And love will not break your heart

di darkrin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quiet nights of quiet stars (Steve/Darcy) ***
Capitolo 2: *** Mani (Clint/Natasha) ***
Capitolo 3: *** Hold your head up high / And don't be afraid of the dark (Wanda) ***
Capitolo 4: *** Quiet nights of quiet stars (2) (Steve/Darcy) ***
Capitolo 5: *** Intermezzo (Steve/Darcy) ***
Capitolo 6: *** Mammografia (Pepper/Tony) ***
Capitolo 7: *** Brooklyn (Steve/Natasha) ***
Capitolo 8: *** No excuses, no apologies, no regrets (Wanda/Pietro) ***
Capitolo 9: *** Hogwarts!AU (Darcy/Steve) ***
Capitolo 10: *** Maria Stark (Darcy/Steve) ***
Capitolo 11: *** Quiet nights of quiet stars (3) (Pepper/Tony) ***
Capitolo 12: *** Life with a Troll (Darcy/Steve) ***
Capitolo 13: *** Quiet nights of quiet stars (4) (Steve/Darcy/Bucky) ***
Capitolo 14: *** Danni collaterali (past-Steve/Darcy) ***



Capitolo 1
*** Quiet nights of quiet stars (Steve/Darcy) ***


Note alla raccolta: - ho deciso che mi serviva uno spazio dove mettere tutte le storie su Darcy e Steve con meno di 1000 parole e quindi, eccolo qui. /o/
- L'idea è che tutte le storie abbiano come tema portante quello della quotidianità/di una relazione osservata nelle sue azioni e sfaccetature quotidiane e nelle abitudini (tipo: come dormono? Chi fa la spesa? Come si gestiscono durante le missioni di Steve?) ma probabilmente andrò fuori tema già con la prossima. E probabilmente finirò con lo scrivere anche OT3 Steve/Darcy/Bucky e ficcarle qui perché sono stupida.
- Il titolo della raccolta è un verso di "After the Storm" dei Mumford and Sons.
- Gli aggiornamenti avranni la stessa frequenza dei parti degli elefanti asiatici (che secondo fonti universalmente riconosciute yahoo answers dura ben 645 giorni) quindi, ecco, uomo avvisato...
Note al capitolo: 
- Il titolo è un verso di "Quiet Night, Quiet Stars (Corcovado)" di Andy Williams.
- Al solito NO BETA quindi segnalatemi qualsiai svista/errore/strafalcione. 



 
 
Quiet nights of quiet stars



Di solito non lo sente fino a quando Steve non si infila nel letto alle sue spalle, facendo infossare il materasso sotto al suo peso.
(Sempre alle sue spalle perché quando Steve non c’è, Darcy dorme con il volto rivolto verso la porta e il più vicino possibile al bordo del letto, nel caso qualcosa dovesse esplodere nel cuore della notte e fosse necessario scappare prima ancora di svegliarsi - lavorare con Jane Foster e Tony Stark ti cambia la prospettiva su un sacco di cose.)
Certe sere i suoi passi si fanno pesanti e quando si spoglia lo fa con meno grazia del solito. Darcy può sentire il rumore dei vestiti che finiscono gettati in una pila scomposta sul pavimento o sulla sedia nell’angolo, degli scarponi che vengono abbandonati sulla soglia e del sospiro che si lascia sfuggire dalle labbra socchiuse, subito prima d’infilarsi accanto a lei.
Quando accade Darcy ne è un po’ felice e un po’ rattristata perché significa che la missione o la riunione o qualsiasi cosa abbia tenuto Steve Rogers lontano dal suo letto fino alle prime ore del mattino è stata più impegnativa del previsto, ma significa anche che Steve si fida abbastanza di lei – di loro, della casa che condividono da qualche mese e di cui nessuno dei loro amici sa nulla perché nessuno sa di loro. A parte Nat perché Nat sa sempre tutto – da poter mettere da parte tutte le sue difese e gli anni di addestramento, anche se solo per una sera.
In quelle sere, quando Steve si infila a letto e le passa un braccio intorno alla vita per stringersela contro – o per stringerlesi contro, se Darcy è ancorata con particolare veemenza al bordo del letto –, Darcy mugola sempre un saluto (Bentornato Soldato o Ssshteve, se è troppo stanca) e lui ride piano contro i suoi capelli e le bacia la spalla, mormorando contro la sua pelle:
- Dormi, Darce, non ti svegliare. Va tutto bene. –
 
 
 
Va tutto bene pensa Steve, riempiendosi i polmoni del profumo di Darcy e del calore del suo corpo. Nasconde il volto nell’incavo della spalla della donna ed esala un sospiro che le solletica la pelle e la fa contorcere debolmente contro il suo corpo. Va tutto bene.

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Capitolo 2
*** Mani (Clint/Natasha) ***


Note: - Giusto questa mattina avevo iniziato questa nuova raccolta asserendo che sarebbe stata solo su Darcy e Steve, poi ho chiuso la pagina, chiuso il computer e ho cambiato idea perché ho problemi e non voglio tremila raccolte, abbiate pietà di me e ho decido di mettere qui tutte le flashfic che scrivo su personaggi vari ed eventuali del MCU. Molto probabilmente la maggior parte delle storie rimarranno su Steve e Darcy, ma ci saranno anche comparse di altri personaggi.
- questo capitolo è stato scritto per un drabble event su facebook. Per il prompt: Clint/Natasha, Clint ha un debole per le mani di Natasha. 
- Il prossimo capitolo che però arriverà tra qualche giorno è una Wanda-centric con accenni di Pietro/Wanda scritta per lo stesso evento. Poi giuro che tornerò ai miei bambini speciali.
- Ringrazio le due persone che hanno recensito e coloro che hanno letto in silenzio. Appena avrò un attimo vi risponderò, ma sappiate che sapere di aver fatto apprezzare Darcy e Steve a chi non li aveva mai neanche immaginati come amici, figurarsi come coppia mi riempie sempre di gioia. <3
- Al solito la storia non è betata, quindi segnalatemi qualsiasi svista/strafalcione. 


Mani



Ha un debole per le mani di Natasha dal primo momento in cui le ha viste, strette intorno al suo collo sotto il sole di Budapest. Non è masochista (la sua valutazione psicologica lo conferma), ma c’è qualcosa di terribilmente affascinante nella consapevolezza che quelle dita così bianche e morbide siano in grado di uccidere un uomo con una leggera pressione, con un elegante movimento del polso.
 
C’è qualcosa di ancor più affascinante nell’osservarle scivolare lungo il suo corpo e con quella stessa pressione sulla cicatrice che gli adorna il fianco destro e poi riprendere la loro esplorazione – e sfiorarlo appena, con un elegante movimento del polso che gli strappa un gemito e le dipinge un ghigno sul volto.
 
(Non è masochista – non è certo che lo SHIELD lo autorizzerebbe mai ad andare in missione se lo fosse, figurarsi farne uno degli Avengers. Immagina che trovare piacere nel dolore potrebbe essere alquanto compromettente sul campo e gli viene quasi da ridere al pensiero -, ma non è detto che sia sano di mente. Non è detto che nessuno di loro lo sia più.)

 

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Capitolo 3
*** Hold your head up high / And don't be afraid of the dark (Wanda) ***


Note: - Scritta per il solito drabble event su fb, per il prompt: Marvel: Pietro/Wanda, tre volte in cui Pietro non è stato abbastanza veloce lasciatomi da kuma_cla.
- Ho scritto anche un'altra Pietro/Wanda per la challenge badwrongweeks su maridichallenge che per ora trovate solo qui e che poi crossposterò solo su Ao3.
- Il titolo di questo capitolo è formato da due versi di "You'll never walk alone". 
- L'uomo che compare alla fine è Clint perché nel mio headcanon quando non è in missione, Wanda vive con Clint e la moglie che l'hanno adottata.
- Poiché sono una persona che non ha un debole per il descrivere le persone che dormono, se tutto va bene il prossimo capitolo dovrebbe essere intitolato: "Quiet nights of quiet stars (2)". 



Hold your head up high / And don't be afraid of the dark
 
 
 
La prima volta che succede, un barattolo di biscotti, che Wanda stava cercando di rubare mentre Pietro distraeva il commesso, le sfugge dalle mani e si frantuma sul pavimento con un sonoro crash, seguito dal grido roco del cassiere e dallo scalpiccio dei loro piedi sul pavimento; la seconda volta, Wanda era troppo lontana per vedere, ma le hanno raccontato ogni cosa e -
Wanda scuote il capo e cerca di concentrarsi, di costringere il suo corpo a fare qualcosa perché un treno sta deragliando di fronte ai suoi piedi e Pietro è troppo lontano e non farà mai in tempo a salvare tutti (dov’è finito Pietro? Dov’è?) e lei è uno degli Avengers e deve agire.
 
