Rinne - Your Other Self

di Kiarana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A Rinne Festival Gift ***
Capitolo 2: *** The Age Of Reason ***
Capitolo 3: *** Reminder ***
Capitolo 4: *** Traditional Dolls ***
Capitolo 5: *** Blue Snow ***



Capitolo 1
*** A Rinne Festival Gift ***


 

"La Meccanica Quantistica consente di applicare alla natura umana il fenomeno intangibile della libertà.
La Fisica Quantistica, per essere molto concisi, è la fisica delle possibilità.
Ci si chiede “di chi sono queste possibilità” e “chi sceglie tra queste possibilità"  per avere esperienze vere e proprie.
 L’unica risposta soddisfacente dal punto di vista logico, è che alla base dell’essere, c’è la coscienza."
                              
                             
   R I N N E  -  Y O U R   OT H E R   S E L F  

Konohagakure ,Paese del Fuoco

Se qualcuno vi dicesse "La luna sta venendo giù dal cielo a pezzi! " ridereste di lui, credendo che il simpaticone vi sta prendendo in giro. O, probabilmente, non ridereste affatto,  una cosa così assurda non potrebbe mai accadere nel nostro universo. Ino Yamanaka  è una di quelle persone che decisamente non riderebbe. Piuttosto non si farebbe problemi a rispondervi qualcosa del tipo: "Tanto lo so che lo stai dicendo per farmi uscire dal negozio e rubarmi qualcosa. Accontentati dei saldi che ci sono, pezzente!", cacciandovi  a spruzzate d'acqua in faccia col suo annaffiatoio.

 Ma per sua sfortuna, lei vive nell'unico universo dove un certo discendente degli Otsutsuki, i fondatori dell'universo esattamente come lei lo conosce, è in grado di fare una cosa del genere. Quindi, le cose stanno così: la luna stava venendo giù dal cielo a pezzi. Peccato  per questo pazzo megalomane che ad investigare prontamente sulla cosa vi erano stati inviati cinque dei più fidati e forti shinobi dell' Hokage, la massima autorità del  Villaggio della Foglia, in quel bizzarro universo dove la gente non aveva niente di meglio da fare che dirigere un gigantesco corpo celeste contro la Terra.

Che il quintetto avesse scoperto la cosa durante la ricerca di un qualcuno?
Non poi così importante. Quel che contava era che la Luna non sarebbe più caduta in pezzi.  Quindi il loro universo era sano e salvo? La vicenda si sarebbe chiusa con un bel "E vissero tutti quanti felici e contenti"?  Non esattamente, ma andiamo per ordine.

Ino, per tutto il resto di quella bizzarra notte, fu di supporto all’ Hokage con la sua innata abilità del proprio Clan, con un casco sensoriale in testa strillava come un’aquila ad i presenti sulla torre di controllo, informandoli sulla rotta dei detriti. Quando la minaccia fu sventata aiutó assieme agli altri shinobi nel far rientrare gli abitanti precedentemente evacuati dal Villaggio. L'ultima persona da riaccompagnare era un anziana vedova, una storica cliente del suo negozio che, non appena la riconobbe, le chiese di riaccompagnarla alla sua abitazione, agli estremi del Villaggio, accanto alla delimitazione che portava alla foresta.

 Quella vecchietta ossuta continuava a ciarlare di chissà cosa a ruota libera, ma per Ino era ormai diventato solo un ronzìo costante; bastava ignorare, annuire, sorridere a caso e soprattutto fare il proprio dovere. Si trattava di una cliente molto cara al suo defunto padre, quindi la bionda non se la sentì davvero di tirarsi indietro, nemmeno quando la vecchietta sospirò: Che mal di piedi! Ci vorrebbe proprio qualcuno che mi portasse in spalla."

Purtroppo per lei, Ino la sentì forte e chiaro.

"Un tempo ero molto bella anch’io, Ino-chan. Proprio come lo sei tu adesso. Ma dovresti riguardarti e pensare alla tua salute già da ora... Non sarai poco coperta, figliola?" le disse, materna, mentre copriva anche le spalle della ragazza con una estremità del suo scialle.

"Grazie, Mifune-san.." sorrise la bionda, cercando di essere il più cordiale possibile; anche se l' aveva vista eccome asciugarsi prima il naso e poi la fronte con quella... roba di lana durante il tragitto, dovette ammettere a sé stessa di trovare piacevole quel tepore contro la sua schiena.
 Questo conferma la teoria che, in quell'universo, il freddo di dicembre era come.. Il freddo di dicembre che c'è un po’ ovunque.  Ino prese in considerazione l'idea di comprarsi finalmente un cappottino. Magari viola, del suo colore preferito.

“ Puoi farmi scendere qui, bambina, ecco casa mia. Grazie, sei stata molto gentile.”

“Si figuri, la aspetto al mio negozio, passi quando vuole. I saldi per il Rinne Festival da noi continuano fino alla fine di Dicembre!” rispose la ragazza, facendo sorridere l’anziana. Sì, ogni tanto Ino sapeva anche essere spontaneamente gentile, soprattutto quando si parlava del suo amato negozio. E di soldi.

“Mi sembra di sentire parlare il tuo caro padre..! Quando è così, ne approfitterò per passare a prendere una bella corona di fiori da mettere sulla tomba del mio defunto marito. Porta i miei saluti anche a Shikamaru-kun. Anche lui è davvero un caro, gentile ragazzo. Sembra  ieri che eravate a giocare alla famigliola felice nel tuo negozio!”

“..Senz’altro, signora.” mormorò la bionda, ma lo fece  invano perché che la vecchietta se ne era  già rientrata nella sua abitazione. Vecchiaccia irriconoscente!

Durante il tragitto per tornare a casa Ino camminava lentamente per la strada ormai deserta, quasi accostata al muro che separava la foresta dal villaggio.

Era stanchissima, e adesso anche di mal umore : usare il chakra a lungo, riaccompagnare a casa propria e rassicurare gente che si spintona senza motivo, quando poi si è diretti tutti nella stessa direzione...
 E poi, infine, sentir nominare Shikamaru. La cosa l’aveva innervosita. Diamine, più che innervosita.

 Per quanto assurdo potesse sembrare l'aveva proprio fatta arrabbiare di brutto.

Il motivo risaliva a qualche mese fa, quando Shikamaru era rientrato da una missione dal villaggio della Sabbia ed aveva invitato  sia lei che Choji a mangiare al solito BBQ Coreano.
Già, la fatidica sera che aveva detto "Adieu!" al suo cuoricino, per innamorarsi perdutamente del suo migliore amico. Non Choji, per carità. Shikamaru.


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"Se vi ho invitati io qui, perché avrei dovuto mangiare qualcosa prima di venire…?"
 Shikamaru inarcò un sopracciglio, guardando Choji ingozzarsi a più non posso di carne arrosto.  Diamine, era il suo migliore amico, ma in certi momenti sembrava avere un cervello che riusciva ad elaborare solo due azioni: mangia, e ingoia.

"Ed io che ne so. Non hai toccato nulla fino ad adesso! Magari hai già mangiato qualcosa. "

Il Jonin scosse il capo, concedendosi un piccolo sorrisino.  Sì, era diventato un Jonin dopo la Quarta Grande Guerra, mentre i sue due debosciati amici lì presenti erano ancora semplici chuunin.
"Choji, guarda che sia io che Shikamaru non siamo più nell'età della crescita, e non abbiamo bisogno di mangiare così tanto. E nemmeno tu!"
Ridacchiò Ino ai lamenti del suo buon amico dall'ossatura grossa, mentre faceva un gesto di assenso col capo a Shikamaru, che prese un pezzo di carne cotto a puntino  proprio dal suo lato. Il BBQ coreano funzionava così,  c’erano disposte sul tavolo due griglie con della carbonella costantemente ardente, su cui si potevano cuocere carne e verdure. Carino, eh?

 Lo sguardo di Ino si soffermò quasi per caso sulla mano di Shikamaru: le sue dita reggevano le bacchette con fermezza, Certo che aveva delle belle mani maschili, non lo aveva mai notato.  Istintivamente e con fare indagatore  cercò qualcos'altro e venne colpita dalla notevole muscolatura che il suo amico d'infanzia aveva sviluppato recentemente…
Niente male davvero! E che dire della sua espressione?  Con occhi nuovi (se li era appena rifatti scrutando impunita le braccia scolpite del suo migliore amico) potè notare che non aveva più quell'aria perennemente annoiata, da mezzo deficiente, ma al suo posto vi era una composta e seria espressione. Per la prima volta , Ino pensò  che Shikamaru sembrasse quasi affascinante.

"E' da un bel po’ che non uscivamo tutti assieme!" Choji portò l'attenzione su di sè. No, lui non era cambiato tanto.  Era il solito Choji, corredato ora da un ispido pizzetto.  Spiacente di comunicare che il suo numero non è reperibile: in questo universo non esistono i telefoni cellulari.

"Shikamaru è impegnato con l'Unione e gli ordini dell'Hokage, Choji.  Non ha tempo di uscire a divertirsi con noi." Lo ammonì Ino. Un altro punto a favore del Jonin, che lo rendeva ancor più interessante: Shikamaru era diventato recentemente Capitano di una sua squadra scelta di Shinobi.

Chissà com'era vederlo abbaiare ordini a destra e sinistra ai suoi uomini…

"Questo lo capisco, però…" protestò Choji, rivolgendo un occhiata dispiaciuta al suo amico, il quale gli rispose prontamente con un mezzo sorriso, come se avesse profondamente apprezzato che i suoi compagni sentissero la sua mancanza.

"Shikamaru.. tutto bene? Sembri così distratto." Chiese improvvisamente Ino, con un tono così tenero di cui si soprese lei per prima. Choji nemmeno  la stava ascoltando, perché... diamine, vi sfido a indovinare cosa stesse facendo.

"Hm… Non è nulla. Avevo solo voglia di vedervi, ragazzi." Sorrise lui cordiale.
 Fu un sorrisino semplice, niente di particolare. Probabilmente era solo contento che lei, la sua migliore amica, si fosse preoccupata per lui, ma non fu esattamente lo stesso per  lei.
 Il suo cuore iniziò senza preavviso a battere fortissimo.

"Ah.. va bene."

 Shikamaru prese un’altra listarella di carne, mangiando in silenzio. Choji anche. Cominciarono poi a parlottare tra di loro di qualche episodio (imbarazzante) del passato, come quando il povero Asuma non potendo pagare il conto di un pranzo offerto a Choji, dovette lavare le stoviglie del ristorante per una settimana. E risero, spensierati come i ragazzini che ormai non erano più.  Ino sorrideva di tanto in tanto, non riuscendosi però a non pensare a ciò che era successo prima. Lui sorrideva, ignaro di lei che non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.

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Come colta da un fulmine ebbe un sussulto. Si trovava vicino alle porte del Villaggio. Come diamine ci era finita lì, casa sua era dalla parte opposta! Immersa nei suoi pensieri non aveva nemmeno fatto caso a dove stesse andando. Sperò con tutto il cuore di non aver pestato niente di anomalo.

“Cosa stavo dicendo...? Ah sì, Shikamaru. Quella sera gli ho nominato tutti i ragazzi con cui sono uscita e non ha fatto nemmeno una piega! E quando ci siamo separati dopo la cena non mi ha nemmeno riaccompagnato a casa! E' sempre il solito maschilista e misogino che.. ma, un momento. Ma perché me la sto prendendo così tanto? ...e perché sto parlando da sola...? Ino Yamanaka…perdi colpi! Hai un ragazzo adesso. Perché parli da sola di un uomo che, per giunta, è Shikamaru?  Devi essere impazzita.”

Già, fidanzarsi con un tizio quando in realtà te ne piace un altro. Perdi davvero colpi, Ino!

Mentre stava avendo quella conversazione di qualità con sè stessa, sgranò improvvisamente gli occhi guardandosi intorno. Le era parso di sentire un rumore metallico provenire dalla foresta, ma nel silenzio che seguì dopo non avvertì più nulla. Forse me lo sono immaginato, pensò. Scrollò il capo, tornando a camminare. Improvvisamente quel rumore tornò a farsi sentire. Le porte del Villaggio erano rimaste aperte, da dove lei uscì appena fuori. Alla guardia della torre di vedetta non c’era nessuno, l’emergenza aveva mobilitato tutti nel Villaggio.

Si guardò intorno, ma non vide nè sentì più nulla. "Proviene dalla foresta. C'è qualcosa..lo sento."

Mettendo da parte le puerili preoccupazioni di prima, si concentrò meglio su quella sensazione. Puntò un ginocchio al terreno e chiuse gli occhi, mentre Intrecciava le dita come quando era pronta per lanciare un jutsu: la sua abilità sensoriale identificò immediatamente la fonte. Non sapeva chi o cosa fosse, sapeva soltanto che, in quel momento, stava provando un grandissimo senso di malinconia che le arrivò fino al cuore. Istintivamente si sentì da esso così attratta che si incamminò da sola verso il luogo da cui sembrava provenire. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo. In qualsiasi universo non si dovrebbe mai controllare una cosa del genere da soli, di notte. Anche se si è una kunoichi in grado di friggere il cervello con il suo jutsu di sconvolgimento spirituale. Riusciva a vedere poco a causa del buio, e durante il cammino inciampò in qualcosa. Si voltò di scatto per guardare meglio: sembrava essere un grosso sacco.

 "Ma che diamine...?"

Era effettivamente un sacco aperto, ed era pieno di grossi amuleti fatti di  legno e ferro che a lei sembrò di riconoscere subito, alcuni erano sparpagliati sull'erba. Erano tondi e piatti, grossi quanto una noce. La loro liscia superfice di metallo scintillava alla pallida luce della luna.

"...questi li vendevano dove ho preso il regalo del Rinne Festival per Sai. Forse un predone ha approfittato della bancarella vuota durante l’evacuazione, e stava fuggendo con il suo bottino. Sono ciondoli di buona qualità, avrebbe potuto rivenderli. Ma poi, spaventato dalla pioggia di detriti ha lasciato tutto quanto, fuggendo via.” La bionda sospirò rassegnata, piantando una mano su di un fianco, scoprendo che quella sera avrebbe dovuto anche acchiappare un ladruncolo. E noi ancora più rassegnati di lei, scopriamo che si è fidanzata con Sai, una sottospecie di brutta copia di Sasuke Uchiha.

"Forse è proprio lui quello che ho sentito qui attorno.. deve essersi pentito ed è tornato indietro. Ed io... ed io sto di nuovo parlando da sola. Hey, tu!"  Sbottò lei improvvisamente, con voce estremamente annoiata. "Ovunque tu sia, esci fuori!  Se ti scusi col padrone della bancarella sarai perdonato, forse. Ma questa foresta non è sicura. Esci allo scoperto!" Nessuna risposta. "Okay, allora muori. Ma questa roba viene con me. E torna dal suo proprietario..."

Fece per chinarsi sugli amuleti rimasti sul terreno, rimettendoli alla rinfusa all'interno del sacco. Erano tutti lisci e senza alcun intaglio… tranne uno.

Gliene capitò  tra le mani uno estremamente particolare, ed anche piuttosto inquietante a suo dire: era rotondo e della stessa dimensione degli altri, ma sulla lastra di metallo montata sul legno era intagliato un disegno di  due serpenti che si mordevano la coda a vicenda.

"Sono intrecciati tra loro.."  osservò la bionda "..e sembrano formare un cerchio."

