Due sorelle, due piratesse

di Elenami55
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Per duecentomila berry... ***
Capitolo 2: *** Ti prego non accettare... ***
Capitolo 3: *** Scontro ***
Capitolo 4: *** La fine della battaglia ***
Capitolo 5: *** Un aiuto per fuggire ***
Capitolo 6: *** Tutto per una ferita ***
Capitolo 7: *** Sveglia! ***
Capitolo 8: *** Dalla padella alla brace ***
Capitolo 9: *** La risposta ***
Capitolo 10: *** Simpatia ***
Capitolo 11: *** Frainteso ***
Capitolo 12: *** Lo scherzo ***
Capitolo 13: *** Punizioni e spazzolini da denti ***
Capitolo 14: *** Riparazioni ***
Capitolo 15: *** Eki Island ***
Capitolo 16: *** Il piano di Umi e Satch ***
Capitolo 17: *** Il Ragno Rosso ***
Capitolo 18: *** Crudeltà ***
Capitolo 19: *** Battaglia sulla nave nemica ***
Capitolo 20: *** Cure ***
Capitolo 21: *** Alla ricerca del fiammifero ***
Capitolo 22: *** Il malore di Emi ***
Capitolo 23: *** Lettere d'amore ***
Capitolo 24: *** Attacco nemico ed imbarazzo ***
Capitolo 25: *** Promozione ***
Capitolo 26: *** Chi odia ama ***
Capitolo 27: *** Nuova missione ***
Capitolo 28: *** In cammino ***
Capitolo 29: *** Un misterioso simbolo ***
Capitolo 30: *** L'astuzia di Emi ***
Capitolo 31: *** Il segreto rivelato ***
Capitolo 32: *** Umi e la teoria dei tarli del deserto ***
Capitolo 33: *** Addio ***
Capitolo 34: *** Partenze ***
Capitolo 35: *** Una serie di notizie stravolgenti ***
Capitolo 36: *** Una vecchia conoscenza ***



Capitolo 1
*** Per duecentomila berry... ***


 

1. Per duecentomila berry…

È da circa mezz’ora che vago per le taverne in cerca di qualche babbeo da derubare e ancora niente. Spero che almeno in questa avrò più fortuna. Entro dentro, diciamo che non è proprio un posto adatto ad un’undicenne ma io sono una pirata molto forte e non mi lascerò battere da questi pezzenti. Ok, molto forte non sono ma sono abilissima nell’arte della fuga. Ora l’importante è trovare due polli da spennare…mmm…dove li posso trovare? Devo darmi una mossa, non posso tornare a mani vuote da quella scema altrimenti continuerà a darmi della pasticciona che si crede già grande. Le porterò un bel gruzzolo e vedremo chi è la pasticciona tra noi!
Mi guardo intorno. Uffa! In questa taverna ci sono solo ubriaconi, non troverò mai una bella somma di denaro di questo passo!
Sento la porta del locale cigolare, mi volto. Sono entrati due ragazzi, uno è molto muscoloso, ha capelli neri e porta uno strano cappello arancione mentre l’altro è biondo, indossa una strana camicia ed ha un tatuaggio sul petto. Wow, cosa vedono i miei occhi: il biondino porta alla vita un sacchetto di monete! O almeno credo che sia di monete, cioè di solito nei sacchetti a vita si tengono le monete. Bene Umi, questa è la tua occasione!
Mi avvicino furtivamente al bancone dove si sono seduti i due. Non sembrano pericolosi ma è meglio non farsi beccare. Stanno parlando con l’oste, ora o mai più! Gattono fino sotto la sedia del biondino, allungo la mano e slego con molta attenzione il sacchetto dalla sua cintura. L’oggetto mi cade in mano. Bene…ora la fuga…
- Hey tu, dove credi di andare con i miei soldi?-
Mi irrigidisco. Mi ha beccata, ora che faccio?! Oh Dio, panico, panico, panico!
- Io? -
- Sì, tu –
- Emh…io…ecco…volevo osservare questo bel sacchetto! –
- Bella questa! Ha una bella fantasia la ragazzina! - interviene il moro ridendo.
Beh, in effetti potevo inventarmi una scusa migliore. Comunque ora la priorità è la fuga.
- Senti bambina, se mi ridai subito i soldi potrei chiudere un occhio e lasciarti andare –
- Te lo scordi! –
Scappo via alla velocità di un fulmine. Esco dalla taverna e imbocco la via principale. Non mi stanno inseguendo, evviva! Devono aver capito che sono troppo in gamba per loro. Modestamente sono troppo abile in confronto a quei due piratucoli da strapazzo. Conto le monete. Duecentomila berry, questa si che è fortuna! Mi dispiace sorellona ma dovrai ammettere che io sono più brava di te.
Svolto l’angolo e sbando contro qualcosa o, per meglio dire qualcuno. Mi pietrifico. No, sono loro!
- Pensavi di averci seminati vero? – ghigna beffardo il moro
- Adesso mi fai il favore di ridarmi il denaro? – domanda il biondo scocciato
- No! –
- Non costringermi a usare le maniere forti con una bambina! –
Aiuto. Ho paura, chissà cosa mi vuole fare. Forse se gli ridò i soldi mi lascia in pace. No, non voglio e non posso! Sorellona, perché quando ho bisogno di te non ci sei mai?
- Ora sono miei. Non te li darò mai! –
Il biondo è alquanto irritato per la mia risposta invece il moro sembra quasi divertito.
- Bisogna ammettere che ha fegato la bambinetta, vero Marco? –
- Avrà fegato ma ci sta facendo perdere troppo tempo –
- Siete voi che perdete tempo. Lasciatemi andare o…o…o chiamo mia sorella, chiaro? –
- Ci mancava la sorella – sbuffa annoiato quella specie di ananas.
Poi all’improvviso una voce ci fa voltare.



Nota dell'autrice
Salve a tutti! Questa è la prima storia che pubblico e spero che vi piaccia. Se ho commesso degli errori fatemelo pure notare, accetto volentieri le critiche e scusate se il capitolo è un po' corto. Cercherò di aggiornare la storia il prima possibile. Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Ti prego non accettare... ***



2. Ti prego non accettare



Poi all’improvviso una voce ci fa voltare…

- Hey Umi, sempre a mettermi in mezzo eh? Possibile che non riesci a levarti dai guai da sola? – mia sorella è appoggiata ad un muro ed osserva la scena.
- Emi!! Finalmente sei arrivata! – le corro incontro  – e comunque so levarmi dai guai da sola! Ho solamente bisogno di un aiutino…-
- Va bene…però mi spieghi cos’è questa storia dei soldi? –
- Emh…vedi…mi consideri una pasticciona e volevo dimostrarti il contrario…- dico imbarazzata
  - Ma c’era bisogno di fare tutto questo casino!? - sbuffa – quanti soldi hai  rubato?-
- Duecentomila berry! –
- Brava! A quanto pare sei meno pasticciona di quanto pensassi – mi fa la linguaccia
Sempre la solita, ma è così divertente prendermi in giro? La guardo storto facendo l’offesa, poi mi ricordo dei due ragazzi e mi volto a fissarli.
- Hey tu, guarda che quei soldi sono miei e quella ragazzina me li ha rubati – dice il biondino ad Emi
- E allora? Per quanto ne so ora i soldi sono nostri caro Marco la Fenice – ghigna soddisfatta mia sorella
Un attimo…ha detto…Marco la Fenice?! Oh dio!! Ho derubato il famoso Marco la Fenice!
- M-marco la F-fenice?!- esclamo meravigliata
- Sì, sorellina, non lo sapevi? Non dirmi che adesso derubi la gente senza sapere di chi si tratta- sospira – e se beccavi un pirata sanguinario? Che facevi?-
- Emh…a questo non ci avevo pensato…ehehe…-
- Sempre la solita! -
I due ragazzi ci osservano, Marco sembra alquanto irritato mentre l’altro è scocciato.
- I soldi…- Marco stende la mano verso di noi convinto che glieli restituiremo.
- Ti ho già detto che sono nostri –
- Infatti! Quindi o sloggiate o Emi vi ridurrà in poltiglia!- gli urlo contro.
La Fenice ghigna. Mi domando il perché visto che verrà fatto a fettine. Comunque mi rimane un dubbio:  chi sarà mai quel tizio con il cappello? Spero non un altro pezzo grosso della flotta di Barbabianca.
- Emi…ho già sentito questo nome da qualche parte – esclama pensieroso il soggetto dei miei dubbi.
- Questa ragazza è Emi, La Tigre del Mare Orientale – risponde l’ananas
- Wow, il primo comandante della flotta di Barbabianca conosce il mio nome, ne sono lusingata!- lo sbeffeggia la mia sorellona.
Uffa però! Lei è famosa mentre io no, questa è un’ingiustizia.
- Emh…non per interrompervi, ma ci sono anche io. Piacere,  sono Portgas D Ace –
Portgas d Ace?! Oh mio santissimo dio!! Il comandante della seconda flotta di Barbabianca! Come ho fatto a non rendermi conto di chi è? La situazione ha preso una brutta piega, non credo che Emi riuscirà a batterli e conoscendola non scapperà!
- Il piacere è tutto mio –
- Ho sentito dire che hai sconfitto cinque navi da guerra della Marina da sola, confermi? –
- Non ero sola, con me c’era Umi –
E adesso perché mi mette in mezzo? Non voglio centrare in questa faccenda!
- Ti andrebbe di batterti con me? Se vinci ti lasceremo andare con i soldi- propone Ace
- Ti prego non accettare, possiamo sempre scappare- le sussurro io
Marco osserva spazientito la scena senza spiccicare parola. La paura mi attanaglia il cuore. Credo nelle capacità di Emi ma se dovesse perdere? Cosa ci faranno quei pirati? Ti prego sorellona, non accettare! Sembra che ci stia pensando, ti prego non accettare, non accettare… la osservo con sguardo supplichevole. Fissa i due senza dire niente, poi il suo sguardo passa su di me e lei mi sorride. Le mie speranze vengono distrutte da questo suo semplice gesto, ti prego…non farlo…
Il suo sguardo torna sui due e il suo sorriso si trasforma in un ghigno.
- Accetto! –




Commento dell’autrice
Salve  gente! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. Scusate se è un briciolino corto, giuro che ho provato ad allungarlo ma è saltato fuori così! (lieve imbarazzo). Comunque come vi sembra Emi? Spero non psicopatica, anche perché non lo è…o almeno credo…
Come si può notare la storia è scritta dal punto di vista di Umi ma forse nei prossimi capitoli sarà qualcun’altro a raccontare.
Grazie per le recensioni e alla prossima!!

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Capitolo 3
*** Scontro ***



3. Scontro


- Accetto! – dico ghignando.
Questa è un’occasione unica che non mi lascerò sfuggire. Non capita tutti i giorni di potersi battere contro il famoso Portgas D Ace. Se riuscissi a vincere la mia taglia aumenterebbe notevolmente e poi voglio mettermi alla prova. Ace sembra felice della mia risposta. Forse anche lui vuole mettersi alla prova contro di me ma non mi lascerò battere tanto facilmente.
- Emi ragiona, per favore! Scappiamo! – mi sussurra Umi.
Faccio finta di non averla sentita. Io non scappo, né ora né mai! Che razza di pirata sarei se scappassi come una codarda? Non avrei più il coraggio di guardarmi allo specchio.
- Umi mettiti al riparo e non intervenire chiaro? –
- Ma sorellona…ti prego… - mi implora lei.
- Niente ma. Vai! – le ordino con tono secco, non voglio che rimanga coinvolta nello scontro.
Umi controvoglia va a nascondersi ed io mi preparo per il combattimento.
- Cerca di non perdere e fai in fretta, abbiamo già perso troppo tempo – dice Marco al compare appoggiandosi ad un muro con fare scocciato.
- Figurati se perdo contro una ragazza! –
I maschi, tutti uguali. “Non perdo contro una ragazza!” gne, gne, gne! Non li sopporto quando fanno così. Sarò anche una ragazza ma non sono debole!
Il moro sorride e la sua mano prende fuoco, la battaglia inizia. Si scaglia contro di me cercando di colpirmi ma io schivo l’attacco e provo a tirargli un calcio. Purtroppo lo schiva e mi accerchia con un muro di fiamme. Non posso indietreggiare altrimenti mi brucerei. A questo punto non mi rimane altra scelta: devo trasformarmi. Volevo tenere il mio potere come penultima risorsa ma il fiammifero ambulante non scherza in battaglia. Mi trasformo in tigre. Adoro questo potere, secondo me il frutto Tiger-Tiger che ho mangiato è uno dei più forti tra gli zoo-zoo. Ace mi osserva divertito, a quanto pare la mia mutazione non lo intimorisce. Gli balzo contro sfoderando i miei artigli. Sto quasi per colpirlo quando mi arriva un pugno di fuoco in pieno stomaco. Vengo scaraventata contro un muro e cado a terra. Mi rialzo un po’ dolorante e con la pelliccia bruciacchiata. Stupido fuoco, lo sanno tutti che bestie feroci e fuoco non vanno d’accordo e poi la mia bellissima pelliccia! Quell’idiota me l’ha rovinata! Torno umana.
- Tutto a posto? Spero che non ti sia già arresa – mi sbeffeggia il ragazzo dal cappello arancione.
- Mai stata meglio –
Beh, diciamo che starei meglio se non avessi ricevuto un colpo simile ma non mi arrendo per così poco. Ace ghigna e posiziona le mani in uno strano modo, quasi a voler imitare delle pistole. Mi domando che cosa voglia fare, scommetto niente di buono, meglio stare in guardia.
- Higan! –
Una pioggia di pallottole infuocate mi viene addosso, corro via cercando di evitarle e mi riparo dietro ad un muro. L’attacco dura alcuni minuti poi cessa. Mi sporgo per vedere che succede. Non c’è più, il ragazzo si è volatilizzato. Osservo attentamente la strada davanti ai miei occhi, non c’è.
- Ma dove sei finito? – sussurro tra me e me.
- Proprio qui –
Mi volto di scatto, è dietro di me. Come ha fatto a comparirmi alle spalle senza che me ne accorgessi? Devo ammettere che è molto abile: è riuscito ad ingannare i miei sensi felini e ciò non è cosa da poco. Ma infondo non potevo aspettarmi di meno da un pirata del suo calibro.
- Allora ti arrendi? –
- MAI! –
Torno tigre e balzo via evitando una specie di lancia di fuoco. Decido di cambiare stetegia. Mi trasformo in forma ibrida, la mia pelle diventa del colore della pelliccia di una tigre, mi crescono gli artigli, le zanne e anche la coda. Questa è la trasformazione che preferisco. Il secondo comandante della flotta di Barbabianca mi osserva quasi incantato, che avrà da guardarmi tanto? Approfitto del suo momentaneo incantamento e lo attacco con i miei affilatissimi artigli. Il colpo va a segno ma lui non si fa niente, anzi sono io che ci rimetto quasi una mano, mi ero completamente dimenticata che il suo corpo fosse di fiamme. Ritiro subito la mano scottata e mi allontano dal ragazzo  che continua ad osservarmi.
- Hey Ace, non stare lì imbambolato. Concludi la partita e in fretta – sbuffa La Fenice dal suo posto d’osservazione
- Eh? Ah sì – risponde Portgas risvegliandosi dai suoi pensieri.
Sta per tornare all’attacco, devo escogitare qualcosa altrimenti perderò.




Nota dell’autrice
Buongiorno gente! Questo capitolo è scritto dal punto di vista di Emi e come avrete sicuramente letto se le è prese da Ace. Povera! Deve far male essere colpiti da un pugno di fuoco! Comunque la nostra cara ragazza/tigre non si farà battere tanto facilmente, ve lo assicuro! Perdonatemi se il capitolo era di nuovo corto e se volete dirmene quattro siete liberissimi di farlo. Vi chiedo anche scusa per eventuali errori di ortografia.
Alla prossima!!

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Capitolo 4
*** La fine della battaglia ***



4. La fine della battaglia


Sta per tornare all’attacco, devo inventarmi qualcosa altrimenti perderò…
Mi metto in posizione d’attacco ghignando, devo mascherare la mia preoccupazione. Ace prende fuoco e mi attacca, io mi limito a schivare i colpi. Magari se lo faccio stancare avrò una possibilità. Schivo un pugno, una lancia di fuoco, un calcio ed anche una specie di colonna di fuoco.
- Combatti decentemente. Non mi dire che sei già stanca! – mi provoca il moro.
- Io stanca? Tu sogni! –
Balzo indietro evitando un altro attacco. Non posso continuare così, non è il mio stile…e poi non sembra che questa strategia funzioni, anzi, mi stanco di più io che lui.
- Fuoco di lucciole! –
Tante piccole fiammelle si sparpagliano intorno a me. Il mio istinto felino mi dice di stare attenta ed il mio avversario sembra sicuro di vincere con questo attacco. All’improvviso le fiammelle esplodono creando un grosso falò. Fortunatamente riesco a salvarmi saltando in avanti e buttandomi  a terra. Mi volto, cavolo che potenza quell’attacco! Ha ridotto i muri in cenere, fossi rimasta là sarei diventata una tigre alla brace. Bene Emi, ora che farai? Non puoi nemmeno toccarlo, come pensi di attaccarlo? Bella domanda. Non posso perdere, sarebbe troppo umiliante. Non ho altra scelta…devo usarlo, non avrei voluto svelare questo mio potere ma sono costretta a farlo. Devo usare l’ambizione dell’armatura! Non riesco ancora a padroneggiarla bene ma almeno potrò colpirlo. Il ragazzo sembra annoiato.
- Facciamola finita qui ok? Abbiamo già perso troppo tempo – mi dice
- Perfetto!  -
Sfodero i miei artigli e li lecco con fare sadico. Fatti sotto, questa volta non la passerai liscia...
Il moro prepara il suo famoso attacco.
- Pugno di fuoco! –
È questione di secondi. Uno…schivo il pugno. Due…balzo in avanti. E tre…attivo l’ambizione e colpisco il pirata al petto ferendolo. Finalmente l’ho colpito, finalmente ne ho avuto l’occasione. Sono soddisfatta, sono riuscita ad usare l’haki combinandolo ai miei artigli, è la prima volta che ci riesco.
Portgas si tocca la ferita stupito, dev’essere da molto tempo che non ne subisce. Anche Marco La Fenice è stupito, nessuno dei due si aspettava questa mia mossa. Mi davano già per spacciata quelle sottospecie di maschilisti.
- Complimenti , mi hai colpito. Non pensavo sapessi usare l’ambizione –  dice Ace lanciando uno strano sguardo al suo amico.
Marco sorride allo sguardo del compagno. Quei due stanno architettando qualcosa, me lo sento.
- Allora pensavi male, non ho mai detto di non saperla usare – rispondo sgarbatamente.
Il ragazzo sta per ribattere quando un urlo di mia sorella ci fa voltare.
- Emi!!! –
Mi corre in contro. Possibile che non ascolta mai quando le dico di stare lontana?
- Ti avevo detto di stare alla larga! – le urlo contro
Deve sempre fare come le pare! Non ascolta mai. Mi fa venire il nervoso. Grrrr…non fosse mia sorella l’avrei già fatta a fettine.
- Lo so, scusa – riprende fiato; ha il fiatone, evidentemente ha fatto una lunga corsa – abbiamo un problema, un grosso problema…  – riprende lei.
- Quale? –
- La Marina… – fa una pausa – la Marina è arrivata in città, ero andata a portare i soldi sulla nostra barca ed ho visto le loro navi! –
- Cosa?! Cavolo questa non ci voleva!  Dobbiamo andarcene, non voglio problemi –
Oggi dev’essere un giorno sfortunato. Doveva arrivare proprio ora?!  Ragioniamo…la WindFlower è ancorata in un molo a nord dell’isola, non dovrebbero trovarla.  Il luogo è in vista ma è una piccola imbarcazione.  Da qui al molo si impiegano 10 minuti a piedi, via mare credo circa lo stesso tempo. Oh dio! Non c’è un minuto da perdere!
- Emi dobbiamo sbrigarci! Non voglio che distruggano la WindFlower! –  mi ricorda Umi
- Giusto! – ci incamminiamo
- Hey aspetta! La sfida non è finita! – mi blocca Ace
- Mi dispiace ma ora è finita – gli rispondo
- Non decidi tu quando finisce! –
- Infatti decide Umi. Tu che dici Umi? – lancio uno sguardo complice a mia sorella
- Io dico che la sfida è ufficialmente conclusa e che la vincitrice è Emi – dichiara lei divertita
- Ma così non è valido! – ribatte lui
- Sì, sì, fai come vuoi. Ci si vede in giro! –
Non gli diamo il tempo per ribattere o per fermarci  perché corriamo via. Mi dispiace un po’ per la sfida ma se la Marina mi distrugge la nave è peggio!  Attraversiamo tutta la città di corsa, cercando di evitare i marinai. Infine arriviamo nei pressi della nave ma una cattiva sorpresa ci attende…
 
                                                       ==============================

Intanto i due comandanti della flotta di Barbabianca tagliano la corda per non avere problemi con la Marina.
- Li possiamo battere, perché dobbiamo scappare? Sai quanto odio farlo! – si lamenta Ace
- Non stiamo scappando, semplicemente evitiamo uno scontro inutile con la Marina – risponde esasperato Marco
- Mettila come vuoi ma secondo me stiamo scappando –
- Sei insopportabile a volte! –
La Fenice osserva la ferita dell’amico.
- Come va quella? – gli domanda.
- Questa?- si tocca la parte lesa – Niente di grave, ho subito di peggio –
Il moro diventa pensieroso e continua a camminare fissando il vuoto.
- Marco, secondo te rincontrerò quella strana ragazza? –
- Certo, dobbiamo riprenderci i soldi no?-
- Vero, non ha vinto la sfida quindi i soldi sono nostri-
- Ora dobbiamo solo rintracciarla. Tu perlustra la città, io penserò alla costa – detto questo il biondo lancia un mini den den mushi all’amico  – chi la trova informa l’altro-
- Ok – annuisce il moro
I due si dividono e vanno alla ricerca della piratessa.





Nota dell’autrice
Salve gente!  Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. La prima parte è scritta dal punto di vista di Emi mentre la seconda è narrata dalla sottoscritta (cioè io). Scusate se ho commesso degli errori di ortografia o se il testo della storia non è scritto bene. Ringrazio molto chi segue la storia e chi la recensisce. Alla prossima!!
 

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Capitolo 5
*** Un aiuto per fuggire ***



5. Un aiuto per fuggire

Arriviamo nei pressi della nave ma una cattiva sorpresa ci attende…
Io ed Emi siamo paralizzate, mai ci saremmo aspettate una cosa simile: un intero esercito di marinai ha circondato il molo ed alcune navi della Marina hanno bloccato l’uscita della baia. Siamo in trappola.
- Emi detta Tigre del  Mare Orientale ti dichiaro in arresto, arrenditi senza fare storie!  Sei circondata, un passo falso e la tua nave salterà in aria – esclama un uomo, probabilmente il capo.
Emi sembra molto preoccupata, anzi lo è proprio. Questa volta siamo proprio nei guai, anche se la mia sorellona è molto forte non ce la potremmo mai fare contro tutti questi uomini. I cannoni delle navi nemiche sono tutti puntati verso di noi e verso la WindFlower e, come ha detto quel tizio, un passo falso e la nostra povera imbarcazione verrà fatta saltare in aria. Non voglio perderla, è una nostra compagna, abbiamo affrontato tante avventure insieme, dal Mare Orientale fino al Nuovo Mondo. Non è una nave grande anzi, è abbastanza piccola, giusto una cucina, un bagno, una cabina per il capitano e due camere, però è molto più utile di qualsiasi altra. È leggera,  veloce, ha delle pale rotanti per le fasce di bonaccia e grazie a lei molte volte siamo sfuggite alla Marina. Non può finire così, non possono affondarla! Mia sorella fissa l’uomo indecisa, cosa molto strana da parte sua. Di solito lei ha sempre un piano, il suo sguardo è sempre carico di orgoglio e i suoi occhi si illuminano sempre di fronte ad una nuova sfida ma ora non è così. Osserva i nostri nemici con sguardo cupo, pensieroso, quasi perso, come se non sapesse che fare. No, dev’essere una mia impressione: lei sa sempre cosa fare. Improvvisamente  un lampo verde le illumina gli occhi e un ghigno le si stampa sul volto; ora sì che la riconosco! Come risposta al suo sorriso beffardo i marines ci puntano i fucili addosso ed io mi metto al riparo dietro di lei.
- Se pensi che mi farò catturare senza muovere un dito ti sbagli Momonga. Non so cosa tu voglia da me e non mi interessa , però non osare toccare la mia nave – esclama Emi con un  tono di voce diverso dal solito, non è spavaldo ma estremamente serio.
Un attimo…quello è il vice ammiraglio Momonga?! Oh dio! Non l’avevo riconosciuto! Lo squadro dalla testa ai piedi, si è proprio lui. Ad un tratto le unghie di mia sorella diventano artigli e la sua pelle si colora di rossiccio con delle strisce nere. Vuole attaccare, lo so, ne sono certa. Spero soltanto che sappia quello che fa o addio WindFlower. I nemici stanno per spararci addosso, io chiudo gli occhi e poi una grande esplosione mi fa sobbalzare. Riapro gli occhi: le imbarcazioni nemiche che bloccavano l’uscita della baia sono state completamente distrutte. Non riesco a credere ai miei occhi, anche i marines e il vice ammiraglio si sono voltati per vedere l’accaduto e sembrano sorpresi. Osservo il mare in cerca di una spiegazione e finalmente la trovo, o per meglio dire la vedo; quel ragazzo dal cappello arancione, quello chiamato Ace, è stato lui e sta venendo verso il molo su di una strana barca. In poco tempo arriva e scende  sulla spiaggia poi viene verso di noi con passo calmo e si comporta come quelle persone che vogliono farsi vedere tanto forti e furbe. In questo mi ricorda molto mia sorella, hanno lo stesso comportamento.
- Portgas D Ace…che sorpresa, non mi aspettavo proprio di trovarti qui – esclama l’ammiraglio.
- Già, nemmeno io mi aspettavo di vederti  Momonga – risponde il moro con una sicurezza spaventosa – hey Emi, ti serve un aiuto?- aggiunge ghignando.
Ecco, se c’è una cosa da non fare se si è dei ragazzi è di certo questa: mai offrire aiuto alla mia sorellona ghignando, lei non sopporta di essere presa per una debole dai maschi.
- Non mi serve il tuo aiuto – risponde molto sgarbatamente l’interpellata.
Visto? Lo sapevo che avrebbe detto così! Il povero ragazzo ci è rimasto un po’ male, o almeno sembra.
All’improvviso una voce dietro di noi ci fa voltare, è arrivato anche il biondino.
- Ho perlustrato la costa, se vogliamo andarcene  dobbiamo farlo subito o la Marina ci accerchierà- ci informa.
- Ho capito – dice Ace mettendosi  in posizione d’attacco –fatti sotto Momonga-
Il vice ammiraglio non se lo fa ripetere due volte e lo scontro ha inizio.
Li osservo combattere; devo dire che Ace combatte bene per essere un maschio.
- Andiamocene, tanto quello lì mi ha fregato l’avversario – esclama Emi ad un certo punto.
- Eh? Ce ne andiamo già? –
- Sì –
Deve essere abbastanza arrabbiata per parlarmi così freddamente;  non la capisco, cioè, se gli ha fregato l’avversario è un bene, no? Così almeno non deve combattere lei! …bah, chi la capisce è bravo! Ci incamminiamo verso il nostro vascello.
- Dove credete di andare? – domanda Marco.
- In quel bellissimo posto chiamato “non sono affari tuoi” – risponde la mia “gentilissima” sorellina.
Mi correggo, non è arrabbiata, è molto più che arrabbiata. Però come battuta era bella.
- E invece sono affari miei dato che voi avete i miei soldi – ribatte irritato lui.
Ancora con questi soldi! Che palle! E io che mi ero illusa che fossero venuti per aiutarci. Però quell’ananas non sarebbe male vestito da principe azzurro, cioè non che così sia brutto…ha dei bei muscoli, poi quella camicia… Ma che cavolo vado a pensare?! Non mi dire che mi piace un nemico! No, no, non è possibile, non posso essermi innamorata di M…uno sparo mi distoglie dai miei pensieri . Non capisco subito che sta succedendo; Emi è di fronte  a me con le braccia spalancate, non parla, non mi dice niente. Alcune gocce di sangue cadono a terra e finalmente comprendo ciò che è successo. Mi si blocca il respiro e la paura mi attanaglia il cuore.
- E-emi – sussurro sconvolta.





Nota dell’autrice
Hola gente! Vi è piaciuto il capitolo? Spero di sì! Questa volta la storia era narrata dal punto di vista di Umi. Poverina Umi, spero di non averle provocato un trauma infantile con l’ultima parte del capitolo. Ringrazio molto chi recensisce e scusate per il mega ritardo dell'aggiornamento. Se ho fatto qualche errore ditemelo pure. Alla prossima!!

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Capitolo 6
*** Tutto per una ferita ***


 6.  Tutto per una ferita

- E-emi – sussurro sconvolta.
Continua a non muoversi, a non parlare ed io presa dalla paura non riesco nemmeno a muovermi. Ancora una goccia di sangue cade, non riesco più a controllarmi; inizio a piangere.
- Smettila di frignare, i pirati non devono piangere… - dice mia sorella con voce fioca.
Non so cosa rispondere, la fisso e basta.
- Certo che la Marina è proprio una marmaglia di codardi, cercare di colpire una bambina indifesa tsk… - continua lei.
La vedo toccarsi la ferita e poi guardarsi la mano rimasta insanguinata da quel contatto. Deve farle molto male ma non lo ammetterebbe mai. Le spuntano gli artigli e le zanne e si butta contro quel gruppo di marinai che ha provato a colpirmi. Lo scontro ha inizio ma lei è in difficoltà, lo capirebbe chiunque: i suoi attacchi sono deboli, a fatica schiva i colpi e per miracolo si regge in piedi. Le lacrime mi scendono copiose lungo il viso. È tutta colpa mia, se non fossi così debole ora Emi starebbe bene, se non fossi  una pasticciona simile tutto questo non sarebbe mai successo!  La verità è che sono solo un peso per lei, sono inutile. Mi lascio scivolare in ginocchio a terra sempre piangendo. Un marines cerca di colpirmi con un’ascia  ma Marco lo ferma mettendolo al tappeto. Lo osservo stupita.
- Smettila di piangere e reagisci, tua sorella non ti ha salvata perché tu stia lì ferma a farti ammazzare- mi rimprovera.
Ancora una volta non so che dire, però il biondo ha ragione: non posso rimanere qui a farmi ammazzare. Purtroppo non posso nemmeno buttarmi in difesa della mia sorellona, la intralcerei solo. Mi rimane solo una possibilità, so che Emi certamente mi sgriderà per quello che sto per fare ma non ho scelta.
- Per favore, aiutala – chiedo al ragazzo di fronte a me con tono quasi supplichevole.
Lui mi sorride e, senza dirmi più nulla, va in soccorso della mia sorellona.

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I marines si sono accorti che non ce la faccio più a combattere, a malapena schivo i colpi e sto perdendo lucidità. La ferita pizzica incessantemente e ad ogni passo che faccio fa più male. Gli occhi bruciano e non riesco quasi più a tenermi in piedi. Loro invece sembrano moltiplicarsi, ne arrivano sempre di più ed ogni volta sono più agguerriti. Schivo un pugno, evito una spada che di certo mi avrebbe infilzata in pieno stomaco, balzo indietro ma è tutto inutile. Mi rendo conto che non ce la farò mai di questo passo. Un marinaio mi corre incontro con la spada sguainata, provo a scansarmi ma le gambe non reagiscono più, anche gli artigli piano piano tornano semplici unghie e le zanne scompaiono; il mio corpo non reagisce più. Sono completamente indifesa, l’unica cosa che posso fare è aspettare la mia fine. Chiudo gli occhi consapevole che tra poco sarà tutto finito. Passano alcuni secondi, troppi a mio parere. Riapro gli occhi, davanti a me c’è un ragazzo e di fronte a lui alcuni uomini al tappeto. Non capisco subito che sta succedendo, forse a causa della ferita che mi fa sempre più male non ragiono molto.
- Tutto bene? – mi domanda il ragazzo voltandosi verso di me.
Finalmente l’ho riconosciuto, è il pennuto della flotta di Barbabianca, stento a credere che sia stato lui a salvarmi.
- Sì, sto benissimo e non ho bisogno del tuo aiuto – mento spudoratamente.
In realtà non riesco nemmeno a muovermi  ma non accetterò mai l’aiuto di un maschio. Marco mi  si avvicina.
- A me sembra il contrario, non riesci più a reagire dico bene? – insiste lui.
- Non sono affari tuoi –
Improvvisamente le gambe mi vengono meno. Mi preparo già a battere una bella testata al suolo ma il biondo prontamente mi afferra e mi prende in braccio.
- Se magari fossi meno testarda e la smettessi di rifiutare il mio aiuto staresti meglio –
- Mettimi giù – ribatto debolmente.
Questa situazione mi mette abbastanza in imbarazzo e poi sto facendo la figura della povera ragazzina indifesa. Questa cosa non la accetto: non sono indifesa, io so cavarmela da sola! Non ho bisogno dell’aiuto di un maschio! Provo a liberarmi dalla sua presa ma sono troppo debole.
- Sta calma, non peggiorare la situazione –
Provo a ribattere ma ormai anche parlare è diventato faticoso. Sento la voce di mia sorella.
- Hey aspetta! Dove la stai portando? – domanda lei.
- Da un dottore, non voglio che tiri le cuoia prematuramente –
Sono abbastanza contrariata ma non voglio lasciarci le penne, quindi non cerco nemmeno più una risposta per ribattere, anche perché se la trovassi non avrei la forza per pronunciarla. Osservo ancora una volta il viso del  biondo, poi la vista mi si offusca e svengo.







Nota dell’autrice
Buongiorno a tutti gente!! Come vi funziona la vita? (sarebbe un “come va?” detto a modo mio). Se a qualcuno interessa a me bene. Allora…che dire…oh giusto: questo capitolo, come avrete notato, è diviso in due parti, la prima è dal punto di vista di Umi mentre la seconda è dal punto di vista di Emi. Spero che la storia vi sia piaciuta e ringrazio molto chi recensisce e chi ha messo la storia tra le preferite o le ricordate o le seguite. Scusate se il capitolo è un briciolino corto e un salutone a tutti! Alla prossima!!
 

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Capitolo 7
*** Sveglia! ***



7. Sveglia!

“Svegliati… svegliati!” sento una voce, solo questo. Non vedo niente, è tutto nero. “Emi sveglia”…ancora quella voce, prima era in lontananza, ora la sento vicina.
- Chi  sei?- domando.
Non mi arriva risposta, che stia sognando? Non capisco dove sono, è come se stessi galleggiando in un mare di nebbia. Come ho fatto ad arrivare qua? Mi sento strana, stordita, a disagio e poi…Umi…dov’è Umi? Mi ritorna alla mente lo sparo, i marines…Marco! Sento una fitta di dolore un po’ più in basso della spalla e una luce mi abbaglia. La luce lentamente si affievolisce ed io riesco a distinguere delle sagome sfocate che piano piano prendono forma. Finalmente la mia vista torna normale: un muro bianco, dei lettini vuoti, un piccolo armadietto, ecco ciò che vedo. Istintivamente mi tocco la fronte e provo ad alzarmi, cosa che con grande sforzo riesco a fare.
- Ben svegliata!- esclama una voce femminile –come ti senti?-
Mi giro nella direzione da cui proviene la voce; una ragazza sui 25-30 anni al massimo, capelli castano chiaro, occhi marroncini e vestita da infermiera mi guarda sorridendo.
- Direi bene, dove sono?- rispondo con diffidenza.
- In un’infermeria-
- Questo lo vedo anche io, intendo in che paese mi trovo. E poi tu chi sei? Dove sono i marines? Che fine ha fatto la WindFlower? Cos’è questo coso che ho al braccio? E soprattutto dov’è Umi??-
- Allora…prima di tutto calmati, se invece di tempestarmi di domande ti guardassi intorno noteresti che Umi, o come si chiama, è lì: proprio di fianco a te-
Mi volto di scatto e vedo con grande sorpresa mia sorella che dorme seduta su una sedia con la testa appoggiata sul lettino su cui sono. Mi do dell’idiota da sola, come ho fatto a non vederla?
- È stata al tuo fianco per due giorni, non voleva che nessuno si avvicinasse a te mentre eri priva di conoscenza- mi spiega l’infermiera.
Sono stupita, osservo la mia sorellina dormiente e la mia mente fa fatica ad assimilare questa notizia.
- Deve tenere molto a te…- continua la ragazza -…comunque io sono Rose, i marines sono stati sconfitti dai comandanti Ace e Marco, la tua nave è stata confiscata dal comandante Ace, quel “coso” che hai al braccio è un bracciale di agalmatolite e per finire ti trovi sulla Moby Dick –
- Sulla…Moby…Dick?!- ripeto scioccata.
- Sì, la nave si Barbabianca, sai chi è Barbabianca vero?-
Il mio stato di momentaneo shock mi impedisce di spiccicare parola. Sono finita sulla Moby Dick…la Moby Dick…la nave di uno dei quattro imperatori…sono spacciata…sono finita…sono condannata…possibilità di fuga zero… Rimango per alcuni minuti in questo stato, poi finalmente il mio cervello torna a ragionare. Mi alzo dal letto a fatica e noto di avere addosso solo l’intimo. Naturalmente il primo pensiero che mi viene in mente è “chi mi ha levato i vestiti?” e senza neanche pensarci due volte inizio a sparare domande a tutto andare.
- Dove sono i miei vestiti? Chi mi ha svestita? Perché sono svestita? Da quando sono svestita? Chi mi ha vista svestita?-
Rose si porta la mano alla fronte esasperata.
- Ma fai sempre così?-
- No, solo quando sono in uno stato confusionale, tra poco mi riprendo eh-
In effetti è vero, quando sono in uno stato confusionale prendo una crisi di parlantina e inizio a sparare tutto quello che mi passa per la testa.
- Eccoli – Rose posa i miei vestiti sul letto – e comunque sono stata io a levarteli e a curarti-
- Niente maschi quindi?-
Ed ecco che la crisi di parlantina ha colpito ancora, non dovevo chiedere questa cosa!
- No, niente maschi – risponde divertita la donna.
Tiro un sospiro di sollievo e a ciò lei ridacchia guadagnandosi un’occhiataccia dalla sottoscritta.
- Ok, ok, scusa – dice in sua difesa
- Ti perdono solo se mi levi questo- la ricatto porgendole il braccio con il bracciale di agalmatolite.
- Mi dispiace ma non posso-
- Perché?!-
- Ordine del comandante Marco. Dice che potresti fare casini se non lo avessi-
Furbo il pennuto, sa che scapperei se avessi i miei poteri. Devo escogitare un piano…ma ora è meglio vestirsi prima che arrivi qualche maschio! Detto, fatto in due secondi sono vestita; ho intenzione di andarmene e con o senza il consenso del pennuto e del fiammifero ci riuscirò! Mi avvicino a Umi e la scuoto dolcemente.
- Hey sorellina, sveglia! Guarda che è già mattina – le dico dolcemente.
- Mmm…Emi lasciami dormire, ho sonno… - risponde ancora mezza nel mondo dei sogni –Emi… Emi?! Emi sei sveglia!- urla saltandomi addosso dopo essersi accorta che sono sveglia.
- Certo che sono sveglia ma se mi stringi così forte mi soffochi! –
- Oh giusto, scusa… – molla la presa per poi scoppiare a piangere e abbracciarmi di nuovo - …mi dispiace tanto sorellona! È tutta colpa mia! Se io non fossi così debole non ci troveremmo in questa situazione! Scusa!! –  continua lei piangendo.
- Smettila, sono stufa delle tue scenate. I pirati non piangono!- la rimprovero.
- Lo so! Ma mi vergogno, sono un peso per te. È tutta colpa mia! –
- Adesso basta!- urlo io.
Sono veramente arrabbiata, non sopporto queste cose! Lei si stacca da me e mi osserva impaurita.
- Guai a te se ti sento ancora dire queste cose! Tu non sei un peso per me anzi, senza di te non riuscirei a vivere! Tu sei la mia sorellina! Sei quella pasticciona che ne fa sempre di tutti i colori e che mi procura sempre un sacco di guai, sei la mia compagna di avventure!-
Sembra stupita per queste mie parole. Si porta le mani sulla bocca e continua a piangere come una fontana. Dio mio, cos’ho fatto di male per meritarmi una sorella piagnucolona?! Però, in fondo è pur sempre la mia sorellina e le voglio un mondo di bene. Mi riabbraccia, credo che dovrò farci l’abitudine. Sbuffo.
- Di nuovo? –
- Grazie sorellona, ti voglio un mondo di bene e ti prometto che non piangerò più-
Si asciuga le lacrime e finalmente mi lascia.
- Basta abbracci per un bel po’ va bene?- le dico.
Lei annuisce. Ok, posso sembrare un po’ dura ma gli abbracci proprio non li sopporto, sono troppo da femminucce indifese a parer mio.
- Comunque ora dobbiamo andarcene – dico avvicinandomi alla porta.
- No, non potete uscire di qui – mi blocca Rose
- Perché?! – ribattiamo in coro io ed Umi.
- Tu sei ancora debole e poi sono gli ordini di Marco: non potete girovagare per la nave da sole-
- Sono gli ordini di Marco! Gne gne! – esclamo con voce da presa in giro – ma fammi il favore! Me ne sbatto di cosa dice o non dice quel pennuto!-
L’infermiera sembra irritata da questa mia risposta e da quello che ho capito non ha nessuna intenzione di farmi uscire. Se non avessi questo stupido bracciale sarebbe tutto più semplice! E poi questa stupida ferita rende tutto più difficile, non riuscirei nemmeno a battere uno stupido marine in questo stato. Mi siedo su un lettino e sbuffo. Devo escogitare qualcosa…
Improvvisamente la porta si apre e un’altra donna entra, le due colleghe si allontanano un poco per parlare ed io ne approfitto.
- Umi corri!- urlo alla mia sorellina per poi scappare dall’infermeria e mettermi a correre come una forsennata per il corridoio inseguita dalle due donne che cercano di riportarmi nella stanza dalla quale sono evasa.
 La scena è all’incirca questa: io in testa a tutti che corro in una direzione non ben definita, Umi dietro di me che corre urlando cose del tipo “largo!! Pista!!”, le infermiere dietro ad Umi che chiedono aiuto urlando come delle oche e dei pirati qualsiasi che osservano la scena stupiti.
Giro a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra, vado dritto, volto l’angolo e sbam, sbatto contro qualcuno cadendo a terra. Come se non bastasse Umi, che era dietro di me, non riuscendo a fermarsi in tempo mi cade addosso. Non ho parole per esprimere la mia colossale sfiga.
- Hey ragazza, ti sei fatta male? – mi domanda l’uomo contro cui ho sbattuto.
Sto per rispondere quando arrivano le mie due inseguitrici.
- Satch, fermale! – urlano loro.
Satch…ho già sentito questo nome, ora però non ho il tempo per pensare dove. L’uomo non capendo subito cosa debba fare dà il tempo a me e a mia sorella di rialzarci e continuare la nostra folle corsa verso la libertà. Volto a sinistra ed alla fine del corridoio in cui sono vedo delle scale. Raggiungo le scale, le salgo sempre seguita da Umi e finalmente, dopo questa lunga corsa, arrivo sul ponte della nave.
- Ce l’abbiamo fatta Emi! – esulta mia sorella.
- Evviva! Batti il cinque! – ribatto io.
Ci diamo il cinque e contente ci voltiamo. Non l’avessimo fatto sarebbe stato meglio: un uomo gigantesco con dei grossi baffi bianchi ci osserva dal suo “trono” e lo stesso fanno gli altri che sono intorno a lui. Tra loro riconosco Marco ed Ace.
- Oh-oh – esclama sottovoce Umi – che facciamo ora?-
- Non ne ho la più pallida idea –
Già, non ne ho proprio idea. L’unica cosa che so per certo è che siamo passate dalla padella alla brace.









Nota dell’autrice
Salve a tutti carissimi lettori di questa storia!! Allora, taglio corto : il capitolo è dal punto di vista di Emi ed è un po’ più lungo del solito (non fateci l’abitudine :-P ). Ringrazio tutti quelli che recensiscono e che hanno messo la storia tra le preferite o le seguite o le ricordate e…un salutone a tutti! Ciaoo!!

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Capitolo 8
*** Dalla padella alla brace ***



8. Dalla padella alla brace

“Dalla padella alla brace”, questa frase si addice perfettamente a questa situazione. Ci sono circa cinquanta uomini vicino a quel tizio gigantesco con i baffi bianchi e molti altri sparsi per il ponte della nave, in più Emi non sa cosa fare per fuggire. Vicino al tizio gigantesco, che credo sia Barbabianca, ci sono anche Marco ed Ace; il mio sguardo si ferma ad osservare l’ananas umano: certo che è carino…e poi quel tatuaggio sul petto è così figo… E no, non posso ridurmi così per quel ragazzo! Devo riprendermi! Però è così carino…no, basta! Devo smetterla! Continuo a fissarlo.
- Hey Umi, vai a cercare la WindFlower; io provo a prendere tempo – mi sussurra Emi.
- Eh? Cosa? – domando io, infatti ero troppo concentrata sul biondino e non ho capito bene ciò che ha detto.
- La WindFlower! Valla a cercare!-
- Io?-
- No, quella cassa laggiù! Umi sveglia!-
La odio quando fa così. Io sono sveglissima, semplicemente non avevo capito bene.
- Ecco papà, quelle sono le ragazze di cui ti parlavo…- dice Ace.
- E voi vi siete fatti derubare da quelle due?- ribatte divertita  una donna che indossa uno strano kimono.
Certo che è strana come donna: ha una voce da uomo.
- Non sembrano pericolose- esprime la sua opinione un uomo  con dei lunghi baffi neri e un cappello a forma di cilindro.
- Spesso le apparenze ingannano sai?- ribatte mia sorella con tranquillità.
Ma perché ha risposto?! Non poteva starsene zitta?! Spero che non faccia irritare nessuno. Tutti la osservano, alcuni divertiti, altri incuriositi, altri ancora stupiti per la sua affermazione. Mi domando come faccia ad essere così tranquilla in un momento del genere…
- Ahahahah! Hai ragione ragazza!- risponde divertito l’uomo “provocato”.
- Certo che ho ragione, sentite: voglio togliere il disturbo quindi ridatemi la mia nave e lasciatemi andare-
Sempre dritta al punto…continuo a chiedermi come faccia ad essere così tranquilla. Mi volto e cerco di andarmene senza farmi notare… probabilmente la WindFlower è stata legata alla Moby Dick per non che le onde la portino via; credo che sia a poppa. Quindi devo andare a poppa  senza farmi beccare, saltare sulla mia adorata nave, attivare le pale rotanti e poi passare a prendere Emi. Sì, con un po’ si fortuna ce la posso fare.
- Hey bambina, scappi lasciando qua tua sorella? – domanda una tizia.
Mi blocco. Fortuna perché mi fai questo?! Perché mi abbandoni sempre nei momenti di bisogno?!
- Non sto scappando, stavo…ammirando questa magnifica cassa!- dico sfiorando con la mano una cassa messa contro una parete.
Che scusa idiota che ho trovato, nemmeno un pollo ci crederebbe! Torno vicino ad Emi che, con mia grande sorpresa, non mi sgrida per il fallimento anzi, si dimostra apprensiva.
- Ve ne volete già andare? – domanda Barbabianca.
- Sì- risponde secca mia sorella.
L’imperatore si mette a ridere facendomi irritare; non sopporto che si rida su ciò che dice la mia sorellona!
- Ti sembra tanto divertente il fatto che vogliamo andarcene da questa stupida nave, vecchio?!- dico arrabbiata.
Tutti mi osservano a causa di ciò che ho detto, devo imparare a contare fino a mille prima di parlare...
- Hey mocciosa, modera i termini, chiaro?- mi sgrida Marco.
- Mocciosa lo dici a tua nonna, non a mia sorella- ribatte Emi in mia difesa.
- Bada a come parli, se non fosse per me saresti all’altro mondo! Dovresti trattarmi meglio!-
- Non mi sembra di aver chiesto il tuo aiuto!-
- Tua sorella me l’ha chiesto!-
- Beh, io non sono mia sorella!-
- Questo lo vedo anche da solo!-
- Bene, a quanto pare non hai bisogno degli occhiali ma solo di un cervello!-
Il biondo sta per ribattere ma l’arrivo delle due infermiere che prima stavano inseguendo me ed Emi lo interrompe. Probabilmente ci hanno cercate ovunque e solo ora si sono rese conto che siamo qua. Le due gli vanno incontro.
- Comandante Marco ci scusi…- si scusa una delle due.
- …sono scappate dall’infermeria durante un nostro attimo di distrazione, le abbiamo inseguite ma poi le abbiamo perse di vista – continua l’altra.
- Rose, ti avevo detto di fare attenzione a quelle due! – la sgrida l’ananas umano.
- Dai Marco, non sgridarla! Guarda il lato positivo: almeno ti sei risparmiato il viaggio fino all’infermeria per andarle a prendere e portarle da papà- interviene Ace a salvare le poverette.
 L’interpellato sbuffa e decide di perdonarle. Barbabianca, che fino ad ora ha osservato in silenzio la scena, decide di intervenire.
- Sentite ragazzine…per me potete andarvene quando vi pare…- dice lanciando uno sguardo ad Ace -ma se volete andarvene dovrete farlo a nuoto-
- Cosa?! – urliamo noi incredule.
- Non so se lo sapete ma ho sequestrato la vostra nave – spiega Ace.
- E allora ridaccela-
- Potrei anche farlo…ma solo se accetterete la proposta di mio padre-
Questo è un ricatto! Non pensavo che i famosi pirati di Barbabianca fossero così! Scommetto che avevano già pianificato tutto, si capisce da come ridono sotto i baffi!
- Di che proposta si tratta? – domanda Emi.
- Sai non è da tutti tenere testa ad Ace in un combattimento e per di più riuscire a ferirlo... e poi sarebbe un peccato se ve ne andaste lasciando qui la vostra cara imbarcazione… -
Lo osserviamo cercando di capire dove voglia arrivare.
- Che ne dite di unirvi alla mia ciurma? Diventate mie figlie! –









Nota dell’autrice
Salve a tutti cari lettori! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio molto chi recensisce e chi deciderà di recensire! Come al solito ci tengo a precisare di chi è il punto di vista del capitolo: ebbene la storia è narrata dal punto di vista di Umi. Perdonate eventuali errori o, per meglio dire, orrori di ortografia e scusate se il testo non è scritto proprio bene; siete liberissimi di farmi notare qualunque errore troviate. Alla prossima!!

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Capitolo 9
*** La risposta ***



9. La risposta

Io dovrei unirmi alla ciurma di Barbabianca? Io dovrei diventare sua figlia? Io non ho bisogno di un padre, non voglio avere superiori, voglio essere libera. Sento gli occhi di tutti i presenti puntati su di me, mi sento quasi in imbarazzo e fisso il pavimento di legno del ponte. In fondo perché dovrei accettare? Posso benissimo scappare con la WindFlower e Umi. Mi viene in mente la ferita, scappare potrebbe essere un po’ complicato e, come se non bastasse, ho anche uno stupido bracciale di agalmatolite al polso. Dovrei accettare per paura? No, io non ho paura. E allora cos’è questa stupida vocina interiore che mi dice di farlo?! Io non voglio farlo...o forse voglio ma il mio orgoglio me lo impedisce?
- Allora Emi? Che facciamo?- mi domanda Umi con un filo di voce.
Io non rispondo, troppo presa dai miei pensieri. Un padre…l’ultimo padre che ho avuto non era proprio dei migliori per dirla tutta…quel lurido verme. Solo a pensarci mi viene una rabbia talmente forte da piangere: io mi fidavo, io ed Umi ci fidavamo e lui ci ha tradite. Una lacrima sfugge al mio controllo e cade a terra, bagnando quel pavimento  che stavo osservando poco fa. Ricordare fa male…non voglio ricordare. Rivolgo la mia attenzione  a quella stupida lacrima. Stringo i pugni, quasi a volermi piantare le unghie nella mano: io…non ho bisogno di…di un padre. Sento le lacrime che minacciano di uscire, devo trattenermi. Un padre…un padre…basta…basta! Non le trattengo più ma io non devo piangere. Stringo più forte i pugni e questa volta le unghie mi si piantano nel palmo della mano.
- Emi attenta!- urla Umi lanciandomi un secchio d’acqua trovato chissà dove addosso.
Ho capito cosa vuole fare: se sono bagnata le lacrime non si notano. Deve aver capito a cosa penso e vuole aiutarmi; bene, non manderò all’aria il suo piano. Non mi sposto e l’acqua mi colpisce in pieno bagnandomi dalla testa ai piedi. Faccio una smorfia: non amo particolarmente l’acqua, uno perché non so nuotare e due perché sono  pur sempre una specie di felino, però devo ammettere che Umi è un genio quando si mette d’impegno.
- Oh, scusa, volevo colpire Ace e ho sbagliato mira-
- Sempre la solita pasticciona!- sto al gioco.
Tutti ridono per questo piccolo “inconveniente”.
- Ahahahahah!! L’ha infradiciata tutta!!- ride un tizio con uno strano cappello a cilindro, credo si tratti di Vista.
- Ma sta un po’ zitto!- sbotto io.
Quell’imbecille continua a ridere seguito dagli altri, avessi i miei poteri li avrei già sistemati. Gli unici a non ridere sono Marco e Barbabianca, dovevo aspettarmelo, non è facile ingannarli; spero solo che non abbiano notato che stavo per piangere.
- Adesso basta! – urla il pennuto.
Tutti si zittiscono.
- Stiamo ancora aspettando una vostra risposta- continua il biondo rivolgendosi a noi.
Questa volta non ho indecisioni; si vede la lavata mi ha anche schiarito le idee.
- Vedi Barbabianca…io non voglio avere superiori e, per dirla tutta, al massimo potrei essere una tua alleata, non di certo un tuo sottoposto. Quindi la mia risposta è no- dico cercando di usare il mio solito tono spavaldo, cosa che mi riesce abbastanza bene.
La maggioranza dei presenti è allibita e si diffonde un brusio generale.
“Ha rifiutato la proposta di papà. Ma chi si crede di essere? Che sfacciata! Meglio così, non mi ispira fiducia…”, frasi di questo tipo giungono alle mie orecchie.
Umi si sta irritando, la trattengo. Quando è con me si esalta un po’ troppo per i miei gusti…e poi ha questa stupida fissa di picchiare chiunque mi insulti anche se non esplicitamente. Barbabianca scoppia a ridere, ma cosa cavolo ha da ridere ora?! Tutti siamo ammutoliti, nessuno parla.
- Mi piacciono le tipe come te, sembri determinata…mi chiedo solo come hai in mente di andartene…- inizia l’imperatore
- Questo non ti riguarda, ti basti solo sapere che me ne andrò da qui-
Scoppia di nuovo a ridere. Stupido vecchio, vedremo chi l’avrà vinta…
- Beh, fino a quando non te ne andrai mi vedo costretto ad ospitare te e tua sorella sulla mia nave…-
Sono senza parole, non so proprio come ribattere. Lui vuole ospitarmi sulla sua nave? Ma è impazzito?! Come può ospitare un nemico sulla sua nave?! Lo fisso sorpresa, anche Umi fa lo stesso.
- Beh? Cosa fate li impalati? Accompagnatele in una delle stanze per gli ospiti!- ordina divertito.
Subito i pirati si riprendono e, dopo un altro attimo di brusio generale, Marco interviene:
- Ma papà, perché le vuoi ospitare? Hai sentito anche tu, non vogliono unirsi a noi!-
- E allora?-
Il pennuto rimane allibito per la risposta del padre.
- Non si dica mai che i pirati di Barbabianca buttano in mare una ragazza ferita e una bambina!- continua il vecchio.
- Ma…- prova a ribattere il biondo che però si blocca notando lo sguardo serio di Barbabianca -va bene…-
Ci si avvicina.
- Venite… -
- Piuttosto che andare sotto coperta preferisco dormire qua per terra- dico.
Non intendo andare in un posto da cui non avrei vie di fuga.
- Cosa?!- domanda il pennuto alquanto irritato.
- Hai capito benissimo-
Detto ciò mi vado a sedere in un angolino del ponte seguita da Umi. Gli altri, dopo un altro attimo di brusio generale durante il quale ci osservano, tornano alle loro mansioni, probabilmente per ordine di Barbabianca che, invece, osserva divertito la situazione dal suo “trono”.
-Quell’uomo mi fa salire il nervoso…- ringhio.
- Forse perché ti ha spiazzata. Comunque non capisco perché ci vuole nella sua ciurma…- mi risponde Umi.
- Perché è un babbeo! E poi non mi ha spiazzata!-
- Certo, certo… ma…- esita per un attimo -…prima, stavi pensando a papà vero?-
- E a te cosa importa?! Ti ho già detto  che non devi nemmeno nominarlo! Quel cane non è più mio padre!-
- Lo so…scusa…-
Non le rispondo nemmeno e mi chiudo a riccio appoggiando la testa alle ginocchia e avvolgendola con le braccia. Mi pungono gli occhi. Perché se penso a quell’uomo mi viene da piangere? Perché?! Come posso piangere per un essere simile? Io lo detesto.

