparire dal nulla un pugnale affilato che gli premette in mezzo agli occhi. Non proferì parola, mentre gli dava le spalle. Ma l’uomo dal naso frantumato iniziò a contorcersi a terra e gridare.

Lawrence fu colto da uno spasmo di paura. Tornò ad avvertire il dolore della caduta, della sofferenza patita in quel vicolo. D’improvviso, tutto iniziò a farsi sfocato. Prima che la tua testa cadesse inerte all’indietro, addosso al cadavere di Larry Spencer, riuscì a intravedere una sottile cicatrice che segnava il volto del vampiro, che stava correndo verso la compagna ormai morta. L’aveva uccisa. Aveva ucciso un vampiro.

*°*°*°*


 

 

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Capitolo 2
*** L'inizio del Nulla ***


GM Capitolo 1

_Note Autore_ 

Di seguito, ecco a voi il PRIMO capitolo di Out of Nowhere! Buona lettura...

Capitolo 1

L’inizio del Nulla

 
Jacob sollevò il cofano del vecchio pick-up ed emise quello che a Bella parve uno sbuffo arrendevole. Poi si chinò in avanti, con una chiave inglese stretta fra i denti, perquisendo per l’ennesima volta un motore che non sembrava manifestare l’intenzione di funzionare.

Il sole di mezzogiorno rifletteva sulla sua pelle olivastra visibili striature di sudore. Indossava una camicia larga sbottonata, un vecchio paio di jeans macchiati di olio e delle All Star logore.

<< Mi dispiace essere portatore di cattive notizie.>> borbottò Jacob, qualche istante dopo. E batté leggermente con la punta della chiave inglese una parte interna del motore, le mani ormai intrise di olio raffermo. << Credo sia andato.>>

<< Oh, merda.>>

<< So cosa stai provando. Anch’io tendo ad affezionarmi alle mie cose. Troppo.>> Jacob sospirò, e nell’allusione di quello sguardo c’era il risentimento di un’amicizia sospesa sul filo di un rasoio. Quella situazione si faceva sempre più assurda, giorno dopo giorno.

Bella si sentì avvampare e fu costretta a distogliere lo sguardo dall’amico, concentrandosi miseramente sui propri piedi. Quel mattino il suo Pick-up l’aveva abbandonata nel bel mezzo della strada che collegava La Push al villaggio di Forks - nient’altro che un sentiero tortuoso abbandonato nel bosco – ed era stata costretta a richiedere il supporto del suo meccanico preferito.

Ovviamente, Jacob non si era tirato indietro. Nell’arco di pochi istanti sembrava aver già individuato il problema. << Credo si tratti della cinghia di distribuzione. E’ già un miracolo che si sia retto in piedi per tutti questi anni. Non mi meraviglio che sia giunta la sua ora.>> E, con un sospiro ben più eloquente del previsto, soggiunse: << Non è certo immortale, Bells.>>  

<< Già.>> mormorò lei. Ma dentro di sé, come un fiume in piena, avrebbe voluto dare un taglio a quelle battute velate, a quella maledetta convinzione di essere stato escluso una volta per tutte dalla sua vita. Jacob non si sarebbe mai accontentato di una semplice amicizia, ma era tutto ciò che Bella poteva offrirgli in quel momento. Prendere o rifiutare, senza dolorose vie di mezzo. Invece Jacob sembrava divertirsi a giocare al rialzo, punzecchiandola ogniqualvolta ne avesse l’occasione.

<< Sei in grado ai ripararlo, Jake?>> domandò Bella, con tono apprensivo.

Lui tornò a scrutare torvo gli ingranaggi metallici del motore, tenendo il cofano aperto sopra la sua testa con una mano. Le sue spalle larghe e muscolose sembravano essersi irrobustite ulteriormente dopo la fine dell’inverno. << Posso provarci, Bells, ma non ti assicuro nulla di buono.>>

<< Grazie.>>

<< Ti richiamo quando avrò novità. Ci vorranno un paio di giorni per trovare i pezzi. Nel frattempo, puoi farti accompagnare a casa da mio padre. Ho sentito che doveva vedersi con Charlie per i play-off, questa sera. Trasmettono il match in televisione.>>

<< Ah.>> Fu tutto ciò che Bella riuscì a dire. Era evidente quando Jacob si sforzasse di guardarla, come se non desiderasse altro che se ne andasse da quell’umido garage, varcando per sempre i confini di La Push. Un desiderio convulso le si artigliò allo stomaco e la supplicò di uscire all’aria aperta. Aveva bisogno di riflettere. Senza il suo pick-up, la sua autonomia si sarebbe presto annullata. La prospettiva di essere accompagnata a scuola a bordo dell’auto di polizia di Charlie non contribuì a migliorare il suo umore.

Un quarto d’ora dopo Bella era a bordo del vecchio Ford 4x4 di Billy, che aveva rimediato un paio di mesi prima a un’asta pubblica indetta della polizia cittadina. (Bella aveva seri dubbi sul fatto che Billy e Charlie avessero brogliato l’asta per riuscire ad ottenere quel rottame, che osavano definire “fuoristrada”, per le loro battute di pesca) Billy era meno loquace del solito, e significò rimanere in silenzio durante tutto il viaggio. A Bella, tutto sommato, non dispiacque affatto. Si godette il vento tra i capelli, affacciata dal finestrino, dimenticando per qualche breve istante il guasto al pick-up e gli apri conflitti familiari che da qualche settimana tenevano banco in casa Swan.

<< Charlie è preoccupato per te.>> Non era una domanda. Billy si schiarì la voce mentre guardava la strada, le mani salde sul volante. << Anche mio figlio lo è, Bella. Eccome.>>

<< Non c’è niente di cui preoccuparsi. Sto bene.>> borbottò Bella, che rinsavì dal coma nel quale era precipitata durante tutto il viaggio. << Voglio dire, è dal tuffo dalla Scogliera che ho chiuso con i guai. Hanno smesso di perseguitarmi. O almeno spero.>>

<< Non mi stavo riferendo a quello.>>

<< Lo immaginavo.>>

<< Come sta Edward?>>

Glielo chiese d’improvviso, a bruciapelo, come se le parole che sgorgavano dalla sua bocca riguardassero un match di basket in televisione. O l’ultimo argomento studiato a scuola.

<< Bene.>> rispose Bella.

Il silenzio tornò a regnare sovrano nell’abitacolo del fuoristrada. Dopo un po’ Billy tornò a schiarirsi la voce. << Charlie ha detto che intendete andare al College, dopo la consegna dei Diplomi.>>

<< Già.>> Bella tornò ad affacciarsi dal finestrino.

Passarono davanti al negozio di articoli sportivi dei Newton, e Bella poté intravedere la figura sfocata Mike appena visibile attraverso le vetrine, dietro il bancone.

<< Puoi lasciarmi qui, Billy. Credo andrò a far visita ai Newton, prima di tornare a casa.>>

<< Ne sei sicura?>> le chiese Billy. Nei suoi occhi si lesse un velo di preoccupazione. Evidentemente aveva promesso a Charlie che l’avrebbe riportata a casa sana e salva con il suo Ford 4x4.

Bella annuì. << Dì a Charlie che troverò un passaggio. Stasera c’è una partita importante, no? Non voglio che mi venga a prendere o che si preoccupi inutilmente per me. Godetevi la serata. Sarò da voi per cena.>>

<< Come vuoi, Bella.>>

Bella osservò il fuoristrada allontanarsi sferragliando lungo la strada, e per pochi istanti fece finta di incamminarsi verso il negozio dei Newton. Non appena il Ford 4x4 di Billy fu sparito dietro l’angolo, cambiò rapidamente direzione e s’avviò a grandi passi al parco cittadino di Forks.

Non era un granché, con la sua aria poco curata e i cespugli che facevano capolino agli angoli del sentiero. Non come il vasto parco di Phoenix dove Reneè la accompagnava sempre quando era piccola, certo, o le immense distese boscose di La Push. Ma quel pomeriggio si accontentò. Procedette speditamente in direzione del minuscolo lago artificiale, accanto alla pista da pattinaggio deserta. Il cemento era duro e sembrava così vecchio da essersi incrostato sulla strada come la corteccia di un albero. Sedette in equilibrio precario su una ringhiera, fissando il panorama cupo intorno a lei.

Il luogo migliore per riflettere. Lontana dal mondo. Lontana dai Cullen. Per un attimo, ebbe l’impressione che Alice potesse prevedere dove si trovava, ma le scelte improvvise e poco ragionate contribuivano a mandare all’aria ogni sua visione del futuro. Meglio così. Aveva un buon margine di vantaggio per rimanere da sola, in quell’umido parco cittadino, e pensare alla proposta di Edward.

Sposami. Le aveva detto. E’ l’unica condizione perché io accetti di trasformarti.

Una condizione ben più pesante di quello che lui poteva immaginare. In fondo, a diciotto anni, quante ragazze pensavano seriamente al matrimonio? Era come trovarsi sulla sommità di un baratro. Le sarebbe bastato il più lieve soffio di vento per precipitare nel vuoto, con il solo rimpianto di essersi rovinata la vita ancora una volta.

Perché rifiutare? Lo amava, ed era un dato di fatto. Perché non ufficializzare il loro legame?

Frena, Bells. Stai correndo troppo.

Carlisle ed Esme sarebbero stati felici di accoglierla nella loro famiglia. In fondo, era da molto tempo che aspettavano la fine dei suoi tormenti. Rimanere un comune essere umano avrebbe compromesso irrimediabilmente il suo legame con Edward. Sarebbe invecchiata. E solo in quel momento percepì la morsa serrata allo stomaco, quando pensava a quella triste conseguenza. Aveva bisogno dell’immortalità come un’ape del miele. Lei, Bella Swan, avrebbe gettato alle ortiche la propria vita umana per trascorrere l’eternità al fianco di Edward. Ma avrebbe dovuto sposarlo.

Un fruscio di vento le scompigliò i capelli, accompagnato dal un lieve formicolio alla nuca. Tutto ad un tratto, ebbe come l’impressione che qualcuno la stesse osservando. Bella si voltò di scatto, ma non vide altro che solitudine e fitta vegetazione.

<< Ehi, Bella, che cosa ci fai qui?>>

Bella trasalì dallo spavento e per poco non ruzzolò dalla ringhiera.

Era Mike Newton, e stringeva in mano un sacchetto del Take-Away e la sgargiante polo arancione del negozio. << Ti ho vista scendere da un’auto e incamminarti verso il parco. Sola. Va tutto bene?>>

<< Sto bene.>> mentì Bella. << Stavo… facendo una passeggiata.>>

<< A quest’ora, Bells? In questo parco?>> Mike rise. Una risata che nascondeva un velo di malignità repressa. << E’ la prima volta che riesco a incontrarti senza che tu sia insieme a Edward.>> Non aveva trovato molte difficoltà a pronunciare il suo nome, ed era stato sincero: in quell’ultimo periodo, a scuola, Bella e Edward trascorrevano tutto il loro tempo insieme.

<< Sei sicura di stare bene?>> ripeté lui.

<< Ho molti pensieri per la testa.>>

<< Avete litigato?>>

Fu il turno di Bella per sfoderare un sorriso tetro. << Ci mancherebbe solo questa.>>

<< E allora cosa c’è che non va?>> Mike sedette al suo fianco con un piccolo balzo, e per qualche istante la ringhiera vibrò pericolosamente. Estrasse un muffin dal sacchetto dal Take-away e glielo porse, senza complimenti. << Mangia.>> Non era una domanda. << Ho sentito che i dolci sono il miglior metodo per sollevare l’umore delle persone. Magari riuscirai a dirmi cosa ti frulla per la testa.>>

Dopo il periodo in cui l’aveva considerata invisibile, e il naturale astio nei suoi occhi ogniqualvolta la osservava, Mike sembrava aver cambiato tattica. Voleva parlarle, dimostrarsi l’amico fedele conosciuto durante i primi giorni di scuola a Forks.

Bella accettò di buon grado il muffin. Ne staccò un morso rimirando l’asfalto dissestato del sentiero.

<< Okay, non vuoi parlarne.>> sospirò Mike, dopo un lungo silenzio. << Si è fatto tardi, e devo ancora finire la ricerca di geografia per la professoressa Steward. O rischierò un altro votaccio.>>

<< Mike.>> disse Bella, con un filo di voce. << Ti andrebbe di riaccompagnarmi a casa?>> Si strinse istintivamente nelle spalle. Chiedere un favore a Mike Newton, in certi casi, poteva risultare imbarazzante. << Grazie per il muffin.>>

Mike le rivolse un sorriso radioso. << Sono contento che abbia avuto effetto.>>

 

*°*°*°*

 

La Crysler color verde bottiglia del padre di Mike sembrava uscita da un film di gangster italoamericani. Era ampia, spaziosa e il rombo sordo e grintoso del motore accompagnò l’intero tragitto fino a casa di Charlie. Bella si ritrovò a chiacchierare con Mike per la prima volta dopo molto tempo: parlarono della scuola, di Angela e della ricerca di geografia. Poi l’argomento si spostò sulla consegna dei diplomi e Bella avvertì un’immancabile fitta allo stomaco. Era quella la data prefissata per la sua trasformazione.

Potremo sposarci dopo il diploma. E tu potrai realizzare il tuo sogno.

<< Siamo arrivati.>>

Le ruote della Crysler scricchiolarono sulla ghiaia del piccolo di spiazzo immerso nel bosco. Charlie e Billy avevano udito il rumore dell’auto e la stavano aspettando nell’ingresso, i volti incuriositi appena visibili nella semioscurità del tramonto.

Bella seppe solo in quel momento che un inspiegabile ritardo durante primo giorno di libertà vigilata – dopo il castigo che Charlie le aveva inflitto – non poteva significare altro che cattive notizie. Invece, con sua immensa sorpresa, Charlie sembrava molto meno nervoso del previsto. Salutò calorosamente Mike Newton e lo invitò a bere qualcosa, ma il ragazzo rifiutò educatamente. 

<< Ho un sacco di compiti da finire.>> ammise. << Spero che l’invito sia sempre valido, in futuro. E’ stato un piacere averla rivista, signor Swan.>>

<< Augurati di non aver mai bisogno di me quando sono in servizio, ragazzo.>> Charlie gli strizzò l’occhio. << Grazie per aver riportato mia figlia a casa.>>

<< Dovere.>> rispose Mike, che si appoggiò alla Crysler con un sorriso smagliante dipinto sul volto.  Aveva concordato con Bella di non dire nulla riguardo alle sue passeggiate al parco cittadino, o Charlie si sarebbe preoccupato inutilmente – come al solito. Perciò rimase immobile e silenzioso in attesa che Bella dicesse qualcosa. Lei, impacciata, si limitò a rivolgergli un cenno di saluto con la mano.

<< Ci vediamo domani.>> Fece per aprire nuovamente la bocca, ma Mike la interruppe.

<< Non c’è problema per il passaggio, dico sul serio. Mi ha fatto piacere.>> Sorrise ancora, come se non sapesse fare altro. << Ci vediamo domani a scuola.>> E si rivolse a Charlie e Billy, l’uno accanto all’altro sull’uscio di casa. << Buona serata.>>

Quella sera Charlie aveva ordinato tre pizze e le risparmiò di affrettarsi in cucina prima dell’inizio dei play off. Entrambi erano troppo presi dal match imminente per chiederle che cos’avesse fatto nel pomeriggio, dopo essere scesa di fronte al negozio dei Newton. Anche se, dalle occhiate riconoscenti che ogni tanto le scoccava, Charlie sembrava entusiasta del fatto che stesse ricominciando ad avere una vita sociale.

Dopo cena Bella si sforzò di impiegare il maggior tempo possibile per sparecchiare: lavò accuratamente i piatti e li dispose nella credenza. Poi diede un’altra occhiata al frigorifero. Scrisse su un post-it la lista della spesa per l’indomani e la appiccicò sul freezer, mentre Charlie e Billy si erano accomodati in soggiorno davanti al televisore. Sentì il loro allegro vociare al di là della parete, e si pentì di essere rincasata così presto.

