La formula perfetta

di Alise13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The beginning ***
Capitolo 2: *** Meeting ***
Capitolo 3: *** Clashes ***
Capitolo 4: *** Discoveries ***
Capitolo 5: *** Start ***
Capitolo 6: *** Handshake ***
Capitolo 7: *** Partnership ***
Capitolo 8: *** Trap ***



Capitolo 1
*** The beginning ***


Ero seduta in macchina con mio padre mentre avanzavamo nel traffico a passo d'uomo.
 " Butta giù i piedi dal cruscotto Bells". 
Lo guardo con la coda dell'occhio, aveva un'aria schizzata, forse inquietante era la parola giusta. Oggi sarà meglio non farlo arrabbiare pensai tra me e me e buttai giù i piedi. 
"Papà stai bene?". 
Si portò l'indice agli occhiali e li tirò su con un gesto lento, quasi fosse un mantra per ritrovare un po' di serenità. 
"No Bells non sto bene".
 Che risposta secca pensai. Io e mio padre avevamo sempre avuto un buonissimo rapporto era il mio migliore amico, era una persona calma, controllata, di quelle che per fargli perdere la pazienza ce ne voleva, tranne quella mattina. 
"Papà su parla cosa c'è?". 
Lo guardai con sguardo comprensivo. 
"Siamo in ritardo e come se non bastasse oggi è tutto bloccato, non arriveremo mai in tempo!".
 In effetti non era una normale mattinata, oggi era il suo primo giorno di lavoro e il mio primo giorno di liceo. 
"Papà vedrai che arriveremo in tempo, stai tranquillo". 
Lo vidi abbassare le spalle quasi si fosse rassegnato.
"Hai ragione agitarsi non farà smuovere questo vecchietto davanti che ha deciso di farci prendere tutti i semafori rossi!!!". 
Cominciò a sbraitare. Scoppia a ridere.
"Viva la calma insomma". 
Alla fine arrivammo praticamente sul filo del rasoio. Parcheggiata la macchina cominciammo a correre verso l'entrata, si esatto la stessa entrata. Mio padre era stato assunto come professore di chimica avanzata nel mio nuovo liceo. In effetti il mio liceo, il Dolce Amoris, era famoso per aver una sezione speciale. Era diviso in due sezioni la normal class frequentata da studenti normalissimi e la pro class che invece ospitava le giovani menti più brillanti nel campo delle scienze. Mio padre infatti era un famoso chimico rinomato in tutta Europa che, per amor mio, aveva deciso di fermarsi stabilmente in un posto e insegnare, giusto per darmi quella stabilità che non avevo mai avuto. Non mi dispiaceva essere sempre in viaggio, ma secondo mio padre non era giusto a quell'età togliermi il piacere di costruirmi e coltivare rapporti. Il fatto che fossimo parenti non era un problema perché lui avrebbe insegnato alla pro class mentre io avrei frequentato i normali corsi della normal class, questa era stata una mia scelta perché per quanto i geni di mio padre mi avessero donato una spiccata propensione per le scienze quella che amavo in realtà era la letteratura. Arrivati al portone ci facemmo un rapido gesto con la testa e ci dividemmo ognuno per la propria strada. Mentre avanzavo nel corridoio a passo svelto sbirciai il foglio che avevo in mano con gli orari delle lezioni e le classi in cui si sarebbero tenute. Stavo cercando di capire dove sarei stata per la prima ora quando finì contro qualcosa, alzai gli occhi e vidi che era "un qualcuno"non "un qualcosa". Mentre mi strofinavo la mano sulla fronte per cercare di alleviare il dolore cercai di bofonchiare uno scusa. Era un ragazzo con i capelli rosso fuoco, mi stava guardando con aria perplessa.
 "S-scusa. Stavo cercando la mia aul.." 
Non riuscii a finire la frase che mi rivolse parola. 
"La prossima volta stai più attenta.. Ah ma sei della normal class, non mi stupisco allora del fatto che tu non riesca a fare una cosa così semplice come trovare la tua aula". 
Mi prese il foglio dalle mani, ero ancora sconvolta dal modo di fare di quel ragazzo.
"Seconda porta a destra, non era difficile no?" 
Stavo per dirgliene quattro quando venne chiamato da un altro studente, un ragazzo bellissimo con i capelli bianchi e gli occhi di colore differente. Senza nemmeno degnarmi di un altro sguardo se ne andò buttando il mio foglio a terra. Mi chinai a raccogliere il foglio pensando 
"Buon primo giorno di liceo Bells".
 Mi avviai verso l'aula e nel mentre mi chiesi come facesse quel pallone gonfiato a sapere che frequentavo la normal class poi la risposta arrivò immediata, che stupida sono, feci una smorfia. In quel liceo c'erano le divise completo nero per loro e blu scuro per noi. In effetti era una delle cose che più mi era piaciuta di quella scuola, infatti quella mattina non avevo impiegato molto tempo per vestirmi. Avevamo una scelta tra pantaloni o gonna e quella mattina avevo optato per la gonna che arrivava appena sopra al ginocchio, camicia bianca  e golf con lo stemma della scuola. Il ragazzo di prima invece per quanto fosse odioso era un bel ragazzo, la divisa gli donava anche se la portava in modo molto personale, giacca aperta camicia sbottonata e fuori dai pantaloni e cravatta con nodo largo che gli arrivava all'altezza dei pettorali per intendersi. 
Aveva dei lineamenti particolari e quei capelli, quel colore così particolare gli donavano una strana luce. Tutto di lui mi diceva "STAGLI LONTANA". Arrivata in classe mi misi nell'unico banco rimasto libero, accanto a me c'era una ragazza che stava con le braccia incrociate e le gambe completamente distese sotto il banco. La sua pelle era scura e perfetta e faceva risaltare i suoi occhi verdi chiari, era davvero bella e sembrava aver adottato un atteggiamento da super tosta. Accanto a lei una ragazzina mingherlina con i capelli viola si nascondeva dietro allo zaino che aveva posizionato sopra il banco come fosse uno scudo di protezione, spruzzava dolcezza da tutti i pori! La professoressa entrò e appena sistemata cominciò il suo discorso di apertura. 
" Buongiorno ragazzi io sono la professoressa Rosalya".
 Era una donna giovane e bellissima, anche lei capelli bianchi, ma i suoi erano lunghi e lucenti. In quel liceo ancora non avevo visto qualcuno di brutto o mediamente normale cominciavo a sentirmi fuori posto in mezzo a tutta quella bellezza.
 " Alcuni di voi sono venuti dalle medie del Dolce Amoris quindi si conoscono di già o comunque conoscono la struttura e i professori grazie ai corsi preparatori che sono stati messi a disposizione  quest'estate dalla scuola". 
Avevo letto di questi corsi,ma purtroppo ero ancora in Francia con papà in quel periodo.
 "A tutti gli altri benvenuti e buon inizio anno scolastico". 
Con un gesto della mano si scostò i lunghi capelli che le ricaddero prima sulle spalle per poi tornare al loro posto sulla schiena. La gente in classe rimase senza parole, tutto di lei era perfetto, il viso, il corpo per non parlare degli abiti. Finita la lezione kim, la ragazza accanto a me mi fece cenno di avvicinarmi. 
"Ehi tu..Bells.. dico bene?".
Stavo rimettendo i libri in cartella . Era in piedi accanto al mio banco con la mano su di esso, aveva lo zaino vuoto su di una spalla e un berretto nero inclinato sulla testa, la visiera di tessuto lucido risaltava i suoi occhi. "Si, ciao. Dimmi". 
Le dissi senza troppa enfasi, non ero una persona introversa, ma in quella scuola la gente mi metteva a disagio.
 "Come ti trovi in questa scuola?"
 Mi chiese lei incuriosita.
 "Bene dai a parte uno strano incontro con uno della pro class e una domanda che mi frulla in testa da un po'...ma qua la gente viene selezionata anche per l'aspetto fisico? Non vedo nessuno nella media a parte me?!"
 Lei scoppiò a ridere buttando indietro la testa e battendo fragorosamente la mano sul banco.
 " Sei una forza, lo sapevo, ho fiuto per le persone! Te l'avevo detto Violet!".
 La ragazza portava lo zaino in braccio quasi fosse un bambino fece un cenno con la testa come per darle ragione e tornò a guardarmi di sottecchi con qui grandi occhi timidi.
 " Ma non stavo scherzando!!! Sembra una scuola di modelli, non penso sia una cosa normale sai?" 
Kim mi mise un braccio intorno alle spalle e cominciò a camminare.
 " Con chi hai avuto lo sgradevole piacere di parlare della pro class? Noi non interagiamo quasi mai con quelli, si sentono superiori a tutti, sono dei prepotenti quindi non te la prendere e fai come noi evitali se li vedi". Ero perplessa quindi tutti quelli della pro class erano così? Povero papà pensai. E povera me!!! Ma dove ero finita? Era uno strano universo alternativo fatto di persone belle e fuori di testa.. E io che cercavo tranquillità. 
"Era un ragazzo dai capelli rossi e.." 
Non ebbi nemmeno il tempo di finire che kim si staccò e mi guardò con occhi sgranati
 " Ohh povera piccola hai incontrato Castiel. Lui è un caso speciale lui non snobba solo noi, ma tutti anche i suoi compagni! Devi sapere che lui è un genio, ma ha un caratteraccio, ma per quante ne combini chiudono sempre un occhio per lui perché ai test è sempre il migliore infatti qui a questo liceo abbiamo una graduatoria in base ai risultati degli esami di metà anno e quelli di fine anno, ovviamente quelli della pro class occupano sempre i primi posti e poi veniamo noi gente normale, ma lui, lui è sempre stato il primo alle medie e figuriamoci se ora al liceo non occuperà sempre il solito posto.. Eppure marina spesso le lezioni, umilia i professori, un diavolo insomma! Mi raccomando cerca di evitarlo lui porta solo guai stagli lontana".
 Ancora quella frase " stagli lontana".
 lui...lui porta solo guai..