 
 
Quando spalanca gli occhi, sopra la testa non trova la polvere e le macerie del treno esploso (come una granata e tutte quelle persone sono morte come quando Ultron ha cercato di salvare il mondo), ma solo le travi lignee del tetto della sua stanza. Un gemito minuscolo le sfugge dalle labbra e Wanda non sa se sia per il sogno o per quello che il sogno le aveva fatto dimenticare – non sa se ne sia grata o se lo odi.
Quando la porta della stanza si apre silenziosamente, Wanda si rannicchia ancor di più sé stessa, cercando di colmare tutto lo spazio tra i suoi arti magri e le coperte, tutti i vuoti, tutto il silenzio.
- C’è del tè caldo – si limita a dirle l’uomo, dalla soglia – e Wanda non sa davvero come faccia a sentirla ogni volta che non urla. – E della torta, se vuoi scendere. Se no sarò costretto a finire il libro che Nat mi ha rifilato la settimana scorsa. E ti prego, non farmelo fare, è un libro orrendo – aggiunge con tono supplichevole.


 

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Capitolo 4
*** Quiet nights of quiet stars (2) (Steve/Darcy) ***


Note: - per prima devo ringraziare Alexiel Mihawk perché metà del discorso che fa Darcy è opera sua perché sono andata a piangere alla sua, metaforica, porta chiedendole: Aiuto! Come faccio a descrivere una persona che dorme all'incontrario? Aiuto aiuto aiuto. 
- Ho chiaramente un problema con il modo di dormire delle persone e non ho intenzione di risolverlo. /o\ 
- NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi errore, svista e strafalcione.
- Giuro che appena ho un attimo rispondo a tutte le recensioni. Nel frattempo: Crì, tvb. <3
- La prossima dovrebbe intitolarsi: Fury. /ooo/


Quiet nights of quiet stars (2)
 
 
 
La prima volta che accade, Steve non presta attenzione alla cosa. È reduce dall’ennesima vana missione in cui ha vagato per giorni tra il fango e la tundra seguendo tracce di un uomo che sembrava Bucky e che poi si è rivelato essere solo un ennesimo agente dell’Hydra. Un agente che non è Bucky, che non somiglia neanche a Bucky e Steve sente cadergli improvvisamente addosso il peso di tutte quelle settimane di ricerca.
Steve si limita a stendersi accanto a Darcy e a nascondere il capo tra i capelli scuri della ragazza.
La mattina dopo, la donna si comporta come se nulla fosse accaduto – gli sorride e gli augura il bentornato, schioccandogli un bacio sulle labbra – e Steve si dimentica dell’incidente.
 
 
 
La seconda volta, Steve inarca un sopracciglio e inizia a pensare che non sia una cosa casuale, che Sam capirebbe subito cosa stia accadendo, ma lui non è Sam e si limita ad adeguarsi e a sorridere del sospiro con cui Darcy gli si abbandona contro, quando poggia la testa accanto alla sua e allunga le gambe verso la testiera del letto.
 
 
 
La terza volta, Steve decide di parlarne con Darcy non perché sia grave o un problema, ma è una cosa – un’abitudine? Si può parlare di abitudine? – curiosa e…
Quando smette di parlare, il rossore gli è risalito fino alle gote e Darcy gli sorride e si morde il labbro, scuotendo leggermente il capo. La ragazza abbassa per un istante lo sguardo sulla tazza che stringe tra le dita, prima di rialzarlo sull’uomo che le sta di fronte e trarre un respiro profondo.
- È una cosa che faccio da quando andavo al liceo e… -
Darcy torna a torturarsi il labbro e ha le guance rosse, come quando prova ad andare a correre, e Steve sa Capitan America non dovrebbe farlo, ma considera sempre un successo il riuscire a farla arrossire.  
- La prima volta è stata una sorpresa anche per me. Voglio dire, non sto certo ferma quando dormo, te ne sarai accorto – Steve non riesce a trattenere un sorriso e Darcy gli rifila uno scappellotto con un verso oltraggiato. – Jane. È Jane quella che sta ferma come una mummia. Ti giuro, è spaventosa. Una volta sembrava morta sul serio ed è stato terrificante. Ero pronta a chiamare il becchino e supplicare l’università per avere comunque i miei crediti. Insomma, mi muovo, come una persona normale, ma non mi era mai capitato prima di ritrovarmi al contrario, con i piedi ancorati al cuscino e la faccia sul fondo del letto ed è stato strano, ma, ehi!, non ho mai dormito così bene e quindi, una sera che non riuscivo a chiudere occhio, ci ho provato. Voglio dire… non avevo niente da perdere, no? – Darcy scuote le spalle con noncuranza. – E... funziona. È come un gioco e mi fa dormire anche quando nient’altro riesce a farmi chiudere occhio - conclude con un sorriso, che tenta di nascondere dietro la tazza.
Steve cerca di non soffermarsi sul motivo per cui Darcy abbia bisogno di ricorrere a trucchi del genere per dormire, di non incastrarsi in quei pensieri che lo portano a chiedersi se lei non starebbe meglio senza di lui, se non sarebbe più al sicuro, più felice (- Oh, per favore, Steve, piantala di dire idiozie! Non credo esista un posto più sicuro al mondo che quello accanto a Capitan America! - - La nostra relazione ti rende un bersaglio! - - Così come la mia amicizia con Thor o con Jane o il semplice attraversare la strada. Hai intenzione di tenermi alla larga anche da tutti gli incroci della terra? -) e si limita a scuotere il capo e ad avvolgere la donna in un abbraccio e posarle un bacio sui capelli.
- Non capisco questo svolgimento – borbotta lei da qualche parte contro il suo petto. – Ma non lasciare che sia questo a fermarti, soldato. -
 
 
 
La dodicesima volta che accade, Steve è appena tornato da una semplice riunione con Tony e i suoi PR per la preparazione dell’ennesima intervista e non capisce perché Darcy sia rannicchiata dalla sua parte del letto, seminascosta sotto le coperte, con le gambe strette al petto e i piedi rivolti verso la testiera.
(Non lo capisce fino al mattino dopo, quando Darcy lo sveglia con un sorriso e gli mormora contro le labbra del test di gravidanza nascosto nel cassetto della sua biancheria.)

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Capitolo 5
*** Intermezzo (Steve/Darcy) ***


Note: - la cosa bellissima è che potrei di nuovo dare la colpa a Kuma_cla perché è colpa sua (e di Alexiel Mihawk) se ho letto PJ e quindi TUTTO TORNA. La colpa soprattutto. (VVB.)
- Questa storia è nata mentre tentavo di assegnare gli Avengers a un qualche genitore divino per scrivere una Percy Jackson!AU e fallivo miseramente nell'impresa di trovare un genitore a Darcy (a un certo punto non so come (era tardi ed ero stanca e mi sono dimenticata i passaggi logici, CAPITA), ho deciso, che Darcy poteva essere figlia di Ebe, ma nel mentre avevo già plottato questa e quindi). Si ringrazia sempre Kuma_cla per i consigli sui genitori di Bruce e Jane. <3
- Se non avete letto PJ questo capitolo potrebbe essere poco comprensibile. Scusate. E filate a leggerlo, cosa aspettate? il succo del discorso è che ogni semidio possiede delle caratteristiche particolari che gli derivano dal genitore divino (esempio: i figli di Efesto sono bravissimi con le macchine, ma un po' meno con le persone) e vi sono poi, delle leggere differenze, se il semidio è figlio dell'aspetto greco o romano del dio. Per questo ho volutamente citato Marte e non Ares, pur essendo tutti gli altri dei citati greci. La madre di Percy è un'umana un sacco badass e Coach Hedge è invece un satiro e il compito dei satiri è quello di andare a cercare i giovani semidei (prima che vengano riconosciuti) e proteggerli dai mostri, che sono attratti dal loro odore, e portarli in un Campo dove vengono addestrati e protetti. Quindi sono entrambi personaggi di supporto per i veri eroi.
- La prima parte della storia è ambientata mentre gli Avengers sono in missione e cerca di mostrare i vari modi impiegati per affrontare la loro assenza e l'ansia che ne consegue. 
- Eleaonor Abernathy è la gattara dei Simpsons e sì, ho sempre riferimenti culturali validissimi. C'è anche un riferimento a DW. Chi lo trova vince una stellina. 
- So di dover ancora rispondere a delle recensioni e appena avrò un attimo lo farò, giuro. <3
- Sempre NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi svista/errore/strafalcione.
- La storia è un po' più lunga del limite di parole per capitolo che avevo dato a questa raccolta, ma lo sappiamo tutti che il segreto delle raccolte è FARE PROGRAMMI E POI MANDARLI A MONTE DA SOLI, NEL GIRO DI MEZZ'ORA. NCLPF. Quindi tutto bene.