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Nel mentre sotto coperta due noti ragazzi mettono a posto delle casse chiacchierando…
- Papà è sempre il solito, non capisco proprio perché le voglia nella ciurma- dice Marco.
- Non chiedere a me- risponde Ace alzando una cassa e posandola sopra a delle altre.
- In più quella Emi si vanta un po’ troppo per i miei gusti. Hai visto anche tu come si comporta, no?-
- Secondo me lo fa apposta-
- Come?-
- Secondo me lo fa apposta! Non so se hai notato ma prima che venisse infradiciata dalla sorella era tutta un’altra persona, sembrava…non so come dirlo...emh….insicura-
Il biondo allunga la mano e tocca la fronte del compagno.
- Come pensavo…hai la febbre, Ace. Mi sembrava un po’ strano che avessi notato queste cose…-
- Vorresti insinuare che questi ragionamenti sono troppo complicati per me?! E comunque io ho sempre la fronte calda, sono fatto di fuoco!- ringhia infuriato il moro.
- So che sei fatto di fuoco ma ti assicuro che questa volta hai la febbre, questi ragionamenti sono troppo profondi per te…-
- Prova a ripeterlo!-
La Fenice non lo considera e continua il suo lavoro.
- Hey, non fare il finto tonto!- lo intima Ace.
- Dobbiamo mettere a posto queste casse, Ace…- risponde l’altro cercando di non prolungare il litigio. 
- Questo lo so anche io- sbotta il ragazzo di fuoco per poi tornare al lavoro.









Nota dell’autrice
Salve gente! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Ho voluto iniziarlo con i pensieri di Emi perché…beh…effettivamente non mi ricordo il perché comunque spero di non aver fatto confusione (se l’ho fatta per favore qualcuno me lo dica!). Voglio aggiungere che il testo è diviso in due : una parte narrata da Emi e l’altra dalla sottoscritta (io). Ho fatto trasparire alcuni particolari del passato di Emi che credo nei prossimi capitoli verrà a galla. Infine ringrazio tutti quelli che seguono questa storia e che recensiscono! Ciaoo!!

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Capitolo 10
*** Simpatia ***



10. Simpatia
Sento qualcosa che mi scuote, chi sarà mai che viene a rompermi le scatole ora? Alzo la testa, credo di essermi addormentata.
- Emi, è già ora di cena…non potremmo…- inizia Umi, deve aver fame.
- Se vuoi vai a chiedere l’elemosina a quegli scemi, io non intendo muovermi di qua- la interrompo.
- Ma Emi, perché devi fare così? Saranno anche nemici eccetera, eccetera, però non sembra abbiano cattive intenzioni!-
- Questo è il mio carattere, se vuoi mangiare vacci da sola. In fondo, come hai detto tu, non sembrano avere cattive intenzioni, quindi non corri rischi-
- Sei impossibile!-
Io sarei l’impossibile? Riconosco di avere un caratteraccio ma non mi sembra di essere impossibile!
- Però…io senza di te non vado…quindi resto qui- dice lei con un certo imbarazzo.
E qui casca l’asino, è sempre la solita fifona. Però se ha fame… e no, ho detto di no e quindi non intendo andare a chiedere l’elemosina a quelli là! Però se l’accompagno solo... no. Il mio stomaco brontola. Ecco, ti ci metti anche tu, ora?
- Emi, ti brontola lo stomaco, l’ho sentito. Andiamo?- chiede di nuovo Umi con tono supplichevole.
- No!-
E nel mentre che noi discutiamo sull’andare o il non andare arriva un uomo con un vassoio, per l’esattezza quello che ho investito oggi durante la mia fuga.
- Hey ragazze! Non vi ho viste a cena e quindi ho pensato di portarvi qualcosa- dice l’uomo posando il vassoio per terra, vicino a noi.
Umi si butta sul cibo come un orso con il miele e si mangia tutto in meno di cinque minuti.
- Mmm…veramente buono! Grazie…emh, come hai detto di chiamarti?- domanda quell’ingorda.
- Non l’ho detto- scherza lui.
- Satch, comandante della quarta flotta di Barbabianca- intervengo io.
- Oh, vedo che sei informata- ride lui –ma dimmi, non hai fame?-
- No- rispondo secca io, pultroppo il mio stomaco si ribella ed emette dei brontolii abbastanza forti.
- Ahahahahah! A quanto pare il tuo stomaco non è d’accordo; vieni, ti accompagno in cucina- mi porge la mano.
Per tutta risposta volto la testa di lato.
- Che caratterino! Sembri una vecchia megera in gonnella- mi punzecchia lui.
Il buonsenso mi dice di non far caso a questa presa in giro perché lo fa apposta per farmi reagire ma le mani mi prudono…devo trattenermi. Mi chiedo perché Umi non intervenga, le lancio un’occhiata e lei per tutta risposta da una leccata a un lecca-lecca. E quello dove cavolo l’ha trovato?! Non può essere stato che…Satch! E no! Questa è una combutta!
- Allora Miss Gonnella? Non dici niente?- mi punzecchia di nuovo l’uomo.
- Dico che adesso me le paghi tutte! Aspetta solo che riesco a togliermi questo bracciale e vedi!-
- Uh! Vuoi farmi paura? Vediamo di che sei capace!- mi lancia una chiave.
- Non dirmi che questa è…- la afferro, la infilo nella “serratura” che c’è sul bracciale, la giro e il bracciale si apre cadendo per terra.
- L’ho fregata a Marco mentre mangiava-
- Bene…- mi alzo – ed ora, come promesso, me le paghi tutte-
- Sempre se riesci a prendermi!- dice per poi scappare.
Io, presa da un impeto di rabbia omicida, gli corro dietro urlando cose tipo “brutto scemo! Se ti prendo ti faccio a fettine”.
 Un po’ di tempo dopo…
Sono esausta! Non ce la faccio più a corrergli dietro, è agile per essere uno stupido scemo. Però devo ammettere che inizia a starmi simpatico, forse è per questo che non ho usato i miei poteri per acchiapparlo. Già, per questo e perché sarebbe uno spreco usarli per acchiappare quel pizzetto…mmm…pizzetto…mi piace come nome, d’ora in poi per prenderlo in giro lo chiamerò così!
- Allora? Non dovevi farmela pagare?- si avvicina lui.
- Non ne ho più voglia- mi giustifico facendo l’indifferente.
- Uffa, mi stavo divertendo-
Arriva Umi.
- Hey Emi, perché ti sei fermata? Non lo rincorri più? Eravate così divertenti!- afferma ridendo l’arrivata.
- Traditrice- faccio l’offesa per poi scoppiare a ridere alla vista dell’espressione assunta dalla mia sorellina per la mia affermazione.
- Cattiva! Allora mi hai presa di nuovo in giro!- urla lei nel vedermi ridere.
- Sì, diciamo di sì-
Umi si arrabbia ancora di più per la mia risposta e decide di tenermi il broncio, con il solo risultato di farmi ridere di più. Quando tiene il broncio è troppo divertente, non ce la faccio a non ridere! Poi dei forti brontolii fanno cessare le mie risate: lo stomaco reclama cibo.
- Ma sei sicura di non avere fame?- interviene “Pizzetto”
- È ancora valida l’offerta di andare a cenare nella vostra sala da pranzo?- domando io, lasciando di stucco i due presenti.
Ok, prima mi sono rifiutata però ora che ci penso bene… in fondo che male può farmi socializzare un po’? E poi ho fame!
- Allora? È ancora valida l’offerta?- domando ancora.
- Certo! – dice Satch  facendomi cenno di seguirlo.
Io, insieme ad Umi, lo seguo e, dopo un po’, arriviamo davanti ad una porta; Satch la apre facendoci entrare in un’enorme sala da pranzo in cui c’è tutta la ciurma riunita a mangiare. Alcuni mangiano, alcuni bevono alcolici, altri chiacchierano ed altri ancora cantano, insomma, è quasi una festa. Fortunatamente in pochi si voltano ad osservarci siccome troppo presi dal fare baldoria.
- Venite, vi accompagno da papà- interrompe la mia osservazione il nostro accompagnatore che ci porta da Barbabianca.
Barbabianca è seduto su un “trono” al centro della sala e beve sakè; davanti a lui si trova un tavolo al quale sono seduti tutti i comandanti che, una volta arrivate, ci fissano stupiti.
- Guarahahahahah!- ride il vecchio –non pensavo sareste venute a cena!-
- Siamo qui solo per mangiare, sia chiaro- puntualizzo io, facendo di nuovo ridere il vecchio.
I comandanti non sembrano molto felici della mia presenza, o almeno non tutti: Ace, infatti, sembra quasi contento, Vista mi fa perfino accomodare vicino a lui e Satch torna a punzecchiarmi con le sue battute. Io, senza fare caso agli altri comandanti a cui sembra io non vada molto a genio, inizio a mangiare seguita a ruota da Umi. Divoro tutto ciò che è a portata del mio braccio, ovvero: quattro bistecche, sei panini, due piatti di insalata, sette pizzette, alcune fette di prosciutto e tre cosciotti di pollo.
- No!- urla Satch con un certo tono di ironia nella voce –ci siamo beccati un altro Ace!-
Tutti scoppiano a ridere.
- Non ci trovo niente da ridere si vede ha fame!- esclama Ace per poi cadere con la testa nel piatto.
- Oh dio! È morto! O magari non ancora, presto Emi, fagli la respirazione bocca a bocca!- scatta, mia sorella allarmata.
- Col cavolo! Fagliela tu!- urlo io.
- No, no, no, no! Fagliela tu!-
- Calme, calme! Sta solo dormendo, soffre di narcolessia- ci informa Vista.
- Ah!-esclamiamo noi con un tono da pure idiote.
- No, Vista! Perché l’hai detto?! Uffa! Per colpa tua mi sono perso la scena del bocca a bocca!- interviene Satch – cioè…ma ve la immaginate la faccia di Ace quando si sarebbe reso conto che una ragazza lo stesse baciando?!- continua per poi scoppiare a ridere seguito dagli altri.
- Tanto non l’avrei mai fatta la respirazione bocca a bocca a quello lì!- esclamo in mia difesa.
- Preferisci farla a Marco?-
- No! La faccio io a M… cioè la fai tu a Marco visto che ci tieni tanto!- urla Umi che si zittisce, imbarazzata, subito dopo aver pronunciato l’ultima parola.
Se non ho capito male ha detto “la faccio io a M…”; ok…mia sorella sta impazzendo. Allora i miei dubbi erano fondati! Le piace il pennuto! Santo cielo no… come può piacerle quel… coso?!
- Sbaglio o hai detto che la faresti tu…- inizia Satch.
- Avrai sentito male, ti ha detto che devi farla tu a Marco- lo interrompo io per salvare mia sorella.
- Ma io sono sicuro di aver sentito che…-
- Te l’ho detto, hai sentito male. Non lo mangi quello?- cerco di cambiare discorso e nello stesso tempo rubo dal suo piatto una fetta di arrosto e la divoro
- Hey! Quello era mio!- si ribella.
- Oh, scusa. Se vuoi lo vomito così te lo puoi riprendere-
- Vabbeh, non importa- dice prendendosi un’altra fetta di arrosto da un vassoio.
Uffa, si fosse arrabbiato mi sarei divertita di più! Il mio stomaco brontola ancora, ho bisogno di altro cibo. Torno di nuovo ad abbuffarmi. Noto che sia il vecchio che i suoi sottoposti bevono molto sakè ed altri alcolici vari… forse ho trovato un modo per fuggire…









Nota dell’autrice
Salve a tutti gente! Eccomi tornata con un nuovo capitolo. Non so se qualcuno l’ha notato ma è più lungo degli altri, miracolo!! Comunque spero che vi sia piaciuto. Ringrazio tutti quelli che seguono questa storia, che recensiscono o che semplicemente leggono! Un salutone a tutti! Ciaoooo!!
 

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Capitolo 11
*** Frainteso ***



11. Frainteso
Apro gli occhi e guardo l’orologio appeso al muro proprio di fronte a me; segna l’una di notte, cavolo, ce ne hanno messo di tempo ad addormentarsi tutti! Quegli ubriaconi, sono sicura al mille per mille che ubriachi come sono non si sveglierebbero nemmeno se una cannonata li centrasse, però è meglio essere prudenti. Mi alzo dalla sedia il più silenziosamente possibile e scruto tutti i presenti con attenzione: devo assicurarmi che siano ben addormentati, non voglio che intralcino la mia fuga. Devo ammettere che fingersi addormentata ed attendere il momento giusto è una tattica davvero efficace e poi, una volta tanto, la fortuna è dalla mia parte: Barbabianca se ne è andato a nanna nella sua cabina, idem Marco e compagnia bella quindi qua, nella sala da pranzo, sono rimasti solo i pesci piccoli, Ace e Satch. Con passo furtivo mi avvicino a mia sorella che sta dormendo e la prendo in braccio. Mi allontano dal tavolo.
- Dove vai?-
Mi immobilizzo, cavolo, sono nei guai. Inizio a sudare freddo e il mio cuore va ai mille all’ora. Lentamente mi volto verso il proprietario della voce, ovvero Ace, e, avendo il mio cervello già elaborato una scusa, sto per rispondergli quando mi accorgo che sta parlando nel sonno. L’unica cosa che mi viene in mente è: Ace, sei un babbeo. 
- Marco, non puoi andartene con il mio arrosto…- continua lui sempre dormendo.
Ora mi chiedo: ma quei due sono gay? Cioè, sono sempre insieme, viaggiano insieme, vanno nelle locande insieme, non mi stupirei se andassero anche a letto insieme. Certo che un bel ragazzo come Ace è sprecato con uno come Marco… aspetta… ho detto “bel ragazzo”? Ecco, lo sapevo: non dovevo bere due boccali di birra a cena; ecco perché ora dico simili scemenze. Vabbeh, Ace sta dormendo quindi posso stare tranquilla e continuare la fuga. Mi dirigo silenziosamente verso la porta, la apro ed esco, richiudendola con la massima attenzione una volta fuori. Bene, ora che sono fuori devo andare a destra, no, a sinistra, ma non era destra? Perfetto! Non mi ricordo più che strada ho fatto prima con Satch, questa è pura sfiga. Tiro a caso e vado a destra. Percorro un lungo corridoio che, una volta arrivata in fondo, si divide; decido di andare di nuovo a destra. Dopo alcuni minuti arrivo a delle scale che portano verso il basso, evidentemente devo aver sbagliato strada. Torno indietro e, arrivata all’incrocio di prima, giro a sinistra. Dopo alcuni metri sento il rumore di uno sciacquone… bene, sono finita vicino al bagno della nave. Questa. È. Sfiga. Torno di nuovo indietro e, dopo almeno mezz’ora di cammino in questo intricato labirinto di nome Moby Dick, mi ritrovo davanti alla sala da pranzo che avevo lasciato prima; decido di proseguire a sinistra. Alla fine del nuovo corridoio in cui sono finita mi ritrovo di nuovo a dover scegliere una direzione, vado a sinistra, non mi fido più della destra! Dopo un lasso di tempo abbastanza lungo e dopo vari sbagli di direzione finalmente trovo la via giusta ed arrivo alle scale che conducono al ponte. Sollevata, salgo le scale ed esco sul ponte. Inspiro profondamente la fresca aria notturna che mi invade i polmoni donandomi un po’ di allegria e tranquillità. La luna illumina il legno del ponte permettendomi di vedere nonostante sia notte e le onde del mare cullano dolcemente la nave creando il tipico fruscio che qualunque pirata conosce. Involontariamente alzo gli occhi al cielo ricco di stelle che mi incanta per un po’. Ho sempre amato osservare il cielo, è così immenso, così buio e, allo stesso tempo, luminoso; mi piacerebbe poter volare lassù, essere così leggera da poterci arrivare con un soffio di vento… già, leggera, Umi non è per niente leggera, cavolo, pesa come un rinoceronte! Ho le braccia che stanno per cedere, un motivo in più per darmi una mossa ad arrivare alla WindFlower. Secondo me, è legata alla poppa della Moby Dick. Mi incammino. Non c’è nessuno di guardia, i pirati di Barbabianca sono proprio degli sprovveduti a lasciare il ponte senza custodia: potrebbe benissimo salire un ammiraglio della Marina a bordo e nemmeno se ne accorgerebbero. Che stupidi! Umi mugugna qualcosa nel sonno e stringe con la mano la mia maglia. Non posso rimanere indifferente a questa sua mossa: è talmente coccolosa quando dorme che mi si intenerisce il cuore. Peccato che lo sia solo quando dorme. Istintivamente la stringo di più a me, come per assicurarmi che non prenda freddo, anche se effettivamente non fa freddo, c’è solo quella fresca arietta notturna caratteristica dell’estate. La mia sorellina mugugna ancora qualcosa nel sonno, chissà cosa sta sognando. Nel mentre che elaboro mentalmente delle ipotesi sul sogno di Umi continuo il percorso per raggiungere la poppa e, finalmente, la raggiungo. Poso delicatamente la “dolce” addormentata a terra e, avvicinandomi alla balaustra mi sporgo verso il mare. I miei occhi si illuminano: la mia nave e legata esattamente dove pensavo! Sto già pregustando il sapore della vittoria quando una voce mi riporta alla realtà facendomi crollare il mondo addosso.
- Hey Emi, cosa fai qui nel bel mezzo della notte?- domanda un Ace ancora un po’ addormentato.
Mi volto verso di lui, sono indecisa tra il raccontargli una balla o il dire la verità.
- Secondo te cosa fa una persona di notte vicino alla propria nave, genio? Me ne vado!-
- Ah… te ne vai?- domanda calandosi il cappello sugli occhi.
Se già prima facevo fatica a vedere bene il suo volto ed a decifrare la sua espressione, ora, che si è abbassato il cappello sugli occhi, non ci riesco proprio, quindi non posso nemmeno capire le sue intenzioni e questo mi mette a disagio. Mi tengo pronta per un suo eventuale attacco.
- Già, me ne vado. Problemi?- rispondo estraendo gli artigli.
- Sì- mi informa -la tua nave è mia ora quindi, se vuoi andartene, devi prima farmi fuori-
Non so se sia per via dell’oscurità o del cappello calato sugli occhi ma Ace in questo momento mi fa paura.
- Non sono un’assassina, io non faccio fuori nessuno- cerco di prendere tempo e nel mentre mi avvino al corpo addormentato di Umi con l’intenzione di prenderla in braccio e buttarmi sulla WindFlower.
Ace, intuendo le mie intenzioni , in un istante mi è addosso e mi blocca per il polso; io cerco di liberarmi dalla sua presa, cosa impossibile dato che in fatto di forza fisica il moro è sicuramente più forte di me. Vorrei tanto farlo a fettine e l’avrei già fatto se non fosse per una vocina che me lo impedisce, è come se una parte di me gli si fosse affezionata.
- Mollami- ringhio.
- No-
- Ti ho detto di mollarmi brutto scemo!- dico per poi indietreggiare un po’, seguita dal moro che sembra non voler mollare la presa sul mio polso.
Indietreggiando mi inciampo in qualcosa e, senza volerlo, perdo l’equilibrio cadendo all’indietro seguita da Ace che, non aspettandosi una cosa del genere, perde anche lui l’equilibrio e mi cade addosso. Mi è addosso, sbatto più volte le palpebre. Mai un ragazzo mi è stato così vicino, sento l’imbarazzo salire. Lui, dopo un attimo di smarrimento in cui mi fissa con quei suoi occhi color pece che mi lasciano senza fiato, ghigna.
- A quanto pare la fortuna gira a mio vantaggio!- esclama bloccandomi l’altro polso -ora non puoi più scappare, arrenditi e togliti dalla testa questa stupida idea di andartene-
Io sono senza parole, non so proprio che rispondere; il mio cervello si è come incantato ed io continuo a fissare Ace. Non ho mai provato una sensazione simile, è una cosa stranissima: il cuore mi batte fortissimo, mi manca quasi il fiato, sento le guance bruciare e non riesco a distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Cerco di elaborare una risposta ma non ci riesco poi, improvvisamente, una voce ci fa voltare entrambi.
- Ace, ma dove se…- Satch si blocca nel vederci  -oh…scusate, non volevo interrompere niente di privato, però Ace… potresti usare la tua stanza per certe cose…- trattiene una risata.
- A che cosa ti riferisci Satch?- domanda l’interpellato osservando stranito l’amico.
Ora io mi domando se lo fa apposta o è proprio un babbeo di natura.
- Dai amico, non fare il finto tonto- gli fa l’occhiolino l’altro.
Pugno di Fuoco lo guarda ancora una volta stranito, poi guarda me e poi di nuovo l’amico e finalmente gli arriva l’illuminazione.
- Satch, ti assicuro che non stavamo facendo quello che pensi!- si allarma il moro.
- Dicono tutti così quando vengono beccati, sai?-
- Ma è la verità!-
- Infatti, per una volta sono d’accordo con il fiammifero, non stavamo facendo quello che pensi!- mi difendo - E levati tu!- mi levo bruscamente il ragazzo di dosso e mi rimetto in piedi.
- Stavamo discutendo- precisa Ace rimettendosi in piedi anche lui.
- Va bene, va bene, vi credo- ridacchia Pizzetto -Beh, allora io vado, se volete continuate pure il vostro “discorso”- ride ancora quello scemo per poi alzare i tacchi.
Ecco un nuovo tizio da aggiungere nella mia lista delle persone da trucidare: Satch. Spero solo che non vada in giro a raccontare la sua versione dei fatti altrimenti dall’essere con un piede nella fossa passerò ad essere nella cacca fino al collo. Ma cosa ho fatto di male nella mia vita per meritarmi tutto questo?!  Mi lascio cadere seduta per terra e involontariamente osservo il moro; nonostante il buio noto con orrore che gli si è rigonfiata una certa parte. Quindi non è gay se le ragazze gli fanno questo effetto…
- E io che pensavo fossi gay, a quando pare sei bisessuale- inizio io.
Già, non sono totalmente convinta che gli piacciano solo le ragazze. Ace sembra non aver capito a cosa mi riferisco.
- Fossi in te mi guarderei un punto specifico in mezzo alle gambe…- continuo.
Lui abbassa lo sguardo sui suoi pantaloni e, dopo aver sussurrato un “oh cazzo”, se ne va molto velocemente. Appena se ne è andato scoppio a ridere come una scema.
- Miss Gonnella che ride, questo è un miracolo!- esclama Satch, spuntato da non so dove.
- Ma non te ne eri andato tu? Non dirmi che eri rimasto nascosto ad origliare!-
- Lo ammetto, mi hai scoperto- ride lui.
- Non c’è niente da ridere! E comunque non stavamo facendo quello che pensi!-
- Ok, ok, ti credo- cerca di trattenere le risate.
- E allora perché ridi?-
- Per il semplice fatto che hai detto ad Ace che è bisessuale, però forse hai ragione!- scoppia in risate -un giorno dovremmo controllare se Marco gli fa il tuo stesso effetto!- continua lui facendo ridere anche me.
Devo ammettere che Pizzetto mi sta proprio simpatico!
Una volta ripresa dalle risate prendo Umi in braccio e salto sulla mia nave.
- Allora ci si vede Pizzetto!- lo saluto.
- Non credo che riuscirai ad andare molto lontano con quella-
Io non lo ascolto e, dopo aver posato la mia sorellina a terra, vado al timone. Provo a muoverlo ma quest’ultimo è bloccato.
- Ma che cavolo…- inizio io.
- Sai, Marco non si fidava e quindi ha manomesso il timone- mi interrompe l’uomo.
- Cosa?!- un impeto di rabbia omicida mi colpisce.
Quel pennuto delle balle, giuro che quando lo vedo lo faccio secco e lo cucino per pranzo!! Come si è permesso di toccare la mia nave?!
- Portami da lui che lo faccio secco!!- urlo.
- Potresti anche farlo ma ti consiglio di aspettare di esserti ripresa del tutto dalla ferita- fa una pausa - se vuoi potrei aiutarti a fargli un qualche scherzetto, sempre se decidi di rimanere ancora qualche giorno…-
Mi tranquillizzo: sbaglio o ha detto scherzo? Io adoro gli scherzi…
Riprendo Emi in braccio e con un balzo torno sulla Moby Dick.
- Ci sto, tanto con il timone rotto non vado da nessuna parte, quindi devo per forza fermarmi ancora un po’ - dico porgendo la mano al mio nuovo “socio” che, contento, la stringe –comunque… avete preso gli oggetti di valore che erano sulla WindFlower, vero?-
- No, papà ce l’ha proibito. Dice che non si devono toccare gli effetti personali di una ragazza- risponde Pizzetto sorridendo.
Certo che Barbabianca è davvero uno strano pirata, vabbeh. Pensando ad altro…certo che è davvero incredibile come uno scherzo riesca a farmi cambiare idea così facilmente, credo che Satch sia riuscito a scoprire uno dei miei punti deboli : non riesco a dire di no quando qualcuno mi propone di farne uno.
- Allora ti aspetto qui domani mattina, dobbiamo pianificare lo scherzo- mi informa.
- D’accordo! Ora però mi accompagni in una di quelle famose camere per gli ospiti?-
Annuisce e, con il suo solito sorriso, mi accompagna in una stanza per gli ospiti dove poi mi lascia sola. Non è molto grande ma c’è lo stretto indispensabile, ovvero un divanetto, un armadio e un letto singolo, poi ha anche un bagno privato al quale si accede tramite una porta adiacente l’armadio. Sistemo Umi sul divanetto mentre io mi butto sul letto; non credo di riuscire ad addormentarmi, l’idea di essere su una nave nemica mi mette l’ansia. Provo giusto a chiudere gli occhi, magari riesco a dormire. Appena chiusi gli occhi mi viene un sonno pazzesco e mi addormento.










Nota dell’autrice
Salve gente!! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Noto che il miracolo del testo più lungo si è ripetuto, spero che si ripeta anche per il prossimo capitolo… Ringrazio tutti quelli che recensiscono e che seguono e… cos’altro potrei aggiungere a questa mia insignificante nota? Niente, quindi taglio corto: alla prossima!!

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Capitolo 12
*** Lo scherzo ***



12. Lo scherzo
Sento del morbido sotto di me, strano, credevo di essermi addormentata sul tavolo e i tavoli sono duri. Apro lentamente gli occhi e, ancora un po’ addormentata, mi guardo intorno. Non sono nella sala da pranzo di ieri sera e sono sola! Mi viene un mezzo infarto, dov’è Emi? Oddio, sono sola! Adesso che faccio?! Il mio cuore batte fortissimo. Ho appena il tempo di scendere dal divanetto su cui sono che un “ma vaffanbagno stupida doccia!” seguito dal rumore di acqua che cade mi fa capire che non sono sola. La voce è di Emi e proviene da una camera adiacente a quella dove mi trovo; corro da lei. Appena entro mi rendo conto che si tratta di un bagno, un bagno di lusso per giunta! Ci sono un’enorme vasca da bagno, un doccia, un lavandino talmente bianco e pulito che luccica, una specchiera gigante sopra il lavandino e un cesso. Sì, beh… il cesso non può mancare… Un forte profumo di pino mi invade i polmoni e mi pizzica leggermente il naso, questo è proprio un signor bagno!
- Holè sorellina! Ti sei svegliata, eh?- esclama mia sorella da dentro la doccia, deve aver visto la mia sagoma dal vetro opaco della doccia.
- Già, da quando ti lavi su una nave nemica?- domando incuriosita.
Oggi è molto strana, è… felice, poi sta facendo la doccia su una nave nemica e per giunta di mattina! Si comporta in modo anomalo.
- Oggi mi andava di lavarmi- risponde pensierosa.
- Ma… stai bene?-
- Certo, mai stata meglio!- ribatte nervosa per poi uscire dalla doccia e mettersi un accappatoio.
- E quello?- domando notando l’accappatoio.
- Prima sono andata sulla WindFlower è ho preso un po’ di roba- risponde lanciandomi dei vestiti.
Li osservo, sono alcuni miei vestiti puliti. Ciò significa che ho il permesso di fare un bel bagno! La osservo felice.
- Sì, puoi farti il bagno su una nave nemica- dice Emi come se mi avesse letto nel pensiero.
Appena ha finito di pronunciare questa frase io mi svesto e mi butto nella doccia. Apro il rubinetto e l’acqua calda mi bagna tutta, adoro questa sensazione di benessere che mi trasmette l’acqua calda. Noto che in un angolo della doccia ci sono quattro flaconi di shampoo: uno al muschio, uno all’aloe, uno alla fragola e l’ultimo alla violetta. Probabilmente mia sorella ha usato quello alla violetta, lo si capisce dal fatto che gli altri flaconi sono ancora pieni. In questo è simile alla mamma, anche lei amava lo shampoo alla violetta. Sorrido al pensiero della mamma, lei era così dolce, non negava mai il suo aiuto a chi ne avesse bisogno e, proprio per questo se ne è andata… Una forte tristezza mi invade: pensare a lei fa male. Cerco di allontanare questi pensieri e dopo un po’ di tempo esco dalla doccia e mi asciugo, per poi vestirmi.
- Ce ne hai messo di tempo!- esclama una Emi appoggiata allo stipite della porta del bagno.
Indossa dei pantaloncini verdi abbastanza corti ed una maglietta blu scuro con al centro la scritta “Dosko1 Panda” colorata di verde scuro. Come al solito i suoi lunghi capelli castano scuro tendente al nero sono legati a coda di cavallo. Ecco una particolarità di mia sorella: è una cosa rarissima che porti i capelli sciolti perché, secondo lei, intralciano la visuale e per un nemico è più facile colpirti alle spalle. Secondo me, questa teoria è una grande scemenza, ma vaglielo a far capire!
- Dai muoviti, non stare lì imbambolata a fissarmi- continua il soggetto dei miei pensieri.
- Perché devo muovermi? Non siamo mica di fretta- rispondo con calma.
- Ho appuntamento con Pizzetto alle otto e sono già le otto meno dieci-
Appuntamento? Mia sorella ha un appuntamento con un ragazzo?! Ok, mi devo essere persa qualcosa, ma si sono fidanzati?! Oddio, no, non può essere! Sono leggermente sconvolta.
- Ti sei fidanzata con Satch e hai un appuntamento con lui?!- esclamo sconvolta.
Mi arriva un pugno in testa.
- Ahi! Ma che ho fatto?!-
- Baka! Figurati se mi fidanzo con quello lì!- risponde irritata –e poi lo sanno tutti che io preferisco i biondi come Marco…-
- I b-biondi c-come M-marco?- balbetto.
- Sì-
Cosa?! Non è possibile, non può piacerle Marco! No! Marco è mio, solo mio! L’ho visto prima io! Un dubbio si insinua nella mia mente sconvolgendomi più di quanto non lo sia già: e se Marco preferisse Emi?! Il mondo mi cade addosso. All’improvviso Emi scoppia a ridere come una scema e si tiene la pancia con una mano dalle risate. Ne rimango stranita e solo dopo un po’ capisco tutto: mi ha presa in giro!
- Sei sempre la solita babbea!! Mi hai fatto prendere un colpo!- le urlo contro imbufalita.
- Ahahahahahah! Dovevi vedere la tua faccia!! Ahahahahahah! Ma allora ti piace proprio, eh?-
- Stupida- le dico uscendo dal bagno ed andando a sedermi sul divanetto incavolata.
- Ora rispondi: quanto ti piace da 1 a 10?- chiede diventando improvvisamente seria.
- 8- sbotto, non voglio che mi costringa a parlare con la forza.
- Così tanto? Cavolo! Vabbeh, se te lo stai chiedendo, per me non è un problema se ti sei innamorata di lui-
- Davvero?!-
Ho paura che Emi abbia battuto la testa da qualche parte, non si era mai comportata così prima! Cioè, lei è il classico tipo “maschi? Tsk, sono tutti degli scemi! Posso benissimo farne a meno!” ed ora mi viene a dire che le va bene se mi piace Marco?!
- Davvero, non voglio che tu sia triste a causa di un mio capriccio, perciò mi va bene- mi risponde con una sincerità spaventosa.
Le volte che parla così sono abbastanza rare.
- Grazie!- le sorrido felice.
- Prego, e adesso vado da Satch! Se non mi trovi aspettami a pranzo- mi informa per poi uscire dalla stanza.
Mi domando solamente cosa debba fare con Satch alle otto di mattina.

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Arrivo sul ponte con il fiatone, ho corso per essere puntuale ma sono lo stesso in ritardo per l’appuntamento e ciò a causa dell’infinito dedalo di corridoi della Moby Dick. Tutte le volte che vado sotto coperta è notte e i corridoi sono bui, quindi faccio fatica a memorizzare le varie vie. Alcuni interrompono il loro lavoro per osservarmi, tra questi anche dei comandanti.
- Salve! Bella giornata oggi, eh? Sapete, ho l’impressione che se aveste il potere di incenerire le persone con lo sguardo sarei già un mucchietto di cenere- esclamo  per prenderli un po’ in giro.
L’unico risultato che ottengo è il far ridere fragorosamente il vecchio e il far tornare alle loro mansioni gli altri. Tsk, se non mi vogliono qua hanno solo da non intralciare sempre la mia fuga! Stupidi.
Mi dirigo tranquillamente verso la poppa, luogo dell’appuntamento, e per puro caso incontro Ace per la strada. Il ragazzo sta maneggiando con delle cime insieme ad un tizio abbastanza massiccio, capelli neri e ricci, camicia bianca e petto molto peloso.
- Zehahahahah, guarda Ace, c’è la nuova arrivata!- dice il suddetto tizio al compare per poi avvicinarmisi – e così saresti tu la famosa Emi, tra gli uomini si parla solo di te. Non sei presa molto in simpatia sai?-
- Già, lo so. Con chi ho il dispiacere di parlare?- domando con indifferenza.
Questo tizio non mi ispira per niente fiducia, gli mancano perfino dei denti! E poi puzza di alcolici, cavolo se puzza!
- Zehahahahah! Che caratterino! Mi chiamo Teach, Marshall D Teach-
- Non lieta di conoscerti e, scusa se te lo dico, ti sei reso conto che puzzi come un caprone? Cioè, non dico che bisogna lavarsi tutti i giorni, ma sembra che non ti lavi da due mesi- ribatto, oggi sono in vena di sincerità.
Teach sembra esserci rimasto male. Ace, invece, continua il suo lavoro senza nemmeno guardarmi in faccia. Decido di andarmene e, senza lasciare possibilità di ribattere a quel puzzone di Teach, mi incammino verso la poppa, dove Pizzetto mi sta aspettando appoggiato alla balaustra, con le braccia incrociate al petto e il suo solito sorriso stampato in volto. Involontariamente gli sorrido; credo di essermici affezionata. È il primo maschio di cui riesco a fidarmi dopo tanto tempo: pensavo che non mi sarei più affezionata a nessuno.
- Emi, sei in ritardo!- mi informa ridendo –e noto che sei anche molto sexy oggi, ti sei fatta bella per Ace?-
Come al solito vuole farmi arrabbiare.
- No, non mi sono fatta bella per Ace- lo fulmino con lo sguardo –e poi cosa vorresti insinuare? Che gli altri giorni sono brutta?!-
- Non mi permetterei neanche di pensarlo!-
- Cretino- sbotto –Allora hai elaborato qualcosa per lo scherzo?-
L’uomo tira fuori dalla tasca un foglio piegato e lo apre. Leggo cosa c’è scritto e mi metto a ridere.
- Campagna pubblicitaria salviamo i poveri polli con farcitura all’ananas?- lo pronuncio ad alta voce per poi scoppiare di nuovo a ridere come una scema.
- Zitta, non dirlo a voce alta!-
- Ok, ok!- continuo a ridere.
- Ora è il tuo turno però-
Smetto di ridere e lo guardo stranita.
- In che senso?- chiedo.
- Io ho fatto il biglietto, ora tu lo devi attaccare alla schiena di Marco senza fargli capire niente-
- Cosa????!!!!- urlo.
No, questo è un suicidio! Già mi odiano i comandanti, non credo si farebbero scrupoli nel vendicare il pennuto.
- Abbassa la voce, Miss Gonnella!- mi rimprovera l’uomo di fronte a me.
- “Miss Gonnella” lo dici a tua nonna! Se attacco questa roba alla schiena del pennuto e se ne accorge mi fa fuori!-
- Non avrai paura di Marco?- sghignazza.
- Da qua!- afferro decisa il foglietto.
Sul volto di Satch si disegna un ghigno di vittoria. Ecco, ha scoperto un altro dei miei punti deboli: le scommesse fatte direttamente o indirettamente.
- Ah, dimenticavo! Usa questo- dice lanciandomi del nastro adesivo preso chissà dove.
Lo prendo al volo e ne taglio alcuni pezzettini con i denti.
- Hai pensato proprio a tutto, eh?- dico tanto per spezzare l’attimo di silenzio che si è creato –allora, ecco cosa devi fare: distrai il pennuto-
- Agli ordini Miss!- esclama divertito per poi andare da Marco.
Lo seguo e arrivati da Marco mi nascondo dietro a delle casse, in attesa del momento giusto. Per una volta ho un po’ di fortuna: l’ananas è da solo, quindi nessuno lo avvertirà dello scherzo, per di più non ci ha nemmeno visti arrivare. Attacco i pezzetti di nastro adesivo ai lembi del foglio.
- Hey Marco, cosa fai di bello?- inizia Pizzetto.
- Metto a posto queste casse- risponde freddamente l’altro.
Dio che freddezza, è proprio uno stupido ananas.
- Oh, bene! Sai, ho sentito dire che Emi vuole farti fuori siccome le hai manomesso il timone della nave…- continua Satch.
Ma io mi chiedo: perché quel babbeo mi ha messa in mezzo?! Comunque è vero: voglio far fuori il pennuto!
- Ah- risponde il pennuto,
Come “ah”?! Dovresti essere spaventato, pennuto! I due continuano a parlare e dopo un po’ intervengo io: mi avvicino silenziosamente e, quando sono abbastanza vicina, do una pacca sulla schiena ad entrambi, attaccando il foglio alla schiena di Marco.
- Hey, voi due! Avete mica visto mia sorella?- improvviso.
- No- risponde pacato Marco.
- Sì, l’ho vista prima in sala da pranzo. Ti accompagno da lei- si offre Satch per poi accompagnarmi veramente in sala da pranzo.
Appena arrivati scoppiamo a ridere come degli scemi e non ci rendiamo nemmeno conto che circa la metà degli uomini della Moby Dick è qui che fa colazione e che ci stanno osservando.
- Guarahahahahahah!! Mi fa piacere che abbiate fatto amicizia- esclama una voce fin troppo famigliare.
Mi volto nella direzione da cui proviene. Barbabianca, seduto sul suo “trono”, mi osserva divertito. Vicino a lui ci sono Izo, Halta, Jaws ed Ace, quest’ultimo è addormentato con la testa nel piatto. Beh, fanno sempre due occhi in meno a fissarmi, no?
- E già, papà! Siamo diventati ottimi amici, vero Emi?- esclama Satch mettendo il suo braccio sulle mie spalle.
- Non prenderti troppa confidenza eh…- sibilo inviperita.
Lui fa finta di non avermi sentita e mi trascina al tavolo dei comandanti. La stragrande maggioranza di occhi è ancora puntata su di me, mi sento in imbarazzo. Spero che arrivi il pennuto, almeno così fisseranno la sua bellissima schiena e non me. Destino vuole, il pennuto ananas varca la soglia del salone esattamente in questo momento. Io e Pizzetto ci scambiamo uno sguardo divertito, adesso se ne vedranno delle belle…










Nota dell’autrice
Salve a tutti cari lettori!! Allora, vi è piaciuto il capitolo? Spero di sì! Come di certo avrete notato Emi sta cambiando atteggiamento con Satch, ora lo considera un amico.
Emi: hey autrice, datti una calmata! Ci vorranno decenni prima che faccia diventare mio amico un tizio simile!
Autrice : beh, l’hai già fatto…
Emi: non è vero, siamo solo soci
Autrice: ho i miei dubbi…
Emi : non ti affetto solo perché sei una femmina!
Autrice: e io non ti faccio baciare da Marco solo perché non voglio dargli questa soddisfazione
Emi: ci alleiamo contro il pennuto?
Autrice: ci sto!
Satch: hey, calme voi due!
Autrice + Emi: zitto tu!
Satch: bene mie care fans che state leggendo, questa nota dell’autrice si conclude qua! Ringrazio molto chi recensisce, un bacio a tutte! Alla prossima! * fa inchino e poi scappa dall’autrice e da Emi che lo vogliono fare a fette*

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Capitolo 13
*** Punizioni e spazzolini da denti ***



13. Punizioni e spazzolini da denti

Adesso se ne vedranno delle belle…
Il pennuto, serio come al solito, viene verso il tavolo dei comandanti con passo calmo. Secondo me, non si è ancora accorto di niente; io e Satch osserviamo ogni suo movimento con ansia crescente. Pregusto già il momento in cui il biondo si girerà, dando le spalle a tutti e facendo notare il magnifico biglietto. Finalmente Marco arriva al tavolo e si avvicina a Barbabianca.
- Adesso si gira…- mi sussurra Pizzetto con un ghigno malefico in volto.
Come previsto dal mio socio, Marco dà le spalle alla sala per parlare con Barbabianca, ma nessuno ride. Strano… osservo meglio la sua  schiena e niente. Il nulla. Il biglietto è sparito, volatilizzato, non c’è più. Una forte delusione mi invade, non doveva finire così! Di certo si è accorto del biglietto e l’ha tolto, uffa! Pizzetto è deluso tanto quanto me, ma, dopo poco, torna a mangiare. Io faccio lo stesso: afferro sei uova all’occhio di bue, due pancake, alcune sfoglie alla mela e molto altro. Pace, sarà per la prossima volta, spero solo che quell’ananas non abbia capito chi è stato a pianificare lo scherzo.
- Allora sarà per la prossima volta, ho già in mente alcune ideuzze…- interrompe i miei pensieri Satch.
Il mio morale si rialza di colpo e sorrido.
- Ci conto Pizzetto: adoro le tue idee! Allora quando agiamo?- domando al settimo cielo.
- Io direi dopo colazione-
- Cosa fate dopo colazione?- interviene Ace, ripresosi da poco dal suo attacco di narcolessia.
- Quello che tu non sei riuscito a concludere ieri sera- gli fa l’occhiolino Satch.
Le guance mi vanno a fuoco al solo sentir nominare i fatti di ieri sera e un impeto di rabbia mi dà alla testa, facendomi colpire con un pugno la nuca di Pizzetto che, per forza di cose, finisce con la testa nel piatto. Mi porto le mani alla bocca: io non volevo colpirlo, cioè volevo ma non così forte! Rimango interdetta a guardare la povera vittima e, come al solito, tutti mi guardano. Halta afferra Satch per i capelli e gli alza la testa dal piatto.
- Tutto ok?- gli domanda.
- Sì, anche se credo di avere il naso rotto…- risponde lui mettendosi la mano sul naso –cavolo, Emi, ma che ti è preso tutto d’un tratto?-
- Io…- per sbaglio il mio sguardo incrocia quello di Ace –tu lo sai cosa mi è preso, scemo!- dico per poi andarmene abbastanza velocemente dalla sala.
Le guance mi bruciano, mi bruciano molto. Ma cosa mi prende? Corro a rifugiarmi sul ponte, lontana da sguardi indiscreti.
Arrivata sul ponte incontro Umi che, appoggiata alla balaustra, fissa l’oceano con espressione persa.
- Umi, che fai?- le chiedo avvicinandomi come se non avessi già capito cosa sta facendo.
Non risponde.
- Umi, allora?-
Nessuna risposta.
- Umi!!- le urlo.
- Eh? Cosa? Oh, ciao Emi! Hai detto qualcosa?- mi domanda con un sorriso a trentadue denti stampato in viso.
Mi sbatto la mano sulla fronte, rassegnata.
- Niente, niente- rispondo appoggiandomi alla balaustra e guardando l’orizzonte.
- Mi copi?-
- Perché?-
- Ti sei messa nella mia stessa posizione-
- Oh, scusa!- rispondo un po’ seccata e sedendomi per terra.
- Sai Emi…- inizia la mia sorellina con tono felice –prima ho incontrato Marco per le scale…- ridacchia.
- Sai che roba- 
- …aveva uno strano foglio sulla schiena, con una scritta davvero stupida e allora gliel’ho tolto- fa una pausa –e lui mi ha ringraziata per averlo avvertito- ridacchia di nuovo.
- Tu che cosa?- la mia espressione passa da sorpresa, a incredula, a scioccata.
- Cioè, mi ha ringraziata! Mi ha detto grazie, è stato così dolce!- continua lei.
Non si nota che è una pazza, vero? Noo! Ora devo solo trovare un modo per non strozzarla.
- Emi, mi stai ascoltando?- mi domanda.
- Umi, sei una stupida! Perché gliel’hai tolto?!- le urlo contro.
- Perché non volevo che facesse brutte figure-
- Umi! Quel foglio gliel’avevo messo apposta!- piagnucolo scuotendo la mia sorellina.
Beh, almeno non la sto trucidando.
- Aspetta, quel foglio era uno scherzo da parte tua per Marco?- si stupisce lei.
- Mia e di Satch-
- Emi, non ci si comporta così! Non puoi attaccare fogli alla schiena del mio Marco senza il mio consenso!- inizia a sgridarmi.
Fortunatamente arriva Satch con un secchio d’acqua in una mano ed uno spazzolino da denti nell’altra.
- Satch! Ciao!- corro da lui per non dover star a sentire le prediche insensate di mia sorella.
A quando pare il pugno di prima gli ha veramente spaccato il naso: ha un grosso cerotto con una specie di stecca proprio in quel punto. Lo osservo mortificata: mi dà molto fastidio vedere un amico che sta male a causa mia. Sì, ho detto amico. Solo ora ho capito che ormai Satch è diventato un mio amico, anzi, è l’unico amico che ho escludendo Umi.
- Ciao Miss- mi saluta, contento.
- Scusa per il pugno, non volevo farti male-
- Bah, poco importa- ride –almeno ora so che devo mantenere le giuste distanze quando parlo in tua presenza della tua relazione con Ace- mi fa la linguaccia.
- Relazione con Ace?! Ma tu dai i numeri, idiota!- cerco di non picchiarlo.
Sento di nuovo le guance bruciare. L’uomo sta per dire qualcosa quando un’Umi inferocita gli salta addosso, picchiandolo.
-  Tu! Guai a te se provi ancora a fare scherzi a Marco, lo stesso vale per te, Emi!- ci ringhia contro.
- Ma nella vostra famiglia siete tutti maneschi?- chiede la vittima che, a quanto pare, incassa molto bene le deboli sberle di mia sorella.
- No, solo le pazze isteriche innamorate lo sono- rispondo facendo riferimento alla mia sorellina.
- Quindi tutte e due-
- Sbagliato. Io sono solo pazza, gli altri aggettivi non mi si addicono-
- Sicura?- sorride alludendo ad Ace.
- Sicura- lo ignoro.
Dopo un po’ Umi, stanca, smette di picchiarlo e lui si allontana per poi mettersi a lavare il ponte con lo spazzolino, lasciandomi perplessa.
- Ma che fai?- mi avvicino stranita.
So che di gente strana ce n’è al mondo, ma mettersi a lavare il ponte della Moby Dick con uno spazzolino mi sembra esagerato! Cioè, nemmeno in una settimana ce la puoi fare!
- Sono in punizione per aver fatto lo scherzo a Marco- mi informa sbuffando lievemente.
- Barbabianca ti ha messo in punizione per aver fatto uno scherzo innocuo al pennuto?- chiedo spiegazioni, stupita.
- No, non è stato papà, è stato Marco stesso-
- Allora ribellati, siete tutti e due comandanti, no?-
- Sì, ma lui della prima flotta ed io della quarta- chiude il discorso riprendendo a spazzolare il pavimento di legno del ponte.
Ecco, questo è uno dei motivi per i quali non mi sono unita a Barbabianca: non voglio avere superiori che mi diano ordini. Sono tentata dall’aiutare questo poveretto, in fondo anche io ho partecipato allo scherzo, quindi avrei dovuto essere punita anche io. Mi inginocchio per terra.
- Hai un altro spazzolino?- chiedo.
- No, perché?-
- Voglio aiutarti-
- Tu?-
- Sì, io- mi blocco un attimo, insicura se continuare la frase –poi… gli amici si aiutano, no?-
Satch rimane leggermente stupito dalla mia affermazione ma subito dopo gli si stampa in volto il suo classico sorriso.
- Certo! Quindi siamo amici?- chiede ancora conferma.
Siamo amici? Beh… credo di sì, anche se non so di preciso cosa sia un amico: nella mia vita ho avuto pochissimi amici, per non dire nessuno.
- Sì, siamo amici- dico decisa.
- Allora dobbiamo festeggiare!- esclama al settimo cielo mettendomi un braccio sulle spalle.
- Non dobbiamo finire di pulire prima?-
- Giusto, aspetta un attimo qui- e corre sotto coperta.
Ok, noto che attiro la gente strana come una calamita. Bene, aspetterò… Mi sdraio per terra ed osservo il cielo. Sento una strana allegria invadermi il cuore, forse è questo che si prova quando si ha degli amici? Rido da sola: avevi ragione mamma, tutti possono avere degli amici.
- Bel cielo, eh?- dice il mio amico appena tornato.
- Sì, perché quella faccia?-
- Guarda- mi fa vedere uno spazzolino.
- Uno spazzolino, probabilmente quello con cui devo pulire-
- Esatto, ma non è un semplice spazzolino…- ghigna –è quello di Marco!-
- Davvero?- la mia perfidia sta salendo…
- Sì ed ora puliamo il ponte con gli spazzolini come mi ha ordinato di fare!- dice dandomi lo spazzolino di Marco e mettendosi a spazzolare il ponte con l’altro.
Non me lo faccio ripetere due volte: mi metto subito a spazzolare le zone più sporche del pavimento legnoso con molto divertimento. Caro pennuto, mai mettersi contro Emi, La Tigre del Mare Orientale…












Nota dell’autrice
Salve carissimi lettori e carissime lettrici! Allora, che ve ne pare di questo capitolo? Vi è piaciuto? Non vi è piaciuto? Avete trovato errori? L’ho scritto male? (spero di averlo scritto bene)
Ringrazio tutti coloro che leggono la storia, che la recensiscono e che la seguono! Ed ora, tanto per accendere un po’ di curiosità… finalmente Emi e Satch sono amici ma, come si sa, Emi vuole andarsene dalla Moby Dick, quindi…chissà! Un salutone a tutti! Ciaoooooo!!

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Capitolo 14
*** Riparazioni ***



14. Riparazioni

È già mattina. Una nuova mattina, un nuovo giorno, una nuova vita, beh… l’ultima solo in parte. Si può dire che questi giorni sulla Moby Dick abbiano cambiato abbastanza la mia vita ma se tanto me ne andrò da qui tutto, o meglio, quasi tutto tornerà come prima. Di certo non potrò mai dimenticare di essere stata sulla nave di Barbabianca, di aver parlato con i comandanti, di essermi trovata un amico e quella sera con Ace. Ecco, solo a pensare a quella sera le guance iniziano a bruciarmi, uffa, vorrei tanto capire che cosa mi sia successo! Non è di certo la prima volta che un ragazzo dimostra che gli piaccio. Un attimo: ma gli piaccio? Cioè, la reazione che ha avuto forse era solo dovuta all’imbarazzo o, magari, Ace è uno di quei tanti donnaioli che ci provano con tutte. Sono sicura che quest’ultima sia l’ipotesi esatta o perlomeno cerco di convincere la mia mente che sia questa.
- Marco…-
Mi volto verso la mia sorellina. Ieri era furibonda per la questione del biglietto e per punirmi mi ha costretta a farla dormire con me sul letto della camera per gli ospiti siccome, a suo parere, il divanetto è scomodo. Le è andata bene che questo letto è matrimoniale se no col cavolo che la facevo dormire con me. Umi si rigira tra le lenzuola continuando a dire “Marco” nel sonno; mi chiedo come faccia a piacerle un pennuto simile. Brutto, antipatico, sgraziato, calcolatore, freddo, distaccato, pennuto… e la lista è ancora lunga! Vabbeh, oggi ho molto da fare e non posso permettermi di stare qui a poltrire. Mi alzo dal letto e mi vesto, poi passo ai capelli. Sto giusto per finire di legarli quando sento bussare.
- Se sei qualcuno al di fuori di Satch sparisci- dico secca.
La porta si apre ed entra Satch.
- Quindi se fosse stato Ace l’avresti mandato via?- ridacchia.
- Mi fai il favore di piantarla con questa storia?-
- Va bene, dammi un vaso e io la pianto-
- Spiritoso- ribatto stizzita finendo di farmi la coda alta.
Giuro che un vaso glielo tiro in testa se non la pianta con questa storia di Ace.
- È una delle mie doti migliori!- ribatte lui –Vedo che sei già pronta…-
- Sì-
- Peccato, non mi sarebbe dispiaciuto trovarti in intimo- sorride maliziosamente.
Sgrano gli occhi e cerco di trattenere le mani.
- Sai che ora è, Satch?- domando con un leggero tic all’occhio.
Non gli lascio il tempo di rispondere che un mio schiaffone lo scaraventa fuori dalla stanza.
- È ora che tu ti faccia furbo!- concludo.
- Forse, ma è anche ora di colazione!- si rialza sorridendo e massaggiandosi la guancia colpita.
- Ma tu sei sempre felice?-
- Perché non dovrei esserlo?-
- Forse perché ti ho mollato uno schiaffone?- domando scettica.
- Non mi offendo per così poco- risponde, sempre sorridendo –ora mi faresti l’onore di fare colazione insieme a me?- domanda divertito.
- Ci sono le sfoglie di mele?-
- Quelle non mancano mai o almeno fino a quando non arriva Ace-
- Allora è meglio muoversi!- esclamo per poi correre verso la sala da pranzo, seguita da Satch.
Destino vuole, lungo la strada incontriamo il pennuto. In una mano tiene il suo spazzolino da denti e nell’altra un tubetto di dentifricio. Ci sono due possibilità: o si è appena lavato i denti o lo sta per fare. Io e Pizzetto ghignamo, soddisfatti. Devo ammettere che, a volte, la vendetta ha un buonissimo sapore.
- Hey Marco! Come va?- inizia Satch.
- Come al solito- risponde l’interpellato per poi allontanarsi.
Noi continuiamo il tragitto verso la nostra meta.
- Mi odia, eh?- inizio.
- No, fa così con tutti- risponde il mio amico.
- Bugiardo, ho visto che non si comporta così con gli altri-
Satch non risponde, si limita a guardare avanti.
- Vabbeh, in fondo è anche colpa mia: lo tratto sempre male- incrocio le braccia dietro alla nuca sbadigliando sonoramente.
- Ammetti di avere sbagliato a trattare male Marco? Domani nevicherà!- si stupisce –…poi dici di non sopportare noi maschi ma ti comporti come noi: non ho mai visto una ragazza sbadigliare senza mettersi la mano davanti alla bocca-
- Non è un comportamento da maschi il mio, semplicemente non bado molto alle buone maniere-
- Cara Miss, le buone maniere vanno rispettate, specialmente se si è una ragazza- mi prende in giro.
- Certo, certo- sbotto prima di entrare nella sala da pranzo.
Come al solito, ci andiamo a sedere al tavolo dei comandanti. Prima di venire qui non ho guardato che ora fosse, ma credo presto dato il basso numero dei presenti. Ad occhio e croce ci saranno circa venti persone sparpagliate per i vari tavoli più Barbabianca seduto sul suo “trono”. L’imperatore, nel vedermi arrivare con uno dei suoi figli, sorride.
- Buongiorno papà!- inizia il suddetto figlio versandosi della birra in un boccale.
Certo che bere birra di prima mattina è proprio il massimo, eh…
- Buongiorno figliolo! Dormito bene?- risponde al saluto l’imperatore.
E da qui in poi inizia una stupida conversazione tra padre e figlio. Non capisco proprio come possano conversare in modo simile dato che non sono veramente padre e figlio. Da come si dice in giro, Barbabianca considera tutti i componenti della sua ciurma dei figli e ciò l’ho potuto verificare di persona quando mi ha chiesto di unirmi alla sua ciurma e diventare sua figlia ma, secondo me, questa storia non ha senso logico.
Sto mangiando tranquillamente la decima sfoglia alle mele quando Barbabianca mi interpella.
- Ho notato che i tuoi tentativi di fuga sono cessati, hai deciso di rimanere?-
- No, oggi stesso riparerò il timone della mia nave e sloggerò- rispondo pacata.
È da ieri sera che ci penso e ho deciso che oggi me ne andrò.
- Hey, hey, hey, Emi, perché vuoi andartene proprio ora che siamo diventati amici?- chiede Satch deluso.
Non rispondo. Mi limito a mangiucchiare un’altra sfoglia in religioso silenzio.
- L’orgoglio è una brutta bestia, Satch, ma vedrai che prima o poi se ne andrà- ride il vecchio facendo riferimento a me.
Cerco di non darlo a vedere ma sono leggermente scioccata: quel vecchiaccio ha centrato in pieno la causa del mio voler andare via. Pizzetto rimane muto nell’attesa di una mia risposta che non arriverà, infatti mi alzo dalla sedia e me ne vado. La mia meta è il ponte della Moby Dick, da lì scenderò sulla WindFlower.
In pochi minuti arrivo sulla mia nave e scendo sottocoperta. Se non ricordo male, sempre se gli uomini di Barbabianca abbiano seguito l’ordine di non toccare la mia roba, la cassetta degli attrezzi è sopra la mensola, in fondo al corridoio. Prima di andare a prenderla voglio però controllare che tutto sia al proprio posto. Entro nella cucina e apro il frigo: provviste presenti. Controllo la dispensa: tutto a posto. Passo alla mia cabina. Le cartine e gli strumenti da disegno sono esattamente dove li ho lasciati, il letto è disfatto, le pistole sono sulla mensola, il fucile sotto il letto. Perfetto: è tutto in ordine. Comincio a credere che gli uomini del vecchio abbiano veramente rispettato l’ordine. Per sicurezza controllo anche le altre camere e, essendo tutto a posto, prendo gli attrezzi e mi metto all’opera: aggiusterò il timone in men che non si dica!
Un bel po’ dopo…
Le ultime parole famose, questo stupido timone non ne vuole sapere di farsi aggiustare! Sbatto il piede a terra ringhiando. Sono furiosa! Non sarò il miglior carpentiere del mondo ma la nave sono sempre riuscita ad aggiustarla. Quel pennuto di Marco è riuscito a rendere il timone inutilizzabile, lo odio! Comunque non rinuncio: ho detto che oggi parto, quindi oggi partirò! Mi rimetto all’opera.

