Black Giada

di Tresor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Black Giada

 

 

Capitolo 1

 

 

 

-          Hey, ciao, quanto tempo! –

 

Com’è cominciata quella strana telefonata?

Un nome sul display dello smartphone.

Quattro lettere.

Un nome semplice eppure insolito.

Un saluto altrettanto semplice…

 

Ciao!

 

… pieno di incognite.

 

Silenzio.

Interminabili istanti di silenzio dall’altra parte.

Poi un sospiro, quasi una sofferenza.

 

-          Ciao… mi manchi da morire e non so perché te lo sto dicendo. –

Un sussurro.

Parole appena mormorate.

Dolore in quella voce giovane e familiare.

Una disperazione senza apparente ragione.

-          Hema!! –

      Il cuore gli fa un balzo violento in mezzo al petto, lasciandolo per un istante senza fiato.

Daniel si guarda intorno nella stanza senza neppure sapere bene cosa e se sta cercando qualcosa.

 

Mi manchi da morire!

 

Come eco di un grido trattenuto per troppo tempo, quattro parole diventano corpi affilati che tagliano la pelle, aprendo sottili, profonde strisce di angoscia dal cuore all’anima.

Parole che nessuno ha mai osato pronunciare prima di quel momento.

Che Daniel non si è concesso di formulare neppure a bassa voce, solo con se stesso, tanta è la sorpresa che lo ha colto disarmato quando quel pensiero ha preso corpo e preteso spazio tra gli altri pensieri.

Nascendo all’improvviso in un angolo minuscolo della propria mente.

Anonimo e irragionevole.

Avanzando timido e sconosciuto.

Finendo per sgomitare con prepotenza sempre crescente.

E sempre più violenta.

Ogni giorno di più!

In quei mesi in cui non si sono più visti dopo la conclusione delle riprese della serie.

 

-          Non capisco cosa mi succede! – Parla ancora il ragazzo dall’altra parte della linea.

La voce sempre più faticosa sotto la pressione terribile di emozioni man mano più difficili da controllare ora che vi sta dando un suono.

-          … Non lo so nemmeno io! - Ammette Daniel, sincero come non ha creduto possibile essere così presto.

Hema trasale e sulle prime non comprende la risposta.

 

Che ha detto?

 

Non è sicuro di aver capito.

 

Quanto ha combattuto con se stesso per ignorare il malessere che gli è nato dentro a tradimento e a cui non ha voluto dare nessun nome?

Troppo terrorizzato di scoprire un lato di sé che non ha mai neppure sospettato.

Di cui non ci sono mai state avvisaglie o anche solo indizi che avessero potuto metterlo sull’avviso.

Fino a quell’istante.

-          Cos’è che non sai? – Osa, il respiro sospeso e il fardello sul cuore sempre più insopportabile.

-          Perché anche tu mi manchi tanto da starci male! –

Un suono strozzato esce dalle labbra esangui del ragazzo, che di schianto si piega sulle ginocchia, scivolando contro la parete dove si è addossato per sostenersi, finendo seduto sul pavimento freddo del corridoio.

Si porta le mani sopra la testa, intreccia le dita tra loro, convulso, incoerente, e stringe forte, quasi a voler schiacciare in un sol gesto la paura e la felicità che improvvisamente esplodono e si mischiano, confondendosi e confondendolo impietose.

Non riesce a crederci.

A distanza di mesi.

A distanza di chilometri l’uno dall’altro.

Non è da solo come aveva pensato.

-          Noi non siamo loro! – Protesta con rabbia.

Daniel lo sente distintamente anche se tiene il cellulare lontano dalla bocca.

-          Non lo so più. – Risponde piano.

-          Come? – Chiede Hema, riportando il telefono all’orecchio.

-          Ho detto che non lo so più, piccolo! –

-          Non chiamarmi piccolo… -

-          Scusa, non volevo offenderti! –

Perché poi un vezzeggiativo dovrebbe essere un’offesa?

Lo ha chiamato così tante volte durante le settimane delle riprese, quando amicizia e complicità aveva consentito loro di muoversi naturalmente tra una scena e l’altra della serie televisiva.

E di certo non era dovuto né alla differenza di età, né di statura.

C’è forse la necessità di doverlo ancora chiarire?

Si dice che no, non ve n’è.

E tuttavia si ripromette di non usarlo più per un po’, visto il clima che si sta instaurando con quella telefonata imprevista.

 

-          Noi non siamo loro! – Replica Hema sfinito. – Io non ti penso come lui… -

Daniel sorride a nessuno intorno a sé.

Scuote la testa, stupidamente divertito dall’assurdità della situazione.

Poi fa qualche passo fuori dalla veranda che dà sull’oceano e si siede sui gradini della scala che portano giù in spiaggia.

-          Neppure io ti penso come lui, ma come te… Hema! –

-          Perché? –

-          Bella domanda! ... Non ne ho idea, davvero!! … E tu? –

-          No! –

Un nuovo, sofferto sospiro trasmigra da un cellulare all’altro, sfiorando l’orecchio di Daniel, a cui pare di sentirne il tepore come se fosse stato lì, vicino a lui.

E non ha bisogno di immaginarlo, di crearlo nella propria testa quel sospiro e quel calore.

Lo conosce.

Anche troppo bene.

Lo ha percepito infinite volte durante l’interpretazione dei personaggi che rappresentavano nella serie.

Durante le false carezze sceniche.

I baci simulati.

Le coccole da innamorati previste dal copione.

Ma sono state tutte false, le carezze?

Tutti simulati, i baci?

Tutte soltanto previste da un copione, le coccole?

 

Non è più sicuro della risposta.

A quel punto… non lo è più.

 

-          Mi manchi, Daniel… Che ci sta succedendo?  Ho bisogno di saperlo perché mi sembra di impazzire e di non capire più niente! –

-          Vieni da me, vuoi? –

 

Vieni da me.

 

A quell’invito Hema ha paura.

Una profonda, pervicace, virulenta paura di sprofondare in una confusione ancora più ingestibile se lo rivede.

Si tortura da mesi guardando e riguardando le scene in cui hanno interpretato i loro personaggi alla ricerca di risposte sempre più sfuggenti.

Ritrovarselo davanti cosa scatenerebbe?

 

-          Quando? – Si ritrova a chiedere, senza riconoscere la propria voce mentre compone la parola beffandosi della propria volontà.

-          Adesso! –

 

Adesso!

 

Prendere un aereo.

Attraversare un continente.

 

Adesso.

 

-          Ho paura! – Ammette.

Daniel scoppia a ridere, ma è un breve, incontrollato suono nervoso uscito dalle sue labbra.

-          Anch’io ho paura… ma questa cosa sta succedendo a tutti e due… non solo a me, come pensavo, o… solo a te… e forse… se riusciamo a parlarne… -

-          Capiremo che è tutto un inganno, vero? –

Hema glielo chiede precipitoso, interrompendolo ansioso, d’un tratto colmo di speranza che gli dica che si, probabilmente si stanno sbagliando ed è tutto uno stupidissimo equivoco dovuto a una suggestione indotta dai loro personaggi.

Che quella telefonata è ridicola e lui ci sta facendo la figura del cretino.

Ma va bene così.

Se solo capisce che è uno stupidissimo, tremendo abbaglio, è disposto a qualunque figura di merda.

 

E allora perché il solo pensiero comincia a stracciargli il petto con le sue unghie affilate?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

Suggestione indotta?

Lo pensa davvero più ora che Daniel si sta avvicinando a lui lungo la sala d’aspetto dell’aeroporto, bello e solare come se lo ricordava?

Ora che gli sta andando incontro trattenendo l’impulso di mettersi a correre.

Volargli letteralmente tra le braccia per ritrovare il calore del suo abbraccio e il profumo della sua pelle che così bene ha avuto modo di imparare durante le centinaia di ore di lavoro sul set?

Che non è riuscito mai a dimenticare.

Che sente ovunque, intorno a sé, anche quando crede di non pensarlo.

Non ne è più tanto sicuro.

Non è sicuro più di niente…

… da troppi mesi ormai non ha più una sola fottuta certezza che sia una.

 

E meno che mai ne ha in quel momento.

Ora che è lì davanti a sé, solido e reale.

Non frutto della propria immaginazione.

Non fotogrammi di episodi di una serie televisiva che ha guardato e riguardato fino a consumare le tracce dei cd su cui erano state incise.

Ma vero, in carne e ossa.

A pochi centimetri.

Il bellissimo sorriso che gli illumina il volto.

Gli occhi verdi, brillanti, colmi di parole ancora non dette, puntati nei suoi come a volergli entrare dentro e sprofondarlo in essi.

 

Tutto il castello di spiegazioni, scuse, interpretazioni si sgretola nell’istante esatto in cui Daniel si ferma davanti a lui, in mezzo alla sala d’aspetto che va svuotandosi dei passeggeri del volo appena arrivato.

Nel preciso istante in cui ogni cosa intorno a loro sparisce come fossero soli e alcun suono giunge più alle loro orecchie, se non i propri respiri contratti dall’emozione di rivedersi.

-          Ciao! – Gli sussurra Daniel.

-          Ciao! – Gli fa eco lui, incapace di fuggire il suo sguardo.

Immobile, non più padrone del proprio corpo, attende non sa cosa, mentre sente le iridi verdi che disegnano immaginari percorsi sul suo viso alla ricerca di ogni suo più piccolo particolare.

Come a volerlo richiamare alla mente.

Riconfermarlo.

Riconoscerlo.

Agitato più di quanto avrebbe immaginato, Daniel fa un gesto indistinto con le mani, poi di colpo sbuffa.

-          Oh al diavolo, ma chi se ne frega!! – Impreca.

E gli prende il viso con entrambe le mani, si china su di lui e gli sfiora la bocca socchiusa con un bacio.

Hema sobbalza sorpreso, ma non si sottrasse.

L’ha già vissuto quella carezza morbida.

Quante volte?

Quante?

D’un tratto una bolla di calore gli esplode nel petto e nella testa, provando una strana, familiare sensazione.

Sente una vertigine fargli girare la testa e d’istinto si aggrappa ai suoi polsi come a volersi sorreggere.

E viene intossicato dal calore che gli giunge da lui sotto le dita.

Perché improvvisamente si sente come… a casa?

Daniel si scosta solo di qualche millimetro, respirando il suo respiro inesistente e gli sorride di nuovo, mandandolo in ulteriore confusione.

-          Ciao! – Gli dice per la seconda volta, in cuor suo felice ed incredulo.

Hema risponde al suo sorriso e inclina un poco la testa di lato.

Percepisce sgomento che gli occhi gli si stanno riempiendo di quelle maledette lacrime che da ore lo pungono agli angoli come spilli.

-          Hey, va tutto bene. – Si sente rassicurare dalla voce dolce di Daniel.

Annuisce più per riflesso che per convinzione, troppo spaesato per riuscire a pensare.

Paura, gioia, vertigine, commozione, confusione.

Impossibile gestire tutte quelle emozioni, tutte insieme.

Si sente soffocare.

Non è abituato.

Può fare una cosa per volta, lui.

Quello è troppo!

Daniel pare intuire il suo stato d’animo, gli lascia il volto che ha trattenuto fino a quel momento, gli fa scorrere le mani lungo i fianchi, intorno alla vita e lo attira a sé, chiudendolo affettuosamente nel proprio abbraccio, pregando perché riesca a trasmettergli una parvenza di calma.

Lo sente tremare mentre piega il capo sul suo, affondato nella sua spalla.

Poi sospirare quel respiro che ha inconsciamente conservato fino ad allora.

E rilassarsi appena un poco contro di lui.

Non dice niente perché niente c’è da dire.

O troppe cose.

Troppe per poterle pronunciare nella sala di un aeroporto.

Troppe emozioni a cui dar voce.

Troppi timori.

Troppe domande conosciute e sconosciute.

 

Dopo qualche minuto lo scioglie dalle sue braccia.

-          Vieni, andiamo a casa, sarai stanco del viaggio. – Butta là. – Hai dei bagagli da ritirare? –

Stordito, Hema lo guarda un attimo disorientato.

Poi con uno sforzo indicibile riesce a fare mente locale e scuote la testa.

-          No, ho portato solo questo. – Gli risponde, indicando lo zaino che ha abbandonato ai suoi piedi poco prima.

-          Ah… ok… allora andiamo. –

Per un istante ha l’impulso di prenderlo per mano come se fosse la cosa più ovvia del mondo, incapace di spiegarsi perché lo sia.

Tuttavia si trattiene e lascia che si senta libero di affiancarlo e seguirlo verso l’uscita.

-          E’ stato un volo tranquillo? – Gli chiede, cercando di ingannare l’ansia, mentre gli fa strada.

-          Si, grazie. –

-          Hai mangiato qualcosa a bordo? –

-          … No… -

-          Come no? Quante ore di viaggio ti sei fatto: otto, nove? -

-          Undici. –

-          E non hai mangiato niente? –

-          No, non lo faccio mai quando prendo un aereo, mi viene mal di stomaco. –

Daniel lo guarda un poco stupito.

Poi attraversa la porta automatica che porta fuori.

-          Avrai fame e sarai stanco, allora. Poco male, è quasi ora di cena. –

Il ragazzo non dice niente mentre la luce del sole all’esterno lo fa riflettere che sembra pieno giorno invece che l’approssimarsi della sera.

-          Vedrai che mentre arriviamo a casa ti ritroverai il tramonto alle spalle. – Gli dice Daniel come avesse intuito i suoi pensieri. – E’ così qui d’estate, lo sai… Tieni, mettilo. –

Mettere cosa?

Si domanda Hema ritrovandosi tra le mani un oggetto sferico tutto nero.

Un casco.

Lo riconosce dopo un po’.

Poi vede poco più in là una moto di grossa cilindrata, nera coi profili grigio acciaio.

-          Hai una moto. – Afferma più a se stesso che al suo ospite.

-          Si, ti piace? –

-          E’ bellissima! –

-          Grazie, spero non ti spiaccia che sia venuto a prenderti con questa invece che con l’auto. A quest’ora con il traffico è la cosa migliore per filare via senza rimanere intrappolati in code chilometriche. –

-          Hai ragione. - 

Daniel annuisce convinto e indossa il casco.

Armeggia con le chiavi nel cruscotto della Kawasaki e la tira giù dal cavalletto, facendola uscire dal parcheggio, poi vi sale e si gira aspettando che Hema lo imiti.

Il giovane sussulta e si affretta.

-          Sei pronto? – Si sente domandare dopo essersi sistemato dietro.

Annuisce un poco agitato: dovrà tenersi a lui, rifletté solo in quel momento.

Abbracciarlo per non cadere.

Far scivolare le proprie braccia intorno ai suoi addominali perfetti.

Toccarlo.

Il cuore gli manca un battito, rubandogli il respiro già difettoso.

-          Non hai paura di correre, vero? -  Gli chiede Daniel incerto. Un suo diniego pare rassicurarlo. - Ok, allora tieniti forte. –

Abbassa la visiera, sparendo al di là del nero lucido e mette in moto.

Hema si arrampica meglio sul sedile, si sistema il casco e cerca di mettersi più comodo possibile tenendosi a debita distanza da lui.

Fluida la moto esce adagio fino alla strada principale.

Dopo di che si immette nella corsia e accelera: in poco meno di un secondo mangia letteralmente l’asfalto rombando e volando via.

Hema, che ha stupidamente pensato sarebbe stato sufficiente tenersi appena poggiando le mani sulla maglia di Daniel, d’un tratto si sente risucchiare via dal vento e si precipita a serrare le braccia intorno ai suoi fianchi, aderendogli completamente alla schiena e tenendosi stretto a lui per non rischiare di sfracellarsi al suolo.

E non pensa più all’imbarazzo del contatto così ravvicinato.

Né al cuore che prende a battergli forte per l’emozione di sentirlo di nuovo contro di sé.

Semplicemente non pensa più.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

-          E’ bellissimo qui. – Mormora Hema, fissando l’oceano davanti a sé che rolla pigro sulla battigia, aranciato dall’imminente tramonto.

Seduto sotto il portico, tiene tra le mani il bicchiere di succo di frutta che Daniel gli ha appena portato senza quasi sapere cosa debba farne.

Non lo ha guardato mentre glielo porgeva, troppo spaventato di dover sostenere il suo sguardo così diretto e limpido.

Che nemmeno un attimo ha smesso di seguirlo durante tutta la cena, mentre cercava di coinvolgerlo in una parvenza di conversazione, costringendolo a un costante, soffocante imbarazzo.

Ha visto la sua mano entrare nel suo campo visivo e ha deciso che sarebbe stato sufficiente prendere l’oggetto senza per forza sollevare la testa e incontrare il suo proprietario.

Che si è avvicinato piuttosto silenzioso alle sue spalle tanto da non essersi accorto della sua presenza fintanto che non ha scorto le sue dita.

 

Daniel lo oltrepassa, scende un gradino e si siede.

Fissa anche lui l’oceano, dandogli le spalle.

-          Si è un bello spettacolo. – Dichiara con una strana inflessione nella voce.

Hema sposta gli occhi sulla sua ampia schiena, i muscoli a stento contenuti dalla leggera stoffa cotone della maglia, che gli si disegna su ogni piega dei muscoli.

Un groppo di emozione gli si forma al centro della gola, rendendogli improvvisamente il respiro difficile.

Lo stomaco gli si contrae come stretto in una morsa e anche il cuore gli si rivolta contro in una sorta di oscuro ammutinamento, prendendo a battere di nuovo irregolare.

 

Perché?

 

Si chiede disperato, incapace di capire perché d’un tratto si ritrova a provare attrazione per un corpo maschile, quel corpo e solo quello!

 

Quante volte se lo è domandato?

Ha perso il conto.

E tuttavia continua, ostinato, ottuso, a porsi sempre lo stesso interrogativo come se qualcosa si fosse inceppato nella sua testa.

 

Daniel si gira d’un tratto verso di lui, sorprendendolo e facendolo trasalire vistosamente.

Il brusco movimento fa ondeggiare pericolosamente il liquido dorato nel bicchiere.

Alcune gocce zampillarono fuori dal bordo, finendogli sulla pelle.

Imprecando tra sé per la propria stupidità, Hema lo poggia sul pavimento in legno e si porta istintivamente la mano alle labbra per raccoglierle.

Il gusto dolce dell’ace gli inumidisce la bocca che nemmeno sa di avere arida.

Si accorge soltanto un secondo dopo che due occhi verdi hanno seguito il suo gesto innocente, dilatandosi e facendosi più scuri.

Di scatto allontana la mano come un bambino colto in fallo a rubare la marmellata e, sgomento, si rende conto di star arrossendo dal calore che percepisce su tutta la faccia.

Si maledice mentalmente: sta facendo la figura del cretino!

Perché cazzo deve arrossire adesso?

 

-          Bellissimo! – Dice Daniel sottovoce, facendo scorrere lo sguardo su di lui.

Hema si sente a disagio anche se non capisce se il complimento è rivolto a lui o se sta soltanto ribadendo il concetto sulla vista mozzafiato dell’oceano a pochi metri di distanza da loro.

-          Cosa? – Balbetta automaticamente, senza pensare.

-          Ho detto che sei bellissimo. –

 

Ecco, il dubbio è risolto, Hema, contento?

 

-          Eh? ... I… Io? –

Daniel annuisce con un sorriso che gli illumina la bocca e il volto.

-          Smettila! – Sbotta lui di colpo, scattando in piedi.

Impulsivamente si getta giù per i gradini della scala e scende sulla spiaggia, affondando i piedi nella sabbia finissima.

Si gira verso di lui sconvolto e non gli importa più di controllarsi.

Lo ha fatto per tutta la cena, imponendosi di restare calmo e di non fare scenate inutili e incivili.

Ma non ce la fa più.

La testa gli scoppia e le reazioni che gli suscita Daniel con la sua presenza, i suoi sguardi adoranti, con le sue gentilezze dettate si dall’ospitalità, ma non solo, non lo aiutano di certo.

Sono mesi che si sente sotto pressione a causa sua e delle emozioni che gli provoca.

E’ stanco.

D’altra parte non è venuto da lui per quel motivo?

Per capire?

Trovare un filo logico alla follia che si è impossessata della sua mente e del suo cuore?

E mettervi probabilmente una fine prima che fosse diventato pazzo?

 

Daniel lo segue con lo sguardo senza alzarsi, mantenendo una calma che in realtà davvero non sente.

Non gli fa piacere vederlo in quelle condizioni.

Lo capisce perché probabilmente condividono la medesima confusione, ma vederlo esplodere a quel modo contrasta spiacevolmente con l’immagine sorridente e giocosa che ha sempre avuto di lui fin dal primo momento che si sono conosciuti sul set.

Significa che sta male e si rende conto che il pensiero che soffra provoca sofferenza anche a lui.

 

-          Hema, calmati, scusami, mi è sfuggito, non pensavo ti offendesse così e… -

-          Dimmi che ci sta succedendo! – Lo interrompe il ragazzo, sordo alle sue parole. Un’implorazione più che un grido. – Dimmi perché sta accadendo tutto questo? ... Che cos’è questa cosa che sento nel petto e che non mi lascia in pace da mesi? ... Attrazione, sesso, infatuazione, cosa? ... Io non capisco più niente.

Gli uomini non mi hanno mai interessato.

Mi sono sempre piaciute le donne.

Avevo… “ho” una ragazza… e adesso… adesso non riesco neppure a pensare a lei, a quel che provo per lei.

Come mi avvicino sento che è sbagliato.

Nella mia testa si forma l’immagine di te che mi guardi, che mi sorridi, che mi tocchi, e io… io mi allontano da lei sentendomi… in colpa… verso di te… come se ti stessi tradendo.

Passo giorni interi senza sentirla, senza avvertire la sua mancanza.

Mi manchi tu e non riesco a respirare.

Perché so di non poterti chiamare per… per dirti cosa?

Che ho bisogno di te.

Che vorrei vederti, parlarti, sentire le tue braccia intorno a me e non quelle della mia ragazza?

Tutto questo è folle.

E io non so più che cosa pensare. –

-          E’ la stessa cosa che provo io, Hema, e per quanto ci pensi, anch’io non capisco come sia potuto succedere.

All’inizio ho pensato a una suggestione dovuta ai ruoli che avevamo interpretato nella serie.

All’interesse che era scaturito dai media per come il regista aveva voluto la storia d’amore tra due uomini senza scadere nei soliti cliché gay.

