Fratelli sempre e comunque.... di Marzia1969 (/viewuser.php?uid=58654)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La litigata da Cooter... ***
Capitolo 2: *** Il diario di Luke... ***
Capitolo 3: *** Un esilio dorato.... ***
Capitolo 4: *** Home....sweet home.... ***
Capitolo 1 *** La litigata da Cooter... ***
Hazzard, garage di Cooter.
Bo e Luke devono parecchi favori all'amico Cooter il
quale,
spesso e volentieri, ripara il generale senza neppure volere un cent in
cambio. Così, un po' per sdebitarsi, un po'
perchè i
ragazzi sono entrambi appassionati di meccanica, corrono in aiuto
dell'amico che, in questo momento, ha davvero parecchio lavoro da
consegnare.
Il tutto comincia nei migliori dei modi: Cooter sta riparando una
macchina, Bo un'altra e Luke un'altra ancora. Si ride e si scherza come
sempre. Arriva anche Enos, non perchè la sua auto abbia dei
problemi, ma per stare in compagnia dei suoi amici, quasi dei familiari
per lui.
Ad un tratto Bo si rende conto di non riuscire a riparare l'automobile
affidata alle sue cure e, anzichè chiedere consiglio a
Cavallo
Pazzo Cooter, si reca direttamente da Luke.
"Ehi Luke, ho bisogno del tuo parere. Proprio non riesco a far partire
quella dannata macchina., Eppure ha solo il carburatore un po' sporco.
Non è che mi aiuteresti?"
"D'accordo. Ma è mai possibile che tu non riesca mai a
sbrigartela da solo?" - fu la risposta piuttosto arrogante di Luke.
"Wow, vedo che questa mattina ti sei svegliato di ottimo umore.
Cominciamo bene...." - berciò Bo.
I ragazzi si avvicinarono alla macchina che Bo non riusciva a riparare
e, una volta data un'occhiata, Luke disse:"Cugino, cos'ha questa
macchina secondo te? Il carburatore sporco? Tu sì che sei
intelligente!!! Non vedi che è un problema di alimentazione?
Se
ti limiti a pulirgli il carburatore, non si metterà
mai in
moto. Guarda e impara!!"
Luke controllò l'alimentazione, sistemò
il guasto ed infatti la macchina si mise in moto immediatamente.
"Visto? Non era poi così difficile, bastava usare questo!" -
Luke si portò il dito indice alla tempia mentre parlava a
Bo,
come a dirgli che basta avere cervello.
"Ehi amico, ma non ti sembra di esagerare?" - intervenne Enos che fino
a quel momento era rimasto in silenzio - "Bo voleva la tua opinione
perchè tu sei più grande di lui, hai
più
esperienza, è normale che i lavori ti riescano meglio! Non
per
questo devi accusarlo di non avere cervello!"
"Enos ha ragione, Luke" - appoggiò Cooter - "non ti ha
chiesto nulla di male!"
"Non gli ho chiesto nulla di male?" - cominciò a sbottare
Bo, il
quale era quasi viola dal nervoso; fino a quel momento era riuscito a
stare in silenzio, ma ora sentiva di non farcela più - "A
sentire lui (indicava Luke con il braccio mentre parlava), tutto quello
che dico è sbagliato, tutto quello che faccio è
sbagliato, insomma lui è il Messia di casa. Vero Luke?"
"Vero un accidente!!! Volevo solo dirti che hai commesso un errore
stupido! D'accordo, ho usato i termini sbagliati, mi sono espresso male
e forse sono anche un po' nervoso questa mattina, ma mi sembra assurdo
che tu dica che voglio sempre avere ragione su tutto!" - fu la risposta
di Luke.
"Tu vuoi sempre aver ragione...." - urlò Bo.
"Enos, amico, qui le cose si stanno mettendo male" - disse sottovoce
Cooter al vicesceriffo.
"Lo credo anch'io, dovremmo cercare di calmarli Cooter. Temo che se
vanno avanti così, arriveranno alle mani" - rispose Enos.
Bo intanto continuava ad urlare.
"Vuoi sempre aver ragione e sai perchè? Percè
è
l'unico modo che hai per farti notare. Fin da bambini, zio Jesse e zia
Martha volevano più bene a me che a te per colpa del tuo
caratteraccio, io avevo un sacco di amici, mentre tu eri circondato da
due poveracci che venivano da te, perchè se non ci fossi
stato
tu, non avrebbero trovato nessun altro. Anche le ragazze vengono da te
solo per ripiego, in pratica le tue ragazze non sono altro che i miei
scarti dato che io, contrariamente a te, ne ho sempre parecchie. E poi
ripeto: ZIO JESSE E ZIA MARTHA VOLEVANO PIU' BENE A ME, CAPISCI??? A ME
CHE A TE!" - Bo aveva tirato fuori tutta la rabbia che aveva dentro di
sè.
Luke gli diede uno schiaffo.
Bo rispose con un pugno. Bo non sapeva fare a pugni tanto quanto Luke,
ma rispetto al cugino maggiore, aveva il vantaggio della statura:
sovrastandolo, poteva colpirlo meglio!
Luke si rialzò, prese il generale e se ne andò
lasciando Bo con Enos e Cooter.
"Santo Cielo Bo, ma sei pazzo a dirgli delle cose simili?" - disse
preoccupatissimo Enos. "D'accordo, è stato lui a cominciare,
è stato lui a trattarti male, ma era il caso di dirgli tutte
quelle cattiverie? Sai com'è fatto Luke: avrebbe preferito
prendersi due pugni allo stomaco, piuttosto che sentirsi rinfacciare
certe cose. Hai sbagliato Bo, sei andato troppo sul pesante! Fossi in
te, cercherei di contattarlo via radio e di chiarire".
"Non ci penso proprio" - dichiarò Bo "se ne stia da solo con
la
sua rabbia! Sono stanco di corrergli dietro solo perchè sono
il
più piccolo!!"
"Bo, vecchio mio" - aggiunse Cooter "sai che io considero te e Luke e
Enos come se foste miei fratelli, sai quanto vi voglio bene, ma Enos ha
ragione: hai colpito davvero duro Bo. Ok, è stato lui a
provocarti, ma questo non ti dava il diritto di sbattergli in faccia
tutte quelle cattiverie".
"Ok, ok, avete ragione. Fatemi sbollire un attimo, dopodichè
tornerò alla fattoria e mi chiarirò con Luke,
sperando
che sia già tornato a casa. In ogni caso, uno di voi due
dovrà accompagnarmi, dato che mio cugino mi ha lasciato a
piedi!" - disse con un tono più pacato Bo.
"Ti accompagno io, amico" - ribattè Enos - "anche
perchè vedo che Cooter è molto indaffarato!"
"Mi fai un grandissimo favore, Enos. Solo....mi raccomando....tenetemi
informato, ok?"
