Fratelli sempre e comunque....

di Marzia1969
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La litigata da Cooter... ***
Capitolo 2: *** Il diario di Luke... ***
Capitolo 3: *** Un esilio dorato.... ***
Capitolo 4: *** Home....sweet home.... ***



Capitolo 1
*** La litigata da Cooter... ***


Hazzard, garage di Cooter.

Bo e Luke devono parecchi favori all'amico Cooter il quale, spesso e volentieri, ripara il generale senza neppure volere un cent in cambio. Così, un po' per sdebitarsi, un po' perchè i ragazzi sono entrambi appassionati di meccanica, corrono in aiuto dell'amico che, in questo momento, ha davvero parecchio lavoro da consegnare.
Il tutto comincia nei migliori dei modi: Cooter sta riparando una macchina, Bo un'altra e Luke un'altra ancora. Si ride e si scherza come sempre. Arriva anche Enos, non perchè la sua auto abbia dei problemi, ma per stare in compagnia dei suoi amici, quasi dei familiari per lui.
Ad un tratto Bo si rende conto di non riuscire a riparare l'automobile affidata alle sue cure e, anzichè chiedere consiglio a Cavallo Pazzo Cooter, si reca direttamente da Luke.
"Ehi Luke, ho bisogno del tuo parere. Proprio non riesco a far partire quella dannata macchina., Eppure ha solo il carburatore un po' sporco. Non è che mi aiuteresti?"
"D'accordo. Ma è mai possibile che tu non riesca mai a sbrigartela da solo?" - fu la risposta piuttosto arrogante di Luke.
"Wow, vedo che questa mattina ti sei svegliato di ottimo umore. Cominciamo bene...." - berciò Bo.
I ragazzi si avvicinarono alla macchina che Bo non riusciva a riparare e, una volta data un'occhiata, Luke disse:"Cugino, cos'ha questa macchina secondo te? Il carburatore sporco? Tu sì che sei intelligente!!! Non vedi che è un problema di alimentazione? Se ti limiti a pulirgli il carburatore, non si metterà mai in moto. Guarda e impara!!"
 Luke controllò l'alimentazione, sistemò il guasto ed infatti la macchina si mise in moto immediatamente.
"Visto? Non era poi così difficile, bastava usare questo!" - Luke si portò il dito indice alla tempia mentre parlava a Bo, come a dirgli che basta avere cervello.
"Ehi amico, ma non ti sembra di esagerare?" - intervenne Enos che fino a quel momento era rimasto in silenzio - "Bo voleva la tua opinione perchè tu sei più grande di lui, hai più esperienza, è normale che i lavori ti riescano meglio! Non per questo devi accusarlo di non avere cervello!"
"Enos ha ragione, Luke" - appoggiò Cooter - "non ti ha chiesto nulla di male!"
"Non gli ho chiesto nulla di male?" - cominciò a sbottare Bo, il quale era quasi viola dal nervoso; fino a quel momento era riuscito a stare in silenzio, ma ora sentiva di non farcela più - "A sentire lui (indicava Luke con il braccio mentre parlava), tutto quello che dico è sbagliato, tutto quello che faccio è sbagliato, insomma lui è il Messia di casa. Vero Luke?"
"Vero un accidente!!! Volevo solo dirti che hai commesso un errore stupido! D'accordo, ho usato i termini sbagliati, mi sono espresso male e forse sono anche un po' nervoso questa mattina, ma mi sembra assurdo che tu dica che voglio sempre avere ragione su tutto!" - fu la risposta di Luke.
"Tu vuoi sempre aver ragione...." - urlò Bo.
"Enos, amico, qui le cose si stanno mettendo male" - disse sottovoce Cooter al vicesceriffo.
"Lo credo anch'io, dovremmo cercare di calmarli Cooter. Temo che se vanno avanti così, arriveranno alle mani" - rispose Enos.
Bo intanto continuava ad urlare.
"Vuoi sempre aver ragione e sai perchè? Percè è l'unico modo che hai per farti notare. Fin da bambini, zio Jesse e zia Martha volevano più bene a me che a te per colpa del tuo caratteraccio, io avevo un sacco di amici, mentre tu eri circondato da due poveracci che venivano da te, perchè se non ci fossi stato tu, non avrebbero trovato nessun altro. Anche le ragazze vengono da te solo per ripiego, in pratica le tue ragazze non sono altro che i miei scarti dato che io, contrariamente a te, ne ho sempre parecchie. E poi ripeto: ZIO JESSE E ZIA MARTHA VOLEVANO PIU' BENE A ME, CAPISCI??? A ME CHE A TE!" - Bo aveva tirato fuori tutta la rabbia che aveva dentro di sè.
Luke gli diede uno schiaffo.
Bo rispose con un pugno. Bo non sapeva fare a pugni tanto quanto Luke, ma rispetto al cugino maggiore, aveva il vantaggio della statura: sovrastandolo, poteva colpirlo meglio!
Luke si rialzò, prese il generale e se ne andò lasciando Bo con Enos e Cooter.
"Santo Cielo Bo, ma sei pazzo a dirgli delle cose simili?" - disse preoccupatissimo Enos. "D'accordo, è stato lui a cominciare, è stato lui a trattarti male, ma era il caso di dirgli tutte quelle cattiverie? Sai com'è fatto Luke: avrebbe preferito prendersi due pugni allo stomaco, piuttosto che sentirsi rinfacciare certe cose. Hai sbagliato Bo, sei andato troppo sul pesante! Fossi in te, cercherei di contattarlo via radio e di chiarire".
"Non ci penso proprio" - dichiarò Bo "se ne stia da solo con la sua rabbia! Sono stanco di corrergli dietro solo perchè sono il più piccolo!!"
"Bo, vecchio mio" - aggiunse Cooter "sai che io considero te e Luke e Enos come se foste miei fratelli, sai quanto vi voglio bene, ma Enos ha ragione: hai colpito davvero duro Bo. Ok, è stato lui a provocarti, ma questo non ti dava il diritto di sbattergli in faccia tutte quelle cattiverie".
"Ok, ok, avete ragione. Fatemi sbollire un attimo, dopodichè tornerò alla fattoria e mi chiarirò con Luke, sperando che sia già tornato a casa. In ogni caso, uno di voi due dovrà accompagnarmi, dato che mio cugino mi ha lasciato a piedi!" - disse con un tono più pacato Bo.
"Ti accompagno io, amico" - ribattè Enos - "anche perchè vedo che Cooter è molto indaffarato!"
"Mi fai un grandissimo favore, Enos. Solo....mi raccomando....tenetemi informato, ok?"
"Non preoccuparti" - fu il coro unanime di Enos e Bo, i quali, dopo aver saluto se ne andarono.
Luke, nel frattempo, era arrivato con il generale alla fattoria. Durante il tragitto fino a casa, aveva preso una decisione: voleva andarsene, voleva vivere per un certo periodo da solo, non riusciva più a stare con Bo dopo tutto quello che il cugino minore gli aveva rinfacciato. Sperava di non trovare nessuno, sperava che zio Jesse e Daisy fossero andati in paese per delle commissioni. Voleva congedarsi a modo suo: cioè con un biglietto in cui spiegava la sua scelta.
Forse aveva solo un gran paura di guardare in faccia zio Jesse, mentre gli diceva che aveva preso la decisione di andarsene....
Quando arrivò a casa, si accorse che zio Jesse e Daisy c'erano eccome, perciò si rese conto che non poteva evitare l'incontro.
"Ciao tesoro, come mai solo? Ehi, ma chi ti ha fatto quest'occhio così nero?" - chiese Daisy preoccupata.
"Bo" - fu la risposta piccata di Luke.
"Oh no, vi siete presi a pugni un'altra volta! E' assurdo, E' per questo motivo che lui non è qui con te?"
continuò Daisy.
Nel frattempo, anche zio Jesse si era avvicinato ai suoi nipoti e, come aveva fatto poco prima Daisy, anche lui chiese spiegazioni al maggiore dei suoi nipoti circa l'occhio nero.
"E' stato Bo. In seguito a questo e ad altre cose che mi ha detto, ho deciso di andarmene. Non tentate di fernarmi, perchè sarebbe inutile. Vado a preparare le mie cose e lascio immediatamente la fattoria" - spiegò Luke.
"TU NON TI MUOVI DI QUI, LUKAS DUKE!" - tuonò zio Jesse.
"E perchè?" - domandò Luke con aria di sfida - "sono o non sono maggiorenne? Ho 31 anni, posso andarmene per la mia strada!".
Zio Jesse era spiazzato. Luke aveva ragione: aveva 31 anni e se aveva deciso di andarsene, aveva tutto il diritto di farlo. Lui non poteva trattenerlo!
"Non avresti dovuto parlare a zio Jesse in quel modo, Luke" - furono le parole di Daisy "sai che ci vuole bene come se fossimo suoi figli!"
"Forse...." rispose Luke al quale continuavano a ritornare alla mente le parole dette da Bo poco prima:"Zia Martha e zio Jesse volevano molto più bene a me che a te"
Luke sparì all'interno dell'abitazione e dopo neppure un quarto d'ora, uscì con la sua valigia.
"Daisy, posso chiederti di accompagnarmi in paese alla fermata dell'autobus? Lascio il generale a Bo"
"Certo Luke, ma non vuoi ripensarci? E soprattutto, non vuoi salutare zio Jesse?" - domandò Daisy.
"Ok, lo saluto".
Daisy si accorse del malessere di Luke ogni volta che nominava zio Jesse e, il patriarca dei Duke, a sua volta, lesse la freddezza negli occhi blu del nipote al momento dei saluti.
"Ciao zio, grazie per tutto quello che hai fatto per me fino ad ora.."  furono le uniche parole che riuscì a pronunciare Luke.
"Ciao ragazzo mio! Ti voglio bene, Ricordati che, se un giorno vorrai tornare, saremo tutti qui ad accoglierti a braccia aperte" - disse piangendo zio Jesse, il quale soffriva ogni volta che uno dei suoi cuccioli si allontanava dal nido.
Luke salì in macchina e Daisy gli chiese senza troppi giri di parole:"Ma si può sapere cos'hai? Si puoi sapere cos'è successo fra te e Bo? Si puoi sapere perchè hai trattato zio Jesse in quel modo e soprattutto si può sapere dove pensi di andare?"
"Savannah o Atlanta" - fu la risposta di Luke, il quale non aprì più bocca per tutto il resto del tragitto.
Finalmente arrivarono alla fermata dell'autobus.
"Ciao bella e grazie di tutto!" - disse Luke salutando Daisy.
"Ciao tesoro, ti vogliamo bene, ricordalo" - rispose Daisy.
Luke scese dalla macchina e salì sull'autobus.
Daisy lo vide sparire dietro la curva....
To be continued.....
Grazie come al solito alle mie amiche i1976, Lella, Lu, Juliet e a chi vorrà recensire o semplicemente leggere....

