Hir O Heleg (Occhi di Ghiaccio)

di Melian1312
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un Incontro Inaspettato ***
Capitolo 2: *** Cure ***
Capitolo 3: *** Aredhel ***
Capitolo 4: *** Un carattere difficile ***
Capitolo 5: *** Orgoglio ***
Capitolo 6: *** Strane sensazioni ***



Capitolo 1
*** Un Incontro Inaspettato ***


** Aredhel's PoV **

 

Stavamo tornando nel mio regno, le Montagne Grigie. Elros aveva insistito per accompagnarmi, diceva che era pericoloso viaggiare da sola per Bosco Atro, per di più in una notte in cui pioveva a dirotto.

Avevo provato a dissuaderlo, era un pezzo di strada talmente piccolo. Stavo infatti tornando da Imladris, dove era stata ufficialmente ammessa all'ordine dei Guaritori.

"Non ti sembra di aver esagerato? Chiedere un giorno di licenza solo per accompagnarmi per un tratto così piccolo?"

"No affatto. Oltretutto mi serviva una pausa.... A Bosco Atro c'è sempre molto da fare: i ragni invadono la nostra foresta ed è compito nostro tenerla pulita da quelle orride creature." rispose sorridendo.

"Come dite voi, vice capitano delle guardie del palazzo!" dissi con una piccola linguaccia.

Mancava poco ormai: eravamo quasi arrivati al confine Nord del Regno.

"Sai che è strano?" disse Elros.

"Cosa?"

"Quando ho chiesto al Re il permesso per la licenza l'ho sentito parlare con Galion, il suo maggiordomo, di una partenza per un viaggio importante prevista per oggi. Non è strano che parta da solo?"

"No, non credo: anche io a volte viaggio da sola, eppure sono una principessa. Sinceramente non vedo cosa ci sia di stra-" un rumore improvviso mi impedì di finire la frase. Sembrava un cervo, o qualcosa del genere.

"Stai qui, vado a dare un'occhiata." disse Elros addentrandosi nella foresta in direzione dello strano suono.

"Miei Valar! Aredhel, presto vieni qui!"

Spronai il cavallo e lo raggiunsi. Elros era inginocchiato accanto ad un... un Megacero enorme che sembrava voler proteggere qualcosa tra o vicino alle sue zampe. Mi avvicinai ancora e il mio cuore perse un colpo: a terra giaceva il corpo di Thranduil.

Guardandomi intorno notai che nella radura c'erano altri corpi, questa volta di orchi. Elros mi guardò con aria preoccupata: l'elfo non si muoveva.

Feci segno alla guardia di spostarsi per permettermi di dare un'occhiata. Il Re giaceva privo di sensi ed era pallido, molto pallido, TROPPO pallido, sembrava morto.

Feci un bel respiro profondo: dovevo calmarmi per pensare con lucidità.

Poggiai l'orecchio il più delicatamente possibile sul suo petto e sentii, anche se debole, il battito del suo cuore e il suo respiro irregolare.

Provai a scuoterlo leggermente per una spalla, ma l'unico risultato fu un lamento quasi impercettibile.

Quando lo lasciai andare notai che avevo la mano appiccicosa: era coperta di sangue.

Guardai di nuovo Elros, che mi fissava con aria ancora più preoccupata di prima.

"Dobbiamo trovare un rifugio, non posso fare nulla per lui qui." dissi.

"Potremmo riportarlo a palazzo...." propose il vice capitano.

"Non ci arriverà mai vivo, è troppo debole e la fortezza dista 4 ore a cavallo da qui... Non c'è un posto più vicino dove possiamo trovare riparo?"

"In effetti c'è una casa non lontano da qui, noi della guardia la usiamo come campo base durante ricognizioni e battute di caccia."

"Bene, andiamo, forza!"

"Sapresti curarlo?" chiese Elros

"Penso di si, sono stata a Imladris proprio per entrare tra i Guaritori, ricordi?"

Lui sorrise e con un cenno del capo mi comunico' che aveva capito; poi con non poca fatica sistemammo il Re sul suo destriero. Decidemmo che avrei cavalcato dietro di lui affinché non cadesse da cavallo.

Poi ci dirigemmo verso la casa.

Mentre montavo sentivo l'elfo gemere e il calore del suo corpo accanto al mio; probabilmente gli era salita la febbre.

Arrivammo al rifugio che non aveva ancora smesso di piovere.

Era una piccola costruzione in legno, aveva due locali, di cui uno fingeva da cucina e l'altro da camera da letto; era proprio il minimo indispensabile, ma per la situazione in cui eravamo andava più che bene.

Entrai e aiutata da Elros adagiai il corpo privo di sensi del sovrano sul letto posto al centro della seconda stanza e accendemmo il fuoco che sarebbe servito poi per la preparazione delle cure e del pasto.

"Vado a cercare delle erbe nel bosco, tu resta qui e cerca di preparare qualcosa da mettere sotto i denti, prova a guardare se per caso c'è rimasto qualcosa nella dispensa: appena si sveglierà dovrà mangiare per rimettersi in forze. e mi raccomando: tienilo d'occhio nel caso in cui gli salga ancora la febbre."

Venti minuti dopo camminavo il più velocemente possibile tra gli alberi della foresta. Con l'aiuto dei Valar avevo trovato tutto ciò di cui avevo bisogno: Athelas e Vulneraria.

Dovevo tornare indietro il più presto possibile: più tempo passava e più le condizioni di Thranduil peggioravano.

"Hanta na Valar! (Grazie ai Valar!) Finalmente sei tornata, cominciavo a disperarmi!" disse Elros vedendomi entrare.

"Perdonami, questo bosco è talmente grande che ho fatto fatica a tornare indietro." risposi sbuffando.

"Che erbe sei riuscita a trovare?"

"Athelas in caso di veleno, cosa molto probabile visto che i cadaveri accanto a lui erano orchi, è un po' di vulneraria per accelerare la cicatrizzazione. Lui piuttosto come sta?"

"Non bene. Ho il forte dubbio che la febbre sia salita ancora."

Andai nell'altra stanza e mi avvicinai al letto. Mi sedetti sul bordo facendo attenzione a non infastidirlo, ma mettendomi in modo da poter lavorare.

"Non l'ho toccato per non correre il rischio di peggiorare le sue condizioni...."

"Hai fatto bene, adesso vedo che posso fare per lui."

Iniziai a slacciargli il più delicatamente possibile il mantello fradicio che indossava, senza prestare particolare attenzione a ciò che mi diceva Elros.

Dopo aver appoggiato il mantello su un tavolino accanto alla testiera del letto passai a sfilargli la pesante tunica argentea.

Appena gliela tolsi e la passai a Elros sobbalzai: sul petto del sovrano c'erano macchie violacee che si scurivano man mano che si avvicinavano al punto in cui la freccia era entrata nella carne della spalla.

"Una freccia avvelenata."

"Pensi che c'è la farà?"

"È presto per dirlo.""Allora non hai intenzione di curarlo?! Abbiamo fatto tutta questa fatica per niente?!"

"Non ho detto questo! Ho detto semplicemente che non è sicuro che sopravviva. Se adesso hai finito di discutere potrei iniziare a darmi da fare per salvargli la vita, allora, ci stai o no?"

