Il XIII uso del sangue di drago

di Rowena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il clan si riunisce ***
Capitolo 2: *** La riunione di famiglia ***
Capitolo 3: *** Patto con il drago ***
Capitolo 4: *** Cercasi moglie per allevatore di draghi ***
Capitolo 5: *** È più facile far passare un drago per la cruna di un ago... ***
Capitolo 6: *** La dragonessa sospettosa ***
Capitolo 7: *** La donna ideale di Charlie ***
Capitolo 8: *** A drago intenditor... poche parole! ***
Capitolo 9: *** Il drago dorme finché la sorella non va a disturbarlo ***
Capitolo 10: *** Visita a casa Scamandro ***
Capitolo 11: *** Nargilli in azione ***
Capitolo 12: *** Migrazione autunnale ***
Capitolo 13: *** Kari Ionesco ***
Capitolo 14: *** Domande e risposte ***
Capitolo 15: *** Un drago imbarazzato ***
Capitolo 16: *** L'Isola dei Serpenti ***
Capitolo 17: *** Il ritorno del drago ***
Capitolo 18: *** Aria di casa ***
Capitolo 19: *** Nella tana del drago ***
Capitolo 20: *** Incontri galanti e incontri misteriosi ***
Capitolo 21: *** L'attacco del drago ***
Capitolo 22: *** Il risveglio ***
Capitolo 23: *** Interrogatorio ***
Capitolo 24: *** Piano d'azione ***
Capitolo 25: *** Il drago e l'orso ***
Capitolo 26: *** Nuovo ordinamento ***
Capitolo 27: *** Amici, nemici... e distrattoni ***
Capitolo 28: *** Figli della Luna ***
Capitolo 29: *** Chiacchiere tra uomini ***
Capitolo 30: *** Papà orso ***
Capitolo 31: *** Nonne, lupetti e fratelli furiosi ***
Capitolo 32: *** Tempo di giudizi ***
Capitolo 33: *** Amici nuovi e fratelli che se ne vanno ***
Capitolo 34: *** Alla ricerca di un equilibrio ***
Capitolo 35: *** La lezione di Juditah ***
Capitolo 36: *** Il miglior avvocato sulla piazza ***
Capitolo 37: *** Verso il tribunale ***
Capitolo 38: *** L'udienza ***
Capitolo 39: *** Inseguimento nel bosco ***



Capitolo 1
*** Il clan si riunisce ***


Primo settembre 2017, ore 11: 03.
Quattro adulti e due bambini di nove anni stavano sulla banchina del binario 9 e ¾, immobili, cercando di scorgere all’orizzonte l’ormai lontano Espresso per Hogwarts.
Il treno era partito in uno sbuffo di fumo bianco, portando con sé due dei ragazzi Potter e la maggiore dei figli di Ron Weasley ed Hermione Granger, entrambi ancora increduli che la loro Rosie fosse già così grande.
Rose ed Albus, infatti, si erano uniti a tutti i cugini più grandi che già frequentavano la scuola; Victoire, Dominique, Louis, le tre intelligenti e belle eredi di Bill, la figlia maggiore di Percy, chiamata Molly in onore della nonna, e i gemelli combinaguai di George e Angelina, Fred e Roxanne.
Faceva uno strano effetto agli adulti accompagnare i ragazzi a King’s Cross, assicurarsi che avessero preso tutto, guardarli salire sul treno e salutarli; era un evento che ogni anno segnava il tempo inesorabilmente, come a ricordare loro che stavano invecchiando.
Sembrava ieri che avevano accompagnato una Victoire undicenne, prima dei giovani Weasley a tenere alto il nome della famiglia con i suoi ottimi voti, e ora la ragazza stava per diplomarsi e finire la scuola… Chissà se anche Molly e Arthur si erano sentiti così, quando li salutavano dal binario.
«Partiti», commentò semplicemente con un sorriso Ginny Weasley, più serena del fratello; per lei, che viveva quell’emozione per la seconda volta, era stato più semplice salutare James e Albus, così come per Harry, che in quel momento stava cercando con la coda dell’occhio il quadrante del grande orologio che indicava le ore a King’s Cross.
«Dovremmo iniziare ad avviarci, forse: Molly ci ha chiesto di essere alla Tana per l’ora di pranzo», suggerì alla comitiva aggiustandosi gli occhiali tondi sul naso.
La piccola Lily, che fino a quel momento aveva tenuto il broncio, sembrò dimenticarsi della sua voglia incontenibile di seguire i fratelli a Hogwarts al sentire il nome della nonna. «Andiamo alla Tana dai nonni?», domandò subito, illuminatasi di gioia e speranza.
Streghetta, pensò il Prescelto; la sua bambina aveva appena compiuto nove anni e, fortunatamente, si lasciava distrarre con facilità. Forse per un paio d’ore avrebbe dimenticato il capriccio che ormai durava da quando James e Albus avevano ricevuto le lettere da Hogwarts.
La madre rincarò la dose: «Sì, tesoro; la nonna vuole parlare a tutta la famiglia e ha invitato noi e gli zii per pranzo».
Riunire alla Tana tutti e sei i ragazzi Weasley con i rispettivi consorti e i figli era un problema non da poco, inizialmente; negli anni, però, le ristrettezze economiche che avevano sempre fatto tribolare nonno Arthur erano cadute, soprattutto grazie ai forti guadagni del negozio di George, e così la grande casa era stata ristrutturata e allargata in modo che potesse contenere venticinque persone senza difficoltà.
Più che una Tana, ormai, sembrava una vera e propria reggia, addolcita dai lavori a maglia di Molly e dall’allegra baraonda scatenata dai nipoti e dagli esperimenti del capofamiglia.
La riunione del clan era stata voluta a tutti i costi dalla nonna, che si era detta molto preoccupata per una questione davvero importante.
L’enfasi che pervadeva la lettera che accompagnava l'invito a pranzo non faceva supporre nulla di buono, in realtà, ma tutti i Weasley non erano riusciti a trattenere una risata leggendo un simile messaggio.
Era ancora presto, così i sei maghi decisero di attendere che il binario si svuotasse per cercare gli altri parenti: Bill e Fleur, Percy e Audrey con la piccola Lucy e, per ultimi, George e Angelina.
Tutti i Weasley avevano almeno un figlio a Hogwarts, eppure avevano preferito separarsi per non bloccare tutte le altre famiglie che dovevano salutare i figli e sistemare sul treno bauli, manici di scopa e gabbie di animali.
Il binario era abbastanza caotico senza riunire il clan in quello spazio ristretto e, in fondo, i cugini avrebbero potuto ritrovarsi sull’Espresso una volta trovato posto negli scompartimenti.
Finalmente, tra la folla cominciarono ad apparire alcune teste rosse fin troppo conosciute.
«Eccovi: iniziavamo a pensare che l’appuntamento fosse direttamente alla Tana».
Percy fu il primo a raggiungere i due fratelli minori, Harry, Hermione e i bambini, seguito dalla moglie e dalla figlia più piccola. Audrey sorrise e salutò i cognati, tenendo per mano Lucy, che subito si divincolò per mettersi a chiacchierare con i cugini.
Erano i tre cuccioli della famiglia, i soli a non essere ancora abbastanza grandi per frequentare Hogwarts; la figlia del terzo Weasley aveva un anno in più di Lily e Hugo, e i due la invidiavano perché presto anche lei li avrebbe salutati per salire sull’Espresso con gli altri cugini.
«Allora, Albus era molto preoccupato?», domandò con un sorriso Percy. «So che James lo ha tormentato parecchio in quest’ultimo mese».
«Terrorizzato è il termine più appropriato, Perce», ghignò Ginny in risposta, «ma James farà meglio a comportarsi bene, o vedrà quanto so essere cattiva».
«Non vedo cosa ci sia da preoccuparsi: saranno sicuramente a Grifondoro, sia Al che Rose!», esclamò gioviale Ron, chiudendo così il discorso Smistamento.
La monotonia del blasone rosso e oro su tutti gli abiti e gli accessori di Hogwarts, tuttavia, della famiglia Weasley sembrava ormai al termine: le prime due figlie di Bill erano finite a Corvonero, e i gemelli di George erano eroi a Tassorosso per i loro scherzi e la capacità a cacciarsi nei guai ereditata dal padre. Fred in particolare, sembrava la copia dello zio che non aveva mai conosciuto.
Mancava Serpeverde, ma Harry era quasi sicuro che, dopo la loro ultima conversazione, il suo secondogenito avrebbe chiesto al Cappello Parlante di mandarlo proprio là. Da un certo punto di vista gliel’augurava, temendo che a Grifondoro la fama di James lo soffocasse, ma di certo non l’avrebbe confessato al resto del clan, nemmeno se le sue speranze si fossero realizzate.
Ben presto anche le altre due coppie si avvicinarono; l’ultima fu Fleur, che si era attardata a chiacchierare con un Ted Lupin dalla vivace chioma arcobaleno.
Harry e Hermione, memori della soffiata del giovane James, si guardarono con complicità per ghignare divertiti. Il mago in particolare concordò con se stesso che alla prossima cena avrebbe dovuto mettere Teddy in difficoltà, tanto per vedere quanto era cotto.
Tanto il maggiore dei suoi figli era via e non l’avrebbe mai saputo, perciò i sani principi di riservatezza che cercava di insegnargli potevano andare a farsi benedire per lasciare spazio ad un’insana curiosità. Doveva anche passare a casa Tonks per vedere se Andromeda era più informata di lui, tanto per sapere.
«Ci siamo tutti?», domandò la mezza Veela, che nel corso di tutti quegli anni aveva acquisito un impeccabile accento da madrelingua inglese. Soltanto nei momenti di rabbia ritornava al misto di lingue per cui la francese era spesso presa in giro dai ragazzi Weasley, molti anni prima.
«Sì, direi che possiamo andare».
Bill contò i fratelli, i parenti acquisiti e i nipotini, come si era abituato a fare da tempo: poteva sembrare una sciocchezza, ma, una volta riunito il clan, contava venticinque persone e non era facile muoversi tutti insieme.
«A chi arriva prima?», chiese George strizzando un occhio e accompagnando la domanda con il tintinnio delle chiavi dell’auto. «Ehi, Ron: sai che con papà abbiamo collaudato l’ultima modifica alla mia macchina?»
L’interpellato sgranò gli occhi, entusiasta. «Davvero? E funziona?»
George annuì, diventando più serio che mai. I capelli rossi gli coprivano la cicatrice dove un tempo stava un orecchio, perduto nel periodo della guerra; il giovane Weasley non se ne dispiaceva, come ripeteva spesso sostenendo che era un prezzo sostenibile per la sconfitta di Voldemort.
Era stato ingiusto perdere Fred, piuttosto, che non sarebbe mai più tornato; se gli avessero proposto di perdere anche l’altro orecchio pur di riavere il gemello, George avrebbe accettato all’istante. Diciassette anni, e ancora non aveva accettato la sua scomparsa.
«Alla perfezione: il voletto dell’altra sera è stato perfetto, e anche l’Invisibilità non crea problemi. Devi provarla, la vecchia Anglia è lontana anni luce da quanto abbiamo combinato questa volta».
«Certo, quando pensi che sia possibile? Potrei fare anch’io le stesse modifiche?»
Ron cercò Harry alle sue spalle, sempre più eccitato. «Ci pensi, Harry? Proprio come ai vecchi tempi!»
«Tu con l’auto ed io con la moto, perché no? Tuo padre ha fatto un ottimo lavoro anche con i rottami della vecchia Harley di Sirius; non credevo che si potessero recuperare».
Ginny sbuffò, all’idea della comitiva di veicoli volanti guidati da quegli spericolati, mentre Angelina e Hermione si scambiarono uno sguardo rassegnato; avevano sposato degli eterni bambini, quella era la verità. Ci mancavano le automobili volanti nella loro vita caotica!
«D’accordo, andiamo a recuperare le auto, senza voli di prova di nessun genere. Ci aspettano alla Tana», concluse Bill con un sorriso.
Dopo un paio di minuti, una processione di cinque automobili tutte dipinte in colori sgargianti si accodò al traffico del centro londinese, per poi prendere la statale e dirigersi verso Ottery St. Catchpole, dove due dei più affettuosi e adorati nonnini della storia del mondo magico aspettavano il loro arrivo.
«Bentornati!», li salutò Molly dal giardino della Tana, segnata soltanto nelle rughe e nelle ciocche bianche che fermava dietro le orecchie.
Dedicò un sorriso speciale a ciascuno dei figli e dei nipoti: carezzò i capelli rossi di Lily, diede un buffetto affettuoso a Hugo e raddrizzò gli occhiali a Lucy, affetta da miopia come il padre, quindi commentò che Ginny le sembrava troppo magra, come sempre, e che Bill pareva in ottima forma.
Era un’abitudine rimastale nel tempo dalla notte in cui il maggiore dei suoi figli era rimasto ferito e sfigurato per colpa di Fenrir Greyback; era ovvio che il mago stesse benissimo, ma la donna temeva sempre per la sua salute.
«Bambini, manca ancora una mezz’oretta al pranzo: perché non rimanete fuori a godervi questa bella giornata? I grandi devono fare un discorso serio e non vorrei che vi annoiaste».
I tre ragazzini non si fecero ripetere un simile invito e corsero a giocare, felici. Molly sorrise ancora e fece segno a figli, generi e nuore di entrare in casa: avevano questioni importanti di cui occuparsi.
 
 



Salve a tutti! Eccomi di nuovo qui con quella che, a oggi, è la mia storia più lunga e forse è anche quella a cui mi sono più affezionata. È nata per scherzo, pensando di correggere quello striminzito alberello genealogico che la Rowling ha presentato in un'intervista... Avete presente? Ecco, quello in cui è stato deciso che Charlie Weasley sarebbe rimasto scapolo a vita.
Ebbene, a me la cosa non va, perché Charlie è il mio Weasley preferito sebbene quasi non si sappia nulla di lui, quindi ho cominciato a pensare, e a buttare giù idee... Per mettere insieme questa storia. Spero vi piaccia!

Rowi

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Capitolo 2
*** La riunione di famiglia ***


La riunione può avere inizio, dunque», commentò Molly andando a raggiungere il marito in salotto, seguita dal resto della famiglia.
La stanza era grande da contenere tutti, ed erano state disposte sedie e poltroncine perché ogni invitato potesse mettersi comodo.
Arthur si alzò per salutare ognuno dei figli: si era trasformato in un caro anziano curioso e solare, soprattutto grazie al risanamento del bilancio familiare.
Al momento, lavorava solo poche ore al Ministero, avvicinandosi al pensionamento, e nel frattempo cercava di far considerare al suo successore al Dipartimento Ufficio Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani la sua proposta per rendere legali le automobili volanti.
Se fosse riuscito a far passare il decreto, avrebbe potuto aprire la tanto sognata officina magica così da mettersi in proprio e dimostrare alla moglie, ancora una volta, che non tutte le trovate dei Weasley erano strane, bizzarre e senza significato.
«Molly, avanti: tutto questo mi sembra assurdo», cercò di obiettare il mago senza successo. «Ti stai lamentando di una tempesta in un bicchiere di succo di zucca».
«No, Arthur, lasciami parlare: sono preoccupata per Charlie, per questo vi ho convocati qui».
Ancora, fu la parola che rimbombò nel cranio di tutti gli invitati. Almeno una volta l’anno la signora Weasley s’intestardiva su questa storia, lamentandosi con un figlio o un genere su quello sciagurato intestardito sui draghi che sembrava deciso a non mettere la testa a posto.
La definizione più amata ultimamente era quella, sebbene non fosse mai arrivata alle orecchie dell’interessato.
Questa volta, però, la donna sembrava decisa a fare sul serio. Fratelli e cognati si osservarono a vicenda, perplessi: questa volta sarebbe stato difficile tirarsene fuori senza condannare il collo di Charlie.
Che poi, si chiedevano cosa potevano davvero fare per incastrare il malcapitato allevatore di draghi e costringerlo al matrimonio: anche se gli avessero presentato ogni ragazza di loro conoscenza, e di certo collaborando tutti insieme avrebbero riunito un numero discreto di fanciulle, ma se il mago non aveva desiderio di convolare a nozze difficilmente l’intervento familiare gli avrebbe fatto cambiare idea.
Tutti sapevano quanto era ostinato e testardo, proprio come un drago; anche se rispondeva sempre con un sorriso, era ovvio che simili intromissioni gli pesassero molto.
«Voi siete tutti sposati e avete dei figli meravigliosi», continuò imperterrita la signora Weasley senza accorgersi di alcunché, «ma Charlie è ancora solo e, da quanto ho visto, se non interveniamo rimarrà nella stessa condizione per il resto della sua vita».
«Mamma, credo che tu stia esagerando».
Ginny, poco diplomatica come sempre, s’intromise all’istante a difesa del fratello assente. Anche Harry, seduto al suo fianco, intervenne a una leggera gomitata da parte della moglie.
«Ha ragione, Molly: Charlie conduce la vita intensa che ha sempre desiderato, soprattutto ora che il suo capo si è ritirato e gli ha lasciato tutta la direzione. È felice, perciò è meglio non immischiarsi».
Mai contraddire Ginny, specie se si trattava del suo fratellone preferito. Harry l’aveva imparato presto, quando era stato spedito a dormire sul divano in salotto per aver osato suggerire che, forse, la signora Weasley non aveva del tutto torto.
Del resto, a tutti sarebbe piaciuto vedere l’ultimo scapolo di famiglia sistemarsi, ma una simile decisione non poteva essere presa per lui dai suoi fratelli!
Molly scosse il capo con decisione; aveva gli occhi lucidi di una povera madre delusa dalla sua prole, notò George con una risatina, come se la vagonata di nipoti che mettevano a dura prova la vecchia Tana non fosse già sufficiente.
«Harry, caro, temo che tu non capisca: Charlie sta per raggiungere i cinquant’anni», sottolineò con enfasi la donna mettendo a disagio molti dei presenti; tutti crescevano o, per meglio dire, invecchiavano con lo stesso ritmo del suo secondogenito.
Era quanto meno deprimente che un'ultra-settantenne ricordasse ai suoi stessi figli che la vecchiaia avanzava anche per loro.
«Appunto, mamma: proprio per questo ribadisco che non ha bisogno di chaperon o di un terzo incomodo per trovarsi una moglie», ripeté Ginny sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. La sua chioma era ancora fulva e brillante, e senza trucchi di bellezza. «Charlie non è stupido, nel caso tu te ne sia dimenticata: il giorno in cui sentirà che è arrivato il momento giusto, si sistemerà».
«Ma a chi lascerà la sua attività, il giorno che non riuscirà più a tenere testa a quei bestioni che considera animaletti domestici?», domandò in risposta la madre.
«Il sangue non basta certo ad assicurare al suo laboratorio un bravo direttore: nostro fratello sta pensando di prendere con sé quattro o cinque dei migliori assistenti che ha a disposizione e decidere quale di questi potrà seguire le sue orme tra qualche anno», spiegò Bill scuotendo il capo.
L’avrebbe saputo anche Molly, se alla sua ultima visita non avesse perso tempo a pensare alle possibili fidanzate da presentargli piuttosto che ascoltare le storie del figlio, ma nessuno trovò il coraggio di farglielo notare.
George prese la parola in aiuto del fratello maggiore: «È vero, mamma, e una volta che avrà accettato di non potersi più occupare dei draghi che ama tanto tornerà qui definitivamente per godersi le gioie familiari. Magari, dopo il trasferimento, perfino l’idea di trovarsi una moglie gli sembrerà meno insensata: devi convenire che, anche volendo, non è facile trovare una donna che non tema i draghi e che sia disposta a vivere in Romania per amore».
Era vero. Le relazioni di Charlie negli ultimi anni erano naufragate sempre per gli stessi motivi: i lucertoloni con cui il mago lavorava e la distanza dall’Inghilterra.
In Romania sembrava non avere tempo per frequentare una donna, anche se era più probabile che il mago non raccontasse alla famiglia ogni sua delusione amorosa, più per amor proprio che per altri motivi.
«Francamente, mamma, credo che tu non l’abbia ancora perdonato per aver deciso di lavorare in un luogo così lontano da casa», esclamò all’improvviso Percy sistemandosi con la punta dell’indice gli occhiali sul naso. «Ricordo che riunisti tutti i parenti in una riunione simile, ai tempi, per cercare un sistema che lo convincesse a cambiare idea e rimanere entro i confini nazionali».
Evitò di aggiungere che perfino zia Muriel, ai tempi, si era dimostrata più ragionevole di lei; Molly per la prima volta si era infuriata con l’odiosa parente, perché aveva dichiarato che se Charles aveva intenzione di tracciare la propria strada non doveva rinunciare per le ansie della sua famiglia.
Era probabile che la zia avesse esultato al pensiero che ci sarebbe stato un mostriciattolo dai capelli rossi in meno, alla Tana, così da rendere le sue visite meno orribili.
Charlie, poi, si era rivelato il cervello dietro alla maggior parte dei pesanti scherzi subiti dalla strega: spedirlo dall’altra parte dell’Europa non poteva che essere positivo, nella sua ottica, anche se il bambino pestifero era cresciuto e aveva già compiuto diciott’anni.
«Molly, non pensi che Charlie possa trovare offensive o quantomeno irritanti queste nostre intromissioni?», domandò con un filo di voce Hermione.
L’interpellata tossicchiò imbarazzata, per nulla felice che il terzogenito avesse ripescato quella storia dall’armadio; malgrado la vecchia zia fosse stata una spina nel fianco per quasi mezzo secolo, pace all’anima sua, quella era stata l’unica volta in cui le aveva gridato in faccia tutto il male che pensava di lei.
«Non è questo il punto, Hermione, anche se ammetto che sarei molto più serena sapendo che tutti i miei ragazzi sono vicini a casa, felici e sposati».
«Mamma, mi stai convincendo di parlare una strana lingua senza rendermene conto: Charlie non si è ancora sposato perché non è interessato al matrimonio».
Ginny si stava dimenticando le buone maniere, sempre più irritata: odiava le ingerenze della madre nella vita privata di ciascuno di loro, per quanto le voleva bene.
«Io ci sto, ma’», esclamò infine George, beccandosi una gomitata dalla moglie. Angelina non aveva ancora proferito parola, ma come la minore delle sue cognate trovava ingiusto vessare Charlie in quel modo.
«Avanti, non fate i moralisti: con Perce ci siamo divertiti tutti, no?»
Percy rischiò l’infarto; era motivo di gran vergogna per lui sapere che aveva conosciuto la moglie tramite un appuntamento al buio organizzato dai suoi parenti.
Audrey era una donna meravigliosa e l’amava infinitamente, ma preferiva non ricordare le circostanze che li avevano fatti incontrare.
«Bravo, George, questo è lo spirito giusto», annuì la madre; ai suoi occhi, del resto, Charlie sarebbe rimasto per sempre un ragazzino che scappava nella Foresta Proibita per cercare gli Unicorni e che nascondeva animaletti curiosi sotto il letto, anche alla sua veneranda età. «Tuo fratello non sa ancora quello che vuole, questa è la verità, e noi c’incaricheremo di mostrargli quanto si perde non sposandosi».
«Oppure, più semplicemente, non è interessato a farsi mettere il cappio al collo», esclamò una voce inaspettata dal corridoio. «Senza offesa per voi, fratelli, ma il matrimonio non mi è mai sembrato particolarmente attrattivo».
Charlie Weasley era apparso dal nulla portando con sé la solita sacca di tela e un gran sorriso.





@Vekra: Ti ringrazio! ^_^
@Marty McGonagall: Sicuramente Charlie è un uno spirito libero e sicuramente non è facile metterlo *in riga*, ma troverà pane per i suoi denti. Sì, io avrei davvero paura se un consiglio del genere si riunisse per me...
@SorellinaMalfoy: Niente Mary Sue, promesso! ^^ Non credo che i figli di George e Angelina siano gemelli, almeno, la Row non si è pronunciata, però a me sembrava carino...

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Capitolo 3
*** Patto con il drago ***


Lo scorrere del tempo non aveva effetti sul secondogenito di Molly e Arthur: i capelli erano sempre folti e rossi come la fiammata di un dragone, gli occhi sempre vivaci.
«Charlie, tesoro», balbettò la madre alzandosi per correre ad abbracciarlo. «Da quanto tempo sei lì?»
«Abbastanza per aver intuito i tuoi piani, mamma, e non ho alcuna intenzione di lasciarti agire; mi dispiace, ma non ho alcun desiderio di sposarmi».
Molly fece per ribattere, imbarazzata la situazione, quando il figlio riprese a parlare senza più considerarla.
«Ciao a tutti, ragazzi: come state? Voglio un resoconto completo da tutti, sia ben chiaro!»
Fratelli e cognati si alzarono per mettersi in coda, decisi come sempre ad ottenere un abbraccio o una pacca sulla spalla, o ancora una vigorosa stretta di mano dal fratello appena arrivato.
L’arrivo di Charlie era un evento tra i più amati in famiglia, soprattutto perché il mago era imprevedibile: poteva scrivere che sarebbe arrivato agli inizi di luglio e presentarsi con un mese d’anticipo, oppure dimenticarsi di partire e apparire alla Tana via Passaporta con settimane di ritardo.
Il lavoro alla riserva lo assorbiva pienamente, impegnato con una nuova nidiata o con gli esemplari più anziani, oppure aiutando i giovani Guardiani a tenere sotto controllo le femmine in cova i giovani maschi, irrequieti e imprevedibili.
Quasi dieci anni prima, il suo storico principale aveva deciso di aver raggiunto l’età della pensione e l’aveva nominato responsabile della riserva e dei laboratori: i genitori avevano accolto la notizia con entusiasmo, sperando che l’organizzazione e la gestione di tutti i suoi dipendenti lo impegnasse a tal punto da non avere più tempo per stare con le sue amate bestiole.
Speranza disillusa nel giro di un paio di minuti, ovviamente.
Dopo aver raccontato qualche aneddoto sul suo lavoro, Charlie si affacciò in giardino per chiamare i nipoti, che subito smisero di rincorrere uno Gnomo tra le braccia dello zio.
Il mago dovette ricorrere a tutta la sua forza e non ascoltare le minacce di vendetta che la schiena gridava in un lamento furioso, ma riuscì ugualmente ad afferrare tutti e tre sollevandoli con sé, mentre i bambini ridevano contenti.
«Oh issa! Ragazzi, se continuerete a crescere con questo ritmo dovremo trovare un altro gioco, sia ben chiaro».
Si tenne in equilibrio per qualche secondo, poi si abbassò in modo che i ragazzi scendessero.
«Allora, cosa mi raccontate, demonietti?»
Lily smaniava per potersi vantare dei progressi che aveva compiuto negli ultimi mesi di studio feroce secondo il programma che si era imposta dall’inizio dell’estate per portarsi avanti in previsione di Hogwarts, ma anche gli altri due erano immersi in pile di libri e quaderni di esercizi e lunghi temi.
La differenza era che Lucy e Hugo erano spronati dai genitori, visto che Hermione e Percy erano molto esigenti sul rendimento scolastico e volevano preparare i figli minori a puntino per presentarsi a Hogwarts nel modo migliore, mentre la piccola Potter lavorava da autodidatta; né Harry né tanto meno Ginny, infatti, avevano mai stressato i loro due ragazzi per questioni di voti, limitandosi a strigliare James a puntino, quando si guadagnava un’insufficienza.
«Zio Charlie, come stanno i tuoi draghi?», domandò con gli occhi lucidi Hugo, che condivideva la passione per quegli esseri dall’alito rovente e ali poderose.
«Bene, anzi, benone», esclamò lui con un sorriso; un giorno avrebbe preso il nipote a lavorare con lui, ne era certo, anche se non aveva ancora informato Hermione della sua decisione: Charlie si rivedeva nel bambino e per esperienza sapeva che non sarebbe mai stato sereno se non avesse potuto realizzare il suo sogno.
Sapere che almeno uno dei tanti figlioli messi al mondo dai suoi fratelli poteva aspirare a rilevare era confortante: era affezionato ai suoi assistenti, ma fino a quel momento non aveva notato le qualità che meritavano un simile onore e il suo lavoro non permetteva debolezza. Se Hugo si fosse dimostrato all’altezza, un giorno avrebbe ereditato da lui tutto quanto.
«Ah, dimenticavo: Norberta ha deposto le uova, di nuovo», sospirò provocando una risata collettiva; la dragonessa allevata dal guardiacaccia di Hogwarts era ormai una leggenda in casa Weasley e, dal giorno della scoperta di Charlie, aveva seguito un numero notevole di covate. «Potreste farlo a sapere a Hagrid? Immagino che il nostro grande amico si commuoverà come un bambino, al solito».
Il nonno più curioso della storia, probabilmente, ecco cos’era diventato il Mezzogigante. Un paio d’estati prima si era perfino preso un permesso di due settimane dalla scuola per andare in Romania a trovare la sua bambina, che era rimasta la stessa creatura aggressiva e astuta dell’infanzia.
Molly, che si era ripresa dallo stupore provato nel vedere Charlie e dalla stizza per non poter più complottare alle spalle del figlio, annunciò in quel preciso momento che il pranzo era pronto, così tutta la famiglia si spostò nel giardino dietro casa, dove era stata apparecchiata una lunghissima tavolata.
Con un movimento della bacchetta, Arthur fece comparire prontamente un coperto in più per il nuovo arrivato, così la famiglia poté attaccare con le meravigliose portate preparate dalla padrona di casa.
Passarono qualche minuto in rigoroso silenzio, impegnati com’erano a rendere onore alla cuoca, quindi Charlie riprese a raccontare aneddoti sul suo lavoro in cambio di notizie su quanto era accaduto tra la sua ultima visita e quel giorno; gli dispiaceva molto non essere arrivato in tempo per salutare i nipoti grandi prima della scuola e a preparare le due matricole di casa al loro primo viaggio.
 Aveva un regalino per entrambi, in particolare per Albus Severus, che aveva sempre dimostrato una sorta di timidezza insormontabile, per lo più fomentata da quel terremoto del fratello maggiore: gli aveva portato una scaglia di Petardo Cinese, per buona fortuna e per ricordargli che, se all’apparenza poteva sembrare piccolo e fragile, aveva le armi per conquistare tutto ciò che desiderava.
Per Rosie aveva cercato un fiore magico tipico dei Carpazi, una varietà rara, per ispirarla; tutti in famiglia sapevano che la figlia di Ron e Hermione sognava di diventare botanica. Con il cervello che si ritrovava, non sarebbe stato difficile.
«Pazienza, spedirò tutto con un gufo prima di ripartire», esclamò allargando le braccia, forse nel tentativo di attentare alla vita di Percy, che si abbassò di scatto per evitare una forchettata sul naso.
«Sta’ attento, fratello!»
«Scusa, Perce; sai che sono troppo dinamico per sedere a tavola come una persona civile», ridacchiò il maggiore dei due con un sorriso sornione.
«Come vanno le cose in Romania, Charlie?», domandò all’improvviso la madre, seduta a capotavola un paio di posti più in là. «Stai frequentando qualcuno, in questo periodo?»
«Francamente no, mamma: il lavoro m’impegna molto in questo periodo e non ho tempo per uscire a cercarmi una moglie, se è questo il punto a cui volevi arrivare».
La strega arrossì, colta sul vivo, per poi biascicare con poca convinzione che non trovava nulla di male nell’avere una relazione; non doveva essere per forza una storia impegnativa fin da subito, a detta sua, ma era risaputo che da cosa nasce cosa…
«Spiegami tu che senso ha iniziare a frequentare una donna, quando entrambi sappiamo che entro un massimo di una settimana sarò di nuovo sparito? Oppure, potrei iniziare un’altra avventura come con Helen, che poi ha preteso che lasciassi il mio lavoro per continuare la nostra relazione, non trovi?», la voce sarcastica e pungente di Charlie, che iniziava a scaldarsi, richiamò l’attenzione di tutti i presenti che si zittirono per ascoltare. «Credo che non ci sia altro da dire a riguardo, mamma».
Nessuno intervenne e il pranzo riprese nell’allegria generale, ma per tutti era più che evidente che la nonna non aveva lasciato cadere l’argomento.
A lungo non proferì parola, nel tentativo di far sentire l’ingrato figlio in colpa, tecnica peraltro che aveva perso efficacia da quando lo stesso aveva all’incirca cinque anni, ma Charlie il traditore sembrò non accorgersi del suo atteggiamento.
Del resto, se ai tempi della sua partenza per la Romania non aveva ceduto alle scene da tragedia greca, non si sarebbe certo piegato per ascoltare i consigli materni sulla sua vita sentimentale.
Era in queste occasioni che traspariva al meglio la somiglianza caratteriale tra madre e figlio, notò Arthur servendosi per la seconda volta di patate al forno.
Erano ormai arrivati al dolce, quando Molly si riscoprì in grado di parlare. «Facciamo un patto, se sei così ostinato: tu rimani qui per un mese intero, invece che sparire dopo qualche giorno com’è tua abitudine, e ti presenti a tutti gli appuntamenti che riuscirò ad organizzare; se non incontrerai almeno una donna di tuo gradimento, non m’impiccerò mai più di queste cose».
Charlie ci pensò su: in effetti, liberarsi di quel tormentone che andava avanti da più di un decennio sarebbe stato infinitamente piacevole, sicuro com’era di vincere la scommessa, e tuttavia era restio ad accettare.
Questioni urgenti lo attendevano in Romania: un mese era un periodo lungo e, anche se si fidava dei suoi collaboratori, alcuni avvenimenti degli ultimi giorni non lo convincevano ad assentarsi per così tanto tempo.
«Dovrei prima parlare con Misha e gli altri, sai: non posso sparire così senza neanche avvisare».
«Perché non parli con lui via camino, dal salotto?», suggerì Molly in un gran sorriso. «Anche se sono già convinta che non ti faranno storie: parli sempre delle tue squadre così preparate ed efficienti, no? Sapranno cavarsela senza di te per un po’, ne sono sicura».
Era evidente che la madre si era già convinta di averlo in pugno.
«Mi fido di loro, ma è meglio contattarli ugualmente».
«Vai, allora: il dolce può aspettare».
Sorpreso da tanta fretta, Charlie scrollò le spalle e si alzò da tavola, per incamminarsi verso casa.


Grazie a chi ha recensito il secondo capitolo!

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Capitolo 4
*** Cercasi moglie per allevatore di draghi ***


La tavolata era rimasta basita sotto lo svolgersi delle cose, ma ora che Charlie si era allontanato le chiacchiere erano riprese.
«Spero che ti senta soddisfatta, mamma», commentò gelida Ginny.
«Non fare così, cara: un giorno tuo fratello mi ringrazierà, quando sarà felice al punto da dimenticarsi delle sue bestiacce».
Tutti si misero a ridere, perfino i bambini, con grande disappunto di Molly.
Arthur si asciugò una lacrimuccia all’angolo dell’occhio destro: «Questo non accadrà mai, tesoro, neanche presentandogli la donna dei suoi sogni».
«Non ne sono convinta. Ora voglio i libri neri, ragazzi».
I maghi seduti a tavola si guardarono tra loro con aria preoccupata. Ma come diavolo faceva a sapere sempre tutto?
«Avanti, non costringetemi a cercarli da sola».
Ora anche le signore Weasley si fissavano confuse. Di che accidenti parlava la suocera?
Soltanto Ginny, che aveva già sentito parlare dei libri neri in casa, forse da Fred e George, quand’era solo una bambina, si preparò a una lite furibonda voltandosi verso il marito.
«Tu hai ancora indirizzi e, nel caso, numeri di telefono delle tue spasimanti dei tempi dopo la guerra?»
Harry cercò di farsi piccolo piccolo, tentando di trovare una buona scusa; aveva già cancellato la possibilità di mentire a riguardo della faccenda, conoscendo la capacità della moglie nello svelare le sue pessime bugie.
«So che almeno tre di voi l’hanno di certo conservato: Bill, che ai tempi di scuola era molto popolare, e i miei due eroi di casa».
Sapendo che Molly si riferiva a Harry e Ron, gli altri due figli maschi iniziarono a protestare ricordando che anche loro avevano operato per la vittoria, ma le loro voci furono coperte da quelle di Ginny e Hermione, furibonde.
Su insistenza della signora Weasley, che aveva fretta di far sparire le prove della sua nuova cospirazione prima che Charlie tornasse a tavola, alla fine i tre interpellati fecero apparire i libercoli richiesti con un tocco di bacchetta; quello di Bill era decisamente ben fornito, ma le copie di Harry e Ron erano incredibilmente voluminose, cosa che fece infuriare ancora di più le consorti.
«Molly cara, quando non ti servono più ti sarei grata se mi prestassi quello di mio marito, prima di restituirglielo; sono assai curiosa di scoprire cosa contenga», sibilò Hermione rossa fino alle punte dei capelli. Ginny espresse la stessa richiesta senza distogliere da Harry il peggiore dei suoi sguardi truci: si prevedeva bufera a casa Potter, in serata.
I due amici si guardarono sconsolati, prevedendo una lavata di capo memorabile: Molly aveva portato alla luce uno di quei segreti di cui una madre e, soprattutto, una moglie non dovrebbero mai essere informate. Il solo che sembrava tranquillo era Bill, che ubbidì alla richiesta materna con un sorriso, in tutta tranquillità: Fleur, infatti, non era affatto turbata dalla scoperta appena fatta e continuava a lisciare il codino del marito in modo molto affettuoso.
«Non m’interessa quante fidanzate ha avuto il mio Bill prima d’incontrare me», spiegò, «ora l’unica donna della sua vita sono io. Del resto, sono troppo bella perché lui possa pensare di tradirmi con un’altra».
Come provare a contraddirla? Le parole crisi di mezza età e Fleur non coesistevano nella stessa frase, visto che la bella francese aveva giusto compiuto i quarant’anni qualche mese prima con un’incredibile nonchalance; certo, non sembrava più una ragazzina, eppure incarnava un senso d’eleganza e grazia che metteva quasi a disagio gli altri. Tenendo conto che era molto intelligente e che nel corso degli anni aveva legato profondamente con suoceri e cognati, Bill sarebbe stato un vero cretino a cercare la compagnia di una donna diversa.
Ginny fissò anche la cognata con aria omicida, sempre più irritata: dannazione a Flebo e al suo sangue di Veela!
Molly sorrise in direzione del primogenito e prese il suo libretto. «Grazie, Bill: sai se quello di Charlie esiste ancora?»
Bill ci pensò un attimo, dubbioso. «Se non l’ha eliminato si troverà senza dubbio nella nostra vecchia stanza, nascosto da qualche parte».
Angelina e Audrey si scambiarono uno sguardo complice. Sicuramente il libretto esisteva ancora, conoscendo l’orgoglio maschile di casa Weasley: magari il cognato non era più interessato a frequentare una strega, ma di certo aveva conservato la prova della sua popolarità ai tempi della scuola. Chissà se in quelle pagine erano stati annotati anche i loro nomi, piccole Grifondoro tifose del Cercatore più bravo e affascinante che avesse mai messo piede a Hogwarts?
«Ottimo, allora gli preparerò un’altra camera con la scusa di dover pulire e spolverare e cercherò per bene: magari, incontrando una delle sue vecchie spasimanti, il fato potrebbe riaccendere la fiamma della passione», sospirò con aria sognante Molly.
I bambini storsero il naso, in compagnia di molti degli adulti. «Mamma, non dirmi che hai ricominciato a leggere i romanzetti sdolcinati a puntate sul Settimanale della Strega!», esclamò sdegnata Ginny.
«Più che altro, mamma», suggerì Bill tra le risate, «stai attenta riguardo agli inviti che proponi: le sue ultime storie prima del trasferimento si sono chiuse male, lo sai; non voglio che metti Charlie in pericolo tra gli artigli delle sue ex».
Era vero: nonostante avesse mantenuto il silenzio a casa, il diciassettenne Charlie si era accordato con quello che sarebbe diventato il suo principale già durante l’estate tra il sesto e il settimo anno; dando la sua partenza per una questione di mesi, il ragazzo aveva cercato di abituare quella che allora era la sua fidanzata all’idea della lontananza, ma la strega in questione, un’ochetta di Corvonero, non aveva preso bene la questione. Bill ricordava bene il giorno in cui era andato a King’s Cross a prendere i fratelli per le vacanze di Natale con la vecchia macchina di papà e aveva scoperto che il maggiore dei quattro Grifondoro che lo aspettavano sul binario 9 e ¾ aveva un brutto graffio su una guancia, merito della dolce e delicata fanciulla che si dichiarava innamorata di lui.
«Meglio controllare le carie ai draghi che rimanere un giorno di più con quella lì», aveva sbottato la vittima in risposta alle domande del fratello maggiore, che a stento riusciva a stare in piedi dal ridere.
Percy aveva in seguito fornito una spiegazione più dettagliata, raccontando che quella scema, così la chiamavano ai tempi (dopo i sei mesi in cui il nomignolo era stato quell’oca sdolcinata), non aveva reagito bene quando Charlie aveva troncato definitivamente la loro storia ed era saltata su come una furia, dimostrando di possedere artigli ben peggiori di quelli di un drago.
Bill aggrottò le sopracciglia, pensieroso: se la madre avesse contattato proprio la stessa oca, la vita del fratello sarebbe stata in serio pericolo; avrebbe dovuto chiedere a qualcuna delle cognate, visto che Fleur conosceva poco dell’adolescenza dei due fratelli, perché sorvegliassero Molly nell’organizzare gli appuntamenti. Ginny lo guardò annuendo, certa che stessero pensando la stessa cosa: con l’aiuto di Angelina, che era molto affezionata a Charlie fin dai tempi in cui l’aveva selezionata come Cacciatrice per la squadra di Grifondoro, sarebbe riuscita a tenere la situazione sotto controllo.
«Tieni conto, però», fece presente George sfogliando distrattamente il blocchetto di Ron, «che molte di queste donne sono sposate o convivono. Demelza, Ron? E sei uscito con lei prima o dopo che scoprisse di preferire le ragazze?»
Demelza Robins, infatti, da quindici anni viveva con una delle sue compagne di squadra, Maggie Saunder; quando Ginny ancora giocava, formava con loro un attacco incontrastabile, tanto erano affiatate, al punto che Gwenog Jones, da tempo allenatrice delle Harpies dopo aver a lungo capitanato la squadra, le aveva soprannominate in tutto il suo orgoglio il tridente di diamante. La signora Potter aveva coperto a lungo la loro relazione, così che i giornali non rimpolpassero le vendite ristagnanti con la notizia del momento, contenta che le due ragazze fossero felici insieme.
Alla domanda di George, Ron arrossì fino alla punta delle orecchie per la gioia della moglie e per l’ilarità generale. Proprio in quell’istante, fece ritorno Charlie: aveva ancora un’aria davvero pensierosa, eppure sorrideva.
La madre fece sparire al volo i quadernetti, prima che il figlio si avvicinasse abbastanza per scoprire cosa aveva in mente, e domandò gentilmente se aveva risolto le cose con i suoi collaboratori.
«Tutto sistemato: Misha ha protestato – decisamente non gli sei simpatica, mamma – eppure alla fine ha concordato che mi serve una vacanza. Posso prendermi un mese intero, come vuoi tu, ma ti avverto già che ci sono un paio di questioni che potrebbero richiedere la mia presenza al centro di ricerca per qualche ora; si tratta di problemi importanti, che non posso abbandonare così, e spero tu capisca».
Molly sorrise, soddisfatta. «Bene, allora da domani si comincia!»
Sorprendentemente, Charlie esibì la stessa espressione. Sembrava sicuro di sé, come se avesse in tasca la certezza di vincere la scommessa.
«Non sarà così facile mettermi il guinzaglio, mamma».
Sulla Tana si profilavano grandi nubi cariche di pioggia, forse come segno della sfida quasi titanica che madre e figlio stavano per ingaggiare.



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Capitolo 5
*** È più facile far passare un drago per la cruna di un ago... ***


La previsione di Charlie si rivelò fondata, come si aspettavano i fratelli: da parte sua, si attenne al patto e seguì con attenzione la tabella di cene, impegni e appuntamenti organizzatagli dalla madre, senza nemmeno rispolverare i vecchi trucchi per evitare o quantomeno accorciare le uscite meno piacevoli. Il mago si comportò in modo esemplare, dimenticando di essere stato un terribile adolescente e divertendosi da adulto responsabile e spiritoso. Le uscite si svolgevano nella massima spensieratezza, tra vecchie amiche e nuove conoscenze; con grande scorno di Molly, però, neanche una delle candidate che aveva proposto fino a quel punto sembrava adatta al ruolo di fidanzata fissa, prima ancora che moglie, per il suo secondogenito.
Charlie incontrava qualunque strega lei avesse contattato senza fare storie, chiacchierava, si gustava deliziosi manicaretti nei ristoranti di Diagon Alley e si divertiva, sentendosi davvero in vacanza; non aveva in progetto di approfittare dei piani materni, ma in un paio d’occasioni, riaccompagnando la sua ospite alla fine della serata, era stato quasi costretto a fermarsi per la notte. Il quasi è doveroso, visto che il mago non si faceva certo pregare per rimanere; era un lato del patto che di certo la madre non aveva considerato, per sua fortuna. Del resto, le persone coinvolte nella storia erano tutte adulte e vaccinate, perciò non c’era nulla di male se volevano divertirsi.
Erano passate due settimane, ormai, ma delle dodici streghe che Molly aveva messo insieme per insidiare il figlio neanche una aveva cercato di convincere Charlie perché cominciasse una relazione seria.
La situazione era semplice: il principe da maritare non aveva intenzione di ingannare le streghe con cui era costretto a uscire e metteva subito in chiaro che per nulla al mondo aveva intenzione di rinunciare in tempi brevi al suo lavoro in Romania. Quelle dannate bestiacce con la coda, le zanne e la mania di sputare fuoco occupavano un posto speciale nel suo cuore, spiegava, e non avrebbe lasciato i suoi amati animaletti per una possibile fidanzata, perciò non c’era nemmeno da domandare se pensava o meno di tornare in pianta stabile in Inghilterra a breve.
Charlie sapeva benissimo che le sue richieste erano poche ma esagerate, e non dimenticava di definirsi un egoista, ma non rientrava nei suoi piani scombussolare la propria vita in modo tanto radicale per le richieste della più ansiosa tra le madri; siccome nessuna donna sana di mente avrebbe mandato all’aria carriera, amici e famiglia per un uomo che frequentava da una sola sera, le uscite combinate erano destinate fin dall’inizio a non ripetersi. Charlie era un bell’uomo e aveva molte qualità, spiegavano poi le candidate alla mano dell’allevatore di draghi a una Molly Weasley sempre più contrariata, ma non era abbastanza per trasferirsi su due piedi dall’altro capo dell’Europa all’insegna di una possibile relazione.
Non mancarono anche le scene da immortalare, come l’incontro tra l’allevatore di draghi e la sua ex d’eccellenza, Elettra Lynn, la famosa scema tanto temuta da Bill. Alla fine di una serata allucinante, passata a sentire quanto fosse stato crudele ad abbandonarla in quel modo per occuparsi di qualche lucertola troppo cresciuta, il mago era talmente infuriato da pensare seriamente al matricidio.
I giorni passavano e le candidate papabili diminuivano di sera in sera; Molly si sentiva messa alle strette, ormai, e passava sempre più tempo a sfogliare con aria disperata i libretti presi in prestito ai pargoli. La selezione fatta da Ginny e Angelina era molto ristretta, poiché la maggior parte delle ragazze che aveva insidiato la virtù dei suoi figlioli si era ormai sistemata, ma la signora Weasley cercò di contestare molte delle rigacce segnate dalle due amiche; in particolare, provocando un mezzo esaurimento alla nuora, s’impuntò su Verity, prima commessa e poi socia dei Tiri Vispi Weasley.
Il nome della strega era comparso nel quaderno di Charlie, che la madre aveva infine stanato – era nascosto dietro l’armadio più pesante della stanza – ma Angelina non aveva voluto sentire ragioni a riguardo.
Il suo non era un semplice capriccio: Verity conviveva da anni con Lee Jordan e la cosa era risaputa alla Tana, eppure Molly insisteva nel coinvolgerla nell’operazione per fidanzare Charlie come se non ne fosse informata. Di fronte all’insistenza della strega, alla fine la suocera spiegò che, se i due compagni non si erano ancora sposati, non erano innamorati e di conseguenza la donna poteva benissimo provare a uscire con altri uomini. Le sue assistenti rimasero allibite a quella confessione tanto ridicola e arrivarono a minacciare di non presentarsi mai più alla Tana se non avesse desistito; erano mezzi estremi, ma avrebbero fatto di tutto pur di salvare la serenità di casa Jordan.
Inoltre, come Angelina confidò poi alla cognata, Verity aveva scoperto da poco di essere in dolce attesa. «Capisci, Gin, non posso permetterle di sfasciare una famiglia; sono certa che, conoscendo quei due, al ricevere un invito per un appuntamento con Charlie si farebbero delle grasse risate e si presenterebbero entrambi al rendezvous, ma è il principio che conta».
Spiegò anche che aveva scoperto la cosa perché qualche sera prima George era uscito con Lee per andare a bere una cosa ai Tre Manici di Scopa, in ricordo dei bei vecchi tempi a Hogwarts, ed era tornato a casa ubriaco fradicio. «Ero molto arrabbiata, sai, perché non tollero che si riduca così; stavo per maledirlo, quando alla fine ha confessato che avevano prosciugato le riserve di Whisky Incendiario per festeggiare la bella notizia».
Angelina aveva conservato la grinta esplosiva del settimo anno, quando si era incaricata di capitanare la squadra di Grifondoro; Ginny la apprezzava molto per il carattere deciso e poco incline alla resa, simile al suo, necessario per affrontare la matriarca del clan, e aveva stretto con lei un’amicizia profonda fin dai tempi in cui la strega aveva iniziato a vedersi con George. Entrambe convenivano che Molly avesse preso quella sfida troppo sul serio e che stesse davvero esagerando, ma conoscendo la strega in questione era pressoché impossibile illudersi di poterla convincere a desistere dai suoi intenti.
«Non resta che aspettare che scadano i tempi pattuiti per la scommessa», sospirò Gin prima di salutare la cognata e Materializzarsi a Grimmauld Place.
Quello che non sembrava essere stato toccato dal pandemonio scatenato dalla madre era proprio Charlie: il mago si godeva la vacanza, libero dai molti impegni che occupavano in genere le sue giornate all’oasi per draghi. Era stato invitato a fare lezione agli alunni del settimo anno a Hogwarts, quando la Preside aveva saputo della sua presenza nel paese, trovando così anche il tempo per passare qualche ora con i nipoti più grandi.
Il suo intervento sui draghi, materia di studio per i M.A.G.O. di Cura delle Creature Magiche, fu trovato da tutti molto entusiasmante e divertente; perfino Hagrid, che in genere non accettava di buon grado le interferenze nei suoi corsi di studio ("Silente ha dato a me il posto, quindi decido io"), lo aveva seguito con le lacrime agli occhi, commosso. Una volta terminata la lezione, il mago aveva trascorso mezza giornata alla scuola, vagando per i corridoi e il parco senza meta, immerso nei suoi ricordi di studente; Hogwarts avrebbe sempre avuto un posto speciale nel suo cuore, sebbene l’immagine gioiosa e spensierata dei sette anni passati nel castello a imparare le arti magiche fosse ormai compromessa da altri eventi.
Si recò nel punto dove avevano trovato Fred, rabbrividendo a quel pensiero; era inerme, il suo fratellino, e accanto al corpo vi era Percy, che piangeva come un bambino. Un paio di corridoi più avanti riconobbe l’angolo in cui erano morti Tonks e Lupin. Due cadaveri abbracciati, uniti anche dopo aver esalato l’ultimo respiro.
Charlie aveva passato gli ultimi diciannove anni a convivere con rimpianto e dolore, senza più tornare al castello dal giorno della battaglia finale; dopo tutto quel tempo, si sentiva freddo e distante a ricordare i suoi cari perduti. Li avrebbe portati sempre con sé, ma qualcosa gli suggeriva che era giunto il momento di andare avanti.
Pranzò con i nipoti, che facevano a gara per invitarlo al tavolo della rispettiva casa per farsi raccontare le sue celebri storie sui draghi sotto gli occhi invidiosi dei compagni; inutile aggiungere che si fermò in particolare a Serpeverde, per incoraggiare Albus Severus a non sottovalutarsi.
Dopo aver ingurgitato la quarta fetta di torta con i nipoti Tassorosso, che condirono il dolce al rabarbaro con il resoconto dei primi scherzi dell’anno scolastico, lo zio dei draghi salutò e raggiunse uno dei tanti camini del castello legati alla rete della Metropolvere. Aveva un altro impegno legato alla scommessa e non poteva certo tardare.
Malgrado le scelte poco interessanti di Molly, che non aveva idea di quale tipo potesse piacere al figlio, Charlie in realtà se la spassava davvero: nel tempo libero aiutava il padre a sistemare le piccole magagne della Tana dato che, dopo il passaggio di sette bambini terribili e della schiera di nuove piccole pesti, la vecchia casa mostrava i segni del tempo e dei suoi agitati abitanti.
Nel frattempo, soltanto in un paio d’occasioni era stato richiesto il suo intervento sul lavoro: l’allevatore di draghi rispondeva alla chiamata di Misha e risolveva i problemi in fretta, ripresentandosi alla Tana tutto intero, ma non apriva bocca riguardo a quanto era accaduto. Spesso i suoi parenti lo scoprivano a rimuginare su qualcosa, come se qualcosa lo turbasse nel profondo, ma ormai i fratelli avevano imparato a non fargli pressione: se avesse voluto condividere i suoi pensieri avrebbe cercato lui stesso qualcuno con cui parlare, come aveva sempre fatto. L’unica a non accorgersi di nulla era stata la madre, troppo presa dai suoi intrighi per rendersi conto del comportamento che teneva Charlie da qualche tempo.
In realtà, il mago contava i giorni che mancavano al rientro in Romania: per quanto amasse i suoi parenti, ormai sentiva il bisogno di tornare alla solita vita e ad occuparsi dei suoi cuccioli.
Molly persisteva, decisa a non desistere: voleva altri nipotini e avrebbe convinto il figlio ribelle ad accontentarla, in un modo o nell’altro.




Grazie a chi ha recensito, Vekra, Pan_Tere94 e Marty: felice che anche il quarto capitolo vi sia piaciuto...

