-Without you -The last case of Heiji Hattori

di SkyDream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Chapter I ***
Capitolo 3: *** Chapter II ***
Capitolo 4: *** Chapter III ***
Capitolo 5: *** Chapter IV ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Without you - The last case of Heiji Hattori

Prologo.


Un brutto risveglio, vero Hattori? Ti sei svegliato senza riuscire a respirare ed eri sceso giù dalle scale come un fulmine. Il cuore nemmeno ti batteva, o forse andava così veloce che comunque non riuscivi a stargli dietro.
« È successo qualcosa, vero?» Avevi urlato, erano le quattro e mezzo del mattino e tuo padre era seduto al tavolo della cucina a tenere la mano di tua madre.
«La figlia di Toyama è scomparsa.»
Scomparsa.
Senza un perché, senza un come, senza un quando. Era semplicemente scomparsa.
«Cosa?» I piedi scalzi ti tremarono sul freddo parquet del corridoio, tuo padre era inflessibile pure a quell’ora del mattino.
Prendesti il telefono di tua madre, il più vicino, e cliccasti i tasti uno dopo l’altro. Fu il primo numero che imparasti da bambino, quello di Kazuha.
Nulla, suonava a vuoto.
« È scomparsa, Heiji. È inutile che tenti di chiamarla.»
Scomparsa. Ancora quella parola assurda.
Era veramente la cosa più assurda? Era più assurdo che Kazuha fosse scomparsa o era più assurdo che tuo padre e tua madre fossero solo leggermente turbati?
Eri il solo a voler minacciare l’intero mondo pur di trovarla?
Ti sedesti sulla sedia, prendesti un bel respiro e ti accorgesti che il tuo corpo lo aveva capito immediatamente che qualcosa non andava. Come aveva potuto?
Semplice. È stato il filo rosso, Hattori. Quello che lega te e Kazuha da sempre. Per sempre.

 
 

«Buonasera signore, è un onore per me conoscerla.»
«Bando ai convenevoli, voglio vederti davanti la mia porta alle otto in punto. Muoviti.»
«Subito signore.»
«Ah, prima che tu vada a cambiarti. Sai già che dovrai uccidere Toyama, Hattori e suo figlio?»
«Certamente signore, non mi farò alcun problema.»
«Ne sono lieto, non cominceremo se prima non sarai presente. Vedi di fare veloce.»



 

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Capitolo 2
*** Chapter I ***


Without you -The last case of Heiji Hattori-

Chapter I

 
« Cosa significa che non avete intenzione di cominciare le ricerche? Siete forse usciti fuori di testa? Kazuha è scomparsa, accidenti parliamo di sua figlia!» Heiji, con le mani rosse per il troppo battere pugni sul tavolo scheggiato del capo della polizia criminale, il volto prima accaldato ora era del tutto in fiamme.
«Cerca di capirmi, figliolo, non possiamo far nulla. Cosa vorresti fare? Girare tutte le case di Osaka? Chiamare tutti i numeri di telefono esistenti o cosa? Anche io sono preoccupato ma al momento siamo con le mani legate.» Rispose il signor Toyama senza scomporsi minimamente, mise a posto alcune scartoffie e chiese gentilmente al ragazzo di lasciarlo solo per ragionare sul da farsi.
Heiji, uscito dalla questura buttando a terra tutte le cose che gli si paravano davanti, decise di camminare verso la casa di Kazuha con l’intento di cercare qualche indizio. Possibile che nessuno in quella città si preoccupasse di una ragazza scomparsa, per di più figlia di un poliziotto rispettatissimo? E se la stessero cercando di nascosto per non far scoprire nulla alla gente ed evitare voci? No. Non era decisamente da Toyama, né da suo padre comportarsi in modo simile.
La casa di Kazuha sembrava più spenta senza il suo continuo vociare a destra e a manca. Suonò più volte finchè non venne la madre della ragazza ad aprire, aveva gli occhi di chi è stato una notte intera senza dormire nemmeno un momento.
«Buongiorno Heiji caro, vieni, entra pure.» Sussurrò la signora facendolo accomodare, Heiji si tolse le scarpe ed entrò senza far rumore, quasi a non voler spezzare quel silenzio solenne che era calato la notte prima.
«Sei venuto a cercare indizi, vero? Ieri mio marito era così tranquillo, ma io ho tanto paura per mia figlia. Non c’è grado né cintura che possa fermare il male di questo mondo.» Singhiozzò la donna accompagnando il ragazzo fino alla camera della figlia, era completamente sottosopra.
«Preferirei continuare da solo se non le dispiace, lei si stenda pure, se scopro qualcosa verrò a riferirlo.» Disse per poi entrare e chiudere la porta, la donna annuì col capo per dirigersi alla camera matrimoniale. Forse sarebbe riuscita a riposare ora.
 
Heiji carezzò il lenzuolo del letto sfatto della ragazza, odorava ancora di lei e del suo pigiama. Non la vedeva da appena tredici, forse quattordici, ore e già ne sentiva la mancanza. Probabilmente era la consapevolezza di saperla in pericolo che lo turbava.
Spostò il cuscino e non trovò il portafortuna che solitamente stava proprio lì, ciò significava che lo portava con se.
Si abbassò sulle gambe, sotto il futon si intravedeva della stoffa, uscì fuori il pigiama aggrovigliato con fretta di Kazuha. No, qualcosa non tornava. Se dovevano rapirla che senso aveva darle il tempo di cambiarsi?
Fece un paio di passi verso la finestra, sulla ringhiera del balcone si notavano dei segni. La vernice era saltata in due punti paralleli e distanti non più di un paio di centimetri.
«Kazuha, ma cosa mi stai combinando?» Sussurrò il ragazzo abbassando gli occhi su un vaso del balcone, era stato spostato di recente.
Rientrato nella stanza notò che sotto la cartella scolastica era saltata via una parte del parquet, spostò l’asse e sotto di essa trovò un doppio fondo contenente un diario e due foto strane.
Prese le fotografie, in entrambe c’erano sia lui che lei che sorridevano. Il diario nero cominciava una settimana prima.

