Cuore di Mamma e Papà.

di rora02L
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - Regina ***
Capitolo 2: *** - Biancaneve ***
Capitolo 3: *** - Cora ***
Capitolo 4: *** - Emma ***
Capitolo 5: *** - David ***



Capitolo 1
*** - Regina ***


~Regina ...

Ninna nanna (di tutte le mamme) – Peter Pan, Disney
“ La mamma è per me
il nido del cuor.
Colei che ogn’or
ti sa ben guidar,
la giusta via
ti sa indicar.
La mamma è per me

un raggio di sol.
Se domandi che cosa è mai
tu puoi chieder chi mai sia il ciel.
Chiedi al cuor
che cos’è
risponderà tutto per me,
Un angel pien di bontà
E’ un dono del ciel.”





Regina guarda il bambino dai grandi occhi verdi screziati di bruno, che si agitano avanti ed indietro, spauriti. Il bambino che ha davanti a sé ha la pelle candida, il nasino piccolo e qualche rado capello bruno sul capo da infante. Stringe le sue piccole manine a pugno e la guarda come se cercasse di capire chi è la donna che lo sta fissando. Lei gli sfiora la mano destra, accarezzandogli le piccole dita. Sono morbide e dolci. Mai aveva toccato una pelle tanto delicata e mai aveva visto un viso tanto buono e puro. Regina ne rimane colpita, ammaliata dalla dolcezza di quel pargoletto che ha ottenuto grazie a  Tremotino.
Abbassa il capo e studia ancora una volta il volto del pargoletto, che ora è tra le sue braccia. In un lampo, decide quale sarà il suo nome e lo sussurra al piccolo: “Henry.” Come il nome di mio padre.

*

La camera del piccolo è pronta da mesi, Regina era in fibrillazione per il suo arrivo e voleva che ogni particolare fosse perfetto, dalla carta da parati azzurra alla culla blu e gialla in legno, fatta a mano da Marco.
Ha cucito lei stessa una copertina azzurro cielo, in cui ora avvolge il piccino, prima di adagiarlo nella sua culla. Il bambino studia il nuovo ambiente con i suoi occhi indagatori. E fissa lei, prima di sorriderle con la sua bocca sdentata. Regina sorride, contenta e commossa. Era da tanto tempo che non mi accadeva, nessuno più mi sorride in modo così sincero.
Prende allora il piccolo polso di Henry e gli lascia un bacino sul dorso della mano paffuta, lasciando il segno del suo rossetto rosso. “Oh ! – ridacchia lei, guardando il piccolo- Scusami, Henry… rimedio subito.” Con delicatezza, gli pulisce la mano con una salvietta. Henry inizia ad urlare a squarcia gola, tanto che la donna si spaventa. Poi si rivolge nuovamente al piccolo: “Hai fame ?” Lui risponde con dei versi sconnessi e porta un piedino alla bocca, succhiandoselo con gusto. La donna ride nuovamente e allontana il piede dalla bocca dell’infante. “Adesso ci pensa la mamma.” Mamma. Sono la sua mamma.
Regina quasi si commuove, ora si sente felicissima. Anche se quel bambino non è biologicamente suo, lei è la sua mamma. La donna è preparata ad ogni evenienza, si è documentata ed ha studiato negli ultimi mesi per prendersi cura di suo figlio al meglio. Ha un po’ di paura, data la sua inesperienza. Per non parlare, poi, della sua infanzia orribile. Non sarò mai come mia madre, voglio crescere Henry in modo che sia felice. E ci riuscirò.
Ogni volta che Regina tentenna, si ricorda le parole gentili dell’unico bambino che, prima di Henry, ha messo piede a Storybrooke dall'esterno: Owen. “Saresti un’ottima mamma.” Prende un bel respiro e se lo ripete, sempre. 
Henry finisce di bere il suo latte in polvere e fa anche il suo ruttino, Regina lo tiene ancora in braccio e gli chiede dolcemente: “Ora va meglio ?”
Il piccino fa delle bolle con la saliva dalla bocca, allora la donna lo pulisce con il suo bavaglino azzurro con sopra un cavallo bianco. Ma il piccolo fa anche un rigurgito, che finisce sopra la camicia immacolata della donna. E riprende a piangere. Regina fa una smorfia stizzita, schifata da quella macchia biancastra che ora si ritrova su di se. La pulisce con un tovagliolino e rimette Henry nella culla, ma il piccolo continua ugualmente ad urlare, non sa bene per cosa.

*

Graham fissa il piccolino nella culla che Regina gli ha mostrato, ancora sorride tutta felice. Non l’aveva mai vista così su di giri, nemmeno se combinava qualche disastro a Mary Margaret. La mora gli chiede: “Allora ? Che ne pensi ? Lui è Henry.”
Lo sceriffo lo guarda e risponde: “Henry… è davvero un bel bambino, Regina.” Lei sorride orgogliosa e prende il figlio in braccio, per farlo giocare con i suoi nuovi giocattoli di gomma (sterilizzati, in modo che li possa ciucciare quanto vuole): un gatto nero, un cavallino blu ed una papera gialla. Henry tocca con le dita paffute tutti i giocattoli e li guarda affascinato. Magari ho trovato il modo per farlo smettere di piangere. 
Graham si siede per terra davanti a lui, sul tappeto bianco che la madre aveva scelto mesi fa per la camera del maschietto. Regina si accovaccia dietro di Henry, in equilibrio precario sui tacchi, per studiare il suo comportamento. Il piccino riprende improvvisamente a piangere e gridare, cadendo quasi per terra di testa. Ma Regina riesce a prenderlo prima che batta il capo sul pavimento e guarda Graham in cerca di aiuto. Lui alza le spalle e dice: “Dovresti sentire l’odore che viene dal suo pannolino… credimi, è più che eloquente.” Regina gli scocca una occhiata indispettita e prende Henry in braccio per calmarlo, invano. Mette il pannolino nuovo sotto il sedere del bambino e fa un gesto con la mano. Come se potesse usare la magia. Sorride a sé stessa e riprende il lavoro, usando solo le sue mani.  Che stupida. Non ho più la magia… mi è rimasta solo la vendetta. Ed ora, ho Henry. 

*

Henry ormai ha un anno e gattona spesso in giro per la casa o per l’ufficio di Regina, che non si fida e non vuole lasciarlo ad alcuna baby sitter. Regina ha trovato un modo per stare col piccolo senza che lui pianga o urli. Lo faceva perché sentiva la mia paura e la mia apprensione per lui, oltre al fatto che il mio cuore era completamente incapace di amare.
La donna sta attenta affinché non gli capiti nulla di grave. Ma Henry, per fortuna, è un bravo bambino. Al contrario di lei, che da piccola era una monella. Ne porta ancora i segni sul volto: una cicatrice sul labbro superiore, che cerca sempre di coprire con il rossetto, ma inutilmente. Suo padre le aveva raccontato che, all’età di due anni, era finita nelle stalle gattonando mentre lui e sua madre discutevano animatamente. Poi avevano sentito le urla ed i pianti. Era accorso dunque per soccorrere la figlia, che era caduta e si era procurata un bel taglio sul labbro. Aveva poi chiamato il dottore, dato che Cora si era rifiutata di curarla con la magia, dicendo che il segno doveva rimanerle, così avrebbe imparato a non disubbidire.
Regina digrigna i denti al ricordo della madre e del suo uso della magia su di lei. In quel momento nota che Henry sta giocando vicino al tavolino di cristallo davanti al divano bianco dove accoglie gli ospiti. Si precipita dal piccino, con il rumore dei tacchi che la seguono. Lo allontana allora dal pericolo e finisce per sedersi sul parquet chiaro insieme al piccino. Sospira, sollevata per essere arrivata in tempo. Accarezza la testa del figlio, ricoperta da dei fini capelli bruni. “Henry… - sussurra, rivolgendosi al piccolo, che la guarda confuso- devi stare attento, tesoro. Non voglio che ti capiti qualcosa di brutto, d’accordo?”
Il piccolo agita le manine e le sorride. Regina sorride, gli da un piccolo bacio sulla fronte e lo prende in braccio, diretti verso casa. Per oggi ho chiuso col lavoro.

*

Regina si precipita in auto col bambino in braccio, lo lega al seggiolino e sfreccia verso l’ospedale. Henry ha il viso pallido e scotta molto, ha la febbre alta. Regina si chiede come sia potuto accadere, anche se sa di non avere alcuna colpa e che coi bambini può capitare. Ma è nel panico, teme di perderlo. Appena parcheggia davanti all’ospedale, si fionda dentro, gridando: “Il mio bambino ha la febbre alta! Ho bisogno di un dottore, vi prego.” Due infermiere accorrono e prendono Henry per controllare il suo stato di salute. Si guardano tra loro e, senza dire nulla a Regina, lo portano in sala dal dottore. Regina le segue, correndo.
Il dottore da al piccino alcune medicine e lo riconsegna alla madre, dicendole: “Starà bene, signor sindaco. Ha la febbre a trentasette e otto, non morirà. Stia tranquilla. Le dia questo – le porge una scatolina di pillole bianche- per altri due giorni una volta al giorno e lo lasci riposare. Si riprenderà presto, massimo una settimana.” La donna si rilassa, lasciandosi quasi cadere sulla sedia, e sospira rasserenata: “Grazie, dottore.”
L’uomo le sorride di rimando: “Si figuri, signora Mills."Il dottore ha pochi pazienti, essendo i bambini di Storybrooke non moltissimi.
Regina esce dall’ospedale, guardando incerta il piccino avvolto dalla sua copertina azzurra. Sta arrivando un gelido inverno e la neve sta per abbattersi sulla città, imbiancandola. La prima nevicata per Henry… 
Sistema poi i guantini di lana del piccolo e lo rimette delicatamente nel seggiolino. Ora il piccino ha riacquistato colore, ma scotta ancora un po’. Se avessi la magia ora, ti guarirei con un gesto della mia mano, bambino mio. A Regina manca il suo potere, ma perché lo vorrebbe usare in modo ben diverso da come faceva in passato: lo userebbe per proteggere suo figlio e per dargli una vita meravigliosa. Ma nel vecchio mondo, niente di tutto questo sarebbe mai potuto accadere.
Il sindaco vede in quel bambinetto l’unica ragione della sua vita e l’unico uomo che sarà mai in grado di amarla davvero, nonostante il suo passato ed i suoi difetti. Henry non dovrà mai scoprire chi ero. Mai. Mi odierebbe… non posso perdere anche lui. Ormai è l’unico affetto che mi rimane, l’unico che crede in me e può vedere in me qualcuno diverso dalla “regina cattiva”. Io… non sono cattiva.
Guida fino a casa sua con queste preoccupazioni per la mente, mentre il piccolo biascica qualche verso senza senso: “Ba ba! Da! Mammh!”
Regina parcheggia di botto, con gli occhi sgranati, e fissa Henry, paziente. Dato che il bambino non dice più nulla, lo incoraggia: “Dì mamma, Henry…” Ci spera, Regina. Perché quella semplice parola, detta dal suo bambino, ha il valore del più prezioso dei “ti amo”. E lei ne ha ricevuti troppi pochi nella sua vita, ha bisogno che suo figlio la chiami così. Henry abbassa il capo, pensieroso, e giochicchia con la mani. Regina si arrende e scende dalla macchina, per poi tornare a liberarlo dalle cinture. Il piccino alza le mani paffute verso la donna e le stringe, per poi riaprirle. La fissa con la dolcezza che solo un bambino può avere e lei sorride, finché Henry non spalanca la bocca: “Mamma!”
Regina sta per mettersi a piangere dalla commozione e qualche lacrima solca il suo volto, sporcandolo di mascara. Il bambino la guarda confuso, sa che se la madre piange non è un buon segno. La donna allora si asciuga subito le lacrime, singhiozzando: “Sì, Henry! Sono la tua mamma! Bravissimo.” Lo prende in braccio, riempiendolo di carezze e facendogli i complimenti. Il bambino ride e ripete ancora una volta quella parola magica che ha fatto sorridere la sua mamma. Quella notte, Regina decide di far dormire Henry nel grande letto matrimoniale accanto a lei, mandando così in bianco il povero Graham, che viene brutalmente cacciato da casa Mills senza spiegazioni.
Il cuore di Regina brilla appena, ma brilla: una piccola scintilla tra le tenebre e l’oscurità, come Henry nella triste vita della madre. Il sorriso di quel bambino innocente e puro e quella semplice parola pronunciata dalla sua voce reimpiono pian piano il vuoto che Regina sentiva da tempo nel petto, da quando si era svegliata in quel mondo in cui lei era il capo indiscusso e dove non c’era la magia come la conosceva lei.
Ma Henry possiede in sé una magia ancora più forte, che avrebbe salvato almeno in parte l’oscuro cuore di Regina: il vero amore. Perché non c’è amore più vero che quello che prova una madre per il proprio figlio ed un figlio per i propri genitori. In cuor suo, Regina spera che Henry possa amarla davvero, dandole ciò che a lungo le è stato negato ingiustamente, per colpa di Biancaneve: un lieto fine felice.