"Non preoccuparti" - fu il coro unanime di Enos e Bo, i quali, dopo
aver saluto se ne andarono.
Luke, nel frattempo, era arrivato con il generale alla fattoria.
Durante il tragitto fino a casa, aveva preso una decisione: voleva
andarsene, voleva vivere per un certo periodo da solo, non riusciva
più a stare con Bo dopo tutto quello che il cugino minore
gli
aveva rinfacciato. Sperava di non trovare nessuno, sperava che zio
Jesse e Daisy fossero andati in paese per delle commissioni. Voleva
congedarsi a modo suo: cioè con un biglietto in cui spiegava
la
sua scelta.
Forse aveva solo un gran paura di guardare in faccia zio Jesse, mentre
gli diceva che aveva preso la decisione di andarsene....
Quando arrivò a casa, si accorse che zio Jesse e Daisy
c'erano
eccome, perciò si rese conto che non poteva evitare
l'incontro.
"Ciao tesoro, come mai solo? Ehi, ma chi ti ha fatto quest'occhio
così nero?" - chiese Daisy preoccupata.
"Bo" - fu la risposta piccata di Luke.
"Oh no, vi siete presi a pugni un'altra volta! E' assurdo, E' per
questo motivo che lui non è qui con te?"
continuò Daisy.
Nel frattempo, anche zio Jesse si era avvicinato ai suoi nipoti e, come
aveva fatto poco prima Daisy, anche lui chiese spiegazioni al maggiore
dei suoi nipoti circa l'occhio nero.
"E' stato Bo. In seguito a questo e ad altre cose che mi ha detto, ho
deciso di andarmene. Non tentate di fernarmi, perchè sarebbe
inutile. Vado a preparare le mie cose e lascio immediatamente la
fattoria" - spiegò Luke.
"TU NON TI MUOVI DI QUI, LUKAS DUKE!" - tuonò zio Jesse.
"E perchè?" - domandò Luke con aria di sfida -
"sono o
non sono maggiorenne? Ho 31 anni, posso andarmene per la mia strada!".
Zio Jesse era spiazzato. Luke aveva ragione: aveva 31 anni e se aveva
deciso di andarsene, aveva tutto il diritto di farlo. Lui non poteva
trattenerlo!
"Non avresti dovuto parlare a zio Jesse in quel modo, Luke" - furono le
parole di Daisy "sai che ci vuole bene come se fossimo suoi figli!"
"Forse...." rispose Luke al quale continuavano a ritornare alla mente
le parole dette da Bo poco prima:"Zia Martha e zio Jesse volevano molto
più bene a me che a te"
Luke sparì all'interno dell'abitazione e dopo neppure un
quarto d'ora, uscì con la sua valigia.
"Daisy, posso chiederti di accompagnarmi in paese alla fermata
dell'autobus? Lascio il generale a Bo"
"Certo Luke, ma non vuoi ripensarci? E soprattutto, non vuoi salutare
zio Jesse?" - domandò Daisy.
"Ok, lo saluto".
Daisy si accorse del malessere di Luke ogni volta che nominava zio
Jesse e, il patriarca dei Duke, a sua volta, lesse la freddezza negli
occhi blu del nipote al momento dei saluti.
"Ciao zio, grazie per tutto quello che hai fatto per me fino ad ora.."
furono le uniche parole che riuscì a pronunciare
Luke.
"Ciao ragazzo mio! Ti voglio bene, Ricordati che, se un giorno vorrai
tornare, saremo tutti qui ad accoglierti a braccia aperte" - disse
piangendo zio Jesse, il quale soffriva ogni volta che uno dei suoi
cuccioli si allontanava dal nido.
Luke salì in macchina e Daisy gli chiese senza troppi giri
di
parole:"Ma si può sapere cos'hai? Si puoi sapere
cos'è
successo fra te e Bo? Si puoi sapere perchè hai trattato zio
Jesse in quel modo e soprattutto si può sapere dove pensi di
andare?"
"Savannah o Atlanta" - fu la risposta di Luke, il quale non
aprì più bocca per tutto il resto del tragitto.
Finalmente arrivarono alla fermata dell'autobus.
"Ciao bella e grazie di tutto!" - disse Luke salutando Daisy.
"Ciao tesoro, ti vogliamo bene, ricordalo" - rispose Daisy.
Luke scese dalla macchina e salì sull'autobus.
Daisy lo vide sparire dietro la curva....
To be continued.....
Grazie come al solito alle mie amiche i1976, Lella, Lu, Juliet e a chi
vorrà recensire o semplicemente leggere....
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Capitolo 2 *** Il diario di Luke... ***
Hazzard:
fattoria Duke.
Bo
ed Enos arrivarono finalmente alla fattoria e videro il Generale
posteggiato
all’esterno dell’abitazione.
“Meno
male, Luke è qui. Enos vuoi entrare un attimo insieme a
me?” – chiese Bo
all’amico.
“No,
ti ringrazio. Devo tornare in ufficio prima che lo sceriffo mi vada a
cercare
nell’elenco dei dispersi. Ho perso un po’ troppo
tempo in seguito alla litigata
che c’è stata fra te e tuo cugino. Torno al volo
ad Hazzard. Ciao Bo. Fammi
sapere se sei riuscito a chiarirti con Luke” –
furono le parole di Enos.
“Sta
tranquillo amico! Ti terrò informato!”
Bo
scese dall’autopattuglia di Enos e si diresse
all’interno della fattoria.
“Luke,
sei qui? Sono Bo, ti devo parlare!”
Invece
di Luke, che, ovviamente non poteva trovarsi lì in quel
momento, arrivò zio
Jesse.
Immediatamente si accorse
che, se Luke era
rientrato con un occhio nero, Bo aveva il segno delle cinque dita della
mano
destra di Luke stampate sulla guancia.
“Oh
no! Si sono presi a pugni di nuovo!” –
pensò il patriarca dei Duke. “Eppure non
è la prima volta; com’è possibile che
Luke si sia arrabbiato così tanto da
andarsene?”
“Ciao
zio. Sto cercando Luke, l’hai visto? Il Generale è
qui fuori, quindi lui deve
essere nei paraggi. Dovrei parlargli” – disse Bo.
“A
proposito di cosa? Dell’occhio nero che tu hai procurato a
lui e delle cinque
dita sulla tua guancia che lui ha procurato a te?”
Bo
si rese conto ancora una volta che era impossibile nascondere qualcosa
a zio
Jesse: conosceva troppo bene i suoi cuccioli per lasciarsi ingannare!
“Beh….diciamo
che io e Luke abbiamo avuto un diverbio…MA QUESTA VOLTA
E’ STATO LUI A
COMINCIARE!! Io….io poi ho continuato….”