Un cerchio molto simile al simbolo del Rinne Festival,  il Rinne appunto, il cerchio infinito della morte e della rinascita. Con quello strano pensiero in mente, le venne l'istinto improvviso di provare l'amuleto al collo. In qualsiasi universo vi possiate trovare.. lo so che lo sapete, è quasi superfluo ricordarlo. Ma comunque: non andrebbero MAI messi degli amuleti di dubbia provenienza al collo. Ma Ino parve dimenticare quella regola fondamentale. Non era mai stata una persona incauta, non era nemmeno sicura del perché delle sue azioni. Era come se qualcuno la stesse quasi supplicando di farlo, come se una voce estremamente triste le stesse dicendo "Ti prego, indossalo.". E non se ne curò nemmeno mentre apriva la catenella e la agganciava dietro al collo, scostando i capelli.

Accadde tutto quanto in un istante.

Il rumore delle foglie che proveniva dagli alberi iniziò a riecheggiare debole, sempre più debole nelle orecchie di Ino, fino a suonare come delle gocce d’acqua che cadono in lontananza.
A causa dei meteoriti che avevano colpito casualmente il territorio, si respirava nell’aria un odore tiepido e minerale, e a lei sembrò come trovarsi sul fondo di uno stagno. Non riusciva a muoversi, non riusciva a chiamare aiuto.  L'amuleto improvvisamente prese ad illuminarsi di una luce bluastra, quasi accecante, svanendo. Non si era semplicemente dissolto, assolutamente no.  Era svanito nel suo corpo, affondato dentro di lei come se fosse stato poggiato su di uno specchio d'acqua, e affondato subito dopo.

Ino rimase ad occhi sgranati, nel buio, tastandosi nervosamente  il collo e il centro del petto.
No, non c'era. La collana e quello strano amuleto non c'erano più!

"Che cosa è appena successo? ...Dove diamine è finito?”

Si accorse di essere  addirittura crollata sulle ginocchia, e si guardò spaesata attorno.
 Il sacco era ancora lì, gli amuleti non raccolti erano ancora sparsi. E soprattutto, non c'era alcun ladro. La cosa più logica da fare in quel momento? Andarsene, ovviamente.
Perché farsi prendere dal panico, quando puoi ignorare l'accaduto? Come se non fosse successo niente.

"Va bene, è stata una lunga notte per tutti. La spiegazione più logica è questa: sono stanca, molto stanca.  Ho sentito il sacco rovesciarsi, sono uscita qua fuori ed evidentemente ho respirato i fumi di qualche pianta allucinogena bruciata dai detriti! Ah, deve essere per forza così! Per quanto mi riguarda quel tizio può anche starsene nella foresta, io me ne torno a casa!”

Si rialzò in fretta e furia, ridacchiando nervosamente, e scrollandosi la terra dalla lunga gonna. Rientrò al Villaggio e a nervose falcate si diresse verso casa. Stava bene, no? Sudava freddo, ma stava benissimo. E quella era la cosa più importante.
"Una bella dormita e passa tutto qua- ed io sto continuando a parlare da sola. Fantastico...devo averne respirato davvero parecchio, di fumo."

 






Giappone, Hokkaido.

Da qualche parte nel tessuto dimensionale, in una stanza illuminata al minimo, delle apparecchiature dall'aspetto di grossi e complessi computer da lavoro scientifico furono messe in funzione. L’unica porta fu chiusa ermeticamente da un avanzato sistema di sicurezza. Era una procedura proibita quella, e lui  lo sapeva bene. “Esperimenti quantistici di questo calibro sono pericolosi.  Ed in più non ricoprono il nostro budget.”, gli avevano  risposto così quei vermi con cui era suo malgrado costretto a lavorare ogni giorno. Che fossero pericolosi a lui non interessava affatto.

Tanto peggio, anzi, tanto meglio. Gli esseri umani sapevano essere davvero miserabili.
Era per questo che aveva scelto quel laboratorio immerso nel verde di una sconosciuta foresta, lontano da occhi indiscreti. Non aveva bisogno di teorie per sapere che la sua dimensione non era che una delle tante dimensioni possibili, ma di coordinate tangibili per accedervi.

 Vi era un modo per accedervi? Assolutamente sì.

Come faceva lui a saperlo? Lo sapeva a basta.

Dei fari alonati si accesero, riflettendo una grande lastra nera su cui una piccola riproduzione
olografica minuziosamente ricostruita del pianeta Terra giaceva al centro.
Un rapido susseguirsi di tasti e dei macchinari per una accurata registrazione vennero attivati; essi calcolarono coordinate, misurarono distanze in maniera millimetrica.
Raccolsero innumerevoli “informazioni”, questo era il termine che lui utilizzava, che vennero trasferite sulla proiezione del pianeta.

Quell'ologramma venne circondato da un anello di una luce blu fatiscente, che giró per qualche istante attorno ad esso. Quel cerchio si infranse dopo qualche minuto sotto il suo vigile sguardo. In quegli occhi in cui si rifletteva l'immagine della Terra vennero adombrati da una muta collera, come se quelle immagini fossero scorse innumerevoli volte fino alla nausea, e come se ci fossero anche altre ragioni personali per cui odiarla. Ed era proprio di odio che quegli occhi sinistri ormai si nutrivano, ripetendo e ripetendo ancora quei movimenti senza perdere mai la speranza di leggere su uno di quei monitor un esito che fosse finalmente positivo.


RICERCA ED ANALISI COMPLETATA
Rilevata una Dimensione che rispetta i criteri della ricerca. N°72,00000
Fonte di energia denominata  CHAKRA, PRESENTE
Campo di perturbazione ATTIVO, PRESENTE

La sua voce  ruppe quel silenzio bianco fatto di soli rumori telematici. Lui sembrava sconvolto, decisamente sconvolto.  Finalmente un contatto.  Finalmente qualcosa da cui iniziare.
"..ha trovato la dimensione da cui provengo! Ma allora..."
Improvvisamente, un suono simile ad una debole sirena annunciò un secondo cerchio di colore rosso che circondò il globo, e cambiò la luce soffusa di colore blu che illuminava la stanza in una sinistra colorazione rossa, ed un ennesimo messaggio apparì sul monitor.


ANALISI PERTURBAZIONE
CAUSA Oggetto ad densità quantica superiore al 97%
IDENTIFICAZIONE, Oggetto conforme al soggetto “R I N N E”




"Il  Gioiello è finalmente risorto dal suo antico torpore! Durante la prossima perturbazione avrò le coordinate da seguire per ritornare nella mia dimensione d’origine, e mi riprenderò ciò che mi appartiene. Molto presto.. non esisterà che un solo ed unico universo. Per sempre.”

Dei tasti diedero il comando alla lastra di disperdere la proiezione del globo virtuale che si sgretolò come sabbia. Lui guardò la proiezione della Terra distruggersi, con inquietante soddisfazione.
Nella stanza riecheggiò non più il rumore dei macchinari, ma solo quello di una risata diabolica.


                                                                       


                                                                       

Around the Corner
              
Grazie per aver letto il primo capitolo di “Rinne”! Che cosa ne pensate?

Vi piace l’immagine dell’amuleto? In realtà è una versione Steampunk di un Auryn, ma mi è piaciuta così tanto quando l’ho trovata online che mi ha ispirato per questa storia.  In “dietro l’angolo” mi troverete sempre qui a scrivere cavolate.
Interesserà a qualcuno ciò che scrivo…?Ho scelto volutamente un tema a cui mi sono appassionata recentemente, la fisica quantistica. Leggerete di alcune sue affascinanti teorie per spiegare molte cose che troverete durante la storia.
Come indicato nel genere, questa storia sarà anche una What If, ma fino ad un certo punto la trama seguirà gli avvenimenti dell’opera originale, quindi il manga e  il recente ultimo film “The Last”.
Vi è piaciuto The Last, ed il finale del manga? Vi aspettavate di vedere altro?
Io ci avrei giurato che Shikamaru sarebbe stato messo con Temari, ma lo avrei preferito con Ino!*momento fangirl estremo*
Ho scritto questa storia anche per questo, ma ci saranno ovviamente anche altre coppie. Lo so che volete le coppie! E avrete le vostre coppie, ve lo posso garantire. La scena del BBQ Coreano la potete trovare nella novella Shikamaru Hiden che sto attualmente leggendo,ovviamente è stata riadattata. Non ho mai provato la cucina coreana, ma trovo che sia divertente quanto bizzarra l’idea di arrostirsi da soli la “materia prima” che ti viene servita assieme al contorno, anch’esso da arrostire. Insomma, quando ho voglia di andare a mangiare fuori lo faccio perché non mi va di cucinare. Immaginatevi a raccontarlo ad un amico:“Ieri sera non avevo voglia di cucinare a casa mia.. quindi me ne sono andato a cucinarmi la carne in un ristorante!” E’ un po’ una contraddizione. Ma sto divagando.. tornando a noi, i racconti Hiden series sono delle novelle di un centinaio di pagine, e sono quasi delle fanfiction scritte più o meno bene. Personalmente credo che nei 72 volumi che questo manga  conta si avrebbe potuto parlare anche dei personaggi minori in maniera più accurata. E invece abbiamo delle fanfiction canon. Leggete piuttosto la mia! *ride*
Alla prossima!


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Capitolo 2
*** The Age Of Reason ***


“Siamo stati spinti a credere che il mondo esterno sia più reale del mondo interiore.
E se invece quello che succede dentro di noi crea ciò che accade al di fuori di noi?”


Vicino (ma non troppo) Konohagakure, Paese del Fuoco


Mentre il Villaggio della Foglia faceva rientrare i suoi abitanti, la squadra di recupero di Hanabi era ritornata indietro attraverso il varco che Toneri Otsutsuki aveva creato per muoversi tra la Luna e la Terra, un attimo prima che esso si chiudesse, non prima però di avere celebrato con un adorabile momento al limite della stucchevolezza (con tanto di bacio al chiaro di luna) l’amore appena sbocciato tra Naruto ed Hinata. Il gruppo si era ritrovato distante due giorni di viaggio da Konoha, ma con le illustrazioni uccello avrebbero potuto coprire la distanza in mezza giornata.
Ma l’arrivo di un’improvvisa tormenta di neve (probabilmente causata dai cambiamenti lunari, o dal bacio tra Naruto e Hinata, chi può dirlo) aveva intoppato i loro piani e, dopo essersi riparati in una caverna, attendevano pazientemente che passasse.

“Ci mancava soltanto la tormenta di neve. E fin quando non smette…” Sakura si interruppe per lanciare con la sua indiscutibile grazia un pezzo di legno ad alimentare il fuoco, mentre esalava l’ennesimo sospiro infastidito. “Già, mi chiedo proprio quando avrà intenzione di smettere!”

Naruto, che in quel momento era seduto lì accanto al fuoco e teneva Hinata seduta tra le sue gambe, che cercava timidamente di divincolarsi dalla sua presa, fu colpito dalle ceneri incandescenti volate via dal fuoco. “Oww! Fai attenzione, quella roba poteva colpire Hinata, lo sai!”
Hinata cercò debolmente di giustificarlo, ma fu costretta da Sakura e dal suo sguardo da sta zitta e vieni qui ad alzarsi tra i lamenti di sconforto di Naruto e andarsi a mettere accanto a lei. “Sakura-san, per favore non arrabbiarti con lui. Stava cercando solo di scaldarmi un pochino…”

Sakura rise beffarda. “E tu ti fidi di questo qua? Ma per favore! E in quanto a te” replicò poi seccata, puntando l’indice verso il biondo “se ti rivedo le tue zampe in… Atteggiamenti equivoci stai pur certo che lei non avrà più niente da temere, perché il prossimo te lo tiro direttamente in mezzo agli occhi.”

“Non mi sembravano poi così equivoci i suoi movimenti,” Intervenne Sai, che era poco più distante a riordinare i suoi innumerevoli rotoli e pergamene. “le sue mani erano inequivocabilmente sulle sue tette.”

“Sai! ” gli urlò in risposta Sakura, indicando sgomenta Hanabi Hyuuga poco distante “C’è una ragazzina presente…!”

“Nee-san, guarda che io non sono una bambina, lo so cos’è una tetta. Ne ho due!” Hanabi ridacchiò alla vista della sua non poi così timida sorella arrossire fino alla radice dei capelli; con una mano libera dalla rivista che Sai le aveva prestato alle sue continue lamentele di noia, diede il cinque a quest’ultimo. “E poi non per vantarmi, ma ho un certo livello di esperienza su queste cose.”

Sakura rimase completamente senza parole: non si era mai definita una puritana ma per la miseria, dov’erano finito il buon gusto e il decoro di tutti? “Shikamaru, ti dispiacerebbe dire qualcosa alla tua squadra?”

Ma Shikamaru non rispose, senza alzare nemmeno gli occhi da una mappa che sembrava stesse studiando meticolosamente. Sapeva benissimo dov’erano, quella mappa era piuttosto un mezzo per isolarsi e rimanere un po’ da solo con i suoi pensieri. Sembravano tutti impazienti di ritornare al Villaggio, tranne lui. Piuttosto, aveva già deciso che una volta tornato a Konoha, quando sarebbe andato nell’ufficio dell’Hokage per fare rapporto avrebbe chiesto un periodo di congedo da trascorrere a Suna.

Voleva soltanto passare del tempo con la squadra Shinobi che aveva gestito più volte durante le sue missioni nel Villaggio della Sabbia, la gente che popolava la sua vita militare ed era ormai abituato ad avere intorno nel suo quotidiano. E ovviamente voleva rivedere Temari, a cui era legato sentimentalmente, quella donna complicata che, pur essendo più grande di lui tre anni, sapeva come scaldargli il cuore. Ed erano proprio quelle cose che in quel periodo facevano di lui l’attuale Nara Shikamaru. E perché mai ne aveva bisogno così urgentemente? Perché durante quella missione era successo qualcosa, qualcosa che ancora una volta l’aveva fatto dubitare di sé stesso, dei suoi desideri.

Nel lago trovato giorni prima, nelle profondità di un grotta calcarea, era rimasto vittima assieme agli altri di un genjitsu che aveva intrappolato le loro menti in avvenimenti del passato, e Shikamaru aveva rivisto tutti i suoi più bei ricordi da quando aveva memoria: la sua adolescenza, gli allenamenti con il suo clan quando era ancora guidato dal suo defunto padre, e quelli con il suo team ed Asuma, giornate di pura spensieratezza.

Ma un ricordo in particolare, che si era presentato apparentemente innocente, e che riguardava uno dei tanti momenti in cui lui si godeva il piacere di riposare senza alcuna preoccupazione, ai tempi dei suoi primi allenamenti sotto l’ala di Asuma lo aveva lasciato nello stato di inquietudine in cui era adesso.

Quell’illusione era stata ricostruita in maniera meticolosa, persino il venticello caldo che gli accarezzava la pelle sembrava reale. Non aveva riconosciuto subito quel momento, che era sembrato uno dei tanti, dopotutto distendersi a guardare le nuvole era sempre stato il suo hobby preferito dopo lo shogi. Ma la voce che aveva udito gli aveva all’istante chiarito le idee.

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“Certo, è disteso lì come se avesse colto patate per tutto il giorno…”

Girò appena la testa verso di lei: Ino, che in quella famosa giornata aveva avuto sì e no dodici anni, avanzava verso di lui, con fare calmo e pacato, le sue esili braccia incrociate dietro alla piccola schiena. C’era qualcosa di diverso in lei rispetto ad allora, i suoi capelli che teneva sempre in una alta e distintiva coda le ricadevano ora sciolti sulle spalle, come usava portarli da adulta.
Per il resto era vestita come un tempo: fasciatura a tre quarti di gamba, una pratica gonna ed una maglietta corta alla moda, viola orchidea. Alle braccia aveva dei manicotti bianchi e ai suoi piccoli fianchi ancora acerbi era legato il suo coprifronte, che fungeva da cintura alla gonna. 

