Il dono

di alessiap93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sensazioni ***
Capitolo 2: *** Realtà ***
Capitolo 3: *** Accettare ***
Capitolo 4: *** Senza rimpianti ***



Capitolo 1
*** Sensazioni ***


Sono contenta di essermi truccata un po' stasera... dopotutto è il ballo della scuola, non posso presentarmi come la solita Haley. Per l'occasione indossavo un vestito grigio lungo fino alle ginocchia, con un corpetto niente male, nero con paillettes e retine. Un tacco 12 che rispettava perfettamente la mia statura, regalandomi quel metro e settantadue che bramo e sempre bramerò. Oggi potevo dire di essere presentabile. Quella chioma mossa castana e lucente cadeva sulle spalle e su una terza scarsa di seno, gli occhi nocciola di quella donnina riflessa di fronte a me accompagnavano un sorriso bianco e perfettamente curato, quasi falso, però, ma non ci avrei giurato. Dicevano che il ballo della scuola avrebbe dovuto essere la serata più bella della vita di un adolescente, allora perché io non ero così euforica come i miei amici? Non mi sentivo parte di quell'entusiasmo, non me ne fregava un cazzo del ballo. Inoltre avevo una brutta sensazione, un disagio inspiegabile che torturava i miei pensieri, un peso allo stomaco che si aggiungeva alla totale svogliatezza di vivere quella serata. «Haley, c'è Jake, sbrigati!» Mia madre. La sua voce stridula sfondò le mura della mia piccola stanza verde acqua. L'intrepida Michelle rimase incinta a vent'anni da un uomo del quale mi parla a malapena, un uomo che ha contribuito solo con i suoi spermatozoi. Sapevo soltanto che il suo nome fosse Michael Morgan, che se n'era andato dalla nostra città di Lakewood, nel New Jersey e che non si meritava nemmeno di essere nominato, tanto che quella squilibrata di mia madre, per eliminare ogni sua traccia dalla mia vita, mi dette il suo cognome. Quindi eccomi qui, Haley Connery, un'adolescente senza un padre e con le crisi esistenziali della madre in casa. C'è solo una cosa della mia vita che mi rende speciale, fuori dal comune. Io... vedo i fantasmi. Percepisco la loro presenza e può sembrare una cosa strana, ma posso diventare loro amica. Quando ero piccola, la Michelle credeva avessi degli amici immaginari, ma erano tutt'altro che immaginari, loro erano come noi umani, ma immortali e invisibili agli occhi degli altri. Ricordo ancora la sua espressione ogni volta che vedeva la sua bambina giocare da sola. Beh, mamma. Io non sono mai sola, pensai girando velocemente una ciocca di capelli con la piastra e mettendo i miei migliori orecchini. «Metti quelli più semplici. La semplicità ti rende più donna di quanto tu pensi» Patty, il fantasma rintanato da una vita a casa mia, m'indicò un paio di punti luce enormi e mi sorrise calorosamente. «Basta guardare te per capirlo, ci vediamo stanotte!» sussurrai piano per non farmi sentire da mia madre e le mandai un bacio affettuoso. Nonostante il mio disagio, cercai di essere splendida e, con un grande sorriso, scesi aggraziata le scale. Jake era lì, lindo e pinto che mi aspettava con una piccola scatola in mano, probabilmente uno di quei fiori da mettere al polso, e guardava ammaliato. I suoi occhi verde scuro mi fissavano e il suo sorriso da ebete spuntò come un arcobaleno dopo la pioggia. Ridacchiai di lui, della situazione in sé e dei suoi capelli castani super gellati, che gli donavano come un fiocco a un lama. «Sei bellissima» mi disse sincero. «Ciao anche a te, grazie». Mi afferrò per mano e m'infilò il fiore bianco nel polso riempendomi di sguardi maliziosi. «Arrivederci, Michelle» fece l'occhiolino a mia madre cercando di sembrare più maturo, anche se non lo era per niente. «Hai affittato una limo!» gridai sorpresa, gli gettai addosso le braccia e avvicinai le mie labbra alle sue. «Non dovevi, sei stato dolcissimo» «Ehy, ti amo, piccola» mi sussurrò. «Anch'io», mentii. Ok, non amavo Jake, ma gli volevo un gran bene. Perché? Non c'era un perché. Era il mio ragazzo da tantissimo tempo e chissà se alla fine si sarebbe reso conto che la nostra storia sarebbe finita subito dopo il liceo. Storia? Chiamiamola... diario di bordo, semmai. Stavo bene con lui, mi faceva sentire a mio agio, ma mi