“BEAUREGARD
DUKE! CHE SIGNIFICA CHE LUI HA COMINCIATO E TU HAI CONTINUATO? COSA VI
SIETE
DETTI??” – zio Jesse era letteralmente uscito dai
gangheri!
“Beh…eravamo
da Cooter a riparare delle auto, io ho chiesto aiuto a Luke, lui ha
cominciato
a dire che non capisco niente, che non ho cervello e io….GLI
HO RISPOSTO!” –
incalzò Bo.
“E
che genere di risposta gli avresti dato?”
“Niente
di particolare….gli ho solo detto che le ragazze
preferiscono me a lui, che io
ho sempre avuto molti più amici di quanti non ne avesse mai
avuti lui ed infine
gli ho detto….” – Bo al quel punto si
interruppe. Non aveva il coraggio di dire
a zio Jesse che aveva detto a Luke che lui e zia Martha erano molto
più
affezionati a lui che a Luke.
“Perché
ti sei interrotto? Cosa gli hai detto alla fine?” –
zio Jesse era sempre più
arrabbiato.
Bo
non sapeva mentire così, a testa bassa, riferì
allo zio tutto quello che aveva
buttato in faccia a Luke.
“COOOOOOSAAAAA??”
– tuonò Jesse – “MA SEI
IMPAZZITO? Chi ti ha messo in testa una scemenza del
genere? Chi ti ha detto che io e tua zia eravamo più
affezionati a te che a
Luke? Quando tu sei arrivato alla fattoria, Luke aveva già 9
anni, non puoi
sapere quale sia stata la sua vita prima che tu arrivassi. Ora capisco
perché
Luke se n’è andato e ci ha detto di non
cercarlo!”
“LUKE
SE N’E’ ANDATO??
Ma…..ma….com’è possibile? Ma
perché?” – Bo era evidentemente
frastornato…
“Perché?
Scusa, ma tu come avresti reagito al suo posto, sentendoti dire tutte
le cose
che tu hai detto a lui?”
Daisy,
che all’esterno della fattoria stava stendendo la biancheria,
attirata dalle
urla, entrò in casa. Zio Jesse era paonazzo, mentre Bo era
bianco come un
cencio!
“Smettetela,
vi prego, tutti e due. Abbiamo già perso Luke, adesso volete
litigare anche
voi?” – Daisy cercava di fare da paciere fra i due
uomini.
“IO
NON VOGLIO LITIGARE! Voglio far capire a questo moccioso che non deve
sentirsi
il padrone di casa!”
Zio
Jesse non aveva mai usato questi termini nei confronti di Bo.
“Vai
a farti una doccia, poi vieni a mangiare. E’ quasi pronto in
tavola” – sbottò
zio Jesse.
“Sissignore”
– furono le meste parole di Bo.
Bo
andò in camera sua, ma invece di farsi una doccia, si stese
sul letto. Non si
addormentò, si girò invece nella direzione del
letto di Luke.
Luke….chissà
cosa stava facendo in questo momento…Davvero non aveva
intenzione di tornare?
Davvero si era allontanato per colpa sua? Se solo avesse saputo dove
era
andato, poteva andargli incontro e chiarirsi, ma a quanto pare non
aveva
lasciato detto il suo nuovo recapito né a zio Jesse
né a Daisy.
Mentre
se ne stava immobile a fissare il letto del cugino maggiore, Bo si
accorse che
sotto il letto di Luke, una piastrella era più sollevata
delle altre.
“Domani
dovrò aggiustarla” – pensò
Bo. “Intanto provo ad alzarmi per vedere come mai
quella è l’unica piastrella sconnessa”.
Si
alzò, alzò la piastrella e, cosa del tutto
inaspettata, ci trovò un diario. Sulla
copertina c’era scritto “Lukas Duke”.
“Luke
tiene un diario? Perché non me l’ha mai detto?
Come vorrei sapere ciò che c’è
scritto, ma non ho il diritto di leggerlo, dato che lui non me ne ha
mai
parlato, quindi non voleva farmi sapere dell’esistenza di
questo diario” –
disse Bo fra sé e sé.
“Insomma….dopotutto….in
questo momento….Luke non è qui, perciò
posso leggerlo. Al limite, quando
deciderà di tornare a casa, non gli dirò di
averlo letto!”
Bo
sfogliò a caso le prime pagine….
“6
giugno 1965; oggi il mio cuginetto Bo compie 5 anni. E’ un
batuffolo biondo con
gli occhi azzurrissimi. Io gli voglio un bene dell’anima,
tutti gli vogliono
bene per il suo carattere solare…Io darei un occhio, anzi
tutti e due per
lui….E’ davvero un bambino simpaticissimo, ti
conquista. Come ho già detto, io
gli voglio un gran bene, è come se fosse una parte di me,
però….però….a volte
vorrei che lui non ci fosse, così zio Jesse e zia Martha
vorrebbero bene anche
a me! Non dico che non mi vogliano bene, ma mi rendo conto che trattano
Bo in
maniera diversa rispetto a come trattavano me quando avevo la sua
età.
D’accordo, io ho un carattere chiuso, scontroso, ce
l’ho sempre avuto, perciò
non do agli altri molti motivi per avvicinarsi a me, ma Dio solo sa
quanto
anch’io abbia un gran bisogno di
affetto….”
Bo
richiuse immediatamente il diario; era scioccato!
“Oh
mio Dio! Luke si era accorto da anni del fatto che zio Jesse e zia
Martha erano
affezionati più a me che a lui e io sono stato
così stupido da sbatterglielo in
faccia! MA PERCHE’ NON STO ZITTO?” – Bo
era arrabbiatissimo con se stesso.
Decise
si mostrare quella pagina di diario a zio Jesse e a Daisy.
Nel
frattempo, Cooter era arrivato alla fattoria per conoscere
l’evolversi della
litigata fra i cugini.
Rimase
allibito quando Daisy gli raccontò che Luke se
n’era andato senza lasciare
nessun recapito.
“Dimmi
Cooter, è stata così brutta la litigata fra i
miei nipoti?” – chiese
preoccupato zio Jesse.
“Beh….diciamo
che non è stata affatto piacevole, zio!”.
Bo
intanto era arrivato in cucina tenendo in mano il diario di Luke.
“E
quello cos’è cugino?” – chiese
Daisy.
“Il
diario di Luke….”
“IL
DIARIO DI LUKE?” – dissero in coro Daisy, Cooter e
zio Jesse.
“E
da quando tuo cugino tiene un diario?”
“Zio,
perdonami ti prego, so che ho commesso un’azione scorretta,
ma mi sono permesso
di leggere una pagina di questo diario. Ti prego, leggila anche
tu….”
Zio
Jesse aveva quasi paura a leggere le confessioni del maggiore dei suoi
nipoti,
soprattutto considerando che lui non gli aveva mai fatto parola, non
gli aveva
mai detto di tenere un diario.