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Capitolo 2
*** Meeting ***


Finalmente la campanella suonó. La ricreazione, che gioia pensai. Uscita dall'aula mi diressi verso il portone, il quale, dava su un grande e verde giardino. Era settembre,l'aria era ancora calda e intrisa di dolci profumi. Feci un bel respiro e assaporai l'aroma leggero dei fiori. Era davvero il posto più bello che avessi mai visto. Il prato era curato, le piante avevano colori accesi e scintillanti. Sparse a giro, si potevano notare delle panchine di pietra grigia, sulla cui base, erano state scolpite foglie di varie forme. Vidi in lontananza un salice piangente che faceva ombra ad una delle panchine. Decisi che mi sarei diretta lì. Le persone stavano cominciando ad uscire dall'edificio e a riversarsi in quel piccolo paradiso verde, così, velocizzai il mio passo. Tirando su lo zaino con la spalla feci uno scatto in avanti. Evitai di usare il vialetto di pietre per non dare troppo nell'occhio. Era molto suggestivo, infatti, quelle pietre schiarite dal tempo si ramificavano in tutto il giardino, come fosse il suo scheletro, come i rami di un grande albero . Arrivata alla panchina tirai un sospiro, non mi ero accorta che stavo trattenendo il fiato. Così mi lascia andare buttando lo zaino ai miei piedi. Scoprì con mio grande piacere che era un buon punto di osservazione, tattico pensai. Infatti, le persone preferivano stare a chiacchierare sui gradini dell'entrata o seduti sulle panchine più vicine. Anche se più distante potevo osservare il via vai con attenzione senza essere notata. Adiacente alla scuola c'era una grande struttura bianca opaca contornata da ferro battuto, cercai di capire cosa potesse essere, finché, non scorsi un cartello con scritto "Il giardinaggio è imparare, imparate e imparare. Questo è il bello, si è sempre intenti ad imparare. Cit. Helen Mirren".
Doveva essere la serra in cui si ritrova il club di giardinaggio. Dovevo dargli atto, erano interessanti quei semina zucchine. Io, invece, ero sempre stata negata in quell'ambito. Il mio pollice non era propriamente verde, anzi, nessun mio dito era mai stato lontanamente verde, più un nero morte. Le piante a quanto pare non gradivano molto il mio tocco. Presi dallo zaino un libro di lettura. Amavo leggere e leggevo di tutto, non avevo qualche preferenza di genere, alla fine se un libro era bello, rimaneva tale indipendentemente dal tipo di argomento che trattava. A quel giro mi ero buttata nella lettura dei grandi classici inglesi, "Frankenstein". Era una lettura che ti faceva riflettere, parlava della paura umana, della paura del diverso che, in quanto tale, causava terrore. 
Forse mi colpiva nel vivo a causa delle mie disavventure, per quanto fossi sempre stata una persona estroversa, nella mia ancora breve vita, avevo incontrato persone che mi avevano chiuso molte porte in faccia a causa della mia intelligenza. Infatti le bambine o le ragazze con cui avevo sempre provato a relazionarmi scappavano quando vedevano cosa mi interessava. Non andavano bene libri , ma i trucchi, non i problemi matematici, ma quelli d'amore. Quelle più cattivelle mi etichettavano come secchiona, nerd o altri appellativi dispregiativi, però non erano i soprannomi che mi ferivano, ma il tono con cui me li cucivano addosso. La gente spesso non capisce che le parole hanno come un'anima e siamo noi che gliela diamo, tutte le volte che le facciano uscire dalla nostra bocca, ecco perché dovremmo stare attenti e non essere superficiali. Le parole cattive, quelle con un'anima nera, hanno lo scopo di ferire gli altri e una volta uscite difficilmente se ne può cancellare l'esistenza e vivono, vivono nella testa e nel cuore di chi le ha ricevute. Scossi la testa cercando di pensare a cose belle, pensai, Bells è un nuovo inizio e guarda dove sei ora, il passato è passato. Volevo gustarmi quel giardino mozzafiato, goditi questo momento mi dissi. Alla fine è vero, ero negata per il giardinaggio, ma guardare e ammirare non avrebbe ucciso nessun fiore, così mi rilassai e mi lasciai scivolare sulla dura pietra, accompagnata dall'ondeggiare delle frasche. 
I capelli mossi,color mogano, si stagliavano sulla grigia panchina, così lunghi che con la brezza scivolavano giù di essa, e ancora e anora, come le onde del mare. Il sole filtrava prepotente tra i tralicci cercando di raggiungermi. Nemmeno me ne accorsi e mi ritrovai a chiudere gli occhi color giallo miele, stringendo il libro al petto. Non so quanto passó, ma mentre riprendevo coscienza mi accorsi che il brusio di prima era sparito, si sentiva solo il vento danzare tra le foglie. Mi tirai su e capii che mi ero addormentata. "O MIO ODDIO!!! Proprio il primo giorno? Accidenti a te Bells, ma come mi sarà venuto di addormtarmi? Da quando mi addormento così beata sulle panchine??! Ohh complimenti, ottimo inizio..." Una voce ruppe i miei pensieri, o meglio, il mio monologo ad alta voce. 
" Ma te parli sempre da sola o oggi hai deciso di darmi noia per partito preso?"
Mi sentii gelare il sangue, diventai pallida, e dopo aver terminato la mia trasformazione in cencio, mi girai lentamente. Avete presente i protagonisti dei film horror quando sanno di avere il mostro dietro le spalle? Ecco, ora li capivo. Strinsi il libro sempre più forte e con la coda dell'occhio intravidi un ciuffo rosso.
" Dimmi che non è lui, dimmi che non è lui.."
Parlò con voce infastidita.
" Ehi!! Non sono mica uno spiritello che puoi scacciare con dei farfugli!"
Scoppiai a ridere immaginandolo in versione chibi con le corna e la coda da diavoletto e perchè no armato anche di forcone. Non appena me ne accorsi mi portai una mano alla bocca lasciando cadere il libro a terra. Castiel era seduto alla base del salice con la schiena appoggiata ad esso. La giacca lì vicino a lui, la camicia rigorosamente fuori dai pantaloni e aperta sul davanti, la cravatta stretta nel pugno destro che teneva appoggiato sulla stessa gamba. Lo vidi alzarsi e venirmi in contro, cercai di non muovermi, non volevo attirare qualche altro gesto sgarbato, ma forse era troppo tardi. Me lo ritrovai davanti. Per un secondo lo vidi fissarmi attentamente, come se avesse visto qualcosa che non si aspettava, poi distolse veloce il suo sguardo dal mio. Si chinò a raccogliere il libro.
"Frankenstein!"
Disse con sorpresa.
"lettura interessante. Non ti facevo per certe letture."
Stizzita afferrai il libro.  
"Mai giudicare un libro dalla copertina giusto?"
Solo che lui non molló la presa e mi ritrovai molto, troppo vicina a quel tipo che, aveva sottolineato già abbastanza quanto non gradisse la mia presenza. Volevo correre via, ma qualcosa faceva in modo che le mie gambe rimanessero lì impalate.
" Hai ragione. Fose mi sono sbagliato. Forse sei più interessante di quel che pensavo."
"Allora anche quelli della pro class sbagliano. Forse non siamo così diversi come pensavi."
Feci una smorfia e lo vidi trattenere un sorriso. Riuscii a recuperare il libro che buttai di fretta dentro lo zaino e mi avviai verso la scuola. Lo sentii ridere. Puntai i piedi a terra e mi girai.
" Senti tu, ora mi hai stufato che hai tanto da ridere? Ti senti superiore a me? Bene, se ti fa sentire meglio pensalo, ma lasciami in pace."
Lo dissi così, tutto di un fiato. Il sangue mi salì tutto alla testa, le guance si accaldarono e gli occhi color miele diventarono grandi e minacciosi.
" Ehi calma tigre, non ti stavo prendendo in giro.. Che tipino che sei. Sai, c'è qualcosa di te che mi incuriosisce."
Lo disse con uno strano tono, suonava come un complimento. Con due soli passi mi aveva raggiunto. Era alto, e non so cosa successe, forse l'incrociare i suoi occhi grigi o quel buon profumo che aveva, ma sentii un tuffo al cuore. I suoi capelli rossi erano così belli che mi veniva voglia di toccarli. Lo vidi avvicinarsi. Mi prese una ciocca di capelli e dopo averla accarezzata, la baciò. Rimasi impietrita. Ma che stava facendo? E io che stavo facendo? Bells riprenditi!!!
" Hai un profumo buonissimo Bells. Penso che ci divertiremo io e te."
Senza scomporsi più di tanto si mise una mano in tasca e con l'altra si tirò la giacca dietro le spalle. Lo guardai allontanarsi.
"Comunque ridevo perché hai la testa piena di foglie."
Lo vidi sfilare la mano dalla tasca e mostrami una piccola foglia.
"Sei molto carina conciata da albero."
Mi fece una linguaccia e sparì nel giardino. Sembrava tutto così surreale e poi a che gioco stava giocando? Mi stava prendendo in giro? Ancora? E tu cuore? Che cos'era quella reazione scusa ? Decisi di rimandare a dopo quella sfilza di domande e corsi verso l'aula, sperando di riuscire a cavarmela nonostante i 30 minuti di ritardo. Prima di fare irruzione in classe e interrompere la lezione, delle parole mi risuonarono in testa.."Hai un buonissimo profumo, BELLS." Ma come diavolo faceva a sapere il mio nome????

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Capitolo 3
*** Clashes ***


E il primo giorno di scuola, con mia grande gioia, finì. Ero sempre più convinta che in quel liceo le cose funzionassero in maniera stravagante. Camminavo assorta nei miei pensieri. Le pareti dei corridoi erano tappezzate di volantini di ogni colore: rosso, viola, verde, arancione, giallo, sembrava un arcobaleno. Mi avvicinai per vedere di cosa si trattasse. Appoggia la mano su un foglio arancione per leggere meglio, c'era scritto 'CLUB DI BASKET'.
Già, pensai, erano aperte le iscrizioni per i club. Ne controllai altri due o tre, finché, non trovai quello del club della scrittura creativa. Staccai il volantino osservando i bei caratteri del testo, poi scossi la testa e lasciai perdere, accartocciai la carta viola e la gettai nel cestino. Buttarsi in un club del genere voleva dire esporsi e non mi sentivo ancora pronta, specialmente in quella scuola. Rimasi immobile a fissare quella pallina viola. Avevo voglia di mettermi in gioco, ma non sapevo come si faceva. Il cuore martellava, le mani sudavano, che decisione, prendere o lasciare. Non potevo farmi limitate dalle paure, dovevo buttarmi, sennò avrei finito per sprecare quella nuova opportunità, quella che mio padre mi stava regalando. Decisi di riprendere il foglietto viola e di metterlo nello zaino, ci avrei pensato su, con calma. Prima di uscire dall'edificio sentii delle voci provenire da un’aula lì vicino. Il tono delle parole mi sembrava tutt'altro che amichevole. Non sapevo se avvicinarmi o farmi gli affari miei, quando sentii qualcuno sbattere una sedia a terra, senza accorgermene mi ritrovai davanti alla porta a osservare la scena. C'erano una ragazza e un ragazzo che litigavano. Lei l'avevo già vista, ma dove? Al corso di letteratura mi tornò in mente, ricordo che non aveva fatto altro che stare al cellulare e truccarsi. Lui non riuscivo a vederlo perché di spalle, ma notai che portava la divisa della pro class. Finalmente riuscii a sentire cosa si stavano dicendo. 
"Ken, caro, ma come te lo devo dire? Non c'è futuro per noi. Non sei alla mia altezza. Eppure sei un ragazzo intelligente, dovresti aver capito che tra noi è finita."
La vidi sogghignare mentre si passava l'indice destro sulle labbra.
Per essere una ragazza che stava lasciando il proprio fidanzato, non ci stava andando leggera, sembrava che lo stesse torturando psicologicamente. 
" No, Ambra, sei te che non capisci! Non ci si comporta così, non mi puoi mollare per SMS."
Lei divertita si appoggiò sul banco con le braccia e guardandolo fisso negli occhi, non gli risparmiò nulla.
"T-i h-o u-s-a-t-o. Quante volte ancora te lo devo ripetere prima che tu capisca che non c'erano sentimenti, l'unico motivo, che mi aveva fatto mettere con uno come te,era che così mi sarei potuta avvicinare a Lysandro."
 Ahia, pensai, questa faceva male. Mi dispiaceva davvero tanto per lui. Anche se non conoscevo il suo volto, e quindi la sua espressione, riuscii ad immaginarmi una faccia dolce con occhi lucidi e disperati. 
Cercò di replicare il ragazzo, ma venne zittito dal rumore delle mani di lei che sbattevano sulla superficie liscia del banco. 
"Ora basta Ken!! Lasciami vivere e sparisci, non ti sopporto più, mi hai stancata. Addio."
 Prese la sua borsa e cominció a venire verso la porta, cercai di spostarmi, ma non feci in tempo. Sentii lo sguardo di Ambra incenerirmi e per quanto mi aspettassi una sfuriata, non proferì parola mi diede una spallata e con fare altezzoso e ‘sculettoso’ si dileguò. Vidi il ragazzo accasciarsi su di una sedia. Non sapevo se entrare, ma quando lo senti singhiozzare fu più forte di me e bussai. 
"Scusa, so che non sono affari miei, ma stai bene?" 
Ero in piedi sul ciglio della porta con le mani strette a pugno che mi ricadevano lungo i fianchi. 
Lo vidi passarsi una manica sul viso per asciugarsi le lacrime. 
Finalmente si girò. Fu una sorpresa. Ambra faceva parte della categoria super bionda e sexy, mentre lui era un ragazzo non tanto alto, con un caschetto di capelli castani. Gli occhi erano difficili da vedere erano chiusi dietro a due lenti spesse di vetro. Sembrava un bambino, non un ragazzo. Mi fece tanta tenerezza, senza ragionarci lo abbracciai. Tutti nei momenti più bui avevano bisogno di un abbraccio. Lo strinsi forte mentre lo sentivo singhiozzare sulla mia spalla.
"Calmati, calmati, va tutto bene. Si, sembra una frase fatta, ma quella non merita le tue lacrime. È andata meglio così, e poi sembrava schizzata, hai visto i suoi occhi? Stavano facendo dentro e fuori dalle orbite!!"
Mi staccai dall'abbraccio e con le dita mi aprii gli occhi facendo il verso ad Ambra. Per rendere ancora più buffa la mia rappresentazione teatrale cominciai a fare linguacce e versi strani. Lui tra le lacrime cominciò a ridere. 
"No, è più una cosa così."
E anche lui si unì al mio spettacolo.
Rimanemmo a fare gli scemi per un altro po', finché non arrivò il bidello a farci sgomberare. 
" Comunque piacere Bells."
Gli tesi la mano.
"Piacere Kentin, ma puoi chiamarmi Ken. Grazie Bells, nessuno avrebbe fatto quello che tu hai fatto per me. Sei speciale."
“Ma dai, lo avrebbe fatto chiunque in una situazione del genere.” Non capivo come un gesto così potesse far di me una persona speciale.
“No, specialmente se si appartiene a due classi diverse come le nostre. Grazie, se avrai bisogno in futuro di qualcosa, ti prego, fammelo sapere.”
Mi diede un bacio sulla guancia e arrossì, subito prima di scappare via.
Mentre tornavo a casa, ripensai alla figuraccia fatta alla lezione di letteratura. 30 minuti di ritardo. Ma com'era potuto accadere? Mi portai le mani alla testa sbuffando. Stavo guardando l'asfalto grigio e mi tornò alla mente quel ragazzo dai capelli rossi. Scossi la testa. Bells vai avanti e concentrati per l'amore del cielo. Letteratura. Per fortuna, il professore chiuse un occhio per il mio ritardo, ma si raccomandò che non ricapitasse più. Una voce ruppe i miei pensieri.
 " Bells aspetta!" 
Era Kim, la ragazza che avevo conosciuto alla prima ora. 
" Ciao Kim."
 Mi guardò con fare interrogatorio.
 "Come stai? Non ti preoccupare per il ritardo di oggi, Franz è un professore comprensivo, girano voci che sia anche troppo buono."
 Stava cercando di consolarmi.
La vidi affondare una mano nello zaino e tirare fuori un foglio.
 " Ecco qua, allora, questo è il foglio con la lista dei club. Dagli un'occhiata se ti va e se decidi di far parte di un club basta che me lo dici e ti aiuterò con l'iscrizione."
Presi il foglio senza guardarlo e le rivolsi un sorriso. L'argomento club era ancora in sospeso. Era stata davvero gentile, sembrava volesse essere mia amica e non capivo perché, alla fine ci eravamo scambiate due parole ed io, non ero stata proprio una dolcezza.
 " Grazie Kim, non dovevi." 
Poi la mia curiosità mi spinse a chiederglielo.
"Perché sei così gentile con me? Cioè, non fraintendermi sono felice, davvero, ma é da stamani che mi dai dritte, consigli e cerchi di aiutarmi."
 