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Capitolo 6
*** La dragonessa sospettosa ***


La reticenza ad accasarsi di Charlie sembrava davvero destinata a vincere la scommessa, visto che il termine era ormai prossimo; questa consapevolezza stava portando rapidamente Molly all’esaurimento nervoso. Arthur l’osservava molto preoccupato, mentre cercava d’inventare un modo per gabbare il loro secondogenito e avviarlo così all’altare: nulla fino ad allora l’aveva mai messa tanto in agitazione, neanche le imprese distruttive dei suoi sette pargoli indemoniati o le due guerre a cui avevano preso parte.
La donna stava davvero impazzendo: mancava ormai una sola settimana alla scadenza dei termini pattuiti e Charlie era ancora single, felice e contento. Uno strano finale per quello che alla madre più disperata del mondo era sembrato il preludio di una splendida favola. Ginny, d’altro canto, gongolava nel vedere la strega annaspare, mentre insieme ricontrollavano i libretti ancora sotto sequestro; più volte si trovò a insistere perché la madre non forzasse le sue rigide regole sulle candidate da contattare e su quelle da scartare.
«Rassegnati, è impossibile sistemarlo in questo modo, soprattutto in tempi tanto ristretti» commentò serafica sfogliando il quadernino di suo marito; su un foglio a parte scriveva nomi e recapiti delle streghe menzionate, progettando vendetta. Tre delle sue cinque compagne di dormitorio avevano fatto la corte a Harry senza dirle nulla e meritavano un trattamento esemplare, secondo il giudizio della strega.
La signora Potter fu particolarmente lieta di tirare una spessa linea d’inchiostro alla voce Romilda Vane, che era già stata sua vittima molto tempo prima, quando aveva tentato di mandare all’aria il suo fidanzamento con Harry: i foruncoli violacei sul volto di Marietta Edgecombe erano perfino graziosi, in confronto a quello che le aveva fatto. Ad ogni modo, avrebbe strigliato il marito nuovamente per aver anche solo tenuto l’indirizzo in rubrica, tanto per ricordargli chi comandava in casa.
Nel frattempo, approfittando della distrazione della figlia immersa nei suoi pensieri vendicativi, Molly adocchiò il nome di Lavanda Brown sul libercolo di Ron. Sfortunatamente per lei, Ginny si riprese appena in tempo per impedire che spedisse un gufo alla strega.
«Sei impazzita?» sbottò strappando la lettera in quattro. «Non ti sembra di esagerare? Ron ha avuto una storia pessima con lei, come Harry ed io ti abbiamo raccontato più volte, e Hermione la detesta; mi sembrano due ottimi motivi per non proporla come tua possibile quinta nuora».
«Non sono d’accordo: è single ed è una brava ragazza», commentò Molly con aria innocente. Purtroppo per lei, Ginny era un censore imperturbabile e non aveva intenzione di permetterle di coinvolgere Charlie in una storia senza senso. La strega più giovane sbuffò, rinunciando a spiegare che le parole brava ragazza e Lavanda Brown erano difficili da coniugare nella stessa frase.
«Posso ricordarti che è una malata di sesso e che non fa un passo senza consultare l’oroscopo e le foglie di tè? Charlie avrebbe ragione a offendersi, se gli proponessi una simile scelta: sarebbe perfino più stupida di Elettra la scema!»
In effetti, perfino Molly dovette riconoscere che aveva ragione; non aveva mai conosciuto l’ex di Ron, ma dalla collana che aveva trovato sotto il letto del figlio e dalle storie che si raccontavano i ragazzi… Ginny aveva assolutamente ragione.
«Oh, per la barba di Merlino!», sbottò alla fine la madre mettendosi le mani nei capelli. «Non ce la farò mai, Gin: il mio bambino tornerà in Romania da solo e dovrò rinunciare ad avere dei nipoti».
La signora Potter si sentì profondamente offesa, soprattutto nei confronti dei suoi tre bambini e dei ventisette mesi passati a vomitare, a lamentarsi delle caviglie gonfie e di tutti gli altri piccoli disturbi e a gonfiarsi come un pallone. Di certo non avrebbe raggiunto a sua volta il magico numero sette della passata generazione, ma le sembrava di aver contribuito onorevolmente alla causa Dona dei piccoli terremoti a Nonna Molly.
Decise di non rispondere come le suggeriva l’istinto per non turbare la madre con il turpiloquio imparato dai gemelli e allargato negli spogliatoi dei campi da Quidditch di tutta l’Inghilterra. D’un tratto, Molly le sembrò così stanca e anziana, come non l’aveva mia vista; s’intenerì, comprendendo che la sue ansie erano esagerate. Da figlia non poteva tollerare certe intromissioni, ma come madre comprendeva le preoccupazioni che la spingevano ad agire in quel modo. «Mamma, Charlie è adulto e vaccinato. Stai affrontando una battaglia persa, lo sai: i draghi e le abitudini da scapolo e indipendente sono troppo radicati nella sua vita perché cambi così all’improvviso».
Le ricordò inoltre che il fratello era un uomo e aveva bisogno di tempo per legarsi a una persona; non poteva spiegarle i motivi che spingevano Charlie a comportarsi in quel modo, ma sperò con tutto il cuore che finalmente capisse. Di certo un appuntamento al buio non era la strada giusta per convincerlo a cominciare una relazione seria.
Molly lasciò cadere il libricino che stava sfogliando sul tavolo della cucina, stanca. «Vorrei soltanto vederlo felice, ma Charlie è sempre stato così irrequieto… Potrebbe decidere di sposare una perfetta sconosciuta d’improvviso, per un attimo di perfetta sintonia. Questa sua impulsività mi spaventa».
«Soprattutto se la donna vestita di bianco fosse originaria della Romania e Charlie decidesse di rimanere laggiù per la vita, non ho ragione?»
Ginny aveva centrato la questione, tanto che la madre rimase a bocca aperta per qualche secondo, ma prima di riuscire a ribattere qualsiasi cosa grosse lacrime iniziarono a scenderle lungo le guance. «So che, se prendesse davvero una simile decisione, dovrei essere fiera di lui perché non è da tutti osare tanto pur di ottenere la felicità, ma come madre non posso accettarlo; sarebbe come perdere un altro figlio. Sto invecchiando, Gin, e non lo sopporterei».
Le due donne si abbracciarono, mentre la più giovane rifletteva sulle ultime parole ascoltate. «Mamma, non puoi temere una cosa simile se conosci tuo figlio: guarda Fleur, che vive qui da vent’anni e si sente spesso con la sua famiglia; Bill non ti ha detto che ospiteranno Gabrielle e il suo compagno, per Natale? Se gli esprimerai il tuo desiderio di vederlo più spesso, sono sicura che Charlie ti accontenterà». Ginny recuperò il suo fazzoletto pulito dalla tasca dei jeans e l’offrì alla madre, che si soffiò il naso sonoramente. «Sai, magari ha già una relazione in corso, laggiù dove lavora, e non si sente ancora pronto per presentarci la sua compagna».
Conoscendo il legame preferenziale che esisteva da sempre tra il secondogenito e l’unica figlia femmina della sua cucciolata, Molly si prese un secondo per riflettere prima di rispondere; magari Ginny sapeva qualcosa in più e aveva promesso di mantenere il segreto con tutti, e tuttavia cercava di offrirle dei suggerimenti per rassicurarla.
«Forse è come dici tu. Pensi che dovrei lasciargli più spazio?», domandò abbozzando un sorriso.
«Penso proprio di sì, mamma; lascia che vinca questa vostra sciocca scommessa e dagli tempo, vedrai che non ti deluderà».
Abbracciò ancora la madre, poi la salutò spiegando che doveva andare a casa a sbrigare un paio di lavoretti prima di mettere la cena in tavola. Fece per uscire, ma alla fine decise di passare nella sua vecchia cameretta e fermarsi per qualche minuto: le piaceva tornarci di tanto in tanto, per ricordare bene ogni avvenimento della sua vita e riflettere sulle scelte che aveva preso negli anni precedenti. La sua vita era stata movimentata fin dalla nascita, ma non l’avrebbe cambiata per nulla al mondo.
«Speravo che venissi qui: sarebbe stato difficile passare a salutarti a Grimmauld Place senza spiegare a tuo marito il motivo della mia visita». Charlie. Seduto sul suo letto, a lisciare i capelli biondi di una bambola vecchia di vent’anni e più.
La sorellina sussultò per la sorpresa. Che diavolo ci faceva lì?
«Non ti stai preparando per la serata? So che mamma ti ha organizzato un appuntamento da favola, stavolta», rispose alla fine con un ghigno, facendo sì che il fratello si esibisse in una smorfia di disappunto meravigliosa. «Mi sto convincendo che sia stato un male tenerla all’oscuro della mia vita sentimentale, qualche anno fa».
«Credi che non avrebbe messo in piedi lo stesso anche questa trafila? Anche conoscendo il tuo tipo ideale, direbbe che è giunto il momento per allargare i tuoi orizzonti».
Entrambi si misero a ridere di gusto, tornando per un momento al periodo in cui la piccola Ginny faceva da palo e spia per i fratelli, così da evitare che la madre li scoprisse all’opera. «Dovevi parlarmi di qualcosa in particolare?» domandò infine la strega. «Magari, potresti fornirmi qualche indizio sull’identità della donna a cui pensi con tanto trasporto».
La supposizione di Ginny, buttata casualmente nella conversazione, lasciò basito il fratello maggiore. Per un attimo, Charlie si spaventò, temendo che la donna avesse ereditato il potere dell’onniscienza della madre.
«Come…»
«Ti ho visto l’altro giorno alla finestra; mi sembravi malinconico, troppo per pensare ai tuoi draghi, e sospiravi spesso. Ho fatto due più due, tutto qua. Ho evitato di parlartene subito per non mettere in agitazione la mamma» aggiunse con semplicità, togliendogli dalle mani la vecchia bambola di pezza per rimetterla al suo posto, sullo scaffale. «Allora, chi è la fortunata?»
Charlie fissò la parete decorata con i poster delle Holyhead Harpies e delle Weird Sisters, ormai scoloriti dal passare del tempo; sembrava indeciso se aprirsi o meno e rivelare il suo segreto, ma alla fine cedette. «Devi promettere di non riportare una sola parola, neanche a Harry».
«Se cominci così mi spaventi, Charlie; che succede?»
«Dammi la tua parola, per favore».
Ginny allargò le braccia, spazientita, prima di portare la mano destra sul cuore e giurare di mantenere il segreto su tutto ciò che Charlie aveva da dire. Il fratello sorrise e afferrò la propria bacchetta, indirizzando scintille bluastre verso la bambola.
«Una Passaporta?» chiese stupita la strega. «Mi porti in Romania?»
La sua voce tradiva la curiosità: non era mai stata a vedere l’ufficio di Charlie e tutto il centro che gestiva e, malgrado il fratello le avesse inviato molte fotografie per darle un’idea del posto, si era ripromessa di andare a trovarlo un giorno o l’altro per rendersi conto di persona dello splendore della riserva naturale. Voleva ammirare i suoi dragoni e capire cosa lo tratteneva in quel luogo tanto distante.
«Lo sai che non sono mai stato un fenomeno a Materializzarmi e sulle lunghe distanze non mi fido; del resto, grazie all’ultima modifica allo Statuto Internazionale per la Sicurezza, creare Passaporte è diventato molto più semplice».
Tuttavia, Ginny sembrava titubante. «Non staremo via molto, vero? Devo mettere la cena in tavola».
«Tranquilla, torneremo subito qui: devi vederla, per capire, e in ogni caso io non saprei spiegarti la situazione a parole. Ti fidi di me?»
La sorella annuì, notando come gli occhi del mago brillassero d’eccitazione; prese tra due dita una delle trecce bionde della bambola e chiuse gli occhi: dopo pochi istanti il pavimento scomparve sotto i suoi piedi e la solita stretta alla pancia le comunicò che la Passaporta si era attivata.

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Capitolo 7
*** La donna ideale di Charlie ***


Cercando di descrivere il luogo in cui era appena comparsa con il fratello, la prima parola che venne in mente a Ginny fu castello, ma subito si disse che era un termine davvero inadatto; tanto per cominciare, non le ricordava Hogwarts o qualunque altro dei manieri medioevali che costellavano il verde paesaggio dell’Inghilterra. Era un edificio unico, per quello che poteva vedere, immerso in una maestosa foresta d’abeti scuri e nascosto in parte da strane cupole fumose.
Non riusciva a riconoscere lo stile architettonico, né a definire quanti anni potesse avere l’intero complesso; indubbiamente, però, alla strega in visita bastò un’occhiata per decidere che le foto non rendevano assolutamente giustizia a quel gioiello che costituiva il regno di Charlie.
Avrebbe voluto fermarsi un poco ad ammirare lo spettacolo che aveva di fronte, ma il fratello la prese per mano ridendo e la condusse verso l’ingresso principale del centro di ricerca. «Sbaglio o hai fretta di tornare a casa? Ora andiamo: quando avrai tempo, tornerai e ti farò da guida per tutta la baracca».
«Lo prendo come un invito ufficiale, Charlie; allora, cosa volevi mostrarmi?»
Ginny non era cambiata affatto in tutti quegli anni: sempre curiosa, sempre irrequieta. Il mago dovette trattenersi per non scoppiare a riderle in faccia, intenerito.
«Dobbiamo camminare un po’; mi raccomando, non ti avvicinare troppo ai recinti sormontati da quelle cupole. Qui teniamo in vigore le migliori norme per la sicurezza, per evitare incidenti, ma voglio ugualmente assicurarmi che tu non corra rischi inutili».
La sorellina annuì, avvertendo tuttavia il desiderio d’infilare la testa in una di quelle gigantesche bolle e scoprire cosa vi fosse nascosto; i soli draghi che aveva visto dal vivo erano i quattro esemplari che Charlie aveva portato a Hogwarts con i suoi colleghi per la prima prova del Torneo Tremaghi, ma ai tempi era troppo in ansia per Harry per ammirarli con attenzione.
Lasciarono alla propria destra i recinti ed entrarono nell’edificio, dove le equipe al lavoro archiviavano tutti i dati sulle ricerche in corso e dove venivano svolti non soltanto gli esperimenti in laboratorio, ma anche gli interventi sugli esemplari allevati nella riserva protetta che si trovavano in condizioni particolarmente gravi.
«Abbiamo tantissimi progetti in corso, sai: un tempo ci occupavamo soltanto dei nostri ragazzi e il nostro scopo principale era assicurarci che nessun bracconiere violasse i confini della riserva» spiegò Charlie sotto lo sguardo interessato della signora Potter, che dentro di sé si chiedeva quale matto potesse anche solo pensare di andare a caccia di draghi; eppure era accaduto per secoli, prima che inventassero i centri come quello in Romania per la protezione delle specie a rischio.
«Ad esempio, sono molto fiero dei nostri studi sui comportamenti abituali delle femmine nei periodi di cova».
«Ossia distruggere e incendiare tutto ciò che potrebbe per caso essere un pericolo per le uova?» domandò scettica Ginny.
Charlie scoppiò a ridere, divertito. «Non si limitano a questo, in realtà: per dirne una, sai che la femmina non permette neanche al suo partner di avvicinarsi al nido mentre sta covando? E si nutre abbondantemente prima di deporre, così da accumulare abbastanza nutrimento da non doversi mai allontanare nemmeno per un istante dalla sua covata?»
Un istinto materno formidabile, pensò la strega sorridendo; erano abitudini inaspettate, per come le era stato insegnato a vedere i draghi, ma finalmente iniziava a capire un poco per quali motivi Charlie fosse tanto affascinato da quelle creature.
«Hai qualche altra storia interessante da raccontarmi? Se tutti potessero vedere i draghi dal tuo punto di vista, scommetto che molti cambierebbero opinione su di loro».
«Mi piacerebbe, ma in parte noi esperti manteniamo viva la fama di mangiauomini per le mie bestioline proprio per tenerle al sicuro dai profani della materia. In tutta onestà, Gin, penso che la Gran Bretagna magica possa accontentarsi di Hagrid come allevatore di contrabbando» spiegò Charlie rabbuiandosi all’idea: non gli piaceva per niente pensare che piccoli draghi potessero essere cresciuti di nascosto da persone inesperte e uno dei suoi scopi era anche evitare che questi temerari non si lanciassero simili stupidaggini; era anche vero, tuttavia, che procurarsi un uovo era molto, molto, molto difficile, tanto che nemmeno il guardacaccia di Hogwarts avrebbe potuto far nascere Norberta se Voldemort in persona non avesse comprato qualche piccola informazione sulla scuola e su Fuffi, molti anni prima. «Sarebbe bello, però, rendere noti questi comportamenti protettivi dei draghi. Misha sta cercando da qualche tempo di farmi scrivere un libro a riguardo, qualcosa come quelle schifezze che pubblicava Allock, ricordi?»
«Quei tomi rubati ai veri esperti di vampiri e compagnia su cui sospirava la mamma? Grazie per avermi ricordato una cosa del genere», rispose Ginny disgustata. Harry le aveva raccontato di quanto gli era accaduto prima di entrare nella Camera dei Segreti, la stessa estate, ma non si era neanche sognata di spiegare alla mamma quanto sapeva; non le avrebbe creduto, in ogni caso, visto com’era invaghita di quel mago borioso dal sorriso di melassa.
Charlie sembrava divertirsi come non gli capitava da mesi; era strano, agli occhi della sorella, perché era da sempre uno dei buontemponi della famiglia insieme a Fred e George, eppure anche nel periodo di vacanza alla Tana le era apparso piuttosto pensieroso, come se qualcosa lo preoccupasse e non volesse dividere con i parenti le sue ansie. Era bello vedere il fratello così allegro, per Ginny; per un motivo o per l’altro, ma soprattutto per le pretese materne, le sue visite alla Tana diventavano una tortura o una noia infinita.
L’allevatore di draghi si muoveva senza indugi per i corridoi del suo regno: gli interni della base erano disegnati su linee molto semplici, così che i maghi potessero accorrere nel caso di una qualche emergenza e che riuscissero perfino a spostare un esemplare di drago se fosse stato necessario tenerlo al coperto o studiare le sue condizioni con più accuratezza.
Ginny lo seguiva senza fare domande, cercando di cogliere il maggior numero di dettagli degli ambienti che incontravano; la stanza che la incuriosì di più fu un laboratorio angusto dove un mago sui trentacinque anni collaudava una sorta di armatura fatta di scaglie di drago. «Un progetto richiestoci dal Ministero della Magia francese» sintetizzò Charlie senza scomporsi «ma ancora non abbiamo ottenuto risultati soddisfacenti».
«Non funziona?» domandò la strega sorpresa; il fratello le aveva fornito la spiegazione che voleva senza nemmeno aspettare che chiedesse che diavolo stava facendo il suo collega saltellando attraverso una fiamma magica di colore verde acido.
«Oh no, è resistente come richiesto, ma è dannatamente pesante; Jean riesce a indossarla solo per una ventina di minuti, poi diventa insostenibile. Inoltre non esistono abbastanza Spinati per dotare tutti gli Auror francesi di una simile corazza; non era una brutta trovata, in quanto nel corso di un intervento d'emergenza un mago non può ragionare su quali Pozioni portare con sé e simili, ma temo che dovremo studiare ancora a lungo per ottenere una soluzione soddisfacente».
Erano giunti alla fine dell’area Sperimentazioni e Progetti internazionali, grazie a cui Charlie otteneva molti fondi da parte dei governi magici europei, e il mago imboccò un nuovo corridoio sulla sinistra. Questa volta Ginny si preoccupò un poco, poiché la targa sul muro recitava Area di massima sicurezza: pericolo, non avvicinarsi senza le dovute protezioni ignifughe. La scritta era tradotta in diverse lingue, a beneficio di tutti gli studiosi e i ricercatori che lavoravano con suo fratello.
«Sicuro che posso stare qui, Charlie?»
«Tranquilla, sei con me; non può accaderti nulla di male». L’ultima volta che uno dei suoi fratelli le aveva detto una frase simile, era accaduto in Egitto, durante la vacanza pagata con il premio del Profeta, quando Bill l’aveva portata di nascosto a visitare la piramide in cui la madre non le aveva lasciato mettere piede; in effetti, non aveva avuto paura degli scheletri mutanti e Molly si era dimostrata la solita esagerata, almeno finché uno dei poveri ladri di tombe morto ormai da secoli le aveva afferrato una gamba e aveva provato a farla rimanere con lui per l’eternità. Una bella avventura, ma non avrebbe mai smesso di rinfacciare al suo fratellone quello spavento.
«Mi è accaduta una cosa strana qualche giorno prima di partire», esclamò all’improvviso Charlie facendo sobbalzare la sorella. «Ero nella foresta, poco distante da qui, per controllare alcune tracce trovate da uno dei miei ragazzi. Teniamo sempre sotto osservazione il perimetro della riserva, per assicurarci che non vi s’introducano dei bracconieri; se vengono rilevati dei dati anomali, mando uno dei miei collaboratori più fidati a controllare, oppure me ne occupo personalmente».
Ginny si morse la lingua, chiedendosi quale idiota potesse pensare di fronteggiare un drago da solo pur di guadagnare qualche soldo dal contrabbando di sangue, denti e pelle; sapeva bene che in passato tizi del genere erano la norma e che gli stessi governi erano pronti a pagare moltissimo per quei prodotti, prima che l’allevamento e il commercio di creature simili e dei loro ricavati fossero regolarizzati a livello globale.
«E cos’hai trovato?»
Erano giunti di fronte a una lunghissima e pesante tenda scura, che non lasciava intravedere cosa vi fosse dall’altra parte. Charlie sembrava nuovamente imbarazzato, come se non sapesse cosa dire. «La domanda interessante è cosa, o meglio chi, ha trovato me; sta’ a vedere».
Detto questo, aprì le tende con un colpo di bacchetta: le pesanti cortine si spostarono di lato mostrando un salone enorme, forse il più grande che Ginny avesse visto nel corso della visita. Era completamente vuoto e spoglio, ma in un angolo un fagotto tremava visibilmente. «Chi è?» domandò la strega; fece per avvicinarsi, ma si rese conto che un vetro piuttosto spesso si poneva tra lei e chiunque si trovasse nell’altra stanza.
«È una ragazza, ma…» La voce di Charlie si spense, quando qualcosa scosse la figura nel salone. «Oh no, ci risiamo».
Un grido disperato si levò dal fagotto, e la figura di una ragazza piccolina si librò nell’aria in un lampo di luce; Ginny socchiuse gli occhi, spaventata, ma riuscì ugualmente a intravedere che qualcosa stava cambiando. Quando il corridoio tornò normale, una creatura mai vista prima si avventò sul vetro che la divideva dai due maghi: ampie ali nere erano apparse sulla schiena della ragazza, così come un paio di corna ornavano il suo capo. Era una donna, eppure sembrava un drago o, secondo Ginny, assomigliava a uno dei gargoyle che aveva visto a Parigi, a Notre Dame.
Dopo aver tentato di rompere la vetrata con un getto di fiamme, la ragazza drago si lanciò verso la parete opposta, come a cercare una via di fuga, impazzita.
Malgrado la paura, la strega pensò di aver finalmente trovato la donna ideale di Charlie.




@iana_gabrielle: eh, non ti posso mica dire chi è la fiamma di Charlie... Però no, non è Luna. Luna farà presto la sua comparsa col marito Rowlinghiano, Rolf Scamandro! ^_^
@Vekra: Accontentata! ^_^ Non ho un grandissimo parere di Molly, se non si fosse ancora capito (la mia povera Bella uccisa da un soggetto, simile... sigh!), però è una mamma buona, nel senso, anche se si preoccupa troppo lo fa solo perché vuole vedere i suoi figli felice.

Al prossimo capitolo! Rowi

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Capitolo 8
*** A drago intenditor... poche parole! ***


La tenda si richiuse all’improvviso, forse perché Ginny, che si era presa un bello spavento, si tranquillizzasse. «Ecco, ora sai il mio segreto» commentò Charlie senza scomporsi.
«Come sarebbe a dire? Spiegami come stanno esattamente le cose!»
Era la versione della strega che tutti i suoi cinque fratelli ancora in vita, ma di certo anche Fred sarebbe stato d’accordo, temevano di più: l’atteggiamento alla Molly Weasley. Ginny, infatti, si era già preparata ad affrontare l’allevatore di draghi, con le mani poste sui fianchi e l’aria decisa.
«Ti ho detto che qualcosa o qualcuno ha incrociato la mia strada, mentre portavo a termine la perlustrazione nella foresta. Non sono stato molto preciso: stavo controllando alcune orme insolite, che non riuscivo a spiegarmi, quando quella ragazza mi è piombata addosso dai rami degli alberi». Charlie si fermò un attimo a rivivere il momento che stava raccontando: la foresta era piuttosto buia, nonostante fosse ancora la fine d’agosto, a causa delle folte chiome degli abeti, eppure aveva colto distintamente con la coda dell’occhio il movimento sospetto di un’ombra. «Deve avermi seguito a lungo da lassù prima di decidersi ad attaccarmi, ma con l’allenamento degli attacchi dei gemelli ormai è davvero difficile cogliermi di sorpresa».
L’aveva Schiantata prima ancora di riuscire a pensare, come faceva anche con i giovani draghetti che si avventuravano fuori dei nidi alla scoperta del mondo esterno e si tuffavano istintivamente su qualunque cosa in movimento nel loro campo visivo. Non trovava ancora le parole per descrivere il suo stupore nel rendersi conto che la creatura che l’aveva attaccato non era un giovane Cornolungo della Romania, bensì uno strano ibrido che, dopo essere caduto a terra privo di sensi, aveva retratto zanne e artigli per riprendere le sembianze di una più comune giovane donna.
«E tu l’hai portata qui?» domandò incredula Ginny. Possibile che neanche dopo aver passato i quarant’anni Charlie non si fosse deciso a usare un po’ di buon senso?
«Non sapevo che altro fare: tu cosa avresti suggerito, lasciarla svenuta nel bel mezzo della foresta?»
Aveva ragione, purtroppo, ma ormai era passato più di un mese; la strega domandò che cosa aspettasse il fratello a lasciarla andare.
«In quelle condizioni? È troppo pericoloso, per lei e per gli altri» rispose lui arrabbiato, come se dovesse spiegare un concetto dei più elementari. Per un attimo si chiese se non avesse commesso un errore nel mettere la sorellina a parte del suo segreto.
«Bene, svolgiamo anche le visite guidate per vedere la creatura più bizzarra della Romania, adesso?» Un omone ben più alto di Charlie e perfino più robusto comparve gridando in fondo al corridoio. «Mi hanno riferito che la ragazzina aveva ricominciato a dare di matto, ma non pensavo che ti fossi anche messo a istigarla, pazzo d’un inglese».
Ginny rimase senza parole: si stava preparando a fare un terzo grado tutto in stile Weasley al fratello, quando era apparsa quella specie di furia con i baffi a urlare come un ossesso. Ma che diavolo accadeva in quello strano posto? Sorprendentemente, tuttavia, Charlie si mise a ridere senza rispondere agli insulti.
«Misha, ti presento mia sorella Ginevra. Gin, questo è il mio collaboratore più fidato e il mio migliore amico, Misha Costel». La strega allungò una mano con poca convinzione, ma il mago rumeno si rivolse direttamente al collega senza smettere d’abbaiare.
«Trovati un altro amico, Weasley, perché se continui così non uscirò neanche a prendere una birra con te», sbottò quello. «Dovevo immaginare la parentela, ad ogni modo: mai visti altri capelli tanto rossi. Incantato, signora».
Finalmente a Gin fu permesso di stringere una mano callosa e segnata dalle ustioni e da tante piccole cicatrici. Così quello era il famoso Misha, il mago di cui aveva tanto sentito parlare! Peccato che Charlie nei suoi resoconti avesse sempre dimenticato di descrivere le sue maniere da orso, si disse. «A volte sa essere più amichevole, quando vuole» commentò Charlie strizzando un occhio, «ma oggi il povero Misha è molto arrabbiato con me. Mi dispiace, non volevo farla agitare».
«Ma certo, e io sono un povero Babbano senza cervello. Raccontamene un’altra, rosso!»
«Temo che la colpa sia mia, Misha: volevo sapere a quale fanciulla mio fratello ha donato il cuore e lui mi ha portata qui a vedere» spiegò Ginny nel tentativo di salvare Charlie dalla foga di quello strano individuo. Se pensava che fino a cinque minuti prima aveva desiderato di metterlo in castigo come faceva con James, quando lo beccava a orchestrare uno dei suoi scherzi…
«Non lo metto in dubbio, ma per una volta poteva sforzarsi a usare le parole, invece che combinare questo casino. Adesso quella ragazza, che lui ha portato e che si ostina a tenere qui nonostante tutti siano contrari, impiegherà almeno un paio d’ore per calmarsi. E nel frattempo toccherà a noi occuparci di lei, mentre il signorino si gode le vacanze in Inghilterra!»
Ora era chiaro perché il collega di Charlie avesse preso male la trovata della scommessa: anche a suo fratello doveva essere spiaciuto lasciare quella ragazza da sola in un simile momento, ma evidentemente aveva preferito non mettere in sospetto la madre. Mossa saggia, riconobbe Ginny.
«Invece che litigare, perché non mi spiegate che succede a quella ragazza? Perché si trasforma in quel modo?»
Se Charlie aveva continuato a ridacchiare, divertito dai rimbrotti dell’amico, a quella domanda si rabbuiò in un istante. «Non lo sappiamo ancora: non c’è traccia nella storia di creature del genere, neanche nelle leggende più antiche. Stiamo cercando di capire cosa le sia successo, ma ancora non siamo riusciti a farci dire il suo nome».
Misha sbuffò rumorosamente, quasi incredulo per le stupidaggini che doveva sentire; ci mancava che il suo principale si vestisse da tata e cantasse la ninnananna ai cuccioli di drago e avrebbero raggiunto davvero il colmo.
«Per forza, Charles: si trova in un luogo sconosciuto, è sola e spaventata, e solo Merlino e Morgana sanno che diavolo le è capitato per ridursi così! Non riesce a controllare questa mutazione, mai; per darle da mangiare usiamo uno spioncino e non esce mai da lì». Si rivolse direttamente alla strega, per spiegarle meglio la situazione. «Sai, Ginevra, è una stanza progettata per contenere la potenza distruttiva di un Ungaro Spinato; non potrebbe evadere nemmeno se sapesse usare con criterio i poteri che acquisisce trasformandosi».
Ginny sembrava ancora piuttosto confusa; i due maghi sembravano concordare sulla gravità della situazione, eppure Misha non voleva che la ragazza rimanesse al centro di ricerca. «Non capisco, però, perché la tenete qui: non sarebbe più saggio avvisare il vostro Ministero e lasciare che se ne occupino gli Auror?»
Il fratello per rispondere, ma il collega lo anticipò. «Sono contento di averti conosciuta, Ginevra: vedo che almeno qualcuno in famiglia sa usare la testa» sospirò il mago lisciandosi i lunghi baffi e allargando le braccia.
Charlie sorrise. «Tranquilla, questo era un complimento tutto per me. Misha, mia sorella dovrebbe rientrare a casa: posso lasciarti in mano la situazione?»
«Come se avessi altra scelta… Andate pure, vedrò come si comporta la tua ragazza drago».
Pochi minuti dopo, i due fratelli comparirono in un lampo azzurro nel salotto del numero dodici di Grimmauld Place.
«Misha mi rimprovera per tenere segreta questa faccenda», spiegò infine Charlie. Non era difficile capire che si era già dimenticato della cena a casa Potter e che aveva voluto tornare in Inghilterra in tutta fretta per evitare altri rimproveri. «Ha soltanto qualche anno in più di me, eppure a volte mi tratta come un ragazzino».
«Forse non ha tutti i torti, Charlie: non pensi che le autorità potrebbero occuparsi di questo problema al posto tuo?» Era una domanda retorica, in realtà, perché Ginny conosceva abbastanza bene il fratello da sapere che non cambiava idea tanto facilmente.
Il mago scosse la testa, seguendo la sorella che si era incamminata verso la cucina. «Forse è stato un caso se quella ragazza ha attaccato proprio me, ma penso che in realtà cercasse aiuto; temo che, se il Ministero scoprisse il suo caso, si preoccuperebbe più di ripetere una simile trasformazione, piuttosto che cercare una cura al suo problema».
Ginny aprì un’anta della credenza e recuperò una pentola dai manici di ottone, quindi si mise al lavoro: Lily era al piano di sopra a studiare e, probabilmente, non si era neanche accorta del loro arrivo, ma Harry sarebbe tornato a casa tra poco. Doveva davvero mettersi a cucinare se voleva che la gita in Romania rimanesse un segreto. «Sei troppo drammatico, secondo me».
Charlie acchiappò una sedia dal tavolo e vi si accomodò.
«Può darsi, ma secondo me quella donna non è diventata una specie di dragonessa così, all’improvviso; la mia paura più grande è che qualcuno l’abbia usata da cavia per un esperimento».
La strega ridacchiò, cercando di mostrare al fratello i brividi che l’avevano colta a un pensiero del genere. «E chi potrebbe architettare un piano tanto malato?»
«Pensaci: un esercito a cavallo di draghi sarebbe incontrastabile, ma tu e io sappiamo benissimo che un’idea simile non è realizzabile; però, se si creasse un ibrido tra uomo e mostro, controllabile magari per effetto dell’Imperius…»
«È un progetto terribile!» esclamò scandalizzata Ginny brandendo un lungo coltello; a differenza della madre, preferiva occuparsi da sola di piccole faccende come la pulizia delle verdure, senza usare la magia. Charlie l’aveva sorpresa: come poteva anche solo pensare un simile orrore?
«Lo so, ma è l’unica soluzione che sono riuscito a pensare in tutto questo tempo; per quale altro motivo qualcuno vorrebbe trasformare un altro essere umano in una specie di drago?»
«Se hai questi dubbi, a maggior ragione dovresti avvertire le autorità».
Il mago storse il naso, dubbioso. «Ti sembrerà sciocco, Ginny, ma dal passato ho imparato a non fare troppo affidamento sui maghi coinvolti negli affari di potere; preferirei portare avanti delle indagini per conto mio, prima di svelare questa storia ad altre persone».
«Tesoro, sei a casa? Ho una fame da mangiare un Ippogrifo intero!» la voce di Harry risuonò per tutta la casa. Sembrava allegro, come se la giornata fosse stata molto positiva. Charlie si alzò di colpo, preoccupato. «Non gli parlerai di questa storia, vero?»
La strega finse di essersi offesa, mentre infornava un tegame di arrosto; considerarla una spia! Il fratello l’aveva fatta grossa…
«Labbra cucite, se è questo che vuoi. Ti fermi per cena o hai un altro dei tuoi appuntamenti?»
Il fratello sorrise, rilassandosi. «Per stasera potrò dare buca: credo che mamma abbia coinvolto una certa Romilda Vane, la conosci?»




Ed eccoci di nuovo qua... Grazie a chi ha letto questa storia e a chi l'ha messa tra i preferiti, ma soprattutto:

@_Mary: Contenta che ti piaccia! Non ho una grandissima opinione di Molly, però è sempre tra i miei burattini preferiti di questo fandom... Sì, io ho idea che Charlie sia interessato alle donne, ma che non abbia intenzione di sistemarsi, per ora, quindi le sue storie sono relazioni di poco conto... Ci voleva un tipetto tutto speciale per attirare la sua attenzione, sì sì!
@Vekra: Ecco qui spiegata la storia... Contenta che la sorpresa ti sia piaciuta! ^_^
@Pan_Tere94: Charlie vive per il suo lavoro e i draghi... E lo capisco, sono creature che hanno sempre affascinato molto anche me, probabilmente con la possibilità di lavorare a stretto contatto con loro anche io avrei fatto fagotto e mi sarei trasferita all'altro capo d'Europa... Ginny non ha idea di quanto sia nel giusto, credimi... Al prossimo capitolo!

Rowi

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Capitolo 9
*** Il drago dorme finché la sorella non va a disturbarlo ***


Eccomi di nuovo qua con un altro capitolo!
Stiamo per entrare nel vivo della storia, un paio di capitoli ancora e faremo la conoscenza della ragazza drago... Buona lettura!




L’autunno colorava già le fronde degli alberi con tinte brillanti e vivaci, eppure il tempo non si era ancora guastato. Anzi, dopo una lunga e grigia estate all’insegna della pioggia, da un paio di settimane il sole splendeva sfrontato sulla Tana, come a farsi gioco dei tanti ragazzi Weasley che si trovavano nella fredda Scozia a studiare.
Al contrario, Charlie, che ormai aveva terminato gli studi da parecchi anni, si godeva il bel tempo sdraiato sulla schiena, le braccia incrociate dietro la testa, nel boschetto di frassini che si trovava dietro la casa famigliare.
In Romania presto avrebbe iniziato a nevicare, si disse; la sua dimora e l’allevamento si trovavano in una foresta d’abeti, sui Carpazi, in un punto distante da ogni centro abitato sia babbano che magico per questioni di sicurezza.
Amava il suo paese d’adozione, che ormai considerava una seconda patria, eppure non avrebbe mai potuto lasciare definitivamente l’Inghilterra.
Il mago distese le gambe, stiracchiandosi in un lungo sbadiglio: si stava abituando ad oziare con troppa facilità, secondo la madre, eppure non poteva farne a meno.
Se Molly avesse saputo perché all’improvviso Charlie sembrava sempre così stanco e fiacco!
La strega aveva ammiccato più volte al marito, convinta di leggere dei segnali positivi nelle ore piccole a cui il figlio rientrava da qualche giorno, ma in realtà non avrebbe potuto essere più distante dalla verità.
Charlie si sentiva un poco colpevole a non spiegarle la verità, ma era sempre più convinto di non poter fare altrimenti, soprattutto ripensando alla reazione di Ginny dopo che l’aveva messa a parte del suo segreto. Perfino quella mattina, il mago si era alzato poco prima di mezzogiorno, giusto in tempo per non farsi beccare a letto dalla madre di ritorno dalla spesa, per poi fare finta, una volta consumato il pranzo, di andare a fare una lunga passeggiata nei dintorni, una camminata che si era conclusa a circa cento metri dalla cucina della Tana.
Sollevò un lembo della maglietta che aveva indosso, allungando il collo per potersi osservare il fianco senza cambiare posizione: all’altezza della vita spiccava un segno circolare e violaceo.
Aveva fatto bene anche a tenere per sé il morso riportato un paio di sere prima, evitando di mettere sia i parenti che i suoi collaboratori in Romania in stato di allerta. Certo, doveva stare attento, controllarsi nei movimenti e cercare di mascherare al meglio il dolore, così che nessuno si preoccupasse, ma preferiva così piuttosto che mettere in agitazione mamma e colleghi. Aveva parlato soltanto con Misha, che era presente al momento dell’incidente e che gli aveva fatto una lavata di capo che avrebbe fatto impallidire anche una strega dalla lunga esperienza come sua madre, se non altro per l’ampio uso di termini che una distinta signora di sangue inglese avrebbe giudicato degni di una lavata di bocca e lingua con il sapone di Marsiglia di Nonna Acetonella.
In famiglia, l’unico ad aver avuto qualche sospetto era stato Bill, sensibile all’odore del sangue fin dai tempi della seconda guerra, quando fu morso da Greyback, ma era riuscito fortunatamente a sviarlo con la storia di un’escursione in solitaria finita con una storta e un profondo graffio sul braccio per riuscire a fermarsi nella caduta.
Nessuno di sua conoscenza avrebbe approvato il comportamento che stava tenendo, ma d’altra parte non sapeva come agire: la ragazza trovata nella foresta aveva bisogno d’aiuto e, per qualche strana ragione, Charlie sentiva di avere il dovere di occuparsene personalmente.
Il viaggio in patria si stava rivelando dannoso per il suo recupero, proprio come lui stesso si era aspettato; eppure che altro avrebbe potuto fare, soprattutto visto che ormai mancava da casa da più di due anni? Meglio assentarsi per qualche tempo che fornire a sua madre una buona ragione per farglii visita sul lavoro senza avvisare, si era detto.
Dopo aver visto con Ginny che le condizioni della sua ospite non miglioravano affatto, Charlie aveva iniziato a far durare il meno possibile gli ultimi appuntamenti della scommessa per recarsi al lavoro di nascosto, in Romania, e tornare dalla giovane tenuta in osservazione da più di un mese.
La notte precedente aveva rischiato molto, come un vero sciocco; aveva tentato di usare la Legilimanzia sulla ragazza per carpire qualche informazione su quanto le era accaduto o, almeno, visualizzare nella sua mente qualche immagine che potesse tranquillizzarla, ma inaspettatamente lei aveva reagito nel peggiore dei modi, trasformandosi con una tale rapidità da non lasciargli il tempo di fermarla.
Se l’era cavata con un singolo morso, per quanto doloroso, quando la situazione avrebbe potuto degenerare in modi ben peggiori; era riuscito ad afferrare la bacchetta dopo il primo attacco, infatti, e con uno Schiantesimo aveva fermato la donna drago prima che potesse riprovare ad aggredirlo.
Poverina; Charlie non era capace di considerarla responsabile di quanto accaduto, non con quello che le era successo. Si stava convincendo che la ragazza fosse Babbana, anche senza sapere perché; probabilmente una strega avrebbe compreso di trovarsi tra persone che, forse, potevano aiutarla, mentre questa giovane sembrava avere un terrore irragionevole delle bacchette magiche o di qualunque tipo d’incantesimo che avessero provato su di lei, come se non avesse mai visto un mago all’opera.
Non avevano fatto progressi, purtroppo: soltanto con Charlie riusciva a malapena a trattenere la sua trasformazione, ma se il mago si presentava con Misha o con qualunque altro loro collaboratore, dava in escandescenze.
Il morso sul fianco pulsò ancora, riportando Charlie alla realtà dai ragionamenti in cui si era perso. Dato che la giovane non si lasciava toccare, ancora, quel segno era risultato più utile di quanto avesse pensato: dal colore che la ferita aveva assunto quasi all’istante, era stato facile comprendere che le zanne erano avvelenate; un’analisi piuttosto rapida aveva decretato che le tossine coincidevano con quelle del siero del Dorsorugoso di Norvegia. L’unica altra specie di drago dalle zanne avvelenate era il Dente di Vipera Peruviano, ma la sostanza che iniettava nei nemici causava sintomi completamente diversi.
La scoperta lo aveva sorpreso, tuttavia, poiché i soli esemplari di Dorsorugoso allevati fuori dei confini norvegesi registrati negli archivi ufficiali erano proprio quelli di cui si occupava lui stesso.
La prima era stata Norberta, tanto per cominciare, il cucciolo di Hagrid che si era poi rivelato essere una femmina; Charlie aveva fatto carte false dopo la seconda guerra per convincere una riserva norvegese a mandargli un maschio della stessa specie, così che potessero creare una nuova covata.
A distanza di così tanti anni, il centro di ricerca dei Carpazi vantava una piccola colonia di Dorsorugoso, che presto sarebbe cresciuta di numero, visto che la mamma aveva appena deposto una trentina di uova scure.
Questa volta avrebbe dovuto per forza mandare una parte dei cuccioli in Norvegia, per ripopolare le colonie originali; per il mago era un dolore separarsi dai piccoli quasi quanto lo era per Norberta, ma era giusto così, per salvare la specie dall’estinzione.
«Devono aver trovato il modo di alterare la sua natura… ma che diavolo c’entra il Dorsorugoso?», mormorò a se stesso Charlie fissando le nuvole che s’intravedevano tra le fronde dei frassini. Più ci pensava, più si convinceva che il colpevole dovesse per forza rientrare nel suo staff. Da un controllo delle scorte, infatti, era balzata agli occhi l’assenza di due galloni interi di sangue di Dorsorugoso, tenuto nei magazzini in attesa di essere venduto.
Il commercio di sostanze ricavate dai draghi era una pratica vergognosa, agli occhi di Charlie, ma era impensabile sradicarlo completamente, visto che i Pozionisti non avrebbero mai rinunciato a un ingrediente così importante per la loro arte, neanche se fosse stato scoperto un buon surrogato; anche per la creazione delle bacchette, per dirne un’altra, era impensabile rinunciare alle corde di cuore dei suoi cari animali. In effetti, doveva ammettere, una volta che il legno assorbiva il potere magico del sangue ancora presente, la bacchetta diventava uno strumento potentissimo, nelle mani di un mago capace.
Per questo le riserve come quella che sovrintendeva lui si erano organizzate da tempo in modo da poter gestire questi affari legalmente; in tutti i paesi del mondo, ormai, la compravendita di sangue, pelle o altre sostanze non provenienti da uno dei centri riconosciuti era vietata e gli specialisti si occupavano di ricavare questi prodotti senza recare danno alla materia prima.
Il suo laboratorio, ad esempio, era specializzato nella vendita del sangue: avevano escogitato mezzi per acquietare i draghi per il tempo necessario al prelievo, svolto in modo rapido e indolore, così che non fosse più indispensabile abbattere anche un solo esemplare per la felicità di tutti i pozionisti al mondo.
I guadagni di quei commerci andavano alla riserva, così da innovare le giuste tecniche e gli strumenti per prendersi cura al meglio di quelle creature meravigliose. La scomparsa di quei galloni proprio in un momento tanto particolare gli sembrava troppo sospetto per pensare a una semplice coincidenza.
«Charlie, sei qui?»
Una voce amica, fortunatamente. «Ginny? Non dovresti essere al lavoro?»
«Oggi facevo solo mezza giornata e così ho pensato di passare a trovarti. La ferita come va?»
Charlie era sbigottito; come diavolo faceva a saperlo? Decise di provare a fare il disinvolto, pur sapendo di avere pochissime possibilità di riuscirci. Sua sorella aveva ereditato la caparbietà materna, ma con l’aggiunta di una spiccata capacità di cogliere i minimi dettagli. James e il suo carattere irruente non dovevano avere vita facile in casa Potter. «Quale ferita?»
«Non crederai di essere passato inosservato, vero?», chiese ridendo Ginny, divertita dall’espressione sbigottita del fratello. «Ce ne siamo accorti tutti, in realtà: Charlie così esuberante e attivo che dorme fino a tardi, non strapazza i nipotini giustificandosi che ormai non riesce più a prenderli in braccio e che rifiuta di prendere parte a una partitella di Quidditch? È pressoché assurdo! Ti è andata bene che noi fratelli Weasley sappiamo tenere per noi le scoperte fatte, soprattutto assicurandoci che mamma continui a non vedere cosa le succede intorno, per coprirci le spalle a vicenda».
La vecchia solidarietà fraterna: erano stati proprio lui e Bill a cominciare, uniti contro le punizioni materne, e il meccanismo si era poi esteso ai fratelli più piccoli. Il solo a non averne beneficiato era Percy, che aveva sempre fatto la spia senza vergogna. Charlie sorrise a quei ricordi d’infanzia, ombre così distanti nel tempo eppure vivide come se fosse passato un solo giorno da allora.
«Siete stati molto gentili. Immagino che gli altri si domandino cosa è successo».
«Sì, ma la tua furba sorellina ha raccontato che hai un nuovo esemplare piuttosto giovane che ha difficoltà ad ambientarsi nella riserva, così tu scappi in Romania di nascosto alla mamma per occupartene di persona».
Semplice, conciso, ben congeniato. Ginny era maestra nell’arte Weasley di sparare balle plausibili, abituata com’era dall’infanzia, quando seguiva da piccolina Fred e George per combinare guai con loro, e soprattutto nel periodo del suo fidanzamento con Harry per deviare la curiosità impicciona della madre sullo sviluppo della loro relazione.
«Abbastanza vicino alla verità da essere credibile; piuttosto, come facevi a sapere che ero qui?», domandò incuriosito.
«Davvero credevi che non sapessimo dove si trovasse il tuo rifugio segreto? Avevamo capito tutti che da piccolo, quando avevi bisogno di pensare, ti nascondevi qui: ti ritenevamo un genio, perché mamma arrivava a cercarti in capo al mondo senza pensare che potessi essere dietro casa. Ti abbiamo copiato, nel tempo, ma il tuo è rimasto il migliore».
Il sorriso di Ginny si trasformò in un’espressione determinata e seria. «Ti posso parlare, Charlie? Mi è venuto in mente qualcuno che potrebbe aiutare te e la tua amica dragonessa».




Era un capitolo un po' di transizione... È uno dei primi che ho scritto per questa storia, doveva essere il sesto... E invece, il racconto mi ha preso la mano e si sta allungando molto più di quanto avevo previsto. Alla prossima, ospiti speciali Luna Lovegood e Rolf Scamandro!

Grazie a Vekra, Pan_Tere94 e _Mary per aver commentato lo scorso capitolo. Per ora ho una scorta abbondante (ho finito il 21° capitolo e sto scrivendo il successivo), quindi per un po' sicuramente aggiornerò con regolarità! Charlie ha scampato l'appuntamento con Romilda e si gode la fine delle vacanze... Ancora per poco!

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Capitolo 10
*** Visita a casa Scamandro ***


A quella dichiarazione, Charlie si mise a sedere lentamente, cercando di non contrarsi troppo per via della ferita.
«Sul serio? Sei un angelo, Gin».
La strega gli allungò una mano e lo aiutò a tirarsi in piedi, scuotendo il capo. «Lo faccio solo perché non voglio che tu ti metta nei guai, beninteso», gli ricordò la donna agitando un dito davanti al suo naso. «Non ti voglio avere sulla coscienza».
Charlie annuì sorridendo: dei suoi fratelli, si era confidato con la persona giusta. Soltanto la sorellina avrebbe retto a una rivelazione come quella di cui l’aveva messa a parte limitandosi a preoccuparsi perché non facesse pazzie e, in più, cercando di aiutarlo.
«Non accadrà nulla di male, perciò puoi stare tranquilla».
La voce di Charlie era tranquilla e serena, eppure Ginny sembrava nervosa e molto preoccupata.
«Stanotte ho sognato te e la tua ragazza dragone», bisbigliò la donna.
Sembravano tornati indietro di trent’anni, quando la piccola Ginny si svegliava per un incubo e correva nel letto del fratellone preferito per farsi rassicurare. «Davvero? E cosa hai sognato?»
«Nulla di buono, ho visto che ti faceva del male, ti graffiava e mordeva e poi mi sono svegliata gridando; Harry si è spaventato a morte, gli ho raccontato che ho avuto un incubo sulla Camera dei Segreti». Aveva mantenuto il segreto anche in una situazione simile… Che aveva fatto per meritarsi la fiducia del suo angioletto?
Come se si sentisse in debito, Charlie la strinse a sé, ringraziandola. «Farò in modo di allontanarmene il prima possibile, contenta? Voglio solo aiutarla, poi la lascerò andare dove desidera».
«L’esperienza mi consiglia di non fidarmi» ribatté pungente la strega tirando una gomitata al fratello, che accusò il colpo con una mimica da primadonna del palcoscenico. I due si misero a ridere, allegri, e la sensazione dell’incubo avuto da Ginny svanì in un istante. «Allora, hai detto che sai come risolvere il problema o sbaglio?»
«Beh, no, però ho pensato a quello che mi hai detto. Ad esempio, secondo te non c’è mai stato un caso simile nella storia».
Charlie fece cenno di sì, spiegando che non solo non aveva mai sentito parlare di esperimenti per dare origini a creature ibride come quella che l’aveva attaccato, come le aveva già spiegato qualche giorno prima, ma che non sapeva a chi rivolgersi per una consulenza più scientifica temendo che la ragazza fosse in realtà una perfetta umana e fosse stata costretta a sottoporsi a un qualche tipo di test illegale. «In fondo, a quale scienziato sano di mente potrebbe venire l’idea di usare degli esseri umani come cavie da laboratorio, per incrociarli con dei draghi per di più?»
Ginny si disse d’accordo. «Inoltre, non puoi certo bussare alla porta di ogni centro di ricerca magica sperando che qualcuno non ti prenda per matto, e non credo che ti convenga organizzare dei tour guidati dei tuoi laboratori per convincere qualcuno ad aiutarti».
«Misha sarebbe entusiasta» commentò ridacchiando il fratello. Sarebbe stata la volta buona in cui il rumeno l’avrebbe fatto a pezzetti e dato in pasto alle loro tenere bestiole.
«Però, se tu conoscessi una coppia di biologi della magia un po’ fuori dal comune, magari specializzata in ricerche strampalate e curiose…»
Il mago si diede una pacca sulla fronte. «Rolf e Luna» si limitò a dire, sentendosi un idiota; come aveva fatto a non pensare ai coniugi Scamandro? Proprio lui che dal lavoro del mago aveva preso ispirazione per i suoi lavori nel corso di tutti quegli anni!
«Esatto: mi ha stupito che tu non ci abbia pensato da solo, sai? Conoscendo la tua ammirazione per Rolf, credevo che saresti corso da loro per chiedere un parere. Ad ogni modo», rincalzò Ginny incamminandosi per il sentiero, «ho già parlato con Luna e le ho spiegato, senza entrare nei dettagli ovviamente, che ti sei imbattuto in una creatura fuori del comune e che vorresti un loro parere, un aiuto discreto».
Charlie si alzò lentamente e seguì la sorella ripensando a Rolf e a tutto quello che aveva fatto per lui: era stato grazie all’intervento del mago, infatti, che al momento di scegliere la propria via prima dei G.U.F.O. aveva deciso di realizzare i suoi sogni d’infanzia e di dedicarsi ai draghi. Ai tempi, la professoressa McGranitt aveva fissato per il giovane Weasley un colloquio con il promettente biologo, determinato a seguire le orme del nonno, perché lo convincesse a non abbandonare Cura delle Creature Magiche come desiderava sua madre, prendendo invece la decisione di fare domanda per un posto alla Riserva per draghi in Romania subito dopo aver finito la scuola.
Rolf era stato paziente, aveva ascoltato i suoi dubbi e l’aveva consigliato al meglio, per poi dedicargli, durante i due anni successivi, qualche ora ogni settimana per tenere lezioni private sui suoi amati lucertoloni. Quello era stato un vero e proprio strappo alla regola da parte della sua Capocasa, che l’aveva favorito al fine di renderlo sereno e farlo tornare in forma per la finale del Torneo di Quidditch, quando il ragazzo era al quinto anno.
Era stato un buon piano, perché altrimenti Charlie non sarebbe riuscito a prepararsi per il colloquio in Romania; se sua madre l’avesse saputo, non gliel’avrebbe permesso, mentre mettendola davanti alla cosa ormai fatta, con la lettera d’assunzione già in mano, Molly non aveva potuto fare altro che acconsentire.
Riscuotendosi dai propri pensieri, il mago domandò alla sorella cosa avesse risposto Luna. Ginny si mise a ridere, come se avesse chiesto di che colore fossero i capelli dei Weasley.
«Non lo immagini? Non ha neanche voluto chiedere a Rolf prima di acconsentire, ha risposto subito che posticiperà il suo lavoro sulla dimostrazione dell’esistenza dei Nargilli per aiutarti».
Charlie sentì di dover ritenersi molto fortunato: sapeva che la strega sognava di far vedere al mondo quelle strane creature che, a detta sua, si nascondevano nel vischio da quando aveva iniziato a camminare. «Ti ringrazio, Gin, sei stata un angelo».
«Bada bene, non è sufficiente per considerarmi tua complice!» esclamò l’angelo quasi con rabbia agitando un dito sotto il naso del fratello. «Voglio solo che questa faccenda si risolva al più presto».
«D’accordo, d’accordo; allora, quando posso parlare con Rolf e Luna?» Il mago rideva divertito, senza prendere sul serio le parole della sorella; era ovvio, Ginny sapeva che era talmente ostinato da non ascoltare mai le raccomandazioni. Per questo aveva chiesto a Luna d’incontrarlo: conoscendolo, se non avesse scoperto cosa era successo esattamente a quella ragazza drago e come poteva riportarla allo stato originario, non si sarebbe messo il cuore in pace. Tanto valeva aiutarlo a trovare una cura, per liberarlo al più presto da quel chiodo fisso; la sua più grande preoccupazione era che Charlie non si volesse limitare ad aiutarla, ma che una volta guarita avrebbe cercato qualcosa di più.
Chissà se la mamma sarebbe contenta della cosa, pensò tra sé e sé cercando di contenere una risata. «Puoi andare da loro quando vuoi, anche adesso: preferisci che mi occupi io della Smaterializzazione?» domandò ghignando da brava Weasley, ricordando le smorfie dei gemelli.
«No, faccio da me», rispose arrossendo Charlie, stanco che tutti gli rinfacciassero le sue difficoltà nell’apparire esattamente nel punto in cui voleva arrivare.
Un attimo dopo e i due fratelli si ritrovarono nel cortile di casa Scamandro. L’edificio era meno originale dell’abitazione di Xenophilius Lovegood, ed anche molto più grande: Ginny sapeva che in realtà soltanto una piccola parte delle stanze era usata dalla famiglia, ossia Luna, Rolf e i due gemelli di cinque anni, e che il resto si divideva tra i laboratori dedicati al lavoro sulle Creature Magiche e la redazione del Cavillo. Il giornale strampalato negli anni aveva mantenuto la sua originalità, senza rinunciare alle notizie senza capo né coda che facevano ridere tutta la Gran Bretagna magica, e aveva accresciuto i suoi mezzi al punto che ora poteva contare su parecchi redattori stabili e stipendiati.
Quello che la casa non lasciava intravedere, tuttavia, era che il carattere di Rolf e la stramberia della strega dai capelli biondi e dagli occhi grandi e sporgenti si sposavano alla perfezione. Se la stessa Ginny aveva temuto a lungo che la sua amica potesse rimanere sola per mancanza di maghi disposti a scendere a compromessi con l’originalità insita nei geni Lovegood, infatti, con l’entrata in scena del famoso biologo magico le cose avevano preso una piega inaspettata: malgrado la differenza d’età che esisteva tra i due, sembravano fatti l’uno per l’altra ed erano molto felici. La nascita dei gemelli, cinque anni prima, aveva consolidato un’unione fuori del comune.
Bussarono alla porta, senza ottenere risposta, quindi Ginny si aggrappò alla catena del campanello, che al posto dell’aspettato tintinnio iniziò a gridare come un ossesso. «Questo mi ricorda una scena di un film che ho visto anni fa con amici», mormorò Charlie, «aveva a che fare con una famiglia di pazzi e c’era una mano che…»
«Oh, benarrivati!» proprio in quel momento Luna spalancò la porta e accolse i due amici calorosamente. La strega era cresciuta dalla fine della guerra, alzandosi di almeno una spanna, ma dimostrava ugualmente la stessa aria da folletto dei boschi, sebbene il suo viso si fosse smagrito nel corso degli anni dandole un aspetto più adulto. Ad eccezione dei colleghi invidiosi delle sue scoperte, nessuno la chiamava più Lunatica da anni, ormai, anche se continuava a indossare gioielli bizzarri che creava con le sue stesse mani.
Ginny abbracciò l’amica con calore, come se non si vedessero da anni. «Ciao, Luna, ho portato Charlie con me: saprà spiegarvi con più chiarezza tutta la situazione, vedrai».
«Aspettate, prima dobbiamo stanare Rolf dal suo laboratorio».
La padrona di casa guidò i due ospiti lungo i corridoi della casa, fino a raggiungere una grande porta apparentemente molto spessa. «Serve a contenere le esplosioni, nel caso» spiegò con un sorriso Luna prima di farli entrare.
Lo spettacolo che si presentò davanti ai due Weasley era incredibile; Charlie diede una rapida occhiata intorno a sé e decretò che mai prima di allora aveva visto un simile disastro, neanche quando con i suoi fratelli si mettevano d’impegno per trasformare la Tana in un campo di battaglia, per la gioia di mamma Molly. Si chiese in quel momento se Rolf, nonostante fossero amici da tanto tempo, non l’avesse mai invitato a casa sua per vergogna del disordine in cui lavorava: la prima cosa che notò furono le pile di libri, così alte che era impossibile raggiungere i volumi più in alto senza usare la magia, subito seguite dalle cataste di tomi e oggetti di tutti i generi che coprivano il pavimento.
Ginny rimase colpita dall’autocontrollo con cui la sua amica avanzava in quel disastro di laboratorio: lei bacchettava Harry con solerzia non appena dimenticava di portare i calzini sporchi nella cesta della biancheria da lavare! La sua amica era davvero straordinaria, su questo non aveva dubbi.
Vagamente, quella confusione le ricordava il disordine di Silente e del suo studio pieno di strumenti curiosi, ma là dove l’anziano Preside sembrava aver applicato un metodo tutto suo, nel laboratorio di Rolf regnava il caos più assoluto; la bacchetta del mago giaceva abbandonata su un mucchio di pergamene spiegazzate e macchiate d’inchiostro. Avvicinandosi, tra le altre cose lasciate a casaccio nell’immensa stanza Charlie riconobbe un microscopio babbano, due sensori oscuri che ricordarono a Ginny alcune spiacevoli perquisizioni da parte di Gazza ai tempi della scuola, e una museruola di cuoio per cuccioli di drago.
In fondo a quel marasma, un uomo stava chino su una scrivania a studiare con uno strano aggeggio d’ottone quelle che sembravano lunghe ossa di drago: Rolf Scamandro era così dedito al suo lavoro che non si era accorto della presenza dei tre visitatori.

