Who's gonna be the last one to drive away?

di cinnamongirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Who's gonna be the first one to fall asleep at night ***
Capitolo 2: *** Who's gonna be the first one to start the fight ***



Capitolo 1
*** Who's gonna be the first one to fall asleep at night ***


Ciao a tutti! Questa è la prima volta in assoluto che, dopo mesi da lettrice, mi sono decisa a pubblicare qualcosa. L'idea di questa storia breve è nata qualche mese fa (probabilmente il periodo più difficile mai superato dagli One Direction e dalla loro fandom), quando Louis è stato paparazzato con una ragazza che non era la sua e Zayn pure ma poi è venuto fuori che Louis era single mentre Zayn...no. Ma credo che tutti voi conosciate questa storia quindi non mi dilungherò ulteriormente :D
Ultima spiegazione: questa Fic è quindi ambientata tra febbraio e marzo 2015 e mi è piaciuto inmmaginare cosa avesse portato alla rottura tra Louis ed Eleanor e cosa fosse successo nella "fatidica" notte in piscina del 22 marzo. Detto ciò, spero che possiate apprezzare la storia almeno un pochino e, se vi va, lasciare una recensione :)
Buona lettura!





22 Marzo 2015
 
Vapore, cloro e quella sensazione un po’ fastidiosa dei piedi nudi sul pavimento bagnato. Però è rinfrescante, deve ammettere a se stesso il giovane ragazzo. Normalmente presta molta attenzione all’igiene, cose del tipo: Louis, starnutisci con la mano davanti alla bocca, lavati le mani prima di metterti a tavola e, ovviamente, non camminare scalzo in piscina. Sì, sicuramente sua madre l’aveva messo in guardia anche su quello. Ma in quel momento non riesce più a trovare le sue ciabatte e non può fare altro che zampettare da una parte all’altra per cercare quelle dannate infradito. Ad ogni passo su quel pavimento umidiccio e freddo lo assale una sensazione di disgusto che, paradossalmente, lo riporta alla lucidità. Forse aveva bevuto troppo quella sera ma non era sua intenzione: voleva solo lasciarsi andare, scaricare la tensione e… non pensare. La sua mente deve essere libera, vuota. Vapore, cloro, un leggero velo di sudore sulla sua pelle tesa e abbronzata. Nonostante la confusione e l’annebbiamento provocatogli dall’alcol, riesce comunque a sentir blaterare l’amico, non troppo lontano da lui, sdraiato su un lettino e intento a raccontare chissà cosa ad una ragazza conosciuta poco prima.
-“Così gli ho detto, cioè gli ho detto a quello lì della scuola guida: è inutile che mi suoni, tanto ti bocciano!”- sghignazza l’amico mentre racconta quell’aneddoto.  La ragazza ridacchia subito dopo ma Louis non crede che ci sia qualcosa di realmente divertente in ciò che sta dicendo.
-“Zayn, riesco ancora a sentire le tue cazzate da quaggiù!”- gli urla con la sua voce roca e scoppia a ridere quando, in tutta risposta, l’amico gli lancia una ciabatta dalla sua sdraio, schivandolo per poco. Zayn ripiomba sul lettino, una mano sul viso.
-“Oh. Sono troppo ubriaco per fare un buon tiro”- biascica, notando poi Louis che lo raggiunge calzando una ciabatta sì e una no, tra l’altro di uno o due numeri più piccoli.
-“Che cazzo…”- ride di nuovo il moro, riavviandosi i capelli scompigliati. -“Ti ho lanciato per sbaglio quella di Vivian”-
-“Violet”- lo corregge prontamente lei e Zayn sghignazza nuovamente. Tutto ciò è molto spassoso per lui.
-“Amico”- annuncia, posando con poca grazia una mano sulla spalla del ragazzo, che sussulta. -“Sai cosa ci vorrebbe adesso?”-  Louis borbotta, scostando debolmente la sua mano.
-“Sì, le mie ciabatte. E non chiamarmi ‘amico’”- bofonchia con gli occhi velati.
-“Dimentica quelle cazzo di ciabatte per un attimo!”- sbotta Zayn. -“Ci vorrebbe… sai, no?”-.
Louis si volta a guardarlo per un breve attimo -“Ma qui…? In albergo?”- spalanca gli occhioni azzurri, facendo sbuffare sonoramente l’amico.
-“Louino, non intendevo quella cosa. Ma visto che siamo qui con delle ragazze, vedi di non sprecare l’occasione, ok? Hai proprio bisogno di svagarti un po’”- annuisce con aria esperta.
-“E smettila di rivangare sempre il passato, sembra che qualcuno ti abbia puntata una pistola alla tempia e costretto a decidere!”- Louis lo guarda, si morde appena il labbro inferiore.
-“No, io ci ho pensato a lung…”- prova a spiegare, venendo però malamente interrotto da un’altra pacca sulla spalla da parte dell’amico.
-“Bene, così ti voglio”- sorride con lo sguardo vacuo e un po’ lucido. Louis sospira e annuisce piano, lasciandosi convincere dalle parole dell’amico. Perché poi se ne lascia convincere? Zayn è un coglione e prende pessime decisioni già da sobrio, figuriamoci quando è ubriaco. Però adesso Zayn ha ragione: lui stesso aveva preso quella decisione, seppur difficile, sarebbe potuto andare avanti e far finta di niente, eppure… anche facendo finta di niente, non sarebbero andati avanti per molto.
-“Louis! L’acqua è stupenda, vieni a fare una nuotata?”- la voce della ragazza che ha conosciuto poco prima lo distrae dai suoi pensieri. Non si era neppure accorto del suo ritorno e, mentre la osserva tuffarsi, gli viene in mente che non si ricorda neppure il suo nome. Louis si alza dalla sua sdraio, lanciando un’occhiata a Zayn che gli fa l’occhiolino con aria compiaciuta e si immerge lentamente nell’acqua tiepida per raggiungere la ragazza. Smette di chiedersi se ha fatto la scelta giusta, a dire il vero smette di farsi domande; prende un profondo respiro e si lascia andare, pervaso finalmente da un senso di leggerezza e liberazione.
 