*

Graham guarda Regina accigliato, mentre lei non smette di sorridere e tiene il suo bambino tra le braccia, affermando orgogliosa: “Ieri Henry ha detto mamma, non è fantastico?” L’uomo sbuffa seccato: “Certo, Regina… è un bene che la sua prima parola sia stata mamma e non pappa.” Ma lei non lo ascolta e si rivolge al figlio, chiedendogli con un sorriso smagliante sul viso: “Dai, Henry! Chi sono io… ?” Il piccino si ciuccia un attimo le dita, per poi esclamare felice con le mani aperte: “Mamma!”
La donna ride felice, poi si rivolge allo sceriffo con aria da saccente: “Hai visto Graham? – riprende a parlare col figlio- Bravissimo Henry!” Lui fa qualche verso di felicità e mette le sue manine sul viso di Regina, facendole delle specie di carezze. Lei è come ipnotizzata da lui, ora ha tutto ciò di cui ha bisogno. Forse potrò tornare ad essere felice. Grazie, Henry… figlio mio.
Ripensa a quando, da giovane, cavalcava libera come il vento: erano i suoi unici momenti di libertà, in cui poteva essere la vera Regina, e non la lady raffinata che sua madre avrebbe voluto come figlia. Lei non era cattiva come la madre, odiava con tutto il cuore la magia, perché era l’ostacolo che la divideva dalla libertà e dalla felicità con il suo amore Daniel. In quei momenti, sognava anche il futuro, diverso da come sua madre lo aveva pensato per lei. Immaginava di poter cavalcare al fianco di Daniel e di vedere un giorno il loro bambino crescere e cavalcare insieme a loro, come una famiglia felice, lontani da sua madre e dalla magia oscura. Il destino deve avere una specie di senso dell’umorismo: non è andata affatto così. Ricordava ancora nitidamente il momento in cui Cora aveva strappato il cuore al suo amore, uccidendolo davanti ai suoi occhi. E lei era rimasta impotente, non potendo fare nient’altro che supplicarla di lasciarla andare, di lasciare che  fosse felice.
Si riprende dai suoi pensieri quando Ruby le porge il suo cappuccino, la colazione, insieme ad una fetta di torta di mele. Si diverte a prendere in giro gli abitanti della città a loro insaputa, come aveva fatto quando aveva piantato quegli alberi di mele nel giardino sul retro della sua casa. Mette Henry nel suo seggiolino accanto a lei e mangia un boccone di torta, mentre Graham beve il suo espresso senza zucchero, guardando il pupo agitare le mani su e giù. Lo indica e chiede alla madre: “Ma non sta mai fermo?” Regina sorride: “Ma che dici, è un angioletto! A differenza di tanti altri bambini, Henry dorme la notte e mi lascia riposare, è un bambino molto obbediente.” Aveva faticato molto per raggiungere quell’equilibrio con lui e per ritrovare l’istinto materno sepolto in lei. L’uomo sghignazza: “Chissà come diventerà da grande… -solleva la tazzina verso la mora- Spera che continui ad essere così ubbidiente.”

*

Henry ha cinque anni e la maestra gli insegna come preparare un bel regalo per la festa della mamma. Lo impacchetta sotto i suoi occhi attenti e glielo consegna, ammonendolo: “Mi raccomando, trattalo bene... è un regalo per la tua mamma, vedrai che le piacerà.” Il bambino la guarda e le domanda: “Davvero, maestra ?” La donna sorride e gli scompiglia i capelli bruni con una mano: “Certo, ne sono sicura.” Henry annuisce ed esce dalla classe con gli altri bambini, che hanno già portato il loro dono alla propria madre. 
“Henry!” esclama Regina ed il bambino risponde subito al richiamo, correndo verso da lei. “Com’è andata a scuola ?” gli chiede, chinandosi verso di lui. Il bambino scrolla le spalle: “Bene, mamma… ho un regalo per te, è per la festa della mamma.”
Regina sorride bonaria, abituata ai disegni del figlio in cui la ritrae scheletrica e con una massa indistinta di capelli scuri. Porge la mano verso il figlio, chiedendogli di farglielo vedere. Henry allora le da il pacchetto di plastica trasparente contenente un pezzo di pongo marrone solidificato con l’impronta della mano di Henry dentro e un’incisione: “Per la festa della mamma.”
La mora sgrana gli occhi e accarezza l’impronta della manina attraverso la plastica. Henry è cresciuto così tanto … come è successo? Eppure, sembra ieri il giorno in cui l’ho preso tra le mie braccia e l’ho portato a casa con me.
Henry la guarda, preoccupato, vedendo i suoi occhi arrossarsi: “Mamma, tutto bene? C’è qualcosa che non va?” La donna si riprende dai suoi pensieri e risponde: “Ma no, tesoro… - sorride- è un regalo bellissimo, lo custodirò sempre. Grazie mille.” Il bambino sorride soddisfatto ed orgoglioso e chiede di andare a casa. Inizia a parlarle in modo scarno e diretto dei suoi amici e compagni di classe, della maestra e del fatto che non riesce bene a fare amicizia. “Gli altri bambini dicono che i loro genitori hanno detto che non devono giocare con me, perché altrimenti tu potresti arrabbiarti… - Regina digrigna i denti. Come osano escludere mio figlio? Come si permettono? Non lascerò che continuino a farlo! – Ma io non ci credo! Tu sei una mamma dolcissima e non faresti mai del male a nessuno!” Annuisce più volte, come a voler riconfermare ciò che ha appena detto. Regina sorride, continuando a guidare verso casa. Il mio piccolo principe combatte per difendere il mio onore…

*

“Henry è un bambino taciturno, gioca spesso da solo e –“
“Lei è l’insegnante, faccia qualcosa. Non tollero che mio figlio venga escluso!” La maestra balbetta spaventata da lei: “M-ma non saprei proprio cosa-“ 
“Questo è il suo lavoro, veda di svolgerlo al meglio, dato che ha in custodia mio figlio!” sibila la mora, girandosi per uscire dall’aula in cui aveva richiesto un colloquio privato con la maestra del figlio. Non poteva passare sopra quello che Henry le aveva detto. Non voleva che diventasse un bambino solo. Soprattutto perché sapeva che la causa era sua, avevano tutti paura di lei. Siete ancora degli schifosi, stupidi ed ignoranti plebei! 
Regina esce dall’edifico arrabbiatissima, cercando invano di darsi un contegno. Tornando a casa, trova Henry seduto al tavolo della cucina con in mano un pennarello nero. Il bambino alza lo sguardo dal foglio dove stava disegnando e scende dalla sedia per raggiungerla: “Mamma, bentornata!” Lei si limita ad un sorriso tirato, è ancora arrabbiata per la discussione che ha avuto con la maestra. Quella incompetente, se fa un altro errore la faccio licenziare!
Il bambino le tira la manica della giacca nera, chiedendole: “Mi racconti una storia?”
“Certo… - risponde prontamente lei – ma solo dopo che avrai fatto merenda. Oggi ti preparo i fagottini alle mele, so che ti piacciono tanto.” Il bambino esulta felice e mette a posto il materiale con cui stava disegnando. Regina scorge appena il disegno del figlio: un castello nero, in cima ad una specie di montagna. Decide di non badarci troppo e va in cucina a preparare il dolce preferito del figlio, che le ricorda anche il bambino che le ha aperto gli occhi, facendole capire cosa desiderava davvero: Owen. Lui aveva aperto gli occhi a Regina, inconsapevolmente, facendole capire che ciò che le mancava era un figlio e che la vendetta non era abbastanza per renderla felice, dopo ciò che aveva perso. Henry era il tassello mancante, colui che era riuscito a riempire il vuoto di Regina, dandole una ragione per vivere e combattere, qualcuno da difendere e da amare con tutta se stessa.
Il suo cuore duro e di pietra, con gli anni, si era ammorbidito per un’unica persona, ossia suo figlio. Stava diventando il cuore di una madre e non era più solo il cuore di una donna dannata ed affamata di vendetta, le cui mani sono sporche del sangue di centinaia di vittime. Perché suo figlio la ama così com’è e sa che lei è capace di amare e di compiere anche atti bu0ni. Lui gliene ha dato per primo la possibilità. La possibilità di essere felice, di ricominciare e di imparare ad amare da capo. Ad amare con il suo cuore di mamma, ancora oscuro, ma più tenero di prima.

*

Regina sta per mettersi a piangere, non vuole credere che ciò sia vero. Ma lo ammette anche lei, Henry è sempre più un bambino cupo e triste, taciturno e silenzioso. Sembra soffrire molto. E la causa non può che essere lei, dato che è la madre. Ha parlato con la maestra Mary Margaret, che l’aveva convocata d’urgenza. Le parole della donna le rimbombano ancora nelle orecchie.
“Henry non si sente amato da lei, signora Mills. Pensa che lei non gli voglia bene, anche se sono certa che è l’esatto contrario. Il problema è che suo figlio ne è pienamente convinto, mi ha detto chiaramente che, secondo lui, lei non gli vuole bene e che non appartiene a questo posto, a questa città.” 
Regina, per la prima volta dopo anni, sente che forse non ha preso la decisione giusta con suo figlio. Forse non è adatta a fare la madre, dato che suo figlio crede che lei non lo ami, quando invece non può vivere senza di lui. La notizia la fa impazzire di dolore, a stento era riuscita a trattenere le lacrime di fronte all’insegnante. Ma per lei, Mary Margaret è e rimarrà sempre Biancaneve e non potrebbe mai piangere davanti a lei.
“Ho dato ad Henry un libro di favole che ho trovato tra le mie cose per caso, sperando che lo aiutino a trovare la speranza.”
Ad Henry sono sempre piaciute le storie, fin da bambino. Gliene ho raccontate tante… 
Decide di non pensarci e di cercare invece di rimediare, dimostrando all’ormai ragazzo di dieci anni che è suo figlio e che lo ama come non ha mai amato nessuno prima di allora. Il suo cuore di madre ritorna, per un attimo, quello duro ed oscuro della strega cattiva.
Ed Henry, dopo aver finito di leggere il libro, inizia davvero a chiamarla così: regina cattiva. “Lei in realtà è la regina cattiva e siete tutti vittima del sortilegio!”
La prima volta che Regina sente queste parole del figlio, ne rimane pietrificata. Sente di essere stata scoperta dall’unica persona a cui tiene ed a cui voleva veramente tenere nascosto il suo passato oscuro. Ma decide di fingere, ancora una volta, pur di tenere il ragazzo con sé: “Henry, ma che dici? Lo sai che è solo un libro di favole, no?”
“Non è solo un libro di favole!” afferma lui deciso, prima di correre via da lei. Ed il cuore di Regina sussulta addolorato.
Le sedute con il dottor Opper non funzionano, Henry è ancora fermamente convinto che il libro racconti una storia reale, la loro storia. E sua madre non ha altra scelta che mentirgli, facendolo passare per un bambino affetto da disturbi svariati legati alla affettività ed al trauma subito dal suo abbandono. Tutti ci cascano, tranne il figlio, che rimane ancora fermamente convinto della sua idea e del fatto che tutto quello che vede, inclusa la città di Storybrooke, non è reale. E che la Salvatrice verrà a spezzare l’incantesimo. Non servono a nulla le parole di Mary Margaret, dello psicologo, né quelle della madre: lui ne è fermamente convinto e non si arrenderà.
Regina scopre troppo tardi quanto il figlio sia determinato nel compiere la sua impresa. Lo scopre quando una donna dai lunghi capelli biondi ed un giubbotto di pelle rossa le riporta il figlio scappato. 

