Sul filo del rasoio

di rocchi68
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 ***
Capitolo 2: *** Cap 2 ***
Capitolo 3: *** Cap 3 ***
Capitolo 4: *** Cap 4 ***
Capitolo 5: *** Cap 5 ***
Capitolo 6: *** Cap 6 ***
Capitolo 7: *** Cap 7 ***
Capitolo 8: *** Cap 8 ***
Capitolo 9: *** Cap 9 ***
Capitolo 10: *** Cap 10 ***
Capitolo 11: *** Cap 11 ***
Capitolo 12: *** Cap 12 ***



Capitolo 1
*** Cap 1 ***


Avviso: Se non capite qualche passaggio di questa storia, potreste iniziare con il leggere i 13 capitoli della serie: “La vendetta dell’ispettore Nara.”
Questo sarà il sequel e penso che sarà una storia lunga una decina di capitoli, vi avverto inoltre che alcuni personaggi sono ripresi dal manga Naruto e altri sono inventati. Spero che questa storia vi piaccia così che possiate recensire in numerosi.
 
 
 
Eravamo seduti tranquillamente al nostro ristorantino preferito, in una romantica cenetta al lume di candela, aspettando con calma che il nuovo proprietario ci portasse i menù.
L’anziano proprietario che, aveva gestito per oltre 25 anni il suo ristorante, aveva deciso di andare in pensione, non prima di aver aiutato il giovane nipote a dare una rinfrescata al posto.
Il vecchio Rick aveva reso famoso quel ristorante e le voci soddisfatte andavano da una città all’altra, infatti molti cantanti e attori quando si trovavano in tournée spesso si fermavano per mangiare un boccone. Le sale erano costellate da foto con VIP e questo era un ulteriore punto a favore per i nuovi proprietari.
Passate le redini al giovane rampante molti credevano che la fama guadagnata andasse perduta, ma il nipote era un tipo tosto e dopo un rinnovamento generale degli interni, aveva provveduto a cambiare anche il menù che ora risultava più chic e sicuramente appetibile anche per i clienti meno facoltosi. Questo passaggio di consegne aveva portato un grande guadagno al ristorante e spesso si vedeva Rick girare per i tavoli con aria soddisfatta offrendo sempre qualche amaro o sorbetto che i clienti non disdegnavano di certo. L’unico cruccio dell’anziano proprietario era quello che non era riuscito mai ad ottenere nemmeno una stella Michelin, ma a differenza dello zio, il nipote ne aveva ottenute addirittura due e questo era una fonte di orgoglio da parte di tutta la famiglia.
 
“Bene signora, cosa desiderate?”
“Io vorrei una pizza vegetariana e una birra bionda.”
“Va bene, mentre lei cosa desidera signor ispettore?”
“Suvvia Erick, ancora con tutti questi formalismi. Quante volte devo dirti di chiamarmi Shikamaru? Comunque desidero una pizza quattro stagioni e una coca cola.”
“Va bene, tra dieci minuti saranno pronte.”
 
Non potevo bere alcolici in quanto ero io il “pilota” e Temari non mi avrebbe mai permesso di guidare se avessi bevuto un goccio, quindi per evitare ogni discussione decisi di accompagnare la cena con un po’ di coca cola.
 
Dopo aver portato l’ordine in cucina e averci consegnato le bevande, scomparve in mezzo ai tavoli per servire gli altri clienti.
Erano ormai da settimane che ci fermavamo in quel ristorante e ogni volta finivamo con il parlare del nostro matrimonio. Eravamo ancora indecisi sulla lista degli invitati e ovviamente sul menù e sugli abiti da cerimonia. Le bomboniere, il viaggio di nozze, la data per il lieto evento e i testimoni erano già stati decisi da qualche giorno, ma questi erano dei punti abbastanza semplici da sciogliere.
 
Per quanto riguarda il viaggio avevamo pensato alle splendide spiagge caraibiche dove poter passare almeno due settimane circondati dalla tranquillità.
Nonostante avessi dei doveri, in quanto Capitano della centrale, avevo deciso di lasciare, per quel periodo, il comando all’unica persona con un briciolo di intelligenza di quel posto. Quella persona non era altro che il povero Neij che avrebbe dovuto tenere tutti in riga.
 
Eravamo ancora in maggio, ma le cose sarebbero potute cambiare inaspettatamente e quindi onde evitare spiacevoli sorprese avevamo deciso di sposarci il quattro settembre verso le dieci di mattina.
Arrivare puntuale, per un ritardatario cronico come me, sarebbe stata dura e di certo non potevo chiedere alla mia futura mogliettina di svegliarmi, sarei passato per un’idiota insensibile che si dimentica anche di prepararsi per il matrimonio.
Sicuramente non avrei avvertito la tensione e quindi non avrei passato la notte in bianco, in quanto nemmeno quando dovevo sostenere esami importanti non riuscivo a stare sveglio. Ho lo straordinario potere di addormentarmi non appena appoggio la testa sul cuscino e solo in pochi casi restavo sveglio per più di dieci minuti.
 
Per la scelta del mio testimone mi scervellai un po’ di più, avrei preferito farmi accompagnare da Choji o dal maestro Asuma, ma entrambi erano stati uccisi da Orochimaru, per questo preferii chiedere a Yamato il quale acconsentì volentieri.
Kurenai mi avrebbe accompagnato all’altare e Hiruzen sarebbe stato un paggetto perfetto.
Temari invece optò per Hinata come testimone di nozze, la quale sorpresa e stupita dalla proposta, non poté che accettare e aveva deciso di farsi accompagnare all’altare dal fratello.
 
Avevo anche in mente di noleggiare per poche ore una limousine che scortasse la sposa da casa alla chiesa e quindi al ristorante.
Stavo ancora pensando a chi invitare al matrimonio quando venni interrotto dalla mia fidanzata.
 
“Shika, io tua zia Mary al matrimonio non la voglio.”Intervenne la mia fidanzata, interrompendo momentaneamente i miei pensieri.
“Perché scusa?” Chiesi incuriosito della sua richiesta.
“Perché è una vecchia svampita e poi sarebbe capace di presentarsi con i suoi amati gatti.” Alzando leggermente la voce e facendo voltare anche due ragazzi che si stavano gustando la loro cena in santa pace.
“Cosa vuoi che sia.”
“Io quelle dodici bestie pelose non le voglio.” Riprendendo con tono piccato.
“Sono undici i gatti.” Cercai, invano, di sottolineare.
“Undici più tua zia fanno dodici.”
“Ok zia Mary fuori dalla lista. Considerando che abbiamo deciso di invitare i nostri colleghi con le rispettive ragazze e ragazzi, tuo fratello e famiglia, Kurenai, Hiruzen, Jiraya, Tsunade, Yamato e Kevin, siamo arrivati ad una quarantina di persone. Dovrebbero bastare.” Cancellando il nome della zia dalla lista e controllando i nomi che avevamo inserito.
“Ovviamente se ci viene in mente qualcuno da invitare lo aggiungiamo, purché  la cosa sia fattibile. Insomma dobbiamo avvertire il prete e lo chef e non possiamo sparare un numero per poi abbassarlo o alzarlo, dobbiamo andare decisi.”
“Non preoccuparti c’è ancora tempo, non farti prendere dall’ansia che diventi ancora più brutta.” Cercando di scioglierla un po’ dalla tensione che l’attanagliava
“Come scusa?” Mi chiese, pensando di aver sentito male.
“Dai Temari stavo scherzando.”
“Ti conviene se non vuoi dormire per terra questa notte.” Minacciandomi e puntandomi contro una delle sue posate.
 
Vedere la mia ragazza preoccupata mi rendeva inquieto e non volevo che andasse a dormire con la tensione e con il pensiero che mancavano poco meno di sei mesi al nostro matrimonio. Speravo di aver smorzato la tensione e quindi tornammo a parlare dei vari preparativi.
 
Dopo pochi minuti le pizze arrivarono ai nostri tavoli e dopo esserci gustati una cena deliziosa e aver fatto quattro chiacchiere pagammo il conto e uscimmo dal locale. Prima di risalire in auto, cominciammo a parlare di un vecchio caso al quale avevo accennato seduto al tavolo.
 
“Andiamo Shika, non inventarti storielle così divertenti.” Finendo di ridere, per quella che secondo lei era una barzelletta.
“Non è una storiella, è la pura verità. Anni fa mio padre mi raccontò che riuscì ad evitare la galera ad un suo amico, un certo Gary se non sbaglio, solo perché il caso era veramente semplice per essersi risolto così nel nulla.”
“Come puoi farmi pensare che io creda che lui sia riuscito a discolpare il suo amico per via di un po’ di sangue? È impossibile.” Ripetendo le stesse parole che avevo usato 10 minuti prima.
“Nulla è impossibile basta volerlo.”
“Andiamo non puoi farmi pensare che solo un goccio di sangue avesse aiutato tuo padre.” Riprese con convinzione, sempre più crescente.
“Temari non hai prestato attenzione alla spiegazione che ti ho dato. Quel giorno un vecchio signore che si vantava di essere amico del padre di Gary contattò il figlio di quest’ultimo confidandogli che voleva concedergli il suo intero patrimonio, dato che non aveva parenti e preferiva lasciare tutto ad un conoscente piuttosto che allo Stato.
Lo invitò in casa sua e firmarono il testamento, ma il vecchio si fece promettere che il giovane Gary non avrebbe mai fatto parola ai genitori di quella fortuna e che avrebbe aspettato la morte dell’ormai settantenne. Il destino volle che l’indomani la polizia rinvenne vicino al giardino una catasta di legno che bruciava e appoggiata ad essa vi era un corpo ridotto in cenere.” Ripetendo con pazienza il caso che mio padre aveva abilmente risolto.
“Ti stai inventando tutto.” Cercando di spegnere sul nascere la mia spiegazione che lei reputava inesistente.
“Potresti farmi finire per una volta? Gary era disperato perché aveva movente, mezzo e possibilità e mio padre desideroso di aiutare l’amico decise di controllare la casa senza aver trovato nulla di particolare che potesse discolpare il giovane. Era un caso fin troppo lineare e semplice, ma proprio grazie a questa semplicità aveva deciso di chiedere a Tsunade di non incarcerare Gary.
Mio padre si ripresentò di nuovo in quell’abitazione il giorno successivo, ma questa volta a sorpresa sul muro del salotto era comparsa una leggera traccia di sangue che il giorno prima non era presente.
Potresti dirmi come è comparsa quella goccia di sangue?”
“Forse tuo padre non aveva controllato bene la casa…”
“Impossibile mio padre era tutto, ma non era né distratto, né tantomeno disattento ai particolari dei suoi casi. Se in casa non c’era nessuno, come tu vai sostenendo, e la casa era chiusa con i sigilli, come era comparso quel sangue sul muro? Qualcuno era rimasto chiuso dentro ed era riuscito a compromettere le prove. Un delitto quasi perfetto rovinato da colui che voleva renderlo perfetto. Il caro vecchio signore era un architetto ed era riuscito a costruire una stanza nascosta dove poter controllare il lavoro dei poliziotti, ma con un vecchio stratagemma mio padre riuscì a prenderlo e ad incarcerarlo.”
“Te lo ripeto di nuovo è impossibile.” Mantenendo la sua solita aria di sfida e non sotterrando l’ascia di guerra anche quando gli avevo fornito la soluzione finale.
“Temari ti sbagli. Ricorda che una volta eliminato l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità.” Ripresi, usando le stesse parole che Sherlock Holmes, in uno dei suoi innumerevoli casi, aveva riferito al suo amico, il dottor Watson.
“E il corpo che bruciava in giardino?”
“Un barbone che era stato ucciso due giorni prima.”
“Perché quel vecchio ha sbagliato? Io avrei incarcerato subito il giovane Gary.”
“Ha sentito mio padre dire ad un collega che per lui quel caso, nonostante fosse secondo molti già risolto, presentava alcuni aspetti interessanti. Gary aveva dimenticato l’ombrello in casa della finta vittima, ma non aveva mai messo piede né in salotto, né in cucina. Allora come faceva ad esserci il sangue in salotto? Semplice il vecchio era una volpe, era riuscito con un coltellino a ferire all’indice per sbaglio il giovane e con il poco sangue raccolto era riuscito a lasciare sul muro una traccia debole, ma visibile di sangue.
Il sangue però non era presente alla prima visita di mio padre e questo è stato un errore grossolano.”
“Ho ancora qualche dubbio a riguardo, ma sarò costretta a crederci.”
“Ti giuro che è la verità. Cosa devo fare per convincerti?”
“Niente, tanto lo chiederò a Kurenai non appena avrò l’occasione di rivederla.”
“Donne, non credono a quello che dici. Tu puoi essere un marito, un figlio, un fratello o un fidanzato, ma loro preferiranno sempre credere ad un’altra donna. È inutile, sono stufo di ribattere. Quando parlerai con Kurenai vedrai che anche lei ti confermerà che per quanto strano, tutto ciò corrisponde a verità.” Cercando inutilmente di vincere una battaglia impossibile.
“E Gary che fine ha fatto?”
“Si è sposato, ha 2 figli e credo che ormai sia prossimo alla pensione.”
 
Risalimmo in auto e ci dirigemmo verso la nostra abitazione dove andammo immediatamente a dormire. Dopotutto eravamo degli agenti e non potevamo fare tardi al lavoro se volevamo dare il buon esempio ai nostri subordinati dai quali esigevamo rispetto e puntualità.
 







Lo so che avevo promesso di pubblicare il primo capitolo di questa storia giusto ieri, ma a seguito di una marea di imprevisti e di altri motivi di cui non sto qui a parlare per non annoiarvi, ecco il tutto posticipato di un giorno.
Siccome per qualche sabato sono terribilmente impegnato, lo so avevo promesso l'esatto opposto, mi vedo costretto a pubblicare di domenica.
Mi scuso ancora per l'errore che ho commesso e spero che la storia vi possa piacere.
Se avete qualche consiglio o qualcosa vi è sfuggito, recensite pure, vedrò di rispondervi non appena possibile.
Grazie e alla prossima.

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Capitolo 2
*** Cap 2 ***


Erano ancora le sette di mattina quando mi alzai stancamente dal letto e per le otto dovevamo essere in ufficio, ma eravamo ancora in tempo per farci una doccia e per fare colazione al bar all’angolo, dove avrei preso come sempre il mio solito caffè con una brioche, intento nell’attesa a leggere il quotidiano locale.
Dopo esserci fermati per diversi minuti a fare colazione ci dirigemmo immediatamente in ufficio dove stranamente trovai seduta ad una sedia la signorina Tsunade intenta a scambiare due parole con Naruto.
Vedendo la signorina mi resi subito conto che la faccenda era seria, in quanto da quando si era ritirata in pensione era venuta a farci visita una volta soltanto riguardo ad una multa per divieto di sosta.
Dopo aver congedato Naruto e aver chiesto a Temari di aiutare Hinata a riordinare i fascicoli di un vecchio caso, aprii la porta del mio ufficio e invitai Tsunade a sedersi pure sulla poltroncina dove era solito sedersi il mio Vice.
 
“Buongiorno signorina Tsunade, sono convinto che non sia venuta fino a qui per salutarci, ma ci deve essere qualche problema.” Mi avvicinai alla macchinetta dell’ufficio ed ero intenzionato ad offrirle una bevanda, quando lei negò con insistenza e iniziò a parlare.
“Hai indovinato Shikamaru, guarda questo fascicolo.”
 
Dopo aver preso il fascicolo, iniziai a sfogliarlo e rimasi stupito da quello che c’era scritto.
Ieri una giovane donna era stata uccisa alle spalle da un uomo sconosciuto che indossava una maschera nel Hotel Plaza.
 
L’Hotel Plaza era il miglior hotel della città e forse era il migliore di tutto lo Stato. Era immenso e una volta per aiutare Asuma in una ricerca mi stavo anche per perdere.
Era un hotel 5 stelle e quindi era prevedibile che fosse molto costoso e solo una piccola occhiata alla facciata faceva capire che tutti quelli che non fossero disposti a spendere 800 dollari a notte non erano ben accetti. Gli interni erano favolosi e appena entrati si veniva accolti in un paradiso
terrestre, dove la sala principale era costellata da tappeti costosi, quadri e da lampadari di cristallo.
Le cameriere lavoravano incessantemente per portare le bevande in tazzine di porcellana oppure per portare la cena in camera ai clienti.
Il proprietario non era un tipo che si concedeva molti svaghi, in quanto preferiva guadagnare più soldi possibili, per poi spassarsela una volta guadagnata la sudata pensione. Era un grande amico e collaboratore del signor Sasori e non era raro vederli la domenica mattina giocare una partita a golf nel campo dietro alla villa di uno dei due signori.
Ricordo ancora perfettamente che le stanze erano poco meno di un centinaio e quella più lussuosa poteva venire a costare quasi quanto il mio stipendio e quindi tutte le volte che passavo mi veniva un nervoso perché non avrei mai potuto permettermi un simile lusso.
Le stanze erano tutte molto grandi ed erano composte dalla camera e da un bagno che permetteva pure la scelta tra doccia e vasca.
Oltre al letto, che di solito era matrimoniale, si notava la presenza di un televisore a muro da 50 pollici, un frigobar, una libreria che nessuno avrebbe mia visionato, due armadi belli capienti, una scrivania e ovviamente il condizionatore.
 
La vittima era la signora Emily Pucket, una donna sulla quarantina, assai facoltosa e che non aveva paura di spendere i soldi del marito. Era una bellissima signora, magra e alta 1 metro e 78. Lavorava nella stessa azienda del marito e spesso si fermavamo all’Hotel Plaza per invitare i clienti a firmare un contratto con la Cable Society che garantiva molto spesso fiorenti guadagni per entrambi le parti. Dopotutto la società era pure quotata in borsa e quindi potevano permettersi di soggiornare in qualsiasi posto avessero desiderato.
 
La donna era appena entrata nella camera quando era stata raggiunta da una coltellata alle spalle da parte di un uomo alto all’incirca 1 metro e 90 coperto con una maschera da Joker. Quel pazzo l’aveva uccisa, aveva sfilato il coltello dal corpo della signora ed era scappato senza aver lasciato la minima traccia, ma facendosi ben immortalare dalle telecamere poste nei vari corridoi. Per essere un hotel 5 stelle ci sono alcuni canoni da seguire e uno di questi per il proprietario era quello di utilizzare delle telecamere per essere sicuro che tutto andasse alla perfezione.
Fortunatamente questo pazzo era stato ripreso in uno dei pochi hotel dotati di una simile tecnologia, perché altrimenti sarebbe stato impossibile avere qualche possibilità di acciuffarlo.
Nessuno, come era logico aspettarsi, aveva sentito qualcosa e la donna non aveva avuto nemmeno il tempo di girarsi o di gridare aiuto per spaventare l’aggressore. Una fugace ombra nera l’aveva seguita nella stanza e l’aveva uccisa, senza aver portato via nessun oggetto di valore.
I soldi e i gioielli non erano nei suoi interessi e quindi l’aveva fatto solo per puro divertimento. Odio questi criminali che uccidono così, senza un motivo logico, sarebbero da rinchiudere e da tenere segregati per sempre.
 
La cosa che mi seccava era che questo hotel era sotto protezione anche del Fbi e quindi ciò voleva dire che dovevo lavorare a stretto contatto con Gaara, il quale ammettiamolo mi odiava a morte. Mi considerava un fallito e un’idiota senza la minima possibilità di far carriera, ma questa volta gli avrei dimostrato che era lui a sbagliarsi.
 
“Cosa c’è che non va signorina?” Chiesi, facendo finta di non accorgermi di un elemento piuttosto interessante.
“Il problema è che questo signore ha già ucciso due persone negli ultimi 15 giorni seguendo questo metodo da Joker impazzito.” La sua risposta non mi spiazzò per nulla, in quanto avevo letto qualcosa a riguardo, ma ero troppo impegnato per partecipare attivamente a quell’indagine.
“Perché non ne sono sorpreso? Eppure questa non mi è una modalità sconosciuta.”
“Il problema è un altro. Circa 25 anni fa un altro uomo con la maschera da Joker aveva seminato il terrore in questa città, ma dopo mesi e mesi di ricerche tuo padre Shikaku riuscì a prenderlo. Le modalità erano le stesse, uccideva e poi spariva nell’ombra.” Fornendomi un resoconto rapido e abbastanza preciso.
“Scommetto che quel tizio non è lo stesso di questi delitti.”
“È per questo che ti ho fatto visita. Dopo 20 anni di processo, l’uomo catturato da tuo padre è stato giustiziato e quindi non è lui il colpevole, ma ho una sensazione strana che mi martella il cervello. Io credo che questo Joker moderno abbia ripreso l’iniziativa di quello precedente per riuscire a portare a termine un qualcosa nel quale aveva fallito. Tuo padre non capì mai qual era il suo obiettivo, ma avrebbe voluto avere più tempo per scoprirlo. Il tizio acciuffato si chiamava Robert Epson e non ha mai chiarito i pochi dubbi di Shikaku e anzi si è proclamato più volte innocente.”
 
Durante l’ascolto della sua breve storia, mi sistemai sulla poltrona e chiusi gli occhi, pensando alle informazioni che la signorina mi stava fornendo. Quando sentii il nome del tizio acciuffato da mio padre, riaprii gli occhi e iniziai a scarabocchiare qualcosa su un foglietto della scrivania.
 
“Ho letto qualcosa su questo Robert, ma nulla che lei abbia tralasciato di quanto detto. Non posso accusare nessuno se non ho indizi, l’unica soluzione sarebbe prenderlo con le mani nel sacco e non posso nemmeno arrestare uno dei suoi parenti solo perché credo che abbia intenzione di vendicarsi.”
“Ascoltami Shikamaru, tu sei l’unico che può catturare quell’uomo, vedi di impegnarti se non vuoi che chieda al sindaco di promuovere Temari a Capitano.” Minacciandomi come se fosse ancora al potere.
“Grazie signorina.”
 