                                                       ------------------------------------------------------------------------------------------------

Sono già le due di pomeriggio e mia sorella è ancora sulla WindFlower che traffica con il timone. Da come ho capito, ha avuto un piccolo battibecco con Barbabianca ed ha annunciato che avrebbe aggiustato la nave per poi andarsene. Naturalmente ad informarmi è stato Satch; quell’uomo si è affezionato molto ad Emi ed è evidente che la cosa è reciproca. Sono contenta per Emi, finalmente ha trovato un amico. Non ha mai avuto amici e questo non dipende dal suo carattere. Infatti il suo vero problema è la fiducia, lei non si fida di nessuno, forse neanche di me. Ma come posso biasimarla? In fondo lei ha vissuto cose che nemmeno posso immaginare. Nostro padre, un ufficiale della Marina, l’ha sempre odiata e trattata male. Non so il motivo preciso ma credo fosse per il semplice fatto che sia una femmina. Lui, infatti, voleva che il primogenito fosse un maschio e per questo non l’ha mai accettata. La mamma cercava sempre di consolarla ma, dopo la sua morte, non potè più farlo. Sinceramente non credo che nostro padre tenesse tanto alla mamma, infatti si è risposato quasi subito. Tra le varie ingiustizie compiute da papà una in particolare mi è rimasta impressa nella memoria. Ero molto piccola quando è accaduta, ma la ricordo come se fosse ieri.
Io ed Emi stavamo pulendo il pavimento quando la nostra matrigna ci aveva informato che sarebbe andata in paese e avvertite di non fare disastri: voleva che tutto fosse perfetto per quando sarebbe tornato nostro padre. Emi voleva la stessa cosa, perciò era scappata dalla porta sul retro della casa ed era andata a raccogliere dei fiori. Era tornata a sera inoltrata, quando ormai l’uomo tanto atteso era già arrivato. La mia sorellona gli si era avvicinata con un mazzo di fiori in mano. I fiori erano bellissimi e tra essi c’era anche il garofano Livrir, fiore tipico della nostra isola natale e preferito di nostro padre. Questo fiore è molto raro e cresce tra le rocce del Monte Livrir; Emi si era ridotta in uno stato pietoso per riuscire a trovarne uno: era piena di tagli, aveva le ginocchia tutte sbucciate ed era sporca di terra e fango. Alla nostra matrigna era venuto un attacco d’ira quando aveva visto in che condizioni la poveretta aveva ridotto il pavimento ed  aveva iniziato a sgridarla. Emi non aveva badato alla donna e si era avvicinata a papà porgendogli il mazzo di fiori e dicendogli di non preoccuparsi per le sue ferite perché erano solo dei “graffi” e di guardare invece i fiori. Lui, per tutta risposta, si era alzato e le aveva mollato un ceffone, facendole cadere i fiori di mano. Mia sorella era sconvolta e non accennava a muoversi. Si era mossa solo quando quest’ultimo le aveva ordinato di ripulire il pavimento, cosa che lei non fece perché scappò nel bosco.
Credo che questo ricordo faccia molto male a mia sorella e credo che sia proprio per questo che non ha accettato la proposta di Barbabianca; lei non vuole più avere un padre e cerca continuamente di dimenticare di averne avuto uno.
- Ma è ancora là che traffica con il timone?- interrompe i miei pensieri Satch arrivato da chissà dove.
- Già-
- Credi che si arrenderà?-
- Ormai dovresti conoscerla: non lo farà-
- Che cocciuta che è- ride –mentre aspettiamo che si stufi, ti va di fare una partita a carte?- domanda tirando fuori da una tasca un mazzo di carte.
- D’accordo- accetto felice.
Certo sarei più felice se ci fosse Marco al posto di Satch ma mi accontento. Mi siedo per terra, imitata dal mio avversario ed iniziamo a giocare.










Nota dell’autrice
Salve gente! Ed eccomi di nuovo qua con un nuovo capitolo! Spero che anche questo vi sia piaciuto. Forse il ricordo di Umi è un po’… brutto? No, non è brutto. È bruttissimo! Mi scuso se la seconda parte del capitolo (quella dal punto di vista di Umi) è scritta un po’ male, specialmente il ricordo della bambina. Abbiate pazienza ma sono negata nello scrivere i ricordi (credo).
Ringrazio tutti quelli che recensiscono e anche chi legge solo! Grazie mille! Alla prossima!!

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Capitolo 15
*** Eki Island ***


16. Eki Island


Sono pronta ad eseguire ogni tuo ordine, capitano- aggiungo infine.

Un attimo di silenzio segue la mia affermazione. Mi chiedo se ho detto qualcosa di sbagliato. Sto iniziando a preoccuparmi seriamente: non mi sembra di aver detto qualcosa di sbagliato! Il vecchio scoppia a ridere.
- Vuoi un mio ordine, eh?- inizia –al momento non ne ho- scoppia nuovamente a ridere.
Ma che razza di capitano mi è toccato?!
- Figlioli, che ne dite di andare tutti a festeggiare l’arrivo delle vostre due nuove sorelle?- sorride.
Tutti accettano con un “sì” euforico e io e mia sorella veniamo trascinate in sala da pranzo da Satch. Vengono aggiunte due sedie al tavolo dei comandanti. Mica vorranno farmi sedere lì?! Non posso sedermi a quel tavolo: è per i comandanti ed io non lo sono! Sembra che Umi non abbia nemmeno fatto caso a questo piccolo dettaglio, infatti si è seduta come niente fosse. Rimango in piedi ad osservare gli altri che si sono già seduti.
- Emi, non ti siedi?- domanda Satch.
- Questo è il tavolo dei comandanti, io non posso sedermi qua-
- Guarahahahahahahah! Figliola, sei uno spasso!- ride il vecchio.
- Certo che puoi sederti- interviene un uomo vestito da geisha.
- Davvero?-
Annuisce. Non me lo faccio ripetere una seconda volta: mi siedo e mi butto sul cibo.
- Emi, cosa ti avevo detto riguardo alle buone maniere?- mi prende in giro Satch.
- Perfè? Avefi deffo fualcosa?- domando con la bocca piena.
In realtà mi ricordo cosa aveva detto, ma preferisco far finta di niente.
- Oltre a maleducata sei anche smemorata, Miss- mi fa l’occhiolino, ridendo.
- Eh già-
Alzo lo sguardo verso l’ultimo cosciotto, noto che anche Ace l’ha adocchiato. E no, quello e mio! Allungo la mano e lo afferro; Ace fa lo stesso.
- Mollalo!- esclamo.
- Mollalo tu!-
- L’ho visto prima io!-
- Ma io sono il comandante, quindi spetta a me!-
- Il tuo grado non centra un tubo!-
Comandante o no, non gli lascerò prendere l’ultimo cosciotto!
- E invece cen…- un attacco di narcolessia lo fa cadere con la faccia nel contenitore della maionese.
Gli strappo il pezzo di carne di mano e lo ingoio.
- Ti sta bene!- esclamo, provocando una risata generale.
Rimango un attimo disorientata. Mi metteranno in punizione per aver litigato con un comandante? Spero di no, anche perché quella carne l’avevo vista prima io! Bevo un boccale di birra ed osservo la situazione. Umi sta fissando Marco, Satch scherza con Izo, Vista parla con quella bassotta della quale mi sfugge il nome. Era un nome particolare… emh… Halta! Giusto, Halta. Quella ragazza non è molto simpatica a parer mio e nemmeno quel gigante, Jaws, lo è. La prima mi parla pochissimo, invece l’altro non parla proprio, anzi sembra che sia sempre arrabbiato! “Non giudicare le persone a prima vista, Emi” mi diceva sempre la mamma; forse ha ragione. Forse sono io che devo provare a fare amicizia, in fondo sono l’ultima arrivata e, al contrario di mia sorella, non sono molto simpatica con gli estranei. Ora però non sono più estranei, quindi posso comportarmi come mi comporterei con degli amici. Ecco il problema: come ci si comporta con degli amici? Bella domanda… e se provassi ad attaccar conversazione?
- Hey, Izo! Perché ti vesti da donna?- inizio.
- Io non sono vestito da donna- mi informa, sembra essersi offeso un po’.
- Invece quello sembra da donna!- scoppia a ridere Pizzetto.
- Non è da donna!- ribatte Izo.
- Sicuro?- lo stuzzica l’altro.
- Ora che lo guardo bene non sembra da donna- mento –poi è un bel vestito-
Su questa ultima parte non ho mentito: non mi dispiacciono i kimoni, anzi mi affascinano. Satch mi guarda stranito, poi prende il mio boccale e ci guarda dentro. Osservo i suoi movimenti, perplessa.
- Jean!- chiama qualcuno.
Subito arriva un uomo vestito da cuoco che gli domanda cosa voglia.
- Non è che hai messo qualche strana roba nella birra della nostra nuova arrivata?- chiede Pizzetto.
- No, perché?-
- Si comporta in modo strano- mi guarda attentamente dalla testa ai piedi.
- Sei proprio un babbeo!- mi offendo.
Ma guarda te, io cerco di essere simpatica e lui dice che sono strana! Tsk, idiota!




Alcune settimane dopo…

- Scala 40, signori! Ho vinto di nuovo!- esclamo dopo la mia decima vincita, facendo brontolare Satch e gli altri pirati con cui sto giocando.
- Non è possibile che tu vinca sempre!- esclama Teach.
- A quanto pare è possibile-
- Tu stai barando, ci scommetto la testa!-
- Io barare? Ma quando mai?- faccio l’offesa.
In effetti ha ragione: sto barando, ma non intendo ammetterlo.
- È impossibile vincere per dieci volte di fila!- insiste.
- È possibilissimo-
- No!-
- Sì!-
- No!-
- Sì!-
Tutti scoppiano a ridere nel vederci litigare e per questo la smettiamo, ma continuiamo a guardarci in cagnesco. Satch dà le carte ed ogni giocatore mette dei soldi al centro del tavolo, tutti tranne Teach che, al posto dei soldi, mette una crostata di ciliegie. Naturalmente, barando, vinco di nuovo e prendo il mio premio. L’ex proprietario della crostata sembra abbastanza arrabbiato per la fine fatta dal dolce. Guardo la crostata e poi lui, di nuovo la crostata e di nuovo lui. In questo momento mi fa quasi pena. Gli ridò la torta, lui sorride con i denti che gli sono rimasti e la mangia.
- Ciao ragazzi!- ci saluta Ace appena arrivato.
Noi ricambiamo il saluto.
- Continuate pure a giocare, sono solo venuto per parlare con Emi- continua il moro, lasciandomi stupita.
- Sei venuto a dichiararle il tuo amore?- sghignazza Satch.
- No, solo a parlarle- mi fa cenno di seguirlo, cosa che io faccio malvolentieri.
Dopo esserci allontanati dagli altri, Ace inizia a parlare.
- Ieri ti ho vista portare delle cartine nella tua camera e mi sono chiesto se, per caso, tu fossi una navigatrice-
- Sì, diciamo di sì- rispondo con indifferenza.
Odio il fatto di essere un sottoposto di questo qui.
- Perfetto! Allora prepara i bagagli!- esclama al settimo cielo.
- Che?!-
- Barbabianca mi ha affidato una missione e mi serve un compagno che sia anche un navigatore- si spiega meglio.
- E allora scegli me? No! Scordatelo! Vacci con Marco, Halta, Vista, Satch o chi cavolo vuoi, ma non me!-
Perché gli ho risposto così? Semplice: perché non mi va di andare in giro con lui. Il motivo? Il fatto che mi comandi.
- Ti ricordo che come comandante ti posso ordinare di venire- ghigna.
- Me ne sbatto-
- Questo è un ordine, Emi- ridacchia.
Mi irrigidisco ed una rabbia assassina nei suoi confronti mi invade. Fosse per me, l’avrei già strozzato, ma non voglio problemi con Barbabianca, che oltretutto mi sta abbastanza simpatico ultimamente.
- Sappi che vengo di mia spontanea volontà, non perché tu mi hai obbligata- cerco di mantenere alto il mio orgoglio e vado a preparare i bagagli.


                                             ---------------------------------------------------------------


Tre giorni dopo…

Eki Island, questo è il nome dell’isola su cui siamo approdati circa dieci minuti fa. Da quello che mi ha detto Emi, siamo qua in missione per conto di Barbabianca. Spero che oggi mia sorella ed Ace non litighino, è da quando siamo partiti dalla Moby Dick che non fanno altro che litigare. Non ne posso più! Mi sto seriamente chiedendo se farla unire alla ciurma dell’imperatore bianco con quello stratagemma del duello sia stata una buona idea. Dovevo immaginare che, anche se avesse perso, non avrebbe mai accettato il fatto di essere comandata. Infatti, strano caso, l’unico con cui litiga è il suo comandante, ovvero Ace.
- Muoviti Umi!- mi chiama la mia sorellona che si è già incamminata lungo il sentiero che porta ad una delle principali cittadine di quest’isola.
Io la raggiungo di corsa per non rimanere indietro.
Durante il percorso, il comandante ci fornisce alcune informazioni sulla missione. Se non ho capito male, gli abitanti di questo posto hanno mandato una richiesta d’aiuto, siccome alcuni pirati sanguinari si sono stabiliti qua ed hanno imposto delle pesanti tasse. In pratica noi dobbiamo trovare il loro capo e liberare l’isola. Più facile a dirsi che a farsi. Finalmente arriviamo alla cittadina di Solat. Sinceramente non noto niente di strano: la gente è felice, c’è un gran trambusto e ci sono centinaia di bancherelle situate ai bordi delle strade; forse è giorno di mercato.
- Sei sicuro che sia l’isola giusta?- domanda Emi al nostro compagno.
- Sì, più che sicuro- risponde lui per poi proseguire lungo la via principale.
Molti venditori si avvicinano per proporci le loro merci che noi rifiutiamo. Emi mi guarda ed indica una bancarella di vestiti pregiati. Ottima scelta: con merci simili deve aver incassato parecchio e con tutti quei clienti da servire il proprietario non si renderà conto del furto. Mia sorella prende a braccetto Ace e lo trascina sino alla bancherella. Rido sotto i baffi: Ace sembra leggermente sconvolto da quest’azione.
- Buongiorno signore, vorrei acquistare un abito per mio fratello. Sa, voglio che sia elegante e non vestito in questa maniera indecente- Emi distrae il venditore.
- Questo non è il luogo adatto per gente come voi- ribatte il tizio dopo averli osservati.
- Oh, si fidi: i soldi ce li abbiamo- ghigna e mostra il sacchetto di monete che ci ha lasciato Barbabianca prima di partire.
Al venditore si illuminano gli occhi e mostra subito tutti gli abiti che ci sono ai suoi nuovi clienti. Io ne approfitto e mi infilo dietro ad una pila di scatole. Lentamente mi avvicino alla cassa. Prima di agire, dò un’occhiata alla situazione e, rendendomi conto che è il momento giusto, scassino la cassa e rubo tutto l’incasso. Infine scappo. Una volta al sicuro conto il soldi. Milleduecento berry, non male come incasso. Vado dalla mia complice a comunicarle la riuscita del furto.
- Mi dispiace, ma questi abiti non sono di nostro gradimento- afferma lei con tono aristocratico.
Al negoziante viene quasi un colpo quando ce ne andiamo. A quanto pare, i duemilaseicento berry che ci ha dato Barbabianca fanno gola a tutti…
- Si può sapere che ti è preso tutto d’un tratto? Perché siamo andati a vedere quella bancherella?- domanda Pugno di Fuoco.
Ho per comandante un tonto, possibile che non l’ha capito? Scommetto che Marco l’avrebbe capito, lui è molto più intelligente. Quanto vorrei essere nella prima flotta…
- Diciamo per un prestito- ghigna mia sorella mostrando i soldi che le ho consegnato.
- Hai rubato a quel negoziante? Non me ne ero accorto-
E qui casca l’asino… mi chiedo come faccia a non averlo capito!
- Brave, ora però andiamo a mangiare pranzo- detto ciò il moro si dirige in una taverna.
Ammetto che come posto è carino, l’unica pecca sono tutti questi  ubriaconi che non ispirano per niente fiducia. Ci sediamo al bancone ed alcuni di loro ci si avvicinano o, per meglio dire, si avvicinano ad Emi. Uno le appoggia la mano sulla gamba, lasciata scoperta dai pantaloncini corti.
- Hey bellezza- passa la mano sulla gamba –sapevi che al piano superiore ci sono delle camere niente male per divertirsi…- fa un sorriso malizioso e si lecca le labbra.
Sinceramente non ho mai capito perché gli uomini vogliano sempre andare a divertirsi con Emi. Cioè, non gioca a nascondino con me che sono sua sorella, perché dovrebbe voler giocare con loro? Bah, che strani i maschi. Potrebbero chiedere a me di giocare, no? Se Marco mi chiedesse di giocare accetterei di certo!
- Allora, che ne dici?- continua l’uomo.
Emi non ha nemmeno il tempo di rispondere che i pantaloni di quel tizio prendono fuoco, facendolo correre per il locale, urlando, in cerca di acqua per spegnersi.
- Potevo cavarmela da sola ma grazie- dice Emi ad Ace.
- Di niente- risponde lui.
Sono alquanto perplessa: perché Ace ha dato fuoco a quel tizio? Non ho il tempo di chiederlo che gli amici dell’uomo ci hanno già accerchiati e ci minacciano di morte. I miei due compagni si lanciano uno sguardo d’intesa, si alzano e li stendono tutti. Si risiedono. Nessuno osa più avvicinarsi, tranne l’oste.
- M-mi d-dispiace per il malinteso- inizia con voce tremante.
- Non si preoccupi, piuttosto ci serva molto cibo- sorride Ace.
Subito l’oste si dirige in quella che credo sia la cucina e ritorna poco dopo con una quantità enorme di cibo. Naturalmente alle due fogne vicino a me quel cibo non basta, perciò ne ordinano molto altro.
Finito di pranzare, paghiamo ed usciamo dalla taverna, per poi incamminarci di nuovo nelle strade affollate della città. Mentre camminiamo vedo su un banco una bellissima collanina e mi avvicino per vederne il prezzo. Settanta berry, neanche cara. Improvvisamente qualcosa mi afferra per il braccio e mi tira in un vicolo. Cerco di divincolarmi ed urlo. Una mano mi tappa la bocca ed il suo proprietario mi sussurra di stare zitta. Gli mordo la mano, costringendolo a lasciarmi. Corro via dal vicolo ma un altro uomo mi blocca.
- Incapace, non sei nemmeno in grado di tenere ferma una mocciosa!- sgrida il compagno.
- Quella sgualdrina mi ha morso!- si difende.
- Lasciatemi!- tento di liberarmi –Emi! Emi, aiuto!- urlo.
Qualcosa mi colpisce alla testa, poi il buio.









Nota dell’autrice
Salve gente! Vi è piaciuto il capitolo? Se sì, per favore recensite e fatemi notare eventuali errori! Spero di non averne commessi ma non si sa mai. Ringrazio in anticipo chi recensirà e chi leggerà questo capitolo. Davvero, grazie! Alla prossima!!

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Capitolo 16
*** Il piano di Umi e Satch ***



15. Il piano di Umi e Satch

Mi chiedo cosa abbia fatto quel pennuto a questo santissimo timone; è da quasi quattro ore che cerco di ripararlo senza alcun risultato. Sbuffo, credo sia già la decima volta che lo faccio in un minuto.
- Non preoccuparti, Flower, riuscirò ad aggiustarti- esclamo più per convincere me stessa che la nave.
La vela principale della WindFlower viene mossa da un soffio di vento, cosa strana non essendoci vento.
- Flower, sei stata tu vero?-
La vela si muove di nuovo.
- Certo che come nave sei proprio mitica- rido.
In effetti la WindFlower è una nave fantastica, una delle migliori mai esistite. Basta pensare al fatto che capisce il linguaggio umano. Si potrebbe pensare ad un frutto del diavolo ma sarebbe un’ipotesi sbagliata. Da quello che so, la WindFlower è abitata da una specie di spirito che si trova sulle navi trattate bene dalla ciurma: il kla… klaba… Klabautercoso. Non mi ricordo il nome, eppure una volta un nonnetto me l’aveva detto! Il kla… kla… klabautermann! Ecco come si chiama! Mi ricordo ancora l’espressione di Umi quando aveva scoperto dell’esistenza di questo spirito; non voleva più dormire da sola talmente aveva paura! Fortunatamente, poi gli è passata ed è tornata a dormire da sola. Credo di essermi riposata abbastanza,  devo tornare al mio tentativo di aggiustare il timone.

Molto tempo dopo…
Degli strani rumori mi svegliano; a forza di tentare di riparare il timone mi devo essere addormentata. È buio pesto, dev’essere già notte. Mi metto seduta sul pavimento legnoso del cassero. Mi sento abbastanza intontita, forse a causa del sonno. Sento persino dei rumori strani provenienti da fuori bordo. Che ci sia qualcuno? Mi alzo e vado a controllare. Nonostante sia buio assoluto mi oriento abbastanza bene qui, sulla mia nave e non ho problemi a muovermi senza inciampare. Un debole bagliore a poppa cattura il mio interesse facendomi avvicinare. Questo bagliore circonda una piccola figura dall’aria simpatica, seduta sulla ringhiera della balaustra. Sgrano gli occhi: non ci posso credere…
- Ma che…- inizio a boccheggiare.
Mi pizzico più volte la guancia per convincermi di essere sveglia, cosa che effettivamente sono. La figura sorride.
- Il problema era alla pala del timone- dice improvvisamente.
- Co-come?- la voce mi manca quasi, forse per colpa del leggero velo di paura che mi avvolge.
No, non è paura. È una sensazione più leggera della paura.
- Il problema era alla pala del timone- ridacchia.
- Alla pala del timone…- ripeto, riflettendoci su.
La pala del timone! Ma certo! Ecco perché dal cassero non riuscivo ad aggiustare il timone!
- Ora il problema è risolto- continua la figura, iniziando a dissolversi.
- Hey, no! Aspetta!-
Troppo tardi, il fantasma si è ormai volatilizzato e con lui è sparita anche quella poca luce che c’era, lasciandomi nuovamente al buio. Rimango per alcuni attimi a fissare il punto dove poco fa era seduto quel fantasma. Sono certa che fosse il klabautermann.
- Hey, Flower, hai aggiustato il timone da sola. Sei per caso d’accordo sulla mia decisione di andarmene?- domando.
Ok, mi do della scema da sola. Sto parlando con una nave nel cuore della notte. Immagino che se qualcuno mi vedesse mi prenderebbe per pazza. Forse lo sono veramente dato che sto aspettando la risposta della nave con una certa ansia nel sangue. Trascorrono alcuni secondi, forse minuti ed io sto ancora aspettando.
- Questo è il tuo modo di dirmi di restare?- domando infine.
Un alito di vento mi scompiglia i capelli e la vela di poppa si muove leggermente, cosa che non vedo ma capisco dal rumore prodotto da quest’ultima durante il suo movimento.
- Lo sai che ne va del mio orgoglio, vero?-
Adesso anche la mia imbarcazione vuole che resto, cosa che non sarebbe nemmeno tanto male…
- Vedrò, Flower, vedrò- dico infine.
Le nuvole che fino a poco tempo fa coprivano la luna si spostano lievemente, lasciando filtrare alcuni raggi di luce argentea. Finalmente si riesce a vedere qualcosa. Approfitto di questo momento per andare da Umi: il mio lavoro è finito e poi ho molto sonno.


                                                        -------------------------------------------------------------------------------


Un tonfo mi fa svegliare di soprassalto. Emi è appena entrata nella camera per gli ospiti ed ha sbattuto la porta. Un bel paio di occhiaie le sono venute sotto gli occhi: di certo ha continuato la sua opera di riparazione navale fino ad ora. Quindi, in teoria, è da un giorno che non chiude occhio e, conoscendola, diventa molto irritabile quando non dorme abbastanza. Forse è meglio se non le chiedo niente, potrebbe farmi a fette.
- Umi spostati, occupi tutto il letto- mi dice secca.
Faccio finta di essere ancora addormentata, non voglio spostarmi. Ho le mie buone ragioni: qui dove sono le lenzuola sono calde, se mi sposto mi ritroverò le lenzuola fredde!
- L’hai voluto tu- sbotta buttandomi giù dal letto e prendendo il mio posto.
Il contatto con il pavimento freddo mi fa salire i brividi lungo la schiena.  Mi alzo velocissimamente.
- Ma allora sei proprio scema! Perché mi hai buttato giù?!- esclamo irritata.
- Avevi solo da spostarti- borbotta da sotto le coperte.
- Ma le coperte erano fredde!-
Non mi risponde. Questo suo comportamento mi fa abbastanza imbufalire quindi salto sul letto e la scopro.
- Poi non mi sembra il caso di buttarmi per terra!- continuo la lamentela.
Emi mi lancia uno sguardo glaciale che incuterebbe timore persino a Barbabianca in persona. La voce mi si blocca in gola, ho paura che se dirò ancora anche solo una parola mi truciderà. Le rimetto le coperte addosso e mi allontano spaventata. Forse lasciarla in pace non è una cattiva idea… Vado a dormire sul divanetto.
 
Sette di mattina…
 La porta si spalanca ed entra un Satch tutto felice e urlante.
- Salve ragazze! Oggi è proprio una bellissima giornata vero?- ride.
Questa sua improvvisa entrata in scena mi ha fatto prendere un colpo. Lancio uno sguardo nella direzione di Emi che ha appena messo la testa sotto il cuscino, segno che vuole ancora dormire. Temo che se Satch non si zittisce verrà ridotto in brandelli. Gli faccio segno di star zitto.
- Cosa c’è Umi? Perché devo stare zitto?-
- Abbassa la voce!- lo supplico.
Non mi ascolta nemmeno e si avvicina ad Emi.
- Buongiorno Miss! Bella giornata, vero? Perché sei ancora nel letto?- inizia.
- Lasciami dormire- borbotta l’interpellata.
- Ma è già mattina!-
- Non me ne sbatte un cavolo se è già mattina! Lasciami dormire!- urla lei.
- Oh, un po’ nervosette questa mattina, eh?-
Ok, è spacciato. Addio Satch, dubito che sopravvivrai. Emi si mette seduta sul letto e lancia un sguardo assassino al poveretto che, avendo capito la pericolosità di mia sorella in questo momento, indietreggia verso la porta.
- Bene, allora io… io vado…- dice l’uomo per poi sloggiare molto velocemente, seguito da me.
Credo che oggi sia meglio lasciar stare Emi in pace…
- Per un attimo ho pensato che mi volesse strozzare- inizia Satch, una volta arrivati in sala da pranzo.
- Fidati, se tu avessi detto ancora una parola saresti stato un uomo morto-
- Wow… molto rassicurante…- si versa della birra.
- È buona la birra?-
- Sì, è una delle migliori bevande mai inventate- ne beve un sorso.
- Posso assaggiarla?-
Chissà che gusto ha, non l’ho mai assaggiata. Credo sia buona, dato che quasi tutti i pirati la bevono.
- Zeahahahahahah! Non è una bevanda per mocciosi, ragazzina!- esclama un uomo seduto di fronte a noi.
Non so cosa mi impedisca di prenderlo a schiaffi.
- Mocciosa a chi? Brutto somaro alcolizzato?!-
- Hey, mocciosa, bada a come parli!-
- Hey, hey, hey, calmi voi due!- si intromette Satch.
- Ma se ha iniziato lui!- mi difendo.
- Te l’ho detto per il tuo bene!- ribatte il somaro.
- Calmi, calmi! Allora… Umi, non puoi bere la birra perché sei troppo piccola e Teach, non dare della mocciosa ad Umi perché si arrabbia-
Sia io che quel tizio, Teach o come si chiama, sbuffiamo ed io gli lancio alcune occhiatacce.
- Già pronti i bagagli, Umi?- inizia Satch, interrompendo il mio tentativo di incenerire con lo sguardo Teach.
- I bagagli per cosa?-
- Oggi non partite?-
- Chi?-
- Tu ed Emi-
Ecco, me l’ero dimenticato. Io, però, non voglio andarmene! Se me ne vado non rivedrò mai più Marco! Mi rabbuio di colpo e fisso il tavolo pensando al mio amore.
- A quanto pare, tu non vuoi andartene, eh?- ride il comandante della quarta flotta.
- Beh… io…-
L’uomo scoppia a ridere, guadagnandosi una mia occhiata confusa.
- Ho notato che tua sorella ha un debole per le sfide…- inizia.
- Sì, e allora?-
- Forse ho trovato un modo per farla restare- ghigna vittorioso.
Sgrano gli occhi.
- Dimmi tutto!-


                                                 --------------------------------------------------------------------------


Qualcuno bussa alla porta, scendo dal letto e vado ad aprire.
- Tu?!- urlo.
- Sì, io- risponde Ace.
Con tutte le persone di questo mondo proprio lui doveva venire qui?! Stranamente le guance non mi bruciano, meglio.
- Che vuoi?- cerco di mantenere un tono il più freddo possibile.
- Chiederti di restare-
Ci rimango un attimo lì; non so cosa rispondere. Eppure è tanto semplice: devo solamente dirgli che se lo sogna che resto, magari detto con tono secco, così da far capire che non cambierò idea. Mi ritorna in mente il “discorso” con la Flower, forse dovrei rimanere ed accettare la proposta di Barbabianca. Forse non tutti i padri sono uguali… No, è più forte di me, non ce la faccio a dire di sì. Poi ho detto davanti a tutti che sarei scappata da questa nave, se non lo facessi farei una figuraccia!
- Scordatelo- dico.
Ace ghigna, lasciandomi un po’ sorpresa.
- Immaginavo che l’avresti detto. Bene, ti propongo una sfida: se vinci tu, ti lascerò andare senza problemi, se vinco io, dovrai rimanere ed entrare a far parte della ciurma di papà. Nella seconda flotta, per la precisione-
Qua c’è qualcosa sotto…
- Dimmi, perché dovrei accettare?-
- Per il semplice fatto che se vuoi andartene di qua senza problemi devi farlo-
Bene, sono in trappola. Facciamo il punto della situazione: se scappo e mi brucia la nave sono spacciata, se accetto e perdo manterrò pur sempre un po’ di dignità, se accetto e vinco sono a posto. Sospiro pesantemente.
- Accetto-
Sulla faccia del moro si stampa un nuovo ghigno.
- Bene, ti aspetto sul ponte. Muoviti!- dice quasi entusiasta per poi andarsene.
Al contrario, il mio entusiasmo è abbastanza basso, per non dire nullo. Purtroppo ho accettato e non posso tirarmi indietro. Come di consuetudine, mi lego i capelli, per poi dirigermi nel luogo del combattimento.
Ace è in piedi vicino a Barbabianca, gli altri comandanti sono disposti tutt’intorno a formare un semicerchio, molti pirati, seduti ai lati di quello che credo sia il campo di battaglia, mi osservano, ansiosi che il combattimento inizi. Sono leggermente a disagio: non mi aspettavo che tutte queste persone mi guardassero combattere. Questa situazione mi mette in imbarazzo, ma mi avvicino al mio avversario. Satch si fa avanti ridendo, accompagnato da Umi.
- Sorellona, le pistole- si fa avanti lei.
- Come?- chiedo stupita.
- Tu dammele-
Abbastanza stranita, le tolgo dalla cintura e gliele dò. Lei sorride e si dirige da Ace, facendosi dare quella specie di pugnale che porta legato alla cintura.
- Che gli sfidanti si facciano avanti- esclama Satch.
Io e il fiammifero ubbidiamo.
- Bene, ragazzi, questa sarà una sfida ufficiale- spiega con un tono solenne ma divertito –le regole sono semplici: niente armi, niente poteri derivati dai vostri frutti del mare, si tratta di un semplice combattimento corpo a corpo; si vince quando l’avversario si arrende o infrange una delle regole. Se Emi vincerà, potrà andarsene quando vorrà, se, invece, sarà Ace a vincere, Emi dovrà entrare nella ciurma di Barbabianca e sarà sotto il comando di Ace. Che la sfida inizi!- si allontana.
Niente poteri, cavolo, questa non ci voleva. Come forza fisica il mio avversario è decisamente superiore.
Stringo i pugni e mi lancio contro il moro. Cerco di colpirlo con dei pugni, prontamente lui li para, immobilizzandomi una mano. Ghigna. Ringhio e gli tiro un calcio nello stomaco. Nonostante il colpo non fosse molto forte, il ragazzo molla la mia mano, consentendomi di indietreggiare.
- Forza Ace! Forza comandante! Falle vedere chi comanda!- urlano i pirati spettatori.
Ace mi tira un pugno, lo blocco e mi scanso appena in tempo per evitarne un altro. Decido di attaccare: prendo la rincorsa e gli salto addosso facendolo cadere, gli dò tanti schiaffoni ben dati in faccia. Alcune urla di scherno verso la mia vittima arrivano dal pubblico. Cose tipo “reagisci! È una ragazza, Ace! Insomma!”. Queste parole mi fanno salire una grande rabbia, di conseguenza aumento il numero degli schiaffi. Improvvisamente il moro mi blocca le mani e inverte le posizioni. Mi tiene schiacciata contro il pavimento legnoso del ponte ed alza un pugno; credo voglia tirarmelo in faccia, temo che farà abbastanza male…
- Arrenditi, non costringermi a farti troppo male: non mi piace molto picchiare le ragazze- dice.
- Peccato, a me piace picchiare i ragazzi- ammetto per poi tirargli un calcio nei paesi bassi.
Lui rimane paralizzato e allenta la presa su di me; ne approfitto per levarmelo di dosso. In questo momento potrei benissimo tirargli un bel calcio nello stomaco ma qualcosa mi dice di non farlo. Barbabianca scoppia a ridere, seguito dalla maggioranza dei comandanti e dei pirati. Ace si rialza, incavolato.
- Non c’è niente da ridere!- ringhia, offeso.
Torna all’attacco, costringendomi ad arretrare. Per forza di cose, raggiungo la balaustra. Il ragazzo mi tira un altro pugno, per schivarlo sono costretta a saltare sulla ringhiera, dalla quale scivolo. Per un attimo penso di essere spacciata ma riesco ad aggrapparmi ad una sporgenza. Sotto di me, circa dieci metri mi separano dal mare; se cado sono veramente spacciata. Sono costretta ad infrangere il regolamento della sfida: muto il mio piede destro in zampa e conficco gli artigli nel legno della nave. Ciò mi permette di mantenermi più salda alla Moby Dick. Pugno di Fuoco si sporge dalla balaustra ghignando.
- Allora, ti arrendi?- domanda.
- Mai!-
- Ti conviene farlo, non sei proprio nelle migliori delle condizioni-
La mia mano inizia ad allentare la presa, obbligandomi ad aggrapparmi con l’altra. Devo trovare una soluzione.
- Se mi arrendo mi aiuti a risalire?- domando, messa alle strette.
- Certo-
- Bene…- allungo la mano nella sua direzione.
Lui stupidamente la afferra. Ghigno.
- Peccato che io non mi arrendo!- lo tiro verso di me.
Il comandante della seconda flotta scivola fuori bordo e cade in mare. Forse ho giocato sporco ma chi se ne frega! Poi i pirati giocano sporco. Con l’aiuto della mia agilità di tigre e dei miei artigli risalgo a bordo, facendo attenzione a non far notare quest’ultimi che ritraggo subito, una volta al sicuro. Alcuni pirati si buttano in mare per recuperare il fiammifero; li guardo con distrazione e una vocina interna mi dice che ho sbagliato a buttare Ace in mare. Pochi minuti dopo Pugno di Fuoco viene riportato sul ponte e i suoi compagni cercano di farlo riprendere. Spinta da non so cosa, mi avvivino loro e li scanso malamente. Subito dopo tiro un pugno nello stomaco di Ace che si riprende di colpo e sputa molta acqua. Pacata, mi dirigo da Barbabianca.
- Hey vecchio, hai mai sentito parlare del garofano Livrir?- domando.
Mi do della stupida da sola.
- Garofano Livrir?- riflette –sì, ne ho già sentito parlare-
- E ti piace?-
Scoppia a ridere.
- I fiori sono tutti belli, ragazza-
Mi mordo il labbro; non sono sicura di ciò che sto per dire.
- Ho perso- inizio, guadagnandomi un’occhiata perplessa dai presenti –per non cadere in mare ho…- mi blocco.
Questa sarà una delle scemenze più grandi che io abbia mai fatto... Potrei benissimo mentire ma non voglio farlo.
- Ho usato i miei poteri, quindi il vincitore è Ace- dico tutto d’un fiato.
Barbabianca sorride, interessato.
- Sono pronta ad eseguire ogni tuo ordine, capitano- aggiungo infine.










Nota dell’autrice
Salve gente!! Ed eccoci di nuovo qui, alla fine di questo mio nuovo capitolo! Come di consuetudine, vi porgo la stessa domanda di sempre: vi è piaciuto? Come al solito, spero di sì!
Finalmente, per la gioia di Satch, di Umi e di alcuni di voi, Emi si è unita alla ciurma di Barbabianca! Ce ne ha messi di capitoli per decidersi, eh?
Ringrazio tutti coloro che recensiscono ed anche coloro che leggono solo! In più mando un maxi salutone a mio fratello che certe volte legge alcuni capitoli di questa storia! Hey, fretellone, se stai leggendo questa nota dell’autrice (cosa improbabile) fammi un cenno!
Un mega salutone a tutti!
Alla prossima!!

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Capitolo 17
*** Il Ragno Rosso ***



17. Il Ragno Rosso

Un forte dolore alla testa mi costringe a svegliarmi. Non ricordo bene cosa sia successo ma sono sicura di non esserci venuta da sola in questa stanzetta. Provo ad alzarmi ma subito mi rendo conto di avere una caviglia incatenata al muro. Inizio a tirare la catena nella speranza che si stacchi dalla parete o cose simili, ma mi rendo conto che ciò non avverrà, quindi smetto. Mi guardo intorno in cerca di una qualsiasi cosa che mi possa aiutare: mi basterebbe solo un fil di ferro e potrei scassinare la serratura della catena. Purtroppo in questa dannata cella ci sono solo sporcizia e polvere!
- A che punto siamo arrivati… rinchiudono anche le bambine- parla una voce flebile.
Al di là delle sbarre che delimitano la mia cella, in quella di fronte a me, un vecchietto mi osserva con i suoi occhietti vispi. L’espressione del suo viso e il suo tono di voce indicano una profonda stanchezza.
- Dimmi ragazzina, anche tu sei qui perché non hai pagato?- continua lui lasciandomi stupita.
- In che senso pagare?-
Forse si riferisce a quelle tasse di cui parlava Ace, ma non ne sono sicura.
- Non sei di qui, eh?- domanda.
- Vero, sono straniera-
- Ahia. Ahia. Ahia. Ragazzina. Hai fatto male a venire qui...-
- Perché?-
- Negli ultimi tempi quest’isola è stata occupata dai pirati del Ragno Rosso che hanno imposto delle pesanti tasse. Chiunque si rifiuta di pagare o viene ucciso o portato qua, in queste celle, a marcire- tossisce violentemente.
Poveretto, deve star molto male…
- Io sono stata nella cittadina di Solat, ma non ho notato questa occupazione da parte dei pirati- ammetto.
- Voi bambini, sempre con la testa fra le nuvole…- si blocca –Solat è la città in cui si fermano i turisti e gli stranieri; i pirati hanno voluto mascherare la loro presenza proprio per questo-
- Temo di non capire…-
- Gli stranieri arrivano, trovano una bella città in cui alloggiare e si fermano. A questo punto i pirati li sequestrano, li derubano e li fanno fuori-
Rimango scioccata da questa rivelazione.
- Quindi io verrò fatta fuori!- urlo in preda al panico.
- Può essere- mi dà conferma il vecchio.
- No, no, no! Sono troppo giovane per morire!- mi agito.
Non voglio morire! Non voglio morire! Non ho nemmeno dichiarato il mio amore a Marco! Non posso morire! Sono disperata! Spero che Emi arrivi in tempo e mi salvi. Alcune voci in sottofondo attirano la mia attenzione. Mi calmo e cerco di capire cosa dicano, con scarsi risultati purtroppo. Sento i passi di più persone venire avanti per il corridoio della prigione. Tre persone arrivano davanti alla mia cella e mi osservano con sguardi severi.
- Sarebbe quella mocciosa?- domanda un uomo molto alto e massiccio.
Credo che sia il più importante dei tre, forse è il capo dei pirati.
- Sì, era in compagnia di Portgas D Ace e di un’altra ragazza- spiega il tizio vicino al capo.
- Alla fine quei cani degli isolani hanno chiesto aiuto a Barbabianca…- ringhia il superiore.
- È quello che abbiamo pensato anche noi e, vedendo Pugno di Fuoco con una ragazza e una bambina, abbiamo pensato che questa mocciosa fosse sua figlia- si intromette il terzo uomo.
Mi rendo conto che quest’ultimo ha una benda sulla mano; credo sia quello che ho morso. A quanto pare è molto stupido: come può Ace avere una figlia di undici anni?! È troppo giovane! Per non parlare di Emi, lei neanche lo vuole un figlio! Il capo si mette una mano sul mento e mi osserva dalla testa ai piedi.
- Portiamola dal capitano- ordina per poi incamminarsi.
Sgrano gli occhi; in  questo momento vorrei sprofondare sotto terra. I due sottoposti entrano nella mia cella e mi tolgono la catena. Con uno scatto fulmineo scappo dai due ed inizio a correre per il corridoio della prigione in cerca di una via di fuga. Davanti a me vedo una porta, sto quasi per arrivarci. Mi sembra già di poterla toccare quando un coltello mi sfiora il braccio e si conficca nel legno di quest’ultima. La paura blocca la mia corsa ed io guardo impaurita quel coltello. Subito dopo sento il braccio pizzicare molto e mi rendo conto che quell’arma mi ha tagliata. Non è una ferita profonda, anzi è appena un graffio, ma la mia soglia del dolore è molto bassa, quindi le lacrime iniziano a scendermi lungo il volto. Il mio aggressore, ovvero il capo di quei tre, mi si avvicina e mi afferra per il braccio, quasi stritolandolo.
- Non ti conviene fare la furba, voi due invece verrete puniti per la vostra incapacità- dice per poi trascinarmi via.



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- Umi!-
Sarà già la centesima volta che la chiamo. Vorrei tanto sapere dove si è andata a cacciare! Se la trovo la riduco in poltiglia! Sarà da una vita che le dico di non allontanarsi perché rischia di perdersi, ma lei, cocciuta com’è, non mi dà mai retta. Alzo gli occhi al cielo. Ad ovest si intravedono già le prime stelle, brutto segno: con il buio sarà ancora più difficile trovare quella piccola peste. Spero solo che non le sia successo niente di brutto.
- Scusi, signora, ha per caso visto una bambina dai capelli color nocciola con la maglietta bianca ed una gonna lunga azzurra?- domando ad una nonnetta per la strada.
Mi dò della scema da sola: figuriamoci se l’ha vista!
- Mi dispiace, ma non l’ho vista- sorride, facendo notare la sue gengive senza denti.
- Grazie lo stesso- mi allontano, delusa.
Come posso essere delusa non lo so, dovevo aspettarmelo che la risposta sarebbe stata negativa. Spero che Ace sia stato più fortunato di me ed abbia trovato Umi. Proseguo per la mia strada. Ormai, delle bancherelle di oggi non rimangono che i proprietari, intenti nel ritirare la propria mercanzia.
- Scusi signore, ha mica visto una bambina di undici anni, capelli color nocciola, maglietta bianca e gonna azzurra passare di qua?- domando ad un negoziante.
- No, non l’ho vista- risponde nervosamente.
Ho la netta sensazione che voglia nascondermi qualcosa.
- Ne è sicuro? Ci pensi bene- insisto.
- Le ho detto di no, ora mi scusi ma sono di fretta- ribatte con indifferenza.
Indignata, mi allontano e porgo la stessa domanda ad un mercante, il quale mi dà la stessa risposta del precedente. Questa volta non mi trattengo e gli domando perché anche lui, come tutti gli altri, sia di fretta.
- Lei è straniera, vero? Le consiglio di andarsene subito da questa città- risponde cupo.
- Come prego?- sgrano gli occhi.
Sta per ribattere quando qualcosa lo spaventa. Mi volto nella direzione del suo sguardo, ma non vedo niente.
- Allora?- insisto perplessa.
- Niente, niente!- esclama con voce nervosa per poi andarsene molto velocemente.
Qua c’è qualcosa che non torna…
Dopo un’altra bella mezz’ora di ricerca mi ritrovo in una piazza, sotto un’alta torre, sulla cui cima si intravede un orologio. Sono le sette di sera e il sole è quasi tramontato. Dannazione!
- Emi!- una voce famigliare richiama la mia attenzione.
- Ace- rispondo con poco entusiasmo.
Ed ecco qui quello stupido di un comandante, vederlo mi fa salire l’antipatia.
- Allora? Novità?- domando.
- No, nessuno l’ha vista-
Le mie ultime speranze si infrangono. Un dubbio si fa largo nella mia mente, anzi una certezza.
- Di certo è stata rapita- dò voce ai miei pensieri.
- Come?-
- Svegliati! Mia sorella non è il tipo da scomparire senza dire niente, di certo l’hanno rapita!- dico con voce alterata.
Il moro sembra pensarci su.
- Sì, hai ragione. Senti, ma non puoi fiutare il suo odore?-
- Cosa? Ma mi hai presa per un cane forse?! Sono una tigre, idiota!- gli urlo in faccia, presa dal nervosismo.
Immediatamente mi rendo conto di aver esagerato.
- Scusa- distolgo lo sguardo.
- Non preoccuparti, è normale essere preoccupati per i propri fratelli- sorride –so cosa vuol dire, anche io ho un fratellino al quale dovevo badare quando eravamo piccoli-
- Ah, non lo sapevo-
Mi sento in colpa: io l’ho trattato male è lui mi sorride in quel modo così… così… non saprei spiegare; so solo che quel sorriso mi ha come rassicurata.
- Bene, adesso lo sai- sorride di nuovo.
Il mio stomaco emette un sordo brontolio, facendomi vergognare. Pugno di Fuoco ride. Maledico mentalmente quella fogna di stomaco che mi ritrovo, reclama cibo anche in una situazione come questa.
- Su, andiamo a mangiare qualcosa. A stomaco pieno si ragiona meglio!- esclama il mio compagno.
Annuisco e mi incammino per una delle vie che partono da questa piazza, le guance che bruciano per la vergogna.
Appena trovata una taverna vi entriamo, ricevendo delle occhiate stupite dal proprietario e dai clienti. Il proprietario, a parer mio, sembra una brava persona, invece i clienti no. Dubito che siano dei semplici cittadini affamati. No, qua si tratta di pirati. Lancio un’occhiata al mio compagno che si limita ad abbassarsi il cappello sugli occhi per poi andarsi a sedere al bancone. Il proprietario, un basso signore, grassottello e con dei buffi baffi sotto il naso, prende le nostre ordinazioni e ci serve poco dopo. Sento gli occhi dei pirati puntati sulla mia schiena, ho un brutto presentimento.
- Scusi, lei è Pugno di Fuoco, vero?- domanda sottovoce il proprietario.
- In persona- risponde l’interpellato.
- Oh, sia ringraziato il cielo. Per favore, mi aiuti-
- In cosa posso esserle utile?-
- I pirati. I clienti sono…- non riesce a terminare la frase che un coltello viene conficcato nel legno del bancone, esattamente vicino alla sua mano.
Il poveretto sbianca di colpo ed inizia a balbettare.
- I clienti sono delle brave persone- termina la frase un uomo al posto suo –vero, ragazzi?- ghigna.
I pirati scoppiano in una fragorosa risata.
- E vediamo, chi abbiamo qui? Pugno di Fuoco e… oh, ma guarda che graziosa ragazza!- mi si avvicina.
Io tengo lo sguardo fisso in avanti. Ace, invece, col cappello basso sugli occhi, si volta e si mette seduto con i gomiti appoggiati al bancone.
- Dimmi, sei una sua amica?- mi domanda il pirata senza ottenere risposta –sai, è un peccato che tu non risponda, ma come si dice chi tace acconsente, quindi mi vedo costretto a portare anche te dal capitano. Uomini, prendeteli-
I suoi subordinati si alzano dal tavolo e vengono verso di noi. Io mi alzo dallo sgabello facendolo cadere e mi trasformo in tigre. Il tempo di contare sino a trenta e tutti gli uomini, tranne il capo, sono a terra feriti. Torno umana e lancio un’occhiataccia a colui che ho risparmiato. Lui, con espressione terrorizzata in volto, indietreggia fino alla porta; infine scappa.
- Uff, Emi! Non me ne hai lasciato nemmeno uno- sbuffa Ace.
Non lo degno di risposta. Il proprietario, invece, si precipita a ringraziarci. Sinceramente non so perché ringrazi anche il mio compagno, dato che il lavoro sporco l’ho svolto io.
- Sì, certo. Bada alle ciance, lei conosce quei pirati?- interrompo i ringraziamenti.
Una domanda mi frulla per la testa e sento che quest’uomo ha la risposta.
- Sì, signorina! Sono i pirati che noi cittadini abbiamo menzionato nella lettera- risponde –meno male che siete arrivati, per favore, dovete aiutarci! Da quando sono arrivati su quest’isola, la vita di noi poveri cittadini è diventata un inferno! Ci costringono a lavorare per loro, ci impongono delle pesanti tasse, prendono tutto ciò che vogliono, sequestrano i turisti, si comportano da padroni dell’isola…-
- Aspetta, aspetta, aspetta, hai detto che sequestrano i turisti?- blocco il suo discorso.
Finalmente ho trovato la risposta a quella domanda: Umi è stata rapita da loro! Ora so dove sei Umi, abbi ancora un po’ di pazienza: presto verrò a salvarti!











Nota dell’autrice
Salve cari/e!!!! Come vi è sembrato questo capitolo? Noioso? Pesante? Mal scritto? (da notare il mio pessimismo) Siete liberissimi di lanciarmi pomodori, lattuga, maionese, uova marcie e qualsiasi altra cosa vogliate (non coltelli, per favore!). Vabbeh, ora la pianto con questa inutile (?) nota dell’autrice, però, prima di piantarla, ringrazio tutti coloro che recensiscono e leggono. Grazie di cuore! Alla prossima!!

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Capitolo 18
*** Crudeltà ***



18. Crudeltà


…abbi pazienza Umi, presto verrò a salvarti!

- Senta, lei sa dove si trovano questi pirati?- domando al proprietario della locanda.
- Sì, la loro nave è attraccata nell’estuario del fiume Togai-
- Interessante… Ace, sai dov’è questo fiume?-
Mi volto verso il mio compagno e mi rendo conto di un particolare abbastanza irritante: sta dormendo. Quell’asino che ho come comandante sta dormendo in un momento così delicato. Faccio ricorso a quel poco di autocontrollo che mi rimane, comunque quest’ultimo non è sufficiente per salvare il ragazzo dalla mia ira. Infatti il poveretto riceve un mio schiaffone, ma nonostante ciò non si sveglia. A quanto pare la narcolessia di cui soffre è davvero forte. Noto che il proprietario della locanda mi sta osservando, forse per il mio insolito comportamento verso il “grande e potente” Pugno di Fuoco.
- Lei sa dirmi come arrivare a questo fiume?- chiedo.
- S-sì, certo signorina!- si risveglia dai suoi pensieri l’uomo.
Lo invito con lo sguardo ad andare avanti.
- Deve andare ad est di Solat, nei pressi del villaggio di Zhushi-
- Guardi, ne so più di prima. Non ha una mappa dell’isola?-
- Oh, certo! Gliela do subito!- corre dietro il bancone.
Pochi minuti dopo mi viene consegnata la mappa, alla quale do subito un’occhiata. Chi l’ha disegnata non dev’essere un bravo cartografo data l’imprecisione dei tratti e dal tipo di carta deduco che questa mappa sia di scarso valore. Lancio un’occhiataccia alla persona che me l’ha consegnata.
- Qualcosa non va?- domanda lui, intimorito.
- Se lo lasci dire: questa mappa fa schifo- faccio una pausa –comunque la prendo lo stesso-
Senza dar possibilità di replica al locandiere mi dirigo verso la porta.
- Non aspetta il suo amico?- mi domanda ancora l’uomo.
Mi ero già posta prima questa domanda, ma avevo deciso di no. So che i pirati del Nuovo Mondo sono tra i più pericolosi e forti, ma me la sono sempre cavata e me la caverò anche questa volta. Ammetto anche che questo mio comportamento potrebbe portarmi a conseguenze sfavorevoli, ma sono disposta a tutto per Umi. Lei è mia sorella, il mio vice, la mia famiglia. Non ho intenzione di perderla per un ritardo dovuto ad un idiota addormentato.
- No, non ne ho bisogno- rispondo alla domanda che mi è stata posta per poi uscire dalla locanda ed incamminarmi verso la nave di quei farabutti.
Impiego pochi minuti per giungere nella periferia di Solat. Davanti a me la strada che porta a Zhushi prosegue dritta. A volte, la poca luce che la luna emana viene bloccata da qualche albero, la cui ombra si protende sulla via, dando l’illusione che quest’ultima termini lì, in un buio fossato profondo chissà quanto. Però, una volta superato il tratto di ombra, la luce ritorna e così si ha di nuovo la certezza di essere su una strada e non in un fossato.
Tiro fuori una scatoletta di fiammiferi dalla tasca e ne accendo uno; tutto ciò per poter leggere le indicazioni della mappa, che altrimenti sarebbe illeggibile. Per un attimo mi torna alla mente la voce della mamma: “ricorda Emi, quando vai nel bosco portati sempre dei fiammiferi e delle candele, perché potresti cadere per sbaglio in una delle tante grotte sotterranee” mi diceva sempre, con il risultato che ora sono quasi sempre munita di fiammiferi. Sorrido: erano tante le volte in cui cadevo in quei buchi. Ora che ci penso se avessi prestato più attenzione avrei evitato molte cadute; infondo lo sapevo che nei pressi del monte Livrir il terreno era molto friabile e che l’acqua l’aveva eroso, creando molte grotte dagli ingressi più impensabili. Un verso acuto richiama la mia attenzione e i miei riflessi attivano la vista da tigre. Grazie a quest’ultima riesco a distinguere chiaramente la sagoma di una civetta che si è appollaiata su un albero. Appena un secondo dopo un dolore al dito indice mi fa buttare via il fiammifero che, nel frattempo che pensavo, si è consumato, permettendo alla fiammella di scottarmi il dito. Maledico mentalmente la mia stupidità: mai distrarsi quando si ha a che fare con il fuoco, e questo l’ho capito grazie ad Ace. Quello stupido ragazzo dall’aria infantile, forse dovuta alle lentiggini. Ho sempre detestato le lentiggini e mi sono sempre ritenuta fortunata a non averle, ma ora, per qualche assurdo motivo, non le detesto più, anzi quasi mi piacciono. Accendo un altro fiammifero e guardo di nuovo la carta; manca poco alla mia metà, però di questo passo non ci arriverò mai prima di notte fonda. Proprio per questo getto via il fiammifero e ripongo la cartina nella tasca dei pantaloni, per poi mutarmi in tigre e correre verso Zhushi.