Quando
Jesse lesse la pagina che aveva appena letto Bo, credette di svenire!
Daisy
e Cooter si precipitarono immediatamente da lui per chiedere
spiegazioni.
Jesse
disse solamente:”Daisy, Cooter, vi prego, leggete quello che
ha scritto Luke”.
Anche
i due amici rimasero esterrefatti.
“Zio,
ma com’è possibile che Luke abbia scritto una cosa
simile? Perché si sentiva
meno amato di noi?” – chiese Daisy.
“Tesoro,
vedi, io e tua zia Martha siamo sempre stati più legati a te
e a Bo,
semplicemente perché Luke è sempre stato molto
chiuso e soprattutto, molto
adulto rispetto a voi due. Noi lo vedevamo “grande”
rispetto a te e a Bo, ecco
perché non lo abbiamo mai seguito come abbiamo seguito voi.
Oltretutto, con il
suo carattere estremamente taciturno, a volte, a me e a tua zia,
sembrava di
invadere il suo territorio chiedendogli di sfogarsi o di raccontarci i
suoi
pensieri.
Non
avrei mai pensato che lui ne soffrisse così”
“Figliolo”
– disse zio Jesse rivolgendosi a Bo “scusami per la
strigliata di poco fa! Come
vedi, purtroppo, avevi ragione tu quando dicevi che io e tua zia
eravamo più
affezionati a te che a lui. Ma perché Luke non ne ha mai
parlato a nessuno di
questo suo problema?”
“Zio,
io mi sento un verme” – disse Bo “vado a
cercarlo!”.
“No
figliolo, Luke vuole starsene da solo per un po’, quindi
lasciamolo fare. Ha
detto che sarebbe andato a Savannah o ad Atlanta. Speriamo che faccia
avere sue
notizie”.
“Zio,
se avete bisogno di me, io sono qui per voi! Posso permettermi di dirti
una
cosa? Noi tutti abbiamo sempre considerato Luke il più
forte….” – a questo
punto Cooter si interruppe….
“….invece
è fragile…..” –
continuò zio Jesse – “Nasconde questa
sua fragilità dietro alla
sua freddezza ed al suo mutismo. Cooter, figliolo, se vuoi fermarti a
mangiare,
c’è un posto libero” – chiese
zio Jesse.
Cooter
accettò e, durante la solita preghiera, Jesse chiese
all’Onnipotente di
vegliare su Luke. “Proteggilo e fa che qualcuno possa
ospitarlo mentre è
lontano da casa”.
Luke,
nel frattempo, aveva deciso di andare ad Atlanta e non a Savannah.
Sarebbe
stato molto più facile far perdere le proprie tracce in una
metropoli come
Atlanta che in una cittadina come Savannah.
Sceso
dal bus, per prima cosa cercò una pensioncina in cui poter
dormire. Una volta
averla trovata, chiese al proprietario se qualcuno di sua conoscenza
poteva
offrirgli un lavoro.
“Sono
disposto a far qualsiasi cosa” – disse Luke
“dato che non ho in tasca un solo
dollaro!”
“Uhm…vediamo
un po’….ci sono dei miei amici che hanno un bar a
due isolati da qui e cercano
un ragazzo che riesca a preparare dei cocktails alcoolici. Pensi di
riuscire?”
– domandò a Luke il proprietario della pensione.
“Sì
sì, credo proprio che ci riuscirò. Sa, mio zio
era un contr….ehm….commerciava in
liquori….” – disse Luke.
“Benissimo,
allora domani presentati ai Signori Freeman (i proprietari del bar) e
digli che
ti mando io. Useranno un occhio di riguardo!”
“Grazie,
signore, domani andrò a trovare i Signori Freeman.”
Luke,
presa la chiave, si avviò verso la sua camera.
Era
appena cominciata la sua nuova vita ad Atlanta….
To be continued…
Grazie
come al solito a Lu, Lella, i1976,Thia,Juli e a tutti quelli che
leggeranno!!!
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Capitolo 3 *** Un esilio dorato.... ***
14pt;">Atlanta.
L’indomani, Luke si
recò all’ “Atlanta on the
Road”, il
bar di proprietà dei Sigg. Freeman che il Sig. Moore,
titolare del piccolo
albergo in cui alloggiava, gli aveva suggerito per cercare un lavoro.
A
riceverlo, Luke ci trovò i proprietari, i Signori Janet e
Robert Freeman.
“Buongiorno,
io mi chiamo Lukas Duke. Sono appena arrivato ad Atlanta ed alloggio
presso la
pensione “Sunshine” a due isolati da qui di
proprietà del Sig. Moore. Sto
cercando lavoro…”
“Ciao
Lukas, io sono Janet Freeman, lui è mio marito Robert.
Stiamo cercando un
ragazzo che sia in grado di preparare dei cocktails che ci permettano
di
attirare un sempre maggior numero di clienti e soprattutto di battere
la
concorrenza. Pensi di riuscirci?”
“Ci
posso provare signora. Mio zio ha trattato whisky per molti
anni”
“Bene
Lukas, allora prova a prepararci qualcosa, ti va?”
“D’accordo,
ma, la prego, mi chiami Luke; nessuno mi chiama con il mio nome per
esteso!”
“Bene
Luke….”
Luke
prese una bottiglia di whisky che i proprietari dell’Atlanta
on the Road
tenevano nel loro mobile bar, la aprì e appena la
annusò disse:”Ma questo
whisky fa schifo!!! Mai sentito un odoraccio simile. Adesso ve lo
preparo io un
whisky buono, anzi, ottimo!”
Il
Signor Freeman che fino a quel momento era rimasto in silenzio, disse
in tono
molto contrariato:”Senti ragazzino, svolgo questo mestiere da
25 anni, non si è
mai lamentato nessuno del mio whisky e adesso arrivi tu a dirmi che fa
schifo??
Dì un po’, ma chi credi di essere?”
“Il
nipote di uno che ha sempre contrab….ehm….venduto
whisky…”.
Era
la seconda volta in due giorni che Luke stava per dire che era il
nipote di un
contrabbandiere!
Luke si guardò attorno nel bar, aprì la dispensa
e, in poco più di tre ore,
preparò il whisky secondo la ricetta di zio Jesse.
Lo
porse ai suoi titolari e disse:”Assaggiatelo, poi ditemi cosa
ne pensate…”
I
signori Freeman, soprattutto Robert, rimase
incantato:”Ragazzo mio, questo è un
vero nettare! Adesso capisco perché il nostro whisky doveva
sembrarti una
brodaglia! Sei assunto immediatamente. Il tuo stipendio sarà
inizialmente di
80,00 dollari la settimana più ovviamente tutte le mance che
saranno tue. Ti va
bene?”