Detto questo Tsunade uscì dal mio ufficio e quindi dalla centrale per dirigersi a casa della nipote.
Nel frattempo io chiamai Temari e l’avvertii di preparasi, direzione Hotel Plaza. Dopo 10 minuti di macchina giungemmo all’hotel che manco a dirlo era pieno di giornalisti e ci misi un’eternità per superarli tutti. All’entrata venni fermato da un energumeno alto quasi 2 metri che lavorava sicuramente per l’Fbi dato che era scritto sul suo giubbino.
 
“Voi giornalisti non potete passare.” Mi intimò con voce minacciosa, possente e dall’accento russo.
“Errato signor Max, io sono Shikamaru Nara e sono il Capitano della centrale di questa città e la signorina alla mia destra è il mio Vice. È un peccato che un agente segreto così preparato renda il suo nome pubblico a tutti. La prossima volta se vuole che il suo nome resti segreto, farebbe meglio a nascondere quel tatuaggio che porta sul braccio.” Indicandogli l’arto destro.
 
Detto questo gli mostrai il mio distintivo e mi lasciò passare non prima di aver detto:
“Capitano Gaara non sarà affatto contento di lavorare con lei.”
“Il Capitano Gaara sa quanto e come lavoro. Non ha bisogno di mezzucci per tenermi lontano dai casi che sono anche di mia competenza.”
 
Il Capitano Gaara ci stava aspettando nel salone principale e non appena notò la mia presenza la sua espressione diventò cupa e spaventosa. Era inutile negarlo lui mi odiava e io non lo sopportavo, dopotutto eravamo in disaccordo su tutto e anche in questo caso vedrete che mi romperà le scatole.
 
“Ciao fratellone, come te la passi?”
“Tutto bene Temari. E tu Capitano?”
“Potrebbe andare meglio.”
 
Spero che abbia capito che non voglio lavorare con lui, ma tanto è inutile piangere sul latte versato, ora mi dovrò sorbire questa rottura per un bel po’.
Dopo aver fatto due rampe di scale giungemmo alla stanza della donna e notai subito che per una volta Kiba era stato precisissimo nell’annottare la descrizione sul dossier. Quel ragazzo se avesse dimostrato così tanta precisione e calma avrebbe ottenuto un posto di maggior rilievo in centrale e non sarebbe passato per un’idiota casinista. Lo stesso discorso poteva essere fatto per Naruto che da quando ero diventato capitano e da quando si era fidanzato con Hinata era diventato più responsabile e maturo.
 
“Bene signori il caso è molto semplice, un pazzo ha ucciso la donna ed è scappato.” Analizzò Gaara con scarsa precisione e tralasciando particolari importanti.
“Che bravo signor Gaara, non l’avrei mai detto.”
“Non faccia il saputello con me ispettore.”
“Ha ragione. Io sarei capitano in verità. Torniamo alle cose serie. Avete analizzato la valigia della signora e il suo abbigliamento?”
“Sì certo. È una delle prime cose che osserviamo.”
“Avete trovato un ombrello, per caso?” Chiesi al federale.
“A cosa diavolo, le sarebbe servito un ombrello?”
“Dove devo firmare per ricevere l’incarico da federale? Come è possibile che costui abbia tale titolo?”
“Ehi, aspetti un attimo, io…” Lo interruppi per evitare di ascoltare un dialogo noioso e privo di interesse.
“Ha piovuto per due giorni consecutivi ed è poco probabile che una signora viaggi senza un ombrello, specialmente se il suo vestito vale quanto il mio e il suo stipendio messi insieme. Quindi ci sono diverse possibilità a riguardo e alcune sono interessanti. L’ombrello è rimasto nella hall, scelta possibile dato che sul pavimento non c’è traccia d’acqua, ma il portaombrelli all’ingresso era vuoto, quindi l’ipotesi numero uno è da scartare a priori. Seconda ipotesi, ha dimenticato l’ombrello. Anche questa poco verosimile, dato che il capo è asciutto. Terza ipotesi, qualcuno ha accompagnato la signora e da quello che ha scritto Kiba, sembra che il marito si sia accorto della mancanza di qualcosa come 50 dollari. Se avesse guidato lei o avesse avuto un autista personale non avrebbe speso quei soldi, quindi l’unica spiegazione valida è che si sia fatta accompagnare da un taxi e che qualcuno o forse lo stesso autista l’abbia seguita fino a qui per poi ucciderla. Per quanto riguarda il taxi, è inutile che lei si sprema le meningi, in quanto ho ricevuto questa mattina la telefonata di un giornalista che mi riferiva un pettegolezzo riguardo a delle auto rubate e questa sembrerebbe rientrare nel mio caso.” Esponendo velocemente le mie constatazioni
“Che ipotesi assurde.”
“Lei è ottuso, ma nella sua ottusità non mi sembra di aver mai giudicato le vostre intuizioni e scelte. Analizzate pure questa stanza se volete, ma sappiate che è una perdita di tempo. Quel tipo non avrà lasciato nemmeno mezza impronta digitale per risalire a lui.”
“Zitto, geniaccio.”
“Che offesona, da parte di un babbeo che non sa fare nemmeno il suo lavoro.” Risposi con noncuranza.
 
Eccone la riprova, io e lui ci odiavamo a morte e se non fosse intervenuta Temari ci sarebbe stato un duplice omicidio in quella stessa stanza.
 
“La volete smettere, razza di imbecilli?” Inveendo contro noi due.
“Temari non usare quel tono con me, sono tuo fratello. Se non la smetti di stare con questo idiota diventerai ancora più stupida di lui. Per questo motivo ti chiedo di collaborare con noi dell’Fbi e lascia che il caro Capitano si arrangi. Non sarebbe mai capace di proteggerti, invece lavorando con noi avresti una protezione migliore.” Avanzando una proposta interessante.
“Non potrei mai farlo, lui…”
“Temari per una volta sono d’accordo con Gaara, vai con lui.” La guardai e gli feci cenno di accettare.
“Bene Temari, dato che il Capitano è della mia stessa opinione, torniamo in centrale a controllare i vecchi fascicoli.”
 
Avevo preferito che Temari andasse con il fratello perché non corresse rischi e anche perché così facendo avrei potuto compiere un’analisi più attenta e dettagliata dell’intero hotel. Non condividevo i metodi di Gaara, ma avendo Temari che controllava la situazione avrei avuto più possibilità di risalire al colpevole dei delitti.
Dopo pochi minuti gli agenti dell’Fbi tornarono in centrale, lasciandomi da solo a controllare alcuni aspetti del caso che ancora non mi convincevano del tutto.
 

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Capitolo 3
*** Cap 3 ***


“Gaara quando la smetterai di trattare il mio ragazzo come se non fosse all’altezza della situazione?”
“Quello non è e non sarà mai un buon Capitano.”
“Ti sbagli, se solo aprissi gli occhi ti renderesti conto che non è un cattivo Capitano. Tiene molto a me e ai suoi colleghi, ci mette sempre davanti a tutto a scapito anche della sua salute. Ci considera il suo bene più prezioso e impazzirebbe senza di noi.”
“Ci mancherebbe solo che non tenesse ai suoi amici.”
 
Intanto nel hotel Shikamaru era ancora impegnato a controllare minuziosamente la stanza del delitto, il corridoio e i video della sicurezza.
La stanza del delitto non aveva nulla da dire, in quanto tutto era stato descritto alla perfezione nel dossier fornitomi da Kiba e il corridoio non era minimamente interessato da tracce di sangue o di altro materiale che mi permettessero di risalire al colpevole.
Decisi quindi di andare a chiedere qualche informazione al direttore dell’hotel per poi interrogare anche il vigilante operante nell’orario del delitto.
 
“Mi scusi signore, sono l’ispettore Nara, avrei qualche domanda da farle.”
“Ho già risposto al Capitano Gaara, avrei anche degli impegni.” Cercando di mantenere il controllo.
“Ci metterò 5 minuti al massimo, forse anche meno. Se lei non ha fatto nulla, non ha niente da temere da una stupida domanda senza senso.” Una persona quando si sente al sicuro e non avverte minacce di alcun tipo non penserebbe mai di nascondersi dietro ad una serie di bugie, a meno che non sia uno stupido o un pazzo.
“Si sbrighi.”
“Vorrei sapere da quanto conosce la signora Pucket e da quanto la loro famiglia.”
“Ho conosciuto la signora 7 anni fa quando il marito ebbe il piacere di presentarmela e sono passati 10 anni da quando il signore è venuto qui per la prima volta.”
“Sarà.” Lasciando presupporre che quel tizio non mi avesse detto tutta la verità,
“Crede che menta?”
“Nella condizione umana c'è una verità: che tutti gli uomini mentono. La sola variabile è su che mentono.” Risposi con freddezza.
“Non ho mai mentito su questioni così serie.”
“Mi mostri le mani.” Dopo aver controllato i suoi palmi, appoggiai la mano destra sul pacchetto di sigarette e ne accesi una.
“Bene ho finito. Può andare, se ho qualche altra domanda tornerò a farle visita” Chiudendo velocemente il discorso e allontanandomi da quella zona.
 
Interrogare il direttore non era una delle mie priorità, ma è sempre meglio escludere a priori qualsiasi dubbio che con il passare del tempo potrebbe diventare veramente fastidioso e irrisolvibile. Non era la prima volta che mi capitava di aver a che fare con un assassino che ricopiava i metodi di un altro killer solo per sbarazzarsi di qualche persona scomoda.
Non volevo rischiare di escludere il direttore solo perché la signorina Tsunade mi aveva avvertito di un caso simile di 25 anni fa, dopotutto le possibilità erano molteplici.
Il direttore e la signora Pucket potevano essere amanti e si sa che un amante respinto potrebbe diventare violento, ma durante il breve colloquio avevo capito che non era mai stato interessato ad una relazione con la moglie dell’amico. Inoltre il direttore era impegnato a parlare e a discutere con lo chef di affari e di importanti scelte per il futuro.
Tornai velocemente al piano terra e mi intrattenni a parlare con gli uomini della sicurezza per una ventina di minuti.
 
“Buongiorno, sono l’ispettore Nara, vorrei sapere chi era in servizio, mentre la signora Pucket è stata assassinata.”
“A quell’ora ero io che controllavo la situazione.” Intervenne una guardia sulla quarantina, vestito in uniforme. Il suo aspetto era tipico di coloro che lavoravano per il direttore del hotel: bella presenza, alti almeno 1,80 e rasati.
“Parlo con il signor?” Chiesi con finto interesse il suo nome. Non che avesse importanza, dato che appena uscito dalla porta mi sarei dimenticato anche delle sue generalità.
“Edgar”
“Sa se per caso l’Fbi ha controllato i video e in tal caso signor  Edgar, me li potrebbe mostrare?”
“No il Capitano Gaara non è nemmeno venuto a parlarci. Per quanto riguarda i filmati, il direttore ci ha dato il consenso e quindi può visionarli quanto desidera.”
 
Detto questo visionai completamente la scena dell’omicidio, facendo scorrere le immagini più e più volte al rallentatore, oppure zoomando di tanto in tanto la figura del colpevole. La cosa che mi aveva colpito era l’arma del delitto, un coltello molto lungo e affilato con un’impugnatura molto particolare al quale il nostro killer era molto affezionato.
Inoltre prima di scappare aveva preferito pulire la lama sporca di sangue, un atteggiamento che non avevo mai notato in nessun colpevole incontrato prima. Il suo comportamento era bizzarro, ma era anche molto meticoloso e non dubito che abbia controllato per molto tempo la famiglia Pucket prima di procedere nel compiere un simile delitto.
Avevo imparato che in alcuni casi se il killer porta via l’arma del delitto è perché è in qualche modo legato a quell’oggetto e non potrebbe mai separarsene. Vestito in giacca e cravatta attirava l’attenzione per la maschera da Joker che aveva sul volto e dato che, probabilmente, era stata indossata in ascensore nessuno l’aveva notato nella hall del hotel.
 
“Mi dica signor Edgar, nell’ascensore ci sono delle telecamere che avrebbero potuto in qualche modo mostrare il vero volto del colpevole?” Immaginando però da subito che la risposta al mio quesito non mi avrebbe soddisfatto.
“No, le uniche telecamere sono nei corridoi e nella hall. Il motivo per cui ho lanciato l’allarme è che ho visto l’uomo correre come un pazzo con addosso ancora la maschera e ho immaginato che fosse successo qualcosa di terribile.”
“Mi sta forse dicendo che se quello non avesse corso come un’idiota, nessuno si sarebbe accorto di nulla?”
“Probabilmente sì e per diversi motivi…”Lo interruppi per cercare di capire io quali fossero.
“La donna delle pulizie era appena passata, immagino e se quello avesse chiuso la porta, sarebbe uscito più facilmente del previsto. Invece ha voluto che voi azionaste l’allarme per prenderci tutti per il naso. È un vero peccato. Le telecamere nell’ascensore mi avrebbero permesso di risalire al colpevole in un batter d’occhio, in quanto non credo che sia entrato nella hall indossando la maschera. Sarebbe stato immediatamente fermato oppure monitorato continuamente da qualcuno della security.” Dissi pensando ad alta voce.
“Verissimo.” Il membro della security non poté far altro che confermare la mia opinione.
“Non è comunque nelle mie intenzioni escludere l’impossibile. E' un errore enorme teorizzare a vuoto. Senza accorgersene, si comincia a deformare i fatti per adattarli alle teorie, anziché il viceversa. Un altro errore da evitare è quello di confondere ciò che è strano con ciò che è misterioso. Spesso, il delitto più banale è il più incomprensibile proprio perché non presenta aspetti insoliti o particolari, da cui si possono trarre delle deduzioni.”
“Esatto signore, nessuno è entrato con una maschera, ma quando è uscito dall’hotel probabilmente l’ha nascosta sotto la giacca.”
“Un’ultima cosa, sa se per caso l’Fbi ha controllato nelle varie stanze degli ospiti e nelle loro valigie?”
“Hanno controllato ogni angolo di questo hotel, ma non hanno trovato nulla.”
“Grazie mille per l’aiuto, potete pure tornare al vostro lavoro.” Uscii quindi dalla porta e li lasciai al loro lavoro.
 
Avevo preferito chiedere se l’Fbi avesse controllato le varie stanze per non perdere tempo a visionarle tutte, in quanto contavo sulla loro attenzione e sulle loro capacità. Ovviamente se avessero trovato la maschera e se avessero notato che l’uomo che nascondeva tale travestimento corrispondeva alla descrizione fornitaci, il caso sarebbe già risolto da diverse ore, ma invece la situazione era molto più complessa.
 
Uccisa la donna, il nostro uomo era scappato in direzione delle scale con ancora addosso la maschera per poi togliersela prima di arrivare nella hall dell’hotel, nascondendola quindi sotto la giacca. Era impossibile che qualcuno si fosse accorto della sua uscita, in quanto la security non avrebbe mai fatto in tempo a bloccare le entrate e il fatto che un killer fosse in mezzo a tanti innocenti aveva creato una situazione favorevole per la sua fuga.
Aveva architettato tutto alla perfezione e non mi sarei stupito che non fosse un ospite fisso, ma controllare tutte le ricevute e tutte le prenotazioni degli ultimi anni sarebbe stato un lavoro massacrante per chiunque.
Inoltre ci sarebbero state un mucchio di annotazioni e di certo non potevo aggiungere mezzo Stato nella lista dei sospetti per un caso di delitto con molti lati oscuri.
 
La cosa che mi aveva attirato di quei video erano i movimenti fatti da quel coltello e la sua forma assai particolare.
Erano ancora le 11 e quindi prima di procedere a verificare un’idea che mi frullava per la mente, decisi di prendere un panino per poi dirigermi a controllare ogni singolo negozio che vendesse coltelli o armi da taglio.
Nel primo negozio trovai un signore molto scorbutico che mi disse che non aveva mai visto un coltello di quel genere e alla mia richiesta di controllare alcune ricevute, mi chiese un mandato. Preferii evitare di perdere tempo con la visita al giudice e quindi mi appoggiai sulle parole di quel tizio.
Visionai una ventina di negozi tutti diversi e le risposte dei vari commessi e proprietari erano sempre le stesse. Le ricevute venivano tenute per 6 mesi e poi completamente distrutte e quei pochi negozi che avevano coltelli così particolari ne vendettero un numero spropositato in poco tempo.
Controllai anche una decina di negozi della città vicina che distava 40 minuti di macchina e nemmeno qui ebbi molta fortuna.
Le possibilità erano tre: il killer aveva comprato il coltello prima dei 6 mesi canonici oppure era andato ancora più lontano per comprarlo o terza ipotesi da non scartare era un regalo di un amico o di un parente.
Tra le tre ipotesi la seconda era abbastanza insensata, mentre per le altre 2 avevo ancora qualche riserva da sciogliere.
 
Ero stanco e quindi decisi di risalire in auto per tornarmene a casa, avevo girato a vuoto per le due città fino alle 21 e avrei fatto molto tardi. Dovevo ancora fare un mucchio di cose ed ero veramente sfinito, ma dovevo chiudere gli uffici. Mandai un messaggio a Temari avvertendola che avrei fatto tardi e chiedendole di non aspettarmi alzato, andai in ufficio dove controllai per un’ ultima volta il fascicolo del caso per controllare di non aver tralasciato qualche particolare.
Avevo analizzato ogni possibilità e dopo essermi preso un caffè e un tramezzino dalle macchinette, chiusi l’ufficio, che era ancora aperto dato che Naruto aveva un’ultima pratica da svolgere. Gli ordinai di tornarsene a casa e dopo pochi minuti me ne andai verso la mia abitazione.
Erano le 23 quando tornai a casa e trovai la mia fidanzata a letto e quindi per non svegliarla, decisi di farmi una doccia veloce, di mangiare un gelato e di andare a dormire sul divano.
Non sentii nemmeno la sveglia tanto ero addormentato e mi accorsi che si era fatto giorno solo quando Temari mi portò un caffè bollente.
 
“Si può sapere a che ora sei tornato e soprattutto dove sei stato fino a tardi?” Mi chiese con curiosità e una nota di fastidio nella voce.
“Sono tornato alle 23 e ho controllato per tutta la giornata un particolare martellante del caso di ieri. Voi invece come ve la siete cavata?” Speravo che l’infiltrata potesse aiutarmi e invece riprese a chiedermi della sera prima
“Perché non sei venuto a letto?” Mi chiese di nuovo con insistenza maggiore.
“Non volevo svegliarti e non volevo farti arrabbiare.”
“Errore mi hai fatto arrabbiare.”
 
Ti pareva che quello che facevo non andasse mai bene, ma è possibile stare un po’ tranquilli a questo mondo. Prima con Orochimaru, poi con Erin e ora con questo Joker dei poveri, ma quando finiranno di uccidere persone innocenti?
 
“Per questa volta Shika ti perdono. Comunque abbiamo controllato i vecchi casi simili a questo e mi sono annoiata a morte. Ho lasciato l’ufficio verso le 18 e sono tornata a casa aspettando il tuo ritorno. Dopo 3 ore mi hai mandato un messaggio avvertendomi che avresti fatto tardi e quindi sono andata a letto.”
“Quindi anche per voi zero passi in avanti e sommando tutti i dati che abbiamo in mano restiamo con nessun indiziato per omicidio e con zero possibilità di risalire al colpevole. Fantastico.” Esultai con stizza.
“Dovresti avvertire attraverso una conferenza stampa la popolazione dei rischi che stanno correndo.”
“Cosa cambierebbe? Metterei tutti in allarme e il killer resterebbe ancora di più allerta. No, meglio evitare queste manifestazioni. Facciamogli credere che stia vincendo e così facendo abbasserà la guardia.”
 
Erano già le 7 e mezza, accompagnai Temari negli uffici dell’Fbi e tornai al mio lavoro, in attesa di una qualche evoluzione positiva di quel caso.

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Capitolo 4
*** Cap 4 ***


Quella mattina il Joker prima di andare al lavoro stava osservando una delle poche foto che gli erano rimaste della sua famiglia.
 
“Hai visto quanto impegno ci stanno mettendo i poliziotti?  Ho ucciso una donna, ma non importa quasi a nessuno. Tutti coloro che dicono che le donne non si toccano nemmeno con un fiore sono degli ipocriti. Come tutti i tuoi amici. Vicini nel caso del bisogno e lontani quando eri in difficoltà. La morte vi ha accolti e io accoglierò questi morti viventi.
Desideri veder morire il sindaco? Non mi importa nulla di ciò che desideri. Tu non c’eri quando avevamo bisogno di te. La tua speranza è la mia follia. Le campane accompagneranno a festa le bare dei piccoli esseri della città ed io riderò talmente forte che il suono meraviglioso delle campane scomparirà nel nulla.
La mia risata vi fa accapponare la pelle? Ringraziatemi di avere ancora la pelle. Il vostro terrore è la mia felicità, le vostre lacrime sono le mie risate e i vostri incubi sono il mio paradiso. Voi potete vivere in eterno da soli? Io sì. Squallidi insetti, il vostro pensiero è di trovarvi qualcuno con cui vivere? Io schiaccerò voi e il vostro piano.
Te lo richiedo, potete vivere in eterno senza nessuno? No, voi avete bisogno di qualcuno che sopporti voi e le vostre squallide esistenze. Io invece posso e vivrò per sempre.
La paura non è una cosa che mi appartiene, ma l’annuso: è la mia droga. Trovatemi ed il supplizio avrà fine. Seguite il vostro guru e la risposta arriverà. Il figlio del diavolo vi aspetta a braccia aperte.”
 
