The Legend of Atlantis

di princess_sweet_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Terra ***
Capitolo 3: *** Il canto della sirena ***
Capitolo 4: *** Storie del passato ***
Capitolo 5: *** Racconti ***
Capitolo 6: *** Ricerca ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La vita degli umani scorre tranquilla, beati camminano sulla terra ferma credendo di essere gli unici. Non sanno cosa c’è oltre quel cielo azzurro, nello spazio buio e freddo e non lo sapranno mai. Non sanno delle creature che volano sopra le loro testa, che vivono su altri pianeti o in altre galassie ma, cosa peggiore, non sanno cosa c’è sotto di loro.
Giù, negli abissi più profondi dell’oceano, loro non sanno che sulle sabbie grigie si ergono castelli e nelle acque limpide, oltre ai pesci, nuota qualcos’altro: delle persone, sì ma non umane bensì ragazze stupende con setosi capelli, limpidi occhi, candide braccia, morbido ventre e… una coda. Una lunga e guizzante coda dai molteplici colori che si muove libera tra le onde.
Perché, oltre agli alieni che stanno lassù in cima, ci sono anche delle sirene quaggiù: creature leggendarie dalla bellissima voce e la straordinaria bellezza.
Ed è proprio una di queste che, in questo preciso istante, sta sgattaiolando in giro per i corridoi di un castello.
La sirena in questione è, più che altro, una sirenetta di a malapena undici anni con lunghi capelli rosa legati, la coda con cui nuota svelta e giusto di una tonalità più scura mentre, con gli occhietti fuxia, scruta intorno a sé per essere sicura di non essere vista.
Kyoko Nanami, la principessa sirena custode della perla rosa, è in fase di crescita e, come tutti i bambini, è molto curiosa e disobbediente e sarà proprio questo a dare il via ad un avventura senza eguali!
Il luogo dove ella vive è uno sfarzoso castello situato nelle profondità dell’Oceano Pacifico del Nord, pieno di sirene sue servitrici: cameriere, cuoche, badanti ecc. ma c’è n’è soprattutto una, molto importante tra la servitù: Karui, la dama da compagnia responsabile della piccola principessa. E proprio quella girava per i corridoio furente, chiamando la sua protetta.
“Kyoko, vieni subito fuori birbantella!” urlava andando su e giù per il palazzo “Ma tu guarda, non imparerà mai!” proprio quando svoltò l’angolo dalla parte opposta apparve la figura imbronciata della sirenetta.
“Non ci penso proprio!” sussurrò facendo la linguaccia alla schiena della sua badante per poi voltarsi e dileguarsi giù per una rampa di scale, scese per molto fino a raggiungere un punto molto in basso, nelle segrete del castello. Ma il suo obbiettivo era un altro, vagò per un po’ illuminata solo dalla luce della sua perla e si fermò solo quando raggiunse una grande porta completamente bianca e decorata con le più maestose figure di antiche sirene.
Eccolo, il posto proibito alle principessine come lei, una stanza a cui poteva aver accesso esclusivamente la Regina dei Mari: la Stanza dei Diari.
Tastò l’immenso portone con le mani alla ricerca di una piccola apertura, ovviamente invisibile agli occhi, ma al tatto era facile da sentire… ed eccola la piccola porticina scorrevole che nascondeva un incavo a forma di conchiglia.
Si tolse la collana e l’aprì inserendola con il lato della perla all’interno dell’apertura: una luce rosata la illuminò e la porta si aprì leggermente. Estrasse la collana ed entrò, chiudendosi il portone alle spalle furtivamente.
La Biblioteca del Tempo (o Stanza dei Diari, quel posto aveva molti nomi): grandissima, con file e file di scaffali su cui erano disposti moltissimi pesanti volumi tutti di colore diverso alternati tra loro. Percorse la navata dal tappeto rosso guardandosi intorno con occhi luminosi, fino a raggiungere un piedistallo su cui vi era un libro chiuso, rilegato in bianco con ornamenti d’oro: il Diario di Aqua, l’attuale Regina dei Mari.
Lì, in quell’immensa libreria, vi erano rinchiusi tutti i Diari di tutte le Regine dei Mari vissute dalle origini ad ora; era loro compito annotarvi tutto ciò che accadeva: la nascita di nuove principesse, i loro progressi, i problemi, le minacce, le vicende… insomma tutto.
I libri ovviamente erano protetti di modo che solo le principesse pure e le regine potessero prenderli o anche solo avvicinarvisi ed era per quello che lei riuscì ad aprirlo ed assaporarne il contenuto, voltando le pagine delicatamente per non rovinarle, divorando il sapere parola dopo parola… non seppe quanto tempo stette lì sotto e forse non gliene importò nemmeno, così come non gliene importò della sgridata che le fece Karui non appena ritornò sopra sudata e scioccata: ciò che aveva letto nelle ultime pagine di quel Diario dannato, era sicura, non l’avrebbe mai più scordato.
 
***
 
Sette anni dopo
Karui la guardò intensamente, quasi supplicante. Glielo stava chiedendo silenziosamente ma lei oramai era decisa. Da quel giorno si era ripromessa che lo avrebbe fatto appena raggiunta l’età giusta e ora non poteva tirarsi indietro.
“Ti prego non fare stupidaggini!” le mormorò la donna “Ti scongiuro, ne va della tua vita!”
Le lanciò solo un occhiata, Kyoko, prima di sorridere: “Andrà tutto bene” rassicurò “Non sarò sola”
“Ma tu non puoi… se non ci sono riuscite loro come pensi di riuscirci tu?!” protestò ancora.
“Suvvia, non preoccuparti. Te l’ho già detto: andrà tutto bene” detto questo uscì dal castello e si avviò verso la superficie.
Infranse la superficie dell’acqua respirando l’aria fresca della mattina, l’alba si scagliava alle sue spalle e il cielo non era ancora del tutto illuminato: il momento giusto per entrare nel mondo umano. Nuotò fino alla riva e si issò a sedere su uno scoglio guardando il sole sorgere. Era da tanto che non lo vedeva.
<< Sono sicura, posso farcela >> pensò << Ti salverò, Lucia Nanami, te e le altre principesse sirene! >> sorridendo si trasformò in umana e scese dallo scoglio ma appena mosse un passo perse l’equilibrio e cadde: forse prima era meglio fare pratica!
 
Poche ore dopo camminava per le vie della città con passo esitante, avvolta in quelle strane cose che chiamavano jeans con i piedi nelle scarpe rosa: glieli aveva presi Karui pochi giorni prima in un ‘negozio’ in vista della sua emersione. Si aggiustò la borsa a tracolla dove la donna aveva messo i vestiti, e nascosti dietro uno scoglio di modo che non si bagnassero portandoli al palazzo, e che ora era vuota.
Cosa l’aveva spinta fino a lì a cercare un albergo che forse neanche esisteva più? Semplice, la sua natura altruista e curiosa.
Dal diario della Regina Aqua aveva scoperto che loro (lei e le altre principesse) non facevano parte della sesta dinastia di principesse (contando da quando Aqua era salita al trono) come gli avevano sempre detto, ma della settima: la sesta generazione di sirene era stata catturata da un entità sconosciuta e rinchiusa nelle profondità dell’oceano. Non erano morte, erano ancora vive sigillate da qualche parte ma nessuno se ne curava: piuttosto avevano pensato a farne nascere altre per mantenere la stabilità dei regni.
Ma ora c’erano loro, giovani e coi pieni poteri delle voci, le uniche a poterle liberare ed ha scoprire chi fu a sigillarle.
Raggiunse una stradina piuttosto isolata che dava sul mare, dove si ergeva una struttura a molti piani, dipinta di azzurro con una insegna: “Pitchi Pitchi Pearl”.
Il suo cuore perse un battito: c’era ancora!
Prese un bel respiro e si avviò verso di essa bussando insistentemente, nonostante fosse presto doveva per forza rispondere qualcuno sperava solo che non fosse stato dato in gestione a qualche umano… ad aprire fu un ragazzo, sui diciannove anni, alto con dei capelli biondissimi e degli stupendi occhi azzurri. Trattenne a stento il fiato davanti a tanto splendore e quasi andò in tilt.
“Serve una mano?” chiese lui alzando le sopracciglia. Kyoko si ridestò sbattendo le palpebre.
“Ahm… S-si” balbettò confusa per poi riprendersi “Sto cercando una persona, Nikora Nanami. A quanto mi risulta è la padrona dell’albergo… o almeno lo era” aggiunse sottovoce.
“Si, è lei. Ma prego entra così potrai parlarle” la invitò spostandosi dalla soglia.
“Grazie” sorrise lei entrando ed accomodandosi nel salottino, poco dopo una donna la raggiunse: aveva i capelli viola scuro legati in una crocchia, indossava un vestito rosso e da sopra un grembiule bianco. Le sorrise con fare amichevole e le chiese cosa desiderasse, ma il sorrise sparì dal suo volto quando la ragazza le porse il quesito per cui era venuta: “Lei conosceva Lucia Nanami?”
La donna e il ragazzo ammutolirono per qualche istante prima che lei balbettasse: “Non so chi sia, mi dispiace” ma Kyoko non si lasciò scoraggiare, sapeva chi era lei e la sua reazione gliel’aveva confermato.
“E’ molto importante che lei mi parli della sua scomparsa, così come delle altre sirene…” la donna la interruppe con una risatina stridula.
“L-le sirene non esistono!” esclamò.
“Ma certo che sì! E lei e una di loro e… anche io” si slacciò i primi bottoni della camicetta rosa mostrando la collana a forma di conchiglia contenente la perla. Li vide sbancare entrambi.
“Tu… come… dove hai preso quella…” balbettò il ragazzo.
“Io sono Kyoko Nanami, la settima principessa sirena dell’Oceano Pacifico del Nord, custode della perla rosa” disse tutto d’un fiato. Mentre i loro sguardi cambiavano dall’incredulo, al sorpreso fino a sfociare nel sollevato.
“Non ci posso credere… allora sono riuscire a farvi nascere!” la donna si esibì in un sorriso strano ed iniziò a ridere anche se sembrava più che piangesse, l’abbracciò ma poi si accasciò al suolo stringendosi le braccia con le mani ed iniziò a piangere “Le hanno fatte nascere… hai visto Hippo? ...Sono nate e non ce lo hanno detto… per tutto questo tempo siamo stati qui ad aspettare che… ma è stato inutile, alla fine le hanno fatte nascere lo stesso… loro non hanno pensato a… non le hanno calcolate minimamente… abbandonate al loro destino…” singhiozzò sommessamente “A loro importava solo dei benefici dei regni!” quasi urlò mentre Hippo, il ragazzo, s’inginocchiava accanto a lei cercando di calmarla “E tu… che cosa sei venuta a fare qui?” chiese alzando gli occhi rossi dal pianto su di lei.
“Io… sette anni fa ho saputo dell’esistenza della sesta dinastia e della loro scomparsa per mano di un entità misteriosa, quindi ho deciso di venire qui per saperne di più e… trovare un modo per salvarle. Perché loro sono ancora vive, no?” chiese timidamente, senza sapere cosa fare davanti quella strana reazione. I due alzarono gli occhi su di lei.
“Certo che sono ancora vive!” ringhiò Nikora “E dubito fortemente che tu sola potrai fare qualcosa. Le abbiamo cercate per diciotto anni nelle profondità più oscure degli Oceani senza trovarne nemmeno l’ombra. Cosa puoi fare tu?”
“Su Nikora, stai calma” sussurrò Hippo.
“Ma io non sono sola, ho mandato un messaggio alle altre principesse chiedendo loro di riunirci per parlarne meglio. Se riusciamo a convincerle ci aiuteranno… beh, sempre se voi volete far parte della cosa” aggiunse poi timidamente.
“Si” rispose il ragazzo “Si, con l’aiuto di tutte le principesse riusciremo a trovare Lucia e le altre!” esclamò raggiante rivolto a Nikora, la quale sospirò.
“Dove vi siete date appuntamento?” chiese.
“Sulla scogliera di Tokyo, saranno lì alle 18 in punto di stasera”.

