Se mantieni il volto in pieno sole, non potrai vedere la tua ombra

di Neflehim
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1\\ Partenza ***
Capitolo 2: *** Cap 2\\ Quando il destino ti è avverso... ***
Capitolo 3: *** Cap 3 \\ Il piano. ***
Capitolo 4: *** Cap4\\ Le vecchie abitudini sono dure a morire ***
Capitolo 5: *** AVVISO! ***



Capitolo 1
*** Cap 1\\ Partenza ***


Cap I in fase di revisione
1.
Partenza.

Accade, in un momento imprecisato, che il tuo mondo, la tua realtà venga completamete distrutta, da poche e semplici parole.
Che il tuo punto di riferimento, la stella che seguivi ciecamente, ti abbandoni, sparisca, senza alcuna esitazione.
Accade che tu debba lasciarla andare per non limitare il suo viaggio, la sua ascesa.
Le stelle devono brillare alte nel cielo e non si accontentano di una luce tenue e soffusa.
Tetsuya lo sapeva,da sempre, ed era per questo motivo che si era costretto ad accettarlo, anzi a renderlo reale lui stesso.
Aveva schiacciato tutto il suo dolore in un piccolo anfratto della sua anima, aspettando il momento opportuno per dargli sfogo.
Era perfino riuscito a sorridere quendo gli era stato annunciato che sarebbe partito per l' America e che probabilmente non sarebbe più tornato.
<< Se è questo quello che desideri, allora sarò felice per te, Kagami-kun>> gli aveva detto.
Il suo volto era rimasto imperscrutabile, mentre il suo mondo gli crollava sotto i piedi.
Lo aveva accompagnato all'areoporto assieme a tutti i loro amici e si era limitato a salutarlo con un semplice
" Buon viaggio" senza alcuna emozione nella voce, nè sentimento.
Era un così bravo bugiardo, Kuroko Tetsuya, ma non fino a quel punto.
Sapeva nascondere i sentimenti dietro una maschera impenetrabile,ma non riusciva a esternare false emozioni.
A malapena riusciva a tirar fuori quelle vere.
Ricordava lo sguardo fisso di Kagami, come se si aspettasse qualcos'altro da lui.
Cosa voleva che gli dicesse?
" Ti chiamerò"?
Oppure un "ci sentiamo appena arrivi"?
Se era così, sarebbe rimasto davvero deluso,Taiga.
Non aveva intenzione di chiamarlo. Mai più.
La sofferenza era già troppa da sopportare, senza aggiungerci quella di dover sentire la sua voce attraverso un apparecchio, con la consapevolezza che lo aveva abbandonato.
Era rimasto in piedi, silenzioso, mentre vedeva la sua luce, avviarsi verso il gate senza mai guardarsi indietro.
Aveva seguito,nel silenzio più assoluto - o almeno più del solito- gli altri fin sopra il terrazzo, dove solitamente i parenti o gli amici rimasti a terra salutavano i propri cari che probabilmente non li vedevano nemmeno.
Ricordava gli sguardi dei suoi amici fissi sulla sua nuca per tutto il tempo ma anche così non aveva fiatato. Senza emozioni e con un debole saluto se ne era tornato a casa per poi chiudersi in camera.
La luce spenta e le finestre sigillate.
Solo allora aveva sfogato il suo dolore in un pianto disperato e per la prima volta in vita sua, Kuroko Testuya era stato violento.
Aveva perso la lucidità e solo parecchio tempo dopo si era come risvegliato, ritrovandosi in mezzo alla sua stanza semi distrutta, qualcuno che urlava, freneticamente bussando da dietro la sua porta,la mano insanguinata gocciolante sul pavimento.
Si era guardato intorno sorridendo mestamente,constatando quanto in basso fosse caduto. Niente sarebbe stato più lo stesso.
Quel suo cambiamento, lo sfogare la sua rabbia e il suo dolore che da tempo teneva racchiusi dentro di sè, non si sarebbero fermati.
Ora non riusciva più a controllarli e ne ebbe completa certezza quando aprì tremante la sua porta, trovandosi davanti un Aomine Daiki- con cui da un paio di mesi divideva la casa- sconvolto nel vederlo in quelle condizioni.
Ricordava che l'amico lo aveva abbracciato in silenzio e di essere scoppiato in un nuovo pianto, che mai si era permesso di far vedere in tutta la sua vita.
Sorrise amaramente tra le lacrime : Kagami aveva raggiunto un nuovo primato, farlo piangere davanti a qualcuno che non fosse lui.
Nei giorni seguenti se ne era rimasto fermo in quello che rimaneva della sua stanza, "apatico". Completamente in balia del mondo e incapace di reagire a qualunque cosa.
Daiki si era preso cura d lui, facendolo mangiare e a volte anche di metterlo a letto.
"Come un fratello maggiore" si era detto in quei pochi momenti in cui poteva definirsi "vivo".
Gli era stato accanto e aveva, inutilmente, cercato di farlo riprendere dal vuoto che sentiva dentro.
Daiki lo aveva lentamente, visto cadere nel baratro della disperazione senza riuscire a fare nulla per poterlo aiutare.
"Era rotto."
Così lo aveva descritto tempo dopo.
Aveva urlato,Daiki, cercando di scuoterlo da quel gelo che si era impossessato di lui. Si era arrabbiato, aveva perfino pianto per lui e solo allora , Tetsuya si era reso conto che stava facendo del male anche agli altri oltre che a se stesso.
Ricordava vagamente di aver ricevuto le visite dei suoi più cari amici in quel periodo. Ma a stento rammentava i loro volti.
Solo quando aveva visto quello distrutto della sua prima luce aveva compreso che doveva cercare di reagire, almeno nelle apparenze.
Quel giorno era uscito di nuovo di casa dopo mesi di reclusione,ma non aveva fatto molta strada. Daiki non lo aveva lasciato un attimo, seguendolo fino al campetto da basket.
Sapeva che in quel modo si sarebbe solo inflitto più dolore.
Perché mille volte, in quel campo si era allenato con lui.
Perché tornarci non avrebbe fatto altro che mandare in frantumi la sua anima , facendo riaffiorare i ricordi di cui aveva vissuto nel suo stato di apatia.
Eppure sentiva di doverlo fare.
Così aveva ribattuto alle proteste dell'amico.
Sentiva che il basket era ormai l'unica cosa che ancora, lo poteva almeno un po' avvicinare a lui.
Così era risalito Tetsuya, ancora rotto e fragile come il vetro, ma con dello scotch aveva rimesso in piedi i pezzi.
Era un restauro quasi inconsistente ma che lo aiutava ad andare avanti, almeno per le persone che gli volevano bene.

Aomine Daiki sembrava aspettare qualcuno stravaccato sulla panchina del parco centrale.
Chi lo conosceva bene poteva dire che era piuttosto nervoso e come conferma quasi sobbalzò quando vide in lontanza quattro persone avvicinarsi a lui.
Le osservò per bene una ad una e si rese conto che formavano il gruppo più strano mai visto: c'era un gigante con quasi tutto il braccio infilato in una busta piena di caramelle gommose, un ragazzo occhialuto con un orso intagliato che gli usciva dalla tasca della giacca, un modello che messaggiava al cellulare ed infine un ragazzino che faceva scattare pericolosamente le forbici che aveva tra le mani.
Daiki si grattò la testa sconsolato ma con uno strano sorriso.
La Generazione dei Miracoli quasi al completo.
Mancava solo una persona che non aveva chamato.
<< Aominecchi al telefono sembrava urgente... è successo qualcosa a Kurokocchi??>>
Chi altri poteva essere se non Kise ?
L'interpellato alzò la testa ritrovando le facce preoccupate di quattro persone.
<< Non proprio.... oggi ho sentito Moritaka e mi ha detto di aver parlato con un suo amico della situazione di Tetsu.>>
Niente saluto.
Non sarebbe stato da loro.
<< E quindi?>>
<< Pare che questo amico sia più esperto di Moritaka e che abbia una nuova proposta che potrebbe aiutare Tetsu forse addirittura del tutto>>.
Ci furono esclamazioni stupite ed entusiaste.
<< A quando l'appuntamnto?>> gli chiese Akashi, dando per scontato che avrebbero partecipato tutti per sentire questo specialista.
<< Beh, se riesco a convincere Tetsu,tra due settimane all'areoporto>> così sganciò la bomba, aspettando che tutti la ricevessero.
<< Ok quindi... cosa??>>
<< Questo amico non è qui in Giappone, ma in America... a Los Angeles>>
Akashi e gli altri lo guardarono straniti.
<< Aominecchi ... a Los angeles c'è...>> Kise lasciò la frase in sospeso ma sapevano tutti come sarebbe continuata.
<< Lo so, ma non posso far sprecare un opportunità del genere a Tetsu! Cercherò in tutti i modi di convincerlo!>>
Restarono tutti un pò in silenzio.
<< Los Angeles... in effeti ero curioso di vedere le università di lì e poi è la patria del Basket...>> se ne uscì alla fine Akashi stupendo tutti.
<< Vieni anche tu??>>
<< Ovvio che si... Abbiamo deciso assieme che saremmo restati uniti di fronte alle difficoltà, inoltre per quanto mi riguarda non dovrò neppure convincere mio padre visto che sono anni che cerca di spedirmici.>>
Pian piano con suo stupore , Daiki vide anche tutti gli altri annuire convinti.
Era questo che era riuscito a fare Tetsuya: ricreare la vecchia famiglia che erano alle medie, prima che i loro talenti si sviluppassero.
Alla fine decisero che li avrebbe chiamati dopo aver parlato con Tetsu e così si diresse verso l'unico posto in cui sapeva di trovarlo.

L'aria fresca della sera gli scompigliava i capelli azzurri, mentre agilmente si muoveva sul campo con il pallone da basket tra le mani.
Adorava sentire il rumore della sfera di cuoio che rimbalzava sull'asfalto, le scarpe che strusciavano sui piccoli ciottoli, il clang del ferro del canestro quando la palla ci rimbalzava sopra.
Con la coda dell'occhio poteva vedere sulle gradinate le sue cose: la borsa con cui usciva tutte le mattine per recarsi al suo lavoro in biblioteca, la sua giacca e poco lontano, il timer che scandiva il lento passare dei minuti che gli rimanevano prima di essere costretto a fermarsi.
Una piccola fitta al torace, il fiatone e i muscoli indolenziti lo avvisarono che quel tempo presto sarebbe scaduto.
Fece ancora un tiro e quando vide di nuovo la palla rimbalzare, saltò quel poco che poteva per fare canestro.
Quando i suoi piedi ritoccarono terra, le sue gambe cedettero e lui si ritrovò frustrato in ginocchio sul cemento. Si passò una mano sul volto per coprirsi gli occhi e togliersi il sudore che gli imperlava la fronte.
Nel momento in cui la mano gli ricadde sul fianco, Kuroko fece di nuovo forza sulle gambe per rialzarsi e recuperò la palla con l'intento suicida di continuare ancora un po'.
Di non arrendersi.
Di non perdere anche quella flebile speranza che riusciva ancora a dargli quello sport che tanto amava.
Quello sport che lo collegava come un filo invisibile fino al di la dell'oceano, all'unica persona che lo faceva andare avanti.
Chiuse gli occhi e tornò a circa tre anni prima. Ad un delle ultime partite che avevano disputato assieme, quando ancora lui e Kagami-kun giocavano nel Seirin.
Cercò di ricordare i movimenti di Aomine e con poca difficoltà riuscì a riprodurli quasi tutti. Non era una copia perfetta come quella di Ryouta.
Riproduceva semplicemente ciò che ricordava e da quei movimenti ne creava di nuovi per consolidare la sua tecnica.
Riprodurre quelli di Kagami-kun era impossibile. Il suo stile cambiava costantemente.
Improvvisamente si bloccò, rendendosi conto che quel metodo lo aveva solamente portato a ricordare la parte più dolorosa di quella vittoria.
L'annuncio dell'abbandono.
Sentì qualcosa rompersi di nuovo dentro di se e capì che pian piano, tutti i cocci che con pazienza illusoria aveva cercato di riattaccare assieme, stavano tornando in pezzi.
Ricordava di sfuggita lo sponsor che, alla fine della partita contro Akashi, si era avvicinato a Kagami dandogli un biglietto.
Non aveva sentito le parole che si erano detti ma l'espressione piena di aspettativa stampata sul volto dell'amico gli era rimasta bene impressa nella mente.
Strinse con rabbia il pallone che aveva tra le mani e dopo aver mirato lo lanciò verso il canestro .
Sarebbe entrata al 99%, se una mano non l'avesse afferrata poco prima del canestro schiacciandocela poi dentro con forza.
<< Daiki, sarebbe entrato>> gli fece notare mascherando l'ira di poco prima, con la sua solita espressione vuota.
<< E' da un bel pò che quel coso trilla, Tetsu>> lo rimproverò l'altro indicando il timer che emetteva un bip inquietante.
<< Allora sei qui da un bel pò... come mai non mi hai fermato?>>
Daiki sospirò << Mi avresti tenuto il broncio per una settimana, e poi lo sai quanto mi piace vederti giocare...>> Il moro lanciò la palla come se stesse buttando un pezzo di carta nel cestino.Ovviamente quella entrò nel canestro esattamente come la carta sarebbe finita nel cestino.
<< E' ovvio che se avessi visto che ti stava affaticando troppo ti avrei fermato molto prima.>>
<< E' ovvio>> confermò Tetsuya irritato << Mi sei venuto a prendere?>> gli chiese poi mentre metteva a posto le sue cose nella borsa.
<< Già>> fece qualche altro tiro mentre aspettava Kuroko quando alla fine decise di interrompere il silenzio che si era creato.
<< Ieri mi ha chiamato Moritaka... >> se ne uscì all'improvviso.
Testu si bloccò mentre si metteva in dalla la borsa << Daiki...>>
<< Visto che tu non gli rispondi al telefono>> lo rimproverò Aomine.
<< So già di cosa vuole parlarmi... e la risposta è sempre "no".>>
<< Non era di "quello" che voleva parlare...>>
Quell'affermazione attirò l'attenzione di Kuroko.
<< Ah si, e cosa voleva?>>
<< Mi ha detto di aver un amico a cui ha parlato di te e che vorrebbe incontrarti>>
Tetsuya sospirò << Sono stanco di parlare con "loro" e di sentirgli dire sempre le stesse cose, Daiki.>>
<< Moritaka ha detto che il suo amico è specializzato nello studio sperimentale di qualcosa che potrebbe aiutarti.>>
<< Daiki, abbiamo ascoltato così tanti specialisti... sono stanco di sentirne altri>> sussurrò il ragazzo passandosi le mani tra i capelli.
Aomine lo guardò, capendo che doveva giocarsi l'ultima carta << Questo amico non è qui in Giappone, se mai decidessi di accettare di vederlo dovremmo prendere l'aereo.>>
Kuroko lo guarda stranito << Aereo? Dove dovremmo andare?>>. Sentì il cuore accelerare in una strana attesa.
Daiki prese un respiro profondo << In America,a Los Angeles.>>
Tetsuya si gelò. Il respiro sembrò fermarglisi in gola e il cuore sobbalzare.
<< Los... Angeles...>> riuscì a balbettare<< Daiki... mi sono promesso...>>
<< Si Tetsu, lo so... non è detto che lo vedremo.>>
<< Daiki, non so se ce la faccio...>> gemette Kuroko.
L'amico gli si avvicinò passandogli un braccio attrono alle spalle << Non sarai solo. Verremo tutti assieme a te, "tutti".>>
Tetsuya alzò lo sguardo stupito verso di lui << Tutti?>>
<< Siamo una famiglia che hai riunito tu... >>
Tetsuya scosse la testa contrario.
<< Siete sempre stati una famiglia, a volte succede che essa si divida ma torna sempre assieme alla fine>>.
Daiki si scostò un pò da lui guardandolo stranito << Parli come se tu non ne facessi parte... e poi, seguendo questa logica tu e Kagami...>> si fermò giusto in tempo quando sentì Tetsuya irrigidirsi.
Lo fissò meglio e si rese conto che gli occhi dell'amico si erano velati della stessa rabbia e durezza -e nostalgia- che aveva impressa ogni volta che si parlava di Kagami<< Io e Kagami non siamo mai stati una famiglia, Daiki.>>
Lo disse in modo gelido, sembrava di star parlando con una lastra di ghiaccio.
Il fatto che avesse tolto l'onorifico dal nome di Kagami, diceva molto, anzi quasi tutto.
Sapeva più di tutti Daiki, come si sentisse Tetsu, o almeno in parte.
Fino a quando non aveva perso la partita contro di lui e il Seirin,fino a quando non aveva visto Kagami porgere il pugno a Tetsu e quello ricambiare, non si era reso conto quanto l'amico gli mancasse.
Poi quando aveva visto Kagami portargli un Tetsuya quasi svenuto davanti e ricambiare con lui il saluto con il pugno aveva capito molte cose.
Si era sentito solo, nei mesi successivi all'ultima partita della Teiko.
Gli erano mancate le volte in cui Tetsu appariva dal nulla spaventandolo a morte, o i loro casuali incontri al ristorante .
Le volte in cui lo riprendeva oppure gli infilava nella maglietta i ghiaccioli per punirlo di qualche sua stupida affermazione.
Poter riavere quel rapporto con Tetsuya lo aveva fatto tornare ad amare il basket - ovviamente anche Kagami aveva fatto la sua parte-.
Allo stesso tempo però, mentre tornava amico di Tetsu,vedeva morire l'anima del ragazzo alla mancanza di Kagami.
Era appena riuscito a rendergli il peso che costantemente sembrava ingobbirgli le spalle nel mese successivo alla partenza di Kagami un po' più leggero,e subito dopo ricevevano una notizia ancora più dolorosa che lo aveva fatto ripiombare nel baratro della disperazione .
Ogni volta che tentava di aiutarlo, qualcosa sembrava volerglielo impedire.
La seconda volta ci aveva messo più tempo per farlo reagire.
Sorvolò su quello che era successo la notte della notizia e...
<< Daiki... >> quella voce sottile lo fece tornare al presente.
<< Si? >>
<< Va bene... andiamo in America. >>
Daiki sorrise mesto.
Non aveva detto "Va bene mi farò visitare".
No,lui aveva detto "Va bene andiamo in America".
Lo conosceva bene Tetsu, e in quel momento non stava pensando allo specialista ma solo a "lui". Probabilmente alla quasi certa, possibilità di rivederlo.
Sapeva che quello era l'unico modo per convincerlo.
Che "lui" era l'unico modo per convincerlo.