 
Anoressia, malattia, depressione. Questo è quello che pensano di lei. Sa benissimo quali voci circolano sul suo conto, ha letto gli articoli che la riguardano su Internet. Lui lo diceva sempre: “Non devi cercare notizie su di te, non devi leggere cosa scrivono di te, di noi. Capito? È tutta merda”. Il mondo virtuale sa essere impietoso e rende i commenti sprezzanti, scritti su qualche anonima tastiera, più reali e più maligni. Di solito sono frasi brevi ma hanno il potere di toccarti direttamente, di entrarti dentro. Questo solo nel caso in cui si sia già emotivamente instabili e tristi e lei sicuramente lo era. Il giudizio degli altri è pesante da sopportare in alcune condizioni. Lei non era anoressica, lo sapeva benissimo; tutti però si erano allarmati, vedendola così esile e scheletrica e si erano subito affannati a darle consigli, a dirle che non doveva ridursi così, per un ragazzo, poi!
“Vedrai, troverai un altro ragazzo che ti farà battere il cuore… vedrai, se non è andata bene con lui è perché non era destino… vedrai, sei così giovane…”.
‘Fanculo tutti, pensò lei. Le persone erano sempre così ansiose di dire la loro, di fingere di interessarsi alle tue questioni personali. Ma cosa ne sapevano quelli del suo cuore spezzato? Cosa ne sapevano del suo dolore, della rabbia e della delusione? Non sapevano che i primi giorni erano stati i peggiori, che avrebbe voluto urlare, strappare le vecchie foto ma al tempo stesso tenerle strette perché poi ne avrebbe sentito la mancanza. Non sapeva quando quel senso di nausea l’avrebbe abbandonata e quando si sarebbe finalmente liberata dei ricordi degli ultimi momenti con lui.
-“Ti ho amato così tanto, El… ma così non può più funzionare”- le aveva detto, fin troppo deciso. La voce non gli tremava, gli occhi non erano lucidi. O forse un po’ lo erano ma lui non era il tipo da mettersi a piangere o fare i drammi. Era più il tipo che diceva: “Ehi, lo so, è doloroso ma ce ne faremo una ragione e andremo avanti”. Ma fottiti, Louis.
Avrebbe dovuto dirglielo ma non ce l’aveva fatta. Lo amava ancora tanto e aveva cercato di dimostrarglielo in tutti i modi, persino prendendo il primo aereo per Sidney per volare da lui. Ma evidentemente non era stato abbastanza.