Fu pervasa nuovamente da uno strano formicolio dietro la nuca. Un fruscio di vento fece scricchiolare gli infissi della finestra. Qualcuno la stava osservando, ne era certa. Vivendo a contatto con una famiglia di vampiri aveva imparato, per quanto le era possibile, ad affinare i propri sensi. Socchiuse leggermente la veneziana e scandagliò lo spiazzo di fronte all’abitazione, dove un’ora prima Mike aveva parcheggiato la Crysler. Ma non vide nessuno.

Parzialmente sollevata, trasse un sospiro di sollievo e si precipitò di sopra. Entrò in camera con la foga di una centometrista ed incespicò nella moquette del pavimento, iniziando a barcollare pericolosamente in avanti. Per sua fortuna, il letto attutì la sua caduta. Si ritrovò distesa sul materasso con la faccia premuta sul cuscino, i capelli sparpagliati tutt’intorno come mossi da un vento invisibile.

<< Bel tuffo.>> disse la voce fredda e lugubre di Edward, alle sue spalle, aveva tutta l’aria di complimentarsi con lei. << Devi ringraziare il tuo letto, Bells. Si trovava nel posto giusto al momento giusto per evitarti la rottura del setto nasale. O forse ancor peggio.>>

Bella si rigirò sul materasso, rossa in viso per la vergogna di aver dato ancora una volta ampia mostra alla sua sbadataggine. Rivedere Edward, però, bastò ad alleviare ogni sua preoccupazione. Balzò giù dal letto e gli gettò le braccia al collo, senza trattenersi, affondando il viso contro il suo petto marmoreo.

Lui però non ricambiò la sua stretta, e si fece più serio e gelido di un pezzo di ghiaccio.

Bella se lo aspettava. Vile fino in fondo, ben sapendo quanto Edward odiasse che lei si aggirasse a La Push in sua assenza. Non aveva alcun dubbio sul fatto che già sapesse tutto quanto. Fin troppo bene.

<< Dov’è finito il tuo pick-up?>> le chiese, freddo.

<< E’ rotto.>> Bella prese un sospiro. << L’ho portato da Jacob. Spero riesca ad aggiustarlo.>>

<< E poi?>> proseguì Edward e, nonostante la sua voce continuasse a essere moderata, fu come se ogni sillaba le punzecchiasse i timpani.

<< Sono stata in città. Ho incontrato Mike Newton, che mi ha riaccompagnata a casa. Perché tutte queste domande?>> Si finse indifferente, e ciò contribuì a peggiorare le cose. Gli occhi di Edward dardeggiarono d’ira, neri e profondi, mentre posava le mani sulle sue spalle e la allontanava leggermente da sé. << Mi sembrava di essere stato chiaro, riguardo alle tue amicizie.>>

<< Esatto, Edward. Alle mie amicizie.>> puntualizzò Bella.

<< Niente licantropi.>>

<< E niente Crysler, presumo.>>

<< Ancora non hai capito quanto può essere pericoloso?>>

<< L’unico pericolo che sto correndo in questo momento, è stare accanto a te!>> esclamò Bella. << Quando la farete finita con questa storia del patto? Non potrete farvi la guerra per sempre. Odio questa situazione!>>

Edward socchiuse gli occhi e inspirò profondamente, anche se poteva risultargli superfluo. << Tu non capisci.>> disse. << Non ti rendi conto di quanto possa essere instabile uno di quei randagi. Non costringermi ad eludere il patto. Prima o poi scoppierà qualche guerra a La Push. E quel giorno non mi riterrò responsabile delle conseguenze.>> Dal suo sguardo serio e glaciale capì che non stava scherzando. Nulla, nella sua espressione, glielo lasciò intendere. << Se mi comporto così, è solo perché sono preoccupato per te. Perché ti amo. Il solo pensiero che ti accada qualcosa per colpa di Black…>>

Bella non gli lasciò terminare la frase. << Jacob non mi farebbe mai una cosa del genere. E tu lo sai.>>

<< Nessuno può saperlo. Non dare per scontato le cose più semplici. È un licantropo.>>

<< E tu sei un vampiro.>>

<< Lo so.>>

<< Che differenza c’è? Sono in pericolo insieme a Jacob quanto con te, Edward Cullen, ficcatelo bene in testa!>>

<< E’ diverso.>> sbottò Edward, accigliato.

Bella pestò i piedi per terra, si morse un labbro con l’aria infantile di una bambina arrabbiata. Voltò sui tacchi e diresse a grandi passi verso la porta della sua camera, con i nervi a fior di pelle, ma Edward si mosse così velocemente da comparirle di fronte, sbarrandole il passaggio. Sogghignò soddisfatto di fronte alla sua esitazione, tornando a farsi serio. << Ho ancora una domanda.>>

Bella gli rivolse un’occhiataccia tetra.

<< Che cosa ci facevi al parco cittadino con Mike Newton?>>

<< Ho forse l’obbligo di tenermi a distanza anche da lui? Tu sei solo geloso.>>

<< E’ solo una domanda.>>

<< E questa è la mia risposta.>>

Edward si fece più vicino e Bella poté avvertire il suo respiro freddo su di sé. Era come essere nelle vicinanze di una cella frigorifera. Maledisse tutto il resto e lo abbracciò di nuovo. Non riusciva a essere arrabbiata con lui. La sua gelosia, in fondo, la lusingava.

Mosse la testa contro il suo petto, mentre lui la stringeva così forte a sé da toglierle il respiro.

<< Mi dispiace.>> Bella appoggiò le labbra sul suo collo freddo. << Odio litigare con te.>>

<< Non abbiamo litigato.>>

<< Sì, invece. Tu sei geloso e io isterica. Che bella coppia.>>

Edward smorzò un sorriso. << Non sono geloso.>>

<< Allora perché tutta questa preoccupazione per Jacob Black? Sai benissimo che siamo solo amici. E poi io voglio solo te.>>

<< Ne abbiamo parlato tante volte. Non è gelosia. Non sopporto l’idea che tu metta a repentaglio la tua vita per essere amica di un lupo.>>

<< E’ la stessa cosa. E poi…>>

<< Ssht.>> Edward le raccolse delicatamente il volto fra le mani, accostando le labbra alle sue con un movimento istintivo, soffocandole le parole in bocca. Il cuore di Bella le balzò ruggente in gola e, se lui non l’avesse stretta così forte, probabilmente le sue gambe di gelatina avrebbero ceduto.

Gli allacciò le braccia al collo, avvertendo il fuoco fasi largo nel suo stomaco. Dischiuse piano la bocca e si premette con più foga al suo petto per intensificare il bacio. Poi, come ogni altra volta, Edward si staccò. Le loro labbra si divisero con un piccolo risucchio e lui la prese per i fianchi, posando la fronte contro la sua e osservandola con i suoi occhi neri e profondi.

<< Ti amo, Isabella Swan. Come devo dirtelo?>>

Un altro bacio a fior di labbra. Bella sapeva che presto quel sogno sarebbe finito. Cercò di viverlo a pieno, in attesa che Edward perdesse il controllo e si allontanasse da lei.

<< Anch’io ti amo, lo sai.>>

<< Allora sposami.>> le disse Edward.

<< Non adesso. Non così presto.>> Bella si rannicchiò nel suo abbraccio, sentendosi finalmente al sicuro. Soppesò l’idea di raccontargli degli strani avvenimenti di quel giorno, dell’improvvisa sensazione di sentirsi osservata, ma dedusse che era solo il risultato dello stress accumulato nei giorni post-diploma. Nulla avrebbe rovinato quel raro momento di pace.

<< Dopo il diploma saremo liberi di stare insieme. Per sempre.>>  

Lui arricciò il naso, manifestando la sua contrarietà. Ma dal suo sguardo, era ormai arreso all’evidenza. Prima o poi sarebbe stato costretto ad accettare la sua trasformazione. Non avrebbero potuto continuare a vivere così.

<< E’ ora che tu vada a dormire, piccola. E’ tardi.>> Senza che Bella potesse opporsi, lui la sollevò in braccio e la trasportò senza sforzo verso il letto. La adagiò delicatamente sul materasso, dosando incredibilmente la sua forza. Poi si chinò su di lei e le posò un bacio leggero sulla fronte. << Non cacciarti nei guai. Tipo inciampare sulla moquette o cose del genere.>>

<< Contaci.>>

Edward le sorrise. Quel sorriso tenero apprensivo che sapeva regalare solo a lei. << Buonanotte.>>

Bella lo agguantò per il colletto della camicia e lo obbligò ad avanzare goffamente verso il suo viso, regalandogli un ultimo bacio prima di lasciarsi. Fu la sua buonanotte.

 

*°*°*°*

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Capitolo 3
*** La scia antica ***


GM Capitolo 2

_Note Autore_

Innanzittutto, grazie ad Argentlam per il suo commento. E' la prima persona che devo nominare, per il semplice fatto che mi segue da così tanto tempo, e credo sia stata l'ultima idea per lei leggere una FF su Twilight dopo così tanto tempo di mia inattività. 

Grazie a MyLittleHeart e Princess of Vegeta6, i vostri sono i primi commenti e sono molto felice di averli letti. In fondo, non so nemmeno se questa FF verrà letta da tante persone. E' stata una scommessa per me. Cercherò di portarla avanti fino in fondo. 

Capitolo 2

Una scia antica

 

Quando Bella lasciò il pick-up nel parcheggio della scuola, due giorni dopo, lo strano formicolio alla nuca la colse del tutto impreparata. Le sopraggiunse come un fulmine a ciel sereno, così improvviso e furtivo da farla trasalire. Per la terza volta nell’arco di poche ore, aveva come la certezza che qualcosa o qualcuno la stava osservando senza che lei potesse accorgersene. E l’idea che la splendida giornata assolata avesse tenuto Edward lontano dalla scuola non contribuì a tranquillizzarla.

Poco più in là, all’imbocco del parcheggio, una Audi TT grigia era seminascosta nella penombra di un albero. I vetri oscurati le impedivano di vedere chi fosse seduto al suo interno. Non seppe perché, ma quella specie di sesto senso le disse di andarsene.

Bella ignorò la fuoriserie sportiva e s’avviò a grandi passi verso la scuola, dove Angela la stava aspettando con una pila di libri stretti fra le mani.

Si sforzò di pensare al suo pick-up, che Jacob aveva aggiustato nel giro di poche ore, riparando il danno grazie ai pezzi rimediati da un vecchio Dodge alla discarica di Port Angeles. Il suo adorato rottame, finalmente funzionante.

<< Sei sicura di stare bene, Bells?>> le chiese subito, squadrandola con aria apprensiva. << Hai uno strano colorito. Sembri più pallida del solito.>>

<< Come un vampiro.>> soggiunse Ben, che era comparso al fianco di Angela.

Bella accennò a un sorriso. Non disse loro che, in una remota parte del suo stomaco, qualcosa aveva ruggito trionfante all’udire la parola vampiro. Un miscuglio di paura e felicità, di stupore e di gioia, si stavamo insinuando in lei. Entro pochi giorni, se tutto fosse andato bene, sarebbe stata un vampiro sul serio.

Scherzò con Ben e Angela lungo il corridoio e scacciò via la sensazione di pericolo alla vista di quell’auto nel cortile della scuola. Una casualità. Pensò. Una semplice casualità.

A fine mattinata, si ritrovò a mangiucchiare svogliatamente il suo arrosto nella mensa, affiancata ormai dalla presenza fissa di Angela. Perfino Jessica, dall’altra parte del tavolo, ogni tanto le lanciava un’occhiata incuriosita, come se il muro che si era eretto fra loro non fosse altro che un miraggio.

<<… per non parlare dell’ultimo film di Roland Zemmerick, Il tormento dei Dannati, ho visto il trailer su YouTube. E’ assolutamente da vedere!>> stava dicendo Ben, con il suo solito entusiasmo da cinefilo incallito. << Dovrebbe uscire venerdì prossimo. Un’ultima rimpatriata prima degli esami.>>

Bella sospirò e si sforzò di guardare da un’altra parte. Ogni volta che le ricordavano la data del diploma, provava un’irrimediabile sensazione di disagio. O forse paura?

Mike Newton le passò davanti con il vassoio il precario equilibrio, occupando il posto vuoto di fronte a lei.

<< Sei dei nostri, Mike, vero?>> Ben raccontò da capo il trailer dell’ultimo Horror in uscita nelle sale, ma Mike sembrava faticare a udirlo. Era impegnato a osservare Bella di sottecchi, fra un boccone e l’altro, approfittando dell’attimo in cui nessuno li stesse osservando per rivolgerle la parola. In assenza di Edward, la maggior parte dei suoi amici faticavano a notare la sua presenza, come una mosca pianta rintanata nel suo angolo in fondo alla mensa.

<< Possiamo mangiare qualcosa a Port Angeles prima del film, eh, Mike?>>

<< Oh, sì, Ben. Credo di sì.>> borbottò Mike.

<< Perfetto.>> esclamò Ben, che diede per scontato la presenza di Angela. Il suo sguardo, dopo aver ottenuto la maggior parte dei consensi lungo la tavolata, ricadde inesorabilmente su Bella. << Bells?>>

Bella lo fissò come si fissava il vuoto durante una lezione noiosa di matematica. << Non lo so.>>

<< Oh, andiamo, è l’ultima serata che potremo passare insieme prima del diploma!>> esclamò Angela.

<< Lo diremo anche a Edward.>> precisò Ben. << E ognuno di noi potrà invitare anche altri amici, perlomeno la compagnia sarà più numerosa.>>

<< Questa è un’ottima idea.>> fu il commento di Jessica.

E Bella si ritrovò ad annuire, senza quasi aver assorbito ciò che era accaduto, la testa persa fra mille pensieri.

All’uscita, l’Audi TT era ancora lì, nello stesso posto, con i suoi vetri scuri e la vernice color metallo scintillante sotto i tiepidi raggi di sole. Bella ebbe un tuffo al cuore, quando la vide. Richiamò a sé tutte le sue forze e proseguì diritta tentando inutilmente di calmarsi, in preda a quel fastidioso formicolio alla nuca che ormai aveva iniziato a perseguitarla.

Chiunque sia l’autista, mi sta osservando. C’è qualcuno là dentro. E sta guardando me. Bella Swan.

Ne era certa.

Salì frettolosamente sul suo pick-up e avviò rumorosamente il motore, ficcandosi le cuffie dell’I-pod nelle orecchie prima che il panico potesse travolgerla del tutto. Uscì dal parcheggio senza degnare di uno sguardo Jessica e Sarah – nuovo membro della compagnia, arrivata a Forks durante la seconda metà dell’anno. Sarah Spencer era il tipo di ragazza che tendeva a etichettare le persone prima di conoscerle veramente. Lei e Bella si erano rivolte a stento la parola un paio di volte, e Sarah non parve impensierirsi del suo comportamento. Contrariamente a lei, Jessica mosse istintivamente gli occhi in direzione del pick-up. Bella la intravide nello specchietto retrovisore. Un attimo dopo, la sua immagine fu oscurata dal muso aerodinamico e arrotondato della Audi TT. Si stava muovendo, incanalandosi in coda in attesa di uscire dal parcheggio. Dietro di lei.

Bella inghiottì un groppo di saliva che le attanagliava la gola. Edward, dove sei finito? La sua insolita mania di cacciarsi nei guai si stava manifestando più frequentemente da un anno a quella parte. Perché proprio in quel momento, poco prima dei suoi esami?  

Si allontanò dalla scuola percorrendo a velocità sostenuta la via principale, che tagliava in due la città di Forks come due spicchi identici di una mela. L’Audi presto scomparve nel traffico, ma ogni tanto faceva capolino nello specchietto, mimetizzata fra gli altri veicoli nel famigliare ingorgo dell’ora di pranzo.

Bella prese una decisione affrettata. Il sole era troppo cocente e non avrebbe potuto contare sull’aiuto dei Cullen. Senza riflettere, inserì la freccia direzionale e si mosse nell’altra corsia, inserendosi nella rotonda successiva per cambiare repentinamente direzione. Imboccò la statale e si diresse verso La Push.

Due miglia più tardi, i contorni metallici della Audi apparivano e scomparivano ad ogni curva, seminascosti nella volta vegetazione del bosco. Il suono ruggente del motore maledettamente vicino.