"Lei è la mia vera mamma. Emma.”




https://www.youtube.com/watch?v=Ev30gBRUNUc
Angolo autrice :
Eccomi qua, alle prese con un nuovo esperimento !
Il tema "mamma", chiamiamolo così, mi è molto caro per svariati motivi, forse perchè mi rendo conto che non tutti siamo così forutnati da avere una buona mamma accanto  e che questoè anche il lavor più difficile del mondo, no stop e senza pause.
Anche se è passato un po' di tempo dal giorno della festa della mamma, mi sembra che possiamo festeggiare anche tutti i giorni.
Spero che questa one shot vi sia piaciuta :)
A presto !
La vostra Rora-chan <3

 

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Capitolo 2
*** - Biancaneve ***


~Biancaneve.

Bimbo mio – Dumbo, Disney
“Figlio mio vieni qui
No, non pianger così
Ti terrò stretto al mio cuor
Con tanto amor
Con tanto amor!
Se si burlan di te

Non badarci perché
Il mio amor
Sol ti darà
Felicità
Felicità! […]”



La principessa guarda incantata quei piccoli unicorni bianchi e azzurri fatti di purissimo cristallo, mentre volano appesi sopra alla culla della sua bambina, che ancora deve nascere. Il suo pancione calcia, sente la vita crescere dentro di lei. Peccato che non potrò rimanerti accanto, bambina mia.
Suo marito le appoggia una mano sulla spalla, sa esattamente a cosa sta pensando. Biancaneve fa un sorriso triste al suo sposo, per poi sospirare rassegnata. La cosa migliore da fare, in qualità di genitori e di regnanti, è dare alla piccola Emma una opportunità migliore, l’opportunità di scampare al sortilegio e salvarli tutti.
Una bambina così piccola con un fardello così pesante. Vorrebbe poter fare qualcosa per rimanere accanto alla bambina per sempre, ma nella teca c’è posto solo per una persona. Quando Emma nasce, in tutto il suo splendore di neonata, il castello è sotto attacco e la madre ha solo il tempo di salutarla per l’ultima volta con un bacio sulla fronte tenera, guardando quegli occhioni spaesati fissarla impauriti. Le sorride, rassicurante, convinta che la figlia la ritroverà.
Ritrovami, Emma. Ritrovaci. Io credo in te, bambina mia.

~

 Da migliore amica a mamma, Mary Margaret stenta ancore crederci: Emma è riuscita nell’impresa ed è tornata da loro. Li ha trovati, dopo ventotto lunghi anni. Ed anche se non sono ancora a casa, si sono riuniti. La loro famiglia è finalmente al completo, dopo tanto tempo. Emma ha spezzato il sortilegio che impediva a tutti loro di ricordare chi erano e chi sono realmente.
Ma a quale prezzo ? Mi sono persa tutta l’infanzia di mia figlia…
Non riesce a perdonarselo, perché Emma si sente e si sentirà sempre un’orfana, una bambina non amata dai suoi genitori. Non potrebbe esserci niente di più diverso, perché i suoi genitori l’hanno amata e la amano infinitamente, lei è la loro preziosa bambina. Bambina.
Emma non è più una neonata da molto tempo. Ormai è una donna e come tale non riesce a vederli come genitori, ma solo come Mary Margaret e David. O al massimo come Biancaneve ed il Principe, ma non come Mamma e Papà.
E come potrebbe accettarlo ? Non può. Non ancora, almeno. Regina le ha tolto una cosa unica, che non tornerà più indietro: l’infanzia di sua figlia. Biancaneve immagina come sarebbe stata l’infanzia di Emma nel loro regno magico. L’avrebbe vestita da principessa ed educata come tale, suo marito invece le avrebbe insegnato a cavalcare e tirare di scherma. Conoscendo Emma, avrebbe di certo voluto imparare a combattere. E a dieci anni le avrebbe messo sul capo la tiara di sua madre, riconoscendola come legittima erede al trono e continuando la tradizione di famiglia.Chissà com’era Emma da bambina … 
Vorrebbe poter vedere almeno qualche foto di lei da piccola, ma ha paura a chiederlo alla figlia. Potrebbe arrabbiarsi oppure vederla infelice in una casa famiglia, con gli occhi di una orfana, potrebbe straziarle il cuore. I sensi di colpa già la stanno mangiando dall’interno. Dovevo farlo, dovevo.
Ma sa benissimo che, se non l’avesse fatto, almeno sarebbero vissuti per sempre insieme e lei avrebbe ancora la sua bambina con sé.
“Ma saremmo stati insieme.”
Emma ha ragione. Le avrebbe risparmiato una vita di dolore. Fin da bambina, Emma si era chiesta come avesse fatto sua madre ad abbandonarla. Come lei avesse potuto lasciarla sul ciglio della strada, abbandonandola ad un destino crudele e senza genitori o amore. Senza una casa né una famiglia. Mary Margaret inizia a mangiucchiarsi nervosamente il labbro inferiore, mentre rimugina davanti a due una tazze di latte caldo con cannella. Emma sta per tornare alla loro casa, insieme a suo padre ed Henry. Ma lei vorrebbe avere un momento da sola con la figlia, per parlarle e sapere qualcosa della sua infanzia. Qualcosa di quei ventotto anni in cui non ha potuto vederla crescere e starle accanto come fanno tutte le mamme. Quando la porta si apre ed entrano i tre, Mary Margaret si blocca. Non sa cosa fare, come chiederglielo ed il coraggio la abbandona.
Vorrebbe per lo meno trovare un modo per scusarsi con lei, anche se sa che ciò che ha fatto non può essere cancellato in alcun modo dal cuore della figlia. Rimane ritta, davanti alle due tazze di latte.
I tre la salutano e solo David rimane nella cucina, mentre Emma ed il ragazzo salgono di sopra. Il principe guarda la moglie con un sopracciglio alzato e le si avvicina, ha capito che trama qualcosa: “Che hai, Mary Margaret ?” Lei scuote le spalle e bofonchia: “N-niente … perché ?” Lui non le crede e dice: “Ti vedo strana, oggi … - nota le due tazze- Per chi sono ?” Biancaneve risponde in fretta: “Per me e te, amore.” Lui ridacchia e ribatte: “Non ti credo … ci sono solo tre persone in questa città a cui piace così tanto la cannella: tu, nostra figlia ed Henry. Quindi volevi per caso rimanere da sola con Emma ?”
Lei sospira, sorridendo: “Mi hai beccata. Dimmi, è così evidente ? Temo che lo faccia a posta ad evitare di stare sola con me…sembra faccia di tutto per evitarmi. Ho paura che mi odi … e che non mi possa perdonare per averla abbandonata.” David scuote il capo e le prende una mano dolcemente: “Ma che dici, tesoro ? Probabilmente è solo un po’ confusa … insomma, ha vissuto tutta la vita credendo che noi l’avessimo abbandonata perché non la amavamo e-“
“Io sono sua madre ! – esclama lei, sull’orlo di una crisi di nervi – Non ce la faccio più. Non riesco più a far finta di nulla. Vorrei che lei si … confidasse con me, che mi parlasse … vorrei almeno ora essere la madre che le è mancata in tutti questi anni !” David annuisce, capisce perfettamente i sentimenti della mora. Le sorride e le dice: “Vado a chiamartela.” Si dirige verso le scale e Biancaneve ha appena il tempo di aprire la bocca per fermarlo, ma ormai il marito è già salito. Dopo pochi minuti, Emma scende lentamente dalle scale: “Per caso è successo qualcosa ?”
Mary Margaret spalanca la bocca, in cerca di qualcosa da dire: “Ah … no, nulla.” L’altra stringe gli occhi e risponde: “Va bene … - un altro gradino – allora … c’è qualcosa di cui volevi parlarmi ?” La principessa le indica con una mano una sedia ed Emma si accomoda, poi la mora porta sulla tavola le due tazze di latte caldo. Guarda la figlia dritta negli occhi e prende un bel respiro profondo, senza smettere di giochicchiare con la tazza blu notte che ha davanti a sé: “Volevo … parlarti di … alcune cose, ecco.- prende un altro respiro profondo e si impone di continuare, di dirlo – Io volevo c-chiederti come mi immaginavi da piccola.- Emma sgrana gli occhi e cerca di alzarsi, ma la mora continua – Qual è stata la tua prima parola ? A che età hai fatto il tuo primo passo ? Qual era il tuo gioco preferito, la tua fiaba preferita, il tuo cibo preferito ?”Il suo sguardo è quello di una madre disperata, che vuole avere anche il più minimo contatto con il passato della figlia, di quella bambina che ha perduto per sempre.
Gli occhi della principessa si gonfiano e si riempiono di lacrime di rammarico. Emma allora si ferma e si rimette seduta, sospirando: “Davvero vuoi sapere queste cose ?” Nella sua voce c’è scetticismo, probabilmente crede che siano informazioni inutili. Ma per la madre, non è così. Mary Margaret risponde decisa: “Sì. Ti prego …”
La bionda abbassa lo sguardo e lo rivolge alla tazza: “La mia prima parola è stata pappa. Il mio primo passo l’ho fatto per prendere un giocattolo che avevano messo sopra il tavolo della cucina. Era il mio preferito, un cagnolino di peluche grigio.- Biancaneve sorride, immaginandosi la figlia che allunga la manina verso il pupazzo – La mia fiaba preferita era … Biancaneve, mi piaceva la storia del bacio e dei nani … sembravano simpatici. – Le due ridono insieme – Invece il mio cibo preferito da piccola era la cheesecake, decisamente.” Le due sorridono e abbassano lo sguardo entrambe verso il latte, ormai freddo.
“Anche ad Henry piace …” dice la mora, ridacchiando. L’altra annuisce: “Già …” Ma Biancaneve non ha certo dimenticato l’unica domanda a cui la figlia non ha risposto e gliela ripone: “Come mi immaginavi ? Come immaginavi … la tua mamma ?” Sente il picchiettio nervoso delle dita della donna e poi la sua voce, quasi singhiozzante: “Ti immaginavo … bella.- si guardano- Proprio come … una principessa. E buona, credevo che un giorno mi avresti trovata. Che non mi avevi abbandonata, ma che mi avevi persa … o che eri stata costretta a farlo …- adesso anche gli occhi di Emma si riempiono di lacrime- Ma poi … ho smesso di crederci. E ho smesso di pensare a mia madre.”
Si alza di scatto, lasciando la tazza là dov’è, ancora piena. Biancaneve capisce che non l’ha ancora perdonata e che forse è troppo tardi per rimediare.

