Rinne - Your Other Self di Kiarana (/viewuser.php?uid=31335)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A Rinne Festival Gift ***
Capitolo 2: *** The Age Of Reason ***
Capitolo 3: *** Reminder ***
Capitolo 4: *** Traditional Dolls ***
Capitolo 5: *** Blue Snow ***
Capitolo 1 *** A Rinne Festival Gift ***
"La
Meccanica Quantistica consente di applicare alla natura umana il
fenomeno intangibile della libertà.
La Fisica Quantistica, per essere molto concisi, è la fisica
delle possibilità.
Ci si chiede “di chi sono queste
possibilità” e “chi sceglie tra queste
possibilità" per
avere esperienze
vere e proprie.
L’unica
risposta soddisfacente dal punto
di vista logico, è che alla base dell’essere,
c’è la coscienza."
• R I N N E -
Y O U R OT H
E R S E L F
•
Konohagakure
,Paese del Fuoco
Se
qualcuno vi dicesse "La luna sta venendo giù
dal cielo a pezzi! " ridereste di lui, credendo che il simpaticone vi
sta
prendendo in giro. O, probabilmente, non ridereste affatto, una cosa così
assurda non potrebbe mai
accadere nel nostro universo. Ino Yamanaka
è una di quelle persone che decisamente non
riderebbe. Piuttosto non si
farebbe problemi a rispondervi qualcosa del tipo: "Tanto lo so che lo
stai
dicendo per farmi uscire dal negozio e rubarmi qualcosa. Accontentati
dei saldi
che ci sono, pezzente!", cacciandovi a
spruzzate d'acqua in faccia col suo
annaffiatoio.
Ma per sua sfortuna,
lei vive nell'unico
universo dove un certo discendente degli Otsutsuki, i fondatori
dell'universo
esattamente come lei lo conosce, è in grado di fare una cosa
del genere. Quindi,
le cose stanno così: la luna stava venendo giù
dal cielo a pezzi. Peccato per
questo pazzo megalomane che ad
investigare prontamente sulla cosa vi erano stati inviati cinque dei
più fidati
e forti shinobi dell' Hokage, la massima autorità del Villaggio della Foglia, in
quel bizzarro
universo dove la gente non aveva niente di meglio da fare che dirigere
un
gigantesco corpo celeste contro la Terra.
Che il quintetto avesse scoperto la cosa durante la ricerca di un
qualcuno?
Non poi così importante. Quel che contava era che la Luna
non sarebbe più
caduta in pezzi. Quindi
il loro universo
era sano e salvo? La vicenda si sarebbe chiusa con un bel "E vissero
tutti
quanti felici e contenti"? Non
esattamente, ma andiamo per ordine.
Ino, per tutto il resto di quella bizzarra notte, fu di supporto
all’ Hokage con
la sua innata abilità del proprio Clan, con un casco
sensoriale in testa
strillava come un’aquila ad i presenti sulla torre di
controllo, informandoli
sulla rotta dei detriti. Quando la minaccia fu sventata
aiutó assieme agli
altri shinobi nel far rientrare gli abitanti precedentemente evacuati
dal
Villaggio. L'ultima persona da riaccompagnare era un anziana vedova,
una
storica cliente del suo negozio che, non appena la riconobbe, le chiese
di
riaccompagnarla alla sua abitazione, agli estremi del Villaggio,
accanto alla
delimitazione che portava alla foresta.
Quella vecchietta
ossuta continuava a
ciarlare di chissà cosa a ruota libera, ma per Ino era ormai
diventato solo un
ronzìo costante; bastava ignorare, annuire, sorridere a caso
e soprattutto fare
il proprio dovere. Si trattava di una cliente molto cara al suo defunto
padre,
quindi la bionda non se la sentì davvero di tirarsi
indietro, nemmeno quando la
vecchietta sospirò: Che mal di
piedi! Ci
vorrebbe proprio qualcuno che mi portasse in spalla."
Purtroppo per lei, Ino la sentì forte e chiaro.
"Un
tempo ero molto bella anch’io, Ino-chan.
Proprio come lo sei tu adesso. Ma dovresti riguardarti e pensare alla
tua
salute già da ora... Non sarai poco coperta, figliola?" le
disse, materna,
mentre copriva anche le spalle della ragazza con una
estremità del suo scialle.
"Grazie,
Mifune-san.." sorrise la bionda,
cercando di essere il più cordiale possibile; anche se l'
aveva vista eccome
asciugarsi prima il naso e poi la fronte con quella... roba di lana
durante il
tragitto, dovette ammettere a sé stessa di trovare piacevole
quel tepore contro
la sua schiena.
Questo conferma la
teoria che, in
quell'universo, il freddo di dicembre era come.. Il freddo di dicembre
che c'è
un po’ ovunque. Ino
prese in
considerazione l'idea di comprarsi finalmente un cappottino. Magari
viola, del
suo colore preferito.
“
Puoi farmi scendere qui, bambina, ecco casa mia.
Grazie, sei stata molto gentile.”
“Si
figuri, la aspetto al mio negozio, passi quando
vuole. I saldi per il Rinne Festival da noi continuano fino alla fine
di
Dicembre!” rispose la ragazza, facendo sorridere
l’anziana. Sì, ogni tanto Ino
sapeva anche essere spontaneamente gentile, soprattutto quando si
parlava del
suo amato negozio. E di soldi.
“Mi
sembra di sentire parlare il tuo caro padre..!
Quando è così, ne approfitterò per
passare a prendere una bella corona di fiori
da mettere sulla tomba del mio defunto marito. Porta i miei saluti
anche a
Shikamaru-kun. Anche lui è davvero un caro, gentile ragazzo.
Sembra ieri che
eravate a giocare alla famigliola
felice nel tuo negozio!”
“..Senz’altro,
signora.” mormorò la bionda, ma lo
fece invano
perché che la vecchietta se
ne era già
rientrata nella sua
abitazione. Vecchiaccia irriconoscente!
Durante
il tragitto per tornare a casa Ino camminava
lentamente per la strada ormai deserta, quasi accostata al muro che
separava la
foresta dal villaggio.
Era
stanchissima, e adesso anche di mal umore : usare
il chakra a lungo, riaccompagnare a casa propria e rassicurare gente
che si
spintona senza motivo, quando poi si è diretti tutti nella
stessa direzione...
E poi, infine,
sentir nominare
Shikamaru. La cosa l’aveva innervosita. Diamine,
più che innervosita.
Per quanto
assurdo potesse sembrare l'aveva proprio fatta arrabbiare di brutto.
Il
motivo risaliva a qualche mese fa, quando Shikamaru
era rientrato da una missione dal villaggio della Sabbia ed aveva
invitato sia lei
che Choji a mangiare al solito BBQ
Coreano.
Già, la fatidica sera che aveva detto "Adieu!" al suo
cuoricino, per
innamorarsi perdutamente del suo migliore amico. Non Choji, per
carità.
Shikamaru.
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"Se
vi ho invitati io qui, perché avrei dovuto
mangiare qualcosa prima di venire…?"
Shikamaru
inarcò un sopracciglio,
guardando Choji ingozzarsi a più non posso di carne arrosto.
Diamine, era il suo
migliore amico, ma in
certi momenti sembrava avere un cervello che riusciva ad elaborare solo
due
azioni: mangia, e ingoia.
"Ed
io che ne so. Non hai toccato nulla fino ad
adesso! Magari hai già mangiato qualcosa. "
Il
Jonin scosse il capo, concedendosi un piccolo sorrisino. Sì, era
diventato un Jonin dopo la Quarta
Grande Guerra, mentre i sue due debosciati amici lì presenti
erano ancora
semplici chuunin.
"Choji, guarda che sia io che Shikamaru non siamo più
nell'età della
crescita, e non abbiamo bisogno di mangiare così tanto. E
nemmeno tu!"
Ridacchiò Ino ai lamenti del suo buon amico dall'ossatura
grossa, mentre faceva
un gesto di assenso col capo a Shikamaru, che prese un pezzo di carne
cotto a
puntino proprio dal
suo lato. Il BBQ
coreano funzionava così,
c’erano
disposte sul tavolo due griglie con della carbonella costantemente
ardente, su
cui si potevano cuocere carne e verdure. Carino, eh?
Lo sguardo di
Ino si soffermò quasi per caso sulla mano di Shikamaru: le
sue dita reggevano
le bacchette con fermezza, Certo che aveva delle belle mani maschili,
non lo
aveva mai notato. Istintivamente
e con
fare indagatore cercò
qualcos'altro e
venne colpita dalla notevole muscolatura che il suo amico d'infanzia
aveva
sviluppato recentemente…
Niente male davvero! E che dire della sua espressione? Con occhi nuovi (se li era
appena rifatti
scrutando impunita le braccia scolpite del suo migliore amico)
potè notare che
non aveva più quell'aria perennemente annoiata, da mezzo
deficiente, ma al suo
posto vi era una composta e seria espressione. Per la prima volta , Ino
pensò che
Shikamaru sembrasse quasi
affascinante.
"E'
da un bel po’ che non uscivamo tutti
assieme!" Choji portò l'attenzione su di sè. No,
lui non era cambiato
tanto. Era il
solito Choji, corredato
ora da un ispido pizzetto. Spiacente
di
comunicare che il suo numero non è reperibile: in questo
universo non esistono
i telefoni cellulari.
"Shikamaru è impegnato con l'Unione e gli ordini
dell'Hokage, Choji. Non
ha tempo di uscire a divertirsi con
noi." Lo ammonì Ino. Un altro punto a favore del Jonin, che
lo rendeva
ancor più interessante: Shikamaru era diventato recentemente
Capitano di una
sua squadra scelta di Shinobi.
Chissà com'era vederlo abbaiare ordini a destra e sinistra
ai suoi uomini…
"Questo
lo capisco, però…" protestò Choji,
rivolgendo un occhiata dispiaciuta al suo amico, il quale gli rispose
prontamente con un mezzo sorriso, come se avesse profondamente
apprezzato che i
suoi compagni sentissero la sua mancanza.
"Shikamaru..
tutto bene? Sembri così
distratto." Chiese improvvisamente Ino, con un tono così
tenero di cui si
soprese lei per prima. Choji nemmeno
la
stava ascoltando, perché... diamine, vi sfido a indovinare
cosa stesse facendo.
"Hm… Non è nulla. Avevo solo voglia di vedervi,
ragazzi." Sorrise lui
cordiale.
Fu un sorrisino
semplice, niente di
particolare. Probabilmente era solo contento che lei, la sua migliore
amica, si
fosse preoccupata per lui, ma non fu esattamente lo stesso per lei.
Il suo cuore
iniziò senza preavviso a
battere fortissimo.
"Ah..
va bene."
Shikamaru prese
un’altra listarella di
carne, mangiando in silenzio. Choji anche. Cominciarono poi a
parlottare tra di
loro di qualche episodio (imbarazzante) del passato, come quando il
povero
Asuma non potendo pagare il conto di un pranzo offerto a Choji, dovette
lavare
le stoviglie del ristorante per una settimana. E risero, spensierati
come i
ragazzini che ormai non erano più.
Ino
sorrideva di tanto in tanto, non riuscendosi però a non
pensare a ciò che era
successo prima. Lui sorrideva, ignaro di lei che non riusciva a
staccargli gli
occhi di dosso.
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Come colta da un fulmine ebbe un sussulto. Si trovava vicino alle porte
del
Villaggio. Come diamine ci era finita lì, casa sua era dalla
parte opposta!
Immersa nei suoi pensieri non aveva nemmeno fatto caso a dove stesse
andando.
Sperò con tutto il cuore di non aver pestato niente di
anomalo.
“Cosa stavo dicendo...? Ah sì, Shikamaru. Quella
sera gli ho nominato tutti i
ragazzi con cui sono uscita e non ha fatto nemmeno una piega! E quando
ci siamo
separati dopo la cena non mi ha nemmeno riaccompagnato a casa! E'
sempre il
solito maschilista e misogino che.. ma, un momento. Ma
perché me la sto prendendo
così tanto? ...e perché sto parlando da sola...?
Ino Yamanaka…perdi colpi! Hai
un ragazzo adesso. Perché parli da sola di un uomo che, per
giunta, è
Shikamaru? Devi
essere impazzita.”
Già, fidanzarsi con un tizio quando in realtà te
ne piace un altro. Perdi
davvero colpi, Ino!
Mentre
stava avendo quella conversazione di qualità con
sè stessa, sgranò
improvvisamente gli occhi guardandosi intorno. Le era parso di sentire
un
rumore metallico provenire dalla foresta, ma nel silenzio che
seguì dopo non
avvertì più nulla. Forse me lo sono immaginato,
pensò. Scrollò il capo,
tornando a camminare. Improvvisamente quel rumore tornò a
farsi sentire. Le
porte del Villaggio erano rimaste aperte, da dove lei uscì
appena fuori. Alla
guardia della torre di vedetta non c’era nessuno,
l’emergenza aveva mobilitato
tutti nel Villaggio.
Si guardò intorno, ma non vide nè
sentì più nulla. "Proviene dalla foresta.
C'è qualcosa..lo sento."
Mettendo da parte le puerili preoccupazioni di prima, si
concentrò meglio su quella
sensazione. Puntò un ginocchio al terreno e chiuse gli
occhi, mentre
Intrecciava le dita come quando era pronta per lanciare un jutsu: la
sua
abilità sensoriale identificò immediatamente la
fonte. Non sapeva chi o cosa
fosse, sapeva soltanto che, in quel momento, stava provando un
grandissimo
senso di malinconia che le arrivò fino al cuore.
Istintivamente si sentì da
esso così attratta che si incamminò da sola verso
il luogo da cui sembrava
provenire. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo. In qualsiasi universo
non si
dovrebbe mai controllare una cosa del genere da soli, di notte. Anche
se si è
una kunoichi in grado di friggere il cervello con il suo jutsu di
sconvolgimento spirituale. Riusciva a vedere poco a causa del buio, e
durante
il cammino inciampò in qualcosa. Si voltò di
scatto per guardare meglio:
sembrava essere un grosso sacco.
"Ma che diamine...?"
Era
effettivamente un sacco aperto, ed era pieno di
grossi amuleti fatti di legno
e ferro
che a lei sembrò di riconoscere subito, alcuni erano
sparpagliati sull'erba.
Erano tondi e piatti, grossi quanto una noce. La loro liscia superfice
di
metallo scintillava alla pallida luce della luna.
"...questi
li vendevano dove ho preso il regalo
del Rinne Festival per Sai. Forse un predone ha approfittato della
bancarella
vuota durante l’evacuazione, e stava fuggendo con il suo
bottino. Sono ciondoli
di buona qualità, avrebbe potuto rivenderli. Ma poi,
spaventato dalla pioggia
di detriti ha lasciato tutto quanto, fuggendo via.” La bionda
sospirò rassegnata,
piantando una mano su di un fianco, scoprendo che quella sera avrebbe
dovuto anche
acchiappare un ladruncolo. E noi ancora più rassegnati di
lei, scopriamo che si
è fidanzata con Sai, una sottospecie di brutta copia di
Sasuke Uchiha.
"Forse
è proprio lui quello che ho sentito qui
attorno.. deve essersi pentito ed è tornato indietro. Ed
io... ed io sto di
nuovo parlando da sola. Hey, tu!"
Sbottò lei improvvisamente, con voce
estremamente annoiata.
"Ovunque tu sia, esci fuori! Se
ti
scusi col padrone della bancarella sarai perdonato, forse. Ma questa
foresta
non è sicura. Esci allo scoperto!" Nessuna risposta. "Okay,
allora
muori. Ma questa roba viene con me. E torna dal suo proprietario..."
Fece per chinarsi sugli amuleti rimasti sul terreno, rimettendoli alla
rinfusa
all'interno del sacco. Erano tutti lisci e senza alcun
intaglio… tranne uno.
Gliene
capitò
tra le mani uno estremamente particolare, ed anche
piuttosto inquietante
a suo dire: era rotondo e della stessa dimensione degli altri, ma sulla
lastra
di metallo montata sul legno era intagliato un disegno di due serpenti che si
mordevano la coda a
vicenda.
"Sono
intrecciati tra loro.." osservò
la bionda "..e sembrano formare
un cerchio."