Tu da una parte e io dall’altra, nelle interviste abbiamo sempre ribadito che non avevamo avuto alcun problema a interpretare quelle scene.

Ma forse… non so… forse… -

-          … Forse abbiamo mentito! – Lo interrompe il ragazzo sospirando, a quel punto privo di forze per continuare a gridare il proprio disagio.

D’un tratto le ginocchia gli cedono e si accascia sulla sabbia come svuotato.

Abbandona le braccia sulle cosce e per qualche attimo distoglie lo sguardo dal suo interlocutore, che invece ha sempre la curiosa abitudine di guardarlo dritto in faccia che tanto lo mette a disagio.

Daniel rimane in silenzio… e fermo, seduto sul gradino della scala.

Il cuore in tumulto che se ne frega della sua volontà di placarlo.

I pensieri che si agitano e cozzano confusi e rapidi.

La voglia a stento gestibile di raggiungerlo e abbracciarlo per strapparlo dalla sua disperazione inconsolabile.

Il desiderio, inedito, prepotente, di proteggerlo che ha provato così imperioso, poche volte in vita sua, e solo per i membri della sua famiglia.

Mai per uno sconosciuto che invece, d’un tratto, senza preavviso, si è insinuato sotto la pelle e gli suscita emozioni di cui mai avrebbe pensato di essere capace.

 

-          … Io ho mentito! -

La voce contrita, sconfitta, del ragazzo lo rapisce alle proprie riflessioni.

-          Hema…! –

-          Ho mentito!! – Ripete quelli, sollevando gli occhi su di lui, lucidi di lacrime che, malgrado la furiosa lotta con se stesso, fatica a ricacciare indietro. - … Ma lo capisco solo ora… Ho sempre mentito.

Quando Steven mi ha chiesto se avevo problemi a interpretare quel ruolo e gli ho detto che non ne avevo nessuno.

E ne ero convinto fino a che la parte è rimasta sul copione.

Ma tutto è cambiato dopo.

 

Quando sul set abbiamo cominciato a baciarci, mi dicevo che non provavo proprio niente, a parte l’ansia di recitare al meglio e di essere credibile.

Ma non era più vero un istante dopo che ti avevo baciato.

Quando ha voluto che ci toccassimo in quel corridoio e sentivo il calore della tua pelle sotto le mani.

E mi sono convinto che non era niente, solo una parte da impersonare.

E non ci credevo più già un attimo dopo che il tuo respiro mi sfiorava.

Quando i due personaggi hanno fatto l’amore per la prima volta e quel letto doveva essere il teatro del loro incontro.

Quando hai cominciato a baciarmi e a toccarmi, e io a lasciarmi andare alle tue attenzioni.

Ho pensato realmente di essere concentrato solo sulla parte.

Che le emozioni che provavo erano solo la voglia di far bene.

Lì davanti a tutta la troupe e le telecamere.

E invece ho cominciato a sentire ogni tua carezza, ogni tuo bacio sulla pelle.

E la mia testa ha cominciato ad andare per conto proprio.

E non era come quando faccio l’amore con la mia ragazza.

Era completamente diverso.

Era un susseguirsi di emozioni che non capivo, ma che mi mandavano in confusione e mi facevano sentire felice al tempo stesso.

E rabbrividivo e non avrei voluto essere da nessun’altra parte.

E non c’entrava niente la scena che stavamo rappresentando per finta.

Io sentivo te contro di me, lì su quel letto.

Percepivo il tuo corpo che mimava la penetrazione, premuto contro la mia schiena, e mi si accapponava la pelle d’aspettativa, come se da un momento all’altro avesse dovuto succedere davvero.

Ti sentivo e il cuore mi batteva così forte nel petto da rombarmi nelle orecchie.

E il sangue correva così rapido da assordarmi.

E a un certo punto mi è parso di non essere più là, sotto gli occhi di tutti, ma da solo… con te… e i pensieri più assurdi hanno cominciato a formarsi nella mia testa.

E avrei voluto realmente far l’amore con te.

Sentirti dentro di me.

… Dentro… di me…. E non so nemmeno che cazzo vuol dire!!

Sono un maschio, perdio!

So che vuol dire far sesso con una donna.

Non con un uomo.

Che cazzo ne posso sapere di sentire “dentro di me”… ?

E invece su quel letto avevo lo stomaco contratto e non capivo più niente se non il calore delle tue braccia intorno a me, delle tue gambe che mi sfioravano, della tua bocca sulla mia…

E non lo so come non mi sono perso in tutto quello, lì, sotto tutti quegli sguardi.

E mi sono sentito sollevato che Steven si fosse inventato quel lenzuolo tra le mie gambe, perché altrimenti niente mi avrebbe salvato dalla figura di merda più grossa della mia vita... perché mi stavo eccitando e il desiderio di te mi stava divorando…

E quando è finita e non abbiamo dovuto nemmeno replicarla perché era perfetta così, io non sapevo più chi ero e dove fossi.

E mi sono ritrovato a ringraziare non so chi perché se solo avessimo dovuto rifare la scena perché a Steven non era piaciuta, non sarei sopravvissuto.

 

E mi sono sentito abbandonato quando mi hai lasciato, e me ne sono dovuto andare via, inventandomi quella scusa idiota, senza guardare in faccia nessuno, perché ero talmente nel panico da riuscire a stento a mantenere quella specie di controllo che mi ha impedito di far capire a tutti lo stato in cui ero ridotto.

 

E’ stato un inferno e un sogno ogni momento di tenerezza tra i due personaggi.

Ogni volta che dovevamo interpretare una parte intima, avrei voluto scappare, inventarmi qualsiasi cazzata per non farla, e al tempo stesso avrei voluto aver l’opportunità di ripeterla all’infinito perché…. maledizione!!! … perché nella realtà non avrei mai potuto farlo davvero con te al di fuori dei nostri ruoli.

E non capivo perché avrei voluto veramente baciarti e sentirti addosso a me.

Perché ti cercavo in giro per il set, negli studi, quando non riuscivo a vederti.

Perché facevo di tutto per attrarre la tua attenzione e per avere i tuoi occhi su di me.

Solo su di me.

Non riuscivo a razionalizzare tutte le sensazioni che mi provocava guardarti o solo starti vicino.

E d’un tratto non è più servito a un cazzo ripetermi che era sicuramente suggestione.

Che appena fossero finite le riprese, tutto sarebbe passato.

No.

Anzi.

E stato peggio!!

Appena ho preso coscienza del momento in cui sarebbe finita e che non ci saremmo più visti, il panico è aumentato.

E non sono più riuscito a guardarti, a starti vicino senza andare in confusione.

Senza maledirmi per la mia follia.

E mi è mancato il respiro come se all’improvviso mi fosse stato sottratto tutto l’ossigeno. –

 

Respiro che gli viene meno definitivamente dopo quel lungo sfogo, ingarbugliato e frenetico, senza interruzione.

Sputato tutto di getto in un crescendo di tensione che lo lascia esausto e vuoto e dolorante.

 

Ha stretto talmente i pugni sulle cosce senza rendersene conto da aver affondato le unghie nei palmi delle mani, e solo adesso ne avverte il bruciore sottile che lo costringe ad aprirle e a rivoltarle per capire da dove viene il malessere.

Se dalla pelle o dall’interno del cuore.

Tuttavia le lacrime, ormai libere e disperate, gli confondono la visuale e gli impediscono di mettere a fuoco qualsiasi immagine.

E qualunque altro pensiero coerente.

Così si accartoccia su se stesso quasi a voler sparire, esplodendo in un urlo soffocato.

 

Non si accorge quasi che Daniel lo ha raggiunto e si è inginocchiato davanti a lui, se non quando sente che lo prende per le braccia per spingerlo a risollevarsi.

Lo fa, obbedendo al suo comando gentile, sussultando a ogni singhiozzo, cercando di non guardarlo, incapace di sopportare il suo sguardo: qualunque espressione vi sia impressa, non la potrebbe sopportare.

-          Se avessi continuato a guardarmi, probabilmente avresti visto lo specchio della tua pazzia in me, Hema… -

 

Una rivelazione.

 

Tali sono le parole che gli piovono addosso dalla voce spezzata con cui Daniel gli si rivolge.

Una confessione che non ha previsto e che non avrebbe mai potuto immaginare nemmeno tra un milione di anni.

Che gli frantuma definitivamente il fiato in gola, gelandogli le lacrime nelle iridi e i pensieri furiosi nella testa.

Sbatte gli occhi gonfi, annaspando quasi stesse soffocando sotto litri d’acqua.

Si agita cercando di scrollarsi di dosso la sua presa.

Daniel non lo trattiene.

Così come non ha osato interromperlo nel suo lungo e disperato monologo.

 

Ma non ve ne è bisogno perché Hema non scappa, troppo sconvolto, paralizzato in quella posizione, le ginocchia affondate nella sabbia sottile che sfrega contro i jeans.

-          Cosa? –

Lo chiede o lo ha pensato soltanto?

Non sa dirselo.

Tutto quel che riesce a percepire sono le dita dell’uomo davanti a sé che gli si posano leggere sul volto e gli portano via le lacrime dagli occhi in carezze pietose e gentili.

Riesce finalmente a metterlo a fuoco, registrando su quel volto che non gli sta dando pace da mesi, la medesima angoscia che sicuramente stravolge il suo.

In quegli occhi verdissimi, anch’essi lucidi di lacrime ancora fermamente trattenute, la medesima prostrazione e confusione che attanagliano il suo cuore da settimane senza tregua.

Sgomento, riconosce in lui il suo stesso panico e non capisce.

 

Che sta succedendo?

 

Possibile che non sia stato il solo a trovarsi in quella situazione assurda?

 

 

Daniel pare leggergli nella mente quando d’impulso lo avvolge nel proprio abbraccio, premendolo piano sul suo petto, e affondando il viso nei suoi capelli, gli sussurra:

-          Ogni volta, fin dalla prima volta, che ti ho toccato… baciato… accarezzato… abbracciato… ogni maledetta volta… ho voluto farlo davvero con un desiderio folle che non mi riconoscevo.

Non era più finzione scenica.

Non lo è mai stata.

E ci ho messo un po’ a capirlo, esattamente come te.

Ma non ho voluto fermarmi a pensare perché quando ci ho provato, il mio cervello si è rifiutato di ammettere l’unica verità che avrebbe potuto spiegare quel che mi stava succedendo.

Che avrebbe potuto dare un nome all’immediata complicità che si era instaurata tra noi.

Alla voglia irresistibile di cercarti, di starti vicino ogni momento. –

Di colpo si sente spingere indietro.

Hema si libera delle sue braccia un po’ bruscamente, e gli punta in faccia due occhi pieni di risentimento.

-          Perché non mi hai mai detto niente di tutto questo? – Gli domanda, accusatorio.

-          Per gli stessi motivi per cui non mi hai mai detto niente neppure tu, immagino! – Ammette lui candidamente.

-          Ci ho messo quasi un anno per capacitarmi di questo… -

-          Abbiamo vissuto gli stessi stati d’animo, a quanto pare… forse sarebbe stato meglio parlarne prima, ma… come avrei potuto immaginare quel che stavi passando tu? ... Dopo la fine delle riprese non ci siamo più incrociati se non a distanza attraverso interviste sui nostri personaggi.

Sembra quasi che ci siamo evitati…. E… non lo so… forse è stato proprio così!

Con che faccia avrei potuto parlarti con il rischio di entrare nella tua vita da perfetto sconosciuto e scombussolarti? Non ne avevo il diritto. –

-          Come vedi io me ne sono fottuto di averne o no il diritto! –

A Daniel sfugge una risata mentre scrolla la testa.

-          Sei stato più coraggioso di me! –

-          O forse più incosciente! ... E’ che… a un certo punto… ho sentito che dovevo chiamarti… non so spiegarlo… era come se qualcosa mi spingesse a farlo sicuro che in qualche modo avresti capito… e… tu hai capito davvero! –

-          Pazzesco, vero? –

-          … Non lo so… non so niente! – Aggiunge scorato. - Mi sento come se fossi capitato in una realtà parallela e non fossi più io… e non è affatto una bella sensazione… E più provo a cancellare tutto e ad andare avanti… più le cose peggiorano e ci affondo dentro. –

-          E’ così terribile? –

Hema sgrana gli occhi incredulo: che domanda gli sta facendo?

-          Daniel, tu davvero non ti rendi conto? –

-          Di cosa? Che probabilmente ci siamo innamorati sul set di un serial televisivo? –

-          Zitto, non dire cazzate! –

Daniel inclina il capo da un lato fissandolo con un’espressione indecifrabile.

Hema rifletté disorientato che quel gesto lo faceva spesso sul set quando voleva capire qualcosa che gli sfuggiva.

Non è la prima volta che glielo vede fare, né che ne viene in qualche modo soggiogato, come rapito.

E si sente ancora più confuso di scoprirsi improvvisamente sensibile a un atteggiamento che non gli dovrebbe essere familiare e che invece, suo malgrado, lo è.

-          E tu… - Indaga l’uomo lentamente, scrutandolo impietoso. - … come definisci quello che proviamo? –

-          E che cazzo ne so? –

-          Hai paura delle parole, Hema, e di quel che significano? –

-          E tu da quando cazzo è che fai il filosofo? –

-          Cerco solo di dare un nome alle cose: è l’unico modo che conosco per capirle… Tu invece che vuoi fare? … - Attende una risposta che non viene, perciò aggiunge: -  Perché sei venuto qui, Hema? –

Il ragazzo trasale, ma tutto quel che sa fare è scattare in piedi e mettere più distanza possibile tra sé e lui.

Daniel lo segue con lo sguardo allontanarsi verso la riva, si alza a sua volta, ma non lo segue, lasciandogli il tempo di raccogliere i pensieri.

E concedendolo anche a se stesso.

Che cosa vuole lui?

Se lo chiede.

      Perché malgrado Hema sia convinto che quella storia gli stia scivolando addosso senza sconvolgerlo più di tanto, le cose stanno decisamente in modo diverso.

E adesso più che mai ne è consapevole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

 

 

Ha la bocca riarsa, Hema.

È cominciato con uno strano formicolio sulle labbra.

Come se a un tratto avesse sete.

E non ha sete.

Di questo è sicuro.

Non è di acqua che sente il bisogno.

Proprio no.

Ma non osa rivelare a se stesso il segreto.

Non può.

Ci vuole un coraggio che ancora non ha.

Che lo sfugge e lo deride al tempo stesso per le bugie che continua a raccontarsi.

Deglutisce.

Respira un paio di volte.

Profondamente.

Mentre il formicolio si propaga sulle guance, su tra i capelli e giù per il collo, lungo le braccia, sulla punta delle dita, concentrandosi in una bolla irrequieta al centro del cuore.

Se ne rende conto solo ora, seduto qui difronte la porta chiusa della camera da letto di Daniel, mentre l'inquietudine moltiplica di pari passo con l'accelerare convulso dei battiti che lo assordano.

E del sangue che gli pulsa rombando nelle orecchie.

Da quanto tempo sono seduti qui nella penombra, lui e i suoi pensieri frenetici?

Non lo sa.

Quello che invece sa è che si è girato e rigirato nel letto della propria camera per minuti eterni, incapace di capire perché d'un tratto una smania urticante si è impossessata di ogni cellula, fibra, lembo di pelle del proprio corpo.

Perché all'improvviso le lenzuola sono diventate lingue roventi che gli si sono appiccicate addosso come fameliche braccia pronte a ghermirlo e a soffocarlo.

E ha dovuto alzarsi.

Buttarsi giù da quella trappola che rischiava di ingoiarlo da un momento all'altro.

Allontanarsi.

E cominciare a fare avanti e indietro.

Senza senso.

Avanti e indietro.

Avanti e indietro.

La testa piena di pensieri che hanno iniziato a litigare tra loro, urtandosi, strattonandosi, confondendosi e confondendolo.

E la pelle che ha preso a formicolare, a tendersi come una corda, all'inseguimento di strane, improvvise sensazioni.

Sensazioni che non gli sono sconosciute.

Oh no, per niente!

 

Fino a che è dovuto uscire.

 

 

Una mano invisibile però gli artiglia i capelli con le sue dita adunche e lo tira indietro, inchiodandolo alla parete difronte.

Facendolo sudare freddo.

Costringendolo a serrare i denti e a imprecare contro se stesso.

Non sa proprio dove trovare il coraggio, Hema.

La spinta che gli fa superare l'ostacolo della propria, inutile, precaria razionalità e bussare a quella maledetta porta.

Varcare quella soglia proibita, che sogna e desidera e teme.

Non sa come raccogliere le forze per valicare il confine tra il corridoio e la camera al di là della parete.

L'invalicabile muro eretto tra la sua vita fatta di fragili e inutili sicurezze e il denso e oscuro desiderio che ha dell'uomo a pochi metri da lui.

 

Brucia.

 

Brucia da dentro, Hema.

Lingue di fuoco taglienti e sferzanti che gli avvolgono lo stomaco, mandandogli brividi e sfarfallii lungo la spina dorsale.

Che si proiettano giù per le gambe e si concentrano subdole e incontrollate proprio al centro dell'inguine.

Irrigidendogli i muscoli, che si tendono e si dilatano in una morsa dolorosa, lancinante.

Divorano spazio e rubano aria ai suoi polmoni già contratti.

Inaridendogli la gola.

Scivola lungo la parete contro la quale ha dovuto trovare sostegno perché le gambe gli tremano e non lo reggono.

Il gelo del muro gli ghiaccia la schiena nuda e lo fa trasalire di dolore per il contrasto con la propria pelle bollente.

Posa a terra il flaconcino di cristallo e si rifiuta di guardarlo.

Non vuole pensare perché lo ha preso dal fondo dello zaino e se lo è portato con sé.

Piega le ginocchia e vi puntella i gomiti.

Si porta le mani alla bocca, le fa scivolare su per le guance.

Infila le dita tra i capelli in quel gesto disperato che fa di solito quando è in qualche situazione di merda e non sa come uscirne.

Prova a inalare ossigeno dal naso.

Un profondo respiro.

Più profondo che può.

Più a fondo che riesce fino a che sente una fitta tra le costole.

E schiude le labbra per gettarlo fuori lentamente, assecondando inconsapevole le fitte di adrenalina della propria frustrazione.

Ma l'ossigeno peggiora ulteriormente la situazione.

La cute morbida si tende sotto l'alito bollente che ne secca l'umidità e tira, provocando un urticante fastidio.

Il formicolio aumenta.

Così le contrae, le lambisce con la punta della lingua, ne segue piano il contorno e prova a bagnarle di saliva per liberarsi di quella sensazione.

Inutilmente.

 

Rassegnati, Hema.

È inutile perder tempo a cercare soluzioni ed escamotage.

Non serve a niente.

Lo senti, no, il cuore che continua a batterti come un tamburo impazzito nella cassa toracica?

Il sangue che ti scorre nelle vene, fluendo come lava incandescente.

Il tuo inguine che pulsa sempre più imperioso anche se serri le gambe.

Quando mai è servito chiudere le cosce per tenere a bada gli ormoni che impazziscono?

E la tua bocca è sempre più riarsa.

Dai tuoi sensi che ti si rivoltano contro.

Ti azzannano con le loro fauci affilate e insinuanti.

Da questo desiderio ormai furioso di cui stai perdendo il controllo.

Perché lo stai perdendo il controllo, ragazzino.

Ammettilo.

Ammettilo e piantala di combatterlo, che è una lotta inutile e impari.

Dovresti averlo capito ormai.

Nemmeno tu sei così ottuso.

Altrimenti non saresti davanti a questa dannata porta a tormentarti.

 

Si odia, Hema.

Per la propria debolezza.

E non sa se perché sente il bisogno di cedervi o perché la sua determinazione è fragile come carta velina bagnata dalla pioggia.

Non ha spina dorsale, lui.

Lo sa.

Il più delle volte preferisce scappare che affrontare i propri demoni.

 

Sarebbe così facile anche adesso.

Alzarsi e ritornare al sicuro della propria stanza.

Rigettarsi su quel letto vuoto e soffocare ogni voglia.

Anche se non saprebbe come visto quanto sta diventando prepotente.

Quale potrebbe essere il rimedio migliore?

La solita, classica doccia fredda.

Perché no?

Gli rimarrebbe la frustrante sensazione di insoddisfazione, però!

E l'alternativa sarebbe altrettanto snervante.

Se ne rende conto mentre soffoca un ringhio furioso e capisce che le uniche seghe capace di farsi al momento sono quelle mentali.

Che lo stanno trafiggendo come milioni di spilli tutti infilati sotto pelle dal suo atavico, insopportabile, maledetto autolesionismo.

 

E gira la testa, cercando con lo sguardo il flaconcino che ha lasciato al suo fianco.

Lo recupera e lo nasconde nella mano, serrandovi forte le dita intorno.

Proprio non c'è la fa a guardarlo.

Perché farlo sarebbe come fissare in faccia quel suo desiderio ingestibile e inconfessabile.

Rendere concreta e tangibile quella parte sconosciuta di sé con cui non è ancora sceso a patti.

Che tanto lo attrae e lo terrorizza.

Che non aveva mai pensato di possedere.

Che si è rivelata sempre più potente e prevaricante.

Lei si, saprebbe bene cosa farci con il prezioso contenuto di quella boccetta di vetro.

 

Sospira, tremando da capo a piedi avviluppato da un unico brivido violento.

 

E la porta d'un tratto si apre.

Nel cono di debole luce che si proietta su di lui e sulla parete alle sue spalle, i contorni del corpo di Daniel appaiono quasi come la visione di una creatura appena delineata.

Non può impedirsi di sobbalzare per lo spavento, Hema.

E si dimentica completamente di respirare.

Ora che il suo sogno proibito si è materializzato e non è più imbrigliato nei lacci della propria immaginazione isterica.

- Hema! - Daniel si piega sulle ginocchia, sorpreso e preoccupato di trovarlo sul pavimento, lì in corridoio. - Che c'è, stai male? -

Hema solleva gli occhi su di lui, le labbra schiuse e immote, e si accorge di quanto sia vicino.

Lo percepisce dal calore che lo invade.

Dal profumo lieve e singolare che gli viene dalla sua pelle e che gli è già così familiare.

E non dovrebbe esserlo.

L'uomo gli sfiora una guancia con la mano per capire che succede, l'espressione tesa e apprensiva.

Sussulta a quel contatto gentile, che lo manda inevitabilmente in paranoia.