Avevano organizzato tutto con calma.
Grazie ad Akashi, subito dopo che Tetsu aveva accettato la partenza, si erano ritrovati studenti di una delle più famose università di Los Angeles la cosidetta UCLA o Università della California, Los Angeles.
Stranamente la famiglia Akashi era una delle benefattrici e aveva donato ingenti quantità di denaro ai laboratori di ricerca e quant'altro, così non solo pagavano le tasse ridotte al minimo ma avevano anche l'appartamento migliore dell'università nell'ala più prestigiosa.
Non avevano avuto problemi con l'università,ne con i biglietti aerei.

Un altro paio di maniche era stato convincere i genitori degli altri Miracoli.
Alla fine però, tra un litigio ed un altro erano riusciti a farsi dare tutti il permesso di partire.
Una settimana era passata in fretta, ed ora si ritrovavano schiacciati in sette in un taxi - rischiando una multa sostanziosa- in direzione dell'aeroporto.
Potevano sentire l'autista sbuffare e guardare continuamente lo specchietto per poi tornare a fissare avanti dopo un'occhiata pittosto tagliente da quelli seduti sui sedili posteriori.
Arrivati, sembrò quasi cacciarli fuori a calci e poi sgommare via.
<< I tassissti sono sempre dei gran maleducati!>> sbottò Momoi togliendosi la polvere dai vestiti, mentre Daiki s'incollava la sua borsa - che sembrava dannatamente pesante!- in spalla come se fosse un sacco vuoto.
<< Atsushi prendi quella di Tetsu!>>
Il ragazzo annuì e stava per caricarsela quando Tetsuya lo fermò<< Atsushi- san, è un trolley, posso tasportarlo senza fare fatica.>>
Murasakibara lo fissò un attimo e poi annuì sorridendogli con la bocca piena -"strano!"- e scompigliandogli capelli << Non affaticarti Kuro-chin >>.
<< Tranquillo. >>
Si avviarono tutti e sette all'interno arrivando giusto in tempo per dare le carte d'imbarco e recarsi verso la zona riservata ai viaggiatori.
Passò un'ora dove Midorima cercava di trovare dei passatempi per i più problematici del gruppo, mentre Kuroko di non pensare all'ultima volta che si era recato ad un aeroporto.
Akashi se ne era lavato le mani leggendo una rivista sportiva, affermando che non aveva firmato nessun contratto per tenere a bada tre bimbi dell'asilo nel corpo di adulti e così aveva lasciato tutto a Midorima che stava per aver un esaurimento nervoso.
<< Shin-chaaaan! >>
Shintaro si gelò terrorizzato.
Sapeva che Oh Hasa non sbagliava mai, ma aveva sperato che il capello texano che aveva in testa sarebbe bastato per mitigare la sfortuna.
Dopotutto il Cancro non era in ottima posizione quel giorno.
<< Takao...>> mormorò sconsolato vedendo il moro e gran parte della squadra del Seirin, salutarli fuori dalla zona viaggiatori.
Kuroko si avvicinò alla coach e al capitano con un sorriso tirato.
<< Siete venuti...>>
La ragazza gli accarezzò i capelli sorridendo intenerita << Certo che si! Io, Hyuuga e Teppei prenderemo il prossimo aereo tra due settimane, dopo aver sistemato le faccende con l'università>>
<< Sul serio sempai, non ce ne è bisogno...>> mormorò Tetsuya guardandoli però con gratitudine di quell'affetto.
<< Non dire stupidagini idiota!Siamo i tuoi sempai e come tali ci prenderemo cura di te, chiaro?!>>
Hyuuga emanava un aura piuttosto intimidatoria che Teppei- nonostante cercasse di farlo calmare- riuscì come al solito solo a far intensificare.
<< Si!>> per istinto, probabilmente, sia lui che gli altri membri dei Miracoli si ritrovarno sull'attenti -tranne Akashi- del tutto assoggettati.
<< Ok allora ci vediamo tra due settimane, tra poco parte il vostro volo...>> detto questo dopo vari saluti i membri ed ex del Seirin, se ne andarono lasciando solo Takao che stava stressando Midorima sopra oltre ogni limite.
Era paradossale come quel ragazzo riuscisse a sfinirlo il triplo degli altri cinque al di là della zona risevata.
<< Shin-chan! Il tuo segno è al penultimo posto oggi! Speriamo che non crolli l'aereo!>> disse il moro ridendo dopo aver visto Kise sbaiancare. Midorima lo guardò preoccupato e rivolse uno sguardo carico di rimprovero all'amico.
<< Takao non dirlo neppure per scherzo! >>
<< Suvvia Shin-chan! Non prenderla troppo sul serio!>> gli rispose con il suo solito tono divertito per poi rirendere << Prenderò l'aereo insieme alla coach Riko e agli altri del Seirin tra due settimane>>
<< Takao, ti ho detto che ...>>
<< Non voglio sentir ragioni Shin-chan!>>lo interruppe il moro che detto questo, gli lascia un bacio umido sulla guancia -davanti a tutti!-, saluta gli altri andandosene poi saltellando tutto contento.
Non c'era bisogno di specificare che l'algido Midorima era arrossito a quel contatto, ma non riuscì a dire nulla che il loro volo venne chiamato dall'altoparlante.
Salvato sulla linea.
Kuroko s'irrigidisce e tutti se ne accorgono.
Daiki gli passa un braccio sulle spalle per fargli forza e lui gli sorride grato, mentre il peso sullo stomaco si alleggerisce di qualche chilo.
Stavano davvero per partire per l'America.
E c'era il 70% di possibilità che lo avrebbe incontrato.
Fece un respiro profondo. Non doveva pensarci se non quando sarebbe arrivato il momento.
Come se fosse facile!
In qualche modo riesce a spazzare via tutti i pensieri infausti dalla sua mente e a concentrarsi solo sull'imminente viaggio.
<< Sei sicuro? >> Kuroko annuisce alla domanda gentile di Akashi.
Si ritrova però, a tremare mentre la signorina prende il suo bagaglio per caricarlo nella stiva e timbra la sua carta d'imbarco per farlo salire sull'aereo.
Decide che fare un esercizio di resperazione è la cosa migliore per calmarsi.
Inspira.
Espira.
Inspira.
Esp..
Qualcuno gli va addosso e lo insulta, mentre Daiki viene a malapena fermato da Murasakibara prima che possa darle a quel maleducato.
"Si, ce la posso fare" si dice per farsi forza mentre sale sull'aereo.
Poi quando si siede sul suo posto, lo sente.
Kise dietro di lui,pare ancora terrorizzato dall'affermazione di Takao e geme un << Crollerà l'aereo!>> mentre Midorima accanto al ragazzo lo guarda rassegnato e Kuroko davanti, si ritrova a sospirare.
Sarebbe stato un "lungo e snervante" viaggio.








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Capitolo 2
*** Cap 2\\ Quando il destino ti è avverso... ***


Cap II in revisione 2. Quando il destino ti è avverso....

Erano appena usciti dal negozio di articoli sportivi e si erano incamminati sulla strada del ritorno verso gli alloggi universitari, quando Momoi, in testa al gruppo con la cartina spiegata - era passata una settimana dal loro arrivo ma ancora non riuscivano ad orientarsi in quella città enorme- se ne uscì con un:
<< Che ne dite di andare a mangiare qualcosa? Se non sbaglio ci dovrebbe essere un ristorante dietro l'angolo!>> Lanciò uno sguardo dubbioso al pezzo di carta che aveva tra le mani e poi annuì più convinta.
Tutti risultarono favorevoli ma solo Kuroko si accorse che qualcosa non andava in quella cartina e quando lo capì esultò interiormente per essersene accorto prima di incamminarsi.
<< Satsuki- chan...>> quella fievole voce, restata in silenzio per tutto il tempo dell'uscita , attirò l'attenzione dei presenti che si voltarono a guardarlo ansiosi, ma allo stesso tempo con il timore che il ragazzo volesse rifiutare.
<< Satsuki-chan... la cartina è al contrario.>> Tono di voce apatico ma anche un pò rassegnato.
Ci fu un minuto buono in cui nessuno fiatò, mentre l'unica ragazza si faceva sempre più piccola sotto lo sguardo omicida degli amici.
<< Satsuki...>> la voce di Daiki metteva letteralmentei brividi e di risposta Momoi si nascose dietro Murasakibara, che decise di aiutarla dopo essere stato corrotto con una scatola di cioccolatini che la ragazza si portava sempre appresso come scorta di sopravvivenza.Come in casi del genere.
Kuroko senza farsi vedere sfilò dalle mani dell'amica la cartina e sbiancò quando si accorse che andando "dietro l'angolo", come aveva detto Momoi, sarebbero entrati in una via con locali a luci rosse.
Rimise la cartina nella giusta posizione e constatò che l'unico locale in cui ci si poteva sfamare era il Mc'Donald in una strada parallela.
<< Daiki,lascia stare Satsuki-chan e tu Asushi falla scendere dalle tue spalle che sta per vomitare>>
All'ordine di Akashi tutti si rimisero ai loro posti.
In effetti Satsuki era diventata di uno strano colore verde e dovette ammettere che Atsushi era decisamente troppo alto per i gusti di una che soffriva di vertigini.Se poi si contava il fatto che il ragazzo l'avesse tirata su come un sacco di patate e se la fosse caricata in spalla senza un minimo di tatto...
Quando rimise i piedi per terra tirò un sospiro di sollievo.
<< C'è un Mc Donald più avanti...>> se ne uscì Testuya quando tutti si furono ricomposti.
<< Approvo>> disse immediatamente Aomine sorridendo. Probabilmente si stava gia pregustando il quintale di hamburger che si sarebbe comprato.
<< Non avevo dubbi >> sussurrò Midorima per poi uscirsene con un << Oha Asa non ha nulla in contrario oggi, quindi per me va bene>>
Tutti lo guadarono un pò interdetti. Un oroscopo ora, decideva anche che cosa mangiare? Sorvolarono.
Alla fine ci fu un assenso generale e si avviarono rumorosamente verso la loro destinazione.
Daiki pareva non aver gradito la presa di parte di Murasakibara verso Momoi e qundi per vendicarsi aveva deciso di fregare le barrette di cioccolato dalle mani del gigante che urlava infuriato cercando di riprendersele. Kise aveva frainteso, prendendolo come un gioco a cui voleva assolutamente partecipare e quindi iniziò anche lui ad urlare.
Midorima li guardava sospirando con in mano una maschera tribale inquietante ma allo stesso tempo piuttosto buffa presa non si sa bene dove (l'oggetto fortunato del giorno, probabilmente).
Akashi invece aveva rinunciato e li stava ignorando bellamente, mentre si dava una spuntata ai capelli affermando che gli erano cresciuti un pò troppo.
Tutto questo mentre camminavano per strada.
Come sempre quando era con loro, Kuroko si ritrovò a sorridere lievemente.
Momoi accanto a lui lo stava osservando preoccupata e si rasserenò vedendo quel minimo gesto.
Come previsto e senza perdersi riuscirono ad arrivare salvi e affamati fino al Mc dove etrarono come una baraonda.
Assordato dal troppo rumore che comunque la sua comitiva stava causando, Kuroko li spedì ad occupare un tavolo mentre lui e Momoi prendevano gli ordini: Un milkshake alla vaniglia per lui, dieci BigBurger per Aomine, due Happy Meal per Akashi e Midorima, una coca dietetica e un insalata semplice per Kise( la linea!), tre gelati diversi per Murasakibara e un insalata di pollo per Momoi.
Il commesso lo avrebbe fulminato per un ordine così grande, se non fosse stato che con la sua Misdirection si era reso praticamente invisibile e così quello si ritrovò a fissare Momoi che gli sorrise affabile facendolo arrossire.
Kuroko sperò davvero di riuscire a portare tutto senza far caracollare qualcosa per terra.
Mentre tornavano ai tavoli, lui e Momoi sentirono molti clienti guardarli un po scioccati- per i BigBurger probabilmente- ma riuscirono entrambi ad arrivare incolumi e senza far danni con gli ordini.
Intanto Aomine aveva ridato le barrette a Murasakibara che con un'aria da bambino soddisfatto ne sgranocchiava una in attesa del suo gelato; Kise aveva finalmente compreso che non era un gioco e quindi si era messo a messaggiare con le sue fan, Akashi si guardava in uno specchietto sorridendo come un matto ( cosa non molto lontana dalla verità), Midorima fissava intensamente la maschera quasi pensasse che quella si mettesse a parlargli e Kuroko voleva sotterrarsi. Probabilmente i clienti li avevano presi per un gruppo di stramboidi.
Si affrettò ad appoggiare sul tavolo le pietanze in modo che gli altri potessero smettere di attirare l'attenzione e si sedette accanto a Daiki fissando con un pò di nostalgia quei dieci panini che l'amico stava mangiando di gusto.