Un
cerchio molto simile al simbolo del Rinne
Festival, il Rinne
appunto, il cerchio
infinito della morte e della rinascita. Con quello strano pensiero in
mente, le
venne l'istinto improvviso di provare l'amuleto al collo. In qualsiasi
universo
vi possiate trovare.. lo so che lo sapete, è quasi superfluo
ricordarlo. Ma
comunque: non andrebbero MAI messi degli amuleti di dubbia provenienza
al
collo. Ma Ino parve dimenticare quella regola fondamentale. Non era mai
stata
una persona incauta, non era nemmeno sicura del perché delle
sue azioni. Era
come se qualcuno la stesse quasi supplicando di farlo, come se una voce
estremamente
triste le stesse dicendo "Ti prego, indossalo.". E non se ne
curò
nemmeno mentre apriva la catenella e la agganciava dietro al collo,
scostando i
capelli.
Accadde tutto quanto in un istante.
Il
rumore delle foglie che proveniva dagli alberi
iniziò a riecheggiare debole, sempre più debole
nelle orecchie di Ino, fino a
suonare come delle gocce d’acqua che cadono in lontananza.
A causa dei meteoriti che avevano colpito casualmente il territorio, si
respirava nell’aria un odore tiepido e minerale, e a lei
sembrò come trovarsi
sul fondo di uno stagno. Non riusciva a muoversi, non riusciva a
chiamare
aiuto. L'amuleto
improvvisamente prese ad
illuminarsi di una luce bluastra, quasi accecante, svanendo. Non si era
semplicemente dissolto, assolutamente no. Era
svanito nel suo corpo, affondato dentro di
lei come se fosse stato poggiato su di uno specchio d'acqua, e
affondato subito
dopo.
Ino
rimase ad occhi sgranati, nel buio, tastandosi
nervosamente il
collo e il centro del
petto.
No, non c'era. La collana e quello strano amuleto non c'erano
più!
"Che
cosa è appena successo? ...Dove diamine è
finito?”
Si
accorse di essere
addirittura crollata sulle ginocchia, e si
guardò spaesata attorno.
Il sacco era ancora
lì, gli amuleti non
raccolti erano ancora sparsi. E soprattutto, non c'era alcun ladro. La
cosa più
logica da fare in quel momento? Andarsene, ovviamente.
Perché farsi prendere dal panico, quando puoi ignorare
l'accaduto? Come se non
fosse successo niente.
"Va
bene, è stata una lunga notte per tutti. La
spiegazione più logica è questa: sono stanca,
molto stanca. Ho
sentito il sacco rovesciarsi, sono uscita
qua fuori ed evidentemente ho respirato i fumi di qualche pianta
allucinogena
bruciata dai detriti! Ah, deve essere per forza così! Per
quanto mi riguarda
quel tizio può anche starsene nella foresta, io me ne torno
a casa!”
Si rialzò in fretta e furia, ridacchiando nervosamente, e
scrollandosi la terra
dalla lunga gonna. Rientrò al Villaggio e a nervose falcate
si diresse verso
casa. Stava bene, no? Sudava freddo, ma stava benissimo. E quella era
la cosa
più importante.
"Una bella dormita e passa tutto qua- ed io sto continuando a parlare
da
sola. Fantastico...devo averne respirato davvero parecchio, di fumo."
Giappone, Hokkaido.
Da
qualche parte nel tessuto dimensionale, in una
stanza illuminata al minimo, delle apparecchiature dall'aspetto di
grossi e
complessi computer da lavoro scientifico furono messe in funzione.
L’unica
porta fu chiusa ermeticamente da un avanzato sistema di sicurezza. Era
una
procedura proibita quella, e lui lo sapeva bene.
“Esperimenti quantistici di
questo calibro sono pericolosi. Ed
in
più non ricoprono il nostro budget.”, gli avevano risposto così
quei vermi con cui era suo
malgrado costretto a lavorare ogni giorno. Che fossero pericolosi a lui
non
interessava affatto.
Tanto peggio, anzi, tanto meglio. Gli esseri umani sapevano essere
davvero miserabili.
Era per questo che aveva scelto quel laboratorio immerso nel verde di
una
sconosciuta foresta, lontano da occhi indiscreti. Non aveva bisogno di
teorie
per sapere che la sua dimensione non era che una delle tante dimensioni
possibili,
ma di coordinate tangibili per accedervi.
Vi era un modo per
accedervi?
Assolutamente sì.
Come faceva lui a saperlo? Lo
sapeva
a basta.
Dei fari alonati si accesero, riflettendo una grande lastra nera su cui
una
piccola riproduzione
olografica minuziosamente ricostruita del pianeta Terra giaceva al
centro.
Un rapido susseguirsi di tasti e dei macchinari per una accurata
registrazione
vennero attivati; essi calcolarono coordinate, misurarono distanze in
maniera
millimetrica.
Raccolsero innumerevoli “informazioni”, questo era
il termine che lui utilizzava, che
vennero trasferite
sulla proiezione del pianeta.
Quell'ologramma venne circondato da un anello di una luce blu
fatiscente, che
giró per qualche istante attorno ad esso. Quel cerchio si
infranse dopo qualche
minuto sotto il suo vigile sguardo. In quegli occhi in cui si
rifletteva
l'immagine della Terra vennero adombrati da una muta collera, come se
quelle
immagini fossero scorse innumerevoli volte fino alla nausea, e come se
ci
fossero anche altre ragioni personali per cui odiarla. Ed era proprio
di odio
che quegli occhi sinistri ormai si nutrivano, ripetendo e ripetendo
ancora quei
movimenti senza perdere mai la speranza di leggere su uno di quei
monitor un
esito che fosse finalmente positivo.
RICERCA ED ANALISI COMPLETATA
Rilevata una Dimensione che rispetta i criteri della ricerca.
N°72,00000
Fonte di energia denominata CHAKRA,
PRESENTE
Campo di perturbazione ATTIVO, PRESENTE
La
sua voce ruppe quel
silenzio bianco fatto
di soli rumori telematici. Lui sembrava sconvolto, decisamente
sconvolto. Finalmente
un contatto. Finalmente
qualcosa da cui iniziare.
"..ha trovato la dimensione da cui
provengo! Ma allora..."
Improvvisamente, un suono simile ad una debole
sirena annunciò un
secondo cerchio di colore rosso che circondò il globo, e
cambiò la luce soffusa
di colore blu che illuminava la stanza in una sinistra colorazione
rossa, ed un
ennesimo messaggio apparì sul monitor.
ANALISI PERTURBAZIONE
CAUSA Oggetto ad densità quantica superiore al 97%
IDENTIFICAZIONE, Oggetto conforme al soggetto “R I N N
E”
"Il Gioiello
è finalmente risorto
dal suo antico torpore! Durante la prossima perturbazione
avrò le coordinate da
seguire per ritornare nella mia dimensione d’origine, e mi
riprenderò ciò che
mi appartiene. Molto presto.. non esisterà che un solo ed
unico universo. Per
sempre.”
Dei
tasti diedero il comando alla lastra di disperdere la proiezione del
globo
virtuale che si sgretolò come sabbia. Lui guardò
la proiezione della Terra distruggersi,
con inquietante soddisfazione.
Nella stanza riecheggiò non più il rumore dei
macchinari, ma solo quello di una
risata diabolica.
Around the Corner
Grazie per aver letto il primo capitolo di “Rinne”!
Che cosa ne pensate?
Vi piace l’immagine dell’amuleto? In
realtà è una versione Steampunk di un Auryn,
ma mi è piaciuta così tanto quando l’ho
trovata online che mi ha ispirato per
questa storia. In
“dietro l’angolo” mi
troverete sempre qui a scrivere cavolate.
Interesserà a qualcuno ciò che
scrivo…?Ho scelto volutamente un tema a cui mi
sono appassionata recentemente, la fisica quantistica. Leggerete di
alcune sue affascinanti
teorie per spiegare molte cose che troverete durante la storia.
Come indicato nel genere, questa storia sarà anche una What
If, ma fino ad un
certo punto la trama seguirà gli avvenimenti
dell’opera originale, quindi il
manga e il recente
ultimo film “The
Last”.
Vi è piaciuto The Last, ed il finale del manga? Vi
aspettavate di vedere altro?
Io ci avrei giurato che Shikamaru sarebbe stato messo con Temari, ma lo
avrei
preferito con Ino!*momento fangirl estremo*
Ho scritto questa storia anche per questo, ma ci saranno ovviamente
anche altre
coppie. Lo so che volete le coppie! E avrete le vostre coppie, ve lo
posso
garantire. La scena del BBQ Coreano la potete trovare nella novella
Shikamaru
Hiden che sto attualmente leggendo,ovviamente è stata
riadattata. Non ho mai
provato la cucina coreana, ma trovo che sia divertente quanto bizzarra
l’idea
di arrostirsi da soli la “materia prima” che ti
viene servita assieme al
contorno, anch’esso da arrostire. Insomma, quando ho voglia
di andare a
mangiare fuori lo faccio perché non mi va di cucinare.
Immaginatevi a
raccontarlo ad un amico:“Ieri sera non avevo voglia di
cucinare a casa mia..
quindi me ne sono andato a cucinarmi la carne in un
ristorante!” E’ un po’ una
contraddizione. Ma sto divagando.. tornando a noi, i racconti Hiden
series sono
delle novelle di un centinaio di pagine, e sono quasi delle fanfiction
scritte
più o meno bene. Personalmente credo che nei 72 volumi che
questo manga conta
si avrebbe potuto parlare anche dei
personaggi minori in maniera più accurata. E invece abbiamo
delle fanfiction
canon. Leggete piuttosto la mia! *ride*
Alla prossima!
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Capitolo 2 *** The Age Of Reason ***
“Siamo
stati spinti a credere che il mondo
esterno sia più reale del mondo interiore.
E se invece quello che succede dentro di noi crea ciò che
accade al di fuori di
noi?”
Vicino (ma non troppo) Konohagakure, Paese del Fuoco
Mentre il Villaggio della Foglia faceva rientrare
i suoi abitanti, la
squadra di recupero di Hanabi era ritornata indietro attraverso il
varco che
Toneri Otsutsuki aveva creato per muoversi tra la Luna e la Terra, un
attimo
prima che esso si chiudesse, non prima però di avere
celebrato con un adorabile
momento al limite della stucchevolezza (con tanto di bacio al chiaro di
luna)
l’amore appena sbocciato tra Naruto ed Hinata. Il gruppo si
era ritrovato
distante due giorni di viaggio da Konoha, ma con le illustrazioni
uccello
avrebbero potuto coprire la distanza in mezza giornata.
Ma l’arrivo di un’improvvisa tormenta di neve
(probabilmente causata dai
cambiamenti lunari, o dal bacio tra Naruto e Hinata, chi può
dirlo) aveva intoppato
i loro piani e, dopo essersi riparati in una caverna, attendevano
pazientemente
che passasse.
“Ci mancava soltanto la tormenta di neve. E fin quando non
smette…” Sakura si
interruppe per lanciare con la sua indiscutibile grazia un pezzo di
legno ad
alimentare il fuoco, mentre esalava l’ennesimo sospiro
infastidito. “Già, mi
chiedo proprio quando avrà intenzione di smettere!”
Naruto, che in quel momento era seduto lì accanto al fuoco e
teneva Hinata
seduta tra le sue gambe, che cercava timidamente di divincolarsi dalla
sua
presa, fu colpito dalle ceneri incandescenti volate via dal fuoco.
“Oww! Fai
attenzione, quella roba poteva colpire Hinata, lo sai!”
Hinata cercò debolmente di giustificarlo, ma fu costretta da
Sakura e dal suo
sguardo da sta zitta e vieni qui ad
alzarsi tra i lamenti di sconforto di Naruto e andarsi a mettere
accanto a lei.
“Sakura-san, per favore non arrabbiarti con lui. Stava
cercando solo di
scaldarmi un pochino…”
Sakura rise beffarda. “E tu ti fidi di questo qua? Ma per
favore! E in quanto a
te” replicò poi seccata, puntando
l’indice verso il biondo “se ti rivedo le tue
zampe in… Atteggiamenti equivoci stai pur certo che lei non
avrà più niente da
temere, perché il prossimo te lo tiro direttamente in mezzo
agli occhi.”
“Non mi sembravano poi così equivoci i suoi
movimenti,” Intervenne Sai, che era
poco più distante a riordinare i suoi innumerevoli rotoli e
pergamene. “le sue
mani erano inequivocabilmente sulle sue tette.”
“Sai! ” gli urlò in risposta Sakura,
indicando sgomenta Hanabi Hyuuga poco
distante “C’è una ragazzina
presente…!”
“Nee-san, guarda che io non sono una bambina, lo so
cos’è una tetta. Ne ho due!”
Hanabi ridacchiò alla vista della sua non poi
così timida sorella arrossire
fino alla radice dei capelli; con una mano libera dalla rivista che Sai
le
aveva prestato alle sue continue lamentele di noia, diede il cinque a
quest’ultimo. “E poi non per vantarmi, ma ho un
certo livello di esperienza su queste
cose.”
Sakura rimase completamente senza parole: non si era mai definita una
puritana
ma per la miseria, dov’erano finito il buon gusto e il decoro
di tutti? “Shikamaru,
ti dispiacerebbe dire qualcosa alla tua squadra?”
Ma Shikamaru non rispose, senza alzare nemmeno gli occhi da una mappa
che
sembrava stesse studiando meticolosamente. Sapeva benissimo
dov’erano, quella
mappa era piuttosto un mezzo per isolarsi e rimanere un po’
da solo con i suoi
pensieri. Sembravano tutti impazienti di ritornare al Villaggio, tranne
lui.
Piuttosto, aveva già deciso che una volta tornato a Konoha,
quando sarebbe
andato nell’ufficio dell’Hokage per fare rapporto
avrebbe chiesto un periodo di
congedo da trascorrere a Suna.
Voleva soltanto passare del tempo con la squadra Shinobi che aveva
gestito più
volte durante le sue missioni nel Villaggio della Sabbia, la gente che
popolava
la sua vita militare ed era ormai abituato ad avere intorno nel suo
quotidiano.
E ovviamente voleva rivedere Temari, a cui era legato sentimentalmente,
quella
donna complicata che, pur essendo più grande di lui tre
anni, sapeva come
scaldargli il cuore. Ed erano proprio quelle cose che in quel periodo
facevano
di lui l’attuale Nara Shikamaru. E perché mai ne
aveva bisogno così
urgentemente? Perché durante quella missione era successo
qualcosa, qualcosa
che ancora una volta l’aveva fatto dubitare di sé
stesso, dei suoi desideri.
Nel lago trovato giorni prima, nelle profondità di un grotta
calcarea, era
rimasto vittima assieme agli altri di un genjitsu che aveva
intrappolato le
loro menti in avvenimenti del passato, e Shikamaru aveva rivisto tutti
i suoi
più bei ricordi da quando aveva memoria: la sua adolescenza,
gli allenamenti
con il suo clan quando era ancora guidato dal suo defunto padre, e
quelli con
il suo team ed Asuma, giornate di pura spensieratezza.
Ma un ricordo in particolare, che si era presentato apparentemente
innocente, e
che riguardava uno dei tanti momenti in cui lui si godeva il piacere di
riposare senza alcuna preoccupazione, ai tempi dei suoi primi
allenamenti sotto
l’ala di Asuma lo aveva lasciato nello stato di inquietudine
in cui era adesso.
Quell’illusione era stata ricostruita in maniera meticolosa,
persino il
venticello caldo che gli accarezzava la pelle sembrava reale. Non aveva
riconosciuto subito quel momento, che era sembrato uno dei tanti,
dopotutto
distendersi a guardare le nuvole era sempre stato il suo hobby
preferito dopo
lo shogi. Ma la voce che aveva udito gli aveva all’istante
chiarito le idee.
________________________________________________________________________________________________
“Certo, è disteso
lì come se avesse colto
patate per tutto il giorno…”
Girò appena la testa verso di lei: Ino, che in
quella famosa giornata aveva
avuto sì e no dodici anni, avanzava verso di lui, con fare
calmo e pacato, le
sue esili braccia incrociate dietro alla piccola schiena.
C’era qualcosa di
diverso in lei rispetto ad allora, i suoi capelli che teneva sempre in
una alta
e distintiva coda le ricadevano ora sciolti sulle spalle, come usava
portarli
da adulta.
Per il resto era vestita come un tempo: fasciatura a tre quarti di
gamba, una
pratica gonna ed una maglietta corta alla moda, viola orchidea. Alle
braccia
aveva dei manicotti bianchi e ai suoi piccoli fianchi ancora acerbi era
legato
il suo coprifronte, che fungeva da cintura alla gonna.