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Capitolo 11
*** Nargilli in azione ***


«Rolf, tesoro» chiamò Luna senza lasciarsi sconvolgersi dal disordine che regnava nella stanza, «sono arrivati Ginny e Charlie».
Il mago sembrò non aver sentito, visto che continuava a misurare le ossa sulla sua scrivania, ma dopo un paio di minuti si voltò verso la moglie e i due amici con un gran sorriso stampato in viso. «Benvenuti, benvenuti» ripeté più volte con calore avvicinandosi al terzetto che lo aveva interrotto; il mago era di costituzione robusta e non dimostrava per nulla i suoi cinquant’anni, malgrado qualche ciuffo di capelli bianchi gli contornasse il viso. Indossava guanti in pelle di drago e un paio di lenti protettive, sotto alle quali rivelò portare una montatura da vista che sembrava ferma agli anni cinquanta. In confronto a quegli occhiali orrendi, all’improvviso a Ginny quelli di Percy sembrarono un modello all’ultimo grido, e considerando che suo fratello li aveva ereditati da uno degli zii quand’era ancora bambino…
«Rolf, quelle» esordì Charlie con voce emozionata indicando il tavolo di lavoro a cui avevano sorpreso il padrone di casa, «quelle sono ciò che penso?» Il mago annuì, gli occhi brillanti come stelle. «Ti avrei invitato a vederle, se avessi saputo che eri tornato in Gran Bretagna».
Alla conferma di Rolf, l’ospite di casa Scamandro andò in brodo di giuggiole, quasi commosso: sua sorella lo fissò strano, inquietata dalla somiglianza che aveva appena colto tra l’allevatore di draghi e il padre. Il signor Weasley, in effetti, si comportava esattamente allo stesso modo quando poteva esaminare, smontare e soprattutto rompere un nuovo e sconosciuto manufatto dei Babbani.
Aveva davvero una famiglia molto strana, non c’erano dubbi a riguardo…
«Spiegate anche a me, per favore?» domandò Ginny incuriosita dall’entusiasmo del fratello; doveva esserci qualcosa di grosso in pentola, se metteva da parte la storia della ragazza drago.
«Sono ossa di drago preistorico, mia cara Ginevra», esordì Rolf con deferenza, quasi come se parlasse di reliquie sacre. «Le ho trovate l’anno scorso in Argentina».
La strega si trattenne dal ridacchiare; soltanto il marito di Luna la chiamava così, intestardito a non usare il solito diminutivo perché troppo infantile e inadeguato per un nome bello come il suo.
«In realtà, le hanno scoperte alcuni Babbani, ma le abbiamo scambiate con alcuni fossili di dinosauro che a noi non interessavano; i ricercatori non si sono neanche accorti della differenza» spiegò la stessa Luna con noncuranza; Ginny fece una smorfia all’idea che la sua migliore amica avesse rubato, lei che sembrava candida e ingenua come una Puffola Pigmea.
Quella le spiegò che il loro gesto non si poteva considerare un reato, perché in realtà avevano sostituito dei fossili con altri fossili, resti di veri dinosauri, solo che quelli trovati da Rolf erano ossa appartenute a un dinosauro, e non a un drago, così tutti erano contenti; i Babbani avevano il loro Tirannosauro Rex e loro una nuova creatura alata da studiare. Charlie pendeva dalle labbra dei coniugi Scamandro, come ipnotizzato.
Se sua sorella avesse avuto bisogno di spiegarsi la sua venerazione per Rolf e il suo lavoro, bastava vedere con quale entusiasmo si scambiavano opinioni sul nuovo lucertolone appena venuto alla luce dagli scavi di un ingenuo paleontologo Babbano; sembrava un bambino che aveva appena beccato Babbo Natale a lasciare i regali sotto l’albero!
Quasi le dispiacque risvegliarlo dallo stato contemplativo in cui era caduto per ricordargli il motivo della loro visita. Quasi, si disse.
«Oh sì, hai ragione», commentò distrattamente Charlie prima di tornare serio e raccontare in breve tutta la storia del suo incontro con la ragazza drago, senza tralasciare alcun dettaglio, fino ad arrivare al morso, alla sua scoperta e al sangue rubato dalle scorte della riserva.
«E sei sicuro di non aver altri dati su questa strana ragazza?» domandò poi Rolf passandosi una mano tra i capelli arruffati. «Lo sai anche tu che è ben poco su cui lavorare».
«Beh, so per certo che usare la Legilimanzia a tradimento su di lei non porta a nulla di buono» rispose arrossendo il mago, mentre Ginny scuoteva il capo con aria disperata; se lo immaginava entrare nella camera di massima sicurezza e avvicinarsi alla giovane spaventata, senza usare nessun genere di protezione magari, per cercare di leggere i suoi pensieri. La strega non aveva idea delle capacità di Charlie in materia, ma avrebbe reputato quella pensata completamente folle anche se a parlare fosse stato il massimo esperto vivente.
In quel momento, Ginny si sentì molto solidale con quel brontolone di Misha riguardo all’impulsività di suo fratello.
Senza dare peso alle occhiate severe che lo incenerivano in quel momento, Charlie finì di spiegare che sospettava la presenza di un traditore nel suo staff. «Vorrei chiederti, quindi, di aiutarmi a capire come è possibile che una ragazza sia stata incrociata con un Dorsorugoso di Norvegia e, se possibile, a trovare una cura che annulli questa metamorfosi».
Rolf sembrava immerso in pensieri piuttosto cupi, mentre cercava di analizzare la situazione così su due piedi. «Al momento non posso fare nulla, ragazzo mio, almeno non senza un po’ di materiale per analisi più dettagliate. Potresti procurarmi un po’ di sangue, saliva, qualche squama?»
Il mago dai capelli rossi annuì: «In questi giorni il mio collaboratore più fidato sta cercando di trovare un sistema per calmarla, magari usando i sonniferi per draghi, che non dovrebbero agire sulla mente umana: non appena saremo riusciti ad avvicinarla senza che si trasformi ti farò avere tutto quello che ti serve, promesso».
Ancora dubbioso, il padrone di casa replicò che sperimentare in quel modo dei filtri magici senza sapere che effetti avrebbero comportato era pericoloso, ma del resto, vista la situazione e l’impossibilità di comunicare con la ragazza, dovevano almeno provare. «Un problema non da poco… Va bene, mandami i campioni non appena le cose si tranquillizzano da te. Io farò il resto, e Luna mi darà una mano».
Charlie s’illuminò di gioia, lieto perché l’amico avesse accettato di aiutarlo. «Ti ringrazio, Rolf!»
«Che sciocchezze vai dicendo?» esclamò scandalizzato l’altro. «Oltre alla particolarità del caso, che di per sé è affascinante, quella povera ragazza ha bisogno d’aiuto! È probabile che non sia nemmeno una strega, se la sua reazione nei confronti dell’accaduto e della magia è così esagerata, non ci hai pensato?»
Il mago più giovane scrollò le spalle, come se la cosa non gli importasse. «No, per ora ho cercato di concentrarmi sul suo stato e di capire cos’ha; avremo il tempo di capire se è meglio cancellarle la memoria o no non appena risolveremo il suo problema».
Prima di rispondere, Rolf si tolse gli occhiali da vista e ne pulì le lenti con un fazzoletto che sembrava aver conosciuto tempi migliori.
«Non parlo solo del problema dei ricordi, Charlie, parlo di come farle affrontare tutta la situazione: se non accetterà quello che le è successo, sarà difficile aiutarla a guarire».
Charlie sembrò scioccato alle parole del suo vecchio maestro: perché non ci aveva pensato da solo? Si trovò a ragionare su tutto quanto era accaduto dal momento in cui la ragazza l’aveva attaccato nella foresta, e fu duro ammettere almeno con se stesso che fino ad allora l’aveva considerata soltanto un’altra strana creaturina da studiare, al massimo un’arma che, in mano a un mago oscuro, poteva diventare una seria minaccia. La volontà di aiutarla a risolvere il panico che l’attanagliava non era solo condizionata dal suo desiderio di scoprire la verità?
Si sentiva un mostro.
«Stai bene, ragazzo?» domandò Rolf. «Mi sembri strano».
Scuotendo il capo, Charlie cercò di concentrarsi sul presente. Si sarebbe analizzato e rimproverato da solo, una volta tornato nell’intimità della sua stanza alla Tana. «Nulla, stavo solo riflettendo sul da farsi. Tra un paio di giorni tornerò in Romania e potrò occuparmi del caso a tempo pieno».
Era una spiegazione scontata e poco convincente, ma Rolf sembrò prenderla per buona. «Allora permettimi di invitarti a rimanere per cena, così potremo parlare per bene di quelle ossa di drago preistorico» concluse sorridendo, con un tono che non ammetteva repliche.
Le due streghe erano rimaste ad assistere alla discussione, ormai passate in secondo piano, perfino dimenticate: niente da fare, se c’erano di mezzo i draghi le cose erano sempre così tra i due, riconobbe Ginny in un lungo sospiro.
Luna, d’altro canto, non sembrava per nulla sorpresa del comportamento di suo marito e del fratello dell’amica, tanto che con uno dei suoi soliti sorrisi invitò l’altra a bere una tazza di tè in cucina. «È meglio lasciarli soli, e poi così possiamo chiacchierare tra noi. Mi sembra che qualcosa ti preoccupi».
Uscirono dal laboratorio e, lasciandosi alle spalle la redazione del Cavillo, da cui si sentiva chiaramente il rumore delle macchine da stampa magiche al lavoro per il nuovo numero, s’infilarono in cucina: dopo un paio di minuti una grossa teiera viola decorata a fiorellini gialli e arancio era sul fornello e le due amiche sedevano a tavola.
Ginny aveva l’aria stanca, proprio come aveva notato la padrona di casa. «Non dovrei impicciarmi negli affari di mio fratello, eppure… Ho il presentimento che si stia cacciando in un guaio troppo grande per lui» spiegò infine, mangiucchiandosi le unghie. Accidenti, erano anni che aveva smesso con quella pessima abitudine! Charlie le avrebbe pagato anche il conto della manicure.
«Neanche noi siamo molto tranquilli», osservò Luna con aria seria, «e proprio per questo abbiamo accettato al volo di aiutarlo: prima faremo chiarezza su questa storia e meglio sarà per tutti».
Pensierosa, Ginny fece per rispondere, quando due piccole furie invasero la cucina correndo e gridando come forsennati; Lorcan e Lisandro avevano ormai compiuto cinque anni e già si presentavano come la seconda coppia di eredi del precedente duo Weasley.
Perfino Teddy, che custodiva da anni la Mappa del Malandrino gelosamente, aveva dichiarato che avrebbe passato il cimelio ai due terremoti di casa Scamandro, il giorno in cui sarebbero stati abbastanza grandi. Al giovane Lupin sembrava la scelta giusta, così da non fare favoritismi tra i ragazzi Weasley; Harry aveva fatto la cosa giusta, secondo Ginny, regalandola al figlioccio, visto che era un ricordo di Remus, in fondo.
«Mamma, mamma: abbiamo fame» gridarono in coro i due gemelli.
Luna sorrise e nel giro di un minuto li sistemò a tavola e offrì a entrambi un panino con la marmellata e un bicchiere di succo di frutta. Era diventata una mamma davvero efficiente, in quegli anni, e riusciva a gestire i suoi bambini in modo esemplare.
La vista di Lorcan e Lisandro – il secondo era il preferito di Ginny per la scelta poco felice del suo nome, in rima con Scamandro – mandò l’ospite in crisi, facendola scoppiare in lacrime.
«Ginny, che ti succede?» domandò Luna sorpresa. Non aveva mai visto l’amica così sconvolta.
«Mi sento un mostro ad avervi coinvolti: i bambini sono ancora così piccoli, e voi avete tante altre cose a cui pensare; se questa storia portasse alla luce faccende spinose come quelle che ipotizza Charlie, e se avessi messo tutti voi in pericolo, io…»
La signora Scamandro si sedette accanto a lei e le prese le mani sfoggiando un gran sorriso. «Ginny, non dire una parola di più. Tu e la tua famiglia avete fatto tantissimo per me e mio padre durante la guerra, non te lo ricordi? Che razza di amica sarei se ora non ricambiassi? Senza contare che Rolf è molto affezionato a tuo fratello, non lo lascerebbe mai in questo pasticcio da solo» aggiunse con semplicità. «E poi, i Nargilli possono aspettare ancora un po’, te l’ho già spiegato».
Ginny scoppiò a ridere e cercò di asciugarsi le lacrime che le rigavano il viso. «Sei un tesoro, Luna. Non ho ancora capito come siano fatti questi Nargilli, ma sono loro grata ogni giorno di più per averci fatte incontrare».
«Che cos’ha zia Ginny, mamma?» domandò Lisandro tutto sporco di marmellata. Le due streghe cercarono di mantenersi serie, anche se la scena aveva del comico.
Luna raccontò che la zia aveva avuto un brutto incontro con i Nargilli che le avevano fatto un sacco di dispetti, e i gemelli cominciarono subito a consolare Ginny consigliandole di non offendersi e facendo le boccacce per farla ridere ancora.

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Capitolo 12
*** Migrazione autunnale ***


Un forte senso di trionfo e orgoglio personale riempiva Charlie Weasley mentre preparava i bagagli. Era arrivato il momento di tornare in Romania, finalmente, la scommessa era vinta e sua madre almeno per qualche tempo sconfitta, sebbene il mago sapesse per esperienza che non si sarebbe arresa fino al giorno in cui non si sarebbe accasato.
Tuttavia quella certezza non aveva la minima importanza, mentre si preparava a fare ritorno, fiero della sua condizione di scapolo, al lavoro, nel mondo che gli era più congeniale: in fondo, capire perché un drago cercava di arrostire un umano non era difficile, non in confronto all’arduo compito di imbastire una conversazione con una qualsiasi candidata al ruolo di moglie scelta per lui da Molly.
Ora che però l’ostinazione materna poteva dirsi sconfitta, Charlie si sentiva libero di dedicare ogni suo pensiero ai suoi cuccioli alati, agli impegni che lo aspettavano e… sì, soprattutto alla sua ragazza drago.
Sua. Per Merlino, sembrava un adolescente!
Nei giorni seguenti avrebbe potuto dedicarle tutto il tempo e le risorse necessarie per aiutarla, a cominciare dal trovare un sistema per tranquillizzarla. La serata con Rolf gli aveva dato molti spunti su cui riflettere, tanto che prima di salutare il suo vecchio mentore gli aveva promesso che avrebbe cambiato atteggiamento nei confronti della sua ospite.
Finì di sistemare i pochi vestiti che si era portato dietro nella sua sacca da viaggio, quasi preoccupato di sgualcire qualcosa: di per sé era ben altro che ordinato, ma sua madre si era impegnata a stirargli ogni singolo indumento, calzini e biancheria compresi, forse nel tentativo di dimostrargli tutto il suo affetto e convincerlo a rimanere ancora.
Illusa, Charlie aveva ricevuto abbastanza attenzioni per non farsi vedere almeno fino a Natale, periodo in cui avrebbe fatto un salto a casa veloce per salutare i nipoti e far avere loro i regali, e poi evitare qualunque visita fino all’estate. Tanto non ci sarebbe stato motivo capace di trattenerlo anche solo un giorno in più di quanto pattuito, neanche un incontro con la donna della sua vita; aveva troppo da fare: tanto per cominciare, Misha gli aveva mandato il suo Patronus con un messaggio urgente, preferendo spedire la povera creatura dall’altra parte dell’Europa pur di non rischiare che fosse intercettato. Negli ultimi giorni era diventato sempre più sospettoso su tutto e tutti, ma Charlie non si sentiva capace di rimproverarlo per questo; se davvero uno dei responsabili si nascondeva tra i dipendenti del suo centro di lavoro, dovevano stare in guardia e restringere il numero dei compagni a conoscenza della ragazza drago e delle sue condizioni.
Se non altro, tra una paranoia e l’altra Misha aveva deciso di provare a somministrare alla loro ospite un sonnifero particolare, una sostanza creata da un Pozionista norvegese appositamente per placare un Dorsorugoso: gli effetti non erano certi, ma dovevano pur provare a fare qualcosa.
Il mago si riscosse dai propri pensieri e si preparò a partire: la Passaporta si sarebbe attivata tra qualche minuto, perciò aveva giusto il tempo di salutare i parenti riunitisi alla Tana per l’occasione. I fratelli avevano addirittura preso un giorno di ferie o almeno qualche ora di permesso per augurargli buon viaggio e, soprattutto, complimentarsi per aver vinto la scommessa.
Un bacio, un abbraccio, una promessa per ciascuno di loro. Quando fu il turno di Ginny la strinse forte fino quasi a soffocarla, ringraziandola in un bisbiglio per quanto aveva fatto per aiutarlo; la sorella lo pregò allo stesso di stare attento e di non cacciarsi nei pasticci, sebbene fosse certa che la sua richiesta non sarebbe servita a nulla.
Charlie sorrise, poi passò ai nipoti: promise a Hugo sul proprio manico di scopa che molto presto lo avrebbe portato a visitare il suo centro di ricerca, guadagnandosi un’occhiata assassina da parte di Hermione. Il mago fece finta di niente, determinato a portare avanti il progetto per aiutare il piccolo Weasley a realizzare i suoi sogni: per Merlino, a volte si chiedeva come avesse fatto Ron a innamorarsi di una donna così simile, per certi versi, alla loro ambiziosissima madre!
A proposito di Molly, la strega piangeva senza controllo, tanto che il figlio iniziò a sentire i sensi di colpa farsi avanti, segno che doveva afferrare la Passaporta al volo e tornare in Romania prima di subito.
«Allora, ho vinto la scommessa: non hai nulla da dire per giustificare la tua sconfitta?» buttò lì Charlie tentando di arginare il fiume di lacrime.
Inutile: la madre scosse il capo e si lasciò sfuggire un urletto simile a un ululato. I famigliari la guardarono storto, increduli a una scena tanto tragica.
«Scrivimi spesso, Charles… Fatti sentire appena sei arrivato a casa» singhiozzò la signora Weasley stringendolo a sé con tutta la forza che aveva.
Era una scena davvero imbarazzante per un uomo che stava per compiere quarantacinque anni, per Morgana! «Mamma, su, contieniti: non sto partendo per il fronte, no? Non mi accadrà nulla di male» rispose Charlie dandogli dei piccoli colpetti sulla schiena perché si calmasse.
Il padre cinse le spalle della moglie e l’avvicinò a sé, dando al figlio la possibilità di liberarsi dalla presa che, per quanto affettuosa, sarebbe stata degna di un lottatore professionista. «Avanti, Molly: nostro figlio è grande, che tu lo voglia ammettere o no».
Scene simili si ripetevano da più di vent’anni a quella parte, ad ogni ritorno di Charlie e relativa partenza; non c’era da stupirsi, perciò, se il mago si era fatto vedere di rado per molto tempo, rendendo più frequenti le sue visite soltanto dopo la nascita dei primi nipoti. Forse ormai erano diventate un rito di famiglia, ma l’esperto di draghi era sempre meno tollerante vedendo la madre disperarsi a quel modo.
La Passaporta si attivò proprio in quell’istante e al mago non rimase che salutare con un ultimo cenno la sua numerosa famiglia e toccare la Pluffa sgonfia che si era appena illuminata di una luce bluastra per ritrovarsi nel suo ufficio in Romania.
«Uff…» sospirò profondamente prima di lasciarsi cadere sulla sua sedia preferita. «E anche questa volta è andata».
Non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi un attimo dall’ardua prova affettiva appena superata che qualcuno bussò alla porta dello studio. Era Greta, la sua assistente nordica dai capelli biondissimi e il sorriso sempre in volto, uno degli ultimi acquisti della sua equipe. «Mi sembrava di aver sentito un rumore», commentò vedendolo alla scrivania. «Allora, alla fine tua madre ha trovato la perfetta mogliettina da affibbiarti?»
La storia della scommessa doveva aver fatto il giro del centro di ricerca, pensò Charlie con disappunto; probabilmente Misha aveva spettegolato intenzionalmente, tanto per punirlo della vacanza improvvisa in un momento così delicato. Pazienza, amici e colleghi si sarebbero presi gioco di lui per qualche tempo e poi la faccenda sarebbe stata dimenticata.
«No, ancora single e libero come l’aria» rispose ricambiando il sorriso della strega. «Sai dove posso trovare Misha?»
Greta strinse le spalle: «L’ho visto qualche ora fa, era sempre nell’area di massima sicurezza a lavorare a quel vostro progetto super segretissimo. A proposito, perché non dici anche a me di cosa si tratta?»
Perché moriresti di paura, pensò il mago deciso a non rispondere. «Non ora, Greta; vado a vedere cosa combina quel pazzo. Ci sono messaggi per me?»
La donna scorse rapidamente alcuni fogli che aveva in mano, scuotendo il capo. «Nulla d’importante… a parte i cinesi, hanno anticipato la loro visita perché collimava con altri loro impegni e arriveranno entro un’ora al massimo» aggiunse al volo schioccando le dita.
Perfetto, ci mancava anche quella. Charlie ripensò un attimo al dolce far niente in Inghilterra, sentendosi quasi in trappola, per poi riscuotersi subito. Bando alle ciance, si disse: si era lamentato un sacco per non poter essere sul lavoro a tempo pieno, perciò ora era il momento di darsi da fare.
Chiese alla sua assistente di farsi trovare in sala riunioni una mezz’oretta dopo, prima di salutarla; Greta era la migliore interprete che avesse mai incontrato per quanto riguardava le lingue umane: senza di lei, probabilmente il meeting con la delegazione cinese sarebbe stato un fallimento.
Accantonando il pensiero dell’imminente incontro, Charlie s’incamminò per il corridoio con passo deciso: trovò Misha intento a osservare con aria scura l’ospite della camera di massima sicurezza, tanto concentrato da non accorgersi della sua presenza.
La tentazione fu forte: arrivò vicino all’amico e gli toccò le spalle all’improvviso, facendolo saltare per la sorpresa. «Che tu sia dannato, pazzo d’un inglese», sibilò il mago rinfoderando la bacchetta che aveva estratto per autodifesa e che puntava esattamente la fronte del burlone. «Un giorno di questi ti spedirò all’altro mondo, puoi credermi».
Charlie ridacchiò, soddisfatto del risultato ottenuto. «Quante storie per uno scherzetto innocente, Misha! Allora, lei come sta?»
Il collega sospirò, imponendosi di lasciar cadere lo scherzo e di non mettergli le mani addosso, indicando poi attraverso il vetro un mucchietto di stracci in un angolo della stanza, proprio come era accaduto quando Ginny era stata lì.
«Pensavo che avessi fatto progressi con lei» commentò deluso, facendo arrabbiare Misha ancora di più.
«A dire il vero, è lei che vuole rimanere in quello stato, rosso! La pozione che le ho somministrato funziona meglio di quanto speravamo: contiene la mutazione, senza però agire propriamente come un sonnifero» ribatté subito il mago rumeno, dimostrando di essere incredibilmente permaloso: come il suo capo sapeva bene e spesso ne approfittava per fargli simili scherzetti.
La notizia era ottima: aveva davvero funzionato? Sembrava incredibile, soprattutto perché lo stesso filtro su un normale essere umano avrebbe provocato un lungo sonno. Charlie lo sapeva benissimo, ne aveva bevuto una fiala per errore una volta, dormendo così per più di una settimana; conoscendosi, il mago era sicuro di essersi risvegliato solo perché aveva troppa fame per rimanere ancora nel mondo dei sogni.
«Vuoi dire che il filtro di quel norvegese mezzo matto riesce a sopire l’istinto di drago senza effetti collaterali su di lei?»
Misha annuì, soddisfatto dei risultati raggiunti. «Esattamente: passo parecchio tempo lì dentro cercando di convincerla che è al sicuro e che non ha nulla da temere, ma non parla molto. Chiede solo di te, altrimenti si rifiuta di parlare. Sei già diventato il suo preferito, insomma!»
Charlie fissò la sua ospite, che continuava a rimanere rannicchiata con la testa posata sulle ginocchia. «Quanto sai essere scemo: si ricorderà del morso e sarà in pena per quanto ha fatto, no? Vorrà sapere che non mi ha fatto del male, tutto qui».
«Stavo scherzando, Charles, non c’è bisogno di prenderla così sul personale. Ad ogni modo, sarebbe meglio che le dimostrassi subito che non sei in fin di vita».
Misha aggiunse che sarebbe tornato a chiamarlo più tardi non appena i loro ospiti dagli occhi a mandorla fossero arrivati e lo lasciò solo di fronte alla vetrata.
L’immensità della camera di massima sicurezza faceva sembrare la sua occupante ancora più piccola e minuta, se non fragile e indifesa. Toccava a Charlie cambiare le cose, ora che finalmente poteva parlare con lei senza temere di finire a brandelli.
Prese un respiro profondo, senza sapere cosa sarebbe successo, ed entrò nella stanza. Sentendo il rumore della porta la ragazza alzò il capo, sorpresa e spaventata: il suo viso sembrò illuminarsi, segno che era contenta di vederlo, ma un istante dopo l’orrore la vinse.
Era terrorizzata… sì, ma da cosa? Charlie non si era mai considerato minaccioso d’aspetto, visto che era il più basso di tutti i suoi fratelli, Ginny esclusa. Quella reazione lo colse di sorpresa, così come le parole spaventate che gli rivolse lei.
«Non ti avvicinare» gridò infatti la ragazza con voce rotta dal pianto. «Non voglio più fare del male a nessuno, soprattutto a te. Io…»
Stava crollando, il mago se ne rese conto all’istante. Forse avevano sbagliato a somministrarle la Pozione prima del suo ritorno: non aveva voluto parlare con Misha né con gli altri membri dell’istituto che erano a conoscenza della sua situazione, quindi da qualche giorno era rimasta sola con la propria coscienza e i terribili ricordi di quanto le era accaduto.
Ora che era lucida e privata dell’istinto di drago, ragionare su ciò che aveva fatto doveva pesarle immensamente.
«Calmati, va tutto bene», cominciò a dire Charlie avvicinandosi lentamente e cercando di mostrarsi più tranquillo che mai; visto cos’era successo l’ultima volta che era entrato in quella stanza era difficile, ma almeno lui non doveva agitarsi. «Misha ha messo nel tuo cibo una pozione che dovrebbe mantenere i tuoi nuovi istinti sotto controllo, perciò non c’è nulla da temere, per nessuno dei due».
Era una situazione ridicola, con la ragazza addossata al muro, ormai incapace di arretrare ancora, e l’uomo in ginocchio di fronte a lei che le parlava piano per non agitarla ulteriormente.
Non sembrava ancora convinta, dal modo in cui lo fissava. «Ho aggredito una persona come se fossi un animale… o peggio», sibilò quasi con rabbia, «sono un mostro!»
Charlie non si scompose. «Non devi farne un dramma, davvero. Guarda» e sollevò la propria maglietta per farle vedere che il segno del morso era ormai andato via; in effetti stava meglio, la pelle era ancora verdognola per via del veleno che rallentava la guarigione, ma si poteva considerare più che guarito. «Lavoro qui da quando avevo diciott’anni e posso assicurarti che non è il primo incidente del genere che mi capita. Certo non avevo mai incontrato una ragazza drago come te, però davvero, sto bene. Smetti di piangere, avanti».
La ragazza era pallida e aveva l’aria molto stanca. «Non so cosa mi è successo, né cosa sono diventata; è come se ci fosse qualcosa, dentro di me, come un altro spirito che s’impossessa del mio corpo quando ho paura o mi sento in pericolo. Qualcosa che mi porta ad agire come…»
«Come un drago» finì Charlie per lei. «Capisco che tutto ciò che ti sta accadendo è assurdo, ma devi stare tranquilla: ora sei al sicuro e, anche se ancora non sappiamo come aiutarti, ti prometto che faremo tutto il possibile per farti tornare normale».
Si era seduto accanto alla ragazza, ormai, che era davvero al limite: quella gli sorrise di rimando, poi scoppiò di nuovo a piangere e si gettò tra le sue braccia, disperata. Charlie la strinse forte e iniziò a lisciarle i capelli, senza aggiungere una sola parola.

 



Che brava, neh? Continuo a essere puntuale... La ragazza drago parla, e se avrete ancora un po' di pazienza comincerà a dire la sua. So di avere scritto una specie di introduzione veramente lunghissima, però ci voleva tutta... Se penso che la prima bozza di questa storia contava quindici capitoli ora mi viene da ridere, ma visto che continuo a braccio, ossia senza un piano fisso (cioè, ogni tre capitoli stravolgo quello che avevo deciso... quando finisco la storia pubblico l'album degli elenchi dei capitoli da scrivere che ho annotato sui miei quaderni, scommetto che ci sarà da sbellicarsi). E dopo questa divagazione... Grazie, _Mary, felice che la famiglia Scamandro ti piaccia. Quando avrò tempo, ossia una volta che avrò incastrato e sistemato tutti i Weasley che mi piacciono, scriverò di loro più approfonditamente. Sono personaggi che adoro e che sento molto miei, e mi diverte usarli.
A sabato prossimo! Titolo del tredicesimo capitolo: Kari Ionesco, dove conosceremo un po' meglio la ragazza drago.

Rowi

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Capitolo 13
*** Kari Ionesco ***


Rimasero così a lungo, stretti e vicinissimi; la ragazza teneva il volto contro il petto del mago, quasi come se temesse cosa sarebbe successo a lasciarlo andare.
Pianse tutte le lacrime che si teneva dentro da giorni, in quella specie d’isolamento che le era stato imposto, finché non valutò di essersi sfogata per bene e che era arrivato il momento di sciogliersi dal forte abbraccio in cui l’aveva stretta Charlie.
«Sembro una fontana» commentò la donna asciugandosi gli occhi. «Scusami; di solito io non sono così, ma tutta questa situazione è davvero insostenibile. Non ce la faccio a resistere».
Lui non sembrava credere alle proprie orecchie. Si era davvero scusata? E per cosa, per non aver saputo reggere ciò che le stava accadendo con la caparbietà di una roccia?
«Non devi certo giustificarti» rispose con gentilezza il mago spostandole una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio. «Mi preoccuperei di più se fossi rimasta insensibile a tutto quanto, non trovi?»
Lei azzardò un sorriso, prima di afferrare l’orlo della maglia di Charlie per sollevarlo, così da scoprire di nuovo il segno del morso.
Il mago sospirò e le mostrò ancora il cerchio quasi perfetto dai contorni verdognoli che spiccava sulla sua pelle chiara. «Va bene, lo confesso: ho sottilizzato, in realtà mi hai fatto male, ma non devi preoccuparti di questo. Hai presente Misha, quell’omone grande e burbero che ti porta da mangiare?» La ragazza annuì, ancora senza capire che c’entrasse quello strano tipo.
Charlie sorrise: «Beh, lui mi ha riempito all’istante di una quantità di antidoti tanto massiccia che il veleno non ha nemmeno avuto il tempo di fare effetto. Entro un paio di giorni non si vedrà più nulla, te lo garantisco».
Quella era la verità, e lei se ne accorse. Qualcosa però ancora non le quadrava.
«Antidoto?», ripeté confusa quasi subito.
Il mago ridacchiò divertito, indicandole i segni del morso. «Hai il dente avvelenato, in senso letterale». Questa era un’altra novità non da poco: non soltanto le spuntavano le zanne, ma quei denti lunghi e aguzzi rilasciavano anche un siero tossico! «Non avevo mai visto una ferita come questa in ospedale», sospirò alla fine lei ricoprendo il fianco dell’uomo; le faceva male pensare di essere la responsabile di quanto era accaduto.
«Non avevi mai visto un drago, suppongo» commentò Charlie, prima di incrociare le gambe davanti a sé. Anche la donna si mise più comoda, tormentandosi la ciocca di capelli che il mago le aveva sistemato poco prima. «Hai detto ospedale?», chiese gentilmente il mago: doveva scoprire più che poteva della sua ospite per capire come fosse finita in quel pasticcio.
Lei annuì, orgogliosa: «Sì, lavoro in un ospedale di Sulina, sul Mar Nero, sono un’infermiera».
Come sembravano importanti le piccole cose, ora che la normalità era stata spazzata via tanto rapidamente! La ragazza pensò alla sua famiglia, al lavoro, alle faccende e ai compiti che svolgeva ogni giorno da anni: sarebbe mai potuta tornare alla sua vita?
Cercò di concentrarsi sul mago che le stava di fronte e sulla loro conversazione, prima che le lacrime ricominciassero a cadere senza controllo.
«Oh, capisco» assentì Charlie. «Beh, il tuo morso provoca gli stessi sintomi di quello del Dorsorugoso di Norvegia, una particolare specie di drago. So che sarà difficile per te da accettare, ma qualcuno ha trovato un modo per incrociarti con quelle creature».
Drago. Creatura del folklore presente nelle leggende di diverse culture. Ecco come le avevano sempre rappresentato i draghi. E ora non solo le venivano a dire che esistevano, ma anche che le era stato fatto qualcosa per renderla in parte come loro.
«Non mi dirai che sono diventata un OGM!» domandò infatti la ragazza inclinando parecchio la testa di lato, incredula.
Charlie storse il naso: che aveva detto? «Eh, un che?»
«Lascia stare» rispose spiccia; ma da dove era uscito questo per non sapere di cosa stava parlando?
«Stai dicendo in poche parole che qualcuno ha giocato ad alterare la struttura del mio corpo?»
Non riusciva a crederci, sarebbe stato degno di un film di fantascienza! Possibile che stesse accadendo proprio a lei? Si passò una mano sulle scaglie sulla tempia, sentendo la pelle dura e ruvida.
Era la verità? Iniziava a sentirsi male, di nuovo.
Charlie la vide in difficoltà e le rispose sperando d’impedire che scoppiasse di nuovo a piangere: era un disastro a gestire le lacrime altrui, e soprattutto si sentiva maledettamente a disagio.
«Sì, esattamente: speravo che mi dicessi qualcosa di più, in realtà; l’ultima volta che ho provato a forzare la tua mente mi hai aggredito, perciò mi sembrava il caso di ricavare le informazioni che mi servono per le mie indagini in modo meno diretto».
Sentendo parlare di lettura della mente, o immaginando almeno che parlando di forzatura l’uomo intendesse quello, la ragazza tornò indietro di qualche giorno con la memoria.
«Ricordo la sensazione… Ho sentito una voce nella mia testa, e il drago si è ribellato subito» mormorò più rivolta a se stessa che al mago. «E se ti avessi contagiato con quel morso, come se si trattasse di rabbia?» chiese poi di nuovo agitata.
Charlie scosse il capo con un sorriso. «Per ora non ho nessun sintomo, no? E poi, anche se fosse, non mi dispiacerebbe: ho sognato tutta la vita di essere un po’ drago, perciò forse ne sarei perfino felice! Senza contare che due casi da studiare sono più indicativi di uno solo, non trovi anche tu?»
Lei non prese bene quel commento, offesa da quel modo di passare sopra con tranquillità su un fatto che ancora la sconvolgeva; aggredire un suo simile come una vera bestia era orribile, possibile che non capisse quanto stesse male? «Non lo so e, adesso, non m’importa: ho troppa paura di attaccare un’altra volta».
Rimasero entrambi in silenzio per un poco, riflettendo sullo stesso ricordo, poi Charlie osò porre la domanda che gli frullava da parecchio nella testa. «Che cosa senti, quando ti trasformi?»
La ragazza prese tempo per rispondere, sperando che ripensare alle sue ultime mutazioni non risvegliasse il drago addormentato in lei. «Non saprei spiegarlo bene… Perdo ogni controllo, ma questo l’avrai notato già da solo. È come se un istinto sconosciuto dormisse dentro di me, per possedere il mio corpo e usarlo come una marionetta quando ho paura o avverto un pericolo intorno a me. È quanto è successo nella foresta, ad esempio: so che stavo scappando da qualcosa, quando ho fiutato un odore strano, forse la traccia di un altro drago».
«Vuoi dire che i tuoi sensi si affinano, quando ti trasformi? Interessante», notò Charlie meditabondo.
La donna annuì, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento. «Ti ho visto uscire da una caverna e ti ho seguito per un po’ sugli alberi, poi ho attaccato, senza riuscire a coglierti di sorpresa. In quei momenti, ogni essere umano mi appare come una minaccia».
Proprio come i veri draghi, pensò lui. «I miei lucertoloni si tengono lontani da tutti, in particolare dai maghi. Sanno riconoscere chi ha i poteri e chi no, sebbene preferiscano non fare amicizia con nessuno di noi. Se si sentono in pericolo, poi, attaccano senza pensare: è la stessa cosa che hai fatto tu, in fondo».
Era una spiegazione soddisfacente, questa volta, per la donna; inoltre, doveva tenere conto che erano stati dei maghi a trasformarla e a renderla incontrollabile, perciò in un primo momento le era sembrato ovvio e naturale difendersi per evitare di essere catturata ancora.
Riprese a parlare con voce calma, raccogliendo le gambe. «Poi mi hai colpito con quello strano raggio e mi sono ritrovata qui; il resto lo sai anche tu. Ho temuto che stesse accadendo di nuovo, che qualcuno…» si portò le mani alla testa, sentendo una fitta molto acuta. «Posso dirti che mi è successo qualcosa, io non sono nata con le scaglie e gli artigli, ma non riesco… non voglio ricordare di più, non per ora, almeno. Questo posto però mi è sembrato subito un laboratorio, e ho avuto paura che mi succedesse qualcos’altro».
Charlie annuì, pensieroso. Non era stata una buona idea portarla al centro, dunque. Si sentì in colpa, anche se le sue intenzioni erano state da subito buone.
«Oh… Allora è comprensibile se non riuscivi a controllarti: mi dispiace di averti angosciata, ma posso assicurarti che nessuno qui vuole farti del male. Ti ho portato qui per scoprire cosa ti è accaduto e per curarti, se possibile, non per usarti come esperimento» si spiegò.
Non sembrava molto convinta delle sue parole, però.
«Prima di fare giuramenti solenni potresti dirmi almeno come ti chiami» rispose sarcastica la ragazza. Accidenti, iniziava a tirare fuori un bel caratterino!
Charlie si presentò, allungando una mano verso di lei. «Mi chiamo Charlie Weasley, vengo dall’Inghilterra e sono un mago. E non ti farei del male per nulla al mondo, te lo giuro».
La donna lo fissò dubbiosa, prima di ricambiare il saluto e stringergli le dita con forza. «Io sono Kari, Kari Ionesco».
Il mago fece in tempo a notare che le sue unghie erano puntute e nere, come gli artigli del Dorsorugoso. «Se ti serve qualche altra prova per fidarti di me…», cominciò a dire.
Sorridendo, Kari fece segno di no. «Volevo solo sapere il tuo nome. Per fidarmi, ho già quello che mi serve: immagino che, se tu avessi cattive intenzioni, la faccenda del morso non sarebbe passata così, in silenzio e senza nessuna conseguenza per me. Questo mi basta».
La sincerità e la fiducia della ragazza drago colpirono Charlie, che smise di colpo di sorridere; doveva essere onesto a sua volta, e spiegarle come stavano le cose. «Allora è meglio che tu sappia la verità: non tutti sanno che sei qui, e chi ti ha vista vorrebbe che ti portassi il più lontano possibile da qui. Oppure, mi è stato chiesto di denunciarti alle autorità magiche e lasciare a loro il compito di scoprire che ti è successo».
Che gentili, già che stava così bene e non aveva bisogno di cure! Kari rimase tranquilla: probabilmente la sua condizione era un caso straordinario, visto che perfino i… maghi, se davvero tali erano i colleghi di Charlie, la temevano. Era ridicolo in un certo senso: avere paura di lei, una donna piccola e minuta che fino a un mese prima non aveva nulla di minaccioso!
Ma zanne e artigli devono fare parecchio, si disse. Lei non si era ancora vista, né sotto controllo e meno che mai durante la trasformazione, perciò non sapeva quanto fosse spaventoso il suo nuovo aspetto. Quello che aveva sentito al tatto non prometteva nulla di buono.
«Se fosse per me toglierei il disturbo anche adesso, ma non credo che sia il caso di andare in giro in questo stato» e si toccò le scaglie scure che le incorniciavano il viso.
Charlie fece per ripeterle che aveva intenzione di fare tutto il possibile per aiutarla, quando qualcuno bussò alla porta della camera: era Misha, che continuava a indicare il suo orologio da polso con aria piuttosto infuriata.
«Oh oh, devo proprio andare adesso: c’è una delegazione in visita per convincerci a insediare nella nostra riserva una colonia di Petardi Cinesi».
Già, doveva occuparsi anche di quella rogna: a parlare con la sua ospite si era dimenticato dell’altro impegno, e ora gli dispiaceva andarsene. Era il primo contatto civile che riusciva ad avere con la ragazza drago, in fondo…
«Oltre che con i draghi traffichi in esplosivi?» domandò una stupita Kari.
Il mago non riuscì a trattenere una risata spontanea, guadagnandosi un’occhiataccia dalla ragazza. «Perdonami, non volevo ridere di te. Vedi, il Petardo Cinese è un’altra varietà di drago: di spiegherò tutto quanto nei prossimi giorni, promesso».
Anche la donna sembrava poco contenta di quell’interruzione; oltre a voler sapere di più sulla propria situazione, dopo la paura iniziale l’idea di poter vedere della vera magia la eccitava. «Tornerai dopo la riunione?», domandò.
«Sì, non temere: appena avrò finito il lavoro sarò di nuovo da te». Detto questo si alzò e, dopo aver osservato con attenzione il volto della sua nuova amica, lasciò la stanza.
Misha lo squadrò con attenzione, curioso di sapere cos’era successo: «Allora, si è decisa a parlare?»
«Ha una parlantina… Forse era meglio quando non diceva nulla» commentò scherzando Charlie, sperando di riuscire a nascondere la sua preoccupazione. Non era riuscito a ricavare granché dalla conversazione, anche se era stato ingenuo sperare di scoprire tutto al primo tentativo.
Pazienza, avrebbe avuto tutto il tempo per conoscere tutti i segreti della ragazza drago.
Vedendo la sua aria assorta, l’amico gli diede una pacca sulla spalla che quasi lo sbatté a terra. «Potremmo presentarla ai nostri amici con l’erre moscia, che ne dici? Sono sicuro che andrebbero pazzi per lei».
Charlie tossì, impreparato a una simile discussione. «Prima affrontiamo gli ospiti, vecchio orso, poi penseremo a lei» rispose senza troppa convinzione, sperando che la questione cadesse.
Non ce l’avrebbe fatta ad ascoltare un’altra tirata sui mille motivi per i quali Kari doveva lasciare al più presto, non senza insultare Misha, almeno.
Il mago sembrava essere d'accordo nel fare spallucce e riprendere a camminare lungo il corridoio. «Come vuoi tu», acconsentì semplicemente, per poi lamentarsi dei colleghi in visita e delle loro idee balorde. «Detto fra noi, penso che nemmeno con un miracolo riusciremmo a far nidificare i Petardi Cinesi a queste latitudini».
Charlie scosse il capo, stanco e preoccupato. «Sono d’accordo con te, questa volta: avanti, affrontiamo un problema alla volta».

 

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Capitolo 14
*** Domande e risposte ***


Che maledette lingue lunghe avevano i suoi ospiti!
A Charlie girava la testa, quando finalmente poté salutare la delegazione in visita e tirare un sospiro di sollievo. «Sayonara» esclamò con sicurezza guadagnandosi un'occhiataccia e una gomitata da parte di Greta.
«Quello è giapponese, idiota» gli sibilò la strega senza smettere di sorridere ai loro ospiti. «Abbiamo appena mandato all'aria i loro sogni, non è il caso di offenderli pure».
I maghi in partenza non fecero caso all'ultima di una lunga serie di gaffes commessa da Charlie, che aveva decisamente la testa da un'altra parte: sia la sua assistente che Misha avevano dovuto richiamarlo alla realtà più volte, tanto era concentrato sulla ragazza nella stanza di massima sicurezza.
Per fortuna la discussione era arrivata alla fine, dopo mille e mille rifiuti all'idea di prendere in cura una o due coppie di Petardi Cinesi: per Merlino, la Romania non era certo il posto per quella specie di drago! Se avevano tanta voglia di rimpinguare il numero di esemplari e salvarli dall'estinzione, avevano tutto il loro territorio nazionale per creare nuove riserve e occuparsi di loro.
Il centro di Charlie era specializzato nelle varietà di drago tipiche dell'Europa e nessuno aveva intenzione di cambiare le abitudini vecchie di decenni così, quasi per capriccio.
Finalmente il trio di casa poté salutare gli ospiti, che sparirono con una Passaporta, e tirò un sospiro di sollievo.
«Ottimo lavoro, Greta: senza il tuo aiuto avremmo dovuto comunicare a gesti e non oso pensare a quanto tempo per concludere la trattativa» disse Charlie con ammirazione: il cinese era e rimaneva una lingua davvero assurda per lui. «Anche se non avrei mai immaginato che esistessero tanti modi per tradurre un semplice no».
La strega arrossì: «Ho cercato di parafrasare in modo da non far sembrare il rifiuto tanto secco. Si sono decisi a lasciar perdere quando ho detto che avremmo preso l'idea di una colonia in futuro».
Confusi, Misha e l'amico si guardarono negli occhi, increduli. «Ma a noi non interessa la loro proposta e non ci interesserà mai!» esclamò l'orso di casa, che in diplomazia, se non si fosse già capito, avrebbe potuto ricevere una desolante T.
Greta sbuffò. Possibile che fossero tanto ristretti? «Poniamo il caso che un giorno ci serva un favore da loro: lasciare una porta aperta potrebbe essere utile, pensando al futuro. E poi, le loro riserve stanno diventando tra le più estese e importanti del mondo, è meglio tenerceli amici, fidatevi di me».
Charlie la fissò come se avesse davanti la creatura magica più rara e introvabile dell'intero pianeta.
Ma da quando la ragazza era tanto in gamba? Lavorava con lui da un paio d'anni e non se n'era mai accorto! Avrebbe dovuto impiegarla al meglio, oltre che come interprete e segretaria.
«Sei stata in gamba, ma quando torneranno alla carica sarà compito tuo ripetere che non ci interessa» commentò con un sorriso.
Misha annuì, sebbene fosse ancora poco convinto. «Nessun problema, capo», rispose lei tirandogli un'altra gomitata. «Però non capisco perché non vogliate fino a questo punto i Petardi Cinesi: so che per il Torneo Tremaghi ne è stato ospitato un esemplare, anche se solo per qualche tempo».
I due maghi annuirono, entrambi decisi a non rivangare quella faccenda. «Appunto, e proprio per questo non ne vogliamo sapere. Sembrava tranquillo solo perché c'era lo Spinato a fare di peggio» rispose Charlie rabbrividendo.
La curiosità di Greta non sembrava soddisfatta, ma l'esperienza aveva insegnato alla strega a non chiedere di più. Strinse le spalle, lasciando cadere la questione, e domandò che avevano intenzione di fare i due colleghi. «È molto tardi, perché non andiamo a mangiare qualcosa?» chiese più rivolta all'affascinante capo dai capelli rossi che all'altro mago.
Misha non sembrò prendersela: lui aveva una moglie a casa ad attenderlo, scorbutica quanto lui se non di più, e già tornare a quell'ora gli avrebbe procurato una bella tirata d'orecchi. E poi Greta era cotta di Charlie da secoli, nell'istituto lo sapevano tutti; magari sarebbe stata l’occasione in cui quel cieco d'un inglese avrebbe aperto gli occhi.
Cavolo, ad essere libero e un po' più giovane, lui non ci avrebbe pensato un istante! Il mago rumeno aveva dei motivi per sperare che l'amico si trovasse in fretta una ragazza. Aveva visto come guardava la loro ospite con scaglie e artigli qualche ora prima, e conoscendolo potevano essere guai. Ma Charlie era un testone, e se s'impuntava su qualcosa non c'era verso di fargli cambiare idea.
Come volevasi dimostrare, il mago si schermì mugugnando che aveva del lavoro in arretrato da sbrigare e voleva fermarsi in ufficio ancora un po'.
Greta s'insospettì. «Capisco: vuoi che rimanga anche io? In due faremo di certo prima» propose con gentilezza, decisa a non mollare.
«No, non ce n'è bisogno: vai pure a casa, hai già fatto moltissimo oggi» fu la risposta moderata ma secca di Charlie. Prima che la strega o anche Misha potessero ribattere, augurò la buonanotte e s'incamminò lungo il corridoio. Aveva troppa fretta di tornare da Kari, l'aveva lasciata sola per un'eternità.
Prima di entrare nell'area di massima sicurezza si accertò che nessuno l'avesse seguito, ma era solo. Si affacciò alla porta della camera della ragazza drago: la vide nella luce bassa data dalle torce nel corridoio, rannicchiata a terra. Probabilmente dormiva.
Fece per entrare, ma poi gli venne un'idea e corse fino agli spogliatoi, dove sapeva che si tenevano sempre alcuni abiti di ricambio, e cercò qualcosa che potesse andare bene alla sua amica; i vestiti che aveva indosso al momento erano ormai al limite, a causa delle trasformazioni, e di certo sostituirli con qualcosa di pulito le avrebbe fatto molto piacere.
Tornò dove l'aveva lasciata ed entrò nella stanza, indeciso se svegliarla o se lasciarle semplicemente i vestiti e ripresentarsi al mattino, dopo una buona dormita. Ne aveva bisogno lui stesso, e dopo un mese lontano dalla sua casetta non vedeva l'ora di affondare nel suo letto e staccare il cervello per un po'.
La guardò con più attenzione: era molto serena, forse stava facendo un sogno bellissimo. Non aveva senso interromperla, perciò decise di girare sui tacchi e fare marcia indietro; era quasi arrivato alla porta, quando si sentì chiamare.
«Ti ho svegliata? Mi dispiace» le disse piano.
Kari si mise a sedere e si stiracchiò. «Figurati, tanto non mi ci vorrà molto ad addormentarmi di nuovo» rispose con la voce impastata di sonno. Che tenera, pensò Charlie.
«Piuttosto», continuò la ragazza drago, «ho fatto un sogno molto strano».
Al mago balenò in mente l'idea che si fosse convinta di aver sognato la mutazione e tutto il resto e rimase di sasso. Doveva dirle la verità prima che s'illudesse di essere tornata normale e di non aver mai vissuto quella strana avventura.
«È tutto vero, mi dispiace» si scusò ancora, senza sapere cos'altro aggiungere.
Lei lo fissò con aria stupita, per poi mettersi a ridere a crepapelle: «Davvero vai in giro con un costume di paillette rosa e un cappello di piume?» spiegò quando riuscì a prendere fiato.
«Cosa?!» gridò Charlie preso di sprovvista, prima di cominciare a ridere come la ragazza. «Allora non credi che tutto quello che ti è successo sia solo un sogno, vero?» domandò poi quando si fu ripreso.
«Sono avvenuti troppi cambiamenti, temo, per convincermi con così poco. Avanti, siediti» gli fece segno Kari.
A quell'ora, la camera sembrava ancora più spoglia; non vi erano mobili, e la ragazza dormiva su un pagliericcio in un angolo. Charlie ad un tratto si sentì in colpa per quella soluzione tanto spartana; in simili condizioni, era fin troppo facile pensare di essere prigionieri.
Tentò di scusarsi, ma lei lo interruppe: «Non sono una bambina, Charlie. Visto come mi comporto negli ultimi tempi, è comprensibile che non vogliate rischiare dei danni alla vostra struttura. Non è così male, anche se a volte gradirei avere qualcosa da lanciare contro il muro per sfogarmi un po'».
Il mago non poté fare a meno di sorridere; il suo atteggiamento era cambiato parecchio in pochissimo tempo, forse mentre lui era stato via Kari aveva riflettuto su tutta la vicenda e aveva deciso di mostrarsi più forte di quanto aveva fatto fino a quel momento.
«Posso farti vedere una cosa?» chiese la donna all'improvviso.
Alla risposta affermativa di lui, si voltò e gli mostrò la schiena, indicando la propria spalla sinistra. Charlie strabuzzò gli occhi alla vista del tatuaggio, un drago stilizzato, lungo e sottile come quelli cinesi.
«Non me n'ero accorto» mormorò il mago sorpreso. Di tutti i disegni che avrebbe potuto scegliere, perché proprio quello?
«Me lo immaginavo. Ero bambina quando mi hanno raccontato le prime storie sulle streghe, sui cavalieri del Medioevo e, ovviamente, sui draghi; ne sono rimasta subito affascinata, e da adulta mi sono decisa a farmi tatuare questo dopo...» fece una pausa, ringraziando che girata in quel modo il suo nuovo amico non potesse notare le sue guance arrossate; no, non poteva raccontargli anche quella storia, non ancora almeno. «In realtà ha un significato un po' scaramantico, doveva farmi da protettore, guardarmi le spalle».
Il destino sapeva essere ironico, non c'era dubbio. «Non rimarrai a lungo qui» commentò a voce alta all'improvviso, forse più a convincere se stesso che la ragazza. «Tanto per cominciare, non appena perfezioneremo la pozione e le giuste dosi da somministrarti potrai avere una stanza più confortevole».
Kari non rispose subito; sembrava assorta nei propri pensieri, ma per Charlie non fu molto difficile comprendere quali domande la torturassero. Di certo voleva sapere quando sarebbe potuta tornare a casa, per dirne una, o se il mago aveva qualche idea su chi l'aveva ridotta in quello stato.
Da parte sua, si sentiva davvero impotente; non aveva risposte, se non promesse di una futura quanto nebulosa libertà. E con Misha, tanto ansioso di liberarsi di lei, non avevano neanche parlato dell'Oblivion a cui quasi sicuramente avrebbero dovuto sottoporla. Una Babbana non poteva sapere tante cose sul mondo magico ed essere lasciata andare senza che prima si fossero eliminati i suoi ricordi.
Lo statuto di segretezza internazionale parlava chiaro, ma in fondo era una sola persona, e sembrava in gamba... Charlie sbuffò, sentendosi la testa scoppiare.
Lo sguardo della ragazza drago non l'aveva perso di vista per un istante, scrutandolo con tanta attenzione da innervosirlo. «Mi fido di te», disse alla fine Kari con voce sempre meno decisa, come a spezzare la tensione, «ma... Devi capire quanto è difficile per me. Non è facile accettare tutto questo; ho paura del buio, per la prima volta nella mia vita, e del silenzio. Non lasciarmi sola, ti prego».
L'uomo alzò il capo di scatto, sentendo la ragazza sempre più sul punto di cedere ancora una volta; si era dimostrata forte, o almeno ci aveva provato, eppure ora tornava il terrore, quell'ansia che era sempre pronta a catturare le proprie vittime in un soffio.
Pochi maghi meglio di lui avrebbero potuto capire quello stato d'animo, lui che durante la seconda guerra era stato quasi costretto a rimanere in Romania, lontano dalla sua famiglia, da ogni persona a lui cara, spesso senza avere notizie.
E Kari, lei aveva qualcuno che la stava aspettando a casa? Probabilmente un uomo che non aveva notizie della sua amata da più di un mese e che era in pena... Non era il momento di agitarla ancora di più, si disse, le avrebbe chiesto della sua famiglia in un altro momento.
«Ti prego, non lasciarmi sola» ripeté la ragazza cercando la sua mano sul pavimento.
Non poteva deluderla. Charlie sapeva solo questo: abbandonarla per tutta la notte con i suoi incubi sarebbe stato dannoso e sciocco, ora che Kari cominciava ad avere un maggior controllo delle proprie emozioni.
Sospirò, già sicuro che il mattino seguente Misha gli avrebbe tirato le orecchie fino a farlo pentire della propria decisione. «Va bene, ma dovrai avere pietà della mia povera schiena» disse afferrando nella tasca dei jeans la sua bacchetta.
Annuendo, Kari si fece da parte, senza sapere cosa aspettarsi; un istante dopo, al posto del pagliericcio vi era un comodo letto. Cercò di capire cosa l'avesse più colpita, se l'azione in sé, o la rapidità con cui il mago aveva compiuto quell'incantesimo. Era davvero incredibile ai suoi occhi!
Charlie si sedette e iniziò a sfilarsi le scarpe, sorridendo, ma poi mosse ancora la bacchetta e i letti diventarono due. «Giuro solennemente di non avere cattive intenzioni» recitò facendo il verso a un vecchio amico, «ma se dormissi tutta la notte sul pavimento domani non ci sarebbe modo di tirarmi su. Ah, perdonami anche per il cattivò odore» scherzò indicandosi i piedi».
Poi le passò il cambio di vestiti che le aveva portato e chiuse gli occhi per permetterle di cambiarsi senza vergogna.
Aveva già visto abbastanza, in fondo, date le pessime condizioni in cui si trovavano i vestiti della ragazza drago; era stata dura non farci caso fino a quel momento, sebbene la curiosità per la storia della sua amica e la preoccupazione per le sue condizioni avevano avuto il sopravvento, ma ora che erano così vicini e si stavano per infilare nello stesso letto...
Kari ridacchiò. «Grazie. Questi ormai erano a brandelli, anche se fino ad ora non ci avevo fatto molto caso: sai, quando mi trasformo la mia pelle diventa così spessa che è difficile rendermi conto di cosa ho addosso. Ho fatto» aggiunse alla fine per far sapere al mago che poteva aprire di nuovo gli occhi. «Cercherò di non ridurre a brandelli anche questi».
«Impediremo che avvenga» rispose Charlie con un sorriso. Attese che la ragazza s'infilasse sotto le coperte per sdraiarsi a sua volta. La ragazza sembrava imbarazzata, come se trovasse strana quella situazione, per quanto fosse contenta per la presenza dell'uomo accanto a sé.
Rimasero qualche minuto a fissarsi, inquieti, poi Kari allungò una mano e prese quella di Charlie.
«Draghi, magie, incantesimi...» mormorò senza riuscire a sorridere, questa volta. «Ancora non posso credere che sia capitato a me».




Eccomi di nuovo qua... Ci siete ancora o vi ho stancati? Spero di no, ci sono ancora un sacco di sorprese in questa storia!
Grazie a _Mary, che continua a recensire... Kari continuerà a sorprenderti, vedrai! ^_^

A sabato prossimo, con Un drago imbarazzato, dove Charlie deve scontrarsi con il suo collega orso, che oltre a fargli la ramanzina gli dà un'idea per proseguire le indagini.
A presto!