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- Senti, mocciosetta, è da tre ore che siamo in questa stanza e la mia pazienza sta per esaurirsi. Dimmi immediatamente dove si trova Pugno di Fuoco!- mi urla nuovamente in faccia il capitano dei pirati.
Io non rispondo e per questo ricevo l’ennesimo calcio nelle costole da un suo sottoposto. Altre lacrime mi scendono dagli occhi, però mi sforzo di non emettere il minimo lamento. Non ho capito bene perché voglia sapere dove sia Ace, ma con lui c’è Emi e temo che questo tizio potrebbe tender loro un agguato se rivelassi la loro posizione, cosa che nemmeno so. Ammetto che preoccuparsi per mia sorella in questo momento è una cosa veramente stupida, dato che lei sa cavarsela benissimo da sola mentre io no, però non posso fare a meno di preoccuparmi per quella stupida che mi fa sempre arrabbiare e che in questo momento vorrei tanto vedere qua.
- Stupida ragazzina! Rispondi!- urla di nuovo l’uomo che ho di fronte, ottenendo lo stesso risultato di poco fa.
Esasperato si volta verso il tavolo sistemato dietro di lui e ci appoggia le mani sopra. Per un attimo penso di aver vinto io, però subito sono costretta a cambiare idea, infatti, con uno scatto fulmineo, l’uomo mi tira un calcio nello stomaco. Mi lascio andare sul pavimento; mi sento il corpo a pezzi e non ho nemmeno più la forza di reagire.
- Ti ostini a non rispondere, vedo- torna all’attacco il mio persecutore.
- Capitano, per favore, si fermi! Quella bambina non ha nemmeno più la forza di rispondere!- si intromette un pirata.
Sinceramente spero che il suo capitano lo ascolti perché penso che un altro colpo mi manderebbe all’altro mondo. Vorrei tanto vedere chi ha avuto il coraggio di parlare, tuttavia non riesco ad alzare la testa e la posizione in cui sono non mi permette di vedere. Sento uno sparo e poi il rumore di un corpo che cade.
- Chi è il prossimo?- ringhia il capo.
Il silenzio è la risposta che gli viene data. Se solamente potessi, credo che gli sputerei volentieri in un occhio per poi riempirlo di pedate, come lui e i suoi sottoposti hanno fatto con me. Socchiudo gli occhi e sento i suoi passi avvicinarsi e la sua mano afferrarmi per i capelli, costringendomi a far ricorso alle mie ultime forze per alzarmi. Subito dopo vengo trascinata fuori dalla cabina in cui ero e portata sul ponte. Alzo gli occhi verso il cielo; è buio ma le stelle e la luna splendono. A quanto pare è già notte fonda.
- Sai, spero vivamente che tu non sappia nuotare- mi dice Ragno Rosso o come viene soprannominato questo idiota.
Comunque credo che la sua speranza sia ben riposta, infatti io non so nuotare.
Vengo fatta salire sulla balaustra e, a questo punto, mi ritengo già spacciata: quando lui mi spingerà, cadrò in acqua. Mi immagino già il contatto con l’acqua fredda quando un ruggito proveniente da quella macchia nera che, se non erro, dovrebbero essere i canneti che ho visto oggi, blocca Ragno Rosso. Subito una belva feroce salta sul ponte della nave attraccata vicino alla riva, provocando il panico tra i pirati. Io, invece, non ho paura, anzi sono felice perché so che quella “bestiaccia”, come la definiscono loro, è in realtà mia sorella.
La tigre salta addosso ad un pirata e di lui si sente solo più l’urlo e il rumore prodotto dal suo corpo che cade a terra privo di sensi infatti, conoscendo Emi, so che lei ferisce solo, ma non uccide mai. Altri uomini fanno la fine del primo e, in un batter d’occhio, anche il loro capo viene ferito e scaraventato dall’altra parte del ponte. Finalmente mi sento al sicuro, finalmente la mia sorellona è arrivata; ora non devo più preoccuparmi. Mi lascio andare indietro e cado tra le braccia di un’Emi ormai umana.
- Umi, Umi! Rispondi! Ti prego, apri gli occhi!- mi dice lei.
- Hehe… ciao Emi…- mi sforzo io.
- Porca vacca, guarda come sei ridotta!- mi tocca l’occhio gonfio.
Se non sbaglio il colpo in faccia l’ho ricevuto dopo il mio terzo rifiuto di rispondere.
- Cavolo… Umi, mi dispiace. So che il mio dispiacere non basta a farti star meglio ma vedi che adesso ti porto da un dottore, abbi un attimo di pazienza!- continua lei accomodandomi meglio tra le sue braccia.
- E così sono arrivati i rinforzi- ghigna Ragno Rosso, lasciandoci sorprese.
Le artigliate di Emi sono sempre micidiali: se vieni colpito stai pur certo di non alzarti più; allora com’è possibile che sia in piedi? Sono più che sicura di aver visto Emi colpirlo! La mia sorellona si incammina verso dei barili e mi posa dietro ad essi.
- Rimani qui- dice dandomi una delle sue pistole per poi andare incontro al nemico.


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Ricordo perfettamente il mio principio: non uccidere. Purtroppo questa volta dovrò andarci contro perché ho una grande voglia di far fuori questo lurido verme. Già l’aver rapito Umi lo fa rientrare nella mia lista nera, ma dopo aver visto in che condizioni l’ha ridotta la rabbia mi ha invasa. Un solo pensiero mi preoccupa ora: farlo fuori.
- Deduco dal tuo sguardo che non sei venuta per offrirmi i tuoi servigi…- ghigna lui.
- Esatto- sfodero gli artigli.
- Ma dimmi: cosa pensi di poter fare contro di me? Tornatene dal tuo amichetto Pugno di Fuoco, magari lui ti aiuterà-
- Per ridurti in brandelli basto ed avanzo io- dico per poi trasformarmi in tigre.
Con le fauci spalancate gli balzo addosso e gli mordo la spalla. Riesco a sentire le ossa spezzarsi sotto i miei denti, ma qualcosa non quadra: quello che sento non è il sapore del sangue, o almeno non di quello umano.








Nota dell’autrice
Salve gente!! Cosa mi dite su questo capitolo? *un pomodoro sfiora la guancia dell’autrice* Ok, ho afferrato il concetto. Vabbeh, ora farò un inutile (?) commento sul capitolo. Allora… forse, e dico forse perché la mia memoria fa pena, avevo detto che ci sarebbe stata una battaglia descritta abbastanza bene e sorpresa, sorpresa non c’è. Ma tranquilli, ci sarà nel prossimo capitolo! Mi scuso per questo mio “non inserimento di battaglia lunga” ed anche per il ritardo della pubblicazione di questo capitolo che avrebbe dovuto essere pubblicato ieri. Ancora scusa! Spero che qualcuno recensisca. Alla prossima!!

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Capitolo 19
*** Battaglia sulla nave nemica ***



19. Battaglia sulla nave nemica


…quello che sento non è il sapore del sangue, o almeno non di quello umano.

Un sapore aspro mi invade la bocca e mi costringe ad allentare la morsa. Subito balzo indietro, ad una distanza che mi permetta di attaccare velocemente ma anche di schivare un possibile attacco altrettanto velocemente, anche se in cuor mio sono sicura che il mio nemico non possa più attaccarmi. Nonostante questa mia convinzione decido di rimanere in forma di tigre perché il mio sesto senso mi dice che la faccenda non è finita qua. Sfrego la lingua sulla pelliccia della zampa per togliermi di bocca quel disgustoso sapore che ho sentito, ma continuo a tenere d’occhio il corpo inerme dell’uomo.
- Emi, l’hai fatto fuori?- mi chiama la voce di mia sorella.
Lancio un’ultima occhiata a Ragno Rosso per poi tornare umana ed incamminarmi verso di lei.
- Credo proprio di sì. Bene, ora possiamo anda…- l’ultima sillaba mi muore in gola.
- Emi! Emi, che hai?!- prova ad alzarsi Umi, senza risultati.
- Resta lì e non fiatare- le ordino.
Lei ubbidisce ma leggo chiaramente nei suoi occhi una forte preoccupazione ed anche della paura. Lentamente mi abbasso ed estraggo dal mio polpaccio un coltello. Il dolore che provo è molto forte, tanto da farmi lacrimare gli occhi; ho voglia di urlare dal male ma non lo faccio.
- Oh, scusa. Ti ho fatto male?- domanda una voce fin troppo familiare alle mie spalle.
Piano, piano mi volto e lo vedo là, proprio dove l’avevo lasciato stecchito. Mi stupisco alla vista di molti ragni fuoriuscenti dalla sua ferita; ecco di cos’era quel sapore: sangue di ragno. Io detesto i ragni, li trovo disgustosi; disgustosi come quell’uomo. Ragno Rosso viene avanti, i ragni che si uniscono uno all’altro facendo scomparire la ferita.
- Credo tu abbia qualcosa di mio- dice.
Un filo bianco ed appiccicoso parte dal suo corpo, per venire ad attorcigliarsi al pugnale che mi ha ferita. In seguito una violenta scossa del filo, che credo sia una ragnatela, mi toglie l’arma di mano per riportarla al suo proprietario. Solo ora mi rendo conto che costui ha mangiato un frutto del diavolo.
- Che frutto hai mangiato?- domando, già sicura della risposta.
- Frutto Aracnide-Aracnide. Dimmi ragazza, ti piacciono i ragni?- fa un ghigno sadico.
Centinaia di quelle bestiacce escono dalle sue mani e si dirigono verso di me con le loro schifose zampette pelose.  Subito muto in tigre e con le tre zampe buone che mi restano balzo via. I ragni cambiano direzione; a quanto pare non intendono mollarmi. Che schifo, se c’è una cosa che proprio non posso vedere sono quei cosi. Altri di loro si uniscono all’orda che mi insegue; salto sulla balaustra ed estraggo gli artigli, immediatamente mi butto addosso al loro creatore. Gli infliggo un colpo secco: il suo cranio viene letteralmente tagliato a metà. Sono più che certa che il colpo abbia fatto effetto, ma devo ricredermi perché i ragni mi circondano e mi salgono addosso. Milioni di zampette pelose che corrono sulla mia pelliccia, che orrore! Mi butto di schiena a terra per schiacciare queste bestiacce, ma altre mi vengono addosso. Inizio a rotolarmi disperatamente sperando di riuscire a schiacciarle tutte. Poi finalmente sembrano essere finite e finalmente posso alzarmi. Mi viene il voltastomaco alla vista della mia pelliccia completamente ricoperta di ragni spiaccicati. Torno immediatamente umana e mi levo di dosso tutta questa schifezza. Alzo gli occhi verso Ragno Rosso e noto subito che il colpo inflittogli non gli ha provocato danni, infatti alcuni aracnidi stanno tessendo una tela tra le due parti di cranio divise dal mio attacco e, piano, piano, sopra queste ragnatele, sta tornando la pelle. Anche lui mi fissa, ma con evidente odio. Non gli do il tempo di curarsi completamente che altre mie due artigliate lo colpiscono al fianco e al torace, però lui non sembra minimamente indebolito. Subito altre ragnatele iniziano a rimarginare le ferite, però io non mi do per vinta e lo attacco ulteriormente. Un’artigliata dopo l’altra, lo sto letteralmente riducendo in brandelli. Dopo un po’ fermo l’attacco per riposare un attimo.
- Tutto qui?- domanda la mia vittima.
Per risposta i miei artigli gli si conficcano nel petto, ma appena ritiro la mano mi rendo conto che ho reagito d’impulso, stando al suo gioco, infatti un fascio di ragnatele si è avvolto alla mia mano ed io non riesco a liberarla.
- Mollami!- urlo.
- Brava, urla! Spaventati! Prova a liberarti!- ride lui.
Lo guardo con odio e lui si blocca.
- Devi guardarmi con terrore, sgualdrina- dice, arrabbiato.
Mi poggia la mano sulla spalla, io mi dimeno, cosciente del fatto che ciò che sta per succedere non sarà bello. Do un altro scossone per liberarmi ma ormai è tardi: Ragno Rosso apre la bocca ed io vengo avvolta dalle spalle in giù da un spesso strato di ragnatele. Involontariamente perdo l’equilibrio e cado.
- Sai, non ho mai assaggiato il sangue di una tigre… dev’essere succulento!- esclama l’uomo –però non voglio dissanguarti in quello stato, non potrei vedere la morte nei tuoi occhi…- mi solleva con una mano e mi schiaccia contro l’albero maestro in modo da avere i visi alla stessa altezza.
Stringo i denti.
- Dai, implorami di non ucciderti- si lecca le labbra.
Di certo l’ultima cosa che farei è questa: non è il mio stile e poi non sono ancora spacciata. Sarà che non riesco a muovermi, ma gli artigli per tagliare la ragliatela riesco ancora ad estrarli; così, mentre lui parla, io inizio a tagliare questa tela appiccicosa.
- Ti rifiuti di farlo, vedo. Benissimo- mi lecca la guancia.
Finalmente riesco a liberare un braccio, attivo l’haki e colpisco con il solito attacco questo lurido essere in pieno volto. Lui si porta le mani sulla faccia, inizia ad urlare dal dolore ed indietreggia. Io ne approfitto per liberarmi del tutto dalla ragnatela.
- Lurida troia! Il mio occhio!- urla il mio avversario.
- Non te lo aspettavi, vero? Mi dispiace caro, ma siamo nel Nuovo Mondo e le possibilità di incontrare un possessore dell’haki sono molto alte- dico con tono saccente.
Sinceramente spero di averlo fatto arrabbiare molto: le persone accecate dalla rabbia non ragionano, ma reagiscono d’impulso e questo è un punto a favore per i loro avversari. Nonostante ciò Ragno Rosso non sembra dar segni di voler attaccare; continua ad urlare insulti vari ed a tenersi con la mano l’occhio ferito.
Di punto in bianco smette di urlare e si mette dritto con le braccia incrociate, l’occhio ferito chiuso, l’altro aperto. Dal suo corpo spuntano milioni di tarantole, belle grosse e pelose, che in pochissimo tempo invadono il ponte. Alcuni dei suoi uomini, quelli che non ho ferito molto gravemente e che si sono ripresi, sono terrorizzati e scappano in mille direzioni diverse; alcuni si buttano persino nel fiume pur di sfuggire a quei ragni. Sinceramente non so cos’abbiano di speciale quei cosi, ma è meglio stare all’erta. Indietreggio e le tarantole avanzano.
- Per carità, capitano! Ci risparmi!- ulano alcuni pirati impossibilitati a muoversi.
L’interpellato sembra non ascoltarli e le sue creature proseguono l’avanzata, passando sopra quei poveretti. Per un attimo si sentono delle urla strazianti, poi non si sente più niente e, finalmente, quando i ragni scendono dai corpi di quegli uomini, si può capire perché siano tanto temuti: dei pirati colpiti non sono rimaste che le ossa. Immediatamente corro vicino ad Umi, pronta per difenderla da quelle bestiacce.
- Emi, i-i-i r-ragni!- balbetta lei alla vista di quei simpatici animaletti che ci vengono incontro.
- Gli ho visti, Umi. Credo che siano anche affamati…-
Umi cade in uno stato di shock, continuando a balbettare cose senza senso. Io, invece, mi trasformo in forma ibrida e colpisco con i miei artigli e con altre mosse tutti i ragni che si presentano: non voglio fare la fine dei poveracci di prima e non voglio nemmeno che la faccia mia sorella!
Un atroce dolore mi colpisce alla spalla: una tarantola mi ha morso. Immediatamente la stacco e la butto lontano.
- Emi, attenta!-
Ho appena il tempo di alzare gli occhi che una valanga di quelle bestiacce mi salta addosso. Mi dimeno finche non riesco a balzare di lato ed a levarmi di dosso i nemici. Subito dopo, utilizzando il buio della notte, mi nascondo dietro all’albero maestro senza farmi vedere dal capitano della nave; voglio coglierlo di sorpresa con un attacco alle spalle. Mi sporgo per vedere la posizione del nemico, ma, con grande sorpresa, non vedo nessuno. Il mio cervello ha appena iniziato ad elaborare delle ipotesi quando una sostanza viscida cade a terra, proprio di fronte ai miei piedi. Guardo sopra di me e vedo un gigantesco ragno rosso pronto per conficcare il suo pungiglione nella preda. Istintivamente mi butto di lato, schivando il pungiglione che si conficca nel legno del ponte. Immediatamente il legno di scioglie ed io riconosco che sono stata fortunata: se fossi stata colpita mi sarei sciolta come le assi del ponte. Indietreggio e cerco di preparare un nuovo attacco con l’haki, cosa difficile per una principiante come me che, per giunta, è ferita. Il ragno gigante mi scaglia contro dei filamenti di tela appiccicosa; mi butto in avanti, rotolo di lato, mi rialzo, salto a destra, e tutto per evitare quelle trappole infernali: se anche solo una di loro mi colpisse rimarrei imprigionata e per me sarebbe la fine.
Improvvisamente il rumore di uno sparo blocca l’attacco. Mi volto; in piedi, appoggiata ad un barile c’è Umi.
- Lascia stare mia sorella, brutto schifoso- dice con la pistola ancora fumante puntata contro l’aracnide gigante.
Nonostante si tenga a malapena in piedi e debba aiutarsi con il barile per non cadere ha infranto il mio ordine di non muoversi e tutto per aiutare me. Quest’ultimo fatto non mi va giù: non voglio che qualcuno si faccia male a causa di una mia debolezza.
Il mostro colpito dalla mia stupida sorellina si gira verso quest’ultima, della bava violacea gli scende da quella che dovrebbe essere la sua bocca. Ho un brutto presentimento che si trasforma in realtà quando Ragno Rosso spruzza la bava verso di Umi.
- Umi, levati da lì!- stringo i denti e mi trasformo velocemente in forma ibrida.
È questione di secondi: le corro incontro, mi tuffo, le atterro addosso e la abbraccio.
- Tiger Ball- sussurro.
La mia pelliccia si gonfia tanto da farmi assomigliare ad una palla, avvolgendo me ed Umi e  difendendoci da quella sostanza velenosa, scagliatici addosso. Dopo pochi minuti la mia pelliccia si sgonfia ed io sciolgo l’abbraccio.
- Emi, io…- inizia Umi.
- Zitta! Cosa credevi di fare, eh? Guai a te se disobbedisci ancora ai miei ordini!- le urlo contro per poi prendere la rincorsa e balzare sul dorso del mio nemico.
Conficco gli artigli nella sua carne, facendogli emettere un verso poco rassicurante. Dalla nuova ferita escono milioni di ragnetti che mi salgono lungo il braccio. Con la mano libera me li scrollo di dosso, dando così la possibilità al loro capo di farmi cadere dal suo dorso. Atterro di schiena sul freddo legno del ponte e, appena provo a rialzarmi, una ragnatela blocca la mia mano al pavimento. Cerco di liberarmi ma questa volta non ci riesco. La bestiaccia rossa mi si mette sopra, il pungiglione pronto per trafiggermi. Chiudo gli occhi, il mio cuore accelera i battiti: io non voglio morire!
- Pugno di Fuoco!- urla una voce di mia conoscenza.
Un’onda di fuoco scaglia via Ragno Rosso.
- Ace!- urla mia sorella dal suo nascondiglio.
Mi volto verso il nuovo arrivato e mi blocco un attimo ad osservarlo, incantata. Quel ragazzo ha un qualcosa che mi piace, però poco dopo abbasso lo sguardo: Ace è l’ultima persona che avrei voluto vedere.
- Scusate il ritardo, la narcolessia mi aveva colpito- ghigna il moro –certo che qualcuno avrebbe potuto aspettarmi- aggiunge.
Sento un forte senso di vergogna invadermi.
- Portgas d Ace?!- esclama il pirata colpito poco fa, ormai tornato uomo.
- In persona-
Il nostro avversario, senza alcun bisogno di ulteriori conferme, torna ragno e si scaglia contro il moro che lo schiva e lo afferra per una zampa. Il ragno non ha nemmeno il tempo di reagire che Ace gli perfora il corpo con un altro colpo infuocato. La bestia cade inerme sul ponte e poco dopo il suo cadavere torna umano. Ora è veramente finita ma io non sono per niente felice: avrei dovuto sconfiggerlo io quel pirata. Io ed io soltanto! Come posso diventare forte se vengo sempre salvata da qualcuno?!
Ace mi si avvicina ed usa il suo fuoco per liberare la mia mano dalla ragnatela.
- Vorrei tanto sapere perché non mi hai aspettato. Guarda in che condizioni ti ha ridotta quello schifoso e tutto perché io non c’ero!- si altera non poco il ragazzo.
Non lo degno di risposta e mi dirigo da Umi.
- Allora, tutto bene?- le domando aiutandola ad alzarsi.
- Sì, ma ho tutte le ossa rotte- risponde –comunque grazie Ace di averci salvate- aggiunge voltandosi verso l’interpellato.
Una forte rabbia mi invade.
- Avrei preferito molto di più morire che essere aiutata da uno come lui, poi per forza che ha vinto: è facile quando si ha a disposizione il potere di un rogia!- dico tutto d’un fiato –ed ora torniamo a Solat, Umi, hai bisogno di un medico- aggiungo.
Il moro mi lancia uno sguardo insolito, quasi amareggiato, che mi fa salire un forte senso di colpa. Solo ora mi rendo conto della cattiveria che ho detto a causa della mia gelosia.









Nota dell’autrice
Salve!! Piaciuta la battaglia tra Emi e Ragno Rosso? Spero di sì, anche se penso che mi sia venuta fuori una schifezza più che una battaglia… beh, fatemi sapere cosa ne pensate. Ora vi porgo una domanda: volete che continuo la storia o preferite che la concludo? A voi la scelta.
Ringrazio tanto i lettori silenziosi che leggono e ringrazio ancora di più chi recensisce! Davvero grazie!
Alla prossima!!

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Capitolo 20
*** Cure ***



20. Cure

- Stia lontano con quell’affare, chiaro?!- urla Emi al medico.
- Ma signorina, la prego!-
- Ho detto di no!- lo minaccia con una bottiglia d’acqua vuota, usata come arma.
Sbuffo sonoramente: com’è possibile che una diciannovenne abbia paura delle siringhe non lo so!
- Signorina, è per il suo bene! Nello scontro con Ragno Rosso potrebbe essere stata morsa da uno dei suoi ragni velenosi!- insiste il medico.
- Figuriamoci se sono stata morsa da quelle bestiacce!-
Il povero medico mi guarda con sguardo supplichevole d’aiuto.
- Ah, non chieda a me! In questa faccenda non voglio centrare!- rispondo.
Figuriamoci se mi metto in mezzo, se lo facessi quella pazza di mia sorella mi chiamerebbe “traditrice” a vita.
- Charlotte!- chiama il medico.
Nella stanza entra una ragazzetta vestita da infermiera, con il classico cappellino in testa. Lei e il medico si lanciano uno sguardo d’intesa, poi si incamminano verso mia sorella. Forse credono di riuscire a bloccarla, ma dubito che ci riescano.
I due sono sempre più vicini ed Emi li guarda di brutto.
- Ora!- urla l’uomo.
Lui e l’infermiera saltano contro mia sorella, ma lei corre via o, per meglio dire, saltella via su un piede, data la gamba destra fasciata. Alla faccia del “non faccia sforzi, altrimenti la ferita al polpaccio si riaprirà” che le aveva detto questa mattina il povero dottore.
- Non mi prenderete mai!- dice Emi, mettendosi al riparo vicino al mio lettino.
- D’accordo, ha vinto lei, signorina!- esclama il dottore per poi uscire dalla stanza, seguito da Charlotte.
Una volta che la porta della nostra camera viene chiusa, quella pazza di Emi si siede sul suo lettino. Io la guardo con sguardo pari a “fifona”.
- Non ho paura delle siringhe, semplicemente mi fa schifo vedere l’ago che entra nella carne- si giustifica notando il mio sguardo.
- È da una vita che usi questa scusa-
- Non è una scusa!- esclama per poi lanciare un’occhiataccia alla porta –so che torneranno, pensano di fregarmi, ma io sono più furba di loro!-
Mi sbatto la mano in faccia, sconsolata: è un caso senza speranze!
- Puoi non credermi, ma so che è così- dice per poi prendere la sedia che si trova vicino al suo lettino e trascinarla fino alla porta.
- Si può sapere che stai facendo?- le domando nonostante l’ovvietà della cosa.
- Blocco l’entrata- sistema la sedia in modo che la maniglia della porta non possa abbassarsi.
Mi sbatto nuovamente la mano in faccia: ma come può essere così scema da non capire che quella iniezione le farebbe bene? Cioè, mettiamo il caso che sia stata veramente morsa!
- Sei sicura di non essere stata morsa dai ragni?- chiedo, preoccupata.
Non risponde subito, ma ci pensa su un attimo. Brutto segno.
- Sì, sicura-
- Sicura, sicura, sicura?-
- Sì, sicura, sicura, sicura-
- Ma proprio sicura?- insisto.
- Sì!- urla –lo saprò ancora, no?! Non mi sembra di essere scema!-
Mi zittisco, tanto con lei non l’avrei mai vinta.

Biru biru biru biru… biru biru biru biru…

- Vado io- dice Emi per poi prendere il lumacofono che Ace ha lasciato qui questa mattina presto.
Quel ragazzo sembrava veramente giù di morale quando se ne è andato: rideva a malapena, era molto serio, quasi non parlava. Credo fosse arrabbiato con Emi, anzi ne sono sicura; con quelle cattiverie che gli sono state dette ieri persino un santo si sarebbe infuriato! In più, Emi non gli ha nemmeno chiesto scusa e nemmeno si vergogna di quello che gli ha detto, che razza di ingrata! E pensare che era lei quella che mi diceva sempre di non dire cattiverie agli amici e di scusarsi in caso questo succedesse: sembra che la sappia tanto lunga, quando poi si comporta come una bambina di tre anni. Sono veramente delusa dal suo comportamento, lei non è più l’Emi che stimavo tanto.
- Sì?- risponde il soggetto dei miei pensieri alla chiamata.
- Ciao Miss! Che bello sentirti!- esclama una voce famigliare.
- Satch! Ciao!-
Rimango perplessa alla vista di mia sorella, con un sorriso smagliante stampato in viso, felice di sentire la voce di Satch. Non la vedevo in questo stato da quando la mamma ci ha lasciate; sembra quasi una bambina alla quale il papà ha comprato il gelato.
- Ma… come mai rispondi tu al lumacofono di Ace?- domanda Satch con voce maliziosa.
Il sorriso sul viso di Emi si spegne per lasciar spazio ad un ghigno storto e probabilmente alla voglia di massacrare l’uomo; ora riconosco mia sorella!
- Non vorrei aver interrotto niente…- continua Pizzetto.
- No, non hai interrotto niente, razza di pervertito con manie omosessuali! Se hai tanto paura che Ace ti tradisca con me hai solo da venire fin qui a controllarlo!- scherza Emi, per poi ridacchiare per quello che hanno pronunciato le sue labbra.
Domani nevicherà, me lo sento: Emi non scherza mai!
- Tranquilla Miss, essendo io puramente eterosessuale non ho paura che Ace mi tradisca con te, ma che tu mi tradisca con lui!- sta al gioco l’uomo, rispondendo in tono solenne e utilizzando parole di cui io nemmeno conosco il significato.
- Tranquillo! Non ti tradirò!- ride lei.
- Oh, che sollievo! Sai, per un attimo mi era venuto il dubbio!- ride l’altro.
Che strani: quando sono a distanza ridono e scherzano, invece quando sono vicini litigano…
- Ma come? Osi mettere in dubbio la mia fedeltà?- si morde il labbro per non ridere Emi.
- No, no, certo che no!- risponde Pizzetto con tono da tragedia per poi scoppiare a ridere, seguito da mia sorella.
Ribadisco il mio precedente pensiero: che strani!
- Tornando seri, perché hai chiamato?- chiede Emi.
- Te l’ho detto: per essere sicuro che non mi tradissi!-
- Satch, dai, adesso basta-
- Ok, ok, però devi ammettere che è stato divertente, anche tu ridevi- ride –comunque ho chiamato per sapere come sta andando la missione-
- È tutto a posto: il pirata è stato sconfitto e l’isola liberata-
- Allora deduco che siate già in viaggio di ritorno-
- No, siamo ancora sull’isola…-
Noto il volto di Emi assumere un’espressione dispiaciuta.
- È colpa mia… sono stata ferita e quindi siamo dovuti andare in ospedale- continua, abbassando lo sguardo.
- Come?! Ma adesso stai bene?- si preoccupa Satch.
- Certo! Oggi stesso partiremo!-
Oggi stesso partiremo?! Ma è matta?! Non possiamo partire nello stato in cui siamo: lei è ferita ed io non riesco ad alzarmi dal lettino talmente mi ha pestato Ragno Rosso!
- Sei sicura? Se non stai bene ci penso io a dire a papà che tarderete- si offre l’uomo.
- No, neanche per idea! Io sto bene, fidati! Allora ci vediamo tra circa… due giorni, ciao!- insiste Emi, per poi chiudere la chiamata prima che Pizzetto possa ribattere.
Che comportamento incosciente…


 
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Moby Dick…

Qualcuno bussa alla stanza dell’imperatore bianco ed entra dopo aver sentito il classico “avanti” pronunciato da una voce femminile. Appena entrato si ritrova di fronte al suo capitano, seduto sul suo letto e circondato da infermiere.
- Satch! Quante volte ti ho detto di non venire a quest’ora?! Lo sai benissimo che papà deve riposare!- urla una donna sulla trentina.
- Dai Marika, non arrabbiarti, sono solo venuto a parlargli- si giustifica l’arrivato –ma lo sai che oggi sei più bella del solito?- continua.
- E tu sei sempre il solito fanfarone!- gli afferra il naso, tirandoglielo l’infermiera.
- Ahia! Marika, smettila, per favore!- dice l’uomo con voce nasale.
Tutte le infermiere scoppiano a ridere, seguite dal loro paziente.
- Guarahahahahahah! Siete uno spasso figlioli- esclama con le lacrime agli occhi Barbabianca.
Subito dopo solleva il braccio e prende una bottiglia di sakè da sopra il comodino. Immediatamente la bottiglia gli viene strappata di mano da Marika.
- Papà, insomma, non devi più bere tutto questo sakè: ne hai già bevuti tre barili solo a colazione! Dovresti saperlo che ti fa male!- lo rimprovera.
- Dai, figliola, non privarmi delle mie soddisfazioni- sorride lui.
- E invece te ne privo, se no tutte le cure fatte in queste ultime due ore andranno a farsi benedire!-
Barbabianca non ribatte più, ma decide di lasciar perdere.
- Beh, papà, io dovrei parlarti- si intromette Satch.
- Ma allora sei sordo! Papà deve riposare!- torna all’attacco Marika.
- Tsk, mi trattate come se fossi già un vecchio decrepito- si strappa i flebo di dosso il padre.
- Papà no!- urlano le altre infermiere cercando di rimetterglieli.
- Tutta robaccia!- ribadisce lui.
Marika sbuffa sconsolata.
- Ragazze, andiamo- ordina –papà sta fin troppo bene- si incammina verso la porta, seguita dalle altre infermiere, leggermente contrariate.
Una volta andata via l’equipe medica, Satch si avvicina al letto del suo capitano.
- Ace, Emi ed Umi hanno completato la missione loro assegnata- inizia.
- Buon per loro, ma non credo che tu sia venuto fin qui solo per dirmi questo- si scola la bottiglia che poco prima Marika gli aveva tolto di mano Barbabianca.
- Beh, prima ho chiamato Ace ed Emi mi ha riferito di essere stata ferita, quindi dubito che torneranno tanto presto, anche se lei mi ha assicurato che torneranno entro due giorni-
- Guarahahahahah! Se te l’ha detto lei allora sta pur certo che torneranno entro due giorni!- sorride.
- Non ne sono molto sicuro-
Barbabianca sorride nuovamente.
- Quella ragazza è molto ostinata e vuole sempre avere ragione, se ti ha detto così manterrà la parola data- si spiega meglio il vecchio.
- Forse hai ragione- si siede per terra con le gambe incrociate Satch.
Subito dopo viene a seguire un attimo di silenzio, in cui si sente solo il rumore del liquore che scorre giù, nella gola di Barbabianca.
- Senti papà- inizia Pizzetto –non ho ancora capito perché hai voluto con te Emi-
L’imperatore bianco lo guarda con una vena di divertimento stampata in faccia.
- Perché quella ragazza è determinata e sono sicuro che farà grandi cose- risponde il bevitore di sakè.
- Tipo far fuori Ace- scherza Satch, facendo ridere il suo interlocutore.


 
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Eki Island, ospedale di Solat…

- Si può sapere che diavolo fai?!- urlo a mia sorella dopo che mi ha presa in braccio e si è avvicinata alla finestra.
- Mi sembra ovvio: evado portandomi dietro mia sorella!- ride lei per poi assumere la forma ibrida e buttarsi alla finestra.
Fortunatamente la nostra “via di fuga” si trova a soli tre metri da terra e quindi la tigre umanoide riesce ad atterrare al suolo senza rischiare di farci sfracellare. Comunque il suo polpaccio ferito si oppone a questo atterraggio, facendola gemere un poco dal dolore. Naturalmente sto morendo dalla voglia di dirle che è un’incosciente, ma non lo faccio per paura che mi molli a terra.
- Secondo te, dov’è finito quell’imbecille di comandante?- mi domanda.
- Non ne ho la più pallida idea e poi guarda che è colpa tua se se ne è andato!- esprimo i miei pensieri.
- Mia?! Ma se non gli ho detto niente!-
- Sicura? Pensaci bene-
- Mmm… forse l’ho leggermente insultato per averci “salvate”, ma non mi sembra di aver detto cose tanto gravi- cerca di fare l’impassibile.
Immediatamente mi rendo conto che sta fingendo: i suoi occhi esprimono un pentimento ed una vergogna incredibili. Forse ho sbagliato a giudicarla un’ingrata, in fondo dovrei saperlo che lei è fatta così. Il suo modo di fare può essere giudicato immaturo, ma è sempre lo stesso: si arrabbia, dice cose che in realtà non pensa e poi se ne pente.
- Senti, ma perché non gli chiedi scusa?- domando.
- Tu sei matta, figurati se lo faccio: mi umiglierei troppo!-
Improvvisamente delle idee molto carine mi passano per la testa, facendomi sghignazzare.
- Perché ridi?- chiede mia sorella, incamminandosi per le strade di Solat.
- Eheheheheh… pensa se per scusarti baciassi Ace… potreste sposarvi! Ed io mi sposerei con Marco! Sarebbe meraviglioso!- ridacchio, arrossendo lievemente.
Già mi immagino la scena: Marco vestito da sposo, io da sposa, Barbabianca che dice “ora puoi baciare la sposa”, Marco che mi bacia…
Sospiro: sarebbe veramente meraviglioso!
- Tu sei folle- distrugge i miei sogni d’amore Emi.
- Perché folle?- mi irrito.
- Perché questa scemenza non si avvererà mai- risponde pacata.
- Sentiamo: perché non si avvererà mai?!- alzo la voce, sempre più irritata.
Che razza di sorella che mi tocca! Vorrei proprio sapere perché deve sempre infrangere i miei sogni!
- Allora, per prima cosa perché Marco è troppo grande per te, poi figuriamoci se vuole sposarsi; per seconda cosa io non mi sposerei mai con quel fiammifero incompetente di Ace-si spiega.
- Beh, prima cosa: Marco non è troppo grande per me!- faccio una pausa –e seconda cosa: insulti tanto Ace quando si vede lontano un chilometro che ti piace!-
- Che?! A me non piace quel… quel… quel… coso!- cerca di negare l’evidenza.
- Beccata, sorellona! Ti sei tradita da sola- ghigno, soddisfatta.
- Ma che tradita, sei tu che non capisci un tubo! A me non piace Ace-
- Sì, certo-
Può negarlo quanto vuole ma so che le piace.
- Se non la pianti ti mollo a terra- mi minaccia.
- Ok, ok- la smetto, per paura che mi lasci veramente a terra.
Come dicevo prima, con lei è impossibile averla vinta!








Nota dell’autrice
Salve!
Noioso questo capitolo? Forse.
Umi è folle? Sì.
Emi ama Ace? Booh.
Umi ama Marco? Sì, perché è folle.
Ok, ora che ho sparato il “delirio” posso passare al sodo: ringrazio tanto chi recensisce e chi ha la forza ed il coraggio di leggere la mia storia! Grazie davvero! Oltre a ciò, mi scuso per il ritardo di pubblicazione, la prossima settimana vedrò di essere puntuale! Alla prossima!!

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Capitolo 21
*** Alla ricerca del fiammifero ***



21. Alla ricerca del fiammifero

Ace sta seduto ai piedi di un albero, nel parco di Solat. Un bel parco, non c’è che dire, tutti sanno che è il più grande e bello di tutta l’isola, con ben centosessanta fontane con giochi d’acqua, sparse sui suoi duecento ettari di terreno. Stradine di ghiaia bianchissima corrono per tutto il parco, collegando i vari laghetti alle fontane e viceversa; non vi è un angolo dove non ci siano fiori. Nonostante questo piccolo paradiso sia molto rinomato per la sua bellezza, il ragazzo di fuoco non è certo andato lì per visitarlo, ma per stare solo. Peccato che non ha calcolato la presenza di brutti ricordi, che pian piano gli stanno tornando alla mente.
Se Gol D Roger avesse un figlio gli metterei un cartello al collo con scritto “scusatemi di essere nato, sono un rifiuto umano”…
Frasi di questo tipo rimbombano nella testa di Ace, provocandogli una forte rabbia che, per ogni nuova frase che torna alla mente del ragazzo, si accresce. Oltre alla rabbia, anche il dolore per tutte quelle malvagità stategli dette inizia ad accrescersi, fino a portare il giovane Pugno di Fuoco a porsi nuovamente la stessa domanda: “sarei dovuto nascere?”. Questa domanda porta il moro in uno stato ancora peggiore di quello in cui già si trovava.
Avrei preferito molto di più morire che essere aiutata da uno come lui…
Quest’ultima frase distrugge completamente l’autocontrollo del ragazzo che si alza in piedi e tira un pugno infuocato contro il povero malcapitato albero più vicino. Immediatamente la pianta va in fiamme e cade a terra, ciò però non turba per niente Ace, il quale è troppo occupato a combattere contro gli orrori del suo passato.
uno come lui… uno come lui…
Queste singole tre parole sono quelle che fanno più male al moro in questo momento; le stesse parole che hanno risvegliato in lui tutti questi ricordi.

 

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- Salve signorina!- mi saluta un mercante.
Ha un volto famigliare, credo di averlo già incontrato.
- Ci siamo già visti?- domando.
- Beh, sì… sono quel mercante che l’ha scacciata ieri quando stava chiedendo informazioni sui pirati…-
- Ah, ecco. Che vuoi? Sbrigati che non ho tempo- mi comporto sgarbatamente dato il comportamento che l’uomo ha avuto con me ieri.
- No, no! La prego, aspetti! Volevo scusarmi per il mio comportamento e ringraziarla per quello che lei e il suo amico avete fatto per la città!-
Altri mercanti si avvicinano e mi domandano cosa possono fare per sdebitarsi. Sento la mia sorellina ridacchiare da sopra le mie spalle; credo abbia avuto la mia stessa idea.
- Beh, se ci tenete tanto a ringraziarci… allora…- inizio a passeggiare per le bancarelle, osservando le merci esposte.
- Quella collana, ti prego…- mi sussurra Umi all’orecchio.
- Voglio quella collana, quei pantaloncini verdi, quelli rosa e anche quelli blu, poi voglio anche quella canottiera azzurra e quella maglietta gialla- rivolgo il mio sguardo ad altre bancarelle –poi quei jeans, quel cappello e quei pantaloni bianchi…- inizio.
- E non dimentichiamo quella gonna rosa, quel vestito rosso, quel pallone da basket, quella bambola, quel pettine, quei braccialetti e quegli anelli…- si intromette Umi.
- Io aggiungerei anche i vostri incassi settimanali…- continuo.
I poveri venditori sbiadiscono dopo aver sentito tutta la nostra lista che, per la cronaca, non è ancora finita.
- I nostri incassi?- domanda una donna.
Tutti gli altri ci fissano sbalorditi; forse è meglio non tirare troppo la corda e, per quanto riguarda gli incassi, li ruberò dopo, sempre se ne avrò voglia.
- Incassi? No, avete capito male. Dicevo che vorrei uno zaino bello grande per mettere dentro la merce- improvviso.
- Lo vogliamo azzurro!- ride Umi.
Subito i poveretti incartano la merce da noi richiesta e, come d’accordo, la mettono in uno zaino azzurro. Oltre a questo zaino ce ne offrono anche altri due, uno nero ed uno marrone, siccome i nostri “acquisti” non stanno tutti in quello azzurro.
- Grazie gente! Alla prossima!- dico prendendo gli zaini ed incamminandomi per la strada.
Mi blocco improvvisamente.
- Quasi dimenticavo: avete visto passare quello scem… emh… Pugno di Fuoco?- chiedo.
- Mmm… mi sembra di averlo visto questa mattina…- inizia un uomo.
- Io l’ho visto alla taverna vicino al parco- si intromette un bambino.
Tipico! Quella fogna è andata a riempirsi lo stomaco. Probabilmente ora starà dormendo con la testa nel piatto sotto gli occhi increduli di qualche povero oste.
- Qualcuno ci può accompagnare al parco?- domanda Umi.
- Certo! Vi accompagno io!- ride il bambino.
Noto che sta guardando un po’ troppo la mia sorellina e, involontariamente, mi scappa un sorrisetto.
- So cosa pensi, l’ho notato anch’io- mi sussurra Umi.
- Bene- osservo il mocciosetto –fa proprio al caso tuo, sposa lui al posto di Marco- la prendo in giro sottovoce.
- Ma piantala!- urla lei.
- Cosa e dove?-
- Spiritosa!- si arrabbia di più.
Scoppio a ridere come una scema per la sua reazione.
- Emh… non per disturbarvi, ma se volete arrivare per pranzo alla taverna dobbiamo incamminarci…- si intromette il moccioso di prima –e… allora… seguitemi! Io sono Manuel e sono la migliore guida di tutta l’isola!- si vanta per poi incamminarsi, seguito da noi.


Mezz’ora di cammino dopo…

- Wow!- rimango stupita di fronte all’entrata del parco.
Un recinto di chissà quanti chilometri termina di fronte a noi con due colonne di almeno quattro metri, ricoperte di edera. Sulla sommità di ognuna si può vedere un vaso di gerani, i quali scendono a cascata giù dalle colonne.
- Questo è il parco di Solat- sorride Manuel –siete fortunate: i pirati di Ragno Rosso non l’hanno nemmeno toccato durante il loro dominio su quest’isola!-
- Come mai?- mi informo.
- Ah, questo non lo so; forse non ci guadagnavano niente a distruggerlo-
- O forse proprio non gliene importava un tubo del parco- dice Umi.
- Giusto! Io non ci avrei mai pensato- fa lo sdolcinato.
- Infatti- fa la maleducata lei.
Capisco che non vuole “tradire” il suo adorato pennuto ananas, ma potrebbe trattare meglio quel poveretto.
- Invece quella che vedete laggiù è la taverna “Parco Azzurro”. Il vostro amico dovrebbe essere là- ci informa il ragazzino, il quale non è stato minimamente toccato dalla maleducazione di quella piccola scorbutica e sembra non averci nemmeno fatto caso.
- Noi andiamo, Manuel. Grazie per l’aiuto, sei stato molto gentile!- lo ringrazio per poi incamminarmi verso la taverna.
Una volta entrata nella taverna e arrivata al bancone costringo la mia sorellina rompiscatole a scendere dalle mie spalle ed a sedersi su uno sgabello. Inizialmente cerca delle scuse per non eseguire il mio ordine, ma alla fine, dopo alcune minacce, riesco a farmi obbedire. Una volta posati anche gli zaini, inizio a guardarmi intorno, in cerca di Ace. Un magnifico salone dalle pareti in legno ricoperte di quadri raffiguranti fiori si presenta ai miei occhi, però ciò che mi colpisce di più è sicuramente l’eccessiva presenza di fiori: ce ne sono ovunque! In vasi di ceramica sui davanzali delle finestre, in vasi attaccati ai muri, sui tavoli, sul bancone, insomma: dappertutto! Più che un luogo in cui si mangia questa mi sembra una casa delle bambole ingigantita. Nonostante questo insolito arredamento, vedo che di clienti ce ne sono abbastanza, quindi credo che si mangi bene. Mi guardo un’ultima volta intorno, nella speranza di trovare l’idiota di fuoco ma, a quanto pare, non è qui.
- Oste!- chiamo.
Una ragazza dai capelli marroncini a caschetto arriva e mi domanda cosa desidero. Naturalmente ordino una marea di cibo, lasciando la donna leggermente stupita.
- Ah, dimenticavo: per dolce voglio due fette di questa torta- indico sul menù la foto di una torta che credo sia molto buona –e anche una fetta di crostata, una di torta alle noci, ce l’avete il tiramisù? Beh, anche quello. Grazie!- concludo.
- Per me solo un piatto di spaghetti al ragù e una fetta di crostata di mele, grazie!- aggiunge Umi.
L’oste/ostessa o come si dice l’oste donna corre immediatamente a portare le ordinazioni in cucina e, dopo un po’ di tempo, io e la mia sorellina possiamo finalmente gustarci le prelibatezze che abbiamo ordinato. Mentre mangio, non posso non notare la soave tranquillità che regna in questo luogo: niente pirati escluse noi due, niente malfattori, niente marines, niente grane, niente ubriaconi... che meraviglia! Questa è proprio una taverna di lusso!
- Emi, muoviti a finire quel tiramisù!- mi sgrida Umi, una volta arrivate quasi alla fine del pasto.
- Lasciamelo gustare!-
- Te ne sei già gustata cinque fette-
- Uffa!- ingoio l’ultimo pezzettino della sesta fetta.
- Bene, ora andiamo a cercare Ace!-
Non posso non notare questa sua insolita fretta di trovarlo e non posso fare a meno di chiederle il perché.
- Semplice: perché, ora che ci penso bene, se partiamo tra qualche giorno dovrò aspettare più giorni prima di poter rivedere Marco, se invece partiamo oggi lo potrò rivedere prima, quindi muoviamoci a ritrovare Ace!- risponde.
Nonostante questo suo ragionamento matematicamente giusto, ma stupido, non oso dirle niente per non che si metta ad urlare per la rabbia davanti a tutta questa gente e vado a pagare il conto. Subito dopo me la carico sulle spalle e, presi anche gli zaini, esco dalla locanda per poi entrare nel parco per riprendere la ricerca.
Direi che trovare una persona in un parco così grande è un’impresa ardua, ma qualcosa mi dice che la suddetta persona non si trova lontano da qui; ciò me lo fa pensare una striscia di fumo che si leva dagli alberi verso il cielo. Potrebbe benissimo trattarsi di un qualsiasi tizio che si è messo a cucinare la carne alla brace, ma lo dubito dato che, in quasi tutti i parchi, è vietato accendere un fuoco perché potrebbe verificarsi un incendio.
Bene, ora so anche dove trovare quel babbeo provocatore di incendi, non mi resta che incamminarmi. Certo che Umi pesa…
Mi faccio forza e, nonostante il polpaccio che pizzica, proseguo verso il fumo. Arrivo in un piccolo spiazzo erboso, circondato da fiori azzurri, forse fiordalisi. Al centro dello spiazzo vedo la fonte del fumo: un albero caduto e leggermente bruciacchiato, anzi non leggermente, abbastanza bruciacchiato. Appena alzo gli occhi dal povero albero noto un ragazzo di mia conoscenza seduto ai piedi di un’altra pianta. Probabilmente non mi ha ancora vista, data la sua faccia immersa tra le sue ginocchia; si può dire che è messo in posizione da riccio, totalmente immerso dei suoi pensieri. Non l’ho mai visto in questo stato.
- Ace!- lo chiama Umi.
Lui alza la testa, l’espressione sorpresa; credo fossimo le ultime persone che si aspettava di incontrare.
- Complimenti, davvero complimenti! Ti sembra il caso di bruciare alberi? Cos’è, non controlli più i tuoi poteri?- faccio la sgarbata, come al solito del resto.
Umi mi tira un leggero calcio nella schiena per punire la mia scortesia, invece l’interpellato si limita a guardarmi con amarezza. Questa sua reazione è l’ultima che mi sarei aspettata: di solito quando lo stuzzico lui fa altrettanto con me oppure si arrabbia, ma mai mi ha guardata con tale amarezza. Una domanda mi assilla il cervello: Ace è in questo stato a causa mia? Io… io non avevo intenzione di ferirlo, io… non pensavo che… infatti, io non pensavo. Io non penso mai prima di parlare. Mai. Sono una stupida! Mi vergogno profondamente.
- Ace, stai bene?- chiede Umi.
- Sì, bene- risponde lui mettendosi il cappello in testa –ma voi cosa fate qua, dovreste essere all’ospedale-
- È una lunga storia, comunque dobbiamo tornare alla Moby Dick- dico cercando di mascherare la mia vergogna, cosa che mi riesce abbastanza bene.
- Capisco, allora mettiamoci in viaggio- dice, per poi prendersi Umi in braccio e lasciare a me i più leggeri zaini.



Circa due giorni dopo…

Appena arrivati sulla Moby Dick Umi, Ace ed io veniamo accolti dai nostri compagni, felici di rivederci. Beh, diciamo che sono più felici di rivedere Ace che me, ma ciò non mi importa, infondo sono abituata a non essere ben accetta tra la gente. Certo che però potrebbero urlare di meno: è da ieri sera che ho un fortissimo mal di testa e, se continuano di questo passo, me lo faranno aumentare. Umi, invece, è corsa immediatamente da Marco per confessargli il suo amore, ma, a quanto pare, le manca il coraggio per farlo, infatti sta osservando in religioso silenzio il suo amato. Se ripenso a questi due giorni in cui quella squilibrata mi ha costretta ad ascoltare le sue prove in vista del “grande” giorno, ovvero oggi, in cui avrebbe confessato i suoi sentimenti a Marco mi sale la rabbia! Dopo tutto quello che ho dovuto sopportare, dal fingermi Marco all’aiutarla a preparare il discorso, lei non ha il coraggio di parlare. Mi viene quasi voglia di andare da quel pennuto e dirgli tutto, almeno questi due giorni non finiranno nel cesso per colpa di Umi! Purtroppo la mia coscienza mi impedisce di farlo siccome non sarebbe giusto nei confronti di mia sorella.
Mi allontano dalla folla di pirati urlanti dato che, come immaginavo, mi hanno fatto aumentare il mal di testa.
- Ciao Miss!- arriva Pizzetto.
- Ciao Satch- sorrido.
- Sono contento di rivederti. A quanto pare sei riuscita a tornare in due giorni- sorride –che ne dici se per festeggiare la riuscita della tua prima missione andiamo a scolarci una birra?- mi fa l’occhiolino.
- Non ne ho molta voglia ora, magari a cena-
In condizioni normali non avrei mai rifiutato, ma il mal di testa si sta pian piano trasformando in un emicrania, perciò preferisco andare a riposarmi.
- Capisco, devi essere stanca per il viaggio- mi osserva, preoccupato.
- Già, stanca. Tutto qui-
Preferisco non dirgli dell’emicrania perché non voglio che si preoccupi per uno stupidissimo malore che di certo mi passerà con una bella dormita.
- Allora vado, a dopo!- gli sorrido ancora per poi andarmene.










Nota dell’autrice
Ave! Ed eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo! Probabilmente starete dicendo “ma questa qui non pubblica mai puntualmente? E due volte in ritardo, una in anticipo…”. Esattamente: una in anticipo! Infatti ho pensato di scusarmi per i ritardi pubblicando un capitolo in anticipo. Che idee che ho, vero? Vabbeh, spero che il capitolo vi sia piaciuto e se vi è piaciuto fatemi sapere qualcosa (se non vi è piaciuto fatemi sapere lo stesso). Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite, le seguite o le ricordate! Un immenso grazie a chi recensisce e un immenso saluto a tutti! Ciaoo!

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Capitolo 22
*** Il malore di Emi ***



22. Il malore di Emi

- Hey Emi!- mi chiama una voce famigliare.
È una voce femminile, calda, dolce, proprio come la sua…
- Mamma?- chiedo.
Sono confusa: la voce è la sua, ma lei non può essere qui.
- Emi!- mi richiama quella voce.
Non posso credere che sia veramente la sua voce.
- Mamma, sei tu?-
- Certo che sono io!- ride.

Mi volto nella direzione dalla quale proviene la risata e mi ritrovo la mamma dinanzi. Dietro di lei posso vedere chiaramente il negozio di alimentari.
- Ma cosa…?- mi guardo intorno.
- Allora, sbaglio o volevi le patatine?- mi mostra un pacchetto di patatine con la sorpresa, proprio quelle che volevo sempre da bambina.
- Ma…- mi porto la mano alla bocca e calde lacrime iniziano a pungermi gli occhi.
La guardo e lei ricambia sorridendo. Indossa la sua tipica divisa da marine e sulla testa porta il classico berretto, ma messo in modo che la visiera stia dalla parte della schiena. I suoi lunghi capelli castano scuro le ricadono lungo il corpo sino ad arrivarle a metà busto.

- Allora, non le prendi?- mi porge il pacchetto che tiene in mano.
Io non mi muovo, ho paura che se solo provassi a sfiorarla lei scomparirebbe.
- Oi, ti sei incantata?- sbuffa per poi scoppiare a ridere.
A questo punto non riesco più a resistere: la abbraccio ed immergo la testa nell’incavo del suo collo. Inizio a piangere.
- Sai che le ragazze forti non piangono- mi dice con comprensione, accarezzandomi i capelli con la mano libera.
- Ma mamma tu sei… tu sei morta- ancora più lacrime mi scendono lungo il viso.
Improvvisamente lei scioglie l’abbraccio e mi dà le spalle, incamminandosi per la via apparsale davanti. Un bambino ferito compare sulla strada, mia madre si abbassa per soccorrerlo.
Riconosco la scena ed il mio cuore perde un battito.
- No, mamma, non farlo!- corro verso di lei, senza riuscire a raggiungerla.
Più corro e più la distanza che ci separa aumenta.
- Mamma, no!- urlo.

Improvvisamente la figura di mio padre appare davanti alla donna; consapevole di ciò che sta per succedere accelero.
- Spostati, questo bambino è il figlio di un pirata- dice l’uomo.
- Ma è un bambino! Che male ti può aver mai fatto un bambino?! Non dovevi colpirlo!- gli urla contro lei, tamponando la ferita del ragazzino con un brandello della sua divisa.
- È il figlio di un pirata, ti ripeto-
- E allora? Cosa diavolo centra la sua parentela?! Presto, qualcuno chiami un dottore!-
Uno sparo, poi il corpo della mamma che cade a terra.