"Certo, certo, scusami, sono solo un po' nervoso. Che posso fare per aiutarti?"

"Prova a vedere se in cucina c'è un mortaio con cui posso pestare l'Athelas. Sarebbe meglio che il pestello sia di legno, possibilmente."

Elros annuì e tornò nell'altra stanza.

Nel frattempo controllai le ferite del sovrano. Eravamo così tanto intenti a litigare che non avevamo ancora esaminato bene il Re.

Era stata sicuramente una freccia a causare quella lacerazione e la cosa peggiore è che la punta era ancora dentro, Thranduil doveva aver spezzato la freccia.

Guardai il sovrano. Il respiro era debole, appena udibile dalle orecchie sensibili di un elfo. Tuttavia si era regolarizzato; evidentemente l'asciutto doveva avergli giovato.

Poco dopo scoprii un'altra ferita, identica alla prima, sull'altro braccio; questa però presentava delle macchie più estese e più scure della prima, era probabile che fosse la più vecchia.

La seconda oltretutto era più aperta: doveva risalire a prima che Thranduil uccidesse gli orchi trovati nella radura.

Mi alzai e mi sciacquai la faccia. Con due ferite come quelle aveva resistito per almeno un'ora. Era proprio forte.

Intanto Elros era tornato, evidentemente i Valar ci erano favorevoli: era riuscito a trovare il mortaio, anche se il pestello era in pietra.

"Aredhel.... - iniziò Elros con voce tremante - quante ferite ha il Re?"

"Io ne ho contate due, perché?" dissi girandomi, e mi resi conto che mentre io esaminavo il mortaio la guardia aveva girato Thranduil sulla schiena, scoprendo così una terza ferita; questa volta causata da un'arma da taglio.

"Vammi a prendere dei pezzi di stoffa, una bacinella di acqua fresca e una di acqua calda in cui mettere in infusione la vulneraria."

Iniziai poi a pestare l'Athelas così da farne un unguento da spalmare sulle ferite.

Poco dopo torno' Elros con tutto quello che gli avevo chiesto. Appena posate le cose sul tavolino fece per andarsene, ma lo fermai:

"Ho bisogno di te."

"Per cosa?"

"Devi aiutarmi: potresti tenerlo fermo mentre gli estraggo la punta della freccia e gli pulisco la ferita?"


* Angolo dell'autrice *
Ciao a tutti!
Innanzitutto grazie per essere rrivati fin qui con la lettura, spero vi sia piaciuto!
Sono nuova come scrittrice, perciò perdonate se sembrerò un po' imbranata, sono comunque sempre ben accette le recensioni costruttive!
Grazie ancora e alla prossima!

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Capitolo 2
*** Cure ***


L'elfo annuì e si mise di fianco alla testiera del letto, poi con un breve cenno del capo mi disse che era pronto.

Non avendo un divaricatore per estrarre frecce fui costretta ad usare uno dei pugnali che portavo con me.

Dopo venti lunghissimi minuti in cui sia io che Elros ci eravamo dati da fare, chi per togliere la freccia e chi per tenere il Re fermo, la punta era stata estratta.

Procedetti allora con la pulizia della ferita: presi un panno caldo e lo immersi nell'acqua in cui poco prima avevo messo la vulnararia e lo appoggiai il più delicatamente possibile sulla spalla di Thranduil.

Appena entrò in contatto con la pelle il sovrano lancio' un grido e si divincolò; persino Elros fece fatica a tenerlo giù, sdraiato sul letto, tanto che si mosse violentemente.

Ogni volta che ripetevo l'operazione si levava un grido da un elfo e sbuffi di fatica dall'altro.

Fasciai poi le varie ferite, dopo averle cosparse di Athelas, con le poche bende trovate nella casa.

Guardai di nuovo il Re: era tutto sudato, evidentemente era sfinito.Lasciai riposare il Re e uscii dalla casa per controllare che i cavalli e il Megacero fossero al sicuro e all'asciutto nella stalla.

Intanto che Elros si dava da fare per cucinare qualcosa tornai poi nella stanza da letto. Era davvero piccola, al centro c'era il letto con adagiato sopra il corpo addormentato dell'elfo. Di fianco alla testiera del letto c'era un tavolino con una candela sopra che illuminava la stanza.

Dall'altra parte della camera c'erano un paio di sedie poste accanto ad una finestrella che dava sul bosco circostante.

Mi avvicinai lentamente al letto e osservai la figura distesa. Aveva la testa reclinata da un lato e i suoi lunghi capelli d'oro pallido gli incorniciavano il viso, quasi come fossero un'aura angelica.

Aveva le labbra lievemente imbronciate dal sonno e la fronte corrugata, come se neanche nel riposare trovasse sollievo per il dolore delle ferite.

Il viso era pallido e sotto gli occhi aveva delle occhiaie ben marcate.

Il petto era seminascosto dalle coperte ed era ricoperto da un leggero velo di sudore causato dalla febbre.

Valar, se era bello!

Distogliendomi da questi pensieri totalmente inappropriati mi diedi da fare: gli tolsi il panno bagnato ormai caldo dalla fronte, lo immersi di nuovo nella bacinella d'acqua fredda e glielo riposi sulla fronte

A quel contatto un breve sospiro sfuggì dalle labbra dell'elfo e la sua fronte si distese.

Anche io, forse per un riflesso involontario, sorrisi nell'ombra della stanza.

Sentii Elros chiamarmi per la cena e mi diressi verso la cucina.

"Quando pensi che potremo riportarlo a palazzo?" chiese lui.

"Di preciso non lo so, come minimo vorrei che si rimettesse in piedi..."

"Va bene - disse sorridendo, poi aggiunse con sguardo furbetto - allora, che ne pensi?"

"Di cosa?"

"Del Re, di che altro sennò?

Sai, sei stata un bel po' nell'altra stanza.... così pensavo..." concluse lasciando cadere le parole nel vuoto, rivolgendomi uno sguardo divertito.

"Ma... come ti permetti, mascalzone che non sei altro!" dissi io, a metà tra l'essere divertita e arrabbiata.

Elros scoppiò a ridere, divertito dalla mia reazione e io feci lo stesso.

"Sarà meglio riposare; domani dovremo organizzarci: penso che staremo qui per un po'."

"Già... Visto che io sono un cavaliere e tu sei una donna ti cederò il divanetto vicino al fuoco; io dormirò per terra."

"Ma grazie, milord." dissi prendendolo in giro e facendo un finto inchino.


**Thranduil's PoV Flashback **

 

Stavo cavalcando verso Imladris, dovevo incontrare Elrond per riferirgli gli spostamenti degli orchi a Dol Guldur e per partecipare al Bianconsiglio riguardante l'antica fortezza in rovina.

Stranamente avevo seguito il corso del fiume Selva, invece che tagliare per la foresta e, anche se era la strada più lunga, ero soddisfatto di quella scelta.

Il Bosco era tranquillo, il cielo era terso; anche se all'orizzonte iniziavano a condensarsi nuvoloni neri, ma ciò non era un problema, avrei sicuramente fatto in tempo a raggiungere le caverne oltre l'Anduin prima che si scatenasse la tempesta.

Circa un'ora dopo, più o meno al tramonto, sentii un ululato nella foresta, non molto distante da me.