Rowi

 

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Capitolo 15
*** Un drago imbarazzato ***


Charlie si svegliò molto rilassato, la mattina dopo, sentendo una piacevole sensazione di calore al suo fianco, come una persona...
Il torpore del risveglio svanì in un istante a quel pensiero: Kari era accoccolata contro di lui e dormiva profondamente. Quella situazione proprio non gli tornava; aveva creato due letti separati ieri sera, perciò com'era possibile che si trovassero tanto vicini? Tra i loro giacigli, quando aveva chiuso gli occhi, c’era almeno un metro buono di vuoto!
Si sfilò dall'abbraccio con la ragazza cercando di fare piano così da non svegliarla, s'infilò le scarpe e si alzò, cercando di capire cos'era successo dopo che si era addormentato.
I due letti erano stati avvicinati, e non era difficile immaginare grazie a chi; probabilmente durante la notte la ragazza aveva preferito avvicinarsi a lui, forse aveva avuto un incubo, forse era meglio non sapere che le era preso. Bah, le avrebbe chiesto più tardi, ora voleva andare a casa e farsi una bella doccia.
Per fortuna che nessuno li aveva visti, sospirò Charlie... E solo in quell'istante si rese conto che al di  là del vetro c'era un ghignante Misha che gli faceva ciao con la mano.
Per Merlino, e si era lamentato della giornata precedente? L'equivoco di quella mattina batteva Greta e le sue domande e la riunione protrattasi fino a tarda sera, e anche di parecchio!
La sospirata doccia andava a collocarsi dopo la spiegazione con il suo orso preferito, sperando che il suo amico non gli avrebbe fatto pesare troppo ciò che aveva appena visto.
Uscì dalla camera di massima sicurezza con una mano tra i capelli, ancora mezzo addormentato. Misha era scomparso, ma sapeva benissimo dove l'avrebbe trovato, nell'ufficio che condividevano, approfittando del fatto che Greta sarebbe arrivata soltanto un'oretta dopo.
Era abitudine nel centro che chi si occupava in prima persona dei draghi e delle attività pratiche si presentasse sul lavoro molto presto, dando il cambio a chi faceva il turno di notte per evitare qualunque problema, mentre chi stava nell'amministrazione, chi si occupava degli appuntamenti, degli impegni, delle pubbliche relazioni e simili aveva un orario più morbido.
Proprio per questo Charlie voleva affrontare l'ultimo problema sorto prima che l'edificio si riempisse di gente, approfittando della quiete e del silenzio che c'era a quell'ora, per poi occuparsi degli impegni giornalieri in tutta tranquillità. Sembrava quasi volare lungo il corridoio che conduceva gli uffici, quasi come se sentisse il bisogno di discolparsi per quello che Misha aveva visto.
Aveva indovinato, il suo amico lo stava aspettando appoggiato alla sua scrivania, apparentemente tranquillo sebbene, Charlie ne era sicuro, non vedesse l'ora di sentire la sua spiegazione. Entrò lentamente, sentendosi colpevole come non mai; Misha aveva questo potere, lo stesso che sua madre aveva cercato di detenere per anni senza mai riuscire.
Povera Molly, con quei terremoti dei suoi figli non c'era mai stato verso di ottenere un minimo di pentimento per tutte le marachelle commesse in tanti anni!
Per un attimo gli passò nella testa l'idea che il collega non fosse interessato a quella sciocchezza, e provò a sedersi al proprio posto, deciso a concentrarsi solo sulla tazza di caffè che aveva appena fatto apparire dal nulla. «Buongiorno» mugolò prima di soffiare sulla bevanda bollente e iniziare a sorseggiarla.
Illuso, sembrava dire la faccia di Misha. «Allora, ne vuoi parlare spontaneamente o ti devo mettere sotto torchio da subito? Se vuoi ti lascio finire il caffè...»
Colto alla sprovvista, Charlie sputò il liquido che aveva in bocca. Dannazione, non c'era mai pace!
«Non è successo niente, se è questo che vuoi sapere: non voleva rimanere da sola tutta la notte, e abbiamo dormito insieme. Solo dormito», ripeté notando l'espressione incredula dell'amico, «e nient'altro!»
Ormai Misha rideva apertamente, indicando le orecchie paonazze dell'amico inglese. Almeno, così credeva l'interrogato: conoscendo le caratteristiche di famiglia, era ovvio che le avesse rosso fuoco, come sempre nei momenti d'imbarazzo.
«Adoro questo tuo bisogno di giustificarti, altrimenti non ti pungolerei così» confessò il mago rumeno, che ormai tratteneva a stento le lacrime per le gran risate.
Charlie iniziava a irritarsi, sentendosi preso bellamente in giro. Figuraccia a parte, l'argomento in questione avrebbe dovuto essere molto serio! «Gli anni d'esperienza con mia madre ormai fanno scattare subito sulla difensiva, che vuoi farci. Ad ogni modo, non farti idee sbagliate».
«Se la tua presenza la aiuta a tranquillizzarsi, puoi anche farle i massaggi e la manicure, per quel che m'interessa» rispose una volta ripreso Misha, avvicinandosi all'amico. «Lo sai come la penso sulla sua presenza qui».
Certo che lo sapeva, Charlie ormai si sarebbe potuto fare la predica da solo! «Non possiamo discuterne ancora, Misha, soprattutto non adesso: ti ripeto che ha bisogno di aiuto, non posso lasciarla andare sperando che non uccida nessuno».
Forse aveva esagerato, il suo amico certo non diceva sul serio, ma quel modo di fare antipatico che usava per convincerlo mandare via Kari non gli piaceva per niente.
«Nessuno ti chiede di farlo» rispose l'altro, stanco quanto lui di simili discussioni. «Appoggiati agli Auror, loro potranno scoprire i colpevoli con meno impicci e senza mettere a repentaglio il lavoro di tante persone».
Charlie vuotò la tazza in un sol fiato e fece Evanescere la tazza, sebbene con troppa energia; una piccola bruciatura comparve sulla scrivania, segno della rabbia del mago. Era un brutto segno se aveva difficoltà a controllare un incantesimo tanto semplice, Misha lo sapeva bene.
«Certo», sbottò, «e nel frattempo gli esperti del Ministero si divertiranno a studiarla come un simpatico esperimento. E poi chissà, tra qualche tempo un pazzo fanatico proporrà di creare un’armata di soldati drago come difesa, e le cose non faranno che peggiorare».
Era un quadro piuttosto tetro, Charlie se ne rendeva conto, ma le sue passate esperienze gli avevano insegnato a non sottovalutare ogni possibile minaccia.
Misha scosse il capo, incredulo a ciò che stava ascoltando. «Corri troppo con la fantasia, amico mio: studiare le possibilità che una trasformazione del genere nasconde…»
«Non esagero affatto!» gridò Charlie senza curarsi d'interromperlo, ormai furente. «Basta un niente perché anche le più incredibili scoperte degenerino in armi micidiali: e se un mago oscuro riuscisse a usare la ragazza per i suoi scopi? Non voglio creare la circostanza perché un novello Voldemort metta l’Europa a ferro e fuoco, non con quello che ho passato».
Gli tremavano le mani, al ricordo del mago oscuro che aveva seminato il panico nel suo paese d'origine vent'anni prima, delle persone a cui aveva dovuto dire addio, alla disperazione che lui e la sua famiglia avevano provato; si era ripromesso di fare tutto il possibile per evitare che accadesse di nuovo, soprattutto se le armi designate fossero state i suoi amati draghi.
«Charlie, che fossero maghi o Babbani a combattere una guerra l’abbiamo vissuta tutti anche qui. Non comportarti come se fossi tu l'unico sopravvissuto» sospirò Misha senza arrabbiarsi.
Forse era stato il tono calmo con cui era stato riportato al presente, ma fatto sta che il mago inglese si calmò in un istante, sentendosi in colpa per quello sfogo insensato. «Scusami, è che…»
Per fortuna il suo amico era fantastico e sapeva perdonargli la sua stupidità. «Non devi spiegarti: hai perso un fratello in guerra, è ovvio che tu voglia evitare che un nuovo conflitto possa sconvolgere tutto quello che abbiamo. È umano».
Turbato, Charlie annuì, grato all’amico per aver interpretato male le sue parole; era vero, aveva perso Fred nell’ultimo conflitto magico, ma per quanto il fratello gli mancasse in quel momento non stava pensando a lui, bensì a una persona che forse gli era ancora più cara.
Misha lo fissò severamente. «Quella donna però deve andarsene al più presto, rosso, su questo non si discute».
Erano tornati alla normalità, con i soliti appellativi e le battute. Per fortuna: confessare cosa stava attraversando davvero i suoi pensieri gli sarebbe costato non poco, altro che spiegare perché era stato beccato in un letto con Kari. «Non pensi che la stia aiutando per portarla a letto, vero?»
Tornando a sogghignare, Misha gli appioppò una pacca sulle spalle delle sue.
«No, Charlie: non saresti qui, in tal caso, ma a fare da colazione agli Spinati se mi fosse venuto anche il solo sospetto».
Anche all'inglese scappò da ridere, pur sapendo che il suo collega sarebbe stato capace di mantener fede a quella promessa. Con lui non c'era da scherzare sulle cose serie, mai. «Non tradirei mai la tua fiducia, lo sai» ribadì a quello che ormai considerava un fratello; ne avevano passate tante insieme che non avrebbe potuto essere altrimenti.
Misha sorrise. «Lo so, rosso, ma ora chiudiamo questo momento melodrammatico e torniamo alle cose serie, tipo a quanto tempo si fermerà qui la tua ragazza drago».
Non è la mia ragazza, fece per rispondere Charlie, ma poi rimase in silenzio, preso dai propri pensieri; si era appena reso conto che gli sarebbe dispiaciuto non avere più nulla a che fare con Kari. Ancora non poteva dire di conoscerla, tutt’altro, eppure gli aveva dato la sensazione di un tipo in gamba: e se non era forza d'animo quella con cui stava affrontando tutto quel casino...
«Ehi, Charlie: mi ascolti o no?»
Il vocione burbero di Misha lo riscosse. «Eh? Cos’hai detto?»
«Ti ho mai detto che è un vero piacere parlare con te, rosso? Si ricevono risposte davvero interessanti» commentò l'altro, ironico. Per fortuna che sul campo con i draghi l'inglese riusciva a rimanere concentrato sul presente, o sarebbe stato arrostito per bene già da tempo! «Ti ripeto il concetto: forse mi è tornata in mente una traccia per capire che diavolo è successo a quella ragazza. Hai mai sentito parlare dell’Isola dei Serpenti?»
Charlie fece segno di no con la testa, confuso: aveva sentito parlare di un’isoletta con quel nome, uno sputo di terra nel Mar Nero sotto il cui suolo si trovava qualche forma di combustibile per cui i Babbani erano pronti a qualunque scorrettezza diplomatica, o almeno così aveva letto su un giornale locale, ma niente di più.
«Raccontami, su» rispose incuriosito. Se c’era un qualche genere d’indizio per scoprire cos’era successo a Kari, voleva esserne subito informato.
Il suo amico afferrò la bacchetta dal piano della scrivania e iniziò a tracciare delle linee a mezz’aria, andando a formare una carta della Romania. «L’isoletta è questa qui», commentò indicando un punto preciso della mappa, «e ci sono leggende che parlano della presenza di draghi e serpenti marini. Non so, sono molto vaghe… Però potrebbe esserci una connessione».
Era una traccia molto incerta, riconobbe Charlie, ma era sempre meglio di niente; poteva fare un salto a casa, darsi una sistemata e mettersi in viaggio; con la Metropolvere arrivare dall’altra parte del paese era questione di un paio di secondi, del resto.
Propose l’idea a Misha, che non ebbe nulla in contrario. «Porterò io la colazione e il sonnifero potenziato alla tua ragazza, allora. Speriamo che non sia troppo arrabbiata non trovandoti più lì con lei, o passerò un brutto quarto d’ora!»
Il mago non aveva ancora finito di parlare che già rideva senza freno viste la faccia e la reazione irritata dell’amico. «Sei troppo permaloso oggi, rosso… Vai a fare questa gita, indaga e torna tutto intero: mi occuperò io di tutto in questa gabbia di matti».
E mugugnando su quanto avrebbe fatto meglio a cercarsi un lavoro in un circo, Misha uscì dall’ufficio sotto lo sguardo di un Charlie più che basito.
 
 

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Capitolo 16
*** L'Isola dei Serpenti ***


Isola dei Serpenti, bah! Sputo di Terra sarebbe stato un nome più adatto per quella specie di scoglio.
Charlie si strinse nella giacca, ringraziando se stesso per aver dimostrato abbastanza furbizia prima di uscire da infilarsi l’ultimo maglione di lana ricevuto in dono lo scorso Natale dalla madre, visto con quanta violenza il vento spazzava la piccola isoletta. Faceva davvero un freddo da draghi, pensò sfregando le mani tra loro.
Il mago aveva fatto un salto a casa ed era rimasto per più di mezzora sotto il getto bollente della doccia a pensare: stavano succedendo troppe cose in così poco tempo…
La ragazza drago era una Babbana, come aveva sospettato fin dall’inizio, e sebbene la sua incalzante parlantina cercasse di nasconderlo era evidente che soffriva molto nella sua nuova condizione.
Kari si rifiutava di raccontargli quel che ricordava, almeno per quel momento, e lo scarso istinto di sopravvivenza che Charlie possedeva suggeriva di non tentare un altro Legilimens senza il suo esplicito permesso. Il Veritaserum era ancora fuori questione e così sarebbe rimasto fino a che non avessero capito che le era capitato; quella schifezza aveva già tanti effetti collaterali sui semplici umani, chissà che avrebbe scatenato in quel caso!
«Se volete seguirmi, signori» trillò la guida turistica in direzione del suo gruppo; Charlie aveva pensato che sarebbe stato sospetto apparire direttamente sull’isola, visto quant’era piccola e scoperta, così aveva cercato una cittadina da cui partissero battelli per i tour organizzati e si era accodato alla prima comitiva che aveva incontrato.
Di certo non riusciva a passare per un semplice turista, intabarrato nel suo cappotto in pelle di drago sintetica, ma non era riuscito a escogitare di meglio; inoltre, una spiegazione della storia dell’isola sarebbe stato utile, e se avesse trovato una comunità magica, per quanto ristretta, avrebbe potuto approfondire le sue indagini.
«L’Isola dei Serpenti, come tutti voi saprete, è stata base per la civiltà greca già alcuni secoli prima di Cristo, come testimoniano le rovine dei templi; il più importante è di certo quello dedicato ad Achille. Sapevate, signori, che esiste una versione minore dell’Iliade secondo cui Teti, la madre dell’eroe greco, trasportò le spoglie del figlio e del compagno Patroclo fino a queste rive?»
Molti dei turisti annuirono con convinzione e accanto a Charlie un vecchio signore che esibiva al collo una macchina fotografica dal lungo obiettivo mormorò addirittura qualche verso in italiano. Il mago riconobbe la lingua, che aveva sentito usare molte volte al centro di ricerca, pur senza riconoscere nemmeno una parola.
Da parte sua, si sentì molto ignorante; molti aspetti della cultura babbana rimanevano un mistero per lui.
Non aveva mai avuto l’occasione di studiare all’infuori di Hogwarts: non aveva frequentato le elementari, come succedeva a ogni bambino di famiglia Purosangue, preparandosi in casa sotto l’occhio attento e severo della madre per la scuola dei maghi.
A volte le mancanze nella sua conoscenza lo mettevano in imbarazzo, soprattutto nei confronti dei parenti e dei colleghi che si destreggiavano in entrambi i mondi, babbano e magico, ma la cosa poi non era tanto terribile, curioso e desideroso d’imparare e conoscere cose nuove com’era per natura.
Esistevano alcune cose, tuttavia, che lo lasciavano senza parole: suo fratello Ron con la patente, ad esempio.
Trattenendo una risatina all’idea, soprattutto al pensiero della povera Hermione costretta ad andare in macchina con quel campione di autocontrollo che era Ronnino, Charlie tornò a concentrarsi sulle antiche rovine che la guida stava ancora illustrando.
Ciò che rimaneva dei templi si stagliava contro il blu del cielo e del mare, testimone del lento scorrere del tempo. Vi erano stati uomini e donne a fare offerte davanti a un altare, magari proprio lì dove si trovava lui in quel momento?
Qualcuno aveva di certo pregato dei ed eroi mitologici per ottenere il loro favore…
Charlie scosse il capo e rivolse lo sguardo altrove: i reperti archeologici lo mettevano sempre a disagio, portandolo a perdersi in quelle riflessioni senza fine.
Doveva darsi una svegliata, pensò. «Mi scusi, perché l’Isola dei Serpenti porta questo nome?» chiese all’improvviso approfittando della pausa che la donna che accompagnava il gruppo turistico aveva fatto.
La guida si voltò e gli sorrise in modo esagerato, tanto che Charlie maledisse una volta di più il fascino Weasley di cui era inconsapevolmente portatore. Almeno, così assicurava George.
«Beh, perché sull’isola sono presenti molte varietà di serpente o, almeno, così era un tempo» rispose la Babbana cortesemente.
A lui sembrava impossibile che su un simile scoglio, così piccolo e piatto, potessero nidificare tanti rettili come gli aveva appena detto, figuriamoci una colonia di draghi! «E non esiste nessun’altra spiegazione, secondo lei, magari più folkloristica, legata a qualche leggenda?»
Sperava in qualcosa, un piccolo indizio, magari anche dei grandi serpenti marini di cui molti popoli antichi parlavano nei loro miti e di cui si occupava una squadra di ricerca del suo stesso centro. L’idea dei draghi acquatici gli piaceva moltissimo, sebbene ancora non avessero trovato prove che sostenessero le loro teorie.
Sorpresa dalla domanda che gli era stata posta, la guida si fermò per un attimo a riflettere, per poi scrollare il capo quasi dispiaciuta. «Non che io sappia, ma è un argomento affascinante: farò qualche ricerca in merito e poi le farò sapere, signor…»
«Weasley, mi chiamo Charlie Weasley» rispose scocciato il mago ordinando a se stesso di fare attenzione a non lasciare a quella donna numeri o indirizzi di qualunque genere. Il mese di appuntamenti che era appena terminato gli sarebbe bastato per un bel po’.
La guida sorrise ancora e poi riprese il giro, portando con sé i turisti; piuttosto deluso, Charlie lasciò sfilare tutta la comitiva, che camminava a rilento per via della quantità di foto che molti dei partecipanti alla gita scattavano in ogni direzione.
Uno di loro si voltò verso il mago e lo immortalò senza preavviso, accecandolo con il flash. Probabilmente la didascalia sarebbe stata Il tizio che ha posto domande intelligenti.
«Hai posto la domanda giusta, ma alla persona più sbagliata di questo mondo, ragazzo» mormorò piano e tuttavia con decisione una voce alle sue spalle.
Ancora un po’ stranito, Charlie si girò per capire chi aveva parlato; si trattava di un uomo non troppo alto, anziano nei capelli bianchi e nelle rughe che gli segnavano il viso. Aveva un’aria familiare, anche se non riusciva a capire perché, e al mago trasmise un senso di forza e risolutezza.
«Come ha detto, prego?», domandò confuso: chi era quell’uomo, e perché gli aveva rivolto la parola?
Il vecchio ridacchiò, divertito. «Non fare il finto tonto: sei venuto qui alla ricerca di un qualsiasi collegamento ai draghi, non ho ragione forse? Lasciami dire che ti sei dimostrato un vero ingenuo, però; chiedere informazioni alla guida dei Babbani? Pessima, pessima idea, ragazzo» concluse scuotendo la testa con aria delusa.
Lo aveva chiamato ragazzo per la seconda volta in meno di un minuto, notò Charlie, lottando con se stesso per non mettersi a ridere; a dicembre avrebbe compiuto quarantacinque anni, perciò sentirsi appioppare quel nome gli sembrava ormai assurdo.
Tuttavia, sentiva di aver incontrato la persona giusta per la sua ricerca. «E se io proponessi la domanda a qualcun altro, a lei per esempio?» chiese incalzante, ormai vinto dalla curiosità: voleva conoscere le storia a cui aveva accennato Misha, senza però scendere nei particolari, e scoprire se su quell’isoletta c’era qualche collegamento con la mutazione a cui era costretta Kari.
Il suo interlocutore lo fissò sfoggiando un sorriso indecifrabile, poi incrociò le braccia sul petto e scrollò le spalle. «Potrei conoscere le risposte che cerchi, ma si dà il caso che non sia uno sprovveduto come te: su quest’isola abbiamo i nostri segreti e non è nostra abitudine raccontarli al primo arrivato», rispose asciutto, «ma potremmo fare un’eccezione proprio per te, Charlie Weasley».
Il gruppo di turisti era ormai lontano anni luce e la mente di Charlie era tutta concentrata su quello strano uomo: lo conosceva già o aveva semplicemente sentito il suo nome mentre si presentava alla guida? E perché lo trattava con tanta familiarità?
Anche con quei dubbi, tuttavia, la sensazione di aver incontrato la persona giusta era sempre più forte. Doveva scoprire tutto ciò che l’isolano gli nascondeva dietro quel ghigno divertito.
«Va bene: che cosa devo fare per guadagnarmi la tua fiducia?»
Il vento continuava a spazzare il territorio senza pietà, rintronando le orecchie dei due uomini. Anche ben coperto com’era, Charlie iniziava ad avvertire il freddo pungente e non desiderava altro che entrare alla casa del faro o in un’altra delle costruzioni presenti per riscaldarsi un po’.
Anche l’abitante dell’isola sembrava della stessa idea, tuttavia continuava a sorridere, sempre intento a studiare il nuovo arrivato.
«Vieni, inglese, ti mostrerò una cosa» disse alla fine il vecchio facendo segno al mago perché lo seguisse, senza prestare attenzione alla domanda che gli era stata posta.
Il mago fece per ubbidire, quando qualcosa lo mise sull’attenti: un momento, come l’aveva chiamato adesso? Sembrava proprio quel matto di…
Charlie si fermò all’improvviso, sconvolto dal pensiero che gli era appena passato per la mente: no, non poteva essere vero; non l’avrebbe di certo mandato così allo sbaraglio, nel caso, non gli poteva volere tanto male.
«Allora, vuoi seguirmi o no? Credevo che fossi qui con uno scopo!»
Sì, il sarcasmo era inconfondibile: ma com’era mai venuto in mente a Misha di spedirlo a conoscere qualche suo parente senza anticipargli nulla? Quella sera lo avrebbe sistemato a dovere, lui e i suoi modi misteriosi. Chissà cosa aveva da nascondergli per agire in modo tanto misterioso…
Il vecchio prese un sentiero che portava allo strapiombo: l’isola era un complesso roccioso, un praticello verde posato su una parete di pietra scura, tanto che a Charlie, arrivando dalla terra ferma, aveva ricordato molti paesaggi delle coste inglesi e irlandesi. Ad un certo punto, però, l’uomo sembrò scomparire nel nulla, come se si fosse gettato nel vuoto, tanto che il mago inglese corse a vedere cosa stava accadendo, sconvolto, e con sua grande sorpresa notò la sua nuova guida intenta a scendere una lunga scalinata nella roccia viva.
«Ma che diavolo… Non me n’ero accorto arrivando dal mare» si lasciò sfuggire, ormai preso dallo stupore.
Divertito, l’uomo più anziano gli spiegò che quel passaggio era protetto da ogni genere di barriera magica e Incantesimo di Disillusione conosciuto al mondo, tanto che anche per il più esperto dei maghi sarebbe stato difficile individuarlo da solo. «Le spiegazioni a tempo debito, però: ora arriviamo in fondo prima che il vento ci faccia cadere».
Sotto di loro, il mare ruggiva con ferocia sugli scogli lisci e scuri, infrangendosi in grandi schizzi di schiuma bianca. Charlie ebbe un senso di vertigini, proprio lui che adorava volare a grandi altezze, e cercò la parete fredda al suo fianco prima di vacillare pericolosamente. L’altro non diede segno di essersi accorto di nulla e proseguì, invitando così il mago a seguirlo alla svelta.
Finalmente i gradini terminarono e i due uomini si trovarono sulla soglia di una caverna. «Bene, siamo arrivati. Prima di proseguire, però» aggiunse il vecchio estraendo la bacchetta, «dovrò prendere le mie precauzioni».
Charlie era un po’ spiazzato: e ora che si era messo in mente? «Che cosa vuol dire?»
Il suo anfitrione ghignò, più inquietante che mai, e fece apparire una sottile lingua di fuoco. «Nessuno può entrare qui senza aver giurato sulla propria testa di non rivelare mai a nessuno i segreti che apprenderà nel corso della sua permanenza sull’isola».
Voleva che stringesse un Voto Infrangibile? Il mago dai capelli rossi fece un passo indietro, allarmato: altro che precauzioni, quello cercava di fargli la festa! «Non ci vuole un testimone per queste pratiche magiche?»
«Non è un Voto vero e proprio, Charlie, ma se vuoi sapere perché mio figlio ti ha spedito fin qui non hai altra scelta».
Frustrato dalla situazione in cui era andato a cacciarsi, Charlie sbuffò e strinse con forza la mano che il vecchio gli porgeva. «Giuro sulla mia testa di non rivelare ad anima viva i segreti di cui sarò messo a parte in questo luogo» ripeté meccanicamente; per quanto fosse eccitato e desideroso di entrare nella grotta, la segretezza che avvolgeva l’intera faccenda lo metteva a disagio.
Un cerchio di fuoco dorato circondò le loro mani e poi scomparve nel nulla, suggellando il giuramento.
«Molto bene, ora puoi entrare» disse tranquillo il signor Costel, prima d’illuminare con la propria bacchetta l’interno della caverna. Ciò che apparve agli occhi di Charlie aveva dell’incredibile: le pareti erano interamente incise e decorate da disegni molto complessi, che in alcuni punti erano accompagnati da iscrizioni per il mago indecifrabili.
Il segno più grande, che splendeva sulla parete in fondo, lo lasciò senza parole: era l’immagine di un uomo, ma aveva inequivocabilmente un paio di ali e una lunga coda. Sembrava colto nell’atto di volare, e una nuvoletta davanti alla sua bocca poteva essere uno sbuffo di fiamme.
Charlie sgranò gli occhi, sorpreso e felice allo stesso tempo: se quel disegno non rappresentava un essere simile a Kari, era pronto a mangiarsi un drago.
«Benvenuto sull’Isola dei Serpenti, rosso!»





Eccomi qua! Un po' in ritardo, ma oggi ho folleggiato alla Fiera del Libro di Torino e sono tornata a casa da un'oretta... Spero vi sia piaciuto anche questo, alla prossima!

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Capitolo 17
*** Il ritorno del drago ***


Eccomi di nuovo qua! Ciao Mary_, non so se questo capitolo soddisferà la tua curiosità... Staremo a vedere! Felice di ritrovarti ancora una volta!




La permanenza di Charlie sull’isola si protrasse diversi giorni, tanti erano i misteri che il signor Costel e i suoi familiari custodivano. Il mago accettò volentieri la loro ospitalità e decise di rimanere il più possibile, così da conoscere qualunque storia potesse collegarsi a Kari e alla sua trasformazione.
Scoprì cose incredibili, storie e leggende vecchie di secoli, ma anche di resoconti storici e di verità provate da documenti polverosi. Quando finalmente si decise a tornare sulla terraferma, la sua mente era piena di nuovi interrogativi e di pensieri pesanti.
Oltre al padre dell’amico, Charlie poté incontrare anche la signora Costel, che lo abbracciò subito come un figlio, lo lodò per essere una buona forchetta, si preoccupò vedendolo troppo magro e molto altro ancora. Era incredibile quanto la madre di un altro, per quanto premurosa e apprensiva, riusciva a risultare sempre migliore della propria.
La sera in cui Helena cercò di scoprire se era sposato o se almeno aveva la fidanzata, ricordando in modo pauroso la Signora Weasley, Charlie comprese che era arrivato il momento di tornare a casa.
Quando la Passaporta lo fece riapparire nel suo ufficio, come ormai stava diventando sua abitudine, Misha lo stava aspettando alla propria scrivania e teneva d’occhio l’orologio.
«In perfetto orario, come sempre mio padre non ha sgarrato di un secondo: allora, ti sei divertito sulla nostra bella isoletta?»
Ancora un po’ sottosopra per il viaggetto con la Passaporta, esperienza sempre spiacevole anche dopo aver acquisito una certa esperienza, Charlie sbuffò, incerto se parlare o meno: poteva raccontare all’amico cosa aveva visto e imparato o doveva mantenere il segreto anche con lui? Non dimenticava di certo il Voto fatto con il signor Costel: era impegnato a non rivelare alcun segreto scoperto sull’Isola, a costo della propria vita.
«Molto spaziosa e calda» commentò ironico alla fine, decidendo di rimandare i discorsi seri a un altro momento, se mai avesse potuto parlare. «Piuttosto, perché non mi hai avvisato che mi mandavi a casa dei tuoi genitori? Sono sembrato un cretino perché non ho riconosciuto tuo padre al volo».
Misha ridacchiò, per nulla dispiaciuto: quante storie per una piccola figuraccia! Certo, se fosse tornato sull’isola probabilmente sarebbe diventata un aneddoto imbarazzante, ma non era poi niente di grave. «È meglio spedire là i neofiti senza informazioni compromettenti, per ragioni di segretezza; non so se il mio affidabile e coscienzioso padre si è ricordato di spiegarti che nemmeno i burocrati del Ministero, né quelli rumeni né quelli ucraini, conoscono ciò che custodiamo sull’isola, come di certo capirai».
Charlie annuì, assente, sebbene avesse già capito che il suo amico non aveva nessuna intenzione di parlare dell’Isola dei Serpenti e dei misteri che la sua famiglia si era incaricata di custodire. «Potevi venire con me, allora: tua madre mi è sembrata molto dispiaciuta per la tua assenza».
Sapeva che Misha non avrebbe risposto, ma per una volta voleva essere lui a punzecchiare l’altro. «In questo momento è meglio che almeno uno di noi rimanga sempre qui, visto come vanno le cose» fu la laconica risposta che ottenne, infatti.
C’era dell’altro, il mago inglese se ne rendeva conto anche senza usare i suoi poteri: del resto, sull’isola il suo collega praticamente non era mai stato nominato, e la stessa signora Costel aveva fatto attenzione a fare il nome del figlio soltanto quando suo marito non era presente. Mah, forse era meglio non curiosare troppi in problemi di famiglia.
«Qui cos’è successo, invece? Tutto bene con Kari?» Meglio cambiare argomento, dimenticarsi per un po’ dell’Isola dei Serpenti e tornare alla ragazza drago; in ogni caso, che ci fosse un collegamento tra lei e ciò che aveva scoperto negli ultimi giorni o meno, era impossibile scoprirlo senza il suo aiuto. Finché lei avesse rifiutato di mostrargli i propri ricordi, Charlie si trovava al solito punto morto.
Sbuffando, Misha rispose che lui e quella strega non sarebbero mai riusciti ad andare d’accordo. «Non so come faccia a sopportarla tu, rosso! Io proprio non la posso soffrire: mi ha fatto l’interrogatorio su dov’eri e su quando saresti tornato, mi ha dato del bugiardo, le ho proposto di lasciare la camera di sicurezza e lei ha rifiutato di cambiare stanza… Per Merlino, che carattere impossibile!»
Detto da uno che poteva accudire cuccioli di drago per ore senza mai lamentarsi sembrava una lamentela davvero sciocca, non poté fare a meno di pensare Charlie, ma tenne il commento per sé. Così la ragazza drago aveva fatto il diavolo a quattro…
Misha riprese a parlare, sempre più infervorato: «Tutto questo è successo solo nei primi due giorni; poi la ragazza drago è caduta in una specie di letargo, sembra catatonica. Non so, forse per ripicca ho sbagliato le dosi della Pozione, è l’unica spiegazione che sono riuscito a darmi».
Ironico come sempre, sapeva essere inquietante come poche persone al mondo; tuttavia, era difficile credere che avesse volutamente combinato un simile pasticcio, così come che si fosse confuso nel compiere un incarico così particolare, visto quant’era attento di solito sul lavoro. Voleva liberarsi della ragazza drago, questo era sicuro, ma non avrebbe mai corso il rischio di farle del male per convincere Charlie a farla sloggiare.
L’amico ci pensò un po’, poi si avvicinò alla finestra. «Come sospettavo, è caduta la prima neve!», esclamò.
La radura di fronte all’edificio del centro di ricerca era tutta bianca, infatti, coperta da una spessa coltre di neve, ed era noto che per i draghi quell’evento era il segnale per chiudersi nelle tane a occuparsi delle proprie covate e a poltrire in letargo aspettando la primavera.
Sbigottito da quel commento, Misha si lasciò cadere su una sedia lì vicino: «Vorresti dire che sente l’arrivare dell’inverno come i draghi e si sta preparando per il letargo?»
Charlie annuì, per nulla sconvolto da quella scoperta. «Penso proprio di sì: forse possiamo sfruttare la cosa per diminuire le dosi di sonnifero da somministrarle, non è un bene continuare in questo modo. Ci manca solo che diventi dipendente da quella roba, non trovi?»
Si figurò Kari mezza addormentata nella camera di sicurezza: quanto era diventata simile a un drago, e quanto le sue abitudini si sarebbero modificate ancora?
Non lo sapeva, ma qualcosa gli suggeriva che non gli sarebbe piaciuto conoscere la risposta.
«Comunque, io e Ramon ne abbiamo approfittato per recuperare i campioni da spedire al tuo amico» aggiunse Misha al volo. «In cambio è arrivata un grosso pacco pieno di libri: ho dato un’occhiata e per lo più si tratta di testi sugli Animagi e sul rapporto tra ragione e istinto».
Indicò in un angolo dell’ufficio un grosso scatolone, a cui Charlie subito si avvicinò: afferrò il primo volume che gli capitò sotto gli occhi e lo sfogliò rapido; Rolf era il solito genio, forse in quei testi poteva trovare qualche sistema per far esercitare Kari a contenere il drago dentro di sé senza ricorrere alla Pozione!
Tornò a guardare il suo amico, che sembrava piuttosto scocciato; se era tanto nervoso anche solo a parlare della ragazza drago, era logico, pensò il mago, che non riuscisse a piacerle.
Probabilmente Kari avvertiva la paura che provava nei suoi confronti e si comportava di conseguenza, cioè, conoscendola, usando quella sua linguaccia un po’ sfacciata e tagliente. Si ritrovò a pensare che le era mancata in quei giorni…
Che sciocchezze, commentò tra sé e sé Charlie: non era certo il momento di perdersi in simili stupidaggini.
Fece per dire qualcos’altro a Misha, ma il suo sguardo torvo lo fermò: «Che c’è adesso?»
Sentiva aria di predica a distanza, ma ciò che l’amico rispose lo lasciò completamente di stucco. «Nulla, solo mi chiedo se sei lo stesso Charlie Weasley che sa ogni dettaglio riguardo a ciò che succede in questo centro e sul territorio della riserva» commentò asciutto l’altro, alzandosi e tenendo le mani in tasca; sembrava più deluso e amareggiato che arrabbiato. «Sei cambiato, negli ultimi tempi».
Offeso, Charlie si preparò a ribattere con energia; come osava solo pensare una cosa del genere? Lui amava quel posto più della sua stessa casa, avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere e anche di più pur di proteggerlo!
«Ma cosa dici?» sbottò con veemenza, alterato; rapidamente ricordò molti episodi in cui lui e Misha avevano fronteggiato problemi di ogni genere, insieme, spalla contro spalla, e quella sciocca accusa lo ferì ancora di più. «Io sono sempre lo stesso mago che lavora qui da un secolo!»
Ancora perfettamente convinto della propria opinione, l’altro andò a raggiungerlo accanto alla finestra e gli mise una mano sulla spalla. «No, non è vero: non te ne rendi conto? Guarda solo cosa è successo adesso: ti sei preoccupato solo della ragazza drago, senza chiedere nient’altro sui nostri lucertoloni o sui progetti in corso. Lo sai, ad esempio, che la tua Norberta ha distrutto l’intera covata?»
Quella notizia gelò Charlie. «Ha distrutto le sue stesse uova? Ma… Per quale motivo l’avrebbe fatto?»
«Abbiamo controllato ciò che è rimasto dopo che le ha calpestate: erano semplici gusci vuoti, non c’erano embrioni in fase di sviluppo. Una madre queste cose le sente e non perde tempo a covare, lo sai».
Certo che lo sapeva, nei tanti anni in cui aveva badato agli esemplari ospitati nella riserva il mago aveva visto diversi casi del genere e sapeva bene che era possibile, ma non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere dalla sua amata dragonessa; Norberta non era poi tanto anziana, era strano e preoccupante un evento del genere. Tornò a guardare fuori: forse la neve era arrivata troppo presto, o forse qualcosa…
Che fosse per Kari? Impossibile, la ragazza drago era arrivata al centro dopo che l’esemplare di Dorsorugoso aveva deposto le sue uova.
Eccolo di nuovo lì, sempre concentrato sulla stessa questione; gli costava da morire ammetterlo, ma forse Misha aveva ragione.
Povera Norberta… E aveva già detto a Hagrid della covata, ora come lo avrebbe avvisato che la prossima primavera non ci sarebbero stati draghetti? Forse con una foto dell’ultima schiusa sarebbe riuscito a ingannarlo, altrimenti il vecchio amico avrebbe sofferto come se avesse perso dei veri nipoti. Poi c’era la questione dell’accordo con i norvegesi, e la promessa di mandare alla loro riserva almeno una parte della nidiata; avrebbero di certo preteso di accertarsi della cosa personalmente, prima di accettare la sconfitta e sperare nella prossima stagione di accoppiamento.
Ripensò alla coppia di Dorsorugoso: forse il maschio era troppo vecchio, dallo stato delle sue scaglie doveva avere almeno un centinaio d’anni più di Norberta. Era colpa sua?
Charlie era distrutto e avvilito dalla consapevolezza di non essere stato presente al momento di crisi; quel suo interesse concentrato solo su Kari ora lo faceva sentire in colpa, come se fosse stata la sua negligenza a causare la perdita della covata.
Vedendo quanto l’aveva sconvolto, Misha sorrise e cercò di essere meno duro. «Non sta a me farti la predica, però ricordati che qui ci sono un sacco di altre cose da mandare avanti; prenditi mezza giornata libera e domani torna in forma, avremo un sacco di rogne tutte per te, così potrai redimerti e sentirti in pace con te stesso».
Senza smettere di rimuginare sulle critiche appena ricevute e sulla sua condotta nell’ultimo periodo, Charlie annuì e salutò l’amico, prima d’incamminarsi lungo il corridoio; in realtà, era indeciso tra seguire alla lettera il consiglio appena ricevuto e presentarsi subito da Kari. No, facendo visita alla ragazza drago avrebbe dato ragione una volta di più al suo amico: in fondo, era il direttore di tutta quella struttura, non poteva concentrarsi solo sul quel singolo caso, per quanto curioso e inquietante allo stesso tempo, senza curarsi delle altre faccende rimesse alle sue responsabilità.
Stava per tornare da Misha e chiedergli se si era già messo in contatto con i loro colleghi in Norvegia, quando una ragazza dall’aria familiare si fermò di fronte a lui e lo salutò ridacchiando: se non fosse stato per le scaglie sul viso e l’accenno di corna tra i capelli, forse il mago non l’avrebbe riconosciuta, forse avrebbe perfino potuto continuare a girare per l’edificio completamente indisturbata se non avesse attirato l’attenzione dell’amico su di sé.
L’ultima volta che Charlie aveva visto Kari, lei era ancora nelle stesse condizioni in cui l’aveva trovata, ma a dieci giorni di distanza la ragazza si era lavata e pettinata, riuscendo perfino a rimediare dei vestiti della taglia giusta: ora sembrava una persona normale, ad eccezione di quei dettagli che ricordavano a chi la guardava ciò che le era successo.
Più che altro, l’uomo notò che sembrava assolutamente tranquilla, come se non avesse paura di ciò che la circondava.
Ora la donna rideva di gusto alla faccia sbigottita dell’amico, che era rimasto sconvolto realizzando che stava curiosando in giro da sola, senza nessuno che la tenesse d’occhio. «Sai che né tu né Misha avete mai chiuso a chiave la porta della mia stanza? L’ho scoperto qualche giorno fa, e ora che non sembro più una pazza scappata da un manicomio posso uscire senza dare nell’occhio».
Bene, c’era da ringraziare Merlino e Morgana se Kari durante gli attacchi aveva dimenticato come usare le maniglie, pensò Charlie. Ora anche lui aveva un motivo per tirare le orecchie a Misha: d’accordo occuparsi degli altri impegni del centro di ricerca, ma dimenticarsi di chiudere la porta…
«Si può sapere come ti è saltato in mente di comportarti così? Mi sembrava che fossi troppo spaventata anche solo per vedere altre persone, quando sono partito» sbottò arrabbiato, prendendo quella piccola evasione come la goccia necessaria a far traboccare il calderone.
Per nulla intimidita, la ragazza drago fece spallucce: «Mi annoiavo, e da qualche tempo mi sento strana, dormirei tutto il giorno; inoltre, ho pensato che, anche se mi è accaduta una cosa terribile, ho avuto la fortuna di poter conoscere il mondo magico, il tuo mondo! Tu riusciresti a resistere a una simile tentazione?»
Lui che era curioso da morire per natura? Aveva chiesto alla persona sbagliata, riconobbe Charlie senza dirlo ad alta voce: era meglio non dire a Kari che nei primi tempi in cui lavorava lì aveva rischiato di farsi arrostire a puntino per essersi avvicinato troppo a un nido di drago.
L’aria sognante della donna lo costrinse a calmarsi, poco a poco, e a riflettere; in fondo lei aveva ragione, era anche impensabile continuare a tenerla chiusa in una gabbia senza permetterle di fare nulla…
«Facciamo così, ora torniamo nella tua stanza prima che qualcuno ti veda e poi risponderò a ogni tua domanda sulla magia» propose a Kari con un sorriso.
Poco gli importava dell’opinione di Misha: quella ragazza contava su di lui, e non l’avrebbe abbandonata per nulla al mondo.



Continua...

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Capitolo 18
*** Aria di casa ***


In breve tempo, la vita al centro di ricerca tornò a essere tranquilla come Charlie la conosceva: Kari faceva progressi lenti ma regolari, sotto l’attento controllo del mago che cercava di non perderla mai di vista. Le crisi erano ormai scomparse, tanto che i due avevano deciso insieme di ridurre il sonnifero che doveva controllare l’istinto di drago.
La ragazza era rimasta affascinata, passato il terrore iniziale, dalle bacchette magiche e dagli incantesimi che vedeva l’amico fare con una naturalezza incredibile, non si spaventava più per la presenza di una persona sconosciuta, ma piuttosto smaniava per uscire all’aria aperta.
Era difficile per Charlie spiegarle perché fosse meglio evitare altre avventure, vedendo quanto lei desiderava allontanarsi per un po’ dal laboratorio, eppure non poteva permetterle una cosa del genere, non se desiderava rimanere vivo: Misha, sicuramente, non sarebbe mai stato d’accordo, e la sola presenza della ragazza drago, per la quale Charlie ancora non aveva cercato una sistemazione alternativa, era motivo di discussione sufficiente tra i due amici.
Passò un’altra decina di giorni ma Rolf continuò a non scrivere, segno che l’analisi dei campioni presi da Kari andava per le lunghe; in fondo neanche il suo vecchio amico era un genio, né possedeva tutte le risposte del mondo, perciò l’impaziente Weasley dovette ammettere con se stesso di aver confidato un po’ troppo nella bravura del suo maestro e imporsi di stare tranquillo. Se perfino Kari non fremeva in attesa di quei risultati, chi era lui per comportarsi come una tigre in gabbia?
Avevano impegni con cui distrarsi, questo sì: cominciarono una serie di esercizi riportati in alcuni dei testi sugli Animagi ricevuti dall’Inghilterra, attraverso i quali la ragazza drago avrebbe dovuto raggiungere un maggior controllo dei suoi nuovi poteri, eppure lei stentava a fare progressi in quel campo. In realtà, la giovane donna rifiutava inconsciamente la sua capacità di trasformarsi, la facoltà di volare e gli altri talenti che le aveva conferito la mutazione, desiderosa com’era di tornare normale e poter dimenticare tutta quella faccenda.
Era frustrante, in parte, ma non riusciva ad applicarsi con impegno come le chiedeva Charlie, che si rivelò molto più desideroso di lei di rivedere il suo aspetto di drago o di insegnarle a controllare il getto del fuoco, o l’apertura delle ali in volo…
Avrebbe dato qualunque cosa per essere al posto di Kari, e questo faceva innervosire da matti la ragazza: come poteva trovare così bello e incredibile il suo stato di cavia da laboratorio?
Rischiarono più volte di litigare, quindi la ragazza decise che non avrebbe più tentato di usare volontariamente i propri poteri finché non fosse riuscita ad accettare quanto le era accaduto senza ribollire di rabbia, il che, probabilmente, non sarebbe mai avvenuto.
Discussioni tra loro a parte, si può dire che andava tutto bene; l’unico a non gioire dei miglioramenti dell’ospite era, ovviamente, Misha, che spingeva il compagno di lavoro perché le trovasse al più presto un’altra sistemazione, ma nemmeno la sua insistenza riusciva a minare il placido inverno che aveva avvolto dolcemente il centro di ricerca.
Certo, in breve tempo le nevicate sarebbero diventate molto più intense e le giornate sarebbero diventate brevi e gelide, eppure con quasi tutti i draghi sistemati per il letargo e le covate al sicuro buona parte degli impegni di Charlie erano sospesi fino alla primavera. Questo significava molto più tempo da dedicare alla sua amica, così da convincerla a trasferirsi a casa Weasley, Old Cottage: era l’unica possibile soluzione che Kari non avesse scartato a priori. La ragazza drago, infatti, si rifiutava di spostarsi in una delle tante casette attigue al laboratorio che negli ultimi anni erano state costruite per i dipendenti della struttura e le loro famiglie, sostenendo che non si sentiva ancora abbastanza sicura da mettere a rischio le vite di tante persone.
D’altra parte, la sua proposta di trovarsi un cottage isolato in cui abitare da sola non piaceva per nulla all’altro, che temeva per la sua incolumità in un ambiente sconosciuto e senza controllo; se avesse acconsentito a trasferirsi da lui, invece, avrebbe potuto seguirla proprio come faceva al centro, ma senza i continui sbuffi e rimbrotti di Misha, eppure Kari era titubante, come se vivere insieme al mago la turbasse in qualche modo. Donne, Charlie proprio non riusciva a capirle!
L’altra questione di cui si stavano occupando in particolar modo era capire se esisteva un motivo particolare per cui fosse stata presa proprio la giovane per sperimentare la mutazione.
Il mago insisteva nel fare domande che potevano aiutarlo a chiarire il mistero sulla famiglia di Kari, il suo passato, la sua storia; in realtà la sua era semplice curiosità, desiderio di conoscere meglio l’amica, ma non poteva certo confessarglielo.
«Sei sicura di non aver mai fatto magie di alcun genere?» chiese una mattina, mentre la ragazza faceva colazione. «Magari uno strano incidente, una piccola esplosione, un oggetto scagliato lontano o mandato in frantumi senza neanche toccarlo, in un momento di rabbia... Per i bambini e i maghi non addestrati sono episodi piuttosto comuni, ma per chi non sa di possedere simili poteri si tratta di coincidenze o distrazioni».
Kari finì la sua tazza di latte e cereali, quindi addentò un toast con la marmellata, sentendosi senza fondo; forse era il drago che, pur non manifestandosi nella trasformazione, aveva fame e la spingeva a mangiare tanto, visto che in genere consumava i pasti in fretta tra un turno e l’altro, oppure si dimenticava perfino di prepararsi il pranzo.
Quell’appetito era insolito, così come il desiderio di carne fresca, che razionalmente la disgustava, abituata alla sua dieta vegetariana, e tuttavia non riusciva a fare a meno di pensare che buon odore avesse Charlie, cercando di immaginare come sarebbe stato assaggiarlo. Non gliene aveva ancora parlato, preoccupata all’idea che non volesse più avvicinarla, ma la voglia di dargli un morso e togliersi la curiosità era sempre più forte.
Reprimendo una volta di più il suo nuovo, strano istinto, Kari si pulì la bocca con una manica della camicia e fece segno di no. «Che io ricordi no, mia nonna mi ha insegnato a leggere la mano, le foglie di tè e i fondi di caffè, quand’ero bambina, ma non credo si possa considerare una vera e propria magia» rispose quietamente.
Charlie sospirò, sentendosi dello stesso parere: non aveva mai studiato Divinazione né gli dispiaceva non aver scelto il corso a scuola, era troppo materialista, capace di credere solo in quello che vedeva. Tuttavia, sapeva che esistevano molte persone sensibili a determinate forze e arti magiche che però non si potevano considerare veri maghi e streghe. Ne era una prova Sibilla Cooman: quella donna si atteggiava a una vera Veggente, ma perfino nella battaglia finale della seconda guerra aveva preferito lanciare le sue preziose sfere di cristallo piuttosto che impugnare la bacchetta e usare dei veri incantesimi per combattere.
Non gli sembrava il caso di Kari, però, che ai suoi occhi appariva come una vera Babbana; non era possibile che una giovane strega fosse sfuggita al controllo del Ministero perdendo così l’occasione di studiare a una scuola per maghi, nemmeno con i bambini nati in famiglie senza poteri succedeva.
L’uomo non riusciva proprio a capire: la giovane donna era stata scelta proprio per le sue origini, oppure il rapimento nascondeva una nuova spinta razzista nei confronti di chi non poteva vantarsi della propria famiglia Purosangue? Con gli elementi che aveva in mano non gli era possibile andare oltre alle congetture, purtroppo.
Del resto, non doveva dimenticare neanche che Kari viveva con i genitori e due fratelli piuttosto giovani, e in più gli aveva raccontato che era sola, senza una relazione in corso; probabilmente era quella situazione che l’aveva resa interessante, chi l’aveva rapita doveva aver pensato che il padre anziano e i bambini non avrebbero smosso le acque per ritrovare la ragazza scomparsa. Forse le avevano anche intimato di non fare resistenza o avrebbero fatto del male anche alla sua famiglia; non poteva saperlo, però, visto che la diretta interessata ancora non si lasciava sfuggire una parola su quanto era accaduto.
Era quello il suo scopo principale, riuscire a farla parlare e chiarirsi un po’ le idee; se la ragazza drago si fosse decisa a svelargli quello che aveva visto e subito, Charlie avrebbe potuto confrontare il suo racconto con ciò che aveva scoperto sull’Isola dei Serpenti e usare le nuove informazioni per portare avanti la ricerca di una cura alla mutazione. «Devi fare uno sforzo», le disse dopo quasi mezz’ora d’interrogatorio amichevole – così Kari aveva definito quelle loro lunghe chiacchierate – senza risultati, «così da aiutarmi a capire».
«Te l’ho già detto, non voglio ricordare né parlarne», sbottò lei, stanca di tutte quelle domande; che diavolo, non lo faceva per capriccio, era doloroso, per lei. «Cambiamo argomento, per favore».
«Se non affronti il ricordo come potrai superarlo? Come potrò io rintracciare i colpevoli?»
Charlie iniziava a stizzirsi, proprio come la giovane Babbana; era il momento di quei cinque minuti di fuoco, della piccola baruffa quotidiana, proprio come stava diventando, tra loro, abitudine. Ostinati e testardi com’erano entrambi, era quasi incredibile che per il resto del tempo riuscissero ad andare d’accordo!
Tuttavia, quella mattina Kari fece un gran sospiro, si morse la lingua per evitare di aggredirlo anche solo verbalmente e lo fissò. «Puoi provare di nuovo a leggere i miei ricordi, così da superare il problema».
Non era possibile, fino a quel momento avevano rifiutato di parlare del fallito Legilimens temendo che il ricordo o la proposta di tentare ancora la innervosissero troppo! Il mago si chiese cosa fosse cambiato in così breve tempo: aveva forse insistito più del dovuto? Non gli sembrava, e anche nel caso l’aveva fatto per il bene della ragazza.
«Ti avevo promesso che non l’avrei fatto un’altra volta» disse come risposta, calmo e curioso di capire cosa passasse nella testa di quella donna tanto singolare.
«Se la cosa ti è tanto d’ostacolo, per me puoi fare finta di non aver promesso e riprovare» ripeté lei con voce strana, come se la cosa fosse priva d’importanza, come se avesse ben altri problemi per la testa.
Charlie non si riteneva un esperto di emozioni, faceva già fatica a capire cosa provava lui stesso, eppure avvertì una nota stonata nel comportamento di Kari; erano un paio di giorni che rimuginava su qualcosa, senza volergliene parlare, diventando sempre più cupa.
«Sei strana, ragazza drago» cominciò con aria scherzosa, sperando di invogliarla a confidarsi una volta di più con lui. «uno Zellino per i tuoi pensieri».
Sulle prime sembrò non ottenere risposte, ma il bisogno di aiuto di Kari era ancora una volta fin troppo evidente; doveva trovare il coraggio di parlargli di cosa la disturbava, di fidarsi di lui una volta più e di chiedergli una mano. Non era facile, Charlie lo sapeva bene: aveva perso il conto delle volte in cui si era cacciato nei guai per la testardaggine di voler agire da solo, senza supporto dai colleghi, e nonostante questo sapeva bene che non avrebbe mai imparato la lezione. Anche nel caso della donna, se non ci fosse stata Ginny non gli sarebbe neanche venuto in mente di chiedere un parere a Rolf, forse uno dei maggiori esperti in materia di creature magiche!
Doveva essere paziente con lei, darle il tempo per esprimere le sue preoccupazioni.
«Mi manca casa mia», spiegò infine Kari tra un sospiro e l’altro, «e vorrei tanto vedere la mia famiglia: non solo saranno preoccupati da morire per me, ma potrebbero essere in pericolo anche loro. Non posso più rimanere qui nascosta senza fare niente!»
Ma certo, come aveva fatto Charlie a non pensarci? Erano quasi due mesi che la ragazza mancava da casa…
Forse lui non si sarebbe preoccupato allo stesso modo per far avere sue notizie alla madre, così ansiosa per tutto quello che riguardava i suoi figli?
«Sarebbe complicato spiegare loro cosa ti è successo, temo» si costrinse tuttavia a risponderle; non poteva permetterle una simile uscita, non con un nemico misterioso che di certo la stava ancora cercando e che, se aveva un minimo di cervello, aveva piazzato una spia vicino alla casa della famiglia. «È dura, ma devi cercare di tenere duro. Quando avremo risolto tutto, tornerai da loro e metterai le cose a posto».
Cercando di costringersi a ragionare, Kari tornò a sedersi a terra, ancora piuttosto agitata; i suoi genitori dovevano essere disperati, per non parlare dei fratellini, Sandru e Vioric… Come avevano preso la sua scomparsa, come stavano vivendo l’assenza della maggiore? Non riusciva neanche a immaginarselo. «Forse hai ragione, anche se di certo i ragazzi adorerebbero queste scaglie», commentò passandosi un dito sulle placche nere che si trovavano ai lati del suo viso. «Ascolta: non ho crisi da parecchi giorni, e ormai con la vostra pozione riesco perfettamente a contenere la rabbia. Portami a casa, solo per un po’».
Charlie sembrava ancora molto convinto a non cedere, e le espose nuovamente tutti i motivi per cui sarebbe stata una pessima idea lanciarsi in un territorio a lui sconosciuto senza sapere cosa avrebbero trovato. Per non parlare della famiglia Ionesco: non Kari si sarebbe potuta fermare a casa, né avrebbe avuto il tempo per far capire chiaramente qual era la sua situazione. Si sarebbero spaventati e basta, aggiungendo pena al loro fardello.
Continuò per un po’, finché la ragazza lo interruppe bruscamente, ormai vicina alle lacrime. «Ti prego, Charlie! Anche tu hai tanti parenti, in fondo, e dovresti capire cosa significa stare male non sapendo perché non ti fanno avere loro notizie in una situazione fuori dall'ordinario».
Aveva ragione: il mago durante la guerra aveva passato dei mesi terribili, carichi di preoccupazione e timori, poiché la sua famiglia era lontana e non poteva mettersi in contatto con lui, sapeva bene cosa stavano passando quei poveri Babbani senza notizie della loro figlia e sorella. «Va bene, ma solo per poco: è la tua prima uscita e dovremo fare in modo di non combinare guai. Aspettami qui: vado a recuperarti un mantello e torno».
Dopo un paio di minuti, il mago riapparve sulla soglia con un mantello di colore scuro tra le braccia. «Mettiti questo, o ti prenderai un malanno», spiegò con dolcezza.
Ancora incredula, Kari lo abbracciò e gli schioccò un bacio sulla guancia. «Ti ringrazio. In cambio, non appena saremo tornati potrai provare a leggere la mia mente».
Era un buono scambio, in fondo, cercò di dirsi Charlie pregando che la loro uscita non venisse scoperta. Le disse di posare una mano sulla propria che reggeva la bacchetta e di concentrarsi più che poteva sul luogo che dovevano raggiungere, così da aiutarlo a creare una Passaporta. In pochi attimi, i due si ritrovarono all’aperto, su una collinetta coperta d’erba secca che frusciava alle carezze del vento; sembrava una zona boschiva, lontana dalle città o da qualunque genere di insediamento umano stabile. Charlie si guardò intorno con attenzione: dovevano essere molto vicini al mare, perché ancora non aveva nevicato e il freddo non era rigido quanto nella zona della riserva per draghi.
Nel pianoro sottostante si trovava un accampamento di caravan e roulotte, che a prima vista sembrava piuttosto animato e chiassoso; in particolare, un gruppo di bambini correva da una parte all’altra del campo creando una certa confusione.
«Questa è casa mia», mormorò Kari con le lacrime agli occhi, così dolce che a Charlie si strinse il cuore per la tenerezza; aveva fatto bene ad assecondarla, anche se il confronto con la famiglia sarebbe stato molto difficile per entrambi.
Fece un segno alla ragazza di precederlo, così da farsi riconoscere da parenti e vicini, ma quella s’irrigidì senza riuscire a fare un passo. «Kari, stai bene? Cos’è successo?»
«Ci sono i miei fratelli laggiù» sussurrò indicando due bambini che giocavano in un angolo, in disparte dagli altri. All’improvviso le sembrò di aver fatto un’immensa stupidaggine: come poteva mostrarsi ai genitori e ai piccoli di casa in quelle condizioni? Li avrebbe spaventati a morte, soprattutto il piccolo Vioric, che non aveva ancora compiuto dieci anni!
No, non poteva farlo. «Portami via, Charlie!», gridò al mago voltandosi di scatto verso di lui.
Quel cambiamento lo fece sobbalzare, senza capire. «Perché, non vuoi…»
«Ti prego, non devono vedermi così» gli disse freneticamente indicando il proprio viso; non c’era più tempo, Sandru l’aveva vista e riconosciuta e ora con il fratello si era messo a correre verso di lei, urlando di gioia. Presto anche i genitori sarebbero usciti per vedere cosa stava succedendo, dovevano andare prima che accadesse l’irreparabile.
Preso di sprovvista, ma avendo finalmente capito perché avesse cambiato idea così di colpo, Charlie agì senza riflettere oltre: cinse le spalle della donna con le braccia e si concentrò sul primo posto che gli venne in mente, sperando di riuscire a Smaterializzarsi senza combinare altri guai. Quando i due bambini raggiunsero la cima della collinetta, di Kari e del suo amico non c’era più traccia.

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Capitolo 19
*** Nella tana del drago ***


Eccomi di nuovo qua, sono riuscita a scappare tre secondi dalla pianificazione folle di cinque giorni a Londra per pubblicare questo capitolo! Ci siete ancora o vi ho fatto crollare dal sonno?