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Capitolo 2
*** Terra ***


La scogliera di Tokyo era la più grande costa del Giappone, situata nelle vicinanze dell’albergo “Pitchi Pitchi Pearl”. Era per questo motivo che Kyoko l’aveva scelto come punto di incontro.
Arrivarono sulla spiaggia alle 17.55, a meno di cinque minuti dall’ora dell’appuntamento e si sedettero in attesa: alle 18.01 precise una figura spuntò dall’acqua, all’ombra del crepuscolo fecero fatica a individuarla ma quando un fascio di luce l’avvolse costringendoli a strizzare gli occhi ed una ragazza gli si avvicinò tutto fu più chiaro.
La ragazza in questione era sui diciotto anni, abbastanza alta e formosa, con lunghi capelli riccissimi rosa chiaro dalle punte castane, gli occhi erano castano chiaro e la carnagione pallida; soffiò sull’unico boccolo che le ricadeva sul viso di modo da scostarlo dagli occhi e li osservò con aria annoiata: “Sei tu Kyoko Nanami?” domandò ricevendo un segno d’assenso “Io sono Anne Toin, la principessa dell’Oceano Atlantico del Nord custode della Perla Verde” si presentò “Ho ricevuto il tuo messaggio e quindi eccomi qui” concluse guardando una stracontenta Kyoko, un’indecisa Nikora ed un imbarazzatissimo Hippo.
“Ehm…” tossì quest’ultimo guardando altrove “Non è il caso che indossi qualcosa?” domandò, rosso in viso alla nuova arrivata completamente nuda.
“Ah, sì! Ho portato dei vestiti per tutte!” si ricordò Kyoko trafficando nella borsa ed estraendo un impacco di vestiti “Indossa questi, dovrebbero andarti bene”.
Passarono sì e no dieci minuti mentre la ragazza indossava gli indumenti, aiutata da Kyoko che le spiegava in che verso infilare i jeans e le ballerine di pelle verdi, la maglia consisteva in un top verde prato smanicato tenuto su da un nastro che partiva dalla scollatura girando intorno al collo.
“Bene, ci stai benissimo!” esultò la ragazza.
“Ahm, se lo dici tu… però i colori li hai scelti bene” commentò Anne.
“Oh, però… sono le 18.10: le altre dove sono? Avevo scritto di venire qui alle 18 in punto”
“Non puoi pretendere che spacchino il minuto” disse Hippo e, proprio mentre finiva la frase altre tre figure spuntarono dall’acqua, un altro fascio di luce li illuminò e gli occhi del ragazzo si riempirono di rosata e morbida carne femminile. Si girò di bottò dal lato opposto mentre borbottava qualcosa di incomprensibile, scuro in viso.
“Salve! Come va? Io sono Arashi Aiiro la principessa dell’Oceano Artico custode della Perla Indaco. Molto piacere!” salutò tutta sorridente la prima ragazza che sembrava avere su per giù diciassette anni: minuta ma formosa, la carnagione era pallida, i capelli corti fin sotto la nuca con una frangetta piastrata erano celeste chiaro con gli occhi dello stesso colore.
“Io mi chiamo Kanzaki Aiiro, sono la principessa dell’Oceano Antartico custode della Perla Viola” si presentò apatica l’altra ragazza sui diciassette anni: alta, formosa e tutta curve, i capelli erano corti fin sotto la nuca con una frangetta piastrata di un castano/lilla, gli occhi color miele brillavano nel buio.
“Io sono Mikoto Hosho, la principessa dell’Oceano Atlantico del Sud custode della Perla Blu” un'altra ragazza dalla voce apatica si presentò: non poteva avere più di diciannove anni, alta, matura, con dei lunghi capelli blu scuro che le arrivavano alle cosce, la frangia le ricadeva sugli occhi color notte in contrasto con la carnagione pallida. Kyoko non ebbe nemmeno il tempo di aprire bocca che altre due figura sbucarono da dietro uno scoglio: “Chiediamo venia per il ritardo, siamo emerse qualche metro troppo in là” si scusò una delle due “Io sono Yume Azure, la principessa dell’Oceano Pacifico del Sud custode della perla gialla” si presentò la ragazza: aveva diciassette anni, i capelli erano biondissimi lunghi fino alla vita, la frangetta le ricadeva sugli occhi azzurri e la carnagione era abbastanza abbronzata.
“Io invece sono Aika Hikari, la principessa dell’Oceano Indiano custode della Perla Arancione” salutò sorridendo l’altra, sui sedici anni: i capelli arancioni erano lunghi fin sotto le spalle con una frangetta a coprirle gli occhi arancio, la carnagione abbronzata era in perfetta sintonia col colore dei suoi capelli.
“Noi siamo Kyoko Nanami e Anne Toin, le custodi delle Perle Rosa e Verde” disse Kyoko emozionata “Vi ho riunite per parlare di una cosa molto importante ma prima copritevi, vi ho portato dei vestiti”.
Mezz’ora dopo erano tutte, vestite di tutto punto, sedute nel salottino dell’albergo di Nikora: tutte con lo sguardo rivolto verso Kyoko, in piedi a capotavola.
I vestiti che aveva scelto per le sue nuove amiche/sorelle del mare sembravano fatti su misura per loro e non solo fisicamente:
  • Mikoto si era legata i capelli in una crocchia alta usando il fermaglio di brillanti che le aveva dato, con due piccole ciocche davanti le orecchie, i suoi indumenti consistevano in una camicia bianca di seta a maniche lunghe sbottonata ai polsi e ai primi tre bottoni, dei jeans lunghi e attillati e delle ballerine in pelle blu scuro.
  • Kanzaki aveva un fermaglino a forma di farfalla lilla a tirarle indietro la parte sinistra dei capelli, i suoi indumenti consistevano in una maglia lillà a maniche lunghe, un paio di jeans attillati e delle ballerine in pelle coordinate con la maglia.
  • Arashi aveva un fermaglio a forma di farfalla blu a tirarle indietro la parte destra dei capelli, i suoi indumenti consistevano in una maglia bianca a maniche lunghe, un paio di jeans azzurri e delle ballerine celesti.
  • Yume aveva i capelli tirati indietro e tenuti da un fermaglio di brillanti, i suoi indumenti consistevano in un top dalle spalline doppie color oro, un paio di jeans attillati e delle ballerine in pelle coordinate con il top.
  • Aika aveva un cerchietto semplice nei capelli arancio chiaro, i suoi indumenti consistevano in un top con le spalline sottili arancione, dei jeans attillati e delle ballerine in pelle coordinate al top.
 
Era proprio fiera delle sue scelte!
“Beh, cos’è questa cosa tanto importante di cui devi parlarci?” domandò Anne riscuotendo Kyoko dai suoi pensieri.
“Ahm, si! Come voi sapete noi facciamo parte della sesta dinastia delle principesse sirene da quando Aqua è diventata regina dei mari… o almeno è quello che hanno voluto farci credere” quelle ultime parole catturarono l’attenzione di tutti i presenti.
“Perché, non è così?” chiese Yume.
“No. Noi facciamo parte della settima dinastia di principesse sirene” rivelò Kyoko, rivelazione a cui seguirono alcuni secondi di silenzio.
“E allora?” il silenzio fu interrotto da Mikoto.
“Allora, non vi chiedete perché ci abbiano mentito per tutto questo tempo? Non volete sapere cos’è successo alla sesta dinastia?” insisté lei.
“E tu lo sai?” domandò Arashi.
“Si… si, lo so. La sesta dinastia di principesse era formata da: Lucia Nanami, Hanon Hosho, Rina Toin, Karen Aiiro, Noel Aiiro, Coco Azure e Sara Hikari. Loro furono le principesse sirene che si rifugiarono sulla terra in seguito alla distruzione dei Regni da parte di Gaito, un potente nemico che loro riuscirono a sconfiggere.
Ma, poco tempo dopo quello scontro, le principesse scomparvero misteriosamente” raccontò.
“E che fine hanno fatto?” domandò Aika spaventata.
“A quanto pare sono state catturate e sigillate negli abissi dell’Oceano da un entità misteriosa” rispose Hippo “Noi le abbiamo cercate in lungo e in largo negli ultimi diciotto anni, o poco più, ma non siamo riusciti a trovarle”.
“Voi le conoscevate?” chiese Kanzaki.
“Certo, io ero… uhm… il protettore di Lucia. Lei e le altre principesse hanno vissuto qui in quei tempi di minaccia” spiegò il ragazzo.
“Si, beh e ora che lo sappiamo che dobbiamo farci?” domandò Anne.
“Io, ecco, avevo pensato che… noi tutte… insomma avremmo potuto ritrovarle e scoprire chi e perché le aveva catturate” rispose Kyoko tutto d’un fiato e poi aspettò. Le ragazze si guardarono un attimo, perplesse.
“E perché?” chiese Kanzaki “Insomma, perché dovremmo cercarle?”
“Beh, sono comunque le nostre predecessore. Noi siamo nate a causa della loro scomparsa e avremmo anche potuto non nascere mai se la Regina non avesse pensato ai benefici dei regni e la loro necessità di nuove regnanti ma si fosse messa alla ricerca delle principesse!” sbottò furente “Io voglio cercarle, anzi trovarle! Voglio sapere chi le ha rapite e perché e poi… pensateci, se lo hanno fatto con loro perché non possono farlo anche con noi? Io lo farò e sono qui per chiedere il vostro aiuto… siete con me o no?” domandò poi. Altri attimi di silenzio, che venne spezzato da Anne:
“Io no. Spiacente” la ragazza si alzò “Non voglio avere a che fare con vecchie principesse ed entità sconosciute” e detto ciò uscì.
“Neanche io” informò Kanzaki uscendo seguita dalla sorella Arashi, di seguito anche Yume, Mikoto e Aika se ne andarono lasciando i tre soli e affranti all’interno della stanza.
 