 

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Capitolo 2
*** Who's gonna be the first one to start the fight ***


12 Febbraio 2015 


“Signorina Calder?” domandò cortesemente un uomo con accento inglese. Eleanor si voltò, guardandolo con aria interrogativa. E adesso chi è questo, pensò. Era stato un viaggio lungo e stancante e l’ansia l’aveva attanagliata per tutta la durata del tragitto. L’uomo, come intuendo i suoi pensieri, le sorrise e si presentò. “Lei aveva prenotato una macchina con autista, giusto? Io sono Paul Thomson, l’autista” ripeté  la parola ‘autista’ nel caso il concetto non fosse abbastanza chiaro. Eleanor schiuse le labbra e lo fissò per qualche secondo. Thomson, ripeté mentalmente, non Tomlinson!
“Tutto bene?” chiese l’uomo, notando la sua aria stranita. Lei annuì vigorosamente “Sì, sì, mi scusi… ho avuto un viaggio stancante. Andiamo pure” tagliò corto. Possibile che fosse così stupida? Trasalire come una ragazzina solo al sentire un nome simile al suo.
'Datti una calmata,Eleanor' si impose mentalmente, prendendo un lungo respiro.
Dopo aver caricato la valigia, Eleanor prese posto accanto al guidatore e inforcò gli occhiali da sole, guardando fuori dal finestrino.
“Prima volta in Australia?” le chiese l’uomo per rompere quel silenzio imbarazzante e finalmente lei riconobbe il suo accento londinese, distogliendosi dai suoi mille pensieri.
“Ma lei è inglese! Non me ne sono accorta, ero sovrappensiero…” si affrettò a giustificarsi ma lui sorrise. “Non c’è problema. Ho notato che era un po’ pensierosa…”
“Sì, io… non sono venuta in Australia per vacanza” ammise, guardando la strada che scorreva davanti a loro. Non era sicura che a quell’uomo importasse qualcosa di ciò che stava dicendo ma era la prima volta che esponeva le sue paure a qualcuno che non apparteneva alla sua solita stretta cerchia di amici e le sembrava …
“Sono venuta a trovare il mio ragazzo” tentennò quando pronunciò ‘il mio ragazzo’. Lo si poteva ancora definire tale? In effetti negli ultimi tempi Louis era parso un po’ distante e troppo preso dai suoi impegni ma aveva dato la colpa al tour che, ovviamente, occupava gran parte delle sue giornate. Eleanor aveva paura solo al pensiero di perderlo, di non ricevere più il suo messaggio del buongiorno e della buonanotte, di non sentire più la sua voce quando la chiamava ‘amore’ o con altri nomignoli buffi. Non sarebbe più stata la ‘ragazza di Louis Tomlinson degli One Direction’ e forse questo avrebbe significato che sarebbe presto finita nel dimenticatoio, non avendo particolari doti per cui essere ricordata.
Eleanor si vergognò di quell’ultimo pensiero e tornò alla realtà, sentendo la voce dell’autista. “Allora è un viaggio di piacere” decretò lui con un sorriso quasi paterno. Lei sospirò e abbozzò un sorriso stiracchiato. “Sì, lo spero. Lo spero davvero…”

                                                                 