Mi sveglio di soprassalto da questo incubo e con un po’ di fatica mi metto a sedere sul letto.
- Mamma…- mi rendo conto di avere il fiatone.
Alcune lacrime cadono sui miei pantaloncini. Mamma, mi dispiace… ho continuato a voler bene a quel mostro di padre che mi ritrovo dopo quello che ti ha fatto… ma io non sapevo fosse lui. Altre lacrime scivolano sul mio viso ed il senso di colpa mi invade il cuore. Provo a convincermi che l’aver voluto bene all’assassino di mia madre non sia una colpa, ma con scarsi risultati. Purtroppo all’epoca avevo assistito alla scena da lontano e non avevo capito l’identità del killer, per questo volevo ancora bene a mio padre che, dopo l’uccisione di quella che era la sua compagna di vita, se ne era andato velocemente e senza problemi. Esatto, senza problemi, infondo chi avrebbe mai osato mettersi contro un ufficiale della Marina?
Sospiro e mi massaggio le tempie: ho ancora il forte mal di testa di prima. Magari ho preso l’influenza; può anche darsi, infondo è una malattia abbastanza diffusa. Rivolgo il mio sguardo al difuori della finestra; nel cielo sono già comparse le prime stelle, credo sia ora di cena. Stranamente non ho molta fame, credo che mangerò poco. Con fatica scendo dal letto e un capogiro mi costringe ad appoggiarmi al muro con entrambe le mani. Sto sudando freddo. Lentamente percorro lo spazio che mi divide dalla porta ed esco. Arrivata in corridoio sorrido leggermente: una stupida influenza non mi impedirà di andare dal mio grande amore, il cibo!



 
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Osservo il mio Marco. È in piedi vicino a Barbabianca e ci sta parlando; sembra una cosa seria, data l’espressione del suo viso. Marco è quasi sempre serio, poche sono le volte in cui scorgo sul suo viso un sorriso, ma bastano quelle pochissime volte in cui lo vedo sorridere a farmi accelerare il ritmo cardiaco. Non so perché, ma il suo sorriso mi piace. Mi piace il suo modo di parlare, il suo carattere, la sua indole calma e riflessiva. Mi piace tutto di lui. Oh, quanto vorrei dirgli queste cose; avevo anche preparato un discorso, ma non ho avuto il coraggio di parlare. Peccato, dovrò trovare un altro modo per dichiararmi, magari una lettera. Sì, una lettera. La farò scrivere da Emi: anche se non si direbbe lei è molto brava nell’esprimere i sentimenti su carta. Ora che ci penso, dov’è mia sorella? Non la vedo qui in giro. Che strano: quando si tratta di cibo lei è sempre la prima ad arrivare. C’è solo una possibilità: si vergogna ancora per ciò che ha detto ad Ace, quindi non vuole vederlo. Sì, dev’essere così.
All’improvviso la porta della sala si apre ed entra il soggetto dei miei pensieri. Lentamente si avvicina al tavolo e si siede vicino a me; ha il fiatone.
- Ciao Umi- mi sorride.
- Ciao!- noto che è pallida.
Oltre a ciò, però non noto niente di strano. Forse le sono venute quelle robe da donna, se non sbaglio uno dei sintomi è l’essere pallidi.  L’essere pallidi o il mal di testa? Bah, non mi ricordo.
Emi si riempie il piatto di zuppa ed inizia a mangiarla, facendomi tranquillizzare. Torno ad osservare Marco.
- Heilà Miss! Non ti avevo vista arrivare, allora ce la facciamo una birretta dopo?- domanda Satch a mia sorella, attirando la mia attenzione.
Subito quest’ultima ricade sull’insolito comportamento di Emi: sta rigirando il cucchiaio nella zuppa ed ha lo sguardo perso nel vuoto. Anche Satch nota questo comportamento.
- Miss?- le tocca la spalla.
- Eh?- si risveglia lei.
I suoi occhi lucidi, quasi supplichevoli di aiuto, osservano Pizzetto con aria confusa.
- Stai bene?- intervengo io.
- Sì, benissimo- sorride –una birra dicevi? No, magari domani- conclude rivolgendosi a Satch.
Subito dopo torna a giocherellare con il cucchiaio e la zuppa. Che non le piaccia? Lo dubito: è buonissima. Forse non ha fame. Mmm… Emi che non ha fame, questo è anomalo.
Improvvisamente mia sorella si alza dalla sedia e dichiara di non aver molta fame, per poi incamminarsi verso l’uscita della sala barcollando. Io e il comandante della quarta flotta la osserviamo, quasi certi che qualcosa in lei non quadri. La nostra certezza si trasforma in realtà quando lei si blocca, per poi cadere a terra. Alcuni dei comandanti vedono la scena e ne rimangono stupiti, mentre io e Satch ci precipitiamo da Emi.
- Emi, Emi, che hai?- la scuoto per le spalle.
Una mano mi blocca. È Izo. Dietro di lui ci sono gli altri comandanti.
- Calma, Umi. Non è saggio scuoterla- mi ammonisce.
Satch le prova il polso.
- È debole- storce il naso.
La paura che quella pazza muoia mi fa perdere un battito. La osservo e le lacrime iniziano a scendermi dal viso. Mi stupisco quando lei apre leggermente gli occhi.
- Emi!- urlo avvicinandomi al suo viso per sentire quello che cerca di dirmi.
- Ac-acq-acqua, ho s-sete- mi sussurra all’orecchio, la voce debole.
- Presto, portatele dell’acqua!- urlo, presa dal panico.
Subito arriva un pirata con un bicchiere d’acqua.
- Qua non serve acqua! Serve un dottore! Andate a chiamare Marika!- urla Satch.
- Non c’è tempo, la porto io in infermeria!- esclama Ace per poi prendere il braccio Emi.
Lei sussurra qualcosa, ma riesco solo a vedere le sue labbra muoversi lentamente: la sua voce è troppo bassa e il trambusto che è venuto a crearsi in sala da pranzo è troppo alto perché venga sentita. In compenso riesco a sentire la risposta di Ace.
- Non dire sciocchezze, tu non stai bene!- dice.

Pochi minuti dopo…
- Umi, santo cielo, levati di qui! Ace, anche tu! Andate fuori!- urla Marika.
- No, io rimango qui con Emi!- ribatto.
- Per favore, uscite, ci intralciate solo il lavoro- prova a convincerci Rose.
- Voglio sapere come sta!- esclama il ragazzo di fuoco che non sembra intenzionato a muoversi, come me del resto.
- Se volete proprio restare almeno mettetevi in un angolo e non intralciate il mio lavoro!- grida la capoinfermiera.
Obbediamo ai suoi ordini e la osserviamo mentre toglie la maglietta ad Emi. Appena tolto l’indumento notiamo sulla pelle di mia sorella una lunga striscia rossa che le va dal petto al fianco. Marika capovolge il corpo di Emi. Sulla schiena la striscia continua, fino ad arrivare alla spalla sinistra. Qui sparisce sotto una delle tante bende che ricoprono il corpo della mia sorellona dopo l’ultima battaglia. Con agilità la capoinfermiera sfila la benda ed una ferita sanguinante si presenta ai nostri occhi. La donna preleva dalla ferita un campione di sangue con una siringa, porta il campione sotto una specie di microscopio e lo osserva.
- Come pensavo: avvelenamento- confessa.
Questa rivelazione mi porta indietro con la memoria: mi torna alla mente il dottore di Solat e la siringa di antidoto. Ma certo: Ragno Rosso utilizzava ragni velenosi nei suoi attacchi e probabilmente mia sorella era stata morsa da una di quelle bestiacce!
- Cosa?! È impossibile!- interviene Ace avvicinandosi.
- Ora dovete andarvene- dice secca Marika.
Non abbiamo nemmeno il tempo di protestare che delle infermiere ci buttano fuori dall’infermeria. Provo a rientrare, ma loro chiudono a chiave. Inizio a tirar pugni alla porta: voglio restare con mia sorella!
- Aprite! Devo restare con Emi!-
Sto per battere un altro pugno contro la porta quando Ace mi blocca. Lo guardo con le lacrime agli occhi.
- Lascia stare, è in buone mani- dice con amarezza per poi lasciarmi andare ed incamminarsi per il corridoio.
Poco tempo dopo un rumore di legno rotto giunge alle mie orecchie: Ace ha tirato un pugno contro il muro ed ha bucato la parete; credo che questo sia il suo modo di dimostrare la sua preoccupazione.



 
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Apro gli occhi, sento le palpebre pesanti, vedo le infermiere, mi stanno parlando. Vedo le loro labbra muoversi, ma non sento niente. Provo a chieder loro di parlare con un tono più alto, ma non riesco a far uscire la voce, anzi non riesco nemmeno a muovere le labbra. Mi sento molto stanca e le palpebre stanno diventando sempre più pesanti, finché non vedo altro che il nero.

La mattina seguente…
Apro nuovamente gli occhi e vedo Rose intenta a trafficare con un sacchetto di sangue: lo sta attaccando ad un tubicino. Che strano: che ci fa Rose in sala da pranzo con un sacchetto di sangue? Un attimo, ma questa è l’infermeria! Osservo meglio il sacchetto; c’è un’etichetta attaccata con su scritto “gruppo 0 RH positivo”, sbaglio o è il mio gruppo sanguigno? Seguo con lo sguardo il tubicino che parte dalla sacca; cade giù, poi risale, si arrampica su una barra di metallo e riscende, viene su letto, mi corre di fianco e finisce nel mio braccio. Mi prendo un colpo ed irrigidisco.
- R-rose, levamelo!- vado nel panico.
- Oh, non mi ero accorta fossi sveglia…-
- Levamelo, levamelo, levamelo!!-
- Sta calma, levarti cosa?-
- Quello!- guardo il flebo e mi irrigidisco.
Oddio, ho un coso da cui passa il sangue piantato nel braccio! Non lo voglio, mi fa schifo!
- Mi dispiace, ma non posso togliertelo- mi informa.
- Devi toglierlo, ti prego Rose! Toglilo!- insisto.
Vorrei togliermelo, ma il solo vederlo mi fa irrigidire e non riesco nemmeno a muovere un muscolo.
- Ti prego, Rose!-
- Ma…- lancia un’occhiata verso il fondo dell’infermeria.
- Se non lo vuole è inutile lasciarglielo- risponde al suo sguardo una donna che non conosco.
La osservo attentamente; sembra di grado superiore alle altre infermiere.
- Dimmi, Emi, sai cosa ti è successo?- si siede vicino a me.
- La verità? No- rispondo.
- Sei stata avvelenata- dice pacata –e sai cosa ti succederebbe se ti venisse tolto il flebo?- continua.
Scuoto la testa.
- Beh, diciamo che non arriveresti a pranzo viva- mi illumina.
Deglutisco. Alla fine il flebo non è poi così male…
- Bene, il tuo silenzio mi fa intuire che hai capito- sorride –ah, dimenticavo, io sono Marika, la capoinfermiera- si allontana.
Quella donna è inquietante e poi chi si crede di essere per fare tanto la saputella?! Non mi piacciono le persone che si comportano in questo modo con me! Comunque ha detto che sono stata avvelenata, ecco perché stavo male. Però quando può essere successo? Forse… ma certo! Ragno Rosso, ecco chi. Forse avrei dovuto dare ascolto a quel dottore di Solat che voleva somministrarmi l’antidoto, infondo lo sapevo di essere stata morsa sulla spalla. Già, lo sapevo, ma, piuttosto che fare quel vaccino, avevo preferito convincermi di essere stata morsa da un ragno non velenoso. Vabbeh, ora sto bene ed è questo ciò che conta.
- Come ti senti?- mi domanda Rose.
- Come una nonnetta costretta a stare a letto- fisso il soffitto –posso almeno vedere mia sorella?-
- Mmm… ne dubito-
- Hey capoinfermiera, di un po’ posso vedere mia sorella o devo trucidarvi tutte per poi poter uscire liberamente?- mi rivolgo a quella antipatica.
- Dubito che riusciresti a trucidare qualcuno- tiene una siringa in mano.
Spalanco gli occhi alla vista di quell’aggeggio; forse è meglio che non importuni più la capoinfermiera…
Lancio uno sguardo da cucciolo ferito a Rose: credo che lei sia più facile da convincere. Appena visto il mio sguardo, lei si intenerisce ed inizia ad osservare Marika, indecisa. Il mio piano sta funzionando!
- Scusi, signorina Marika! Ecco… ma è sicura che una visita da parte della sorella farebbe male alla paziente?- domanda alla collega.
Per tutta risposta lo sguardo penetrante della capoinfermiera si posa sulla poveretta, terrorizzandola. Quella donna dev’essere molto temuta sulla Moby Dick.
- Quindici minuti, non un secondo di più!- dice con tono autoritario.
- Grazie!- faccio un sorriso compiaciuto.
La mia amica infermiera Rose, sotto ordine della sua superiora, corre fuori dall’infermeria e poco dopo torna con mia sorella, la quale mi salta subito addosso, abbracciandomi.
- Emi! Sono così contenta di vederti! Non devi più farmi spaventare così tanto!- stringe di più l’abbraccio e piange di gioia.
Sbuffo: sono contenta che mi voglia così tanto bene, ma odio i frignoni. Sto già per rimproverarla quando noto una certa persona appoggiata allo stipite della porta. Ci guardiamo per alcuni interminabili secondi senza dire niente. Il solo guardarlo mi fa tornare alla mente quella sua amarezza di qualche giorno fa e la vergogna per averlo trattato male torna a pesarmi sulla coscienza. Finalmente il ragazzo decide di spezzare il silenzio, avvicinandosi e salutandomi. Umi sorride, scioglie l’abbraccio con me e scende dal lettino, per lasciarmi parlare liberamente con il nuovo arrivato.
- Tieni: ho pensato avessi fame, dato che hai saltato la colazione- mi porge un croissant avvolto in un tovagliolo Ace.
Osservo il dolce offerto.
- E pensi che quel coso basti per sfamarmi?- chiedo con amara ironia.
Il moro non risponde subito.
- Comunque lo prendo lo stesso- afferro la brioche e la mangio.
Bene, ho perso fin troppo tempo; ora devo chiedergli scusa. Il chiedere scusa non è esattamente nel mio stile, ma anche il mio orgoglio ha una fine. Mi metto a sedere sul letto.
- Ace, volevo chiederti scusa per tutte le cattiverie che ti ho detto da quando ti ho incontrato. Giuro che non era mia intenzione offenderti, né farti star male. Riconosco di avere un caratteraccio e di essere davvero difficile da comandare, ma prometto che, dato che mi hai salvato la vita ad Eki Island, mi impegnerò a non offenderti più. Puoi perdonarmi?- dico tutto ad una velocità incredibile, sperando che il moro si perda qualche pezzo del discorso.
Ecco, io le scuse le ho fatte, se lui non ha capito sono affari suoi.
- Sì, ti perdono- risponde sorridendo.
Tiro un sospiro di sollievo: grazie, Ace. Grazie di avermi perdonata! Abbassando lo sguardo sul lettino su cui sono mi rendo conto di un dettaglio all’apparenza insignificante: ho solo un misero lenzuolo che mi copre dalla vita in giù, sono in intimo ed il fiammifero mi sta guardando!
- Ace, fuori!- urlo.










Nota dell’autrice
Salve! È inutile che mi scuso per il ritardo, vero? Scommetto che lo sospettavate già, comunque mi scuso lo stesso. Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e un immenso grazie a tutti! Alla prossima!!

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Capitolo 23
*** Lettere d'amore ***



23. Lettere d’amore


- …e allora io lo stavo guardando e lui si è voltato e mi ha guardata! Capisci? Mi ha guardata!- finalmente Umi conclude il suo discorso sul pennuto.
Sinceramente non mi dispiace sentir parlare mia sorella, ma sfido un santo a sopportare un discorso di circa un’ora su Marco La Fenice. La sto guardando con occhi da pesce lesso tanto per farla arrabbiare. Prendo un pugno di patatine dal sacchetto che ho in mano e lo ingoio, almeno le patatine posso mangiarle. Non mi dispiacerebbe del dolce ma Marika ha tassativamente vietato ad ogni pirata di questa nave di portarmi del cibo senza il suo consenso. Tutti le obbediscono, tutti tranne Satch che ieri mi ha portato una fetta di torta al cioccolato. Quel poveretto ha rischiato di essere vivisezionato dalla capoinfermiera per questo.
- Emi, mi stavi ascoltando?- chiede mia sorella.
- Stranamente sì- osservo la parete di fronte al lettino –sai, continuo a chiedermi come possa piacerti il pennuto-
- Prima cosa: non chiamarlo pennuto; seconda cosa: al cuore non si comanda, non posso farci niente se mi piace-
- Beh, comunque ti trovo calma oggi-
In effetti è fin troppo calma per i miei gusti; nemmeno si arrabbia se non la ascolto.
- Ho capito che tu ti diverti a stuzzicarmi per farmi arrabbiare e che non vale la pena di arrabbiarsi- risponde con tono saccente.
Ingoio delle altre patatine continuando a fissare il muro.
- Di un po’, non è che fai così perché hai paura di spaventare Marco con le tue scenate?- mi scappa un sorrisetto.
Lei sembra essere rimasta stupita dal mio ragionamento, credo di avere ragione.
- Tu non capisci un tubo!- urla, rossa in volto.
- Ecco, avevo ragione- rido.
- No!-
- Sì-
- No!-
- Sì-
- No! Ti sbagli!- grida.
Scoppio a ridere per la scenata comica che è venuta a crearsi.
Lo sapevo che non avrebbe resistito più di tanto ai miei punzecchiamenti.
Ora mi sta guardando di brutto, credo che voglia incenerirmi con il solo sguardo e ciò non può che farmi ridere, anche perché so che questa è tutta scena: tra meno di dieci minuti smetterà di fare l’offesa.
Corre via.
- Umi,  dove vai?- le urlo dietro.
- Aspetta lì!-
Beh, certo che aspetto qui! Dove vuole che vado con questa flebo piantata nel braccio? Bleah, solo a nominarla mi sale il ribrezzo. Comunque, cercando di non pensare a quella schifezza, dove sarà andata quella squilibrata di mia sorella?
Oh, rieccola: ha appena oltrepassato la porta dell’infermeria e si sta dirigendo verso di me a passo veloce, in mano ha un quaderno, dei fogli rosa e una penna.
- Tieni- mi mette il tutto sulle gambe.
Prendo gli oggetti e la guardo stranita; ma che ha in mente?
- Devi scrivere una lettera d’amore per Marco da parte mia!- fa un sorriso a trentadue denti.
- Che?!- urlo, traumatizzata.
No, mi rifiuto di farlo! Questa qui è matta da legare; adesso chiamo Marika e le dico di ricoverarla come malata mentale!
- Shhhh, non urlare- mi sorride –e non fare quella faccia da pesce lesso- continua a sorridere.
Io la faccia da pesce lesso? Ma si guardasse lei quando fissa Marco!
- No, arrangiati: io non faccio nessuna lettera a Marco!- le dico, dopo essermi ripresa dallo shock.
- M-ma Emi, per favore!- piange.
Certo che è una brava attrice, specialmente quando vuole ottenere qualcosa!
- E va bene! Cosa devo scrivere?- domando sbuffando.
- Ah, non lo so! Fai finta di scrivere ad Ace: le parole ti verranno di certo!- sorride e scappa via.
- A me non piace Ace!- le sbraito dietro più forte che posso.
- Sì, certo sorellona, come vuoi!- dice la sua voce in lontananza.
Se non avessi il flebo sono certa che l’avrei già buttata in mare.
Sbuffo: vabbeh, incominciamo questa lettera!


Caro Marco,
è da un po’ di tempo che noto che il mio comportamento nei tuoi confronti è cambiato. Sai, la prima volta che ti ho visto mi sei stato simpatico, ma ho cercato di non fartelo notare. Quando poi sono stata obbligata ad unirmi alla ciurma di papà non ne sono stata molto felice, per non dire per niente, perché il mio orgoglio mi impediva di accettare la mia sconfitta. Ad essere sinceri non la accetto ancora ora, ecco perché ti tratto sempre male. Comunque quando ti ho visto in quel parco, quando ho visto in che stato eri a causa mia, ho sentito in cuore andare a pezzi. Ti dirò una cosa di me che forse non sai: io odio far soffrire le persone a cui voglio bene, lo detesto! Tu sei inserito in questa lista: ti voglio bene…



Un momento, ma questo testo non va bene per Marco!
Sono una scema: ho pensato a quel fiammifero di Ace mentre la scrivevo, ma che cavolo, devo rifare tutto!
Appallottolo la lettera e la butto per terra, per poi iniziarne una nuova.
Poco dopo arriva quell’odiosa di Marika.
- Scrivi già il testamento? Tranquilla, dubito che morirai tanto presto- mi dice, avvicinandosi al lettino e staccandomi la flebo.
- Questo vuol dire che sono guarita?- le domando sorpresa.
- Direi di sì, però non devi fare sforzi per un po’ di giorni-
- Capisco…-
Scendo dal lettino e il contatto dei piedi con il pavimento freddo mi fa venire i brividi; subito prendo i miei vestiti e me li metto.
- Marco o Ace?- domanda Marika alle mie spalle.
Mi volto verso di lei, confusa per la sua insolita domanda.
Non riesco proprio a capire cosa potrebbe averla portata a pormi questa assurda incognita.
- Secondo me, questa lettera è per Ace, vero? Però dovresti togliere il nome Marco- parla, gli occhi fissi su un foglio di carta rosa stropicciato.
Sbianco alla vista di lei che legge la lettera che poco prima avevo buttato.
- Il tuo silenzio parla- continua, sorridendo maliziosamente.
Per una volta non so come giustificarmi, quindi butto fuori la prima scusa che mi viene in mente.
- Quella lettera è uno sbaglio ed Ace è brutto!-
L’infermiera sorride, un sorriso abbastanza inquietante dal mio punto di vista.
- Adesso facciamo un piccolo discorso sui sentimenti, ok?- ghigna.
Dal suo tono di voce capisco che nemmeno tramutarmi in tigre e buttarmi in mare dalla finestra potrebbe salvarmi da questa sua proposta, anzi ordine.
Tsk, questa donna è ancora capace a ripescarmi e ad inchiodarmi al muro con dei bisturi usati come chiodi.
Sono fregata.




Mezzogiorno passato…

Passeggio sul ponte della nave, incerta sul da farsi: rivelo ad Ace i miei sentimenti o no?
Sbuffo. Tutta colpa di quell’infermiera da strapazzo, se non avesse mai letto quella lettera, se non avesse mai capito così alla perfezione il mio essere grazie a quel “discorso sui sentimenti”!
Emi, tu vuoi essere forte, molto forte, ed hai paura di dimostrare i tuoi sentimenti per le persone” mi ha buttato in faccia la verità. Ad essere sincera tutto questo già lo sapevo. Io non dimostro i sentimenti perché credo possano essere una debolezza.
Il voler bene a qualcuno implica anche il difenderlo e nel mondo dei pirati, l’avere un qualcuno da difendere è un rischio.
Quante volte ho rischiato di farmi ammazzare a causa di Umi, eppure sono qui. Infondo è grazie a lei se sono diventata ciò che sono: Emi La Tigre del Mare Orientale.
Mi sono allenata, ho mangiato un frutto del diavolo pur conoscendone i rischi, ho derubato, combattuto, ucciso… tutto per proteggere la mia sorellina. Per proteggere lei e per essere libera. Libera di andare dove voglio, senza limiti e senza ostacoli. Ma l’ostacolo l’ho trovato: la ciurma di Barbabianca e i suoi membri.
Satch con il suo sorriso e la sua simpatia è riuscito a farmi sentire a casa dopo tanto tempo.
Marika ed il suo intuito sono riusciti a spiazzarmi e a farmi riflettere.
Barbabianca con la sua bontà è riuscito a farmi provare tenerezza ed a farmi tornare la voglia di avere un padre.
Infine Ace. Quel fiammifero idiota è riuscito a farmi trovare una famiglia: è merito suo se sono rimasta sulla Moby Dick.
Io cosa faccio per ringraziarli? Li tratto male.
Adesso basta però, Marika ha ragione: non posso continuare a trattare male le persone sperando che capiscano che questo è il mio modo di dimostrare affetto.
Mi appoggio alla balaustra ed osservo il mare. L’acqua cristallina risplende sotto i raggi dorati del sole, il quale se ne sta lassù, nel cielo, senza alcuna nuvola ad oscurarlo. Sento il suo calore sulla pelle, un calore piacevole, che scalda fino alle ossa. Il fruscio delle onde che sbattono contro il legno della Moby Dick mi giunge alle orecchie, donandomi un senso di tranquillità.
Inspiro e mi volto verso il ponte della nave, è completamente vuoto.
Forse sono già tutti in sala da pranzo.
Osservo il legno chiaro del ponte; è liscio e ogni tanto si scorgono delle macchie.
Chissà quante stagioni avrà passato, quante cose avrà visto, quante piedi in faccia si sarà già beccato.
Rido a quest’ultimo pensiero.
- Mi dispiace ponte, ma ti beccherai altre pedate- dico tra me e me per poi incamminarmi verso la sala da pranzo.



 
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Marco, caro Marco, chissà come reagirai alla mia lettera.
Osservo la busta rossa, contenente la lettera preparata da Emi.
Il profumo di vaniglia mi si insinua nei polmoni, facendomi pensare a quanto sia stata geniale l’idea di spruzzare del profumo sulla carta rosacea, usata per scrivere i miei sentimenti.
- Buongiorno Umi- dice Satch.
Stringo la lettera tra le mie mani, cercando di non farla vedere a questo scemo che probabilmente ne rivelerebbe l’esistenza a tutti. Alzo lo sguardo su di lui e sorrido, innocente.
Se mi apparisse l’aureola in testa potrei seriamente essere un angioletto, ma non un angioletto qualsiasi: voglio essere Cupido! Tra le molte cose che farei nelle vesti di Cupido, sicuramente la prima sarebbe colpire Marco con una freccia e farlo innamorare di me…
E se lo fosse già? Più volte ho pensato a ciò, ma ho constatato che non lo è, difatti io, purtroppo, sono l’ultimo dei suoi pensieri.
Comunque, parlando della seconda cosa che farei in veste di quel grazioso angioletto dell’amore, di certo colpirei Emi, così da farle confessare i suoi sentimenti ad Ace.
Quella ragazza è fortunata: che brava sorellina che si ritrova!
- Che è quello?- mi fa tornare alla realtà l’uomo del quale mi ero dimenticata momentaneamente l’esistenza.
- Quello cosa?- recito la mia parte da povera innocente.
Satch mi guarda, divertito, distraendomi dalla vera minaccia.
Quando mi rendo conto dell’accaduto è ormai troppo tardi: Teach mi ha fregato la busta da sotto il naso ed ora la sta guardando. Mi lancio contro quel mangia-crostate-a-tradimento e mi riprendo il maltolto con la forza, con il risultato di strapparlo per sbaglio.
Osservo scioccata la parte di lettera rimastami in mano, poi alzo lo sguardo sull’altra parte rimasta nelle mani di Teach.
- La mia lettera…- riesco a dire solamente queste tre parole prima di essere invasa da una folle rabbia.
Mi volto di scatto verso il comandante della quarta flotta e gli punto il dito contro, furiosa.
- Tu! Tu e i tuoi merdosi scherzi delle balle! Ti odio! Pensi di essere tanto simpatico quando invece sei solo uno stronzo!- urlo a squarciagola.
La mia voce riecheggia per la stanza, attirando l’attenzione di tutti i presenti che si voltano a fissarmi, sbalorditi.
A me non importa dei loro sguardi, mi guardino pure! Ora voglio solo uccidere Satch e Teach.
- Sì, le so dire le parolacce, sorpresi? Pensavate che un’undicenne fosse ignorante?- grido, intuendo il motivo del loro stupore.
Mi giro verso Teach e gli riservo lo stesso trattamento.
- E tu, lurido idiota, come ti sei permesso di toccarla, eh? Me l’hai anche rotta! Sei solo un cornuto!-
Corro via, lontano dai loro sguardi e mi rifugio in camera mia, chiudendomi a chiave dentro.




 
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Sto per entrare in sala da pranzo, quando sono costretta a buttarmi di lato, per non essere investita dalla mia sorellina che sta correndo a tutta velocità nella direzione opposta alla mia. Subito mi volto e la chiamo, ma lei non mi risponde e continua la sua corsa.
Strano.
Entro nella stanza e vedo tante facce scioccate, tutte rivolte nella mia direzione.
Mi stupisco e non poco; fortunatamente tra questi visi non ci sono anche quelli di Barbabianca e di Ace, momentaneamente assenti, altrimenti potrei seriamente preoccuparmi, essendo loro i miei superiori.
- Calmi, non ho attentato alla vita di nessuno!- dico in mia difesa.
- Non sei tu, è tua sorella- mi informa Jaws.
- Dimmi tutto- ordino, preoccupata.










Nota dell’autrice
Salve! *schiva un’ascia*
Emh… capisco che vogliate ammazzarmi per il ritardo (e ne avete tutte le ragioni), ma giuro che non ho fatto apposta a ritardare così tanto! È colpa dell’ispirazione che se n’era andata in vacanza…
Beh, spero di essermi fatta perdonare con l’arrivo del capitolo, che credo sia un orrore, comunque fatemi sapere cosa ne pensate. Sì, siete liberi di rimproverarmi per il ritardo, se ve lo state chiedendo.
Vi ringrazio per la pazienza e scusate molto per questo ritardo e per le ripetizioni della parola “ritardo”!
Alla prossima!

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Capitolo 24
*** Attacco nemico ed imbarazzo ***



24. Attacco nemico ed imbarazzo


Percorro il lungo corridoio che mi porterà alla porta della mia stanza.
Le pareti di legno sono in leggera penombra, dato il basso livello di luce che entra dalle finestrelle del corridoio. Le finestre più grandi si trovano soltanto nelle camere, mai nei corridoi.
Mi domando il perché; forse per paura di una cannonata, forse per paura di una possibile fuga.
Una fuga, ho capito a mie spese che un pirata che entra negli interessi di Barbabianca trova molto difficile fuggire da lui. Poi, perché fuggire? Per mantenere alto il proprio orgoglio, ma a cosa serve ciò? Ora qui sto bene, ho degli amici, un “padre” e sono protetta.
Perché la mia cocciutaggine mi ha impedito di ammetterlo prima? Non lo so.
Ora però devo pensare ad altro.
- Umi apri la porta- dico, una volta arrivata di fronte alla stanza che condivido con la mia sorellina.
Nessuna risposta arriva alle mie orecchie.
L’ipotesi più ovvia mi si presenta davanti: non vorrà aprire per vergogna.
- Umi, so che sei lì dentro-
Vero, lo so, infondo dove altro potrebbe cacciarsi una ragazza ferita nell’animo, se non in camera sua? Poi, chi mai avrebbe potuto chiudere a chiave la porta dall’interno, se non lei?
È tutto così ovvio, tutto così chiaro.
È chiaro che io voglia consolarla.
È chiaro che io voglia sgridarla.
È chiaro che io voglia farle la predica per compiere alla meglio il mio dovere di sorella che si crede perfetta.
Sia chiaro, io non sono perfetta, ma a volte tendo a credermi tale.
- Umi, solo tu puoi aver chiuso a chiave- mi giustifico.
La follia, se così si può definire, che ho in corpo mi sta suggerendo un’alternativa per entrare.
- Umi, apri o sfondo la porta-
A questo pensiero mi scappa un lieve sorrisetto, ma subito torno concentrata sulla porta.
Mia sorella non risponde, meglio: ho sempre voluto provare l’emozione di sfondare una porta!
Mi trasformo in forma ibrida e sfodero gli artigli. Sollevo il braccio e mi concentro su una determinata parte dell’oggetto che devo distruggere: se trovo il punto giusto, essa andrà in pezzi in un batter d’occhio.
Sembra quasi quell’esercizio che mi faceva spesso fare Garp; diceva che con un po’ di impegno avrei potuto sfondare anche una parete. Com’è che lo chiamava? Il pugno gentile? Bah, so solo che quando me ne beccavo uno dei suoi in testa mi veniva un’emicrania pazzesca. Tsk, nonostante tutto volevo bene a quell’uomo, anche se lo vedevo di rado o comunque solo quando veniva a parlare di piani della Marina a mio padre, ormai diventato viceammiraglio.
Scaglio il mio pugno, unito alla mia forza di tigre, contro la porta, che cade con non poco rumore.
Soddisfatta, entro nella stanza e mi guardo intorno. La stanza risulta esattamente come l’avevo lasciata, se non per un piccolissimo dettaglio: una bambina piangente sul letto, completamente immersa sotto le coperte.
I suoi singhiozzi mi fanno intenerire e perciò mi avvicino.
Mi fermo davanti al letto ed osservo la confusione di lenzuola gialle creatasi.
- Cosa vuoi? Vattene via- mi dice una flebile voce da sotto quest’ultime.
Abbasso lo sguardo, vedendo sul pavimento la metà di una lettera a me famigliare; mi chino per raccoglierla e poi mi siedo sul letto.
- Non piangere per la lettera, ne possiamo scrivere un'altra- dico.
- Non ne voglio un’altra- singhiozza mia sorella.
Le tolgo le coperte di dosso e, una volta fatto tornare il suo viso alla luce, le scosto una ciocca di capelli dagli occhi.
- Guarda- tiro fuori l’altra parte della lettera dalla tasca dei miei pantaloncini –l’ho fregata a Teach, possiamo metterci lo scotch se vuoi-
Lei annuisce, per poi coricarsi, appoggiando la testa sul cuscino, gli occhi rossi dal pianto.
Poso la famosa lettera sul comodino e, dopo essermi tolta le scarpe mi sdraio vicino ad Umi, per poi fissare il soffitto.
- Non avresti dovuto dire tutte quelle parolacce, sai?-
Lei non mi risponde, per cui decido di lasciar perdere ed aspettare che lei voglia parlarne.
Poco dopo mi arriva la sua risposta.
- Proprio per questo sono scappata, mi vergogno per ciò che ho detto-
Come sospettavo.
I sensi di colpa sono una brutta bestia.
- Vabbeh, ora non facciamone una tragedia; asciugati le lacrime, lavati la faccia e preparati per uscire: ora andiamo a chiedere scusa e se loro non vorranno perdonarti li costringerò io con la forza!- cerco di sdrammatizzare.
Lei si limita ad annuire, per poi dirigersi verso il bagno.
- Comunque non c’era bisogno di sfondare la porta- mi rimprovera, con un sorriso di scherno stampato in faccia, prima di oltrepassare la soglia della sua meta.
Cavolo, si riprende in fretta la mia sorellina!



 
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Qualche giorno più tardi…

Noia. Noia mortale. Ecco cosa provo stando quassù, in cima all’albero maestro, di vedetta.
Maledico il giorno in qui ho chiesto a Marco come potessi rendermi utile sulla Moby Dick.
Maledico il mio soffrire di vertigini.
Maledico questa postazione così lontana dal ponte.
Maledico questa assurda tranquillità che nella vita piratesca è difficile da trovare.
A me piacciono le avventure, l’azione, i guai, cose che in questo momento sono lontanissime da me.
Noia, noia e solo noia.
Mi viene spontaneo chiedermi che ora potrebbe essere. Guardo il cielo, il sole è ancora alto. Ad occhio e croce saranno le quattro di pomeriggio, l’ora di merenda.
Voglio una mela; purtroppo non posso muovermi di qua.
Ed eccola che ritorna: la noia.
Guardo giù e spio i miei compagni. Tutti sono al lavoro: le infermiere visitano Barbabianca, i pirati trasportano casse, puliscono il ponte, trafficano con le cime, Marco è intento a dare ordini qua e là ed Emi si sta allenando con Satch per migliorare le sue capacità combattive.
La più forte. È questo il suo sogno: essere la più forte ed arrivare al famoso One Piece, il tesoro del famigerato Gol D Roger, il re dei pirati. Tutti sognano di trovare questo tesoro, ma nessuno ci è mai riuscito. Si dice anche che chi lo trovi diventi il re dei pirati, ma a mia sorella non importa questo. Lei vuole solo scoprire che cosa si nasconda sull’isola di Raftel. Soldi? Oro? Preziosi? Sinceramente non lo so, ma sono certa di una cosa: Emi lo troverà. Sì, lei troverà il famoso One Piece.
Osservo meglio mia sorella. Ha appena schivato un attacco di Satch.
Certo che da quassù la vedo piccola, ma quanti metri mi separeranno da lei?
Faccio l’errore di guardare dritto sotto di me; il mio corpo si irrigidisce e la paura mi blocca lo stomaco. Subito mi butto all’indietro e cerco di calmarmi; quanto odio le vertigini!
Quando finalmente riesco a rialzarmi i miei occhi notano un particolare che prima non c’era: un sagoma all’orizzonte, ma non una qualunque sagoma, la sagoma di una nave.
Tiro fuori dalla mia borsa tracolla il cannocchiale datomi da Satch prima che salissi quassù ed osservo meglio la nave.
Non è della Marina, apparterrà a dei pirati. Forse un alleato di Barbabianca o forse un nemico. Un nemico? Impossibile! Solo un pazzo verrebbe ad attaccar briga con un imperatore.
- Ragazzi, c’è una nave all’orizzonte!- urlo, continuando ad osservarla.
Si sta avvicinando, di certo la sua intenzione è raggiungerci.
- Hey! Allora, ascoltatemi! C’è una nave all’orizzonte!- grido nuovamente, non essendo stata ascoltata la prima volta.
- Di chi si tratta?- chiede Vista, avvicinandosi alla balaustra, seguito dagli altri pirati.
- Non lo so!- rispondo.
- Cosa?- non sente.
Mi domando se quell’uomo sia sordo: sto urlando a squarciagola!
Decido di scendere sul ponte per riferire il fatto senza dover urlare come una disgraziata, così, un piede dopo l’altro, senza guardare in basso, scendo lungo la scala che collega la vedetta al ponte, arrivando su quest’ultimo.
Corro vicino a Barbabianca e gli riferisco del probabile nemico, facendolo ridere.
- Guarahahahahah, qualche pazzo sta venendo a reclamare la mia testa!- beve del sakè –figli, siete pronti a riservargli una calorosa accoglienza?- sorride.
- Sì!- urlano tutti i pirati in coro, alzando spade, pistole, mazze ed altre armi verso il cielo.
L’unica a starsene in disparte è, come al solito, Emi, la quale è appoggiata contro l’albero maestro, le braccia conserte. Sta osservando attentamente l’imbarcazione che ci sta venendo incontro.
Mi avvicino, accostandomi a lei ed osservando lo stesso oggetto.
- Passami il cannocchiale- mi ordina.
Obbedisco senza obbiezioni.
Subito mia sorella se lo porta agli occhi ed osserva in religioso silenzio quell’imbarcazione.
La vedo preoccupata, come se avesse notato qualcosa a me ignoto.
- Come pensavo- sospira –due vecchi amici sono passati a salutarci-



 
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Con quel vostro stupido jolly roger, come potrei non riconoscervi?
Due teschi sopra a due ossa incrociate, con un’onda sopra di esse.
Alla fine ci rincontriamo Fratelli Decalvan.
La vostra nave si avvicina alla Moby Dick senza rallentare, senza alcuna titubanza state venendo verso colui che vi sottometterà.
Ghigno: vedo che vi siete ripresi velocemente dall’ultima sconfitta!
Il rimbombo del cannone, il fischio della palla.
Volete far affondare la Moby Dick.
Stolti.
Vi guardo: voglio proprio vedere a che punto arrivate.
Manca poco ormai, la palla colpirà la nave dell’imperatore bianco.
Tre… due… uno… la palla esplode in aria: Vista l’ha tagliata con le sue spade.
- Emi, ma sono loro!- mi tira la maglietta Umi.
- Esatto, quei due incapaci dei fratelli Decalvan-
- Perderanno-
- Sicuramente- ridò il cannocchiale a mia sorella.
Tra le due navi non ci saranno che pochi metri ormai.
- Papà, possiamo andare?- chiede la voce di Halta.
- Certo figlioli, guarahahahahah!- da il via Barbabianca.
“Uomini all’arrembaggio!” riecheggia nell’aria questo grido. Tutti si aggrappano alle cime e si lanciano sul ponte della nave nemica, tutti tranne Barbabianca, Marco, io ed Umi.
Sul ponte si scatena l’inferno: grida, sangue, ferite, spari, spade, mazze e chi più ne ha più ne metta.
Tutti si stanno impegnando.
Vedo Izo sparare ad un uomo, uccidendolo, Halta correre agilmente tra i nemici, colpendoli con la spada, Vista usare la sua tecnica della “spada fiorita”, Ace usare il fuoco.
- Non vai con loro?- mi domanda Marco, guardandomi sospettoso.
- Non prendermi per una codarda, ma non intendo combattere-
Viene a seguire un lungo attimo di silenzio, poi finalmente li vedo. Stanno combattendo in due contro Satch, che sleali.
- A noi due cari fratellini- ringhio, estraendo gli artigli.
Marco mi osserva con la coda dell’occhio, le braccia incrociate, lo sguardo impassibile.
- Controlla Umi- dico prima di trasformarmi in tigre e balzare sulla nave nemica.
L’atterraggio è abbastanza facile, anche se il legno del ponte è scivoloso e sono costretta ad aiutarmi con gli artigli per non scivolare.
Appena ripreso l’equilibrio inizio a correre verso i Decalvan.
Schivo la spada di un pirata e gli salto addosso, ferendolo.
Passo di lato a due uomini che stanno combattendo.
Salto sopra le teste di altri tre uomini e finalmente mi butto contro ai miei due obbiettivi.
Purtroppo schivano i miei artigli, ma almeno si sono staccati da Satch.
Mi accosto a quest’ultimo e ruggisco.
- Emi, finalmente! Non ci speravo più!- mi sorride Pizzetto, la spada sguainata.
Per tutta risposta gli lancio uno sguardo di rimprovero.
- Tsk, una tigre!- esclama il minore dei due fratelli, con la sua voce stridula.
- Attento, fratello. Noi quella tigre la conosciamo- ghigna l’altro.
- Oh, ma non vorrai dire che quella è la cara Emi…- alza le mani, munite di guanti con artigli il più piccolo, preparandosi per attaccare.
- Conosci altri tigri brutte come quella?-
- Direi proprio di no-
Entrambi si scagliano verso di me, gli artigli alti.
- Io penso al maggiore Miss!- esclama Satch, bloccando gli artigli del soggetto stabilito con la spada.
No, non sono d’accordo: li voglio sconfiggere entrambi io!
Schivo l’attacco del minore e gli balzo contro, gli artigli sguainati.
Lui salta indietro, per poi scattare velocemente in avanti.
Mi trasformo in forma ibrida in un nanosecondo ed evito il suo pugno artigliato. Lo afferro per il polso e lo sbatto a terra, bloccandolo con una mano al collo. Alzo l’altra, le dita ravvicinate, gli artigli estratti che subito punto contro la guancia del mio avversario.
- Hey, idiota!- richiamo l’attenzione del fratello maggiore –giù gli artigli da Satch o dì addio al tuo fratellino- lo minaccio, facendo però attenzione a non dar l’occasione al gemello di liberarsi.
- Fratellino!- esclama lui.
- Aiuto…- dice il mio ostaggio, la voce leggermente soffocata.
Premo di più la mano sul suo collo e controllo le sue affinché non mi colpisca con i suoi finti artigli.
- Brutta strega!- il maggiore mi si butta contro.
Appena è abbastanza vicino uso l’haki per capire da che parte colpirà: la destra.
Sposto la testa di lato, schivo l’artigliata, stringo di più la presa sul collo del minore, colpisco con la mano libera lo stomaco del maggiore, ferendolo con i miei artigli.
Lui cade a terra, agonizzante.
- Non l’ho ucciso, tranquillo- rassicuro il minore –ora ferma i tuoi uomini-
- Sei proprio una strega… ciurma, la battaglia è conclusa, fermatevi!-
Appena sentito l’ordine, la ciurma dei due fratelli si blocca per voltarsi nella direzione dalla quale proviene.
Sento gli occhi di tutti, compresi comandanti delle flotte di Barbabianca, puntati addosso.
Satch mi sorride e subito dopo arriva Ace, contento per la mia vittoria.
- Avrei dovuto prenderla nella quarta flotta! Ace, me l’hai soffiata da sotto il naso!- esclama Satch, riferendosi a me.
- I migliori sono sempre i primi ad andarsene, avresti dovuto chiedere a papà prima di me di annetterla alla tua flotta!- si vanta Ace.
Decido di non intervenire, ma, secondo me, io sono ancora debole, devo essere più forte!
Torno umana ed un capogiro mi coglie alla sprovvista, facendomi barcollare lievemente: maledizione all’haki della percezione! Devo riuscire a migliorarmi sul suo controllo.
- Complimenti Emi!- mi dà una pacca sulla spalla Izo.
- Vero, ci hai risparmiato una lunga battaglia- aggiunge Vista legando i due fratelli Decalvan.
- Per non escludere il fatto che mi hai aiutato in un momento di difficoltà, che brava la mia sorellina!- esclama Satch, appoggiando il braccio sulle mie spalle.
Sento le guance bruciare a causa di tutti questi complimenti. Non ho mai ricevuto così tanti complimenti in vita mia e devo dire che sono felice di riceverli, molto felice. In più sono anche stata chiamata “sorellina” e la cosa non mi dispiace dato che ho sempre voluto un fratello maggiore.
- Smettetela con i complimenti, la state imbarazzando!- dice con ovvietà Halta.
La devo ringraziare per questa sua interruzione.
- Emh… grazie per i complimenti, comunque non ho fatto niente di speciale... ecco… poi avevo un conto in sospeso con i fratelli Decalvan e… ecco… io… io vado!- mi trasformo in tigre e salto sulla Moby Dick.
Cavolo, tutto questo affetto, se così si può definire, mi imbarazza ed anche molto.
Mentre mi dirigo verso le scale che portano sotto coperta non posso fare a meno di notare lo sguardo compiaciuto di Barbabianca e quello guardingo di Marco puntati su di me.
Ma santo cavolo fritto, anche loro si devono mettere adesso?!












Nota dell’autrice
Salve! (schiva coltello) Ok, scusate nuovamente per il ritardo, ma ultimamente ho dei problemi di tempo, infatti sono sempre occupata e quindi non riesco mai a dedicarmi alla storia. Per quanto riguarda il prossimo capitolo, dubito che arriverà puntuale.
Comunque, parlando d’altro, come vi è sembrato il capitolo?
Spero che la storia continui ad interessarvi.
Ed ora passo ai ringraziamenti:
- un ringraziamento speciale a Little_fox e ad IceAndFire_chan per le loro bellissime recensioni che arrivano per ogni capitolo. Grazieee!!
- un ringraziamento speciale a tutti  coloro che seguono la storia. Grazieee!!
- un altro ringraziamento speciale per chi la legge. Grazieee!!
Ora concludo, ci si sente in giro!!
Ciaoooooo!!

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Capitolo 25
*** Promozione ***



25. Promozione


Che figura che ho fatto: ho iniziato a balbettare davanti a tutti. Santo cielo che figura! Io, Emi, la ragazza maleducata e insensibile, mi sono imbarazzata per degli stupidi complimenti.
Fisso il cuscino, schiacciato sotto il peso della mia testa. Le pieghe della federa proseguono verticalmente fino alla fine dell’oggetto. Alcune sono poste lateralmente a quelle verticali. Più lontano da quest’ultime riesco a vederne delle altre oblique.
Provo una strana sensazione allo stomaco.
Quella strana sensazione somigliante ad un crampo, ma che non lo è.
Quella sensazione che ti blocca lo stomaco.
Quella sensazione simile alla paura.
Perché mi sono imbarazzata? La Emi che sono adesso non si imbarazza. La Emi di sei anni fa sì.
Non devo tornare quella ragazzina tredicenne che ero, non voglio.
Quella stupida ragazzina era gentile.
Quella stupida ragazzina si imbarazzava per ogni singolo complimento che riceveva.
Quella stupida ragazzina voleva bene a suo padre.
Stringo i pugni più forte che posso: non riesco ancora a perdonarmi per aver dimostrato affetto verso quel mostro.
Mai un complimento, mai una carezza, mi riservava sempre e solo odio. Tutto l’opposto era con mia sorella, non che la trattasse bene, nemmeno a lei riservava carezze o complimenti, ma con Umi era più buono. Se a me riservava uno schiaffo, a lei toccava la sgridata, se a me la sgridata, a lei niente.
Iniziai ad essere gelosa di quella mocciosa troppo fortunata per i miei gusti.
Costantemente mi chiedevo il perché di questa preferenza che non riuscivo a spiegarmi.
Un giorno lo scoprii…

- Sorellona, mi prendi in braccio?-
- Scordatelo- dissi alla mia sorellina di soli cinque anni.
Stavamo vagando per quella base della Marina da più di due ore.
I corridoi erano tutti uguali, tutti dipinti di azzurro o di bianco, ed ogni due metri si apriva una finestra che dava sul mare.
Da dove ci trovavamo io ed Umi si poteva benissimo vedere tutta la baia dell’isola, che si apriva sotto di noi.
La baia, occupata da gigantesche navi  da guerra e da enormi galeoni, dava l’impressione di essere sotto assedio. Di certo con tutte quelle forze della Marina riunite, nemmeno un insetto sarebbe giunto al porto senza essere avvistato.
- Ma ho male alle gambe!- scoppiò a piangere Umi.

- Smettila! Non mi piacciono i frignoni e poi lo sai che se papà ti sente a piangere sgrida me!- la rimproverai.
Sapevo benissimo che mio padre non si sarebbe limitato a sgridarmi, ma mi avrebbe picchiata, infondo ero solo una sgualdrina.
Ma cos’era una sgualdrina? Io non lo sapevo.
Sapevo solo che io non ero gradita a mio padre, lui gradiva solo ed esclusivamente Umi.
Proseguii per il lungo corridoio quando sentii la voce di Garp provenire da dietro una porta.
- Ma questa è una follia!- sembrava arrabbiato.
Mi avvicinai cautamente per origliare, seguita dalla mia sorellina che continuava a lamentarsi del dolore alle gambe. Fui costretta a tapparle la bocca per non farmi scoprire.
- Taci, Garp- gli ordinò una voce maschile che non conoscevo –questa è una condizione delle alte sfere-

- Che io sono disposto ad accettare, il posto di ammiraglio è molto più importante della figlia di Drummond Grace- ribatté mio padre.
- Ti ricordo che è anche tua figlia!- urlò Garp.
Non riuscivo a capire perché fosse tanto arrabbiato, ma avevo capito che la cosa di cui stavano vivamente discutendo mi riguardava.
- Dal momento che è la figlia di quella traditrice di Grace non la considero più tale. Poi, sia chiaro, io non l’ho mai voluta, è quella puttana di sua madre che si è fatta mettere incinta-
- Grace era la migliore dei nostri marines!- gridò Garp.
- Infatti difendeva i pirati. Chi ci garantisce che anche sua figlia non lo faccia?-
Sentii il rumore di una sedia cadere.
- Garp, siediti-

- No, Sengoku, non gli permetterò di uccidere una bambina!-
- Garp, adesso siediti!- alzò di più la voce Sengoku –le alte sfere hanno deciso, se Sakazuki vuole essere ammiraglio deve prima sbarazzarsi della sua figlia maggiore, l’unica cosa che lo colleghi ancora con Grace-
- Sengoku, non puoi permetterlo!- insistette il mio difensore.
- Le alte sfere hanno deciso- concluse il superiore.
La paura mi gelò il sangue e le lacrime cominciarono a rigarmi le guance. In quel momento non avevo paura per la mia sorte, mi sentivo solamente tradita. Tradita da mio padre. Tradita dall’uomo a cui volevo bene, ma da cui di bene non ne ricevetti mai.


Beh, che dire… il miglior padre del mondo!
Conoscendolo starà già pensando a come catturarmi per poi uccidermi e riprendersi Umi, la sua figlia prediletta.
Però, pensandoci bene, ora vorrà uccidere anche lei dato che la pirateria l’ha “corrotta”. Naturalmente non gli permetterò mai di torcere un solo capello alla mia sorellina o, per meglio dire, la mia sorellastra, ma questa è un’altra storia.
Sospiro: infondo io e lei abbiamo una madre diversa, ma questo Umi non lo sa.
Umi è frutto di una scappatella di mio padre con una sottoufficiale. Quel porco! Quando la sua amante, se così si può definire, gli ha annunciato che non voleva tenere la bambina e gliel’ha scaricata, lui l’ha data a mia madre. Mia madre, troppo buona per provare rancore, aveva deciso di adottarla o, almeno, questo è ciò che mi è stato detto.

Dei passi fuori dalla porta attirano la mia attenzione: qualcuno sta per bussare.
Pochi secondi e la mia previsione si avvera, facendo fantasticare il mio cervello su chi possa esserci aldilà della porta.
Scommetto che si tratta di Satch, infondo chi altri vorrebbe venire a parlare con me, la più antipatica di tutta la Moby Dick?
Certo, potrebbe trattarsi di Umi, ma lei entrerebbe senza bussare, quindi opzione scartata.
- Avanti-
La porta si apre lentamente creando una leggera suspense, per poi far entrare Marco.
Scommessa persa Emi…
- Che vuoi?- domando sgarbatamente.
Il pennuto si limita a sospirare, guadagnandosi una mia occhiataccia.
- Noto che ti sto proprio antipatico- aggiunge dopo il suo sospiro.
A dirla tutta, stando su questa nave, mi sono affezionata a questo pennuto e, stranamente, non mi sta più antipatico, comunque…
- Esatto, quindi dimmi cosa vuoi e sparisci-
- Ero solo venuto a chiamarti, ti vogliono sul ponte- taglia corto lui –comunque… vedi di avere un po’ più di rispetto con un tuo superiore-
Superiore… superiore… se c’è una cosa che detesto è l’avere dei superiori.
- Oh, scusi signor pollo!- esclamo.
Marco mi lancia uno sguardo che dice chiaramente “ti conviene tacere”.
Decido di obbedire al suo ordine, siccome non ho voglia di scatenare una rissa contro un ananas vivente, e scendo dal letto, per poi seguire il biondo sul ponte.
Salendo le ultime scale che portano fuori sento delle risate provenienti proprio dalla mia meta, la cosa mi insospettisce.
Salgo gli ultimi scalini con una certa ansia, forse dovuta al fatto che dal ponte provengono urla felici ed io sono proprio stata convocata là.
Salgo l’ultimo gradino e la luce del sole mi acceca per un attimo.
Quando finalmente i miei occhi riprendono a funzionare, il mio cervello si rifiuta di credere a ciò che vede.
- Sorpresa!- esclamano tutti i pirati della Moby Dick messi in coro.
- Ma che…- cerco di elaborare una frase.
Inizio a guardarmi intorno, stupita. Sul legno del ponte sono sistemati tantissimi tipi di cibo, dai prosciutti, alla carne, alla verdura, alla frutta, ai dolci… ed ogni tipo di bevande, in primis la birra.
Ma che sta succedendo? Sorpresa? A me?
Poso il mio sguardo su Barbabianca che, dal suo trono, mi guarda, divertito.
No, non è possibile che questa festa, sempre se così si può definire, sia per me. Ci deve essere per forza un errore!
- Allora Miss, stupita?- mi domanda Satch, avvicinandomisi.
Stupita? Non sono stupita, sono scioccata! Com’è possibile che tutto questo sia per me?!
- Ma… per chi è tutto questo?- domando, anche se consapevole del fatto che sia per me.
- Mi sembra ovvio, per te!- dice Izo.
Non posso crederci…
- Ma… non ho fatto niente per meritarmi una festa- dico.
- Sbagliato!- esclama mia sorella, spuntata all’improvviso alle mie spalle.
Dovevo immaginarlo che centrasse anche lei.
- Hai sconfitto i Decalvan, ecco cosa!- mi spiega Umi.
- E voi organizzate una festa solo per questo?!- faccio tornare il mio caratteraccio in azione –comunque… grazie- aggiungo sottovoce.
- Ah, non c’è di che!- esclama Satch.
Brutto ficcanaso, è riuscito a sentire!
- Comunque figliola, questa festa è anche per la tua promozione- dice Barbabianca, per poi bere una bottiglia di sakè tutta d’un fiato.
Un attimo… ma che sta dicendo?
- Che promozione?-
- Da oggi sei il vice comandante della seconda flotta- mi informa –sempre se sei d’accordo-
Vice comandante della seconda flotta… è un bel incarico, ma nelle mie mani sarebbe sprecato. Poi non credo di essere all’altezza di questo compito, insomma, meno di due mesi fa volevo trucidare tutti i presenti su questa nave! Con che faccia tosta ora potrei accettare di comandare una flotta?
No, a mio parere, non sarebbe giusto; che mettano qualcuno più fedele di me!
- No, non sono d’accordo. Affidatelo a qualcun altro questo incarico, su questa nave c’è gente molto più esperta di me- do voce ai miei pensieri.
I presenti sembrano lievemente scioccati dal mio rifiuto e mi fissano sbalorditi.
- No, non se ne parla! Tu sei un mio sottoposto e come tale sei obbligata ad accettare!- insiste Ace.
Sbaglio o le regole che vigono sulla Moby Dick dicono chiaramente che un comandante non può decidere per un sottoposto.
- Ho detto no e non intendo cambiare idea- affermo con decisione.
Improvvisamente Barbabianca scoppia a ridere come un matto.
Nel suo atto di ridere versa anche del sakè a terra, attirando tutta l’attenzione su di sé.
- Sai, sei la prima persona che io conosca che abbia rifiutato un incarico di prestigio come questo- continua a ridere –figli, voi che dite? Le lasciamo la possibilità di rifiutare?-
Hey, ma non vorrà mica fare una votazione!
- No!- esclamano tutti.
Ecco, sono fregata.
- Va bene, va bene, se proprio tutti siete d’accordo accetto…- dico infine, per poi sorridere furbescamente -...però il cibo è tutto mio!- mi butto sul buffet.






