meine prinzessin di elektra810 (/viewuser.php?uid=6422)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** una settimana è tanto! ***
Capitolo 2: *** addii e novità ***
Capitolo 3: *** l'arrivo di Miss C. ***
Capitolo 4: *** Miss C. ***
Capitolo 5: *** una frenetica settimana ***
Capitolo 6: *** sweet home (Alabama) ***
Capitolo 7: *** di nuovo in viaggio...scoperte e sorprese ***
Capitolo 8: *** prinzessin Sylvia ***
Capitolo 9: *** on the road... la verità ***
Capitolo 10: *** la vendetta di Electra ***
Capitolo 11: *** una nuova amica ***
Capitolo 12: *** parler ***
Capitolo 13: *** schrei (so laust du kannst) ***
Capitolo 14: *** Nightmare before Christmas.... (parte a) ***
Capitolo 15: *** .....and dream after (parte b) ***
Capitolo 16: *** trauen zu sich selbst ***
Capitolo 17: *** Romeo and Juliet ??? ***
Capitolo 18: *** das alles sind wir ***
Capitolo 19: *** indecision ***
Capitolo 20: *** our farewell ***
Capitolo 21: *** ascending... descending ***
Capitolo 22: *** the open door ***
Capitolo 1 *** una settimana è tanto! ***
ciao a tutti!questa è la prima fanfic che scrivo sui
tokio hotel, devo essere sincera, non è che li conosca più di tanto nè sono una
loro accanitissima fan ma ho iniziato ad apprezzarli musicalmente dopo aver
sentito "by your side" una mattina:avevo appena saputo di aver passato un
importatissimo esame dell'uni ecc ecc... insomma... ho cercato di documentarmi
un pochino sui 4...
questa è una fanfic un po' diversa,beh come protagonista
assoluto c'è Bill ma cercherò di trattare un po' anche Tom, Georg e Gustav; ho
immaginato Bill in una situazione un po' assurda,fare il papà!! non nego che è
decisamente inusuale per un ragazzo di 18 anni ma spero di riuscire a far
combaciare il carattere di Bill con l'assurda situazione(nel senso che magari
forse potrebbe anche comportarsi così nella vita visto che dicono tutti sia un
tipo molto romantico e dolce);Tom credo sia sempre Tom ma non escludo che anche
lui sia molto dolce e premuroso (bene o male sono gemelli)...
cmq mi raccomando recensite anche se fa schifo, le critiche sono sempre ben
accette e sopratutto aiutatemi a delineare meglio i caratteri se dai miei scritti
non traspaiono bene.
bacioni Elektra810
capitolo 1 : una settimana è tanto!
La sveglia suonò molto presto quel martedì: era il giorno della partenza
per le nuove date del tour che avrebbero portato i Tokio Hotel a toccare le
principali città della Germania, anzi più che altro avrebbero visto gli stadi e
le arene, i giganteschi "dome" tedeschi che erano sempre stati il sogno di quei
ragazzi e la consacrazione del loro essere famosi.
Bill cercò di spegnere subito quel suono assordante, in effetti era già
sveglio da quasi un'ora,ma si era dmenticato di disattivare la sveglia: non
riusciva a pensare ad altro se non che per una settimana sarebbe stato separato dal
grande amore della sua vita, dalla sua Sylvia. Si girò su un fianco per
guardarla dormire placidamente: era bellissima, i capelli biondi e ricciolini
che le scendevano su viso, l'espressione felice di chi sta facendo un bel sogno;
non riuscì a trattenersi e prima di alzarsi le schioccò un dolce bacio sulla
guanciotta facendo attenzione a non svegliarla, quindi si alzò dal letto per
prepararsi per la partenza.
ci mise circa un'ora a completare i preparativi quindi scese in cucina per
fare colazione; lui e Tom erano a casa della madre, avevano sì il loro
appartamento ma era più il tempo che Bill passava dalla madre con la sua Sylvia,
non se la sentiva ancora di andare a vivere da solo con lei, troppi impegni non
gli avrebbero permesso di occuparsi della sua "prinzessin" come era solito
chiamarla.
Scese in cucina dove Simone era già intenta a preparare la colazione per i
suoi pulcini, il soprannome amorevolmente dei due gemelli: "buon giorno
Bill!" "buon giorno mamma" le fece eco il ragazzo, "hai dormito bene?" "si
mamma..." disse il ragazzo con un'aria preoccupata e assorta "so cosa stai
pensando Bill, ti capisco, è la stessa cosa che provo io quando tu e Tom
partite, è un senso di vuoto incredibile, a volte incolmabile, anche se so che
state via per pochissimo tempo, siete i miei figli, mi mancate..." "mamma dai,
non dire così, non faciliti certo le cose" "scusami Bill,hai ragione... ma era
per farti capire che quello che provi è assolutamente normale!" "ma ciò
non toglie che io mi senta in colpa a lasciare Sylvia a casa per tutta una
settimana, lo so ci sei tu che badi a lei ma è inutile..." Simone andò vicino al
figlio che aveva gli occhi lucidi al pensiero che tra poco lui e Sylvia si
sarebbero separati per tutta una settimana, lo abbraccio teneramente "Bill,
ricordati che sono molto orgogliosa di te e che se state tutto questo tempo
separati è anche per il bene di Sylvia e per il vostro futuro!" "lo so mamma... ma
io mi sento comunque in colpa... per tante cose..." non fece in tempo a
completare la frase che il rumore di piccoli e gioiosi passetti risuonò per le
scale e una piccola furia con un pigiamino rosa iniziò a urlacchiare per tutta
la cucina..."papà papà papààààà....in braccio in braccio!!" Bill ricacciò indietro
le lacrime e abbracciò la sia Sylvia con tenerezza e affetto: "piccola ma sei
già sveglia? ma è presto? e Markus dove l'hai lasciato?" "ma papà lo sai che
Markus dorme moltissimo, è un bradipo e i bradipi passano le loro giornate a
dormire!perchè non te lo ricordi mai!?" "hai ragione meine Prinzessin... i
bradipi sono un po' come lo zio Tom: hanno perennemente un aria assonnata"
disse ad alta voce indicando il fratello che in quel momento stava entrando in
cucina con l'aria molto stropicciata e due profonde occhiaie: "grazie Bill,
sempre simpatico già di prima mattina... buongiorno Sylvia come stai?" "bene
zio!!" i gemelli Kaulitz guardarono la piccola: 3 anni e mezzo di pura simpatia
e furia gioiosa che passava la giornata a correre e saltare facendo disperare il
papà o la nonna o lo zio... ma anche i due zii acquisiti, lo zio Georg e lo zio
Gustav come li chiamava lei. Bill mise a sedere la piccola sul tavolo per la
colazione: era una loro abitudine fare colazione con Sylvia seduta sul tavolo e
Bill davanti su uno sgabello: "hai visto zio Tomi, sono alta come papà così..."
Bill e Tom si misero a ridere e mentre la piccola iniziava come ogni mattina
l'assalto a biscotti latte e cacao Bill non riuscì a smettere un attimo di
fissare sua figlia: era bellissima e meravigliosa, un dono del cielo e si
rammaricò di dover partire in tour e separasi da lei per una settimana .
beh che ne dite? come vi sembra... tutte le critiche accettate ma magari
fate anche qualche commentino positivo... :-)) bacio!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** addii e novità ***
eccomi qui... secondo capitolo! innanzi tutto ringrazio per le
recensioni:
FairyTale: allora markus è un pupazzetto di pelouches, ritornerà nella
storia. grazie per la recensione.
MissBillinaTokina: grazie anche a te per aver recensito!
messaggio comune... per sapere della mamma di Sylvia dovete aspettare un paio
o forse 3 capitoli, se vi dico adesso tutto non è valido!!!
disclaimer: nè Bill nè tanto meno tutti i Tokio Hotel mi appartengono,
questa storia è stata scritta senza fini di lucro, nè è mia intenzione offendere
nessun componente della band o del suo entourage.
capitolo 2: addii e novità
"Papi... quanto stai via questa volta?" Sylvia alzò lo sgurado dalla sua
tazza della colazione e fissò teneramente Bill negli occhi: quella bambina era
capace di lanciare degli sguardi che avrebbero sciolto anche un cuore di pietra,
figuriamoci suo padre che ancora prima di partire già si sentiva pieno di sensi
di colpa: "poco piccola mia, davvero solo una settimana, martedì prossimo sono
già di nuovo da te!" Sylvia lo guardò con i suoi profondi occhioni color
caramello, identici a quelli di Bill ma con spirito diverso:"uffi perchè tu non
sei come i papà delle mie amiche?" Bill si sentì spiazzato a una domanda del
genere: certamente la piccola aveva ragione, l'aveva già capito dai disegni che
le faceva... papà con i capelli lunghi con le punte bianche, papà con gli occhi
bistrati ma soprattutto papà con valigie e borsoni pronto per una nuova tappa
del tour! "sylvia perchè papà fa un lavoro diverso da quello che possono fare
i papà delle tue amiche e poi anche perchè ho molti anni di differenza rispetto
a loro" "questo lo so papà.. tu sei un ragazzo padre, lo dice sempre lo zio Tomi
con la nonna o con il signor Saki!" Bill si voltò verso il fratello con sguardo
riprovevole, sapeva che il biondo non era in grado di moderarsi neanche di
fronte alla nipote, che per fortuna o sfortuna era anche molto più sveglia di
tutte le sue coetanee e con le orecchie sempre pronte a captare le novità.
"grazie Tomi per incasinarmi la vita con mia figlia..." gli ringhiò a voce bassa
"prego!" bofonchiò il rasta con la bocca impastata dalla colazione: a volte non
si capiva chi era lo zio e chi la nipote da come si comportava Tom; "però a me
piace che tu sia diverso dai papà delle mie amiche... loro sono vecchi e brutti,
tu invece no! sei bellissimo" "uh Sylvia ma cosa sono tutti questi
complimenti?!" era incredibile come quella bambina potesse cambiare di umore nel
giro di pochi secondi... un po' come sua madre, a volte riflessiva e chiusa e in
altri momenti estremamente espansiva e allegra: a Bill vennero in mente tutti i
bei momenti trascorsi con la mamma della piccola, l'altra Sylvia della sua vita
e un velo di tristezza si pose nella sua mente "si.. perchè se vai via però mi
porti qualche regalo papà vero?" "ah ecco qui la furbacchiona, ecco perchè siamo
tutte dolci, io che pensavo che tu mi volessi bene...a quanto sei ingrata... lo
sapevo, esattamente come lo zio Tomi!" Bill iniziò a fare una delle sue scene
madri melodrammatico/comiche per cui Syvia andava matta: infatti la bimba si
mise quasi subito a ridere "e cosa vorresti come regalo?" "beh qualche pelouches
per far compagnia a Markus!" "per quello nessun problema.. ti porterò un mucchio
di pelouches" "però voglio anche qualche regalo dallo zio Tomi!" disse la bimba
che nel frattempo era andata a torturare i rasta di Tom"non mi piacciono 'sti
capelli zio, pungono... sono più belli quelli di papà!" "perchè non hai mai
visto quando tuo padre si trasforma in un istrice!" stavolta Tom fu fermato
dalla madre Simone: come al solito aveva parlato troppo... Bill infatti non
voleva che la bimba vedesse sue foto di scena, già per la piccola era strano che
papà andasse in giro con le unghie nere e gli occhi truccati ma da Bill tutto
ciò era sempre stato presentato come un gioco per cui tutto sommato grossi
problemi non si erano mai presentati ma in casa Kaulitz da quand'era nata Sylvia
vigeva la regola di tenere la bambina lontana dai riflettori e riflettori
lontani dalla bambina per proteggerla dalla stampa della sua curiosità
morbosa. Simone intervenne subito: "vai Sofia andiamo in camera a cambiarci
che papà e lo zio devono quasi partire " "va bene nonna, solo se papà però viene
con noi che voglio dargli un regalo." La bimba corse su per le scale fino nella
sua cameretta anche se il più delle volte dormiva con il padre avendo una paura
terribile del buio;la raggiunse e si trovò tra le mani simpatico orsacchiotto di
pelouche a cui la bambina aveva cerchiato gli occhi di nero con un
pennarello: "questo è il tuo orsacchiotto papà, è proprio identico a te e ha
anche gli stessi tuoi occhi! Così lo porti dietro adesso che sei via e anche tu
non hai paura del buio" Bill prese in braccio Sylvia e la strinse a se
fortissimo: "grazie piccolina, me lo porterò sempre dietro!" nel frattempo li
raggiunse Simone: "Bill... Saki è già qui... dovete andare!" Bill si sentì
morire dentro all'idea che la terribile settimana senza la sua bimba stava per
iniziare, se solo avesse potuto portarla dietro, se solo avesse fatto un altro
lavoro! lui e la piccola scesero nell'ingresso della villa dove già Saki lo
stava aspettando con Tom "dai andiamo Bill, dobbiamo ancora andare a prendere
Georg e Gustav e in più abbiamo un incontro con quelli della universal " il tono
del manager non prometteva nulla di buono...
Padre e figlia si salutarono tra mille promesse di sentirsi spesso e che la
settimana sarebbe volata, ma appena chiuse la porta di casa alle sue spalle Bill
non riuscì a trattenere una lacrima: "allora Saki.. dicevi della Universal?ci
sono problemi per il nuovo CD?" "no no... tour e CD confermati, ma hanno detto
di presentarci al gran completo che ci sono novità a livello manageriale...e ciò
mi preoccupa non poco!"i tre quindi salirono sul tour bus alla volta di Berlino
centro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** l'arrivo di Miss C. ***
ciao a tutti.. eccomi di nuovo qui a tediare con le mie
paranoie serali pre esame...(blah perchè devo studiare sta noia?!?...)
allora un po' di ringraziamenti per cominciare e anche un
mea culpa: scusatemi che ho scritto che Saki è il manager e non David Jost...per
il futuro correggerò!
grazie a
Hotz94: vedi che pubblico o almeno cerco di fare qualcosa
che assomigli a una pubblicazione decente... eheh comunque complimenti ci hai
preso in pieno sulla mamma di Sylvia... e in questo capitolo inizerò a
introdurla anche se per la storia completa mi spiace ma dovrai
aspettare...
Mustardgirl94: come HTML editor uso PageBreeze, gratuito e
abbastanza semplice, spero di non fare caos durante la pubblicazione; non sei
affatto pignola anzi grazie davvero per avermi corretto!
anticipazione del capitolo: inizio a introdurre la figura
della mamma di Sylvia!e un nuovo personaggio che però avrà molto più spazio nel
prossimo
capitolo 3: l'arrivo di Miss C.
I Tokio Hotel arrivarono come da programma agli uffici
della Universal e come al solito un folto gruppetto di ammiratrici si era
radunato davanti al palazzo della multinazionale per cercare di incontrare i loro
idoli: urla, grida e pianti si acuirono alla discesa dei ragazzi dal tour bus e
i 4 non poterono sottrarsi al bagno di folla! la maggior parte delle
acclamazione era per i gemelli ma anche Georg e Gustav avevano il loro nutrito
gruppetto di fan anche se mai come Tom, lui aveva direttamente delle
scatenatissime groupy che come al solito gli rimpirono le tasche di indumenti
intimi e numeri di cellulare (che c'è da dire il ragazzo conservava molto
volentieri, come diceva lui "non si sa mai ragazzi, sapete che io mi sento
sempre triste eheh...") molti occhi erano invece per Bill,con il suo fascino
da molti definito ambiguo, ma che invece per tutte le ragazze che lo acclamavano
era semplicemente bellissimo: naturalmente il moro non si negò alle varie
attenzioni, era incredibile come riuscisse a trasformarsi in un vero divo appena
si sentiva acclamato: d'altronde la fama era sempre stato il suo sogno e
l'essere idolatrato era una conferma che tutti gli sforzi che faceva per
continuare nella strada del successo non erano vani.
Saki, dopo un cenno di David liberò i ragazzi dalla stretta
delle fan e i 4 furono condotti negli uffici della grande compagnia discografica
dove erano attesi dal supervisore e dal loro entourage.
"allora ragazzi, come va?" disse herr Kipp, CEO di
Universal Europe "ci sono importanti novità per voi!" David non perse
l'occasione per una battuttina "aumento delle percentuali del contratto?" "no
no, mi spiace per voi, diciamo che economicamente non ci saranno grandi
vantaggi, magari però ci potranno essere a livello morale!" i 4 guardarono Kipp
cercando di tradurre in una lingua conosciuta quella specie di battuta appena
pronunciata, spesso infatti quell'uomo cercava di fare battute simpatiche che
però raramente suscitavano l'effetto da lui voluto e spesso si trasformavano in
doppi sensi sopratutto nella mente di Tom; "comunque signori ho il piacere di
annunciarvi che la vostra amata Jutta non sarà più la vostra assistente e
referente presso Universal!" i 4 ragazzi si guardarono stupiti e con altrettanto
stupore guardarono David; Bill chiese a bruciapelo "perchè no?" "beh Jutta ha
chiesto un congedo per maternità... sapete alla sua età le hanno consigliato di
passare tranquillamente la gravidanza a casa, 43 anni non sono pochi per mettere
un figlio in cantiere, come dico sempre... i figli bisogna farli giovani cari
ragazzi.. o no?!" Kipp fissò con sguardo provocatorio Bill che sostenne lo
sguardo con altrettanta provocazione :quell'uomo proprio non lo sopportava, se
poteva rimarcava a Bill il fatto di aver avuto una figlia a 16 anni e per giunta
di cercare comunque il successo. David per sicurezza fece cenno a Bill di non
reagire, bene o male Kipp era il capo ed era lui che decideva contratti tour e
promozioni per cui meglio non rischiare considerando quanto era
lunatico. "comunque ragazzi... vi ho chiamato perchè vi annuncio che Jutta
sarà sostituita" i 4 ci rimasero male... jutta era sì la delegata della loro
casa discografica ma era anche diventata loro amica: dopo molti mesi insieme per
loro era una specie di mamma adottiva che li coccolava e li viziava ed in
effetti era sempre pronta a consolarli o a coprirli su certe condotte non
proprio esemplari di fronte ai vertici della compagnia, soprattuttto Tom se ne
dispiacque, Jutta se poteva cercava di evitare che la sua fama di donnaiolo
potesse andare oltre e comprometterne la carriera e infatti il primo pensiero
del biondo fu -e adesso chi mi copre?- "insomma... ragazzi vi comunico che
avrete un altra assistente... Catharina prego venga qui!"
una ragazza giovane, avrà avuto più o meno una ventina
d'anni, si fece avanti: capelli biondo cenere, abbastanza alta e abbastanza snella con
due profondi occhi blu, che stridevano molto con la sua aria seria e
corrucciata, sembrava fosse un po' prevenuta nei confronti dei 4...
probavilmente per quello si doveva dire grazie a Kipp "signori lei sarà la
vostra nuova assistente, prenderà il posto di Jutta... per favore non fatela
scappare subito,ok? e mi raccomando Catharina, non si faccia impressionare da
quei 4... non mordono mica, al massimo Tom le salterà addosso!" a queste parole
seguì un grossa risata e un occhiolino in direzione di Tom che fece un
sorrisetto forzato, avesse potuto gli avrebbe volentieri tirato un pugno.. ma
con il capo non si scherza...
I tokio si fermarono tutta la mattina negli uffici della
Universal per la discussione del tour e delle date anche se non riuscirono oiù
di tanto a fare conoscenza con la nuova assistant che sembrava molto chiusa e
riservata, se non addirittura scontrosa; infatti durante il coffee break fu
l'argomento di conversazione dei 4: "figa è figa... anche se per quanto
rigurda taglio di capelli e modo di vestirsi... beh no lì non ci siamo... anche
se i vestiti in certe situazioni non servono... eheh" Tom aveva iniziato con le
sue battute "anche se c'è da dire che Miss C mi sembra un po' troppo sulle
sue... dai quanti anni in più di noi avrà? 3 o 4 ? e si atteggia un po' a Miss
so tutto io per me il suo soprannome è Miss C. chissà se per parlarle
insieme dobbiamo far domanda..." "dai Tom sei cattivo, solo perchè non è caduta
ai tuoi piedi non puoi dire così...ok che mi sembra molto sulle sue ma magari è
solo timida o impaurita dal fatto di essere di fronte a noi!"disse Gustav
ammiccando " comunque carina è carina..."aggiunse mentre continuava a squadrarla
di sottecchi "no no... è veramente molto bella, e soprattutto ha degli occhi
bellissimi!" concluse Georg: a quella frase Bill sobbalzò, non aveva ancora
detto niente su Catharina ma certamente non gli erano sfuggiti gli occhi
della ragazza: blu, profondi e luccicanti, come quelli dell'altra sua Sylvia, la
mamma della sua prinzessin; Tom e gli altri due si accorsero della reazione del
vocalist "Billy... vieni un attimo con me..." Tom conosceva il gemello meglio di
se stesso, gli voleva molto molto bene anche se molti facevano battute su questo
amore fraterno, i due però non se ne curavano più di tanto, avevano imparato che
la famiglia e i veri sentimenti sono molto più forti di qualsiasi sciocca
diceria; i due raggiunsero una saletta vuota e chiusero la porta.... "Bill mi
vuoi dire cos'hai? hai uno sguardo strano e preoccupato, mi nascondi
qualcosa... " "no Tomy non ti nascondo niente... ma credo che gli occhi d
Catharina li abbia visti anche tu, sono come quelli della mia Sylvia" "si li ho
visti... ma non puoi fare così, devi reagire Bill... non è stata colpa tua!" "lo
so Tom ma il fatto è che Sylvia non c'è più, l'unica cosa che mi rimane di lei è
mia figlia a cui per giunta sono costretto a rinunciare per il tour..." "Bill...
diventare famosi era il nostro sogno, la musica è la nostra vita, sono anni che
cantiamo e suoniamo, non possiamo buttare via tutto adesso... se non lo vuoi
fare per te stesso, almeno fallo per me, per Syvia per i ragazzi, è importante!
dai torniamo di là.." "ti raggiungo tra un attimo Tomy..." il biondo capì che il
gemello aveva bisogno di restare solo con se stesso e tornò dagli altri
adducendo una qualche scusa plausibile a giustificare la sparizione di
Bill.
Nel frattempo il ragazzo si era seduto su un divano e
aveva tirato fuori da una tasca nascosta del portafoglio una foto: vi erano
ritratti un Bill 16enne e una bella ragazza, apparentemente coetanea, dal viso
pieno e sorridente, con due profondi occhioni azzurri e con un pancione che Bill
accarezzava con amore... "Sylvia piccola mia, dimmi cosa fare... mi manchi da
impazzire..." chiuse gli occhi un attimo pensando ai momenti passati con
lei:
flash-back
"una bimba... è incredibile Billy... avremo una
bimba... cavolo se ci penso mi sembra impossibile... siamo praticamente
ancora dei bambini noi 2..." Bill rise e baciandola teneramente le
sussurrò "eh va beh... vorrà dire che cresceremo tutti e 3 insieme.."
"uffa non vedo l'ora che nasca, non vedo l'ora di
stringerla tra le mie braccia..." "ah tu.. perchè io no? guarda che sono
geloso...voglio la mia mammina preferita... uèè uèè..." "ma sei veramente un
bambino... quasi peggio di tuo fratello...!!" "ah davvero... no no mi spiace ma
a Tom non c'è limite..."
"Bill... aiuto non mi sento molto bene, mi gira un po'
la testa..." la giovane svenne e cadde sul pavimento della cucina di casa
kaulitz, Bill corse subito da lei, seminascosta dietro il tavolo...quando la
vide non potè fare a meno di urlare: "Tom chiama mamma... Sylvia sta male"
abbracciò la giovane "tranquilla... andrà tutto bene..." e solo in quel momento
vide i pantaloni bianchi della ragazza completamente macchiati di sangue...
fine
flash-back
si riscosse dai suoi pensieri con quella tremenda
immagine in testa...si avvicinò alla finestra e ricordò i momenti della nascita
della figlia, il cesareo d'urgenza e il fatto che nessuno che passava sapeva
dire nulla... si ricordò di aver pianto tra le braccia di sua madre, lui che in
quel momento stava diventantdo papà ma che non aveva la forza di pensare e di
reagire... era preoccupato per le sue due ragazze e aveva disperatamente bisogno
dell'incodizionato sostegno di Simone.
si ricordò anche quando arrivarono i genitori di Sylvia e
che pochi secondi dopo il ginecologo gli mise in braccio un fagottino rosa "la
bimba sta bene... è sana l'abbiamo salvata in tempo... per la sua ragazza... mi
dispiace!"
in quel momento una lacrima scura di eye-liner cadde sulla
foto di Bill e Sylvia...
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Miss C. ***
eccomi qui... nuovo capitolo... non prometto niente ma magari ne riesco a
postare un altro oggi :-)
grazie ancora a tutti delle recensioni!siete davvero carini!
capitolo 4: Miss C.
Bill finalmente raggiunse gli altri, mentalmente pregò che Catharina non
avesse visto la foto che aveva in mano: era troppo prematuro dirle di Sylvia e
su questo anche David e Herr Kipp erano d'accordo, bene o male era il primo
grande incarico della ragazza e nessuno sapeva come avrebbe retto alla tensione
o alla notizia della paternità di Bill e sopratutto come avrebbe gestito la
faccenda con i media -si sa una parola di troppo poteva scappare e addio
tranquillità della piccola Kaulitz-.
David Jost chiamò i 4 e Catharina per prendere gli ultimi accordi prima
della partenza: "bene allora da oggi farai parte della nostra squadra Catharina,
dunque...sarà meglio che ti spieghi come gestire questi 4 scalmanati.."
"oh non si preoccupi signor Jost, mi sono ampiamente documentata su di loro!" La
ragazza non mentiva: aveva raccolto quante più informazioni possibili da Jutta
nonchè da tutte le interviste rilasciate, giusto 3 o 4 Giga bite del suo
palmare,conosceva tutte le informazioni utili e pratiche per poter compiere il
suo lavoro e cercare di dimostrare quanto valeva! i Tokio rimasero
interdetti, si squadravano con espressioni per nulla rassicuranti, e mentre
Catharina si era allontanata un attimo fioccarono i commenti, nonostate la
presenza di David e Saki: "quella è pazza! è una virago... come si può a 20
anni parlare in modo così noioso... -mi sono ampiamente documentata- -sarà mia
premura che il tour proceda nei migliore dei modi- ma cosa vuol dire!? parla in
modo che tutti ti capiscano!!" Tom inveì contro la ragazza "poi non so se avete
notato come ci guarda... dall'alto in basso!!ma chi si crede di essere?! per non
parlare di come ha fissato i miei capelli... cos'è? crede che io abbia le
pulci?" Bill sghignazzò alla battuta del fratello "beh Tomy, in effetti non sei
famoso per la tua igiene..." "cosa vuol dire... un discorso è lavarsi e un altro
è a avere le pulci... parli te che tante volte vai a dormire truccato e al
mattino sembri la maschera di scream con tutte le colature di mascara... fai
schifo...e per di più mi svegli perchè ti spaventi anche tu quando ti guardi
allo specchio..." "ah ecco qual era il problema, che ti sveglio prima delle 4
del pomeriggio!" "parla quello che non si alza prima delle 2!" i due gemelli
iniziarono una delle loro famose "discussioni" seguite da un inizio di lotta:
non c'era giorno che non passassero a litigare da bravi fratelli, anche se in
realtà li univa un profondissimo sentimento d'affetto che dopo la nascita di
Sylvia era, per quanto possibile, aumentato. "dai piantela voi due... che se
no arriva la maestrina e vi mette in castigo nell'angolino!" disse Georg non
smettendo di fissare un attimo Miss C. come era stata soprannominata Catharina
dai ragazzi "secondo me quella nel comodino ha fruste e manette... mi dà l'idea
di sadica!" disse Gustav ridacchiando e anche David annuì "anche se fosse per me
non è un problema" fece eco Tom "sono sempre aperto a nuove esperienze con
gnocche come quella: si si fa tanto la perfettina ma secondo me sotto sotto è
una belva assatanata!e io so cosa farei a una così..." e con un gesto molto poco
elegante ma molto Tom si indicò le parti basse. I 4 continuarono a scherzare
per un bel po' su Miss C. fino a che la ragazza non li richiamò: era ora di
partire!
Sul tour bus scerzi e giochi continuarono:se c'era proprio una cosa che erano
incapaci di fare i Tokio era stare tranquilli e fermi e il lungo viaggio che era
in programma certo non migliorava le cose: per i 4 l'idea di passare le
successive 16 ore sul bus era sconvolgente e infatti dopo pochi minuti il mezzo
si era trasformato in una specie di porcile (con gran orrore di Catharina...
abituata all'ordine e alla pulizia semi-maniacale). David andò dalla ragazza
per sistemare alcune questioni organizzative e la trovò intenta a stendere
relazioni per la Universal "allora come va? emozionata?preoccupata'"
"sinceramente sì... ma sono sempre così quei 4?!" e nel frattempo indicò Bill e
Georg che erano scatenati in una lotta per il possesso del telecomando dell'home
theater, mentre Tom con aria molto wrestler saltò sulle spalle del fratello
all'urlo di -muori bastardo!- giusto per animare ancora di più la
lotta! "si... mi spiace per te ma ti aspettano tempi molto duri...!!" David e
Catharina si misero a discutere della parte organizzativa mentre i 4 finalmente
si calmarono un pochino e iniziarono a guardare la tv.finito il breefing con
David, Catharina si mise a fissare i 4: -stranamente tranquilli- pensò -chissà
fino a quando?-; la sua mente prese a vagare sul come e perchè si trovasse lì:
si era laureata da 6 mesi in management e comunicazione con il massimo dei voti
e dopo un breve stage era stata assunta dalla universal: indubbiamente aiutata
dal cognome importante che portava e dal fatto che suo padre fosse uno dei più
importanti politici della Baviera ma era comunque stata una delle migliori
allieve del corso negli ultimi anni e la sua dedizione e il suo rigore l'avevano
certamente aiutata e la supportavano nei momenti più difficili: nonostante la
sua giovane età, 22 anni, stava arrivando a buoni risultati e certamente i Tokio
Hotel erano stati il suo incarico più importante...già per lei i 4 non erano
ragazzi poco più giovani di lei, ma un incarico, un modo per arrivare, un modo
per confermare le aspettative di tutti, di sua madre di suo padre che fin da
quando era piccola l'avevano cresciuta inculcandole il senso del dovere,
dell'essere sempre perfette e professionali e lei aveva sempre sentito tutto ciò
nella vita come uno scopo: dimostrare di essere all'altezza di ciò che gli altri
si aspettavano da lei, anche a costo di soffocare i propri sentimenti come era
spesso successo.
-già...determinazione Cathe... ci vuole determinazione! basta pensare, al
lavoro!- si rimise a leggere il dossier che le aveva lasciato Jutta per essere,
come tutti si aspettavano!, preparata sui 4 e stranamente la sua attenzione si
focalizzò su delle foto scattate nei momenti privati della band: 4 ragazzi 18
normalissimi, che si comportavano come qualsiasi altro loro coetaneo ma con
disponibilità economiche enormemente superiori e questo senso di "togliersi le
soddisfazioni grazie ai soldi" traspariva in certe foto: __ Bill e Tom che
giocavano con gli occhiali da sole, indubbiamente costosissimi__ __ i 4
scatenati davanti al buffet__ __ foto di gruppo stravaccati sul divano pre
concerto__ __ partite di ping pong__ __ scherzi in ascensore__ __
aeroplanini telecomandati e facce tremende di Bill perchè il suo si era
incastrato su delle travi di sostegno di un
palaconcerti__ __ Bill al cellulare con i capelli stanamente lisci e piatti
fermati dagli occhiali da sole e sguardo sognante__
-però che occhi!- fu il pensiero di Catharina -e poi dal vivo è anche carino,
peccato si atteggi a diva, fosse sempre normale e non si trasformasse in animale
da palcoscenico sarebbe davvero bello!- la ragazza arrossì al proprio
pensiero... ma cosa le stava capitando? in che situazione si voleva caccaiare?
non le era bastato già quello che aveva sofferto? mentre rimuginava su questi
pensieri Bill le passò a fianco parlando al cellulare, mentre si dirigeva verso
la microscopica camera da letto di cui però era attrezzato il tour
bus: "piccola ciao sono io! come stai?cos'hai fatto di bello oggi cucciola?"
Catharina non potè fare a meno di sentire e contrariamente ai suoi buoni
propositi tese l'orecchio verso la stanza dove si era rifugiato Bill "piccola
certo che mi manchi... lo so fino a martedì non possiamo vederci però dai una
settimana passa in fretta!" Catharina si stupì del tono dolcissimo del
ragazzo... l'aveva conosciuto da poche ore e aveva sempre associato la sua voce
a una specie di strano gracchiare, forse per il fatto che il più
delle volte il ragazzo si esprimeva con un tono scherzoso e infantile giusto per
ridere e fare il cretino con gli altri. "no prinzessin, non riesco a tornare
prima,lo sai... mi spiace però cerca di stare tranquilla...ti penso sempre mia
cucciola!
Bill continuò la conversazione ancora per qualche minuto mentre Catharina
imperterrita continuava ad origliare, era curiosa e pur essendo rimasta molte
volte fregata dalla sua curiosità certo non aveva smesso con le pessime
abitudini. La cosa che però la faceva un po' soffrire era il dolcissimo tono di
Bill: non aveva mai sentito un ragazzo apparentemente molto esuberante e con
grande presenza scenica parlare con un tono e con parole molto dolci e
rassicuranti e mai sopratutto si sarebbe aspettata che Bill Kaulitz facesse quel
genere di telefonate. Sospirò profondamente, mal celando una qual certa invidia
nei confronti della destinataria della conversazione : -ma cosa ti prende
Cathe... sei gelosa di Bill, ma se neanche lo conosci... per favore smettila si
è carino ma è praticamente il tuo capo... o tu sei il suo... boh comunque meglio
smetterla conqueste fantasie... torna al lavoro e fai la
brava!-
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** una frenetica settimana ***
salve salvina!! nuovo capitolo... diciamo che è un capitolo di transizione
per il prossimi 2... aspettatevi prossimamente grosse e succose novità!
ancora grazie a tutti per le recensioni! mi danno la forza di andare
avanti!!
capitolo 5 : una frenetica settimana
"un massacro... non c'è altra definizione!" Catharina sbraitava nel telefono
raggiungendo gli ultrasuoni, mentre dall'altro capo della cornetta Jutta,
beatamente spalmata sul divano a godersi il meritato riposo, rideva invece come
una disperata senza farsi troppo sentire dalla sua "sostituta": "no no ti prego
Jutta, dimmi come facevi tu a sopportarli!? allora giusto ieri avevamo un
intervista con Bravo, no quei 4 mezz'ora di ritardo!ma io sto lavorando, se Kipp
si incacchia non lo fa con loro, lo fa con me! per non parlare di David! ma
magari fosse gentile a darmi una mano, noooo no no no no li dà ragione!
-lasciali perdere Cathe, diciamo che siamo rimasti bloccati nel traffico, che
c'erano gli autografi da firmare e poi se non fanno le loro esperienze, già
hanno la fortuna di essere arrivati dopo tutti i loro sforzi, lasciali godere un
po' la loro vita!- ma Jutta la mia quando me la godo eh?!" Catharina era
simil-furente "per non parlare dei gemellini... Jutta, uno più immaturo
dell'altro: già Tom se ne passa una diversa a sera, e va beh, giochiamo a fare
la rock star con le groupie, ma almeno siamo professionali, non passiamo metà
del tempo che si dovrebbe dedicare a prove, interviste, a fare il cretino con
gli altri 3, a tirare in tour bus a un porcile che tanto c'è Catharina che
pulisce e ordina. No! tutto in giro, tutto uno schifo... ubriaco tutte le
sere!!ma cacchio... io alla loro età ero molto più seria!" "appunto Cathe...
sei troppo seria!" "Jutta per favore... io sono solo professionale e cerco di
fare il mio lavoro... ma gradirei un po' di collaborazione! Cacchio dormo 3 ore
per notte ho delle occhiaie modello cane san bernardo, i capelli uno schifo e ho
migliaia di cose a cui pensare... se almeno quei 4 facessero i bravi... io, io
non so più che fare!" Jutta dall'altro capo del telefono sospirò
profondamente: "Cathe apri bene le orecchie, ti voglio dare più che dei consigli
dei modi per sopravvivere: io sono arrivata nel "favoloso" mondo della
discografia alla tua stessa età, fresca di laurea e master e con la tua stessa
grinta in corpo; dopo 2 giorni volevo tornare a casa! sai chi mi avevano
affidato? i Duran Duran...che ti assicuro sono molto molto peggio di "quei 4"
come li chiami tu! Cathe il tuo problema è che la prendi di punta! vuoi
dimostrare a tutti quanto vali, non lo metto in dubbio, ma per come la stai
prendendo l'unica che ci rimette sei tu! Non puoi pretendere che i ragazzi
stiano fermi e immobili sempre pronti a correrti dietro per la TUA carriera! lo
hanno una LORO carriera, dei LORO sogni, delle LORO speranze e dei LORO progetti
e non credere che siano tanto diversi dai tuoi!" "si Jutta ma se avessero
tutte queste belle cose in mente perché allora sono sempre in ritardo agli
appuntamenti per non parlare del modo in cui si comportano, si vestono, mangiano
e...parlano! Jutta ogni volta che Bill apre bocca con quella cavolo di vocina
stridula e quelle manine sempre in movimento mi fa venire mal di testa!!!"
"Catharina Hoffmansthal apri bene le orecchie! NON, ripeto NON permetterti
di giudicare quei ragazzi... non sai nulla della loro vita! non sai nulla di
loro!" "certo che lo so! vedo come si comportano e ho letto le schede che mi hai
lasciato..." "si certo... quelle schede Cathe sono più che altro delle tracce da
seguire... ma ti sei mai presa la briga di PARLARE con quei ragazzi? di sederti
con loro a tavola a fare due chiacchiere? no...scommetto che sul bus ti siedi il
più lontano possibile sommersa tra notebook palmare e fogli...Cathe per favore,
cerca di vivere un pochino, cerca di godertela un po’! la tua vita non possono
solo essere scartoffie, appuntamenti, indirizzi, date e urla e grida se siete in
ritardo! tu con quei ragazzi ci passerai i prossimi 6 mesi della tua vita!o
magari anche tutta la tua vita se riuscirai a resistere cosa che escludo
abbastanza se non cambi.. però, per favore, non prenderla di punta! non devi
dimostrare a nessuno che sei il meglio di tutti!quello che stai facendo in
questo momento lo fai per te stessa e per il tuo futuro, al massimo per Bill,
Tom, Georg e Gustav... ma non fare l'errore che ho visto in 20 anni far a tante
altre persone: quello di lavorare solo per la Universal e non per se stesse. Se
fai questo errore mi spiace ma Kipp se ne accorge e ti sfrutterà e basta, sarai
una delle tante e tornerai a casa con la coda tra le gambe! se invece aiuti il
gruppo, fai gruppo con i ragazzi, tu ne beneficerai, loro ne beneficeranno e
nessuno dai vertici ti dirà mai nulla!" "Jutta, dimmi allora come devo
fare...sto impazzendo!" disse Cathe iniziando a singhiozzare "no no... calmati,
piangendo non risolvi nulla: innanzi tutto dormi, quando hai niente da fare
dormi e non passare il tempo a classificare le puntine da disegno per colore
come fai, perché so che lo fai.. ti ho vista farlo! Poi passa un po' di tempo
con loro, parla con loro, con David con Saki... fatti raccontare come si
comportano ma sopratutto osservali! e vedi che la situazione migliorerà! dai
facciamo questo patto: tu per le prossime due settimane cerca di cambiare...se
poi non ci sono miglioramenti né da parte tua né da parte loro verrò a darti una
mano; se però ci saranno cambiamenti e, fidati, ce ne saranno, ti dico già
adesso che tu non torni più indietro e che ci guadagnerai molto più del 5%!! che
tra l'altro mi chiedo come tu sia riuscita a spuntare il 5 % con Kipp..."
"Jutta... non mi chiamo Hoffmansthal mica per niente..." "Cathe..." "si Jutta!?"
"piantala di ricordare al mondo che ti chiami Hoffmansthal! quando inizierai a
chiamarti semplicemente Catharina?!" "si giusto hai ragione! ah Jutta..."
"dimmi tutto!" "come faccio per cambiare?!" "eheh... quello lo dovrai scoprire
da sola! adesso ti lascio! bacioni tesoro!" Jutta chiuse il telefono in faccia
ad una sconsolata Catharina che sospirò profondamente: "dai Cathe resisti... due
settimane passano in fretta!"
"Ragazzi oggi la virago cos'ha in programma per noi?" Tom aveva la voce
tra l'impastato e lo scazzato, era stato appena buttato giù dal letto senza
troppi complimenti da Catharina e come tutti i 3 giorni da quando avevano
iniziato il tour si stava lagnando con gli altri "io non ce la faccio più...
cavolo con Jutta almeno erano i giornalisti che ci inseguivano, ora dobbiamo
inseguirli noi... perché?! io ho sonno!!!" "Tomi abbiamo tutti sonno, siamo
tutti stanchi... io non ce la faccio tra un po' mi saltano i nervi, a
Georg e Bill sono già saltati da un pezzo!" disse di rimando Gustav "certo che
se anche a Gustav saltano i nervi siamo veramente a posto, raga io non ce la
faccio più! non puoi controllarmi neanche fossi in carcere, ho il diritto a 20
anni di fare ciò che voglio... di uscire e tornare alle ore che voglio senza
avere una che ha 2 anni più di me che mi mette il fiato sul collo!non sei mia
mamma cacchio! non lo fa lei perché deve mettersi quella!?" Bill, dal divano
dove era sprofondato con gli occhi gonfi di sonno per aver dormito pochissimo
grazie ad un' intervista strategicamente piazzata alle 10:30, alzò lo sguardo
verso gli altri: "perchè quella non ha capito veramente niente dalla vita, ha
sempre avuto tutto comodo e fatto! ragazzi io non la reggo, non posso chiamare
mia madre e Sylvia che dopo 10 secondi che mi vede al cellulare inizia a fare
segni di mettere giù... porca già mi manca da impazzire mia figlia, sono stanco,
cerco di distrarmi e arriva quella che mi ricorda che padre imbecille sono, con
le sue ramanzine sul fatto che a 18 anni esco tutte le sere!" "ma le hai detto
di Sylvia?!" Georg scattò sulla sedia dove si era seduto modello sacco di patate
"no no... non le ho detto niente, non che non mi fidi ma secondo me è
prematuro, poi già mi guarda male così, figurati se le dico che ho una figlia,
secondo me non capirebbe..." "in che senso non capirebbe?" gli fece eco Gustav
"no, inizierebbe a giudicarmi, che sinceramente è l'ultima cosa che vorrei!" "ha
22 anni Bill, ha poco da giudicare...vuoi che una a 22 anni non abbia combinato
cazzate?" "cazzate sono un discorso, non credo che abbia avuto una figlia a 16
però!" "sbaglio o in questo momento ti stai pentendo Bill?!" gli fece Tom,
accorgendosi troppo tardi del senso che aveva dato alla frase "cioè scusami, nel
senso a volte dai l’impressione di sentirti colpevole di aver avuto Sylvia, non
capisco perchè?!" "io non mi sento in colpa per aver avuto Sylvia, mi sento in
colpa perché non sono con lei in questo momento, perchè me ne vado in giro per
il mondo inseguendo il successo ma perdendomi attimi importanti della vita di
mia figlia..." Bill si mise a singhiozzare mentre il fratello si mise vicino sul
divano e l'abbracciò cercando di consolarlo. In quel momento entrò
David: "ehi ragazzi tutto ok? Bill tutto a posto?" "no David... proprio
no...senti sono stanco, ho sonno, mi manca Sylvia e né io né Tomi né Georg né
Gustav sopportiamo più quella pazza di Catharina!!!" David si sedette a braccia
conserte: "perché lei vi sopporta secondo voi?!" "NO!" gli fecero in coro i
Tokio "appunto... e sapete perché non vi sopporta?! perché non ha capito niente
di questo lavoro, ve lo dico con certezza! ho appena chiamato Jutta che mi ha
detto cose molto interessanti su di lei...e pensavo di rendervi partecipi" "oh
si che ci renderai partecipi David... racconta bene e non dimenticarti nulla!!!"
gli disse Tom con sguardo satanico (ma in senso buono): "allora avete mai
sentito parlare di un certo Joseph Hoffmansthal?" "cavolo... il presidente del
Lander della Baviera! è ricco sfondato, possiede mezza Monaco, è il capo di un
paio di mega industrie tecniche, intrallazza alla BMW e se non sbaglio la moglie
è una dei pezzi grossi della Pfeizer" "bravo Georg...bene, la signorina
Catharina è sua figlia!" i 4 rimasero a bocca spalancata "porca m.... la
ragazza! è ricca sfondata! cosa viene a rompere a noi? non può fare la vita
della ricca e figa in Baviera?!" disse Gustav "beh figa è una parola grossa, sì
è molto carina ma figa è per me è un altra cosa...eheh" "Tomi piantala, pensi
sempre a quello!" "scusate, no ma insomma perché ci dici queste cose?" "perché
si... giusto per capire con chi avete a che fare, insomma la ragazzina si è
laureata brillantemente, massimo dei voti, master, brava intelligente carina
sveglia e mai nulla che potesse intaccare la sua bellissima reputazione: piccolo
problema in tutta questa magnificenza? che non capisce veramente nulla nei
rapporti umani, lo so perché ho spettegolato un po' con Jutta. Oltre al fatto
che non riesce a capire che a 20 anni bisogna anche divertirsi e mi sembra che
ve lo faccia pesare una volta ogni 10 minuti netti, la signorina è abbastanza
famosa per scandalizzarsi per nulla, nonché per essere succube di ciò che le
dicono i suoi: esempio, alle superiori non usciva di casa se non con mamma e
autista, alle feste faceva le sue apparizioni 5 minuti e poi se ne andava,
morosi o storie di sesso apparentemente neanche l'ombra. Vita integerrima che
tradotto nel linguaggio di Tom vuol dire che è una gran sfigata!" "ma scusami
tanto allora come ha fatto ad arrivare alla Universal?!" gli chiese Bill "grazie
a suo padre! casualmente qualcuno gli doveva dei favori e lui ha fatto che
piazzare la figlia a farsi le ossa, per quelli della Universal comunque una così
è una manna dal cielo, perfettamente sfruttabile e in più non dovrebbe dare
problemi ! Kipp era al settimo cielo... davvero!" "ma mai un momento in cui
‘sta vita le sia andata stretta?" chiese a bruciapelo Gustav "no... mai!"
rispose Bill "una così ha tutto ciò che potrebbe desiderare per il suo mondo,
quello in cui vive e che si è costruita per sopravvivere ai genitori e alle
convenzioni che le hanno sempre imposto!" "urca che filosofo che sei fratello...
e te queste cose come le sai?" "perché a differenza vostra mi sono messo ad
osservarla qualche volta, e non cercando di capire com'è sotto i vestiti come
fai tu o Georg, mio caro Tomi!" Tomi e Georg arrossirono un attimo, certo se
Bill se ne era accorto magari se ne era accorta anche la virago... e potevano
essere guai seri con una così! "una che passa la giornata a ordinare sistemare e
fare la perfettina certo non è felice, lo fa perché non ha alternative, perché
nessuno le ha mai presentato la possibilità di scegliere e dove invece le è
toccato scegliere quella ha sempre preferito la strada più comoda e facile,
tanto c'era sempre qualcuno che pensava a lei! non credo che abbia mai
conosciuto l'umiliazione, l'essere presi per il c...! la cosa che però mi fa più
rabbia è che quella non si accorga della fortuna che abbia avuto nella vita!" si
capiva che Bill parlava molto per esperienza personale e gli altri gli
lasciarono sbollire la rabbia repressa a cui si aggiungevano stanchezza e
nostalgia per la figlia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** sweet home (Alabama) ***
ciao a tutti... ecco un nuovo aggiornamento... mi raccomando però non
perdetevi il prossimo dove ci saranno importanti novità...anche questo comunque è
preparatorio... per cui buona lettura!
vi ringrazio ancora moltissimo per le recensioni! davvero mi date la forza di
andare avanti in questo periodo un po' nero!
capitolo 6: sweet home (Alabama)
-resisti, resisti, resisti... ce la puoi fare! Cathe sono solo più 7 ore di
bus con quei 4, poi basta per 3 giorni non li vedi e dormi! vai a fare shopping,
ti diverti, parli con Jutta che si sta come al solito sbagliando sul conto di
quei 4! e perchè continuo a chiamarli quei 4, accidenti! ragiona... va tutto
bene... cos'hai da essere nervosa! le prime date del tour sono andate benissimo,
ti sei presa un mucchio di complimenti da tutti per l'organizzazione, tutto
sommato anche Davy Jones ehm David Jost ha apprezzato il tuo lavoro o almeno fa
finta, Tom e Georg apprezzano molto il tuo sedere, e tu Cathe?- Catharina
continuava a parlare da sola davanto allo specchio con l'Ipod a palla nelle
orecchie: l'unica cosa che la distendeva era sentire quela maledetto player a
quel maledetto volume e infatti molto spesso dopo un paio d'ore di ascolto le
sue orecchie ne risentivano; smise di guardarsi allo specchio, si buttò sul
letto a pancia in su e abbassò il volume -basta! è ora di ragionare! ha ragione
Jutta, sono 3 giorni che mi torturo pensando come fare a cambiare, ma prima devo
capire esattamente cosa voglio! non lo so, cavolo è tutto nuovo per me, ho fatto
più cose in questa settimana che in 22 anni della mia vita. E mi sono anche
divertita: Tom è troppo scemo ma anche simpatico, anche se non lo sopporto
quando mi chiama Miss C. o virago, anche se devo ammettere che non ha tutti i
torti, ma lo faccio per il loro bene e per il bene del mio sistema nervoso;
Georg è tenero e premuroso, è l'unico che ogni tanto mi parla insieme con una
faccia poco schifata, beh anche Gustav in effetti è quello più silenzioso forse
è per questo che vado d'accordo. No!! con Bill no... ma chi si crede di essere
quello eh?! cretino! sempre lì a ridere e scherzare ma quanti anni hai? 2? poi
deve fare tutte quelle sue faccine e se c'è una telecamera in giro deve fare la
prima donna, non lo metto in dubbio che sia il migliore degli atteggiamenti da
fare davanti alla stampa e ai media, vogliono quello, te lo insegnano in tutti i
corsi dell'uni.. ma per favore controllati, sembra che lo faccia apposta quando
ci sono io a fare il cretino! si lo fa apposta...- in quel momento squillò il
telefono : Jutta.
"ciao Jutta!" "ciao Cathe... allora come è andata questa prima settimana?"
"bene bene.. sono molto soddisfatta!" "sì sì, mi hanno detto che hai fatto tutti
i compiti da brava bambina!" "Jutta cosa c'è?" "niente! mi hanno anche detto che
però con "quei 4" tu non sei cambiata di una virgola!" "e dovrei? loro mica
collaborano... sono sempre lì che mi guardano e anche male""sicura?!dai facciamo
una scommessa...tu oggi sul tourbus tornando ti scateni.. non sto dicendo di
saltare addosso a Bill come ti piacerebbe fare..." "Jutta no, Bill proprio no!"
"sii certo come no, va beh comunque partecipa ai discorsi, parla con loro e
divertiti!ci sentiamo domani ma mi raccomando, oggi comportati bene, ne va della
tua salute mentale! bacioni bella!!" e chiuse la chiamata. Cathe rimase
interdetta col telefono a mezz'aria: lei scatenarsi? lei che non andava alle
gite perchè doveva studiare? lei che il bus l'aveva preso forse per la seconda
volta nella sua vita quando era partita con i Tokio? Lei era Catharina Hoff...
non concluse la frase: in quel momento stava fissando la sua immagine allo
specchio e le venivano in mente le parole di Jutta -la prendi troppo di punta-
-non far pesare a tutti il tuo cognome, dimostra chi sei senza nasconderti
dietro a quello- -scatenati!- -salta addosso a Bill- no quest'ultima frase era
quella che le piaceva meno...saltare addosso a un ragazzo? lei che appena uno si
sedeva a meno di un metro si irrigidiva e magari si alzava anche? lei che
evitava qualsiasi forma di slanci di affetto nei confronti della gente? lei che
l'unica volta che si era fatta fregare da un ragazzo innamorandosene aveva preso
la più colossale delle batoste morali e aveva deciso di seppellire il suo cuore
sotto strati e strati di "perfetta serietà"? ma forse Jutta aveva ragione,
doveva cambiare, va beh con calma ma un pochino doveva cambiare! si rimise
l'Ipod nelle orecchie mettendo a palla la sua canzone preferita e si buttò sul
letto mormorando "Jutta ma perchè tra i 4 hai detto proprio Bill!?"
"Tomiii... stasera andiamo a casa, stasera siamo a casa...contento Tomi?!?"
"si, si... almeno domani si dorme fino alle 4!Tu e Sylvia non osate fare casino
prima di mezzogiorno se no è la volta che torno a dartele di santa ragione
Bill!" "dai Tomi... stasera torno dalla mia bimba!!" Bill continuò a saltellare
in mezzo alla stanza mentre Tom ancora addormentato cercava di raccogliere le
sue cose in giro e metterle nella valigia (sottolinenato metterle, non messe via
ben piegate e separando le cose pulite dalle sporche, no calmi in realtà stava
facendo una pallina di tutto e cercava di metterlo via ammucchiato, non
sottilizziamo sulle condizioni in cui potevano essere quei vestiti!). "cosa le
porti a Sylvia?" "montagne di pelouches che ci hanno lanciato le fan e un
pigiamino carinissimo di Nemo!" "il pesce scemo?! Bill ha 3 anni non 3 mesi,
vede quel pigiama e ti insulta!" "non mi sembra che le parolacce che sa le abbia
imparate da me, ma forse da qualcuno che non si modera neanche davanti a sua
nipote!" "ripeti se hai il coraggio!"i due fratelli iniziarono a litigare mentre
nella suite entravano Georg e Gustav : "ehi buoni, calma va tutto bene...qual è
già il problema?" "il pigiamino di Nemo che ho preso per Sylvia!" disse
Bill "cheeee??!! le hai preso il pigiama del pesce scemo?" fece Gustav
mentre dava il 5 a Tom "anche tu... guarda che è un bellissimo cartone!"
"Bill... per favore non l'hai mai visto per intero ti addormenti tutte le
volte... cosa ne sai che è un bel cartone!" "haha parla quello per cui il
massimo di cartoni sono gli hentai!" "no... le ragazze le preferisco vere..
eheh!!" iniziarono con battute a doppio senso fino a che David entrò a chiamarli
che era ora di andare e che il bus li stava aspettando.
I Tokio scesero nella hall e videro che Miss C. si stava già occupando di
tutto, ma soprattutto Tom vide le valigie della ragazza (4 per altro... mica ci
andava leggera con i bagagli!) incustodite! "state pensando quello che sto
pensando io?!" disse rivolto agli altri 3 che lo fissavano increduli "vai Tomi!"
lo istigò Georg "noi intanto la distraiamo!" con fare indifferente Tom aprì una
delle zip di una valigia "così la paghi brutta str...!" disse tra sé e sé.
Stranamente non c'erano molte fan alla partenza, forse anche perchè era molto
presto al mattino e molte ragazze erano andate a casa dopo il concerto; dopo
aver firmato autografi e fatto foto con il piccolo gruppetto di ammiratrici i
ragazzi si misero a fissare la scena con Tom che raccomandava vivamente alle sue
fan di guardare e farsi due risate: Cathe non si era accorta come da programma
che la valigia era aperta e la sollevò con forza dandole anche slacio per
metterla nel bus... si rovescò tutto il contenuto sul marciapiede umido di
brina! Seguì un boato di risate dei Tokio seguiti da David, da Saki e
dall'autista che avevano assistito alla scena ma sopratutto dalle poche fan che
ridevano come delle pazze indicando e facendo commenti poco carini all'indirizzo
di Catharina.
-conta fino a 10, non uccideli, non ucciderli, NON UCCIDERLI!!!- Cathe
continuava a ripeterselo come un mantra fissando i suoi costosi vestiti che
facevano un bucato fuori programma nelle pozzanghere -no li ammazzo, stavolta li
strozzo, stavolta Tom lo strozzo!!!- solo in quel momento si accorse che erano
pure uscite le ciabatte con gli ippopotami... tanto per la serie figura di m...
davanti all'umanità "ehi Cathe... ti serve una mano?! non è che mi presti le tue
bellissime pantofole...eheheh" Tom continuava a ridere come un matto -non dargli
la soddisfazione Cathe... ti sta provocando, tu non dargliela vinta!- "cos'è
Tom, tutta invidia la tua per le mie fighissime pantofole... eheh ti
piacerebbero neh!" Cathe si stupì di aver pronunciato quelle parole: che la
teoria di Jutta stesse iniziando a funzionare?! Georg Gustav e un Tom
decisamente interdetto dal fatto che Cathe gli avesse risposto e non l'avesse
insultato come da copione, salirono sul bus mentre Bill si inginocchiò davanti a
Cathe per aiutarla :"è un cretino, lascialo perdere... se non fa degli scherzi
da elementari non è contento, mi spiace solo per i vestiti, non pensavo fossero
così costosi!" "non fa niente, non è tanto per i vestiti Bill, è per il mio
orgoglio" gli rispose Cathe continuando a ri-ammassare i vestiti nella valigia
"credo che mi servirà di lezione, anche se indubbiamente è uno smacco!" disse la
ragazza con una risata forzata "lo è indubbiamente!" asserì Bill; solo in quel
momento la ragazza alzò gli occhi e fissò il vocalist: aveva i capelli lisci che
gli ricadevano sulle spalle e sul petto, gli occhi quasi non truccati, un
cappellino-cuffietta morbido che teneva i capelli e gli faceva incorniciare il
viso da alcuni ciuffi che erano sfuggiti; si ritrovarono a fissarsi negli occhi
per qualche decimo di secondo che ad entrambì sembrò interminabile, dopo di che
Bill le sporse le ultime cose che aveva raccolto "dai dobbiamo andare... scusaci
ancora!" le disse con un tono dolcissimo "figurati nessun problema..." fece di
rimando Cathe; chiuse la valigia e mentre saliva sul bus non riusciva a
togliersi dalla mente i prfondi occhi scuri di Bill che la fissava con dolcezza
"che abbia ragione Jutta.... "mormorò tra sé e sé mentre saliva i gradini del
bus.
Tutto sommato il viaggio stava procedendo bene, anche se i discorsi a
volte erano decisamente censurabili visto che Tom continuava a raccontare le
conquiste della settimana facendo paragoni e valutazioni con Georg e gli altri:
"ehi Bill e tu quante te ne sei portate in camera sta settimana?!" "dai solo
due... sta settimana ho fatto il bravo bambino!" al sentire quella frase Cathe
smise di tamburellare con la penna che aveva sul tavolino e la posò con un tocco
secco e rumoroso, per cui i Tokio si voltarono "problemi Cathe?!" le disse Tom
con un'aria un po' strafottente "no figurati è che mi sembra che trattiate le
ragazze come numeri e non come persone" "uhu... la femminista, sentiamo un po'
come le dovremmo trattare?!" "non sto dicendo Tom che non dovresti andarci a
letto se a loro va bene... ma ricordati che magari qualcuna potrebbe essere
innamorata di te e soffrirne! probabilmente ti comporti così perchè non hai mai
sofferto ma ti posso giurare che non è una bella cosa!anzi ti devasta sapere che
qualcuno ti guarda solo per quello e non per la persona che sei!" non seppe
neanche lei come aveva fatto a pronunciare quelle frasi: troppo personali, si
era esposta troppo... e ora rischiava di pagarne le conseguenze con le sciocche
battutine dei 4; stava già contando in attesa della stoccata che avrebbe
definitivamente seppellito il suo onore ma le uniche parole furono: "beh ma
guarda che quelle che vengono con noi lo sanno che sono per una notte e basta...
sono groupie, lo fanno prima di tutto per divertirsi loro, non c'è
innamoramento!" da notare che veniva da Tom quella frase: mai si sarebbe
immaginata una risposta simile da quel ragazzo, probabilmente Cathe era convinta
che non fosse in grado di pensarle quelle cose :"Cathe credi proprio che io sia
così un mostro? credi che sia divertente prendere in giro i sentimenti delle
ragazze?no mi spiace ma credo che nessun ragazzo potrebbe deliberatamente
farlo... e se lo fa è veramente un pezzo di m.... che non dovrebbe minimamente
essere considerato; lo so che ce ne sono ragazzi così ma fidati Cathe, io non lo
sono, a me hanno insegnato il rispetto per le persone, forse se mi conoscessi un
pochino lo capiresti da sola!" "ma io sto cercando di conoscervi" gli disse
di rimando la ragazza "e come?!"intervenne Bill "stando seduta dall'altra parte
del bus fissando il pc... dai vieni qui con noi, ok siamo partiti tutti con il
piede sbagliato ma non è così grave, si può sempre rimediare e poi non mordiamo
se anche ti siedi vicino a noi, per carità se vuoi mantieni pure la distanza di
sicurezza ma almeno non farci urlare per parlare con te!" Cathe prese
coraggio a 4 mani e andò vicino... probabilmente se Jutta fosse stata lì sarebbe
stata fiera del comportamento ma invece la parte "perfettina" di Catharina
continuava a ripeterle di non andare! -oh al diavolo, non mordono mica quei 4!
su andiamo!-passarono le successive due ore a chiacchierare e Catharina si fece
forse più risate in quelle due ore che nei precedenti 22 anni di vita: "ragazzi
basta piantatela mi fate troppo ridere.." "no no... adesso ti becchi anche Tom
che canta, non ha ancora iniziato, inizia prego Tom" "no Gus ti prego piantala
sono stonato..." "appunto... maestro.. prego sweet home alabama!"
(NDR: scusate ma ho visto il video su youtube di TOM che la canta... è
spettacolare e poi considerando che è una delle mie canzoni preferite...
eheh)
"swee-t ho-me ala-bama, nanana nara na na... e che cavolo non la so..." "che
palle fratello...dai Sweet home alabama" iniziò Bill e senza neanche accorgesene
Cathe lo seguì, d'altronde quella era una delle sue canzoni preferite "where the
skies are so blue.." i due intonarono la canzone fino al ritornello del coro
dove Cathe iniziò a cantare da sola con tutti i Tokio che sgranarono occhi ed
orecchie a sentirla:"a-la-ba-ma, alabama,a-la-ba-ma...!" Cathe si accorse di
star cantado da sola e si interruppe immediatamente "cavolo canti veramente
bene, sei molto intonata e raggiungi ottave alte!" le disse Bill "ma piantala
sono stonata come una campana!" "no no davvero "le disse il moro "per carità non
hai un timbro bellissimo ma tecnicamente parlando sei davvero intonata!" "ma
no..." "hai mai cantato prima?!" "vale il coro della scuola?!""bah sì se lo vuoi
considerare... " "si cioè cantavamo nei classici cori di natale che nelle scuole
private sono considerati il non plus ultra... ma sincermante il più delle volte
cantavo seminascosta nelle ultime file... maledetta timidezza!" "beh comunque
guarda che canti bene, è raro prendere a freddo le note che hai preso tu...credo
che neache Bill ce la faccia!" disse Gustav mentre Bill gli faceva gesti
poco eleganti col dito medio, Cathe continuò: "no comunque ragazzi per me
cantare è una cosa che si fa quando ci si prepara per uscire o in macchina, lì
si mi dovete sentire! finestrino giù radio a palla: tamarra forever!" i 4 si
guardarono allibiti e fissarono Cathe che solo in quel momento si rese conto di
aver fatto una delle più colossali figure della sua vita ma nel contempo di aver
iniziato a picconare il muro difensivo immaginario che si era eretta
intorno.
Finalmente arrivarono a Berlino, meta del loro viaggio di ritorno: "Cathe
tu sti due giorni che fai?!" le chiese Gustav "torno giù dai miei a Monaco, è
più o meno un mese che non li vedo, sarà meglio fargli una visitina!" "brava
così vai a prenderti i complimenti e gli zuccherini per aver fatto la brava
bambina?!" disse Tom con una punta di malizia "ahah.. spiritoso, comunque non ti
preoccupare niente zuccherini, solo complimenti per la più figa di
tutte...ehhe!" "Cathe... era una battuta!" "anche la mia Tom!"i due si
guardarono ancora un po'in cagnesco finchè non intevenne David per ricordare ai
gemelli Kaulitz che era ora di andare: "ti diamo un passaggio all'aeroporto,
vuoi?" le disse Bill "no tranquilli, adesso devo ancora passare da Kipp a farmi
dare i compiti delle vacanze!": appena pronunciata la frase Cathe si morse la
lingua, possibile che dopo 7 ore in compagnia dei Tokio avesse iniziato a
ragionare come una persona normale che non aveva la minima voglia di passare due
giorni a lavorare?! cosa le stava succecedendo?!
********************************************************************
"PAPAAAAAA'!!!!" Sylvia corse incontro a Bill e gli saltò letteralmente
al collo :"mi sei mancato tanto tanto papà!" "anche tu prinzessin, davvero
tantissimo!" Bill strinse ancora di più la figlia a sè: finalmente dopo una
settimana poteva riabbracciarla, poteva di nuovo rimepirla di coccole e baci,
potevano di nuovo giocare insieme e combinare talmente tanto caos che a volte
non si capiva chi dei due aveva 3 anni! "papà raccontami cosa hai fatto di
bello! e lo zio Tomi?" "oh lo zio Tomi come al solito, deve comportarsi male con
papà!" fece un ghigno al fratello "non ascoltarlo Sylvia, dice le bugie" "papà
non si dicono le bugie!" disse Sylvia con aria molto seria "no ti prego Sylvia
non fare quella voce! ci è bastata Catharina tutta la settimana..." "chi è
Catharina zio? la tua morosa?" disse di botto Sylvia che ormai si era
arrampicata sulle spalle di Bill: le piaceva moltissimo stare sulle spalle del
padre, si sentiva molto alta e non una pulcetta come molti suoi compagni di
asilo la definivano! Tom vacillò un attimo mentre Bill inizava a ridere come
un disperato: "NON è la mia morosa... è una ragazza molto cattiva e perfida e
tremenda, è una virago che non lascia mai dormire tuo zio!" Tom iniziò con una
scena simil melodrammatica per cui sapeva che Sylvia andava letteralmente matta
e infatti la piccolina dopo pochi secondi iniziò a ridere per poi farsi subito
seria: "papà... cosa mi hai portato di bello? e quanto ti fermi stavolta?"
"piccola purtroppo solo due giorni, giovedì mattina parto già di nuovo ma ti
prometto che starò via pochissimo e che poi sarò per te due settimane intere e
andremo in bellissimi posti, andiamo in vacanza al mare in un posto bellissimo
dove faremo il bagno con i pesciolini, andiamo a Disneyland e all'Europa Park e
ci divertiremo come dei matti! e in più ti ho portato un bellissimo regalo!" e
le sporse il pacchetto del negozio Disney: Sylvia era tutta contenta e cose in
casa dalla nonna :"nonnaaaaaa... guarda cosa mi ha portato papà!" si arrampicò
sul divano iniziando a scarteggiare il pacchetto: "il piagiama di Nemo, grazie
papà!" disse la bimba con una faccia poco convinta "piccola cosa c'è, non ti
piace?" "NO! è stupido Nemo... non mi è mai piaciuto e poi quando lo guardiamo
tu ti addormenti sempre... non piace neanche a te... perchè me l'hai portato?"
la bimba aveva una faccia sempre più rabbuiata e sembrava stesse per piangere
mentre Tom rideva come un disperato e ripeteva al fratello -te l'avevo
detto!- Bill: "piccola scusami ero convinto ti piacesse... ma allora chi ti
piace?!" "madagascar!! Alex è bellissimo ma a me piace tanto anche Gloria, anche
se assomiglia alla maestra dell'asilo, hanno lo stesso culone!" "Sylvia chi ti
insegna queste cose?!" "lo zio... ha detto che è brutta!" Bill scossò una nuova
occhiataccia a Tomi"scusa Bill ma è veramente brutta e antipatica!" "sì... e poi
mi mette in castigo!" "come in castigo?!" disse Bill abbastanza preoccupato "si
Sylvia, dì a papà che ti hanno messo in castigo 3 volte questa settimana..."
intervenne Simone "allora una volta perchè ho picchiato un mio compagno, ma
quello è cattivo, diceva che sono solo una stupida e che i miei genitori sono
dei ragazzini e anche non sposati e allora io l'ho picchiato, e gli ho anche
detto che la mamma non ce l'ho perchè è morta anche se sincermente non ho ben
capito cosa voglia dire... comunque si meritava le botte! poi un altra volta
perchè non mi sono messa a far finta di cucinare per le bambole... la maestra ci
dice di cucinare quelle robe di plastica, ma non sa che la plastica non si
cucina? io a casa cucino cose vere che poi mangio con i nonni, non quelle
schifezze di plastica, e poi l'ultima volta perchè mi sono messa a fare il verso
alla maestra!" Tom si stava scompisciando dalle risate, era impossibile che
quella fosse figlia del riflessivo Bill, ok cromosomicamente sì, ma dato che
erano gemelli omozigoti indubbiamente il caratterino l'aveva preso dallo zio!
Bill era invece molto più pensieroso anche se non lo diede molto a vedere
davanti alla bambina; ne parlò alla sera con la madre Simone mentre Tom era
impegnato a far giocare Sylvia: "cosa c'è Bill, è tutta la sera che ti vedo
strano!" Simone si sedette sul divano accanto al figlio "stavo pensando...
pensavo che come padre faccio veramente schifo!" "no, tutt'altro figlio
mio..." "ah no?! dov'ero quando mia figlia ha gattonato per la prima volta? e
dov'ero quando ha inizato a camminare? e la sua prima parola? ero in giro per la
Germania a cercare la strada del successo per cosa? per perdermi attimi della
vita di mia figlia?" "Bill calmati, questo discorso l'abbiamo già fatto...
come faccio a spiegarti che a dispetto di ciò che tu possa pensare tua figlia
cresce tranquilla e serena e che non si lascia intimorire dai compagni che le
fanno delle battute che sentono in casa, se ne frega Bill, se ne frega
altamente, ed è tanto in una bambina di 3 anni!" "mamma ma sono io che non me
ne frego... adesso è un gioco per lei ma quando cresce? quando arriverà alle
elementari? quando le battute non arriveranno più perchè le ha dette il padre o
la madre di qualcuno ma perchè lo penseranno i suoi compagni? io sono passato
attraverso anni di battutine, di commenti, di prese in giro pesanti... ho
lasciato la scuola! non voglio che mia figlia passi le stesse cose!" "vieni
qui piccolo" Simone abbracciò suo figlio "è diverso per Sylvia...ha il carattere
forte e fiero di sua madre, si caccerà nei pasticci con questo suo carattere ma
se qualcuno le dirà qualcosa o le farà qualcosa lei gli darà un cazzotto sul
naso un po' come faceva Tom!" "mamma ma ciò vuol dire che io sono solo un
debole... io...io mi facevo scudo con mio fratello..." "no Bill, tu non sei
affatto uno debole, uno che a 16 anni decide che alleverà sua figlia e intanto
sfonderà nella musica come ha sempre sognato non è uno debole, è uno che ha un
gran coraggio e una gran forza di volontà! tu è da quando hai 4 anni che sogni
questo momento, quello in cui saresti diventato famoso... a maggior ragione non
mollare adesso! fallo anche per Tom, fallo per Sylvia ma fallo anche per te
stesso! e fregatene se qualcuno fa delle battute sul fatto che Sylvia non abbia
la madre: lei stessa se ne frega, figurati l'altro giorno è andata da una
amichetta a giocare e tornando mi fa -certo che non capisco come si possa avere
una mamma come quella di Ines, è sempre lì che urla e dice di sistemare i
giocattoli, a me piace più avere una nonna! tu non mi dici mai niente! e neanche
papà- quindi vedi Billy, se ne frega, lei è tranquilla, cerca di esserlo anche
tu!" "ma mamma io ho paura comunque di non essere un buon padre...e certo
questo è un periodo tremendo!?" "perchè? mi sembra che il nuovo tour stia
andando alla grande!" "il problema è che non c'è più Jutta alla produzione, è
in maternità e ci hanno affidato a una giovane 22enne di belle speranze che di
cognome fa Hoffmansthal, si si... lasciami finire... la figlia di quell'
Hoffmansthal! è una cretina completa, per carità bravissima professionale super
preparata ma ci sta sempre col fiato sul collo, è troppo seria mai un momento di
relax, cavolo a volte ti chiamo e quella inizia a smaniare e a far segni di
mettere giù!" Simone si mise a ridere "scommetto che Tom proprio non la
regge..." "no mamma... proprio per niente e nemmeno io! non la sopporto, non
la reggo, la odio per principio..." "ahhhh per principio... cosa vuol dire?
Bill dai smettila ma ti senti...tu che odi qualcuno per principio?!hai proprio
bisogno di due giorni di relax!con tua figlia che è la bambina più brava
deliziosa equilibrata e scatenata che io conosca... e adesso fila da tua
figlia!" "mi sa che hai ragione mamma... uffa perchè ho sempre bisogno dei
tuoi consigli, cavolo sono papà pure io..." "Bill... tutti i figli hanno
sempre bisogno dei genitori, ma hanno anche bisogno di camminare con le proprie
gambe, di sbagliare e di imparare dai propri errori, forse ho sbagliato a
crescere te e Tom così ma preferisco che tu faccia di testa tua e poi venga da
me a chiedere consiglio piuttosto che soffocarti con belle parole vuote e non
richieste!" "grazie mamma... davvero!" Bill abbracciò sua madre e corse dalla
figlia che si stava come al solito dedicando allo smistamento pelouches,
retaggio dei concerti, che le portava il padre.
"Tom vieni qui un attimo..." Tom si alzò dalla potrona dove si era
svaccato e raggiunse la madre in cucina "Tomi, chi è sta nuova assistente che
avete al posto di Jutta?" "miss simpatia Catharina Hoffmansthal? una pazza
scatenata, la odio non la sopporto, controllo quante me ne porto a letto...
scusa mamma ma tanto lo sai come sono fatto, e mi sta perennemente con il fiato
sul collo, anzi non solo a me, a tutti!!" " e con Bill?!" "anche,identica,
anzi forse peggio che con noi..." "e Bill...com l'ha presa?" "secondo te?
ti dico solo una cosa di quella ragazza... ha gli stessi identici occhi di
Sylvia e se non mi sbaglio sotto la corazza che si è creata è esattamente come
Sylvia, e questo mio fratello l'ha capito... quindi lascio immaginare te come
sta Billy!" detto questo Tom tornò sul divano lasciando Simone in cucina a
rimuginare sulle parole dei figli: "come faccio ad aiutarvi bimbi miei?!"
La giornata successiva fu di puro relax per i Kaulitz, Tom come previsto
dormì fino alle 4... neanche si alzò a pranzo e per Tom ciò significava essere
veramente distrutti; Bill invece passò la giornata con la figlia: si divertirono
come pazzi tra giochi, sistemazione pelouche e assegnazione nome, bagno in
piscina visto il caldo che era uscito negli ultimi due giorni e sopratutto
coccole a non finire: aveva proprio bisogno del contatto fisico con sua figlia,
di poterla tenere costantemente in braccio, di farle il solletico, di saltare
con lei sul lettone di Tom per svegliarlo prendendosi una buona dose di
cuscinate che fecero divertire moltissimo la bimba. Sylvia aveva un energia
incredibile, si svegliava prestissimo al mattino e iniziava le sue scorribande
per casa, Bill non riusciva a restistere nel letto più di un paio di minuti alla
"furia giocosa" di Sylvia ma non che gliene importasse molto;aveva solo paura
che tutto l'incanto che aveva creato attorno a sua figlia e tutta la rete di
protezioni dalla curiosità dei media, dalla fama e dal successo paterno potesse
rompersi e aveva pura che sua figlia capisse cosa veramente faceva suo padre,
scoprisse cosa voleva dire essere famosi e sopratutto capisse le battute stupide
degli anti Tokio Hotel, di cui Bill era la vittima preferita per il suo modo di
essere. Preferì non pensare a queste cose e concentrò tutta la sua attenzione
sulla sua piccola Sylvia, godenndosi i momenti in compagnia della piccola.
*****************************************************************************************
Catharina prese l'ultimo volo Berlino-Monaco di quel martedì sera, era
distrutta fisicamente e moralmente: Kipp l'aveva sfinita più del solito: per
carità come previsto si era presa un mucchio di complimenti davanti allo staff
completo che però la guardava malissimo, grazie al fatto che Kipp,
contrariamente a quello che faceva con tutti gli altri, che venivano chiamati
per nome, a lei si rivolgeva per cognome, come a sottolineare il fatto di chi
dovesse ringraziare per quel posto: suo padre. Inoltre si era vista assegnare
un mucchio di lavoro per i 2 giorni successivi che iniziò subito in aereo: erano
delle grosse novità molto importanti per i Tokio, stavano infatti organizzando
il tour mondiale che sarebbe iniziato due settimane dopo la conclusione di
quello europeo, ma stranamente, al posto di essere contenta, Cathe sentiva quel
tour come una specie di costrizione e non capiva il perchè. Era comunque troppo
stanca per ragionarci e non vedeva l'ora di arrivare a casa.
-già... casa!- pensò tra sé e sé Cathe -perchè mi dovrò sopportare il terzo
grado dai miei, voglio dormire... eh va beh dai è più di un mese che non li
vedo, voglio proprio vedere che faccia faranno quando dirò che ho la
supervisione di un mucchio di cose... dai Cathe finalmente stai per vedere
ripagati tutti i tuo sforzi!-
"buonasera signorina Hoffmansthal" disse compita la cameriera
all'ingresso della bellissima villa nel centro di Monaco "buonasera Brigitte,
la prego i miei genitori?" "i signori sono nello studio, la stanno
aspettando" Catharina salutò educatamente Brigitte e si diresse nello studio
dove i suoi iniziarono a subissarla di domande: "Catharina tesoro, allora
racconta bene a me e a tuo padre come è andata questa settimana! ho detto a
tutte le mie amiche che finalmente qualcuno si è accorto di quanto vali... meno
male che così almeno tutti i tuoi sforzi i tuoi sacrifici e anche i nostri
saranno ricompensati, dai raccontaci bene!" "giusto Catharina, allora come è
andata la settimana, Kipp com'è? gli ho detto di avere un occhio di riguardo,
sei giovane ma non per questo inesperta, spero prorpio l'abbia capito, però sai
com'è anche se non ti complica l'esistenza è meglio!" "allora mia bimba,
raccontaci, come sono questi... come hai detto che si chiamano?!" "Tokio
Hotel mamma!" "mai sentiti..." "eh già no... saranno in tutti i
telegiornali... il gruppo emo rock che sta scalando tutte le classifiche?! non
puoi non averli mai sentiti..." "ma si Rebecca, quelli che hanno passato
prima su RTL, quei 4 ragazzi con quella che cantava con quella strana
acconciatura..." "papà... è un ragazzo per favore non ti ci mettere anche
tu... si chiama Bill, smettila per favore!" "Catharina non c'è bisogno di
scaldarsi tanto, noi nenche li conosciamo, se lo dici tu... ci fidiamo, certo
che comunque sono strani e poi non mi piace che ti debba viaggiare con loro,
magari sono..." "sono mamma..." "Catherina tua mamma sta dicendo che
magari non sono persone molto raccomandabili, quindi fai attenzione, non
vorremmo mai ti accadesse qualcosa, non vorremmo mai avere dei
dispiaceri..." "ma non li avrete! non preoccupatevi! sapete che non ve ne ho
mai dati e mai ve ne darò!" "oh Catharina sei davvero una brava
ragazza..." "però adesso attenzione, mamma papà assisterete all'anteprima del
prossimo DVD dei Tokio Hotel, che devo supervisionare in quanto assistente alla
produzione..." "eheh Kipp ti ha dato i compiti per le vacanze eh..." disse
suo padre e Cathe non potè far altro che annuire stancamente
I 3 guardarono il video che era stato montato per avere una traccia da
seguire per il montaggio finale anche se mancava ancora la seconda parte del
Tour che si sarebbe concluso la settimana dopo, ma il grosso del lavoro era
comunque già stato impostato grazie alle nottate passate da Catharina a
sistemare e selezionare scene per i montatori; alla fine del DVD i genitori di
Catharina guardarono la figlia con un sorriso che alla ragazza parva un po' di
circostanza e ne ebbe la conferma quando la madre le disse: "Cathe tesoro, ma
non ti si vede se non di sfuggita in un paio di scene e il tuo nome compare solo
nei ringraziamenti di coda..." "mamma certo non sono la protagonista io, lo
sono i Tokio Hotel!" disse Cathe con un ghigno abbastanza incacchiato a sua
madre "e poi Cathe potevi vestirti meglio nelle due scene in cui compari...
se lo vedono le mie amiche cosa pensano, non ti si vede neanche la cintura di
Chanel, e poi come ti sei vestita non ti rende giustizia, con quella maglia hai
una pancia da elefantesa!" "su Rebecca, adesso non iniziare con questi
discorsi, il DVD non è incentrato su nostra figlia ma vedrai che nella versione
definitiva ci faremo mettere anche una bella intervista a Catharina, non ti
preoccupare chiamo Kipp e glielo suggerisco! eheh"
Catharina rimase sconvolta dalle parole del padre: ma non si rendeva conto
che il DVD non era incentrato su di lei ma sui Tokio Hotel? Su Bill, Tom, Georg
e Gustav? sui SUOI ragazzi? prese il DVD, spense il lettore, diede la buonanotte
ai genitori e scappò letteralmente in camera sua: era sconvolta dalle parole di
suo padre, ok certo non si aspettava applausi a scena aperta ma almeno in un
"brava!bel lavoro!" ci sperava. Perchè i suoi si erano comportati così? perchè
il loro massimo problema era l'apparizione della figlia in un DVD? perchè erano
cambiati così tanto i suoi genitori?
entrò in camera e il suo sguardo si posò dopo tanto tempo sul poster del suo
anime preferito, "il mistero della pietra azzurra"... sorrise al ricordo di
quante ore aveva passato a consumare i DVD a furia di vedere e rivedre le stesse
scene...le era piaciuto molto già dalla prima puntata ma si era ancora di più
appassionata quando aveva scoperto che un personaggio si chiamava come lei!
decise di vedersi 2 o 3 puntate, un DVD, giusto per ricordare i vecchi tempi in
cui tutto andava come lei programmava e le sue certezze famigliari erano ancora
salde! -allora a caso.... chiudi gli occhi... eccola... puntata 20/21/22...
oh sì belle!!-
mise su il DVD e iniziò a guardarlo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** di nuovo in viaggio...scoperte e sorprese ***
capitolo 7: di nuovo in viaggio...scoperte e
sorprese
Era già giovedì! voleva dire ricominciare: tutto da capo, si riparte, si
corre da una parte dall'altra, si hanno dei tempi frenetici e le ore di sonno
contate, si mangiano schifezze quando si riesce, si ha sempre la valigia in
mano, i vestiti stropicciati, le occhiaie sotto gli occhi e i capelli uno
schifo, il cellulare perennemente in mano, il PC sempre acceso, si dorme il più
delle volte sul tour bus, ci si mangia le unghie per il nervosismo, si prendono
voli, bus, taxi, qualsiasi mezzo è valido! oggi si ricomincia!
5 persone, 3 città, per tutti lo stesso fastidiosissimo rumore della
sveglia: impietosa suonò ... se poi tutte e 7 le persone la ignorarono e
continuarono a dormire, beh quello era un altro discorso!
************************************************
"calma... adesso mi alzo! conto fino a 10 e mi alzo, che cacchio di ore
sono?" Cathe prese la sveglia e la fissò con gli occhi a fessura: 5 e un quarto
"ancora nanna per favore..." si rituffò sul cuscino "LE 5 E UN QUARTO???!!!
mer** sono in ritardo colossaleeeeeee!!". Si fiondò giù dal letto e si diresse
verso il bagno: cosa strana per lei riuscì a fare doccia, capelli e trucco in un
quarto d'ora netto, va beh i capelli li aveva raccolti in una coda con chinion
tiratissimo che era molto elegante ma era anche pratico sopratutto se non hai
tempo di asciugarti i capelli. "dove sono i vestiti? cosa mi metto?!" prese
al volo un paio di jeans Cavalli dall'armadio, camicetta Burberry, tacco 10
leopardato Jimmy Choo, borsa gigantesca modello
ma-dove-sta-andando-quella-borsa-con-attaccata-la-Cathe al cui confronto Mary
Poppins poteva andare a nascondersi, naturalmente della Tod's... certo si vedeva
quanti soldi aveva la ragazza e sopratutto quanto era il suo stipendio! corse
giù dalle scale, afferrò le 4 valigie e filò in macchina dove un compito ma
molto assonnato autista la stava aspettando per accompagnarla all'aeroporto.
-odio gli aerei... perchè ne devo prendere due a settimana? ma chi me l'ha
fatto fare questo lavoro!?- pensò Cathe: era proverbiale la sua paura tremenda
per gli aerei, non riusciva a stare tranquilla e infatti spesso ricorreva a 5 o
6 provvidenziali gocce di tranquillante per riuscire a sopportare l'ora e un
quarto su quel trabiccolo da Monaco a Berlino! Era comunque da poco che prendeva
gli aerei -già da quando quel deficiente mi ha costretto a spararmi 2 ore e
mezza di volo fino a Londra per che cosa?! meglio che non ci pensi... lo
stronzo!- pensò tra sé e sé mentre aspettava che aprissero il check-in e nel
frattempo faceva uno "studio comparato" delle persone in attesa come lei:
manager in giacca e cravatta con il PC già in funzione, PR attaccate al
cellulare con tacco 10 di ordinanza (-mi ricordano qualcuno- si ritrovò a
pensare la ragazza), studenti fuori sede che tornavano a casa o andavano chissà
dove, due ragazzine di 14 o 15 anni sedute proprio accanto a lei che stavano
consumando con gli occhi la copertina di un giornale dove indovinate un po' chi
c'era?!!?
anche Catharina si mise a fissare la copertina, certo non se li stava
mangiando con gli occhi come le due ragazze ma per la prima volta si ritrovò a
guardarli con occhi diversi: per la prima volta si ritrovò a pensare chissà cosa
stanno facendo Bill Tom Georg e Gustav, e si rese conto che da quando li aveva
lasciati due giorni prima li "chiamava" per nome e non "quei 4"! -che
abbia ragione Jutta?-mormorò tra sé e sé -che dopo il viaggio con i Tokio sia
scattato in me qualcosa? qualche cambiamento?- rimase un po' titubante finché le
risatine e i discorsi delle due ragazze la destarono dai suoi pensieri: "è
veramente un figo!cioè ma lo vedi... è un pezzo di gnocco! è bono da paura...
giuro Kat me lo farei!qui!subito!seduta stante!" "Hele non ti preoccupare
anche Tom ti salterebbe addosso... anzi secondo me stasera ti salta addosso e
poi mi raccomando voglio i particolari domani mattina! uno così secondo me
tromba divinamente..."
-Uhu discorso interessante queste due- pensò Catharina allungando un po'
di più le orecchie per origliare (suo pessimo vizio!)
"Kat per favore i miracoli non esistono...magari ci riuscissi, ma se non ci
riesco con Tom mi va benissimo anche Georg, dico ma hai visto che fisico, cioè
meno di Tom credo, uno che chiamano SexGott è una garanzia e IO ci voglio fare
un giro!" "Hele... vergogna... sei una assatanata!" "come il mio Tomi!!!
mica sono una stordita come te...Bill a me proprio non piace... troppo
magro!"-sì in effetti è magrolino, ha ragione la ragazza...ma tra i due fanno a
gara a chi è più filiforme...-pensò Catharina"ma io Bill lo amo... lo adoro, lo
venero, pensa che ho già guardato per le partecipazioni di nozze... immaginati
Hele... Bill e Kat Kaulitz annunciano il loro matrimonio facendo morire di
invidia tutte quelle str**** delle nostre compagne!che non sono qui che prendono
un aereo e stasera vedranno i Tokio a Berlino e saranno in studio con loro!!!ma
ti rendi conto del culo che abbiamo avuto con il concorso?!"
-eccole dove me le ritrovo 'ste due... alla RTL2, già mi stavo dimenticando
che stasera abbiamo la diretta con interviste e unplugged...sono proprio
andata!-pensò Catharina
"si... troppo culo!!stasera vedrò il mio Tomi... immaginati, guarda come
suona bene... Helena Kaulitz, perchè prendo il cognome di Tom!certo...da brava
moglie!!" "no no...Hele, senti cosa suona meglio: Katharina Kaulitz!"
la nostra vecchia Catharina (con la C..., quella con cui vi annoio da 7
capitoli, non la ragazza dell'aeroporto NDR), insomma Catharina fece un bello
spruzzo con il cappuccino che stava trangugiando come colazione e iniziò a
tossicchiarlo in giro e anche sulla sua camicetta.
-Catharina Kaulitz... orrore... mi sento male... Cath... Cath.. Kaul...
Bill?!ma queste sono pazze?! ma siamo fuori? IO con Bill?no no calmati LORO con
Bill, non stanno parlando di te...-
le due ragazzine si accorsero di Cathe: "si sente bene signorina? ha una
faccia..."