Non gli è mai sembrato così bello e irreale, abbracciato dalla penombra.

 - Perché sei qui, hai bisogno di qualcosa? -

 Hema si concede di far scorrere lo sguardo su di lui anche se ha una fottuta paura di non reggere quello che vedrà.

Daniel indossa solo i pantaloni leggeri del pigiama.

La stoffa gli si tende sui muscoli delle lunghe gambe piegate sotto il suo peso.

Disegna sentieri perfetti e infiniti.

Il bagliore tenue che viene da un lume acceso nella camera gli si proietta alle spalle, soffondendolo di un alone appena dorato, e scivola sinuoso sul suo collo, lungo le braccia e il dorso, morendo tra gli addominali piatti e giù lungo il ventre.

Vorrebbe posare le dita su quella pelle che sa essere chiara e liscia.

Farle scorrere lente, seguendo le pieghe dei muscoli.

Vorrebbe...

... Inghiotte a vuoto lo spasmo atroce che lo stomaco gli invia al cervello al solo pensiero.

La gola lo graffia impedendogli di riprovarci.

- Hema! - Lo chiama ancora Daniel.

Che non capisce la sua espressione sconvolta e i suoi occhi scuri lucidi di lacrime.

- Toccami! - 

È un sussurro.

Il fantasma lieve di una supplica disperata.

Che sfugge alle sue labbra e vola verso di lui.

Daniel trema a sua volta, sorpreso e incredulo.

Ha capito bene?

Se lo domanda.

Inevitabilmente.

 

DEVE chiederselo.

 

 

Perché non può permettersi il lusso di fraintendere.

Di capire una cosa per un'altra e commettere qualche errore irreparabile.

Che sarebbe troppo facile sbagliare.

Troppo semplice nello stato d'animo in cui è da quando Hema ha messo piede in casa sua.

Dar retta alla voce che gli grida dentro, sempre quella, sempre la stessa, e che ha cercato di zittire con tutte le proprie forze fino a quel momento.

La voce che gli soffia sotto pelle, irradiandogli ogni cellula di brividi caldi e gelidi.

Che gli sussurra di rincorrere quegli occhi scuri così sfuggenti e spaventati.

Che gli mormora di toccare ancora il suo volto.

Quella sua bocca che sa di morbido e di dolce.

Che lo ha spinto fuori dal proprio letto e dalla propria camera a quell’ora della notte.

 

Davvero sarebbe facile.

Equivocare.

Ascoltare solo se stesso e i segnali d'allarme del proprio corpo, che ha tenuto a bada fino a quel momento non sa nemmeno lui con quale forza.

Smettere di controllare la mano che si è appena sollevata a sfiorarlo e che ha urlato di disappunto per esserne stata allontanata.

E lasciarla andare.

Da sola.

Attratta da lui come la falena dalla luce mortale che può rivelarsi una strada senza uscita o la via per il proprio paradiso personale.

 

- Toccami, ti prego, sto bruciando!! -

 

E tuttavia glielo ripete, Hema.

La voce tormentata, appena udibile pur nel silenzio intorno, incrinata dalla violenta emozione che lo sta stritolando.

Sgretolando la sua prudenza.

Il buonsenso che Daniel si è imposto come un dogma dal momento in cui lo ha baciato all'aeroporto.

Infrangendo una volta e per tutte ogni scrupolo.

Ogni precauzione.

Mandando al diavolo razionalità e buoni propositi.

 

Trema, Daniel.

Inevitabilmente consapevole.

Sicuro del significato della sua supplica.

Delle implicazioni.

Delle conseguenze che essa avrà sulle loro vite.

Ognuna delle parole che hanno composto la sua preghiera gli si insinua sotto la cute, scivolando e sollevando il tessuto come fogli sottili di ghiaccio.

Aprendogli una voragine di dolore violento in ogni parte del corpo.

Esplodendogli nel petto.

Mandandogli il cuore a sbattere prepotentemente contro le ossa.

Scivolando giù nello stomaco, che si contorce di aspettativa e di ansia, e propagandosi rapido giù per le gambe.

Un respiro spezzato e tremante gli sfugge dalle labbra schiuse per la sorpresa, e le ginocchia gli cedono, costringendolo a poggiarle entrambe sul pavimento, una tra le gambe di Hema e l'altra all'esterno.

Così non c'è più alcuna distanza di sicurezza a dividerlo dal suo desiderio.

Dagli occhi scuri e umidi di lacrime del ragazzo, che non ha interrotto il contatto coi i suoi nemmeno per un istante.

Dalla sua bocca socchiusa che ancora non ricorda che prima o poi dovrà riprendere a respirare.

Piega la testa verso quella di lui, che è un tutt'uno con la parete.

La inclina da un lato, appena un poco, a un soffio dal proprio traguardo.

Che è lì.

Riesce finalmente a percepirne il calore.

Non deve più rincorrerne solo il ricordo.

Gli basta fare un altro piccolo, impercettibile movimento, cancellare l'insignificante spazio che li divide.

Perché Hema non lo aiuterà.

Lo sa.

Lui se ne sta fermo, paralizzato dalla paura, e non gli va incontro.

Non gli facilita le cose.

Gli lascia campo libero.

Il potere di decidere.

Perché dopo averlo supplicato, non è più in grado di muovere un solo muscolo.

La consapevolezza di aver varcato la soglia proibita e agognata lo sta uccidendo.

Percepisce solo il suo respiro che si infrange sulle sue labbra e lo riscalda.

Il suo corpo talmente vicino che si sente soffocare dalla violenza del bisogno che ha di esso.

Eppure lo sa che non lo sta toccando.

 

Non ancora.

 

Daniel posa finalmente la propria bocca sulla sua in un tocco lieve.

E si ritrae come se si fosse scottato.

Ci riprova.

Lascia il fantasma di un bacio sulla parte superiore.

La assaggia e gli piace: è soffice e dolce come nel suo ricordo.

Come ha potuto farne a meno proprio non sa spiegarselo.

Gli chiude il viso con entrambe le mani e riprende a baciare le sue labbra, addossandolo alla parete con il proprio corpo.

Lento, ipnotico, con limpida innocenza.

Senza pretendere niente.

Solo labbra contro labbra, attimo dopo attimo, centimetro per centimetro.

Assaggiando il tessuto morbido e umido, ingolosito dal suo sapore.

Rompendo finalmente l'apnea inconsapevole di Hema.

Facendolo vibrare. 

Riscuotendolo dal torpore paralizzante che lo ha tenuto inchiodato a terra.

Il suo respiro si scontra con il proprio.

Lo beve avido.

Lo rincorre, lasciando scivolare piano la lingua alla sua ricerca.

È una scarica assoluta di adrenalina quando incontra la compagna al suo passaggio.

Che le va incontro ansiosa, offrendosi senza remora.

La lambisce, lento, la imprigiona e la sugge.

La lascia un istante e la cattura di nuovo più affamato che mai.

E non c'è più traccia d'innocenza.

Nessuna prudenza.

È passione pura, senza lacci a frenarne la voglia di divorarla.

È desiderio di fondersi sempre più.

Di incastrare ogni parte di sé con ogni parte di lui.

Perché non può esserci separazione, vuoto, spazio.

A dividerli.

Hema lascia che le braccia si muovano da sole verso di lui.

Incontrano la pelle dei fianchi, artigliano il lembo del pigiama.

Le dita si intrappolano nella stoffa e scivolano attraverso di essa, incontrando i solchi che i muscoli disegnano sul ventre.

Si sente stordito, confuso, eccitato all'inverosimile.

È una sofferenza sottile, insinuante e costante.

Che cresce e si propaga in ogni sua terminazione nervosa.

Ma la avverte lo stesso.

 

La paura.

 

Di quel contatto.

 

E scappa.

 

Costringendo il braccio a tirar via la mano verso l'alto, su per il fianco, in un punto più sicuro.

 

Non c'è l'ha il coraggio di Nasir, lui.

Sul set era diverso.

Programmato. 

Era la parte che doveva interpretare: la puttana romana redenta che incontra l'amore.

Conosceva ogni gesto, sospiro o sguardo che avrebbe dovuto recitare.

Nero su bianco di un copione che aveva imparato a memoria.

Adesso c'è soltanto l'ignoto.

E il corpo di Daniel contro il suo.

Non è una bambola virtuale di una scena fittizia.

È reale.

Tangibile.

È carne e muscoli.

E respiri spezzati di desiderio, che gli incendia la pelle.

C'è un vortice di sensazioni sconosciute e aggressive.

Di paure e brividi.

Di calore che lo avviluppa come un'unica lingua di fuoco.

E non sa niente.

Di quello che deve fare.

Che sta per succedere.

Non vuole saperlo e non sa osare.

Non ancora.

Forse non ci riuscirà mai, nemmeno dopo, anche se non sa cos'è quel "dopo" che lo attende.

Anche se sa che quel "dopo" lo vuole con tutto se stesso.

Quel se stesso che non sapeva di possedere fino a un anno prima.

Che a tratti si stacca da lui e si muove per conto proprio.

Che se ne frega di lui e delle sue fottute paure.

Che si dibatte furioso e vorrebbe lasciarlo indietro.

Correre e bruciare tra le braccia dell'uomo che lo sta baciando.

E che urla e si ribella ai suoi tentativi di tirare i lacci con cui lo imbriglia per riportarlo indietro.

 

Attimi infiniti e Daniel lo afferra per i fianchi riportandolo lentamente in piedi con lui.

Appena se ne accorge tanto è perso.

I suoi sensi sono tutti allertati come sensori sensibilissimi che vibrano a ogni nuova sensazione.

Sente le sue braccia scivolargli intorno alla vita, le mani scorrere sulla pelle della schiena e allontanarlo dal freddo della parete a cui era addossato.

Lo attira contro di sé, avvolgendolo, senza staccare la bocca dalla sua.

Quasi non lo fa respirare coi suoi continui assalti.

Ma si guarda dal lamentarsene.

Gli lascia il controllo di qualunque cosa voglia fargli pur di non dover decidere da solo le proprie azioni.

 

Lo segue cieco e fiducioso quando Daniel lo sospinge piano verso l'interno della camera.

Percepisce prepotente la pressione pur delicata delle sue lunghe gambe che lo premono per guidarlo, e rifugge ogni altra percezione.

Si concentra sui suoi muscoli che gli si modellano addosso e su quel bacio interminabile, sfaccettato, multiforme, dolcissimo nella sua irruenza.

Il suo cervello sfugge ogni altra consapevolezza.

E poi gli piace.

Gli piace troppo.

Sta baciando un uomo ed è la cosa più bella, eccitante e sconvolgente che gli sia mai capitata nella sua breve vita.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

 

 

Daniel chiude la porta con un calcio e ve lo spinge contro. 

Si ridisegna su di lui, lasciando le braccia a scudo tra la sua pelle calda e il freddo della superficie in vetro satinato, quasi volesse proteggerlo.

Gli fa scivolare un ginocchio tra le gambe e Hema lo accoglie come fosse la cosa più giusta.

Lo asseconda istintivo, concedendogli tutto lo spazio di cui ha bisogno.

Un piacere soffuso, vellutato, gli si insinua lentamente in qualche recesso del cervello, che all'istante lo irradia al suo bassoventre, facendolo rabbrividire.

S'accorge di non aver mai provato niente del genere.

Mai in nessuna delle sue esperienze si è ritrovato in balia di sensazioni così violente.

Così cariche di sfumature controverse, dolci e dolorose allo stesso tempo da rubargli istanti di respiro senza riaverli indietro.

Quello che prova è un groviglio lacerante di caldo e gelo che si rincorrono in rivoli sottili sulla pelle.

La scomposizione del suo corpo, ma soprattutto della sua anima in numerose piccole parti, ognuna amplificata e dilatata dalle percezioni che gli giungono da così tante direzioni diverse da non capire più niente.

Dalla bocca che lo sta violando insistente eppure paziente e riverente, con un bacio che non aveva mai immaginato tanto sensuale e languido neppure nei suoi sogni più spinti.

Da cui è completamente rapito e al quale si offre con ansia sempre crescente.

Dalle dita che scivolano sui suoi fianchi, leggere e possessive, in piccoli movimenti circolari e che sembrano disegnare immaginifici cerchi.

Contro le quali si spinge assecondandole istintivo.

Dal torace di Daniel che preme il suo morbidamente e di cui sente ogni linea, piega, angolatura dei muscoli.

Il cui contatto ustionante incoraggia, incapace di privarsene.

Dal suo ventre che gli si modella sullo stomaco come un calco di sé perfettamente combaciante.

Da un'erezione che proprio non può ignorare neppure nella sua completa inesperienza di ciò che sta avvenendo.

La sente.

Contro il fianco.

Inequivocabile e reale.

Sempre più tangibile.

E d'un tratto prende coscienza che è lui a provocarla.

Che è merito suo se si sta manifestando con tale prepotenza.

E il cuore gli esplode in un moto di irragionevole orgoglio.

Non avrebbe mai immaginato di poter avere tanto potere su quell'uomo bellissimo da eccitarlo a quel modo.

Lui, piccolo e insignificante mezzo maori, senza fiducia in sé stesso.

 

Un brivido gli corre lungo la schiena, facendolo tremare brutalmente.

Il ginocchio che Daniel ha insinuato tra le sue gambe lo sta accarezzando, premendo dolcemente, e a tratti più insistente, risvegliando anche la sua di erezione.

Quasi non se ne era accorto fino a quel momento, perso com’è nel vortice che lo sta avviluppando.

Ma adesso gli diventa impossibile ignorarla.

La continua stimolazione gli sta tendendo la pelle in uno spasmo che si sta trasformando in una fitta sottile e dolorante.

La sua sete diventa ingestibile.

Annaspa a corto d'aria.

Istintivamente spinge i fianchi contro la coscia di Daniel, cercando e chiedendo un appagamento ignoto.

È una richiesta che a quanto pare il suo corpo conosce e che la sua mente si rifiuta di contemplare.

E non sa chi seguire.

Può fare una cosa alla volta, Hema.

Quando tutto diventa complicato, può gestire una sola cosa alla volta.

Invece si ritrova a inseguire una quantità di bisogni che vanno in direzioni diverse.

Il bacio.

Le carezze.

L'eccitazione.

Ognuna che reclama attenzione per sé.

Alimentazione e appagamento.

Gli sembra di diventare pazzo.

Di non riuscire più a connettere il corpo al cervello.

Sono diventate due entità distinte e autonome.

Scisse dalla sua volontà.

O la sua volontà è quella del suo corpo?

Che chiede.

Chiede.

Chiede.

E pretende.

E ha fame e sete.

E desidera.

Violentemente desidera.

Perdersi.

All'infinito.

 

Ma non ha il tempo di rincorrere questi pensieri che ne viene strappato via da altri bisogni.

Altre esigenze più imperiose.

La bocca di Daniel scivola di lato, umida di saliva e scende giù lungo il mento, inseguendo la curva del collo.

La punta della lingua lecca e assaggia la pelle che le scorre sotto, avida e ingolosita.

Hema lo insegue con la mente mentre non può fare a meno di chiudere gli occhi e deglutire l’emozione che gli vibra lungo la spina dorsale.

Piega la testa di lato per lasciargli spazio.

Trema e sospira e rabbrividisce.

E non sa fare niente se non lasciarlo procedere da solo.

Percepisce le sue labbra incedere lungo la curva tra il collo e la spalla, i denti che si aprono e si richiudono sulla clavicola senza tuttavia morderlo davvero.

Un pensiero incoerente gli attraversa la testa: vorrebbe che lo facesse.

Non sa perché.

Non lo capisce.

Ma gli piacerebbe.

Il solo volerlo lo eccita.

 

Ma di nuovo non ha tempo per soffermarsi.

Daniel ha cambiato ancora obiettivo, volubile, imprevedibile.

Se lo sente strusciare addosso mentre gli si piega davanti, le mani che gli tengono i fianchi, e tracciare una scia umida di baci al centro del petto, fino giù.

Dove sta andando non lo intuisce, sempre più smarrito, finché non avverte la sua lingua che si tuffa nelle pieghe minuscole del proprio ombelico.

Un grido prorompe incontrollato dalla sua bocca e gli si contraggono tutti i muscoli dello stomaco per l’inatteso spasmo di ebbrezza che lo frusta.

 

Daniel serra le dita e lo tiene fermo nell’attimo in cui la sua schiena si piega all’indietro.

E affonda ancora di più, succhiando quel pezzo di pelle inquieto che cerca di sfuggirgli.

Con la lingua gira intorno al piccolo confine che lo delinea, lo sfiora coi denti, lo sugge ancora, gli regala piccoli baci.

Lo sente tremare per l’ennesima volta, e la consapevolezza di aver trovato un nuovo punto sensibile gli fa accelerare ancor più i battiti del cuore.

Lo riempie di gioia scoprirlo così ricettivo.

Gli sembra simile a una sottile corda che si tende continuamente ogni volta che semplicemente lo sfiora.

Che risponde puntuale a ogni suo stimolo.

Lo esalta all’inverosimile sentire il suono dei suoi sospiri che si prolungano insieme ai brividi che gli increspano la pelle.

Vuole sentirne altri e di più.

 

Lascia scivolare le dita intorno al bordo dei pantaloni del pigiama che gli cingono la vita in un gesto lento, inseguendo il profilo del tessuto morbido.

Tira piano in basso cedendo un piccolo spazio sufficiente perché la bocca scivoli in piccoli baci sulla pelle dell’anca.

Con la lingua traccia sottili sentieri intorno e irrimediabilmente lo sente fremere e contrarsi.

Scosta ancora un poco la stoffa e continua a seguire il sentiero che va da un’anca all’altra lungo il ventre irrequieto.

Con il movimento struscia il mento sulla sua erezione e di colpo Hema sobbalza come trafitto da mille spilli bollenti.

Indietreggia istintivamente andando a sbattere contro la porta alle sue spalle.

Daniel lo trattiene altrettanto istintivo e solleva la testa verso di lui senza mettere che pochi millimetri tra sé e il suo corpo.

Incontra i suoi occhi confusi e sgranati dalla sorpresa di quel che prova e che lo ha fatto sussultare.

Sembra soprattutto sconvolto e in un certo senso lo capisce: egli stesso lo è se si ferma a riflettere.

Ma non vuole.

Non in quel momento.

Niente considerazioni.

Niente analisi.

Nessun ragionamento.

Ciò che vuole, in quel momento, è una cosa sola e non l’ha mai desiderata tanto.

Non gli importa se non l’ha nemmeno mai sognato prima di quel momento.

Se quello è un uomo.

Se “lui” è un uomo.

Non gliene frega un cazzo.

Vuole per sé i sospiri di quella voce sottile trasfigurata dalle emozioni che gli suscita.

Il tepore soffice della sua pelle che sfiora appena la sua senza che lo abbia ancora neppure toccato davvero.

 

Lo vuole.

Lo vuole.

Lo vuole.

 

E non è così ipocrita da mentirsi: lo vuole in ogni senso.

In “quel” senso e in tutti gli altri che la mente intorpidita gli sta suggerendo frenetica mentre lui sta perdendo tempo a contemplare lo sgomento sul volto di Hema.

 

Una fitta dolorosa lo strappa brutalmente alle proprie, fugaci elucubrazioni, propagandosi spietata lungo la spina dorsale e torcendogli lo stomaco e l’inguine.

D’impulso stringe le mani che ancora indugiano intorno ai fianchi del ragazzo, e affonda il volto nel suo ventre.

Sospira e rilascia il fiato caldo, combattendo contro il proprio desiderio che lo artiglia spietato sempre più insistente.

Indugia.

Prende per sé un attimo di tempo mentre avverte che il controllo sta per sfuggirgli di mano e che, lo sa, non farà niente per trattenerlo.

Hema ha l’ennesimo sussulto e irrigidisce i muscoli, scombussolato dal bruciore del suo respiro.

Non sa se vuole fuggire a tutto quello o lasciarsi andare.

Ha paura.

Ancora.

Sempre di più.

Paura e desiderio.

Che lo tirano in due direzioni opposte e lo lacerano, facendo in pezzi ogni pensiero sensato che tenta di mettere insieme.

Daniel fa un gesto di diniego con il capo come a voler replicare a un proprio pensiero.

Così facendo struscia la guancia e la barba ispida graffia l’epidermide ipersensibile che sta artigliando.

Il ragazzo si contrae di nuovo e si lascia sfuggire un ansito sofferto.

Il respiro gli si sta spezzettando in gola per l’ansia.

Non ce la fa più.

Gli tremano anche le gambe.

Se non fosse per la presa ferrea di Daniel, sarebbe già crollato piegato in due.

 

Poi, di colpo, smette di pompare ossigeno.

Si dimentica come si fa.

Non ne ha più memoria.

Ha una vertigine che gli annebbia il cervello e la vista.

Non capisce che succede.

Se non quando comincia a sentir freddo, e caldo e di nuovo freddo in una successione rapida e inspiegabile.

Daniel ha fatto pressione con le mani sull’elastico dei pantaloni, spingendoli lento, ma inesorabile, verso terra.

Giù, lungo le cosce, fino ai piedi.

Hema si ritrova nudo, completamente, avvolto solo dalle braccia dell’uomo davanti a sé.

Ogni centimetro di pelle preme contro quella di lui.

Ogni fibra, cellula, terminazione nervosa, tutto è allertato, in fibrillazione sotto le mani che imperiose e pur gentili lo percorrono dal basso verso l’alto, accarezzandolo in gesti concentrici, delicati.

Si insinuano sicure tra le pieghe del suo corpo, esplorandolo e sfiorandolo, indugiando maliziose sui suoi glutei irrigiditi dallo stupore.

Le dita scivolano nel solco tra i due, lambiscono rapide la pelle sensibile e vanno più giù, tanto furtive che non sa se lo ha solo immaginato o se lo hanno davvero toccato là.

Un grumo di aspettativa gli si concentra furibondo tra lo stomaco e le ginocchia.

Vuole…

Non sa che cosa vuole in quell’istante incredibile.

E ogni sua capacità di capirlo si annienta quando quelle dita si concentrano inusitatamente tra i suoi testicoli gonfi, e contemporaneamente Daniel lascia scivolare la bocca sul suo membro.

Una scarica potente di adrenalina lo investe con tale intensità che sente la propria voce urlare senza averlo davvero voluto.

Si piega di scatto in avanti e punta le mani sulle spalle davanti a sé.