Spronai il mio Megacero, Heloth, e accellerai l'andatura, se fosse stato un solo orco avrei combattuto, ma contro un branco intero composto anche da mannari sarebbe stato come firmare la propria condanna a morte.

Poco dopo sentii una freccia fischiare in aria e conficcarsi in un albero a poca distanza da me.

"Prendetelo! Non ci deve scappare!" urlò una voce grottesca.

Partii al galoppo in mezza agli alberi. Mi voltai e vidi dietro di me un branco di circa una ventina di orchi, con i loro relativi mannari che mi inseguivano.

Non potevo combatterli, ma se fossi riuscito ad addentrarmi nel Bosco a sufficienza avrei potuto seminarli.

Purtroppo ero arrivato ai margini della foresta; non potevo continuare in campo aperto, avrebbe significato essere catturato.

Chinai allora la testa sul collo del Megacero e lo incitai:

"Nora lim, Heloth, nora lim na fri Ered Mithrin! (Corri, Heloth, corri verso le Montagne Grigie!)"

Sapevo che anche lui era stanco, ma dovevamo seminarli il prima possibile.

Rientrando nella foresta sentii quello che doveva essere il capo degli orchi gridare ai suoi sottoposti:

"Scoccate le frecce! Prendete quel dannato Sindar, vivo o morto!"

Sentivo gli archi degli orchi scoccare i dardi ed essi si conficcavano negli alberi ai miei fianchi.

Poco dopo sentii un dolore acuto al braccio e mi sbilanciai in avanti sul collo di Heloth: una delle loro frecce mi aveva colpito.

Strinsi la presa sull'incollatura dell'animale per evitare di cadere, ma il suolo del bosco era accidentato e ciò rendeva più difficile restare bilanciati.

Fu un attimo: un mannaro che non avevo visto mi si parò davanti, Heloth si girò bruscamente e caddi a terra.

Ma non mi sarei arreso così facilmente.

Presi la mia spada e ne uccisi due in un colpo solo, ma le cose non si stavano mettendo bene per me: la vista iniziava a diventare sfocata e anche i suoni mi arrivavano attutiti, come fossi stato in acqua.

Non riuscivo più a muovermi con l'agilità tipica della mia Razza e questo non andava per niente bene.

Vidi il loro capo smontare dal suo mannaro grigio scuro e puntare l'arco contro di me; in condizioni normali sarei riuscito a schivarla con facilità, ma il veleno con cui probabilmente la freccia era stata impregnata stava facendo effetto ed essa mi colpì alla spalla.

Con un paio di fendenti riuscii ad uccidere altri tre orchi, ma uno di loro spezzò la freccia conficcata nella mia spalla, strappandomi un urlo di dolore.

Mi cedettero le gambe e caddi a terra, spezzando così anche l'altra freccia. Provai ad alzarmi, ma era inutile: ero troppo debole.

Udii l'orco estrarre la spada dal fodero ed avvicinarsi a me.

Mi aspettavo che mi tagliasse la testa, invece si limitò a ferirmi la schiena.

"Spero proprio che i ragni apprezzino il pasto. Sai, elfo, avrei di gran lunga preferito portarti a Dol Guldur e cavarti quei bei occhioni blu dal tuo bel faccino, ma penso che ti divertirai di più così. Dopotutto essere mangiati vivi dai ragni o morire agonizzante nella propria foresta è un bel modo di morire!" disse con la sua voce animalesca.

Sentii i suoi passi allontanarsi, seguito dagli altri.

Provai un'ultima volta a rialzarmi, ma non servìa nulla.

Appena fece buio iniziò a piovere, sentivo freddo, non so se perché avevo perso molto sangue o se perché pioveva.

Prima di perdere conoscenza mi sembro' quasi di sentire delle voci e degli zoccoli venire nella mia direzione.

Poi ci fu solo buio.



Ciao a tutti!
Eccomi qui con un nuovo capitolo, che spero vi piccia.
Volevo ringraziarvi per le tante visualizzazioni, mi ha davvero fatto piacere!
Che cosa succederà secondo voi nel prossimo capitolo?
A presto!

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Capitolo 3
*** Aredhel ***


* FineFlashback *

Mi sentivo la testa pesante. Le ferite al braccio e alla schiena pulsavano dolorosamente.

Ero avvolto nell'oscurità più profonda, come se le stelle che illuminano il mio cielo ogni notte si fossero spente.

L'ultima cosa che ricordavo era l'odore ripugnante del sangue degli orchi e la pioggia scrosciante che cadeva dal cielo, poi solo il buio.

Tuttavia era vivo, sentivo di esserlo; ma non riuscivo a trovare la forza per aprire gli occhi.

Avevo sete, la gola mi bruciava. Dovevo aprire gli occhi, svegliarmi, sempre che fossi addormentato.

Sforzai le palpebre e un sottilissimo filo di luce rischiarò le tenebre che mi circondavano.

Strizzai gli occhi e misi a fuoco le immagini.

Ero in una casa, o meglio, in una stanza; adagiato su un letto.

Allora le voci che avevo sentito prima di perdere conoscenza non erano frutto della mia immaginazione, erano reali.

Sentivo l'allegro scoppiettio del fuoco provenire dall'altra stanza, all'improvviso la porta della camera si aprì e sulla soglia apparve.... no, non può essere.... eppure apparve lui: Elros.

"Finalmente vi siete svegliato, mio signore, iniziavamo a preoccuparci seriamente." disse sorridendo allegramente notando il mio stato.

"Dove sono?" le parole mi uscirono a fatica dalla bocca.

"Siete al confine Nord del vostro regno. Vi abbiamo portato qui essendo il posto più vicino a dove ci abbiamo trovato."

"Abbiamo? Tu e chi altro?" chiesi, non avvertendo nessun altra presenza nella stanza.

"Vi ricordate che avevo chiesto il giorno di permesso? Dovevo accompagnare una mia amica per un pezzo di strada. Si chiama Aredhel, è la principessa delle Montagne Grigie." spiegò.

"Quanto tempo ho dormito?"

"Circa tre giorni..."

"E lei dov'è? È tornata nel suo regno?"

"Oh, no - disse ridendo - ha insistito per aspettare che voi tornaste in forze prima di ripartire. Sinceramente la ringrazio perché è lei la guaritrice, io non so cosa fare, mentre lei è molto capace... vi ha curato lei."

"Allora dov'è? Vorrei conoscerla." chiesi.

"È andata a caccia... Avevamo finito il cibo." disse abbassando quasi impercettibilmente lo sguardo.

Annuii pensieroso. Erano passati tre giorni... il Bianconsiglio si riuniva stanotte e io dovevo andarci assolutamente. Dovevo avvisarli di ciò che succedeva a Dol Guldur, ne andava della salvezza del mio popolo.

Sicuramente gli orchi che mi avevano attaccato erano stati inviati per mettermi a tacere.

I miei pensieri furono interrotti dal rumore della porta che si apriva e si chiudeva.

"È tornata - disse Elros andando verso l'altra stanza e dicendo rivolto alla principessa - Ciao Aredhel! Indovina che è successo!""Elros, non è il momento; ha ricominciato a piovere e io mi sono bagnata tutta." rispose stancamente una voce femminile.

"Invece dovresti saperlo: il re si è svegliato!" disse con allegria.