Lunedì
Caro diario.
Ho molta paura, potrei non farcela e non me lo perdonerei mai. Voglio solo capire cosa è giusto, vorrei capire se è giunto il momento di dire e di fare. Aiuto, ho fortemente bisogno di aiuto.
 
Martedì
Caro diario
Ci ho pensato molto, ho deciso di non correre alcun rischio e di rinunciare. E se venissero a prendermi? Potrei solo procurare altro dolore. Forse dovrò ripensare alla proposta fattami. Ho ancora più paura.
 
Mercoledì
Caro diario.
Mi hanno costretta ad accettare, non ho saputo dire di no davanti quell’arma e ho finito col cedere. Manca la parte più importante ora, parlarne.
 
Giovedì.
Caro diario.
Non ho alcuna intenzione di restare qui ancora molto con le mani in mano. Ho bisogno di fare qualcosa, ma cosa? Lasciarmi uccidere così? nemmeno per sogno!
 
Venerdì
Caro diario
Oggi non sono andata a scuola per paura che Heiji scoprisse dal mio sguardo quello che sta succedendo. Sarebbe stato davvero il colmo, sono diciassette anni che non capisce ciò che provo. Forse è anche per questo che io…
 
Sabato
Caro diario
Penso che presto scoppierò, andrò da Heiji e gli dirò tutto. Lui saprà di certo aiutarmi, ho deciso ormai. Domani stesso andrò da lui.
 
Domenica
Ormai è troppo tardi
 

Heiji chiuse il diario e aspettò qualche minuto prima di guardare attentamente dentro il doppio fondo, c’era anche una graffetta ed entrambe le foto presentavano il segno della graffetta su un lato. Probabilmente le foto erano tre o quattro prima del rapimento. Kazuha aveva avuto il tempo di cambiarsi, di prendere le foto e il portafortuna.
Heiji si sedette a terra, prese la testa tra le mani e continuò a pensare alle parole del diario. In che casino si era cacciata? Cosa diamine era successo? Chi l’aveva rapita?
Stava bene?
 

***
« Questa è la tua stanza, Kir. Ti chiederei se è di tuo gradimento ma la vera domanda è un'altra. Perché hai così tanto odio verso Toyama e gli altri due?»
Kir non rispose, si mangiò un unghia e sistemò il cappello sui capelli corti, non aveva voglia di parlare molto. Attese alcuni minuti.
«Capisco, non sei di molte parole. Poco male, gente che parla poco fa tanto. Mi auguro che tu ti senta pronto per la missione di domani. Abbiamo poco tempo, buonanotte.»
« Aspetti un momento, signore. Vorrei chiederle una cortesia.» Disse Kir continuando a dare le spalle al suo signore.
«Dimmi pure.»
«Esigo che la mia camera non venga mai aperta senza il mio consenso, né in mia presenza né in mia assenza. Sono stato chiaro?» Esclamò senza scomporsi, il signore rise di gusto e se ne andò rassicurandolo.
Rimasto solo, Kir chiuse a chiave la porta e si sedette davanti lo specchio, non era abituato ai capelli corti, ai vestiti da uomo, a quella cicatrice orrenda che gli deturpava buona parte del viso.
Kazuha non era abituata a nulla di tutto questo.
Aprì la giacca di pelle, nella tasca interna dal alto del cuore c’era la foto che era riuscita a prendere all’ultimo momento, Heiji guardava dal lato opposto dell’obiettivo, lei sorrideva e salutava. La posò nuovamente al suo posto e uscì il suo portafortuna.
«Numi del Cielo, mandatemela buona perché non ho ancora detto nulla a quello stupidissimo ragazzo. Non posso nemmeno morire con questo rimorso.» Sussurrò ancora con la voce da maschio, aprì il colletto della giacca nera e con un dito spense il modulatore di voce. Si sentiva stanca, si sdraiò sul letto e cercò di riposare.
Non ci riuscì nemmeno un momento.
 ***
Heiji camminava per la camera di Kazuha tenendo il diario e le foto tra le mani, continuava a mordersi un labbro e cercava disperatamente di capire quello che stava succedendo ma senza risultati. Il telefono squillò un paio di volte, mise la mano nella tasca dei pantaloni e notò che il mittente era proprio il padre della ragazza.
«Pronto, sono Heiji.» Rispose avvicinandosi al letto e continuando a fissare le lenzuola scombinate.
 «Ragazzo, abbiamo ricevuto una chiamata dai rapitori di Kazuha. Ci hanno informati che la ragazza…» Non era la voce del signor Toyama, doveva essere un delegato.
«Che la ragazza? Cosa è successo a Kazuha?» La voce tremava, poggiò una mano al muro per sostenersi.
«Heiji…speravamo di fare in tempo. Kazuha non c’è più…se n’è andata per sempre.» Poi fu il silenzio. Heiji riattaccò il telefono e lasciò che cadesse per terra con un tonfo ovattato.
Si lasciò cadere sul letto anche lui, le mani tremavano come se fossero impazzite. Tutti erano impazziti. Prima non facevano nulla per cercarla e ora lo chiamavano per dirgli che era…morta?
Kazuha era morta. La sua Kazuha era scomparsa per sempre. Non l’aveva salutata. Non le aveva detto che l’amava. Non l’aveva fatto.