Daniel gli artiglia il sedere, impedendogli di sottrarsi.

Affonda il volto e inala a pieni polmoni.

Il ragazzo spalanca gli occhi senza riuscire a vedere alcunché davanti.

Lo sente.

Lì.

Che lo respira.

 

Che sta facendo?

 

Si domanda spiazzato.

Nessuno gli ha mai fatto una cosa simile.

L’imbarazzo e il caos gli distorcono la realtà.

Vorrebbe sottrarsi.

Ma è solo un impulso dettato da sovrastrutture mentali radicate.

Non lo vuole davvero.

Se ne rende conto un attimo dopo averlo avvertito.

Quello che desidera è sconvolgente e sconveniente.

-          Dan…iellll !!! –

-          Mmm, hai un così buon odore! – La labbra di Daniel sfiorano la pelle sensibile e il respiro che scaturisce da esse gliela riscalda, accelerandogli i battiti del cuore.

Non può averlo detto.

Averlo detto davvero!

Non può!

 

Eppure Daniel l’ha detto.

E lo pensa.

Quello che gli invade i polmoni è un profumo nuovo con un retrogusto conosciuto.

E’ il proprio bagnoschiuma alla vaniglia che ha usato per farsi la doccia e il “suo” odore.

Dolce, diverso da qualunque altro.

Non è delicato come quello di una donna.

No.

E’ qualcosa di diverso, ma non sa ancora definirlo.

Un mix che gli sta entrando lentamente sotto la pelle e gli piace.

Lascia uscire la lingua fra le labbra e lo sfiora cauto, d’un tratto preoccupato che quel gesto più intimo glielo sottragga dalle mani e lo spinga a fuggire.

Invece accade che le dita del ragazzo si stringono ancora di più sulle sue spalle, graffiandolo per la sensazione folle che gli ha provocato.

E insiste, meno prudente.

Lambisce di nuovo la punta imperlata e le gira intorno in piccoli cerchi.

Hema si contorce urlando qualcosa di intellegibile mentre stringe i denti.

Lui sorride e continua, chiudendo piano le labbra sul glande ipersensibile.

Sugge piano la carne morbida e dura al tempo stesso, assaggiando il suo sapore sconosciuto, appena salato, sconvolgente e inebriante come niente altro.

-          Oddio!!- Geme Hema, irrigidendosi e chiudendo gli occhi.

E’ così strano.

Così … invadente.

Fantastico.

 

Sbagliato.

 

Daniel affonda e lo avviluppa con un movimento unico, avvolge la lingua intorno alla punta, gliela stuzzica, spinge contro il piccolo, sensibilissimo taglio che la divide.

Il ragazzo geme forte e apre gli occhi di scatto rimanendo senza fiato.

Lui lo guarda e succhia più forte, euforico per le fiamme che gli scorge nelle iridi scure.

Lo sente che si agita sotto le sue mani, che lo stringono sempre più forti.

Lo percepisce mentre si tende, e cresce, e si irrigidisce per gestire il piacere che gli si sta irradiando violento in ogni terminazione nervosa.

Insiste imponendogli un ritmo suo, spingendoselo ancora più in fondo come a volerlo inglobare tutto in sé.

 

E vibra bruscamente, Hema.

Si inarca, lasciando le sue spalle e piegandosi all’indietro contro il freddo vetro.

Che lo fa sobbalzare ancora più.

Agita le mani, vorrebbe toccarlo, afferrargli la testa e obbligarlo al suo ritmo.

Ma non lo fa perché è troppo sconvolto.

Incredulo.

Così solleva le braccia e artiglia i propri capelli, fuori di sé, e respira pesantemente, singhiozzando, muovendo i fianchi contro la bocca famelica che lo sta divorando, offrendoglisi senza pudore, in cerca di un appagamento furioso che tarda ad arrivare.

 

- Dan... Daniel, io... -

Articola a fatica le parole, Hema.

Sta tremando da capo a piedi, sferzato da ondate sempre più insostenibili che gli soffocano il respiro.

È sul punto di non ritorno.

Lo sente distintamente mentre il centro del suo universo si è ormai concentrato in quell'unico, folle punto che gli sta mandando a fuoco il ventre.

 

La bocca di Daniel.

 

Che lo divora.

Lo ingloba.

Lo annienta.

E non lo lascia andare.

Non lo libera.

 

Accelera e poi rallenta quando intuisce che lo sta portando sull'orlo del precipizio, prolungando spietato la sua agonia.

Come fa?

Come diavolo fa a capirlo?

A sapere quando riportarlo indietro, facendolo impazzire d'insoddisfazione?

Come?

Urla, frustrato.

Stringe i denti e urla.

E Daniel in risposta gli dà il colpo di grazia, come obbedendo a un riflesso condizionato.

Succhia più forte, sempre di più, finché non lo avverte che gli si paralizza tra le mani, e gli esplode in bocca incontrollato.

 

Il cuore gli esulta nel petto d'eccitazione.

Un liquido caldo gli scorre lungo la gola mentre lo ingoia.

Non sa se gli piace.

Non gli importa.

Gli è sufficiente guardare in su il ragazzo esausto, il respiro spezzato, che si sta abbandonando lentamente senza forze, consapevole di essere lui l'artefice del suo sfinimento, per sentirsi soddisfatto, felice.

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

 

Hema gli cade addosso, dimentico che avrebbe voluto scostarsi, allontanarsi prima che fosse stato troppo tardi.

Prima di venire in quel modo tanto indecente, disdicevole, favoloso, incredibile!

Daniel lo accoglie tra le braccia e con una spinta si rimette in piedi, accompagna la sua testa molle contro la propria spalle e vi poggia la guancia.

È una sensazione morbida e tenera quella che prova in quel momento.

Che per un istante sovrasta e mette in ombra l'eccitazione e il desiderio null'affatto sopiti nel sangue, che ancora gli scorre rapido nelle vene.

Istintivamente gli posa un bacio sulla tempia, sorridendo.

Poi si gira e lo adagia di traverso sul letto.

Lo guarda che socchiude le labbra per incanalare un po’ di ossigeno nei polmoni, lo stomaco che si contrae al ritmo dell'orgasmo non del tutto scemato, abbandonato sulle lenzuola, gli occhi chiusi, le gambe e le braccia mollemente adagiate.

Sembra così indifeso, piccolo, sconvolto, perduto.

È bellissimo!

Da mangiare.

Assaggiare.

Divorare di baci.

Non resiste: lo vuole!

Ancora.

Più di prima se possibile.

Con più determinazione.

 

Gli si stende accanto, lascia scivolare una gamba tra le sue, che non gli oppongono alcuna resistenza.

Mette le braccia ai lati della sua testa senza tuttavia gravargli addosso e si china.

Il fiato caldo e agitato che esce dalla sua bocca tremante gli riscalda il volto.

Rimane a fissarlo affascinato, gli occhi che seguono i contorni delle labbra e il suo delizioso contenuto che, inconsapevole, in un gesto istintivo, le lambisce per umettarle.

Vorace cala su di esse e cattura la sua lingua, invadendolo con la propria.

Hema sgrana gli occhi, colto di sorpresa, ma non ha tempo di formulare alcun pensiero, che viene trascinato via dalla danza ipnotica e insistente che ingaggiano.

Cosi dimentica di ritornare in sé.

Dimentica che è sbagliato.
Tutto quel che sta accadendo.

E’ tutto sbagliato!

Dimentica chi è.

Dimentica.

 

Daniel gli prende la testa e gliela tiene ferma mentre lo esplora, lento, famelico, incalzandolo, senza concedergli tregua, sempre più ingolosito, affamato di lui e del suo sapore.

Il ragazzo si muove sotto di lui, si contorce nel poco spazio che ha tra sé e il corpo bollente che lo sovrasta.

Agita le gambe, mandandole a sfregare contro quelle di Daniel, che lo avvolgono, insinuandosi tra esse, i piedi che lo sfiorano e scivolano sulle lenzuola.

Muove il bacino ansioso, non sa neppure lui di cosa, e così facendo comprime il proprio sesso ancora semi eretto contro la stoffa morbida del pigiama che avvolge la coscia dell'uomo.

Una scossa potente gli si scatena, propagandosi in ogni recesso.

Sobbalza, dolorosamente sferzato.

Mugola e geme nella sua bocca, ma Daniel non lo libera.

Anzi, lo tiene più fermo, gli artiglia i capelli e affonda ancor più, imprigionandogli la lingua tra i denti e suggendola prepotente.

Cielo!

E’ una sensazione così assurda e fantastica che gli dà alla testa come se improvvisamente fosse ubriaco.

Non capisce più niente.

In risposta artiglia l'aria intorno che gli manca con le mani che cominciano a vagare sulla sua schiena tesa e morbida.

In una di esse, stretta a pugno, tiene ancora il flaconcino di cristallo.

Non osa lasciarlo andare, anche se aveva dimenticato anche quello fino a un momento prima.

Poi finalmente Daniel gli consente di riprendere fiato, liberandolo dal proprio assalto.

I loro respiri mescolati e frenetici gli unici suoni che rotolano tra le pareti della camera.

Gli bacia la guancia, il mento, lascia una scia umida di saliva con la lingua mentre gli ridisegna la linea del collo.

Prende morbidamente tra i denti un lembo di pelle e lo succhia forte, arrossandolo.

- Cristo, sei così dolce! - Impreca, incredulo.

Semina piccoli baci sul suo petto, devia a sinistra fino a incontrare la punta turgida e scura del capezzolo.

Lo prende delicatamente tra i denti e piano lo tira.

Hema grida e si inarca violentemente, cozzando contro il suo torace, un muro d'acciaio ustionante che lo stordisce.

Daniel sorride esaltato e il giovane lo sente distintamente contro la pelle.

Inghiotte un grumo denso di desiderio e di impazienza, e lo lascia andare.

Con la punta della lingua lecca la piccola punta ipersensibile una, due, tre volte, mandandogli una cascata di brividi terribili in ogni dove, sbriciolandogli il fiato in minuscole, tragiche convulsioni, intanto raggiunge l'altro capezzolo, lo prende tra le dita, lo stringe e lo tende.

Per l'ennesima volta Hema si contorce contro di lui, piega la schiena all'indietro come a voler sfuggire a quell'eccesso di piacere che non sa come gestire, che lo scombussola e lo confonde.

Ansima e singhiozza senza sosta, fuori controllo.

Gli sembra di impazzire.

Di voluttà.

Di gioia.

Di dolore.

Di disperazione.

È tutto così nuovo e meraviglioso.

Così dolce e brusco al tempo stesso.

 

Gli poggia la mano libera su un fianco e la lascia scivolare in una carezza languida, inseguendo il sangue che gli si scioglie dentro come cioccolato fuso dal calore intossicante in cui è avvolto.

Lo sente liscio e soffice come seta sotto le dita.

Piacevole e invitante.

E una parte, minuscola ed esterrefatta, della propria coscienza lo trova così incredibile: non avrebbe mai pensato che il corpo di un uomo potesse esserlo.

Ma lui lo è e questo gli soffonde il cuore di felicità e di languore.

 

- Cos'hai qui? -

La voce un po' ansante di Daniel all'improvviso lo strappa alle sue precarie riflessioni.

Gli ha preso la mano sinistra nella sua, spasmodicamente rimasta chiusa a pugno per tutto quel tempo, feroce custode del suo segreto, e la ruota quel poco per scorgere le dita ostinatamente serrate.

Ma lui non se ne è accorto.

Fino a quel momento.

 

Il panico.

 

Lo coglie all'istante, freddandolo e facendolo riemergere dal suo sogno erotico.

Schiude gli occhi e invece di guardare il suo interlocutore, fissa la propria mano con il respiro che gli si incastra in gola.

Daniel attende che lui la apra, ma Hema neppure ci pensa.

Così afferra le sue dita e, attento, ma determinato, gliele distende una per una finché ricompare il palmo, segnato dalle unghie che hanno lasciato cicatrici, tanto si sono conficcate nella pelle, e.... il suo contenuto.

- Che cos'è? -  Chiede di nuovo, incuriosito dal cilindro di vetro trasparente, avvolto in un'etichetta elegante di color argento.

- Niente! - È la prima, stupida, istintiva risposta che gli sale alle labbra riarse.

Daniel aggrotta la fronte un po’ disorientato.

Nota che Hema non ha il coraggio di guardarlo, come se fosse improvvisamente in forte imbarazzo.

È la cosa lo fa sorridere: cosa può imbarazzarlo più di quel che è appena accaduto?

Sta per prendere il flaconcino, ma Hema di scatto sottrae la mano bruscamente e fa per girarsi su un fianco e darsi alla fuga.

Ma lui reagisce più velocemente e lo blocca sotto di sé.

- Hey, piccolo, calmati! - Cerca di blandirlo, la voce bassa, dolce, per non spaventarlo.

Perché Hema improvvisamente si inquieta e non ha a che fare con l'eccitazione di un attimo prima.

Vede che continua a sottrarsi alla sua attenzione.

Che lo sguardo vaga in ogni dove tranne che su di lui.

Non lo può sopportare.

Li vuole su di sé quegli occhi scuri tormentati e ancora illanguiditi dal piacere che gli ha saputo dare.

E soprattutto gli manda una fitta al cuore la sua improvvisa angoscia.

Cauto porta una mano lieve sulla sua guancia e fa pressione perché si volti verso di lui.

Hema dapprima gli oppone resistenza, il cuore a mille e una paura fottuta di dover spiegare l'inspiegabile.

Si maledice per la propria vigliaccheria.

E maledice Katrin per averlo messo in quella situazione del cazzo.

E di nuovo impreca contro se stesso per essersi lasciato convincere dalle sue teorie.

Poi si rende conto che Daniel non lo lascerà andare così facilmente e si arrende.

Alza lo sguardo e incontra il sorriso incoraggiante sul suo volto.

Non vede ironia.

Nessuna espressione divertita o sarcastica.

Soltanto il suo bellissimo sorriso e una luce gentile negli occhi che d'un tratto gli riscaldano l'anima.

- Va tutto bene! -

Il suo sussurro gli sfiora le orecchie ed è un balsamo lenitivo che gli dà un poco di forza.

- È un olio essenziale. - Mormora.

E non sa se le ha pronunciate quelle parole o le ha solo pensate.

Daniel coglie a malapena il significato e si avvicina di più a lui per riuscire a sentirlo.

- Cosa? -

Hema sospira, colmo di vergogna: si può sprofondare attraverso il materasso e scomparire?

Si?

Si può?

Si domanda disperato, facendo appello a qualunque entità superiore lo stia ascoltando, pregandola di esaudire il suo unico desiderio.

Il particolare, null'affatto trascurabile, che tutto il corpo di Daniel prema contro proprio, completamente nudo, non gli è certamente di aiuto.

- Me... lo ha dato un'amica...  - Aggiunge, cercando di alzare la voce.

Inutilmente.

Daniel annuisce per incoraggiarlo a proseguire.

E per trarlo d''impaccio piega la testa accanto alla sua, gli sfiora la tempia con un bacio e lo accarezza con la guancia dolcemente, evitando di fissarlo, offrendogli così l'orecchio.

Il ragazzo trasale, ma comprende e un moto di gratitudine gli soffonde il cuore di gioia.

Forse così, senza i suoi occhi chiari che lo scrutano fin dentro, riuscirà a parlargli senza voler desiderare di sparire.

Non tanto.

 

... Almeno!!

 

Deglutisce e riprende fiato.

C'è la può fare.

Dice a se stesso.

Dopo quello che è successo tra loro pochi minuti prima.

Dopo “quello” … !!!

Non c’è niente altro che non può fare.

Se lo ripete.

 

Niente affatto convinto.

 

Però!!

 

Apre la bocca, ma non produce alcun suono.

Le parole non escono.

Non si formano, quasi nemmeno nella sua testa.

Come può dire ad alta voce certe cose?

Non è riuscito ad assimilarle lui stesso, come può tradurle in suoni, dandogli così corpo, facendoli diventare realtà?

Dopo non potrà più tornare indietro.

Mai più.

 

-          Hey, calmati, così ti scoppia il cuore! – Daniel ritorna da lui e stavolta lo guarda dritto negli occhi, mentre gli poggia una mano sul petto all’altezza del cuore, che batte all’impazzata e corre impazzito.

Si china su di lui e lo bacia lieve, sfiorandogli appena le labbra esangui.

-          Non è necessario che mi spieghi niente se non te la senti, qualunque cosa sia! – Gli sussurra dolcemente.

Hema rilascia il fiato che ha trattenuto per l’ennesima volta e scuote la testa.

-          Che… stiamo facendo? – Chiede.

-          Niente che tu non voglia. –

-          Daniel…? –

-          Si, piccolo?  -

Una piega contrariata gli si forma in mezzo alla fronte.

-          Non chiamarmi “piccolo”! – Lo redarguisce a denti stretti.

Daniel vorrebbe sorridere, ma si trattiene: non sa come ci riesce, ma sente che se lo fa, potrebbe provocare in lui qualche reazione spiacevole, e non vuole.

Hema è così teso.

Spaurito.

Continua a tremargli tra le braccia e ha paura che di questo passo possa perdere il controllo.

-          Scusami! ... Vuoi che ci fermiamo qui? -          

-          NO!! – La risposta è una protesta imprevista, colma di rabbia e di ansia.

Si spinge verso di lui nel dirlo, disperato.

L’uomo lo fissa sorpreso, e lui si rende conto da solo della propria reazione esagerata.

-          No… no, per favore! – Bisbiglia e distoglie lo sguardo.

Si gira appena nel suo abbraccio e corre a nascondere il volto nella sua spalla.

Si rannicchia tutto contro di lui e per lunghi istanti appena respira, combattuto dalle sue mille angosce.

Daniel non gli dice niente, disorientato.

Lo stringe un po’ di più tra le proprie braccia e aspetta.

Gli fa male vederlo in quello stato.

Vorrebbe sollevarlo in qualche modo.

Rassicurarlo che davvero va tutto bene.

Qualunque cosa sarà di quella strana notte.

Ma cosa può dirgli che possa strapparlo al suo terrore?

O fare?

Il suo desiderio di lui gli tiene stretto le viscere in un maglio d’acciaio, e non si allenta.

Anzi, più il tempo passa, più lo sente così vicino, più si acuisce.

Ha i muscoli tesi e indolenziti dalla smania di toccarlo.

La bocca riarsa dalla voglia di affondare di nuovo nella sua.

Assaggiarla ancora all’infinito.

Bere il suo sapore.

Il corpo gli pulsa dolorosamente contro la sua pelle nuda, divisi soltanto dalla stoffa leggera dei proprio pantaloni.

Sta cercando di dominare i propri impulsi.

E non è mai stato così difficile.

 

Ma come può cercare il proprio appagamento, egoista e sferzante, infischiandosene della lotta interiore che sta divorando il ragazzo che tiene tra le proprie braccia?

Ancor più perché capisce perfettamente il suo stato d’animo.

Lo sa che cosa sta provando.

Lui stesso avverte il medesimo smarrimento per quella situazione inedita e imprevista.

E l’unica ragione per cui riesce a tenerlo a bada, a rimanere sordo ai segnali che riemergono a ondate dalla sua coscienza, è proprio lo sgomento di Hema.

Se si lasciasse andare che ne sarebbe del precario equilibrio in cui si sta dibattendo?

Non lo può abbandonare a se stesso.

 

 

Hema si gira di nuovo nel suo abbraccio strappandolo alle sue elucubrazioni.

- Hey! -  Lo accoglie con un sorriso appena accennato.

Il ragazzo rimane con il capo appoggiato alla sua spalla accogliente, e solleva tra sé e il torace di Daniel la mano, custode della preziosa e misteriosa ampolla.

Ispira, profondamente, e rilascia il fiato, riscaldandogli la pelle chiara.

L'uomo avverte un piacevole e insistente rimescolamento nello stomaco e ispira a sua volta.

Respirarlo è una sensazione così elettrizzante!

Ma non aggiunge altro, attendendo da lui qualche segnale.

- Ha voluto che lo portassi con me... - Comincia Hema, a bassa voce, appena udibile, evitando di guardarlo. - ... Perché dice che... noi non siamo come loro... -

"Loro" chi?”

Si chiede Daniel automaticamente, cercando di seguirlo in un discorso di cui ancora non riesce a comprendere il senso.

- Loro, le donne! - Specifica il ragazzo, rispondendo al suo muto interrogativo, quasi gli avesse letto nel pensiero. - ... Ho cercato di farla smettere, ma non ha sentito ragioni. Ha insistito che ... ci sarebbe stato utile quando... Ecco quando.... Insomma... -

Agita la mano chiusa come se bastasse a chiarire il misterioso concetto che non riesce a tradurre in parole.

E d'un tratto Daniel viene colto da un'illuminazione.

Improvvisa.

Rivelatrice.

Che gli fa intuire il significato delle sue parole smozzicate, aprendogli sorprendentemente un mondo.

- Oddio! – Esclama, incapace di trattenersi.

Hema sussulta e finalmente trova il coraggio di guardarlo in faccia, incapace di interpretare la sua uscita.

S'incupisce all'istante, diviso tra paura e indignazione.

- Se solo osi ridere di me per questa cosa, giuro che ti butto giù dal letto e ti ammazzo di botte, hai capito?! - 

La minaccia furibonda gli esce dalle labbra tutta d'un fiato.

E l'adrenalina gli si scatena nelle vene all'istante, infiammandolo e facendolo agitare sotto di lui.

Daniel lo trattiene e scuote il capo.

- No, no, calma!!... Ho capito a cosa serve... Credo che dovresti ringraziare questa tua amica invece di essere arrabbiato con lei. -

- Cosa? -

- Sa di noi, allora... Come? Le hai parlato... -

- L'ha capito prima ancora che me ne rendessi conto io stesso. -

- Davvero? - Daniel è stupito.

- È stata lei a costringermi ad ammetterlo... A .... a parlarne! -

- E.... come ha fatto? -

- Dice che... era talmente evidente che ci fosse qualcosa tra noi che... solo due cretini come me e te potevano metterci tutto questo tempo per rendersene conto! -

- Hey, come si permette questa? Neanche la conosco e ... -

- Si che la conosci, e anche lei conosce te! -

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

 

Si che la conosci.

E anche lei conosce te!

 

Daniel lo guarda inevitabilmente sorpreso.

Non capisce che amicizia possano avere in comune, che conosca entrambi tanto bene da sentirsi autorizzata a entrare nella loro futura intimità a gamba tesa!