Bella tenne stretto il volante con una mano, mentre con l’altra perquisiva il vano portaoggetti alla ricerca del cellulare. Lo trovò pochi istanti dopo, e compose meccanicamente il numero di Charlie. Rispose la segreteria telefonica. Attese il bip prima di parlare.

<< Faccio un salto da Jacob. Credo di avere di nuovo problemi con il Pick-up. Cercherò di essere a casa per cena.>> La sua bugia aveva avuto un effetto particolarmente sincero. In fondo, chiunque avrebbe creduto all’idea che il vecchio Chevy si fosse rotto per l’ennesima volta.

Dopo aver inviato il messaggio vocale, controllò di nuovo lo specchietto retrovisore.

Al confine che separava il territorio dei Cullen da quello dei licantropi di La Push, la Audi TT si era fermata sul ciglio della strada, immobile, con i fari accesi che proiettavano una strana sfumatura bluastra nella foresta.

Bella, sollevata, pigiò con veemenza l’acceleratore e sentì il pick-up emettere un lamento sordo.

<< Che cos’è successo?>> domandò Jacob, allarmato, quando la vide arrivare trafelata nello spiazzo ghiaioso di fronte al suo garage. Si ripulì le mani nei pantaloni intrisi di olio e la raggiunse, stringendola in un abbraccio protettivo. << E’ accaduto qualcosa, non è vero? Ti prego, Bella, dimmi ogni cosa.>>

Bella lo allontanò da sé per riuscire a respirare. Il suo corpo era bollente ed emanava un leggero odore di sudore. Doveva essere rinchiuso nel garage a lavorare fin dal mattino.

<< Non lo so, Jake. Qualcuno mi stava seguendo, fuori dalla scuola. Ho avuto paura, e sono venuta qui.>> D’improvviso si sentì sciocca e impacciata. << Era un’auto sportiva. All’uscita ha iniziato a seguire il mio pick-up. Ho fatto inversione e mi sono diretta verso La Push per timore che potesse capire dove abitavo.>>

<< Dove si trova adesso?>> ringhiò Jacob.

<< Si è fermata al confine.>> mormorò Bella.

<< Succhiasangue.>>

<< Non lo so, Jake. Non so davvero a cosa pensare.>>

<< L’unico modo per scoprire che cosa vogliano, è trovarli. Se dici che si sono fermati al confine, significa che conosco bene il territorio e le nostre leggi.>> Storse il naso, annusando l’aria. << Puzzi di sanguisuga, Bella. Così forte da coprire gli altri odori nelle vicinanze.>>

<< Non sei l’unico a criticare il mio odore.>>

Jacob le prese una mano e la trascinò nel garage. Una vecchia Nissan senza pneumatici era stata stipata accanto alle loro motociclette, con il cofano aperto ed alcuni attrezzi sparsi tutt’intorno, insieme a un secchio di vernice verde. Accatastati negli scaffali di metallo, alcuni paraurti arrugginiti e un alettone.

<< Dove hai trovato questa roba?>>

<< Nello stesso posto in cui ho rimediato la tua cinghia di distruzione, Bells. In discarica.>>

Bella trovò la forza per sorridere. << Non smetti mai di stupirmi.>>

<< Tu, invece, per niente.>> le fece eco Jacob. << Riesci sempre a cacciarti nei guai.>>

 

*°*°*°*

 

Embry e Quil giunsero sulla spiaggia di La Push al tramonto, accompagnati da un altro Quileute che Bella non conosceva. Era un ragazzone massiccio con la mascella squadrata e gli occhi troppo vicini fra loro, al di sotto di un naso schiacciato come quello di un pugile. Portava i capelli rasati a zero e un orecchino gli brillava all’orecchio sinistro. Del terzetto, era l’unico a essere a torso nudo. Gli altri due indossavano vecchie t-shirt sgualcite con gli evidenti segni delle zanne, lacerate e intrise di terra. Avevano pattugliato il territorio in lungo e in largo, per ordine di Sam e Jacob. Dalle loro espressioni cupe, dovevano aver trovato qualcosa.

Jacob e Bella, che erano rimasti ad attenderli seduti sul vecchio tronco d’albero in riva al mare, si alzarono meccanicamente in piedi al loro arrivo. Una scia di brividi le corse lungo la schiena, mentre Embry estraeva un minuscolo pezzo metallico da una tasca e lo porgeva a Jacob.

Lui lo annusò, per poi rigirarselo fra le grosse mani ruvide e bollenti. << E’ un componente dei fari di un’auto.>> Continuò a perlustrare l’oggettino, quasi fosse una reliquia preziosa. << Una vite di giuntura. E’ saldata da un lato.>> Sollevò lo sguardo e lo fece scorrere su tutti i presenti, fino a soffermarsi su Embry. << Sono luci molto particolari, che emanano un fascio di luce a metà fra il bianco e l’azzurro. Solo le auto sportive hanno una dotazione del genere.>>

<< La Audi.>> squittì Bella, in un sussurro.

<< Dove l’avete trovato?>> proseguì Jacob, secco.

<< Nei pressi del confine ovest.>> rispose il terzo Quileute, con voce roca. << Abbiamo seguito le tracce lasciate dagli pneumatici. C’era odore di Freddi nelle vicinanze, ma non ci è stato concesso proseguire oltre.>>

<< L’auto ha fatto inversione di marcia prima del confine ed è tornata indietro.>> soggiunse Embry. << Si è allontanata verso il territorio dei Cullen.>>

Una vampata di calore investì il viso di Bella, che divenne presto paonazzo. Era stata così stupida da spaventarsi al primo segnale d’allarme. E se Edward o uno dei suoi fratelli avesse cambiato auto e si fosse diretto a scuola proteggendosi dal sole, per farle una sorpresa? Si era comportata come una bambina. Cercò immediatamente il cellulare a tentoni nella sua testa, mentre i quattro Quileute continuavano a discutere fittamente, guardinghi e preoccupati.

<< Non era uno dei Cullen, se è ciò che ti stai chiedendo.>> disse d’improvviso Quil, che era rimasto in silenzio fino a quel momento. Bella alzò lo sguardo e vide i suoi occhi scuri proiettati su di sé. << Era un odore nuovo. Molto più… antico.>>

<< Che cosa intendi per antico, Quil?>> gli chiese subito Bella.

Il ragazzo si strinse nelle spalle. << Tarek è infallibile, se si tratta di riconoscere i Freddi. Lo abbiamo chiamato apposta da Port Angeles, avevamo bisogno di aiuto.>> Indicò il ragazzo robusto dalla testa calva, e sghignazzò tetramente. << Lui con i Freddi ormai è abituato a conviverci. Ne ha scacciati più di chiunque altro, qui a La Push.>>

<< Per antico significa che il Freddo vive da molto tempo. Più vivono a lungo, più la loro scia è intensa. Saprei annusare quel Freddo nell’aria a trenta miglia di distanza.>> Tarek si passò una mano nei capelli radi. << E’ solo il mio istinto.>>

<< Non essere modesto, Rek.>> lo rimbeccò Embry. << E’ grazie a lui che abbiamo rimediato quel pezzo di metallo. Sapevamo che Jake l’avrebbe riconosciuto. E’ un buon meccanico.>>

<< Grazie, ragazzi.>> Jacob diede una generosa pacca sulla schiena a Quil, che rispose con un ringhio che poco aveva di umano, accompagnato da un sorriso selvaggio. << Avviserò Sam, questa sera. Credo sia meglio pattugliare i confini nei prossimi giorni, se per caso il succhiasangue torni sui propri passi. Inoltre, se l’ha seguita fin qui, probabilmente sa anche dove abita.>> E guardò Bella, ansioso. << Devo fare due chiacchiere con il tuo Edward.>>

<< Come vuoi.>> bofonchiò Bella.

<< Non credo ci siano grandi problemi a trovarlo.>> disse di rimando Embry, con una scrollata di spalle che espresse tutta la sua rassegnazione. << Anche lui si trova vicino al confine, da circa venti minuti. Ho annusato la sua presenza mentre vi raggiungevamo alla spiaggia.>>

<< Perfetto.>> ruggì Jacob. Prese Bella per mano. << Ti riaccompagno da lui.>>

<< Veniamo con te.>> annunciarono Embry e Quil all’unisono, ma Jacob li respinse educatamente con un cenno della mano.

<< Voi avete fatto fin troppo. Non sarà un problema parlare faccia a faccia con Cullen. E’ un succhiasangue, ma fin’ora non ha mai infranto le regole.>> Un attimo dopo, stavano già percorrendo affrettatamente il sentiero che risaliva verso l’insediamento di case di La Push.

Convennero che lasciare il pick-up nel garage di Jacob fosse la mossa più azzeccata, dal momento in cui il vampiro a bordo della Audi l’aveva visto e seguito. Fino a quando non avrebbero trovato maggiori informazioni sul suo conto – o sulle sue intenzioni – Jacob l’avrebbe tenuto sotto un telo vicino al garage.

Raggiunsero il confine a bordo della Golf di Jacob, che emetteva un rumore cupo ogniqualvolta sterzava. La musica di sottofondo dell’autoradio non bastò a placare la tensione, sempre più palpabile all’interno dell’abitacolo.

<< Non devi avere paura, Bella.>> la rassicurò Jacob. << A La Push sei al sicuro. Ti proteggeremo.>>

La Wolkswagen rallentò sul bordo della carreggiata, fermandosi a una trentina di metri dalla Volvo argentata: appena visibile dietro un cumulo di cespugli. Jacob scortò Bella come un segugio nel breve tragitto, e sentì il respiro dell’amico farsi più affannoso man mano che la distanza diminuiva. Quando ebbero raggiunto la Volvo, la portiera si aprì e si richiuse con un tonfo attutito. Edward era in piedi accanto all’auto, avvolto in una giacca dal colletto alto che gli nascondeva la parte inferiore del viso, gli occhi castano-dorati che scintillavano nella semioscurità.

<< Ciao.>> Fu Jacob a rompere il ghiaccio.

<< Ciao, Jacob.>> Edward rispose educatamente al suo saluto, poi il suo sguardo guizzò immediatamente su Bella. Non servirono parole per capire quanto fosse stato in pensiero per lei.

Bella non resistette e gli corse incontro, allacciandogli le braccia al collo. Avvertì il contatto freddo con il suo petto. La differenza di temperatura fra un vampiro e un licantropo era impressionante.

<< Sali in macchina, per favore.>> le disse Edward a mezza voce. Le accarezzò i capelli. Poi parlò così piano che il suo sussurro le risultò quasi impercettibile, come un soffio di vento o un fulmineo suono nella notte. << Vuole che parliamo da soli, piccola.>>

Bella obbedì. Non trovò la forza di opporsi. Edward aveva letto nel pensiero di Jacob, e se era ciò che volevano entrambi avrebbe rispettato la loro scelta. Intanto – pensò fra sé e sé – avrebbe sentito lo stesso.

Si accomodò sul sedile del passeggero e lo reclinò leggermente indietro, appoggiandosi comodamente in attesa di udire le loro voci. Entrambi le stavano dando le spalle, le sagome riflesse sotto i raggi rosso sangue del tramonto. Un lupo e un vampiro, insieme, per lei. Perché la situazione sembrava tale da obbligarli a giungere a un compromesso.

<< Uno dei vostri si è fermato in prossimità del confine, oggi.>> disse Jacob, che parlò tutto d’un fiato. << Ha seguito Bella fin dalla scuola a bordo di un’auto sportiva. Un’Audi TT color argento. Ti suona vagamente famigliare?>>

<< No.>> Edward scosse tetramente il capo. << Ha varcato il confine?>>

<< Conosceva le leggi. L’ha seguita fin qui.>> Jacob disegnò una linea immaginaria sull’asfalto con un piede, le mani nelle tasche dei jeans. << Poi è tornato indietro. Ha lasciato un ricordino della sua presenza. Deve averlo perso mentre ripartiva.>> Mostrò a Edward il microscopico bullone con l’aria fiera di un investigatore. << E’ un Led.>>

<< Lo so.>>

<< Controlleremo i nostri confini, d’ora in avanti.>>

<< Faremo la stessa cosa. Non ho idea di chi possa essere, e voglio saperlo al più presto.>> promise Edward. << Se hai qualche novità, ti prego di informarmi.>>

Jacob annuì. << Dobbiamo controllare il bosco, vicino a casa Swan. Molto probabilmente quel vampiro sa dove abita. Conosce la targa del suo pick-up ed è riuscito a trovarla a scuola. Qualsiasi cosa voglia da Bella, dobbiamo impedirgli che la trovi.>>

<< A questo penserò io.>> lo rassicurò Edward, educato. << Buona serata, Jacob.>>

Jacob aprì e richiuse la bocca in un suono muto, senza trovare la forza per replicare.

Edward salì in macchina ed allacciò la cintura di sicurezza con un cenno disinvolto. Stava bluffando. Bella glielo lesse negli occhi, nel breve istante in cui la guardò. Era seriamente preoccupato per lei, si muoveva a scatti ed evitava in ogni modo i suoi occhi. La situazione gli era sfuggita di mano, o qualcosa non era andato per il verso giusto?

Bella sventolò la mano in direzione di Jacob, mentre la Volvo ripartiva verso Forks. Lo osservò farsi sempre più piccolo nello specchietto retrovisore fino a scomparire del tutto, nient’altro che una minuscola macchia scura nel crepuscolo.

<< Perché non mi hai telefonato?>>

Bella si strinse nelle spalle.

<< Ero sul punto di entrare nel loro territorio, di uccidere Jacob ancor prima che mi rivolgesse la parola. Ma non l’ho fatto.>> E piano soggiunse. << Per te.>>

Non stava scherzando. Era freddo e impassibile come due notti prima, quando l’aveva aspettata in camera appoggiato alla parete. Teneva le mani rigide sul volante e guidava troppo veloce attraverso il bosco, ingranando rabbiosamente la marce con un grattare ruggente del motore.

<< Non sapevo che altro fare, a parte rifugiarmi a La Push.>>

<< Sei stata fortunata. Se quel vampiro avesse varcato il confine della riserva e infranto il patto con i licantropi, di certo a quest’ora non saremmo qui a discuterne. E tu non saresti viva.>>

<< E nemmeno Jacob.>>

<< Era scontato.>>

<< Ma stiamo bene. L’importante è questo, no?>> Bella tentò in vano di farlo sorridere, ma non ci riuscì. << Voglio dire, poteva andare peggio. L’hai detto anche tu. Lo so, non avrei dovuto tenerti all’oscuro di cosa stava succedendo. Ma c’era il sole, non potevi uscire e mettere a repentaglio la tua…>> Si fermò un istante. Non ebbe il coraggio di pronunciare la parola “vita”. Sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. << Mi sono nascosta a La Push. Lo sai benissimo anche tu, Edward, con Jake e gli altri sono al sicuro. Ho lasciato il pick-up nel suo garage.>>

<< Dormirai a casa mia finché non l’avremo scovato.>> sentenziò Edward. E, per l’ennesima volta, le lasciò intuire che non era una domanda. << Ne ho già parlato con Charlie. Lo ha chiamato Alice. Ha acconsentito.>>

Le sembrava impossibile che stesse dicendo la verità. Suo padre aveva accettato che lei dormisse a casa di Edward, sotto il suo stesso tetto?

<< Alice gode di maggiori simpatie rispetto a me. Penso tu ne sia al corrente.>>

<< Vagamente.>>

<< Ed è incredibilmente persuasiva.>>

<< Non avevo dubbi.>> Bella gli sorrise di nuovo. Mosse la mano sul cambio, che Edward stava stringendo convulsamente. Sfiorò il suo dorso freddo finché lui non si volse, i loro sguardi si incrociarono intensamente per qualche breve istante, che le parve un’eternità.