 
---------







Circa una settimana dopo…

- Forza Emi!- urlano i pirati della seconda flotta, presi dall’entusiasmo.
- Comandante Satch, non si faccia battere!- urlano invece quelli della quarta.
- Forza Emi, ricordati che abbiamo puntato su di te!- urlano i Decalvan.
Sì, i Decalvan.
Quei due si sono alleati alla ciurma di Barbabianca ed ora sono anche diventati amici di Emi.
Il mondo sta andando a rotoli: Emi gli ha persino restituito un decimo della somma che avevamo rubato loro tempo fa. Non che un decimo sia tanto, ma mia sorella non regala mai soldi. Mai.
Se è per questo lei non tratta mai bene le altre persone e, invece, da quando è diventata vice della seconda flotta, ha iniziato a comportarsi più… come dire… diciamo meno aggressivamente nei confronti delle persone.
- Forza Satch!- urlano nuovamente i sottoposti di Pizzetto.
Sbuffo, che senso ha fare una gara di bevute? Tanto, alla fine, sia il vincitore che il perdente si beccano il mal di testa, quindi è come se nessuno avesse vinto.
Eppure, nonostante questi dettagli, questo tipo di gare vanno molto di moda tra i pirati.
Osservo mia sorella: le sue guance sono leggermente rosse, probabilmente è ubriaca.
Beh, Satch non è da meno…
- Miss, ti conviene gettare la spugna, perché io ho già bevuto novantaquattro boccali!- esclama l’uomo –hey, che ci fa un rastrello sul tavolo?- indica una forchetta.
- Ma guarda che quella è una bottiglia!- gli fa notare Emi.
- Ah, vero!-
Brava Emi, ci sei andata vicina, peccato che quella sia una forchetta.
Mi sbatto la mano in faccia; che figura!
Tutti scoppiano a ridere. Se Emi fosse sobria credo che li farebbe a fette, infondo può anche essere diventata più amichevole, ma il suo carattere è sempre lo stesso e mia sorella odia che le si rida dietro.
- Satch, voglio un cane!- esclama la diciannovenne ubriaca.
- Sì, avrai una cane- le assicura un pirata –ma ora bevi un altro boccale, deve vincere la seconda flotta!- le passa l’oggetto.
Emi, senza fare obbiezioni, se ne scola tutto il contenuto.
Sono indecisa tra l’andare a fermarla o il continuare a guardare la scena. Mmm… guardo la scena.
- Emi 97, Satch 95- esclama l’arbitro della gara.
Forza sorellona, lo stai battendo!
Improvvisamente, in sala da pranzo, entra un Ace contentissimo.
Che avrà visto?
- Ragazzi! Ragazzi! Guardate!- sventola un foglio.
I pirati distolgono la loro attenzione dalla sfida per rivolgerla al moro, il quale mostra a tutti il pezzo di carta. Un avviso di taglia, per la precisione.
I pirati si avvicinano al tavolo dove Ace si è fermato, ovvero quello a cui sono seduti Vista e Sguardo.
Anche io mi avvicino per poter vedere il volantino di taglia.
Monkey D Luffy, questo è il nome del ricercato, un ragazzo dai capelli neri, con un cappello di paglia.
Devo ammettere che non è niente male.
- Monkey D Luffy?- domanda Marco, spuntato improvvisamente dietro ad Ace.
Ad essere sincera, prima che parlasse, non mi ero nemmeno accorta del suo arrivo.
Involontariamente il mio sguardo passa più volte dal biondo alla foto del ricercato.
- Sì, mio fratello!- esclama Ace.
Suo fratello?! Ace ha un fratello così carino e non me lo dice?!
- Ace! Parlami di tuo fratello, i suoi gusti, il suo carattere, tutto!- ordino al moro, sbattendo le mani sul tavolo per sembrare più decisa.
- Eh?- si stupisce lui.
Sto per ribattere quando una scena scioccante mi si presenta davanti agli occhi, mai avevo visto una cosa simile.
Satch, ubriaco fradicio, si è alzato dal tavolo a cui era, ed ora sta flirtando con Marco!
Mio dio, non è possibile.
- Ma solo un bacetto, bella bionda!- esclama Pizzetto, prendendo Marco per la camicia.
Non ho parole, anzi non abbiamo parole, infatti tutti i presenti sono scioccati quanto me.
- Dai, guarda che bell’uomo che sono! Pavoncella mia, ti chiedo solo un bacetto!- insiste Satch, mettendo le labbra in posizione da bacio.
- Satch, controllati!- lo respinge Marco.
Subito Vista ed altri pirati corrono a bloccare il comandante della quarta flotta che, una volta immobilizzato, inizia a cantare una canzone d’amore inventata sul momento.
Sentiamo una risata da squilibrata e ci voltiamo: è Emi.
Se ne sta seduta sul tavolo, le gambe accavallate, lo sguardo perso. In mano tiene un boccale di birra mezzo vuoto.
- Eheheheh… forza Satch, che magari conquisti la gallinella! Comunque ti sei alzato, quindi la sfida l’ho vinta io- esclama con voce poco rassicurante.
Oddio, spero non impazzisca anche lei!
Mia sorella si porta la mano libera sulla guancia per sorreggere la testa ed osserva ridacchiando un ragazzo di mia conoscenza: Ace.
Ho un brutto presentimento…
Improvvisamente posa il boccale sul tavolo e scende a terra, incamminandosi a passo lento e leggermente barcollante verso di noi. Sul suo viso è stampato un sorriso da folle ubriaca.
Uno dei fratelli Decalvan prova a fermarla, cercando di farle notare che è ubriaca, ma lei lo scansa e continua ad avanzare verso una meta non ben identificata.
Arriva da Ace e lo spinge contro il muro.
Oddio, lo vorrà picchiare!
- Emi, che fai?- domanda il moro, gli occhi spalancati per lo stupore.
- Eheheh… sai che sei proprio carino?- dice lei per poi baciarlo.
Dire che la mia mascella è caduta a terra sarebbe poco.
Dire che i miei occhi sono usciti dalle loro orbite sarebbe poco.
Dire che sono scioccata sarebbe poco.
Come se non bastasse, Ace sta anche ricambiando il bacio!
- Ma insomma, non vedete che è ubriaca?! Portatela via!- mi fiondo da mia sorella, per impedirle di peggiorare la situazione e per impedire a Pugno di Fuoco di approfittarsene.
Alcuni, ripresisi dallo shock mi aiutano a staccare Emi dal moro ed a portarla via, in camera sua, per farla riposare e riprendersi.
Fortunatamente, una volta posata sul letto, si addormenta subito e non crea più problemi. Ciò non vale per Satch che, nonostante sia stato chiuso a chiave nella sua camera, continua a cantare a squarciagola, facendosi sentire da tutti i presenti sulla Moby Dick.











Nota dell’autrice
Salve! Quanto è folle la fine di questo capitolo? Direi molto!
Ok, lo ammetto: mi sono divertita un mondo a scriverla! Spero che a voi sia piaciuta!
Comunque, ho una domanda: ho inserito troppi dialoghi?
Ora devo scappare, quindi ringrazio tutti e… alla prossima!

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Capitolo 26
*** Chi odia ama ***



26. Chi odia ama



Biru biru biru biru… biru biru biru biru…

- Mmm… chi è che rompe le scatole alle sette di mattina?- mugugno alzando la testa dal cuscino.
- Emi, muoviti a rispondere- ficca la testa sotto il suo cuscino mia sorella.
- Zitta tu-
- Si, certo-
Se sta cercando di provocarmi ci sta riuscendo, fortunatamente per lei oggi non ho molta voglia di attaccar briga. Spero soltanto che nessuno venga ad irritarmi.
Mi alzo dal letto e, dopo essermi stiracchiata, mi rendo conto di un dettaglio che lascia a pensare: sono già vestita. Come posso essere già vestita? Di solito quando vado a dormire mi metto il pigiama e, invece, ho i pantaloncini corti e la maglietta. Com’è possibile? Forse mi sono messa a leggere e mi sono addormentata, però qui non ci sono libri…
Metto da parte questo mio dubbio per rivolgere la mia attenzione sulla mini den den mushi suonante, lasciata sul divano da Umi nonostante le mie continue prediche di posare quelle povere lumache sul comodino e non dove rischiano di essere schiacciate dal fondoschiena di qualcuno. La prendo e rispondo.
- Ciao Miss, scusa se ti disturbo, ma ho un problema!- mi riferisce la voce di Satch.
Satch. Dovevo aspettarmelo, infondo chi mai potrebbe chiamarmi a quest’ora se non lui?
- Che tipo di problema?- chiedo.
- Nulla di preoccupante, sono solo chiuso a chiave in camera-
- E allora gira la chiave ed apri-
- No, non intendo che mi sono chiuso dentro, voglio dire che sono stato chiuso dentro!-
Questa è nuova! Il beffatore è stato beffato: lui, che fa sempre scherzi a tutti, è stato chiuso a chiave nella sua camera da qualcuno che, probabilmente, cercava vendetta.
- Devo venire ad aprirti la porta, giusto?-
- Esatto! Avevo pensato di sfondarla, ma ho notato che, all’esterno, la chiave è nella serratura, quindi ho pensato che è meglio farsi aprire la porta che romperla-
- Ho capito, arrivo- chiudo la chiamata.
Poso la mini den den mushi sul comodino e mi dirigo verso la porta quando mi torna alla mente il dilemma degli abiti. Subito mi rendo conto di essere spettinata e di avere i vestiti tutti stropicciati.
Meno male che me ne sono accorda, se no che figura che avrei fatto!
Dopo essermi tolta la maglietta noto una macchia marroncina su di essa. Che cos’è?
La guardo attentamente e poi porto l’indumento macchiato sotto il mio naso.
Birra, ecco cos’è questa macchia.
Improvvisamente mi torna alla mente la gara di bevute di ieri: ero arrivata al cinquantatreesimo boccale quando… quando? Cavolo, non me lo ricordo!
Un attimo: vuoi vedere che mi sono ubriacata e mi hanno trasportata in camera?
- Umi, ieri ero ubriaca?- mi informo.
- Sì-
Ecco, come pensavo.
Trovata la risposta a tutti i dilemmi, mi cambio gli abiti e mi rifaccio la coda di cavallo. È una battaglia epica contro i miei capelli, troppo “pomposi” e ribelli per essere tenuti sciolti. A volte li odio: non sono né lisci né ricci, sono solo un miscuglio inutile di ribellione e pomposità! Fortunatamente, legandoli, risolvo tutti questi problemi.
- Umi, io vado. Ci vediamo a colazione!- dico per poi uscire dalla stanza.







 
-------






 
Colazione…

Monkey D Luffy… Monkey D Luffy… Monkey D Luffy…
Che nome strano. Mi ricorda qualcosa, ma al momento non riesco a capire cosa.
Guardo meglio la foto del ragazzo sulla taglia, per poi guardare Ace: certo che non si assomigliano molto! In comune hanno solo i capelli e gli occhi neri. Mi sembra strano che siano fratelli.
Beh, anche io ed Emi non sembriamo sorelle, se è per questo. Lei ha capelli castano scuro, tendenti al nero ed occhi marroni, io capelli nocciola e occhi marroncini. A prima vista non sembriamo nemmeno sorelle! Poi io sono estroversa e simpatica, lei è introversa, vendicativa ed orgogliosa. Modestia a parte, credo di essere la migliore!
Comunque, tornando sul fratello di Ace, devo dire che non è niente male. Quasi meglio di Marco. Quasi.
Marco è più muscoloso, più grande e più… più qualcos’altro che al momento non mi viene in mente.
Però anche Luffy non è brutto…
Ah, basta! Devo smettere di pensare ai maschi, tanto loro nemmeno mi guardano!
Ma pensare a loro è divertente…
Ok che è divertente, ma mi rincretinisco di questo passo.
Ecco, sto sviluppando due personalità: una a favore dei maschi e una contro.
Oddio, qualcuno mi aiuti!
Izo mi strappa di mano l’avviso di taglia di Luffy, come se avesse intuito la mia richiesta d’aiuto mentale.
- È da quando sei arrivata che la guardi, ora mangia colazione- mi dice.
- Certo Izo! Ai tuoi ordini!- esclamo per poi iniziare a mangiare.
Grazie Izo, sei l’unico che mi considera!






 
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- Secondo me, l’ho vinta io la sfida ieri sera- ribatto, dopo esser entrata in sala da pranzo in compagnia di Satch.
- No, no, impossibile! Nessuno mi batte su questa nave!-
Uffa, che noioso! È da una vita che gli dico che di sicuro ho vinto io, ma lui non ci vuole credere e sostiene che, anche se non se lo ricorda, ha vinto lui. Adesso basta, ora vado dal primo che incontro e gli chiedo chi è stato il vincitore ieri sera!
- Benissimo, chiediamo in giro!- esclamo irritata.
- Vero, preparati alla sconfitta, Miss!-
Sì, certo, certo. La sconfitta io? Ma che si faccia furbo: io perdo raramente! Cioè, quante volte ho perso in vita mia? Centinaia contro Garp, una contro Ragno Rosso, una contro Ace… no, l’ultima è stato un pareggio, quindi non conta.
Mi avvicino al tavolo dei comandanti e ci appoggio le mani sopra.
- Salve gente- attiro l’attenzione.
Satch mi si accosta e guarda serio i presenti.
- Come sapete, ieri sera io ed Emi ci siamo sfidati in una gara di bevute- spiega.
- Però noi due, a causa dell’ubriachezza, non ricordiamo chi ha vinto- continuo io.
- Quindi, voi sapete chi ha vinto?- conclude Pizzetto.
I nostri interlocutori si guardano tra di loro in faccia, alcuni trattengono una risata. Notando questo comportamento, io ed il mio compare ci guardiamo, sospettosi, per poi posare nuovamente il nostro sguardo su di loro.
Mi rendo conto che Ace ha gli occhi fissi su di me, che avrà da guardare? Faccio finta di niente ed osservo gli altri comandanti.
Marco, dopo aver finito di mangiare, si alza e se ne va. Ma che gli prende? O, per meglio dire, che prende a tutti?
- Si può sapere che avete?!- mi innervosisco non poco –Umi, almeno tu, dimmi chi ha vinto!-
Lei lancia un’occhiata ad Izo.
Questo clima non mi piace; forse ho perso io e non hanno il coraggio di dirmelo!
- Ho perso, vero?- do voce ai miei pensieri.
- Beh, io direi né in gioco né in amore- risponde Izo, lanciando uno sguardo eloquente ad Ace.
Ace spalanca gli occhi e lo fissa; sembra quasi che voglia che Izo taccia.
- Voi sapete qualcosa che non mi volete dire!- li accuso.
- Mi dispiace Emi, a quanto pare hai perso, ma non te lo vogliono dire per non offenderti- si vanta Satch.
Lo fulmino con lo sguardo e lui ride.
- Beh, Satch, mi dispiace dirtelo ma tu hai perso sia in amore che in gioco- dice Halta, imitando l’ambiguità della geisha seduta alla sua destra.
- Che intendi?- alza un sopracciglio l’interpellato.
- Halta intende che mentre voi due eravate ubriachi avete compiuto delle azioni come dire… insolite- sospira Vista.
- Chi ho ucciso?- cerco di sdrammatizzare.
Questa suspense che si sta creando mi mette ansia. Non possono dirmi subito che cavolo ho fatto ieri sera?!
- Nessuno. Per tagliare corto tu hai baciato Ace e, secondo me, te lo volevi anche fare. Invece Satch ha flirtato con Marco e lo voleva baciare- taglia corto Halta.
- Comunque, per essere precisi, hai vinto tu, Emi, la sfida- aggiunge Umi.
Rimango sconvolta da questa rivelazione: io ho baciato Ace? Volevo farmi Ace?!
No, mi rifiuto di crederlo: è impossibile!
Mi porto le dita sulle labbra: non è possibile!
Oddio, che faccio ora?!
Ace mi fissa, mi fissa! Sto andando nel panico, aiuto! No, questo non è panico; mi sto imbarazzando! Sento le guance bruciare. Cavolo, spero di non essere arrossita! Devo trovare un modo per non dar a vedere questo imbarazzo.
- Santo Roger, che schifo! Un tovagliolo! Un tovagliolo!- improvviso, scansando con poca grazia tutto ciò che trovo sul tavolo.
- Io ho flirtato con Marco?!- si sconvolge Satch –ma mi sono spinto oltre?!-
- No, ma credo che l’avresti fatto, ho paura che tu sia leggermente… sai cosa intendo vero?-ride Izo.
- No, io non sono gay!- urla Satch.
Finalmente io trovo il tanto agognato tovagliolo ed inizio a sfregarmelo violentemente sulle labbra. Devo assolutamente togliere dalla testa di tutti la convinzione che a me piaccia Ace, quindi devo fingermi schifata, molto schifata.
Però, davvero l’ho baciato? Cavolo, perché non lo ricordo?!
Il primo bacio buttato nel cesso, che sfortuna!
- Se ti faccio tanto schifo hai solo da dirmelo in faccia!- si alza il fiammifero e mi guarda, furioso.
Dal suo corpo fuoriescono delle fiamme ed un odio profondo invade i suoi occhi. Possibile che tutto quell’odio sia riservato a me?
Mi blocco e lentamente allontano il tovagliolo dalle mie labbra.
Ace mi da le spalle e si dirige velocemente verso l’uscita della sala.
Il senso di colpa mi attanaglia il cuore e mi impedisce di reagire. Non ho nemmeno il coraggio di fermare quel fiammifero, di urlargli di aspettare. Niente. Mi limito solamente a guardarlo mentre varca la soglia della porta e sparisce nel corridoio.
Perché tutto quello che faccio ferisce sempre qualcuno? Ace, tu non mi fai schifo!
- Zeahahahahahah, ottima mossa, Emi- ride Teach, seduto ad un altro tavolo.
Mi volto di scatto e mi avvio furente verso di lui: devo sfogare la mia rabbia.
Sono arrabbiata con me stessa, con le mie idee idiote, con il mio carattere, con la mia stupidità!
- Teach, sta' zitto!- lo prendo per il colletto della camicia, chiudo la mano a pugno e sollevo l’avanbraccio –sei solo un idiota!-
Sto per tirargli un pugno in faccia quando mi torna alla mente su che nave mi trovo: la Moby Dick, sulla quale è severamente vietato picchiare i compagni per collera.
Dio, sono una deficiente!
Sento delle lacrime pungermi gli occhi, ma le ricaccio indietro.
Io non piango.
Io non devo piangere.
Piangere è da deboli e solo i deboli provano sentimenti che portano alle lacrime.
Sono diventata debole.
Piangere non è un segno di debolezza, piangere è un modo di sfogarti, piangere ti rende umana. Le persone devono piangere! Chi non piange non ha un cuore, tu ce l’hai un cuore, vero Emi?” mi tornano alla memoria le parole della mamma. Mi diceva sempre così quando tornavo a casa triste perché i bambini mi prendevano in giro se piangevo a causa di una storia commuovente.
Sì, io ho un cuore.
Abbasso l’avanbraccio e do le spalle a Teach. Percorro la sala da pranzo a passo svelto ignorando gli occhi di tutti puntati su di me ed oltrepasso la soglia, uscendo nel corridoio. Devo ritrovare Ace.
Ho come l’impressione di aver finalmente accettato quella parte di cuore che mi impone di voler bene ad un maschio, quella parte che sempre reprimevo per non rischiare di affezionarmi.
A quanto pare da quando sono sulla Moby Dick, quella parte si è sviluppata senza che io me ne rendessi conto, influenzando il mio comportamento freddo e da superiore nei confronti degli uomini. Ora è tornata ad occupare il posto che aveva quando ero bambina.
Svolto a destra ed incontro i Decalvan, intenti ad andare a mangiare colazione.
- Avete visto Ace?- domando, secca.
- Sì, stava andando verso il ponte, ma perché…-
Non do loro il tempo di finire la frase che li sorpasso e corro nel luogo indicato.
Sinceramente non so perché sto correndo, so solo che in questo momento è di vitale importanza per me raggiungere Pugno di Fuoco: devo scusarmi! Non è solo una questione di dovere, ma di volere: io voglio scusarmi! Voglio scusarmi perché mi ferisce sapere che quello stupido barbecue umano stia male a causa mia.
Mi scappa un sorrisetto ironico: e pensare che fino a poco tempo fa odiavo quel ragazzo mentre adesso lo considero importante, importante come se fosse una parte di me.
Vorrei tanto sapere come è potuto avvenire questo mio cambiamento nei suoi confronti; forse… eh già, a quanto pare, anche se mi duole ammetterlo a causa del mio orgoglio, mi sono innamorata. Spero solamente che questo amore non sia la mia rovina e che non mi faccia fare la fine della mamma, uccisa dall’uomo che amava. Certo, sono convinta che Ace sia migliore di mio padre, ma ho comunque un po’ di paura. Posso permettermi di abbassare le mie difese? Posso permettere ad un uomo di essermi così vicino? Questo non lo so, ma mi fido di Ace. Faccio bene? Bella domanda.
- Ace…- lo chiamo.
È seduto in un angolo della prua, la schiena contro la balaustra, il cappello calato sugli occhi.
È solo, tutti sono in sala da pranzo per la colazione.
- Se sei venuta fin qui per deridermi puoi anche andartene- replica freddamente.
La mia permalosità mi imporrebbe di trucidarlo per avermi risposto così, ma il buon senso mi fa ragionare, per cui mi avvicino al moro e mi inginocchio di fronte a lui. Viene a seguire un attimo di silenzio in cui rifletto sul da farsi.
- Ace, guardami, per favore- rompo il ghiaccio.
Il moro solleva la visiera del cappello con un dito ed obbedisce al mio ordine.
- Non mi fai schifo, ho solo finto per salvarmi la faccia davanti a tutti- gli spiego –lo so, sono una stupida, ma guarda il lato positivo: a questa stupida piaci da impazzire- mi chino verso di lui e lo bacio con leggera incertezza.
Lui ricambia con decisione, sollevandosi leggermente e mettendo le mani dietro la mia schiena, tirandomi a sé senza interrompere il bacio.
Sento le labbra di Pugno di Fuoco schiacciate sulle mie, sono così calde e, al contrario di quello che pensavo, morbide.
Lentamente la sua lingua si infiltra nella mia bocca, scontrandosi con la mia.
Dopo alcuni istanti Ace conclude questo dolce contatto mordicchiandomi leggermente il labbro inferiore, per poi staccarsi.
- Ce ne hai messo di tempo per dichiararmi i tuoi sentimenti…- mi dice.
- Beh, tu nemmeno l’hai fatto-
Lui sorride e mi guarda negli occhi, facendomi cadere in una specie di trance.
Dio, che occhi che ha: neri come il cielo notturno nelle sere nuvolose.
- Vero, mi piaci Emi, mi piaci da molto- mi confessa.
- Dirlo prima?-
- Non ne ero sicuro, ma infondo meglio tardi che mai, no?- ride.
- Vero, meglio tardi che mai- unisco di nuovo le nostre labbra.
Stupido Portgas D Ace, alla fine riesci sempre ad averla vinta. Non che in questo caso mi dispiaccia, sia chiaro…










Nota dell’autrice
Hola gente! (schiva una palla da bowling) Lo so, sono terribilmente e orribilmente in ritardo e per questo vi chiedo scusa! So che un semplice “scusa” non è abbastanza, ma se ho ritardato c’è un motivo: l’ispirazione. Quanto la odio quando se ne va!
Bene… che ve ne pare di questo capitolo? Quanti di voi lo aspettavano?
Spero di non aver deluso le vostre aspettative, specialmente nel finale. Vi chiedo di avere pazienza, ma nelle scene romantiche (?) non sono molto brava. Tanto per sapere, come vi è sembrata? Orribile?
Vabbeh, ora vi lascio, ma non prima di avervi ringraziati/e per la pazienza! Grazie di cuore!
Ciaoooo!!!

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Capitolo 27
*** Nuova missione ***


27. Nuova missione


Le sorelle maggiori, che creature fortunate! Sono più grandi e quindi comandano. Sono più sviluppate e quindi i ragazzi le guardano di più. Sono più “vecchie” e quindi possono già avere il fidanzato.
Ad essere sincera quest’ultimo fatto mi rode per due motivi. Il primo è che Emi ha il fidanzato ed io no, il secondo è che lei passa più tempo con il suddetto fidanzato che con me. In un certo senso non mi dispiacerebbe tornare indietro nel tempo ed impedire a mia sorella di incontrare Ace, almeno ora sarebbe qui con me e non seduta laggiù, contro la balaustra, ad osservare un combattimento “amichevole” tra Ace e Sguardo.
Emi osserva attentamente ogni minimo movimento del moro. Agli occhi di qualcuno che non la conosce bene potrebbe sembrare che questo comportamento sia un segno di grande amore, ma, in realtà, non lo è. La mia sorellona non è il tipo da smancerie simili, se guarda Ace c’è un motivo ed io credo di averlo capito: sta osservando le sue mosse e le sue tecniche, sta cercando di memorizzarle e di trovarne eventuali punti deboli.
Non dimentichiamoci che la Tigre del Mare Orientale può volere un immenso bene ad una persona, però se la persona in questione è un suo ex nemico, lei non rinuncerà mai all’idea di batterlo un giorno. Questo è un dato di fatto: Emi non si arrende mai.
Anche se dovessero passare mesi o addirittura anni, il suo desiderio di essere la migliore non scomparirà. Quella pazza arriverà anche a sfidare Barbabianca pur di realizzarlo, me lo sento.
Chissà se vincerà. Lo dubito, data la forza dell’imperatore bianco, ma, anche se venisse sconfitta,  lei continuerà a sfidarlo. Continuerà finché non raggiungerà il suo obbiettivo, tipico da parte di un’orgogliosa simile.
Tornando con la mia attenzione sul combattimento, noto che Sguardo si è appena arreso o, per meglio dire, è stato costretto a farlo, vista la forza del suo avversario. Il perdente bestemmia tra sé e sé e chiede la rivincita, cosa che però gli viene negata siccome la richiesta non è nemmeno stata sentita da Pugno di Fuoco, troppo occupato ad ascoltare i complimenti dei compagni. Il Ragno del Vortice ringhia, per poi calmarsi e mettersi a discutere con altri pirati.
Liquidati i suoi compagni, Ace si avvicina ad Emi che, forse per pigrizia, forse per non dare la soddisfazione di sentirsi fare dei complimenti dalla propria fidanzata al moro, è ancora là, contro la balaustra.
Drizzo le orecchie per riuscire a sentire cosa si stanno dicendo.
- Piaciuto il combattimento?- chiede Ace, sorridente.
- Sì, non male- risponde la mia sorellona con un’aria alquanto divertita.
- Dato che ho vinto mi devi un bacio…-
- Non mi sembra di aver fatto scommesse in cui annunciavo ciò-
Credo che Emi stia cercando di deviare il discorso su un altro argomento; probabilmente non le fa molto piacere baciare il ragazzo in pubblico. Poi con dei compagni di ciurma simili… Di certo si metterebbero a sghignazzare ed a fare versi.
Più che una ciurma di esseri umani sembrano un branco di scimmie quando iniziano e di ciò ho avuto la prova una settimana fa, quando i due piccioncini della seconda flotta, così sono soprannominati Ace ed Emi, hanno annunciato il loro fidanzamento. All’inizio tutti erano rimasti sbalorditi, ma, dopo che Barbabianca era scoppiato a ridere, tutti avevano iniziato a complimentarsi, a fare baldoria, a proporre brindisi, a fare domande indecenti o imbarazzanti e così via. Basti pensare che Satch aveva proposto ai comandanti di portare i due fidanzati nella camera di Ace, come è consuetudine fare con gli sposi la prima notte di matrimonio. Marika era subito intervenuta, facendo notare la stupidità di questa proposta e, dopo che Satch aveva provato a sedurla, tirandogli uno schiaffo. Naturalmente Pizzetto era scoppiato a ridere, facendo imbestialire ancora di più la capoinfermiera. Era una scena comica!
Tornando ai piccioncini della seconda flotta, voglio proprio vedere dopo quanto si baceranno.
- Lo so che non hai scommesso…- Ace avvicina il suo viso a quello della sua fidanzata.
- Se lo sai allora non dovresti neanche chiedere- fa la sapientina lei.
Improvvisamente il ragazzo cade addosso alla mia sorellona, addormentato.
Non ho parole.
Quel ragazzo è assurdo! Prima vuole un bacio e poi si addormenta?! Capisco la narcolessia, ma questo è troppo! Fossi io al posto di mia sorella lo prenderei a schiaffi fino a quando non si sveglierebbe! Tuttavia io non sono lei e lei non è me, infatti Emi accompagna delicatamente il corpo del lentigginoso a terra, facendo attenzione a non fargli male.
- Satch!- chiama.
- È andato? Perfetto!- si avvicina l’uomo.
Ho paura che tramino qualcosa, anche se non so di preciso cosa.
- Utilizziamo il nero, va meglio per dei baffi- propone Emi.
- E poi si nota di più- sorride maleficamente Satch, per poi tirare fuori dalla tasca dei pantaloni due indelebili e dandone uno alla sua socia.
I due si mettono al lavoro, ricoprendo la faccia del povero ragazzo di fuoco con disegni vari.
Ora capisco cosa intendevano oggi a pranzo quando parlavano tra di loro del “piano cobra x”…







 
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Giorni dopo…

Mare calmo, sole alto nel cielo, brezza marina che mi muove i capelli, profumo di uova e prosciutto proveniente dalla cucina… profumo di uova e prosciutto?!
Mi guardo intorno. Umi e stravaccata su uno sdraio posizionato sotto l’albero maestro mentre Satch non c’è qui sul ponte. Dev’essere in cucina.
- Satch! Quante volte ti ho già detto di non toccare i fornelli della mia nave?!- urlo, sottolineando il “mia”.
- Tranquilla Miss, preparo solo il pranzo!- si giustifica.
Sbuffo: ma perché mi sono offerta di accompagnarlo in missione sull’isola di Helbor con la mia WindFlower?
Perché è mio amico e perché volevo staccare da Ace. È da quando abbiamo annunciato alla ciurma che siamo fidanzati che rompe le scatole perché vuole che io vada a dormire con lui! Già gli ho concesso di dire agli altri che sono la sua fidanzata, quindi col cavolo che gli concedo anche ciò. Infondo non posso sempre dargliela vinta. Poi, non credo che lui voglia stare nel mio stesso letto solo per dormire…
Vabbeh, capisco che quando due sono fidanzati vadano oltre i baci, ma io credo che sia troppo presto per certe cose. Forse tra due o tre anni…
Ah, basta! Con tutte le cose a cui pensare devo proprio pensare a questa?! Emi, insomma, controlla la rotta invece di farti film mentali!
- Umi, vai a controllare cosa fa Satch, non vorrei che facesse esplodere la nave con le sue trovate da cuoco da strapazzo!- sparo la prima cosa che mi viene in mente per levarmi dalla testa il moro.
Cambiando soggetto dei miei pensieri, Satch è un pericolo vivente: solo ieri, mentre preparava i pop corn per mia sorella, ha dato fuoco ad un asciugamano. Dev’essere tenuto d’occhio.
Ora, non ho capito bene se l’asciugamano l’avesse lasciato lui vicino ai fornelli o Umi, ma è meglio controllare Pizzetto ugualmente.
- Non ne ho voglia…- mugugna la mia sorellina, alzando appena la testa dal suo letto improvvisato.
Che pigrona! Ho sempre saputo che lo è, ma ultimamente è peggiorata.
Sbuffo nuovamente e lascio il timone sperando che, durante la mia assenza, non si scateni una tempesta. Scendo a passo svelto la rampa di scale che porta al ponte, situato più in basso del cassero. Passo di fianco all’albero maestro senza però dimenticarmi di lanciare un’occhiataccia ad Umi e poi scendo sottocoperta. La cucina della Flower, usata anche come sala da pranzo, è la prima stanza che si apre sulla mia destra. Appena entro un profumino molto appetitoso di omelette mi invade le narici. Ok, oggi non ammazzerò Satch. Oggi…
- Ok, per oggi non ti sgrido, ma solo perché hai preparato l’omelette!- informo il cuoco.
- Ahahah! Sapevo che non avresti resistito a questo cibo!- esclama Satch posando un piatto contenente non uno ma ben quattro di quelle frittate ripiene sul tavolo.
Il tavolo è situato di fronte a me, appoggiato contro il muro appena sotto il davanzale della finestra. Subito vado a sedermi al posto da capotavola. Esattamente di fronte a me, con solo il tavolo a dividerci c’è la finestra, tra noi due vi è il piatto.
- Non chiami Umi?- mi chiede Satch, sedendosi sulla sedia vicino alla finestra.
- Che si arrangi, se è pigra non è colpa mia- dico per poi sistemarmi il cibo davanti agli occhi –comunque ho controllato la rotta prima, dovremmo arrivare sull’isola di Helbor entro oggi pomeriggio-
L’isola di Helbor. Da quel che so è un’isola dal clima artico, ricoperta interamente da un’enorme foresta di conifere alte più di cinquanta metri e dimorata da animali pericolosissimi. In più è abitata da due tribù, la tribù dei Sunnis (gli abitanti della costa sud dell’isola) e la tribù dei Shiituud (gli abitanti della costa nord) che sono da sempre in guerra tra di loro per motivi religiosi, nonostante tutte e due adorino le stesse divinità.
- Per curiosità, che interesse ha Barbabianca per quest’isola?- chiedo.
È da un po’ che mi pongo questa domanda, ma non mi sono mai preoccupata di saperne la risposta. Tuttavia, ora che stiamo per giungere alla nostra meta, voglio saperlo.
- La tribù della costa settentrionale dell’isola è sotto la protezione di papà- taglia corto Pizzetto.
-  E allora hanno chiesto aiuto contro l’altra popolazione…-
- Esattamente-
Inizio a mangiare.
Sinceramente sta iniziando ad essere pesante l’essere un membro della ciurma di Barbabianca: odio andare in missione. Insomma, sono una pirata non un crocerossina che aiuta le persone in difficoltà!
Finito il mio pasto, mi alzo e vado al timone. Il mare continua ad essere calmo, ma la temperatura si è abbassata rispetto a prima, segno che ci stiamo avvicinando a Helbor.
- Umi, vai ad accendere il riscaldamento- ordino a mia sorella.
- Sì, in effetti inizia a fare freddino- chiude lo sdraio e lo porta con sé sottocoperta.
- E portami il mio cappotto!- le urlo.
Alzando gli occhi sull’orizzonte vedo un puntino bianco.
Ecco la nostra meta.








Nota dell’autrice
Buonasera! Buongiorno! Buon pomeriggio! (dipende dall’ora in cui state leggendo)
Quanto è brutto questo capitolo da 1 a 10? Io direi 100.
Non so se sia solo una mia impressione, ma mi sembra estremamente noioso. Voi che dite? Comunque sappiate che il capitolo è solo "un'introduzione" per il prossimo, diciamo.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Ciaoo!

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Capitolo 28
*** In cammino ***



28. In cammino


A circa un chilometro dalla costa di Helbor, un gruppo di scogli completamente ricoperti di neve ci offre un luogo, a detta di Satch, sicuro per ancorare la WindFlower. Secondo l’uomo, è infatti sconsigliabile lasciare la nave vicina alla costa ed in vista, data la scarsa ospitalità degli abitanti. Oltretutto mi è stato rivelato un particolare di cui non ero a conoscenza: entrambe le tribù dell’isola sono cannibali. che meraviglia, ho sempre desiderato alloggiare in un villaggio di mangiatori di carne umana!
Secondo il comandante della quarta flotta, essendo noi protettori della tribù del nord, quest’ultima non dovrebbe torcerci un capello, ma questa è solo un’ipotesi. Chi ci dice che, una volta sconfitta la tribù del sud, gli Shiituud non decidano di organizzare un banchetto?
Naturalmente ho già fatto notare più e più volte al mio compagno quest’eventualità, ma lui l’ha subito smentita sostenendo che, anche se spesso le tribù sono credute stupide e sottosviluppate, non crede che lo siano così tanto da mangiarsi i parenti di colui che potrebbe sterminarli con il semplicissimo movimento di un dito, ovvero Barbabianca.
Ok, il fatto che l’imperatore bianco faccia paura a tutti non lo metto in discussione, ma se quei cannibali volessero mangiarci lo stesso?
Al solo pensiero mi salgono già i brividi e, allungando la mano dentro l’armadio della mia cabina per prendere un giaccone pesante, noto che quest’ultima trema. Mi maledico mentalmente: se Emi notasse questo mio comportamento da fifona mi sgriderebbe o mi prenderebbe in giro, a seconda del suo umore. Una domanda mi sorge spontanea: lei non ha mai paura? Non ha paura di morire?
Non  gliel’ho mai chiesto per timore che si infuriasse. Lei non vuole che nomino la morte, sostiene che porti sfortuna farlo e che bisogni sempre pensare positivo. Riflettendoci su, non ha tutti i torti.
Mi metto il giaccone e lo abbottono. Tiro fuori da un cassetto del comodino una sciarpa che successivamente avvolgo al mio collo. Prendo anche un paio di guanti e me li infilo nelle mani. Fuori ci sono -15 gradi centigradi, quindi devo coprirmi bene.
- Umi, ho pensato che forse è meglio se tu rimani qui sulla nave- dice la voce calma di mia sorella.
Alzo gli occhi sulla ragazza appena arrivata. Sotto il giaccone bianco sbottonato indossa uno spesso maglione di lana azzurro; alle mani ha dei guanti dello stesso colore del giaccone e una sciarpa le avvolge il collo. Alzando lo sguardo più in alto noto un buffo berretto di lana color panna con una pallina pelosa sulla punta, ma non è ciò a sorprendermi, bensì un altro particolare: Emi ha i capelli sciolti. I suoi capelli castano molto scuro tendente al nero le ricadono lungo la schiena, coprendola fino  alla metà e rendono la mia sorellona simile ad una principessa. Quasi stento a riconoscere nella donna che ho di fronte Emi. In questo momento è così diversa dal solito, così bianca, così calma, così… strana!
La osservo stranita per alcuni istanti per poi uscirne fuori con un sorriso.
- Sai,  dovresti lasciare i capelli sciolti più spesso, così Ace ti sbaverebbe dietro come un San Bernardo, non che non lo faccia già, sia chiaro!-
- Figuriamoci, non credo che arriverebbe fino a questo punto- un lieve sorrisetto divertito le si stampa in faccia e lei distoglie lo sguardo, segno di imbarazzo –comunque oggi è un caso eccezionale: li tengo sciolti perché fa freddo e loro mi riparano un po’ le orecchie, cosa che non farebbero da legati-
- Sì, però li hai anche lisciati…- le faccio notare.
- Perché così non sono pomposi-
Ha sempre la risposta pronta, come al solito del resto.
Tornando su ciò che mi ha detto appena entrata nella mia cabina, credo che sia un’ottima scelta farmi rimanere sulla nave, ma potrebbe sempre arrivare qualche nemico ed io sarei indifesa. Valutando però che le probabilità che arrivi qualcuno sono veramente poche e che invece sono molto più alte quelle di essere mangiata dai cannibali sull’isola, forse rimanere qui mi è più conveniente. Suppongo che Emi abbia seguito il mio stesso ragionamento e, capendo che sarei una palla al piede, abbia deciso di lasciarmi qui. Astuta la mia sorellona, ma anche senza cuore: so di essere un peso per lei, lo sono sempre stata, ma potrebbe almeno dirmelo in faccia, invece di usare parole gentili per farmelo capire!
- Sai, credo che verrò con voi, non voglio rimanere sola- dico, tanto per non darle la soddisfazione di liberarsi di me.
A volte mi rendo conto di essere un’immatura a voler sempre intralciare mia sorella, ma non mi piace essere trattata da terzo incomodo.
- Sicura?- mi chiede.
- Sicurissima!- mi abbottono la giacca.
Emi mi si avvicina e si abbassa al mio livello. Un certo imbarazzo mi sale e, forse a causa di quest’ultimo forse a causa del giaccone, una vampata di calore mi invade le guance. Non ho mai provato una sensazione simile con mia sorella, però quegli occhi, i capelli sciolti, i suoi indumenti bianchi come la divisa dei marines la rendono così simile alla mamma…
Il pensiero di prima torna a vagarmi per la testa: questa non può essere mia sorella.
- Prendi questa e nascondila sotto la giacca…- mi dà una delle sue pistole –…così potrai proteggerti nel caso io non riuscissi a farlo, cosa impossibile- ghigna.
Sì, questa è mia sorella: la sorella più fantastica che possa esserci!
Si rialza e mi precisa di sbrigarmi: lei e Satch mi aspettano sul ponte.
Subito afferro uno zaino e lo riempio di varie cianfrusaglie che, secondo me, possono servirci: un accendino, uno spray anti orso, delle brioches prese prima dalla dispensa ed avvolte in tovaglioli di carta, un mini den den mushi ed alcune caramelle. Richiuso lo zaino e messo sulle spalle, controllo più e più volte che tutto sia in ordine, per poi lasciare la mia cabina e dare un’ultima controllata al resto della nave.
Uscita finalmente sul ponte, mi becco un’occhiataccia da Emi.
- Ti avevo detto di muoverti- mi rimprovera.
- Come vedi mi sto muovendo- rispondo, camminando.
Se sto camminando mi sto muovendo, quindi ho ragione io. Vediamo se troverai un modo per ribattere.
- Però io ti avevo detto di farlo velocemente e tu vai a passo di lumaca-
La guardo storto: quella deve sempre avere l’ultima parola!
Emi scende tramite una scaletta di corda su una scialuppa di piccole dimensioni. La seguo.
Sulla barchetta ci aspetta Satch che, dopo aver sorriso ed aver fatto una battuta sulla caratteristica femminile di essere sempre in ritardo, inizia a remare, aiutato da mia sorella, verso la costa dell’isola.
In poco tempo vi giungiamo. Scendiamo a terra e, approfittando del tempo che i miei due compagni impiegano per portare la nostra imbarcazione sulla spiaggia affinché il mare non la porti via, io osservo la neve che mi circonda. È alta: mi arriva alla pancia, provocandomi i brividi alle gambe, nonostante i miei pantaloni di lana imbottiti. Per un attimo mi sfiora l’idea di fare una palla di neve e tirarla addosso ad uno dei miei amici, ma rinuncio per pigrizia.
Qualcuno mi afferra per i fianchi e mi carica sulle sue spalle: è Satch.
- Fa freddo, vero?- attacca conversazione con tono scherzoso.
- Sì, decisamente-
- Già è pigra, se la porti ancora sulle spalle lo diventerà ancora di più- si intromette Emi, facendomi la linguaccia.
- Spiritosa!- ricambio il suo gesto, facendo ridere il castano.
Mi piace questa situazione: mi sento al centro dell’attenzione ed è come se Satch ed Emi fossero mia madre e mio padre.
Spesso lo desidero: una madre ed un padre che ridono e scherzano tra loro, portandomi in giro e tenendomi per mano. Lo desidero perché non ho mai potuto provare quest’esperienza e spesso ho visto altri bambini viverla. Quanto li invidio!
Il nostro trio attraversa velocemente il breve tratto di spiaggia innevata e si inoltra in una fitta pineta. Satch ed io siamo in testa dato il ruolo di guida dell’uomo che è l’unico tra di noi a sapere la strada per il villaggio degli Shiituud, essendoci già stato in passato. Procediamo lentamente a causa della neve sempre più alta; ad occhio e croce ora sarà un metro e quaranta. Un fiocco di neve mi scende davanti agli occhi, seguito da molti altri.
- Nevica!- urlo, presa dall’entusiasmo.
- Ci mancava altra neve- alza gli occhi al cielo mia sorella.
- Suvvia Emi, un po’ di spirito natalizio!- esclama Pizzetto.
- Già, peccato che non siamo a Natale-
Questa volta do ragione alla mia sorellona: non siamo a Natale, Satch!
Dopo appena mezz’ora di cammino ci fermiamo vicino ad una cascata ghiacciata. Le varie stalattiti di ghiaccio brillano alla poca luce del sole che riesce a filtrare tra le nuvole grigie creando un magnifico spettacolo di colori. Di fronte alla cascata, un lago ghiacciato di medie dimensioni attira la mia attenzione, ricordandomi le piste da pattinaggio. Appena posata a terra, con difficoltà mi faccio largo tra la neve, leggermente più bassa di prima, per raggiungerlo. Poso il piede sul ghiaccio.
È scivoloso!
Entusiasta poso l’altro, dandomi una leggera spinta, intenzionata a provare a pattinare. Cado a terra come un sacco di patate, ma non arrendendomi mi rialzo e riprovo, ricadendo. Con questo ritmo di scivolate, cadute e rialzamenti arrivo senza rendermene conto sull’altra sponda del lago. Metto piede sulla terra innevata e saluto il castano e la mora rimasti dall’altra parte. Mentre muovo il braccio a destra ed a sinistra, ridendo, un venticello caldo mi arriva da dietro.
- Umi, corri!- urlano i due.
Corri? Perché devo correre?
Mi volto; non l’avessi mai fatto.
Una tigre gigante mi sta osservando con i suoi occhietti gialli. Questo tipo di felino è più grande di quanto immaginassi, non pensavo che una tigre gigante fosse così grande; sarà cento volte mia sorella trasformata!
Improvvisamente mi ruggisce in faccia, intossicandomi quasi con il suo alito puzzolente e mettendomi addosso una paura incredibile.
All'istante mi lancio sulla distesa di acqua ghiacciata, correndo a più non posso verso i miei due compagni ed urlando come una pazza. L’animale con un balzo mi sorpassa, bloccandomi la strada. Cerco di frenare, con l’unico risultato di cadere a terra, facendo una lunga scivolata che mi porta esattamente davanti alla fiera. La guardo, spaventata a morte. Il mio povero cuore batte ai mille all’ora ed io sto boccheggiando.
Sono spacciata, sono spacciata, sono spacciata!
La bestia alza la zampa, sta per colpirmi con i suoi artigli ed io sto per lasciarci le penne quando vengo investita da un corpo e spinta fuori dalla portata dell’attacco.
Ripresami dallo shock, mi rendo colpo che il corpo in questione è quello di mia sorella che mi si è lanciata addosso approfittando del ghiaccio, cosicché la spinta utilizzata ci facesse scivolare via.
- Non ti azzardare a toccare mia sorella!- urla lei al nostro nemico dopo essersi rialzata ed aver assunto un aspetto autoritario.
Per tutta risposta la belva fa un passo avanti.
Improvvisamente emette un ruggito spezzato e si dimena, cercando di scansarsi di dosso la causa del suo dolore, ovvero la spada di Satch piantata nel fianco. Il colpevole del suo dolore estrae la spada e balza via.
Ora la tigre gigante è veramente furiosa; si lancia contro il nuovo arrivato, cercando di spezzarlo in due con le sue fauci. Emi corre ad aiutarlo, ma viene scagliata lontano da una codata del felino. Io vado da lei e la aiuto a rialzarsi dal mucchio di neve  in cui è finita.
- Brutto gatto troppo cresciuto- impreca –giuro che lo ammazzo!-
- Ma hai visto quanto è grande?! Scappiamo!-
- Col cavolo!- si trasforma in tigre.
Corre verso il suo “parente troppo cresciuto” e gli balza contro, colpendogli il muso con una artigliata e così impedendogli di addentare Pizzetto, caduto poco prima. Il colpo non ha l’effetto desiderato, infatti il nemico da distruggere non si è fatto nemmeno un graffietto.
Però, stranamente, non ci attacca più, ma fissa mia sorella, emettendo degli strani versi per un tempo più o meno lungo.
La ragazza torna alla sua forma umana e lo guarda, per poi annuire. A questo punto il nostro nemico se ne va, lasciando me e Satch sorpresi.
Ma cos’è successo?
- Possiamo continuare il cammino- dice Emi –ha detto che non si scontra con i suoi simili-
I suoi simili? Non vorrà mica dire che quel coso considera Emi un suo simile per via dei poteri di quest’ultima?! Poi, da quando la mia sorellona capisce il linguaggio animale? Questa è bella!
Pizzetto, stupito tanto quanto me, le domanda spiegazioni e lei si limita a sistemarsi il cappello di lana in testa per poi affermare con divertimento che in fondo questa missione non è noiosa come se l’aspettava.



 
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In una zona ignota dell’isola…

- Signore, la merce è stata quasi tutta caricata- dice un ragazzo.
Dal suo trono, un uomo dai lunghi capelli biondi ed un orecchino d’oro al lobo destro sogghigna. Allunga la mano verso una bottiglia di birra e la afferra, mettendo in mostra i suoi muscoli, ben visibili sotto la canottiera.
- Ottimo. Mi raccomando però, fate attenzione che non venga danneggiata o sapete cosa vi aspetta!- beve.
- Certo, signore-









Nota dell’autrice
Buongiorno! Ed eccomi di nuovo qua con il mio solito ritardo, vero? XD Scusate, ma ultimamente non posso dedicarmi spesso alla storia dato che devo prepararmi per degli esami scolastici. Forse non aggiornerò più prima di luglio a causa di quelle brutte bestie, mi auguro che riusciate a pazientare per tutto questo tempo.
Comunque spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento! Fatemi sapere!
Ciao!

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Capitolo 29
*** Un misterioso simbolo ***


29. Un misterioso simbolo


L’arrivo al villaggio non è esattamente come me lo sarei aspettata. Nella mia mente, fin da quando siamo partiti dalla Moby Dick, si era creata l’immagine di un paesino le cui case erano costituite da tende di pelle animale di forma conica. Trattandosi di una popolazione di cannibali, ero più che certa di questa mia teoria che, una volta arrivati qui, si è frantumata come se fosse di cristallo. Gli edifici non sono tende, ma iglù, quelle buffe abitazioni di ghiaccio spesso usate dalle persone delle isole dal clima glaciale. Beh, diciamo che non sono esattamente iglù, ma ciò che ne resta, essendo il villaggio stato distrutto. Oltre a ciò la zona sembra anche disabitata, forse la tribù che qui viveva è stata sconfitta dalla rivale e costretta ad andarsene. Da una parte è una fortuna, almeno i cannibali non mi mangeranno, dall’altra una sfortuna, dato che la nostra missione non terminerà finché non faremo ritornare la normalità sull’isola. Certo, potremmo dire a Barbabianca di aver sistemato tutto e tornare indietro fregandocene altamente se un intera comunità di persone è sparita, ma questo sarebbe un inganno, un tradimento di fiducia verso la persona che ha accolto me e mia sorella sulla sua nave e ci ha fatte sue figlie, invece di ucciderci. In teoria dovremmo mostrargli riconoscenza, cosa che non facciamo dimostrandogli affetto o chiamandolo "papà", ma obbedendo ai suoi ordini e portando a termine le missioni; questo è il motivo per cui dobbiamo assolutamente ritrovare gli Shiituud.
- Qui è successo qualcosa di grave- la voce di Satch rompe l’inquietante silenzio che fino a poco fa regnava tra le macerie.
- Secondo me, l’altra tribù è passata all’attacco- dice Emi, le braccia incrociate al petto.
- No, altrimenti ci sarebbero dei corpi-
Ora che ci penso, è strano trovare un villaggio distrutto e depredato con la completa assenza di morti o superstiti sul campo di battaglia, dato che chiunque, indigeno o meno, combatterebbe per salvare il proprio paese, a costo di lasciarci le penne.
- Potrebbero averli seppelliti o magari gli animali hanno trascinato via i cadaveri per mangiarseli- insiste mia sorella.
L’idea di mangiare un cadavere mi si insinua nella mente rendendomi letteralmente schifata. Mi chiedo come faccia Emi a parlarne con così tanta semplicità.
- No, gli animali avrebbero consumato il pasto sul posto- Satch si fa pensieroso –e gli Shiituud seppelliscono i cadaveri vicino al villaggio, di solito costruendo sopra la tomba delle colonne di neve-
- E qui non ci sono colonne...- si guarda intorno la ragazza-tigre.
- E se non avessero avuto tempo per farle?- domando io, sicura che la mia domanda sia colei che farà avere un lampo di genio ai due.
- Non li avrebbero nemmeno seppelliti- risponde la mia "adorabile" sorellina.
Ed ecco come quella diciannovenne mi fa sentire un’idiota: trovando le risposte alle domande che secondo me non ne hanno. Forse dovrei considerare di più quel detto che dice di contare fino a 10 prima di parlare, almeno eviterei di deprimermi in seguito alle possibili parole di Emi.
Sotto consiglio di Pizzetto, ci dividiamo in cerca di indizi che possano in qualche modo aiutarci a comprendere il destino di quella povera gente o, più giustamente, poveri cannibali. Naturalmente io, per paura di avere qualche spiacevole incontro, rimango incollata a mia sorella.
Lei cammina lentamente, osservando scupolosamente ogni ammasso di macerie, ogni pezzo di legno, ogni impronta ed ogni oggetto sparso sulla neve. Io mi limito a seguirla a testa bassa, osservandomi i piedi ed annoiandomi a morte. Improvvisamente alzo gli occhi e sbatto contro la sua schiena. Mi tocco il naso, imprecando mentalmente per poi pronunciare alcune delle parole molto colorite imparate sulla Moby Dick. Stranamente mia sorella sembra non far caso alla mia dimostrazione di maleducazione, anzi credo non l’abbia nemmeno sentita. Decido quindi di sorpassarla per capire che cosa abbia attirato la sua attenzione e lo vedo. Lì, davanti a noi, su un palo di legno è inciso un simbolo, un simbolo che credevo di non dover rivedere mai più: una catena che lega un teschio ovvero il marchio dei mercanti di schiavi della Rayan Company.
- Emi, loro…- guardo in faccia mia sorella, sconvolta.
- Rayan…- fissa il marchio con un’espressione indecifrabile.
Non posso crederci, non voglio crederci, voglio dimenticare questo segno, voglio assolutamente togliermelo dalla testa!
- Emi, ti prego, andiamocene da quest’isola! Non voglio più avere niente a che fare con quelli! Mi fanno schifo, li odio!- urlo.
- Taci, piuttosto vedi di tenerti ben stretto quello che hai visto. Nessuno deve saperlo, nemmeno Satch- mi ordina con sguardo glaciale, per poi tranciare il palo con i suoi artigli e farlo cadere nella neve.
- Perché non dovrei dirlo a Satch?!-
- È una questione tra me e Rayan, tu e Satch dovete starne fuori-
Mi chiede di starne fuori quando sa benissimo che la questione riguarda anche me: io c’ero ed ho visto tutto quello che lei doveva fare per racimolare denaro.
- Sai benissimo che io c’entro quanto te in questa storia!-
- Tu non c’entri niente, invece io sì. Ero io che catturavo i pirati e li vendevo per avere la ricompensa-
Taccio, non sapendo cosa ribattere.
- Avevamo bisogno di soldi per proseguire il nostro viaggio ed arrivare nel Nuovo Mondo e ci era impossibile andare a riscuotere le taglie in una base della Marina, lo sai. Io non sono pentita di quello che ho fatto. Mi limitavo solo ad eliminare quella feccia che attaccava i villaggi e a venderla-
- Ma ora non abbiamo niente da vendere, perché vuoi tornare da Rayan?-
Lei mi ignora, voltandosi e ritornando dalla direzione dalla quale siamo venute. La rincorro, afferrandola per un braccio e costringendola a guardarmi in faccia.
- Dimmelo!- le ordino.
- Se ti fidi di me mi lascerai fare. Vedrai che risolverò un bel po’ di problemi-
Le lascio il braccio, chiedendole di spiegarsi meglio. Lei si limita a farmi le spallucce, dicendomi di stare tranquilla. Mi posa le mani sulle spalle e mi guarda, seria.
- Dì a Pizzetto che vi precedo al villaggio dei Sunnis, ma non fare parola di Rayan-
Azzardo un perché, ma lei finge di non sentirmi.
- Assecondami, Umi: Satch deve venire in quel villaggio- si trasforma in tigre.
- D’accordo, ti asseconderò, sorella- dico anche se con poca convinzione, osservando l’animale sparire tra gli abeti che circondano il villaggio.