annoiavo. In più a volte sapeva essere un completo idiota. Era un crimine forse fingere di amare? Probabilmente. Ma fra qualche mese mi sarei trasferita in Italia con mia madre dal suo nuovo fidanzato e sua figlia, quindi tanti saluti al mio ragazzo storico. Entrammo in limousine e facemmo strada. Claire e James ci aspettavano davanti al cancello del palazzo di Claire. «Claire, sei stupenda, entrate!» cercai di mostrare il mio più grande entusiasmo, temevo che si capisse che non ne avevo nemmeno un pò. Soprattutto guardando lo schianto di migliore amica che mi ritrovavo accanto. Il suo biondo cenere spiccava nel buio del lussuoso veicolo, abbinato a un vestito lungo con uno sdegnoso strascico e il suo James, con i suoi occhi Hazel e capelli lunghi biondi, sprizzava fascino da tutti i pori. Grazie a loro due, io e Jake eravamo entrati nella categoria dei "popolari". Quando arrivammo a scuola, si sentiva provenire dalla palestra la musica assordante che ci invitava a entrare e a scatenarci assieme a essa. Palloncini sdolcinati ostacolavano l'entrata, brillantini e festoni adornavano la palestra e le luci danzavano piroettando per la grande stanza. Quel groviglio allo stomaco aumentò non appena vidi tutti quei ragazzi con i loro vestiti eleganti e quella dannata euforia del cazzo che si trascinavano dietro. Feci una smorfia notando che i miei amici si sarebbero uniti a quell'euforia, mentre io avrei preferito passare la serata in pigiama a leggere un buon libro o a mettermi a passo con le mie serie tv preferite; era Luglio e la pausa dei telefilm era già iniziata, quindi avrei potuto benissimo guardarli durante l'estate. I miei pensieri vagarono sulle serie soprannaturali che ero solita guardare, quegli amori epici che mandano in fibrillazione ogni minima parte del tuo corpo e ti fanno desiderare di cambiare vita. «Toglieresti quella faccia di cazzo per una sera? Fallo per me!». Gridò Jake al mio povero orecchio stringendomi la mano. Per te? Dilatai le narici infastidita dal suo linguaggio. In fondo ero la sua ragazza, non uno dei suoi amici camionisti. Mi staccai dalla presa e raggiunsi Claire, che già si era avvinghiata al tavolo degli analcolici e che presto, lontano dagli occhi indiscreti degli insegnanti, si sarebbero trasformati in superalcolici. «Dai, piccola! Scherzavo!», sentii Jake mentre mi allontanavo inasprita. In quella grande stanza fastidiosamente colorata vi erano circa settecento studenti arrapati in preda al caldo bollente di Luglio. Jake e James non erano da meno, li notai sfondare la pista da ballo scatenandosi in mezzo alla folla. «Claire, devo parlarti, adesso!». Lei finì di riempire i bicchieri di Punch e mi fece cenno di andarci a sedere a un tavolo appartato. L'aiutai con quei bicchieri quando vidi il suo insulso strascico incastrarsi tra le scarpe e ci sedemmo al tavolo più lontano della stanza. «Da questa mattina, ho la sensazione che da un momento all'altro debba accadere qualcosa, ma non so cosa e mi sento confusa, irritata, stressata... » «E' possibile che siano loro a farti sentire così?» mi chiese perplessa mentre usciva dalla sua pochette una fiaschetta d'acciaio. Sì, Claire sapeva tutto di me. Era la mia migliore amica, le avrei affidato la mia stessa vita e, in fondo, se non avessi condiviso questo segreto con qualcuno, sarei impazzita. «Non saprei. Potrebbero, ma non ne sono sicura, di solito quando ci sono loro non mi sento cosi. E' una cosa a cui sono abituata, lo sai. E' un' altra sensazione, come un peso, sento che qualcosa andrà storto». Feci una smorfia quando Claire cominciò a correggere i due Punch. «Non preoccuparti, passerà. Non pensarci, siamo al ballo, cazzo! Secondo me sei nervosa perché la scuola è finita e adesso devi dedicarti al trasloco e all'Italia». In effetti non ci avevo pensato. Il mio inconscio stava crollando dai nervi. Era sicuramente questo il motivo. Mi porse il bicchiere e levò il suo a mo' di brindisi «Pensa solo a divertirti! Brindiamo a questa serata» disse infine, frustandomi col suo sorriso brillante. «Cin Cin!» sbattei il mio bicchiere contro il suo e ricambiai il suo sorriso bevendo precipitosamente quel Punch. «Adesso andiamo. Quei deficienti ci staranno