“Asuma ti sta cercando, non
può
incominciare solo con me e Choji.”
“Che seccatura... Io passo. Vai pure senza di
me.” Replicò Shikamaru,
esattamente come quella volta, senza nemmeno rendersene conto.
Esattamente come
quella volta… Forse era per quello che la sua compagna di
team gli sembrava
così minuta. Ino si abbassò al suo livello, e gli
si sedette accanto
abbracciando le proprie ginocchia.
“Ha detto che se non vieni ci
darà una
punizione collettiva.”
“Fa proprio sul serio quell’Asuma, eh?
Digli che mi fa male lo stomaco.” La
sentì sbuffare, e muoversi dal prato. Sapeva che non stesse
realmente andando
via, ricordava benissimo come sarebbe andata a finire.
“Adesso te lo do io un buon motivo
da
farti venire mal di stomaco.”
Eccolo lì, pensò Shikamaru. Stava per
arrivargli un pugno nello stomaco. Ma
quanto male gli avrebbe mai potuto fare, coi suoi piccoli pugnetti da
bambina?
Chiuse gli occhi, riaggiustandosi meglio le mani dietro alla nuca. Ma
con sua
enorme sorpresa si ritrovò a sentire un tocco decisamente
più delicato, come
quello delle labbra di lei che premettero contro le sue.
Riaprì gli occhi: si ritrovò davanti la donna che
Ino era diventata e non più
la bambina dei suoi ricordi, e il suo florido seno premeva contro il
suo petto.
Lei si staccò solo dopo un lungo istante dove quel bacio era
mutato in qualcosa
di più maturo e sensuale, la punta del suo naso che ancora
premeva debolmente
contro la sua, provocandolo con tono infantile.
“A-ah, Shika. Hai appena baciato una
femmina.”
Era bellissima, fin da piccola lo era sempre stata. Per
quanto in passato lui
fosse stato un bambino pigro e totalmente disinteressato
all’altro sesso, era
inutile negare che durante l’adolescenza si era soffermato
più di una volta a
guardarla quando era distratta, cercando però di non
dimenticare che si
trattasse di Ino, l’insolente boccaccia che era cresciuta con
lui come una
sorella e guardandosi quindi dal non approfondire mai
quell’attrazione. Ma in
quel momento, in cui lei era semi distesa su di lui, e lo guardava con
i suoi
occhi verdi che sembravano persi in chissà quali indecenti
fantasie; aveva
l’aria di essere pronta a rendere reale ogni suo desiderio, e
niente sembrava
avere più importanza. Era forse un sogno, quello? Cosa
diamine stava
succedendo?
Lui le sorrise, mentre lei lo sovrastava circondandogli le affusolate
gambe
alla vita, facendolo rabbrividire alla frizione che si era creata tra i
loro
corpi. Il suo autocontrollo era agli sgoccioli. Aveva provato a
ricordare
disperatamente Temari e il suo sorriso noncurante, ma tutto sembrava
così lontano
ed astratto in quel momento…
Di reale sembrava esserci solo Ino, il delizioso profumo fiorito dei
suoi
capelli, e i suoi sentimenti per lei che erano tornati inspiegabilmente
a
tormentarlo, a distanza di anni. Stavolta fu lui ad avvicinare le
labbra, fino
a quando non furono separate solo da un respiro. “E sto per
farlo di nuovo,
seccatura…” Improvvisamente il cielo e il prato
intorno a lui sparirono. E, con
esso, anche quella pericolosa tentazione.
“Shikamaru…! Shikamaru, svegliati!”
Riaprì gli occhi. Era riverso sul pavimento della cava di
prima, il lago in cui
si erano immersi brillava di una sinistra luce verdognola, e accanto a
lui
c’era soltanto Sakura, che nel vederlo di nuovo cosciente
tirò un sospiro di
sollievo.
“…Cosa diamine…?”
sbottò il Jonin, passandosi le mani sul volto.
“Siamo caduti tutti in una crudele trappola. Quest’
“acqua” è piena di sfere
create da un potente genjitsu che intrappola la mente della vittima in
ricordi
del passato. Gli altri sono ancora lì dentro, in preda alle
visioni.”
Shikamaru era combattuto sul maledire la
tempistica di Sakura, o meno. Lo
aveva svegliato troppo tardi, o fin troppo presto...? “Che
sporco trucchetto
ignobile. Andiamo, non c’è un minuto da
perdere.”
_______________________________________________________________________________________________
Shikamaru rialzò i suoi occhi dalla mappa sospirando,
incontrando lo sguardo
dei presenti. In qualsiasi modo stessero le cose, un congedo da passare
a Suna
avrebbe sistemato tutto. Via il dente, via il dolore.
“Naruto, calma i tuoi ormoni fino a quando non arriveremo
alle porte del Villaggio,
una volta lì qualsiasi cosa tu faccia con Hinata non
sarà più un nostro
problema. Hinata. Hai compilato il rapporto che ti avevo chiesto? So
che hai
agito in buona fede seguendo Toneri fin dentro il suo castello, ma hai
deciso
di fare da sola quando l’Hokage ha esplicitamente inviato una
squadra ad
investigare. Necessito di consegnarlo all’Hokage assieme al
mio, e se non lo
hai fatto lo comporrai nell’ufficio dell’Hokage
stesso. Sai, leva quella
rivista inappropriata dalle mani di una minorenne e prepara le
illustrazioni
uccello, la tempesta fuori è finalmente cessata.
Muoviamoci.”
Tutti ebbero un brivido alla freddezza al modo in
cui Shikamaru aveva
dettato loro gli ordini, l’unica entusiasta sembrava Sakura
che si alzò dal
fuoco stiracchiandosi. “Oooh, finalmente un po’ di
rigore! Andiamocene da
questo posto dimenticato da tutti, non vedo l’ora di tornare
a casa.”
“Sakura, tu aspetta un
attimo.” Mentre il resto del gruppo si preparava
raccogliendo le poche cose che avevano lasciato in giro per la caverna,
Shikamaru
si avvicinò alla Jonin.
“Qualcosa non va? Non dirmi che dovrei
essere più flessibile, sai bene
che-”
“Non te l’ho chiesto prima perché
avevamo ben altre priorità a cui pensare, ma come
hai fatto ad accorgerti che quello era un genjitsu? Intendo quello
nella cava
calcarea.”
“Ah.. Beh. Ti direi che è frutto degli allenamenti
con Tsunade, anche se nei
miei ricordi ho visto una cosa anomala che mi ha insospettito. Non
è mai
successa a differenza dei miei ricordi, ma non ho mai smesso di sperare
che mi potesse
accadere. Ho visto Sasuke-kun sorridermi, e questo mi ha portato
immediatamente
a pensare che fosse un’illusione.”
“Capisco… Quindi era uno di quei genjitsu che ti
intrappola non solo nei
ricordi, ma anche nei desideri reconditi.” Shikamaru
sembrò esitare nella sua
spiegazione, le cose stavano effettivamente come temeva. Ma ormai aveva
già
preso la sua decisione.
“Già, probabilmente è
così” Sakura sorrise cordiale aggiustandosi su di
una
spalla una borsa da viaggio. “Beh, se non
c’è altro direi che possiamo andare.”
Shikamaru annuì, ed insieme si avviarono verso
l’uscita, dove li attendevano
gli altri.
“Io voglio dividere la mia illustrazione uccello con Hinata,
come all’andata!”
“Naruto, lo sappiamo tutti che vorresti dividere ben altro
uccello con lei.”
“SAI!”
Giappone, Konoha (Nello stesso momento)
Konoha era una città di provincia, uno di quei
paeselli amati da tutti e rinomato
per la specialità tradizionali, la cordialità e
la riservatezza dei suoi
abitanti ed, ovviamente(,) per la loro distintiva civiltà.
Strade pulite, gente
che rigava dritto, fiorente economia… Insomma,
all’apparenza era un posto
stupendo. Ma, come in tutte le cose belle, c’era sempre la
fregatura. Konoha
era piccola, troppo piccola per le anime che la abitavano.
Magari non per gli anziani lavoratori o per le famiglie, ma lo era per
i
giovani che ad una certa età si spostavano tutti per andare
a vivere da soli in
centro, per frequentare gli studi, in cerca di libertà ed
indipendenza. Ma
qualcuno di quei giovani era ritornato lì, ma soltanto per
rompere definitivamente
il suo cordone ombelicale con quella piccola città.
Ed in quel momento, aveva trovato ciò che cercava: quattro
biglietti aerei per
Hokkaido. Beh, non si trattava della consapevolezza di sentimenti a
lungo
assopiti, come accadeva per Shikamaru che si trovava in una dimensione
lontanissima da Konoha, ma era pur sempre qualcosa che serviva al
momento all’ altro
suo sé stesso disteso su un ampio divano di pelle bianco,
dove una piccola
bruciatura di sigaretta ne comprometteva l’aria costosa, con
un tablet tra le
mani.
“Pà, ho preso i biglietti.”
Dall’altra parte della stanza si
sentì qualcuno urlare va bene,
e dei passi che si avvicinavano
al soggiorno “I tuoi grafici li ho già controllati
io. Vieni a mangiare
qualcosa, vedrai che i nostri pass arriveranno in serata.”
Era uomo di mezz’età
con una bassa e corta coda di cavallo, vestito di una semplice T-shirt
e jeans,
che si sedette sul bracciolo del divano. Il ragazzo alzò gli
occhi dal tablet e
lo ripose accanto a sé, mettendosi seduto.
“Siediti qua, lì non va bene. Certe cose non sono
permesse neanche a me!”
ridacchiò Shikamaru, osservando suo padre roteare gli occhi
per aria e sedersi
al suo fianco. “Ho lo stomaco chiuso, non mi va di mangiare.
Fino a quando non
mi trovo nella casella di posta quei pass continuerò a
pensarci, è una gran
seccatura. Comunque... Credi sia ok far parlare me? Io non ho
mai-”
L’uomo lo interruppe scuotendo
debolmente il capo. “Lascia che ti dica
una cosa. Se io ed il resto del team abbiamo scelto te come
rappresentante è
perché confidiamo nella riuscita di questo progetto
realizzato tutti, l’idea è tua
dopotutto. Choza ed Inoichi sono d’accordo, siamo tutti
d’accordo. Hai diciannove
anni, hai una mente geniale e sei abituato a parlare al pubblico. Non
lo fai
sempre nei video che pubblichi su MyTube? Per te sarà una
passeggiata.
Quello a cui presidieremo dopodomani è un convegno di
meccanica quantistica
dove abbiamo visto sempre la stessa roba, la stessa gente. I stessi
fricchettoni e fanatici di roba new age che propongo
nient’altro che teorie. Ho
letto il programma, e siamo gli unici a proporre
un’invenzione. Figliolo,
abbiamo un progetto che potrebbe cambiare la qualità della
vita di milioni di
persone nel mondo. Parliamo di applicare il teletrasporto quantistico
ad un
sistema fisico! Dannazione, a volte mi chiedo cosa diamine ci sia in te
che non
va. Hai una tua teoria su come teletrasportare un corpo fisico da un
posto
all’altro, mi dici perché sei così
insicuro?”
Il ragazzo sorrise, ringraziando silenziosamente suo padre per la sua
capacità
di dire sempre la cosa giusta al momento giusto. Alzandosi dal divano e
stiracchiandosi, si riaggiustò la felpa su cui trionfava a
caratteri cubitali
la scritta Stormcloak University.
“Non lo so, pà. Forse è
perché mi hai dato questo nome da periodo Edo, e da
piccolo mi prendevano tutti in giro? Potevi chiamarmi, che ne
so… Ulfric?”
“Vedo che ti è tornata la voglia di scherzare! Lo
sai che sono un
tradizionalista, e comunque guarda il lato positivo. Shikamaru Nara
è un nome
atipico. ”
“Così atipico che la mia maestra delle elementari
era convinta che i miei
genitori avessero problemi col gioco d’azzardo e mi avessero
messo il nome di
un cavallo da corsa... A proposito di scommesse. Allora non mi prendevi
in
giro, è vero che se convinciamo il nuovo finanziatore
ci pagherà
completamente di tasca sua la realizzazione del progetto?”
“Assolutamente sì.” Sentenziò
Shikaku, e Shikamaru inarcò un sopracciglio.
“Ed è anche vero che quel
tizio è uno Yakuza che si nasconde dietro un altisonante
nome da imprenditore?”
Suo padre roteò di nuovo lo sguardo.“Cerchiamo di
non giudicare mai i nostri finanziatori,
di quello se ne occupa la legge. Siamo solo in cerca di un piccolo
aiuto
economico, e soprattutto di permessi per i nostri esperimenti, non
è poi così
importante da dove essi provengano. E a proposito di soldi…
Hai sentito la biondina?”
“Oh, lasciala in pace.”
ridacchiò Shikamaru, spostandosi dal soggiorno.
“Sì, e mi ha assicurato di non aver avuto nemmeno
la forza di fare shopping, lì
in California. Sua madre l’ha messa a mangiare le stesse
schifezze
vegano-crudiste che mangia lei. Torna tra noi nipponici mostri crudeli
divoratori di pesce dopodomani, in serata. Mmh, nominare pesce mi ha
fatto
venire l’appetito. Vado a vedere se Choza mi ha lasciato
qualcosa.”
Around the Corner
A
quanto pare allo Shikamaru dell’altra dimensione è
piaciuto così tanto Skyrim
da comprarsi una felpa su Qwertee. *ride*
Non sono una grande fan perché non amo particolarmente il
genere (anche se amo
i videogiochi), ma mi piace guardare Shockwave giocarci (oltre ad
essere una
fiction writer è anche una Gamer ed una correttrice di bozze
di scribacchine
senza speranza come me, che approfitto di ringraziare per la sua
infinita
pazienza…!) ogni tanto ed è molto divertente se
siete appassionati del genere.
Grazie per avere letto il secondo capitolo di
“Rinne”! A quanto pare abbiamo
scoperto che in una dimensione lontana sembra esserci una variazione
del mondo
ninja e dei suoi abitanti. Personalmente trovo le AU molto divertenti.
Mi
diverto anche a leggere le AU/ What if come “E se Sasuke
Uchiha fosse un
gelataio e vivesse ai giorni nostri?” Insomma,
perché no? Un ninja che si
suppone abbia in fronte gli occhi più potenti del mondo un
giorno di punto in
bianco molla tutto quanto per mettersi a fare il gelataio. Mi pare
giusto.
Anche se mi diverto a leggere certe cose, questa storia sarà
qualcosa di
diverso da una semplice AU. Non ci saranno gelatai, se qualcuno ci ha
sperato
di mi scuso immensamente. La tentazione di scrivere roba demenziale
è forte, ma
devo resistere anche a spunti così allettanti. *ride*
Abbiamo scoperto una dimensione che vive contemporaneamente con
l’altra, anche
se pare che le morti avvenute nella dimensione che conosciamo (Shikaku
indossa
jeans e t-shirt a dicembre inoltrato, ed è vivo e vegeto)
non contino
nell’altro. Continuate a seguire la storia e capirete tante
cose. Ogni
recensione che positiva o negativa sia è ben accetta, fatemi
sapere cosa
vorreste leggere nel prossimo capitolo. Come potete vedere vi ho
allegato un
immagina del nuovo musical di Naruto! Non ci sono balletti,
è più un misto di
parkour e mosse di arti marziali. Qui potete vedere la seconda parte,
la prima
la trovate credo sempre nello stesso canale. Ino e Sakura sono
adorabili, trovo
azzeccatissima la scelta delle attrici! Alla prossima!
|
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Capitolo 3 *** Reminder ***
“Perché
continuiamo a
ricreare la stessa realtà ? Perché continuiamo ad
avere le stesse relazioni?
Perché scegliamo sempre lo stesso tipo di lavoro?
Nell’infinito mare di
possibilità che ci circonda come mai continuiamo a ricreare
le stesse
realtà?Non è incredibile che per noi esistano
molte opzioni di cui non siamo
coscienti? È possibile che siamo così
condizionati dalla nostra vita
quotidiana, dal modo in cui organizziamo la nostra vita, da convincerci
che non
abbiamo alcun controllo?”
Konohagakure, Paese del Fuoco
Due giorni dopo la tragedia sventata, nel Villaggio sembrava essere
tornato tutto
alla normalità. Le bancarelle del Rinne Festival erano state
di nuovo
ricostruite, e residenti e visitatori potevano finalmente godersi quei
giorni
festivi in tranquillità.