Prima di sedermi sulla comoda poltroncina del mio ufficio, chiesi a Hinata di invitare in centrale la signorina Tsunade e il signor Jiraya per le 14.
Tsunade mi aveva fornito alcuni particolari interessanti sul caso del Joker, ma forse in queste poche ore qualche vecchio ricordo era affiorato nella loro mente.
 
Ero ancora stanco dal viaggio massacrante e dalle indagini svolte fino a tardi e provai a ricordare se mi veniva in mente qualche particolare dei casi di 25 anni fa.
Avevo appena 5 anni e ricordo che mio padre in quel periodo lavorava duramente, ma non gli chiesi mai il perché.
 
“Shikaku, sono Yoshino non riesco a trovare il bambino. Per caso è lì con te?” Urlando con tutta la sua voce.
“No non l’ho visto, ma forse so dove si trova.” Alzandosi dalla scrivania e uscendo dall’ufficio di corsa.
 
Ero andato al parco dove ero solito guardare le nuvole in compagnia di mio padre, ma negli ultimi giorni ero molto arrabbiato con lui perché non aveva mai tempo per me. Tutte quelle indagini gli portavano via un sacco di tempo ed io ero solo in attesa che mi venisse a prendere a scuola o che mi venisse a dare la buona notte.
 
Era ancora in ufficio quando ricevette la telefonata e subito scattò sull’attenti, capendo al volo dove mi ero rifugiato. Parcheggiò l’auto nei pressi del parco e mi si avvicinò.
 
“Shikamaru cosa ci fai qui? Tua madre è molto preoccupata, vieni andiamo a casa.”
“No.”
“Non fare i capricci.” Spazientito e molto stanco dopo un turno di lavoro massacrante.
“Non vengo a casa, tu non hai mai tempo per stare in mia compagnia. I miei compagni giocano con i rispettivi genitori ed io invece no.”
“Ti prometto che risolto questo caso ci divertiremo insieme. Cosa ne dici se andassimo alle giostre? È da tanto che non ci andiamo.” Corrompendomi come solo lui sapeva fare.
“Me lo prometti?”
“Sì Shikamaru.”
 
Eravamo risaliti in macchina per tornare a casa e durante il tragitto continuammo a parlare di non ricordo esattamente cosa, ma fu verso la fine del nostro “viaggio” che mi disse una frase che resterà per sempre nel mio cuore.
 
“Mi dispiace se non ti sono sempre vicino e se ti sembro sempre arrabbiato e impegnato, ma non è così. Io penso sempre a te e a tua madre, anche quando lavoro. Ho scelto questo lavoro per proteggere i miei cari e sono sicuro che un giorno mi capirai.
Non è vero che non tengo a te, tu sei il mio bene più prezioso. Sei il mio ultimo pensiero prima di dormire e il mio primo pensiero una volta sveglio.”
“Anch’io ti voglio bene papà e promettimi che resteremo insieme per sempre.”
“Quando sarai grande, ti rimangerai queste parole. Nessuno vive per sempre, ma quando non saprai cosa fare e quando avrai bisogno di un consiglio, guarda le nuvole. Io ti guiderò verso la risposta, ma tu devi avere fiducia in me.”
“Grazie papà.”
“Ora andiamo a casa, vedrai che tua madre sarà infuriata come una iena e ci sbranerà vivi, ma non ti preoccupare io so come tenerla a bada.” Aveva cercato di rassicurarmi, nonostante sapessi cosa sarebbe successo non appena avremmo varcato la soglia della porta d’ingresso.
 
Giunti a casa, la gentile signora Nara ci stava aspettando con un’aria che non prometteva niente di buono e per rendere il tutto ancora più spaventoso si era armata di matterello.
 
“Cosa dovevo aspettarmi da un marito e da un figlio che si somigliano come gocce d’acqua?”
“Dai Yoshino, sii comprensiva per una volta.” Inginocchiandosi per chiedere pietà e per calmare la moglie.
“Shikamaru fila immediatamente a fare i compiti e tu Shikaku mettiti a lavare i piatti.” Il grande dittatore aveva ordinato e noi poveri soldati dovevamo eseguire per non incorrere nelle sue dimostrazioni di forza.
“Agli ordini signora.”
 
Prima di dirigermi in camera per completare i compiti, mio padre mi fece l’occhiolino e si rimise a lavare le stoviglie. Passarono 20 minuti e la porta della mia stanza si aprì di nuovo ed ero sicuro che fosse mio padre che in qualche modo voleva farsi perdonare. Infatti era lui che mi invitava a giocare a scacchi.
 
Mi risvegliai dallo strato di trance nel quale ero caduto ed non mi ero accorto che alcune lacrime avevano rigato il mio viso. Questo forse era uno dei miei ricordi più belli, ma mi sarebbe piaciuto molto di più che i miei genitori, Choji e Asuma avessero assistito al mio matrimonio.
Sarebbe stato un regalo bellissimo vedere mio padre felice e soddisfatto, ma so che mi proteggerà per sempre.
 
Non mi ero reso conto che si era fatta ora di pranzo e che non avevo ancora fatto un accidenti in tutta la mattina. Presi il mio portavivande e una volta terminato di pranzare, decisi di completare qualche scartoffia, alle quali mancava giusto la mia firma e un timbro.
 
Alle 2 puntuali, Tsunade e Jiraya varcarono la porta del mio ufficio, mentre ero intento a scarabocchiare qualche parola e annotazione su un block notes.
 
“Grazie per essere venuti. Vi ho chiesto di venire qui, per sapere se ricordate ancora qualcosa del caso del Joker di 25 anni fa.”
“Mi dispiace Capitano, ma quello che ricordavo glielo ho riferito giusto ieri. Non so se Jiraya ricorda altri particolari.”
“Fatemi pensare per un attimo.” Intervenne il vecchio agente.
 
Dopo 5 minuti nei quali pensavo che il mio ex superiore si fosse appisolato ecco che come un fulmine gli era arrivata un’illuminazione.
 
“Ricordo che il colpevole aveva commesso 43 delitti prima che Shikaku riuscisse ad acciuffarlo, ma non mi disse mai che metodo avesse usato per prenderlo. Non ricordo il luogo nel quale fu catturato e nemmeno in quale data avvenne l’arresto, ma sono sicuro che quell’uomo avesse una predilezione per le armi.
Dalle poche analisi che tuo padre mi mostrò, ricordo che alcune vittime erano state uccise con delle pugnalate alle spalle, altre con una pistola dotata si silenziatore, alcuni con un fucile da caccia e uno mi sembra con un forcone.”
“Interessante…” Dissi con finto interesse.
“Aspetta non ho finito. Il Joker catturato da tuo padre era un uomo che uccideva a casaccio. Ti spiego, la prima vittima era un senzatetto, poi le altre furono baristi, benzinai, segretari, imprenditori. Lui non badava alle classi sociali e non guardava se erano di un’altra etnia, religione, culto, lui puntava la sua vittima e poi la uccideva.” Fornendo una spiegazione piuttosto veloce e sommaria
“Grazie signori, se ricordate qualcosa chiamate pure. Non tralasciate nulla, anche il più piccolo particolare mi potrebbe aiutare. Ora se volete restare qui a fare 4 chiacchiere con i miei colleghi siete liberi di farlo, ma io ho un altro impegno e devo uscire. Arrivederci.”
Ero uscito dall’ufficio per fare visita a Kurenai, se Asuma fosse vivo sono convinto che lui mi avrebbe fornito qualche notizia più succosa, ma forse la moglie saprà aiutarmi con qualcosa che è rimasto nascosto per molti anni.
 
Arrivato a casa Sarutobi, salutai il piccolo Hiruzen che mi sfidò a giocare a scacchi, ma dovetti declinare l’invito. La mia priorità era parlare con Kurenai e se poi mi fosse avanzato tempo avrei giocato volentieri con il mio “nipotino” preferito.
 
“Ascolta Kurenai, ti ricordi qualcosa del caso Joker di 25 anni fa?”
“Ricordo solo che attirò molto l’attenzione dei giornali e della critica e che la signorina Tsunade fu più volte sull’orlo di una crisi di nervi. Molte volte aveva intenzione di lasciare l’incarico, ma poi preferiva rimandare, in attesa che Shikaku risolvesse la matassa.
Tuo padre in quel caso si comportò egregiamente e il sindaco era stato più volte propenso a promuoverlo come Capitano, ma rifiutò più volte un simile incarico.
Ricordo ancora il suo rifiuto: “Mi dispiace signore, ma devo rifiutare. Io ho famiglia ed essendo ispettore ho poco tempo da dedicare loro. Sto poco tempo con mio figlio e se dovessi accettare di diventare Capitano, non lo vedrei più. Non voglio che mi odi per questo, ma voglio che sia felice ed orgoglioso di me. Voglio che si ricordi di me per essere un buon padre e non per un pessimo genitore che mette tutti davanti a suo figlio. Se solo Asuma fosse qui.”
“Grazie Kurenai. Il tuo aiuto è prezioso.”
 
Dopo aver giocato 2-3 partite con Hiruzen uscii da casa Sarutobi e tornai in ufficio, ripensando durante il tragitto alle ultime parole di Kurenai.
 
Mio padre non voleva che lo odiassi, voleva starmi vicino e aveva rifiutato di diventare Capitano solo per me. Non credevo che mio padre avesse così tanto a cuore la mia felicità, sapevo che mi voleva bene, ma non immaginavo così tanto. Probabilmente era da quando ero scappato che aveva maturato in cuor suo la possibilità di rinunciare ad un incarico così prestigioso.
Se avesse accettato, sapevo e so che non l’avrei più visto, ma non prendetemi per un ipocrita, sono felice che abbia scelto noi.
Crescere senza un padre è dura, ma sapere di avere un padre che non può vederti perché è sommerso dagli impegni e dalle conferenze è ancora più umiliante. I miei compagni mi avrebbero deriso e schernito, in quanto per loro i genitori erano sempre presenti, mentre non si potrebbe dire la stessa cosa per la mia situazione.
Mio padre impegnato a dirigere e ad arrestare farabutti, mia madre impegnata a lavorare in ufficio ed io solo senza nessuno con cui parlare.
Invece fortunatamente aveva rifiutato ed io ero felice di passare con lui il pomeriggio, camminando per il parco e facendo i compiti insieme.
 
Per la seconda volta in quella giornata piansi, non ricordavo quanto avessi fatto disperare i miei genitori. Resi orgoglioso il mio vecchio quando gli riferii la mia intenzione di lavorare per le forze dell’ordine, mentre mia madre era preoccupata di vedermi con una pallottola in mezzo alla fronte o con un taglio da parte a parte.
 
“Ecco, vedrò mio figlio morire, per uno stupido ideale.”Piagnucolando per la mia scelta di diventare agente.
“Vedrai Yoshino, se Shikamaru si comporterà come ha sempre fatto, tutto finirà bene.”
“Maledetto te e il tuo ottimismo.”
“Fidati di me e appoggia il nostro ragazzo per una volta.” Cercando di salvarsi la pelle e di proteggermi da quella furia
“Se è questo ciò che desidera, non sarò io ad oppormi.” Nascondendo, però, tutto la sua immensa tristezza.
Quell’affermazione, quanta fatica era costata a mia madre, ma anche in questo frangente devo ringraziare mio padre per avermi aperto un simile futuro. Se non avessi mai accettato di fare l’ispettore non avrei mai conosciuto tutti i miei amici e non mi sarei mai innamorato di Temari.
Grazie papà, grazie.
 

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Capitolo 5
*** Cap 5 ***


Conclusi quella giornata in anticipo, ero ancora scosso da tutti i tristi ricordi che avevo recuperato e non volevo stare in ufficio senza fare nulla.
Salutai tutti, chiesi a Neij di chiudere gli uffici verso le 20 e filai a casa, dove decisi di rilassarmi con un bel bagno e di andare a dormire.
 
Mentre Shikamaru stava dormendo, il killer era impegnato in nuovo piano della sua atroce vendetta.
“Strano. Questi corrono ovunque, ma non sanno dove cercare. I loro pensieri sono futili e le loro speranze pari a zero.
La speranza è l’ultima a morire? Io vi porterò via ogni cosa. Ogni certezza spazzata via dalla tempesta. La mia tempesta.
Volete scappare? Nelle regole del gioco non è previsto. L’unica regola è che non ci sono regole. Qui vale tutto, ma l’incubo finirà se il guru troverete. Non è difficile. Cercate in ogni luogo e fate in fretta. Riempirò le bare se sarete lenti.
Alcuni moriranno nelle segrete della mia mente, ma questo qui sarà il primo a morire circondato.
Circondato da amici o da persone che ti vogliono veder bruciare? L’acqua dovrebbe estinguere ogni peccato? No. È il fuoco che brucerà le vostre anime e i vostri corpi. Polvere siete e polvere tornerete. Il guru vi aspetta.”
 
Non mi ero nemmeno accorto che era giunta mattina, avevo dormito ininterrottamente per quasi 10 ore e quindi ero bello vispo e pronto per iniziare una nuova giornata.
Temari dormiva ancora, allora decisi, per una volta di preparare la colazione e di portargliela a letto.
 
“Dormigliona, devi svegliarti. Sono le 7 e se non vuoi fare tardi dovresti alzarti.” Cercai di svegliarla con dolcezza, prima di passare alle maniere forti.
“5 minuti.” Mi chiese con pietà.
“Peccato, vorrà dire che la brioche con la marmellata la mangio io.”
“E va bene, mi alzo.” Aveva capito al volo che con me la “tecnica dell’aspetta” non funzionava e che anzi ero più propenso a fare di tutto per svegliare qualcuno che dormiva come un ghiro.
“A che ora sei tornata ieri?” Chiesi con interesse.
“Alle 21 e tu già dormivi. Possibile che tra tutti i ragazzi esistenti, dovevo capitare con un fidanzato così pigro?” Si chiese, dandosi una leggera manata sulla fronte e risistemandosi i capelli spettinati.
“Ho avuto una giornata un po’ pesante e purtroppo ecco che ne comincia una di nuova.”
 
Terminata la colazione, come sempre la riaccompagnai negli uffici federali, per poi tornarmene in centrale. Erano passate solo 2 ore da quando mi ero seduto e ricevetti una telefonata che non avrei mai voluto ricevere.
Il Joker si era mosso di nuovo e la vittima questa volta era un uomo noto per alcuni precedenti penali.
Il nostro uomo questa volta avevo colpito nel centro commerciale più grande di tutta la città e non l’aveva fatto in un negozio protetto da telecamere, ma nei bagni.
 
Raggiunsi immediatamente il luogo dove il nostro killer aveva colpito di nuovo, ma non potevo essere sicuro si trattasse di lui. Essendo la vittima una persona che non aveva la fedina pulita poteva trattarsi di una resa di conti anche se ero convinto del contrario.
In fin dei conti non aveva ucciso nessuno, era stato incriminato per possesso di droga e per qualche furto con scasso, ma nulla di veramente clamoroso. Sia chiaro di gente arrestata per polverina bianca o sorpresa a rubare ne vedo una decina al giorno, ma era da qualche anno che la nostra vittima era pulita.
Era riuscito a disintossicarsi, grazie ad una comunità di gente anonima e per quanto riguarda i problemi di denaro era riuscito a risolvere anche questo. Aveva trovato un lavoro come imbianchino e un vecchio zio gli aveva lasciato una piccola fortuna da amministrare.
 
Il posto, manco a dirlo, era già stato recintato e visionato dagli uomini dell’Fbi che ora stavano facendo qualche domanda agli impiegati e all’uomo che aveva trovato il corpo del signor Morrison.
Il signor Morrison era un uomo alto 1 metro e 80, aveva 35 anni, lavorava per la White Society e da oltre 4 anni non aveva alcun problema con la giustizia. Era magro, abitava in March Street, i suoi genitori possedevano un ranch in Texas, non aveva fratelli ed era single.
 
“Fate passare il Capitano Nara, vedrete che risolverà tutto lui.”
Odiavo quella sottospecie di agente federale, se ci fossimo trovati in un vicolo oscuro, senza testimoni gli avrei sparato contro puntandogli la zucca marcia che si ritrova.
 
Ero appena arrivato e già mi prendevano per un’idiota, capisco non fidarsi della polizia, capisco guardarmi con sospetto perché sembro stralunato, ma darmi dell’imbecille solo perché stavo con sua sorella era un comportamento degno da Kiba o da Naruto.
Pensare che qualche mese fa speravo che prendesse il posto di Tsunade e di Jiraya, ma per fortuna che ha rifiutato. Piuttosto di lavorare con sto qua per un’intera giornata preferirei vendere sabbia ai beduini del deserto o pescare pesce in Groenlandia.
 
“Dato che l’ispettore Nara è un ritardatario cronico, posso chiederle di ripetere la sua testimonianza signor Grundig.”
“Ecco, ero appena arrivato all’ingresso del bagno, quando un uomo con indosso una maschera mi spinse a terra. Quando mi rialzai era ormai lontano e se non avessi avuto un bisogno impellente lo avrei rincorso per quanto aveva fatto.
Ero appena entrato quando mi accorsi che sul pavimento c’erano tracce di sangue e poco lontano c’era il corpo di quel signore. Ho subito pensato ad un qualche delitto e ho chiamato immediatamente la sicurezza, pensando che poi loro si sarebbero occupati della faccenda. Avete qualche altra domanda da pormi?” Chiese ai presenti, mostrandosi, nonostante le ore di interrogatorio, ancora paziente.
“Io ho finito.” Disse Gaara
“Io vorrei farle qualche domanda, ma in privato.” Dissi con interesse e chiedendogli di sedersi su uno dei tanti tavolini del bar.
 
Non sono stupido da far sentire a quel babbeo le domande che voglio fare ad un possibile indiziato.
 
“Mi dica signor Grundig, avete mai visto prima di oggi il signor Morrison?” Posi una domanda tipica e assolutamente banale.
“Questa è la prima volta e devo dirle che è anche una delle prime volte che vengo in questo centro commerciale.” Parlava con lentezza, ma quello che mi colpì di più è che non perse mai la calma, nonostante sapessi che i federali spesso usassero dei mezzi, alquanto controproducenti. Questi federali sono peggio degli avvocati, dei giornalisti e dei pescecani. Non si fanno scrupolo a credere che tu sia colpevole anche se sei fuori da ogni dubbio. Sono talmente idioti che potrebbero accusare anche un bambino di 5 anni di rapina e lasciare liberi individui altamente pericolosi.
 
“Abita fuori città?” Chiesi, fingendo interesse.
“Sì abito in periferia e tra il lavoro, la famiglia e lo sport che pratico abitualmente ho poco tempo per rilassarmi a fare compere.”
“Può parlarmi del suo lavoro e dello sport che pratica.” Continuando con la tecnica precedente e sperando che, senza volerlo, mi fornisse una testimonianza di una certa importanza.
“Lavoro per la Fidelity Bank da oltre 15 anni e ne sono direttore. Sono molto orgoglioso e felice di questa occupazione. Pratico palestra da oltre 2 anni dal lunedì al giovedì.”
“Torniamo al fatto che ha rovinato la sua gita. Per caso ha visto l’abbigliamento dell’uomo mascherato con il quale è andato a sbattere?”
“Sì, era vestito con una camicia bianca con la cravatta, una giacca nera molto elegante, un paio di jeans blu scuro e scarpe di tela marroni.”
“Ho finito, può tornare alle sue occupazioni.” Restai colpito dalla sua descrizione accurata, in quanto poche volte mi era capitato che qualcuno si ricordasse così tanti particolari.
 
Prima di procedere a qualsiasi altra ricerca chiamai in ufficio, chiedendo a Hinata di controllare negli archivi chi fosse e cosa facesse il signor Grundig.
La sua testimonianza era molto curata, ma non posso fidarmi di chiunque, se dovessi avere fiducia di tutte le persone avrei fatto il prete. Una cosa che non ti insegnano in accademia è proprio quello di avere sempre un velo di incertezza su qualunque cosa e su qualsiasi persona.
Le prime volte avevo sbagliato anch’io a giudicare le persone, ma dopo qualche tirata d’orecchie avevo imparato a capire al 90% chi dicesse la verità e chi mentiva spudoratamente.
 
Non aspettai molto, appena 20 minuti e arrivò un messaggio che confermò la veridicità delle parole del signor Grundig.
Ricevuto il messaggio, iniziai a controllare attentamente il bagno, sapendo che le tracce ematiche e altro erano state prese dalla scientifica e che nell’arco di qualche giornata tutto sarebbe stato pronto.
Il Joker, come al solito, non avrà lasciato tracce e questo vuol dire che anche questa volta la farà franca. La fortuna che si ha quando si lavora con agenti federali è che la critica si scaglia sempre contro di loro perché rappresentano un pesce grosso e per una volta starò bello tranquillo senza rotture.
Sarebbe una gran bella soddisfazione battere Gaara e risolvere per primo il caso, questo gli dimostrerebbe che si sbaglia sul mio conto e forse cambierebbe opinione su di me.
 
Gli agenti federali erano andati via da un pezzo con una fretta indiavolata, mentre io tranquillamente giravo per il centro commerciale chiedendo di tanto in tanto a qualche impiegato se avesse mai visto il signor Morrison. Avevo girato gli oltre 80 negozi del centro commerciale ed ero ancora più stanco, ma mancava ancora l’interrogatorio al direttore di questo posto.
Il direttore era un omino piccolo, basso e tozzo. Sembrava una pallina da golf, da quanto era ristretto e nonostante la sua faccia paffuta in molti lo descrivevano come un diavolo.
 