cercando!» mi alzai dalla sedia, porsi la mano a Claire e la trascinai fino alla pista da ballo raggiungendo i nostri ragazzi. «Piccola, dai fammi un sorriso e balla con me» «Sei un'idiota!» dissi fingendomi offesa. «Si, ma tu ami quest'idiota». Non risposi, mi gettai fra le sue braccia e ballammo insieme. È vero, era un cretino, ma nonostante tutto tenevo tanto a lui. Quella serata si faceva sempre più divertente. Dopo aver parlato con Claire mi sentii molto più sollevata e finalmente mi lasciai andare. In effetti Jake aveva ragione, le mie espressioni da snob potevano dare fastidio. Ballammo, bevemmo e ci scatenammo per tutta la serata. Il re e la reginetta del ballo erano stati incoronati e la serata stava quasi per concludersi. Ringraziai Dio per aver fatto affittare a Jake una limousine, perché sicuramente né lui, né James erano in grado di guidare. Salutai con affetto i miei compagni di scuola, poiché non li avrei mai più rivisti. Adesso sì che potevo dire di aver concluso con quella vita. Avrei passato la mia ultima estate nel New Jersey e poi avrei cambiato continente. Ero eccitata, tremolante e con gli occhi dilatati. La limousine sembrava essersi ingrandita al nostro ritorno, Jake continuava a baciarmi ed io a lasciarmi trasportare dal suo affetto, nonostante puzzasse di punch e vodka. La notte incombette umida e scura e fui costretta a mettere il mio scialle brillantato. «Dai amore, qui ci si spoglia e tu ti vesti?» Jake era il più fradicio di tutti, mi abbassò lo scialle e mi baciò la spalla. Cominciavo a infastidirmi di nuovo e sbuffai scansandomi. Mi girai verso Claire, mi aiuti per favore? Pensai, ma era troppo impegnata a farsi mettere le mani addosso da James. Ok, non c'era scampo. Cosa poteva succederci? Cercai di rilassarmi di nuovo evitando di far polemizzare ulteriormente Jake. «Che ne dite? Finiamo la serata con questa?» Jake uscì una bottiglia di Champagne e quattro bicchieri di vetro da un cassetto sotto il sedile, ammiccando con i suoi occhi verdi ridotti in fessure. Ma quando finisce la serata? «Sì, dai versa!» Claire e James si staccarono da quelle disgustose effusioni e si unirono all'ultimo brindisi della serata. «Al nostro quinto ed ultimo anno!» disse James alzando il bicchiere. La mia paranoia aumentò, ed io? Pensai. Il mio ultimo anno l'avrei fatto in Italia, lontano da loro, dai miei migliori amici, sentivo che mi odiavano in quel momento. «Haley, ti amo, ma ti odio allo stesso tempo perché ci stai abbandonando» ovvio, Jake l'idiota era sempre pronto a dire la sua. Gli gettai un'occhiataccia e alzai il bicchiere anch'io. «Cin, cin!» Clare mi schiacciò l'occhio sorridendomi col suo rossetto rosso sbavato. Ma quanto avevamo bevuto? La limousine s'ingrandiva sempre di più e le facce dei miei amici mi giravano intorno piroettando divertite. Jake ci provò di nuovo, mi sfilò con delicatezza lo scialle e mi guardò con i suoi occhioni desiderosi di me. Mi addolcii, sperando che se l'avessi accontentato forse mi avrebbe lasciato andare quella notte. Mi morsi il labbro inferiore accarezzando il suo viso trasformato dall'alcol con le mie mani gelate. «Ma almeno posa il bicchiere!» dissi tra un bacio e un altro. Jake gettò lo Champagne in un colpo tra le fauci, ma non ebbe il tempo di ingoiare. Successe tutto in fretta. Il veicolo sbandò improvvisamente, il bicchiere si scagliò dritto sulla faccia di Jake e tutti sbattemmo l'uno contro l'altro. «Oh mio Dio, Jake!». Cercai di aprire lo sportello, ma era tutto sigillato e la macchina continuava a sbandare irrefrenabilmente. Con le lacrime agli occhi bussai al finestrino che ci separava dalla postazione dell'autista, ma nessuno rispondeva. Jake era sopra di me, sanguinante e sofferente. Claire e James chiudevano gli occhi imprecando e stringendosi ai sedili. «Aiuto, cazzo! Aiuto!» Poi sentii come se i polmoni avessero schiacciato il cuore, la limousine andò a sbattere contro qualcosa, ma ero troppo stordita per capire, cercai gli sguardi degli altri, quello sarebbe stato l'ultimo mio attimo di vita? Era come incontrare la morte, prima di morire, come se essa ci stesse guardando e ridendo in faccia, senza pietà. Fu proprio quando pensai alla morte, che