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Capitolo 2
*** Il diario di Luke... ***


Hazzard: fattoria Duke.

Bo ed Enos arrivarono finalmente alla fattoria e videro il Generale posteggiato all’esterno dell’abitazione.

“Meno male, Luke è qui. Enos vuoi entrare un attimo insieme a me?” – chiese Bo all’amico.

“No, ti ringrazio. Devo tornare in ufficio prima che lo sceriffo mi vada a cercare nell’elenco dei dispersi. Ho perso un po’ troppo tempo in seguito alla litigata che c’è stata fra te e tuo cugino. Torno al volo ad Hazzard. Ciao Bo. Fammi sapere se sei riuscito a chiarirti con Luke” – furono le parole di Enos.

“Sta tranquillo amico! Ti terrò informato!”

Bo scese dall’autopattuglia di Enos e si diresse all’interno della fattoria.

“Luke, sei qui? Sono Bo, ti devo parlare!”

Invece di Luke, che, ovviamente non poteva trovarsi lì in quel momento, arrivò zio Jesse.

 Immediatamente si accorse che, se Luke era rientrato con un occhio nero, Bo aveva il segno delle cinque dita della mano destra di Luke stampate sulla guancia.

“Oh no! Si sono presi a pugni di nuovo!” – pensò il patriarca dei Duke. “Eppure non è la prima volta; com’è possibile che Luke si sia arrabbiato così tanto da andarsene?”

“Ciao zio. Sto cercando Luke, l’hai visto? Il Generale è qui fuori, quindi lui deve essere nei paraggi. Dovrei parlargli” – disse Bo.

“A proposito di cosa? Dell’occhio nero che tu hai procurato a lui e delle cinque dita sulla tua guancia che lui ha procurato a te?”

Bo si rese conto ancora una volta che era impossibile nascondere qualcosa a zio Jesse: conosceva troppo bene i suoi cuccioli per lasciarsi ingannare!