Dopo quasi un’ora di macchina, Eleanor giunse a destinazione. Il Palace, dove alloggiavano i ragazzi, era ancora più bello che in fotografia, con i pesanti tappeti rossi e gli imponenti lampadari di cristallo. La ragazza, seduta su una poltroncina della hall, aspettava di incontrare Louis e lo attendeva con le mani giunte tra le ginocchia unite, come quando si aspetta il proprio turno per entrare in uno studio medico. In neanche venti minuti aveva sistemato la valigia nella sua stanza, si era truccata velocemente per avere un’aria meno  sbattuta e si era cambiata. E adesso era lì, ad aspettare trepidante l’arrivo del suo ragazzo. Osservò la propria figura che si rifletteva nel grande specchio di fronte a lei e non si piacque, anzi si trovò addirittura penosa. E se tutto fosse andato storto? Se non fosse riuscita a salvare ciò che restava del loro rapporto? E se… 
“Signorina” una ragazza della reception le porse una piccola busta bianca, comunicandole che era per lei ed era molto urgente. Eleanor la aprì velocemente, strappandola quasi. Riconobbe immediatamente la grafia grande e ordinata di Louis, che aveva scritto: ‘Guarda verso gli ascensori…’. Lui alzò lo sguardo di scatto e sorrise, vedendolo da lontano. Aveva già fatto così in passato, un giorno in cui lui era appena tornato dal precedente tour. Allora non aveva dimenticato! Si alzò con il cuore pieno di gioia e lo vide venirle incontro, con un sorriso velato di stanchezza ma che sembrava sereno.
“Ciao…”
“Ciao, tesoro” mormorò lui, stringendola a sé. Fu un abbraccio lungo, Eleanor non avrebbe più voluto staccarsi da lui. Avrebbe desiderato fargli mille domande ma la sua lingua era come attorcigliata. 
“Come stai?” le chiese il ragazzo, una volta sciolto l’abbraccio.
“Bene…” annuì lei “Sono solo un po’ stanca” prima di partire si era confidata con Megan, una delle sue migliori amiche. Megan si era un po’ arrabbiata quando Eleanor le aveva detto di voler andare in Australia e le aveva detto di aprire gli occhi perché Louis non le avrebbe mai permesso di affrontare un viaggio simile da sola, se l’avesse amata come un tempo. Eleanor l’aveva difeso, sostenendo che lui non sapeva assolutamente delle sue intenzioni. Louis l’amava; ok, forse stavano attraversando un periodo di crisi ma dopo quasi cinque anni a chi non sarebbe successo? Il fatto che Louis fosse così giovane e famoso poi, gli dava molte più possibilità di conoscere persone, di avere ragazze sempre pronte per lui e ciò, ovviamente, contribuiva ad accrescere le sue ansie.
“Io…non credevo che saresti venuta” ammise il ragazzo. “È stata una pazzia venire fin qui”
“Una pazzia?” ripeté lei, inalberandosi leggermente. “Scusami tanto se ho pensato che potesse farti piacere!” Louis le prese una mano, scosse piano la testa.
“No, no, non mi fraintendere. Mi ha fatto piacere, è solo che… mi hai sorpreso” lei si rifugiò tra le sue braccia, si strinse al suo corpo assimilando quelle parole.
“Sono davvero contento di vederti, El. È che qui è tutto un casino, siamo tutti un po’ stanchi, soprattutto Zayn. Litighiamo sempre o quasi…” ammise piano. Eleanor lesse lo sconforto nei suoi occhi azzurri e le venne voglia di abbracciarlo, di consolarlo come un bambino.
“Io credevo che… sai, quando litigavamo, quando saltavi le chiamate su Skype, pensavo che…” 'che tu volessi lasciarmi' completò la vocina nella sua testa, senza avere il coraggio di esternarsi ad alta voce.
“No, no…” Louis scosse piano la testa “Senti, perché ora non andiamo un po’ in camera a riposarci? Dopo chiamo gli altri e gli dico che oggi voglio passarlo con te. Da soli, ok?” mormorò, intrecciando le dita con le sue. Lei anni, più sollevata; non gli disse che anche il fatto di essersi incontrati nella hall e non in camera le aveva causato pensieri negativi perché non voleva sembrare paranoica. Entrando in ascensore, Louis la tranquillizzò con un’ ulteriore promessa.
“Voglio davvero far funzionare tutto, amore” sussurrò a fior di labbra e finalmente, lontani da occhi indiscreti, si baciarono impulsivamente contro la parete, come a voler recuperare il tempo perduto.