il veicolo si capovolse e capovolse e capovolse. All'improvviso il silenzio, la quiete. Mi ritrovai su un letto soffice con lenzuola bianche e grigie. Attorno a me altri due letti vuoti, una televisione appesa al muro bianco, un comodino accanto a me con un vaso di fiori, il mio borsone fuxia che spiccava fra quei colori spenti e mia madre in una poltrona che mi fissava con gli occhi gonfi. «Oh, tesoro! Finalmente sei sveglia!» si mise a singhiozzare saltandomi addosso con noncuranza. Aggrottai la fronte in cerca di un ricordo, di spiegazioni. «Ma cosa è successo?», la mia testa era di piombo. «Non preoccuparti, amore, andrà tutto bene! Ci trasferiremo lontano da qui, andremo da Paolo». Lei singhiozzava lacrimando quelle soffici lenzuola bianche. Io perdevo già le staffe, odiavo quando parlava a tratti, mi feci seria e la guardai fisso negli occhi. Con il pollice spazzai via una sua lacrima. «Mamma, cosa è successo, cazzo!» lei sussultò, spalancando la bocca per la mia imprecazione. «Non capisco, tu sei rimasta illesa. Claire è in un'altra stanza, ha subito un lieve trauma cerebrale, guarirà. James ha solo qualche frattura e Jake... », ed è lì che tutto a un fiato mi disse: «è morto». Morto? Non riuscii più a proferire parola. Non reagii, mi accasciai nel letto sentendo tremare gli occhi e le labbra. Sentivo cascate morbide e bollenti rigarmi il viso. All'improvviso quel poco che ero riuscita a costruire in tutta la mia vita, era crollato. Il mio mondo, stupido, pieno di regole e falsità, ma semplicemente mio, era svanito. Avrei avuto altri due mesi per mettere tutto a posto. Avrei avuto la mia ultima estate con i miei migliori amici e il mio ragazzo. E invece? "Haley, ti amo, ma ti odio allo stesso tempo perché ci stai abbandonando" mi aveva detto. Sei tu che mi hai abbandonato, Jake! Te ne sei andato via! Lasciai scorrere le lacrime ricordando perfettamente cosa era successo in quella limousine.

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Capitolo 2
*** Realtà ***


Dopo quella notizia non avevo più la forza di andare avanti, di reagire. Jake era morto. Quell'incidente, quel dannato alcol, quelle dannate sensazioni. Era come se una parte di me stesse ancora dormendo senza poter riprendersi. Ma che cazzo era successo? Perché io non avevo riscontrato problemi? Per giorni non riuscii a mangiare, non mi andava niente, volevo solo stare sola e pensare a Jake, ai bei momenti passati insieme, ai nostri piccoli viaggi, quei bei momenti adesso sarebbero rimasti solo ricordi indelebili nel mio cuore. I dottori non riuscivano a capire come io fossi rimasta illesa, soltanto qualche escoriazione, me lo chiedevo anch’io ma forse sapevo già una risposta: loro mi avevano protetta, mi avevano avvertito, ma io non ero in grado di decifrare quello che volevano dirmi. In quei giorni all’ospedale chiedevo sempre di Claire e di James, le loro condizioni miglioravano, ma non avevo voglia di andarli a trovare. Le ultime due settimane passarono lente, lentissime, come se qualcuno o qualcosa fosse riuscito a fermare il tempo o a piegarlo per lo meno. Il funerale di Jake era stato straziante, mi aveva fatto sentire più inutile di quanto già non fossi. Lui era andato via, per sempre dopo una vita insieme. Ma dovevo andare avanti, sentii bussare alla porta. Era mia madre. «Entra» dissi da sotto le coperte. Lei era lì, sempre pronta per me con un vassoio, una tazza di cioccolata calda e un croissant appena sfornato. Cercai di essere il più normale possibile, non volevo che soffrisse ancora per me. «Mmm, che profumino» sorrisi. Lei ricambiò, raggiante come non mai. «Ho pensato che ti sarebbe andata una piccola merenda come ai vecchi tempi». «Mamma, non ho più dodici anni, sono cresciuta», cominciò a singhiozzare. «Te la senti di partire?» disse asciugando una lacrima. Mi prese di soppiatto, avevo una grandissima voglia di andarmene da qui, e lasciare questa stupida città per sempre. Ma… Claire, James e tutti i miei amici? Dove sarebbero andati a finire? Sarebbero usciti completamente dalla mia vita, lo sapevo. «Qualsiasi cosa per lasciarmi tutto alle spalle», dissi decisa. Mi strinse in un grande abbraccio, sentivo le sue lacrime