Subito dopo la porta si aprì di nuovo ed entrò una dama elfica. Aveva i capelli color oro e gli occhi blu come il mare più profondo. Era magra ed era alta poco meno di me. Indossava un mantello nero con sotto un corpetto di stoffa con una gonna e dei pantaloni leggeri sotto.

"Buongiorno sire." disse chinando la testa.

"Buongiorno, hiriel (principessa)." ricambiai.

Lei sorrise e fece cenno ad Elros affinché preparasse la cena, colazione, pranzo; in effetti non avevo idea di che ora fosse.

"Avete sete?" chiese la ragazza, notando lo stato della mia voce.

Annuii e lei di rimando mi porse un bicchiere d'acqua. Ignorando le fitte lancinanti che mi mandava il braccio presi il bicchiere e bevvi avidamente l'acqua fresca.

Provai ad alzarmi ma le ferite si risvegliarono tutte insieme e mi dovetti abbandonare ancora sul cuscino.

"È meglio che non vi sforziate per i primi giorni... siete ancora debole e le cure devono finir di fare effetto." disse dolcemente.

Risposi con un breve cenno del capo. In quello stato non avrei mai raggiunto Imladris in tempo. Alla fine gli orchi avevano vinto.

"C'è qualcosa che non va, mio signore?" la voce dolce di Aredhel mi distolse dai miei pensieri. C'era qualcosa di particolare in lei... non sapevo come descriverlo, ma era come se percepissi che quella ragazza che avevo davanti non era ciò che sembrava... O meglio, c'era dell'altro sotto... Ma che cosa?

"Si, dovevo consegnare una lettera a Imladris e in questo stato non riuscirò mai ad arrivarci in tempo."

"È così importante?"

Annuii con forza. Non potevo aspettare oltre, il mio popolo era in pericolo. Giravano voci su un certo Negromante che abitava nella fortezza aveva persino il potere di resuscitare i morti. Se un potere del genere fosse tornato nella Terra di Mezzo avrebbe significato guerra per tutte le Razze.

"Potrei andarci io se è così importante per voi." propose Elros.

Spostai la mia attenzione sul l'elfo in fondo alla stanza.

"Non so, Elros, si tratterebbe di portare un messaggio a Elrond di Granburrone, solo a lui e nelle sue mani; sono notizie che devono essere lette da persone adeguate." dissi stingendo i denti a causa del dolore che ogni mossa mi procurava.

Gli consegnai poi la lettera con impresso il sigillo di Bosco Atro.

"Non vi deluderò, sire." replicò Elros con sicurezza.

Poi prese la lettera, fece un breve inchino e passò nell'altra stanza per prepararsi per il viaggio.Seguii Elros nell'altra stanza per aiutarlo a prepararsi... Ero sollevata che si fosse offerto lui per fare questa commissione, ma ero anche spaventata di restare da sola con Thranduil, non tanto perché avevo paura di lui, ma temevo di sbagliare...

"Che hai, si può sapere? - chiese Elros - Tutto bene?"

"Sì, sì, sono solo un po' stanca."

"Mi raccomando, stai attenta con lui."

"Perché, non ti fidi?"

"No, tutt'altro, è di lui che non mi fido. Sai, è un po' irascibile." disse sottovoce.

"E tu vedi di tornare presto e intero, così non mi lasci per tanto tempo con il Re irascibile." scherzai fingendomi sicura.

"Agli ordini, mia signora." disse ridendo, poi uscì dalla casa, montò a cavallo e si diresse galoppando verso Imladris.


*Angolo dell'autrice*
Ciao a tutti!
Ecco qui in nuovo capitolo, spero vi piaccia!
A presto!

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Capitolo 4
*** Un carattere difficile ***


Quando fu scomparso all'orizzonte tornai dentro la casetta. Era circa mezzogiorno, ma la pioggia continuava a cadere incessantemente.

Il pranzo era già pronto, versai un po' di zuppa in due ciotole e andai nell'altra stanza, dove Thranduil mi attendeva.

"È' quasi ora di pranzo; dovete avere fame." dissi avvicinandomi e porgendogli una delle due ciotole e un pezzo di pane come accompagnamento.

Il Re sorrise di rimando e prese la ciotola. Mangiammo in silenzio, probabilmente ci stavamo ancora studiando a vicenda.

"Quando dite che mi potrò rimettere in piedi?" chiese spezzando il silenzio che ci circondava.

"Dipende da come reagite alle cure.."

"Cosa avete usato per il veleno? Infuso di erbe curative?" chiese

"Sì, Athelas e vulneraria. Adesso è un po' di tempo che non ve lo applico sulle ferite..."

"Siete molto preparata sulla medicina, ma non mi ricordo che sulle Montagne Grigie ci siano scuole per diventare Guaritrice..." disse con un sorriso obliquo.

"Sono cresciuta in parte a Granburrone, mio signore, è lì che ho imparato questa nobile arte." dissi mentendo. Non potevo parlargli del mio passato, era troppo pericoloso, neanche Elros sapeva la verità su di me, e non doveva saperlo.

Il Re annuì e poi aggiunse:

"Potete applicarlo adesso l'infuso?"

Oh, Valar! Applicarlo adesso avrebbe significato togliergli di dosso la leggera casacca che indossava. In pratica avrei dovuto spogliarlo per metà!

Ignorando il bel colorito rosso pomodoro di cui si doveva essere tinta la mia faccia annuii e uscii dalla stanza, passando in cucina per prendere il paiolo in cui era rimasto circa la metà di ciò che avevo preparato due giorni prima.

Tornai nella stanza da letto e preparai le bende e mi diressi di nuovo verso il letto.Aiutai il Re a sfilarsi la casacca bianca che indossava. Ignorando, o perlomeno provando ad ignorare il suo corpo perfetto iniziai a togliergli la fasciatura sulla spalla a me più vicina. Presi l'infuso e vi immersi un panno.

Lo appoggiai poi sulla ferita. Osservandola notai che era notevolmente migliorata rispetto a pochi giorni prima. Appena il panno venne a contatto con la carne sentii il corpo di Thranduil sussultare; evidentemente gli faceva ancora male, eparecchio.

Procedetti così per tutte le altre ferite.

Quando finii posai lo sguardo sul Re e notai che era visibilmente stanco, più pallido di prima, il respiro era irregolare e sulla fronte si era formato un lieve velo di sudore.

Posai una mano sulla fronte del sovrano. Valar, era bollente di nuovo!

"Come, scusa?" chiese il Re.

Lo guardai e mi resi conto di aver parlato senza rendermene conto.

"No, è che... insomma, vi è tornata la febbre alta...."

Thranduil abbozzò un sorriso.

"Sto bene, non preoccupatevi..."

Quanto era bella la sua voce, sarei stata ore ad ascoltarlo parlare.

"Voi ed Elros da quanto vi conoscete?"

"Praticamente da sempre, ci conosciamo da quando eravamo elfling. Siamo cresciuti insieme."

Passarono tre giorni in cui continuai a curarlo. Tutto andò per il meglio. Thranduil si stava rimettendo e presto si sarebbe rimesso in piedi.

Un giorno uscii di casa per prendere dell'acqua quando all'improvviso Elros mi sbucò davanti.

"Ciao, Aredhel, come va?" disse raggiante.