~

“No.” Emma è categorica, ma la madre è più testarda di lei: deve essere una cosa ereditaria. Mary Margaret sorride e continua a tenere il passo con lei, camminando più veloce sul marciapiede della cittadella.
“Invece sì, mia cara !” esclama la mora con fermezza. L’altra sbuffa, capendo che non può fare nulla per togliersela dalle scatole. Ma non capisce perché ci tenga così tanto ad accompagnarla a fare shopping. Insomma, deve solo prendere qualche vestito nuovo ed un paio di stivali, dato che i suoi si sono rotti, a forza di andare su e giù per la foresta ed inseguire cattivi che la vogliono ammazzare per poi distruggere la città. Biancaneve è raggiante oggi, sembra che accompagnare la figlia la faccia sentire al settimo cielo e la bionda non ne capisce il perché, dato ciò che le aveva detto tempo fa su cosa pensava di lei prima di ritrovarla. Ma conosce bene il modo in cui la donna vede il mondo: cerca sempre il lato positivo o il modo per fra sì che le cose vadano a posto. E forse sta tentando di “mettere a posto” il loro rapporto, facendo una cosa tipicamente madre-figlia, come cercare vestiti e scarpe. Sono  dirette all’unico negozio di Storybrooke che possiede vestiti non d’epoca o d’antiquariato, gestito dal sarto di corte di Biancaneve. Prima di entrare, Emma avverte la sua accompagnatrice festante: “Niente vestiti con fronzoli né gonne ampie da principessina. Sto cercando qualcosa di comodo e moderno …ok ?” Le lancia una occhiata di avvertimento, mentre la principessa annuisce: “Certo, capito.” Non ci penso nemmeno, Emma. Tu sei una principessa, per diritto di nascita. E sono stufa di vederti con quei soliti vestiti da maschiaccio … cercheremo qualcosa di più femminile.
La mora si butta a capofitto nella ricerca, discutendo animatamente con il sarto e impedendo alla figlia di opporsi alle sue scelte. Riescono a trovare un vestito che è l’esatto opposto di quello che Emma cercava: è un abito dalla gonna ampia in tulle, bianco, con dei brillanti e delle spalline vaporose.
Gli occhi di Mary Margaret brillano di entusiasmo, mentre la sprona: “Avanti, provalo ! Sono certa che ti starà d’incanto !” La bionda non resiste a lungo a quegli occhioni supplicanti ed alla fine cede, accontentando di provarlo: “Lo provo e basta, sia chiaro. Non ho intenzione di comprarlo, non me ne faccio nulla di un vestito così.” Biancaneve sorride sorniona ed annuisce: “Certo, lo provi e basta.” Appena Emma entra nel camerino, estrae il cellulare e chiama il marito, dicendogli di venire immediatamente al negozio. Emma esce dopo alcuni minuti, con addosso l’abito candido. Quanto è bella … è esattamente così che l’avrei vestita, se fossimo vissuti tutti insieme nel nostro regno.
Emma si muove come un ippopotamo in un vestito da ballerina di danza classica, temendo di rovinare l’abito ad ogni movimento. Vede le lacrime di commozione sugli occhi della mora e le chiede, con un sorriso tirato: “Come sto … ?” La principessa le sorride raggiante ed esclama: “Sei bellissima, Emma … - la prende per mano e la porta davanti allo specchio a muro, restando dietro di lei a sistemarle i capelli biondi – Se fossi cresciuta con noi nel nostro regno, saresti abituata a vestiti del genere.”
“Ed anche a scarpe con il tacco dodici ed altri vestitini pieni di fronzoli e luccichii … ma non è andata così.” ribatte lei, guardandosi scettica allo specchio, con il suo solito tono duro. In quel momento, David entra nel negozio col fiatone. Emma sgrana gli occhi, mentre l’uomo spalanca la bocca e le si avvicina emozionato: “Wow, Emma ! … Sei stupenda, tesoro.” Lei sorride e abbassa lo sguardo imbarazzata: “Grazie … Mary Margaret mi ha praticamente costretta a provarlo.”
Spunta allora anche Henry, che esclama ammirato: “Mamma, sembri una principessa !” La bionda sorride al ragazzo, ringraziando anche lui. Si guarda un ultima volta allo specchio e, per un momento, pensa ad un suo ipotetico futuro nella Foresta Incantata, con suo figlio e la sua nuova famiglia allargata e decisamente singolare. Scuote la testa, dicendosi che è impossibile. Non avverrà mai.
Si sente il campanello del negozio ed Emma si volta irritata, chiedendosi chi sia il nuovo intruso che la vedrà con un vestito così pomposo ed esagerato. Capitan Uncino alza un sopracciglio, visibilmente sorpreso, e commenta sarcastico: “Swan, non sapevo che andassi ad un matrimonio … eppure dovrei saperlo, dato che l’unico possessore del tuo tenero cuoricino sono io, dolcezza.” La bionda fa un sorriso storto e replica: “Tranquillo, Uncino … non ho intenzione di sposarmi. Ho solo … provato un abito che piaceva a Mary Margaret, tutto qua.” Tutti in quella sala sanno che Biancaneve non ha scelto quel vestito a caso. Voleva fingere, anche solo per un attimo, di essere a casa e voleva sentire l’emozione di vedere sua figlia agghindata come una principessa, come lo era stata lei da giovane. Ed Emma l’ha accontentata, perché sa che ciò che la mora vuole di più al mondo è sentirsi chiamare “mamma” da lei. Ma non riesce ancora a farlo, non ce la fa.
Aspetterò, Emma. Ti ho sempre aspettata, non smetterò adesso. 

~

Legge tutta attenta un libro sulla maternità, preoccupandosi sempre di più ad ogni pagina che sfoglia. Abbassa il capo e vede il suo pancione coperto da un vestitino giallo canarino. Si chiede sempre più spesso se sarà davvero una buona madre, per una volta. Chissà come la prenderà Emma, quando il suo fratellino o sorellina nascerà.
Si accarezza la pancia, il luogo dove una magia potentissima è in esecuzione: la magia della vita. Lei ne è partecipe per la seconda volta, ma in un mondo che non è propriamente il suo. La cosa non ha molta importanza, vuole solo che il piccolo ( o la piccola) stia bene ed in salute. Questo è un nuovo inizio ed una nuova opportunità per creare la famiglia che avremmo dovuto essere. Sarà ugualmente strano, lo sa bene. Ma confida che Emma la capisca, li capisca, e lasci che siano felici, accettando il nascituro come suo famigliare stretto.  Biancaneve spera che almeno lui venga chiamato da Emma col suo nome, “fratello” o “sorella”. Sa bene che a lei questo privilegio è stato dato solo quando erano in punto di morte.O almeno, così credevano.
Non riesce ancora a perdonarsi e teme di commettere errori madornali con il piccolo nuovo, allontanando anche lui o lei da sé. Prende un respiro profondo, ricordando a sé stessa che non è sola. Ci sono suo marito, i nani e tutti i suoi amici di Storybrooke, persino Regina potrebbe aiutarla. Conosce bene il debole del sindaco per i bambini, specie i maschi. Forse io e Regina ora abbiamo più cose in comune.
Anche la regina cattiva ha perso il figlio per sempre, nonostante Henry sia ora fisicamente dove si trova lei, a pochi metri di distanza. Ma non si ricorda di lei e dei momenti passati insieme, come se quel tempo non fosse mai esistito. Anche lei ha perso i momenti passati con suo figlio … ma almeno lei li ha avuti davvero. Però è anche vero che io ho David accanto a me. Lui mi sosterrà sempre.
Sa che anche suo marito è preoccupato, ma è troppo orgoglioso per ammetterlo. Ma lei lo sa, conosce il suo cuore meglio di chiunque altro al mondo. Ruby le chiede se va tutto bene e lei annuisce sorridente ed indica il libro: “Qua ci sono un mucchio di … malattie ed altre cose pericolosissime, sembra che occuparsi di un bambino sia molto più difficile di quanto credessi.” L’amica le sorride, rassicurandola: “Andiamo, hai affrontato mostri peggiori e addomesticato la regina cattiva …- le fa l’occhiolino- tu e David supererete anche questo.” Biancaneve sorride, anche se non ne è del tutto convinta. Sospira, non ha senso preoccuparsi per qualcosa che nemmeno è avvenuto. Il futuro è imprevedibile, la sua stessa vita ne è una dimostrazione lampante.

~

“Ancora una spinta !” il dottore la sprona a far nascere suo figlio. Il dolore la lacera, ma ciò che più di ogni altra cosa la preoccupa è il fatto che il suo bambino è in pericolo, la strega perfida lo vuole rapire per i suoi loschi piani. Per un momento, vorrebbe che questo piccolo angelo non nascesse più, pur di non farlo soffrire e finire nelle perfide mani di Zelina. Farebbe qualsiasi cosa per proteggerlo. Continua a dire al marito che non vuole perdere anche lui, non vuole perdere l’infanzia del suo secondo genito. Vuole vederlo crescere tra le sue braccia, sentirlo mentre la chiama “mamma” e guidarlo nei suoi primi passi nell’infinito e meraviglioso mondo.
Non può accadere di nuovo, non possono portarmi via di nuovo mio figlio !
Il pensiero la sta straziando e a nulla servono le parole di conforto di David, che le stringe la mano e tiene nell’altra l’elsa della spada, nel caso la strega riuscisse a superare la barriera. Finalmente sente il bambino fuori da sé ed il dottore le porge il pargoletto, esclamando felice: “Un maschietto !” Lo avvolge in una copertina chiara e lo porge a Biancaneve, che lo guarda con la bocca spalancata da tanta bellezza e meraviglia. Anche David ammira il figlio, felice. Finché la porta della camera dell’ospedale non si spalanca. La strega dalla pelle verde immobilizza il principe, che aveva cercato di difendere la moglie ed il neonato con la spada, inutilmente. La principessa guarda la donna, supplicandola di lasciarle il figlio. Non può sopportare di perdere anche lui, come è successo con Emma tanti anni fa. Stringe il piccolo tra le braccia ed in un attimo scompare, lo rivede in braccio a Zelina. Ha appena il tempo di aprire la bocca, quando la strega immobilizza anche lei.
Non appena la magia che la teneva bloccata scompare, le uniche parole che Mary Margaret riesce a pronunciare davanti al marito, seppur a basa voce, sono: “Il passato si ripete …” Poi si lascia andare ad un pianto disperato, mentre David corre a recuperare il figlio perduto.

~

Forse per loro c’è finalmente la possibilità di essere una famiglia, riunita. Biancaneve spera ardentemente che la figlia rimanga con lei, con il padre e suo fratello. Noi siamo la sua famiglia, la sua casa … non voglio che se ne vada ancora una volta, anche se la capisco. Dopotutto, l’abbiamo abbandonata. E non importa cosa faremo per cercare di rimediare, questa cosa non cambierà. Lei penserà a noi sempre e comunque come i genitori che l’hanno lasciata sul ciglio della strada. E a me come alla madre che l’ha rifiutata, negandole il suo affetto.
Sono tutti da Granny, a festeggiare suo figlio, il secondo genito. Ancora non hanno scelto che nome dargli, dato che il nome di suo padre a David non piace per nulla. E quello del padre di lui è meglio non darglielo. Mary Margaret rimugina ancora, incerta. I suoi pensieri cadono in su Emma, la sua bellissima figlia ormai donna. Ha sofferto molto, soprattutto in questo periodo, dopo aver perso Neal. Il suo primo vero amore. Biancaneve non ha avuto occasione di conoscerlo molto, ma sa che voleva molto bene alla figlia. Anzi, la amava di certo. Si è sacrificato per salvarli, Emma e suo figlio Henry. Non per altri motivi. Ha compiuto un gesto di eroismo e va per questo ricordato. Un omaggio glielo devo, ha fatto così tanto per mia figlia e la mia famiglia … 
Guarda allora il piccino tra le sue braccia, che si mette a piangere per un attimo, spaventato dal vociare intenso. La mora allora lo coccola un po’, calmandolo. Chiama allora il marito, chiedendogli schietta: “Che ne dici di Neal ?” David rimane un attimo sorpreso: “Pensavo avresti ancora insistito per dargli il nome di tuo padre … questo nome mi piace molto di più – bacia la moglie – e ad Emma farà molto piacere. Hai ragione, lo chiameremo così. Ed è anche un bel nome, amore.”
Quanto è bello il nostro piccolo … vorrei non vederlo piangere mai. Ma sta tranquillo, Neal. Io ci sarò, questa volta ci sarò. Ogni volta che avrai bisogno, ogni volta che la vita ti metterà in difficoltà, la tua mamma sarà con te e ti darò tutto l’amore che ho per farti felice. Neal.