 

Ladies and gentleman
It's show time!
*musichetta epica di fondo*
Buonasera miei carissimi fansss (Ok ok, questa battutaccia potevo risparmiarla)
Vi ringrazio per le vostre generosissime recensioni, sono commossa :'D

Dedico questo chap alla mia parabatai (Sara♥ Che ho tenuto sulle spine proprio come voi) e alla mia migliore amico/sorella, Camilla♥
Ora che la scuola è finita, e siamo in pace finchè Grest non ci disturbi, ho intenzione di dedicarmi h24 alla scrittura e alla lettura di manga e quant altro.
Siccome questa settimana sono bella libera, se avete qualche domanda\dubbio\voglia di chiaccherare\qualcuno da pigliare a manganellate (avete capito la battuta? Manga-nellate) fate pure, sono qui per voi :D

_SkyDream_

 

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Capitolo 3
*** Chapter II ***


Without tou- The Last Case of Heiji Hattori
Capitolo 2 

«Mi è piaciuto molto come te la sei cavato con il bersaglio, hai una mano un po’ insicura ma un’ottima mira. Complimenti.» L’uomo si sedette a una grande scrivania scura, si accese un sigaro pesante e ne tirò un bel respiro.
«Ne sono onorato signore, ciò che faccio è per servirla.» Rispose Kir tossicchiando per il troppo fumo, lo aveva sempre odiato.
«Sono certo che sarai molto felice quando ti informerò della tua prima missione. E si da il caso che lo stia per fare.» L’uomo gli passò un sigaro acceso, Kir ne prese una boccata grande e poi espirò sforzandosi di non tossire come una femminuccia.
«Oggi pomeriggio avremo una bella visita da quello che si fa chiamare Kudo Shinichi, lo Sherlock Holmes del nuovo millennio dicono. Che sciocchezze che inventano. Sai quale sarà il tuo compito?» Chiese carezzando il dorso del sigaro e alzandosi dalla sedia per fare due passi.
«Ucciderlo a sangue freddo, signore.» Rispose Kir facendo finta di continuare a fumare, non era tabacco quello che si sentiva, aveva la testa annebbiata.
«Potrebbe essere un’ idea, ma vedi, noi dell’Organizzazione siamo molto più raffinati. Dovrai chiedergli di portare con sè Hattori se vogliono scoprire qualcosa, li aspetterai all’entrata e poi li farai saltare in aria non appena entreranno nell’edificio. Voglio fatto tutto nei dettagli passo dopo passo, sono stato chiaro?»
Kir si guardò le mani e le nascose sotto le maniche del giubbotto di pelle.
«Sarà fatto, signore. Non dubiti delle mie abilità, la renderò fiero di me.»
***
Le era scivolata via dalle mani di notte, in silenzio. L’avevano rapita, magari avevano abusato di lei e l’avevano pure uccisa. Era morta.
Poggiò il braccio sugli occhi, li sentiva pesanti ma non riusciva chiuderli. Lei era lì.
Ormai era sdraiato sul suo letto da più di un ora, non riusciva nemmeno a piangere. Prese un bel respiro, l’odore di fragola gli salì fino alla testa già pronta per impazzire.
Non avrebbe mai più respirato veramente, non più.
Il telefono squillò, lo prese sperando in una smentita ma si rese conto che era Kudo, chiamava col suo vero telefono e non era mai un buon segnale.
«Ehi, Hattori! Non ci crederai mai ma non ti sto parlando dal modulatore! Agasa e Haibara hanno trovato la soluzione, che ne dici di incontrarci? Devo parlarti di un piano…» Non lo lasciò finire.
«È..l’hanno uccisa.» Appena lo disse ad alta voce realizzò quello che era successo, si sentì ancora peggio. Avrebbe dovuto dirlo prima ad alta voce, realizzare che era morta gli faceva male.
Era morta per sempre. Si può amare per sempre, si può morire per sempre.
«Chi? Cosa? Hattori..?» Kudo parlava spaventato dall’altra parte.
«Gli uomini in nero e come se non bastasse credo che fosse finita in mezzo ai loro casini…tutto è cominciato ieri sera…»
Dopo aver finito il suo racconto, Shinichi rimase in silenzio per un abbondante minuto. Dentro il suo cervello giravano mille rotelle dagli ingranaggi ben oliati. Bastava farli girare al momento giusto.
«Ci penserò io a scoprire qualcosa.» Fu la sua ultima frase. Voleva avvertirlo che sarebbe andato da quegli uomini, ma nello stato in cui si trovava non sarebbe stato diverso dall’invitarlo a suicidarsi.
 
Quando Shinichi entrò nell’magazzino sotterraneo non si stupì di trovarlo completamente deserto, solo una persona era poggiata allo stipite di una porta, il grande neon la faceva risaltare. Aveva i capelli molto corti e portava un cappello nero calato sulla fronte sfigurata da una grande cicatrice, con le mani rigirava un mazzo di chiavi luccicanti, il piede destro era poggiato al muro e alzò appena gli occhi quando si avvicinò.
«Non è stata una mossa intelligente la tua, Kudo. Venire fin qui da solo è una pazzia inconcepibile, potrei tranquillamente farti fuori.» Esclamò Kir avvicinandosi, continuava a far tintinnare le chiavi.
«Non sono ancora uscito di senno, volevo solo tastare il terreno e comunque sia ti assicuro che non sono solo.» Rispose lui incrociando le braccia e mettendosi nella stessa posizione del nemico.
«Hattori di Osaka, è con te?» Chiese stavolta alzando veramente gli occhi e cercando quelli di Shinichi, non si erano mai fissati negli occhi, non l’avrebbe riconosciuta.
 Accidenti però, erano uguali a quelli suoi…il colore del mare.
«Heiji? No, non era decisamente in grado di venire.» Rispose l’altro, vediamo se la sua teoria era giusta…
«Per il rapimento della ragazzina? Era solo d’impiccio, risolverà molto meglio i suoi casi…quelli che gli rimangono. Questo potrebbe essere il suo ultimo caso.» Rise sguaiatamente Kir, ma dentro di sé –quella piccola parte di Kazuha che si sforzava di non uscire- piangeva amaramente.
«Non dire sciocchezze, è evidente che voi questa ragazza non l’avete nemmeno toccata.» Sorrise sornione quello, Kir smise di ridere e lo guardò con terrore.
«Che diavolo dici, Kudo?» Esclamò portando una mano sulla sua gola, tremava.
«Smettila, sai benissimo che Kazuha è scappata: ha messo una corda nuova alla staccionata del balcone, ha messo al collo il portafortuna, si è portata via due foto e si è pure cambiata. In tutto ciò suo padre l’ha assistita e l’ha aiutata a disfarsi della corda che h leggermente scheggiato la vernice. Sbaglio? Visto che sei tu, Kazuha Toyama. Non ci sono telecamere, puoi smetterla di usare il modulatore.»
Kazuha allentò la presa, sentì tutto crollare attorno a sé.
«Accidenti, come lo hai scoperto?» Sussurrò lei spegnendo il modulatore.
«Tuo padre e il signor Hattori non erano per nulla preoccupati, non hanno nemmeno finto. Il fatto che tu non sapessi che ti avevano finto morta è la prova che è stata una cosa montata sul momento, Toyama deve essersi accorto che Heiji era andato a curiosare nella tua camera. Oltretutto Agasa mi ha detto che aveva regalato un modulatore a tuo padre tempo fa. L’unica cosa che non riesco a capire è perché… cosa ti ha spinto in questo posto, Kazuha?»
La ragazza si tolse il cappello, calde lacrime le scendevano per il viso. Il suo Heiji si era preoccupato tanto.
«Suo padre aveva ricevuto una minaccia da parte dell’Organizzazione, chiamò in piena notte mio padre e io sentii tutto. Cosa avresti fatto al mio posto? Mi sono infiltrata in modo che potessi simulare la loro morte, da finti morti avrebbero avuto più tempo per prepararsi a un agguato con i fiocchi per l’organizzazione. Shinichi…io…» Kazuha lo guardò con così tanto desiderio che, se Shinichi non fosse stato già poggiato al muro, avrebbe volentieri indietreggiato.
«Ti prego, posso sentire la sua voce?».
 