Che si prenda addirittura la libertà di insultarli e procurargli un lubrificante!!!

Si muove appena su di lui, agitato dal pensiero sgradevole.

È così facendo gli sfiora le caviglie con un piede, mandandogli l'ennesimo fremito lungo le gambe.

Hema socchiude gli occhi d'istinto e ingoia un sospiro inopportuno, mentre un rivolo bollente di desiderio gli fa contorcere le viscere suo malgrado.

Cielo, si rende conto dell'effetto che gli fa?

A quanto pare no.

 

O si?

 

Un angolo della bocca di Daniel si piega improvvisamente in un sorriso misterioso e il suo sguardo gli penetra attraverso la pelle tanto diventa intenso.

Le iridi chiare ritornano liquide, si dilatano, mischiandosi a ombre inquietanti che inseguono improvvisi e sconosciuti pensieri!

Non gli importa proprio niente dell'identità della ficcanaso indiscreta.

È un argomento che può benissimo essere rimandato a data da destinarsi.

Ha altre priorità adesso, quelle no che non può rinviarle.

La certezza che non possa neppure la creatura spaventata e invitante che ha tra le braccia, gli dà le vertigini.

 

Gli prende l'ampolla dalla mano e la guarda.

Emana un buon profumo che al momento non sa identificare, anche se ha la sensazione di conoscerlo.

Dolce, lievemente talcato.

Gli fa venire in mente qualcosa di muschiato, dalla fragranza orientale, persistente, ma discreto.

Gli piace.

- È ambra! - Gli svela Hema in un sussurro caldo a pochi centimetri dalle sue labbra.

 

Ambra.

 

Le lettere gli si disegnano nella mente intanto che gli occhi tracciano ingolositi il profilo della sua bocca.

Ecco perché il senso di familiarità: somiglia al Prada pur home che usa da un po’ di anni.

Una luce consapevole gli soffonde lo sguardo.

- Mi sembrava di conoscerlo! – Mormora, accorciando impercettibilmente la distanza sottile che, importuna, li divide.

- Devo aver detto a Katrina che mi piaceva il profumo che indossavi, perciò ha preso questa fragranza! -

- Katrina... La "nostra" Katrina? - 

Un'intuizione improvvisa.

Hema annuisce.

Daniel scuote la testa a sorride.

- E brava, sempre attenta ai particolari quella donna: non le sfugge niente! -

- Anche troppo! -

- Così ti piace il mio profumo? -

- Cosa? -

- Hai detto che ti piace il mio profumo! -

Perché glielo chiede?

Con quel tono sensuale, poi, che gli fa accapponare la pelle!

Hema non comprende.

È ancor meno riesce a decifrare la strana luce che per un istante, ne è sicuro, gli ha attraversato lo sguardo.

Il cuore gli fa il centesimo balzo nel petto e non può impedire alla gola di contrarsi ancora.

- Ti... ti dà... fastidio? - Mormora d'un tratto turbato.

Forse non avrebbe dovuto confessarglielo?

Daniel non sorride più.

Perché? 

Scuote il capo in un gesto di diniego, lentamente.

Ma non sorride.

Che ha detto di male?

Tuttavia non ha tempo di inquietarsi: lui annulla la distanza che ancora li separa, cala sulla sua bocca schiusa e se ne appropria.

- A me fa impazzire il tuo! - Gli sussurra emozionato.

Depone un piccolo bacio all'angolo.

Con la punta della lingua delinea il contorno del labbro superiore.

Gli bacia l'altro angolo, mandandogli un sospiro bollente all'interno.

Poi disegna quello inferiore.

Il ragazzo si spinge contro di lui istintivo, con il fiato già di nuovo accorciato.

- Tu... L'odore della tua pelle... Il sapore della tua bocca... non li ho mai dimenticati! -

Un languore struggente e doloroso sferza impietoso ogni recesso del proprio corpo.

Ogni nervo, muscolo, lembo di epidermide, tira e si tende di desiderio.

- Da...nie..el, ... ! - Smozzica le lettere, Hema.

Le mutila suo malgrado, travolto dal significato inedito di quelle parole così intime, sincere.

Nessuno gli ha mai detto niente del genere, neppure la sua ragazza.

È una sensazione talmente devastante quella che gli si scatena tra il petto e lo stomaco.

Una scarica elettrica a bassa frequenza, sotterranea, che gli solleva gli strati di epidermide come un terremoto che scuote un terreno fragile, incendiandogli ogni millimetro a poco a poco.

Non ha mai pensato di aver bisogno di sentirsele dire.

Ha sempre creduto che le parole, in certi momenti, è meglio non cercarle.

E soprattutto non pronunciarle.

Perché le emozioni sono traditrici e rubano razionalità e controllo.

Lui poi non riesce ad esprimerle senza combinare pasticci.

È incapace di metterle insieme in condizioni normali, figurarsi in piena tempesta ormonale come in quel momento!!!

Eppure ora che Daniel gliele ha dedicate.

Che le ha pronunciate.

Per lui.

Soltanto per lui.

Adesso sa che gli erano necessarie e che le vuole solo per sé.

E le desidera soltanto dalla voce che gliele ha appena sussurrate.

Non dalla sua ragazza.

 

Un brivido gelido gli paralizza per un attimo la spina dorsale.

Ma scaccia la brutta sensazione dalla testa e si abbandona completamente al bacio languido e imperioso del compagno.

Gli getta le braccia al collo, spingendosi ancor più nella sua bocca, offrendoglisi totalmente.

Daniel lo solleva dalle lenzuola, tirandoselo addosso quasi con furia, lo trascina di peso in ginocchio tra le sue gambe, le braccia intorno alla sua schiena, le mani che sì impadroniscono della sua testa e la guidano secondo il proprio, irrefrenabile bisogno di averlo.

È quasi una lotta, improvvisa, incontrollabile, quella che si scatena.

Respiri spezzati.

Lingue che si intrecciano, avide si assaggiano, si succhiano, esplorano in profondità, lacerate da una frenesia folle, inquieta, necessaria.

Dita che afferrano capelli.

Tirano impietose.

Accarezzano lembi di pelle, che rabbrividisce e suda.

Percorrono cieche le pieghe del corpo, inseguendone curiose i confini e i segreti.

Spandendo brividi e brividi violenti, incalzanti.

Quelle di Hema si impigliano improvvisamente nell'unico strato di stoffa che come un baluardo inespugnato, ancora li separa: i pantaloni del pigiama di Daniel.

Entrambi consapevoli dell'ostacolo, si staccano, il fiato corto, l'adrenalina che li incalza e li divora.

Si guardano e come rispondendo a un muto sincronismo, Daniel si solleva in ginocchio, allargando un po' le braccia per fargli spazio e invitarlo toglierli.

Hema li afferra sui fianchi.

Esita un attimo, colto da una fitta di timore incomprensibile.

Ingoia un nodo di saliva e desiderio allo spettacolo dei suoi addominali perfetti che si contraggono per il medesimo capriccio.

Sente improvvisa la voglia di posarvi le labbra e baciarli.

Assaggiarne il sapore con la lingua.

Così strattona e tira giù il pigiama smettendo di respirare.

Daniel lo aiuta a liberarsene, glielo strappa dalle mani e lo fa volare via attraverso la stanza.

Il ragazzo solleva gli occhi nei suoi smarrito.

Raccoglie un profondo respiro, che però gli si incastra ostinato nei polmoni.

Ha come una vertigine davanti al suo corpo prorompente.

 

Perché lo desidera così tanto?

È il corpo di un uomo quello.

Un uomo.

Come lui.

Perché ne è così affascinato?

Rapito?

Ci ha perso il sonno a pensarlo.

A volerlo con ogni fibra del proprio essere.

La testa se ne è andata per conto suo ... quante volte?

Inseguendo il profilo perfetto dei suoi muscoli.

Le curve delle spalle, dei fianchi.

Ogni volta che lo ha pensato gli si è mozzato il respiro.

Contratta la gola.

Scombussolato e disorientato dalla veemenza delle sensazioni che ha provato.

 

Niente di diverso da quel preciso momento.

Anzi.

Adesso è peggio.

È tutto più violento.

Ingestibile.

Forte.

Avvolto e trascinato dalla sua vicinanza reale.

Dal calore che sprigiona e lo avviluppa anche se gli sta lontano.

 

Daniel solleva un braccio verso di lui, annullando la distanza, e con il dorso della mano gli sfiora la guancia.

Hema inclina il capo istintivamente.

Le dita scivolano giù seguendo la linea del collo e lo avviluppano.

Accarezzano piano la pelle morbida, scatenando gli inevitabili brividi lungo la spina dorsale.

Daniel avverte la vibrazione e lo attira verso di sé, impadronendosi della sua bocca e violandola per un attimo con impeto violento, poi sostituendolo con più dolcezza.

Non può e non vuole essere brusco, anche se la frenesia è sempre lì, nello stomaco e nella testa, che combatte e scalcia, armata di tutto punto come una belva feroce, e non si fa scrupolo di dilaniarlo per prevalere.

Ma non vuole.

Perciò lo bacia lento.

S'intrufola piano e sfiora la sua lingua con la propria, la sospinge, invitandola, assaggiandola.

Il languore e il piacere che ne scaturisce lo destabilizza e lo inebria.

Sente una dolcezza quasi insensata pervaderlo.

Non sono soltanto sensi e carne e pelle.

È qualcos'altro.

Che va al di là della mera voglia di sesso.

Non vuole solo averlo.

Qualunque cosa vorrà dire quella notte.

Vuole ogni cosa di lui.

Vuole tutto.

Il suo corpo e i suoi pensieri.

E anche le sue paure e i suoi dubbi.

Vuole tenerlo tra le braccia e cullarlo.

Dargli piacere.

E pace.

E prenderne per sé.

Ma vuole anche dissipare lo smarrimento e il disappunto che gli legge negli occhi da quando è arrivato.

Anche se non sa se ci riuscirà.

È l'unico pensiero, questo, che pur rimanendo ai margini della propria mente, gli punge un angolo del cuore.

Hema si scosta per riprendere fiato e lui glielo concede.

Si sposta di lato, semina di baci la tempia, lambisce con la punta della lingua l'orecchio, sugge il lobo morbido.

Insegue di nuovo la linea del collo che ha sfiorato appena un attimo prima con le dita, lasciando una scia di saliva che s infiamma e si gela al proprio passaggio.

Gli si muove intorno e si ritrova alle sue spalle.

Sconvolto, Hema si tende e piega la testa all'indietro.

Trova sostegno sulla sua spalla, e per qualche momento vi rimane abbandonato mentre avverte le carezze gentili che le mani di lui gli lasciano lungo i fianchi, su per lo stomaco, indugiando sui capezzoli inturgiditi e appuntiti come piccoli spilli.

Ah, gli fa quasi male, tanto è sensibile in quei punti!!

D'impulso vorrebbe sottrarvisi, turbato dal dolore.

Ma è così assurdamente piacevole!!!

E le sue dita sono così delicate e insistenti.

E sembrano sapere come toccarlo per farlo vibrare in quel modo terribile.

- Aaahhhhhh!!! -

Gli sfugge un sospiro.

È un altro si aggiunge, più lungo e profondo quando sente la lingua impertinente tratteggiare il solco della spina dorsale.

Sussulta bruscamente.

La pelle gli si raggrinzisce di gelo per il tremolio che lo frusta.

Il piacere che prova sotto quel gesto lo costringe a piegarsi di lato e a scivolare lungo disteso sulle lenzuola sfatte.

La testa affonda nei cuscini che incontra e le braccia si puntellano per non crollare.

Inarca la schiena offrendosi così inconsapevolmente al compagno che non lo lascia.

Che si piega su di lui e non interrompe la tortura a cui lo sta sottoponendo, assaggiando la sua pelle sudata un millimetro per volta.

Che indugia nella curva dell'osso sacro, e continua a scendere verso un percorso sempre più sensibile e proibito.

È qui che le mani di Daniel avvolgono i suoi fianchi inquieti fino a coprire ognuna i glutei.

Li stringono piano e li trattengono quando provano a tendersi per l'emozione.

La lingua disegna piccoli cerchi umidi e si insinua tra essi.

Vi preme il volto per qualche momento, come a volersi concedere una pausa dalla tensione che lo sta aggredendo senza riguardo.

Ispira profondamente mentre le lunghe dita si contraggono autonome.

Ha un buon odore, Hema, di bagnoschiuma, di fresco e caldo.

E di sé.

Lo fa impazzire di desiderio.

Vuole sentire il suo sapore.

Assaggiare quella parte così intima e delicata e sensibile.

E lo fa, senza preavviso, lasciando che la lingua si insinui nel solco e lecchi timidamente la piccola, magica, misteriosa rosa che custodisce.

Il ragazzo scatta come folgorato, affondando ancora di più il viso nei cuscini.

Soffocandovi un grido di pura e incontrollata eccitazione.

È così facendo si spinge contro di lui e la sua carezza, che si fa immediatamente più indiscreta.

Sente distintamente i cerchi che la sua lingua gli disegnano intorno, risvegliando brutale ogni terminazione nervosa.

È così intensa la sensazione da stordirlo e confonderlo.

Il cuore e il sangue impazziscono, e il ronzio furibondo nelle orecchie diventa frastornante!

Istanti o un tempo infinito, è solo la perdita di nozione di tempo a sovrastarlo, mentre si perde nelle sensazioni che prova.

Mentre percepisce il momento in cui la lingua si insinua ed entra in lui.

Come i muscoli si contraggono e si rilassano intorno ad essa in un ritmo proprio e dissociato dalla propria volontà, facendole spazio, concedendole l'accesso come se non avesse fatto altro fino a quel momento.

E all'improvviso non gli basta più avere solo quel piccolo muscolo sfacciato che lo viola.

Vuole di più.

Quel "di più" cui ha anelato nei suoi sogni e nelle sue fantasie più oscene, rifuggendo dal confessarlo a se stesso, sconcertato e scandalizzato.

 

Come se gli avesse letto nel pensiero, o semplicemente condividendo la sua folle, irrefrenabile smania, Daniel cerca e trova il flaconcino di olio essenziale tra le pieghe delle lenzuola, lo apre alla cieca e fa scorrere qualche goccia tra le dita.

Che si impregnano del liquido profumato e scivoloso.

Pur a malincuore si allontana da lui.

Hema viene aggredito d'un tratto da una sgradevole sensazione di abbandono appena la bocca si stacca da sé.

Tuttavia non ha il tempo di protestare il proprio disappunto, che sente tutto il corpo di Daniel percorrere il proprio dal basso in alto, fino a ritrovarselo completamente addosso, le labbra che si attaccano al suo collo e lo rapiscono, regalandogli mille baci.

Soggiogato e distratto, appena realizza la spinta prudente e lenta delle dita di lui che gli entrano dentro, giocando con i muscoli che automaticamente si contraggono intorno ad esse, e si lasciano massaggiare arrendevoli in quei cerchi concentrici sconcertanti.

- Rilassati! -

Sembra che gli venga suggerito nell'orecchio dalla voce di Daniel, roca e bassa.

È trasfigurata dall'emozione e terribilmente inquietante.

Hema rabbrividisce al suo suono e obbedisce istintivamente al comando.

Non vuole altro in quel momento incredibile che lasciarsi andare e concedergli ogni cosa.

Anzi, gli va incontro e lo asseconda come se il corpo conoscesse da sé ciò che, è sicuro, se si fermasse a riflettere, la sua mente non saprebbe.

D'un tratto la sua schiena si piega all'indietro in un arco teso nel momento in cui percepisce che non sono più le lunghe dita di Daniel a possederlo, ma è la sua eccitazione, dura, imperiosa e ingombrante che sta premendo tra le sue cosce per farsi strada.

Fa pressione sulle braccia e si solleva dai cuscini.

Si sente inquieto, il respiro gli esce dai polmoni a singhiozzi spezzettati, il ventre gli si contrae spasmodico e un unico pensiero gli invade la testa, violento e sfrenato: offrirglisi e accoglierlo.

Adesso.

Adesso.

Oohhhhhh!!!!

Spalanca gli occhi tra le poche luci della stanza quando la punta gli scivola tra le natiche, trovando la strada nella sua piccola apertura, e vi affonda di qualche centimetro.

E’ una sensazione così singolare.

Calda.

Umida.

Invadente, ma dolce.

Piacevole.

Furiosamente allettante.

E’ anche dolore.

Ma è stranamente una sensazione sfumata, indefinita come un sogno.

In quel momento due istinti si scontrano e si contraddicono: quello di sottrarsi all'intrusione e quello di spingersi verso di essa con forza.

È una lotta che lo aggredisce, disorientandolo.

Daniel si ferma, però, respirando affrettato nel suo orecchio.

Lo bacia appena sotto il lobo e vi struscia il naso contro.

Gli passa un braccio intorno ai fianchi e apre la mano sul suo ventre agitato, premendolo contro di sé con dolcezza.

- Fermami, non voglio farti male! -

Hema trova il coraggio di girarsi verso di lui e incontra il suo sguardo: preoccupazione e desiderio sono un misto di ombre che gli entrano nel cuore prim'ancora che il suo sesso pulsante.

È sincero quando gli dice quelle parole, lo sa.

E tutta l'inquietudine scompare magicamente.

Lo bacia sulla bocca, ingoiando il suo fiato bollente.

Fiducioso reclina il capo sulla sua spalla e si lascia andare.

- Non farlo, ti prego! -

È un sussurro quello che riesce ad articolare mentre tremando si spinge contro di lui.

Lo accoglie, tutto, dentro di sé, facendosi invadere completamente le viscere.

Un abisso improvvisamente si spalanca nel suo corpo e nella sua testa.

Una voragine infinita segue la percezione, non solo fisica, di essere totalmente riempito.

E nel momento in cui, dopo un istante di immobilismo, Daniel imprime il primo movimento dei fianchi per assestargli una delicatissima spinta, una scarica di adrenalina potente e devastante si propaga dal centro della loro unione in ogni direzione, facendo impazzire il mondo intorno.

Hema artiglia le lenzuola, quasi strappandole.

Apre la bocca, non sa se per rubare l'aria che di colpo gli manca o se per gridare il proprio, furente piacere.

Daniel lo guarda affascinato.

Si muove lentamente, obbedendo a un puro istinto, ingoia la sensazione meravigliosa e sconosciuta di sentire i suoi muscoli che lo stringono e lo trattengono, assecondandolo e assorbendolo.

Gioia ed esaltazione.

Euforia e dolcezza.

Contrazioni scivolose e morbide come non ne ha mai provate nella sua vita.

E caldo.

E sudore.

Brucianti.

È pelle che si incendia e si dilata e si restringe.

Cerca la sua bocca e la trova subito, disponibile, affamata quanto è più della propria.

Vi si fonde in un bacio umido, fatto di labbra, di lingue, di morsi che non fanno male, e che moltiplicano l'eccitazione incontrollata che sta montando dentro come un'onda.

La mano che ha tenuto fino a quel momento sul suo ventre, avvolge il suo membro in una voluttuosa, morbida e indiscreta masturbazione, infiammando ulteriormente i sensi.

 

Quanto può far impazzire un momento simile?

Quest'universo sconosciuto e tremendo che si è spalancato, ingoiando la realtà, sempre più fumosa e distante.

Oscuro, eppure luminoso, di cui non hanno avuto coscienza fino a questo istante.

Che si espande ogni attimo di più nei corpi e nelle anime, e li sta conducendo, lento e inesorabile, a perdersi e a fondersi come non avrebbero mai osato pensare.

Non è solo carne e sesso.

Lo sanno entrambi.

È consapevolezza di spiriti che si sono cercati prima ancora di capirlo.

Il cui trovarsi è sgomento e confusione.

Ma potrebbe essere anche la realizzazione di un sogno che non sapevano di avere.

 

- Dan....iel...!!!! -

- ... Si, amore!? -

Sussurri affrettati si perdono in respiri scomposti.

Le bocche si dividono, avide di ossigeno che non trovano.

Hema rovescia la testa all'indietro, poggia la nuca sulla sua spalla in cerca di sostegno al proprio corpo squassato da un tremore sempre più insostenibile.

Annaspa e miagola e singhiozza per gli spasmi sempre più violenti.

Daniel lo morde alla base del collo, chiude i denti sulla sua pelle madida di sudore, la segna e la sugge in sincrono con le spinte.

Ruota i fianchi alla ricerca di un'altra inclinazione nell'anfratto strettissimo che lo stringe, sprofonda e spinge ancora, facendolo urlare e ruggendo egli stesso la propria follia.

In un impeto frenetico si tira su e se lo solleva in grembo di peso.

Sta per perdere il controllo, lo avverte prepotente, mentre lo imprigiona circondandogli il busto con il braccio libero, schiena contro petto.

L'altra mano continua a tormentargli inesorabile il membro rigido e congestionato, pompando a ritmo con le loro spinte.

Il ragazzo tenta di raggiungerlo e posarvi la propria mano, non capisce se per contribuire o se per fermare l'ondata di piacere che gli arriva da quella direzione e si somma a tutto il resto, facendolo andare fuori di testa.

Ma Daniel gliela sospinge via con uno schiaffo poco gentile, quasi rabbioso, e riprende a masturbarlo, premendo i suoi testicoli gonfi e doloranti, infilando ovunque le dita.

È insistente e delicato al tempo stesso.

Sembra conoscere ogni sfumatura per farlo godere anche se lui non ê in grado di suggerirgli nulla, sempre più perso.

Così non osa più intromettersi e solleva le braccia, allacciandogliele intorno al collo e stringendoglisi addosso.

Lo segue nei movimenti che ora sono sempre più rapidi man mano che l'acme sale e si propaga ingestibile. 

Chiude gli occhi e si lascia travolgere dal fiume di sensazioni che gli giungono ovunque incessanti.

Lo sta trascinando con sé sull'orlo di un precipizio senza ritorno.

È lí, sul bordo di un baratro profondo, inevitabile, che lo condurrà a una morte lenta e fantastica.

Lo sente.

Mentre annaspa insieme a lui.

Mentre ogni singola cellula vibra e si frantuma ed esplode.

Mentre ogni tendine, muscolo, lembo di pelle si allunga, si tende e si spezza.

Mentre un unico grido riempie di schegge impazzite lo spazio e il silenzio intorno.

E ogni cosa diventa una sola, rovente, lancinante pulsazione bianco latte.

E acceca e uccide!