<< Qualsiasi cosa tu stia pensando di me, sappi che non avevo intenzione di ferirti.>> disse Bella, sincera. << So benissimo che Alice non ha potuto… vedermi. Ero in compagnia di Jake e gli altri, me ne rendo conto. Ma sto bene, okay? Starò con te, d’ora in avanti. Voglio saperne di più su questa faccenda. Per quanto ne sappiamo, potrebbe trattarsi dei Volturi.>>

<< E’ fuori discussione.>> sbottò Edward. << I Volturi non viaggiano con fuoriserie sportive.>>

<< Era un’ipotesi.>>

<< Scartata.>>

<< Chi altro potrebbe essere?>>

<< Non lo so. Dimmelo tu.>> replicò Edward. << Sono un vampiro. Non un veggente.>>

<< E io non possiedo la vista di Superman, non vedo attraverso le cose. Aveva i vetri oscurati.>>

<< Questo complica leggermente le cose.>>

Bella tornò a rannicchiarsi sul sedile. Si era cacciata in un altro guai. L’innumerevole. E dal sorriso spento che Edward si sforzò di rivolgerle, capì che le cose non si sarebbero risistemate facilmente.

 

*°*°*°*°

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Capitolo 4
*** Susan Rowles ***


GM capitolo 3

-Note Autore-

Ciao e scusate per il ritardo nel post: sono stata via con la scuola e non ho più trovato il tempo per aggiornare questa Fan Fiction. Tanto per iniziare subito con i miei immancabili ringraziamenti, non posso che citare Stizy - beta ritrovata - che spero si sia ripresa dall'influenza. 

Grazie a Princess of Vegeta6 e alla mitica Argentlam, anche se personalmente aspettavo un analisi critica sulla FF. E di critiche non ne ho potute leggere. Ma so che ce ne sono. Quindi cosa aspetti a bacchettarmi un po'? 

Marco, visto e considerato che non hai letto il libro, hai tutto il diritto di avere una breve panoramica della situazione. 

Perchè Bella vuole diventare un vampiro? Bella e Edward non possono continuare a stare insieme, perchè lei invecchierebbe e lui rimarrebbe sempre nelle sembianze di un diciassettenne (immortale). Ed è proprio per questo che Bella vuole a tutti i costi diventare un vampiro: per poter essere forte e immortale come lui, e vivere con Edward per sempre. 

Sulla faccenda delle auto, bè... mi conosci, Marco. Non c'è bisogno di dire altro. =) 

BUONA LETTURA, RAGAZZI! Aspetto i vostri commenti e, soprattutto, le vostre critiche!

Capitolo 3

Susan Rowles

 

Alice e Rosalie li attendevano sulla soglia della villa, illuminate solo dai raggi lunari di quella notte senza stelle. Se ne stavano immobili e attente come due statue di pietra: due sentinelle notturne pronte ad avvertire il più flebile rumore nella foresta.

<< Novità?>> domandò Edward.

<< Jasper ha trovato una pista.>> lo informò Rosalie, mentre alice stringeva Bella a sé fino a mozzarle il respiro. Un abbraccio forse ancor più intenso di quelli che le riservava solitamente Jacob. Capì che erano tutti preoccupati per lei, per la sua stupida e infantile testardaggine. Perché non aveva avvisato la famiglia Cullen? Era fuggita a La Push senza pensare ad altro al di fuori di quella Audi TT.

<< Piccola, sciocca incosciente.>> la rimbeccò Alice, ma stava sorridendo. I suoi occhi scuri erano umidi. Non aveva mai visto un vampiro emozionarsi a tal punto. << Ti accompagno dentro.>>

<<… stava cercando tracce nel bosco a Est di Forks, verso Port Angeles. Ha scovato il suo odore. Non è un Volturi, e nemmeno Victoria.>> Rosalie stava parlando di fretta, irrequieta. << Tu hai trovato qualcosa, a parte Bella?>>

Edward le rivolse uno sguardo cupo. << Solo lei.>>

<< Emmet è ancora nel bosco. Tornerà fra poco.>>

Bella non riuscì a udire altri stralci di conversazione. Alice l’aveva condotta all’interno della villa e la stava già trascinando per le scale, con la stessa foga di una bambina ansiosa di mostrarle una stanza piena di giocattoli. << Eravamo tutti in ansia per te, oggi pomeriggio. Ho visto solamente quella macchina, poi il tuo pick-up che si addentrava nel bosco. Nient’altro. Sei andata dai tuoi amici a La Push, vero?>> Nella sua voce non c’era traccia di risentimento. << Non vedevo niente, finché eri in compagnia dei lupi. Edward e Jasper hanno subito iniziato a perlustrare la zona.>>

<< Mi dispiace, Alice.>>

Entrarono nella stanza di Edward, che si affacciava attraverso la vetrata allo spiazzo nell’ingresso. Da quella posizione, Bella poté le sagome di Rosalie, Edward e Emmet – appena tornato dalla perlustrazione notturna – che discutevano animatamente sul selciato.

Avevano sistemato un grosso letto matrimoniale al posto del divano, e il grande armadio che occupava la parete nord della camera sembrava più stipato che mai. Le valigie di Bella erano state posizionate in ordine, ai piedi del letto. C’era anche un attaccapanni abbandonato sulla poltroncina vicino al terrazzo con tre paia di jeans e una maglietta in bella mostra. Il suo pigiama preferito, color lavanda, era ripiegato sul cuscino. Durante la sua assenza si erano premurati di avvisare Charlie e traslocare gran parte delle sue cose a casa Cullen. Intuì che il suo soggiorno fosse più lungo del previsto.

<< Dove sono Esme e Carlisle?>>

<< A Los Angeles.>> rispose Alice. << Tanya ha insistito per vedersi là. Giungono brutte notizie dal Vecchio Continente. In Europa sta scoppiando il caos.>>

<< Che genere di notizie? Al telegiornale non hanno detto nulla.>>

Alice sedette a gambe incrociate sul letto, arricciando il naso.

<< Lo so.>> sbottò Bella. << Puzzo di lupo, vero?>>

<< Ad essere gentili, avrei preferito dirtelo in un altro modo.>>

<< Divertente.>> tagliò corto Bella. << Cos’è successo in Europa?>>

<< Si chiamava Susan, e stava morendo annegata in un pozzo quando un vampiro si è accorto di lei e l’ha tratta in salvo, ormai prossima a una morte piuttosto dolorosa.>> Alice sospirò. << Era il 1975. Sono passati più di trent’anni dalla sua trasformazione. E i Volturi non si sono mai preoccupati del fatto che avesse continuato a vivere in città. Londra è sempre stato un posto adatto per noi, Bella. Piove sempre e c’è sempre un anfratto dove nascondersi. Ci sono stata, una volta.>>

<< Cos’è successo a questa Susan?>>

<< E’ morta.>>

<< Un vampiro non può morire. Siete indistruttibili.>>

<< E’ quello che credevamo tutti, fino a ieri.>>

Bella tacque. La testa iniziò a pulsarle. Com’era possibile?

<< Non abbiamo idea di cosa sia accaduto. La folla l’ha stanata. C’è stata una rivolta. Aro e gli altri sono intervenuti troppo tardi.>>

<< Non… capisco. Loro erano gli unici a poter concedere la morte a un vampiro.>>

<< Evidentemente no.>>

Bella continuava a non collegare i fatti. Aveva appreso troppe informazioni in poco tempo per riuscirci. Sospirò e chiuse gli occhi, avvertendo il gorgoglio del suo stomaco affamato.

<< Non ne sappiamo molto su questa storia, Bella. L’hanno detto al notiziario delle sei. Parlavano di vampiri e di strani avvenimenti a catena nello Yorkshire, in Inghilterra. Poi ho cambiato canale. Anche sulla CNN hanno iniziato a parlarle. Era quasi un gioco al rialzo, capisci? Gli esseri umani si stanno accorgendo della nostra esistenza, giorno dopo giorno, e non è un caso che i telegiornali abbiano affrontato l’argomento come una favola metropolitana.>>

<< Continuo a chiedermi cosa possa aver ucciso un vampiro.>>

<< E’ la stessa domanda che tutti ci stiamo ponendo, mia cara. E’ per questo che Tanya ha convocato Carlisle ed Esme a Los Angeles.>> Alice sospirò. << Poi è spuntata quella Audi TT dal nulla. Edward si è immediatamente preoccupato. E’ un brutto periodo per giocarci questi scherzi. La prossima volta, devi cercare di tenerci al corrente su ogni tuo spostamento.>>

Bella annuì. Era spaventata.

<< Secondo Jasper a Londra non ci sono neonati da mezzo secolo. Perciò sono da escludere le guerre fra clan. Laggiù comandano i Rowles. E’ una famiglia di vampiri piuttosto potente. Un paio di loro si sono trasferiti in Italia e lavorano per i Volturi.>>

<< Se lavorano per loro, perché i Volturi non si sono attivati immediatamente per aiutarli?>>

<< Stai facendo troppe domande, Bella. Ed io ho ben poche risposte.>>

Edward comparve sulla soglia della sua camera, interrompendo la loro discussione. Era più freddo e pallido del solito. << Emmet ha trovato la macchina.>> annunciò.

Pochi istanti dopo Bella era nell’atrio d’ingresso di casa Cullen in compagnia di Edward e Alice. Non si rese conto di quanto corse veloce giù per le scale, raggiungendo il resto dei fratelli nel minor tempo possibile. Si sentiva chiamata in causa, avida d’informazioni. Voleva sapere di più su quella storia, scoprire se c’erano vaghi collegamenti fra l’Europa e il misterioso pedinatore che l’aveva seguita fino a La Push. Ma tutto ciò che riuscì a fare, non appena incrociò lo sguardo esausto e concitato di Rosalie, fu arrossire di fronte alla sua straordinaria e brutale bellezza.

Emmet era al suo fianco. Aveva la maglietta intrisa di fango, con alcune chiazze più scure sparse qua e là sulle spalle e sull’orlo dei jeans. Si perdeva il conto delle foglie fra i suoi capelli.

Poco più in là, sulla soglia del portone, Jasper stava parlando fittamente al cellulare con un interlocutore sconosciuto. I suoi occhi perquisivano il vuoto del soffitto, seminascosti da alcuni ciuffi ribelli di capelli biondi. Poi, d’improvviso, si voltò verso di lei, restituendole uno sguardo fugace. Istintivo. << Sì, è qui con noi.>> disse. << Sta bene. Non devi preoccuparti. La terremo d’occhio, non le accadrà niente.>> Un sospiro. La voce metallica di Esme si fece più acuta dall’altro lato del ricevitore. << Va bene. Glielo dirò.>> S’infilò il cellulare in tasca con un gesto meccanico, piuttosto ansioso. Poi si unì al resto del gruppo, facendo capolino dalla spalla di Rosalie.

<< La Audi TT color argento è stata abbandonata in mezzo al bosco.>> mormorò Emmet. << Le tracce che ho trovato per terra risalgono a questo pomeriggio. Probabilmente, chiunque sia, dopo essersi fermato presso il confine di La Push ha convenuto che fosse necessario sbarazzarsi dell’auto. E proseguire con altri mezzi.>>

<< Puoi accompagnarci laggiù?>> domandò Edward.

Emmet rispose con una scrollata di spalle. << Potrei. Ma i Quileute non sono della stessa idea.>>

<< Che cosa?>>

<< E’ da ore ormai che pattugliano i boschi.>>

Il ringhio cupo di Edward fu fin troppo eloquente. << Non me ne importa niente di quei randagi. Io voglio vedere quella macchina e capire chi può averla guidata fino a La Push.>>

<< Sei troppo nervoso per controllarti, una volta che incontrerai i lupi.>> notò Rosalie, con disappunto.

<< E sentimentalmente legato a questa faccenda.>> soggiunse Alice. << Troppo.>>

<< Non c’è solo di mezzo la vita di Bella, ma quella di tutti quanti!>> ringhiò Edward. << Come potete pretendere che io rimanga al di fuori di tutto questo?>>

<< Non sappiamo ancora con chi abbiamo a che fare.>> commentò Jasper. << Ci andrei cauto, personalmente. Tre giorni fa Susan Rowles ha commesso il tuo stesso errore. E ne ha pagate care le conseguenze.>>

Il cuore di Bella iniziò a battere più forte, provocandole spasmi al petto. Odiava essere all’oscuro di qualcosa e, soprattutto, odiava l’idea che Edward fosse così protettivo con lei: perfino sulle discussioni più importanti. La trattava come una bambola, celata dal resto del mondo, dietro una teca di vetro sapientemente protetta. Aveva il diritto di sapere quanto gli altri.

<< Perché Susan Rowles è morta?>> domandò seccamente, rompendo quel breve attimo di silenzio che si era creato fra i Cullen. Aveva la gola arida. << Perché sulla CNN hanno iniziato a parlare dei vampiri?>>

Edward regalò ad Alice una delle sue peggiori occhiate seccate.

<< Deve saperlo.>> si difese Alice.

<< Ne stanno già parlando in televisione?>> soggiunse Emmet.

<< Forse è meglio che chiudiamo le ricerche, per questa sera.>> Jasper prese in mano la situazione. Bella ne fu sorpresa. Era forse il membro della famiglia con cui aveva legato di meno, nonostante provasse per Jasper un profondo rispetto. Tendeva a starsene in disparte, affidando le responsabilità decisionali a Edward o Emmet. Era invisibile, a volte. Ma quella sera sembrava aver assunto un ruolo di spicco nelle ricerche. << Proseguiremo domani, quando i Quileute saranno lontani.>>

<< Bella avrà fame.>> si preoccupò Alice. E le cinse le spalle con un braccio, strattonandola leggermente per farla rinsavire dal coma. << Vuoi che ti rimedio qualcosa da mangiare?>>

Bella stava fissando la parete opposta con occhi vuoti. Le capitava spesso quanto era preoccupata per qualcosa. Non era la prima volta che un vampiro assetato di sangue era sulle sue tracce per ucciderla. Ma non aveva mai provato così tanta ansia in vita sua. Ogni fibra del suo corpo era contratta. Nemmeno casa Cullen sembrava costituire un rifugio sicuro.

<< Sto parlando con te, Bells. Mi senti?>>

<< Me ne occupo io.>> tagliò corto Edward. E districò delicatamente Bella dalla presa di Alice. Tenendola per mano, la scortò nella sua camera al piano di sopra. Si lasciarono alle spalle il resto dei Cullen.

Edward aveva cambiato sguardo: era come se volesse intenzionalmente andarsene per poterle parlare in un luogo più tranquillo. Entrarono in camera e lui si chiuse la porta alle spalle, appoggiandovi la schiena. Poi la fissò, senza mai lasciare la mano. Gliela tenne fra le sue, così fredde da farla rabbrividire.

<< E così devo dormire nella tua stanza.>>

<< Puoi dormire con Alice, se non mi vuoi.>> sghignazzò Edward.

<< Lo farò, se non mi vorrai raccontare la storia di Susan Rowles.>>

<< Non ti si può nascondere niente.>>

<< Non devi nascondermi niente.>> La voce di Bella era incrinata dal risentimento. << C’entro anch’io con questa storia, in fondo. E’ una mia predisposizione naturale, ricordi?>>

Edward le accarezzò il dorso della mano con i pollici. << Non vorrei che ti morda qualcun altro, piccola. Quel giorno è stato come un inferno. Se potessi sognare, lo rivivrei tutte le notti. E ogni volta che ti cacci nei guai, è come se avessi un vuoto dentro. Se ti accadesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo.>> Sollevò delicatamente la sua mano, come se fosse di un materiale prezioso, appoggiando le labbra sulla piccola cicatrice, simile a un taglio che correva fino all’osso sporgente del polso. << Promettimi che terrai lontani i tuoi amici guai, almeno fino a quando non troveremo il colpevole.>>

<< Non sono miei amici. E’ un rapporto basato sulle leggi fondamentali della fisica, il nostro. Io sono la calamita e loro migliaia di puntine di metallo.>>

Edward rise. Le prese il volto fra le mani, scostandole una ciocca di capelli dal viso. << Domani ti riaccompagnerò a scuola. Poi andrò con Emmet e Jasper a recuperare quell’auto.>>

<< Posso venire con voi?>>

<< Sapevo che me l’avresti chiesto.>>

<< Potevi dirmelo subito, allora. Domani andremo a recuperare quell’auto. Insieme.>> Bella gli posò un dito sulle labbra. << Devo anche riprendere il mio pick-up.>>

<< Non domani. E’ troppo presto.>>

<< Va bene.>> acconsentì lei. << Sai una cosa, Edward? Adoro quando ti preoccupi così tanto per me. Ma non esagerare. So cavarmela bene da sola.>>

<< A meno che tu non inciampi da qualche parte.>>

<< E’ solo un minuscolo dettaglio.>>

<< Minuscolo.>>

Edward abbassò le mani sui suoi fianchi e invertì le loro posizioni. Bella si ritrovò con la schiena premuta contro la porta ed il viso di Edward a pochi millimetri dal suo. Le impedì ogni via di fuga puntellandosi con le braccia ai lati del suo viso, contro la parete. Poteva intravedere i suoi muscoli attraverso il tessuto della camicia.