 
Intermezzo

 
 
Jane smette di parlare e di mangiare e di dormire e si chiude in un laboratorio che nonostante i plichi di fogli e di equazioni sparsi sul pavimento, senza Tony o Bruce, continua a sembrare un troppo spazioso. Un po’ troppo vuoto.
 
*
 
Pepper ha una trattativa per strappare Facebook dalle mani di Zuckerberg da portare avanti e non ha tempo per perdersi in vane teorie, in vuote ipotesi prive di qualsiasi fondamento.
- Chiamerebbero – le dice. – Che non ci sia nessun contatto è una cosa positiva – le spiega, prima di entrare nell’ennesima sala riunioni e se ha la schiena un po’ più rigida e il sorriso è un po’ più stretto del normale è solo perché odia parlare con gli avvocati di Zuckerberg.
 
*
 
Darcy prima impazzisce, poi decide che ne ha abbastanza, che non ha alcuna intenzione di trasformarsi in Eleaonor Abernathy e accogliere Steve circondata da gatti spelacchiati e, quindi, fa una delle cose che le riesce meglio.
Si accoccola sul divano, armata di una vaschetta di gelato e una bottiglia di birra e, con indosso una maglietta e un paio di pantaloni di Steve in cui potrebbe navigare come Cristoforo Colombo ha navigato l’Atlantico, inizia a leggere.
 
*
 
- Ho deciso che tu saresti figlio di Marte – gli annuncia, non appena lo sente varcare la soglia di casa.
Steve è ancora coperto di fango e sangue, sudore e polvere da sparo ed indossa gli stessi vestiti da giorni e vuole soltanto potersi rinchiudere nella doccia e lavare lo sporco di settimane e non vuole perderla di vista, vuole assicurarsi che stia bene, che stiano bene, che nessun’altro sia morto nel ghiaccio.
- Marte? – chiede, incerto.
Darcy è stravaccata sul divano, circondata da una pila di libri e di cuscini.
- Se fossi stato un semidio – gli spiega.
Steve non è sicuro di aver capito davvero di cosa stia parlando, ma la voce della donna sembra allontanare l’eco degli spari e delle granate che ancora gli fischiano nelle orecchie come se stessero per esplodere, come se qualche cecchino stesse ancora cercando un varco per piantargli un proiettile in fronte.
 – Saresti stato figlio di Marte, tutto strategia e senso del dovere. Tony invece sarebbe stato un figlio di Efesto, il dio che viveva in un Vulcano. Questo spiegherebbe la sua tendenza a far esplodere le cose. Magari lo fa per sentirsi a casa – aggiunge, mordendosi un labbro e corrugando la fronte, in quel modo lì che indica che sta davvero riflettendo alla cosa.
– Pepper sarebbe stata ovviamente la figlia prediletta di Afrodite – continua, tenendo il conto sulle dita. – E Nat di Ade, Clint di Apollo. Phil sarebbe stato un figlio di Hermes. Nessuno era bravo a portare messaggi come lui. O a rubare I-Pod e Hermes era anche il dio dei ladri. Lo sapevi? Thor, beh, Thor è già un dio. Jane potrebbe essere figlia di Apollo, solo che è troppo intelligente e te la immagini sorella di Clint? Io no. E Bruce potrebbe essere figlio di Atena, voglio dire è intelligente e sa combattere. Atena sarebbe stata molto fiera di lui. Anche se non ha alcuna strategia quando combatte e quindi forse sarebbe meglio come figlio di Ares? – gli domanda e Steve non può fare altro che sbattere gli occhi, investito da quel monologo che è così Darcy e così casa – e sono vivo, sono vivo, siamo vivi, siamo.
 
- Non mi hai detto di chi saresti stata figlia tu – nota, dopo che le mani di Darcy sono scivolate sui suoi muscoli stanchi e hanno lavato via tutto il sangue e lo sporco che gli impregnava la pelle; dopo che le dita di Darcy l’hanno guidato fino al loro letto e i sussurri e i gemiti che sono sfuggiti dalle labbra della donna hanno cancellato l’ultimo eco degli spari e dei morti. Dopo che, mentre riprendevano lentamente fiato, Darcy gli ha spiegato davvero di cosa stesse parlando (- Non avevo niente da fare, sai, è difficile fare l’assistente di Tony Stark se Tony Stark non c’è e quindi, yay! Un sacco di tempo libero per me e c’era questo libro per ragazzi in libreria e sembrava interessante e quindi mi sono detta, perché non comprarlo? -).
Darcy arriccia il naso e Steve sa che sperava che se non sarebbe accorto, che è un discorso che non vorrebbe essere costretta a fare e Steve stringe leggermente la presa del braccio intorno alla vita della donna.
- I semidei sono eroi – Darcy afferma infine, con ostentata leggerezza, e il volto seminascosto contro il suo braccio.
Il modo in cui le labbra della ragazza gli sfiorano la pelle gli fa correre brividi lungo la schiena e fremere le dita per il desiderio di affondare di nuovo dentro di lei e sentirla tremare intorno a sé, per il desiderio di sentirla singhiozzare il suo nome, mentre viene.
– Io sono un onorevole aiutante – aggiunge prima che lui possa intervenire, possa interromperla, dirle che non è vero e ah-ah, cosa ne sa? Non ha mica letto i libri e chi non ha letto i libri non ha diritto di parola, Steve-o. – Potrei fare la madre di Percy. O Coach Hedge. Sarei stata un ottimo Coach e nessuno, dico nessuno, avrebbe lasciato la sua stanza nel cuore della notte sotto la mia supervisione. – borbotta, corrugando la fronte, e gesticolando con una mano nella stanca parodia di un gesto veemente.  
 
- Qual è il primo libro? – le chiede la mattina dopo, porgendole una tazza di caffè e oh, sì, ecco perché le era mancato così tanto. Nessun altro le prepara il suo caffè preferito.
- Ladro di burbini– grugnisce, con il volto sepolto nella sua tazza a forma di cabina telefonica blu. - Non penso sia il tuo genere di libri – aggiunge dopo aver ingoiato metà di quell’ambrosia divina ed aver, improvvisamente, riacquistato il dono della parola.
Steve fa spallucce.
- Dobbiamo trovare i tuoi genitori – afferma, semplicemente ed è una cosa così piccola ed è una cosa da nulla e -  Steve le è mancato così tanto ed è tornato ed è intero e sono interi e -, ma Darcy pensa di amarlo un po’ di più per questo. Per il sorriso che le fiorisce sul volto, per quel qualcosa che le sfarfalla nello stomaco e per il modo in cui gli prende il volto tra le mani e lo bacia.
 
 

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Capitolo 6
*** Mammografia (Pepper/Tony) ***


Note: - parlando con Gaara_92 siamo giunte alla comune conclusione che questa fosse davvero una pessima idea, ma ho deciso di scriverla comunque perché sono stupida sì. 
- è così trash e crack che nclpf.
- Sempre NO BETA per cui qualsiasi svarione o cosa brutta è tutta colpa mia. 
- Ci rivediamo alla fine della sessione d'esami. 

 
Mammografia
 
 
- Devi farti controllare – le annuncia Tony con assoluta serietà.
Pepper si limita ad inarcare un sopracciglio. Deve ancora truccarsi, pettinarsi, togliersi dagli occhi quello sguardo lì di chi ha appena avuto un orgasmo e ripassare gli appunti per una riunione che, presumibilmente, le impegnerà tutta la mattina e non ha tempo per stare ancora dietro a Tony.
- Dico sul serio, Pep – insiste Tony, posandole le mani sulle spalle e guardandola negli occhi, attraverso il riflesso nello specchio. Le scosta i capelli dal collo e le posa le labbra sulla pelle ancora umida per la doccia che hanno condiviso.
- Il seno, dico. C’è qualcosa… Mi è sembrato di sentire qualcosa di strano… E… -
Pepper è quasi certa che sarebbe stato molto più facile prenderlo sul serio, se, parlando, l’uomo non avesse mimato il gesto di palparle le tette e inarcato un sopracciglio nella parodia di uno sguardo allusivo. Non sa se sentirsi offesa o commossa dal fatto che Tony Stark sia preoccupato della sua salute.
- Voglio dire, da quant’è che non ti fai controllare, Pep… -
E se sentirsi lusingata o oltraggiata dal fatto che l’uomo dubiti della sua capacità di prendersi cura di sé stessa. 