 
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Una corsa di circa una notte per arrivare qui, in un altro villaggio distrutto e di Rayan nemmeno l’ombra. Sapendo di che razza di persona si tratta, molto probabilmente ha già preso il mare per andare a vendere la sua "merce". Se così fosse la nostra missione potrebbe dirsi conclusa, a meno che Satch non sia disposto ad inseguire gli schiavisti fino all’arcipelago Sabaody.
L’arcipelago Sabaody, un posto più brutto di quello non può esistere: venditori di schiavi e draghi celesti, un miscuglio perfetto di esseri luridi.
Al centro del villaggio ecco un altro palo di legno con il famoso simbolo. Distruggo anche questo; se Pizzetto lo vedesse capirebbe chi è il nostro nemico ed io non voglio che lo scopra, almeno non adesso.
- Ferma dove sei!- urla un uomo alle mie spalle, il rumore dei fucili caricati e pronti a sparare.
Involontariamente ghigno in modo leggermente sadico, riconoscendo la voce che mi ha parlato.
- Girati lentamente-
Obbedisco all’ordine per poi poter notare un’espressione stupita sulle facce dei miei assalitori che, avendomi riconosciuta, abbassano i fucili.
- È questo il modo di trattare una vecchia amica, Lest?- mi rivolgo al loro comandante.
- Sì, lo è. Che ci fai qui?- lo stupore si trasforma in disprezzo.
Burbero come al solito, quell’uomo non ha mai potuto vedermi. Non si fida di me e questa potrebbe essere una complicazione.
- Sono venuta a negoziare della merce con Rayan-
- E chi mi dice che questa sia la verità? Infondo è da un bel po’ di tempo che non ti fai viva. Hai lasciato la compagnia di punto in bianco, senza far sapere più niente di te- mi punta una pistola alla tempia.
- Avanti, spara, fammi fuori, vediamo quanto ti conviene-
Posso permettermi di provocarlo, tanto sono certa che non oserà mai farmi del male, soprattutto se c’è il rischio che il suo capo venga a saperlo. Infatti Rayan ci tiene molto a me, mi considera una valida alleata e, da come ho potuto capire quando lavoravo per lui, vorrebbe qualcosa di più da me…
Lest abbassa la pistola con una smorfia e mi guarda con odio puro, facendomi sentire superiore a lui dato che vorrebbe ammazzarmi ma non può.
- Vieni con noi- ordina, scocciato.
I suoi uomini, avvolti nei loro cappotti verde scuro, mi fanno strada ed io li seguo in silenzio. La strada è lunga e man mano che proseguiamo la neve che cade nuovamente dal cielo ricopre le nostre tracce. Sarà un problema per i miei compagni ritrovarmi, cavolo.
Stiamo arrivando in una zona di foresta molto intricata. I rami degli abeti sono molto bassi (certi toccano il suolo) e folti e la poca luce solare già in parte coperta dalle nuvole del cielo fa ancora più fatica a penetrare qui sotto; nonostante ciò la strada precedentemente creata dagli schiavisti prosegue. Ci infiliamo in mezzo ai rami, li spostiamo, a volte ci cadono dei mucchi di neve addosso.
Ad un certo punto noto un cambiamento di luminosità ed alzo lo sguardo, constatando che finalmente della luce riesce a filtrare attraverso questo muro di aghi. Sposto l’ultimo ramo e si presenta ai miei occhi la spiaggia. Sulla spiaggia c’è l’accampamento degli schiavisti e in mare la loro nave. La osservo attentamente: non è minimamente cambiata da come la ricordavo.
Ci avviciniamo alle tende e tutti gli uomini del campo mi osservano, alcuni con curiosità, altri con disprezzo ed altri ancora con stupore. I primi devono essere le nuove reclute, i secondi sono i sottoufficiali di Lest rimasti qui e gli ultimi sono coloro che mi conoscono ma che non avrebbero mai pensato di rivedermi proprio su quest’isola.
- Aspetta qui- mi dice Lest per poi entrare in una tenda leggermente più grossa delle altre.
Io obbedisco, ma con un certo fastidio dato che odio ricevere ordini.
Quando quell’odioso esce, non è da solo.
- Emi? Che diavolo ci fai qui?- ghigna Rayan.
- Oh, niente di speciale, voglio solo parlarti- sogghigno.
Non è cambiato di una virgola, solamente i suoi capelli biondi sono cresciuti di qualche centimetro.
- Allora non perdiamo tempo, vieni- rientra nel suo alloggio provvisorio.
Mi avvio verso il tendone e prima di sparire al suo interno lancio un ultima occhiata di superiorità a Lest.

- Siedi- mi indica con lo sguardo una sedia posta davanti ad una tavola quadrata.
Obbedisco, ringraziando mentalmente il biondo: ho corso molto per arrivare da lui e le mie gambe sono doloranti.
Rayan si siede di fronte a me e mi osserva attentamente.
- Di che sei venuta a parlarmi? Vuoi per caso riunirti alla mia compagnia?-
- No e comunque non ne ho mai fatto parte- stronco il discorso con una delle mie frasi dirette ed efficaci.
Il mio interlocutore sorride leggermente, per poi appoggiare i gomiti sul tavolo che ci divide e sporgersi verso di me.
- Vero, tu facevi solo fuori i pirati ed io li compravo. Ora mi sorge spontanea una domanda: per quale motivo hai smesso di lavorare per me? Perché quello che facevi era un lavoro, carina…-
- Sono stata impegnata negli ultimi tempi, diciamo che ho avuto dei problemini con uno dei quattro imperatori, Barbabianca. Lo conosci, vero?-
Lui si limita a scoppiare a ridere, come se non gli potesse fregare di meno dell’imperatore bianco. Sentendomi presa in giro, gli lancio un’occhiataccia.
- Certo che conosco Barbabianca, sono anche sul suo territorio, no? Forse è per questo che sei venuta, ora che sei una sua affiliata-
Rimango lievemente stupita dal fatto che lui sappia, ma non lo do a vedere.
- Dimmi Emi, cosa ci fai tra le file di quel vecchio?-
- Cosa ci faccio?- sorrido malignamente –Sopravvivo. Sopravvivo come ho sempre fatto-
- Oh, ne deduco che non sei cambiata per niente- si alza dalla sedia ed inizia a passeggiare intorno al tavolo.
- Esatto, a me interessano solo i soldi e la mia sopravvivenza, mia e di mia sorella. Proprio per questo sono venuta da te- sento i passi di Rayan dietro di me, ma non mi volto –Vorrei scappare dal vecchio, ma ho una palla al piede: si chiama Satch ed è il comandante della quarta flotta. Molto probabilmente è qui per controllarmi-
I passi si bloccano ed una lieve tensione si crea nell’aria.
- So che Satch come schiavo varrebbe molto e si da il caso che mia sorella lo stia conducendo qui. La mia proposta è questa: aiutami a scappare ed io ti aiuterò a catturare Satch- continuo.
- Devo ammetterlo Emi, la proposta è allettante, ma io voglio qualcosa di più da te- sussurra al mio orecchio –Dammelo e non dovrai più preoccuparti di Barbabianca o della Marina-
- Cosa vorresti di preciso, Rayan?-
- Te- appoggia la mano sulle mie gambe.
- D’accordo, ma prima catturiamo il comandante. Non mi fido di te-
Effettivamente quest’uomo è capace di tutto, anche di venire meno ad un patto. Non posso permettermi errori: devo essere più furba di lui.
- Diffidente come al solito… va bene, ma domani sera sai cosa ti aspetta- ridacchia, per poi uscire dalla tenda.
Non posso che non ripensare a cosa ho appena fatto: mi sono venduta.
Una fitta al cuore mi colpisce. Scusa, Ace…












Nota dell’autrice ritardataria
Ok, eccomi tornata! Spero ci sia ancora qualcuno che legge la mia storia, dati i miei ripetuti e noiosi ritardi senza un senso logico. Beh, mi scuso per questo ritardo di circa un mese, però vi avevo avvertiti che avrei tardato un po’… *un coltello le sfiora il viso* …ok, un po’ tanto!
Per sapere, cosa ne pensate di questo capitolo? Fatemi sapere con una recensione, anche mini!
Ciao!

 

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Capitolo 30
*** L'astuzia di Emi ***


30. L’astuzia di Emi

Non posso credere a quello che sto facendo. È veramente una cosa assurda: sto seguendo Satch, il comandante della quarta flotta, il mio amico, il mio compagno di avventure, verso villaggio dei Sunnis e non l’ho neanche avvertito che potrebbe cadere nelle grinfie dei mercanti di schiavi; tutto ciò per assecondare Emi naturalmente!
Quella matta, chissà cosa starà combinando in questo momento. Secondo me, le possibilità sono due: se ha trovato Rayan probabilmente sarà con lui a parlare di soldi e di affari del governo, se non l’ha trovato lo starà ancora cercando per l’isola.
Non capisco perché ci tenga tanto a trovarlo, infondo se il motivo fosse sconfiggerlo per poi liberare gli isolani avrebbe potuto benissimo raccontare a Satch tutto quello di cui era a conoscenza e venire al villaggio insieme a noi. Di quest’ultimo fatto non mi preoccupo più di tanto, infondo mia sorella è furba e se decide di agire in un certo modo è perché ha un piano, però per quale motivo è andata da quel sudicio traditore della peggior specie?!  Lo odio, non mi è mai andato a genio e dopo quello che ha provato a farci tempo fa mi chiedo proprio con che coraggio Emi voglia ancora parlargli.
- Attenta al ramo- mi dice Satch, appena in tempo prima che io tiri una testata in una ramificazione di un abete.
- Sono stufa di questa pineta!- alzo la voce, alterata.
Il mio compagno ride sonoramente, facendomi innervosire ancora di più.
Continuiamo lungo questo sentiero per alcuni minuti e finalmente usciamo da questa marea di alberi. Davanti a noi fa capolino il villaggio dei Sunnis o, più precisamente, le rovine del villaggio. Ci guardiamo intorno per poi proseguire il nostro cammino.
- Anche questo villaggio è distrutto, questa faccenda mi puzza di bruciato- esclama Satch, chinatosi per prendere una bambolina semibruciata.
Chissà che atrocità ha visto la proprietaria di quella bambola…
- Forse i Sunnis hanno attaccato gli Shiituud e poi questi ultimi si sono vendicati o viceversa- dico per confondere il mio amico.
- Sai Umi- si alza e mi guarda, serio –inizio a dubitare che la causa di tutto questo sia la popolazione dell’isola-
- Ti do completamente ragione!-
Un rumore di legno spezzato ci giunge alle orecchie e ci voltiamo di scatto nella direzione dalla quale proviene.
- Finalmente siete arrivati, ce ne avete messo di tempo!- esclama una Emi annoiata, avvicinandosi.
- Oh, Miss! Non ti avevo vista, stavo iniziando a preoccuparmi!- annuncia Satch.
Mia sorella si avvicina all’uomo, le è quasi appiccicata e lo fissa negli occhi.
- Che fai? Capisco di essere un bell’uomo, ma…- si blocca e guarda verso il basso, più precisamente fissa stupito la canna di una delle pistole della ragazza premuta sul suo stomaco.
- Emi, ma che cavolo fai?!- dico io, fissando la scena incapace di agire.
- Scusa Satch, non volevo ricorrere a ciò- si spiega lei, togliendo la sciabola dalla cintura del castano.
Qualcuno applaude dal bosco, per poi uscirne seguito dai suoi uomini.
- Complimenti, socia! Davvero un ottimo lavoro- ghigna Rayan.
Subito una trentina di uomini ci accerchiano, puntando i loro fucili contro il comandante della quarta flotta e lasciandomi parecchio disorientata. Ma che sta succedendo?
Mia sorella lancia la lama, appena presa, al biondo che la afferra al volo e la sguaina dal fodero, esaminandola.
- Davvero molto bella! La terrò io. Non credo che ti serva più d’ora in poi- esclama Rayan rivolto al proprietario dell’oggetto –Mmm? Perché quella faccia? Lo sanno tutti che non bisogna fidarsi di Emi, lei è una traditrice di natura- fa un ghigno storto.
- Non parlare male di mia sorella!- abbaia Satch.
“Sua sorella”. Pizzetto considera Emi sua sorella…
- Tua sorella.- ride fragorosamente il biondo –Dimmi Emi, tu hai fratelli?-
- Da quello che mi risulta ho solo una sorellina- risponde la mora.
- Che diavolo stai dicendo, Emi?- spalanca gli occhi Satch.
- La verità. Tu per me non sei niente.-
Rayan ride ancora più fragorosamente di prima, facendomi infuriare non poco.
- Chiudi quella bocca!- gli urlo contro –E tu, Emi, come ti permetti di trattare così nostro fratello?! Per te vale così poco da meritarsi un trattamento simile? Se non fosse per lui saremmo ancora sole e non avremmo una famiglia!- mi scendono alcune lacrime mentre parlo –e poi Ace? Anche Ace per te non conta niente?!-
- Ace è solo un povero idiota. È così stupido da non riuscire nemmeno a capire che ho finto di amarlo per tutto questo tempo-
Fisso esterrefatta la ragazza che ha parlato per cercare anche un minimo segnale che mi faccia capire che stia mentendo. Deve mentire per forza, ma i suoi occhi sono così inespressivi, il suo sguardo così freddo… tutti segnali che queste non sono bugie.
- Un comandante innamorato di te?- sghignazza Rayan –Innamorarsi di una come te, doveva davvero essere disperato per cadere nei tuoi trucchetti, poveretto- scuote la testa sogghignando.
- Basta perdere tempo- ordina la mia sorellona, per poi prendere Satch per il cappotto e sbatterlo a terra, facendo sollevare una nuvoletta di neve fresca –Legatelo e portatelo alla nave-
Alcuni uomini rompono l’accerchiamento, avvicinandosi. Salto sulla schiena di uno di loro, per cercare di rallentarli, ma subito altri due mi afferrano per le braccia e mi trascinano indietro.
- Satch!- urlo.
Il castano prova a far resistenza, ma viene facilmente tenuto fermo dalla forza felina di Emi e legato, per poi essere portato via.








 
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Me ne sto qua, seduta a gambe incrociate, sul letto di Rayan. È da circa due ore che abbiamo lasciato l’isola di Helbor. Solo mezz’ora fa ho mangiato cena in compagnia di quel biondo e di Umi, la quale per tutto il tempo mi ha lanciato occhiate di odio puro e mi ha rinfacciato il tradimento che ho commesso nei confronti di nostro fratello.
Onestamente non riesco a considerare Pizzetto un fratello vero e proprio, ma provo qualcosa che va oltre l’amicizia nei suoi confronti. Insomma, è il primo che è venuto a parlarmi agli inizi della mia carriera sulla Moby Dick, è la persona con cui passo più tempo dopo mia sorella, è il mio compagno di scherzi. Non potrei mai tradirlo eppure in teoria l’ho fatto.
Beh, in teoria ho tradito anche Ace e la mia sorellina tra l’altro mi ha anche rinfacciato questo. Continuava a parlare di tutti i gesti d’amore che Ace mi ha riservato tra cui i baci, le carezze, il tempo passato insieme…
Ogni volta che Umi apriva bocca Rayan si infuriava di più e lei, dopo aver notato questo particolare, parlava ancora di più! Ho dovuto farla portare via da due uomini della ciurma affinché il biondo non la zittisse per sempre con il coltello con il quale stava mangiando. Certo, non gli avrei permesso di farlo, ma agendo gli avrei fatto sospettare che infondo sono ancora legata ad Ace, cosa che in effetti è vera. Sono legata a quel fiammifero e non intendo spezzare questo legame: lo amo troppo e in questo preciso istante mi manca la sua presenza.
Mi scappa un sorrisetto, mi sono proprio ridotta male: non riesco più a stare senza di te, Portgas D Ace.

…Emi, vieni a sederti vicino a me in sala da pranzo, vero? …Emi, non puoi dirmi di no, sono il comandante! …Emi, vieni a fare un giro sullo striker con me? …Emi, dai vieni a dormire da me! Solo per stanotte! ...Mi devi un premio, Emi.

Ecco, mi vengono persino in mente le tue parole, barbecue umano.

“…Hey Emi, sai che hai proprio un bel sedere?

Ok, dopo quest’ultima affermazione, che oltretutto avevi detto in pubblico, ero arrossita e ti avevo tirato un pugno in testa alla Monkey D Garp così forte che per un attimo avevo creduto di essere diventata più potente di quel vecchiaccio. Ti era spuntato un bernoccolo grande come un pallone, tutti avevano riso come dei babbei e tu ti eri offeso. Pensavo non mi avresti più parlato ed invece quella stessa sera mi avevi bloccata nel corridoio che porta alle camere per poi baciarmi con foga e dirmi che volevi delle scuse. Però tu non volevi delle semplici scuse, Ace e ti eri anche permesso di allungare le mani, così ti eri preso una strigliata dalla sottoscritta e un altro pugno in testa.
Stupido Portgas, non sai quanto mi mancano questi nostri piccoli litigi e non è nemmeno passata una settimana dall’ultima volta che ci siamo visti!
Sento dei passi lungo il corridoio e subito dopo la porta della camera di apre, facendo entrare il suo proprietario. Indossa un paio di pantaloni neri e la sua solita canottiera bianca. I suoi lunghi capelli biondi sono umidi, segno che probabilmente si è fatto una doccia.
A quanto pare, vuole che la sua prima volta con me sia perfetta.
Quando mi vede sogghigna.
- Pensavo di trovarti in altre… posizioni- mi lancia un occhiata maliziosa.
- Non sono come le solite buone donne che ti porti a letto, Rayan- mi astengo dal dire parolacce.
- Oh, lo so, mia cara. Infatti credo che questa sarà un notte molto interessante… spero solo che quel pirata di qui parlava tua sorella non ti abbia toccata.- il suo tono si fa duro, facendomi intuire la sua gelosia.
Rayan è fatto così, lui vuole che le sue nuove conquiste siano solo sue.
- E credi che mi farei toccare da un idiota simile? Ho sempre trovato scuse-
L’uomo scoppia in una fragorosa risata.
- Oh, Emi, tu si che sei una donna tutta d’un pezzo-
Lo osservo mentre va avanti e indietro per la camera con gli occhi puntati su di me. Sta agendo come un predatore che esamina la sua preda prima di attaccarla. Arriva esattamente di fronte a me e lentamente sale sul letto. Con altrettanta lentezza mi fa sdraiare e si mette a cavalcioni sopra di me. Ghigna.
- Stento a credere che questo sia reale…- mi sfiora la guancia con il dorso della mano.
Non gli rispondo, ma stringo più forte  nella mano l’arma che tengo nascosta sotto la mia schiena. Questo lurido idiota ha già osato fin troppo per i miei gusti. Solo una persona può permettersi di fare una cosa del genere con me e quella persona si chiama Portgas D Ace.
Improvvisamente delle urla dal ponte attirano la mia attenzione, ma non solo la mia; anche Rayan si volta verso la finestra che dà su quel luogo.
Approfitto della sua momentanea distrazione per estrarre la pistola e puntargliela alla tempia. Tiro indietro il cane, producendo il tipico click metallico ed attirando lo sguardo della vittima.
- Che diavolo fai?!- mi guarda, truce.
- Oh, non l’hai ancora capito?- uso un tono desolato e teatrale.
- Tu, lurida…- trasforma la sua mano in una falce.
- Ah, ah, ah, io farei il bravo fossi in te. Qua dentro c’è un bel proiettile di agalmatolite e, anche se non è riservato a te, lo userò se necessario- dico, facendolo bloccare -Sono molto difficili da trovare, sai? Non obbligarmi a sprecarlo-
Devo ammettere che questa situazione mi piace un sacco: è da una vita che sogno di farla pagare a Rayan per quello che ha cercato di fare: ha scoperto di chi siamo figlie io ed Umi e voleva venderci alla Marina per intascarsi la mia taglia.
Improvvisamente la porta si spalanca e Satch irrompe nella stanza seguito dalla mia sorellina.
- Buonasera, Miss! Uh, posizione provocante- sghignazza.
- Molto spiritoso, Satch! Hai preso le manette come ti avevo chiesto?-
- Certo!- le lancia in aria per poi riprenderle con una mano ed avvicinarsi al letto.
Appena il mio amico ammanetta Rayan con l’agalmatolite, io spedisco quest’ultimo giù dal letto con un calcio e mi rialzo.
 Umi mi si para davanti, incavolata nera, da quel che vedo.
- Fammi capire bene… tu hai fatto tutta questa recita solo per far arrivare Satch nelle prigioni della stiva, liberare gli schiavi e creare una ribellione sulla nave?! E in più l’hai anche trattato male al villaggio solo per distrarre i nemici e dargli una delle tue pistole perché potesse liberarsi in futuro dalla cella?!-
- Sì, diciamo di sì- metto le mie due rivoltelle nei rispettivi foderi.
- Ma tu sei un genio!- urla, gli occhi scintillanti di ammirazione –Però la prossima volta fammi il favore di avvertirmi!- si volta verso il nostro nemico, ammanettato e seduto contro il muro –E per quanto riguarda te… sei un odioso ornitorinco in calore!- gli tira un pugno in faccia.
Ok, mia sorella ha appena picchiato un nemico…
Credo proprio che quei matti della ciurma di Barbabianca le stiano facendo un brutto effetto.
- Emi…- mi osserva con gli occhi lievemente lucidi –Mi fanno male le nocche della mano ora!- piagnucola.
- Sai… non ho parole-
Costringo Rayan ad alzarsi e, dopo aver dato l’ordine di andare sul ponte, mi incammino, spintonando fuori il nemico.
Arrivata, noto che gli ex schiavi hanno ormai buttato in mare tutto l’equipaggio della nave e che ora stanno combattendo tra di loro. Queste due tribù non si possono proprio vedere!
- Ah-ehm!- tento di attirare l’attenzione su di me, fallendo.
Tutte queste persone non ne vogliono proprio sapere di smettere di prendersi a calci e pugni; persino donne e bambini combattono tra di loro.
- Hai visto cos’hai combinato, Emi?- mi prende in giro il mio prigioniero con odio.
- Cos’ha combinato Emi?! Ma se hai fatto tutto tu!- gli sbraita contro Umi.
Prendo una delle mie pistole e sparo un colpo in aria.
Un sussulto scuote tutti i presenti che finalmente mi degnano della loro attenzione.
- Per favore, smettetela di azzuffarvi o sarò costretta a rispedirvi nelle celle-
- Un’altra nemica, prendiamola!- urlano alcuni di loro.
- Ma che nemica! Siamo della ciurma di Barbabianca!- sbotta Umi.
Immediatamente tutti si bloccano. Evidentemente temono l’imperatore bianco e preferiscono non provocarlo.
- Ho una domanda: sapete governare una nave?- chiedo.
Il silenzio generale mi fa capire che la risposta è no.
- Allora vi conviene stare buoni, altrimenti non tornerete mai più sulla vostra isola. Questa può suonare una minaccia, ma non lo è. È una condizione che dovete accettare per poter rivedere la vostra terra. Per me sarebbe impossibile gestire l’imbarcazione con una rissa in corso-
Gli appartenenti alle due tribù si lanciano ancora qualche occhiata di disprezzo, poi, con mia grande felicità, si sistemano in zone opposte del ponte, mettendo a tacere i loro battibecchi.
- Non sapevo che fossi così diplomatica, Miss- scherza Satch, appena arrivato.
- Ci sono molte cose che non sai di me, Mister Pettinatura Pomposa- scherzo a mia volta.
Uno strano oggetto tra le mani del mio amico mi fa spalancare gli occhi. Non posso credere che sia veramente quello che penso, eppure la forma, le spirali sulla buccia… non può essere.
- Dove cavolo hai trovato un frutto del diavolo?!- esclamo, sbalordita.
Questi frutti sono rarissimi da trovare anche nel Nuovo Mondo!
- Era nella camera del biondino, mi sono permesso di rovistare nei cassetti- ridacchia –Ho avuto fortuna, vero?- mi fa l’occhiolino.
- Un frutto del diavolo?!- Umi glielo strappa dalle mani –Finalmente avrò dei poteri!- esclama con gli occhi scintillanti.
Le prendo il frutto prima che lo mangi, consapevole che le regole della Moby Dick dicono chiaro e tondo che esso è di chi lo ha trovato, il quale può farne quello che vuole.
Lo ridò al legittimo padrone, spiegando a mia sorella le mie motivazioni.
- Satch, ti prego…- gli fa gli occhi da cucciolo lei.
- Mi dispiace, Umi, ma sei troppo piccola per ingerirne uno! E poi pensa se fosse uno zoo zoo modello rospo-
Afferro Rayan per la canottiera e lo fulmino con lo sguardo.
- Che tipo è: paramisha, zoo zoo o rogia?-
- Scopritelo da soli, cani-
Lo butto a terra, esasperata.
- Hai intenzione di mangiarlo?- domando al mio compagno.
- No, voglio prima scoprire i suoi poteri- mi sorride –E poi voglio mostrarlo a papà e fare un po’ d’invidia agli altri comandanti- ridacchia.
- Sei sempre il solito…-













Nota dell’autrice
Salve a tutti, gente!
Ed eccomi tornata con un capitolo bello pieno di dialoghi!
Come avete letto, Emi stava recitando per imbrogliare gli schiavisti! Dite la verità, stavate già iniziando ad odiarla e a dubitare di lei, vero?
Oltretutto alla fine del capitolo ecco apparire il famigerato frutto Dark Dark! Satch dovrebbe gettarlo in mare a mio parere.
Ora vi lascio e spero di tornare presto con un nuovo capitolo, ma non ci metterei la mano sul fuoco.
Ciaoo!

 

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Capitolo 31
*** Il segreto rivelato ***



31. Il segreto rivelato


- Te la farò pagare! Oh, tu non sai quanto te la farò pagare!- sbraita Rayan.
- Ho capito che me la farai pagare! Ma porca l’oca, vuoi star zitto un attimo o preferisci che ti imbavaglio?!-
Basta, non lo sopporto più! È da una maledettissima ora che mi urla contro minacce di morte e cose simili. Giuro che se non la pianta lo sgozzo con i miei stessi artigli! Come diavolo faccio a concentrarmi sulla rotta con una cantilena simile?
- Per l’amor di Roger, chiudi quel becco!- gli grida Umi dalla sua postazione di vedetta.
- Taci, mocciosa!- si dimena, cercando di liberarsi dalle corde che lo legano all’albero maestro della mia preziosa WindFlower.
Se quando lo slegherò di lì troverò anche solo un minimo graffio sul legno causato dal suo dimenarsi prenderò quel biondino del cavolo e gli farò riverniciare tutto con la massima cura e a suon di calci!
Presa dalla voglia di trucidarlo, addento la povera mela che dovrebbe essere la mia colazione con fin troppa forza, mordendomi per sbaglio pure la mia stessa lingua. Mi scappa un’imprecazione.
- Guarda che non ci metto niente a chiedere ad Emi di picchiarti, quindi ti conviene smetterla di fare il furbo con me!- fa la superiore mia sorella.
Ha sempre quel brutto vizio di mettermi in mezzo, spero vivamente che un giorno le passi.
- Perché non vieni tu? Hai paura, mocciosa?- la provoca il nostro prigioniero.
- Io non ho paura!-
Rayan sta per ribattere quando io gli ficco in bocca la mela che stavo mangiando, facendolo tacere per un benedetto secondo. Umi fa il pollice in su, seguito da un occhiolino ed io ricambio il gesto, per poi tornare al timone.
Osservo con attenzione la vivrecard di Barbabianca, dataci per ritrovare la Moby Dick una volta conclusa la missione. Al momento punta esattamente verso la polena della mia nave, ciò significa che la rotta che sto mantenendo è esatta.




Alcuni giorni dopo…

Faccio accostare la WindFlower alla Moby Dick e mi fermo ad osservare quest’ultima, facendo alcune considerazioni su quanto sia piccola la mia imbarcazione in confronto alla nave dalla polena a balenottera; intanto Satch fissa le corde che ci sono state gettate alla balaustra della mia “barchetta” per non che si perda per strada.
Lancio un’occhiata al nostro “detenuto”, visibilmente nervoso e in ansia per il nostro arrivo e mi dirigo verso di lui, slegandolo dall’albero maestro e costringendolo ad avanzare verso la scaletta appena lanciataci dai nostri compagni di ciurma.
Umi è la prima a salire, poi è il momento di Rayan che si rifiuta con scuse quali “sono ammanettato, non riesco a salire” e “non voglio rischiare di cadere e rompermi il collo”.
- Avanti biondina, un passo alla volta ce la puoi fare- lo schernisce Satch, attendendo irremovibile che l’uomo si rassegni a proseguire.
- Tsk, me la pagherete. Tutti.- si arrampica, seguito da noi.
Come immaginavo non abbiamo  nemmeno il tempo di fare un passo che già siamo accerchiati dai fin troppo curiosi pirati che abitano questa nave.
- Com’è andata la missione?- si informa uno.
- Dove ha dormito, comandante Satch?- chiede un altro, malizioso.
- È successo qualcosa degno di nota…?-
- Beh, ragazzi…- inizia a parlare del più e dei meno Satch, evitando accuratamente di toccare gli argomenti richiesti dai sottoposti.
Proseguo insieme ad Umi verso Barbabianca -come al solito seduto su quella specie di trono- trascinandomi dietro Rayan che stranamente non fa nemmeno un po’ di resistenza.
Con una comunicazione via lumacofono avevo già raccontato ogni singolo fatto accaduto su quell’isola invernale, quindi suppongo che l’imperatore bianco mi congederà subito, facendo portare il prigioniero nella stiva.
- Bentornate, figlie!- beve del sakè, circondato da qualche comandante tra cui Marco.
L’espressione della mia sorellina diventa improvvisamente sognante a causa della presenza di Mister Fenice “Sexy”.
- Hey, Emi!- una voce da me ben conosciuta arriva dall’alto delle vele della  nave, preannunciando l’arrivo di un lentigginoso di mia conoscenza.
Infatti Ace afferra una corda e scivola giù, per poi fare un salto di circa cinque metri dalla fine della corda al pavimento del ponte ed atterrare.
- Ciao Ace!- gli sorrido.
- Di questo passo la seconda flotta diventerà la più forte- scherza, riferendosi all’uomo da me catturato che fissa il vuoto al mio fianco.
- Io non ne sarei tanto sicuro, mio caro fratellino!- gli scompiglia i capelli Satch appena arrivato.
- Satch, smettila!- lo spinge via Ace, indignato per il trattamento da bambino appena ricevuto.
Scuoto la testa, divertita per la scena. Quei due mi ricordano tanto il rapporto tra me ed Umi: io che la prendo in giro e lei che si arrabbia.
- Barbabianca!- ringhia improvvisamente Rayan, facendo un passo avanti e guardando dritto negli occhi l’interpellato.
- Cosa vuoi?- chiede sgarbato il vecchio, probabilmente annoiato dall’intromissione.
- Tu non sai che razza di persone hai nelle tue file!- un sorriso sghembo si dipinge sul volto del biondo –Dico bene, Emi?-
- Cosa vorresti insinuare?- sbotto io.
- Che mi sarei vendicato, te l’avevo detto, no?- sogghigna –Ora è proprio il momento ideale, non trovi? Guarda quanta gente!-
Non so dove voglia arrivare ma un disagio molto forte mi colpisce; è come se una remota parte di me abbia già capito le intenzioni di questo pazzo, ma non voglia rivelarmele.
- Svela il tuo segreto!- ride sguaiatamente –Avanti! I tuoi “fratelli” devono pur sapere con che razza di persona vivono. Dì loro la verità, chissà se Barbabianca ti vorrà ancora nelle sue file dopo che lo saprà. Verrai cacciata, emarginata, rimarrai di nuovo sola… sempre che non decidano di farti fuori, te e la tua insulsa sorella- parla ad alta voce.
Un campanello d’allarme suona nel mio cervello, ormai so a cosa allude quel viscido verme; so dove vuole andare a parare.
Una forte paura mi invade, mai come in questo momento ho temuto che a verità sul mio conto venisse raccontata. Dopotutto cosa avevo da perdere in passato? Niente. Eravamo solo io ed Umi; io e lei, nessun altro. Nessun compagno, nessun amico, niente di niente. Se qualcuno fosse venuto a conoscenza di quel piccolo particolare che pesa sulle nostre spalle noi saremmo scappate ed avremmo ricominciato la nostra avventura nella Grand Line sole o con nuovi compagni racimolati per convenienza, come nel caso degli schiavisti.
Sì, perché quello che noi facevamo -che io facevo e faccio tutt’ora- è nascondere la verità per paura di essere respinta anche dai pirati, gli unici che ancora potrebbero volermi con loro.
Io non voglio che la ciurma di Barbabianca sappia il mio segreto. Ho paura che se ne venissero a conoscenza decidessero di mandarmi via o, peggio ancora, di uccidermi.
Già, ho paura. Per la prima volta in vita mia ammetto a me stessa di aver veramente paura.
Ma è della morte che ho veramente timore? No, non è di lei… Io temo di rimanere sola. Però infondo merito di rimanere sola, sono la figlia di un mostro e so di non essere una brava persona: come dicono in molti, io sfrutto le persone per poi tradirle. Non merito degli amici, ne sono consapevole. Devo solo riuscire a rassegnarmi a ciò e smettere di credere nel lieto fine: forse quest’ultimo può esserci per Umi, ma non per me.
- Cosa c’è, Emi? Il gatto ti ha mangiato la lingua?- mi riporta alla realtà lo schiavista.
Sai che ti dico, Rayan? Dillo pure, tanto prima o poi l’avrebbero scoperto.
- Vorrà dire che lo dirò io. Emi, tu e tua sorella siete le figlie dell’ammiraglio Akainu!- ride.
Ecco, l’ha detto.
La  sua voce riecheggia sul ponte, arrivando alle orecchie di tutte le persone presenti per poi perdersi nel silenzio creatosi.
Sento la presa di Umi sulla mia mano, una presa debole, alla ricerca di conforto che non tarda ad arrivare da parte mia con una salda stretta.
Posso capire il suo stato d’animo, troppe volte è stata strappata dai suoi amici a causa dell’oscura presenza dell’ammiraglio nostro padre alle nostre spalle.
Rinnegata dalla Marina ed anche dai pirati, che bel futuro che ti ho riservato, sorellina…

Garp era seduto a gambe incrociate sul freddo legno del ponte della sua nave ad osservare il mare quando si decise a parlare.
- So che può sembrare dura, ma vedrete che tutto si sistemerà. Ora dovete solamente pensare ad allenarvi, voglio che vi impegniate. Diventerete delle forti marines, chiaro?-
- …perché a papà è stato ordinato di ucciderci?- sbiascicai.
Ero in piedi dietro di lui, affiancata da un’Umi piangente che non dava segni di voler mettere a tacere il suo pianto.
Io, al contrario, avevo già versato tutte le mie lacrime, in quel momento avevo solo gli occhi gonfi e rossi che mi bruciavano come se ci avessi buttato il peperoncino sopra.
Garp sospirò.
- Tua madre- fece una pausa –Lei era una marine, ma aveva altri ideali. Lei credeva nella libertà, nella giustizia e in cose che… che non sono pienamente d’accordo con la Marina-
- Ma la Marina non crede nella giustizia?- bofonchiò mia sorella.
- Sì, ma non tutti hanno lo stesso ideale di giustizia. Vostra madre con le sue azioni…- pensò al modo migliore per esprimersi –si è messa contro delle persone più forti di lei ed ha perso. Purtroppo quelle persone tendono ad eliminare chiunque abbia avuto anche un minimo contatto con la loro vittima…-
Mentre parlava si poteva benissimo intuire il suo rammarico per non aver potuto salvare la sua compagna, la sua amica.
- E quindi dobbiamo pagare anche noi. Ma che razza di giustizia è mai questa?! Noi non abbiamo fatto niente di male, se la mamma ha fatto qualcosa di sbagliato io cosa c’entro?!- urlai.
Mi arrivò un pugno in testa dal viceammiraglio, uno dei suoi pugni amorevoli, ma allo stesso tempo molto dolorosi.
- Tua madre non ha fatto niente di sbagliato! Abbiamo solamente difeso una donna anni fa e se non fossimo intervenuti quella donna sarebbe morta senza dare alla luce il bambino che portava in grembo. Ti sembra una cosa tanto sbagliata?!- si calmò visibilmente dopo avermi rivelato questo particolare.
- No, però tu non hai pagato per questa azione! Ha pagato solo la mamma!- sbraitai, più per non dargliela vinta che per la rabbia.
- Quindi vorresti che morissi pure io?!- sganciò un altro micidiale destro.
- Tsk, non ho detto questo, vecchiaccio.


Quella stessa sera condannai Umi a questa vita. Ormai non volevo più andare ad allenarmi con i nipoti del vecchio per prepararmi a diventare marine in attesa che lui riuscisse a convincere i superiori a non farmi fuori. Volevo solamente trovare un modo per farla pagare alla Marina e quale miglior modo di diventare una pirata?
Purtroppo però, pur avendo preso il cognome di mia madre, la fama del bastardo che mi ha messa al mondo continua a perseguitare me e la mia sorellina ed ora, per colpa mia, lei soffrirà nuovamente. Dovevo lasciarla con Garp, non portarmela dietro.
Sento il mio cuore stringersi alla consapevolezza che tutto questo è colpa mia perché, se non fossi mai nata, forse la mia cara madre non si sarebbe dovuta sposare con un lurido cane e Umi ora non sarebbe qui.
Un Ace infuriato che si dirige a grandi falcate verso Rayan mi risveglia dal mio stato di trance.
Sinceramente non capisco subito che intenzioni abbia, ma il comandante della seconda flotta non mi dà nemmeno il tempo di elaborare una teoria che già ha alzato il pugno e colpito l’uomo sul mento con una forza tale da buttarlo contro la balaustra, spaccarla e farlo cadere in mare.
- Guarahahahahah! Chissà se i pesci gradiranno lo spuntino!- esclama Barbabianca, ridendo e facendomi spalancare gli occhi più di quanto non lo fossero già.
Altre risate si uniscono alla sua e, malgrado il clima sia gioioso, istintivamente poso la mano libera sul fodero di una delle mie pistole. L’istinto mi dice che potrei essere gettata anch’io dalla nave da un momento all’altro, infondo è già successo altre volte che dei pirati scoprissero il mio segreto e decidessero di vendicarsi su di me per i torti subiti dalla Marina.
- Stai calma, Miss- mi posa una mano sulla spalla Satch.
Mi volto verso i comandanti e la ciurma che si stanno comportando come se niente fosse successo e se la ridono pure.
- E noi che pensavamo chissà cosa, ci avete fatto penare per niente- fa uno dei suoi sorrisi arroganti ma sinceri Marco.
- Ma non ci volete mandare via per…- inizia Umi.
- Guarahahahah! Per quanto mi riguarda siamo tutti figli del mare- la interrompe Barbabianca.
Lei inizia a singhiozzare, per poi abbracciare il suo amato Marco.  Per quanto riguarda me, sono letteralmente senza parole, ma sento una gran voglia di piangere dato che finalmente ho trovato qualcuno che mi vuole bene nonostante il mostro che sono.
Non posso far altro che lasciarmi cadere cavalcioni a terra davanti al mio capitano ed abbassare il capo fino a toccare il legno del ponte, in una specie di posizione di supplica. Le lacrime iniziano a scendere copiose dai miei occhi e dei singhiozzi minacciano di uscire.
- Grazie!- esclamo con la voce rotta dalle lacrime.
Anche Umi si mette nella mia stessa posizione e ringrazia questa meravigliosa ciurma per l’affetto che ci ha dimostrato.
Dopo alcuni istanti presa dall’orgoglio mi rialzo asciugandomi velocemente le lacrime.
- Ora basta, credo di essermi già resa abbastanza ridicola- puntualizzo, sorridendo debolmente.
L’imperatore bianco mi osserva, svagato forse a causa di questa mia ultima frase o forse da tutta questa assurda situazione, non saprei dirlo con certezza.
Mi guardo un attimo intorno per poi realizzare che manca una persona all’appello. Ace è sparito e, con orrore, realizzo che ci può essere solo un motivo per questa sua mancanza: ormai mi odia per quello che sono.










Nota dell’autrice
Buongiorno a tutti miei cari lettori!
È da circa una settimana che cerco di concludere questo capitolo, senza risultati naturalmente. Però ecco che, dopo aver fissato per giorni il vuoto cercando l’ispirazione, questa è arrivata , permettendomi di finirlo.
So che molti di voi si aspettavano un capitolo incentrato sul frutto Dark Dark, ma Rayan non aveva ancora concluso il suo ruolo nella storia, quindi il malefico frutto è passato in secondo piano.
Come sempre mi scuso per l’immenso tempo che impiego per scrivere un capitolo e spero che riusciate a sopportarmi ancora per molto!
Per concludere ringrazio tutti coloro che hanno recensito la storia o che comunque la leggono, perché sapere che nel mio piccolo riesco ad intrattenere qualcuno mi fa piacere. Ringrazio anche per le molteplici recensioni nello scorso capitolo e spero che anche questo riscuota cotanto successo.
A presto!

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Capitolo 32
*** Umi e la teoria dei tarli del deserto ***


32. Umi e la teoria dei tarli del deserto



Spesso mi domando quale sia il mio scopo nella vita. Far soffrire le persone forse? Molto probabilmente sì; anche se Barbabianca ha acceso un barlume di speranza nel mio cuore, facendomi sentire accettata, io so che infondo sarebbe molto meglio se io non fossi mai nata. Mia madre non si sarebbe dovuta sposare, Umi sarebbe avrebbe un padre ed una madre, Akainu si godrebbe la sua carica di ammiraglio senza spine nel fianco ed Ace non sarebbe nel bel mezzo di una crisi esistenziale.
Certo, chi mai avrebbe pensato che lui fosse incasinato quanto me  nei rapporti familiari? Da come mi ha spiegato Marco, la mia confessione ha risvegliato nel moro un ricordo doloroso sui suoi genitori, solo il fatto che io odiassi mio padre ha causato in lui un déjà-vu. Non so cosa abbia vissuto quel ragazzo prima di entrare in questa ciurma e sinceramente non mi interessa più di tanto, vorrei solo capire perché debba rinchiudersi in camera sua e sparire dalla circolazione per tutto questo tempo: quattro giorni; quattro giorni dico io! Se davvero è così simile a me, dovrebbe fingere di star bene ed andare avanti, non nascondersi. Non fosse stato per la Fenice, che ha avuto la buona idea di aiutarmi a distrarmi, avrei passato tutta la giornata a crogiolarmi nei miei pensieri -cosa che faccio da quando Pugno di Fuoco si è rintanato nella sua camera- e ad incolparmi di essere una buona a nulla degna della gogna.
Prendo un bel respiro, scacciando la voglia di irrompere nella camera di Ace e pestarlo a sangue. A causa sua mi sta salendo il pessimismo e non faccio altro che rimuginare su Akainu.
Ripenso alla pistola che porto in vita. Ho detto ha Rayan che il proiettile non è per lui, infatti è destinato alla testa di Cane Rosso. Me lo sono ripromessa più volte: se mai mi capitasse a tiro non esiterei, non ne sarei in grado dopo tutto ciò che ho dovuto passare a causa sua. Su questo punto di vista sono simile a lui: non permetto a nessuno di cavarsela se il danno che mi ha imposto è grande, deve pagarmela con la vita. Non importa dove andrà e dove si nasconderà, perché prima o poi lo troverò ed a quel punto darò tutto quello che ho pur di riuscire ad ammazzarlo. Sì, non è nel mio stile uccidere, ma per lui ho deciso di fare un’eccezione: lui con me farebbe lo stesso.
- Allora, Miss!-
Un boccale di legno colmo di birra viene posato sotto i miei occhi, ridestandomi dalle mie riflessioni.
Mi ero completamente scordata di trovarmi nel grande salone per la cena, cosa alquanto impossibile dato il grande baccano creato da questa marmaglia di incivili, ma accaduta. Solo per fare il punto della situazione, i tavoli sono stati interamente ricoperti di briciole, vino, salse scappate dai loro contenitori, birra e acqua; nove persone su dieci sono ubriache fradice; Barbabianca ride come un matto, alcuni cantano, altri dormono, altri blaterano frasi senza senso e Satch mi osserva divertito. Mi sono persa qualcosa?
- Vuoi farmi ubriacare? L’ultima volta non era andata tanto bene…- afferro il manico del boccale di legno.
- Stasera andrà meglio, voglio solo festeggiare la mia fortuna, sorella!- si passa la mano sul buffo ciuffo di capelli, per poi lasciarsi ricadere sulla sedia vicino alla mia.
Tra le mani il frutto del diavolo, appena tirato fuori dalle tasche interne della camicia azzurra che spesso indossa.
I molteplici segni a spirale, caratteristici dei frutti, sembrano girare sulla buccia viola, così liscia da risplendere sotto la luce dei lampadari. Nessuno di noi sa di che specie sia e l’intera giornata  di ricerca passata in compagnia di Marco in biblioteca non è servita a molto; quel frutto è sconosciuto a qualunque mente umana, motivo per il quale Satch è ancora indeciso sul come utilizzarlo. Sono più che sicura che però non voglia mangiarlo: più volte mi ha accennato al fatto di non voler perdere la capacità di nuotare. Probabilmente lo darà come ricompensa a qualche sottoufficiale o lo regalerà ad un comandante. Spero solamente che decida in fretta: non è per niente sicuro girare per una nave così grande con un simile tesoro tra le mani; non che non mi fidi dei miei compagni, ma la prudenza non è mai troppa.
- Quel frutto. Sbarazzatene- lo metto in guardia.
Ride fragorosamente.
- Ti vedo troppo tesa, dev’essere l’astinenza- mi osserva con un ghigno pestifero sul volto.
- Satch, ti consiglio vivamente di non sparare tante scemenze o sarò costretta a romperti tutte le ossa che hai in corpo. Sai che mi arrabbio facilmente- mi porto il boccale alle labbra, bevendo un sorso di birra.
- Ok, sto serio- nasconde il frutto dentro la camicia –Ma sei vergine?-
Noto che alcuni curiosi hanno teso l’orecchio per sentire meglio il discorso, i maschi sono proprio degli imbecilli.
- Saranno ben affari miei, no? Rompiballe.-
- Beccata-
- Ma vaffan… quel paese-










 
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Passeggiando per i corridoi della nave si possono imparare tante cose, ad esempio si possono memorizzare gli orari in cui i comandanti vanno in bagno. Ora sono le 21 e 16, quindi il mio Marco si sta facendo la doccia nel bagno comune; tra undici minuti esatti passerà Izo con una borsa di trucchi in mano e tra poco dovrebbero svoltare l’angolo i…
- Ah, quel ciarlatano vince sempre!-
- Vero, fratello, secondo me, bara!-
- Domani sera vinceremo noi, fratellino!-
- ‘Sera!- mi faccio notare.
…i Decalvan, per l’appunto. Sempre a criticare questo o quello ed a lamentarsi quei due!
- Heilà, sorella tigrotta! Nuovamente ad aspettare La Fenice?- mi saluta con la sua voce stridula il minore.
Abbasso lo sguardo per non tradire il rossore che probabilmente è comparso sulle mie gote. Ogni sera a questa parte vengo qui e mi siedo sul davanzale della finestra ad aspettare che il biondo esca dal bagno e passi di qua, di solito con solo un misero asciugamano a coprirgli i gioielli di famiglia. Sono forse una pervertita? Io non credo, solamente mi piace vedere i suoi pettorali scolpiti, il suo bel tatuaggio, i suoi buffi capelli ancora umidi e… beh, mi piace vederlo. Per noi è ormai un’abitudine incontrarci alle 21:32 ogni sera e già quando ci svegliamo alla mattina abbiamo la certezza che la sera ci rivedremo qui, in questo corridoio. Spero soltanto che non abbia capito che vengo apposta per lui…
- Sì, aspetto lui- confesso.
Ormai non servirebbe a niente negarlo se non a passare per bugiarda; come Marco sa del nostro “appuntamento” serale, anche il resto della ciurma ne è a conoscenza, non perché qualcuno abbia spiattellato qualcosa, ma per il semplice fatto che la maggioranza delle persone di questa nave deve passare di qui per poter andare in bagno ed io non sono invisibile.
- Come ogni volta. Ci si vede!- dicono all’unisono i due, andandosene.
Li guardo andar via con un po’ di tristezza, consapevole che per altri interminabili minuti dovrò stare qui ad annoiarmi in attesa che arrivi il mio amore. Avevo sentito dire da qualcuno che l’attesa del piacere è essa stessa il piacere, ma posso decisamente affermare che aspettare l’arrivo di Marco non è per niente piacevole, anzi molto barboso. Certo che però vederlo giungere qui in tutto il suo splendore, con la pelle ancora umida dalla doccia, l’ampio petto in bella mostra a volte bagnato da alcune goccioline scivolate dai capelli oro e un panno in vita è uno spettacolo impagabile. Sinceramente mi chiedo come faccia un ragazzo simile a non avere una fidanzata, è lui a non volerla o sono le ragazze che hanno gli occhi foderati di salsiccia per non sbavarci dietro? Spero vivamente che la prima ipotesi sia errata, altrimenti ciò starebbe a significare che nemmeno io avrei speranze tra qualche anno.
Dei passi provenienti dal fondo del corridoio e dalle mie orecchie ormai conosciuti fanno voltare di scatto la mia testa, permettendo così ai miei occhi di assaporare finalmente la visione che hanno tanto atteso per tutta la giornata.
- Ciao! C-come va?- sfoggio il miglior sorriso a mia disposizione.
- Bene, grazie. Stai diventando peggio di una guardia del corpo, sai?-mi sorride il mio Marcuccio.
- In verità stavo aspettando Emi, eheheh…- i miei occhi scivolano lentamente verso i suoi addominali per poi scendere.
- Credo sia ancora in sala da pranzo, ho sentito che lei e Satch stanno facendo una gara di bevute- sbuffa –Ho la netta sensazione che ne combineranno una delle loro¬-
E chi glielo va a dire adesso che sono stata proprio io ad infilare nella testaccia del comandante della quarta flotta l’idea di sfidare la Tigre del Mare Orientale? Di certo non io.
Annuisco alla deduzione del mio interlocutore che, dopo un nuovo sorriso ed il consecutivo saluto, si congeda.
Fisso per alcuni attimi la direzione in cui è andato, per poi scendere dal davanzale su cui mi ero appostata e stiracchiarmi, facendo scrocchiare alcune vertebre. Ormai il corridoio è vuoto e, secondo le mie stime, nessuno dovrebbe più passare di qui per i prossimi cinque minuti, giusto il tempo di dileguarmi.
Silenziosamente mi incammino nel dedalo di vie, giungendo poco dopo alle scale portanti al piano superiore. Le salgo con leggera ansia di essere notata da qualcuno: devo agire con la massima prudenza, un solo errore potrebbe mandare a rotoli giorni di lavoro.
La localizzazione del frutto è stato il primo passo: ho seguito Satch ovunque, ridendo, scherzando, parlandoci e osservando ogni sua minima azione, riuscendo finalmente a sapere dove tiene nascosto quell’oggetto tanto prezioso che presto mi donerà dei poteri, rendendomi forte e popolare sulla Moby Dick. In seguito ho dovuto procurarmi del fil di ferro con il quale scassinerò la serratura della stanza del castano e trovare un modo per tenere occupato quest’ultimo ed Emi, la quale non vedendomi in camera sarebbe di certo venuta a cercarmi. Quale miglior modo di farli ubriacare?
Sghignazzo tra me e me constatando di essere un piccolo genio.
Arrivata al piano delle stanze dei comandanti -nel quale oltretutto si trova anche quella che condivido con mia sorella- mi inoltro nel lungo corridoio e proseguo per alcuni metri, fermandomi poi davanti alla porta della camera della mia vittima. Abbasso la maniglia, ma come pensavo essa non si apre, essendo stata chiusa a chiave. A questo punto, ricorro al mio asso nella manica e prendo dalla tasca della felpa che indosso i due fili di ferro che mi sono procacciata; li inserisco entrambi nella serratura e appoggio l’orecchio all’uscio. Muovendo i ferri sento tramite il legno le varie reazioni del serramento, le quali mi aiutano a capire se sono vicina al punto che mi permetterà di aprirlo. Per essere una buona ladra, questi trucchetti bisogna conoscerli a memoria.
Un ultimo cozzo metallico mi fa capire che il mio lavoro è andato a buon fine, infatti appena abbasso la maniglia, la porta si spalanca.
Entro senza troppe cerimonie e la richiudo velocemente. Appena voltata verso la camera, la osservo attentamente. È una cabina piuttosto ordinata per essere di proprietà di un maschio. Il letto matrimoniale, posizionato accanto alla finestra, è affiancato da un comò di un marrone molto scuro sul quale fanno bella mostra un lampada blu ed un giornalino. Su quest’ultimo si può notare una ragazza non propriamente vestita che cammina su una spiaggia. Sono disgustata. Mi avvicino alla scrivania e salgo su una sedia, iniziando a perlustrare nei cofanetti posti qua e l’ha sui ripiani. Non trovando niente, passo al setaccio i cassetti, strapieni di fogli e carte. Delusa dal secondo fallimento trascino la sedia sino al guardaroba e, dopo aver curiosato tra gli abiti, risalgo su di essa per poter controllare negli scaffali più alti. Sposto le varie cianfrusaglie e trovo altri giornalini, ma del frutto del diavolo nemmeno l’ombra. Eppure ero certa lo tenesse in camera: avevo notato più volte la sua tendenza a lasciarlo poggiato sulla scrivania. Per sicurezza corro ancora a controllare nel tiretti del comodino e sotto il letto, ma niente.
Mi addentro allora nel bagno della cabina e cerco tra i vari prodotti per capelli disposti accuratamente su alcuni ripiani, anche qui senza ottenere alcun risultato. Sconsolata, rimetto in ordine i locali appartenenti al comandante della quarta flotta ed esco. Con l’ausilio dei ferri usati per l’entrata, richiudo a chiave la porta facendo girare l’ingranaggio della serratura in senso orario. Probabilmente Satch avrà dei problemi ad aprirla quando tornerà: la scassinatura rovina gli ingranaggi.
- Strano modo per chiudere una porta, non credi?-
Perdo un battito, forse due. Nella mia mente si fa largo la consapevolezza della mia immensa sfiga: perché, perché tutto quello che faccio finisce sempre male?
Stringo i fili di ferro nella mano, cercando di nasconderli alla vista.
- Infatti non stavo chiudendo, stavo controllando la serratura perché…- bofonchio, voltandomi lentamente.
Mi ritrovo davanti uno strano individuo, mai visto prima sulla Moby Dick. Che sia un nuovo acquisto della ciurma? È strano che io non ne sia stata informata, anzi è strano che io non l’abbia mai visto. È davvero molto alto, di certo più di Marco ed Ace e sinceramente mi incute un po’ di timore. Indossa dei pantaloni blu tenuti su dalle bretelle ed una camicia bianca con delle croci gialle che lascia scoperta la parte superiore del suo ampio petto; la sua carnagione è bianchissima e mette in risalto i suoi capelli neri lunghi sino alle spalle e gli orecchini d’oro. Gli sfugge una risata mentre posa a terra il suo bastone da passeggio e vi si appoggia.
- …un tarlo ci si è nascosto dentro! Sai, la nave ne è infestata!- esclamo, cercando di sembrare il più convincente possibile –Bisogna disinfestare la zona. Questi insetti non sono da sottovalutare; vengono dal paese di… Alabasta e portano  la malaria. Si chiamano… tarli del deserto-
- Tarli del deserto. Sei una disinfestatrice, signorina?- sorride divertito.
Dalla sua espressione posso intuire che non abbia creduto ad una sola parola della mia fandonia e che per giunta stia al gioco, quasi per prendermi per i fondelli.
- Sì, disinfestatrice…- confermo, leggermente alterata.
Lo vedo sorridere ancora di più e portarsi la mano libera sulla guancia. Apre la bocca per parlare, ma non riesce nemmeno a dire una parola che dal fondo del corridoio spuntano un Satch ed una Emi ubriachi che, affiancandosi a vicenda e barcollando qua e là, cantano una versione storpia de “Il liquore di Binks”.
- Devo andare, è stato un piacere conoscerti- l’uomo si tocca la visiera del cappello a cilindro in segno di saluto, per poi andar via a grandi passi.
Quel tizio ha qualcosa di sospetto…
- Quiando la tempessta poi d’improvviso arriverà, se ci spaventiamoo, ahimè, la nave affonderià!- se la ridono invece i due idioti, accasciandosi a terra.
Osservo la mia sorellona con disapprovazione mista a pietà: come ci si può ridurre in quello stato?
- Umi, sorellina pia… ahahah… pia, no, mia!- sghignazza lei, avendomi vista.
- È la mia sforellina, Miss!- afferma con decisione il suo compagno, anche lui ormai incapace di parlare correttamente.
- Mia!- urla la ragazza.
- Sì, mia!- ribatte il castano.
- Tua!-
- No, tua!-
Mi sbatto la mano in faccia e decido di andarmene, lasciandoli al loro destino: è una situazione troppo vergognosa ed io ho di meglio da fare, tra cui trovare il frutto del diavolo lasciato da qualche parte da Satch. Credo proprio che potrebbe essere in biblioteca…










Nota dell’autrice
Salve a tutti! Da quanto tempo che non aggiorno, vero? Vi chiedo infinitamente scusa, ma l’inizio della scuola mi ha scombussolata più del previsto, prosciugandomi tutta la sanità mentale necessaria per scrivere. Spero di riuscire ad aggiornare almeno un paio di volte nel mese di novembre, ma non assicuro niente per il motivo sopra citato. Mi dispiace! Ringrazio tutti coloro che mi hanno sopportata fin qui e confido che continueranno a farlo!
Alla prossima!