Era ormai l’imbrunire, e l’ufficio
dell’Hokage non mai era stato così gremito
di gente come in quel periodo; la popolarità di Kakashi era
salita di molto dopo
quegli avvenimenti ed era noto ormai in tutto il Paese del Fuoco come
“l’Hokage
che aveva salvato il Mondo dalla Luna”, nonostante le
continue proteste del
modesto Kakashi che attribuiva il successo della missione agli Shinobi
inviati
ad investigare, in ritardo per i continui cambiamenti climatici, ed
invitando
la gente ad attendere il loro imminente ritorno per dare loro il giusto
merito.
Ma tra i presenti ad attendere al di fuori dell’ufficio
c’era qualcuno che
aveva delle motivazioni decisamente più valide di una
stretta di mano all’eroe
locale. Ino sospirò pesantemente alla richiesta
dell’attuale segretaria di ritornarne
il giorno dopo sotto appuntamento.
“Lasci perdere, tornerò domani mattina e senza
alcun appuntamento. Per la
cronaca, uno Yamanaka non ha mai avuto bisogno di certi stupidi
convenevoli per
conferire con la massima autorità del Villaggio.”
E senza curarsi di rivolgerle un alcun saluto, la bionda
uscì dalla sala
d’aspetto spintonando chiunque si ritrovasse tra i piedi. Una
volta fuori
dall’edificio, si lasciò andare ad alcune
imprecazioni e borbotti a mezze
labbra. Stava per fare buio, e la cosa più logica da fare al
momento era
ritornarsene a casa.
Non aveva scelta: avrebbe passato la notte in bianco, e alle prime luci
dell’alba di sarebbe presentata lì e ne avrebbe
parlato con Kakashi, sperando
avesse una soluzione. Non importava se la sua confessione le avrebbe
fatto
avere una buona lavata di capo per essere stata sconsiderata. Quella cosa stava prendendo il sopravvento
dentro di lei.
_______________________________________________________________________________________________________________
La famosa sera di due giorni prima, durante il tragitto per tornare a
casa, le
era parso tutto normale. Una volta tornata si era cambiata come al
solito,
infilandosi una leggera camicia da notte, poi si era spazzolata i
capelli con
cura, e infine si era messa a letto scivolando con facilità
in un sonno
profondo.
Lei non era il tipo che sognava spesso, e quando lo faceva le capitava
di
rivivere dei ricordi semplici, legati principalmente al passato. Quella
notte
invece, fece un sogno particolare dove la prima cosa da cui fu colpita,
erano i
vestiti che aveva indosso. Un vistoso, candido kimono bianco, a
fantasie rosse
e nere che componevano delle linee morbide e regolari dalle maniche
alle
spalle, e dalle gambe alla vita, ed era chiuso da un obi di seta rossa
cucita
con del filo d’oro.
Al centro dell’obi trionfava sul davanti un gioiello sferico
di vetro che
impreziosiva ulteriormente il tutto, l’eccelsa fattura di
quegli abiti le
ricordarono quelli di una nobile.
La seconda cosa invece, forse la più inspiegabile, era la
presenza che
l’affiancava.
Vestito nel medesimo vestiario nobiliare, che in versione maschile si
differenziava con la predominante di colori scuri come il blu e il
grigio, era
l’ultima persona che sperava di vedere nei propri sogni:
Shikamaru, che le sorrideva
con dolcezza, accompagnandola in lunghe e silenziose passeggiate, in
luoghi che
Ino non sembrò riconoscere, perché da lei mai
veduti. Al risveglio, lei non
ricordava mai la natura dei loro discorsi, ma solo gli appellativi
intimi che
lui le riservava, come “mio Gioiello”, o
“mia Principessa Splendente”
…Insomma, di Shikamaru sembrava esserci solo
l’aspetto fisico. Ma il tempo
passato assieme fu per lei così struggente che al mattino
seguente, si era
risvegliata con gli occhi umidi di lacrime, come se quello che avesse
visto fosse
un ricordo nostalgico, nonostante fosse certa che quelle cose non
fossero mai
avvenute.
Per tutto il resto della giornata che seguì, lei fu come
assente. Come quando
si riprendeva dallo shintenshin no jutsu,
dove il suo spirito abbandonava il suo corpo per diversi minuti.
Quando una cliente del negozio le chiese se era disponibile una
qualità di
fiore, lei indugiò sulla risposta come se non avesse idea di
cosa le stesse
chiedendo quella donna.
La sua mente era solo al suo sogno, a quel ricordo mai vissuto che
sembrava non
appartenerle, ma in cui sembrava essersi persa. La seconda notte si
svolse nei
soliti preparamenti, ma mentre si spazzolava i capelli prima di
coricarsi, sentì
la necessità di acconciarli come li aveva nel suo sogno: due
lunghe e vaporose
code, chiuse da due sottili treccine di capelli. Magari questo
l’ avrebbe
aiutata a sognare lo stesso sogno, pensò.
E le sue speranze furono esaudite, anche quella notte fece un sogno che
fu
uguale al primo, ma ad un certo punto quello Shikamaru così
diverso le parve
improvvisamente turbato. Si trovavano nei pressi di un giardino molto
curato, e
a giudicare dalla varietà dei fiori che lo adornava, doveva
essere Primavera. Si
dice che bisogna stare molto attenti a ciò che si desidera,
ed Ino stava per
impararlo a sue spese. D’un tratto, lui la afferrò
improvvisamente per un polso,
iniziando assieme una corsa disperata.
Ino si chiese da cosa mai stessero scappando, ed un orribile presagio
si
impadronì di lei. In quello stesso istante vide davanti a
sé il gioiello che
portava sul suo obi frantumato in mille pezzi, ed una violenta
spruzzata di
sangue segnò una scia sul prato davanti a lei; qualcuno alle
loro spalle,
armato di una lunga e robusta Katana, le aveva tragitto il petto da
parte e a
parte.
Tutto divenne bianco, ma il sogno non era finito.
Quando riaprì gli occhi vide Shikamaru guardarla dal basso e
cadere sulle
proprie ginocchia, come annientato da un destino troppo crudele.
Incurante
della ferita che perdeva sangue di continuo, la prese con delicatezza e
la
strinse al proprio petto. Le sue lacrime copiose le arrivarono sul
viso.
Con le ultime forze rimaste, Ino cercò di poggiare una mano
tremante su di una sua
guancia, anticipata da lui che la aiutò con la propria.
Faceva male, non fu
paragonabile al dolore che provò alle ultime parole che
Shikamaru si sforzò di
rivolgerle con un sorriso.
“Sarai per sempre la mia Principessa
Splendente.”
Quella mattina Ino si era svegliata urlando, ed aveva iniziato a vagare
per la
casa in pieno stato confusionale. Si sentiva spaesata, nei suoi
pensieri c’era
soltanto lo Shikamaru che aveva lasciato chissà dove.
Fortunatamente, in casa
era presente anche Sae, la figlia di Santa Yamanaka che veniva di tanto
in
tanto a fare colazione da lei e a tenerla compagnia durante il giorno
al negozio.
La ragazza cercò di calmarla come poteva, e alla sua vista
Ino sembrò tornare
in sé.
Sae con non poca fatica era riuscita a farla sedere al tavolo della
cucina,
dove poi le aveva preparato un tè verde bollente, con miele
e limone.
“Forse è un principio di febbre
cerebrale,” disse la ragazza, osservando
preoccupata le dita tremanti della Capo Clan che reggevano la tazza.
“Ti vesti
in maniera troppo leggera per questo clima così rigido,
Ino-san. Poi prendi
freddo, e succede questo. Vuoi andare in ospedale?”
“No, sto bene. E non dirmi come dovrei vestire.”
Ino cercò di sembrare più
convincente possibile alla novizia, maledendo internamente
sé stessa per essersi
fatta in quello stato da lei.
“Ma non hai una bella cera. Non mi permetterei mai, sono solo
preoccupata.” Si
giustificò la ragazza, abbassando timidamente la testa. Mai
contraddire il Capo
Clan, regola fondamentale.
“Tuo padre ti ha insegnato a percepire lo stato spirituale di
un individuo?”
Chiese improvvisamente la bionda, scostandosi un ciuffo di capelli dal
viso.
“Sai farlo, no?”
“Certamente. Il mio raggio si estende oltre i due
metri!”
“Molto male. Alla tua età, il mio ricopriva
egregiamente i dieci.”
“…Ma è fantastico, sei davvero
incredibile, Ino-san! ” Cinguettò con
ammirazione Sae.
“E’ semplicemente nella norma. Non mi
divulgherò in inutili prediche, non sono
in vena. Te l’ho chiesto perché vorrei che
esaminassi il mio stato. Dimmi cosa
percepisci. ”
“Sissignore!” La ragazza chiuse gli occhi, puntando
due dita sotto al mento.
Santo cielo, pensò Ino,
stendendo le
mani, e aggiustandole le dita nella posizione giusta, ossia sulla
fronte. La
ragazza tirò fuori scherzosamente la lingua, concentrandosi
poi subito dopo
l’occhiataccia che le riservò Ino. Dopo qualche
minuto, Sae riaprì gli occhi.
“Che strano. Percepisco una forte confusione spirituale, come
se invece di uno
spirito…”
“...ce ne fossero due?” Chiese la bionda, esitante.
“Sì! Non è una cosa normale. Forse la
mia percezione è venuta fuori distorta?”
Ino strinse debolmente la propria tazza. Era proprio come temeva.
“No, la tua percezione ha funzionato perfettamente.
E’ tutto regolare, temo di
essermi causata un esaurimento nervoso provando delle tecniche speciali
di mio
padre che non avevo mai sperimentato.” Ino sorrise,
mentendole spudoratamente
“Cerca solo di ricordare che le dita vanno sulla fronte, va
bene? Vanno sotto
al mento solo quando si mantiene un jutsu di connessione collettiva
spirituale,
o per la trasmissione dati. Comunque, vado a vestirmi. E dopo andiamo
ad aprire
il negozio. Ah, ho bisogno che chiuda tu oggi, e non voglio storie.
Devo
conferire con l’ Hokage nel pomeriggio riguardo delle
questioni personali.”
________________________________________________________________________________________________________________
Ino rabbrividì a a quei ricordi. Non sapendo cosa fare se ne
stette seduta al
tavolo della cucina, senza accendere la luce. Contemplò al
buio dall’unica
finestra gli alberi che si sovrapponevano l’uno
sull’altro su quello sfondo blu
scuro, e la strada deserta innevata da una recente fioccata. Le
sembrò di
guardare quel paesaggio con occhi nuovi, come se fosse stata la prima
volta,
per lei.
Era forse segno che non bastava rimanere sveglia per combattere contro
la
volontà dell’amuleto?
Ma cos’era che le stava cercando di dire con quei sogni? E
perché era presente
anche Shikamaru?
Incapace di sopportare quell’ansia, si alzò ed
uscì in strada cominciando a
camminare senza una meta, un po’ di aria fresca le avrebbe
certamente schiarito
le idee. I negozi erano disseminati di cartelli del Festival, e in quel
famoso
simbolo circolare Ino ci trovò qualcosa di molto familiare.
Era lo stesso simbolo che c’era anche sopra quel maledetto
amuleto, ma le
sembrava di averlo veduto anche altrove…
I suoi pensieri però furono interrotti da qualcosa o per
meglio dire, da
qualcuno che attirò la sua attenzione, e anche se era
lontano diversi metri lei
riconobbe subito quella presenza.
Svoltò per diversi angoli, e senza nemmeno accorgersene, si
mise a correre a
perdifiato alla sua ricerca per quelle strade che le sembravano
sconosciute,
ignorando quella vocina nella sua testa che le diceva “Perché
ti metti a correre di notte cercando proprio lui?”
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Un ora prima nell’ufficio dell’Hokage, dove
quest’ultimo era lì presente in via
del tutto straordinaria nonostante fosse notte fonda, aveva finalmente
fatto la
sua apparizione la squadra di recupero, con al seguito
l’obiettivo della
missione: Hanabi giaceva addormentata contro la schiena di sua sorella.
“Il mio presentimento era giusto.”
Mormorò Kakashi, scorrendo i rapporti
velocemente con lo sguardo. “Da quanto leggo dal rapporto di
Hinata, Toneri
dopo essere stato privato degli occhi di Hanabi, si è
pentito ed ha assicurato
che la Luna non approccerà mai più con la Terra.
Molto bene, il varco che ha usato per spostarsi dalla Terra alla Luna
è stato
richiuso?”
“Assolutamente, con la distruzione dell’altare
Tenseigan non può più
funzionare, Hokage.” Rispose prontamente Shikamaru.
“Lasciare Toneri vivo è
stato un atto di clemenza di Naruto, visto che nelle sue attuali
condizioni può
ormai soltanto espliare i suoi peccati in solitudine.”
“Già! E gli conviene rimanere esattamente
dov’è adesso, lo sai! Se si azzarda
di nuovo a toccare Hinata anche solo con un dito, io…Ahio!
Sakura-chan, mi fai
male!” Naruto fu interrotto da un pugno dritto nello stomaco,
da Sakura.
“Naruto! Non fare l’eroe davanti agli occhi di
Kakashi-san! Perché non gli
racconti invece, dove sono state le tue di dita per tutto il
viaggio?” lo zittì
la Jonin, rivolgendo uno sguardo assassino sia a lui, sia alla povera
Hinata
che stava per intervenire in soccorso del suo amato Naruto-kun.
“E tu non prendere le sue difese! Su, vieni. Riaccompagno sia
te che Hanabi a
casa. Kakashi-san, se è tutto noi andiamo. Ci vediamo
domattina!”
“Ah, Sakura.” Kakashi sembrò indugiare
un attimo, ma poi continuò con il suo solito
tono cordiale.
“… Volevo solo dirti che puoi anche prenderti un
giorno di riposo
dall’Ospedale, se vuoi.”
“Non ci penso nemmeno!” ridacchiò
Sakura, mentre si avviava fuori con le due
Hyuga al seguito. “I miei adorati bambini mi aspettano, non
vedo l’ora di
tornare in servizio!”
“Ma non è giusto, Sakura-chan!”
Piagnucolò Naruto alla vista della sua adorata
Hinata uscire di scena. Shikamaru sospirò, massaggiandosi
una tempia. Dio, che
stucchevolezza. Una volta che anche Sai ed il tristissimo Naruto furono
usciti
dall’ufficio, Shikamaru giudicò che fosse arrivato
finalmente anche il suo
momento di congedarsi. Ma Kakashi lo fermò un attimo prima
di avanzare la sua
richiesta.
“Oh, Shikamaru. Nel tuo rapporto c’è una
piccola inesattezza. Hinata ha scritto
che nel passaggio tra la Terra e la Luna, siete rimasti intrappolati in
un
genjitsu. Nel tuo non fai accenno alla cosa.”
Vi prego, che seccatura. Datemi tregua! ,
protestò internamente il Nara. “Oh, sul serio?
Deve essermi sfuggito. Si
trattava soltanto di un ignobile trucchetto usato dal nemico per
rallentarci.”
“Capisco. So che mi ripeto nel dirtelo, ma preferirei che mi
chiamassi
Kakashi-san come avevi iniziato a fare. E poi cosa sono quelle spalle
rigide?
Rilassati, Shikamaru. Vale lo stesso anche per te, se domani vuoi
prenderti un
giorno di riposo te lo concedo senza problemi. ”
“Chiedo venia, sono solo molto stanco. Riguardo il giorno di
riposo, lo accetto
più che volentieri, Kakashi-san. Riguardo a questo, ci
sarebbe una questione di
cui vorrei parlarti. Riguarda il gemellaggio militare tra Suna e
Konoha... Ma
preferirei affrontare l’argomento domani. Sono davvero
stanco, necessito
soltanto di un letto e di un bagno bollente.”
“Va bene. A domattina, allora. Ottimo lavoro,
Shikamaru.” Kakashi sorrise
cordiale, mentre osservò il Jonin uscire dal suo ufficio.
Shikamaru camminava per la strada di ritorno a casa, notando che alcune
luci
danneggiate dai frammenti lunari non erano state ancora sostituite.
L’indomani,
la prima cosa da fare sarebbe stata riferirlo a chi di dovere, anche se
non era
più suo compito occuparsi di certe cose.
Era un Jonin, ormai, e francamente a lui il buio non era mai
dispiaciuto,
nell’oscurità si trovava quasi a suo agio. Il buio
non faceva domande, non
giudicava nessuno, si limitava solo a coprire tutto nel suo maestoso
manto.