“Cosa diavolo vuole anche lei? Ho già risposto all’Fbi, non bastava una rottura ecco la seconda.” Esternando tutta la sua rabbia per il tempo prezioso che gli stavamo facendo perdere. Non è una bugia, quella che vi sto per raccontare, ma probabilmente se mi fossi trovato nella sua posizione mi sarei spazientito parecchio.
“Ho delle domande da farle.” Cercai di rassicurarlo.
“Non ho più voglia di rispondere.” Assumendo un tono autoritario e diventando tutto rosso in volto.
 
Con persone del genere le buone maniere e l’educazione sono da buttare nel gabinetto, se non vuole rispondere con le buone, risponderà con le cattive.
 
“Bene, sa che posso incriminarla per resistenza a pubblico ufficiale e per probabile collaborazione in omicidio?” Chiesi, ben sapendo che in tribunale il giudice e la giuria dinnanzi a tali accuse mi avrebbero riso in faccia.
“Lei razza di idiota non può farlo, è abuso di potere.” Innervosendosi ancora di più per quella situazione assurda che si stava creando
“Aggiungiamo pure offesa a pubblico ufficiale.” Aggiungendo delle colpe che non valevano un fico secco.
“Io non ho offeso nessuno, lei non ha testimoni.”
“Signor Dudle sa cosa sono in grado di fare i cellulari moderni? Ammettiamo che da quando sia entrato abbia registrato la nostra conversazione, lei si troverebbe in un mare di guai.” Ripresi con insistenza e alzando leggermente il volume della voce.
“Lei non può minacciarmi.”
“Sa una cosa signor Grundig, io sono il Capitano della polizia di questa città e mi basta un telefono e gli agenti della sanitaria sarebbero qui in un lampo per far controllare questo posto. Durante il mio giro ho visto che alcune cose non sono in regola in questo centro commerciale.”
“Lei ha bisogno di un mandato.” Stupendomi un po’ per la sua caparbietà e forza.
“Nessun problema, il giudice Bradley è un mio amico. Basta una telefonata e questo posto salta per aria. Mi dica è questo quello che vuole? Ci pensi affari in rosso, costretto a chiudere, fallimento, licenziamento del personale e tutto questo solo perché non vuole rispondere a qualche domanda, che prometto non sarà personale o troppo indiscreta.” Chiesi, cercando di mantenere la calma.
“Non potrei mai fare questo ai miei dipendenti.”
“Siamo d’accordo allora. Se lei risponde alle mie domande, io mi dimenticherò anche del suo nome, se necessario, ma prima lei deve aiutarmi. Io sono un uomo d’onore e sono convinto che una stretta di mano sia il simbolo di rispetto tra due duellanti. Dal colloquio che mi appresto d’avere con lei, prometto che utilizzerò solo le fonti che crederò utili al caso e gli elementi irrilevanti verranno cancellati.” Dissi e allungai la mano per stringergliela.
 
Quel diavolo era diventato un tenero agnellino ed io che odiavo minacce ed imprecazioni ero stato costretto a giocarmi la carta delle offese a pubblico ufficiale e cavolate del genere.
 
“Vorrei solo sapere se avesse mai visto all’infuori di oggi il signor Morrison.”
“L’avevo visto già altre 4-5 volte e se devo dirle la verità mi stavo convincendo che fosse un brav’ uomo e una volta ho avuto il piacere di prenderci un caffè e di scambiarci qualche parola.”
“Che lei sappia aveva qualche nemico?”
“Non saprei, tutti a questo mondo hanno almeno un nemico. Nel mio caso ne ho molti di nemici, ma non ho mai chiesto nulla di tutto ciò al signor Morrison. Le nostre uniche discussioni erano relative al campo del lavoro e sul campionato di basket.”
“Credo di aver finito. Se ho qualche dubbio, non esiterò a ricontattarla, per questo devo chiederle di non lasciare la città. Se dovesse venirle in mente qualcosa, anche di scarsa importanza, non esiti a ricontattarmi a questo numero.” Presi quindi il mio bigliettino da visita dal giubbotto e glielo porsi.
“Perché, dove potrei mai andare?” Uscì anche lui dall’ufficio e tornò al lavoro.
 
Ero appena uscito dal centro commerciale e non ero ancora riuscito a capirci nulla di questo caso. Troppi dubbi, troppe incertezze e poche tracce. Il nostro Joker lavorava bene e non sbagliava nemmeno una mossa. Si muoveva alla perfezione, come se studiasse ogni singolo movimento fino a quando non lo ripeteva uguale.
Il Joker originale, secondo i racconti della signorina Tsunade, si chiamava Robert Epson, ed ero curioso di vedere se l’esistenza di qualche collegamento tra quella famiglia e questi nuovi delitti fosse possibile.
 

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Capitolo 6
*** Cap 6 ***


Il Joker nel frattempo stava leggendo del suo operato sul giornale locale e stava guardando la foto della vittima.
 
“Hai visto? Odio lavorare in ambienti così grandi eppure anche quel povero babbeo è stato ucciso. Lui mi aveva insegnato di guardarmi alle spalle e la vittima invece era tranquilla. Lui mi aveva insegnato a non provare pietà. Lui mi aveva insegnato a costruire bare e a seppellire.
Lui amava la luce e io amo il buio. Lui era un fallito ed io no. Lui era un vigliacco ed io no.
Lui amava gli animali ed io no.
Il topolino non si aspettava che il brutto gatto cattivo lo prendesse a zampate. I poveri topolini sempre schiacciati da tutti non hanno mostrato ribellione.
Molti credono nella religione e allora perché un angelo non viene a fermarmi? Io sto uccidendo i suoi topolini.
L’angelo dalle ali bruciate non mi troverà e i topolini schiacciati verranno seppelliti. Nessuno è incline al mio perdono, avete sbagliato e il premio finale sarà la morte.
Gli incubi e l’oblio mescolati in un unico essere. Volete fermare il supplizio? Poveri illusi, non dovete pregare i santi o il dio denaro per fermarmi. Trovatemi e tutto finirà. Vi accoglierò tra le fredde braccia della morte e pian piano vi seppellirò tutti. Seguite il guru e tutto si risolverà.”
 
Io invece si stavo dirigendo verso gli archivi.
 
Gli archivi non mi piacevano molto, erano sempre pieni di ragnatele e gli angoli delle stanze erano tutti ammuffiti. Le finestre non venivano mai aperte e l’odore di tanfo che aleggiava in quel luogo era veramente pesante.
Erano passati almeno 5 anni dall’ultima volta che ero entrato in quel luogo e la polvere si era accumulata ancora di più. In cuor mio speravo che quella fosse la mia ultima visita e invece sono costretto a controllare un caso di 25 anni fa del quale non so nemmeno se la pratica esiste ancora.
 
Girai per quasi un ora all’interno della stanza e finalmente trovai il fascicolo completato da mio padre riguardo Robert Epson.
Robert Epson aveva 40 anni al momento dell’arresto, sposato e padre di 2 figli, figlio di Ronald Epson contadino, dipendente della Pritt Company è stato accusato di pluriomicidi verificatisi tutti nella nostra città.
Avevo letto solo le prime due pagine di quel dossier e avevo qualche informazione in più sulla quale lavorare. Per evitare di ritornare indietro, portai con me in ufficio il fascicolo e lo nascosi nel cassetto a destra, dove avevo l’abitudine di nascondere qualche vecchio libro giallo.
Gli indizi che avevo accumulato, mi avrebbero tenuto impegnato qualche ora, nell’attesa ovviamente che il caso si semplificasse.
La moglie di Robert Epson era morta 2 anni fa e aveva sempre creduto nell’innocenza del marito che solo all’inizio del processo sembrava fuori di ogni dubbio. Dopo un attento riesame e con l’aumentare anche delle testimonianze di persone che lo avevano visto più volte vicino ai luoghi degli incidenti, era stato incriminato. Processi e contro processi non avevano portato a nulla, avevano soltanto allungato il brodo e dopo due rifiuti di scarcerazione si era fatta larga nella corte l’idea di giustiziare quel povero diavolo. Con 12 voti a favore su 15 il signor Epson fu giustiziato, nonostante il giudice avesse chiesto maggiore clemenza.
 
I figli erano ormai cresciuti ed ora avevano 35 e 32 anni. Il maggiore era un certo John che si era trasferito in Europa per affari e non aveva fatto più ritorno a casa. Si era sposato con una ragazza francese e viveva tranquillamente in un paesino a pochi chilometri da Lione.
 
Il minore invece era uno speaker radiofonico, al quale piaceva molto fare domande scottanti. Paul a differenza del fratello aveva preferito rimanere legato alle sue tradizioni e alla sua terra e aveva rifiutato di trasferirsi in Europa. Il giovane molte volte mi aveva invitato nella sua stazione radiofonica, ma più volte a causa degli impegni lavorativi ero stato costretto a rifiutare.
 
Dato che quel pomeriggio non avevo nulla da fare pensai bene di fare visita alla stazione radiofonica per parlare tranquillamente con Paul. La nostra conversazione sarebbe andata in diretta, ma a me non importava minimamente che le persone sentissero la mia voce.
 
Fu così che guidai fino alla stazione e salii in attesa che la diretta iniziasse.
“Buongiorno signor Nara, benvenuto. Sono curioso di sapere perché dopo oltre 2 mesi che la invito nel mio programma abbia deciso solo ora di venire a trovarmi.”
“Non avevo altro da fare.” Risposi, senza pensare alle mie parole.
“Interessante, il nostro bravo Capitano che dovrebbe lavorare al servizio delle persone è venuto qui perché non sapeva come passare il pomeriggio. Pensare che un Joker gira ancora libero tra le persone, mentre il nostro ispettore è qui che si trastulla con noi è veramente disgustoso.” Lo spettacolo aveva inizio e Dio solo lo sa quante volte avevo visto persone, anche illustri essere annientate da quel tipo.
“Forse ho capito chi è il colpevole, mi manca poco e riuscirò ad acciuffarlo.” Dissi, lanciandogli un’occhiataccia e sistemandomi meglio sulla sedia.
“Avete sentito? Il Capitano chiede tempo. Di quanto tempo ha bisogno prima di riuscire a prendere un pazzo? 5 mesi, 10 mesi, 2 anni?”
“Un mese al massimo. Noi e gli agenti dell’Fbi stiamo lavorando per assicurarvi un futuro splendente, abbiate fiducia nelle nostre capacità.” Avevo deciso di giocarmi la carta dei federali, solo perché desideravo vedere come se la sarebbe cavata Gaara al mio posto.
“Se ha dovuto chiedere aiuto agli agenti federali dubito molto sulle sue capacità logiche.”
 
Basta quell’essere aveva rotto.
“Mi ascolti bene, io lavoro e ho lavorato sempre al meglio delle mie possibilità e sa che le dico io credo che uno dei possibili indiziati sia proprio lei. Suo padre Robert 25 anni fa aveva seminato il terrore e se conosco almeno in parte la mentalità dei killer è che spesso l’omicida è da ricercare tra i suoi parenti.” Ripresi alzando la voce, ma cercando inutilmente di mantenere la calma.
“Lei accusa me di questo fatto? Si sta coprendo di ridicolo.” Sogghignando soddisfatto.
“Non credo.”
“Dove sono le prove che sia stato io?”
“Lei ha ucciso la donna nel hotel, vestito con una camicia e una cravatta e aveva tutto il tempo di venire qui, di cambiarsi d’abito e di condurre il suo programma. Stesso discorso va fatto per l’uomo trovato nei bagni del centro commerciale. Lei aveva la possibilità, i mezzi e il movente.”
“Quale sarebbe il movente?”
“La vendetta. Voleva vendicare suo padre.”
“Mi dispiace deluderla ispettore, ma non sono io il vostro uomo. Quando la donna è stata uccisa ero malato con la febbre, il dottore mi ha visitato e mi ha lasciato delle medicine con le quali curarmi. Quando invece la vittima dei bagni è stata trovata morta io ero in auto diretto qui, dovevo iniziare a lavorare un po’ prima.”
 
Cavolo non avevo più frecce al mio arco, ero disarmato. L’ispettore che da predatore è diventato preda. Ottima mossa Nara.
 
“Avete sentito signori il nostro Capitano, spara accuse infondate contro chiunque gli capiti a tiro. Pensava di venire qui a fare il galletto e di tornare a casa felice e contento solo perché pensava che in mezzo a tutte le persone della città fossi io il colpevole. Io sono innocente fino a prova contraria e dato che lei non ha prove per sostenere le sue fantasiose teorie io sono innocente. Personalmente non sono contento di avere un ispettore simile, un agente che lavora con i piedi e che si sveglia la mattina incavolato solo per arrestare un povero diavolo.
Quando i signori Jiraya e Tsunade erano a capo della nostra centrale tutto andava bene. I criminali venivano arrestati e tutti erano felici, ma da quando lei è diventato Capitano tutto è cambiato.
Lei aveva promesso di acciuffare Orochimaru vivo e invece è stato costretto ad ucciderlo per aver salva la sua coscienza. Nel caso Erin era logico che colei che ricopiava i movimenti, gli strumenti e le abilità di Orochimaru non fosse che la sorella infiltrata, l’avrebbe capito anche un pollo.
Bene torniamo ai nostri ascoltatori, ora accogliamo la vostra richiesta ed inseriamo l’ultimo successo dei Jaks.”
 
Mi aveva annientato, non ero riuscito a ribattere e avevo fatto una figuraccia di fronte all’intera città. Appena la registrazione ebbe termine capii quasi subito che avrei pagato le conseguenze di quella mossa così stupida e avventata.
Tornai in ufficio in attesa di una qualche telefonata dal sindaco. Chiamai in ufficio Neij al quale affidai l’incarico di nuovo Capitano se fossi stato licenziato.
 
Il sindaco Kakashi mi invitò nella sua residenza per discutere e sapevo che mi sarebbe toccata una punizione bella pesante per l’errore che avevo commesso.
 
“Capitano, lei prima di formulare una qualsiasi accusa dovrebbe avere delle prove che sostengano le sue argomentazioni. Andare in guerra senza armi equivale ad un suicidio e lei ha rischiato più volte di rimetterci la vita e la posizione.”
“Sono sicuro che lui centra qualcosa con il nostro caso e cercherò il modo…” Venni interrotto ancora prima di riuscire a completare il mio pensiero
“Basta signor Nara, se non la smette mi vedrò costretto a degradarla di ruolo e mi lasci dire che sarebbe un peccato. Quanto fatto però non può restare impunito per questo le vieto di continuare a svolgere indagini in questo caso. Lei è sollevato da questo incarico, in attesa di nuovi ordini.” Guardandomi con aria di sfida e superiorità.
 
Non avevo alcun potere contro il sindaco, quando il primo cittadino ordina qualcosa noi dobbiamo scattare, ma non volevo rinunciare a quel caso. Uscii dalla residenza del sindaco e tornai in casa, pensando e maledicendomi per quanto avevo fatto.
 
Nei 3 giorni seguenti non ebbi nulla da fare, feci visita più e più volte a casa del piccolo Hiruzen e riposai all’ombra del vecchio albero dove ero solito nascondermi quando ero bambino. Osservai il cielo e in particolare le nuvole. Mio padre mi aveva promesso che mi avrebbe aiutato.
 
“Avevi promesso che mi saresti stato vicino e che mi avresti aiutato, ma hai mentito.”
 
Parlare da solo non era la soluzione per risolvere il caso e di certo non potevo appellarmi ad un aiuto dall’alto. L’unica soluzione era continuare a svolgere indagini, non mi interessa un fico secco di quello che mi ha ordinato il sindaco, farò come mi dice il mio istinto.
 
Dopo una settimana il Joker aveva colpito di nuovo. Questa volta aveva ucciso un tifoso allo stadio e nessuno, come sempre, si era accorto di nulla.
Come nei casi precedenti anche questa volta l’Fbi era presente e con loro c’era pure il sindaco Kakashi che per tranquillizzare la popolazione aveva preferito aiutare i federali. Appena il nostro sguardo si incontrò e appena mi avvicinai al luogo dell’incidente venni fermato da Kakashi.
 
“Capitano le avevo detto di non ficcare il naso in queste faccende. Quale parte della frase: “Lei è sollevato dall’incarico.” non ha recepito?” Mi chiese con rabbia.
“Signore le assicuro che non succederà più, non sbaglierò più, ma mi faccia risolvere questo caso.” Cercai invano di convincere quel cocciuto di un mulo.
“No, lei non ha fatto ciò che le ho detto. Ha infranto l’unica regola che le avevo imposto. Sa chi è che perde la faccia quando fa queste cavolate? Sa chi deve sorbirsi le interviste e le domande dei giornalisti? Sa chi viene deriso nelle assemblee quando salta fuori il suo nome? Io Kakashi Hatake vengo preso per i fondelli a causa della sua inadeguatezza.”
“Ho sbagliato una sola volta.”
“Mi lasci dire che quest’unica volta le sarà fatale. Lei è licenziato.”
 
Non lascerò mai il piacere a nessuno di licenziarmi e di umiliarmi davanti a tutti i miei amici e agli agenti federali. Non sono un bambino al quale si può fare la predica e non sono uno stupido idiota. Un po’ d’orgoglio lo possiedo e nessuno mi può distruggere così.
 
“Sa che le dico, non è lei a licenziarmi, sono io che mi licenzio. Questa città senza di me ha segnato la sua fine.” Profetizzai e uscii dallo stadio, risalendo in auto.
 
Detto questo gli lanciai il distintivo e la pistola, me ne tornai in ufficio per liberare i cassetti della scrivania e l’armadietto, chiamai i miei colleghi, li salutai e annunciai il nome del nuovo Capitano, augurandogli buona fortuna per il futuro.
Avevo perso la partita ed era giusto che lasciassi il campo agli altri giocatori. Io Shikamaru Nara ero fuori dai giochi e avevo perso la guerra.
 
“Hai visto? Un altro supereroe che crede di essere figo è caduto. Batman ha cercato di battermi, ma ha fallito. Ti somiglia molto, avete gli stessi occhi carichi di speranza e di successo. Grazie a me la luce si spegnerà. Il tuo erede è un genio e gli altri sono mosche fastidiose. Una cosa che odio delle mosche è il loro compito. Con il loro ronzio rompono e devono morire bruciate. Questa è la fine che si meritano le mosche e tutti coloro che parlano senza sapere. Il guru vi osserva, abbiate pazienza e la fine giungerà per tutti voi. Il guru costruirà altre bare e vi seppellirà tutti, non correte, c’è tempo. Il tempo è infinito.”

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Capitolo 7
*** Cap 7 ***


“Shikamaru non puoi arrenderti così.” Venni risvegliato da una voce femminile che sapendo della mia figuraccia, aveva intuito che sarei andato al parco per rilassarmi e distendere i nervi.
“Come hai fatto a trovarmi?” Chiesi, osservandola e rialzandomi dal prato.
“Ti conosco fin troppo bene. So dove ti nascondi quando vuoi restare solo.” Mi rispose, capendo che avevo bisogno di tempo per riprendermi da quella botta micidiale.
 
La seccatura che era riuscita a trovarmi era la mia fidanzata preoccupata per il fatto che mi fossi licenziato e che non avessi alcun interesse nel risolvere il caso.
Quella mattina ero andato al cimitero a portare un fiore a Choji, al maestro Asuma e ai miei genitori. Maledetta quella volta che il proiettile di Orochimaru non aveva segnato la mia fine, almeno me ne starei bello tranquillo in Paradiso senza rotture in mezzo alle scatole.
 
“Vieni torniamo a casa.”
Quella più che una richiesta era un ordine malcelato che fui costretto a rispettare. Pensare che nemmeno una settimana fa correvo come un pazzo da un posto all’altro solo per seguire una traccia ed ora sono a casa a rigirarmi i pollici mi dà un nervoso.
Non avevo più nemmeno la voglia di leggere i giornali o di ascoltare i notiziari e da quando mi ero dimesso non ero più tornato in centrale.
 
“Shikamaru mi stai ascoltando?” Mi chiese preoccupata per il mio essere più taciturno del solito.
“No, stavi dicendo?”
“Sei sempre con la testa tra le nuvole. Sei così distratto dovresti trovarti qualcosa da fare per tenerti occupato.” Propose, ma capii subito dove volesse andare a parare.
“Come svolgere indagini in incognito?”
“Potresti lavorare e risolvere il caso con i pochi mezzi che possiedi.”
“È inutile che tenti di risolvere il caso se nessuno crederà in me, la soluzione può essere semplicissima, ma nessuno scommetterebbe mai su un mio colpo di genio. Ho fallito e ora non mi resta che ricostruire altrove il mio futuro.” Ripresi con aria afflitta.
“Mi deludi, tu non sei il ragazzo del quale mi sono innamorata. Lui non era così debole e non si è mai arreso davanti alle avversità, ma tu invece sei la brutta copia di quello che eri. Sono disgustata dal tuo comportamento, se non ti amassi ti avrei già scaricato.”
 
Non bastava la consapevolezza nell’aver fallito, ma ora avevo ricevuto una bella ramanzina della mia fidanzata. Quello che mi era capitato mi aveva scombussolato l’intera esistenza e mi sentivo invecchiato di almeno 10 anni. Quanto avrei voluto che Choji e Asuma fossero ancora vivi per aiutarmi, ma nemmeno loro probabilmente mi avrebbero salvato dalla mia pesante autocritica.
Non mi era mai successo di essere così demolito, il mio cervello sembrava andato definitivamente nel cestino ed io non avevo più la forza di pensare a qualcosa.
Tornati a casa, decisi di sfogliare il vecchio album fotografico del matrimonio dei miei genitori per trovarmi qualcosa da fare. Guardai diverse volte le vecchie foto dei due sposini in compagnia di un mucchio di gente e dei vari testimoni e restai colpito di come l’amicizia leggendaria che esisteva tra i Nara e gli Akimichi avesse radici profonde.
 