All'infinito.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

 

Le ciglia hanno un fremito e le labbra si schiudono sotto l'ennesima carezza.

Un respiro tiepido e dolce trasmigra dalla bocca di Hema a quella di Daniel, che lo beve e lo sigilla con un altro bacio morbido.

- Hey! - Lo saluta sottovoce.

Il tono è sollevato dopo gli attimi di apprensione che lo hanno diviso da lui.

Il ragazzo apre appena un poco le palpebre, incontrando il suo sorriso trattenuto.

 

Preoccupato?

 

Perché?

 

-  Hey! - Risponde in un sussurro.

Gli viene da sorridere e non sa perché.

- Stai bene? -

Hema lo fissa disorientato, incapace di capire perché glielo chiede.

Poi lascia vagare lo sguardo intorno tra i giochi di luce che il lume alle loro spalle continua a disegnare intorno nella stanza.

E lo riporta a lui.

- Si! -

Lo ammette candido.

Sta benissimo.

Non è mai stato meglio in tutta la sua vita.

Si sente leggero, quasi senza peso.

Avverte ogni parte del proprio corpo rilassata, lieve, fresca.

La pelle piacevolmente indolenzita.

Sta meravigliosamente.

E’ Felice.

Appagato.

 

Eppure Daniel non è tranquillo.

E non può ignorarlo.

L'inquietudine gli si insinua come una sottile scheggia in mezzo al petto, perché non capisce.

Solleva una mano e gliela poggia su una guancia.

La barba già di un giorno gli solletica morbidamente il palmo.

Daniel vi si struscia contro.

Il sorriso gli si allarga sul volto e raggiunge gli occhi chiari, dissipando le ombre.

- Hai perso i sensi. - Gli svela cauto. - Mi hai fatto preoccupare! –

 

Oh!

 

Hema sbatte gli occhi stranito: conserva il ricordo di ognuno degli istanti incredibili dell’assurdo, fantastico amplesso che hanno vissuto... Quanto tempo prima?

Per quanto si affanni a cercare tra le pieghe della mente, non ne conserva la cognizione.

Sa solo che improvvisamente, sull'orlo della straordinaria follia di cui è stato preda, una luce morbida, dolorosa, bianca, lo ha avvolto tutto come un abbraccio dolcissimo e ha lasciato andare ogni cosa alla deriva, se stesso per primo, pago di perdersi.

Richiude gli occhi sotto il peso della consapevolezza di quell'estasi imprevista e sospira di nuovo.

È felice.

Come non crede di essere mai stato prima di quel momento.

Può dirlo ad alta voce?

O è meglio se lo tiene per sé così da evitarsi la figura della femminuccia melensa che si lascia andare alle romanticherie sdolcinate?

 

Eppure è proprio così che si sente!!

È ridicolo, ma gli sembra di essere sospeso su una nuvola bianca e rosa.

Il rosa non è mai stato il suo colore preferito!

E ancora più assurdo è che gli sale su la voglia di gridarlo al mondo intero.

Cazzo, non è mica la prima volta che fa sesso!

Non con un uomo.

Lo rimbecca puntualmente la maledetta coscienza, puntigliosa e importuna come al solito.

Ok!

Certo...

No...

 

Sesso...

 

È stato quello?

... Sesso?

 

Soltanto?

 

- Amore? –

 

La voce che adora di più - da quando lo è diventata? - lo richiama, strappandolo alle sue elucubrazioni.

 

No.

 

Non è stato sesso.

 

Quanta paura gli fa ammetterlo senza aver avuto il tempo di prepararsi?

 

- Non chiamarmi così! -  Lo rimprovera, strappando a forza i propri occhi dalla giada liquida e magnetica in cui si sente affogare ogni volta che la guarda.

 

Perché gli dà fastidio essere chiamato in quel modo se gli è venuto spontaneo, come se vi si riconoscesse?

Non se lo spiega e la cosa lo irrita ancora di più.

 

Daniel si ritrae impercettibilmente, tuttavia non si fa scoraggiare.

Dopo un istante di disappunto, gli si ridisegna sulle labbra uno dei suoi sorrisi obliqui, di quelli ironici di quando sta per prenderlo per i fondelli.

Hema lo scorge suo malgrado e gli scocca un’occhiataccia.

-          Piccolo no, amore no… dolcezza? -         

-          Imbecille, piantala! –

-          “Imbecille” non mi suona molto romantico! – Lo irride lui.

Il pugno parte in automatico, ma senza tutta la convinzione che Hema vorrebbe.

Infatti Daniel lo intercetta facilmente e lo intrappola nella propria mano, ma invece di rispondere alla sua presunta aggressione, glielo scioglie e si piega a baciargli il polso e il palmo.

Il ragazzo sussulta: un rivolo di gelo gli sferza la spina dorsale per l’intenso piacere che lo coglie di sorpresa a quel semplice gesto.

Per un istante ha l’istinto di sottrarsi tanto per mantenere il cipiglio.

Ma la mano non gli obbedisce, decidendo di propria volontà che ci guadagna di più a schiudersi in una muta richiesta a farsi baciare ancora.

E ancora.

Il respiro comincia a sgretolarsi mentre le labbra di Daniel risalgono dal polso all’interno del braccio.

Indugiano nell’incavo del gomito e succhiano la pelle morbida.

La sensazione è così piacevole da fargli contrarre lo stomaco e l’inguine in uno spasmo quasi doloroso.

E il particolare non irrilevante che il corpo di Daniel gli si incolli addosso facendo aderire ogni centimetro al suo non lo aiuta di certo a mantenere almeno un briciolo di lucidità.

 

- Perché mi fai questo? -

L'interrogativo cade come un macigno tra le increspature soffuse e morbide dei mille, piccoli baci leggeri che gli piovono addosso, marchiando un centimetro per volta la sua pelle sensibile e accaldata, che a dispetto della mente sgomenta, si protende attraverso impercettibili fremiti per chiederne di più, all'infinito.

Che sembra domandare nel suo muto linguaggio di non fermarsi mai.

È un sussurro emozionato.

Un bisbiglio curioso e sorpreso.

Parole che si insinuano discrete nel silenzio intorno in cui sono avvolti.

Non un rimprovero.

Eppure Daniel solleva il capo freddato, come se all'improvviso fosse stato preso in pieno da una secchiata d'acqua gelida.

- Non vuoi? - Gli chiede turbato.

 

Se gli rispondesse di no.... 

 

Quell'eventualità, che non ha nemmeno preso in considerazione, gli manda uno scarto al cuore, facendolo vacillare anche se è sdraiato.

Hema ingoia l'ansito di piacere che gli si è raggrumato in gola, e fissa ostinato il tatuaggio tribale che gli copre l'avambraccio, e su cui fino a qualche istante prima era posata la bocca calda dell'amante, quasi avesse paura di guardare lui.

- Non è quello che ti ho chiesto. -  Puntualizza, mentre dentro di sé scalcia e urla perché le sue labbra ritornino dov'erano.

E sa che non troverà mai il coraggio di chiederglielo a voce alta.

Daniel si agita disorientato, strusciando inconsapevolmente le lunghe gambe contro le sue.

Il giovane chiude per un momento gli occhi, stroncato da uno spasmo sconvolgente.

- Ti sto infastidendo? - 

Lui scrolla la testa sul cuscino e riapre gli occhi, ma sfugge ancora quelli di lui, preferendo fissare il soffitto sopra di sé.

- No... è... è piacevole! – Sente se stesso ammettere con sufficiente dignità da non sentirsi stupido.

Una vampata di calore ustionante lo attraversa da capo a piedi: è arrossito, lo sa, e ringrazia le ombre intorno che lo aiutano a nasconderlo.

Dio, hanno appena fatto sesso!

Gli ha appena concesso una parte di sé che neppure sapeva esistesse nei propri concetti di intimità.

Hanno oltrepassato, in qualche modo, una soglia proibita e scabrosa.

Allora perché è così difficile da farlo sentire in imbarazzo come una verginella alle prime armi?

Cazzo, si chiamano preliminari quelli!!

Lo sa e lo fanno impazzire.

E non glielo dirà perché si vergogna di ammetterlo anche con se stesso, figurarsi con lui.

 

- Hema, guardami. -

 

No, non ce la faccio.

 

Si oppone subito.

D'istinto.

Ritraendosi in sé stesso spaventato.

- Ti prego, guardami! -

La mano del compagno si poggia lieve sulla sua guancia imprimendo una spinta altrettanto leggera.

Non lo vuole costringere, Daniel.

Ma ha bisogno di guardarlo negli occhi per rassicurarsi, e rassicurarlo, che va tutto bene. 

E che è disposto a fermarsi in ogni momento.

 

Se glielo chiede.

 

Anche se prega con tutto se stesso che non lo faccia!

 

Il ragazzo si muove impercettibilmente.

Emette un sospiro grave e infine lo accontenta, smettendo di opporsi.

Occhi neri in occhi di giada.

Li ama quegli occhi dal colore così intenso alla luce del giorno.

Belli e caldi quando gli si posano addosso e gli rimescolano il sangue.

Potrebbe fare una pazzia solo per loro.

Non sa quale, ma la farebbe pur di averli sempre su di sé.

Quante volte è rimasto folgorato è terrorizzato da quella consapevolezza?

 

A Daniel bruciano le labbra dal desiderio di baciarlo.

Ma si trattiene, almeno finché non ha capito cosa sta cercando di dirgli.

- Cosa c'è? Sto sbagliando qualcosa? ... Parlami, per favore, fammi capire. -

- Gli uomini non dovrebbero scoparsi e basta? -

- Cosa? -

La fronte di Daniel si corruccia inquieta.

- Senza tutto questo, intendo! - Il gesto cha accompagna la sua affermazione è vago e tuttavia esplicativo di ciò a cui si vuol riferire.

- Pensi che ti stia scopando? - 

- No, non lo stai facendo.... Mi stai... -

Non riesce neppure a dirlo.

Che stupido !!!

Impreca impietoso contro se stesso, stizzito dalla propria inettitudine.

- Ti sto coccolando! - Daniel invece non ha le sue difficoltà.

Gli sembra naturale farlo.

Ovvio.

Piacevolissimo e terribilmente eccitante. - Mi piace farlo.... Ti infastidisce?  -

- Lo fanno anche gli uomini tra loro? - 

- Non lo so... - Gli viene da sorridere di tenerezza.

Sembra così ingenuo in certe sue espressioni sperdute!

E non gli importa più di trattenersi: deve baciarlo perché gli si scioglie qualcosa in mezzo al petto e vuole comunicarglielo.

Perciò si allunga verso di lui e gli copre la bocca con la propria in un bacio casto.

Che Hema accoglie disponibile e in cuor suo tranquillizzato.

- Non sono una bambola. - 

- No, direi proprio di no! - Un sorriso sornione, allusivo e malizioso, si disegna sul suo volto. - È solo che sei così morbido, dolce... accogliente…. E ti bacerei sempre, tutto, per ore.... E adesso posso farlo.... Quasi non ci credo!!! -

 

E io vorrei che tu non smettessi mai di farlo! 

 

Le parole gli si formano una alla volta nella testa, nitide e prepotenti.

E scivolano sulla lingua ansiose di spiccare il volo verso di lui.

Ma Hema le trattiene, strattonandole indietro.

Per timore di sembrare troppo...

 

.... Troppo cosa?

 

Daniel non si sta facendo tutti gli scrupoli che invece castrano il suo cervello prevenuto.

È dolce e romantico.

È spontaneo.

Attento.

 

Libero.

 

E lo sta letteralmente adorando, anche se la cosa lo scombina e lo sorprende.

Un uomo come lui farebbe impazzire qualunque donna.

E non solo per la sua bellezza fisica.

 

E fa perdere la ragione a lui.

 

Che non è abituato e forse non si abituerà mai a tutto quello.

 

Non si riconosce più in quei pensieri e in quelle sensazioni.

E’ tutto nuovo e sconvolgente.

Violento e straordinario.

E in ognuno di essi si perde e ne desidera di più.

Sempre di più.

 

- Smettila di parlare e cerca di farmi ricordare perché sono svenuto! – 

 

No, decisamente non si riconosce più.

 

Il se stesso anche solo di quella mattina non avrebbe mai pronunciato una richiesta simile.

Mai avrebbe formulato un invito tanto esplicito con quella luce torbida e allusiva nello sguardo.

Che non può vedere, certo.

 

Ma Daniel sì che la vede!

E le promesse e le concessioni che vi legge gli fanno scorrere rapido il sangue nelle vene per la corrente di aspettativa che scatenano.

 

Il sorriso si allarga sul suo volto meravigliato.

Immediatamente gli rotola addosso e lo copre tutto con il proprio corpo.

Mette le mani ai lati della sua testa, intrappolandolo, e gli bacia la fronte, curandosi tuttavia di non schiacciarlo con il proprio peso.

Hema subisce l'assalto, faticando a riprendersi dall’incredulità di aver detto qualcosa di anche solo vagamente allusivo e provocatorio.

Cristo, gli ha appena chiesto di rifare l'amore con lui e di ricondurlo alla follia!!!

Come c'è riuscito?

 

Non lo sa.

 

Ma non gli importa più di saperlo nell'istante in cui avverte prepotente e bollente ogni muscolo di quel corpo statuario contrarsi contro il suo più esile.

Un violento brivido di attesa lo trafigge nel percepire nitida la sua erezione spingere e crescere sul suo fianco.

Ingoia l'ansia come fosse un grumo di polvere di vetro che lo graffia impietoso.

Cerca di rubare qualche respiro che già sta cercando di boicottarlo.

Il solo ricordo di come si è sentito nell'averlo dentro di sé gli schiaccia il petto, e gli fa contrarre l'inguine con una fitta lancinante talmente piacevole da disorientarlo!!

Il cuore parte in corsa fino a farsi sentire nelle orecchie.

Ogni cellula dell’epidermide si ribella e si tende, amplificando la percezione del più impercettibile stimolo che gli arriva intorno.

Daniel gli bacia le labbra fugace e si ritrae, privandolo di un contatto più profondo.

Il capo di Hema si solleva per inseguirlo, mentre istinto e mente si dissociano sfacciatamente.

L’altro si allontana ancora un po’ sempre con quel sorriso ambiguo, indispettendolo.

La bocca, umida di saliva, rabbrividisce e sospira frustrata da quella opposizione.

Si agita sotto di lui per fargli comprendere il proprio disappunto, ma gli è difficile muoversi più di tanto, imprigionato com’è tra le lenzuola e il suo corpo bollenti.

Anzi, peggiora soltanto le proprie condizioni e quelle del compagno che, all’inevitabile sfregamento ha un sussulto brutale.

 

O forse no?

 

Si muove di nuovo allo stesso modo, deliberatamente, stavolta con un lampo di sfida negli occhi, con l’improvvisa cognizione del potere che ha di provocarlo.

Il sorriso scompare sul volto dell’uomo, lasciando il posto a un’ombra oscura di desiderio che gli dilata le iridi e gli invia un’onda rovente in ogni parte.

Di colpo gli prende la testa tra le mani e fa per avventarsi bruscamente sulla sua bocca.

Ma si ferma a un sospiro da essa, fissandola affamato e riverente al tempo stesso.

E’ così attratto da provare dolore per la negazione che si impone.

La cognizione di quanto sia soffice e invitante lo irretisce.

Piano si china per sfiorarla, subito ansiosamente corrisposto.

Stabilisce un contatto cui però non dà un seguito, bloccando l’allettante offerta.

Hema socchiude gli occhi insoddisfatto.

-          Ti voglio! – Gli alita dolce e sofferente. – Ti voglio, ti voglio, ti voglio!!! –

Le parole scivolano calde e inquietanti tra le labbra come liquido denso.

Sembrano preludere a una minaccia o a una promessa, in entrambi i casi follemente agognata.

Una vertigine gli fa girare la testa anche se è ancora intrappolata tra le sue mani.

L’ondata vorticosa che gli sta montando dentro si mescola scomposta, sferzandolo da capo a piedi.

 

Come riesce a sconvolgerlo anche soltanto con le parole?

Si domanda smarrito.

 

Non avrà mai risposta.

 

Daniel gli ruba l’ultimo scampolo di fiato affondando delicato, ma imperioso, nel suo anfratto caldo.

Cerca la sua lingua, la intrappola e la sugge, ritrovando il suo sapore delizioso da cui è già irrimediabilmente dipendente.

Gli infila le dita tra i capelli e lo accarezza, mentre si muove lento su di lui, gli infila una gamba tra le sue, separandole.

Quelle gli obbediscono arrendevoli e fanno spazio al ginocchio che sale su a sfiorargli l’interno coscia.

Il silenzio intorno si riempie dei loro respiri ansanti.

Di aspettativa muta che cresce e cresce, indolente e inesorabile.

-          Ti voglio! –

Il promemoria si libera quando Daniel lo lascia libero di respirare e scende giù dal mento alla gola, gli intrappola la carne tra i denti e la succhia, segnandola.

Le mani del ragazzo si impuntano sulle sue spalle per contrastare la sensazione devastante di quella lenta tortura.

E’ una corda tesa, che oscilla senza ritegno a ogni bacio.

Si offre istintivo spingendosi verso di lui cercando più contatto, più calore.

E’ una vibrazione unica e ingestibile sotto quella bocca e quella lingua fameliche che percorrono ogni sua piega, indugiando e marchiando, bagnandolo di saliva e vezzeggiandolo.

Mandandolo fuori di testa.

Le percepisce mentre tormentano i capezzoli induriti e dolenti, arrossandoli e gelandoli e infiammandoli.

Mentre definiscono le linee del suo stomaco e la curva dei fianchi.

Mentre deviano sulle anche per raggiungere la parte ipersensibile del ventre, che si contrae più inquieto sotto il respiro affrettato.

E ancora deviano, lontane, lungo le sue gambe, leccando e baciando le caviglie, le dita dei piedi.

 

Sta per morire.

 

E’ una percezione così intensa e disumana, che si amplifica a dismisura.

 

Le mani di Daniel li accarezzano e glieli sollevano in alto sulle proprie spalle.

In un attimo Hema capisce che sta per fare, e trasale d’aspettazione violenta prima ancora di sentire la sua bocca che si poggia sulla pelle ipersensibile tra i testicoli gonfi e tesi allo spasmo.

Sgrana gli occhi e schiude le labbra in una perfetta O di straordinario disappunto, che gli si irradia da quel punto verso l’alto, sferzandogli il cervello con una scarica elettrica devastante.

Artiglia le dita tra le lenzuola cercando un appiglio alla languida sensazione di sprofondare.

Inala a fondo ossigeno mentre soffoca.

I muscoli dello stomaco si ripiegano e si flettono disperati.

 

Sta per morire.

 

Di nuovo quella convinzione.

Tangibile.

Pericolosa.

Agognata.

 

Sta per perdersi.

Comincia a non rendersi conto più di niente.

Né del liquido profumato che gli cola tra le cosce.

Né di dita lunghe e morbide che lo violano con un dolce massaggio lì dove si è aperto il suo nuovo universo dei sensi.

Spinge il capo all’indietro nei cuscini.

Trema e fatica a respirare.

 

E d’un tratto Daniel è di nuovo sopra di lui.

Le gambe di Hema si piegano all’indietro, spinte dall’appoggio delle spalle dove sono rimaste.

La sua erezione vivida che sfrega tra i loro ventri, schiacciata e stimolata all’inverosimile.

Ogni muscolo e tendine e lembo di pelle che si protende impazzito.

 

L’amante è scivolato su di lui e dentro di lui in un ‘unica, fluida spinta, che lo apre e lo devasta.

Lo riempie fin nel profondo, conficcandosi con tutto il proprio, ingombrante desiderio, duro e vellutato.

E cresce a ogni flessione dei fianchi, stordendo i suoi sensi sgomenti.

 

Daniel lo guarda schiudere la bocca e gli occhi per la sorpresa dell’intrusione e si ferma.

E’ pronto a uscire se solo scorge un’ombra di dolore sul suo volto sconvolto.

Trema nell’immobilismo forzato.

L’orgasmo che monta suo malgrado comincia a divorarlo da dentro.

Prova a respirare per imporsi un controllo difficile e tormentato.

Ma ottiene solo di amplificare a dismisura la voglia furente, e deve costringersi a sfilarsi prima di cadere preda di essa.

Improvvisamente due mani si avventano sui suoi fianchi e gli artigliano i glutei, impedendogli di indietreggiare.

Lo tirano indietro lo obbligano a riaffondare.

La sensazione incredibile che ne scaturisce gli strappa per un momento la poca lucidità che ancora riesce a mantenere.

-          No, no, no… ti prego, non uscire, ti prego!! –

Una preghiera, rabbiosa, dolente lo colpisce, spaventandolo.

-          Non voglio farti male! –

-          Non abbandonarmi, non adesso! –

-          Sono qui, amore, lasciami uscire se ti sto facendo male… -

Il giovane agita la testa nei cuscini per negare i suoi timori, poi si allunga verso di lui per baciarlo.

Daniel gli va incontro e lo riaccompagna nel tessuto soffice con un bacio altrettanto morbido.

Inavvertitamente il movimento imprime una spinta ai suoi fianchi, facendolo sussultare.

Una scossa potente si irradia, stordendo entrambi nello stesso istante.

Le bocche si scontrano, dimentiche di ogni cautela inutile.

Le lingue si fondono, prendendo il medesimo ritmo delle spinte che li agitano, come stanno facendo i loro corpi, sudati, tremando e bruciando di passione furente.

Folli, ingordi.


E’ una rivendicazione incessante.

 

Daniel si solleva e ruota i fianchi, cercando una nuova inclinazione per immergersi ancora di più nel suo recesso che lo stringe per trattenerlo.

Il compagno sussulta sotto l’ennesima sferzata di piacere.

Non riesce a parlare.

E’ un respiro unico, spezzato e difficoltoso.

Pazzo.

L’uomo gli stacca le mani da sé e gli afferra i polsi.

Prima uno poi l’altro, li solleva fino a portarli al di sopra dei cuscini.

Li intrappola.

E cattura i suoi occhi con i propri mentre continua a spingere ritmicamente.

Lo guarda per tutto il tempo, abbeverandosi della sua espressione trasfigurata, mentre lo incalza e geme egli stesso.

E non gli permette di distoglierli da sé.

 

E’ suo.

Senza barriere e senza pregiudizi.

 

E anche Hema lo percepisce: è suo così come lui gli appartiene.