"Elros! Ma sei impazzito?! Mi hai fatto prendere un colpo!" dissi rimettendo nel fodero il pugnale che avevo sfoderato in mia difesa.

"Scusami piccola, non lo farò più. Allora, tutto bene? Come va con il Re? Si sta rimettendo?"

"Sì, Thranduil adesso è in casa."

"Ah, e da quando esattamente lo chiami per nome?"

"Da quando lui mi ha dato il permesso; abbiamo avuto occasione di conoscerci meglio in questi giorni. Ma a te che importa, sei geloso, per caso?"

"Geloso? Di lui? Ma fammi il piacere!" rispose leggermente irritato.

"Buongiorno Elros, com'è andato il viaggio?"

Ci voltammo entrambi sbigottiti: Thranduil era dietro di noi, un po' pallido e instabile sulle gambe forse, ma inpiedi."I-io s-sto b-bene, sire.... Sono f-felice di vedervi in piedi!" disse balbettando Elros, che era impallidito di colpo.

"Non mi aspettavo di vedervi in piedi, non avreste dovuto fare un simile sforzo... non vi siete ancora completamente ristabilito..." dissi.

"Pensavo di partire per il mio palazzo domani. Vieni con me, Elros? - domandò il Re, ignorando ciò che avevo appena detto. Ovviamente non era una vera domanda, solo un ordine imposto più educatamente. Poi aggiunse - Avrei piacere se anche tu, Aredhel, venissi a trascorrere qualche giorno alla mia reggia. Se ti fa piacere, ovviamente."

"Va bene, non c'è problema." risposi.

L'indomani mattina, sellati i cavalli e il Megacero, ci mettemmo in marcia.

La foresta era meravigliosa, ogni tanto si potevano vedere i suoi abitanti: dagli scoiattoli ai topolini, dai passeri ai merli, dai cervi ai tassi. Percepivo la vita che cresceva rigogliosa e tutte le aure degli animali che mi circondavano. Tuttavia in qualsiasi luogo in cui il bene compare c'è anche il male a tentare di inquinarlo. E anche in questa foresta era successa la stessa cosa: i ragni della dinastia di Shelob avevano invaso il bosco, facendolo diventare la loro dimora, solo gli Elfi Silvani provavano a contrastarli.

Arrivammo finalmente a palazzo. Era davvero bellissimo; Elros mi aveva sempre raccontato della magnifica reggia di Thranduil, scavata nella roccia, che riproduceva con colonne finemente lavorate e intagliate gli alberi della foresta. Ma non avevo mai immaginato una tale bellezza.

Pensai alla mia reggia e al mio popolo, o meglio alla mia Razza ealsegretochedovevamocustodire, quasi come fosseuna maledizione. Epensare che nel passato eravamo accettati per ciò che eravamo, senza né pregiudizi né terrore del male che secondo loro poteva esserci in noi.

"Hir nin Thranduil! Hir nin Thranduil! (Mio signore Thranduil! Mio signore Thranduil!)" urlò correndoci incontro una delle guardie che sorvegliava il cancello.

"La pattuglia in ricognizione è tornata: hanno trovato un gruppo di Nani. Li hanno portati nelle celle. Quello che sembra essere il loro capo dice di essere Thorin Scudodiquercia."

"Nani? Allora è vero. Thorin Scudodiquercia è tornato per riprendere la Montagna Solitaria." disse pensieroso il Re.

Thranduil chiamò poi una donna di nome Estel e le ordinò di mostrarmi la mia stanza perché mi potessi cambiare e rinfrescare, mi affidò poi a Elros. Si volse infine verso la guardia e si diresse verso quella che credo fosse stata la sala del trono.

Dopo essere andata in camera mia raggiunsi Elros e con lui feci il giro del palazzo.

Mentre camminavamo per i vasti saloni sentii una voce roca rimbombare:

"... Io non mi fiderei che Thranduil, il grande Re, onori la sua parola.... tu sei privo di ogni onore! Ho visto come tratti i tuoi amici. Siamo venuti da te una volta, affamati, senza dimora, a cercare il tuo aiuto. Ma tu ci hai voltato le spalle! Tu ti sei allontanato dalla sofferenza del mio popolo! E dall'inferno che ci ha distrutto! Imhri Dam-rha Dhursul!"

L'ultimafraseerain nanico, capii poco o nulla a causa dell'eco... Le uniche parole che capii chiaramente furono "fuoco" e "drago".

Guardai Elros che mi indicò una sala poco più in alto di noi, dove al centro torreggiava un trono con ai lati due magnifici palchi d'alce.

"Brutta storia: la leggenda narra che il Re dei nani tornerà e risveglierà il drago" disse Elros.

"Il Signore delle Argentee Fonti, il Re delle Rocce Scavate, il Re che sta sotto il monte riavrà le cose a lui strappate e la campana suonerà di allegrezza quando il Re della Montagna tornerà, ma tutto si disferà con tristezza e il Lago brillerà e brucerà." recitai io.

"Vuol dire che se la bestia si sveglierà sarà la fine degli abitanti di Pontelagolungo." disse Elros con enfasi.

"Non credo che i nani raggiungeranno la Montagna molto presto.." commentai, osservando che il nano che prima era nella sala del trono ora veniva trascinato via, verso le celle.

Elros mi propose poi di andare ad allenarci un po' con i pugnali.

Raggiungemmo la sala per gli allenamenti e passammo circa un'ora a fare pratica. Era stato lui ad insegnarmi a combattere. Da quando però avevo scoperto la mia particolare abilità avevo iniziato ad utilizzarla al meglio anche durante i combattimenti in forma elfica.

"Adesso devo andare, ho il turno di guardia alle celle. - disse con una punta di rammarico nella voce - Tu rimani pure, tanto ti ricordi la strada per la tua stanza, no?"

Gli sorrisi e poco dopo rimasi sola nella sala. Continuai ad allenarmi, ma sentivo qualcosa o qualcuno dietro di me. Senza pensarci un attimo mi voltai in posizione di attacco. La lama del mio pugnale si fermò a pochi centimetri dalla gola di Thranduil

"Sei brava con i pugnali..." disse con un sorriso obliquo."Grazie..." dissi allontanando il pugnale dalla sua gola.

"L'ultima volta che ho visto una principessa che sapeva combattere decentemente è stato..... vediamo.... nell'Eruador, vicino alle nere colline di Rhudaur, circa tremila anni fa - disse pensieroso - vediamo se tu sei l'eccezione a questa mia credenza."

Detto questo sguainò prontamente la spada e si allontanò di qualche passo.

Decisamente la ferita alla spalla era completamente guarita...

"D'accordo, che vinca la migliore allora!" dissi dirigendomi verso la rastrelliera a cui erano appese le spade.

Ne presi una a lingua di bue e mi misi di fronte al re.

"A voi la prima mossa, milady." disse il re, facendo avanzare il busto.

Presi una piccola rincorsa e mi scagliai sul sovrano roteando la spada. Lui si spostò di lato, evitando il colpo; poi passò all'attacco: girandosi di scatto caricò un veloce fendente che schivai per miracolo. Mi buttai in avanti per affondare, ma le nostre lame cozzarono.

"Dove hai imparato a combattere?" chiese Thranduil.

"Me l'ha insegnato Elros; perché?" risposi, un po' stupita dalla domanda.