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Capitolo 7
*** Brooklyn (Steve/Natasha) ***


Note: - la storia di questo capitolo è divertente no: l'ho iniziata su un foglio di carta secoli fa e ne ho scritto la prima metà, salvo poi interromperla e DIMENTICARMI come dovesse finire la storia. A tutt'oggi non lo so, ma ho lasciato che prendesse la piega più naturale e via. Mi piace l'idea che, nonostante tutti i dubbi e la diffidenza nei confronti del prossimo di Tasha, sia Steve quello più incerto della loro relazione.
- sempre NO BETA. Ogni errore è solo causa mia e segnalatemi qualsiasi cosa. :3

 

Brooklyn
 
 
 
È lui a chiederle che cosa stiano facendo. Lui che, nonostante i decenni e le missioni e gli sguardi che ora gli rivolgono donne e uomini, è, da qualche parte, rimasto quel ragazzino fatto di ossa e pelle che era cresciuto tra le strade di Brooklyn e Natasha – Tasha che siede sul suo divano con indosso solo una sua maglietta e un cucchiaio di gelato tra le labbra; Tasha che ha i capelli ancora spettinati dalle sue dita e che ha accettato di adeguarsi al suo passo per navigare quel qualcosa che li unisce e quel mondo – inarca un sopracciglio.
Steve arrossisce - ed è Brooklyn in ogni capillare dilatato del suo volto, Brooklyn sulle dita che formicolano per il desiderio di sfiorarle la fronte, in quel punto in cui si incurva in una ruga d’espressione, e di dipingerla con i capelli spettinati e le labbra umide di gelato.
- Mangiando del gelato – afferma Natasha con tono piatto. – E iniziando una relazione – aggiunge e se Steve fosse altro da sé non riuscirebbe a sentire la delicata inflessione di affetto che le permea la voce o il leggero sorriso che le piega le labbra, ma è lui ed è Brooklyn e se potesse dipingerebbe anche lei.




 

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Capitolo 8
*** No excuses, no apologies, no regrets (Wanda/Pietro) ***


Note: - Scritta per la #19NotteBianca di  maridichallenge, con il prompt: "no excuses, no apologies, no regrets" (Brian Kinney, Queer as Folk).
- Ogni riferimento ai poteri di Pietro e Wanda non è puramente casuale e involontario.
- Per Gaara92 perché sono giorni che mi sfrantuma le palle le vb però ti prego mettiti un'immagine del profilo che quel quadratino nel quadrato che dice: "dovrebbe esserci un'immagine, ma me la sono mangiata, mi turba". 
- Sempre NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi errore, svista, strafalcione.
- Next =>  Maria Stark. L'idea, per i prossimi capitoli, è quella di riuscire ad aggiornare una volta a settimana/ogni due settimane. Guardate quanto sarò brava a fallire nel mio intento. /o/

 
No excuses, no apologies, no regrets
 
 
 
Pietro non si chiede mai se quello che stiano facendo - se affidarsi all’Hydra e accettare di ottenere una vendetta alle loro condizioni - sia la cosa giusta. Pietro vede solo la strada che si staglia, sempre dritta, davanti ai suoi piedi e non ha tempo per ammirare le macerie che li circondano, i morti che si lasciano alle spalle, ma Wanda –
Wanda vede sempre tutto, vede troppo.
E Wanda dubita. Dubita, quando Pietro è distante da lei, quando li separano per un esperimento o per la notte, quando smettono di essere uno e diventano due ed ogni cellula del suo corpo grida che è sbagliato. Ogni volta che li dividono sente le incertezze –rosse e striscianti– risalirle nella mente e negli occhi, le sente sussurrarle alle orecchie parole di morte e distruzione, creare immagini di cimiteri che non esistono e bisbigliarle: non ancora, Wanda, non ancora...
È sempre solo un attimo di smarrimento, perché poi, una folata di vento e Pietro è di nuovo lì con lei, le prende il volto tra le mani e le carezza le guance con i pollici, mentre le sussurra parole di conforto contro le labbra dischiuse:
- È la cosa giusta- e - Ci siamo dentro insieme. Nessuna scusa, nessun rimpianto. È la cosa giusta. -
E come può essere un errore se lui è lì, accanto a lei? Se le accarezza gli zigomi e poggia la fronte contro la sua e sorride? Come può essere sbagliato se sono insieme? Finché sono insieme?

 
 
 

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Capitolo 9
*** Hogwarts!AU (Darcy/Steve) ***


Note: - Hogwarts!AU Darcy è al quinto anno, Steve al sesto e sono due stupidi. Non l'ho manco riletta perché non ho tempo.
- Scritta per la #19NotteBianca di  maridichallenge, con il prompt: MCU, Steve/Darcy, Hogwarts au, in cui Steve è un Prefetto perfetto e Darcy lo trova adorabile (oltre che molto divertente) di kuma_cla (era un po' che non citavo lei e/o i suoi prompt /o/).
- NO BETA e l'ho anche riletta poco, quindi segnalatemi qualsiasi svista/errore/strafalcione.





- Le leggende vogliono che Darcy Lewis sia, e qui cito le testuali parole di grandi storici ed opinionisti quindi fate attenzione, infantilmente allergica alle regole, incapace di rispettare i propri superiori e di utilizzare un linguaggio consono a una signorina di buona famiglia. -
- Non dovresti vantartene - borbottò Steve sottovoce, continuando imperterrito a camminare, seguito da uno sciame di ragazzini del primo anno reduci dallo smistamento.
Sarebbe parso molto più serio, se l'angolo della bocca non gli si fosse sollevato leggermente verso l'alto, e se Darcy non avesse saputo che quello era la massima espressione di divertimento che Steve si concedeva quando doveva eseguire un incarico ufficiale.
- Si dice anche che la ragazza trovi piuttosto offensivo essere rappresentata come una signorina di buona famiglia per cui non dovete mai dirglielo se non volete incorrere nelle sue ire. -
La ragazza continuò imperterrita a camminare all'indietro e a raccontare, al gruppo di bambini che la guardava con gli occhi spalancati e le labbra socchiuse, la storia della più celebre studentessa di Tassorosso, mentre Steve, da bravo Prefetto perfetto qual era (certe volte era così simpatica e geniale da arrivare a stupirsi da sola!) cercava di mostrargli la via più semplice per giungere ai loro dormitori nella speranza che nessuno dei novellini - come li chiamva Bucky, con la sua boria da Serpeverde - non passassero tutto il primo mese a perdersi nei sotterranei.
La leggera pressione della mano di Steve sulla sua schiena la fece arrestare all'inizio delle scale e Darcy si voltò leggermente per lanciargli un sorriso di ringraziamento da sopra la spalla. Il ragazzo rispose chinando leggermente il capo per nascondere il rossore che gli era risalito sulle guance, come ogni volta che Darcy gli sorrideva o lo abbracciava o lo afferrava per il braccio per trascinarlo da qualche parte perché aveva bisogno di una spalla e Jane era dispersa nei meandri della torre di Corvonero e Bucky era chissà dove con chissà quale ragazza - non che lei li cercasse mai davvero prima di andare a rapire Steve, ma non era necessario che lui lo sapesse -, e che non poteva assolutamente mostrare mentre stava svolgendo il suo ruolo di Prefetto.
Era una cosa assolutamente idiota. E Darcy non riusciva a fare a meno di trovarla adorabile. Come non aveva potuto fare a meno di trovare adorabile quel ragazzino con i capelli biondi e gli occhi azzurri che, cinque anni prima, l'aveva trovata quasi - perché Darcy Lewis non piangeva neanche a undici anni, grazie tante! - in lacrime nascosta in un sottoscala e che le aveva promesso con un sorriso e le guance rosse che poteva stringergli la mano ogni volta che si sentiva sola.
Da allora dargli il tormento era diventato lo sport preferito di Darcy da lì a decidere di boicottargli anche il giro con le matricole il passo era stato breve e terribilmente divertente.
- E qui potete ammirare il sottoscala in cui Darcy cui la celeberrima Darcy Lewis ha incontrato il suo unico vero amore - concluse il suo racconto con tono solenne e un sorriso da iena, che si allargò maggiormente quando si voltò a guardare Steve che era diventato paonazzo e non osava rialzare lo sguardo dal pavimento.
Oh, così divertente.