Molte volte mio padre amava ripetere che il nonno Shikashi giocasse tutto il pomeriggio a carte con l’amico Chozin e che tale legame fosse ricaduto sui figli e sui nipoti. Un legame però che si era spezzato qualche mese fa quando Choji era stato ucciso da Orochimaru.
I miei genitori avevano sempre avuto a cuore l’amicizia con gli Akimichi e nonostante mio padre fosse orgoglioso, aveva ringraziato molte volte il vecchio Choza per avergli salvato la pelle in più di un’occasione.
Verso l’ultima pagina notai un foglietto bianco sul quale mio padre aveva scritto qualcosa. Era un biglietto destinato solo alla mia lettura, in quanto notai a caratteri cubitali il mio nome.
“Shikamaru nella tua vita commetterai qualche errore. Non curarti del giudizio altrui, se tu sei in pace con la tua coscienza allora non hai sbagliato nulla. Sono gli errori che ti fanno crescere figlio mio e tutti ne commettono, non sarai nel primo, nell’ultimo a sbagliare. Rialzarsi dai propri sbagli sarà la tua vittoria più grande.”
 
Poche parole che mi colpirono e che mi risvegliarono dallo stato di trance nel quale ero caduto. Entrai in salotto dove Temari era intenta a leggere un vecchio romanzo.
“Tem se non ti disturba, potresti parlarmi del luogo del delitto?”
“Finalmente ti sei svegliato. Allora. Lo stadio nel quale abbiamo indagato è quello fuori città ed è un impianto di circa 30 anni fa, abbastanza moderno, considerando che la nostra squadra è stata una delle prime ad essere fondata. È diviso in 4 settori: 3 per la squadra di casa e 1 per gli ospiti. Il corpo della vittima è stato rinvenuto nell’ultimissima fila del settore 2 che era quello destinato al tifo per la squadra di casa. Il fatto deve essersi verificato verso metà del secondo tempo e nessuno si è accorto del delitto. Al momento di scendere dalle scalinate si sono accorti che il signor Hoodson non si muoveva. In molti pensavano si fosse solamente appisolato, ma dopo aver notato il sangue hanno chiamato la polizia.
Il signor Hoodson era un pensionato di 70 anni che aveva lavorato per anni nella Frank Company, azienda dedita alla lavorazione del legname. Era vedovo ed aveva 3 figli che ricoprono incarichi all’interno della stessa società del padre.
Gli uomini che hanno rinvenuto il cadavere sono già stati interrogati, ma non avevano alcun motivo di prendersela con quell’uomo. Le telecamere hanno immortalato l’assassino che è lo stesso uomo vestito con giacca e cravatta e con la maschera da Joker. Nessuno si è accorto che l’uomo invocava aiuto, tutti erano presi dalla partita per rendersi conto che qualcuno rischiava la vita. Tutte le tracce e le sostanze sono state prese e portate alla scientifica, anche se non credo che otterremo risultati di alcun genere.”
“Bravi avete svolto un ottimo interrogatorio, avete chiesto ai suoi compagni a quante partite aveva assistito finora il signor Hoodson dall’inizio del campionato?”
“Aveva assistito a tutti i match in casa e a buona parte degli incontri in trasferta.”
“Ci servirebbe qualche indizio in più, ma vedrò di farmi bastare questi per il momento.” Osservando il block notes che avevo usato per prendere qualche informazione.
 
Erano le 20 e non avevo molta fame, ma decisi lo stesso di fare compagnia alla mia ragazza e di farmi una bella doccia. Restai alzato a guardare la televisione fino a tardi per poi andare a letto. Non mi ero reso conto che fosse quasi mezzanotte quando avevo chiuso la televisione, ma quel film era veramente interessante.
Sherlock Holmes con il fedele Watson impegnato ad evitare che il rampollo di una famiglia nobile e benestante venisse ucciso da un mastino infernale e dall’uomo che l’aveva addestrato. Il film era di buona qualità, ma il libro faceva trapelare ben altre emozioni. Il mastino dei Baskerville era il mio libro preferito e la soluzione era condita da un colpo di scena inaspettato e sorprendente.
 
Dormii ben poco ero attorniato dagli incubi e sentivo lontano la voce di mio padre che come una nenia mi ripeteva: “Shikamaru… la verità è nei punti” e ancora “Shikamaru… i punti ti guideranno”.
Ogni volta che chiudevo gli occhi questa voce mi teneva sveglio.
“Shikamaru… fidati di me.”
L’indomani ero ancora scosso da questi messaggi terrificanti ai quali cercavo inutilmente di dare una spiegazione. Mio padre mi aveva detto qualcosa su una verità dei punti e che mi avrebbero guidato verso qualcosa.
Papà perché non sei mai chiaro nemmeno quando sogno? Possibile che tu debba utilizzare così tanti giochi di parole? Ho bisogno di un segno per risolvere la matassa e tu me la ingarbugli ancora di più.
Mi stavo torturando con questi pensieri e decisi di consultare per la seconda volta il dossier relativo a Robert Epson. Possibile che mio padre fosse così orgoglioso del suo operato da non aver scritto su qualche pezzo di carta di come avesse preso il suo uomo? Qualcosa mi deve essere sfuggito e se non trovo il pezzo che manca ci saranno altre vittime in città.
 
Stavo rimuginando su quel dossier quando squillò di nuovo il telefono. Paul Epson mi aveva invitato di nuovo nella sua stazione radiofonica e anche questa volta accettai di buon grado. Se avessi risposto negativamente, mi avrebbe aizzato contro tutta la popolazione affermando che ero un codardo, ma affrontando da uomo quel lurido ratto avrei dimostrato che un pizzico di dignità e di orgoglio li avevo ancora.
 
“Il signor Nara ha accettato di nuovo il mio invito. Per chi non si ricordasse di lui si vede che non ha mai avuto a che fare, fortunatamente, con la polizia. Lui è l’ex Capitano della centrale della nostra città, un po’ di rispetto per questo uomo.”
“Non è lei che deve chiedere alle persone di avere rispetto verso di me. Se vogliono rispettarmi sono liberi di farlo, se vogliono odiarmi e massacrarmi non ho alcun problema a riguardo.” Risposi con fierezza.
“Non sarebbe giusto nei suoi confronti, anche se per ottenere di nuovo un posto in polizia le ci vorrebbe un miracolo.” Mi fece notare, quello spocchioso individuo.
“Io credo nei miracoli. Qualche anno fa mio padre mi raccontò una storia interessante su un torneo di hockey. Gli USA erano rappresentati da giocatori giovani ed inesperti e tutti non avrebbero mai scommesso su una simile squadra, ma mio padre lo fece. Le altre squadre erano di tutt’altra categoria: l’URSS, la Cecoslovacchia, la Finlandia e la Svezia ci erano di gran lunga superiori, ma non sempre i giganti vincono. I giornali vedevano l’eliminazione con i sovietici dietro l’angolo, ma il nostro allenatore diede una grande lezione prima ai russi e poi agli svedesi, vincendo quindi l’oro. Io devo fare e farò come quell’allenatore. Lui non si è mai arreso e avrebbe potuto farlo alla prima difficoltà, ma invece continuò a spronare i suoi uomini. Questo è solo un incidente di percorso e a questo mondo non bisogna mai arrendersi, nemmeno quando il destino ti guarda e ti sputa con odio.”
“Quindi ci sta forse dicendo che sta indagando su un caso che non è più di sua competenza?” Chiese, insinuandosi come un serpente.
“Se vuole sapere se sto indagando sul nostro Joker la risposta è no. Prima di licenziarmi, stavo controllando altri casi e mi sto soffermando su quelli. L’Fbi e il nuovo Capitano sanno cosa stanno facendo e sono convinto che ben presto quel maledetto verrà assicurato alla giustizia.”
“Lei sta dicendo che non si è arreso, ma il fatto di aver rinunciato a questo caso, lo rende un perdente come gli altri. Lei ha perso e prima ci parla di combattere fino alla morte per poi rimangiarsi ogni singola parola?”
“Non ho mai detto che avrei riottenuto il posto risolvendo il caso Joker. Ho solo detto che non avrei mai rinunciato alla mia posizione, se non fossi stato costretto a farlo, ma ormai ciò che è fatto è fatto ed io non posso tornare indietro per modificare la storia.”
“Quali sono i suoi obiettivi per il prossimo futuro?”
“Intanto penso a risolvere qualche caso insoluto e a dare qualche consiglio alle nuove reclute e poi vedrò cosa mi aspetta il destino. Se c’è una cosa che mi ha insegnato il mio vecchio è quello di non guardare mai troppo lontano e vivere la propria vita al massimo giorno dopo giorno.”
“Bene è ora di ascoltare il nuovo successo dei Fearst e al nostro rientro parleremo per una buona mezzora con il nostro opinionista di sport. Saluto quindi il signor Nara e le auguro le migliori fortune per il suo lavoro.”
“Grazie e buona fortuna anche a lei.”
 
Questa volta lo scontro era finito in parità e forse ero riuscito a recuperare qualche punto perso verso l’opinione pubblica. A casa avevo ancora i giornali che raccontavano della mia disfatta, ma non avevo avuto ancora il coraggio di leggerli.
I giornalisti raccontano un sacco di fandonie e pur di vendere qualche copia in più sarebbero capaci di affermare che in realtà io sono un alieno infiltrato amico dei Maya e della loro maledetta profezia e che lavoro per la Nasa.
Le loro fantasie e le loro idee andrebbero rinchiuse, ma per fare soldi sarebbero capaci di inventarsi anche di peggio. Pensare che scrivono pagine e pagine di carta con le peggiori opinioni su un qualcosa che potrei raccontare su un trafiletto di appena 15 righe.
 
Ero appena tornato a casa quando Kurenai mi chiese di badare al figlio per il resto del pomeriggio. Dato che ero disoccupato, la signora Sarutobi aveva bisogno di completare una commissione e aveva pensato a me per fare compagnia a Hiruzen.
 
“Ciao zio Shika, come mai non sei al lavoro?” Mi chiese con innocenza, ma immaginavo dove volesse andare a parare.
“Per un po’ sarò libero da impegni, ma basta parlare di me e dei miei problemi. Cosa vuoi fare oggi?”
“Giochiamo a scacchi? Ho imparato delle nuove tecniche e sono sicuro che questa volta riuscirò a metterti in crisi.”
“Dai mostrami cosa sai fare.” Risposi e preparai come al solito la scacchiera.
 
Per tutta la partita restai stupito dei suoi miglioramenti, ma l’allievo non aveva ancora superato il maestro. Credo che il mio “nipotino” potrebbe diventare un ottimo ispettore, se solo usasse tutta la determinazione che dimostra di possedere mentre giochiamo, Kurenai permettendo.
 

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Capitolo 8
*** Cap 8 ***


 
“Tem ci sono novità sul caso Joker?” Chiesi con impazienza.
“Nessuna, Shika lo sai che sei stato bravo a non farti mettere i piedi in testa dal tuo amico?”
“Parli di Paul? Io lo detesto quel maledetto.”
 
Intanto in una casa a qualche chilometro di distanza, il nostro killer si stava rigirando una vecchia foto tra le mani.
“Te lo prometto io ti vendicherò. Distruggerò questo paese che da quando sei arrivato non ha fatto altro che odiarti e disprezzarti. Eri solo un povero ragazzo immigrato quando arrivasti in questo Paese e hai faticato molto per costruirti e costruirci un futuro, ma poi il nostro caro governo ci ha classificati come indegni e hanno distrutto il tuo sogno. Tu urlavi a squarciagola I LOVE USA hai finito con il cantare l’esatto contrario, perché quando qualcuno ti calpesta hai due possibilità. Abbassare la testa come un codardo e baciare i piedi ai grandi signori del progresso, in attesa del loro perdono, oppure combattere come un gladiatore imbracciando un fucile. Sei stato trattato come un lebbroso, poi come uno sclerotico e infine come un pazzo e sei stato l’ultimo a cadere. Sei stato schiacciato da un bulldozer e ora vedrai come ridurrò questa città piena di qualche bidone di benzina e un paio di pallottole. È ora che qualcuno si ribelli e combatta contro il sistema marcio che ci governa, i loro piani gli si ritorceranno contro e non piegherò mai la testa.
Bambini, donne, anziani, uomini, senzatetto non avrò pietà. Nessuno ha fatto nulla per aiutarti  quando ne avevi bisogno e pensare che avevi molti amici.
Quando qualcuno ti minaccia e quel qualcuno è un potente pezzo grosso non esistono amici che tengano. Tutti ti volteranno le spalle, come ha fatto il signor Hoodson. Si professava tuo amico e invece era un essere marcio che alla prima possibilità ti ha tradito. Io non farò la tua fine, non mi sono circondato di amici per non sbagliare e per non dimenticarmi della mia missione. Quelli che mi considerano un amico non sanno che li sto prendendo in giro e che mi sto divertendo a vederli soffrire. Il supplizio finirà quando mi troverete. Seguite il vostro guru.”
 
L’indomani passò tranquillamente, gli agenti federali correvano da un posto all’altro per cercare indizi e per ascoltare qualche testimone chiave, i miei ex colleghi stavano svolgendo le normali attività di routine ed io mi stavo annoiando a morte.
Mio padre e i suoi giochi di parole mi avevano torturato di nuovo e ogni volta che mi avvicinavo verso la sua sagoma, lui scompariva nel nulla per poi ricomparire come se non fosse successo niente.
Stavo guardando le nuvole, in attesa che di trovare un segno per risalire al colpevole, ma nulla. Non ero più ben visto in città e ben poche persone mi salutavano, si sentivano traditi e feriti, ma cosa dovrei dire io.
Da quando ero diventato Capitano non me ne andava dritta una. Un sacco di casi da risolvere, alla faccia della cittadina modello e non avevo più nemmeno molto tempo per stare in compagnia dei miei amici e della mia fidanzata. Poi era saltato fuori la folle sadica di vendetta che voleva vendicare il fratello ed ero stato sul punto di rompere con la mia ragazza a causa di quella megera.
Non mi ero ancora abituato all’idea di aver già risolto un caso da quando ero salito di graduatoria ed ecco che un altro malato di mente seminava il panico.
 
Odiavo ancora di più il nostro caro sindaco che, durante le varie assemblee, affermava che la nostra città era sicura e che nessuno avrebbe mai corso rischi. Grazie tante Kakashi finché ci siamo io e i miei colleghi che corriamo come forsennati è ovvio che tutti sono al sicuro.
Vorrei sapere cosa succederebbe se per una settimana la polizia stesse a riposo.
 
Maledetta quella volta che avevo votato per questo sindaco incompetente che non sarebbe capace di prendere una decisione importante neanche se al suo fianco ci fosse il Presidente della Casa Bianca con tutta la scorta.
Anche questa giornata si era conclusa con un nulla di fatto e quindi decisi di tornarmene a casa. Girare per la città con tutti i brutti ceffi che ci sono in giro non mi sembra il caso e alcuni sono ancora infuriati per una cosa che non ho fatto. Come ci si può arrabbiare con una persona per una cosa che non hai mai fatto? E se anche avessi sbagliato qualcosa, questo era il mio primo errore. Possibile che a questo mondo non esista una seconda possibilità? Tutte le testimonianze di affetto per aver preso un tizio o per aver sventato il commercio di droga erano dettate solo da ipocrisia.
Tu aiuti noi, allora ti vogliamo bene e sei il Capitano più figo e forte della storia, ma se non ci proteggi passi per un menefreghista approfittatore.
 
Erano le 23 quando il telefono della nostra abitazione squillò. Era il caro Gaara che voleva parlare con la sorella e voleva che la raggiungesse al Cinema Excelsior il prima possibile.
Il nostro Joker si era mosso di nuovo, ma dato che mi ero licenziato, non potevo fare nulla. Il desiderio di andare era troppo forte, ma sapevo che se avessi ceduto ad un simile impulso irrazionale, sarei stato massacrato dai giornalisti per intralcio ad un indagine di polizia.
 
“Tesoro, vuoi venire anche tu?” Mi chiese con dolcezza, immaginando probabilmente la battaglia interiore che stavo combattendo.
“Temari lo sai che non posso. Mi racconterai i dettagli quando tornerai a casa. Posso solo dirti di prestare attenzione ad ogni piccolo dettaglio.”
 
Dopo 5 ore era finalmente tornata a casa, ma preferii aspettare ancora qualche ora prima di tormentarla con le domande.
La storia che mi raccontò la trovai davvero interessante, ma nessuna parte era talmente rilevante da farmi capire chi fosse il nostro uomo.
 
Il Cinema Excelsior era un cinema come tanti, suddiviso in una decina di sale, nelle quali si trasmettevano film di ogni genere. Alcune volte ero andato al cinema con la mia ragazza e tutte le volte finivo con l’appisolarmi, mentre lei guardava con tutto interesse il film d’amore che lei mi aveva costretto a pagare e a vedere.
I film dell’orrore mi piacevano molto, ma a lei no. I film d’azione erano delle autentiche pagliacciate e le commedie non avevano ,se non per qualche battuta, nulla di divertente. Le comode sedie dei cinema finivano come ogni volta a farmi da letto ed io mi chiedevo chi me lo faceva fare di spendere 10 dollari per dormire, quando a casa mia non dovevo sborsare neanche mezzo centesimo.
 
La sala dove si era verificato il delitto era la sala numero 4 e in quel momento stavano trasmettendo un mattone di film. Chi non ha mai visto Pretty Woman con Richard Gere? Ecco quello era il film che qualche povero diavolo aveva deciso di guardare, ma se era un uomo da solo a sorbirsi sta roba, allora la faccenda era seria.
 
Un uomo sulla quarantina era stato ucciso poco prima della fine del film e nessuno si era accorto di nulla. Anche il membro della sicurezza che era andato lì a svegliarlo era convinto che il signore Kull stesse dormendo e invece un taglio all’altezza del collo era la testimonianza che il povero uomo era stato assassinato.
Il signor Kull era un uomo sulla soglia della quarantina, grande come un armadio e muscoloso. Lavorava come bodyguard per la discoteca Night and Dark da oltre 5 anni e non aveva mai avuto problemi con nessuno. Non faceva uso di sostanze stupefacenti ed aveva la fedina immacolata.
L’uomo della sicurezza era sicuro di aver visto uscire qualcuno prima della fine del film, ma non ci fece caso. Era convinto che fosse uscito per fumarsi una sigaretta, ma non lo vide più rientrare.
Le poche telecamere presenti non avevano ripreso l’uomo oppure erano fuori uso perché guaste.
 
I federali interrogarono a lungo anche i vari dipendenti del posto, ma nessuno aveva un movente valido per uccidere il signor Kull.
La vittima era figlio di un certo Fred Kull il quale era un socio in affari del fondatore della Frank Company, non era sposato ed aveva un fratello che lavorava come impiegato contabile in un’azienda di assicurazioni. Non aveva grandi ricchezze e quindi se il movente è legato ad un qualche motivo economico deve mettersi il cuore in pace, il fratello non vedrà mai il becco di un quattrino.
 
La testimonianza più interessante però la fornì proprio il fratello della vittima che affermò che qualche giorno ricevette una lettera minatoria.
All’inizio non ci fece caso, ma dopo una prima lettera ne arrivarono altre. Inoltre prima di raggiungere l’ufficio si era trovato le ruote dell’auto squarciate e la carrozzeria rigata da un qualche cacciavite. Il delinquente però si era divertito a lungo con quella povera macchina, infatti dopo averla imbrattata per bene con della vernice era arrivato a sfondare il parabrezza e il lunotto con un martello da fabbro.
 
La famiglia Kull era una famiglia molto rispettata, ma anche molto amata dalle persone e secondo molti non c’era nessuno che potesse essere infuriato o arrabbiato con loro, ma qualcuno purtroppo esisteva.
 
Prima l’auto e poi il fratello, secondo me le due faccende sono legate da un qualche filo logico, ma non ci sono prove a riguardo.
 
“Hai visto? Ecco quello che è successo al figlio di colui che ama il progresso. Il tuo caro amico Kull sarà felice nel vedere il figlio all’interno di una bella bara e sarà lieto nell’accompagnarlo al cimitero. Non mi importa chi devo colpire tutti sono accumunati dallo stesso destino. In questo posto mi sono accorto che tutti hanno dei piani.
Il Capitano Nara, i federali e il sindaco hanno dei piani, ma io no. Il mio unico scopo è quello di prendere questi bei piani e trarne vantaggio. In questa città non c’è rispetto per le piccole persone, se domani dico alla stampa che qualche barbone o qualche poliziotto verrà ucciso, nessuno va nel panico perché fa tutto parte del piano. Ma quando dico che anche un solo piccolo sindaco morirà tutti perdono la testa.
Se introduci un po’ di anarchia e stravolgi il normale aspetto delle cose tutto diventa improvvisamente caos, sono un agente del caos.
La loro paura è il mio cibo e i loro incubi sono deliziosi. Loro non sanno cosa vuol dire vedere la propria famiglia distrutta, solo perché qualcuno ha deciso che è bene e giusto che sia così.
Essere allontanati dalla scuola solo perché mia madre non era in grado di mantenermi gli studi, essere schernito dagli stupidi ragazzini, non era abbastanza? No, perché quando sei sull’orlo del precipizio nessuno ti getta una corda per salvarti, anzi preferiscono fare meno fatica. Ti schiacciano le mani e aspettano impazienti che tu finalmente muoia soffrendo come un cane.
Molti credono ancora che io stia scherzando, molti credono che sia così stupido a rinunciare alla mia vendetta solo perché sono un maledetto disgraziato.
Secondo te cosa succederebbe se mi macchiassi del sangue innocente di qualche bambino? Entrare in una scuola e uccidere una classe intera di alunni farà capire loro che non ho pietà per nessuno. Nessuno ha avuto pietà di me, nemmeno quando ero con le lacrime agli occhi e pregavo che qualcuno mi aiutasse.
In tutti quegli anni ricevevo solo pedate e insulti e ora dovrei perdonarli solo perché ho il coltello dalla parte del manico? Per una volta che sono io a dettare le regole, dovrei rinunciare a tutto e lasciare perdere? La mia risposta è no.
Ora vediamo quale scuola avrà l’onore di ricevere la mia visita. Dunque seguendo questo schema che lui mi ha insegnato, credo che l’Istituto Freud sia perfetto per il mio obiettivo.
Vedrai il mio divertimento durerà in eterno. Trovate il vostro guru e l’incubo avrà fine.”