"Si ritrovò all'improvviso con un panino tra le mani ed alzò lo sguardo su Kagami-kun che aveva spostato il suo verso la finestra.
<< Non mi piacciono quelli scarsi a basket, ma tu te ne sei meritato uno>>"

Scosse la testa, Testuya, cercando di scacciare quei ricordi dolorosamente felici dalla testa, sotto lo sguardo attento di Daiki che non si era perso quell'accennata espressione triste e che senza prevviso gli scompigliò i capelli beccandosi con un sorriso un'occhiata irritata.
Da irritato il volto di Kuroko si fece riconoscente per quel costante sostegno, per poi tornare subito dopo imperscrutabile come al solito.
All'improvviso un rumoroso chiacchiericcio più alto del normale interruppe, per la seconda volta la calma del ristorante.
Kuroko alzò lo sguardo curioso - proprio quando Kise, violando la sua dieta, aveva rubato una patatina a Midorima che gli aveva schiaffegiato la testa prima che quello potesse mangiarla - e si mise ad osservare il gruppetto appena arrivato: dalle divise e dal pallone che uno di loro teneva tra le mani, dovevano giocare a basket e questo gli fece accelerare di riflesso i battiti.
Senza saperne il motivo rimase incantato a fissarli mentre, dopo aver ordinato, si sistemavano proprio davanti a loro.
Momoi seduta davanti a lui,lo fissò per qualche secondo ma prima che potesse chiedergli cosa aveva, una voce dietro di lei risultò più alta delle altre ed arrivo alle loro orecchie gelando completamente tutti il tavolo di Tetsu, lui soprattutto.
<< Oggi Taiga è stato più spettacolare del solito! Avete visto che canestro?!>>
La conversazione continuò senza sapere che stava pian piano stava distruggendo la falsa tranquillità che in quelle due settimane si era instaurata nei sette dietro di loro.
<< Hai ragione amico! Oggi Kagami si è superato, quando è saltato sembrava stesse volando!>>
Di scatto tutti e sei sigirarono verso Kuroko che con le mani tramati, aveva poggiato il suo frullato sul tavolo per poi infilarle tra le gambe cercando di fermarne il tremore.
Gli occhi persi nel vuoto, la pelle pallida e gelida come un vero fantasma.
Daki osservò impotente l'amico cadere nella disperazione.
L'unica cosa che riuscì a fare fu abbracciarlo, mentre con odio fissava il tavolo davanti al loro.
Los Angeles era enorme e nonostante sapessero che le probabilità di incontrarlo ad UCLA erano del 90%, avevano sperato fino alla fine di avere un po' più di tempo.
<< Testu, sta tranquillo... va tutto bene, tutto bene>>.
Improvvisamente si accorse che l'altro tavolo aveva smesso di parlare e fissava loro sei con gli occhi sgranati.
<< Che avete da guardare?!>> Abbaiò contro quei ragazzi che sembrarono riscuotersi.
<< Aomine Daiki...>> sussurrò uno di loro tirando fuori una rivista sportiva.
Sbirciando ma senza smuoversi dalla sua posizione, vide la sua faccia e quella degli altri stampata sulle pagine di carta.
<< La Generazione di Miracoli al completo!>> esclamò d'un tratto un altro, solo che in inglese.
Gli unici che riuscirono a capire cosa stava dicendo furono Midorima e Akashi ma lo ignoraono troppo preoccupati per Tetsuya che non si era amcora mosso, come congelato.
Daiki nell'abbraccio poteva sentire il cuore dell'amico andare a singhozzo.
<< Andiamo via Tetsu.>>
Il ragazzo ancora in trance si lasciò tirare in piedi mentre gli altri li seguivano - si, persino Atsushi, lasciò perdere il suo gelato-.
<< Aspettate! >>esclamò uno di quegli odiosi ragazzi in uno stentato giapponese<< A-abbiamo un amico in comune! Kagami Taiga!>>
A quel nome Daiki sentì Kuroko tremare ancor di più, così decise di trascinarlo velocemente fuori dal locale, liquidando quel tizio con un ringhiato << Non conosco quel bastardo!>>
Solo più tardi si sarebbe reso conto, quanto era stata contraddittoria quella frase.
Apena usciti Tetsuya prese a respirare affannosamente per qualche secondo fino a quando non riuscì a calmarsi.
<< Kurokocchi...>> mormorò Kise avvicinandosi preoccupato.
<< Kuro-chin...>>
Akashi fissò Tetsuya con sguardo corrucciato poi si rivolse verso Midorima.
<< Shintaro chiama un taxi, torniamo a UCLA !>>


Il supermercato in cu si era recato subito dopo la partitella di street basket con i compagni di squadra, era pieno come sempre.
Dovette spintonare un uomo che era entrato nel panico, indeciso se scegliere delle fettine di maiale fine oppure quelle ultrafine, per poi mettere entrambe nel cestino con una faccia soddisfatta.
"Quel tipo deve star facendo la spesa per sua moglie" pensò mentre lo sorpassava, scusandosi per averlo urtato.
Fece scorta di carne, verdure e tutto quello che poteva servirgli cercando di sbrigarsi ed uscire il prima possibile da quella trappola opprimente.
Arrivò a pagare alla cassa solo quindici minuti dopo, con i nervi a fior di pelle per il nervoso.
Quando uscì dal supermercato tirò un respiro profondo inalando l'aria fresca della sera e storse il naso quando si ritrovò a inspirare smog e odore di fritto.
In quei momenti, più degli altri, si ritrovava a ripensare con malinconia, all'aria pulita e tranquilla del Giappone.
Il respiro gli si fermò quando si ritrovò a vagare ancora una volta nella tristezza dei ricordi.
"Kuroko."
Quel nome, più di tutti gli altri gli provocò una fitta dolorosa al petto.
Prepotentemente il volto del vecchio amico si fece spazio davanti ai suoi occhi.
I capelli azzurri, la pelle delicata e gli occhi inespressivi che solo su un campo da basket bruciavano dalla voglia di vincere.
Ricordò le sue battute, la sua voce, le sue prese in giro e le sue lacrime.
Gli mancava.
Da tempo si era reso conto che colui che davvero gli mancava del Giappone, più di tutto e più di tutti era proprio il suo migliore amico.
Non Tatsuya, rimasto in Giappone per badare a Murasakibara.
Non l'aria pulita.
Non la Generazione di Miracoli con i suoi prodigi.
Kuroko Tetsuya, la sua piccola ombra che aveva abbandonato per il successo.Quel successo che tanto aveva cercato e che ora gli stava stretto.
Si divertiva davvero a giocare a livello professionistico, ogni partita era una sfida che lo spingeva a dare il massimo. I giocatori erano i migliori ed aveva imparato da ogni avversario qualcosa.
Eppure si sentiva insoddisfatto. Provava un costante senso di inquietudine, e la maliconia e la nostalgia in quell'ultimo anno si erano fatte più pressanti.
Inoltre, nonostante i suoi compagni erano delle brae persone, sentiva di non poterli considerare del tutto degli amici.
Se ne era accoorto, Kagami, che nessun americano avrebbe potuto sostituire i suoi amici del Seirin e anche tutti quelli della Generazione dei Miracoli.
"Nessun americano avrebbe potuto sostituire Tetsuya."
Si chiese come stava.
Se stava frequentando l'università, magari una con un club di Basket.
Ricordava che nei mesi prima della sua partenza, Kuroko era andato a vivere con Aomine. Ricordava anche per bene la gelosia che gli era presa quando lo aveva saputo. Quando si era reso conto che se lui fosse partito Aomine avrebbe potuto riprendersi il suo posto come "luce" di Tetsuya.
Quel pensiero era stato l'unico che aveva fatto vacillare la sua convinzione nel voler tornare in America.
Alla fine però la voglia di giocare in una squadra di alto livello e le pressioni da parte della sua famiglia di tornare a casa da loro, lo avevano portato a prendere l'aereo e a lasciare la sua vita in Giapone per potersi affermare come professionista.Ricordava il semplice e deludente "Buon Viaggio" dell'amico quando lo aveva salutato all'areoporto .
Si era sentito deluso e arrabbiato dal fatto che Kuroko non gli avesse detto nulla come "Chiamami quando arrivi" o un "Ci sentiamo presto" e solo dopo qualche giorno si era reso conto del motivo.
Con quel "Buon Viaggio" Kuroko lo aveva chiuso fuori dalla sua vita.
Nessuna chiamata e nessuna risposta alle sue chiamate.
Non voleva più vederlo.
Gli si strinse il cuore a quel pensiero, come succedeva sempre quando tornava a qui primi mesi d'inferno.
Aveva stremato fino all'esasperazione i sempai,per capire se sapessero qualcosa di lui.
Eppure anche loro gli avevano detto che Kuroko era letteralmente "sparito" dicendo che voleva un momento di pausa.
Erano passati tre anni e la pausa non si era interrotta. Eppure Kagami aveva sempre sospettato che per qualche motivo assurdo gi stessero mentendo.Per questa sensazione sempre più opprimente, Kagami aveva pian ano preso le distanze anche da loro.
L'unico con cui si sentiva ancora era Tatsuya , ma anche lui da qualche mese era sparito.
Si sentiva solo.
Abbandonato.
Abbandonato dai suoi vecchi amici, esattamente come lui aveva fatto con loro quando era partito.
All'improvviso ricordò le parole che Kise aveva detto a Kuroko dopo aver perso l'amichevole contro di loro: aveva detto che era come la Generazione dei Miracoli e che presto avrebbe raggiunto un livello così alto che lo avrebbe portato a distanziarsi dai suoi compagni.
Aveva chiesto a Kuroko se pensava davvero che non sarebbe cambiato.
Si rese conto che quando era partito, Kuroko aveva avuto la sua risposta e allo stesso tempo, non rispondendo alle sue chiamate, lui gli aveva dato la sua, di risposta.
Strinse gli occhi per cercare di scacciare tutti quei pensieri dolorosi e si apprestò ad aprire la porta del suo appartamento che aveva raggiunto senza rendersene conto, così preso dai ricordi.
Era una casa spoglia, quella che aveva scelto.
Sembrava come se dovesse partire da un momento all'altro.
Non aveva messo nessun oggetto davvero personale.
Riviste sportive, mobilio serioso e solo su una mensola tre foto: la prima rappresentava la squadra del Seirin al completo, mentre reggeva la coppa dopo la vittoria contro Akashi e la sua squadra.
La seconda era stata fatta di nascosto in un attimo in cui lui e Kuroko erano assieme a tutta le Generazione dei Miracoli: c'era Murasakibara con le mani infilate in un sacchetto di caramelle, Midorima con una tegliera tra le mani, Kise appiccicato al braccio di Kuroko mentre quest'ultimo cercava di impedire a lui di prendere a pugni Aomine che allo stesso tempo veniva tirato da un braccio da Momoi; infine erano tutti e cinque girati con il volto terrorizzato verso Akashi che li minacciava di tirare le sue forbici se non avessero smesso.
La terza lo fece sorridere: era stata scattata una mattina durante il campo di allenamento.
All'interno della foto vi era Kuroko con i capelli indomabili e tra le braccia N.2 che allungava le zampe verso di lui,sdraiato a terra terrorizzato.
Rimase a fissare il sorriso divertito appena accennato sulle labbra dell' "amico".
La nostalgia tornò a fargli visita. Quelle foto potevano definirsi le uniche cose a cui teneva in quella casa.
Di quei tre anni passati in America non aveva alcuna foto.
Non sentiva minimamente quella squadra come sua.
Ricordava bene cosa significava essere una squadra. Come ci si sentiva, come era bella la sensazione di essere a casa.
C'erano volte che la sensazione di essere nel posto sbagliato lo soffocava e doveva abbandonare gli allenamenti di corsa.
Accarezzò con le dita la prima foto.
Voleva rivedere la sua squadra.
Voleva rivedere persino N.2
Voleva rivedere Kuroko.
Voleva vedere la Generazione dei Miracoli.
Voleva rivedere Tetsuya.
Sentire la sua voce,le sue frecciate.
La sua schiettezza e anche il suo silenzio.
Perchè con Kuroko riusciva a sentirsi bene anche nel silenzio.
Perchè Kuroko era l'unico che riusciva a capirlo, a sapere sempre quali erano i suoi pensieri, quello che voleva fare.
Era diventato in poco tempo importante quanto Tatsuya,come un fratello.
Anzi...forse considerava Kuroko un fratello anche più di Tatsuya.
Tatsuya gli aveva insegnato il basket e come farsi degli amici attraverso di esso.
Kuroko gli aveva insegnato ad "amare" il basket, a non rendere il suo sport come un mero uso per vincere.
Gli aveva insegnato come era essere amici anche al di fuori del basket, perchè con lui condivideva tutto.
Aveva imparato persino ad amare leggere!
Spostò lo sguardo verso la libreria poco fornita ma di certo di più di quando era arrivato in Giappone cinque anni prima.
Accese il lettore musicale dove un cd di jaz partì diffondendo una musica dolce che non gli si addiceva ma con l'umore che aveva, sentiva il bisogno di un atmosfera tranquilla.
Si cucinò qualcosa di veloce per poi prendere un libro e sdraiarsi sul divano.
Era diventata un abitudine ormai.
Ricordava bene le volte in cui Kuroko era rimasto da lui a dormire e a volte rimaneva sveglio anche tutta la notte appresso ad un libro che gli interessava.
Rifare quelle cose glielo facevano sentire un po' più vicino.
Amleto. Storse il naso ma sorrise quando lesse il titolo del libro a caso che aveva preso.
Quella doveva essere una serata davvero cupa per mettersi a leggere una storia di vendetta.