-eh grazie, tu ti chiamerai ben Catharina come me ma certo non lavori con
Bill...-
"no no tranquille tutto bene, è che anch'io mi chiamo Catharina e mi
faceva un po' specie sentire Catharina Kaulitz..." "scusi?mica parlavamo con
lei!" disse Helena con tono abbastanza scazzato "no lo so ma, come dire,
diciamo che conosco Bill Kaulitz e non mi piace che il mio nome venga associato
al suo cognome!" rispose Catharina guardandole in cagnesco "CONOSCI
BILL???!!!!" "ci lavoro con Bill, sono assistente alla produzione della
Universal, quei pass per stasera hanno la mia firma..." confessò Catharina
sperando che le due tacessero: errore madornale! "TU LAVORI CON I TOKIO
HOTEL?!?!?!" "ehm...sì, ve l'ho appena detto!" "OH MIO DIO TU CONOSCI
BILL TOM GEORG E GUSTAV?!?!?!" -ma 'ste due sono sorde o cosa?- "sììì... sono
assistente alla produzione praticamente vuol dire che sono come David Jost ma
per la Universal, non sono stipendiata dai Tokio ma dalla Universal, per il
resto faccio un mucchio di cose, da controllare contratti, interviste, fissare
date dei concerti, delle serate in tv, faccio il caffè, sveglio i ragazzi al
mattino e gentilmente riaccompagno alla porta le groupie prendendomi numerosi
insulti ed epitopi di cui farei volentieri a meno... e no, lasciatemi finire,
NON sono MAI stata a letto con nessuno di loro!non li ho mai visti né in costume
né tanto meno nudi...quindi evitiamo domande sull'argomento!" Catharina aveva
sortito l'effetto desiderato: le due finalmente erano state un attimo zitte e
mai come in quel momento aveva dato mentalmente ragione a Bill che non
sopportava urli e grida isteriche quando non richieste: un conto sono i concerti
e un altro è una sala dell'aeroporto con metà Monaco che ti conosce e con cui
vorresti evitare di fare figure, giusto per mantenere ancora un pochino di
dignità! "però...lei...allora..." le due stavano di nuovo aumentando il
volume "ragazze, tono moderato! Tom e Bill lo adorano, sopratutto di prima
mattina!" -eheh ho trovato l'arma di ricatto con queste due!- "quindi...
le possiamo chiedere una cosa?" "ditemi..." "come sono veramente dal vivo
Georg Gustav Tom e Bill..." "come sono?!beh... lo vedrete stasera... non so
se avete notato ma stanno chiamando per il check-in e IO ho il priority
boarding... quindi scusatemi!"e lasciò le due ragazze con le bocche aperte e
l'aria sconvolta; un po' comunque se ne pentì e diede loro due pass
supplementari per il back stage e l'after party: "sentite non so neanche io
perchè vi stia dando questi pass, ma fatene buon uso, non lo so... avete un aria
simpatica e mi sembrate alla prima grande esperienza della vostra vita fuori
casa non accompagnate dai vostri, quindi tenete questi pass e in bocca al
lupo!!" Le due rimasero ancor un po’ a fissare Catharina che si allontanava a
grandi falcate verso il desk, quindi si sorrisero a vicenda e l’intera sala
d’aspetto fu assordata dalle loro grida isteriche di gioia; anche Cathe le sentì
e non poté fare a meno di sorridere.
Sull’aereo come suo solito mise nelle orecchie l’Ipod, la musica l’aiutava a
concentrarsi o meglio a distendere i nervi che erano a fior di pelle un po’ per
il volo e un po’ per una montagna di altri problemi:
-chissà come andrà sta settimana? Devo ancora passare da Kipp per il DVD,
devo parlare con Jutta che ho proprio bisogno di buoni consigli e…. e… mi
mancano i ragazzi, ho bisogno di staccare la spina, ho bisogno di ridere come ho
fatto l’altro giorno! Pazzesco… io che ho bisogno di normalità?! Già a
proposito, chissà cosa fanno “quei 4” in questo momento?!- la sua mente iniziò a
vagare immaginandosi cosa combinavano i Tokio finché, pensando, non si
addormentò.
***************************************************************
“PAPAAAAAAA’…. Papààààààààààààààààà, papà papà papà, svegliati… è
mattina!!!” Sylvia continuava a saltare sul letto di Bill, aveva avuto dal padre
il permesso di dormire nel lettone –ma solo per stavolta, e solo perché sto via
10 giorni!- le aveva detto Bill la sera prima e per risposta si era
sentito dire :-lo dici sempre ma tanto alla fine decido io!- Bill era sempre
più conquistato dalla furia che era la sua bambina, gli sembrava impossibile
fosse sua ma man mano che cresceva rivedeva in lei il carattere di Sylvia, dolce
cocciuto e ostinato, di una che sapeva esattamente cosa voleva, e la piccolina
era sulla buona strada per diventare come la madre. “papà dai vieni a giocare
con me, andiamo a svegliare lo zio Tomi?!” “Prinzessin si arrabbia se lo
svegliamo, vuole dormire fino all’ultimo lo zio…” “ma io mi annoio…”
“come ti annoi? A stare con me?” “ma no papà… io starei sempre con
te… sei tu che non vuoi stare con me!” “ma non è vero… lo sai cucciolotta…”
Bill prese in braccio sua figlia e si rimisero sotto il piumone al calduccio,
era stato caldo nei giorni precedenti ma il pomeriggio prima il tempo era mutato
improvvisamente ed era diventato molto fresco: “papà fa un lavoro per cui deve
stare molto fuori casa, come zio Tomi, zio Georg e zio Gustav… siamo sempre
insieme!” “si ma a me non piace…” “perché piccola? Hai sempre detto che ti
piaceva che io viaggiassi tanto e ti portassi dei peluches…” “si ma io vorrei
che tu stessi sempre con me…è più divertente quando ci sei tu a casa… la nonna
non mi lascia sempre fare tutto quello che voglio…” “ma la nonna lo fa per il
tuo bene, se no diventeresti come lo zio Tomi!” disse Bill facendo ridere la
piccola “no lo zio Tomi no, è troppo scemo!” “Sylvia… ma chi ti insegna
queste cose.?!” Le disse Bill ben conoscendo la risposta che infatti non
tardò: “lo zio Tomi! Etchù!” “salute cucciola… ma hai il raffreddore? Fai
sentire se hai la febbre…” “ma non ho nulla… uffa…” Bill iniziò a
preoccuparsi e infatti portò subito la bimba dalla nonna: “mamma…ehm, Sylvia
ha starnutito!” “è normale Bill, tutti i bambini starnutiscono, avrà preso
freddo ieri sera, si è alzata un aria gelida e voi ancora in cortile…”
“mamma…. Voleva stare fuori!” replicò Bill con un aria da povero cagnino
bastonato per cui sua madre smetteva subito di sgridarlo, neanche a Tom riusciva
così bene quello sguardo “sì ma se c’è aria bisogna rientrare… comunque non
ha la febbre, è fresca! Non ti preoccupare puoi partire
tranquillo!” -appunto, partire...- pensò Bill mentre scendeva in cucina con
la figlia in braccio per preparare la colazione –chi ha voglia di partire… se
penso che dovrò lasciarla sola per 10 giorni mi sento morire, poi penso che lo
faccio per il suo bene, che se ho un conto in banca stratosferico è anche per il
suo futuro, però vorrei non dover scendere a compromessi!- “a cosa pensi
papà, sei tutto serio…” la vocina di Sylvia lo fece tornare alla realtà “ma
no piccola, a niente!” “non è vero… si pensa sempre a qualcosa…” “ah…
davvero, e tu a cosa stavi pensando?” “che non ho voglia di andare all’asilo,
le altre bambine sono antipatiche, l’unica simpatica è Ines!” -no ti prego fa
che mia figlia non debba passare ciò che ho passato io… perché le sono già
antipatiche delle compagne?- “ma perché ti stanno antipatiche?” “perché
sono solo delle femminucce… sono lì che piagnucolano sempre e vogliono il gioco
che sto facendo io! E poi non sanno andare sul triciclo… io vado quasi senza
rotelline!” “appunto.. e lo sai che papà non è contento di questo… se nonna e
zio invece sono contenti, beh a me non piace…” “ma papà, ho quasi 3
anni!” “appunto, normalmente si tolgono a 4 le rotelline… non a 3… chi ti
mette in testa certe idee…” “zio Tomi, dice che devo diventare coraggiosa!”
-già… perché lei non avrà un gemello che nella vita lo protegge dai bulli
della scuola e su cui potrà contare…perché mi sembra di sbagliare tutto come
padre…-pensò Bill “ah dice questo lo zio!” “sì e dice anche che le altre
bambine sono solo delle cretine!” “Sylvia… NON si dice cretine…evito di
chiederti da chi hai imparato questa brutta parola, non si deve
dire…!” “ok… facciamo pace?” disse Sylvia mentre porgeva il mignolo a
Bill; era in modo della bimba per farsi perdonare quando combinava qualcosa e
mai Bill le aveva anche solo per un momento tenuto il broncio “Prinzessin
certo… figurati non è colpa tua… è colpa di zio Tomi che dice cose
cattive!” “ma zio Tomi è zio Tomi… lo dice sempre anche la nonna…” “ha
ragione… dai andiamo a svegliarlo così facciamo colazione insieme che poi è ora
di partire…” “ok… papà…” disse Sylvia fattasi improvvisamente seria: “un
giorno mi porterai con te?!” “certo piccola, ma tra qualche tempo… quando
sarai più grande che così sarà ancora più divertente!” La piccola strepitava
di gioia e saltò al collo del padre che la strinse a sé fortissimo:- certo
piccola che ti porto- pensò Bill –quando tuo padre avrà il coraggio di dire al
mondo che ha te!-
Sgattaiolarono in camera di un dormiente Tom: l’attacco ebbe inizio…
radio a palla “rock this party” che piaceva moltissimo a Sylvia e salto sul
letto scatenato! Tom resistette al concerto più o meno un minuto, dopo di che
fece uno sgambetto al fratello che volò sul letto a pancia in giù facendo
scoppiare Sylvia a ridere: “Sylvietta guarda adesso lo zio ti fa vedere un paio
di mosse di wrestling!” e iniziò a fare il solletico a Bill che lo soffriva
tremendamente, la bimba non stette moltocon le mani in mano e iniziò a torturare
anche lei il povero Bill. Andarono avanti così un buon quarto d’ora finché
Simone non andò a chiamare i ragazzi: “a volta non capisco chi di voi abbia 3
anni!” disse al gruppetto dei 3 scalmanati che ridevano ancora facendosi scherzi
e dispetti: Sylvia era una vera forza della natura e ci voleva un’ energia
pazzesca per riuscire a starle dietro!
Il campanello di casa Kaulitz suonò in quel momento e Sylvia si precipitò giù
dalle scale gridando : “zio Georg e zio Gustav! Muovetevi bradipi!” “parlava con
te Bill!” disse Tom iniziando a correre per le scale “no Tomi con te!” e come al
solito tra i due iniziò una tremenda lotta per chi arrivava primo alla
porta. “Geoooorg!” disse Sylvia saltandogli in braccio “che bello oggi hai
fatto la coda, stai tanto bene!” disse la bimba mentre iniziava a torturare la
coda al ragazzo : “ehi piccola come stai? Sei pesante, certo non hai preso da
tuo padre…” “io non sono pesante zio,sei tu rammollito…!” “Sylvia,
ma chi ti insegna queste cose? Scommetto Tom vero?!” la bimba annuì,quindi si
fece mettere in braccio a Gustav a cui diede un sonoro bacetto sulla guancia:
“zio Gus… mi sei mancato tanto! Mi hai portato qualcosa?” “Sylvia, no mi
spiace…” “oh… va bene” disse la piccola con aria delusa; nel frattempo arrivò
Bill che salutò i ragazzi e riprese in braccio la figlia: “guarda che nessuno è
obbligato a portarti qualcosa ogni volta che ti viene a trovare…” “lo so papà ma
è divertente quando lo fanno… almeno ho qualcosa di nuovo!” “Sylvia hai la
stanza piena di giocattoli nuovi, a volte ci giochi si e no 5 minuti e li metti
via, non è una cosa giusta, ma perché lo fai?!” “perché non ho nessuno con
cui giocare!” “ma la tua amichetta Ines?” “eh ma non viene tutti i
giorni, e a me non piace stare sola!” “ma ogni tanto può essere divertente
stare soli!” si intromise Gustav e Georg annuì “vedi lo dicono anche loro!”
disse Bill alla figlia “si ma a me piacerebbe una amica, un’amica
grande!” Bill Georg e Gustav si misero a ridere: “cos’è una amica grande?” “è
un’amica che è molto più grande e ti porta dove vuoi, ti fa fare cose divertenti
non da bambini e fa un po’il pony!” “fa il pony?!” le disse Bill con aria
stranita “sì… ha la macchina e ti porta in giro… un po’ come lo zio Tomi che
mi scarrozza dove voglio…” “eh lo so piccola scusami che non ho ancora la
patente, appena riesco giuro la prendo, così faccio io da pony!” “NO,voglio
una amica pony, tu fai solo il papà!”, Sylvia si fece mettere a terra e andò in
camera con aria arrabbiata: Bill non sapeva molto che fare, da una parte trovava
la cosa molto divertente e dall’altra era per lui una ferita bruciante quella di
non riuscire a capire sua figlia: “secondo voi mi vuole bene” disse
all’improvviso agli altri 3 mente bevevano un caffè prima di partire “certo
che ti vuole bene” gli disse Georg “ha 3 anni, fa i capricci perché tu parti e
non ti vede per 10 giorni, cerca di attirare la tua attenzione!” “e tu questa
psicologia infantile dove l’hai imparata?!” gli disse Tom di rimando “non
siamo tutti come te che sei più immaturo di tua nipote” commentò Gustav “no
comunque secondo me Georg ha ragione, Bill devi capire che se è difficile per te
stare via 10 giorni, lo è anche per lei, soprattutto all’asilo magari le fanno
battute o domande!” “è quello che mi preoccupa, io ho presente come mi sono
trovato a scuola, ho paura per lei!” “Bill… tua figlia è diversa da te… tua
figlia ha i coglioni!” “cosa vuoi dire Tomi, che non li ho?!” Bill era già
sul piede di guerra col fratello “non sto dicendo quello, dico che per avere
3 anni è sveglia e se la sa cavare, cavolo tra un po’ assesta un pugno a
qualcuno se le fanno una battuta, fidati si sa difendere, sia a parole che con i
fatti!” “cosa sono i coglioni papà?!” la candida vicina di Sylvia fece girare
tutti, non si erano accorti che era tornata giù e che aveva sentito un pezzo del
discorso, forse quello meno adatto dal punto di vista lessicale! “ehm…
diciamo che sono… come dire… delle cose che hanno i maschi, ma se le hanno le
ragazze vuol dire che sono veramente toste e in gamba!” “o rompiscatole come
Catharina!” soggiunse Tom sentendosi subito rimbeccare da Georg: “allora te ne
sei accorto di quella ragazza…” “certo, cosa credi? È lei che non si è
accorta di me…” “uh ha parlato il figo, solo perché non te la sei portata a
letto…” “Georg dopo, non davanti a Sylvia!” gli fece Tom e la smisero di
litigare. “ma Catharina non è quella che lo zio dice che è una virago?!” “sì
piccolina, ma non è così cattiva secondo me… sotto sotto deve essere una brava
ragazza…” “se ci credi tu fratello, io non ho nulla da dirti! Ti lascio sbattere
le corna da solo ma non venire poi a piagnucolare da me…” disse Tom a Bill
mentre Sylvia li guardava con aria sempre più perplessa: “io non vi capisco!”
fece la piccolina “non ti preoccupare Sylvietta, neanche io e lo zio Gus capiamo
tuo padre e tuo zio a volte” le disse Georg.
Nel frattempo era l’ora di partire e David era già arrivato a prendere i
ragazzi
“mi raccomando Prinzessin, fai la brava con i nonni, papà torna prestissimo!
Con tanti regali!” “me ne basta uno papà, una amica grande che mi faccia da
pony!” “eh va bene, ti troverò una amica che ti faccia da
pony!” “grande!non solo un amica! Grande!” “ e va bene, ma tu fai la brava
e stai in casa che continui a starnutire e poi mi preoccupo se vai in
giro!” “va bene…” disse Sylvia per far contento il padre ma con aria annoiata
“oggi starò in casa!” Bill diede ancora un bacione alla figlia e partì.
************************************************
“allora racconta come è andata Cathe” appena uscita dall’ufficio di Kipp,
Jutta colse al varco Catharina che non poté sottrarsi al terzo grado “eh va
bene, ma solo se mi offri un caffè!” “andato ragazza, io però nel mio stato
solo una spremuta, che magari mi passa la nausea!” “cannella… fa passare
qualsiasi cosa!” “bah se lo dici tu…” Jutta e Catharina si sedettero al
bar della Universal: era il loro “angolo di paradiso”, certo per due
caffeinomani come loro 15 tipi diversi di caffè era uno spettacolo, quasi meglio
di Starbuck’s e rispetto a questo aveva il vantaggio di essere gratis…
“cosa voleva Kipp?!” disse a bruciapelo Jutta mentre trangugiava la spremuta
“rompere…” “Cathe…. Cos’è questo linguaggio nel confronto del capo?
Faccio la spia eh…” “lascia perdere sono in uno stato tremendo, allora ho
passato mezzo weekend a litigare con i miei, cioè non a litigare ma da quando ho
messo piede in quella casa hanno passato il tempo a dire che sono sprecata per
questo lavoro, che devo puntare in alto e che mio padre farà di tutto per
evitare di farmi fare la gavetta… per non parlare di mia madre, il suo massimo
problema è che se compaio in tv abbia sempre qualcosa di ultra firmato addosso!
Il problema era che nel DVD dei Tokio Hotel c’erano loro e non io… ma te ne
rendi conto; poi Kipp che scassa alle 8 e mezza del mattino all’urlo di
efficienza, contratto, promozioni, tour mondiale, le ferie te le scordi, ti
voglio attiva 24 ore su 24! E che è… ho sonno!ca**o!” Jutta la guardava tra
lo sconvolto e il divertito…ad un certo punto si mise a ridere: “certo che i
tuoi sono proprio…” “sono proprio?” “deficienti… è l’unica, non hanno
capito un ca**o dalla vita… c’è da dire che mi stupisco che tu te ne sia
finalmente resa conto, così come ti sei finalmente resa conto di come è Kipp,
non è che c’entrano 4 ragazzi che stanno passando adesso laggiù?” Stavano
entrando i Tokio e Cathe si girò e si mise a guardali: primo Tom con aria da
SexGott di serie, quindi Gustav con l’espressione che Jutta definì cucciolosa e
Cathe non poté fare a meno di annuire, poi Georg “Stuck-de-gnocc” coniata
al momento da Cathe, con buone risate di Jutta e per ultimo Bill: i capelli per
una volta non stirati tenuti indietro dagli occhiali da sole, non truccato, aria
da ragazzo normale, ma soprattutto due occhi tra il triste e il sognante. Li
aveva già notati Cathe quegli occhi, li aveva sempre quando parlava al telefono
–con la morosa, ecco con chi…si ripeteva Catharina- si vedeva che era
innamorato, e ciò, per qualche strano motivo a Cathe non piaceva. “wow…”
disse Jutta con espressione sadica sul viso “effetto- Bill Cathe…sei bordeaux in
viso… tutto ok…” “ho caldo…” “si certo… tutta un bollore per
Bill..” “piantala… la gravidanza ti fa male…” “no no, mi fa benissimo!
Certo mi manca il caffè….” “io non resisterei senza caffè!” “no non
resisterai infatti…” “Jutta… resisterei… prego! Ricordati!” “già Cathe… ma
per me i miracoli esistono, ne sono la prova… incinta a 43 anni! Faranno il
miracolo anche con te…” “Jutta non credo…” “dai sì…” “Jutta
piantiamola con questo discorso!per favore….” “oki… allora parliamo del
Kaulitz senior… hai fatto una faccia…” “io non ho fatto nessuna faccia… ho
fatto un collegamento di idee…” “del tipo tu, lui e una vasca piena di
schiuma?!” “Jutta, tieni a bada gli ormoni! No mi sono venute in mente due
ragazzine stamattina in aeroporto…” Cathe raccontò dell’incontro a Jutta che
iniziò a ridere come una matta: “ah Cathe certo che sei proprio cambiata, dare i
pass per l’after party… tu?!” “e dai che c’è di male, mi è sembrato giusto…
cercavano da una vita di incontrarli… io per amore ho fatto follie e mi sono
rivista in loro… anzi no perché io non ho mai fatto quelle cose alla loro età,
dando quei pass era come se un po’ le facessi io!” “cioè hai dato a loro dei
pass per sentirti per una volta libera dalle regole?!” “sì… ero reduce dai
miei… ne avevo bisogno… ne ho bisogno! Jutta ho fatto come mi hai detto, ho
parlato con i ragazzi martedì sul bus, beh stavo bene, mi sono divertita, non mi
ero mai divertita tanto, cavolo è da martedì che sogno che arrivi oggi per
ripartire con loro!” “certo che stai proprio cambiando… cavolo le 9… dobbiamo
andare tesoro!” e si avviarono all’ascensore “vieni su con me Jutta?” “solo
un pezzo, mi fermo al 10° che devo passare in ufficio a prendere delle
cose…” “ah già comunque per quelle due ragazzine, oltre al pezzo il cui hanno
associato il mio nome al cognome Kaulitz, e piantala di ridere” a Jutta era
partito un altro attacco di ridarola “comunque… dovevi sentirla quando hanno
detto.. tieniti forte…che si immaginavano Bill papà dei loro figli… ma io dico,
Bill papà?! Ma sono fuori?!” l’espressione di Jutta cambiò repentinamente e
fissò con rabbia Cathe: “dici di aver capito tutto di quei ragazzi… si vede
che non ne sai proprio niente… Bill E' un ottimo padre, ma credo che tu sia
troppo impegnata a guardare le apparenze piuttosto che a conoscere chi si
nasconde dietro i Tokio Hotel come gruppo, sbatterti a capire chi sono loro in
realtà come persone è troppo, vero?!” nel frattempo le porte dell’ascensore si
aprirono al 10° piano e Jutta uscì senza degnare di uno sguardo Cathe: “donna
incinta, valla a capire!” pensò la ragazza tra sé e sé proseguendo verso il 15°
piano.
La giornata trascorse tranquillamente tra pianificazione della seconda
parte del tour, della registrazione dell’album e dei preparativi per il futuro
tour europeo e mondiale (la mega novità che Cathe era corsa a riferire ai
ragazzi!) Solo Bill era strano, l’umore al mattino era stato ottimo ma dopo
una telefonata ad inizio pomeriggio si era incupito, chiudendosi in se stesso e
rivolgendo stentatamente la parola giusto al fratello e a David.
“ragazzi 20:10 tra 5 minuti in onda!” : era la diretta nazionale su RTL2,
era la sera della consacrazione del nuovo tour e del nuovo album, doveva essere
tutto perfetto. Catharina era in fibrillazione per tutte le cose di cui si
sarebbe dovuta occupare nei successivi 5 minuti: anni di studio, di lavoro, di
sacrificio si giocavano lì! Corse nel camerino per chiamare i Tokio e lì vide
una scena che era il peggior incubo! Bill in lacrime sul divano attorniato da
fratello che lo abbracciava, da Georg, da Gustav e da David-che cazzo ha adesso
quello, paura della diretta… lo prendo a scarpate se non si alza da quel divano
e va a fare quello per cui LO pagano e MI pagano-
“Kaulitz cosa c’è?” il tono di Catharina non ammetteva repliche, ma mai si
sarebbe aspettata una simile reazione da parte di Bill: il ragazzo si alzò come
un fulmine dal divano e spinse di peso Cathe contro il muro “cosa c’è… mi chiedi
cosa c’è… c’è che mia figlia ha la febbre a 40 e io devo stare qui a cantare
mentre vorrei essere da lei e non me ne frega un cazzo se là fuori vogliono me!
IO VOGLIO MIA FIGLIA!” Glielo urlò in faccia a Catharina che era sempre più
confusa e spaventata da un simile comportamento, un po’ come gli altri
componenti dei Tokio:
“già Miss perfettina, Bill Kaulitz ha una figlia, si di 3 anni se ti
interessa, ma non credo al massimo ti sconvolgerà e andrai a pregare per salvare
la mia anima peccatrice EHH… tu che cazzo ne sai della mia vita e di quella dei
ragazzi, che cazzo ne sai di come mi sento io? TU HAI AVUTO TUTTO DALLA VITA e
adesso vieni qui a dirci della diretta… ME NE FREGO, VOGLIO ANDARE DA MIA
FIGLIA!”
Catharina non aveva il coraggio di alzare lo sguardo, aveva gli occhi chiusi,
ma li aprì, di colpo, e vide quelli di Bill…profondi, scuri, carichi di dolore,
lo vide proprio il suo dolore… e insieme a quello di Bill vide il dolore della
sua vita, vide la sua vita passarle davanti e la vide vuota e desolata, vide che
non c’era mai stato nulla in grado di farle battere il cuore come le stava
battendo in quel momento, non per paura, non per rabbia,non per delusione, il
cuore le batteva perché Bill in qualche modo le stava chiedendo aiuto. Il
ragazzo la lasciò andare e Cathe a sua volta lo prese e lo spinse contro il
muro: non capì mai neanche lei da dove le venne la forza di quel gesto, il
perché l’avesse compiuto, di nuovo vide la sua vita, vide però stavolta i rari
momenti in cui si era sentita viva, quando aveva sofferto, quando aveva pianto,
quando aveva odiato, vide che la sua vita le faceva letteralmente schifo, vide
negli occhi di Bill, che la fissavano increduli, la vita dello stesso Bill, vide
la sua bambina, capì le parole e i discorsi di Jutta, e capì che se non cambiava
in quel momento la sua vita se ne sarebbe pentita! Gli prese le guance tra le
mani e mise la sua fronte contro quella di Bill : “ascoltami, io non capirò un
cazzo, ma adesso tu vai di là, fai la diretta, e quando hai finito io ti porto
da tua figlia, cascasse il mondo tu stanotte sei da lei! Ti ci porto io… ora vai
di là, fallo per te , per i ragazzi, FALLO PER TUA FIGLIA!” Bill capì, capì
in quel momento che Cathe aveva letto nel suo cuore, e come in un flash vide il
suo futuro; fissò Cathe negli occhi: “ok vado, ma appena finito voglio andare
dalla mia bambina….” “ci andiamo!” Si asciugò le lacrime, chiamò gli altri… i
soliti riti scaramantici e andarono in diretta!
Da dietro le quinte David e Catharina guardavanol'unplugged: era tutto
perfetto, tutto come voleva Cathe, tutto come aveva programmato e si era
aspettata. Erano davvero eccezionali quei ragazzi; era davvero eccezionale
Bill. David la riscosse dai suoi pensieri: “diluvia fuori… sei sicura?”
“glielo devo David, vorrei fosse una delle poche cose decenti che riuscirò a
fare in vita mia… devo farlo!” “fai attenzione però…” “certo David!” nel
frattempo arrivò Jutta, Saki l’aveva avvertita di ciò che era successo: “sono
orgogliosa di te!” sussurrò nell’orecchio di Cathe “mi raccomando fai
attenzione, e parla con Bill, avete molte cose da dirvi!”
In quel momento arrivò il ragazzo, la diretta era stata un successo: Cathe
gli sporse il giubbino e lo strascinò per una manica, Bill cercò la sua mano, la
strinsero forte l’una nell’altra: “andiamo!” Bill annuì e seguì Cathe.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** prinzessin Sylvia ***
ciao a tutti!! eccolo qui il nuovo capitolo...
abbastanza sudato e davvero molto succulento: ci sono importanti novità
quindi... non perdetevelo! scusate se dirado un po' gli aggiornamenti, ma grande
capo mi ha dato lavoro extra, e dato che è lei che firma il registro presenze...
non posso farla arrabiare!!!
grazie ancora delle recensioni!!! davvero grazie grazie grazie!!!!
Capitolo 8: Prinzessin Sylvia
Diluviava: quando Catharina uscì dal garage degli studi televisivi
diluviava, non c'era altro modo di definire quella pioggia spessa, battente, con
goccioloni enormi che i tergicristalli facevano fatica ad asciugare pur essendo
sulla massima velocità. Non si ricordava di aver mai guidato sotto un temporale
simile, anzi di solito preferiva non muoversi in macchina ma quella sera era un
eccezione, quella sera doveva pigiare sull'acceleratore mandando al diavolo i
buoni propositi di guida sicura per arrivare il prima possibile a Loitsche, per
portare Bill dalla sua bambina.
Stava realizzando solo in quel momento che Bill aveva una figlia... le
sembrava impossibile che quel ragazzo potesse avere una bambina di 3 anni, aveva
ragione Jutta, proprio non li conosceva i Tokio! si stava rammaricando di non
conoscerli, di non aver voluto ascoltarli, di non aver chiesto nulla né a loro,
né a Jutta, né a David,si stava maledicendo di aver pensato solo a se stessa,ma
per che cosa? cosa ci aveva guadagnato?
Pigiò ancora di più sull'acceleratore, sperando che la sua Mercedes
ML AMG non la tradisse, non l'aveva mai fatto, conosceva quella macchina
meglio di se stessa, conosceva i suoi limiti, ma indubbiamente non aveva mai
guidato come una forsennata sotto un acquazzone. In generale si rese conto solo
in quel momento che in 22 anni di vita non aveva proprio mai combinato niente,
né per se stessa né per gli altri, si rese conto che la sua vita fino a quel
momento le faceva proprio schifo: non capiva il perché, non riusciva a
capacitarsene, ma doveva farsene una ragione…lei come persona non valeva niente,
ok brava fin che vuoi, intelligente anche, ma cosa sapeva lei di cosa era
vivere?! Cosa sapeva lei delle persone che la circondavano? Che ne sapeva lei
della vita di Tom, Georg , Gustav e soprattutto di Bill. Se pensava a come
l’aveva trattato da quando si erano incontrati le veniva la pelle d’oca: se mai
avesse saputo della figlia forse sarebbe stato diverso, o forse no, forse
avrebbe fatto la bigotta come tutti si aspettavano da lei, o forse… non lo
sapeva, sapeva soltanto che doveva continuare a pigiare su quel maledetto pedale
sgombrando la mente da ogni problema e paura per portare Bill a casa: almeno
quello lo sapeva, sapeva che era giusto fare così in quel momento, che era la
cosa migliore, al diavolo l’after party, al diavolo Kipp, al diavolo tutti! Era
giusto così.
Con la coda dell’occhio continuava a guardare Bill seduto accanto a lei, con
la testa appoggiata contro il finestrino, il trucco sfatto per le molte lacrime
versate: da quando erano partiti non aveva aperto bocca e certo Cathe non se la
sentiva di forzarlo a parlare, anche se avrebbe voluto, già… cosa non avrebbe
dato in quel momento per sentire la voce di Bill, per capire cosa stava
pensando,avrebbe davvero fatto di tutto in quel momento per aiutarlo. Vederlo
seduto in quel modo, con gli occhi fissi e vuoti che guardavano fuori dal
finestrino senza realmente fissare qualcosa, le braccia strette attorno al
ginocchio, il piede sul sedile, beh vederlo così le faceva davvero male, stava
male con lui e per lui… perché? Continuava a ripetersi in cuor suo Catharina,
perché sto male?perchè stiamo male? Era ormai giunta alla periferia di
Berlino, prese l’autostrada in direzione Magdeburgo, almeno così le diceva di
fare il navigatore, lei lo stava seguendo ma certo non pensava alla direzione da
prendere, pensava che non si era mai sentita come in quei momenti, utile e
inutile allo stesso tempo.
Accese la radio, un po’ per tenersi sveglia, un po’ per uccidere il silenzio
opprimente che aleggiava in quella macchina, non le importava cosa, bastava che
ci fosse rumore… e a volte è il destino che decide per noi, decide che canzone
c’è in quel momento, e mai Catharina e Bill gli furono più
riconoscenti.
No one knows how you feel No one there you'd like to see The day was
dark and full of pain
You write "help" With your own blood 'Cause hope is all you've
got You open up your eyes But nothing's changed
I don't want to cause you trouble Don't want to stay too long I just
came here to say to you Turn around I am here If you want it's me
you'll see Doesn't count Far or near I can hold you When you reach
for me
Your life is meaningless Your diary full of trash It's so hard to get
along With empty hands
You're looking for the rainbow But it died not long ago It tried to
shine just for you Until the end
I don't want to cause you trouble Don't want to stay too long I just
came here to say to you I'm by your side Just for a little while Turn
around I am here If you want it's me you'll see Doesn't count Far or
near I can hold you When you reach for me
If the world makes you confused And your senses you seem to lose If the
storm doesn't wanna diffuse And you just don't know what to do Look
around I am here
Doesn't count Far or near I'm by your side Just for a little
while
Turn around Turn around I am here Turn around
Doesn't count Far or near Turn around If you want it's me you'll
see Turn around
I can hold you when you reach for me Turn around I am here Doesn't
count Far or near
Bill ebbe un sussulto quando sentì quelle parole, mai si sarebbe
immaginato che quella sera avrebbero trasmesso quella canzone alla radio,
la sua canzone, scritta per disperazione; la stessa disperazione che in
quel momento gli stringeva animo e cuore; sì si può anche dire che era destino,
destino che passassero quella canzone in quel momento, ma lui odiava quella
parola, troppe volte nella sua vita c’era stato di mezzo il destino e lui si era
sempre rifiutato di dire “era destino!”, no le cose si devono poter cambiare, se
no la libertà dov’è… “dov’è la mia libertà, quella parola che per me significa
tutto e che ho tatuata sul braccio, quella che sento ogni volta che stringo mia
figlia, quella che sento quando canto?! Dov’è?” Beh… probabilmente era lì in
quel momento, sotto le spoglie di una disperata corsa in macchina, di una
canzone che passavano alla radio; era sotto le spoglie di Catharina, spoglie che
mai avrebbe immaginato. Solo allora Bill alzò lo sguardo e si voltò
leggermente verso Catharina, solo allora, per la prima volta, la vide con occhi
diversi, con gli occhi del cuore, colmi di gratitudine e affetto, colmi di un
“da te non me lo sarei mai aspettato ma grazie di essere qui, con me, adesso!”;
vide Catharina che stava cantando quella canzone, no… più che cantare muoveva le
labbra, le muoveva come un automa, forse più che il suo cervello gliele faceva
muovere il suo animo: non se ne accorgeva neanche Cathe di star sussurrando
quelle parole, ma il cuore di Bill capì che in realtà era il cuore della ragazza
che gli stava cantando quella canzone, che forse lei consciamente non sarebbe
stata capace di farlo, perché piena di sensi di colpa; ma il suo cuore sì, il
suo cuore gli stava parlando e gli stava tendendo le braccia; lei si era
esposta, ora toccava a lui fare il primo passo.
I'm by your side Just for a little while We'll make it if we
try
“Si chiama Sylvia, ha tre anni…” esordì di botto Bill, dopo aver spento la
radio; non si accorse neanche di aver pronunciato quelle parole; Cathe si girò
di scatto, lo fissò negli occhi per una frazione di secondo, si capirono con
quello sguardo: “è un bel nome…” gli disse la ragazza con voce un po’
tremante “ha il nome della madre… ma sì al diavolo ti racconto tutto, sei qui
con me, è giusto che tu lo sappia!” prese un lungo respiro ed iniziò a
raccontare: “Sylvia è nata il 28 settembre 2005, alle 3 e mezza del
pomeriggio, la stessa ora in cui sua madre è morta; Sylvia è stata la mia prima
ragazza, il mio primo e unico grande amore!” sorrideva Bill pensando a Sylvia:
“sai che sono sempre stato un ragazzo un po’ complessato e venivo preso
pesantemente per il culo dai miei compagni, beh Sylvia è stata l’unica a non
prendermi mai in giro, mi è sempre stata vicino, prima come amica e poi come
ragazza, ci siamo messi insieme dopo anni di amicizia, un po’ per gioco forse,
ma ci amavamo, tanto… e poi boh non so neanche io come sia successo, Sylvia è
rimasta incinta! Mi ricorderò sempre quando me l’ha detto, le ho detto che era
impossibile e lei mi ha chiesto se tecnicamente sapevo come si fanno i bambini,
prima le ho un po’ riso in faccia e poi ci ho ragionato su… siamo scoppiati
prima a ridere e poi a piangere, c’era da dirlo ai nostri genitori, cavolo
avevamo 16 anni, una pazzia, la legge tedesca poteva anche toglierci nostra
figlia, ma né a me né a Sylvia importava, l’avremmo cresciuta insieme!il
problema è stato durante il parto…”
Bill si torturava nervosamente le unghie scheggiandosi lo smalto nero,
Catharina gli lanciava occhiate con la coda dell’occhio, mentre era concentrata
a guidare: “cos’è successo Bill…” gli disse con infinita dolcezza “non lo so,
neanche i medici hanno saputo spiegarlo, dicevano perché aveva 16 anni e quindi
non era ancora pronta per avere un bambino, sinceramente hanno detto un mucchio
di cose, ma io non li ho ascoltati… mi avevano appena messo Sylvia in braccio e
mi dicevano che la mia Sylvia era morta,non capivo più niente, sentivo le urla
della madre di Sylvia, i singhiozzi della mia e di Tom, e intanto vedevo gli
occhioni della mia bambina, vispa…viva… ero come un automa, avevo paura Cathe…
capisci? Pura paura, come ne avevo avuta quello stesso pomeriggio quando Sylvia
era stata male, mi ricordo ancora adesso il sangue sui suoi pantaloni bianchi,
mi è svenuta tra le braccia…. e non ho avuto la forza di dirle quanto la
amavo....” Bill iniziò a singhiozzare e tuffò la testa tra le gambe che nel
frattempo si era portato in grembo, Catharina non sapeva cosa fare, allungò una
mano e strinse quella di Bill, il ragazzo si trovò spiazzato da un tale
comportamento e alzò la testa e si mise a fissare la ragazza “scusami Bill,
non volevo, non lo sapevo… avessi saputo…” temeva una reazione violenta del
ragazzo come quella che aveva avuta nel camerino all’inizio della serata “Cathe
non è colpa tua…”disse il ragazzo tra i singhiozzi “non volevo lo sapessi,
volevo prima capire chi eri!” “non lo so Bill, voglio solo cercare di
aiutarti questa sera, per favore…” “mi stai già aiutando…mi porti da Sylvia!”
il ragazzo abbozzò un sorriso, Cathe si sentì infinitamente più
sollevata “com’è Sylvia?!” gli chiese a bruciapelo, lo sguardo di Bill si
illuminò: “è una forza della natura, è scatenatissima, è sempre in movimento,
a volte mi chiedo dove prenda tutta questa energia! Di viso e capelli assomiglia
alla mamma, ma ha i miei occhi… e anche un po’ il mio carattere, anche se è
molto osservatrice, per certe cose è timida ma non le sfugge niente.. è
pazzesco, ti fa dei collegamenti che non riesco io e ci riesce lei a 3 anni,
Cathe davvero è sveglissima!” “mi dà l’idea di una forza della natura, se ha
preso da te…” “sì sì… ma ti dico per certe cose è anche peggio di
Tom!” “peggio di Tom?! Impossibile!” Cathe vide che l’umore di Bill era
cambiato da quando si era messo a parlare di sua figlia, era diventato un'altra
persona, non la primadonna arrogante che aveva conosciuto, ma un ragazzo tenero
e felice, che viveva in adorazione della sua bambina. “ti giuro, per certe
cose mio fratello in confronto è un dilettante… pensa che si è fatta mettere in
castigo 3 volte in una settimana all’asilo…” scoppiarono entrambi in una grossa
risata, “3 volte… no è impossibile… peggio di me quasi, beh consolati, io mi
sono fatta cacciare dall’asilo!” “TU? Miss perfettina? Ma come è
possibile?” “guarda che ero scalmanata!” “allora meglio che non ti faccia
conoscere Sylvia, potrebbe prendere delle pessime abitudini…eheh!” “ma
brutto… senti chi parla…” Cathe iniziò a far finta di picchiare Bill con una
mano, non staccando l’altra dal volante comunque, quindi gli disse a bruciapelo
:”allora era a tua figlia che telefonavi tutti i giorni…” “sì… perché pensavi
chiamassi la morosa? Gelosa eh?” Cathe si sentì avvampare:“no dai gelosa no,
però curiosa sì, nel senso non ho mai sentito un ragazzo apparentemente
dongiovanni dire cose così dolci a una ragazza, e mai avrei pensato che al
telefono ci fosse tua figlia…” “le apparenze ingannano, e io sono il classico
esempio, tutti per come mi vesto e mi pongo ai concerti pensano addirittura che
possa essere gay, figurati neanche si immaginano che ho una bimba di 3
anni…” “spezzeresti il cuore a molte tue fan se glielo dicessi, non so se la
prederebbero bene che il loro mito ha una bambina…” “infatti non lo dico, ma
non per quello, più che altro voglio proteggere mia figlia dalla curiosità dei
media, voglio che cresca tranquilla e serena, che possa fare le sue esperienze
senza essere seguita da una telecamera…” “hai ragione.. ma all’asilo come
fai? E in paese?” “tutto sommato va bene anche a loro, non dicono niente ai
giornali per non avere l’assedio… Loitsche è piccolo e tranquillo, non in cerca
di pubblicità…” “ma se qualcuno vede i tuoi con la bambina…?!” “dicono che
è una nipote… che in effetti è vero ma tutti lo interpretano come nipote di zio
e non di nonno…per fortuna…” “eh beh… direi… e Sylvia sa che “lavoro” fai,
del perché sei sempre in giro? nel senso… tu e Tom cosa le avete
detto?!” “che siamo musicisti, che lo zio suona e io canto, ma credo che la
sua idea di musicista sia tipo banda alla festa patronale che suona canzoni
tipiche… poco ci manca che ci immagini con calzoncini e berretto
bavarese…” “ehi… problemi contro i bavaresi!?!.. potrei offendermi,
Sachsen…” “spiritosa la bavarese… eheh, no dai scherzi a parte cerco di
tenerla il più lontano possibile dai riflettori e cerco di mantenere una sorta
di riserbo sui Tokio, per lei Georg e Gustav sono zii, non membri dei Tokio
Hotel… e tutto sommato ci va bene così!” Catharina ridacchiò “cosa c’è da
ridere Cathe?!” “no che Georg e Gustav me li immagino come zii, ma Tom proprio
no… è inutile…” “eheh, potrebbe non sembrare ma in effetti è davvero bravo!
Cioè ci sa fare… sarà perché sono due scalmanati e quindi vanno d’accordo però
devo ammettere che se la cava, a dispetto delle apparenze…” “tu invece mi dai
l’idea di un ottimo padre…” disse di botto Catharina, senza rendersi conto del
tono veramente dolce con cui aveva appena pronunciato quella frase, troppo
dolce, forse equivocabile: “davvero Bill, mi sembri veramente tosto come padre,
nel senso, hai una figlia, ti occupi di lei e hai i Tokio… molta gente non ce la
farebbe… tu ce la fai!” “è mia figlia che mi manda avanti, ma non credere che
sia facile… non è facile alla sera quando ci si addormenta senza lei accanto,
non è facile quando vorresti essere da lei e invece sei dall’altra parte
dell’Europa, non è facile quando la senti solo al telefono e non la vedi per 10
giorni…” “in più ci sono io che complico l’esistenza…” gli disse
Cathe… “se me la complicassi non saresti qui in questo momento, a correre ai
120 all’ora sotto il diluvio per portarmi da Sylvia, rischiando vita e
patente…” “già… comunque so quello che faccio… e so che andava fatto questo
stasera!” “perchè?! nel senso mai mi sarei aspettato che tu prendessi a
noleggio un SUV e mi portassi da mia figlia…” “allora Kaulitz…” disse Cathe
con un tono falsamente offeso “innanzitutto questa macchinina è mia!poi è piena
di optional per la sicurezza, tra cui vetri antiproiettile e barre di acciaio da
5 cm, leggi macchina blindata, regalo di papi… poi ha servosterzo, servofreno,
servotutto, è veramente figosa e beve come una spugna…!” “e del perché tu mi
stai portando da Sylvia che dici? Non me ne frega niente degli optional di
questa macchina, me ne frega di te!” disse Bill con un tono molto serio
sottolineando con enfasi il me ne frega di te; Cathe perse un battito al sentire
quelle parole pronunciate con quel tono e tornò a fissare la strada che si stava
via via asciugando: “perché era giusto così…” disse dopo un lungo silenzio
“perché nella mia vita non ho mai fatto nulla di buono, non ho mia fatto nulla
di testa mia, non ho mai vissuto nulla di interessante… volevo fare qualcosa che
mi facesse sentire viva… ma se iniziamo questo discorso diventa lungo… e siamo
arrivati, mi devi dire tu dove abiti… il navigatore è impostato fino a Loitsche
ma non so la via…” tagliò corto Cathe, era un discorso troppo personale quello
in cui si stava avventurando Bill e lei era troppo stanca per iniziarlo.
Bill la guidò fino a casa, una bella villa; parcheggiarono nel vialetto ed
entrarono, il ragazzo corse subito dalla figlia, c’era Simone che la
controllava: “Bill che ci fai qui? Ma non eri a Berlino?” disse sorpresa la
madre del ragazzo “sono le 3 e un quarto, come sei arrivato qui? E Tomi? Va
tutto bene? “mamma sono venuto giù appena finita la diretta, mi ha portato
Catharina, Tomi e i ragazzi sono a Berlino, io volevo stare con mia figlia, mi
hai fatto preoccupare… come sta?” Bill era teso con i nervi a fior di pelle e
solo la risata della madre lo calmò : “Billy hai fatto una corsa per niente, ti
avevo detto che la febbre le sarebbe passata nel giro di qualche ora e che non
era il caso che ti precipitassi giù… è una bambina di 3 anni, tutti i bambini di
quell’età a volte hanno la febbre, le dai il paracetamolo e passa…” “cioè è
sfebbrata?” disse Bill continuando ad accarezzare la guancia della piccola che
era addormentata tranquillamente nel suo lettino “certo Bill, fresca come una
rosa… te l’ho detto, ricordati che ho cresciuto te e tuo fratello, so come sono
i bambini!” “scusami mamma… mi sento un deficiente…” “non lo sei, anzi sei un
ottimo padre… non so quanti altri si sarebbero fatti 200 km nel cuore della
notte con questo diluvio, anzi no c’è da dire che sei un incosciente! mi
stupisco che David e Saki ti abbiano lasciato venire…” “in effetti David e
Saki erano contrari, mi ha portato giù Catharina, è lei che ha guidato
come una pazza sotto il diluvio per portarmi qui… cavolo l’ho mollata giù sotto
da sola… mamma non è che…” “ho capito Billy, stai qui con Sylvia, vado da
lei… però mi raccomando, prima di andare a letto passa a ringraziarla, se ha
fatto questo gesto è una ragazza davvero speciale, guai a te se la
deludi!” “mamma cosa vuoi dire?… piantala, svegli la bambina!” “la svegli
tu con questi tuoi ringhi… dai che lo sai cosa voglio dire… Buona notte Billy!”
e Simone chiuse la porta alle sue spalle lasciando Bill esterrefatto mentre
stringeva tra le braccia Sylvia.
Catharina nel frattempo era rimasta pietrificata nell’ingresso, non sapeva
cosa fare né aveva il coraggio di andare almeno in soggiorno; continuava a
pensare alla conversazione con Bill in macchina, ai discorsi fatti, alla sua
storia: si sentiva un mostro ad aver trattato così il ragazzo e certo non
considerava una scusante il fatto di non sapere che avesse una figlia, si
sentiva un pesce fuor d’acqua e soprattutto sentiva che la sua vita le faceva
abbastanza schifo. Venne risvegliata dai suoi pensieri da Simone: “tu devi
essere Catharina… piacere di conoscerti sono Simone!” “buonasera signora
Kaulitz, molto lieta, Catharina…” per la prima volta nella sua vita riuscì non a
pronunciare il suo cognome, anzi, non è che non ci riuscì… non volle proprio, in
quel momento non contava; “ti devo ringraziare, hai fatto una corsa in piena
notte…” “oh non si preoccupi, è il minino, sapesse come mi sono comportata
con suo figlio e con i ragazzi… probabilmente mi darebbe qualche sberla…” –ma
perché dico queste cose… cosa c’entrano adesso?!-pensò la ragazza; “nah non
ti preoccupare, non ho mai picchiato neanche Tom, non lo faccio con te, ma ti
prego dammi del tu, a Jutta lo davo sempre…” “ne è sicura?! Cioè… voglio
dire…” Cathe iniziò a balbettare confusa, Simone la guardò con sguardo ironico:
“mi stai dicendo che non hai mai dato del tu ad una persona adulta, alle madri
dei tuoi amici davi del lei?!” Cathe annuì stancamente “povera te, mi ha
detto Bill che sei un po’ complessata ma non pensavo fino a sto
punto!” -Complessata? Chi? io?- Catharina era molto sorpresa –cioè mi vuoi
dire che quel ragazzo pensa che io sia complessata? Non stronza ecc ecc come di
solito dice con il fratello? Bah…sta notte sarà davvero lunga!- si era un po’
persa nei suoi pensieri e venne ridestata da Simone:
“ehi… tutto bene? Sei stanca, hai una faccia.. vuoi qualcosa da mangiare o da
bere? Caffè, latte caldo?” “ma no signora non si preoccupi…” “Simone, togli
quel signora non sono vecchia!” “eh va bene, Simone… no comunque niente
davvero, piuttosto come sta Sylvia?” “oh bene, niente più febbre… mi spiace
che ti ha fatto fare una corsa, ma si preoccupa sempre per niente, è fatto così
Bill, quanto il fratello è menefreghista lui è assillante, deve sempre
controllare tutto, per quanto riguarda Sylvia a volte sembra che la soffochi di
attenzioni…” “beh è comprensibile, probabilmente pensa alla madre…” Cathe si
morse la lingua dopo quella frase, non sapeva come avrebbe potuto reagire
Simone, ma la disse lo stesso “eh sì… hai ragione, Bill ti ha raccontato
tutto vero?” “sì… stasera però, ho scoperto stasera di Sylvia!” “beh è una
bella scoperta indubbiamente…certo da uno come Bill ti puoi immaginare di tutto
tranne che abbia una figlia!” “in effetti, Simone davvero mi dispiace…”Cathe
non sapeva neanche perché stesse facendo quel discorso senza senso, ma era il
suo carattere, era sempre pronta a difendersi, a scusarsi, a fare ammenda come
se fosse sempre colpa sua di tutto. “e di cosa?” disse stupita la
donna “di come ho trattato suo figlio e i ragazzi, di sicuro le avranno
raccontato del tour, mi spiace per come mi sono comportata…” –ma dove vuoi
andare a parare Cathe? Sono le 3 di notte, sai che gliene frega a ‘sta donna
delle tue paturnie mentali, credo voglia andare a dormire non stare a sentire tu
che ti scusi come se fosse tutta colpa tua per ciò che è successo!-pensò la
ragazza. “Catharina, due cose… uno: smettila di darmi del lei! Ti è così
difficile? Lo so che sei stata abituata così ma per favore rompi gli schemi, una
che si fa 200 km per venire fin qui è una che li sa rompere gli schemi, quindi
per favore dammi del tu; due: non si piange sul latte versato... non mi
piacciono quelle che passano metà del tempo a lamentarsi di voler cambiar e poi
non fanno niente per farlo realmente, tu sei veramente una brava ragazza, lo
sento a pelle, l’ho capito dai discorsi di Bill e Tom, sei esattamente come
Sylvia, quindi per favore piantala di commiserarti per come è andata la prima
parte del tour e vedi di cambiare da oggi in poi!”
Cathe era allibita: come era possibile che in 5 minuti quella donna le avesse
fatto tara, pelo e contropelo? Non si erano mai viste, e lei aveva aperto
pochissimo bocca, come era possibile?
“Cathe fidati di una mamma… mi è bastato vederti 10 secondi per capire come
sei, mi è bastato vedere quello che hai fatto stasera per mio figlio per
rendermi conto di come sei a dispetto delle apparenze: tu vali veramente
tanto… non farti condizionare da tutti, sii te stessa! Eh non fare quella faccia
sconvolta perché in 10 minuti che ci conosciamo ho capito molto do te, non
credere che le persone si conoscano solo se passano una vita insieme! Ah cara
ragazza, davvero tu ti sei persa molti passaggi della tua vita, vedi di
recuperarli! E fatti aiutare dai ragazzi…” Simone guardò ancora un attimo
Catharina: “vado a letto… ti spedisco giù Bill, senti lo so fa schifo ma vai
pure nel letto di Bill, ultima porta a destra, NON andare in quella a sinistra,
è la camera di Tom, non garantisco per la tua salute se entri lì dentro!”
entrambe si misero a ridere...
–però sta Simone! è simpatica e anche tremendamente intelligente, certo Bill
deve aver preso da qualcuno … cavolo però che figura, nel giro di sue minuti ha
capito tutto di me e mi ha detto le stesse cose di Jutta… ma sono davvero così
prevedibile? Così scontata? Così noiosa?- Cathe si lasciò cadere sul divano con
questi pensieri in testa, finché non la ridestarono i passi di Bill per le
scale
“ehi! Pensavo fossi già fuggita!” “no ma ero sul punto di farlo non
preoccuparti!” Bill si sedette sul divano ridacchiando, Cathe si irrigidì
e si distanziò un pochino, certo non riusciva a stare seduta vicino a un
ragazzo: “siamo alle solite Cathe? Non mordo, non ti salto addosso, puoi anche
stare comoda!” -brava Cathe, complimenti per la figura! State cercando di
instaurare un rapporto decente e guarda cosa combini, muoviti, vai da lui… cioè,
avvicinati!- mentre pensava a queste cose Cathe si rimise nella posizione
occupata prima dell’arrivo di Bill “vuoi qualcosa da mangiare o da bere?” “no
Bill tranquillo… dai ti sto dando troppi pensieri, figurati…” “magari vuoi
dormire e io sono qui…” “veramente no, non ho sonno, sono abituata a
dormire per 3 o 4 ore per notte, non riesco di più…a volte la passo addirittura
in bianco, sono abituata così…” “ehhh?? Ma sei pazzesca tu! Come
fai?” “non lo so, sono abituata così…non ho mai capito il perché ma da quando
me ne ricordo non credo di aver mai dormito per più di 5 ore filate… comunque…
come sta Sylvia?” “bene, davvero, non ha la febbre ed è tranquilla... Cathe
non so ancora come ringraziarti, perché l’hai fatto?” “non lo so Bill, te
l’ho già detto mi sembrava giusto così, me lo sentivo nel cuore… oh beh, quando
mi hai spinto contro il muro ho visto una luce nei tuoi occhi, che avevo visto
una sola volta nei miei… era uno sguardo di disperazione e l’unica cosa che ho
pensato è aiutalo! Fai qualcosa per lui… non lasciarlo soffrire come hanno fatto
con te…” “non ti seguo… cosa ti è successo?!” “non stasera Bill, quando
riuscirò te lo racconto…” Cathe si morse la lingua… era davvero troppo personale
quello che stava per dire e certo quello era il momento meno opportuno, ci aveva
sofferto troppo e aveva deciso di chiudere quel capitolo della sua vita in un
angolo remoto del suo animo. “ok, ma dato che è un po’ la serata delle
confidenze…” “Bill no davvero… quando riuscirò a parlarne sarai il primo con cui
ne parlerò… ma non adesso!” “allora se non vuoi parlare di te dimmi almeno
perché l’hai fatto, perché mi hai aiutato!? Cathe mi sono sbagliato sul tuo
conto, ho sempre pensato tu fossi una arrogante figlia di papà, ma non lo sei, a
dispetto delle apparenze non lo sei, perché allora ti rovini la vita
impersonando un ruolo che ti sta evidentemente stretto… perché ti sta stretto,
forse non te ne sei accorta ma stai cambiando! Dal primo giorno sei cambiata da
così a così… e stasera hai definitivamente dato un calcio alla vecchia a Cathe…
perché?” “non lo so neanche io Bill, probabilmente perché hanno ragione tutti
quelli che appena mi vedono mi dicono che la mia vita non mi piace e che devo
cambiarla… non m conoscono e mi dicono queste cose, anche tua mamma prima l’ha
fatto!” fece una pausa in cui radunò le idee… anche se in realtà cercava di
prendere tempo per portare la conversazione su un altro argomento “dai basta
parlare di me Bill, ho capito che devo cambiare e prometto che lo farò, anzi per
me ammetterlo è già un gran cambiamento, ma mi sembra che stasera siamo qui per
qualcun altro… o no?!” “stasera? Cathe sono quasi le 4…” “ops, è vero…”
“dai… stanotte non si dorme, facciamo l’after… io e te… e le foto di Sylvia,
aspetto che si svegli, se si alza adesso è finita!”
Bill si alzò dal divano per andare a prendere le foto della figlia, un mega
album di foto vere, non digitali, beh sì le aveva fatte con la macchina digitale
ma Simone aveva insistito che le stampassero su pellicola per averle in mano
mentre le guardava, diceva che erano più belle, che era un po’ come abbracciare
una persona “tua mamma ha ragione Bill, anche secondo me sono più belle così…
le mie preferite sono tutte su pellicola, pur avendo la macchina digitale, le
faccio stampare anche io!” “dai… non sapevo, cioè non pensavo ti piacessero
le foto!” “io? Le adoro, faccio sempre un mucchio di foto, una di 'ste sere
vi faccio vedere quelle che vi ho scattato nei concerti della settimana scorsa,
certe sono da ricatto…” “doh… non scherzare… beh anche alcune di questo album
comunque lo sono…”
I due si misero a guardare le foto, erano tutte le più belle di Sylvia con
Bill e in alcune c’era anche Tom: Sylvia nel lettino che fissa la giostrina
appesa sopra, mentre mangia una pappetta impiastricciandosi, mentre tira i
capelli a Bill, Bill e Sylvia addormentati sul divano, in piscina, mentre fanno
scherzi a un povero Tom addormentato; e poi foto varie dei gemelli da piccoli,
con aria già da teppisti, in cucina alle prese con i biscotti, in vacanza…
nell’ultima pagina c’era una foto non incollata, identica a quella che Bill
teneva nel portafoglio: lui e Sylvia “lei era Sylvia… la mamma…” disse il
ragazzo con gli occhi leggermente velati dalle lacrime, Cathe prese in mano la
foto e osservò la ragazza: era davvero molto bella, un viso tenero e simpatico…
due occhi come i suoi, identici a quelli di Cathe: “Bill… ma….” “sì… avete gli
stessi occhi… è pazzesco…” “adesso capisco la tua reazione la prima volta che ci
siamo visti… scusami!” “no Cathe non è colpa tua! Dovevo dirtelo, ma è andata
così… voglio, vogliamo…io e i ragazzi, provare a cambiare le cose da oggi!” le
disse il ragazzo mettendole una mano sulla spalla. Fu il miracolo… per la
prima volta nella sua vita Cathe non si irrigidì ma trovo quel momento perfetto:
tutto sembrava essersi fermato mentre guardava Bill negli occhi, era la
sensazione che lei definiva “divina atarassia”, perfezione, limbo, paradiso,
inferno, tutto, nulla! E la stessa sensazione la provò Bill. “anche io ci
voglio provare…” disse in un sussurro Cathe appoggiando la sua mano su quella di
Bill.
I rintocchi dell’orologio li risvegliarono da quella situazione, non se
ne erano accorti ma erano andati avanti 3 ore a parlare e guardare foto… ormai
erano le 7, ora della sveglia! “vieni anche tu Cathe… te la voglio far
conoscere” la ragazza seguì Bill fino nella camera della piccola: il ragazzo si
avvicinò cautamente al letto e chiamò dolcemente la figlia che si svegliò
subito, prima stropicciò un po’ gli occhi, poi si accorse del padre e iniziò a
urlacchiare felice: “PAPA’ SEI TORNATO! Che bello che bello e fino a quando
stai? Dov’eri scappato? Perché… “ si bloccò osservando la chioma di Bill che
solo in quel momento realizzò che aveva ancora i capelli sparati a istrice, non
li aveva mai tenuti così davanti alla figlia… “perché hai i capelli così?”
Bill assunse l’espressione classica dell’ adesso-cosa-le-dico ma
provvidenzialmente Cathe corse in suo aiuto: gli indicò il poster di Madagascar
con Alex e disse di botto: “signorina Sylvia, direttamente dallo zoo
di New York… Alex il Leone!!” pregò mentalmente che Bill capisse a cosa si
riferiva e per fortuna il ragazzo l’intuì iniziando a fare l’imitazione del
personaggio del cartone -fiuu… pericolo scampato- pensarono all’unisono i
due ragazzi, ma avevano sottovalutato la bimba che subito si girò prima verso
Cathe e poi verso il padre: “papà mi hai portato la mia amica pony!” “la
tua cosa piccola?” le disse con tono dolce Cathe “la mia amica pony… avevo
chiesto a papà di portarmene una…” “cos’è un’amica pony?” “è l’amica grande
che ha la macchina e mi porta in giro e mi fa fare cose da grandi…” Cathe non
seppe mai come riuscì a pronunciare quelle frasi, né capì mai da dove le vennero
quelle parole, ma ebbe la certezza che furono indubbiamente le migliori parole
che pronunciò mai in vita sua: “beh allora se vuoi potrei essere la tua amica
pony… la macchina ce l’ho! E sono grande… comunque io sono Catharina!” “lo
so!” disse candidamente la piccola “ti ho riconosciuto da una foto che ha lo zio
sul cellulare… tu sei quella brutta antipatica virago che però ha i coglioni!
Almeno così dicono papà e zio!” Quando si dice che i bambini sono la voce
della verità: Cathe mise un sorriso di circostanza –promemoria della giornata:
uccidere i gemelli!- e si girò verso Bill che cercava di scomparire, eclissarsi,
fuggire… al ragazzo dava molto fastidio la vista del sangue, soprattutto il
suo! “niente… cosa non dicono i bambini… magari ha capito male!” “no no
papà, ho capito benissimo!” appunto, voce dell’innocenza! “non ti preoccupare
piccolina, lo so che tuo papà dice quelle cose” si affrettò ad aggiungere Cathe
per stemperare il clima che si era creato “ma… non sei curiosa di vedere la mia
macchina?” “certamente… però prima aspetta.. ti devo presentare Markus… è il
mio bradipo, va beh è di peluches ma è un mio amico, però non mi porta da
nessuna parte… è per quello che voglio una amica grande!” “e io ti andrei
bene come amica grande!” “sì!!” disse tutta contenta la bimba “allora
amiche?” le disse Cathe allungandole il mignolo “amiche!” le rispose Sylvia
“però adesso voglio vedere la macchina…” “si ma prima ti vesti, fuori fa
freddo…” “va bene papi… vieni con noi vero?” nel giro di un minuto la piccola
era pronta, Cathe la prese in braccio con un gesto istintivo, non capì mai
perché lo fece… -calma Cathe cosa combini? Cosa stai facendo? Perché hai
preso in braccio questa bambina… non è figlia tua ma di Bill… ma è così tenera,
ma i bambini hanno sempre avuto paura di me, nessuno voleva mai avvicinarsi
anche quando facevo dei sorrisi, perché questa bimba invece non ha paura? Ma sì
chissene frega… deve andare così…e poi è troppo carina… va beh è la figlia di
Bill! – Cathe arrossì a quel pensiero mentre trottava verso la macchina con
Sylvia in braccio: “ecco il mezzo!” le disse Cathe indicandole la
Mercedes “wow ma è bellissima la tua macchina, ancora più bella di
quella di zio Tomi!” “non credo, però guarda cosa ho dentro…” mise in
braccio a un Bill sempre più divertito e rilassato la piccola e aprì lo
sportello: “salite dai… guarda… osserva e stupisciti!” Cathe azionò un pulsante
e uno schermo/lettore DVD uscì dalla plancia “lettore DVD… interessa Sylvia!?!”
La bimba aveva un mega sorriso stampato da una orecchia all’altra e non
smetteva di emettere gridolini di contentezza mentre esplorava la macchina di
Cathe, Bill la guardava con aria compiaciuta e sorniona, si vedeva che era
estremamente orgoglioso della piccola che continuava a fare paragoni degni di
AutoBild tra la macchina di Cathe e la Cadillac di Tom “Bill è eccezionale,
ha un capacità di osservazione che è fuori dal comune!” “te l’avevo detto…
Sylvia non rompere nulla…non è un giocattolo” disse Bill alla piccola che in
braccio a Cathe torturava i comandi al volante “dai adesso smettila che è ora di
colazione… Cathe andiamo se no ti distrugge la macchina!” “dai è ancora in
garanzia, con quello che l’ho pagata!” “tu o tuo padre??” “in effetti
papà… ma per fortuna me l’ha intestata… quindi questo gioiellino è mio, ma per
Sylvia posso fare qualche eccezione!” disse facendo l’occhiolino alla bambina,
che ricambiò con uno dei suoi meravigliosi sorrisoni. I tre fecero colazione
raggiunti dopo un po’ da Simone, parlando ed osservando Sylvia che era già in
fermento di prima mattina “è veramente una forza della natura tua figlia
Bill, davvero…” “sì… e mi sa che adesso capisci perché per me è difficile
dire che tra mezz’ora me ne devo ripartire…” Sylvia si girò di scatto quando
sentì quelle parole, alla faccia delle orecchie, aveva un radar quella
bimba “come parti?!” disse con i lacrimoni “sì piccola, papà deve partire, ma
torno a trovarti tra qualche giorno…!” “ma papà….” Disse la piccola sempre
più triste, Cathe non ce la fece a sopportare quello sguardo e si intromise:
“certo che viene a trovarti… e vengo anche io… dopotutto non siamo amiche noi
due?” La piccola si illuminò e per una buona decina di minuti andarono avanti a
promettere alla piccola che in capo a qualche giorno sarebbero tornati da
lei.
Partirono verso le 9, direzione Francoforte dove li aspettava il resto della
band e un mega concerto al Munster Dome.
“Bill… mi sa che in questo viaggio dovrai sopportare me… ho un po’ di cose da
raccontarti… dì grazie a tua figlia se te le racconto…” Bill guardò Cathe con
aria stupita, ma si mise comodo pronto ad ascoltare, mentre mentalmente
ringraziava la sua bimba per avergli regalato quelle ore con Cathe.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** on the road... la verità ***
ciao a
tutti... ecco il nuovo aggiornamento, poi per il prossimo aspettate domenica che
devo studiare un po', se no mi fanno pelo e contropelo!
alzo il
rating ad arancione un po' per il linguaggio, un po' per le tematiche che potrò
trattare in certi capitoli, come in questo... è fondamentale per l'evoluzione
della storia come il precedente, ma non è proprio semplice da leggere,
considerate che sono cose che succedono, vi prego non fate come Catharina... è
orrendo passarci, fidatevi!
ringrazio
moltissimo per le recensioni!! davvero tutti quanti!!
MissBillinaTokina
bimbaemo
fabiolita
jolly24
JulyTHFreiheit92
billa483
BabyzQueeny
Mustardgirl94
Hotz94
vumeter313
ElyLaTeS
stefi
_FairyTale_
capitolo 9:
on the road...la verità
Cathe prese
un profondo sospiro prima di iniziare a parlare a Bill come un fiume in piena:
aveva bisogno di parlare, di esporsi...era una sorta di catarsi morale quella
che stava per intraprendere e mai avrebbe immaginato di farlo proprio con Bill
Kaulitz
"evito di
raccontarti la biografia della mia famiglia, tanto lo sai chi sono...vengo al
dunque: stanotte mentre parlavo con tua madre mi sono resa conto di come mi
pongo con le altre persone e del perchè... cioè più che rendermene conto io me
ne ha fatto rendere conto tua madre, dicendomi di piantarla di chiedere scusa
all'umanità e di iniziare a pensare e ad agire con la mia testa. Beh ci ho
pensato, davvero...è un po' di giorni che vado avanti a pensarci,Bill
sinceramente la mia vita mi fa schifo! Schifo!"
Catharina
continuava a tamburellare le dita sul volante e a torturare la leva del cambio:
"Bill non ho mai combinato niente…ho sempre fatto ciò che mi dicevano i miei,
gliele ho date tutte vinte e sono arrivata a 22 anni a non farcela
più!"
"come mai
l'hai capito?" le disse Bill a bruciapelo, ben sapendo di averla provocata
intenzionalmente per vedere come reagiva; la sua opinione era che Cathe fosse
una gran complessata che aveva bisogno di qualcuno che la aiutasse a fare il
passo nel vuoto per capire che anche se si superano le barriere non è detto che
si cada.
"l'ho capito
vedendo la tua bambina, vedendo con che occhi la guardi, vedendo tutto l’amore
che le dai,comunque non è solo da stanotte che ci penso, è da un po’ che non
sono soddisfatta di come vanno le cose, da quando sono entrata alla Universal...
cazzo sono stata presa grazie alle conoscenze di mio padre, non perchè ero
brava: io mi sono fatta il mazzo nella vita per dimostrare quanto valgo e
l'unico motivo per cui vengo assunta è il mio cognome! accidenti! e poi
veramente Bill... non sopporto più i miei!sai cosa hanno avuto il coraggio di
dire in questi due giorni che ho passato a casa? che il mio lavoro non vale
niente! che devo impormi come se fossi io quella che deve diventare famosa... ma
vuol dire che non avete capito nulla di me! È per questo che sono invidiosa di
tua figlia, perché lei ha l’amore della sua famiglia, io non l’ho mai avuto…
sono sempre stata maledettamente sola!”
"Cathe non ti
seguo..."
"allora Bill,
il fatto che sia piena di soldi non vuol dire che i miei genitori mi vogliano
bene, è questo che ho capito grazie a Sylvia, che l'amore per un figlio certo
non è quello che mi hanno dato i miei: è da quando sono nata che sono stata
programmata, diciamo così, per essere la migliore, dovevo essere la più brava a
scuola e guai se una mia compagna prendeva di più in un qualche compito, dovevo
essere la migliore del mio corso di laurea, dovevo essere la migliore della
classe di danza e di ginnastica! per che cosa Bill? perchè i miei non si
accorgano di me? perchè la gente mi veda solo come Mädchen Hoffmansthal e non
come Catharina? sono stufa... sono stufa di tutto questo!
"ma hai
provato a dirlo ai tuoi?!" le disse Bill con aria perplessa, non sapeva dove
quella ragazza volesse andare a parare
"e a che
servirebbe? a niente, mica mi ascoltano!"
"dai non puoi
dire così... pensavo fossi quella che ha un dialogo con i suoi!"
"Bill, adesso
ti spiego come funziona la mia famiglia: è il teatrino dell'ipocrisia... se tu
fai quello che dicono loro, ti comporti come vogliono loro, pensi, agisci e dici
quello che vogliono loro, va tutto bene! se no...ti rimarcano gli errori in
continuazione: e io ci sto male! per non parlare poi di quello che facevano gli
altri, sempre perfetti, stima di me zero invece! sempre qualcuno più bravo di
me... più bello di me... poi grazie che sono complessata come dici tu!"
il ragazzo
arrossì -come ha scoperto che la considero complessata?!magari gliel'ha detto
mia madre...-
“Cathe ma non
potevi dire ai tuoi che non ti andava bene, non potevi mandargli qualche sorta
di messaggio?!”
“e a cosa
sarebbe servito? Gliene ho mandato uno nella vita, anche grosso, mica l’hanno
ricevuto… erano troppo occupati a pensare a loro stessi, come se non avessero
una figlia… per tanto così perché mi hanno messo al mondo? Perché?”
Cathe
continuava a tirare pugni al volante con una mano, Bill gliela prese:
“calmati,
così ti fai del male…”
“sai che me
ne frega, sai quanto me ne vorrei fare… non ce la faccio di nuovo più Bill… lo
sento!”
“dai non dire
ste cazzate… sfogati, vedi che un po’ ti aiuta…comunque… come hai capito che non
ti va più tutto questo che fino a qualche giorno fa invece ti andava
benissimo!?”
“non lo so..
boh, cioè si lo so benissimo ma mi sembra una cazzata! allora fatto sta che non
credo sia solo da due giorni che non mi va più bene la mia vita ma almeno da 2 o
3 anni… è da tutto sto tempo che ci rumino su ma per bene l’ho capito l’altra
notte! Mi sono rimessa a guardare delle cose… e ho capito che se non faccio
qualcosa stavolta finisco davvero male… Bill cazzo qua finiamo male…
guarda davanti il cartellone: 22 km di coda???!!!”
I due
fissarono il cartellone luminoso che sovrastava l’autostrada… 22 km certo non ci
volevano, considerando che mancavano ancora 300 km a Francoforte, erano le 11 e
un quarto e alle 4 c’era il soundcheck! E se non erano lì alle 4 la vita di
Catharina poteva dirsi finita causa Kipp!
“siamo nella
pupù Bill!”disse la ragazza con tono ironico “certo che furbi a mettere 22 km di
coda ma non a dire che inizia appena hai finito di leggere il cartello! Cacchio…
tanto vale spegnere il motore…”
“e svaccarsi
un po’… posso mettere i piedi sul cruscotto…!?”
“se in cambio
ascolti ancora un po’ la Cathe sì… ed è una mega concessione che ti
faccio!”
“quella di
ascoltarti?” “no… i piedi sul
cruscotto..sta macchina si deve venerare!!”
Bill con fare
ironico iniziò ad accarezzare i sedili e a sbaciucchiare il poggiatesta: “va
bene così?!”
“cretino…!”
disse Cathe facendo finta di picchiarlo “no dai comunque… appurato che la mia
famiglia mi fa schifo e devo dirglielo anche a costo di farmi sbattere fuori di
casa… sì cacchio… ma lo sai quante cose mi sono persa nella mia vita? Lo
sai che il
primo concerto a cui sono stata siete stati voi? Cioè la settimana scorsa...
perché se no mi sentivo
mia madre che
dice che è sconveniente per una ragazza andare ai concerti, che una brava
ragazza va solo in posto dove può conoscere la gente giusta!?!ti rendi conto che
io a 20 anni dovevo tornare a casa a mezzanotte che se stai in giro dopo sei
solo una puttanella?! Ma io ne ho i coglioni pieni!!!” si girò verso Bill con
gli occhi iniettati di sangue e l’unica cosa che vide fu il ragazzo che era
piegato in due dal ridere sul sedile
“ti fa ridere
vero?!”
“si…
ehhehehe… cioè mi stai dicendo che tu non sei mai andata a un
concerto?”
“no…”
“tagliato da
scuola?”
“no…”
“preso
6?”
“mai preso
meno di 1 e mezzo!”
“che schifo…
mai tornata tardi?”
“no…”
“mai
sbronzata?”
“mai…”
“fumata?”
“mai…”
“beccata a
letto con uno?!” disse con aria maliziosa il cantante
“no… ma ho
beccato mia mamma che faceva… ci siamo capiti cosa a uno… ed è stato uno dei
momenti più schifosi della mia vita… soprattutto perché quella stronza
benpensante mi disse: tieni la carta di credito e sparisci, e non dirlo a papà…
come se fosse la cosa più normale del mondo per lei, ti giuro ho pianto tutto il
pomeriggio, piangevo perché pensavo fosse colpa mia che ero entrata in camera
dei miei… capito a che livello ero e sono tutt’ora?!”
“Cathe
scusami, non immaginavo… tua madre è proprio una merda posso
dirtelo!?”
“Tranquillo
me ne sono accorta… ma la merda sono io: come cazzo ho fatto a pensare per anni
che fosse colpa mia… ero talmente succube!” la ragazza voltò la testa verso il
finestrino, non aveva il coraggio di guardare Bill negli occhi ma fu costretta a
voltarsi quando Bill le mise una mano sulla spalla: di solito avrebbe
interpretato quel gesto malamente, sarebbe scappata o indietreggiata, ma quel
giorno Cathe rimase lì: “Bill come
faccio… perché non ho mai fatto nulla di testa mia? Perché?”
“perché ti
hanno inculcato un dannato senso del dovere… e ti hanno rovinato! Tu sei una
ragazza spettacolare, davvero lo dico
sinceramente,
sei veramente in gamba!ma devi crescere per conto tuo.. devi sbagliare, devi
fare scelte
azzardate,
devi rischiare, devi dire a tuo padre che tua mamma l’ha tradito, devi toglierti
dei pesi dalle spalle!”
“ma perché
devo soffrire?! Cavolo perché nessuno mi vuole bene?!”
“no, io ti
voglio bene, i ragazzi ti vogliono bene, magari non lo dimostrano ma te ne
vogliono, Sylvia te ne vuole, Jutta te ne vuole…Cathe non esistono solo i tuoi a
questo mondo, te ne puoi sempre andare di casa, te ne puoi liberare di loro,
magari ci metti tempo a superare tutto ma se gli parli, se gli dici come stanno
le cose, se gli sbatti la porta in faccia, sei tu quella che ci guadagna! Perché
tu vali indipendentemente dal tuo cognome, tu non sei come loro, se lo fossi in
questo momento non saresti qui con me, in questa macchina, in questa coda, a
correre fino a Francoforte! Saresti a fare la ragazza ricca e viziata… i tuoi
hanno sbagliato, e tanto, dai discorsi che mi hai fatto hanno sbagliato, ma tu
non sbagliarti a non iniziare a vivere la tua vita! Hai una gran forza di
volontà, ne puoi uscire!”
“Bill… ma io
l’ho esaurita tutta la mia forza… non ce la faccio a passare di nuovo l’inferno
per uscirne…” scoppiò in lacrime, Bill non poté fare a meno di avvicinarsi e
prenderla tra le braccia, aveva paura che la ragazza potesse rifiutarlo, ma
doveva farle sentire fisicamente la sua presenza per farle capire che lui era lì
e che non l’avrebbe abbandonata.
“quale
inferno Cathe?tu non sai cos’è l’inferno…” le disse con un tono un po’ triste,
pensava a Sylvia e alla sua morte,
“Bill io
all’inferno ci sono stata due anni fa per colpa di un ragazzo, tra le cui
braccia mi aveva spinto mia madre…e io come una scema me ne sono pure
innamorata, il risultato se lo vuoi vedere è sul palmare, me le ha scattate
Jutta, quando ci siamo conosciute ero così… le tengo per ricordarmi come posso
finire…e quanto ho sofferto!” Cathe afferrò la borsa da sotto il sedile, pigiò
un paio di tasti e sporse il palmare Bill che non appena vide lo schermo sgranò
gli occhi e assunse un espressione sconvolta. Cathe non riusciva a guardarlo
negli occhi e continuò il suo discorso:
“non so se
sono più incazzata con lui, con mia madre o con me stessa per come mi sono fatta
trattare, ma ero veramente innamorata, fuori completamente… è veramente uno
stronzo quel ragazzo, l’ho soprannominato lo Stronzo, solo che lo trovavo bello
da morire, simpatico, era il classico bello e impossibile, solo che per lui io
ero nulla, al massimo un mezzo per arrivare, sai la Hoffmansthal, con un cognome
simile gli si sarebbero aperte tutte le porte… probabilmente è per quello che ci
stava, a scarrozzarmi,a portarmi in giro, a mostrarmi agli amici come un trofeo,
a me andava bene pure quello pur di stargli vicino, ma a lui invece ho sempre
fatto schifo… cavolo ci siamo solo baciati una volta, il mio primo bacio, a 20
anni per altro, ma non oltre. Sul mio fisico aveva sempre la battuta pronta, sul
fatto che avessi il culo grosso, le gambe grosse… mi diceva sempre che mia
cugina aveva un bel fisico, o che la tale ragazza aveva un bel fisico, erano
degli scheletri quelle ragazze, ma avevano anche una costituzione diversa dalla
mia, erano più piccole di altezza, non 1 e 70 come me. Io come una scema ci sono
cascata, ho smesso di mangiare, pensavo che se fossi stata come mia cugina lui
sarebbe stato con me… per davvero, non come amico! E più dimagrivo più lui
continuava a dire “Klara, Klara, Klara… Klara qui, Klara là”… finché non si è
messo con Klara, mia cugina… e io ho smesso di mangiare, ho iniziato a mettermi
le dita in gola, a vivere d’aria e di acqua, sono diventata anoressica Bill e
per giunta andavo avanti, non so come ma avevo una forza in corpo tremenda,ero
un panzer in quel periodo, finché Jutta non mi ha messo davanti una mia foto di
come ero prima, sana,felice… con me davanti allo specchio e mi ha detto che di
stronzi ne incontrerò ma che non potevo finire male, non potevo ridurmi a una
larva come avevo fatto; è stata Jutta a salvarmi, a
cercare di
cambiarmi, mi ha fatto praticamente da mamma… mi ha aiutato a tornare a mangiare, mi
ha fatto capire che si può essere belle anche non portando la 30! Ti giuro
Bill,all’inferno ci sono stata, si chiama anoressia! è un inferno perché non sei
né vivo né morto!”
L’unico suonò
che si sentì in quella macchina furono i singhiozzi di Catharina: era disperata
per aver messo Bill al corrente della sua storia,della sua personale tragedia,
della sua inadeguatezza come l’aveva sempre definita lei per minimizzarla;
della sua
malattia, come la definì Bill che non smetteva di abbracciare a cullare
Catharina. Si sentiva un po’ responsabile, gli sembrava di aver forzato la
ragazza a parlare e soprattutto non riusciva a trovare le parole da dirle -Cathe
perché l’hai fatto?- pensò il ragazzo –perché soffri così per uno che non merita
la tua considerazione?!-
“perché
Cathe?”
“non lo so
Bill, non voglio saperlo forse… mi sento scema, è che ho un disperato bisogno di
sentire che qualcuno mi vuole bene, un disperato bisogno di affetto e amore e
pensavo che così facendo ne avrei ricevuto da lui e da mia madre… invece no!”
la ragazza
continuava a singhiozzare mentre Bill la stringeva: non si voleva allontanare da
lui, le sue braccia
rappresentavano una sorta di culla, le sue spalle un paradiso
ovattato rassicurante, il suo respiro nei suoi capelli il tocco di un angelo:
lui era lì, per lei, in quel momento. Non le chiedeva niente, se non di essere
sincera e di confidarsi, di liberare il suo cuore dal peso che si portava
dietro.
“Cathe…
adesso come stai?” aveva bisogno di certezze Bill in quel momento, per sapere
come aiutarla
“ne sono
fuori! Mi ha aiutato Jutta, la mia amica Sabine, ne sono fuori… ora mangio,
sano, il giusto, per carità ho una 34/36 come ho sempre avuto ma non una 30, né
mi metto più le dita in gola…”
“Cathe…
l’avessi saputo… forse sarebbe stato diverso…”
“non credo,
mi avresti considerato una viziata anoressica, come io se avessi saputo di
Sylvia non ti avrei considerato così ma mi sarei comportata da bigotta… Bill non
erano maturi i tempi…”
“lo so… e me
ne pento… vedi, siamo partiti con il piede sbagliato, dobbiamo recuperare, anche
con i Tomi, Georg e Gustav! Glielo vuoi dire o aspetti il momento
giusto?!”
La ragazza
riemerse dalle braccia di Bill, non si era mai sentita protetta come in quei
momenti, lei che non si sedeva a meno di un metro da un ragazzo si era
finalmente lasciata andare e aveva accettato quell’abbraccio simbolo di
protezione, affetto e dedizione…
“glielo DEVO
dire… l’ho detto a te perché mi hai detto di Sylvia, ti sei aperto con me, mi
hai detto della tua più grande gioia e del tuo più profondo dolore… era giusto
che ti parlassi della mia sofferenza più grande, gioie da raccontarti forse non
ne ho…ho piccole cose, ma non mi sono mai sentita veramente felice, non mi sono
mai divertita…”
“grazie
allora Cathe…”
“perché
Bill?”
"perchè mi stai raccontando
queste cose.. perchè ti stai fidando di me! Io di solito ho avuto questo genere
di rapporto solo con Tomi o Georg o Gustav, mai con altre persone… voglio
instaurarlo anche con te, voglio veramente che tra noi le cose funzionino, in
tutti i sensi!”
“davvero?
Davvero mi accetteresti come amica?”
“Io, Tomi
Georg e Gustav, tutti e 4… ormai sei parte della squadra e della nostra vita…
ormai siamo un gruppo!”
“grazie
Bill…davvero! Non sai come ne sono felice!”
“però Cathe
mi devi fare una promessa…”
“certo…
quale?”
“che se
incontriamo lo Stronzo… tu me lo indichi, così io e gli altri gli spacchiamo la
faccia…”
Cathe scoppiò
in una fragorosa risata, in effetti non aveva mai considerato l’opzione violenza
fisica e la trovava piuttosto allettante, anche perché veniva da Bill e mai si
sarebbe immaginata che quel ragazzo potesse dire una cosa simile
“non ti
immagino che pesti qualcuno…mi sembri troppo riflessivo per farlo…”
“in effetti
ero io che venivo pestato, ma quando nella vita prendi tanti calci nel culo poi
ti viene una gran voglia di restituirli!”
“già..
concordo…Bill grazie ancora, ho fatto bene a parlare con te!”
“figurati te
l’ho già detto, ma adesso basta parlare di cose tristi… ho deciso che da oggi
inizierà la nuova Cathe…”
“cioè?!”
“quanti km
abbiamo ancora di coda?”
“temo una
decina…” non fece in tempo a finire la frase che Bill aveva già acceso la radio:
“vediamo la collezione dei CD della Cathe… Green Day, Metallica, Gun’s and Roses,
brava…hai buon gusto… Aerosmith, Manowar… questi sono pesanti… Celine
Dion?”
“molto
rilassante…”
“beh
indubbiamente… Moulin Rouge?!”
“colonna
sonora… lasciamo stare… andava di moda…”
“ah beh… oh
bello questo… Tokio Hotel, sì dicono che siano bravi…ehehe..”
“li ho anche
originali, gli altri sono masterizzati!”
“complimenti… la pirateria è un reato! Tu ci
lavori per la discografia… potresti avere meno stipendio!”
“no no, i
vostri sono originali, la mia percentuale è rispettata…”
“scusa quanto
ti danno?”
“5% di quando
incassa la Universal… che è tanto fidati… qualche soddisfazione me la sono
tolta!”
“tipo questa
macchina?”
“no questa
l’ha pagata papà… giusto 120 000…”
Cathe guardò fuori dal finestrino per evitare di fissare lo sguardo di Bill e
soprattutto la sua mascella che stava cascando.
“mi scusi…
poi non lamentarti se ti do della riccona… ma non dovrebbe costare
meno?”
“è blindata e
ho su 20 000 euro di impianto stereo…”
“che schifo…
meglio di quello dei nostri concerti… in effetti ultimamente non è un gran
che…”
“si ma non ti
preoccupare, ho già chiamato un mio amico che lavora in Sony e porta giù qualche
booster e filtro… vedi da stasera come sarà!”
“beh almeno
il 5% te lo guadagni…” i due scoppiarono a ridere…
“beh comunque
ho anche l’Ipod con relativo jack, il più delle volte metto su
quello…”
“tu vivi di
musica vero Cathe?!”
“musica e
anime giapponesi...”
“preferiti?”
“the secret of blue water e
last exile, un po’ anche evangelion e FMA…”
“ho visto
qualche puntata di evangelion, ma gli altri no… il primo non l’ho mai
sentito…”
" lo
passano su RTL2 ma raramente… però mi piace che c’è un personaggio che si chiama
come me…”
“Catharina?”
“no… non ho
solo Catharina come nome…”
“eheh… non
dirmi che ti chiami Moritz Hagen anche tu…”
“peggio…
Georg non può lamentarsi… il nome completo è Catharina Electra Sophia
Marianne Von Hoffmansthal Lugensius! Già da allora avrei dovuto odiare mia
madre…”
“Electra ti
sta bene come nome…”
“Electra è un
personaggio complesso… te lo dice la nipote del drammaturgo
Hoffmansthal”
“ma scusa la
mia ignoranza ma Electra non era un personaggio mitologico greco?!”
“sì ma il mio
trisavolo ne ha riletto la figura inserendola in un contesto analitico moderno…
Bill per favore non iniziamo a fare gesti che ti rompi… ignorante!”
“scusatemi
Catharina, Electra, Sophia e anche Marianne!” “cretino…”
I due
andarono avanti fino a Francoforte a ridere e scherzare, a cantare con la radio
a tutto volume, finchè non arrivarono al Dome dove li attendevano gli altri tre
Tokio Hotel, David ma soprattutto un arrabbiatissimo Kipp!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** la vendetta di Electra ***
eccomi qui... nuovo aggiornamento!!!
Capitolo
10: la vendetta di Electra
se non siete
mai stati in un dome tedesco, forse non riuscite a capire cosa vuol dire spazio
sterminato unito a eco rimbombante... forse mai neanche Cathe e Bill l'avevano
capito, finchè Kipp non li accolse con un urlo:
"dove cazzo
siete finiti voi due?" Beccati in
pieno, colpiti, silurati, affondati!