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Capitolo 9
*** Cap 9 ***


Il Joker questa volta si era mosso, per forza di cose, la mattina presto. Era entrato nell’istituto e in una delle tante classi aveva piazzato un ordigno rudimentale che all’ingresso degli alunni aveva fatto il suo dovere.
Un’intera classe era sotto shock, ma per fortuna tutti erano rimasti incolumi davanti ad una tale dimostrazione di follia. I bidelli non si erano accorto minimamente di quella bomba e le telecamere avevano ripreso soltanto una fugace ombra scappare da una finestra che era manomessa da oltre 2 mesi.
L’unico ferito era il maestro che aveva cercato nell’attimo dell’esplosione di fare da scudo ai ragazzi, rimediando qualche ferita e ustione sul corpo.
Temari era già uscita da mezzora e probabilmente sarà anche lei diretta nell’Istituto per investigare. Quella mattina venni svegliato da una telefonata della scuola e subito accorsi per controllare la
situazione. Il mio nipotino frequentava quella scuola e lui era uno degli allievi che aveva rischiato di morire a seguito dell’esplosione.
 “Zio Shika, sono Hiruzen potresti venirmi a prendere sono a scuola ed è successo qualcosa di brutto.” La sua voce era strana e capii subito che qualcosa lo aveva turbato.
“Arrivo subito, ma stai bene?”
“Sì insomma. Sono solo un po’ spaventato.”
 
Kurenai non poteva andare a prendere il figlio in quanto aveva appena iniziato a lavorare e non poteva assentarsi così all’improvviso e quindi dovetti andare a prendere la piccola peste.
Quando qualcuno osava far male ad un mio amico o conoscente era meglio che quel farabutto si scavasse la fossa. Non mi arrabbiavo quasi mai, ma anche per me esisteva un limite di sopportazione e quando si superava tale linea era meglio scappare. Odiavo la violenza gratuita e contemplavo poche volte la possibilità di compiere una vendetta ai danni di qualcuno, ma esisteva la probabilità che tutta la mia pazienza e la mia compostezza andassero a farsi benedire.
 
Entrai prepotentemente nell’Istituto e venni fermato da un’agente federale che aveva ricevuto l’ordine di non far passare nessuno.
 
“Lei non può passare e non può entrare, è in corso un’indagine guidata dal Capitano Gaara mirata a capire cosa è successo questa mattina.”
“Non ho tempo da perdere con le vostre indagini del cavolo. Devo passare, subito!”
“Non mi faccio intimorire da una persona qualunque.”
“Mi ascolti con attenzione. Non è mia intenzione minacciare qualcuno, ma se lei non mi fa passare entro 5 secondi, mi vedrò costretto a prendere la pistola che ho in auto e le pianterò un bel proiettile in mezzo agli occhi.”
“Non ho paura di lei. Scommetto che la pistola è solo un bluff per entrare qui e nascondere le prove.”
 
La mia pazienza aveva raggiunto il limite, rientrai in macchina, presi la pistola che era di Choji e rientrai nell’Istituto.
 
“Dato che non mi crede ecco la pistola e ora devo entrare.” Estrassi la pistola ed entrai nell’istituto con irruenza.
 
L’agente era rimasto pietrificato e prima che si riprendesse riuscii a superarlo, arrivando nella classe dove era successo il finimondo. I federali stavano interrogando dei bambini, per scoprire cosa fosse successo.
Odiavo questi metodi del cavolo dell’Fbi, come si può pensare che un bambino possa sapere qualcosa su ordigni ed esplosivi?
Bussai alla porta ed entrai in quella che una volta era una classe, avvicinandomi a Hiruzen.
 
“Ciao Hiruzen.”
“Ciao zio Shika.”
“Prendi le tue cose e andiamo a casa.” Dissi, cercando di calmarlo e di portarlo al sicuro.
 
Avevo già preso lo zainetto del piccolo e mi ero avviato verso la porta, quando notai che Gaara aveva bloccato Hiruzen.
 
“Mi ascolti Capitano Gaara, io non ho tempo da perdere con voi e con le vostre indagini, ma se ne accorgerebbe anche un’idiota che i bambini non sanno nulla.”Avvicinandomi a quell’idiota di un federale.
“Questo non spetta lei capirlo.” Sfidandomi apertamente
“Razza di idiota di un agente, in che lingua devo dirglielo che i bambini non centrano nulla, se proprio vuole interrogare qualcuno, perché non si mette a rompere le scatole alla preside o agli insegnanti? Lasciate fuori dalle vostre indagini questi ragazzini.” Alzai leggermente la voce, ma quanto basta per fargli capire che quella non era giornata per farmi arrabbiare.
“Questo è contro le regole.”
“Non mi importa. Vieni Hiruzen andiamo a casa e non badare a questi idioti.”
“Resti fermo dove si trova signor Nara. Primo lei non è un genitore del bambino e in secondo luogo lei non ha alcuna carta scritta che le dia la possibilità di riportarlo nella sua abitazione.” Bloccandomi il braccio con forza.
“Se non avessi nessuna importanza, di certo la preside non mi avrebbe chiamato e poi a dire il vero io sono il suo padrino ed è mio preciso dovere proteggerlo e aiutarlo.” Mi divincolai da quella presa e tornai ad osservare il mio “nipotino”.
“Lei non può farlo.”
“Hiruzen, ti muovi?”
“Mi ha sentito, lei non può…” Lo interruppi sul nascere, per evitare che i bambini sentissero qualcosa di poco consono alla loro età.
“Chiuda quella maledetta fogna se non vuole che le crei un foro per respirare sulla fronte.”
“Se non si ferma sarò costretto a spararle.” Estrasse la pistola.
“Se vuole spaventare ancora di più questi bambini faccia pure, non sarò di certo io a fermarla.”
“Le ho ordinato di fermarsi.”
“Capitano Gaara io non sparerei ordini a raffica. Per prima cosa si dimentica che io la legge la conosco e la so far rispettare, quindi so cosa devo e non devo fare. In secondo luogo ho delle conoscenze in alto che la farebbero rabbrividire. I loro nomi sono talmente noti che anche un’idiota con il cervello da criceto come lei tremerebbe al solo cospetto.”
 
Uscii dalla stanza con Hiruzen non prima di aver lanciato uno sguardo omicida all’altro duellante che impietrito aveva ripensato alle mie ultime parole. Dopo pochi minuti, convinto anche da Temari, Gaara aveva deciso di lasciare in pace i bambini per passare all’interrogatorio dei vari docenti e dei bidelli.
 
“Zio, perché hai risposto male a quelli?” Mi chiese incuriosito dal mio comportamento, mentre saliva in auto.
“Mi stanno tutti sulle scatole.”
“Anche la zia Temari?” Mi chiese sorridendo.
“A volte è una seccatura, ma come potrebbe starmi sulle scatole la mia fidanzata? Non dire alla zia che le ho dato della seccatura, mi ammazzerebbe e non credo che tu voglia avermi sulla coscienza.” Rabbrividendo subito all’idea che il bambino svuotasse il sacco. In tal caso il mio destino sarebbe stato segnato e avevo un sacco di cose da fare prima di essere spedito a far compagnia ai vermi sottoterra.
 “Sarà il nostro piccolo segreto.”
 
Eravamo arrivati a qualche chilometro da casa e dato che un pazzo voleva far del male al mio “nipotino” preferito volevo trovarlo e dargli una bella lezione.
“Ascolta Hiruzen. Io non lavoro più per la polizia, ma ciò non mi vieta di indagare per i fatti miei.
Prima di entrare in classe hai notato qualcosa di strano?” Ripresi, mentre stavo passando davanti alla centrale di polizia.
“No niente di particolare.”
“E una volta entrato nell’aula hai visto qualcosa di insolito?” Chiesi, cercando di memorizzare più informazioni possibili.
“Sopra la cattedra c’era una maschera.”
“Me la potresti descrivere?”
“Era una maschera da Halloween e la indossava il cattivo dell’uomo pipistrello.”
“Joker?”
“Sì esatto.”
“Hai notato qualche altro particolare?”
“Prima di sederci sui banchi ho sentito il ticchettio di un orologio.”
“Un orologio…interessante”
“Sono stato bravo zio?” Mi chiese, sperando di vedermi felice.
“Sei stato molto bravo e ti meriti un bel premio. Cosa ne dici di un bel gelato?” Chiesi, sapendo bene che andava pazzo per i dolci.
“Sì, che bello il gelato.” Urlò come un ossesso, facendomi sorridere. La sua innocenza e la sua purezza erano elementi introvabili negli adulti, ma in un bambino della sua età calzavano alla perfezione.
 
Dopo essere arrivati in gelateria e aver scelto il nostro gusto preferito, ci accomodammo nelle vicinanze della cassa per gustarci tranquillamente il nostro premio.
Stavo leggendo il giornale, quando mi accorsi che Hiruzen stava giocando con l’inserto del quotidiano. Spesso inserivano dei giochi logici per permettere anche ai bambini di divertirsi e mi soffermai su un gioco in particolare che non so perché rievocò in me una sensazione strana.
 
Riaccompagnai a casa la piccola peste e presi a ripensare a quel gioco che avevo visto fare da diversi ragazzini. Era un gioco stupido, privo di senso e consisteva nell’unire in ordine i numeri per formare un disegno o una figura stramba.
I punti che andavano collegati tra di loro erano una banalità, ma non mi spiegavo ancora il perché mi rendessero irrequieto.
Tornai a casa verso le 16 e aspettai che la mia ragazza facesse altrettanto, ma se avessi immaginato cosa sarebbe successo da lì a qualche ora sarei scappato con un biglietto di sola andata in Antartide.
 
“Ciao Temari.” Dissi, mantenendo la mia tipica aria disinteressata.
“Ciao un corno.” Infuriandosi un po’ per quello che era successo la mattina.
“Arrabbiata?” Chiesi fingendomi sorpreso.
“Non sono arrabbiata. Sono furibonda.” Urlandomi contro con rabbia.
“Perché cosa è successo? Chi ti ha fatto arrabbiare? Giuro che se lo prendo lo scuoio vivo.” Immaginavo però chi fosse responsabile di quello che stava succedendo alla mia ragazza.
“Allora vedi di andare al diavolo.”
“Ma che ti ho fatto?” Assumendo un’aria innocente.
“Per colpa tua e della tua aggressività, Gaara si è incavolato con me e mi ha fatto una bella ramanzina sul tuo comportamento.”
“Povero piccolo bambino. Si è arrabbiato perché gli ho portato via il ciuccio?” Chiesi ridendo.
“Non scherzare. È tremendo quando qualcosa non va come vuole lui.”
“Allora dovrà abituarsi a contenere questa rabbia. Io non mi farò mai mettere i piedi in testa da quell’incapace.”
“Perché non riuscite mai ad andare d’accordo?” Mi chiese sbuffando come una vecchia locomotiva a vapore.
“Io vorrei parlare con lui civilmente, ma quel cavernicolo non è mai contento di nulla e poi non mi piacciono i suoi metodi.”
“Per una volta potevi fargli fare quello che voleva.”
“Lui non voleva interrogare quei poveri bambini. Voleva terrorizzarli ancora di più, credendo così di ricavare qualche risposta. Ditemi cosa avete ricavato da quei poveri ragazzi?”
“Zero, non hanno risposto a nessuna domanda. La preside ha confermato che ti ha chiamato per venire a prendere Hiruzen, ma ne lei, ne nessun altro ha notato nulla. Il guardiano notturno non ha visto nessuna ombra e le telecamere non hanno immortalato in faccia quell’uomo. Pensiamo si tratti di uno svitato anarchico, desideroso di rovesciare il sistema.” Riprese, cercando di calmarsi un po’.
“Ecco hai visto, voi dell’Fbi vi siete mossi a casaccio e non avete ricavato nulla.”
“Perché tu venendo a prendere Hiruzen e standotene sul divano per tutto il tempo cosa avresti trovato?” Urlandomi di nuovo contro.
“Ho parlato con calma al piccolo e mi ha riferito qualche dettaglio succoso che voi con la vostra zucca vuota non avreste mai notato.”
“Non ho la zucca vuota.” Offendendosi per la mia esternazione.
“Tu no, ma gli altri agenti sì. Hiruzen mi ha riferito che sopra la cattedra c’era la maschera da Joker di un uomo e che ha sentito il ticchettio di un orologio prima dell’esplosione. Con qualche parola dolce e comprensiva, con molta calma e con un bel gelato ho ricevuto in 20 minuti tutte le risposte che voi non avete ricavato in nemmeno 8 ore di lavoro.” Dissi, scuotendo la testa.
“Joker?”
“Sì la maschera da Joker. Tutti i crimini sono collegati da qualcosa, ma non capisco ancora cosa sia questo movente. Cosa ne dici se iniziamo a cenare? Con tutti i tuoi urli mi è venuta fame.” Mi toccai quindi la pancia e mi alzai dal divano.
“Non ho urlato per nulla.” Cercando, inutilmente, di mostrarsi tranquilla.
“Dillo tu a Naruto, quando verrà qui tra 20 minuti e ti accuserà di disturbo della quiete pubblica.” Guardai verso l’orologio immaginando quello che sarebbe successo di lì a breve.
“Vedrai che non verrà nessuno.”
 
Dopo 20 minuti puntuale come un orologio svizzero, Naruto aveva bussato alla mia porta e aveva riferito che una signora aveva sentito urlare sguaiatamente una ragazza.
“Ciao Naruto, qual buon vento ti porta qui?” Chiesi con calma, ma sapendo bene che era arrivato per un motivo valido.
“La vecchia spiona della vostra vicina vi ha sentiti urlare. Specialmente ha sentito le urla di Temari. Insomma se volevate divertirvi potevate farlo in silenzio.” Guardandomi con malizia.
“Ha urlato perché era arrabbiata con me.”
“Per sta volta passi, ma la prossima sarò più cattivo e non ve la caverete con una ramanzina.” Detto questo uscì dalla porta e tornò in centrale.
Dopo che Naruto si era allontanato, la mia ragazza mi guardava con sguardo truce.
“Hai visto Tem? Urli troppo. Dovresti fare come me. Tranquillità e pace e tutto si risolve.” Tornai quindi a sedermi come al solito su una delle sedie della cucina.
“Tu non sei tranquillo, tu sei un flaccido bradipo addormentato che non si sveglia manco con le cannonate.”
“Hai ragione.”
Una risata cristallina invase la casa,era da tanto che non la sentivo ridere. Lei sempre di corsa, sempre preoccupata per tutto, era felice. Non avrei mai sostituto questo momento con tutto l’oro del mondo, era un momento speciale che andava vissuto a pieno, ma quel pensiero dei punti riprese a torturarmi proprio quando mi stavo avvicinando dopo molto tempo alla pace interiore. Per l’indomani avevo deciso di andare a visitare i sobborghi dove le voci oscure viaggiavano veloci e spesso coglievano di sorpresa persino noi poliziotti.
 

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Capitolo 10
*** Cap 10 ***


Le chiacchierate che avevo fatto con i teppisti di strada non mi portarono quasi da nessuna parte, ma il mio informatore preferito mi aveva invitato a rivolgermi ad una vecchia nemica.
Fu così che andai a far visita a questa persona e con sommo piacere notai che era rinchiusa in una cella della massima sicurezza.
Una guardia mi accompagnò per la visita in quel luogo e dopo poco potei entrare a fare quattro chiacchiere con quella figura che mi aspettava.
“Erin preparati. Hai una visita.” La guardia aveva avvertito per tempo la ragazza che dopo essersi data una veloce sistemata si fece accompagnare alla stanza adibita per parlare. Lei credeva che fossi il suo avvocato, ma restò piacevolmente stupita quando mi vide in quel luogo.
“Ispettore Nara, qual buon vento la porta qui?” Mi chiese con il suo solito sorriso maligno.
“Sono venuto a controllare come vanno le cose con la detenuta che mi ha dato più grattacapi degli altri.” Speravo di riuscire a farla abboccare all’amo, ma sapevo che aveva preso dal fratello una scaltrezza e un agilità mentale quasi invidiabile.
“Finalmente qualcuno che riconosce i giusti meriti al mio lavoro.” Si sedette stancamente su una delle due sedie che erano presenti ed io ricopiai la stessa azione.
“Come vanno le cose qui dentro?” Chiesi notando che la guardia ascoltava dall’interfono le nostre parole.
“Bene. Il cibo fa schifo, i servizi igienici sono a zero e le scazzottate tra balordi sono all’ordine del giorno. Credo comunque che lei non sia venuto qui per conoscere quello che succede qui dentro. Nessuno si è mai preoccupato delle condizioni di questo posto ed eccoci come spazzatura a girovagare senza meta.”
“Hai ragione. Detesto ammetterlo, ma ho bisogno del tuo aiuto.” Dissi sbuffando e prendendo il block notes dalla tasca dei pantaloni.
“Cosa ci guadagno in cambio delle informazioni che le sto per dare?” A questo mondo non si fa nulla per nulla e se volevo informazioni avevo bisogno di farmela amica.
“Se non sbaglio sei stata condannata per l’omicidio di molte persone e per il tentato omicidio nei miei confronti. Il giudice ha accettato le mie condizioni e ha deciso di eliminare quest’ultima parte dalla tua accusa. Considerando anche che hai eliminato persone non proprio pulite, abbiamo deciso che avrai diritto ad uno sconto di pena che va dai 4 ai 7 anni. Tutto dipenderà da ciò che riesci e che vuoi dirmi.” Lei ascoltò con molto interesse quelle parole e dato che ritrovarsi a scontare 23 anni anziché 30 era un grosso vantaggio annuì decisa con il capo.
“Il nemico del mio nemico è mio amico. Cosa vuole sapere?” Mi chiese osservandomi con impazienza.
“Leggi qui.” Presi tutti gli articoli che ero riuscito a rinvenire sugli omicidi della città e lei prese a leggerli con interesse.
“Interessante. Avevo già sentito di una storia simile anni fa e anche Orochimaru ne era rimasto affascinato, ma purtroppo non credo di esserle molto d’aiuto.” Fortunatamente non mi interessavano i fatti del passato, ma quelli del presente.
“Cosa sai dirmi di un certo Paul Epson?” Notai che prese a massaggiarsi la testa cercando di far rievocare più ricordi possibili.
“Parla del Paul Epson che lavora alla radio?” Conosceva poco la situazione al di fuori di quel luogo, ma anche dietro le sbarre le voci correvano veloci.
“Sì proprio lui.”
“Aveva lavorato per mio fratello anni fa, ma era un tipo davvero strano. Ricordo solo che bruciò metà dei nostri soldi per aver completato una missione e poi sparì nel nulla.”
“Pensi che possa essere legato in qualche modo con questa storia?” Chiesi osservando la ragazza.
“Potrebbe essere stato lui. Sapeva bene come utilizzare armi da fuoco e cose simili e mi sembra che ci fosse qualcuno nella sua famiglia che era stato zittito per proprietà terriere.” Annotai velocemente quell’informazione improvvisa e annuii con vigore. Quella giornata non stava andando sprecata, ma mancava ancora qualcosa per incolparlo dell’accaduto.
“Cosa guadagnerò da queste informazioni?” Mi chiese prima che uscissi dalla stanza.
“I 7 anni ti saranno tolti come stabilito e chiederò al giudice un trattamento di favore nei tuoi confronti e di dare una controllata a questo posto.” Vidi che la ragazza era sollevata da quelle proposte e uscii dalla stanza. Io avevo guadagnato informazioni utili e lei avrebbe passato gli ultimi anni con qualche pensiero in meno.
 
Uscii dal carcere e ripensai al sogno e al disegno del piccolo Hiruzen e non capivo perché, ma una vocina insistente continuava a dirmi che le faccende, seppur diverse, erano in qualche modo legate.
Mio padre parlava di punti che mi avrebbero aperto la via della risoluzione del caso e Hiruzen univa dei punti per formare un disegno.
Un attimo, ma se al posto del disegno si volesse far comparire una parola? Il procedimento è simile ed anche elementare, ma cosa centrano i pochi delitti commessi dal Joker con una parola?
 
Tornai a casa in fretta e cercai per un po’ il vecchio fascicolo che mi ero portato dietro dall’ufficio prima di essere licenziato.
Colto da un lampo improvviso ricontrollai i vari casi relativi al suo Joker, ma purtroppo mio padre non aveva scritto i luoghi degli omicidi.
Decisi quindi di prendere l’auto e di andare negli archivi dove venivano catalogati le prime pagine dei quotidiani. Fortunatamente il fascicolo con tutti gli omicidi era ancora ben conservato e trascrissi sul mio block notes tutti i luoghi dei delitti.
 
30 anni fa quel pazzo aveva colpito, secondo molti, senza seguire una logica, ma anche mio padre sapeva che era lucido e che tutto era delineato da un piano che neppure i miei genitori capirono mai.
 