Non appena ebbe completato la Materializzazione, la prima sensazione che Charlie provò fu il sollievo per essere riuscito ad arrivare sano e salvo; conoscendosi, non si poteva mai sapere quale sarebbe stato il risultato, soprattutto con un’altra persona tra le braccia. Sembrava che fosse andato tutto bene, eppure sentì Kari singhiozzare, un leggero sussulto contro il suo petto che, tuttavia, fu sufficiente per metterlo in allarme.
«Stai bene, sei tutta intera?», domandò subito sciogliendo l’abbraccio in cui aveva cinto la ragazza.
Era in ansia di averle causato danni seri, conoscendo le proprie scarse capacità in quel genere di spostamenti. E a casa c’era ancora chi lo prendeva in giro per aver dovuto ripetere l’esame del Ministero, sebbene anche Ronnino avesse fallito la prima prova…
Tutto a posto, a una prima occhiata: a Kari non mancava nemmeno un sopracciglio, eppure sembrava gelata sul posto, non si era ancora spostata di un millimetro. Che cavolo aveva combinato?
«Tutto a posto, sì, scaglie di drago comprese», sibilò.
Oh, certo. «Mi dispiace, Kari; forse saremmo dovuti rimanere al laboratorio».
La donna scosse il capo, ancora agitata. «No, affatto: sei stato molto gentile ad accontentarmi, ma non potevo mostrarmi così. I miei genitori e i miei fratelli… Potrò mai riabbracciarli secondo te, Charlie?»
Mettere insieme una bugia sarebbe stato maledettamente facile, in fondo, e la ragazza non cercava altro che qualche rassicurazione, eppure Charlie non se la sentì. Era una bugia, una dannata bugia che lui in una situazione simile non avrebbe accettato.
«Non lo so, purtroppo. Io ho sempre lavorato con i draghi, dopo essermi diplomato, e sono un esperto nel trattare con loro, nell’ammansirli, nel comprendere i loro atteggiamenti, ma con le persone è tutto un altro paio di maniche; vorrei poter trovare una risposta che possa liberarti dalla tua paura, ma ora l’unica sarebbe mentirti».
I due si erano seduti sul divano, lentamente, e la donna aveva nascosto il volto tra le mani, cercando di contenere un nuovo pianto. Il mago la fissò un attimo, pensieroso, quindi iniziò istintivamente ad accarezzarle i capelli nel tentativo di tranquillizzarla.
«Calmati, non ha senso disperarsi così. Abbiamo commesso una sciocchezza, ma non si è fatto male nessuno. È questo che conta, o sbaglio?»
In fondo era vero: certo, i bambini li avevano visti, ma nessuno avrebbe creduto a quell’apparizione, perciò il piccolo incidente sarebbe passato come uno scherzo o un’allucinazione causato dalla mancanza della sorella maggiore.
Doveva essere stato difficile per lei arrivare così vicino a casa sua per poi scappare subito prima di farsi scoprire. In effetti, avrebbero dovuto mettere in conto il suo aspetto di ragazza drago, che non semplificava per niente le cose; ne andava anche della sicurezza di Kari e del segreto da mantenere, perché se la voce di una sua ricomparsa improvvisa con un uomo che giurava di essere un mago e, soprattutto, dello strano stato in cui si trovava, scaglie di drago comprese, fosse arrivata alla polizia, qualcuno a conoscenza del mondo magico avrebbe passato l’indagine agli Auror.
Era pronto a giocarsi molti più Galeoni di quelli che aveva sul suo conto alla Gringott che, di certo, avrebbero scelto come primo posto dove cercare la sua amata riserva.
Misha lo avrebbe ucciso un giorno di quelli, se ne convinceva ogni minuto di più; e, se la ragazza non avesse contato così tanto su di lui, Charlie si sarebbe fatto la pelle da solo per quanto stupidamente stava rischiando tutto quello a cui teneva.
«No, hai ragione. Forse è stato meglio così: Sandru e Vioric mi sembravano tranquilli, ad ogni modo. Spero che questa mia apparizione non li abbia turbati».
Kari si asciugò una lacrima e cercò di sorridere, titubante. Solo allora si guardò intorno, curiosa.
«Ma dove siamo? Non è la mia solita stanza!»
Anche il mago si diede un’occhiata all’ambiente che li circondava, cosa che ancora non aveva fatto tanto era preoccupato per la ragazza che stringeva ancora tra le braccia, e si sentì un idiota: i mobili rustici, le pareti, i quadretti orribili che aveva trovato già appesi più di vent’anni prima e che in tutto quel tempo si era sempre dimenticato di togliere, quelle tendine giallognole che doveva sempre cambiare…
«Ehm, siamo a casa mia» bisbigliò pianissimo Charlie.
Dannatamente imbarazzante, pensò. Preso com’era dalla fretta, aveva istintivamente pensato al primo luogo che nella sua mente era sembrato sicuro piuttosto che al centro di controllo e protezione draghi. Ed era andata bene se non si erano trovati alla Tana, perché altrimenti ci sarebbero arrivati in una scatola da fiammiferi! Poteva considerarsi fortunato di non essersi mai spaccato anche sulle brevi distanze, perciò non c’era da stupirsi se a causa delle sue scarse capacità in questo campo della magia evitava di Smaterializzarsi per riapparire dall’altra parte dell’Europa…
Come si era aspettato, Kari lo fissò con tanto d’occhi e, dopo aver registrato l’informazione, scoppiò a ridere come una matta. «E questo sarebbe il posto sicurissimo in cui volevi trasferirmi? Cavolo, è tutto di legno qui: se starnutisco con troppo entusiasmo ci ritroviamo in un mucchio di cenere!»
A una simile eventualità il mago non aveva pensato, ma fino a quel momento non le era mai capitato di sputare fuoco con un semplice starnuto, no?
«Sciocchezze, e anche se succedesse con un colpo di bacchetta potrei spegnere qualunque fiamma» minimizzò Charlie, che d’un tratto si sentiva ansioso di farle piacere la sua casa. Forse quella piccola avventura si sarebbe trasformata nell’occasione adatta per convincere la ragazza a trasferirsi da lui; se ci fosse riuscito avrebbe evitato la morte per mano di Misha ancora per qualche tempo…
«Vuoi fare un giro? Non è molto grande, in realtà, però è accogliente e si può chiamare casa» propose a Kari, che annuì, curiosa di vedere com’erano le altre stanze.
Forse, prima di insistere perché la ragazza si trasferisse da lui, Charlie avrebbe dovuto dedicarsi a quel famoso rinnovo di cui parlava da un secolo circa; se l’idea di avere l’amica in casa fino a un paio d’ore prima lo entusiasmava, ora che il desiderio era diventato realtà si chiedeva quanto avrebbe sopportato prima di andare a recuperare la pala nel capanno degli attrezzi per scavare una buca in cui sotterrarsi.
Cercò di vedere il piccolo cottage con gli occhi di un ospite, e rabbrividì. Bene, il fine settimana sarebbe stato dedicato ai lavori domestici! Che squallore, ma come faceva a vivere così? Era vero, però, che si era praticamente sistemato in pianta stabile in ufficio, e quando Misha lo costringeva a tornare a casa era talmente stanco da riuscire a malapena a farsi una doccia e a raggiungere il letto.
Non aveva più l’età per inseguire i giovani draghi per tutta la riserva…
Il meglio era quando usciva per un appuntamento galante, attività diventata sempre più sporadica negli ultimi anni, visto che si preparava in meno di dieci minuti e poi, se le cose andavano bene, si fermava dalla donna in questione. Sua madre lo aveva viziato troppo, ecco di chi era la colpa!
Tuttavia, mentre tutti quei pensieri gli attraversavano il cervello a fargli crescere il senso di colpa per come aveva ridotto casa, Kari lo seguiva in quel bislacco giro turistico senza fargli pesare troppo il disordine – in camera da letto e in bagno sembrava che fosse passato un ciclone – e dopo un po’ tornò ad accoccolarsi sul divano con un sorriso.
«Si capisce che lavori parecchio: questo posto non ha visto grandi lavori di manutenzione negli ultimi tempi, o sbaglio?»
Sempre più imbarazzato, Charlie si passò una mano nei capelli, incerto su come spiegare le cose. Sono allergico a qualunque forma di ordine non suonava molto bene. «Già, beh…» cominciò a dire, sorridendo. «In genere rimango al centro fino a tardi, così torno solo per mangiare qualcosa, farmi una doccia e dormire un po’».
Incredibilmente, Kari sembrava molto incuriosita dalla nuova piega che aveva preso il discorso: si sistemò meglio, incrociando le gambe avanti a sé, prima di porre una nuova domanda. «E non esci? Non ce l’hai una ragazza?»
Ma bene, cominciavano ad andare sul personale? «A parte che ormai mi sento troppo vecchio per trovarmi una ragazza, qui in Romania conosco poche persone, i colleghi e qualche amico del vecchio Ordine della Fenice. Sì, ogni tanto usciamo, ma ormai sono tutti sposati e con figli; sono io l’anomalo, ancora scapolo e deciso a rimanere tale» scherzò Charlie.
«Troppo vecchio? Dai, non puoi avere più di trent’anni, te ne do al massimo trentacinque!»
«Sei gentile, ma devi aggiungerne altri dieci, anche se devo ancora compierli» spiegò il mago dopo essere diventato rosso fino alla punta delle orecchie, sentendo di aver ricevuto un gran complimento. Non gli sembrava vero di apparire ancora così giovane, soprattutto perché si sentiva tutti gli anni sulle spalle. Cercò con lo sguardo una foto appoggiata sulla mensola del caminetto, e l’occupante della cornice, dopo essersi spostata i capelli dagli occhi, annuì come a dare ragione alla ragazza drago. Buffa, riusciva a inciampare di continuo anche in fotografia…
La rivelazione aveva lasciato Kari senza parole, tanto che strabuzzò gli occhi e continuò a fissarlo come se gli avesse appena confessato chissà quale vergognoso segreto. «Davvero? Invecchi bene come i Rolling Stones, allora. E non pensi mai a sposarti, neanche in futuro?»
Invecchi bene come i Rolling Stones. La sua ignoranza del mondo babbano si faceva sentire per l’ennesima volta, purtroppo, ma non aveva voglia di chiedere chiarimenti né, soprattutto, di rendersi ancora una volta ridicolo. Il suo pidocchioso cottage aveva già fatto abbastanza, per quel giorno.
Curioso come la parola matrimonio fosse ripetuta spesso nelle frasi che avevano lui come soggetto, negli ultimi mesi!
Pur sapendo che avrebbe lasciato la ragazza senza parole, scoppiò a ridere senza ritegno. «Che c’è, per caso mentre ero via hai parlato con mia madre?» chiese prendendo fiato. «Sai quando sono stato via, subito dopo il tuo arrivo al centro di ricerca? Beh, la mia cara genitrice ha tentato di costringermi a trovare una moglie».
Se in un primo momento Kari era rimasta di stucco a vederlo ridacchiare così, dopo la spiegazione si unì fragorosamente a lui, incredula. «Non le bastano i nipotini per caso? Accidenti, questa non l’avevo ancora sentita!»
Come darle torto. «A dire il vero, i miei cinque fratelli si sono già impegnati a sufficienza anche per me in questa causa. Vediamo», cominciò a numerare sulle dita, «ci sono i tre di Bill, le due bambine di Percy, i gemelli di George, Rose e Hugo di Ron, e poi i tre piccoli Potter, figli di Ginny. Li adoro, ma per me sono già troppi così».
«Hai dodici nipoti e cinque fratelli?» domandò la donna dopo aver fatto rapidamente i conti. «Per fare i regali di Natale e dei vari compleanni ti svenerai, Charlie».
Il mago sghignazzò, come a darle ragione, poi si adombrò per un istante. «Ho sei fratelli, in realtà, ma Fred, lui…»
Non riuscì a finire la frase. Per Merlino, a maggio sarebbe corso il ventesimo anniversario dalla morte di suo fratello e ancora non riusciva a dire a voce alta come stavano le cose. Alla Tana le cose erano diverse, il nome del suo fratellino veniva pronunciato senza lacrime, ormai, ma in Romania il passato sembrava ancora molto grigio. Alzò lo sguardo da una macchia sul tappeto che stava fissando intensamente da un paio di minuti e tornò a osservare il volto di Kari.
La ragazza doveva essersi incuriosita con quella frase lasciata a metà, eppure era rimasta in silenzio per non forzarlo a dire cosa aveva in mente. Gentile e discreta, come sempre.
Fece per raccontarle tutto quanto, della guerra, dei sacrifici, delle persone a lui care che aveva perso, ma poi si trattenne. Perché condividere con lei quel pensiero cupo, quel ricordo vecchio di vent’anni? Aveva della magia un’idea positiva, molto sognatrice, e non aveva motivo di rovinargliela.
Per distrarsi, tornò a pensare al paesaggio che gli era apparso in quei pochi istanti che avevano passato a casa di Kari, cercando dettagli di cui chiedere per cambiare argomento. Su tutti, uno solo lo lasciava davvero perplesso, un grido lontano sentito appena per un istante mentre effettuava la Smaterializzazione. Probabilmente si era sbagliato, non aveva senso… Eppure non seppe contenersi.
«Toglimi una curiosità, Kari» esclamò bruscamente, come a voler cancellare l’accenno a Fred che si era appena lasciato sfuggire. «Perché uno dei due bambini che abbiamo visto ti ha chiamata mamma? Non so, forse ho sentito io male, ma ero convinto che avessi solo dei fratelli…»
Era stato il più piccolo, ora a pensarci meglio ne era sicuro, e le cose continuavano a quadrargli sempre meno. La ragazza drago, tuttavia, non sembrava ansiosa di chiarirgli le idee: si era irrigidita sul divano di fronte a lui e continuava a fissare il pavimento, forse in cerca delle parole più giuste.
All’improvviso Charlie sentì di aver posto una domanda pesante, e cercò subito di rimediare. «Se non vuoi rispondermi è lo stesso, non importa».
Quel silenzio era già sufficiente a chiarire i suoi dubbi, eppure Kari prese un lungo respiro e si decise a rispondere. «No, tranquillo: in effetti, è giusto che a questo punto ti riveli la verità. Vioric mi ha chiamato così perché è mio figlio, non mio fratello come ti ho raccontato».
Una strana stretta allo stomaco colpì il mago all’improvviso, come se anche dentro di lui ci fosse lo spirito di un drago piuttosto irrequieto. Fece per chiederle per quale motivo non gli avesse detto prima la verità, ma la risposta più elementare che si era dato da solo lo infastidiva parecchio. Doveva averlo fatto perché non si fidava di lui.
Non c’era altra spiegazione. Era amareggiato: fin dalle loro prime conversazione, dal suo ritorno in Romania, a essere precisi, la donna aveva parlato del piccolo Vioric come del fratellino più giovane, senza mai lasciarsi sfuggire la verità nemmeno nei momenti di crisi più bui.
Come una brava Legilimante, Kari sembrò leggere oltre l’espressione triste che l’altro aveva in faccia e scosse subito il capo, imbarazzata. «Non devi pensarlo, Charlie! Io mi fido di te, ciecamente, ma dovevo proteggere a tutti i costi la mia famiglia, e più di tutti mio figlio. Che mi abbiano ridotto in questo stato» e allargò le braccia, a evidenziare il suo aspetto, «è terribile, ma l’idea che facciano lo stesso al mio bambino… Tu non hai idea di quanto mi porti al limite del controllo».
Forse l’uomo non ne aveva idea, eppure la ragazza mentre parlava sembrò cambiare: solo piccoli mutamenti, appena percettibili ma già preoccupanti, vista la dose di Sonnifero per draghi che aveva bevuto prima di lasciare la riserva.
Ancora pensieroso, Charlie rimase in silenzio. Di che avrebbe dovuto stupirsi? Erano più di vent’anni che osservava le follie che le dragonesse sotto la sua custodia erano pronte a fare pur di proteggere le loro nidiate! Per non parlare di sua madre, che accecata dalla rabbia e desiderosa di difendere i suoi figli era riuscita a sconfiggere e uccidere Bellatrix Lestrange, il braccio destro di Voldemort…
Temendo che si fosse offeso, Kari lasciò il divano e si sedette sul tappeto, così da riuscire di nuovo a guardarlo negli occhi. Era più seria che mai. «Chi mi ha rapita e mi ha fatto questo sapeva la verità, sapeva di mio figlio. Il giorno che sono scappata» e tornare a quel momento sembrava costarle tantissimo «i miei carcerieri mi hanno minacciato dicendo che sarebbero andati a prendere Vioric per usare anche lui come cavia, se io non avessi collaborato e non mi fossi calmata; io mi sono infuriata come non mi era mai successo prima, non ho capito più niente. Quando mi sono ripresa, ero stesa sul pavimento del tuo laboratorio».
Non c’era da stupirsi se aveva fatto tutto il possibile per ribellarsi, allora, pensò Charlie. Lui si sarebbe comportato anche peggio solo per proteggere i suoi nipoti, figuriamoci un ipotetico figlio!
«Temevi che anch’io fossi uno di loro?» domandò piano. Era la prima volta che Kari parlava spontaneamente della prigionia, della fuga, di quello che le era successo. Dovevano approfittarne.
La donna sembrò concentrarsi, come a ricordare un evento molto lontano. «Non saprei con precisione. Tutto quello a cui pensavo era proteggere mio figlio, senza preoccuparmi del resto».
Al mago venne una voglia incredibile di abbracciarla e di sussurrarle che le credeva, che non voleva darle della bugiarda, che era tutto a posto, ma si contenne, limitandosi a sospirare.
«Andiamo, ora sarà meglio tornare» disse con un tono di voce molto più allegro, come ad accantonare l’argomento. Nulla era cambiato tra loro, la ragazza drago lo avvertì e sorrise di rimando.
Si avvicinò di nuovo al massimo, così da permettergli di abbracciarla e Smaterializzarsi con lei ancora una volta, ma Charlie la trattenne. «Questa storia rimane tra noi, se preferisci così; non dirò nulla neanche a Misha, promesso».
Aveva capito. «Grazie!» esclamò prima di gettargli le braccia al collo. «Ehi, pensi che possiamo permetterci un giretto nella tua riserva, prima di rientrare davvero? Voglio vedere meglio il posto dove accudisci i tuoi draghi».
«Sarà fatto, principessa» scherzò lui, cercando di mostrarsi il più allegro possibile.
La morsa allo stomaco diventò ancora più dolorosa, non appena ebbe realizzato che, se Kari aveva un figlio, doveva esserci anche un uomo nella sua vita.





E prima o poi capirà anche perché gli dà così fastidio che Kari abbia un uomo; ci arriveremo a piccoli passi, ma abbiate fede, ci arriveremo!

Rowi

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Capitolo 20
*** Incontri galanti e incontri misteriosi ***


Come l’amica aveva chiesto, Charlie non puntò come destinazione del loro rapido viaggio la camera di massima sicurezza, bensì scelse una piccola radura poco distante dalla base della riserva e dal centro di ricerca.
«Non possiamo rimanere fuori per molto», precisò subito il mago tentando di non boccheggiare: il viaggio in più lo aveva stancato più di quanto desse a vedere. La Materializzazione semplice già gli causava noie, figuriamoci la versione congiunta… Avrebbe dovuto ricordarsi dei propri limiti, anche a costo di deludere Kari, ma l’idea di renderla contenta dopo la brutta gita fino a casa sua e la discussione che era seguita lo aveva eccitato come un bambino.
Pazienza, quella notte avrebbe dormito come un ghiro. Era pronto a tutto pur di farla felice.
Senza rendersi conto delle condizioni del compagno, la ragazza sorrise, soddisfatta della concessione ricevuta: tra la prigionia e il soggiorno al centro di ricerca, moriva dalla voglia di gustarsi un po’ di cielo e di aria fresca.
«Che c’è, hai paura che il tuo collega orso ti faccia di nuovo la predica?», chiese con un sorrisetto spavaldo in viso.
Charlie si finse offeso, sostenendo il gioco. «Tu vuoi la mia morte», sbuffò, «ma non ti farò contenta senza almeno combattere».
Kari ridacchiò, poi inspirò a pieni polmoni l’aria pungente odorosa di neve: tutto il paesaggio intorno era bianco, fatta eccezione per le folte chiome degli abeti che spiccavano tra gli altri alberi ormai spogli, tanto che alla giovane sembrava di essere finita in un mondo incantato e selvaggio.
«Avanti, signor spavaldo, mostrami questo posto di cui ti sei innamorato. Sono sicura che…»
Non finì mai la frase, attirata da un qualcosa d’indefinibile nel folto della foresta; in quel momento stava dando le spalle al mago, che non si accorse del cambiamento che l’aveva vinta fino a che lei non si mise a correre all’improvviso, senza aggiungere un’altra parola.
«Fermati, è pericoloso!» le gridò dietro Charlie quasi subito. Dannazione, ma che le era preso adesso?
Stando con lui non le sarebbe successo niente, ma anche se era periodo di letargo non le poteva permettere di andare in giro da sola. Cosa sarebbe successo, se avesse incontrato un drago sveglio e affamato?
«Kari», urlò ancora, «vuoi farti uccidere? Torna indietro!»
Niente da fare, doveva inseguirla e fermarla prima che si cacciasse in qualche guaio. Aveva la bacchetta nella tasca dei jeans, pronta per essere usata, eppure l’istinto gli disse che anche uno Schiantesimo sarebbe rimbalzato indietro nelle condizioni in cui si trovava la ragazza.
Maledicendosi ancora per la Materializzazione di troppo, ora che i muscoli delle gambe sembravano pesanti come pietre, Charlie cominciò a correre a sua volta; era fortunato per essere da sempre molto veloce, altrimenti non sarebbe mai riuscito a raggiungere l’amica in pochi minuti.
Senza sapere cosa fare, la placcò con un movimento degno di un giocatore di rugby. «Si può sapere che ti è preso? Hai dimenticato dove siamo o stai cercando di scoprire se questo è il miglior modo per finire arrostita, sbranata o fatta a pezzi in meno di cinque minuti?»
Kari era rigida, come se non fosse in sé; spaventato, il mago la voltò verso di sé tenendola ferma tra le gambe, così da guardarla in viso, e la scrollò per le spalle. «Kari? Rispondimi!»
Che stava succedendo?
Stava per cominciare a schiaffeggiarla, quando finalmente la ragazza sembrò riprendersi: sbatté più volte le palpebre, disorientata.
«Cosa… Che è successo?» domandò in un sussurro, ancora confusa. «Che ci fai sopra di me, Charlie?»
Bella domanda: si era tanto preoccupato per quello che stava succedendo che non si era reso conto della posizione in cui si trovavano… posizione piuttosto ambigua, a pensarci bene.
«Non è come sembra, tu…»
Il mago si zittì, sentendo un fruscio tra gli alberi vicino a loro; ecco cos’era successo! «Kari, fa’ silenzio e guarda alla tua sinistra» disse piano in un sorriso che non prometteva niente di buono.
Come il mago aveva predetto, il rumore diventò sempre più forte e vicino, fino a che dalla boscaglia comparve un grosso drago.
Era un esemplare di Grugnocorto Svedese, con le scaglie tutte bluastre che rilucevano di riflessi argentei. Charlie calcolò che era uno dei più giovani tra quelli ospitati alla riserva, e che dal modo di fiutare l’aria, quasi frenetico, sembrava piuttosto eccitato.
Gli venne in mente un’idea piuttosto folle, ma che fu subito confermata dal forte tremito che scosse il corpo magro di Kari, mentre i suoi occhi diventavano completamente neri.
«Cerca di stare ferma», le bisbigliò, «se siamo fortunati se ne andrà subito».
Il drago si avvicinò rapidamente, annusò i due umani ancora stesi a terra e, come l’uomo aveva predetto, tornò in fretta sui suoi passi, deluso.
Rimasero immobili ancora per qualche minuto, aspettando che i pesanti passi della creatura si allontanassero dal punto dove si trovarono, poi Charlie scoppiò a ridere.
«Complimenti», esclamò, «gran bel battesimo del drago. Il primo incontro non si dimentica neanche in cent’anni».
La ragazza era ancora frastornata dall’esperienza, dalle sensazioni incredibili che la stavano sopraffacendo. «Ma che cosa è successo? Non capisco».
«Il nostro amico ha sentito qualcosa che lo ha messo di buon umore», spiegò lui cercando di trattenere le risate; aveva già un groppo in gola per lo sforzo, e di certo non avrebbe resistito ancora a lungo. «Direi che ha sentito la presenza di una femmina nelle vicinanze, ed è corso subito a darle un’annusata. Poverino, chissà quanto c’è rimasto male».
Il volto di Kari era un punto interrogativo, visto com’era ancora confusa. «Femmina? Che stai dicendo? Qui ci siamo solo tu e… Oh, Signore». Sbiancò di colpo, dopo aver finalmente capito. «Vuoi dire che quel coso è venuto a vedere se poteva accoppiarsi con me
Quasi urlò la domanda, dallo shock. L’uomo annuì, godendosi la serie di espressioni a metà tra lo sbigottimento e l’orrore che si dipinsero in pochi istanti sul volto della ragazza.
«Più precisamente, con la dragonessa dentro di te. Sai, sono animali molto sensibili alla presenza dei loro simili. Deve avergli fatto gli occhi dolci senza che tu te ne accorgessi, la maliarda!» scherzò Charlie, ormai esploso, non riusciva più a contenersi e rideva senza vergogna.
Ora la situazione era divertente, a pensarci bene, ma se non fosse riuscito ad acchiappare Kari in tempo e farla tornare in sé… Cosa sarebbe successo?
Meglio continuare a scherzare senza lasciar capire all’amica quanto aveva rischiato.
«Puoi smettere di fare quelle facce?» sbuffò lei piuttosto offesa. «Non capisco cosa ci sia da ridere. E già che ci sei alzati, non sei una piuma».
Obbedendo subito, il mago si tirò su per sedersi nella neve al suo fianco. Ancora non sembrava volersi calmare. «Scusami, ma è davvero la cosa più ridicola e folle che mi sia successa da un sacco di tempo. Dai, non c’è motivo per prendersela così…»
Contagiata dal suo buon umore, anche Kari si lasciò vincere dalle risate. Era da non crederci!
«Beh, questo di certo si piazza in cima alla classifica degli ammiratori improponibili» commentò prima di lasciarsi andare, i grandi occhi scuri più luminosi e sognanti. Ricordavano proprio quelli del Grugnocorto Svedese, in quel momento. «Wow, non pensavo che avrei visto un drago così da vicino. È stato bellissimo!» esclamò sospirando con enfasi.
Chi meglio di Charlie poteva capirla? Lui aveva lasciato casa e famiglia per vivere a stretto contatto con quelle meravigliose creature, quasi trent’anni prima…
«Siamo stati fortunati, in un certo senso: il nostro amico dovrebbe essere in letargo, ormai» spiegò rimuginando sull’accaduto, pronto a svolgere il suo mestiere. «Manderò una squadra a controllare che sia tornato al suo rifugio, domani, tanto per assicurarci che sia tutto a posto. Comunque, scommetto che si è svegliato per la fame, perciò dopo aver mangiato dovrebbe rimettersi a nanna».
Kari provò a immaginare in cosa potesse consistere il pasto di un animale del genere e, pur sentendo qualcosa dentro di sé eccitarsi all’idea della carne fresca e consumata dopo il brivido della caccia, rabbrividì.
«Non fare quella faccia» la rimbeccò subito lui pronto a scommettere di aver capito a cosa stesse pensando «è nell’ordine naturale delle cose, no?»
Era arrivato il momento di tornare indietro: faceva freddo nella neve, e il sole era tramontato da un pezzo. Si alzò in un attimo e porse una mano alla ragazza, che la prese con energia e si tirò su a sua volta; fece anche di più, a essere precisi, si strinse al mago e gli diede un bacio, così, di sorpresa. Leggero, rapido, a fior di labbra… Ma pur sempre un bacio.
Charlie rimase pietrificato. Prima i letti che da separati si univano e ora questa. Che le stava succedendo?
«Non prenderla sul personale» aggiunse subito Kari notando la sua espressione stupita. «Il drago aveva ancora voglia di coccole».
Sospirò, delusa: maghi o non maghi, gli uomini rimanevano sempre uguali. Peccato, da lui si sarebbe aspettata una reazione più rapida.
«Andiamo, su, o prenderemo un sacco di freddo» aggiunse lesta prima che il mago chiedesse altre spiegazioni. Se non ci arrivava da solo, non sarebbe stata lei a chiarirgli le cose. E che diavolo, anzi, che drago!
La ragazza non aveva poi così tanta voglia di lanciarsi, la sua situazione era già abbastanza difficile e complicata senza trovare altri sistemi per peggiorarla, eppure nei confronti di Charlie… Qualcosa dentro di lei la spingeva a cercare di conoscerlo meglio, di stargli più vicina, e una volta tanto non era lo strano appetito che ogni tanto le faceva venire pensieri assurdi. Certo che se la reazione a una sua presa d’iniziativa era così fredda, avrebbero di certo fatto ben poca strada.
Forse era meglio così, tentò di convincersi Kari: una volta guarita, sarebbe tornata alla sua vita normale, magari qualcuno l’avrebbe perfino costretta a dimenticare quel mondo fantastico in cui viveva il suo nuovo amico, perciò forse era meglio non lasciarsi coinvolgere più del dovuto.
Alle sue spalle, muto anche lui come un pesce, Charlie stava riflettendo su pensieri abbastanza simili: gli faceva un effetto strano stare vicino alla sua protetta, una forte presa allo stomaco che non aveva più provato da quando…
No, non pensarci.
Se aveva ragione, e quel se lo spaventava da morire, che cosa avrebbe dovuto fare? La vita della ragazza era già stata sconvolta a sufficienza, e poi quei comportamenti che lui non riusciva a spiegarsi potevano essere semplicemente dettati dal suo nuovo istinto, proprio com’era accaduto mentre correva dietro al drago.
Il gelo era dunque calato tra i due, che non avevano più detto una sola parola, e che rientrarono al laboratorio appena in tempo per non farsi beccare da Misha. A Charlie andò più che bene, perché il suo collega era stato sommerso dalle scartoffie per tutta la giornata, perciò riportò Kari nella sua stanza, le fece arrivare la cena e la salutò per la notte.
Tornato a casa, in quella sua casetta sghemba e disordinata, cercò di annegare pensieri e ricordi sotto la doccia, maledicendo se stesso: non aveva più l’età per quel genere di avventure, purtroppo, stava diventando vecchio e si sentiva ben più degli anni che aveva sulle spalle.
Chissà, forse in poco tempo avrebbe deciso di ritirarsi e godersi la pensione… No, quella non era proprio la fine che voleva fare!
Mentre l’inglese rifletteva su tutte queste cose, un uomo lasciò furtivamente il centro di ricerca e, dopo essersi assicurato di non essere osservato, si Smaterializzò in un istante. Aveva seguito il direttore della riserva fino alla sala di massima sicurezza senza farsi vedere e, una volta avuta una conferma sull’identità della ragazza ospitata da Charlie Weasley, partì per riferire la sua scoperta.
Alla sua destinazione, l’aria era densa e carica di attesa: era una sala buia, illuminata solo da poche candele in un angolo, in cui si trovavano due persone.
«Mio signore, non potete incolpare me per il fallimento delle nostre ricerche: l’aria da battere e controllare è incredibilmente ampia e il territorio…»
Un incantesimo non verbale lo fece tacere in un lampo d’energia magica. «Non tollererò un giorno di più, sono passati mesi dalla fuga della prigioniera, possibile che nessuno abbia ancora scoperto dove si nasconde?»
Il mago in ginocchio si contorse per il dolore della Cruciatus e aprì la bocca come per gridare con tutte le forze che aveva, eppure non riuscì a emettere un solo suono.
Senza curarsi di quella terribile punizione, l’uomo arrivato dalla riserva si fece avanti e, dopo un piccolo inchino, cominciò a parlare. Preferiva non prestare attenzione al trattamento riservato al suo compagno per non ricordare a se stesso che, se le informazioni che portava con sé non avessero soddisfatto il suo capo, gli sarebbe toccato un trattamento molto simile.
«Avevo ragione io, signore: la ragazza è al centro di ricerca, ma il capo la tiene nascosta nell’area riservata. Oggi le spie appostate al campo dove vive la famiglia mi hanno avvisato di una sua apparizione improvvisa con un mago dai capelli rossi, e ho fatto due più due».
Kari Ionesco era fuggita da più di due mesi, senza lasciare tracce dietro di sé, e ora lui l’aveva trovata; si aspettava una ricompensa, almeno una parola d’encomio e la promessa che da tanto tempo aspettava, eppure quando l’altro uomo gli rispose ogni sua sicurezza crollò in un istante.
«L’hai avuta sotto il naso per tutto questo tempo e non te ne sei mai accorto, dunque» commentò il mago avvolto nell’ombra con un certo disprezzo nella voce, quasi a schernire l’ultimo arrivato. Avrebbe dovuto pensare prima a controllare di persona la riserva tenuta sotto controllo da quello strano inglese, in effetti, ma il ragazzo sembrava deciso a fare del suo meglio…
«Perdonatemi, ma quel dannato inglese sa come proteggere i suoi segreti» cercò di difendersi l’altro. «Sono in pochi anche tra i suoi collaboratori ad avere accesso all’area riservata, e di certo non è politica di quel mago da strapazzo concedere tanta fiducia agli ultimi arrivati».
«Eppure sei riuscito a rubare dalle scorte del centro di ricerca senza difficoltà, se non sbaglio».
Era vero, aveva portato via sangue di drago e altri veri tesori senza che nessuno si accorgesse di niente: era bravo nel suo lavoro, e aveva molti motivi per non fallire nell’impresa che quella strana organizzazione stava portando avanti.
«Quella camera e l’ala che la circonda sono molto più controllate, è già stata una fortuna se oggi sono riuscito a seguire quel Weasley per assicurarmi che fosse davvero la Ionesco. Non ho dubbi, è proprio lei».
La bacchetta del capo si levò ancora nell’aria, e il povero torturato poté prendere fiato; non l’avrebbe più deluso, lo sapeva benissimo, troppa paura delle conseguenze. Del resto, dopo quello che avevano fatto non si poteva più scherzare, dovevano riportare alla loro base la piccola cavia e continuare i test prima che l’inglese, che non era comunque uno stupido, e i suoi collaboratori capissero cosa stava succedendo davvero.
«Spetterà a te andare a riprendere la donna» disse infine l’uomo in piedi, fissando il ragazzo negli occhi. «E per farlo», aggiunse divertito, «potrai attingere al potere assoluto, così come mi hai chiesto tante volte».
L’altro si alzò di scatto, felice. «Davvero? È un onore immenso per me: non fallirò, lo giuro».
«Lo spero bene, o ciò che ho fatto a questo incapace ti sembrerà una punizione molto dolce».





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Capitolo 21
*** L'attacco del drago ***


Dopo l’avventura a casa di Kari, Charlie sperò che le cose si tranquillizzassero, così da aiutare l’amica a migliorare nel controllo dei propri poteri. Entrambi avevano bisogno di tempo per valutare come stessero evolvendo le cose tra loro.
Misha continuava a brontolare dietro ai due, perché ancora non si parlava di trasferimenti, ma anche lui ormai cominciava ad affezionarsi alla ragazza – sia chiaro, non l’avrebbe mai ammesso – e gli sarebbe spiaciuto vederla andare via senza aver trovato un sistema per aiutarla. Nonostante questo, quando il vecchio orso rumeno, come l’aveva soprannominato Kari, varcava la soglia della camera di massima sicurezza, mago e dragonessa si sfidavano come al solito, stuzzicandosi a vicenda con battute sarcastiche e conversazioni che mettevano Charlie in difficoltà a trattenere le risate. Quei due erano molto più buffi di quanto credessero, e assistere ai loro colloqui era davvero spassoso.
«Fermatelo, presto
Tuttavia, il mago dai capelli rossi aveva sbagliato a pensare che le sorprese per sé e per la ragazza drago fossero finite lì. Certo neanche con una sfera di cristallo avrebbe potuto prevedere che il suo laboratorio sarebbe stato attaccato da un essere molto simile all’ibrido in cui si trasformava Kari, eppure quel martedì mattina avvennero molte cose davvero impreviste.
Chi mai aveva visto prima di allora una creatura del genere? Era questa la domanda che veniva rilanciata da un corridoio all’altro, mentre allevatori, ricercatori e quanti altri lavoravano nell’edificio cercavano di resistere a quell’attacco improvviso.
Il primo a essere colpito fu Misha: l’uomo drago si avventò su di lui con una ferocia disumana, ferendolo in profondità con le sue lunghe zanne, ma il mago riuscì a scagliarlo indietro con un incantesimo respingente e, mentre cercava di tamponare il morso, gridò istruzioni ai suoi collaboratori che avevano assistito impietriti alla scena.
«Qualcuno cerchi quel maledetto inglese e lo informi della cosa, subito!»
Altri furono mandati a proteggere il magazzino e lo stesso Costel si rimise in piedi con fatica e si diresse verso la camera di massima sicurezza. Perché se quel… quel coso era lì, di certo voleva qualcosa, e quel qualcosa molto probabilmente era Kari.
La situazione era critica, valutò rapidamente prima di voltarsi per scagliare un altro incantesimo in direzione della bestia che lo aveva aggredito: molti dei maghi che lavoravano con lui erano giovanissimi, persone cresciute in tempi di pace che con avevano neanche mai imparato a duellare con un loro simile, perciò era inutile contare su di loro per difendere il laboratorio.
E lui era dannatamente vecchio, ammise con tristezza: ai tempi della seconda guerra, Misha non si sarebbe mai fatto prendere di sorpresa a quel modo e avrebbe rispedito quel drago indietro a calci nel sedere, ma ormai erano passati troppi anni per combattere davvero.
Mentre la bestia si orientava per i corridoi, cercando la via più rapida per raggiungere la sua simile, Charlie, ancora all’oscuro di tutto, stava riordinando alcune carte nel suo ufficio: fu Greta a lanciarsi nella stanza a rotta di collo per spiegargli, tra un urlo isterico e l’altro, cosa diavolo stava succedendo un paio di stanze più in là. «C’è un uomo drago nel laboratorio, ha aggredito Misha!» gridò disperata la giovane strega, terrorizzata.
Il mago scattò in piedi e si Smaterializzò, bacchetta sguainata in mano, per poi riapparire proprio davanti alla porta della camera dove alloggiava Kari. La ragazza, che si appoggiava alla grande vetrata che la separava da lui, fece per uscire e raggiungerlo, ma Charlie fu più rapido e con un incantesimo Colloporta la fermò.
«Oh no, non ci pensare neanche!» gridò capendo di essere chiusa dentro per la prima volta da quando era arrivata al centro di ricerca. «Che sta succedendo?» domandò poi, arrabbiata. Si sentiva inquieta, e da qualche minuto una presenza che non aveva mai percepito prima aveva svegliato il drago dentro di lei, che ora chiedeva prepotentemente di uscire malgrado la dose di pozione sonnifera che aveva preso un’ora prima.
Un urlo straziante, che non poteva essere definito umano, impedì al mago di risponderle subito. A entrambi si gelò il sangue nelle vene, e Kari iniziò a capire cosa aveva messo in agitazione il centro di ricerca.
«C’è un uomo drago, un essere come te» spiegò lentamente senza togliere lo sguardo dall’angolo del corridoio. «Forse qualcuno l’ha mandato a riprenderti, per questo è meglio se rimani al sicuro».
«Non sta a te decidere!» ruggì aggressiva la donna. «Se è venuto a prendere me, allora voglio combatterlo da sola».
La sua voce era decisa, arrabbiata ma in un qualche modo controllata, e anche il drago era diverso: per la prima volta, Kari lo sentiva più docile, come se la invitasse a usare i suoi poteri senza però costringerla a trasformarsi, senza prendere il controllo su entrambi.
Forse era grazie alla Pozione, oppure era di nuovo abbastanza sicura di sé per non lasciarsi dominare da quell’istinto animale, eppure questa volta la scelta stava a lei, e la ragazza si sentì pronta per combattere.
Lo vide, finalmente: era un uomo nelle sue stesse condizioni e si avvicinava volando, le grandi ali scure spalancate. I pochi maghi che avevano seguito Misha erano terrorizzati, e vista la situazione non era proprio possibile biasimarli: l’aria era satura di paura, panico, Kari lo sentiva benissimo, e su tutto sovrastava l’odio puro di quella creatura. Il drago le suggerì che era pronto a tutto e che sarebbe stato un avversario molto più duro per Charlie di quanto era stata lei stessa, qualche mese prima.
«Fammi uscire» ripeté cercando di mantenersi più calma. «Hai bisogno di me per vincere, e lo sai anche tu».
«Tutti indietro!» gridò Charlie senza darle retta. «Questo non è uno scherzo, chi non ha esperienza di combattimento si tolga dai piedi».
Dopo aver lanciato un’altra occhiata alla creatura che li osservava dall’alto, i suoi colleghi annuirono e seguirono il suo consiglio senza farselo ripetere; soltanto Misha, che era rimasto indietro e si era appena affacciato nel corridoio, non si mosse dal suo posto. «Non ti lascio a combattere da solo, Rosso» spiegò tenendo la bacchetta puntata verso l’uomo drago.
Alla vista del sangue e della gamba ferita, Charlie finalmente si allontanò dalla camera in cui si trovava Kari prigioniera per raggiungere l’amico. «Non mi puoi aiutare, vecchio pazzo: cerca Greta, ti darà una mano a sistemare il morso».
«Credi forse di poterti liberare di me così? Non ci pensare neanche, non sono ancora così vecchio!»
«Volete anche il tè, voi due, o avete intenzione di fare qualcosa di utile?» ruggì aggressiva Kari battendo con forza sul vetro che la separava dagli altri. L’istinto le suggeriva di tentare di distruggere quell’ostacolo che le impediva di combattere il suo avversario, eppure la ragione, con il ricordo dei tanti tentativi compiuti con furia nei momenti di crisi e andati miseramente a vuoto, ebbe la meglio. «Charlie, fammi combattere: non sarà facile come quella volta nel bosco, fidati di me!»
Era il drago a darle quella sensazione, il nemico era incredibilmente forte: avrebbe potuto comunicare con lui, forse, se l’altro fosse stato della stessa idea, ma il nuovo arrivato era così ossessionato dai suoi poteri e dalla volontà di uccidere gli umani e portarla via che Kari non riusciva a raggiungere la sua mente.
Quei pensieri poi le misero addosso un’angoscia terribile, insieme alla consapevolezza che Charlie non sarebbe mai risultato il vincitore in quello scontro: se voleva qualche possibilità di salvare lei, se stesso e anche Misha, che appariva ferito molto più gravemente di quanto lasciasse intendere, il mago doveva permetterle di affrontare quell’essere da sola, sfruttando i doni che quella trasformazione non voluta le aveva dato.
Eppure il suo amico continuava a non volersene rendere conto, da come rifiutava anche solo di ascoltare le sue parole. La ragazza sbuffò, sempre più arrabbiata: ma perché faceva così, aveva tanta fretta di morire?
Sorprendentemente, fu il drago a suggerirle di mantenere la calma, con uno strano brontolio che risuonò nella sua testa.
Ancora borbottando, Misha finalmente si tolse di mezzo e raggiunse i colleghi in fondo al corridoio, dove tutti insieme tentarono di creare uno scudo protettivo che impedisse al nemico di tornare indietro. A quel punto, erano intrappolati loro tre nella zona di massima sicurezza, eppure Charlie era ancora deciso ad affrontare il nuovo arrivato da solo: in fondo, aveva sconfitto una volta Kari, perciò perché avrebbe dovuto perdere lo scontro?
Non era solo in dovere di difendere la ragazza, ma anche la stessa struttura del centro di ricerca e la riserva, che erano tutta la sua vita: amava quel luogo e non avrebbe permesso a nessuno, neanche a un uomo drago come quello, di distruggerlo.
Bacchetta alla mano, era pronto a combattere: lanciò un primo Stupeficium, che andò a vuoto, e anche il suo secondo tentativo non ebbe risultati. Le grandi ali di quel mostro gli permettevano di spostarsi molto velocemente, e se aveva i sensi di drago… Il punto debole dei suoi lucertoloni erano gli occhi, prima di tutto, ma come faceva a colpire il suo avversario in un punto così preciso, mentre quello continuava a sovrastarlo e a muoversi come un fulmine?
«Se continui così ti farà a fette» sfuggì a Kari con un tono di voce quasi canzonatorio, nel vedere la ridicola controffensiva di Charlie.
Non voleva essere cattiva, ma la sensazione di dover agire e combattere in prima persona era sempre più forte, per non parlare della consapevolezza dell’inferiorità del suo amico.
Quella doveva essere una lotta tra mostri…
Una forte vampata di fiamme dorate avvolse la figura dell’uomo, che riuscì appena in tempo ad avvolgere il proprio corpo con un incantesimo scudo. Accidenti, non poteva permettersi di abbassare la guardia per un istante!
Dov’è Ginny con i suoi Reducto quando ho bisogno di lei, pensò Charlie; si spostò di lato, tentando un altro incantesimo offensivo. Questa volta il colpo andò a segno, ma l’uomo drago non sembrò esserne toccato: aveva la pelle dura e non sarebbe bastato così poco per metterlo fuori gioco. Come a rispondere al gioco, il mostro gli soffiò contro un altro sbuffo di fuoco, ma il mago questa volta riuscì a scansarlo per tempo.
Kari notò con preoccupazione che il suo amico stava diventando prevedibile, nel proteggersi un’altra volta con uno scudo di energia magica, quasi come se fosse troppo sicuro di sé, e come a darle ragione il nemico calò di colpo in picchiata, cambiando improvvisamente strategia. La ragazza gridò per avvisarlo, perché di certo Charlie ancora avvolto dalle fiamme non si era reso conto di quanto stava accadendo, ma non servì a nulla: lunghi artigli si strinsero nella carne dell’uomo, che urlò dal dolore, prima di sollevarlo e lanciarlo in un angolo.
Stava perdendo molto sangue, e la ferita sembrava essere molto profonda: sapeva di non poter più combattere, sapeva di aver fallito. Sconfitto, il mago riuscì a malapena ad alzare la bacchetta in direzione di Kari e ad aprire la porta che la teneva prigioniera, prima di perdere i sensi.
Non la sentì neanche ruggire, un urlo roco e profondo che scosse gli altri esseri umani che stavano assistendo al combattimento da lontano, né la vide cominciare a trasformarsi, ma questa volta, la prima in assoluto da quando la ragazza e l’allevatore di draghi si erano incontrati, la mutazione era completamente sotto controllo, i sensi acuiti e tesi a seguire i movimenti del nemico, la coscienza della giovane donna perfettamente consapevole di quanto stava succedendo al suo corpo.
Il suo simile era tornato a volare in alto e la scrutava con attenzione, come incuriosito dalle sue mosse: rispose al ruggito, ingaggiando la sfida, mentre la pelle olivastra della ragazza si ricopriva di squame, le corna si accentuavano, le spuntavano coda e ali.
Il drago le sussurrava con fermezza cosa fare, consigliando di mantenere la calma e di cercare un punto debole dove colpire il nemico, eppure non riusciva a fare a meno di preoccuparsi per Charlie, che giaceva svenuto poco distante: la prima cosa che doveva fare era metterlo a sicuro, senza dubbio, altrimenti avrebbe potuto subire altri danni.
Essere rimasta sola a combattere quel pazzo non la disturbava, pensò lanciando un’occhiata sprezzante al suo avversario; era la sola a poterlo fermare, di questo era certa, ma nonostante questo aveva paura. Il suo nuovo istinto era sicuro di cosa doveva fare, ma lei non aveva neanche mai tirato un pugno in vita sua!
Decise di agire e fece un passo in direzione dell’amico, ma subito un getto di fiamme rosse le impedì di proseguire: aveva capito le sue intenzioni, sì, e fu subito chiaro che non le avrebbe permesso di aiutare Charlie così facilmente.
Dannazione, doveva evitare che venisse coinvolto ancora nella lotta. Fece per mettersi a correre, così da spostarsi nello spazio del corridoio, quando il drago le diede della stupida e le ricordò che aveva un grande paio di ali sulla schiena. Proviamo! Le spiegò d’istinto, tenendo gli occhi chiusi, con più naturalezza di quanto avrebbe mai creduto, e si sollevò a mezz’aria; la sensazione di vuoto sotto i piedi le piacque subito, e malgrado la gravità della situazione se ne stupì: come era possibile, lei aveva così paura dell’aereo che non l’aveva mai preso!
Un dubbio meno piacevole la colse subito: quanto era profondo il cambiamento che aveva subito? E cosa sarebbe successo il giorno in cui Charlie avrebbe trovato una cura?
Un altro ruggito la riscosse, riportandola al presente. Doveva arrivarci a quel giorno, per farsi tutte quelle domande…
Si trovò di fronte al suo avversario con pochi colpi d’ali: ancora una volta l’uomo drago sputò un potente getto di fiamme ma, a differenza di quanto aveva fatto il mago, Kari non si lasciò prendere di sorpresa e rispose d’istinto allo stesso modo. Le due vampate s’incontrarono a metà strada, per poi scatenare un’esplosione così forte che lanciò a terra entrambi i contendenti.
Accidenti, ma questo posto non ha un sistema antincendio? Era un pensiero stupido, eppure la ragazza rialzandosi non riuscì a fare a meno di pensare al suo ospedale, e al putiferio che si sarebbe scatenato là.
Un momento, era caduta vicino a Charlie: senza pensarci due volte, afferrò l’amico sotto le ascelle e, sollevandolo con incredibile facilità, lo porto fino alla porta della camera in cui viveva, lo depositò a terra con delicatezza lo chiuse dentro, felice di averlo messo al sicuro.
Fino a quel momento non si era resa conto di essere dotata di una simile forza! Forse allora la mutazione aveva qualche vantaggio…
L’uomo drago non perse altro tempo: lanciando un urlo minaccioso, si scagliò su di lei, gettandola di nuovo a terra, ma dopo un attimo di smarrimento Kari puntò i piedi contro l’addome dell’altro e si liberò con rabbia.
Aveva un odore strano, che infastidiva a morte il suo istinto, e le ricordava in qualche modo il periodo di prigionia: fu il suo turno di bloccarlo contro la parete, e con una furia che non le apparteneva gli ferì il petto e il viso – se così si poteva ancora chiamare quel muso dipinto di ferocia – con gli artigli.
Voleva provocargli dolore, sottometterlo e costringerlo alla resa, ma il suo avversario non aveva intenzione di arrendersi così facilmente: sputò ancora fiamme, che da quella distanza così ravvicinata potevano farle male, senza però riuscire a colpirla. Un attimo dopo erano di nuovo in volo, aggrovigliati ed entrambi decisi a vincere.
«Se credi di potermi mettere sotto ti sbagli!» gli urlò contro Kari, sempre più rabbiosa. L’odore del sangue dell’uomo drago la eccitava, le faceva venire voglia di ferirlo ancora, di morderlo assaggiare il sapore della sua carne…
No, doveva controllarsi! La sua coscienza si riscosse di colpo: il suo nemico era completamente vinto dall’istinto, proprio com’era successo a lei nei primi tempi dopo la mutazione, ma lei poteva batterlo unendo la logica umana a quegli impulsi che non le appartenevano.
Gli attacchi del mostro erano piuttosto ripetitivi, e sembrava tentare di vincerla solo con la forza fisica, come se neanche lui sapesse quale fosse il modo più giusto per combattere con un suo simile.
Hai il dente avvelenato, in senso letterale. Il ricordo di quella conversazione con Charlie la illuminò: da quanto aveva scoperto, il veleno che aveva in corpo non era letale, ma poteva stordire il suo avversario per il tempo necessario a metterlo fuori combattimento. Doveva approfittare di questo vantaggio, assolutamente!
Aprì ancora una volta le ali e si alzò in volo, spostandosi lungo il corridoio: «Misha» gridò richiamando l’attenzione del mago, che fino a quel momento aveva seguito lo scontro con il fiato sospeso. «Avete una magia per bloccare i suoi movimenti, se lo stordisco?»
L’uomo si preparò, bacchetta sguainata, e annuì. «Abbiamo incantesimi anche per fare il caffè, che pensi? Avanti, ragazzina, fagli vedere di cosa sei capace!» E detto questo diede istruzioni ai suoi compagni, che sembravano terrorizzati da Kari e dal suo aspetto di rettile, perché si preparassero a fare cadere lo scudo magico dietro cui si erano riparati al momento giusto.
Decisa a chiudere lo scontro, la ragazza si scagliò sul nemico con tutta la forza che aveva: usò le ali per proteggersi dall’ennesima fiammata, cogliendo così di sorpresa l’uomo, e subito lo morse tra il collo e la spalla, tenendolo stretto tra i denti.
L’uomo drago tentò di dibattersi, le graffiò le braccia, usò addirittura la coda come frusta in un ultimo tentativo di liberarsi dalla sua salda presa. La mente di Kari aveva orrore di quanto stava facendo, ma doveva resistere e chiudere quella battaglia prima di fare altri danni. Il veleno sarebbe stato sufficiente?
Non voleva ucciderlo, assolutamente, doveva rimanere in vita e raccontare tutto quello che sapeva. Non sentendo più resistenza, la giovane lo lasciò andare lentamente, mentre con una mano faceva segno a Misha di impacchettarlo a dovere.
L’aspetto dell’uomo drago si stava normalizzando, e ora sembrava un ragazzo qualunque, quasi inoffensivo. «Ti senti bene?» domandò il vecchio mago.
«Chiudetelo da qualche parte, e poi Charlie… Pensate a lui», mormorò, spossata.
Anche lei stava riprendendo le sue solite sembianze, e all’improvviso si sentì addosso tutta la stanchezza della lotta: non avrebbe retto ancora a lungo, doveva sedersi da qualche parte prima di svenire. Che schifo, il sapore del sangue le riempiva la bocca…
Fu l’ultimo pensiero che riuscì a formulare, poi il buio.