~

Emma rivive ancora una volta nella sua mente il momento in cui ha visto la madre ardere nel fuoco di Regina, il momento in cui l’ha persa e lei è morta. Non le era mai mancata così tanto come allora. Adesso che lei le è davanti, in carne ed ossa, viva e salva, non può fare a meno di abbracciarla con slancio ed una parola, un nome, sono sulla punta delle sue labbra. Anche se non la può pronunciare, ma ogni fibra del suo corpo e della sua anima la sta urlando alla principessa, in quel abbraccio caloroso e colmo di affetto e di amore.
Si ripromette che, una volta tornati tutti a Storybrooke, glielo dirà. Dirà alla Mary Margaret  del suo tempo quella parola magica, più potente di ogni altro incantesimo.   

“Mamma !”




https://www.youtube.com/watch?v=xe5o4xcWE0c
Angolo autrice:
Eccomi al secondo capitolo, spero abbia un po' più successo del primo ... ma in ogi caso mi sto divertendo a scrivere questa FF. Dunque, il mio lavoro andrà avanti, sperando di ottenere più consensi. A presto !
La vostra Rora-chan ! <3


 

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Capitolo 3
*** - Cora ***


~ Cora.

La mia ninna nanna – Il re leone 2, Disney
“Dormi dolce Kovu
 Sogna mio bebè
 Grande e forte diverrai
 E sarai il re! […]”




Era stata ingannata. Quell’uomo le aveva promesso di diventare sua moglie, di diventare una reale. Un principessa destinata a regnare, quando era solo la figlia del mugnaio. Ora, nel suo grembo, stava nascendo il frutto di quella notte di sbagli, in cui si era lasciata incantare da qualche parola romantica di un giardiniere che si era finto un principe. Cora ci era cascata in pieno, doveva ora pagare il prezzo del suo errore, della sua ingenuità.
A causa di quella bambina indesiderata, aveva perduto anche l’ultima possibilità che aveva di diventare regina, sposando il futuro re Leopold. Ma non si sarebbe fatta scappare l’occasione un’altra volta. Guarda sua figlia, una bambina stupenda, giacere dentro una cesta, avvolta in una copertina da quattro soldi.
La mia intera vita è miserabile e non voglio essere costretta a vivere per sempre come la figlia del mugnaio ubriacone. No, io sono molto di più, valgo molto di più … e questa bambina, ora come ora, mi è solo d’intralcio.
E che futuro potrò riservarle ? Lei merita di essere cresciuta come una principessa, non come sono cresciuta io. Merita una opportunità migliore di quella che ho avuto io. Ed anche io merito un’altra opportunità per cambiare finalmente la mia vita.
Prende la cesta con dentro la neonata e si avventura nel bosco. La lascia là, tra gli alberi, con una scusa che la piccola non potrà ricordare, essendo troppo giovane. Ma Cora non si sta scusando con sua figlia, ma con sé stessa. Perché sa benissimo che l’atto che sta compiendo nasce dalla pura sete di potere che scorre nelle sue vene e che le impedisce di avere alcun legame che possa mandare a monte la sua scalata verso il trono, ma non lo ammetterebbe mai. Deve essere tutto perfetto, lei deve essere perfetta e senza alcuna macchia. E quella bambina dai grandi occhi azzurri e dal viso celestiale è una macchia troppo evidente, uno sbaglio troppo grossolano per non essere visto.
“Perdonami … ma ho bisogno di darmi un’opportunità migliore.”
Cora si allontana lentamente dalla figlia, perché ogni passo è pesante, come se i suoi piedi fossero dei macigni. Ed il suo cuore non le perdonerà mai ciò che ha fatto, ne è certa.

*

Non credeva che avrebbe avuto una seconda figlia. Guarda la neonata dagli occhi scuri, così simili ai suoi. Ricorda ancora nitidamente il giorno in cui abbandonò la sua prima genita. Ma questa bambina otterrà ciò che io ho sempre desiderato per me stessa: la corona. Lei sarà regina.
Cora ne è certa e farà tutto ciò che sarà necessario affinché si compia il suo desiderio. Non si fermerà di fronte a niente ed a nessuno. Sua figlia diverrà regina, dunque quale nome migliore se non Regina ?
Quando la presenta al resto della corte, tutti rimangono esterrefatti da quel nome così pretenzioso e pensano che Cora sia una folle contadinella accecata dai suoi oscuri desideri. Forse lo è per davvero, ma non le importa nulla di ciò che pensano gli altri di lei. Quando tutto cambierà, vi ricrederete.
Cora sorride soddisfatta, pregustando la sua vendetta. Sua figlia avrà ciò che era destinato a lei, ad ogni costo. La alleverà affinché diventi la regina perfetta, dai modi regali e dal cuore senza scrupoli. Le insegnerà che l’unica cosa che conta nella vita è il potere e che lei è nata per regnare, con ogni mezzo, lecito o illecito che sia. Anche a costo di tramutarsi in una assassina. Ma la parte sporca del lavoro la svolgerà Cora in persona, per il momento.
La figlia del mugnaio si deve vendicare della principessa viziata. 

*

“Madre, perché non posso andare a giocare con gli altri bambini ? Sono stanca di studiare …” si lamenta la giovane Regina, che ha appena otto anni. Guarda il tomo di buone maniere che ha davanti, mentre la madre inizia a sbraitare le solite cose che sente da quando è venuta la mondo: “Regina, tu sei destinata a diventare regina ! Non una semplice contadinella e dobbiamo lavorare sodo affinché tu riesca a diventare la sovrana perfetta !”
La bambina alza lo sguardo verso la madre, che la guarda con il suo solito sguardo prepotente che non ammette repliche. Ma un sussurro, un pensiero scappa dalle innocenti labbra della piccola: “E se io non volessi diventare regina ?”
La donna sgrana gli occhi ed il suo viso si tinge di rosso, è infuriata come non mai per le parole della figlia. “Cos’hai detto, Regina ?! – grida, avvicinandosi minacciosa alla figlia – Tu sei nata per questo, per regnare ! – le sue mani si ricoprono di luce viola, magia oscura – Non permetterò che tu fallisca ! Diverrai regina, che tu lo voglia o no, stupida figlia !”
Con un gesto della mano, la scaraventa contro la parete e delle catene magiche la tengono ferma alla pietra fredda e dura, come il cuore nascosto della madre. Gli occhi delle due si incrociano e la bambina non vede altro che pura rabbia nello sguardo del genitore. E ne ha paura, così tanta che i suoi occhi si riempiono di lacrime ed inizia a singhiozzare: “ Madre, vi prometto che non lo farò più ! Farò qualsiasi cosa per compiacervi, ma vi prego … liberatemi, per favore !” Cora freme ancora di rabbia e frustrazione, le parole di Regina l’hanno ferita.
Possibile che tu non capisca quanto ho dovuto faticare, quanto ho dovuto soffrire per offrirti la possibilità di regnare ? Mi ripaghi così, figlia ingrata ?
Non ha alcuna intenzione di liberarla e continua a guardarla con viso truce, mentre la piccola abbassa il capo e piange silenziosamente, spaventata dalla magia della madre e dal suo sguardo ricolmo di ira. In quel momento, entra nella sala il marito di Cora, che guarda sbigottito la figlia intrappolata ed inizia a supplicare la donna affinché la liberi. Cora odia tutto del marito, in primis il fatto che sposarlo non le ha permesso di divenire regina. La voce supplichevole dell’uomo le dà il disgusto, così libera la piccola e se ne va il più lontano possibile dai due.
Henry corre incontro alla figlia tremante di paura, la abbraccia e tenta di calmarla. Regina è scossa da ciò che le è capitato, inizia a temere davvero la madre. Ma anche ad odiarla per ciò che fa ogni giorno a lei ed a suo padre, con questa sua ossessione per la corona. Lei non la vuole, desidera solo vivere una vita di pace ed armonia insieme a suo padre. Farsi una famiglia felice e tranquilla, senza un trono o un regno da comandare. Quello è solo ciò che sua madre desidera per lei, ma non ha mai chiesto cosa Regina desidera per sé stessa. Mia madre non desidera la mia felicità.

*

“Popolana.”
Cora ricorda bene come la chiamavano con disprezzo i reali quando andava da loro a vendere la farina. Ricordava con rabbia fremente i momenti in cui l’hanno umiliata, derisa ed insultata solo perché non aveva modo di difendersi. Erano delle serpi che avevano più potere di lei.
Per questo, si è dovuta tramutare in assassina, avvelenando la regina Eva. Finalmente la sua vendetta è compiuta, la piccola principessina viziata è morta per dare spazio alla vera regina di questo regno. Mia figlia Regina prenderà il tuo trono, Eva.
Cora guarda il corpo pallido della sua rivale, ormai senza vita. Giace in una bara da regina ed è stata pianta dai suoi sudditi e da sua figlia, che erano ignari delle malefatte che quella donna aveva compiuto in vita. Le aveva tolto il suo lieto fine, allontanando Leopold per via del suo segreto, della sua gravidanza non voluta. Finalmente sei morta.
Non per questo la strega si sente soddisfatta, manca ancora molta strada da fare. Ma ormai è vicina alla meta. Ha dovuto insegnare la disciplina a sua figlia, che ancora non capisce la sua importanza ed il suo compito, purtroppo.
Torna a casa, avvolta in una nube viola. Trova il marito ad aspettarla e quando gli chiede dove si trova Regina, lui balbetta qualcosa a proposito delle scuderie.  Sta sempre con quello stalliere … stupida figliola.
Ma ormai il suo piano è quasi giunto al termine e nulla la allontanerà dalla meta, nemmeno il volere di sua figlia, che ancora non sa cos’è meglio per lei. Anni di sacrificio e di piani nascosti per fare in modo che Regina raggiunga la grandezza che era stata preclusa a lei. Si dirige al suo covo e, grazie all’aiuto di una palla di cristallo, lancia un incantesimo: vede il re con la figliola vagare per il reame, alla ricerca di una nuova madre, moglie … e regina. Cora sorride soddisfatta, tutto sta andando secondo i suoi piani. Ora deve solo fare in modo che sua figlia si faccia notare dal re.

*

Strappa dal petto dello stalliere il suo cuore pulsante, chiedendosi come possa la sua adorata figlia distrarsi e perdere di vista l’obbiettivo, ora che ci è tanto vicina. Ma non le permetterà di fare questo sbaglio madornale.
L’amore è solo una debolezza. Stringe tra le dita quel cuore da popolano, fino a renderlo cenere. Tutto davanti agli occhi di Regina, che piange lacrime calde per il suo amore perduto, gemendo disperata.
Non la perdonerà, ne è consapevole. Ma lo sta facendo per il suo bene. Mi ringrazierai quando diverrai regina.
Con questo assassinio, ha distrutto la speranza in un lieto fine di Regina. Ormai la giovane donna ha il cuore a pezzi e non pensa ad altro che alla vendetta, come fece sua madre. Se la prende con l’unica persona a cui può fare del male: Biancaneve, la figlia del re. La traditrice, che non è capace di tenere un segreto di così grande importanza.
Il cuore di Regina si carica di odio e rabbia, Cora lo vede annerirsi sempre più. Ma ormai il suo piano è andato a buon fine: Regina è stata incoronata subito dopo il matrimonio, nessuno sospetta di lei. Non le importa se ha dovuto ammazzare qualcuno, qualsiasi cosa per sua figlia. Sospira soddisfatta, guardando Regina sedersi al trono accanto al re.
Il posto che le spetta. Sorride felice ed orgogliosa della figlia.