Lei si mise una mano sul fianco e mi guardò dritta negli occhi. Il suo sorriso si spense, aveva un’aria seria. Fu un cambio repentino che mi colse di sorpresa. Forse ero così ingenua da aspettarmi un sorriso e una frase banale della serie ‘ci mancherebbe, mi fa piacere aiutare chi è in difficoltà’, perché intendiamoci, non avevo dato certo l'impressione di una tosta che se la sapeva cavare.
" Vuoi davvero la verità?"
 Era una domanda retorica o si aspettava una vera risposta? Visto che non accennava a continuare senza un mio accenno di assenso le detti la risposta che tanto agognava. 
" Si, la verità."
Sorrise. 
"Ho letto il tuo dossier."
Sbiancai. Quella discussione stava prendendo una piega che non mi piaceva.
"Ho visto che sei una specie di genio. Inizialmente ti avevo puntata solo perché una come te, nella nostra sezione, poteva fare la differenza. Mi sono anche chiesta perché tu non fossi finita nella pro class, ma non mi interessava sapere il motivo, ero solo contenta che tu fossi finita con noi. Ho bisogno di te, abbiamo bisogno di te per battere quegli spocchiosi, per fargli capire che non siamo inferiori come loro pensano, però è vero anche che, osservandoti oggi, ho visto quanto tu sia diversa da tutti, da tutti quelli in questa scuola, compresa me. Sei genuina, non nascondi come sei, dici quello che pensi e mi piaci davvero. Ho deciso che sarei diventata tua amica nel momento in cui ho visto come ti sei comportata con Ken. Anche se è un bravo ragazzo, lo ammetto, non lo avrei aiutato. Per quanto Ambra sia una persona superficiale e concentrata solo sui ragazzi, la sua finta relazione portava benefici anche a noi.”
Era un discorso che non mi piaceva. Quella competizione doveva avere radici profonde per creare una tale spaccatura. La vecchia direttrice, ovviamente, prediligeva la pro class e indiceva competizioni e festival, durante l’anno, che consistevano in gare tra le due sezioni, chi vinceva otteneva dei benefici. Fino a quel momento la pro class aveva sempre surclassato la normal class e questa condizione aveva portato Kim e altri alunni a cercare di batterli, ad ogni costo. Mi chiesi come aveva fatto ad avere il mio dossier era legale? Non sapevo che dire, mi infastidiva il fatto che mi avesse avvicinata per quel motivo, ma almeno era stata onesta. Non sapevo se arrabbiarmi o perdonarla per quella violazione. Ma mii sentivo usata, un'altra volta qualcuno mi aveva avvicinata per secondi fini.
 " Ti ringrazio per la tua onestà, ma davvero non posso aiutarti, per quanto riguarda la faida tra voi e quelli della pro class , mi dispiace ma non voglio entrarci, vorrei rimanerne fuori. Non è la mia battaglia"
 " Ma abbiamo bisogno del tuo aiuto, ora fai parte della normal class, ci sei dentro anche te.”
Capivo dalla sua voce quanto ci tenesse, ma non volevo essere coinvolta. Non la feci nemmeno terminare di parlare che alzai una mano.
 "Mi dispiace, ma vorrei tenere un porfilo basso, tu non mi conosci, non sai quanto sia stata dura per me nelle precedenti scuole. E il fatto che tu mi abbia avvicinata con un secondo fine, mi fa credere che tu non sia diversa dalle altre persone che ho incontrato."
Girai sui tacchi e me ne andai. Forse ero stata troppo dura con lei, forse le stavo scaricando addosso le mie frustrazioni, ma non me ne importava, se il costo di avere una vita tranquilla al liceo era non avere amici andava bene, meglio che esser circondata da gente che ti etichettava come un oggetto. Dopo due passi la sentii gridare "Comunque le due cose non si escludono a vicenda sarò tua amica che ti piaccia o no, anche se non lotterai con noi, sarai una di noi."
Rimasi ferma senza girarmi. Sentii le lacrime scorrermi sul viso. Portai una mano alla guancia e sentii l'umido di quelle perle trasparenti.  Perché stavo piangendo? Forse perché in realtà volevo degli amici, desideravo un'amica e quelle parole non so, così semplici mi suonarono come una promessa. Mi girai e la vidi sorridere.
“A domani piccola Bells. Vedrai mi conquisterò la tua fiducia e ti dimostrerò che sono diversa da quelle che hai contrato fino ad ora.”
 Tornai a casa con la convinzione che dal giorno dopo sarebbe stato tutto diverso, un nuovo inizio e chissà, forse, senza accorgermene, avevo trovato anche dei nuovi amici. 

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Capitolo 4
*** Discoveries ***


Ciao a tutti!!! Spero che la lunghezza del capitolo sia accettabile. A causa delle mie mille idee e la limitata capacità di buttarle tutte nero su bianco, ho notatao che sarebbe stato meglio chiudere così questo capitolo, spero che coinvolga lo stesso chi avrà voglia di leggerlo!!! Buona lettura e sotto con i commenti costruttivi hahahah un bacio.



Il rumore della sveglia rimbombava senza sosta, martellandomi le orecchie. Allungai qualche volta la mano in cerca del pulsante, ma senza successo. Dopo molti tentativi vani, riuscì nella missione, facendomi tirare un sospiro di sollievo. I lunghi capelli castani inondavano il letto, scostai qualche ciocca dal viso e con due o tre sgambettate mi liberai dalle coperte. Amavo il mio nuovo letto, due piazze e mezzo e altissimo. Per salirci prendevo sempre la rincorsa. Scesi dal letto con un balzo, mi misi le ciabatte a forma di mucca e prima di avviarmi verso il bagno, con un gesto rapido e in dolore aprii le tende. La luce entrò prepotente inondando tutta la camera, i miei occhi, abituati da ore alla penombra, si chiusero di scatto. Pian piano li riaprii, i raggi li fecero brillare come topazi e i capelli svelarono il loro riflesso caramello chiaro. Arrivata davanti allo specchio, mi guardai attentamente, i capelli erano un disastro, per fortuna, avevo puntato la sveglia un’ora prima.  Accesi la doccia e passai una mano sotto l’acqua per trovare la temperatura giusta. Mentre lasciavo che il vapore si diffondesse nella cabina, mi detti un altro sguardo. Con il dito mi sfiorai le occhiaie. Oh queste? Poi ripensai alla nottata passata. Non avevo fatto altro che rigirarmi nel letto per ore, senza riuscire a prendere sonno. Dovevo decidere come avrei impostato da lì in poi la mia vita e non era una scelta facile, ma di certo non avrei lasciato che gli eventi mi sopraffacessero così. Quella stessa notte decisi che, sarei stata me stessa, senza nascondermi, senza celare il mio vero io. Dopo quella presa di coscienza, mi addormentai.
Finita la doccia, mi sedetti alla scrivania e presi il foglietto viola stropicciato. Con le mani cercai di stirarlo, ma le profonde pieghe non accennarono a sparire. Mi accorsi solo qualche minuto dopo che dalla cartella spuntava un altro foglio, era la lista dei club che mi aveva dato Kim. Lo presi e lo lessi.

LISTA CLUB 2015
  • CLUB DI BASKET (luogo: palestra)
  • CLUB DI GIARDINAGGIO (luogo: serra)
  • CLUB DI SCRITTURA CREATIVA (luogo: aula 1.03)
  • CLUB DELLE SCIENZE (luogo: laboratorio)
  • CLUB DELLE BELLE ARTI (luogo: aula 0.02)
  • CLUB DI MUSICA (luogo: sala prove/seminterrato)
  • CLUB DEL CINEMA (luogo: auditorium)
I provini e le ammissioni si terranno il giorno giovedì P.V. Le lezioni saranno sospese per tale giorno, per dare l’opportunità agli alunni di conoscere i vari club ed iscriversi. La giornata inizierà alle ore 8:00, come tutte le mattine, fino alle 16:00. Gli alunni potranno frequentare dagli 0 ai 2 club. Buona fortuna e scegliete con criterio. Per ulteriori chiarimenti, rivolgetevi al personale qualificato:
  • Direttrice
  • Delegato Nathaniel
  • Capi club
                                                                                                                                                                LA DIRETTRICE
                                                                                                                                                             Sophie Marie Dubois