"<< Oi Kuroko ! Che leggi con così tanto interesse?>>
Lo vide alzare la testa giusto quel tanto che bastava per rispondergli << Amleto>>
<< E di che parla??>>
<< Il principe di Danimarca scopre che suo padre è stato assassinato da suo zio e così decide di vendicarsi ma questo lo porta ad uccidere nel corso della storia il padre della sua amata che impazzisce e si suicida. Alla fine con l'inganno Amleto uccide lo zio ma poco dopo muore tra le braccia del migliore amico dopo aver proclamato un nuovo re>> lo dice come se stesse leggendo un monologo. Competamente inespressivo.
<< Che storia tragica>>
<< Infatti è una tragedia, Kagami-kun>>
<< Ti piacciono le storie senza lieto fine?>>
<< Non particolarmente>>detto questo riabbassa lo sguardo e torna ad ignorarlo."

Eppure ricordava di avergli visto in mano quel libro decine di volte e un giorno gli aveva anche letto un intera riga a memoria. Decisamente gli piaceva molto.
Per questo motivo,di nascosto, lo aveva comprato. Per poter capire cosa avesse di così speciale quella storia; e doveva dire che non gli era dispiaciuto per nulla: la figura di Amleto era piuttosto interessante e nel suo carattere deciso e a volte nelle sue parole ci si rivedeva.
<< Essere grandi non è agitarsi senza grandi argomenti, ma con grandezza scendere in campo per un nulla quando l’onore è in gioco >> recitò soddisfatto di ricordare ancora quei versi.
Improvvisamente il rumore di un telefono che squillava ruppe il silenzio che si era creato nella casa.
Sbuffando si allungò verso il tavolino davanti al divano su cui aveva appogiato il telefono e rispose.
<< Sono Kagami. >>
Un urlo acuto dall'altra parte del telefono lo assordò per qualche secondo.
<< Idiota!Parla come si deve!>>
<< Taiga ! E' successa una cosa incredibile! >>
Il ragazzo parlava velocemente e a malapena Kagami riuscì a capire.
<< Ah si? E che è successo?>>
<< Abbiamo incontrato la Generazione dei Miracoli! >>
Taiga si ritrovò a fissare il telefono come se vedesse spuntarci fuori un alieno, mentre una strana costrizione gli cresceva nel petto.
<< La Generazione dei Miracoli è in Giappone, idiota!>>
Lo sentì ridacchiare << Oh no invece! Sono proprio qui  a Los Angeles e la prova ti sta arrivando in quest momento sul cellulare! >>

Si sentì la musichetta del messaggio che titubante Taiga aprì.
Non osava sperare che fosse vero.
Perchè se lo era, allora anche lui probabilmente ci sarebbe stato.
Trattenne il fiato e il suo cuore accelerò quando vide le figure familiari dei suoi vecchi rivali che uscivano dal ristorante.
C'erano tutti e cinque i membri e Momoi.
Lui non lo vedeva .
Un moto di delusione gli iniziò a crescere dentro mentre la speranza scemava.
Decise comunque di non buttarsi giù. Non ancora.
<< Sono loro davvero....>>
<< Che ti avevo detto?!>>
<< Senti... per caso c'era anche un altra persona con loro? Un ragazzo basso con gli occhi e i capell azzurri?>>
Trattenne il respiro nell'attesa che l'altro gli rispondesse.
<< In effetti c'era un tipo simile... ma non sembrava stare molto bene e per questo se ne sono andati quasi subito.>>
Il cuore gli balzò in gola per accelerare come un matto.
Kuroko!
<< Aspetta se non sbaglio dovrei avere una foto un pò più chiara.>>
Cinque secondi dopo si sentì di nuovo il trillo del messaggio che Kagami aprì immediatamente.
Ok! Stava di certo per avere un infarto.
Nella foto un pò sfocata, si vedeva un ragazzino con i capelli azzurri che cercava disperatamente di restare aggrappato al braccio di Aomine che con l'altro lo sosteneva in vita.
Dopo i primi minuti di esultanza interiore si concentrò sull'espressione sconvolta di Kuroko e si chiese cosa avesse.
<< In quale Mc siete andati?>>
Quando quello gli rispose Kagami agrottò le sopracciglia pensieroso.
<< Sono tornati a piedi o in taxi?>> Sembrava decisamente un interrogatorio.
<< Taxi>>
<< E per caso ti ricordi che indirizzo hanno detto all'autista?>>
<< Non proprio ma credo un posto dalle parti di West L.A>>
Non era molto ma era già qualcosa!
Kagami sentiva l'adrenalina scorrergli nelle vene come poco prima di una partita.
<< Grazie ci vediamo domani>> detto questo attaccò ancora prima che l'altro potesse ispondere.
Kuroko e gli altri erano a Los Angeles!
Era una cosa fantastica! Altro che serata cupa!
Improvvisamente poi si fermò un attimo a riflettere.
Perchè quei sette si erano recati in America?
E Kuroko come stava? Non aveva un bell'aspetto nella foto.
Scosse la testa confuso dal troppo pensare e decise che glielo avrebbe chiesto dopo averli trovati.
Perchè li avebbe trovati!
Non avrebbe permesso nè a Kuroko nè a se stesso di lasciarselo sfuggire di nuovo dalle mani!


Erano riusciti a convincere l'autista a farli entrare tutti, con una lauta mancia oltre al normale compenso.
C'era da dire che in sette in un taxi non si stava proprio comodissimi.
Sembrava come un dejavu del viaggio verso l'areoporto giapoese.
Alla fine Akashi si era messo nel posto accanto al guidatore, Kise era dovuto salire in braccio a Midorima, Momoi su Murasakibara , mentre Kuroko stava accoccolato tra le braccia di Daiki, ancora tremante.
A metà del viaggio si era appisolato sotto lo sguardo apprensivo dell'amico che non l'aveva perso d'occhio nemmeno per un momento.
Lo aveva cullato per tutto il tempo cercando di tranquillizzarlo.
<< Come sta Kurokocchi?>>sussurrò Ryouta cercando di sporgersi dalla spalla di Momoi per osservare il ragazzo.
<< Ora dorme ma continua a tremare>> gli rispose Daiki senza distogliere lo sguardo.
Akashi si affacciò dal sedile davanti e fissò corrucciato Tetsuya << Dobbiamo dargli la medicina>> poi si rivolse all'autista e gli chiese in un inglese perfetto, quanto mancava all'arrivo.
<< Dieci minuti >> rispose quello in uno stentato giapponese.
Ed in effetti dopo appena dieci minuti la vettura si ritrovò all'interno di una lunga strada alberata.
Nonostante fosse notte e abbastanza buio il viale che costeggiava ogni singolo edificio della Città Universitaria UCLA era completamente illuminato da lampioni di media e piccola altezza.
Ai lati del viale vi erano panchine in legno alternate ai lampioni.
All'interno della Città, passavano fino alle sette, autobus universitari che facevano l'intero giro di tutte le facoltà, trasportando studenti, docenti e addetti ai lavori.
Il taxi si fermò davanti ad uno degli edifici più moderni.
Quando la portiera posteriore fu aperta Kise fu sbalzato giù dall'auto da un irritato Midorima che gli imprecò contro per non essere stato fermo un attimo; subito dopo di loro, con grazia scese Momoi per nulla scomposta per poi essere seguita da Atsushi che si lamentò per le sue merendine tutte sbriciolate.
Daiki, il più delicatamente possibile, riuscì ad uscire dal taxi senza svegliare Kuroko tra le sue braccia, mentre Akashi saldava il conto con l'autista e lo ringraziava per il favore fatto.
Dopo pochi minuti entrarono nel loro appartamento e Daiki si diresse nella stanza che condivideva con Kuroko e stese il ragazzo nel suo letto ancora vestito, non volendo rischiare di svegliarlo. Cercando di fare il più piano possibile prese la siringa piena che c'era nel comodino, la sterilizzò e ne iniettò la sostanza nel braccio del ragazzo che fortunatamente si lamentò solamente per poi tornare a riposare. Finito, Daiki buttò quell'aggeggio nel cestino, con disgusto.
Odiava dover fare una cosa simile a Tetsu, ma non aveva scelta.
Si sedette sul letto davanti prendendosi la testa tra le mani osservando il sonno agitato di quel piccolo ragazzo che considerava un fratello.
Si alzò dal letto subito dopo e si stese accanto all'amico abbracciandolo, cercando di dargli un pò di conforto.
Sorrise quando sentì il corpo del più piccolo calmarsi un poco.
Al naso gli arrivò l'odore particolare e appena accennato di Tetsuya.
Odore di casa che lo riportò a tre anni prima, quando dopo essere stati battuti , Kuroko lo aveva pedonato per il suo comportamento e gli aveva permesso di tornare ad essere suo amico.
Pian piano, con fatica, si era di nuovo guadagnato la fiducia di Tetsu -e di conseguenza si era anche avvicinato un pò a Kagami-.
Poi era successo che, poco prima della partita contro il Rakuzan,Kuroko aveva deciso di andare a vivere da solo e con sua sorpresa gli aveva chiesto di essere il suo coinquilino.
Aveva accettato subito, pensando a quell'offerta come una specie di definitiva riconciliazione.
All'improvviso però, era tutto precipitato, quando Kagami aveva annunciato che sarebbe tornato in America per diventare un giocatore professionista, accettando la proposta che uno sponsor gli aveva posto subito dopo la partita contro Akashi.
Aveva assistito impotente all'auodistruzione di Tetsu. Al suo sfogo violento quando era tornato dopo aver salutato l'amico all'areoporto. Lo aveva stretto a sè, vedendolo pian piano spegnersi ogni minuto che passava. Quel giorno si era promesso di difenderlo da tutto e da tutti coloro che avrebbero potuto in qualunque modo ferirlo.
Era forte, Tetsu.
Dopo un mese passato nella più totale apatia, si era rialzato da solo dalle ceneri e aveva cercato di andare avanti o almeno di mostrarsi forte all'esterno.
Perchè lo sapeva Daiki , che dentro l'amico imperversava ancora l'inferno e quell'apparente tranquillità che mostrava, poteva sbriciolarsi per un nonulla.
E poi dopo solo un pao di mesi , la situazione era precipitata di nuovo alla notizia che....
I suoi pensieri furono interrotti dall'entrata silenziosa di Satsuki, venuta a vedere come stava Tetsuya. La vide sospirare e sedersi sul letto di Daiki mentre con espressione sofferente osservava il viso tirato del più piccolo.
Aomine si ritrovò a fissarla, rendendosi conto che, l'amore di Satsuki verso Tesu non era ancora svanito.
Si ritrovò a sentirsi male a quel pensiero.
Sapeva perfettamente che Tetsu non provava null'altro con un affetto fraterno verso di lei e lo rattristava capire che lei stava soffrendo per quell'amore non corrisposto.
Sentì qualcosa agitarglisi rabbioso nello stomaco quando capì quanto forti ancora erano i sentimenti di Satsuki verso Tetsuya.
Gelosia? Si chiese sorpreso.
Verso di chi? Tetsu ? Satsuki? Non lo sapeva Daiki ma l'avrebbe accettata come ci si aspettava da lui e avrebbe lasciato che fosse il tempo a chiarirgli le idee.
La vide alzarsi e girare attorno al letto e per poi stendersi e racchiudere Kuroko in un caldo abbraccio.
Daiki sorrise .
Erano una strana famiglia loro sette.
Poteva sentire la presenza degli altri nell'altra stanza che sembrava facessero la guardia alla loro tranquillità.
Erano diventati una strana famiglia creata completamente intorno a Kuroko, e nonostante sapessero che lui non voleva essere protetto, tutti quanti si sarebbero impegnati per renderlo felice.
Era stato lui, anche se indirettamente e in uno strano modo – battendoli - a ricongiungerli tutti e a far si che tornassero quelli di un tempo.
I ragazzini che amavano giocare a basket più di ogni altra cosa.
Non avrebbero permesso che nulla distruggesse la loro salvezza.
Era questa la promessa muta che si erano fatti.
Dopo poco, però, avevano scoperto che su certe cose erano impotenti e che alla vita non ci si poteva opporre.
Chiuse gli occhi Daiki, cercando di scacciare quei pensieri infausti dalla sua testa.
Erano lì in America proprio per impedire al destino di mettere le mani su di loro.
Non si sarebbero arresi.
Con il respiro pesante di Tetsu e Satsuki nelle orecchie come ninnanna si addormentò anche lui , ringraziando che quel letto era abbastanza grande per farci stare tutti e tre.