*

Non immaginava che Regina avrebbe mandato qualcuno ad assassinarla, nonostante conosca bene i suoi poteri. Non è certo una sciocca. 
Si presta alla recita, fingendosi morta. Quando la figlia inizia a parlarle, freme. Non sa bene se di rabbia o di amore, sono anni che non la vede, da quando l’ha mandata nel Paese delle Meraviglie con l’aiuto dello specchio magico. Ormai non riesce più bene a distinguere i suoi sentimenti, troppo confusi e potenti, difficili da gestire senza un cuore.
Regina mette una rosa sul petto della madre ed inizia a parlarle, rivelandole il perché di quel omicidio, andato secondo lei a buon fine: “ L’amore è debolezza … e voi, madre, siete la mia debolezza perché vi amo. Per ciò che devo compiere, non posso permettermi alcuna debolezza … mi dispiace.”
La sente piangere ed uno strano istinto si impossessa di lei: vorrebbe alzarsi ed abbracciarla, consolarla, chiedendole scusa. Ma invece rimane bloccata, fingendosi morta.
Solo allora capisce che Regina ha paura di lei, ma che ha anche bisogno del suo amore materno. Glielo ha negato per molti anni, ma è intenzionata a farsi perdonare, in un modo o nell’altro. Farò tutto il possibile per far sì che tu sia felice, Regina.

*

Finalmente ha ritrovato la figlia, dopo tutti quegli anni di lontananza. Regina è sempre la stessa: impaurita da lei, ma anche bisognosa del suo affetto.
La abbraccia, raccontandole cosa ha provato quando l’ha sentita piangere davanti alla sua bara, credendola morta. Le chiede perdono, proponendole di riprendersi suo figlio con il suo aiuto. Regina accetta, dopo qualche attimo di indecisione. Vuole bene alla madre ed ora che l’ha ritrovata non se ne vuole separare. Spera che Cora abbia capito i suoi errori e che sia cambiata per amarla. Ma il cuore di Cora è ancora lontano dal suo petto e la sua sete di potere è inarrestabile ed incontrollabile: ne vuole ancora. Progetta di riuscire a controllare il Signore Oscuro grazie al suo pugnale, così avrà a disposizione anche il suo potere maligno.
Le importa poco, in verità, delle sorti di Henry e di sua figlia. Le importa ancora solo di sé stessa. Regina lo sospetta, ma vuole illudersi, credendo che in fondo la madre la ami e che abbia davvero intenzione di aiutarla nel tentativo di riprendersi il figlio e la sua felicità perduta.

*

Spalanca la bocca, sentendo qualcosa entrarle dentro, colmando un vuoto che aveva da tempo immemore. Poi capisce: una mano. Ha dentro di sé il suo cuore, ora lo sente pulsare nel suo petto. Era da troppo tempo che non provava quella sensazione, che non sentiva il suo cuore scalpitare dentro di lei, trasmettendole tutte le emozioni con nitidezza e con una forza disarmante.
Si gira ed incontra il volto di Regina, che sorride commossa, vedendo l’amore nei suoi occhi. Ed anche Cora riconosce lo stesso sentimento nello sguardo della figlia. Sente poi una fitta al cuore, che le fa perdere il respiro e l’equilibrio. Regina la soccorre, evitandole la caduta. Lei le parla, cercando di capire cos’è appena accaduto: “Madre, madre ! Che cosa vi sta succedendo ?” Regina è in lacrime, ma per la disperazione adesso. Cora allunga una mano e stringe la sua, utilizzando le ultime forze che le rimangono. A quel tocco, Regina risponde con altrettanta forza. Il suo sguardo sembra quello di una bambina spaurita che chiede alla madre di non lasciarla. Perché ha bisogno del suo affetto, del suo appoggio e del suo amore. Ma la verità è che è Cora quella che ha bisogno della figlia, se ne accorge solo quando sta per morire.
Intanto Tremotino si alza dalla branda in cui giaceva ferito e avvelenato, come rinato. Ed allora Regina lo accusa di aver fatto un qualche tipo di maleficio alla madre, continuando a tenerla tra le sue braccia.
Il Signore Oscuro nega, sostenendo di non essere lui l’artefice del malessere di sua madre. In quel momento, Cora stringe più forte la mano della figlia, attirandone l’attenzione. Studia gli occhi scuri di Regina e le accarezza dolcemente il volto. Quanto sono stata sciocca e sprovveduta … perdonami, figlia mia.
Apre la bocca, nel tentativo di far uscire le sue ultime parole di rammarico: “Tu mi saresti bastata …” 
Mi sarebbe bastato il tuo amore, Regina, per vivere felice. Ma non lo capivo. Volevo solo quanto c’è di meglio per te, figlia mia. Non mi ero resa conto che la cosa migliore per te era l’amore della tua famiglia, che io ti ho negato così a lungo, usandoti per ottenere il trono, senza pensare ai tuoi sentimenti. Saremmo state felici, Regina. Insieme.
Prende il suo ultimo respiro, per poi addormentarsi nel sonno eterno tra le braccia dell’ultima persona che le è rimasta al mondo, la sola che l’ama nonostante tutte le sue malefatte ed i suoi inganni. Regina piange, tenendo la madre stretta al petto. La guarda morire lentamente, presa dal veleno incurabile.
“Regina non … !” grida Biancaneve, entrando nella stanza col fiatone per la corsa. Regina si volta lentamente, guardando con astio crescente la principessa. La sua mascella si serra dall’odio e desidera solamente saltare addosso alla donna e strangolarla con le sue stesse mani.
Le ha fatto uccidere sua madre con l’inganno, convincendola che restituendole il cuore Cora l’avrebbe amata nuovamente e veramente. Era vero. Ma l’avrebbe anche portata alla morte. La colpa è di Biancaneve. Nella mente di Regina, c’è solo una parola che ronza nella sua testa, come un mantra assetato di sangue e vendetta:

ASSASSINA !



https://www.youtube.com/watch?v=q_2yQ8twcWA
Angolo autrice (me):
Ed eccomi al terzo capitolo, quello su Cora. Il prossimo sarà su Emma, credo sarà l'ultimo ... ma chi lo sa, ci devo riflettere per bene.
Mi auguro che vi sia piaciuta anche questa one shot, sperando di non essere stata troppo banale ... e mi auguro anche che il capitolo non sia troppo breve.
In attesa di vostri commenti o altro, vi saluto, ringraziandovi per la lettura !
La vostra Rora-chan !

 

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Capitolo 4
*** - Emma ***


~ Emma.

Ninna nanna di Tesoro – Lilli e il Vagabondo, Disney

“La-la lu La-la lu
fai la nanna pulcino,
splendon le stelle lassù.
La-la lu La-la lu
ma per me mio piccino,
la mia stellina sei tu.
 
La-la lu La-la lu

dormi oh dolce tesoro
e vegli il ciel su di te
La-la lu La-la lu
e suoi tuoi sogni d'oro.
La-la lu La-la lu La-la lu.

Dormi, stellina mia.”




Il bambino è nato, mentre lei si tiene ancora stretta alle maniglie sul bordo della brandina in cui ha partorito da poco, ancora stremata e sudata.
Il dottore esclama felice per lei: “Emma, è un maschietto !”
Lei gira subito la testa, stringendo gli occhi ed imponendosi di non guardare il neonato. Sa che, se lo vedesse, non resisterebbe e non sopporterebbe più l’idea di lasciarlo. Ma lo deve fare, assolutamente.
Non ho mai conosciuto né avuto una madre, quindi perché dovrei esserlo io ? Non sarò mai una buona madre … e che futuro potrei dargli ? Sono appena uscita di prigione ! Non posso tenerlo con me … non posso !
Il dottore insiste un’ultima volta: “Puoi sempre cambiare idea … sei ancora in tempo per fermare l’adozione.” Le infermiere la guardano, con una supplica negli occhi. Ma Emma scuote la testa, non può. Le viene da piangere, vorrebbe davvero poterlo tenere. Ma non può. Deve dargli una opportunità migliore e anche se non sarà lei a farle da madre, ne troverà una migliore che lo ama ugualmente. Se ne convince, per avere la forza di lasciare il suo bambino. Non c’è scelta, è la cosa giusta da fare.
Lo sente piangere, come fanno tutti i neonati. Ed imprime nel suo cuore e nella sua mente quei lamenti, che le fanno male. Perché sembra che il bambino la implori di non lasciarlo. Emma allora affonda il volto nel cuscino sterilizzato dell’ospedale, per non vedere il proprio bambino mentre viene portato via, lontano da lei e da una vita che quel piccolo non merita. Piange per la perdita del figlio, il figlio di Neal … l’unico uomo che abbia mai amato. E che l’ha tradita.

~

Un altro compleanno da sola …
Ammette che quel cupcake con sopra una candelina non è proprio una torta di compleanno. E che quella che si sta svolgendo non è una festa di compleanno, dato che è da sola. Ma non aveva nessuno da invitare: non ha amici, né parenti. Nessuno, nessun legame. Quindi, una torta sarebbe stato troppo cibo per uno.
Si avvicina alla fiammella della candelina e la spegne, esprimendo il desiderio di non dover mai più passare una festa di compleanno da sola. Sa che è sciocco da parte sua, ma ci spera. La candelina si spegne in uno sbuffo ed in quel momento il campanello di casa sua suona. Emma si alza circospetta, non aspettava visite. Apre prudentemente la porta, curiosa. Si ritrova davanti un bambino di undici anni, che appena la vede le sorride ed entra nella casa senza fare troppi complimenti.
Si presenta: “Sono Henry. Tuo figlio.” Emma sente un colpo al cuore. Non può essere. Non può avermi trovata …  
Riconosce nel ragazzino alcuni tratti di Neal, non riesce a fare a meno di pensare a quanto Henry assomigli al suo amore perduto. Crede al bambino, anche grazie ad il suo super potere. Ma si sente in colpa, colta in fallo da un fantasma del passato. Perché ha abbandonato quel bambino tanti anni fa, come avevano fatto i suoi genitori con lei. Emma non li ha mai perdonati … dunque perché Henry dovrebbe averlo fatto con lei ?
Ma il giovane non sembra intenzionato ad urlarle in faccia cose orribili sul fatto che lo ha abbandonato o svariati insulti. No, vuole solo portarla con sé a Storybrooke, la cittadina dove lui abita con la sua madre adottiva. Emma si chiede com’è questa donna, descritta da Henry anche come la “Regina Cattiva”. Non siamo in un libro di favole, ragazzino … 
Si convince che Henry è un bambino con seri problemi con la madre, dunque decide di assicurarsi che il ragazzo torni a casa sano e salvo e che non la cerchi mai più. Voglio chiudere col passato.
Lo fa quindi entrare nella sua auto gialla, diretti allo sconosciuto paesino . Si domanda come mai non ne ha mai sentito parlare, essendo lei una cacciatrice di taglie. Ma al momento la cosa non ha importanza: quello che conta è che deve far tornare indietro il ragazzino, sua madre sarà in ansia per lui.  Accende il motore ed i due partono sotto le indicazioni di Henry.

~

La casa del ragazzino è davvero grande e bella, sembra che la madre di Henry sia una persona piuttosto facoltosa e ricca. Tutte cose che io non sono … soprattutto l’ultima.
Suonano il campanello della casa ed una donna dai corti capelli corvini, il rossetto rosso cupo ed i vestiti firmati apre. Guarda Emma in modo confuso e poi nota Henry, prendendolo fra le sue braccia e sgridandolo per la sua fuga. La bionda intanto nota che la padrona di casa aveva visite: un uomo dai capelli mossi e rossicci, con una spilla da sceriffo.
Henry continua a sostenere che la sua vera madre è Emma. Biologicamente parlando, ha ragione. Ma non per questo lei rimarrà a Storybrooke, la sua vita non è là. E non pensa che Regina sia davvero così cattiva come la descrive Henry, anche se quando l’ha incontrata ha avuto la sensazione di essere davanti ad un serpente a sonagli.
Emma decide infine di rimanere un paio di giorni nella cittadina, governata dal malvagio sindaco Mills.
“Henry è proprio fissato con quel libro … crede che noi tutti siamo dei personaggi delle fiabe … ed io sono la regina cattiva.”