Quell’oscurità in cui si stava apprestando ad
entrare avrebbe coperto i suoi
dubbi e le sue incertezze. Improvvisamente si ricordò di non
avere chiesto
all’Hokage se Temari lo avesse aspettato, o se fosse
già tornata di nuovo a
Suna.
Si sentì improvvisamente in colpa per questo. D’un
tratto, qualcosa si mosse
rapidamente nel buio, in quel buio che Shikamaru era solito fidarsi, ma
che
quella sera l’avrebbe tradito. Infatti da un angolo buio
uscì fuori l’oggetto
della sua inquietudine interiore, piazzandosi sotto l’unico
lampione
funzionante: si ritrovò faccia a faccia con Ino, trafelata
in una leggera
camicia da notte dalle spalline sottili, color Malva.
Giappone, Aeroporto
internazionale di Narita
Anche in un altro tessuto dimensionale tirava aria di incontri
imbarazzanti,
anche se di imbarazzo decisamente diverso da quello tra gli Shikamaru
ed Ino di
Konohagakure.
Tra la folla di persone che correvano disordinatamente a destra e
sinistra,
trascinandosi pesanti valige al seguito c’ era
l’altro Shikamaru, seduto su di
una panchina d’attesa, al Gate dell’atterraggio del
volo San Diego – Narita.
Una coppietta poco distante da lui, si abbracciava salutandosi con gli
occhi
umidi. Lui sospirò, passandosi una mano sul viso: anche lui
una decina di
giorni fa aveva salutato la sua biondina, e adesso era lì ad
aspettarla non poi
così trepidante. Ovviamente, non si erano lasciati in quel
modo, visto che era
ormai abituato a vederla partire.
Lei faceva sempre così: era solita mollare gli studi, i suoi
impegni
lavorativi, e a volte anche lui quando non poteva seguirla, per
scappare “down
on the West Coast” come diceva lei, usando il suo impeccabile
accento
americano. Del resto, lei apparteneva per metà allo stato
baciato perennemente
dal sole, conosciuto come California. Shikamaru non esagerava affatto
quando
definiva Ino Yamanaka una delle più belle hafu model
giapponesi.
Per quale motivo allora, era così giù di corda?
Perché tra poco avrebbe
riabbracciato la sua adorabile fidanzata, l’avrebbe portata
nell’appartamento
vuoto che avevano affittato assieme a Tokyo per essere più
vicini all’università
che frequentavano, ma le avrebbe dovuto parlarle di quello che era
successo al
Convegno. Quando si erano lasciati all’aeroporto alla sua
partenza, lui le
aveva promesso ben altro di quello che era in realtà
accaduto. E non c’era
nulla di positivo in quello che era accaduto…
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Dieci giorni prima, riluttante dal lasciarla andare, Shikamaru
stringeva Ino al
suo petto che di rimando, aveva intrecciato le braccia dietro alla sua
schiena.
“ Non sai quanto vorrei scappare via con te,
adesso.”
“… sei ancora in tempo per farlo. Posso tentarti? “Sex on the Beach ” a fiumi ,
la spiaggia
dorata di Laguna Beach, Lake
Talhoe… Pretty Please?” Lui ridacchiò, scuotendo
appena il capo.
“Avevi la mia attenzione già al “Sekkusu
on de Bichi”, ma non posso davvero accettare.
Ahimè,
non sono più un ragazzino per scappare di casa e andarmene,
mi sono preso la
responsabilità.”
Ino gli sorrise, mentre lui gli scostava un ciuffo dai capelli.
L’accento di
Shikamaru era troppo buffo. Ma mai quanto l’accento americano
di Ino. “Ah,
immagino già la faccia della mamma quando le
racconterò che papà e lo zio
Shikaku ti hanno convinto a partecipare al loro progetto
quest’anno. Dirà
sicuramente che sei diventato anche tu un fanatico
fricchettone.”
“Molto divertente. Non pretendo che lei capisca certe cose,
ma tu non starle a
sentire, ok?
Non starle a sentire nemmeno per un secondo. Noi non siamo i pagliacci
che lei
crede, e ti prometto che glielo dimostrerò, fosse
l’ultima cosa che faccio.”
“Shika, a me non importa cosa pensa lei di te, o di
papà. Anche se avresti
potuto accennarmi cosa diamine avete intenzione di presentare a questo
famoso
convegno!”
“Aaah, quella è una sorpresa. Il progetto
è top secret, Ino. Ed è tutto qua
dentro.” Shikamaru si diede due colpetti sulla fronte.
“Se non fossi lo stronzo
debosciato che sono, avrei avuto già tutti i grafici pronti.
Ma siccome è una
seccatura, sono ancora a zero. Lo so, non guardarmi
così.”
“Te lo sei già detto da solo che sei uno stronzo
debosciato, non infierirò
oltre. Promettimi soltanto che li straccerai tutti quanti. Se questo
convegno
andasse bene…”
“…Potremmo lasciare il Giappone e trasferirci
direttamente in America? Sì.”
“Ancora con questa storia.” Ino roteò
gli occhi al cielo. “Ti ripeto che mi
piace vivere qui.”
“Ah si? Ti piace farti sottovalutare nell’ambiente
dello spettacolo giapponese
perché non sei una purosangue? Andiamo, sei figlia di
Perdita Darmondy, e sai
benissimo di aver ereditato il suo talento. Mettiti in testa che qui,
il
massimo che avranno da offrirti sono ruoletti da Idol.”
“E
a me sta bene esattamente così, che tu ci
creda oppure no. E poi sai benissimo che io non voglio essere come mia
madre.
Mi diverte fare video per il nostro canale, così come mi
diverte essere una
Idol, ma la cosa finisce lì. Quello che voglio davvero
è diventare un medico
qui in Giappone dove ho te, mio padre, i miei amici. Voglio diventare
una
persona concreta qui.”
“…Okay, il per il remake di
Casablanca in salsa giapponese è terminato, signorina
Yamanaka.
Le faremo sapere.”
Lei rise, dandogli un pugno sul petto. “Asshole.”
“Odio dirlo, ma adesso ci conviene andare a fare il check-in.
Mi mancherai,
biondina.”
“Anche tu, stronzo debosciato. Tornerò presto,
promettimi che andrà tutto
bene.”
“Solo se tu mi prometterai selfie giornalieri in costume da
bagno.”
“Puoi scommetterci, hentai
che non
sei altro! Salutami Choji e Karui quando li vedi!”
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“Shika!”
Ino lasciò andare la sua valigia che cadde tristemente
all’indietro, per
correre ad andare ad abbracciare Shikamaru. Dio, chissà
quanta roba si era
portata dietro. Sulla valigia erano poggiate buste e bustine di ogni
marca e
tipologia, i soliti pensierini per tutti quanti.
“…mi sei mancato da morire! …Ascolta.
Prima che io partissi, papà mi ha accennato
qualcosa.”
Shikamaru che aveva trovato chissà come la forza di
rivolgerle un sorriso stanco,
sgranò gli occhi sconvolto. “…Ma che
cazzo, Inoichi. Gli avevo detto che te ne
avrei parlato io! Quindi sai già
tutto…?”
“Ho detto “accennato”, Shika! Che diamine
è successo? Io so soltanto che un
tizio è imbucato al convegno blaterando roba senza senso su
ipotetici universi
paralleli!”
Shikamaru divenne serissimo, stringendole le sue piccole spalle.
“Non possiamo parlarne qui. Andiamo a casa nostra, ti
spiegherò meglio.”
“Va
bene, okay...aspetta, la mia valigia! Un
momento, devo prendere la mia valigia! Mi dici almeno che cosa
c’è di così
grave di un fricchettone che blatera teorie senza senso?”
“C’è
che probabilmente, avrà il finanziamento ed
il permesso di attuare un esperimento che potrebbe ucciderci tutti
quanti.”
Around
the Corner
Ed
ecco finalmente il terzo capitolo, dove la trama sembra
finalmente andare avanti! Presto avremo il primo vero contatto tra le
due
dimensioni. Grazie per avere letto il terzo capitolo di
“Rinne”! Mi scuso con
chi ha letto questo capitolo e si è potuto sentire un
po’ confuso. In effetti
questa “narrazione alla Lost” dove avvenimenti del
presente e flashback del
passato camminano a pari passo è un po’
confusionaria, però mi piace molto.
Fatemi sapere cosa ne pensate, come sempre. Bene,
cos’è che abbiamo scoperto in
questo capitolo? Un bel niente di nuovo,a dire il vero! *ride*
Inanzitutto,
cos’è un hafu?
Hafu, o Haafu Kao è un termine giapponese che deriva
dall’inglese “half”, metà.
Con Hafu si intendono le persone nate per metà giapponesi e
per metà di etnìa
diversa. Nell’universo di Naruto ci sono tante diverse
etnìe, ci avete mai
fatto caso? Ma siccome il mondo di Naruto sembra essere il Giappone
feudale ma
grande quanto un Pianeta, altri stati e paesi chiaramente non esistono.
Per
quanto mi riguarda, credo che personaggi come Ino, ossia una kunoichi
bionda,
sono spiegabili logicamente solo in questo modo. Deve essere per forza
una
hafu! Quindi, mi sono divertita ad immaginarla come una Idol. Le Hafu
sono
famose principalmente come modelle in Giappone, anche se non godono di
molti
privilegi in altri ambiti. Il Giappone è piuttosto xenofobo
riguardo gli
stranieri. Seguite la fiction per saperne di più! Sae
Yamanaka esiste? No. Me
la sono inventata io senza darmi la pena di caratterizzarla. *ride* In
compenso,
Santa Yamanaka nel manga e nell’anime esiste davvero. Avrete
notato che Sakura
prima di andare via ha detto che avrebbe rivisto “i suoi
bambini” all’ospedale.
Ecco, è da poco uscito Sakura Hidden, che parla appunto di
Sakura. Anche nei
prossimi capitoli trovere accenni agli avvenimento dell’
Hiden… ma avrete
decisamente una sorpresa.
Ah, spero vi piacciano le descrizioni dei vestiti. Io adoro descrivere
l’abbigliamento dei personaggi, non so se la cosa sia
evidente. E spero vi
piacciano i termini americani. Adoro usare parole inglesi, ma
ovviamente
cercherò di scrivere sempre nell’italiano
più bello e grammaticalmente corretto
che posso. Per quanto riguarda la tecnologia, io seguirò il
manga per quanto
riguarda il mondo degli Shinobi: dalle tavole dell’autore si
vede chiaramente
che esiste l’elettricità, per le strade del
Villaggio della Foglia ci sono fili
elettrici e pali della luce. Ha molto senso, non trovate? *ride*Credo
che mi
inventerò qualcosa al riguardo. Adoro trovare qualosa di
logico ma anche di
illogicamente logico in tutto ciò che vedo. Riguardo le
Hafu, su Tumblr ho
trovato questa ragazza che per me sarebbe una Ino stupenda.
Alla prossima!
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Capitolo 4 *** Traditional Dolls ***
Konohagakure,
Paese del Fuoco
“Lo mangi oppure lo lasci quello?”
“ Nah, lascio. Questo gyudon è pieno di cipolla,
disgustoso.”
“Potrebbe sentirti, stà zitta. Buttalo di qua che
a me non dispiace affatto.”
“Come se potesse fregarmene qualcosa. Odio la cipolla, e
quella lì l’ha
tagliata così fine da non poterla nemmeno scartare dalla
carne. Bleah. Tieni,
abbuffati.”
Temari scostò il suo piatto appena più avanti,
lasciando le bacchette che aveva
usato in maniera disordinata sul tavolo. La forma più
semplice e diffusa di
cortesia a tavola, soprattutto quando ci si trova a casa
d’altri, sarebbe
quella di mettere le proprie bacchette riposte ordinatamente nel piatto
lasciato non completamente vuoto, per sottolineare al padrone di casa
che il
pasto servito è stato buono e abbondante. Ma per Temari
certe cerimonie erano
un mistero. A lei bastava poco per sentirsi a suo agio, e a sua volta
riservava
alle poche persone che aveva ospitato in casa propria qualche volta,
giusto
qualche essenziale cortesia. Come ad esempio, chiedere se quella
“radice
immonda” come la definiva lei, fosse gradita o meno in un
piatto. Perché
ringraziare un estranea che aveva insistito così tanto per
averli a cena a casa
sua, quando questa non si era nemmeno presa il disturbo di chiedere a
lei o a
Kankuro quali fossero i loro gusti? Lei e suo fratello erano
lì al Villaggio
della Foglia perché avevano accompagnato il Kazekage,
quell’emergenza della
collisione della Luna con la Terra aveva coinvolto anche il Villaggio
della
Sabbia. Quella notte, di ritorno all’albergo dove
alloggiavano, tra la folla di
persone che rientravano nelle proprie abitazioni dopo
l’evacuazione, erano
stati fermati da una donna presentatasi come la vedova di Asuma Sarutobi.
Kurenai
li aveva quasi costretti ad accettare quell’invito a cena,
rivelatosi poi una
scusa per conoscere meglio le persone che facevano attualmente parte
della vita
di Shikamaru, cui era molto grata per essersi sempre preso cura di lei
e di sua
figlia Mirai da quando suo marito era morto. Insomma era uno di quei, a
dire di
Temari, melliflui convenevoli che la gente riservava verso coloro a cui
dovevano niente di meno di una forzata riconoscenza. Durante quella
cena,avevano
dovuto ascoltare la sua storia strappalacrime sul sacrificio del
marito, fino a
quando la vedova, che aveva anche versato lacrime di commozione, era
scappata
in un'altra stanza con la scusa di dover cambiare sua figlia. Suo
fratello era
rimasto il silenzio, coinvolto dal racconto. Temari invece, non aveva
fatto
altro che sospirare, visibilmente annoiata. Commiserava quella donna,
un tempo
sicuramente molto più piacente esteticamente, e la sua cieca
devozione
nell’aver probabilmente abbandonato tutti i suoi sogni per
portare in grembo il
figlio di un uomo incurante, devoto solo al proprio Villaggio. Kurenai
era quel
genere di donna che Temari odiava sopra ogni altra cosa. Il solo
pensiero di
intraprendere il suo stesso tipo di sacrificio la fece rabbrividire
senza
accorgersene. “Aspettiamo che la vedova ritorni, la salutiamo
e poi ce la
filiamo con una scusa, va bene? “ sbottò poi a suo
fratello, che le annuì
mentre finiva in quattro bocconi la sua porzione avanzata.
“Mh, d’accordo. Certo che la bambina gli somiglia
parecchio, eh? Intendo al
padre.” disse Kankuro ridacchiando alla reazione di sua
sorella, che lo guardò
di traverso. A nessuno dei due piacevano i bambini, soprattutto quelli
piccoli
di pochi anni come Mirai. Temari si girò a guardare
l’altare dove vi era incorniciata
una foto di Asuma, su cui si soffermò assottigliando gli
occhi. Era stato un
bell’uomo, dalla carnagione scura e dalla vistosa barba
incolta. “Boh, gli
somiglia? A me quell’età sembrano tutti uguali i
marmocchi.”
“Pft, quando si parlerà dei tuoi figli, vedrai che
non dirai la stessa cosa.”
La canzonò lui, enfatizzando sul Jaan
finale, una sorta di suo personale intercalare con cui concludeva le
frasi, e Temari
si voltò verso di lui per incontrare il suo sorrisetto
beffardo, a cui lei
rispose col medesimo sorriso.
“Fratello, non mi sognerei mai di privarti del pesante
fardello di mandare
avanti la nostra stirpe. Non voglio marmocchi, non è un mio
dovere sfornarne.
Lo lascio tutto a te! A proposito, quando ti deciderai a darci un bel
ranocchietto
urlante?”
I suoi occhi sfidarono quelli di suo fratello a controbattere, ma
Kankuro si
limitò a roteare gli occhi per aria e sospirare, come in
completo disaccordo. “L’idea
non mi dispiace affatto. E tu com’è che sai
già oggi, i tuoi desideri di
domani?”
“Sciocchezze. I marmocchi puzzano, sbraitano e danno
fastidio. Non ne voglio
oggi e non ne vorrò domani. E tu la pensavi esattamente come
me, non ci credo
che tu abbia cambiato idea. Cos’è
successo?” chiese lei incuriosita.
“Solo gli idioti non cambiano mai idea.” Rispose
lui, serissimo.