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Capitolo 22
*** Il risveglio ***


«Allora, allora? Com’è andata, cosa è successo?» Che mal di testa, ci mancava la voce entusiasta di quello stupido a peggiorare le cose… «Ma davvero l’hai steso tutto da sola?»
Alla ragazza sfuggì un brontolio sommesso. «Charlie, giuro che se me lo chiedi ancora una volta ti mordo di nuovo».
Kari non era semplicemente di pessimo umore, era così alterata da essere pronta a combattere anche un drago vero e proprio; si era svegliata da poco, dopo essere svenuta in mezzo al corridoio dove si era battuta con l’essere che era apparso all’improvviso al centro di ricerca scatenando il panico, e si sentiva a pezzi.
Qualcuno l’aveva spostata in un’altra stanza, che quando aveva riaperto gli occhi le avevano spiegato essere l’ufficio di Charlie, e un mago tremante si era preso cura delle ferite che aveva sulle braccia, sul torace e sul volto: poiché non aveva riportato ustioni grazie alle scaglie di drago che avevano ricoperto tutto il suo corpo, poteva considerarsi più che fortunata, ma era comunque senza forze. «La mia testa… Questa è la peggiore sbornia della mia vita, e non ho neanche alzato il gomito!», mugugnò massaggiandosi le tempie.
I postumi di un’ubriacatura era il paragone migliore per lo stato in cui si trovava: evidentemente aveva abusato della trasformazione, sebbene durante lo scontro non avesse avvertito neanche il minimo segno di fatica. Evidentemente, l’istinto e l’adrenalina l’avevano sostenuta fino a che non era tornata la calma, per lasciarla poi completamente distrutta.
«Allora, cosa mi sono perso?»
«Per l’amor del cielo, Charlie! Sembri mio figlio la mattina di Natale, puoi calmarti un minuto?»
E meno male che aveva molti più anni di quelli che la ragazza gli aveva inizialmente attribuito…
Il mago, che l’aveva fissato euforico fino a quel momento, sembrò tornare adulto di colpo. «Scusami, è che cose del genere non succedono neanche qui tanto spesso».
Kari abbozzò un sorriso, stancamente. «Lascia stare, sono intrattabile. Piuttosto, preoccupati della tua ferita, mi sembrava piuttosto profonda».
In effetti, non si poteva parlare di un graffio, anche solo che a una prima occhiata si capiva quanto fosse seria, eppure l’uomo ci scherzava sopra come se fosse niente: era a torso nudo, e ridacchiava lamentandosi del freddo e del fuoco basso nel camino.
«Non devi preoccuparti, Kari; tra due minuti sarò come nuovo, non è vero, Greta?»
«Giusto, Charlie» mormorò appena la giovane strega che si stava occupando di lui. Fino a quel momento aveva tenuto gli occhi bassi, in parte per l’imbarazzo di essere vicina all’uomo che le piaceva, in parte perché aveva paura della ragazza drago. Solo per un attimo alzò lo sguardo verso l’altra donna, intimidita ma sentendosi lo stesso superiore, e quella ricambiò sfidando apertamente la bella svedese.
Che voleva quella? Se credeva di darle fastidio, la biondina si sbagliava, e anche parecchio. Che diavolo, aveva appena sconfitto un uomo drago!
Da parte sua, Greta era piuttosto sconvolta: chi era quell’essere, e cosa significava la battaglia a cui lei e buona parte dello staff dei laboratori avevano appena assistito? Ecco il segreto che Charlie non aveva voluto rivelare a nessuno, nemmeno a lei, per tutto quel tempo; comprensibile, pensò squadrando per bene le squame e l’accenno di corna tra i capelli di Kari.
Le sembrava impossibile che il suo capo passasse tanto tempo in compagnia di un simile mostro… Greta tornò a osservare il mago, cambiando subito opinione. No, conoscendo il mago non era poi così incredibile.
«Forse è il momento che tu mi spieghi come stanno le cose, non pensi?» domandò piano, rivolgendosi direttamente all’uomo come se l’altra non fosse neanche in grado di capirla. La sua voce era tesa, sebbene cercando di controllarsi. Che Charlie non fosse interessato a lei poteva anche andarle bene, ma che la snobbasse per una specie di ibrido così pericoloso era insopportabile.
Ignaro della situazione in cui era finito e senza notare gli sguardi minacciosi che si scambiavano le due donne, il mago cercò prima l’approvazione di Kari, come se non avesse il permesso di raccontare la verità, poi sospirò e si decise a parlare.
«Non c’è molto da dire: sospetto che Kari sia stata usata come cavia per un esperimento con il fine di creare una sorta di guerriero drago. Ci siamo scontrati qualche mese fa nella foresta, mentre controllavo un nido, e l’ho portata qui sperando di poter fare qualcosa per aiutarla».
Non era del tutto la verità, ma non era neanche una bugia completa; non voleva coinvolgere Greta, non si fidava ancora a sufficienza per farla collaborare a un caso tanto delicato. E poi, non riusciva a tranquillizzarsi: avevano sconfitto l’uomo drago che aveva attaccato il centro di ricerca, vero, ma con che sicurezza potevano dire che non ne esistevano altri?
Sia lui che Misha avevano fallito nel combattimento, e senza l’aiuto di Kari probabilmente sarebbero stati uccisi da quel mostro. Non poteva più mettere i suoi colleghi e gli amici in un simile pericolo…
«Charlie, mi rispondi?» sbuffò una sempre meno tranquilla Kari. «Vorrei sapere che ne è stato dell’uomo drago».
«Lo abbiamo confinato nella stanza in cui hai vissuto tu per questo tempo, legato e immobilizzato. Anche se si liberasse, comunque, non dovrebbe riuscire a far danni».
Mentre Charlie spiegava la situazione, seppe senza bisogno che Kari non avrebbe più voluto dormire nella camera di massima sicurezza, non dopo il passaggio di quell’essere. Il che abbastanza logico, ma gli ricordò una serie di altre problematiche: avevano preso l’aggressore e lo avevano rinchiuso, bene, e si prospettava anche un bell’interrogatorio, nelle ore seguenti.
E dopo? Non avrebbero certo potuto tenerlo lì ancora per molto, ma le possibilità davanti a loro non erano certo confortanti.
Quell’attacco li avrebbe costretti a prendere contatto con il Ministero e a informarlo di quanto stava succedendo, accettando dunque le imposizioni degli Auror o dei loro superiori. Temeva per Kari: se già i cosiddetti Ibridi – termine che Charlie detestava – erano osservati con disprezzo e tenuti sotto una stretta sorveglianza come se non aspettassero altro che il momento giusto per attaccare gli umani, come sarebbe stata considerata una donna drago come lei? Di certo non l’avrebbero accolta a braccia aperte, su questo era pronto a scommettere il suo non troppo ricco conto in banca.
«Comunque», continuò, «non ti ho ancora ringraziato come devi: non solo hai sconfitto quel tipo, ma mi hai anche salvato la vita».
Sempre più allibita, Greta osservava prima uno e poi l’altra, senza riuscire a comprendere come fosse possibile la scena a cui stava assistendo. Lei non si era mai occupata delle questioni riguardanti le specie semiumane né si considerava razzista, ma un simile Ibrido le sembrava davvero ripugnante.
La cosa più odiosa, agli occhi della strega, che quei due continuavano a parlare come se lei non fosse presente.
Kari sorrise, e l’altra donna poté notare come i suoi denti apparissero normali, in quel momento. «Sei un esagerato. E poi, se tu non mi avessi liberata, avrei potuto fare ben poco per entrambi», rispose la ragazza con una modestia che a Greta sembrò eccessiva. «A meno che il nostro amico non si ricordi ancora come si aprono le porte, ma da quello che ho percepito non sembra essere rimasto molto di lui. Il drago lo sta facendo impazzire, ma c’era anche una forza… come un comando esterno replicato nella sua testa all’infinito».
Sembrava una descrizione della maledizione Imperius, notò la strega, attenta a mettere i puntini sulle i; vedendo che Kari era confusa, le spiegò di cosa stava parlando, illustrando tutti gli effetti dell’incantesimo proibito, ma continuò a non guardarla.
Charlie aggrottò la fronte, sempre più preoccupato. «Beh, scopriremo tutto non appena si sveglia. Vogliamo interrogarlo, io e Misha… Vuoi assistere? Se te la senti, ovviamente».
Lei sembrò rianimarsi, a quella domanda, e i suoi occhi brillarono. Era di nuovo arrabbiata, anzi, furiosa. E sapeva benissimo con chi prendersela.
«Certo che voglio assistere, quel bastardo è venuto a prendere me. Voglio sapere chi l’ha mandato e perché mi ha ridotta in questo stato».
Si aspettava una simile risposta, quella ragazza era decisa a scoprire tutto ciò che la riguardava, e non sarebbe certo rimasta in disparte ad attendere che qualcun altro si preoccupasse dei suoi problemi; Charlie non la conosceva poi da così tanto tempo, ma era sicuro che non era il tipo di donna in cerca di un principe azzurro che la salvasse dal drago.
Oh, scelta di metafora poco delicata. Meno male che non aveva fatto quel commento ad alta voce…
«Ma è ancora incosciente?», domandò Greta, ora curiosa di scoprire quali altre sorprese aspettassero lei, Charlie e tutto il centro di ricerca.
Aveva visto l’uomo drago, aveva assistito allo scontro… Tremava all’idea di nuove uscite poco rassicuranti.
Charlie annuì. «A quanto pare sì, Kari deve averlo steso davvero per bene».
«Spero solo di non averlo ucciso, non so a quanto corrisponda una dose letale di veleno», replicò Kari dubbiosa.
Perfetto, era anche velenosa? Come se la capacità di sputare fuoco, le zanne e le ali non la rendessero abbastanza temibile, pensò la strega.
«Misha è con lui in questo momento, non l’ha perso di vista per un secondo», assicurò Charlie, forse per tranquillizzare tutte e due le donne. In cuor suo, non aspettava altro che la comparsa del Patronus dell’amico, così da scendere alla camera di massima sicurezza e incontrare con più calma l’uomo drago; non aveva ancora avuto il piacere di incontrare il nemico in un momento meno concitato, poiché Misha, che aveva preso le redini della situazione, non solo aveva chiuso in trappola il prigioniero, ma si era assicurato che il capo rimanesse nel suo ufficio perché potesse riprendersi con calma e si facesse medicare.
Intransigente come al solito, il vecchio orso aveva ripreso il controllo della situazione non appena Kari aveva sconfitto quell’essere terrificante, e ora controllava tutto quanto al centro di ricerca.
Dopo quell’ultimo commento, i tre rimasero in silenzio. La ragazza drago non aveva bisogno di grandi medicazioni, la pelle di drago l’aveva protetta dagli attacchi del nemico, e a Greta bastò agitare un poco la sua bacchetta per velocizzare la cicatrizzazione dei graffi e delle piccole ferite che aveva riportato. Sembrava tutto così irreale, agli occhi di Kari; fino allo svenimento, aveva sentito la più forte carica mai provata, come se avesse tutta l’energia del mondo del proprio corpo e il destino di tutti fosse nelle sue mani, ma ora… Quella strana calma era perfino più inquietante dello scontro stesso.
Passarono pochi minuti, ma alla fine il grande orso d’argento comparve attraverso la porta chiusa, prendendo di sorpresa Kari che non aveva mai visto un Patronus in vita sua. L’immagine di fumo luminescente era delle dimensioni di un vero orso, ma quando aprì la bocca parlò con la voce di Misha e informò i presenti che l’uomo drago si stava svegliando.
Non sarà un incontro piacevole, Charlie. Misha che lo chiamava per nome? Lo faceva soltanto nei momenti peggiori… Non c’era da aspettarsi nulla di buono.
«Arriviamo subito» rispose pensieroso anche per Greta e Kari. «Venite con me?»
Era ovvio che nessuna delle due voleva perdersi un simile incontro, ma la strega più che altro non voleva dimostrarsi inferiore all’altra, sebbene ritenesse che anche un solo ibrido fosse di troppo, in quella riserva.
Quando raggiunsero la camera di massima sicurezza, Misha era sulla porta ad attenderli; attraverso il vetro Kari notò subito che l’uomo drago era stato legato a braccia larghe con lunghe corde d’energia magica, che probabilmente sulla pelle non lasciavano una sensazione piacevole. Fosse stato per lei, l’avrebbe incatenato e chiuso in una qualche gabbia abbastanza piccola perché non potesse aprire le ali, ma non era il caso di mettersi a cavillare. Costretto così a rimanere in piedi, senza coda o corna, sembrava molto più umano, osservò con disprezzo, e teneva il capo chino, lo sguardo rivolto a terra.
Fu un attimo, ma il prigioniero sembrò riprendere conoscenza solo in quell’istante: subito fissò Kari con occhi malvagi, percependo senza difficoltà la sua presenza, e le mostrò un sorriso di scherno. La ragazza dovette sussurrare al drago di non rispondere alla provocazione, e si concentrò su Misha e sul volto furibondo di Charlie.
Per un attimo si spaventò, molto più che notando la spavalderia del suo diretto nemico: non aveva mai visto il suo amico così arrabbiato, ma non riusciva a capire che cosa gli avesse fatto cambiare umore in così poco tempo.
Anche Greta sembrava inorridita – più di quanto lo fosse nel doversi rivolgere a lei – quindi qualcosa non quadrava. Come aggiunta finale, Misha lo teneva sotto tiro con la sua bacchetta, sebbene con la mano sinistra dovesse reggersi a una stampella. Aveva una determinazione negli occhi che Kari si aspettava da un momento all’altro una frase degna dei vecchi spaghetti western che suo padre adorava.
Costel in gioventù doveva assomigliare parecchio a John Wayne… Questa è la mia città, straniero, o qualcosa del genere. Accantonò subito quei pensieri allegri e stupidi, tornando a fissare l’uomo drago.
L’unico elemento capace di mettere gli altri così in allarme poteva essere soltanto lui, forse perché non l’avevano ancora visto in forma quasi completamente umana. Poi capì: loro lo conoscevano, le apparve chiaro un istante dopo, eppure allo stesso tempo aveva la sgradevole sensazione di averlo già visto a sua volta. Quando espresse a Charlie il suo dubbio, lui strinse il pugno intorno alla bacchetta e sbuffò.
«Sicuramente ti è capitato di vederlo, visto che quel maledetto lavora qui. L’ho assunto io di persona».
Più precisamente, pensò con rabbia, lo aveva selezionato su una cinquantina di ragazzi provenienti da tutta Europa: gli era sembrato il più competente tra i partecipanti alla selezione dei nuovi membri per lo staff, il più in gamba... E invece si era scelto una spia, un infiltrato.
Kari, tuttavia, non sembrava convinta dalla sua spiegazione. «No, non mi riferivo a un incontro nel tuo laboratorio», replicò portandosi una mano alla tempia, cercando di mettere a fuoco un ricordo. Il drago ruggiva nella sua mente perché non tentasse di concentrarsi sul periodo di prigionia. «Ha assistito agli esperimenti su di me, ne sono più che sicura», riuscì finalmente a sussurrare, provata per lo sforzo.
Era più estenuante tentare di fare luce su quello che aveva patito che combattere un uomo drago, incredibile!
La rivelazione di Kari lasciò tutti basiti. Un altro motivo per farlo a pezzi, pensò Charlie, sempre più vicino a perdere il controllo.
Sentiva la ragazza drago tremare al suo fianco, anche lei rischiava di perdere l’equilibrio appena raggiunto con il suo nuovo istinto.
Era arrivato il momento di entrare. Come il mago aveva previsto, lei giurò a se stessa che sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe messo piede in quella stanza. Tornò a guardare l’uomo che aveva combattuto con tutte le sue forze, adesso sprezzante.
La creatura tenuta prigioniera aveva ammorbato tutto con la sua semplice presenza.



Eccomi qua, scusatemi per il ricordo ma è un periodo da brividi, ultimi esami prima della pausa estiva... Grazie mille a Mary, che ha recensito tutti i capitoli nuovi... Grazie cara, sei la lettrice che tutti sognano! ^_^

Rowi

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Capitolo 23
*** Interrogatorio ***


Per Kari, ogni cosa che non fosse un dettaglio del volto dell’uomo drago aveva perso significato in un istante; quasi non sentì Misha spiegare che aveva somministrato al prigioniero una pozione che inibiva la produzione di fuoco nelle ghiandole ignifere, né il commento di Charlie che seguì.
Solo lui, il suo nemico, aveva importanza, insieme alla verità che, finalmente, avrebbe potuto sentire. I suoi ricordi non erano precisi, ma d’improvviso poteva ripensare e cercare di mettere a fuoco i dettagli senza che il drago dentro di lei s’innervosisse in modo particolare. Ora era soltanto la sua mente che si opponeva, spaventata e confusa.
La confessione del suo nemico avrebbe potuto spiegare per quale motivo proprio lei fosse stata scelta per un simile esperimento, e con che scopo: per mesi si era torturata su quella domanda, chiedendosi cosa in lei avesse interessato i suoi rapitori. Perché qualcuno l’aveva spiata, prima di portarla via, conosceva la sua famiglia, sapeva dell’esistenza di suo figlio.
L’avevano presa proprio per questo, perché era facilmente ricattabile? Non riusciva davvero a spiegarsi tutto ciò.
«Kari», la voce e la mano di Charlie, che le aveva toccato una spalla per riscuoterla dalle sue riflessioni, la fecero sobbalzare. «Entriamo, allora?»
Lei annuì. Misha fece segno a Greta e ad altri maghi di rimanere fuori per non correre altri pericoli, aprì la porta e lasciò sfilare davanti a sé il capo e la ragazza drago; erano chiusi dentro, loro tre e quel tizio che non aveva nulla di rassicurante. Perfino da svenuto appariva pericoloso, pronto a sferrare un attacco a sorpresa da un secondo all’altro.
Né l’inquietudine del rumeno, né il desiderio di sapere di Kari, tuttavia, erano intensi quanto la rabbia cieca che animava Charlie: era semplicemente furibondo, con quell’essere e con se stesso per essersi fidato di lui come un ingenuo.
«Luc», chiamò con voce dura Misha, stupendo ancora la ragazza drago. Il suo amico le aveva detto che quel pazzo era un suo dipendente, ma non riusciva davvero a crederci: aveva conosciuto poche persone dentro il centro di ricerca, più per mantenere il suo segreto che per paura, ma quelle con cui aveva scambiato quattro chiacchiere le erano sembrate buone e animate dallo stesso amore per le grandi lucertole sputafuoco.
Al richiamo, il prigioniero si mosse appena, spalancando gli occhi. Avevano l’iride dorata, come quelli di un drago. La sua espressione aveva un che di crudele ma al contempo di divertito, come se ciò che era successo gli sembrasse molto comico; fissò per un istante i due maghi, che ricambiarono quello sguardo con odio e paura, poi tornò a concentrarsi su Kari. Era lei il suo interesse principale, l’obiettivo per cui era stato mandato in attacco, ma anche l’unica capace di tenergli testa: se prima quella donna era stata solo una preda da catturare e riportare al nascondiglio, adesso si presentava come la sua diretta avversaria, la rivale da battere per dimostrare di essere degno dei poteri del drago.
Dall’altra parte, Kari sostenne quello sguardo, pur senza riuscire a trattenersi dal tremare sentendo il suo istinto consigliarle di scoprire le zanne e finire quel mostro.
Alla fine, l’uomo drago parlò. «Chi si vede, il grande capo in persona, quale onore» salutò con sarcasmo Charlie, che fino a quel momento aveva fatto del suo meglio per trattenersi.
«Non sei nella posizione adatta per scherzare», ringhiò. «Vogliamo sapere parecchie cose, e tu ci racconterai chi ti ha mandato e perché».
Era andato subito al sodo, com’era sua abitudine, ma inaspettatamente Luc scoppiò a ridere, e la sua voce risuonò malvagia nella grande camera di sicurezza. «Non ci penso nemmeno», rispose.
La luce che aveva negli occhi appariva strana, malata, e anche il suo sorriso aveva qualcosa di anomalo, quasi serpentesco… Non era tornato completamente umano, e Charlie si chiese se aveva deciso di mantenere quell’aspetto o se non potesse portare a termine la trasformazione.
«La tua situazione è già pessima senza che ti atteggi a piccolo eroe», sentenziò Misha incrociando le braccia sul petto. «Parlare e rispondere alle nostre domande ti aiuterebbe».
Sembrava un brutto telefilm poliziesco, pensò Kari, ma si trattenne dal commentare.
La minaccia velata, tuttavia, non ebbe il minimo effetto sul prigioniero. «Perché, altrimenti cosa fareste? Vediamo», disse Luc prendendo tempo e fingendosi davvero pensieroso, «ma certo, mi consegnereste alle autorità, così poi verrebbero a prendere anche la vostra amichetta e v’incriminerebbero per esperimenti illegali su esseri umani. E lei è pure Babbana… Ci sarebbe da dare lavoro a tre o quattro Dipartimenti ministeriali!»
Qualcosa non andava, agli occhi di Charlie: Kari aveva commentato le condizioni mentali del ragazzo tenuto in trappola come se non avesse più il controllo su di sé, ma in quel momento era preciso, umano, sebbene stesse giocando con il fuoco.
Del resto, si trovò a pensare, non sapeva con precisione neanche cosa succedeva nella mente di Kari mentre lei era in preda a uno dei suoi violenti attacchi d’ira, perciò fare un confronto tra i due era impossibile. L’unica differenza che poteva riscontrare era che le trasformazioni della ragazza drago erano esclusivamente difensive, scattavano perché lei si sentiva minacciata o perché voleva fuggire lontano, al contrario di Luc che si era recato nel centro di ricerca con lo scopo di attaccare e aggredire non solo la sua simile, ma anche chiunque si fosse messo sul suo cammino. Era una gran bella differenza, a pensarci bene.
«Sei venuto a prendere lei?», domandò per avere una conferma.
L’uomo drago ridacchiò, sempre molto divertito. «Chi mi ha conferito l’onore del potere del drago, mi ha mandato a riprendere la sua bambolina fuggitiva», spiegò con un tono che raggelò tutti i presenti. Al sentirsi chiamare bambolina, Kari sembrò irritarsi, come se quella parola le fosse familiare.
Quella reazione mise sulle spine Charlie, che di colpo individuò un secondo scopo in quell’interrogatorio: Luc sembrava avere la capacità di farle ricordare gli eventi tra il suo rapimento e lo scontro nella foresta e il successivo arrivo alla riserva, e anche se in modo doloroso, questo poteva aiutare la ragazza a sbloccarsi definitivamente, così da raccontare ciò che le era davvero capitato.
Ma erano altre le parole che più avevano inquietato non solo il mago inglese, ma anche il suo collega; Misha era stato sul punto di dire qualcosa sentendo parlare di potere del drago, ma in qualche modo era riuscito a trattenersi, probabilmente anche lui era vincolato dal giuramento dell’Isola dei Serpenti… Non avevano più parlato di quello che Charlie aveva scoperto in quel luogo sperduto, non era più capitata l’occasione, ma ai due amici bastò un’occhiata per trasmettersi il bisogno di non rimandare ancora quella conversazione.
L’erede del Guardiano, soprattutto, stava pensando di contattare i genitori per scoprire se un ragazzo simile a Luc era stato registrato tra i visitatori del Tempio nella grotta.
«Chi ti ha mandato qui?», domandò ancora Charlie, sperando che l’uomo drago si tradisse.
Invano: cercando di stare in piedi da solo, mentre fino a quel momento aveva lasciato che il suo peso fosse sostenuto solo dalle catene di energia magica, il prigioniero lo fissò sempre più divertito, come se stesse raccontando una storiella piuttosto piacevole, e si limitò a scuotere il capo.
Non aveva intenzione di rendere le cose più facili ai suoi inquisitori, questo era chiaro come il sole.
«Stiamo solo sprecando tempo», sbuffò Kari, sempre più innervosita. Le cose non andavano bene, quelle domande non servivano a niente!
Anche Misha annuì, sentendosi frustrato: cosa si erano aspettati, che minacciato Luc riferisse la verità senza pensarci un secondo? Sembrava una pedina, un esecutore di un piano per conto di qualcun altro. Se il suo capo era stato capace di rapire una ragazza solo per usarla come cavia, era logico che avesse paura delle conseguenze che una sua confessione avrebbe comportato. «Possiamo sempre provare con il Veritaserum», suggerì a Charlie, che gli stava accanto.
«È una buona idea, chiediamo a qualcuno di andare a prendere un’ampolla dalle scorte», annuì.
Inaspettatamente, a quelle parole l’uomo drago sembrò cedere di colpo: «No, non datemi quella roba!», urlò all’improvviso, visibilmente spaventato.
Quel terrore poteva essere utile, pensò il mago dai capelli rossi, se usato nel modo giusto. «Perché?», incalzò Charlie, sperando di convincerlo a raccontare qualcosa di più. Forse facendogli credere che era disposto a rischiare la vita di Luc pur di scoprire la verità, quello avrebbe parlato una buona volta.
L’uomo drago fu scosso da un brivido, e le sue catene tintinnarono ancora una volta, ma sembrava lo stesso restio a spiegare perché temeva di essere sottoposto al Veritaserum. «Lei lo sa», sibilò alla fine indicando con un cenno del capo Kari, che fece un passo indietro.
La ragazza non capiva, ma quella parola che tutti e tre stavano ripetendo non era nuova. Veritaserum.
Dove poteva averla sentita?
«Non ti ricordi di Iasmina, Kari?» la canzonò quel mostro sorridendo di nuovo alla vista della sua confusione.
Iasmina. Anche quello era un nome che aveva già sentito, ma nessuna delle sue amiche, conoscenti o colleghe di lavoro si chiamava così. Poi un ricordo molto vago…

La stanza in cui si trovava era bianca, luminosa da ferire gli occhi. Una sorta di catena a bloccarle una caviglia, energia pura come quella che erano state messe a Luc. Ed eccola, Iasmina. Un’altra donna legata allo stesso modo, che si dibatteva e sembrava soffrire…

Kari sembrò sul punto di cadere a terra, scossa dalla violenza con cui quel ricordo le era tornato in mente, e si appoggiò a Charlie. «Stai bene?»
Stava sudando, vinta da quello sforzo imprevisto. «Sì, credo di sì», sussurrò con il fiato corto. Poi tornò a fissare l’uomo drago. «C’era un’altra donna, tenuta prigioniera con me, che aveva subito la trasformazione. Si chiamava Iasmina».
Luc sembrava soddisfatto, mentre la guardava divertito. «Molto bene, cara: e ricordi anche che cosa le è successo?»
La donna fece segno di no col capo, sentendo che il drago dentro di sé si stava opponendo con tutte le sue forze perché ricordasse altro.
«Te lo racconto io, se vuoi: Iasmina ha avuto la fortuna di essere il primo tentativo fatto per donare a un essere umano i poteri del drago e, come tale, su di lei sono stati provati gli effetti di diversi composti magici. È andato tutto bene», disse rabbuiandosi di colpo, «fino a che non siamo arrivati al Veritaserum».
«Le sono venute le convulsioni e voi l’avete lasciata morire senza fare niente per paura che vi aggredisse durante gli spasimi», finì per lui Kari, mentre il suo drago ruggiva per il dolore del ricordo. «E tu eri lì, a guardare e a prendere appunti su quanto stava succedendo, maledetto bastardo!»
Fece per lanciarsi contro di lui e aggredirlo ancora, doveva, voleva fargli tutto il male che poteva, ma Charlie la fermò stringendola forte a sé prima che potesse arrivare a ferire Luc. «Calmati, Kari», le gridò in faccia per farla tornare in sé: ebbe paura, perché la ragazza aveva gli occhi appannati dalla rabbia e non sembrava neanche capire cosa stava succedendo, ma non la lasciò andare fino a che non tornò a essere la solita, neanche quando sentì le sue unghie, già lunghe e aguzze, che gli graffiavano la pelle.
Impiegò qualche istante per combattere l’istinto, tentò perfino di dibattersi per continuare l’attacco, ma lo sguardo fisso di Charlie l’aiutò a riprendere il controllo.
«Allora non è completamente addomesticata», commentò malevolo Luc.
«La prossima volta non la fermerò», disse Charlie senza pietà, «e allora vedrai quanto può essere selvaggia».
«Oh, ma io lo so: l’avevo già vista combattere prima di oggi, quando è scappata per essere più preciso. Colpivi più alla cieca, allora, come un animale».
«Come ti sei battuto tu, direi», così lo affrontò Kari senza paura, avvicinandosi il più possibile. «Quando è avvenuta la tua trasformazione, ieri, due giorni fa? Sei ancora preda del drago, e ti roderà la mente in fretta, se continui in questo modo».
«E chi ti dice che non sia proprio il mio intento?» la canzonò lui. Tutto il resto, Charlie, Misha e gli altri erano scomparsi. Kari non era neanche sicura di stare usando la voce, forse stava comunicando attraverso quello strano contatto mentale di cui si era resa conto durante il combattimento.
«Forse quello che voglio è diventare il perfetto guerriero del drago, non credi anche tu?»
Guerriero del drago. Neanche quel termine era sconosciuto per la ragazza, che cercò di scoprire per quale motivo le sembrasse così familiare, quando un forte mal di testa la scosse, ora troppo tesa nello sforzo di ricordare. Era ancora debole per lo scontro…
Lo sguardo di Luc divenne più profondo, e alla donna sembrò di caderci dentro. «Vieni con me, Kari, liberami e aiutami a fuggire da qui», le sussurrò piano, questa volta comunicando davvero mentalmente. «Tu non sei come loro, sei una creatura speciale che ha ricevuto un dono, e loro vogliono solo portartelo via. Non permetterglielo, Kari, fatti aiutare per sfruttarlo al meglio
La ragazza drago, quasi in trance, alzò una mano e fece apparire i suoi lunghi artigli scuri, mentre nere scaglie da rettile ricoprivano la sua pelle dalla punta delle dita fino al gomito. Charlie stava per intervenire di nuovo, ma il gesto di Kari non portò a nulla, se non a spaventare Luc, che si vide quegli unghioni sotto il naso e per un istante tremò di paura.
«Questo», esclamò con tutto il disgusto che poté, «questo lo chiami un dono? Preferirei morire, piuttosto che rimanere in questo stato per il resto della mia vita!»
Passato l’attimo di panico, l’uomo drago sembrò riprendersi subito e si lanciò in avanti verso la donna: «Sei solo una stupida, una Babbana ignorante che non si rende conto di quello che le è stato concesso! Quello che pensi tu non ha importanza, alla fine noi riporteremo in vita l’antico ordine dei Guerrieri del drago, e riconquisteremo tutto ciò che…»
Luc non finì mai la frase, perché d’un tratto si fermò e sembrò crollare svenuto, lasciandosi cadere.
Sotto lo sguardo duro di Misha, che sapeva di non avere più bisogno di conferma da parte dei suoi genitori, Kari tornò vicino all’uomo drago e lo scosse con violenza, intimandolo a completare il suo discorso. Solo quando vide i suoi occhi vitrei e percepì che quello che stava muovendo era un corpo inerte, lo lasciò. Lentamente, si riportò al fianco di Charlie e cercò il suo sguardo, spaventata, come a chiedergli una muta conferma di quanto era appena accaduto: Luc era morto.





Eccomi di nuovo qua! Fresca di concerto, ieri sera sono impazzita per gli U2, speccatolari... Ecco il capitolo nuovo. L'ultimo, per un po': domenica parto per le vacanze e a parte un paio di brevi scali a casa (tanto per cambiare la roba in valigia!) sarò via per un mese intero. Grazie a Mary e a nikkith per le loro recensioni: per ora niente botte tra le aspiranti Signore Weasley, state tranquille, ma Charlie dovrà darsi una svegliata il prima possibile! A presto

Rowi

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Capitolo 24
*** Piano d'azione ***


«È morto», esclamò Kari, allontanandosi il più possibile dal corpo. «È morto!»
Nello stesso momento in cui realizzò cos’era accaduto, la ragazza crollò a terra, come se nulla avesse più importanza. Sentì Charlie alle sue spalle muoversi per slegare il cadavere di Luc, così da non lasciarlo inerte e da stenderlo sul pavimento, e udì perfino le urla di quanti stavano fuori, oltre il vetro, eppure non le importava più di niente.
Certo non era il suo primo contatto con la morte, lavorava pur sempre in un ospedale, e tuttavia non aveva mai visto qualcuno morire così, senza motivo, semplicemente spegnendosi come se fosse stato premuto un interruttore.
Charlie la vide a terra, ma in quel momento aveva altro cui pensare: fece apparire un lenzuolo con cui coprire il corpo, poi raggiunse Misha, che era corso fuori dalla camera di massima sicurezza per cercare di contenere il panico dei suoi collaboratori; si era quasi dimenticato di loro, tanto era preso dalla discussione con il loro prigioniero. E ora Luc era morto, e se per lui ormai non era altro che uno sporco traditore e la sua morte era un fastidio per le risposte che non aveva ricevuto, poteva capire che per gli altri del centro di ricerca la sua morte fosse uno choc ben maggiore.
D’altra parte, spiegare cosa fosse successo era ben difficile: qualcuno aveva spedito lì Luc per rapire Kari a qualunque costo, anche se fosse stato necessario uccidere quelle persone che fino al giorno precedente lo avevano trattato come un amico, se non addirittura come un membro della famiglia.
Mantenere il controllo era fondamentale, qualcuno doveva sorvegliare il cadavere e impedire che accadessero altri imprevisti; forse la morte del traditore avrebbe potuto essere utile, forse studiando la mutazione su di lui avrebbero potuto capire come curare Kari, sebbene l’idea di un’autopsia – o come diavolo dicevano i Babbani – non lo ispirasse granché.
Si voltò verso la camera di massima sicurezza, per scoprire che la ragazza drago non si trovava più lì: l’unica presenza era la sagoma di Luc rivestita di bianco. Tornò a guardare avanti a sé, preoccupato, per scoprire che si era sistemata in un angolo del corridoio, distante dal gruppo di maghi e streghe che avevano assistito all’interrogatorio. Bastò scambiare uno sguardo con lei per capire che era a pezzi, ma nei suoi occhi qualcosa gli suggerì di lasciarla in pace e di occuparsi degli altri, che guardavano a lui per avere delle risposte. Annuì piano, e tornò a concentrarsi sui suoi colleghi.
«D’accordo, adesso calmatevi», esclamò ad alta voce per richiamare l’attenzione su di sé. «Quello che sta succedendo qui è molto grave: Luc si è lasciato plagiare per essere trasformato nella creatura che qualche ora fa ci ha attaccato. Lo avete visto tutti, era pronto a uccidere sia Misha che me».
Il mago rumeno fece un gesto con le braccia per dargli ragione, ma non lo interruppe; era Charlie il capo, ed era sempre lui il responsabile del caos che si era scatenato sul centro di ricerca, perciò doveva riuscire a mettere da parte il suo brutto carattere e rispettare le gerarchie, per una volta. Gli avrebbe tirato le orecchie in privato, senza mettere in dubbio il suo ruolo di principale.
«L’obiettivo, l’avrete di certo immaginato, era la nostra ospite, la ragazza drago che da qualche mese vive qui», disse Charlie, e indicò Kari, seduta sul pavimento con le gambe raccolte.
Molti dei maghi presenti cominciarono a borbottare, chiedendosi chi fosse e per quale motivo non ne fossero stati informati prima. Le spiegazioni furono lunghe, passarono dalla necessaria segretezza da mantenere su quella situazione imprevista e assolutamente nuova per tutti loro alle condizioni in cui la giovane donna era arrivata, per finire ai grandi miglioramenti che aveva compiuto in breve tempo. Non avevano idea di chi fossero i responsabili, né chi avesse mandato Luc contro di loro, ma si concentrò sul bisogno di mantenere il silenzio assoluto sulla faccenda, in particolare con il Ministero.
«Abbiamo mantenuto la nostra autonomia per tanti anni senza che nessun governo ci imponesse controlli o linee da seguire, e abbiamo creato un ambiente protetto e sicuro per i nostri draghi. Nessuno di noi qui è responsabile per quanto accaduto a Kari o a Luc, eppure non credo di andare molto lontano dalla verità ipotizzando che il Ministero della Magia ci manderebbe Auror, osservatori… Non abbiamo bisogno di tutto questo, ve ne renderete conto anche voi», concluse con un sospiro, lieto che molti avessero capito a che cosa si riferisse. La crisi del 1999 era ancora vivida nella mente dei suoi dipendenti, l’ultimo tentativo di imporsi da parte del Dipartimento per il controllo delle Creature Magiche. Tentativo che si era chiuso con la morte di un drago e del ferimento grave di molti tra gli allevatori.
In seguito, il Ministro aveva addirittura tentato di chiudere la riserva, ma molti altri governi magici del mondo si erano schierati in difesa di Charlie Weasley e del suo staff, del tutto innocenti a proposito di quanto era accaduto. Solo l’idea che si cercasse nuovamente di mettere sotto il controllo di persone incompetenti che avevano soltanto una vaga immagine di cosa significasse curare dei draghi veri, con nidiate e tutto il resto… beh, dava i brividi a parecchi, alla riserva.
«Dunque, qualcuno dovrebbe occuparsi di Luc: spero che il suo corpo abbia ripreso del tutto l’aspetto umano, ma in ogni caso sarà meglio comporre in modo dignitoso le sue spoglie prima di affrontare la sua famiglia. Qualcuno sa come contattare i suoi parenti?»
Una delle streghe che gli stavano davanti alzò la mano: era una ragazza molto carina, dai capelli scuri e il sorriso sempre in volto, in genere, ma in quel momento i suoi lineamenti eleganti erano sconvolti dal dolore e dalla paura. «Non ha famiglia, per quel che ne so, signor Weasley», singhiozzò, prima di portarsi una mano davanti alla bocca.
Sarebbe stato meglio dire aveva, ma Charlie non si sentì dell’umore per discutere di concordanze verbali, non aveva nemmeno lo spirito per redarguirla come al solito affinché lo chiamasse per nome. «Va bene, Romina. Grazie».
Lo sguardo di Misha sembrò volergli dire qualcosa, ma non gli diede peso; tutto ciò che riuscì a pensare fu che se non vi erano parenti in vita a piangere il traditore sarebbe stato più semplice considerare il suo cadavere come una donazione alla scienza per studiare la mutazione.
Fece un altro bel respiro, così da riuscire a continuare uno dei discorsi più difficili della sua vita. «Devo chiedervi nei limiti del possibile di tornare al vostro lavoro: so che è dura, anch’io sono sconvolto, ma è la cosa migliore per tutti. Chi ha finito il turno se vuole può andare a casa, chi ha da fare si prenda una boccata d’aria e cerchi di farsi forza. Un’ultima cosa: chi di voi…»
Un forte colpo di tosse da parte di Misha lo bloccò, fermandolo appena in tempo. Che cretino, si disse! «Chi di voi ha conosciuto il papà di Misha?», si corresse in modo da non fare la stessa fine di Luc, ringraziando col pensiero l’amico che aveva intuito la sciocchezza che stava per commettere. Meglio lasciare l’Isola dei Serpenti ai discorsi stretti tra chi c’era stato, così da evitare brutte sorprese… Non aveva la minima intenzione di andare a tenere compagnia al traditore per non aver saputo trattenere la lingua!
Un paio di mani si alzarono, e la cosa stranamente gli diede fastidio: si trattava di alcuni dei maghi anziani, come chiamavano gli addestratori di draghi che da più tempo lavoravano alla riserva. Anche Misha faceva parte del gruppo, che in situazioni critiche poteva prendere decisioni per conto suo pensando al bene del centro di ricerca e scavalcando così il capo designato, in questo caso Charlie. Non era mai successo nei tanti anni in cui il mago inglese aveva tenuto le redini, eppure il loro giudizio avrebbe pesato molto in questa situazione.
Non aveva ancora trovato le parole giuste per parlare loro di Kari, ma da qualche tempo aveva il dubbio che Misha li avesse informati e aggiornati periodicamente, visto il modo in cui ogni tanto lo guardavano; anche quella era una questione rimasta in sospeso tra loro…
Dalla sua visita all’Isola dei Serpenti, tra loro qualcosa era cambiato; alcune storie raccontategli dal signor Costel in particolare lo avevano messo sulle spine, e con tutti i casini che erano seguiti al suo ritorno non avevano più avuto tempo – o forse voglia – di chiarirsi. Tuttavia, Charlie ingoiò ancora una volta il groppo e si decise a pensare al momento presente per evitare altri problemi quel giorno, e tornò a rivolgersi agli altri che avevano visto la caverna sull’Isola. «Va bene, voi siete dispensati dai vostri incarichi: ho bisogno che svolgiate un nuovo compito per me».
Stava pensando a una ricerca approfondita in biblioteca su tutto quello che potesse essere utile per fare progressi riguardo alla cura, anche se in quel momento poteva non sembrare la massima priorità. «Prendete qualunque cosa in considerazione, anche il più piccolo riferimento al guerriero del drago», spiegò, «contattate chiunque vi sembri utile, anche le vecchie e scontrose conoscenze».
Il riferimento era chiaro agli interessati, che annuirono e si allontanarono dal gruppo.
«Ok, ora prestate attenzione tutti quanti», esclamò Misha con voce decisa, avanzando di qualche passo. «La riserva purtroppo non è più un posto sicuro, perciò da questo momento vi chiedo di essere prudenti ogni volta che uscite da questo edificio, specie quando andate a fare i giri di perlustrazione nella foresta. Non abbiamo idea se ci siano altri come Luc e non vorrei scoprirlo trovandovi stesi in una pozza di sangue».
I solidi modi bruschi di quel pazzo di un orso; Charlie riuscì quasi a concedersi un sorriso per quanto il momento fosse serio. «Qualunque cosa vi sembri sospetta, mi raccomando, riferitela a me o al rosso qui presente».
«Ma davvero non pensate che sarebbe meglio richiedere un aiuto proprio al Ministero?», domandò inquieto un mago con un forte accento spagnolo e un folto ciuffo di capelli scuri davanti al viso. Da quel poco che si poteva vedere della sua espressione, era terrorizzato.
Charlie lo fissò dritto negli occhi e si sforzò di mantenere un’aria amichevole e sicura di sé, sebbene fosse a sua volta preoccupato da morire.
«È così, almeno per il momento; abbiamo bisogno di altro tempo per portare avanti le nostre indagini interne, prima di avvisare le autorità», spiegò con calma, «ti assicuro però che non appena avremo trovato le prove necessarie…»
«Quali prove ci mancano? Abbiamo una cavia da laboratorio proprio qui, cosa potremmo mai trovare di meglio?» sbottò un altro mago, evidentemente fuori controllo.
Anche Greta fece la stessa obiezione: con la testimonianza di Kari e tutti i dettagli che sarebbe riuscita a ricordare, il Ministero non poteva chiedere di meglio per trovare i colpevoli.
Non erano discorsi insensati, affatto, ma Charlie non trovava le giuste parole che spiegassero i suoi pensieri riguardo le autorità; aveva avuto a che fare con le cariche burocratiche prima indirettamente, grazie a suo padre, poi con lo scandaloso voltafaccia di Percy e, non meno importante, con i problemi che erano sorti in più di un’occasione proprio a causa della riserva.
Non disse che sospettava anche di qualche oscuro personaggio del Ministero, anche se temeva di esagerare con le paranoie, né che il suo principale obiettivo era soprattutto tenere Kari al sicuro fino a che la vicenda non fosse finita, lontano da ogni possibilità di tornare a essere una cavia, limitandosi dunque a ripetere il suo desiderio di andare a fondo della faccenda prima di passare il problema agli Auror.
Dal canto suo, la ragazza drago alle sue spalle brontolò qualcosa tanto per far sapere a Greta cosa pensava delle sue opinioni. Charlie ricacciò indietro i suoi pensieri protettivi: doveva sembrare interessato prima di tutto alla riserva, alla sicurezza dei draghi e alle persone che vi lavoravano, così da non perdere la fiducia dei suoi collaboratori.
In più, voleva che Kari fosse accolta bene nel gruppo – lui le doveva la vita, e in ogni caso senza di lei non avrebbero mai preso Luc – ma allo stesso tempo che nessuno si avvicinasse a lei più di tanto. Non era semplice, ma dovevano riuscirci.
Eppure il quadro era sempre più complicato: Misha premeva da mesi perché la ragazza fosse trasferita da qualche parte e non avrebbe tollerato un altro giorno di ritardo dopo un simile disastro.
«Se non avete altre domande», esclamò sentendosi stanco come non mai, «potete andare».
Qualcuno brontolò, altri fecero per aggiungere qualcosa, ma tutto si concluse lì.
Non per Charlie, però, che non avrebbe avuto un minuto di tregua, quel giorno.
«Dobbiamo parlare», gli sibilò all’orecchio Misha, a metà tra lo spaventato e l’arrabbiato. La nuova piega che avevano preso gli eventi lo metteva in agitazione, come se avere un secondo uomo drago in giro per il centro di ricerca non fosse abbastanza per un giorno solo.
Non si sarebbe mai aspettato che non potesse esserci di peggio, ma un secondo uomo drago morto e penzolante nella camera di massima sicurezza aveva mandato all’aria anche quella sua sciocca sicurezza.
Charlie scosse il capo, anche lui combattuto da diversi sentimenti; da un lato osservava Kari e le sue reazioni, ma non aveva nemmeno dimenticato i suoi collaboratori che erano rimasti ad assistere e ora doveva evitare che si scatenasse il panico. «Non mi sembra il momento più adatto, a dire il vero».
«Adesso, Charlie, o preferisci aspettare che arrivi la prossima cavia da esperimenti a morire per la mancata parola?»
La risposta di Misha lo lasciò interdetto: aveva voglia di rispondergli per le rime, ma in fondo aveva ragione. Fissò l’amico intensamente, indeciso sul da farsi, poi sospirò e annuì: «Va bene, dove possiamo parlare? Certo non qui o nella camera di sicurezza, con il cadavere di quel traditore!»
«Mi preoccuperei più di tutti quelli che passeranno casualmente di qua tra un compito e l’altro per sapere cosa sta succedendo», aggiunse Misha sarcastico.
Giusto, per non parlare di Kari che sembrava intenzionata a non allontanarsi più da loro per sapere tutto quello che stava succedendo.
«Ok, scegli un’altra stanza e rendila Imperturbabile, ti raggiungo subito», replicò stancamente pensando di passare in magazzino a prendere una fiala di Pozione Corroborante. La ferita gli faceva male, ora che ci pensava… Poteva essere sparita alla vista, ma anche con la magia sarebbe servito del tempo perché il dolore passasse.
Stupido, era così arrabbiato con Luc e preoccupato per tutta la situazione che se n’era dimenticato fino a quel momento.
«Va bene, io rimango con voi», ribadì Kari a confermare i pensieri di Charlie.
«No, signorina, o ci vedrai fare la fine dell’uomo lucertola», le spiegò Misha con un tono che non ammetteva repliche. «Rimani qua e non litigare con nessuno fino al nostro ritorno, poi decideremo cosa fare di te».
L’ultima frase non piacque granché alla ragazza, che storse il naso. «Cosa fare di me? Che intendi?»
«Con quello che è successo oggi, dovremo trovarti un’altra sistemazione», spiegò l’uomo senza far parlare Charlie. «Anche presentandoti come la più deliziosa creaturina zannuta mai vista sulla Terra, qui hanno tutti paura di te: vogliamo mettere tutti in una situazione di tranquillità, te compresa. Fidati, ti assicuro che non succederà nulla di male. Charlie, ti aspetto nella cella frigorifera sotto le cucine».
E detto questo s’incamminò, lasciando gli altri due da soli.
«Starò buona, però puoi dire ai tuoi amici di non guardarmi in quel modo? Mi fanno irritare», sbottò Kari senza guardare l’amico in faccia. Era ancora sconvolta, e avrebbe voluto sparire; in effetti, un po’ di solitudine in quel momento le avrebbe fatto bene.
«Sissignora!» provò a scherzare Charlie, senza però il solito entusiasmo. Oltre alla Pozione, pensò che avrebbe fatto meglio a prendere anche una giacca. Di certo di lì a poco avrebbe avuto freddo, e non solo per la temperatura della cella frigorifera.




Eccomi qua! La pausa estiva è durata più del previsto, lo so, ma con gli esami in vista ho dovuto aspettare... Grazie a chi continua a leggermi! Rowi

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Capitolo 25
*** Il drago e l'orso ***


Per qualche strana ragione, Charlie si prese tutto il tempo necessario a fare le cose con calma, camminando per i corridoi del centro di ricerca con una tranquillità che non gli era naturale; voleva ritardare la discussione con Misha il più possibile, sebbene sapesse che ormai non sarebbe riuscito a evitarla.
Andò fino al magazzino, recuperò la Pozione Corroborante e la bevve tutta in un sorso, sentendo all’istante i suoi influssi benefici, poi si diresse verso l’ufficio, dove aveva lasciato il suo giaccone in pelle di drago sintetica. Le scuse per perdere minuti preziosi, tuttavia, finirono in fretta e al mago non rimase altro da fare che incamminarsi per le cucine. La verità era che odiava litigare con Misha, che oltre a essere il suo collaboratore più fidato era il miglior amico che avesse mai potuto desiderare, e la questione di Kari li aveva già messi troppe volte uno contro l’altro.
Con un colpo di bacchetta aprì la botola che portava giù alla cella frigorifera, dove venivano conservate le scorte per la mensa, sospirò e prese a scendere le scale.
Già al quarto gradino si sentì scosso dai brividi per la bassa temperatura. «Lumos», sussurrò portandosi la bacchetta vicino alle labbra: per qualche strana ragione, infatti, là sotto era tutto buio, come se non ci fosse nessuno. Tra lo scintillio dei cristalli di ghiaccio, tuttavia, la figura imponente di Misha comparve dall’oscurità.
«Posticino caldo e accogliente», gracchiò Charlie in direzione dell’amico, osservando il vapore che gli usciva dalla bocca.
Il mago rumeno scrollò le spalle. «Se qualcuno riesce a spiarci qua sotto, merita di vederci morire» sentenziò scorbutico come sempre. «Pochi giri di parole, dobbiamo trovare una soluzione a questo casino. Cominciamo con il riassunto di tutto quello che ti ha detto mio padre».
Quei modi infastidirono l’uomo dai capelli rossi: era abituato ai rimbrotti di Misha e soprattutto ai suoi modi poco delicati, ma non si meritava quel trattamento così duro. Non aveva mica invitato lui Luc al centro di ricerca per causare tanti guai, che diavolo!
«Mi ha portato alla grotta della scogliera, mi ha fatto vedere tutto quello che c’è là sotto, mi ha fatto vedere i suoi libri…» rispose controvoglia Charlie.
«Il tour completo, dunque», lo interruppe Misha agitando una mano davanti al naso. «Benvenuto nel club di Quelli che conoscono la storia dei guerrieri del drago e non possono parlarne a nessuno perché altrimenti cadono a terra morti stecchiti».
Definizione allucinante, ma degna del suo tremendo senso dell’umorismo.
«Non credevo che anche Luc fosse stato là», commentò con aria casuale Charlie, evitando di guardare l’amico in faccia.
«Certo non ce l’ho mandato io, se è questo che intendi insinuare», soffiò rapido l’altro, sentendo l’accusa pendente tra loro. Le ombre sul ghiaccio disegnavano forme grandi e minacciose, quasi inquietanti. «Ed è strano, tra l’altro: quando assumiamo qualcuno controllo sempre se è nei registri di mio padre, e lui mi avvisa se qualcuno si presenta come ricercatore o addestratore della riserva. Inoltre, sei il primo tra i nostri colleghi che va sull’Isola a nome mio».
«Bella roba», sbottò l’inglese, «potevi deciderti un po’ prima di mandarmi su quello sputo di isoletta!»
«Per la notte di Valpurga, Charlie! Non si tratta di essere amici, ma di spedire laggiù le persone giuste al momento giusto».
Misha prese tempo, stanco anche lui. «Non è che non mi fido di te, ma ti posso dire che non ti ci avrei mandato se non fosse apparsa Kari. Le cose stavano precipitando, però, ed era necessario».
«Perché non me ne hai parlato prima?»
«A parte perché sarei finito anche io bell’e morto prima ancora di finire il discorso, intendi?», domandò sarcastico sfoderando un sorriso amaro. «Non prenderla come una questione personale, questo è un segreto che dovrebbe essere dimenticato da tutti, così che nessuno provi ancora in futuro a creare nuovi guerrieri. Guarda Kari, se nessuno avesse conservato il ricordo di questa storia maledetta non le sarebbe successo niente».
«E cosa le sarebbe successo se ti avessi dato retta da subito e l’avessi mandata via dove volevi tu? Dimmi la verità, Misha: quando pensavi di trovarle un’altra sistemazione, intendevi portarla da tuo padre perché la uccidesse, vero?»
Era quella la scoperta più terribile che Charlie aveva dovuto affrontare sull’Isola, sotto la guida del signor Costel: era il destino degli uomini drago, la morte senza pietà prima che potessero reagire e cominciare a uccidere. Perché in passato ogni guerriero che era stato dotato di un simile potere aveva ceduto alla crudeltà, all’istinto del rettile e alla voglia di sangue. Ma Kari era diversa, e Misha avrebbe dovuto tenerne conto.
In quel momento, però, il mago reagì male all’ultimo attacco e cominciò a urlare. «Non mi puoi biasimare, ragazzino! Questa è l’unica soluzione che i miei antenati hanno trovato per impedire che esseri umani ridotti in quel modo distruggessero mezza Europa al soldo dei maghi oscuri e dei re che non si facevano scrupoli: cosa avresti fatto al posto mio, conoscendo da subito il potenziale pericolo nascosto in quella mocciosa pelle e ossa?»
Sempre più arrabbiato, Charlie fece per replicare qualcosa, ma Misha lo interruppe ancora.
«No, Charlie, ora parlo io: ho cercato di metterti in guardia dai problemi che potevano essere scatenati da quella ragazza, ma non mi hai ascoltato. Non solo: l’hai tenuta qui, e così facendo hai messo in pericolo tutto lo staff. Oggi ci è andata bene, ce la siamo cavata con poco, ma la prossima volta…»
Quelle previsioni erano ridicole, Charlie non poteva sopportarle. «Non ci sarà una prossima volta!»
Misha scosse il capo, ma quando parlò cercò di contenere la propria stanchezza e la frustrazione che si portava dietro da mesi per colpa di tutta quella vicenda. «No, non ci sarà perché Kari deve andarsene da qui. Quello di Luc era un attacco suicida, te ne rendi conto? Doveva tornare con lei, a tutti i costi: quanti altri dovranno arrivare e tentare di ucciderci tutti perché tu comprenda la situazione?»
Era un quadro agghiacciante, ma corretto anche per la cocciutaggine di Charlie; si sedette su una cassa di fagioli e puntò la bacchetta verso l’alto, così da illuminare meglio la stanza.
«E cosa avremmo dovuto fare? Ucciderla, così da lasciare solo al mondo un bambino?»
«Ti ostini a non vedere oltre», sbuffò ancora Misha. «Non sarebbe piaciuto neanche a me, te lo giuro su quello che vuoi, e ora che l’abbiamo conosciuta meglio sono felice che tu mi abbia impedito di portare avanti la mia idea, anche se inconsapevolmente; è una testa calda come te, ma ha un buon cuore».
«Te ne sei accorto», commentò l’amico, lasciandosi sfuggire un sorriso.
Il mago rumeno sembrò sul punto di esplodere di nuovo, poi con aria esasperata aprì le braccia come a chiedere pietà. «Non tutti si lasciano abbindolare dal primo paio di occhioni scuri pieni di lacrime che incontrano, specie se la loro proprietaria ha tentato di mangiarseli», fu la sua risposta, però già più distesa. «Quell’isola è maledetta, Charlie, non sai quanto vorrei che sprofondasse in fondo al mare; non ti ho mai detto della sua esistenza non perché non mi fido di te, ma proprio perché sei mio amico e non volevo che anche tu dovessi portare il peso di questo segreto tremendo».
La rabbia, la delusione che Charlie aveva provato per Misha per tanto tempo svanì in un istante nel vederlo così stanco e affaticato: per una volta dimostrava l’età che aveva davvero. «Non ho avuto il tempo di farmi spiegare tutto per bene da tuo padre, in realtà; com’è nata la tecnica per questa trasformazione?»
«Mio padre non te l’ha detto perché non lo sappiamo. La leggenda comincia come molte altre, c’era una volta un pazzo che voleva dimostrarsi più forte di un altro pazzo» riassunse lui, riprendendo un po’ del suo solito smalto.
«Quindi in sostanza qualcuno avrebbe creato gli uomini drago per vincere un suo avversario, per usarli come guerrieri di sfondamento contro le linee nemiche?»
Misha annuì. «Non so dirti se il committente fosse un mago o un Babbano, le prime tracce di questi mostri risalgono a tempi in cui non si aveva paura dei nostri poteri, anzi, chi non li aveva assoldava i nostri antenati per usarli contro i nemici o per curare le malattie».
«Ma da quello che ho capito, i tuoi antenati si ribellarono e si misero a combattere questi ibridi, per poi farsi carico del sapere proibito e nasconderlo al mondo».
«Hai capito bene: non si è mai cercata una cura, il rituale che permette la trasformazione è andato perso, non riesco nemmeno a immaginare come sia stato possibile ripeterlo ai nostri giorni! La mia famiglia e altri maghi, che si facevano chiamare Cavalieri del drago ai tempi, invasero l’Isola dei Serpenti e distrussero il laboratorio rudimentale in cui venivano creati gli ibridi. Uccisero le cavie e gli esseri prodotti allora, senza fare domande».
Inoltre, Misha aggiunse che ogni tanto si mormorava che alcuni gargoyle sulle facciate di chiese e castelli di mezza Europa fossero altri guerrieri pietrificati, ma che non erano mai state trovate prove a riguardo.
«Alcuni dei maghi anziani sono stati sull’Isola», disse Charlie dopo qualche minuto di silenzio passato a pensare a come anche lui avesse pensato ai gargoyle vedendo Kari. «Adrian e Georgeta, ad esempio», nominò ricordando chi aveva alzato la mano durante la riunione. Non andò avanti, tuttavia, sentendosi un idiota: per Merlino, sembrava un poppante che si sentiva messo da parte rispetto ai fratelli! E dire che non era arrivato a simili scene di gelosia nemmeno quando erano nati Ron e Ginny…
«Non ce li ho mandati io, te l’ho già detto», spiegò ancora Misha, paziente. «Alcuni dei nostri amici sono arrivati all’Isola per conto loro, leggendo vecchi libri, oppure per caso. Il loro aiuto comunque è stato importante, specie mentre tu eri via, dai tuoi».
«Mia madre e la sua ossessione di vedermi accasato sono tornate nel periodo peggiore, è vero», ammise il mago inglese, «ma non avrei potuto liberarmene in altro modo, la conosci».
«Certo che la conosco, sono quasi trent’anni che ti ascolto lamentarti di lei!»
Questa volta i due scoppiarono in una risata sincera, che stemperò la tensione in quella cella di ghiaccio.
«A proposito dei maghi anziani, mi ha stupito che non abbiano convocato un consiglio all’istante, dopo tutto questo caos».
Questa volta fu Misha a sentirsi in dovere di confessare qualcosa. «Ci siamo riuniti tre giorni dopo la tua partenza, a settembre, e abbiamo deliberato anche oggi, mentre tu ti facevi curare quella brutta ferita: il loro giudizio è sempre lo stesso, ti ritengono un pazzo pur comprendendo le tue ragioni, ma adesso Kari se ne deve andare. Le siamo tutti grati per aver impedito che tu, io e chissà quanti altri di noi facessimo da pranzo a Luc, ma la situazione non è più sostenibile».
Aveva ragione, anche Charlie ormai non poteva più negarlo: un conto era una ragazza tenuta in gran segreto nell’edificio, ma un morto… Non poteva tergiversare ancora. «Hai vinto, ma non so cosa fare. Se l’ho portata qui è perché è il posto più sicuro che mi sia venuto in mente».
«E io voglio che rimanga ancora a lungo un luogo sicuro, per noi e per i nostri draghi: per questo quando lei non sarà più qui avviserò dell’accaduto il Ministero».
«Cosa stai…»
«No, l’abbiamo deciso io e i maghi anziani, e siamo tutti d’accordo», continuò Misha senza dargli tempo di ribattere; l’espressione del suo viso era strana, come se stesse per fare qualcosa che non gli andava a genio, pur sapendo che era la scelta migliore. «Al di là di ciò che potrebbe capitare a Kari, a noi, o anche alla riserva stessa, quei mostri sono delle macchine pronte a uccidere. Hai visto Luc, non avrebbe avuto problemi a eliminare chiunque di noi gli avesse impedito di compiere la sua missione! Non sappiamo quanti possono essere già stati trasformati, e nessuno di noi è pronto a correre un simile pericolo, o peggio, a permettere che il resto del mondo magico lo ignori».
Cadde ancora il silenzio, come se nessuno dei due osasse proporre un’idea, un piano; Charlie cominciò a innervosirsi e prese a giocare con la bacchetta, agitandola per far muovere gli aloni luminosi sulle casse di provviste e sulle pareti ricoperte di ghiaccio, fino a quando Misha non lo sgridò come un bambino.
«Ora finiscila e ascoltami bene: quanto sei disposto a rischiare, Charles?»
«Che cosa intendi?»
«La terresti a casa tua? Si fida di te come di nessun altro qui, avete già un legame e ti darebbe retta. Inoltre, vivi in un posto isolato, da solo: possiamo incantarla in modo che sia il rifugio perfetto, e nasconderla da te».
«E nel caso che il Ministero non credesse alla nostra versione, io mi prenderò tutte le responsabilità», finì Charlie per lui. «Mi sta bene, in fondo è quello che volevamo fare fin dall’inizio».
Misha gli posò un braccio sulla spalla: «Se dovesse succedere qualcos’altro e tu rischiassi qualcosa, io e gli altri ti staremo vicino e faremo tutto il possibile per aiutarti, lo sai meglio di me».
«Non l’ho mai messo in dubbio», disse l’altro ricambiando la stretta.
«Allora, ascoltami bene perché dobbiamo fare in fretta: adesso tu esci da questa ghiacciaia, prendi la ragazzina con te e trovate un camino. Falla arrivare a casa tua, poi dai l’allarme come se fosse fuggita; ah, sarebbe meglio che le chiedessi di farti qualche altro graffio, così da rendere la storia di un suo attacco di rabbia e della sua sparizione più credibile».
Charlie borbottò qualcosa sul fatto che Kari non sarebbe mai stata d’accordo a ferirlo, nemmeno se da questo fosse dipesa la sua vita, ma l’altro mago non gli diede retta.
«Se tu fossi implicato nella sua fuga potrebbero esserci delle altre ritorsioni contro di te, e non credo che dalla Torre tu potresti fare qualcosa per aiutarla a tornare normale».
La Torre, così era conosciuta in Romania la prigione fatta costruire da Gridelwand per rinchiudervi i suoi oppositori, che dopo la sua sconfitta era diventata il carcere dove aveva passato il resto della sua vita: da diversi anni quel luogo era gestito in collaborazione dai Ministeri della Magia di diversi Paesi dell’Europa dell’Est per la segregazione dei criminali più pericolosi e ingestibili. Non era controllato attraverso i Dissennatori, ma raramente chi entrava in quel luogo ne usciva vivo, e la sua fama era così sinistra che a Charlie faceva perfino più paura di Azkaban. Una eventuale condanna per esperimenti illeciti su una Babbana sarebbe stata sufficiente a farlo finire laggiù? Non voleva neanche pensarci.
«Va bene, hai ragione tu. E poi, se vogliamo risolvere questo mistero dobbiamo rimanere uniti, e trovare un accordo con il Ministero per continuare a svolgere le nostre indagini».
«Ora mi piaci, rosso!»
«Era da un pezzo che non mi chiamavi rosso», notò Charlie sorridendo.
«Perché da un pezzo non riconoscevo in te il mio pazzo inglese preferito!»
«Non so se posso tornare a essere quello di prima; mi sconvolge ancora l’idea che fossi pronto a uccidere così, senza darle una possibilità».
«Avremo tempo di risolvere tra noi la questione, quando tutta questa brutta storia sarà finita».
Anche essendo un mago, Misha aveva un solo modo per risolvere una faccenda in sospeso, ossia con una bella scazzottata in piena regola, Charlie lo sapeva benissimo.
«Ci conto, vecchio pazzo».
Dopodiché salì al volo le scale che portavano in cucina: doveva trovare Kari e seguire il piano, proprio come avevano deciso. Trovarla non fu difficile, era là nella camera di sicurezza, nell’esatto punto in cui l’avevano lasciata prima; la prese per mano e se la tirò dietro fino al suo ufficio, incurante delle sue proteste, tanto aveva fretta.
Aver ritrovato l’amicizia di Misha, che fino alla discussione sembrava essersi affievolita, e in più aver raggiunto un simile compromesso raggiunto dopo tanti mesi di litigi e incomprensioni gli davano una carica incredibile, insieme alla sicurezza che finalmente tutto sarebbe andato al suo posto.
«Mi vuoi dire dove mi stai trascinando o no?», si lamentò Kari quando si fermarono e Charlie chiuse la porta dietro di loro.
«Adesso tira fuori gli artigli e graffiami», le disse senza rispondere.
«Che cosa? Ma sei impazzito?»
«Questo posto non è più sicuro per te, perciò abbiamo deciso di portarti a casa mia, se non hai nulla in contrario», le spiegò paziente, ma Kari fece segno di no e continuò, «dobbiamo però far sembrare questo trasferimento una fuga, così nessuno saprà dove cercarti in caso ci siano altre spie come Luc… Se vogliamo essere credibili devi ferirmi, altrimenti nessuno abboccherà».
La ragazza sbuffò, indecisa sul da farsi, ma alla fine si fidò di lui per l’ennesima volta: si preparò a colpirlo, ma all’improvviso la porta dell’ufficio si spalancò di colpo.
«Fossi in lei mi fermerei prima di peggiorare la situazione, signor Weasley».