bagnarmi i capelli, sorrisi. «Ti voglio bene, Haley, sappi che Jake avrebbe voluto che tu fossi felice, e lo voglio anch’io». «Potrei anche lasciarmi tutto alle spalle, ma non potrò mai dimenticare quello che è successo, mamma». Non avevo omesso il piccolo "dettaglio" della mia vita, magari un giorno avrei potuto rivederlo, chissà. Avrei potuto rivedere Jake intatto, senza ferite, più solare che mai. Certo, non sarebbe stato lo stesso, sarebbe stato un fantasma meraviglioso ma intoccabile e invisibile agli occhi degli altri, tutto sarebbe cambiato. Almeno avrei avuto modo di parlargli ancora, perché, anche se non l'avevo mai amato, faceva sempre parte della mia vita. Una vita sempre noiosa, quella di una normale ragazza, la classica “cheerleader” della scuola, solo che non ero un tipo da pompon. Avevo sempre convissuto con i fantasmi, nascondendo sempre la cosa a mia madre. L’unica che sapeva il mio segreto era Claire, riusciva a capirmi, nonostante tutto. Ogni volta che mi svegliavo, c’era sempre qualcuno. A casa mia viveva una donna, Patty. Lei era morta all’età di 36 anni, a causa di un tumore. Una donna davvero straordinaria, sempre pronta a tutto, coraggiosa e determinata, mi aveva sempre suscitato ispirazione. Così quando avevo bisogno di “lezioni di vita” (cosa che mia madre non riusciva a darmi) andavo da lei, che riusciva sempre a illuminarmi. Durante le settimane, trascorsi le giornate chiusa in camera, scartando gli oggetti che non mi sarebbero tornati utili una volta trasferita. Tra questi trovai un album di fotografie, ed eccoci lì; io, Jake, Claire e James. Eravamo così, felici, senza nessun peso addosso. Mi mancavano le nostre uscite, eravamo inseparabili. «Basta! E' ora di voltare pagina», l'estate mi era passata davanti inutile, silenziosa. Chiusi l’album e mi preparai velocemente per andare a trovare Claire e James, erano i miei migliori amici, meritavano gli ultimi momenti della mia vita qui. Mia madre era al lavoro, non potevamo permetterci due macchine, così presi il primo autobus e mi avviai verso casa di Claire. «Signora B, sono io, Haley». Fui sorpresa di vedere Claire alla porta, sorridente, ma anche turbata, ci guardammo per un lungo istante in cerca di chiarimenti. Poi lei scoppiò a piangere abbracciandomi come non aveva mai fatto. «Mi dispiace, mi dispiace tantissimo Haley, so quanto tenevi a lui, sappi che non ti lascerò mai» «Claire va tutto bene, è tutto ok. Vedi, è proprio di questo che volevo parlarti». Mi guardò perplessa, mi fece accomodare, e mi offrì un té. Cercava di evitare la parola “Italia”. Vivevamo in New Jersey, mia madre aveva conosciuto questo tizio, s’innamorarono perdutamente e quella che ci andò fregata fui io, adesso mi ritrovavo senza un ragazzo, a lasciare i miei migliori amici, costretta a trasferirmi in Europa da una nuova "famiglia". «Sai, sto leggendo un libro interessantissimo», era così falsa, soffriva. «Claire, fra due giorni parto», dissi bruscamente. «Parla di una storia d’amore, è così romantico» la sua delicata voce si spezzò. Non riuscii a trattenermi, cominciai a piangere anch’io. Posai la tazza e le saltai addosso stringendola a me. «Mi dispiace, davvero. Sei la mia migliore amica, lo sei stata sempre e lo sarai per sempre. Non posso evitarlo, te ne parlo da un' intera vita, voglio andarmene da qui. Se potessi trascinare te e James con me, non esiterei a farlo, lo sai! Ma devo lasciarmi molte cose alle spalle, e anche mia madre. Prometto che verrò a trovarti, giuro! Claire ti voglio bene, rischierei la mia vita per te e James» «Basta! Non preoccuparti, sapevo che saresti venuta per dirmi questo, era previsto». Restammo abbracciate per un lungo tempo, continuavo a ripeterle che mi dispiaceva e lei travolta dai pensieri mi rispondeva che era tutto ok. Andai a trovare anche James, ci salutammo e mi promise che lui e Claire sarebbero venuti all’aeroporto per salutarmi un’ ultima volta. Quando tornai a casa, era già buio. «Buonasera, Haley». Patty era raggiante, notò nel mio umore qualcosa che non andava. «Scusa Patty, devo riposare, domani mi aspetta una lunga giornata» sforzai un sorriso e immediatamente mi feci travolgere dalla leggerezza delle coperte. Sognai.