"ma siete
deficienti o cosa? credete che si possa sparire così? ieri sera avevate un after
party... tu Bill di sicuro e tu Catharina pure! venite pagati per lavorare, non
per fare le rockstar! Kaulitz tu con 'ste tue cazzo di storie di tua figlia mi
hai quasi rotto, ringrazia che non vi sciolga il contratto, giusto perchè mi
fate fare un bel po' di soldi, e perchè sei anche bravo, sai cantare... ma
azzardati ancora una volta a sparire così e vedi cosa ti succede, e non me ne
frega se tua figlia stava male, la prossima volta chiami il medico ma non ti
precipiti tu! Catharina tu invece vieni qui...vieni pure qui..."
Bill le
strinse una spalla come a dirle -tranquilla io ci sono, hai passato di peggio-
mentre gli altri 3 ragazzi
iniziavano a fare battutine:
"100 euro che
la licenzia nel giro di un minuto!" disse Tom,
"no almeno 5
e poi la manda fuori, vedo 150" gli rispose Georg, Gustav invece disse: “500 che
resta!” i due lo guardarono e
scossero la testa, a giudicare dall’arrabbiatura di Kipp era impossibile che
Cathe rimanesse a lavorare con loro; li raggiunse Bill e i ragazzi lo salutarono
affettuosamente: “ehi fratellone e Sylvia?”
“sta bene
Tomi, davvero…per fortuna c’era Cathe, cavolo adesso è nella merda per colpa
mia!”
“tranquillo,
Kipp fa la voce grossa ma non le dirà nulla…” gli disse Gustav
“io non ne
sarei molto sicuro” gli rispose Georg “stavolta non è proprio una cosa da poco,
trascina via da un after party
sotto un diluvio la star della serata, in più è irreperibile al cellulare per
quasi 20 ore, fisso che la licenzia in tronco, Kipp non è uno che va tanto per
il sottile su certe cose, lo conoscete anche voi!”
“in effetti,
cavolo è colpa mia non dovevo coinvolgerla!” disse Bill di botto mentre con gli
altri tre amici continuava a guardare verso Catharina e Kipp.
“allora
vediamo di capire la situazione, tu sparisci, sotto una tempesta, senza guardia
del corpo, con il cantante più in voga al momento per farti 200 chilometri e
portarlo dalla figlia, per di più sparisci per più di venti ore e stacchi il
cellulare; ora… o tu sei completamente scema e ti si è fuso il cervello, o non
hai capito dove e per chi lavori, o vuoi essere licenziata! Catharina…” Kipp fece una lunga pausa mentre la
ragazza continuava a fissare il pavimento, non ce la faceva a sostenere lo
sguardo dell’uomo
-cavolo
proprio adesso che le cose stavano iniziando a girare per il verso giusto, che
casinista che sono, non voglio perdere il lavoro, voglio stare con i ragazzi,
non è colpa mia… andava fatto, se non capiscono queste cose forse è veramente
giusto che mi licenzino, perché per me è una cosa che andava fatta, e anche per
Bill, non me ne frega se perdo il posto, era giusto così, spero solo di non aver
messo nei guai i Tokio…-
“Catharina,
tu sei….”
-sono… licenziata, avanti dillo Kipp e
facciamola finita, che tra l’altro stanno tutti fissando ‘sta scena e si
dimenticano del soundcheck...-
“tu sei…una
delle migliori assistenti che io
abbia mai avuto, davvero sei sveglia, hai capacità, hai stile!e soprattutto hai
fegato, di farti 200 chilometri in piena notte sotto il diluvio perché il tuo
cuore ti dice di farlo, è stato il tuo cuore a dirti di farlo perchè
razionalmente è impossibile fare una cosa simile! Non ti ho assunta perché ti chiami
Hoffmansthal ma perché ho visto in te grandi capacità, ho rivisto me stesso in
te, alla tua età… non ti licenzio Catharina, fossi scemo a farlo, hai dimostrato
di essere veramente in gamba e non di vivere all’ombra del tuo cognome! Guai a
te… e ripeto guai a te… se la prossima volta che decidi di fuggire con Bill non
ti porti dietro almeno Saki, se non l’esercito intero! Sommergibili compresi! E
adesso lavorare!!!”
Catharina
aveva cambiato espressione: ora era ufficialmente sconvolta, tutte le sue
certezze su Kipp erano completamente sparite nel giro di due secondi. Come era
possibile che quell’uomo, che non faceva altro che lamentarsi da mattina a sera
dell’operato di qualsiasi suo dipendente, in quel momento le stesse facendo i
complimenti; Catharina non se ne capacitava, quand’era entrata nel dome e aveva
visto Kipp era sicura di aver firmato la sua condanna a morte e invece no, Kipp
l’aveva sorpresa, davanti a tutti, dicendole che le era la migliore: era una
vita che sognava di sentir dire quelle parole da una qualsiasi persona…
indubbiamente le faceva un certo effetto, non era mai stata troppo abituata ai
complimenti, ma soprattutto per lei era la coronazione di un sogno: finalmente
dopo tanto tempo aveva avuto successo nel suo lavoro, e quattro nuovi amici che
la stavano fissando in disparte con un’aria abbastanza preoccupata.
“Ragazzi…….
Pagate!” disse Gustav agli altri due,
“te lo puoi anche scordare” gli disse Tom
“di sicuro quello non è il vero Kipp, non l’ha uccisa, non le ha fatto niente
non ha neppure licenziata… quell’uomo sta male quindi la scommessa non è
valida!”
“solo perché
l’hai persa…”
“non ditemi
che avete scommesso su Catharina...” disse loro Bill con aria di
disapprovazione, “certo fratellino, scommettevamo che l’avrebbe licenziata.
Comunque… come è andato il viaggio… non ci racconti nulla?!” gli disse Tom con
aria sorniona
“non c’è
nulla da raccontare…a meno che non sia lei che lo voglia fare…”
“te la sei
portata a letto!?!?” gli disse Tom con aria sconvolta, Gustav impallidì –fa che
non sia vero-pensò tra sé e sé il batterista
“NO! Non è
successo nulla… cosa credi, non sono come te…”
“Bill non è
come te Tommy!” Catharina li aveva colti alle spalle e Tom dovette ricorrere a
tutto il suo bagaglio di self-control per evitare di arrossire e peggiorare la
sua reputazione davanti a Catharina, aveva paura delle conseguenze della ragazza
alla sua battuta.
“abbiamo
semplicemente parlato…”gli disse la ragazza,
“certo, anche
io “parlo” molto con le ragazze…”
“spiritoso…
comunque non avete un soundcheck? Avanti scattare, suonare, cantare… che Kipp
non mi ha licenziata, quindi al lavoro!!” i quattro scoppiarono a ridere: in
effetti Cathe aveva dato alla sua voce un tono poco minaccioso, sinceramente non
aveva molta voglia di lavorare neanche lei quel pomeriggio, più che altro
avrebbe preferito una doccia bollente e buone ore di sonno, ma le era già stata
fatta una grazia quel giorno, per cui era meglio non abusarne.
“beh… cosa
c’è da ridere?!”
“benvenuta
tra noi Cathe!!” le dissero i Tokio in coro: Bill aveva spiegato agli altri a
grandi linee della conversazione avuta in macchina, anche se aveva sorvolato
sulla malattia di Catharina; se voleva che anche gli altri ne fossero a
conoscenza avrebbe dovuto dirglielo lei.
Tom Georg e
Gustav erano rimasti abbastanza sorpresi dal racconto di Bill, certo non si
immaginavano che Catharina avesse potuto soffrire così tanto, ma anche nel loro
animo in fondo provavano pena per la ragazza, ma in senso buono: dovevano
approfondire l’argomento, ma speravano fosse Cathe a fare il primo
passo.
“grazie
ragazzi!” rispose Cathe “davvero…
ok siamo partiti male, ma adesso voglio… devo dirvi assolutamente un po’ di
cose! Però non qui, davanti a tutti… adesso soundcheck, ve ne parlo dopo a
cena!”
“Cathe, ti
faccio subito presente come sarà questo soundcheck: pietoso!!” Gustav aveva
ragione, l’intero impianto stereo faceva letteralmente schifo,l’audio era
pessimo, i bassi non si sentivano e in più i microfoni, per qualche strano
motivo sconosciuto alla fisica, riuscivano a gracchiare pur essendo
spenti.
“e qui ti
sbagli Gustav, non farà schifo! Resti tra noi che se lo sanno alla Universal mi
fanno fuori veramente, conosco un tizio che lavora in Sony, è un vero mostro
dell’audio, qualsiasi cosa che lui
tocchi dopo è trasformata… gli ho detto di passare di qui…però mi raccomando,
voi non ne sapete nulla se chiedono!”
“potremmo
ricattarla…” disse Georg agli altri facendo l’occhiolino, i tre
annuirono.
“non ci
provate!” “certo Cathe, credici!” le disse Tom con aria molto compiaciuta, la
sua mente stava già elaborando qualcosa…
Per fortuna
furono interrotti da un Saki abbastanza preoccupato: “Catharina, senti c’è uno
fuori che chiede di te… è un tizio un po’ strano… dice di
conoscerti!”
“bel ragazzo
sulla ventina, 1 e 87, un occhio azzurro e uno marrone scurissimo, fisico niente
male, completamente vestito di nero, sceso da Ibiza nera?”
“si… ho
capito lo faccio passare!”
“grazie Saki!
Tokio, perché coralmente vi chiamerò così… è arrivato il mio Noah!”
Cathe iniziò
a trottare verso uno dei varchi di accesso al dome, era praticamente raggiante,
e ciò non piacque molto né a Bill né a Gustav, mentre Tom e Georg si guardavano
stupiti.
-e questo chi
sarebbe?!-pensarono all’unisono Bill e Gustav –cavolo, non sapevo avesse il
ragazzo…accidenti!- Gustav era sconvolto da tale pensiero e infatti cercò di
scacciarlo verso l’angolo più remoto della sua testa, sarebbe stata una profonda
ferita per lui se Catharina fosse stata fidanzata, gli piaceva, era innegabile,
ma cercava di non darlo a vedere: non aveva certo voglia di prendersi una
batosta dalla ragazza, né perderla, né essere preso in giro dagli altri della
band.
“NOAH!!!”
Catharina saltò in braccio al ragazzo appena entrato, che con fare molto
indifferente fece scivolare le sue mani sui glutei della ragazza che per altro
sembrava non dispiacersene troppo;
“ciao
piccola! Allora, come va? Lo so che ti sono mancato!” la ragazza scosse la testa
con aria rassegnata:
“anche le mie
chiappe ti sono mancate?”
“decisamente…” Noah liberò dalla stretta Catharina con un aria
fintamente offesa per aver dovuto abbandonare il campo: era inutile, pur essendo
anni che ci provava in modo più o meno velato con la ragazza si era preso una
ragguardevole collezione di due di picche; ma questo certamente Bill non lo
immaginava, anzi stava fissando in cagnesco Noah –ah beh, certo che se un amico
allunga così le mani… non la capisco proprio quella ragazza! Se le da fastidio
che qualcuno le si sieda accanto!- venne interrotto dai suoi pensieri da
Catharina che stava facendo il giro delle presentazioni:
“Tokio lui è
Noah, Noah loro sono Tom Georg Bill e Gustav! Tutti e cinque vediamo di
comportaci bene!”
“va bene
mammina!” le risposero i cinque in coro…
“allora tu ci
dovresti sistemare l’impianto!?” gli disse subito Bill con aria
provocatrice
“così
dicono…” gli rispose il nuovo arrivato: sosteneva lo sguardo di Bill: -e così
sei tu il mitico Bill… bene bene… hai qualcosa che mi ricorda una certa persona,
e non è una bella cosa!-
“ehm se
allora potessi sbrigarti che abbiamo il soundcheck e stasera
suoniamo!”
“come vuoi
frontman!” Tom Georg e Gustav erano allibiti dal comportamento di Bill, non era
certo il tipo da mettere in difficoltà le persone dell’entourage o men che meno
che ti stanno salvando un concerto, i tre proprio non lo capivano anche se una
teoria nella mente di Tom era balenata, conosceva il fratello meglio di se
stesso e non gli erano certo sfuggiti certi sguardi con Catharina né come avesse
guardato Noah quando aveva allungato le mani sulla ragazza.
“Noah…
andiamo di là… c’è da lavorare!” Cathe richiamò Noah e i due si allontanarono a
grandi falcate.
“Bill con me,
subito!” il tono di Tom non ammetteva repliche: “cosa c’è? Ti sembra il modo?
Quel ragazzo ci sta salvando le chiappe e tu lo tratti così? No ma sei mio
fratello o ti sei bevuto il cervello? Cosa hai oggi? Oggi… non solo oggi… mi
piacerebbe sapere cosa vi siete detti tu e Cathe, è da quando siete arrivati che
praticamente non vi staccate gli occhi di dosso, allora cos’è
successo?”
“niente Tomi,
te lo spiega lei dopo, mi ha raccontato delle cose della sua vita, e col senno
di poi certo non mi aspettavo il comportamento di poco fa da parte di
Catharina!”
“cosa?
Salutare uno che è apparentemente una vita che conosce? Se poi allunga le mani
chissene, mi sembra grande abbastanza da rifilargli un cartone se non volesse,
ma qui fratellino sconfiniamo nella gelosia… o mi sbaglio!”
“ti sbagli!
Eccome!” Bill se ne andò nel camerino, aveva bisogno di stare solo a riflettere,
certo sentirsi le prediche del fratello era l’ultima cosa che voleva.
Tom scosse la
testa e se ne andò con le mani in tasca e il cappellino calato sugli occhi; non
seppe come ma finì vicino alla console audio, forse spinto dalla curiosità di
vedere come se la cavava questo mitico Noah; beh decisamente bene dato che nel
giro di un quarto d’ora aveva praticamente risolto metà dei problemi
dell’impianto audio, ma la cosa che indubbiamente colpì il ragazzo fu il
discorso tra Catharina e Noah:
“qui abbiamo
quasi finito, ti ho aggiunto il paio di filtri passa basso!”
“proprio
quelli dovevi aggiungere?! Odio la parola filtro-passa-basso! ” gli disse la
ragazza con aria annoiata
“e tu invece
cosa vuoi aggiungere? Un altro ricovero alla tua lista semi-infinita? Evitiamo
grazie…”
“ cosa
intendi dire?”
“mi hai
capito benissimo… sto parlando di un certo Bill… siamo alle solite
Cathe?”
“no di certo…
non hai capito nulla Noah, non sai nulla, non far supposizioni!”
“Cathe
guardami…” la ragazza si voltò, aveva gli occhi leggermente velati dalle lacrime
“non ho la minima intenzione di farmi ancora un volo Osaka – Berlino e vederti
in ospedale con un sondino nel naso, mi è bastato una volta, ci è bastato una
volta a tutti, a me, a Jutta, a Sabine e alla Medi… ora se a te piace così tanto
farti del male, fai pure, ma non capisco perché tu insista a volertene fare: è
innegabile che ti ha ridotto a una larva quella testa di minchia…”
“Noah per
favore, linguaggio!”
“no, no…
esistono i termini per indicare certa gente e li uso… parliamoci chiaro: a me
Bill ricorda molto una certa testa di cazzo e non voglio che tu ne
soffra…”
“non è come
lui…” Cathe lo guardava con occhi carichi di riprovazione “non lo conosci perché
lo giudichi?! Mi fai incacchiare quando fai così!”
“perché ti
conosco, perché so che ne potresti soffrire…”
“no… conosco
Bill, so che non mi farebbe mai soffrire, né lui né gli altri ragazzi…e poi
perché proprio Bill?!”
“non venirmi
a raccontare che è Gustav, ti conosco Cathe, cosa credi… ho visto come lo guardi
e come TI guarda, Medi e Sabine mi hanno raccontato un po’ di cose delle vostre
ultime telefonate… pronunci la parola Bill in qualsiasi discorso…”
“no… Bill è
mio amico,è l’unico che mi ha accettato fin dall’inizio… è per quello che parlo
di lui…”
“certo, fino
a quando lo sarà?”
“sa tutto…
gliel’ho raccontato oggi!”
Noah si
lasciò cadere sulla sedia, certamente non si aspettava quelle parole da parte di
Cathe: non era certo la ragazza che raccontava al primo venuto della sua
malattia, anzi aveva difficoltà ad ammetter di essere stata (?! su quest’ultima parola tutti
coloro che la conoscevano avevano seri dubbi) anoressica.
“cos’ha
detto?” Noah continuava a fissare
lo schermo del notebook
“niente… mi
ha abbracciato esattamente come avevi fatto tu!”
“allora ho
sbagliato tutto… sono un pirla…” disse il ragazzo ridacchiando tra sé e
sé
“l’hai detto
tu…” “sì… lo so, comunque… ti fidi
di lui?!”
“mi fido, di
lui e degli altri, te lo giuro su Sophia!”
“non giurare
sulla mia sorellina se poi non mantieni!”
“mantengo…
davvero!” i due si abbracciarono teneramente, mentre Tom era sempre più
perplesso: -Cathe, stasera ci dovrai dire un bel po’ di cose!!-
Il rasta
tornò da Georg e Gustav che parlottavano un po’ tra loro su Cathe e Noah:
“dov’eri sparito Tomi?”
“a origliare
un discorso molto interessante…”
“tipo?”
chiese Gustav precipitosamente con tono abbastanza preoccupato: in cuor suo
sentiva che c’entrava Catharina
“tipo che mi
sa che ci sarà da divertirsi stasera a cena.. quella ragazza ci nasconde
qualcosa di bello grosso…” Gustav e Georg si guardarono sbigottiti e decisero di
andare a cercare Bill per il soundcheck, visto che l’impianto era ormai
pronto.
Effettivamente Noah sapeva fare il suo lavoro, l’impianto del dome
era spettacolare, la qualità del suono davvero pulita e niente microfoni
gracchianti: ci sarebbero solo mancati più quelli a far peggiorar l’umore di
Bill; per tutto il tempo delle prove non aveva fatto altro che squadrare
alternativamente Catharina e Noah, facendo esasperare non poco la band e
l’entourage con i suoi continui errori, e naturalmente anche Catharina che
continuava a ripetergli di cantare in modo quanto meno decente, che in tre ore
sarebbe iniziato il concerto; aveva un mal di testa impressionante dovuto
certamente all’idea di dover raccontare tutto agli altri tre membri dei
Tokio.
“ragazzi vi
devo parlare… seriamente!” Catharina aveva trascinato i quattro
ragazzi in sala relax, Noah era ripartito lasciandola tra mille raccomandazioni,
e sinceramente Catharina aveva preferito che non ci fosse: era decisamente un
ragazzo adorabile, ma a volte esagerava e diventava pesante!
“Bill lo sa,
gliel’ho raccontato stamattina, anche Noah lo sa… c’era anche lui… e mi è sempre
stato vicino, è per questo che abbiamo un rapporto speciale, a volte
equivocabile, ma non è il mio ragazzo, contenti? È mio amico, come spero lo
sarete ancora tutti dopo che uscirete da questa stanza…”
I quattro si
guardarono stupiti e Tom non poté fare a meno di notare lo sguardo sollevato del
fratello che nel frattempo aveva preso posto accanto a Cathe sul divano e le
accarezzava una spalla –e poi dice di non essere geloso- pensò il
chitarrista.
Catharina
armeggiò con il palmare, come aveva fatto la mattina in macchina e lo sporse
agli altri che fissarono le immagini sconvolti; quindi per la seconda volta in
quella lunghissima giornata ripercorse la sua vita:
“quella sono
io due anni fa… mi avevano appena dimesso dall’ospedale, anoressia! Ci sono
finita a causa di un ragazzo e di mia madre!” era un fiume in piena, continuava
a parlare, interrotta solo ogni tanto da qualche singhiozzo: raccontò tutto ai
ragazzi, voleva fidarsi di loro, voleva che la conoscessero in modo che da
potersi fidare di lei!
Tutti erano
sconvolti dalle parole di Catharina: Bill, Georg, Gustav, persino Tom che di
solito non si sarebbe commosso di fronte a nulla era andato ad abbracciarla; in
effetti l’avevano abbracciata tutti in un unico grande abbraccio, l’avevano
definito l’inizio di una nuova Cathe, quella che se aveva problemi o paure
doveva solo correre da loro e confidarsi, lasciarsi andare, non importa se
giorno o notte, o se stavano mangiando o dormendo o facendo altro, anche se in
effetti Tom le aveva detto che se c’erano ragazze in camera con lui
probabilmente le sarebbe convenuto passare dopo per avere attenzione ( e Cathe
sorrise di cuore a quella battuta). Si sentì sollevata , si era tolta un peso da
cuore, anche se forse l’aveva caricato su quello dei ragazzi, ma era sicura che
tutti insieme l’avrebbero superato.
*********************************************************
Due minuti:
due minuti e si sarebbero spente le luce, due minuti e una voce, nel buio più
assoluto e completo, in un irreale silenzio fatto di rumore e grida e urla,
avrebbe detto: wilkommen im Tokio Hotel!
E poi ci
sarebbe stato il caos: luci, un’esplosione di luci, di colori, di fuochi, di
rumori, di batteria, di chitarra di basso…una voce! quattro ragazzi sul palco
che avrebbero salutato il dome e avrebbero dato tutto se stessi, il meglio, con
grinta, con rabbia, per loro stessi, per il loro pubblico, per la troupe, per
David, per le loro famiglie, per Sylvia… e per Catharina!
Era deciso
Bill, quando andò in produzione due minuti prima di iniziare: doveva farlo per
Catharina, era una sorpresa quella che voleva farle il ragazzo, non solo lui,
tutti gliela volevano fare, ma l’idea era stata di Bill, era lui che aveva
deciso che quella sera la scaletta delle canzoni sarebbe cambiata, non tanto,
solo il primo pezzo: era la canzone che lui aveva eletto come sua e di Cathe, la
canzone che li aveva, per così dire, uniti quella notte, durante quel viaggio,
assaggio di quello molto più lungo che stavano per intraprendere.
“stasera
iniziamo con “By your side”…le altre semplicemente scalano … non dite nulla a
Cathe!” li aveva lasciati a bocca aperta ed era corso via, sistemandosi le
cuffiette.
Cinque
Quattro
Tre
Due
Uno
Buio, totale,
profondo… la platea silenziosa.
Luci! Su
Gustav, su Georg, su Tom… Iniziarono a suonare. Bill iniziò a cantare: era
rimasto dietro il palco e sarebbe salito dopo la prima strofa, il pubblico
l’interpretò come un effetto studiato e preparato ed esplose in un
boato.
Catharina
invece capì cosa vuol dire vivere. Lì, a bordo palco, in quella calda sera
dell’8 giugno!
Era stata una
sorpresa, se ne rese conto dalle prime note che si diffusero, se ne rese conto
quando Bill arrivò e la abbracciò da dietro, quando le cantò nelle orecchie la
prima strofa:
No one knows how you
feel
No one there you'd like
to see
The day was dark and full
of pain
Corse sul
palco, continuò a cantare la canzone, fino all’ultima strofa: tutti e 4 i Tokio
si girarono verso Cathe che era rimasta pietrificata dietro le quinte, appena
scesi dal palco; le cantarono tutti e 4 la strofa… era una promessa…la loro
promessa!
I'm by your
side
Just for a little
while
We'll make it if we
try
Il resto del
concerto fu come sempre… trionfale!
“voi siete
pazzi!!” Cathe li accolse con
quelle parole e un sorriso stampato da un orecchia all’altra “siete veramente
dei tesori!” piangeva, li abbracciava e piangeva.
“dai non
piangere… stasera si festeggia! È andato benissimo ‘sto concerto!” le disse Tom
mentre le asciugava le lacrime con una carezza… Tom, lui, in persona! Da non
crederci!
“certo che
stasera si festeggia!” gli fece eco Bill prendendo a braccetto Cathe e
trascinandola verso i camerini, mentre dall’altra parte la accompagnava Gustav,
Georg e Tom preferivano vedersi lo spettacolo del lato B della ragazza, che per
altro se ne accorse:
“smettetela
voi due!”
“come quel
deficiente dica che tu hai il culone… bah, è un gran bel culo il tuo!” le disse
Georg o Tom annuì aggiungendo: “stasera metti qualcosa di carino grazie… si
festeggia, stasera assaggerai la cosa più buona del mondo!”
Cathe si girò
con aria schifata : “non ci tengo…”
“sto parlando
della vodka!” le disse Tom ammiccando
“pensavo
altro…”
“ma va?! Non
l’avevamo capito…”
La ragazza
scosse la testa… per fortuna era sempre il solito vecchio Tom, si stava
preoccupando!
*********************************************************************
-cosa mi
metto? Uffi hanno detto vestito ma l’unica cosa che ho è cortissimo, mi sento a
disagio, poi non ho delle gambe belle… -
Se ne stava
in mezzo alla sua stanza d’albergo a contemplare il vestito che si era portata
classificandolo come non-si-sa-mai: appunto! Era un bellissimo D&G, con
pailettes e inserti borchiati, poco fine per i suoi canoni, ma se non lo
comprava Jutta le toglieva il saluto per cui aveva messo mano alla carta di
credito. Non era molto convinta fosse la soluzione migliore finchè non sentì
bussare alla porta quattro scalmanati: aprì dimenticandosi di avere ai piedi le
famose pantofole con gli ippopotami ma soprattutto la maglietta che usava come
camicia da notte: XXXL, degli Iron Maiden.
Quando Gustav
e Georg la videro prima assunsero un espressione sconvolta, poi felice poi si
buttarono in ginocchio e urlarono
all’unisono: “grazie che hai ascoltato le nostre preghiere…”. -Metallari
falliti!-pensò Catharina –non hanno mai visto una ragazza con la maglietta degli
Iron? Cosa credono che ascolti?-
Tom e Bill
spalancarono gli occhi, più che altro stavano fissando le gambe mozzafiato della
ragazza: lei le considerava brutte ma in realtà erano state modellate da anni di
ginnastica e danza, per cui erano affusolate, muscolose ma magre.
“lasciando
perdere i commenti di ‘sti due, perché non sei ancora vestita?” le disse
Tom
“è troppo
corto…”
“con le gambe
che hai ti puoi permettere qualsiasi cosa… fila a cambiarti!”
Controvoglia
la ragazza richiusa le porta e tornò dopo due minuti vestita di tutto punto e i
ragazzi ebbero letteralmente le mascelle cascanti: vestito a mezza coscia che
lasciava scoperta un po’ la schiena, scarpe tacco 10 coordinate, pochette nera di Hermes, i
capelli sciolti e morbidi a boccoloni (per la prima volta dopo tanto tempo non
aveva la coda), trucco leggero tranne che le labbra, carnose, rosso ciliegia,
che facevano risaltare la carnagione e i profondi occhi azzurro- blu.
Tom, Georg e
Gustav si avviarono verso l’ascensore, in silenzio…era bastato uno sguardo ai
tre per capirsi, e per capire Bill, per capire la sua espressione.
Il cantante
si avvicinò alla ragazza, sia accorsero di essere pericolosamente vicini dai
loro profumi: la chimica che si era creata in quel momento non si poteva certo
studiare su nessun testo, non c’era nessuna reazione che giustificava il perché
Cathe fosse attratta dal profumo di Bill e Bill da quello di Cathe… eppure era
lo stesso profumo che usavano ogni giorno, ma quella sera era più buono,
maledettamente più buono, insospettabilmente più penetrante e profumato, più
alchemico.
“sei
bellissima! Davvero…” le disse mettendole una mano sulla spalla “quello Stronzo
certo non si merita una come te!”
Cathe rimase
sconvolta, con il cuore che le batteva a mille e una certezza nell’animo: quella
sera doveva fare una cosa, per se stessa e per i ragazzi, al costo di dare un
calcio a Catharina e liberare l’Electra vendicatrice che era in lei.
Si parò
davanti ai Tokio in ascensore, mentre scendevano nella hall dell’albergo:
“sapete come mi chiamo di secondo nome vero?!” “Electra…” risposero i quattro in
coro “bene… Electra, stasera si vendica! Lo devo fare per chiudere un capitolo
della mia vita, per il mio sistema nervoso! Venite con me!” I quattro la guardarono
stupiti mente correva verso il ponte poco distante dall’albergo: si poteva
godere della vista di tutta la città di Francoforte, si poteva inspirare il
profumo della città, della notte… della vita che meritava di essere vissuta e
assaporata; la raggiunsero un po’ trafelati… Cathe aveva tirato fuori dalla
borsa un ciondolo, poco costoso e di poco valore, che però lei si trascinava
dietro come ricordo di quel ragazzo che l’aveva solo fatta soffrire; decise che
per liberarsi di tutto un capitolo della sua vita, doveva liberarsi anche del
primo o ultimo legame a quella vita: “me l’ha regalato lui!” disse rivolta ai
Tokio “se me ne libero, è finita per sempre… se lo lancio, poi gli spacco la
faccia ed è finita!”
Tom, Georg, Gustav annuirono, Bill la
guardava negli occhi e le sorrideva, dolcemente, con affetto…
con amore…:
“ora…
Catharina!” La ragazza lanciò verso il fiume il ciondolo, urlando un catartico
vaffanculo seguito dal vero nome dello stronzo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** una nuova amica ***
ehilà.... buonasera a tutti...
ecco un nuovo capitolo! lo ammetto già adesso, mi sa che non è venuto benissimo,
ma sono in preda alle mie elucubrazioni mentali pre-weekend, quindi
accontentatevi!
che sto dicendo?! bah... ho
bisogno di ferie...
allora... ringrazio tutti coloro
che hanno recensito e mi danno la forza di andare avanti! tranquilli,
comunque Bill NON è lo Stronzo, questo simpatico personaggio avremo modo di
vederlo poi ma non preoccupatevi...
buona lettura e grazie ancora a
tutti!!!
Capitolo 11: una nuova amica
Cartone… no non cartone,
moquette: sì moquette era la parola più indicata per definire la sensazione sul
palato di Cathe, le sembrava di avere in bocca della moquette talmente era
impastata a causa dell’ingente quantitativo di vodka ingerito unito alle poche
ore di sonno; troppo per una che non aveva mai bevuto, già tanto che non avesse
vomitato ma anzi aveva retto decisamente bene, forse meglio di Georg che aveva
passato metà della serata chiuso in bagno e non con la bella ragazza che aveva
rimorchiato.
-quanto ho bevuto ieri sera?
Ieri… stanotte… cazzo sono le 9 e mezza, solo 3 ore di nanna…- si guardò allo
specchio: - blah,che schifo che faccio…ho bisogno urgente una doccia mega, di un
chilo di Aulin e di cioccolato!-
Si trascinò verso il bagno
disseminando in giro per la stanza i vestiti, non si era neanche messa la sua
maglietta XXXL per dormire, in effetti non si ricordava molto di come fosse
arrivata nella sua stanza, aveva un ricordo confuso di avere male ai piedi e che
Gustav la sorreggeva: -no mi portava in spalla, decisamente mi sembrava così, ma
non so… però aveva un buon odore, non sapeva troppo di alcool… bah!-
Si lanciò sotto la doccia
sperando di riprendere almeno qualcuna delle sue facoltà mentali, o almeno dei
suoi ricordi che apparivano fin troppo confusi ma che le stavano pian piano
riaffiorando mentre l’acqua bollente le scorreva su viso e capelli; rivide le
scene della serata come in un film, si ricordò di lei sul ponte, dell’applauso
scoppiato da parte dei ragazzi giusto per non attirare l’attenzione di nessuno,
della mega festa che, per una volta, era stata divertente, del primo bicchiere
di vodka alla fragola che aveva ingurgitato nella sua vita –e hanno il coraggio
di chiamarla Caipiroska,-pensò - lì c’era solo vodka… neanche troppe fragole- e
anche del secondo, e del terzo; del ballo con Tom e del fatto che le si era fin
troppo strusciato addosso, di Georg completamente ubriaco che aveva trascinato
una valchiria bionda sul divanetto costringendo lei Bill e Gustav a spostarsi,
di Gustav che la fissava adorante ma che non aveva avuto il coraggio di ballare
con lei neanche dopo le sue continue richieste –non lo capisco proprio, prima mi
fa una radiografia e poi se ne sta lì tutto solo, però almeno mi ha portato in
braccio se no poveri i miei piedi!-, di Tom che aveva visto andar via con due!
ragazze, di Bill, forse troppo bevuto, scatenato come lei sulle note di
Played-a-live dei Safri Duo, canzone troppo ritmata per quel vestito decisamente
troppo corto… li aveva ben visti David e Benji che guardavano insistentemente
nella sua direzione, o meglio in quella del suo bacino.
-che serata!! Però mi sono
divertita un mucchio…- si vestì e si truccò con molta cura per nascondere le
occhiaie ma non riuscì a mettersi LA lente a contatto, ebbene sì, la lente dato
che in un occhio aveva otto decimi, mentre nell’altro ci vedeva benissimo
–scherzo della natura ambulante, faccio schifo!-
Soprattutto non riuscì a
infilarsi le scarpe col tacco: continuava a fissarle, rimirarle, guardare, ma
certo non ce la faceva a infilarle…aveva i piedi distrutti dalla precedente
serata su un paio di nuovi e fiammanti D&G da dieci, e l’idea di dover
camminare tutto il giorno su altrettanta tortura certo non l’allettava. Scarpe
da ginnastica neanche a parlarne, faceva troppo caldo, optò per un paio di
ballerine, il paio di scarpe che preferiva, non tanto perché la facevano
sembrare una novella Audrey Hepburn, ma perché essendo della Repetto, nota marca
di scarpe da danza, volevano dire comodità, comodità, comodità!
Uscì dalla sua stanza diretta a
fare colazione,e nel corridoio incontrò Gustav, mattiniero e apparentemente in
perfetta forma:
“buondì Cathe… “ solito sorriso
da un orecchia all’altra, Cathe adorava il buongiorno di Gustav, la faceva
sentire per pochi istanti il centro del mondo, era un vero buongiorno, detto con
il cuore e non uno degli strascicati mugolii dei Kaulitz, men che meno il grugno
di Georg,
“buon giorno a te Gustav!” gli
rispose la ragazza cercando di dare un’intonazione poco assonnata
“dormito poco eh?!”
“sì… da cosa l’hai capito? Dalle
occhiaie o dalla voce?”
“3 Caipiroske a stomaco vuoto
stenderebbero anche un camionista! Figurati uno scricciolo come te… per fortuna
lo sei… se no ti saresti scordata che ti avrei portata in braccio!”
“non so come ringraziarti,
veramente avevo i piedi distrutti…sarei arrivata strisciando!”
“eheh… si infatti noto che per
una volta non hai il solito tacco, almeno non mi sento nano vicino a te…”
“dai… solo perché siamo alti
uguali, almeno con i tacchi riesco a guardare negli occhi certe pertiche di nome
Kaulitz…”
“con o senza gli
occhiali?!”
“spiritoso, li hai su anche tu stamattina…”
“dopo una serata come ieri, le
lenti proprio non riesco a metterle, è inutile! Non sapevo portassi gli
occhiali!”
“ma in effetti è solo per un
occhio, al destro ci vedo benissimo, ho la lente neutra… misteri
dell’ottica!”
“già…”
Arrivarono nella sala colazioni e si trovarono
davanti gli altri tre membri dei Tokio, con la stessa aria assonnata e occhiaie
profonde che Bill in qualche modo cercava di nascondere dietro gli occhiali da
sole. La cosa che però non riuscì a nascondere fu il suo disappunto quando Cathe
e Gustav entrarono insieme nella sala: Bill si irrigidì e le sue labbra si
piegarono in una smorfia; Tom se ne accorse subito “calmati… ne abbiamo già
parlato prima… smettila, non farti film che sono perfettamente senza senso!”
-dici bene tu… tanto a te non
frega niente di Cathe…- ripensò al
discorso avuto con il fratello pochi minuti prima, nella loro suite: Bill aveva
svegliato Tom con un balzo sul letto e un ringhio sommesso
“Gustav è nella sua stanza
vero?!”
“Che ne so Bibi… dormi, lasciami
in pace!” mugugnò il rasta, Bill lo girò di peso facendogli aprire gli occhi e
causando nel biondo un inizio di ira
“sono sveglio, contento? Che
vuoi? Sono maggiorenni e vaccinati entrambi, faranno quello che vogliono!”
“NO! Non dopo quello che gli ha
raccontato stasera Cathe… come potrebbe!?”
“sei tu l’unico a cui non
piacciono le one-night-stand, ma sei sicuro che siano insieme… o è uno dei tuoi
solito attacchi di gelosia come ieri con quel Noah?! conosci anche tu Gus, non è
il tipo, ieri sera l’avrà portata in braccio mosso a pietà, sfinito dal continuo
lamentarsi di Cathe per quelle scarpe, da quant’è che andava avanti a pigolare
che le facevano “bua le piotte” eh?!? E comunque perché non ti sei offerto
volontario TU fratello?”
Bill si sedette a gambe
incrociate sul letto, fissava il gemello con aria pensierosa… -già, perché non
gliel’ho chiesto…-
“non lo so Tomi, forse avevo
paura di spaventarla se l’avessi presa in braccio…”
“Bill… questa è la scusa più
stupida, patetica e idiota che abbia mai sentito dire… cosa stai farneticando?
Ma sei fuori? Cioè hai paura di spaventarla prendendola in braccio? Quella
ragazza ha passato cose molto peggiori di un abbraccio da parte di un amico mi
sembra… ora… o tu sei completamente scemo, ti sei bevuto il cervello, l’hai
dimenticato da qualche parte, o tu sei innamorato perso!!”
L’aveva provocato Tomi, per
vedere come reagiva e infatti la risposta di Bill non si fece attendere:
“IO NON SONO INNAMORATO, l’unica
di cui sono innamorato è mia figlia, l’unica di cui mi sono mai innamorato è
stata Sylvia, e ci sarà soltanto lei nella mia vita!!”
“credici fratello…” Tomi si girò
dall’altra parte “comunque, vedi di capire cosa provi per quella ragazza, è da
quando siete tornati che sei strano e iperprotettivo e non dirmi che è solo per
quello che ci ha raccontato… ora, per favore, dato che non vuoi ragionare,
levati dal mio letto e vai da un’altra parte a stressare l’umanità! Voglio
dormire!”
Bill se ne era tornato in camera
di umore ancora peggiore se possibile, che non era di certo migliorato quando
aveva visto entrare Gustav e Cathe insieme.
I due si sedettero al tavolo con
gli altri tre membri dei Tokio che, come aveva previsto Cathe, li accolsero con
un mugugno; stavano già facendo colazione, o meglio Bill e Georg una “sana”
prima colazione, Tom quella che definiva “colazione del campione”: piatto colmo
di uova pancetta e salamini, due o tre panini alla marmellata, dispenser dei
cereali direttamente sul tavolo con buona disapprovazione dei camerieri e degli
altri ospiti, due o tre pacchetti di biscotti, yogurt, tazza grande di caffè
nero bollente macchiato caldo!
“Tom che schifo come fai a
mangiare ‘ste cose” gli disse Georg
“io... notate cosa sta prendendo
Cathe al buffet, quella vuol morire di diabete oggi!”
In effetti Catharina stava
riempiendo una scodella di cioccolata calda, panna, cereali al cioccolato e si
era presa anche un paio di pacchetti di biscotti al cioccolato, tanto per la
serie sono – depressa – quindi – mangio –
cioccolato. Quando tornò al tavolo gli altri, la guardarono increduli, stupiti,
schifati… soprattutto Bill che non sopportava il cioccolato
“Cathe come fai a mangiare
quella roba… è…cioccolato!” e disse il frontman con aria disgustata
“ma è buono, io adoro il
cioccolato, vivo di cioccolato, ero anoressica e mangiavo cioccolato, poco… ma
cioccolato!”
“ah beh indubbiamente con la
linea che hai te lo puoi permettere…” le disse Georg mentre si sporgeva dalla
sedia e cercava di guardarle il sedere; Bill lo incenerì, sia per la battuta che
per la sbirciata
“sai quanto sport faccio! Grazie
che me lo posso permettere… però magari a volte non mangio poi nulla fino a
cena…”
“ah ci mancherebbe…” mugugnò Tom
con la bocca piena
“deh… non abbiamo tutti la tua
fortuna di non ingrassare Kaulitz, poi se divento grassa chi mi porta ancora in
spalla quando ho male ai piedi?!” gli rispose Cathe mentre ammiccava a Gustav
che divenne molto rosso in viso;
-ma lo fai apposta o
cosa?!?-pensò Bill che certo non si era perso la scena –che cacchio ti prende,
ieri piangevi disperata e oggi sei già lì che ci provi con il primo che
passa?!?- si beccò un calcio da sotto il tavolo dal gemello a cui seguì un
occhiata che voleva dire “piantala, era una battuta!”
Per fortuna in quel momento
arrivò David a chiamare tutto il gruppo per la partenza, non c’erano molti
chilometri in programma quel giorno e in tre ore sarebbero arrivati a Dortmund;
l’unico problema che sollevò Georg fu quello della macchina di Catharina:
“già risolto ragazzi! Siamo
riusciti a incastrarla su uno dei camion…quindi viene con noi!” rispose David
“esatto… la mia piccola Giuditta
è stata impacchettata e incastrata malamente… potrebbe riportare danni
permanenti, se mi si graffia…” scena madre di Cathe che, a detta di chiunque la
conoscesse, era maniaca di motori e auto e soprattutto venerava la sua Mercedes
“tranquilla, non soffre, adesso
però muoviti che c’è da fare il check-out! Ah, a proposito, stavi veramente bene
ieri sera con quel vestito…”“maniaco, te e Benji!”
I due si allontanarono ridacchiando
mentre i Tokio li guardavano con aria sconvolta, Georg fu il primo a
parlare:
“mi state dicendo che ha dato il
nome alla macchina? Quella è fuori….”
“si... temo ci aspettano tempi
duri…” gli fecero in coro Bill e Gustav
“ragazzi… rimpiango quasi la
vecchia Cathe…. Burp!” la colazione del campione aveva fatto decisamente effetto
su Tom, che venne guardato malissimo dagli altri 3 per il sonoro “ruttino” nel
bel mezzo della sala colazione di un cinque stelle.
*****************************************************************
Il tour fu un successo
trionfale, spettacolare, meraviglioso… Cathe ne fu decisamente l’artefice, non
l’aveva detto ai Tokio ma mirava a una nomination per il “best tour” anche se
avrebbe dovuto vedersela con mostri sacri della musica che avevano alle spalle
non di certo una ventiduenne e sicuramente molta più disponibilità finanziaria.
Fatto sta che comunque aveva deciso di provarci, c’era tempo fino a novembre per
gli Europe Music Awards e una statuetta in più oltre a quelle già praticamente
ipotecate dai quattro certo non le sarebbe dispiaciuta.
La sera dell’ultima data fu
forse una delle migliori: il concerto era riuscito veramente in tutti i sensi,
l’arena di Amburgo era stracolma e visto che erano nella città in cui
abitualmente risiedevano, i Tokio decisero di fare le cose in grande, molto in
grande... oltre all’ultimo brano suonato on fire , l’intero impianto stereo era
stato modificato da Noah su esplicita richiesta di Cathe e David (leggi avevano
stressato il ragazzo e metà della sua famiglia pur che accettasse di trasformare
l’arena in uno dei più rumorosi concerti mai fatti, degno di un gruppo
metal).
Il concerto fu semplicemente
trionfale.
Quel tour fu però trionfale
anche sul fronte amicizia: in effetti da quando Cathe aveva vuotato il sacco e
Bill le aveva fatto conoscere Sylvia i rapporti erano decisamente migliorati,
erano sempre tutti insieme, sul tour bus finalmente Cathe non si isolava più e
anche se aveva qualcosa da sistemare al PC preferiva farlo stando seduta con i
Tokio, il che, comunque, aveva generato non pochi momenti di imbarazzo quando i
ragazzi erano riusciti a mettere mano al notebook della ragazza (notebook che
per altro aveva un nome, Bertuccio, con gran orrore di Tom per cui se già era
inconcepibile dare un nome alla propria macchina, figuriamoci al portatile!) e a
scoprire un po’ di foto che Cathe avrebbe preferito non fossero di dominio
pubblico:
“tu andavi in giro con i capelli
conciati in quel modo? Sono orrendi, peggio di quelli di Bill quando si alza al
mattino!” le disse Tom mentre osservava divertito un paio di foto della ragazza
con un taglio di capelli non proprio felice
“fanculo!” gli rispose il
fratello “comunque ha ragione, stai malissimo con la frangia…”
“ahah simpatici… andava di moda…
bisognava avere la frangia! Voi non capite nulla!”
“neanche il tuo parrucchiere… se
fossi in te lo denuncerei al WWF per maltrattamenti!”
“ah, simpatico Tomi, giusto
perché non ti sei mai visto allo specchio al mattino, a volte fai letteralmente
schifo! Per non parlare di quanto puzzi a volte…”
“ah… te invece che ci appesti
con il tuo costosissimo profumo!?”
“deh… Miss Dior è buonissimo!
Non capisci nulla…” la ragazza si girò verso Bill “vero che è buono il mio
profumo?!” il cantante emise un poco convinto “jaja” che però a Cathe bastò per rispondere a
Tom “visto… lui è un ragazzo che ne capisce!”
“infatti non mi sembra rimorchi…
o no?! Fratello parlo con te?!”
Bill stava letteralmente
fissando le foto di Cathe impegnata nella danza e nella ginnastica, faceva
impressione la capacità di contorcersi di quella ragazza, ma indubbiamente dalle
foto risaltava una grazia naturale che lasciò senza fiato Bill
“world of beautiful pain!” gli disse Cathe
“Prego?!” le disse il moro mentre gli
altri iniziarono a guardare le foto
“è l’espressione che sintetizza
l’essenza di danza e ginnastica… fa male contorcersi in quel modo, ma ti giuro,
quando sei lì che ti lanci in jeteè o fai capriole all’indietro… non lo so è una
sensazione dolorosissima e insieme bellissima!”
“da quanto tempo fai ‘ste
robe….” Le chiese Georg
“da quando ho 4 anni… ho
iniziato con la danza, poi ho fatto 3 anni di artistica, 1 di ritmica che non mi
piaceva troppo e sono tornata alla danza…”
“a me fa impressone come
contorci il piede, sembra di gomma… avessi io la tua capacità a fare stretching
non mi verrebbero i crampi a fine concerto!” le disse Gustav; in effetti il
batterista spesso si contorceva dal dolore e doveva fare almeno un quarto d’ora
di esercizi defaticanti
“se vuoi ti insegno qualche
esercizio alla sbarra, potrebbe aiutarti per le gambe… tipo così!” giusto per
impressionarli si portò una gamba dietro il collo spingendola verso la spalla
opposta (NDR giuro si fanno questi esercizi e hanno il coraggio di chiamarli
“riscaldamento”!)
I Tokio emisero in coro dei
versi di dolore per Cathe che se ne stava tranquilla con la gamba a
mezz’aria
“comunque Gustav, ne esistono di
più utili, basta tirare un po’ il polpaccio e vedi che i crampi spariscono!”
“sì sì… ma preferisco tenermi i
crampi, ho male per te…”
“no Gus tranquillo, non fa
troppo male, la prima volta sì, ma poi no… ti abitui…” appena finita la frase
voleva rimangiarsi le parole appena pronunciate, era servire su un piatto
d’argento a Tom la battuta, che infatti non tardò.
“eh sì… si sa che a voi ragazze
la prima volta fa male…ma con me nessuna si è mai lamentata” sghignazzò Tom
“dipende un po’ sai… è una
questione di dimensioni,magari non si sono lamentate per quello!”
Touchè… il rasta andò verso il cucinino del bus
borbottando mentre gli altri tre scoppiavano a ridergli dietro; Cathe decise
comunque di insegnare qualche esercizio di stretching a Gustav che apprezzò
molto, in effetti i due erano spesso insieme, si divertivano in compagnia l’uno
dell’altra anche perché per Cathe era decisamente rilassante passare un po’ di
tempo con lui, senza battutine e doppi sensi che normalmente le arrivavano da
Tom e da Georg, né i continui cambi di umore di Bill alternati a momenti di
assoluta tenerezza e dolcezza. Era in effetti un po’ stufa della mutevolezza
dell’umore di Bill, ma non glielo voleva far notare, pensando che fosse a causa
della mancanza della figlia che il frontman era in grado di cambiare di umore
nel giro di soli 2 secondi.
Stanco dei continui scambi di
battute e occhiate tra Gustav e Cathe, Bill decise di raggiungere il fratello;
aveva bisogno di parlare un pochino, quella settimana era stata davvero
stressante, per fortuna erano all’ultima data il che significava che la sera
dopo per fortuna sarebbe stato da sua figlia.
“oh chi si rivede, mister
gelosia!” gli disse acido il fratello
“non sono in vena di battute
Tomi, ho bisogno di parlarti… non ce la faccio più a vederli sempre insieme,
sono sempre lì che parlano e Gus se la mangia con gli occhi… e a volte anche
Georg, prima ho sentito che volevano andare a vedere il DTM domenica, stavano
organizzando, blah quei due mi danno fastidio… si butterebbero sotto un treno
per Cathe…”
“perché tu no?”
Bill sospirò guardando
distrattamente fuori dal finestrino “sì… farei follie per lei…”
“ma hai paura di soffrire…”
“no… cioè si… e anche di farla
soffrire!”
“non ne saresti capace, tu non
sei capace di far soffrire nessuno, piuttosto soffri tu al posto degli altri… e
ti rovini la vita vedendo cose che in realtà non esistono!”
“e basta con sto discorso sulla
gelosia… che devo dire, sono invidioso, sì!”
“però di certo chiederle di
andare con TE al DTM è troppo sbatti vero? Portarla al concerto dei Manowar
pure? Tu caro fratello hai in mano la migliore arma per conquistare Cathe, che
va ben oltre le solite uscite…”
“Sarebbe?!” in effetti Bill lo
sapeva perfettamente, ma aveva paura che il coinvolgimento di Sylvia si sarebbe
trasformato in un’arma a doppio taglio
“Sylvia! Cathe adora tua figlia,
tua figlia adora Cathe…”
“mi stai dicendo di usare mia
figlia per arrivare a Catharina?!”
“NO!... ascoltami ogni tanto, ti
sto dicendo che se passaste un po’ di tempo tutti e tre insieme sarebbe ottimale
per il vostro e il mio sistema nervoso!”
“non voglio
coinvolgere Sylvia…”
“perché? Non
è un coinvolgimento…”
“si… e se poi
Cathe dovesse sparire dalle nostre vite? Come la prenderebbe Sylvia?”
“Cathe non
sparirà dalle nostre vite… siamo andati troppo oltre tutti, non potrà
sparire…”
“spero tu
abbia ragione fratello…” “ho mai avuto torto?”
“in effetti…” la conversazione
venne interrotta dallo squillo del cellulare di Bill: era Sylvia che come ogni
giorno aveva convinto la nonna a farle chiamare il papà; pochi istanti dopo che
Bill aveva risposto si materializzò casualmente Cathe: ogni volta che Bill
era la telefono con la figlia lei compariva e strepitava finchè Bill non era
costretto a passarle il telefono per buoni dieci minuti; era palese che lei e la
bimba si adoravano a vicenda e ogni telefonata si concludeva con mille promesse
da parte di Cathe che sarebbe passata presto a trovare la piccola.
Tom fece segno al fratello,
mentre Cathe concludeva la telefonata, di cogliere la palla al balzo e per una
volta nella vita Bill diede retta al fratello senza battere ciglio:
“ehm Cathe…” le disse il
cantante mentre la ragazza gli restituiva il cellulare “stavo pensando, se vuoi…
magari…cioè… oh insomma a Sylvia farebbe molto piacere passare un po’ di tempo
con te, me lo chiede sempre e ho sentito che lo chiede anche a te… sabato perché
non passi a trovarci?!” aveva preso il coraggio a quattro mani Bill per riuscire
a pronunciare quelle parole e certamente lo prese Cathe per dargli la risposta:
“volentieri!” era bordeaux in viso…
***********************************************************
Quel sabato Cathe si svegliò
decisamente presto, non vedeva l’ora di arrivare Loitsche per passare un po’ di tempo con
Sylvia e Bill, le mancavano quei due, anche se era da meno di 24 ore che non
vedeva il cantante né gli altri dei Tokio; aveva proprio bisogno di staccare la
spina almeno per tutto il weekend, il tour era stato sì trionfale ma anche una
faticaccia immensa, troppe cose a cui pensare e troppo poco tempo a
disposizione, ma tutto sommato le andava bene così!
Prese le chiavi della macchina e
partì, a fianco sul sedile davanti un enorme ippopotamo di pelouche per Sylvia,
voleva farle un regalino ma quando aveva visto quel pupazzo gigantesco nella
vetrina del negozio proprio non aveva resistito a comprarlo e il regalino si era
trasformato in regalone.
Arrivò a Loitsche in due ore e
non appena Sylvia vide la Mercedes fermarsi nel vialetto davanti alla villa
iniziò a strepitare e a trascinare il padre verso la porta:
“Cathe!!” urlò la piccola
correndo verso la macchina e cercando di saltare in braccio alla ragazza:
Catharina la prese e così facendo si guadagnò un sonoro bacetto sulla
guancia
“che bello sei venuta a
trovarmi! Mi porti a fare un giro sulla tua macchina?!”
“certo piccolina, sono qui per
questo! Ma prima ho una sorpresa per te…” fece il giro attorno alla Mercedes e
aprì lo sportello per prendere il pupazzone per la piccola che iniziò a fare i
salti di gioia: era più o meno il doppio della bimba che, imperterrita, iniziò a
trascinarlo verso Bill che era rimasto sulla porta:
“guarda cosa mi ha portato
Cathe… è bellissimo!” Bill non poté far altro che sorridere nel vedere la sua
piccolina con gli occhi luccicanti per la felicità, le faceva tenerezza vederla
trascinare quel bestione dentro casa, ma venne ridestato da Cathe, in effetti
non l’aveva ancora salutata se non con un cenno
“oggi è abbastanza terremoto tua
figlia Kaulitz! Buongiorno… hai un’aria deliziosamente stropicciata…” si morse
la lingua e divenne bordeaux appena finito di pronunciare la frase
–deliziosamente stropicciata, ma cosa gli stai dicendo, già che ci sei fa che
slinguartelo lì- le diceva la sua coscienza tentatrice
“eh vorrei vedere… il terremoto
mi ha svegliato alle 7, era agitatissima all’idea che oggi venissi a trovarci,
ma io ho ancora sonno… Cathe sei rossissima ti senti bene?!”
-beccata!- pensò la ragazza –e
adesso che gli dico? Che sono rossa perché stamattina ha una aria dannatamente
sexy con i capelli non stirati, senza trucco e quella specie di tuta che gli
risalta il culo?! Oddio mi sento Jutta!-
“sì sì… è che ho molto caldo.”
Farfugliò la ragazza mentre entrava in casa richiamata da Sylvia: la piccola
aveva deciso che bisognava dare un nome al pelouche e visto che proprio in quel
momento Tom era sceso in cucina sbadigliando per fare colazione (e poi tornare a
dormire fino all’ora di cena) la piccola decise di chiamarlo Tomy,
“gli sta bene, assomiglia allo
zio vero Cathe?!” le disse Sylvia appollaiata sul divano accanto alla
ragazza
“decisamente sì, hanno la stessa
espressione…”
“però non assomiglia a papà,
papà è più bello, è il più bello del mondo!” Bill gongolò e prese in braccio la
figlia sedendosi sul divano al posto della piccolina
“è da ieri che mi fa i
complimenti… secondo te cosa dovrei pensare?!”
“che vuole qualcosa… Sylvia dove
vorresti andare oggi?!”
“da “Spielen” a Magdeburgo !”
Cathe guardò perplessa la piccola “sì sulle reti elastiche, a me piace andare a
fare i salti, ma la nonna non mi porta mai e neanche papà, ogni tanto mi ci
porta lo zio ma non è divertente, lui non salta con me!”
“ho il dubbio che passi il tempo
a guardare le ragazze…” disse Bill “dubbio??” gli rispose Cathe “io ne ho la
certezza!” scoppiarono entrambi a ridere ma vennero subito richiamati dalla
bimba
“perché ridete?!”
“lo capirai da grande!” le disse
Cathe “allora andata per Spielen e in più… che ne dici di un salutare pasto al
McDonald?!”
“sì sì!” disse prontamente Bill
imitando la vocina di un bambino
“non parlavo con te, lo so che
ti piace… e a te Sylvia?”
“sì tanto!”
Dopo una buona mezz’ora in cui
Sylvia aveva trascinato Cathe a conoscere tutti i suoi pelouche i tre partirono
diretti al McDonald, per Cathe era una situazione stranamente irreale: in
macchina, con Bill accanto camuffato per l’occasione per non avere problemi (si
era fatto la coda e non si era
messo nessuno dei suoi vestiti attillati ma anzi, addirittura una maglia XL del
fratello che gli stava decisamente bene!), Sylvia dietro sul seggiolino che
continuava ad emettere gridolini eccitati ogni volta che Catharina metteva in
funzione qualche meraviglia tecnologica della Mercedes.
Già si poteva decisamente
abituare Cathe a quella vita…
Dal canto suo anche Bill pensava
le stesse cose: gli sembrava irreale essere lì, in quel momento, con Cathe e la
piccola, gli sembrava la cosa più normale del mondo, il quadro perfetto e Cathe
era semplicemente bellissima, ma non bellissima mozzafiato, no, bella nel senso
più puro del termine, radiosa, tranquilla, per una giornata finalmente non di
continuo al cellulare, ma lì, con lui, con la sua bambina.
Già, si poteva decisamente
abituare Bill a quella vita
Fortunatamente quel sabato il
McDonald non era molto pieno, c’erano più che altro famiglie con bambini
piccoli, quindi le probabilità che qualcuno si accorgesse di Bill e della
piccola erano molto scarse,potevano essere tranquillamente scambiati per una
coppia con la propria figlia e quel pensiero certo non dispiacque a Bill…
continua a guardare Catharina che mangiava patatine e ketchup con la piccola,
non si capiva chi delle due avesse 3 anni dallo stato in cui si erano
impiastricciate le mani, gli piaceva quella scena, gli riempiva il cuore di uno
strano calore, era rilassato, felice… si era immaginato una scena simile per
tanto tempo e sinceramente l’idea che potesse avverarsi sul serio da una parte
lo sconvolgeva, dall’altro era proprio quello che desiderava.
Sui tappeti elastici si
divertirono un mucchio anche se Bill era stato restio in un primo tempo a
mettersi a saltare, ma dopo molte insistenze corali Cathe e Sylvia lo
convinsero: la piccola si sbizzarriva a saltellare qua e la sul tappeto del
padre e di Cathe, era incontenibile ma soprattutto andò in estasi quando Cathe
iniziò a farle figure di artistica come flip e carpiati.
Si stava proprio divertendo
Cathe, era perfetta quella giornata: si sentiva libera, serena, si divertiva
finalmente dopo tanto tempo; le piaceva osservare come Bill si occupava della
figlia, era molto attento e premuroso, ma allo stesso tempo scatenato come ogni
ragazzo di 18 anni, come a volte faceva in tour; non l’avrebbe mai ammesso ma
trovava le smorfie e le mossette di Bill molto divertenti e decisamente sexy, ma
soprattutto trovava il suo sorriso quando guardava sua figlia la cosa più bella
del mondo: era spontaneo, dolce, vero… semplicemente perfetto. Sinceramente
quella giornata le sembrava perfetta.
Fin troppo perfetta: Cathe
sapeva in cuor suo che le cose più belle durano quanto un battito di ciglia,
sono solo momenti, illusioni, non certezze… ne ebbe la conferma la sera, quando
tornarono a casa Kaulitz: sul
vialetto videro parcheggiata la Audi di Georg, Cathe sapeva che sarebbe passato
per portarle i pass del DTM per il giorno dopo, le aveva detto che l’avrebbe
trovata da Bill.
Ciò che non si aspettava fu la
faccia scura di Bill e il suo improvviso cambio di umore quando vide il bassista
nel soggiorno intento a giocare alla Playstation con Tom; sapeva perché Georg si
trovava lì ma per tutta la giornata aveva tentato di negarlo a se stesso, aveva
sperato vivamente che il giorno dopo i due non andassero a vedere il campionato
granturismo, aveva sperato che il giorno dopo Cathe potesse essere ancora tutta
per lui…
“ti ho portato i pass!”
“oh grazie… allora come
d’accordo mi passi a prendere tu?!”
“certo, 6 e mezza, che il
Lausitzring è lontano! Fatti trovare pronta mi raccomando!”
“ok… davvero non è un problema
venire fin su a Berlino?”
“no… tranquilla… adesso però
vado! A domani piccola!” la salutò con un frettoloso bacio sulla guancia, che
certo non sfuggì a Bill che si trovava proprio di fronte a Cathe.
La ragazza rimase impietrita dal
comportamento di Georg, mai si sarebbe aspettata che il biondo iniziasse a fare
il cascamorto come Tom, l’idea non le piaceva di certo, ma la cosa che diede il
definitivo colpo di grazia ai suoi nervi fu la reazione di Bill che assunse un
tono seccato:
“ah allora andate poi a vedere
il DTM… bene… dai allora non ti trattengo, vorrai andare a casa, domani sarà
stancante come giornata!” le disse con un ghigno poco amichevole
“ma no non ti preoccupare,
davvero resto volentieri ancora un po’ con Sylvia…”
“Sylvia è stanca!” le rispose
seccamente Bill; a quel punto i nervi di Cathe cedettero definitivamente:
“allora me ne vado, non
preoccuparti! Ciao Sylvia, ci vediamo presto!”
“ciao Cathe!” disse la piccola
con aria triste, non aveva affatto sonno come diceva papà e non riusciva a
capire perché Cathe se ne stesse già andando
“ciao a tutti! Tom, Simone…
ciao!”
Chiuse abbastanza rumorosamente
la porta in faccia alla famiglia Kaulitz, e abbastanza velocemente perché
nessuno vedesse le sue lacrime che ormai le stavano rigando le guance.
“Bill sei scemo o cosa?! Che
cazzo è il modo quello di trattare Cathe?! Ma sei diventato deficiente? Pirla ti
piace e tu la tratti così, sei geloso marcio ecco tutto! Non sopporti che
qualcuno le ronzi in torno, ne Georg né Gustav… se fai così la perdi!”
Tom prese in braccio Sylvia e
andò verso il giardino, mentre Simone si avvicinava a Bill:
“tuo fratello ha ragione…”
“lasciami in pace mamma… lo so!”
Bill corse su per le scale e si gettò sul letto, pianse anche lui, per ore, per
come si era comportato,pianse lacrime di disperazione non immaginando che anche
Catharina stesse piangendo allo stesso modo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** parler ***
ecco
qui... nuovo capitolo!! grazie a tutti delle recensioni!!
capitolo
12: parler
Cathe
non aveva chiuso occhio quella notte, sinceramente non si ricordava neanche lei
come fosse riuscita ad arrivare a casa, aveva guidato in modo automatico da
Loitsche a Berlino, non si era nemmeno resa conto di aver parcheggiato la
macchina ed essere entrata in casa, ma appena chiusa la porta dietro le spalle
era scoppiata in un pianto a dirotto, scivolando pian piano a terra: si sentiva
soffocare, non riusciva più a capire nulla di quello che le accadeva intorno e
nemmeno quello che le stava accadendo nell’animo: “perché fa così? Cosa gli ho
fatto? Lui è mio amico, non dovrebbe comportasi così?” non riusciva a
capacitarsi della scenata di Bill, la trovava strana, non era da lui, non era il
Bill che conosceva quello che l’aveva praticamente cacciata di casa, a Cathe
vennero in mente gli occhioni tristi di Sylvia, identici a quelli del padre
“no…i suoi erano carichi di rabbia… ma perché mi ha mandata via, se anche Sylvia
voleva ancora stare con me!”
Pianse
praticamente tutta la notte, non aveva a forza per fare altro, neanche per
riflettere e pensare, per cercare di capire i motivi; non aveva la forza neanche
di chiamare Jutta o le sue amiche, di chiamare Noah, Georg o Gustav che per lei
avevano sempre la soluzione a tutto. Cathe aveva solo la forza per piangere e si
assopì sfinita sul divano, in un sonno popolato di incubi.
“Meisenstrasse
11 Dahlem Berlino” : Georg era da più di un quarto d’ora che andava su e giù per
la strada alla ricerca dell’indirizzo di Cathe, o meglio la casa l’aveva anche
individuata ma gli sembrava fin troppo grossa per una persona sola, ed in più
non aveva trovato il campanello e l’idea di svegliare qualcuno alle 7 di una
domenica certo non gli andava. Decise di chiamarla, erano in tremendo ritardo e
in più aveva bisogno di parlare urgentemente con la
ragazza.
-già
ma cosa le dico? Che Tom ha passato metà della sera a insultarmi senza sapere
neanche lui perché lo faceva? Al diavolo adesso la
chiamo!-
Stava
componendo il numero quando vide uscire Cathe: come ogni volta che la vedeva gli
mancò il fiato, quel giorno aveva indubbiamente superato se stessa nel
prepararsi, era bellissima anche se aveva un’espressione un po’ stanca e lo
sguardo poco vivo di una persona che ha molto crucci per la testa e che non sa
come risolverli.
Scese
dalla macchina e le andò incontro per salutarla:
“buongiorno
Cathe!”
“buongiorno
Georg!” gli disse Cathe con voce pimpante, il ragazzo non se l’aspettava, aveva
immaginato una risposta con voce da oltretomba a giudicare dall’espressione
–bah, c’è qualcosa che non mi torna- pensò il bassista.
“ehm
lo so che sono in ritardo Georg scusami…”
“no
figurati, io sono appena arrivato, che ho avuto problemi a
trovarti…”
“ops,
mi sa che la cartina non fosse chiara…”
“no
no, anzi, è che non ho trovato il campanello e non volevo disturbare i
vicini!”
“non
ti preoccupare, nessun disturbo, tanto vivo da sola…” gli disse Cathe con aria
da finta tonta, la scusa del “disturbare i vicini” era la più usata da coloro
che andavano a trovarla e si stupivano per le dimensioni della casa di Cathe,
secondo tanti non era possibile una villa del genere per uno, ma visto che la
casa era stata il regalo di laurea dei suoi, Cathe l’aveva accettato di buon
grado ed etichettato come ottimo-non-si-sa-mai-che-metta-su-famiglia e
ultimamente come per-fortuna-Berlino-è-molto-lontana-da-Monaco.
La
faccia di Georg a quella notizia fu tutta un programma e riuscì a spiaccicare
solo uno stiracchiato: “e poi dicono a noi per l’appartamento…” procurando la
prima risata di Cathe dopo molte ore.
La
giornata fu indubbiamente rilassante e divertente, la gara ottima, molto
movimentata, l’hospitality veramente ben organizzata, buffet succulento,
giornalisti rompipalle ( lei e Georg avevano dovuto ripetere più o meno 1000
volte che NON stavano insieme, sai che scoop se il bassista dei Tokio sta con la
figlia di Hoffmansthal!); però c’era qualcosa che non tornava: Cathe si
rabbuiava quando Georg le chiedeva della giornata precedente, Georg diventava
evasivo quando Cathe gli chiedeva dei Kaulitz. Dovevano parlarsi… ma aspettavano
entrambi il momento più opportuno.
Georg
decise che il viaggio di ritorno lo sarebbe stato: sinceramente era molto
curioso di conoscere la versione dei fatti anche di Catharina e non solo quella
dei gemelli Kaulitz (anzi solo di Tom, Bill non l’aveva ancora sentito, segno
che era veramente arrabbiato, quindi aveva preferito non
stuzzicarlo).
Catharina
guardava distrattamente fuori dal finestrino, pensierosa, ogni tanto abbozzava
un sorriso,anzi, una smorfia:
“va
tutto bene Cathe?!”
“certamente…
figurati sono solo un po’ stanca!”
“non
hai dormito stanotte vero?”
La
ragazza emise un profondo sospiro quindi finalmente si girò verso il bassista
“da cosa l’hai capito?”
“non
lo so, intuito..ieri come è andata?!”
“Benissimo!...”
disse Cathe con tono poco convinto “diciamo benissimo finchè non siamo tornati,
poi non so…” la ragazza era un fiume in piena, gli raccontò la giornata
precedente, di quanto si era divertita con Sylvia e Bill, di quanto era irreale
quella situazione, di quanto fosse assurdo il rapporto tra lei e quella bambina,
di quanto adorava la piccola:
“lo
so Georg che è una cosa “malata”, non è mia figlia, ma io… non lo so, mi ha
conquistata, fosse per me ci passerei la giornata con lei, mi fa stare bene
quella bimba,mi diverto Georg, da matti… e anche con
Bill…”
“ma…”
“ma
non so, sono incazzata con lui, veramente nera… ti dico ieri quando siamo
tornati, dopo poco che te ne sei andato, mi ha praticamente cacciata di casa,
non so… gli sono partiti i suoi cazzo di 5 minuti da prima donna, non li
sopporto in tour figurati a casa, boh ha iniziato a dire che Sylvia era stanca,
anche se non lo era, era una scusa per mandarmi via, allora per tanto così dimmi
vattene, fai una figura migliore… non lo so, Georg aiutami a capire: 5 minuti
sei tutto gentile e sempre attaccato, dopo altri 5 mi molla lì con te o Gustav e
se ne va incazzato… perché?!”
“non
lo so… tu cosa pensi?!”
“che
è geloso!”
-vai
Cathe che ci arrivi da sola, non è difficile!”- pensò il biondo : “geloso
di…”
“me…
e del fatto che sia amica anche con te e Gus, mentre lui probabilmente vorrebbe
un rapporto esclusivo tra noi due…”
“vedi…
probabilmente è per quello!” –brava Cathe che ci arrivi, adesso racconta tutto
allo zio Georg!-
“sì
va bene ma deve capire che lui, come te e Gus, siete tutti e tre miei amici, con
lui parlo di certe cose e con voi di altre… ma vi voglio bene a tutti e tre,
come amici, a tutti e tre…”
“ah,
come amici…” disse con tono scettico Georg -amici, ecco come… Gus non ne sarà
contento, men che meno Bill… Cathe quando lo ammetterai a te stessa che tra te e
Bill non è solo amicizia, non fatevi del male…-pensò il
bassista.
“beh
sì… che pensavi?! Che fossi perdutamente innamorata di Gus? Ma va’…non è il mio
tipo…perché Georg… tu sai qualcos’altro?”
“no…
era un discorso così…”
“tu
sai qualcos’altro…” gli disse Cathe con aria sorniona
“dimmelo!”
Georg
alzò gli occhi al cielo con un sorrisetto “no! Non so niente… ti dico solo di
imparare a gestirla, tra te Bill e Sylvia: si vede che tu sei pazza di Sylvia, e
Sylvia lo è di te, vi ho visto ieri sera quando siete entrati in casa… quindi ti
ripeto impara a gestirla!”
“non
ti capisco…” gli disse Catharina con una smorfia fintamente
offesa
“capirai…
non ti preoccupare…” il bassista lasciò cadere lì il discorso, aveva avuto le
conferme che cercava, ora stava a Cathe trovarne, ma doveva farlo da
sola.
Il
lunedì era il giorno sacro per Cathe, dedicato esclusivamente a lei, alle
amiche, alla palestra, allo shopping, insomma a tutte quelle cose che da
straccio ti trasformano in principessa pronta ad andare al ballo; e Cathe aveva
urgentemente bisogno di quel tocco di bacchetta magica che sono le
amiche.
Arrivò
abbastanza trafelata davanti all’ingresso della palestra più glamour dell’intera
Berlino: tutte le persone della BCC (Berlino-che-conta, definizione della cara
Jutta) la frequentavano e non si capiva se per amore del pilates o della
favolosa vista a 360° della città che si poteva ammirare dalla sala
fitness; le altre 4 erano già
lì, stranamente puntuali: Jutta con il suo pancino di quasi 4 mesi, Sabine
compagna di università di Cathe e capo servizio di Vanity Fair (indovinate chi
c’era dietro l’intervista a un certo cantante dei Tokio…), Daniela, la compagna
di Sabine, di origine italiane, specializzanda in chirurgia plastica, Medina
l’amica di Cathe dalle elementari nonché matrigna di Noah (sposato il padre del
ragazzo in seconde nozze, di lui…).
Definirle
le ragazze di sex and the city di Berlino era riduttivo, anche perché in primo
luogo erano 5 e non 4, tutte tranne Cathe avevano una stabile vita sentimentale,
2 si erano già lanciate nel favoloso mondo della maternità e soprattutto avevano
una capacità economica indefinibile per fare shopping, molto meglio delle 4
newyorkesi e di un già citato cantante che aveva svaligiato in mezz’ora il
negozio Diesel (e il commento delle 5 era stato:
“dilettante!”)
“buongiorno
mie amiche di salvataggio!!” “buongiorno tesoro!!!” le risposero le 4 in coro
mentre si avviavano in gruppo verso la palestra; Cathe stava mentalmente
contando prima che qualcuno le facesse la domanda che si aspettava… riuscì ad
arrivare a 6, segno che le sue compagne erano ancora nel mondo dei sogni,
soprattutto Jutta che nei buoni vecchi tempi sarebbe stata in grado di chiederle
(urlando!) particolari scabrosi nel bel mezzo di Potsdamer
Platz:
“come
è andata ieri?!” le chiese Jutta con un sorriso degno di uno
squalo
“benissimo,
ha vinto Christensen!”
“chi
ha vinto lo sappiamo dal Tg, tu invece cosa hai vinto?!” le fecero in coro
Sabine e Medina con altrettanto sorriso
“niente,
è stata una giornata simpatica, rilassante, divertente, molto istruttiva…”
“ok
ragazze, questa non ha voglia di parlare… com’è Georg a letto?!” urlò Daniela in
modo che tutta la sala fitness si girasse nella loro
direzione
“ti
strozzerei quando fai così, ho una reputazione da difendere…” le rispose acida
Cathe mentre aumentava il ritmo sul suo stepper “comunque certo che non ci sono
andata a letto, non sono assatanata come voi…”
“chi
ha pane non ha i denti, chi ha denti non ha il pane… neh Medi?!” disse Jutta
alla bionda sul tapis roulant accanto, che annuì
mestamente
“piantiamola
tutte e 4 subito… ho bisogno di parlare, non di gente che dice stupidate nel bel
mezzo della palestra dove metà della gente conosce i soggetti in
questione!”
Il
coro delle 4 fu “Bill....” a cui Cathe non poté fare a meno che
annuire:
“sabato
sono andata giù da lui, siamo usciti con Sylvia, vi giuro è stato tutto
perfetto, finchè non siamo tornati a casa, c’era Georg che era passato per
portarmi i pass del DTM, apriti cielo, si è incazzato e mi ha letteralmente
sbattuto fuori di casa… ho pianto tutta la notte, la cosa che mi ha fatto più
male erano gli occhioni tristi di Sylvia…”
“non
è che potrebbe essere geloso…” abbozzò timidamente Medina
“anche
secondo Georg è così, ne abbiamo parlato ieri, ma quel ragazzo mi nasconde
qualcosa…” le rispose Catharina “ma geloso di cosa? Cavolo è con lui e sua
figlia che ho passato la giornata! Io ci passerei tutti i giorni con
Sylvia!”
“e
con Bill?!” le chiese a bruciapelo Sabine
“sì…
no… forse, non lo so, non si comportasse come si comporta, non cambiasse di
umore nel giro di 5 minuti, non facesse il bambino quando c’è da essere adulti e
l’adulto quando c’è da divertirsi!”
Le
altre quattro ragazze scoppiarono a ridere: “senti chi parla
Cathe!”
La
ragazza ridacchio: “in effetti avete ragione… comunque io non so che
fare…”
“ma
con Bill ci hai parlato?!”
“no
è da sabato che non lo sento… non ho avuto il coraggio neanche di fargli uno
squillo, in più mi manca la bambina…”
“ecco
qual è il problema… Sylvia!” le disse Jutta : “tu devi capire cosa vuoi! Se vuoi
una mega carriera con i Tokio e poi basta, chi si è visto si è visto, se vuoi
un’amicizia che continua anche se tu non li segui più, se vuoi una storia con
uno di loro, se vuoi una storia con Bill… lasciami finire… se vuoi Sylvia!
Tesoro nel pacchetto Tokio, anzi, nel pacchetto Bill, dal capitolo amicizia a
tutto ciò che ne può seguire, è compresa anche Sylvia, ora non lo metto in
dubbio che tu adori e stravedi per la piccola, e viceversa, ma devi capire che
sia tu che lei ne potete soffrire se il rapporto dovesse rovinarsi; non puoi
prenderla come un gioco come la stai prendendo, un discorso è giocare a fare la
baby-sitter, ma un altro è fare la famigliola felice il sabato pomeriggio: a
quella bambina arriva un chiaro messaggio da questo, però devi essere sicura che
è quello che tu le vuoi mandare… allora?”
“Cathe…” intervenne Medina
“indipendentemente da tutte le questioni anagrafiche, ricordati che sposando
Karl io ho accettato anche i suoi figli, anche sua figlia che certo non mi vuole
ancora oggi, e ha 20 anni; se è difficile per una ragazza adulta accettare la
nuova moglie del padre, figurati per una bambina di 3 anni… adesso,
indipendentemente da ciò che sarà tra te e Bill, perché stiamo parlando di lui,
parli solo di lui con noi, puoi non accorgertene o non volertene accorgere, ma è
lui… Sylvia ha solo 3 anni… pensa a lei!”
Catharina
ammutolì, non aveva più molta voglia di scherzare, non ci aveva mai ragionato
seriamente su quanto potesse andare oltre il suo rapporto con Sylvia e cosa lei
poteva rappresentare nella mente della piccola; in quel momento ebbe paura che
la piccola la vedesse come una nuova mamma, che di certo non era, e che quindi
si potesse creare delle certezze che in realtà non esistevano.
Già…
Sylvia : per lei quel sabato aveva rappresentato una sorta di diversivo, una
bella giornata da trascorrere con le persone a cui voleva bene, con Bill, con
Sylvia, tutto sommato anche con Tom; ma non si era posta il problema di come
loro avessero interpretato quella giornata, di cosa Bill voleva o avrebbe voluto
da quella giornata, di cosa lei rappresentasse per Sylvia. Aveva ragione Georg
quando le aveva detto di ragionarci e pensarci.. e più lo faceva e meno le cose
erano chiare! E a complicare le cose si mise il discorso con cui Jutta si
congedò alla sera:
“Cathe
fammi un favore… ragionaci, pensaci, riflettici e poi buttati! Lo so che sei
passata attraverso una storia che ti ha lasciato molti segni e che non ti fidi
dei ragazzi, ma non partire a priori col presupposto di soffrire, altrimenti ne
soffrirai… fai chiarezza su quello che vuoi, su che rapporto vuoi, fin dove sei
disposta a spingerti, ma per favore coinvolgi Bill! Sarà lunga, tu devi imparare
a fidarti di lui come ragazzo, di lui come Bill, ma per l’amor del cielo
parlagli!” Jutta se ne andò lasciando Cathe con i suoi
pensieri
***************************************************************************
Quello
stesso lunedì Georg decise che era ora di fare un bel discorso a Gustav, tanto
per essere chiari fin da subito ed evitare problemi di qualsiasi genere; trovò
il batterista intento a provare:
-meglio!-
pensò il bassista –almeno non dovrebbe essere toppo depresso, se lo conosco si
dimenticherà in fretta…-
“ciao
Gus…”
“ciao
Georg… è un no vero…” gli disse il biondo a bruciapelo con sguardo
spento
“già,
ci vede come amici… tutti e due…”
“e
Bill come qualcos’altro…”
“no,
anche lui per il momento come amico, beh per il momento lo dico io, lei ha detto
come amico, ma mi sa che..., li ho visti tutti e 3 insieme, lui Cathe e Sylvia,
mi ha dato una sensazione strana, mi sono detto –wow, così è perfetto…- non so
se mi capisci!”
“vorrei
non poterti capire… ma mi sa che dobbiamo arrenderci all’evidenza!” disse Gustav
ridacchiando, tutto sommato non l’aveva presa troppo male, segno che così
innamorato di Cathe non lo era, probabilmente la vedeva come amico anche lui, un
po’ come Georg e nessuno dei due avrebbe rinunciato all’amicizia della
ragazza
“Gus…
Gus… che ne è stato del nostro motto vincere o morire?!”
“è
morto… io propongo di modificarlo in: Vincere o morire ma morto un papa se ne fa
un altro!”
I
due risero mezzo pomeriggio a quell’idea, si dimenticarono in fretta della
batosta che Cathe aveva inferto ai loro cuori –batosta per modo di dire, non che
loro ci avessero provato seriamente con la ragazza - anche se ad un certo punto
Georg se ne uscì con una delle sue:
“facciamo
una scommessa Gus?!” bastò uno sguardo per capirsi con il
batterista
“ci
sto!”
********************************************************************
Cathe
aveva deciso anche lei di scommettere, ma su se stessa, aveva deciso di
rischiare, ci aveva meditato tutta la notte ed era arrivata alla conclusione che
sì, Bill le piaceva, anche tanto, come amico… come Bill… ma non lo
amava:
-no,
non è amore, l’amore è un'altra cosa, l’amore è devastante, è essere felici
anche solo perché si è sullo stesso pianeta o nella stessa città, perché si
respira la stessa aria, l’amore è quello che ho provato per Lui… per Bill non è
amore…- continuava a ripetersi mentre si vestiva: quel giorno sarebbe andata a
Loitsche, voleva passare del tempo con Sylvia e con Bill ma soprattutto parlare con Bill
-parler…
invoca il parler e fatti portare dal capitano!- si ripeteva citando le battute
di Pirati dei Caraibi –sono pazza, cosa sto dicendo…oh al diavolo, che sia quel
che sia!
Partì
diretta a Loitsche sperando di trovare Bill.
Bill
e Tom erano andati da Andreas, a parlare proprio di Cathe: Tom era due giorni
che si sobbarcava il fratello e i suoi continui discorsi su Cathe, non lo
reggeva più; aveva passato la domenica in camera a giocare con la figlia, senza
degnare di uno sguardo il resto della famiglia, ma soprattutto senza spiegare
alla bambina il perché del suo sguardo triste
-se
mio fratello crede che Sylvia non si sia accorta di quanto è depresso è
veramente stupido!è due giorni che continua a fare domande, a chiedermi perché
piange… io che le rispondo?!- continuava a chiedersi Tom mentre guidava verso la
casa dell’amico di sempre con Bill seduto accanto.
Cathe
parcheggiò davanti al cancello di legno di Bahnhofstrasse 19, non aveva il
coraggio di suonare il campanello, sinceramente sperava che Bill non ci fosse,
aveva paura di affrontarlo anche se era lì per quello, per fare chiarezza, per
capire. Si fece forza e suonò, per fortuna venne Simone ad aprirle, si sentì
sollevata nel vedere la donna e soprattutto la sua espressione: né arrabbiata né
delusa ma anzi, piacevolmente sorpresa nel vedere lì la
ragazza
“ciao
Catharina… se cerchi Bill non c’è… lui e Tom sono andati da Andreas…” non fece
in tempo a finire la frase che un piccolo fulmine biondo era già saltato in
braccio a Catharina
“Catheeee!!”
le gridò felice Sylvia “piccola mi sei mancata tanto!” le rispose la ragazza
abbracciandola
“anche
tu… sei passata a trovarmi che bello!”
“certo!
E pensavo di portarti a fare un giro di folle shopping, se per la nonna va bene…
pago io Simone non si preoccupi…” Simone rise di gusto, certo non si aspettava
che una rampante ventenne portasse la nipote in giro per negozi, e sinceramente
non capiva neanche il perché volesse farlo, ma vedeva in quel gesto una
possibile riappacificazione tra Cathe e Bill, quindi tra mille raccomandazioni
le lasciò partire in direzione “folle shopping”.
Cathe
non badò veramente a spese per la piccola, fecero una corsa fino a Berlino e
svaligiarono letteralmente tutti i negozi più costosi, all’insegna della retail
therapy: Baby Dior (e Dior adulti ), Burberry, Gucci, Diesel (creando per
entrambe un look molto Bill Kaulitz, con le commesse che continuavano a
ripeterlo e Cathe che si faceva delle gran risate all’idea che le ragazze
ignorassero la vera identità delle due clienti!) Adidas dove si presero, su
insistenze di Sylvia (che si rivelò una vera fashion addict in erba) un paio di
scarpe uguali che indossarono subito!
Si
stava divertendo infinitamente Catharina, anche se correre dietro alla piccola
si era rivelata un impresa abbastanza stancante, mai l’avrebbe immaginato e si
rese conto solo in quel momento del vero significato delle parole della sua
amica Medina: “trovati un bravo ragazzo, sposalo, facci dei figli insieme, vivi
felice e assumi una brava babysitter!”. –eh non sarebbe male…- disse guardando
Sylvia che stava demolendo a cucchiaiate un’enorme coppo gelato al cioccolato;
la piccola si accorse dello sguardo della ragazza e con una tempistica
tipicamente infantile le chiede a bruciapelo:
“Cathe
perché l’altra sera te ne sei andata facendo piangere
papà?”
Per
la ragazza fu come ricevere una fucilata al cuore: il facendo piangere papà continuava a
rimbombarle nella testa, non riusciva a capacitarsene:
-come
Bill piangeva? Perché?-
Cercò
di assumere un tono normale davanti alla piccola: “perché dici così Sylvia?”
“l’ho
visto, aveva i lacrimoni come me quando mi faccio male e continuava a chiamarti…
perché non sei venuta?!” le disse la piccola con aria molto
triste
Cathe
la prese in braccio per consolarla: “non lo sapevo, Sylvia scusami, altrimenti
sarei corsa da voi, non voglio vedere soffrire né te né tantomeno tuo papà…” si
stupì di aver detto quelle parole, ma erano sincere, non erano state dette solo
per calmare la bimba, le venivano dal cuore e dal cuore venne sempre la risoluta
decisione che era ora di parlare con Bill
“allora
mi prometti che non fai più piangere il mio papà…”
“certo
piccola, te lo prometto!” la piccola mutò espressione in un sorriso gioioso e
strinse forte Catharina : “ti voglio tanto bene Cathe!”
“anch’io
piccola mia, tantissimo… dai adesso torniamo da papà
però!”
Dire
che Bill era arrabbiato era dire nulla: non solo aveva perso mezza giornata da
Andreas e non aveva risolto nessuno dei suoi problemi, ma in più quando era
tornato sua madre gli aveva cinguettato (era l’unico modo per definire il tono
di voce estatico di Simone) che sua
figlia era andata a fare shopping con Catharina; era come un leone in gabbia e
uscì di corsa, con aria decisamente incazzata, quando sentì fermarsi la macchina
della ragazza, ma si bloccò sulla porta: le vide, Cathe e Sylvia, mano nella
mano, la stessa espressione felice di vederlo, le stesse scarpe… erano lì, con
lui, per lui… Catharina era lì! Corse incontro alla piccola e la prese in
braccio, quindi si girò verso Cathe:
“non
farlo mai più!” le disse in tono minaccioso, ma subito si mise a ridere “non
andate mai più a fare shopping senza di me!” Cathe rise, come non faceva da due
giorni: sul subito si era preoccupata per il tono di Bill ma quando aveva visto
che in realtà il ragazzo non era affatto arrabbiato con lei sentì come se si
fosse tolto un peso dal suo cuore…ora doveva solo
parlagli.
Dopo
cena finalmente trovarono l’occasione, davanti a una lattina di Red Bull a cui
Cathe si era convertita durante il tour:
“Cathe
scusami per come mi sono comportato l’altra sera…” la ragazza lo interruppe
“scusa
me Bill, davvero… devo dirtelo, ecco mi sento veramente una merda, Sylvia mi ha
detto che ti ha visto piangere, io non so perché Bill, ma sono qui…
perché?”
“non
lo so Cathe..” le rispose Bill sorpreso e abbattuto per la rivelazione della
ragazza “ho avuto paura… e in più sono un pessimo padre che piange davanti alla
figlia!”
“non
ti preoccupare, Sylvia avrà pure 3 anni ma è sveglia, secondo me ha capito
perché stavi male, non ci pensa più adesso… però… perché Bill hai
pianto?”
“e
tu perché hai pianto Cathe… di sicuro l’hai fatto… ti conosco troppo
bene!”
“più
di quanto non ti conosca io!” le rispose la ragazza “ho pianto per le tue
parole, perché mi hai cacciato…”
Bill
appoggiò la testa sullo schienale del divano, aveva un aria stanca ma serena,
distesa: “scusami.. è che… quando ho visto Georg ho avuto paura … sembra
assurdo… che ti portasse via da me e da Sylvia, è la stessa cosa quando vedo
Gustav, lo so che ti piace ma per me è così, cavolo sono miei amici e…”
Catharina
lo interruppe: “Gustav mi piace? E questa da dove esce? Ma a me non piace
Gustav!”
“no?”
le disse Bill “no, no? Davvero?”
“no
gelosone! Non mi piace… non mi piace nessuno… per me Gustav e Georg sono solo
due amici, gli voglio bene, ok, ma nulla più!”