“Asuma ti sta cercando, non può incominciare solo con me e Choji.”

“Che seccatura... Io passo. Vai pure senza di me.” Replicò Shikamaru, esattamente come quella volta, senza nemmeno rendersene conto. Esattamente come quella volta… Forse era per quello che la sua compagna di team gli sembrava così minuta. Ino si abbassò al suo livello, e gli si sedette accanto abbracciando le proprie ginocchia.

“Ha detto che se non vieni ci darà una punizione collettiva.”

“Fa proprio sul serio quell’Asuma, eh? Digli che mi fa male lo stomaco.” La sentì sbuffare, e muoversi dal prato. Sapeva che non stesse realmente andando via, ricordava benissimo come sarebbe andata a finire.

“Adesso te lo do io un buon motivo da farti venire mal di stomaco.” 
   
Eccolo lì, pensò Shikamaru. Stava per arrivargli un pugno nello stomaco. Ma quanto male gli avrebbe mai potuto fare, coi suoi piccoli pugnetti da bambina? Chiuse gli occhi, riaggiustandosi meglio le mani dietro alla nuca. Ma con sua enorme sorpresa si ritrovò a sentire un tocco decisamente più delicato, come quello delle labbra di lei che premettero contro le sue.

Riaprì gli occhi: si ritrovò davanti la donna che Ino era diventata e non più la bambina dei suoi ricordi, e il suo florido seno premeva contro il suo petto. Lei si staccò solo dopo un lungo istante dove quel bacio era mutato in qualcosa di più maturo e sensuale, la punta del suo naso che ancora premeva debolmente contro la sua, provocandolo con tono infantile.

A-ah, Shika. Hai appena baciato una femmina.”

Era bellissima, fin da piccola lo era sempre stata. Per quanto in passato lui fosse stato un bambino pigro e totalmente disinteressato all’altro sesso, era inutile negare che durante l’adolescenza si era soffermato più di una volta a guardarla quando era distratta, cercando però di non dimenticare che si trattasse di Ino, l’insolente boccaccia che era cresciuta con lui come una sorella e guardandosi quindi dal non approfondire mai quell’attrazione. Ma in quel momento, in cui lei era semi distesa su di lui, e lo guardava con i suoi occhi verdi che sembravano persi in chissà quali indecenti fantasie; aveva l’aria di essere pronta a rendere reale ogni suo desiderio, e niente sembrava avere più importanza. Era forse un sogno, quello? Cosa diamine stava succedendo?

Lui le sorrise, mentre lei lo sovrastava circondandogli le affusolate gambe alla vita, facendolo rabbrividire alla frizione che si era creata tra i loro corpi. Il suo autocontrollo era agli sgoccioli. Aveva provato a ricordare disperatamente Temari e il suo sorriso noncurante, ma tutto sembrava così lontano ed astratto in quel momento…

Di reale sembrava esserci solo Ino, il delizioso profumo fiorito dei suoi capelli, e i suoi sentimenti per lei che erano tornati inspiegabilmente a tormentarlo, a distanza di anni. Stavolta fu lui ad avvicinare le labbra, fino a quando non furono separate solo da un respiro. “E sto per farlo di nuovo, seccatura…” Improvvisamente il cielo e il prato intorno a lui sparirono. E, con esso, anche quella pericolosa tentazione.


“Shikamaru…! Shikamaru, svegliati!”


Riaprì gli occhi. Era riverso sul pavimento della cava di prima, il lago in cui si erano immersi brillava di una sinistra luce verdognola, e accanto a lui c’era soltanto Sakura, che nel vederlo di nuovo cosciente tirò un sospiro di sollievo.

“…Cosa diamine…?” sbottò il Jonin, passandosi le mani sul volto.

“Siamo caduti tutti in una crudele trappola. Quest’ “acqua” è piena di sfere create da un potente genjitsu che intrappola la mente della vittima in ricordi del passato. Gli altri sono ancora lì dentro, in preda alle visioni.”

Shikamaru era combattuto sul maledire la tempistica di Sakura, o meno. Lo aveva svegliato troppo tardi, o fin troppo presto...? “Che sporco trucchetto ignobile. Andiamo, non c’è un minuto da perdere.”

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Shikamaru rialzò i suoi occhi dalla mappa sospirando, incontrando lo sguardo dei presenti. In qualsiasi modo stessero le cose, un congedo da passare a Suna avrebbe sistemato tutto. Via il dente, via il dolore.
“Naruto, calma i tuoi ormoni fino a quando non arriveremo alle porte del Villaggio, una volta lì qualsiasi cosa tu faccia con Hinata non sarà più un nostro problema. Hinata. Hai compilato il rapporto che ti avevo chiesto? So che hai agito in buona fede seguendo Toneri fin dentro il suo castello, ma hai deciso di fare da sola quando l’Hokage ha esplicitamente inviato una squadra ad investigare. Necessito di consegnarlo all’Hokage assieme al mio, e se non lo hai fatto lo comporrai nell’ufficio dell’Hokage stesso. Sai, leva quella rivista inappropriata dalle mani di una minorenne e prepara le illustrazioni uccello, la tempesta fuori è finalmente cessata. Muoviamoci.”

Tutti ebbero un brivido alla freddezza al modo in cui Shikamaru aveva dettato loro gli ordini, l’unica entusiasta sembrava Sakura che si alzò dal fuoco stiracchiandosi. “Oooh, finalmente un po’ di rigore! Andiamocene da questo posto dimenticato da tutti, non vedo l’ora di tornare a casa.”

“Sakura, tu aspetta un attimo.” Mentre il resto del gruppo si preparava raccogliendo le poche cose che avevano lasciato in giro per la caverna, Shikamaru si avvicinò alla Jonin.

“Qualcosa non va? Non dirmi che dovrei essere più flessibile, sai bene che-”

“Non te l’ho chiesto prima perché avevamo ben altre priorità a cui pensare, ma come hai fatto ad accorgerti che quello era un genjitsu? Intendo quello nella cava calcarea.”

“Ah.. Beh. Ti direi che è frutto degli allenamenti con Tsunade, anche se nei miei ricordi ho visto una cosa anomala che mi ha insospettito. Non è mai successa a differenza dei miei ricordi, ma non ho mai smesso di sperare che mi potesse accadere. Ho visto Sasuke-kun sorridermi, e questo mi ha portato immediatamente a pensare che fosse un’illusione.”

“Capisco… Quindi era uno di quei genjitsu che ti intrappola non solo nei ricordi, ma anche nei desideri reconditi.” Shikamaru sembrò esitare nella sua spiegazione, le cose stavano effettivamente come temeva. Ma ormai aveva già preso la sua decisione.

“Già, probabilmente è così” Sakura sorrise cordiale aggiustandosi su di una spalla una borsa da viaggio. “Beh, se non c’è altro direi che possiamo andare.” Shikamaru annuì, ed insieme si avviarono verso l’uscita, dove li attendevano gli altri.

“Io voglio dividere la mia illustrazione uccello con Hinata, come all’andata!”

“Naruto, lo sappiamo tutti che vorresti dividere ben altro uccello con lei.”

“SAI!”








Giappone, Konoha (Nello stesso momento)
Konoha era una città di provincia, uno di quei paeselli amati da tutti e rinomato per la specialità tradizionali, la cordialità e la riservatezza dei suoi abitanti ed, ovviamente(,) per la loro distintiva civiltà. Strade pulite, gente che rigava dritto, fiorente economia… Insomma, all’apparenza era un posto stupendo. Ma, come in tutte le cose belle, c’era sempre la fregatura. Konoha era piccola, troppo piccola per le anime che la abitavano.

Magari non per gli anziani lavoratori o per le famiglie, ma lo era per i giovani che ad una certa età si spostavano tutti per andare a vivere da soli in centro, per frequentare gli studi, in cerca di libertà ed indipendenza. Ma qualcuno di quei giovani era ritornato lì, ma soltanto per rompere definitivamente il suo cordone ombelicale con quella piccola città.

Ed in quel momento, aveva trovato ciò che cercava: quattro biglietti aerei per Hokkaido. Beh, non si trattava della consapevolezza di sentimenti a lungo assopiti, come accadeva per Shikamaru che si trovava in una dimensione lontanissima da Konoha, ma era pur sempre qualcosa che serviva al momento all’ altro suo sé stesso disteso su un ampio divano di pelle bianco, dove una piccola bruciatura di sigaretta ne comprometteva l’aria costosa, con un tablet tra le mani.

“Pà, ho preso i biglietti.”

Dall’altra parte della stanza si sentì qualcuno urlare va bene, e dei passi che si avvicinavano al soggiorno “I tuoi grafici li ho già controllati io. Vieni a mangiare qualcosa, vedrai che i nostri pass arriveranno in serata.” Era uomo di mezz’età con una bassa e corta coda di cavallo, vestito di una semplice T-shirt e jeans, che si sedette sul bracciolo del divano. Il ragazzo alzò gli occhi dal tablet e lo ripose accanto a sé, mettendosi seduto.

“Siediti qua, lì non va bene. Certe cose non sono permesse neanche a me!” ridacchiò Shikamaru, osservando suo padre roteare gli occhi per aria e sedersi al suo fianco. “Ho lo stomaco chiuso, non mi va di mangiare. Fino a quando non mi trovo nella casella di posta quei pass continuerò a pensarci, è una gran seccatura. Comunque... Credi sia ok far parlare me? Io non ho mai-”

L’uomo lo interruppe scuotendo debolmente il capo. “Lascia che ti dica una cosa. Se io ed il resto del team abbiamo scelto te come rappresentante è perché confidiamo nella riuscita di questo progetto realizzato tutti, l’idea è tua dopotutto. Choza ed Inoichi sono d’accordo, siamo tutti d’accordo. Hai diciannove anni, hai una mente geniale e sei abituato a parlare al pubblico. Non lo fai sempre nei video che pubblichi su MyTube? Per te sarà una passeggiata.

Quello a cui presidieremo dopodomani è un convegno di meccanica quantistica dove abbiamo visto sempre la stessa roba, la stessa gente. I stessi fricchettoni e fanatici di roba new age che propongo nient’altro che teorie. Ho letto il programma, e siamo gli unici a proporre un’invenzione. Figliolo, abbiamo un progetto che potrebbe cambiare la qualità della vita di milioni di persone nel mondo. Parliamo di applicare il teletrasporto quantistico ad un sistema fisico! Dannazione, a volte mi chiedo cosa diamine ci sia in te che non va. Hai una tua teoria su come teletrasportare un corpo fisico da un posto all’altro, mi dici perché sei così insicuro?”

Il ragazzo sorrise, ringraziando silenziosamente suo padre per la sua capacità di dire sempre la cosa giusta al momento giusto. Alzandosi dal divano e stiracchiandosi, si riaggiustò la felpa su cui trionfava a caratteri cubitali la scritta Stormcloak University.
“Non lo so, pà. Forse è perché mi hai dato questo nome da periodo Edo, e da piccolo mi prendevano tutti in giro? Potevi chiamarmi, che ne so… Ulfric?”

“Vedo che ti è tornata la voglia di scherzare! Lo sai che sono un tradizionalista, e comunque guarda il lato positivo. Shikamaru Nara è un nome atipico. ”

“Così atipico che la mia maestra delle elementari era convinta che i miei genitori avessero problemi col gioco d’azzardo e mi avessero messo il nome di un cavallo da corsa... A proposito di scommesse. Allora non mi prendevi in giro, è vero che se convinciamo il nuovo finanziatore ci pagherà completamente di tasca sua la realizzazione del progetto?”

“Assolutamente sì.” Sentenziò Shikaku, e Shikamaru inarcò un sopracciglio.

“Ed è anche vero che quel tizio è uno Yakuza che si nasconde dietro un altisonante nome da imprenditore?”

Suo padre roteò di nuovo lo sguardo.“Cerchiamo di non giudicare mai i nostri finanziatori, di quello se ne occupa la legge. Siamo solo in cerca di un piccolo aiuto economico, e soprattutto di permessi per i nostri esperimenti, non è poi così importante da dove essi provengano. E a proposito di soldi… Hai sentito la biondina?”

“Oh, lasciala in pace.” ridacchiò Shikamaru, spostandosi dal soggiorno. “Sì, e mi ha assicurato di non aver avuto nemmeno la forza di fare shopping, lì in California. Sua madre l’ha messa a mangiare le stesse schifezze vegano-crudiste che mangia lei. Torna tra noi nipponici mostri crudeli divoratori di pesce dopodomani, in serata. Mmh, nominare pesce mi ha fatto venire l’appetito. Vado a vedere se Choza mi ha lasciato qualcosa.”








Around the Corner
A quanto pare allo Shikamaru dell’altra dimensione è piaciuto così tanto Skyrim da comprarsi una felpa su Qwertee. *ride*
Non sono una grande fan perché non amo particolarmente il genere (anche se amo i videogiochi), ma mi piace guardare Shockwave giocarci (oltre ad essere una fiction writer è anche una Gamer ed una correttrice di bozze di scribacchine senza speranza come me, che approfitto di ringraziare per la sua infinita pazienza…!) ogni tanto ed è molto divertente se siete appassionati del genere. Grazie per avere letto il secondo capitolo di “Rinne”! A quanto pare abbiamo scoperto che in una dimensione lontana sembra esserci una variazione del mondo ninja e dei suoi abitanti. Personalmente trovo le AU molto divertenti. Mi diverto anche a leggere le AU/ What if come “E se Sasuke Uchiha fosse un gelataio e vivesse ai giorni nostri?” Insomma, perché no? Un ninja che si suppone abbia in fronte gli occhi più potenti del mondo un giorno di punto in bianco molla tutto quanto per mettersi a fare il gelataio. Mi pare giusto. Anche se mi diverto a leggere certe cose, questa storia sarà qualcosa di diverso da una semplice AU. Non ci saranno gelatai, se qualcuno ci ha sperato di mi scuso immensamente. La tentazione di scrivere roba demenziale è forte, ma devo resistere anche a spunti così allettanti. *ride*
Abbiamo scoperto una dimensione che vive contemporaneamente con l’altra, anche se pare che le morti avvenute nella dimensione che conosciamo (Shikaku indossa jeans e t-shirt a dicembre inoltrato, ed è vivo e vegeto) non contino nell’altro. Continuate a seguire la storia e capirete tante cose. Ogni recensione che positiva o negativa sia è ben accetta, fatemi sapere cosa vorreste leggere nel prossimo capitolo. Come potete vedere vi ho allegato un immagina del nuovo musical di Naruto! Non ci sono balletti, è più un misto di parkour e mosse di arti marziali. Qui potete vedere la seconda parte, la prima la trovate credo sempre nello stesso canale. Ino e Sakura sono adorabili, trovo azzeccatissima la scelta delle attrici! Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Reminder ***


“Perché continuiamo a ricreare la stessa realtà ? Perché continuiamo ad avere le stesse relazioni? Perché scegliamo sempre lo stesso tipo di lavoro? Nell’infinito mare di possibilità che ci circonda come mai continuiamo a ricreare le stesse realtà?Non è incredibile che per noi esistano molte opzioni di cui non siamo coscienti? È possibile che siamo così condizionati dalla nostra vita quotidiana, dal modo in cui organizziamo la nostra vita, da convincerci che non abbiamo alcun controllo?”

Konohagakure, Paese del Fuoco

Due giorni dopo la tragedia sventata, nel Villaggio sembrava essere tornato tutto alla normalità. Le bancarelle del Rinne Festival erano state di nuovo ricostruite, e residenti e visitatori potevano finalmente godersi quei giorni festivi in tranquillità.