Il pomeriggio era trascorso in fretta e i due ragazzi, dopo essersi riposati brevemente l’uno accanto all’altra, erano scesi nella hall, intenzionati a raggiungere la spiaggia. Non avevano tenuto conto però, che quella era l’ora in cui anche gli altri componenti del gruppo si svegliavano dal loro letargo pomeridiano e iniziavano ad aggirarsi irrequieti tra la reception e la piscina. Stavano giusto per dirigersi verso l’uscita, quando la voce di Niall alle loro spalle li costrinse a voltarsi.
“Ciao ragazzi! Ciao, El” la abbracciò amichevolmente. La ragazza si ritrovò a pensare che a volte avrebbe avuto davvero bisogno del perenne buonumore di Niall: sicuramente avrebbe vissuto meglio, senza paranoie né ansie perenni.
“Non sapevo che fossi qui!”
“Sì, sono arrivata solo qualche ora fa” gesticolò lei e poi, sperando vivamente che li lasciasse soli, gli rivelò i loro progetti.
“Ora volevamo andare a fare una passeggiata a Bondi beach” voleva stare da sola con Louis e non solo perché non lo vedeva da tanto tempo e le era mancato. Ultimamente Louis tendeva a manifestarle maggiormente il suo affetto (o il suo desiderio) quando erano solo loro due. Ed Eleanor in quel preciso momento aveva bisogno di sentirsi rincuorata e sollevata. Non avrebbe potuto sopportare l’atteggiamento cortese ma un po’ scostante che le riservava Louis quando erano presenti altre persone, soprattutto Zayn. 
“Bondi beach, wow! Dicono che sia una delle spiagge più belle di Sidney” annuì con entusiasmo. Louis fece un sorrisetto, come a dire “Non lo sapremo mai se continuerai a tenerci qui” ma represse subito dopo quel pensiero un po’ cattivo nei confronti dell’amico.
“Sapete, volevo organizzare una piccola festa sullo yacht che abbiamo noleggiato ieri; ci sono anche Liam, Sophia e gli altri, perché non venite anche voi?”.
I due ragazzi, mano nella mano, si fissarono per un attimo.
“Beh, noi potremmo…”
“…fare un salto e poi…”
“Sì, esatto, fare un salto e poi…”
“…andare via” completò  Eleanor, annuendo. Niall non parve accorgersi del loro scarso entusiasmo e fece loro un sorriso, tutto contento. Li salutò e quando si fu allontanato abbastanza, Eleanor sbuffò, lasciando la mano del fidanzato e allontanandosi a grandi passi verso l’uscita.
“Ehi! Ma che succede…?” le domandò lui, inseguendola.
“Dovevi proprio? Dico, c’era proprio bisogno?” domandò alterata, senza neanche guardarlo e infischiandosene di tutte le persone che si voltavano incuriosite ad osservare una scena che sembrava celare segreti e notizie succulente.
“Ma io credevo che anche tu fossi d’accordo! Hai detto…insomma, qual è il problema!” si spazientì il ragazzo. Eleanor alzò lo sguardo, lo fissò con aria un po’ sorpresa. In realtà non c’era un problema, non per lui almeno. Il problema era dentro di lei: era lei che temeva di perderlo, che aveva affrontato quel lungo viaggio per salvare la loro relazione. Louis pareva non accorgersene o forse fingeva che tutto andasse bene, troppo preso da altri impegni. 
“Stiamo venti minuti, massimo mezz’ora. Poi però ce ne andiamo” acconsentì lei, per evitare ulteriori discussioni. Quello doveva essere il loro weekend, se lo era immaginato, si era delineato perfettamente nella sua mente per tutta la durata del viaggio, aveva fantasticato su ogni frase, ogni gesto. Non doveva finire così, con un litigio per una stupidaggine. Il ragazzo annuì, prendendola per mano per cercare di calmarla. 
“Mezz’ora, promesso. Ho detto che sarebbe stato il nostro pomeriggio, no?” le sorrise e gli si formarono le solite infantili fossette sulle guance. Eleanor sorrise leggermente, senza lasciare la sua mano. Adorabile bastardo, non riusciva mai a resistergli.