“Eccome”
– rispose Luke “quando posso cominciare?”
“Questa
sera stessa. Trovati qui alle 08,00 in punto”.
“Ci
sarò. Arrivederci e grazie. Ora torno dal Sig. Moore per
dirgli che ho trovato
lavoro!”.
Appena
Luke si allontanò, Robert disse alla
moglie:”Janet, ma hai sentito che sapore
aveva il whisky preparato da Luke? Quel ragazzo farà la
nostra fortuna, non
lasciamocelo scappare!”
Alle
08,00 in punto, Luke era in servizio all’Atlanta on the Road.
Oltre al whisky,
preparò diversi cocktails molto sfiziosi dettati dalla sua
fantasia, fantasia
che lo stesso Luke non aveva mai pensato di avere.
Fu
un successone!! Il locale, da quando c’era lui, era sempre
pieno, inoltre anche
molte ragazze avevano cominciato a frequentarlo e, spesso e volentieri,
anzi,
almeno una volta la settimana, Luke aveva un’amica nuova.
“Alla
faccia di Bo che dice sempre che io esco con le ragazze che scarta
lui!” –
pensò Luke…
Erano
passati tre mesi da quando il maggiore dei ragazzi Duke si era
allontanato da
casa e pareva contentissimo della sua nuova vita: niente più
campi da arare,
niente più cugini più giovani da accudire, niente
più multe da parte di Rosco,
niente più prediche di zio Jesse, niente di niente. Da tre
mesi a questa parte,
il vecchio Luke era morto e sepolto ed insieme a lui, tutti i suoi
ricordi. Al
suo posto c’era un nuovo Luke, cittadino, capace di preparare
dei cocktails che
avrebbero fatto invidia ai barman dei migliori hotels, con un sacco di
ragazze
e, soprattutto, con una bella casa in cui abitare.
Già,
perché i Sigg. Freeman, vuoi perché Luke gli
stava facendo guadagnare molti
soldi, vuoi perché, non avendo figli, consideravano Luke
come fosse uno di
famiglia, gli avevano innanzitutto aumentato lo stipendio e poi lo
avevano
pregato di lasciare la pensione “Sunshine” e di
abitare presso di loro,
naturalmente gratis.
Questo
significava che Luke poteva godersi al 100% i suoi guadagni.
I
Sigg. Freeman gli avevano dato una bellissima cameretta, con una bella
tappezzeria bianca e azzurra, tende dello stesso colore e mobili molto
preziosi.
In
quella casa, non c’era nulla della semplicità che
aveva caratterizzato la vita
di Luke fino a tre mesi prima.
Robert
e Janet, avrebbero speso qualsiasi cifra per soddisfare i desideri del
ragazzo;
il suo armadio infatti era pieno di pantaloni, camicie e giacche nuove.
Mentre
Luke si godeva il suo esilio dorato, alla fattoria, da tre mesi, da
quando cioè
il maggiore dei cugini se n’era andato, erano cominciati i
guai.
Purtroppo,
la mancanza di due braccia maschili si facevano sentire; zio Jesse era
troppo
vecchio per svolgere certi lavori e Bo da solo, per quanto si spezzasse
la
schiena, non poteva fare tutto. Di prendere un aiuto non se ne parlava
neppure,
dato che i Duke non potevano permettersi di pagare un’altra
persona, così, a
turno, Cooter ed Enos, al termine del loro lavoro, cominciavano il
“secondo
lavoro” a casa Duke.
Zio
Jesse era molto contrariato:”Ragazzi, io non posso pagarvi,
quindi non voglio
che veniate qui a lavorare nei campi.
“Non
preoccuparti zio Jesse” – disse Enos –
“in cambio del mio lavoro, voglio solo
un piatto della tua leggendaria zuppa di pesce. Per me vale
più di 100,00 dollari.”
“Idem!!”
– fu la risposta di Cooter – “e poi siamo
tutti della stessa famiglia, vero zio
Jesse?”
Zio Jesse si girò dall’altra parte per nascondere
le lacrime di commozione che
gli stavano scendendo. Era felice della prova di affetto dimostratagli
da Enos
e Cooter.
Ogni
giorno, quando Daisy apparecchiava, preparava anche le posate ed il
piatto per
Luke e, quando Enos e Cooter erano loro ospiti, non permetteva che si
sedessero
al posto che era di Luke.
“Non
si sa mai dovesse tornare….” – ripeteva
continuamente Daisy.
Ma
i giorni, i mesi passavano e Luke non si faceva né vedere
né sentire.
Zio
Jesse era sempre più triste di aver perso uno dei suoi
cuccioli e Bo, che fino
a quel momento non aveva detto nulla, un giorno
sbottò:”LUKE E’ UN
DEFICIENTE!!” – cominciò ad urlare
–“che diritto aveva di piantarci in asso
tutti quanti? Lui ha litigato con me e solo con me, perché
dunque non si è
chiarito invece di andarsene? E’ solo un vigliacco, uno che
aggira l’ostacolo
invece di affrontarlo!” – furono le amare e
GIUSTISSIME! riflessioni di Bo.
Zio
Jesse che, in un altro momento, avrebbe azzittito Bo in malo modo per
quanto
aveva detto, questa volta non obbiettò: effettivamente, il
modo di comportarsi
di Luke, non era stato dei più corretti. Certo, per quanto
capiva che Luke
volesse starsene un po’ solo, non si spiegava il fatto che
dopo oltre tre mesi,
non avesse fatto una telefonata, non avesse scritto due righe anche
solo per
dire dov’era (se a Savannah o ad Atlanta) e se stava bene!
“Ci
ha dimenticati….” Disse tristemente zio Jesse ai
suoi due nipoti a Enos e
Cooter.
“Probabilmente,
la sua nuova vita deve appagarlo molto. Sono felice per lui, anche se
mi manca.
Spero solo che un giorno potrà perdonarmi per non averlo
seguito da bambino,
insieme a zia Martha, come avrebbe voluto lui!”
“Zio,
scusa, ma per quanto tu e zia Martha possiate essere stati in debito
nei suoi
confronti, credo che, se c’è uno che in questo
momento debba chiedere scusa,
quello sia Luke!” disse Daisy che, ultimamente, al pari di
Bo, era altrettanto
arrabbiata con il cugino maggiore! “Che razza di uomo
è uno che, dopo 3 mesi,
non si fa vivo neppure per dire “Ciao, sto bene, non
preoccupatevi di
niente”….”
Enos,
Cooter, Bo e zio Jesse annuirono con la testa; nessuno di loro si
sarebbe
aspettato un comportamento simile da parte del più grande
dei nipoti.
Il
quale, nel frattempo, se la spassava eccome nella metropoli della
Georgia:
ragazze, abiti, nuovi amici, un lavoro ben retribuito….