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Capitolo 26
*** Nuovo ordinamento ***


Quattro giorni dopo, Charlie stava arrancando nella neve seguendo una delle piste più vecchie della riserva: bacchetta alla mano, una spessa sciarpa opera di sua madre intorno al collo e a coprire metà del viso, il mago seguiva le tracce sui tronchi degli alberi che indicavano la via.
Ancora non era periodo di grandi nevicate, sebbene il tempo fosse ormai vicino, ma del terreno ormai non vi era più alcun segno sotto la coltre bianca.
Erano passati anni dall’ultimo giro di controllo in solitaria nella foresta, il lavoro al centro di ricerca lo aveva sempre più assorbito fino a fargli dimenticare i motivi per cui aveva scelto una simile professione, quando ancora non aveva neanche vent’anni: il contatto con la natura e con i draghi, quelle creature enormi e meravigliose mal comprese da tutti. Libertà.
Avrebbe avuto tutto il tempo che desiderava per quelle passeggiate nella neve e per ritrovare se stesso, ricordò mestamente mentre saltava una grossa radice.
Le cose erano cambiate in fretta negli ultimi giorni: dalla morte di Luc e dal maldestro tentativo di nascondere Kari in un altro luogo prima che trapelasse la notizia della sua esistenza, il Ministero aveva invaso la sua amata riserva e aveva preteso di condurre un’indagine ufficiale su quanto stava accadendo.
Né i due Auror che lo avevano fermato mentre spiegava alla ragazza drago come ferirlo per simulare una fuga da manuale, né il funzionario burocratico che li aveva seguiti gli avevano creduto. Nemmeno a Kari avevano dato ascolto, e la ragazza al momento veniva trattata come un soprammobile troppo sboccato; rinchiusa di nuovo nella camera di massima sicurezza – cosa che detestava, visto che aveva fatto da cella anche a Luc e che dopo quel fatto lei aveva giurato di non metterci più piede – poiché i nuovi arrivati non credevano fosse controllata, la donna ancora non aveva capito se era considerata una vittima o una criminale.
Non vi erano dubbi, invece, sul fatto che lui, Charlie Weasley, fosse ritenuto responsabile per il rapimento di Kari, e che fosse incolpato di esperimenti illeciti su Babbani e di omicidio. Non avevano ancora trovato le prove per incriminarlo e non le avrebbero mai trovate del resto, ma gli Auror gli stavano col fiato sul collo. Sarebbero usciti con lui nella riserva, se non avessero avuto troppa paura di finire sbranati da un drago. Imbecilli…
Tutto ciò che Charlie aveva potuto fare era stato dimettersi dalla sua posizione di dirigente e lasciare il comando a Misha, che sapeva essere molto più diplomatico di lui in certe situazioni, anche solo per il fatto di riuscire a guardare all’intera vicenda con lucidità. Quanto a se stesso, era tornato alle mansioni di semplice guardaparco, e stava appunto proseguendo un giro di controllo dei nidi occupati quell’inverno; era sotto incantesimo rintracciante, per cui se fosse uscito dai confini della riserva sarebbe stato arrestato all’istante.
Charlie si tolse gli occhialoni per la neve dal viso, assaporando il vento: i draghi erano tutti a nanna, per loro era periodo di letargo e non si sarebbero mossi dalle loro tane per nulla al mondo… A meno che qualcuno non fosse andato a disturbarli, o solleticarli, come diceva il motto di Hogwarts, ma se simili idioti esistevano, meritavano di fare una fine tremenda.
Odiava come si erano messe le cose: non appena fosse rientrato alla base, un Auror si sarebbe messo a seguirlo per controllare che rispettasse l’ordine di non parlare con nessuno, ordine che aveva obbligato il mago a rispolverare una vecchia lavagna per informare i suoi colleghi che nelle sue ispezioni non aveva riscontrato problemi, che non andasse a interagire con la ragazza drago… Lui passava lo stesso da Kari, si fermava a guardarla e spesso posava la mano sulla spessa lastra di vetro incantato che li separava, mentre lei faceva altrettanto; era l’unico contatto concesso loro fino a che non ci fossero stati degli sviluppi nell’indagine che scagionassero entrambi.
Misha era l’unico che osava parlargli sfidando le direttive degli Auror, ma lo faceva solo per rimarcare i problemi che aveva creato alla riserva con un Io te l’avevo detto ogni volta che s’incontravano nei corridoi.
Non si era mai sentito così solo.
L’Auror che lo teneva d’occhio si era anche trasferito a casa sua, poiché Charlie si rifiutava di rimanere a quelle condizioni tutto il giorno alla riserva, ma raramente parlava; al mago inglese sembrava una versione rumena del fratello minore Percy, pomposo e assolutamente convinto che il Ministero incarnasse il bene assoluto. Sì, forse era fermo al Percy ventenne, ma la cosa non aveva importanza.
Stanco e frustrato, Charlie si lasciò cadere nella neve a peso morto, sollevando una nuvoletta candida intorno a sé. Ripensò all’ultimo inverno in cui aveva fatto gli angeli di neve con sua sorella, quando Ginny era piccolissima, al desiderio di conoscere i draghi che lo aveva portato in Romania, alle sue azioni negli ultimi mesi. Era arrivato a simili risultati solo per buttare tutto via? Per una femmina, per di più, una donna!
Erano secoli che non permetteva a una donna di sconvolgergli la vita, aveva sofferto fin troppo per il suo amor proprio, in passato. Lui era il Weasley delle relazioni occasionali e del rifiuto a ogni tipo di legame, come gli ricordava fin troppo spesso sua madre! Perché aveva lasciato così tanto spazio a Kari? Non lo sapeva, o meglio, temeva di saperlo e non voleva ammetterlo.
Lo aveva giurato sulla tomba di lei, del suo primo amore, che non si sarebbe più lasciato prendere da simili sentimenti…
«Charlie?»
Georgeta, una dei maghi anziani. Charlie la riconobbe subito dalla voce, prima ancora che dalle due lunghe trecce di capelli scuri striati di grigio che pendevano ai lati del suo viso: indossava anche lei l’abbigliamento da pattuglia, un ampio mantello isotermico e gli stivali di pelle di drago – pelle ricavata senza inutili spargimenti di sangue, ovviamente. In testa, un buffo cappellino rosa con un pompon di lana arancione. «Meno male che ti ho trovato, è quasi un’ora che giro a vuoto per i sentieri di questa parte della foresta!»
I maghi anziani cercavano lui. Questo poteva non essere un buon segno.
«È arrivata una lettera per te dalla Gran Bretagna, l’ha trovata Misha nel tuo… Nell’ufficio della direzione», si corresse la donna con un po’ di tatto, visti i repentini cambiamenti degli ultimi giorni, «ed è riuscito a nasconderla ai nostri maledetti inquisitori».
Almeno la presenza del Ministero era detestata dalla comunità, si disse Charlie, e tuttavia non sapeva quanti incolpassero lui per l’accaduto. Parecchi, con buone probabilità.
Georgeta spiegò di aver preso un altro sentiero assicurando agli Auror che sarebbe andata in una diversa direzione rispetto al suo ex-capo, e quelli come brave pere cotte le avevano creduto sentendo un paio di epiteti coloriti nei confronti dell’inglese, poi aveva tagliato per il bosco seguendo anche lei i segni sui tronchi e lo aveva raggiunto.
«L’avete letta?», domandò Charlie tenendo una mano verso di lei.
«Non siamo ancora arrivati tanto in basso da aprire la tua corrispondenza personale, signorino», lo riprese la donna come se si fosse offesa, «anche se, visto che il mittente è Rolf Scamandro, credo che il contenuto della lettera dovrebbe essere condiviso con noi».
Rolf! Erano mesi che non sentiva il suo mentore, troppo preso dalla situazione in Romania, ma da quello che Misha gli aveva detto aveva ricevuto i campioni di Kari perché li analizzasse insieme a sua moglie, Luna.
«Leggiamola insieme», propose alla sua collega, «e scusa se sono odioso, ma tutto questo… Non avrei mai voluto scatenare un casino del genere».
«Lo so, Charlie, ma non sono ancora pronta ad accettare le tue scuse: sapevi che sarebbe successo, eppure hai tergiversato fino all’ultimo».
Nonostante quella risposta secca e per niente affabile, Georgeta si portò accanto a lui e si sedette a sua volta nella neve; era più giovane di Misha solo di un paio d’anni, e Charlie cominciava a pensare che i modi burberi che i due avevano fossero un tratto distintivo della loro generazione, in Romania.
Si fece passare la busta e ruppe il sigillo di ceralacca, un drago stilizzato: il messaggio di Rolf era breve e non conteneva niente di particolarmente rilevante, riportava solo che il mago era mortificato ma non era riuscito ad arrivare a risultati precisi, ma che di certo nel sangue o nelle cellule di Kari si trovavano anomalie che potevano aver favorito la mutazione, sicuramente provocata dall’esterno.
Kari era stata scelta davvero a caso, o al massimo perché la sua condizione familiare avrebbe potuto diventare una leva con cui tenerla buona in caso di ribellione, così come anche lei aveva ipotizzato. La nota più interessante era scritta nella calligrafia contorta di Luna: secondo lei, il sangue della ragazza drago era la causa di tutto, visto come le cellule si erano modificate, e quindi probabilmente sarebbe rimasta un ibrido solo per il periodo necessario a fare in modo che il sangue si rigenerasse del tutto…
«Il Dorsorugoso impiega sei mesi per rigenerare il suo sangue, giusto?», domandò pensieroso Charlie a Georgeta, che oltre ad aver studiato draghi tutta la vita era un’esperta di biologia babbana.
«Solitamente sì, ma non è detto che anche le cellule di quel sangue non si siano modificate entrando in contatto con un organismo umano… E poi dipende da che tecnica hanno usato per scatenare la mutazione, su questo neanche il padre di Misha riesce a fornire una spiegazione sensata».
Ovviamente, i guardiani del segreto sapevano solo quel che bastava per impedire che il misfatto fosse ripetuto, non erano capaci di riprodurlo a loro volta. Charlie sospirò: «Quindi abbiamo una teoria secondo cui Kari potrebbe tornare normale naturalmente con l’eliminazione delle cellule del sangue di drago, se ho capito bene… Ma se il suo organismo avesse assimilato il tutto e ora anche il sangue nuovo creato dal suo corpo fosse già dello stesso tipo?»
Bella domanda, ma a questa Georgeta non aveva risposta. Forse se avessero aperto Luc capire quali effetti a livello organico avesse portato la mutazione sarebbe stato più semplice… Sì, ma il cadavere era conservato in ghiacciaia, la stessa dove Charlie e Misha avevano discusso, ed era off limits, soprattutto per l’inglese.
«Potremmo avere lì tutte le risposte, e non ci permettono di toccare quel corpo!», si lamentò Charlie, arrabbiato.
Pur essendo d’accordo, Georgeta non rispose. Era piuttosto rigida, notò l’uomo, e fissava un punto davanti a loro; anche Charlie lo vide, quando seguì la traiettoria con lo sguardo, una grossa macchia grigia in movimento. «Dovrebbe dormire come un sasso di questi tempi», mormorò…
«Taci: se si è svegliato è quasi sicuramente perché ha fame, e non mi va di fargli da spuntino».
Un Ironbelly Ucraino, riconobbero al volo, e quando si fece più vicino il mago riuscì anche a riconoscere l’esemplare per via di un corno spezzato: Montagna, così lo chiamavano nella riserva, il più grosso e lento di tutti. Charlie aveva salvato un paio di contadini appena in tempo prima che il drago si lanciasse con tutto il suo peso sulla loro fattoria, solo qualche mese dopo il suo arrivo in Romania. Era particolarmente affezionato a Montagna per via di quella storia, il suo tempestivo intervento gli aveva fatto guadagnare la stima di tutti i suoi colleghi. Poi era giunta la notizia della nascita di Norberta da suo fratello Ron, e un salvataggio internazionale di cucciolo di specie protetta era sempre ottima materia per un curriculum… E anche per togliersi la targhetta di ultimo arrivato di dosso.
Il drago si voltò nella loro direzione e fiutò l’aria, ma non trovò nulla d’interessante: gli abiti da uscita pensati nel centro di ricerca servivano anche a camuffare le tracce odorifere, così da non presentarsi come adorabili spuntini pronti per essere mangiati, perciò la cosa non stupì nessuno dei due umani che stavano osservando la creatura.
Montagna portò i suoi lunghi artigli sul capo, quasi come a grattarsi. Sembrava particolarmente confuso, ma dopo pochi minuti scomparve alla vista. «Non è il solo a essere strano», commentò Georgeta quando il silenzio tornò nella foresta, «la presenza della tua ragazza drago innervosisce tutti, specie quando è tenuta in gabbia».
«Non è la mia ragazza, anche se è vero, è inquieta come i primi tempi. Non so cosa fare per aiutarla».
«Quella lettera… Rolf Scamandro non potrebbe testimoniare a tuo favore, spiegando come gli hai chiesto aiuto per capire qualcosa della mutazione? Un personaggio così celebre nel settore potrebbe fare la differenza».
Charlie scosse il capo: «Già non volevo coinvolgerlo già dall’inizio, non posso chiedergli anche questo. Ha due figli piccoli, Georgeta, deve pensare alla sua famiglia e non impelagarsi in problemi che non sono suoi».
«Anch’io ho due figli, ma non ci hai pensato quando hai fatto saltare tutto questo bel vespaio, non è vero?»
«Ma questo che cosa c’entra?»
«C’entra eccome! I miei figli vanno ancora a scuola, hanno bisogno di me e del mio lavoro: cosa succederebbe se anch’io finissi incriminata?»
«Questo non succederà».
«Come puoi dirlo con tanta tranquillità? Questi parlano di tirare in mezzo tutta la riserva, dipendenti compresi! A quanto dicono, saremmo stati tutti d’accordo nel compiere gli esperimenti sulla ragazza», sputò con rabbia lei, umiliata e ferita da una simile accusa. In quell’ottica, con le sue conoscenze sulla fisiologia e la biologia dei composti magici si capiva la preoccupazione che l’adombrava: probabilmente il suo nome era nella lista dei sospettati, non molto lontano da quello di Charlie. «Devo andare, se scoprono che siamo insieme finirò nei guai. Pensaci, per Scamandro».
Pensa e decidi se i suoi figli contano più dei miei, questo era il vero significato delle parole di Georgeta, che tuttavia si alzò, pulendosi poi i guanti dai fiocchi di neve, e se ne andò come un fantasma silenzioso, lasciando il mago a riflettere per conto suo.
Forse era stato incauto a nominare i piccoli gemelli Scamandro, Charlie avrebbe dovuto sapere che toccare una femmina sui cuccioli, donna o dragonessa che fosse, poteva rivelarsi la più pericolosa delle mosse. Scrivere a Rolf per chiedergli aiuto, in una testimonianza scritta o venendo addirittura a deporre in Romania, non era poi un’idea così tremenda a pensarci bene… Di certo il suo amico se la sarebbe presa, se non l’avesse fatto. E poi con la sua ottima reputazione di scienziato e ricercatore cosa poteva rischiare?
Senza contare che aveva passato l’intera estate in Patagonia, ora che ci pensava meglio, per cui avrebbe avuto anche un alibi di ferro. Eppure… Sentiva di doversi tirare fuori dai guai da solo, senza coinvolgere altre persone e, soprattutto, senza permettere che i suoi sentimenti fossero d’intralcio.
Ripensò a Montagna, ai suoi grandi occhi rossi: il drago aveva sacrificato un corno per ottenere il diritto su una femmina… Quanto era disposto a perdere lui, per una donna?
Era quasi arrivato il momento di rientrare, ma d’improvviso sentì il bisogno di recarsi in un luogo speciale, che aveva sempre significato molto per lui; si trovava dall’altra parte della riserva, però, il che significava doversi Smaterializzare. Avrebbe avuto il suo Auror da guardia alle calcagna…
Ne valeva la pena, decise, e pensò intensamente a quella radura circondata da alberi a foglie caduche che in quel periodo erano già completamente spogli e nudi. Il tempo di un battito di ciglia, ed era già lì.
Il vento spazzava l’ampio spazio scoperto con una violenza maggiore rispetto al punto in cui si trovava prima, in mezzo agli alberi, alzando fiocchi candidi che davano l’idea di una leggera nebbiolina. Le nuvole in ogni caso erano piuttosto basse, e con l’ora del tramonto ormai vicina presto la visibilità sarebbe calata di colpo.
Pop.
«Questo non è negli accordi, signor Weasley, non può Smaterializzarsi come le pare e piace! Cosa pensava di ottenere?»
Eccola lì, la sua palla al piede: era un ragazzo di venti, venticinque anni al massimo, ma si comportava come un pomposo ometto di mezza età. Charlie non sopportava che usasse quei dieci centimetri d’altezza che aveva più di lui per sovrastarlo come un gigante, era una cosa che odiava anche se fatta dai suoi fratelli. Non aveva colpa per essere rimasto bassino, che diamine!
Ad ogni modo, l’Auror non aveva pensato a coprirsi con gli abiti da uscita che usavano gli allevatori di draghi e stava già tremando per il freddo pungente: la Smaterializzazione di Charlie doveva averlo messo in allarme sul serio…
Un ciuffo di folti capelli scuri era sbatacchiato dal vento senza criterio, il naso e le orecchie avevano preso un rosso degno di un Weasley. «Se non sta alle regole le verrà revocato il permesso per queste uscite, lo sa? Non potrò coprirla con il mio superiore».
«Stia zitto», rispose secco Charlie, «e si goda la bellezza di questo posto».
Ovidiu Blaga, così si chiamava l’Auror, diede un’occhiata a quello che aveva intorno e scrollò le spalle, senza capire: «Non c’è niente qui».
«Per lei, forse, ma qui è dove ho incontrato il mio primo drago», spiegò Charlie senza neanche guardarlo in volto. «Era un Cornolungo, e perfino lei saprà che è il drago più comune in questa zona: era autunno allora, ricordo che il verde scuro delle sue squame creava un contrasto incredibile con le foglie degli alberi dai colori caldi e brillanti… E gli scintillii del suo corno d’oro, indescrivibili».
Era appena arrivato dalla Gran Bretagna ed era stato destinato a seguire il programma di riproduzione controllata per ripopolare la foresta di esemplari di Cornolungo, specie che da comune aveva rischiato di diventare rara a causa dell’esagerato commercio della polvere di corno, merce molto richiesta dai Pozionisti di tutto il mondo. Bei tempi quelli…
Non aveva importanza che quello scemo di Auror non capisse il significato che quel luogo aveva per lui, bastava che Charlie se lo ricordasse, di nuovo.
Ora era pronto a ricominciare da capo, per il suo bene e quello della riserva.

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Capitolo 27
*** Amici, nemici... e distrattoni ***


Rimasero fuori ancora qualche minuto, poi Charlie ebbe pietà dell’Auror che tremava dal freddo e acconsentì perché Ovidiu Smaterializzasse entrambi fino al centro di ricerca.
«La prossima volta si ricordi d’indossare il mantello isotermico, almeno, servirà anche a coprire il tuo odore: con un vento come quello, verrebbe fiutato da tutte le nostre bestioline sveglie nel raggio di chilometri».
Il ragazzo smise di scuotere i capelli per togliersi la neve di dosso e lo fissò terrorizzato. «Ma avete detto che sono in letargo, lei e gli altri!»
«Può capitare che alcuni di loro non abbiano mangiato a sufficienza prima dell’inverno, e cerchino uno spuntino: faccia in modo di non essere lei», replicò con franchezza Charlie prima di svestirsi e appendere l’attrezzatura da esterno a un gancio dello spogliatoio.
Ovidiu lo osservò senza rispondere: se davvero fosse stato colpevole, avrebbe dovuto nascondere qualcosa, e sbarazzarsi di un nemico com’era lui dandolo in pasto a un drago e simulando poi un incidente sarebbe stato così facile…
Charlie Weasley, tuttavia, non era un tipo del genere; l’aveva capito in fretta, nonostante fosse la sua guardia solo da qualche giorno: sembrava una persona tranquilla, fino a quella piccola sviata dal percorso previsto non aveva nemmeno provato a mettere in discussione le disposizioni del Ministero nei suoi confronti, e tuttavia Ovidiu non abbassava la guardia.
Le accuse che gli erano state rivolte erano tremende, se fossero state provate la condanna a una detenzione alla Torre sarebbe stata cosa fatta.
Esperimenti illegali su una Babbana che risultava scomparsa per la loro polizia, roba grossa. E poi c’era un cadavere nella dispensa ghiacciata, un uomo drago come la ragazza, che sembrava morto senza particolari traumi o ferite.
L’accusa di omicidio sarebbe caduta presto, c’erano così tanti testimoni a giurare che nessuno aveva toccato il morto dopo che era stato curato per il veleno di Dorsorugoso. Non erano state trovate tracce di fluidi anomali nel corpo, né tossine che potevano essere state aggiunte all’antidoto e, anche se fosse stato così, Weasley era privo di sensi nel momento in cui l’uomo era stato medicato.
Da quello che avevano raccontato le persone che avevano assistito all’interrogatorio, il prigioniero aveva semplicemente smesso di vivere, si era accasciato come una bambola rotta. Ovidiu aveva suggerito che potesse trattarsi di un Voto Infrangibile andato storto, l’uomo drago forse era stato obbligato a non rivelare certe cose e si era dimenticato della maledizione sul momento, errore che gli era costato la vita, ma i suoi superiori ancora non avevano vagliato quella possibilità. Peccato, lui aveva svolto la dissertazione finale all’Accademia su quel tema, giuramenti magici e maledizioni del genere effettuati su Babbani ignari. Tema per cui era stato sbeffeggiato dai compagni, che avevano scelto cose ben più avventurose e oscure, a dire il vero, ma Ovidiu era fatto così. E ora era felice di non aver dato loro ascolto, perché avrebbe potuto essere d’aiuto nell’indagine: se avesse scoperto di ragione, avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per discolpare Charlie Weasley dall’accusa di omicidio.
Questi erano i pensieri di Ovidiu, mentre trottava dietro al sospettato per i corridoi del centro di ricerca.
Tuttavia… Tante cose non quadravano, e lui non era certo nella posizione di giudicare chi avesse ragione e chi no. Per come la vedeva lui, Weasley non poteva essere completamente pulito se non aveva denunciato l’esistenza di un simile ibrido alle autorità: se si era a posto con la legge, perché non affidarsi al Ministero, chi altri avrebbe potuto risolvere la faccenda?
Non riusciva davvero a capire.
«Bene, adesso andiamo dal suo capo, così può riportare la mia Smaterializzazione e io posso discutere con lui per un nuovo accordo», disse Charlie tutto a un tratto.
L’Auror sperò che quella testa dura avesse cambiato idea e collaborasse. «Vuole confessare?»
«Non ho niente da confessare, credevo che alla duecentesima volta avessi capito questa semplice frase, Ovidiu!»
Weasley passava da dargli del lei al tu con una facilità incredibile che probabilmente, aveva intuito Ovidiu, dipendeva da quanto era arrabbiato sul momento con gli Auror che avevano invaso quella che considerava casa sua e che miravano a rovinargli l’esistenza.
«Va bene, mi segua», sospirò lui scuotendo la testa. Non ne sarebbe uscito niente di buono, lo sapeva già.
Il suo superiore gli era avanti per grado, ma in realtà passavano solo tre o quattro anni di differenza tra i due; Ovidiu in genere cercava di tenersi a distanza, perché non gli era molto simpatico, ma se si trovavano a lavorare insieme faceva del suo meglio per non cacciarsi nei guai e non dare all’altro alcun motivo per lamentarsi del suo operato. Era saggio non far arrabbiare Horatiu Toculescu, si rischiava il posto senza tanti se o ma.
Capitava quando il tuo diretto superiore era l’ultimo di una lunga stirpe di Auror che nella Romania magica era una sorta di leggenda. I Toculescu combattevano i maghi oscuri da generazioni, ma non erano certo dei tipi affabili: erano abituati a comandare, e se fosse stato per loro avrebbero esercitato una giustizia molto più sbrigativa e senza appelli di quella del Ministero.
Quando poi il rampollo della nobile casata di giustizieri aveva sentito della soffiata anonima su una strana donna drago e sulla morte inspiegabile di un altro essere simile a lei alla riserva di draghi, era subito andato in escandescenze e aveva preteso che il capoufficio gli affidasse l’inchiesta senza esitare. Non era difficile capire perché: lo zio di Horatiu, Florentin, si era accanito per anni contro la riserva, sostenendo che il Ministero dovesse esercitare un maggiore controllo su quella banda di matti e sulle creature che allevavano tra le foreste, così da evitare che rendessero quei draghi delle potenziali armi rivolte contro il governo magico.
Era stato lui a scatenare la crisi del 1999, cosa che Charlie Weasley rinfacciava al nipote ogni volta che poteva, e vi aveva perso la vita quando, ormai uscito di senno, aveva tentato di confrontarsi con una femmina di Ungaro Spinato resa furiosa per essere stata privata delle sue uova. Non tutti erano Harry Potter, si era detto allora…
Horatiu non l’aveva presa molto bene, anzi, aveva giurato di vendicarsi di Charlie Weasley, che considerava il solo e unico responsabile della tragica dipartita dello zio. Un po’ di furbizia avrebbe dovuto suggerire al capoufficio Auror, secondo Ovidiu, che la scelta per questo caso cadesse su un altro supervisore, ma era difficile dire di no ai Toculescu.
Il giovane Blaga accantonò i suoi pensieri, fece strada fino alla stanza che Horatiu aveva sequestrato come quartier generale delle indagini e bussò alla porta. «Signore, c’è qui Charlie Weasley».
«Avanti», rispose una voce abbastanza acuta, quasi da ragazzino. Charlie supponeva che il caro Toculescu si fosse dimenticato di finire la pubertà, ma non si era mai azzardato a fare domande a riguardo. L’unica che aveva posto, quando l’Auror aveva preso il comando della situazione e aveva iniziato a scartabellare documenti di tutti i generi alla ricerca di prove, era stata riguardo a una possibile parentela con i Malfoy inglesi: Horatiu Toculescu, preso di sorpresa, aveva risposto che in effetti c’era una lontana parente in comune, ma che con quel ramo della famiglia non aveva mai avuto rapporti. Aveva poi voluto sapere perché la cosa gli interessava.
«Questioni di karma», aveva detto sibillino l’allevatore di draghi, spiegando poi a Ovidiu che i Weasley avevano un conto aperto con i Malfoy da sempre e, poiché lui si era trasferito in un altro paese, gli erano toccati i parenti dell’Europa dell’est. «Dovrò dirlo a mio padre, quando questa storia sarà finita, si farà un sacco di risate a proposito».
In quel momento, Horatiu Toculescu era seduto a una scrivania in maniera scomposta, dietro a un’alta pila di documenti. Per terra aveva accatastato quelli già consultati ma che non erano rilevanti, mentre alla parete di fronte aveva appeso con del Magiscotch tutti i fogli che potevano costituire una qualche prova.
In effetti, pensò Charlie, la somiglianza con i Malfoy era abbastanza marcata, nonostante la parentela non fosse prossima. Horatiu aveva i capelli biondi così chiari da apparire quasi bianchi alla luce del sole, tagliati però molto corti per gli standard dei Purosangue. Aveva occhi scuri dal taglio sottile, labbra piccole e taglienti sempre piegate in una smorfia arrogante.
«Le è tornato in mente qualcosa che si è scordato di dirci, signor Weasley?», domandò scoprendo i denti. L’espressione che fece mise voglia a Charlie di dargli un pugno sul naso, ma fortunatamente il mago riuscì a trattenersi.
«No, non ho niente da aggiungere a ciò che ho già detto in mia difesa. Voglio rivedere le condizioni del nostro accordo: non avete prove per trattarmi in questo modo, impedirmi di parlare con i miei colleghi e mettermi un uomo in casa. Voglio poter svolgere il mio lavoro in santa pace».
«Non avremmo prove? Ma se questo posto è tutto una grande, immensa testimonianza della sua colpevolezza! La camera a prova di drago in cui alloggia la sua ospite, ad esempio: sembra fatta apposta per lei».
«Se non fosse che la camera è stata creata a metà degli anni ’90, dopo il Torneo Tremaghi: lei ha mai provato a medicare una femmina di Spinato furiosa e con un’ala spezzata? Suo zio sicuramente saprebbe darle una risposta eccellente, se le interessasse sapere che cosa può succedere».
Ovidiu tribolava: aveva già consigliato al signor Weasley di trattenersi dal fare commenti simili, ma il mago sembrava insensibile alle sue critiche. Quel modo di comportarsi a suo parere era come giocare stupidamente con il fuoco, ma forse Charlie c’era abituato fin troppo bene stando così a stretto contatto con i draghi.
Tuttavia, Horatiu non raccolse la provocazione, sebbene il cambiamento d’espressione sul suo volto mostrasse quanto poco l’avesse gradita.
Charlie continuò a spiegare quanto fosse stata drammatica la situazione e cosa avessero imparato alla riserva, forse più spavaldo di quanto avrebbe dovuto, ma era stanco di simili commenti tanto assurdi. Come si poteva pensare che facesse costruire un qualcosa in vista di strani esperimenti che avrebbe svolto solo vent’anni dopo, quando aveva problemi a decidere da un giorno all’altro come vestirsi?
«Per di più, quando è stato deciso di creare la camera di massima sicurezza, io ero solo un semplice guardaparco, qui alla riserva, sebbene mi stessi specializzando in studi sui comportamenti sociali dei draghi», spiegò per l’ennesima volta, «non avevo poteri di alcun genere allora, votai solo a favore della novità perché dovevamo avere un posto sicuro per curare simili lesioni senza rischiare di distruggere gli ambienti della riserva destinati a noi umani, ma lo facemmo tutti; le cupole d’energia magica allora non esistevano, sono un’idea abbastanza recente».
Toculescu si limitò ad annuire lentamente, senza tuttavia togliere il foglio dalla parete. «Dovremo controllare».
«Parlate pure con i membri anziani, vi diranno tutti la stessa cosa; il ritorno dalla Gran Bretagna con i nostri quattro draghi fu un incubo, nessuno di noi potrebbe dimenticarselo».
La sicurezza con cui Charlie rispondeva, senza quasi dover riflettere sulle domande che gli venivano poste, era ciò che su tutto irritava maggiormente Horatiu: non c’erano particolari prove al momento per giustificare le limitazioni personali a cui aveva sottoposto il suo sospettato, lo sapeva, e senza qualche indizio più stringente avrebbe dovuto dare ragione al mago e permettergli più libertà.
Consapevole di questo, Toculescu aveva approfondito la sua ricerca chiedendo di poter visionare l’intero archivio della riserva dall’arrivo di Charlie Weasley in Romania fino al presente. Venticinque anni di documenti e più, in sostanza… Se non era accanimento quello, Charlie non sapeva cosa avrebbe potuto definire tale.
«Se non è per confessare, signor Weasley, che cosa è venuto a fare qui?», domandò l’Auror sempre fissando la parete dove aveva appeso quelle che considerava prove.
«Voglio trovare un nuovo accordo: voglio poter lavorare e parlare con i miei colleghi, perché mi è necessario per svolgere i miei doveri».
«Per la prima volta nell’ultima settimana, sono d’accordo con il mio collega». Misha entrò a sorpresa, accompagnato dall’altra rogna che il Ministero aveva gentilmente inviato alla riserva per fare luce sul mistero del momento.
Era un funzionario di qualche genere che forse aveva a che fare con il tribunale magico, da quello che aveva capito Charlie. Mircea Ureche era il suo nome, ma Misha lo chiamava il Grande Sbadato. E dall’aria persa che aveva, quel soprannome non era per niente una sorpresa. «Il signor Weasley non merita di essere ostracizzato in questo modo, almeno finché voi non troverete prove che portino al suo arresto; fate le vostre indagini, rendetevi conto di quanto sia folle tutta questa storia e tornatevene da dove siete venuti, ma senza sconvolgere il nostro lavoro».
Ecco il Misha che Charlie adorava! Si guardò bene dal dirlo, ovviamente, ma gongolò parecchio nel vedere Toculescu che arrossiva vistosamente.
Il funzionario si sistemò il colletto e tossicchiò: «Effettivamente il signor Costel ha ragione; le misure prese nei confronti del signor Weasley prima del mio arrivo sono eccessive per gli elementi che al momento abbiamo in mano, signori, e devono essere ridotte prima che qualcuno intenti una causa contro il Ministero».
Improvvisamente, Charlie si sentì sollevato: se anche Sbadatone concordava, ormai era cosa fatta, che al grande Auror piacesse oppure no. Assicurò che in ogni caso non avrebbe preteso di tornare al comando della riserva fino al momento in cui sarebbero cadute tutte le accuse nei suoi confronti, e che anche a quel punto avrebbe chiesto a chi lavorava con lui e avrebbe ascoltato il loro parere, facendosi da parte se questi non avessero voluto che lui riprendesse le sue vecchie funzioni. «L’Auror Blaga potrà comunque continuare a stare da me per tenermi d’occhio, se questo potrà farmi tornare a lavorare normalmente», continuò.
Misha sembrò particolarmente interessato da quella proposta: «Sarebbe anche utile», aggiunse sotto lo sguardo stupito del mago inglese, «perché io e i miei colleghi vorremmo che la signorina Ionesco si trasferisse a casa del signor Weasley quanto prima».
«Ma io…», provò a protestare Charlie, totalmente spiazzato, ma s’interruppe notando l’espressione dell’amico: se Misha avesse potuto uccidere con lo sguardo, sarebbe stato fulminato sul posto, ne era ben consapevole, ma ugualmente non lasciò trasparire il suo disagio.
Toculescu saltò su, come punto da un insetto: «Lo vede? Questa richiesta non è che…»
«Che un modo per migliorare la situazione qui alla riserva: i ragazzi sono sconvolti da questa storia così come i nostri draghi, e sarebbe utile alla sicurezza nostra e della signorina, perché andrebbe a trovarsi in un nuovo nascondiglio dove sarebbe protetta da attacchi simili a quello di pochi giorni fa. Stavamo per spostarla in ogni caso», aggiunse Misha cercando di apparire normale. Per le mutande grigie di Merlino, quel dannato inglese prima o poi lo avrebbe fatto diventare matto.
«Stavate per fingere una fuga, vorrà dire!»
Questa volta fu Charlie a intervenire: «Per impedire che qualcuno la mettesse sotto chiave, proprio com’è successo», spiegò, «Kari Ionesco è una persona, non un mostro, e al momento è in grado di controllare questi nuovi poteri: non sarà pericolosa per se stessa, né per gli altri».
L’Auror Toculescu fu sul punto di rispondere male, ma questa volta Ureche lo anticipò: «Per questo aspetteremo il profilo psicologico che la dottoressa Horia presenterà a fine giornata, signor Weasley. Sono un po’ sorpreso che proponga la sua casa come rifugio: perché non una struttura del Ministero, invece?»
«Perché nel suo stato si fida di poche persone, signore: io e Costel abbiamo impiegato mesi a guadagnarci la sua fiducia, con un lungo lavoro di pazienza. Un trasferimento in un posto ignoto dove non conosce nessuno la destabilizzerebbe soltanto, vanificando i progressi fatti in questo periodo».
«E se ne approfittasse per farla scappare?»
Per la buon’anima di Silente, Toculescu era rognoso come un drago con le piaghe!
«Se ci fosse il signor Blaga questo dovrebbe essere impossibile, no? E in ogni modo, se mi dimostrassi così idiota voi potreste arrestarmi senza problemi», rispose Charlie sorridendo.
Ovidiu ancora non aveva aperto bocca, preoccupato all’idea di scontrarsi apertamente con il suo collega; tuttavia, si sentì dispiaciuto quando Horatiu propose di scambiarsi i compiti così da trasferirsi al suo posto a casa di Charlie.
«No, agente Toculescu», fu Ureche a rispondergli togliendo così dall’imbarazzo l’Auror più giovane, «lei è talmente portato a questi lavori di ricerca… Mi piace molto il suo sistema, dovrebbe insegnarlo anche a me; le viene così bene che pensare di cambiarla con Blaga è davvero fuori questione».
Charlie fu sul punto di ridere come un idiota: fregato dalla sua stessa ossessione! «Quindi, Blaga, lei rimarrà a casa di Weasley. Farà anche da Osservatore alla signoria Ionesco nel caso che la dottoressa Horia sia d’accordo con questo trasferimento, e potrà riferire al Ministero le sue considerazioni sulla situazione della ragazza».
Il giovane Auror annuì, sebbene non fosse per niente contento di questa novità: la ragazza drago lo terrorizzava, c’era poco da girarci intorno, e l’idea che girasse libera per la casa, la stessa in cui anche lui si trovava a vivere… No, non gli piaceva per niente. Era il suo lavoro, però, e non avrebbe disubbidito. A Horatiu non rimase che tornare al lavoro, cercando di non lasciarsi vincere dalla rabbia; Ureche salutò e tornò al Ministero. Per quel giorno, disse, aveva materiale a sufficienza: ricordò ai due maghi dei draghi che la dottoressa Horia stava per cominciare la sua osservazione della signorina Ionesco, e si raccomandò che nulla la disturbasse, quindi svanì in un soffio.

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Capitolo 28
*** Figli della Luna ***


In realtà, la dottoressa Juditah Horia era già arrivata da quasi un’ora alla riserva – Ureche si era sbagliato sugli orari prefissati, com’era ovvio – e senza passare per gli uffici del signor Costel o per quelli occupati dagli inviati ministeriali, aveva trovato con i suoi mezzi la ragazza drago per cui era stata chiamata.
Non era stato difficile: il corridoio che più di tutti puzzava di paura l’aveva condotta alla meta.
In quell’ora aveva iniziato a fatica conoscere la signorina Ionesco, che si era mostrata molto reticente a parlare con lei.
Era entrata senza farsi troppi problemi, cosa che aveva messo sull’attenti la ragazza, evidentemente non abituata alla presenza di estranei, aveva tirato fuori un grosso taccuino e, dopo aver evocato una sedia, si era messa comoda.
Kari aveva squadrato l’intrusa dalla testa ai piedi, chiedendosi chi diavolo fosse quella, una donnina che aveva di certo almeno dieci anni più di lei, con un caschetto castano e il naso troppo grosso perché i suoi tratti fossero armoniosi. Gli occhi erano molto chiari, azzurri, e la scrutavano con attenzione. «Lei chi è?», domandò scontrosa come a voler subito mostrare che non aveva tempo da perdere. La situazione non le piaceva per nulla, e ora questa novità…
«Mi chiamo Juditah Horia, e sono una dottoressa specializzata in casi analoghi al suo. Il Ministero mi ha chiesto di visitarla e di controllare le sue condizioni mentali, soprattutto, per capire meglio se lei sarebbe in grado di testimoniare».
«Sono perfettamente in grado di testimoniare, come ho ripetuto agli allocchi che hanno mandato qui ogni giorno. Ah, ma quelli hanno troppa paura di me anche solo per avvicinarsi!», si lamentò Kari senza lasciarla proseguire. «Mi hanno già fatto una serie di esami quando sono arrivata qui, anche se non ho mai visto i risultati, perciò non c’è bisogno che lei mi visiti».
Tuttavia, la dottoressa non era proprio dell’idea di lasciarsi liquidare in quel modo: «Il Ministero ancora non ha stabilito che ruolo hanno davvero le persone che dicono di averla aiutata, non posso fidarmi di quei test né dei risultati che ci sono stati dati. Avanti, è anche nel suo interesse collaborare».
«Mi lascerò esaminare quando convincerà i suoi amiconi ad ascoltare quello che ho da dire. E mi faranno uscire da qui», aggiunse con una voce carica d’odio. Neanche una settimana prima aveva giurato a se stessa che non avrebbe più rimesso piede in quella stanza, e ora ce l’avevano confinata. Le sembrava d’impazzire!
La dottoressa sembrava colpita. «Io non posso prometterle niente, non ho questo potere».
«Allora parli con chi ce l’ha. Fino ad allora nessuno può toccarmi».
Juditah sbuffò e cambiò posizione sulla sedia, infastidita. «Ieri il signor Costel mi ha fatto gli auguri, quando ho comunicato con lui per avvisarlo di questa visita. Ora capisco cosa intendesse parlando del suo caratterino, credevo scherzasse».
A quella risposta Kari ridacchiò, soprattutto al pensiero di Misha che si burlava della nuova arrivata. «Oh no, io sono davvero così», rispose moderandosi di più; in fondo quella donna non sembrava così terribile, sempre meglio dell’Auror psicotico che aveva preso l’indagine. Quello sì che era strano. «Lei è una dottoressa magica, allora?»
«Noi ci chiamiamo Guaritori», rispose la Horia pacatamente, «ma sì, ciò che facciamo potrebbe essere accomunato con il lavoro del medico babbano, in un certo senso».
Era un dialogo, e Kari era completamente sola da quattro giorni. Quella donna in fondo non sembrava male, bastava impedirle di avvicinarsi con un ago o qualunque altro strumento usasse per prendere i campioni che le servivano. «Io lavoro… lavoravo, prima di quest’avventura, come infermiera. Potremmo dire di essere quasi colleghe. Perché hanno mandato lei qui?»
«Mi sono specializzata in Cambiamenti da morso, mutazioni, come le chiama lei, perciò hanno pensato che fossi la più idonea per lei».
«Cambiamenti da morso?»
«Licantropi, Vampiri… Mi occupo anche di particolari serpenti magici e degli effetti del loro veleno, e di altre Creature Magiche che reagiscono al pericolo azzannando il nemico».
Kari annuì: si occupava di derelitti come lei, allora, persone che erano state cambiate senza che fossero d’accordo e che non potevano più svolgere una vita normale. Molto più chiaro.
«Beh, io non sono stata morsa. Non so spiegare che cosa mi è capitato, ma sicuramente non sono stata morsa».
«Ma sei stata comunque vittima di un cambiamento improvviso e non desiderato, giusto?», domandò rapida Juditah, cambiando tono. «Non ti dispiace se ti do del tu, vero? I formalismi m’infastidiscono».
Meno male, anche la ragazza drago iniziava a infastidirsi. «Fai pure, abituata a Misha e ai suoi modi da orso. Sei un’esperta importante nel settore? Devi esserlo, se ti mandano a osservare il fenomeno da baraccone del momento».
Sospirando, Juditah decise sul da farsi: tenendosi lontana, Kari non avrebbe mai neanche provato ad aprirsi con lei, ma se si fosse decisa a raccontare qualcosa di sé che le avrebbe accomunate…
«Esperienza diretta, più che altro», rispose la Guaritrice toccandosi una spalla. «Avevo sedici anni quando fui morsa, e nonostante questo decisi di continuare a studiare da privatista. Quando fu il momento di specializzarmi, decisi per un settore che potesse aiutare le persone nella mia stessa situazione».
Si sbottonò parte della camicia, così da scoprire abbastanza pelle da mostrare alla ragazza drago cosa intendesse: un segno circolare spiccava per il suo colore chiaro sulla carnagione olivastra. Segni di denti.
Kari rabbrividì. «È stato un Lupo Mannaro a farti questo?»
«Vedo che il signor Weasley ti sta istruendo sul nostro mondo», commentò l’altra donna prima di risistemarsi. «Ero in campeggio con il mio fidanzato quando ci ha aggredito: lui è riuscito a scacciare il Lupo con la magia, ma non ha fatto in tempo per proteggermi».
Avrebbe voluto sposarla, per rimediare, ma Juditah si era rifiutata: non le sembrava il caso di sposarsi a sedici anni per pietà, o perché convinta di non avere altre possibilità nella vita.
Passata l’iniziale paura – chi era lei per giudicare un’altra strana creatura non proprio convenzionale – Kari sentì la voglia di porre molte altre domande, ma si contenne. Anche per il lavoro che faceva, sarebbe stata curiosa su molte cose, ma capì che la donna non le aveva rivelato una cosa tanto personale per niente. Del resto, avrebbe odiato un interrogatorio sulla sua condizione, come lei, perciò si tenne per sé tutte le domande che aveva.
«Quindi, hanno mandato te perché sai come ci sente a essere un po’ mostri».
«Sì, direi di sì», rispose tranquilla Juditah con un sorriso un po’ colpevole.
E anche perché nessun altro aveva abbastanza fegato da trovarsi a meno di dieci metri da te, ma questo la Guaritrice lo tenne per sé. Un applauso per il coraggio dei suoi colleghi, tutti maschi, per inciso.
Prese un bel respiro, e le raccontò dettagli dei suoi primi anni da Lupo Mannaro: la paura, il dolore, suo padre che non aveva abbastanza soldi per comprare i costosi ingredienti per la pozione che permetteva di passare notti di luna piena sopportabili, la trasformazione… La solitudine e soprattutto la difficile accettazione del suo nuovo modo di vivere: ci sarebbe sempre stata gente che l’avrebbe osservata con orrore, temendo che potesse morderli anche senza essere mutata, tenendole lontani i bambini, odiandola ancora prima di conoscerla.
L’iniziale reazione di odio che Kari aveva avuto nei suoi confronti svanì in fretta sentendo tutte quelle storie, e la ragazza drago capì che se c’era qualcuno in grado di comprenderla era proprio la donna che aveva di fronte.
Iniziò anche lei a raccontare qualcosa di sé, dello strano sonnifero che Misha aveva messo a punto per lei, lo scarso controllo che aveva di se stessa, la lontananza dalla famiglia, la confusione che aveva in testa… Juditah dimenticò il blocco su cui aveva pensato di prendere appunti nel corso dell’osservazione e ascoltò attentamente, riconoscendosi nella ragazza drago più di quanto avrebbe mai immaginato.
«Come ti senti in questo momento?» domandò alla fine quando Kari arrivò all’attacco di Luc e alle sue tristi conclusioni. «Dopo la trasformazione, i primi tempi sono i più duri».
Poteva parlare ancora di primi tempi? Kari non lo sapeva: erano passati due mesi da quando era stata rapita e usata come cavia, quanto tempo ancora sarebbero durati i suoi strani poteri? Sarebbero diventati permanenti come per la Licantropia? Non voleva neanche pensarci.
«Non lo so come mi sento: una settimana fa avevo una paura folle di non rispettare l’orario previsto per la pozione che mi aiuta a contenere l’istinto di drago, anche se si trattava di un solo minuto, ora… Questo altro essere che a quanto pare si annida in me sembra più docile, non so spiegarlo, andiamo più d’accordo».
«Per la mia esperienza, l’importante è che tu non gli permetta di assumere il controllo. A volta capita attraverso la rabbia, la paura, ma in alcuni casi basta solo abbassare la guardia. L’istinto appartiene agli animali e ti porterà a comportarti come tale, perciò attenta. Devi pensarci sempre, ricordarti chi sei e chi vuoi essere. E soprattutto pensare che tu non sei il drago; io metto lupo nella frase, ma faccio lo stesso esercizio di autocontrollo tutte le mattine da vent’anni».
Kari annuì, pensierosa. «A ogni modo», continuò la Guaritrice, «per ora non devi preoccuparti di leggi, restrizioni e altre sciocchezze simili. Ti lasceranno rimanere qui, penso, anche perché è l’unica struttura attrezzata a contenere i tuoi attacchi, se capitassero ancora; conosco di fama il signor Weasley, non avrà molte difficoltà a dimostrare la sua innocenza. Niente problemi dei Lupi Mannari, per te».
«Ma Charlie mi ha parlato dei Vampiri…»
«Per loro è molto più facile, perché riescono a controllarsi con facilità: inoltre, qualche anno fa i Vampiri più antichi firmarono una sorta di accordo secondo cui possono mordere umani purché questi siano consenzienti. Ora i Donatori, così si fanno chiamare, firmano una dichiarazione in cui assicurano che è davvero un loro desiderio legarsi a un Vampiro e che, nel caso il loro compagno con i denti appuntiti non sapesse controllarsi ed esagerasse, esso non dovrà essere perseguito. È quasi grottesco».
«Ma chi sarebbe così idiota da firmare un simile documento?»
«Hai presente quei serpenti che sanno quasi ipnotizzare le prede per riuscire a catturarle?»
«Sì, devo aver visto un documentario in televisione».
«Stessa cosa, i Vampiri usano il fascino. Non sono particolarmente intelligenti, ma sono belli: almeno, io non ho mai incontrato uno di loro che non lo fosse. Ci sono umani che se ne innamorano, o almeno sono convinti di essere innamorati, e pur di rimanere con loro diventano Donatori».
«Quindi si fanno spremere come limoni, e in più sono consenzienti. Geniale, i Vampiri potrebbero conquistare il mondo così».
«Ci proveranno solo quando troveranno il modo di oscurare il sole, ma come ti ho già detto non sono particolarmente intelligenti. Rimarranno nell’ombra ancora a lungo. Ora dammi il braccio».
Kari si lasciò prelevare un po’ di sangue, pensando che i Vampiri avrebbero dovuto guardare i Simpsons per capire molte cose. Quando poté tamponarsi l’incavo del gomito, così da fermare l’emorragia là dove Juditah le aveva fatto l’iniezione, la ragazza sembrò rattristata: c’era un altro pensiero che non le dava tregua, di cui non aveva più osato parlare neanche con Charlie.
«Juditah… Tu hai figli?»
Domanda spinosa. La dottoressa non rispose subito, cercando di soppesare le parole. «Io? No e finché non avrò la certezza che possano nascere umani, senza essere maledetti dalla luna come me, non intendo averne».
Un uomo di certo non si sarebbe fatto molti problemi, ma la donna che portava un figlio in grembo per nove mesi affrontava altrettante lune piene con lui… Troppi rischi, troppe preoccupazioni, e Juditah non avrebbe mai condannato qualcun altro alla sua stessa maledizione, specie un bambino innocente.
Kari comprese e si fece coraggio per continuare. «Io ne ho uno, invece, e non lo vedo da quando sono stata rapita. Una volta ho perfino convinto Charlie a portarmi a casa, ma poi non ho avuto il coraggio di farmi vedere così dalla mia famiglia; vorrei solo far sapere loro che sto bene, ma che non posso tornare ancora a casa. Tu sei un medico, a conti fatti, potresti spacciarti per una Babbana e rassicurarli, così loro ti crederebbero».
«Un’ora fa non volevi neanche parlarmi, e ora mi chiedi un favore del genere?», domandò incredula Juditah.
«Non vorrei, ma sono costretta; la mia famiglia non ha notizie da mesi, a volte la notte penso a loro e riesco a sentire la loro angoscia… È strano da spiegare, lo so».
«No, lo capisco», rispose la Guaritrice: anche lei, quando era trasformata, riusciva a percepire i sentimenti delle persone che aveva a cuore, ma se ne rendeva conto solo dopo, quando la Luna Piena era tramontata. «Non preoccuparti, posso farlo. Spiegami come arrivarci, sarò lieta di aiutarti».
Felice, Kari la ringraziò e spiegò come arrivare a casa sua, quindi le due donne si salutarono: Juditah aveva altri lavori da svolgere e, anche se non lo aveva dato a vedere, era davvero stanca. Un incontro del genere non era cosa da poco, specie sentendosi così, quasi costretta a svelare la propria natura e i suoi segreti. Doveva tornare nel suo ufficio, stendere una prima relazione sulle condizioni della ragazza drago… Sapeva già che quello che avrebbe scritto non sarebbe piaciuto per niente a Toculescu, ma doveva dire la verità; l’Auror avrebbe voluto una conferma delle sue dichiarazioni, ossia che la Ionesco era incapace di intendere e di volere, e che fosse presentata come una minaccia molto pericolosa, ma lei non poteva scrivere nulla di tutto ciò. Una volta attestata la lucidità e la capacità di controllo di Kari, la ragazza avrebbe potuto testimoniare in favore di Charlie Weasley, smontando così tutte le teorie che Toculescu stava mettendo in piedi con il mago inglese come principale imputato; Juditah poteva solo sperare che il piccolo eroe in erba non scaricasse la rabbia sul barbagianni che avrebbe usato per inviare il suo lavoro, perché era un regalo dei suoi genitori e ci teneva moltissimo.
Che giornataccia… La Luna era passata da poco, e il suo fisico ancora ne risentiva. Prima di potersi sedere a scrivere e, soprattutto, di concedersi un rilassante bagno caldo, la donna aveva ancora un impegno, però: un colloquio con un giovane ricercatore che aveva fatto domanda per seguire il suo programma di specializzazione.
Anche il ragazzo era inglese, per combinazione, e le aveva scritto che desiderava studiare con i grandi esperti sulla Licantropia, così da avere le migliori basi possibili per poter cominciare a lavorare al progetto che più gli stava a cuore, la ricerca di una cura per la maledizione della Luna. Che caro, aveva pensato lei, illuso ma caro.
Capiva quel suo desiderio: per chi era stato morso, era basilare imparare a convivere con la nuova natura, ma per un giovane sognatore figlio di un Licantropo… Era diverso, Juditah lo sapeva. Si era già fatto notare per le sue campagne contro la discriminazione dei Lupi Mannari: a sedici anni si era incatenato ai cancelli del Ministero della Magia britannico per protesta, storia che era arrivata perfino in Romania per la sua audacia, tutto per ottenere più diritti per altri, neanche per se stesso, in ricordo del padre che non aveva mai conosciuto.
Ora che era cresciuto, Ted Remus Lupin voleva fare qualcosa di costruttivo per cambiare le cose, studiare con i migliori, imparare il più possibile.
Juditah si Materializzò nel corridoio antecedente al suo studio solo per scoprire che il ragazzo era già arrivato e la stava aspettando: era piuttosto alto e allampanato, con una vistosa chioma tinta di azzurro elettrico. Beh, di certo non amava passare inosservato. «La prego di scusarmi, signor Lupin, ma l’appuntamento prima del suo mi ha preso più tempo del previsto…», si scusò immediatamente, rischiando di finire a terra a causa del peso della sua borsa.
«Si figuri, dottoressa, sono appena arrivato anch’io», rispose lui un po’ impacciato. A giudicare dal suo pallore, era la prima volta che viaggiava con una Passaporta su distanze così ampie, e l’esperienza non gli era piaciuta granché.
«Entri pure, avanti».
Fece strada al nuovo arrivato poi, una volta seduta alla sua scrivania, fece comparire un paio di bicchieri e una caraffa d’acqua, servì l’ospite e bevve a sua volta qualche sorso.
«Salterei i convenevoli: ho letto la sua richiesta e devo dire che ne sono molto colpita, sebbene sia arrivata un po’ in ritardo».
«Ho compilato tardi la domanda per i corsi di specializzazione, lo so, ma c’erano delle questioni che mi trattenevano a casa», spiegò Ted, imbarazzato. «Abito con mia nonna, non ero sicuro di volerla lasciare sola».
Se Andromeda l’avesse sentito gli avrebbe rotto l’ombrello sulla chioma turchina, ne era ben consapevole, ma non voleva ammettere di essersi lasciato frenare da una relazione con una ragazza. Juditah tuttavia si limitò ad annuire, sfogliando alcuni documenti. In realtà, aveva già deciso di prenderlo nel suo programma, ma aveva pensato che il colloquio sarebbe stato un buon metodo per metterlo un poco in ansia, così da fargli capire che, se voleva riuscire, doveva diventare più responsabile. «È fortunato che quest’anno non ci siano state altre richieste, Lupin, altrimenti le avrei detto di tornare l’anno prossimo. Potrà cominciare la prossima settimana, perciò si sbrighi a trovare un alloggio da queste parti».
Teddy sgranò gli occhi: bastava davvero così poco per ammetterlo alla specializzazione? Non riusciva a crederci! Si lanciò a ringraziare la Guaritrice, quando la sua attenzione si fermò a una pagina di giornale sulla scrivania: anche guardandola al contrario, riconobbe una brutta foto di Charlie Weasley che occupava buona parte del foglio. «Mi scusi, dottoressa, ma cosa dice questo articolo?»
«È collegato al caso che sto seguendo», rispose stancamente la donna, «questo signore è accusato di aver praticato esperimenti di magia oscura su una Babbana. Perché, lo conosce?», aggiunse poi vedendo l’espressione sconvolta del ragazzo.
«È…», Ted non spiegò che si trattava del suo zio acquisito preferito, come pensava di Charlie, «la sua famiglia è molto importante per me, mi sono stati vicini da quando sono rimasto senza genitori. Posso prenderlo?»
«Certamente, aspetti», e con un colpo di bacchetta Juditah incantò il giornale perché cambiasse lingua, traducendolo in inglese. «Qualche frase sarà sgrammaticata», si scusò, «non sono così abile con la vostra lingua, ma dovrebbe essere comprensibile. Ci vediamo lunedì, signor Lupin».