“E questo che diavolo vorrebbe dire?” La voce di
Temari stava già per prendere
un inclinazione minacciosa, quando il provvidenziale rientro in scena
di
Kurenai sventò il peggio. “Chiedo scusa, ma non
riuscivo più a trovare la
scatola con le spille da balia. Avete già finito di
mangiare, volete
qualcos’altro?” Domandò cordialmente la
donna, ma in risposta entrambi si
alzarono dalle rispettive sedie, di cui solo Kankuro
riaggiustò la propria al
tavolo.
“Siamo a posto così, era tutto molto buono. Ma ora
dovremmo proprio andare,
domani ci aspetta un viaggio di ben tre giorni per tornare al nostro
Villaggio,” rispose quest’ultimo. “grazie
per la cena. Ci ha fatto molto
piacere, vero?” chiese poi a sua sorella, facendo suonare la
sua domanda più
come un ordine da eseguire. Temari sorrise sprezzante ad entrambi
senz’alcuna
nota di allegria, avviandosi all’uscita con al seguito suo
fratello che scosse
rassegnato la testa. “Ci si vede.” Disse poi lei,
chiudendo la porta alle sue
spalle.
Camminarono per la strada deserta, in una notte che aveva quasi del
surreale.
Era tutto tranquillo, regnava un silenzio più raggelante
della temperatura, in
netta contrapposizione al caos di poche ore prima.
“Perché sei stata così sgarbata
con la vedova?” Sbottò Kankuro una volta
abbastanza lontani dalla residenza Sarutobi,
mentre si riaggiustò meglio sulle spalle i suoi pesanti
rotoli, dove teneva
sigillate le marionette che aveva smesso di portare in giro sulla
propria schiena,
fasciate in povere bende. I continui cambiamenti atmosferici ne
compromettevano
il funzionamento, e aveva ormai passato da un bel pezzo
l’età giovanile della
ribellione, in cui girare con quegli strumenti di tortura appesi alla
schiena
come se fossero stati un ornamento di guerra gli sembrava
così figo. “Ma che
diamine hai?” chiese alla sorella che camminava
più avanti e che si voltò di
scatto verso di lui, negli occhi aveva il fuoco di chi vuole ancora ribellarsi alle regole.
“Che diamine ho io? Che diamine hai tu, vorrai dire! Parli
come un santone, uno
di quei bonzi che passano la vita a rastrellare le sabbietta dei templi
in
forme assurde a cui provano a dare un senso, quando in
realtà non ne hanno!”
Lei non era cambiata affatto, era sempre l’ostinata ed
orgogliosa ragazza del Villaggio
della Sabbia. Ed era proprio come la sabbia lei, impalpabile e
sfuggente. Chi
credeva di averla in pugno si accorgeva amaramente che stava
già scappando per
essere portava via dal vento, altrove. Suo fratello distolse lo
sguardo, mordendosi
il labbro inferiore, combattuto sul confidarsi con lei o meno. Erano
nei pressi
di un alta scalinata, che portava probabilmente verso un Tempio sacro.
Kankuro
si sedette su quei gradini di pietra, invitando sua sorella a fare
altrettanto
con un gesto della mano. Poi, si tolse il copricapo nero sospirando,
che passò
velocemente sul viso, liberandosi della sua pittura facciale da guerra.
“Vuoi la verità?” chiese lui,
poggiandosi poi le mani sopra alle ginocchia
rannicchiate. Temari non lo aveva mai visto così indifeso.
Sembrava fragile
come un ventaglio di carta.
“Sono tua sorella, Kankuro. A me dovresti sempre dire la
verità, per quanto triste o dolorosa essa possa essere.” Lei rispose sedendosi
accanto a lui, con
un improvvisa nota dolce nel suo tono.
Kankuro sospirò. “Dovrò sembrarti
davvero patetico in questo momento, vero? Mentre
tu sei sempre così decisa, non hai mai paura di dire quello
che pensi. E sei
legata ad un uomo che vive in questo Villaggio così diverso
e lontano dal
nostro, ma non ti sei mai lamentata nemmeno una volta. Ti apprezzo
molto. ”
“Il fatto che io non esterni le mie lamentele non significa
che non ne abbia.
Ma questo cosa c’entra con te, che sei diventato un
bonzo?”
“Vuoi dire che senti la mancanza del Nara quando lascia
il nostro
Villaggio?” chiese lui incredulo.
“Perché dovrei?” Ridacchiò
sua sorella. “Viene a farmi visita quando capita e ce
la spassiamo assieme quando capita, mi va benissimo così. Le
relazioni fisse
non fanno per me. Sai, l’amore è qualcosa che non
dovrebbe mai mancare nella
vita di uno Shinobi.”
Kankuro la ascoltava in silenzio, estremamente attento. La
invitò a continuare
con un cenno del capo. Temari fece un grosso respiro, continuando senza
alcuna
esitazione.
“Ma mi sono chiesta se nell’amore avrei potuto
trovare ciò che desidero. Tutto
quello che voglio è trarre dalla mia vita quanta
più felicità possibile. E
l’amore ci rende felicità solo quando la vita ci
va bene.” Temari si morse le
labbra, al pensiero delle lacrime di poco prima di Kurenai.
“Puoi sposarti ed
essere felice, puoi avere un figlio, ed essere ancora più
felice. Ma puoi anche
rimanere improvvisamente solo, e ritrovarti nello sconforto e nella
tristezza,
magari con un figlio che crescendo si rivelerà di natura
ingrata, e lasciarti
vuoto come un deserto. Per me tutto questo è inaccettabile.
Nella mia vita voglio
soltanto essere felice. E lo sarò con chi voglio, quando
voglio e come voglio, con
tutti gli uomini che mi pare!” Concluse, sbottando una risata
in maniera così
improvvisa, che anche suo fratello finalmente si sciolse in un sorriso.
“Insomma, non ti basta un uomo soltanto… Potevi
dirlo prima, invece di fare
tutta questa scenetta!” sbottò suo fratello,
prendendosi un inoffensivo pugno in
un braccio da lei. Tornò poi serio, riappoggiandosi le mani
sulle ginocchia. “E
il Nara questo lo sa?”
Temari alzò le spalle. “Credo che lo abbia
intuito. A dire il vero non saprei..
Forse dovrei dirglielo.”
Kankuro annuì. “Ti conviene. A me non importa,
sai? Riguardo a prima, io sarei
pronto a correre il rischio facendomi una famiglia. Mi sta bene che la
felicità
non mi sia dovuta. La accetto come un dono inaspettato. E poi le cose
non
possono andare sempre male. Se è per questo, a me non vanno
mai bene, ci sono
abituato!”
“Allora dovresti apprezzare di più te stesso. Sei
tu quello forte, se sei
pronto a correre un tale rischio.” Mormorò Temari,
ascoltando il rumore delle
foglie di un lontano albero mosse dal vento, ad occhi socchiusi.
“Tu e Gaara
siete cresciuti così tanto, ormai siete degli
uomini.” Improvvisamente un
pensiero la fulminò: se suo fratello era ormai un uomo,
aveva anche delle
esigenze maschili. La natura di quel discorso sull’amore e
sulla famiglia le
divenne improvvisamente chiaro, e quella notte divenne quasi una sorta
di alba
splendente. “Tu ti sei innamorato!”
esclamò improvvisamente, facendo sobbalzare
il suo povero fratello, che le saettò le mani sulla bocca.
“Ssssh! Cosa diamine urli, è notte
fonda!” sibilò tra i denti, visibilmente
imbarazzato. Sua sorella schiaffeggiò via le mani del
marionettista, voleva
assolutamente saperne di più.
“Chi è, la conosco? E’ del nostro
Villaggio? Non dirmi che è quella cretina di
Matsuri. Ha finalmente capito che Gaara non è interessato
alle donne, e ha
ripiegato su di te?” Ridacchiò sua sorella.
Kankuro scosse il capo, inarcando un sopracciglio. “La
conosci… ma non è
Matsuri. Lei e le altre ragazze della sua cerchia mi stanno appiccicate
soltanto perché vogliono che io convinca Gaara a fare
chissà cosa. Mi chiedo che
problema abbiate voi donne! Se un uomo non vi degna di attenzione, non
significa certo che non gli piacciano le donne.”
“Vuoi dire che anche nostro fratello prova… quel
tipo di interesse?” Temari
sembrò sconvolta. Non riusciva proprio ad immaginare suo
fratello minore
abbracciare con tenerezza una donna, o baciarla con trasporto.
“…Mi stai
dicendo che nostro fratello si tocca davanti a qualche rivista
indecente come
tutti gli uomini? Lui parla con te di queste cose?”
Kankuro la guardò allibito. Parlare con sua sorella era come
conversare con un
uomo qualsiasi, forse per il fatto che era cresciuta tra molti maschi,
ma rimaneva
pur sempre una donna. “E perché non dovrebbe?
Siamo uomini! E’ solo molto uhm,
come dire... Riservato. E’ un pò timido. Matsuri
gli piace, quella ragazza è un
po’ troppo irruente ma ha un bel corpo, è carina.
Mi ricorda qualcuno di mia
conoscenza.” Fu la volta di Kankuro di ridere sotto ai baffi.
“Sai che taglia
di seno porta? Io e Gaara ci abbiamo scommesso sopra. Io dico una A
abbondante,
lui dice una B.”
Temari scosse lentamente il capo, incredula. “Non posso
crederci, il mio
innocente fratellino…E’colpa tua. Lo hai portato
verso la via della
perdizione!” Lo accusò lei, fingendo indignazione.
Sapere che Gaara ora era
ancora più vicino dall’essere un ragazzo come
tanti la rese davvero felice per
lui. Per quanto riguardava Kankuro invece, sapeva benissimo che aveva
un debole
per il gentil sesso, del resto suo fratello era proprio bel ragazzo, ed
aveva
anche un discreto successo con le ragazze. Negli anni era diventato il
più alto
della sua squadra, raggiungendo il metro e novanta di altezza, e i suoi
costanti allenamenti avevano reso il suo fisico ben costruito:
addominali ben
scolpiti, pettorali segnati, deltoidi definiti e gambe toniche, il
tutto
nascosto dalla sua tenuta da marionettista, che lo faceva sembrare solo
grosso.
Anche la pittura facciale di cui si imbrattava non rendeva giustizia al
suo
viso, che da pulito aveva qualcosa di affascinante. Era una bellezza
decisamente maschile, dalla mascella ben squadrata, naso leggermente
pronunciato, sguardo sottile e penetrante, labbra piuttosto carnose.
Temari
pensò che era da parecchio tempo che suo fratello si
abbigliava in quel modo
soltanto quando doveva portare a termine una missione, e non
quotidianamente
come faceva da adolescente. Precisamente dai due anni in cui era stato
inserito
nella squadra gestita da Shikamaru. Che si fosse innamorato di qualcuno
che era
stato presente nella sua squadra, e cercasse di far colpo su di lei?
Le uniche donne della squadra erano lei, ed una Jonin della Foglia che
era
stata affiancata solo occasionalmente come supporto medico, la stessa
che anni
prima li aveva aiutati nel recupero di Gaara. “La ragazza che
ti piace non è
del nostro Villaggio, vero? Dai, racconta.” Lo sguardo che le
rivolse suo
fratello le tolse ogni dubbio.
“E’ di questo Villaggio. Mi ha salvato la vita, ma
ti assicuro che quello che
ho iniziato a provare per lei non ha nulla a che fare con la
riconoscenza che
le devo."
______________________________________________________________________________
Sunagakure,
Paese del vento
La sabbia veniva alzata dal vento in grosse onde, invadendo di polvere
ogni
angolo del Villaggio Nascosto nella Sabbia, mai nome fu più
adeguato per un
luogo. Quel posto non era esattamente una meraviglia, ma non si poteva
dire lo
stesso dei suoi abitanti che avevano accolto con gran calore Shikamaru
e
Sakura, organizzando addirittura una cena per inaugurare quella nuova
collaborazione Sabbia-Foglia. Ed era lì che si trovavano
infatti entrambi, in
un grande sala di un edificio nella zona centrale del Villaggio.
Shikamaru era
disperso chissà dove con Temari, mentre Sakura era in piedi
accanto ad una
finestra, e reggeva un bicchiere mezzo pieno tra le sue sottili dita,
mentre
parlava con dei medici esperti in veleni lì presenti alla
cena, imparando nuove
cose e dispensando qualche consiglio che fu molto apprezzato. A colpo
d’occhio
la si poteva individuare subito in mezzo a tutti quei nativi del luogo
che avevano
i capelli scuri e la pelle imbrunita dal sole. Era come un cazzotto in
un
occhio. Kankuro la osservava seduto ad un immenso tavolo dove i ragazzi
della
sua squadra erano seduti accanto a lui erano cimentati in un accesa
discussione, probabilmente roba da uomini. Improvvisamente uno di loro
lo
punzecchiò con un gomito. “Aniki, la stai
consumando a furia di guardarla!”
Disse uno di loro, ridendo sguaiatamente allo sguardo perplesso che
Kankuro gli
riservò.
Si aggiunse al discorso un secondo shinobi. “Non lo biasimo
ragazzi, le ragazze
della Foglia sono proprio roba di qualità!”
“Uhu?” Kankuro inarcò un sopracciglio.
“A me sembra un po’ ridicola, sinceramente.
La guardavo perché sembra quasi fuori posto, là
in mezzo. La sua faccia mi
ricorda un po’ una di quelle ningyo per la festa di
bambini…”
Dei lamenti di dissenso seguito da qualche risata beffarda si
levò dal tavolo.
“Starai scherzando,spero! E’ così
graziosa che me la mangerei in un solo
boccone.” Disse uno shinobi tarchiato, con una cicatrice che
gli segnava una
guancia.
Kankuro rise, posando il suo bicchiere e versandosi da bere.
“Vi assicuro che
c’è di meglio al suo Villaggio. Parlo di belle
kunoichi con bei seni grossi
come le polpette di cui si sta ingozzando Shibo, non di certo piatte
come
quella lì. Ha pure una fronte gigantesca, sembra proprio una
ningyo.”
“Uah! Aniki sei fortunato ad accompagnare spesso Temari-san e
il Kazekage-sama
al Villaggio della Foglia! La prossima volta voglio venirci
anch’io!” esclamò
un piccoletto che venne prontamente spintonato dallo shinobi segnato
dalla
cicatrice. “Mettiti in fila, bello. Vedrò io per
primo queste bellezze, ma
prima voglio andare ad approfondire un po’ la conoscenza con
la bellezza
laggiù. Aniki, presentaci la bambina!”
“Ti accontento solo perché devo alzarmi per andare
al bagno.” Ridacchiò
Kankuro, spostando una delle sue lunghe gambe fuori dal tavolo e
alzandosi, con
al seguito un paio dei suoi ragazzi. Una volta di fronte alla piccola
folla che
accerchiava Sakura, Kankuro si annunciò senza troppe
cerimonie, con le mani
ficcate in tasca. “Haruno-sensei, disturbiamo?”
Quando la Jonin riuscì ad identificare il suo interlocutore,
si soffermò a
guardarlo incuriosita, non lo riconobbe subito visto che Kankuro per
quella
cena era stato costretto da sua sorella a vestirsi di tutto punto e a
non
dipingersi con la pittura facciale. Ma appena collegò quella
figura al ragazzo
a cui aveva salvato la vita anni prima, gli rivolse un radioso sorriso.
“Ma tu
sei Kankuro, il fratello del Kazekage!” esclamò
lei entusiasta. Si scusò i dottori,
ed andò a stringergli calorosamente la mano.
“E’ bello rivederti. Come stai?”
“Sopravvivo. Gli uomini della mia squadra volevano esprimerti
la loro
gratitudine, non vedevano l’ora di incontrare la grande
Haruno-sensei.”
Sakura sorrise, scuotendo il capo. “Chiamatemi Sakura.
E’ un piacere fare la
vostra conoscenza! Spero che lavoreremo bene insieme. Sapete, il vostro
Capitano ha una resistenza al veleno davvero prodigiosa. Con le mie
stesse mani
ho estratto dal suo corpo delle quantità di veleno tali che
avrebbero potuto
uccidere un intera mandria…è davvero un uomo
straordinario. Dovreste davvero
essere fieri di avere un Capitano del genere!”
Kankuro si sorprese. Quella strana tipa si ricordava di lui dopo
così tanto
tempo, ed aveva speso anche delle parole piuttosto gentili nei suoi
confronti.
“…Non è niente di speciale.”
“E’ soltanto la verità.”