Consultai quindi una mappa cittadina ed in ogni luogo colpito dal Joker posizionai un puntino e così facendo ecco risolto il mistero. Il nostro uomo voleva portare avanti la vendetta del suo predecessore e seguiva lo stesso schema e lo stesso metodo di quell’uomo. Unendo tutti i punti in modo corretto ecco che compariva il nome e il cognome di una persona quasi completo. Infatti per nostra fortuna mancava ancora un luogo per completare definitivamente il cognome di quella persona.
Era la mia ultima possibilità, infatti non potevo sapere se il nostro uomo avrebbe continuato a seminare terrore, oppure se terminato il suo obiettivo si sarebbe calmato.
Il nome che compariva dalla mappa era quello di Ronald Epson che era imparentato proprio con la famiglia Epson che aveva reso la mia vita e quella di mio padre un inferno.
Ronald Epson era il padre di Robert Epson e quindi Paul Epson era suo nipote. I conti tornano, una vendetta di famiglia, organizzata e ideata prima dal figlio e poi dal nipote.
Sapevo poco di questo Ronald se non che era un contadino morto a 60 anni misteriosamente, anche se molti credono che siano stati membri del governo a tappargli la bocca.
 
La terra della fattoria degli Epson era proprio nel bel mezzo di un’area destinata allo sviluppo e al progetto di una fabbrica: la Frank Company. Il signor Epson si era sempre opposto a tutto ciò e aveva attaccato gli operai con un fucile, prima che un poliziotto aprisse il fuoco per ucciderlo. Morto Ronald nessuno ebbe la forza di opporsi e la loro famiglia fu costretta a ricostruire la loro vita altrove.
 
Sapevo che il Joker se voleva porre fine allo schema doveva agire l’indomani e che avrebbe colpito proprio la fabbrica che lui tanto odiava. La fabbrica che gli aveva portato via ogni cosa. Il nonno era morto coraggiosamente e il padre tormentato dalla vendetta aveva finito con il trascurare i figli.
 
Pensai e ripensai per tutta la giornata ad una strategia valida e a quando avrebbe potuto colpire il direttore della fabbrica. Era ovvio che il suo obiettivo fosse il pezzo grosso di quel posto e probabilmente avrebbe colpito all’ora di pranzo, quando la sicurezza abbassava la guardia e quando la segretaria andava a pranzare.
Non potevo correre il rischio di sbagliarmi, sarei passato per un’idiota e non avrei sopportato le critiche dei giornalisti per un errore. Avevo deciso che sarei andato da solo e che con un po’ di fortuna tutto sarebbe andato per il meglio.
Quella notte dormii beatamente, pensando di tanto in tanto alla mia strategia, cancellando e riscrivendo mentalmente le azioni da compiere.
 
Intanto a qualche chilometro di distanza, nella sua casa il Joker stava esaminando per un’altra volta il suo operato nella scuola, maledicendosi per non aver portato a termine il suo lavoro.
 
“Ho sbagliato? Sul serio? L’angelo dalle ali bruciate li ha salvati.
Tu te ne sei andato troppo giovane e non ti ho mai conosciuto, mentre lui era sempre distante assettato dalla sua idea di vendetta che ha corroso i nostri cuori.
Non ho mai perdonato le persone che ci hanno fatto del male e non mi pentirò delle mie azioni.
Tutti credono che io sia pazzo. Illusi la pazzia è la mia vera essenza. La maschera che indosso fa vomitare, ma tutte le facce sono putride. Avevo perso tutto, lui  non esisteva più e sono cresciuto da solo con mio fratello e con mia madre.
Il mio fratellone era un rammollito che non faceva altro che ripetermi di perdonare e di porgere l’altra guancia.
Lui era un santarellino, io invece sono diventato il diavolo. La vendetta mi ha accolto e ha macchiato il mio buon cuore? No il mio cuore era già macchiato.
Tutti mi stavano lontani, ero la pecora nera, il reietto, l’escluso, colui che non avrebbe mai avuto uno scopo nella vita. Si sbagliavano, il mio scopo l’ho trovato ed è quello di riabilitare il nome della mia famiglia. Non sono come quell’idiota di Orochimaru
Qualche anno fa il serpente e la sua adorata sorellina Erin mi hanno proposto di unirmi a loro, ma la missione che avevano da portare a termine non era la mia. Loro erano avidi, assetati di potere e di fama ed io invece non ne ero interessato. Loro uccidevano per divertimento e per riempirsi il portafoglio, io invece lo facevo per vendetta.
Mi avevano ordinato di tenermi lontano dai loro affari. La città sarebbe diventata di loro proprietà? Uno è andato a fare compagnia ai vermi sottoterra e l’altro sta guardando il sole a strisce. Il caos e l’odio governeranno incontrastati e tu verrai ricordato come un martire.
Anzi no.
Ti odio e odio pure il tuo comportamento. Tu che professavi amore e perdono, tradito dal tuo credo. Anche in punto di morte hai chiesto agli altri di non odiare, ma di amare e di perdonarli. Ti sei dimostrato come un debole, povero vecchio. Avevano ragione a darti del vecchio montanaro credulone. Tu hai sempre visto del buono in qualunque cosa, ma ora dimmi come puoi vedere del bene e del giusto nell’odio, nella morte, nella vendetta e nell’indifferenza?
Cosa hanno fatto, mentre tu agonizzante riempivi per l’ultima volta i tuoi polmoni? Ti hanno schiacciato con i loro bulldozer e non ti hanno neanche salvato dalla morte. Ti hanno mostrato indifferenza e tu come un fesso ti sei fidato di loro e sei crollato.
Quello che mi ha fatto vivere per  anni, non è l’amore e il perdono, ma la consapevolezza che questa città deve pagare e pagherà per tutto il male che mi ha arrecato.
Il tuo amico Henry morto suicida. Il governo come può pensare che un uomo di 70 anni sia in grado di ricominciare da zero?
Per non parlare di Carl, morto anche lui, come te, combattendo per una zolla di terra. E ti ricordi di Elenoire? Morta alcolizzata 20 anni fa a causa di un dolore che ha cercato di dimenticare.
Xavier invece rimasto solo è stato costretto a stare sotto i ponti e a chiedere qualche soldo per vivere.
Ecco questa è la fine che hanno i vecchi che combattono per qualcosa. Vengono spazzati via dalla tempesta e la loro voce non riecheggerà in eterno.
La mia voce e quella di tutti coloro che vogliono vendetta resterà nei libri di storia. Io sono colui che darà voce a coloro che non hanno voce.
E voi verrete ricordati come dei falliti, verrete dimenticati, questa è la fine che si meritano i deboli e i vigliacchi come voi. ”
 
FLASHBACK
 
“Ciao Paul saresti un agente perfetto per la nostra società.”Sibilò quel serpente odioso.
“Non mi interessano i vostri piani Orochimaru. Tu non hai un obiettivo e questo ti porterà a fallire.” Pronosticando la sua fine.
“Pensa volevo proporti un posto come braccio destro e tu rifiuti così?”
“Odio la gente come voi, il vostro unico interesse è il denaro.”
“Ascolta volevo proporti un omicidio. Il signor Trent mi deve 20 milioni di dollari, ma è troppo che aspetto. Se porterai a buon fine questa missione ti lascerò in pace e premierò la tua scelta con un regalo. Dimmi cosa desideri?” Fingendo di non aver sentito bene ciò che Paul gli aveva riferito.
“La metà del bottino.” Guardandolo con odio e disprezzo.
“Affare fatto, allora?” Porgendogli la mano perché la stringesse, ma Paul restò fermo guardandolo schifato.
“Certo. Dimmi solo quando, dove e come.”
“Domani nella villa fuori città con un fucile da caccia.”
“Bene a domani.” Paul voleva far capire ad Orochimaru che forse aveva bisogno di un aiuto, ma il serpente al contrario non era propenso ad affidargli uno dei suoi fedeli assistenti.
“Lavorerai da solo e prendi le chiavi della casa.” Lanciandogli il mazzo e cercando di uscire dalla stanza.
“E il bottino?”
“Martedì all’interno dell’ospedale abbandonato.”
 
“Fu così che il giorno dopo entrai nella villa di Trent e lo uccisi. Bellissima sensazione, ero diventato un’entità superiore che decide come e quando porre fine alla vita. Io ero colui che poteva recidere il fiore della vita con un proiettile e mi sono sentito potente.”
 
Fu così che il martedì successivo mi presentai nel luogo prescelto per riscuotere i soldi.
“Paul con tutti questi soldi cosa ci compri?” Mi chiese con curiosità.
“Io sono un tipo dai gusti semplici. Mi piacciono la dinamite, la polvere da sparo e la benzina.” Versai una tanica di benzina e la rovesciai sul denaro.
Che bella sensazione è stata bruciare quei soldi alla faccia di Orochimaru ed Erin.
“Ma cosa?” Avvicinandosi verso il rogo.
“Fermi lì. E sai qual è la cosa che hanno in comune? Costano poco.”
“Hai detto che eri un uomo di parola…”
“Ah lo sono. Infatti brucio la mia metà. A voi importa solo dei soldi, questa città merita un criminale di maggior classe ed io sono pronto a darglielo. Dì ai tuoi uomini che lavorano per me adesso. Questa città è mia.” Presi quindi il sigaro che stavo fumando e lo gettai sopra con stizza e noncuranza.
“ Non lavoreranno per un mostro.” Esternando il suo odio e rancore nei miei confronti
“Un mostro? E se io adesso ti taglio a pezzetti e ti do in pasto ai tuoi mastini? Così vediamo quanto è veramente fedele un cane affamato. Non si tratta di soldi, si tratta di mandare un messaggio. Tutto brucia.” Estraendo un coltello e uscendo velocemente dall’ospedale.
 
Orochimaru uscì da quel posto infuriato, ma non ci incrociammo mai più. Questo era nei patti, anche se alcune volte provai la forte sensazione di ucciderlo, ma quel serpente aveva degli scagnozzi troppo preparati per cadere in una trappola.
 
FINE FLASBACK
 
La notte per il Joker passò velocemente, ma in tutta la sua strategia aveva dimenticato di inserire brutte sorprese che avrebbero potuto guastare il suo piano.
 
“Entrare in quel posto sarà una bazzecola. A mezzogiorno la sicurezza e la segretaria sono in pausa pranzo e la vecchia porta sul retro sarà ancora scassata da mesi. Tutti sanno che il direttore è un tirchio e non riparerebbe mai nulla, pur di non impoverirsi. Vediamo un po’. Entrando da quella porta, devo percorrere tutto il corridoio, per poi fare le rampe di scale che mi porteranno ad un altro corridoio. Devo percorrerlo fino in fondo ed ecco la porta del grande capo.
Quell’idiota non si è nemmeno dotato di un sistema di sicurezza, niente telecamere, niente bodyguard. Sarà un gioco da ragazzi ucciderlo e uscire come se nulla fosse successo.” Osservando una vecchia mappa.
 
Dopo aver preparato tutto l’armamentario per uccidere il direttore, chiamò in ufficio chiedendo un giorno libero e prese la macchina diretto verso la Frank Company.
A distanza di qualche minuto anche il suo carissimo mortale nemico si stava avvicinando a tutta velocità verso la fabbrica.
Sarebbe stata una questione di fortuna e di pochi attimi e il loro futuro si sarebbe giocato su un sottile filo di rasoio. Un errore e tutto sarebbe andato in fumo.
Per il killer avrebbe significato un fallimento e sarebbe stato vergognoso concludere la propria attività quando mancava poco per concludere definitivamente la questione.
L’altro invece si giocava l’ultima possibilità di riprendersi il posto e un fallimento avrebbe significato umiliazione e disperazione.
 
Mancava poco e la sfida finale sarebbe iniziata e solo colui che avrebbe manifestato motivazioni più forti e sincere avrebbe avuto la meglio.
 

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Capitolo 11
*** Cap 11 ***


Il direttore era impegnato come ogni giorno a firmare carte e a controllare la contabilità e quindi non si accorse nemmeno che era arrivata l’ora di pranzare. La segretaria e la sicurezza invece non aspettavano altro che allontanarsi da quel vecchio diavolo. Era perfido come pochi e non concedeva mai né giorni di permesso, né giorni di ferie. Nemmeno quando i suoi dipendenti erano malati oppure avevano un impegno della massima importanza era propenso a concedere periodi di libertà.
 
Inoltre era sordo e sentiva le persone solo quando esse erano a non meno di 3 metri e molti si chiedevano perché non avesse lasciato il posto a qualche parente o al suo vice.
 
“Buongiorno signor Kradford.” Disse con voce roca e sibilante
L’anziano signore si girò di colpo e rimase stupefatto e incredulo quando si ritrovò davanti un uomo con la maschera da Joker.
“Chi sei tu? Ma cosa più importante come sei entrato qui?” Chiese con ansia e preoccupazione.
“Si è dimenticato della mia famiglia?”
“Quale famiglia?”
“Mi dispiace che non si ricordi di mio nonno. E pensare che era un suo amico.”
“Tuo nonno?”
“Sì mio nonno.”
“Non sarai mica il nipote di Ronald?” Stupito per quella rivelazione inaspettata.
“Esatto sono il nipote di colui che ha tentato di fermarla e che lei ha annientato. È inutile che cerchi di scappare. Dovrebbe saperlo che la sua segretaria e la sicurezza sono in pausa, ma detto fra noi a nessuno interessa di lei.” Bloccandolo prima che riuscisse ad uscire dalla porta.
“Da dove sei entrato?”
“Crede davvero che glielo dirò? So che sta facendo tutto questo per accumulare tempo prezioso.”
“Non è vero.” Rispondendo con fermezza e guardando il nemico con orgoglio.
“Inutile negarlo, ma glielo dirò. La porta sul retro è rotta da mesi e lo so perché lei è un vecchio tirchio che non spenderebbe mai denaro prezioso.”
“Maledetto…”
“Sa perché sono qui?”
“No.”
“Lei ha ucciso mio nonno e la mia famiglia e quindi ti farò da boia, giuria e giudice. Lei ha ucciso una persona ed io ne ho uccise almeno una decina. Lei sarà il prossimo della lista.”
“Si può sapere cosa vuoi?”
“Non è quello che voglio che ti deve preoccupare, ma quello che non voglio che ti deve spaventare.”
 
Il Joker con un balzo felino si era avvicinato al direttore e gli aveva puntato la lama del coltello alla gola.
“Qualche desiderio prima di tirare le cuoia?”
“Ti prego abbi pietà…” Mostrandosi indifeso e con le lacrime agli occhi.
“Se non rispondi la considererò una risposta negativa.”
“…”
“Te lo ripeto, esprimi il tuo ultimo desiderio.”
“Ti vorrei vedere dietro le sbarre.”
“Mi dispiace non posso esaudire il suo desiderio.”
 
Il Joker non si era accorto che alle sue spalle un’ombra veloce e furtiva si era avvicinata e che gli aveva puntato una pistola alla tempia.
 
“Lascialo andare Paul se non vuoi che ti riempia la testa di piombo.”
“Complimenti ispettore. Come ha fatto a capire che ero io il killer?”
“Credi che perderò tempo a spiegartelo?”
“No.”
 
Paul lasciò la presa dal direttore e con un rapido movimento, mi colse di sorpresa, e si avventò contro di me con il suo coltello, ferendomi ad una spalla. La sua furia era cieca e colpiva a casaccio. Urlare sarebbe stato totalmente inutile e nessuno avrebbe mai avvertito le nostre richieste d’aiuto.
Schivai il secondo fendente sperando nel frattempo di avvicinarmi alla mia arma che era caduta a terra nel momento del primo attacco. Il terzo fendente era destinato allo stomaco, ma spostandomi riuscii a farmi colpire alla coscia.
Ero ancora troppo lontano dalla mia pistola e il direttore era troppo spaventato per compiere qualsiasi azione significativa. Non potevo rischiare che anche lui morisse, sarebbe stato un testimone perfetto per condannare il colpevole e con il suo aiuto non sarebbe mai più uscito dalle celle di massima sicurezza.
Con il quinto fendente riuscì a lacerarmi la milza e a farmi crollare a terra. Mi ero avvicinato ancora un po’ alla mia arma, era questione di centimetri e sarei riuscito a riprenderla.
Nel frattempo lui era pronto a colpirmi con un ultimo fendente, ma proprio quando sembrava quando si era avvicinato al mio corpo, riuscii a recuperare la pistola, facendo esplodere un colpo che colpì la gamba destra, lasciandolo a terra in preda al dolore. Mi avvicinai a fatica al suo corpo, presi il coltello e lo ammanettai alla gamba di un tavolo, in attesa che arrivassero i soccorsi.
 
“Signor Kradford, ha chiamato… la polizia?” Chiesi dopo quella lotta furibonda
“Appena mi sono liberato ho fatto scattare l’allarme e ciò significa che in pochi minuti gli agenti saranno qui. Grazie mille, signor?”
“Nara.” Faticai parecchio a rispondere, ero veramente stanco.
“Nara? Ma guarda te le coincidenze della vita. Ho conosciuto suo padre ed è stato lui a salvarmi la vita 30 anni fa e ora il futuro si ripete di nuovo.”
“Ne… sono… felice.” Sospirando e sbuffando per le ferite che Paul mi aveva causato.
“Ma lei è ferito.”
“Non è… nulla.”
“Dovrebbe farsi vedere da un dottore quanto prima.”
“Lo farò… non appena… la polizia sarà… arrivata.”
“Ma potrebbe volerci molto tempo e non so se resisterà fino ad allora.”
“Non è nulla… ho resistito… a ferite più… serie.” Cercai di rassicurare quell’uomo che si era comportato alla perfezione in quel frangente.
“Mi dispiacerebbe se morisse a causa mia.”
“Non succederà. Non sono così… malmesso da rischiare la vita.”
 
Dopo 10 minuti la polizia e l’Fbi erano arrivati e furono alquanto sorpresi nel vedermi nell’ufficio del signor Kradford.
 
“Shikamaru.” Urlò Temari, vedendomi seduto alla poltrona dove di solito stava il direttore e vedendomi stanco.
“Ciao… Temari.” La salutai con fatica.
“Cosa è successo qui?” Mi chiese Gaara.
“Benvenuti… signori. Capitano Gaara… quello è il suo uomo, se avrà… pazienza le spiegherò… come sono risalito al killer. Vi consiglio… di portarlo in ospedale. Non so se la ferita… sia grave o meno.”
“Anche lei dovrebbe farsi visitare.” Riprese il federale, notando che non avevo una bella cera.
“Non credo… che sia… grave la faccenda.”
“Non sta a te deciderlo.” ruggì Temari.”
 
Il direttore non aveva chiamato i soccorsi e quindi quando arrivò l’ambulanza le nostre condizioni erano critiche.
Paul Epson era stato ferito alla gamba destra, ma le sue condizioni non suscitavano preoccupazione. Il breve intervento a qui era stato sottoposto era perfettamente riuscito ed ora era sotto flebo e drogato dai calmanti.
Nonostante fossi riluttante all’idea di andare in ospedale, venni costretto dalla mia fidanzata a farmi controllare dai dottori.
Il medico che controllò la mia situazione era infuriato per il fatto che non mi fossi presentato prima.
Venni operato e dopo che fu passato l’effetto delle medicine feci quattro chiacchiere con Kevin.
“Signor Nara, si direbbe che si diverta molto a ferirsi.” Ghignò.
“Divertente Kevin. Si può sapere cosa mi avete trovato?”
“Per prima cosa, sarebbe stato meglio che lei si fosse fatto controllare un po’ prima. Comunque le ferite alla spalla e alla coscia erano serie, ma non mortali…”
“Lo sapevo che sono venuto per nulla.” Sbuffai, ripensando a tutto il lavoro che avevo a casa.
“Non direi che non avrebbe rischiato nulla. Se non fosse venuto, sarebbe potuto morire dissanguato. La ferita alla milza era veramente seria e se non avessimo provveduto con un’operazione chirurgica, lei sarebbe morto in pochi giorni a seguito del dolore.”
“Cavolo.”
“Se non voleva celebrare il suo matrimonio, questa era la soluzione migliore.” Versandomi un po’ d’acqua in uno bicchiere.
“Ti prego, non dirlo alla mia ragazza. Sarebbe capace di farmi male e sono sicuro che non vorresti mai avermi sulla coscienza.” Chiesi con sguardo supplichevole.
“Scusami amico, ma lo sa già. Una delle infermiere che è venuta a somministrarti le medicine l’ha avvertita delle tue condizioni e credo che sia fuori dalla porta in attesa che tu la chiami dentro.”
“Accidenti. Quanto è durata l’operazione?”
“L’operazione chirurgica è durata 2 ore e si è risvegliato dopo altre 2 ore di riposo. Direi che sei qui dentro da circa 5 ore.”
“Così tanto?” Chiesi, guardando l’orologio posto all’altro lato della stanza.
“Già.”
“Ascolta Kevin, appena esci, chiama Temari e dille di entrare. Tanto vale affrontarla adesso che tra qualche ora. Scappare dai problemi non è mai la soluzione e se scappassi sarebbe capace di cercarmi per tutto il mondo per poi farmi fuori.”
 
Appena il dottore fu uscito, la mia ragazza entrò come una furia e questa volta una scusa qualunque non sarebbe bastata per salvarmi la pelle.
 
“Bene Shikamaru, anche questa volta hai fatto tutto di testa tua.”
 
Quando lei mi chiamava con il mio nome era un brutto segno, spesso usava qualche vezzeggiativo o altri nomignoli assurdi, ma questa volta la faccenda era terribilmente seria.
 