“Beh….diciamo che io e Luke abbiamo avuto un diverbio…MA QUESTA VOLTA E’ STATO LUI A COMINCIARE!! Io….io poi ho continuato….”

“BEAUREGARD DUKE! CHE SIGNIFICA CHE LUI HA COMINCIATO E TU HAI CONTINUATO? COSA VI SIETE DETTI??” – zio Jesse era letteralmente uscito dai gangheri!

“Beh…eravamo da Cooter a riparare delle auto, io ho chiesto aiuto a Luke, lui ha cominciato a dire che non capisco niente, che non ho cervello e io….GLI HO RISPOSTO!” – incalzò Bo.

“E che genere di risposta gli avresti dato?”

“Niente di particolare….gli ho solo detto che le ragazze preferiscono me a lui, che io ho sempre avuto molti più amici di quanti non ne avesse mai avuti lui ed infine gli ho detto….” – Bo al quel punto si interruppe. Non aveva il coraggio di dire a zio Jesse che aveva detto a Luke che lui e zia Martha erano molto più affezionati a lui che a Luke.

“Perché ti sei interrotto? Cosa gli hai detto alla fine?” – zio Jesse era sempre più arrabbiato.

Bo non sapeva mentire così, a testa bassa, riferì allo zio tutto quello che aveva buttato in faccia a Luke.

“COOOOOOSAAAAA??” – tuonò Jesse – “MA SEI IMPAZZITO? Chi ti ha messo in testa una scemenza del genere? Chi ti ha detto che io e tua zia eravamo più affezionati a te che a Luke? Quando tu sei arrivato alla fattoria, Luke aveva già 9 anni, non puoi sapere quale sia stata la sua vita prima che tu arrivassi. Ora capisco perché Luke se n’è andato e ci ha detto di non cercarlo!”

“LUKE SE N’E’ ANDATO?? Ma…..ma….com’è possibile? Ma perché?” – Bo era evidentemente frastornato…

“Perché? Scusa, ma tu come avresti reagito al suo posto, sentendoti dire tutte le cose che tu hai detto a lui?”

Daisy, che all’esterno della fattoria stava stendendo la biancheria, attirata dalle urla, entrò in casa. Zio Jesse era paonazzo, mentre Bo era bianco come un cencio!

“Smettetela, vi prego, tutti e due. Abbiamo già perso Luke, adesso volete litigare anche voi?” – Daisy cercava di fare da paciere fra i due uomini.

“IO NON VOGLIO LITIGARE! Voglio far capire a questo moccioso che non deve sentirsi il padrone di casa!”

Zio Jesse non aveva mai usato questi termini nei confronti di Bo.

“Vai a farti una doccia, poi vieni a mangiare. E’ quasi pronto in tavola” – sbottò zio Jesse.

“Sissignore” – furono le meste parole di Bo.

Bo andò in camera sua, ma invece di farsi una doccia, si stese sul letto. Non si addormentò, si girò invece nella direzione del letto di Luke.

Luke….chissà cosa stava facendo in questo momento…Davvero non aveva intenzione di tornare? Davvero si era allontanato per colpa sua? Se solo avesse saputo dove era andato, poteva andargli incontro e chiarirsi, ma a quanto pare non aveva lasciato detto il suo nuovo recapito né a zio Jesse né a Daisy.

Mentre se ne stava immobile a fissare il letto del cugino maggiore, Bo si accorse che sotto il letto di Luke, una piastrella era più sollevata delle altre.

“Domani dovrò aggiustarla” – pensò Bo. “Intanto provo ad alzarmi per vedere come mai quella è l’unica piastrella sconnessa”.

Si alzò, alzò la piastrella e, cosa del tutto inaspettata, ci trovò un diario. Sulla copertina c’era scritto “Lukas Duke”.

“Luke tiene un diario? Perché non me l’ha mai detto? Come vorrei sapere ciò che c’è scritto, ma non ho il diritto di leggerlo, dato che lui non me ne ha mai parlato, quindi non voleva farmi sapere dell’esistenza di questo diario” – disse Bo fra sé e sé.

“Insomma….dopotutto….in questo momento….Luke non è qui, perciò posso leggerlo. Al limite, quando deciderà di tornare a casa, non gli dirò di averlo letto!”

Bo sfogliò a caso le prime pagine….

“6 giugno 1965; oggi il mio cuginetto Bo compie 5 anni. E’ un batuffolo biondo con gli occhi azzurrissimi. Io gli voglio un bene dell’anima, tutti gli vogliono bene per il suo carattere solare…Io darei un occhio, anzi tutti e due per lui….E’ davvero un bambino simpaticissimo, ti conquista. Come ho già detto, io gli voglio un gran bene, è come se fosse una parte di me, però….però….a volte vorrei che lui non ci fosse, così zio Jesse e zia Martha vorrebbero bene anche a me! Non dico che non mi vogliano bene, ma mi rendo conto che trattano Bo in maniera diversa rispetto a come trattavano me quando avevo la sua età. D’accordo, io ho un carattere chiuso, scontroso, ce l’ho sempre avuto, perciò non do agli altri molti motivi per avvicinarsi a me, ma Dio solo sa quanto anch’io abbia un gran bisogno di affetto….”

Bo richiuse immediatamente il diario; era scioccato!

“Oh mio Dio! Luke si era accorto da anni del fatto che zio Jesse e zia Martha erano affezionati più a me che a lui e io sono stato così stupido da sbatterglielo in faccia! MA PERCHE’ NON STO ZITTO?” – Bo era arrabbiatissimo con se stesso.

Decise si mostrare quella pagina di diario a zio Jesse e a Daisy.

Nel frattempo, Cooter era arrivato alla fattoria per conoscere l’evolversi della litigata fra i cugini.

Rimase allibito quando Daisy gli raccontò che Luke se n’era andato senza lasciare nessun recapito.

“Dimmi Cooter, è stata così brutta la litigata fra i miei nipoti?” – chiese preoccupato zio Jesse.

“Beh….diciamo che non è stata affatto piacevole, zio!”.

Bo intanto era arrivato in cucina tenendo in mano il diario di Luke.

“E quello cos’è cugino?” – chiese Daisy.

“Il diario di Luke….”

“IL DIARIO DI LUKE?” – dissero in coro Daisy, Cooter e zio Jesse.

“E da quando tuo cugino tiene un diario?”

“Zio, perdonami ti prego, so che ho commesso un’azione scorretta, ma mi sono permesso di leggere una pagina di questo diario. Ti prego, leggila anche tu….”

