But
the rain dried by white moon;
Si
gira e si rigira nel letto. Cerca di pensare a qualcosa che lo
distragga. Tenta, invano, di trovare una posizione comoda che gli
permetta di addormentarsi. Smuove le grige coperte, le allonana dal suo
corpo accaldato, le spinge lontano dai suoi piedi, sperando che cadano
dal letto.
Niente da
fare, non riesce a dormire. Accende la TV su un canale a casaccio,
spera in qualche modo di trovare un film o un programma talmente noioso
da prendere sonno all'istante: ma, poco diversamente dalle sue
aspettative, non fa altro che premere tasti in continuazione su quel
povero telecomando che, neanche quindici secondi dopo, finisce per
terra, scaraventato sul pavimento con nervosismo. Si avvicina come un
lampo alla finestra, la apre con un filo di violenza, butta fuori la
testa.
In
questo momento mi piacerebbe suicidarmi. Dannazione.
Ma
ti sei visto, Kurosaki Ichigo? Dico, ti sei guardato allo specchio? No.
Hai ragione, non ne avresti il coraggio.
Ti
vomiteresti addosso.
Sei
ridotto a uno straccio. Sei quasi peggio di Kon, che non fa altro che
lamentarsi dalla mattina alla sera.
L'anta
dell'armadio si aprì bruscamente, ed il rumore provocato
distolse Ichigo dai suoi pensieri, portandolo forzatamente alla
realtà. Per un attimo, gli si illuminarono gli occhi: nelle
sue iridi apparve una luce di speranza.
-Cavolo,
Ichigo! Potresti finirla, per favore?! Non riesco a dormire,
maledizione! Già non prendo sonno perchè continuo
a pensare alla Nee-san, se tu continui, in più, a fare
casino, chi diavolo vuoi che riesca a dormire?!
In quel
momento, avrebbe voluto picchiare Kon. Non sapeva neppure lui per quale
insensato motivo, forse solamente perchè, preso dalla
disperazione, il peluche ora dormiva in quell'armadio. Quell'armadio
che fino a poco prima era suo.
Quell'armadio che poco prima rappresentava il posto dove lei dormiva.
Forse il fatto che ora in quell'armadio ci fosse Kon al suo posto, lo
irritava terribilmente. Sta di fatto che, quel maledetto peluche, aveva
mandato in frantumi le sue illusioni.
Cosa
diavolo stavi sperando, eh, Ichigo? Stavi sperando forse che da
quell'armadio sarebbe uscita lei?
Speravi
forse che sarebbe stata lei a rimproverarti, dicendoti che non riusciva
a prendere sonno a causa tua?
Speravi
forse, che ci sarebbe stata lei, dentro quell'armadio,
a
giocherellare con quel maledetto dispositivo-cerca-hollow-irritante?
Il ragazzo dai
capelli arancioni distolse lo sguardo dal guardaroba, cercando di non
dare peso alle parole di Kon, e tornò a fissare il vuoto
fuori dalla finestra. Il cielo era cupo, quella notte. Non c'era
neppure una stella. E
neanche la Luna. Se ci fosse stata, sarebbe stato ancora
più male e la sua mente sarebbe stata ancora più
sconvolta dallo stesso pensiero. La Luna era una delle principali cose
che gli ricordavano Rukia.
Sei
un cretino, Ichigo. Guardati.
Fai
pena.
Il giorno
seguente era una domenica. Una domenica di settembre. Mancavano pochi
giorno all'inizio delle lezioni: l'inizio del terzo anno al Liceo.
Ichigo si
alzò dal letto in tarda mattinata, svegliato - come sempre -
dalle lamentele acute di Kon. Stava diventando insopportabile, anche
quel peluche. Non sapeva come, ma, a quanto pare, alla fine era
riuscito ad addormentarsi. Si stropicciò un poco gli occhi,
li sentiva gonfi e irritati.
Non aveva
dormito bene, forse. Erano notti su notti che non dormiva, tormentato
sempre dagli stessi pensieri.