Era ormai l’imbrunire, e l’ufficio dell’Hokage non mai era stato così gremito di gente come in quel periodo; la popolarità di Kakashi era salita di molto dopo quegli avvenimenti ed era noto ormai in tutto il Paese del Fuoco come “l’Hokage che aveva salvato il Mondo dalla Luna”, nonostante le continue proteste del modesto Kakashi che attribuiva il successo della missione agli Shinobi inviati ad investigare, in ritardo per i continui cambiamenti climatici, ed invitando la gente ad attendere il loro imminente ritorno per dare loro il giusto merito.

Ma tra i presenti ad attendere al di fuori dell’ufficio c’era qualcuno che aveva delle motivazioni decisamente più valide di una stretta di mano all’eroe locale. Ino sospirò pesantemente alla richiesta dell’attuale segretaria di ritornarne il giorno dopo sotto appuntamento.
“Lasci perdere, tornerò domani mattina e senza alcun appuntamento. Per la cronaca, uno Yamanaka non ha mai avuto bisogno di certi stupidi convenevoli per conferire con la massima autorità del Villaggio.”

E senza curarsi di rivolgerle un alcun saluto, la bionda uscì dalla sala d’aspetto spintonando chiunque si ritrovasse tra i piedi. Una volta fuori dall’edificio, si lasciò andare ad alcune imprecazioni e borbotti a mezze labbra. Stava per fare buio, e la cosa più logica da fare al momento era ritornarsene a casa.

Non aveva scelta: avrebbe passato la notte in bianco, e alle prime luci dell’alba di sarebbe presentata lì e ne avrebbe parlato con Kakashi, sperando avesse una soluzione. Non importava se la sua confessione le avrebbe fatto avere una buona lavata di capo per essere stata sconsiderata. Quella cosa stava prendendo il sopravvento dentro di lei.
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La famosa sera di due giorni prima, durante il tragitto per tornare a casa, le era parso tutto normale. Una volta tornata si era cambiata come al solito, infilandosi una leggera camicia da notte, poi si era spazzolata i capelli con cura, e infine si era messa a letto scivolando con facilità in un sonno profondo.

Lei non era il tipo che sognava spesso, e quando lo faceva le capitava di rivivere dei ricordi semplici, legati principalmente al passato. Quella notte invece, fece un sogno particolare dove la prima cosa da cui fu colpita, erano i vestiti che aveva indosso. Un vistoso, candido kimono bianco, a fantasie rosse e nere che componevano delle linee morbide e regolari dalle maniche alle spalle, e dalle gambe alla vita, ed era chiuso da un obi di seta rossa cucita con del filo d’oro.

Al centro dell’obi trionfava sul davanti un gioiello sferico di vetro che impreziosiva ulteriormente il tutto, l’eccelsa fattura di quegli abiti le ricordarono quelli di una nobile.
La seconda cosa invece, forse la più inspiegabile, era la presenza che l’affiancava.

Vestito nel medesimo vestiario nobiliare, che in versione maschile si differenziava con la predominante di colori scuri come il blu e il grigio, era l’ultima persona che sperava di vedere nei propri sogni: Shikamaru, che le sorrideva con dolcezza, accompagnandola in lunghe e silenziose passeggiate, in luoghi che Ino non sembrò riconoscere, perché da lei mai veduti. Al risveglio, lei non ricordava mai la natura dei loro discorsi, ma solo gli appellativi intimi che lui le riservava, come “mio Gioiello”, o “mia Principessa Splendente”

…Insomma, di Shikamaru sembrava esserci solo l’aspetto fisico. Ma il tempo passato assieme fu per lei così struggente che al mattino seguente, si era risvegliata con gli occhi umidi di lacrime, come se quello che avesse visto fosse un ricordo nostalgico, nonostante fosse certa che quelle cose non fossero mai avvenute.

Per tutto il resto della giornata che seguì, lei fu come assente. Come quando si riprendeva dallo shintenshin no jutsu, dove il suo spirito abbandonava il suo corpo per diversi minuti.
Quando una cliente del negozio le chiese se era disponibile una qualità di fiore, lei indugiò sulla risposta come se non avesse idea di cosa le stesse chiedendo quella donna.

La sua mente era solo al suo sogno, a quel ricordo mai vissuto che sembrava non appartenerle, ma in cui sembrava essersi persa. La seconda notte si svolse nei soliti preparamenti, ma mentre si spazzolava i capelli prima di coricarsi, sentì la necessità di acconciarli come li aveva nel suo sogno: due lunghe e vaporose code, chiuse da due sottili treccine di capelli. Magari questo l’ avrebbe aiutata a sognare lo stesso sogno, pensò.

E le sue speranze furono esaudite, anche quella notte fece un sogno che fu uguale al primo, ma ad un certo punto quello Shikamaru così diverso le parve improvvisamente turbato. Si trovavano nei pressi di un giardino molto curato, e a giudicare dalla varietà dei fiori che lo adornava, doveva essere Primavera. Si dice che bisogna stare molto attenti a ciò che si desidera, ed Ino stava per impararlo a sue spese. D’un tratto, lui la afferrò improvvisamente per un polso, iniziando assieme una corsa disperata.

Ino si chiese da cosa mai stessero scappando, ed un orribile presagio si impadronì di lei. In quello stesso istante vide davanti a sé il gioiello che portava sul suo obi frantumato in mille pezzi, ed una violenta spruzzata di sangue segnò una scia sul prato davanti a lei; qualcuno alle loro spalle, armato di una lunga e robusta Katana, le aveva tragitto il petto da parte e a parte.

Tutto divenne bianco, ma il sogno non era finito.

Quando riaprì gli occhi vide Shikamaru guardarla dal basso e cadere sulle proprie ginocchia, come annientato da un destino troppo crudele. Incurante della ferita che perdeva sangue di continuo, la prese con delicatezza e la strinse al proprio petto. Le sue lacrime copiose le arrivarono sul viso.

Con le ultime forze rimaste, Ino cercò di poggiare una mano tremante su di una sua guancia, anticipata da lui che la aiutò con la propria. Faceva male, non fu paragonabile al dolore che provò alle ultime parole che Shikamaru si sforzò di rivolgerle con un sorriso.

“Sarai per sempre la mia Principessa Splendente.”


Quella mattina Ino si era svegliata urlando, ed aveva iniziato a vagare per la casa in pieno stato confusionale. Si sentiva spaesata, nei suoi pensieri c’era soltanto lo Shikamaru che aveva lasciato chissà dove. Fortunatamente, in casa era presente anche Sae, la figlia di Santa Yamanaka che veniva di tanto in tanto a fare colazione da lei e a tenerla compagnia durante il giorno al negozio. La ragazza cercò di calmarla come poteva, e alla sua vista Ino sembrò tornare in sé.

Sae con non poca fatica era riuscita a farla sedere al tavolo della cucina, dove poi le aveva preparato un tè verde bollente, con miele e limone.


“Forse è un principio di febbre cerebrale,” disse la ragazza, osservando preoccupata le dita tremanti della Capo Clan che reggevano la tazza. “Ti vesti in maniera troppo leggera per questo clima così rigido, Ino-san. Poi prendi freddo, e succede questo. Vuoi andare in ospedale?”

“No, sto bene. E non dirmi come dovrei vestire.” Ino cercò di sembrare più convincente possibile alla novizia, maledendo internamente sé stessa per essersi fatta in quello stato da lei.

“Ma non hai una bella cera. Non mi permetterei mai, sono solo preoccupata.” Si giustificò la ragazza, abbassando timidamente la testa. Mai contraddire il Capo Clan, regola fondamentale.

“Tuo padre ti ha insegnato a percepire lo stato spirituale di un individuo?” Chiese improvvisamente la bionda, scostandosi un ciuffo di capelli dal viso. “Sai farlo, no?”

“Certamente. Il mio raggio si estende oltre i due metri!”

“Molto male. Alla tua età, il mio ricopriva egregiamente i dieci.”

“…Ma è fantastico, sei davvero incredibile, Ino-san! ” Cinguettò con ammirazione Sae.

“E’ semplicemente nella norma. Non mi divulgherò in inutili prediche, non sono in vena. Te l’ho chiesto perché vorrei che esaminassi il mio stato. Dimmi cosa percepisci. ”

“Sissignore!” La ragazza chiuse gli occhi, puntando due dita sotto al mento.

Santo cielo, pensò Ino, stendendo le mani, e aggiustandole le dita nella posizione giusta, ossia sulla fronte. La ragazza tirò fuori scherzosamente la lingua, concentrandosi poi subito dopo l’occhiataccia che le riservò Ino. Dopo qualche minuto, Sae riaprì gli occhi.

“Che strano. Percepisco una forte confusione spirituale, come se invece di uno spirito…”

“...ce ne fossero due?” Chiese la bionda, esitante.

“Sì! Non è una cosa normale. Forse la mia percezione è venuta fuori distorta?”

Ino strinse debolmente la propria tazza. Era proprio come temeva.
“No, la tua percezione ha funzionato perfettamente. E’ tutto regolare, temo di essermi causata un esaurimento nervoso provando delle tecniche speciali di mio padre che non avevo mai sperimentato.” Ino sorrise, mentendole spudoratamente

“Cerca solo di ricordare che le dita vanno sulla fronte, va bene? Vanno sotto al mento solo quando si mantiene un jutsu di connessione collettiva spirituale, o per la trasmissione dati. Comunque, vado a vestirmi. E dopo andiamo ad aprire il negozio. Ah, ho bisogno che chiuda tu oggi, e non voglio storie. Devo conferire con l’ Hokage nel pomeriggio riguardo delle questioni personali.”

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Ino rabbrividì a a quei ricordi. Non sapendo cosa fare se ne stette seduta al tavolo della cucina, senza accendere la luce. Contemplò al buio dall’unica finestra gli alberi che si sovrapponevano l’uno sull’altro su quello sfondo blu scuro, e la strada deserta innevata da una recente fioccata. Le sembrò di guardare quel paesaggio con occhi nuovi, come se fosse stata la prima volta, per lei.

Era forse segno che non bastava rimanere sveglia per combattere contro la volontà dell’amuleto?

Ma cos’era che le stava cercando di dire con quei sogni? E perché era presente anche Shikamaru?
Incapace di sopportare quell’ansia, si alzò ed uscì in strada cominciando a camminare senza una meta, un po’ di aria fresca le avrebbe certamente schiarito le idee. I negozi erano disseminati di cartelli del Festival, e in quel famoso simbolo circolare Ino ci trovò qualcosa di molto familiare.

Era lo stesso simbolo che c’era anche sopra quel maledetto amuleto, ma le sembrava di averlo veduto anche altrove…

I suoi pensieri però furono interrotti da qualcosa o per meglio dire, da qualcuno che attirò la sua attenzione, e anche se era lontano diversi metri lei riconobbe subito quella presenza.

Svoltò per diversi angoli, e senza nemmeno accorgersene, si mise a correre a perdifiato alla sua ricerca per quelle strade che le sembravano sconosciute, ignorando quella vocina nella sua testa che le diceva “Perché ti metti a correre di notte cercando proprio lui?”

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Un ora prima nell’ufficio dell’Hokage, dove quest’ultimo era lì presente in via del tutto straordinaria nonostante fosse notte fonda, aveva finalmente fatto la sua apparizione la squadra di recupero, con al seguito l’obiettivo della missione: Hanabi giaceva addormentata contro la schiena di sua sorella.

“Il mio presentimento era giusto.” Mormorò Kakashi, scorrendo i rapporti velocemente con lo sguardo. “Da quanto leggo dal rapporto di Hinata, Toneri dopo essere stato privato degli occhi di Hanabi, si è pentito ed ha assicurato che la Luna non approccerà mai più con la Terra.
Molto bene, il varco che ha usato per spostarsi dalla Terra alla Luna è stato richiuso?”

“Assolutamente, con la distruzione dell’altare Tenseigan non può più funzionare, Hokage.” Rispose prontamente Shikamaru. “Lasciare Toneri vivo è stato un atto di clemenza di Naruto, visto che nelle sue attuali condizioni può ormai soltanto espliare i suoi peccati in solitudine.”

“Già! E gli conviene rimanere esattamente dov’è adesso, lo sai! Se si azzarda di nuovo a toccare Hinata anche solo con un dito, io…Ahio! Sakura-chan, mi fai male!” Naruto fu interrotto da un pugno dritto nello stomaco, da Sakura.

“Naruto! Non fare l’eroe davanti agli occhi di Kakashi-san! Perché non gli racconti invece, dove sono state le tue di dita per tutto il viaggio?” lo zittì la Jonin, rivolgendo uno sguardo assassino sia a lui, sia alla povera Hinata che stava per intervenire in soccorso del suo amato Naruto-kun.
“E tu non prendere le sue difese! Su, vieni. Riaccompagno sia te che Hanabi a casa. Kakashi-san, se è tutto noi andiamo. Ci vediamo domattina!”

“Ah, Sakura.” Kakashi sembrò indugiare un attimo, ma poi continuò con il suo solito tono cordiale.
“… Volevo solo dirti che puoi anche prenderti un giorno di riposo dall’Ospedale, se vuoi.”

“Non ci penso nemmeno!” ridacchiò Sakura, mentre si avviava fuori con le due Hyuga al seguito. “I miei adorati bambini mi aspettano, non vedo l’ora di tornare in servizio!”

“Ma non è giusto, Sakura-chan!” Piagnucolò Naruto alla vista della sua adorata Hinata uscire di scena. Shikamaru sospirò, massaggiandosi una tempia. Dio, che stucchevolezza. Una volta che anche Sai ed il tristissimo Naruto furono usciti dall’ufficio, Shikamaru giudicò che fosse arrivato finalmente anche il suo momento di congedarsi. Ma Kakashi lo fermò un attimo prima di avanzare la sua richiesta.

“Oh, Shikamaru. Nel tuo rapporto c’è una piccola inesattezza. Hinata ha scritto che nel passaggio tra la Terra e la Luna, siete rimasti intrappolati in un genjitsu. Nel tuo non fai accenno alla cosa.”

Vi prego, che seccatura. Datemi tregua! , protestò internamente il Nara. “Oh, sul serio? Deve essermi sfuggito. Si trattava soltanto di un ignobile trucchetto usato dal nemico per rallentarci.”

“Capisco. So che mi ripeto nel dirtelo, ma preferirei che mi chiamassi Kakashi-san come avevi iniziato a fare. E poi cosa sono quelle spalle rigide? Rilassati, Shikamaru. Vale lo stesso anche per te, se domani vuoi prenderti un giorno di riposo te lo concedo senza problemi. ”

“Chiedo venia, sono solo molto stanco. Riguardo il giorno di riposo, lo accetto più che volentieri, Kakashi-san. Riguardo a questo, ci sarebbe una questione di cui vorrei parlarti. Riguarda il gemellaggio militare tra Suna e Konoha... Ma preferirei affrontare l’argomento domani. Sono davvero stanco, necessito soltanto di un letto e di un bagno bollente.”

“Va bene. A domattina, allora. Ottimo lavoro, Shikamaru.” Kakashi sorrise cordiale, mentre osservò il Jonin uscire dal suo ufficio.

Shikamaru camminava per la strada di ritorno a casa, notando che alcune luci danneggiate dai frammenti lunari non erano state ancora sostituite. L’indomani, la prima cosa da fare sarebbe stata riferirlo a chi di dovere, anche se non era più suo compito occuparsi di certe cose.

Era un Jonin, ormai, e francamente a lui il buio non era mai dispiaciuto, nell’oscurità si trovava quasi a suo agio. Il buio non faceva domande, non giudicava nessuno, si limitava solo a coprire tutto nel suo maestoso manto. Quell’oscurità in cui si stava apprestando ad entrare avrebbe coperto i suoi dubbi e le sue incertezze. Improvvisamente si ricordò di non avere chiesto all’Hokage se Temari lo avesse aspettato, o se fosse già tornata di nuovo a Suna.