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Capitolo 10
*** Maria Stark (Darcy/Steve) ***


Note: - Storia scritta perché mesi fa BlackArtemis mi ha mandato  questa immagine, chiedendomi di scriverci su qualcosa. All'inizio la storia doveva essere diversa e doveva affrontare anche il tema, molto caro, al fandom inglese di Darcy figlia di Tony Stark, poi le cose sono cambiate, la storia ha preso tutta un'altra piega e sarò costretta a scrivere un altro capitolo per Darcy Stark. Capita.
- L'accenno a Steve e Bucky c'è se volete vederlo.
- Le nanomacchine sono tratte da Black Cat e non ho la minima di che tecnologia bisognerebbe usare per creare la cosa che crea Tony. /o/
- Al solito NO BETA, quindi segnalatemi qualsiasi svista, errore e strafalcione.




Maria Stark
 
 
 
Prima che nasca, in quei lunghi nove mesi in cui Tony Stark diventa ancor più eclettico di prima e, alla fine dei quali, gli investitori ed i giornali scandalistici iniziano a temere per le sorti di Stark Industries e dell'unione tra Pepper Potts e Tony Stark, navigando la cresta dell'onda con titoli dai toni apocalittici il cui significato è sempre: Riuscirà Tony Stark a tenerselo nei pantaloni e a tenere le mani lontane dagli affari di Stark Industries?
 
- Ridicolo - commenta Darcy, accartocciando il Times. - Pensano davvero che Tony riuscirebbe ad allontanarsi per più di tre minuti da Pepper o dalla bambina e che Pepper permetterebbe a Tony di rovinare tutto quello per cui ha lavorato per anni? -
Per protesta contro l’idiozia di certi giornalisti, Darcy getta l'offensivo quotidiano nel cestino al grido di:
- J, inceneriscilo! -
- Va contro i miei protocolli di sicurezza, Miss Lewis. -
- Guastafeste - borbotta, mettendo il muso.
Steve stira un sorriso teso, di fronte alle eccentricità di Darcy che, ogni mattina, lo accolgono nella cucina comune della Torre insieme a una tazza di caffè ancora fumante. In quei lunghi nove mesi (o sei, da quando Pepper autorizza Tony a comunicare la lieta novella al resto degli Avengers perché: non si danno notizie prima della fine del primo trimestre, Tony. Non l'avresti saputo neanche tu, se non controllassi il mio ciclo) l'aria stessa della Torre sembra cambiare, divenire più leggera. Steve vede Natasha sorridere di prima mattina a una battuta di Clint e nascondere le labbra dietro a una tazza di caffè, sente i racconti di Darcy su come Jane ogni tanto riemerga dal suo tunnel della Scienza!, affermando: - Dobbiamo mettere in sicurezza i laboratori per il bambino! Dobbiamo coprire le prese e gli spigoli e… -, e vede la piega delle spalle di Bruce rilassarsi impercettibilmente ogni volta che incontra Pepper per i corridoi.
Steve non si è mai sentito così solo, da quando si è risvegliato in un mondo che non gli appartiene, come quando realizza di essere l'unico in tutta la Torre a disapprovare della futura nascita dell'erede di Tony Stark.
- Non è un luogo adatto per fa nascere un bambino – cerca di spiegare a Darcy, una sera, quando la gioia e l'attesa altrui diventano troppo intense perché lui riesca a trattenere la sua riprovazione, a nasconderla per non disturbare l’allegria altrui.
Darcy scuote le spalle e rialza lo sguardo dalla sua tazza di cioccolata calda.
- Non è peggio di altri – afferma.
- Solo nello scorso mese ci sono stati tre attacchi alla Torre. -
- E solo due feriti. Mi sembra un'ottima statistica. -
- Tony è Iron Man – quasi ringhia perché nessuno - neanche Darcy, che, non appena arrivata alla Torre sulla scia di Jane Foster, è diventata per lui la cosa più simile a quello che era stato Bucky, decenni prima – sembra capire che quel bambino non rappresenta altro che un bersaglio, un'arma e un pericolo per sé stesso e per tutti loro.
 
 
 
(In guerra, Steve ha visto cadaveri di bambini riversi agli angoli delle strade, come fagotti abbandonati nella fuga. Ha visto corpi fatti solo di ossa e stracci, divorati dalla fame; li ha visti smembrati dalle bombe, usati come soldati; li ha visti sterminati e ammassati come sacchi di interiora nei video che gli hanno mostrato per spiegargli cosa intendessero quando parlavano di liberazione dei campi di concentramento. Quando parlavano di sgomento e di aver svelato un orrore più grande di quello che chiunque di loro avrebbe mai potuto immaginare. Più grande di quello che anima umana avrebbe mai dovuto immaginare.
Ha visto morire migliaia di figli di nessuno e non osa immaginare cosa potrebbero fare al figlio di Tony Stark e Iron Man. Non osa immaginare di doverlo vedere accadere, di arrivare ancora una volta, troppo tardi.)
 
 
 
Maria Stark nasce in una fresca serata dei primi di Ottobre. Darcy commenta, sottovoce, mentre attendono di poter entrare nella stanza di Pepper, che è proprio da Pepper partorire d'autunno, che è proprio da lei organizzare tutto perché la nuova Stark nasca in una stagione così mite, perché il suo arrivo nel mondo sia il meno traumatico possibile. Escludendo il necessario trauma dovuto all’avere Tony Stark come padre.
Darcy gli stringe la mano, mentre aspettano, spalla contro spalla ed è una cosa nuova. È una cosa fantastica.
Quando li fanno finalmente entrare, Steve stringe leggermente le dita della ragazza, che rialza il capo e gli lancia un sorriso incoraggiante.
Maria Stark, si scopre subito, ha le guance paffute, la testa sormontata da un ciuffo di capelli rossi come quelli della madre, lo stesso bisogno di attenzioni del padre e dei polmoni in grado di far invidia a qualunque cantante lirico. Ha anche un sorriso in grado di sciogliere il più arido dei cuori e mani e piedi morbidi e in carne e così diversi da quelli dei bambini che Steve ha visto immersi nel fango e nel sangue della guerra.
Alla vista di quella bambina che respira e si muove e sorride e piange, ma non di dolore, ma non sono le grida disperate di un neonato che ha perso i genitori per l’esplosione di una bomba, Steve avvolge un braccio intorno alla vita di Darcy ed esala un sospiro tremulo tra i capelli della ragazza e se è un gemito di dolore, se si autorizza anche a piangere, non sarà certo Darcy a dirlo in giro.
 
 
 
Quando Maria ha due anni, la si vede gironzolare per la Torre vestita come una principessa, con una mano in quella di Pepper e l’altra stretta intorno al braccino sottile di una bambola o a quello di un enorme pupazzo di pezza.
A tre anni, Maria convince i suoi genitori a farle abbandonare abiti di trine e pizze e permetterle di indossare pantaloni e scarpe con gli strap che le permettano di correre più agevolmente per i corridoi della Torre.
- È proprio mia figlia – Tony afferma con un sospiro pieno d’orgoglio, dopo che sua figlia se lo rigira come un calzino per la prima volta.
A tre anni e mezzo, Maria indossa i pantaloni, ma non si scolla quasi mai dal televisore che occupa gran parte di una delle pareti della sala comune della Torre. A chiunque le domandi se vuole uscire per giocare o andare a trovare Tony nel laboratorio o fare qualcosa di diverso dal passare le sue giornate sprofondata tra ampi cuscini, la bambina risponde scuotendo il capo e affermando:
- No grazie – perché è comunque stata educata da Pepper Potts in Stark – ci sono le Sailor. –
Darcy è l’unica a comprendere la portata di quell’affermazione e ad abbandonare, più frequentemente di quanto non sarebbe forse consono, i laboratori di Jane e Bruce per accoccolarsi accanto alla bambina a guardarle con lei.
 
 
 
L’idea viene a Maria perché è una bambina ed è figlia di Tony Stark, ma a portarla avanti è Tony perché è un maledetto bastardo la cui più grande fonte di divertimento è la sofferenza altrui.
- È il quarto compleanno della mia unica figlia, Jarvis, e se questo è quello che Maria vuole, questo è quello che avrà – afferma.
- Signore non penso che Mrs Stark considererebbe il suo ragionamento educativamente valido, né la sua idea consona all’occasione. –
- Pepper, potrà lamentarsi dopo – conclude, tornando a concentrarsi sul suo tavolo da lavoro e sulla miriade di frammenti di stoffa e nanomacchine che lo ricoprono.
- Sono anche convinto che il Capitano Rogers si rifiuterà di partecipare a… -
- È per questo che nessuno dirà nulla a Cap. –
- Signore, posso… -
- Non una parola Jarvis. Sono stato chiaro?
 