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Capitolo 3
*** Accettare ***


Il sole del mattino che imprimeva sul viso, gli uccellini che cinguettavano e Patty distesa sulla poltrona della mia camera a fissare il cielo umido. Era cosi che ogni giorno mi svegliavo. Ma quel giorno, quello stupido giorno, mi svegliai nervosa, non avevo voglia di parlare con nessuno. Persino con Patty non riuscivo ad aprire bocca. Andai di corsa in bagno per lavare il viso e scesi lentamente le scale, assonnata. «Buongiorno» mia madre era sorridente, il contrario di me, ovvio! «Ciao, mamma» «Non sei di buonumore oggi?» mi chiese mentre versava il caffè. «No» ero fredda, lo sapevo, ma era più forte di me, non riuscivo a essere falsa. A quel punto la feci davvero infuriare. «Vorrei soltanto capire cosa ti stia succedendo! » sbatté la tazza contro il tavolo, il caffè sgorgò dappertutto. «Cosa mi sta succedendo? Mi stai portando in un posto che nemmeno conosco, che nemmeno conosci tu! Ti rendi conto? Fra meno di ventiquattro ore vivrò la vita di qualcun'altro!» «Smettila! Vuoi andartene da anni!» «Dovrò cambiare le mie abitudini, lasciare i miei amici, le uniche persone che riescono a farmi davvero felice» «La verità è che non ti ho mai visto felice Haley, mi sento una fallita come madre, perché non conosco abbastanza mia figlia! Non ho mai visto un sorriso da parte tua che non sia forzato, soprattutto con Jake» «Basta!» Mi alzai dal tavolo, «non ti permetto di nominarlo, come fai a giudicarmi? Non mi conosci nemmeno, l’hai detto tu! Io volevo bene a Jake e gliene voglio ancora. Vuoi la verità? La verità è che ti sei sempre attaccata al lavoro per non affezionarti troppo a me, so quanto dolore provi quando mi guardi negli occhi e vedi mio padre!». Ero crudele, lo ero sempre stata. Faceva parte del mio brutto carattere, l’avevo ferita. Mio padre ci aveva abbandonate appena seppe della gravidanza. Un fantasma anche lui sotto alcuni punti di vista, solo che era l'unico che non ero mai riuscita a vedere. Mamma disse nulla, i suoi occhi parlarono per lei quando ne scesero fitte le lacrime. La guardai intensamente, col mio solito sguardo indiavolato. L’orgoglio mi impediva di chiederle scusa, sentivo che questa volta era lei a doversi scusare, aspettai qualche secondo, dopo di che mi alzai e mi diressi in camera mia, disfai le valige e mi buttai a capofitto sul mio letto. Patty era lì, probabilmente aveva sentito tutto. «E’ successo qualcosa, piccola?» «Oh finiscila, so bene che hai sentito anche la minima parola» «Sì, ho sentito tutto» sorrise rassicurante. «Io, certe volte la prenderei a ceffoni!» dissi stritolando un cuscino, era l’unico modo per sfogarmi in quel momento. «Ricorda che è lei il genitore, ti vuole bene, e quello che hai detto non è vero» «Se devi proprio stare qui, consolami almeno» tempo sprecato, sapevo bene quanto Patty fosse razionale e sincera, non perdeva mai tempo a insegnarmi qualcosa o aprirmi gli occhi. «Cosa ti sta succedendo?» «Mi sento bloccata, e non c’entra nulla l’incidente o Jake, nemmeno i miei amici. La verità è che… oh non so nemmeno io quale sia la verità, ho solo bisogno di un bagno caldo». Si avvicinò, si sedette sul mio letto e cominciò a parlare, come al solito! «Hales, sai quanto ti vuole bene, sei stata inopportuna, sai bene quanti sacrifici sta facendo per rendere la tua vita sempre più bella. Conosco bene tua madre e la difendo, anche se lei non conosce me. Cerca di fare la brava, in fondo è tua madre, ricorda che è l’unica persona di cui puoi veramente fidarti, in tutta la vita, nel bene e nel male» Rimasi basita, era la verità. «Che cosa intendi nel bene e nel male?», chiesi curiosa. «Sai Hales, in certi momenti, puoi contare solo su te stessa, ma ci sono dei momenti in cui senti il bisogno di avere tua madre accanto, e se continui così, lei non ci sarà». «Dici sul serio? A dirtela tutta non riesco a immaginare una vita senza di lei». «Fai la brava» sorrise dolcemente, era una donna perfetta, quei