***

Una cosa del genere non se l’aspettava, possibile che fosse l’unica ad essere preoccupata per quelle povere sirene imprigionate chissà dove? A quanto pareva sì.
Sospirò, sedendosi sulla sabbia ad osservare la luna alta nel cielo: era triste, tanto triste ma non poteva fare nulla né costringere a collaborare né cercarle da sola.
Non le restava che tornare nel proprio regno… che quell’avventura fosse davvero finita?
Strinse nella mano la sua collana ed iniziò a canticchiare una canzoncina sottovoce ma si fermò subito dopo, interrotta da un'altra voce che cantava una canzone totalmente diversa dalla sua:
 
Otoginbanashi saigo no peeji wa
Kakikaerarete higaki ni kawari
Tatta hitotsu shinjiteta hito no
Kokoro sae mo miushinau
Ai mo yume mo maru de suna no
Oshiro mitai na no
Hakanaku kowarete yuku no yo
Sore wo nozomanakutatte
 
Dajedo ima mo wasurarenai no
Anata ga itsumo utatta merodii
Mune ni hibiku tabi itsuka
Modoreru ki ga suru no ano kokoni
Kitto kitto kaerareru no tasunagareta
Kusari furibarai
Futatsu no sekai ga masubareta aoi umi he
 
Zettai!
Ai dake wa subete wo norikoeru
Unmai kimeru seiza mo kaerareru
Kiete shimae okubyou no uso mo ima mo…
 
Si alzò di scatto e si guardò intorno cercando di capire da dove provenisse quella voce tanto bella quanto triste ma non scorse nulla, non c’era nessuno lì a parte lei e intanto la litania continuava…
 
Houseki no you no kirameku hahanaru umo no
Yasashisa to ai ni tsutsumare umareta nanatsu no
Inochi ga mitsumeru yume ga aru
Dakara watashi mo koko ni kita no
Mou jibun ni uso tsukanai
Mamoru hito ga te mamoru sekai ga aru kara
 
Kitto!
Mienakute utagau no wa yowasa
Katchi no nai ai wo shinjitetai
Yagate ai wo kono te ni kanjiru hi made
 
 
E finalmente la scorse, proprio di fronte a lei, in cima alla scogliera di Tokyo vi era una donna: aveva lunghi capelli nerissimi tagliati irregolari che terminavano a punta, indossava un lungo abito senza spalline, bianco sporco con una doppia fascia nera sotto il seno. Aveva gli occhi chiusi e le mani congiunte, come in preghiera: se ne stava in silenzio mentre la musica si faceva più lenta.
La guardò a lungo senza capire chi fosse ma qualcosa la folgorò quando notò l’oggetto che portava al collo…
 
 
Sazanami no beddo de mo wo samashita asa ni
Subete go owatte hajimaru no
Atatakaki shizuka na hikari ni tsutsumarete
Kibou ga michiteru umi ni kaeru no
 
Hora shiawase no kane ga natte
Nanatsu no umi ga kagayakidashitara
Ai no kiseki wo ichiban suki na
Anata to futari mitsumetai
 
Non c’era alcun dubbio, era proprio ciò che pensava… una collana custodente una perla.
 
Soshite sotto kisu wo shite ne
 
Deglutì a vuoto, incapace di pensare mentre la donna smetteva di cantare ed apriva gli occhi, nerissimi, puntandoli su di lei… chi era quella donna? Come faceva a custodire una perla? E perché quella perla era nera?
 
 
Angolino Autrice:
La canzone che canta la donna misteriosa è “Return to the Sea” di Sara Hikari, versione originale giapponese e sostituita in Italia da “Assoluto Amore”.
Tenderò ad usare spesso le versioni originali ma solo in occasioni particolari, in ogni caso specificherò di quale canzone si tratta

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Capitolo 3
*** Il canto della sirena ***


Kyoko trattenne il respiro, mentre continuava ad osservare la donna di fronte a lei che ricambiava lo sguardo, serio e freddo. Entrambe immobili in quella calda sera di marzo, con solo la sabbia a separarle.
La donna, la sirena, inclinò il capo facendo scorrere il proprio sguardo sul corpo della ragazza indugiando un attimo sul collo dove risplendeva la conchiglia color Sakura*. Tornò a guardare i suoi occhi e poi rintonò la canzone di prima, stavolta con tono diverso.
Gli occhi di Kyoko si incatenarono ai suoi senza riuscire a staccarli, ammaliata dalla sua voce; le sue iridi divennero più opache e il suo cervello si spense. Perse il controllo del proprio corpo che si mosse da solo in direzione del mare, con passo lento: l’aveva ipnotizzata.
Appena mise un piede in acqua un'altra voce le raggiunse: “Fermati!” una ragazza le si gettò addosso respingendola sulla sabbia.
“Mikoto! Kyoko! State bene?” la voce di Anne la riscosse facendola tornare in sé, sbatté le palpebre guardandosi intorno: la donna aveva smesso di cantare ed ora le osservava curiose. Le sirene ricambiarono lo sguardo e, nello stesso istante, i loro sguardi incontrarono le collane altrui. Le due nuove arrivata rimasero sconvolte mentre la donna ricominciava il suo canto tentando di ipnotizzare tutte e tre, ma fallì anche stavolta. Improvvisamente le perle delle tre ragazze si illuminarono, un fascio di luce le avvolse e una voce riecheggiò nelle loro menti: “Usate le vostre voci!” un secondo dopo il fascio di luce cessò e le ragazze si ritrovarono completamente trasformate, come quando erano sirene solo che avevano le gambe ed indossavano magnifici vestiti:
Kyoko aveva i capelli più lunghi e di un rosa più chiaro, legati in una coda alta da un elastico di raso fuxia a forma di stella marina, con la frangetta che le ricadeva sugli occhi ora rosa scuro al contrario del nero di prima. Indossava un corpetto senza spalline rosa scuro con una gonna leggera, quasi trasparente lunga fino alle caviglie, aperta davanti mostrando i sandali di corallo rosato col tacco alto ornati di brillanti e la fibbia bianca, mentre ai polsi portava due polsini confetto con un nastrino bianco legato in un fiocchetto, tra le mani un microfono bianco al cui centro era racchiusa la sua perla rosa.
Mikoto, accanto a lei, non era da meno: i capelli erano blu chiaro, chiusi in una crocchia alta da un sottile nastro argento da cui scendeva una lunga e doppia treccia, gli occhi erano di una tonalità più intensa; il corpetto era senza spalline, come il suo, con solo un nastro che partiva dallo scollo e girava intorno al collo, il tutto di un azzurro scuro, la gonna leggera e quasi trasparente era lunga fino alle caviglie e aperta sul lato sinistro mostrando i sandali di corallo argentati col tacco alto ornati di brillanti e una fibbia argentata mentre ai polsi portava due polsini celesti con un nastrino argento.
Lo stesso valeva per Anne alla sua sinistra: i capelli verde prato erano legati in una coda alta da un elastico di raso verdognolo con la frangetta che le ricadeva sugli occhi verdi chiarissimi, il corpetto verde scuro senza spalline era costellato di strass, la gonna leggera, quasi trasparente, che le arrivava alle caviglie era aperta sul lato destro mostrando i sandali di corallo giallognoli rivestiti di brillanti mentre ai polsi portava due polsini verdi con un nastrino giallo. Entrambe avevano il microfono bianco/celeste tra le mani con la loro perla nel centro.
Si guardarono sbigottite per un attimo prima che la voce si facesse risentire: “Usate le vostre voci. Cantate!” e poi partì la musica, una musica che loro conoscevano bene.
“Dobbiamo cantare?” domandò Mikoto osservando il microfono che stringeva tra le mani.
“Credo proprio di sì” rispose Anne e fu così che cominciò la canzone, una canzone che si tramandava da sempre tra le principesse sirene:
 
Nanairo no kaze ni fukarete tooi misaki wo mezashiteta
Yoake mae kikoeta merodii
Sore wa totemo natsukashii uta

 
Higashi no sora he to habataku toritachi
Sa takarajima ni nukeru chikamichi

 
Nanatsu no umi no rakuen
Arashi no yoru no ato ni wa ai wo tsutaeru tame inochi ga mata umareru
Nanatsu no kuni no merodia
Daremo ga itsuka wa koko wo tabidatsu hi ga kitemo
Watashi wa wasurenai

 
 
Ed eccola, quella fastidiosa sensazione, quel sentimento di rabbia ed ira che scaturiva dal suo cuore ferito nel sentire quelle voci cantare felicemente. Come poteva sopportare ciò? Come poteva sopportare le stesse voci che l’avevano ridotta nello stato in cui versava?
 
 
Yukkuri to kumo wa nagarete niji no hate ni kiete itta
Hoshitachi wa shinju no you ni
Tsuyo hikari hanachihajimeru

 
Minami no sora kara kikoeru kuchibue
Sou otona ni naru toki ga kiteita
 

 
Dovevano smettere di cantare! Dovevano farlo subito! Non le sopportava, non sopportava quelle voci e men che mai quella canzone.
 