Bill
si sentì sollevato, gli sembrava di volare, si rese conto solo in quel momento
che aveva ragione Tom, che a Catharina non interessavano né il bassista né tanto
meno il batterista, si sentì un cretino, ma aveva bisogno di certezze, aveva
bisogno di capire se e cosa la ragazza provasse per lui ma non voleva forzarla:
in lei prima che una compagna vedeva soprattutto un’amica, non voleva perderla e
non voleva spaventarla con una storia che forse entrambi non erano ancora in
grado di gestire, non sapeva se e come Cathe fosse uscita dalla malattia né
quali fossero i sentimenti per quel ragazzo che nell’anoressia l’aveva
trascinata. Soprattutto voleva essere sicuro del rapporto tra Sylvia e
Catharina, di cosa rappresentassero l’una per l’altra. Doveva darle tempo, lui
avrebbe aspettato anche l’eternità
“allora
amici?!” le disse Bill porgendole il mignolo come era solito fare con la
figlia
“amici!”
gli disse Cathe stringendogli il dito
“Cathe,
io non voglio perderti come amica, sei importante, per me e per
Sylvia…”
“Bill…”
la ragazza gli si fece più vicino chiudendogli le labbra con un dito “tu per me
sei terribilmente importante, come amico sei tutto, sei quello a cui ho detto
tutto di me stessa, per primo, sapevo che potevo farlo con te… però ho bisogno
di te… non voglio che succeda come l’altra sera, è due giorni che sto male
all’idea di perderti…”
La
ragazza lasciò cadere le braccia e abbassò lo sguardo, Bill le prese il viso tra
le mani per rassicurarla:
“tu
non mi perderai così facilmente, tu sei più di una amica per me…per Sylvia… non
ti vogliamo perdere…” la strinse appassionatamente tra le braccia, aveva bisogno
di quell’abbraccio, anche Cathe ne aveva bisogno, lo ricambiò con tutta se
stessa
“ti
voglio bene Bill…” gli disse la ragazza, affondata nell’incavo della spalla del
cantate
“anche
io Cathe… non sai quanto!” le rispose Bill stringendola a se e dandole un
piccolo bacio sulla guancia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** schrei (so laust du kannst) ***
Capitolo 13: schrei (so laust du
kann)
Schrei = urlare, gridare.
“Tomi…Tomi?! Dormi?!” Bill saltò sul letto del fratello,
iniziando a scuoterlo per avere un po’ di attenzione, l’unica risposta che
ottenne fu però un mugugno: “cosa c’è… sono le 5 Bibi, fammi dormire…”
“Tomi… daiii…” gli rispose Bill
con una vocina da bambino che sapeva far irritare molto il gemello, mentre si
sedeva a gambe incrociate sul
letto: “cosa c’è?!” gli disse infine il rasta con voce assonnata.
Bill sapeva che svegliarlo era
la cosa peggiore che potesse fare ma aveva bisogno di parlargli, aveva passato
la notte in bianco a inseguire il filo poco logico dei suoi pensieri, a
ricordarsi della serata precendete, a ricordarsi di Catharina: ricordarsi… in effetti non la scordava
mai, faceva sempre parte dei suoi pensieri, naturalmente dopo Sylvia e Tom, ma
era ormai diventata parte di lui, e più tempo passava con lei più ne diventava
dipendente. E ne aveva una gran paura.
“Cathe…” disse in un soffio al
gemello dopo una lunga pausa “inizio ad avere paura di non saperla gestire…”
“prego? Fratello sono le 5…
parla in modo comprensibile…”
“ho paura… non so perché…”
“perché non sai cosa vuoi da
quella ragazza e da te stesso!” gli rispose il rasta dopo una lunga pausa “tu
cosa provi per lei? Sinceramente!”
Bill fissò un punto non ben
definito, la sua mente vagava libera, vedeva le immagini di Catharina, la
immaginava con lui, in momenti mai vissuti con lei e che avrebbe tanto voluto
condividere, momenti che aveva passato con Tom e che si rammaricava di non poter
rivivere con la ragazza:
“non lo so Tom...forse…” lasciò
cadere la frase a metà, lo sapeva benissimo cosa provava ma era difficile per
lui ammetterlo, era difficile ammetterlo davanti a Tom, difficile dirgli che
Cathe per lui era diventata la sua metà complementare, che su certe cose aveva
scalzato il suo gemello, il suo Tomi, che c’era sempre stato nei momenti bui e
in quelli felici.
“Billy… cosa provi per lei?!” il
cantante si sdraiò sul letto supino mettendosi un braccio sugli occhi: aveva
paura di vedere, di guardare negli occhi Tomi,ben sapendo che era un po’ come
guardarsi allo specchio, era ammettere a se stesso ciò che già nel profondo del
cuore sapeva, ma ammetterlo ad alta voce è un altro discorso.
“la amo…la amo Tom…con tutto me
stesso, come mai ho amato qualcuno…”
Il rasta sospirò, lo sapeva
benissimo cosa provava il fratello per Catharina, aveva notato il suo sguardo
mentre fissava la ragazza, mentre la spiava di sottecchi, non con lo sguardo suo
o di Georg, neanche con quello carico di dedizione di Gustav, era uno sguardo
diverso, lo sguardo di una persona più che innamorata, uno sguardo che non aveva
mai visto in suo fratello
“ e ne hai paura vero?!” Tom conosceva il gemello molto meglio di
quanto Bill non conoscesse lui, ma d’altronde Bill era il classico libro aperto,
in cui bisognava solo trovare il coraggio di leggere e non di fermarsi alla
copertina.
“tanta Tomi, davvero…”
“perché?”
“ho paura di soffrire, di farla
soffrire, di far soffrire Sylvia!”
“non credo tu ne sia in grado!
Tu non sei capace di far soffrire una persona, fratello tu a volte ti caricavi
dei dispiaceri altrui e ti tenevi tutto dentro, quante volte sono dovuto venire
in tuo aiuto? Non che me ne dispiaccia, però tu non sei capace di far soffrire
Cathe, come lei non è in grado di far soffrire te…”
“e Sylvia?!” “ma Sylvia niente…mia
nipote sta benissimo con Catharina, si adorano a vicenda, le hai viste anche tu
oggi, sembravano più di amiche, più di sorelle… se permetti il termine anche più
di madre e figlia, erano semplicemente una il completamento dell’altra… il
problema semmai sei tu!” gli disse Tom con tono fintamente provocatorio
“ehi… in che senso sono un
problema?!”
“nel senso che sei talmente
cotto di quella ragazza che se ti conosco ci metterai altri 6 mesi prima di
pronunciare quelle due magiche parole che risolvono tutte le situazioni di
questo tipo nel giro di 2 secondi netti… quando ti decidi a dirglielo?!”
“mai!”
“certo… e cosa ne risolvi?! Tu
fratello hai paura!”
“Sì Tomi… ho paura… io…io ho già
perso Sylvia nella mia vita, ho paura di innamorarmi!”
Tom sospirò, sapeva benissimo
quelle che era la preoccupazione del fratello: la sua Sylvia, il suo primo
amore; avevano già affrontato una volta quel discorso, in fondo era la madre
della sua bambina e un “fantasma” con cui si sarebbe scontrato ogni volta che
avrebbe pensato a Cathe, ogni volta che guardava negli occhi Cathe, così
identici a quelli di Sylvia, no…
anche caratterialmente si era rivelata come Sylvia, ostinata, ferma
coraggiosa e sognatrice, ma a differenza sua Cathe era tremendamente fragile… e
Bill lo sapeva.
“Bill ascoltami: Sylvia ci sarà
sempre nel tuo cuore, ci sarà sempre perché la rivedrai in tua figlia, ma tu
puoi amare Sylvia tramite la tua bambina, ogni volta che la abbraccerai sarà
come abbracciare lei… e puoi amare Cathe come tale, lei non ti chiede niente,
non te lo chiederà, le basterà stare con te… e a te basterà stare con lei!”
Si ritrovò con Bill al collo che
lo abbracciava : “grazie Tomi… perché tu hai sempre la soluzione a tutto?”
“io no ho nessuna soluzione.. è
che sei il mio gemello, ti conosco da più di 19 anni… ho capito com’eri già nel
pancione… cioè rompipalle… ma sei il mio gemello, siamo uguali al 99% e se
permetti mi conosco… l’1% restante credo sia la fettina del tuo cuore che batte
per Catharina… il mio 1% che la
apprezza diciamo che non risiede nel petto!” gli rispose con un sorriso
imbecille che per fortuna Bill non notò a causa del buio, altrimenti Tom non se
la sarebbe cavata con la cuscinata che gli rifilò il gemello.
“imbecille… io faccio discorsi
seri e tu te ne esci così!” gli disse Bill tornandosene in camera
“un giorno mi ringrazierai!Ah e
domani vedi di chiedere scusa a Georg e Gustav, prima che ti rovinino il tuo bel faccino a suon di
sberle!” gli urlò Tom prima di rigirarsi nel letto e tornare ad un profondo
sonno nel giro di una manciata di secondi.
Scusarsi con Georg e Gustav era
stata una delle parti più difficili della vita di Bill, perché voleva dire
ammettere di aver sospettato dei propri amici, di aver pensato che essi
potessero tradire la fiducia che Bill aveva riposto in loro; inoltre voleva dire
ammettere di essere gelosi e se Bill
odiava quel sentimento nelle altre persone, figuriamoci in se stesso. Ma la sua
era una sorta di sincera gelosia, dettata da sentimenti veri per Cathe e sperava
che i due l’avessero già perdonato:
“davvero… scusatemi per come mi
sono comportato!”
Georg e Gustav si guardarono
negli occhi: Bill era cambiato moltissimo, lui, il ragazzo capriccioso e in
certi momenti affetto da divismo acuto che chiedeva scusa, che implorava una
sorta di riconciliazione a un litigio
che in realtà non c’era mai stato; era un momento storico quello!
“Bill…” gli disse il bassista
“sei scusato, anche perché sinceramente non hai mai fatto nulla per cui ci fosse
bisogno di scusarsi, se veramente avessimo voluto Cathe tu non ti saresti
neanche potuto avvicinare a meno di 200 chilometri. Però…”
“però?!” disse il cantante
preoccupato
“però se me la fai soffrire o
tradisci la sua fiducia, a quel punto te le do di santa ragione!” gli disse con
fare scherzoso Gustav “davvero Bill, a me piaceva Cathe, e forse mi piace
ancora, ma so benissimo che noi due non staremo mai insieme, tu e lei forse
avete qualche speranza, ma vedi di non rovinare tutto… non cercare di
nasconderti dietro la facciata del Bill animale da palcoscenico per paura, non
lo sopporta… buttati Bill, è l’unico consiglio che ti diamo… e comunque se per
caso non ti piacesse più… ricordati del tuo amico Gus!”
I Tokio scoppiarono in una
risata all’unisono: per fortuna potevano sempre contare l’uno sull’altro, era
quello il sentimento che li univa e che forse nessuno, neanche Cathe, avrebbe
mai capito completamente.
*********************************************************
“Jutta ma te non hai una casa
tua?” Cathe era esasperata dalla donna che si era praticamente trasferita a casa
sua mentre il marito era via per lavoro; almeno la scusa ufficiale era che così
la futura mammina non era sola, quella vera è che a casa di Catharina,
storicamente insofferente a una temperatura superiore ai 20 gradi, era dotata di
condizionatore e quindi la donna aveva deciso di trascorrere parte delle sue
ferie dalla sua amica
“ma non è bella fresca come
questa!”
“ti mando la bolletta della
luce! E giù quei piedacci dal divano bianco!”
“abituati al divano non bianco…
con Sylvia in casa questo divano sarà presto sporco di ditate infantili, ti
conviene farlo foderare di blu come quelli di casa Kaulitz!”
“cosa c’entra Sylvia con casa
mia?! E poi guardati te… non mi sembra di essere io quella incinta!”
“c’entra Sylvia, almeno mi
risulta che ultimamente tu te ne passi di tempo in giro con quella bambina… o
con il padre…” disse con aria maliziosa Jutta
Touchè… improvvisamente Cathe
arrossì al pensiero di Bill: era vero, dopo la giornata di shopping con la bimba
e i chiarimenti della sera con Bill, andava a trovarli almeno 2 o 3 volte a
settimana e si divertiva come una pazza con Sylvia… mentre con il padre i
rapporti si facevano sempre più… strani!
“allora Cathe, come va tra te e
Bill?”
“tra me e Bill cosa, Jutta? non
c’è nulla da dire sul “Tra me e lui …”
“già… ok qui ci vuole un po’ di chianti!”
“Jutta… sei incinta… non puoi!”
un po’ le mancavano le serate etiliche con le sue amiche, quelle delle
confidenze e delle risate fino a notte fonda, quelle in cui decidevano di
sovvertire le loro vite:
“ma tu no Cathe!” le disse Jutta
porgendole la bottiglia “avanti un sorso e passa tutto!”
“l’alcool non è una soluzione!”
le rispose la ragazza trangugiando almeno tre o quattro sorsi di vino
“Cathe parliamo di te… cosa
rappresenta per te Sylvia?!” doveva prenderla alla lontana Jutta, per farle
capire che doveva fare chiarezza sui suoi sentimenti, non poteva certo
spaventarla con la domanda clou
“non lo so…” le rispose la
ragazza portando i piedi sul divano e cingendosi le ginocchia con le braccia “è…
è come una parte di me, è la parte di me che invidia te e la Medi perché avete
un bambino…”
“già.. tu sei l’unica che
conosco il cui orologio biologico ha iniziato a ticchettare a 15 anni!” disse
Jutta tracannando un sorso della sua aranciata
“non è colpa mia: quella bambina
rappresenta il legame che non ho mai avuto con i miei…”
“il tuo disperato bisogno di
affetto giusto?!” disse con aria sorniona Jutta
“sì!” le rispose Cathe
stringendosi nelle spalle “io do affetto a lei, lei ne da a me…”
“è un rapporto un po’ malato
questo, lo sai vero… non è tua figlia… se Bill trovasse una compagna tu saresti
fuori dalla sua vita, non sei sua madre…”
Jutta l’aveva provocata, ormai la bottiglia era quasi finita e sapeva che
Cathe reggeva molto poco il vino, era il momento quello per farla ragionare sul
suo rapporto con Bill:
“io… io non voglio perderli!”
disse Cathe con le lacrime agli occhi “Jutta è un mese che ci penso, ci ragiono,
cerco di trovare una soluzione: io con Bill e Sylvia ci sto bene, ma ho paura,
paura che qualcosa possa andare storto, paura di perderli!”
“di perderli? O do perdere
Bill?!”
Cathe iniziò a piangere: ecco
cos’era quella sensazione che le stringeva il cuore ogni volta che pensava al
ragazzo, ogni volta che lo osservava, ogni volta che gli parlava, ogni volta che
era con lui: non voleva perderlo, era suo amico, forse di più… o forse era lei
che sperava in un di più.
“di perderli tutti e due…
soprattutto Bill!”
Cathe fece una lunga pausa,
aveva paura, folle, incredibile, profonda… aveva paura di quello che stava per
dire, dei suoi sentimenti:
“Jutta… mi sa che sono
innamorata di Bill!” disse Cathe scoppiando a piangere disperatamente
“sì che lo sei… e anche tanto!”
Jutta abbracciò Cathe ridendo “lo dovevi solo ammettere a te stessa, ma tutti
abbiamo capito che lo ami!”
“anche Bill?!”
“no… non credo…quando sei
con lui ti nascondi…”
“ho paura di soffrire, di
ritrovarmi in una situazione già vissuta, ho paura che alla fine si rivelerà
come con…”
“NO! Cathe guarda che Bill è
molto diverso da lui!”
“lo so… per fortuna! Ma non so
che farci, non posso fare a meno di aver paura!”
“devi fartene una ragione… è
quando si diventa grandi davvero! Tu fattene una ragione e non pensarci più!
Vivila con Bill e Sylvia, fregatene di quelli che possono fare commenti su di
voi…”
“Jutta…. Ma io ho paura, non so
come dirglielo… ho paura!”
“dirglielo non c’è un modo… non
puoi andare da lui e urlarglielo,
verrà il momento per parlarvi…”
“e se lui non mi volesse, nel
senso, se lui non volesse me ma mi accetta perché vede in me una mamma per
Sylvia?! E poi… io sarò sempre e comunque una sostituta di Sylvia… la piccola
potrebbe non accettarmi”
“no… conosco Bill, non sarebbe
possibile! Tu sei tu… Sylvia era Sylvia… ti amerà come Cathe…e amerà Sylvia
tramite sua figlia, quando la abbraccerà o quando le sarà vicino, sì certamente
nel suo cuore ci sarà sempre posto per la madre di sua figlia, ma ce ne è tanto
anche per te…”
“ma non è detto che io piaccia a
lui… che lui mi ami!”
“magari invece sì!” le rispose
Jutta; Cathe saltò letteralmente sul divano “Jutta se sai qualcosa dimmelo!”
“io non so nulla, so solo che
non ci dovrebbero essere problemi a che voi due stiate insieme… so solo quello,
lo so perché vi conosco! E comunque Bill dovrebbe leccarsi le orecchie a stare
con una come te!”
Quella frase strappò una risata
a Cathe: finalmente l’aveva ammesso, soprattutto a se stessa, le piaceva Bill,
amava Bill, di quell’amore semplice e puro, profondo, vero… pensava che l’amore
fosse quello che aveva provato per quell’altro ragazzo… no quella era forse una
cotta, l’amore vero è totale dedizione, è felicità per le piccole cose, non per
quelle impossibili.
“Jutta!” disse di botto
Catharina mettendosi a saltare sul divano “lo amo! Con tutta me stessa, con
tutto il mio cuore, lo amo… e amo Sylvia!lo urlerei al mondo!”
“ e allora fallo Cathe…” le
disse Jutta ridendo, mentre anche la ragazza si metteva a ridere
*****************************************************
Il fatto che Kipp avesse deciso
di organizzare una riunione in pieno pomeriggio di un afoso agosto e che avesse
costretto metà dei propri collaboratori a rientrare dalle ferie, era apparso
molto poco chiaro a Catharina, David e Jutta: si aspettavano tutti e tre grossi
cambiamenti da parte dei vertici, qualche novità era nell’aria, ma certamente
non nei giorni in cui storicamente Kipp spariva in qualche esotica località.
“secondo voi cosa vuole
quell’uomo?!” disse Jutta in preda a una delle sue crisi di nausea miste
incazzatura
“secondo me vuole anticipare il
tour europeo già in autunno… il che sarebbe sinceramente una follia,
considerando che praticamente non c’è nulla di organizzato e ci possiamo già
sentire adesso le lamentele perché non sono ancora in prevendita i biglietti!”
le disse David con aria corrucciata: il manager dei Tokio era abbastanza
scettico all’idea che un nuovo tour europeo senza aver ancora stabilito le date
definitive di uscita del nuovo album fosse una buona idea, sapeva inoltre quanto
era stanca tutta la crew e anche i ragazzi ed era seriamente preoccupato per le
conseguenze di quel tour de force sulla voce di Bill.
“per me c’è altro…” disse
all’improvviso Catharina che si era risvegliata dallo stato di torpore in cui
aveva cercato di nascondersi: “secondo me quello ha mire di grandezza, mi chiedo
solo perché averle adesso e non nell’autunno o nell’inverno, rischiamo di
rimanere fermi sei mesi così, il che da una parte non mi spiacerebbe!” disse
indicandosi le profonde occhiaie che ormai erano una delle sue caratteristiche
distintive.
“brava Catharina!” esordì Kipp
entrando all’improvviso nella sala riunioni cogliendo di sorpresa la ragazza
–speriamo non abbia sentito tutto il
discorso -disse mentalmente la giovane:
“comunque, gente, non sono
rientrato dalle ferie né vi ho
fatto rientrare solo per sfizio, sono appena tornato da New York e ho una bella
notizia da darvi: il tour europeo è posticipato dopo Natale, io il primo ottobre
vi voglio su un aereo diretto a New York per 25 date tra gli States e il
Canada!”
“stai scherzando vero Kipp?!”
gli disse David con aria sconvolta: solo 2 mesi per organizzare seriamente la
conquista del mercato americano:
“sono perfettamente serio… è l’occasione
buona questa per l’America, siete sufficientemente famosi e conosciuti, è ora di
aumentare le vendite!”
“piccolo problema Kipp…” gli
disse Jutta “io non mi posso muovere dalla Germania dopo settembre, non mi
accettano sugli aerei con la pancia… ora mi spieghi come facciamo? Siamo in
forze ridotte…”
“non mi sembra… lo stipendio non
lo pago mica a Catharina per fare la baby-sitter, questa sarà la sua buona
occasione per la consacrazione…”le rispose Kipp con la sua tipica espressione da
squalo assetato di soldi e sangue.
Cathe era rimasta interdetta
appena Kipp aveva pronunciato la parola America: era un suicidio, non si può
organizzare un tour di quel genere in di 2 mesi, cioè si ma non come piaceva a
Catharina che era abbastanza una perfezionista, per lei l’organizzazione doveva
essere maniacale, c’erano troppi imprevisti da considerare e non si sentiva
pronta per affrontare il grande salto verso il mercato americano:
“è troppo complicato come
mercato, troppe variabili, troppi cavilli in soli due mesi… c’è chi progetta per
anni di farlo, non due mesi…” disse sconsolata Jutta, mentre David non poteva
fare a meno di annuire: anche lui sperava e lavorava al tour americano da circa
un anno ma aveva sottovalutato la Universal, o almeno aveva ritenuto più
plausibile che il tour americano fosse in primavera.
“non è complicato Jutta!” disse
Catharina di botto: “io qualche idea ce l’avrei… anzi più di qualche!”
Il “più di qualche idea” di
Cathe in realtà era stato un “sono 3 mesi che mi studio giorno e notte questa
possibilità nei minimi dettagli e particolari”, ma aveva preferito non dirlo a
nessuno, un po’ per scaramanzia, un po’ perché non aveva più voglia di
sbandierare davanti a tutti quanto potesse essere competente… aveva deciso di
dimostralo sul campo. Illustrò al resto della crew le bozze del programma che
aveva già iniziato a stendere e secondo molti poteva funzionare, certo i tempi
erano contati e l’organizzazione richiedeva un certo dispendio economico ma
indubbiamente se ne potevano venire a casa soddisfatti, l’unica cosa era
immettere sul mercato un doppio cd con tutti i migliori pezzi dei primi 2 album
e iniziare a fare un battage pubblicitario imponente negli States e in
Canada.
“c’è però un problema… come
facciamo per gli Europe Music Awards? Sono a metà novembre no? Non siamo ancora
tornati per quella data…” fece notare David
“spostati al 25 Novembre
quest’anno… per cui siamo a casa da 3 giorni…” gli fece eco Kipp “e ne voglio di
statuette, anche quest’anno!”
“carini e coccolosi… vi voglio
carini e coccolosi!” disse
sottovoce Cathe a Jutta: sapevano entrambe che quella era la battuta di
Madagascar (cartone preferito di Sylvia) che meglio si adattava ai Tokio, ma che
era anche la più adatta alle richieste di Kipp; ultimamente quell’uomo stava
superando se stesso nel generare stress nei dipendenti, soprattutto in Cathe e
David che si ritrovavano con una bella gatta da pelare.
“carini e coccolosi… vi voglio
carini e coccolosi!” Cathe continuava a ripeterlo ai Tokio: lei e David avevano
deciso di annunciare ai ragazzi durante una cena del nuovo tour, sperando che
con la pancia piena le lamentele si sarebbero ridotte, anzi avevano sperato in
quello, ma come tutte le speranze si era rivelata totalmente vana
“questi sono scemi! Ma cosa
pretendono? Ci spremono come limoni, adesso in studio e poi partiamo? Ma cazzo
sono stato operato a Marzo alle corde vocali… ditelo allora che me le volete
rovinare! Ma vaffanculo!” Bill era nero ma allo stesso tempo esaltato all’idea
del tour: sinceramente la speranza di conquistare il mercato americano era una
tentazione troppo forte a cui resistere ma aveva paura per la sua voce
“quante date sono?” chiese Georg
con aria assorta
“25… più interviste varie,
promozioni, le solite cose insomma… ce ne stiamo via quasi due mesi!”
“e poi ci son gli EMA…” disse
Gustav
“con 7 nomination!” gli fece eco
Tom “di cui dobbiamo vincere best group perché premia Jessica Alba!”
“lo sai che ha avuto un figlio
vero?!” disse laconico Georg che per tutto rimando si beccò un dito medio alzato
da parte di Tom e la rispostaccia “non è mio.. quindi non mi faccio
problemi!”
Cathe invece continuava a
guardare Bill, anzi se lo stava letteralmente divorando con gli occhi: dopo la
chiacchierata con Jutta e l’ammissione di certe cose per lei era praticamente
impossibile continuare a guardare il ragazzo con gli stessi occhi di prima,
puntualmente ogni volta che lo fissava arrossiva e il cuore iniziava a battere
furiosamente, tanto da farle avere paura che in qualche modo il frontman potesse
sentirlo. Avrebbe voluto dirglielo, avrebbe voluto urlagli che lo amava,
profondamente, più di se stessa, che amava lui, amava Sylvia, che voleva stare
insieme a loro, che loro erano ormai la sua famiglia
Avesse saputo che gli stessi
sentimenti li provava Bill, avesse saputo che il ragazzo si sentiva un nodo allo
stomaco ogni volta che la guardava, che i suoi jeans si facevano più aderenti e
stretti di quando normalmente non fossero ogni volta che pensava a lei:
gliel’avrebbe volentieri urlato ad
ogni intervista o concerto, l’avrebbe volentieri urlato davanti al mondo, l’avrebbe
volentieri gridato agli EMA tanto
agognati dal fratello.
Se solo avessero avuto entrambi
coraggio!
************************************************************
Settembre era il mese dei
compleanni, ben 4! E se quelli di
Bill, Tom e Gustav erano stati divertenti e decisamente etilici, e i regali
abbastanza facili da trovare (subwoofer per la Cadillac per Tom, un particolare
pezzo della batteria utilizzato a un particolare concerto dei Metallica per
Gustav –dice che è da collezione, bah, contento lui- era stato il pensiero di
Catharina; mentre per Bill, giusto per fare le cose in grande, avevano deciso di
noleggiare per lui e Sylvia, per un giorno, l’Europa Park) beh quello di Sylvia
era stato decisamente più complicato, almeno per quanto riguardava trasporto e
montaggio: Catharina aveva deciso di prendere alla bimba una mega rete elastica
per saltare da mettere in giardino, e aveva deciso che la dovevano consegnare
montata in modo che la piccola potesse utilizzarla già il 28, anche perché il 29
Tokio, Cathe, David e crew avevano
il volo per New York e né lei né Bill volevano perdersi anche un solo saltello
della piccola.
“non fatevi male! Domani abbiamo
l’aereo!” Cathe l’aveva ripetuto più o meno un centinaio di volte quella frase
ai gemelli che avevano deciso di provare anche loro la rete: se si rompevano
qualcosa era la fine
“dai Cathe piantala e vieni a
saltare!” Tomi era esaltatissimo mentre saltellava qui e là con in braccio
Sylvia, mentre Bill faceva un mucchio di foto
“dai Cathe vai anche tu!” le
disse il frontman ad un certo punto “almeno ho qualche tua foto!” Bordeaux:
colore che assunse Cathe che velocemente si diresse alla rete per non farsi
vedere dal cantante; bordeaux: il colore che assunse Bill dopo aver pronunciato
quella frase.
La ragazza salì sul tappetone
elastico, iniziando a saltare con Sylvia, aveva deciso di farle vedere come si
fanno i carpiati, retaggio degli anni di artistica: se la cavava ancora
decisamente bene, la piccola ne era affascinata:
“Cathe ma sei bravissima! Voglio
imparare anche io a farli!” le disse Sylvia, scatenata sulle note di Caramell
dansen che provenivano dall’impianto stereo della Mercedes di Catharina, la
piccola si stava rivelando un misto tra la capacità musicale dei Kaulitz e i
gusti dance a volte un po’ tamarri di
Cathe
“no Sylvia sei piccola… ne
riparliamo tra qualche anno!”
“uffi… anche io volevo fare i salti!” disse Sylvia mettendo su il suo
migliore broncio strappalacrime
“Sylvia guarda lo zio che
bravo!” Tom aveva deciso di provare anche lui a fare una specie di carpiato, o
forse la definizione migliore era capriola storta, il problema fu che sbagliò
completamente la chiusura: arrivò lanciato a gamba tesa su Catharina, colpendola
sullo zigomo sinistro e facendola cadere dal tappeto elastico, malamente, molto
malamente.
Non se lo aspettava di cadere in
quel modo Cathe, non se ne rese neanche conto, non si rese conto di aver
infilato la caviglia un uno degli occhielli di sostegno: lo realizzò solo quando
avvertì un dolore lancinante alla gamba destra, sentì come se qualcosa nella sua caviglia si spostasse
letteralmente dalla sede in cui era sempre stato.
Se ne accorse anche Bill, aveva
visto tutta la caduta, aveva visto la gamba di Cathe piegarsi in quel modo
disumano, la caviglia gonfiarsi come sul punto di esplodere; aveva creduto
potesse esplodere il suo cuore quando sentì l’urlo disperato di Catharina accasciata
per terra semi-immobile.
Lasciò cadere la macchina foto a
terra e le corse vicino, non sapeva perché urlava in quel modo, Bill aveva una
paura folle:
“Cathe… mio Dio cos’hai!?”
“la caviglia… fa male!” gli
rispose la ragazza con un filo di voce: stava piangendo disperata per il dolore
lancinante, non aveva la forza neanche di riuscire a mettersi seduta; Bill la
prese in braccio e Cathe istintivamente gli portò le mani dietro il collo
stringendolo fortissimo, aveva paura che la gamba fosse rotta, non riusciva a
sentire niente, il dolore è talmente forte che credeva di svenire. Senti
indistintamente Tom chiamare la madre… poi più niente, black-out.
Si riscosse in macchina, era tra
le braccia di Bill che la stava fissando disperato: aveva uno sguardo perso,
impaurito, continuava a ripeterle che andava tutto bene, di stare tranquilla.
Cathe gli si strinse ancora più contro: voleva crederci, voleva non aver paura,
ma il dolore era talmente lancinante che non riusciva a pensare ad altro.
“è colpa mia Bill… scusami….”
Disse Tom con un filo di voce, aveva paura anche lui, paura di aver fatto male a
Cathe, e quindi al suo gemello: lo guardò con la coda dell’occhio, Bill aveva lo
sguardo fisso sulla porta della sala radiografie, era come in trance, fissava
quella porta come se ciò potesse diminuire i tempi; voleva solo andare da Cathe
ma i medici certo non li avevano fatti entrare.
La situazione non era poi così
disperata, al massimo la gamba era rotta, forse i legamenti lesionati, ma Bill
non ce la faceva a stare lì seduto, odiava con tutto se stesso l’ospedale di
Magdeburgo, tre anni dopo, lo stesso giorno era di nuovo lì che aspettava che
qualcuno gli dicesse qualcosa della ragazza che amava, certo le situazioni non
erano paragonabili, ma quella strana sensazione di dejà-vue, quell’odore
penetrante di disinfettante, gli dava fastidio.
“non è colpa tua Tomi…” gli
disse infine “è successo… sono cose che capitano…” non fece in tempo a finire la
frase che vide uscire Catharina spinta sulla sedia a rotelle da un infermiera:
il viso della ragazza era tutto un programma.
“piccola… allora?!” le chiese
Bill tutto d’un fiato
-piccola?!- pensò Cathe
–portatemi in cardiologia che qui mi infartuo!- cercò comunque di assumere la
più scazzata delle espressioni che il momento le consentiva:
“non è rotta! Posso partire
domani! Adesso mi portano a fare la risonanza per i legamenti, ma non credo mi
dovranno operare, per fortuna! Quindi, mi dovrò fare il tour con stampelle e
tutore!”
I gemelli emisero un sospiro di
sollievo, soprattutto Tom che si sentiva responsabile, se non si fosse messo a
fare il deficiente probabilmente Cathe non si sarebbe fatta male… e adesso
iniziava seriamente a temere gli urli del fratello.
“meno male… se no sai che Bill
mi avrebbe potuto uccidere…” disse il ragazzo a Cathe
“Bill?!... Tom ti uccido io,
ringrazia che sono praticamente immobilizzata se no a quest’ora saresti morto…ma
io mi chiedo come si fa a pensare di mettersi a saltare a quel modo, se colpivi
Sylvia e non me? Ma sei deficiente o cosa?!” Tom si stupì del ragionamento della
ragazza: stava male, aveva male, era sicuramente preoccupata per la riuscita del
tour, ma l’unica cosa a cui seriamente pensava in quel momento era Sylvia,
esattamente come farebbe una mamma, ma lei non era nulla se non una specie di
amica per quella bimba, almeno era quello ciò che pensava Tom; no, si stava
sbagliando sul conto di Catharina, per lei era un rapporto complicato, che
l’aveva coinvolta molto più di quanto si potessero tutti aspettare.
Già… Sylvia … mica ci aveva pensato Tom, lui voleva
solo farla ridere e divertire, ma se al posto di Catharina ci fosse stata la
piccola? Ci ragionò su fino a casa, si sentiva male all’idea di fare di poter
fare del male alla bambina, non se ne capacitava di quella leggerezza e
finalmente capiva certi comportamenti del fratello, immaturo e infantile in
certe occasioni ma tremendamente attento alla figlia. Più ci ragionava e più
capiva che lui, Tom Kaulitz, non sarebbe stato certo in grado di fare il papà
nella vita, neanche lo zio, essere responsabili era altro, essere responsabili
volava dire essere come Bill.
Fissò il gemello che stava
entrando in casa zoppicando all’unisono con Catharina, mentre la sorreggeva
letteralmente, aveva insistito per portarla praticamente in braccio fino in casa:
-sono comici quei due, però
stanno bene insieme! Fratello… ti invidio… io sono e rimarrò un coglione, e mi
va bene così… però ti invidio!- pensò Tom
Cathe si fermò a casa Kaulitz
quella notte, certamente non era in grado di guidare e per andare a casa fino a
Berlino ed starci solo poche ore era meglio se provava a dormirne almeno un paio
dai gemelli. Fu sistemata in camera di Bill, naturalmente con Sylvia che era
subito corsa piagnucolando da lei perchè si era fatta male, la piccola le era
saltata in braccio e aveva risolutamente deciso che avrebbe dormito con
Cathe:
“allora facciamo un pigiama
party Prinzessin ok?!”
“sì… ma cos’è?”
“eh… vuol dire starsene lì a
dire stupidate tutta la sera… ma sei troppo piccola per certe cose, facciamo
nanna e basta… che sono stanca!”
La piccola le sorrise con aria
interrogativa, non capiva molto perché gli adulti prima dicessero una cosa e nel
giro di 5 minuti se la rimangiavano, lo faceva spesso notare al padre e allo
zio, provocando risate ilari nel gemelli.
Bill aveva ceduto la sua stanza
alle ragazze come le aveva definite,
ben sapendo che a sua figlia piaceva quando la trattava “da grande”, era una
forza della natura quella bambina, e vederla con Cathe era la cosa migliore che
potesse chiedere: la ragazza era molto attenta, molto materna con la bimba,
l’avevano notato tutti, anche Simone che spesso faceva battute al figlio per
stuzzicarlo e magari spronarlo a dichiarasi con la ragazza.
“lascia perdere il macello che
c’è qui dentro!” disse Bill facendo accomodare Cathe sul letto, la ragazza
indossava una delle maglie XXXL di Tomi, ci navigava dentro, ma era decisamente
sexy, tanto che Bill dovette più volte inghiottire la saliva ed evitare di
concentrarsi troppo su pensieri non molto casti.
“figurati… mi spiace solo che
dovrai dormire con Tomi…”
“eh va beh… tanto se russa gli
ficco uno dei suoi calzini puzzolenti in bocca, giusto Sylvia?!”
La piccola annuì divertita, era
uno scherzo che facevano spesso al rasta, e spesso si concludeva con una vera e
propria lotta tra i gemelli che faceva letteralmente impazzire Sylvia.
“dai adesso vi lascio fare la
nanna… buonanotte Prinzessin!” disse Bill alla figlia scoccandole un bacio sulla
guanciotta
“buonanotte papà! Perché non dai
un bacino a Cathe… anche lei deve avere il bacino della buonanotte!”
Bill rise nervosamente, come
Cathe: tutti e due morivano dalla voglia di saltarsi letteralmente addosso, di
andare molto oltre il bacino della buona notte, ma nessuno aveva il coraggio di
fare il primo passo, di dichiarasi all’altro, continuavano a ignorare i
sentimenti reciproci che erano palesi a tutti coloro che li conoscevano, ma che
tra loro rimanevano invece nascosti e celati, un po’ per paura, un po’
sfortuna.
Bill prese coraggio e diede un
leggero e frettoloso bacio sulla guancia a Cathe; la ragazza avvampò e abbassò
lo sguardo, voleva solo che Bill uscisse da quella stanza, non riusciva a
reggere la presenza per altro tempo, non voleva… quel bacio era niente, era un
casto bacio sulla guancia, ma le bruciava più di mille baci appassionati.
La riscosse Sylvia: “mi racconti
una storia? Ma bella!”
“come una storia? Io non ne
conosco…” era vero, storie da bambini non ne conosceva, al massimo quelle
classiche e sapeva benissimo che Sylvia le odiava, proprio perché trite e
ritrite –che le racconto adesso?-
“va beh… allora ti racconto
della più grande storia d’amore di tutti i tempi, di una ragazza che per amore
aveva fatto follie…” raccontò tutta la storia alla bimba, l’aveva coinvolta, le
piaceva quella storia, si addormentò solo dopo che Cathe la concluse.
Anche Bill, rimasto appena fuori
dalla porta della sua stanza aveva ascoltato quella storia, e aveva deciso che
Cathe ne avrebbe dovuta avere una simile! Non era riuscito ad andare subito in
camera, era rimasto lì, a origliare i discorsi di sua figlia e di Cathe,
trovandoli la cosa più bella del mondo, più normale, più pura. Avrebbe dato
tutto se stesso per far in modo che quella diventasse un’abitudine.
**************************************************
“cos’hai combinato?” le dissero
in coro Georg, Gustav, David e Jutta in aeroporto, appena videro Catharina
arrivare con le stampelle e la gamba fasciata
“20 giorni di tutore, e dopo
devo evitare di sforzarla… ringraziate Tom per questo!” la ragazza raccontò
brevemente la piccola disavventura, come minimizzava lei, in attesa dei commenti
e delle imprecazioni di David contro Tom per aver praticamente complicato metà
del tour.
Il grave problema di Catharina,
quel giorno, era però doversi fare 8 ore di aereo fino a New York: lei, che odiava gli
aerei doveva farsi 8 ore di volo, lei che aveva il terrore di volare doveva
passare 8 ore su uno sterminato oceano, lei che aveva il terrore di volare, era
riuscita a farsi sequestrare il flacone di tranquillante in gocce, troppi ml in
cabina non si potevano portare.
“no… mi sta dicendo che non
posso portare nulla un cabina? Ma io ho il terrore dell’aereo? Come faccio?!”
l’addetto alla dogana fu irremovibile, già le stavano facendo storie per le
stampelle, quindi figuriamoci per dei tranquillanti; si diresse sconsolata verso
il gate di imbarco, continuava a torturare nervosamente la borsa, era anche
peggio di Tom che in quanto a sopportazione aerei era scarso.
Bill le si sedette accanto: “non
sapevo avessi paura di volare…”
“io non ho paura di volare, ho
paura di cadere…”le rispose Cathe continuando a fissare un non ben precisato punto di cucitura
della sua borsa che si era allentato, ormai quella borsa era ridotta male,
l’aveva trascinata ovunque negli ultimi due anni, ma ci era affezionata e non
riusciva a separarsene.
“ah beh… c’è molta differenza…”
le rispose laconico Bill
“certo! Prova te a volare senza
tranquillanti, almeno se sono fatta di benzodiazepine faccio nanna e passare dal
sonno al riposo eterno quando l’aereo cade è più facile… non soffro!” Disse
risolutamente la ragazza mentre il cantante si toccava le parti basse come segno
scaramantico
“non ci provare a dire ste
cazzate! Abbiamo un tour da fare!”Bill riuscì a strappale una risata, adorava la
risata di Cathe, aperta, contagiosa, spontanea. In effetti adorava tutto di
Cathe e avrebbe adorato anche il momento in cui sarebbe riuscito a rivelarle i
suoi sentimenti.
Non erano ancora decollati,
anzi, dovevano ancora finire di imbarcare le persone, ma Cathe aveva già le
lacrime agli occhi e stava iperventilando: -cattivo segno- pensò David che era
seduto accanto alla giovane; chiamò i gemelli seduti nella fila appena davanti,
magari conoscevano il modo di farla calmare
“Cathe sta già male… per favore sapete che mi rende isterico
una cosa simile…”
Bill e Tom si scambiarono
un’occhiata complice,valse più di mille parole che Tom poteva dire al gemello,
quindi Bill si alzò e prese il posto di David: “cosa non ti rende isterico… vai
davanti!”
Si sedette accanto a Cathe che
aveva lo sguardo fisso sul finestrino chiuso dalla tendina e grossi lacrimoni
che le rigavano le guance: si riscosse quando sentì la mano di Bill che le
accarezzava dolcemente la sua
“ehi… non siamo ancora partiti,
rilassati, se no quando decolliamo come fai?!”
“svengo! Voglio svenire… così
almeno è tutto finito!” disse la ragazza respirando a fatica: era una crisi di
panico bella e buona la sua, non sopportava proprio volare… odiava volare!
“ma perché hai paura?”
“non ho paura, ti ho già detto
che odio volare!”la sua invettiva venne interrotta dalla simpaticissima hostess
che le intimò di alzare la tendina… stava per decollare
“dai adesso guarda che fanno il
solito balletto dimostrativo!”
“lo odio..servono a nulla ste
cose…”
“ma c’è lo steward carino Cathe…
anche la hostess però è gnocca!” le urlò Tom dalla fila davanti, che intanto si
era già messo le cuffiette dell’Ipod e si agitava ascoltando il nuovo brano di
Samy Deluxe
“non mi interessa…” l’aereo si
portò sul fondo della pista… Cathe strinse istintivamente sempre più forte la
mano di Bill che contraccambiò il gesto, era l’unico modo per entrambi per
sopportare quella tensione; il pilota spinse al massimo i motori e iniziò a
rollare… “non ce la faccio… Bill non ce la faccio!” gli disse Catharina con un
filo di voce, annientata dalla paura; Bill la abbracciò, la strinse contro di
sé, un braccio circondava le spalle della ragazza; Cathe si tuffò letteralmente
nella felpa di Bill, gli era sempre più stretta, inspirava il suo profumo,
sapeva di dolce, di pulito, era lo stesso che aveva annusato quella notte sul
cuscino, era lo stesso dello shampoo del ragazzo che lei adorava… era il profumo
del suo Bill.
Ricambiò l’abbraccio e mentre si
perdeva in Bill non si accorse che l’aereo si era ormai staccato da terra.
Fare un viaggio in aereo con i
Tokio Hotel si può rivelare o estremamente stressante o estremamente divertente,
dipende con che spirito si affronta il volo: se si è isterici come David, quelle
otto ore di volo si possono rivelare tragiche, se si è come Cathe si possono
anche rivelare otto ore di divertimento puro.
Con Bill soprattutto si stava
divertendo, anche perché entrambi avevano scandalizzato mezza business-class
quando avevano scandagliato le loro borse alla ricerca disperata di qualcosa da
fare: se tanto quanto una ragazza con una borsa gigantesca era normale, un
ragazzo, secondo la suddetta benpensante business-class era inammissibile.
Cathe si era sempre chiesta cosa
potesse contenere la borsa di Bill, era una specie di tempio sacro, e se lei non
amava che si sbirciasse nella sua borsa… era comunque tremendamente curiosa di
guardare in quella del ragazzo.
“delusa vero?!” le disse Bill
appena notò l’espressione corrucciata sul viso di Catharina “cosa ti aspettavi
di trovare?”
“boh… certo non quattro
quaderni…”
“sono quelli dei testi delle
canzoni, se me ne viene in mente qualcuno li annoto lì… così non vanno
persi!”
“giusto!” “mentre
nella tua borsa cosa abbiamo Cathe?!” Bill era partito al contrattacco, se la
sua si era rivelata più che altro la versione a due manici di un normale
zainetto maschile, quella di Catharina era il classico pozzo senza fondo di Mary
Poppins
“due agende? Che te ne fai?”
“una per le date e le cose da
fare, le altre per ricordarmi dove metto le cose…”
“adesso ho capito a cosa servono
le agende a voi donne, a ricordarvi di cosa avete nell’armadio!...Georg senti
qui… il tuo compleanno Cathe ha portato a lavare il piumone!” disse rivolto al
bassista nel beato mondo dei sogni che gli rispose con un mugugnato “cazzo me ne
frega…”
“poi abbiamo l’onnipresente
palmare, borsa dei trucchi, foto?!”
“sì.. tutte le migliori…” disse
Cathe strappandogli di mano il piccolo portafoto della Nightmare before
Christmas
“calze di ricambio… deh
fratello… beccatele...” sporse a Tom le autoreggenti in pizzo di Catharina che
in meno di due secondi avevano fatto il giro di tutti i Tokio
“la pianti Bill… io non frugo
nella tua valigia… molla la mia borsa…” per cercare di strappargliela di mano
Cathe gli finì a due centimetri netti dal viso, sentiva di nuovo il suo profumo,
poteva dire di averlo visto deglutire a fatica; l’unico pensiero della ragazza
fu wow, soprattutto dopo che il cantante le disse con voce roca:
“almeno così hai qualcosa a cui
pensare e ti distrai dal volo!” –e anche io mi distraggo dalla tua presenza-
aggiunse mentalmente Bill, aveva probabilmente fatto una totale cazzata a
mettersi a fianco della ragazza, ma non ce la faceva a stare sul sedile davanti
mentre lei dietro piangeva, era troppo per lui vederla soffrire.
Rimasero a fissarsi qualche
istante, gli occhi dell’uno incatenati nello sguardo dell’altra, i respiri che
quasi si confondevano, i profumi che si mischiavano, il rossore che aumentava
sulle guance di Catharina: doveva ricomporsi prima che fosse troppo tardi. Con
scatto abbastanza felino riprese la sua borsa dalle mani di Bill e iniziò a
rovistare alla ricerca dell’Ipod,
“mi dai una cuffietta?!”
“perché non ti compri un Ipod o
te lo fai regalare? E poi molla la mia borsa, è sgualcita ormai, non rovinarmela
più del dovuto!”
Gli passò comunque una
cuffietta, non l’avrebbe mai ammesso ma adorava quando divideva qualcosa con
Bill, fosse stata la lattina di Red Bull o l’Ipod… era un modo per averlo tutto
per lei, anche se le sembrava un film già visto.
“beccatela Kau! Questa è
storica!”
“-Why are you leaving- dei
Liquido? Mi ricorda la pubblicità di una birra…”
“è bellissima… scommetto che
agli altri piacerebbe… potreste remixarla e suonarla a qualche concerto…”
“sì Cathe… credici…”rimase con
la frase a metà vedendo Cathe che si agitava sul sedile accanto canticchiando la
canzone, decise che era meglio cambiarla prima di farsi trascinare in qualche
danza scatenata degna di Catharina
“no… Courtney Love no… ti
prego!”
“tu non apprezzi la buona
musica…” gli disse Cathe cambiando e mettendo sul random… -where is the love-
dei BEP
“questa la apprezzo… mi togli
una curiosità? Perché non ti piace volare?”
“traumatizzata tornando da
Londra una volta!”
“atterraggio di emergenza o
turbolenza?” le chiese Bill a bruciapelo, mentre la ragazza continuava a
guardare ostinatamente il sedile di fronte a lei; si girò di botto:
“turbolenza...inoltre … è a
Londra che ho beccato un certo ragazzo e mia cugina insieme… dopo che lui mi
aveva detto di andare su per il weekend… è stato l’inizio della fine quel
weekend…” si massaggiò stancamente il sopracciglio sinistro, era il classico
gesto che Cathe faceva quando era nervosa o imbarazzata, Bill se ne era accorto,
e lo adorava quel gesto… le prese la mano tra le sue, iniziando a massaggiarla
dolcemente, la canzone era cambiata… Iris dei Goo Goo Dolls
“fregatene di quello che è
stato, non pensarci più… è andata così!”
“Bill , peso ancora adesso 46
chili… ogni volta che mi guardo allo specchio ci sono ancora dei fantasmi… è
facile dire fregatene… ma non sono così capace di farlo!”
“non puoi farlo da sola Cathe!”
di nuovo i loro sguardi si incatenarono,le loro pupille iniziarono una danza
strana, fatta di movimenti impercettibili e carichi di parole non dette, le dita
di Bill non si staccavano dal dorso della mano di Cathe, non ce la faceva a
staccarle, “io ci sono… per te ci sono sempre!”
Staccò gli occhi da Cathe,
sentiva che se non l’avesse fatto non avrebbe resistito oltre all’impulso di
baciarla, ormai non ce la faceva più senza di lei… la voleva! Ma non voleva
rovinare lo stupendo rapporto che si era creato tra loro, non voleva rovinare il
fatto che quando loro due erano insieme erano felici… quando poi c’era anche
Sylvia erano una famiglia.
Anche Cathe si accorse della
strana tensione negli occhi di Bill e nei gesti di Bill, aveva paura però di
equivocarle, sarebbe stato troppo bello se anche lui in quel momento avesse
provato i suoi stessi sentimenti: a Catharina sembrava di impazzire con Bill che
continuava ad accarezzarle la mano, che le ripeteva di esserci sempre per lei.
Era vero! Lui c’era sempre, negli ultimi due mesi erano state più le giornate
che la ragazza aveva passato con lui e Sylvia che quelle da sola. Non ce la
faceva a stare lontana da lui e dalla bimba per più di due o tre giorni, e di
questo ne aveva paura. Di abituarsi a quella vita, di fare programmi che magari
non stavano né in cielo né in terra. Aveva paura di illudersi di nuovo.
**********************************************
Il tour negli States era stato
un successo trionfale, il battage
pubblicitario organizzato dalla Universal aveva funzionato, i Tokio erano
conosciuti apprezzati, i locali dove suonavano stracolmi. E poi, loro si
divertivano: non c’era mattina in cui tutti loro, compresa Catharina, non
rientrassero almeno alle 7, non c’era negozio di Manhattan i cui Catharina non
avesse trascinato Bill, i due avevano letteralmente svaligiato Macy’s,
Sachs e l’unico, originale,
autentico negozio di Manolo Blahnik, il mitico, quello in cui le ragazze di Sex
and the City acquistavano paia e paia di “capolavori” come li aveva definiti
Catharina (tanto per la serie… shopping for labels, shopping for love). Erano
sempre in giro insieme Bill e Cathe.
“tuo fratello dov’è finito Tomi?!” gli disse
Georg senza staccare gli occhi dal mega schermo su cui erano proiettate le
immagini dell’ennesima partita alla Play dei Tokio
“non ne ho idea… segui i
movimenti della sua carta di credito e troverai lui e Catharina!”
“ma è di nuovo andata con lui?”
chiese Gus
“perché secondo te si staccano
in qualche momento?!”
“sì!” disse risolutamente Georg
“vanno a nanna separati.. se no mi sa che qui tornano in 3!” scambiò uno sguardo
con Gus che si mise a ridere, mentre Tom scuoteva la testa, sapeva cosa stavano
pensando quei due; sinceramente ci aveva spesso pensato anche lui, ma a
differenza dei due aveva parlato con suo fratello, sapeva cosa voleva dal
rapporto con Catharina e giusto per fare il menagramo Tom gli aveva ricordato di
Sylvia.
“ci penso sempre a ma figlia Tom… ci
pensiamo sempre sia io che Cathe.. come credo che ci pensi sempre anche
tu!”
“Bill ti ripeto, sii ben sicuro del tuo
rapporto con Cathe… se andate oltre ricordatevi che Sylvia ne verrà coinvolta,
se soffri tu non me ne frega più di tanto, se soffre lei si!”
-Bugia Tom- si ritrovò a pensare
il rasta –te ne frega anche a te, hai paura anche tu di soffrire, ma soprattutto
che soffra tuo fratello!-
Scacciò quei pensieri dalla
testa e disse improvvisamente agli altro: “vi ricordate cos’è domani vero?”
“è l’8 ottobre, compleanno di
Catharina, ce ne ricordiamo!” sorrisero tutti e 3 fissando l’enorme busta
arancione del regalo che era stata malamente appoggiata appena sopra la valigia
di Gus: certo Bill non poteva lamentarsi del colore preferito di Catharina!
“Tieni gli occhi chiusi!”
sussurrò Bill all’orecchia di Catharina facendole perdere un battito; dopo che i
Tokio l’avevano svegliata per urlarle letteralmente buon compleanno, Bill
l’aveva trascinata nella camera di Gus
“buon compleanno Catharina!” le
disse dolcemente all’orecchio mentre l’abbracciava da dietro le spalle,
cingendole dolcemente la vita con le mani.
-a me basta già questo come
regalo- pensò la ragazza, prima di vedere l’enorme busta arancione che le
sporgeva Tom
“ce l’ha detto Jutta che ti
piaceva!”
“VAFFANCULO!” fu l’unica cosa
che riuscì a dire Cathe mentre prendeva in mano il pacchetto arancione:
Hermès Paris
“vaffanculo, vaffanculo!”
continuava a ripetere mentre spacchettava il regalo: una nuovissima e fiammante
Birkin Bag di Hermès, rigorosamente arancione, rigorosamente versione
mignon.
“cazzo ragazzi è bellissima! Ma
come avete fatto…” era sconvolta Cathe, ci voleva almeno un anno di lista
d’attesa per avere quella borsa, e lei era lì, a 23 anni, con la borsa dei suoi
sogni in mano, e il ragazzo che più amava che la abbracciava dolcemente:
“ti piace?” le chiesero Gustav e
Georg in coro
“certo! Da impazzire… è
bellissima… siete dei tesori, tutti quanti!!” abbracciò e ognuno di loro, per
ognuno almeno due bacini sulle guance, due per Gustav, due per Georg (che le
allungò una pacca sul sedere dicendole buon compleanno), due per Tom (che seguì
l’esempio dell’amico Georg), due per Bill, forse molto più vicini alle labbra,
troppo vicini alle labbra, Cathe se le sentì quasi sfiorare le labbra e decise
che quello era il migliore compleanno della sua vita. Tutto il suo animo le urlò che quello era il miglior
compleanno della sua vita.
Aveva una paura folle, paura di
alzare lo sguardo verso Bill, paura di scoprire che era stato solo un sogno, che
davanti a lei in realtà non c’era Bill, che lei non stava realmente stringendo
una Birkin arancione.
Aprì gli occhi: Bill c’era… era
lì con lei!
E c’era veramente anche la sua
Birkin!
**************************************
Era ormai un mese che erano
partiti, un mese esatto da quando Bill aveva visto per l’ultima volta la sua
bimba, la sua Sylvia… ed era arrivato al punto di non farcela più: un discorso è
sentirla 3 o 4 volte al giorno per telefono, un altro era sapere di dover
aspettare ancora venti giorni prima di riabbracciarla. E lui non ce la faceva
più.
“complimenti fratello… stasera
hai cantato da schifo! Bella merda!”
“dove avrei sbagliato?”
“se faccio l’elenco non andiamo
più a dormire… hai fatto una schifezza totale!”
David si unì alla conversazione
dei gemelli, era veramente furioso: “Tom ha ragione… Bill, non so che ti prende
in questi giorni ma veramente stai facendo quasi schifo, sbagli gli attacchi, le
chiusure… non so cosa ti succede… per favore però torna a lavorare seriamente!
Questa E’ la vostra occasione per conquistare l’America, non sprecarla con le
puttanate che stai facendo!”
Tom lo prese da parte nel
camerino: “quando è nata Sylvia ci siamo fatti una promessa ricordi? Che avremmo
sfondato anche per lei! Perché adesso ti comporti così, sei distratto, poco
concentrato, anche durante le interviste o guardi in giro, o pensi ai cavoli
tuoi… purtroppo David ha ragione! Spiegami perché fai cosi?”
“mi manca da matti Sylvia! Tomi
non ce la faccio più!” Bill abbracciò il fratello e iniziò a singhiozzare, le
mancava veramente la piccola, con tutto se stesso; era come se gli avessero
tolto un pezzo del suo cuore e della sua anima. Ormai non gli bastava neanche
più Cathe e per di più sapeva che anche alla ragazza mancava la piccola, lei
cercava di non darlo a vedere, ma l’aveva vista piangere e asciugarsi
frettolosamente una lacrima mentre fissava le foto con la piccola che avevano
scattato nell’estate. E a Cathe gliel’aveva detto prima che a Tomi che anche a
lui mancava Sylvia, che il rendimento era crollato proprio per quel motivo.
Cathe era appena fuori dalla
porta socchiusa del camerino, aveva origliato un po’ il discordo e aveva preso
una decisione, grande, troppo grande, ma l’unica che logicamente le era venuta
in mente: prese il telefono e compose il numero:
“Simone, ciao! Sono Catharina…
ho bisogno di un favore…”
“Cathe dove stiamo andando… sono
le 7 e mezza del mattino!” Catharina aveva tirato giù dal letto Bill dopo appena
mezz’ora di sonno, lei quella notte proprio non aveva dormito; l’aveva
praticamente fatto caricare di peso sul van blindato da Saki; ma poco le
importava, l’avrebbe ringraziata! Eccome!
Nel giro di mezz’ora arrivarono
all’aeroporto di Toronto: era irreale il silenzio che regnava nei grandi
padiglioni, ma aveva un che di affascinante; sperava di non trovare giornalisti,
avevano fatto le cose con discrezione, ma un po’ all’oscuro di David.
-oh ma che me ne importa di
David, lui sarà anche il manager ma alla Universal conto più io di lui!-
Trascinò giù dal van Bill e si
diressero verso il terminal degli arrivi:
“Cathe perché mi hai trascinato
qui?!” Bill la risposta la ottenne dagli altoparlanti
Volo Lufthansa 2398 proveniente da
Francoforte in arrivo al gate 5!
“oh mio Dio Cathe… non può
essere… non puoi averlo fatto davvero?!”
Come risposta Bill ottenne un sorriso da un’orecchia all’altra di
Catharina… l’aveva fatto eccome ed era la cosa migliore che avesse potuto fare
per loro 3!
Bill era incontenibile,
saltellava contro la transenna in attesa che si aprissero le enormi porte a
vetro smerigliate del gate degli arrivi, tremava quasi, aveva le lacrime agli
occhi.
Si aprì la porta
Bill la vide, la sua piccola,
con i codini, lo zainetto colorato, la maglietta della Diesel come la sua, le
Stan Smith Shell come quelle di Catharina. La vide che dava la mano a Simone. Le
corse incontro
“Sylvia!” la prese in braccio,
incapace di non tremare, incapace di non piangere, piangeva di gioia, lacrimoni
di gioia, li stava piangendo anche Catharina, era corsa anche lei ad abbracciare
la piccola: si abbracciarono tutti e 3, Bill non riusciva a non stringerle le
sue due ragazze, i suoi due amori.
“Cathe… grazie grazie davvero…”
le disse con voce tremante “perché l’hai fatto? Io… io non so come
ringraziarti!” solo in quel momento si accorse che Catharina piangeva
“non piangere… ehi va tutto
bene!”
“lo so… ma piango di gioia,
perché siamo tutti e 3 insieme!” non seppe neanche lei da dove le era uscita
quella frase, ma sapeva che le veniva dal cuore, alla fin fine più che una
sorpresa a Bill l’aveva fatta anche a se stessa, anche lei non ce la faceva più
senza Sylvia e vederla lì in quel momento, in braccio a Bill… beh capì veramente
cos’era la felicità.
Bill Cathe e Sylvia sparirono
per tutta la giornata, era comunque in programma come giornata di riposo, quindi
non c’era problemi da parte di David (che per altro, stranamente, accolse di
buon occhio l’arrivo della piccola, sperava che Bill sarebbe stato più
concentrato dopo).
Visitarono tutto il centro di
Toronto, si scatenarono in folle shopping, infiniti giri in giostra; Sylvia era
esaltatissima: finalmente aveva rivisto il suo papà e Catharina e non smetteva
di guardare entusiasta fuori da finestrino del van con manine e nasino
letteralmente appiccicate ai vetri. Inoltre era ancora eccitatissima per il
viaggio aereo, l’aveva descritto nei minimi dettagli a Catharina, la piccola si
ricordava che la ragazza le aveva detto di non amare molto volare, ma
ostinatamente come qualsiasi bimba di tre anni Sylvia continuava a ripeterle che
volare era bellissimo, che avrebbero volato insieme e che le avrebbe fatto
passare qualsiasi paura.
La prese in braccio Cathe,
sorrideva al pensiero di quella bimba più matura di lei e Bill, che non aveva
paura di nulla, forse del buio, ma neanche! E la invidiava, perché lei aveva
ancora quell’innocenza e quella spensieratezza tipicamente infantili, che invece
Cathe non si ricordava di aver avuto; la invidiava soprattutto però perché la
piccola aveva una famiglia, per carità, un po’ strana, molto strana… molto
allargata. Ma sapeva che tutti le volevano bene.
“un penny per i tuoi pensieri!”
Bill la riscosse dall’isolamento in cui si era nascosta: in realtà stava
osservando lui con Sylvia sulle spalle che camminavano come una normale famiglia
per le strade di Toronto, tutti e 3 insieme, come una famiglia: li aveva sentiti
i commenti dei passanti, lei capiva l’inglese, Bill no… per fortuna anche perché
il commento più gettonato era “che bella famigliola!” e se il ragazzo l’avesse
capito Cathe si sarebbe sentita decisamente in imbarazzo
“sinceramente Bill.. pensavo a
noi tre… qui in questo momento! È pazzesco cavolo non siamo una famiglia, non
stiamo insieme noi 2… eppure tutti dicono che sembriamo davvero una famiglia!”
dove avesse trovato il coraggio di dire quelle cose Cathe non lo sapeva, ma
aveva paura della risposta di Bill:
“praticamente lo siamo… Cathe
non stiamo insieme, lo so… ma è più il tempo che noi due passiamo insieme con
Sylvia, magari lo potremmo…” il discorso venne interrotto dallo squillo del
cellulare di Bill: David!
“e questo cosa vuole?!” disse
Bill mentre faceva andare in braccio a Cathe Sylvia: le due lo guardarono con
sguardo interrogativo mentre alzava sempre di più il tono della
conversazione.
“ci avrei scommesso: ha piazzato
un intervista stasera… dobbiamo rientrare!”
Per tutto il tragitto Cathe
continuava a pensare a quel magari lo
potremmo lasciato in sospeso da Bill.
“dai Cathe stai qui con me!”
Sylvia cercava di convincere la ragazza a dormire con lei
“Sylvia non mi sembra il caso,
se tuo papà quando rientra vuole dormire?! Occupo la sua parte di letto!”
“ma è grande.. dorme dall’altra
parte! Ti pregoooo!”
-eh sì ci mancherebbe solo che
dormissimo insieme… così faccio che impazzire- fu il pensiero di Catharina
“e va bene… ma solo 5 minuti!”
furono le parole che pronunciò.
Bill le trovò abbracciate quando
era rientrato nella sua suite: erano bellissime insieme, Sylvia e Cathe,
abbracciata l’una all’altra; la piccola scomposta, con il dito in bocca e l’aria
sognante, Catharina su un fianco, che cingeva dolcemente con un braccio la vita
della piccola, il viso rilassato.
-solo due minuti-pensò Bill
mentre le osservava
-solo due minuti-pensò mentre si
sedeva sul bordo del letto cercando di non svegliarle
-solo due minuti-pensò mentre si
sdraiava vicino alla su piccolina e la abbracciava cercando di non svegliarla
-solo tutta la vita così-sognò
mentre stringeva le due in un unico abbraccio
“Bill!” Tom entrò nella suite
del fratello, erano ormai le 11 del mattino dovevano partire; si avvicinò al
letto, aspettando un mugugno del fratello: rimase bloccato nel vedere la scena;
tornò nella sua suite e prese la macchina foto:
“fratello… mi ringrazierai un
giorno per questa foto!”
Cathe, Sylvia, Bill… nel letto,
Sylvia stringeva Catharina con un piccolo sorriso disegnato sulle labbra, Cathe
con un braccio sotto la schiena della piccola la stringeva a sé, l’altro
allungato a posarsi sul fianco di Bill, la testa appoggiata contro la spalla del
ragazzo, lui una mano a stringere la spalla di Catharina, l’altro braccio che
copriva e abbracciava entrambe.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Nightmare before Christmas.... (parte a) ***
Buongiorno a
tutti! dopo lunga e travagliata gestazione causa vacanze (addirittura 4 giorni!)
ecco il nuovo capitoletto... lunghino... diciamo che è una prima parte, e già
qui spero vi divertirete... con il prossimo, giuro la smetto di farvi soffrire
(e di farli soffrire)
grazie ancora a
tutti per le recensioni!! mi illuminano le grigie giornate di studio!
bacioni!!!! e
buone vacanze!!!
Nightmare before
Christmas.....
(parte a)
L’aveva
svegliata un rumore sordo in lontananza, come una vibrazione: in effetti era
stata la vibrazione del Sidekick di Bill e il movimento del ragazzo per tirarlo
fuori dalla tasca dei jeans.
Catharina si
rese solo conto in quel momento di dove fosse, vicino a chi fosse: vide le due
braccine sottili di Sylvia stringerla, la sua cascata di ricciolini biondi
appoggiati al suo seno, ma soprattutto vide i due profondi occhi di Bill che la
fissavano dolcemente:
“buongiorno!” le
disse il ragazzo
“buongiorno!”
mugugnò Catharina “che ore sono?!”
“11 e mezza
passate…”
“wow… fatto il
giro dell’orologio… erano anni che non dormivo così tanto!”
“meglio così…
vuol dire che io e Sylvia siamo meglio dei tranquillanti!” ridacchiò Bill
“già…” Cathe si
accorse solo in quel momento di essere appoggiata alla spalla del ragazzo e
cercò di spostarsi, come spaventata dalla situazione: ci aveva sperato tante
volte, aveva sognato tante volte di svegliarsi così, ma trovarsi catapultata dal
sogno alla realtà le sembrava irreale e impossibile.
Bill la
trattenne con la mano con cui stringeva la spalla della ragazza: non voleva che
Cathe scappasse, avrebbe voluto che quei momenti fossero durati ancora; era più
di mezz’ora che era sveglio, era più di mezz’ora che guardava la ragazza e sua
figlia dormire, più di mezz’ora che continuava a ripetere a se stesso di quanto
erano belle insieme, di quanto fosse bella Cathe: non era la classica bellezza
mozzafiato, né une delle groupie disposte a tutto che tante volte avevano
cercato di infilarsi nel suo letto; non era neanche più l’arrogante figlia di
papà dei primi giorni, quella pronta a giudicare ma che avrebbe fatto il diavolo
a quattro se fosse stata giudicata; ormai era la sua Cathe e basta.
“dove stai
scappando?” le disse Bill con un sorriso un po’ pensieroso
“è ora di
andare, sono le 11 e mezza, evito di ricordarti che oggi non è vacanza!” rispose
Catharina con un sorriso mesto: indubbiamente la giornata precedente era stata
perfetta, si era divertita…ma qualcosa le diceva che quella situazione non
poteva durare, o almeno non come era iniziata.
“Cathe… lo so…
dobbiamo parlare noi due… senti noi…” venne interrotto da un mugugno di
risveglio di Sylvia: la piccola si girò supina e sbadigliò allungando braccia e
manine sui visi di Cathe e Bill, quindi si guardò in giro con sguardo un po’
accigliato.
“dov’è Markus?”
per la piccola il fatto di essere tra Cathe e Bill era, a quanto pare, del tutto
normale; il suo unico problema era il suo bradipo di peluche; Cathe si alzò per
recuperare il pupazzo che era caduto ai piedi del letto:
“eccolo… l’hai
lanciato!”
“no… io non ho
lanciato Markus, è lui che è andato via!”
“punti di
vista…” disse Bill sospirando divertito e scuotendo la testa mentre guardava
Cathe; venne interrotto da Sylvia che si era già messa a saltellare sul letto:
“oggi dove mi
portate di bello?”
“eh oggi niente
giri Sylvia… papà deve lavorare, e Cathe anche… quindi starai con la nonna!”
“ma io mi
annoio! La nonna non mi porta in posti belli come quelli in cui siamo stati
ieri!”
Bill sfoderò uno
dei suoi migliori aggrottamenti di sopracciglio e si voltò verso Cathe: “grazie…
è da quando ti ha conosciuta che fa così… la vizi troppo!” le disse Bill facendo
finta di essere arrabbiato
“io? Ma per
favore, se non ho ancora capito chi tra te, tuo fratello, i tuoi, Georg Gustav o
Andreas la vizia di più!?” Cathe si voltò dall’altra parte con aria fintamente
offesa; vennero interrotti dalla piccola:
“cos’è? Un
litigio tra innamorati?”
“NO!” le
risposero i due in coro arrossendo: evitavano di guardarsi, sapevano che né
l’uno né l’altra erano in gradi di reggere lo sguardo; Cathe mise fine a quella
situazione:
“dai.. mi hai
convinta, fino alle 3 sto con te e la nonna… ma poi tu stai brava e non voglio
sentire discussioni!”
“e va bene…”
Cathe aveva l’invidiabile capacità di convincere la piccola a fare quello che
voleva, senza troppe discussioni e troppi capricci.
Le due si
alzarono, Sylvia voleva a tutti i costi stare con Catharina e a nulla valsero le
parole di Bill per convincerla a lasciare in pace Cathe almeno per il tempo di
cambiarsi:
“Bill è inutile,
la conosci, senti mi fai un favore, vai a cercare tua mamma che almeno venga a
pranzo con noi, io scendo tra pochissimo, trova David e digli che dovrebbe
arrivare un fax di Jutta, di prenderlo lui che poi passo io dopo a recuperarlo!”
Cathe stava raccogliendo in giro i vestiti della piccola e dopo essersi messa in
spalla Sylvia, vestiti, Markus e borsone da lavoro cercò di raggiungere la sua
stanza con un equilibrio poco precario.
“passiamo a salutare gli zii?!” Sylvia era ormai
pronta e continuava a scalpitare mentre Simone le faceva infilare a fatica il
cappottino rosa di Burberry
“oki Sylvia, ma ricordati che non puoi correre loro
incontro… siamo in una missione segretissima e tu non devi farti scoprire..” le
ricordò Cathe: era ormai diventato il loro gioco, far finta di non conoscere né
Bill, né Tom né Georg o Gustav, per evitare che qualcuno potesse riconoscere
Sylvia come la figlia di Bill; l’aveva escogitato Cathe, se qualcuno le chiedeva
della piccola diceva che era figlia di un suo amico (che in effetti era vero)
che gliel’aveva affidata per la giornata (vero anche quello) e se qualcuno
chiedeva alla piccola come si chiamava il papà, lei candidamente rispondeva
Wilhelm (altrettanto vero anche quello, basta non collegare al nome il
diminutivo Bill…); tutto sommato a Bill andava bene quel gioco, era un modo per
far uscire la sua piccola dall’isolamento un po’ forzato di Loitsche, anche se
comunque sguinzagliava dietro a Cathe e Sylvia almeno due guardie del corpo.
Arrivarono in una saletta separata della sala colazioni,
predisposta appunto per i Tokio da parte del manager della band: David era con i
ragazzi quella mattina, li aveva raggiunti ben conoscendo il contenuto del fax
spedito da Jutta;lo sporse a Cathe che annunciò con aria trionfante
“taaa-daaan… fax appena arrivato dalla cara Jutta! Come
rappresentante ufficiale della Universal posso annunciarvi che…ai prossimi EMA
avrete ben che 7 nomination, che sinceramente guardando quelli contro cui siete
e i posti a sedere che vi hanno assegnato … beh ne avete 5 ipotecate! Tra cui
best group e best album!”
I Tokio, che fino a quel momento avevano trattenuto il
fiato, esplosero in grida di gioia: si abbracciavano, ridevano, saltavano:
“e le altre due Cathe?!” le disse di botto Gustav
“mah sì, una ce la potete fare, se avete vinto best new
act ai VMA, ce la fate come best video anche qui… però best tour non credo!”
“sì… secondo me abbiamo anche best tour…” le disse Bill
che la guardava con occhi felici mentre stringeva tra le braccia Sylvia; Cathe
gli rispose con un sorriso un po’ forzato
“sarò anche brava Bill, ma una certa Madonna non ha alle
spalle una 23enne di belle speranze, ma un organizzazione molto migliore di
quella che posso darvi io…”
“beh… sperare non costa nulla no?!” le rispose il
cantante mentre le sporgeva una tazzina di fumante cioccolata.
“Cathe… perchè papà e gli zii erano felici prima?”
Sylvia era tra Cathe e Simone, stavano andando a fare un giro per il centro di
Toronto (seguite a debita distanza dalle guardie del corpo)
“perché Jutta ha mandato loro una specie di regalo!” era
troppo prematuro spiegare alla bimba cosa fosse quel “regalo” ma la piccola
aveva il suo bel caratterino e pretese che Cathe le raccontasse per bene ogni
cosa; fortunatamente intervenne Simone:
“Sissi, quello che ha fatto Jutta è un regalo che le
persone che fanno il lavoro di tuo papà e dello zio sperano di ricevere, è un
premio per i loro sforzi e il loro impegno!”
“allora ne devono ricevere tanti!” disse risolutamente
la piccola
“ne riceveranno fidati!” le dissero in coro Cathe e
Simone
“Simone, posso chiederti una cosa?” disse Cathe con aria
corrucciata sfruttando un momento di distrazione di Sylvia
“del tipo? Riguarda Bill?”
Cathe si morse leggermente il labbro inferiore a sentire
quel nome; era imbarazzante chiedere quella cosa a Simone, soprattutto perché ne
aveva già parlato con Bill e sapeva che il ragazzo non l’avrebbe approvata:
“in parte sì… Sylvia mi ha chiesto se una di queste sere
la porto a vedere “dove suonano” il papà e gli zii… io ho sempre nicchiato, ma
ti confesso che da una parte non spiacerebbe nemmeno a me… sottinteso starebbe
dietro le quinte e farei attenzione,però… mi piacerebbe che lo vedesse sul
palco!”
“ne hai già parlato con Bill?!”
“sì… e non è d’accordo…”
“se pensi di far sponda su di me, non posso assicurarti
nulla, sai com’è Bill, se dice no è no… io in cuor mio ti direi di sì! È un po’
che Sylvia chiede anche a me di andare a sentire Bill e Tom, ti confesso che
piacerebbe anche a me… ma Bill non vuole, però… se lo metti di fronte al fatto
compiuto secondo me non dice nulla, soprattutto a te!”
“in che senso?!”
“eh dai… ho visto come lo guardi! E come lui guarda te…
e non fare ‘sto viso stupito! Sarò anche sua mamma ma non sono cieca! Da quanto
tempo va avanti ‘sta storia?”
“Simone! Io e Bill non abbiamo nessuna storia…”
“sì certo Miss brodo di giuggiole ogni volta che guardo
Bill… tu sei innamorata di Bill, e anche di mia nipote… ti dico solo di andarci
piano, di non soffrire e di non far soffrire nessuno dei due…”
“eh facile… basterebbe non svegliarsi come
stamattina!”
“eheh…” ridacchiò Simone “Tom mi ha detto!”
“Tom che ne sa?!” rispose Catharina allarmata
“è passato a chiamare Bill e vi ha visti, beh come se ci
fosse qualcosa da vedere…”
“appunto… temo ci ricamerà sopra molte cose!”
“Sì…. Comunque, sinceramente Cathe credo che l’unica sia
parlare con Bill, seriamente, di quello che volete dal vostro rapporto,
soprattutto per Sylvia; per quello che può valere, io se vuoi parlare ci sono,
anche se lo so, sono la madre di una delle parti in causa, però io con mio
figlio non ho mai avuto il classico rapporto madre figlio, siamo amici,
confidenti, quindi… davvero Cathe, dovete parlare e al più presto!”
A Cathe era servito quel discorso chiarificatore con
Simone, ormai quella donna era diventata la sua confidente per tante sue paure,
anche perchè conosceva meglio di chiunque altro le parti in causa: poteva essere
un errore, ma di Simone si fidava, si era fidata dal primo istante in cui
l'aveva vista, sopratutto Simone si era fidata di lei, le aveva dato
responsabilità anche per quanro riguardava il discorso Sylvia, le permetteva di
passare del tempo con la bimba; se Simone aveva detto di portarla a sentire i
Tokio, lei quella sera l'avrbbe fatto.
Sylvia era eccitatissima all’idea che quella sera
avrebbe visto finalmente dal vivo suo papà e i suoi zii che cantavano e
suonavano; la piccola continuava a fare salti di gioia e discorsi senza un filo
logico, stava riversando su Cathe tutte le sue aspettative con discorsi
strampalati ma teneri: ripeteva a Cathe che si sarebbe comportata benissimo, che
avrebbe fatto la brava, continuava a chiederle com’era un concerto dal vivo, se
ci fossero state tante persone, se bisognava vestirsi bene:
“ma figurati… sei perfetta così, stasera non c’è bisogno
di essere eleganti!” Cathe guardava la piccola vestita completamente Diesel, era
proprio una Kaulitz in miniatura, le aveva persino fatto la treccia con i ferma
coda a teschio della Nightmare, tanto per la serie “se tuo padre poi si incazza
con me, almeno tu ti sei divertita!”
“ma anche tu sei bellissima!” in effetti lo era:
semplice, paio di jeans e maglietta nera, scarpe da ginnastica (la caviglia le
faceva ancora male, anche se non lo dava troppo a vedere), trucco per una sera
dark, capelli lisci: Sylvia era rimasta stupita al vederla con i capelli
stirati, merito della super piastra di Georg.
“hai i capelli liscissimi Cathe!” gridò la piccolina
tutta felice “sei come la mia mamma nella foto!”
Cathe sorrise a quel paragone: lei comunque non sarebbe
mai stata una mamma per Sylvia, aveva paura di quella parola, voleva dire molte
cose, troppe cose, e lei non si sentiva ancora pronta. Non era come le sue
amiche, come Medina che alla sua età aveva avuto una bimba, come Jutta che
portava in giro orgogliosa il suo pancione di quasi otto mesi. Per Cathe erano
quelle le madri, non quelle come lei, che giocavano a fare più che altro da
babysitter alla figlia del ragazzo di cui erano innamorate.
“no Sylvia…” disse amaramente Cathe dopo qualche attimo
“tua mamma era molto più bella di me!”
“ma io ti voglio bene lo stesso!” disse la piccola
abbracciandola. Cathe sorrise dolcemente e la strinse tra le braccia:
“anche io piccola… dai adesso andiamo, che se no
iniziano!”
Il concerto era veramente riuscito, storicamente Toronto
era una platea difficile da conquistare, ma fortunatamente i Tokio non avevano
avuto problemi; conclusero con Reden , Cathe adorava quella canzone,
musicalmente parlando aveva un ottimo effetto calmante su di lei, la distendeva,
le sgombrava la mente dai sui pensieri… non quella sera, quella sera l’avrebbe
odiata. No, quella sera odiò Reden con tutta se stessa, odiò lo sguardo di Bill
quando si accorse di lei appena dietro le quinte, appena sotto il palco, con
Sylvia in braccio.
Già tanto che non si fosse bloccato a metà canzone, per
fortuna l’aveva conclusa, aveva concluso proprio tutto il concerto ma dalla voce
si capiva che qualcosa era cambiato, come se non gli importasse nulla della
platea che aveva davanti. Anche i ragazzi se ne accorsero, non avevano visto
Cathe e Sylvia e si stavano meravigliando del comportamento di Bill; il frontman
fece cenno a Gustav di fare un breve assolo alla batteria e si diresse a parlare
con il fratello:
“quella troia! Finisci tu… io scendo!”
“dove cazzo stai andando? Cosa c’è Bill?!”
“finisci ‘sto cazzo di concerto e ti spiego cosa
c’è…”
Bill salutò la platea con fare sbrigativo, non era da
lui, tutti in sala se ne accorsero, se ne accorse David e il resto della crew,
se ne accorse Catharina: soprattutto si accorse della furia con cui Bill era
sceso dal palco e le stava andando incontro. Fece appena in tempo a mettere
Sylvia a terra (che fu subito presa sotto la custodia di Simone) che Bill la
strattonò per un braccio trascinandola verso il camerino:
“che cazzo pensavi di fare eh?” le disse Bill
praticamente urlando, Cathe aveva le lacrime agli occhi, non pensava di
combinare un simile caos
“niente Bill, era da un po’ che Sylvia mi chiedeva di
potervi sentire…”
“lo so!” sbraitò il frontman “lo so benissimo, lo chiede
anche a me, a Tom e a mia madre, ma non mi sembra che l’abbia mai portata in
mezzo a 3000 persone!”
“ma non è successo niente, nessuno l’ha vista…”
“non me ne frega niente! Potevano vederla!”
Cathe a quel punto si arrabbiò anche lei, davvero, era
una persona calma e riflessiva ma qualcosa in lei scatto in quel momento:
“non l’hanno vista! Secondo te sono così scema da andare
in mezzo alla platea? Tanto vale dirlo no? Secondo te io farei mai una cosa del
genere a te e a Sylvia?”
“l’hai appena fatta! Mi chiedo se si può essere così
cretine da non pensare a Sylvia?!”
“cazzo Bill eravamo dietro le quinte, non c’è nessuno
nel backstage durante il concerto!”
“certo… e se qualcuno fosse arrivato?!”
“mi sembra di essere io quella che mette le firme sui
pass del backstage, e mi sembra che Saki e le altre guardie siano lì per
impedire che qualcuno arrivi al backstage…”
Furono interrotti da Tom Georg e Gustav che entrarono in
quel momento, sconvolti per la scena che si presentava loro: un Bill
adiratissimo che urlava contro una Cathe altrettanto furente:
“che è successo Bill?!”
“è successo che sta cretina ha portato Sylvia al
concerto! Sai uno si sbatte per 3 anni per tenere la figlia lontano dai
riflettori e arriva sta testa di cazzo che ti rovina!”
“scusa come mi hai chiamato?!” gli disse Cathe con tono
stranamente calmo; Bill si rese conto solo in quel momento delle parole che
aveva usato, non le pensava certamente, le aveva dette in un moto d’ira… e
adesso era veramente difficile la situazione
“non volevo Cathe scusami…”
“non volevi vero?... tu non vuoi mai…” Cathe aveva le
lacrime agli occhi e alzò di nuovo il tono della voce “tu non vuoi mai offendere
la gente, tu non vuoi mai farla soffrire… ma cazzo piantala!”
“piantala tu…per favore, qui mi sembra che sia tu quella
che ha trascinato una bambina di 3 anni in mezzo a un macello che è un nostro
concerto!”
“fosse per te quella bambina di 3 anni non uscirebbe di
casa!” Cathe era sempre più incazzata, probabilmente non ragionava neanche lei
sulle parole che diceva, era un fiume in piena, le parole le uscivano più che
altro dettate da stanchezza e frustrazione;
Bill la guardò con uno sguardo torvo e le sibilò: “tu
non dirmi come devo educare mia figlia, per fortuna non sei sua madre!TU NON SEI
SUA MADRE!!!”
Cathe non resistette oltre, iniziò a piangere e
singhiozzare, le parole di Bill le avevano inferto un colpo nel cuore e
nell’animo che mai avrebbe pensato di provare; scappò fuori dal camerino, scansò
a mala pena Georg e Gustav, non si accorse nemmeno di Simone e Sylvia né di Saki
che avevano assistito attoniti alla scena. Voleva solo correre via da quel
camerino, non le importava se la crew la stesse fissando, se stesse fissando
Bill, se Tom era uscito fuori dal camerino per rincorrerla, ma aveva desistito
vedendo lo sguardo del gemello, un inequivocabile “o con me o contro di
me”;
corse fuori dal teatro, in un vicolo laterale:
nevischiava, faceva freddo… Cathe non lo sentiva in quel momento: sentiva solo
le parole di Bill che le rimbombavano nella testa, sentiva gli urli del ragazzo,
vedeva la sua rabbia negli occhi. Aveva la testa appoggiata al muro, il freddo
dei mattoni contro la fronte, le lacrime salate che le rigavano le guance e si
spegnevano all’angolo della sua bocca; continuava a colpire il muro con i pugni:
voleva farsi del male, ne aveva fatto a Bill e soprattutto a Sylvia… cosa
le era saltato in mente di portarla al concerto.
“shh… adesso basta, smettila! Non è colpa tua!” una
voce rassicurante, l’unica che mai si sarebbe aspettata di sentire in quel
momento, l’unica che non la stava accusando né giudicando.
Si sentì mettere un piumino attorno alle spalle : “vieni
dentro Cathe, fa freddo!”
“no David, non ce la faccio… non posso andare lì dentro,
non dopo quello che mi ha detto! Non dopo quello che gli ho fatto!”
David la strinse a se: “tu non hai fatto niente di male
Cathe, hai fatto la cosa giusta… Bill non le pensava davvero quelle cose, non le
pensa… e poi… Sylvia era felicissima, davvero Cathe, non ho mai visto quella
bimba felice come prima al concerto! Dai adesso rientriamo!”
“non ce la faccio David, io me ne torno in albergo…
scusami!”
*****
Bill era ancora fuori di sé, continuava ad andare su e
giù per il camerino inveendo a bassa voce contro Cathe, anzi più che contro la
ragazza contro se stesso, per ciò che le aveva detto.
Non le pensava certamente quelle cose, non sapeva
neanche lui perché avesse reagito in quel modo: si sentiva un vigliacco per aver
rinfacciato a Cathe una cosa che lui, in cuor suo, erano mesi che sperava, che
desiderava. Soprattutto non si capacitava del fatto di averle detto quel “tu non
sei sua madre!”: gli rimbombava nella testa quella sua stessa frase, gli
rimbombava il tono con cui l’aveva pronunciata, il modo in cui l’aveva
pronunciata. Era vero, Cathe non era la madre di Sylvia, ma lui ci sperava tutti
i giorni, lo sognava tutte le notti che lo potesse diventare.
Tom Georg e Gustav non avevano il coraggio di parlagli,
anche perché sinceramente non avrebbero saputo cosa dirgli. Soprattutto Tom:
l’avrebbe insultato volentieri, molto volentieri, dopo una scenata del genere
Cathe come minimo avrebbe fatto le valigie e sarebbe sparita dalle loro vite,
certo non avrebbe considerato più minimamente Bill.
-è veramente cambiato- pensò Tom –non lo riconosco più,
non è più il Bill di una volta, non avrebbe mai fatto così, perché?!-
Simone lo riscosse dai suoi pensieri: non tanto con le
parole ma con un gesto che mai si sarebbe aspettato da sua madre: diede un
sonoro ceffone a Bill.
“non ti ho mai dato sberle, e non me ne pento, ma questa
ci voleva! Io ti ho insegnato il rispetto Bill, ti ho insegnato dove ci sono dei
limiti e delle regole, ti ho insegnato che le altre persone non si devono mai
attaccare né insultare. Adesso voglio sapere del perché di quella scenata a
Catharina!”
Bill di massaggiava la guancia, non capiva se era più
bruciante il dolore dello schiaffo o quello inferto al suo animo dalle parole
della madre:
“non lo so il perchè mamma… proprio non lo so, mi sono
uscite così di botto, forse… non le pensavo veramente!”
“e allora perché le hai dette?”
“perché… perché Cathe ha portato Sylvia a sentirci, dopo
che le avevo detto almeno un migliaio di volte che ero contrario. E… e quando ho
visto mia figlia lì, non ci ho più visto ti giuro, non volevo fosse così, volevo
proteggerla, è la mia bambina, io… non…” Bill iniziò a singhiozzare.
Tom fece cenno a Georg e Gustav di portare Sylvia in
albergo, la piccola era stanca e anche un po’ scombussolata per la scena a cui
aveva involontariamente assistito; si mise sul divano accanto a Bill, con la
speranza di far ragionare un po’ il gemello.
*****
“andiamo a trovare Cathe?” Sylvia era in braccio a
Gustav, gli occhi pieni di sonno e la testa appoggiata alla spalla del
batterista: il suo primo pensiero una volta tornata in albergo fu però per
Catharina.
Georg e Gustav si guardarono, non sapevano neanche loro
se quella fosse la decisione migliore, probabilmente Cathe avrebbe preferito
star sola, senza la piccola a scombussolarla più di quanto già non lo fosse.
Però anche loro avrebbero voluto andare da Cathe, per capire come stava, per
consolarla, per cercare di farla ragionare.
Bussarono alla porta della stanza della ragazza:
“Cathe!” le urlò Georg “per favore apri!”
Dopo qualche istante la ragazza comparve alla porta, il
trucco sfatto dalle troppe lacrime versate, gli occhi gonfi: si getto tra le
braccia di Georg:
“perché mi ha detto quelle cose?” ricominciò a
singhiozzare e i due ragazzi decisero di riportarla in camera
“non l’ha fatto apposta Cathe, era fuori di sé, lo
conosci anche tu, ogni tanto fa così!” Gustav le accarezzò dolcemente una
guancia scostandole le ciocche di capelli che erano rimaste appiccicate per le
lacrime
“ma io l’ho fatto per Sylvia, anche Simone era
d’accordo!”
i due ragazzi si guardarono stupiti: “Simone era
d’accordo?”
“certo, la nonna era d’accordo!” rispose Sylvia, che nel
frattempo si era accoccolata in braccio a Cathe e si faceva tranquillamente
cullare, incurante della situazione.