lineamenti stupefacenti. «Devo ammettere che voglio andarmene da qui, ma non voglio lasciare James e Claire, è troppo doloroso. Se potessi portarli con me, non esiterei. Almeno ci sarai tu» sorrisi ma notai che la sua espressione cambiò. «E questa esitazione da cosa è provocata?» «Ehm, Haley capisci, non posso venire» era triste. «Che cosa vuoi dire che non puoi venire!» «Il mio posto è qui, sono morta in questa città, non posso spostarmi da qui. Ci sono… delle regole ecco! C’è un “protocollo”, Haley, capisci solamente che non posso spostarmi, non sono un' umana, ma c’è sempre una vita per noi, ed è questa» A quel punto le lacrime cominciarono a rigare il viso. Erano così calde, sentite. Volevo bene a Patty, probabilmente era la mia unica vera amica dopo Claire. «Certo, capisco.» ero vulnerabile, il mio umore cambiava come il clima in autunno. Adesso ero triste, piangevo sempre. Perché? Lei guardava fisso nel vuoto, e non era in cerca di risposte o domande; non attendeva. Con tanta rabbia ricominciai a fare le mie valige, ero stanca, questa volta ero decisa a cambiare del tutto la mia vita. Dopo aver finito scesi al piano di sotto, trovai ancora mia madre seduta a crogiolarsi, questa volta l’avevo fatta grossa, ma non avevo il coraggio di chiederle scusa, anche se volevo provarci, perché non sopportavo vederla cosi triste. Lentamente mi avvicinai a lei e a un tratto mi fermai di scatto a pochi centimetri da lei. «Scusa!» ero fredda, anche se non volevo esserlo. Era turbata e preoccupata per me, non la biasimavo, ci guardammo per tanti minuti negli occhi, volevo dirle quanto tenevo a lei, quanto era importante per ma non ne avevo il coraggio. Di mia sorpresa mi abbracciò fortissimo e cominciò a singhiozzare, non avevo mai visto mia madre piangere in quel modo, piansi anch’io. Durante metà giornata spesi il mio tempo a definire le ultime cose. Attraverso un mail boxes mandammo le nostre valigie più grosse in modo che in aeroporto saremmo rimaste solo con due bagagli a mano: la borsa e il trolley. Quanto era difficile lasciare la mia casa, piccola e innocua ma accogliente. Io ero una persona che dava molto valore alle cose, anche a quelle più stupide. E cosi mi ritrovavo qui, a lasciare per la prima volta la mia casa, la mia città e tutti i miei amici, sperando che non fosse finito tutto qui. La mia tragedia più grande, era stata la morte di Jake, ma ero pronta ad affrontare le mie ulteriori rovine. Era ora di partire.

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Capitolo 4
*** Senza rimpianti ***


Coperte fino al collo, io e mia madre ci avviammo cariche in aeroporto e subito ad attenderci notai James e Claire mano per mano. Mi fermai davanti a loro, guardai Claire, aveva già gli occhi rossi e gonfi, chissà quanto ha pianto per me, mentre James era impassibile, voleva fare il duro, ma conoscendolo dentro bruciava di dolore. Con un abbraccio di gruppo tutti e tre cominciammo a singhiozzare, Claire parlava ma era incomprensibile. «Ti prego non andare», piangeva come una fontana. «Non cominciare, sei stata tu la prima a dirmi con sicurezza: "senza rimpianti!" Hai dimenticato?» mi faceva male vederla cosi, ma dovevo lasciarmi molte cose alle spalle. Mentre aspettavamo il mio volo, ci andammo a sedere e cominciammo a organizzarci su quante volte a settimana ci saremmo messi in contatto. Nel frattempo una voce femminile annuncia il mio volo, gli occhi di Claire andarono subito su di me e cominciano a farsi lucidi, mi alzai e l'abbracciai fortissimo. James non parlava, ci guardava con mente lontana. «Mi raccomando James, tienila d'occhio» sorrisi mentre abbracciavo Claire. Poi abbracciai anche lui e con la voce spezzata mi disse: «Senza rimpianti!» «Haley, andiamo!», mi voltai verso mia madre che, con fretta e furia agitava braccia e mani. «E' ora di andare, ragazzi mi farò sentire. Vi voglio bene», li guardai per un' ultima volta negli occhi con la consapevolezza che forse non sarei più tornata. Probabilmente era vero, io non sarei