Zio Jesse aveva quasi paura a leggere le confessioni del maggiore dei suoi nipoti, soprattutto considerando che lui non gli aveva mai fatto parola, non gli aveva mai detto di tenere un diario.

Quando Jesse lesse la pagina che aveva appena letto Bo, credette di svenire!

Daisy e Cooter si precipitarono immediatamente da lui per chiedere spiegazioni.

Jesse disse solamente:”Daisy, Cooter, vi prego, leggete quello che ha scritto Luke”.

Anche i due amici rimasero esterrefatti.

“Zio, ma com’è possibile che Luke abbia scritto una cosa simile? Perché si sentiva meno amato di noi?” – chiese Daisy.

“Tesoro, vedi, io e tua zia Martha siamo sempre stati più legati a te e a Bo, semplicemente perché Luke è sempre stato molto chiuso e soprattutto, molto adulto rispetto a voi due. Noi lo vedevamo “grande” rispetto a te e a Bo, ecco perché non lo abbiamo mai seguito come abbiamo seguito voi. Oltretutto, con il suo carattere estremamente taciturno, a volte, a me e a tua zia, sembrava di invadere il suo territorio chiedendogli di sfogarsi o di raccontarci i suoi pensieri.

Non avrei mai pensato che lui ne soffrisse così”

“Figliolo” – disse zio Jesse rivolgendosi a Bo “scusami per la strigliata di poco fa! Come vedi, purtroppo, avevi ragione tu quando dicevi che io e tua zia eravamo più affezionati a te che a lui. Ma perché Luke non ne ha mai parlato a nessuno di questo suo problema?”

“Zio, io mi sento un verme” – disse Bo “vado a cercarlo!”.

“No figliolo, Luke vuole starsene da solo per un po’, quindi lasciamolo fare. Ha detto che sarebbe andato a Savannah o ad Atlanta. Speriamo che faccia avere sue notizie”.

“Zio, se avete bisogno di me, io sono qui per voi! Posso permettermi di dirti una cosa? Noi tutti abbiamo sempre considerato Luke il più forte….” – a questo punto Cooter si interruppe….

“….invece è fragile…..” – continuò zio Jesse – “Nasconde questa sua fragilità dietro alla sua freddezza ed al suo mutismo. Cooter, figliolo, se vuoi fermarti a mangiare, c’è un posto libero” – chiese zio Jesse.

Cooter accettò e, durante la solita preghiera, Jesse chiese all’Onnipotente di vegliare su Luke. “Proteggilo e fa che qualcuno possa ospitarlo mentre è lontano da casa”.

Luke, nel frattempo, aveva deciso di andare ad Atlanta e non a Savannah. Sarebbe stato molto più facile far perdere le proprie tracce in una metropoli come Atlanta che in una cittadina come Savannah.

Sceso dal bus, per prima cosa cercò una pensioncina in cui poter dormire. Una volta averla trovata, chiese al proprietario se qualcuno di sua conoscenza poteva offrirgli un lavoro.

“Sono disposto a far qualsiasi cosa” – disse Luke “dato che non ho in tasca un solo dollaro!”

“Uhm…vediamo un po’….ci sono dei miei amici che hanno un bar a due isolati da qui e cercano un ragazzo che riesca a preparare dei cocktails alcoolici. Pensi di riuscire?” – domandò a Luke il proprietario della pensione.

“Sì sì, credo proprio che ci riuscirò. Sa, mio zio era un contr….ehm….commerciava in liquori….” – disse Luke.

“Benissimo, allora domani presentati ai Signori Freeman (i proprietari del bar) e digli che ti mando io. Useranno un occhio di riguardo!”

“Grazie, signore, domani andrò a trovare i Signori Freeman.”

Luke, presa la chiave, si avviò verso la sua camera.

Era appena cominciata la sua nuova vita ad Atlanta….

To be continued…

Grazie come al solito a Lu, Lella, i1976,Thia,Juli e a tutti quelli che leggeranno!!!

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Capitolo 3
*** Un esilio dorato.... ***


14pt;">Atlanta.

L’indomani, Luke si recò all’ “Atlanta on the Road”, il bar di proprietà dei Sigg. Freeman che il Sig. Moore, titolare del piccolo albergo in cui alloggiava, gli aveva suggerito per cercare un lavoro.

A riceverlo, Luke ci trovò i proprietari, i Signori Janet e Robert Freeman.

“Buongiorno, io mi chiamo Lukas Duke. Sono appena arrivato ad Atlanta ed alloggio presso la pensione “Sunshine” a due isolati da qui di proprietà del Sig. Moore. Sto cercando lavoro…”

“Ciao Lukas, io sono Janet Freeman, lui è mio marito Robert. Stiamo cercando un ragazzo che sia in grado di preparare dei cocktails che ci permettano di attirare un sempre maggior numero di clienti e soprattutto di battere la concorrenza. Pensi di riuscirci?”

“Ci posso provare signora. Mio zio ha trattato whisky per molti anni”

“Bene Lukas, allora prova a prepararci qualcosa, ti va?”

“D’accordo, ma, la prego, mi chiami Luke; nessuno mi chiama con il mio nome per esteso!”

“Bene Luke….”

Luke prese una bottiglia di whisky che i proprietari dell’Atlanta on the Road tenevano nel loro mobile bar, la aprì e appena la annusò disse:”Ma questo whisky fa schifo!!! Mai sentito un odoraccio simile. Adesso ve lo preparo io un whisky buono, anzi, ottimo!”

Il Signor Freeman che fino a quel momento era rimasto in silenzio, disse in tono molto contrariato:”Senti ragazzino, svolgo questo mestiere da 25 anni, non si è mai lamentato nessuno del mio whisky e adesso arrivi tu a dirmi che fa schifo?? Dì un po’, ma chi credi di essere?”

“Il nipote di uno che ha sempre contrab….ehm….venduto whisky…”.

Era la seconda volta in due giorni che Luke stava per dire che era il nipote di un contrabbandiere!
Luke si guardò attorno nel bar, aprì la dispensa e, in poco più di tre ore, preparò il whisky secondo la ricetta di zio Jesse.

Lo porse ai suoi titolari e disse:”Assaggiatelo, poi ditemi cosa ne pensate…”

I signori Freeman, soprattutto Robert, rimase incantato:”Ragazzo mio, questo è un vero nettare! Adesso capisco perché il nostro whisky doveva sembrarti una brodaglia! Sei assunto immediatamente. Il tuo stipendio sarà inizialmente di 80,00 dollari la settimana più ovviamente tutte le mance che saranno tue. Ti va bene?”