“Cathe, ma perché non l’hai detto a Bill?!” le disse
Georg
“fa differenza ormai? Tanto si sarebbe incazzato
comunque…” disse Cathe a bassa voce, Sylvia si era addormentata in braccio alla
ragazza
“non credo…” le rispose flemmatico Gustav “però anche tu
perché sei scappata in quel modo?”
“cosa dovevo fare… urlargli in faccia che l’ho fatto
perché mi sembrava giusto? Perché così mi crogiolavo nell’illusione di fare da
mamma a questa bambina? No grazie ragazzi… così faceva che uccidermi
direttamente…”
I due sghignazzarono: “ucciderti? Per favore, ma se mi
sembra che quando ve ne state tutti e tre insieme non sei l’unica che gioca a
fare la famiglia!” le disse Gustav “senti, quando ti decidi a dirglielo a
Bill?!”
“mai… parliamoci chiaro, ha ragione lui… io non sono la
madre di Sylvia e mai lo sarò… non ho voglia di lottare contro un fantasma!”
“perché invece non ci provi?!” Simone era rientrata
nella suite, in effetti era anche sua, la divideva con Cathe e la piccola; colse
i tre allo sprovvisto:
“Bill è incazzato nero, te lo dico già adesso, spero che
suo fratello riesca a farlo ragionare, ma tu per favore, abbandona un po’ del
tuo orgoglio e cerca di parlare con mio figlio, non potete andare avanti
così!”
“Simone…” disse Cathe continuando a singhiozzare “io non
voglio più andare avanti! Non c’è nulla di cui parlare!”
“oh certo? Del fatto che siete innamorati l’uno
dell’altra invece? No perché se nessuno qui ha il coraggio di dire la verità, la
dico io! Ti metto di fronte alla realtà, e fa male, lo so, ma almeno ti dai una
mossa!”
Cathe rimase sconvolta a sentire quelle parole: non le
sembrava possibile che Bill potesse provare altri sentimenti oltre all’odio,
almeno dopo quella sera. Certo ci aveva spesso sperato che il comportamento di
Bill, a volte strano e a volte enigmatico, potesse celare un interesse nei suoi
confronti; che il fatto che si facesse Amburgo - Berlino, o Loitsche - Berlino
solo per vederla senza una valida ragione, fosse in realtà un modo di nascondere
il suo interesse per lei… ma Bill non poteva essere innamorato di una come
lei.
*****
“sei un deficiente fratello! Sei un cretino!” Tom aveva
letteralmente trascinato Bill nella suite, al diavolo il meet&greet, al
diavolo gli autografi, al diavolo tutto!
“io? Ma per favore, che mi dici di quella che gioca a
fare la mamma di mia figlia?!”
“BILL…ma se ci speri che un giorno diventi a tutti gli
effetti la madre di Sylvia, che cazzo fai allora? La aggredisci? Le dai della
testa di cazzo? Ma lo sei tu quello… sei un povero imbecille!”
“Io? Io… per favore Tomi… non ricordarmelo!” Bill si
gettò sul letto, piangeva disperato, singhiozzava: Tom si avvicinò, lo prese tra
le braccia:
“Bill perché volete farvi del male? Perché ne vuoi fare
a Cathe e a Sylvia?!”
“io non voglio farle del male, ne ha già sofferto troppo
nella sua vita… ma…”
“ma cosa?”
“ma mi sono sentito come tradito stasera, le avevo detto
che non volevo che Sylvia venisse a sentirci dal vivo…lo sapeva!”
“lo sapeva anche nostra madre…” gli rispose il rasta
“eppure è lei che le ha dato il permesso!” Bill sgranò gli occhi, mentre Tom
annuiva; il frontman continuò a singhiozzare, pronunciando frasi senza senso,
dettate dalla disperazione.
Tom lo strinse a sé, lo abbracciò, come faceva quando
erano piccoli e Bill aveva qualche problema, correva sempre dal gemello, lui di
solito risolveva tutto, aveva sempre il consiglio giusto; anche stavolta: prima
di addormentarsi tenendo stretto a se Bill gli disse una semplice
frase:
“parla con Cathe… non essere orgoglioso, si aggiusta
tutto, tu la ami… lei ti ama… non aver paura” probabilmente però Bill non sentì
quella frase: si era ormai addormentato in un sonno pieno di incubi e
dolore.
*****
Erano a Vancouver ed erano ormai passati 5 giorni, 5
giorni in cui Cathe aveva accuratamente evitato Bill e Bill Cathe: se uno
entrava nella stanza l’altra usciva, si sedevano ai capi opposti di aerei e van;
si ignoravano. E la cosa che faceva stare male entrambi, più degli ostinati
silenti, dei mugugni detti a denti stretti, degli insulti mal celati ma del
tutto fuori luogo, era il fatto che chi soffriva di più per quella situazione
era Sylvia: la piccola non capiva perché papà e Cathe non si parlassero, perché
non andassero più tutti e 3 in giro insieme, perché avessero litigato; lo sapeva
benissimo la piccola che i due avevano litigato, e anche di brutto, l’aveva
persino chiesto a David e a Saki il perché, dopo che la nonna e gli “zii” le
avevano detto che non era successo nulla.
Saki era stato più diplomatico, aveva detto che a volte
gli adulti si comportano da bambini e litigano per delle cose stupide, delle
cose che a volte hanno già ma si dimenticano di avere, per delle cose che sono
davanti ai loro occhi ma che per paura o per comodità fanno finta di non
vedere.
Sylvia l’aveva guardato strano per quella risposta che
più che chiarire le idee gliele aveva confuse di più, ma siccome Saki le era
decisamente simpatico e in più la trattava come una principessa con tutti i
crismi degni di un film, gli aveva fatto un bel sorriso e risposto con un
candido “ah ok!”.
Il problema fu la partenza della piccola e di Simone: né
Cathe né Bill avrebbero voluto separarsi dalla piccola, per loro era una sorta
di legame, di tramite, era un modo per sentirsi vicini pur essendo lontani, pur
volendo esserlo.
La accompagnarono entrambi in aeroporto, dopo molti
giorni nessuno dei due si fece scudo degli altri membri dei Tokio o di David o
di Saki o Simone, anche perché per ragioni pratiche e di sicurezza nessuno degli
altri era andato; nessuno dei due trovò però il coraggio di parlarsi
“mi raccomando cucciola fai la brava con la nonna!
Comportati bene anche in aereo! Promesso?” Bill le sporse il mignolo che subito
Sylvia strinse con il suo
“promesso papà! Faccio la brava, ma anche tu lo devi
fare!”
Bill sorrise: “io lo sono sempre!”
“no!” disse risolutamente la piccola “non parli con
Cathe e la fai piangere, se fai così non ti voglio bene!”
Crollarono tutte le certezze di Bill in quel
momento, una ad una: le certezze del suo modo di porsi con sua figlia, del suo
rapporto con lei; le certezze su Cathe, sulla sua arrabbiatura che in realtà era
una gran delusione per come si era comportato Bill.
Spiò con la coda dell’occhio la ragazza che stava
salutando la piccola: Cathe piangeva, lacrime vere, sincere… piangeva perché si
stava separando da Sylvia, piangeva perché se non fossero cambiate le cose
quella poteva essere l’ultima volta in cui vedeva Sylvia.
Simone si avvicinò al figlio e l’abbraccio tra le
proteste del ragazzo: “mamma per favore…”
“dai… sei mio figlio ancora! Sei grande ma non tanto!
Fai il bravo e mi raccomando parla con Catharina!avete un mucchio di cose da
dirvi!”
Sylvia e Simone erano appena sparite dietro la porta
a vetri della sala di attesa passeggeri, ormai avevano passato il check-in, non
c’era più modo di stare con la piccola, loro non avevano le carte di imbarco e
sinceramente mai come in quel momento Catharina desiderò essere su un aereo.
Stava piangendo, singhiozzava, le mancava quasi il fiato ma comunque non
riusciva a staccare gli occhi dalla porta scorrevole, né Bill riusciva a
staccarli da Cathe.
Era troppo per lui vederla in quelle condizioni: si era
davvero sbagliato a urlarle che non era la madre della sua bimba, forse lo era
molto di più pur non avendo in comune neanche una goccia di sangue; se non le
fosse importato veramente di sua figlia non sarebbe stata lì, non l’avrebbe
portata a sentire il suo papà, facendo attenzione a mille particolari
nell’organizzazione che anche allo stesso Bill erano sempre sfuggiti, non
l’avrebbe scarrozzata negli ultimi 6 mesi, non le avrebbe regalato tanto momenti
in cui la piccola si era divertita. Non gli avrebbe regalato gli stessi momenti
in compagnia della figlia.
Se quello era amore… era nella sua forma più pura, nella
sua dimensione più estatica.
Non resse oltre Bill, si avvicinò a Cathe mentre le
parole di sua mamma gli rimbombavano nella testa: la abbracciò, pianse con lei,
calde lacrime amare, per disperazione e per odio verso se stesso, per come aveva
trattato la sua Catharina.
“mi dispiace… scusami davvero!” continuava a
bisbigliarle. Cathe strabuzzò gli occhi, la testa affondata sulla spalla di
Bill; riuscì solo a dire flebilmente: “devi scusare me… è colpa mia!”
Bill scosse la testa e la appoggiò contro quella di
Cathe, mentre le baciava teneramente i capelli: “no… no… non dovevo dirti quelle
cose, neanche le pensavo, non ho capito perché te le abbia dette! Mi sento così
uno stupido!”
“no Bill, la stupida sono io! Sapevo che non volevi, ma
io ho portato lo stesso Sylvia, l’ho fatto per lei, perché ti vedesse, perché
fosse ancora più orgogliosa di te di quanto già non lo fosse!”
Bill tirò un po’ su con il naso: “ci sei riuscita sai… è
4 giorni che me la fa andare sul concerto! Grazie davvero Cathe, davvero!” prese
il viso della ragazza tra le mani, si guardarono negli occhi qualche istante,
Cathe chiuse i suoi, non riusciva a sostenere lo sguardo di Bill, non riusciva a
perdersi in quei profondi occhi nocciola, aveva paura di perdersi.
Non seppe mai neanche Bill come ci riuscì, semplicemente
chiuse gli occhi anche lui, avvicinò il viso a quello di Cathe e le diede un
leggero bacio a fior di labbra, un bacio carico di amore ma soprattutto di
riconoscenza, in quel momento voleva dire più di mille grazie. Più che un bacio
era un soffio, una carezza delle morbide labbra di Bill su quelle di Cathe, più
morbide di quanto il ragazzo se le aspettasse.
Si staccò in fretta, non poteva andare oltre, non
dovevano andare oltre.
Cathe era rimasta basita di fronte a quel bacio che
non era un bacio, era un grazie detto in silenzio, un grazie detto con il cuore,
che valeva più di mille discorsi e mille parole; era un grazie che rinchiudeva
in sé tanti ragionamenti prolissi ed inutili, che sintetizzava tante frasi che
mai nessuno dei due avrebbe detto.
Si fissarono per qualche istante negli occhi,
sguardi carichi di amore, di riconoscenza; Bill non riuscì ad evitare di passare
la lingua sulle labbra, con un gesto che era molto più adatto a Tom che a lui:
forse per cercare di riassaporare le labbra di Cathe, forse per tentare di
aggrapparsi ad un’illusione.
Cathe era come immobilizzata tra le braccia di Bill,
non riusciva a muovere un muscolo, né a capire il perché di quel gesto; era un
grazie, doveva essere un grazie, il grazie più bello della sua vita.
Rise inconsapevolmente al gesto di Bill, a quel suo
tentativo ti mantenere una specie di legame con le labbra di Cathe: la mise sul
ridere, in quel momento era l’unica cosa che aveva voglia di fare… era
impossibile come nel giro di un solo istante fosse passata dalla più totale
disperazione alla furiosa gioia, da una stretta al cuore alla tachicardia
galoppante:
“Dior!” disse in un soffio al ragazzo
“Dior?” le chiese Bill
“Dior addict ultra gloss reflect 347 orange raphia! Il
lucidalabbra…”
“ah… bene…” Bill tirò fuori dal suo giubbino bianco (di
Dior) gli occhiali da sole “Dior!”
Cathe sfoderò i suoi a mascherina: “Gucci!”
Si misero a ridere all’unisono, era pazzesco come
fossero entrati in quel aeroporto guardandosi in cagnesco e adesso erano lì, a
citare marchi dell’alta moda per evitare i pensare a quel… bacio… e così si
poteva definire.
Bill mise un braccio attorno alle spalle di Catharina e
si avviarono verso il van, scortati dall’onnipresente (ma discreto) Saki.
*****
“ragazzi è ufficiale, sono esausto e sto crollando di
sonno!” Tom non ce la faceva più a stare in piedi, erano le 5 e mezza, il
concerto era stato (come sempre) sold out, il meet&greet affollato, il
locale in cui erano stati anche di più! Lui non ce la faceva proprio più, mentre
Gustav era da un pezzo che non ce l’aveva più fatta visto che era crollato e si
era addormentato direttamente sul van. Georg confabulava con David, erano due
giorni che andavano avanti a parlottare, insospettendo non poco Catharina di
tutto quel brusio di sottofondo: in quel momento non ne aveva voglia nemmeno
lei, sognava di potersi spalmare letteralmente nel letto, e dormire almeno
qualche ora.
Finalmente era riuscita a chiarire la situazione con
Bill: chiarire, una parola grossa, considerando che nessuno dei due era riuscito
a intavolare un discorso decente dopo quella mattina in aeroporto, dopo quel…
bacio?! Non sapeva neanche lei come definirlo, sapeva però che si era portata le
dita alle labbra un’infinità di volte in quella giornata, cercando di
capacitarsi, cercando di capire se quella frazione di secondo in cui aveva
sentito le labbra di Bill sulle proprie era stata vera o solo un sogno dai
contorni troppo sfumati nella realtà.
Continuava a spiare con la coda dell’occhio Bill, seduto
davanti a lei, la testa appoggiata al finestrino: cosa non avrebbe dato per
parlargli, per chiedergli -perché?- oppure –cosa voleva dire quel bacio- o
semplicemente –era un bacio?-
Anche se in realtà in quel momento le bastava
condividere semplicemente quel silenzio con lui.
Bill guardava fuori con aria distratta, si faceva
trasportare dalla danza delle luci della città proiettate sul finestrino del
van: i vetri oscurati avevano la portentosa caratteristica di attutire tutto,
dai rumori, alle luci: tu puoi gettare un occhio sul mondo, il mondo non lo può
fare con te. È già una sicurezza questa.
Voleva però altri tipi di sicurezze, di certezze,
soprattutto aveva bisogno di risposte, e l’unica persona che poteva dargliele
era una ragazza seduta appena dietro di lui, la ragazza di cui si era
innamorato, e con cui aveva un disperato bisogno di parlare per recuperare tutto
ciò che poteva essere andato perso o perlomeno si era incrinato in quei 5 giorni
di silenzio forzato.
Catharina si chiuse la porta della stanza dietro le
spalle, adorava gli alberghi a 5 stelle in cui era “costretta” ad alloggiare
quando era in tour con i Tokio, e certamente il Wegdwood di Vancouver quelle 5
stelle se le meritava tutte; forse la cosa che adorava di più erano però le
enormi vasche idromassaggio di quegli alberghi, la vasca idromassaggio era
sempre stata il suo sogno ma a casa si era dovuta accontentare della doccia
idromassaggio, semplicemente perché più veloce e pratica da pulire.
-Già… casa…- pensò la ragazza: il suo pensiero però non
si focalizzò sulla enorme villa di Berlino, troppo grossa per una persona sola,
troppo vuota, troppo snob per come lei era diventata. Per lei il concetto di
casa era ormai quello di Banhohfstrasse 19 a Loitsche, una casa abitata da
persone, da abitudini, da cose lasciate in giro, non da un arredamento degno di
una rivista di interior design che però non rispecchiava l’animo di Cathe.
Si riscosse da quei pensieri quando sentì bussare alla
porta, due tocchi leggeri, sapeva benissimo di chi erano: aprì la porta
semplicemente sorridendo, senza dire nulla:
“ciao!” le disse Bill, il suo Bill, vestito esattamente
come a concerto ma con i capelli raccolti in una coda e un berretto in testa;
prese un profondo respiro prima di dirle di getto porgendole semplicemente la
mano: “Cathe… vieni con me!”.
Cathe altrettanto semplicemente afferrò il piumino
Moncler e seguì Bill intrecciando le sue dita con quelle del ragazzo.
Si ritrovarono a passeggiare sul lungomare di Vancouver,
nel freddo pungente delle ore che precedono l’alba: i loro respiri si
trasformavano in vapore, le guance di Cathe erano rosse, ma aveva un’
espressione rilassata. Anche Bill l’aveva, la stessa identica espressione di una
persona felice che però non sa come dire ad un’altra quanto fosse importante per
lui. Camminavano a debita distanza, essere troppo vicini voleva dire abbassare
fin troppo le difese del muro eretto a guardia dei loro cuori, era troppo
prematuro. Continuavano a raccontarsi aneddoti divertenti del loro passato, a
dire cretinate, a commentare una o l’altra persona; si ricordavano di tutte le
giornate passate insieme, degli interminabili giri in macchina: discorsi
divertenti ma vuoti, nessuno dei due voleva arrivare al dunque.
Cathe si decise, fu la prima a parlare: “perché siamo
qui?”
“niente, avevo voglia di fare un giro e vedere
l’alba…”
“i vampiri non amano l’alba!” gli disse Cathe con tono
provocatorio
“no… i vampiri la amano, semplicemente non tollerano il
sole, l’alba la puoi considerare fino al sorgere del sole!”
“si definisce aurora…” puntualizzò Cathe
“no… l’aurora è quando il cielo diventa chiaro! io
comunque amo l’alba… è l’inizio di tutto…” le disse placidamente Bill
“anche dei discorsi senza senso come questi?!” lo
ribeccò Cathe
“in effetti… comunque, ti ho portato qui perché avevo
bisogno di parlare con te, da solo, tranquillo, senza avere almeno 30 persone
con le orecchie tese!” Bill prese un profondo respiro:
“ti devo chiedere scusa Cathe, quello che ho detto
l’altro giorno non lo pensavo veramente, tu non sei né una testa di cazzo né una
cretina…sei veramente.. non so, sei tutto ciò che una persona può desiderare in
una ragazza! Sei matura, intelligente, sveglia, riservata… mi sembra quasi
impossibile!”
“ma sono in carne ed ossa!” disse Cathe mettendola sul
ridere “comunque grazie davvero Bill…per tutto, per avermi perdonato, per avermi
accettato, per… per Sylvia!perchè eri ancora arrabbiato con me e mi hai dato la
possibilità di stare comunque con lei! Hai ragione non sono sua madre…” Cathe si
sedette su una panchina,portandosi le ginocchia al busto e stringendole con le
braccia; Bill a fianco a lei, ma seduto sullo schienale:
“Cathe sei molto più di una madre per quella bambina,
davvero… mi sono però sempre chiesto perché tu l’hai accettata subito, non hai
mai fatto domande…”
“se vuoi te le faccio adesso… no dai, seriamente… quando
mi hai detto di avere una figlia la prima cosa che ho pensato non è stato –Bill
ha una figlia?!?!- ma ti giuro che ho pensato –è giusto così!- mi sembrava la
cosa più normale del mondo quella che mi stavi dicendo, mi sembrava nell’ordine
delle cose, nel mio cuore era giusto che tu avessi una figlia… e che
figlia!”
“eh beh.. preso tutto dal papà!” le rispose Bill
facendole una smorfietta
“piantala! no davvero sai cosa mi ha conquistato di
Sylvia dal primo momento che l’ho vista?! Il fatto che mi ha subito accettato:
per lei in quel momento non ero un’estranea, non ero una che non aveva mai visto
se non in foto… ero Catharina, quella di cui tutto sommato papà e zio parlavano
bene; ti giuro per me valgono molto di più certe frasi e certi complimenti di
tua figlia che il resto del mondo troverebbe quantomeno bislacchi di mille
gratificazioni di Kipp o dei miei.”
“con i tuoi come va Cathe?!” l’avevano già fatto quel
discorso, durante le loro peregrinazioni estive sulla cabrio di Bill, parlavano
di tutto in quei momenti, delle loro aspettative, dei loro progetti, delle loro
delusioni…
“mah… ogni tanto mando una mail giusto per dire che sono
viva, ogni tanto una telefonata, non è che mi manchino molto!”
“una volta non avresti fatto un passo senza la loro
approvazione!” le disse Bill sedendosi a fianco della ragazza
“è che una volta avevo bisogno di loro, avevo bisogno di
sentire di avere una famiglia normale, come quella della mia migliore amica,
adesso, non lo so… molte priorità sono cambiate nella mia vita, adesso vivo da
sola, lontana dalla mia famiglia ma vicino alle mie amiche, a Berlino, ho un
lavoro al seguito di quattro pazzi che non cambierei con nulla al mondo, nella
mia vita c’è una bambina di 3 anni per certi versi più matura di me, che non so
neanche io come definire…”
Cathe continuava a fissare le sue mani, non le
piacevano, erano tozze e cicciottelle rispetto al resto del suo corpo, non erano
certo il tipo di mani che piacevano a Bill; ma a Bill non gliene
importava, le prese tra le sue costringendo Cathe a voltarsi verso di lui, a
incrociare il suo sguardo:
“figlioccia? Non sei sua madre ma puoi farle
tranquillamente da madrina!” le disse Bill in un soffio: “ormai sei un punto di
riferimento per lei…”
“mi spaventa questo Bill… io non so fare la madrina, non
so darle consigli e mi spaventa quando sarà più grande, quando tu troverai una
compagna… io sarò fuori dalle vostre vite, sarà lei la madre di tua figlia. Che
riferimenti avrà Sylvia…” Bill spense quel discorso abbracciando Catharina e
stringendola a sé; lei si perse come sempre in quell’abbraccio
“Cathe… tu non sarai mai fuori dalla mia vita, non
voglio perderti, né io né Sylvia lo vogliamo, te l’ho già detto che sei
importante per noi…”
Cathe lo strinse a sua volta: “anche tu e Sylvia lo
siete per me… davvero, come ormai lo è tua madre, lo è Tom, lo sono Georg e
Gustav; ormai siete un po’ la mia famiglia, quella che non ho mai avuto!”
“famiglia un po’ strana!” rise divertito Bill cercando
di stemperare la tensione di quel momento: era inutile non trovava il coraggio
di dichiararsi a Cathe, non ce la faceva proprio.
“beh sempre meglio della mia: i miei non erano mai a
casa, sono cresciuta con la tata, che per quanto ti possa voler bene non è mai
tua madre, e in più invidiavo da morire la mia amica Medina…”
“quella gnocca quinta coppa D?” disse Bill facendo un
poco elegante gesto per indicare il prosperoso seno della ragazza
“proprio lei! figurati una come me… invidiosa anche
delle tette della propria amica!” Bill fece finta di guardarle il seno,
procurando una risata in Cathe: “ehi… mio caro Kaulitz, sono solo una
seconda!”
“poco ma buono!”
“certo… son tutte originali! Comunque… oltre a essere
invidiosa delle tette della Medi, ero e sono tutt’ora invidiosa del rapporto che
ha con sua madre e suo padre, sono invidiosa che lei ha come madre una ex
hippie, e sogno ancora adesso le vacanze che facevamo!”
“tu in vacanza in qualche località poco costosa? In
tenda?”
“Gstaad ti sembra poco costosa? Il fatto che sua mamma
fosse hippie non vuol dire che non si fosse velocemente abituata al lusso! No
dai, era divertente andare in giro con la Medi, eravamo sempre insieme, anche se
lei ha 3 anni più di me! Poi un bel giorno ha conosciuto un tipo ad una festa…
un certo Noah, hai presente!?”
“urca!” rispose Bill: ormai i Tokio erano diventati
amici di quello strano ragazzo, forse più pazzo di loro, forse più donnaiolo di
Tom. “e si è messa con lui!”
“no… ha passato tutta la sera a dire –Cathe è
bellissimo- -Cathe è lui, è l’amore della mia vita- poi ho capito a chi si
riferiva… e appena compiuto 18 anni, anzi per essere esatti 18 anni e 2 giorni
la mia amica ha fatto armi e bagagli e si è trasferita a casa del suo grande
amore, lasciandomi triste e sola a Monaco! Naturalmente con gran approvazione
dei suoi e gran disgusto dei miei: e io che la invidiavo, l’ho sempre
invidiata…”
“Cathe.. non ti seguo… ma non sta con Noah?!”
“la Medi? No, con il padre di Noah, hanno 26 anni di
differenza, e felici che sono! Però.. c’è da dire che hanno dato il mio nome
alla figlia!”
“così abbiamo una Sophia in più… meno male che Sylvia è
Sylvia, sarebbe dovuta essere Sophia… poi è andata come è andata…” disse Bill
con tono amaro.
“Sylvia le sta meglio come nome… è troppo scatenata per
essere una Sophia, è un nome che si addice di più a una persona con un carattere
riflessivo!”
“perché invidi la tua amica?” le chiese Bill cercando di
sviare il discorso, troppi ricordi stavano affiorando nella sua mente
“perché lei ha avuto a classica mega storia d’amore come
in un film… io no… forse l’unica volta che mi sono seriamente innamorata… mi son
presa una di quelle batoste!”
“Cathe… te l’ho già detto, non pensarci più!” le disse
Bill tornando ad abbracciarla “se uno è un pirla è un pirla… io avessi la
possibilità di stare con te farei salti di gioia!”
Cathe sorrise a quella frase… -avessi la
possibilità-pensò –Bill tu ce l’hai la possibilità, maledetta la mia timidezza e
la paura che ho di soffrire!-, si riscosse da quel pensiero e disse a bruciapelo
al ragazzo: “davvero?”
“certo! Cathe… tu sei davvero unica come ragazza, già
solo per come ti comporti con me e Sylvia, tu ti meriti solo del bene dalla
vita, non uno che ti ha fatto soffrire… lo so sono frasi fatte ma è la verità!
Tu sei importante ormai per me, come lo è Sylvia, quasi come Tomi… certo è
diverso, io e lui siamo gemelli, è come se una parte di te fosse stata separata
dalla tua anima, ogni volta che guardo Tom vedo me, e lui rivede lui stesso in
me… è una cosa che non puoi capire se non sei omozigote!”
“no… poi non credo neanche di capire il rapporto tra due
fratelli, sono figlia unica!”
“è diverso, dei fratelli si possono anche odiare, dei
gemelli no! Sarebbe come dire: odio me stesso! si ci riesci 5 minuti, ma poi sei
di nuovo tu, nella tua pelle, nei tuoi pensieri, ma trasposto in un'altra
persona! È pazzesco questo!”
“è un po’ il concetto dell’amore… il proprio
complemento!”
“no… l’amore sei complemento al 50%, io e Tom al 99%,
siamo uguali al 99%!”
“tu non ti separeresti mai da lui vero?”
“no, mai… come neanche lo farei da mia figlia!”
“ma lì hai solo il 50% di geni in comune!”
“ma è di nuovo una parte di te stesso! Sangue del mio
sangue! Cathe basta con questi discorsi, sono le 7 di mattina… son quasi due ore
che parliamo del nulla!”
Cathe decise che era il momento di prendere la palla al
balzo: se non voleva parlarle del nulla, allora avrebbero parlato di quel
“bacio”
“Bill… se vuoi parlare di qualcosa… parliamo di ciò che
è successo ieri mattina in aeroporto… parliamo di quel bacio!”
“non era un bacio… era un grazie!”
“bel modo di dire grazie… alternativo!” disse Cathe con
una punta di ironia; Bill tolse lo sguardo dalla ragazza, altrimenti l’avrebbe
baciata di nuovo, stavolta sul serio, giusto per farle capire cos’è un
bacio:
“a parole non l’avresti capito, e poi… non lo so. In
quel momento…era quel momento Cathe! Scusami davvero non volevo! Mi spiace
averti spaventato!” si alzò dalla panchina, praticamente scappò via da Cathe,
dal suo abbraccio, dall’abbraccio in cui aveva coinvolto la ragazza.
Cathe si alzò e lo raggiunse, lo abbracciò d’istinto:
“ehi… va bene così, davvero! È stato molto più sincero quel grazie di mille
detti a parole!” Bill la strinse a sé, Cathe si perse come sempre in
quell’abbraccio.
*****
Erano ormai tornati a casa da un paio di giorni, il
tour americano era stato un successo e loro si erano pure divertiti.
Naturalmente era mancata a tutti casa, con tutto ciò che quella parola poteva
sottintendere: dai genitori, a Sylvia, alla macchina, agli amici, ai lavori di
casa, ai brunch del lunedì con le amiche
Soprattutto questo era mancato a Cathe, le due
favolose ore del lunedì in cui si ritrovava con le amiche, Medina, Jutta, Sabine
e Daniela, a… dire cazzate (per utilizzare un concetto riduttivo)
“buongiorno! Siamo tornate?!” come sempre Sabine la
accolse con uno dei suoi caciarosissimi saluti, che facevano voltare mezza
sala
“sì… e Santa Klaus quest’anno è in anticipo…
guardate cosa vi ho portato!” Cathe mostrò loro due borsoni pieni di
costosissimi souvenir: “giusto per ringraziarvi di questa piccola meraviglia
arancione!” disse coccolando orgogliosa la sua Birkin Bag
“la sua prima Birkin!” fecero in coro le quattro amiche
“secondo voi vuole più bene a quella borsa o alla sua macchina!”
“ma c’è da chiedere?!” disse Cathe facendo una
smorfia
“con sua macchina intendevo Sua macchina!” disse Daniela
“una certa cabrio biemmevù!” enfatizzò molto il BMW, d’altronde, 90 000 euro di
macchina, bisogna un po’ enfatizzarla.
“simpatica… certo che quella macchina è proprio
bella!”
“sai cosa ci farei io su quella macchina!!” disse
esaltata Jutta in piena crisi di ormone gravidico galoppante
“Jutta!” le dissero le altre in coro “tu non ci faresti
niente che non ci farebbe tutto il genere femminile su quella
macchina!”
“tranne Cathe!” aggiunse Medina “tu hai la possibilità
di farci l’impossibile con il padrone di quella macchina e al massimo cosa fai?
Andate a fare un giro in pista al Nurburgring per vedere se fa veramente i 250…”
la bionda scosse la testa “che spreco!”
“spiritosona, una le porta giù una Mark Jakobs
nuova, e lei ti ringrazia con queste battutine!”
Jutta si intromise: “non devi raccontarci nulla?”
Cathe decise che era ora di passare al contrattacco,
soprattutto perché aveva bisogno di raccontare una certa cosa alle sue amiche;
assunse un aria sorniona prima di affrontare il discorso:
“no? Cosa dovrei raccontarvi? il viaggio è andato
benissimo, è più il tempo che ho passato affondata a piagnucolare tra le sue
braccia, mi sono divertita un mucchio con Sylvia, abbiamo litigato a causa della
piccola e abbiamo fatto pace… come dire, baciandoci nel padiglione partenze
dell’aeroporto di Vancouver!”
Tutto il locale si ammutolì a sentire l’urlo disumano di
Sabine al baciandoci:
“oh mio Dio ti sei slinguata Bi…” venne prudentemente
fermata dalla mano della sua compagna sulla bocca e da un provvidenziale “per
favore smettila!”
“Sabine… non ci siamo baciati baciati…era un grazie!”
disse Cathe per confondere ancora di più le acque
Le quattro amiche si guardarono perplesse: “ha uno
strano modo di dire grazie quel ragazzo!” aggiunse la Medi “non bastava detto a
parole?!”
“sinceramente gliel’ho chiesto… mi ha detto che in quel
momento gli è venuta così, che forse era meglio dirmi grazie in quel modo che
con mille parole… e io non so che fare!”
“parlarci seriamente? Dirgli che vuoi costruire qualcosa
con lui e sua figlia? Cathe per favore… non puoi andare avanti così!”
“eh lo so… ma non ho neanche i coraggio di andare lì e
dirgli tutto!”
Jutta le disse: “secondo me l’occasione la trovi! E
anche tra breve!”
Le 5 amiche risero e scherzarono per il resto della
mattina, prima di lanciarsi in folle shopping alla ricerca del vestito ideale
che Cathe avrebbe indossato agli imminenti EMA.
*****
6… 6 se li erano già portati a casa, 6 premi erano già
nelle mani dei Tokio Hotel… mancava l’ultimo, ambito sognato e agognato da Cathe
e dalla intera Universal: portarsi a casa quello voleva dire fare l’en-plein,
battere la tanto rivale Sony, dimostrare che i Tokio non erano il solito
fenomeno commerciale, ma erano rock allo stato puro.
Quell’anno la statuetta del best tour era consegnata
da una certa Bar Rafaeli, alla cui vista la mascella di Tom cadde direttamente e
Georg dovette fargliela richiudere prima che qualche telecamera si accorgesse
del gesto poco carino del chitarrista.
Ci speravano tutti, ci speravano Bill, Tom, Georg e
Gustav, ci sperava Jutta che guardava la diretta da casa, ci sperava David
seduto accanto a Catharina, nella fila appena dietro ai Tokio.
Catharina era l’unica che sapeva, in cuor suo, che in
quella busta non c’era in nome Tokio Hotel, ma quello di Madonna: se lo sentiva,
l’aveva addirittura sognato, non ci sperava di certo. Non poteva esserci il nome
Tokio Hotel, l’organizzazione che aveva alle spalle Madonna era maniacale,
Madonna stessa era maniaca, David lo sapeva bene… eppure continuava a
crogiolarsi nell’illusione del best tour.
Non potevano, dopo che l’avevano interrotto per
l’intervento di Bill? Dopo che per tutto l’autunno si erano più che altro
concentrati sul mercato americano? Su quello canadese? Era già stato tanto il
best new act ai VMA…
“vince il premio… oh, per 127 voti…” odiavano tutti
quelle pause di suspence, erano odiose quelle pause fuori luogo,
-dai dillo chi vince e chi perde, e poi chissene di
quanti voti ho perso- pensò Catharina…
“Tokio Hotel!”
Cathe rimase come pietrificata mentre la platea
esplodeva in un boato: vedeva l’ambiente intorno a lei scorrere come al
rallentatore, le immagini quasi rarefatte, irreali; vedeva i ragazzi che
urlavano e si abbracciavano, si ritrovò praticamente in braccio a David senza
realmente rendersi conto di essersi alzata dalla poltrona, si sentì stringere da
Bill senza realmente percepire le braccia del ragazzo attorno al suo corpo. Si
sentì strattonare da Tom che stava letteralmente saltellando sulle poltrone.
I ragazzi salirono sul palco per ritirare il premio:
“wow… è il settimo stasera! Beh grazie davvero!” Bill
aveva come sempre preso la parola, ma non era come al solito loquace e
logorroico nei discorsi, stranamente non si mangiò nemmeno le parole: “veramente
grazie a tutti coloro che ci hanno votati, è veramente importante questo premio,
anche per tutto ciò che è successo durante il tour quest’anno! Ringraziamo
davvero tanto, soprattutto dobbiamo ringraziare tutta la crew, tutti i ragazzi
che fanno in modo che tutto funzioni, dobbiamo ringraziare anche David che ci ha
permesso di essere qui, e soprattutto due persone spettacolari che hanno fatto
in modo che tutto funzionasse, Jutta e Cathe! Grazie davvero!”
Cathe riprese parzialmente possesso delle sue
facoltà quando si sentì mettere in mano da Bill il premio appena consegnato:
“Grazie davvero Cathe… per tutto!”
L’after party era un vero macello, un caos tremendo,
anche perché ormai i Tokio stavano degenerando a causa del quantitativo d’alcool
ingerito. Ridevano saltavano da una parte all’altra, Tom era praticamente
ubriaco perso, Georg sulla buona strada, mentre Bill e Gustav erano tutto
sommato sobri.
Catharina si era seduta in un angolo e rimirava il
premio per il Best tour, aveva deciso che ne avrebbe ordinato una copia da
tenere i casa; Gustav le si sedette accanto:
“tutto bene?”
“eh beh… ci lavori per un anno, ma alla fine qualcosa
ottieni!”gli disse sventolandogli sotto il naso il premio
“in effetti… beh è carino!”
“sì… ho deciso che nel mio soggiorno starà bene…
davvero. Mi sembra pazzesco di essere qui, a festeggiare un anno di sacrifici
e…” venne interrotta dallo squillo del cellulare
Mamma comparve sul
display
“e puntualmente c’è qualcuno che rovina la serata!”
disse indicando il display a Gustav che annuì
Uscì in corridoio per cercare un po’ di silenzio e un
po’ di privaci, Gustav rimase sulla porta del camerino a osservarla: ogni volta
che la madre di Cathe telefonava alla ragazza, lei puntualmente dopo ci
rimuginava incazzata, per cui i Tokio avevano imparato a tenerla d’occhio.
“mamma, scusa non ti sento bene che c’è un po’ di
caos!”
“Cathe ti abbiamo vista! Che bello ti hanno pure
ringraziato!” quella frase a Cathe non era piaciuta, sembrava l’ennesimo inizio
di uno dei soliti discorsi di sua madre
“sì… mamma ma cos’è il caos da te? C’è un brusio di
fondo!”
“sì tesoro, sono dalla zia, ho una bella notizia da
darti… aspetta, c’è una persona che ti vuole parlare!”
Cathe rabbrividì, il suo sorriso si spense alla prima
parola pronunciata dalla persona dall’altro capo del telefono:
“Ciao Cathe! Uè! Allora? Com’è?”
Cathe deglutì a fatica: non Lui, non quella sera!
“bene…” riuscì a sillabare a fatica, mentre iniziava a
tremare
“volevo darti una bella notizia, io e Klara ci sposiamo
a luglio! Sei contenta?”
“sì…” riuscì a pronunciare Cathe con un filo di voce
“adesso devo andare!” gli chiuse letteralmente il telefono in faccia, non
riusciva a capire niente, le mancava l’aria, si sentiva male, era impallidita e
le mancava il respiro, iniziò a vedere dei puntini bianchi, poi le pareti
girare… poi più niente.
Si accasciò a terra, senza reggersi, scivolando
semplicemente con un tonfo secco.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** .....and dream after (parte b) ***
Capitolo
catartico: per i protagonisti… e anche per me, vi consiglio di leggerlo con le
musiche che ascolta Cathe… lo so non sono dei Tokio, però…
In corsivo ho messo i
flash-back!
Capitolo 15:
….and dream after (parte b)
La testa le
girava ancora vorticosamente, tutta la stanza intorno le sembrava girare: è una
sensazione bruttissima riprendersi dopo uno svenimento, soprattutto con mal di
testa causato dall’aver sbattuto violentemente per terra mentre si
cadeva.
L’aveva già
vissuta quella sensazione di limbo, aveva già vissuto quelle luci troppo
abbaglianti sul suo viso, quel cicaleccio di fondo, quello stato di torpore
totale in cui riversa il proprio corpo: temeva di essere tornata a due anni
prima, a quell’ ospedale, a quel sondino tremendamente fastidioso nel naso che
non ti permette di fare niente, all’avere le braccia come puntaspilli per le
flebo.
Eppure, la
prima cosa che le aveva fatto capire che non era in un ospedale, era l’odore…
tutto il resto era confuso, l’odore no: era un odore strano, come di gomma…
terribilmente fastidioso! Ma utile per farla rinvenire.
Sentì delle
frasi in inglese,almeno pensava fosse inglese… quindi non era in
Germania:
-no, è
inglese perché sono a Liverpool, ci sono gli EMA, sono agli EMA… dove sono?!-
pensò una confusissima Cathe mentre lentamente riprendeva possesso delle sue
facoltà. Aprì gli occhi molto lentamente, le facevano quasi male a causa della
luce, a suo dire, troppo intensa; emise un mugugno:
“ehi… come
stai?” Bill fissava la ragazza preoccupato, si era seduto accanto a
lei
“Non lo so….”
Bisbigliò confusa Cathe “credo di essere svenuta!”
“sei volata
lunga e distesa per terra come un sacco di patate… ci hai fatto prendere un
colpo!” aggiunse Gustav, seduto accanto a Bill
“che ti è
successo Cathe?!”
Già… che le
era successo? Aveva voglia di rispondergli – niente Bill, figurati, solo che il
ragazzo a cui sono morta dietro 2 anni, si sposa a luglio con mia cugina, e ci
teneva pure a dirmelo di persona con un tono di voce abbastanza
sadico-
“si sposa…
Bill… si sposa!” gli rispose Catharina singhiozzando
*****
Erano ormai
passate quasi tre settimane dagli EMA, tre settimane in cui Cathe si era
praticamente gettata a capofitto nel lavoro, cercando di non sentire il suo
cuore e il suo animo; tre settimane in cui il cuore della ragazza era in
completo subbuglio, in uno stato di profonda confusione, un po’ come la sua
mente. Tre settimane in cui era completamente sparita dalla circolazione, in cui
di vedere le sue amiche neanche a parlarne, di passare le serate alle feste con
i Tokio figuriamoci, gli unici con cui aveva contatti erano i Kaulitz e Jutta.
Il più delle
giornate le passava rinchiusa in casa, a lavorare all’uscita del nuovo album: i
Tokio erano in studio da qualche giorno ad Amburgo, il disco doveva essere
pronto per fine gennaio… poi, poi sarebbe ricominciato tutto, la stessa vita
frenetica, i concerti, le serate promozionali, le interviste; chissà se sarebbe
cambiato qualcosa oltre a tutto quello che era già cambiato… in effetti ne erano
cambiate di cose, soprattutto nel suo cuore, nella suo animo: continuava a
pensare a quella telefonata, al modo in cui quel ragazzo l’aveva chiamata, le
sembrava l’avesse fatto apposta per farla soffrire, più di quanto non ci fosse
già riuscito; chissà se lo sapeva come Cathe si sentiva, se se lo poteva anche
solo immaginare, se l’avesse mai immaginato… per lui era probabilmente stato
tutto un gioco, non era mai stato seriamente coinvolto, non si era rovinato vita
e salute come Cathe, inseguendo un sogno impossibile, irrealizzabile.
Irrealizzabile come forse era un altro suo sogno: che aveva gli
stessi profondi occhi scuri, ma un carattere completamente diverso; aveva
trascurato molto Bill ultimamente, tanto da costringere il ragazzo a chiederle
se andava davvero tutto bene, tanto da insinuare in lui dubbi sui sentimenti di
Cathe, dubbi sul loro rapporto, su quello con Sylvia.
Rincorreva il
filo dei suoi pensieri, non riusciva né a concentrarsi né a lavorare: Cathe
appoggiò il suo notebook sull’enorme divano, con il remote accese il mega
impianto stereo della BeO, maledetto Ipod caricato solo con canzoni che
rispecchiavano il suo animo in subbuglio: Heaven (slow version)
Si distese
sul divano, stringendosi un po’ più nell’enorme maglione grigio per non sentire
un freddo che più che essere dicembrino era quello del suo animo; la sua
attenzione venne attratta da un alone grigio chiaro in un angolo del cuscino,
sorrise ripensando a come era stato fatto:
“Sylvia non con le scarpe
sul divano!” la piccola sfoderò il suo sorriso a Cathe, alla ragazza venne in
mente il consiglio di Jutta di far foderare il divano di una stoffa meno
delicata dell’ecrù.
Sorrise
pensando ai momenti trascorsi con Sylvia, a quanto quella bambina portasse un
po’ di confusione in quella casa: passava metà del tempo in contemplazione
dell’enorme quantitativo di scarpe che Cathe possedeva, ne era sempre
affascinata; le metteva i subbuglio l’armadio, o giocava con il suo computer,
pacioccando sui tasti fino a cancellare qualche file di lavoro, con gran
divertimento di tutti, soprattutto della stessa Cathe.
La canzone
cambiò, Beautiful : le venne in mente
il video della canzone, le venne in mente lei, anoressica che si guardava allo
specchio vedendosi grassa anche se in realtà era solo pelle e ossa, le venne in
mente quando si era risvegliata in ospedale, dopo essere collassata, Jutta
accanto a lei, Medina, Noah, Sabine… le persone che contavano nella sua vita;
non i suoi, i suoi neanche si erano accorti della sua magrezza, probabilmente
nessuno li aveva avvertiti del ricovero, o se l’avevano fatto probabilmente si
erano vergognati di lei…
Le venne in
mente quando Bill aveva visto le foto che le avevano fatto appena dimessa, non
quella che aveva sul palmare, altre… molto peggio di quella, molto più
personali: era l’ombra di se stessa, le braccia scheletriche con ancora i lividi
delle flebo, i capelli corti e fragili, lei che aveva sempre avuto una chioma
leonina, le ginocchia sporgenti.
Bill aveva semplicemente
abbracciato Cathe, l’aveva trascinata con sé sul divano: si era messa a piangere
tra le sue braccia,mentre il ragazzo cercava di consolarla, di cercare di farle
capire quanto era bella anche se non era pelle e ossa.
Il regalo più grande però
gliel’aveva fatto qualche giorno dopo, durante un’intervista: aveva detto che
l’ultima cosa che lui guardava in una ragazza era il peso, che il fatto che
avesse detto che sarebbe stato anche con una più magra di lui non voleva certo
dire che gli piacevano anoressiche,aveva detto che una ragazza era bella per lui
quando era semplicemente se stessa.
Cathe l’aveva mentalmente
ringraziato per quelle parole
Già… per
quante cose doveva ringraziare Bill: per tanti momenti trascorsi insieme, per
tanti discorsi fatti, per tante serate passate in compagnia sua e dei ragazzi,
per le tante giornate passate con lui e Sylvia, per le tante passate
semplicemente con lui
Quel 28 giugno se lo
sarebbe ricordata per un bel po’ Catharina: era in cucina che lavorava come al
solito, con il condizionatore sul massimo per cercare un po’ di refrigerio e
combattere l’afa berlinese; mini di jeans e maglietta di un improponibile color
geranio, con lo scollo a barchetta: se qualcuno l’avesse vista come minimo le
avrebbe tolto la fascia di Miss Modaiola Superficiale che si era guadagnata per
il suo griffatissimo armadio.
Neanche si accorse dell’8
cilindri a V che si era parcheggiato proprio davanti alla casa, con un sgommata
sul pietrisco del suo cortile; semplicemente il suo cellulare vibrò, messaggio
inequivocabile, 4 parole:
mittente Bill
-sono sotto casa
tua-
Scese con il cuore in
gola e si precipitò letteralmente in cortile: era lì, appoggiato alla cabrio,
cappellino nero con le strisce bianche, occhiali da sole calcati, coda e sorriso
a 32 denti
“oh mein Gott!!” fu
l’unica cosa che riuscì a dire Cathe
“bella eh? La
motorizzazione ha deciso che potevo finalmente avere la patente, e ho deciso per
questo gioiellino full optional in pronta consegna… sai dicono che quelli di
Monaco siano tutti dei gioiellini!”
“scemo! È tua questa
macchina? Mi stai dicendo che tu hai una bestiolina, un gioiello tecnologico da 4,4 litri otto
cilindri, una potenza di 333 CV? A livello di trasmissione il cambio SMG con i
paddles al volante? da 0 a 100 km/h in 6,1 secondi? 250 Km/h di
massima?”
“ e tutto questo per solo
90,000 euro!”
“Bill… sei pazzo, manco
sai guidare e ti compri sta bestiolina?!”
“vorrà dire che mi
insegni tu… andiamo!”
Avevano scorrazzato per
tutto il resto della giornata, andando semplicemente a zonzo, con la radio
accesa e la capotte abbassata, parlando del più e del meno, dicendo cavolate,
parlando di Sylvia e di quanto adorava la macchina del
papà.
Andavano in giro parlando
di quell’estate che si annunciava pazzesca, parlando di loro due, cantando come
due pazzi sulle note di “all summer long” di Kid Rock.
Avevano scorrazzato per
tutto il resto dell’estate, erano sempre insieme, Bill Cathe e Sylvia, a volte
sulla cabrio di Bill, a volte sul fuoristrada di Cathe. A volte semplicemente
lei e la piccola, in giro per Dahlem in bici, da sole o con la Medi e sua figlia
Sophia, a giocare a fare le mamme, soprattutto Cathe.
Quanto le
piaceva andare in giro con Sylvia, in giro per Berlino, magari nella stessa
giornata prima per musei e poi per negozi:
“mi porti a vedere le
mummie allora Cathe?” la ragazza voleva portare la piccola a vedere il museo
egizio della capitale, sapeva che c’era una mummia esposta e che avrebbe
certamente stuzzicato la curiosità della piccola
“certo… ma tu mi prometti
che non hai paura! La mummia non ti fa niente… è brutta ma non fa nulla di
male”
La piccola era rimasta
incantata di fronte alla teca, come ogni bimba di 3 anni, aveva trovato strano
che una mummia fosse verdognola, lei se la immaginava coperta di bende e forse
era rimasta anche un po’ delusa; non lo era rimasta di fronte ai sandali degli
antichi egizi e l’unica cosa che aveva detto era: “Cathe sono come i tuoi!”
indicando i sandali bianchi della Hogan della ragazza.
Quella bimba adorava
andare in giro per negozi, soprattutto di vestiti: si fermava in continuazione
di fronte alle vetrine, soprattutto quelle con esposti abiti da sera. Aveva
persino costretto Cathe a fare un giro nel negozio pur di vederla con addosso un
vestito con strascico, con gran insulti delle commesse e gran divertimento della
ragazza e della piccola.
Poi i bambini di tre anni
hanno l’invidiabile capacità di, come dire, smontarti nel giro di un semplice
sguardo; soprattutto hanno la capacità di procurare accessi di risa
incontrollate nella maggior parte dei tuoi amici mentre tu vorresti scomparire,
cadere, precipitare vasca dei coccodrilli
Sylvia aveva quella
meravigliosa capacità: aveva visto un giorno Jutta con il suo bel pancione,
orgogliosamente portato i giro, naturalmente aveva subito commentato con Cathe,
naturalmente ad alta voce: “Cathe… Jutta è proprio
grassa!”
“non è grassa… è incinta,
aspetta un bambino!”
“ah… ma come?” ahia…
discorso decisamente rischioso era stato il pensiero comune dei Tokio e di
Cathe
“sì, non è grassa, ha la
pancia grossa perché c’è un bambino nella sua pancia!”
Attimo di silenzio di
Sylvia, quindi: “ma perché ha un bambino nella pancia? Come ci è
finito?”
Che si risponde a una
bambina di 3 anni, senza andarsi a impelagare in discorsi
pericolosi?
Fortunatamente in quel
momento Bill si era ricordato di essere il padre della creaturina curiosa: “eh
diciamo che quando due persone si vogliono bene, a volte capita che… insomma… un
bambino finisca nella pancia!”
5 secondi di silenzio,
non 6! Poi la stoccata finale di Sylvia: “ma papà, allora se tu vuoi bene a
Cathe, anche lei ha un bambino nella pancia?!”
Per la successiva ora e
mezza Tom Kaulitz continuò a ridere come un ossesso, naturalmente seguito da
Georg e Gustav; per l’ora e mezza seguente Bill e Cathe si sentirono in stereo
la stessa battuta da parte di David e Jutta: “vuole un fratellino!!!”
Poi… le giornate in
piscina, quella del loft berlinese dei gemelli, c’erano tutti, oltre a Cathe e
ai Tokio c’erano Andreas e Noah, Medina Sabine e Daniela,i fiumi di birra che
avevano fatto perdere molti freni inibitori a Tom che si era fiondato su Daniela
sentendosi rispondere come due di picche che, mentre indicava la sua compagna
Sabine, proprio lui, non era il suo tipo (Tom c’era rimasto male almeno una
settimana!)
Gli urli delle sue amiche
quando aveva detto che era andata a vedere le stelle cadenti con Bill e la
cabrio; urli perché non aveva saputo sfruttare un’occasione come
quella.
Già…le stelle
cadenti:
“dai Bill almeno però mi
fai mettere la canzone che ho sempre sognato di sentire su una cabrio mentre
guardo le stelle cadenti!” Cathe aveva sfoderato il suo miglior
sorrisone
“e sarebbe?!” rise Bill
divertito
“Drops of Jupiter! Dei
Train!” Cathe si era già appropriata del jack
dell’Ipod
C’era un irreale silenzio
sulle prime note della canzone, nessuno dei due si guardava, o meglio Cathe
guardava il cielo mentre Bill la spiava con la coda dell’occhio, finchè non si
mise a cantarla:
Tell me did
you sail across the sun Did you make it to the milky way to see the lights
all faded And that heaven is overrated
Tell me, did you fall for a
shooting star One without a permanent scar And did you miss me while you
were looking at yourself out there
“ma allora la conosci!”
gli disse con tono fintamente offeso Cathe
“certo… ma perché volevi
sentire questa canzone?”
“perché è una cosa che
sono almeno 7 anni che dovevo fare…” puntualizzò Cathe
“tu sei tutta matta…
adesso mi spieghi!” la pungolò Bill per spronarla a
parlare
Cathe sospirò con tono
fintamente offeso “è una cazzata, prometti di non
sfottere!?”
“promesso!racconta”
sorrisino di Bill
“allora, estate 2001,
l’ultima folle estate da single della Medi, abbiamo sentito questa canzone, e il
dj quando l’ha presentata ha detto che era la canzone ideale da sentire mentre
si era su una cabrio, a guardare le stelle… ehm… con pochi vestiti addosso…”
Cathe arrossì mentre Bill scoppiava a ridere
“siamo troppo vestiti
allora! ma sono abbastanza cavaliere da non saltarti
addosso!”
“cretino!” “avessi detto
una cosa simile a Tomi, non saresti uscita tanto vergine da ‘sta
macchina!”
“e chi ti dice che io sia
così vergine?!” gli rispose Cathe evitando di
guardarlo
Bill rimase ammutolito
qualche secondo, finchè esclamò: “Noah?!?!”
Cathe asserì mugugnando:
“cmq… eravamo tutti e due ubriachi…. Non mi ricordo nulla… e ciò che è peggio
neanche lui! È una vita che mi viene dietro e… quando succede non se lo
ricorda!”
Bill scoppiò a ridere in
modo quasi isterico, rigirandosi sul sedile, aveva le lacrime agli occhi: “con
questa batti Georg! Fatti raccontare da lui…”
Passarono il resto della
serata a ridere come due pazzi
Cathe si alzò
dal divano, andò verso l’enorme vetrata del soggiorno, la pioggia che bagnava la
terrazza, le gocce che scivolavano lente sui vetri: l’aver pensato a Bill le
aveva fatto perdere la cognizione del tempo, forse le aveva messo ancora più
confusione nel cuore.
Ma perché
confusione? Perché quando pensava a Bill puntualmente si ritrovava a pensare
anche a quella telefonata, a quel deficiente che l’aveva chiamata anche solo per
metterla in difficoltà? Perché, se amava Bill, il suo primo pensiero al mattino
non era più per il ragazzo ma era piuttosto rivolto a quella telefonata e al
mittente?perchè, se amava Bill, continuava a pensare a quell’altro?
E le cose
erano ancora più maledettamente complicate dalla presenza di Sylvia nella sua
vita.
Aveva un
disperati bisogno di parlare con qualcuno di totalmente imparziale, che
l’avrebbe aiutata a ragionare, a capire.
Afferrò il
cellulare e digitò velocemente un messaggio:
Ho bisogno di
parlati, dal vivo, appena puoi vieni giù!
Non dire
nulla a Bill!
Destinatario:
Tom
*****
Tom era
seduto uno dei divani della sala regia dello studio di registrazione, cercava di
accordare la chitarra ma più che altro guardava il fratello, cercava di capire
il perché degli ostinati silenzi di Bill, il perché di quegli occhi spenti, il
perché di tante frasi lasciate a metà.
Sapeva
benissimo che c’entrava Cathe, era palese: non capiva solo perché lei e suo
fratello continuavano a girarsi intorno, il perché lei fosse diventata evasiva e
adducesse strane scuse pur di rimanere sola.
Senti il
cellulare che gli vibrava, aprì lo sportellino, lesse il messaggio.
Mollò lì
tutto, la chitarra, lo studio, il fratello: senza dargli una minima spiegazione,
semplicemente dicendogli “ti sto salvando il culo Bill! Non rompere!”
Mollò lì
Georg e Gustav esterrefatti, superò un mezzo inviperito David; semplicemente
prese le chiavi dell’Escalade e partì alla volta di Berlino.
Suonò
ripetutamente a casa di Cathe, quel campanello era talmente fastidioso che la
ragazza doveva per forza accorgersene, ma perché allora tardava ad aprire?
Dov’era finita? Dov’era in generale la Cathe che lui conosceva, che odiava ma
anche ammirava incondizionatamente (ma non l’avrebbe mai ammesso)
Catharina
aprì: lo sguardo spento, il viso tirato e stanco, il maglione grigio XL che la
faceva sembrare ancora più magra di quanto non lo fosse; vide Tom, gli si gettò
al collo e iniziò a singhiozzare:
“scusami… non
so che fare, non so con chi parlare…” gli disse mestamente la ragazza
Tom le
accarezzava la schiena, poteva anche essere il SexGott, ma i quel momento sapeva
che Cathe aveva solo bisogno di un amico, di qualcuno che le dicesse ciò che era
meglio fare; lui certamente non era
così stronzo da abbandonarla. La riportò in casa:
“perché sei
sparita?”
“perché non
ce la faccio a incrociare lo sguardo di tuo fratello, non dopo quella
telefonata!”
“cazzo Cathe,
fregatene, si sposa… amen, morto un papa se ne fa un altro… che casualmente si
chiama Bill..”
“Tom non sono
in vena.. per favore…”
“tu è da 3
settimane che non lo sei, è da tre settimane che sei sparita! Ora… dato che non
mi sono fatto 4 ore di macchina per sentirmi dire Tom non sono in vena… tu
adesso fai quello che ti dico! Senza discutere! Per prima cosa fili a metterti
qualcosa di decente addosso, usciamo di casa e parliamo seriamente! Io ho capito
sai qual è il tuo problema!”
Cathe lo
guardò scettica, ma non oppose tutto sommato troppa resistenza: si fidava di
Tom, lui conosceva lei ma soprattutto conosceva Bill.
Passeggiavano
sul lungo Spree: erano indubbiamente una “coppia” ben assortita, almeno ad un
primo sguardo di un estraneo: Cathe elegante, cappottino nero, tacco 10,
berrettino di lana che probabilmente costava mezzo stipendio di un comune
mortale; Tom… beh era Tom… l’eleganza non rientrava nei suoi progetti a
breve.
“Cathe.. mi
spiace dirtelo ma qui il problema non è tanto quella testa di cazzo, ma tu… tu
che non sai cosa vuoi!” Tom decise di metterla di fronte alla verità per
spronarla
“certo che lo
so!” gli rispose la ragazza, non capiva a cosa volesse arrivare Tom
“no invece …
e adesso ti spiego la mia teoria: tu sei innamorata di mio fratello, non ci
piove, e anche di sua figlia! Ma hai paura di due cose: di crescere e di avere
delle responsabilità! La responsabilità di accettare veramente mia nipote come
figlia, di farle veramente da madre; poi hai paura di crescere, come se non
crogiolarsi più nelle certezze di quando avevi 15 anni potesse causare in te un
trauma!”
“ma
figurati!” quelle parole avevano comunque fatto scattare qualcosa in Cathe,
sapeva benissimo che Tom aveva ragione, il discorso non faceva una piega: si
chiedeva solo come quel ragazzo nel giro di un’ora fosse arrivato alla stessa
conclusione per cui lei ci aveva impiegato quelle 3 settimane
“ Ah… e in
più… tu sei schifosamente invidiosa di tua cugina, non tanto perché lei sta con
quel deficiente, ma perché lei c’è riuscita dove tu non ce l’hai fatta! A
impalmarlo! A te in realtà di lui non te ne frega niente… in quello sei come me,
doveva semplicemente essere un altro esemplare nella tua collezione di cuori
spezzati… e lui invece ha spezzato il tuo!”
“interessante
questa teoria!” Cathe era sconvolta ma affascinata allo stesso tempo: mettendola
di fronte alla realtà Tom stava ottenendo dei risultati!
“è realtà
Cathe… te sei incazzata perché non è semplicemente crollato ai tuoi piedi
giurandoti amore eterno… ma anche se te l’avesse giurato tu ti saresti stancata
dopo una settimana, tu volevi stare con lui solo per dimostrare a tua madre e al
mondo che eri in grado di avere lui come ragazzo, esattamente come voleva lei!
Però dal tono che aveva tua mamma in quella telefonata, a lei tutto sommato
sembra quasi che gliene freghi di più che sia riuscita tua cugina che te… lei alla fin fine ha
ottenuto quello che voleva… quando la mandi a fanculo?!”
Cathe si era
seduta sul parapetto, alzò lo sguardo a incontrare quello di Tom:
“mi sa che
hai ragione…” fece una breve pausa, il suo tono cambiò “hai schifosamente
ragione: dovevo dimostrare a mia madre che ce l’avrei fatta, ma a me non me ne
frega più nulla… è il fatto di non poter dire… è mio che mi scazza!”
Tom assunse
un sorrisetto vittorioso –vedo che mi hai capito Cathe!-
“Cathe… tu
puoi avere una famiglia un po’ strana, con mio fratello e Sylvia, con me, con
mia madre e Gordon, con Georg e Gustav… fregatene di quello che è stato! Manda a
cagare tua madre, taglia i ponti! Beh a meno che tu non voglia andare a
quell’elegantissimo matrimonio a luglio… magari si mangia bene!”
Cathe si mise
a ridere scendendo dal parapetto; abbracciò Tom e gli chiese a bruciapelo:
“secondo te mi vuole bene?”
“mio
fratello? Senti, vi girate attorno da troppo tempo: parliamoci chiaro Cathe, è
come se foste insieme, anche se in realtà vivete in due città separate, ma per
tutti, soprattutto per Sylvia, voi siete… siete praticamente una
famiglia!”
“ma io non ho
il coraggio di dirgli tutto… io… non so come si fa!”
“non posso
dirtelo io… dovete viverla voi, io posso al massimo dirti di
buttarti!”
Cathe gli
sorrise e lo strinse un po’ più a se: “come farei senza il mio Tom?!”
Il rasta
sbuffò, falsamente infastidito dallo slancio di affetto di Catharina: “dai
adesso non fare così, potresti sempre passarmi il tuo invito a nozze: si mangia
bene?”
“credo di sì…
dovrebbero aver noleggiato una specie di castello, spero che il buffet sia
altrettanto pomposo e ricco!”
Tom si mise a
ridere: “e tu vorresti andare a quel matrimonio? Ma non puoi, lì è tutta gente
elegante, non c’è birra, devi comportarti bene a tavola, è una
tortura!”
Cathe sorrise
divertita: “se vuoi ti dico già adesso come sarà quel matrimonio:
noioso!”
Tom rise:
“sai come me lo immagino io Cathe… allora innanzitutto estremamente kitch, credo
che metà della gente presente avrà orrendi abiti a fiori estivi, poi… la sposa,
me la immagino già, con suo incedere elegante in mezzo al prato dove faranno una
spettacolare cerimonia modello soap opera di serie B americana “ Tom stava
platealmente imitando l’incedere
della sposa “avrà un delizioso, elegantissimo vestito a 7 balze di pizzo con 4
fiocchi per balza, più incrostazioni di pailettes sberluccicanti, per non
parlare dell’acconciatura alla Marge Simpson con tanto di fiori morti in testa!”
Cathe era
piegata dalle risate: “ mia madre avrà come minimo qualcosa di leopardato, anzi
direttamente un giaguaro che le si arrampica sulla spalla, ha la mania per ‘sti
vestiti con bestie che si arrampicano sulle spalle!”
“certo… per
non parlare del favoloso catering, dove verranno serviti quintali di cose al
prezzemolo che rimarranno incastrati tra i denti di sposi e invitati… e quindi
rimarranno per sempre immortalati dal servizio fotografico! Per non parlare del
DVD da 6 ore e mezzo che riusciranno a propinare agli invitati, durerà più quel
DVD che la cerimonia e il matrimonio messi insieme! Cathe…sarà uno dei peggiori
matrimoni del secolo! Ma se tu preferisci andarci… come vuoi…”
“no di certo
Tom… io, boh, non ci ho mai pensato a sposarmi, una sana convivenza?!”
Tomi la prese
sottobraccio e incamminandosi le scoccò un bacio sulla guancia: “mio fratello ti
adorerà per questo, però strano, ti immaginavo molto da abito bianco, fotografo,
salatini e piedi gonfi!” si beccò il dito medio alzato di Cathe
“a proposito
di bacini… me ne risulta uno all’aeroporto a Vancouver!” le disse a bruciapelo
Tom
Cathe
sospirò: certo quel bacio non se l’era scordato: “Tom non l’ho capito sai quel
bacio, ne ho parlato con Bill, lui mi ha detto che era un grazie!”
“mio fratello
è tutto strano, fossi stato io non mi sarei limitato a un bacetto a fior di
labbra, anzi… mio fratello… va beh, sai anche tu chi è… Bill è Bill!”
“è quello
vedi, ho paura anch’io, di illudermi di nuovo!”
“non ti stai
illudendo, davvero, spero solo che la risolviate velocemente…”
“eh parli
bene Tom, io qui a Berlino, voi ad Amburgo, e i più domani devo partire per
Monaco, non posso perdermi Santa Lucia con i miei!”
“ma mandali a
fanculo e vieni da noi a Loitsche, Sylvia sarebbe contenta!”
“sì, parli
bene Tom… che dico: andati tutti a cagare!? E gli sbatto la porta in faccia?”
“potrebbe
essere un’idea! Non ci avevo pensato, brava Cathe!” Tom aveva riportato il
discorso su un piano più serio: se era riuscito ad eliminare il primo fantasma
di Catharina, adesso bisognava eliminare il secondo, quello della sua famiglia:
“seriamente Cathe, scappa fin che sei in tempo, prima di farti del
male!”
*****
23:47
Quei due
puntini tra i numeri che lampeggiavano, quei due puntini che indicavano che
erano ancora al 12 Dicembre, che non era ancora Santa Lucia.
Cathe era
appena salita in macchina, reclinò la testa sul poggiatesta, fissando quei
puntini luminosi tra ore e minuti dell’orologio della Mercedes. Le dicevano
scappa, scappa via di qui, cosa aspetti a mettere in moto? Sono ancora quasi 5
ore di viaggio!
Collegò
l’Ipod, girò la chiave… e partì
Cantò a
squarciagola per tutto il viaggio, cantò wonderwall degli Oasis, patience dei Take That, sweetest thing degli U2, nel random
capitò All summer long, quella che
aveva cantato per tutta l’estate a squarciagola, quella che adorava, quella su
cui aveva capito di essere innamorata di Bill;
La macchina
andava praticamente da sola, tanto era facile la strada, da Monaco è molto
facile, basta prendere la A9, arrivare a Magdeburgo, uscire e prendere la strada
per Loitsche (o Lo, come lo abbreviava sempre Catharina), Magdeburgo – Loitsche
l’aveva fatto almeno un centinaio di volte.
Si fermò
davanti al cancello di legno di Banhohfstrasse 19, erano le 4 e qualcosa,
chissene dell’ora, chissene se in quel momento aveva un vestito di Chanel
addosso, con una scomodissima gonna svasata, e un paio di stivali con un tacco
da 10: ormai era lì, l’aveva fatto, l’aveva fatto… aveva ascoltato Tom; ora le
bastava fare quell’ultima follia.
Prese le
chiavi dalla borsa e aprì il
cancello, entrò in cortile: la piccola villetta bianca a qualche passo da lei,
immersa in uno strano ed irreale silenzio, illuminata dalla fredda luna di
dicembre, pochi passi la distanziavano dalla porta… le sembravano chilometri, le
sembrava che i suoi passi sulle pietrine del cortile risuonassero più di mille
tuoni; infilò la chiave nella toppa, Simone le aveva dato un mazzo di chiavi di
riserva, con la scusa che così poteva andare e venire a trovare Sylvia e
portarla in giro senza dipendere né da lei né dai gemelli.
Quella chiave
però non girava, quella maledetta chiave in effetti non era neanche
completamente infilata in quella stramaledetta toppa. Cathe iniziò a maledirla
mentalmente, possibile che si dovesse rompere in quel momento, non voleva
svegliare nessuno… e si ritrovava a dover litigare con quella porta, con quella
chiave!
Divenne
morbida ad un certo punto, come se finalmente si fosse sbloccata: solo che non
l’aveva sbloccata lei … la porta si aprì, lentamente: si ritrovò davanti Bill,
in tuta, i capelli leggermente arruffati, senza trucco, scalzo, gli occhi gonfi
per il troppo sonno e le poche ore dormite che la fissavano
interrogativi.
“ciao Bill…”
dire quel nome era stato per lei una strana fatica, una strana sensazione, in
teoria lei non doveva essere lì
“l’ho fatto
Bill, l’ho fatto, ho fatto una cazzata gigantesca… non so neanche io come, me ne
sono andata, era mezzanotte meno un quarto…. Hanno detto che se uscivo da quella
porta non ero più loro figlia, io… Bill non lo so davvero.. ho guidato fino
adesso, io…”
Aveva una
paura tremenda in corpo, e un disperato bisogno di sentire la voce del ragazzo,
di guardarlo negli occhi: fino a quel momento non era riuscita, guardava in
giro, ma lo sguardo di Bill non ce la faceva a incrociarlo;
si sentì
trascinare verso di lui, sentì le braccia del ragazzo stringerla, alzò lo
sguardo: si fissarono negli occhi.
-Oh mio Dio- pensò Catharina
Sentì solo un
bacio sulla guancia destra, lieve, leggero… un altro all’angolo della bocca,
poi… poi semplicemente chiusero gli occhi tutti e due, lasciandosi finalmente
andare…oh mio Dio fu l’unico pensiero di Cathe, quando sentì le labbra di Bill
posarsi sulle sue, quando sentì la sua lingua prima sulle sue labbra e poi
giocare con la sua, quando sentì il piercing del ragazzo, quando finalmente
baciò Bill.
-oh mio Dio- pensò Bill quando finalmente
baciò la sua Catharina.
Tutto il
resto divenne un dettaglio: Cathe si sentì trascinare dentro casa, si ritrovò
con le spalle contro la porta chiusa, mentre né lei né Bill riuscivano a
staccarsi da quel bacio; non importava come e perché Catharina fosse lì in quel
momento, erano solo futili ed inutili dettagli.
Divenne
presto un dettaglio anche il maglioncino di Cathe, così come la felpa di Bill:
il ragazzo la stava trascinando verso la sua camera, tanto tutti dormivano,
Sylvia dormiva, c’erano loro due e basta in quel momento. La prese in braccio,
evitando comunque di staccarsi anche solo per un istante da lei, dalle sue
labbra; non riuscivano a staccarsi… Cathe non riusciva ad evitare che le sue
mani scorressero sul corpo del ragazzo, lo esplorassero con mille carezze, gli
accarezzassero il tatuaggio sia sul braccio che sulla pancia: era la cosa più
sexy del mondo quella stella, da perderci la ragione.
Senza troppi
complimenti Bill trascinò con sé sul letto Cathe, armeggiando con la zip del
vestito della ragazza, con la zip degli stivali, iniziò a coprirla di baci,
dalla bocca scese lungo la mandibola, il collo, la pancia: accarezzò il ventre
della ragazza, il piercing all’ombelico retaggio del tour in America, una delle
follie che Cathe aveva fatto durante quel viaggio.
Ormai si
stavano confondendo in un groviglio di baci e di corpi, di fiato corto e di
frasi sussurrate, di ti amo interrotti da baci appassionati e sospiri, di
sguardi carichi di amore e di passione, di un tacito assenso a
proseguire…
La porta
della camera di Bill si aprì però di scatto, facendo voltare Cathe e Bill, con
il cuore in gola:
“Papà ho
sete…” disse Sylvia con voce assonnata.
Sono via fino
alla fine della settimana prossima, causa vacanzina!!! Buon ferragosto a tutti!!!!
ps: bastarda
dentro neh… ihihihih
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** trauen zu sich selbst ***
Bonjour! Tornata da una deliziosa settimana in montagna a rompermi tra
libri e simpatici cugini anti-th… (ooopppssss…. Ecco cos’ho dimenticato nel
bagagliaio della macchina, il cadavere del suddetto cuginetto… :-) scherzo!)
Beh dai non sono proprio così
cattiva, sono peggio!!!… anche perché vi ho lasciato una settimana a cucinarvi a
fuoco lento su come andava a finire…sì, sono decisamente cattiva, quasi peggio
di Tom!
Indi, per evitare la vostra ira
funesta, eccovi aggiornamento, ammetto che magari i capitoli saranno un po’ più
corti, la “vena poetica” deve fare i conti con esami dell’uni, grande capo che
mi vuole al lavoro, genitori parenti serpenti e affini, moroso (ah… nota
dolente, senza contare che il campionato ricomincia, che palle!), casa da
sistemare, pacemaker nuovo di pacca per mio nonno, … insomma le solite cose per
cui mi ci vorrebbero giornate da 48 ore e magari uno staff da concerto dei
Tokio, ma pazienza!
Inoltre… GRAZIE a TUTTI per le
recensioni! Davvero siete stati molto carini anche si vi ho maltrattato
lasciando il tutto in sospeso!
Ah… il proseguo… giusto…
eheh!
She moves, she
moves like a breeze I swear I can't get her out of my dreams To have her
shining here by my side I'd sacrifice all the tears in my
eyes
*****
She needs
somebody to lean on Someone body, mind and soul To take her hand, to take
her world And show her the time of her life, so true Throw the pain away
for good No more contemplating boo
Aicha - Outlandish
Catharina e Bill erano rimasti
come pietrificati di fronte a Sylvia: la piccola era in piedi, accanto alla
porta, che fissava il padre con sguardo per metà interrogativo e per metà
assonnato, anche se sembrava non essersi ancora accorta della presenza di
Catharina.
Bill decise di sfruttare a loro
vantaggio la situazione: che Sylvia non si fosse accorta di Cathe era già di per
sé un ottimo, altrimenti la piccola sarebbe stata in grado di urlare a
squarciagola il nome della ragazza, svegliando tutta casa. Solo Bill sperava
mentalmente che l’istinto materno della ragazza fosse stato, almeno per quel
momento, sopraffatto da quello femminile: l’ultima cosa che avrebbe voluto era
che Catharina si alzasse e andasse dalla piccola.
Cathe non aveva decisamente la capacità di
alzarsi in quel momento: era rimasta immobile, pietrificata, le gambe distese
come una bambola di pezza malamente
appoggiata sul letto, i ricci che le ricadevano sul viso scomposti, gli occhi
grandi, spaventati, impauriti ma allo stesso tempo con una luce diversa, che
Bill poteva giurare di non averle mai visto nello sguardo. Visto che
fortunatamente Cathe non aveva reagito, Bill si alzò e prese in braccio la
piccola, lui e Cathe avevano ancora abbastanza indumenti addosso per evitare
spiacevoli situazioni; si diresse in cucina in un irreale silenzio, Sylvia con
la testolina appoggiata alla spalla del padre, le braccine che gli circondavano
il collo, ancora un po’addormentata: era rimasta alzata fino a tardi, voleva
vedere tutta la processione di Santa Lucia, non c’era stato verso di metterla
nel lettino fino a mezzanotte.
Si sentiva un po’ in colpa Bill:
fino a due minuti prima stava cercando febbrilmente di slacciare il reggiseno di
Cathe, completamente dimentico di sua figlia, e poi si ritrovava lì, in cucina,
con la piccola in braccio. Gli sembrava la più irreale delle situazioni, nella
frenesia dell’aver finalmente Cathe con lui, tra le sue braccia, si era scordato
di sua figlia.
Sylvia bevette giusto due o tre
sorsi d’acqua, posò il bicchiere e si accoccolò contro il petto di Bill: “ho
sognato Cathe!” mugugnò la piccola prima di riaddormentarsi tra le braccia di
Bill.
-oh piccola!- pensò Bill dandole
un bacino sulla fronte mentre la riportava nella cameretta ; la adagiò nel
lettino, si fermò ancora un attimo a guardarla: c’erano molti dubbi che lo
assalivano in quel momento, molte domande a cui i suo cuore faceva fatica a dare
una risposta, molti perché lasciati cadere, che quella risposta mai l’avrebbero
trovata.
Non si accorse che Cathe lo stava
fissando, appoggiata allo stipite della porta, mentre pensava le stesse cose di
Bill:. non c’era bisogno di parole, non ce ne erano state in quella serata,
forse non ce ne mai sarebbero state… ma vedendo Bill e Sylvia Cathe capì di aver
fatto la cosa giusta.
Si avvicinò semplicemente al
lettino della piccola, in punta di piedi per non svegliarla, ma con una falcata
decisamente troppo felina che Bill non poté fare a meno di osservare: preferiva
restare in quel silenzio rassicurante , senza parlare, senza dire ovvietà fuori
luogo.
Catharina si sedette sul bordo
del lettino e diede un piccolo bacino sulla fronte di Sylvia, se era lì in quel
momento era per il piccolo miracolo che la pestifera Kaulitz aveva operato nel
cuore della ragazza: era stato il suo modo di dirle grazie, ma soprattutto di
dirle io sono qui, non ti lascio più.
Si voltò verso Bill, lo guardò
finalmente negli occhi: era riuscita ad alzare lo sguardo verso il ragazzo,
vinta la paura che i suoi occhi potessero rivelarle una verità diversa da quella
che le suggeriva il cuore, come se guardare Bill avesse potuto riportarla alla
realtà, farle capire che in realtà era tutto un sogno, che non era veramente a
Loitsche.
Non trovò altro che amore negli
occhi di Bill.
Bill intese lo sguardo di Cathe
come un assenso a proseguire quello che era stato interrotto poco prima: la
prese in braccio, non riusciva a smetterla di guardarla negli occhi, non
riuscivano entrambi a smettere di guardarsi, di cercare l’uno il riflesso del
proprio cuore nello sguardo dell’altra: erano una cosa sola, mentalmente e
sentimentalmente.
Si chiusero finalmente la porta
dietro le spalle, ormai esistevano solo più loro due.
°*°*°*°
Non sapevano da quanto tempo
erano abbracciati: Bill appoggiato alla testata del letto con in braccio Cathe,
guardavano entrambi fuori dalla finestra, i raggi azzurrognoli della luna piena
che sfumavano nel freddo rosa dell’aurora di dicembre. Erano avvolti entrambi
nel piumone, senza dire niente, senza fare più niente, semplicemente stando lì,
a perdersi l’una tra le braccia dell’altro, i respiri lenti, le dita che si
intrecciavano…
“Carried away by a moonlight shadow.”
Cathe piegò leggermente la testa per incontrare lo sguardo di Bill: il ragazzo
le rivolse una strana occhiata, più che altro intesa a capire il significato di
quella frase canticchiata da Catharina: “moonlight shadow … di Mike Oldfield…
l’ho ascoltata venendo su da Monaco, l’ho sempre adorata!” Cathe spostò lo
sguardo verso la finestra, mentre Bill le baciò teneramente i
capelli:
“lo so!” le rispose il ragazzo
mentre reclinava la testa contro la spalliera del letto, strinse un po’ più
forte a sé Cathe, avrebbe voluto chiederle tante cose, tante domande ronzavano
nella sua testa: “ e adesso Cathe?”
La ragazza prese un profondo
respiro, sapeva benissimo cosa le stava chiedendo Bill, sapeva che in quel e adesso erano in realtà racchiuse altre
mille domande: si aspettava un attacco di logorrea acuto di cui Bill era
maestro, forse ci sperava in quelle mille parole in un minuto, per riempire quel
silenzio e quel vuoto in cui era piombata la sua mente da quando se ne era
andata da Monaco
“e adesso niente… adesso sono
qui!” Cathe si massaggiò il sopracciglio destro, nella vana speranza di
temporeggiare “non so neanche io, ho mille pensieri che mi ronzano in mente e
non riesco a trovarne il filo logico!non so da dove
iniziare…”
“semplicemente dall’inizio?!” la
incalzò Bill
“sarebbe prima o dopo la marea di
messaggi che mi hai mandato l’altro giorno?!” Bill ridacchiò: in effetti dopo
che Tom era tornato ad Amburgo aveva iniziato a subissare Catharina di messaggi
e chiamate, nella speranza che succedesse quello che alla fine era successo (con
buona pace del povero Tom che si illudeva di avere il titolo di Cupido, ma che
alla fine si sarebbe sentito dire da Bill un –te l’avevo detto Tomi che a me da
retta e a te no!- )
“Cathe… cos’è
successo?”
“è successo che volevo prendere
in mano la mia vita, scegliere, decidere, impuntarmi, piuttosto soffrire ma
almeno se devo o dovrò recriminare qualcuno per i miei sbagli quella sarò solo e
soltanto io! Ero stufa Bill, di tutti, della loro ipocrisia, volevo cambiare
pagina, volevo che ci foste tu e Sylvia, non i miei, non la mia famiglia, non i
fantasmi del mio passato!” la ragazza prese una lunga pausa, voleva dire tutto a
Bill ma aveva paura che il ragazzo potesse non approvare il suo comportamento o
i suoi punti di vista:
“sono partita per Monaco poco
dopo che tuo fratello era ripartito per tornare ad Amburgo, volevo togliermi di
casa e sinceramente anche togliermi il fastidio dei miei, solo che 7 ore di
viaggio da sola ti danno la possibilità di pensare, fin troppo… di pensare che
non si può andare a trovare la propria famiglia con lo stato d’animo di uno che
va al patibolo, non si può non riconoscere quella in cui si è cresciuti come
casa, avevo talmente una confusione in testa perché non sapevo come fare a
lasciarmi tutto alle spalle, a tagliare i ponti.”
L’attacco di logorrea era preso a
Catharina: “Bill ero a dir poco stufa della loro ipocrisia, del loro cicaleccio,
del fatto che il più grave problema di mia madre fosse se il color pervinca si
abbini con il perla, del fatto che mio padre mi tratta alla stregua di una
scimmietta ammaestrata e non come una persona! Per loro sono sempre stata solo
una creatura da plasmare a loro immagine e somiglianza, per tutti era giusto
così, io non potevo scegliere… non potevo decidere!” Si girò verso Bill, voleva
guardarlo negli occhi: “solo che io avevo già scelto, ho scelto… te e
Sylvia!”
la ragazza era un fiume in piena: “ho
impacchettato le ultime cose che rimanevano nella mia camera e le ho nascoste
nel bagagliaio e poi a cena, dopo l’ennesima battutina sulla mia vita, li ho
semplicemente mandati a fanculo, letteralmente, davanti a metà dei parenti e
amici: ho detto a mia madre tutto ciò che pensavo di lei, del suo modo di
comportarsi, della sua ipocrisia, della sua stupidità sul piano dei sentimenti,
del fatto che era una gran puttana, giuro detto proprio così! Ho detto a mio
padre che era un povero arrivista corrotto; ho detto che non valevano niente
come persone, che preferivo andarmene e non doverli più sopportare; mio padre mi
ha detto che se uscivo da quella
casa non facevo più parte della loro famiglia e ti giuro Bill, non sai che
soddisfazione ho provato nello sbattere la porta uscendo! È stato chiudere un
capitolo della mia vita!”
Bill aveva gli occhi lucidi,
sospirò profondamente prima di accarezzare le guance di Cathe: “Ne hai avuto del
fegato sai… sono tanto orgoglioso di te… per quello che può
valere!”
Cathe lo zittì con un semplice
bacio a fior di labbra: “per me vale molto, altrimenti non sarei qui!” gli si
accoccolò contro il petto, scivolarono insieme sdraiandosi; Cathe ascoltava
semplicemente il ritmico e martellante battito del cuore di Bill: “è qui con te
che voglio stare, con te e con Sylvia! é l’unico posto in cui voglio
stare!”
Bill le accarezzò con dolcezza la
spalla nuda e ossuta: “anche io!” la strinse ancora più a sé: “Cathe perché
proprio io?”
Catharina alzò leggermente la
testa per incontrare lo sguardo di Bill: “allora perché io Bill?!” si sorrisero
teneramente entrambi, nessuno aveva voglia di rispondere a quella domanda,
almeno per il momento; Bill la strinse ancora più a sé, ormai stavano entrambi
scivolando tra le braccia di Morfeo, era inutile continuare con discorsi e frasi
fatte: l’importante era essere lì, insieme; Bill la baciò ancora per qualche
attimo, stava diventando difficile per lui staccarsi dalle morbide labbra di
Catharina; le accarezzò gentilmente la guancia: “ti amo Cathe!” “anche io Bill!”
°*°*°*°
furono svegliati da un rumore
sordo, una specie di tung attutito,
seguito da una serie di imprecazioni dette con un tono di voce assonnato che non
poteva essere altro che quello di Tom: “chi cazzo ha lasciato gli stivali in
mezzo al corridoio?!” mentre sentivano il passo pesante di Tom che si trascinava
verso il bagno, Cathe non poté a meno di indicare Bill con il dito bisbigliando:
“Tom è stato tuo fratello!”
Bill ridacchiò divertito: “non mi
sembrava ti dispiacesse molto però?!”
Cathe scosse la testa divertita:
“tutt’altro! Spero solo che tuo fratello non li stia prendendo a calci, con
quello che mi sono costati!”
“non credo… “ Bill fissò
intensamente Catharina, le labbra piegate in un sorriso dolce: “potrei
abituarmici sai…”
La ragazza lo guardò
interrogativa, Bill proseguì: “a svegliarmi così, con te… è una bella
sensazione!” Cathe gli si accoccolò contro: “confermo!” gli rispose la ragazza
ridacchiando; Bill si fece però serio, prese il mento della ragazza con una mano
per alzarle il viso e costringerlo a guardarlo negli occhi: “Cathe per me non è
un gioco, voglio metterlo in chiaro fin da adesso, io voglio seriamente stare
con te, voglio che tu faccia parte della mia vita e di quella di Sylvia ancora
di più di quanto tu già non ne faccia; mi conosci, sono abbastanza impulsivo,
sulle cose non ci ragiono più di tanto, ma su di noi… beh sono mesi che ci
ragiono, mesi che cerco di capire se e come possiamo stare insieme… e io
voglio provarci, seriamente!” le
diede un bacio a fior di labbra;
“Bill anche per me non è un
gioco, non sarei andata contro tutto e tutti altrimenti, non mi sarei gettata
alle spalle 23 anni di vita se fosse un gioco… solo che ho paura… e mille
domande che mi frullano in testa, a cui cerco di rispondere da Monaco. Tu lunedì
sei di nuovo ad Amburgo, Sylvia qui a Loitsche con tua mamma, io a Berlino,
finchè siamo in tour ci vediamo, stiamo insieme, e poi?!”
“poi ci organizziamo, ricordati
quanti tempi vuoti abbiamo, ok impegni ce ne sono ma quando non siamo in tour o
in studio di tempo ne avremo…”
Cathe lo zittì: “tu Bill, io
meno… di cose alla Universal ce ne sono da seguire, e non possiamo passare le
giornate a inseguirci o a ritagliarci mezze ore per stare insieme, la mia paura
è di non riuscire a fare tutto…”
“ehi… quand’è che ti lascerai
andare? Quando imparerai semplicemente a viverla… guarda che ce la faremo, ok
sarà magari difficile, ma ce la faremo!” Bill le diede un lungo bacio, tenero e
appassionato allo stesso tempo
“e con Sylvia?” gli chiese Cathe
con un sospiro, mentre si alzava e cercava in giro per la stanza le sue
cose
“Sylvia niente, appena saremo più
organizzati… boh viene a stare da noi!” le disse Bill in tutta
naturalezza
Stare
Da
Noi : quell’ultima frase continuava
a rimbombarle nella testa
Stare da noi! :Cathe si bloccò con in mano un
mucchietto dei suoi vestiti
Stare da noi? Pensò Cathe : “cosa intendi con
stare da noi ?!” Bill si alzò dal
letto trascinandosi dietro il piumone (onde evitare problemi in caso di
irruzione in camera di bimbette bionde, visto che Cathe a quanto pare si era
rivelata medaglia d’oro olimpica di lancio di boxer); le accarezzò una guancia:
“stare da noi vuol semplicemente dire stare da noi… ti ho detto che sono molto
serio, che voglio avere una storia
seria con te… nella serietà io includo anche mia figlia!”
“non ti sembra un po’ prematura
una convivenza? Già non so neanche cosa siamo in questo
momento?”
Bill sbuffò divertito: “devo
mettermi in ginocchio e chiederti se vuoi diventare la mia ragazza?” si
inginocchiò platealmente di fronte a Cathe: “ O come cavolo ti vuoi chiamare?
Morosa? Compagna? Groupie del mio cuore? Vuoi che organizzi una conferenza
stampa e dica a tutti che ti amo, che
tu sei la ragazza che amo! Perché ti
ripeto per me non è solo una storia di sesso… per me è di
più!”
Cathe si inginocchiò di fronte a
Bill, lo baciò teneramente: “a me basta che mi chiami Cathe, e soprattutto
voglio che non bruciamo le tappe, che la prendiamo con calma, ragionando,
organizzandoci… per Sylvia soprattutto!”
Bill le sorrise e tornò a
baciarla, con più passione, trascinandola nuovamente verso il letto e coprendo
entrambi con il piumone.