<< E’ bello essere qui con te senza mio padre al piano di sotto.>>

<< Ci sono i miei fratelli, in compenso.>>

Edward si chinò lentamente su di lei. Sentì il suo profumo leggero di muschio e l’innaturale vampata ghiacciata ad ogni suo respiro.

Bella gli si artigliò alla camicia, tramutando il tocco leggero delle loro labbra in un bacio più profondo. E il suo cuore ruggì di gioia, incessante, danzando a ritmo con lei e con le carezze di Edward sulla sua schiena, sotto la maglietta.

Non resistette alla tentazione di mordergli il labbro inferiore. Edward emise un gorgoglio cupo, muovendo la testa di lato per trovare il giusto incastro fra le loro bocche.

<< Non voglio. Non voglio fermarmi.>> boccheggiò lui, con una voce così profonda da tramandarle una scarica di brividi lungo tutto il corpo.

<< Nessuno ti ha detto di farlo.>>

Tornarono a baciarsi. I loro corpi aderirono più intensamente. Edward spostò dolcemente le labbra sul suo collo e risalì piano fino a smorzare leggermente sul lobo dell’orecchio, mentre lei gli accarezzava convulsamente i capelli, le mani perse nella sua chioma color bronzo.

Bella, in qualche breve istante di lucidità, seppe che prima o poi si sarebbe fermato. Lo voleva. Lo voleva tremendamente e l’idea che Edward potesse negarsi di nuovo la fece stare male.

Lui, invece, le rispose con un altro bacio, che nulla aveva in comune con i baci casti e calcolati delle settimane precedenti; quasi avesse lasciato andare ogni freno, o si fosse bevuto quel poco di autocontrollo che gli rimaneva.

Le mani di Bella scivolarono sui bottoni della sua camicia. Iniziò a slacciarglieli, uno dopo l’altro, intensificando maggiormente il loro contatto. Aveva sete. Ecco qual’era la parola giusta. Si sentiva come un vampiro. Aveva sete di Edward. Una sete diversa, ma maledettamente intensa.

<< No, Bella.>> Un attimo dopo le mani di Edward erano sui suoi polsi. Glieli allontanò senza difficoltà dalla propria camicia. E l’incantesimo si ruppe. << Non possiamo. Lo sai. Smettila, per favore.>>

Bella si sentì come se qualcuno le avesse rovesciato in testa una secchiata d’acqua fredda. Le sue guance divennero di un colorito rosso vivo.

<< Ti prego.>> soggiunse Edward, in un sussurro.

<< Per un attimo avevo sperato che ti fossi dimenticato cosa sono. Umana.>>

<< Sei tu a dimenticarti sempre di esserlo.>> Edward sospirò. Notò il suo disappunto e la baciò teneramente sulla guancia. << Non sai quanto mi stia costando doverti fermare, Bella. Ti desidero. Ti desidero forse più ti quanto tu sia in grado di volere una persona. Ma non possiamo farlo.>> Bella stava per opporsi, ma lui la zittì con un sorriso indulgente, seguito dal gesto ferreo della mano. Voleva dirle tutto fino in fondo. << Se ciò accadesse, non avrei la certezza di sapermi… controllare. Potrei farti del male. E’ per questo che non voglio espormi così tanto. Correrei il rischio di perderti.>>

<< Non mi succederebbe niente.>> lo assicurò Bella, spavalda. << Ci amiamo. Perché dovrei essere in pericolo, se sono con te?>>

<< Usa l’immaginazione, ogni tanto.>>

Bella si zittì. Non era in grado di proseguire quella discussione. Aveva tentato più volte di affrontare quell’argomento con Edward, di spronarlo a cambiare idea. Ma era stato irremovibile.

Sei tu a dimenticarti sempre di esserlo…

Le sue guance divennero di un colorito rosso vivo, mentre la respirazione si faceva lentamente meno regolare.

<< Vado a prenderti qualcosa da mangiare.>> annunciò Edward. << Ti racconterò la storia di Susan Rowles solo quando avrai messo a tacere il tuo stomaco.>>

E, prima che Bella potesse replicare qualcosa, era già sparito nel corridoio.

Bella strinse le ginocchia al petto, raggomitolandosi sul materasso. Nonostante fosse stata una giornata movimentata, avvertiva ancora l’adrenalina scorrerle vivida nelle vene e non sarebbe riuscita a riaddormentarsi prima di qualche ora. Attese il ritorno di Edward in silenzio, sforzandosi di liberare la mente da ogni pensiero. Perché continuava a torturarsi? Rifletteva troppo, e di conseguenza precipitava in un turbine di autodistruzione inutile.

Edward ricomparve pochi istanti dopo. Stringeva fra le mani un vassoio e il suo sguardo incrociò solo una volta il suo, di sfuggita, quasi avesse timore che la loro discussione ricominciasse da capo. C’erano due sandwich, una mela e un grosso bicchiere ricolmo di quello che le parve succo d’arancia. Ed immediatamente si domandò dove una famiglia di vampiri potesse trovare sul momento gli ingredienti per una cena. Umana.

Edward sedette al bordo del letto, con un movimento leggero. << Buon appetito.>> disse.

Poi le porse il vassoio e Bella si sistemò a gambe incrociate accanto a lui. Quando staccò il primo morso dal sandwich, il suo stomaco ruggì soddisfatto.

<< Susan Rowles era un vampiro piuttosto giovane. L’ultima arrivata nel grande clan dei Rowles di Londra. Immagino tu sappia già come sia morta.>> Aveva letto nel pensiero di Alice e stava dosando sapientemente le informazioni. << La sua prima morte, voglio dire.>>

<< Mi ha detto che è morta in un pozzo, e un vampiro l’ha trovata in fin di vita e ha deciso di trasformarla.>>

Edward annuì. << E’ stato Lance Rowles, Guardia dei Volturi, a trovarla. Lance è uno dei membri più potenti della Famiglia, e più anziani. Alcuni dicono sia nato prima di Cristo. Altri – ma sono solo leggende – affermano che abbia visto con i suoi stessi occhi il luogo dov’è stato nascosto il Sacro Graal. Lance si è trasferito a Londra negli anni ’70, e lì poco tempo dopo si è imbattuto nel corpo di Susan precipitato in un pozzo.>> Edward sospirò. << Non è stato un banale incidente. Susan aveva cercato di suicidarsi. L’odore del suo sangue era così forte che Lance percorse chilometri, seguendo la sua scia. E, quando la trovò, capì che Susan possedeva delle qualità fuori dal normale. Ed era incredibilmente attraente, a dirla tutta, così decise di trasformarla in quella che sarebbe diventata la sua compagna.>>

Bella l’aveva ascoltato senza fiatare. Quella storia la affascinava, e non riusciva a capire perché. Cercò di immaginare di vivere così a lungo, osservare lo scorrere della storia, le guerre e i grandi personaggi del passato. Se fosse diventata un vampiro, avrebbe potuto assaporare la stessa esperienza?

<< Susan è entrata a far parte dei Rowles di Londra, si è subito adattata alla nuova vita di vampiro. Le piaceva essere così forte, e nei primi anni da neonata si vendicò di tutti coloro che, quand’era umana, l’avevano spinta verso quel gesto estremo. Si era suicidata perché aveva perso se stessa, Bella. E trasformandosi, le cose erano migliorate.>>

<< Quindi diventare un vampiro non è sempre un’esperienza traumatica.>>

<< Non lo è, se odi la tua vita umana.>>

<< Che cos’è successo a Susan dopo la sua trasformazione?>>

<< Ha iniziato a lavorare per i Volturi, come gran parte dei Rowles. Sono circa una decina di membri, un clan abbastanza potente da tenere in pugno Londra da oltre quattro secoli. Susan e Lance hanno vissuto a lungo a Volterra, ma lei era interessata solo ad incrementare i suoi poteri, a diventare più forte degli altri Rowles. Così fu rinnegata dalla Famiglia.>>

Bella si portò una mano alla bocca. Per un attimo, nella mente gli era scorsa l’immagine di una pazza fuori da ogni controllo. Una ex suicida esaltata dai nuovi poteri, che tentava in ogni modo di migliorarli bevendo sangue umano. << Era pericolosa?>> domandò.

<< Molto.>> disse Edward. << E molto conosciuta, fra tutti i vampiri. Pendeva una grossa taglia sulla sua testa e i Volturi, fin dal 1990, non hanno mai smesso di cercarla. Nessuno sa dove abbia vissuto in questi anni. Sappiamo solo che pochi giorni fa, nel centro di Londra, un agente di polizia è riuscito a ucciderla, senza motivi apparenti. Gli sono bastati cinque colpi di pistola per mandare all’altro mondo uno dei vampiri più ricercati al mondo.>>

Bella inspirò profondamente. << Esiste una spiegazione logica a tutto questo?>>

<< Carlisle sostiene che alcuni umani siano a conoscenza della nostra esistenza, e che abbiano escogitato un modo per sbarazzarsi di noi.>> disse Edward, in un sussurro. << E’ per questo che sono così ansioso, in questi giorni. La morte di Susan Rowles ha gettato nello scompiglio tutte le Famiglie di Vampiri della Terra, Bella. Non c’è clan che non abbia ricevuto la notizia.>>

Bella gli afferrò istintivamente la mano, fredda e dura come il marmo. La portò sulla propria guancia bollente e la strinse a sé con più vigore, e fu come avere un blocco di ghiaccio a contatto con la pelle.

<< Andrà tutto bene.>> lo rassicurò. << Penso sia solo un incidente. Non si accorgeranno mai di voi, né saranno tanto stupidi da darvi la caccia.>> Pronunciare la parola “umani” le costò troppo caro. Con la gola secca e gli occhi umidi, si sforzò di proseguire a parlare. Era il suo turno per dimostrarsi forte. Più di quanto Edward si aspettava. << Voi non potete morire.>>

 

*°*°*°*

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Capitolo 5
*** Inseguimento nel Bosco ***


Carissimi amici, mi dispiace molto non aver potuto aggiornare in tempo la Fan Fiction. La scuola è davvero pesante in questo periodo e non riesco a essere molto presente su internet.

Valy88, sono contentissima di risentirti! E' un piacere sapere che leggi anche questra FF, come vedi penso che entrambi siamo appassionate della saga di Twilight, al momento sto leggendo Breaking Dawn... un'ottimo spunto per proseguire questa storia.

Grazie mille a Princess of Vegeta6, Argentlam, Marco, la mitica Stizy e tutti coloro che mi hanno aiutato. Anche se, ed è davvero strano dirlo, non c'è nessun Beta in questa storia: solo grandi amici che hanno scelto di sopportarmi ancora. =)

[ps: scusate per gli eventuali errori di battitura]

Buona lettura

Capitolo 4

Inseguimento nel bosco

 

Un colpo. Poi un altro. Poi un altro ancora.

Bella si svegliò di soprassalto, nel cuore della notte, il viso illuminato dai flebili raggi lunari che filtravano attraverso i grossi vetri della finestra. Tastò immediatamente il materasso. Edward non c’era. Aveva trascorso gran parte della serata con lei, cullandola finché non si era addormentata. Dov’era andato?

Un altro colpo secco alla finestra la fece trasalire. I vetri vibrarono forte, producendo un sordo eco che si diradò in tutta la camera.

Bella scivolò fuori dalle coperte e scoprì di essersi addormentata vestita. Non riuscì a trovare il tempo per realizzare ciò che stava succedendo. Si sistemò i jeans nel tragitto, affrettandosi a raggiungere la finestra, incespicando nelle All Star slacciate.

L’ennesimo scoppio le vibrò nelle orecchie come lo sparo di un fucile. Intravide un minuscolo sasso sbeccato che rimbalzava sul lastricato del terrazzo.

L’aria, sul terrazzo, era gelida e tagliente. Si sporse con gli occhi resi ciechi dal sonno e non intravide altro che una fitta e lugubre vegetazione.

<< Bella!>>

Una voce. Roca, affannata. Ansiosa di rivederla.

<< Bella!>> Jacob balzò fuori da un cespuglio. La sua sagoma robusta si stanziò nell’oscurità, più alta e massiccia del solito. Per farsi notare, agitò entrambe le mani nella sua direzione. Indossava solo un logoro paio di jeans e il suo petto muscoloso era segnato da profonde cicatrici. I suoi capelli, rasati quasi completamente, luccicavano di sudore.

<< Che cosa diavolo ci fai qui?>> Bella si sforzò di parlare piano, ma intuì che Edward già sapesse che cosa stava succedendo. Non c’era alcun bisogno di moderare la voce, con un vampiro in grado di leggere nel pensiero nelle vicinanze. << Mi hai fatto prendere un colpo, Jake!>>

<< Non c’è tempo per discutere. Devi allontanarti subito da casa Cullen. Ti accompagnerò al sicuro!>>

Bella strinse con più foga la ringhiera del piccolo terrazzo. << Che cosa ti salta per la testa, eh? E’ da matti venire qui in piena notte per…>>

<< Non c’è tempo, maledizione!>> la esortò Jacob. E in quello sguardo allarmato scoprì che non stava affatto scherzando. << Salta giù dal terrazzo. Ti prendo io.>>

L’idea che Jacob fosse piombato nel cuore della notte per portarla chissà dove, senza una giustificazione logica, la rese nervosa. Inghiottì a stento e diede un’altra occhiata alla manciata di metri che la separavano dal suolo. Strinse con più foga la ringhiera metallica. << Non muovo un passo finché non avrò scoperto perché sei qui.>>

<< Ti racconterò tutto strada facendo. Adesso salta!>>

<< Non ci pensare nemmeno.>> ringhiò Bella.

<< Avanti, non eri tu quella che insisteva per gettarsi giù dagli scogli?>> Jacob emise un latrato cupo, che poteva vagamente assomigliare a uno sbuffo scocciato. << Non dovrebbe essere un problema per te saltare da un terrazzo, dopo esserti quasi ammazzata un anno fa.>>

<< Che cosa vuoi da me, Jacob Black?>>

<< Voglio solo portarti al sicuro. Hai la mia parola. Ti dirò ogni cosa non appena saremo lontani da casa Cullen. Ma ti prego, non costringermi a usare la forza. Non con te, Bells.>>

Bella strinse gli occhi in due fessure. In un breve attimo capì di non avere alcuna scelta. Se un licantropo aveva varcato il confine senza invito, significava che c’era un buon motivo per farlo. Tornò a scrutare il volto corrugato di Jacob e si sporse leggermente in avanti, avvertendo la sgradevole sensazione di vuoto allo stomaco quando scavalcò la ringhiera con una gamba. Vi rimase cavalcioni, immobile e tremante, senza sapere come riuscisse incondizionatamente a dargli retta. E se non fosse riuscito ad afferrarla in tempo? Si sarebbe sfracellata sulla Volvo. O ancor peggio.

<< Coraggio, Bells. Lasciati andare.>> Jacob, sotto di lei, divaricò le gambe e si preparò ad afferrarla. Era abbastanza forte da prenderla al volo con una mano sola, senza sforzo. << Conterò fino a tre. Poi verrò a prenderti io. E’ l’ultimo avvertimento.>> Un altro latrato teso. << Uno…>>

<< Al diavolo!>> Bella inspirò profondamente e si lasciò andare. Le All Star si staccarono dalla terraferma, librandosi nel vuoto per qualche lungo istante. La caduta durò un istante. Non ebbe il tempo di riflettere. Il suo urlo stridulo terminò fra le braccia forti di Jacob. Fu come atterrare su un grosso materasso rigido e avvolgente. Jacob la strinse a sé e non accennò a farla scendere. Un sorriso sollevato si aprì sul suo viso, non appena gli occhi di Bella incrociarono i suoi.