Un momento dopo era con la foto di Heiji in mano, al telefono squillava il suo numero, aveva il batticuore.
«Kudo? Hai capito qualcosa? Sono ore che non ti fai sentire…Kudo?» Kazuha crollò in ginocchio, non avrebbe retto in silenzio a sentire quella voce così triste. Eppure se Heiji avesse scoperto tutto sarebbe corso in quel momento da lei, le avrebbe urlato contro e l’avrebbe trascinata a casa. Al sicuro. Pianse rumorosamente, sembrava morire e i gemiti uscivano soli come le lacrime, non proferì parola ma rimase ad ascoltare quel respiro così familiare. Shinichi passò una mano sulla sua spalla e si voltò per non guardare quella ragazza così coraggiosa piangere disperata, dilaniata dal dolore.
Lo avrebbe mai più rivisto?
Avrebbe mai rivisto il suo migliore amico?
***
Ancora turbato dalla telefonata di qualche ora prima, in cui una donna piangeva a dirotto dal telefono di Shinichi, Heiji rimase a fissare il suo amuleto portafortuna seduto sotto l’albero del giardino per un tempo che parve infinito, il laccetto annodato alle estremità cominciava a sciogliersi.
Aprì il piccolo sacchetto, ne uscì un anello della catena che da bambini li aveva legati, un paio di erbe della buona sorte e…una piccola foto? Heiji la prese e l’avvicinò, lui guardava verso destra e Kazuha sorrideva e salutava all’obiettivo.
Quella volta stavano andando alla stazione per andare da Kusukawa, il famoso caso dell’avvocato che li aveva quasi uccisi. Ricordava perfettamente che singhiozzava forte, sentiva il suo pianto alle sue spalle.
Il pianto.
«Kazuha…» Sussurrò alzando gli occhi al cielo, si concentrò e poi mise a confronto i due pianti. Erano diversi, quello al telefono era molto, molto più disperato.
«Kazuha…» Sussurrò mordendosi il labbro e sentendolo salato, la foto si girò al contrario e mostrò una piccola scritta. Ti Amo. Ti proteggerò per sempre.
Ancora quel sempre.
«Kazuha...» Fu l’ultimo sussurro, portò la foto al cuore e per la prima volta si sfogò.

ATTENZIONE: A CAUSA DI PROBLEMI TECNICI LA STORIA POTREBBE SUBIRE RITARDI IN QUESTA SETTIMANA.
Spero di risolvere al più presto il problema, mi scuso anticipatamente.


_SkyDream_

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Capitolo 4
*** Chapter III ***


Without you - The Last Case of Heiji Hattori
Chapter III


Quando tornò in camera, Kir si accorse di una busta attaccata alla porta, dentro c’erano delle mappe e un foglio per attivare la bomba che avrebbe ucciso Shinichi ed Heiji. C’erano anche altre informazioni molto importanti.
 
-Ore 16:00 Attivare la bomba nell’atrio 41
-Ore 22:30 Attivare le bombe in casa Toyama e Hattori.
 
Erano questi i punti principali. Doveva riuscire a far avere le informazioni a suo padre, ma come? Come?
 
***
« Tu sei pazzo, Kudo! Vuoi andare nel covo di quei criminali senza che nessuno della polizia lo sappia? Ultimamente siete tutti matti in questa città! E poi da quando il covo è proprio a Osaka?» Strepitò in pieno dialetto del kansai il povero Heiji che, al limite della pazienza, stava per strozzare il suo migliore amico.
«Te l’ho detto, potrai vendicare Kazuha e salvare altre vite innocenti. Cosa ti costa in fondo? Ho in mente di andarci per le quattro di questo pomeriggio, sarà una grande giornata, Hattori…preparati.» Shinichi terminò il caffè e poggiò la tazzina sul tavolino basso della cucina, si alzò in fretta e fece per uscire.
«Kudo, chi era ieri al telefono?» Esclamò Heiji fermandolo sul ciglio della porta.
«Ho perso il cellulare, non saprei dirtelo proprio.» Sospirò l’altro andandosene, scese velocemente le scale e sparì per una direzione sconosciuta.
Heiji rimase con un braccio sullo stipite della porta e la testa poggiata a esso, non sentiva Kazuha da troppo tempo e l’amaro cominciava a salirgli in bocca. Buttò via il caffè rimasto e salì in camera per prepararsi all’incontro fatale.
 