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Capitolo 3
*** Cap 3 \\ Il piano. ***


Cap 3
Cap III
Il piano.
Il cigolio della porta che si apriva, risvegliò Daiki dal leggero sonno che si era concesso. Schiuse piano gli occhi cercando di non sciogliere la presa dai due che dormivano serenamente affianco a lui e li puntò sul piccolo spiraglio che si era creato quando la porta si era aperta.
La scura figura di un ragazzo alto e biondo si stagliò sulla soglia.
L'espressione dolce che gli si leggeva sul volto stupì e riscaldò il cuore di Aomine.
“Sembrate dei genitori che proteggono il figlio...”sussurrò Ryouta andando a sedersi sul letto di fronte al loro.
Daiki emise un verso scocciato, probabilmente per nascondere l'imbarazzo, poi cambiò discorso.  “Che ore sono?”
 “ Mezzanotte... credo?”
All'esitazione del biondo si sentì un risolino provenire dal letto.
 “Se Daiki e Satsuki fossero i genitori allora la famiglia andrebbe a in bancarotta in meno di una settimana” mormorò assonnato e divertito Kuroko, la voce attutita dalle coperte e la presa di Aomine.
Quando cercò di alzarsi, Daiki lo ributtò senza troppa forza sul materasso suscitando l'ilarità di Kise che scoppiò in una risata silenziosa.
 “Tornate a dormire” borbottò Aomine adocchiando anche il sorrisetto di Satsuki che aveva ancora gli occhi chiusi, fingendo di dormire. “E' tardi.”
Si alzò dal letto dopo aver ricevuto l'ok da parte dei due già in parte tornati nel mondo dei sogni, e fece segno a Ryouta di seguirlo fuori dalla stanza. Entrato nel salone si chiuse di nuovo la porta alle spalle. Seduti sul divano,Akashi e Murasakibara stavano facevano zapping tra gare di torte e discorsi diplomatici in qualche strana lingua, mentre Midorima leggeva un libro intitolato “La Medicina e il basket”, sulla poltrona affianco a loro.
“Ben svegliato, Daiki” se ne uscì Akashi mentre ancora gli dava le spalle e la televisione che aveva coperto il rumore della porta della camera che si chiudeva.
-Come diavolo fa a saperlo?!- si chiese Aomine ma non si espresse a voce alta, consapevole che in risposta avrebbe ricevuto solamente un sorriso enigmatico. Si avvicinò al divano e di riflesso Numero 2 gli si avvinò scodinzolante. Si fermò di colpo e lo fissò con odio. “Continuo a dire con uno sguardo malefico!” Kise sbuffo divertito “Aominecchi falla finita.”
Era terribilmente simile a Kagami in quei momenti.
“Devo parlarvi.”
La televisione si spense ed Akashi fece loro segno di sedersi sul divano di fronte. Midorima chiuse il libro che stava leggendo e perfino Atsushi smise di mangiare le sue caramelle per mettersi ad ascoltare.
“Di cosa vuoi parlare Dai-chin?”
“Di Tetsu” gli rispose Aomine come se fosse ovvio.
“Immaginavo. Come sta?" gli chiese Akashi, mostrando di nuovo la sua espressione preoccupata.
“Meglio...forse. Sai che non è facile capire cosa pensa la maggior parte delle volte.”
“Già, anche questo è vero... Allora?”
Daiki rimase in silenzio inizialmente, cercando di mettere in ordine i pensieri che lo avevano afflitto da quando erano usciti da quel ristorante.
“Deve incontrarlo” affermò tutto d'un tratto per poi rimanere ad osservare le varie espressioni dei quattro presenti.
Ryouta era mezzo scioccato.
Atsushi sembrava irritato.
Midorima rimase impassibile ed annuì.
Negli occhi di Akashi passò un lampo pericoloso.
“Stai scherzando spero!”sbottò Kise.
“Ha ragione Dai-chin... hai visto la reazione di Kuro-chin quando lo hanno nominato in quel ristorante?”
Daiki sospirò “E' proprio per questo motivo che penso debba vederlo...”
“Spiegati meglio Daiki” gli ordinò Akashi con quel luccichio strano negli occhi.
"Tetsu deve vedere Kagami”specificò Aomine anticipando poi la risposta brusca di Kise "Ho visto perfettamente la reazione di Tetsu quando hanno nominato Kagami ed è proprio per questo che voglio che lo incontri. Ho l'impressione che da ora in avanti vivrà come nel terrore che, svoltando l'angolo,se lo ritrovi davanti."
Il silenzio cadde nella stanza, segno che anche gli altri avevano lo stesso pensiero.
“Ma allora perchè farglielo incontrare? Non sarebbe una cosa ancora peggiore?”
“La cosa peggiore sarebbe farlo continuare a vivere in una simile situazione mentale” rispose Shintaro per lui “Domani inizieremo l'università e tra una settimana il dottor Johanson lo visiterà per capire se si potrà applicare la nuova cura. Se arriverà alla visita in questo stato potrebbe solo peggiorare la situazione” concluse “ credo che Aomine intenda questo.”
Daiki annuì grato che avesse spiegato le cose per lui.
Il silenzio discese nella stanza.
Tutti erano immersi nei loro pensieri, tutti incentrati sul piccolo ragazzo che riposava nell'altra stanza. Dopo qualche minuto il cigolio di qualcuno che si alzava dal divano ruppe la calma che era scesa nella casa.
Alzando lo sguardo dalle proprie mani, Daiki vide Akashi dirigersi verso la cucina e prepararsi un caffè “Bene, prenderemo in considerazione quest'opzione ma prima vedremo come va. Aspetteremo che si ambienti qui e nel caso sarà strettamente necessario allora faremo in modo che Tetsuya incontri Kagami. La sua salute è la cosa più importante.”
Tutti annuirono concordi, dopotutto Akashi era da sempre stato il loro capitano.
“Se non sbaglio il capitano, la coach e il centro del Seirin verranno tra una settimana. Atsushi,Shintaro quando arriveranno Himuro e Takao?”
“Takao arriverà sullo stesso aereo di quelli del Seirin”
“Muro-chin verrà tra un paio di giorni, dopo che avrà sistemato delle cose in Giappone”
"Capisco, allora potrebbero arrivare in tempo per la visita.”
Dopo averci riflettuto prese il telefono e fece una chiamata “ Sig. Rayce … si, sono Akashi … no, non chiamo perché il servizio di pulizie non é efficiente … aspetti perché me lo chiede?”
Gli altri ragazzi lo fissarono perplessi mentre l'espressione dell'amico farsi corrucciata.
“Qualcuno ha protestato verso il servizio di pulizie? Aveva trovato una macchia strana sul copriletto? Ho capito. Era vero?”
Aomine si chiese perché diavolo stava parlando di quello.
Un attimo prima decidevano come rapportarsi sulla situazione di Tetsu e un attimo dopo Akashi chiedeva di strane macchie sui copriletto.
Sospirò: dopo Tetsu, Akashi era di certo la persona con il cervello più incomprensibile – e incasinato, psicolabile e con priorità disordinate -che conosceva.
Improvvisamente il volto del rosso si colorì leggermente: Akashi era imbarazzato?!
“Si in effetti avrebbero dovuto pensare al fatto che sua sore lla e il fdanzao hanno dormito da lei la sera prima...”
Gli altri si guardarono confusi, fino a quando,quasi in ordine arrivarono tutti alla stessa conclusione, cambiando il colorito, da un classico rosa pallido ad uno più scarlatto.
“No Sig. Rayce, non voglio intentare nessuna causa contro gli addetti alle pulizie... ah, perché ho chiamato allora? Giusto … voglio compare l'intero edificio!”
Daiki si ritrovò con la sua stessa mano spiaccicata sulla fronte ed un forte mal di testa.
Da un estremo all'altro.
Tipico di Akashi.
Da semplice amico preoccupato a imprenditore incallito in meno di un minuto. Infine – proprio come adesso – a “Imperatore Assoluto”.
“ Si , l'intero edificio in cui abito con i miei compagni … perché? Dovrei avere una ragione valida?”
La sua voce si era fatta terribilmente sottile .
Quel Sig. Rayce stava rischiando davvero grosso.
Un Akashi irritato, era una situazione decisamente pericolosa.
“Dei miei amici arriveranno tra una settimana e voglio che alloggino nel mio stesso condominio e il piano sotto di noi... ah è occupato? Un appartamento accanto al nostro? Sarebbe ottimo... compra comunque l'intero edificio … ah è una proprietà americana? Dovrei chiedere al Ministro dell'Istruzione? No … non credo sia il caso... si, hai prenotata una cena per due nel miglior ristorante della città... va bene a più tardi.”
Finita la telefonata attaccò e si girò verso di loro come se nulla fosse, sorseggiando la sua tazza di caffè.
Il silenzio nella stanza era piuttosto comprensibile. La conversazione appena sentita era stata così assurda da ammutolire tutti e cinque i ragazzi.
“Tralasciando il fatto che non puoi comprare un condominio universitario, mi vuoi dire che senso ha comprare tutto l'edificio, anche se l'appartamento accanto al nostro può essere affittato?”se ne uscì Midorima massaggiandosi le tempie doloranti.
Akashi gli rivolse uno strano sguardo di superiorità “ Io sono assoluto, devo avere il controllo su tutto, anche sugli addetti alle pulizie!”
“Ovviamente”gli rispose il Vice fissandolo come se fosse pazzo. In parte lo era quindi non c'era nulla di così strano.
“Bene, almeno i sempai del Seirin e gli altri saranno sempre qui e ci daranno una mano... cosa di cui abbiamo molto bisogno.”
Akashi annuì “Daiki tu  sei quello che dovrà stare più attento... secondo le mie fonti Kagami frequenta il corso di lingue ma, ovviamente solo per poter giocare nella squadra di basket. Tu sei qui per lo stesso motivo, quindi é sicuro che lo incontrerai come minimo tra una settimana , quando ci sarà l'incontro per accogliere le matricole in squadra.”
Daiki sospirò “In pratica non c'é alcun modo per impedirci di vedere quell'idiota, giusto?”
Akashi scosse la testa “ Bada bene a quello che dirai e cerca di non farti vedere al Pauley Pavilion fino all'incontro della prossima settimana.”
“Farò del mio meglio. Ora ho sonno...” detto questo diede la buonanotte e se ne andò in camera.