Non ottenni risposta... Il Re era ammutolito, e aveva lo sguardo perso nel vuoto, come se stesse riportando a galla vecchi ricordi, sepolti da lungo tempo.

"Anche mia moglie aveva uno stile simile al tuo, nel combattimento." disse, quasi sussurrando.

"Cosa le è successo?" domandai.

"Però tu hai un punto debole: sei un po' troppo impulsiva e ti butti eccessivamente in avanti nell'attacco." disse, riscuotendosi dai suoi precedenti pensieri.

"Va bene, vorrà dire che mi allenerò di più." risposi.

Sospirai: evidentemente se aveva cambiato discorso non ne voleva parlare... Elros mi aveva raccontato che la moglie era morta tempo fa, a Gundabad, ma le circostanze in cui era accaduto il fatto erano parecchio incerte e vaghe.

"Dovresti fare più attenzione alle tue mancanze..." continuò.

"Hocapito. Potresti, per favore, evitare di continuare a rimarcarlo?!" dissi vagamente innervosita.

"Perché, digrazia? Un principessa che non accetta le critiche non è una persona degna di governare un regno."

"Come vi permettete di insinuare che io non sia in grado di regnare?! Voi non sapete assolutamente nulla di me! Non potete neanche immaginare cosa abbia passato!" risposi, esplodendo.

"E che cosa non saprei?" disse avvicinandosi a me e assottigliando gli occhi. Iniziavo ad avere paura. Mi sembrava di aver svegliato una bestia più grande e pericolosa di me, nonostante sapessi che con le mie doti particolari avrei potuto batterlo con relativa facilità.

"No, io non.... posso..." ormai era vicinissimo a me. Sentivo il suo respiro lieve sulle guance. Avevo i battiti del cuore a mille. Avrei voluto voltarmi e andarmene, ma non volevo fargli capire che avevo paura.

"Mio signo-" la frase morì nella gola di Elros appena notò la nostra vicinanza.

Mi scoccò un'occhiata a metà tra l'interdetto e il geloso.

"Cosa c'è?" sbuffò Thranduil girandosi verso la guardia.

"I-i nani.... ecco, loro sono...sono fuggiti." balbettò.

* Angolo dell'autrice *
Eccomi di ritorno con un nuovo capitolo!
Spero vi piaccia, e vi prego di scusarmi se non sarò veloce nell'aggiornare perchè fine trimestre è un periodo di fuoco per me,
in ogni caso buona lettura e alla prossima (forse) settimana!

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Capitolo 5
*** Orgoglio ***


"I-i nani.... ecco, loro sono...sono fuggiti." balbettò.

"Che cosa?!"

"Hanno, ecco.... hanno usati i... i barili di vino vuoti....Sono fuggiti attraverso il fiume Selva."

"E mi spiegheresti, di grazia, come hanno aperto le celle?! Sai bene che non possono essere forzate o divelte."

"Io.. avevo dato le chiavi a-a Galion... poi, il vin... ecco, sono sparite!"

"Ma tu non eri di guardia?!"

"Non avete un modo per chiudere i confini via fiume?" mi intromisi io, per salvare Elros dall'incenerimemto istantaneo.

"Sì, ed è meglio per Elros che li chiuda subito."

"L'abbiamo già fatto, ma un branco di orchi ha sconfinato e ucciso le guardie. Siamo riusciti a prenderne uno vivo."

"Bene, portatelo nella sala del trono." ordinò avviandosi verso di essa.

Poco dopo, mentre camminavo per i lunghi corridoi con Estel, per poco non andai a sbattere contro di lui; fortuna che la mia amica mi ha tirata per un braccio, se no sarei finita proprio contro il suo petto. Aveva un'aria veramente innervosita. Non l'avevo mai visto così. Lui mi passò di fianco come nulla fosse. Lasciai Estel e lo raggiunsi, non so perché lo feci, ma fu talmente naturale per me che non ci pensai un momento.

"Tutto bene?" iniziai titubante.

"No." la sua risposta fu quasi un ringhio.

"Immagino che l'orco non collabori..."

"No, anzi, ha rivelato le mosse del Nemico."

Al suono di quelle parole mi congelai sul posto.... il Nemico era stato distrutto. O almeno così mi avevano detto. Ero nata poco prima della fine della guerra dell'Ultima Alleanza tra Elfi e Uomini.... mio padre era morto durante essa e mia madre morì di parto poco dopo la sua fine. Possibile che Sauron fosse tornato?

"Che cosa intendi fare adesso?"

"Sigillare i confini, poi vedrò..."

"Hai intenzione di entrare in guerra...?" dissi sovrappensiero.

"Come lo sai?" mi chiese voltandosi verso di me.

"Ecco, io... io l'ho..." iniziai.

Accidenti! Mi ero lasciata scappare troppo! Adesso avrei dovuto spiegargli parte dei miei poteri. No, non lo conoscevo abbastanza per fidarmi di lui. Come avrei potuto sapere se fosse stato dalla parte loro? Avrei mentito: era la cosa migliore da fare in quel momento."... l'ho visto; a volte ho delle visioni la notte. E nell'ultima ho visto un'armata di elfi schierati davanti alla Montagna Solitaria... quindi ho pensato..." dissi, pensando che la mia non era proprio una bugia, ma solo una mezza verità; o meglio una parte della verità.

"Le visioni non sono sempre attendibili, dovresti saperlo." disse il Re con voce dura.

"Lo so, ma pensavo che..."

"Le visioni sono una cosa, la tua immaginazione un'altra; non dovresti utilizzarle con tanta leggerezza. Sono un dono molto prezioso, non dato per essere interpretato da una ragazzina." disse quasi con disprezzo verso di me.

"Io non le interpreto, penso solo a ciò che vedo e provo a trovargli un senso a seconda di ciò che vedo e comprendo nel presente. Sono stufa di essere trattata con superiorità da un uomo che neppure conosco!" replico quasi urlandogli in faccia.

Poi mi voltai e feci per andarmene il prima possibile; non desideravo altro che uscire dalla porta e non fare più ritorno dal Re per un bel po'.

Ma una mano mi bloccò il polso e mi costrinse con le spalle contro una colonna di pietra. Soffocai un urlo in gola.

"Non mi parlare mai più in questo modo: sei nel mio regno e io ti tratto come voglio e..." la sua voce assomigliava molto ad un ringhio, tuttavia non fece tempo a finire la frase che un violento schiaffo gli colpì la guancia.

Insperatamente lasciò la sua presa ferrea sul mio polso e, cogliendo la palla al balzo, corsi via, attraversando frettolosamente i vasti saloni del palazzo.

Raggiunsi Elros che avevo ancora il fiatone; avevo percorso più di metà palazzo correndo, accidenti a quelle dannate gallerie!

Appena la guardia mi vide mi andò incontro, chiedendomi cosa fosse successo.

"C'è un problema; un grosso problema..." dissi ansante.

"Questo l'avevo capito; quale sarebbe questo problema insormontabile?" chiese sorridendo.

"Ho dato uno schiaffo a Thranduil." risposi in un soffio.

"Che cosa hai fatto?!" chiese di nuovo lui, strabuzzando gli occhi.

"Ho dato un ceffone sulla guancia a Thranduil."