Forse
lei non tornerà mai più, Ichigo.
Forse
è il caso che ti rassegni.
Era come se
qualcosa lo stesse inghiottendo dall'interno. Ogni minuto, ogni ora,
ogni giorno, ogni notte che passava: quel sentimento lo torturava in
continuazione. Il pensiero di non rivederla più lo
affliggeva, il fatto di non vederla in continuazione gironzolare per la
casa lo straziava, non sentire i suoi rimproveri lo addolorava, non
averla sempre al suo fianco gli lacerava il cuore. La sua mancanza lo uccideva.
Sul tardo
pomeriggio, il ragazzo uscì per una passeggiata. I suoi
piedi si muovevano da soli: sapeva dove andare, aveva una meta ben
precisa. Vi giunse dopo poco tempo, ritrovandosi davanti l'enorme -
impossibile da non riconoscere - scritta "Urahara Store". Si
avvicinò alla porta d'ingresso. Il suo braccio si
sollevò inconsciamente, ma prima di sfiorare la maniglia si
bloccò all'improvviso. Abbassò il capo, chiuse
gli occhi, degrigò i denti e strinse i pugni. Voltandosi di
scatto, attraversò il cortile dell'emporio e
imboccò la via del ritorno a casa.
Sei
un idiota, Kurosaki Ichigo. Tutti i santissimi giorni si ripete la
stessa storia.
Vieni
qua, fai per aprire la porta dell'emporio, poi ci ripensi, giri i
tacchi e torni indietro.
Più
ci pensava, più si malediva e si insultava da solo. Urahara,
da una finestra, aveva osservato tutta la scena. E non solo quel
giorno. Dopotutto, Ichigo non era bravo a controllare il suo reiatsu,
non lo era mai stato. Per questo, ogni volta che si avvicinava al
magazzino, il negoziante avvertiva la sua presenza. Anche lui si
accorse che tutti i giorni, Ichigo Kurosaki si fermava, nell'intento di
fare chissà cosa, davanti alla porta d'ingresso, ma qualcosa
lo spingeva sempre a voltarsi e tornare indietro. Il sedicenne correva,
correva via con un'aria malinconica e distaccata dalla
realtà.
Ma
che cosa volevo fare? Sono giorni, ormai, che si ripete la stessa solfa.
Voglio
così tanto rivederla? Così disperatamente da
andare al negozio di Urahara per pregarlo di aprire un portale per
la
Soul Society? Che gran cazzata. Ecco, perchè ogni volta
torno indietro.
Perchè
so che è una cazzata, quella di tornare nella Soul Society
per rivederla.
Mi
immagino la scena:
"Cosa
diavolo ci fai, qui, Ichigo?!", mi chiederebbe lei.
Ed
io, come un cretino, che cosa gli risponderei? "Perchè avevo
voglia di farmi un giro"?
Sì,
perchè, giustamente, sta per ricominciare il terzo anno e io
vado alla Soul Society per una vacanza.
Mi
sembra ovvio, no?
Maledetto
idiota.
Mentre pensava
a queste idiozie, si era seduto su un prato, in riva al fiume. Le sue
braccia abbracciavano le ginocchia flesse, e teneva la testa abbassata.
Ormai era pieno pomeriggio, ed anche se splendeva il sole, dentro di
lui era in corso una terribile tempesta di fulmini. Caos.
Piegò
la schiena, abbassandosi sempre di più. Il suo capo giunse a
toccare le ginocchia, vicine al suo petto. Passarono interminabili
minuti. Avrebbe volentieri urlato per sfogare la sua irrequietezza - o forse l'agonia di sentirsi
soli -, ma si trattenne dal farlo. Mentre soffriva in
silenzio, gli sembrò di sentire dei passi avvicinarsi a lui.
Non alzò la testa, rimase nella stessa posizione angosciata.
Chiunque fosse stata quella figura, non avrebbe dovuto vedere il suo
malinconico sguardo da idiota.