Si sentì improvvisamente in colpa per questo. D’un tratto, qualcosa si mosse rapidamente nel buio, in quel buio che Shikamaru era solito fidarsi, ma che quella sera l’avrebbe tradito. Infatti da un angolo buio uscì fuori l’oggetto della sua inquietudine interiore, piazzandosi sotto l’unico lampione funzionante: si ritrovò faccia a faccia con Ino, trafelata in una leggera camicia da notte dalle spalline sottili, color Malva.






Giappone, Aeroporto internazionale di Narita

Anche in un altro tessuto dimensionale tirava aria di incontri imbarazzanti, anche se di imbarazzo decisamente diverso da quello tra gli Shikamaru ed Ino di Konohagakure.
Tra la folla di persone che correvano disordinatamente a destra e sinistra, trascinandosi pesanti valige al seguito c’ era l’altro Shikamaru, seduto su di una panchina d’attesa, al Gate dell’atterraggio del volo San Diego – Narita.

Una coppietta poco distante da lui, si abbracciava salutandosi con gli occhi umidi. Lui sospirò, passandosi una mano sul viso: anche lui una decina di giorni fa aveva salutato la sua biondina, e adesso era lì ad aspettarla non poi così trepidante. Ovviamente, non si erano lasciati in quel modo, visto che era ormai abituato a vederla partire.

Lei faceva sempre così: era solita mollare gli studi, i suoi impegni lavorativi, e a volte anche lui quando non poteva seguirla, per scappare “down on the West Coast” come diceva lei, usando il suo impeccabile accento americano. Del resto, lei apparteneva per metà allo stato baciato perennemente dal sole, conosciuto come California. Shikamaru non esagerava affatto quando definiva Ino Yamanaka una delle più belle hafu model giapponesi.

Per quale motivo allora, era così giù di corda? Perché tra poco avrebbe riabbracciato la sua adorabile fidanzata, l’avrebbe portata nell’appartamento vuoto che avevano affittato assieme a Tokyo per essere più vicini all’università che frequentavano, ma le avrebbe dovuto parlarle di quello che era successo al Convegno. Quando si erano lasciati all’aeroporto alla sua partenza, lui le aveva promesso ben altro di quello che era in realtà accaduto. E non c’era nulla di positivo in quello che era accaduto…

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Dieci giorni prima, riluttante dal lasciarla andare, Shikamaru stringeva Ino al suo petto che di rimando, aveva intrecciato le braccia dietro alla sua schiena.
“ Non sai quanto vorrei scappare via con te, adesso.”

“… sei ancora in tempo per farlo. Posso tentarti?
Sex on the Beach ” a fiumi , la spiaggia dorata di Laguna Beach, Lake Talhoe… Pretty Please?” Lui ridacchiò, scuotendo appena il capo.

“Avevi la mia attenzione già al “Sekkusu on de Bichi”, ma non posso davvero accettare. Ahimè,
non sono più un ragazzino per scappare di casa e andarmene, mi sono preso la responsabilità.”

Ino gli sorrise, mentre lui gli scostava un ciuffo dai capelli. L’accento di Shikamaru era troppo buffo. Ma mai quanto l’accento americano di Ino. “Ah, immagino già la faccia della mamma quando le racconterò che papà e lo zio Shikaku ti hanno convinto a partecipare al loro progetto quest’anno. Dirà sicuramente che sei diventato anche tu un fanatico fricchettone.”

“Molto divertente. Non pretendo che lei capisca certe cose, ma tu non starle a sentire, ok?
Non starle a sentire nemmeno per un secondo. Noi non siamo i pagliacci che lei crede, e ti prometto che glielo dimostrerò, fosse l’ultima cosa che faccio.”

“Shika, a me non importa cosa pensa lei di te, o di papà. Anche se avresti potuto accennarmi cosa diamine avete intenzione di presentare a questo famoso convegno!”

“Aaah, quella è una sorpresa. Il progetto è top secret, Ino. Ed è tutto qua dentro.” Shikamaru si diede due colpetti sulla fronte. “Se non fossi lo stronzo debosciato che sono, avrei avuto già tutti i grafici pronti. Ma siccome è una seccatura, sono ancora a zero. Lo so, non guardarmi così.”

“Te lo sei già detto da solo che sei uno stronzo debosciato, non infierirò oltre. Promettimi soltanto che li straccerai tutti quanti. Se questo convegno andasse bene…”

“…Potremmo lasciare il Giappone e trasferirci direttamente in America? Sì.”

“Ancora con questa storia.” Ino roteò gli occhi al cielo. “Ti ripeto che mi piace vivere qui.”

“Ah si? Ti piace farti sottovalutare nell’ambiente dello spettacolo giapponese perché non sei una purosangue? Andiamo, sei figlia di Perdita Darmondy, e sai benissimo di aver ereditato il suo talento. Mettiti in testa che qui, il massimo che avranno da offrirti sono ruoletti da Idol.”

“E a me sta bene esattamente così, che tu ci creda oppure no. E poi sai benissimo che io non voglio essere come mia madre. Mi diverte fare video per il nostro canale, così come mi diverte essere una Idol, ma la cosa finisce lì. Quello che voglio davvero è diventare un medico qui in Giappone dove ho te, mio padre, i miei amici. Voglio diventare una persona concreta qui.”

“…Okay, il per il remake di Casablanca in salsa giapponese è terminato, signorina Yamanaka.
Le faremo sapere.”
Lei rise, dandogli un pugno sul petto. “Asshole.”

“Odio dirlo, ma adesso ci conviene andare a fare il check-in. Mi mancherai, biondina.”

“Anche tu, stronzo debosciato. Tornerò presto, promettimi che andrà tutto bene.”

“Solo se tu mi prometterai selfie giornalieri in costume da bagno.”

“Puoi scommetterci, hentai che non sei altro! Salutami Choji e Karui quando li vedi!”

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“Shika!”
Ino lasciò andare la sua valigia che cadde tristemente all’indietro, per correre ad andare ad abbracciare Shikamaru. Dio, chissà quanta roba si era portata dietro. Sulla valigia erano poggiate buste e bustine di ogni marca e tipologia, i soliti pensierini per tutti quanti.

“…mi sei mancato da morire! …Ascolta. Prima che io partissi, papà mi ha accennato qualcosa.”

Shikamaru che aveva trovato chissà come la forza di rivolgerle un sorriso stanco, sgranò gli occhi sconvolto. “…Ma che cazzo, Inoichi. Gli avevo detto che te ne avrei parlato io! Quindi sai già tutto…?”

“Ho detto “accennato”, Shika! Che diamine è successo? Io so soltanto che un tizio è imbucato al convegno blaterando roba senza senso su ipotetici universi paralleli!”

Shikamaru divenne serissimo, stringendole le sue piccole spalle.
“Non possiamo parlarne qui. Andiamo a casa nostra, ti spiegherò meglio.”

“Va bene, okay...aspetta, la mia valigia! Un momento, devo prendere la mia valigia! Mi dici almeno che cosa c’è di così grave di un fricchettone che blatera teorie senza senso?”

“C’è che probabilmente, avrà il finanziamento ed il permesso di attuare un esperimento che potrebbe ucciderci tutti quanti.”






Around the Corner
Ed ecco finalmente il terzo capitolo, dove la trama sembra finalmente andare avanti! Presto avremo il primo vero contatto tra le due dimensioni. Grazie per avere letto il terzo capitolo di “Rinne”! Mi scuso con chi ha letto questo capitolo e si è potuto sentire un po’ confuso. In effetti questa “narrazione alla Lost” dove avvenimenti del presente e flashback del passato camminano a pari passo è un po’ confusionaria, però mi piace molto. Fatemi sapere cosa ne pensate, come sempre. Bene, cos’è che abbiamo scoperto in questo capitolo? Un bel niente di nuovo,a dire il vero! *ride* Inanzitutto, cos’è un hafu? Hafu, o Haafu Kao è un termine giapponese che deriva dall’inglese “half”, metà. Con Hafu si intendono le persone nate per metà giapponesi e per metà di etnìa diversa. Nell’universo di Naruto ci sono tante diverse etnìe, ci avete mai fatto caso? Ma siccome il mondo di Naruto sembra essere il Giappone feudale ma grande quanto un Pianeta, altri stati e paesi chiaramente non esistono. Per quanto mi riguarda, credo che personaggi come Ino, ossia una kunoichi bionda, sono spiegabili logicamente solo in questo modo. Deve essere per forza una hafu! Quindi, mi sono divertita ad immaginarla come una Idol. Le Hafu sono famose principalmente come modelle in Giappone, anche se non godono di molti privilegi in altri ambiti. Il Giappone è piuttosto xenofobo riguardo gli stranieri. Seguite la fiction per saperne di più! Sae Yamanaka esiste? No. Me la sono inventata io senza darmi la pena di caratterizzarla. *ride* In compenso, Santa Yamanaka nel manga e nell’anime esiste davvero. Avrete notato che Sakura prima di andare via ha detto che avrebbe rivisto “i suoi bambini” all’ospedale. Ecco, è da poco uscito Sakura Hidden, che parla appunto di Sakura. Anche nei prossimi capitoli trovere accenni agli avvenimento dell’ Hiden… ma avrete decisamente una sorpresa. 
Ah, spero vi piacciano le descrizioni dei vestiti. Io adoro descrivere l’abbigliamento dei personaggi, non so se la cosa sia evidente. E spero vi piacciano i termini americani. Adoro usare parole inglesi, ma ovviamente cercherò di scrivere sempre nell’italiano più bello e grammaticalmente corretto che posso. Per quanto riguarda la tecnologia, io seguirò il manga per quanto riguarda il mondo degli Shinobi: dalle tavole dell’autore si vede chiaramente che esiste l’elettricità, per le strade del Villaggio della Foglia ci sono fili elettrici e pali della luce. Ha molto senso, non trovate? *ride*Credo che mi inventerò qualcosa al riguardo. Adoro trovare qualosa di logico ma anche di illogicamente logico in tutto ciò che vedo. Riguardo le Hafu, su Tumblr ho trovato questa ragazza che per me sarebbe una Ino stupenda.
Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Traditional Dolls ***


Konohagakure, Paese del Fuoco

“Lo mangi oppure lo lasci quello?”
“ Nah, lascio. Questo gyudon è pieno di cipolla, disgustoso.”
“Potrebbe sentirti, stà zitta. Buttalo di qua che a me non dispiace affatto.”
“Come se potesse fregarmene qualcosa. Odio la cipolla, e quella lì l’ha tagliata così fine da non poterla nemmeno scartare dalla carne. Bleah. Tieni, abbuffati.”

Temari scostò il suo piatto appena più avanti, lasciando le bacchette che aveva usato in maniera disordinata sul tavolo. La forma più semplice e diffusa di cortesia a tavola, soprattutto quando ci si trova a casa d’altri, sarebbe quella di mettere le proprie bacchette riposte ordinatamente nel piatto lasciato non completamente vuoto, per sottolineare al padrone di casa che il pasto servito è stato buono e abbondante. Ma per Temari certe cerimonie erano un mistero. A lei bastava poco per sentirsi a suo agio, e a sua volta riservava alle poche persone che aveva ospitato in casa propria qualche volta, giusto qualche essenziale cortesia. Come ad esempio, chiedere se quella “radice immonda” come la definiva lei, fosse gradita o meno in un piatto. Perché ringraziare un estranea che aveva insistito così tanto per averli a cena a casa sua, quando questa non si era nemmeno presa il disturbo di chiedere a lei o a Kankuro quali fossero i loro gusti? Lei e suo fratello erano lì al Villaggio della Foglia perché avevano accompagnato il Kazekage, quell’emergenza della collisione della Luna con la Terra aveva coinvolto anche il Villaggio della Sabbia. Quella notte, di ritorno all’albergo dove alloggiavano, tra la folla di persone che rientravano nelle proprie abitazioni dopo l’evacuazione, erano stati fermati da una donna presentatasi come la vedova di Asuma Sarutobi. Kurenai li aveva quasi costretti ad accettare quell’invito a cena, rivelatosi poi una scusa per conoscere meglio le persone che facevano attualmente parte della vita di Shikamaru, cui era molto grata per essersi sempre preso cura di lei e di sua figlia Mirai da quando suo marito era morto. Insomma era uno di quei, a dire di Temari, melliflui convenevoli che la gente riservava verso coloro a cui dovevano niente di meno di una forzata riconoscenza. Durante quella cena,avevano dovuto ascoltare la sua storia strappalacrime sul sacrificio del marito, fino a quando la vedova, che aveva anche versato lacrime di commozione, era scappata in un'altra stanza con la scusa di dover cambiare sua figlia. Suo fratello era rimasto il silenzio, coinvolto dal racconto. Temari invece, non aveva fatto altro che sospirare, visibilmente annoiata. Commiserava quella donna, un tempo sicuramente molto più piacente esteticamente, e la sua cieca devozione nell’aver probabilmente abbandonato tutti i suoi sogni per portare in grembo il figlio di un uomo incurante, devoto solo al proprio Villaggio. Kurenai era quel genere di donna che Temari odiava sopra ogni altra cosa. Il solo pensiero di intraprendere il suo stesso tipo di sacrificio la fece rabbrividire senza accorgersene. “Aspettiamo che la vedova ritorni, la salutiamo e poi ce la filiamo con una scusa, va bene? “ sbottò poi a suo fratello, che le annuì mentre finiva in quattro bocconi la sua porzione avanzata.

“Mh, d’accordo. Certo che la bambina gli somiglia parecchio, eh? Intendo al padre.” disse Kankuro ridacchiando alla reazione di sua sorella, che lo guardò di traverso. A nessuno dei due piacevano i bambini, soprattutto quelli piccoli di pochi anni come Mirai. Temari si girò a guardare l’altare dove vi era incorniciata una foto di Asuma, su cui si soffermò assottigliando gli occhi. Era stato un bell’uomo, dalla carnagione scura e dalla vistosa barba incolta. “Boh, gli somiglia? A me quell’età sembrano tutti uguali i marmocchi.”

“Pft, quando si parlerà dei tuoi figli, vedrai che non dirai la stessa cosa.” La canzonò lui, enfatizzando sul Jaan finale, una sorta di suo personale intercalare con cui concludeva le frasi, e Temari si voltò verso di lui per incontrare il suo sorrisetto beffardo, a cui lei rispose col medesimo sorriso.

“Fratello, non mi sognerei mai di privarti del pesante fardello di mandare avanti la nostra stirpe. Non voglio marmocchi, non è un mio dovere sfornarne. Lo lascio tutto a te! A proposito, quando ti deciderai a darci un bel ranocchietto urlante?”

I suoi occhi sfidarono quelli di suo fratello a controbattere, ma Kankuro si limitò a roteare gli occhi per aria e sospirare, come in completo disaccordo. “L’idea non mi dispiace affatto. E tu com’è che sai già oggi, i tuoi desideri di domani?”

“Sciocchezze. I marmocchi puzzano, sbraitano e danno fastidio. Non ne voglio oggi e non ne vorrò domani. E tu la pensavi esattamente come me, non ci credo che tu abbia cambiato idea. Cos’è successo?” chiese lei incuriosita.

“Solo gli idioti non cambiano mai idea.” Rispose lui, serissimo.