 
Kiseki wo megeru bouken
Yasashii haha no negai wo mune ni idakinagara daremo ga tabi wo shiteru
Hoshi furu yoru no fantajia
Afureru namida to inori dare ni mo wakaranai
Mirai wo terashiteru
 

 
<< Basta! Smettetela Principesse! Voi e le vostre stupide voci… basta! >> la donna crollò in ginocchio tenendosi la testa, mentre l’ira minacciava di uscire senza che nessuno potesse fermarla.
 
 
Nanatsu no umi no rakuen
Arashi no yoru no ato ni wa ai wo tsutaeru tame inochi ga mata umareru
Nanatsu no kuni no merodia                                                                                          
Daremo ga itsuka wa koko wo tabidatsu hi ga kitemo
Watashi wa wasurenai
 

Kiseki wo meguru bouken
Yasashii haha no negai wo mune ni idakinagara daremo ga tabi wo shiteru
Hoshi furu yoru no fantajia
Afureru namida to inori dare ni mo wakaranai
Mirai wo terashiteru

 
 
“Basta!” l’urlo della donna le investì a fine canzone “Voi… voi farete la loro stessa fine! Vi farò sparire tutte! Pagherete per le vostre colpe… non canterete mai più quella canzone… voi, esseri malvagi!” la donna ora le guardava astio e disprezzo mentre la terra iniziava a tremare sotto di sé preannunciando un imminente catastrofe, quando…
“Voce di Perla Viola!”
“Voce di Perla Indaco!”
“Voce di Perla Gialla!”
“Voce di Perla Arancione!”
Una lampo di luce le investì costringendole a chiudere gli occhi e un attimo dopo quattro ragazze dei colori appena citati erano di fronte a loro:
Kanzaki era in mezzo con i lunghi capelli viola che le scendevano fino alle caviglie aprendosi il tanti boccoli con una frangia che le ricadeva sugli occhi lillà chiarissimi, il corpetto del vestito era senza spalline, bianco con delle strisce di perle viola, la gonna era a balzi viola e bianca; gli stivaletti erano bianchi con un piccolo tacco e un cerchietto di perline viola alle caviglie che si aprivano poi in un unico sbuffo lilla sopra al polpaccio; i guanti erano come gli stivali e tra le mani stringeva il microfono.
Arashi era alla sua destra, i lunghi capelli indaco le ricadevano fino ai polpacci con una frangia a cuore sugli occhi azzurrissimi, il corpetto era bianco con delle decorazioni di perle indaco, le spalline sono fatte di perle azzurre e la gonna a balzi era bianca e azzurra; gli stivali erano bianchi così come il cerchietto di perline alle caviglie mentre lo sbuffo era indaco chiaro, anche lei stringeva lo stesso microfono tra le mani guantate.
Yume era alla sinistra di Kanzaki con i lunghi capelli biondi che le ricadevano fino alle cosce e una frangetta dal taglio regolare che quasi le copriva gli occhi più chiari, il corpetto era giallo decorato da piccole conchiglie arancio con delle spalline formate da piccole stelle marine arancio; gli stivali erano giallo chiaro con un piccolo tacco e un cerchietto di perline arancio sulle caviglie che si aprivano poi in un unico sbuffo sopra al polpaccio, tra le mani il microfono.
Aika era alla sinistra di Yume, con i lunghi capelli arancioni tirati indietro e chiusi da un fermaglio a forma di farfalla grande tanto da coprire la nuca, con due lunghe ciocche che le scendevano davanti e la frangia che ricadeva sugli occhi arancioni chiarissimi. Il vestito era formato da un corpetto arancione scuro senza spalline attaccato ad una corta gonna arancione e un sottogonna un po’ più lungo bianco, uno strascico giallo partiva indietro dalla vita e si apriva sulle gambe fino alle caviglie. Gli stivali erano arancio chiaro col tacco piccolo e un cerchietto di perline scuro sulle caviglie che si apriva poi in un unico sbuffo sopra al polpaccio; i guanti erano come gli stivali e il microfono che avevano tutte.
Erano tutte come nella loro forma di sirena a parte i vestiti e, ovviamente, le gambe. Tutte pronte a combattere, tutte pronte a cantare.
“Forza ragazze, tutte insieme!” incitò Yume ottenendo un cenno d’assenso mentre una nuova canzone partiva.
 
 
Vola la mia mente, è scintillio suadente che libera mi libera e va
Gioia incandescente, il cuore mi si accende, magicamente amore sarà
Sciolgo le mie vele al vento del mio cuore, tu sei con me, con me!
Come una carezza mi sfiora già la brezza, se amore sei amore sarai
 
Sogno non c’è più grande di te, mare in tempesta dentro di me
È melodia, fantastica poesia, questo bisogno di te!
Sogno non c’è più vero di te, cielo d’argento dentro di me
È melodia, fantastica poesia. Ho bisogno di te, di te!
 
 
Vola la mia mente, è scintillio suadente che libera mi libera e va
Gioia incandescente, il cuore mi si accende, magicamente amore sarà
Sciolgo le mie vele al vento del mio cuore, tu sei con me, con me!
Come una carezza mi sfiora già la brezza, se amore sei amore sarai!

 
Sogno non c’è più grande di te, mare in tempesta dentro di me
È melodia, fantastica poesia, questo bisogno di te!
 
Sogno non c’è più vero di te, cielo d’argento dentro di me
È melodia, fantastica poesia. Ho bisogno di te, di te!
 
Sogno non c’è più grande di te, mare in tempesta dentro di me
È melodia, fantastica poesia, questo bisogno di te!

Sogno non c’è più vero di te, cielo d’argento dentro di me
È melodia, fantastica poesia. Ho bisogno di te, di te!

 
 
“Accidenti a voi! Giuro che vi pentirete di essere nate!” esclamò la donna prima di scomparire in un fascio di luce bianca.
Dopo di ciò calò il silenzio, rotto subito dopo da Aika: “Ma chi diamine era quella?” esclamò.
“E’ lei!” disse Kyoko, più per autoconvincersi che non per rispondere alla ragazza. Tutte si voltarono verso la principessa in rosa “E’ lei! E’ lei quella che ha rapito Lucia e le altre e voleva fare lo stesso con me” spiegò euforica “Ha detto Farete la loro stessa fine, vi farò sparire tutte. Più chiaro di così!”
“Ma quella aveva un perla con sé” notò Arashi “Anche se era nera”.
“Non esiste una principessa con la perla nera, anzi non esiste un’altra principessa. I mari sono solo sette. Deve essersi messa quella collana solo per ingannarci, forse l’ha presa da un delle predecessore” riflettè Kanzaki.
“No, non credo. Forse è…” Mikoto si interruppe per riflettere ma scosse la testa subito dopo “No, è impossibile…”
“Cosa?” domandò Anne ma non ricevette risposta poiché un fascio di luce proveniente dal mare le distrasse. Una figura si materializzò davanti a loro: una splendida donna avvolta in un lungo vestito bianco con le spalline doppie e lo scollo profondo, dei lunghi capelli biondi da cui spuntava una corona di preziose e un lungo scettro tra le mani.
La Regina Aqua si era presentata alle principesse.
 
***
Un fascio di luce illuminò per un attimo l’oscurità tetra della stanza, una figura apparve nel buio, alta e snella per poi cadere in ginocchio sul pavimento: si osservò le mani che svanirono per un attimo per poi riapparire subito dopo. La donna emise un verso di disprezzo e si alzò barcollante raggiungendo la porta della stanza, non prima di aver gettato un occhio al corpo steso sul letto che riposava beatamente con le mani congiunte sul ventre scoperto, i morbidi capelli ordinatamente riposti sul materasso, la lunga coda che sfiorava appena il bordo e gli occhi dalle lunghe ciglia chiusi.
Non avrebbe ancora potuto riprendere completamente il possesso del proprio corpo, era troppo debole per uscire da lì in carne ed ossa.
Uscì faticosamente dalla porta e si avviò con passo pesante giù dalle scale e verso il corridoio, faceva fatica persino ad uscire dalla stanza della torre figurarsi su in superficie. Per quello aveva fatto uno sforzo enorme.
Raggiunse la sala del trono dove la grande sedia in legno placcata d’oro era in mostra e, davanti ad essa, sette teche di vetro piene d’acqua dove sette figure di sirene dormivano beate di un sonno profondo, lo stesso sonno a cui loro stesse l’avevano condannata.
Ed ora stavano provando la stessa cosa che aveva provato lei in quei lunghissimi anni di prigionia, confinata nel proprio regno senza la possibilità di uscire se non in forma di spirito. Poggiò una mano sul vetro di una dove incontrò gli occhi chiusi della giovane ragazza dai lunghi capelli indaco: “Pagherete, tutte voi per ciò che mi avete fatto” sussurrò “La stirpe delle Principesse Sirene sparirà, dinastia dopo dinastia finché non vi faranno più rinascere. Avrò la mia vendetta, una volta per tutte!” dopo quella frase una tremenda fitta alla testa la colse, s’inginocchiò e di nuovo le sue mani sparirono per poi riapparire.
Basta. Aveva fatto troppo quel giorno, doveva andare a riposare se voleva recuperare le forze. Lasciò la grande sala e fece il percorso a ritroso fino alla stanza nella torre dove si stese nel letto a baldacchino e svanì nel corpo della sirena che riposava beata.
Il corpo che un tempo era suo ma che ora non poteva più usare.
Il corpo che un giorno avrebbe causato la distruzione dei Sette Mari.
 
 
 
Angolo Autrice:
La canzone che cantano Kyoko, Mikoto e Anne è “Legend of Mermaid” che cantano tutte le principesse sirene nell’ultimo scontro contro Gaito nella versione originale giapponese e sostituita in Italia da “Dolce Melodia”; mentre quella che cantano Kyoko, Mikoto, Anne, Aika, Yume, Kanzaki e Arashi è “Fantastica Poesia”.
Nelle strofe, ogni colore corrisponde alla sirena che la canta (rosa=Kyoko, blu=Mikoto, verde=Anne, indaco=Arashi ecc.) mentre le strofe rosse sono quelle che cantano insieme.
 