Come previsto, Eleanor e Louis si erano trattenuti alla festa più del previsto ma ciò che la ragazza non aveva previsto era che si sarebbe divertita più di lui. Forse per la musica che le rimbombava nelle orecchie, i cocktail freschi e leggeri e le tante persone intorno a lei che ballavano, le parlavano o che volevano semplicemente salutarla. Da tanto tempo non si sentiva più così bene, così…libera. Era una strana sensazione. Solo dopo un po’ di tempo trascorso a scherzare con Sophia sul ballo tipico irlandese che Niall stava cercando loro di insegnare, si accorse dell’assenza del suo fidanzato. Si voltò, cercandolo con lo sguardo e lo vide seduto in un angolo, con una birra in mano e una sigaretta spenta tra le dita mentre scambiava qualche parola con Liam e Harry. Louis solitamente era un animale da festa: non si faceva scappare un party, beveva quasi sempre fino ad ubriacarsi e attorno a lui gravitava spesso un nugolo di persone che volevano ascoltare le sue barzellette e i suoi aneddoti o semplicemente ammirarlo, invidiarlo o provarci con lui. Quel comportamento taciturno e un po’ malinconico, perciò, le parve subito un po’ strano. Controllò l’ora sul display del cellulare e spalancò gli occhi, dirigendosi poi verso di lui. 
“Amore, scusami ma ho perso completamente il senso del tempo…”
“Ho notato” ribatté un po’ piccato lui, senza guardarla “Eri troppo impegnata a farti insegnare i balli irlandesi da Niall” . Eleanor sollevò un sopracciglio, sorpresa da quella reazione che sicuramente non avrebbe portato niente di buono. Quando Louis si arrabbiava diventava ingestibile: si rifiutava di ascoltare, faceva l’offeso e metteva su il broncio, pretendendo di avere ragione anche nei casi in cui palesemente non era così.
“Va bene, senti…perché non ce ne andiamo a fare un giro come avevamo detto? Io e te, da soli” Louis annuì dopo un’iniziale esitazione. Strano che non avesse incrociato le braccia al petto, dicendo qualcosa del tipo. “No, io con te non ci vengo”.
Fecero un rapido giro di saluti e se ne andarono. Louis si strinse nella giacca di jeans con aria un po’ infastidita. Si era accorto che dei paparazzi li avevano notati e avrebbero passato l’intero pomeriggio a seguirli e rubare degli scatti. Dirigendosi verso la macchina, Eleanor lo osservò di sottecchi più volte: Louis aveva un’aria strana, non poteva più nasconderlo a se stessa. Anche se lui fingeva che fosse tutto come sempre e dava la colpa allo stress, anche se lui diceva di amarla ma non l’aveva più dimostrato. Forse era arrivato il momento di fare dei chiarimenti che ormai apparivano inevitabili e non potevano più essere rimandati.