- Ho detto non una parola, non costringermi a bypassarti, Jarvis. Sai che odio farlo. –
- Perché le è difficile. –
- Perché mi fa sentire un padre cattivo. –
- Signore, dovrebbe smetterla di confondermi con Maria e di mentire. Non le rende onore. –
 
 
 
Quando, di fronte all’ennesima invasione aliena, Steve schiaccia il bottone rosso, che Tony gli ha consegnato con fare cerimonioso e che dovrebbe fargli comparire addosso la nuova tuta (- È comodissimo, Cap! – gli ha promesso Tony, con un sorriso solo leggermente più maniacale del solito. – Così non dovrai perdere tempo a cambiarti, potrai gettarti subito nella mischia e schiacciare questo pulsante e ta-dàn! La tuta ti comparirà addosso come per magia. Ma è scienza, non magia. La magia non esiste. - ), non capisce subito cosa stia accadendo. Sa solo che si ritrova costretto ad eseguire movimenti che non vuole compiere, mentre i suoi vestiti si disfanno nel nulla e addosso gli compare la nuova versione della sua divisa.
- Stark! – ringhia tra i denti, mentre continua a volteggiare e piroettare su sé stesso.
Steve è certo che ci sia un momento in cui rimane completamente nudo e ringrazia che, almeno, quel marchingegno rosso svolga la sua funzione creando una luce accecante o tutte le testate giornalistiche del mondo avrebbero aperto per mesi qualsiasi servizio con una foto in cui era vestito solo della sua vergogna.
(- Non mi sarebbe dispiaciuto – ammette Darcy con un’alzata di spalle, quando Steve le confessa questo suo timore e, il tono di totale noncuranza con cui la ragazza lo afferma, gli strappa una risata strozzata. )
 
Il sorriso e lo sguardo pieno d’ammirazione con cui Maria lo accoglie, non appena rientrano dalla missione, e l’espressione di puro dolore che si dipinge sul volto di Tony quando vede il volto di sua figlia illuminarsi alla vista di Steve ed essere consapevole di quale tormento debba essere per Stark sapere di essere il motivo per cui Maria ha sviluppato, alla tenera età di quattro anni, una cotta per Capitan America sono una fonte di consolazione sufficiente per permettergli di sopportare l’ennesima replica del filmato in cui Steve Rogers si trasforma in Capitan America eseguendo una coreografia degna dell’ultima guerriera Sailor.
E poi, beh, c’è sempre il ghigno malizioso di Darcy e la voce roca con cui, quando restano soli nella sua stanza, gli sussurra all’orecchio: A sedici anni avevo una cotta per Sailor Uranus



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Capitolo 11
*** Quiet nights of quiet stars (3) (Pepper/Tony) ***


Note: - Questa della gente che dorme sta diventando chiaramente una raccolta nella raccolta. Sorry not sorry. 
- Darcy e Steve non dovevano esserci, ma COSE ACCADONO e io ho problemi.
- Questo capitolo è per Gaara_92 che va in posti e non mangia cose e mi dà il tormento per l'aggiornamento. Tò. Suca.  
- Sempre NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi cosa, svista, strafalcione.
- Ps: ovviamente Pepper pensa sempre e solo a Tony. 



 
Quiet nights of quiet stars (3)
 
 
 
Pepper esce dal bagno, stringendosi le braccia intorno al petto per mantenere un poco di calore e difendersi dal gelo che regna incontrastato nella stanza, illuminata solo dalla tenue lampadina del suo comodino. Tony è già addormentato, esausto dopo troppe ore, Pep, ho perso il conto dopo settantatre e ho costretto Jarvis a chiuderlo fuori dai laboratori – tutti i laboratori! Anche quello di Bruce – e a spedirlo a letto senza la sua storia della buonanotte. Quando torni da Malibù, Pep? Gli manchi, ci manchi. È più equilibrato, quando sei qui, le aveva annunciato Darcy al telefono e Pepper aveva esalato un sospiro, passandosi una mano sulla fronte.
- Sto salendo ora sull’aereo – aveva risposto e aveva riso piano, del verso di giubilo della sua Lab Manager e della bassa, roca, risata che era rimbombata di sottofondo. Li aveva immaginati accoccolati sul divano di uno dei loro appartamenti. Perché si ostinassero ad averne due, come se non passassero tutte le notti insieme e le loro cose non fosse mescolate in un’irriconoscibile esplosioni di vestiti fuori moda e cianfrusaglie che Darcy doveva assolutamente avere e comprare, era per tutti gli abitanti della Torre fonte di grande mistero.
- Salutami, Steve – le aveva chiesto.
Darcy aveva riso piano.
- Agli ordini, capo. –
Aveva risposto con quel tono di voce più morbido che sembrava usare solo raramente e Pepper l’aveva immaginata voltarsi leggermente a guardare l’uomo accanto a lei e forse stupirsi della sua presenza, forse addolcirsi per la sua presenza. Pepper aveva pensato che al suo posto l’avrebbe fatto, che non vedeva l’ora di tornare a casa e poterlo fare.
 
 
Tony è per metà avvolto da un bozzolo di coperte e per metà esposto all’aria fredda della sua camera da letto, come se anche nel sonno e ancora dopo tutti gli anni passati, avesse bisogno di assicurarsi che fa freddo, che non è l’Afghanistan, che non…
Probabilmente ne ha bisogno, medita Pepper, mentre attraversa la stanza con passi rapidi. Anche il pavimento è gelido e se Pepper non conoscesse Tony così bene – non lo conoscesse come l’uomo per cui ha lavorato e che ha seguito per decenni, l’uomo che ha amato per anni -, Pepper si lamenterebbe, penserebbe che è tutto un inganno per costringerla a stringerglisi addosso, ma conosce i suoi incubi, la loro forma e il rumore che fanno, le urla che gli strappano nel cuore della notte, quando lo svegliano in un bagno di sudore. Lo conosce e come ogni sera si limita ad infilarsi sotto le coperte con un brivido e ad avvolgerglisi intorno come una coperta. Come quel pezzo di trapunta che gli manca. 

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Capitolo 12
*** Life with a Troll (Darcy/Steve) ***


Note: 
- Giuro che mi piacerebbe essere in grado di scrivere cose profonde e sensate, ma LOL NOPE quindi, continuo a girare intorno alla demenzialità.
- C'è un riferimento a Jensen Ackles che è una strizzata d'occhio a questa storia perché io mi diverto così. 
- Ringrazio quell'anima santa che mi si è sorbita mentre scrivevo questa roba e che se l'è beccata per metà in anteprima e non mi ha spedita al manicomio a calci. Tivubì anche se non guardi The Lady.
- Sempre NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi svista/errore/orrore/cose. 



 
Life with a Troll
 
 
 
- Dovresti provare a uscire con Sharon. Voglio dire, è una Carter, è un agente ed è bionda. I vostri figli sarebbero l’emblema del sogno americano – afferma Darcy con un ghigno, mentre la porta dell’ascensore si chiude alle loro spalle.
La ragazza ha i capelli scuri legati in una morbida treccia ( - Non ho fatto in tempo a lavarli ed è tutta colpa tua! -) e un sorriso malizioso sulle labbra dipinte di rosso. Steve esala un gemito disperato e lascia cadere la testa contro la parete alle sue spalle.
- Non anche tu, ti prego – supplica.
Da quando Bucky ha saputo degli infiniti e falliti tentativi di Natasha di trovargli una donna con cui uscire, ha deciso che è suo compito, in quanto unico vero esperto di tutto ciò che è Steve Rogers, trovare una donna che Steve non possa rifiutare. Natasha ovviamente non poteva accettare di venir messa da parte e sconfitta e, dopo mesi di tregua, Steve si è ritrovato ad essere nuovamente confrontato con un’infinita lista di nomi e possibili candidate per il cuore di Capitan America. E non dovrebbe davvero essere sorpreso che Darcy sia venuta a saperlo perché la giovane interna di Jane Foster sembra sapere sempre tutto ciò che accade nella Torre, ma aveva sperato che la voce impiegasse più tempo a raggiungerla.
Darcy ride, divertita, poggiandosi contro la sua spalla, mentre l’ascensore rallenta per fermarsi ad un piano a cui nessuno dei due deve scendere.
- Già vedo i titoli dei giornali: Capitan America finalmente corona il suo sogno d’amore con l’agente Carter, Neanche il ghiaccio spegne certe passioni, Al vero amore non interessa l’albero genealogico. Le case cinematografiche farebbero la fila per comprare i diritti della vostra storia, e, oh! Se dovessero scegliere Jensen Ackles per interpretarti devi assolutamente invitarmi alla prima! –
Conclude con un sospiro sognante che contrasta spaventosamente con il ghigno che ancora le aleggia sulle labbra e Steve ha improvvisamente l’orrendo presentimento che tutto ciò sia solo l’inizio di un lungo incubo.
 