“E questo che diavolo vorrebbe dire?” La voce di Temari stava già per prendere un inclinazione minacciosa, quando il provvidenziale rientro in scena di Kurenai sventò il peggio. “Chiedo scusa, ma non riuscivo più a trovare la scatola con le spille da balia. Avete già finito di mangiare, volete qualcos’altro?” Domandò cordialmente la donna, ma in risposta entrambi si alzarono dalle rispettive sedie, di cui solo Kankuro riaggiustò la propria al tavolo.

“Siamo a posto così, era tutto molto buono. Ma ora dovremmo proprio andare, domani ci aspetta un viaggio di ben tre giorni per tornare al nostro Villaggio,” rispose quest’ultimo. “grazie per la cena. Ci ha fatto molto piacere, vero?” chiese poi a sua sorella, facendo suonare la sua domanda più come un ordine da eseguire. Temari sorrise sprezzante ad entrambi senz’alcuna nota di allegria, avviandosi all’uscita con al seguito suo fratello che scosse rassegnato la testa. “Ci si vede.” Disse poi lei, chiudendo la porta alle sue spalle.

Camminarono per la strada deserta, in una notte che aveva quasi del surreale. Era tutto tranquillo, regnava un silenzio più raggelante della temperatura, in netta contrapposizione al caos di poche ore prima. “Perché sei stata così sgarbata con la vedova?” Sbottò Kankuro una volta abbastanza lontani dalla residenza Sarutobi, mentre si riaggiustò meglio sulle spalle i suoi pesanti rotoli, dove teneva sigillate le marionette che aveva smesso di portare in giro sulla propria schiena, fasciate in povere bende. I continui cambiamenti atmosferici ne compromettevano il funzionamento, e aveva ormai passato da un bel pezzo l’età giovanile della ribellione, in cui girare con quegli strumenti di tortura appesi alla schiena come se fossero stati un ornamento di guerra gli sembrava così figo. “Ma che diamine hai?” chiese alla sorella che camminava più avanti e che si voltò di scatto verso di lui, negli occhi aveva il fuoco di chi vuole ancora ribellarsi alle regole.

“Che diamine ho io? Che diamine hai tu, vorrai dire! Parli come un santone, uno di quei bonzi che passano la vita a rastrellare le sabbietta dei templi in forme assurde a cui provano a dare un senso, quando in realtà non ne hanno!” Lei non era cambiata affatto, era sempre l’ostinata ed orgogliosa ragazza del Villaggio della Sabbia. Ed era proprio come la sabbia lei, impalpabile e sfuggente. Chi credeva di averla in pugno si accorgeva amaramente che stava già scappando per essere portava via dal vento, altrove. Suo fratello distolse lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore, combattuto sul confidarsi con lei o meno. Erano nei pressi di un alta scalinata, che portava probabilmente verso un Tempio sacro. Kankuro si sedette su quei gradini di pietra, invitando sua sorella a fare altrettanto con un gesto della mano. Poi, si tolse il copricapo nero sospirando, che passò velocemente sul viso, liberandosi della sua pittura facciale da guerra.

“Vuoi la verità?” chiese lui, poggiandosi poi le mani sopra alle ginocchia rannicchiate. Temari non lo aveva mai visto così indifeso. Sembrava fragile come un ventaglio di carta.

“Sono tua sorella, Kankuro. A me dovresti sempre dire la verità, per quanto triste o dolorosa essa possa essere.” Lei rispose sedendosi accanto a lui, con un improvvisa nota dolce nel suo tono.

Kankuro sospirò. “Dovrò sembrarti davvero patetico in questo momento, vero? Mentre tu sei sempre così decisa, non hai mai paura di dire quello che pensi. E sei legata ad un uomo che vive in questo Villaggio così diverso e lontano dal nostro, ma non ti sei mai lamentata nemmeno una volta. Ti apprezzo molto. ”

“Il fatto che io non esterni le mie lamentele non significa che non ne abbia. Ma questo cosa c’entra con te, che sei diventato un bonzo?”

“Vuoi dire che senti la mancanza del Nara quando lascia il nostro Villaggio?” chiese lui incredulo.

“Perché dovrei?” Ridacchiò sua sorella. “Viene a farmi visita quando capita e ce la spassiamo assieme quando capita, mi va benissimo così. Le relazioni fisse non fanno per me. Sai, l’amore è qualcosa che non dovrebbe mai mancare nella vita di uno Shinobi.”

Kankuro la ascoltava in silenzio, estremamente attento. La invitò a continuare con un cenno del capo. Temari fece un grosso respiro, continuando senza alcuna esitazione.

“Ma mi sono chiesta se nell’amore avrei potuto trovare ciò che desidero. Tutto quello che voglio è trarre dalla mia vita quanta più felicità possibile. E l’amore ci rende felicità solo quando la vita ci va bene.” Temari si morse le labbra, al pensiero delle lacrime di poco prima di Kurenai. “Puoi sposarti ed essere felice, puoi avere un figlio, ed essere ancora più felice. Ma puoi anche rimanere improvvisamente solo, e ritrovarti nello sconforto e nella tristezza, magari con un figlio che crescendo si rivelerà di natura ingrata, e lasciarti vuoto come un deserto. Per me tutto questo è inaccettabile. Nella mia vita voglio soltanto essere felice. E lo sarò con chi voglio, quando voglio e come voglio, con tutti gli uomini che mi pare!” Concluse, sbottando una risata in maniera così improvvisa, che anche suo fratello finalmente si sciolse in un sorriso.

“Insomma, non ti basta un uomo soltanto… Potevi dirlo prima, invece di fare tutta questa scenetta!” sbottò suo fratello, prendendosi un inoffensivo pugno in un braccio da lei. Tornò poi serio, riappoggiandosi le mani sulle ginocchia. “E il Nara questo lo sa?”

Temari alzò le spalle. “Credo che lo abbia intuito. A dire il vero non saprei.. Forse dovrei dirglielo.”

Kankuro annuì. “Ti conviene. A me non importa, sai? Riguardo a prima, io sarei pronto a correre il rischio facendomi una famiglia. Mi sta bene che la felicità non mi sia dovuta. La accetto come un dono inaspettato. E poi le cose non possono andare sempre male. Se è per questo, a me non vanno mai bene, ci sono abituato!”

“Allora dovresti apprezzare di più te stesso. Sei tu quello forte, se sei pronto a correre un tale rischio.” Mormorò Temari, ascoltando il rumore delle foglie di un lontano albero mosse dal vento, ad occhi socchiusi. “Tu e Gaara siete cresciuti così tanto, ormai siete degli uomini.” Improvvisamente un pensiero la fulminò: se suo fratello era ormai un uomo, aveva anche delle esigenze maschili. La natura di quel discorso sull’amore e sulla famiglia le divenne improvvisamente chiaro, e quella notte divenne quasi una sorta di alba splendente. “Tu ti sei innamorato!” esclamò improvvisamente, facendo sobbalzare il suo povero fratello, che le saettò le mani sulla bocca.

“Ssssh! Cosa diamine urli, è notte fonda!” sibilò tra i denti, visibilmente imbarazzato. Sua sorella schiaffeggiò via le mani del marionettista, voleva assolutamente saperne di più.

“Chi è, la conosco? E’ del nostro Villaggio? Non dirmi che è quella cretina di Matsuri. Ha finalmente capito che Gaara non è interessato alle donne, e ha ripiegato su di te?” Ridacchiò sua sorella.

Kankuro scosse il capo, inarcando un sopracciglio. “La conosci… ma non è Matsuri. Lei e le altre ragazze della sua cerchia mi stanno appiccicate soltanto perché vogliono che io convinca Gaara a fare chissà cosa. Mi chiedo che problema abbiate voi donne! Se un uomo non vi degna di attenzione, non significa certo che non gli piacciano le donne.”

“Vuoi dire che anche nostro fratello prova… quel tipo di interesse?” Temari sembrò sconvolta. Non riusciva proprio ad immaginare suo fratello minore abbracciare con tenerezza una donna, o baciarla con trasporto. “…Mi stai dicendo che nostro fratello si tocca davanti a qualche rivista indecente come tutti gli uomini? Lui parla con te di queste cose?”

Kankuro la guardò allibito. Parlare con sua sorella era come conversare con un uomo qualsiasi, forse per il fatto che era cresciuta tra molti maschi, ma rimaneva pur sempre una donna. “E perché non dovrebbe? Siamo uomini! E’ solo molto uhm, come dire... Riservato. E’ un pò timido. Matsuri gli piace, quella ragazza è un po’ troppo irruente ma ha un bel corpo, è carina. Mi ricorda qualcuno di mia conoscenza.” Fu la volta di Kankuro di ridere sotto ai baffi. “Sai che taglia di seno porta? Io e Gaara ci abbiamo scommesso sopra. Io dico una A abbondante, lui dice una B.”

Temari scosse lentamente il capo, incredula. “Non posso crederci, il mio innocente fratellino…E’colpa tua. Lo hai portato verso la via della perdizione!” Lo accusò lei, fingendo indignazione. Sapere che Gaara ora era ancora più vicino dall’essere un ragazzo come tanti la rese davvero felice per lui. Per quanto riguardava Kankuro invece, sapeva benissimo che aveva un debole per il gentil sesso, del resto suo fratello era proprio bel ragazzo, ed aveva anche un discreto successo con le ragazze. Negli anni era diventato il più alto della sua squadra, raggiungendo il metro e novanta di altezza, e i suoi costanti allenamenti avevano reso il suo fisico ben costruito: addominali ben scolpiti, pettorali segnati, deltoidi definiti e gambe toniche, il tutto nascosto dalla sua tenuta da marionettista, che lo faceva sembrare solo grosso. Anche la pittura facciale di cui si imbrattava non rendeva giustizia al suo viso, che da pulito aveva qualcosa di affascinante. Era una bellezza decisamente maschile, dalla mascella ben squadrata, naso leggermente pronunciato, sguardo sottile e penetrante, labbra piuttosto carnose. Temari pensò che era da parecchio tempo che suo fratello si abbigliava in quel modo soltanto quando doveva portare a termine una missione, e non quotidianamente come faceva da adolescente. Precisamente dai due anni in cui era stato inserito nella squadra gestita da Shikamaru. Che si fosse innamorato di qualcuno che era stato presente nella sua squadra, e cercasse di far colpo su di lei?
Le uniche donne della squadra erano lei, ed una Jonin della Foglia che era stata affiancata solo occasionalmente come supporto medico, la stessa che anni prima li aveva aiutati nel recupero di Gaara. “La ragazza che ti piace non è del nostro Villaggio, vero? Dai, racconta.” Lo sguardo che le rivolse suo fratello le tolse ogni dubbio.

“E’ di questo Villaggio. Mi ha salvato la vita, ma ti assicuro che quello che ho iniziato a provare per lei non ha nulla a che fare con la riconoscenza che le devo."
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Sunagakure, Paese del vento

La sabbia veniva alzata dal vento in grosse onde, invadendo di polvere ogni angolo del Villaggio Nascosto nella Sabbia, mai nome fu più adeguato per un luogo. Quel posto non era esattamente una meraviglia, ma non si poteva dire lo stesso dei suoi abitanti che avevano accolto con gran calore Shikamaru e Sakura, organizzando addirittura una cena per inaugurare quella nuova collaborazione Sabbia-Foglia. Ed era lì che si trovavano infatti entrambi, in un grande sala di un edificio nella zona centrale del Villaggio. Shikamaru era disperso chissà dove con Temari, mentre Sakura era in piedi accanto ad una finestra, e reggeva un bicchiere mezzo pieno tra le sue sottili dita, mentre parlava con dei medici esperti in veleni lì presenti alla cena, imparando nuove cose e dispensando qualche consiglio che fu molto apprezzato. A colpo d’occhio la si poteva individuare subito in mezzo a tutti quei nativi del luogo che avevano i capelli scuri e la pelle imbrunita dal sole. Era come un cazzotto in un occhio. Kankuro la osservava seduto ad un immenso tavolo dove i ragazzi della sua squadra erano seduti accanto a lui erano cimentati in un accesa discussione, probabilmente roba da uomini. Improvvisamente uno di loro lo punzecchiò con un gomito. “Aniki, la stai consumando a furia di guardarla!” Disse uno di loro, ridendo sguaiatamente allo sguardo perplesso che Kankuro gli riservò.
Si aggiunse al discorso un secondo shinobi. “Non lo biasimo ragazzi, le ragazze della Foglia sono proprio roba di qualità!”

“Uhu?” Kankuro inarcò un sopracciglio. “A me sembra un po’ ridicola, sinceramente. La guardavo perché sembra quasi fuori posto, là in mezzo. La sua faccia mi ricorda un po’ una di quelle ningyo per la festa di bambini…”

Dei lamenti di dissenso seguito da qualche risata beffarda si levò dal tavolo. “Starai scherzando,spero! E’ così graziosa che me la mangerei in un solo boccone.” Disse uno shinobi tarchiato, con una cicatrice che gli segnava una guancia.

Kankuro rise, posando il suo bicchiere e versandosi da bere. “Vi assicuro che c’è di meglio al suo Villaggio. Parlo di belle kunoichi con bei seni grossi come le polpette di cui si sta ingozzando Shibo, non di certo piatte come quella lì. Ha pure una fronte gigantesca, sembra proprio una ningyo.”

“Uah! Aniki sei fortunato ad accompagnare spesso Temari-san e il Kazekage-sama al Villaggio della Foglia! La prossima volta voglio venirci anch’io!” esclamò un piccoletto che venne prontamente spintonato dallo shinobi segnato dalla cicatrice. “Mettiti in fila, bello. Vedrò io per primo queste bellezze, ma prima voglio andare ad approfondire un po’ la conoscenza con la bellezza laggiù. Aniki, presentaci la bambina!”

“Ti accontento solo perché devo alzarmi per andare al bagno.” Ridacchiò Kankuro, spostando una delle sue lunghe gambe fuori dal tavolo e alzandosi, con al seguito un paio dei suoi ragazzi. Una volta di fronte alla piccola folla che accerchiava Sakura, Kankuro si annunciò senza troppe cerimonie, con le mani ficcate in tasca. “Haruno-sensei, disturbiamo?”

Quando la Jonin riuscì ad identificare il suo interlocutore, si soffermò a guardarlo incuriosita, non lo riconobbe subito visto che Kankuro per quella cena era stato costretto da sua sorella a vestirsi di tutto punto e a non dipingersi con la pittura facciale. Ma appena collegò quella figura al ragazzo a cui aveva salvato la vita anni prima, gli rivolse un radioso sorriso. “Ma tu sei Kankuro, il fratello del Kazekage!” esclamò lei entusiasta. Si scusò i dottori, ed andò a stringergli calorosamente la mano. “E’ bello rivederti. Come stai?”

“Sopravvivo. Gli uomini della mia squadra volevano esprimerti la loro gratitudine, non vedevano l’ora di incontrare la grande Haruno-sensei.”

Sakura sorrise, scuotendo il capo. “Chiamatemi Sakura. E’ un piacere fare la vostra conoscenza! Spero che lavoreremo bene insieme. Sapete, il vostro Capitano ha una resistenza al veleno davvero prodigiosa. Con le mie stesse mani ho estratto dal suo corpo delle quantità di veleno tali che avrebbero potuto uccidere un intera mandria…è davvero un uomo straordinario. Dovreste davvero essere fieri di avere un Capitano del genere!”  

Kankuro si sorprese. Quella strana tipa si ricordava di lui dopo così tanto tempo, ed aveva speso anche delle parole piuttosto gentili nei suoi confronti. “…Non è niente di speciale.”

“E’ soltanto la verità.” Osservò semplicemente Sakura. “Ma che gli prende ai tuoi uomini?”

Gli shinobi della squadra di Kankuro lo guardarono commossi, iniziando teatralmente a piagnucolare l’una sulla spalla dell’altro “Aniki! Sei veramente un grande! Haruno-sensei, grazie per aver salvato il nostro Aniki!”