Dopo un’altra rapida occhiata, lo rinfilai nello zaino e cominciai a prepararmi. I capelli erano ancora fasciati dentro un asciugamano celeste. Aprii l’armadio e presi la divisa. Adoravo le gonne e quindi, anche per quella mattina, lasciai i pantaloni nell’armadio. Le pieghe le davano un’aria frizzante, dopo avere indossato anche la camicia bianca ed essermela infilata dentro la gonna, feci qualche giro su me stessa. La gonna danzò. Aprii uno scomparto del cassettone per prendere un paio di calzini lunghi, alti fino al ginocchio. Anche quelli erano blu scuri, come il resto dell’uniforme. Non faceva freddo, ma presi anche un golf per sicurezza e me lo legai in vita. Le scarpe erano marrone scuro con un po’ di tacco. Ero bassina e quei centimetri in più, mi davano più sicurezza. Mi detti un altro sguardo allo specchio e poi andai ad asciugarmi i capelli. Quando scesi al piano di sotto, mi accorsi che la casa era particolarmente silenziosa. Arrivata in cucina, vidi un post it appeso al frigorifero, con scritto:
“Scusa Bells devo scappare. Ti ho lasciato dei soldi per il biglietto del bus. Buona giornata tesoro! Papà. “
"Accidenti a lui!"
Serrai il pugno in aria. Per quello scherzetto, gli avrei fatto cucinare la cena per una settimana. Non sapevo nemmeno quale bus portasse a scuola. Rassegnata feci spallucce. Uscita, decisi che, visto il mio anticipo, avrei tentato di arrivare a scuola a piedi. Dopo un tempo, che mi sembrò infinito, i palazzi e le case cominciarono ad assomigliarsi e niente mi dava l’idea di essere sulla strada giusta. Dopo 20 minuti che camminavo, decisi di chiedere indicazioni a qualcuno. Una signora anziana, seduta su una panchina, mi sembrò la persona ideale. Aveva un viso dolce, l’aria assorta in pensieri lontani. Le mani, consumate da una vita di lavoro, riposavano in grembo. I capelli grigi erano come fili d’argento al sole.
“ Scusi signora se la disturbo.”
Dissi con gentilezza. La vidi destarsi da quello che, mi parve, un dolce ricordo. Ero consapevole di averla bruscamente riportata alla realtà e mi dispiaceva, perché aveva un’aria così serena. Mi fece un sorriso di cortesia.
“ Mi dica signorina.”
 Disse lei dolcemente.
 “ Scusi, ma mi sono persa, dovrei arrivare al liceo Dolce Amoris mi potrebbe aiutare gentilmente?”
“Certo cara, non sei lontana, non ti preoccupare.”
 Nel giro di qualche minuto mi spiegò la strada. La salutai e la ringraziai per poi vederla tornare al suo dolce ricordo. Camminai e camminai, finché, una casa mi catturò. Era bellissima, sembrava una di quelle case da film. Lo stile era tipico delle case vittoriane, con tanto di colonne bianche all'entrata e due torri che si allungavano verso il cielo. Rimasi a bocca aperta. Poi delle urla mi distolsero dall'ammirare quella meraviglia dell’architettura. Vicino al vialetto, che portava alla casa, poco distante da un muretto di gelsomini in fiore, c’era un uomo che menava le mani in aria e sputava parole d’odio a quello che, mi sembrava un ragazzo, forse suo figlio, pensai. Poi lo vidi, capelli rossi fuoco. Era Castiel. Non credevo ai miei occhi. Non saprei descrivervi la sua espressione, un misto di odio e finto menefreghismo, il tutto incorniciato da un sorriso di sfida. Suo padre lo aveva afferrato per il collo della giacca e lo strattonava. Le mie gambe cominciarono a muoversi, ma il cervello non aveva ancora realizzato. Vidi l’uomo stringergli con forza il collo ed alzare una mano, come per colpire. Lo sguardo di Castiel cambiò, era scioccato, ma non per lo schiaffo imminente, no. Mi vide. Senza nemmeno accorgermene ero in mezzo a loro. BAMM!! Qualche attimo dopo, sentii uno strano bruciore al viso. Persi l’equilibrio. Ero pronta a sentire l’impatto con il terreno, a sentire il mio corpo cadere a terra, ma ciò che sentii fu il calore di un altro corpo, il battito di un cuore che stava battendo forte. E qualcuno che urlava il mio nome. “Bells, Bells!”





 

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Capitolo 5
*** Start ***


Quando aprii gli occhi, portai rapidamente una mano alla guancia, faceva male. Una sensazione di bruciore mi pungeva la pelle liscia, una macchia rossa avvampò sulla pelle chiara.  “Ahia!!” Esclamai scioccata. Non avevo il coraggio di alzare gli occhi. Sentivo il cuore martellarmi nel petto, ma non era l’unica vibrazione che sentii, ce ne era un’altra. Poi presi consapevolezza. Ero nell'abbraccio di qualcuno. Mi voltai e lo vidi, Castiel mi aveva attutito la caduta, mi affrettai a liberarmi di quelle braccia saltando in piedi. I suoi occhi grigi mi fissavano, scrutandomi da cima a piedi, fino a soffermarsi sulla guancia. Lo vidi fare una smorfia e tirarsi su con fare lento e calcolato.  “Brutta mocciosa, perché ti sei messa in mezzo?” L’uomo da cui era partito lo schiaffo mi stava fissando con occhi a fessura. Cercai di parlare, ma il ragazzo accanto a me, mi prese per la mano e cercò di tirarmi via. Senza nemmeno pensarci mi rivolsi all'uomo in abito scuro elegante.
Ero pronta a sentire il suono delle mie parole, ero piena di rabbia e sgomento, non stavo più ragionando, ma non sentii nulla. Castiel mi aveva messo una mano sulla bocca e mi aveva sollevata in collo, mi stava portando via. Ma come si permetteva? Liberatami dalla sua presa sulla mia bocca cominciai ad urlare.  “Mettimi giù ma che fai? Smettila!! Ora gliene dico due a quel vecchio pomposo.” Sgambettai all'impazzata, finché, lontani, Castiel si fermò. I suoi occhi erano profondi, intensi, mi sentii inghiottita da quel grigio. “Ma che ti è saltato in mente? Perché ti sei messa in mezzo? Non erano affari tuoi!!” Mi stava davvero rimproverando? “Qualcuno lo doveva fare. “ Cercai di evitare il suo sguardo, alla fine aveva ragione, perché mi ero messa in mezzo? Non mi riguardava la cosa, non lo conoscevo nemmeno.
Senza accorgermene si avvicinò, con una mano mi sfiorò delicatamente la guancia arrossata. Sussultai a quel contatto e per sfuggirne, cominciai a ridere come una stupida. “Non è niente tranquillo, hai ragione, non erano affari miei, forse sono irrecuperabile, per quanto provi a tenermi fuori dagli affari degli altri non ce la faccio. Sono una vera scocciatura.” La mia voce era un calare e un crescere di tono, la voce mi stava tremando. Lo vidi  ritirare la mano, come se avesse paura di farmi male. “ Ma chi è quel..” Quando tornai a guardarlo era troppo tardi stava tornando verso l’uomo, cercai di andargli dietro, ma aveva già afferrato, quello che avevo supposto fosse suo padre, che nel mentre, stava facendo una telefonata. Senza pensarci gli sferrò un pugno lasciandolo a terra. L’uomo aveva una faccia scioccata, come se quella fosse l’ultima reazione che si sarebbe mai aspettato da quel ragazzo.
Tornò indietro a passi decisi, massaggiandosi le nocche arrossate e senza fermarsi mi prese per mano e mi tirò verso quella che, immaginai fosse la strada per la scuola.
Mentre mi lasciavo trascinare, sentii la sua presa sempre più forte. “Tutto bene?” bofonchiai. “Non sono io quello che si è preso uno schiaffo. Stupida. Smetti di preoccuparti per me.” “Non so chi era quell'uomo, e non conosco le sue ragioni, ma non è giusto che ti tratti così.” Guardavo a terra più perché non vedesse il mio viso rosso dall'imbarazzo, che per guardare dove mettessi i piedi in quella camminata affannosa. “Perché hai reagito solo quando mi ha colpita? Non stavi facendo nulla per impedire che colpisse te.”
Non disse nulla. Dopo poco arrivammo davanti a scuola e anche se tutti cominciarono a guardarci per quel contatto proibito, lui non mollò la presa.
Cercai di divincolarmi, ma non potevo far nulla. "Lasciami. Lasciami, ti prego." Lo supplicai sentendomi tutti quegli occhi addosso, ma non mi considerò nemmeno, continuò a camminare. Arrivati davanti ad un distributore di bevande, lasciò la presa e comprò una bottiglietta d’acqua fresca e me la mise dolcemente sulla guancia. Ci sedemmo su di una panchina lì vicino. Ormai non mi faceva più male ed ero abbastanza sicura che non fosse nemmeno più arrossata, ma in compenso, le mie emozioni, mi stavano giocando un brutto tiro, facendomi avvampare. Il silenzio mi stava facendo impazzire. Non riuscivo a guardarlo in faccia, ma cercando di non farmi vedere, provavo a sbirciare la sua espressione. Aveva sempre quell'aria tenebrosa, l’aria di chi aveva solo pensieri negativi in testa, ma in quel momento, per un secondo, lo vidi cambiare espressione, era sollievo. “G-grazie.” Cercai di apparire più naturale possibile. “Non devi ringraziarmi, anzi per colpa mia ti sei presa una bella botta, hai avuto la prova di quello che dicono tutti…” Sapevo cosa dicevano, ma feci finta di nulla. “E cosa dicono tutti?” Sapeva benissimo che in quella scuola le voci giravano veloci, specialmente quando c’erano problemi interni, come quelli che regnavano sovrani lì. “Che porto solo guai, ma fa niente, il legami ti affondano, ti soffocano, star da soli ti rende migliore, in tutto.”
Solo in quel momento capii quanto mi sbagliassi a voler tenere un profilo basso, senza farmi amici, erano gli stessi pensieri di quel ragazzo dai capelli rosso acceso, un ragazzo che, come me, aveva sofferto e aveva eretto un muro verso tutti. “Sono io che mi sono intromessa, tu non c’entri nulla, e sono felice di averlo fatto, perché penso di aver visto un lato di te nuovo, un lato che mi fa venir voglia di esser tua amica.”
Il suo sguardo era controllato ora, mi fissò, come per soppesare le mie parole. Quello sguardo m’inchiodava, eppure a quanto pare, per lui, non era lo stesso. “Sei proprio un mistero te, appena penso di averti inquadrato, mi sorprendi.” Io che sorprendevo qualcuno, questo sorprendeva me. “Bè lo prendo come un complimento, alla fine non essere scontati dovrebbe essere un pregio.” Gli feci un sorriso, forse il primo che facevo dopo tanto tempo. Lo vidi arrossire, no, non poteva essere vero, un tipo come lui non era suscettibile a certe cose come un sorriso, specialmente se veniva da una persona goffa come me.
“Non essere scontati può essere un’arma a doppio taglio per chi ti sta intorno, il non riuscire a capire cosa ti passa per la testa o quale sarà la tua prossima mossa può mandare in crisi.” Rimasi sconcertata da quella frase, non mi ero mai vista come un mistero da svelare. Comunque in quel momento capii che volevo essere amica di quel ragazzo, volevo aiutarlo e sostenerlo, un pensiero strano, sicuramente, ma era genuino e veniva dal cuore. Sapevo che non sarebbe stato facile, ma alla fine, non ero portata per la semplicità.
“Posso chiederti solo una cosa?” Domandai un po’ timorosa. “Cosa?” Mi rispose mentre si accendeva una sigaretta. “Chi era quell'uomo? Tuo padre?” La domanda non lo scomodò più di tanto, forse perché era naturale chiederlo dopo quello che era successo. “Sei insistente piccoletta.” Mi guardò dritta negli occhi e quel suo sguardo un po’ mi fece vacillare. “Sono un osso duro ormai pensavo che l’avessi capito.” Mi feci coraggio, volevo saperlo. “Un osso duro eh…” Buttò fuori il fumo, per poi farmi un sorriso sghembo. “Non cambiar discorso, se non mi vuoi rispondere basta che me lo dici.” “Anche se decidessi di non dirtelo, qualcosa mi suggerisce che continueresti lo stesso a ficcare il naso.” Fece un altro tiro. “Probabilissimo.” Confermai. “Era mio zio, non mio padre. E’ il mio tutore.”
Rimasi sorpresa, non so perché ero arrivata a quella conclusione, che l’uomo fosse suo padre, ma perché lo trattava così? Perché i suoi genitori non facevano niente? Volevo fargli mille domande, ma sapevo che non potevo tirare la corda più di quanto avevo già fatto. “Avrai dei problemi per quel pugno?”
Lo vidi sospirare. “Dopo che ha alzato le mani su una ragazzina? Non penso proprio che avrà il coraggio di proferire parola di questa storia in futuro.” Effettivamente, ripensandoci, anche se mi ero messa io nel mezzo, nulla toglieva che aveva tirato uno schiaffo ad un’adolescente. “Ma te, quando tornerai a casa?” Mi appoggio una mano sulla testa, fece una leggera pressione che mi obbligo ad abbassare lo sguardo, quel tanto che bastava per togliermi la visuale del suo volto. “ Te lo ripeto, ti preoccupi un po’ troppo per me, non mi conosci nemmeno, non sai neanche se sono degno di esser difeso. Sei proprio una ragazzina buffa.” Sorrisi, la mia faccia era coperta dai capelli e sapevo che quel sorriso non gli sarebbe arrivato, ma mi venne spontaneo, perché, dal suo tono, percepii del buon umore. Gli aveva fatto piacere che qualcuno, per una volta, si fosse preoccupato per lui, ed io ero felice.
Dopo qualche minuto di silenzio, buttò la sigaretta a terra e la spense con il piede. Mi salutò e se andò, l’unica cosa che disse fu. “Abbiamo dato spettacolo oggi, chissà che voce girerà adesso. Forse che eravamo su questa panchina per un appuntamento. Chissà che scandalo, non solo una della normal class con uno della pro class, ma la nuova arrivata con il diavolo della scuola. Cara Bells sei su una brutta strada, sicura di volerla percorrere?” Senza pensarci un secondo scattai in piedi. “Sicurissima!!”