"Cosa diavolo
ci fai qui, Ichigo?".
Una voce
conosciuta lo stava chiamando. Una voce decisa, forte ma dolcissima
nello stesso tempo. Una voce che desiderava
sentire.
Oh,
no, maledizione. Ancora lo stesso pensiero di prima?
Perchè
continua a venirmi in mente la sua voce? Più la sento, e
più ho voglia di sentirla.
Se
continuo a pensarci, sto male. E più sto male,
più provo il desiderio di vederla. Così non va
bene.
"Ti ho chiesto
cosa ci fai qui, Ichigo!".
Sempre
più vicina, sempre più decisa.
Maledizione
maledizione maledizione maledizione.
Basta,
Ichigo. Prenditi a pugni, colpisci qualcosa con la testa, fai quello
che vuoi ma fa' qualcosa.
La
sua voce mi rimbomba nella testa. E nella mia mente, continuo a vedere
la sua immagine,
dappertutto,
su ogni cosa. Come se una sua fotografia fosse stampata su ogni singolo
oggetto.
"Ehi, Ichigo!
Sto parlando con te, stolto!".
Un pugno
dritto in testa. Ichigo lo sentì forte e chiaro, la sua nuca
doleva come non lo faceva da un po'. In un certo senso, gli mancava
essere colpito così violentemente. Ma prima di voltarsi, i
suoi pensieri si soffermarono sull'ultima parola pronunciata da
quell'ombra. Stolto.
Ichigo
spalancò gli occhi, le iridi tremolanti. Ma, ancora, non
accennò a voltarsi. La figura - piuttosto irritata
- gli si avvicinò ancor di più, chinandosi alla
sua altezza. Il biondo sentì una mano appoggiarsi pesante
sulla sua nuca, le dita si impigliarono nei capelli arancioni, parole
assordanti gli mandarono in fumo il cervello confuso.
"Ehi! Sei
diventato sordo, Ichigo?!".
Non ci
credeva. Non poteva essere davvero lei, quella che aveva di fronte agli
occhi. Riuscì a malapena a parlare.
"R...Rukia...".
"Ma che bravo!
Ti ricordi il mio nome!" disse sarcastica, sedendosi accanto al ragazzo
su quel morbido manto verde.
"Che diavolo
ti prende, Ichigo? Mi fissi come se fossero anni che non ci vediamo...".
Non aveva
tutti i torti. Non erano passati molti giorni, dall'ultima volta che si
erano visti, ma ad Ichigo pareva essere trascorsa
un'eternità. Le ore passate a pensare a lei erano
così laceranti da sembrare eterne.
"E'...un
sogno, questo...?".
Non passarono
neppure tre secondi, ed Ichigo si ritrovò con cinque dita
rosse stampate in viso.
"No, ma se non
ti svegli subito diventerà un incubo!".
Istintivamente,
Ichigo posò una mano sulla sua guancia arrossata. La
verità era che non sapeva proprio cosa dire.
Sei
un perfetto idiota, Ichigo.
Non
volevo così tanto rivederla? Ho passato giorni infernali,
sperando che arrivasse un momento del genere.
Stavo
morendo soffocato dall'agonia di non vederla, e adesso che ce l'ho
davanti, sono qua, fermo immobile
come
un cretino di prima classe. Me lo sono meritato, lo schiaffo. Ma cosa
le dico?
Guardò
Rukia negli occhi. E lei, dopo aver ritirato la mano con lui lo aveva
schiaffeggiato, distolse lo sguardo, amareggiata.
"Beh...non
c'è che dire...una bellissima accoglienza, ne sono davvero
felice".
Tra le ultime
parole, il ragazzo percepì un lieve tremolio nella sua voce.
"Scusami,
io...è che...non lo so, io...".
Diglielo.
Diglielo, maledizione! Diglielo, quanto hai sofferto.