*Sakura: in giapponese vuol dire “petalo di ciliegio”, in questo caso è rivolto al colore rosa del fiore simile al colore della collana di Kyoko

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Capitolo 4
*** Storie del passato ***


Nella stanza c’era un gran silenzio, nessuno osava fiatare attendendo che la donna seduta compostamente a capotavola parlasse.
La diretta interessata guardò seria i presenti con i suoi occhi azzurro ghiaccio e… oh, ma non ho detto chi è, che sbadata!
Nel capitolo precedente alle principesse è apparsa la Regina Aqua, sovrana di tutti e sette i mari, bene: l’essere umano seduta compostamente a capotavola, avvolta nel vestito col corpetto stretto e le maniche a sbuffo con una gonna lunga e bianca, i morbidi capelli biondi che le ricadevano sulla schiena e gli splendidi occhi color cielo è proprio lei!
“Bene, forse è arrivato il momento che sappiate” sospirò “E’ una vicenda che risale a secoli or sono, molto prima della mia nascita. Una storia che, in qualità di Regina dei Mari, sono tenuta a sapere e ora che lei vi si è presentata personalmente, siete tenute a sapere anche voi”.
L’attenzione di tutti si focalizzò completamente su di lei, calma e tranquilla nonostante l’aria tesa che le aleggiava intorno.
“Mi riferisco alla Leggenda di Atlantide, il Regno Perduto” esalò, facendo trattenere il fiato a Mikoto che la guardò scioccata.
“S… si riferisce alla Leggenda della Principessa Oscura?” domandò. Aqua spostò lo sguardo su di lei.
“La conosci?” chiese.
“Si. Me la raccontò la mia Dama quando ero bambina” informò.
“Allora, sii gentile, raccontala a tutti”.
Mikoto prese un respiro profondo e iniziò a parlare:
“Si favoleggia che al trono di quella che gli umani definiscono una città ci fosse una principessa sirena dalla straordinaria bellezza che custodiva la Perla Bianca; quella perla aveva un potere immenso, anche più grande di quello di tutte le perle messe insieme: un potere capace di creare maremoti e tempeste con la propria luce, di portare la pace e la serenità e addirittura di portare invita i defunti… ma poteva essere usata anche per scopi malvagi, come distruggere il mondo marino e quello terrestre” a quelle parole tutta la sala trattenne il fiato all’unisono, il più silenziosamente possibile lasciando che la ragazza continuasse il proprio racconto “Questa principessa veniva protetta con ogni mezzo, ovviamente: non veniva mai mostrata a nessuno, non usciva mai dal castello, non poteva ricevere visite se non dalla propria Dama... però ella sopportava quell’immensa solitudine perché sapeva che era per il bene dell’intero mondo, così tutto filò liscio finché, il giorno del suo ventesimo compleanno, ella non uscì per la prima volta dalla torre ma appena fuori dalle mura delle forze oscure e malvagie si fecero avanti: essi aspettavano da anni che la principessa si mostrasse per poterla catturare e rubarle la perla.
La principessa provò a fuggire, ma venne presto messa con le spalle al muro e fu allora che accadde: le sette principesse che allora custodivano le perle che abbiamo noi in nostro possesso, si fecero avanti per difendere la loro futura sovrana.
Infatti, tutte le principesse che possedevano la Perla Bianca erano destinate a salire al trono proprio per l’immenso potere che esse avevano, e quel giorno era proprio quello dell’incoronazione della nuova regina ecco perché le sette principesse erano ad Atlantide. Ma nonostante i loro sforzi non riuscirono a sconfiggere il nemico tanto era potente; la principessa dalla Perla Bianca non era in grado di usare il suo potere appieno per scacciarlo così le Sette presero una drastica decisione: sigillare la principessa dalla Perla Bianca e tutto il regno di Atlantide nelle profondità marine” Mikoto fece una pausa mentre gli occhi di tutte erano incatenati alla sua figura, chi con paura e chi con curiosità, poi continuò “Con il potere delle loro voci sovrastarono la principessa, incapace di usare la luce della propria perla per respingerle, la rinchiusero nella torre del palazzo e fecero sprofondare per sempre Atlantide e i suoi abitanti nel Regno degli Abissi, proteggendo così il mondo e scacciando una volta per tutte l’entità malvagia che la minacciava.
Nonostante tutto però, l’allora Regina decise di tenere sigillata la giovane principessa insieme alla Perla per evitare altri disagi e raccomandò silenzio assoluto alle Sette principesse e agli abitanti delle acque che sapevano la storia, così da non mettere più in pericolo nessuno…” la ragazza si interruppe di nuovo, indecisa se finire oppure no.
“Ma la principessa dalla Perla Bianca rimase cosciente anche se incapace di muoversi e di liberarsi. Col trascorrere dei secoli in lei crebbe la rabbia e l’angoscia, sentimenti che sovrastarono il suo cuore facendolo diventare malvagio: i suoi capelli assunsero la tonalità dell’ebano, i suoi occhi divennero pece, la sua coda si unì alle tenebre e la sua Perla, che vantava il colore più magnifico di tutte, divenne nera come l’oscurità che l’avvolse per più di mille anni” terminò Aqua in tono sommesso.
Seguirono secondi di silenzio in cui tutti osservarono la loro regina senza parlare, solo Aika, dopo un po’, trovò il coraggio di proferire parola: “Quindi quella che abbiamo visto era la leggendaria principessa?”
“Temo proprio di si” mormorò Aqua.
“Ma se lei è stata rinchiusa, com’è possibile che fosse lì davanti a noi?” domandò Yume.
“Questo non lo so ma ho avvertito qualcosa di strano nella sua forma. Sembrava più che altro uno spirito” disse Aqua.
“Allora è probabile che sia scesa sulla terra sotto forma di spirito mentre il suo corpo è rinchiuso ancora nella torre” rifletté Kanzaki.
“Potrebbe essere un ipotesi” concordò Nikora.
“Ciò non toglie” esordì la giovane donna con tono serio “Che qualcuna di voi ha violato una delle regole fondamentali del Regno dei Mari: ovvero che nessuna principessa sirena può accedere alla Stanza dei Diari”
A quelle parole Kyoko si irrigidì assumendo un color rosso vergogna ed iniziò a borbottare qualche scusa.
“Il tuo comportamento non solo ha infranto una regola ma ha messo a repentaglio la vita di tutte le principesse. Venendo sulla terra vi siete mostrate permettendo che lei vi trovasse, ora farà di tutto per catturarvi. Il suo unico scopo è questo: vendicarsi delle principesse che l’hanno imprigionata. Se tornaste nei vostri Regni potrebbe attaccare quelli mettendo a serio rischio la vita dei loro abitanti, oramai ha imparato a padroneggiare il potere della Perla e potrebbe distruggerli uno ad uno però… visto che si è presentata a voi come spirito deduco che non abbia abbastanza forze per rompere il sigillo, quindi anche il suo potere è molto limitato”.
“Ma allora… cosa facciamo?” domandò Arashi.
“Quello per cui la Custode della Perla Rosa vi ha chiamate: fermarla e liberare le principesse” rispose la donna con noncuranza “E’ per questo che vi ho dato il potere di trasformarvi in idol” aggiunse rivolta ad Anne, Mikoto e Kyoko “Con quella trasformazione la vostra voce sarà più forte e in grado di sconfiggere qualunque nemico vi si presenti. Sono sicura che voi potete farcela” terminò con un sorriso “Oramai ne va della sicurezza degli Oceani”.
“Se… se è quello che lei ritiene giusto, allora lo faremo” disse Anne “In fondo il nostro compito è proprio quello di difendere il Mare”.
“Sono d’accordo” l’appoggiò Mikoto ottenendo il consenso di tutte.
“Ma guardatevi: prima fate tutte le ritrose e poi accettate solo perché l’ha detto la Regina” disse Nikora facendole arrossire tutte mentre la Sovrana sorrideva.
“Tranquille, l’importante è che vi impegnate al massimo”.
“Certo, lo faremo!”
“Oh, e per agevolarvi vi manderò anche un aiuto” aggiunse.
“Un aiuto?” domandò Hippo.
“Oh, si… una vostra vecchia conoscenza”
 