ANGOLO AUTRICE:
Salveeee, eccovi un altro capitolo de "La formula perfetta". Spero che vi piaccia, aspetto i vostri commenti, grazie mille ancora a tutte le persone che mi seguono o che hanno iniziato a seguirmi, per quelle che mi hanno sostenuta e incoraggiata.. Grazie, grazie mille davvero!!!!

 

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Capitolo 6
*** Handshake ***


 
Mi avviai verso l’aula.  Avevo avuto un inizio giornata, abbastanza movimentato, ma qualcosa dentro di me mi diceva che non era ancora finita. Sentii il rumore di un armadietto sbattere così forte, da forzarmi a girare la testa verso la fonte. Una biondona mi stava fulminando con lo sguardo, i suoi occhi celeste ghiaccio, mi fecero provare uno strano brivido. Si avvicinò a passo deciso, ancheggiando a ritmo del suono dei suoi tacchi firmati.
“Tu.” Sentenziò. “Io.” Puntualizzai curiosa. “Non fare la spiritosa, non mi sembra proprio il caso.” Ero abbastanza confusa dalla sua frase, ma provai ad assecondarla, curiosa di sapere dove voleva andare a parare. “Ciao Ambra, piacere di conoscerti anche per me è un piacere, ecco come dovrebbe essere una prima conversazione tra persone normali.” Non mi ero scordata di come aveva trattato quel ragazzo kentin, e sicuramente aveva sbagliato mattinata per importunarmi. “Senti mezzo manico di scopa, apri bene le orecchie, questo non è un piacere né per me né tanto meno per te.” Tutti i torti non li aveva, una cosa sensata l’aveva detta, e grande blondie, aspettavo il seguito con impazienza. “Sono d’accordo, visto che non è un piacere, dimmi pure, ho fatto qualcosa che ha infierito sul tuo fragile umore?” Fece una smorfia. “Simpatica la ragazza. Comunque nuova arrivata apri bene le orecchie, qua ci sono delle severe regole per quanto riguarda i ragazzi e se vuoi avere una lunga e felice vita in questo liceo ti conviene rispettarle.” Regole sui ragazzi?  Pff, ero su candid camera? Mi faceva una paternale come nei film? Assurdo, erano tutti pazzi. “Sul regolamento scolastico non avevo letto niente di tutto ciò, deve essermi proprio sfuggito, ma prego illuminami.” La sua faccia si stava contorcendo in maniera molto inquietante, per un secondo pensai che le sarebbe uscito del fumo nero dalle narici. “Senti essere inutile che non sei altro, Catiel è già occupato.” Quella frase mi colpì, non mi ero ancora soffermata sul chiedermi se il rosso avesse una ragazza, forse perché dal suo atteggiamento e dalle sue parole non mi era sembrato quel tipo di persona, però io non ero interessata a lui sotto quel punto di vista e non avevo fatto niente di male. “Sono felice per lui e questo in che modo mi riguarderebbe? Immagino che tu non veda l’ora di dirmelo.” Finché lei rimaneva sul piede di guerra non potevo cedere. “Facile, ti ho vista parlare prima con lui, stagli lontana, lui sta con la mia amica Debrah!” Ah, quindi era fidanzato, non che la cosa mi dovesse sorprendere, alla fine, era un bel ragazzo, era un dato oggettivo, ma non so perché sentii una strana fitta alla bocca dello stomaco, un fastidio. “Non mi sembra di aver fatto niente di male e per questo non smetterò di parlarci, se la tua amica ha qualcosa in contrario che me lo venga a dire in faccia, o meglio ne parli con il suo ragazzo.” La stavo facendo proprio arrabbiare. “ Tu, piccola…”
“Che succede qua? Ambra o mio dio che hai fatto alla faccia?” La bionda sbiancò. “ Perché? Che ho in faccia?”
Kim fece finta di osservarla. “Hai il trucco sbafato, non è da te.” Senza far passare nemmeno due secondi aveva già lo specchietto fucsia in mano e con sguardo severo si scrutò attentamente. “Il trucco! Il trucco! Devo sistemarmi il trucco.” Veramente stava dando di matto per un po’ di trucco sbafato? Poi guardandola attentamente notai che era tutto perfetto, non le pendeva un pelo, la matita celeste era perfettamente applicata nella parte inferiore, il rimmel dato con cura le incurvava le lunghe ciglia, il rossetto di un rosa pallido si adattava alle curve delle sue labbra facendole risaltare, forse ero una pivella in quel campo, ma realmente non vedevo niente che non andasse.
“Grazie kim.” Poi prima di andarsene in bagno per un restyling completo si girò verso di me con occhi a fessura. “E per quanto riguarda il discorso di prima, fai attenzione, non sai in che guai potresti incappare.” Mi stava minacciando! Ciliegina sulla torta. Incredibile, nemmeno due giorni in quella scuola e avevo già un’ arci nemica, incredibile. Non ero proprio migliorata con i rapporti interpersonali. Appena Ambra se ne andò mi girai verso Kim per ringraziarla, aveva messo su quel diversivo per aiutarmi. “Grazie kim, mi hai proprio salvata.” Il suo sguardo mi stava scrutando a fondo. “ Che c’è? Ho anch’io il trucco sbafato?” Dissi scherzando. “Devi stare attenta a quello che fai. Ha ragione lei, non sai in che guai potresti cacciarti.” Ecco un’altra bella sorpresa. “ Ti ci metti anche te ora? O non volevi diventare mia amica? Cos’è tutta quest’ostilità?” la vidi rilassarsi un po’. “Scusa, non volevo fare Ambra due la vendetta, ma ho saputo di quello che è successo prima, sei arrivata a scuola con Castiel!! Ti rendi conto di quanto sia scioccante la cosa?” Allora era vero che al liceo le voci circolavano con una velocità fuori dal comune. “E questo sarebbe un problema? Non che siano affari degli altri, ma ci siamo incontrati sulla strada per venire a scuola, niente di più.” La vidi che cercava le parole per dirmi qualcosa. “Ma lui è della pro class Bells, che ti piaccia o no, qua funziona così, è una cosa innaturale andare d’amore e d’accordo con loro. Figuriamoci con Castiel!” Mi sentivo confusa, ma Ambra non stava con Kentin che era della pro class? “ E perché questo discorso dovrebbe valere per me e non per Ambra? Io ho scambiato due parole con Castiel, lei ci si era fidanzata con Kentin ti vorrei ricordare e tutto per arrivare ad un certo Lysandre che suppongo sia della pro class.” Vedevo che la sua faccia, stava diventando insofferente perché, secondo lei non coglievo il senso del suo discorso, ma andava davvero contro tutti i miei principi accettare una divisione così netta. “Bells, non calcolare ciò che fa Ambra e il suo gruppetto, loro sono un caso a parte, Ambra è la nipote stupida della preside, gode di benefici che tu nemmeno immagini e anche quelli della pro class sono, entro i limiti, accondiscendenti con loro, proprio per questa parentela, se continui così rischi di mettertele contro e fidati non va mai bene quando ti metti contro quelle arpie. Ti prego promettimi che starai attenta.” Non potevo prometterle che non avrei più parlato con kentin o Castiel, ma potevo prometterle, giocando sulle sue parole, che avrei fatto attenzione. “Te lo prometto.” Dopo aver chiarito quella faccenda, ci accorgemmo del tempo che era scorso, se non ci fossimo sbrigate, avremmo finito per arrivare tardi a lezione e onestamente, un altro ritardo, era l’ultima cosa che mi serviva. Per tutta la lezione di Storia pensai e ripensai a tutto quello che era successo, tutto ciò che mi uscì, fu uno sbuffo. “Spero di non annoiarla signorina..” Fece una pausa. “ Hathaway.”
Sentire il mio cognome mi fece sussultare sulla sedia. “Scusi qual era la domanda?” I compagni scoppiarono in una risata collettiva. Avevo detto qualcosa di divertente? “Silenzio, silenzio ragazzi. Le ho chiesto signorina se in qualche modo la stavo annoiando.” O-oh, fantastico. “No, certo che no professoressa.” Ci fu un’altra risata di gruppo, dovevo essere proprio spiritosa, un dono innato visto che non mi stavo nemmeno impegnando. “ Silenzio per cortesia. Visto che allora a me sembra tutt’altro perché non ci dice lei qualcosa sulla preistoria.” Stava scherzando? Mi voleva punire con una domanda di programma così semplice e banale? Non mi sembrò il caso di chiedere conferma quindi cominciai.
“La preistoria viene convenzionalmente suddivisa in periodi rientranti in due diverse fasi: nella prima fase detta preistorica, ritroviamo il dominio delle tecniche litiche, dal greco lithikós, che deriva da líthos ‘pietra’, quindi ricomprende tutti gli oggetti di pietra lavorati dall’uomo. All’interno di questa fase abbiamo: l’ Età della pietra, paleolitico, paleolitico inferiore…” Era un gioco da ragazzi per me, avevo letto così tanto su quell’argomento che nemmeno la mia memoria fotografica mi serviva per ricordarmi ogni singolo passaggio, progresso o dettagli di quella parte della storia. “Va bene signorina, vedo che, nonostante il suo scarso interesse per la lezione, il suo interesse per la storia non ne risente, la pregherei però, da ora in poi a prestare un po’ più di partecipazione alla lezione.” Senza far partire nuove discussioni, non protestai. “Certo professoressa, mi scusi.” Dopo quel fatto, l’ora volò. Quando uscì dall’aula la professoressa Gwendel mi fermò. “ Hathaway, aspetti un secondo.” Mi sentii pietrificare, voleva farmi una ramanzina anche a porte chiuse? Feci cenno a Kim e Violet di non aspettarmi, ma loro insistettero per rimanere fuori dalla classe. “Mi scusi professoressa per prima.” Il suo viso era vecchio e stanco, ma era incorniciato da un sorriso che mi mise a mio agio. “Non si preoccupi, non è successo nulla di grave, non è per questo che l’ho fermata, ho notato che lei è molto ferrata sull’argomento, immagino che non sia una coincidenza, che non sia ristretto solo a quest’argomento la sua preparazione scolastica giusto?” In effetti, non aveva tutti i suoi torti, sicuramente aveva dato anche una sbirciata al mio dossier, l’aveva fatto Kim che non doveva averne accesso, figuriamoci un professore. “Si, professoressa, diciamo che la mia preparazione va ben oltre il programma scolastico.” Cercai di minimizzare. “Il programma scolastico di quest’anno o dell’intero ciclo di studi liceali?” Beccata! “Professoressa, io ho fatto un accordo con la scuola perché non si venisse a sapere..” “Che cosa?” Mi domandò lei. “ Che hai un dono? Che sei molto dotata e brillante?” “Diversa” la corressi io. “Lei sa che noi qui abbiamo una sezione apposta per le persone come lei vero?” “ Si, professoressa, ma preferirei rimanere nella normal class, in passato le mie vicende con il “socializzare” con persone “normali” non è mai andato a buon fine e per una volta, mi piacerebbe vivere come una normale adolescente. Mi scrutò per qualche secondo e poi non so, forse appurò che le mie parole erano sincere, che il mio disagio era reale. “ Ok signorina  Hathaway, non insisterò, ma le do un consiglio, non nasconda quello che è per paura, spesso è meglio sbagliare ed affrontare ciò che la vita ci mette sul cammino con il nostro vero io che con una maschera, che sicuramente, prima o poi ci rimarrà stretta. Quelle parole non erano facili da recepire, ma avevo capito perfettamente cosa intendeva, ma ero sicura della mia scelta, quello che non poteva sapere lei è che ero decisa a cambiare la situazione di divario di quella scuola, non mi sarei più nascosta, avrei accettato la richiesta di Kim. “ Grazie professoressa Gwendel. Buona giornata.” “ Buona giornata anche a te cara. E sappi che sono molto felice di averti nella mia aula.”
Mentre me ne stavo andando feci un sorriso, che professoressa simpatica.
“Allora? Che ti ha detto? Tutto bene?” La voce di Kim perennemente preoccupata per me, mi faceva piacere, era diventata il mio angelo custode al liceo. “Si, tutto bene Kim, grazie.” Dopo il mio sorriso la vidi tranquillizzarsi. “Che ti ha detto la Gwendel?” Prima di rispondere posai il mio sguardo su Violet che stava disegnando qualcosa, seduta a terra, con la massima concentrazione. Chissà cosa stava creando. Non avevo mai visto ancora un suo disegno. “Niente di che, era curiosa di sapere perché non fossi nella pro class.”
“Mica ti voleva convincere a trasferirti lì.” Scossi il capo. “No, no tranquilla e comunque non avrei la minima intenzione di lasciarvi.” Sospirò, come per liberarsi dalla tensione. “Menomale.” Cercò di puntualizzare subito. “Non perché ci servi, te l’ho già detto rispetto la tua decisione, è che mi sto affezionando a te, piccola attira guai.” Mi misi a ridere. “Tranquilla Kim, anzi ho deciso che vi aiuterò, ma non per il motivo che pensi te, voglio cambiare le cose qua dentro, voglio combattere questo sistema perverso.”
“Sei proprio senza speranza te eh, lo accetto, e non so se ho preso una botta in testa o che altro, ma mi fai venir voglia di aiutarti, seguirti in questa missione impossibile.”
Una vocina timida si fece sentire. “Bells ce la farà, me lo sento.” Violet mi stava sorridendo, i suoi occhi luccicavano di speranza, mi fece sciogliere, era così carina e dolce che ti veniva voglia di strapazzarla. “Grazie Violet per il sostegno!”
“Allora da dove cominciamo rivoluzionaria?”
“Iscriviamoci ai club e formiamo un gruppo studio, vi aiuterò a battere la pro class agli esami di metà anno.”
Kim si mise una mano sul fianco e l’altra la portò in alto stretta a pugno. “Sarà fatto capitano!” Scoppiammo a ridere, una risata vera e piena di gioia.
Alla fine riuscii a vedere anche il disegno di Violet, c’eravamo io e Kim che ci stringevamo la mano. La nascita di un’alleanza, la nascita di un’amicizia che sperai non si rompesse mai.