<< Sei tutta intera?>>

<< Più o meno.>>

<< Ti è piaciuto il tuffo?>>

<< Non vedevo l’ora di gettarmi da un terrazzo alle tre e mezzo del mattino.>>

<< Non essere così tragica.>> Jacob sollevò un sopracciglio. << Ti fidi di me, Bella?>>

<< Ho un po’ paura a rispondere.>>

<< Promettimi che non aprirai bocca finché non saremo arrivati.>>

<< Arrivati dove?>> domandò lei, sconcertata.

<< Adesso voltati, per favore.>> Jacob lasciò delicatamente la presa sui suoi fianchi e lasciò che si rimettesse in piedi, barcollante, con la schiena pervasa dall’adrenalina della caduta libera e i capelli arruffati.

Bella si portò entrambe le mani alle tempie e si sforzò di mantenere la calma. << Va bene.>> Gli diede la schiena e avvertì il rumore della zip che si abbassava. Un attimo dopo i jeans di Jacob erano abbandonati sull’erba umida vicino al selciato. Ne seguì un sospiro più profondo, accompagnato dal sibilo del vento che scosse qualcosa di ben più grande del corpo di un essere umano. Adesso, nonostante non potesse vederlo, poteva avvertire l’enorme mole spostarsi sulle quattro zampe pelose. Il suo ringhio rintanato nella gola possente. Gli artigli che si conficcavano nel terreno ad ogni passo.

Si voltò lentamente. Molto lentamente. Facendo attenzione a dove metteva i piedi per non rovinargli addosso.

<< Sei più grosso e peloso del solito, Jake.>>

Il lupo la guardò con i suoi occhi giallastri. Non sembrò particolarmente risentito dalla sua affermazione. Piegò il muso in avanti, flettendo le zampe anteriori in un chiaro cenno d’invito: voleva che salisse sulla sua groppa, per portarla chissà dove. Edward l’avrebbe ucciso. Lo sentiva. L’avrebbe ucciso e spolpato fino all’ultimo osso. Ma qualcosa le disse che quella era la cosa giusta da fare. Altrimenti perché comparire d’improvviso a quell’ora per rapirla?

Dopo un attimo di esitazione, Bella si fece avanti e balzò a fatica sul suo dorso peloso, annaspando alla ricerca di una presa salda attorno al suo collo. Si artigliò al suo manto fulvo e Jake grugnì soddisfatto, facendole capire che non provava alcun dolore.

Si riassestò sulle quattro zampe e, con uno scossone, scattò rapido verso il bosco. Le sue anche si muovevano  ritmiche e veloci, sballottandola da una parte e dall’altra della sua schiena, al tal punto che Bella fu costretta a puntare i piedi contro i suoi fianchi possenti per evitare di essere sbalzata via.

<< Fai attenzione, o finirò spalmata contro un albero!>> ululò Bella.

Jake emise un ringhio che le risuonò alle orecchie come una risata. Aumentò la marcia, superando con ampie falcate il sentiero puntellato di pozzanghere. Il miscuglio di fango e muschio lungo la strada produceva un calpestio umido sotto le sue zampe. Bella si strinse con più foga al suo pelo rossiccio. Alcuni schizzi di fango la raggiunsero al volto, macchiandole la maglia ed i risvolti dei pantaloni.

Non seppe quanto rimase avvinghiata a Jake, né tantomeno quante miglia percorse sul dorso di un licantropo. Quando riaprì gli occhi – e fu come se fossero trascorse ore – si trovavano in una piccola radura nel cuore della foresta. Erano nei dintorni di La Push. Poteva avvertire gli scrosci delle onde del mare contro gli scogli, in lontananza, e il ritmico gracchiare dei grilli nascosti nell’erba alta.

Jake si accucciò per permetterle di scendere, poi guizzò rapido dietro alcuni grossi cespugli.

<< Non vedo l’ora di ascoltare la tua storia, Jake.>> borbottò Bella. Era sollevata di poter finalmente calpestare il terreno con i suoi piedi. << Muoio dalla voglia di scoprire cosa ci faccio in questo posto!>>

Jake ricomparve pochi istanti dopo nelle sue sembianze umane. I jeans scoloriti che aveva stretto fra i denti durante la corsa nella foresta recavano alcuni grossi tagli all’altezza delle cosce e delle ginocchia. Bella poté azzardare che fossero di moda, ridotti in quello stato. Ma sapeva che Jake non aveva mai badato a quell’aspetto del proprio guardaroba.

<< Sei in pericolo, Bells.>> disse.

<< Perché non ne sono sorpresa?>> sbottò Bella. << C’entrano i Cullen, vero?>>

<< Non sono loro i succhiasangue a cui mi sto riferendo.>>

<< E chi, allora?>>

Jacob prese un respiro profondo. << Un succhiasangue è stato a La Push, Bella. Ma non era dei Cullen. Ha perquisito il mio garage ed è scomparso prima che ce ne accorgessimo. Come se si fosse volatilizzato.>>

<< Che cosa?>>

<< Hai sentito bene. Ce ne siamo accorti troppo tardi. Pare impossibile che il nostro fiuto ci abbia traditi, ma è così. Non abbiamo avuto tempo per raggiungere il mio garage e incastrarlo. E’ lo stesso che ti ha seguita fino al confine a bordo della Audi. Lo stesso che ti ha spiata a casa Cullen quando il tuo… ragazzo ti credeva al sicuro.>> Jacob strinse i pugni lungo i fianchi e non riuscì a trattenere un sospiro più profondo ed allarmato del solito. << E’ anziano e potente. Io, Embry e Sam abbiamo pattugliato il bosco per tutta la notte. Ci siamo accorti solo un’ora fa che le scie erano due.>> Allargò le braccia, in un ampio cenno che indicava la foresta attorno a loro. << In questo momento si stanno dirigendo a casa Cullen per cercarti, Bella. Ti sono stati alle costole per un giorno intero, senza mai perdere le tue tracce. Hanno abbandonato la Audi per evitare che li trovassimo, e si sono nascosti chissà dove in attesa che tu uscissi allo scoperto.>>

Bella pensò ai Volturi. Nessun altro era in grado di riservarle una sorpresa del genere. Iniziò a tremare da capo a piedi, senza controllo, ripensando agli avvenimenti delle ore precedenti come il vecchio remake di un film in bianco e nero. << Vogliono me.>> disse. Ed era una certezza ormai consolidata.

<< Ti ho portata via prima che fosse troppo tardi. Il tuo succhiasangue dovrà ringraziarmi.>>

<< Edward avrebbe dovuto accorgersene da un pezzo.>>

<< Lui e i suoi fratelli sono usciti di casa poco dopo mezzanotte. Ti hanno lasciata solo con le due femmine. Anche loro avevano fiutato le tracce di due intrusi.>>

Un nodo doloroso le strinse lo stomaco. << Dove si trovano ora?>>

Jacob annusò l’aria. << Da qualche parte, a Ovest.>> mormorò. << Ma non è di loro che devi preoccuparti in questo momento. I freddi li hanno incastrati. Uno di loro si è spinto fino a Port Angeles, attirando su di sé i Cullen, mentre il compagno avanzava indisturbato verso la villa. Ha camuffato il suo odore.>>

<< Stai dicendo che in questo momento un vampiro sta per attaccare i Cullen?>>

<< Non lo so. Non conosco le sue intenzioni. Ma so per certo che vuole te. Non gli interessa fare la guerra con i Cullen. Vuole solo te.>>

<< E per quale motivo sarebbe così interessato a me?>> fece eco Bella, acida.

Jacob scrollò le spalle. << Non lo so. Dimmelo tu.>>

<< Che cosa ti dovrei dire, che sono una naturale calamita per guai e vampiri assetati di sangue?>>
<< Forse.>> Jacob le strizzò l’occhio. << Devi stare tranquilla, finché sei con me. Questo è il territorio dei Quileute. Nessuno ti farà del male.>> Le posò istintivamente una mano sulla schiena, aiutandola ad avanzare lungo il sentiero che conduceva nella fitta vegetazione alle spalle della radura. Raggiunsero un tronco spezzato, abbandonato orizzontalmente sul terreno, e Bella pensò immediatamente al loro rifugio felice di La Push in riva al mare. Ma in quella notte senza stelle, nulla al di fuori di quel ceppo le ricordava l’innata serenità della spiaggia. Si sentiva esausta, eppure non era stata lei ad attraversare di corsa il bosco: si era limitata a stringersi al pelo arruffato di un lupo mannaro, in compenso. Ma non era la stessa cosa.

Jacob si sedette sul dorso del tronco di legno e attese che Bella lo imitasse, prima di schiarirsi la voce e iniziare a parlare. << Hai paura, non è così?>>

<< Non ho paura.>> sbottò Bella, come una bambina stanata a rubare le caramelle.

<< Io dico di sì.>> Jacob le fece scorrere un braccio attorno alle spalle. << Lo sento.>>

<< Lo senti?>>

<< Il mio olfatto è molto sviluppato rispetto a quello dei comuni esseri umani, Bells. Dovresti saperlo.>>

Bella annuì. << Come potrei dimenticarmene?>>

<< Ti ho detto di stare tranquilla, Bells. Nessuno ti farà del male, fino a quando ci sarò io.>>

Ne seguì un breve istante di silenzio. Jake iniziò a giocherellare con un ramoscello che recuperò dall’erba umida, come se si stesse sforzando di non dirle altro. Era un comportamento strano: in certi casi si dimostrava eccessivamente premuroso e protettivo con Bella. In altri, mosso da una forza invisibile, si comportava con maggiore distacco. Poi, ad un tratto, gli occhi di Jake guizzarono sui suoi. Si osservarono in silenzio per qualche interminabile istante.

<< Ho una cosa da dirti, Bells.>>

<< Lo so.>> mormorò Bella, che si strinse nelle spalle. L’aveva intuito per l’ennesima volta. Dimostrazione di quanto conoscesse il suo carattere, nelle sfaccettature più profonde.

<< Hai intenzione di rimanere in mezzo alla foresta finché i vampiri non se ne saranno andati?>>

<< Adoro quando cambi discorso per non ammettere la verità.>>

<< Io non ho paura, Jake. Sono solo… preoccupata.>> Bella afferrò il braccio di Jacob attorno alle sue spalle e lo allontanò bruscamente. << Per la miseria, mi hai rapito in piena notte dicendomi di essere in pericolo! Non riesco a sopportare quando vi comportate così. Certamente non muoio dalla voglia di essere aggredita da qualche…>>

<< Sssht.>> Jacob la attirò nuovamente a sé con uno strattone. Le cinse i fianchi mentre si gettava bruscamente a terra, ai piedi del tronco d’albero rovesciato, e Bella avvertì uno strappo nei pressi dell’ombelico mentre precipitava sul terriccio umido e rotolava insieme a lui, stretta nella sua morsa bollente. La sua pelle era come metallo incandescente. Cercò di divincolarsi, in vano, senza riflettere, sentendosi come un roditore chiuso in trappola.

Jacob le posò una mano sulle labbra, regalandole uno sguardo allarmato e severo. << Non ti muovere.>> sussurrò. << Rimani qui.>>

<< Che cosa…>>

<< Rimani qui.>> ripeté lui, con più foga, che non smise di stringerla convulsamente a terra, senza concederle la possibilità di muovere alcuna giuntura del corpo. << C’è qualcuno.>>

<< In che senso c’è qualcuno?>> squittì Bella. E in quell’istante si poté intravedere nei suoi occhi color nocciola il terrore più cieco.

Jake la liberò dalla sua presa. Si rialzò lentamente, attento a non compiere movimenti bruschi. Le si accucciò accanto facendole cenno di non imitarlo. Voleva osservare cosa stava succedendo attorno a loro. Forse aveva fiutato qualcosa. I suoi occhi si muovevano a destra e a sinistra, simili a quelli di un randagio rabbioso. Poi s’immobilizzò. Scrutò il buio attraverso le fronde degli alberi, emettendo un ringhio rauco.

<< Jake, ti prego, dimmi cos’hai fiutato.>>

Lui si chinò un’ultima volta per osservarla negli occhi. << Promettimi che non ti muoverai di un solo passo finché non sarò di ritorno.>>

<< Chi c’è là fuori, maledizione?>>

<< Promettimelo.>>

Bella sbuffò. << Siete ossessivi. Magari è solo una lepre. O un animale notturno. O un qualcosa del genere. Non fate altro che trattarmi come una bambola di porcellana.>>

<< La mia non era una domanda, Bella.>>

<< Perché stai facendo tutto questo per me?>> Quelle parole le uscirono spontanee, improvvise, così fulminee che le pronunciò prima di trovare il tempo materiale per pentirsene. Lei lo sapeva. Sapeva perché Jacob si comportava così possessivamente nei suoi confronti, e non negava un certo conforto nel sapere di averlo sempre accanto nelle situazioni più difficili.

Un attimo dopo le labbra di Jacob erano sulle sue. Un bacio veloce. Fugace. Inaspettato.

Bella non reagì. Non ne ebbe le forze. Le mani di Jacob intrappolavano i suoi polsi e le impedirono di schiaffeggiarlo. Seppe che, anche se avesse tentato di colpirlo, lui non avrebbe provato alcun dolore.

<< Ti basta come risposta, Bells?>>

No. Non le sarebbe mai bastato. Così come altrettanto non voleva limitarsi a guardarlo: se solo avesse potuto scatenare l’ira profonda che la stava lentamente infiammando, se solo avesse avuto le capacità di Edward o di Jasper per poterlo sistemare come meritava...

Maledetto. Come si era permesso?

<< L’amore è un sentimento difficile da controllare, Bella Swan.>>

Quando Bella riaprì gli occhi, confusa e spaesata, scoprì che Jacob era sparito. Al suo posto, come se si fosse materializzato dal nulla, in un fruscio di vento, c’era una figura alta e snella, stanziata nella penombra argentea proiettata dalla luna. Le sue labbra bruciavano ancora dell’intenso calore di Jacob, mentre la figura si muoveva lentamente verso di lei, leggera, sottile, quasi fosse composta d’aria. Era un ragazzo. O forse un uomo? Indossava un soprabito nero di velluto lungo fino alle ginocchia, dei jeans di bella fattura, una camicia nera che faceva contrasto con la sua pelle pallida e diafana.

Bella osservò senza fiatare la sua chioma di capelli corvini, corti e spettinati, che gli ricadevano disordinatamente sulla fronte, sopra gli occhi di un accecante blu intenso. Il suo fascino rifletteva l’ombra misteriosa dalla quale era comparso, senza alcun preavviso né rumore. E la sua voce, più profonda e calata di quella di Edward, sembrava divertita.

<< A volte è spietato: può annullare l’anima di una persona, a discapito di un’altra.>>

L’individuo si scostò di lato, quel tanto che bastava da lasciar intravedere il corpo immobile alle sue spalle.

Jacob scrutava il vuoto, in una posizione goffa e alquanto innaturale, come se stesse allungando le braccia nella sua direzione, le labbra semichiuse, gli occhi spalancati che osservavano un punto indeterminato del bosco. Il vento aveva smesso di sibilare, attorno a loro, così come le foglie erano immobili a mezz’aria, gli insetti fermi come punti neri nello sfondo di un quadro pittoresco.

Bella inspirò profondamente una boccata d’aria. Non riusciva a ragionare. Una forza ignota si era impossessata del suo cervello, a tal punto da non farle provare paura. Voleva semplicemente aprire gli occhi e scoprire che si era trattato di un incubo.

<< Non è magia, se è questo che ti stai chiedendo. La magia è solo un’illusione. Un po’ come l’amore, Bella Swan.>> L’individuo si voltò verso di lei, mentre faceva scorrere le dita lunghe e affusolate lungo il profilo pietrificato di Jake. << Ognuno di noi sfrutta al meglio le nostri doti. E’ un po’ come leggere nel pensiero, predire il futuro o arrecare del dolore fisico alle persone.>>

<< Tu sei un vampiro.>> concluse Bella, e un brivido le corse gelido lungo la schiena.