Fino
a quando, un giorno (erano circa sei mesi che si era allontanato da
casa), si
rese conto che qualcosa non andava…
L’Atlanta
on the Road era sempre pieno di gente o meglio, sembrava che tutti i
fumatori
più incalliti del sud-est degli States, si fossero dati
appuntamento in quel
luogo. Luke non era abituato a stare nei locali pieni di fumo dato che,
l’unico
fumatore che aveva conosciuto prima di allora, era Boss Hogg; certo
fumava, ma
era comunque una persona sola. Lì invece c’era un
raduno di ciminiere umane….
All’inizio,
il fatto di respirare continuamente fumo, aveva procurato a Luke delle
fortissime emicranie, la conseguenza delle quali, era una leggera
perdita
dell’appetito..”Poco male” –
pensò Luke “farò un po’ di
dieta….”, ma con
l’andare del tempo, il leggero calo dell’appetito,
si trasformò in un rifiuto del
cibo, perciò Luke cominciò a dimagrire in maniera
paurosa a vista d’occhio…
To be continued…
Grazie
come al solito alle mie super amiche e a chi vorrà leggere e
recensire…..
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Capitolo 4 *** Home....sweet home.... ***
Atlanta on theRoad.
Le condizioni di salute di Luke
peggioravano rapidamente:
rifiutava costantemente il cibo e, a volte, per non far preoccupare la
Signora
Freeman che si era affezionata a lui come ad un figlio, faceva in modo
di
mangiare in orari diversi dai suoi, così, lontano da occhi
indiscreti, poteva
gettare l’intero pranzo o cena nella pattumiera. Questo, non
certo perché Janet
fosse una pessima cuoca, al contrario, era Luke, che a causa di tutto
quel fumo
che respirava quotidianamente, cominciava ad avere dei seri problemi di
salute….
Inoltre,
nella mente del ragazzo, cominciava a farsi strada il
rimorso:”Ho abbandonato
zio Jesse, Daisy, Bo e tutti i miei amici più cari da quasi
sei mesi e non mi
sono mai degnato di far loro una telefonata, anche solo per dirgli che
sto, o
forse dovrei dire, che stavo bene e che, alla fine, avevo deciso di
venire ad
Atlanta e non a Savannah….Che penseranno di me? Zio Jesse e
Bo riusciranno a
mandare avanti la fattoria da soli? Ma come ho fatto ad essere
così incosciente??
Non ho neppure aspettato che Bo rientrasse prima di andarmene, sono
fuggito
come un ladro. Che penseranno di me a casa?”
Questi
pensieri, o meglio, questi rimorsi, insieme al totale rifiuto del cibo,
stavano
minando seriamente la salute di Luke.
Il
quale, per altro, non aveva ancora perso un solo giorno di lavoro. Ogni
sera,
alle 8 in punto, scendeva al bar, dove la clientela e, ahimè
i fumatori
incalliti (soprattutto fumatori di sigari il cui odore dava fastidio a
Luke in
modo particolare!), riempivano il locale.
Ora
però, faceva sempre più fatica a svolgere il suo
compito: spesso e volentieri,
vinto dalla debolezza, doveva sedersi dietro il bancone del bar e, un
paio di
volte, aveva pure rischiato di svenire.
I
Signori Freeman (anche Robert, marito di Janet, era molto affezionato a
Luke),
un giorno lo presero da parte e gli chiesero come mai fosse
così magro e così
pallido.
“Figliolo
mangi?” – chiese Janet.
“Sissignora,
cioè….non mangio molto….ma qualcosa
riesco a mandar giù….” – fu
la risposta, non
sincera, di Luke.
Erano
più di 5 giorni che non mangiava assolutamente nulla e, i
risultati di quella
denutrizione, si fecero vedere quanto prima….
Dopo
una settimana, il ragazzo era a letto, esausto, senza neppure avere la
forza di
muovere un dito, figuriamoci di andare al lavoro.
La
Signora Freeman chiamò immediatamente il Dottor Collins, il
medico di famiglia,
il quale, senza troppi giri di parole disse a Janet:”Jan,
l’aria di Atlanta e
il fumo del tuo locale non si addicono a questo ragazzo. Io posso
prescrivergli
delle medicine, ma, la cosa migliore, sarebbe che ritornasse a casa sua
al più
presto. Se rimane qui, non durerà
molto….”
Janet
era spaventatissima; non voleva perdere Luke, non solo
perché da quando c’era
lui, il suo conto in banca era lievitato, ma soprattutto
perché lei e Robert
avevano trovato nel maggiore dei Duke, quel figlio che non avevano mai
potuto
avere.
“Janet”
– proseguì il Dottor Collins “so che tu
e Robert volete bene a Luke ed è
proprio per questo motivo che dovete lasciarlo andare. Questo posto non
è
adatto a lui. Ricordo com’era questo ragazzo appena arrivato
ad Atlanta: ora
non è che l’ombra di se
stesso…..”
Janet,
seppur mestamente, espose a Robert la teoria di Collins ed il marito
non fece
che appoggiare quanto detto poco prima dal Dottore:”Janet, il
medico ha
ragione. Quel ragazzo è ridotto ad uno straccio! Se gli
vogliamo bene, dobbiamo
chiamare i suoi parenti perché vengano a riprenderselo. Ci
mancherà moltissimo,
ma non possiamo fare altrimenti…”
I
Signori Freeman dissero a Luke quello che avevano saputo da Collins, ma
il
ragazzo li supplicò di non chiamare casa.
“Perché
figliolo? Sei qui da sei mesi, saranno contenti di
rivederti!” – disse Robert.
Luke,
vergognandosi come un ladro, raccontò ai coniugi Freeman il
modo in cui aveva
lasciato la fattoria e soprattutto disse loro che, da quando se
n’era andato,
non si era mai preso il disturbo di fare una chiamata ai suoi familiari.
“Capite
ora perché non voglio che telefoniate a casa mia? Non mi
sono fatto sentire per
tutto questo tempo; non mi sembra giusto tornare a bussare alla loro
porta solo
perché adesso sono in
difficoltà…” – disse Luke.
“Luke,
noi ti capiamo, ma, credimi, è per il tuo bene.
Telefonerà Janet, non
preoccuparti. Lei sa trovare le parole giuste e sono sicuro che anche
loro
capiranno” – disse Robert.
Luke,
ormai, non era più in grado neppure di alzarsi dal letto o
di discutere le
decisioni prese dai Signori Freeman, era ridotto ad un uccellino. Janet
vedeva
fallire i suoi sforzi ogni volta che provava a fargli mangiare qualcosa.
Nel
frattempo, alla fattoria, anche zio Jesse deperiva.
Era
amareggiato dall’atteggiamento di Luke, ma, soprattutto, si
sentiva in debito
con Enos e Cooter, i quali continuavano a lavorare i campi gratis.