~

Emma guarda suo figlio nel letto dell’ospedale, dorme beato. Ma non vede l’ora che si svegli per dirgli che è stato uno stupido, che non deve farle mai più una cosa del genere e che adesso crede.
Crede a tutte quelle storie di principi e principesse, eroi e cattivi, magie e sortilegi. Ma soprattutto, crede in lui. Vorrebbe solo vederlo nuovamente sveglio. Piange, davanti al volto dormiente del ragazzo, chiedendogli perdono. Come è potuta succedere una cosa del genere ? Perché non gli aveva creduto ? Perché non lo aveva fermato ? Ora, a causa sua e di Regina, Henry non si sarebbe più svegliato da quel sonno eterno.
Non potrà mai più vedere i suoi occhi vispi, sentire la sua voce sempre rassicurante e fiduciosa nel bene. E lei non potrà più dirgli quanto gli vuole bene.
Gli accarezza i capelli che gli coprono la fronte, trattenendo a stento i singhiozzi e le lacrime. Ma ormai i suoi occhi sono diventati gonfi e rossi, carichi di lacrime di puro dolore per la sua perdita. Sussurra al ragazzo le parole che tanto avrebbe voluto dirgli: “Ti voglio bene, ragazzino.”
Altri singhiozzi la scuotono, mentre si china per deporre un dolce bacio materno sulla fronte del giovane. In quel momento, una strana sensazione la pervade ed insieme a lei tutta la cittadina. Henry schiude gli occhi ed Emma non può che pensare ad un miracolo. Apre la bocca tremolante e lo abbraccia, stringendolo forte ed accarezzandogli i capelli. Quel ragazzino l’ha fatta quasi morire di crepa cuore. Ma ora è tornato da lei, stenta a crederci. Henry ridacchia tra le sue braccia, esclamando: “Sapevo che ci saresti riuscita. Io credo in te.”
Lei gli sorride: “Ed io in te, ragazzino.” Gli accarezza il volto teneramente, riprendendo a piangere, questa volta di gioia e sollievo. Si era chiesta come sarebbe stata ora la sua vita senza Henry. E non voleva pensarci, non poteva. Lui ormai era diventato una presenza insostituibile, la faceva sentire viva, importante ed amata come nessun’altro aveva mai fatto prima. E lei lo ama, con ogni fibra di sé, anche se questo non può cancellare il fatto che lo aveva abbandonato.
Emma inizia a credere che il vero amore esiste sul serio, anche se non è proprio quello che è raccontato nei libri. Il vero amore che Emma conosce è solo quello che prova per suo figlio e suo figlio per lei.

~

Emma si rigira più volte nel suo letto, in quel bel appartamento di New York che condivide con il figlio da poco. Si sono appena trasferiti là e manca ancora qualche mobile. L’aria afosa della città ed il rumore del traffico la disturbano, così decide di alzarsi e prendersi una tazza di camomilla o latte caldo con cannella.
Barcolla verso la cucina, finché non nota che le luci sono accese. Vede il figlio seduto sul tavolo, con la sua tazza preferita tra le mani. Gli si avvicina e gli mette una mano sulla spalla, chiedendogli: “Ragazzino, anche tu sveglio ?” Lui annuisce, ma tiene lo sguardo abbassato sulla tazza: camomilla. Emma sospira e prepara il bollitore anche per lei. Mentre l’acqua si riscalda, si siede vicino ad Henry : “Fatto un brutto sogno ?”
Lui alza le spalle e sospira: “Il solito. La solita stanza dalle tende rosse in fuoco.” Rabbrividisce al ricordo e prende una sorsata di camomilla. Emma si chiede come mai il figlio abbia così di frequente lo stesso incubo: ogni inizio del mese si ripresenta. Un po’ come il ciclo, ecco.
Il bollitore sbuffa e la bionda si dirige verso i fornelli, versandosi una abbondante dose di camomilla. Ne beve un po’, per poi riprendere il discorso con il giovane: “Non ti preoccupare, ragazzino. Con il tempo passerà … se vuoi, sta notte, dato che nessuno dei due riesce a dormire, puoi venire nella mia stanza.”
Henry le sorride e poi aggiunge: “Solo se mi racconti una storia o mi canti una ninna nanna.” Emma ridacchia: “Lo sai, vero, che sono pessima sia come narratrice che come cantante, ragazzino ?” Gli scompiglia i capelli scherzosamente.
Lui risponde: “Non mi importa, a me piace la tua voce … mi rilassa.” La camomilla finisce  ed i sue si dirigono nella stanza della donna, in cui li aspetta un bel letto a due piazze dalle lenzuola bianche.
Henry si infila nel lato destro del letto, seguito poi dalla madre, che si mette a fianco a lui. Il ragazzino le domanda: “Hai scelto quali delle due opzioni ?” Lei sorride e ribatte: “Non sei un po’ grande per queste cose ?” Henry storce il naso: “Puoi sempre raccontarmi una storia vera, magari una delle tue avventure contro i cattivi.” I due ridono, sanno entrambi che Emma non parlerà: lo fa per il bene del figlio.
Lei ribatte allora: “Che ne dici di una storia di quelle che ti leggevo quando eri piccolo ? La tua preferita era-“ “Biancaneve.” finisce lui per lei. Emma sorride ed inizia a raccontare, accarezzando i capelli del giovane: “C’era una volta …”

~

Essere nuovamente a Storybrooke la rende felice ed allo stesso tempo in ansia: non si può mai stare in pace, tra sortilegi e cattivi di ogni genere. Una nuova minaccia appare sulla città e lei, la Salvatrice, è stata chiamata indietro da Uncino per salvare gli abitanti. Le fa piacere rivedere i suoi genitori ed i vecchi amici, ma è molto preoccupata per Henry. Non è più al sicuro, l’ultima volta ha rischiato grosso per colpa di Peter Pan. Ora so perché io ed Henry odiavamo quella storia …
Vede il figlio davanti alla solita console, mentre schiaccia vigorosamente i tasti, seduto al bar della cittadina. Sospira, ripensando a tutti i momenti passati con lui, soprattutto all’inizio, con l’Operazione Cobra ed il resto delle loro avventure. Ne avevano passate tante, troppe. Henry, a New York, era un ragazzino normale. Con una vita felice, tanti amici e nessuna strega pronta a rubargli il cuore per chissà quale sortilegio.
Mary Margaret e David si presentano al giovane come due vecchi amici della bionda, ma lui rimane scettico ed Emma non gli da torto. Guarda con invidia il pancione della madre. Eppure dovrebbe esserne felice, Biancaneve voleva avere un figlio ad ogni costo, lo ha ammesso anche sull’Isola Che Non C’è. Ma l’idea che lei non sia abbastanza per sua madre, la fa imbestialire. Non lo ammetterà con nessuno, nemmeno con sé stessa. Questo posto non fa più per noi.
Regina fa cadere i due caffè neri che aveva tra le mani non appena incrocia lo sguardo di Henry. La sua bocca resta spalancata dalla sorpresa, insieme ad i suoi occhi scuri. Si scuote non appena Emma le si avvicina, presentando anche lei come una vecchia amica. La bionda legge nello sguardo del sindaco il dolore che sta provando e la comprende, ma non può proprio permettere che Henry venga nuovamente coinvolto nelle battaglie che scombussolano puntualmente Storybrooke. Loro sono due persone normali che hanno sempre vissuto, o almeno così è secondo i loro ricordi, nel mondo reale, senza magie e cattivi che li minacciano uno dopo l’altro.
Emma è una madre e come tale deve pensare per prima cosa al bene del figlio. Regina lo capirà … torneremo alla nostra vita normale quando tutto sarà finito.
Nel profondo, sa benissimo che non lo fa solo per Henry, ma anche per sé stessa: ha paura.

~

Emma fissa quel pargoletto di suo fratello, mentre Mary Margaret cerca di farlo addormentare, cullandolo tra le sue braccia e cantandogli una ninna nanna. La bionda è come ipnotizzata dal suono della voce della madre, che non ha eguali in nessun mondo. La mora se ne accorge e le sorride.
Non appena il neonato si addormenta, smette di cantare per deporlo nella sua culla ed Emma si riprende dallo stato di trance. Guarda l’orologio a muro della stanza, ricordandosi che anche per lei è il momento di tornare da suo figlio per la notte. Ma Biancaneve la ferma, prima che varchi la soglia: “Sai … avrei voluto insegnarti a cantare, Emma. Avrei voluto insegnarti parecchie cose … sono ancora in tempo ?”
Lei fa un sorriso tirato: “Non ho la tua voce, lo sai.” Apre la porta ed esce dalla casa, ripensando al fatto che tutto quello che adesso il piccolo Neal ha, lei non lo ha mai avuto. E nemmeno Henry, perché gli è sempre mancato un padre ed una vera famiglia.
Il ragazzo le ha chiesto spesso come mai, in tutti quegli anni, non era riuscita a trovare un buon partito che diventasse suo padre. La verità, inconfessabile al figlio, era che continuava ancora a pensare al suo primo amore Neal, nonché padre biologico di Henry. Aveva quasi accettato la proposta di matrimonio di Walsh, ma dentro di lei c’era qualcosa che le impediva categoricamente di accettare: la paura di rimanere sola ancora una volta, di essere tradita da un uomo che amava.
In un certo senso, i suoi sospetti erano fondati: il suo fidanzato era una scimmia voltante di Oz. Si chiede se anche per lei sia possibile divenire madre una seconda volta, ma per davvero: niente ricordi falsi. Magari con un marito accanto, una persona fidata che non la lascerà mai. I suoi pensieri corrono a Neal, il suo amore ormai perduto. Se fossi ancora qua con me, amore …
Nella sua mente, una immagine si delinea all’improvviso, senza un motivo preciso nè logico: Uncino con in braccio una bambina dai grandi occhi azzurri. Immagina il marinaio sorridente, con occhi solo per la bimba, mentre la culla e le canta una canzone sul grande oceano o una avventura per i mari, di quelle che lui stesso ha vissuto. Sorride a sé stessa, chiedendosi come le sia potuto venire in mente. Killian padre ? Andiamo, è un pirata …
Eppure è l’uomo di cui si fida di più. Ed è anche colui che, ogni volta che la guarda, le fa battere il cuore all’impazzata. Persino Henry se ne è reso conto. L’unica che ancora non lo vuole ammettere è lei stessa: ha un debole per quel pirata. Anche ad Henry piace. Ma Emma ha paura, questa volta ha paura di perdere anche lui come ha perso Neal e Graham. Non vuole che riaccada.

~

Appena varca la soglia dell’appartamento di Cenerentola, sente una odiosissima filastrocca per bambini, di quelle che le avevano insegnato alle materne da piccola. Vede poi sua madre sorridente, seduta per terra, con il piccolo Neal sulle sue ginocchia coperte da una delle sue solite gonne lunghe fino alle ginocchia.
La stanza è pervasa dall’odore di neonati, latte, pannolini e biscotti. Emma storce il naso, avvicinandosi poi alla madre: “Ora è arrivato il mio turno di baby-sitter.” Tiene in mano il biberon del fratello, pieno di latte tiepido.  Biancaneve ha un sorriso smagliante sul volto. Le altre mamme si alzano e Cenerentola le si avvicina per raccontarle dei progressi del suo gruppo. Nelle vene di Emma inizia a scorrere la gelosia e l’invidia: è gelosa del fratello, lui può essere amato e cresciuto da Biancaneve, mentre lei è stata abbandonata sul ciglio della strada. Ed è invidiosa, perché lei non potrà mai essere una madre come loro, premurosa e perfetta con un neonato tra le braccia.
“Deve essere eccitante … le prime filastrocche, i primi pannolini …” continua a parlare, senza capire bene che cosa dice, mentre una ondata di rabbia la invade. Il latte inizia a ribollire, facendo spaventare Mary Margaret.
Emma si chiede come sia potuto succedere, ma in cuor suo lo sa: non riesce ancora a perdonare i suoi genitori. Ma non riesce nemmeno a perdonare sé stessa per essersi persa tutta l’infanzia di Henry. Lei è sua madre solo a metà.