Angolo autrice:
Ecco qua nel giro di 24h un altro piccolo capitolo, così bilancio con il tempo la lunghezza!!! Spero che vi piaccia come sta procedendo la storia che vi stia incuriosendo il susseguirsi degli eventi. Grazie mille!!!!

 

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Capitolo 7
*** Partnership ***


 “Tutto ciò che chiamiamo reale è fatto di cose che non possiamo considerare reali” Niels Bohr.

Quella mattina mi svegliai di soprassalto, non era una mattinata come tutte le altre per quanto all’apparenza potesse sembrarlo, non solo avremmo scelto i club, ma avremmo anche formato il gruppo studio che avrebbe sfidato la pro class agli esami di metà semestre. Infatti, i club, per tradizione, erano il luogo in cui gli alunni si potevano allenare per prepararsi alla grande battaglia intellettuale. Il grande evento del liceo Dolce Amoris.
Mi svegliai presto e decisi di andare  a scuola a piedi, ciò fu una sorpresa notevole per mio padre che, sorseggiando la sua tazzona di caffè, mi guardò sorridendo, mentre mi catapultavo fuori dalla porta. Sicuramente fu un bello spettacolo per lui che non era abituato a vedermi nella veste della ragazza intraprendente che correva per andare a scuola e potrei giurare di averlo sghignazzare sotto dei folti baffi di schiuma.
Camminavo spensierata per la strada contornata da case di ogni misura e colore. Lo zaino pressoché vuoto rimbalzava sulla mia schiena a causa dei piccoli saltelli che creava il mio passo allegro. Ero felice, stavo riuscendo davvero a spezzare quel turbinio di eventi che in ogni scuola mi portava ad essere l’emarginata di turno. Stavo facendo amicizia con persone poco convenzionali, ma che mi piacevano proprio per questo. Kim e Violet erano due opposti: la prima esuberante e impulsiva che si faceva trasportare dai desideri e dalle occasioni che la giornata le offriva, mentre la seconda era timida e introversa, ma con uno spirito d’animo puro che ti contagiava. Violet non parlava molto, ma quando lo faceva non era mai a caso.
Passai davanti a casa di Castiel, non so bene perché, ma il mio sguardo si soffermò più del dovuto sulla sua casa, fu un gesto inconsulto e appena me ne accorsi distolsi velocemente lo sguardo e scattai in avanti. La situazione sembrava apparentemente calma, nessuna forma di vita mi saltò agli occhi. Dovevo ammettere che mi sarebbe piaciuto incontrarlo, così avrei potuto approfittare di quei metri per conoscerlo un po’ di più. Mi intrigava, era innegabile, ancora non sapevo in che maniera, ma volevo scoprirlo, mentre scoprivo lui. Anche quest’ultimo era una delle nuove conoscenze fatte, lui , sicuramente, era quello che rispecchiava più di tutti l’aggettivo “poco convenzionale”, si perché quel ragazzo era un misto di emozioni e situazioni contorte ed imprevedibili. Volevo essere sua amica è vero, ma la sua presenza mi scatenava emozioni bene diverse da quelle che provavo quando stavo con Kim o Violet.
Continuai a camminare e quando mi ritrovai a pochi passi dalla scuola vidi l’ammasso di capelli rossi spuntare vicino ad un albero, stavo per alzare il braccio per salutare la persona che sapevo portava quel colore così assurdo, quando notai che non era solo. Come una ladra mi spostai verso il bordo della strada  e stando attenta a non farmi notare cominciai ad avvicinarmi tenendo sempre davanti a me un tronco d’albero. Non so bene cosa mi prese in quel momento, ma di sicuro, con il senno di poi, sarebbe stato meglio se avessi continuato a camminare.
Non sentivo ancora cosa si stessero dicendo, ma non potevo avvicinarmi più di quanto non avessi già fatto. Cercai con la testa di scorgere meglio la scena, se qualcuno mi avesse vista in quel momento mi avrebbe presa per pazza, o forse lo ero per davvero. Una ragazza dalle sinuose forme aveva messo Castiel spalle al muro. Parlava agitata, lo si poteva notare dalle sue gesta e dalle sue smorfie. Ero dannatamente curiosa di sapere cosa si stessero dicendo, per vedere anche come il rosso si comportava con le altre persone, e a maggior ragione con una ragazza. Mentre cercavo di seguire la sequenza di quella conversazione, che non mi apparteneva, vidi le mani di Castiel prenderle i polsi, sussultai per quel loro contatto. La ragazza invece di indietreggiare si buttò su di lui appoggiando il mento sulla spalla del ragazzo. In quella posizione il suo sguardò inevitabilmente puntò nella mia direzione. Ero sicura che la ragazza mi avesse visto, fu una frazione di secondo, un attimo, i suoi occhi si socchiusero a fessura, mi guardò in una maniera agghiacciante e senza staccarmi gli occhi di dosso si staccò da quel contatto e bacio il rosso. Non so come continuò perché distolsi lo sguardo sentendomi mancare il fiato, il cuore mi batteva forte nel petto, avrei voluto correre a casa, ma non potevo. Perché faceva così male? Le mani che erano cadute lungo i fianchi si serrarono sui lembi di stoffa della gonna. Feci un respiro e decisi di rimettermi in marcia, volevo arrivare al cancello, buttarmi nella chiassosa routine scolastica, tutto pur di spengere quella strana sensazione che mi stava attanagliando il petto. Tornai sui miei passi. Cominciai a marciare sull’asfalto grigio e a grandi passi li sorpassai mirando al cancello. Vidi con la coda dell’occhio Castiel spostare la ragazza e urlare il mio nome, ma non mi fermai. Non ce l’avrei fatta a nascondere la mia tristezza, sapevo che era ingiustificata, come minimo quella era la sua ragazza, che diritto avevo io di arrabbiarmi?  
Con pochi passi mi raggiunse.
«Bells sei sorda? Ti stavo chiamando.» Non riuscivo a guardarlo in faccia. Che stupida che ero.
«Bene, che c’è?» Il mio tono era palesemente guerrigliero.
«Ti puoi fermare due secondi?» Perché mi voleva parlare proprio in quel momento? Non poteva starsene con la sua bella ragazza?
«Sono di fretta» cercai di chiudere il discorso, ma non voleva proprio lasciarmi andare.
«lo vedo»
«Bene» puntai i piedi a terra fermando la mia corsa verso il cancello.
«Visto che sei perspicace, posso andare?»
«Certo» fece una pausa, cercando di guardarmi in viso, ma il mio sguardo era puntato a terra, lontano da quegli occhi grigi che sapevo mi avrebbero scoperta.
«Comunque non è come pensi» Cosa dovevo pensare? Sembrava una frase tipo: “non fraintendere”, ma non c’era niente da fraintendere, avevo accidentalmente assistito ad una scena amorosa tra due fidanzati. Che problema avevo? E che problema aveva lui? Perché era lì a giustificarsi con me?
«Perché dopo nemmeno due giorni che ci conosciamo sai già cosa penso?»
“Bells calmati” me lo ripetevo come fosse un mantra.
«Non intendevo questo. Fai la difficle ora?» Ah certo, ero io quella difficile? Non lui che si era spacciato per il povero ragazzo solitario, abbandonato da tutti?
«Lascia stare»
«Non voglio lasciar stare» Io invece si, volevo andar via, non comandavo più le mie emozioni.
«Ehi tutto bene?» La voce di Kim spezzò quella discussione senza senso, fatta di frasi lasciate a metà e di pensieri troppo confusi per essere espressi a parole.
«Si, tutto bene grazie Kim, andiamo?» Cercai di tagliare corto senza degnare di uno sguardo il mio ormai, ex interlocutore.
«C-certo» era abbastanza perplessa per quella strana scena, ma per fortuna mi assecondò e ci incamminammo insieme verso la piccola Violet che ci stava aspettando al cancello. Kim era con lei, ma vedendomi arrivare a passi pesanti con Castiel a seguito aveva pensato bene di venirmi incontro per mia fortuna.
Kim guardò Castiel allontanarsi irritato e poi con sguardo curioso guardò me, come se fossi un fenomeno da baraccone.
«Che c’è?» dissi un po’ astiosa.
«Nulla» disse lei mettendo le mani avanti.
«Sputa il rospo» Cominciavo a conoscere gli sguardi di Kim, sapevo che stava fremendo per dire ciò che pensava.
«Sei così intelligente, eppure, nemmeno qualche giorno in questa scuola e ti sei già incasinata»
«Non sei simpatica»
«Volevo essere sincera, non simpatica» mi fece una linguaccia e mi posò un braccio sulle spalle. Stava cercando di sdrammatizzare quella situazione.
«Dai piccola Bells, non ti preoccupare. Benvenuta al Dolce Amoris qua funziona così» si mise a ridere. Per qualche minuto avendo sia Kim che Violet al mio fianco non mi sentì sola, quasi fossi al sicuro.
La scuola era completamente diversa dal solito, era una festa in ogni angolo: striscioni colorati si stendevano da albero ad albero, tavoli a perdita d’occhio, con tovaglie disegnate e scritte pubblicizzanti il proprio club, cartelloni con slogan e stemmi identificatori. Era tutto magico. Le urla e gli schiamazzi degli alunni erano musica, una felicità e una spensieratezza che ti avvolgeva e coinvolgeva senza riserve.
«E’ stupendo » borbottai stupita.
«Uno dei migliori momenti di questo liceo effettivamente. Vero Violet?»
 La piccolina dai capelli viola era sparita. Kim ed io la cercammo freneticamente con lo sguardo, ma attraverso tutta quella baraonda era difficile scorgerla, poi il suo album da disegno, suo segno distintivo, spuntò su di una gradinata lì vicino. Ci avvicinammo sorridendo vedendola immersa nel suo hobby preferito. Lo facemmo senza fiatare, immaginando che sapesse benissimo che eravamo noi. Ci sedemmo accanto a lei scrutando il suo lavoro: il disegno ritraeva il grande prato in festa, un dettaglio dello schizzo mi colpì. Una persona, non ancora definita, sedeva sotto il mio albero preferito. Alzai gli occhi e lo vidi, Castiel se ne stava in disparte come sempre, ma un altro ragazzo gli si avvicinò. L’avevo già visto il primo giorno di scuola, quando urtai il rosso.
«Chi è quello?» Chiesi a Kim indicando con un gesto della testa il ragazzo dai capelli argentei.
«Lui è il fratello della professoressa Rosalya, Lysandre, l’obiettivo di Ambra per farla breve»
“Ah, quindi è lui il famoso Lysandre»
anche se non era lui la vera fonte del dolore di Kentin, mi suscitò lo stesso un misto di rabbia, ma forse, semplicemente, ero arrabbiata con il suo caro amico rosso. Kim continuò a parlare.