“Piantatela subito, vi state rendendo ridicoli. Che branco di idioti…” commentò Kankuro che si passò imbarazzato una mano tra i capelli, osservando Sakura ridacchiare allo spettacolino.

Improvvisamente, si udirono delle grida che fecero voltare i due verso il fondo della sala: Shibo, lo shinobi della Sabbia citato prima dalla mole e dall’ appetito immenso, vagava in piedi con le mani attorno al collo. Il suo volto era di un innaturale colore blu cianotico. Sakura cambiò completamente espressione: i suoi occhi divennero fiammeggianti, e con uno scatto degno di una kunoichi, corse in direzione del povero gigante. “Quell’uomo sta soffocando! Kankuro, vieni, ho bisogno del tuo aiuto!”

Kakuro la seguì prontamente, trovandosi a scansare tutto ciò che Shibo buttava per aria ad ogni passo. “Che devo fare?”

“Dal suo colorito e dal modo in cui si tiene le mani al collo, posso dire con certezza che ha le vie respiratorie totalmente ostruite. Devi fargli una manovra che possa liberargliele. E’ davvero troppo grosso per me, con le mie braccia non ci riuscirei mai! Sei pronto? Ti dirò io come mettere i pugni!”

Kankuro annuì prontamente. “Se ci sono da tirare cazzotti ad un ciccione, io sono prontissimo.”

“Cosa? No!” urlò Sakura. “Per prima cosa, passagli dietro alle spalle!”

Con difficoltà Kankuro riuscì a mettersi dietro allo shinobi soffocante. “Ci sono. E sta fermo, idiota!” Lo strattonò lui, urlando poi verso Sakura. “Poi?”

“Adesso trova il suo processo xifoideo, ed applica cinque compressioni con movimento a cucchiaio! Una ogni due secondi, presto!”

“EH? Vuoi che prenda un cucchiaio e glielo ficchi dove?!”

“Non c’è tempo per gli scherzi! …Strizzagli le tue braccia al di sopra della cintura e spremi fino a quando questo idiota non sputa quello che ha incastrato nella gola!” strillò istericamente Sakura.

“Adesso ci capiamo!” Kankuro ghignò ed iniziò a fare come richiesto. Dopo una, due, tre compressioni, Shibo finalmente sputò una patata arrosto, cui sembrò avere avuto la bella idea di ingoiare tutta intera. Il povero Kankuro venne sbalzato via da uno scatto troppo violento del gigantesco shinobi, ed andò a sbattere con la fronte dritta contro uno spigolo di un tavolo. Si rialzò senza problemi, trovando persino qualcosa di divertente su cui ridere dalla cosa, come il fatto che in quel momento, avrebbe potuto prenderlo a cazzotti per un motivo. Ma dalla ferita iniziò ad uscire una preoccupante quantità di sangue, e Sakura lo trascinò contro il suo volere nell’infermeria più vicina, nonostante le sue proteste.
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“Certo che sei stato davvero incredibile… mi tremano ancora le mani!” mormorò Sakura, con un piccolo sorriso dipinto sul volto. “Però devi stare fermo. Altrimenti non posso ricucirti come si deve, ho quasi finito. Tra qualche settimana vediamo se possiamo togliere i punti. ”

“Ma è proprio necessario tutto questo? Si sarebbe chiuso comunque se ci schiaffavi sopra un…” Kankuro strizzò un occhio, la sensazione dell’ago che entrava ed usciva dalla pelle era davvero fastidiosa. “…Incredibile è una parola grossa, ho solo seguito le sue istruzioni.”

“Ma è vero. Dovresti considerare l’idea di diventare un medico, devi solo imparare qualche termine tecnico…” Ridacchiò Sakura, osservandolo sciogliersi in un sorriso di rimando. “Oh, finalmente mi hai fatto un sorriso sincero. Qualcosa mi dice che ti sto antipatica.” Disse lei, facendo un finto broncio contrito.

“Eh? Non è che mi stai antipatica.. è che mi ricordi un ningyo. Hai presente?”

“Intendi le bambole?” Sakura rise, scuotendo il capo. “Che bel complimento, grazie.”

Kankuro non disse più nulla, non specificò nemmeno che per lui quel tipo di bambole erano orripilanti, e lei continuò seria il suo lavoro, il viso concentrato della Jonin gli era vicinissimo. Sakura era ridicolmente graziosa, continuava a pensarlo fermamente. Ma nonostante il suo aspetto, in lei c’era una determinazione ed una tempra davvero notevoli. Il marionettista sorrise inconsciamente a quel pensiero.

“… quando eravamo prima con la tua squadra, ho dimenticato di dire loro una cosa fondamentale.” Sakura ruppe improvvisamente quel silenzio religioso. “Avevi ragione quando hai detto che scampare ad un intossicazione al veleno non è stata la cosa più importante di quella occasione. I tuoi uomini dovrebbero ammirarti soprattutto perché hai resistito al più grande e corrosivo veleno dell’animo, l’odio. Eri debilitato, ad un passo dal perdere conoscenza. Ma nonostante tutto, implorasti Naruto di salvare tuo fratello minore, il Kazekage. Ti confesso che ho iniziato a credere ai miracoli, dopo questa!” Sakura stemperò il suo tono solenne, sorridendo. “So che vado contro molti principi della Medicina con questa ammissione, ma non saprei definire questo fenomeno con altri termini! Del resto, cosa può essere più forte dell’odio, se non un miracolo?”

Kankuro rimase rapito da quelle parole. Cosa poteva essere più forte dell’odio? Forse lo era quella sensazione che iniziò a salirgli dalla bocca dello stomaco, salendo fino al suo petto. Il suo battito si fece improvvisamente più veloce. Lui non ne capì il motivo, sentiva soltanto che la presenza di Sakura era diventata così confortante da sperare che non andasse più via. “Credo che il sentimento più vicino e più simile all’odio sia l’amore.” Le disse lui, sorridendole. “E se l’amore è un miracolo, credo che da oggi inizierò a crederci anch’io.”

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“E poi che è successo? Vi siete abbandonati alle sconcezze nell’infermeria?” Temari chiese senz’alcuna vergogna al fratello, interrompendolo.

“Ma per chi mi hai preso, sei impazzita? Sakura non è mica una qualsiasi da trattare con così poco riguardo!” Rispose suo fratello con tono offeso. Temari roteò gli occhi per aria, esortandolo a continuare. “Non è successo niente. Ha sorriso, mi ha richiuso il sopracciglio ed è finita lì. I giorni successivi alla sua permanenza siamo stati appiccicati con un Dango e lo sciroppo di zucchero nero. Dove andavo io, c’era sempre anche lei. Sai quanto sanno essere bavosi gli shinobi della mia squadra. Credo preferisse la mia compagnia per questo.

“Molto interessante.” Commentò sua sorella, ironica più che mai. “Quando arriva la roba forte?”

“Non le ho mai messo nemmeno un dito addosso, smettila di chiederlo.” Ammise spazientito Kankuro. “Per tutto il tempo mi ha sempre trattato come un amico fraterno, non avrei mai potuto farlo. Ed è stata dura, per la miseria! Più tempo passavamo insieme.. E più mi accorgevo che lei sembrava fatta apposta per me! Abbiamo passato intere notti di ronda a parlare accanto al fuoco, ed intere giornate a coprirci le spalle. E’ gentile quanto basta, aggressiva quanto basta, dannatamente graziosa quanto basta…”

“…Per farti perdere la tua zucca già vuota!” Sua sorella cominciò a ridere senza fermarsi, e Kankuro increspò il naso, mortalmente offeso. Quando poi si alzò come per piantarla in asso ed andare a raggiungere l’albergo dove avrebbero dormito, lei lo afferrò per una spalla, ricomponendosi all’istante. “Va bene, scusa. La smetto. Che posso dirti… Sinceramente il tuo racconto non mi sta affatto bene. Non è giusto che tu ti finga suo amicone, quando in realtà provi tali sentimenti nei suoi confronti.”

“Non è colpa sua, non ha idea di ciò che provo per lei. Dai, lascia perdere. Torniamo all’albergo.”

Temari stava per dire qualcosa, ma si fermò quando lo vide scrollare lentamente il capo. Si avviarono in silenzio verso l’albergo, avvicinandosi al centro del Villaggio. Alcune bancarelle del Rinne Festival erano state distrutte dai detriti lunari. Ad un certo punto notarono un uomo dall’aspetto repellente che scavava tra le macerie, che estraendo un sacco di iuta eissandoselo sulle spalle scappò via, in direzione dell’uscita del Villaggio.

“Ma tu guarda che animale. Approfittarsene così di una disgrazia…” A Kankuro iniziarono a prudere le mani. “Gli vado dietro, così mi sfogo un po’ sulla sua faccia lurida.”

“Macchè, lascialo perdere. E’ roba che non ci riguarda. Piuttosto, cos’è che ha rubato?” ridacchiò Temari, leggendo l’insegna della bancarella, ancora integra. “Amuleti dell’amore: confessate i vostri sentimenti con un regalo personalizzato… Kankuro!Esclamò lei. “Mi è venuta un idea geniale! Domani noi non ce ne andremo via. Aspetteremo il ritorno della squadra di recupero. Ah, mi ringrazierai.”






Around the Corner
Piccolo aggiornamento, con una delle storie secondarie che leggerete assieme alla storia principale. Niente scienza, solo (una sorta di) fluff, per oggi. Grazie per aver letto il quarto capitolo di “Rinne”! Gli eventi si svolgono chiaramente prima durante la notte in cui Ino trova “l’amuleto”, e il flashback del racconto di Kankuro risale a qualche anno prima di “The Last”. Ho scritto questo capitolo di getto controllandolo una sola volta, mi scuso per gli eventuali errori. Ho finito da poco di leggere il Sakura Hiden. A quanto pare, Sakura dopo la guerra ha deciso di aprire un reparto (con quali soldi?) di psicologia infantile, o qualcosa del genere. Strano, non era quella che aveva chiesto quasi in ginocchio a Sasuke di portarla con sé durante il suo viaggio di redenzione? *ride molto sarcasticamente*
Povera Sakura, credo che sia stata trattata ingiustamente dall’autore dall’inizio alla fine. Vorrei renderle giustizia almeno in questa fanfiction. Cosa ne pensate di Temari e Kankuro? Sono due personaggi che (adoro) nel manga si vedono relativamente molto poco (fidatevi, soprattutto il povero Kankuro!), quindi ho provato a caratterizzarli in maniera molto personale. Vi piacciono? Fatemelo sapere!
Lo sapevate che Yasuyuki Kase (seyuu di Kankuro) ha dato al personaggio di Kankuro una particolarità unica? E’ l’unico ad avere un accento tipico dei teppisti di Yokohama, il resto dei personaggi parlano un giapponese puro da residenti di Tokyo. Kankuro conclude quasi ogni sua frase con un “jaan” finale, io trovo sia una cosa carinissima. E’ un piccolo teppista dal cuore d’oro. *momento fangirl estremo* Ah, il Gyudon è una ciotola di carne e riso, una pietanza molto semplice e famosa. Il dango invece, è un tipo di gnocco sia dolce che salato, anch’esso famosissimo. Grazie per le recensioni! Le apprezzo tutte, continuate a seguire la storia. Vi lascio con questo disegno con Temari e Kankuro disegnati con indosso degli abiti in pieno stile anni 50/60. Credo che il blog sia “Ask Kankuro” o qualcosa del genere.
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Blue Snow ***


“Siamo noi a creare la realtà. Siamo macchine che producono realtà, creiamo gli effetti della realtà in continuazione.
Ciascuno di noi influenza la realtà che vediamo. Anche se cerchiamo di nasconderci e di fare le vittime.
Tutti influenziamo la realtà.”



Konohagakure (Paese del Fuoco)



“Ah, Shikamaru!”

Una voce piuttosto affannata che Shikamaru conosceva fin troppo bene distolse la sua attenzione da quei conflitti interiori. Era quasi l’alba, faceva un freddo becco, e non c’era una singola anima per strada. Fantastico. Prima le visioni, adesso anche le voci, pensò il Jonin. Eppure quando alzò lo sguardo verso la figura illuminata da quella scarsa luce dovette ricredersi: Ino era lì, in tutta la sua bellezza trascendentale femminile e distante solo qualche metro da lui, coperta a malapena del finissimo indumento che indossava.

Non è possibile…

Il Jonin inchiodò immediatamente il passo, e preso così alla sprovvista non potè impedire al suo sguardo di cadere in maniera incerimoniosa nelle trasparenze della camicia da notte di lei.
Ino era troppo presa a calmare il proprio battito instabile per rendersi conto di aver accellerato senza intenzione quello del Jonin.
“Oi, Shikamaru? Che ti prende, sembri aver visto un fantasma.” Chiese poi lei, riprendendo fiato subito dopo.

Il Jonin riuscì finalmente a distogliere lo sguardo, cercando di sembrare più indifferente e impassibile che poteva. Ormai aveva deciso cosa fare riguardo i suoi sentimenti per la bionda seppur a malincuore, anche se non l’avrebbe mai ammesso, ma non poteva certamente ignorare il motivo per cui Ino vagava senza meta per le strade del Villaggio, per giunta in camicia da notte. Era sua amica, e preoccuparsi per lei era il minimo che potesse fare. Da una rapida occhiata, sembrava che Ino avesse corso a perdifiato per arrivare fin lì, di fatti sembrava piuttosto sconvolta ed i suoi lunghi capelli erano riavviati disordinatamente. Che cosa le poteva mai essere successo? "Che ci fai in mezzo alla strada a quest'ora di notte,Ino?” chiese lui, lasciandosi quello sconfortante silenzio dietro di sè.

Ino, che era rimasta per tutto il tempo ferma ed in silenzio, si abbandonò ad un sospiro. “Nulla di che, passeggiavo.” Era stanca e confusa, ma in quel momento lucida più che mai. Aveva finalmente trovavo Shikamaru, lo aveva cercato avvertendone inspiegabilmente la presenza in strada, ed era tutto quello di cui aveva bisogno per tornare in sé. Non si sorprese affatto nel poter constatare che la sua presenza aveva avuto effetto anche sull’entità che in quel momento giaceva silente dentro di lei, senza darle più alcuna spiacevole sensazione. Riflettendoci sopra in quell’ attimo di calma, se avesse dovuto descrivere la sensazione che provava, l’avrebbe definita come essere nell’animo di una donna. Quella sensibilità era tipica di un animo femminile. Forse quell’entita era davvero una donna, in cui vedeva in Shikamaru una figura che conosceva in vita? Per quanto quella potesse essere una teoria piuttosto campata per aria, non era poi così assurda, se le cose stavano così anche i suoi strani sogni trovavano un senso.

"Che? A quest'ora, ma che vai blaterando. Torna a casa. Anzi, ti ci riporto io." Il Jonin provò a prenderle un polso, sobbalzando. "Ino, ma sei fredda come il ghiaccio! Diamine, aspetta..." Un improvviso rumore metallico, seguito da un piacevole tepore circondò per intero le piccole spalle della bionda. Shikamaru le aveva poggiato il suo giacchetto d’ ordinanza sulle spalle. "Tieni. Dai, vieni. Torniamo subito a casa."

“Grazie, Shikamaru. Ma aspetta...” Lo fermò improvvisamente la bionda. “Non posso tornare a casa adesso."