Un raggio del sole penetrò tra le persiane chiuse, illuminando lievemente il corpo dei due ragazzi ancora avvolti dalle lenzuola. Era debole ma riuscì comunque a svegliare il giovane che si stropicciò le palpebre e piano cercò di alzarsi non riuscendoci.
Confuso spostò lo sguardo accanto a sé e sorrise quando notò il braccio di una ragazza dalla strana capigliatura color rosa, stringergli forte la vita come se temesse di sentirlo sparire da un momento all'altro. Non aveva tutti i torti dopotutto.
Le carezzò la testa dolcemente.
La sua dolce sorellina.
“Sei sveglio.”
Il sussurro appena udibile lo fece voltare lentamente, avendo riconosciuto la voce.
Nel frattempo i ricordi di ciò che era accaduto la sera precedente gli invasero la mente ancora assonnata e annebbiata.
Sorrise amaramente a Daiki che lo fissava seduto sul letto di fronte.
“Vi ho dato di nuovo troppi problemi.”
Aomine si alzò di scatto e gli scompigliò i capelli affettuosamente procurandosi uno sguardo infastidito e una risata silenziosa dalla nuova presenza cosciente nella stanza.
“I tuoi problemi non lo sono per noi, chiaro?”
Daiki si sentì trascinato sul letto e senza un buon equilibrio crollò sopra di loro con un gemito.
“Satsuki- chan … i tuoi metodi di abbraccio-solletico sono poco piacevoli per le mie ossa” si lamentò Tetsu massaggiandosi la parte lesa da Daiki senza volerlo.
“Sei fatto deboluccio Tetsu-kun!”lo rimbrottò la ragazza stringendoli entrambi in un abbraccio amorevolmente materno per lei, soffocante per loro due in astinenza d'aria.
“Ti vogliamo bene anche noi, Satsuki, ma ora lasciaci vivere per favore o Akashi se la prenderà con te, per questo affronto al suo controllo!”
Immediatamente la ragazza li mollò facendo di nuovo perdere il poco equilibrio a Daiki che ricrollò  su Tetsu facendolo sbuffare.
“Satsuki- chan mi piacerebbe arrivarci vivo alla visita della settimana prossima.”
 Quella era una frase davvero poco felice e se ne rese conto quando la vide abbassare la testa abbattuta. Pentito, di sua spontanea volontà la strinse a sé per qualche secondo facendole tornare il sorriso.
Non ci si poteva aspettare di più da Tetsu, anzi era già tanto quel piccolo gesto.
Aomine si alzò per poi tendere una mano all'altro che la prese senza esitazione e si tirò su.
Meglio non rischiare di andare incontro all'irritabilità di Akashi sui ritardatari.
Tetsu se la sarebbe cavata per l'affetto fraterno che il rosso – e anche tutti gli altri- provava per lui, ma Satsuki e Daiki erano a serio rischio di ripercussioni.
Diede un'occhiata alla sveglia e sospirò sollevato nel vedere che era ancora presto.       
Non si stupì nel vedere Akashi e Midorima fare colazione: uno con il giornale in mano l'altro lo sguardo fisso sulla televisione, ad ascoltare Oha-Asa ovviamente.
<< E l'oggetto del giorno é un tridente come quello del padre della Sirenetta! Un po' ingombrante ma necessario per affrontare la sfortuna del giorno! >>
“Ti prego dimmi che non dovremo girare per tutta Los Angeles per cercare quel coso!” si lamentò Daiki entrando nel salone e servendosi una tazza di caffè ancora caldo.
“ E' l'oggetto fortunato del giorno!” protestò Shintaro per nulla abbattuto.
“ Sarà una noia Midorima e poi dove credi di trovarlo un tridente dall'altezza umana?!” gli rispose il moro passando le altre due tazze a Tetsu e Satsuki che gli si erano seduti affianco mormorando un assonnato “ 'Giorno...”  a cui Akashi ripose con un saluto educato.
“Midorima-kun deve essere per forza un tridente ad altezza uomo o basta anche un porta chiavi?” se ne uscì Kuroko sorseggiando piano la sua bevanda.
Quello lo fissò per un po'“ Oha-Asa ha detto che  il Cancro è al primo posto oggi, quindi andrà bene anche un portachiavi, credo.”
Kuroko tirò fuori dalla tasca un tridente in miniatura con il moschettone integrato e lo consegnò a Midorima che sembrò aver scalato l'Everest per quanto era adorante.
“Dove diamine l'hai preso?”
Tetsu abbassò lo sguardo e Daiki si rese conto che forse aveva fatto la domanda sbagliata.
“ Un paio di anni fa... con Kagami- kun ...” mormorò attirando anche l'attenzione di Satsuki che stava cercando di convincere Midorima a mollare il tridente mentre mangiava la sua brioche.
“Avevamo la giornata libera e la coach per qualche motivo ignoto ci costrinse ad accettare i biglietti per l'acquario che le avevano regalato... quello era il souvenir che prendemmo entrambi.”
Midorima tese la mano per ridarglielo ma Kuroko gliela chiuse attorno all'oggetto sorridendogli.
“I ricordi trascendono un semplice oggetto, Midorima-kun... anche se ogni giorno spero che quei ricordi mi abbandonino velocemente.”
Daiki, per distrarlo, gli scompigliò di nuovo i capelli ottenendo solo un debole sorriso. Niente sguardo infastidito o parole taglienti. Solo una grande nostalgia e dolore.
Come accadeva sempre quando si parlava di Kagami.
Daiki strinse il pugno sentendosi come sempre impotente in quei momenti. Non poteva mai fare nulla per tirarlo su .
Kagami era off-limits per lui, nella mente di Tetsu.
Una botte d'acciaio che raramente riusciva a scalfire se non quando era l'amico a permetterlo.
Quelli erano proprio i momenti che però odiava di più, perché voleva dire che Tetsu era completamente a pezzi e gli serviva un sostegno per rialzarsi.
Era lì anche per quello.
Ma c'erano delle volte in cui si sentiva... geloso, di quanto importante fosse Kagami per lui.
La presenza di quel bastardo, nella mente di Kuroko, era così preponderante a volte, da sostituire qualunque altra cosa.
Scosse la testa, dandosi dell'idiota.
Insultare, anche se solo nella sua mente, la persona che voleva far riavvicinare a Tetsuya... non era l'approccio più adatto.
Nonostante Kagami non gli piacesse, vuoi per rivalità vuoi per gelosia, gli serviva per far tornare a Tetsu un po' di tranquillità.
Per uno istintivo come lui, una cosa del genere era davvero difficile ma era cresciuto dai tempi delle superiori e si stava impegnando per non fare casini.
“Tetsuya te la senti di andare all'università oggi?”
La voce di Akashi, nonostante fosse chiara e bassa, gli perforò i timpani schiarendogli la mente da pensieri non molto euforici.
“Certo Akashi-kun, sto piuttosto bene oggi.”
“Ne sono lieto.”
In quel momento entrò Kise, con solo un asciugamano attorno alla vita, mentre con un altro si asciugava distrattamente i capelli.
L'unica donna nella casa non fece minimamente una piega a quella vista e continuò a mangiucchiare la sua brioche incurante di quello che gli accadeva attorno, mentre leggeva una rivista sportiva.
“Ryouta vestiti come si deve in presenza di Satsuki” lo rimbrottò Akashi  guardandolo storto.
 La ragazza in questione sentendosi chiamata in causa alzò lo sguardo appena, buttò un'occhiata a Ryouta che la fissava con uno sguardo perplesso poi tornò a leggere la rivista “Siete come fratelli per me di certo non mi imbarazzo per così poco”affermò girando la pagina e tornando ad immergersi nella lettura di qualche gossip.
Kise sorrise e dopo essersi apoggiato l'asciugamano con cui si stava tamponando i capelli sulle spalle, si versò il liquido nero nella tazza e iniziò a sorseggiarlo .
“Ma non hai freddo, Kise-kun? Siamo in inverno e fanno meno due gradi...”chiese Tetsu curioso.
Il biondo alzò le spalle e dopo essersi scolato l'intera tazza scottandosi la lingua e quindi imprecando a tutto volume, se ne andò in camera.
Si sentirono una voci abbastanza alta e squillante ed un altra annoiata che protestava.
Probabilmente Ryouta stava cercando di svegliare Atsushi e quello nonvoleva sentire ragioni.
“Satsuki dì ad Atsushi di sbrigarsi a venire qui se non vuole che debba intervenire.”
Subito dopo l'entrata della ragazza nella stanza, si sentì un gran casino e poi Satsuki, Kise e Atsushi uscirono
in tutta fretta e si accomodarono a tavola.
“Sbrigatevi, non voglio fare tardi il primo giorno.”
Daiki lo guardò male “Akashi mancano ancora due ore alle lezioni e ci mettiamo cinque minuti ad arrivare alle facoltà. Che vuoi fare, compagnia al custode mentre apre i cancelli?!”
“Voglio passare in biblioteca per vedere se c'é qualche volume di preparazione.”
Aomine gemette a quel pensiero.
“Ti prego dimmi che non sono compreso nella gita all'inferno!”
“Ovviamente, tu verrai con noi”decretò Akashi.
Improvvisamente il cellulare di Akashi squillò.
“Sig.Rayce... oh sono lieto che tu sia riusito a comprare a comprare l'appartamento... ah , si certo che me ne ricordo... si stiamo andando. Smettila di fare domande stupide Sig.Rayce.”
Attaccò con un espressione corrucciata.
“Dobbiamo presentarci tra un ora dal rettore per registrare la nostra iscrizione o non avremo il libretto universitario.”
Aomine stava per scoppiare in una risata che gli avrebbe comportato gravi ripercussioni da parte di Akashi,
quando giusto in tempo gli arrivò la gomitata nelle costole da parte di Tetsu che gli tolse il respiro per il dolore.  Daiki lanciò uno sguardo di fuoco all'amico che di tutta risposta carezzò il piccolo, che piccolo non era più, Numero 2.
“ Tutto a posto Daiki?” gli chiese quasi ingenuamente Akashi.Quasi. Era impossibile che con l'occhio dell'Imperatore non avesse notato quei rumori e strani movimenti sotto al tavolo.
“T-tutto… ok...”ansimò il moro cercando  isembrare malamente normale e lanciando occhiate omicida a Tetsu che lo ricambiava angelicamente.
“ Bene , perché é ora di prepararci... soprattutto Satsuki” disse squadrandola irritato “ ci metti le ore per prepararti quindi inizia ora o ti lasciamo qui.”
La ragazza si volatilizzò in pochi minuti. Tutti gli altri completarono con calma la colazione e finirono di prepararsi. Tetsu ne approfittò per dare da mangiare al cucciolo e fargli qualche coccola che aveva mancato di fare il giorno prima.
Alla fine, come previsto si ritrovarono tutti e sei ad aspettare per dieci minuti Satsuki che continuava a ripetere che sarebbe uscita subito.
“Satsuki giuro che...” Akashi stava decisamente perdendo la pazienza e non era di buon auspicio.
La ragazza uscì dalla camera evitando di sfidare la sua fortuna e procurandosi una sfilza di proteste dai membri della loro strana famiglia al completo.
Lei li liquidò tutti con uno sguardo raggelante che perfino Akashi si ritrovò a indietreggiare.
Mai sfidare la pazienza di Akashi, ma ancora peggio sarebbe stato sfidare la sensibilità di una ragazza nel pieno degli ormoni. Si rischia la vita in quei casi!
Riuscirono a prendere l'autobus universitario giusto in tempo, e quache bravo ragazzo – intimorito probabilmente dagli sguardi assassini di Akashi, dalla mole di Atsushi, dallo sguardo adorante e psicopatico che Midorima lanciava al suo portachiavi, tralasciando poi il casino che facevano Kise e Aomine– lasciarono i loro posti, docilmente.
Il viaggio fino all'edificio universitario durò solo dieci minuti, in cui a Aomine e Tetsu salì il mal di testa a livelli allucinanti. Satsuki, accanto a loro, non aveva smesso un attimo di ciarlare , eccitata dalla sua nuova vita. Tetsuya si riteneva – giustamente- una persona piuttosto tranquilla, ma in quel tragitto ritrovò la sua parte omicida di se.
Satsuki era dolce e buona ma quando attaccava a parlare poteva rimanere ore senza smettere un attimo e solo tre persone la sapevano zittire: Akashi ovviamente, Tetsu e Daiki che ora però se la stavano subendo apertamente aspettando che quel viaggio straziante terminasse per quanto corto fosse.
Alla fine, prevedibilmente, Daiki perse la pazienza e sbottò maleducatamente prima che Tetsu potesse dargli un'altra delle sue gomitate spezza-fiato.
“Satsuki, vedi di stare zitta per cinque minuti ok?!”
La ragazza sbiancò a quelle parole e si ammutolì stupendo Daiki che si sentì in colpa.
La gomitata spezza-fiato gli arrivò comunque seguita da un penetrante sguardo di rimprovero da parte dell'amico seduto accanto a lui.
I rimorsi per averla trattata male lo perseguitarono per tutto il resto del viaggio e si ritrovò a lanciarle occhiate preoccupate fino a che Tetsu non iniziò a sbuffare infastidito.
A gesti, cercando di non farsi vedere da Satsuki, lo minacciò di dargliene un'altra se non avesse smesso.
Aomine arrossì e si voltò verso il finestrino rimanendo con lo sguardo incollato sul paesaggio.
Tetsuya si ritrovò a sospirare di sollievo quando mise piede finalmente sull'asfalto. Stranamente sentì qualcun altro sospirare allo stesso modo e così con la coda dell'occhio fissò Akashi che a sua volta sembrava voler far sparire con lo sguardo il maledetto tridente portafortuna di Midorima.
Decise che non era il caso di fare domande, così tornò alla guida dell'università che cercava di leggere dall'autobus senza successo.
Si diressero verso l'edificio addetto alle informazioni e dove presumibilmente si trovava anche la presidenza. La Murphy Hall.
Si avvicinarono alla reception.
“Dobbiamo parlare con il rettore per ricevere i nostri libretti”
Percorsero i corridoi isolati dell'università in silenzio fino a quando non si sentì una strana esplosione nei laboratori di chimica.
“C'è già qualcuno a quest'ora?” chiese Akashi alla segretaria del rettore che stava mostrando loro la strada.
“Si … ci sono alcuni specializzandi di chimica a cui verrà tolto il privilegio di usare i laboratori se non smetteranno di fare esplodere le cose!” disse alzando la voce per far si che le persone al di la delle porte la sentissero, e infatti il vociare concitato si arrestò immediatamente.
Avendo assodato che i pazzi li perseguitavano anche in America continuarono la loro traviata verso l'ufficio del rettore.
Alla fine si svolse tutto abbastanza in fretta e ricevettero i lori libretti senza troppi problemi.
Raggiunsero l'uscita fino alla fermata dell'autobus.
Salirono sull' autobus che dopo pochi minuti fece la sua fermata alla facoltà di legge.
Akashi prima di scendere si avvicinò pericolosamente al volto di Daiki che sbiancò.
“Prenditi cura di Tetsuya, sono stato chiaro Daiki?”
“ Cristallino come sempre, Akashi. Non c'era bisogno che me lo dicessi comunque.”
Il rosso sorrise “ Lo so … voglio che tu vada a prendermi questo volume nella Powell Library alla mezza.”
Aomine sospirò sconsolato guardando il bigliettino che l'altro aveva messo tra le mani “ Akashi... Compendio del diritto tributario?! Non hai frequentato solo un anno in Giappone! Sono sicuro come il pane che quella non c'era tra le materie di quest'anno.”
“Mi tengo aggiornato e ho studiato gran parte delle materie di quest'anno.”
Daiki si ritrovò a sospirare “Va bene. Tetsu vieni con me vero?”
La sua espressione faceva pena, ma ovviamente l'amico non si fece itenerire e con la solita espressione imperturbabile lo smontò copletamente “Mi dispiace Daiki, ma a quell'ora ho lezione di ...” lesse il suo orario “ Teorie e tecniche di riabilitazione neurovisiva... se vuoi puoi venire ma... qualcosa mi dice che non ti interessa”  Sorrise di sbieco. Aomine aveva fatto una faccia schifata .
“ No... no grazie. Meglio l'inferno meno afoso”
Dopo questo veloce scambio di battute Akashi scese dall'autobus che ripartì subito per la prossima tappa,la Franz Hall, il Dipartimento di Psicologia.
La fermata di Tetsu e Daiki.
O piuttosto... la fermata di Kuroko.  Aomine frequentava quella facoltà solo ufficiosamente.
In realtà era stato accettato come giocatore professionista, ma per diventarlo a tutti gli effetti doveva almeno laurearsi alla UCLA. Gli bastava dare qualche esame in una qualsiasi facoltà e Daiki aveva scelto Psicologia per restare accanto a Tetsu che voleva diventare psicologo sportivo.
Per quanto riguardava Atsushi, avrebbe frequentato l'Istituto Nazionale della Salute. Paradossalmente per seguire gli altri aveva deciso di diventare nutrizionista. Atsushi. Un nutrizionista. C'era da ridere.
Midorima voleva diventare un medico sportivo, quindi lui e Atsushi sarbbero scesi alla stessa fermata assieme a Kise che voleva diventare Personal Trainer.
Akashi procuratore sportivo.
Aomine giocatore di basket.
Tetsu psicologo sportivo.
Atsushi nutrizionista.
Midorima medico sportivo.
Kise Personal Trainer.
Satsuki avrebbe continuato la sua carriera di manager cercando di laurearsi in Economia per poi prendere Master in Economia e Management dello Sport. Sarebbe stata dura ma era determinata e le sue capacità di analizzare
Secondo i piani di Akashi sarebbero diventati un equipe incentrata su Aomine che non sapeva fare altro se non giocare a basket.
Nessuno aveva mai avuto intenzione di abbandonare il basket, ma alcune cose avevano impedito a molti di loro di poter giocare a livello professionistico.
Akashi a causa dei troppi sforzi di vista aveva abbandonato l'idea di essere assoluto anche nell' NBA .
Kise aveva l'infortunio alla gamba con cui discutere.
Atsushi nonostante l'amore per il basket sempre presente, era troppo pigro per portare avanti una carriera professionistica.
La famiglia di Midorima era piena di medici e aveva fatto pressioni su di lui per continuare la tradizione di famiglia.
Tetsuya aveva i suoi problemi.
Aomine era un idiota prodigio.
Satsuki faceva quello a cui era abituata.
Un equipe perfetto se e solo se, tutti i presenti avrebbero partecipato.
Come sempre solo tutti assieme avrebbero creato l'armonina ideale in campo anche se solo uno avrebbe giocato.
Quando l'autobus si fermò davanti alla Franz Hall, prima di scendere Tetsu diede appuntamento a tutti gli altri per il pranzo all'una e mezza.
La Franz Hall, la casa del Dipartimento di Psicologia era un edificio abbastanza grande e frequentato visto la quantità di gente che entrava e usciva da quella maledetta entrata. L'ultima osservazione era ovviamente stato Aomine a farla.
Troppa confusione per mister -L'unico che può battermi sono io-
Ritrovarono facilmente l'aula in cui si sarebbe tenuta la loro prima lezione del secondo anno.
Peccato che Aomine non aveva frequentato neppure il primo anno, ma quelli erano dettagli che la famiglia Akashi sapeva perfettamente insabbiare.
A differenza di Tetsu, che aveva tirato fuori il blocco per gli appunti nel momento in cui si erano seduti, Daiki si stravaccò sulla scomoda sedia già in procinto di entrare nl mondo dei sogni.
“Daiki sarebbe il caso che tu ascoltassi un po' se vuoi dare almeno un paio di esami” mormorò l'amico senza neppure un briciolo di convinzione.
Lo sguardo che l'altro gli rivolse era abbastanza eloquente su quanto gli interessava dare quegli esami.
Il professore entrò ed iniziò la lezione.
“Stanley Hall fu il primo a rendersi conto che la mente del bambino è differente da quella dell’adulto. Iniziò studi sui bambini con il metodo dei racconti degli adulti. Esaminò anche l’adolescenza che definì come nuova nascita. E...”
E da quel momento in poi Daiki non si stupì di avere un enorme buco di memoria fino a quando Tetsu non lo svegliò dandogli uno scossone.
“ E' finita?”
“ Daiki ti sei perso circa due lezioni dopo quella...” lo rimbrottò l'amico “Sono le dodici e se non ti sbrighi Akashi -kun non gradirà se arrivi in ritardo.”
Aomine si alzò di scatto e guadagnò l'uscita in fretta dopo averlo salutato.
Ricordava perfettamente l'ultima volta che aveva fatto un torto ad Akashi e non era stata per nulla piacevole.
Si era ritrovato non si sa come con due strisce rasate ai lati della testa.
Prese al volo l'autobus prima di perderlo e fece le tre o quattro fermate fino alla Powell Library.
Gemette sofferente quando si ritrovò davanti alla scalinata dell'edificio.
Gli sembrava di essere in mezzo ad una città del settecento!
Come un condannato al patibolo salì la scalinata ed entrò nella biblioteca.
Si ritrovò in un piazzale enorme e iniziò a chiedersi come diavolo lo trovasse un libro specifico in quel posto enorme.Con la coda dell'occhio notò una piccola e bassa libreria con sopra accatastate diverse riviste sportive famose. Storse il naso quando si rese conto che erano tutte in inglese.
Arrivò al banco informazioni che lo spedì poco lontano dall'entrata fortunatamente.
Trovare il volume fu un altro paio di maniche che gli costò ben dieci minuti del suo prezioso tempo.
Giusto per mera curiosità lo aprì ma già le prime righe :
“ 1. La riserva di legge.
L’art. 23 della Costituzione dispone che...”
Chiuse il volume mentre la sua attenzione era tornata alle calde e assolate spiagge hawaiane.
Stava per uscire quando, fortunatamente, il respiro gli si bloccò il cuore partì a razzo e l'infarto stava arrivando repentino.
Si nascose dietro lo scaffale.
Merda!
Si sporse di nuovo senza farsi vedere.
Kagami Taiga era fermo davanti alla libreria con le riviste sportive bloccandogli il passaggio verso l'uscita!