“Un
giorno o l’altro andrò a cercare
quell’imbecille, anche a costo di attraversare
palmo a palmo tutta la Georgia e quando l’avrò
trovato, non gliela farò passare
liscia.
Te
lo giuro zio! Gli rinfaccerò tutto quello che abbiamo dovuto
sopportare in
questi sei mesi!!!” – furono le parole amarissime e
giustificatissime di Bo, il
quale, aveva la schiena a pezzi dal lavoro….
Proprio
in quel momento, il telefono squillò alla
fattoria…
“LUKE!”
fu il coro di Jesse, Bo, Daisy, Enos e Cooter.
Fu
Bo a rispondere. Per una volta fu più veloce di zio
Jesse…
“Casa
Duke, sono Bo”
“Buongiorno
Bo, io sono Janet Freeman, chiamo da Atlanta. Tu non mi conosci, ma io,
in un
certo senso, conosco te e la tua famiglia, dato che, da sei mesi, tuo
cugino
Luke abita qui con me e mio marito…”
“Ah
davvero? Abita con lei? E mi dica, sua Altezza Imperiale mio cugino
Luke, sta
bene? E’ ancora vivo? Scusi se le sembro maleducato, ma la
persona in
questione, da quando se n’è andata di casa, non si
è mai degnata di farsi
sentire….”
“…infatti
non voleva che vi telefonassi proprio per il motivo che dici tu. Io
però ho
insistito, dato che Luke sta molto, molto male….”
”COOOOOOSAAAAAAA?????? LUKE STA MALE???? E COS’HA
IL MIO FRATELLONE?” – urlò Bo
preoccupatissimo.
In
due secondi aveva dimenticato sei mesi di arrabbiature: gli era bastato
sentire
che Luke stava male, per scordarsi di tutto.
“LUKE
STA MALE???” – ripeterono anche tutti i presenti in
casa Duke.
“Vi
prego, venite subito. Abito ad Atlanta, al numero 205 di Mason Street,
il mio
appartamento si trova sopra al Bar “Atlanta on the
Road”. E’ molto conosciuto,
non vi sarà difficile trovarlo…..”.
“Va
bene, grazie signora, il tempo di organizzarci ed arriviamo.
Arrivederci!”
Bo
riattaccò.
Per
lui cominciarono le domande da parte di Daisy, Cooter, Enos e zio Jesse.
“Ma
ti ha detto che cos’ha esattamente?” chiese lo zio.
“No,
mi ha detto di andare subito da lei, perché Luke sta
male”.
Zio
Jesse era sempre più a pezzi.
Enos
nel frattempo chiamò Rosco e Boss per informarli della
novità e i due si
unirono alla spedizione che partì verso Atlanta.
Janet
aveva ragione: il suo bar era molto conosciuto (grazie anche ai
cocktails di
Luke), così i Duke e amici al seguito, non tardarono a
trovarlo.
Zio
Jesse fu il primo ad entrare nel locale:”Lei deve essere la
Signora Freeman,
vero? La ringrazio per aver ospitato mio nipote per tutto questo tempo.
Io sono
Jesse Duke” – disse il patriarca togliendosi il
cappellino rosso.
“Venite,
vi porto da lui” – disse Janet.
Bo
saliva gli scalini tre alla volta per arrivare prima.
E
finalmente arrivarono da Luke.
“OH
MIO DIO!!” – gridarono tutti, Boss compreso.
Quello
che videro sdraiato nel letto, con le coperte tirate fino sotto il
mento
nonostante il caldo asfissiante di quella giornata di giugno, era un
ragazzo
magrissimo e pallido, un pallore reso ancora più evidente
dai capelli scuri.
Gli
occhi sembravano diventati più grandi in quel viso troppo
piccolo, come
dilatati….
“Luke…..oh
mio Dio…Luke” – disse Bo fra i
singhiozzi…..
“Perdonatemi….tutti…..vi
prego….” – disse Luke con la voce resa
debole dalla denutrizione….
“Perdonarti
di cosa, figliolo? Adesso ti portiamo a casa” – zio
Jesse tratteneva a stento
le lacrime….
“Ehi
amico!” furono le parole di Enos e Cooter.
Daisy,
Rosco e Boss avevano gli occhi lucidi in fondo alla stanza….
“Signor
Duke, Bo, vi dispiacerebbe venire qui un attimo?” –
chiese Janet.
I
due uomini si avvicinarono alla signora Freeman, la quale disse
loro:”Vi prego
di credermi che io e mio marito abbiamo fatto tutto il possibile per
convincere
Luke a mangiare, ma purtroppo tutti i nostri tentativi sono stati
inutili.
Abbiamo chiamato il medico appena abbiamo capito che la situazione
stava
precipitando!”
“Signora,
io ed i miei nipoti vogliamo ringraziarla per tutto quello che lei e
suo marito
avete fatto per Luke, per tutto il lusso di cui l’avete
circondato, lusso al
quale Lukas non era certo abituato, dato che la nostra è una
casa molto
modesta. Quindi non avete nulla di cui rimproverarvi”
– furono le parole
sincere di Jesse.
“Bene”
– aggiunse Bo –“adesso portiamolo in
macchina, dato che dovremo portarlo in
spalla. Lo caricheremo sul Generale Lee.”
“Dì
un po’, ma ti è dato di volta il cervello
Bo?” – disse Boss che fino a quel
momento era stato in silenzio. “Come pensate di far entrare
quel ragazzo dal
finestrino del Generale? Lo porterò io a casa, la mia
Cadillac è a vostra
disposizione”.
“Grazie
Boss, allora prepariamoci” – concluse Jesse.
Daisy
si ricordò che Luke andava a letto solo con i boxer,
perciò suggerì a zio e
cugino che sarebbe stato il caso di rivestirlo prima di portarlo a casa.
“Che
stupido, hai ragione Daisy” – disse Bo.
Così,
si avvicinarono a Luke, gli tolsero le coperte ed ebbero un altro
shock: per
quanto il viso del maggiore dei Duke fosse deperito, non era nulla
rispetto al
resto del corpo: la muscolatura era quasi sparita e le braccia di Luke
sembravano sproporzionatamente lunghe rispetto al resto del fisico.
“Santo
Cielo zio, è pelle e ossa!” –
singhiozzò Bo.
Luke
nel frattempo, senza più le coperte, cominciava a tremare
dal freddo,
nonostante all’interno di quella camera ci fossero
più di 30 gradi.
“Vi
prego….ridatemi le mie coperte….sono
congelato….vi prego!” – supplicava Luke.
“Figliolo,
io e tuo cugino faremo alla svelta. Adesso ti rivestiremo e torneremo a
casa” –
disse Zio Jesse.