«E’ molto particolare, infatti, è il miglior amico, se non l’unico amico, di Castiel»
“Dice di essere tanto solo quel peperone, ma tra miglior amico e ragazza sicuramente non è così solitario come si dipinge» ero arrabbiata perché mi si era presentato in una certa maniera, ma come tutti non era reale, pensavo di aver trovato una persona che potesse capirmi per davvero, sincera e invece…
A quel termine Violet da buona pittrice alzò lo sguardo su di me.
“Ciò che si dipinge spesso non è la realtà, insomma, ogni dipinto ha la definizione che gli attribuisce l’osservatore di turno, ma ciò non fa del pittore un bugiardo.” E tornò a disegnare senza accorgersi dello sgomento che aveva lasciato. Delle volte Violet sembrava completamente estraniata dal mondo, ma quando parlava così, centrando il punto della situazione con poche parole, ero convinta che capisse molto più di tutti noi.
La mia mente si rifiutava lo stesso di vederlo come il ragazzo bisognoso di essere salvato, era come tutti gli altri ed io mi sentivo una stupida.
«Veni Violet andiamo a far conoscere a Bells il gruppo»
«Andate avanti voi, vi raggiungo dopo, vorrei finire il disegno se non vi dispiace»
«Ok, tanto sai dove siamo»
Ci incamminammo. Ero curiosa, ma allo stesso tempo un po’ spaventata, chissà se mi avrebbero accettata.
«Come sono queste persone? Sicura che mi accetteranno?»
«Non ti preoccupare gli piacerai, solo che ci sarà anche qualcuno che già conosci»
Aprii la porta e ciò che vidi non mi piacque per nulla. Ambra se ne stava seduta su di un banco con le gambe accavallate e una mano che poggiava sul legno lucido per tenersi in equilibrio in quella posizione che pensai non dovesse essere comodissima. Era in un equilibrio precario per far apparire ogni punto del suo corpo nella giusta prospettiva: sensuale e perfetto, mentre con l’altra mano gesticolava come Shakira in uno dei suoi video musicali in stile latino.
Feci un passo indietro: «lei. Lei no Kim, cavolo!»
Mi afferrò per un polso.
«Ci sono io, non ti preoccupare. Non possiamo cacciarla, la preside vuole che stia nel nostro gruppo e averla nella nostra squadra potrà solo far aumentare il suo apprezzamento per la normal class. Ti prego Bells.» Non accettavo questa cosa, ma vista la situazione non potevo nemmeno cacciarla sennò addio piano. Quella giornata da fantastica era passata a schifosa nel giro di nemmeno un’ora.
«Ragazzi questa è Bells»
C’erano solo quattro persone nella stanza e mi fissavano, ognuno con sguardo diverso: Ambra mi fulminò senza pietà, la ragazza asiatica vicino a lei per poco non si mise il lucidalabbra stile joker di Batman e gli altri due, due maschi, mi guardarono sorpresi.
Il primo che mi venne incontro fu proprio il ragazzo più vivace che aveva una strana accapigliatura blu elettrico e delle grandi cuffie arancioni che gli ricadevano alla base del collo.
«Ciao tu devi essere la nuova arrivata, io sono Alexy e..» Il suo sguardo mi scrutò a fondo.
«Tu sei piccina, ma ben dotata vedo» I suoi occhi si posarono sul mio decolté, arrossi di colpo per quella frase a dir poco inaspettata e mi portai una mano al petto cercando di coprirmi.  Mi allontanai di qualche passo pronta a controbattere, ma lui si avvicinò ancora di più.
«E adoro i tuoi occhi sembri proprio una gatta»
«Ehi ma sei un maniaco o cosa?» Dissi finalmente. Dire che ero diventata rossa era dir poco.
«Calma, calma, non ti preoccupare.” Si avvicinò al mio orecchio.
“Maschi adolescenti” pensai. Ma che era possibile che a quell’età perdessero tutti la testa?
«Sono gay» Ok, questa proprio non me l’aspettavo, ma il fatto che i suoi complimenti non avessero un doppio fine, bè mi fece rilassare e perché no, ridere.
Lui vedendomi tranquillizzarmi sotto una piccola risata divertita mi sorrise. Avevo capito subito il suo giochino e senza portar rancore per quelle frasi da pervertito mi accorsi che mi aveva aiutata a rompere il ghiaccio.
«Ora che hai fatto la conoscenza del nostro inopportuno Alexy» Disse Kim divertita. Non si era intromessa proprio perché conosceva il ragazzo e i suoi modi.
«Ti presento gli altri: Ambra la conosci» cercò di andare avanti con le presentazioni, ma Ambra non poté trattenersi dal commentare.
«Purtroppo per me, ho già conosciuto questa sguattera da quattro soldi» fissò i miei abiti. Quel giorno, infatti, non era obbligatorio portare la divisa e senza mi sentì persa, non avevo molto nell’armadio ecco perché l’idea della divisa mi faceva sentire sicura e tranquilla. Non avevamo molti soldi e di sicuro quei pochi che avevamo non potevo di certo spenderli in abiti. Portavo un normale paio di Jeans e una maglia bianca semplice, senza scritte né stampe e un paio di superga che in passato erano di un celestino chiaro, ma che ora, avevano preso un’aria trasandata con qualche buco.
Imbarazzata da quel commento, che sapevo si riferiva al mio abbigliamento, mi portai le braccia davanti al busto, attorcigliandole tra loro, cercando in qualche modo di coprirmi. Feci scivolare anche un piede sopra all’altro per coprire quelle orrende scarpe, ma insomma non stava funzionando e per di più mi stavo trasformando in un palo.
Le risate di Ambra e della sua amica rimbombarono nell’aula.
«Ambra la gelosia è una brutta bestia, ti scoccia che ci sia qualcuno di interessante che potrebbe toglierti la scena?» Disse il ragazzo biondo che sedeva nell’angolo. Non aveva ancora parlato. Mi stava difendendo e nemmeno mi conosceva.
Ambra strabuzzò gli occhi, ma non ribatté, forse perché quell’appunto era stato fatto da un ragazzo e il fatto che lei volesse piacere a tutti gli appartenenti a quel genere la fece desistere dal continuare.
«Come stavo dicendo» continuò Kim compiaciuta.
«Ambra già la conosci, poi c’è Lynn e Dakota»
«preferisco Dake se non ti dispiace» disse lui sorridendomi.
«Piacere io sono Bells e non vedo l’ora di lavorare con voi» abbozzai un timido sorriso.
«Ok Bells, cominciamo, siamo nelle tue mani» Kim era euforica finalmente iniziavamo.
«Allora ho letto il regolamento…»
«E ti pareva? La secchioncella ha fatto i compiti» Si girò verso l’amica soddisfatta dell’ennesimo appunto che mi aveva fatto.
«Zitta Ambra sei fastidiosa» Questa volta fu Kim che si stava stufando del suo atteggiamento astioso nei miei confronti. Ambra stava per dare di matto, tempo due secondi e scattò giù dal banco.
«Non rimarrò qua a farmi trattare così da voi, ingrati. Lynn andiamo a fare un giro, ho bisogno di una boccata d’aria fresca, le cose trash mi fanno venire la nausea» E indovinate a chi si riferiva? Certo a me.
Le due sculettarono fuori.
«Va bene, mi prenderò io la briga di aggiornarle più tardi» Kim scosse la testa.
«Comunque come stavo dicendo ho letto il regolamento quindi oltre al normale tabellone dei risultati di metà anno che è individuale, ma che serve per accumulare punti per la finale di fine anno, dovremo formare un gruppo che possa battere la pro class ai vari festival: quello autunnale e quello primaverile quindi visto che ogni gruppo può avere cinque membri e massimo due riserve, ci conviene dividerci per specialità. Come materie abbiamo: scienze e matematica, letteratura, arte, sport e musica. Arte direi di proporre Violet » Mi sentivo un po’ combattuta sulla divisione, perché amavo sia la matematica che la letteratura, ma sapevo già cosa mi sarebbe toccata.
«Sport lo faccio io» disse il biondo.
«Letteratura la prendo io» Kim era entusiasta, ne ero sorpresa, in effetti, ancora non la conoscevo così bene.
«Musica?»
Alexy felice mi si avvicinò e dopo avermi chiamata micetta, mi disse: «Ci penso io, contate su di me»
Non so spiegarvi, ma quel ragazzo mi faceva sorridere, mi metteva allegria.
Perfetto avevamo diviso le materie lasciando fuori Ambra e l’amichetta.
«Le altre due saranno le riserve sperando che non ce ne sia bisogno» Kim era speranzosa.
«Quindi per concludere, ognuno si iscriverà al club di interesse per approfondire e prepararsi meglio e ogni tanto faremo dei raduni per aiutarsi a vicenda per gli esami di metà semestre va bene?»
«Più che altro» aggiunse Kim: «dovremo fare dei raduni per recuperare in matematica e scienze, materia in cui, anche il peggior alunno della pro class è una forza della natura, se non ci dai una mano te Bells le nostre medie non saranno mai abbastanza alte per essere nelle prime posizioni del tabellone!»
«Non vi preoccupate, vi aiuterò io e vedrete li batteremo» ne ero davvero convinta, dovevi pensare positivo per far accadere qualcosa di buono.
«Sissignor capitano!» Esclamò Alexy.
«Allora andiamo ad iscriversi» dissi di rimando, entusiasta di quel gruppo studio.
«Dake andiamo insieme?» Chiese febbricitante Alexy. Pensai che avesse una cotta per il biondo da come aveva fatto la domanda.
«Intanto voi andate» il suo tono non era infastidito dal contatto e della frasi di Alexy e questo mi piacque molto, era un ragazzo dalle mille sorprese.
Kim e Alexy si avviarono mentre Dakota con le mani in tasca mi si avvicinò
«Insomma sei nuova qua»
«Già» rispose miss simpatia.
«Bè se hai bisogno di qualcuno che ti aiuti con l’orientamento, puoi contare su di me»
«Ti ringrazio, ma so cavarmela» gli feci un sorriso.
«Non lo metto in dubbio ma oddio, ti sembrerò stupido, ma potrebbe essere una buona occasione per conoscersi, insomma..»
Non lo facevo una persona timida, eppure, in quel momento il suo strafare con le parole lo rendeva così tremendamente impacciato e veramente carino. I suoi occhi celesti erano lipidi, la chioma bionda incorniciava il suo viso maturo.
«Non ti facevo così» ero piacevolmente divertita.
«Così come?» sorrideva pure lui mentre mi scrutava con quegli occhi luminosi.
«Così» e alzai le spalle
«Quindi è vero che la prima impressione spesso è sbagliata»
«C’è sempre un fondo di verità»
«Allora andiamo a scoprirlo» Mi prese per mano.
«Vieni ti faccio fare un giro»
«Non lo so, io..»
«Non sei una tipa avventurosa eh»
«Non è vero»
«Dimostralo»
«O-ok andiamo»
«Ottima scelta»