 
 
- Ho sentito dire che Janet, del terzo piano darebbe di tutto per uscire con te – gli annuncia Darcy, rubandogli un pezzo di pizza dal piatto e lasciandosi cadere con malagrazia sul divano.
- E ho sentito un sacco di voci interessanti su di lei. Un sacco. Di. Voci – continua, con la bocca piena di pomodoro e mozzarella, calcando le parole e spalancando gli occhi in un’espressione che dovrebbe essere evocativa di qualcosa che Steve non è certo di voler sapere.
- E è rossa. Dovresti uscire con una rossa. Tutti dovrebbero farlo almeno una volta nella vita – continua, depositandogli i piedi in grembo e poggiando la testa contro il bracciolo del divano. – Io l’ho fatto ed è stata un’esperienza indimenticabile – affermando scivolando sui cuscini.
Da quella posizione, la ragazza sembra quasi sparire, ingoiata dalla felpa e dai pantaloni troppo grandi che indossa: Steve ne può vedere solo le dita delle mani, che gesticolano furiosamente, il naso e qualche ciocca scura, oltre ai calzini spaiati – su uno spicca il martello di Thor e sull’altro il volto stilizzato di un Hulk furioso - che Darcy gli ha abbandonato sulle cosce.
- Non sapevo ci fosse una legge a riguardo – borbotta, posandole istintivamente una mano su una caviglia.
- Sì, l'ho stabilita io ora. –
Non ha bisogno di vederla per immaginare il ghigno che le piega le labbra.
 
 
 
- Il problema è che sono donne? Perché se preferisci c’è sempre Gary, lo scienziato che lavora con Bruce – afferma, come colta da un’improvvisa illuminazione, smettendo improvvisamente di fare quello che stava facendo per metterlo a parte delle sue riflessioni.
- Sono certa che Bucky e Nat non si faranno problemi ad approvare. Voglio dire, vogliono solo che tu sia felice, Steve-o. Potresti anche fare qualcosa per rassicurarli. –
- Darce. Sul serio? – chiede ed ha la voce un po’ spezzata, un po’ piena di dolore perché sul serio? Ora?
La ragazza rialza il capo per guardarlo da sotto le ciglia scure con l’espressione più innocente e falsa che Steve abbia mai visto e l’uomo deve stringere i denti per non ringhiare, per non muoversi, non –
- Cosa? – domanda con candore, mentre stringe leggermente le dita intorno alla base del suo sesso.
Steve esala un: Darce spezzato e Darcy è Darcy ed è rumorosa e non si vergogna di nulla, ma ogni volta che Steve pronuncia il suo nome in quel modo lì, che è metà supplica e metà desiderio – ogni volta che le lettere che compongono il suo nome gli scivolano fuori dalle labbra, con un sospiro assonnato o tinte di una punta di esasperazione o accompagnate da quel sorriso che dedica solo a lei – Darcy si sente arrossire come quando aveva dodici anni e una cotta per il suo vicino di casa e non aveva il coraggio di parlargli di niente se non del suo cane (la loro relazione era finita con la prematura morte di Fuffy ed è una storia di cui Darcy non parla. Mai) e sente una voglia stupida di sorridere riempirle la pancia, ma è Darcy e Darcy non arrossisce, non sorride stupidamente se non davanti ai gattini che infestano tumblr. Darcy è testarda ed ha un piano da portare avanti.
- Stavo dicendo… Gary. Lo scienziato. –
L’espressione sul volto di Steve si riempie di una tale assoluta disperazione, che Darcy non riesce a trattenersi dallo scoppiare a ridere sonoramente. Poggia la fronte contro la coscia dell’uomo  – e non aveva mai provato un tale apprezzamento per le cosce di un uomo prima di conoscere Steve.
Steve borbotta qualcosa, poco più in su, e le posa delicatamente una mano sul capo e si limita ad accarezzarle i capelli, ad aspettare che si calmi e non fa niente, non chiede niente, non pretende niente e Darcy lo ricompensa posandogli un bacio sulla pelle nuda.
- Sei impossibile – le annuncia, con un sospiro, quando la ragazza rialza il capo, ma lo dice con quel tono e quel sorriso che dedica solo a lei.




 

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Capitolo 13
*** Quiet nights of quiet stars (4) (Steve/Darcy/Bucky) ***


Note: - NO BETA quindi segnalatemi ogni svista/errore/strafalcione. 
- Ambientata dopo CW in un mondo in cui sono tutti contenti e felici e si fanno come conigli perché c'è Darcy.




 
Quiet nights of quiet stars (4)
 
 
 
A volte Bucky scompare per giorni. La familiarità e le sottese tensioni che ancora animano l’aria della Torre degli Avengers e il Winter Soldier che quasi gli brucia il sangue per tornare a premere il grilletto - terminare la missione -, diventano insopportabili e Bucky scompare.
La prima volta che torna, la porta dell’appartamento che divide con Steve si apre su un paesaggio di mobili sventrati e pareti distrutte. Le tende sono strappate e penzolano, meste, accanto alla finestra; il divano è ribaltato e ha perso una gamba, che giace inerme accanto al televisore sfondato e le piume dei cuscini ricoprono ogni superficie e si sollevano lievi nell’aria, allo sbattere della porta d’ingresso. Sembrano quasi fiocchi di neve.
- Steve – chiama e la voce gli esce quasi come un pigolio.
Steve è in bagno, seduto sul freddo pavimento di piastrelle, con la testa tra le mani. Non alza neanche il capo per guardarlo quando Bucky varca la soglia con passi incerti, continua a tirare ciocche di capelli biondi e a dondolarsi impercettibilmente sul posto.
- Te n’eri andato – mormora con voce roca quando l’amico, l’amante, l’uomo per cui avrebbe messo a ferro e fuoco il mondo e la sua squadra gli si siede accanto, scivolando lungo la parete..
Non c’è alcuna traccia di accusa nella sua voce perché non c’è spazio per altro oltre al dolore, oltre al terrore, oltre al: ti avevo perso di nuovo, Buck, di nuovo.
Prima ancora di rendersene conto, Bucky se lo tira addosso. Steve nasconde il volto contro il suo petto e gli stringe le braccia attorno alla vita e Bucky vorrebbe essere ancora del tutto umano, vorrebbe alzare la maglietta il giorno dopo e vedere i lividi, vedere le tracce lasciate dal corpo di Steve contro il suo, le ombre lasciate dalla disperazione di Steve. Steve che continua a singhiozzare, mentre le lacrime inumidiscono la maglietta dell’amico, te ne sei andato, te ne sei andato, te ne sei
 
 
 