 

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Capitolo 33
*** Addio ***


33. Addio


È ormai tarda notte. Nel cielo scuro, privato delle stelle da alcune nuvole, brilla la luna, bianca e luminosa come non mai. Qualche nuvoletta la oscura per alcuni attimi, ma viene in seguito spazzata via dal vento; lo stesso vento che sfiora la superficie marina, sospingendo le piccole onde verso il legno della Moby Dick. Qui esse si infrangono, creando un dolce suono che culla i marinai nel loro sonno, l’agognato premio dopo una lunga giornata di lavoro.
Sul ponte della nave un ragazzo dai capelli neri come il buio che lo circonda osserva l’immensità della notte, perdendosi nei propri pensieri. Sono già cinque giorni che non si fa vedere ad anima viva; come uno spettro vaga per i lunghi corridoi della nave per poi giungere sempre lì, sul ponte della sua “casa”, per potersi godere la pace che solamente quel momento della giornata può regalargli. Ace non è mai stato un tipo riflessivo o che si pone tanti problemi, cosa che sicuramente chiunque può garantire, ma in questi giorni si sente pesante e colmo di incertezze e paure, dovute forse al ricordo della sua vera identità: Gol D Ace.
Al solo pensiero il comandante della seconda flotta scuote il capo, come ad imporsi di dimenticare, dimenticare quel nome che sempre gli ha causato -e gli causerà- tanti problemi. Lui ha sempre odiato suo padre; non vuole saper niente di lui, non vuole nemmeno sentirlo nominare. Nessuno amerebbe il figlio di Gol D Roger e di questo Ace è ben conscio. Ancora ora si stupisce della comprensione dei suoi compagni, ai quali non importa il sangue che scorre nelle sue vene. Pugno di Fuoco però non riesce ad accettare questo marchio, vuole morire perché infondo sa che la sua esistenza è un peccato. Però sente che una parte di lui vuole vivere, vivere per i suoi compagni, per suo fratello Rufy, per Emi e per trovare una risposta alla domanda che lo assilla da quando ne ha memoria: “avrei mai dovuto nascere?”.
La brezza notturna accarezza la pelle di Ace, facendolo tornare con la mente al luogo dove si trova. Il ragazzo si guarda intorno, lo sguardo misto ad un senso di estraneità che gli riempie il cuore. Improvvisamente i suoi occhi si bloccano su una figura seduta sopra una cassa ed il suo corpo ha un sussulto: non si aspettava di trovarsela dinanzi ed ora come ora non sa cosa dire per scusarsi della sua assenza. Se ne è andato, colpito al suo tallone d’Achille, dopo che lei ha confessato con sforzo immane l’identità di suo padre. Avrebbe dovuto confortarla, riservarle uno dei suoi soliti sorrisi o magari un bacio, ma niente. Si è nascosto da lei, l’ha lasciata sola con le sue paure solamente perché anche lui le conosce e non vuole affrontarle. Non vuole rivelare alla sua ragazza la propria identità, consapevole del fatto che una delle persone a lui più care lo abbandonerà.
- Ti sei accorto di me, finalmente!- esclama la voce di Emi.
Ace non sa come rispondere e la ragazza è ormai scesa dalla cassa e gli si sta avvicinando.
- Ho sentito dire dal cuoco che durante la notte spariva del cibo dalla dispensa e guarda un po’ chi trovo qui- si ferma davanti al moro e lo guarda dall’alto in basso.
Alza il sopracciglio destro, notando che Ace non sembra in vena di parlare o anche solo di scherzare.
- Hey, fiammifero, sei arrabbiato con me? Sai, non ti facevo così. Non pensavo che non mi volessi più parlare solamente perché  sono la figlia di un ammiraglio.- va dritta al punto Emi, simulando una superficialità a lei estranea.
Il comandante della seconda flotta di Barbabianca intuisce immediatamente la recita della diciannovenne rinomata per le sue doti recitative: vuole indurlo a parlare, accusandolo ingiustamente. Certo, potrebbe ottenere gli stessi risultati con un po’ più di gentilezza, ma la Tigre del Mare Orientale non ama particolarmente esporre il suo lato tenero. È  abituata a farsi vedere sempre dura e sicura si sé, in modo che i nemici la temano e non osino far del male alle persone a lei care.
Infondo siamo simili” pensa Pugno di Fuoco, rivolgendosi poi alla ragazza.
- Non mi importa di chi sei figlia, a me piaci comunque-
Emi, che si aspettava di tutto meno che una risposta simile, si siede di fianco al moro.
- Bene, allora grazie- fa un lieve sorriso, alzando lo sguardo al cielo.
La luna è stata nuovamente oscurata dalle nuvole ed il vento questa volta non sembra interessato ad aiutarla a tornare visibile.
- Emi…- inizia Ace, cosciente che non può più andare avanti senza sapere la risposta della sua indomabile vice -…se Gol D Roger avesse un figlio, tu che faresti?-
- Proprio niente, a meno che lui non venga a rompermi le scatole- risponde lei, indecisa se rimaner seria o ridere dopo aver scoperto il cruccio del suo superiore.
- Ma è il figlio di un mostro, merita di morire-
- Ace, se sei veramente il figlio del Re dei Pirati, non dovresti farti tutti questi problemi. Era l’uomo più famoso del mondo e sinceramente non penso fosse un mostro. Cioè, cosa dovrei dire io allora? Mio padre mi odia, è intenzionato ad uccidermi ed ha ammazzato mia madre; in confronto Gol D Roger è un agnellino.- sentenzia la Tigre del Mare Orientale, visibilmente provata dal ricordo del suo famigliare.
- Gol D Roger non è mio padre, mio padre è Barbabianca-
- Abbiamo un padre in comune allora.– Emi si alza –Ho voglia di formaggio, vado a farmi un panino. Se mi cerchi sai dove sono- si allontana.
Ace la guarda, ancora incredulo della sua risposta, per poi abbassarsi il cappello sugli occhi e sorridere. Emi è davvero strana a volte…







 
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È l’una di notte passata quando Satch si decide finalmente a chiudere quel dannato tomo sui frutti del diavolo ed a interrompere per un attimo la sua lettura. Sono passate quasi quattro ore da quando siamo venuti in biblioteca ed è da circa il medesimo tempo che mi annoio.


-Stasera vieni a giocare a nascondino con me, Satch?- gli ho chiesto appena usciti dal salone da pranzo.
-Ahahah, non sei un po’ grande per giocare a nascondino?- mi guardava, divertito.
La mia espressione è mutata da quella di bambina felice a quella di bambina abbastanza arrabbiata per la presa in giro. Non volevo giocare veramente, era solo una scusa per arrivare al suo frutto.

-Non sono grande per il nascondino, voglio giocare-
-Però io non posso giocare, sorellina: devo fare delle ricerche in biblioteca su questo bel frutto. Chiedi a Marco, di certo lui ti accontenterà!- sghignazzava, sventolandomi l’oggetto dei miei desideri davanti agli occhi.
In quel momento ho pensato a quanto sia dispettoso Satch.
-Sai benissimo che al mio Marco non piace il nascondino! E visto che non mi vuoi tra i piedi vengo a fare le ricerche con te!-
-Non ho mai detto che non ti voglio tra i piedi- ridacchiava –e una mano mi farebbe comodo. Andiamo!- tutto contento, si è incamminato.



Sospiro al ricordo della nostra conversazione. Pensavo che con il passare del tempo si sarebbe addormentato sui libri, lasciando il frutto del diavolo incustodito e invece è ancora in piedi ed ora ha iniziato un altro volume. Ma come è umanamente possibile leggere così tanto? Eheheheh… parlo proprio io che so benissimo che Marco legge ventiquattro ore su ventiquattro... Beh, il mio Marco è il mio Marco: a lui tutto è permesso! Alzo gli occhi al cielo, sbadigliando e mi schiaffeggio leggermente le guance per riprendermi dall’improvviso attacco di sonno. Di solito a quest’ora io ed Emi siamo già a dormire, ma stasera lei se n’è andata per –a sua detta– menare a sangue il suo comandante sino a quando lui non confesserà il suo problema con lei ed io ho fatto la “genialata” di venire qui. Francamente sto maledicendo sia me stessa sia Satch sia lo stupido frutto.
- Umi, se vuoi andare a dormire fa’ pure- mi osserva Pizzetto –non voglio subire le ire della nostra cara tigrotta per averti trattenuta- mi sorride.
Ricambio il sorriso e mi volto verso la finestra, guardando fuori: è buio pesto.
- Ho detto che ti avrei aiutato-
- Non mi sembri di grande aiuto, sorellina- si alza e mi si avvicina.
- Grazie tante, eh!- gli lancio un’occhiataccia.
- Sei adorabile con il visino assonnato, cucciolotta- ride e mi scompiglia i capelli.
Mi dimeno e lo spingo via, lanciandogli un qualche insulto. Odio quando mi chiama così! Lo fa apposta per farmi arrabbiare, quel cretino! Però infondo, molto infondo, mi piace questo suo atteggiamento: mi sa di famiglia unita, cosa che ho sempre desiderato.
Scendo dal tavolo su cui ero seduta ed incrocio le braccia al petto.
- Me ne vado, Pizzetto. Buona lettura e buona notte, vecchietto!- gli faccio la linguaccia e corro verso la porta, aprendola e scappando via, ridendo.
So perfettamente che il mio fratellone acquisito odia essere definito “vecchio”, data la sua indole da play boy che deve in qualunque modo attirare l’attenzione delle ragazze.
Mi fermo una volta arrivata nei pressi delle scale portanti al piano superiore della nave e riprendo fiato.
- Uh, che corsa!-
Chiudo gli occhi ed inspiro, buttando poi fuori l’aria. La corsa non fa per me! Riaperti gli occhi, la vista di una figura da me già incontrata mi fa sobbalzare.
- È una bella sera, vero?- mi sorride cordialmente l’uomo.
È appoggiato alla parete, il bastone da passeggio viola tenuto tra le mani e puntato a terra. Indietreggio di alcuni passi, nervosa. Ma quando è arrivato?
- Sì, bella serata- spero con tutta me stessa che la mia risposta basti a liquidarlo, perché mi mette i brividi.
I suoi occhi neri mi osservano, quasi incuriositi e i suoi orecchini brillano alla luce della lampada ad olio appesa ad un gancio sulla parete.
- Ti piace questa ciurma?-
- Sì-
Sorride nuovamente, enigmatico; un brutto presentimento si fa largo nella mia mente ed io ho come l’impressione che la persona di fronte a me non sia un semplice uomo appartenente alla ciurmaglia, infatti non si è mai fatto vedere in sala da pranzo. Perdo un battito, mi viene paura; lo osservo come si osserverebbe il proprio predatore e con la velocità di un lampo scatto via, decisa a correre da Satch.
Un colpo secco sulla schiena, seguito da un altro sui polpacci mi fa ruzzolare a terra. Mi piego sul pavimento, abbracciandomi le gambe e massaggiandole con le lacrime che già mi scendono lungo il viso. La schiena mi pare rotta e sento la parte lesa pulsare dal dolore. L’uomo mi si avvicina ridendo e si china davanti a me.
- Ora tu verrai con me, va bene?- estrae un dischetto dorato legato ad una catenella dalla sua camicia ed inizia a farlo dondolare a destra e sinistra davanti ai miei occhi, probabilmente per ipnotizzarmi –Faremo giusto una passeggiata e tu mi obbedirai-
Per un attimo mi sfiora l’idea che questo trucchetto da ciarlatani non funzioni, come del resto tutti gli stupidi trucchetti di magia, però, appena provo ad urlare per attirare l’attenzione di qualcuno, la mia voce si spezza ancor prima di arrivare alle labbra.
- Procediamo- si alza, riponendo al proprio posto nella blusa il dischetto.
Il mio corpo si solleva senza un mio ordine e segue il suo nuovo padrone nel dedalo di corridoi della Moby Dick. Più volte provo a liberarmi dal controllo dell’uomo, ma senza risultati. Mi arrabbio con me stessa per la mia inutilità e la mia debolezza e rimango a rimuginare.
Dopo poco arriviamo davanti alla biblioteca e ci fermiamo. Un senso di stupore mi invade, ma nel mio cuore si accende un barlume di speranza, consapevole della presenza di Pizzetto nella stanza. Il gigante con il bastone da passeggio bussa alla porta.
- Capitano- dice, aprendola ed entrando.
- Zeahahahahah! Laffitte, finalmente- esclama una voce a me familiare.
Non appena varco la soglia della camera, il sangue mi si gela nelle vele. Mi si forma un groppo alla gola; vorrei gridare, singhiozzare, svegliarmi da questo incubo, ma non posso: Satch, il mio amico, il mio fratellone è disteso a terra con un pugnale conficcato nella schiena, il braccio destro mozzato e il sinistro ancora teso verso la sua spada che probabilmente ha tentato di afferrare per difendersi. Copiose lacrime scendono lungo le mie guance per poi cadere a terra. Mi sento devastata, vuota, impotente; il rimorso mi assale. La gola mi brucia per lo sforzo che la mia voce sta facendo per uscire, senza risultati naturalmente.
- Il gatto ti ha mangiato la lingua, Umi? Zeahahahahah, da quando sei così silenziosa?- mi schernisce Teach.
Lurido bastardo, potessi muovermi io…
Il groppo alla gola si fa insopportabile ed emetto un roco gemito.
- Zeahahahahah! Zeahahahahahahah!- si sgola dalle risate il ciccione, sollevando la mano e mostrandomi il frutto del diavolo di Satch.
Un impeto di rabbia mi investe: ha fatto tutto ciò per averlo!
- So che lo desideravi da molto, vero? Zeahahahahahahah!- divertito al massimo e all’apice della sua malvagità lo mangia con avidità –Andiamocene da questa bagnarola ora. Zeahahahah! La fama e il trionfo ci aspettano là fuori, Laffitte!- se ne va via.
- Certo, capitano!- sghignazza il nuovo sottoposto di Teach, seguendolo.
Il miei piedi si incamminano a loro volta, costringendomi ad andare dietro ai due sporchi cani ed io, prima di uscire dalla biblioteca, lancio ancora un’occhiata a Satch. Addio, amico mio…











Nota dell’autrice
Bentornati a tutti, gente! Lo so, mi considererete tutti un’enorme s*t*r*o*n*z*a per aver pubblicato un capitolo triste prima di Natale, ma vedete quest’atto dalla parte buona: vi ho risparmiato circa quindici giorni di ulteriore attesa. Beh, non c’è da dire molto sul suddetto capitolo, eccetto che per un po’ di tempo la nostra cara piccola Umi non interverrà più come narratrice nella storia, la quale sarà incentrata principalmente su Emi ed Ace.
Ora vi lascio. Vi auguro un buon Natale e un felice anno nuovo! Alla prossima!

 

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Capitolo 34
*** Partenze ***




34. Partenze



Non posso credere che non sia venuto in cucina! Ah, io lo ammazzo! Ma come diavolo ha fatto ad essere così idiota da non venire?! Era un messaggio chiaro, no? “Se hai bisogno di me, sai dove trovarmi”. Non mi sembra tanto complicato da capire! Quando una ragazza ti dice una cosa simile molto probabilmente è perché vuole che tu la segua, è ovvio! Cioè, cosa sono io? Un organismo asessuato forse? Ace, sei un coglione! Scusa, la volgarità, ma lo sei! Io ti consolo, ti parlo di mio padre –individuo che odio– e tu cosa fai? Mi molli addormentandoti sul ponte? Ah, ma questa non la passi liscia, sottospecie di cavernicolo. Questa volta te la faccio pagare; aspetta solo che arrivi Satch e vedi cosa ti combino. Un attimo, sto iniziando a pensare come Umi, cavolo, sembro proprio lei durante i suoi monologhi ad alta voce su Marco, con le uniche differenze che io tengo la lingua ferma mentre penso e non elogio Ace, anzi. Roger, come mi sono ridotta a causa di un fiammifero!
- Se continui ad osservarlo così, lo consumerai- mi dice con calma Marco, spalmando della marmellata su una fetta di pane.
- Meglio-
Marco scuote la testa, rassegnato ormai ai modi acidi che gli riservo non solo durante la colazione. E se ne stupisce anche? È colpa sua se ho fatto la figura della principessina in pericolo: quella volta poteva benissimo lasciarmi ammazzare dai marine, invece di prendermi in braccio e portarmi via; almeno avrei mantenuto quel minimo di orgoglio che tutt’ora mi fa pensare in questa maniera. Ok, gli sono riconoscente, lo ammetto, ma quanto odio quando la gente non mi dà ascolto! Ero stata chiara sul fatto di non voler essere aiutata, ma lui ed Ace hanno dovuto immischiarsi. Ah, questi uomini,  proprio non li capisco! E pensare che da bambina mi fingevo maschio…


Due marines erano arrivati in fretta e furia, spalancando le grate del cancello della scuola elementare della cittadina di Liv, capitale dell’isola Livrir. Le maestre erano disperate ed indicavano urlando dei ragazzini oltre ad una fila di studenti, spettatori della rissa che stava avvenendo. Nonostante l’arrivo della 'polizia' dell’isola, non volevo saperne di concludere il combattimento. In quel momento indossavo una felpa blu scuro ed un berretto nero; i capelli erano raccolti in uno chignon nascosto sotto il copricapo per non far notare la mia natura femminile. Il mio sfidante, un ragazzino della classe 5a che aveva osato mettere in dubbio la mia identità, se ne stava spavaldo di fronte a me: stava vincendo, ovviamente. Io ero solo una povera bimba di prima elementare che l’aveva insultato quando lui aveva osato darle della bugiarda: io non ero Emi, ma Jack, il fratello gemello di quest’ultima e lui l’aveva negato, dandomi della matta.
- Bambini, fate largo!- avevano ordinato i due marines, divertiti dal compito così facile da svolgere, ovvero separare due mocciosi in rissa.
Il mio avversario, distratto da questa intrusione, era rimasto imbambolato ad osservare i nuovi arrivati ed io ne avevo approfittato per saltargli addosso, graffiarlo, tiragli calci e pugni e farlo cadere a terra, per poi schiacciargli quella particolare zona maschile con un piede, facendolo urlare e scoppiare a piangere.
- E Jack ha vinto! Sono il più forte del mondo!- sghignazzavo, correndo via, verso l’uscita posteriore del cortile scolastico.



Un sorrisetto mi si stampa in viso al ricordo di quella vicenda; quando ero stata presa mi avevano portata da uno strizzacervelli, sostenendo che avevo problemi di personalità ed avevano chiamato la mamma. Ero proprio una pazza!
- Signorina, hai dei rilevanti sbalzi d’umore. Prima sei inferocita e fissi Ace con astio ed ora ridacchi fissando il nulla- mi fa notare Vista, scrutandomi.
- No, è che pensavo- sorrido, prendendo il pane e tagliandomene una fetta.
- A cosa, di grazia? Per farti essere così felice…-
- Ai fatti miei- rido e spalmo della marmellata sulla fetta di pane, addentandola subito dopo.
Ok, ho appena lasciato trasparire un pezzetto della mia personalità fanciullesca comportandomi così; devo fare più attenzione. Nessuno deve sapere di questo mio lato stupido: potrebbe essere un punto a mio sfavore. Devo tornare seria!
Infatti ecco i comandanti a fissarmi, alienati dal mio comportamento insolito.
- Cosa avete da guardare?-
- Niente- rispondono, come rassegnati.

Delle urla si fanno strada nel salone: Izo, provato probabilmente da una lunga corsa per i corridoi della nave, riprende fiato, osservato da tutti i presenti.
- S-Satch… Satch è stato ferito gravemente!-
Le reazioni a questa notizia sono molteplici, tutte dettate dallo sgomento. La più rilevante è sicuramente quella di Marco che balza in piedi e, con tutta la calma di cui dispone, ordina di correre sul ponte per bloccare qualsiasi possibile fuga dalla nave: il colpevole potrebbe ancora essere a bordo. Dal canto mio, gli do ragione, ma la cosa che, ora come ora, mi preoccupa di più è il fatto che Umi fosse con Satch; infondo Pizzetto è stato solo ferito e le infermiere lo cureranno. Io non posso fare niente per lui, sarei solo d’intralcio. La prima cosa da fare in casi del genere è ragionare e mantenere la mente lucida, quindi non devo preoccuparmi per il comandante della quarta flotta e pensare solamente a mia sorella che non è stata nominata: potrebbe essere nei pasticci. Mi alzo alla svelta e mi avvicino ad Izo con una certa ansia nel sangue.
- Dov’è Umi?!-
- Non è qui?-
- No, non è qui, ti pare? Non l’avrei chiesto altrimenti!- mi trasformo in tigre e corro via, in cerca della mia sorellina.
Umi, giuro che se ti hanno torto un solo capello, spezzerò loro tutte le ossa!

Arrivo nella biblioteca in pochissimo tempo e la scena che mi si para davanti mi fa arricciare il naso. Barbabianca, in piedi davanti ad una pozza di sangue, osserva il pavimento macchiato ed annuisce angustiato alle parole di Halta e Jaws. Di Satch non c’è traccia, quindi deduco sia già stato portato via dalle infermiere. Mi guardo intorno due o tre volte, mentre i tre mi rivolgono la loro attenzione, gravi in volto. Spalanco gli occhi, intuendo che qualcosa non quadra e, facendo due più due con le parole della geisha della sedicesima flotta, con un ruggito mi dileguo nei corridoi alla ricerca di qualche traccia di Umi.




 
-------



 

Sono passate almeno tre ore da quando le infermiere hanno portato il comandante della quarta flotta in sala operatoria, Ace è certo di questo. Per l’ennesima volta il suo sguardo si posa sul piccolo lampioncino presente sopra la porta; la forte luce rossa che esso emana costringe il ragazzo a calarsi leggermente il cappello sugli occhi ed a tornare con il viso rivolto verso il pavimento. Il personale medico è ancora al lavoro, perciò le numerose ferite di Satch sono più gravi di quanto tutti pensassero.
Ragazzi, papà, state calmi, non impiegheremo molto a curarlo. Lo salveremo, vedrete” ha detto Rose prima di rinchiudersi là dentro con le sue colleghe, ma nemmeno lei ne è sembrata poi così convinta.
Ace stringe i pugni, mordendosi la lingua con i denti per trattenersi dall’urlare: non è riuscito a proteggere un suo amico. Satch è a due passi dalla morte per colpa sua. Un forte calore si diffonde nel corpo del lentigginoso, il quale è vicino al punto di prender fuoco ed incenerire ogni cosa intorno a sé. Il colpevole, l’assalitore di Satch, il vile che ha osato alzare un dito su suo fratello è oltretutto un uomo a lui ben noto: era un suo amico ed un suo compagno. Già, era, perché ora non lo è più e presto sarà solamente un cadavere siccome Ace non gli permetterà di farla franca. Marshall D Teach, l’unica persona a mancare all’appello dopo l’incidente, era oltretutto un suo sottoposto. Ace non riesce a digerire questo boccone amaro perché si vergogna profondamente della propria stupidità: sino ad ora ha avuto un traditore nella propria flotta e non se n’è nemmeno reso conto; ha permesso che qualcuno violasse le sacre regole vigenti sulla Moby Dick, oltraggiando la posizione di suo padre Barbabianca, e uccidesse un proprio compagno. Non può accettare questa mancanza di fedeltà, non può proprio. L'imperatore l’ha accolto, gli ha dato una famiglia, la voglia di vivere, l’affetto ed Ace si è ripromesso più e più volte di far diventare il vecchio il re dei pirati, ma ora come potrebbe mai esserlo se persino dei luridi cani come Teach osano mettere in dubbio la sua autorità? No, Pugno di Fuoco la farà pagare al suo sottoposto e farà capire al mondo intero che nessuno può permettersi di oltraggiare Barbabianca!
A passo svelto il ragazzo si inoltra nei corridoi dell’imbarcazione per andare a procurarsi uno zaino e delle provviste. Ormai ha deciso: partirà all’inseguimento di Teach, lo troverà e lo ucciderà.

Quando mette piede sul ponte, Ace si ritrova immerso in un’atmosfera cupa: tutti i presenti sono presi dallo sconforto e dalla tristezza: Satch è sempre stato un fedele compagno ed amico e nessuno vuole che lasci questo mondo. Ognuno spera in cuor suo che egli riesca a superare la notte che verrà. Tuttavia non solo ciò pesa sugli animi dei compagni: non meno importante è infatti il rapimento di Umi. L’intero equipaggio -Ace compreso- è in pensiero per lei e l’unico conforto è la speranza che sia ancora viva.
Emi, prima di avere una crisi di nervi e rintanarsi in camera sua per riflettere sul da farsi, ha assicurato ai comandanti e alla ciurma che certamente Teach ha portato con sé Umi per intascare la ricompensa che la Marina –e specialmente l’ammiraglio Akainu– gli concederà per la cattura della sorellina della Tigre del Mare Orientale. Non è infatti un mistero che il marine voglia entrambe le figlie morte per non rischiare di perdere la carica, insomma le voci girano ed Umi ha una linguetta molto lunga quando si tratta di parlare di sé stessa e sua sorella.
Ace si blocca di fronte ai suoi compagni e sente un vuoto al petto, tornando con la mente alla sua infanzia: il suo fratellino Rufy era tutto per lui e lo stesso crede sia Umi per Emi, motivo per cui il moro si pone un altro obbiettivo, ovvero salvare la sua parente acquisita.
- Dov’è il mio striker?!- chiede.
Alcune fiamme iniziano a fuoriuscire dal suo corpo, mettendo allerta gli altri comandanti.
- Ace, calmati- interviene pacato Marco –so che vuoi vendetta, ma agire d’impulso non risolverà di certo la situazione-
A quelle parole Pugno di Fuoco sbarra gli occhi e rimane un istante basito. Come può La Fenice non capire che qui ci sono in gioco la vita di Umi e la credibilità di loro padre?
- Quindi tu vorresti dirmi che dovrei starmene qui con le mani in mano mentre Teach va in giro a vantarsi di aver quasi ucciso un comandante ed aver rapito nostra sorella?!- grida, ormai accecato dall’odio.
- Andremo tutti insieme a prendere Umi- dichiara Barbabianca dopo un lungo sospiro.
Anche l’imperatore bianco è provato dalla tragedia svoltasi durante la notte, ma qualcosa di strano c’è nella sua voce, qualcosa che si potrebbe definire rassegnazione.
- E Teach?! Dobbiamo partire ora o perderemo le sue tracce! Potrebbe già aver consegnato Umi alla Marina! Infangherà il tuo nome!-
- Figlio, calmati…- lo sguardo del vecchio rimane basso -…ritroveremo Umi, ma Teach lascialo stare, lascialo andare-
Il comandante della seconda flotta non può credere a quello che hanno appena udito le sue orecchie e spalanca leggermente la bocca, stupefatto, per poi stringere i denti.
- Dov’è lo striker?!- si volta e cammina deciso verso la balaustra, immaginando che il mezzo di trasporto sia al suo solito posto, in mare, legato alla nave con una corda.
- Dacci un taglio, Ace! Cerca di calmarti!- un uomo molto robusto e muscoloso lo afferra per le braccia –Papà ha detto che questo è un caso speciale! Non devi inseguire Teach!-
- Lasciami stare!- ringhia Ace, liberandosi dalla presa dell’uomo con uno strattone –Quel bastardo è un mio subordinato! Se non inseguissi chi ha ferito Satch ed ha rapito Umi cosa ne sarà della nostra reputazione?!-
- Ace… Basta così. Questa volta faremo un’eccezione. Ho davvero un brutto presentimento, ci limiteremo a riprenderci vostra sorella quando sarà consegnata alla Marina- sentenzia il capitano della Moby Dick con tono che non ammette repliche.
- Ha ferito un nostro compagno, ha rapito Umi ed abbandonato la nave! Dopo che ti sei preso cura di lui per tutti questi decenni ha gettato del fango su tutti noi!- sbraita Ace, per poi calmarsi un poco –Come posso non fare nulla, quando è in ballo il nome di mio padre? Non posso permetterlo! Sistemerò io la faccenda!- sale sulla balaustra, mettendosi lo zaino in spalla e saltando successivamente sullo striker.
Come immaginava esso era al suo solito posto; immediatamente si abbassa e scioglie la corda che lo ancora alla nave.
- Torna indietro, Ace!- grida Marco, sporgendosi insieme con gli altri dal parapetto.
Pugno di Fuoco lo ignora, partendo con lo striker ed allontanandosi molto velocemente.
- Suppongo che questa, come dire, improvvisa partenza significhi che ora ognuno può fare i cavoli che vuole, giusto?-
All’udire questa voce tutta la ciurma si volta verso la botola che conduce sottocoperta. In piedi, accanto ad essa, vi è Emi, munita anche lei di zaino.
- No, tu non partirai!- urla il comandante della prima flotta.
- Bene, allora mi vedo costretta ad ammutinarmi- prosegue lei lungo il ponte con tranquillità e sale sulla balaustra.
Le intenzioni della diciannovenne sono simili a quelle del suo comandante, però con l’eccezione che la sua priorità è il salvataggio della sorella. Oltre a ciò Emi confida in cuor suo di riuscire in qualche modo a trattenere il suo fidanzato dal fare sciocchezze, non che partire senza di lei non sia già stata una cavolata, sia chiaro…
- Non azzard…-
- Lasciatela fare cosa vuole- ordina Barbabianca, scioccando la maggioranza delle persone.
- Grazie- sorride malinconicamente la ragazza, individuando in mare la WindFlower e lanciandovisi sopra.

Poco dopo anche la Tigre del Mare Orientale si congeda, allontanandosi in mare con la sua fida nave.









Nota dell’autrice.
Salve a tutti, gente! *schiva una padella*
Ok, lo ammetto, faccio schifo. Sono stata veramente una disgraziata ad abbandonarvi per ben quattro mesi, avete tutto il diritto di strozzarmi. Posso giustificarmi però: la scuola distrugge la mia ispirazione e scrivere mi riesce pressoché impossibile. Spero che qualcuno segua ancora questa storia; se così fosse ringrazio tanto questi poveri pargoli e scusatemi ancora per i ritardi. Conto sul fatto di aver eliminato tutti i possibili errori grammaticali dal testo, ma se così non fosse chiedo venia, fatemeli notare e li correggerò. Per ciò che concerne Satch, sì, è ancora vivo, anche se in condizioni disperate oserei dire…
Premetto anche che non so quando riuscirò a scrivere il prossimo capitolo, quindi perdonatemi se potete e beh, ci si sente tra un mese (?) o, per chi deciderà di lasciare un commento, nelle recensioni.
Bye!

 

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Capitolo 35
*** Una serie di notizie stravolgenti ***



35. Una serie di notizie stravolgenti



È già passato un mese da quando ho abbandonato la Moby Dick, un lungo interminabile mese di navigazione nel Nuovo Mondo tra tempeste, correnti serpentine, onde gigantesche, uragani e mostri marini. Ma chi me l’ha fatto fare? Oh, giusto: quel lurido traditore di Teach e quell’imbecille di un fiammifero. Ho deciso che appena li troverò farò fuori il primo e castrerò il secondo. Sì, sì, lo castro. Se lo merita e non mi importa se poi non si potrà più riprodurre.
Poso il mio sguardo, fino ad ora impegnato a scrutare l’orizzonte, sul mio nuovo equipaggio composto da delinquenti di basso calibro ed osservo attentamente il loro lavoro: la WindFlower, dopo l’ultima tempesta, è rimasta danneggiata ed ho perciò deciso di costringere con la forza qualche rompiscatole trovato durante le mie tappe sulla terraferma a salire a bordo ed a farmi da schiavetto a tempo indeterminato.
- Allora, vi volete muovere con quella benedetta vela? Cucite più velocemente! Di questo passo non raggiungeremo mai Ace!-
- Agli ordini!-
Immediatamente i due addetti alle vele aumentano la velocità con cui le loro dita fanno passare gli aghi nella stoffa e, sapendo che sicuramente li rimprovererei, anche gli uomini che stanno aggiustando la balaustra aumentano il ritmo di lavoro.
Mi compiaccio del potere che riesco ad esercitare sui deboli come loro. Sono bastati due pugni ben assestati a testa per trascinarli sulla nave ed alcune minacce per indurli a lavorare. Oltretutto quei pochi che hanno osato ribellarsi sono finiti in mare, quindi ora tutti sono miti come degli agnellini.
- Siete sicuri che Ace si dirigesse verso la Linea Rossa?- mi siedo sullo sdraio che ho fatto posizionare sul ponte ed afferro il bicchiere di cola posato sul tavolino al suo fianco, sorseggiando la bevanda.
- Sì!- rispondono immediatamente i mozzi con fare adulatorio, per non farsi nuovamente menare.
Poveretti, da una parte mi fanno pena: hanno tentato di catturare sia me sia Ace ed entrambe le volte se le sono prese. Devo ammettere che sono stati davvero incoscienti a pensare di batterci. Cretini.
- Uh, capitano! Il gabbiano-news!- Charles, il capo della ex banda di malviventi indica il cielo.
Alzo la testa, riparandomi con l’ausilio della mano sinistra gli occhi dal sole e noto l’uccello volare verso di noi. Un sorriso mi compare sul viso al pensiero di Marco trasformato in fenice che porta i giornali per il mondo; caro pennuto fiammeggiante, ho appena trovato cosa potresti fare di secondo lavoro, sai per arrotondare le entrate…
Il gabbiano plana sopra le nostre teste e si posa sulla polena della nave. Mi avvicino a lui e, dopo aver frugato nelle mie tasche, gli do una moneta da cinque berry. L’animale la afferra con il becco e la lascia cadere in un marsupio che porta sotto l’ala, per poi consegnarmi il giornale e spiccare nuovamente il volo. Prima però di raggiungere il cielo blu, sbanda contro un pennone della nave, stride in maniera assordante e, sbattendo le ali come un disperato, riesce a non precipitare sul ponte ed andarsene.
Scuoto il capo, abituata ormai da tempo a scene di questo tipo: sulla Moby Dick facevano a gara a chi riusciva a colpire usando una fionda il sedere dei gabbiani-news in volo. Sono dei bambini su quell’imbarcazione. Dei bambini.
Srotolo il giornale e mi concentro sulla prima pagina.
- Qualcosa di interessante, signorina Emi?- domanda un ragazzo di cui non ricordo il nome.
- Lasciami leggere-
Come sono gentile a volte, devo proprio ammettere di essere odios…
- Nuovo membro della Flotta dei Sette, Marshall D Teach detto Barbanera- leggo tra me e me, scioccata –Era il suo obbiettivo, voleva farsi un nome…-
- Come?- si incuriosisce l’equipaggio.
Leggo rapidamente la notizia riportata: Teach ha usato Umi come merce di scambio per ottenere la nomina nella Flotta dei Sette.
"La giovane piratessa, sorella della celebre Tigre del Mare Orientale è ora stata condotta ad Impel Down per scontare la sua pena."
Mi viene una terribile fitta allo stomaco. Umi è ad Impel Down, la prigione di massima sicurezza della Marina, un inferno per chi vi è rinchiuso. La mia sorellina in quel luogo morirà! Presa dall’angoscia, mi lascio cadere seduta sul legno del ponte con il giornale ancora tra le mani. Quella fortezza è inespugnabile, impenetrabile, inattaccabile. Come diavolo posso fare per salvare Umi? Nemmeno Barbabianca con tutta la sua flotta può permettersi di ingaggiare una guerra contro la Marina. Ma certo! La Marina punta a questo! È certa che Barbabianca, quando saprà di Umi, farà di tutto per salvarla e scommetto tutto quello che voglio che i marines hanno già spostato tutte le loro forze ad Impel Down! Qui c’è vento di guerra…
- Informatemi se ci sono altre notizie importanti- lancio il giornale alla ciurma, per poi dirigermi nella mia cabina per riflettere sul da farsi.






 
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Intanto nella prima parte della Grandline…

Sono stata barattata, sono stata scambiata per un titolo: membro ufficiale della Flotta dei Sette. Quel grassone di Teach mi ha consegnata nelle mani di un ufficiale della Marina per avere uno stupido titolo! È inaccettabile! Ma è ancora più inaccettabile che mi abbiano rinchiusa qui dentro! Sto osservando i carcerati nella cella di fronte alla mia con insistenza da un bel po’ di tempo. Sono affamati e si vede. Abbasso lo sguardo sulla pappetta che mi è stata portata qualche ora fa e mi vergogno: ho detto che non la volevo perché è una schifezza, ma pensandoci bene disprezzarla in pubblico è stata un’offesa verso quei poveretti. Ah, quanto odio la Marina! Chissà che ha in mente oltretutto! Allora, riassumiamo brevemente quanto mi è accaduto: sono stata consegnata nelle mani di un tipo con la barba legata in una treccina e una capra al suo fianco, Garp ha discusso con quest’ultimo, alterato dalla decisione di mandarmi ad Impel Down, sono stata portata in questa prigione sottomarina e accompagnata al secondo livello con l’ascensore, chiusa dentro questa cella ed infine mi hanno portato il pranzo, cosa che non è accaduta agli altri prigionieri. Probabilmente il fatto di essere figlia di un ammiraglio mi dà dei vantaggi. Meno male, sarebbe stato orribile finire nel piano superiore: i prigionieri vengono fatti camminare in un prato di lame! Perlomeno questo livello è una prigione normale…
Sento un verso strano ed inquietante e, spaventata, mi rintano al fondo della mia "stanzetta" privata. Noto che anche alcuni detenuti fanno lo stesso, mentre altri si precipitano a tener chiusa la porta delle loro celle che, al contrario della mia, sono aperte. Improvvisamente sbuca dal corridoio un leone con la faccia umana. Cos’è?
L’essere si butta contro le sbarre della mia cella ed io urlo, presa dal panico. Ha dei denti affilatissimi! Altri di quei cosi fanno capolino dal fondo del corridoio e si uniscono al loro compagno. Vogliono mangiarmi!
- La zuppa- urlano gli altri prigionieri –Lancia via quella diavolo di zuppa!-
- La zuppa?- dico tra me e me, cercando di realizzare cosa vogliano dirmi.
- La zuppa, per Roger! Lanciala alle manticore!-
- Ah, la zuppa!- afferro la ciotola e la butto aldilà delle sbarre.
Subito le manticore vi si gettano sopra, divorando persino la ciotola e, al verso lontano di un altro mostro, fuggono via, spaventate. Ma in che razza di posto sono finita?
- Dovevi mangiarla subito quella dannata minestra, mocciosa!-
- Già, per poco ci facevi uccidere tutti!-
- Ah, state zitti o chiamo mia sorella!-
- Ah, sentitela!- mi ignorano.
Antipatici, quando Emi verrà a salvarmi vi farò trucidare! Voi siete proprio il tipo di maschi che io e lei odiamo, quelli che ci hanno sfruttate quando eravamo piccole ed avevamo bisogno di cibo per sopravvivere nel Mare Orientale. Emi doveva rubare e portarvi il bottino, in cambio voi non mi uccidevate e ci davate un pezzo di pane secco. Sia benedetto quel giorno in cui la mia sorellona ha trovato e mangiato quel frutto del diavolo e vi ha pestati a sangue, per poi lasciarvi alla deriva su una scialuppa. Vi odio, sporchi delinquenti!
Dei passi molto rapidi riecheggiano nel corridoio. Un uomo in fuga appare ed ecco al suo inseguimento le manticore. Di nuovo i prigionieri si fiondano a tener saldamente chiuse le porte delle loro camere.
- Ho il giornale! Ho il giornale!- Urla l’inseguito.
I presenti si interessano improvvisamente a quel criminale.
- Lanciaci il giornale!-
- No! Aprite! Fatemi entrare!-
- Lancia il giornale o non apriamo!-
- No!- corre, disperato, quasi raggiunto dalle fiere.
Una cella gli viene aperta e lui si butta al suo interno. Viene richiusa e le bestie si lanciano contro di essa. Seguono attimi infernali e quando quei mostri decidono di andarsene tutti tiriamo un sospiro di sollievo.
- Allora? Che dice il giornale? È nuovo almeno?- chiedono alcuni.
- Fresco dalla spazzatura!- risponde il carcerato –Ci sono notizie su Barbabianca!-
- Argh! Quel bastardo! Cos’è? È crepato finalmente?-
Una forte rabbia mi invade il corpo al sentir questi termini rivolti a mio padre e, essendo al sicuro nella mia cella sigillata a chiave, decido di insultarli.
- Siete solo dei sorci! Mio padre non è un bastardo, lui è più forte di tutti voi messi insieme! Ne vale migliaia di voi!-
- Oh, quindi abbiamo una sottoposta del vecchiaccio! Ahahah! Dov’è lui ora, eh? Vai a chiamarlo! Marcirai qui con tutti noi! Ahahahah!-
- State zitti!-
E loro scoppiano nuovamente in una fragorosa risata mentre altri mi osservano con astio.
- Sul giornale viene detto che Barbanera ha consegnato una certa Umi alla Marina per diventare membro della Flotta dei Sette!-
- Sono io Umi, cretini!-
- Ahahahah, persino rapita sotto gli occhi del papino!- sghignazza uno.
- Zitto!- urlo.
- Dai, continua a leggere! Le notizie sono interessanti!-
- Già, ahahahah!-
- Ma chi è questo Barbanera?-
- Un traditore della ciurma del bastardo- risponde il lettore.
- Se mai uscirò da questo posto, voglio unirmi a lui!-
Dalle altre celle seguono parole di approvazione  per questa affermazione.
- C’è altro?- domanda un tipo molto muscoloso.
- No, nelle prime pagine no- sfoglia il giornale l’interpellato –Ah, aspetta, nella terza pagina c’è scritto che una certa Emi, la vicecomandante della seconda flotta, ha aiutato Barbanera a lasciare la nave del maledetto. Ora fa parte della sua ciurma-
- Mai fidarsi delle donne-
- No! Non è vero! Emi non lo farebbe mai!-
- Ah, chiudi il becco, la sua taglia è stata congelata, quindi è tutto vero, mocciosa- il tizio che legge le notizie mi mostra la pagina di giornale sulla quale è stampato il manifesto di taglia di Emi.
Sopra di esso è disegnato al posto della cifra un trattino che mi lascia alquanto perplessa. Ho sempre saputo che Emi è una brava attrice e che spesso usa gli altri per sopravvivere, ma non posso credere che abbia finto anche con Barbabianca. Ha dato troppe prove di fedeltà, ho visto che è affezionata a lui ed una volta, parlando, me l’ha fatto intuire. Non è possibile che abbia elaborato un piano tanto subdolo e oltretutto se l’avesse fatto io non sarei qui! A meno che io non venga liberata in quanto parte della ciurma di Barbanera, perché sì, se Emi sta con lui allora ha di certo fatto entrare al suo servizio anche me! Ma se io vengo liberata, Teach non avrà più il titolo di "flottaro", quindi io non… io non sarò liberata…
Però Emi non mi lascerebbe qui, no, lei non ha tradito Barbabianca! Non può averlo fatto!











Nota dell’autrice
Salve a tutti, miei coraggiosi prodi! Se siete giunti sin qui senza abbandonare la storia siete veramente dei lettori fantastici!
Avevo affermato in alcune risposte alle recensioni che questo capitolo sarebbe arrivato due mesi fa, ma come al solito ho tardato. Il motivo? Semplice: il computer era apparentemente morto, poi si è ripreso dopo alcune riparazioni, prendetevela con lui *chiede venia e va a nascondersi*
Dal suo nascondiglio l’autrice vi ringrazia tantissimo per la pazienza e spera che qualche buon’anima decida di lasciare un commento anche per questo capitolo perché si sa che i commenti le servono per sentirsi un briciolo importante. Ok, sta scherzando!
Alla prossima!

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Capitolo 36
*** Una vecchia conoscenza ***



36. Una vecchia conoscenza



Scomparsa. La ragazza che è di fronte a lui era scomparsa in mare durante un attacco della Marina che avrebbe dovuto servire a catturarla e rinchiuderla ad Impel Down insieme alla sorella minore.
Un’altra esca per Barbabianca” pensò il moro “Il governo vuole porre fine all’era del vecchio”. I piani dei cinque astri di saggezza e di Sengoku sono ormai chiari a tutto il mondo ovviamente, ma quelli della Tigre del Mare Orientale sono invece celati nella testolina di quella donna. Che diavolo ci fa sul suo sottomarino? Trafalgar Law vorrebbe proprio saperlo. Non gli è mai piaciuta quella donna: è troppo subdola e calcolatrice, doppiogiochista e beh, è l’unica ragazza che sia riuscita a far colpo sul chirurgo della morte. “Questa è storia passata”. Law assottiglia lo sguardo e squadra dalla testa ai piedi la giovane piratessa. “Non è cambiata di una virgola, stesso sguardo, stesso dannato sorrisetto, stesso orgoglio”. Trafalgar preme di più la sua fida nodachi contro la spalla e lancia alcune occhiate indagatorie all’equipaggio di Emi ed al suo. Shaki e Penguin stanno fissando le curve della ragazza, le guance tinte di rosso ed un sorriso perverso stampato in viso. “Idioti”.

- Bepo.- apre improvvisamente bocca il ventiquattrenne.
- Sì, capitano?- domanda l’orso, con un’espressione tanto incuriosita che da pesce lesso.
- Accompagna Shaki e Penguin nella loro cabina-
- Sì, capitano! Hey, voi, muovetevi!-
- Non rompere, Bepo!-
- Il capitano ha detto “nella cabina” e io vi ci porto!- nonostante l’evidente resistenza dei due, l’orso polare li afferra per il colletto e li trascina all’interno del sottomarino.

Law concentra nuovamente la sua attenzione sulla sua sgradita, ma al contempo interessante ospite ed ella, come avendo intuito le intenzioni dell’uomo solo guardando i suoi occhi grigi, fa ritornare il proprio equipaggio sulla caravella che, se Law non ricorda male, si chiama Wind Flower. Buffo come quel nome sia ancora impresso nella sua memoria a ormai quattro anni da quando non vedeva più la mora. Aveva vent'anni all’epoca il chirurgo ed era tranquillamente seduto in una taverna quando gli si era accostata una ragazzina di appena sedici anni. Vestiva con dei semplicissimi jeans strappati qui e là –di certo non già al loro acquisto- ed una canottiera bianca e, al suo fianco, aveva una bambina. “Tu sei Trafalgar Law, giusto?” Lui era rimasto in silenzio ad osservare la minore delle due, aveva un’aria sospetta ed una cera bruttissima: ad occhio avrebbe detto che non mangiava da almeno tre giorni. Lo stesso ovviamente valeva anche per la ragazza, ma non lo dava a vedere. “Uh, loquace. Senti, ho qualche problemino finanziario e la mia nave è semidistrutta, non è che avresti bisogno di qualcuno che pulisca il tuo sottomarino, faccia il bucato o, che ne so, cucini…?” A Law non importava niente di lei e della sua sorte, quindi le aveva bellamente sbattuto in faccia un terzo dito, infondo il tono che la giovane aveva usato non era per niente gradevole alle sue orecchie: troppa ipocrisia in quelle poche parole. Si capiva benissimo che la ragazzina voleva solamente sfruttarlo e magari rubargli qualcosa. “Sei proprio un maschio idiota, vai al diavolo!” e se n’era andata con il suo seguito. Di certo il pirata non poteva aspettarsi che appena un mese dopo si sarebbe ritrovato in un’alleanza con quella che aveva scoperto essere Emi, la Tigre del Mare Orientale e non una semplice ladruncola. Era stato un suicidio per i nervi di Law. Tutti i giorni e tutte le ore quella litigava con qualcuno del suo equipaggio per il semplice motivo che era un individuo di sesso maschile, ogni minuto passato insieme era un minuto passato a punzecchiarsi a vicenda, ogni secondo era un continuo rinfacciarsi dettagli della vita insignificanti. Il chirurgo non sopportava lei e lei non sopportava lui, poco da fare. Nonostante ciò Law quotidianamente ricercava la figura di quella che lui definiva mocciosa perché se non litigava con lei non si sentiva completo. Lo stesso valeva per Emi e il chirurgo lo sapeva, ne aveva la prova: lui cercava di passare nel corridoio in cui lei era solita passare e lei vi passava appunto perché sapeva che Law da lì passava per andare nel suo studio. Dovevano fronteggiarsi, dovevano per forza; nessuno dei due voleva darla vinta all’altro perché entrambi orgogliosi. Emi si infuriava subito alle battute acide di Law , ma la felicità di quest’ultimo durava assai poco perché la giovane subito rispondeva con una battuta altrettanto acida. Poi un giorno tutto questo scannarsi verbalmente cessò: si erano salvati la vita a vicenda ed avevano sconfitto insieme un vice ammiraglio della Marina che era loro sempre tra i piedi, l’obbiettivo dell’alleanza. Ormai il motivo che li legava era scomparso ed in un momento in cui erano soli, quando Law aveva cercato di farla star zitta premendo le labbra sulle sue, lei lo aveva bloccato. “Mi dispiace, non posso, sei un uomo, un maschio e non voglio permettermi di amare un maschio”. Se n’era andata lasciandolo lì così, come un imbecille. Trafalgar Law, che non  aveva più voluto affezionarsi a nessuno dopo Corazòn, era infuriato con se stesso. Era stato stupido da parte sua fidarsi di una piratessa.

- Mi chiedo perché tu sia qui, dato l’evidente incarceramento di tua sorella e la partenza del tuo fidanzato dalla famosa Moby Dick- rompe il ghiaccio Law.
- Sono qui perché ho bisogno del tuo aiuto appunto per salvare Umi-
- Così la donna che non china mai il capo di fronte ad un uomo viene qui a supplicarmi- ghigna.
- Prima che io ti supplichi, caro ragazzo dal cappello di pelle di yak delle nevi, hai tempo a tirare le cuoia e risorgere-
- Quella è la tua nave, vai a salvare la tua sorellina, Emi-ya-
Emi prende un profondo respiro e Law capisce immediatamente che la questione le sta molto a cuore.
- Per favore, Law, ho bisogno del tuo aiuto perché purtroppo la mia forza non mi permette di salvare mia sorella. So che ho sempre detto che non mi sarei mai abbassata di fronte ad un uomo, ma se vuoi potrei inginocchiarmi di fronte a te. Ma sappi che lo farei solo per Umi, perché lei merita di vivere-

Tu sapevi che ad uccidere tua madre era stato Akainu eppure gli hai voluto bene perché è tuo padre e perché infondo eri convinta che lui l’avesse uccisa per una buona causa. Hai sempre ripetuto a te stessa ed agli altri che non sapevi l’identità dell’assassino all’epoca ed alla fine hai finito per convirtene. Nonostante tutto però pensi ancora di non meritare di vivere per ciò che hai fatto
Trafalgar Law ricorda ancora nitidamente il giorno in cui, con l’aiuto di qualche pinta di birra, lei gli aveva raccontato il suo vero passato e lui le aveva parlato di Corazòn. “Anche se avrò bisogno di soldi non lavorerò mai per Doflamingo allora” aveva risposto lei.

- Ti aiuterò- esclama improvvisamente il Chirurgo della Morte, stupendo parecchio la ragazza.
- Grazie-
- Dopo cena vieni nel mio studio, dobbiamo elaborare un piano-
- Ho già un piano-
- Allora stasera me ne metterai al corrente, ma l’ultima parola spetta a me-
- Vai al diavolo-
- Dopo di te, Emi-ya- risponde il moro, sparendo all’interno del suo sottomarino, con un ghigno divertito ad accompagnarlo.






Tempo dopo...


Sono esattamente le otto di sera quando Emi varca la soglia dello studio di Trafalgar Law. Quest’ultimo alza appena lo sguardo da un libro di medicina per osservarla e di nuovo la domanda che frulla nel suo cervello da più di due ore torna ad impensierirlo: perché quella dannata donna si è unita alla ciurma di Barbabianca e si è fidanzata con Portgas D Ace? Molto probabilmente per avere un futuro pressoché stabile ed essere al sicuro. Eppure si sa ormai da che mondo è mondo che la tigrotta non ama chinare il capo di fronte a qualcuno.
La ventenne chiude la porta e si accomoda alla scrivania del chirurgo.

- Sempre a leggere quei cosi tu, eh? Vuoi vedere che è per questo che il tuo cervello è andato in brodo di giuggiole?-
- Io penserei per me stesso, Emi-ya. Non sono io quello che va in giro a proclamare la propria forza e che poi scappa con la coda tra le gambe di fronte a un imperatore-
- Sai, non mi risulta di essere scappata e comunque io ho avuto il coraggio di entrare nel Nuovo Mondo, al contrario di qualcun’altro che è ancora qui nel paradiso-
- Io almeno porto il mio culo dove voglio-
- Cosa vorresti insinuare con questo?!-
La mora sta iniziando ad alterarsi e questo fattore fa capire a Law che la Tigre del Mare Orientale non sa probabilmente più cosa ribattere.
- Solamente che qualcuno “non può permettersi di innamorarsi di un maschio” quando invece va a letto con il comandante della seconda flotta di Barbabianca, Emi-ya-
- Sei geloso, Trafalino?-
- Tu non sai quanto- risponde, ironico.

Non è geloso, no. È solamente alterato perché ha perso quel poco di stima che provava per la donna che aveva desiderato anni prima. Stenta a credere che si sia unita all’imperatore bianco per i motivi che pensa.

- Comunque mi sono unita a lui perché mi ha accettata come figlia nonostante io sia in realtà la progenie di Akainu, perché ho bisogno di un padre a cui volere bene e perché provo dei sentimenti che non ho mai provato prima per uno dei suoi figli-
- E cosa proveresti?-
- Un profondo bene, mi sento felice quando sto con lui-

Law rimane in silenzio a rimuginare sulle ultime parole da lei pronunciate: davvero Emi è innamorata di Pugno di Fuoco o il suo è solo un sentimento effimero? “Non mi interessa, può fare quel che vuole della sua vita”.

- Esponimi il piano-









 
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Intanto sulla Moby Dick…


Il capitano della nave dalla polena a balenottera rilegge nuovamente l’articolo di quasi un mese prima in cui il Governo accusa sua figlia Emi di averlo tradito e di essere dalla parte di Barbanera.

- Sengoku, hai proprio deciso di farmi infuriare, eh?-
- Su, papà, calmati. Non la passeranno liscia per aver infangato il nome della mia sorellina preferita, senza offesa Halta!-sorride leggermente Satch, rimesso a nuovo dalle varie operazioni e trasfusioni a cui è stato sottoposto, ma ancora in sedia a rotelle.

Halta gli lancia un’occhiataccia, come ad intimargli il silenzio in una situazione così critica.

- Marco, quanto impiegheranno ancora tutti gli alleati a raggiungerci? Non amo far aspettare una delle mie figlie ad Impel Down…-
- Poco ancora, quando arriveremo all’isola degli uomini-pesce saranno già tutti lì-
- E avete detto al ragazzo dalla cocciutaggine di un mulo di tornare alla nave?- interviene Satch.
- Sì, ma sostiene di voler dare una lezione a Teach- risponde Halta
- La Marina sta convocando tutte le sue forze ad Impel Down. Chiameranno anche la Flotta dei Sette: Teach sarà là e quindi Ace ci raggiungerà presto- esordisce Marco.













Nota dell’autrice
Salve a tutti, gente!
Come vedete ho fatto accidentalmente cascare nella mia storia anche il famigerato Chirurgo della Morte, Trafalgar Law! Spero di non averlo reso OOC; in tal caso provvederò immediatamente a renderlo IC. Scrivetemi nelle recensioni cosa pensate di questo capitolo,  anche poche parole mi bastano per sapere il vostro parere e per il resto auguro a tutti un buon weekend!
Ciao!

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