Erano quasi le 16 quando Shinichi inviò l’ultimo messaggio a Ran, dicendole che stava andando a riposare, e digitò il codice di sicurezza per entrare nel magazzino segreto. Quando entrarono rimasero entrambi di sasso, era immenso e sembrava grande il doppio dentro, era illuminato da varie lampade al neon e una grande finestra sul tetto.
Presero le pistole e le nascosero per bene nelle tasche, il piano era quello di minacciare il capo, Kobashi a  quanto sembra, e scoprire i dettagli dei prossimi piani. Magari senza essere uccisi.
Le luci si spensero di colpo, un rivestimento metallico ricoprì il vetro oscurando il sole e i due detective si ritrovarono al centro della stanza completamente soli e con un solo neon a illuminare tutto. O almeno così credevano.
«Dovrei uccidervi, è per questo che sono stata pagata. Per farvi fuori in un colpo solo, salterete in aria come due bellissimi fuochi d’artificio.» Rise Kir avvicinandosi con aria sicura, sorrise mostrando la dentatura perfetta che faceva a pugni con la brutta cicatrice che gli deturpava buona parte del viso.
«Tu devi essere nuovo, non ho mai avuto l’onore di vederti prima.» Rispose Heiji avvicinandosi, aveva gli occhi attenti e lucidi. Era pronto a cercare l’assassino di Kazuha, l’avrebbe trovato a qualunque costo e l’avrebbe sbattuto in cella a morire lentamente sotto tortura. Come si sentiva lui adesso, torturato poco a poco.
Prima avrebbe dimenticato il suo tocco, poi il suo profumo, poi il suo sorriso e la sua voce, non avrebbe più rivisto il suo volto non appena chiudeva gli occhi. L’avrebbe dimenticata forse. Per colpa di qualche bastardo.
«Sì, sono nuovo. Tu e il tuo amico volevate scoprire qualcosa di interessante vero? Perfetto, ho il contratto che fa per voi.» Disse Kir uscendo un telecomando e una pistola, si sistemò il cappello sulla testa e rise nervoso.
«Prima che tu ricomincia a parlare con quella voce urtante che ti ritrovi. Sei stato tu a uccidere Kazuha?»  Il tono di Heiji tradiva la sua rabbia e la sua tristezza che cercava di nascondere.
«No, non l’ho uccisa io ma ho contribuito. Sai, prima di essere uccisa ci pregò di non toccarti per nessun motivo. Ti voleva bene, ti…ti amava, Heiji. Ha dato la sua vita per te.» Kir alzò lo sguardo e fissò gli occhi di Heiji per un momento che parve infinito, poi allungò la mano verso di lui senza uscirla dalla giacca di pelle nera troppo grande e con un dito mangiucchiato e annerito indicò il telefono.
«Chiama il capo questore di Osaka e passamelo, devo dirgli due paroline.» Esclamò con aria severa mentre il detective, ancora in trans da quelle parole che lo avevano scosso, incespicava nei suoi stessi movimenti alla ricerca del telefono.
Lo aprì e compose il numero a memoria passandolo al ragazzo, gli sfiorò le dita e poi le ritrasse velocemente.
Aveva contribuito. Aveva contribuito a uccidere la sua Kazuha però…c’era un tono in quelle parole che gli faceva andare a monte il perfetto puzzle che aveva composto nella sua mente.
«Non funziona, Hattori. Niente scherzi!» Buttò a terra il telefono e lo schiacciò con violenza fino a romperlo in mille pezzi.
Heji si voltò verso il suo collega che stava mettendo una mano dentro la giacca.
«Uscirà la pistola e lo ucciderà. No, Shinichi non ucciderebba mai una persona. E io? Ucciderei mai l’assassino dell’unica persona che ho…che ho…» Pensava Heiji tremando leggermente ma sforzandosi di rimanere fermo e sicuro di sé.
Shinichi uscì il suo telefono e lo diede in mano a Kir, lo guardai un po’ e finalmente il puzzle tornava. La figura non era quella che cercavo io, era un’altra. Una splendida e terrificante realtà.
«Sta’ fermo, Hattori. C’è tempo per ogni cosa ma non ora…non ora, credimi.» Gli sussurrò Shinichi fermandolo per un braccio, era assurdo come il suo amico riuscisse a leggergli nel pensiero.
«Pronto? Parlo con il capo questore di Osaka? Bene, bene, bene, volevo informarla che oggi verso le 22 ci saranno i botti di capodanno in anticipo. Volevo augurare a lei e la sua famiglia una splendida serata…» Disse Kir voltandosi e dando le spalle ai due detective, una luce accecante li colpì e la spia lasciò cadere il telefono a terra.
Un colpo di pistola fendette l’aria.
Un fischio infinito che avrebbe segnato il destino di tre ragazzi.
 
Kir aprì gli occhi e si ritrovò a terra schiacciato dal peso di Heiji  che gli proteggeva la testa poggiandola al suo petto.
«Tutto bene, Kazuha?» Sussurrò il detective togliendole il cappello e passando una mano sulla finta cicatrice.
«Io…io..» La voce utilizzata non era più quella di Kir ma era la sua, il modulatore doveva essersi rotto nell’impatto.
«Va tutto bene, Kazuha. Torneremo a casa, tranquilla. Ora sta tranquilla, okay? Ci sono io con te adesso.» Heiji prese a carezzarle il viso e poi alzò gli occhi in direzione dello sparo. Kobashi impugnava la pistola e la stava indirizzando contro la ragazza, era una traditrice per loro.
«Non avresti dovuto chiamare tuo padre, ti avevo detto di non fare altro che farli saltare in aria. Poi ti ho sentito parlare delle ultime parole di Kazuha, peccato che noi non c’entriamo nulla con il rapimento, dico bene mini-Toyama?»
Il silenzio regnò sovrano, Kazuha si alzò buttando a terra la giacca e il cappello, ne uscì una pistola e allontanò Heiji dalle sue spalle.
«Te lo dirò fuori da questa situazione, ma ti prometto che stavolta lo dirò.» Sussurrò lei pronta a sparare.
Kobashi cliccò il bottone della bomba e in un istante l’intero magazzino saltò in aria di fronte i suoi occhi spregevoli, tornò nel corridoio adiacente ridendo soddisfatto e poi sparì.
Shinichi teneva chiusa la porta della camera in cui erano riusciti a rifugiarsi un momento prima che la bomba sotto di loro scoppiasse, avevano i vestiti bruciacchiati e i volti anneriti ma stavano bene.
Quando si voltò verso il Detective dell’Ovest lo trovò con Kazuha svenuta tra le braccia, la guardava con gli occhi lucidi e la teneva come se fosse fatta di vetro.
«Credevo fosse morta…io credevo fosse morta.» Heiji chiuse forte gli occhi e l’abbracciò forte fregandosene della reazione del suo amico.
Il profumo di fragola gli invase le narici e in un momento si accorse che il suo profumo non lo avrebbe mai dimenticato.
 