“Sig. Akashi! Non sa quale onore é avere una persona come lei nella nostra umile università!”
Seijuro rispose con un sorriso tirato.
Leccapiedi! Pensò con disgusto squadrando il professore, quando alla fine della lezione li si era avvicinato per chiedere delucidazionisu un argomento appena spiegato.
“ Se posso chiedere.. ha già pensato a che tipo di specializzazione prendere dopo la laurea?”
“Diventerò procuratore sportivo”gli rispose Akashi senza scomporsi.
Il volto del professore mutò in un espressione stupita “ E' un ottima professione! Non pensavo che fosse questa la sua ambizione...posso chiederle come mai ha scelto proprio quella?”
“Per una promessa” tagliò corto il ragazzo salutando poi il professore e congedandosi dall'aula con espressione infastidita.
Si recò alla terrazza per prendere una boccata d'aria.
Appoggiò i gomiti sulla ringhiera e il mento sui palmi e si mise ad osservare pensieroso il panorama.
Quella città universitaria era decisamente degna della sua fama. Era composta da tutto quello di cui si poteva avere bisogno.
Ripensò alla conversazione avuto con il professore ed il fastidio tornò.
Fin da quando era nato non si era mai lamentato del lignaggio della sua famiglia, anzi .. me aveva goduto. Solo quando aveva giocato contro Tetsuya e Kagami il suo modo di pensare era iniziato a trasformarsi e perfino gli agi della sua famiglia erano iniziati a stargli stretti.
Ovviamente non ci avrebbe mai rinunciato. Ma poteva benissimo usarli a suo vantaggio senza farsi manovrare a sua volta.
Il sollievo quando, alla fine della partita, Kuroko e gli altri Miracoli gli avevano assicurato che avrebbero giocato ancora e ancora, se lo ricordava ancora con amarezza.
Non era più stato possibile.
Kagami aveva accettato la proposta dello sponsor e tutto era precipitato.
Subito dopo Tetsuya era sprofondato nella disperazione e tutti i Miracoli si erano stretti attorno a lui  per proteggerlo dal mondo che continuava ad andare avanti incurante.
Il basket era passato immediatamente in secondo piano.
La squadra del Rakuzan lo aveva abbandonato,
Lui se ne era andato...
Immerso tra i suoi pensieri non si accorse dei passi dietro di lui.
“ Akashi...?”
Sobbalzò a quella voce.
Non era possibile .
Erano anni che non la sentiva più.
Aveva sotterrato il dolore dell'abbandono sotto una coltre di preocupazione indirizzata verso Tetsuya.
 Si voltò lentamente, insicuro se quella voce se la fosse immaginata oppure fosse vera.
Sgranò gli occhi.
“Chi...hiro?”

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Capitolo 4
*** Cap4\\ Le vecchie abitudini sono dure a morire ***


Cap IV

Le vecchie abitudini sono dure a morire.


Nel reparto davanti alla porta di quel maledetto inferno fatto di libri, Kagami Taiga se ne stava stanziato indeciso su quale rivista sportiva comprare.
Lo sapeva che quel posto avrebbe portato solo guai.
Dannato Akashi!
Vergognandosi di se stesso si nascose dietro uno degli scaffali, prese il cellulare ed inviò un messaggio.
- Sono nella merda!-
Non dovette aspettare molto prima di ricevere il rimprovero da parte del suo ex capitano.
-Modera il linguaggio Daiki.-
Lo riprendeva pure?
Imprecò coloritamente sotto voce, contro Akashi,Kagami,i libri, Kagami, l'università, Kagami e tutti gli dei del basket che avevano fatto in modo che i giornalisti scrivessero sullo sport, portando il rosso a venire in quella maledetta biblioteca.
Scrisse velocemente: -Senti é solo tua la colpa se mi ritrovo in questa situazione, quindi non lamentarti chiaro?-
Due minuti dopo gli arrivò una risposta abbastanza intelligente.
-Quale situazione?-
Si rese conto che in effetti non sarebbero arrivati molto lontano e Kagami sembrava restare nella sua indecisione tra "NBA" e " SuperBasket".
Prendile entrambe, dannazione a te!
Ovviamente non lo disse ad alta voce.
Sbirciò ancora ma nulla. Pareva una guardia che stanziava tra la porta e la cassa!
Praticamente non aveva una via d'uscita.
Non poteva pagare ne andarsene senza essere visto.
Inoltre anche se riusciva a scappare di nascosto dal rosso, rischiava la vita tornando a casa senza il libro per Akashi.
-Kagami é qui alla biblioteca.-
Inviò il messaggio e attese.
-Non puoi andartene senza che ti veda?-
Sospirò.
-Senza comprarti il libro?-
Due secondi ci mise ad arrivare la risposta.
-Scordatelo.-
Infatti.
-Comunque è davanti alla porta, non potrei passarlo senza essere placcato.-
Si sporse di nuovo e lo trovò a sfogliare Superbasket.
Imprecò ancora per la dannata passione del rivale sul basket.
-Dovremmo mettere in atto il piano prima del tempo.-
Gemette, perché nonostante fosse stato lui stesso ad aver proposto quel piano,sperava di poter trovare un modo per non doverlo picchiare in modo diretto.
Lo fai per Tetsu.
Per Tetsu.
Per Tetsu.   
Per Tetsu.
Se lo ripeté come un mantra ed uscì dal nascondiglio dopo aver mandato l'ultimo messaggio.
-Va bene ci penso io.-
Non picchiarlo.
Non picchiarlo.
Non picchiarlo.
Il secondo mantra della giornata.
Si diresse sicuro - almeno all'esterno- verso la cassa, stringendo spasmodicamente il libro per Akashi tra le mani.
" Aomine."
Sobbalzò internamente quando sentì quelle parole.
Si girò con calma verso Kagami, cercando di mostrare un volto sorpreso, ma l'altro lo fermò immediatamente.
" Nascondersi dietro uno scaffale non è da te, Aomine."
Mantenne un espressione indifferente, mentre dentro si chiedeva da quando Kagami fosse così intuitivo.
" Non è da te far finta di non vedere"
Quello sorrise e scosse la testa.
" Sappiamo entrambi che sapevo già del vostro arrivo a Los Angeles"
Aomine annuì.
Era decisamente cambiato, Kagami.
Probabilmente era cresciuto, come tutti loro.
Aveva più consapevolezza di se stesso.
" Prendiamo un caffè?"
Kagami accettò e Daiki si rese conto che si stava trattenendo dall'agire d'istinto e sorrise.
Una persona non poteva plasmare totalmente il proprio essere.
Le vecchie abitudini sono dure a morire.
" Pago il libro."
Kagami adocchiò il titolo e si accigliò " Compendio del diritto tributario? Correggimi se sbaglio ma non è per te quel libro."
Prese sia NBA che Superbasket e le diede alla cassiera.
Aomine lo guardò male, pagò il libro,le riviste e poi uscì assieme al rosso.
Camminarono in silenzio, cosa strana per il carattere di entrambi, fino al bar e ancora fino a che non arrivarono le loro ordinazioni.
" Da quanto siete qui a Los Angeles?"
Diretto. Questo non era cambiato.
"Più di una settimana. Su per giù" lo fissò e lo vide stringere nervosamente le mani attorno alla tazzina da caffè.
" Non me lo aspettavo."
Aomine annuì " Immagino."
Kagami fece un profondo respiro poi si decise a chiedere quello che davvero lo interessava di più.  
" Lui... lui dove é?"
Non c'era bisogno di capire a chi si riferisse.
" A lezione. Lo incontrerò più tardi."
La tazzina traballò sul piattino e senza farsi notare Daiki notò le mani del ragazzo tremare tanto che dovette nasconderle sotto il tavolo.
Sorrise internamente: non era un genio ma delle reazioni così plateali le capiva pure lui.
Per Kagami, Tetsu era ancora importante e probabilmente voleva rivederlo.
Avrebbe reso le cose più semplici.
" Come sta?"
Daiki lo fissò per un po' " Sta... bene." Cercò di non dare una risposta più precisa e Kagami sembrò capirlo ma non disse nulla.
Ancora silenzio e alla fine Aomine si stancò.
" Senti Kagami, non giriamoci attorno." Il suo tono brusco portò il rosso ad alzare lo sguardo su di lui.
" Mentire non é da me, tanto quanto non lo é nascondermi dietro gli scaffali." Sbuffò un po' imbarazzato quando vide un piccolo sorriso spuntare sulle labbra di Kagami.
" Ti stavo evitando, si e a dire la verità, in questo momento mi sto trattenendo dal picchiarti a sangue..." Soddisfatto lo vide agitarsi un po' a quelle parole.
" Non lo farò, in quanto non vali abbastanza per una settimana in gattabuia."
Era molto duro ma... beh se si stava trattenendo dal picchiarlo questo non voleva dire che lo facesse anche dall'insultarlo!
Kagami comunque non rispose alla provocazione e questo lo sorprese in quanto non era decisamente da lui.
Non gli piaceva che fosse così remissivo. Allo stesso tempo però,  forse gli avrebbe reso il compito più semplice.
“ Siamo qui per motivi personali, non per te. Tetsu non vuole vederti, ma credo che il numero disabilitato sia stato un indizio abbastanza chiaro” ci tenne a precisare facendo incassare le spalle al rosso.
Sospirò infastidito.“ Tetsu non prese bene la tua partenza, Kagami. Non é il tipo da farti sentire in colpa ma... non la prese per nulla bene.” Non gli disse dello sfogo violento né delle lacrime disperate che aveva versato il giorno della sua partenza. Neppure delle crisi di panico che lo prendevano quelle rare volte in cui aveva notizie troppo vicine su Kagami.
Quelle parole preoccuparono incredibilmente l'altro “ Hai detto che sta bene!”
La sua voce si era alzata e Aomine sorrise. Quando si parlava della salute di Tetsu la vecchia personalità di Kagami tornava a galla.
“ Ora sta bene. Quasi.” Si maledisse per quell'ultima parola. Stava per farsi sfuggire qualcosa che non doveva e già vedeva Akashi seppellire il suo cadavere nel giardino dei vicini.
Si affrettò a continuare in modo che il rosso non vi ci soffermasse troppo “ Ma quando te ne sei andato non é stato per nulla bene.”
Kagami rimase in silenzio, e dalla sua espressione sembrava stesse analizzando ogni sua parola minuziosamente.
Improvvisamente sospirò e poi mise una mano nella tasca dei jeans, prese il portafogli e tirò fuori qualcosa che sembrava terribilmente un biglietto di qualcosa.
Fece strisciare verso di lui il pezzo di carta e quando Daiki lo prese si ritrovò a sgranare gli occhi sorpreso: un biglietto aereo diretto in Giappone per la settimana prossima!
“ So che ero in ritardo di tre anni ma... il Giappone , la squadra e... Kuroko mi mancavano, ogni giorno di più. L' America mi piace... sono cresciuto qui e i giocatori contro cui mi sfido sono i migliori del mondo” con una mano e un sorrisetto bloccò sul nascere la protesta di Daiki su quell'ultima frase “ E' ora che tu ti renda conto che l'unico che può batterti non sei solo tu, chiaro?”Aomine abbozzò ma rimase ad ascoltarlo.
“ Non mi sto giustificando... e non mi pento di essere venuto qui. Sono come te … ricerco nuove sfide, ma questo non vuol dire che non mi pento di essere partito.”
Daiki lo fissò scettico “ Kagami ti stai contraddicendo da solo”.
Taiga sorrise amaramente “ Non mi sono pentito di essere venuto qui a giocare per la mia carriera e soddisfazione personale, ma mi pento di aver lasciato la squadra, gli amici e … lo sai.” prese un bel respiro “ Kuroko … lui mi mancava e mi manca più di tutti. Era...” sembrò esitare e chiudere gli occhi, come se parlare al passato fosse davvero doloroso “ il mio migliore amico, confidente e beh, come un fratello. Mi sosteneva nelle partite, salvandole la maggior parte delle volte e aveva lo strano dono di calmarmi ogni volta che mi scaldavo troppo!” Sorrise nostalgico.
“ Ci misi un po' per capire perché ogni partita vinta qui mi lasciava sempre con l'amaro in bocca nonostante fossero tutte di alto livello...”
Aomine ascoltava in silenzio, attento. Quelle parole glielo avevano reso molto più sopportabile.
Non poteva giudicarlo fino in fondo. Non ne aveva il diritto in quanto anche lui aveva fatto la stessa cosa tanto tempo prima e ne stava ancora pagando il prezzo, anche se Tetsuya sembrava averlo del tutto perdonato.
“ Non era la stessa cosa, giusto?”
Kagami annuì.
“ Quando giochi con Tetsu per un po', ti rimane dentro per sempre … giocare con qualcun altro sembra come se mancasse qualcosa”
Annuì di nuovo concorde.
Kagami ci aveva messo del tempo, quasi tre anni.
Aomine fortunatamente solo sei mesi o poco più. E tutto per merito di Tetsu e Kagami...
Non era poi così più intelligente del rosso.
Una bella tacca al suo orgoglio ma poteva superarlo.
“ Voglio... vorrei incontrarlo.”
Daiki alzò lo sguardo su di lui.
Gli occhi di Kagami erano determinati più che mai.
“ Immaginavo. E nonostante questo possa stupirti, sono d'accordo.”
In effetti il rosso sgranò gli occhi .
“ Tetsu non sta del tutto bene … é rimasto piuttosto… ferito. Nonostante non lo voglia ammettere credo che … vada bene se tu lo incontri per … riallacciare i rapporti o almeno chiarirvi.”
Silenzio.
Kagami lo fissava tranquillo fuori mentre i suoi occhi erano colmi di speranza.
“ Non ora. Non oggi.”
Daiki si sentì un po' in colpa nel dover spegnere l'entusiasmo del rosso.
“ Di comune accordo con gli altri lo incontrerai... quando Tetsu sarà pronto.”
Rimase sorpreso quando Kagami non protestò, ma annuì docile con lo sguardo basso .
“ Se questa é la cosa migliore per Kuroko... allora va bene.”
Kagami era decisamente cambiato.