 
***
 
“Ahm, ok impegnarci al massimo… ma perché dovremmo andare anche a scuola?” domandò Anne.
Era la mattina dopo l’accaduto dei fatti: erano tutte infilate in una divisa rosa e rossa con tanto di cartella: “Che poi io la scuola la dovrei già averla finita!”
“Errato, tu la finisci quest’anno. E’ Mikoto che, regolarmente, l’ha già finita. Voi tutte andrete a scuola regolarmente, studierete, lavorerete all’hotel…” snocciolò Nikora.
“Ma perché?” domandò Yume che cercava di legarsi i capelli avvolta nella divisa troppo stretta: erano quelle della loro predecessore che, al tempo in cui vivevano lì, avevano solo quattordici anni.
“Perché dovrete sembrare delle ragazze normali! Nessuno deve sospettare nulla” esclamò Hippo.
“Almeno potreste rendere queste divise della nostra taglia?” piagnucolò Kyoko “Non ci respiro!”
“Queste ragazze erano abbondanti di petto ma di fianchi nemmeno un po’!” notò Kanzaki cercando di allargare la camicia per non soffocare.
“A me è andata bene. Sono della mia taglia!” esclamò Aika sollevata.
“Ci penseremo quando tornerete, ora andate o farete tardi. Kaito vi condurrà alla sede” spiegò la donna buttandole praticamente fuori dove, ad aspettarle, c’era un bel ragazzo con i capelli arancioni sui diciassette anni “Divertitevi!” e chiuse la porta.
Il ragazzo le squadrò una ad una per poi sospirare: “Quindi voi siete le nuove Principesse Sirene, eh?”
Scese un gran silenzio nella stradicciola davanti all’hotel, rotto solo dal lieve cinguettio degli uccelli e dal venticello leggero che passava sull’asfalto.
“E tu come diavolo fai a saperlo!?” urlarono all’unisono facendo rizzare la pelle al ragazzo per lo spavento.
“I… io sono un Principe del mare!” si spiegò frettolosamente per evitare altre escandescenze da parte delle sue nuove ‘amiche’ e compagne di scuola “Mi chiamo Kaito Domoto, aiutavo le Principesse prima di voi”.
“Aah, ora si spiega!” esclamò Yume.
“E, dì un po’, sei già fidanzato?” domandò Kanzaki avvicinandosi a lui con sguardo malizioso. Lui la guardò male.
“Si, con Lucia Nanami” rispose stizzito “A proposito, chi di voi è la sua successora?” domandò.
“Io” si fece avanti Kyoko “Mi chiamo Kyoko Nanami, molto piacere” sorrise.
“Il piacere è mio… anche se sei molto diversa da lei” notò.
“Beh, non nasciamo tutte uguali” rise.
“Ma… un momento!” interruppe Kanzaki “Se tu aiutavi le principesse prima di noi, anzi eri fidanzato con una di loro... cioè, quanti anni avevi?”
“Già è vero. Sembri avere a malapena la vostra età eppure tutto ciò è successo diciott’anni fa” fece notare Arashi.
“Non è che ci stai nascondendo qualcosa?” chiese Yume, sospettosa.
“Ah, beh… è una storia lunga” sorrise il ragazzo “Poi ve la spiegherò, ora dobbiamo affrettarci o faremo tardi” e detto ciò si avviò di corsa.
La scuola era un grande edificio color panna posto in un grande cortile gremito di ragazzi dai sedici ai diciott’anni, tutti allegri e solari.
“Bene, Anne e Kyoko saranno in classe con me” disse Kaito adocchiando la rosa e cercando di capire chi fosse Anne.
“Sono io” si fece avanti la ragazza coi ricci.
“Bene, frequenterete il terzo anno nella sezione E. Invece: Kanzaki, Arashi e Yuma…”
“Yume!” lo corresse la bionda “Mi chiamo Yume!”
“Ah, scusa! Comunque frequenterete il secondo anno nella sezione C” le tre annuirono “Mentre Aika, frequenterà il primo anno nella sezione A” concluse.
“Ah, mi tocca stare sola” sospirò lei.
“Non ti abbattere, vedrai che andrà tutto bene” cercò di consolarla Arashi.
“Ahm, aspettate prima di andare” intervenne il ragazzo “Ecco, prendete questi” consegnò ad ognuna un cellullare “Erano delle ragazze: il numero mio, di Nikora, dell’hotel e degli altri cellulari è già in memoria. Se avete bisogno basta chiamare” disse.
“Oh, si li conosco questi aggeggi. Servono per comunicare a distanza” informò Anne osservando il suo: semplice, verde chiaro con lo schermo incorniciato da porporina e i tasti alternati tra loro nelle due tonalità del verde chiaro e scuro.
“Chi è Noel?” domandò Kanzaki scorrendo la rubrica e notando il numero aggiunto tra i preferiti, il suo cellulare era un palmare touch screen, lilla con dei motivi a forma di lunghe alghe in porporina viola sul retro.
“E’ il numero del cellulare che ha… Arashi, giusto?” domandò Kaito alla azzurrina che annuì “Il tuo apparteneva a Karen, la custode della Perla Viola, e Noel era sua sorella, la custode della Perla Indaco” spiegò “Ma forse è meglio che mettiate i vostri di nomi, altrimenti rischiate di confondervi” consigliò.
“Forse è meglio se ci dici tu di chi sia uno e di chi sia l’altro perché io so solo i nomi” disse Kyoko, armeggiando col suo Black Berry rosa dai piccoli tasti fuxia.
“Già, anche perché qui ci sono una marea di numeri!” fece notare Arashi con in mano il palmare identico a quello della sorella solo indaco e blu.
“Si, beh… erano molto socievoli” rise Kaito.
“Il mio è un catorcio” notò Aika alzando il mini cellulare apribile arancione e giallo per il pendolino a forma di polpo.
“Ma come faceva a vedere con questi così?” chiese Yume avvicinandosi agli occhi lo schermo del Samsung giallo, dotato di touch screen.
“Presto ci farete l’abitudine” le rassicurò Kaito ed iniziò a spiegare quali fossero i numeri da usare, quali quelli da sostituire per riconoscersi e quali quelli da non toccare mai.
“Chi è ‘Masahiro’?” domandò Anne, facendo voltare il ragazzo.
“Oh, no! Lascialo stare!” si affrettò a dire “E’ una questione di Rina” spiegò “Non chiamarlo mai”.
“Ok” disse lei perplessa per l’improvvisa reazione del ragazzo. In quell’istante suonò la campanella che segnava l’inizio delle lezioni così si affrettarono ad entrare.
Si divisero nel corridoio ed ognuno raggiunse la propria classe; poco dopo arrivarono anche i professori.
“Buongiorno ragazzi!” salutò sorridente la donna avvolta nel tailleur rosso, colei che doveva essere la loro insegnante di inglese “Oggi qui con noi abbiamo due nuove studentesse, prego venite pure” invitò le due ad alzarsi che la raggiunsero alla cattedra “Loro sono Anne Toin e Kyoko Nanami” presentò le due che si inchinarono “Ed un nuovo compagno” continuò. Kaito si alzò e le raggiunse “Lui e Kaito Domoto. Spero farete presto amicizia”.
Dopo le presentazioni tornarono tutti ai propri posti, Anne e Kaito si erano messi vicini mentre Kyoko era dietro di loro accanto ad una ragazza molto carina coi corti capelli castani che la salutò con un sorriso.
Le altre, poche classi più in là, non erano state così fortunate: dopo la presentazione il loro professore, un severo insegnante di matematica, le aveva predisposte secondo le proprie scelte: Yume era finita accanto ad una ragazza dai corti capelli verde menta che pareva essere molto scortese, Kanzaki accanto ad un ragazzo coi capelli castano-rosso che si considerava il ‘figo’ della scuola e, neanche a cinque minuti dal suo arrivo, gli aveva già chiesto di uscire dodici volte mentre Arashi si sedette accanto ad un ragazzo coi corti capelli blu e gli occhi color cielo che le sorrise presentandosi.
Nella classe di Aika, invece, la ragazza era stata ancora più sfortunata! Era stata messa vicino ad ochetta snob, davanti a degli idioti che parevano trovare divertimento nell’infastidirla e dietro a due tizie (probabilmente amiche dell’oca che aveva per vicina) che non facevano altro che girarsi e ridacchiare… o ridacchiare anche senza girarsi.
Le cose sembravano andare male un po’ per tutti tranne per il gruppetto Kyoko-Anne-Kaito, che avevano già stretto amicizia con alcuni compagni; la prima con cui Kyoko socializzò fu proprio la sua compagna di banco che le si presentò in modo cordiale: “Molto piacere, io sono Mikaru Amagi!”

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Capitolo 5
*** Racconti ***


La giornata scolastica finì ben presto, con sollievo di tutte, e poterono finalmente tornare all’Albergo; lì Nikora le accolse con spazzoloni e stracci: “Dovete pulire le vostre camere da letto prima di potervi abitare!” aveva sentenziato consegnando a tutte l’occorrente.
Le ragazze la notte precedente (o quel che ne rimaneva) avevano dormito dentro dei sacchi a pelo stesi nel salottino dietro le scale come camera provvisoria, la donna le aveva anche avvertite che il giorno dopo avrebbero dovuto ripulire le stanze del terzo piano prima di poter scaricarci i loro bei sederini ma a quanto pareva con l’evento della scuola era loro completamente passato di mente. Ora erano esauste, con la testa che doleva per le lezioni e il fastidio degli abiti stretti che indossavano ma se volevano riposarsi non avevano altra scelta.
Così, per prima cosa, si chiusero a chiave nel salottino e si tolsero quelle fastidiose uniformi indossando i comodi vestiti che Kyoko aveva loro comprato il giorno prima; dopo di ciò si misero a lavoro.
Come scoprirono ben presto non c’erano solo le stanze da tirare a lucido ma l’intero corridoio del terzo piano.
“Era lì che alloggiavano le ragazze, dopo la loro partenza le ho vuotate completamente e ridipinte nel caso sarebbero servite agli ospiti ma quando ho saputo che erano state rapite ho chiuso il corridoio e nessuno ci ha più messo piede. Lì sopra c’è un intero lavoro di ristrutturazione da fare” aveva loro illustrato Hippo consegnando le chiavi delle porte ad Arashi, alla quale erano quasi cadute le braccia: forse non si sarebbero riposate tanto presto.
Cominciarono col togliere la polvere e lavare per terra in tutte e dodici le stanze, poi ridipinsero le mura del corridoio di un brillante bianco perlaceo, nel far quello erano già arrivate alla fine della giornata e così toccò a tutte dormire di nuovo nel salottino.
La mattina dopo era sabato, il che significava giornata libera dalla scuola, così si rimboccarono le maniche e cominciarono a lavorare fin dal mattino presto: aiutate da Hippo ognuna scelse una stanza, quella che più le piaceva, e armate di pennelli, rulli e barili le ridipinsero. Per fare più in fretta si divisero in gruppi da quattro in cui ognuno si occupava interamente di una parete della stanza: per l’ora di pranzo erano già tutte ridipinte con freschi e vivaci colori: quella di Kyoko era bianco panna, quella di Mikoto di un tenue non-ti-scordar-di-me, quella di Anne di un chiaro verde foglia, quella di Kanzaki era color lavanda, quella di Arashi azzurro chiarissimo, quello di Aika color arancia, mentre Yume era stata più di un quarto d’ora a decidere tra un forte giallo canarino o un accenno di giallo limone tendente al bianco. Alla fine scelse il giallo limone, con gran sollievo di tutte stanche di aspettare (anche se nel frattempo strafogavano i panini al pollo preparati da Nikora, tutta contenta di vederle lavorare con così tanto impegno).
Il resto del pomeriggio lo passarono a far su e giù dal terzo piano al garage sul retro, dove Hippo aveva sistemato tutti i mobili, in attesa che la vernice si asciugasse, e sistemarono tutto nel corridoio aiutati da Kaito che, saputo del lavoro di ricostruzione tramite Anne (che aveva instaurato un buon rapporto col suo nuovo cellulare), era venuto a dare una mano: lui non alloggiava all’Hotel avendo già una casa propria nel centro ma era stato comunque felice di aiutare. La serata fu loro concessa libera così che, armate di borse, portafogli e Nikora, uscirono per andare a fare shopping. Ora che erano sulla terra dovevano procurarsi dei vestiti e non potevano certo rimanere sempre con quelli che le aveva dato Kyoko per arrangiare il primo giorno. Girarono tutti i negozi di vestiti che c’erano in città e fecero un mucchio di compere consigliate dal gusto e dall’occhio esperto della donna, mentre Kaito e Hippo davano i loro pareri maschili (ben poco seguiti, come notarono presto).
Rientrarono che erano le undici passate, sfiniti e si infilarono immediatamente chi a letto chi nei sacchi a pelo: ma quella, per loro, sarebbe stata l’ultima volta, dall’indomani avrebbero dormito fra due morbidi guanciali.
La domenica fu l’ultimo giorno di ristrutturazione: dopo aver passato due giorni a pulire e dipingere, finalmente cominciarono ad arredare le stanze; verso le quattro del pomeriggio il terzo piano era tornato come nuovo. Le ragazze sistemarono i loro acquisti e le camere furono pronte per essere abitate.
“Avete fatto un ottimo lavoro!” esclamò Nikora soddisfatta osservando l’intero piano che sbrilluccicava, mentre le ragazze erano sedute con la schiena poggiata al muro riprendendo fiato.
“Ho la schiena dolorante!” si lamentò Aika.
“Non vedo l’ora di stendermi sul letto e dormire” le fece eco Yume. Nikora le guardò una ad una e poi sorrise:
“Ma si, ve lo meritate. Ma prima fate il bagno e mettete i vestiti a lavare: siete tutte sporche di vernice e polvere” raccomandò scendendo in cucina per preparare la cena.
In meno di mezz’ora erano tutte pulite e profumate, infilate nel pigiamino nuovo di zecca e pronte a stendersi sotto il caldo piumone.
 