 

Fino nel profondo del corpo e dell’anima.

Come mai, mai in tutta la sua vita lo è stato di nessuno.

E’ parte di sé.

Qualunque cosa accadrà dopo.

Non potrà più staccarsene.

Non potrà più dimenticare.

 

Ogni volta che lo guarderà, che respirerà il suo respiro, sarà consapevole della totalità dell’appartenenza reciproca.

 

Sarà una condanna o il paradiso.

 

E morirà di questo.

 

Vorrà morire per questo.

 

Per lui.

 

E per sé.

 

Perché niente sarà più come prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

 

 

Il fruscio della risacca in lontananza riempie improvvisamente il silenzio della camera.

Nella penombra Daniel apre all'istante gli occhi, strappato alle maglie del sonno da quel rumore di sottofondo, dolce e ritmico, che sembra entrare e insinuarsi negli angoli direttamente dall’oceano.

Girato su un fianco, mette a fuoco la vetrata della porta scorrevole e si accorge che è in parte aperta.

Un’impercettibile e sottile brezza agita lieve come un soffio le tende tirate da un lato, sospingendole appena.

Un po’ intontito riesce a riflettere che non ricorda di averla lasciata aperta la sera prima.

Poi percepisce il vuoto accanto a sé, e in un attimo, cruda e violenta una fitta inspiegabilmente dolorosa gli contorce lo stomaco e il petto.

Una sensazione come di perdita, di abbandono, lo libera delle ultime tracce di sonno e lo fa scattare a sedere in mezzo al letto, perfettamente sveglio, completamente cosciente dell’assenza al suo fianco.

Hema non è più lì con lui.

 

Tuttavia l’ombra raggomitolata sulla soglia attrae la sua attenzione e scaccia via la sensazione con la medesima rapidità con cui lo ha travolto.

Non se ne è andato.

Perché poi lo abbia pensato non se lo sa spiegare in quel momento.

E a dire la verità nemmeno gli importa molto di indagare.

E’ lì.

Ancora.

E questo è sufficiente a fargli ritrovare la calma.

 

Scivola giù dal letto mentre con lo sguardo cerca i pantaloni del pigiama tra le ombre chiare che la luna filtra dall’esterno.

Devono essere da qualche parte, gettati sul pavimento la sera prima dall’ansia di liberarsene.

Scorge il groviglio scuro ai piedi della poltrona, lì prende, li indossa e fa il giro del letto.

 

Il ragazzo è seduto sulla soglia della porta vetrata che dà sul portico, le ginocchia tirate contro il petto, le braccia mollemente abbandonate su di esse e guarda l’immensa distesa nera che è l’oceano oltre la spiaggia.

Malgrado sia ancora notte, la luna piena alta nel cielo buio soffonde i dintorni di una luce lattiginosa abbastanza chiara da scorgere la sua espressione null’affatto serena disegnata sulla linea netta con cui tiene serrata la bocca.

Quella stessa bocca che ha baciato mille e mille volte, morbida, accogliente, dolce.

Quella stessa bocca che ha sospirato e cantato d’amore per lui mentre da due diventavano uno e mai avrebbe immaginato potesse essere così magico e unico.

 

Ma Hema non sembra felice e Daniel ingoia la contrazione piacevole e languida che gli si sta soffondendo in ogni cellula del corpo a quei ricordi ancora così vividi.

No, non lo è, anche se conserva di lui ancora l’immagine e la percezione dell’estasi e della gioia pure mentre facevano l’amore e non c’erano ombre, né brutti pensieri a offuscare quei momenti.

 

Perché?

 

Si inginocchia accanto a lui e allunga una mano per toccarlo.

Gli sfiora la pelle del braccio con le dita in un gesto leggero e immediatamente il ragazzo gira la testa verso di lui senza sorpresa, come se lo avesse sentito arrivare.

E probabilmente è così.

La linea rigida delle labbra si inclina in un sorriso appena accennato, cancellando solo in parte la tensione sul suo volto.

-          Hey! – Dice a bassa voce, gli occhi nerissimi nei sui chiari.

Daniel si piega su di lui e gli dà un bacio a fior di labbra come a voler ristabilire un contatto che, non sa perché, sembra gli debba sfuggire.

-          Stai bene? – Gli chiede un po’ apprensivo, mettendo tra sé e lui solo pochi millimetri di distanza.

-          … No! – Ammette il ragazzo limpido, ma lo dice mentre la linea curva si trasforma in un sorriso più aperto.

Uno dei suoi sorrisi belli e dolci che lo hanno fatto innamorare, irrimediabilmente.

Un po’ disorientato dall’evidente contrasto tra la sua espressione e la parola che ha pronunciato, Daniel tuttavia non si lascia abbattere.

Gli sfiora la guancia con le dita in una carezza affettuosa, lasciando vagare lo sguardo su di lui alla ricerca di risposte ancora non dette, ma di cui, d’un tratto, sente urgenza per non lasciarsi sopraffare dall’inquietudine.

Hema inclina la testa contro quel gesto e per qualche istante socchiude gli occhi, godendo del tepore del contatto.

-          Non riesci a dormire?  - Si sente domandare.

Lui non risponde e, sottraendosi alla sua carezza, ruota di nuovo la testa verso l’esterno, ritornando a guardare l’oceano.

Dopo qualche istante raccoglie un profondo respiro e lo getta fuori, tentando, senza successo, di liberarsi con esso anche del peso che sente sul cuore.

Fa un gesto con le mani come a voler seguire un proprio pensiero che lo angoscia particolarmente, ma non pronuncia neppure una sillaba, trattenendo per sé il fiume di parole che invece dentro di lui monta e si agita nel tentativo di forzare gli argini della propria anima e traboccare.

-          Sei pentito! –

Un’affermazione più che una domanda.

Daniel dà voce al fantasma che sembra aleggiare tra loro.

Categorico.

Secco.

Limpido.

Cos’altro c’era da dire?

Niente.

-          No, neanche per un attimo! –

La risposta altrettanto secca, trasparente.

Daniel trasale ancora più disorientato.

Non comprende.

Se non è pentito di quel che è successo tra loro, allora cosa c’è che non va e che gli mette quelle ombre livide sul volto?

Non lo capisce.

D’un tratto, chiuso in quel suo bozzolo di silenzio, non lo capisce più.

E non gli piace affatto.

Gli sembra di essere escluso da qualcosa di cui fino a poco prima gli ha concesso di far parte.

Da quella piccola bolla di felicità che si è creata intorno a loro e che lo ha riscaldato fin nel profondo come mai gli era accaduto prima di allora.

-          Non escludermi! –

Glielo dice.

Un sussurro soltanto sullo sfondo del rollare delle onde del mare.

Un’implorazione.

Sui loro respiri impercettibili, quasi trattenuti.

Sui loro pensieri disordinati, chiassosi, eppure senza parole, che si dibattono ognuno per conto proprio.

Dolorose come un pugno, quelle due parole scavano un solco lancinante nel cuore già esanime di Hema, lasciandolo senza fiato.

Gli sta facendo solo del male, pensa.

Da quando tutta quella storia è cominciata sta facendo del male a se stesso e a lui.

Per i propri mille dubbi.

Per le mille paure.

Per le innumerevole domande che si fa incessantemente.

Per le risposte che non trova.

Per il circolo vizioso in cui è caduto e dal quale non riesce a tirarsi fuori.

 

Perché gli ha telefonato?

Perché ha dato inizio a quella follia?

Perché non ha semplicemente aspettato che tutto passasse: il suo cuore impazzito, la sua mente ossessionata da lui, il respiro corto, le lunghe notti insonni?

Perché sarebbe passato tutto quel dolore.

Prima o poi.

A costo di morirne, come è stato sul punto di essere solo perché non lo ha più incontrato.

Solo perché non ha più ascoltato la sua voce.

La sua risata.

Quelle sue battute idiote.

Solo perché non ha più avuto quei suoi occhi di giada su di sé.

 

-          Non sono pentito. – Mormora all’oceano dopo un tempo infinito. – E’ stata la notte più bella della mia vita… non potrei mai essere pentito! –

E ritorna a guardarlo, a cercare il suo sguardo, che non è stato mai distolto da sé.

Quello sguardo che è un pozzo di oscurità tra le ombre della notte, e che gli entra dentro appena osa incontrarlo.

Che scava fino a raggiungere la parte più profonda di se stesso e vi si insedia senza tanti complimenti e senza alcuna intenzione di lasciarlo.

Se ne sente invaso, intimidito quasi, incapace di nascondervi alcunché e dal quale proprio per questo rifugge quando tra loro c’era la luce del giorno e non c’è modo di scappare.

-          Allora non è stato così orribile! – Cerca di scherzare Daniel senza sapere se essere sollevato o preoccupato dalle sue parole.

-          E’ stato… meraviglioso… naturale… spaventosamente naturale! –

-          Addirittura spaventosamente! –

-          … E’ che non pensavo potesse accadere così… come se… -

-          … come se avesse sempre fatto parte di noi! –

Annuisce, colpito dall’empatia che sembra diventare sempre più tangibile tra loro, e che li porta istintivamente ad anticiparsi nei pensieri e nei gesti.

C’è una tenerezza dolcissima nella sua voce e nei suoi occhi che lo confonde e lo conforta al tempo stesso.

Non è abituato a tanta dolcezza.

Meno che mai da parte di un maschio.

-          Non sono mai andato a letto con un uomo… né ho mai pensato di farlo… -

-          Nemmeno io se è per questo! –

Una risata, breve, incolore.

-          Quante volte... l’abbiamo fatto? ... E’… stato sempre… bellissimo… incredibile!!! –

-          Non lo so… eravamo troppo occupati per contarle!!... E’ importante? –

Una pausa inquieta, poi Hema chiede: -

-          Come fai a farti scivolare addosso tutto con tanta facilità, Daniel? … Io sono qui che tremo e tu non fai una piega come se tutto fosse normale… -

A quell’accusa l’espressione dell’uomo muta di colpo e muta in una maschera di granito.

I bei tratti si tendono e gli occhi diventano due strisce sottili di indignazione.

-          Ma che cazzo ne sai tu di come mi sento io? – Sibila la sua voce, cupa e rigida.

Colto di sorpresa dalla sua reazione, il ragazzo ha un brivido di sgomento lungo la schiena.

-          Daniel, io… -

-          Daniel, io un cazzo!!!!... Tu e le tue paranoie!

Che credi, di essere l’unico qui a sentirsi strano in una situazione come questa?

... Pensi davvero che io non mi faccia mille domande come te le fai tu? ...

Ti sei innamorato di un uomo, e allora?

Io mi sono innamorato di un uomo, e quindi?

Non ce l’aspettavamo.

Ok!

Sarà mica la fine del mondo?

Abbiamo fatto l’amore… l’a-m-o-r-e, Hema, non sesso… e l’hai appena detto con la tua bocca che è stato fantastico…

Perciò, è così schifoso provare tutto questo?

Così devastante e abominevole?

Così riprovevole o irreparabile? –

Non grida, non si agita, Daniel.

Eppure Hema si sente come se lo stesse aggredendo fisicamente.

Anzi, quasi spera di vedersi attaccare, picchiare addirittura, tutto pur di non vedere sul suo viso quell’espressione di gelida accusa che fa più male ed è più dura da sopportare.

Si sente improvvisamente piccolo e inutile come sempre davanti a questioni che non riesce a capire e a gestire.

Inadeguato, indegno quasi.

Gli sembra di averlo ferito, umiliato con quella sua ottusità, ed è l’ultima cosa che vuole fargli.

 

Scivola sul parquet per raggiungerlo e una volta che gli è difronte, gli prende il volto tra le mani e d’impeto gli bacia la bocca una, due, tre volte, come a voler sciogliere a forza di baci la linea ostile che vi si è disegnata.

-          Perdonami, ti prego! – Gli soffia sulle labbra, tremando d’emozione e di paura, le lacrime che pungono come spilli agli angoli degli occhi chiedendo di sgorgare.

-          Per cosa devo perdonarti?

Per voler negare tutto questo?

Per voler sputare su di noi, sull’amore che ci ha colto in fallo?

Per cosa? –

-          Perché sono uno stupido e perché ho paura! –

-          Paura di che cosa? – Daniel alza appena un poco la voce, che però rimane un sibilo gelido tra i denti serrati dall’angoscia.

E’ una lama affilata che lascia tagli sottili e brucianti sul cuore del giovane.

Solleva le braccia e affonda le dita tra i suoi capelli, serrandole rabbioso.

-          Di che cosa cazzo hai paura?

Io sono qui, non sei da solo ad affrontare tutto questo, sei con me!

... Non valgo niente per te?

... Non significo niente, eh? –

Il pianto esplode dirompente nella gola di Hema, sopraffacendo la sua volontà di controllo.

Gli viene su da un groviglio fitto che si è annodato al centro dello stomaco e che gli si propaga come una lingua di fuoco in ogni angolo del corpo, sconvolgendolo, facendolo tremare e vibrare.

Le mani scivolano giù dalle sue guance alle spalle e qui, d’impulso preme per spingerlo via da sé e sfuggire ai suoi occhi incendiati dal dolore.

Non riesce a sopportare di vederlo così per colpa sua.

Ma Daniel non lo lascia andare, nemmeno s’accorge della spinta.

Di contro serra ancor più le dita e lo strattona, avvicinandolo di peso al proprio corpo, facendolo cozzare contro di sé neppure tanto gentilmente, lasciando tra loro soltanto un filo d’aria che non impedisce alla pelle di venire a contatto.

Hema trasale, e non sa se per la sensazione di calore ustionante che gli trasmette o per il timore di essere davvero picchiato.

-          Tutto questo è troppo per me, non lo capisco, Daniel… - Il respiro gli esce difficile e spezzato contro la sua bocca a un soffio dalla sua, mentre il cuore gli salta un battito e si rifiuta di continuare a pompare sangue nelle vene.

-          Che c’è da capire quando due persone si attraggono e provano dei sentimenti come sta succedendo a noi?

 ... Sei così bigotto e ottuso da non poter accettare che questo accada tra due uomini? –

-          No, no, no!! – Hema urla la propria frustrazione.

Riprova a spingerlo via da sé, senza successo anche stavolta.

La forza con cui Daniel lo contrasta è troppo superiore alla sua e non gli cede un solo centimetro per dargli tregua.

Si sente disperato e non tanto per non aver scampo alla sua presa ferrea, quanto per l’angoscia furente che gli legge negli occhi e di cui si sente l’unico responsabile.

Sono stati così felici fino a poco prima.

Che sta combinando adesso?

Cosa?

-          Eppure non sembravi così prevenuto quando abbiamo girato quelle scene?

Sembravi a tuo agio.

Hai accettato la parte senza batter ciglio… questo poteva significare solo che non eri omofobo…

E adesso cos’è cambiato?

Hai capito che questa è la vita vera e non una serie televisiva e non ti sta più bene?

Di che hai paura?

Del giudizio della gente?

Di quello della tua famiglia?

Di che cosa cazzo hai paura? –

-          Di non essere abbastanza per te… di non essere capace… io non sono niente e questa cosa è più grande di me… finirò per rovinare tutto… io rovino sempre tutto quando le cose diventano troppo per me… -

-          Che stai dicendo? -

Per la prima volta in quegli istanti frenetici, Daniel allenta la stretta delle dita, colto di sorpresa.

Lo guarda disorientato, sentendo sotto le mani il tremore incontrollato del suo corpo e i suoi ansiti sempre più corti e affrettati.

Gli lascia i capelli, scende giù fino ai suoi occhi, con i pollici cerca di liberarglieli dall’ondata di lacrime che lo accecano, gli bacia la bocca umida nel tentativo di calmarlo.

Sente e assorbe la sua tensione sfiorandolo.

Inutilmente.

-          Sssttt, basta, piccolo, basta! – Gli mormora continuando a baciarlo. – Non sei da solo, ti prego, non te lo dimenticare.

Qualunque cosa accadrà, siamo insieme. –

-          I casini li combino sempre da solo, Daniel, non lo vedi? ... Se non ti avessi telefonato…  adesso non saremmo qui a urlare nel cuore della notte… -

-          Se non mi avessi telefonato, sarei venuto io da te! –

-          No, tu non saresti venuto e avresti fatto bene, perché è tutta colpa mia se… -

-          Tu non hai colpe di niente… non è colpa né mia né tua se ci siamo innamorati… e a farsi fottere tutti se siamo due uomini e ci sono sempre piaciute le donne!

… affanculo tutto… è qualcosa di speciale che sta accadendo a noi, ed è bellissimo e spaventoso allo stesso tempo, lo so… non credere che non me ne renda conto… ma questo non deve renderci infelici… -

Se lo tira contro con un gesto morbido e imperioso al tempo stesso, avvolgendolo tra le braccia e stringendolo a sé dolcemente.

Dapprima rigido e teso, Hema si oppone soltanto per qualche istante prima di lasciarsi andare esausto nello spazio che gli è stato fatto tra le sue gambe, il volto nascosto contro il suo collo e il corpo abbandonato perché stanco di combattere una battaglia persa.

-          Manderò tutto a puttane, Daniel, lo sto già facendo, non te ne accorgi? –

-          Cercheremo di evitarlo se lo vorremmo tutti e due! –

Il ragazzo chiude gli occhi esalando un sospiro difficile e non replica.

 

Lui non lo sa se lo vuole tutto quello.

Questa è la verità.

C’è dentro fino al collo e le sensazioni sono talmente tante e contrastanti, matasse di fili ingarbugliati e inestricabili, che lo avvolgono e lo stritolano, da non riuscire a capire se è disposto a imbarcarsi in una relazione come quella e mettere in gioco la propria vita di punto in bianco.

L’unica, inconfutabile, gelida, perfetta consapevolezza è la paura.

Una costante sottile da molti mesi a quella parte, che gli si è infilata sotto la pelle più scura e densa del sangue che gli scorre nelle vene.

Paura di sé stesso.

Di quei sentimenti imprevisti che lo hanno colto del tutto impreparato.

Della voglia ingestibile e violenta che ha di quell’uomo.

Del desiderio di farsi parte della sua vita.

Dei suoi pensieri.

Dei suoi sentimenti.

Di ogni suo sguardo.

Di ognuno dei suoi sorrisi.

Di cui vuole a ogni costo essere l’unico e solo centro, e che, allo stesso tempo teme e vuole rifuggire a ogni istante.

Paura.

Solo…

… fonda…

… lancinante paura.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

L’aroma del caffè, intenso e deciso, lo guida attraverso il corridoio appena esce dal bagno.

Daniel identifica d’istinto una delle miscele italiane che la madre usa per la colazione del mattino.

Il profumo si spande attraverso gli ambienti, sospinto dalla leggera brezza che entra dalle porte aperte, in un irresistibile invito a raggiungere la cucina.

Entra.

A piedi nudi sul parquet non fa alcun rumore.

Ovviamente non è sua madre che trova.

Hema gli dà le spalle, davanti all’isola in mezzo all’ampia stanza, concentrato a infilare delle fette di pane nel tostapane, mentre accanto a lui la macchina del caffè brilla dei suoi led come un’astronave in miniatura, ed esegue con un sibilo i vari passaggi per trasformare i chicchi di caffè nel liquido denso e nero che va riempiendo il brik.

Non lo sente arrivare.

E un po’ trasale quando Daniel preme il petto contro la sua schiena nuda e lo avvolge in un abbraccio leggero, facendogli scivolare le mani intorno all’addome e tirandoselo contro.

Dio, il solo contatto con la sua pelle nuda gli fa mancare il fiato e battere forte il cuore!

-          Buongiorno! – La voce bassa e carezzevole gli rotola nell’orecchio quando l’uomo affonda il viso nel suo collo, poco sotto il lobo e vi depone un bacio.

L’ alito caldo gli sfiora la pelle e lo fa rabbrividire suo malgrado.

Trema di piacere e il cuore gli fa un altro balzo talmente violento da dargli uno scarto.

Daniel aspira a fondo il suo odore e rilascia il respiro, provocandogli mille fremiti ingestibili lungo la schiena.

-          Ciao! – Riesce soltanto ad articolare con un filo di voce, che sembra più un miagolio, mentre cerca di riprendere i propri pensieri che sfuggono da tutte le parti al controllo della mente.

-          Che bello svegliarsi di nuovo con il profumo del caffè! –

Hema si irrigidisce improvvisamente, colto da una sgradevole consapevolezza.

Non ha alcun diritto.

Lo sa.

Ma al suo stomaco non frega un cazzo e gli si rivolta contro, crudele.

Istintivamente ogni parte del suo corpo si ritrae da quello dell’altro, e tuttavia Daniel, di riflesso, non lo lascia andare, serrandogli ancor di più la propria stretta intorno, intuendo immediatamente il motivo della sua reazione.

-          Che tu sia geloso mi lusinga profondamente… - Gli mormora nell’orecchio, mentre un sorriso gli si disegna sulle labbra, contagiando anche il tono di voce. - … Ma ti assicuro che mi sto riferendo semplicemente alla mia mamma… -

-          Alla… - Tenta di articolare il ragazzo senza fiato.

-          … mia mamma… questa è la casa di famiglia, piccolo, mia madre ha proibito categoricamente sia a me che a mia sorella di portarvi compagnie passeggere.

Di solito è lei che si sveglia presto e prepara la colazione per tutti, compreso questo buonissimo caffè.

Mia sorella Karen è felicemente sposata, e nessuna delle mie… “amiche” è mai venuta qui! –

-          E io allora? –

-          E’ diverso. – Glielo sussurra, la voce sempre più bassa. E un nuovo bacio sottolinea quell’ovvietà. – Tu sei diverso, dolcezza, sono sicuro che a mia madre piaceresti molto. –

-          Se non le viene un infarto prima per quel che significa la mia esistenza nella tua vita! – Replica Hema per nulla convinto delle sue certezze.

-          Uhm, si sorprenderà, ma non ne farà un dramma: ho una mamma fantastica io!  -

-          Non sono per niente ansioso di scoprirlo per il momento! –

Daniel scoppia a ridere e con un gesto lo fa girare su se stesso, ritrovandosi faccia a faccia con lui.

Di nuovo lo intrappola tra le sue braccia e lo fissa con una nota ironica negli occhi che non gli piace per niente.

-          C’è tempo, piccolo, non preoccuparti! –

Fa per calare sulla sua bocca e impossessarsene, ma Hema lo respinge piantandogli le mani sui pettorali e tenendolo a distanza.