~

“Vieni più vicino, ragazzino…” chiede Emma, allungando le mani verso il giovane. Lo stringe a sé, quasi avesse paura di vederlo scappare. Sospira, quasi spaventata. Gli bacia il capo, facendo insospettire Henry: “Mamma, che cos’hai oggi ?” La bionda non sa che rispondere e si limita a rimanere in silenzio. Ma poi, una domanda impellente le sorge spontanea: “Henry … tu preferisci Regina a me ? Lo capisco, sai … lei ti ha cresciuto, mentre io-“ “Mamma  … - la interrompe lui, prendendole la mano – io voglio bene ad entrambe esattamente come voi amate entrambe me. Non potrei mai scegliere tra di voi …. Quindi non ti devi preoccupare.”
La abbraccia per rassicurarla. Ed Emma ringrazia il cielo per averle dato un figlio così buono, talmente tanto da averla perdonata.

Ti voglio bene, Henry. Non ti lascerò mai più.




https://www.youtube.com/watch?v=HgK-gFb3NCY
Angolo autrice :
In teoria, questa sarà l'ultima one shot della serie. A meno chè voi non ne vogliate un'altra, in quel caso sarò felice di esaudire i vostri desideri :)
Delle quattro, questa è quella per cui ho avuto più difficoltà, non so bene perchè.
Spero vi sia piaciuta, grazie infinite per aver letto ...
A presto !
La vostra Rora-chan



Storia partecipante al contest "Alley's awards for your one-shot" su FB, organizzato da Down Hanna's Ally.  

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Capitolo 5
*** - David ***


David ...

 

Unica realtà (Il re leone 2)

Sempre insieme, tu ed io

Senza dirci mai addio

La mia terra e il mio cielo sarai

Vai avanti perché

Ogni ostacolo che c'è

Non ci dividerà

Ora e mai




Ai suoi occhi, lei è così piccola, fragile, dolce e delicata. Va protetta, non mandata in un mondo lontano affinché si compia una profezia. Non lontano da lui e sua moglie, che sono i suoi genitori.
Il principe, ormai divenuto re, tiene la sua piccola principessa tra le braccia: è un fagottino, una piccola bimba sorridente. Emma è calma e si sente al sicuro tra le forti braccia del padre, che le parla tenendole la manina piccola e paffuta: “Emma … vorrei tanto poterti vedere crescere, diventando una splendida donna. Vorrei che rimanessi con me e tua madre, ti insegnerei a cavalcare, a tirare di scherma e a ballare. Vorrei così tanto poterti tenere con me … - gli sfugge una lacrima dal viso – ma tu devi vivere e la Regina Cattiva vuole farti del male, piccola mia … - le stringe di più la manina, senza farle male – ti prometto che, quando ti ritroveremo, non ti lascerò mai più, Emma.”
Le dà un delicato bacio sul dorso della mano, sentendo la morbidezza della pelle da neonata contro la sua barba ispida. David vorrebbe solo poter essere davvero un padre per la sua piccina, lui che suo padre non lo aveva potuto tenere con sé.
Vorrebbe vederla crescere davanti ai suoi occhi e raccontarle le avventure che lui e Biancaneve avevano vissuto insieme, insegnandole il valore del coraggio e della bontà. Ma nuovamente, Regina cerca di togliergli via la cosa che adesso ama più della sua stessa vita: la sua primogenita, Emma. La piccina è la cosa più bella che David abbia mai visto in vita sua.
Si chiede se da grande avrà la voce della madre, il suo coraggio o dei lunghi capelli corvini. Sorride, immaginandosela però bionda e testarda quanto sua moglie, ma altrettanto buona e coraggiosa. La guarda sbadigliare, capisce che la piccina è stanca. Allora la adagia delicatamente nella sua culla e le rimbocca le coperte. Le lascia un dolce bacio sulla fronte morbida e le sussurra: “Buona notte, mia piccola Emma.”

~

David alza lentamente il capo, senza farsi notare e spia la figura di Emma. Sua figlia Emma. Guarda i suoi lunghi capelli biondi, così simili ai suoi. Vede i suoi occhi azzurri, lo stesso colore che hanno i suoi. Ma nota anche la voglia di combattere e di lottare, lo spirito di un leader e la dedizione agli altri, così tipici sia di lui che della sua amata Biancaneve.
Però vede nell’altro nello sguardo della figlia. Dolore e solitudine. Come biasimarla, l’hanno abbandonata. Lei era un’orfana, lo è stata per così tanti anni. Questa è una cosa che legge costantemente in ogni azione di Emma, soprattutto quando cerca di fare tutto da sola, senza chiedere agli altri. Come adesso.
David fa un sorriso storto, notando la figlia che tenta invano di cucinare qualcosa di commestibile per la cena, dato che Mary Margaret è via per lavoro insieme al piccolo Neal, ora è lei il sindaco, e tornerà tardi. Ma David sa che non è solo per questo. Si avvicina alla giovane, mentre lei tenta invano di sfornare della pasta al forno, notando con grande disappunto di averla fatta bruciare. Lancia un urletto frustrato e sbuffa, irritata.
Il principe le sorride bonario: “Ehi, Emma … - estrae dalla tasca dei blue jeans il suo cellulare – che ne dici di ordinare una pizza ?” Le fa un occhiolino, rasserenando così l’animo della figlia. Ma la ragazza poi replica: “Però solo per stasera, non voglio che Mary Margaret mangi pizza ai peperoni per tutto il periodo in cui sarà sindaco … in più è anche in allattamento …”
David sospira, appoggiandosi al tavolo della cucina: “Sai, Emma … potresti provare a chiamarci più spesso mamma e papà. Perché io … vorrei tanto chiamarti … figlia mia.” Lei sgrana gli occhi e arrossisce, sorpresa per la confessione dell’uomo. Inizia a giochicchiare nervosamente con le dita, mentre risponde distrattamente: “Io … ci provo, ma … è difficile.”
David nota che sua figlia ha qualcosa che non va, che la rende nervosa e capisce subito che ha bisogno di parlare: “Cosa ti preoccupa, Emma ?” La ragazza sobbalza, ma poi decide di raccontare al padre quello che era successo durante il suo viaggio con Uncino nel passato. Soprattutto del momento in cui aveva quasi fatto ammazzare sua madre. Si era sentita … orfana, ancora una volta. Persa e disperata. Vorrebbe far parte di quella nuova famiglia appena scoperta, ma le risulta sempre così difficile fidarsi degli altri. Ed ha paura di perderli, ne è terrorizzata. David le appoggia una mano sulla spalla e la invita a sedersi, per poi esclamare: “Prima di tutto, ci vuole una tazza di caffè caldo … con una spruzzata di panna e cannella.”
Sorride mentre dice questo e ricorda tutte le volte in cui anche sua moglie metteva quella particolare spezia nei dolci o nel caffè della mattina, quando ancora si vedevano di nascosto e non ricordavano chi erano in realtà. Emma respira profondamente, cercando di calmarsi. Quando le arriva la tazza fumante, la prende tra le mani e sente il padre dietro di lei, che le accarezza i capelli: “Emma … - le dice, dolcemente – io non ti abbandonerò mai più. Non lo faremo, né io né tua madre. Mai più. Non vogliamo rinunciare nemmeno ad un solo istante della tua vita. Vogliamo vederti crescere, anche se ci siamo persi i tuoi primi passi, le tue prime parole ed i tuoi primi giorni di scuola. Avrei voluto insegnarti a cavalcare, a tirare con l’arco … e soprattutto a danzare … - la sua voce inizia ad inclinarsi per l’emozione, ma riprende subito il discorso – ma non ci è stato possibile. Però devi sapere una cosa, Emma: io starò sempre al tuo fianco. Anche quando sarò morto. E lo stesso vale per tua madre, non ti abbandoneremo. Niente potrà dividerci, ora e mai … - le sistema una ciocca bionda e le lascia un bacio sul capo – non sarai mai più un’orfana. Questa è una promessa.”
La abbraccia da dietro e sente la schiena di lei irrigidirsi per la sorpresa. Ma poi si rilassa e risponde al gesto affettuoso appoggiando una mano sul suo braccio. Emma si sente al sicuro tra le braccia di suo padre ed è una sensazione così bella, piena di pace ed armonia, che vorrebbe averne tanti altri di abbracci così. Sa che David ha ragione. Nulla potrà separarli, nessun ostacolo li dividerà più e nessuna maledizione li allontanerà nuovamente.

~

“Ti assomiglia …” esclama sorridente Mary Margaret, rivolta al marito. David alza un sopracciglio e replica: “Scherzi, vero ?! Ma se è identica a te ! Hai visto quant’è cocciuta ? Per non parlare poi del suo talento nel cacciarsi nei guai … non lo ha preso sicuramente da me !”
I due ridacchiano, guardando le foto di Emma da piccola, trovate nel portatile della giovane, ignara di tutto. Biancaneve passa alla foto successiva, dove è ritratta Emma all’età di cinque anni, mentre cavalca allegra un cavallino a dondolo. Mary Margaret sta per mettersi a piangere: “Oh David … sarebbe stato così bello crescerla, insieme … non voglio più perdere nostra figlia. E non voglio perdere nemmeno Neal.”
Lui allora annuisce e la abbraccia, stringendola forte a se e le sussurra teneramente all’orecchio: “Non succederà. Non perderemo Emma né Neal. Ora che siamo riuniti, niente e nessuno ci separerà.”
Biancaneve strofina il suo viso rosso per il pianto contro il maglione verde del marito, quando sentono la voce della figlia urlare indignata: “Si può sapere che diavolo fate ?! Quello è mio !” Prima che uno dei due possa replicare, la giovane ha già ripreso il suo computer e li guarda corrucciata: “Cosa stavate … ?- apre il monitor per controllare – facendo ?” I suoi occhi azzurri si fermano davanti all’ultima foto vista dai genitori. Sospira.
La madre allora cerca di scusarsi: “Emma, noi … volevamo solo vedere … com’eri da piccola.” Cala un silenzio di ghiaccio, rotto solo dal pianto di Neal.
Biancaneve si precipita dal piccolo, lasciando il marito con la figlia. Emma si butta di peso sul divano, senza dire una parola. David la guarda preoccupato, cercando il modo per spiegarle che non volevano impicciarsi dei suoi affari e che avrebbero dovuto chiederle il permesso, quando la ragazza apre bocca: “Ormai è così … avete lui.” Il principe non capisce subito le parole della figlia, ma poi ci arriva e le cinge le spalle protettivo: “Ma no, Emma … guarda che … Neal non è un rimpiazzo e … non è che adesso che abbiamo lui ti trascureremo. Non lo devi nemmeno pensare.”
Lei guarda dritto davanti a se, con gli occhi di gelo: “Ma è così … io non vi basto. Non sarò mai davvero vostra figlia.” Un forte colpo colpisce la giovane in faccia.
Si porta una mano alla guancia, sconvolta. Vede poi David con ancora la mano tesa e qualche lacrima che gli sta per scendere dagli occhi: non lo aveva mai visto tanto arrabbiato. Infatti il principe inizia a sgridarla: “Non ti azzardare mai più a dirlo, Emma ! Forse noi non ti abbiamo cresciuto, ma siamo i tuoi genitori e ti amiamo con tutto il cuore ! Non farlo mai, mai più, stupida !” La abbraccia, come a volersi scusare per lo schiaffo: “Ti voglio bene, Emma. E qualsiasi cosa accada, tu sei e rimarrai sempre la mia insostituibile figlia. Non sarai mai più sola.”

Questa volta, manterrò la mia promessa. Sempre insieme, tu ed io. Non ci divideranno mai più.
"Ti voglio bene, papà ..."



Link della canzone: https://www.youtube.com/watch?v=-A3q5muan_c
Angolo autrice: dopo tanta latitanza ed indecisione per questa raccolta, ho deciso di dare spazio anche ai papà ... e chi meglio di David per iniziare ?
Ma non temete, le mamme torneranno ... ad esempio penso ci saranno anche Zelena e Malefica, ma anche un capitolo con uno dei personaggi già trattati ... sono indecisa tra Regina e Biancaneve, voi chi preferireste per il capitolo extra ?
Fatemi sapere ... e a presto !
La vostra resuscitata Rora

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