L’orologio di Shinichi trillava la mezzanotte, mandò l’ultimo messaggio a Ran dicendole che aveva mangiato dell’ottimo sushi e ora andava  letto dopo aver bevuto troppo sakè. Si sistemò i brandelli della giacce e poggiò la testa al muro per riposare, stranamente ci riuscì.
Heiji invece era sdraiato a terra con Kazuha accanto e le aveva coperto le spalle con quello che restava della giacca verde che aveva, continuava a carezzarle il viso e ormai aveva quasi del tutto tolto la cicatrice disegnata.
«Mi dispiace averti mentito, non volevo farti del male ma era l’unica soluzione.» Sussurrò la ragazza mettendo una mano su quella dell’amico, quel contatto caldo la fece sorridere.
« Dovevi parlarne prima, ti avrei aiutata e…»
«Appunto, non volevo che ti mettessi in pericolo con la testardaggine che ti ritrovi…l’ho fatto perché ti metti sempre nei casini e poi i criminali vogliono ucc..» Non arrivò a terminare che Heiji l’abbracciò ancora ma stavolta era sveglia e sentiva perfettamente ogni respiro di Heiji farsi più pesante.
«Non mi interessa, solo…non lo fare mai più. Intesi?»Lei annuì e nascose il viso sulla clavicola dell’altro, nonostante fossero scampati alla morte continuava a profumare di menta e mare. Il suo Heiji aveva sempre profumato di menta e mare.
«Mi sei mancato…» Sussurrò lei arrossendo, si strinse forte a lui e cercò di sincronizzare i respiri.
«Non voglio aspettare, Kazuha, il terrore di essere rimasto zitto mi ha aperto gli occhi in questi giorni.» Le sussurrò mordendosi il labbro. «Per me rimarrai sempre una ragazzina petulante e prolissa, ma ho bisogno di dirtelo o giuro che impazzisco…»
«Disse il prolisso…» Sorrise lei, ma l’altro non l’ammonì.
«Mi piaci, Kazuha. Mi piaci così come sei, petulante, prolissa e…» Prese un respiro e poi sorrise pure lui « E infinitamente testarda.»
Lei uscì fuori la testa dal petto di Heiji e lo guardò con dolcezza e stupore.
«Anche tu sei testardo e prolisso.» Constatò lei sussurrando, i loro occhi si incrociarono e poi Heiji le prese il viso con entrambe la mani.
«Giuro su tutti i Numi del cielo che in questi giorni ho rasentato la pazzia per colpa tua, me la pagherai ora. Me la pagherai cara.» Le sussurrò all’orecchio per poi poggiare la sua guancia su quella dell’altra, aspettò qualche secondo e poi la baciò,
Fu un bacio disperato e travolgente che superava i confini della timidezza e delle parole.
Era amore sciolto, amore vero e puro. Amore disperato, tarpato dalla testardaggine che usciva fuori di botto finalmente libero di essere espresso.
 
E in una lontana Tokyo, Ran rileggeva l’ultima riga del messaggio.
…qualsiasi cosa succeda, ricordati quanto tengo a te.

Angolo autrice
Sembra che i problemi tecnici siano leggermente rientrati, non assicuro nulla per il capitolo di domenica (che sarà l'ultimo), ma sappiate che è già pronto.
Bhe, ringrazio tutti coloro che stanno leggendo e recensendo questa strana storia che, tutto sommato, mi convince e non mi convince.
Vi va uno spoiler? Dai, a chi non va uno spoiler?!
*SPOILEEER*
«Kazuha, ci penso io. Va’ a casa, va’ via di qui.» Le ordinò suo padre prendendo in braccio il corpo inerme del ragazzo, perdeva sangue e non si muoveva, gli occhi erano socchiusi.
«No, voglio andare con lui! Non scapperò di nuovo, non voglio abbandonarlo così.» Urlò mentre la stanchezza e la paura non le permettevano nemmeno di stare in piedi.**


 

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Capitolo 5
*** Chapter IV ***


Without you- The Last Case of Heiji Hattori-

Chapter IV
 
«Devono essersi messi in qualche casino, ne sono certo…» Toyama giocherellava con una matita sul tavolo continuando a farla rimbalzare.
«È stata certamente un’esplosione, spero che stiano bene, dobbiamo intervenire al più presto.» Il signor Hattori accavallò le gambe abbassò lo sguardo verso terra, adorava suo figlio per quanto si sforzasse di nasconderlo.
«Stanotte stesso, dobbiamo intervenire con tutte le squadre possibili…è l’unico modo che abbiamo.» Esclamò l’altro senza prendere la matita che rimbalzò e finì a terra ai piedi dell’uomo davanti a sé.
«No, non possiamo rischiare di perdere i nostri uomini, attaccheremo stanotte ma da soli. Heiji e gli altri sono ancora vivi ma…la faremo pagare comunque a Kobashi.» Hattori sorrise e prendendo la matita tra le mani la spezzò in due. Era ora di agire.
***
«Sei riuscita a dormire?» Chiese Heiji alla ragazza, l’altra si continuava a strofinare gli occhi.
«Non molto in verità, che ore sono?» Si alzò la giacca sulla spalla e sentì un brivido sulla schiena, l’aria notturna la pungeva.
«Sono quasi le tre, Shinichi dorme ancora, doveva essere molto stanco.» Heiji passò una mano sui capelli di Kazuha e poi si alzò a svegliare il suo amico.
«Perché li hai tagliati così corti?» Chiese prima di allontanarsi. Ma non ricevette risposta.
Shinichi si svegliò quasi subito, non era riuscito a prendere il sonno profondamente, si alzò e aprendo la porta si accorse che non era rimasto nulla del magazzino se non una striscia invisibile di pavimento che collegava la loro stanza a un corridoio.
«Siamo rimasti senza telefono perché il mio è scarico, ci tocca basarci sul nostro intuito e sulla nostra fortuna. Chi di voi ha fortuna?» Chiese Shinichi. Voltandosi trovò i due ragazzi con i volti anneriti e i vestiti ridotti a stracci che a stento stavano in piedi.
«Okay, domanda stupida.» Si arrese cominciando a camminare sul bordo del muro per arrivare all’altro corridoio.
Kazuha rimase a fissare i piedi che camminavano lenti e insicuri sulle piastrelle scivolose di polvere. Era saltato in aria anche il tettuccio di ferro, l’aria fredda scuoteva i capelli corti e le solleticava il collo.
«Vieni…» Heiji le prese il lembo della giacca e la trascinò con sé, non l’avrebbe più lasciata sola.
 