"Ma sei impazzita per caso?! Come ti è saltato in mente? Che ti ha fatto per farti reagire così, si può sapere?!" Elros era impallidito di colpo, era diventato più bianco di un cadavere. Non risposi però alle sue domande e cambiai discorso.

"Cosa faccio adesso?" chiesi.

"Vieni a stare da me per un po', così si calmano le acque. Che ne pensi?"

"Va bene, facciamo come dici tu." risposi.

Poi vedendo che stava per tornare nella sua postazione di guardia sulle mura esterne lo richiamai.

"Elros?"

"Sì?"

"Ti voglio bene. Sei una persona speciale per me; ci sei sempre stato, fin da quando eravamo bambini, e di questo ti ringrazio davvero tanto."

Lui sorrise e si avviò verso l'uscita del palazzo.

Qualche giorno dopo arrivò la notizia:

"Siamo in guerra; partiremo domani all'alba. Ci dirigeremo verso Erebor. Tutti i guaritori sono chiamati a raccolta, viaggerete con noi. Preparati." disse Elros con convinzione.

"Cosa?" domandai stupita da quella convocazione improvvisa.

"Tu sei una delle migliori guaritrici che abbiamo a disposizione: hai curato persino il Re. Devi venire anche tu; abbiamo bisogno di te. Gli uomini, le donne e i bambini di Pontelagolungo hanno bisogno di guaritori come te, Aredhel! Potrai inoltre darmi prova delle tue particolari abilità di cui mi hai accennato poco tempo fa."

"Tutto ciò che dici è vero, mi dimentichi un piccolo particolare: Thranduil mi odia con tutto il suo cuore, sempre che ne abbia uno." precisai con un punta di malizia nella voce.

"Tu comunque devi venire. Inizia a preparare le tue cose."

L'indomani appena il sole iniziò a sorgere all'orizzonte ci mettemmo incammino. Cavalcavo insieme ad Elros e ad un suo amico: Galion. Mi erano giunte voci su di lui che dicevano fosse il maggiordomo del Re, e che aveva un debole per il vino.

Dopo quattro ore di marcia arrivammo in città. era stata completamente distrutta, dal drago, probabilmente. Ma degli abitanti non c'era neanche l'ombra; dovevano essere fuggiti verso le rovine di Dale, in cerca di un rifugio. Proseguimmo allora verso la città. Un tempo era davvero magnifica. Come avevamo previsto gli uomini erano accampati lì, e le loro condizioni non erano certo rosee. Portammo cibo, acqua e coperte.

Insieme agli altri guaritori montammo la tenda che avrebbe fatto da ospedale. Decidemmo di passare lì la notte, così in caso di bisogno avrebbero saputo dove trovarci.

Sfortunatamente i nani erano cocciuti e rifiutarono ogni proposta di pace. La guerra infine era arrivata.

La notte passò tranquilla, i nostri cuori erano pensanti, conoscevamo l'orrore della guerra, lo stesso che sarebbe arrivato sopra di noi di lì a poco.

L'indomani i soldati partirono. Seguii dalle mura l'evolversi degli eventi. Era arrivato un esercito di nani dai Colli Ferrosi, guidati da Dàin Piediferro, un nano tozzo che cavalcava uno strano e assurdo maiale da guerra. La battaglia era cominciata e mi piangeva il cuore a vedere tutte quelle persone che si combattevano solo per un po' d'oro. Poi dal nulla arrivarono gli orchi. Battaglioni arrivati da Nord, utilizzando i Mangiaterra come scavatori da gallerie sotterranee.

Non ebbi il tempo di seguire il resto del conflitto. I troll erano arrivati nella città. Le donne e i bambini fuggirono in panico verso la parte più alta delle mura.

Insieme agli altri guaritori ci preparammo a combattere. Uscendo dalla tenda mi misi al collo il mio cioncolo di opale, ricevuto da mia madre, e guardai il piccolo neo a farma di mezzaluna che fin dalla nascita avevo sul polso destro e sperai con tutto il cuore di non dover usarlo.Trovammo un buon posto per cambattere, ampio ma allo stesso tempo ben difendibile dagli arcieri. Ma i nostri nemici erano troppi. Uccisi un buon numero di orchi. Poi arrivò un troll; non feci tempo a voltarmi verso di lui che un'altra orda di orchi ci fu addosso. Prima di poter vedere il mio neo brillare in risposta alla mia chiamata sentii un dolore lancinate al ventre, abbassai lo sguardo e vidi il sangue impregnare velocemente la mia tunica.*

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Capitolo 6
*** Strane sensazioni ***


** Thranduil's PoV **

Camminavo per le strade della città contando i caduti. Erano centinaia; era stata davvero una strage. Tuttavia la ritirata era ormai impossibile: le truppe degli orchi ci avrebbero assalito sicuramente durante il viaggio e ciò ci sarebbe costato almeno il doppio dei caduti di oggi.

Mentre camminavo incontrai un gruppo di guaritori che accompagnavano delle donne e bambini in un luogo più sicuro. Vidi poi Elros correre affannato tra i vicoli, apparentemente stava cercando qualcosa oqualcuno.

Lo seguii e mi trovai davanti alla guardia inginocchiata davanti a un corpo. Non riuscivo a vederlo bene, poiché Elros vi era chinato sopra e ne copriva metà busto. Mi avvicinai e gli posai una mano sulla spalla, si spostò e mi permise di vedere chi fosse.

Mi si gelò il sangue nelle vene: era Aredhel.

Mi chinai su di lei e le posai due dita sulla giugulare; sentii Elros trattenere il fiato.

"È v-viva?"

Annuii: c'era battito. Appena feci il cenno la guardia si rilassò: evidentemente era molto preoccupato per lei. Sollevai con facilità il corpo svenuto; mi scesero dei brividi lungo la schiena quando la sua testa si appoggiò involontariamente sulla mia spalla e quando sentii il suo corpo rilassarsi contro il mio.

"Mio Signore, l'ospedale è dall'altra parte del campo."

"Lo so, tuttavia se non l'hai notato non abbiamo più un ospedale: gli orchi l'hanno distrutto. Detto ciò concluderei che il posto più sicuro dove tenerla sia la mia tenda, non sei d'accordo?"

Entrai poi, senza aspettare la risposta, nella tenda e deposi il corpo sul letto. Ordinai che Elros chiamasse un guaritore. Notai poi una cosa che dapprima non avevo notato: un piccolo neo a forma di mezzaluna sul polso, era molto strano, ricordavo di aver letto qualcosa a riguardo...

"Come sta, mio signore?" chiese la guardia.

"Poteva andarle peggio, la lama le ha tagliato il ventre, ma la ferita non è profonda e guarirà presto."

Sentii Elros tirare un sospiro di sollievo.

"Vi conoscete da molto voi due?" chiesi incuriosito dalle sue reazioni.

"Siamo stati giovani assieme. Lei era una principessa e aveva appena perso i suoi genitori, uccisi dagli orchi. Era distrutta e facemmo amicizia subito. Facevamo tutto insieme. Poi i miei genitori decisero di trasferirsi a Bosco Atro, da allora ci sentimmo raramente, ma la nostra amicizia non terminò."

Annuii e appena arrivò il guaritore uscii e cercai Mithrandir. Lo incontrai dopo poco, e gli chiesi che cosa potesse significare un così particolare simbolo.