“ Chi...hiro?”
Seijuro rimase fermo.
Non riusciva a dire altro ne a fare qualunque cosa.
Aspettava. Non sapeva bene cosa.
Probabilmente che Mayuzumi dicesse qualcosa. Intanto si prese tutto il tempo necessari per osservarlo sfacciatamente.
Era diventato più alto e anche un po' più muscoloso. I lineamenti del volto si erano fatti più marcati e maturi. I suoi occhi avevano una nuova luce, più consapevole: del mondo, degli altri ,di se stesso?
Non lo sapeva e stranamente per lui non riusciva neppure a decifrarlo.
“ Akashi... non pensavo di trovarti qui.”
Seijuro sbatté un paio di volte le palpebre cercando di dire qualcosa che non risultasse un balbettio indistinto, avvenimento per nulla da lui e che probabilmente sarebbe rimasto nella storia
Prese fiato impercettibilmente “ Neppure io Chihiro... neppure io...”
Di nuovo silenzio.
Che perdurò un po' troppo, così Mayuzumi decise di parlare per primo.
“ Senti... prendiamo un caffè allo Starbucks della Facoltà che ne dici?”
Akashi diede un'occhiata all'orologio e si rese conto che aveva ancora un paio d'ore prima di doversi ritrovare con gli altri per pranzo.
Accettò.
Dopo aver preso il caffè però, non rimasero nel negozio ma si diressero verso il Parco delle Sculture con i classici bicchieri americani a portar via.
Entrambi misero su un'espressione disgustata dopo la prima sorsata.
“ Caffè annacquato...” mormorò irritato Mayuzumi.
Akashi sorrise leggermente. Molti ricordi delle superiori al Rakuzan gli si affacciarono nella mente ma scosse la testa per non pensarci.
Chihiro lo fissò un po' perplesso ma non disse nulla consapevole che non avrebbe avuto risposte.
Le vecchie abitudini sono dure a morire.
Si sedettero su una panchina davanti ad una fontana e finirono il loro schifosissimo caffè in religioso silenzio, fino a quando Seijuro non decise che quella situazione stava diventando decisamente fastidiosa.
Purtroppo pero, proprio quando stava per dire qualcosa sentì la tasca vibrare e fu costretto a tirare fuori il cellulare per leggere il messaggio appena ricevuto.
Aggrottò le sopracciglia irritato alla vista del nome impresso sullo schermo.
- Hai 1 nuovo messaggio da parte di Aomine Daiki.-             
Aprì automaticamente il messaggio e il suo umore peggiorò.
Sotto lo sguardo perplesso di Chihiro, digitò velocemente la risposta.
Lo scambiò continuò per alcuni minuti mentre da irritazione passava velocemente a preoccupazione.
Che diavolo faceva Kagami in una biblioteca?
Chiuse il cellulare di scatto e strinse un po' la presa sul bicchiere, nervoso.
“ Problemi?”
Akashi si voltò verso Chihiro e scosse la testa.
Il ragazzo al suo fianco sorrise di sbieco “ Aomine e Kuroko, giusto?”
Seijuro si permise di mostrare un volto sorpreso e il sorriso di Mayuzumi si accentuò e rispose alla domanda silenziosa di Akashi.
“ Quell'espressione somiglia molto a quella che facevi quando Aomine ti dava problemi e allo stesso tempo è anche molto simile a quella che mostravi quando era Kuroko a dartene.”
Un occhiata di fuoco fece sparire il sorrisetto a Chihiro.
Le vecchie abitudini sono dure a morire.
“ Tetsuya non mi dà problemi... solo preoccupazioni. E per quanto riguarda Aomine... lui è un problema vivente e vagante.”
Chihiro riprese a sorridere.
“ Come sta Tetsuya?”
Il rosso abbassò lo sguardo “ Sta....” prese un profondo e forzato respiro per mentire nel modo più convincente possibile “ Bene.”
Ovviamente Chihiro non ci credette ma non disse nulla.
Alla fine fu Seijuro a cambiare discorso “ Come mai sei qui a Los Angeles?”
“ Vacanza.... sono venuto qui due mesi fa...”
Akashi ricordò che il motivo del trasferimento di Mayuzumi era stato il lavoro mai stabile di suo padre che lo portava a viaggiare per i paesi esteri.
“A quando la prossima partenza?” disse ironico.
L'altro scosse la testa “ Nessuna partenza... non mi va più di viaggiare. Ho bisogno di stabilità e tranquillità.”
Lo aveva detto in modo strano e le ultime parole erano state stranamente forzate.
Questo lo preoccupò.
Non era da Chihiro mostrare emozioni, anche se minime.
Gli era accaduto qualcosa?
Ricordava che era sempre stato molto attaccato alla sua famiglia. Soprattutto a sua sorella minore... Asuka se non ricordava male.
“ Che é successo?”
Chihiro sospirò. “ Un anno fa i miei si sono separati e mia mamma e mia sorella sono venute ad abitare qui a L.A... sono stato per un po' con papà ma alla fine non ho retto il continuo viaggiare e il non poter mai avere un punto fermo. Mi sono trasferito qui due mesi fa, da mia madre e mia sorella.”
La voce era intrisa di una strana sofferenza. Conoscendo l'attaccamento alla sorellina di cinque anni doveva essere stato davvero doloroso stare lontano da lei per dieci lunghi mesi.
Non disse Mi dispiace o qualcosa di simile. Mayuzumi non aveva ma sopportato cose del genere e lui non era il tipo.
Forse era per questo motivo che Chihiro era l'unica persona che poteva insultarlo o riprenderlo.
Ovviamente escludendo la sua famiglia allargata.
“ Tu invece come mai sei qui?”
La domanda di Mayuzumi non lo sorprese più di tanto.
“ L'università.”
Mentì, ma sapeva benissimo che non avrebbe ingannato Chihiro.
Solo che non aveva previsto una reazione così espansiva da parte sua.
Infatti sembrò alterarsi.
Non in maniera violenta, ma alzò la voce.
“ Smettila di dirmi cazzate! Non avresti mai lasciato il Giappone senza Tetsuya e se lo hai fatto allora lui c'entra!”
In quel momento aveva scoperto una nuova parte di Chihiro che non gli dispiaceva per nulla, per qualche motivo.
“ E' per Tetsuya, c'è qualcuno che può aiutarlo e siamo venuti a parlare con questa persona”disse la verità, non poteva fare altro dopotutto.
“Immaginavo.”
Si era calmato.
La verità funzionava sempre con Chihiro.
“ Ti sei iscritto a Legge? Non pensavo volessi continuare i passi della tua famiglia.”
Akashi alzò le spalle “Non ne ho intenzione... diventerò procuratore sportivo. Perché non far credere loro che voglia seguire le orme di famiglia?”
“Proprio da te.”
“ Tu invece? Come mai frequenti legge?”
Mayuzumi scosse la testa “ Non frequento legge. Un mio amico studia qui e lo sono venuto a trovare. Io studio a Psicologia ...”
Akashi sorrise “ Allora incontrerai Tetsuya …e anche Daiki.”
“ Immaginavo anche questo ora che so che sono qui anche loro.”
Rimasero in silenzio e intanto Akashi rifletté.
Fatalmente era riuscito ad incontrare di nuovo Chihiro... era disposto a lasciarlo andare?
Di nuovo?
La risposta era decisamente ovvia.
Non aveva alcuna intenzione di lasciarselo sfuggire di nuovo dalle mani.
“Hai da fare a pranzo?”
L'altro sembrò sorpreso per quell'invito “No... non direi, perché?”
“ Tra un ora ho appuntamento con gli altri per pranzo, ti unisci a noi?”
Chihiro parve di nuovo sorpreso.
Akashi Seijuro non chiede mai. Pretende e gli altri devono obbedire.
Era cambiato?
No. O almeno non del tutto.
Mayuzumi rimase in silenzio a pensare sul da farsi.
Voleva rivedere Akashi? O avere ancora a che fare con lui?
Sorrise. La sua risposta l'aveva data nel momento stesso in cui aveva chiesto ad Akashi di prendere il caffè.
Era stato istintivo. Aveva provato l'impulso di riavvicinarsi a lui.
Annuì.

Dopo aver lasciato Kagami al bar, Daiki affrettò il passo sulla strada del ritorno, verso la Facoltà dove doveva incontrarsi con Tetsuya prima di andare a pranzo.
Lo trovò appoggiato ad uno degli alberi che costeggiavano il viale. Leggeva un libro, come al solito.
“ Tetsu!”lo chiamò e l'amico alzò lo sguardo dal libro e gli sorrise . Ripose il mega volume di qualcosa nella borsa e si diresse verso di lui.
Appena però gli fu più vicino il sorriso gli si spense sulle labbra e il suo sguardo si fece indagatore facendo sudare freddo Daiki.
“ Andiamo?” gli chiese cercando di distoglierlo dai suoi pensieri.
Non ci riuscì.
“ Hai incontrato Kagami-kun, vero?”
Daiki sgranò gli occhi, evitandosi imbarazzanti bugie e scuse.
“ Come lo sapevi?”
“ Hai la faccia irritata che riservi solo a Kagami-kun...”
Lo disse senza alcuna inflessione nella voce.
Non sembrava scosso o avere alcun attacco di panico come quello della sera precedente.
“Stai bene?”
Tetsuya annuì “Si ...” prese un bel respiro “sto bene Daiki... sapevo che prima o poi l'avremo incontrato facendo parte della UCLA, speravo che non fosse così presto ma … ormai é successo. Me ne sto facendo una ragione.”
Intanto avevano iniziato ad incamminarsi.
“ Allora... come sta?”
La domanda improvvisa lo sorprese come sempre ma non così tanto. Ci stava facendo l'abitudine.
“ Sta... sta bene”gli rispose un po' incerto.
“C'è qualcosa che non va?”
Daiki prese un bel respiro “ Pare che volesse tornare in Giappone. Un viaggio di sola andata.”
Tetsuya sgranò gli occhi, ma dopo pochi secondi la sua espressione tornò quella impassibile di sempre.
“Oh... e come mai?”
“Ha detto che il Giappone, gli amici... tu, gli mancavate.”
Kuroko emise un debole verso tra un sospiro e la stizza.
Daiki decise di dare una specie di indolore colpo di grazia.
“Ha detto che vuole incontrarti.”
Tetsuya si irrigidì ma poi si rilassò nuovamente e disse “ Già, credo sia il caso.”
Stavolta Daiki si fermò spiazzato.
“ Sei d'accordo?”
Tetsuya annuì “ Daiki, non posso più andare avanti nella paura di incontrarlo. Non posso più dare a voi dei problemi. E … non ci crederai ma voglio incontrarlo anch'io”
Lo sguardo di Kuroko aveva qualcosa di doloroso ma anche una forza che lo aveva da sempre caratterizzato.”Insomma non voglio avere alcun rimpianto. Potrei non avere molto tempo. E voi smettetela di fare piani alle mie spalle, ok? Tanto non funzionano.”
Beh, c'era da dire che Testu aveva dato una pista a tutti fin dall'inizio. Non gli chiese come faceva a sapere del piano.
“Quindi...”
“Quindi aspetterò che il caso ci faccia incontrare. Niente forze esterne per favore.”
L'occhiataccia che gli aveva lanciato era ben chiara.
Alla fine ripresero a camminare verso la mensa comune.
“ Ah! Akashi-kun mi ha riferito di aver incontrato Mayuzumi-kun e che pranzerà con noi...”
Daiki alzò le spalle indifferente ma disse comunque “ Non pensavo che Akashi lo invitasse visto il suo carattere iperprotettivo”
“Mayuzumi-kun è apposto, credo, e mi Akashi-kun mi è parso un po' felice al telefono mentre me lo diceva.”
Aomine si ritrovò ad alzare le sopracciglia “ Akashi felice? Te lo sarai immaginato...”
Tetsu scrollò le spalle “ Forse...”
Arrivati davanti la porta della mensa Daiki lo fermò “ Una cosa: Non dire mai più stronzate come Potrei non avere molto tempo o cose del genere ok? Andrà tutto bene!”
Tetsuya annuì ma aveva smesso da tempo di credere alle favole.

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Capitolo 5
*** AVVISO! ***


AVVISO!

Mi duole annunciare che ho perso interesse e idee su questa fic e per questo ho deciso di sospenderla.
Consiglio comunque a chi interessava di tenerla d'occhio in quanto potrei scrivere dei capitoli quando tornerà l'ispirazione, ma probabilmente non con la stessa frequenza di prima.
Ho intenzione di concentrarmi sull'altra fic sempre su Kuroko no Basket  "A volte basta volerlo per far andare le cose al loro posto" se vi interessa provate a leggerla.
Sunlight.





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