“Eccome” – rispose Luke “quando posso cominciare?”

“Questa sera stessa. Trovati qui alle 08,00 in punto”.

“Ci sarò. Arrivederci e grazie. Ora torno dal Sig. Moore per dirgli che ho trovato lavoro!”.

Appena Luke si allontanò, Robert disse alla moglie:”Janet, ma hai sentito che sapore aveva il whisky preparato da Luke? Quel ragazzo farà la nostra fortuna, non lasciamocelo scappare!”

Alle 08,00 in punto, Luke era in servizio all’Atlanta on the Road. Oltre al whisky, preparò diversi cocktails molto sfiziosi dettati dalla sua fantasia, fantasia che lo stesso Luke non aveva mai pensato di avere.

Fu un successone!! Il locale, da quando c’era lui, era sempre pieno, inoltre anche molte ragazze avevano cominciato a frequentarlo e, spesso e volentieri, anzi, almeno una volta la settimana, Luke aveva un’amica nuova.

“Alla faccia di Bo che dice sempre che io esco con le ragazze che scarta lui!” – pensò Luke…

Erano passati tre mesi da quando il maggiore dei ragazzi Duke si era allontanato da casa e pareva contentissimo della sua nuova vita: niente più campi da arare, niente più cugini più giovani da accudire, niente più multe da parte di Rosco, niente più prediche di zio Jesse, niente di niente. Da tre mesi a questa parte, il vecchio Luke era morto e sepolto ed insieme a lui, tutti i suoi ricordi. Al suo posto c’era un nuovo Luke, cittadino, capace di preparare dei cocktails che avrebbero fatto invidia ai barman dei migliori hotels, con un sacco di ragazze e, soprattutto, con una bella casa in cui abitare.

Già, perché i Sigg. Freeman, vuoi perché Luke gli stava facendo guadagnare molti soldi, vuoi perché, non avendo figli, consideravano Luke come fosse uno di famiglia, gli avevano innanzitutto aumentato lo stipendio e poi lo avevano pregato di lasciare la pensione “Sunshine” e di abitare presso di loro, naturalmente gratis.

Questo significava che Luke poteva godersi al 100% i suoi guadagni.

I Sigg. Freeman gli avevano dato una bellissima cameretta, con una bella tappezzeria bianca e azzurra, tende dello stesso colore e mobili molto preziosi.

In quella casa, non c’era nulla della semplicità che aveva caratterizzato la vita di Luke fino a tre mesi prima.

Robert e Janet, avrebbero speso qualsiasi cifra per soddisfare i desideri del ragazzo; il suo armadio infatti era pieno di pantaloni, camicie e giacche nuove.

Mentre Luke si godeva il suo esilio dorato, alla fattoria, da tre mesi, da quando cioè il maggiore dei cugini se n’era andato, erano cominciati i guai.

Purtroppo, la mancanza di due braccia maschili si facevano sentire; zio Jesse era troppo vecchio per svolgere certi lavori e Bo da solo, per quanto si spezzasse la schiena, non poteva fare tutto. Di prendere un aiuto non se ne parlava neppure, dato che i Duke non potevano permettersi di pagare un’altra persona, così, a turno, Cooter ed Enos, al termine del loro lavoro, cominciavano il “secondo lavoro” a casa Duke.

Zio Jesse era molto contrariato:”Ragazzi, io non posso pagarvi, quindi non voglio che veniate qui a lavorare nei campi.

“Non preoccuparti zio Jesse” – disse Enos – “in cambio del mio lavoro, voglio solo un piatto della tua leggendaria zuppa di pesce. Per me vale più di 100,00 dollari.”

“Idem!!” – fu la risposta di Cooter – “e poi siamo tutti della stessa famiglia, vero zio Jesse?”
Zio Jesse si girò dall’altra parte per nascondere le lacrime di commozione che gli stavano scendendo. Era felice della prova di affetto dimostratagli da Enos e Cooter.

Ogni giorno, quando Daisy apparecchiava, preparava anche le posate ed il piatto per Luke e, quando Enos e Cooter erano loro ospiti, non permetteva che si sedessero al posto che era di Luke.

“Non si sa mai dovesse tornare….” – ripeteva continuamente Daisy.

Ma i giorni, i mesi passavano e Luke non si faceva né vedere né sentire.

Zio Jesse era sempre più triste di aver perso uno dei suoi cuccioli e Bo, che fino a quel momento non aveva detto nulla, un giorno sbottò:”LUKE E’ UN DEFICIENTE!!” – cominciò ad urlare –“che diritto aveva di piantarci in asso tutti quanti? Lui ha litigato con me e solo con me, perché dunque non si è chiarito invece di andarsene? E’ solo un vigliacco, uno che aggira l’ostacolo invece di affrontarlo!” – furono le amare e GIUSTISSIME! riflessioni di Bo.

Zio Jesse che, in un altro momento, avrebbe azzittito Bo in malo modo per quanto aveva detto, questa volta non obbiettò: effettivamente, il modo di comportarsi di Luke, non era stato dei più corretti. Certo, per quanto capiva che Luke volesse starsene un po’ solo, non si spiegava il fatto che dopo oltre tre mesi, non avesse fatto una telefonata, non avesse scritto due righe anche solo per dire dov’era (se a Savannah o ad Atlanta) e se stava bene!

“Ci ha dimenticati….” Disse tristemente zio Jesse ai suoi due nipoti a Enos e Cooter.

“Probabilmente, la sua nuova vita deve appagarlo molto. Sono felice per lui, anche se mi manca. Spero solo che un giorno potrà perdonarmi per non averlo seguito da bambino, insieme a zia Martha, come avrebbe voluto lui!”

“Zio, scusa, ma per quanto tu e zia Martha possiate essere stati in debito nei suoi confronti, credo che, se c’è uno che in questo momento debba chiedere scusa, quello sia Luke!” disse Daisy che, ultimamente, al pari di Bo, era altrettanto arrabbiata con il cugino maggiore! “Che razza di uomo è uno che, dopo 3 mesi, non si fa vivo neppure per dire “Ciao, sto bene, non preoccupatevi di niente”….”

Enos, Cooter, Bo e zio Jesse annuirono con la testa; nessuno di loro si sarebbe aspettato un comportamento simile da parte del più grande dei nipoti.