Dille
quanto hai desiderato rivederla, dille quanto l'hai pensata, dille
qualcosa!
Diglielo,
in tre parole.
Rukia lo
ascoltava guardandolo, ma lui distolse lo sguardo, puntando ai suoi
piedi. Dopo tanto tempo, non riusciva a reggere contro quelle
bellissime iridi blu. Negli occhi della ragazza apparve un filo di
delusione, nel vedere che Ichigo non aveva avuto la reazione che si
aspettava, nel rivederla di nuovo in carne ed ossa al suo fianco.
"...Mi sei
mancata, Rukia".
Oooh,
l'hai detto. Ce l'hai fatta, Ichigo.
Perfetto,
ora aspettati un gran bel pugno in testa.
...O
nello stomaco, è indifferente.
Come si
aspettava, Rukia era già pronta ad alzare una mano, fulminea
come sempre. Diversamente da quanto aveva previsto, però, il
suo palmo e le sue dita non si chiusero a pugno.
Ok,
è uno schiaffo.
Il sedicenne
serrò le palpebre con forza, strizzando gli occhi e
aspettando che la sua guancia bruciasse dal dolore. Ma sul suo viso si
posò una mano calda, leggera e delicata come una piuma.
Ichigo aprì leggermente gli occhi, e il ritrovarsi il volto
di Rukia a pochi centimetri bastò a farlo andare a fuoco. La
voce flebile di Rukia lo rassicurò, mentre con la sua mano
sfiorò incerto quella della mora, ancora posata sulla sua
guancia.
"Potevi dirlo
prima, scemo". Le sue labbra si piegarono in un lieve, ma felice
sorriso.
"Scusa...bentornata,
Rukia". Sorrisero entrambi, e rimasero così per qualche
secondo, prima di accorgersi che erano entrambi imbarazzati. Fu Rukia a
spezzare il silenzio e l'imbarazzo, alzandosi bruscamente in piedi e
afferrando a malo modo il braccio di Ichigo, che si lasciò
sfuggire un acuto "Dannata!".
"Ehi,
dannazione, mollami! Che diavolo fai?!"
"Torniamo a
casa, mi sembra ovvio!"
"Torniamo?"
"Sei proprio
diventato sordo, allora". Rukia si bloccò per un attimo,
abbandonando il braccio di Ichigo.
"Per
quanto...resterai?"
"Uhm...non lo
so. Tanto?"
"Tanto?!"
"Probabilmente.
Lassù ci si annoia, qua invece ho qualcuno da prendere in
giro, o da picchiare quando non ho nulla da fare".
Ichigo dovette
riflettere un po' sulle sue parole, prima di contrattaccare.
"Tu brutta..."
ma non fece in tempo a concludere la frase, che già Rukia
correva davanti a lui, allontanandosi sempre di più.
"Facciamo a
chi arriva prima, Fragolino?" gridava da lontano, con tutto il fiato
che aveva in gola.
"Col cavolo!
Vieni qua, maledetta nana!" ed iniziarono a correre, uno dietro
l'altro, su uno sfondo dipinto con le tonalità del tramonto.
E'
spuntato un raggio di sole, dietro quelle nuvole.
E la pioggia si è
fermata.
Solito mini-spazio
rompiballe òwò:
SalveH, quanto tempo
ò___ò. Ok, parliamo di cose serie.
Non mi piace
çwç. Non chiedetemi il motivo xD.
Cioè, la prima parte mi garba abbastanza,
anche
perchè (lo ammetto) mi sono davvero divertita a descrivere
un Ichigo totalmente
disperato per la
mancanza di Rukia XDDD. Ecco, forse è questo il punto. Non
vorrei che
Ichigo sia finito
troppo OOC, con questi pensieri che lo torturavano. Ma non penso, in
fondo
sappiamo quanto si
deprimerebbe Fragolino se dovesse dire addio a Rukia (basta guardare
Fade to Black +___+).
In ogni caso, spero sia piaciuta almeno un po'! Bye Bye!
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