-          Ti ho detto di non chiamarmi “piccolo”! – Lo minaccia contrariato.

E tuttavia una luce divertita gli fa brillare le iridi scure, smentendo il suo cipiglio.

Daniel alza gli occhi al cielo e sbuffa.

-          Mi hai anche detto di non chiamarti “amore” … “dolcezza” …. Che altro? -

-          Ce l’ho un nome! –

-          Romanticismo zero tu eh! ... –

-          Smettila di fare lo scemo! –

L’uomo riprova a piegarsi su di lui per raggiungere la sua bocca, e di nuovo viene respinto.

-          Hema! – Pronuncia allora il suo nome, pericolosamente somigliante a un ringhio minaccioso. A un avvertimento.

-          Bada, AMORE, già che mi sono svegliato e non c’eri, potrebbe avermi fatto alzare con il piede sbagliato! –

-          Uhuu, che paura!! E cosa vorresti farmi, sentiamo! –

Un lampo malizioso compare nel verde giada facendolo pentire immediatamente di averlo sfidato.

-          Sei sicuro di volerlo sapere… adesso… prima di colazione? –

-          Perché… dopo… sarebbe diverso? –

Daniel nega con il capo mentre il sorriso gli si allarga sul volto.

A un soffio dalla sua bocca, la barriera delle mani che lo respingono del tutto indebolita, riesce finalmente a raggiungerlo e a posarsi sulle sue labbra.

-          Prima o dopo non cambierebbe niente, credimi! – Gli rivela, l’inflessione piena di sottintesi null’affatto misteriosi.

Promesse o minacce che siano, il ragazzo non vuole chiederselo mentre deglutisce un nodo d’emozione che gli serra la gola.

Cerca tuttavia una battuta per spezzare l’imbarazzo che lo coglie, incendiandogli inevitabilmente le guance.

Si sforza con tutto se stesso di ignorare la sua vicinanza incombente.

Ma non la trova.

E dopo nessuno sforzo serve quando Daniel lo preme eloquente contro il proprio corpo, facendogli scoprire quanto il desiderio di lui si stia risvegliando.

E intrappola la sua bocca in un bacio profondo, intenso, saggiando e giocando con la sua lingua, impedendogli di respirare, di prendere il controllo.

Perfino di pensare.

Lo subisce.

Convincendosi che mai prevaricazione sia più perfetta, voluta, piacevole di quella.

Lo accoglie, spingendosi egli stesso, d’istinto, contro i suoi muscoli tesi, morbidi, che lo stringono in una presa ferrea senza tuttavia fargli alcun male.

E lo sente tutto quel corpo perfetto, di cui ha imparato a riconoscere ogni piega soltanto poche ore prima, provando la strana e al tempo stesso familiare sensazione di averlo sempre conosciuto.

 

Il suono elettronico della macchina del caffè, che annuncia insistente il termine del proprio lavoro, li fa sobbalzare simultaneamente, spingendoli a scostarsi.

Si ricordano in quel momento di dover riprendere fiato, sordi fino ad allora agli avvertimenti che i polmoni stavano mandando loro da qualche attimo.

Hema ne approfitta per spingerlo via e riprendere una parvenza di controllo di cui, però, non sente davvero alcun bisogno.

Ha ancora il volto in fiamme, maledizione!

Lo sente distintamente dal calore che avverte sulla pelle, adirato con se stesso per l’incapacità di dominarlo o almeno nasconderlo all’esterno: sta facendo la figura del bamboccio alle prime armi.

Non lo sopporta.

Che senso ha avere quella reazione di impaccio davanti a lui proprio non lo capisce.

Non dopo tutto quel che hanno fatto durante la notte.

Non gli è mai successo quando è andato a letto con una ragazza.

Ok, forse soltanto durante le prime esperienze adolescenziali, ma poi non ne ha sentito più alcuna necessità.

Perché con Daniel ogni cosa ritorna in discussione?

Perché si riaffacciano pudori dimenticati?

Imbarazzi per uno sguardo o un’allusione?

Come una verginella?

 

Non ha senso!

 

Non se ripensa a quante volte hanno fatto l’amore.

A quante volte lo ha preso e lui si era lasciato andare spontaneamente, istintivo, perdendosi in amplessi che non avrebbe mai immaginato così devastanti, infiniti, meravigliosi.

Che gli hanno strappato coscienza e lucidità.

Alle sue mani e alla sua bocca che ha sentito scorrere su di sé e dentro di sé, desiderando sempre di più.

Volendosi perdere!

Urlando il proprio piacere.

Cercandolo e rincorrendolo.

 

Insaziabile!

 

Ci ripensa a quei momenti.

Appunto.

Ogni terminazione nervosa che si risveglia a dispetto del suo debole autocontrollo.

E arrossisce ancora di più.

Di colpo gli gira le spalle, sfuggendo al suo abbraccio, e letteralmente scappa lontano, raggiungendo nuovamente il piano dove stava preparando la colazione.

Daniel non lo ferma, ancora cercando di regolarizzare il respiro, e non si offende.

Anzi, ritrova il sorriso mentre lo vede armeggiare con il brik colmo di caffè nel tentativo di riempire due tazze pronte sul ripiano con le mani un poco tremanti.

E con un sorriso lo riaccoglie quando quelli gliene porge una, tenendosi in qualche modo a una certa distanza di sicurezza, come se fosse stato prudente anche solo non lasciarsi raggiungere dal suo calore.

-          Non sono la tua donna… - Lo avverte, mettendo su un cipiglio severo assolutamente poco convincente. – E nemmeno tua madre, perciò non ti aspettare che ti prepari la colazione… -

-          Non te l’ho chiesto! – Ride Daniel, divertito dalla sua puntualizzazione superflua.

Questo smonta ogni speranza di Hema di rimetterlo al suo posto.

-          … Io… io non so cucinare, brucio anche l’acqua che bolle nella pentola… - Aggiunge più incerto.

Sentendosi stupido.

-          Ok, non è un problema, posso pensarci io! – Beve un sorso di caffè mentre lo asseconda. – Questo però è venuto buono! –

-          G… grazie! ... Ma è merito della macchina, io l’ho solo caricata… E levati quel sorriso ebete dalla faccia, ti ho detto che non sono la tua donna. –

L’uomo inclina la testa da un lato, osservandolo con una strana espressione nello sguardo.

Sguardo che improvvisamente gli fa scivolare addosso come fosse una carezza.

Hema va in confusione in un momento, leggendo anche troppo chiaramente il desiderio che gli incupisce il verde delle iridi.

-          So bene che sei quanto di più lontano da una donna! – Mormora con un tono così denso da farlo rabbrividire.

E per sottolineare quella sua consapevolezza, indugia allusivo, volutamente, sul suo corpo seminudo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


 

Capitolo 11

 

 

Seguire il suo sguardo... affamato e arrossire è un tutt’uno al tempo stesso imbarazzato ed eccitato.

Il pensiero, traditore, corre di propria volontà, senza alcuna autorizzazione da parte sua, a immagini e sensazioni ancora vivide sulla propria pelle.

E il cuore gli fa un balzo in avanti in mezzo al petto insieme ad un’altra parte del suo corpo, che chiamata in causa, inizia a pulsare e ad agitarsi come a testimoniare la propria presenza.

Sente di arrossire ancora di più, incapace di controllare l’incipiente erezione che gli si sta gonfiando tra le gambe, a malapena celata dalla stoffa leggera del pigiama.

Rilascia un respiro a metà, immediatamente boicottato tra la gola e le labbra riarse da un’improvvisa e furiosa sete.

Ma non ha il tempo di pensare di nascondersi, fuggire o tentare qualunque altro gesto per sottrarsi a quegli occhi che lo stanno adorando (?) luminosi di desiderio... per lui(?).

Daniel si dà una spinta con i fianchi e ritorna eretto, in un unico fluido movimento cancella la piccola distanza che lo divide da lui e.... gli sottrae la tazza colma di caffè, sfiorandogli appena le dita contratte intorno alla ceramica bollente.

-          Questo è caffè italiano, non va bevuto in tazzone così grandi. – Gli dice.

Hema potrebbe giurare di aver trattenuto del tutto il fiato mentre il suono roco, dolce, vellutato della sua voce per un istante gli ha riscaldato l’orecchio.

Un attimo che si interrompe troppo in fretta, lasciandogli uno strano languore alla bocca dello stomaco.

Gira su se stesso mente lo guarda posare le tazze sul ripiano.

Daniel apre il frigo, prende la bottiglia del latte, richiude la porta.

Dopo di che estrae un contenitore dal fianco della macchina del caffè, lo riempie con il liquido bianco e lo inserisce sotto il beccuccio del vapore.

Armeggia qualche istante con alcune manopole e un sibilo inizia a gorgogliare, agitando e riscaldando il latte.

-          Ti piace ancora il cappuccino? –

Hema intanto lo ha affiancato, rapito dall’ennesima sensazione familiare di una scena già vista.

Riesce a cogliere la domanda che l’uomo gli pone solo per un soffio.

Tutto quel che sa fare è annuire, gli occhi incollati sui suoi gesti sicuri, incapace di sollevare la testa e guardarlo.

-          Mi preparavi sempre il cappuccino a colazione quando eravamo sul set. – Mormora rapito, mentre una stretta di nostalgia gli avviluppa improvvisamente il cuore.

-          Lo preparavo a tutti. – Si schernisce Daniel con una scrollata di spalle, quasi voglia fingere una noncuranza che in realtà non sente affatto.

E sembra farlo per smussare la confusione che gli giunge dal corpo inquieto accanto a sé.

Il latte gonfio e spumoso raggiunge l’orlo del contenitore, spegne la macchina e prepara un’altra tazza, più bassa e larga, presa da quelle impilate sul ripiano.

Vi dosa la quantità utile di caffè e poi il latte, facendolo cadere con un gesto preciso della mano, riempiendola fino all’orlo.

Poi apre un cassetto alla sua sinistra, recupera una sorta di lungo stuzzicadenti e lo utilizza a mo’ di matita per disegnare qualcosa sulla spuma bianca e marrone.

Un cuore e una specie di foglia stilizzata che lo avvolge.

Oddio, disgustosamente romantico!!

 

Le iridi di Hema si sgranano.

-          Però lo decoravi soltanto a me! – Rammenta mentre un brivido gli corre lungo la spina dorsale.

Una consapevolezza racchiusa da qualche parte tra i suoi ricordi di quel periodo, si fa largo, sgomitando d’un tratto chiassosa e prepotente, come se fosse sempre stata là senza che sia mai riuscito a farne un collegamento che adesso gli sembra anche troppo ovvio.

Trova finalmente il coraggio di sollevare lo sguardo quel tanto per incontrare la giada brillante che continua ad avvolgerlo con un affetto che non si cura affatto di celare.

Daniel accentua quel suo sorriso bellissimo che ogni volta gli illumina tutto il volto, e Hema si rende conto che ė come un assenso alla sua affermazione.

Rabbrividisce e trema nel bozzolo di calore in cui si sente avvolto.

Ancora un singulto spezzato gli sfugge dalle labbra dischiuse.

-          Ogni mattina disegnavi una cosa diversa! –

-          Ridevi sempre usando riconoscevi quello che avevo disegnato. –

-          Eri così bravo... –

-          Ho avuto un ottimo maestro in un amico di famiglia.... Tieni! –

Gli porge la tazza e il ragazzo la prende istintivamente con entrambe le mani, curandosi di non toccarlo.

Il calore e il profumo lo raggiungono immediatamente, soffondendogli una singolare sensazione di conforto dritta al cuore.

-          Lo zucchero. –

-          Cosa? –

-          Devi zuccherarlo. – Ribadisce mettendogli sotto il naso la zuccheriera.

Il ragazzo la fissa quasi come se non sapesse cosa sia.

Per fortuna si riprende in tempo prima di mettere ancora più in evidenza quanto possa essere stupido certe volte.

Versa due cucchiaini nella spuma del cappuccino e il disegno subito si confonde e si spezza.

Ci rimane quasi male.

-          Bevi piano, è bollente! – Lo avvisa Daniel.

Fa un passo indietro come a volergli lasciare un po’ di spazio, e si mette a preparare un altro cappuccino per sé.

Hema beve a piccoli, cauti sorsi il proprio.

Ma non distoglie gli occhi dai suoi gesti sicuri.

E’ così… fottutamente sexy!

Oddio, lo sta pensando!

Di un uomo.

E lo sta pensando anche un’altra parte del suo corpo.

Cristo, non è possibile!!!

 

Il respiro gli si blocca in gola e anche il cuore gli si ferma nell’attesa.

Di cosa non osa pensarlo, Hema.

Vorrebbe…

Oh Dio, vorrebbe cancellare quei pochi, troppi centimetri che lo dividono da lui che, negligentemente, quasi noncurante, se ne sta poggiato al tavolo a guardarlo mentre beve il suo cappuccino.

Far scivolare le braccia sulle sue spalle, dietro il collo.

Premersi contro di lui e tirarlo verso di sé per fargli capire quanto lo sta facendo diventare pazzo.

Per spiegargli che sta bruciando di nuovo e con più virulenza dalla voglia di sentirselo addosso.

Di avere le sue mani che lo toccano.

E lo cercano.

E lo sfiorano in quei posti di cui non ha mai sospettato l’esistenza prima, e che lo fanno rabbrividire di desiderio e di piacere come non mai!

Perché a parole non ne è capace.

Perché non potrebbe confessarglielo.

Mai.

Non gli è stato insegnato.

Un uomo non le dice certe cose.

Meno che mai a un altro uomo.

 

D’un tratto ogni suo scrupolo viene spazzato via quando si ritrova proprio là dove sta fantasticando da attimi interminabili di essere: catturato e avvolto tra quelle braccia prepotenti e morbide.

E’ talmente frastornato che non si è nemmeno reso conto di quando Daniel lo ha afferrato per un fianco e lo ha spinto gentile contro di sé, togliendogli la tazza semivuota dalle mani.

Se ne rende conto soltanto nell’istante in cui prende coscienza che il suo bacino, i muscoli dell’addome e il proprio torace aderiscono a quelle del compagno.

Quando il tepore e il profumo della sua pelle lo avviluppano come un secondo abbraccio, mandando in tilt le poche briciole di autocontrollo che ancora tenta disperatamente di trattenere per non perdere la propria sanità mentale.

La tensione scaturita dall’istintiva, quanto fulminea opposizione a quel gesto di possesso, scema in un momento, e si ritrova a sgonfiarsi come un palloncino.

Si lascia andare piano, con una cautela immotivata che è solo figlia della strana, inedita situazione in cui si trova.

Ma si lascia andare.

Perché è quello che vuole.

La mente recalcitrante ad ammetterlo subito.

Il corpo, sfacciato e impudente, che agisce e reagisce a dispetto di tutto.

Sordo a ogni buonsenso.

Schiavo soltanto del proprio istinto e delle proprie esigenze.

 

Daniel sembra percepire ognuna delle sue sensazioni.

Impensabile e quasi incredibile.

Ma pare che riesca a cogliere ognuna delle sue sfumature.

Perché non lo forza.

Aspetta.

Lo tiene avvinto a sé, eppure senza pretendere nulla che lui non voglia concedergli con un po’ di tempo a disposizione.

Lo fissa con quegli occhi dal colore incredibile, e gli sorride.

Gli sorride e aspetta.

 Che sia lui di propria volontà a offrirgli ciò che vuole.

Non deve spingerlo.

Non può costringerlo come il proprio desiderio gli suggerirebbe se solo lo lasciasse prendere il sopravvento.

Lo sa che se soltanto fosse appena solo un poco più aggressivo, Hema si spaventerebbe e cercherebbe di respingerlo per scappare via.

E’ sempre, ancora, sull’orlo di un precipizio.

Quasi lo vede, in bilico tra il lasciarsi andare e il fuggire orripilato da quel che sta accadendo.

Non lo può biasimare.

Egli stesso è disorientato, non lo nega a se stesso, malgrado stia provando a fingere una spontaneità inedita.

E non sa se Hema riesce a intuire il suo stato d’animo così come lui capisce il suo.

E’ insolito, si.

Ma sta accadendo.

E sta accadendo a lui.

E non gli è mai successo di provare tutta quell’empatia per qualcuno da cui è attratto.

La cosa lo sconvolge e lo rende felice al tempo stesso.

Gli piace.

Gli piace talmente tanto sentirsi così vicino a quella piccola, spaventata creatura, spavalda e fragile.

L’istinto lo spinge a volerlo proteggere.

La ragione lo frena e gli impone un controllo difficile.

Non vuole intimidirlo.

O allontanarlo.

O provocare la sua suscettibilità.

Gli sembra di dover camminare sulle famigerate uova.

 

Lo sente esalare un piccolo, tremulo respiro tra le labbra schiuse e si strappa ai propri pensieri per concentrarsi di nuovo su di lui.

Hema solleva le mani sulle sue spalle, con il dorso sfiora i lati del collo, sale su a disegnare il profilo delle guance, ispide del primo velo di barba del mattino.

Rabbrividisce a quel contatto perché lo stomaco gli si contorce, spandendogli uno spasmo a fior di pelle.

Giunge ai confini delle belle labbra che, irriverenti, ancora sono incurvate in quel sorriso un po’ sornione, un po’ allusivo di oscure, deliziose promesse.

Si spinge tutto contro di esse come richiamato irresistibilmente da un bisogno impellente.

Vi posa le proprie, riarse e affamate.

Le posa soltanto.

E subito il tepore dolce del fiato di Daniel lo coglie.

Gli invade la bocca, riportandogli alla mente i ricordi e le sensazioni, vividi e recenti, dei mille baci che ha ricevuto e che ha accolto.

A cui si è aperto dapprima con l’incertezza dell’ignoto, e che si è trasformata presto in eccitazione, voglia di divorare, assaggiare, succhiare, assorbire.

Dio, si sente piegare le ginocchia al solo pensarci!

Daniel sospinge un poco il capo, invitandolo a concretizzare il contatto tra loro.

E al tempo stesso gli offre l’opportunità di sottrarsi in qualunque momento, semmai volesse tirarsi indietro.

Semmai all’ultimo momento non se la sentisse.

Ma Hema non ha nessuna intenzione di farlo.

Beve il suo respiro, serra le mani intorno al suo volto e schiude le labbra, offrendoglisi senza alcuna riserva.

Sta bruciando di nuovo, ed è una sensazione che ormai sa riconoscere perfettamente e a cui dalla notte prima non sa e non vuole più sottrarsi.

Daniel risponde al suo invito e lo stringe a sé un po’ di più.

Lo sfiora con una carezza delicata, lenta.

Con la punta della lingua gli ridisegna il contorno delle labbra, si sospinge nella sua bocca calda e umida, lo assaggia e lo esplora.

Finalmente!

In risposta Hema gli allaccia le braccia intorno al collo e gli aderisce addosso sollevandosi sulle punte dei piedi.

Si perde in quel bacio al sapore di caffelatte e di lui, mentre lo rincorre, lo imita, indulge e si rituffa ansioso.

Non c’è spazio tra i loro corpi.

Né aria.

Il fiato si accorcia e si spezza.

C’è tanto calore e vertigini e cuori che battono.

Per un momento l’esigenza di respirare li costringe a staccarsi.

Ma solo di pochi millimetri.

La fronte dell’uno premuta contro quella dell’altro, si respirano e si guardano.

Daniel sposta i fianchi, flette un po’ le ginocchia per abbassarsi, e manda la propria erezione pulsante a strofinarsi contro quella altrettanto evidente di lui sotto la leggera stoffa del pigiama.

Il ragazzo sussulta, rimanendo senza fiato.

Si immobilizza per un istante, il dolore del contatto che gli fiacca le gambe.

Poi vi si sospinge alla ricerca di maggiore frizione.

A momenti si sente esplodere il petto e lo stomaco per il piacere che ne riceve.

E non sembra essere diverso per il compagno, che emette un sibilo tra i denti d’un tratto serrati.

Daniel fa scorrere le proprie mani lungo la sua schiena, infila le dita nell’orlo del pantaloni, appena stretti dalla coulisse, legata sul davanti.

Raggiunge il suo sedere senza incontrare alcun ostacolo, realizzando che sotto è nudo.

E’ una consapevolezza talmente violenta da farlo vacillare.

Si tuffa ancora sulla sua bocca, imprigionandola in un nuovo, avido bacio, e al tempo stesso cerca di spingere giù il pigiama che lo divide dalla sua pelle bollente.

Il ragazzo singhiozza.

Libera un braccio e va a strattonare il laccetto che impedisce al tessuto di scivolargli via dal corpo.

Armeggia alla cieca senza riuscire a sciogliere il nodo.

Si stizzisce e mugola qualcosa di incomprensibile, forse un’imprecazione.

-          Aspetta! – Gli va incontro Daniel.

Mette un poco di spazio tra loro e libera le proprie mani.

Con il respiro corto guarda giù e afferra la coulisse, districando il maledetto nodo, che alla fine si allenta.

-          Daniel, ti prego! –

L’implorazione è disperata, urgente.

Gli mette le mani sui fianchi e spinge giù la stoffa, liberando la carne bollente e inturgidita del suo membro.

Hema fa lo stesso con i suoi pantaloni con un gesto convulso e un po’ maldestro, mandando il tessuto a sfregare contro la punta congestionata del suo pene.

L’uomo si lascia sfuggire un’imprecazione.

Con una mano lo afferra dietro il collo e gli richiude la bocca con un bacio quasi violento, sicuramente affamato, gli graffia la lingua coi denti, gliela imprigiona e la succhia vorace, mentre con l’altra cattura in un’unica morsa entrambe le erezioni.

Hema grida nella sua bocca il piacere furioso che gli parte come una scarica elettrica dai fianchi, irradiandosi su per la spina dorsale.

Cerca di sottrarsi, inutilmente, intrappolato dalla presa sul collo.

Istintivamente si oppone e si avvinghia a lui con le braccia, affondandogli le unghie nella schiena.

Comincia a muovere il bacino in sincrono con il movimento della mano di Daniel.

Sente le sue dita che sfregano la pelle sensibile, strizzano insieme le punte violacee e imperlate, che vanno su e giù.

Non resisterà a lungo se va avanti così.

Non ce la faccio!

Non ce la faccio!!

Si ripete come un mantra, e tutto ciò che esce dalla sua bocca gonfia sono sospiri disperati e accenni di parole incomprensibili e rotte.

 

 

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