Osservò semplicemente Sakura. “Ma che gli prende
ai
tuoi uomini?”
Gli shinobi della squadra di Kankuro lo guardarono commossi, iniziando
teatralmente a piagnucolare l’una sulla spalla
dell’altro “Aniki! Sei veramente
un grande! Haruno-sensei, grazie per aver salvato il nostro
Aniki!”
“Piantatela subito, vi state rendendo ridicoli. Che branco di
idioti…” commentò
Kankuro che si passò imbarazzato una mano tra i capelli,
osservando Sakura
ridacchiare allo spettacolino.
Improvvisamente, si udirono delle grida che fecero voltare i due verso
il fondo
della sala: Shibo, lo shinobi della Sabbia citato prima dalla mole e
dall’
appetito immenso, vagava in piedi con le mani attorno al collo. Il suo
volto
era di un innaturale colore blu cianotico. Sakura cambiò
completamente
espressione: i suoi occhi divennero fiammeggianti, e con uno scatto
degno di
una kunoichi, corse in direzione del povero gigante.
“Quell’uomo sta
soffocando! Kankuro, vieni, ho bisogno del tuo aiuto!”
Kakuro la seguì prontamente, trovandosi a scansare tutto
ciò che Shibo buttava
per aria ad ogni passo. “Che devo fare?”
“Dal suo colorito e dal modo in cui si tiene le mani al
collo, posso dire con
certezza che ha le vie respiratorie totalmente ostruite. Devi fargli
una
manovra che possa liberargliele. E’ davvero troppo grosso per
me, con le mie
braccia non ci riuscirei mai! Sei pronto? Ti dirò io come
mettere i pugni!”
Kankuro annuì prontamente. “Se ci sono da tirare
cazzotti ad un ciccione, io
sono prontissimo.”
“Cosa? No!” urlò Sakura. “Per
prima cosa, passagli dietro alle spalle!”
Con difficoltà Kankuro riuscì a mettersi dietro
allo shinobi soffocante. “Ci
sono. E sta fermo, idiota!” Lo strattonò lui,
urlando poi verso Sakura. “Poi?”
“Adesso trova il suo processo xifoideo, ed applica cinque
compressioni con
movimento a cucchiaio! Una ogni due secondi, presto!”
“EH? Vuoi che prenda un cucchiaio e glielo ficchi
dove?!”
“Non c’è tempo per gli scherzi!
…Strizzagli le tue braccia al di sopra della
cintura e spremi fino a quando questo idiota non sputa quello che ha
incastrato
nella gola!” strillò istericamente Sakura.
“Adesso ci capiamo!” Kankuro ghignò ed
iniziò a fare come richiesto. Dopo una,
due, tre compressioni, Shibo finalmente sputò una patata
arrosto, cui sembrò
avere avuto la bella idea di ingoiare tutta intera. Il povero Kankuro
venne
sbalzato via da uno scatto troppo violento del gigantesco shinobi, ed
andò a
sbattere con la fronte dritta contro uno spigolo di un tavolo. Si
rialzò senza
problemi, trovando persino qualcosa di divertente su cui ridere dalla
cosa,
come il fatto che in quel momento, avrebbe potuto prenderlo a cazzotti
per un
motivo. Ma dalla ferita iniziò ad uscire una preoccupante
quantità di sangue, e
Sakura lo trascinò contro il suo volere
nell’infermeria più vicina, nonostante
le sue proteste.
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“Certo che sei stato davvero incredibile… mi
tremano ancora le mani!” mormorò
Sakura, con un piccolo sorriso dipinto sul volto.
“Però devi stare fermo.
Altrimenti non posso ricucirti come si deve, ho quasi finito. Tra
qualche
settimana vediamo se possiamo togliere i punti. ”
“Ma è proprio necessario tutto questo? Si sarebbe
chiuso comunque se ci
schiaffavi sopra un…” Kankuro strizzò
un occhio, la sensazione dell’ago che
entrava ed usciva dalla pelle era davvero fastidiosa.
“…Incredibile è una
parola grossa, ho solo seguito le sue istruzioni.”
“Ma è vero. Dovresti considerare l’idea
di diventare un medico, devi solo
imparare qualche termine tecnico…”
Ridacchiò Sakura, osservandolo sciogliersi
in un sorriso di rimando. “Oh, finalmente mi hai fatto un
sorriso sincero.
Qualcosa mi dice che ti sto antipatica.” Disse lei, facendo
un finto broncio
contrito.
“Eh? Non è che mi stai antipatica.. è
che mi ricordi un ningyo. Hai presente?”
“Intendi le bambole?” Sakura rise, scuotendo il
capo. “Che bel complimento,
grazie.”
Kankuro non disse più nulla, non specificò
nemmeno che per lui quel tipo di
bambole erano orripilanti, e lei continuò seria il suo
lavoro, il viso
concentrato della Jonin gli era vicinissimo. Sakura era ridicolmente
graziosa,
continuava a pensarlo fermamente. Ma nonostante il suo aspetto, in lei
c’era
una determinazione ed una tempra davvero notevoli. Il marionettista
sorrise inconsciamente
a quel pensiero.
“… quando eravamo prima con la tua squadra, ho
dimenticato di dire loro una
cosa fondamentale.” Sakura ruppe improvvisamente quel
silenzio religioso. “Avevi
ragione quando hai detto che scampare ad un intossicazione al veleno
non è stata
la cosa più importante di quella occasione. I tuoi uomini
dovrebbero ammirarti soprattutto
perché hai resistito al più grande e corrosivo
veleno dell’animo, l’odio. Eri
debilitato, ad un passo dal perdere conoscenza. Ma nonostante tutto,
implorasti
Naruto di salvare tuo fratello minore, il Kazekage. Ti confesso che ho
iniziato
a credere ai miracoli, dopo questa!” Sakura
stemperò il suo tono solenne,
sorridendo. “So che vado contro molti principi della Medicina
con questa ammissione,
ma non saprei definire questo fenomeno con altri termini! Del resto,
cosa può
essere più forte dell’odio, se non un
miracolo?”
Kankuro rimase rapito da quelle parole. Cosa poteva essere
più forte dell’odio?
Forse lo era quella sensazione che iniziò a salirgli dalla
bocca dello stomaco,
salendo fino al suo petto. Il suo battito si fece improvvisamente
più veloce.
Lui non ne capì il motivo, sentiva soltanto che la presenza
di Sakura era
diventata così confortante da sperare che non andasse
più via. “Credo che il
sentimento più vicino e più simile
all’odio sia l’amore.” Le disse lui,
sorridendole. “E se l’amore è un
miracolo, credo che da oggi inizierò a
crederci anch’io.”
_______________________________________________________________________
“E
poi
che è successo? Vi siete abbandonati alle sconcezze
nell’infermeria?” Temari chiese
senz’alcuna vergogna al fratello, interrompendolo.
“Ma per chi mi hai preso, sei impazzita? Sakura non
è mica una qualsiasi da
trattare con così poco riguardo!” Rispose suo
fratello con tono offeso. Temari
roteò gli occhi per aria, esortandolo a continuare.
“Non è successo niente. Ha
sorriso, mi ha richiuso il sopracciglio ed è finita
lì. I giorni successivi
alla sua permanenza siamo stati appiccicati con un Dango e lo sciroppo
di
zucchero nero. Dove andavo io, c’era sempre anche lei. Sai
quanto sanno essere
bavosi gli shinobi della mia squadra. Credo preferisse la mia compagnia
per
questo.
“Molto interessante.” Commentò sua
sorella, ironica più che mai. “Quando arriva
la roba forte?”
“Non le ho mai messo nemmeno un dito addosso, smettila di
chiederlo.” Ammise
spazientito Kankuro. “Per tutto il tempo mi ha sempre
trattato come un amico
fraterno, non avrei mai potuto farlo. Ed è stata dura, per
la miseria! Più
tempo passavamo insieme.. E più mi accorgevo che lei
sembrava fatta apposta per
me! Abbiamo passato intere notti di ronda a parlare accanto al fuoco,
ed intere
giornate a coprirci le spalle. E’ gentile quanto basta,
aggressiva quanto
basta, dannatamente graziosa quanto basta…”
“…Per farti perdere la tua zucca già
vuota!” Sua sorella cominciò a ridere senza
fermarsi, e Kankuro increspò il naso, mortalmente offeso.
Quando poi si alzò
come per piantarla in asso ed andare a raggiungere l’albergo
dove avrebbero
dormito, lei lo afferrò per una spalla, ricomponendosi
all’istante. “Va bene, scusa.
La smetto. Che posso dirti… Sinceramente il tuo racconto non
mi sta affatto
bene. Non è giusto che tu ti finga suo amicone, quando in
realtà provi tali
sentimenti nei suoi confronti.”
“Non è colpa sua, non ha idea di ciò
che provo per lei. Dai, lascia perdere.
Torniamo all’albergo.”
Temari stava per dire qualcosa, ma si fermò quando lo vide
scrollare lentamente
il capo. Si avviarono in silenzio verso l’albergo,
avvicinandosi al centro del
Villaggio. Alcune bancarelle del Rinne Festival erano state distrutte
dai
detriti lunari. Ad un certo punto notarono un uomo
dall’aspetto repellente che scavava
tra le macerie, che estraendo un sacco di iuta eissandoselo sulle
spalle scappò
via, in direzione dell’uscita del Villaggio.
“Ma tu guarda che animale. Approfittarsene così di
una disgrazia…” A Kankuro
iniziarono a prudere le mani. “Gli vado dietro,
così mi sfogo un po’ sulla sua
faccia lurida.”
“Macchè, lascialo perdere. E’ roba che
non ci riguarda. Piuttosto, cos’è che ha
rubato?” ridacchiò Temari, leggendo
l’insegna della bancarella, ancora integra.
“Amuleti dell’amore:
confessate i vostri
sentimenti con un regalo personalizzato… Kankuro!” Esclamò lei.
“Mi è venuta un idea geniale! Domani noi non ce ne
andremo via. Aspetteremo il ritorno della squadra di recupero. Ah, mi
ringrazierai.”
Around the Corner
Piccolo
aggiornamento, con una delle storie secondarie che leggerete
assieme alla storia principale. Niente scienza, solo (una sorta di)
fluff, per
oggi. Grazie per aver letto il quarto capitolo di
“Rinne”! Gli eventi si
svolgono chiaramente prima durante la notte in cui Ino trova
“l’amuleto”, e il
flashback del racconto di Kankuro risale a qualche anno prima di
“The Last”. Ho
scritto questo capitolo di getto controllandolo una sola volta, mi
scuso per
gli eventuali errori. Ho finito da poco di leggere il Sakura Hiden. A
quanto
pare, Sakura dopo la guerra ha deciso di aprire un reparto (con quali
soldi?)
di psicologia infantile, o qualcosa del genere. Strano, non era quella
che
aveva chiesto quasi in ginocchio a Sasuke di portarla con sé
durante il suo
viaggio di redenzione? *ride molto sarcasticamente*
Povera Sakura, credo che sia stata trattata ingiustamente
dall’autore dall’inizio
alla fine. Vorrei renderle giustizia almeno in questa fanfiction. Cosa
ne
pensate di Temari e Kankuro? Sono due personaggi che (adoro) nel manga si
vedono relativamente molto poco (fidatevi, soprattutto il povero
Kankuro!),
quindi ho provato a caratterizzarli in maniera molto personale. Vi
piacciono?
Fatemelo sapere!
Lo sapevate che Yasuyuki Kase (seyuu di Kankuro) ha dato al personaggio
di
Kankuro una particolarità unica? E’
l’unico ad avere un accento tipico dei
teppisti di Yokohama, il resto dei personaggi parlano un giapponese
puro da
residenti di Tokyo. Kankuro conclude quasi ogni sua frase con un “jaan” finale, io
trovo sia una cosa
carinissima. E’ un piccolo teppista dal cuore
d’oro. *momento fangirl estremo*
Ah, il Gyudon è una ciotola di carne e riso, una pietanza
molto semplice e
famosa. Il dango invece, è un tipo di gnocco sia dolce che
salato, anch’esso
famosissimo. Grazie per le recensioni! Le apprezzo tutte, continuate a
seguire
la storia. Vi lascio con questo disegno con Temari e Kankuro disegnati
con
indosso degli abiti in pieno stile anni 50/60. Credo che il blog sia
“Ask
Kankuro” o qualcosa del genere.
Alla prossima!
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Capitolo 5 *** Blue Snow ***
“Siamo
noi a creare la realtà. Siamo macchine che producono
realtà, creiamo gli effetti della realtà in
continuazione.
Ciascuno di noi influenza la realtà che vediamo. Anche se
cerchiamo di nasconderci e di fare le vittime.
Tutti influenziamo la realtà.”
Konohagakure (Paese del Fuoco)
“Ah, Shikamaru!”
Una voce piuttosto affannata che Shikamaru conosceva fin troppo bene
distolse la sua attenzione da quei conflitti interiori. Era quasi
l’alba, faceva un freddo becco, e non c’era una
singola anima per strada. Fantastico. Prima le visioni, adesso anche le
voci, pensò il Jonin. Eppure quando alzò lo
sguardo verso la figura illuminata da quella scarsa luce dovette
ricredersi: Ino era lì, in tutta la sua bellezza
trascendentale femminile e distante solo qualche metro da lui, coperta
a malapena del finissimo indumento che indossava.
Non è
possibile…
Il Jonin inchiodò immediatamente il passo, e preso
così alla sprovvista non potè impedire al suo
sguardo di cadere in maniera incerimoniosa nelle trasparenze della
camicia da notte di lei.
Ino era troppo presa a calmare il proprio battito instabile per
rendersi conto di aver accellerato senza intenzione quello del Jonin.
“Oi, Shikamaru? Che ti prende, sembri aver visto un
fantasma.” Chiese poi lei, riprendendo fiato subito dopo.
Il Jonin riuscì finalmente a distogliere lo sguardo,
cercando di sembrare più indifferente e impassibile che
poteva. Ormai aveva deciso cosa fare riguardo i suoi sentimenti per la
bionda seppur a malincuore, anche se non l’avrebbe mai
ammesso, ma non poteva certamente ignorare il motivo per cui Ino vagava
senza meta per le strade del Villaggio, per giunta in camicia da notte.
Era sua amica, e preoccuparsi per lei era il minimo che potesse fare.
Da una rapida occhiata, sembrava che Ino avesse corso a perdifiato per
arrivare fin lì, di fatti sembrava piuttosto sconvolta ed i
suoi lunghi capelli erano riavviati disordinatamente. Che cosa le
poteva mai essere successo? "Che ci fai in mezzo alla strada a
quest'ora di notte,Ino?” chiese lui, lasciandosi quello
sconfortante silenzio dietro di sè.
Ino, che era rimasta per tutto il tempo ferma ed in silenzio, si
abbandonò ad un sospiro. “Nulla di che,
passeggiavo.” Era stanca e confusa, ma in quel momento lucida
più che mai. Aveva finalmente trovavo Shikamaru, lo aveva
cercato avvertendone inspiegabilmente la presenza in strada, ed era
tutto quello di cui aveva bisogno per tornare in sé. Non si
sorprese affatto nel poter constatare che la sua presenza aveva avuto
effetto anche sull’entità che in quel momento
giaceva silente dentro di lei, senza darle più alcuna
spiacevole sensazione. Riflettendoci sopra in quell’ attimo
di calma, se avesse dovuto descrivere la sensazione che provava,
l’avrebbe definita come essere nell’animo di una
donna. Quella sensibilità era tipica di un animo femminile.
Forse quell’entita era davvero una donna, in cui vedeva in
Shikamaru una figura che conosceva in vita? Per quanto quella potesse
essere una teoria piuttosto campata per aria, non era poi
così assurda, se le cose stavano così anche i
suoi strani sogni trovavano un senso.
"Che? A quest'ora, ma che vai blaterando. Torna a casa. Anzi, ti ci
riporto io." Il Jonin provò a prenderle un polso,
sobbalzando. "Ino, ma sei fredda come il ghiaccio! Diamine, aspetta..."
Un improvviso rumore metallico, seguito da un piacevole tepore
circondò per intero le piccole spalle della bionda.
Shikamaru le aveva poggiato il suo giacchetto d’ ordinanza
sulle spalle. "Tieni. Dai, vieni. Torniamo subito a casa."
“Grazie, Shikamaru. Ma aspetta...” Lo
fermò improvvisamente la bionda. “Non posso
tornare a casa adesso."