Vrrrrrrrr……….. Vrrrrrrrr …………
Vrrrrrrrr : il cellulare di Catharina si mise quasi subito a vibrare: la ragazza
emerse dal piumone emettendo uno scazzatissimo “che palle! E chi è!” mentre Bill
rotolava su un fianco per cercare il cellulare della ragazza: “non rispondere!”
gli disse Catharina cercando invano dal trattenerlo dall’accettare la
chiamata
“pronto?” disse Bill, dall’altro
capo del telefono sentì solo un urlo prolungato, un acutissimo Ahhhhhh seguito da una serie
impressionante di oh mio Dio,
inframmezzati a continui lo sapevo :
Jutta!
Bill scosse la testa e passò il
cellulare a Cathe, emettendo un bofonchiato : “è Jutta!” si alzò raccogliendo le
sue cose per dirigersi verso la doccia
“ciao Jutta!” disse Catharina con
tono tutt’altro che amichevole
“oh mio Dio tesoro, non mi hai
detto niente… ma cos’è sta novità?” Jutta aveva una voce abbastanza strana,
forse provata secondo il pensiero di Cathe
“eh sì è una novità anche per me…
però se mi avvisavi che ci tenevi così tanto, la prossima volta ti chiamo per la
telecronaca! O vuoi che lasci la chiamata aperta, per sentire, così appena torna
Bill riprendiamo quello che tu hai gentilmente interrotto per non ho ancora
capito cosa!!” il tono di Cathe si stava alterando
“sì ma quindi… tu e
Bill?”
“sì io e Bill… Jutta cosa vuoi?”
era decisamente alterata
“ah… ehm… no che mi hanno fatto
il cesareo stamattina! L’ho chiamata Christianne! È una
bimba!”
Fu il turno di Catharina di
urlare, era la giornata delle novità quella: “Jutta… ma non doveva essere un
maschio?!”
“ah boh! Mi secca solo che il
corredo sia tutto azzurrino e sia una femmina…”
“sarebbe stato peggio il
contrario! Dai… adesso fai la brava e torna dalla tua bimba! Vado a dare la
bella notizia agli zii!”
“fai la brava anche tu! E mi
raccomando passa a trovarmi così mi racconti bene!”
“no che non vengo, mi tocca farti
il regalo! Ci sentiamo bella!”
Cathe si avvolse nel lenzuolo e
si diresse verso il bagno, decisa a far sloggiare Bill, giusto per mettere in
chiaro fin dai primi istanti che il bagno non sarebbe stato solo suo –tanto più
che Cathe era famosa per metterci 5
minuti netti a fare la doccia- : era così irreale quella giornata, così tante
novità per tutti, era un bel modo per iniziare un nuovo
capitolo.
Tutto ciò la metteva decisamente
di buon umore.
°*°*°*°
Se c’era una cosa che Catharina
aveva sempre adorato di casa Kaulitz era l’assoluta, incredibile, invidiabile,
meravigliosa capacità di qualsiasi occupante di quella casa di farsi i cavoli
altri, senza per questo diventare invadente o noioso; e detto da una come Cathe
stessa, che in quanto a cavoli altrui era maestra, era decisamente un
complimento.
Ma soprattutto adorava il fatto
che in quella casa chiunque fosse entrato, dal più vecchio amico dei gemelli, a
una nuova conoscenza, era trattato in modo famigliare: né Simone né Gordon
mettevano mai nessuno in difficoltà e avevano soprattutto il pregio di non
squadrare nessuno dall’alto in basso né giudicarlo dalle apparenze; di questo
Cathe se ne era accorta la prima sera in cui aveva conosciuto la mamma dei
gemelli, ma era una certezza che aveva consolidato quella mattina, appena entrò
in cucina: trovò Simone e Bill intenti a sorseggiare una tazza XXL di caffè,
dall’espressione sui loro visi sembrava quasi che le volessero dire ti abbiamo aspettato prima di sparlarti
dietro!
“buon giorno Simone!” disse Cathe
arrossendo involontariamente: era plateale dove avesse passato la notte, e che
non l’avesse passata dormendo era plateale dalle sue occhiaie e dal fatto che
avesse addosso una tuta di Bill
Simone si alzò dalla sgabello per
abbracciarla: “buongiorno pazza! Bill mi ha raccontato un po’ di cose… ne hai
avuto di coraggio! Caffè?”
“liscio triplo grazie!” mentre
rispondeva a Bill con un sorriso da pescecane e il ragazzo giungeva le mani con
una delle sue smorfiette che significavano perdono
“beh me ne sono semplicemente
andata di casa, sbattendo la porta e mandando a cagare i miei genitori davanti
ai loro cari amici snob! Ce n’è di gente che lo fa!” disse noncurante Catharina
mentre trangugiava il suo caffè, Simone le si sedette
accanto:
“così tanta no… e
adesso?!”
“adesso ho tagliato i ponti e ci
ho guadagnato libertà, vago equilibrio nervoso, magari mi passa anche l’ulcera…
e uno dei gemelli Kaulitz!” disse Cathe allungandosi verso Bill per ricevere un
bacio, che non tardò ad arrivare
“un milione di ragazze
ucciderebbe per essere al tuo posto!” le disse Bill per scherzare, con un tono
che in effetti sarebbe stato più adatto a Tom; Cathe non si scompose
minimamente: “e un milione di ragazzi per il tuo!” concluse sedendosi in braccio
a Bill nella speranza, subito esaudita, di ricevere un altro bacio. Si alzò
subito dopo, per aiutare Simone a sistemare la cucina, il minimo per
ringraziarla dell’invasione di casa, privacy e vita.
Si sentì mettere una mano sulla
spalla dalla donna: “davvero, Cathe… non mi sono sbagliata su di te, spero solo
che adesso tu possa recuperare un po’ di serenità!”
“Simone, lo spero anche io, tanto
più che sinceramente con Bill sarà un rapporto abbastanza complicato, sia sul
fronte carriera che sul fronte Sylvia…” disse la ragazza con una punta di
rammarico mentre asciugava le mug del caffè
“Sylvia ha tre anni!” intervenne
Simone “ e ha uno spirito di adattamento incredibile, è l’unica cosa di cui ti
assicuro che non devi preoccuparti… ti dico solo di andare piano con Bill, ve lo
dico a entrambi!” diede una piccola pacca su una spalla al ragazzo cercando di
richiamare la sua attenzione, che era stata catturata dall’ultimo numero di
Vanity Fair: “l’unica cosa di cui non vi dovete preoccupare è Sylvia, piuttosto
fate attenzione a voi due, a come ve la gestite e a cosa volete… i primi giorni
sono bellissimi, poi bisogna fare
attenzione che il lavoro non vi rubi i vostri spazi e poi, Cathe, mi spiace
dirtelo, ma con Bill e Sylvia tu ti sei presa anche Tom, hanno un rapporto a
volte simbiotico, te ne sarai già accorta… lasciali spazio mi
raccomando!”
Cathe annuì, avrebbe voluto
parlare ancora con Simone ma sentì per le scale degli inconfondibili
passetti e una mezza imprecazione
sommessa di Tom che era stato
travolto da Sylvia mentre cercava di guadagnare la cucina con movenza da
bradipo:
“scusa zio! Papàààààààààààà!!!”
la piccola attraversò come un fulmine la cucina travolgendo praticamente tutto
quello che incontrava sul suo percorso, saltò in braccio al padre e iniziò a
ricoprirlo di bacini, per la gioia di un divertito Bill
“ehi… non si saluta?” Catharina
attirò l’attenzione della piccola che fino a quel momento non si era ancora
accorta della sua presenza, complice il fatto di dare le spalle alla ragazza; la
piccola si girò di scatto appena sentita la voce di Cathe: l’espressione sul suo
viso era dolcissima, piena di meraviglia, la boccuccia spalancata e i grandi
occhioni identici a quelli di Bill che quasi luccicavano. Era rimasta immobile
in braccio al padre, stranamente non riusciva a spiccicare parola, basita dalla sorpresa di vederla in
cucina:
“Cathe… sei qui! Allora Santa
Lucia esiste davvero!” Cathe si avvicinò alla piccola e la prese in
braccio
“perché dici così?” la piccola le
rispose con un sorriso: “le ho chiesto te come regalo! Vero che non te ne vai
più via e stai sempre con me?”
Cathe la strinse a sé ancora più
forte, la piccola si accoccolò nell’incavo tra la spalla e il collo, mentre
Cathe alzava lo sguardo per incrociare quello di Bill: “no Prinzessin, non me ne
vado più!”
°*°*°*°
“ e così mio fratello mi
abbandona!” disse Tom in tono sconsolato, tra le dita l’accendino per tenere le
mani occupate, lo sguardo vuoto che puntava sull’orizzonte della televisione
l’ennesimo video hip hop di Viva, quella sera neanche Sami Deluxe in persona
darebbe stato in grado di risvegliare Tom dallo stato di scazzo catatonico in
cui era caduto dopo aver visto i fratello e Catharina baciarsi abbastanza
appassionatamente in cucina sotto gli occhi compiaciuti e divertiti di Simone e
Sylvia
“non ti abbandono! Sei stato tu
che mi hai dato la possibilità di avere Catharina!” gli disse Bill
sorridendogli
“ed è questo che mi scazza!” gli
rispose sconsolato Tom “del fatto di avervi letteralmente spinto l’uno tra le
braccia dell’altra… dovresti erigermi un monumento a grandezza
naturale!”
“lo farò!” gli ripose Bill
abbracciandolo, ricevendo come risposta uno sbuffo di Tom: “dai Bill adesso non
fare così!”
“guarda che non me ne vado mica…
sto comunque con te!” Bill appoggiò il mento sulla spalla del fratello
Tom finalmente spostò lo sguardo
per incrociare quello identico di Bill: “adesso cosa fate? Me ne devo sloggiare
dl loft? Mi vuoi costringere a traslocare da Georg e Gustav?” per tutta risposta
si prese un pugno sull’avambraccio:
“il melodrammatico tra i gemelli
Kaulitz sono io Tomi, non tu… non sei capace! E comunque non ti
sfratto!”
“non andate a vivere insieme?!”
disse in un soffio Tom, sperando in una risposta negativa – e votandosi a tutti
i santi che conosceva pur di ottenerla-
“non a breve… ti ricordo che
abbiamo un album in uscita e che ho una figlia a cui pensare… non voglio
bruciare le tappe, non voglio che succeda come era successo con mamma e Gordon,
non ho intenzione che mia figlia sia un pacchetto che cambia casa ogni
settimana, sballottata tra papà, zii, matrigne, nonni… se e quando io e Cathe
decideremo di andare a vivere insieme, lo faremo per interesse di
Sylvia!”
Bill si scostò dall’abbraccio di
Tom: “perché tutti volete che io e Cathe andiamo a vivere insieme? L’ha detto
anche lei tutto il giorno che non si sente pronta, che ne sono già successi di
cambiamenti in 24 ore che prima deve ancora metabolizzare… sembra però che il
terrore di tutti sia che noi andiamo a vivere subito
insieme!”
Tom si avvicinò al fratello e lo
abbracciò: “abbiamo tutti paura che tu possa fare come ha fatto mamma, che
Sylvia possa soffrire come abbiamo sofferto io e te, non sto accusando nostra
madre, ma è logico che abbiamo paura!”
Bill si girò, abbracciando a sua
volta il fratello: “non sai che paura ho io! Di soffrire, di far soffrire Sylvia
e Catharina!” strinse un po’ più a sé Tom: “promettimi che ci sarai
sempre!”
“te lo giuro
fratellino!”
Cathe si era affacciata in
soggiorno giusto per sentire l’ultima parte del discorso: era perfettamente
d’accordo sia con Tom che con Bill, sinceramente era stata lei la prima a dire
che non si sentiva pronta per andare subito a vivere con Bill, un discorso è
stare insieme e tutte quelle belle parole degne di un film, un altro è la
realtà. Sapeva che le convivenze affrettate erano deleterie, aveva visto con la
sua amica Medina che era andata subito a vivere con il marito, sapeva che di momenti di crisi ne
avevano avuti, e loro erano solo in due.
Sylvia non doveva essere
coinvolta prematuramente in qualcosa più grande di lei e
Bill.
Si avvicinò al divano occupato
dai gemelli, vederli abbracciati le diede la conferma di un suo timore ma anche
di una sua speranza: che nel loro rapporto, anche se indirettamente, sarebbe
stato sempre coinvolto anche Tom, almeno come angelo
custode
-per fortuna- si ritrovò a
pensare la ragazza
I gemelli si accorsero
dell’arrivo di Cathe, Tom discretamente si alzò per cedere alla ragazza il suo
posto:
“come stai?” le chiese Bill
mentre lei gli si accoccolava contro, perdendosi nel suo
abbraccio
“piacevolmente esausta, sono
state le 24 ore più lunghe della mia vita!” rispose la ragazza sospirando “ha
ragione Tom… dobbiamo andarci cauti per Sylvia!” Bill le baciò i
capelli
“lo faremo, non preoccuparti!
Credo che se non fossi andata cauta nella tua vita oggi non saresti
qui!”
“no… ho agito di impulso,
soprattutto per venirmene via ieri sera!” disse Cathe con voce stanca, mentre
guardava distrattamente il video degli Outlandish,
“cosa ti hanno detto per farti
scappare così? Certo che i tuoi riescono a tirare fuori il peggio di te
stessa…”
“hanno detto che io nella vita non combinerò mai niente
di buono, che non ho mai combinato niente di buono… e sai cos’ho fatto io? Ho
tirato fuori il cellulare e ho fatto vedere a mia madre una foto di Sylvia, non ti
preoccupare tu non c’eri e non le ho di certo detto chi fosse la bambina nella foto… le ho detto che per me la cosa più bella della mia vita era vedere
quella bambina che mi sorrideva, perché quel sorriso era sincero, mentre io a
lei non gliene avevo mai fatto nessuno con gli stessi occhi carichi di amore! Le
ho detto che per me non esisteva altro, che potevo anche non fare carriera o
fare come lei, ma per avere la stessa sua vita schifosa… beh non era una grave
perdita, e le ho rinfacciato 23 anni di odio!”
“ne hai avuto di coraggio!” le
rispose Bill baciandola
“ho osato Bill… ieri sera ho
finalmente osato… per essere me stessa, per cercare un noi… con te e con
Sylvia!”
Bill la baciò, era un tacito
grazie, un morbido ti amo, un desiderio di costruirlo insieme quel noi per cui
Cathe aveva lottato.
Wow… ce l’ho fatta, all’alba delle 8 di sera,
dopo lunga e travagliata gestazione! Spero vi piaccia!
Grazie a tutti per la
sopportazione, e scusatemi ancora per la lunga attesa!
Bacioni a
tutti!!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Romeo and Juliet ??? ***
Buongiorno a tutti!!
Scusatemi per il ritardo
dell’aggiornamento! Credevate/speravate fossi morta, ma deludo le vostre
aspettative propinandovi un ennesimo capitolo! Credo che in alcuni pezzi per
sopravvivere alla melensi dovrete farvi un po’ di insulina, ma compensa i futuri
capitoli in cui di insulina da iniettarsi ce ne sarà ben
poca!
Beh… ringraziamenti a tutti
coloro che hanno recensito, sia alle affezionate lettrici che a tutti quelli che
hanno letto e commentato per la prima volta! Davvero mi sostenete e mi date la
forza di andare avanti!
Grazie soprattutto a Billa 483, a
Sunsetdream e a BigAngel_Dark!!!!
ps: il titolo è ispirato a una
canzone dei Dire Straits , appunto Romeo and Juliet, consiglio di ascoltarla!
Inoltre devo mettere un po’ di
precisazioni: oltre al fatto che i Tokio Hotel e tutto il loro entourage non mi
appartengono, men che meno mi appartengono Dior, Fendi, BMW, Mercedes-Benz,
Patek Philippe, De Grisogono e qualsiasi altro marchio registrato!
Magari…
Il pezzo della mail è stato
riciclato da una mail che mi è veramente arrivata, e che è molto calzante su
molti maschi! io posso dire che mi è arrivato dalla mia amica Lara, senza per
questo voler offendere o abusare della capacità artistica del vero autore!
Doverosa precisazione: chiunque esso sia, lo citerei volentieri e lo
ringrazierei perché veramente… certi maschietti sono così!
Capitolo 17 : Romeo and Juliet
???
“sei stanca?”
Catharina si riscosse dallo stato
di isolamento volontario in cui si era eclissata; lei e Bill stavano andando a
Berlino a trovare Jutta, più che altro era una scusa per passare un po’ di tempo
insieme, da soli… ringraziavano di avere ancora un paio di giorni liberi prima
che Bill tornasse ad Amburgo, mentre Catharina almeno per una settimana sarebbe
dovuta rimanere a Berlino: lei doveva seguire i ragazzi in tour o nelle fasi di
promozione dell’album, non durante la registrazione. Per quello bastavano Dave e
Dunja
Cathe scosse la testa: “no…anche se ho bisogno di un caffè!”
Bill ridacchiò: “tu hai sempre bisogno di caffè…” guardò la ragazza con
la coda dell’occhio: era tenera mentre si strofinava gli occhi in un modo
terribilmente uguale a quello di Sylvia, il maglione grigio scuro che faceva
risaltare la carnagione chiarissima, i ricci leggermente scompigliati.
“guarda la strada!” disse Cathe in tono fintamente acido appena si
accorse dello sguardo del cantante: “se succede qualcosa alla mia macchina me la
paghi!” come Bill fosse riuscito a convincerla a fargli guidare la Mercedes era
un mistero, e naturalmente Cathe continuava a stressarlo per il modo in cui
guidava; non contenta rincarò la dose:
“attento al tir… metti la freccia e sorpassalo!”
“si si si…. Lo vedo il tir, è abbastanza grosso…”
“appunto, fai attenzione, so come guidi!”
il
ragazzo scosse la testa divertito, cercò la mano di Catharina sul bracciolo tra
i due sedili anteriori: “se mi faccio male io non mi interessa, se te ne fai tu
sì… quindi guido bene stai tranquilla!”
Cathe gli diede una piccola pacca sul braccio prima di stringergli e a
sua volta la mano, l’espressione del viso leggermente rabbuiata: “scemo! A me
interessa che non ti faccia tu male! Se no posso dire addio alla mia favolosa
carriera!”
Bill ridacchiò: “ah è solo per questo che ti interesso, buono a sapersi,
e comunque bella carriera… essere svegliati alle 6 e un quarto della domenica da
Kipp in preda a una crisi isterica?!”
“parli bene…ma questo lavoro mi serve… ricordati che non posso più
chiedere aiuto ai miei!”
“ne hai mai chiesto?” Bill le lanciò un’occhiata indagatoria, mentre
accendeva l’impianto stereo: nella mente di Catharina balenò un allora vuoi morire
giovane?!, visto che odiava quando qualcuno le toccava la sua
radio senza chiederle il permesso, e certamente Bill non era esentato.
“volontariamente no… si sono sempre premurati loro...”
Cathe emise un sospiro “mi chiedo come andrà adesso!” guardava distrattamente
fuori dal finestrino, le tempie appoggiate al vetro, le piaceva quella strana
sensazione di freddo
“andrà tutto bene!” la rassicurò Bill “scusa perché non prende il cd?”
Cathe sospirò: erano mesi che gli ripeteva che non poteva cercare di
inserire velocemente il cd, il lettore Sony è stupido in quello, bisogna
inserire con calma, senza lanciarlo… ma con Bill erano parole dette al
vento.
“mi sembra tutto così strano … forse… forse ho esagerato a insultare mia
madre davanti a tutti, potevo dirglielo in privato, forse era meglio!”
Bill tamburellò leggermente con le dita sulla coscia di Cathe: “dipende,
lei cosa ti aveva detto?”
“che ero una fallita!”
“ok…” le rispose il ragazzo “e d’altro, cosa ti ha detto?!”
“mi ha giusto rinfacciato un po’ di cose, mi ha detto che non si è mai
vergognata tanto di me come quando ha scoperto che ero anoressica, mi ha detto
che per seguire una boy band come voi potevo fare che stare a casa, che
tanto non sarei mai arrivata nella vita… il tutto inframmezzato a risatine
isteriche!”
“io le avrei allungato un ceffone!” le disse candidamente Bill
“dai, è comunque mia madre, non posso… l’avrei fatto volentieri anche io!
Bill…” Catharina sospirò profondamente, più che altro per prendere tempo e
riorganizzare i pensieri che le affollavano la mente
“Bill che razza di esempio posso essere per Sylvia? Cosa le posso dare?
Io nella vita non ho mai combinato nulla di buono; Bill cosa posso insegnare a
quella bambina se io per prima sono stata anoressica? se io per prima non
rispetto i miei genitori? se io per prima in certi momenti mi sono comportata da
arrivista senza scrupoli? Quante volte mi sono nascosta dietro al mio cognome,
lo usavo come scudo… adesso Bill? Tu e Sylvia negli ultimi mesi siete stati la
mia più grande certezza, naturalmente con i Tokio, solo che adesso è cambiato
tra di noi, oltre ad essere il cantante dei Tokio, sei il mio ragazzo… e hai
anche Sylvia…io, sono così confusa!”
“io non ne vedo il motivo!” Bill le strinse un po’ più forte la mano “il
fatto che tu sia stata male, che sia stata anoressica, non vuol dire nulla:
credo che non abbia mai interferito col tuo rapporto con Sylvia, non è un
problema… io non credo che tu saresti in grado di farle del male. Il passato è
passato! Se stiamo a guardare quello quante famiglie non dovrebbero esistere;
Cathe… i miei genitori hanno divorziato, eppure quando Sylvia mi ha detto di
essere incinta la prima cosa che ho pensato è che volevo quel bambino, che
volevo stare con lei, certo non di darmela a gambe! E il fatto che tu ti sia
liberata dei tuoi, che tu abbia capito che erano loro a causarti molti dei tuoi
problemi e delle tue delusioni, vuol dire che sei matura e che ci ragioni su
quelli che possono essere i tuoi bisogni!credo che tu te ne sia andata dalla tua
famiglia anche per Sylvia… spero anche per me, ma credo soprattutto per Sylvia!”
il ragazzo le sorrise dolcemente.
Catharina sospirò: “forse hai ragione, ma io ho paura di quello che
Sylvia può dirmi, di quello che può pensare di noi!”
“smettila! l’hai vista, è la bambina più
felice del mondo!”
“Si Bill ma io non sono sua madre!non lo
sarò mai!” si pentì di aver pronunciato quelle parole nello stesso istante in
cui risuonarono nella Mercedes: Cathe temeva di essersi accaparrata il diritto
della parola madre, che certo non le apparteneva
“Cathe, ne abbiamo già parlato, per lei
sei come una mamma, ma sei anche di più, sei una amica, sei il suo punto di
rifermento, sei la ragazza che identifica come figura femminile diversa dalla
nonna; sei
importante per lei!”
“Bill, io sono cresciuta con una tata, non
ho mai avuto un punto di riferimento femminile, uno che chiamassi veramente
mamma, con il cuore, non dicendo solo una serie di lettere! Io non mi ricordo di
avere mai detto mia mamma, ma piuttosto mia madre! Io… io ho paura, con tutto
quello che ne può derivare!
“Cathe… guarda che non ne devi avere,
senti ci andremo avanti insieme, lo faremo insieme, per certi versi cresceremo
insieme, perché fidati è difficile
crescere lontano dai tuoi, a 16 anni, con una figlia piccola e cercare il
successo! Ma io non rimpiango nulla di ciò che ho fatto… quindi, piuttosto
voltiamo pagina insieme, ma lasciati tutto alle spalle e smettila di pensare che
non ce la fai!”
Cathe prese una lunga pausa : “sai che ti dico che hai ragione! Ma
maledettamente ragione!… chissene! Chissene! Me ne frego… finchè ci sarete tu e
Sylvia per me va tutto bene!solo, mi sa che dovrai avere una pazienza infinita
con me!”
Bill rise di cuore: “ne ho avuta negli ultimi sei mesi, ne avrò di qui
all’eternità!”
“ehi… guarda che il mondo finisce tra tre anni, ricordati
dell’esperimento di Ginevra!” gli rammentò Cathe, più che altro voleva
stuzzicare Bill sul fratello:
“senti.. dopo che quella piattola di Tom per due giorni se ne è andato in
giro ululando che finiva il mondo, moriremo tutti, e io non mi sono ancora fatto
Jessica Alba… per favore! Poi dicono che sono io il fratello psicopatico, solo
perché non l’hanno mai visto in privato, se no neanche metà delle sue fan
stravedrebbero ancora per lui!”
Catharina sghignazzò allegramente: “dai, tanto credo che il mondo gli sia
crollato ieri!”
“sì, quello sì… ha detto che non se lo sarebbe mai aspettato, che è un
tradimento bello e buono, ma che con me non poteva farci niente, sapeva che alla
fin fine il mio romanticismo ti avrebbe conquistato!” le disse Bill enfatizzando
la parola romanticismo
“oh il modesto! Mi scusi… guarda che sto con te per i soldi!”
“ma piantala che sei più ricca di me!” Bill tornò a torturare
letteralmente la radio, venne prontamente bloccato da Cathe: “la lasciamo in
pace? Non ti ha fatto niente!”
Il ragazzo scosse la testa: “come dico sempre… donne e motori… donne e
motori!”
°*°*°*°
“alla buon ora!!! Dove ti eri persa?” Cathe non aveva fatto in tempo a mettere
piede nella stanza di Jutta che subito si era sentita rimproverare dalla
neo-mamma
“scusa… piccoli inconvenienti coniugali!” le rispose Catharina con aria
raggiante: “dov’è la piccolina?”
Jutta le indicò la culla: “occhio… è mordace!” rispose in tono secco
“ti si è già attaccata?!” le chiese in tono squillante Medina, appena
entrata nella stanza. Medina era la migliore amica di Catharina, quasi una
sorella per lei, erano praticamente cresciute insieme: le era stata vicino
durante i giorni bui e appena aveva saputo di lei e Bill, da quella cara
impicciona di Jutta, aveva più o meno passato mezza giornata al telefono con
Cathe.
“sì… e si è portata via mezzo capezzolo! Ho detto a quella specie di
scimmione della caposala che non ho la minima intenzione di farmi sfasciare il
seno! Voi due… mi avete portato ciò che vi ho chiesto?”
Cathe e Medina smisero per un attimo di fare moine alla figlia di Jutta e
si voltarono verso la donna, lo sguardo leggermente esasperato: “panino con il
prosciutto crudo e panino con la coppa!puoi ringraziare che siamo sotto Natale e
le gastronomie italiane siano aperte anche la domenica mattina! E ricordati che
hai partorito, puoi anche smetterla con le voglie!” Cathe le sporse due
pacchettini, seguita a ruota da Medina: “Vogue, Elle, Vanity Fair… ne hai da
leggere!”
“grazie…” rispose Jutta mentre sfogliava Vanity, dilaniando a morsi il
primo panino che le era capitato: “a proposito… “ la donna si voltò verso Cathe,
indicando con il dito la copertina di Vanity: “dove l’hai lasciato?” a volte
Jutta aveva la stessa capacità espressiva di un pescecane affamato;
“fuori che parla con Noah!” rispose Medina
“meno male che qualcuno sa dov’è… non lo so io… come fai a saperlo tu
Medi?” la rimbeccò Catharina
“sono appena arrivata… era fuori in corridoio con aria da cucciolo
smarrito!” la ragazza tentò di imitare lo sguardo da cerbiatto, Jutta rise
appena vide l’espressione contrariata di Catharina:
“non è un povero cucciolo smarrito! Ha già incastrato me con quello
sguardo… fai attenzione! Poi dopo quello che ha combinato!”
Jutta sogghignò, aggiungendo con tono ironico: “che romantico il primo
litigio!”
“romanticissimo! Credo che quelli della stazione di servizio ridano
ancora adesso!”
le altre due donne si guardarono stupite alle parole di Catharina
“cos’ha combinato?” chiese Medina in tono cauto
Catharina le lanciò un’occhiata accigliata: “oltre al fatto che ha
guidato la MIA macchina da Loitsche a qui in un modo a dir poco suicida? oltre
al fatto che ha la mania di guidare seduto sul cesso e ha spostato metà delle
regolazioni del MIO sedile? Oltre al fatto che per lui lo specchietto
retrovisore serve per rifarsi il trucco e quindi esce in terza corsia senza
guardare, con la MIA macchina? No… voleva mettere il diesel… diesel? Ve ne
rendete conto? Su un AMG?”
“beh esistono modelli diesel..” abbozzò Medina con le lacrime agli occhi
per le risate
“senti…
per favore, la MIA macchina fa parte dei modelli omologati dal TUV per
andare ai 300 all’ora sulle autostrade… ora mi spieghi come farebbe ad andarci
se fosse un diesel , ma non è questo il punto… ho il tappo del bocchettone verde… benzina!
Non gli balena nel cervellino che non puoi metterci il diesel… nero?
Perché?”
Jutta e Medina erano definitivamente piegate in due dalle risate, la
faccia di Catharina era tutta un programma: “gli ho solo più urlato –Bill!!!!-
credo abbia capito sapete!”
“l’ha traumatizzato!” disse Medina con un’occhiata complice a Jutta, che
non poté fare a meno di annuire sogghignando; Catharina esasperata dalle due si
voltò verso la finestra della stanza: “ridete… ridete… spiritose!”
“dai… tanto hai fatto pace dopo cinque minuti!” le disse Jutta; Cathe si
voltò, abbozzando un mezzo sorriso:
“veramente l’ho perdonato subito… non riesci mica a dirgli niente, ti
mette su quello sguardo da povero cagnino bastonato, e tu… vai lì e gli chiedi
scusa!”
Le altre due risero: “sei proprio cambiata sai!” le disse Medina “una
volta l’avresti presa come un offesa personale, adesso lo perdoni? Così? Subito?
Dove andremo a finire…”
“ahah… simpatica! No comunque hai ragione, una volta l’avrei presa male
una cosa simile, avrei pensato che l’avesse fatto apposta, non sto dicendo
proprio Bill, è un discorso in generale… adesso, boh sarà che ne sono cambiate
di cose, per cui evito di incazzarmi per niente, a volte non ne ho neanche il
tempo! Poi figurati, la pazienza mi è venuta a furia di stare con Sylvia!”
“come l’ha presa la piccola… di te e Bill?” le chiese Jutta
“mah direi bene, apparentemente per lei è la cosa più bella del mondo,
anche se non so quale sia il suo concetto di coppia! per il momento le ho
spiegato che io e Bill ci vogliamo bene e che gli adulti quando si vogliono bene
cercano di costruire qualcosa insieme, le ho detto che magari ci baceremo o
staremo tanto tempo insieme ma che lei non deve essere gelosa, sia per me che
per Bill lei viene prima di tutto, le ho detto che saremo un po’ come Simone e
Gordon. Però,
ha 3 anni… certe sfumature non so se le coglie!”
Medina ridacchiò: “eh meno male, già per poco non coglieva altro…”
“no comment! Ti giuro quando l’ho vista entrare ho solo pensato –merda!-
però non se ne deve essere accorta! Mi è venuto male!”
“in effetti! Complimenti, dare questi spettacoli di fronte a un’innocente
bambina di 3 anni!” disse Jutta mentre brandiva il secondo panino come una
spada.
“ti ricordo che l’innocente bambina è nipote di Tom! Temo per un futuro
prossimo venturo!”
“stai tranquilla!” le dissero in coro le alte due: “comunque… adesso che
fate tu e Bill? Giocate a fare i fidanzatini o all’entusiasta patologico gli
sono venute altre idee?” le chiese Jutta
“entusiasta patologico è carina! Mi sa che te la riciclo! Questa è anche
meglio di furetto isterico!” ridacchiò Cathe
“chi lo chiama furetto isterico?” chiese sconvolta Medina
“un certo Noah?!” le disse Cathe in un soffio: “mah… apparentemente no,
per il momento gioca a fare il fidanzatino, anche perché è stato lui il primo a
dire andiamoci con i piedi di piombo per Sylvia; però temo che appena gli salta
lo schizzo della convivenza potrò dire addio alla mia vita da single e ad
armadio e bagno solo per me! dipende quanto e quando Tom lo farà esasperare!”
“e Tom come l’ha presa?” le chiese sorniona Medina
“esattamente come l’ho presa io quando mi hai detto che stavi con tuo
marito: muso più lungo della quaresima, aria scazzata, sguardo perso e cartello
oggi mordo! Gli
passerà…lo conosco! Si sfogherà con un po’ di sesso sfrenato in compagnia di
qualche biondona più procace e disponibile del solito, si guarderà allo
specchio, si sentirà un SexGott Super Sayan e concluderà dicendo che è
indubbiamente più figo di suo fratello, povero sfigato che se ne fa una sola
quando potrebbe avere ai suoi piedi l’universo! Tom 1 Bill 0!”
“no…” aggiunse Jutta: “ti sei dimenticata la successiva autoconsacrazione
a SexGott Super Sayan con delirio di onnipotenza di fronte al povero
Georg, appena
una sera il nostro bassista ammetterà di essere andato in bianco!”
“giusto! Chiedo venia!” le tre si misero a ridere.
°*°*°*°
“Bill… togliti quel sorriso ebete dalla faccia!” Noah era sempre più
scazzato all’idea di dover aspettare che Medina, la sua “orrida” matrigna,
finisse le sue ciance con Catharina e Jutta; tanto sapeva benissimo quali erano
gli argomenti di conversazione: Cathe e Bill, Bill e Cathe, Catharina e Bill,
Bill e Catharina.
E la faccenda non gli andava decisamente giù: in quel momento avrebbe
preferito essere ovunque, in qualsiasi altro posto, tranne seduto accanto a
Bill, per moltissimi motivi, tra cui:
1)
Lui lavorava per la Sony e se qualcuno avesse saputo che
intratteneva rapporti di amicizia, nonché occasionalmente professionali con un
certo Bill Kaulitz poteva dire addio al suo lauto stipendio;
2)
Odiava il modo di fare di Bill, i suoi cambi di umore
repentini, i suoi sorrisini e le sue mossette, l’aria da furetto
isterico;
3)
Soprattutto, ed era questo il motivo principale per cui non
aveva nessuna voglia quel giorno di stare vicino a Bill, era da più o meno una
ventina d’anni innamorato di Catharina e l’idea che un imberbe diciannovenne
gliel’avesse portata via non gli piaceva
“che ti ho fatto Noah?!” gli chiese Bill con sguardo preoccupato; Noah lo
squadrò da capo a piedi, scuotendo la testa:
“Catharina!”
gli rispose Noah sbuffando; Bill assunse a quel punto un espressione
seria e corrucciata:
“Cathe ha fatto la sua scelta… mi sembra abbastanza grande per decidere!”
gli rispose acido
“è per il fatto che non ha scelto me che mi scazza! Ma non è questo i
punto! Piuttosto Kaulitz…” si girò verso Bill “se le succede qualcosa, se la fai
soffrire, se scopro che ha pianto anche solo una lacrima a causa tua… tu finisci
male! È una promessa! Per me l’argomento è chiuso!”
Bill deglutì leggermente, dai discorsi che Cathe gli aveva fatto su Noah,
Bill aveva capito che quel ragazzo avrebbe potuto veramente mettere in atto la
sua minaccia; gli dispiaceva solo che poteva non essere più amici a causa di
Catharina: si divertiva in compagnia del ragazzo, era ancora più pazzo di
Tom.
“ok…capito l’antifona!” disse Bill agitando leggermente le mani; Noah
gliele bloccò “agiti più tu le mani di Catharina, proprio vero che Dio li fa e
poi li accoppia! Comunque… sappi che sono molto invidioso di te!”
Bill scoppiò a ridere: “lo so… scusami!” assunse uno dei suoi brevettati
sguardi cucciolosi
“piantala! Cathe che ti ho fatto, potevi avere tutto se stavi con me!”
disse Noah con tono fintamente esasperato
“ma tutto cosa, se mai una volta che sei uscito con noi hai pagato mezza
birra! Marcione!” gli rispose Bill
“senti… eh… vuoi morire oggi… ti ho già detto che sono geloso marcio, non
cercare di suicidarti!” Disse Noah trangugiando l’ennesimo sorso di cappuccino;
appoggiò la testa contro il muro:
“però ti devo ringraziare, davvero: quando siete arrivati, non ho potuto
fare a meno di notare lo sguardo di Cathe, mentre ti guardava, era felice,
raggiante, sono anni che non le vedevo quella luce negli occhi!”
“non è merito mio Noah, credo che sia riuscita a trovare un equilibrio da
sola! Il fatto che finalmente sia riuscita a tagliare i ponti con i suoi, senza
parlarne con nessuno, è tanto! Te lo saresti mai aspettato?”
“sinceramente no! Anche se ho ancora paura che certi fantasmi possano
ritornare… Bill per favore, occhi aperti! Io… guarda ogni tanto penso a come non
me ne sono mai accorto che si era ammalata, la vedevo tutti i giorni e non ho
mai capito nulla! Quando l’ho vista in ospedale mi sono reso conto che non ho
mai capito nulla di lei, del suo carattere, della sua fragilità: fuori ha questa
corazza impenetrabile, riesce a farsi scivolare via da addosso la maggior parte
delle difficoltà… ma dentro è molto, molto fragile! Ti dico di tenere gli occhi
aperti perché la conosco…” Noah sospirò, dando l’occasione a Bill di
parlare:
“e credi che il fatto di aver tagliato i ponti con i suoi alla lunga
possa essere ancora più deleterio che mantenerli!”
Il ragazzo annuì, mentre Bill proseguiva: “ci ho pensato anche io sai, lo
ammetto, non è per mancanza di fiducia in Cathe , ma in lei c’è sempre quel
pessimismo di fondo, quella strana incapacità a lasciarsi andare completamente:
a volte mi sembra che non riesca a vivere appieno il momento, a prendere le cose
per come vengono. Ci deve sempre rimuginare, tenersele dentro, pensare e
ripensare allo stesso fatto. Anche adesso, cerca di non darlo a vedere, fa
l’entusiasta ma in realtà in parte soffre per aver fatto la scenata ai suoi,
sembra quasi che le dispiaccia!”
“di sicuro le dispiace!” aggiunse Noah “ha un carattere che tutto sommato
non l’aiuta. È troppo buona su certe cose, le dà troppo tutte vinte!”
“sì… la vedo anche nel lavoro, a volte si accolla dei problemi di cui non
dovrebbe minimamente occuparsi, non ho ancora capito perché! Se per smania di
dimostrare quanto vale o che…”
“non lo so Bill, quello non l’ho mai capito! Io l’ho sempre definita la
sua tendenza a voler fare la prima donna in tutto, che poi non ha il carattere
per farla! Su certe cose è debole!”
“mah guarda la prima donna ho anch’io la tendenza a farla… e non è che
come carattere il mio sia tanto meglio!”
Noah lo squadrò con un occhiata scettica: “infatti mi sembra che tu non
ce l’abbia fatta… o no?” Bill scosse la testa: Noah aveva ragione, se il suo
fosse stato veramente un carattere debole certo non sarebbe arrivato
al successo
“Bill devi capire che Cathe non ha il tuo carattere, ha bisogno di
certezze, di essere rassicurata sulle ovvietà! Ha bisogno di sostegno e puntelli
alla sua vita, per trovare il modo di reagire! Altrimenti finisce come due anni
fa!”
Sospirarono entrambi, Noah aggiunse: “tu non l’hai vissuta, io sì… vedere
la ragazza di cui sei innamorato che lentamente si riduce in quello stato, e tu
non te ne accorgi, ti senti male! Perché Cathe ha fatto in modo che nessuno se
ne accorgesse!”
“sì… io ho solo visto le foto!” aggiunse Bill; Noah scosse la testa
“le foto sono niente! È peggio la sensazione di vedere, di parlare, di
stare con il fantasma della persona che prima era Cathe, che è tremenda: ero in
Giappone quando è stata male, so che mi sono fatto il volo Osaka – Francoforte
pensando che
era colpa mia, che non me ne ero accorto. Ma non me ne ero accorto io come non
se ne era accorta la Medi, come qualsiasi altra persona che le stava accanto! Ma
cazzo pesava 34 kg! Era riuscita a nasconderlo a tutti, lei diceva che si
sentiva un bulldozer , e lo era! Stranamente era piena di energie e di voglia di
fare, era allegra e non si isolava! Tu dici –come fa a stare male? Non può stare
male? Non ha l’aria da persona malata!-”
fece una pausa, aver messo Bill di fronte alla realtà era stato difficile
per Noah, sapeva che Cathe non gli aveva detto tutto della malattia, di quanto
fosse stata male:
“i veri
problemi sono iniziati però dopo il ricovero: i suoi non sono mai andati a
trovarla, lei non accettava le cure, niente psicologa… perché diceva di sapere
benissimo che il problema erano le battute di quel pirla, e a tutti noi faceva
paura il fatto che si stesse facendo del male pur essendone consapevole! Era una
specie di tunnel senza uscita…”
“e alla fine come ne è uscita?!” chiese Bill in un soffio: era spaventato
all’idea che Cathe non gli avesse detto tutto dell’anoressia, era un argomento
di cui non parlava volentieri e Bill non la stuzzicava di certo.
“uscita?quello è tutto da dimostrare… è per questo che ti ho detto di
stare in campana! Più che altro le siamo stati tutti vicini, si è trasferita
dalla Medi, la tenevamo d’occhio 24 ore al giorno e assolutamente non si parlava
di certi argomenti; inoltre ne è uscita grazie a Esther, sua nonna! Non l’hai
ancora conosciuta?”
Bill scosse la testa: “mai avuto l’onore!”
“più che onore è onere! Credo che tutto sommato sia il mito di
Catharina, è una pazza scatenata che ha trascinato Cathe via dall’ospedale e
portata a casa, l’ha costretta a mangiare, a riorganizzarsi la vita, le ha messo
paletti e priorità e le ha detto che morto un papa se ne fa un altro e se quello
è una testa di cazzo tu non ti devi rovinare! …Quante sberle non le ha dato!
Quella donna è un panzer, la adoro! La adorerai anche tu! È molto rude, ma
simpaticissima.”
“eh beh, se ha fatto guarire la mia Cathe devo solo ringraziarla! Me la
immagino come una specie di donnone burbero!”
“Chiii? Esther? Non sbagliarti, se la vedi dici –che tenera nonnina- nel
frattempo che tu l’hai pensato lei ti ha fatto tare, pelo contropelo, valutato e
deciso come e quando morirai per mano sua! Quindi Kaulitz… auguri! E benvenuto
in famiglia! E comunque… occhi aperti con Cathe!”
°*°*°*°
“di cosa avete spettegolato tu e Noah?” disse Cathe abbracciando Bill,
erano in giro insieme per il centro di Berlino, alla ricerca dei regali di
Natale; naturalmente Bill camuffato grazie a uno strategico berrettone di lana e
agli occhiali da sole, coprenti ma non vistosi.
“di te! Abbiamo detto che sei bellissima!” le rispose il ragazzo
baciandola,
“ehi… c’è gente.. e se ti riconoscono!?” gli rimproverò Cathe
“finiremo su Bravo! Che ti devo dire! E tu e le tue amiche di cosa avete
sparlato?!” la incalzò Bill
“soliti discorsi da donne! Famiglia, lavoro, notti di sesso sfrenato!”
ammiccò Catharina
“interessante, farò in modo che tu non rimanga a corto di argomenti di
conversazione per le prossime volte!”
Si misero entrambi a ridere, il ragazzo la incalzò: “sotto il capitolo
famiglia cosa hai messo?”
“le ultime prodezze di Sylvia! Io e Medina cercavamo di convincere Jutta
che avere un figlio non è poi così male, al contrario di quello che lei
sostiene!” Cathe ridacchiò mentre guardava l’ennesima vetrina tirata a lucido
per Natale
“no decisamente, poi con Sylvia non ti stanchi mai! ti piace?” Bill le
indicava la vetrina
“cosa?” Cathe lo guardò rabbuiata, erano davanti al negozio di Dior, non
capiva cosa
piacesse a Bill e soprattutto in quanti secondi il ragazzo si sarebbe
catapultato nel negozio per comprarlo.
“la Saddle! Non ce l’hai… almeno ti regalo qualcosa!” le disse Bill in
tutta naturalezza
“Bill…” Cathe gli scoccò un occhiata esasperata “non vorrei ricordarti
tutto ciò che ultimamente mi hai regalato, compresa questa Fendi!” la ragazza
gli sventolò sotto il naso la baguette bianca “ora, non mi serve la Saddle! Ne
ho un mucchio di borse, di cui non ne porto abitualmente neanche la metà!”
“beh magari questa la porti!” obiettò il ragazzo “per comprarti
l’ennesima tracolla… almeno questa è un po’ più carina!”
“le tracolle sono pratiche quando vado in giro con Sylvia, sai com’è,
bimbetta di 10 chili, cappotto mio, cappotto della bambina, pelouche … almeno
non avere la borsa in mano!” Cathe non capiva proprio Bill quando faceva così,
le sembrava che prendesse tutto come un gioco, che non si accorgesse neanche lui
che gestire un bambino era tutt’altro che semplice; si accorse dello sguardo del
ragazzo appena in tempo per trattenersi dal proseguire la frase:
“Cathe so cosa stai pensando: se la portassi anche un po’ tu in giro capiresti! Sai quanto mi
piacerebbe poterlo fare: ma poi? Minimo due ore dopo sarei sulla copertina di
Bravo, assediato dai paparazzi più di quanto non lo sia già così, e le fan
probabilmente diventerebbero ancora più scatenate. Lo sai anche tu che mi costa
veramente tanto non poter portare in giro mia figlia tranquillamente, è il
solito discorso di quanto mi sento un padre degenere, l’avremo già fatto un
milione di volte, ma è inutile… mi torturo a pensare che da una parte faccio
tutto questo anche per il bene di Sylvia mentre dall’altra ho sempre il
rammarico di farle mancare molte cose tra cui la mia presenza. Meno male che
almeno adesso ci sei tu Cathe!” Bill la abbracciò stretta, affondando la testa
tra i suoi capelli.
Cathe si rese conto per la prima volta in quel momento di quanto amava
Bill, di quanto quel ragazzo fosse bravo a separare la vita privata da quella
pubblica, ma soprattutto di quanto sarebbe stato difficile, per entrambi,
gestire la loro relazione: era un rapporto a tre, come quello di tante famiglie
che hanno già dei figli da altre unioni, complicato dal fatto di vivere in tre
posti diversi, quando andava bene che non erano in viaggio o in tour! Sì sarebbe
stata complicata.
E quindi lei avrebbe avuto un disperato bisogno di quella Saddle bag che
si stagliava opulenta nella vetrina.
°*°*°*°
Catharina entrò di corsa al 1900, il locale specializzato in brunch frequentato
ogni lunedì dalla ragazza e dalle sue amiche: era in terribile, tremendo
ritardo, almeno secondo i suoi standard abituali; era invece in mostruoso
anticipo rispetto a quelli di Jutta e Medina. Nonché in perfetto orario per
quelli di Sabine e Daniela
Se li sentiva già i commenti delle sue amiche, le stavano già rimbombando
nel cervello mentre proseguiva verso la saletta blu, una deliziosa parte del
locale in stile liberty completamente bianca e blu:
-oggi le sento!- pensò la ragazza mente si affannava per cercare di
tenere in mano tutte le cose che si stava trascinando dietro dal parcheggio,
evitando nel frattempo di capitombolare giù dai suoi stivali tacco 10.
Si bloccò di scatto per evitare una cameriera e il relativo vassoio
stracolmo che le avevano tagliato la strada: senti cozzare qualcosa contro la
sua gamba e quindi un piccolo lamento:
“uhia Cathe!” Catharina si piegò sulle ginocchia, fissando Sylvia con
occhi indagatori
“ti ho fatto male?” la bimba scosse la testa per dire no, aveva
un’aria stanca: era stata trascinata in giro per Berlino tutta la mattina, dopo
una sveglia relativamente presto per la sua età. Bill era dovuto andare
all’improvviso ad Amburgo, non era previsto che i Tokio tornassero in studio
almeno fin dopo le festività natalizie e non certamente ad una settimana da
Natale; David e Benjamin erano però stati irremovibili e i quattro ragazzi erano
dovuto rientrare nella città anseatica prima del previsto.
Lasciando Sylvia e Cathe da sole almeno un paio di giorni.
“allora Sylvia, adesso stiamo un po’ qui, facciamo la pappa che c’è un
enorme buffet dove puoi mangiare tutto quello che vuoi, però devi fare la brava,
anche con Medina, Jutta, Sabine e Daniela. Ti metteresti da brava a disegnare? O
a leggere o fare quello che vuoi, ma devi stare tranquilla! Me lo prometti
vero?”
“Certo Cathe! Sarò bravissima!” disse la piccola con un enorme sorriso
sornione che certamente non rincuorò Cathe. La ragazza si rimise in piedi:
“speriamo!”
Entrò nella saletta dove la attendevano le sue amiche: appena videro
Catharina e Sylvia assunsero un espressione tutt’altro che felice:
“si era detto niente bambini!” ringhiarono in coro Sabine e Daniela
“eh lo so ma è un’emergenza!” rispose Catharina stringendo un po’ più la
mano di Sylvia “Bill è dovuto andare un attimo su ad Amburgo, solo che erano da
me e che ci posso fare? A casa da sola non la lascio!”
“babysitter? Ci sono tante ragazze che fanno le babysitter , assumerne
una? Tu non vuoi fa girare l’economia!”
“Daniela ragiona! E cosa le dice alla babysitter?” Sabine cercava di far
ragionare la sua compagna “ che la piccola è figlia di … eh ci siamo
capiti!”
“Sabine! Che ti succede? Non urli nel bel mezzo di un affollatissimo
locale? Sta male per caso?” chiese ironicamente Cathe rivolgendosi a Daniela
“sindrome premestruale!” l’italiana si beccò un amorevole scappellotto
dalla sua compagna
“comunque ragazze giuro che starà bravissima! Vero che stai brava?”
chiese Cathe con un sorriso a Sylvia che nel frattempo si era messa a leggere il
suo libretto illustrato.
“sì Cathe! Sto bravissima!” la piccola enfatizzò contenta il
bravissima
“le altre due?” chiese Catharina, leggermente preoccupata, in effetti
stava aumentando troppo il ritardo anche per i normali standard di Jutta e
Medina
“eccomi!” Medina entrò urlando nella sala facendo voltare metà dei
presenti e sentendosi dire un candido ma esasperato -mamma!- da sua figlia
Sophia; Cathe Sabine e Daniela si scambiarono un’occhiata complice ed
esclamarono all’unisono, mettendosi a ridere:
“si era detto niente bambini!”
“lo so… ma è un’emergenza!” rispose placidamente Medina, mentre la
piccola Sophia si sistemava sulla sedia accanto a quella di Sylvia.
“quale grave catastrofe naturale si è abbattuta per non poter trovare la
tua efficientissima babysitter?” le chiese Daniela
“è la babysitter stessa! Ha una qualche strana malattia, tipo
esantematica, non ho ben capito ha detto che era coperta di puntini rossi!”
“oddio!” Cathe tirò fuori dalla borsa la sua agenda zeppa di foglietti e
post-it, le sue amiche la guardavano preoccupata
“no… bene, allora Sylvia ha fatto la quinta e la sesta malattia, per il
morbillo è vaccinata… altre malattie a puntini rossi?”
“la peste bubbonica?!” le chiese spavalda Sabine sperando di far
rinsavire Cathe: era innegabile che la ragazza fosse terrorizzata all’idea che a
Sylvia potesse capitare qualcosa quando le era affidata, a volte diventava quasi
asfissiante, a detta dello stesso Bill.
“spiritosa, se la riporto a Simone coperta di puntini, quella mi strozza
e mi serve a Natale come secondo! Per non parlare di cosa mi farebbe Bill!”
“Cathe… è normale che ai bambini vengano le malattie esantematiche! Tu le
hai fatte tutte, varicella compresa, quindi non angosciarti! Te lo dico io, sarò
pure un chirurgo plastico, ma comunque laureata in medicina!” le rispose
placidamente Daniela
“scusatemi, hai ragione è che sono leggermente stressata!” Cathe girò lo
sguardo verso Sylvia, placidamente impegnata a leggere il suo libro: “non so
come comportarmi! Con Sylvia intendo…”
“è difficile i primi tempi!” le disse Jutta comparsa in quel momento
nella sala, la figlia neonata nel marsupio: “lo dici a me! Piange tutte le notti
e di giorno dorme!” la donna si lasciò letteralmente sprofondare sulla sedia,
mentre Sabine prendeva in braccio la piccola Christianne, placidamente
addormentata.
“Jutta ma almeno lei è tua figlia, io e Sylvia non siamo madre e figlia!
In più sono piena di sensi di colpa!” ammise Catharina
“per che cosa?!” le chiesero in coro le sue amiche
“soliti discorsi, e in più Bill non mi dà certo una mano! Giusto ieri
sera, cavolo mi sono incazzata di brutto, davvero… si sistemava le unghie che
stasera hanno un’intervista, e fin lì mi sta bene, ma gli ho chiesto se prima di
fare manicure mi poteva dare una mano in cucina, niente… poi lascia le cose in
giro, il bagno dopo che è passato lui un macello! Io non ci sto dietro a
tutto!”
Daniela iniziò a sghignazzare: “mi viene in mente quella classica
catena-mail, dai Cathe te l’avrò anche girata, il corso base per veri
uomini!”
“già!” le disse Catharina: “aspetta com’era? Ah ecco: 1- imparare a vivere
senza la mamma; 2-la mia donna non è la mia mamma; poi aspetta, c’era quella del
raffreddore e dell’agonia…”
Sabine tirò fuori il palmare dalla borsetta, evidentemente l’aveva in
memoria; iniziò ad elencare:
“ smettere di
dire boiate (con il proprio fratello lo aggiungo io) in presenza delle
amiche della mia donna
Vincere la sindrome del telecomando
come arrivare fino al cesto dei panni sporchi senza perdersi
come sopravvivere ad un raffreddore senza agonizzare
stirare in due tappe (una camicia in meno di due ore)
digerire senza ruttare
CORSO DI CUCINA Livello 1
(principianti : gli elettrodomestici: ON = ACCESO - OFF
= SPENTO Livello 2 (avanzato) La mia prima zuppa precotta senza bruciare la pentola. Esercizi pratici: far bollire l’acqua prima di aggiungere
gli spaghetti. Sono inoltre previsti dei temi speciali
di approfondimento; a causa della complessità e
difficoltà di comprensione dei temi i corsi avranno un massimo di 8 iscritti: TEMA 1 : il
ferro da stiro; dalla lavatrice all’armadio: questo processo misterioso. TEMA 2: tu e l’elettricità: vantaggi economici del
contattare un tecnico competente per le riparazione
(anche le più basilari) TEMA 3 : ultima scoperta
scientifica : cucinare e buttare la spazzatura non provocano ne’ impotenza ne’ tetraplegia (pratica in
laboratorio)… questa per Tom! TEMA 4: perché non
è reato regalarle fiori anche se sei già sposato con lei TEMA 5 : il rullo di carta igienica: “nasce la carta
igienica nel portarullo?” (esposizioni sul tema della
generazione spontanea) TEMA 6: come abbassare la
tavoletta del bagno passo a passo (teleconferenza con
l’Università di Harvard) TEMA 7: gli uomini che guidano
possono chiedere informazioni ai passanti quando si
perdono senza il rischio di sembrare impotenti (testimonianze) TEMA 8: la
lavatrice: questa grande sconosciuta della casa TEMA 9:
differenze fondamentali tra il cesto della roba sporca e il suolo (esercizi in laboratori di musicoterapica) TEMA 10: l’uomo nel posto del passeggero: è geneticamente
possibile non parlare o agitarsi convulsamente mentre
lei parcheggia? TEMA 11: la tazza della colazione:
levita da sé fino al lavandino? (esercizi diretti da
Silvan) TEMA 12: comunicazione extrasensoriale:
esercizi mentali in modo che quando gli si dice che
qualcosa è nel cassetto dell’armadio non domandi “in
quale cassetto e di quale armadio?”.
Cathe ti ritrovi in questa mail?” chiese Sabine a una Catharina con le
lacrime agli occhi: in quel discorso rivedeva Bill, ma anche Tom, Georg, Gustav,
Noah, David… insomma, il genere maschile!
“calma!” le disse risolutamente Medina, mentre cercava di ricomporsi dopo
tanto ridere: “comunque, faglielo leggere e poi metti i paletti! Gli dici cosa
vuoi, gli dici che hai bisogno che ti dia una mano, piuttosto lo costringi a
mettere i Marigold ma ti fai aiutare in cucina, gli dici che i vestiti vanno
piegati e riposti nell’armadio e non in giro! Se non lo fai adesso poi è tardi e
lui prende brutte abitudini!”
“secondo te non sono 19 anni che glielo dice sua madre… se non ci riesce
lei!”
“le mamme dei maschietti sono sempre tanto tenere e poco di polso con i
loro bimbi, li considerano bambini a vita, è una causa persa!vedi il punto 1!”
le disse Jutta con cognizione di causa; venne interrotta da Sylvia e Sophia che
guardavano con insistenza la piccola Christianne, mentre le donne ridevano
allegramente alle spalle del genere maschile
“Jutta possiamo vedere la bambina?” le chiese Sophia, mentre Sylvia
faceva la ritrosa cercando di nascondersi dietro all’amichetta
“certo piccole!” Jutta sganciò il marsupio per mostrare la neonata alle
due: le bambine continuavano ad osservarla in un silenzio indeciso ma pieno di
curiosità
“perché non si muove?” chiese spavalda Sophia
“perché sta dormendo!” le disse con dolcezza Medina “i bambini piccoli
dormono molto, e non li puoi disturbare!” Sophia guardava affascinata la bambina, per
lei era una specie di bambola che si muoveva ed emetteva strani suoni gutturali,
molto meglio dei suoi bambolotti; Sylvia invece era più timorosa, quasi esitante
di fronte alla piccola: riuscì solo ad allungare una manina per darle una
carezza; si ritrasse subito appena Christianne emise qualche versetto e aprì gli
occhi; Sylvia andò in braccio a Catharina e le disse sottovoce:
“non è carina! Ma ero brutta così anche io?”
“no piccola, tu eri bellissima!”le rispose la ragazza.
Jutta si girò divertita e chiese a Sylvia, ben sapendo di stuzzicare
Cathe: “ti piacerebbe avere una sorellina per giocare?”
Cathe divenne letteralmente bordeaux dalla vergogna per le parole appena
pronunciate da Jutta, era una provocazione bella e buona, e le sue amiche certo
non le davano man forte, visto che si erano messe a ridacchiare; ci pensò Sylvia
però, a dare un ottima risposta: “no! Sto benissimo da sola con Cathe!”
Cathe e Sylvia tornarono a casa poco prima dell’ora di cena, stanche ma
divertite per la giornata passata insieme, tra divertimenti e negozi, alla
ricerca dei regali per Natale: naturalmente avevano comprato un mucchio di cose,
ma non avevano trovato il regalo per Bill. Cosa regali in effetti a uno che ha
praticamente tutto ciò che gli piace, visto che si può permettere di
comprarselo? Medina aveva consigliato a Cathe di prendergli giusto un pensierino
costoso, per coccolare il bisogno di griffe di quel ragazzo e poi di fargli un
regalo personalissimo e di poco valore materiale, ma che potesse significare
davvero tanto.
Sul subito a Cathe quel suggerimento era sembrato scontato e degno di un
bigliettino dei Baci Perugina, di cui lei era ghiottissima, ma più ci ragionava
e più le sembrava la soluzione migliore.
°*°*°*°
“ehi… ecco dov’eri finito!” Cathe era uscita nel cortile posteriore della
casa dei Kaulitz a Loitsche, sperava di trovare lì Bill, l’aveva cercato
ovunque;
“ero qui…” gli rispose il ragazzo, imbacuccato in un piumino nero e con
il berrettino calcato sulle orecchie, stava fumando una sigaretta seduto sul
tappetone elastico di Sylvia, le gambe penzoloni.
Cathe
gli si avvicinò con fare circospetto, tenendo le mani dietro la schiena;
-tanto lo so che stai arrivando con il regalo per me!- pensò Bill: da
quando era tornato da Amburgo Cathe continuava a fare la misteriosa sui regali,
adducendo scuse strane del tipo non festeggio Natale, oppure la considero solo una
festa commerciale. In effetti si era rivelato vero, a cena, quella sera,
quando molto educatamente Catharina al posto di augurare Buon Natale ai presenti
aveva candidamente augurato Mazel Tov :
“non lo sapevo sai…” le disse Bill mentre la ragazza si issava sul
tappeto elastico per sedersi accanto a lui, naturalmente dopo avergli sporto il
sacchetto con i regali
“dei regali?” gli rispose sorniona la ragazza
“del fatto che fossi Ebrea!”
“non sono molto praticante, più che altro sono di origini ebraiche, però
tutto sommato è una tradizione che mi ha trasmesso mia nonna! I miei figurati,
credono nel dio denaro!” disse Catharina con una punta di amarezza
“eh va beh…” le rispose Bill, mentre le allungava un pacchettino che
aveva tirato fuori dalla tasca del piumino:
“Buon Natale Cathe! Mazel Tov!” la ragazza gli rispose con un mega
sorriso, mentre iniziava a scarteggiare il pacchetto, seguita da Bill che
assaltava letteralmente il suo.
“no… dai, il tuo aprilo dopo!”
Cathe continuò la sua opera di demolizione dei fiocchetti arancioni che
Bill aveva fatto mettere: il ragazzo sapeva che la parte preferita dei regali
era, per Cathe, l’aprirli, il sentire la carta lucida da pacchi che lentamente
si strappa sotto l’impazienza curiosa delle dita;quindi il decorare con
fiocchetti e carta qualsiasi persona che capitava a tiro!
Impallidì a leggere sulla confezione scura le lettere stampate:
DeGrisogono Génève
“Bill sei impazzito o cosa? Qualsiasi cosa ci sia qui dentro è
schifosamente costosa!” il tono di Catharina era poco convinto, era
indubbiamente emozionata all’idea di aprire quella scatola, qualsiasi cosa ci
fosse dentro sarebbe stata indubbiamente costosa, sicuramente mozzafiato ma
soprattutto di gioielleria. E temeva quale tipo di gioielleria poteva
essere.
Aprì piano la scatolina, scoppiando a ridere appena ne vide il contenuto:
due bellissimo orecchini, molto grossi, pesanti, di diamanti visto quanto
risplendevano ma soprattutto… a forma di teschio!
Si girò di scatto verso il ragazzo: “tu sei pazzo!”
“dimmi che non ti piacciono?!” le rispose candidamente Bill: era quelli i
momenti in cui Cathe era dilaniata tra un sentimento di odio profondo dovuto al
fatto che sperperasse dei capitali in regali inutilmente costosi, e un amore
incondizionato per il fatto che quei regali costosi erano riservati e lei e a
Sylvia.
“certo che mi piacciono, che domande sono?! Mi chiedo come tu faccia a
sapere che li trovo terribilmente belli e divertenti!”
“Sylvia! Ha visto che ti piacevano quando ti sei fermata di fronte alla
vetrina e un giorno le ho chiesto se sapeva cosa ti sarebbe piaciuto per Natale,
lei mi ha detto che guardavi sempre i teschi e mi ha portato a vederli!”
“Bill… ma non li metterò mai! Non posso andare in giro con degli
orecchini simili!”
“lo so! Infatti non ci andrai!” Cathe non capì il senso di quella
frase
“gli orecchini sono falsi, non sono quelli autentici di De Grisogono,
sono pazzo e farei follie per te e per Sylvia ma non fino a questo punto! Sono
di pura e autentica bigiotteria!sei fortunata che gli ho trovati identici,
infatti ci sei rimasta male… va beh, l’idea dello scambio è di mio fratello,
fosse per me te li avrei presi davvero! Ma sapevo che alla fine ti saresti
arrabbiata! comunque il regalo vero è questo!”
Cathe rimase basita di fronte a quella dichiarazione, aveva veramente
creduto in quella follia di Bill, nel fatto che le avesse davvero comprato
quegli orecchini, sarebbe stata una follia che difficilmente Cathe gli avrebbe
perdonato; si sentì mettere in mano un pacchettino più piccolo, sempre della
stessa maison.
“spero sia della tua misura!”
Era un anello, il Galuchat nero: era un anello con tutti i significati
che può avere un anello.
“lo sai che sono pazzo, completamente matto e entusiasta per tutte le
cose; non mi interessa se stiamo insieme da 15 giorni, non credo che una persona
abbia bisogno di stare insieme anni prima di regalare alla ragazza che ama un
anello; non è un anello di fidanzamento, è solo un semplice anello, per dirti
che ti amo! Davvero! Mi conosci, lo sai che sono impulsivo, ma sui sentimenti
no! Non voglio che tu ora ti fasci la testa perché ti ho regalato un anello,
potevo prenderti una collana o un braccialetto o altro, mi è piaciuto questo è
l’ho preso…
cerca solo di capire che tu conti davvero molto per me, e per Sylvia,
solo questo! L’anello lo metti anche al medio, così non è all’anulare con tutto
ciò che ne deriva…”
Cathe lo zittì con un bacio, lungo e appassionato.
“grazie Bill! Davvero… e comunque lo metto al medio, va bene al
medio!”
Forse il ragazzo rimase leggermente deluso da quello, avrebbe preferito
di sicuro che Cathe lo infilasse all’anulare, per lui sarebbe stato come dire
indirettamente al mondo lei è mia! Ma conosceva Cathe, meglio fare un passo
alla volta.
Venne ridestato da Catharina che gli sventolava sotto il naso il suo
regalo, con aria abbastanza seducente:
“non lo apri?” Bill non se lo fece ripetere e iniziò ad aprire il
pacchettino che gli porgeva Catharina;
era un orologio, molto costoso, che indicava l’ora nelle principali
capitali mondiali:
“e poi ti lamenti per il mio regalo! Tu invece un Patek Philippe…
comunque bello! Mi piace, non ce l’avevo un orologio…”
“lo so… è per questo che te l’ho regalato, non li metti, e sei sempre in
ritardo, così ho pensato di prendertene uno!”
“spettacoloso!” le rispose Bill battendo agitando il polso a cui aveva
già infilato l’orologio: “ e l’altro regalo!?” il ragazzo si sporse curioso
verso l’enorme pacco che era rimasto abbandonato accanto a Catharina:
“è una scemata, l’ho fatto io!” gli rispose la ragazza sbuffando, per
nascondere una certa apprensione per il fatto che potesse non piacergli;
“lascia giudicare a me!” Bill aprì il regalo: era una mega cornice
digitale in cui Cathe aveva pre-caricato foto e filmati di lei, Bill e Sylvia,
in vari momenti; fece scorrere tutto il ciclatore, le batterie cariche bastavano
sicuramente
Per prima vi era la prima foto di Sylvia, scattata appena dopo la sua
nascita, che dormiva placidamente;
varie foto di Sylvia e Bill o della piccola con nonni o Tom
Sylvia che si preparava per il primo concerto dei Tokio a cui aveva
assistito
Catharina (raggiante) che stringeva la sua Birkin in braccio a Bill
(altrettanto raggiante)
L’espressione impagabile di Bill nel backstage dei VMA dopo la
vittoria
Cathe e Bill davanti alla cabrio del ragazzo, dopo il giro di pista al
Nürburgring
Cathe Bill e Sylvia davanti a un mega pupazzo di neve, nel giardino della
casa di Cathe
Il filmato di Cathe e Sylvia in cucina, sorprese da Bill a cantare a
squarciagola Toy
Soldiers di Martika
Bill e Sylvia con gli stessi vestiti della Diesel
Bill e Tom che insegnano a nuotare a Sylvia
Fecero scorrere tantissime foto, video, filmati: forse la più bella era
l’ultima foto, quella scattata in Canada da Tom, a loro tre ignari e
addormentati. Bill sorrise dolcemente a Cathe:
“grazie davvero!” le disse abbracciandola, prima di prenderla in braccio
e portarla in camera.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** das alles sind wir ***
Buonasera a tutte, anzi quasi buona notte, è praticamente l’una! Bene,
eccovi un bel capitoletto… eheh… corto ma non disperate, domani ne arriva già un
altro, cioè oggi… boh.. non degeneriamo! Insomma, visto che posso riassumere le
mie ultime due settimane in un catartico 28 di tecnica (per fortuna passato sto
maledetto esame!) bene… mi è tornato lo schizzo dello scrittore… indi…. Buona lettura a
tutti!!!
Ps…
grazie delle recensioni
Pps…
occhio al salto temporale, siamo un anno dopo rispetto al capitolo precedente
(l’ho fatto per avere maggior licenza
poetica!!)
31 dicembre
2009
Un
anno
Trascorso … passato … volato.
Un
anno in cui erano cambiate moltissime cose
Era
uscito il terzo album dei Tokio, c’erano stati due tour, uno prima dell’uscita e
uno dopo.
Due
tour stancanti, a tratti massacranti, a volte frustranti per tutti i componenti della band e dello
staff: perché se già è difficile reggere un tour e un disco in uscita, il tour
che segue un terzo album è ancora più
insidioso. Perché è il terzo album di per sé insidioso.
Perché tutti si aspettano conferme e innovazioni, vogliono canzoni nuove
ma aderenza allo stile dei Tokio, vogliono cambiamento e tradizione, vogliono
esibizioni spettacolari ma non spettacolo fine a se
stesso.
Ecco
perché con il primo va tutto bene, l’album di debutto serve appunto a lanciarti;
il secondo poi si vende da solo, sull’onda del successo del primo; il terzo...
beh devi dimostrare quello che vali, devi riuscire a trasmettere al pubblico ciò
che sei veramente, dirgli ecco, questi
siamo noi!
E i
Tokio ce l’avevano fatta.
Avevano dimostrato di essere rock, non
pop.
Di
essere quattro, uniti, con la stessa voglia di sempre di suonare e fare
musica
E un
conto in banca decisamente rimpolpato che certamente era un ottimo stimolo per
qualsiasi progetto.
Progetto che nella mente di Bill erano Catharina e Sylvia, erano lui,
Catharina e Sylvia come una vera famiglia.
Erano
ormai insieme da 384 giorni, Bill li aveva contati per buona pace di Cathe che
odiava quel genere di “smancerie”: gliel’aveva proprio detto in faccia al
ragazzo quando Bill le ricordava i giorni trascorsi insieme; per Cathe erano
stati 384 giorni di assoluta felicità che le avevano completamente sconvolto la
vita, perché il loro rapporto era a tre, era particolare e complicato, era
ancora più difficile da gestire se si vive separati o su un tour
bus.
E in
varie occasione, nei cinque complessivi mesi di tour, il loro rapporto era
vacillato.
Non
tanto per loro due, ma per dicerie e malelingue che in un ambiente di lavoro
spesso si creano; se poi l’ambiente è un tour dei Tokio Hotel, le cose si
complicano a dismisura.
Il
doversi nascondere dai giornalisti, il non potersi baciare tranquillamente
neanche nel backstage del concerto, il non potersi a volte nemmeno abbracciare,
perché se no chissà cosa ci ricama sopra Bravo, il doversi ignorare, il dover
mettere tutto sul piano professionale: né Cathe né Bill riuscivano a
sopportarlo.
Alla
fine si erano però dovuti arrendere all’evidenza della clandestinità:
clandestini nell’andare fuori a cena, già di per sé un evento raro, per di più
complicato dal fatto che vi può essere sempre il paparazzo o la fan urlante che
ti attende al varco.
Clandestini in vacanza: se vuoi andare in vacanza mai lasciare una
traccia del tuo nome su biglietti aerei, prenotazioni, noleggi perché c’è sempre
qualcuno che fa la soffiata ad un giornalista (nel migliore dei casi) o su un
qualche forum dei Tokio (nel peggiore dei casi visto che la notizia si
diffondeva in pochissimo tempo e Cathe e Bill si ritrovavano sommersi da orde di
ragazzine urlanti, in preda a crisi isteriche per Bill ed isteria omicida per
Cathe)
Ed
era andato tutto bene finchè non era uscita su Bravo una foto di Cathe e Sylvia,
la piccola sulle spalle della ragazza, in giro per Berlino. Con un titolo
inequivocabile per chiunque leggesse
Ehi Catharina, Wer ist der
Vater?
Lei
rimaneva comunque la figlia di un parlamentare e uomo d’affari quindi era una
preda decisamente interessante per i giornali
scandalistici.
Soprattutto se la preda ha in spalla una bambina di quattro anni di cui
tutti ignorano l’esistenza.
Dall’angolazione della foto vi era una somiglianza incredibile tra Cathe
e la piccola e la ragazza non aveva potuto far altro che ringraziare la sua
buona stella per aver fatto indossare a Sylvia gli occhiali da sole: puro
scrupolo che per una volta si era rivelato quanto meno salvifico, perché il
taglio degli occhi della piccola era identico a quello di
Bill.
Ne
aveva versate di lacrime su quel giornale ed era stato un caso che avesse notato
l’articolo: Bravo veniva accuratamente sfogliato solo nelle pagine che
riguardavano i Tokio per controllare che nessuno dalla redazione facesse cattiva
pubblicità alla band; fortunatamente quel giorno in un eccesso di zelo misto
noia, Gustav aveva continuato a sfogliare la rivista: tutti l’avevano solo più
sentito esclamare o cazzo e visto
correre da Catharina.
Aveva
pianto per una buona mezz’ora, torturando la rivista, accartocciando le pagine
pur di far sparire quella maledetta foto.
Continuava ad accollarsi la colpa, pensava fosse stato un suo errore, una
sua leggerezza. Pianse tutto il pomeriggio tra le braccia di Bill, che cercava
inutilmente di consolarla e farle capire che non era assolutamente colpa sua,
che lui l’avrebbe protetta, le avrebbe
protette.
Era
stata forse quella foto che fece maturare in Bill un progetto, ben preciso, che
sapeva benissimo che Catharina non avrebbe approvato, non avrebbe accettato
forse.
Lo
stare veramente insieme, come una famiglia: lui, Cathe e
Sylvia.
Vivere tutte e tre insieme
La
prima volta che l’aveva proposto a Catharina si era sentito ridere in faccia: la
ragazza l’aveva definita la sua ennesima follia da diva delirante, l’aveva
trattato come uno sconsiderato.
La
seconda volta che Bill aveva intavolato la questione aveva fatto in modo di
coinvolgere Tom e Simone, per avere man forte; si era sentito rispondere picche
anche quella volta.
Anche
quel 31 dicembre Bill stava di nuovo cercando di intavolare il discorso casa con
Cathe: per la ragazza era l’ennesimo capriccio del compagno, affetto da divismo
acuto nei momenti quanto meno inopportuni; in realtà era Catharina ad avere una
paura incredibile di fare quel passo con
Bill.
Perché significava smettere di
giocare e iniziare a fare la persona “adulta”, in accordo con i suoi 24
anni compiuti.
E lei
non aveva voglia di farlo: era sempre stata più matura e più adulta della sua
età anagrafica e da quando stava con Bill, di quattro anni più piccolo di lei,
aveva riscoperto un certo modo di comportarsi più infantile, aveva rivissuto i
suoi vent’anni, si era nuovamente calata nella parte dell’adolescente
scanzonata; con l’aggravante di non averli più veramente 20 anni che la
pungolava ogni sera prima di addormentarsi e ogni mattino appena
sveglia.
Lei,
Catharina, quella che non aveva mai avuto paura delle situazioni della vita,
quella che bramava di crescere, di essere grande in fretta, che si ritrovava a
rimpiangere certe situazioni che non aveva mai vissuto (o avuto voglia realmente
di vivere).
Solo
che a 24 anni non si hanno le stesse esigenze dei 20, e soprattutto in una
ragazza, soprattutto in Catharina era iniziato a ticchettare un certo insistente
orologio biologico che la portava a fare i conti con il suo essere “mamma” di
Sylvia.
Non
lo era e di certo non se ne era accaparrata il diritto in quell’anno passato con
Bill e la piccola; forse più che non esserlo non voleva ammetterlo ma nel suo
cuore qualcosa era cambiato da quando aveva conosciuto i nonni materni della
piccola, che si erano rivelati persone davvero speciali, che l’avevano accettata
senza condizioni, tranne quella di amare e difendere la piccola Sylvia come se
fosse stata sua.
Perdendosi nel filo logico dei suoi pensieri Catharina non si era accorta
che Bill era entrato in cucina per darle una mano: quel capodanno era stato
organizzato a Berlino a casa di Catharina, più che altro perché era abbastanza
grande e spaziosa per ospitare tutti ed era molto più comodo per tutti
raggiungere Berlino piuttosto che Amburgo.
Il
ragazzo si avvicinò ai fornelli annusando l’aria con fare circospetto arricciando il naso come un coniglio:
“cos’è sta roba?” chiese con aria indagatoria a Catharina indicando una
poltiglia verde che bubblava sul fuoco
“impiccione che fa troppe domande in umido! Controlla se va bene di
sale!” gli rispose con un sorriso sghembo Catharina: non sopportava proprio
quando Bill compariva in cucina, la metteva in
soggezione;
“spiritosa! Adesso ho capito questo grembiule con il teschio!” le disse
di rimando il ragazzo
“dai,
mi serve per l’aspic di pesce quella
poltiglia!”
“ma
non è una roba che mangiano i gatti l’aspic?”
“oh
Bill ma tu di cucina non capisci proprio nulla! Sparisci o dammi una mano a
sistemare! Che tra poco arrivano tutti! Tuo fratello dov’è?” chiese Catharina
preoccupata: l’ultima volta che aveva visto Tom era stato circa un’ora prima e
il rasta aveva la videocamera in mano, associazione foriera di
guai.
“sta
documentando qualcosa con Sylvia, e sai che la faccenda mi preoccupa!” le disse
il ragazzo abbracciandola e lasciandole un’umida scia di baci sul
collo
“anche a me… l’importante è che non faccia come l’ultima volta, com’era
già il titolo? Memorie di uno
stitico?”
“quello l’hai pensato tu!”
“no
Bill, ammettilo mezz’ora di ripresa di lui seduto sulla tazza che parla della
sua vita! Per favore! Non mi sembrava un trattato sul bifidus actiregularis , eh ci manca solo
più tuo fratello che fa la pubblicità a uno
yoghurt!”
“ma
se aveva la seggetta abbassata!tu non capisci!” le disse il ragazzo con fare
melodrammatico
“no
no… dopo un anno di convivenza non con uno ma con addirittura due Kaulitz,
capisco capisco!”
“cosa
capiresti?” in quel momento Tom fece il suo ingresso in cucina, brandendo la sua
fedele telecamera
“capisco di essere circondata da deficienti?! Cosa te ne vai in giro con
quella telecamera? Che te ne fai?” gli disse di rimando
Catharina
“aspetta, questo è un documentario! Poi lo mettiamo su youtube!” le
rispose Tom mentre trotterellava verso il cortile per accogliere Georg , Gustav
e Andreas che erano appena arrivati
“sì,
dopo Natale in casa Cupiello, capodanno a casa Kaulitz!” Cathe continuava a
scuotere la testa mentre scendeva le scale
La
scena che vide fu l’inizio del suo peggior incubo: la Audi di Georg era stata
trasformata in un deposito di alcolici; ribaltati i sedili della fila
posteriore, il bagagliaio era stato stipato con vari superalcolici, due casse di
vino e due barilotti di birra da 10 litri.
In
quel momento arrivarono Noah e Medina, con la piccola Sophia portata per fare
compagnia a Sylvia: subito il ragazzo si affrettò a scendere dalla Golf GTI
della matrigna per correre incontro ai
Tokio:
“sono
commosso! Sembra la succursale dell’Oktoberfest!” disse il ragazzo sfoderando il
suo miglior sorriso, mentre aiutava a scaricare la
macchina
Catharina nel frattempo si avvicinò all’amica Medina: “sarà un capodanno
molto lungo!”, l’altra ragazza non poté che
annuire.
All’ennesimo rumore di bicchiere infranto che proveniva dal soggiorno,
Catharina non poté trattenere un paio di insulti, prima di lanciarsi in una
filippica contro l’universo maschile; era in cucina, anzi lei, Medina, Sabine e
Daniela si erano letteralmente rifugiate in cucina dopo che i ragazzi, sazi per
l’abbondante cenone avevano deciso che non si può concludere l’anno degnamente
senza una partita (mezzi ubriachi) a Guitar
hero.
“sono
deficienti vero?” chiese Cathe sfregandosi gli occhi dopo aver controllato
l’orologio, solo le 22 e 24
“tranquilla, sono solo ubriachi!” le fece coro
Medina
“non
credo, siamo solo al vino e alla birra, non hanno ancora aperto il rum! Ne
vedremo delle belle!” aggiunse sconsolata
Daniela
Cathe
non poté fare a meno di ridere: “dopo che l’anno scorso Tom Georg e Noah si sono
messi a rifare il video di What’s my age again dei Blink 182 in giro per il
cortile su ad Amburgo… io ho visto di
tutto…”
“che
figura di merda…” le fece eco Sabine ridacchiando a sua volta; vennero
interrotte dal rumore del vetro che si infrangeva e l’urlo di Georg alla volta
di Bill –capace!-
Catharina si affacciò in soggiorno per verificare la situazione: una
bottiglia di vino in frantumi e il contenuto che si stava spandendo lentamente
su tappeto e pavimento; sconsolata ritornò in
cucina:
“allora?” le chiese Medina
“Sangria party!” ridacchiò Cathe
“cos’è il sangria party?” le chiese Gustav entrato in cucina in quel
momento alla ricerca di qualcosa per pulire “dai ragazze venite in soggiorno
così la smettono con la Play!”
Le
quattro donne si alzarono, il biondo aveva ragione. Imperterrito pose la domanda
di fronte agli altri ragazzi
“cos’è il Sangria Party?”
“vergogna! Si vede che non siete andati a scuola!” scosse la testa Noah,
ricevendo in risposta il dito medio da parte di
Bill
“il
sangria party” iniziò a spiegare Cathe: “dato che da noi la gita dell’ultimo
anno era tradizione farla a Barcellona, il sangria party era ciò che si faceva
alla sera e si smaltiva di giorno! Più o
meno!”
“soprattutto i prof, ecco perché in media in quelle gite ci si divertiva,
prof ubriachi, studenti felici!” le fece eco
Medina
“oh
le superiori, che bei tempi!” Catharina sorrise ironicamente
“per
favore, ammetti davanti a tutti cosa facevi a scuola!” le disse Noah “lo so
perché me lo raccontava mia sorella, sua compagna di banco!” disse indicando
Cathe, spaparanzata in poltrona accanto a
Bill
“eh
va bene!” disse la ragazza leggermente esasperata:
“lunedì: quadernone ad anelli strategicamente posizionato per mascherare
lettura dell’AutoBild o del giornale
sportivo!”
“martedì: scambio epistolare con la mia vicina di banco, leggi facevamo
finta di prendere appunti, poi in realtà ci facevamo i cavoli nostri, commento
su tutto e tutti!”
“mercoledì: programmazione weekend!”
“giovedì: lettura Vanity Fair e
Vogue!”
“venerdì: giorno dedicato in quella cacchio di scuola privata alle
assemblee di istituto, dove tutti parlano dei problemi del mondo che più o meno
vertevano su: Jimmy Choo o Manolo Blahnik? Dior o Chanel? Borussia o
Bayern?”
“beh
dai che ti lamenti, certo che studiare da voi poco vero?” le fece eco
Georg
“per
favore, scuola privata? Internazionale pure? E chi studiava?” gli rispose candidamente Catharina: la
ragazza venne interrotta dal posarsi di un boccale vuoto che fece traballare il
tavolino su cui era stato appoggiato; Tom era già decisamente ubriaco, ed era
solo birra: il ragazzo fissò serio qualche secondo gli altri presenti, quindi
iniziò a cantare una canzone goliardica dei
Rammstein:
Seid’s freindlich – jawoi! Seid’s freindlich hob I gsagt –
jawoi! Seid’s freindlich hob I gsagt no amoi
–jawoi
Mir kannst no a Weissbier bringa !
Gli altri lo seguirono e si unirono al coro
Bayern, des samma mir! Jawoi! Bayern, des samma mir!
Jawoi!
Bayern, des samma mir! Bayern jawoi des samma mir! Bayern, des
samma mir! Mir samma mir des samma mir! Bayern, des samma mir, Bayern
und des bayerische Bier! Bayern und des Reinheitsgebot, Des is unser
flüssiges Brot!
Bayern des samma mir, Bayern und des bayerische Bier! Bayern, jawoi
des samma mir! Bayern und des bayerische Bier! Bayern und des
Reinheitsgebot, Des is unser flüssiges Brot! Bayern und des bayerische
Bier, Bayern, jawoi, des samma mir!
La serata degenerò a quel punto, perché dopo Tom che si mise a ballare
latino americano (Booomba per essere
precisi, ballandolo anche con un certo stile,beh forse si strusciava un po’
troppo addosso a Daniela se vogliamo sottilizzare,ma tutto sommato alla ragazza
sembrava non dispiacere), Gustav e Georg ubriachi che si sfidavano a gare
impossibili alla Play, Noah e Andreas che avevano deciso di trasformarsi in
pupazzi di neve umani, Sabine e Medina che cantavano e urlavano come due
disperate, mancavano solo più Cathe e Bill per completare il
quadro.
Cathe era rimasta tutto sommato abbastanza sobria, come Bill: voleva fare
un discorso con il ragazzo e anche se poteva non sembrare il momento più
opportuno, non voleva sprecare quella serata
Si era resa conto dell’urgenza di dover parlare con Bill quando era
andata a controllare Sylvia e Sophia: le due bambine si erano addormentate sul
letto di Cathe, dopo aver guardato un DVD;
erano molto tenere insieme, ma lo era soprattutto Sylvia: le vennero in
mente i discorsi di Medina e Jutta sull’avere dei figli, sull’avere una
famiglia; si ricordò dei consigli di Simone, della sua massima del prendila come viene e vivila: possibile
che avesse ancora qualcosa in lei che la bloccava? Che non le permetteva di
vivere la sua vita appieno?
Forse era la paura di soffrire, l’incapacità di lasciarsi completamente
andare ai sentimenti e ai momenti: pur cercando di nasconderli nel fondo del
cuore e della mente, era proprio negli attimi più felici e spensierati, come ad
esempio quella serata, che i brutti ricordi ritornavano a
galla
Era quando pensava che tutto sarebbe andato bene che Cathe si ritrovava a
doversi scontrare contro le sue ataviche paure, contro le ombre che costellavano
la sua persona.
Era stato difficile ammettere davanti ai Deling, i nonni materni di
Sylvia, quello che lei era realmente: una ragazza che era stata malata di
anoressia, che aveva litigato con la propria famiglia al punto di tagliare
completamente i rapporti; ma le era sembrata la decisione migliore: affrontare
semplicemente la realtà, senza nascondere nulla.
Vera e Gregor Deling l’avevano accettata così per come era, senza
preconcetti, senza battutine velenose o rimproveri; l’avevano colpita le parole
di Vera, dette con il cuore di una madre:
Catharina, tu sei senza una famiglia, noi siamo senza nostra figlia.
Abbiamo però tutte e due in comune una cosa: adoriamo Sylvia e faremmo di tutto
per renderla felice. A noi basta questo, vedere nostra nipote crescere serena!
Non possiamo impedire che Bill si rifaccia una vita, che costruisca una famiglia
per Sylvia.
Io la mia bambina la posso amare e rivedere in mia nipote, e ti confesso
che è dura vedere che ogni giorno che passa quella piccola peste assomiglia
sempre di più a sua madre, ma sono orgogliosa, davvero, che Sylvia abbia te come
riferimento! Tu faresti di tutto per lei, tu fai di tutto… soprattutto anteponi
la sua felicità a qualsiasi cosa! E per me è questo che
conta!
Cathe l’aveva abbracciata, ringraziandola per quelle parole che le
avevano fatto finalmente capire qual era il suo posto e che certamente non
doveva sentirsi un di più in quella famiglia.
Non si ricordava neanche Catharina come le erano venute in mente quelle
parole, proprio in quel momento.
Si accorse solo in quell’attimo della presenza silenziosa di Bill alle
sue spalle: la stava osservando, attentamente, quasi ossessivamente, voleva
carpirne le emozioni, voleva chiederle una cosa ben precisa da quando era
scoccata la mezzanotte
Cathe si girò lentamente lasciando a maniglia della porta, abbracciò
Bill, perdendosi come sempre in lui:
“Cathe devo chiederti una cosa” il tono del ragazzo era insolitamente
neutro, senza sfumature che
potessero farne intuire le emozioni; proseguì:
“saranno più o meno due mesi che te lo chiedo, in modo diretto o velato o
romantico… insomma non ho ancora capito però perché tu non voglia venire a
vivere con me, perché tu non consideri la possibilità di andare seriamente a
vivere insieme io, te e Sylvia! Tanto più che se Jutta decide di lasciare il
posto tu potresti prendere il suo e quindi dovresti essere alle calcagna mie e
degli altri tutti i giorni! Qual è il problema?”
“Bill non c’è nessun problema… è che mi sembra prematuro!” gli rispose
laconica la ragazza
“prematuro? Perché quando giochiamo a fare la famigliola in ferie non è
immaturo quello? Cathe… io non ho più voglia di giocare! Ne sono cambiate di
cose quest’anno, tra me e te, tra me e i ragazzi, è cambiata la vita dei Tokio
come gruppo… abbiamo già fatto un enorme salto che è la conferma sul territorio
europeo e su quello americano. Però… voglio farne un altro più grande con te…
per favore!”