Il quale, nel frattempo, se la spassava eccome nella metropoli della Georgia: ragazze, abiti, nuovi amici, un lavoro ben retribuito….

Fino a quando, un giorno (erano circa sei mesi che si era allontanato da casa), si rese conto che qualcosa non andava…

L’Atlanta on the Road era sempre pieno di gente o meglio, sembrava che tutti i fumatori più incalliti del sud-est degli States, si fossero dati appuntamento in quel luogo. Luke non era abituato a stare nei locali pieni di fumo dato che, l’unico fumatore che aveva conosciuto prima di allora, era Boss Hogg; certo fumava, ma era comunque una persona sola. Lì invece c’era un raduno di ciminiere umane….

All’inizio, il fatto di respirare continuamente fumo, aveva procurato a Luke delle fortissime emicranie, la conseguenza delle quali, era una leggera perdita dell’appetito..”Poco male” – pensò Luke “farò un po’ di dieta….”, ma con l’andare del tempo, il leggero calo dell’appetito, si trasformò in un rifiuto del cibo, perciò Luke cominciò a dimagrire in maniera paurosa a vista d’occhio…

To be continued… Grazie come al solito alle mie super amiche e a chi vorrà leggere e recensire…..

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Capitolo 4
*** Home....sweet home.... ***


Atlanta on theRoad.

Le condizioni di salute di Luke peggioravano rapidamente: rifiutava costantemente il cibo e, a volte, per non far preoccupare la Signora Freeman che si era affezionata a lui come ad un figlio, faceva in modo di mangiare in orari diversi dai suoi, così, lontano da occhi indiscreti, poteva gettare l’intero pranzo o cena nella pattumiera. Questo, non certo perché Janet fosse una pessima cuoca, al contrario, era Luke, che a causa di tutto quel fumo che respirava quotidianamente, cominciava ad avere dei seri problemi di salute….

Inoltre, nella mente del ragazzo, cominciava a farsi strada il rimorso:”Ho abbandonato zio Jesse, Daisy, Bo e tutti i miei amici più cari da quasi sei mesi e non mi sono mai degnato di far loro una telefonata, anche solo per dirgli che sto, o forse dovrei dire, che stavo bene e che, alla fine, avevo deciso di venire ad Atlanta e non a Savannah….Che penseranno di me? Zio Jesse e Bo riusciranno a mandare avanti la fattoria da soli? Ma come ho fatto ad essere così incosciente?? Non ho neppure aspettato che Bo rientrasse prima di andarmene, sono fuggito come un ladro. Che penseranno di me a casa?”

Questi pensieri, o meglio, questi rimorsi, insieme al totale rifiuto del cibo, stavano minando seriamente la salute di Luke.

Il quale, per altro, non aveva ancora perso un solo giorno di lavoro. Ogni sera, alle 8 in punto, scendeva al bar, dove la clientela e, ahimè i fumatori incalliti (soprattutto fumatori di sigari il cui odore dava fastidio a Luke in modo particolare!), riempivano il locale.

Ora però, faceva sempre più fatica a svolgere il suo compito: spesso e volentieri, vinto dalla debolezza, doveva sedersi dietro il bancone del bar e, un paio di volte, aveva pure rischiato di svenire.

I Signori Freeman (anche Robert, marito di Janet, era molto affezionato a Luke), un giorno lo presero da parte e gli chiesero come mai fosse così magro e così pallido.

“Figliolo mangi?” – chiese Janet.

“Sissignora, cioè….non mangio molto….ma qualcosa riesco a mandar giù….” – fu la risposta, non sincera, di Luke.

Erano più di 5 giorni che non mangiava assolutamente nulla e, i risultati di quella denutrizione, si fecero vedere quanto prima….

Dopo una settimana, il ragazzo era a letto, esausto, senza neppure avere la forza di muovere un dito, figuriamoci di andare al lavoro.

La Signora Freeman chiamò immediatamente il Dottor Collins, il medico di famiglia, il quale, senza troppi giri di parole disse a Janet:”Jan, l’aria di Atlanta e il fumo del tuo locale non si addicono a questo ragazzo. Io posso prescrivergli delle medicine, ma, la cosa migliore, sarebbe che ritornasse a casa sua al più presto. Se rimane qui, non durerà molto….”

Janet era spaventatissima; non voleva perdere Luke, non solo perché da quando c’era lui, il suo conto in banca era lievitato, ma soprattutto perché lei e Robert avevano trovato nel maggiore dei Duke, quel figlio che non avevano mai potuto avere.

“Janet” – proseguì il Dottor Collins “so che tu e Robert volete bene a Luke ed è proprio per questo motivo che dovete lasciarlo andare. Questo posto non è adatto a lui. Ricordo com’era questo ragazzo appena arrivato ad Atlanta: ora non è che l’ombra di se stesso…..”

Janet, seppur mestamente, espose a Robert la teoria di Collins ed il marito non fece che appoggiare quanto detto poco prima dal Dottore:”Janet, il medico ha ragione. Quel ragazzo è ridotto ad uno straccio! Se gli vogliamo bene, dobbiamo chiamare i suoi parenti perché vengano a riprenderselo. Ci mancherà moltissimo, ma non possiamo fare altrimenti…”

I Signori Freeman dissero a Luke quello che avevano saputo da Collins, ma il ragazzo li supplicò di non chiamare casa.

“Perché figliolo? Sei qui da sei mesi, saranno contenti di rivederti!” – disse Robert.

Luke, vergognandosi come un ladro, raccontò ai coniugi Freeman il modo in cui aveva lasciato la fattoria e soprattutto disse loro che, da quando se n’era andato, non si era mai preso il disturbo di fare una chiamata ai suoi familiari.

“Capite ora perché non voglio che telefoniate a casa mia? Non mi sono fatto sentire per tutto questo tempo; non mi sembra giusto tornare a bussare alla loro porta solo perché adesso sono in difficoltà…” – disse Luke.

“Luke, noi ti capiamo, ma, credimi, è per il tuo bene. Telefonerà Janet, non preoccuparti. Lei sa trovare le parole giuste e sono sicuro che anche loro capiranno” – disse Robert.

Luke, ormai, non era più in grado neppure di alzarsi dal letto o di discutere le decisioni prese dai Signori Freeman, era ridotto ad un uccellino. Janet vedeva fallire i suoi sforzi ogni volta che provava a fargli mangiare qualcosa.

Nel frattempo, alla fattoria, anche zio Jesse deperiva.