Le ore scorsero come un fulmine e in men che non si dica erano già le otto e un quarto: l’ora di cena. Scesero in cucina ancora assonnate e impigiamate, nella sala da pranzo oltre Nikora, Hippo e Madame Taki c’era anche Kaito. Nel vederlo Aika cacciò uno strillo e corse di sopra a cambiarsi.
“Ma che le è preso?” chiese Arashi.
“Eppure quella che dovrebbe vergognarsi è Anne, mica lei” fece notare atonamente Mikoto alludendo al mini top con le spalline verde smeraldo indossato dalla giovane.
“Ehi!” abbaiò quest’ultima, offesa. Poi si sedettero a tavola e cominciarono a mangiare il fantastico pasto preparato da Nikora parlottando allegramente; dieci minuti dopo si unì a loro anche Aika, che ora indossava un golfino color oro, e si sedette tra Kyoko e Kanzaki mormorando freddamente: “Tacete!” mentre le due trattenevano a stento le risatine. Una volta che ebbero fatto sparire anche l’ultima fetta di torta alla vaniglia, decretando la fine della cena, Nikora preparò il tè mentre le ragazze punzecchiavano di domande il giovane Domoto.
“A proposito!” esclamò d’un tratto Arashi come se avesse avuto un lampo di genio “Non ci hai ancora detto come hai fatto a rimanere così nonostante siano passati diciotto anni” disse. Il ragazzo si bloccò con la tazzina di porcellana a mezz’aria, e la guardò sorpreso.
“Ah, beh…” farfugliò poi imbarazzato “… ehm… è… è complicato da spiegare…” mormorò arrossendo. Le ragazze lo fissarono perplesse mentre Nikora ridacchiava nel suo tè.
“Suvvia, Kaito… non essere timido!” esclamò sorridendo maliziosamente.
“N-non sono timido!” rispose lui accalorandosi sulle guance.
“Allora raccontalo!” lo sfidò.
“M-ma io…”
“Allora lo faccio se proprio non ci riesci!”
“No! No, lo faccio io!” si affrettò a dire il ragazzo poi si schiarì la gola e, guardandosi le mani poggiate sulle ginocchia, iniziò a raccontare “Come sapete io sono il fidanzato di Lucia, essendo un principe del mare e non un umano non ho avuto alcun problema a stare con lei e… si, insomma ci amavamo molto. Quando lei fu rapita la cercammo ma senza successo e intanto il tempo passava.
Io e lei avevamo la stessa età, ovvero diciotto anni, ma quando fu imprigionata in quel sonno profondo per lei e le altre ragazze il tempo si fermò: non sarebbero invecchiate di un solo minuto fintanto che fossero state addormentate. Dopo un anno iniziai a preoccuparmi e così… così…” ma non riuscì a dire altro.
“Così domandò alla Regina Aqua di ricevere la stessa sorte e di essere liberato solo quando sarebbe stata liberata lei” terminò Nikora con un sorrisino di chi la sapeva lunga mentre Kaito sprofondava con la testa fin sotto il tavolo.
“Oh, che cosa dolce!” esclamò Aika quasi strillando.
“Lo hai fatto per amore!” le fece eco Yume sporgendosi dalla sua postazione per vedere il ragazzo seduto a capotavola “E’ una cosa tenerissima!”
“Non vedi vergognarti, Kaito” disse Kyoko con un sorriso dolcissimo sulle labbra “E’ una gesto d’amore profondo: hai rinunciato a diciassette anni della tua vita per lei”.
“Si, lo so…” rispose lui e, vedendo il sorriso che tutte le rivolgevano, stirò anche lui le labbra “Ma è imbarazzante raccontarlo!” rise poggiandosi la mano sulla nuca mentre le altre scoppiavano a ridere.
“Oh, cielo! Che ore sono!” esclamò d’un tratto Nikora guardando l’ora “E’ tardi, dovete andare a letto o domani farete tardi a scuola”. Tutti osservarono l’ora e poi e guardarono Nikora come se fosse pazza.
“Ma sono le nove” fece notare Anne.
“Io voglio stare alzata un altro po’, voglio sapere tutto su quello che vi è successo quando eravate di guardia qui” disse Kyoko eccitata “So già di Gaito perché l’ho letto dal Diario di Aqua ma so che avete avuto a che fare anche con un altro nemico: Mikeru, giusto? Raccontaci quello che è successo!”
Tutte diedero il loro consenso e Nikora, guardando nuovamente l’ora, sospirò: “Ma dopo tutti a letto, eh?”
Dopo aver esultato scese il silenzio per dare lo spazio al ragazzo di raccontare: Kaito disse tutto a partire dal suo viaggio verso le Hawaii all’incidente, alla perdita della memoria; raccontò anche della ragazza che lo aveva trovato e aiutato, di tutte le avventure che avevano vissuto per colpa di questo Mikeru, dei guai delle principesse, dei nemici, delle sofferenze di Lucia e poi dello scontro faccia a faccia con l’angelo e la riacquisizione dei ricordi. E infine della battaglia finale dove le principesse avevano sconfitto Mikeru e spezzato la maledizione così che Mikaru potesse rinascere.
Alla fine del racconto erano già passate le dieci e tutte fissavano il ragazzo sbalordite prima che Kanzaki mormorasse un “Wow” sommesso.
“Però!” le fece eco Yume “E’ stata una cosa pazzesca!”
“Già” disse Kaito sopprimendo uno sbadiglio “Però ora è tardi, è meglio che io torni a casa” informò alzandosi. Anche le altre scattarono in piedi facendo strisciare le sedie sulle mattonelle bianche.
“Stavolta è proprio tardi!” annunciò Nikora “Forza, tutte a letto!” esclamò battendo le mani.
“Allora ci vediamo domani, ragazze. Buonanotte” salutò il ragazzo ricevendo dei ‘Notte’ e ‘A domani’ in risposta. Mentre salivano le scale un dubbio si insinuò nella mente di Kyoko: durante il suo racconto Kaito aveva parlato di una ragazza, ovvero Mikaru Amagi. All’inizio non ci aveva fatto molto caso ma pensandoci un po’ si accorse di aver già sentito quel nome e di riuscire anche ad accomunarci un sorriso… solo che non si ricordava né come né perché; forse si stava sbagliando o il sonno le giocava brutti scherzi, non lo sapeva ma continuò a rifletterci per tutte le scale ed il corridoio fin quando non fu sotto le coperte.
Si addormentò pochi istanti dopo con quel nome che le ronzava nelle orecchie, un dolce sorriso che le aleggiava nella mente e una frase, spuntata nella sua mente non appena fu scivolata nel sonno: “Piacere, sono Mikaru Amagi!”
La mattina dopo, quando si alzò tardi com’era prevedibile, non conservava alcun ricordo né del sorriso né della frase.

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Capitolo 6
*** Ricerca ***


Era passata una settimana da quando le principesse erano giunte sulla terra ferma; dopo aver tentato di rapirle ed aver fallito, Kaori (così è il nome della principessa del perduto regno di Atlantide) si era chiusa in un lungo riposo nel proprio corpo per recuperare le forze mancate.
Durante questo periodo aveva avuto modo di riflettere con minuziosa calma e precisione, arrivando ad una semplice conclusione: doveva trovare dei seguaci.
Al risveglio uscì dalla torre e si avviò verso la Sala del Trono, si fermò proprio al centro del pavimento grigio e chiuse gli occhi iniziando a camminare in cerchio, muovendo specifici passi e canticchiando una filastrocca in una lingua antica.
Seguendo la scia dei suoi passi sul pavimento iniziarono a delinearsi dei ghirigori luminosi fino a disegnare una complicata figura.
Il pavimento si illuminò e da esso si erse una fascio di luce, quando si dissolse una grande fontana grigia si ergeva al centro della sala; l’acqua che vi zampillava era blu zaffiro ed emanava un sinistro bagliore.
Kaori vi si sporse e tocco l’acqua con un dito: la superficie si increspò e strane ombre vi comparvero per poi prendere una forma precisa.
 
Il sole splendeva alto nel cielo, il mare era calmo e l’acqua a temperatura ambiente; il giorno perfetto per studiare!
E ora si penserà: studiare? Con un’occasione del genere per andare in spiaggia?
Ebbene si, Lilian Hitaki studia in una giornata perfetta per andare in spiaggia… ma in effetti in spiaggia lei è.
E’ anche nota come Lily ed è una giovane ricercatrice di anatomia marina, studia i pesci e le piante acquatiche con passione, nonché esperta nuotatrice.
Sotto l’ombrellone nei pressi del ‘Love Love Beam’ (un bar sulla costa dell’Hokkaido), Lily studia. Tra le mani reggeva un libro dall’aria noiosa e sul tavolo la cameriera aveva appena poggiato il sesto bicchiere di succo di more; Lily studiava con impegno la teoria per poi metterla in pratica.
Infatti, meno di dieci minuti dopo, aveva già chiuso il libro nella borsa, pagato il barista e si era diretta in spiaggia; togliendosi il corto vestito bianco mise in mostra un costume da bagno a pezzo unico blu e nero, si legò i lunghi capelli color miele e si tuffò.
Fece giusto un giro sul fondale per esplorare la zona prima di risalire in superficie, a prendere aria. Stava per immergersi di nuovo quando si sentì stringere la caviglia da qualcosa, per un attimo pensò ad un alga in cui si era impigliata, quindi trattenne il fiato e tornò sotto per liberarsi: in effetti era un alga quella attorno alla sua caviglia ma di certo non impigliata per sbaglio. Appena la toccò altre liane spuntarono e l’afferrano per i polsi, il busto, le gambe e il collo.
Per lunghi attimi lottò silenziosamente contro quelle funi poi, a corto di aria e con la testa pulsante, sfinita aprì le bocca rassegnata. Inghiottì molta acqua prima di perdere definitivamente i sensi.
 