Cathe fissò Bill negli occhi, ne studiò il profilo, gli occhi, il naso, i
capelli corvini sciolti sulle spalle, leggermente più corti come ai tempi di Rette Mich.
“ho paura Bill, ci sono troppe variabili, troppi problemi che potrebbero
insorgere alla lunga… io, ho bisogno di capire un paio di cose, e ho bisogno di
capirlo da sola! Dieci giorni! Ho bisogno solo di dieci giorni, anche per sapere
di Jutta… e poi ti dico!”
La ragazza si sciolse dall’abbraccio e scese in soggiorno, lasciando Bill
ad osservarla mentre si allontanava.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** indecision ***
Buona
domenica a tutti!! Ecco qui un
nuovo capitoletto: prego preparate l’insulina, o prenotate da dentista per le
carie… comunque, dal prossimo si cambia registro! E vi avverto già adesso,
quindi…
Cha, ‘sti due
sono stati cucinati a fuoco lento, sbollentati, quindi sono pronti per essere
mangiati. Beh almeno per il momento sì.
Poi…. Eheh…
chi vivrà vedrà!!
ps… premio
per chi indovina da che canzone è tratto il titolo del capitolo
Pps… il
premio NON sarà un componente dei Tokio, magari… vi piacerebbe eh…anche a me!
Capitolo 19:
indecision
Per Catharina
il primo gennaio era un giorno come tutti gli altri, non sopportava l’idea di
cominciare l’anno oziando fino alle due del pomeriggio nel letto, ciò avrebbe
significato sottrarre tempo prezioso alla realizzazione dei buoni propositi per
l’anno nuovo.
E ne aveva
fatti di buoni propositi per il 2010, di cui uno decisamente a breve termine:
entro il dieci doveva dare una risposta a Bill, entro il dieci doveva
riorganizzare la sua vita in funzione di quella che sarebbe stata quella
risposta.
E di quella
risposta lei proprio non ne aveva idea.
O almeno
faceva finta di non averla: in realtà, dalla prima volta in cui avevano
intavolato il discorso convivenza,
Cathe si era fatta una scaletta mentale delle prerogative ben precisa.
Che
puntualmente cambiava quasi quotidianamente.
Sbuffò per
l’ennesima volta ripercorrendo il filo dei suoi pensieri mentre scaricava la
terza giro di lavastoviglie di quel primo gennaio. Non riuscendo a dormire si
era svegliata abbastanza presto, alle 11 e mezza ( ma considerando che prima
delle 6 lei e Bill non si erano addormentati, beh era decisamente presto), aveva
caricato una prima volta la lavastoviglie, era andata a correre giusto per
inaugurare il nuovo anno all’insegna del cardiofitness, era tornata, si era
fatta la doccia, aveva caricato un secondo giro di lavastoviglie, aveva pulito
la cucina e ricaricato la lavastoviglie.
Il tutto con
un solo pensiero per la mente: che gli rispondo?!
Si voltò
pigramente appena sentì dei passi strascicati lungo il corridoio, li riconobbe
come quelli di Tom:
“buon giorno
Tom!” gli disse con tono allegro, immaginando di ricevere come risposta un
sommesso borbottio. Il ragazzo invece si appoggiò allo stipite della porta
scorrevole e le sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, mentre pigramente
giocherellava con i suoi rasta portati sciolti. Le lanciò un’occhiata complice:
sapeva che Catharina aveva già intuito come avesse trascorso la nottata, o
meglio con chi;
“si!
Veramente un buon giorno!” annuì il biondo mentre proseguiva verso il frigo alla
ricerca di qualcosa da smangiucchiare
“Tommi…non mi
devi raccontare niente?” gli chiese ironica Catharina, mentre il rasta si
avviava verso il tavolo con una fetta della bavarese all’arancia avanzata dal
cenone; si lasciò cadere sulla sedia brandendo il cucchiaio e puntandolo verso
Catharina:
“come dice il
detto? Chi tromba a capodanno… tromba tutto l’anno!” il rasta le lanciò un
ultimo ghigno prima di affondare il cucchiaio nel dolce.
Cathe non
poté fare a meno di ridere: “veramente è un detto più generale, del tipo chi fa
una cosa a capodanno la fa tutto l’anno!”
“lo so… io
infatti mi sono dedicato ad un’attività che spero di fare tutto
l’anno!”
“basta che ti
togli quella specie di aria da Confucio che aleggia sulla tua faccia! Dai non
hai lo stile per fare il santone! Niente Gibson?”
“non ancora,
prima lasciami fare colazione! Comunque, avevi ragione!” la rimbeccò il ragazzo
mugugnando con la bocca piena
“del tipo?”
gli chiese Cathe titubante
“su Sabine!”
“chi?” Cathe
era allibita dalla risposta del rasta: “ero convinta che… insomma… Daniela, non
Sabine!”
“eheh…
sorpresa! Non ha resistito al mio fascino!” le rispose Tom mentre torturava il
piercing al labbro “comunque, una gran nottata, veramente! Tu e il mio
fratellino?”
Catharina non
poté fare a meno di sospirare: si sentiva ancora in colpa per come aveva
risposto a Bill la sera precedente, per come aveva ignorato come al solito il
discorso, tranne poi finire a fare pace come sempre tra le lenzuola.
Tom la
riscosse dai suoi pensieri: “ok, cos’è successo?”
“eh… è
successo che stavolta mi ha messo una scadenza!” gli rispose Catharina voltando
lo sguardo
“uh
miracolo!” esclamò il rasta “cioè?”
“entro il
dieci devo dargli una risposta, sull’andare a vivere insieme!”
“e tu?” Tom
assunse un’aria sorniona
“E io non so
che fare!” Cathe si sedette proprio di fronte e Tom “nel senso da una parte so
benissimo che fare e dall’altro canto mi vengono in mente un mucchio di dubbi
che non so proprio come dissipare”
“e quindi hai
pensato: ma perché non chiediamo aiuto a Tom?” Cathe annuì incurvando le labbra
in un ghigno poco rassicurante, il rasta proseguì: “allora cosa c’è che ti
preoccupa?”
“in che
ordine? Di gravità, cronologico…” Tom la interruppe: “basta che me lo dici!
Avanti un po’ di logorrea alla Kaulitz!”
Catharina
emise un sospiro stropicciandosi stancamente gli occhi: “allora, tuo fratello è
lanciatissimo all’idea di trovare casa insieme e a me andrebbe benissimo, tanto
più che sarebbe la soluzione a moltissimi nostri problemi, perché vorrebbe dire
non dover vivere in due città separati e i soliti problemi che ne derivano. Ora
il punto, anzi i punti sono almeno due!”
“tipo?” la
incoraggiò Tom
“non c’è
ancora nulla di definito e preciso, quindi non fasciarti la testa, ma Jutta
probabilmente molla tutto per stare con la bambina. Nel senso che da production
chief passa ad assistant, che poi sarebbe quello che in teoria avrei dovuto fare
io quando mi hanno assunto alla Universal; se poi praticamente è un anno e mezzo
che faccio il lavoro di Jutta e lei fa il mio, è stato solo a causa della sua
gravidanza. Quindi io mi ritroverei a ricoprire a tempo pieno il ruolo di
Jutta.”
“beh meglio
ancora! Jutta girava sempre con noi e stava ad Amburgo, quello non sarebbe un
problema!”
“sì Tom lo so
che sarebbe una soluzione quasi perfetta, decisamente comoda, ma ti ho appena
detto che Jutta molla tutto perché non riesce a stare dietro al lavoro e alla
figlia, ora… visto e considerato che Sylvia verrebbe a stare con me e Bill, mi
sembra una specie di suicidio che io prenda il posto di Jutta, perché se lei non
ha tempo, meno ancora ne avrei io!”
“calma… tu
non sei Jutta, Jutta non è te! Avete due modi completamente differenti di
affrontare le situazioni, da quando ha avuto a bambina Jutta si perde in un
bicchiere d’acqua…”
“quello lo
ammetto anche io, ma il problema è nel tempo che potrei dedicare a Sylvia: lo
sai che io sono cresciuta con la babysitter perché mia madre era molto più
interessata alla carriera piuttosto che a me… io non voglio fare lo stesso
errore, non voglio che mia figlia si ritrovi a sedici anni come è successo a me
a pensare che non ha mai avuto sua madre accanto nei momenti fondamentali della
sua vita!”
Tom sogghignò
all’ultima frase di Catharina, che se ne accorse: “cosa c’è? Cosa
ridi?”
“niente, vai
avanti dopo ti spiego! Comunque, se tu dovessi fare il lavoro di Jutta, non
sarebbe perfetto per te Bill e Sylvia vivere tutti insieme ad Amburgo? Tanto più
che qui a Berlino non dovresti venire solo una volta ogni dieci giorno circa?
Jutta faceva così!”
“sì, per il
resto se ci sono problemi Berlino non è in capo al mondo, due ore di treno e
sono giù!”
“ecco vedi,
problema risolto!” concluse Tom
“ma mi sembra
di fare le scarpe a Jutta, di giocare sporco con lei per prendermi il suo
posto!”
“Cathe… è a
Jutta che non interessa più avere questo suo posto, lei vuole stare con sua
figlia non prendersi dei mal di pancia per una cosa in cui non crede più, se mai
ci ha creduto! Jutta te l’ha preparato questo posto, è destinato a te! Eh va
beh, dovrai stare qui e non andare a fare il manager in Mercedes… però non mi
sembra poi così male!”
“no
decisamente no, quindi dici che non perdo Jutta come amica se accetto il suo
posto?!”
“noooo… te
l’ho detto! Non farmi ripetere le cose!” aggiunse il rasta mentre riempiva con
il caffè due mug: “quindi, problema uno risolto! Problema due!”
“i tour?!”
gli disse Catharina sogghignando
“mia madre,
Vera, tua nonna? Sono in tre… non bastano?” le rispose Tom con sguardo
indagatore mentre le porgeva la tazza di caffè
“sì bastano,
ma torniamo la discorso di prima: perché Sylvia deve stare tanto tempo senza me
e suo padre? Che riferimenti avrebbe mentre siamo via?”
“gli stessi
che ha adesso e che ha avuto prima che arrivassi tu! E mi sembra equilibrata,
sveglia e intelligente! Ora Cathe, questi più che problemi mi sembrano scuse,
sembra che tu non abbia voglia di
andare a vivere con mio fratello; che tu abbia paura! Perché?”
Catharina si
stupì dell’enfasi con cui Tom aveva pronunciato quel tu: troppa enfasi che mal celava il
fondo di verità in quella frase.
Cathe aveva
sì paura, ma non tanto dell’andare a vivere con Bill di per sé, ma di ciò che
quel passo poteva rappresentare:
“perché
sarebbe complicato Tom, perché già così la privacy è zero, abbiamo sempre
qualcuno appostato in cortile, per strada, c’è sempre qualche paparazzo, poi da
quando sono finita su Bravo con Sylvia ho sempre il terrore; e c’è una cosa che
non so se avete mai considerato: l’anno prossimo Sylvia inizia le scuole e
Kaulitz è un cognome troppo ingombrante anche in una scuola privata; te lo dice
una che è una vita che convive con il suo cognome, che ancora adesso se mi
presento tutto mi dicono –oh la figlia del ministro!- quando è più di un anno
che ho tagliato i ponti con i miei! Tom ho paura che Sylvia possa passare quello
che ho passato io e che passate costantemente voi ogni giorno: non voglio che
lei debba chiedersi se le persone che la circondano e le sono amiche lo siano
per Sylvia come persona o per il suo cognome.”
“in questo ti
devo dare ragione: Kaulitz è un cognome importante e se utilizzasse il tuo
sarebbe peggio; cambiarlo adesso con quello di sua madre? Deling?”
“adesso è
impossibile: ci si deve rivolgere al tribunale dei minori e verrebbe fuori che è
la figlia di Bill! Non lo possiamo fare!”
“beh comunque
per quello si aggiusta, ci penserete a tempo debito” disse Tom sospirando “e
cos’è che ti spaventa ancora?!”
“che Bill si
possa stancare di me e mi lasci!”
“mio fratello
non ti lascia! Siete andati tutti e due troppo oltre perché vi possiate
lasciare!”
“Tom per
favore se litighiamo abbastanza spesso!”
“le persone
litigano spesso, qualsiasi coppia litiga, proprio perché siete due esseri
pensanti con proprie idee in testa! È normale… tanto vi tenete il muso due
minuti e al terzo siete già di nuovo lì appiccicati come due koala –schushami Bill, shono cattiva…- -no Cathe è
colpa mia che shono pesshimo!- fate venire il diabete!”
Cathe non
poté fare a meno di sogghignare: “non mi imiti bene!”
“lo so… per
fortuna, ridurmi come te.. brrr! Comunque Cathe le persone che litigano sono
altre: me li ricordo i miei gli ultimi tempi prima del divorzio, gli urli che
non c’erano in quella casa, Bill ne aveva il terrore. È per quello che ti dico
di stare tranquilla, mio fratello farà di tutto per proteggere te e Sylvia,
perché lui c’è passato, ci siamo passati insieme e ti posso assicurare che se è
brutto crescere da soli lo è ancora di più crescere sentendo i tuoi che
litigano. Quelli tra te e Bill non sono litigi, nessuno ha mai rinfacciato nulla
all’altra; sì vi scannate perché siete tutti e due puntigliosi e perfezionisti,
ma poi ci arrivate entrambi a capire che sono quisquilie. Cathe dammi retta
buttati, come quando hai fatto bunjee jumping e hai vinto la paura dell’altezza
e degli aerei. Ti sei divertita? Adesso non hai più paura
dell’altitudine?”
La ragazza
scosse la testa: “e allora! buttati, prendila come viene, non fasciarti la
testa, non scannarti per la divisione dei ripiani del guardaroba e qualunque
cosa succeda vivi!”
Catharina non
poté far altro che annuire: “posso comunque contare su di te Tom?”
“certo! Ma
per che cosa?”
“per tutto!
Se ho un dubbio o un problema posso chiedere a te?”
“certo
scemina! Vieni qui!” il rasta abbracciò Cathe scoccandole un bacio sui capelli:
“se fai soffrire il mio fratellino però mi incazzo di brutto!”
“prometto che
non lo faccio soffrire!”
“sarà meglio
signorina! Vedi che Tom ha sempre la soluzione ai problemi tra te e
Bill?”
Cathe mugugnò
in assenso; il rasta aggiunse: “come ti ho convinto?”
“con il
qualunque cosa succeda vivila! Me lo dice sempre Medina, più che altro me lo
dice sempre da quando sto con Bill, che se ho problemi ogni tanto mi sfogo con
lei!”
“e anche
stavolta ti sei già confidata con lei?”
“no! Stavolta
ho chiesto a te perché ci conosci bene entrambi! Anzi tutti e tre se vogliamo
includere Sylvia!”
Tom
sogghignò: “sai perché prima mi sono messo a ridacchiare? Per una frase che hai
detto, anzi, per un mia figlia che
hai detto!”
Cathe alzò lo
sguardo verso il ragazzo, sciogliendo l’abbraccio: “ho detto mia figlia?”
il rasta
annuì: “e non vuoi andarci a vivere insieme? Ma di cosa hai paura? Che si stufi
di te? Impossibile… e dove ne trova un'altra che praticamente malmena Bushido
col Vogue pur di difenderlo, accampando la scusa che in quel momento
rappresentavi la Universal e non solo la sua morosa?! Credo fosse la
realizzazione di un sogno proibito del mio fratellino!”
“non farmelo
ricordare ti prego! Che figura…” Cathe si coprì gli occhi con le mani
continuando a ridere: “però c’è rimasto male a sapere che stavo con Bill, ha
fatto una mezza battuta sul tipo che ero
uno spreco!”
“concordo!
Sei veramente gnoccona da quando hai messo su quei due chili, più che altro li
hai messi in tette!”
“Tom… ma
possibile che pensi solo a quello, poi magari usare un altro linguaggio no
vero?”
“parla la
contessina, quella che dice hello
ruttando!”
“modestamente...” ammiccò Catharina, mentre iniziava ad armeggiare
con il laptop; Tom alzò gli occhi al cielo:
“già al
lavoro?”
“no volevo
farti vedere le foto della montagna, devo scegliere quelle per la
cornice!”
“ a me piace
questa!” Tom indicò la foto usata come immagine desktop: Sylvia in mezzo a Cathe
e Bill distesi sulla neve a pancia in giù “ e tu hai paura di tutto questo? Hai
paura di vedere quel sorriso sul tuo viso o su quello di Sylvia o Bill? Cathe
non scherzare… non sai quanto darei per avere la possibilità di essere come voi
tre anche un solo giorno nella mia vita!”
La ragazza si
voltò a guardare il rasta che aveva ancora gli occhi sullo schermo: aveva però
uno sguardo diverso, ma era cambiato molto negli ultimi tempi Tom, sembrava che
anche lui avesse stilato una lista di priorità della sua vita.
Sfruttò il
momento di distrazione del biondo per andare a prendere un regalo per lui e il
fratello, accuratamente nascosto in un cassetto; lo sporse a Tom:
“cos’è?” il
ragazzo rigirava il pacchettino piatto tra le mani
“per te e
Bill, te lo porti via una settimana, e quando tornate gli dico che andiamo a
vivere insieme!”
“Bill lo sa?”
Cathe scosse la testa: “sorpresa… io e Sylvia sfrutteremo la settimana per darci
al folle shopping e alle attività costruttive madre-figlia! E inizio a guardare
un po’ di appartamenti!”
“brava… mi
hai tolto le parole di bocca! Maldive?” il ragazzo esclamò non appena ebbe
scarteggiato il regalo: una settimana per lui e Bill.
Inizialmente
Cathe aveva programmato la vacanza per i gemelli per cercare di fare ordine nel
suo cuore da sola, sperando che in una settimana di distacco forzato le idee le
si sarebbero chiarite: alla luce però del discorso fatto con Tom e della
decisione maturata la settimana di distacco forzato sarebbe stata perfetta; lei
avrebbe sistemato le cose con Jutta e la Universal, Bill ci avrebbe rimuginato
una settimana, come un pollo a fuoco lento sullo spiedo, e forse avrebbe
imparato che non si mettono scadenze a Catharina.
°*°*°*°
“Sylvia…”
Cathe cercava di svegliare il più dolcemente possibile la piccola, ancora
placidamente addormentata nel lettino; le aveva promesso che l’avrebbe portata
in un posto divertente, rilassante e da cui sarebbe uscita con i capelli più
alla moda di tutta Berlino: Udo Walz.
Udo Walz era
indubbiamente il miglior parrucchiere di tutta la Germania, un taglio da lui ed
eri una persona trasformata, certo non bisognava pensare a quanto sarebbe
ammontato il conto, ma Catharina aveva deciso di inaugurare il nuovo anno con un
radicale cambio di stile.
“non voglio alzarmi! Voglio dormire!” disse
risolutamente la piccola rigirandosi nel lettino e dando le spalle a
Cathe
“dai
Sylvietta alzati che dobbiamo andare, è tardino e dobbiamo passare a prendere
Sophia e la zia Medina! Dai ti prometto che oggi ti divertirai
tantissimo!”
La piccola si
girò verso la ragazza strabuzzando un po’ gli occhi: “ma io mi annoio dal
parrucchiere: con la nonna non è divertente! Devo stare lì due ore e non ho
nulla da fare!”
“questo
perché non sei tu che vai dal parrucchiere: oggi ti prometto che ci sarà una
ragazza che si occuperà di te e dei tuoi capelli e poi Udo te li taglia come
vuoi tu!”
“io voglio i
dreads come lo zio Tomi!” la rimbeccò Sylvia
“non puoi
avere i dreads, non sono da ragazza, stanno meglio ai maschi! Poi no ti si
abbinano con niente nel guardaroba! E non puoi andare in giro con il cappottino
Burberry e i dreads!”
“ma io non
voglio un taglio da bambina! E voglio tenere i capelli lunghi!”
“li terrai
lunghi, Udo ti taglierà i capelli esattamente come vuoi tu!”
“ok!” disse
la bimba in tono poco convinto “Cathe… ma tu mi vuoi bene?!”
“certo Sylvia
come puoi pensare che non te ne voglia?! Io ti voglio più bene di ogni altra
persona!”
“davvero?
Allora non mi lasci?”
Il discorso
stava prendendo una piega che Cathe non aveva previsto: perché Sylvia le stava
facendo quelle domande e soprattutto perché in quel momento
“piccola non
ti lascio di certo? Perché dici così? È successo qualcosa?”
“perché non
vuoi andare a vivere con il mio papà!?” Sylvia mise il broncio
“Sylvia ma io
voglio andare a vivere con il tuo papà e anche con te! Andremo a vivere tutti e
tre insieme appena papà e lo zio tornano! Intanto io e te inizieremo a guardare
un po’ di appartamenti in giro, sceglieremo quello che ti piace, con una stanza
tutta tua che potrai decorare e sistemare come vuoi!”
“allora sì! E
posso avere anche un cane?”
“un cane? Eh
sì, se c’è lo spazio molto volentieri! Sylvia ma come ti salta in testa che io
non voglio andare a stare con te e papà?”
“l’ha detto
lo zio Gustav allo zio Georg! Hanno detto che tu hai paura di andare a stare con
papà perché ti sentiresti in gabbia: ma noi non abbiamo nessuna gabbia!”
Catharina
ridacchiò: “ma lo zio Gustav stava scherzando, e poi sentirsi in gabbia è un
modo di dire, nessuno mi mette in gabbia! Lo zio Gustav ha fatto quella battuta
perché non sapeva mica che appena papà torna noi andiamo a stare tutti e tre
insieme… e poi lo sai che lo zio Gus è geloso del tuo papà!”
“perché è
geloso?” lo sguardo della piccola si era nuovamente illuminato anche se Cathe
sapeva bene che il guizzo che era comparso negli occhi della piccola era foriero
di guai
“perché ho
preferito il tuo papà a lui… e lo zio non si è ancora rassegnato
all’idea!”
“eh ma hai
ragione! Papà è molto più bello di lui! E poi è alto, lo zio Gustav no… anche se
gli voglio bene lo stesso!”
“ah… ecco…
solo perché ti riempie di regali!” le disse Cathe ammiccante
“sì ma poi è
anche simpatico! Ma anche lo zio Georg è simpatico, anche se il mio papà ha la
macchina più bella della sua!”
“eh piccola
ma la macchina di Georg è più potente!”
“sì ma da
grande farò il meccanico e allora aggiusto la macchina di papà che sarà la più
veloce del mondo, come quella del signor Mika!”
“eh magari,
ora vestiti che siamo in ritardo!” le disse Catharina scuotendo la testa alle
parole della piccola.
“Udo
buongiorno!!!” dissero in coro Catharina e Medina non appena entrarono nel
salone di Berlino Mitte: era il più bello dei saloni di Walz, nonché il primo
aperto, con la balconata al piano superiore, area VIP riservata e molto
esclusiva
“mie care… vi
vedo in forma!” le accolse festante Udo, mentre le faceva accomodare: “e queste
due bimbe chi sono?!” aggiunse salutando Sylvia e Sophia che avevano preso posto
accanto alle due ragazze
“Sophia e
Sylvia!” disse Catharina “beh Sophia la conosci, Sylvia… è la mia
figlioccia!”
“wow grosse
novità, allora è ufficiale!” Walz rimbeccò Catharina
“bah mi
sembravano abbastanza ufficiali i 3 carati al mio dito!” gli rispose Cathe
sventolandogli sotto gli occhi l’anello che Bill le aveva regalato l’anno
precedente; Walz le bloccò la mano:
“Galuchat
nero… mi devi ancora spiegare cosa fa il tuo compagno, perché deve essere
abbastanza agiato economicamente…”
“Udo… mi paga
anche il parrucchiere… trattalo bene!”
“lo venererò!
Allora Sylvia, come tagliamo i capelli alla tua mamma?!” la piccola sorrise
mentre si dondolava sui talloni accanto alla poltrona di Catharina
“le facciamo
i dreads?”chiese candidamente la bimba: scoppiò una risata tra i
presenti
“no piccola,
i dreads non sono eleganti! Opterei mia cara per un bob corto destrutturato e un
colore molto più caldo, un biondo Charlize?”
“mi affido
alle tue cure Udo!” disse Cathe sorridendogli, mentre prendeva in braccio
Sylvia
“e a te
Sylvia come li sistemiamo i capelli?”
“voglio la
frangia!” affermò risoluta la piccola.
°*°*°*°
La settimana
alle Maldive dei gemelli era letteralmente volata, anche perché quella settimana
era durata solamente 4 giorni!
Tom non ce
l’aveva fatta: dopo le prime due giornate passate da Bill a struggersi all’idea
di una risposta negativa da parte di Catharina, il rasta aveva deciso, per la
sanità mentale sua, del fratello e degli altri ospiti del resort, di
raccontargli del discorso fatto con Cathe, delle paure della ragazza e della
decisione maturata.
Bill era
partito con la morte nel cuore all’idea che al ritorno la ragazza potesse dirgli
di no, che potesse respingerlo e quindi in un primo momento il moro l’aveva
fisicamente preso a sberle: per il cantante era inconcepibile che il gemello
avesse segreti per lui, soprattutto su un argomento tanto delicato quale il suo
rapporto con Catharina.
L’aveva poi
perdonato, come sempre, dopo un paio d’ore di brevettato broncio ira funesta: era semplicemente
andato da Tom, l’aveva abbracciato e gli aveva comunicato che avrebbero preso il
primo aereo il mattino seguente per tornare a Berlino.
Naturalmente
oltre al broncio epico di Bill, Tom si era anche sentito un’intercontinentale di
insulti da parte di Catharina, inframmezzati a ringraziamenti e singhiozzi di
felicità, all’idea che Bill tornasse prima del previsto: per la serie, Dio li fa
e poi li accoppia.
-ma li
accoppasse anche!- si era ritrovato a pensare Tom mentre scendeva dalla scaletta
dell’aereo a Berlino Tempelhof, rimpiangendo i 30 gradi delle Maldive; il rasta
era letteralmente imbacuccato nel piumino e malediceva il modo il cui Bill
l’aveva camuffato per non farlo riconoscere: Jeans e felpa normali, cuffia di
lana nera per mascherare i dreads. Guardava il gemello che percorreva i pochi
metri che lo separavano dal terminal a grandi falcate, anch’egli imbacuccato in
un normale piumino, ma senza nulla di troppo aderente, maglione e pantaloni
normali, niente smalto né trucco, capelli nascosti dalla cuffia CK, le Onitzuka
marroni.
A Tom quella
del travestimento sembrava un’assurdità, tanto in un aeroporto tutti si baciano
e si salutano, sono tutti occupati a recuperare parenti e bagagli, chi vuole che
noti un ragazzo che corre incontro alla fidanzata e alla figlia. Lui sì, si
sarebbe tolto volentieri dalla pazza folla e sarebbe filato in macchina,
scortato da Saki o Tobi o da chiunque Catharina si fosse trascinata
dietro.
Bill no, in
quel momento bramava di arrivare finalmente oltre le porte scorrevoli del gate
degli arrivi, bramava solo di poter rivedere le sue due ragazze, gli unici amori
della sua vita.
E le vide. Lo
aspettavano appena oltre il nastro che li separava, Sylvia in braccio a
Catharina, imbacuccata nel piumino che lo guardava da sotto la frangia con occhi
adoranti.
Vide anche la
sua Catharina, mozzafiato con il nuovo taglio di capelli, biondissima, con i
boccoli morbidi che le incorniciavano il viso.
Lasciò cadere
il trolley, tanto ci avrebbe pensato Tom a recuperarlo, e corse loro incontro
abbracciandole in un’unica grande stretta.
°*°*°*°
“guai a te se
lo rifai!”
Cathe e Bill
erano letteralmente spalmati nel letto, l’una tra braccia dell’altro: avevano
parlato, discusso, litigato, fatto pace. Nel solito modo in cui facevano sempre
pace.
Erano giunti
alla conclusione che quei giorni di separazione avevano fatto decisamente bene
ad entrambi: perché entrambi avevano fatto una lista delle prerogative della
propria vita non influenzati dalla presenza dell’altro
“Cathe perché
non mi hai detto subito quali erano le tue paure?”
“perché
dovevo capirle anche io, perché tu come sempre l’hai presa con entusiasmo mentre
sai che io sulle cose ci rimugino!”
“però potevi
parlarne con me, non con Tom”
“ma tu eri
una parte in causa, mi avresti in qualche modo convinto e magari io non ti avrei
confidato tutte le mie preoccupazioni, magari per paura di deluderti o che tu ti
arrabbiassi!”
“Cathe… tu
non mi hai mai deluso e credo che non mi deluderai mai! Se ho deciso di passare
la mia vita con te è perché sono certo della decisione che ho preso! Secondo te
non ho considerato tutti gli aspetti? Compreso quello di Sylvia? Tom mi ha
raccontato quali sono le tue preoccupazioni, ma secondo me le supereremo! È un
anno che stiamo insieme, non siamo due bambini, si lo so siamo giovani e
soprattutto io sono molto spensierato, ma ciò non vuol dire che lo sia anche
quando in gioco c’è mia figlia! Lo sono mai stato?”
Cathe scosse
la testa: “però devi capire che ho paura!”
“eh lo
capisco infatti! Adesso ne hai ancora?”
“no! Adesso
non più!”
“bene, allora
alzati! E dammi l’anello!”
“Bill ma cosa
stai facendo?” il ragazzo si inginocchiò di fronte alla ragazza:
“senti, ti
sembrerò ridicolo, ma lasciami fare perché mi sono preparato così il discorso!
Cathe… vuoi venire a vivere con me e Sylvia?”
La ragazza si
inginocchiò di fronte a Bill, allungò verso di lui la mano, separando l’anulare
dalle altre dita:
“sì!”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** our farewell ***
Ciao a
tutti… imploro umile pietà per il mostruoso ritardo con cui pubblico! Mi
vergogno quasi, ma è stato un mesetto bello pieno.
In
compenso, per farmi perdonare, vi regalo un bel capitoletto ANGST (ve lo scrivo
in maiuscolo così non potete lamentarvi), cui seguirà un altrettanto pesante
capitolo!
PREMESSA
DOVEROSA: lo scrivo ALL’INIZIO E IN MAIUSCOLO così
non potete dire di non averlo letto!
IN
QUESTO CAPITOLO si trattano TEMATICHE e COMPORTAMENTI CHE NON VANNO
IMITATI
NON
VOGLIO DARE IDEE ALLA GENTE: CIO’ CHE FA CATHE NON DEVE ESSERE
IMITATO
I
ragazzi deficienti come Franz (vedi oltre)
esistono!!!
(ne ho
conosciuto uno che si è comportato allo stesso modo del simpatico personaggio
che incontrerete se decidete di proseguire nella lettura),
se ne
incontrate uno così, mandatelo a quel paesello prima che possa farvi del male
(parlo per esperienza personale, ci ho messo più di un anno io a
uscirne!)
ok… dopo
questa specie di paternale (lo so che pensate potevi evitartela, però… non si sa
mai!), passiamo ai ringraziamenti
la mia
sunsetdream grazie a cui ho sempre
nuove idee: grazie tesora per le chiacchierate sul msn, per il supporto morale,
per le foto carine (lo so che è un aggettivo riduttivo) dei quattro angioletti.
Io ti venero mia cara! Non avendo ancora avuto tempo di raccontarti per bene, ti
dico solo che dal vivo l’Escalade, anche se in un pietoso colore bianco
ghiaccio, è un qualcosa di paurosamente gigantesco e spudoratamente bello. Ho
meditato di “prenderlo in prestito” ed inseguire quello nero di nostra
conoscenza… vieni anche tu?? Ehehehe
la mia
billa483: peccato che non riusciamo
spesso a sentirci, però ogni tanto compari un po’!
martina
cami: mia omonima…. Le Cami
rullano!!!
Chiunque mi ha recensito e
chiunque abbia letto
(recensite anche voi mi
raccomando!)
Ah…
un’altra cosa: alla fine del capitolo incontrerete un nuovo personaggio,
tenetelo d’occhio… ritornerà!
Capitolo
20: our farewell
Quella
giornata aveva tutti presupposti per essere una classica giornata no, e Tom
questo lo sapeva benissimo: già s'era alzato con il piede sbagliato, anzi si era
decisamente svegliato male perché un raggio di sole l'aveva colpito proprio
negli occhi facendogli maledire ulteriormente la propria pigrizia nel non tirare
le tende prima di andare a dormire; si era ulteriormente incazzato quando aveva
scoperto che l'acqua calda della doccia era finita, segno che sia suo fratello
che Catharina erano già svegli da un pezzo: ne ebbe conferma quando sentì le
urla dei due proveniva dalla cucina, mentre Sylvia, con l'espressione più
corrucciata che può assumere una bambina di quattro anni e mezzo, risaliva le
scale del loft dei gemelli.
"zio io
quei due proprio non li capisco: litigano già di nuovo!" gli disse la piccola
passandogli accanto e dirigendosi verso la sua
cameretta
-la
novità del giorno!- pensò Tom mentre cercava una scusa plausibile per Sylvia,
come se quella bambina ne avesse bisogno: forse la piccola conosceva meglio di
lui la psicologia spiccia di padre e matrigna, ma sopratutto sapeva che quando
tirava aria di tempesta era meglio eclissarsi alla svelta, dedicandosi a
migliori attività.
Tom
invece insisteva, sopratutto nell'autolesionismo: aveva deciso che avrebbe
risolto l'ennesimo litigio tra Bill e Cathe per la salute mentale sua e degli
altri inquilini del complesso residenziale. Perché nel mentre cercavano una casa
adatta alle loro esigenza, Cathe e Sylvia si erano trasferite a casa dei gemelli
ad Amburgo, naturalmente con il beneplacito di Bill, ma un po’ meno quello di
Tom che mal tollerava invasioni della sua privacy da parte della nipote o tanto
meno gli schiamazzi su Skype o Messenger della cognata con le sue amiche fino a
tarda notte. Perché Catharina aveva la capacità di schiamazzare sul msn: scoppiava a
ridere, faceva pernacchie e martoriava la tastiera di quel povero computer
disturbando Tom.
Quindi,
anche quella mattina, aveva deciso di sopportare stoicamente gli ululati che
provenivano dal piano inferiore del loft;
tanto
l'argomento di discussione, lo sapeva benissimo, era sempre lo stesso da
settimane a quella parte:
dove
andare ad abitare.
perché sia Bill che Catharina avevano le idee perfettamente chiare
su quale fosse il loro ideale di casa, quartiere, arredamento e cucina: peccato
fossero agli antipodi l'uno dell'altra.
Ora, per dovere di cronaca, Catharina si era fissata ad andare a
vivere in Elbchaussee, zona residenziale per famiglie molto carina e molto
tranquilla, comoda alle scuole, ben servita dai mezzi pubblici, insomma la
classica ottava meraviglia del patrimonio immobiliare per cui qualsiasi agenzia
si sentiva autorizzata a maggiorare il prezzo delle case di un buon
20%.
Bill invece voleva a tutti i costi una casa: indipendente, lontana da qualsiasi
centro abitato con più di 100 persone, isolata in mezzo a bucolici paesaggi
(testuali parole del ragazzo!), possibilmente con laghetto e stalla fornita di
un paio di simpatiche mucche.
Quando Tom si affacciò in cucina, appoggiandosi allo stipite della
porta mentre spazzolava svogliatamente i denti, le urla di Catharina stavano raggiungendo
livelli da ultrasuoni:
“Ma certo Bill, le mucche… come dimenticarsi di queste deliziose
creature che passano la giornata a ruminare e concimare il cortile: già ti vedo
fare il nevrotico perché le meravigliose Michelin della tua altrettanto
meravigliosa BMW ne hanno pestata una!”
“quindi tu credi che io non sappia vivere in campagna!” Bill stava
assumendo un tono da diva isterica: “ti ricordo che Loitsche è in aperta
campagna!”
“e io ti ricordo che non vivevi in una fattoria, tu le mucche le
hai sempre viste in distanza!”
“perché naturalmente Monaco centro è piena di mucche! Già neanche
Calcutta ne ha tante quante Monaco! ”
“cosa vuol dire… poi non pensi che magari gli sperduti paesini di
campagna non sono certo famosi per avere scuole Steineriane? O hai cambiato idea
sulla scuola per Sylvia!?”
Tom si intromise nel discorso, agitando lo spazzolino a mezz’aria:
“mandate Sylvia in una Steiner?”
La risposta fu un corale: “certo!
Problemi?”
“no figuratevi, però fratello su quello ha ragione Cathe, le scuole
Steineriane sono di solito in città!”
“ma lo so Tom!” gli rispose sarcastico il fratello: “e casualmente
c’è n’è una in Elbchaussee…”
“ed è anche privata!” aggiunse acida Catharina “che non sarebbe
neanche male se vogliamo un po’ di privacy!”
Bill non poté fare a meno di sospirare, ancora una volta le teorie di Cathe si
stavano rivelando le più valide e coerenti; venne ridestato da
Tom:
“fratello, cognata… è ora di andare! Non ho voglia di sentire anche
le urla di David oltre alle vostre, i miei timpani sono già stati stressati
abbastanza oggi!”
“no!” urlò Catharina ai gemelli che stavano già defilandosi dalla
cucina: “non mi interessa se David in questi giorni ha la luna storta, se ha le
sue cose o cos’altro! qui finiamo il discorso! Bill!...” il ragazzo si voltò
rassegnato verso la compagna: “programmino della giornata, vado a prendere tua
mamma e Vera che vengono su a vedere un po’ di appartamenti e poi se ne trovo
qualcuno di carino lo metto in lista per andarli a rivedere con te
ok?!”
Il moro mugugnò assente, ben immaginando l’espressione smarrita che
il manager dei Tokio avrebbe assunto alla notizia che Cathe l’aveva piantato in
asso anche quel giorno.
*°*°*°*
“Cathe!” Sylvia richiamò l’attenzione della ragazza dal seggiolino
della Mercedes
“dimmi piccola!?” le rispose Catharina in un
sospiro
“perché tu e papà non vi decidete a trovare una casa e ce ne
andiamo a stare tutti e tre insieme? Voglio bene allo zio Tomi ma io voglio
stare con voi due!”
“Sylvia te l’ho già detto perché, finché non troviamo una casa
adatta alle nostre esigenze dobbiamo rassegnarci e stare ancora un po’ con lo
zio!”
“sì ma né tu né papà vi impegnate a trovarla la casa! Ne vediamo un
mucchio ma nessuna vi piace!” disse la piccola risolutamente incrociando le
braccia, in una posa molto più adulta dei suoi quattro anni “io mi annoio ad
andare tutti i giorni in giro a vedere case!”
Catharina sorrise stancamente, anche lei era ormai snervata per lo
sfogliare brochure di agenzie immobiliari, visitare case e appartamenti o fare
giri esplorativi dei quartieri di Amburgo alla ricerca del più vivibile per una
bambina di quattro anni: “Sylvia ti prego resisti solo più questa settimana, già
ho praticamente convinto papà ad andare a vivere in un bel quartiere immerso nel
verde, bellissimo, tranquillo, e prendiamo anche un cane!” sapeva benissimo che
il cane più che un arma di ricatto nei confronti di Sylvia si sarebbe presto
trasformata in un’arma a doppio taglio per lei
“un cane? Davvero?” gli occhi della piccola si illuminarono
all’idea di avere finalmente un cane tutto per sé: “davvero davvero Cathe?”
“promesso ma tu devi fare la brava, solo più questa settimana,
intanto vengono su le nonne e ti diverti anche di più, e poi ti porto qualcosa
da Berlino, ci devo andare entro questo weekend!”
“devi di nuovo andare a Berlino!? Ma io voglio stare con
te!”
“piccola ma devo andare solo per una giornata, non mi fermo neanche
per la notte, prendo il primo treno al mattino e l’ultimo alla sera e sono di nuovo da
te!”
“me l’hai promesso! Ricordatelo
Cathe!”
“certo piccolina!” annuì la ragazza; la bimba non perse però
l’occasione per ribadire la promessa appena fattale dalla
matrigna:
“davvero prendiamo un cane?!”
Cathe ridacchiò, la piccola era davvero una Kaulitz: “certo! Quello
che vuoi, però solo quando staremo in una casa tutta nostra, non con lo zio che
sai che non li sopporta molto i cani!”
“si lo so… ma io voglio un cane come lo
zio!”
“Catharina ridacchiò allibita: “cosa vuol dire come lo
zio?”
“sì un cane rasta! Come quello che abbiamo visto pelosissimo
l’altro giorno con tutte le treccine pulciose!”
Cathe scoppiò a ridere come una disperata, mentre cercava di
posteggiare nei pressi della stazione di Amburgo: “guarda che lo zio Tomi non ha
le pulci!”
“lo so… ma se avessimo un cane pulcioso gliele attacca e poi
sarebbe carino lo zio pulcioso!”
“Sylvia come ti vengono in mente queste cose?” le chiese Catharina
slacciando le cinture del seggiolino e prendendo in braccio la
piccola
“perché a me starebbe simpatico… e poi voglio anche io i rasta come
lo zio, così anche io sarei uguale a lui come lo è
papà!”
“Sylvia tu non puoi essere uguale allo zio, papà e Tom sono uguali
perché sono gemelli, tu non sei loro gemella… e poi mi offendo, una volta dicevi
che da grande volevi essere come me!” Cathe fece finta di essere
offesa
“ma io voglio ancora essere come te!tu sei la più bella e la più
brava del mondo!”
“uh ma oggi mi stai proprio adulando!”
“no! È vero, le mie amiche hanno sì una mamma, ma io ho te, sei
molto meglio di una mamma… tu sei Cathe!”
“Grazie prinzessin!”
Il cuore di Cathe si riempì letteralmente di gioia per quelle
parole, a molti potevano sembrare scontate, ma non per lei: a causa del suo
carattere metteva spesso in discussione il suo ruolo per Sylvia e le sue
capacità di farle da mamma, pensando spesso che la sua figura forse non le dava
riferimenti affettivi stabili; altre volte invece temeva di essere di troppo,
temeva di non poter diventare la vera mamma, temeva che Sylvia non l’avrebbe mai
chiamata mamma.
E Dio solo sa quanto mi piacerebbe che mi chiamasse mamma
Pensò la ragazza mentre salutava Simone e Vera appena scese dal
treno
Le due donne insieme erano veramente una forza della natura, Cathe
sapeva che al minimo problema poteva parlarne tranquillamente con loro e che
sicuramente le avrebbero dato una mano. Le piaceva soprattutto il rapporto che
aveva sviluppato con Vera, di come la donna l’avesse quasi accettata come una
figlia e non solo come la matrigna della nipote, entrambe cercavano nell’atra una figura persa: Vera cercava
sua figlia, la rivedeva negli occhi di Cathe, nei suoi discorsi, nei sogni e
nelle confidenze raccontate; Cathe vedeva in Vera la madre che non aveva mai
avuto, la confidente e l’amica.
Erano i momenti in cui tutte le certezze della sua vita
vacillavano, in cui avrebbe voluto dare un ulteriore calcio al suo passato e
probabilmente mollare tutto e vivere una vita tranquilla.
Solo che vivere una vita tranquilla era praticamente impossibile
per Catharina, perché non puoi vivere in pace se sei la compagna di Bill
Kaulitz, e neanche ufficialmente.
“perché è complicato!” concluse Cathe allargando platealmente le
braccia dal posto guida della Mercedes “perché non puoi andare lì e dire buongiorno sono Bill Kaulitz, questa è la mi
compagna Catharina e lei è mia figlia Sylvia e vorremmo vedere un po’ di
appartamenti in cui andare a vivere. Diventa molto
complicato!”
Simone ridacchiò di gusto all’idea che il figlio entrasse in
un’agenzia immobiliare esordendo con quelle testuali parole, non le sarebbe
spiaciuto assistere alla scena: “eh va beh, adesso a che nome hai
l’appuntamento?”
“Tr?mper, per fortuna gli agenti immobiliari non hanno l’età per
collegare i due cognomi!”
“per fortuna!” aggiunse Vera dal sedile posteriore: “allora cara
andiamo a vedere case o appartamenti?!”
“misto, vediamo se c’è qualcosa di carino e ad un prezzo abbastanza
umano! Non ho voglia di prosciugarmi il conto in banca per una
casa!”
“non voglio deluderti ma normalmente la gente lo fa!” aggiunse
Simone
“normalmente la gente chiede il mutuo! Ma cosa faccio, vado in
banca e dico buongiorno vorrei un mutuo, sa metto su casa con Bill? Così dopo
due minuti lo sa mezzo mondo!” le rispose con veemenza
Catharina
“può essere un’idea!”
“suicida come idea, Simone! Speriamo solo che oggi ci portino a
vedere qualcosa di valido, se no c’è da spararsi!” concluse Cathe mentre
parcheggiava di fronte all’agenzia immobiliare. Sylvia scendendo dalla macchina
disse a Vera:
“speriamo sì, io mi annoio e voglio andare a stare con papà e
Cathe!”
“la signora Tr?mper immagino!” chiese con aria baldanzosa il
ragazzo sulla trentina dello studio immobiliare: era il classico personaggio che
a Cathe non piaceva, non perché fosse maleducato o cos’altro, semplicemente non
le piaceva a pelle. Aveva quell’aria troppo arrogante e saputa, quel fare da
squalo affamato di affari che Cathe aveva visto fin troppe volte negli occhi di
molti collaboratori Universal nonché in quelli dei suoi
genitori.
“Buongiorno!” gli rispose con la stessa aria tronfia la ragazza:
giusto per ricordargli che la potenziale cliente era lei e che le distanze
dovevano essere mantenute: “sono Catharina Tr?mper! Spero non le dispiaccia se
ho portato anche le nonne della mia piccola”gli rinfacciò educatamente indicando
Sylvia
“no no, si figuri, meglio anzi così possono dare il loro parere,
anche perché magari se danno una mano nell’acquisto…”
Come
volevasi dimostrare pensò
Cathe lo squalo cerca di
colpire!
“non si preoccupi, all’acquisto ci pensiamo io e mio marito!”
proprio non sopportava di dover fingere che lei e Bill fossero sposati, ma era
inutile: ancora nel 2010 c’erano persone che se non sentivano la parola marito
non prendevano in considerazione le donne.
“suo marito non c’è?!” aggiunse con modi affettati il
venditore
“a quest’ora è in studio!” soggiunse Catharina assumendo la stessa
espressione del ragazzo; non aveva ancora capito come mai l’espressione è in studio facesse aumentare le
quotazione di probabile cliente, ma ogni qual volta Cathe pronunciava quella
frase magica, seguita da un avremmo
intenzione di acquistare almeno dai 250 mq in su, i venditori diventavano a
dir poco servizievoli, come se favoleggiassero su questo fantomatico
marito.
Se li immaginava i discorsi nella loro mente: -sarà un avvocato di grido- - magari è un notaio famoso- -cardiochirurgo neonatale, di
sicuro- -designer di fama mondiale-
E continuava a non capire il perché il mondo fosse solo
apparenza.
Lo capì al terzo appartamento visitato, anzi più che altro capì il
concetto di 250 mq delle agenzie immobiliari: non erano mai i metri effettivi,
ma comprendevano di tutto, dal terrazzo al garage. Ma 250 calpestabili
no.
“guardi mi spiace interromperla nuovamente!” disse una spazientita
Catharina al venditore che stava cercando di magnificare i pregi di un banale
appartamento vista tangenziale che non rasentava neanche i 200 mq “ma con 250 mq
intendo 250 calpestabili, con doppi servizi, terrazzo e balcone, cucina
abitabile, e garage doppio, non posto auto!”
“ma sono abbastanza rari da trovare! E tremendamente
costosi!”
“guardi il prezzo non
è un problema, il concetto qui è un altro” disse stancamente Catharina mentre
prendeva in braccio una ormai esausta Sylvia: “ha un appartamento, una casa, un
loft un qualsiasi cribbio come quello che le ho appena
descritto?”
Il ragazzo scosse la testa: “al momento no, sono difficili da
trovare sul mercato!”
“beh ne cerchi uno! Se ce l’ha mi chiami, il mio numero ce
l’ha!”
*°*°*°*
Cathe si lasciò cadere sul letto sbuffando e facendo pernacchie con
le labbra, per richiamare l’attenzione di Bill; l’aveva ritrovato nella stessa
posizione in cui l’aveva scorto prima di andare a fare la doccia: seduto a gambe
incrociate sul letto, il laptop sulle ginocchia, lo guardo assente e la mano che
guizzava anchilosata sul touchpad. La ragazza si girò sul fianco destro andando
a cozzare contro il gomito del moro:
“stai cercando di farti del male?” Bill mugugnò in assenso, mentre
Cathe recuperava gli occhiali abbandonati sul comodino: “no Bill così è
autolesionismo, immobilienscout 24…
non troveremo niente!”
“ah perché per agenzie abbiamo trovato vero?!” Cathe scosse la testa in diniego, in
totale quel giorno aveva visitato più di una quindicina tra case, appartamenti e
villette, e nessuna soddisfava i gusti suoi o di Bill; la ragazza controllò
distrattamente i criteri di ricerca impostati da
Bill:
“Altona? Ma stai scherzando?”
“perché?” le chiese il ragazzo con un sorriso sardonico, mentre si
distendeva nel letto: “mi sembrava ti piacesse!”
“ma a te no” gli rispose dubbiosa
Catharina
“ma se ci vivo da quasi 5 anni ad Altona, magari se cerco casa in
zona è perché mi piace, e perché sarebbe anche comoda per passare a trovare Tom,
Georg e Gustav… e poi non c’è una Steiner in
Elbchaussee?”
“si ma Bill stavo scherzando non dobbiamo prendere una casa per
forza ad Altona!” venne interrotta dall’indice di Bill che le sventolava davanti
come diniego:
“non casa… attico oppure loft!”
“di design?!” chiese Catharina con la sua classica smorfia che
sottointendeva un ti
adoro
“sì… stavo guardando se c’era qualcosa in giro di carino… ad un
prezzo umano, prima ne ho visto uno davvero bellissimo, più di 300 mq, su due piani, terrazza con pavimenti in
cotto toscano, vista mozzafiato…”
“a quanto Bill?!” lo sguardo di Catharina si era
illuminato
“troppo… 3 milioni e mezzo di euro…” disse il ragazzo in un soffio:
aveva riletto più volte la cifra, gli sembrava inconcepibile per un loft, anche
se di quella superficie
“cazzo… troppi! Non è giusto!” gli rispose Catharina
accovacciandosi meglio al suo fianco e solleticandogli i polpacci con i
piedi
“dai dammi un mano a vedere se c’è qualcos’altro di carino…
accidenti però vai a scaldare i tuoi piedacci gelidi da un’altra
parte!”
“uffi sei cattivo!” gli rispose Catharina strappandogli
letteralmente il computer dalle mani; fecero scorrere diverse pagine ma nessuno
degli annunci sembrava avere le caratteristiche adatte; ad un certo punto però
Cathe si bloccò e cliccò freneticamente su una pagina, emettendo uno speranzoso
eccolo!
Bill si affrettò a guardare il monitor, crogiolandosi per qualche
secondo nell’ illusione che fosse qualcosa di valido e carino: in effetti lo
era, aveva le caratteristiche precise che ricercavano Bill e Catharina, era
ampio, ben illuminato e soprattutto comodissimo a scuola e autostrada per lo studio di
registrazione.
Cathe fissava attonita lo schermo, gli occhiali calcati sul naso e
una buffa espressione sul volto: almeno così sembrava a Bill, che più che
guardare il monitor guardava la compagna. Era da tempo che non vedeva
quell’espressione sul suo volto, incredula felice e spaurita allo stesso momento. Forse
l’aveva vista solo quando se l’era ritrovata davanti alla porta di casa a
Loitsche alle quattro del mattino, l’espressione tipica dei bambini che stanno
combinando qualche disastro più grosso di loro ma che, allo stesso tempo, assaporano con
gusto.
E come quella notte Bill non seppe resistere all’espressione sul
viso di Catharina proprio non sapeva resistere: le prese il pc dalle mani e
salvò la pagina tra i preferiti, prima di abbandonare il laptop a terra e
trascinare Cathe sotto le lenzuola.
*°*°*°*
“insomma, dopo averlo visto su internet siamo andati a vederlo dal vivo, ed è
veramente meraviglioso come appartamento anzi, chiamiamolo con il suo nome:
super attico! Dovete vederlo ragazze è spettacolare, gigantesco, una cucina
enorme, per altro della Snaidero, quindi italiana, mica la Schiffini a cui sono abituata a casa dei gemelli…
poi ha pure la sauna, una camera matrimoniale bellissima, un soggiorno
gigantesco e una terrazza con vista meravigliosa!”
Catharina stava elencando le prodigiose qualità dell’appartamento
che aveva visto su internet alle sue amiche: era dovuta andare a Berlino per la
riunione settimanale con i vertici della Universal e aveva colto l’occasione per
parlare alle sue amiche dell’attico che aveva visitato con Bill; avevano
visitato un altro paio di appartamenti validi per le loro esigenze ma quello le
era rimasto particolarmente impresso e naturalmente aveva iniziato a
fantasticarci
“o forse ti è rimasto impresso il dopo visione salvifica su internet!” le
chiese Sabine con un inequivocabile gesto della mano “non è che oltre alla casa
mettete anche in cantiere altro?!” aggiunse ironicamente la ragazza; Catharina
la guardò allibita, arrossendo:
“NO! Ti ripeto no…” le rispose
arrossendo
“ma ci avete pensato.. ammettilo!” aggiunse
Medina
“eh va beh, ma più che pensato è Bill che ogni tanto fa strane
battutine, tipo che potremmo anche valutare le tre stanze da letto… non si sa
mai… in un futuro…, poi appena finita la frase diventa rosso come un peperone e
si eclissa, o se rimane dov’è inizia a diventare nervoso e minimo combina
qualche disastro. Tom in compenso ride come un matto, per non parlare di
Georg o Gustav, ma ormai a quei tre
mi sono abituata! E comunque in questo periodo non sarebbe proprio il caso di
mettere un figlio in cantiere…”
“perché no?” le chiese Medina
“perché ti ricordo che Marzo e Aprile siamo in tour e quindi non me
la sentirei proprio di affrontare massacranti viaggi per l’Europa, gravidanza,
Sylvia e casa, tutto insieme. Per tacere di David!”
“si in effetti non sarebbe semplice da gestire” le rispose Daniela
in tono costernato: “comunque, tornando alla casa, quanto costa la meraviglia?”
“Dani, mio tesoro, lascia che mi riprenda e che si riprenda anche
la mia mascella che è caduta quando ci hanno chiesto 790 000 euro!” rispose
sarcastica Catharina
“ urca… bruscolini proprio! Ma li vale almeno?!” le chiese la
ragazza
“eh forse sì, ma magari anche qualcuno in meno lo preferirei, anche
se in quella cifra è compreso doppio garage e spese, ma se magari riuscissimo a
far rientrare anche l’arredamento…”
“Cathe per favore parli come se fossi una morta di fame, anzi come
se tu e Bill foste dei morti di fame: guadagnate cifre da capogiro, anche se
investite i soldi in una casa non è poi così male come
investimento!”
“eh lo so, ma tutti nella casa non mi piace investirli, volevo
anche tenere qualcosa per Sylvia e poi considera che l’anno prossimo comincia la
scuola e se io e Bill siamo in tour magari Simone viene a stare su ad Amburgo
per tenere la piccola… magari prendiamo un appartamentino anche per lei e
Gordon.”
“chiedere a Tom di acquistare l’appartamento per i suoi sarebbe
troppo vero? Va beh che è anche lui un morto di fame…” ridacchiò
Sabine
“dai lo conosci,sai che bisogna prenderlo con la luna giusta per
fargli queste richieste!” concluse Catharina
“certo che è vero, certa gente è proprio tirchia!” disse Medina
“più soldi anno e più fanno i morti di fame!”
“sì sì!” le rispose Cathe: “di fronte a questi pancake di sicuro,
sono buonissimi, poi avevo una fame, stamattina non ho fatto colazione pur di
aver spazio nella pancia per il brunch, mi mancava questo rito con voi!”
“sei tu che sei fuggita ad Amburgo, ci hai abbandonato per il primo
paio di occhioni color caramello che ti hanno conquistato!” le dissero
praticamente in coro Sabine e Daniela
“potete biasimarmi?!” chiese a bruciapelo Catharina mentre ingoiava
l’ennesimo boccone di pancake grondante di
marmellata;
boccone che le andò praticamente di traverso quando sentì una mano
appoggiarsi sulla sua spalla e una fin troppo nota voce
richiamarla:
“ciao Cathe!”
Oh mio
Dio no, fa che non sia lui! Pensò
allarmata Catharina mentre brividi freddi le scorrevano lungo la schiena; la ragazza alzò lo sguardo fino ad
incrociare un paio di profondi occhi scuri e un espressione leggermente
beffarda, mentre il proprietario della mano, su cui luccicava una fede, la
salutava con finta cordialità.
No, ti
prego no…. Vattene per favore! Cathe
rimase letteralmente paralizzata sulla sedia, la forchetta a mezz’aria; deglutì
a fatica per pronunciare uno strascicato saluto:
“ciao Franz!” mormorò la ragazza,
impallidendo
“Cathe non mi aspettavo di trovarti qui a Berlino, come stai? Ti
vedo in ottima forma, decisamente in carne… eheh, sempre a mangiare vero? Non ti
smentisci mai!” le disse il ragazzo ridacchiando, mentre con un cenno indicava
il piatto davanti alla ragazza: “comunque, ti vedo molto cambiata, scommetto che te
la passi bene! Sempre dietro a quei quattro ragazzini? ah tu hai sbagliato
tutto, dovevi dare retta ai tuoi, guarda peccato che ci siamo persi di vista, mi
è spiaciuto che tu non sia venuto al mio matrimonio con Klara, ci saremmo
divertiti moltissimo!”
“eh peccato sì!” Catharina era pallida come un cencio e sentiva le
sue gambe diventare sempre più molli, come sul punto di svenire; l’anno passato praticamente lontano da
Berlino, lontano dai brutti ricordi, le aveva fatto dimenticare anche la causa
dei suoi guai e della sua malattia: quel Franz che era riapparso in quel momento
e non aveva perso tempo per rimbeccarla sul cibo e sul fatto che mangiasse, sul
fatto che pesasse 48 chili. Cercò di non pensare alla battuta del ragazzo ma
piuttosto su una scusa per non averlo più di fronte, un modo per mandarlo
via.
“guarda sono abbastanza di corsa, non ho molto tempo oggi Franz,
quindi piuttosto ci sentiamo ok?!”
“uh certo, una super manager come te non avrà di certo tempo, dai
magari ci vediamo allora! Torno da Klara, non vorrei mai mi dia per perso, la
conosci no?! Ci vediamo Catharina! Ragazze
arrivederci!”
Le tre ragazze rimasero allibite per il comportamento di Franz: lo
conoscevano da molto e sapevano benissimo che era stato la causa dell’anoressia
di Catharina, con le sue stupide battute e il suo continuo rimarcare la forma
fisica della ragazza.
“che testa di cazzo!” sibilò Sabine: “mi chiedo come facesse a
piacerti, è anche brutto! Oltre a essere un pezzo
di…”
Medina nel frattempo cinse con un braccio la spalla di Catharina:
aveva nascosto il viso in una mano, più che per celare i suoi occhi pieni di
lacrime, per evitare di rivedere, anche solo per sbaglio, il viso del ragazzo.
Alzò leggermente lo sguardo, fissando il piatto con i pancakes abbandonati: lo
allontanò
“ragazze non ho più fame, andiamo per favore ho bisogno di
aria!”
Oltre che di aria Catharina aveva bisogno di restare sola a
riflettere: si era congedata in fredda dalle sue amiche, forse troppo
sbrigativamente perché le tre ragazze potessero credere che stesse realmente
bene, soprattutto psicologicamente;
no, psicologicamente era distrutta, continuava a pensare alle frase
dette da Franz, dette con astio, con cattiveria gratuita, con ironia: lei non
gli aveva fatto niente, non l’aveva di certo provocato e lui di nuovo, con la
sua solita espressione arrogante, le aveva rinfacciato il suo modo di
essere.
Aveva passato la restante parte della giornata a camminare ,
cercando di capire: capire il perché
di quella battuta, il perché l’avesse trattata in quel modo, il perché le fosse
piaciuto quel ragazzo così arrogante e pieno di sé, con mille difetti
macroscopici; che però lei aveva sempre trovato perversamente calzanti su uno
come lui; ma anche terribilmente attraenti.
Era la Dickensiana attrazione dell’uomo verso il male: lo sapeva
benissimo, eppure, dopo quasi cinque anni, Catharina continuava a porsi la
stessa domanda:
E se veramente fossi io quella sbagliata? E se avesse ragione lui?
Le rimbombava in testa come un mantra, come una maledizione; le
venivano in mente le immagini di tutto ciò che aveva passato, le sensazioni, le
domande che si era posta; di nuovo in quel maledetto undici febbraio: come
quattro anni prima, si ritrovava ad un bivio in quel dannato e fottutissimo
giorno.
Quattro anni prima il bivio era stato lottare o lasciarsi morire
dopo essere collassata, per farla finita ed evitare ulteriore
sofferenza.
Undici
febbraio: mentre
quelle lettere formavano un indistinta parola nella sua mente, Cathe afferrò la
borsa e corse in bagno, in modo frenetico cercò lo spazzolino da denti tra le
mille cianfrusaglie della pochette.
Scusami Sylvia
Pensò prima di infilare il gambo dello spazzolino in
gola
Scusami Bill
Pensò mentre i conati acidi risalivano il suo esofago e la facevano
piegare sul lavandino.
*°*°*°*
Quando si sedette al proprio posto sul treno per Amburgo, Catharina
si sentiva in un limbo, divisa a metà tra il senso di colpa e il delirio di
onnipotenza. Erano ormai passati ormai tre mesi da quando aveva ricominciato: odiava quella frase,
le sembrava più adatta a qualcuno che si drogava piuttosto che a qualcuno come
lei.
Ma come
me… cosa? Un’anoressica depressa?
Le era difficile ammettelo, nel suo inconscio l’anoressia non
esisteva, non era tornata a farle compagnia; cercava di negarlo a se stessa
tutto ciò che faceva per essere magra.
Negava a se stessa le serate passate in palestra o in piscina per
eliminare le poche calorie assunte con la scarsa dieta; negava a se stessa i
pasti saltati, negava a se stessa i 6 chili persi nel primo mese e mezzo e gli
altri 3 per cui lottava costantemente, la taglia 38 che cominciava ad essere
larga per i suoi 39 chili, negava che lo spazzolino, i lassativi, che erano
tornati a farle compagnia, e i diuretici che stavano diventando i suoi nuovi
compagni.
Era spesso stanca, a
volte si addormentava sfinita sul divano e non aveva capacità di concentrazione;
ma più il suo fisico dava segni di cedimento, più lei perseverava nel punirlo.
Aveva scoperto quanto funzionassero bene quei farmaci, meglio di qualsiasi
lassativo e senza quasi effetti collaterali: sì, a volte aveva accusato qualche
capogiro, ma di fronte alle altre persone che la circondavano lo minimizzava con
scuse quali stanchezzan insonnia o stress.
Soprattutto cercava di negarlo di fronte a Bill, sdrammatizzava il
suo dimagrimento con scuse quasi assurde, come se il ragazzo non si accorgesse
delle ossa sporgenti ogni volta che accarezzava il suo
corpo.
Si era ritrovata a
pensare che se fosse dimagrita gradualmente né Bill né nessun altro se ne
sarebbe accorto.
L’aveva minimizzato anche di fronte Sylvia quella stessa mattina, e quel
pensiero non le aveva dato pace durante tutta a
giornata.
Perché
Catharina iniziava ad aver paura quando stava con la piccola.
Folle, tremenda
subdola paura che la bambina potesse capire cosa le stava succedendo; che
potesse allontanarsi da lei, spaventata dai suoi comportamenti: perché Sylvia
era perfettamente cosciente di cosa accadesse quando Cathe si rinchiudeva in
bagno.
La guardava con occhi diversi, aveva uno sguardo diverso, per metà
indagatore e per metà giudice, come a volerle dire io so.
L’aveva visto quella mattina, quando se l’era ritrovata di fronte
dopo che Cathe aveva svuotato nel lavandino la tazza del the: solo due sorsi,
niente zucchero, niente dolcificante, solo acqua calda; aveva visto quel guizzo,
le era addirittura sembrato che la piccola aggrottasse il sopracciglio nel gesto
tipico di stizza che Bill riservava solo nei litigi con lei o il
fratello;
io so
E tu non puoi nasconderti
Non poteva farlo, non di fronte all’incapacità di sollevare i 15
chili di Sylvia: era leggera, aveva la struttura fisica del padre, ma quella
mattina Catharina non ce l’aveva proprio fatta a prenderla in braccio; appena
issata aveva sentito la testa che le girava, una strana sensazione al cuore e il
suo intero corpo che la tradiva: riappoggiandola a terra si era sentita
trafiggere dall’occhiata della bimba.
io so… perché lo fai Cathe?
-vorrei proprio saperlo anche io Sylvia!- la ragazza fissava la
foto sullo schermo del cellulare: si era spesso domandata il perché si stesse
rovinando in quel modo; le sembrava semplicemente assurdo, non avrebbe avuto
motivi, non aveva motivi per farlo: eppure non riusciva a smettere, non riusciva
a confidarsi con nessuno.
Perché farlo avrebbe significato ammettere: ammettere la malattia,
ammettere la ricaduta, ammettere di non essere sicura del passo che stava per
fare con Bill.
Ecco perché non aveva preso ancora una decisione definitiva sulla
casa: Cathe tergiversava, pur essendo convinta dell’attico in Elbchaussee: lo
era stata dal primo momento in cui l’aveva visto su internet, e ancora di più
dopo che l’avevano visto dal vivo. Bill l’assecondava, forse per paura di
metterle premura nella scelta della casa, ma ogni giorno cercava comunque di
capire il perché Cathe non avesse deciso.
E per Catharina stava diventando sempre più difficile
mentirgli.
Stava per rimettere in borsa il suo N71 quando il cellulare si mise
a squillare: Bill
Catharina tardò leggermente a rispondere, più che altro per evitare
un tono di voce da cui potesse trasparire la sua
preoccupazione:
“ohi!”
“Catheee!” la vocina squillante di Sylvia la fece quasi trasalire:
certamente non si aspettava potesse essere la piccola all’altro capo del
telefono, ma la cosa le fece migliorare decisamente il suo stato d’animo, anche
se si rendeva perfettamente conto che appena riagganciato si sarebbe sentita
ancora più in colpa;
“Sylvia! Cucciola sto quasi per partire da Berlino, tempo due ore e
sono in stazione ad Amburgo, mi venite a prendere?” domanda retorica ma le
piaceva sentire l’entusiasta risposta i Sylvia
“certamente! E con la macchina nuova!”
“la macchina nuova?!” Catharina si era scordata che quella sera
consegnavano a Bill la nuova macchina, BMW serie 5 familiare, si era finalmente
convinto che la cabrio non era di certo adatta per Sylvia anche se la piccola
adorava farsi scorrazzare dal padre.
“sì certo! ci porta zio Tomi a prenderla e poi veniamo da te in
stazione!” la bimba urlava entusiasta dall’altro capo del telefono, Bill però si
fece passare Cathe
“ciao! Tutto a posto? Te ne eri dimenticata
vero?”
“no non dimenticata, diciamo che non mi ricordavo!” disse
ridacchiando la ragazza, in effetti si era completamente dimenticata, anche
perché c’erano stati diversi disguidi in concessionaria e la consegna era stata
posticipata di almeno una settimana
“beh in effetti, doveva arrivare giovedì scorso, oggi siamo a
venerdì, con quello che l’ho pagata una settimana di ritardo mi sembra
esagerato!”
Una
settimana di ritardo
Quelle parole furono un fulmine a ciel sereno nella mente di
Catharina: non badò più alla conversazione con il compagno, la sua attenzione si
era focalizzata su quella frase.
Una settimana di ritardo, sette giorni…lei lo realizzò solo in quel
momento: in effetti dovevano
arrivarle il giovedì precedente, era rimasta pure contrariata all’idea di dover
inaugurare la nuova macchina all’insegna di mal di pancia e crampi alle
gambe.
Poi la macchina non l’avevano consegnata e lei non ci aveva più
fatto caso al ritardo del ciclo.
Oh merda!
*°*°*°*
Catharina aveva impiegato ancora una settimana a convincersi prima
di fare il test, anzi più che farlo ad acquistarlo; passava davanti ad una
farmacia e rallentava il passo, cercando in quei pochi secondi di prendere
coraggio ed entrare: coraggio che le era sempre
mancato.
Era troppo fragile in quel momento per pensare all’avere un figlio,
era spaventata all’idea che ci potesse essere qualcosa dentro di lei; fisicamente
sentiva che non ce l’avrebbe fatta: era particolarmente stanca, a volte le
mancava il fiato e i capogiri erano la sua compagnia già appena sveglia;
continuava a digiunare e si ostinava con massacranti sedute in
palestra;
Era cosciente che se fosse stata realmente incinta, sarebbe stato
deleterio per il bambino, ma ciò nonostante
continuava.
Perché non era sicura di nulla, né dell’essere incinta, né di come
avrebbe reagito Bill, né se lei
avesse realmente voluto quel figlio.
Perciò tergiversava.
Era seduta sul lettone matrimoniale ancora sfatto, rigirava tra le
mani la scatoletta rosa che era corsa ad acquistare non appena Bill era uscito
per andare ad un’intervista, solo lui, per una volta Tom era rimasto a
casa;
non lo sentì neanche salire le scale, si accorse della presenza del
rasta solo quando vide aprirsi la porta della stanza: temendo fosse Sylvia,
Catharina nascose furtivamente la scatola sotto il piumone, per evitare
imbarazzanti domande della piccola; non fu però abbastanza veloce per evitare
l’occhiata curiosa di Tom: il ragazzo rimase sulla porta con un sorriso
stranamente tenero sulle labbra, quasi dolce, aggettivo incosueto se associato
al ragazzo:
“cosa nascondi? Regalo per mio
fratello?”
Cathe non poté fare a meno di sospirare, mentre si accoccolava a
gambe incrociate sul letto, cercando di scomparire nell’enorme tuta da casa
della Gap
“in un certo senso…” gli rispose tentennando la
ragazza
“fai vedere allo zio Tomi cosa hai comperato…” il rasta le si
avvicinò con aria sorniona
Zio
Tomi… bravo! Hai centrato in pieno l’argomento pensò
Catharina
La ragazza semplicemente gli porse l’astuccio, abbassando lo
sguardo. Tanto si immaginava benissimo l’espressione del rasta: stupita,
sconvolta, forse meravigliata, magari anche contenta; sentì il ragazzo sedersi
accanto a lei e cingerle le spalle con un braccio:
“quanto hai di ritardo?”
“17 giorni… è una
settimana che sto cercando di fare il test ma non ho coraggio!” rispose la
ragazza in un soffio
“Bill lo sa?” touché pensò Cathe mi conosci proprio bene
ormai!
“non gliel’ho ancora detto… ho paura di
dirglielo…”
“tanto se sei incinta glielo devi comunque dire… quindi trova il
coraggio e fai questo test… ma perché voi donne dovete essere così titubanti?! È
la cosa che forse volete di più al mondo, e quando arriva il momento vi mettete
a fare scene degne di una telenovela brasiliana!”
Catharina ridacchiò: “sei molto d’aiuto
così…”
“cerco di spronarti…” il ragazzo le strofinò il braccio per
sottolineare le sue parole: “credo che a Sylvia non spiacerebbe un fratellino o
una sorellina!”
“adesso sarebbe troppo un macello, siamo a metà tra due tour e non
abbiamo ancora deciso per la casa…”
Tom si alzò in piedi e le si parò davanti: “così vi
deciderete!Cathe mi ricordo quando mio fratello mi ha detto che stava per
arrivare Sylvia: era sgattaiolato in camera mia in piena notte, svegliandomi… mi
aveva tirato via il piumone e si era accoccolato contro di me; mi ricordo che mi
disse –Tomi ho combinato un casino- so che l’avevo guardato malissimo e poi mi
ero accorto del suo sorriso estasiato, da un’orecchia all’altra –Sylvia è
incinta…- era scoppiato a piangere, rideva e piangeva nello stesso momento, io
so di avergli risposto che sarebbe stato un ottimo padre… e avevo pienamente
ragione…”
“come sempre…” lo interruppe ironicamente
Catharina
“quello è scontato…comunque credo che il punto qui sei tu, non
Bill… se, come dice qui, comparissero due barrette rosse cosa
faresti?”
Cathe prese un profondo respiro: si vide praticamente passare gli
episodi salienti della sua vita, ebbe la stessa sensazione avuta quando Bill le
aveva detto la prima volta di Sylvia, uno strano flash forward; si alzò per
riprendere il test che aveva ancora in mano Tom;
“probabilmente urlerei come una matta e… piangerei, e riderei… e
non so…!”
Il rasta l’abbracciò: “vado sotto a controllare Sylvia, se urli
voglio che ti senta persino mia madre a Loitsche!”
Catharina ridacchiò mentre lo superava per raggiungere il
bagno.
Scese dopo mezz’ora abbondante: con un braccio reggeva il cesto dei
panni per l’asciugatura rapida nella seccatrice condominiale, molto più capiente
e potente della sua; nell’altra mano il test;
sapeva benissimo che Tom l’attendeva al fondo delle scale: era fin
troppo prevedibile che non sarebbe mai salito a cercarla, su certi argomenti era
timoroso, quasi pudico; aveva abbassato lo sguardo per celare la punta di
orgoglio nei suoi occhi
“probabilmente hai raggiunto gli ultrasuoni, ecco perché non ti ho
sentita...” ridacchiò il ragazzo, solo in quel momento alzò gli occhi ad
incrociare quelli di Catharina: rossi e gonfi di pianto, un’espressione tirata
sul viso pallido, quasi sofferente, le labbra leggermente
violacee;
“ti senti bene?” le chiese il rasta
avvicinandosi
Cathe sospirò profondamente: in effetti in quel momento si sentiva
malissimo, la testa le girava e si sentiva come un peso sullo sterno; appoggiò
il cesto a terra per dare a Tom il
test
“negativo… non sono incinta!” gli rispose
laconicamente
Il biondo sospirò amaramente, poteva solo immaginare come si
sentisse Catharina in quel momento, ma anche a lui spiaceva fosse negativo: era
un periodo abbastanza brutto per Cathe e aveva sinceramente sperato che lei
fosse incinta; il bambino sarebbe stato uno sprono, magari sarebbe tornata a
sorridere.
Magari sarebbe tornata a mangiare
Perché se Bill faceva finta i non accorgersene, per paura che
Catharina fosse malata, Tom se ne era accorto benissimo: temeva realmente che
fosse ricaduta nell’anoressia.
Un profondo sospiro della ragazza lo ridestò dai suoi
pensieri:
“sarà per il prossimo mese…” gli disse laconicamente
Catharina
Tom annuì: “beh certo, però mi raccomando, vai dal medico, è strano
il tuo ritardo… ma sei sicura di stare bene?!”
“benissimo! Mai stata meglio!” gli rispose Cathe con un sorriso
forzato, mentre riprendeva la cesta dei panni: “vado ad asciugarli… porto Sylvia
con me!”
Mentre Catharina e Sylvia sparivano dietro la porta, Tom non potè
fare a meno di sospirare
“se lo dici tu di stare bene…”
*°*°*°*
“non ce la farai mai, ti scopriranno prima che tu riesca ad
arrivare al parcheggio! È violazione di domicilio, se scavalchi questa
recinzione ti possono anche mettere dentro!”
Erika non badò alle parole delle sue amiche: per i suoi 17 anni si
voleva regalare un sogno e magari anche una piccola rivalsa sulle sue amiche che
credevano che non sarebbe mai stata in grado di entrare nel residence dove
abitavano i gemelli.
Aveva una smodata passione per Tom, a detta di molti; una
venerazione immeritata a detta di altri; un’infatuazione passeggera a detta dei
suoi genitori; a detta sua era semplicemente amore.
Un amore particolare, fatto non da frasi degne dei cioccolatini,
tag disegnate sul diario o poster attaccati ad un muro; era un amore cresciuto
piano, giorno dopo giorno, nato già ai tempi dei Devilish: più che per Tom dei
Tokio Hotel era per Tom il rasta di Loitsche; sapeva che sotto quella corazza
mediatica che si era costruito in realtà era un ragazzo semplice, per cui Erika
non si era intimorita e aveva deciso che l’avrebbe
conosciuto.
O almeno avrebbe fatto una foto davanti all’Escalade, giusto per
far morire di invidia le sue amiche.
Dall’alto del suo 1,79 , stessa altezza di Tom per cui ne andav
fiera, iniziò a scvalcare la recinzione quando venne richiamata dalle sue amiche
che le indicavano una ragazza con una bambina che passavano nel
cortile:
“prego vai adesso che ci sono due persone: quella è gente ricca,
non esita un attimo a chiamare la sicurezza o la polizia e tu come glielo
spieghi?”
Erika aspettò che madre e figlia passassero ed entrassero
nell’edificio basso appena accanto al parcheggio, lontano pochi metri dallo
sfavillante Escalade nero parcheggiato proprio davanti al condominio dei
gemelli
“Non glielo spiego perché tanto non mi beccheranno!” la ragazzina
scavalcò la recinzione: “se avete paura non siete obbligate a stare
qui!”
“buona fortuna!” le risposero ironicamente in coro le amiche,
mentre Erika si allontanava a grandi falcate verso il
fuoristrada
Era certamente un ragazza dall’aspetto non comune: alta per i suoi
17 anni, lunghi capelli neri e occhi grigi prennemente nascosti dietro gli
occhiali da vista, rigorosamente Gucci; intelligente e studiosa a dispetto del
suo look dark firmato, grazie alla carta di credito paterna; la si poteva
scambiare per la copia al femminile di Bill se si escludeva una smodata passione
per macchine, moto e motori in generale, e per l’heavy
metal.
Titubò qualche attimo prima di accarezzare il cofano dell’Escalade:
la macchina del suo sogno fatto uomo
era lì, sotto le sue dita; si voltò verso le sue amiche, lanciò loro uno sguardo
di sfida prima di estrarre la macchina foto dalla tracolla e immortalare il
fuoristrada. Non si accorse che nel frattempo le sue amiche si erano
allontantate appena avevano scorto la bambina, passata nel cortile pochi istanti
prima, avvicinarsi ad Erika.
Sylvia era rimasta sulla porta della lavanderia, non le piaceva
quell’ambiente buio e angusto, con un forte odore di cloro: se vi andava con
Cathe preferiva rimanere appena fuori o gironzolare per il cortile; la figura di
Erika aveva attirato la sua attenzione: era simile al suo papà ma soprattutto
non l’aveva mai vista in giro per il complesso
residenziale.
Aveva quindo deciso di scoprire chi fosse, tanto più che la
misteriosa ragazza era pericolosamente vicino al fuoristrada dello zio, suo
parco giochi di elezione insieme alla Mercedes di
Cathe.
“ciao! Come ti chiami?” la vocetta gioiosa di Sylvia fece trasalire
Erika che si voltò subito, colta in flagranza mentre accarezzava la maniglia del
fuoristrada: ci mise un attimo a collegare che la vocetta apparteneva alla
biondissima bimbetta ch la stava fisando con occhi
curiosi
“sono Erika, ciao!” le rispose titubante la
ragazza
“piacere, io mi chiamo Sylvia! In che casa
abiti?”
Erika si guardò intorno spaesata, la piccola sembrava molto sveglia
a dispetto della sua età: “laggiù!” rispose vaga; aveva la sensazione di aver
già visto da qualche parte quella bimba
“non ti ho mai vista per il cortile! Sei venuta anche tu a fare il
bucato?”
“ehm… veramente no… tu invece aiuti la tua
mamma?!”
“no, Cathe non è la mia mamma, è la compagna di papà!” Sylvia
scandì quelle parole con un certo orgoglio
“ e tu comunque non l’aiuti!” puntualizzò Erika sperando che la
piccola tornasse dalla matrigna
“no… la lavanderia puzza terribilmente, non mi
piace!”
“scommetto però che ti piace questa macchina, o sbaglio?” le chiese
Erika
“certo! Perché a te no? Ma perché la stai toccando? Non è mica
tua!”
-sagace!- pensò Erika: “Sylvia ma quanti anni
hai?”
“quattro e mezzo! E
tu?”
“17 oggi!” disse Erika con orgoglio, venne subito stroncata da
Sylvia
“li porti male! Te ne davo almeno due in
più!”
“ma non si dicono queste cose… i tuoi genitori non ti hanno
insegnato che non bisogna commentare…”
Erika si interruppe quando sentì un rumore sordo provenire dal locale
lavanderia, una specie di tonfo a cui seguirono una serie di suoni metallici,
come delle scatolette che rotolavano per terra.
Sylvia trasalì e si mise a correre verso il locale chiamando
Catharina; Erika la seguì, aveva avuto una strana sensazione: Cathe era riversa
per terra, pallidissima, le labbra cianotiche e un livido rossastro sulla
fronte, segno che nella caduta aveva battuto contro lo sportello aperto della
lavatrice.
La ragazza si chinò per soccorrerla , perfettamente cosciente della
gravità della situazione: suo padre era primario di una clinica, i sintomi che
presentava Catharina li conosceva perfettamente;
provò a chiamarla un paio di volte, scuotendola leggermente
sperando riprendesse conoscenza; si girò verso la piccola per mandarla a
chiamare aiuto: Sylvia era rimasta paralizzata dalla paura, accucciata accanto a
Cathe
“piccola vai a chiamare il tuo papà, dille che la mamma non è stata
bene!” le intimò Erika
“papà non c’è, è uscito…” le rispose balbettante la
bambina
“non c’è nessuno in casa?” Erika sperava che qualcuno accorresse in
suo aiuto
“c’è lo zio!”
“corri a chiamarlo allora, presto!” mentre Sylvia spariva dalla
visuale, Erika cercò di far riprendere Catharina
“ragazza svegliati, fammi il regalo di compleanno! Fallo per tua
figlia!”
Erika non si rese conto se erano passati minuti o pochi attimi, si
senti spostare da parte da un’ombra massiccia, mentre Sylvia iniziava a
singhiozzare accanto alla figura
Accanto allo zio
Accanto a colui che la piccola aveva chiamato
zio
Tom
Kaulitz
“zio?” balbettò Erika, sconvolta per la visione e per le parole
della piccola: il ragazzo si girò di colpo, non si era reso conto che la ragazza
presente non fosse un’inquilina del complesso
“oh merda!” esclamò il ragazzo, angosciato all’idea che qualcuno
avesse appena scoperto di Sylvia
“come zio? Sei suo zio?” Erika lo guardava interrogativa; Tom
ribatté arrabbiato, in quel momento era comunque più preoccupato per Catharina
che per il segreto riguardo a Sylvia
“sì sono suo zio contenta? E tu chi sei? Una fottuta giornalista?
Ma come cazzo hai fatto ad entrare?!”
Erika non si perse d’animo: “non sono una giornalista se è quello
che ti preoccupa, pensa piuttosto a lei, dobbiamo portarla in ospedale, cazzo
questa è una crisi cardiaca! Mio padre è primario, la portiamo nella sua
clinica, è qui vicino!”
Tom non se lo fece ripetere e prendendo in braccio Catharina la
portò al fuoristrada: la adagiò sul sedile posteriore ed aiutò Sylvia ad
issarsi; Erika fece per allontanarsi ma il rasta la
bloccò:
“tu vieni con noi!” le disse strattonandola sul sedile accanto a
Cathe.
Ok… che fatica! Per fortuna è finito…
Ve l’avevo scritto nelle prime righe che sarebbe stato angst e che
il tema trattato, l’anoressia, NON va PER NESSUN MOTIVO
imitato
Spero di non aver turbato la vostra suscettibilità, anche se temo
in molti commenti negativi, va beh, preferisco decisamente gli insulti; l’anoressia esiste, non è solo
una moda! l’anoressia il più delle volte è solo la punta di un disagio più
profondo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** ascending... descending ***
Ecco qui, nuovo capitolo!
diciamo che è solo una prima parte, giusto per non farvi
rimanere troppo con il fiato sospeso…
enjoy it!!
La canzone è “My skin” di Natalie
Merchant: vi consiglio di ascoltarla
Capitolo 21: ascending…descending
Take a look at my body
Look at my hands
There's so much here
That I don't understand
Your face saving promises
Whispered like prayers
I don't need them
I don't need them
I've been treated so
wrong
I've been treated so long
As if I'm becoming
untouchable
“Quando hai
paura basta che ti rifugi in un posto tranquillo e pensi a cose belle,
vedrai che passa tutto!”
Cathe lo ripeteva a Sylvia ogni qualvolta la piccola aveva
paura; le aveva spiegato che il posto tranquillo poteva essere la sua
cameretta, il piumone del lettone, la mansarda dai nonni o anche un
punto recondito nel suo cuore, il posto tranquillo dove conservava i
ricordi più belli e felici. Sarebbe bastato pensare a uno
qualsiasi di quei momenti e tutto si sarebbe sistemato.
Non avrebbe più avuto paura.
Sylvia non ci riusciva: aveva pure chiuso gli occhietti, strizzando le
manine a pugno, pur di allontanare l’immagine di Catharina
distesa accanto a lei sul sedile dell’Escalade; ogni volta
che li riapriva, però, Cathe era ancora lì,
immobile, le labbra sempre più violacee, il viso pallido, le
mani fredde.
Le si accoccolò contro, stringendole la vita, mentre con
l’altra mano le accarezzava lentamente una guancia:
esattamente come avrebbe fatto Catharina con lei.
Sentiva il confuso vociare di Tom ed Erika, quella strana ragazza che
aveva conosciuto poco prima: parlavano di ospedale, cliniche, dottori;
aveva visto la ragazza armeggiare con il cellulare e chiamare il padre,
le aveva sentito pronunciare la parola cuore seguito da qualche
parolone molto simile: accarezzò con la manina il petto di
Catharina, per poi appoggiarvi sopra la guanciotta paffuta,
bisbigliandole piano di non aver paura.
Perché lei ne aveva, così come Tom: Sylvia non
aveva mai visto lo zio tanto preoccupato, la mano con cui cambiava le
marce tremante, gli occhi riflessi dallo specchietto carichi di paura,
mentre guidava infischiandosene deliberatamente dei limiti;
perché doveva arrivare il prima possibile, perché
doveva rispettare il tacito patto fatto al fratello, di proteggere
Cathe e Sylvia quando lui non era con loro.
E Tom sentiva di essere venuto meno a quel patto, di non essere
riuscito a proteggere le due ragazze Kaulitz come venivano
affettuosamente chiamate in famiglia; perché quando
Catharina era stata male, lui era spalmato sul divano a guardare
insulse televendite, invece di aiutarla: perché sapeva
benissimo che in Cathe c’era qualcosa che non andava, che
stava male;
sapeva benissimo quanto era dimagrita
se ne era accorto quella stessa mattina quando l’aveva
abbracciata, per infonderle un po’ di coraggio e mitigare la
delusione per l’esito del test; quelle scapole ossute, le
braccia sottili.
E nessuno si era accorto di niente
Si voltò un attimo, giusto il tempo per controllare Cathe e
Sylvia, per tranquillizzare la piccola: vide la bimba accarezzare
dolcemente la ragazza, sussurrarle piano quanto le voleva bene, per poi
accoccolarsi più vicina e prometterle che le sarebbe stata
vicina, in una strana e dolorosa inversione di ruoli;
Sylvia non volle allontanarsi neanche quando i paramedici sollevarono
la ragazza per trasportarla al pronto soccorso: Tom fu costretto a
prenderla in braccio, stringendola a sé per evitare che
vedesse le reali condizioni di Cathe, ormai circondata da medici e
infermieri.
La vide sparire dietro una porta a battenti, di uno strano e
inquietante verde salvia, mentre le stesse persone che prima la
circondavano iniziarono a gridare ordini, frasi strane e confuse,
parole incomprensibili come
non c’è polso, è in arresto
oppure è
cianotica o ancora dobbiamo
intubarla.
Sentì ancora Erika chiedere al padre, primario in
quell’ospedale e subito accorso dopo aver ricevuto la
telefonata della figlia, di salvare Catharina: il tono supplice di chi
sta soffrendo, così in contrapposizione
all’occhiata gelida che le scoccò il padre.
Furono ultime parole che sentì, prima che il vociare confuso
si calmasse, sparendo al di là della porta del pronto
soccorso.
Tom rimase immobile per una manciata di minuti, lo sguardo fisso sulla
porta mentre con una mano accarezzava distrattamente la schiena di
Sylvia: la piccola aveva appoggiato la testa nell’incavo del
collo del ragazzo, lo sguardo frastornato di chi non capisce cosa stia
succedendo; si guardava in giro accigliata, per cercare di cogliere
particolari che le permettessero di capire:
capire dove fosse Catharina
capire cosa stesse succedendo
aveva timore di chiedere a Tom, così silenzioso e cupo;
sapeva che quando lo zio si comportava in quel modo era meglio non
stuzzicarlo, anche se in quel momento la piccola colse un guizzo
diverso nello sguardo del rasta, capì istintivamente che Tom
aveva la sua stessa paura per ciò che stava accadendo a
Catharina: allungò la manina per asciugare la lacrima che
stava rigando la guancia del ragazzo.