Era amareggiato dall’atteggiamento di Luke, ma, soprattutto, si sentiva in debito con Enos e Cooter, i quali continuavano a lavorare i campi gratis.

“Un giorno o l’altro andrò a cercare quell’imbecille, anche a costo di attraversare palmo a palmo tutta la Georgia e quando l’avrò trovato, non gliela farò passare liscia.

Te lo giuro zio! Gli rinfaccerò tutto quello che abbiamo dovuto sopportare in questi sei mesi!!!” – furono le parole amarissime e giustificatissime di Bo, il quale, aveva la schiena a pezzi dal lavoro….

Proprio in quel momento, il telefono squillò alla fattoria…

“LUKE!” fu il coro di Jesse, Bo, Daisy, Enos e Cooter.

Fu Bo a rispondere. Per una volta fu più veloce di zio Jesse…

“Casa Duke, sono Bo”

“Buongiorno Bo, io sono Janet Freeman, chiamo da Atlanta. Tu non mi conosci, ma io, in un certo senso, conosco te e la tua famiglia, dato che, da sei mesi, tuo cugino Luke abita qui con me e mio marito…”

“Ah davvero? Abita con lei? E mi dica, sua Altezza Imperiale mio cugino Luke, sta bene? E’ ancora vivo? Scusi se le sembro maleducato, ma la persona in questione, da quando se n’è andata di casa, non si è mai degnata di farsi sentire….”

“…infatti non voleva che vi telefonassi proprio per il motivo che dici tu. Io però ho insistito, dato che Luke sta molto, molto male….”
”COOOOOOSAAAAAAA?????? LUKE STA MALE???? E COS’HA IL MIO FRATELLONE?” – urlò Bo preoccupatissimo.

In due secondi aveva dimenticato sei mesi di arrabbiature: gli era bastato sentire che Luke stava male, per scordarsi di tutto.

“LUKE STA MALE???” – ripeterono anche tutti i presenti in casa Duke.

“Vi prego, venite subito. Abito ad Atlanta, al numero 205 di Mason Street, il mio appartamento si trova sopra al Bar “Atlanta on the Road”. E’ molto conosciuto, non vi sarà difficile trovarlo…..”.

“Va bene, grazie signora, il tempo di organizzarci ed arriviamo. Arrivederci!”

Bo riattaccò.

Per lui cominciarono le domande da parte di Daisy, Cooter, Enos e zio Jesse.

“Ma ti ha detto che cos’ha esattamente?” chiese lo zio.

“No, mi ha detto di andare subito da lei, perché Luke sta male”.

Zio Jesse era sempre più a pezzi.

Enos nel frattempo chiamò Rosco e Boss per informarli della novità e i due si unirono alla spedizione che partì verso Atlanta.

Janet aveva ragione: il suo bar era molto conosciuto (grazie anche ai cocktails di Luke), così i Duke e amici al seguito, non tardarono a trovarlo.

Zio Jesse fu il primo ad entrare nel locale:”Lei deve essere la Signora Freeman, vero? La ringrazio per aver ospitato mio nipote per tutto questo tempo. Io sono Jesse Duke” – disse il patriarca togliendosi il cappellino rosso.

“Venite, vi porto da lui” – disse Janet.

Bo saliva gli scalini tre alla volta per arrivare prima.

E finalmente arrivarono da Luke.

“OH MIO DIO!!” – gridarono tutti, Boss compreso.

Quello che videro sdraiato nel letto, con le coperte tirate fino sotto il mento nonostante il caldo asfissiante di quella giornata di giugno, era un ragazzo magrissimo e pallido, un pallore reso ancora più evidente dai capelli scuri.

Gli occhi sembravano diventati più grandi in quel viso troppo piccolo, come dilatati….

“Luke…..oh mio Dio…Luke” – disse Bo fra i singhiozzi…..

“Perdonatemi….tutti…..vi prego….” – disse Luke con la voce resa debole dalla denutrizione….

“Perdonarti di cosa, figliolo? Adesso ti portiamo a casa” – zio Jesse tratteneva a stento le lacrime….

“Ehi amico!” furono le parole di Enos e Cooter.

Daisy, Rosco e Boss avevano gli occhi lucidi in fondo alla stanza….

“Signor Duke, Bo, vi dispiacerebbe venire qui un attimo?” – chiese Janet.

I due uomini si avvicinarono alla signora Freeman, la quale disse loro:”Vi prego di credermi che io e mio marito abbiamo fatto tutto il possibile per convincere Luke a mangiare, ma purtroppo tutti i nostri tentativi sono stati inutili. Abbiamo chiamato il medico appena abbiamo capito che la situazione stava precipitando!”

“Signora, io ed i miei nipoti vogliamo ringraziarla per tutto quello che lei e suo marito avete fatto per Luke, per tutto il lusso di cui l’avete circondato, lusso al quale Lukas non era certo abituato, dato che la nostra è una casa molto modesta. Quindi non avete nulla di cui rimproverarvi” – furono le parole sincere di Jesse.

“Bene” – aggiunse Bo –“adesso portiamolo in macchina, dato che dovremo portarlo in spalla. Lo caricheremo sul Generale Lee.”

“Dì un po’, ma ti è dato di volta il cervello Bo?” – disse Boss che fino a quel momento era stato in silenzio. “Come pensate di far entrare quel ragazzo dal finestrino del Generale? Lo porterò io a casa, la mia Cadillac è a vostra disposizione”.

“Grazie Boss, allora prepariamoci” – concluse Jesse.

Daisy si ricordò che Luke andava a letto solo con i boxer, perciò suggerì a zio e cugino che sarebbe stato il caso di rivestirlo prima di portarlo a casa.

“Che stupido, hai ragione Daisy” – disse Bo.

Così, si avvicinarono a Luke, gli tolsero le coperte ed ebbero un altro shock: per quanto il viso del maggiore dei Duke fosse deperito, non era nulla rispetto al resto del corpo: la muscolatura era quasi sparita e le braccia di Luke sembravano sproporzionatamente lunghe rispetto al resto del fisico.

“Santo Cielo zio, è pelle e ossa!” – singhiozzò Bo.

Luke nel frattempo, senza più le coperte, cominciava a tremare dal freddo, nonostante all’interno di quella camera ci fossero più di 30 gradi.

“Vi prego….ridatemi le mie coperte….sono congelato….vi prego!” – supplicava Luke.

“Figliolo, io e tuo cugino faremo alla svelta. Adesso ti rivestiremo e torneremo a casa” – disse Zio Jesse.