Daimon osservava con desiderio la donna ai suoi piedi, priva di sensi, bagnata benché lì fossero all’asciutto, e con qualche alga ancora attaccata al corpo. I capelli si erano sciolti e si spandevano sotto la sua testa creando un arco, i bellissimi zaffiri chiusi. Non respirava, l’acqua le aveva riempito i polmoni tanto da bloccare l’entrata dell’aria.
S’inginocchiò e le alzò il busto poi premette forte con la mano sul suo petto, esattamente in mezzo al seno; con un enorme getto l’acqua venì fuori e lei tossì traendo profondi respiri.
<< Umane >> pensò semplicemente il ragazzo senza toglierle gli occhi di dosso. Con molta lentezza lei aprì gli occhi e si guardò intorno, la prima cosa che scorse fu il viso di un bellissimo ragazzo. Pallido, con due occhi color diamante incastonati al suo interno, corti capelli argentei che gli incorniciavano il volto sparati in tutte le direzioni e un affascinante sorriso a piegargli le labbra.
Lily lo osservò ricordando quello che era successo; non gli ci volle molto a capire che lui l’aveva salvata.
“Grazie” sussurrò ma lui, immerso in chissà quali pensieri, non rispose ma le prese il mento fra le dita.
“Sei davvero bella…” disse “…magari se glielo chiedo mi lascerà sposarti”.
Lily rimase perplessa a quelle parole: sposarla? E poi a chi doveva chiederlo?
“Si, ho deciso” disse infine lui, alzandosi uscì dalla sala.
Sala? Lily si guardò intorno: era seduta su un pavimento di mattonelle opache in una grande Sala di pietra grigia, alle sue spalle vi era una fontana in cui zampillava dell’acqua color zaffiro, mentre alla sua destra, distanziati l’una dall’altra, erano esposte sette teche piene d’acqua.
Si alzò in piedi, confusa, e si avvicinò alle teche; quasi urlò: al suo interno vi galleggiavano delle persone.
Anche se, guardandole meglio, avevano qualcosa di strano: dove dovevano esserci le gambe spuntava una coda di pesce.
Aveva sempre letto delle famigerate sirene ma credeva fosse solo una leggenda.
“Si, certo. Puoi farne quello che ti pare, basta che farà ciò che le ordino” una altera voce di donna provenì da dietro la porta, facendola voltare.
“Non si preoccupi, Mia Signora, farà tutto ciò che le si verrà chiesto” rispose la voce di Daimon. La porta si aprì qualche istante dopo e lei ebbe solo una fugace visione della donna prima che il ragazzo irrompesse nel suo campo visivo.
Le puntò un dito alla tempia e… la sua mente vorticò senza sosta poi si annebbiò, i suoi occhi divennero opachi e il volto inespressivo.
“Rispondimi, chi sei tu?” chiese Kaori con voce autoritaria.
“Il mio nome è Lilian Hitaki” mormorò lei meccanicamente con voce monotona “e sono una tua serva fedele, Mia Signora”.
“Molto bene, per il momento non ho bisogno di lei. Daimon, occupatenete tu, quando mi servirà la chiamerò” ordinò.
“Certamente” rispose questo con un breve inchino, poi tornò a guardare Lily con lo stesso desiderio se non più ardente. Si avvicinò e la prese fra le braccia uscendo dalla Sala.
Kaori si avvicinò alla fontana e vi guardò dentro nuovamente, presto o tardi avrebbe avuto tutti i seguaci di cui aveva bisogno.
 
Il regno dell’Oceano Atlantico del Sud viveva in pace sotto il governo della loro nuova principessa, da quando Mikoto era arrivata sulla terra il governo era passato nelle mani di Mina, la sua Dama da Compagnia, che governava in sua vece.
Per non preoccupare i sudditi era stato loro detto che la principessa si era recata a passare un anno sulla terra come ‘Passaggio di maturità’. Tutto andava bene, tranne per…
Enji osservava con astio il castello color cobalto, seduta su uno scoglio ai margini della città: odiava tutto di quella città e della sua governante.
Guardò per un ultima volta il palazzo poi voltò la coda e se ne andò… presto avrebbe avuto la sua vendetta.
Kaori l’aspettava all’interno del palazzo, oltre i cancelli d’oro vi era Daimon ad attenderla: le permise di attraversarli e la condusse dentro: nel grande salone, seduta sulla fontana, la principessa scrutava dentro l’acqua.
“Benvenuta, Enji” disse alzando gli occhi su di lei “Dimmi, cosa ti porta qui da me?”
“Voglio seguirla” rispose la sirena dalla pinna blu “Voglio vendetta”.
“E io te la darò” Kaori le si avvicinò “Ti permetterò di sfogare la tua ira sull’attuale principessa dalla perla blu… visto che quella con cui hai avuto la divergenza è incapace di fare qualcosa” disse voltandosi verso la teca dentro la quale galleggiava l’ex principessa sirena dalla perla blu: Hanon “Ti donerò dei poteri ma tu dovrai giurarmi eterna fedeltà e ubbidire ai miei ordini. Ci stai a queste condizioni?”
“Certo”.
Kaori alzò la mano e la poggiò sulla sua fronte, la perla si illuminò e un fascio di luce nera l’avvolse completamente.
 
Maru nuotava velocemente dietro la sorella che non accennava a voler cambiare i propri propositi: “Saru, per favore, fermati!” urlò ma non ottenne risposta “Saru!”
“Lasciami stare!” rispose lei girandosi “Se voi seguirmi allora dovrai unirti a lei… altrimenti le nostre strade si separano qui!” e con un ultimo sguardo continuò a nuotare fino ad arrivare ai cancelli.
Daimon era lì che attendeva, Maru le fu accanto in un attimo: “Aspetta… va bene, la seguirò” rispose. La sorella gli sorrise e oltrepassò i cancelli seguita dal fratello.
Kaori era già nella sala che li aspettava, appena entrarono li guardò entrambi poi gli fece cenno di avvicinarsi: “Avete scelto di seguirmi” cominciò “Se mi aiuterete a catturare le principesse verrete lautamente ricompensati, vi darò il potere di cui avrete bisogno per portare a termine il vostro compito ma dovrete essermi per sempre fedeli: se ora avete qualche ripensamento uscite da questo castello adesso e non vi sarà fatto alcun male… se mi tradirete in futuro la punizione sarà severa e indiscussa. Cosa decidete?”
Saru si fece avanti senza pensarci: “Prendetemi nei vostri ranghi e non temete: nulla scalfirà la mia fedeltà verso di voi” rispose. Maru esitò un istante poi si fece avanti senza proferir parole.
“Molto bene, allora” rispose Kaori, la perla si illuminò e i due ne furono investiti in pieno… era giunto il momento della vendetta.
 
§
 
 
Kyoko si stiracchiò sulla sedia con uno sbadiglio e guardò il tramonto che calava all’orizzonte: avvertiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se qualcosa di pericoloso si stesse per abbattere su di loro.
In effetti era da qualche giorno che non si sentiva tranquilla ma forse era solo la preoccupazione per la minaccia della Principessa Oscura. Anche le altre erano inquiete, Mikoto più di tutte.
Chiuse il libro di inglese e decise di lasciar perdere, non aveva nessuna voglia di studiare.
Si alzò dal tavolino della terrazza e rientrò in Hotel: Nikora era in cucina che preparava il tè, Madame Taki stava leggendo le carte nel salottino con Anne e Kanzaki che facevano zapping in tv stese sul divano, Arashi era di sopra a studiare, Mikoto si stava facendo il bagno in camera sua, Yume e Aika giocavano a Uno sedute al tavolino disposto sul balcone del salottino e Hippo leggeva ai piedi del divano.
Sembrava tutto tranquillo ma quella sensazione di pericolo non accennava ad andarsene. Così uscì dal salotto e si diresse al piano sopra, entrò in camera di Mikoto e si diresse verso la porta del bagno, bussò ed entrò: “Mikoto, posso parlarti?” domandò affacciandosi da uno spiraglio nella porta.
“Certo, entra” rispose la ragazza: era completamente immersa nella vasca piena di schiuma da cui spuntavano solo la coda blu scuro e le spalle nude, i lunghissimi capelli di quel blu quasi nero erano raccolti in una treccia e ricadevano oltre il bordo. Kyoko si chiuse la porta alle spalle e avvicinò uno sgabello alla vasca, si sedette e poggiò le braccia sul bordo.
“L’hai avvertita anche tu, vero?” domandò la sirena girando la manovella di una piccola caraffa azzurra decorata con perline e zaffiri da cui fuoriuscivano bolle.
“La sensazione di pericolo? Si. E da un bel po’ di tempo oramai… non capisco cosa sia, però” rispose la ragazza poggiando la testa sulle braccia “E’ come se stesse per accadere qualcosa di brutto” spiegò.
“Qualcosa di molto brutto. Anche le altre l’avvertono ma non se ne curano per niente… forse Anne, un po’ ma le altre…” scosse la testa e smise di girare la manovella “Si sta rafforzando” disse poi voltandosi a guardarla “Ne sono sicura, avrà certamente trovato dei seguaci: non potendo uscire dalla Torre in cui è rinchiusa avrà trovato qualcuno che venga a cercarci al posto suo”.
“Credi che sia questo il pericolo?”
“Probabilmente si” rispose guardando il muro davanti a sé “Dobbiamo stare ancora più in guardia, d’ora in avanti… anche perché ho saputo che è scomparsa una donna. Un pesce del mio regno l’ha vista: delle alghe l’avevano catturata e trasportata giù negli abissi”.
“E’ stata lei?”
“Certo, chi altri? Può ipnotizzare le persone e renderle suo schiave… avrà certamente fatto lo stesso con quella ragazza. Non posso negare di essere preoccupata” Mikoto posò a terra la caraffa e si immerse di più nella vasca “La cosa si fa seria se iniziano a sparire gli umani”.
“Cosa credi che dovremmo fare?”
“Attendere. Prima o poi si faranno avanti loro e quando questo accadrà… la nostra missione sarà realmente cominciata”.

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