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Capitolo 8
*** Trap ***


Stavamo passeggiando per i corridoi della scuola. Non ero mai stata in quell’ala dell’edificio e con il fatto che tutti erano impegnati con l’esposizione dei club ci ritrovammo soli. La situazione si stava facendo sempre più imbarazzante, nessuno dei due parlava, un silenzio fastidioso carico di attesa aleggiava in quei corridoi. Avrei dovuto dire qualcosa?
Lo spiai con la coda dell’occhio. Era davvero carino, ma c’era qualcosa in lui che non andava.
«Kim ci ha detto che ti sei trasferita. Da dove?»
«L’ultimo posto dove ho abitato è stato Parigi»
«Ah, quindi sei una nomade» scherzò.
«Si, diciamo che rende l’idea» sapevo che la mia risposta non era proprio incoraggiante per continuare la conversazione, ma non sapevo che dire, tanto meno mi andava di parlare con uno sconosciuto del mio passato. Per fortuna fu abbastanza perspicace da capirlo.
«Che ne dici se ti faccio vedere il terrazzo?» Chiese felice della sua idea.
«Terrazzo?» Gli feci eco stupita.
«Si, penso che ti potrà piacere, non ci va mai nessuno»
«E te si?»
«A dire il vero no» disse imbarazzato grattandosi la testa.
«Mi piacerebbe. Grazie» Volevo sforzarmi di essere gentile. L’idea che ci fosse una terrazza sul tetto mi piaceva. Adoravo l’altezza e scoprire che ci fosse un posto del genere a scuola mi fece sorridere.
«Ho visto un sorriso» Appena me lo fece notare lo nascosi imbarazzata.
«Non riesco proprio ad inquadrarti » disse lui aprendomi una porta simile a quella anti incendio.
«Sei già la seconda persona che conosco che mi dice che sono strana da inquadrare» dissi infastidita.
«Allora non è semplicemente un’impressione. Sei enigmatica con i tuoi silenzi e i tuoi sorrisi imbarazzati» arrossi a quelle parole, non ero abituata ad essere studiata così.
«Eccoci qua» disse soddisfatto. Rimasi a bocca aperta. Era una normale terrazza, ma la vista era la vera protagonista. Si potevano scorgere i tetti rossi della case, il verde dei parchi e appena mi sporsi un po’ per vedere il cortile i colori dei festoni mi fecero correre un brivido lungo la schiena. Era uno dei panorami più suggestivi che avessi mai visto, semplice, ma bellissimo.
«E’ davvero stupendo» dissi girandomi verso di lui che era rimasto a qualche passo di distanza dal cornicione.
«Sono contento che ti piaccia, io non amo molto l’altezza, ma ammetto che è proprio un bello spettacolo la vista da quassù» Come poteva non amare l’altezza? Il vento soffiava leggero, respirai a pieni polmoni il profumo delle piante che aleggiava impercettibile nell’aria calda. Il brivido di essere sopra a tutto, lontano dalla baraonda delle persone mi fece sentire viva. Il vento mi scompigliò i capelli che sferzarono indietro.
Un rumore interruppe i miei pensieri. Quando mi girai vidi Castiel che se ne stava seduto con le spalle al muro a fumarsi una sigaretta.
«Oh» disse Dake stupito della presenza del rosso.
«Scusa se ti abbiamo disturbato» disse in tono gentile, ma Castiel non rispose. Sembrava strano, poi capì, il rumore che avevo sentito era stato prodotto da una bottiglia di birra che stava rotolando vuota sotto una sua scarpa.
Stava davvero bevendo birra a scuola? Assurdo!
«Sai che non si può né bere né fumare a scuola!» Lo rimproverò Dake notando come me i passatempi del rosso.
«Fatti gli affari tuoi» ringhiò senza nemmeno voltarsi.
«Su andiamo Bells» E mi prese per mano. Fu un gesto così inaspettato che non riuscì nemmeno a controbattere, mentre mi trascinava verso la porta Castiel si girò e mi fulminò con lo sguardo.
«Ma guarda che carini! Il ragazzo australiano e la nuova arrivata. Siete proprio una bella coppia!» Ma che cavolo di problemi aveva? E che cos’era quell’uscita?
Puntai i piedi a terra infastidita.
«Dai Bells andiamo, lascialo perdere»
«Ecco bravi andatevene » un altro ringhio. Era ubriaco? Era sicuro lasciarlo in quelle condizioni da solo?
Guardai Dake dispiaciuta.
«Tu scendi, controllo come sta»
«Non ti lascio con quel tipo, non è una bella persona è un delinquente e in più ha bevuto» Castiel poteva essere antipatico, un bugiardo, ma pericoloso proprio no, o almeno speravo.
«Ti aspetto dentro» E si piazzò al di là della porta. Mi avvicinai al rosso, ma quando mi vide i suoi occhi grigi si socchiusero a fessura.
«Che cazzo ci fai qua?» Mi urlò contro. Fantastico era un lunatico, antipatico, asociale, combinazione perfetta.
«Sei ubriaco?» Gli chiesi cercando di mantenere l’autocontrollo e non esplodergli lì con una ramanzina che avrebbe udito l’intera scuola.
«E a te che ti importa?» La sua voce era acida e non capivo perché stesse facendo in quella maniera.
«Mi importa, non è sicuro star qua nelle tue condizioni» Gli feci notare, ma lui non mi guardava nemmeno in faccia.
«Perché non torni dal tuo nuovo ragazzo? Si starà preoccupando» Ghignò, come se quella frase fosse stata un’offesa, una frecciatina di cui si stava autocompiacendo.
«Non ti preoccupare di lui, pensa a rimetterti in sesto» dissi preoccupata che qualcuno lo potesse vedere in quello stato.
«Non hai negato»
«Cosa?»
«Che è il tuo... Fa niente... lascia stare » perché si stava preoccupando se fosse il mio ragazzo o no? E comunque per chi mi aveva presa? Qua la normalità era fidanzarsi dopo qualche ora che conoscevi un ragazzo? Forse per lui e Debrah era andata così. Ma che diavolo di pensieri stavo facendo?
Mi addolcì, mi dispiaceva davvero vederlo così e forse avevo esagerato quella mattina, non so perché mi ero comportata in quella maniera così infantile, forse l’avevo offeso e per questo stava facendo il difficile. Non volevo chiudere con Castiel, c’era qualcosa in lui che mi attirava a sé, qualcosa di invisibile, ma altrettanto forte, come una cosa fisica, come una grossa calamita.
Sbuffai e mi sedetti vicino a lui che non si mosse. Era già un inizio che non si fosse spostato.
«Ti avevo detto che volevo essere tua amica» Lo vidi fare una smorfia. Era proprio arrabbiato con me a quanto pareva.
«Mi dispiace per quello che è successo questa mattina, ero nervosa per cose mie e ho sbagliato a buttarle su di te. Scusa» Mentii spudoratamente, ma che potevo dirgli?
“Non so perché, ma vedere te e la tua fidanzatina che vi baciavate mi ha mandato in pappa il cervello?” No, non mi sembrava proprio il caso, ma le mie scuse erano sincere.
Il suo sguardo mi si appiccicò addosso, mi stava scrutando.
«Che c’è?» Dissi infastidita da quel silenzio e quegli sguardi.
«Niente. Perché eri incavolata stamani?» Disse aprendosi un’altra bottiglia. Sgranai gli occhi, ma che aveva la scorta lì dietro?
«Smetti di bere!» Mi allungai per prendere la bottiglia, ma lui fu più rapido e la alzò. Non potevo spingermi oltre o gli sarei caduta addosso, quindi mi ritrassi mentre lo vidi sghignazzare divertito per la sua vittoria.
«Racconta» mi esortò, era particolarmente insistente nel volerlo sapere e ne approfittai.
«Tu smetti di bere!»
«Se me lo racconti, smetto di bere» Disse assaporando un altro sorso.
«E va bene» dissi rassegnata. Non sapevo proprio che dirgli, che raccontare, visto che ce l’avevo con lui.
Optai per raccontargli una mezza verità.
«Non è facile stare in questa scuola» confessai.
«La gente è strana» gli lanciai un’occhiataccia« e ho paura che riaccadano le cose che mi erano già capitate nelle altre scuole, ma questa volta sarebbe peggio, perché prima almeno vivevo le mie giornate con la consapevolezza che avremmo cambiato città, questa volta non sarà così, mio padre…» sospirai.
«Tuo padre…» Mi incalzò. Non mi ero accorta che mi stesse guardando con aria attenta e concentrata.
«Mio padre vuole che mi costruisca un futuro, quindi vuole che io abbia un presente solido, un posto fisso in cui buttare le basi e cominciare a costruirmi qualcosa che possa durare nel tempo, come delle amicizie. »
«Bè tuo padre sarà felice, hai già amici e un ragazzo nuovo di zecca» era tornato di malumore.
«Non è il mio ragazzo» mi giustificai, anche se sapevo bene che non ero tenuta a farlo.
«E’ un ragazzo che ho appena conosciuto è nel mio gruppo di studio» feci spallucce.
«Non mi piace» disse lui diretto.
«Da quanto ho capito, non sei il re della scuola per quanto riguarda le amicizie, quindi non sei molto affidabile »
«Ma sono il re delle prime impressioni e lui non mi piace» Ero stufa del suo atteggiamento scontroso. Feci per alzarmi.
«Dove stai andando?» Sgranò gli occhi.
«Torno giù da Kim e poi mi dispiace far aspettare Dake è stato gentile a mostrarmi questo posto»
«In questo posto la gente ci viene per appartarsi, specialmente durante questi eventi, quindi non so quanto sia realmente buono d’animo» E perché lui lo sapeva? Perché faceva così con Debrah? Non erano mica tutti come lui in questa scuola.
«Ma che stai dicendo?»
«Quello che ho detto» e fece un altro sorso. Senza che se l’aspettasse gli strappai la bottiglia dalle mani e questa volta ce la feci.
«Avevi detto che se ti raccontavo perché ero nervosa, avresti smesso» Con uno scatto felino balzò in piedi e mi spinse al muro. Rimasi impietrita per qualche secondo, mentre lui si riprendeva la birra.
Sghignazzò a pochi centimetri dal mio viso, il suo alito era un misto di birra e mente. Aveva una mano appoggiata al muro e l’altra dietro la mia schiena, penso per non farmi sbattere contro il muro.
«Non rubarmi mai più la birra» I suoi occhi mi stavano facendo paura, avevo il cuore che andava a mille e il punto di pelle che stava toccando mi stava andando letteralmente a fuoco.
Quando si allontanò, rimasi a boccheggiare come una scema.
«Ci vediamo dopo al cancello» mi disse mentre aprì la porta e diede una spallata a Dake che lo guardò male.


POV Castiel
Ero incazzato nero, avevo voglia di picchiare qualcuno o qualcosa. E se Ambra gli avesse raccontato tutto? E se stamani mi avesse ignorato per quello? Debrah mi aveva detto che Bells aveva avuto una discussione con la bionda, quando me lo disse non volevo crederci. Perché Bells doveva discutere con tutti? Perché doveva essere così maledettamente carina e innocente? Scossi la testa, ficcanaso, cazzo, non carina. Non capiva che così facendo era una fottuta preda facile? Perché non mi stava alla larga? Perché le sono corso dietro? Forse avevo paura che scoprisse quanto ero stronzo? Forse perché quando mi si era avvicinata dicendo di volermi conoscere in realtà ne ero stato fottutamente felice? Perché? Cominciai a scolarmi la prima birra.
Poi una voce mi distrasse dal mio sproloquio interiore. Che ci faceva quel coglione di Dake sul tetto? Perché mi sta guardando in quella maniera innocentina? Poi capii, era con lei. Cazzo Bells perché sei sempre in mezzo ai casini?
Dake mi lanciò uno sguardo assassino, stava usando la tattica del bravo ragazzo con lei e mi stava chiedendo silenziosamente di reggere il gioco. Merda! Non potevo nemmeno smascherarlo o lui avrebbe smascherato me. Fottuto Dake, fottuta Bells! Dovevo fare qualcosa.


Angolo autrice:
Salve a tutte come avrete potuto notare ho aggiunto un piccolo POV di Castiel. Spero che il capitolo vi sia piaciuto! 
Secondo voi che nasconde Castiel? Perché ha paura che Bells lo scopra? Vi ricordate che nel secondo capitolo lui l'aveva salutata chiamandola per nome anche se in realtà lei non si era mai presentata!? Se avete delle teoria mi piacerebbe leggerle! Grazie ancora di aver letto anche questo capitolo e mi farebbe piacere leggere qualche commento :* 
Buona domanica care dolcette <3

 

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