"È il simbolo che identificava coloro che una volta erano chiamate Guardiane. Tuttavia non posso dirvi molto su di loro: sono scomparse tanto tempo fa. Dovreste chiedere a Radagast, tempo addietro ne era ossessionato, ma adesso ha smesso di cercarle."

"Mandagli un messaggio, vorrei parlargli il prima possibile."

Due giorni dopo arrivò al l'accampamento lo stregone. Fu più veloce di quanto avessi potuto immaginare.

"Ho sentito che mi cercavate per sapere qualcosa in più sulle Guardiane."

"Esatto, vorrei sapere chi erano e che cosa facevano."

"Erano state create dai Valar per proteggere e preservare ciò che Eru, il Creatore, amava di più: le foreste. Troppo spesso esse venivano distrutte dalla cupidigia e dalla ricerca del potere attraverso le guerre, il legno e il cibo che vi ricavavano erano beni preziosi per gli eserciti."

"E in che modo le proteggevano e preservavano? Stai parlando al femminile, immagino siano solo donne."

"Non proprio, mio Signore, non sono solo donne, ci sono anche uomini, ma più raramente dispongono del potere che è stato affidato alle dame."

"Di che tipo di potere dispongono? Ne parli con estremo rispetto."

"Un potere enorme, un grande dono: esse infatti potevano comandare al loro corpo di trasformarsi in un lupo. Uno splendido lupo, più grande di quelli normali. Questo grande potere si manifesta in modo molto chiaro nelle donne abbastanza forti per sopportare una trasformazione del genere. Tuttavia anche gli uomini possono beneficiarne; ma è raro che succeda."

"E come si riconoscono? La mezzaluna è il loro simbolo, ma è possibile che sia un riconoscimento?"

"A dire il vero non lo so, ma se posso chiedere, perché vi interessa tanto, avete trovato un simile simbolo su qualcosa o qualcuno?"

"Ho sentito - dissi evitando di rispondergli - che tempo fa ne eri ossessionato, però adesso hai smesso di cercarle, perché?"

"Ho semplicemente perso la speranza di trovarle, voi non avete idea di quanto tempo ho speso cercandole."

Sentito ciò lo congedai, avevo appreso abbastanza sulle Guardiane.

Ma perché Radagast aveva smesso di cercarle, che le avesse trovate? E poi perché c'era il simbolo delle Guardiane sul polso di Aredhel? Che lei fosse una di loro? No, non era possibile: come aveva detto Mithrandir era un ordine scomparso ormai da tempo. O forse no? Tornai alla mia tenda: nell'accampamento. Entrai e posai lo sguardo sulla figura distesa sul letto. Dormiva. Era davvero bellissima: la luce soffusa faceva risplendere i suoi meravigliosi capelli d'oro. I suoi lineamenti perfetti erano distesi, pareva tranquilla.

Era molto pallida, comprensibile visto ciò che aveva passato.

Mi avvicinai al letto. La mia mano si avvicinò quasi automaticamente alla sua pelle morbida e calda. La sfiorai con due dita. Dalla spalla scesi fino al polso, soffermandomi sul neo... Se tutto quello che mi aveva detto Radagast non erano menzogne, Aredhel poteva essere una Guardiana? Non mi sembrava vero, non poteva essere vero. Il corpo della giovane sussultò e io staccai la mano di scatto. Come se mi fossi svegliato da un sogno.

Poco dopo dovetti guidare il mio esercito contro gli orchi.

Prima di uscire chiamai uno dei miei più fidati elfi della guardia reale: Feren

"Bada bene che non le accada nulla o giuro sui Valar che te la farò pagare molto cara!" ringhiai, forse con troppa foga.

L'elfo annuì di rimando e mi promise che nessuno di indesiderato avrebbe varcato la soglia della tenda.

Poi partii. La battaglia durò per ore, fu stancante per tutti, soldati e comandanti. Tornammo al campo che era ormai scesa la notte. Tornai nella mia tenda, feci per togliermi l'armatura quando una voce debole ma chiara mi fece voltare di scatto:

"Com'è andata, mio signore?"

Ah, già; Aredhel era rimasta nella mia tenda. Il ricordo dello schiaffo era ancora viva e nitida nei miei ricordi.

"Bene, abbiamo tenuto a bada quelle creature immonde e disgustose."

"Ti ho preparato qualcosa di caldo da bere, fuori ha ricominciato a nevicare e pensavo..."

Mi voltai, stupito da quel gesto. Lei mi stava porgendo una tazza fumante; doveva essere una tisana o qualcosa di quel genere. Quando allungai la mano per prenderla lei mi sorrise dolcemente.

"Avresti dovuto restare a letto, sei ancora debole... Come fai ad essere ancora in piedi dopo una ferita del genere?! Dovresti essere ancora sdraiata dolorante sul letto..." dissi gelido.

"Sto bene, ti ricordo che sono una guaritrice e so come prendermi cura di me stessa. Ma grazie per l'interessamento sire." rispose sarcastica. Feci finta di non aver sentito l'ultima frase.

"Non hai risposto alla domanda: come fai ad essere ancora in piedi?!"

"Che ti importa di come faccio? L'importante è che riesca a farlo, no?!"

Sospirai e iniziai a sfilarmi l'armatura di dosso.

"Sei ferito?" chiese.

"No, sto bene, grazie."

"Ma davvero? Eppure fai fatica a muovere le braccia." osservò.

Ed era vero: avevo tutti i muscoli delle spalle e della schiena indolenziti, calcolando anche che avevo preso un forte colpo fermato dal l'armatura esattamente in mezzo alle scapole. Sfortunatamente l'acciaio elfico ferma solo la lama, ma non gli urti.

"Posso provare una cosa, mio Signore? Solo un tentativo..." chiese lei avvicinandosi.

"Se proprio devi.." sbuffai io, anche se un po' diffidente.

Lei mi aiutò a slacciare i lacci dell'armatura. Di solito non mi piaceva essere aiutato, ma Aredhel aveva ragione: le braccia mi stavano creando non pochi problemi...

La principessa si pose dietro di me e mise le sue mani sulle mie spalle, vicino al mio collo.

"Ma che stai...?"

"Fidati di me.. - disse dolcemente - Ma tu non ti fidi mai di nessuno?!"

"Quando sei un Re è difficile porre fiducia nelle persone..."

"Eppure Elrond si fida di me."

"Elrond è Elrond e io sono io, non puoi paragonarci."

"Sarà..."

Ignorai il suo commento contraendo la mascella per non risponderle male. Anche se mi costò molta fatica.

Poi iniziò a muovere concentricamente le mani, premendo i pollici tra le mie scapole.

"Rilassati, respira profondamente."

Emisi un sospiro e a poco a poco mi rilassa, mentre sentivo tutti i muscoli della schiena provare sollievo e piacere da quel massaggio. Ma non era solo quello: sentivo un lieve calore soffuso provenire dalle sue mani; non sapevo come spiegarlo, ma era come una sarta di magia benefica... pensai che fosse magia, ricordando ciò che aveva detto Radagast, allora acuii i sensi, ma appena lo feci il calore sparì, come se lei se ne fosse accorta.

"Sarebbe meglio che ti sdraiassi..."

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