Fu un gesto catartico per il ragazzo, lo costrinse a ritornare
partecipe, dissolvendo l’isolamento in cui si era rifugiato:
per non pensare;
per non dover inventare una scusa per Sylvia;
per trovare il coraggio di chiamare Bill.
e non sapeva come dirlo al fratello.
Si sedette su una delle seggiole della sala d’aspetto,
facendo accomodare Sylvia su quella accanto; pur essendo nella clinica
privata più rinomata di Amburgo, quelle sedie sembravano
quelle di un ospedale: fredde, strette, troppo scomode per fare
qualsiasi cosa tranne ragionare.
Probabilmente erano progettate apposta come memento, fatto
sta che Tom le odiava;
ad esclusione della sua nascita, era stato solo altre due volte in una
clinica: due anni prima, quando avevano operato Bill, e per fortuna era
andato tutto nel migliore dei modi;
prima ancora, invece, per la nascita di Sylvia.
E tutto si stava ripetendo esattamente come quel giorno: la corsa
disperata in ospedale, i medici che sparivano con Sylvia dietro le
pesanti porte della sala operatoria; nessuno che ti dice niente,
nessuno che ti guarda in faccia, nessuno che ha una parola di conforto.
Solo che Bill stavolta non era lì con lui
Se ci fosse stato, Tom avrebbe dovuto avere coraggio per entrambi,
avrebbe dovuto tirare fuori la forza per asciugare le lacrime del
gemello, per confortarlo, per assicurargli che stavolta sarebbe andato
tutto bene;
era da solo invece, non riusciva neanche a trovare il coraggio per
chiamare Bill.
Non avrebbe saputo come dirglielo
Perché fin che certe situazioni non le vivi sulla tua pelle,
non le puoi capire; Tom nel suo egoismo aveva sempre pensato che certe
cose accadono solo nei film, non nella vita reale; aveva sempre sperato
di non dover chiamare il fratello e dirgli che la ragazza che amava
rischiava di morire
Avrebbe voluto fosse qualcun altro a fare quella telefonata, a
mandargli un messaggio o qualsiasi altra assurdità.
Sapeva però che se fosse stato qualcun altro ad avvertirlo,
Bill non gliel’avrebbe mai perdonata;
lui non se lo sarebbe mai perdonato;
Si sentì strattonare una manica della felpa da Sylvia:
“dobbiamo chiamare papà!” gli disse
semplicemente la piccola, mentre gli si sedeva in braccio,
aggrappandosi all’enorme felpa del ragazzo, per
cercare protezione, la testa appoggiata al petto dello zio.
Tom la strinse a sé, mentre estraeva il cellulare dalla
tasca dei pantaloni: la mano gli tremava, era terrorizzato
all’idea di avvertire Bill
Era terrorizzato all’idea di non essere con Bill.
Contempt loves the
silence
It thrives in the dark
With fine winding
tendrils
That strangle the heart
They say that promises
Sweeten the blow
But I don't need them
No, I don't need them
I've been treated so
wrong
I've been treated so long
As if I'm becoming
untouchable
Bill era uscito dal locale in cui aveva dato appuntamento per
l’intervista di pessimo umore; l’intervistatrice
era la classica giornalista iena, con cui è impossibile
parlare senza che le tue parole vengano travisate e i fatti raccontati
distorti.
L’ultima cosa che avrebbe voluto il ragazzo era la sua vita
privata messa in copertina: era stato ben abituato alle interviste
concordate da Cathe con Vanity Fair (leggi Sabine, per cui
ciò che tu le dicevi di scrivere lei lo scriveva) o con
altri giornali in cui la ragazza aveva conoscenze;
ma quella che si era trovato di fronte quel mattino era la classica
giornalista in carriera: più copie il suo giornale per
teenager vendeva, meglio era per il suo conto in banca; più
succulento lo scoop su Bill Kaulitz, meglio era per a sua carriera.
Gli aveva letteralmente sbattuto in faccia le foto che già
avevano fatto il giro di Bravo e del web qualche settimana addietro:
foto di lui e Cathe in giro per Amburgo, a piedi o con la cabrio;
foto che dicevano tutto o nulla, su cui si poteva ricamare qualsiasi
cosa: l’intervistatrice era molto decisa nel ricamarci sopra
la sua verità e a poco erano valse le smentite di Bill.
Dunja l’aveva dovuto trattenere un paio di volte
dall’insultarla ed era stato un sollievo per entrambi quando
avevano congedato la rampante impicciona:
“Dunja, la prossima volta l’intervista la combina
Cathe, almeno siamo sicuri di chi ci troviamo di fronte!” le
disse il ragazzo con tono esasperato mentre camminavano verso il
parcheggio, guardando distrattamente le vetrine
“no no Bill, la prossima volta va direttamente Cathe al posto
mio, sono già abbastanza stressata così senza
bisogno che ci si metta pure una come quella! Santo cielo, è
già tanto che non abbia fatto ricerche su
Catharina!”
“ah sì ci mancherebbe solo più di avere
alle calcagna i paparazzi; già è difficile
così, se ancora ci ritroviamo le telecamere per casa
è la volta che ci viene l’esaurimento, o che mio
fratello picchia qualcuno sul serio…”
Bill si interruppe appena sentì squillare il cellulare:
iniziò a frugare nella borsa mentre Dunja alzava gli occhi
al cielo rassegnata mormorando qualcosa su quanto fosse sempre
stracolma la borsa del ragazzo;
“ohi Tomi! Ho appena finito, quella donna era di uno
stressante assurdo, davvero, pentolino di cazzi suoi proprio
no!” era uno dei difetti di Bill, non dava il tempo a chi era
dall’altro capo del telefono di proferire anche solo mezza
sillaba;
Bill però si interruppe quando sentì il sospiro
di Tom: forse più che un sospiro era stato un Bill
strozzato, ma il moro intuì che era successo qualcosa;
“cos’è successo Tomi?”
impallidì pronunciando quella frase
Tom prese un lungo respiro, non sapeva neanche lui come dare la notizia
a Bill, sperava solo che il ragazzo riuscisse a rimanere lucido quanto
bastava a raggiungere l’ospedale:
“Catharina…” il rasta
singhiozzò “è stata male, è
svenuta e adesso… siamo qui all’ospedale,
l’hanno portata dentro, credo al pronto soccorso, non so
nulla Bill, ti prego vieni! Scusami scusami Bill!”
Dunja si girò sentendo il tonfo a terra della borsa di Bill:
vide il ragazzo tremare, le labbra che si muovevano convulsamente
mimando frasi senza senso, lo sguardo fisso e pieno di lacrime:
“Bill cosa è successo? Stai bene?”
Il ragazzo le porse il cellulare, riuscendo a pronunciare solamente uno
strascicato Cathe; la donna si fece spiegare per sommi capi la
situazione da Tom mentre trascinava Bill verso la macchina: il ragazzo
era scosso dai singhiozzi, lo sguardo assente, mormorava continuamente
il nome di Catharina.
*°*°*°*
Bill entrò come una furia nell’ospedale, correndo
verso il bancone dell’astanteria per sapere dove avessero
portato Cathe: il locale sembrava deserto, tranne qualche infermiere e
qualche inserviente affaccendati; nessuno si voltò verso lui
o Dunja, passavano tutti accanto senza degnarli neanche di uno sguardo;
Bill si guardò intorno, smarrito ed esasperato, alla ricerca
di qualcuno che potesse dar loro informazioni: chiese ad
un’infermiera che gli passò accanto:
“il pronto soccorso?” la voce rotta dal pianto,
Dunja temette seriamente che Bill potesse svenire
“in fondo al corridoio deve girare a destra,
c’è l’accettazione!”
Bill iniziò a correre come una furia nella direzione
indicatagli, il cuore in gola mentre percorreva quei pochi metri che lo
separavano da Catharina; spinse le pesanti porte a battente
ritrovandosi in una larga sala: solo a quel punto scorse Tom, seduto su
una delle panchette,Sylvia in braccio che gli torturava nervosamente
uno dei rasta, mentre lui, la testa appoggiata contro il muro, aveva lo
sguardo fisso sulla porta della sala in cui avevano portato Cathe
“Tom!” riuscì a biascicare il moro, il
tono di voce flebile; il rasta si accorse solo allora del fratello: si
alzò per andargli incontro, sapeva che il fratello in quel
momento aveva solo bisogno di sapere cosa fosse successo e di piangere,
piangere tutte le lacrime che aveva negli occhi, coccolando Sylvia e
facendosi a sua volta coccolare.
Tom lo strinse forte a sé:
“l’hanno portata dentro un’ora fa, sono
spariti tutti… nessuno ci dice nulla, non viene fuori
nessuno…” venne interrotto da Sylvia: la piccola
si era silenziosamente avvicinata ai due, voleva essere presa in
braccio dal padre; Bill la prese tra le braccia, facendole accoccolare
la testolina bionda nell’incavo del suo collo.
Si sedettero tutti e tre sulle panchette della sala d’attesa,
stringendosi in un unico abbraccio:
“Bill scusami è colpa mia, non dovevo farla
scendere da sola…” iniziò Tom :
“era andata nella lavanderia per far asciugare delle cose,
poi non so, è venuta su Sylvia di corsa a chiamarmi che
Cathe era stata male, era svenuta… l’ha trovata
quella ragazza!” concluse il rasta indicandogli Erika.
La ragazza era stata fin a quel momento appoggiata contro il muro, poco
distante da Tom, cercando di eclissarsi, di non creare disturbo: le
sembrava di essere di troppo in quel momento; stava ancora cercando di
metabolizzare la bravata compiuta intrufolandosi a casa dei gemelli
quando si era trovata a soccorrere Cathe, mentre nella mente le
rimbombava la notizia di Sylvia; si era precipitata nella
clinica di suo padre, implorandogli di salvare a vita ad una ragazza
che neanche conosceva.
E in quel momento era lì, a pregare per Cathe, soffrendo con
Bill e Tom, temendo di dover dare spiegazioni al padre; alzò
lo sguardo quando notò la figura di Bill avvicinarsi:
“hai trovato tu Cathe?” gli chiese a bruciapelo il
ragazzo
“sì… ero in cortile quando ho sentito
un tonfo e l’ho vista a terra, ho mandato la bambina a
chiamare aiuto ed è sceso tuo fratello, poi
l’abbiamo portata qui, mi padre è primario di
cardiologia, a me sembrava un infarto… e ho pensato che
magari sarebbe stato meglio così..”
“grazie… davvero…ehm..”
“Erika, mi chiamo Erika!” disse la ragazza
porgendogli la mano, Bill la strinse con riconoscenza
“grazie…” le rispose Bill allontanandosi
per ritornare dal fratello: aveva solo bisogno di sentire la voce di
Tom, di nascondersi nella sua felpa, di coccolar Sylvia, cercando nella
calma della piccola la forza per andare avanti.
Avevano perso la cognizione del tempo, non sapevano da quante ore erano
lì, seduti su quelle panchette; Dunja aveva avvisato Georg e
Gustav, ma anche David e gli altri membri dello staff, un po’
per conoscenza e un po’ perché non ci fossero
fughe di notizie: la presenza di Sylvia e soprattutto il fatto che
Erika avesse scoperto della bambina aveva messo in allarme tutti, in
particolare Tom;
il ragazzo si era ritrovato a fissarla in cagnesco un paio di volte e
stranamente Erika non aveva mai abbassato lo sguardo ma anzi,
l’aveva sostenuto con aria di sfida; Tom le avrebbe
volentieri chiesto spiegazioni ma non gli sembrava né il
momento né il luogo adatto: era preoccupato quanto Bill per
Catharina e dopotutto era stata la stessa Erika a suggerirgli di
portarla nella clinica privata del padre.
Si alzò per raggiungere Georg e Gustav, subito accorsi
appena avuta la notizia:
“ehi!” gli disse il bassista posandogli una mano
sulla spalla: “come va?”
“si è chiuso nel suo mutismo, ogni tanto parlotta
con Sylvia, cerca di rassicurarla ma più che altro
è mia nipote che rassicura Bill!”
“i tuoi li hai già chiamati?” gli
domandò Gustav
“sì, sono partiti subito per venire su, credo
venga anche Vera, ma non so come possa reggere!”
“in effetti sarà un duro colpo, è molto
affezionata a Cathe!”
“chi non le è affezionato di noi? Comunque ho
avvertito anche Noah, Medina , Sabine e Daniela, stanno
venendo su anche loro, Noah era sconvolto…”
“lo immagino…” aggiunse Georg:
“ma quella ragazza chi è?” chiese
indicando Erika
Tom gli rispose con un sospiro velato di rabbia:
“è quella che ha trovato Cathe, non so bene come
abbia fatto ad entrare in cortile, mi ha detto Sylvia che
l’ha vista vicino alla mia macchina ed è andata a
controllare chi fosse, conoscete anche voi quella bambina, è
tremendamente curiosa! Cazzo se va a dire in giro di Sylvia siamo
veramente nella merda…” il ragazzo si
voltò verso Erika , aggiungendo: “comunque
dovrà darci qualche spiegazione!”
Il rasta si avvicinò alla ragazza,prendendola da parte:
“che cazzo ci facevi a casa mia?” le chiese
malamente
“niente…” gli rispose la ragazza
abbassando lo sguardo
“non è una riposta, voglio saper che ci facevi nel
cortile, vicino alla mia macchina e soprattutto come hai visto
Sylvia!” le ringhiò a bassa voce
Erika prese un profondo respiro, metà dei suoi pensieri
erano concentrati su Cathe e l’altra metà sulla
bambina; non aveva minimamente pensato che avrebbe dovuto rispondere
delle sue azioni:
“senti lo so ho fatto una cazzata, ma…”
sospirò, cercando di prendere tempo: “allora,
credo di non doverti dire che sono una grande fan dei Tokio e in
particolar modo tua, avevo scommesso con le mie amiche che sarei
riuscita a fare una foto seduta sul cofano della tua macchina, ti
potrà sembrare assurdo ma è così; e
non so, ad un certo punto mi sono sentita chiamare dalla bambina e
abbiamo iniziato a parlare finché non ho sentito il tonfo di
Cathe! Non potevo immaginare che Sylvia fosse tua nipote, ti giuro non
lo sapevo… ho fatto una gran cazzata lo
so…”
“gigantesca!” aggiunse ironicamente Tom:
“non credere di cavartela solo perché tuo padre
è primario; se solo parli con qualcuno di Sylvia, non solo
ti ritrovi metà degli avvocati di Amburgo contro, ma ti
ritrovi me incazzato! È chiaro?!” Tom
sottolineò le sue parole spingendo Erika contro il muro e
bloccandola con il braccio
La ragazza annuì, senza però smettere di fissare
Tom con occhi di sfida: “perfettamente!”
Il rasta fece per voltarsi ma Erika lo trattenne per una manica:
“comunque, se avessi voluto rovinarvi vita e carriera, forse
non ti avrei fatto portare qui Cathe, ma in un ospedale pubblico,
così al primo cambio turno potevi star certo che la notizia
trapelava. Questa è una clinica privata, lo sai quanti VIP
entrano ed escono e nessuno se ne accorge, men che meno la stampa?
Probabilmente sei ancora troppo ingenuo per pensare che al mondo
esitano persone che rispettano gli altri!”
“le stesse persone che giusto cinque minuti fa mi hanno detto
che si trovavano in un cortile privato, per fotografare una macchina?
Io li definisco stalker queste persone!”
“se lo fossi in questo momento avrei venduto
l’esclusiva a Bravo, mentre invece sono qui…forse
ti potrà sembrare assurdo che una tua fan si interessi della
sorte di Cathe! Mi sono sbagliata sul tuo conto, veramente…
era meglio se restavi un poster appeso nella mia stanza. La
realtà è sempre una delusione!”
Erika fece per allontanarsi quando si girò e si
avvicinò nuovamente a Tom, mentre rovistava nella sua borsa:
gli sporse la macchina foto: “tienila, così sei
sicuro che non vendo l’esclusiva alla stampa!”
aggiunse con un ghigno isterico.
In quel momento il padre della ragazza uscì dalla sala
emergenza in cui avevano portato Catharina: il volto tirato, rabbuiato.
Era la parte peggiore del suo lavoro: parlare con i parenti
Tom, notando l’espressione sul volto del primario, decise di
prendere Sylvia dalle braccia di Bill: in un moto istintivo la mise in
braccio a Erika, in modo da poter sorreggere il fratello:
“è il compagno di Catharina vero?” gli
chiese semplicemente, con un tono che alle orecchie di Bill
suonò fastidiosamente neutro
Il moro annuì, stringendo un po’ più la
mano del fratello
“ci sono state delle complicazioni…”
I'm a slow dying flower
Frost killing hour
The sweet turning sour
And untouchable
O, I need The darkness
The sweetness The sadness
The weakness
I need this
I need A lullaby
A kiss goodnight
Angel sweet Love of my
life
O, I need this
Ci sono state
complicazioni
Complicazioni
Quelle parole continuavano a vibrare come un’eco dolorosa
nella mente di Bill, frastornandolo, confondendolo; sentiva le
ginocchia cedergli, probabilmente se non fosse stato per Tom sarebbe
caduto a terra
“quando l’abbiamo portata dentro era in arresto
cardiaco, vuol dire che il suo cuore non batteva, siamo comunque
riusciti a rianimarla, ma adesso è intubata, la teniamo
sotto sedativi in modo che il cuore possa riprendere la sua normale
funzionalità. La ragazza è affetta da
un’insufficienza severa, con scompenso pressorio e
ipokaliemia. Comunque… dovrebbe farcela, certamente i tempi
di ripresa saranno abbastanza lunghi, dipenderanno molto da lei, ed
è ciò che mi preoccupa di
più.”
Il dottor Olshausen prese una lunga pausa, soffermandosi ad osservare
le reazioni di Bill: il ragazzo lo stava fissando con occhi angosciati
e sconvolti, mentre torturava nervosamente la manica della felpa di
Tom; si era appoggiato al fratello dopo che il medico aveva detto che
c’erano state complicazioni. In quel momento gli era sembrato
di aver perso tutto, di non aver più ragioni per andare
avanti; perché negli ultimi due anni Cathe era sempre stata
accanto a lui, l’aveva confortato, spronato, fatto ridere e
fatto piangere.
Ma era con lui.
Alzò lo sguardo: “cosa intende con dipende da lei?
Non capisco…”
Il primario colse lo stupore negli occhi di Bill: “guardi,
credo che i problemi della sua compagna siano dovuti alla sua estrema
magrezza, pesa 38 chili…”
“cosa?” Bill lo guardò attonito:
“Sì ultimamente è dimagrita molto, ma
mi ha sempre detto che era per lo stress e che pesava sui
44… non 38…”
Olshausen gli pose una mano sulla spalla: “Tutto mi fa
pensare ad anoressia, sa per caso se ultimamente vi siano state
situazioni che l’abbiano portata alla malattia, qualche
fattore scatenante o qualche malattia pregressa che
possa…”
Bill lo interruppe con un semplice gesto della mano mentre si sedeva,
il medico si accomodò accanto: “Catharina era
anoressica, è già stata ricoverata una volta, ma
aveva detto che ne era fuori, sì è sempre stata
magra ma…” Bill iniziò a singhiozzare,
nascondendo il viso tra le mani: “Non mi sono accorto di
nulla, perché?”
“probabilmente la sua ragazza ha fatto in modo che non si
accorgesse di nulla; è sicuro che fosse uscita
dall’anoressia?”
“apparentemente sì, era riuscita a ricostruirsi
una vita, perché si era ammalata dopo la fine di una sua
relazione, ma ora sono più di quattro anni da quando era
stata male, pensavo ne fosse uscita, che il dimagrimento fosse dovuto
allo stress per il tour e perché adesso ha un nuovo
incarico, io… non…”.
Bill s’interruppe e iniziò a piangere nascosto tra
le braccia di Tom, mentre il rasta cercava di confortarlo
accarezzandogli dolcemente la testa;
Erano rimasti tutti sconvolti dalla rivelazione di Olshausen, Tom,
Georg, Gustav: si guardavano interrogativi l’uno con
l’altro, cercando di capire con lo sguardo se mai qualcuno si
fosse accorto della ricaduta di Catharina.
Il pesante silenzio che era calato fu rotto da Sylvia: la piccola si
fece mettere a terra e andò verso il padre, per essere presa
in braccio: Bill la abbracciò stretta, cercando di
infonderle coraggio; sapeva benissimo che in realtà sarebbe
stata la piccola a infonderne a lui, si sentiva tremendamente a disagio
per quell’inversione di ruoli, mai come in quel momento nella
sua mente rimbombava il pensiero di essere un cattivo padre.
La piccola gli accarezzò una guancia: “Adesso
Cathe guarisce vero?”
Bill sospirò profondamente, non sapeva cosa risponderle:
“Sì, ma noi dobbiamo esserle vicini e darle tante
coccole!”
“va bene!” gli disse la piccola con un sorriso
quasi compito
“e devi essere forte e non fare i capricci, che per un
po’ Cathe dovrà stare qui…”
aggiunse il moro
“sì… ma stasera viene a casa con noi
vero?” la piccola era speranzosa
“no prinzessin…” Bill la
guardò con tenerezza, cercando di non mettersi a piangere:
“Cathe dovrà restare qui per un po’ di
tempo, non può venire a casa, perché deve
guarire! Poi quando è tutto a posto torna a stare con
noi!”.
Sylvia annuì con veemenza, ma i suoi occhi erano pieni di
lacrime, iniziò a singhiozzare: “Ma io voglio
andare da lei!”
Bill non seppe risponderle, si girò verso Olshausen,
sperando che lui riuscisse a spiegare alla piccola la situazione; il
primario intuì la richiesta di aiuto di Bill:
“come ti chiami piccola?”
“Sylvia! Tu sei il dottore di Cathe?”
“sì, senti… facciamo così,
oggi Cathe ha bisogno di riposare e stare tranquilla, quindi non puoi
andare a trovarla, però domani, se va tutto bene, puoi
tornare qui, e Cathe è sveglia e giocherete
insieme…”
Era una bugia, detta a fin di bene, ma pur sempre una bugia: Sylvia se
ne accorse e si mise a piangere disperatamente:
“io voglio andare da lei, papà voglio andare da
Cathe!”
“no Sylvia non piangere ti prego!” le disse il
ragazzo tra le lacrime: “Solo per oggi, domani la andremo a
trovare…”.
“no! Io voglio andare oggi, voglio andare adesso, voglio la
mia Cathe!”
“piccola ti prego…”
“voglio la mia mamma!” gli disse la piccola
nascondendo il viso contro la felpa di Bill mentre piangeva.
Do you remember the way
That you touched me
before
All the trembling
sweetness
I loved and adored?
Your face saving promises
Whispered like prayers
I don't need them
No, I don't need them
Fortunatamente Sylvia si era poi addormentata in braccio al padre,
cullata dal suo respiro e dalle rassicurazioni che Bill aveva
continuato a bisbigliarle nelle orecchie; quando Simone e Gordon erano
arrivati, l’avevano riportata a casa sfruttando il fatto che
fossero arrivate Medina e sua figlia Sophia e quindi la piccola avrebbe
potuto far compagnia a Sylvia.
Bill era rimasto in ospedale fino a tarda sera: tutti
gliel’avevano sconsigliato, dal dottor Olshausen, che
l’aveva rassicurato che avrebbe rispettato la loro
privacy e l’aveva piuttosto esortato ad andare a casa con la
figlia; a David e Dunja che avevano suggerito sarebbe stato
più prudente, in caso vi fossero fughe di notizie;
il moro era però stato irremovibile, rimanendo con Noah e il
fratello in ospedale: era riuscito a strappare al primario il permesso
di vedere Cathe, anche solo cinque minuti.
La parola anoressia continuava però a rimbombargli nella
testa
Insieme alla stessa petulante domanda: perché
l’hai fatto Cathe?
Aveva bisogno di risposte.
Bill reclinò la testa contro il muro, sospirando
profondamente: “perché l’ha
fatto?” chiese più a se stesso che a Tom o Noah
Entrambi lo guardarono smarriti, cercando le parole giuste; Noah gli
mise una mano sulla spalla: “la conosci anche tu, in
Catharina non puoi cercare delle risposte, non ne ha mai date”
“ma dovevo accorgermene!”
Tom scosse la testa: “ha fatto in modo che nessuno se ne
accorgesse, né tu né io ce ne siamo mai
accorti…”
“non ce ne siamo voluti accorgere Tom, non me ne sono voluto
accorgere… a volte mi faccio schifo, ho un carattere di
merda, penso solo a me stesso e non mi sono reso conto che la ragazza
che amo per poco non si lasciava morire!”
singhiozzò Bill: “se non fosse stato per Erika
credo che in questo momento non saremmo qui…”
“Erika è solo una stalker!” proruppe Tom
“Erika ha salvato la vita a Cathe… non
la ringrazierò mai abbastanza!”
In quel momento venne chiamato dal dottor Olshausen; Bill gli si
avvicinò:
“posso vederla?!” gli chiese titubante
“sì ma solo pochi minuti, per favore non le crei
stress!” gli rispose il primario porgendogli camice e
mascherina: “sono obbligatori in terapia intensiva: ho il
dovere di avvertirla che è intubata in questo momento, ed
è sotto sedativi; è il motivo per cui le ho
sconsigliato di farla vedere a sua figlia!”
Bill esitò qualche attimo prima di indossare il camice:
“non so come spiegarlo a Sylvia…”
“tu sei Bill Kaulitz vero?” il moro annuì
“non sapevo avessi una figlia…”
“non l’ho mai detto a nessuno, è questo
il motivo per cui prima i miei collaboratori l’hanno un
po’ assalita… mi spiace le chiedo scusa!”
“no… non devi chiedere scusa, eri giustamente
preoccupato per tua figlia; è solo molto strana la
situazione…”
“mi considera un pessimo padre vero?”
“un pessimo padre non avrebbe spiegato alla figlia di quattro
anni le reali condizioni di sua madre…”
Bill scosse la testa: “non è sua madre,
è la matrigna…”
“la bambina l’ha chiamata mamma
però…” si interruppe quando
notò un sorriso affiorare sulle labbra di Bill:
“è stata la prima volta che l’ha
chiamata mamma, Cathe ne sarebbe stata felicissima!”
“ne sarà felice! dovete solo uscirne insieme da
questa situazione, non recrimini nulla alla sua ragazza, piuttosto
cerchi di capirne i motivi…” si bloccò
davanti alla porta della rianimazione:
“solo un paio di minuti e non la stressi, se risponde bene
alle terapie è probabile che venga estubata già
domani, ma per il momento deve assolutamente stare
tranquilla!”
Bill si avvicinò cautamente al letto di Cathe: pallidissima,
le flebo nelle braccia, il tubo del respiratore... mai come in quel
momento Catharina gli era apparsa indifesa: “la posso
toccare?”
Olshausen annuì
Bill allungò una mano a sfiorarle la guancia pallida, il
ritmico stantuffo del respiratore di confondeva con i battiti del suo
cuore: gli sembrava di vivere al rallentatore, in un mondo ovattato:
“ciao!” le sussurrò, sfiorandole con un
bacio la fronte mentre con il pollice le carezzava il dorso della mano:
“mi hai fatto prendere uno spavento! Non sai che paura ho
avuto di perderti! Se volevi farmi uno scherzo ci sei
riuscita…” ridacchiò, mentre una
lacrima scura di kajal gli solcava le guance: “non farmelo
più! Domani torno con Sylvia, credo stia architettando di
portarti non so quale regalo; prima ti ha chiamata mamma sai, non sono
mai stato così orgoglioso di lei!”
Bill iniziò a piangere, costringendo il primario ad
allontanarlo: “vada da sua figlia adesso! Vada a casa
tranquillo, torni domani mattina e vedrà che sarà
sveglia!”
*°*°*°*
Bill si distese esausto sul letto, le ginocchia penzoloni da bordo,
sprimacciando un po’ il cuscino per trovare una posizione
comoda.
La sveglia scandiva le 23:47 e lui era esausto: tornato a casa aveva
ancora giocato con Sylvia finché la piccola non era crollata
esausta sul divano mentre guardavano abbracciati Madagascar 2.
Adorava guardare quel cartone con Catharina, anche se più
che il sequel il suo preferito era l’originale; si
rigirò nel letto, portando le ginocchia al petto, in
posizione fetale: tutto in quella stanza gli ricordava di Catharina e
dopo molte ore si era trovato a sorridere al pensiero della ragazza;
era preoccupato ma le rassicurazioni del dottor Olshausen
l’avevano tranquillizzato.
Per quello che riguardava l’anoressia, ne era certo, stavolta
ne sarebbero usciti: insieme. Se ne sarebbe fregato dei suoi
impegni di lavoro, avrebbe costretto Cathe a dimenticarsi
deliberatamente dei propri;
si ritrovò a fissare la foto sul comodino: una delle poche
foto che Cathe aveva stampato dopo l’acquisto della cornice
digitale; erano lui, Cathe e Sylvia al matrimonio di Daniela e
Sabine.
Era bellissima Cathe in quella foto.
Quando Bill l’aveva vista con quel vestito lungo grigio
perla, non aveva potuto far altro che spalancare la bocca meravigliato,
lo sguardo quasi stranito; Cathe gli aveva semplicemente
sorriso, dicendogli che sarebbe stata l’unica volta
che l’avrebbe vista in Vera Wang.
Sorrise al pensiero di quei momenti; a dire il vero sorrise per la
prima volta dopo tante ore: il fatto che Cathe si stesse riprendendo
l’aveva tranquillizzato.
Ormai era solo questione di venirne fuori.
Si girò nel letto voltandosi verso la parte di Cathe, mentre
stringeva il cuscino; vi era impregnato l’odore dello
shampoo, misto a quello del profumo della ragazza.
Miele e cannella
Lo adorava, adorava sentirlo addosso a Catharina, come adorava
sentirselo su di se.
Perché Cathe era una che si prendeva prepotentemente gli
spazi, nel letto, nel cuore e nella vita.
Ti lasciava il suo odore addosso come un marchio, le sue abitudini come
un sigillo.
E non le perdevi: per certi versi erano talmente affascinanti che non
si poteva far altro che condividerle.
Sospirò profondamente affondando la testa nel cuscino,
rimanendo immobile qualche secondo; fu costretto ad alzarsi quando
sentì una specie di suono provenire dalla borsa di Cathe
appoggiata su una cassapanca sotto la finestra.
Il ragazzo si mise a frugare dentro: quel suono sembrava quello
classico del palmare quando si scarica, un fischio fastidioso che ti
costringe a mettere l’apparecchio sotto carica; strideva
nel silenzio della stanza;
Bill cercò nei vari cassetti il caricabatterie, poteva
essere ovunque conoscendo Cathe;
appoggiò il palmare sulla scrivania quando non
riuscì ad aprirne uno: sembrava che qualcosa
l’avesse bloccato, rimanendo incastrato; il moro
sbuffò mentre cercava di far scattare il meccanismo: si
ritrovò di fronte ad uno strano quaderno, o forse era un
diario, con il dorso rovinato per il troppo spessore.
Sembrava il classico diario dei ricordi, molto più di un
diario segreto.
Forse troppo adolescenziale per essere di Cathe, ma conoscendola ci
poteva stare benissimo. Quella ragazza era una contraddizione vivente:
amava le novità e restava attaccata ella cose più
tradizionali. Contestava deliberatamente certi modi di fare trovandoli
al contempo irresistibili.
Cambiava idea nel giro di cinque minuti, un po’ come Bill, ma
era per quello che il ragazzo se ne era innamorato, trovandola
così simile a se stesso.
Si risedette sul letto, titubando prima di sciogliere il nodo dei due
nastri che cercavano di tenere compatto il diario: andava i pezzi solo
a sfiorarlo, gli sembrava impossibile che fosse ancora apparentemente
sfogliabile.
Sorrise appena lesse l’intestazione, nella scrittura minuta e
tonda di Cathe
Cathe
14 dicembre 2008-
L’aveva iniziato il giorno dopo che si erano messi insieme:
era pieno di ricordi, dal biglietto della salita alla Tour Eiffel,
retaggio del concerto di Parigi dell’estate precedente, a
varie foto con Sylvia;
il tutto inframmezzato dalla descrizione, a volte minuziosa, altre
volte sommaria, di situazioni e avvenimenti.
Bill si soffermò a leggerne alcuni: forse era violazione
della privacy ma non credeva che Catharina si potesse offendere, dopo
tutto non gli aveva mai fatto mistero di aver tenuto un diario per
anni, più che un diario segreto un quaderno dove annotava
ricordi e sensazioni.
29 maggio 2009:
Bill è tutto
matto, questo weekend mi ha portato a Helsinki al concerto dei
Nightwish… ma se li odia?!, credo Tom abbia chiamato la
croce verde, ed è incazzato perché passa il
weekend senza il fratellino. Cmq… io sono troppo felice, per
il concerto, per essere a HELLsinki, ci manca solo quel figo di Ville e
siamo a posto!
Bill scosse la testa: si era sempre chiesto come a Catharina potesse
piacere uno come Ville Valo. Proseguì nella lettura della
minuziosa descrizione di Sylvia e Cathe a fare la spesa con la cabrio,
con tanto di foto e didascalia a far la spesa in M6;
adorava il modo di scrivere di Catharina, gli sembrava di rivivere quei
momenti, gli sembrava di immedesimarsi in lei e nei suoi pensieri,
nelle sue aspirazioni, nelle sue paure
15 novembre 2009
Bill è
tornato alla carica sulla storia convivenza
“seria”, cioè convivenza seria la chiamo
io, già viviamo insieme… ce l’ha su che
dovremmo trovare una casa tutta nostra, mia sua e di Sylvia.
Ceeeeerto, tanto dopo
una settimana ci ritroveremmo Tom alle costole: quel ragazzo non sa
vivere senza il fratello, e cmq anche a me spiacerebbe non averlo
sempre tra le palle. Ok scassa spesso e volentieri e tiene la casa un
macello, ma almeno fa ridere.
Cmq… io non
so cosa rispondere a Bill, io non ci ho mai pensato ad andare a vivere
con un ragazzo, io e lui insieme da soli. Ho paura, conoscendomi so che
mi stancherei dopo pochi giorni, o alla prima cosa che mette in
disordine. Poi se ci ragiono è tre mesi che io e Bill
viviamo insieme, forse ce la potrei fare.. boh, non so!!!
22 Novembre
Adesso si mette anche
Tom, dice che così avremmo più privacy, che
Sylvia starebbe meglio, che magari lui avrebbe più privacy!
Ma perché i gemelli hanno sempre il cervellino che se
funziona, funziona in sincro?
Ah… Jutta
vuole mollare tutto… dice che potrei prendere il suo
posto… sarebbe un casino!!
10 gennaio
Ho deciso…
vado a vivere con Bill!
Ps…
tra un mese esce la nuova classe A… ha
già detto che me la compra, io gli ho detto di comprare una
macchina familiare leggermente più parcheggiabile della mia!
Per il momento siamo in lotta tra Mercedes e BMW… la Audi la
escludo!
Ah… miracolo,
forse Andi ha trovato una ragazza… ma io accendo un cero, se
questa lo sopporta siamo a posto!
6 febbraio 2010
L’ho trovata!
La casa dei miei sogni! L’ho vista su internet ieri sera e
oggi pome vado a visitarla: è bellissima, comoda, gigantesca
e tutta arancione… un punto a suo vantaggio!
7 febbraio
Ribadisco! È
bellissima, è enorme e ha due spettacolari stanze
più una terza che si può ricavare… non
sarebbe male una stanza in più…” in
futuro potrebbe servire”… Bill oggi se
n’è uscito con questa battuta un po’
strana… poi è diventato paonazzo e si
è eclissato.
Ho fatto finta di niente
di fronte a tutti… ma non spiacerebbe neanche a
me… adesso sarebbe un macello.
Ma nella mia vita gli
imprevisti sono sempre stata la parte migliore…
Tornando da Luneburg ne
abbiamo parlato… continuava a mugugnare… io lo
stuzzicavo. Alla fine è riuscito a miagolare che non gli
spiacerebbe se arrivasse Paul
Ammetto che Paul Kaulitz
non suona poi così male…
Bill sorrise, gli sembrava irreale che vi fosse lì, nero su
bianco, quella tacita affermazione di Cathe. Implicava molte cose,
molti cambiamenti.
Stridevano quelle parole con le condizioni di Cathe, con la sua
ricaduta, con l’anoressia.
Il moro aveva continuato a leggere il diario apposta per trovare
risposte alla sua domanda.
Perché Cathe?
Continuò a leggere, il sorriso che era affiorato sulle sue
labbra svanì però rapidamente:
11 febbraio
Ero giù a
Berlino, a pranzo con le ragazze ed è comparso Franz ad un
certo punto… sai cosa mi dice quella merda? Neanche mi
saluta, no… mi dice:
“sempre a
mangiare eh Cathe?”
STRONZO STRONZO STRONZO
Ma che cazzo ti ho
fatto? Perché? Perché le uniche cose che riesci a
dire sono solo insulti… pezzo di merda
Che ti ho fatto Franz
eh? Che ti ho fatto??
13 febbraio
E se avesse ragione
lui… se veramente fossi grassa… no grassa non
sono ma se lo diventassi?
23 febbraio
Ci sono di nuovo dentro,
lo so, ne sono cosciente e non riesco a fermarmi, non riesco a
impedirmi di vomitare. Mi faccio schifo…
Oggi è
già la quarta volta, se non faccio attenzione Sylvia mi
potrebbe beccare, già mi guarda male così, me ne
sono accorta… spero non lo dica a Bill
Non so perché
lo stia facendo.
11 marzo
È un
mese… sono già 5 chili in meno… Bill
ha fatto una mezza battuta sulle mie scapole… è
logico che se ne accorga, credo gli dia fastidio toccare le mie ossa;
perché ci
tengo ancora così tanto a Franz? Perché ho ancora
bisogno della sua approvazione??
28 marzo
Perché se tra
noi è finita, penso ancora a lui? Perché se sto
con Bill, ho ancora bisogno della approvazione di quella merda??
Comunque… i
diuretici sono ottimi! Che testa di cazzo che sono!!
Bill continuò a leggere con occhi sgranati, nero su bianco
una serie impressionante di numeri, di chili persi, di volte in cui
Cathe aveva vomitato, di pensieri e poesie angoscianti; le mani
iniziavano a tremargli, mentre proseguiva nella lettura:
5 maggio
Mi sono resa conto solo
ora del ritardo… ma come cavolo si fa a non accorgersi che
non ti arrivano!
Ho paura di fare il
test…
Arrivò fino all’ultima scritta, recava la data di
quel giorno: Bill lesse tutto d’un fiato, quasi non riusciva
a respirare, gli occhi gli si erano riempiti di lacrime
Ho fatto il
test… negativo.
Ci ho sperato! Ci
speravo… lo volevo cazzo! Avrei avuto qualcosa di mio! Di
nostro…
Tom mi ha beccato con il
test in mano, mi ha detto di parlarne con Bill…
Di che cosa? Di che
schifo di madre sarei? Dello schifo che sono per Sylvia?
O, I need
The darkness
The sweetness
The sadness
The weakness
I need this
I need
A lullaby
A kiss goodnight
The angel sweet
Love of my life
I need this
Is it dark enough?
Can you see me?
Do you want me?
Can you reach me?
Or I'm leaving
You better shut your
mouth
Hold your breath
Kiss me now you'll catch
my death
O, I mean it
Bill non resse più oltre: scagliò il diario
contro la parete e si mise a vagare per la stanza; era angosciato,
frustrato, deluso.
Si chiedeva se fosse colpa sua, o di Cathe, o di entrambi.
Forse era solo di Cathe, forse era lei che aveva deciso che era finita
ancora prima di cominciare.
Si avventò contro qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano,
scagliandola, rovesciandola, distruggendola. Aveva bisogno di sentire
gli oggetti distruggersi sotto le sue mani per non perdere contatto con
se stesso.
Si accasciò contro una parete, piangendo disperatamente.
In mente la solita domanda:
perché Cathe?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** the open door ***
Eccomi qui! Pensavate fossi
emigrata/dispersa/sparita!
Invece eccomi con un nuovo capitolo! Tenetevi forte… siamo
quasi agli
sgoccioli!
Innanzitutto chiedo umilmente scusa
per l’incredibile
ritardo con cui aggiorno. Potreste non credermi ma ultimamente sono
stata
veramente molto impegnata e in più con le feste di mezzo
è stata una vera
tragedia riuscire a scrivere in piena digestione da cenone…
sorry!!!
Per chi ancora ha la pazienza di
leggere… buona
lettura!!
Grazie mio fedele
pubblico… vi voglio bene!!!
Grazie a tutti coloro che
recensiscono, leggono, commentano
o anche mi insultano sia pubblicamente che nella loro mente!
Grazie soprattutto alla mia Sunsetdream per i preziosi consigli e
l’opera di betaggio!! Ti
voglio bene mia tesora!!!
Capitolo 22: the open door
Tom e Simone si precipitarono nella
camera di Bill,
spaventati dai rumori e dai tonfi che sentivano: il moro stava
distruggendo
tutto ciò che era a portata di mano; scagliava gli oggetti a
terra, contro le
pareti, li pestava, voleva sentire sotto i suoi piedi il crepitio dei
cocci.
Perché era lo stesso
rumore che aveva sentito nel suo cuore
dopo aver letto il diario di Cathe.
Il suo mondo era andato in pezzi in
quel preciso istante:
era come se fosse morta una parte di lui, uccisa dalla stessa persona
che lui
amava incondizionatamente.
O forse pensava di amare.
Venne fermato da Tom: il gemello lo
bloccò poco prima che si
scagliasse contro la specchiera, prima che si facesse seriamente del
male.
Lo fissò con sguardo
supplice e interrogativo, spaventato
nel vedere, forse per la prima volta nella sua vita, un moto
d’ira riflesso
negli occhi di Bill:
“Bill calmati ti
prego!” il rasta cercava di farlo
ragionare: “calmati! Cosa sta succedendo?”
“vieni qui…
siediti!” gli intimò Simone accompagnandolo
verso il letto: era seriamente preoccupata per Bill e perfettamente a
conoscenza del fatto che non sarebbe stato in grado, che non era in
grado, di
gestire da solo quella situazione; si sedette accanto al figlio e
l’abbracciò:
“cos’è
successo Bill?” gli chiese dolcemente,
accarezzandogli piano la schiena e scostandogli dagli occhi pieni di
lacrime le
ciocche corvine sfuggite alla coda;
Bill rimase immobile per qualche
istante, avvolto dal suo
mutismo impenetrabile; Tom si accorse solo in quel momento del diario
di Cathe
ai suoi piedi, capovolto, come se fosse stato scagliato.
Lo raccolse, appoggiandolo sul letto
accanto a loro; quel
gesto riscosse Bill:
“tu lo sapevi!”
il moro continuava a fissare il pavimento di
legno chiaro, ma l’affermazione era chiaramente rivolta a Tom;
il rasta si mordicchiò il
piercing, tentennando: aveva
capito a cosa si riferiva Bill; incrociò lo sguardo
indagatore della madre:
“mi ha chiesto lei di non
dirtelo…” sospirò mentre
distoglieva lo sguardo dal fratello: “io… te
l’avrei detto, ma mi ha fatto
promettere di non farne parola, soprattutto con te: era già
abbastanza delusa
così, non voleva che anche tu lo fossi!”
“adesso lo sono
però!” aggiunse Bill in un soffio
Simone gli prese il mento con una
mano, costringendolo a voltarsi
verso di lei: “e adesso Bill?”
“adesso sono solo
arrabbiato mamma!” proruppe il ragazzo
alzandosi: “non riesco a capire più nulla, non so
che fare!” aggiunse
massaggiandosi le tempie
“dovete parlare,
è l’unica cosa che puoi fare…
sì Cathe ha
sbagliato, ma prova a darle un’altra
possibilità!” gli rispose pacatamente
Simone;
“un’altra
possibilità?” chiese il ragazzo ironico,
afferrando il diario: “leggi tu stessa! Un’altra
possibilità ad una che scrive
queste cose, ad una che tiene di più al suo ex che a me?
Cazzo stiamo cercando
casa insieme e tu diventi anoressica perché
quell’imbecille di Franz ha fatto
una battuta? Vuol dire che di me non gliene frega niente, che non
gliene frega
nemmeno di Sylvia! Io mi chiedo che razza di madre si
crede…”
“Bill tutti
sbagliamo…” gli disse Tom
“sì lo
so… io ho sbagliato quando ho pensato che sarebbe
potuta essere la madre di Sylvia!”
“Non dire
così…” lo ammonì Simone
“non dire così?
Mamma ma ti senti? Perché cosa dovrei fare?”
le chiese ironicamente: “dovrei forse dire che bello la
ragazza che amo è
anoressica, ha rischiato di morire e forse ha anche perso nostro
figlio?”
La madre dei gemelli
sgranò gli occhi: le parole di Bill le
erano giunte come un fulmine a ciel sereno; si voltò verso
Tom, che non poté
fare a meno di annuire mentre le sporgeva il diario.
“Bill…”
sussurrò Simone dopo aver letto l’ultimo appunto,
“non so se la amo
ancora…” le disse il ragazzo tra i
singhiozzi.
*°*°*°*
“Tomi… che devo
fare?”
Bill si era calmato solo dopo molto
tempo e ora se ne stava
abbracciato al fratello, entrambi distesi sul letto del moro, il rasta
che gli
accarezzava lentamente la schiena
“non lo so
Billi…” gli rispose amaramente: “devi
capire ciò
che provi per lei!”
“lo so ciò che
provo: sono arrabbiato, deluso, incazzato,
forse più con me che con lei!”
“la ami?” Tom lo
zittì con quella domanda diretta; Bill non
gli rispose ma si staccò dall’abbraccio,
voltandosi verso il bordo del letto a
dare le spalle al fratello. Rimase immobile qualche minuto, cercando di
trovare
una risposta, cercando di capire.
Sentì Tom alzarsi per
ritornare poco dopo: aveva in mano la
cornice digitale.
Costrinse Bill
girarsi e lo riavvolse nel suo abbraccio, prima di avviare
il ciclatore
delle foto: il tono di Tom era pacato, tranquillo:
“devi capire se la
ami…” gli sussurrò in un orecchio,
mentre
fissava la foto sullo schermo, scattata quando ancora non stavano
insieme
“non lo
so…” gli rispose distrattamente Bill mentre
accarezzava l’immagine con la mano: “sono solo
molto deluso Tom, deluso dal suo
comportamento, deluso…” si interruppe; Tom
proseguì la frase:
“deluso dal tuo?”
diretto, letale.
“forse… non me
ne sono accorto, forse non me ne sono voluto
accorgere! Però le ossa sporgenti le sentivo, ma non avevo
il coraggio di
chiederle nulla! Tom io ho paura di perderla davvero! Ho paura di
rimanere
solo…”
“non sei solo, hai me e
Sylvia!”
“Sylvia ha bisogno di una
mamma! Una vera, una che le possa
insegnare molto, che sia con lei nei momenti più importanti
della sua vita, nel
bisogno. Le basto già io come figura di genitore
assente!”
“tu non sei mai stato un
padre assente, anzi piuttosto il
contrario! Tu ci sei sempre stato quando tua figlia ha avuto bisogno di
suo
padre, e Cathe c’era quando avevo di una madre!”
Il rasta fece scorrere alcune
fotografie: erano
principalmente di Sylvia, impegnata in vari giochi, o mentre andava in
bici
senza rotelline o in piscina. In tutte c’era Cathe.
“chi le ha insegnato a
nuotare? I passi fondamentali della
danza? A fare la ruota? Cathe… sempre lei! Perché
c’è sempre stata per Sylvia!”
“Tomi perché
allora si è ridotta in questo stato?” chiese
Bill accoccolandosi meglio contro il fratello
“per
te…”
*°*°*°*
Catharina sbatté
più volte le palpebre, cercando di avere
una visione più nitida dell’ambiente che la
circondava: si sentiva la testa
pesante e una sensazione di debolezza le pervadeva tutto il corpo; le
dava
fastidio la luce intensa in cui era avvolta la stanza e il brusio
confuso che
la circondava era un rumore quasi insopportabile.
Sentì distintamente solo
le parole dell’infermiera che stava
armeggiando con una flebo e il suo braccio:
“Professore… si
sta riprendendo!”
Immediatamente Olshausen si
voltò verso il letto:
“Catharina? Sono il Dottor
Olshausen.” Le disse pacatamente:
“stia tranquilla, non si agiti: si trova in questa clinica
perché due giorni fa
si è sentita male, l’hanno portata qui in arresto
cardiaco, ma non si
preoccupi, il problema è al momento arginato,
dovrà restare qui in rianimazione
ancora poche ore!”
Un moto di terrore
attraversò lo sguardo di Cathe; la
ragazza cercò di parlare, ma emise solo un flebile lamento:
“è normale che
non riesca a parlare, è stata intubata quindi
in questo momento le sue corde vocali sono abbastanza infiammate.
Cerchi di non
sforzarle. Le dirò io tutto ciò che ha bisogno di
sapere sulle sue condizioni”
Cathe annuì cercando
comunque di parlare; il dottore la
ammonì prontamente: “non parli per favore,
piuttosto cerchi di muovere solo le
labbra ma non si sforzi, intesi?”
Cathe articolò Sylvia?:
si ricordava di essere scesa in lavanderia con Sylvia accanto e il suo
primo
pensiero era stato per la piccola. Non si ricordava cosa fosse
successo, aveva
il terrore che anche alla piccola fosse capitato qualcosa.
Olshausen la tranquillizzò
bonario: “non si preoccupi per la
bimba, sta benissimo! Anzi deve ringraziarne la prontezza di spirito.
È stata
lei a chiamare aiuto. Ora è là fuori che aspetta
di poter entrare. E si rilassi,
questa è una clinica privata, non ci saranno fughe di
notizie: diciamo che un
certo signor Jost mi ha praticamente minacciato di morte professionale
se anche
un solo giornalista fosse comparso a meno di un chilometro
dall’ospedale,
quindi…”
Catharina non poté fare a
meno di sorridere: aveva avuto la
conferma che il primario sapeva benissimo chi lei fosse e soprattutto
di
Sylvia, ma confidava nel buon senso organizzativo di David. Aveva solo voglia
però di vedere Bill e
Sylvia.
Indicò la porta con un
cenno della mano, cercando di far
capire al primario il suo desiderio: l’uomo, però,
la bloccò:
“aspetti, la piccola la
vedrà appena la trasferiremo in una
stanza di degenza, una rianimazione non è certamente
l’ambiente più adatto a
una bambina. Inoltre vorrei farle un discorso molto franco!”
prese una lunga
pausa mentre controllava sui vari monitor che circondava Catharina i
parametri
fisiologici della ragazza; si voltò improvvisamente
fissandola con sguardo
corrucciato:
“ sarò molto
molto schietto con lei, anche a costo di
metterle paura: lei pesa 38 chili, riportati al suo 1,70 fanno un
indice di
massa corporea di 13,15. Non starò a dirle che si chiama
anoressia, non starò
neanche a chiederle i motivi e non parlerei neanche del suo precedente
ricovero. Le faccio solo un quadro preciso delle sue attuali
condizioni.” Quell’attuali
fu puntualizzato da un gesto quasi iroso della mano del primario
“lei è arrivata
qui in arresto cardiaco e il quadro dei
valori ematici era a dir poco sconvolgente. Ora, stavolta le
è andata bene,
molto bene, ma se non ricomincia a mangiare e ad alimentarsi
seriamente, con
una dieta bilanciata, sana, regolare… la prossima volta non
si salva. Arresto
cardiaco vuol dire che il suo cuore non aveva più la forza
di battere.
L’ipokaliemia da cui è affetta potrebbe seriamente
comprometterle l’apparato
renale, per tacere del resto: lei ha 24 anni e un inizio di osteoporosi
e di
ulcera. Uscirne sarà lunga e dura, non le nascondo nulla, le
dico anche che
avrà miriadi di medicine da prendere e che per le prossime
tre settimane almeno
lei dovrà stare ricoverata. Ora… lo so, le
potrà sembrare una filippica senza
senso, ma se non vuole farlo per lei, lo faccia almeno per sua figlia e
per il
suo compagno. Hanno entrambi bisogno di lei.”
Olshausen le strinse una mano:
“io e il mio team siamo a sua
completa disposizione, io sono cardiologo ed è stata
affidata a me
nell’immediatezza viste le sue condizioni; se lei lo vuole
potrei comunque
continuare ad essere il suo medico di riferimento ma le consiglierei
anche un
supporto psicologico. Mi ha detto il suo compagno che dopo il
precedente
ricovero aveva cercato di uscirne da sola, stavolta cerchi un
aiuto!”
Catharina abbassò lo
guardo: pur sentendosi debole e
frastornata era perfettamente cosciente di quello che le era successo:
non
l’aveva mai sfiorata l’idea di perdere tutto, di
morire. Si ritrovò a fissare
le flebo, gli aghi nelle sue vene, il sondino di alimentazione nella
succlavia,
i monitor che la circondavano: l’idea di perdere tutto, di
perdere Sylvia era
quasi insopportabile.
Quasi non si accorse delle lacrime
che scendevano sulle
guance:
“ora
non pianga!” le
disse Olshausen: “per il momento è stabile,
dobbiamo solo fare un piano di
terapia e le prometto che nel giro di un mese, massimo un mese e mezzo
lei
torna a casa! Ma solo se lei segue scrupolosamente il trattamento.
Torno oggi
pomeriggio per il giro di visite, nel frattempo lei stia
tranquilla!”
°*°*°*°
Fino a metà pomeriggio
Catharina non aveva potuto ricevere
visite: l’avevano dapprima trasferita in una stanza di lungo
degenza e quindi
avevano iniziato a fissare una serie di scadenze, controlli e incontri
che
l’avevano frastornata.
Aveva avuto poco tempo per pensare,
il che da una parte era
stato anche positivo.
Quando si era trovata infatti da
sola, cosciente e
relativamente in forze, troppi pensieri l’avevano assalita:
aveva paura di non sapere
cosa dire a Bill, come spiegargli, come chiedergli scusa. Ma
soprattutto non
sapeva cosa dire a Sylvia.
Olshausen era ottimista se pensava di
rimetterla in piedi
nel giro di un mese: si ricordava dei racconti delle altre ragazze
incontrate
alle sedute di terapia di gruppo a cui aveva partecipato dopo il primo
ricovero: tutte erano rimaste in ospedale almeno due mesi, e le
condizioni in
cui erano state ricoverate non erano certamente serie come le sue.
E due mesi, con il suo lavoro e con i
suoi progetti di vita
erano un tempo enorme.
Si voltò di scatto verso
la porta appena sentì il cigolio
dei cardini: si ritrovò di fronte a due occhi color
cioccolato che la fissavano
preoccupati e inquieti, un sorriso stanco e tirato come saluto:
“ehi… sei
sveglia!”
“ciao Tomi!” gli
rispose la ragazza, mentre il suo sorriso
svaniva: aveva sperato fosse Bill.
Il rasta si avvicinò al
letto cautamente, soppesando ogni
passo e ogni parola:
“come ti senti?”
le chiese quasi in un soffio
“senza forze e con il
cervello confuso!” gli rispose Cathe
ridacchiando: allungò una mano a cercare quella di Tom:
“Sylvia?”
“è lì
fuori con mia mamma, te la chiamo! È incontenibile,
muore dalla voglia di vederti!”
Catharina fece appena in tempo a
mettersi seduta che la
bimba irruppe nella stanza, saltandole letteralmente al collo con un
balzo che
mai si sarebbe aspettata: la fissò qualche istante, mentre
con le manine
stringeva il camicione da ospedale di Catharina, come per sincerarsi
che la
ragazza fosse veramente lì con lei; non appena Cathe si
accorse che gli occhi
della piccola si riempivano di lacrime e il labbro iniziava a tremare
la
strinse a sé:
“amore sono qui, non
piangere!” sapeva che erano parole
perfettamente inutili e che la piccola sarebbe profusa in un pianto
liberatorio; non si aspettava solo di sentire una semplice parola:
“mamma…”
mugolò Sylvia tra le lacrime, prima di stringersi
ancora più al petto della ragazza.
Il cuore di Cathe perse un battito a
sentire quella parola:
il tempo sembrò dilatarsi in uno spazio infinito, tutto
sembrò al rallentatore
per una frazione di secondo
Mamma
Quella parola le rimbombava nel
cervello, la stava
confondendo: Sylvia l’aveva chiamata mamma, le aveva fatto
forse il più grande
regalo che mai aveva sperato dalla vita.
Pensava di aver deluso tutti, e aveva
avuto un’altra
possibilità. Non sapeva neanche lei se piangere o ridere.
Avrebbe solo desiderato avere Bill al
suo fianco,
condividere con lui quel momento.
Lo conosceva bene però,
conosceva il suo carattere. Era
arrabbiato con lei e la sua assenza ne era la chiara manifestazione:
avrebbe
voluto chiedere spiegazioni a Tom, sapere quanto
Bill fosse deluso o ferito, ma non con Sylvia presente.
La piccola era già
abbastanza frastornata così senza aver
bisogno di ulteriori stress;
Tom intuì i pensieri di
Catharina dallo sguardo smarrito
della ragazza: continuava ad accarezzare la testolina bionda di Sylvia
e a
sussurrarle quanto le voleva bene, ma certamente nei suoi occhi si
potevano
cogliere innumerevoli domande
Il rasta decise quindi di colmare il
silenzio della stanza:
“abbiamo avuto tutti
paura!”
“cos’è
successo Tomi?” Catharina incrociò il suo sguardo
“mi sembra ancora adesso
assurdo: ti sei sentita male nella
lavanderia e ti ha soccorsa una ragazza…” il biodo
prese un profondo respiro: “a
quanto pare si era intrufolata nel parcheggio per fotografare la
Cadillac,
classica fan stalker, Sylvia l’ha vista e le si è
avvicinata, poi hanno sentito
il tuo tonfo e boh…
è successo tutto
così in fretta. C’è da dire che la
stalker è la figlia del dottor Olshausen, è
lei che mi ha suggerito di portarti qui!”
“clinica
privata… in effetti è stata una buona
scelta!”
“sì almeno non
ci ritroviamo con stampa e paparazzi: credo
che David sia stato molto convincente con il primario e questi a sua
volta con
la figlia, per fare in modo che non vi siano fughe di notizie. Per il
momento è
tutto tranquillo!”
“già…”
gli rispose Cathe abbassando lo sguardo su Sylvia: la
piccola stava osservando con molta attenzione i monitor e le flebo a
cui
Catharina era collegata; sia la ragazza che Tom si stupirono che la
bimba non
li aveva ancora subissati di domande.
Una carezza di Tom la costrinse a
incrociare nuovamente lo
sguardo del rasta: “come ti senti?”
Cathe inspirò
profondamente: “fisicamente uno straccio,
psicologicamente distrutta. Olshausen è stato molto chiaro
con me stamattina.”
“lo
so…” aggiunse Tom: “gli ho chiesto anche
io e…” venne
interrotto da Sylvia che continuava con insistenza a tirare un lembo
del
camicione di Catharina:
“perché hai un
tubo nel collo?” chiese la piccola a
bruciapelo, Catharina non sapeva come risponderle: probabilmente la
verità
sulle sue condizioni e sulla sua malattia non sarebbe stata
comprensibile per
Sylvia e il risultato sarebbe stata soltanto una maggiore confusione.
“perché serve
per darmi da mangiare, non… non riesco a
mangiare normalmente e allora i medici hanno escogitato questo
sistema!”
Sylvia non sembrava convinta della
risposta: “ma non riesci
a mangiare o non vuoi mangiare?”
“cosa?” le
chiesero praticamente in coro Catharina e Tom
La piccola rispose candidamente:
“ho sentito lo zio Georg
che l’altro giorno diceva che non volevi mangiare…
sembrava anche arrabbiato ma
non ho capito molto il perché, confabulava con zio Gus e
Noah!”
“quei tre li
pesto!” bisbigliò Tom, cercando di prendere
tempo per inventare una spiegazione plausibile; Cathe ebbe maggior
prontezza:
“Sylvia, Georg ha in parte
ragione, anche se la mia malattia
è abbastanza complicata. Però facciamo un patto
noi due: tu fai la brava, stai
tranquilla e mi vieni spesso a trovare in ospedale che dovrò
stare qui a lungo,
e io ti prometto che guarisco! Va bene? Prometti?”
La piccola le si gettò al
collo, stringendola con le
braccine: “promesso!”
“bene… ora che
ne dici di andare con la nonna a fare
merenda? Poi dopo tornate qui a trovarmi, tutte e due!”
La piccola scese con un balzello dal
letto, incamminandosi
verso la porta; si voltò e chiese a Cathe:
“però tu guarisci vero?”
“sì! Adesso
vai…” le disse Catharina con un sorriso.
Non appena la piccola uscì
dalla stanza si voltò verso Tom;
voleva solo fargli una semplice domanda:
“dov’è
Bill?!”
Il rasta si mordicchiò
nervosamente il piercing, evitando di
incrociare lo sguardo della ragazza: Cathe lo costrinse a guardarla
negli occhi
prendendogli una mano tra le sue:
“Tomi non sono scema, ho
bisogno di sapere!”
Tom sospirò, distogliendo
lo sguardo da quello di Catharina:
“è arrabbiato, e confuso e deluso… non
so, probabilmente non sa neanche lui
cosa vuole in questo momento!”
“non me di
sicuro!” gli rimbeccò amaramente Cathe
“lui ti vuole eccome, ha
solo… paura! Cathe senti, lo sai
che con me puoi essere franca, ci siamo confidati tante cose,
già solo il
discorso dell’altro giorno… a me lo puoi dire,
cos’è successo? non so perché ma
tu e mio fratello mi avete investito del ruolo di pacere, beh io non lo
so fare:
non voglio fare da tramite! Se avete dei problemi dovreste risolverli
voi due
soli, invece no, tanto c’è Tom che ci
pensa!” il rasta si agitava camminando
per la stanza, facendo ridacchiare Catharina
“non sei credibile quando
ti arrabbi!” Tom non aggiunse
altro, ma si sedette accanto a Cathe:
“tu non lo sei quando
menti: adesso voglio sapere il perché,
lo voglio sapere io prima di Bill, perché così
posso prevedere le razioni di
mio fratello, posso aiutarlo, posso aiutarvi”
“prometti che non ti
arrabbi se te lo dico?!”
Tom annuì
Catharina sospirò
profondamente: conosceva bene Tom e certi
suoi moti violenti d’ira, per sicurezza gli bloccò
i polsi con la poca forza
che aveva in corpo:
“ho… di nuovo
visto Franz!”
“cosa?” gli
chiese d’un fiato Tom, Cathe annuì, proseguendo:
“è stato a
febbraio, quando ero andata a Berlino, l’ho
incontrato al 1900 durante il brunch e, lo so è assurdo, ma
lui ha fatto una
battuta, tipo sempre a mangiare e
da
lì è nato tutto!”
“No Cathe ti prego
no…” Tom cercò di divincolarsi dalla
stretta della ragazza: “non puoi dirmelo, io lo ammazzo quel
pezzo di merda,
con le mie mani!” si alzò dal letto imprecando
“ma anche tu, cazzo,
fregatene di uno così, mandalo a
fanculo! Ma stai con Bill non con lui!hai Bill, hai Sylvia, hai
tutto… Bill ti
ama lo stesso, per come sei, senza remore e senza farsi nessuna
domanda, non te
la devi fare neanche tu! Bill ha per te un amore incondizionato,
totale,
devoto. Te ne devi fottere di quella merda!”
Cathe si mise a singhiozzare: non si
aspettava una reazione
simile da parte di Tom e si era pentita di essersi confidata con il
ragazzo. Il
rasta però l’abbracciò, prendendole il
viso tra le mani per asciugarle le
lacrime:
“voglio che rispondi
sinceramente a una mia domanda: ami
ancora Franz?”
Cathe si mordicchiò un
labbro, tergiversando: “non lo so…
no, o forse sì… non so!”
Tom prese un profondo respiro:
“lo ami? Quello? O ami di più
Sylvia che ti chiama mamma? Bill che ti dice che sei la sua
principessa, la
mamma di sua figlia? Ami quello che non
è stato o ami quello che hai ?”
“io voglio Bill e
Sylvia… ma devi capirmi! E se un giorno
Bill mi lasciasse, se mi trovasse brutta? Non sono una supermodella, mi
guardo
anche io allo specchio!” il tono di Catharina era mutato dal
disperato
all’irato; Tom la abbracciò, cercando di farla
calmare e ragionare:
“Bill ti ama per quello che
sei, per tutto, anche per il tuo
passato e per il tuo presente. Non frega nulla a nessuno se non sei
miss
universo: noi uomini con le strafighe ci andiamo solo a letto, sono
solo
scopate. Sono delle tacche sulla nostra cintura, dei poster ambulanti!
Le donne
vere le sposiamo invece, ci viviamo insieme, ci facciamo dei figli
insieme.
Perché non sono solo dei contenitori vuoti di bellezza, ma
hanno contraddizioni,
sogni, speranze delusioni e incazzature che ci rendono vivi e le
rendono vive. Te
lo metti nel tuo cervellino che Bill non vuole nessun’altra
che te?”
“perché allora
non è qui con me? Dov’è?” gli
chiese Cathe
quasi gridando, stordita da quel discorso
“il perché lo
conosci… devi dargli tempo! Sarà lui stesso il
primo a venire a
chiederti scusa per non
averlo fatto prima, per non essere stato qui con te oggi: ma devi
dargli i suoi
tempi…” Tom le accarezzò lentamente una
guancia, dandole un leggero bacio sulla
fronte:
“ci siamo capiti? Devi
dirgli, in tutta sincerità e
franchezza, la verità. Sarà dolorosa per entrambi
ma almeno ne uscirete!”
Cathe annuì, trattenendo
in un abbraccio Tom: “grazie… è
l’ennesimo grazie che ti devo!”
“figurati… non
sai quanti te ne devo io!” le rispose il
ragazzo ridacchiando: “senti, io parlerò con Bill,
ti preparo il campo, ma tu
mi raccomando, devi essere sincera con lui, dirgli tutto prima che lo
scopra da
solo! Promesso?”
“promesso!” disse
in un sospiro la ragazza
“vado a recuperare
Sylvia?!” il sorriso di Catharina,
stanco, tirato ma vero, bastò a Tom come risposta.
°*°*°*°
Quattro giorni
Quattro giorni da quando
l’avevano ricoverata
Quattro giorni in cui Bill non si era
fatto vedere. Né una
visita, né un messaggio, nemmeno una telefonata.
Quattro giorni in cui Cathe si era
arrovellata cercando una
spiegazione, cercando di capire il perché di
quell’assenza;
in tutto quel tempo aveva soprattutto
cercato le parole per spiegarsi
con Bill: aveva pensato a mille modi per dirglielo, a mille modi per
chiedergli
scusa e per implorare il suo perdono. Più continuava a
pensare, più il senso di
colpa le pervadeva il cuore e le annebbiava la mente.
E ogni volta che si apriva la porta
della stanza, Cathe
sussultava al pensiero che finalmente fosse Bill.
Le sue aspettative erano deluse
però ogni volta.
Non che le dispiacesse il via vai
continuo di amiche e
amici, anzi, la aiutavano a rilassarsi e a riprendere le fila della sua
vita,
ma sognava il momento in cui sarebbe apparso Bill.
Anche se adorava quelli in cui la
porta si apriva
all’improvviso e Sylvia irrompeva nella stanza con la sua
allegra giocosità:
passava le giornate con Cathe, anche se molti dicevano che non era
né
l’ambiente né la situazione più adatta
per una bambina.
Cathe gli aveva etichettati come
benpensanti: probabilmente
avevano le loro buone ragioni, ma conoscendo il carattere di Sylvia
sapeva
benissimo che sarebbe stata in grado di fronteggiare e comprendere il
ricovero
di Catharina.
La piccola riusciva ogni giorno a
inventarsi nuovi giochi ma
anche nuovi modi per seminare lo scompiglio nell’intero
reparto; inoltre aveva
“stretto amicizia” con Erika: l’aveva
incontrata e riconosciuta in corridoio e
letteralmente trascinata a conoscere Catharina.
Né
Tom né al dottor Olshausen
la situazione era granché piaciuta ma avevano preferito
tacere per il bene di
Catharina. Indubbiamente al primario non piaceva molto che la figlia
frequentasse tanto assiduamente Cathe ma sapeva benissimo che i motivi
che la
spingevano a farlo erano un paio di occhi nocciola contornati da rasta.
Cathe ed Erika andavano
però molto d’accordo: entrambe
patite di musica metal e danza, avevano iniziato a parlare quasi per
caso e la
compagnia di Erika aveva fatto molto bene alla ragazza; in molti
avevano
osservato una certa vivacità in Catharina dopo che Erika era
andata a trovarla,
come se questa potesse farle dimenticare per qualche momento
l’assenza di Bill.
Anche quel pomeriggio era comparsa
Erika, all’ora di merenda
(per Sylvia), portando con sé muffin al cioccolato per far
star buona la bimba
almeno dieci minuti e dare un po’ di tregua a Catharina.
“buongiorno…”
disse Erika dalla soglia della stanza,
Cathe e Sylvia alzarono insieme lo
sguardo: erano immerse
nella lettura di Chocolat, a
dispetto
del titolo il libro preferito da Catharina; la piccola proruppe subito
in uno
dei suoi squillanti saluti:
“Erika!! Ciao sei passata
anche oggi a trovarci!”
“potevo mancare?”
le chiese la ragazza scompigliandole la
frangetta: la piccola si passò subito freneticamente le mani
nei capelli per
cercare di accomodarseli; Cathe ed Erika ridacchiarono
all’unisono:
“esattamente come suo
padre!” disse Cathe: “allora, cosa mi
racconti?”
“mah il solito, tutto nella
norma… e tu? Sempre a
rimuginare?”
Cathe annuì: le aveva
spiegato abbastanza dettagliatamente
la sua storia quando aveva capito che di lei si poteva fidare. A
dispetto delle
apparenze e dei 17 anni appena compiuti Erika si era dimostrata una
ragazza
molto saggia e matura e Cathe si era confidata volentieri con lei.
“certamente, oggi siamo a
quattro giorni!” le disse in tono
pacato per non farsi sentire troppo da Sylvia;
“tu hai provato a
chiamarlo?”
“no! È
cocciuta!” rispose Sylvia di rimando, tra un boccone
di muffin e un altro,
“chi dice che sono
cocciuta?” le disse Cathe con falso tono
di rimprovero
“lo zio Tomi, dice che tu e
papà siete cocciuti come due
muli!”
“ringraziamo lo zio Tomi
che porterà questa creatura sulla
strada della totale anarchia!” disse ridacchiando:
“ehi che combini, lascia
stare il mio cellulare!”
Erika si era infatti impossessata del
Nokia di Catharina: “o
lo chiami tu o faccio partire io la chiamata!”
Cathe riprese il cellulare dalle mani
della ragazza:
“lasciamo perdere per il momento…” disse
fissando la foto sullo schermo:
ritraeva Bill e Sylvia abbracciati “credo sia meglio se
parliamo a voce, ma io
sono bloccata qui per il prossimo mese e mezzo!”
“dai… non ti
abbattere, almeno fallo per Sylvia!”
“è abbastanza
difficile essere forti anche per lei!” le
rispose Cathe sospirando: “comunque… tu che mi
dici?”
“che devo ancora chiedere
scusa a qualcuno!” sbuffò Erika
“almeno la macchina foto te
l’ha restituita?” chiese
Catharina
“no… e credo sia
un punto a mio vantaggio, almeno sarà
costretto a riportarmela quando non avremo più motivi per
incontrarci…”
“perché, una
volta dimessa non passi più a trovarmi?” chiese Cathe seguita a
ruota da Sylvia
“certo sciocchine che passo
a trovarvi! Almeno ho la scusa
per vedere Tom!”
“certo che sei proprio una
stalker!” le due ragazze si
misero a ridere in coro, finché Erika non chiese:
“come avete fatto a tenere
nascosta Sylvia per tutto questo
tempo?”
“più che avete,
è un come…” le rispose Catharina
sfruttando
un momento di distrazione della piccola: “è
vissuta praticamente segregata a
Loitsche dalla nascita fino all’inizio di
quest’anno: niente gite, niente
amici, a volte neanche usciva in cortile… da quando poi
siamo qui ad Amburgo le
cose sono persino più complicate; a volte mi chiedo se non
sarebbe di tutelarla
organizzando una bella conferenza stampa; almeno per quando
andrà a scuola le
acque si dovrebbero essere calmate!” aggiunse ironica
“beh sei speranzosa! Se
già così c’è gente che
osserva i
vostri movimenti 24 ore al giorno, figuriamoci sapessero di Sylvia.
Anche se
chi parla dovrebbe farsi un bell’esame di
coscienza!”
“chi parla non
verrà mai abbastanza ringraziato da me! Se
non era per te adesso non saremmo qui a parlare!”
“ciò non toglie
che in effetti stavo facendo la stalker, Tom
ha perfettamente ragione!”
“lascialo perdere, ormai
per lui stalker è il tuo
soprannome, ma non lo pensa veramente! Fidati ho avuto modo di
scoprirlo!”
Erika la guardò con aria
stupita, mentre Catharina
riprendeva in braccio Sylvia: “non sgranare quegli occhioni!
Fidati, conosco
abbastanza bene Tom da sapere quando è arrabbiato; per
carità non lo
ammetterebbe neanche sotto tortura ma in realtà sa benissimo
che ti deve
ringraziare!”
“tu e Tom andate molto
d’accordo vero?” chiese Erika,
sollevata dalla risposta di Cathe
“per me è una
specie di fratello! Come al solito gli devo
tutto anche stavolta!”
“anche stavolta?”
chiese Erika
“sì…già
lo devo ringraziare perché mi ha fatto ragionare sui
miei sentimenti per Bill e quindi averci permesso di stare insieme; poi
perché
mi ha convinto ad andare a vivere con Bill, insomma mi sa che anche
stavolta lo
devo ringraziare!”
Erika sorrise all’idea di
un Tom completamente diverso dalla
sua immagine pubblica; Cathe intuì i suoi pensieri:
“sotto sotto il SexGott
è solo una facciata, non lo è in
realtà; sì a volte è stronzo ma
è un ruolo in cui si rifugia: lui è sempre
stato il fratello maggiore, quello che doveva proteggere Bill, che
doveva avere
forza per entrambi. Ha comunque le sue debolezze anche lui! Giusto
Sylvia? Tu
sì che sei una debolezza dello zio, ti riempie di
regali!” disse Catharina
solleticando i fianchetti della piccola che proruppe in una risata
“sì, lo zio mi
vizia molto! Ma anche papà!”
“secondo me tuo
papà non solo ti vizia, ti stravizia!”
aggiunse Erika: Cathe non poté fare a meno di annuire:
“sì la
stravizia! Racconta un po’ a Erika della marea di
giochi che hai e della miriade di vestiti! Che poi neanche li
metti…”
“Bill è un
ottimo padre vero?!” le chiese Erika
Catharina assentì:
“a dispetto di quello che potrebbe
dire la gente
è un padre favoloso! È
attendo, premuroso, presente; non sai quanti voli intercontinentali si
è fatto
per stare magari anche solo due giorni con Sylvia. Lo dico con
coscienza di
causa, ho presente cosa vuol dire avere dei genitori assenti!”
“il discorso
dell’altro giorno?” chiese Erika
“sì…
spero solo che Sylvia non si ritrovi un giorno a
provare per me e Bill quello che ho provato io per i miei
genitori!” aggiunse
amaramente Cathe
“no.. è
impossibile!”
“speriamo…”
concluse Cathe fissando per qualche istante la
Sylvia.
Si voltarono entrambe pochi istanti
dopo, sentendo aprire la
porta: sulla soglia comparve Tom, lo sguardo leggermente corrucciato
alla vista
di Erika con Sylvia e Catharina.
Qualcosa gli diceva di non fidarsi
della ragazza, anche se
si era sempre dimostrata affidabile: probabilmente era solo a causa
delle
innumerevoli delusioni che gli avevano dato persone che credeva amiche.
“Sylvia vieni con me a fare
merenda?” disse il ragazzo con
tono quasi neutro
“ma zio ho appena mangiato
un muffin che mi ha portato
Erika!” gli rispose la bimba con sguardo annoiato
“Sylvia allora
perché non vai a prendere una coca con lo
zio?” la piccola annuì e dopo aver scoccato un
bacio sulla guancia di Sylvia
saltò giù dal letto correndo incontro a Tom;
venne però richiamata da
Catharina:
“Sylvia, non dimentichi
niente?”
la piccola scosse la testa:
“bacino te l’ho dato!”
“Sylvia, qui
c’è anche Erika, chiedile se vuole unirsi a
voi, è una cosa educata!”
-e un colpo basso nei confronti dello
zio!- soggiunse
mentalmente Catharina mentre ridacchiava osservando le facce sconvolte
di Tom
ed Erika
“non mi sembra il
caso…” proruppe la ragazza ma venne
interrotta da Tom:
“dai andiamo, ti offro un
caffè!” le disse mentre con un
gesto le indicava il corridoio; Erika sospirò, sibilando un questa me la paghi
all’indirizzo di
Cathe
“dai…
è una buona occasione!” le sussurrò
Catharina stessa
mentre Erika raccoglieva tracolla e giubbotto.
“non credo
proprio!” le rispose Erika scoccandole un bacio
sulla guancia: “ci vediamo domani tesora! Fai la brava e
chiamalo!” le disse
sparendo oltre la porta e inseguendo Tom e Sylvia.
Cathe non poté fare a meno
di sorridere a sua volta dopo
aver visto il sorrisone a 32 denti comparso sul viso di Erika mentre
trottava
dietro a Tom.
Si voltò verso la
finestra, allungando la mano sul comodino
per afferrare il cellulare.
*°*°*°*
“sono qui!”
Cathe si voltò di scatto,
lasciando cadere sul letto il
cellulare: fissò Bill ancora sulla porta, lo sguardo basso,
i capelli raccolti
in una morbida coda sul collo, le mani che torturavano nervosamente i
manici
della borsa;
entrò nella stanza con
passo lento, quasi faticoso.
Catharina cercò di distogliere lo sguardo dal ragazzo: non
aveva coraggio per
guardarlo direttamente negli occhi; si lasciò ricadere sui
cuscini, voltandosi
verso la finestra.
Non si girò neanche quando
sentì il materasso piegarsi
leggermente sotto il peso di Bill e la mano del ragazzo che accarezzava
lentamente il dorso della sua;
Catharina non riuscì a
trattenere una lacrima: chiuse gli
occhi, scuotendo leggermente la testa;
“scusami Bill!”
Il ragazzo sospirò
profondamente, prendendo un interminabile
momento di silenzio prima di rispondere alla ragazza:
“perché
l’hai fatto?” il tono quasi adirato, molto deluso
“sono una
cretina… è che ho avuto paura di
perderti!”
Bill le prese il mento con una mano,
costringendola a
guardarlo negli occhi:
“stavi per perdermi
veramente! Io stavo per perdere te! Sei
la cosa più importante che ho con Sylvia, perché
l’hai fatto?”
Cathe sospirò
profondamente: “abbracciami ti prego!”gli
chiese gettandosi letteralmente al collo di Bill; il moro
ricambiò l’abbraccio
della compagna, stringendola a sé
“Ho… rivisto
Franz!” Catharina sentì Bill irrigidirsi nel
suo abbraccio, lo trattenne istintivamente: “ero a Berlino
con le ragazze,
eravamo al 1900 per il brunch e lui ha fatto una stupida battuta,
io… io ho
pensato che potesse avere ragione, che fossi veramente grassa e che tu
potessi
non amarmi. Perché non sono bellissima, perché
sono complicata, perché ho un
carattere insicuro e perché sono un pessimo esempio per
Sylvia.”
Bill la strinse, singhiozzando nei
suoi capelli: “Cathe sei
quasi morta, ti ho quasi perso.. io ti amo oltre qualsiasi cosa al
mondo, sarei
disposto a sacrificare ogni cosa per te, la mia carriera, i Tokio; ma
tu sei
perfetta così, con le tue contraddizioni e con le tue
insicurezze. Non me ne
frega niente se non sei una modella, io ho scelto di stare con te e
basta.
Stiamo cercando di costruire qualcosa insieme apposta, o almeno io
voglio
costruire con te e con Sylvia una famiglia! Puoi darmi del pazzo o
dell’illuso
ma io ci voglio riuscire!”
Si accomodò meglio sul
letto per poterla fissare negli
occhi: “io ti ho dato tutta la mia fiducia,
però… devo capire una cosa: tu ami
ancora Franz?”
“no!” Cathe
scosse la testa in diniego: “no, non lo amo… ho
solo avuto paura che potesse avere ragione, perché ci tengo
troppo a te! Tengo
a te e Sylvia più di ogni altra cosa al mondo. Lo so che il
mio è stato un
ragionamento malato, ma… Bill ho bisogno di aiuto, ti prego
di non
abbandonarmi!”
Catharina scoppiò
finalmente in un pianto liberatorio tra le
braccia di Bill: il ragazzo cercò di calmarla e coccolarla:
“va tutto bene, ne usciremo
insieme! Stavolta per sempre,
non permetterò mai più a nessuno di farti del
male e di farti soffrire!”
“mi ci vorrà
tanto di quel tempo per uscire! Anche solo per
essere dimessa da questo ospedale!” piagnucolò la
ragazza; Bill la confortò
asciugandole le lacrime con il pollice:
“Prinzessin
di
tempo ne abbiamo: dobbiamo recuperane, però ne abbiamo
moltissimo davanti a
noi. Lo so sono stato un cretino a non farmi vedere in questi quattro
giorni,
ma… ho avuto paura! Ho avuto paura che tu mi
potessi… rifiutare! Che tu mi
avessi già rifiutato in qualche modo. E che la malattia
fosse un modo per
somatizzarlo.”
Bill la abbracciò stretta,
in modo da non incrociare il suo
sguardo: sapeva benissimo di averle mentito e non sarebbe stato in
grado di
reggere quella menzogna se avesse guardato negli occhi Catharina.
Non era certamente più in
collera con lei, in quei quattro
giorni aveva ragionato molto sulle parole scritte da Cathe nel suo
diario, e la
conferma che la ragazza non fosse più innamorata di Franz
l’aveva avuta dalle
parole stesse di Catharina; solo Bill non aveva il coraggio di dirle di
aver
letto il diario.
*°*°*°*
Cathe fu dimessa i primi di Agosto,
due mesi e mezzo dopo il
suo ricovero.
I tempi di ripresa erano stati
più lunghi del previsto, a
causa del complicato stato generale della ragazza: aveva dovuto
sopportare il
sondino per più di un mese e il tornare ad alimentarsi
normalmente era stato
uno dei momenti più difficili.
Contravvenendo a qualsiasi regola
dell’ospedale, Sylvia era
praticamente sempre in braccio alla ragazza e a seconda del suo stato
d’animo
la chiamava o mamma o Cathe: per convincerla a fare qualcosa, era mamma.
Mamma era
stato
convincerla a mangiare: pur avendo solo quattro anni e mezzo, Sylvia
era
estremamente intuitiva, aveva capito subito che i problemi di Cathe
erano
legati al cibo. All’ennesimo momento di indecisione di
Catharina di fronte al
piatto di verdure, Sylvia aveva preso la forchetta al posto della
ragazza e
l’aveva praticamente imboccata:
“mamma devi
mangiare!” le disse, ripetendo le parole dei
medici e spingendo la forchetta carica di carote bollite contro le
labbra della
ragazza: Catharina le aveva istintivamente aperte, mentre incatenava il
suo
sguardo a quello di Bill. Avevano deciso in quel frangente, senza
bisogno di
troppo parole e discorsi, che era il momento di spiegare a Sylvia
dell’anoressia.
E la piccola aveva capito. Aveva
capito cosa comportava
quella malattia che aveva fatto stare male la sua mamma.
E Cathe aveva capito le
priorità della sua vita.
“si va a
casa…” le disse Bill cingendole la vita alle
spalle
e scoccandole un bacio sulla nuca, mentre Catharina impacchettava nella
valigia
le innumerevoli cose che le avevano portato in ospedale;
“finalmente…”
gli rispose voltandosi per baciarlo
profondamente; vennero interrotti da un colpo di tosse ad hoc di Tom,
comparso
sulla porta:
“che sdolcinati, vero che
fanno venire la carie Sylvia?!”
disse bonariamente il rasta alla piccola ce teneva in spalla, che
annuì con
veemenza; il ragazzo proseguì: “ci sono un
po’ di persone passate per
festeggiare le dimissioni!”: Georg, Gustav, Noah, Medina,
Sabine, Daniela ed
Erika entrarono nella stanza per salutare Catharina
“ e
c’è anche altro!” aggiunse David mentre
entrava nella
stanza sventolando un foglio: “ ti comunico ufficialmente
che… hai vinto il
premio come miglior giovane manager!”
Lo sguardo di Catharina si
illuminò mentre veniva stretta da
Bill: “non ci credo! Fa leggere!” la ragazza
strappò letteralmente il foglio
dalle mani di Jost, ancora incredula;
“incredibile...”
bofonchiò “proprio oggi…”
“proprio oggi
cosa…” le chiesero praticamente tutti in coro;
si aggiunse anche il dottor Olshausen, entrato in quel momento con il
foglio di
dimissioni.
“allora, va beh tanto non
sarebbe rimasto un segreto molto a
lungo: visto tutto ciò che è successo ultimamente
e visto che arrivare da 38
chili a 42 e 450, come sono adesso è stata una gran fatica,
ho deciso che
lascio la Universal.”
Un brusio si diffuse per la stanza:
“come ci lasci?!” le
chiesero in coro Georg e Gustav
“ho deciso che per un
po’ farò la mamma di Sylvia a tempo
pieno!” disse la ragazza prendendo in braccio la piccola:
“sinceramente sono
ancora solo poco più di 42 chili e mi ci vorrà
molto tempo per riprendermi.
Inoltre entro in una terapia di gruppo, per cui ho bisogno di tempo per
gli
incontri e le riunioni. Tranquilli, David ha già trovato un
valido sostituto,
una certa Dunja… quindi non avete nessuna nuova rompipalle!
Cos’altro vi devo
dire? Grazie per essermi stati vicino in questo periodo!”
Appena salita, Catharina
reclinò la testa sul poggiatesta
della BMW, aspettando che Bill si sedesse al volante:
“finalmente si va a
casa!” gli disse mentre il ragazzo
metteva in moto la macchina: “conoscendoli pensavo
organizzassero una festa a
sorpresa nel loft! Così avrei passato tutto domani a
pulire!”
Bill sospirò, imboccando
Elbchaussee: “e invece no… in
effetti avrebbero voluto organizzare una festa a casa, ma
gliel’ho
categoricamente impedito!” fece un occhiolino a Sylvia.
Cathe lo notò:
“cosa mi state nascondendo voi due?”
“niente!” le
rispose festosa Sylvia dal seggiolino
“Bill!?” aggiunse
Catharina sospettosa: “Bill attenzione hai
sbagliato strada, dovevi girare prima! Possibile che non sai la
strada… ma come
guidi?!” gli disse in tono scherzoso Cathe; colse
però lo sguardo del ragazzo:
“la so benissimo la strada
di casa!” estrasse un mazzo di
chiavi dalla tasca: il portachiavi arancione Hermes di Catharina,
all’anello 4
chiavi che la ragazza non conosceva;
“Bill…”
disse in un soffio
“calma calma…
è cointestata, un po’ di soldi, almeno quelli
delle bollette li tiri fuori anche tu!”
“Bill ma
cosa…hai preso la casa in Elbchaussee?” Catharina
lo guardò stranita
“Ti piaceva, mi piaceva e
piaceva anche a Sylvia. Non
potevamo rimanere per sempre con Tom, abbiamo bisogno di una casa tutta
nostra!
Dopo tutto quello che è successo, è per lasciarci
tutto alle spalle ed avere un
nuovo punto di inizio!”
Si ritrovò Catharina tra
le braccia, la testa appoggiata
contro la sua spalla:
“andiamo a casa
Bill!”
Ed ecco qui… un nuovo
capitolo terminato! Puff puff… che
fatica!! Però, come premio per averlo letto fino in
fondo… ecco come ho
immaginato la casa di Bill Cathe e Sylvia!
http://www.immobilienscout24.de/46645318;jsessionid=01A3C0C204AD56CBA09150B728566F2D.worker1?exposeAction=ShowPictureOnPicturesTab&pictureIndexControl=0&sourceOfDoTabActionControl=LINK_TO_GALLERY&style=is24&is24EC=IS24&navigationbarurl=%2FSuche%2FWohnung-Kauf%2FUmkreissuche%2FHamburg%2F22605%2FOthmarschen%2Felbchaussee%2F-%2F5
lo so…
l’indirizzo è assurdamente lungo e il sito
è
Immobilien Scout 24 (che non mi appartiene e non ci guadagno un bel
nulla,
mettiamolo pure come Disclaimer)… ma si sa che sono schiappa
con il pc!!
Chiunque sarà nella sua
vita il possessore di codesta
meraviglia ha tutta la mia profonda invidia e ammirazione!!
Bacioni !!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=252726
|