Bucky si chiude la porta alle spalle il più silenziosamente possibile. La televisione è accesa, ne ha sentito il quieto mormorio dal pianerottolo dell’appartamento di Brooklyn che hanno finalmente comprato, ma questo non vuol dire che siano svegli e vuole solo infilarsi a letto, non sopportare una ramanzina su quanto essere un supersoldato dovrebbe renderlo in grado di muoversi silenziosamente senza disturbare la quiete altrui e c’è gente che la mattina lavora e deve sopportare Tony Stark e grazie tante, James, vaffanculo.
La vista che lo accoglie, lo lascia per un istante interdetto: Steve è steso a pancia in su sul loro divano, con il capo leggermente voltato verso lo schermo e una mano posata sulla schiena della bambina – capelli scuri, guance tonde e volto leggermente piegato in un broncio - che gli dorme rannicchiata addosso, mentre con l’altra le accarezza distrattamente i capelli.
- Che diavol… - mormora.
- Ciao Buck. –
Steve sussurra senza distogliere lo sguardo dallo schermo e senza smettere di accarezzare i capelli della bambina che gli si stringe ancor di più addosso con un sospiro, prendendo ampie manciate della maglietta bianca dell’uomo tra le dita.
- C’è stato un incidente nel laboratorio – spiega.
La bambina borbotta qualcosa nel sonno e struscia, come un gattino, la testa contro il petto di Steve.
Bucky esala un sospiro, mentre lascia cadere la giacca di pelle che indossava sullo schienale del divano.
- Ho provato a portarla a letto, ma fa i capricci ogni volta che tento di alzarmi – ammette il biondo ed ha una voce così sconfitta e così offesa che Bucky non riesce a trattenere una risata.
Non ha alcuna difficoltà ad immaginare quella minuscola versione di Darcy sbattere i piedi per terra e imporre a Steve di non farla andare in camera, come una Darcy adulta sbatte i piedi e getta vestiti fino a quando non riesce a imporre a Steve di portarla a letto.
Da quando è entrata nelle loro vite, come una tempesta di fulmini con la bocca di uno scaricatore di porto, Bucky ha trovato nella giovane donna un’incomparabile alleata nella sua eterna missione di far impazzire Steve. E di prendersi cura di lui.
- Fai posto, Soldato – afferma, usando il nomignolo che Darcy ha rifilato a Steve mesi e mesi fa e costringendolo a sollevare le gambe per potersi sedere.
Ci vogliono un po’ di aggiustamenti – il divano era già troppo piccolo per Steve e Darcy e Bucky immagina la voce di una Darcy adulta che borbotta ed esclama ve l’avevo detto che dovevamo prendere quello più grande. Non esiste un divano abbastanza grande per netflix e chill -, che vengono accolti dai grugniti indispettiti della bambina che si abbarbica come un koala alla maglietta e al torso di Steve. L’uomo le passa un braccio intorno alla schiena per stringersela addosso e disturbarla il meno possibile e Bucky pensa che, certe volte, siano così dolci da essere quasi disgustosi.
Finiscono con i piedi di Steve sulle cosce di Bucky e Darcy ancora stesa a pancia sotto sul petto di Steve. Barnes si poggia contro lo schienale del divano, e posa una mano su una delle gambette nude della bambina. Darcy gli tira un minuscolo calcio, che gli strappa un sorriso: anche nel corpo di una nanerottola di sette anni è disposta a tutto per di difendere il suo sacro diritto al sonno (e al caffè. - Barnes, dove cazzo hai messo il mio caffè? - - Nella mia bocca, dolcezza. Perché? Lo rivuoi? -)
Il televisore sta passando l’ennesima replica di uno di quegli orrendi programmi in cui quattro spose si scannano per avere il matrimonio dei sogni.
- Almeno quando dorme, togli questa merda – afferma, con un gemito di dolore.
- Ma si è svegliata ogni volta che ho provato a cambiare canale… -
- Steve, Cristo... –
- Buck dico sul serio. –
- Togli questa merda. –
 
 
 
A volte Bucky scompare per giorni. A volte la familiarità e le sottese tensioni che ancora animano l’aria della Torre degli Avengers e il Winter Soldier che quasi gli brucia il sangue per tornare a premere il grilletto - terminare la missione -, diventano insopportabili, ma Bucky ha una ragazza che parla come uno scaricatore di porto e il suo migliore amico che lo aspettano, stravaccati a guardare programmi indecenti su un divano troppo piccolo, in un appartamento di Brooklyn e ha intenzione di fare tutto ciò che è in suo potere per tornarvi sempre.
Fosse anche solo per impedir loro di rincoglionirsi ancora di più iniziando la nuova stagione delle Kardashian. 

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Capitolo 14
*** Danni collaterali (past-Steve/Darcy) ***


Note: - questa storia forse non dovrebbe stare qui, non se volessi tenere fede al tema della raccolta, ma, allo stesso tempo, deve stare qui e non avrei altro posto dove metterla. Quindi. Ecco. A volte l'amore finisce - e a volte non finisce, ma finiscono le cose, relazioni, situazioni, speranze. Spero che lo faccia sempre con grazia. 
- ambientata durante Civil War, contiene spoiler, ma pochi (e comunque come fate a non averlo ancora visto? SHAME ON YOU. Voglio dire. Il culo di Chris Evans. Il. Cu.). e Darcy è la figlia di Tony!AU e il rapporto tra Bucky e Steve potete interpretarlo un po' come volete.
No beta e quindi segnalatemi qualsiasi errore, svista, strafalcione.

 

Danni collaterali
 
 
 
Il telefono squilla tre volte prima che l’uomo risponda e Darcy immagina che dovrebbe sentirsi lusingata e amata perché nonostante tutto – un mondo che sembra esplodere ovunque lui cammini e che lo vuole morto – ancora le risponde. Ha la voce stanca, spezzata, frantumata come la palazzina di Lagos, come interi isolati in Nuovo Messico, e si ferma e le risponde.
Darcy sente, di sottofondo, la voce di Sam e quella di un altro uomo e immagina che sia Bucky, il fantomatico e recidivo James Buchanan Barnes. Pensa che dovrebbe odiarlo, che vorrebbe, ma le si stringe il petto al solo pensiero.
- Darce – mormora Steve.
Nella voce ha ancora l’eco della tenerezza con cui le si è rivolto sotto il sole di New York, quando ancora cercava di mascherare la sua identità sotto un cappello e una barba più folta di quella che sarebbe stata consona per Capitan America perché era un eroe e non voleva che qualcuno li interrompesse per chiedergli un autografo o, peggio, una foto. Per chiedergli di distogliere lo sguardo da lei e quando gliel’aveva confessato, con le guance rosse e le ciglia calate sugli occhi azzurri, Darcy aveva pensato che Steve le avrebbe fatto venire il diabete. Che era il pensiero più romantico che le avessero mai dedicato.
Nella voce ha la stessa morbidezza che aveva quando le aveva scostato i capelli dalla fronte, la prima volta che si erano addormentati sul divano e Tony aveva avuto da ridirne per settimane.
- Steve. –
Il suo nome le sfugge dalle labbra quasi come un pigolio e si odia perché ha steso Thor, perché ha fermato Malekith a Londra ed è più forte di così, ma il suo intero mondo sembra sull’orlo del baratro e…
- Steve – ripete, coprendo le ultime incertezze con un leggero colpo di tosse. – Cosa stai… Cosa state facendo? – domanda.
È rannicchiata sul divano della villa di Malibù, con una donna che non è sua madre e non è neanche più la compagna di suo padre e nella cui piega della labbra e nei passi nervosi, Darcy può leggere la preoccupazione di essere stata in parte causa della guerra che sta divorando il mondo.
Le finestre della villa sono scosse dal ruggire del vento e dalla pioggia che si scaglia contro le ampie vetrate e sembra volerle sradicare dai cardini e Darcy ascolta il silenzio dall’altro capo del telefono e pensa all’altra tempesta che rischia di trascinarli tutti via con sé.
Il sospiro dell’uomo le rimbomba nelle ossa e nella stanza vuota che la circonda. Può quasi vederlo, mentre si passa una mano sul volto e sul capo, scompigliando i capelli biondi e può quasi immaginarsi, mentre gli prende la mano e gli bacia le nocche e il capo. Mentre gli è accanto e cerca di liberarlo di tutto quel peso che si porta sulle spalle.
- Darce. È Bucky. Non posso… -
Un clangore risuona da qualche parte e copre le ultime parole di Steve, ma Darcy non ha bisogno di sentirle per sapere come avrebbe continuato, per sapere che è sempre stato Bucky, che non c’è mai stato niente oltre a Bucky da quando Steve ha saputo che era ancora vivo e forse neanche prima. Che è Bucky e Steve non può fermarsi neanche se a tentare di arginarlo ora c’è Tony, anche se erano amici, anche se è suo padre e quando li ha trovati rannicchiati sul suo divano, Tony l’ha minacciato e ha gridato oltraggiato, ma non l’ha cacciato dalla Torre perché era Steve e, nonostante tutto, si fidava di Steve.
È il suo turno di sospirare, di lasciarsi sfuggire l’aria dalle labbra con un singulto tremulo. Ed è difficile con quel nodo in gola, con quelle lacrime che le pizzicano gli occhi e il ricordo dell’espressione tradita sul volto di suo padre, nella piega sottile delle labbra di Natasha.
- Non posso schierarmi dalla tua parte – gli dice e finalmente, finalmente, la sua voce è di nuovo ferma, salda come l’armatura di Iron Man e Darcy non è un eroe, non ha armi se non la sua voce, se non.
Se non fosse così triste, si darebbe una pacca sulla spalla per la fermezza con cui non permette al sospiro – stanco, sconfitto, frantumato – di Steve di farla vacillare.
- Lo so – le dice. – Non ti avrei mai chiesto di… -
Di sottofondo, Darcy sente la voce dell’uomo che non conosce – Bucky – chiamare: Steve e Darcy percepisce sulla pelle – è come un leggero formicolio, come quando i nervi si dimenticano di funzionare - l’attenzione di Steve sfuggire via da lei, da quella conversazione e tornare a dove dovrebbe essere. A dove è sempre stata.
Lo so, le dice. Non importa, non aggiunge, è Bucky.

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