Fu
un’impresa rivestirlo, dato che sia i jeans che la camicia
gli stavano
larghissimi, è come se avessero infilato un bambino negli
abiti di un adulto.
“Ok
Luke, adesso sei pronto a partire! Enos, Cooter, datemi una mano, lo
portiamo
in macchina!” – ordinò Bo.
“Io
intanto vado a prendere altre coperte nel caso in cui dovesse avere
freddo,
dato che la macchina di Boss è scoperta”
– disse Rosco.
Mentre
lo sollevavano, Luke passò davanti ai Signori Freeman: Luke
chiese ai tre
uomini che lo stavano portando, di fermarsi un attimo, dato che voleva
salutarli:”Signori Freeman, grazie….non
dimenticherò quello che avete fatto per
me! Ci saranno sempre due coperti alla tavola di zio Jesse per
voi!”
“Tu
piuttosto non dimenticarci e ricordati che questa cameretta
sarà sempre tua!” –
dissero in coro Janet e Robert.
Bo,
Enos e Cooter, arrivarono finalmente alla macchina di Boss; Bo
lasciò Luke
nelle mani di Enos e Cooter (magro com’era, non si faceva
fatica a
sollevarlo!), si sedette sul sedile posteriore e disse ai due
amici:”Fatelo
sdraiare, mettetegli la testa sulle mie ginocchia. Boss, metti in
moto…si torna
a casa!”
Bo
accudì il cugino durante tutto il tragitto; si ricordava
infatti delle parole
lette sul suo diario:”Dio solo sa quanto anch’io
abbia bisogno di affetto!”
“Luke
hai freddo? Devo dire a Boss di rallentare? Stai meglio? Hai bisogno di
qualcosa?”
“Stai
tranquillo…..e
grazie….e….perdonami….”furono
le parole di Luke.
“Perdonarti…..e
di che? Noi fratellini minori serviremo pure a qualcosa, ti
pare?” – Bo strizzò
l’occhio a Luke mentre pronunciava queste parole….
Una
volta arrivati alla fattoria, il maggiore dei Duke fu portato nel suo
letto.
Immediatamente Bo tolse il comodino che separava i due letti e
avvicinò il suo
a quello del cugino, in modo che, se durante la notte, Luke avesse
avuto
bisogno, lui sarebbe stato pronto ad assisterlo.
“Luke”
– disse zio Jesse – “bentornato! Ci sei
mancato molto, sai? Se non avesse
telefonato la Signora Freeman, saremmo venuti noi a cercarti ad Atlanta
o
Savannah. Noi ti vogliamo bene, tutti quanti, anche se a volte non te
lo
dimostriamo!”
Facendo
un calcolo mentale e ripensando alle parole appena pronunciate da zio
Jesse,
Luke si rese conto che, durante la sua assenza, i suoi parenti avevano
letto il
diario; in un altro momento avrebbe sbottato che quello era il suo
diario e che
nessuno aveva il diritto di leggerlo, ma quella volta Luke tacque,
capiva che i
suoi cari non meritavano i musi lunghi….
“Zio,
ti prego, prendi quella busta che c’è nella tasca
dei miei pantaloni e
aprila..” – disse Luke.
Zio
Jesse l’aprì e ci trovò
all’interno 1.500,00 dollari!!! Una manna per i
Duke…
“E’
tutto quello che sono riuscito a mettere da parte lavorando dai
Freeman: è per
te, per tutti voi, spendeteli come volete”
Questo
era il modo, molto personale!, di ringraziare di Luke e di dire quanto
fosse
mortificato per quello che aveva fatto!Zio Jesse, Daisy e Bo capirono
che si
sentiva un verme ed accettarono i soldi con un sorriso….
Intanto,
giorno dopo giorno, Luke ricominciava, seppur lentamente, a mangiare:
zio Jesse
preparava appositamente per lui delle appetitose minestre.
Il
primo giorno fu un incubo: Bo mise quattro cuscini sotto la schiena del
cugino
maggiore, in modo che potesse sedersi ed appoggiarsi (non riusciva
ancora ad
alzarsi dal letto), ma appena lo zio gli porse il piatto, tutta la
minestra che
era nel cucchiaio finì sul pigiama nuovissimo che Bo gli
aveva prestato.
Purtroppo
per Luke era uno sforzo anche tenere in mano un cucchiaio.
Appena
vide che il pigiama era sporco, diventò paonazzo per la
vergogna: da anni non
si sbrodolava!
“Scusa
Bo…” furono le sue meste parole….
“Figurati….per
un pigiama. E poi lo lava Daisy, mica io!”
Bo
strizzava l’occhio alla cugina mentre pronunciava queste
parole e lei rispose
con una pacca sulla spalla….
Luke
provò nuovamente a riempire il cucchiaio, ma ancora una
volta, l’intero
contenuto finì nella casacca del pigiama.
“Zio….grazie
per la minestra…..ma sarà meglio che io non mangi
affatto…” – Luke si
vergognava sempre più fissando le macchie che si era
prodotto.
“MA
SCHERZI??? Dico, non avrai mica vergogna di noi! Per qualche macchia,
tutti ci
sporchiamo, vero ragazzi?” – disse Jesse…
“Sì….ma
io…..” – Luke avrebbe voluto nascondersi
sotto una piastrella per la vergogna!
Bo
prese in mano il piatto del cugino, riempì il cucchiaio e
cominciò ad
imboccarlo.
L’imbarazzo
di Luke era totale a quel punto: nessuno l’aveva mai
imboccato da quando era
adulto, infatti la sua bocca rimase ermeticamente chiusa.
“E
dai Luke, non fare il bambino, apri la bocca! Non avrai mica vergogna
del tuo
fratellino, vero? Perché noi siamo sempre fratelli,
giusto?” – disse Bo.
Luke
era commosso: Bo riusciva sempre a risollevargli il morale!
Si avvicinò al cugino minore e gli diede un bacio sulla
guancia: Bo, zio Jesse
e Daisy rimasero allibiti! Non era da Luke palesare a quel modo i
propri
sentimenti!
Nei
giorni seguenti anche Rosco, Bo e Lou Lou arrivarono alla fattoria;la
Signora
Hogg aveva portato in dono a Luke un intero guardaroba con abiti della
sua
nuova taglia.
“Spero
che dovrai buttare tutto quanto molto presto figliolo”
– furono le parole di
Lou Lou –“ almeno vorrà dire che sarai
tornato ad essere il ragazzone che eri!”
“Anch’io
e Rosco speriamo che tu torni ad essere come prima, altrimenti a chi
facciamo
la multa? Le casse municipali sono vuote!!” – disse
Boss fingendosi
arrabbiato….
La
solita vita era ricominciata ad Hazzard….
THE END
Spero
vi sia piaciuta! Grazie come al solito a chi vorrà leggere e
recensire!
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