La sabbia era tiepida e fine sotto i loro piedi e un venticello leggero, quello delle sere d’estate, rinfrescava l’aria.
“Che bel clima… a Londra c’è troppo freddo in questo periodo” osservò Eleanor per rompere quel silenzio fastidioso. Louis estrasse il pacchetto di sigarette dalla tasca con un sorriso sulle labbra. E proprio quando la ragazza si aspettava ormai una risposta del tipo: “Ti sei ridotta a fare conversazioni da ascensore con me?”, lui la stupì.
“Possiamo restare qui, se vuoi. Sarebbe la nostra isola che non c’è e dovremmo più tornare indietro”. Eleanor si fermò a guardarlo, voltandosi di scatto verso di lui.
“Per favore Lou, non dire cavolate” sbottò, sentendosi presa in giro; anche se per un attimo, in fondo a quegli occhi blu, aveva visto una scintilla di sincerità. Forse non stava scherzando dopotutto, forse il suo desiderio era veramente quello di vivere lontano, dai riflettori, da una vita privata inesistente. Probabilmente avrebbe solo voluto vivere in una casetta vicina alla spiaggia, andare a pescare e poi a fare surf, perennemente in canottiera e costume. O forse no.
“Insomma, sai bene che dopo un po’ ti mancherebbe questo mondo. Ci sei entrato che eri un ragazzino, non puoi più farne a meno” mormorò poi lei, scuotendo appena la testa.
Si sedettero in un punto più isolato della spiaggia, sulla sabbia calda e morbida.
“Quindi…cosa facciamo?” chiese lui dopo qualche esitazione. Non aveva ancora acceso la sua sigaretta. Eleanor si voltò a guardare il mare placido che si estendeva fino al confine dello sguardo, le piccole onde che si infrangevano sulla battigia sabbiosa e umida. Ricacciò indietro una lacrima e sentì la gola bruciarle ma non voleva proprio piangere davanti a lui.
“Louis, io non sono stupida, okay? Sono mesi che non hai più tempo per me, giustificandoti con delle scuse che a volte sono davvero assurde. Una volta, ad ogni mio messaggio me ne inviavi quasi sempre due in risposta, ora invece è già tanto se me ne mandi uno.* Ho provato a giustificarti, a convincermi che avevo torto e tu eri troppo impegnato con il tour… ma poi ho realizzato che io troverei sempre il modo di sentire la tua voce, di avere tua notizie, mentre a te evidentemente non interessa” esitò, dopo aver snocciolato quelle parole, talmente dure da non sembrare neppure le sue. “Quindi credo che…dovremmo pensare a cosa fare, no?”  
“Dopo tutti questi anni, io non credo che riuscirei a stare senza di te- ammise Louis. C’era una traccia di dolcezza nella sua voce ma soprattutto di bisogno, di paura. Un Peter Pan che non voleva crescere.
“Ma smettila. Hai i ragazzi, le fan, la tua musica… ce la farai benissimo” ribatté senza guardarlo. Se l’avesse fatto sarebbe scoppiata a piangere.
Louis continuava a guardarla con occhi da bambino sperduto; si capiva che non si sarebbe mai aspettato una conversazione simile, non in quel momento. 
“Io volevo davvero far funzionare tutto” mormorò, a mo’ di giustificazione. Allungò una mano ad accarezzarle il viso e lei lo abbracciò d’impulso, affondando il viso contro il suo petto. Aveva un odore buono, rassicurante e probabilmente le sarebbe mancato anche quello. 
“Lo so…” sospirò Eleanor “Ma tu sei sempre via, questo è il tuo lavoro. E forse io non riesco più a gestire tutto questo e a volte ti vorrei più presente”.
Fin da quando si erano conosciuti, Eleanor sapeva a cosa stava andando incontro ma a diciotto anni appariva tutto molto più gestibile e le lunghe attese prima di vedersi non erano altro che un gioco. 
“Perché non ci pensiamo ancora un po’?” chiese piano Louis, quasi timidamente. “Voglio dire, ci prendiamo una pausa, ci sentiamo ogni tanto…” lei alzò lo sguardo lentamente, incontrando i suoi occhi. Non poteva crederci: Louis aveva appena detto una cosa che sembrava sensata.
“… e decidiamo cosa fare di noi” completò la ragazza, annuendo lentamente. Una folata di vento più forte li colse di sorpresa, spettinando loro i capelli mentre osservavano il tramonto sul mare. Rimasero in silenzio, seduti uno accanto all’altra, senza più sentire il bisogno di parlare. Tutto il resto era superfluo.


Bene, se siete giunti fin qui significa che siete sopravvissuti al secondo capitolo :D che dire, spero che vi abbia incuriosito almeno un po' e spero anche in una piccola recensione, anche se solo per dirmi che la storia vi ha fatto schifo. Però siate gentili nel dirlo xD a presto (spero) con il terzo e ultimo capitolo! Un bacio, Giulia

* La frase di Eleanor è liberamente tratta da una canzone della cantante libanese Fairouz, "Sa'altak Habibi". Ho pensato che fosse perfetta in questa situazione :)

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