<< Preferisco essere chiamato con il mio nome.>> Un sorriso sghembo si aprì sul suo volto affilato. << Se non ti dispiace.>>

<< Libera Jake.>> ringhiò Bella.

<< Liberarlo? Quel cane non è vincolato da nessun incantesimo, nulla può impedirgli di muoversi e attaccarmi. E, magari, ridurmi in un sol boccone come il più deplorevole dei mannari della sua specie. E’ il tempo a impedirglielo. Non certo io.>>

<< Tu… sei in grado di fermare il tempo?>>

<< Cristian Rowles. Il mio nome è Cristian Rowles.>>

Per un attimo il suo cuore rallentò, e Bella rasentò un attacco di panico. Rowles. Aveva sentito nominare quel nome da Edward, a casa Cullen. Erano la famiglia di vampiri più antica e potente di Londra, e il prestigio che godevano perfino a Volterra ne era un chiaro segnale. Era di fronte a un ventenne millenario, un essere privo di scrupoli, ma apparentemente innocuo.

<< Se ti stai chiedendo il motivo della mia comparsa, Bella, la risposta è molto semplice. Ho bisogno di scambiare due chiacchiere con te. Il perché potrai dedurlo da sola.>> Un altro sorriso, ma questa volta nulla di buono parve trasparire nel suo sguardo.

Era in trappola, come un topo che si era rinchiuso nella gabbia con le sue stesse forze, lontana da chiunque fosse in grado di salvarla.

Cristian schioccò le dita, e d’improvviso fu come se qualcuno avesse premuto il tasto “play” sullo stereo: tutti i rumori della foresta tornarono a vibrare attorno a lei, racchiudendola nel guscio naturale della notte, stretto fra le fronde degli alberi. Il paradiso muto in cui aveva vissuto era stato orribile. E perfino Jake, che cadde a terra annaspando, si accorse che qualcosa di grave era appena accaduto. Lo osservò rimettersi in piedi barcollando, ed immediatamente digrignare i denti in direzione del vampiro.

Ma Cristian Rowles aveva levato una mano in alto, nella sua direzione. << Non ti conviene attaccarmi, lupacchiotto. Moriresti prima di comprenderne l’errore.>> Ridacchiò. << Che c’è, cane? Ti sorprende il fatto che io riesca a impedirti di muoverti, non è vero?>>

<< Eri tu.>> ringhiò Jake, con una smorfia contratta. << L’hai seguita fino al confine.>>

<< Non è mia intenzione infrangere il patto.>>

<< Come fai ad esserne a conoscenza?>>

<< Io so molte cose.>> rispose il vampiro. << Molte più di quante tu possa immaginare.>>

Bella si sentì un essere insignificante, al loro cospetto. La forza dei loro sguardi era lampante, così come l’aria densa di rabbia e di ira repressa, annidata ferocemente nei loro arti pronti a scattare al più flebile soffio di vento. I due si squadrarono da capo a piedi, iniziando a camminare lateralmente. Jake ringhiava. Il vampiro, invece, sembrava sorprendentemente calmo, per nulla intimorito dalla presenza di un licantropo nella foresta.

<< Morirai per ciò che hai detto.>> lo minacciò Jacob.

<< Sto già morendo. Per la paura.>>

Jake emise un latrato feroce. Le sue mani iniziarono a tremare. << Perché siete qui, succhiasangue? Che cosa volete da Bella?>>

<< Che eroe.>> lo sbeffeggiò il vampiro. << Puzzi meno di quanto tu sia patetico.>>

Jacob si acquattò in una tipica posizione da battaglia. Fece leva sulle gambe e compì un balzo animalesco nella sua direzione. Ma, mentre il suo corpo librava violento in aria, il suo attacco andò repentinamente a vuoto: era nuovamente immobile. Fermo come una statua di gesso, i denti in bella mostra e gli occhi iniettati di rabbia.

Il vampiro si concedette il divertimento di rimirare quell’immagine, a suo modo divertente, per poi schioccare le dita. Era un gesto teatrale. A Bella parve che Rowles fosse in grado di fermare il tempo per brevi intervalli quando e come volesse.

Jacob precipitò al suolo ed emise un rantolo di vendetta. L’affronto gli scottava ardente sulla pelle, e già si stava preparando al contrattacco.

<< E’ inutile, Jake!>> ululò Bella, in preda alla disperazione. << Smettila, ti prego!>>

<< Ti ucciderà.>> soffiò Jacob.

<< Ucciderà anche te, se è per questo, finché tenterai di sfidarlo!>>

Il volto pragmatico di Cristian Rowles si piegò in un sorriso soddisfatto. << L’umana ha ragione, cucciolo. Che ti prende? Vuoi per caso una rivincita?>>

<< Voglio solo cancellare quel sorriso idiota dalla tua faccia, prima di lacerarla a morsi!>> latrò Jacob in risposta.

<<  A quanto pare, le leggende sull’innata stupidità dei cani erano fondate.>> Il vampiro si mosse con passo leggero verso Bella, e Jacob – che sembrava essersi arreso all’idea di combattere – seguì ogni suo movimento con gli occhi vigili di un falco. Era come un gioco, per lui: aizzare un lupo e godersi le conseguenze; giocare con una bambola di pezza, sotto il suo stretto controllo. << Che cosa farai?>> lo punzecchiò Rowles, all’ennesimo ringhio feroce di Jake. << Avviserai i tuoi fratelli per farmi sbranare? Oppure ti batterai da solo per la salvezza della tua amata?>>

<< Non farà né l’uno e né l’altro, Cris. A meno che tu non voglia infrangere il patto che lega da secoli l’armistizio fra licantropi e vampiri.>>

Carlisle comparve nella fitta vegetazione, impeccabilmente avvolto in una giacca a doppio petto color mogano. La sua voce ferma e altera bastò per cancellare il sorriso spavaldo dal volto di Rowles, che immediatamente rizzò la schiena e compì qualche passo indietro, distanziandosi prontamente da Bella e Jacob.

<< Se solo avessi avuto il buon senso di farmi visita – evitando così di mettere a repentaglio inutilmente la vita di Bella e dei Quileute di La Push – te ne sarei stato a dir poco grato.>>

<< Io non ho niente da dirti, dottore.>> La voce di Rowles era piatta e dosata. Indicò poi Bella con un cenno veloce del capo. << E’ lei che sto cercando.>>

<< Bene.>> disse Carlisle, impassibile.

Ne seguì un breve istante di silenzio. Rowles era paralizzato. Si sforzava di dosare ogni parola, visibilmente teso per la presenza del dottor Cullen. Bella, osservandolo con più attenzione, scoprì ben presto che la sua non era semplice ansia, bensì il terrore più puro.

<< Non giungono buone notizie dall’Europa, Cris.>> proseguì Carlisle. << In Italia i Volturi non si stanno dando pace, e deduco che la tua famiglia a Londra abbia avuto parecchi problemi dopo la morte di Susan.>>

<< Non sono affari che ti riguardano, dottore.>>

<< Ma riguardano mio figlio e, in un certo senso, quella che presto diventerà una neonata. Nonché la sua compagna.>> E regalò a Bella uno sguardo protettivo, paterno e accondiscendente, che la fece sentire al sicuro. << Se è tua intenzione parlare con Bella, dopo aver attraversato l’oceano per rivolgerle la parola, non ho alcun problema a negartene l’opportunità. Ma...>> soggiunse, calcando sulle ultime sillabe. <<… lo farai in nostra presenza. A casa Cullen.>>

<< Io là non ci metterò mai piede.>> sbottò Rowles.

<< Bene.>> disse Carlisle, che posò istintivamente una mano fredda sulla spalla di Bella. << In tal caso, buon ritorno in Inghilterra.>>

<< Aspetta.>> ruggì Rowles, e Bella seppe quanto si fosse sforzato per aprire bocca. << Non sono qui per farle del male, dottore. Non mi mandano i Volturi. E’ stato Lance a insistere per trovarvi.>> Chinò leggermente il capo. << Mio fratello, da quando Susan è morta, non si sta più dando pace.>>

Carlisle sorrise, soddisfatto di aver trovato un compromesso. Allungò una mano nella sua direzione, e fu come se gli stesse gettando addosso dall’acqua santa.

<< Io non metterò piede a casa vostra, dottore.>> ribadì Rowles. << Verrà mio fratello, che sta pattugliando i boschi.>>

<< Rapire Bella e portarla in Inghilterra senza il nostro consenso non è certo una mossa saggia. Anche perché, come ben saprai, non siamo molto distanti da mio figlio. E lui sa sempre ciò che stai pensando, Cristian. Sempre.>>

Rowles ammutolì. Nei suoi occhi, un altro barlume di paura. << Quando, dottore?>>

<< Domani. Non prima del tramonto.>> rispose Carlisle. << Quando sarò tornato dall’ospedale e tutta la famiglia potrà essere presente al vostro arrivo.>>

<< C’è poco tempo.>>

<< Avete a disposizione l’eternità.>> s’intromise Bella, con coraggio. << Quanta differenza possono fare ventiquattrore?>>

Rowles si voltò e la osservò per qualche lungo istante, che parve non finire mai. << Nessuna, per me.>> disse. << Ma molta per coloro che ci vogliono morti.>>

Lo sguardo fra Carlisle e il membro dei Rowles siglò il loro accordo. Dopo aver regalato un’occhiata sprezzante a Jacob,e salutato Bella con un mezzo inchino svolazzante, Cristian Rowles s’avvolse nel lungo soprabito e sparì nella notte. Nel nulla dov’era apparso.

<< Maledetto.>> grugnì Jacob, che si stava massaggiando i fianchi. Probabilmente nella caduta si era rotto qualche vertebra. Un problema secondario, per un licantropo dalla crescita ossea così rapida.

<< Perché volevano portarmi via?>> domandò d’istinto Bella, troppo debole e troppo spaventata per riuscire a sostenere altri episodi del genere. Si sentiva svuotata, le ossa cave e leggere, la schiena ricurva come un punto interrogativo. S’aggrappò al braccio di Carlisle e riuscì a mantenere il suo equilibrio già fin troppo precario, mentre lui emetteva un sospiro profondo.

<< Grazie per averla difesa, Jacob.>>

Jake sollevò lo sguardo su Carlisle. I suoi occhi erano esterrefatti. << Non sei arrabbiato con me, dottore?>> Si passò una mano nei capelli, come ogni volta in cui si trovava a disagio. << Voglio dire, sono stato uno stupido. L’ho portata via da casa vostra perché pensavo non fosse un luogo sicuro. E invece…>>

<< Hai fatto ciò che farebbe un amico. Non è da tutti scagliarsi a capofitto contro un vampiro, Jacob. Ma sei riuscito a tenere Cristian Rowles abbastanza occupato da permettere il mio arrivo. E di questo te ne sono grato.>>

<< Dovere, dottore.>>

<< Adesso seguitemi. Vi racconterò ogni cosa strada facendo.>> Guardò Jacob. << Hai bisogno di essere medicato, prima di tornare a La Push.>>

<< Okay.>> acconsentì lui, nonostante avrebbe preferito trovarsi in qualsiasi posto eccetto casa Cullen. << Ehi, dottore, nessuno mi aveva mai detto che riuscivate a fermare il tempo.>> soggiunse poi, con una smorfia. << Lo sapevate tutti, vero?>>

La Mercedes di Carlisle era parcheggiata nel cuore del bosco, e Bella si chiese come avesse fatto a raggiungere in auto un luogo così impervio.

<< Cristian non ferma il tempo.>> disse Carlisle, mentre salirono a bordo. << Il tempo è oggettivo, Jacob. Noi vampiri lo vediamo scorrere più lentamente di voi umani, e possiamo sopravvivere anche senza di esso. Cris si limita a sfruttare alcuni… buchi temporali… come strappi in un grande lenzuolo. E’ un dono. Solo gli esseri viventi ne cadono vittime. Non a caso Bella, che ne è incredibilmente immune, non ha avuto alcun danno dal potere di Cristian.>>

<< Oh.>> biascicò Jacob. Si sporse dal sedile posteriore, scrutando l’oscurità che scorreva fuori dal finestrino. << E’ un bel casino.>>

<< Non si ripeterà più, Jacob.>>

<< I vampiri non smettono mai di sorprendermi.>> commentò Bella, che regalò un sorriso a Carlisle.

Lui ricambiò con una strizzata d’occhio. << Anche gli esseri umani, a volte.>>

 

*°*°*°*

 

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Capitolo 6
*** RAVNICA ***


aaa

Cari lettori, 
Mi dispiace davvero molto di essere sparita, in questo periodo, ma la scuola e lo studio mi hanno impedito di proseguire la scrittura, perciò non mi resta che scusarmi con tutti voi per aver interrotto la Fan Fiction. A parte questo, mi sono resa conto dei numerosi errori nei capitoli precedenti e ne seguirà a breve un'operazione di correzione (Emmet sudato, per esempio, ammetto apertamente di essere cascata in questi facili erroracci) 

Spero che possiate tornare a leggere la storia, che spero proseguirà senza altri lunghi intoppi di percorso. 

PS: chi ha letto Destiny: nel ricordo dei suoi occhi, si accorgerà certamente della simpatica citazione del capitolo. =)

Buona lettura

Capitolo 5

Ravnica

 

<< Edward!>>

Rivederlo, sulla soglia di casa, con gli occhi infossati e il cipiglio più cupo che mai, non fu affatto una consolazione. Ma a Bella importava solo che fosse lì, a due passi da lei, dopo una notte senza fine in sua assenza. Gli gettò le braccia al collo e Edward parve reagire con un’insolita lentezza nei movimenti. Se Bella non fosse stata a conoscenza della sua vera natura, l’avrebbe giudicato stanco e affaticato: ma i vampiri non provavano stanchezza, così come stentavano ad abituarsi alle normali sensazioni umane.

<< Come stai?>> le chiese lui, dopo che Bella ebbe allentato la stretta.

<< Smettila di preoccuparti così tanto per me. Sto bene.>>

<< Mi preoccupo eccome.>> ribadì Edward, con calma, e volse lo sguardo verso la figura di Jacob che tentennava ai piedi della scalinata che conduceva ai garage. Carlisle stava parcheggiando la macchina e l’aveva lasciato da solo, ed era come osservare un topo rinchiuso in una scatola di scarpe. Spostava febbrilmente il peso da un piede all’altro, le mani nelle tasche dei jeans logori, per nulla preoccupato di essere a torso nudo in quella notte fredda e priva di stelle.

<< Ha cercato di difendermi da un vampiro, stanotte.>>

<< Credi che non lo sappia?>>

<< Io…>> Bella si morse un labbro. D’improvviso, l’immagine della bocca di Jake sulla sua le rimandò un segnale d’urgenza nel cervello, che la venuta di Cristian Rowles aveva temporaneamente cancellato. Era stato un incidente. Un maledetto incidente che avrebbe potuto evitare, se solo Edward non leggesse costantemente nel pensiero delle persone. Intuì dai suoi occhi che sapeva. Con tutta probabilità ne era venuto a conoscenza nel momento stesso in cui Jacob l’aveva baciata. Ma che importava? Le avrebbe risparmiato la fatica di ucciderlo con le sue stesse mani.

<< Non avresti dovuto allontanarti con lui in piena notte.>>

<< Mi ha detto che non ero al sicuro, che dovevo andare a La Push prima che qualcuno…>>

<< Quel qualcuno, a quanto pare, ti ha trovata lo stesso.>> Edward sospirò. Una vena parve contrarsi sulla sua tempia, ma probabilmente fu solo una sua impressione. Non c’era sangue caldo nel suo corpo. << Alice ha perso le tue tracce finché quel cane non è stato immobilizzato. Solo in quel momento è riuscita a vederti. E ha visto anche Cristian Rowles.>> Un altro sospiro. << Anche se a prima vista può sembrare innocuo, ho imparato sulla mia pelle a non fidarmi di un Rowles.>>

<< Sulla tua pelle?>> fece Bella, contrariata.

<< L’importante è che ora tu sia qui. Sana e salva.>>

<< Conosci Cristian Rowles?>>

Ma Edward aveva rivolto lo sguardo altrove, al di là della sua spalla. Adocchiò Jacob con i suoi occhi dorati e, dalla smorfia rabbiosa dipinta sul suo viso imperturbabile, intuì che avesse letto nella sua mente notizie sgradevoli.