più tornata. Mi allontanai da loro, raggiunsi mia madre ed entrambe andammo incontro a una nuova vita senza saper nulla di quello che ci aspettava. Appena trovati i posti mia madre cominciò a sorridere, ma aveva gli occhi lucidi. Sorrisi, «Mamma che succede?» «Stiamo camminando a passi più decisi» «E' vero, mamma grazie, senza di te sarei ancora a casa sotto le coperte cercando di rimarginare le ferite». Mi cinse in spalla e con un solo sguardo mi dette tutto il calore che serviva in quel momento. Ero felice anch’io, finalmente. Dopo dieci minuti mia madre si addormentò ed io misi l' auricolare ascoltando la mia playlist preferita. Le ore passavano e senza accorgermi del tempo mancava poco al nostro arrivo, e così erano le 22:00. Mia madre mi teneva la mano e la stringeva fortissimo, si girò verso la finestra e guardò il cielo stellato. «Ci siamo» sorrise e si morse un labbro, era tesa. Senza rimpianti, pensai tra me e me. Feci un gran respiro e chiusi gli occhi, chissà se incontrerò nuovi amici lì, il tempo era diverso e le abitudini altrettanto... la mia nuova vita sarebbe stata completamente diversa. Eccoci arrivate in aeroporto a Palermo. Paolo ed Emy, la mia nuova sorellastra, ci aspettavano lì sorridenti. «Buonasera, lasciate che prenda le vostre cose» sorrise e dette un bacio a mia madre, mentre io abbracciavo Emy. Feci un sospiro e ci avviammo in macchina: che spettacolo l'Italia. Arrivati a casa, ci avviammo verso il salotto, Paolo era stanchissimo mentre io ero davvero carica. Non avevo mai visto una casa cosi grande! Ero come Mary Lennox nel suo giardino segreto: avevo una grandissima voglia di esplorare e di imparare cose nuove. Vagando per la grande casa, trovai finalmente la mia nuova camera: il doppio della mia vecchia camera! Mi sentivo fin troppo viziata, ma mi sacrificai e cominciai a dare un'occhiata al guardaroba, insomma un po' di qua e la. All'interno della casa si percepiva una sensazione di calore, anche se fuori pioveva. Ma io adoravo la pioggia e non mi dispiaceva averla trascinata fino in Italia. Bussarono alla porta, era mia madre: «Piccola, come va?» «Oh grazie, va tutto a meraviglia» «Hai visto come piove? Sembra proprio che portiamo una gran sfortuna, dappertutto!» «Eh sì, è una condanna! Buonanotte allora» dissi stiracchiandomi. «Sì, 'notte piccola» mi sorrise e si chiuse la porta alle spalle. Domani era un nuovo giorno, il primo giorno della mia nuova vita! Un nuovo inizio, senza rimpianti. Quella mattina fu un grandissimo arcobaleno a svegliarmi. Avevo voglia di cantare, gli uccellini cinguettavano, mi sentivo come Biancaneve e i suoi meravigliosi animali cantanti. Sfortunatamente e stranamente erano le 6:15, così non avendo nulla da fare andai subito in bagno e mi lavai, misi una tuta qualsiasi e scesi al piano di sotto. Notai Paolo già sveglio che poco dopo sarebbe dovuto andare a lavoro, ma non si stava preparando, stava solo sfornando cornetti al cioccolato per tutti noi. «Buongiorno, Haley», disse lui mettendo nutella, marmellata e cappuccini a tavola. «Buongiorno a te!», mi alzai in punta di piedi e gli detti un bacio in guancia, era il minimo per tutto ciò che aveva fatto per me e mia madre. «Mia madre dorme ancora? Vuoi che la svegli?» «Ma no! Sarà ancora stanca per ieri sera, il viaggio e tutto il resto, lasciala dormire ancora un po'» All'improvviso entrò un ragazzo, biondo con occhi potentemente azzurri, praticamente l'opposto di me, poiché io avevo colori e lineamenti mediterranei, anche se provenivo dagli Stati Uniti e in Italia ci avevo messo piede da dieci ore circa. «Ciao!», dissi subito impuntandomi verso il biondo. Lui bofonchiò qualcosa d’incomprensibile e scappò dalla cucina. «Haley, chi hai salutato?», chiese Paolo distratto. «Il ragazzo che è appena... » indicai con un pollice l'ingresso, poi capii. Era un fantasma! Paolo non aveva notato nessuno e nemmeno sentito che qualcuno gli si urtava contro... Ecco ci risiamo.

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