“Ecco…io…” Spaventato come ero per la situazione che si era creata, balbettavo come un’idiota.
“Non hai avuto fiducia in noi.” Riprese, lanciandomi un’occhiataccia.
“No ti sbagli. Io mi fido molto di voi è che questo faceva parte di un mio piano.”
“Tu e i tuoi piani del cavolo. Quando ho deciso di sposarti, mi sono innamorata di te non dei tuoi piani e ti ho promesso che ti sarei sempre stata vicino.”
“Tecnicamente quanto detto vale solo al momento del matrimonio…” Ripresi, cercando di farmi sentire meglio.
“Zitto. Dimmi una cosa. E se per caso il tuo piano fosse fallito?” Mi ordinò con rabbia.
“Impossibile, avevo una percentuale di riuscita pari al 90% e quindi…”
“Tu non capisci un accidenti. Non mi importa della percentuale di successo. Mi importa della percentuale di insuccesso. Non voglio più vederti qui dentro. Non voglio diventare vedova dopo pochi mesi.” Guardandomi triste.
“Non hai fiducia nelle mie capacità? Eppure mi sembra…”
“Ti ho dimostrato più volte che tu hai la mia completa fiducia, ma per una volta prova a metterti nei miei panni. Nell’arco di un anno sei finito in ospedale 3 volte. La prima a causa di Orochimaru, la seconda a causa di un taglio alla schiena ed ecco la terza. Come credi che mi senta nel sapere che tu rischi così tanto? Io non vivo tranquilla. Ho sempre paura che ti succeda qualcosa e spero che ogni volta che suona il telefono non sia a causa tua.”
“Scusami Tem, ma io sono fatto così…”
“Se pensi che la faccenda sia conclusa, ti sbagli. Io tengo troppo a te e non voglio perderti per un azzardo. Se tu morissi mi lasceresti da sola, di nuovo, e non vedresti mai crescere Hiruzen. Dimmi è questo quello che vuoi?” Mi chiese lanciandomi contro tutta la sua frustrazione.
“Lo sai anche tu che tengo molto a voi…”
“Dimmi perché rischi così tanto. Se io fossi al tuo posto, tu come ti comporteresti?”
“Il rischio è la mia natura e finché sarò a questo mondo, non ti succederà mai nulla.”
“Perché nel caso Orochimaru non ci hai avvertito? Non avresti rimediato una pallottola in pieno petto. Per non parlare di Erin, se non fosse stato per il mio intervento a quest’ora piangerei sulla tua tomba. E se per caso il nostro Joker, sapendo che Shikaku aveva sconfitto suo padre, si fosse vendicato su di me? Tu la fai troppo facile. Ti odio quando fai così.”
 
Non aveva mai detto di odiarmi e anzi spesso assecondava le mie intuizioni. Non immaginavo di averla fatta soffrire così tanto a causa della mia ottusità. Non avevo pensato che ero io la causa della sua preoccupazione. Sono veramente uno stupido. Lei tiene a me e io ogni volta do tutto per scontato.
 
“Hai ragione Temari, mi dispiace di essere così incosciente.” Ripresi, osservandola con amore.
“L’hai capito finalmente.”
“Non posso rinunciare a voi e specialmente a te. Tu sei il tesoro più bello e sei il mio bene più prezioso. Non potrei mai permettermi che ti accada qualcosa. Se voglio essere un buon marito e in futuro un buon padre, non posso e non devo più fare l’idiota. Non voglio che tu e i miei figli cresciate senza di me, io vedrò di essere sempre presente e ti prometto che cercherò di renderti partecipe delle mie scelte.”
“Speriamo che queste promesse abbiano un seguito.” Mostrandosi parecchio scettica.
“Mi sei mancata seccatura.” Porgendogli un abbraccio che lei accettò volentieri
“Come scusa?”
“Mi sei mancata Temari.”
“Avevo sentito seccatura. ” Puntualizzando su quello che aveva sentito e facendomi capire che il suo udito era uno dei migliori.
“Te lo sarai immaginato.”
 
Dopo molti giorni fitti di impegni finalmente rincontrai le sue dolci labbra e sarei rimasto così per sempre.
Purtroppo quando si è partecipi di un momento bellissimo questo svanisce in un attimo e sapevo che avrei dovuto spiegare i particolari del caso agli agenti e al sindaco che aspettavano fuori dalla porta.
 

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Capitolo 12
*** Cap 12 ***


“Temari. Credo che dovresti far entrare il sindaco e Gaara. Saranno impazienti nel sapere come ho risolto il caso.” Invitai la mia ragazza ad aprire la porta per far entrare le due figure.
 
Dopo pochi istanti i due signori entrarono nella stanza e si sedettero sulle sedie che erano a disposizione della stanza.
“Prima di iniziare. Devo chiederle di riprendere servizio. Ho sbagliato ad allontanarla, ma spero che possa capirmi.” Mi disse Kakashi, guardandomi con imbarazzo
“È inutile dire che accetto le sue scuse e la capisco. La prossima volta veda di aver maggior fiducia nelle nostre capacità. Altrimenti mi vedrò costretto a cambiare centrale.”
“Bentornato in servizio Capitano e tenga il suo distintivo e la sua arma.”
“Bene con il suo permesso inizierò ad esporvi la soluzione del caso. Credo che gli agenti federali abbiano un po’ di fretta, ma vedrò di essere veloce e preciso. Se avete qualche dubbio, interrompetemi pure.”
 
Iniziai così ad esporre i fatti e tutte le considerazioni che, fino a quel momento, avevo tenuto segrete.
 
“Dunque il colpevole è Paul Epson che ha ucciso nelle ultime settimane diverse persone innocenti.
La prima vittima era la signora Pucket che è stata presa alle spalle e che non era riuscita nemmeno a difendersi dal suo assalto. Se vi state chiedendo se quello che ho organizzato è una trappola, ebbene ne resterete sorpresi.
Il nostro uomo aveva affermato che al momento del delitto era malato con la febbre, ma dopo aver consultato diversi medici e dottori, loro hanno confermato le mie perplessità. Nessun Epson era andato in uno studio a farsi visitare e non compariva nessuna ricetta a suo nome. Aveva compilato una scheda falsa e quindi aveva mentito. Ma perché mentire se si è innocenti? La cosa non avrebbe senso e quindi era chiaro che fosse implicato in qualche modo nella faccenda.
La seconda vittima era il signor Morrison, assassinato nei bagni del centro commerciale. La scientifica non aveva trovato alcun risultato e le uniche testimonianze erano quelle del direttore e della persona che si era scontrata con il killer e che quindi aveva rinvenuto il corpo senza vita di quel povero disgraziato. Quando gli chiesi dove fosse all’ora del delitto, mi disse che stava giungendo in radio, ma chiedendo a qualche suo collega capii che stava mentendo di nuovo.
La terza vittima era il signor Hoodson allo stadio, il quarto era il signor Kull colpito al cinema, il quinto doveva essere qualcuno della classe dell’istituto Freud e il sesto il signor Kradford direttore della Frank Company.
Fino a qui tutto chiaro. Il metodo che ha seguito il vostro uomo è un metodo particolare che ha a che fare con un caso risolto 25 anni fa da mio padre Shikaku Nara. Il padre di Paul aveva ucciso un sacco di persone per vendicare il nome del signor Ronald Epson che non è altro che il nonno del killer. Avevo capito quasi subito che la famiglia Epson era responsabile di questi delitti, ma incolpare qualcuno senza prove non è corretto nel nome dell’innocenza fino a caso contrario. Mi sarei potuto sbagliare e non potevo correre un simile pericolo, altrimenti il caso e le testimonianze raccolte sarebbero andate a farsi benedire.
Era infatti da qualche giorno che avevo deciso di uscire dai giochi per avere tempo da dedicare a qualche indizio e a qualche traccia che ormai stava diventando flebile.
Ho messo in atto lo stratagemma del mio licenziamento solo per questo e anche per fargli capire che ormai non correva più pericoli, avendomi eliminato dai giochi.
Così ho capito molte cose della sua famiglia e ho trovato il nome di questo Ronald.
Il povero Ronald è stato costretto dallo Stato ad abbandonare la sua fattoria, perché il governo voleva costruire la Frank Company e perché voleva farci passare strade e costruire abitazioni.
Quando quel povero signore ha alzato la voce lo hanno azzittito e hanno potuto fare ciò che desideravano di quel posto. Hanno raso al suolo la fattoria, ma i parenti hanno promesso di vendicarsi. Robert Epson ha commesso 43 delitti prima di essere catturato e aveva tracciato una parte della sua vendetta, lasciando ad uno dei 2 figli il proseguo del suo piano. Il maggiore non era interessato a questo e lasciò l’incarico al minore che ne fece quasi una questione di principio.
Paul colpendo nei posti dei delitti voleva completare quest’opera familiare.”
“Cosa volevano ottenere?” Mi chiese il capitano Gaara, mentre stavo prendendo un bicchiere d’acqua.
“Come vi ho detto prima, il loro era un desiderio di vendetta. Infatti, Capitano Gaara se lei prendesse i luoghi dei delitti di 30 anni fa e li inserisse in una mappa cittadina con quelli di Paul verrebbe fuori il nome di Ronald Epson. Volevano marchiare a fuoco il nome del nonno nella città, ma credo che l’intento del nostro killer oltre ad un minimo di vendetta familiare fosse quello di distruggere tutto.
Non voleva risollevare il nome della sua famiglia, voleva solo macchiare il nome di questa città con il sangue.”
“Non aveva bisogno di complici?” Mi chiese il sindaco, guardandomi sorpreso per quello che stava diventando, dopo le mie parole, un caso dalla semplicità disarmante.
“Certo che no. Anzi non mi stupirei che dietro a qualche delitto nei sobborghi della città non ci sia la sua mano. Nella sua vendetta non rientrava l’alleanza con qualche piccolo teppista o delinquente.
Se non avete altre domande credo che il caso possa essere finalmente archiviato. Non crede anche lei signor Gaara?”
“Ha ragione Capitano e mi scuso se ho tenuto un comportamento impossibile in qualche frangente nei suoi confronti.”
“Credo che ci siamo comportati tutti e due come dei bambini troppo cresciuti e quindi tregua?” Proposi, allungando la mano e aspettando che la stringesse.
“Sì direi che più di una tregua. Se in futuro avessi bisogno delle sue doti, cosa ne penserebbe di collaborare con me e l’Fbi.” Mi propose.
“Se non riuscisse a venirne a capo, vi offrirò il mio aiuto. Ma lo stesso discorso vale anche per la nostra centrale. In caso di necessità potrò farmi aiutare dalle sue capacità?” Chiesi, ben sapendo che le sue capacità intellettuali erano pari o inferiori a quelle di un vecchio chiodo arrugginito.
“Ci conti Capitano e ora con il suo permesso vedrò di accompagnare quel farabutto davanti ai miei superiori. Saranno loro a decidere cosa farne, ma credo che la punizione da infliggere sia già scritta da tempo. Arrivederci.” E detto questo uscì dalla porta
“Credo che accompagnerò il signor Gaara nei miei uffici prima che risolva la questione federale. Arrivederci Capitano Nara. Veda di rimettersi in fretta. Abbiamo bisogno di lei.” Anche il sindaco varcò la soglia e accompagnò Gaara ai suoi impegni.
“A presto signori, vi auguro una buona giornata.” Salutai e mi distesi di nuovo a letto.
 
Dopo che i due signori furono usciti dalla mia stanza, la mia ragazza mi stava guardando sconcertata.
 
“Dovresti spiegarmi da quando hai messo da parte il tuo caratteraccio.”
“Ho avuto molto tempo per pensare e riflettere e se vogliamo essere una buona famiglia ho bisogno che tuo fratello cambi opinione su di me. Nonostante tempo fa odiassi ammetterlo, noi due siamo molto simili. Entrambi odiamo le ingiustizie e vogliamo la felicità della stessa persona.”
“Molto simili, ma se fino a un mese fa lo odiavi.” Affermò scettica
“Se fossi stato nei suoi panni avrei odiato chiunque si fosse avvicinato a mia sorella. È per questo che capisco il suo comportamento, ma spero di poter diventare suo amico.”
“Sei diventato più maturo in questi ultimi giorni e ne sono felice.”
 
Uscito dall’ospedale ripresi a lavorare assicurando alla giustizia i criminali e i teppisti che non rispettavano alla legge e fui sempre presente in ufficio. Mi allontanai solo qualche giorno durante luglio quando decisi di assistere al processo a Paul Epson che il giudice Bradley imputò colpevole e quindi condannato ad una pena esemplare, ma che non sarebbe mai stata sufficiente per tutto il sangue innocente che era stato versato.
 
“Paul Epson come si giudica dinnanzi alla legge?” Chiese il giudice per nulla intimorito dallo sguardo glaciale del killer.
“Innocente.” Ghignando per la risposta data.
“Lei sta scherzando. Paul Epson colpevole di innumerevoli crimini verso la popolazione, lo Stato e imputato per tentato omicidio ai danni del Capitano Nara, del signor Kradford e di una classe intera dell’Istituto Freud  la condanno a 50 anni di carcere. Lei non vedrà mai più la luce del giorno. La seduta è tolta.” L’avvocato dell’imputato blaterò qualcosa a proposito di un ricorso, ma il giudice rispose che era una perdita di tempo e uscì dall’aula.
 
I giornali riportarono a lungo quella notizia sensazionale, ma gli onori per quella splendida impresa vennero attribuiti a me e al Capitano Gaara e venimmo premiati come eroi per il coraggio dimostrato e per la determinazione avuta durante lo svolgimento dei casi.
 
“Sono felice di premiare il Capitano dell’Fbi Gaara con questa medaglia al valore militare e con il medesimo riconoscimento il Capitano Nara che ha dimostrato di avere a cuore la sua città più di qualsiasi altra cosa al mondo. Nonostante io non abbia avuto fiducia il lui devo ricredermi e sono sollevato perché sia tornato al posto che gli spetti. Ora non avremmo più nulla da temere.”
“Grazie signor sindaco e grazie anche a voi amici.”
 
I mesi passarono e ben presto il brutto episodio Epson venne dimenticato da buona parte della popolazione. A settembre infine giunse il mio matrimonio con Temari che emozionati come non mai eravamo pronti a legarci al sacro vincolo del matrimonio.
Io ero intenzionato a far piovere, dato che arrivai con 20 minuti di anticipo, per una buona volta, e nonostante avessi cercato di smettere di fumare, eccomi ad accendermi una sigaretta. La mia futura mogliettina invece era arrivata con 30 minuti di ritardo dall’inizio della cerimonia e tutto ciò mi aveva reso inquieto e passeggiavo  nervosamente per i gradini della chiesa, assorto in una moltitudine di pensieri.
 
“Choji vuoi vedere che non viene. Forse ha cambiato idea. È in ritardo di 5 minuti e lei di solito è puntuale. Forse ha conosciuto un altro ragazzo durante la sua festa di addio al nubilato e ha deciso di mollarmi. Sì deve per forza essere così.”
 
Più i minuti passavano più diventavo inquieto e stavo tremando come una foglia. Chi mi avesse visto in quello stato si sarebbe messo a ridere all’istante. Sembravo un bambino mezzo bagnato al primo giorno di scuola circondato da un sacco di persone che non avevo mai visto prima.
Dopo 30 minuti finalmente Temari era scesa dalla limousine accompagnata dal fratello che scambiò un saluto energico al futuro cognato e facendomi in qualche modo coraggio.
 
“Vedi di trattare bene mia sorella, altrimenti ti spezzo le gambe.” Mi minacciò con uno sguardo maligno.
“Non ti preoccupare. Sono io quello che rischia di più non lei.”
“Cosa vi state dicendo, ragazzi?” Si intromise.
“Di nulla. Sei bellissima, come sempre del resto. E questo abito ti si addice moltissimo. Sembri una vera principessa. La mia principessa. Anche se non sono il principe azzurro che meriti sono felice di averti conosciuto.”
 
La messa del parroco proseguì in maniera semplice e sobria.
“Bene signor Nara enunci le sue promesse alla sposa.”
“Temari che cosa dire. So che non sono perfetto e che non sarò mai perfetto.  Tu sei il mio raggio di sole che non cessa mai di brillare nel cielo, un’insonnia che mi impedisce di dormire, ma dalla quale non voglio mai guarire.
Quando guardo i tuoi occhi vedo la fiamma del tuo amore che, spero, arderà per sempre per renderci entrambi felici.
Sia nei momenti di gioia che di dolore, niente ci separerà e prometto di starti sempre vicino. Per questo accolgo te Temari, come mia sposa. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.”
“Shikamaru quando ti ho conosciuto non ti ho sopportato subito, ma stando vicino a te ho iniziato ad amarti e a rispettarti. Quando sei con me seguo solo quello che mi dice il cuore e il cuore mi dice che non potrei mai vivere senza di te. Non potrei vivere senza il tuo sorriso e senza il tuo sguardo dolce e comprensivo. Per questo accolgo te Shikamaru, come mio sposo. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.”
 
“Il Signore onnipotente e misericordioso confermi il consenso che avete manifestato davanti alla Chiesa e si degni di ricolmarvi della sua benedizione. L’uomo non osi separare, ciò che Dio unisce.
Amen. Il Signore benedica questi anelli che vi donate scambievolmente in segno di amore e di fedeltà. Per Cristo nostro Signore.
Amen.”
“Temari ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.”
“Shikamaru ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.”
“Se nessuno è a conoscenza di qualcosa che non possa rendere questo matrimonio valido, parli ora o taccia per sempre. Bene vi dichiarò marito e moglie. Può baciare la sposa.”
Da quel momento in poi la mia vita cambiò in meglio. Festeggiamo fino a tardi quella giornata e dopo il viaggio di nozze tornammo ai nostri impegni.
Dopo 3 anni dalla nostra unione nacquero due adorabili piccole pesti che cambiarono ancora di più la mia vita. Shikadai mi assomigliava moltissimo, era pigro e indolente di fronte a buona parte delle attività, ma aveva un’intelligenza fuori dal comune.
Shikashi la sorellina assomigliava a Temari, energica e insopportabile, ma dolce e tenera come una bella bambolina.
Ricordo ancora perfettamente quanto fecero disperare Temari e quanti sbalzi d’umore improvvisi dovetti sopportare. 5 minuti prima era dolce e meravigliosa e 5 minuti dopo era triste e mi puntava contro un coltello.
“Sono grassa come una balena.” Urlando come un’ossessa dal salotto
“Ma no, sei solo incinta.” Cercai inutilmente di tranquillizzarla
“Dove vai? Hai intenzione di scappare via? Hai intenzione di lasciarmi? Lo so mi vuoi lasciare sola perché sono grassa, brutta e ti sei innamorato di una ragazza più giovane e carina.”
“Vado un attimo in tabaccheria, torno tra 10 minuti.” Cercai di rassicurarla.
“Non è vero. È inutile che menti so che adesso uscirai da quella porta e partirai con un viaggio di sola andata per le Hawaii e non tornerai più.” Stava cercando di trattenere a stento le lacrime.
“Sei proprio una sciocchina quando parli così.” Cercai di essere dolce e comprensivo.
“Mi hai dato della stupida. Lo sapevo, maledetto quel giorno che ci siamo conosciuti.”
“Ascoltami Temari. Io non mi sono innamorato di come sei esteriormente, ma di come sei interiormente. A me non importa nulla della bellezza, se io sto bene con una persona posso sorvolare sopra qualsiasi cosa. E quella persona che mi ha cambiato sei tu. Non potrei mai scappare da te o da mio figlio.” Ero convinto che fosse incinta solo di Shikadai e invece mi aveva nascosto la storia del secondo gemello.
Quando vidi portarmi quei due fagottini per poco non svenni dalla tensione e dalla sorpresa. Per i successivi mesi avrei dovuto accantonare le mie ore di sonno per permettere anche a Temari di riprendersi dalla gravidanza.
Dal giorno in cui mi sposai e nacquero i miei due figlioli mi ero ripromesso che non avrei più fatto sciocchezze nella mia vita e che sarei stato un padre ancora più presente del mio.
Più li guardavo e più sorridevo, pensando che tutto quello che avevo vissuto era servito per farmi crescere, per farmi diventare una persona migliore e non mai avrei cambiato la felicità di abbracciare le mie piccole pesti per tutto l’oro del mondo.
 
 
 
 





Angolo Autore:
Lo so che questo capitolo doveva uscire domenica, ma siccome ho avuto qualche minuto libero ho deciso di pubblicare la fine di questa storia.
E anche questa storia è finita e credo che la prossima non vedrà più per protagonisti i personaggi di Naruto.
Nonostante i tanti progetti che mi ronzano per la mente, sono un po’ confuso in questi ultimi periodi, ma una cosa l’ho capita. I racconti polizieschi non sono così facili da raccontare come pensavo, ma spero un po’ alla volta di migliorare anche in questo campo.
Ringrazio moltissimo le persone che hanno avuto l’immensa sfortuna di leggere anche questo schifo e ringrazio ancora di più coloro che hanno recensito i capitoli.
La prossima storia non so ancora su cosa verterà: ho molti progetti in corso, ma ce ne sono 2/3 che sono a buon punto.
Credo, ma non vorrei raccontarvi una bugia, che la prossima storia dovrebbe riguardare A Tutto Reality, ma potrei anche cambiare idea.
Purtroppo è da anni che la mia mente e le decisioni che devo prendere litigano tra loro, ma almeno questa volta spero di riuscire a seguire il percorso che ho tracciato, dopotutto domenica non è lontana secoli.
Ovviamente vi invito a dargli un occhiata e a scrivermi in numerosi se vi ha soddisfatto, se non vi ha colpito particolarmente o se non sono stato abbastanza chiaro su qualche punto o se avete qualche curiosità che magari per disattenzione mi è sfuggita.
Alla prossima.

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