Fu un’impresa rivestirlo, dato che sia i jeans che la camicia gli stavano larghissimi, è come se avessero infilato un bambino negli abiti di un adulto.

“Ok Luke, adesso sei pronto a partire! Enos, Cooter, datemi una mano, lo portiamo in macchina!” – ordinò Bo.

“Io intanto vado a prendere altre coperte nel caso in cui dovesse avere freddo, dato che la macchina di Boss è scoperta” – disse Rosco.

Mentre lo sollevavano, Luke passò davanti ai Signori Freeman: Luke chiese ai tre uomini che lo stavano portando, di fermarsi un attimo, dato che voleva salutarli:”Signori Freeman, grazie….non dimenticherò quello che avete fatto per me! Ci saranno sempre due coperti alla tavola di zio Jesse per voi!”

“Tu piuttosto non dimenticarci e ricordati che questa cameretta sarà sempre tua!” – dissero in coro Janet e Robert.

Bo, Enos e Cooter, arrivarono finalmente alla macchina di Boss; Bo lasciò Luke nelle mani di Enos e Cooter (magro com’era, non si faceva fatica a sollevarlo!), si sedette sul sedile posteriore e disse ai due amici:”Fatelo sdraiare, mettetegli la testa sulle mie ginocchia. Boss, metti in moto…si torna a casa!”

Bo accudì il cugino durante tutto il tragitto; si ricordava infatti delle parole lette sul suo diario:”Dio solo sa quanto anch’io abbia bisogno di affetto!”

“Luke hai freddo? Devo dire a Boss di rallentare? Stai meglio? Hai bisogno di qualcosa?”

“Stai tranquillo…..e grazie….e….perdonami….”furono le parole di Luke.

“Perdonarti…..e di che? Noi fratellini minori serviremo pure a qualcosa, ti pare?” – Bo strizzò l’occhio a Luke mentre pronunciava queste parole….

Una volta arrivati alla fattoria, il maggiore dei Duke fu portato nel suo letto. Immediatamente Bo tolse il comodino che separava i due letti e avvicinò il suo a quello del cugino, in modo che, se durante la notte, Luke avesse avuto bisogno, lui sarebbe stato pronto ad assisterlo.

“Luke” – disse zio Jesse – “bentornato! Ci sei mancato molto, sai? Se non avesse telefonato la Signora Freeman, saremmo venuti noi a cercarti ad Atlanta o Savannah. Noi ti vogliamo bene, tutti quanti, anche se a volte non te lo dimostriamo!”

Facendo un calcolo mentale e ripensando alle parole appena pronunciate da zio Jesse, Luke si rese conto che, durante la sua assenza, i suoi parenti avevano letto il diario; in un altro momento avrebbe sbottato che quello era il suo diario e che nessuno aveva il diritto di leggerlo, ma quella volta Luke tacque, capiva che i suoi cari non meritavano i musi lunghi….

“Zio, ti prego, prendi quella busta che c’è nella tasca dei miei pantaloni e aprila..” – disse Luke.

Zio Jesse l’aprì e ci trovò all’interno 1.500,00 dollari!!! Una manna per i Duke…

“E’ tutto quello che sono riuscito a mettere da parte lavorando dai Freeman: è per te, per tutti voi, spendeteli come volete”

Questo era il modo, molto personale!, di ringraziare di Luke e di dire quanto fosse mortificato per quello che aveva fatto!Zio Jesse, Daisy e Bo capirono che si sentiva un verme ed accettarono i soldi con un sorriso….

Intanto, giorno dopo giorno, Luke ricominciava, seppur lentamente, a mangiare: zio Jesse preparava appositamente per lui delle appetitose minestre.

Il primo giorno fu un incubo: Bo mise quattro cuscini sotto la schiena del cugino maggiore, in modo che potesse sedersi ed appoggiarsi (non riusciva ancora ad alzarsi dal letto), ma appena lo zio gli porse il piatto, tutta la minestra che era nel cucchiaio finì sul pigiama nuovissimo che Bo gli aveva prestato.

Purtroppo per Luke era uno sforzo anche tenere in mano un cucchiaio.

Appena vide che il pigiama era sporco, diventò paonazzo per la vergogna: da anni non si sbrodolava!

“Scusa Bo…” furono le sue meste parole….

“Figurati….per un pigiama. E poi lo lava Daisy, mica io!”

Bo strizzava l’occhio alla cugina mentre pronunciava queste parole e lei rispose con una pacca sulla spalla….

Luke provò nuovamente a riempire il cucchiaio, ma ancora una volta, l’intero contenuto finì nella casacca del pigiama.

“Zio….grazie per la minestra…..ma sarà meglio che io non mangi affatto…” – Luke si vergognava sempre più fissando le macchie che si era prodotto.

“MA SCHERZI??? Dico, non avrai mica vergogna di noi! Per qualche macchia, tutti ci sporchiamo, vero ragazzi?” – disse Jesse…

“Sì….ma io…..” – Luke avrebbe voluto nascondersi sotto una piastrella per la vergogna!

Bo prese in mano il piatto del cugino, riempì il cucchiaio e cominciò ad imboccarlo.

L’imbarazzo di Luke era totale a quel punto: nessuno l’aveva mai imboccato da quando era adulto, infatti la sua bocca rimase ermeticamente chiusa.

“E dai Luke, non fare il bambino, apri la bocca! Non avrai mica vergogna del tuo fratellino, vero? Perché noi siamo sempre fratelli, giusto?” – disse Bo.

Luke era commosso: Bo riusciva sempre a risollevargli il morale!
Si avvicinò al cugino minore e gli diede un bacio sulla guancia: Bo, zio Jesse e Daisy rimasero allibiti! Non era da Luke palesare a quel modo i propri sentimenti!

Nei giorni seguenti anche Rosco, Bo e Lou Lou arrivarono alla fattoria;la Signora Hogg aveva portato in dono a Luke un intero guardaroba con abiti della sua nuova taglia.

“Spero che dovrai buttare tutto quanto molto presto figliolo” – furono le parole di Lou Lou –“ almeno vorrà dire che sarai tornato ad essere il ragazzone che eri!”

“Anch’io e Rosco speriamo che tu torni ad essere come prima, altrimenti a chi facciamo la multa? Le casse municipali sono vuote!!” – disse Boss fingendosi arrabbiato….

La solita vita era ricominciata ad Hazzard….

THE END Spero vi sia piaciuta! Grazie come al solito a chi vorrà leggere e recensire!

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