Il Jonin la guardò di traverso.“Ino, non so se passeggiare mezza nuda per le strade del Villaggio sia una specie di trucco per tonificare la pelle o qualcosa del genere, ma non-”

Ino scrollò la testa, interrompendolo subito. “Ascoltami, non sono pazza! E’ che in realtà io devo…” Seguì poi un vedere kakashi-san pesantemente smorzato da uno starnuto che la portò a pararsi il viso con le mani. Nello stesso momento in cui lei le scostò dal volto, un fiocco di neve si posò esattamente al centro di esse, seguito da un secondo, e da un terzo. “Sta nevicando...”

Il Jonin scosse rassegnato il capo. “Già. Siamo a Dicembre inoltrato,Ino. Di che ti sorprendi? Ed è anche notte fonda, infatti l’Hokage che si trovava lì solo per il nostro ritorno si è congedato all’incirca un ora fa. Dammi retta, torniamo a casa. E' una seccatura, ma domani mattina ti ci accompagno io da lui di buon ora, anche se non sarei di servizio."

Ino non rispose, rivolgendogli un piccolo, adorabile broncio, che portò il Jonin inevitabilmente a sorriderle di rimando. La neve continuava a cadere silenziosamente su di loro, e a ricoprire lentamente di bianco ogni cosa. Era candida e leggera, un pò come la voce del Jonin che in quel momento tentò di rassicurarla. Shikamaru era fatto così. I suoi modi non erano il massimo, ma era un uomo gentile ed affidabile, ed un ninja dedito al proprio dovere. Non era molto simile alla figura dei suoi sogni, che si differenziava in modi e maniere,ma quella rappresentazione rispecchiava appieno il suo animo. Se era vera la teoria che Ino aveva formulato, era piuttosto comprensibile il perché quell’anima femminile fosse così malinconica. Se le capitasse di perdere Shikamaru nella stessa maniera orribile che aveva visto nel suo sogno… Non sapeva davvero come avrebbe mai potuto reagire la sua di anima.

Proprio quando lei stava per rispondergli qualcosa, notò tra le sue mani qualcosa di decisamente anomalo. Stava accadendo qualcosa di molto strano alla neve, tra i fiocchi bianchi, dal cielo sembrava che stessero cadendo dei fiocchi simili a dei cristalli, di un luminoso e vivido colore blu. Un fiocco le era caduto proprio di un un palmo. Ino alzò curiosamente la testa al cielo, chiedendosi cosa diamine stesse succedendo.

Ciò che vide fu così sconvolgente che non riuscì nemmeno a strabuzzare gli occhi.

Nel torbido e sconfinato cielo notturno era apparso un cerchio fatiscente di colore blu. Era piuttosto grande, e continuava ad allargarsi a macchia d’olio, da cui cadeva quella stranissima neve. "Shikamaru.. ma lo vedi anche tu, o sto diventando pazza?" Mormorò la bionda, osservando sconvolta quello che non sembrava affatto un semplice fenomeno atmosferico. Senza risponderle, Shikamaru alzò una mano a frugare rapidamente nella tasca sinistra del giacchetto che Ino aveva indosso, estraendo dalla tasca un grosso paio di occhialini, di quelli fatti per rendere la guida sulle illustrazioni volanti molto più semplice, proteggendo gli occhi dal vento e dal sole. Erano particolarmente indicati per scovare soggetti che si nascondevano dietro arti illusorie, e si erano rivelati utilissimi anche sulla Luna, rivelando ciò che al Byakugan di Hinata era sfuggito. Shikamaru li indossò, scrutando rapidamente il cielo. “Si che lo vedo anch’io, non sono mica cieco. C’è un kunai nella tasca destra, prendilo e stammi vicino. Non sembra minaccioso, ma non è detto.”

Ino brandì il suddetto kunai nella mano destra, scattando in posizione di difesa. “Ricevuto. Che cosa vedi?”

“Oltre questa neve blu, e quel cerchio da dove sembra cadere? Nulla. E tu?” Ino mise a fuoco meglio quell’enorme figura fatiscente. Al centro del cerchio, sembrava stesse scendendo qualcosa che era collegato ad un cavo, del medesimo colore blu. “Shikamaru, ma c’è qualcosa che si sta calando giù dal cielo! Guarda al centro del cerchio! …Si sta calando con una specie di corda stranissima!”

“Che?!” Shikamaru non vedeva nulla di tutto ciò che Ino gli stava descrivendo, ma da quel cerchio c’era davvero qualcosa che stava venendo giù a bassa quota e ad una velocità impressionante.

“Shikamaru, togliti quegli stupidi binocoli! E’ lì, proprio lì! Guarda!”

Shikamaru inarcò nervosamente, togliendo gli occhialini. Niente, oltre al cerchio luminoso sospeso nel cielo, Shikamaru non riusciva a vedere proprio niente. “Ino, dimmi dov’è. Non ne capisco il motivo ma io non riesco a vederlo. Che secca-”

“Viene dritto verso di noi! ” Con uno scatto fulmineo, Ino afferrò Shikamaru per un braccio tirandolo via dalla traiettoria di quell’oggetto non identificato, che al suo violento schianto causò un enorme voragine nel terreno. Tossirono entrambi alla generosa quantità di polvere sollevata dall’urto, rimettendosi immediatamente in posizione difensiva.

“Merda… C’è mancato davvero poco.” Sibilò Shikamaru tra i denti, scrutando poi con nervosa curiosità la voragine davanti a loro.
“Ino.. Tieni gli occhi aperti. Dimmi che cosa riesci a vedere da qui.”

Dalla bocca del cratere, venne fuori con un elegante balzo la cosa più strana ed inquietante che Ino aveva mai visto in tutta la sua vita. Era una figura dalle fattezze umane, di questo era certa. Era fasciata integralmente in una stranissima tuta lucida e nera, con una moltitudine di vene in rilievo sulle zone muscolari. Delle sottili strisce luminose che sembravano molto simili a fili di chakra attraversavano gli avambracci, le gambe ed il petto. Dal petto era largo e scolpito sembrava essere un uomo, ma non poteva dirlo con sicurezza visto che il suo volto non era visibile, poiché coperto da un casco integrale dal medesimo colore nero. Era lucido, di un materiale bombato liscio, dall’aspetto molto resistente.

Alla vita, aveva una vistosa cintura a cui vi era appeso uno strano congegno. Se era un arma, Ino non aveva mai visto un Kunai con un impugnatura ricurva come quella. Senza una vera e propria lama appuntita, aveva al suo posto una canna lucida e all’apparenza vuota, senza alcuna punta verso l’estremità di essa…

Una grossa protuberanza metallica dalla forma di un grosso spinotto fuoriusciva dalla schiena, collegando attraverso un lungo cavo fatiscente la figura al cerchio che era ancora visibile nel cielo. “Oh cielo, come fai a non vederlo? E’ proprio davanti a noi…” Deglutì la bionda.

Shikamaru guardò a destra, a sinistra, davanti e dietro la voragine. Seccato dall’intera situazione, intrecciò le dita come quando era in procinto di utilizzare un jutsu. “Credo che si stia avvalendo di una qualche arte illusoria che pare abbia avuto effetto su di me. Sii i miei occhi per un po’, Ino. So come contrastare l’illusione di questo tipo ma mi serve il tuo aiuto per agire. Intanto, dimmi cos’è, o cosa ti sembra essere.”

Anche se nella kunoichi stava tornando quel senso di inquietudine di poco prima che cominciò inevitabilmente a farla sudare freddo, Ino annuì prontamente. Era sempre stato lui quello ad occuparsi del suo corpo inerme in qualsiasi momento, a proteggerla, ad aiutarla. Ma stavolta doveva essere lei proteggere entrambi. E l’avrebbe fatto, dannazione. Avrebbe protetto Shikamaru esattamente con lui faceva da sempre con lei, ad ogni costo.

Lo avrebbe fatto per se stessa e anche per lei, chiunque essa fosse.

“Non lo so, sembra una persona. Ma non riesco a vedergli la faccia. Dal fisico sembra un uomo giovane. Penso che ti basterà sapere che non è nulla di buono.” La figura ad un tratto mosse il capo, facendo scattare Ino piegata in difesa, sguainando minacciosamente il proprio kunai. “Ha mosso la testa.” Bisbigliò lei.

“Va bene. Non so chi sia e che cosa voglia da noi, ma questo tizio ha chiuso ancor prima di cominciare. Sto per usare il controllo dell’ombra. Guidami verso il-”

Nara Shikamaru, la tua testardaggine trascende il tessuto temporale. Anche il tuo Discendente prova a dirmi come dovrei giocare i miei dadi?  

Una voce metallica che venne direttamente dalla misteriosa figura in nero interruppe il Jonin, facendo sobbalzare anche la kunoichi al suo fianco.

“…Come fai a sapere il mio nome? …Chi sei? ” Chiese esitante Shikamaru vagando con lo sguardo in giro. Era riuscito a sentirlo forte e chiaro, e l’aveva chiamato col suo nome completo. Ino si limitò a lanciare al Jonin un occhiata interrogativa, ma a quanto pare lui ne sapeva meno di lei. “Tessuto temporale? Non so di cosa stai parlando. Fatti vedere, non ha senso fare il vigliacco e nascondersi dietro un illusione.”

Il cervello umano non vede ciò che non riesce a concepire come possibile. Che ironia, hai davvero molto in comune con l’altro tuo te stesso.

“Altro me stesso?” Shikamaru Inarcò un sopracciglio. Dopo le strane parole di quell’uomo era apparsa ben visibile la sua ombra sul terreno. Shikamaru riusciva finalmente a vedere qualcosa, ma non fece cenno della nuova informazione ad Ino. Percepì l’uomo in nero ridacchiare, e la sua ombra muoversi.

Sono arrivato fino al luogo dove tutto ebbe origine dopo così tanto tempo, e ancora mi disgusta camminare sulla superfice di questo crudele mondo. Mi fa piacere vedere che vi siate dati tanto affanno nel prosperare, sarà ancora più piacevole porre fine a tutto questo orrore. Ma tu, né tanto meno quella donna meritate di far parte del mio piano misericordioso.

“Attenzione, si sta portando una mano alla vita, ma è ancora fermo davanti a te. Credo ci dividano un paio di metri. ” Bisbigliò Ino, e Shikamaru si limitò ad annuire. La figura parlò di nuovo, rivolgendosi ora proprio a lei.
 
Donna, nel tuo corpo ho rivelato la presenza di qualcosa che mi appartiene. Non so come sia stato possibile per una Discendente assorbire un tale potere nel proprio corpo, ma non importa. Pagherai con la vita tale affronto. Fatti avanti, e lascia che io estragga il Rinne dal tuo corpo.Sacrifica la tua inutile vita senza opporre resistenza, se non vuoi che ti costringa a farlo dopo averti fatto assistere alla morte di quest’uomo.

Ino provò a rispondergli qualcosa e a chiedergli spiegazioni, ma la voce non veniva fuori in nessun modo. A quelle parole, la coscienza ospite del suo corpo aveva iniziato ad agitarsi in maniera pericolosa. Ino provò a ripetere a se stessa con la speranza di calmarla che non avrebbe mai permesso che qualcuno facesse del male a lei, o a Shikamaru. La cosa sembrò funzionare, perché riprende finalmente coraggio, ma a rispondere a quell’inquietante figura fu il Jonin, precedendola.

“Ma quanto diamine parli? Sei proprio una seccatura.” Sbottò Shikamaru, afferrando la kunoichi per un braccio e attirandola dietro di lui. “Non so cosa tu gli abbia preso, infatti credo che dopo che lo avrò sistemato avrai da spiegarmi parecchie cose, Ino. Ma ora coprimi e non preoccuparti, ci penso io a lui, adesso. Tieniti pronta in qualsiasi momento, potrei avere bisogno di te.”

“Ma Shikamaru, non riesci a vederlo… Come pensi di fare?” Bisbigliò Ino, non perdendo di vista la figura misteriosa.

“Visto che pare abbia una gran voglia di parlare, seguirò la sua voce. Ho un udito fino, stai tranquilla. Coprimi e non preoccuparti.” Il Jonin le rivolse un sorriso pieno di decisione. “E’ il mio compito proteggerti, non ricordi?”

“Shikamaru...”

Shikamaru non aveva la benché minima idea a cosa stesse andando incontro. Diamine, nemmeno immaginava cosa avesse scatenato in quella figura misteriosa rivolgendo quell’occhiata complice verso Ino che rispose di rimando con un sorriso pieno di fiducia e calore.
Come una scena che si ripete in maniera ossessiva, come un doloro ricordo che sembrava crudelmente tornare di nuovo a tormentare quella figura.

“E’ il mio compito proteggerti, sei la mia Principessa Splendente.”
“Io ero tutto ciò che adesso… Non sono più.”

Scattò immediatamente sull’offensiva, avanzando verso di loro. La sua voce divenne minacciosa ed incredibilmente adirata. Ino strinse con più fermezza il suo Kunai, pronta ad eseguire prontamente qualsiasi ordine del Jonin, e all’occorrenza intervenire di sua iniziativa. Shikamaru intrecciava le dita per il Kage Mane no Jutsu, più determinato che mai nel fermare quel povero pazzo.

Dunque avete fatto la vostra scelta. Vi procurerò la stessa sofferenza che fu inferta a me dal vostro mondo, il mondo dei Discendenti di quella razza ignobile! Mi supplicherete di uccidervi insieme, per non costringervi a guardare l’uno la morte dell’altro!

Quella neve blu continuava a cadere dal cielo, posandosi sul fondo di quell’assurda notte che avrebbe cambiato le loro vite e il loro modo di vedere il mondo per sempre.  



Around the Corner
Chiedo scusa per la lunghissima attesa. E’ passato quasi un mese o qualcosa del genere, non è vero? Mi dispiace! Ma tra il lavoro e il post-fiera sono stata decisamente occupata, e giudicando questo capitolo piuttosto cruciale ho voluto dedicarmene in un momento di calma che è arrivato solo in questi giorni. Grazie per la vostra pazienza e per aver letto il quinto capitolo di “Rinne”! Un grazie speciale a chi mi ha inserito tra i suoi preferiti e seguiti, ma soprattutto grazie a chi recensisce. Esprimetemi pure la vostra opinione, sono contenta che tantissima gente (oltre cento persone, cavoli! E’ bel po’ di gente. *ride*) legga questa storia, ma fatemi anche sapere cosa ne pensate. Da come potete vedere, nell’introduzione ho aggiunto qualcosa di nuovo. Pensandoci bene, in questa storia se ne vedranno davvero di ogni, perché vorrei parlare di tantissimi personaggi principali e secondari. Quindi, potreste trovarci anche il vostro preferito.
State leggendo Naruto Gaiden? A me ricorda tantissimo una spanish soap opera che guardavo quando ero piccola assieme a mia nonna. Credo si chiamasse “Celeste” o qualcosa del genere. Non sto scherzando,andate a leggerla per farvi un idea. Figli che si credono illegittimi, padri assenti, drammi familiari… e c’è ancora qualcuno che disegna le fanart con Sasuke che tipo porta i figli a scuola sorridendo! *ride*
Cosa abbiamo visto in questo nuovo capitolo? Beh, un tantino di cose inspiegabili e alquanto strane: Ino sta cominciando a realizzare cosa sia quella strana entità, della “neve blu” cade dal cielo assieme a nuovi personaggi misteriosi…
Come avrete potuto notare, nemmeno in questo capitolo c’è il mondo alternativo, perché sarà presente nel prossimo con molte informazioni su cosa è effettivamente successo in questo capitolo, scientificamente parlando. Mi rendo conto che sia molto facile entrare in confusione, ma vi prometto che più avanti tutto sarà chiaro. Nel prossimo capitolo forse ci sarà anche una piccola impronta “piccante” *ohohoh*. E’ molto piccola, vi avverto. Non aspettatevi chissà cosa!
Alla prossima!

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