<< Mi dispiace.>> mormorò Bella, colpevole. Non aveva mai amato molti giri di parole, quando la situazione poteva risolversi più facilmente. Doveva colmare la voragine allo stomaco che non le dava pace da ore: un rimorso profondo e scottante.

<< Non volevo che succedesse. Non è stata… colpa mia.>>

Diede per scontato che lui sapeva. E non si sbagliò.

<< Sei arrabbiato con me, vero?>>

<< No.>>

<< Non sai quanto vorrei uccidere Jake, se solo ne avessi le forze! Ma è successo tutto così in fretta che…>>

Edward le posò un dito sulle labbra. La guardò intensamente e Bella poté intravedere l’eterea freddezza sul suo volto.

<< Dopo.>> si limitò a mormorare Edward. Le accarezzò dolcemente una guancia, quasi la sua pelle fosse composta del cristallo più delicato, capace di infrangersi al più flebile tatto. Poi si allontanò verso Jacob.

<< Edward!>>

Edward scese lentamente la scalinata, con movimenti fluidi e aggraziati. Pochi istanti dopo – che le parvero un’eternità – si trovava di fronte alla figura massiccia di Jake, che se n’era stato in disparte dalla conversazione fino a quel momento.

L’uno di fronte all’altro. Il vampiro e il mannaro. Insieme. Vicini. Forse troppo.

<< Jacob.>>

Per nulla intimorito dalla sua presenza, Jacob arricciò il naso e dimostrò, con un sorriso ironico, quanto fosse infastidito dall’odore di vampiro nelle vicinanze.

<< Non sono io a doverti dire se è giusto o sbagliato.>> disse Edward, rispondendo ai pensieri di Jake. E quella mossa inaspettata parve spiazzarlo. << Posso solo avvisarti, in un certo senso. Non prima di averti ringraziato per ciò che hai fatto per Bella.>>

Jacob aprì e richiuse la bocca senza emettere alcun suono. Era esterrefatto dal suo comportamento. Con tutta probabilità si era aspettato una reazione diversa da parte di Edward, dopo ciò che era successo nel bosco.

<< E’ il mio dovere.>> borbottò.

<< Non ho ancora finito.>> soggiunse Edward. Si volse per un lungo istante verso Bella. << Tralascio il fatto che non avresti dovuto portarla via da questa casa senza il nostro permesso, né che ti stia comportando come un adolescente immaturo di dodici anni. Lei è mia. Cerca di ricordartelo, perché la prossima volta non sarò così accondiscendente con te, Jacob.>>

Jake scoppiò a ridere. << Aspetterò con ansia quel giorno.>>

<< Come vuoi.>>

<< Chi ti ha detto che la tua Bella non abbia contraccambiato?>>

Edward, che stava già risalendo le scale, si fermò, rigido come una statua di pietra.

<< Perlomeno ho un cuore che batte, e del sangue che mi scorre nelle vene.>> proseguì Jake, spavaldo e fin troppo sicuro di sé. << Sono umano, anche se a prima vista non sembra.>>

Bella ricevette quel colpo basso, incassandolo con una fitta di dolore allo stomaco, che presto divenne l’ira più profonda che avesse mai provato. Non riuscì a capire come Edward riuscisse a mantenere quell’aspetto così controllato, la voce incredibilmente dosata, lo sguardo freddo e diplomatico. Erano sciocchezze. Lei amava Edward e nessuno avrebbe mai potuto impedirglielo, tantomeno un licantropo affetto da manie di protagonismo fuori controllo.

<< Bella può fare ciò che vuole.>> disse Edward, garbato. << Se crede che tu sia migliore di me - e abbastanza umano da starle accanto come merita - non le impedirò di fare la sua scelta.>>

<< Balle!>> abbaiò Jacob. << La trasformerai in un mostro!>>

E in quel momento, accecata dal sangue che le pulsava nel cervello, Bella ebbe l’istinto primitivo di vendetta, che Edward – con la sua diplomazia – non avrebbe mai soddisfatto. Superò quattro scalini con un balzo e in un attimo si trovava faccia a faccia con Jacob, che se ne stava lì immobile sul posto, sorridente e sfrontato.

<< Tu… riesci sempre a rovinare tutto!>> strillò Bella. << Devi ringraziare quel vampiro, maledizione, perché altrimenti ti avrei già ucciso! Non m’importa come. Avrei trovato un modo, porco schifoso, sei solo capace a raccontare menzogne!>> E sollevò istintivamente una mano per schiaffeggiarlo, ma una morsa gelida le strinse il polso prima che potesse vibrare il colpo. << Ti odio, Jacob Black!>> ululò Bella, mentre Edward le faceva scorrere un braccio attorno alla vita per trascinarla via. Se solo avesse potuto, l’avrebbe sollevata di peso. Bella lottò per liberarlo, ma seppe che era tutto inutile. Perciò si limitò a voltarsi, attraverso la presa salda di Edward sui fianchi e attorno alle spalle, regalando a Jacob un’ultima occhiata velenosa. << Mi hai sentito? TI ODIO!>>

Cinque minuti dopo, Bella si accorse di essere nella camera da letto di Edward. Le grandi vetrate riflettevano le prime luci rosate dell’alba lungo le assi laccate del pavimento, così come le pareti scure erano tinteggiate da sfumature color crema.

Non seppe se Alice, Rosalie e gli altri avessero assistito alla sceneggiata, ma di una sola cosa era certa: avvertiva così tanta rabbia dentro di sé da non riuscire a stare ferma. I nervi scattavano da soli, gli occhi erano spalancati e iniettati d’ansia. Camminò avanti e indietro, sotto gli occhi vigili e imperturbabili di Edward. La cosa che la faceva più adirare era il fatto che Edward non fosse arrabbiato quanto lei. Come poteva controllarsi quando Jacob l’aveva baciata? Com’era riuscito a guardarlo negli occhi, senza provare l’impulso di divorarlo?

Bella assestò un pugno contro l’anta dell’armadio. Avvertì un bruciore fastidioso alle nocche, che presto divennero arrossate. Ma non volle prestarvi attenzione.

<< So come ti senti.>>

<< No. Non lo sai.>> sbottò Bella. << Nessuno può saperlo.>>

Edward emise un lungo sospiro, reclinando leggermente il capo all’indietro. Alle sue spalle, i primi raggi di sole lambivano le finestre.

<< Io mi fidavo di Jacob.>> mormorò lei. << Io… per un attimo avevo creduto che fosse tutto un errore, che non volesse baciarmi per davvero. Lo so, chiamami pazza, ma mi fidavo così ciecamente di Jake da non pensare a questa possibilità. E’ un amico e uno dei pochi che sa capirmi, Edward, ma evidentemente mi ero sbagliata!>>

<< E’ per questo che non l’ho ucciso.>> disse Edward, quasi fosse un’ovvietà. << E’ molto importante per te.>>

<< Non più.>> grugnì Bella.

<< Non credo proprio.>>

<< Tu sei importante, Edward. Non lui.>>

Edward le riservò un sorrisetto sghembo. << Lo so.>>

<< E allora, di cosa ti preoccupi?>>

<< Di nulla.>> rispose lui, sincero. << Tu, piuttosto, quando avrai finito di prendere a pugni ogni componente dell’arredamento della mia camera, capirai che urlare al mondo quanto odi Jacob Black altro non è che un’inutile sfogo da… umani.>> Sospirò. << Non mi fraintendere, piccola. Non ti avevo mai vista così arrabbiata prima d’ora. Ho aspettato che ti fossi calmata, prima di nominarlo in tua presenza. Altrimenti, non oso immaginare cosa ne sarebbe rimasto di questa casa!>>

<< Esagerato.>>

<< Non è nient’altro che la verità.>>

Bella si accorse che la sua mano stava sanguinando. Immediatamente la ritrasse all’interno della manica, tenendola accuratamente nascosta dagli occhi di Edward. Ma le bastò osservarlo per capire che aveva già annusato il suo odore nell’aria, come miele colante in un nido d’api. Il sangue umano rifletteva un effetto ipnotico sui vampiri.

L’odore del mio sangue è una droga per lui.

Sapeva ciecamente che non le avrebbe mai fatto del male, poteva cogliere ogni tanto un barlume luccicante nei suoi occhi, scintilla remota di una vita che era cambiata troppo in fretta. Non era più la sua preda. Ma Edward soffriva. Il solo contatto con la sua pelle, quando le strinse delicatamente il polso dell’avambraccio sano, la fece rabbrividire.

<< Forse è meglio che ti faccia controllare da Carlisle.>> mormorò Edward.

E Bella, nonostante avesse voluto rimanere al suo fianco per il resto della sua mortale eternità, si sentì in dovere di obbedire. Chi, al di fuori di Carlisle, poteva aiutarla? Di ferite e contusioni, con la sua innata natura sbadata, ne aveva subite di peggiori; ma il ricordo di Jacob alimentava in lei e Edward un palese nervosismo, come se Jake fosse la causa scatenante di tutti gli spiacevoli avvenimenti di quella notte.

Inoltre, Carlisle le doveva molte risposte. Aveva accuratamente evitato di raccontarle la verità dopo l’incontro con Cristian Rowles, ma non si sarebbe scordata tanto in fretta il panico con cui il vampiro aveva reagito all’udire il nome di Edward. I Cullen portavano con loro segreti ben più grandi del previsto.

Carlisle era nel suo studio al primo piano, seduto dietro un’ampia scrivania in mogano, la testa china su quello che pareva un vecchio volume rilegato in pelle, dalle pagine color avorio volgeva incurante le spalle alla finestra, dove i primi raggi di sole inondavano la vallata seminascosta dalle fronde fitte degli alberi. La mattinata si preannunciava serena: una delle rare giornate di sole nell’umida e piovosa Forks.

<< Carlisle.>> Edward si schiarì la voce, quasi timoroso nel dover interrompere la sua lettura. E non ci fu bisogno di aggiungere altre spiegazioni: l’intera famiglia aveva udito le escandescenze di Bella in camera da letto.

<< Ha bisogno di essere medicata.>>

Carlisle annuì. Mise da parte il vecchio volume e si alzò dalla sedia con un movimento fluido, raggiungendo Bella accanto alla libreria. Era teso e pensieroso. Se non fosse stato un vampiro, Bella avrebbe scambiato il suo nervosismo per stanchezza.

Carlisle le strinse la mano sanguinante fra le sue, rigirandosela delicatamente fra le dita come se stesse catalogando un diamante prezioso.

<< Non è niente di grave.>> sospirò. << Ma è meglio ripulire e disinfettare la ferita.>> Lanciò un’occhiata a Edward, appoggiato con le braccia conserte nella parete in penombra della stanza. << Puoi andare. Te la restituirò come nuova fra dieci minuti.>>

Edward non rise. Annuì in silenzio e scomparve nel corridoio.

<< Ovviamente.>> proseguì Carlisle, mentre andava a recuperare la valigia del pronto soccorso su una sedia. << Edward è al corrente della presenza dei Rowles. E domani, al tramonto, vorrei che tu fossi presente.>>

<< Ma io non sono…>> Non riuscì a completare la frase.

<< Fai parte della nostra famiglia.>> disse di rimando Carlisle. << Voglio che tu sia al corrente della situazione degli altri clan sparsi per il mondo. Bene e Male nella nostra specie è un concetto che spesso viene male interpretato.>>

<< Rowles stanotte ha detto che qualcuno li vuole morti.>> incalzò Bella.

Carlisle inspirò profondamente. Le fece cenno di sedere sulla scrivania e prese a rovistare nella propria valigetta. << Dopo quel che è successo a Susan Rowles penso che molte persone, venute a conoscenza della nostra esistenza, desiderino la nostra morte. Il che è un eufemismo, visto che siamo già morti da un pezzo.>> Sorrise fra sé e sé. << Devi sapere, Bella, che i licantropi e i vampiri non si sono limitati solo a ricoprire esistenze marginali, ai confini della società. Alcuni di essi, specialmente, possono essere facilmente scambiati per esseri comuni; quindi in grado di confondersi con il resto della popolazione senza evidenti difficoltà.>>

<< Il Presidente degli Stati Uniti non è un licantropo, vero?>>

Carlisle scoppiò a ridere. << Non intendevo fino a quel punto, Bella; ma non è raro trovare licantropi nelle grandi città. Il sindaco di Denver, per esempio; o il sottosegretario ai Beni Culturali del North Carolina. Vivono anni e anni a contatto con gli esseri umani e decidono di condurre un’esistenza relativamente breve, proprio come loro, rinnegando la loro stessa natura.>>

Bella annuì in silenzio. Durante i lunghi pomeriggi trascorsi con Jacob a La Push, lui le aveva raccontato della particolare capacità della sua specie: essere in grado di “comandare” la loro immortalità, stabilendo liberamente quando invecchiare. Cercò di immaginare un licantropo in una prestigiosa aula di tribunale a New York, contornato da persone che mai avrebbero osato immaginare il suo segreto. Sorrise al pensiero che quel licantropo potesse essere Jake.

<< Che cosa c’entra tutto questo con i Rowles? Perché vogliono me?>>

<< Chi sono gli unici esseri in grado di annientare un vampiro?>>

Bella strinse le labbra in una fessura. << I Licantropi.>> Un fulmine le abbagliò la mente. << E’ stato un licantropo a uccidere Susan Rowles. Un licantropo che vive in mezzo… alla gente comune?>>

Carlisle annuì, solenne. << I Rowles hanno scoperto della tua esistenza da Aro, che a sua volta è rimasto meravigliato dalle tue capacità. Tu sei immune al loro potere, Bella. E sono convinti che tu sia la chiave per scoprire i segreti dei Mannari.>> E levò una mano in aria, evitando che Bella aprisse bocca. << Si fanno chiamare i Grigi o, più semplicemente, membri della Congrega di RAVNICA, fondata nel 1250 nella Francia settentrionale da uno dei più antichi branchi di licantropi europei. Il loro scopo è da sempre stato quello di eliminare i Freddi; per parecchi secoli hanno portato egregiamente a termine il loro incarico, ma al giorno d’oggi, a causa del disarmante sviluppo tecnologico, RAVNICA è finita per dissolversi. Era impossibile per loro, in un gruppo che contava ormai ben pochi elementi, tenere testa ai Volturi.>> Carlisle emise un altro sospiro profondo. Sembrava essere un’abitudine, come se si esercitasse a ricoprire il ruolo del Dottore professionale e premuroso, a contatto con decine di pazienti ogni giorno. << Quando ho incontrato Edward per la prima volta, disteso in un letto d’ospedale, RAVNICA stava iniziando scomparire. Per un secolo intero non ho avuto più alcuna notizia al riguardo, finché una ristretta cerchia di licantropi non è venuta a galla, poco meno di due mesi fa. Una cerchia con amicizie piuttosto potenti.

<< A quanto pare il Governo è al corrente della nostra esistenza, e non mi riferisco solo agli Stati Uniti d’America, Bella. Informazioni, testimonianze e altre documentazioni riservate sono state sepolte per anni negli archivi di stato. Non mi chiedere il perché, ma ho la netta sensazione che RAVNICA si sia alleata con il Governo. E, di conseguenza, si spiegano le morti misteriose di Susan Rowles e altri nostri simili.>>

<< Oh mio Dio.>> gemette Bella.

<< Proprio così.>> fece di rimando Carlisle. << Stiamo assistendo a una delle più grandi insabbiature della storia moderna, eppure nessuno sembra alzare un solo dito per opporsi. I Licantropi sono tornati a galla, vogliono completare ciò che hanno interrotto secoli fa.>>

<< Ma voi siete in netta maggioranza!>> esclamò bella.

<< Con una giusta alleanza, tutto è possibile.>>

<< Che cosa intendi per alleanza?>>

<< Sono anni che il Governo è a conoscenza dei fatti, Bella. E il pretesto di preservare l’incolumità della specie umana altro non è che il radicato desiderio di sbarazzarsi di noi.>> Carlisle sospirò, anche se non avrebbe avuto alcun bisogno. Quel gesto gettò una sferzata gelida nella stanza. << Una volta per tutte.>>

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