Il corridoio era illuminato dai soliti neon, una miriade di stanze si stagliavano ai lati, Shinichi prese un bel respiro prima di entrare e, silenzionsamente, arrivare fino alla fine del corridoio.
«Dobbiamo scendere al piano di sotto, la terza porta sulla destra è l’ufficio di Kobashi.» Sussurrò la ragazza senza opporsi alla mano di Heiji che sfiorava la sua appena mentre teneva stretta la manica.
Il detective dell’Est scese un paio di scalini, controllò che la pistola fosse al suo posto e poi scese un gradino ancora. Uscì il telefono e lo fissò un momento solo, non poteva permettersi di morire. Come avrebbe fatto Ran? Aveva già sofferto tanto per colpa sua.
«Kudo…» Lo chiamò il suo amico facendolo voltare. «Ne usciremo, ora concentrati e quando tornerai a Tokyo sarà terminato tutto.»
Era assurdo come Hattori avesse il potere di leggergli il pensiero e riuscire anche a rassicurarlo.
 
Nell’ufficio Kobashi riposava sulla poltrona, il sigaro sul portacenere lasciava intuire che dovesse essersi addormentato da poco.
I tre ragazzi si nascosero sotto il tavolo, Heiji stavolta prese la mano di Kazuha con decisione e la tenne stretta stando attento a non farle male.
«Cosa pensi di fare?» Grugnì l’uomo alzandosi dalla poltrona come se non avesse mai dormito.«Ti ho visto, mini-Hattori, sei nascosto sotto il tavolo. Hai lasciato fuori i tuoi amici?»
Heiji sentì i passi di Kobashi farsi più vicini, se avesse guardato sotto il tavolo avrebbe scoperto anche Kazuha e Shinichi. Non poteva correre questo rischio.
Lasciò lentamente la mano della ragazza e si alzò scoprendosi al rischio.
«Hai un ottimo udito, sei molto attento ed evidentemente avevi anche capito che ero sopravvissuto all’esplosione. I miei complimenti.» Heiji si avvicinò, uscì la pistola e la puntò verso Kobashi, sentiva il sangue defluire e poi salire, sentiva le mani pulsare.
«Ridicolo, tu che sei il figlio del famoso  Heizo Hattori, con una pistola in mano. Cerchi di prendermi in giro?» Rise quello uscendo a sua volta una pistola che, chissà quante volte, aveva già ucciso.
«Credi di essere più veloce di me?» Chiese quello togliendo la sicura, girò la pistola verso il petto del ragazzo che guardò attentamente dietro il tavolo, Shinichi puntò la pistola verso la coscia dell’uomo, pronto a sparare.
«Non puoi farlo, Shinichi! Lo ucciderà!» Kazuha aveva gli occhi lucidi, prese per il braccio il suo amico e provò a convincerlo, ma lui era deciso.
«Raggiungerai i tuoi amici, Hattori.»
Kazuha scattò verso il suo amico, sapeva che non si sarebbe mosso dalla traiettoria. Non poteva perderlo, non ora.
Heiji si ritrovò il corpo dell’amica addosso, istintivamente lo spostò e muovendosi il proiettile arrivò a colpirgli lo stomaco anziché il cuore. Si strinse a Kazuha e urlò di dolore portando la mano alla ferita.
Shinichi sparò due colpi alla coscia dell’uomo che cadde a terra perdendo la pistola dalle mani.
«Ora hai finito, brutto bastardo.» Urlò il detective mentre lo legava con un pezzo di corda.
La porta saltò via con un botto e finì a terra, Hattori e Toyama entrarono nella stanza e si stupirono di trovare Heiji agonizzante e Kobashi a terra tramortito.
I due si divisero, Heizo prese per i capelli il criminale e lo portò fuori dove  lo fece entrare in una macchina della polizia, era stato finalmente catturato.
 
«Heiji, ti prego rispondi…Heiji…» Kazuha si era tolta ciò che restava della giacca e tentava disperatamente di fermare l’emorragia. Piangeva e carezzava il petto del ragazzo, piangeva forte.
«Kazuha, ci penso io. Va’ a casa, va’ via di qui.» Le ordinò suo padre prendendo in braccio il corpo inerme del ragazzo, perdeva sangue e non si muoveva, gli occhi erano socchiusi.
«No, voglio andare con lui! Non scapperò di nuovo, non voglio abbandonarlo così.» Urlò mentre la stanchezza e la paura non le permettevano nemmeno di stare in piedi.
Ginshiro portò via Heiji su un’autopattuglia, il rumore della sirena che si allontanava fu l’ultima cosa che sentì prima che Shinichi la prendesse per le spalle. Non se n’era accorta ma era in ginocchio accanto al posteggio dove fino a pochi secondi prima c’era la macchina. Aveva lottato per andare con lui e non ci era riuscita. Non era riuscita a stargli accanto.
Urlò il nome del ragazzo a gran voce, battè i pugni anneriti sull’asfalto e lasciò che grosse lacrime le togliessero la polvere dal viso. Quando Shinichi la abbracciò per consolarla chiuse gli occhi e lasciò che la stanchezza la vincesse.
 