Il Jonin la guardò di traverso.“Ino, non so se
passeggiare mezza nuda per le strade del Villaggio sia una specie di
trucco per tonificare la pelle o qualcosa del genere, ma non-”
Ino scrollò la testa, interrompendolo subito.
“Ascoltami, non sono pazza! E’ che in
realtà io devo…” Seguì poi
un vedere kakashi-san pesantemente smorzato da uno starnuto che la
portò a pararsi il viso con le mani. Nello stesso momento in
cui lei le scostò dal volto, un fiocco di neve si
posò esattamente al centro di esse, seguito da un secondo, e
da un terzo. “Sta nevicando...”
Il Jonin scosse rassegnato il capo. “Già. Siamo a
Dicembre inoltrato,Ino. Di che ti sorprendi? Ed è anche
notte fonda, infatti l’Hokage che si trovava lì
solo per il nostro ritorno si è congedato
all’incirca un ora fa. Dammi retta, torniamo a casa. E' una
seccatura, ma domani mattina ti ci accompagno io da lui di buon ora,
anche se non sarei di servizio."
Ino non rispose, rivolgendogli un piccolo, adorabile broncio, che
portò il Jonin inevitabilmente a sorriderle di rimando. La
neve continuava a cadere silenziosamente su di loro, e a ricoprire
lentamente di bianco ogni cosa. Era candida e leggera, un pò
come la voce del Jonin che in quel momento tentò di
rassicurarla. Shikamaru era fatto così. I suoi modi non
erano il massimo, ma era un uomo gentile ed affidabile, ed un ninja
dedito al proprio dovere. Non era molto simile alla figura dei suoi
sogni, che si differenziava in modi e maniere,ma quella
rappresentazione rispecchiava appieno il suo animo. Se era vera la
teoria che Ino aveva formulato, era piuttosto comprensibile il
perché quell’anima femminile fosse così
malinconica. Se le capitasse di perdere Shikamaru nella stessa maniera
orribile che aveva visto nel suo sogno… Non sapeva davvero
come avrebbe mai potuto reagire la sua di anima.
Proprio quando lei stava per rispondergli qualcosa, notò tra
le sue mani qualcosa di decisamente anomalo. Stava accadendo qualcosa
di molto strano alla neve, tra i fiocchi bianchi, dal cielo sembrava
che stessero cadendo dei fiocchi simili a dei cristalli, di un luminoso
e vivido colore blu. Un fiocco le era caduto proprio di un un palmo.
Ino alzò curiosamente la testa al cielo, chiedendosi cosa
diamine stesse succedendo.
Ciò che vide fu così sconvolgente che non
riuscì nemmeno a strabuzzare gli occhi.
Nel torbido e sconfinato cielo notturno era apparso un cerchio
fatiscente di colore blu. Era piuttosto grande, e continuava ad
allargarsi a macchia d’olio, da cui cadeva quella stranissima
neve. "Shikamaru.. ma lo vedi anche tu, o sto diventando pazza?"
Mormorò la bionda, osservando sconvolta quello che non
sembrava affatto un semplice fenomeno atmosferico. Senza risponderle,
Shikamaru alzò una mano a frugare rapidamente nella tasca
sinistra del giacchetto che Ino aveva indosso, estraendo dalla tasca un
grosso paio di occhialini, di quelli fatti per rendere la guida sulle
illustrazioni volanti molto più semplice, proteggendo gli
occhi dal vento e dal sole. Erano particolarmente indicati per scovare
soggetti che si nascondevano dietro arti illusorie, e si erano rivelati
utilissimi anche sulla Luna, rivelando ciò che al Byakugan
di Hinata era sfuggito. Shikamaru li indossò, scrutando
rapidamente il cielo. “Si che lo vedo anch’io, non
sono mica cieco. C’è un kunai nella tasca destra,
prendilo e stammi vicino. Non sembra minaccioso, ma non è
detto.”
Ino brandì il suddetto kunai nella mano destra, scattando in
posizione di difesa. “Ricevuto. Che cosa vedi?”
“Oltre questa neve blu, e quel cerchio da dove sembra cadere?
Nulla. E tu?” Ino mise a fuoco meglio quell’enorme
figura fatiscente. Al centro del cerchio, sembrava stesse scendendo
qualcosa che era collegato ad un cavo, del medesimo colore blu.
“Shikamaru, ma c’è qualcosa che si sta
calando giù dal cielo! Guarda al centro del cerchio!
…Si sta calando con una specie di corda
stranissima!”
“Che?!” Shikamaru non vedeva nulla di tutto
ciò che Ino gli stava descrivendo, ma da quel cerchio
c’era davvero qualcosa che stava venendo giù a
bassa quota e ad una velocità impressionante.
“Shikamaru, togliti quegli stupidi binocoli! E’
lì, proprio lì! Guarda!”
Shikamaru inarcò nervosamente, togliendo gli occhialini.
Niente, oltre al cerchio luminoso sospeso nel cielo, Shikamaru non
riusciva a vedere proprio niente. “Ino, dimmi
dov’è. Non ne capisco il motivo ma io non riesco a
vederlo. Che secca-”
“Viene dritto verso di noi! ” Con uno scatto
fulmineo, Ino afferrò Shikamaru per un braccio tirandolo via
dalla traiettoria di quell’oggetto non identificato, che al
suo violento schianto causò un enorme voragine nel terreno.
Tossirono entrambi alla generosa quantità di polvere
sollevata dall’urto, rimettendosi immediatamente in posizione
difensiva.
“Merda… C’è mancato davvero
poco.” Sibilò Shikamaru tra i denti, scrutando poi
con nervosa curiosità la voragine davanti a loro.
“Ino.. Tieni gli occhi aperti. Dimmi che cosa riesci a vedere
da qui.”
Dalla bocca del cratere, venne fuori con un elegante balzo la cosa
più strana ed inquietante che Ino aveva mai visto in tutta
la sua vita. Era una figura dalle fattezze umane, di questo era certa.
Era fasciata integralmente in una stranissima tuta lucida e nera, con
una moltitudine di vene in rilievo sulle zone muscolari. Delle sottili
strisce luminose che sembravano molto simili a fili di chakra
attraversavano gli avambracci, le gambe ed il petto. Dal petto era
largo e scolpito sembrava essere un uomo, ma non poteva dirlo con
sicurezza visto che il suo volto non era visibile, poiché
coperto da un casco integrale dal medesimo colore nero. Era lucido, di
un materiale bombato liscio, dall’aspetto molto resistente.
Alla vita, aveva una vistosa cintura a cui vi era appeso uno strano
congegno. Se era un arma, Ino non aveva mai visto un Kunai con un
impugnatura ricurva come quella. Senza una vera e propria lama
appuntita, aveva al suo posto una
canna lucida e all’apparenza vuota, senza alcuna punta verso
l’estremità di essa…
Una grossa protuberanza metallica dalla forma di un grosso spinotto
fuoriusciva dalla schiena, collegando attraverso un lungo cavo
fatiscente la figura al cerchio che era ancora visibile nel cielo.
“Oh cielo, come fai a non vederlo? E’ proprio
davanti a noi…” Deglutì la bionda.
Shikamaru guardò a destra, a sinistra, davanti e dietro la
voragine. Seccato dall’intera situazione,
intrecciò le dita come quando era in procinto di utilizzare
un jutsu. “Credo che si stia avvalendo di una qualche arte
illusoria che pare abbia avuto effetto su di me. Sii i miei occhi per
un po’, Ino. So come contrastare l’illusione di
questo tipo ma mi serve il tuo aiuto per agire. Intanto, dimmi
cos’è, o cosa ti sembra essere.”
Anche se nella kunoichi stava tornando quel senso di inquietudine di
poco prima che cominciò inevitabilmente a farla sudare
freddo, Ino annuì prontamente. Era sempre stato lui quello
ad occuparsi del suo corpo inerme in qualsiasi momento, a proteggerla,
ad aiutarla. Ma stavolta doveva essere lei proteggere entrambi. E
l’avrebbe fatto, dannazione. Avrebbe protetto Shikamaru
esattamente con lui faceva da sempre con lei, ad ogni costo.
Lo avrebbe fatto per se
stessa e anche per lei, chiunque essa fosse.
“Non lo so, sembra una persona. Ma non riesco a vedergli la
faccia. Dal fisico sembra un uomo giovane. Penso che ti
basterà sapere che non è nulla di
buono.” La figura ad un tratto mosse il capo, facendo
scattare Ino piegata in difesa, sguainando minacciosamente il proprio
kunai. “Ha mosso la testa.” Bisbigliò
lei.
“Va bene. Non so chi sia e che cosa voglia da noi, ma questo
tizio ha chiuso ancor prima di cominciare. Sto per usare il controllo
dell’ombra. Guidami verso il-”
Nara
Shikamaru, la tua testardaggine trascende il tessuto temporale. Anche
il tuo Discendente prova a dirmi come dovrei giocare i miei dadi?
Una voce metallica che venne direttamente dalla misteriosa figura in
nero interruppe il Jonin, facendo sobbalzare anche la kunoichi al suo
fianco.
“…Come fai a sapere il mio nome? …Chi
sei? ” Chiese esitante Shikamaru vagando con lo sguardo in
giro. Era riuscito a sentirlo forte e chiaro, e l’aveva
chiamato col suo nome completo. Ino si limitò a lanciare al
Jonin un occhiata interrogativa, ma a quanto pare lui ne sapeva meno di
lei. “Tessuto temporale? Non so di cosa stai parlando. Fatti
vedere, non ha senso fare il vigliacco e nascondersi dietro un
illusione.”
Il
cervello umano non vede ciò che non riesce a concepire come
possibile. Che ironia, hai davvero molto in comune con
l’altro tuo te stesso.
“Altro me stesso?” Shikamaru Inarcò un
sopracciglio. Dopo le strane parole di quell’uomo era apparsa
ben visibile la sua ombra sul terreno. Shikamaru riusciva finalmente a
vedere qualcosa, ma non fece cenno della nuova informazione ad Ino.
Percepì l’uomo in nero ridacchiare, e la sua ombra
muoversi.
Sono
arrivato fino al luogo dove tutto ebbe origine dopo così
tanto tempo, e ancora mi disgusta camminare sulla superfice di questo
crudele mondo. Mi fa piacere vedere che vi siate dati tanto affanno nel
prosperare, sarà ancora più piacevole porre fine
a tutto questo orrore. Ma tu, né tanto meno quella donna
meritate di far parte del mio piano misericordioso.
“Attenzione, si sta portando una mano alla vita, ma
è ancora fermo davanti a te. Credo ci dividano un paio di
metri. ” Bisbigliò Ino, e Shikamaru si
limitò ad annuire. La figura parlò di nuovo,
rivolgendosi ora proprio a lei.
Donna,
nel tuo corpo ho rivelato la presenza di qualcosa che mi appartiene.
Non so come sia stato possibile per una Discendente assorbire un tale
potere nel proprio corpo, ma non importa. Pagherai con la vita tale
affronto. Fatti avanti, e lascia che io estragga il Rinne dal tuo corpo.Sacrifica la tua inutile vita
senza opporre resistenza, se non vuoi che ti costringa a farlo dopo
averti fatto assistere alla morte di quest’uomo.
Ino provò a rispondergli qualcosa e a chiedergli
spiegazioni, ma la voce non veniva fuori in nessun modo. A quelle
parole, la coscienza ospite del suo corpo aveva iniziato ad agitarsi in
maniera pericolosa. Ino provò a ripetere a se stessa con la
speranza di calmarla che non avrebbe mai permesso che qualcuno facesse
del male a lei, o a Shikamaru. La cosa sembrò funzionare,
perché riprende finalmente coraggio, ma a rispondere a
quell’inquietante figura fu il Jonin, precedendola.
“Ma quanto diamine parli? Sei proprio una
seccatura.” Sbottò Shikamaru, afferrando la
kunoichi per un braccio e attirandola dietro di lui. “Non so
cosa tu gli abbia preso, infatti credo che dopo che lo avrò
sistemato avrai da spiegarmi parecchie cose, Ino. Ma ora coprimi e non
preoccuparti, ci penso io a lui, adesso. Tieniti pronta in qualsiasi
momento, potrei avere bisogno di te.”
“Ma Shikamaru, non riesci a vederlo… Come pensi di
fare?” Bisbigliò Ino, non perdendo di vista la
figura misteriosa.
“Visto che pare abbia una gran voglia di parlare,
seguirò la sua voce. Ho un udito fino, stai tranquilla.
Coprimi e non preoccuparti.” Il Jonin le rivolse un sorriso
pieno di decisione. “E’ il mio compito proteggerti,
non ricordi?”
“Shikamaru...”
Shikamaru non aveva la benché minima idea a cosa stesse
andando incontro. Diamine, nemmeno immaginava cosa avesse scatenato in
quella figura misteriosa rivolgendo quell’occhiata complice
verso Ino che rispose di rimando con un sorriso pieno di fiducia e
calore.
Come una scena che si ripete in maniera ossessiva, come un doloro
ricordo che sembrava crudelmente tornare di nuovo a tormentare quella
figura.
“E’
il mio compito proteggerti, sei la mia Principessa
Splendente.”
“Io ero tutto ciò che
adesso… Non sono più.”
Scattò immediatamente sull’offensiva, avanzando
verso di loro. La sua voce divenne minacciosa ed incredibilmente
adirata. Ino strinse con più fermezza il suo Kunai, pronta
ad eseguire prontamente qualsiasi ordine del Jonin, e
all’occorrenza intervenire di sua iniziativa. Shikamaru
intrecciava le dita per il Kage Mane no Jutsu, più
determinato che mai nel fermare quel povero pazzo.
Dunque
avete fatto la vostra scelta. Vi procurerò la stessa
sofferenza che fu inferta a me dal vostro mondo, il mondo dei
Discendenti di quella razza ignobile! Mi supplicherete di uccidervi
insieme, per non costringervi a guardare l’uno la morte
dell’altro!
Quella neve blu continuava a cadere dal cielo, posandosi sul fondo di
quell’assurda notte che avrebbe cambiato le loro vite e il
loro modo di vedere il mondo per sempre.
Around
the Corner
Chiedo scusa per
la lunghissima attesa. E’ passato quasi un mese o qualcosa
del genere, non è vero? Mi dispiace! Ma tra il lavoro e il
post-fiera sono stata decisamente occupata, e giudicando questo
capitolo piuttosto cruciale ho voluto dedicarmene in un momento di
calma che è arrivato solo in questi giorni. Grazie per la
vostra pazienza e per aver letto il quinto capitolo di
“Rinne”! Un grazie speciale a chi mi ha inserito
tra i suoi preferiti e seguiti, ma soprattutto grazie a chi recensisce.
Esprimetemi pure la vostra opinione, sono contenta che tantissima gente
(oltre cento persone, cavoli! E’ bel po’ di gente.
*ride*) legga questa storia, ma fatemi anche sapere cosa ne pensate. Da
come potete vedere, nell’introduzione ho aggiunto qualcosa di
nuovo. Pensandoci bene, in questa storia se ne vedranno davvero di
ogni, perché vorrei parlare di tantissimi personaggi
principali e secondari. Quindi, potreste trovarci anche il vostro
preferito.
State leggendo
Naruto Gaiden? A me ricorda tantissimo una spanish soap opera che
guardavo quando ero piccola assieme a mia nonna. Credo si chiamasse
“Celeste” o qualcosa del genere. Non sto
scherzando,andate a leggerla per farvi un idea. Figli che si credono
illegittimi, padri assenti, drammi familiari… e
c’è ancora qualcuno che disegna le fanart con
Sasuke che tipo porta i figli a scuola sorridendo! *ride*
Cosa abbiamo
visto in questo nuovo capitolo? Beh, un tantino di cose inspiegabili e
alquanto strane: Ino sta cominciando a realizzare cosa sia quella
strana entità, della “neve blu” cade dal
cielo assieme a nuovi personaggi misteriosi…
Come avrete
potuto notare, nemmeno in questo capitolo c’è il
mondo alternativo, perché sarà presente nel
prossimo con molte informazioni su cosa è effettivamente
successo in questo capitolo, scientificamente parlando. Mi rendo conto
che sia molto facile entrare in confusione, ma vi prometto che
più avanti tutto sarà chiaro. Nel prossimo
capitolo forse ci sarà anche una piccola impronta
“piccante” *ohohoh*. E’ molto piccola, vi
avverto. Non aspettatevi chissà cosa!
Alla prossima!
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