Quando si risvegliò era su una macchina e vedeva le strade di Osaka sfrecciare accanto a sé.
«Dove stiamo andando?» Chiese mentre si teneva la fronte, il dolore alla testa era insopportabile.
«Da Heiji, mi pare ovvio, ho trovato un cambio femminile decente nell’armadio di Kobashi, non chiedermi cosa ci faceva là dentro, ma almeno è pulito.» Rispose Shinichi cambiando marcia e premendo sull’accelleratore, non c’era molto traffico alle cinque del mattino.
«Da quando guidi?» Chiese lei per distrarsi, non voleva pensare a Heiji prima di averlo visto.
«Mai fatto prima, mio padre provò a insegnarmelo alle Hawaii ma fu l’unica cosa che non riuscì a imparare. Consolati, di questo passo arriveremo presto all’ospedale.» Le disse quello con un sorriso, l’idea che fosse finito tutto e che presto avrebbe riabbracciato Ran lo faceva stare bene.
L’unica cosa che lo amareggiava era sapere che suo fratello in quel momento fosse certamente sotto i ferri. Non doveva abbattersi, era già sopravvissuto a una cosa simile, perché non avrebbe dovuto farcela questa volta?
«Kazuha, sei stata molto coraggiosa. Ti ammiro molto, lo sai?»
«No…non lo sapevo…»
 
Si era cambiata velocemente e aveva bevuto una tazza abbondante di the caldo prima di vedere Heiji, sapere che stava bene l’aveva tranquillizzata e gli infermieri erano stati chiari: se voleva entrare in camera doveva prima farsi medicare e riprendersi, in fondo era fuori pericolo e stava dormendo.
Quando entrò nella stanza si sedette sul letto e provò a chiamarlo, ma non rispondeva.
«Heiji, sono io! Svegliati, ti prego!» Lo chiamava lei, ma quello sembrava dormire alla grossa.
Kazuha sfiorò le sue mani e poi le strinse, sospirò e rimase così qualche secondo.
Heiji poi sorrise, aprì un occhio e poi l’altro guardandola sornione.
«Mi aspettavo almeno un bacio!» Esclamò ridendo, Kazuha non si mosse e rimase a guardarlo mordendosi un labbro.
Heiji si mise seduto a fatica, le passò una mano dietro le spalle e l’avvicinò a sé.
«Scusami…non volevo metterti in questo casino.» Disse lei mentre poggiava il mento sulla spalla del suo amico.
«Non chiedermi scusa, volevi proteggermi e lo hai fatto. Meglio avere un foro in pancia piuttosto che saltare in aria come avevano programmato…non che non abbai rischiato comunque. Per un momento ho pensato che questa sarebbe stato il mio ultimo caso…» Lui le carezzò i capelli corti, era un vero peccato che se li fosse tagliati, erano così belli.
«Ti ho promesso che te l’avrei detto quando saremmo usciti…bhe, Heiji, vedi io…» Kazuha si allontanò da lui, allontanò la sua mano da quella dell’amico e lo guardò negli occhi.
Azzurri, come il mare…profondamente azzurri.
«Mi piaci, Heiji, ma non mi piaci come potrebbe piacermi un vestito o un dolce…tu..ecco…»
«Ti amo, Kazuha, ti amo follemente. E se non l’hai capito quando ti ho baciata questa notte, allora mi toccherà spiegartelo nuovamente.»
Le sfiorò il viso con l’unica mano libera da mollette mediche e strumenti vari, poi si avvicinò e le sfiorò le labbra lentamente, la baciò profondamente e stavolta la sentì sorridere sulle sue labbra.
Sarebbe rimasto tutta la vita a baciarla, letteralmente, non avrebbe mai smesso…mai mai.
Lei prese a carezzargli i capelli e a spingerlo ancora di più verso di sé. Lo amava, ecco cosa voleva dirgli, che lo amava come non aveva mai amato nessuno. Che lo amava con il cuore e con l’anima, che tutta sé stessa lo amava, anima, mente e corpo. Lei ormai era sua.
«Credo di non aver ancora afferrato il concetto, Heiji. Come insegnante sei proprio pessimo, ti toccherà spiegarmelo molto spesso.» Sussurrò lei mentre arrossiva.
«Se te lo spiego nuovamente arriveranno i medici preoccupandosi per la tachicardia, poi lo spieghi tu cosa è successo?» Rispose abbracciandola forte, quel bacio era molto meglio di mille anestesie.
«Perché no?»
 
Lontano da lì, a Tokyo, Ran venne svegliata all’alba da un continuo bussare alal finestra…al secondo piano?
Aprì la porta e si ritrovò Shinichi con i vestiti a brandelli e il viso annerito dalla polvere e dalla terra.
«Santi Numi! Shinichi?!» Esclamò aprendo la porta e facendolo entrare, il ragazzo non le diede nemmeno il tempo di chiudere la porta che già l’aveva presa per i fianchi per farla volteggiare in aria e poi stringerla come non aveva mai fatto.
«Shinichi…cosa ti è successo?» Chiese ancora sconvolta e senza provare a staccarsi dall’abbraccio, non ci sarebbe comunque riuscita.
«Ho messo al fresco quel criminale che mi ha portato lontano per così tanto tempo, è finita Ran. E’ finita! Ho preso il primo treno da Osaka e ho corso fino a qui per non aspettare l’autobus e dirtelo immediatamente.» Esclamò prendendole il viso e baciandola all’improvviso senza smettere di sorridere.
Inizialmente la sentiva tesa, ma poi sentì la sua bocca prendere il sopravvento e ricambiare il bacio con una gioia che non avrebbe mai immaginato.
Ora che era finito tutto poteva stare con lei, nessun criminale l’avrebbe più allontanato così.
 


 

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