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Capitolo 29
*** Chiacchiere tra uomini ***


Angoletto dell'autrice: Eccomi di nuovo qua! Scusate per l'attesa, ma sia la sottoscritta che la sua beta hanno preso troppi, troppi impegni per questa estate, e ora bisogna incastrare tutto, un po' qui, un po' là... Ebbene sì, siamo compatibili anche nell'incasinarci! XD
Grazie a chi ha recensito: @FieryRedHead: Oh, benvenuta nell'allegra brigata degli appassionati di Charlie! XD Guarda, questa storia è nata per due motivi: A) non riuscivo a trovare storie su Charlie di mio gusto, proprio come te B) non riuscivo trovare delle storie basate sull'avventura. Non so se si è capito (ma penso di sì XD), ma non mi piace il romanticume espanso a sé, senza nient'altro tema del "Ma quanto ti amo!"; per carità, sono gusti, ma davvero non fa per me. Mi piacciono le storie d'amore ben scritte (il mio ideale romantico sono Han e Leila di Star Wars, fai tu XD), ma inserite in un contesto più ampio. Spero che continuerai a seguirmi! ^^
@Ely: Ciao! Come hai visto, ho colto alla stragrande il tuo consiglio di inserire più personaggi originali. Ho una vaga difficoltà a fermarmi, se devo dire, ma va bene così! XD Ci sarà tempo per la storia di Juditah, tranquilla, ma per ora non ti spoilero niente! I cattivi per ora restano in ombra... ma perché sono in ombra anche nella mia mente bacata, tutto qua. No, voglio mantenere il più possibile il mistero... Compariranno al momento giusto! ^^
E ora, il capitolo nuovo. Buona lettura!


Fuori dallo studio requisito da Toculescu, intanto, i tre uomini stavano cercando di gustarsi le reazioni furiose dell’Auror alle ultime decisioni prese dal funzionario inviato dal Ministero.
«Chissà se Ureche è riuscito a raggiungere la sua destinazione: distratto com’è, spero che arrivi nel posto giusto», sospirò Misha. «Allora, dato che le altre riserve si rifiutano di parlare con nostri lavoratori che non siano affascinanti inglesi dai capelli rossi, sei nominato nostra voce internazionale o qualunque altro nome fantastico ti venga in mente per il lavoro che devi svolgere. Cerca di non farti sfuggire il motivo che ha portato alle tue dimissioni: inventati stress, una crisi nervosa, dolori fisici, una donna che ti ha mollato, che senti mancanza della mamma… Quello che ti pare».
Charlie annuì, cercando di non ridere: aveva deciso di non discutere del trasferimento di Kari e subito Misha lo aveva contraddetto, rimanendo fedele alla sua intenzione di allontanare il prima possibile la ragazza drago dalla riserva. Si era aspettato di sentirsi sgridare per l’ennesima volta quando aveva tentato di obiettare a quella proposta, o almeno adesso che Toculescu non era presente… Invece nulla. Anzi, Misha sembrava addirittura di buon umore: «Come va con questo ragazzo, invece? Sembra che non riuscirai a liberartene tanto in fretta; magari possiamo provare a farlo finire in qualche nido di drago, che ne pensi?».
«Non sarebbe difficile», rispose Charlie, «oggi è uscito senza i vestiti da pattuglia, tremava come una foglia».
«Idiota».
«Non è colpa mia, il signor Weasley si è Smaterializzato improvvisamente e…»
«Ti stiamo prendendo in giro, ragazzino», lo frenò Misha ridacchiando.
Ovidiu s’impose di non rispondere; ovviamente era rimasto lì, come le sue istruzioni prevedevano, e da giorni era in attesa, sapendo che prima o poi i due sarebbero arrivati a prenderlo per i fondelli. Era un bersaglio facile, del resto, e ne era perfettamente consapevole; se l’Auror aveva evitato di essere sbeffeggiato fino a quel momento, era solo perché i due maghi non si erano concessi molto tempo per scherzare o comportarsi da amici.
Ora che però sembravano aver superato i problemi principali, malgrado le accuse non fossero ancora cadute, le cose sarebbero cambiate. Doveva essere preparato.
«E col nostro funzionario come va, invece?», domandò Charlie incuriosito.
«Ti dico solo che lascia una scia di pergamene dietro di sé», rispose il suo amico scrollando il capo, «non gli affiderei un documento importante nemmeno se ne andasse della mia vita».
«Sempre meglio lui che quel pazzo che sta sbraitando là dentro, temevo che gli sarebbe scoppiata una vena… O forse lo speravo, chissà», replicò Charlie con un sorriso, rivolto solamente a Misha, però, «non mi lascerebbe neanche andare in bagno da solo, figuriamoci poi con Kari in casa; a proposito, sei davvero sicuro che sia il momento giusto per trasferirla?»
«Certo che sì: dobbiamo prevenire altri attacchi mettendo per prima cosa lei al sicuro. Se arrivassero altri mostri dovremmo essere preparati a combattere senza coinvolgerla, visto che è l’obiettivo principale. Per fortuna ora abbiamo una squadra d’infaticabili e ottimi Auror con noi!», esclamò Misha in risposta, guardando di sottecchi il ragazzo che stava accanto al suo amico, per registrare le sue reazioni.
Ovviamente, Ovidiu rabbrividì: non aveva ricevuto nessun genere di addestramento per combattere un uomo drago, era un’eventualità che non gli si era mai presentata all’Accademia… Avrebbe fatto qualunque cosa per evitare un simile confronto, ma evitò di lagnarsi per non tirarsi subito addosso le prese in giro dei due. Non che potesse ritenersi al sicuro dal loro sarcasmo, ma almeno doveva evitare di mostrare il fianco.
«Allora, se vai a controllare le condizioni degli Scorpioni Egiziani così da mandare un bel rapportino agli amici di Luxor, poi sei libero di andartene a casa. Stai solo attento che il tuo amichetto non si faccia mangiare».
«Per quello c’è già mio fratello, ti ricordi quando Percy si è Materializzato direttamente nel nido di Norberta?»
«Me lo ricordo sì, ho perso dieci anni di vita quel giorno!»
«A chi lo dici», commentò a bassa voce Charlie, mentre l’amico faceva per andarsene. «Ah, Misha!»
«Sì?»
«Me l’avevi detto», gli ricordò l’inglese con un sorriso sarcastico.
«Boia d’un mondo, me ne stavo dimenticando!»
E i due scoppiarono a ridere. Ovidiu scosse la testa: in quei quattro giorni che aveva passato alle calcagna di Charlie, non avevano fatto altro che lanciarsi frecciate e insulti velati, entrambi molto arrabbiati, e ora invece sembrava che nulla fosse successo tra loro.
Che strano, pensò, tra i tre sembrava il più maturo, e dire che aveva metà degli anni dei due allevatori di draghi.
Borbottando tra sé e sé, s’incamminò alle spalle del mago che doveva sorvegliare lungo il corridoio, quasi correndo per tenerne il passo. «Perché dobbiamo controllare questi Scorpioni Egiziani?», domandò dopo un paio di minuti, un po’ preoccupato.
Non aveva mai visto un drago dal vivo che non fosse a una distanza più che sicura e, se fosse stato per lui, le cose sarebbero rimaste così ancora per lungo tempo.
«Ti sembra normale che dei draghi provenienti dall’Egitto rimangano qui durante l’inverno, che di certo è più rigido rispetto a quello cui sono abituati?», gli chiese direttamente Charlie, senza neanche fermarsi.
«Beh, no».
«Complimenti, sei più intelligente di quanto pensassi», commentò il mago inglese senza peli sulla lingua. «Qualche anno fa una coppia di Scorpioni ha fatto la sua comparsa nella riserva: non ho idea del perché siano finiti qui, ma il maschio aveva un’ala ridotta male e la sua compagna era decisa a proteggerlo ad ogni costo. Abbiamo dovuto Schiantarla, per riuscire ad avvicinarci».
Ovidiu rabbrividì. «Forse voleva mangiarselo», azzardò.
«Scherzi? Sono draghi fedeli come pochi: quando una femmina sceglie un partner non lo abbandona più. Cerca un possibile padre forte e robusto, che le dia cuccioli dalle stesse caratteristiche, e se lo trova puoi star certo che se lo terrà stretto».
Charlie spiegò ancora che la coppia era stata curata e tenuta in osservazione per qualche tempo, dato che tutti erano certi che si sarebbero rimessi in volo prima che arrivasse il freddo invernale, eppure stranamente i due draghi erano rimasti. «Abbiamo dovuto invitare qui il nostro contatto della riserva di Luxor, perché si assicurasse con i suoi occhi che non li stavamo trattenendo a forza con i suoi occhi, e neanche lui voleva crederci».
Ovviamente, ogni nidiata era stata mandata in Egitto come era previsto negli accordi con i loro colleghi d’oltremare, ma i genitori erano sempre ospiti della riserva in Romania.
«E come fanno a resistere al nostro clima? Se sono draghi del deserto, questo freddo dovrebbe ucciderli», osservò l’Auror, improvvisamente curioso.
«Tra poco lo vedrai», rispose Charlie sibillino, mentre cominciava a indossare gli abiti da uscita e consigliava a Ovidiu di fare altrettanto, se non voleva morire di freddo o fare da spuntino a uno dei due bestioni che stavano per andare a controllare.
Si avventurarono fuori e cominciarono a camminare, ma quasi subito Charlie spiegò che la loro destinazione era abbastanza distante e che, visto che presto sarebbe stato buio, conveniva Smaterializzarsi.
«Ma se ci avvicinassimo troppo? Non rischieremmo di farli arrabbiare?» domandò poco convinto il ragazzo, cercando di sistemarsi gli occhialoni da neve sopra i suoi fondi di bottiglia.
«Lascia fare a me, conosco bene la zona e ti assicuro che non ci capiterà nulla di male», rispose Charlie tendendo una mano verso di lui.
Il giovane Blaga deglutì a vuoto, quindi la strinse con forza e si lasciò Smaterializzare insieme all’allevatore di draghi. Quando riebbero la terra sotto i piedi, notò davanti a loro l’ingresso di un’ampia caverna: che strano, pensò, quasi non c’è neve in questa zona.
Dall’interno della grotta provenivano strani bagliori rossastri, poté vedere osservando con più attenzione. Ecco dove si erano nascosti i draghi egiziani, intuì.
Charlie gli fece segno di seguirlo. «Appena entriamo, slaccia i due lembi del mantello e togli quello esterno, più pesante, o quando torneremo all’aperto lo sbalzo di temperatura ti farà male».
Sbalzo di temperatura? Per quel che ne sapeva Ovidiu, dentro le caverne faceva perfino più freddo che all'aria aperta! Ciò nonostante, si limitò ad annuire e seguì l’inglese.
Non appena entrarono, capì perché il signor Weasley gli aveva dato quelle raccomandazioni: grandi fuochi rossastri brillavano a mezz’aria, creando un calore incredibile, tanto che l’Auror iniziò a sentirsi strano.
«Solo il primo strato, così rimarremo camuffati al loro olfatto», ripeté Charlie aiutandolo a svestirsi. «Li chiamiamo fuochi fatui, perché durano diversi mesi senza spegnersi: i due draghi creano queste fiamme non appena il clima diventa troppo freddo per loro e si riscaldano così per tutto l’inverno. Una volta li ho visti anche inspirare il loro stesso fuoco, alla fine della stagione».
«È quasi insopportabile». Disse il ragazzo passandosi una mano sulla fronte per togliersi di dosso il sudore.
«Te la senti di andare avanti? Man mano che procediamo, sarà sempre peggio».
Oh Merlino. Tuttavia, non aveva intenzione di farsi trattare ancora una volta da idiota. «Posso farcela», ringhiò.
Charlie sorrise, ma non commentò oltre. Non ebbero bisogno di usare il Lumos per illuminare il cammino, i fuochi fatui erano più che sufficienti.
Dopo una decina di metri, la caverna curvò a destra e i due si rannicchiarono contro una grossa roccia. «Meglio non farsi vedere, se hanno fame…»
A Ovidiu non servì altro e si nascose al meglio, quindi a un cenno dell’altro tirò su la testa e sbirciò oltre il masso: i draghi erano là, enormi e maestosi, rossi come i fuochi che brillavano contro il soffitto roccioso della grotta e incredibilmente lucenti. Capì immediatamente perché si chiamassero Scorpioni, le loro code erano ricurve e finivano con un pungiglione molto simile a quello degli omonimi aracnidi. Non avevano chele, però, ma grandi zampe con lunghi artigli ricurvi che facevano altrettanta paura.
Maschio e femmina erano raccolti in una cavità – dalla forma delle rocce che li circondavano, con tutta probabilità l’avevano creata dal nulla con il loro fiato rovente – e intrecciavano i colli in segno d’amore.
«La femmina ha già deposto le uova», spiegò Charlie in un sussurro, «in genere le terrebbero al caldo sotto la sabbia del deserto, ma qui le covano loro, ovviamente».
Ovidiu osservava senza parole: era ancora convinto che quelle bestie fossero pericolose all’inverosimile – e in effetti, gli venneroin mente almeno otto modi diversi in cui uno degli Scorpioni avrebbe potuto ucciderlo brutalmente – eppure lo spettacolo che aveva davanti gli parve ugualmente da mozzare il fiato.
Il controllo fu molto rapido, anche perché da solo Charlie avrebbe potuto fare ben poco, ma i due esemplari sembravano in buona salute e il colore e la temperatura dei loro fuochi lasciava intendere che anche per quell’anno l’inverno non avrebbe dato loro fastidio.
«Devi contare le uova, o qualcosa del genere?», domandò l’Auror.
«Stai suggerendo di farmi ammazzare?» ribatté ironico Charlie. «Comunque, se ti stai offrendo volontario, vai pure».
L’altro scosse il capo violentemente, terrorizzato, al punto che l’inglese dovette assicurargli che stava scherzando e che non l’avrebbe mai mandato a fare simili sciocchezze. «Ora torniamo indietro, lentamente e senza fare rumore», gli disse con una pacca sulla spalla.
Ancora terrorizzato, Ovidiu annuì e voltò le spalle ai due draghi, riprendendo il sentiero che li avrebbe riportati all’esterno; risistemarono i mantelli e poi uscirono, quindi Charlie effettuò di nuovo la Smaterializzazione.
Solo quando furono al sicuro nel centro di ricerca e si furono tolti la tenuta da uscita, rivolse ancora la parola all’Auror: «Allora, la gita ti è piaciuta?»
«Dipende, se dico di sì quante altre escursioni del genere mi toccheranno?» rispose Ovidiu con lo stesso tono di Charlie.
«Quante saranno necessarie per svolgere il mio lavoro, Ovidiu, e visto che io sono il tuo lavoro te le godrai tutte», fu il commento del mago più anziano, che si divertiva un mondo a terrorizzarlo. «Ora andiamo a cena, in casa mia non c’è più nulla e anche se così non fosse non ho la minima voglia di cucinare».
Quella era un’ottima idea, notò il giovane Blaga, anche perché ora che gli era passata la paura sentiva un certo appetito; aveva voglia di un bel piatto di balmoş con formaggio e cipolle, ma quando vide il posto dove Charlie l’aveva portato capì che non avrebbe mangiato nulla del genere.
«L’Hard Rock Cafe di Bucarest?» mormorò leggendo l’insegna. «Non poteva scegliere un posto più normale? Se ancora non lo avesse scoperto, qui in Romania sappiamo cucinare».
«Non fare storie, su», gli disse Charlie alzando le spalle e uscendo dal cespuglio in cui era finito. Il locale, infatti, era nel Parcul Herăstrău, il parco più grande della capitale, poco distante dalla replica dell’Arco di Trionfo di Parigi, e il monumento era ripreso dalle strutture squadrate di legno che precedevano l’ingresso del Cafe.
Si misero in fila dietro a un gruppo di Babbani che stavano discutendo in inglese su quale band fosse la migliore tra diversi gruppi degli anni ’70 – turisti, biascicò Ovidiu un po’ infastidito – ma fu questione di pochi minuti perché potessero accomodarsi a un tavolino quadrato a metà strada tra il bar e il palco, su cui si stavano esibendo quattro ragazzi che si facevano chiamare Câini nebun.
«Di rabbioso quelli hanno ben poco», commentò Charlie ridendo, «ma per come strimpellano quelle chitarre, direi che sono davvero dei cani, non trovi anche tu?»
«Non è il mio genere musicale», si limitò a dire Ovidiu, in imbarazzo.
«Bună seara», esclamò una cameriera con un sorriso esagerato per essere sincero. «E benvenuti all’Hard Rock Cafe di Bucarest: sapete già cosa ordinare?»
«Sì», esclamò Charlie sorridendo a sua volta, «due Hickory BBQ Bacon Cheeseburger con molta salsa, e due Ursus alla spina, medie».
«Veramente io sono in servizio…» pigolò Ovidiu timidamente. Non gli andava di bere, a dire la verità, perché reggeva poco e male, tanto che i suoi vecchi amici dei tempi di scuola avevano smesso di invitarlo ad uscire con loro perché finiva sempre ubriaco.
«Avanti, Blaga, prometto che torneremo entrambi a casa sani e salvi», esclamò ridendo Charlie, per poi confermare l’ordine con un sorriso più ampio diretto alla ragazza.
La cameriera ammiccò e scribacchiò qualcosa sul suo blocchetto, quindi tolse i due menu dal tavolo e se ne andò.
«È un modo per… come si dice, attaccare bottone?» domandò pungente Ovidiu quando si fu allontanata.
«Troppo giovane», rispose con un’espressione che diceva il contrario Charlie, «ma sentirsi apprezzati fa sempre piacere, Blaga; quando arriverai alla mia età, te ne renderai conto».
Ovidiu alzò un sopracciglio, poco convinto. «Buffo sentir parlare della sua età, Weasley, visto che si comporta come un ragazzino. Allora, perché siamo qui?»
Il mago inglese si guardò intorno, fissò un disco appeso in una cornice dorata alle spalle dell’Auror e sospirò. «Venire in questo posto mi fa rilassare; la prima volta che sono entrato in un Hard Rock è stato a Londra, a metà degli anni ’80. Mi ci portò la mia migliore amica, ai tempi, suo padre era un grande appassionato di musica babbana e lei aveva assorbito lo stesso amore, sapeva tutto di tutti i gruppi sulla scena del momento, le vecchie glorie degli anni ’60… Ci andavamo spesso, soprattutto a festeggiare le cose importanti».
«E questa donna lavora alla riserva anche lei?», domandò Ovidiu; se era così, chissà che opinione aveva della ragazza drago protetta dal suo amico.
Charlie spostò lo sguardo a un ghirigoro inciso sul piano del tavolo e lo carezzò con due dita. «No, è morta durante la seconda guerra magica nel nostro paese, nella battaglia finale contro Voldemort».
Oh, dannazione. L’Auror rimase in silenzio, senza sapere cosa dire.
Charlie comprese il suo imbarazzo ed evitò che l’assenza di parole – o la musica suonata dai Câini nebun – uccidesse qualunque conversazione. «Io capisco i tuoi sentimenti, Ovidiu: dopo la prima guerra magica, anche dove sono nato le persone avevano bisogno di aggrapparsi al Ministero per andare avanti e avere una speranza», gli disse. «Non importava che quello stesso Ministero avesse autorizzato l’uso delle Maledizioni Senza Perdono sui sospetti, né che le celle della nostra prigione fossero state riempite senza un processo per la maggior parte dei condannati».
Sua madre per prima, Charlie lo sapeva bene, e lo stesso errore era stato commesso da Percy, molti anni dopo. «Voglio solo dirti che se gli ideali non sono difesi dagli uomini, il Ministero è solo un palazzo vuoto e può diventare la tana del male più oscuro».
Così com’era successo vent’anni prima in Gran Bretagna, disse a se stesso.
«Cosa sta cercando di dirmi, che sto dalla parte sbagliata?», domandò Ovidiu con astio.
«No, affatto: quello che intendo è che, per quanto comprenda le tue idee, sono pronto a tutto, anche a radere al suolo il tuo prezioso Ministero, se dovesse succedere qualcosa di male ai miei amici o ai draghi della riserva».
L’Auror sbiancò nel vedere quanto fosse deciso e serio il mago che gli sedeva di fronte. Prima che potesse ribattere, però, la cameriera ricomparve con i due hamburger che Charlie aveva ordinato, seguita da una collega che invece portava le birre.
Il suo compagno ringraziò, poi si armò di forchetta – il panino era decisamente troppo grande per essere tenuto con le mani – e sorrise come se non fosse accaduto nulla. «Ora mangiamo, potrei papparmi un drago intero dalla fame che ho».

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Capitolo 30
*** Papà orso ***


Mentre la cena di Charlie e Ovidiu proseguiva in maniera pacifica, nonostante la velata minaccia dell’allevatore di draghi, il clima a casa Costel era decisamente più burrascoso.
«Avanti, Ada, non c’è bisogno di fare tante…» Misha s’interruppe per schivare un piatto, che gli passò comunque fin troppo vicino a un orecchio.
Non era certo una novità, anzi: la moglie era così abituata a sfogarsi in quel modo che ormai tutte le porcellane di casa erano incantate perché resistessero anche agli urti più duri. Era stata una misura che avevano preso quando il servizio precedente era stato ridotto in uno stato così pessimo che neanche con la magia erano riusciti a risistemarlo.
«Non c’è bisogno?», ripeté la donna prima di passare ai piattini da dessert. «Vediamo, tu come reagiresti se, durante la pulizia dei denti delle tue lucertole, un collega ti facesse notare una mia foto segnaletica sulla prima pagina dell’Occhio Onniveggente
«Intanto, non è una foto segnaletica, e poi è di Charlie; io sono solo in un angolino. Non siamo ricercati, siamo sottoposti a una verifica ministeriale».
Adamata Costel, detta Ada, non sembrò particolarmente sollevata dalla notizia: alta e magra, con lunghi capelli corvini, la donna sapeva diventare simile a una Banshee molto rapidamente, se presa per il verso sbagliato. «Perché, aspettavi che ti mettessero una dannata taglia per dirmelo, razza d’idiota?»
«Ma no, è che non ha senso preoccuparsi prima del necessario, non ci porterà niente di buono e… Protego», gridò appena in tempo per riuscire a creare lo scudo e impedire che una pesante casseruola lo prendesse in pieno sul naso. «Dannazione, donna, le pentole no!»
La strega effettivamente ci stava andando pesante, ma i proiettili erano proporzionali alla sua rabbia. «E quale sarebbe esattamente il momento adatto per preoccuparsi?»
Preparandosi a schivare altre stoviglie, Misha sospirò: «Se Charlie venisse accusato seriamente con anche un solo straccio di prova che sostenga la teoria folle di Toculescu, ad esempio; in quel caso anche io potrei essere tirato dentro in maniera pericolosa, ma per ora non c’è altro in piedi se non il desiderio di vendetta di un ragazzino troppo iroso per avere il senso della misura».
L’ultimo commento era una chiara frecciatina nei suoi confronti, Ada lo sapeva benissimo, ma non sarebbe stata certo quella a farla calmare. Si prese in ogni caso un minuto: sapeva della ragazza ospitata nel centro di ricerca, Misha le aveva raccontato la vicenda nei dettagli… Per sua fortuna, perché se si fosse presentato a casa in condizioni pietose come era successo la settimana precedente senza dirle nulla, la donna avrebbe finito l’opera dell’ibrido che aveva attaccato il padiglione principale della riserva, ma venire a sapere di come erano precipitate rapidamente le cose dal giornale l’aveva fatta infuriare.
Lo aveva sempre sostenuto nel perseguire i suoi sogni e anche nei momenti più bui dell’oasi per draghi, anche durante le peggiori discussioni che suo marito aveva avuto con il padre, il signor Costel, perciò sentirsi tagliata fuori in quel momento la faceva star male.
«Non volevo tenerti nascosto questo problema, Ada», continuò Misha, «ma con i soggetti che ci ha mandato il Ministero… Per la prima volta da anni sono felice di aver lasciato il mio lavoro alla riserva».
Questa confessione fece impensierire la donna: il marito amava parlare dei compiti che svolgeva a contatto con i suoi draghi e per il loro benessere, lo sapeva, ed una cosa del genere era capitata solo in un’occasione, durante la crisi del 1999.
Era un fatto grave, tanto che di colpo abbandonò le ostilità per avvicinarsi al mago e stringerlo in un abbraccio, compito non facile; a malapena riusciva a sfiorarsi le dita, data l’ampiezza delle sue spalle.
«È davvero un dramma così grave? Cos’hanno in mano contro di voi?»
«A parte i sospetti di quel moccioso altolocato? Scoregge di drago», commentò volgarmente il mago, «ma Toculescu è intestardito a usare questa storia per lavare il disonore dal nome della sua famiglia che noi, secondo la sua ottica distorta, avremmo infangato. Non cederà tanto in fretta».
Meglio, si disse Ada. «L’Occhio vi dava per spacciati… Devono aver preso Toculescu per una fonte attendibile».
Misha sospirò più sonoramente; c’era un’altra ragione per il suo comportamento, sebbene fosse più restio a ricordarla alla moglie. Aveva giurato molto tempo prima che avrebbe evitato con tutte le sue forze un coinvolgimento della sua amata in qualunque faccenda che avesse a che fare con l’Isola dei Serpenti: la conoscenza a cui la famiglia Costel faceva la guardia era un peso gravoso da portare e lui vi aveva rinunciato prima che lo legasse per sempre a quello sputo di roccia che emergeva dal Mar Nero.
Non era un caso che Misha avesse deciso di tagliare definitivamente i contatti con i genitori quando suo padre aveva cercato di portare Ada a giurare con l’inganno perché fosse costretta a vivere sull’Isola, così che anche lui tornasse ad adempiere i suoi doveri. Stentava a crederlo, visto quanto si era infuriato, ma Ada si era incattivita perfino più di lui quando aveva scoperto la verità, dichiarando guerra al suocero.
Non si stupì affatto, dunque, quando la moglie lo risvegliò dai suoi pensieri con voce acre. «A proposito di affari scottanti, è arrivata una lettera da tuo padre».
Misha voltò la testa, interessato, e s’incuriosì alla smorfia fatta da Ada; neanche lui sarebbe mai riuscito a mettere tanto veleno in due paroline così brevi.
La busta era sulla mensola del camino, con il nome di Misha scritto con la grafia pulita di suo padre.
«Ha mandato un gufo?»
Ada scosse il capo: «Ha messo la testa nel camino e me l’ha porta, ero tentata di rovesciargli un secchio d’acqua in testa, ma poi mi sono trattenuta. Se si è abbassato a tanto, vuol dire che è davvero preoccupato».
Misha trattenne una risata e aprì la missiva: la lettera di suo padre era scarna ed essenziale, tanto che avrebbe potuto ridursi a un ordine perentorio perché si presentasse sull’Isola dei Serpenti il prima possibile. Misha appallottolò il foglio senza tanti complimenti e lo gettò nel camino acceso con noncuranza; anni trascorsi senza parlarsi, senza scambiare una sola parola, e ora il caso di Kari aveva rimesso tutto in discussione.
Fin dal primo momento in cui aveva visto la ragazza drago, il mago aveva capito che sarebbe stato obbligato a far intervenire suo padre. Certo non ne era stato felice, eppure era il massimo esperto del campo, non aveva potuto fare altrimenti, nonostante sapesse prima ancora di inviare il suo gufo verso l’isola su cui era nato e cresciuto quale sarebbe stata la risposta.
L’ibrido doveva morire, senza possibilità di scampo.
«Devo recarmi da lui», mormorò sapendo che la novità non sarebbe piaciuta a sua moglie.
Neanche a dirlo, Ada sbuffò: «Non potete parlarvi via camino? Posso lasciare la stanza, se è per via del voto».
«Preferisco dargli retta, per una volta, e chiudere la discussione il prima possibile», le rispose con gentilezza.
Sapeva bene qual era lo scopo paterno principale, fargli la predica perché aveva scoperto che Kari era ancora viva, ricordargli il loro importante scopo… Quello che Misha sperava era che il padre avesse scoperto qualcosa in relazione alle domande che gli aveva scritto mesi prima, per lo più sulle tecniche per dare il via alla trasformazione.
Ada stiracchiò un sorriso, cercando di mostrarsi d’appoggio. Fosse stato per lei, Virgil Costel avrebbe ricevuto un bel rifiuto a male parole, ma non era così. Poteva solo dargli un bacio e promettergli che sarebbe stata lì ad attenderlo, anche a notte fonda, e che sarebbe andata a riprenderlo nel caso suo padre gli avesse tirato un tiro mancino.
Misha rispose con una battuta, divertito dalla sfacciataggine della donna, quindi si sciolse dal suo abbraccio e si concentrò sull’Isola dei Serpenti, sulla sua natura, sulle alte scogliere. Doveva pensare bene al punto dove comparire, prima di Smaterializzarsi, perché anche soli pochi centimetri potevano portarlo a ricomparire nel vuoto e quindi a cadere in mare da un’altezza che lo avrebbe ucciso.
Un suo prozio, noto in famiglia per la sua tendenza ad alzare il gomito, era finito così e Misha non voleva certo seguirlo.
Del resto, anche se da tanti anni non vi metteva più piede, conosceva ogni pietra di quell’isola, ogni più piccolo angolo, perciò non gli fu difficile ricordarsi del punto che preferiva per quel genere di magia. Un solo secondo e si trovò al freddo a farsi schiaffeggiare dal vento.
«Sapevo che saresti comparso qui, tra le rovine».
Suo padre.
Misha si voltò e vide l’uomo seduto alle sue spalle su una colonna caduta, e senza neanche rispondere accettò il giaccone pesante che il genitore gli stava offrendo: tanta era stata la sua fretta, che era partito senza coprirsi, proprio come il giovane Blaga era corso dietro a Charlie, quella stessa mattina. «È dura perdere certe vecchie abitudini», disse semplicemente mentre allacciava i bottoni. «Come tentare di farmi morire d’infarto, ad esempio, non è vero papà?»
Virgil Costel ridacchiò, per nulla sorpreso dai toni del figlio. Le differenze tra loro, i litigi e gli screzi del passato pesavano troppo tra loro, per quanto l’uomo ancora non ne capisse – o si rifiutasse di farlo – la maggior parte. L’abbandono dell’Isola, ad esempio, con tutte le responsabilità disattese che vi erano collegate…
«Per quale motivo hai voluto vedermi qui a tutti i costi?», domandò ancora Misha, nervoso. Il mare ululava selvaggiamente agitato dal vento che tirava di parecchi nodi. Si strinse nella giacca, rabbrividendo.
«Come sta la creatura?», chiese a sua volta il padre, senza rispondere.
«Si chiama Kari, tanto per cominciare, ed è un essere umano come te e me. Ha salvato la mia vita e quella del mio testardo collega inglese».
Misha tentò di tenersi calmo ed evase la domanda esattamente come aveva fatto suo padre, deciso a non correre subito dove l’altro voleva portare il discorso: perché quello che Virgil Costel voleva sapere era il motivo per cui Kari era ancora viva, non aveva certo dubbi a riguardo.
«A ogni modo come sta?» sbuffò infastidito Virgil; era abbastanza chiaro che l’idea di dover gratitudine a una creatura del genere non lo facesse impazzire. «È sempre in balia dei poteri del drago?»
«Dall’attacco ha acquisito un maggior controllo, come se l’altro io che a volte prende il sopravvento si fosse accordato con il suo raziocinio per vincere, ma non la perdiamo d’occhio in ogni caso. Mi hai chiamato qui solo per avere il resoconto degli ultimi giorni o c’è dell’altro?»
Un fulmine, seppur lontano dall’isola, illuminò i due maghi a giorno squarciando la notte.
«Mi piacerebbe sapere a che gioco stai giocando, Misha: mi hai scritto chiedendomi informazioni su una mostruosità che andava soppressa il giorno che è stata portata nel tuo centro di ricerca e lo sai che la penso così», ribadì il padre, «poi mi hai mandato quell’inglese per mostrargli i segreti della nostra isola, così che capisse perché è così importante eliminarla… E ora scopro dal giornale che è ancora viva?»
«Le circostanze sono cambiate», rispose seccamente Misha.
«Come sarebbe a dire?»
Come spiegare quello che aveva provato negli ultimi mesi al centro di ricerca? Ciò che aveva visto e sperimentato esulava di parecchio dalle storie di famiglia che parlavano dei soldati dai poteri del drago che combattevano in maniera spregiudicata al miglior offerente e che per molti secoli avevano portato morte e distruzione in Europa.
«Credevo di aver capito le ragioni per cui i nostri antenati giurarono di combattere fino alla morte i cavalieri del drago, eppure in questi mesi… Qualcosa è cambiato».
Il mago fece qualche passo evitando i resti delle colonne cadute a terra: inizialmente era stato più che d’accordo con l’idea di sopprimere l’ibrido, anche per proteggere la riserva, e l’improvvisa assenza di Charlie era caduta a puntino. Non gli sarebbe stato difficile giustificare la morte della ragazza drago in un secondo momento, quando il suo compagno fosse tornato, eppure qualcosa l’aveva trattenuto dall’agire in modo così meschino.
Aveva sentito Kari piangere, l’aveva osservata nei pochi momenti in cui riusciva a mantenersi umana e aveva deciso di disubbidire una volta a suo padre, cercando un modo per aiutarla a contenere le crisi; la versione modificata del sonnifero per draghi era stata un’ottima idea, in quel senso, e imparare a conoscere Kari e il suo caratterino pungente lo aveva fatto sentire meglio.
Se l’avesse eliminata senza pietà… Non osava neanche pensarci.
Per questo sarebbe andato avanti con i suoi piani, a prescindere da quello che aveva da dirgli suo padre: Kari sarebbe andata a vivere a casa di Charlie, così da limitare i danni per la riserva. La piccola oasi che erano riusciti a creare doveva uscirne immacolata.
«È cambiato al punto da voler creare altri mostriciattoli nel tuo laboratorio?», sbraitò suo padre. «Continui a fare domande sul procedimento per generare i cavalieri del drago, quando la nostra famiglia si è impegnata a combatterli con tutte le sue forze!»
Ah, ecco qual era il problema. Misha sbuffò, incredulo della ristrettezza di pensiero che poteva ostentare il mago.
«Voglio capire se il processo è invertibile, così da curare quella ragazza e permetterle di tornare dalla sua famiglia».
«Perché?», sempre più seccato, Virgil non sembrava volergli dare tregua.
Il figlio cercò di tenere sotto controllo i capelli, che seguivano le folate di vento senza controllo e continuavano a finirgli negli occhi. Gli sembrava di essere un maestro di fronte a uno scolaretto particolarmente ostinato.
«Quella donna è stata derubata della sua vita, non ha il minimo interesse per questi poteri e se ne avesse la capacità se ne libererebbe anche subito» rispose con voce più pacata, come a spiegare l’ovvio. Dannazione, se fosse stato lui la vittima della situazione suo padre avrebbe insistito allo stesso modo per sopprimerlo senza cercare alternative?
Anche con tutti gli screzi che avevano avuto, stentava a credere che fosse possibile.
«Non è nostro compito curare questa gente…», cominciò Virgil, deciso a ricordare alla pecora nera i doveri della famiglia Costel.
Peccato che Misha non avesse la minima intenzione di ascoltare l’ennesima predica. «Devi distinguere tra responsabili e vittime: Kari è una Babbana, padre, è stata rapita e torturata perché questa gente di cui parli tu non aveva abbastanza fegato da rischiare le proprie chiappe!»
«E questo è ciò che ti ha raccontato lei», replicò con ironia il padre.
Roteando gli occhi al cielo, Misha si voltò verso il genitore. «Per Merlino, sempre ossessionato dai complotti».
«Potrebbe essere vero, e tu dovresti porti questa domanda».
Certo, chi non sapeva fingere crisi del genere?
«L’ho osservata a lungo e sono certo di poter dire che non sta mentendo. Deve anche essersi presa una bella cotta per il mio amico, a dirla tutta».
Virgil sospirò: «Sta a te decidere, ma quando verrà fuori che avevo ragione non dire che non ti avevo avvisato».
Sapevano essere così simili, riconobbe Misha, così cocciuti e ostinati… Suo padre si comportava proprio come faceva lui con Charlie, era quasi divertente.
«È una brava ragazza, penso che in altre circostanze ti sarebbe piaciuta, anche se ha un caratteraccio».
«Tutte le donne che attraversano la tua vita hanno un caratteraccio».
Non c’erano dubbi su chi fosse l’interessata di quella frecciatina.
«Non mettere in mezzo Ada, non se lo merita. Anche perché a conti fatti dovresti ringraziarla».
Il mago storse il naso: già doveva essere riconoscente alla ragazza drago, ora anche alla moglie di suo figlio? Ma che aveva fatto di male?
Misha sorrise e continuò: «Ringraziare lei e anche me, ovviamente; come avresti saputo del ritorno dei cavalieri del drago, se io non avessi deciso di seguire la mia strada?»
«Non ti credere così importante, Misha: credi di essere il solo che conosco in quel centro di ricerca? Ho messo le mie spie molto tempo fa in quel luogo».
Erano informazioni a cui il mago non era preparato. C’era qualcuno al laboratorio che riferiva le loro attività a suo padre? Perché?
«Adesso dimmi onestamente che se avessi indizi su quello che ti ho chiesto, me lo diresti» chiese con voce dura e controllata.
Virgil non rispose mai a quella domanda. Misha non sapeva se era sua intenzione mantenere il silenzio o meno, visto che davvero avrebbe voluto sentirsi dire qualcosa dal genitore, ma prima che uno dei due potesse aprire bocca la furia di sua madre bloccò la scarsa conversazione.
«Virgil Costel, hai osato invitare qui nostro figlio senza dirmi niente?»
Davvero arrabbiata, la piccola signora Costel camminò fino a raggiungere i suoi uomini e tirò uno scappellotto al marito continuando a imprecare in maniera vergognosa.
«Tra le donne col carattere terribile della mia vita avevi incluso anche la mamma?», commentò gelido Misha cercando di non sembrare troppo divertito.
«Non fare il sarcastico, tu: ti sembra il modo di comportarsi, far penare in questo modo tua madre?», urlò la strega in direzione del figlio. «Adesso entriamo in casa, ceniamo e mi farai un resoconto di questa brutta storia».
Chissà come aveva fatto la mamma a sembrare dolce e adorabile agli occhi di Charlie…
Misha annuì e seguì i genitori dentro il piccolo rifugio sotto il faro, senza fare storie. Sarebbe stata una serata strana, la prima in famiglia dopo così tanto tempo, e poi aveva una fame nera visto che con la scenata di Ada di cenare non si era nemmeno parlato.
Sapeva che non sarebbe riuscito a gustarsi la cosa, ad ogni modo: se suo padre aveva delle spie alla riserva e si rifiutava di confidargli ciò che conosceva, Misha non poteva fidarsi di lui.
Non era certo una novità nella sua vita, ma con il ritorno dei cavalieri del drago la questione diventava molto più seria di un pessimo rapporto tra generazioni.

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Capitolo 31
*** Nonne, lupetti e fratelli furiosi ***


A molti chilometri di distanza dall’Isola, dal centro di ricerca e dall’intera Romania, un paio di giorni dopo un allampanato ragazzo dai capelli turchini si stava preparando per l’imminente partenza.
Era strano infilare in un baule parte della sua vita e partire, una sensazione che gli faceva sempre molto effetto, come ai tempi del suo primo anno a Hogwarts.
Vestiti pesanti, era l’unico pensiero del ragazzo mentre riempiva il suo baule di capi d’abbigliamento, ringraziando Molly Weasley e la sua fissazione per i maglioni di lana sferruzzati a mano come regalo di Natale: non sarebbero certo stati sufficienti per il freddo della Romania che andava ad affrontare, ma almeno aveva potuto usare i suoi risparmi per comprare un giaccone babbano imbottito – rinforzato poi con la magia su consiglio della nonna – scarpe pesanti e con la suola adatta al ghiaccio e alla neve, pantaloni più spessi dei suoi soliti jeans.
Ted Lupin aveva fatto tesoro dell’esperienza di qualche giorno prima, quando si era quasi congelato per essere comparso con la Passaporta in mezzo al quartiere magico di Bucarest, più precisamente in un cumulo di neve dalle ginocchia in giù nei suoi jeans leggeri. Certo, sapeva che in Romania l’inverno era piuttosto rigido, ma non avrebbe mai pensato così tanto.
Sarebbe stato più preparato, pensava soddisfatto.
Guardò la sua stanza: Ted era stato a Grifondoro a Hogwarts, e le pareti lo dimostravano, con tutte le decorazioni rosso-oro che vi campeggiavano. Non era un patito tifoso di Quidditch, ma aveva comunque appeso il gagliardetto delle Harpies dell’anno in cui sua zia Ginny aveva vinto il suo primo campionato. Ricordava l’entusiasmo con cui il suo padrino aveva festeggiato ogni vittoria, anche se era un bambino di quattro o cinque anni, e di come l’atmosfera diventava rapidamente tetra, quando il battaglione di sole donne perdeva una partita.
Che ridere, a quei tempi…
Molto meglio i Destructive Elves, il suo gruppo magic-punk preferito: staccò il loro poster dal muro con delicatezza, deciso a portarlo con sé anche in capo al mondo. L’aveva comprato a un concerto, una delle migliori serate della sua vita.
Nei suoi diciotto anni e mezzo di vita, Teddy Lupin era cresciuto parecchio, sia in altezza che nel suo modo di pensare, diventando un giovane uomo allampanato e davvero saggio per la sua età. Non era complessato, come molti pensavano data la sua situazione familiare, semplicemente aveva avuto modo di ragionare su tante cose.
Essere orfano non gli era mai pesato davvero: Ted avrebbe voluto avere anche lui due genitori, avrebbe voluto avere la possibilità di conoscerli, ma la sua vita era sempre stata piena d’amore, grazie a sua nonna e al grande clan dei Weasley, in cui era considerato un membro adottivo, nonostante i suoi capelli azzurri cozzassero con il classico colore rosso dei suoi zii preferiti.
Il suo padrino, in particolare, si era sempre premurato che non soffrisse né la solitudine né un decimo della pena o della tristezza che aveva provato lui da bambino: Harry Potter non poteva dimenticare l’ignobile trattamento ricevuto dagli zii per troppi anni, dei parenti davvero orribili…
La cosa peggiore, secondo Ted, era il modo in cui tutti si premuravano di raccontargli dei suoi genitori, di quant’erano in gamba, di che brave persone erano e via dicendo; quel tipo di discorsi gli procurava solo un’acuta nostalgia che non sapeva spiegarsi, una malinconia irrazionale ma non per questo meno dolorosa.
E doloroso era anche partire, in un modo diverso: voleva molto bene alla nonna, a Harry e a tutti quelli che considerava membri della sua enorme, allegra, colorata famiglia, per questo lasciarli sarebbe stato molto difficile. Tuttavia, Ted si considerava una persona intelligente e sapeva che se voleva perseguire i suoi scopi quella specializzazione era davvero necessaria.
Non era colpa sua, in fondo, se in Gran Bretagna gli studi sulle Creature Magiche e in particolare sui Semiumani erano così scarsi e poco aggiornati; lui voleva seguire un percorso medico, ma non aspirava a finire al San Mungo a sistemare ferite da incantesimi accidentali, litigi coniugali risolti a colpi di maledizioni o simili, proprio no.
Voleva un programma dedicato seriamente allo studio della Licantropia e degli altri Cambiamenti da morso. Dopo il diploma finale a Hogwarts, Ted aveva cercato in lungo e in largo, ma era rimasto deluso: si cercavano aspiranti giuristi desiderosi di limitare ancora di più le possibilità di movimento e azione dei Semiumani, cacciatori e bracconieri di ogni tipo, perfino un nuovo boia ufficiale, ma nulla che facesse al caso suo.
E poi aveva trovato quasi casualmente – ma forse Minerva McGranitt ci aveva messo lo zampino – il bando di concorso per quel corso di specializzazione in Romania. La nonna si era lamentata un poco per la distanza che il ragazzo avrebbe dovuto mettere tra sé e qualunque altro essere umano che conosceva, ma poi aveva convenuto che se davvero era convinto dei suoi piani per il futuro, lo avrebbe appoggiato.
«E poi c’è sempre quel debosciato di Charlie Weasley nei paraggi», aveva esclamato la nonna, «potrei chiedere a lui di tenerti d’occhio».
Certo era uno scherzo, perché Andromeda sapeva meglio del ragazzo che sul secondogenito dei Weasley era meglio non fare affidamento per le cose importanti, visto che non sembrava in grado di impegnarsi in nulla, al di fuori del lavoro, eppure per un momento il nipote aveva avuto i brividi. E poi, viste le ultime novità…
Ted accantonò quel pensiero, deciso a concentrarsi sul proprio imminente futuro: tre quarti delle persone che lo conoscevano da quand’era bambino avevano sempre immaginato che sarebbe diventato un Auror, come se fosse una scelta obbligata per il figlio di due eroi martiri della guerra e del Prescelto, il grande Harry Potter.
Peccato che non fosse la sua idea: era troppo riflessivo per adattarsi al ritmo serrato di un combattimento, senza contare che non riusciva a spiegarsi come fosse riuscita sua madre a diventare Auror, visto che sembravano accumunati dalla stessa goffaggine.
Tuttavia, i suoi genitori gli erano stati d’ispirazione nella sua scelta: da loro aveva imparato il coraggio, la tenacia, la capacità di vedere oltre gli stereotipi e guardare alla sostanza delle persone.
Suo padre era un Lupo Mannaro, ma allo stesso tempo un eroe di guerra, quindi la sua maledizione veniva spesso messa in secondo piano. Se per lui andava bene, perché gli altri Licantropi non potevano avere un’occasione per dimostrare di essere migliori di quella bestia di Greyback?
Sapeva di andare a sbattere contro un enorme muro di pregiudizi: perfino sua zia Molly, che era forse una delle persone più buone che conosceva, usava il Lupo cattivo per convincere i suoi nipoti più piccoli a finire le verdure; se questo avveniva davanti a Ted, la donna passava a scusarsi in ogni modo possibile, ovviamente, eppure il ragazzo sapeva che al pranzo successivo la cosa si sarebbe ripetuta.
In un certo senso, Ted – e non Teddy, come tutti si ostinavano ancora a chiamarlo – si sentiva responsabile: pensava spesso che, se suo padre aveva studiato a Hogwarts senza incidenti, anche altri afflitti dalla stessa maledizione avrebbero potuto farlo. E con i progressi fatti con la Pozione Antilupo, che all’epoca di suo padre non esisteva, davvero il rischio per gli altri studenti sarebbe stato minimo…
Era una campagna per cui si batteva molto, sicuro che anche soltanto la consapevolezza di avere una chance per integrarsi avrebbe potuto salvare molte vite e ridurre sensibilmente il numero dei randagi, come spesso venivano chiamati i Mannari che abbandonavano ogni contatto con gli umani e conducevano una vita da reietti nelle foreste inglesi. Per dimostrare tutto ciò, tuttavia, doveva diventare un personaggio importante del settore, un luminare, uno di quegli esperti che tutti avrebbero ascoltato.
Ted partiva avvantaggiato, in un certo senso, per la sua storia personale; essere un orfano di guerra portava il rispetto di molti, ma non sarebbe comunque bastato.
Aveva ancora così tante cose da imparare, lo sapeva bene, e molte altre da mostrare al mondo.
Erano questi alcuni pensieri tra quelli che gli passavano per la testa mentre finiva di fare i bagagli; la nonna diceva che era fin troppo idealista, che aveva bisogno di stare più spesso coi piedi per terra. Beh, in fondo non aveva tutti i torti, dato che il ragazzo a volte era così preso dai suoi sogni che non badava a dove metteva i piedi e finiva a terra come un sacco di Mandragole lesse.
La specializzazione con la dottoressa Horia era interessante anche per quel motivo: lei era la migliore negli studi sui Licantropi perché lei stessa era stata morsa, e questo dava alle sue ricerche un taglio unico, un punto di vista vero e realistico.
Considerando che molti ancora tenevano come valido un libraccio di Gilderoy Allock, e sì che da anni era stato comprovato che tutti i suoi lavori erano robaccia se non plagi…
Sì, si ripeté ancora una volta, la sua era la scelta migliore.
«Allora, hai fatto lassù?»
La nonna. Ted si tirò su dal pavimento e rispose di sì, prima di raggiungere la strega al piano di sotto; prima di cominciare le scale, però, incantò i bagagli con un tocco di bacchetta perché lo seguissero levitando.
«Ho preso tutto, comunque non appena sarò a Bucarest vedrò se hanno degli equipaggiamenti magici più specifici per resistere al freddo», disse con tranquillità entrando in cucina. «Potrei chiedere anche a Charlie, so che nella zona in cui lavora si gela».
«Già ti vedo come un enorme, azzurro ghiacciolo, nipote, ma non posso farci nulla. È troppo tardi per farti cambiare idea, o sbaglio?»
Andromeda Black era una giovane nonna single, una nonna moderna, come la chiamavano Ted e i piccoli Weasley per distinguerla dalla tradizionalista e un poco antiquata Molly: era burbera e brontolona, con una lingua tagliente e le idee chiare sul mondo. A quarantacinque anni si era trovata improvvisamente sola, la sua famiglia falcidiata dalla guerra, con un neonato a cui badare.
Nonostante il conflitto non fosse stato clemente con lei, la donna aveva soffocato il dolore allo scopo di crescere al meglio quel nipote, tutto ciò che le restava della sua amata Ninfadora.
Non gli aveva fatto sconti, ma i suoi metodi educativi, giudicati troppo rigidi dalla buona e impicciona Molly, avevano contribuito a tirare su un ragazzo in gamba. Ad esempio, Teddy aveva capito molto presto che fare i capricci non sarebbe servito granché con lei. Certo, il suo scopo iniziale non era stato insegnare al nipote quando tirare fuori saggiamente le lacrime, tipo alla Tana, ma quello era un altro discorso.
Lo aveva mandato alle elementari babbane, memore del buon effetto che avevano avuto su sua figlia – e se pensava a quanto aveva dovuto battagliare suo marito per convincerla, ai tempi! – e durante le estati gli aveva sempre dato dei lavoretti da svolgere, perché imparasse il valore del denaro.
Andromeda, insomma, aveva fatto di tutto perché il ragazzo aspirasse all’indipendenza e avesse i mezzi per raggiungerla, sebbene non si sarebbe mai aspettata di vederlo partire per l’altro capo dell’Europa.
«Rimango sempre convinta che tu stia scappando da me, Teddy».
«Ma no, nonna, ti confondi con Charlie Weasley», commentò il mago distrattamente.
«Non chiamarmi nonna e non darmi della rimbambita, ragazzino», sbottò la donna alzando lo sguardo dal giornale che stava sfogliando. «Tra qualche anno ti augurerai di arrivare a questa età con la mia sanità mentale, puoi scommetterci!»
In un certo senso era vero, Andromeda non dimostrava affatto i suoi sessantaquattro anni; oltre a una mente lucida e rapida, aveva ancora un aspetto molto giovanile e conservava i suoi capelli scuri, senza neanche un filo di bianco.
Nonostante Ted fosse ormai prossimo a compiere i venti, infatti, ancora era poco propensa a essere chiamata nonna, parola che la spaventava a morte, come un segno di vecchiaia, così battibeccava spesso col nipote, che a sua volta cercava di lasciarsi alle spalle il nomignolo dell’infanzia.
Erano abbastanza ridicoli, probabilmente, ma ormai era diventata un’abitudine, se non una guerra di nervi.
«Si tratta di un anno, due al massimo, e ti ho promesso di tornare ogni volta che mi sarà possibile», spiegò per l’ennesima volta Ted, «dopo di che, mi avrai di nuovo a casa, a darti più pensieri dei capelli che hai in testa».
«Avrei dovuto lavarti quella linguaccia col sapone, piccolo insolente» soffiò la donna, cercando di nascondere i suoi sentimenti.
In verità, Andromeda era dubbiosa: si era riscoperta bigotta sui Licantropi, esattamente come quando sua figlia le aveva annunciato il suo matrimonio, e averne avuto uno come genero non aveva contribuito a cambiare la sua opinione su di loro, visto che il soggetto in questione aveva provato ad abbandonare la moglie incinta per una crisi di panico da maschio.
In quello uomini e Mannari erano perfettamente identici, dovette ricordare.
Per carità, trovava nobile che suo nipote volesse battersi per una causa sociale di dimensioni così importanti, solo avrebbe preferito che si dedicasse a esseri discriminati ma non muniti di zanne. Aveva rinunciato a fargli cambiare idea da tempo, perché con la testa che si ritrovava era davvero impossibile. Era degno figlio di quelle teste di Ippogrifo rinsecchite che erano stati i suoi genitori.
«Non credere che sentirò la tua mancanza così tanto», sputò alla fine, «è giusto che lasci il nido».
Che bugiarda, le si leggeva in volto che non era affatto ciò che pensava.
Commosso, Ted abbracciò la nonna, nonostante questa avesse cercato di evitarlo per paura di mostrare quanto davvero le pesasse quella partenza. Sapeva che la strega poteva fingere di essere forte, più forte di quanto era per carattere e per le esperienze di vita che suo malgrado aveva affrontato, ma detestava l’idea di rimanere sola, in quella casa.
Andromeda in pochi mesi aveva perso un marito, una figlia, un genero che non amava molto ma che aveva accettato per non perdere la sua Ninfadora… Quella casa, che era stata così piena d’amore, si era trasformata rapidamente in una prigione. Teddy l’aveva salvata, in un certo senso, ma che sarebbe stato di lei con lui lontano?
Preferiva non pensarci, ancora.
«Sei pronto, allora? A che ora si attiva la Passaporta?», domandò Andromeda scostandosi dall’abbraccio per nascondere una lacrimuccia.
Ted sorrise. «Un paio d’ore», disse con gentilezza.
«E allora si può sapere perché hai voluto fare tutto così di corsa? Avevi tempo».
«Devo fare ancora una cosa, prima di partire», rispose cercando di tenersi sul vago, ma non c’era nulla da fare. Bastò un’occhiataccia della nonna, perché si decidesse a parlare. «Charlie Weasley potrebbe essere nei guai, ho sentito alcune storie al colloquio… Niente di buono, credimi».
Di tutte le cose che si sarebbe aspettata, quella sorprese Andromeda. Non che Charlie Weasley fosse nei guai – era stato un amico di Ninfadora ai tempi di Hogwarts, aveva sentito storie di tutti i generi – ma che Ted si fosse sentito coinvolto, in dovere di farlo sapere.
«Vuoi andare a dirlo a Bill?», domandò con naturalezza, al punto che il nipote si sorprese della sua perspicacia. «Te l’ho detto, Teddy: non sono rincretinita, anche se sono vecchia. Piuttosto, sei sicuro che sia una buona idea? Con le tue ultime mosse potrebbe non essere salutare».
Ted inghiottì a vuoto. Sapeva che aveva ragione, e che il maggiore dei Weasley non doveva aver preso bene la sua rottura con Victoire, ma se Charlie era nei guai la sua famiglia – o almeno la parte meno ansiosa della sua famiglia – doveva esserne al corrente.
Aveva lasciato la sua ragazza subito dopo essere tornato dalla Romania, prima ancora di comunicare alla nonna la bella notizia: gli era sembrata una scelta obbligata, visto che stava per trasferirsi a più di millecinquecento miglia di distanza da lei. Sarebbe stato giusto metterla in attesa del suo ritorno? E se avesse deciso di fermarsi più di due anni, magari per continuare a seguire la dottoressa Horia, cosa avrebbe fatto?
Vic aveva appena compiuto diciassette anni, pensava, era all’ultimo anno e aveva il diritto di goderselo in maniera spensierata. E lui… lui doveva pensare al suo futuro.
Era davvero innamorato di lei e lasciarla gli aveva fatto male, ma non poteva andarsene sapendo che lei sarebbe rimasta in attesa della sua prima lettera, o di una comunicazione tramite camino.
«I Weasley sono sempre stati buoni con me, non mi sentirei a mio agio se non li aiutassi».
Da quello che aveva letto, Charlie aveva decisamente bisogno di aiuto, sebbene sembrasse intenzionato a non chiederlo. «Tornerò tra poco, non ti preoccupare».
Detto questo, il ragazzo si Smaterializzò e ricomparì a Diagon Alley, proprio di fronte alla Gringott: entrò nella grande banca e si diresse al piano su cui si trovavano gli uffici degli umani, ben attento a non inciampare in qualche Goblin.
Non aveva idea di come lo avrebbe accolto Bill, da qualche tempo non avevano avuto occasione d’incontrarsi, ma non era molto speranzoso. Era un padre molto protettivo, specialmente con la sua primogenita.
Non era mai stato particolarmente entusiasta della relazione di Ted e Victoire, più che altro perché il ragazzo era di casa alla Tana, era quasi come uno dei suoi tanti nipoti, e questo gli sembrava strano, e ora che si erano separati così, apparentemente senza motivo, non avrebbe reso le cose facili tra lui e il giovane mago.
Nonostante tutto, Ted si fece coraggio e bussò alla porta dell’ufficio la cui targhetta recitava Bill Weasley – preparazione Spezzaincantesimi. «Avanti», rispose con voce pacata il mago all’interno, per cui il ragazzo entrò con tutta la calma che gli fu possibile.
Bill era alla sua scrivania, indossava un paio di occhiali sottili e stava leggendo alcuni documenti. Portava ancora i capelli lunghi e legati a coda, nonostante sua madre continuasse a lamentarsi che alla sua età avrebbe dovuto dare un’immagine più seria di se stesso.
Com’era previsto, il sottile sorriso del mago scomparve non appena vide chi era il suo ospite.
«Hai una bella faccia tosta a presentarti qui, sai?»
Appunto, esattamente come c’era da aspettarsi. Ted prese un bel respiro e decise di non reagire, deciso a non parlare di Victoire. «Lo so, e in effetti lo avrei evitato».
«Hai un’idea di come sta mia figlia? Se avessi saputo…»
«Cosa? Che avrebbe sofferto per amore? Mi sembra un po’ difficile impedirlo, francamente», si lasciò scappare il ragazzo, che non aveva la minima voglia di subire una predica. «Non voglio parlare di quello che è successo tra me e Vic, non sono qui per questo».
E detto così, prese il giornale rumeno che si era portato in tasca e lo spiegò sulla scrivania. «L’ho preso alla mia nuova responsabile in Romania, mi sembrava importante».
Bill cominciò a leggere e cambiò nuovamente espressione, sempre più cupo. «Sotto inchiesta per esperimenti illegali, rapimento di Babbana e uno strano omicidio… Che sta combinando quell’idiota?»
Ted ondeggiò sulle punte dei piedi, indeciso su cosa dire. «Non ero sicuro su cosa fosse meglio fare, ma…»
Il mago lo guardò e scosse il capo. «Hai fatto bene, soprattutto nel portarlo a me. Se l’avesse saputo mia madre, sarebbe stato un bel problema: impazzirebbe, per poi partire per la Romania e uccidere questo stupido», concluse indicando la foto di Charlie che troneggiava nella pagina stampata. Effettivamente, il ritratto non dava un’aria particolarmente intelligente al Weasley dei draghi. «Stai partendo adesso?»
Ted annuì, senza capire dove voleva andare a parare Bill. «La mia Passaporta si attiverà tra poco, perché?»
«Devo venire con te, voglio capire meglio cosa sta succedendo».
Ahia, questo non era previsto. Come avrebbe reagito Charlie? Non bene, di sicuro, e Ted non voleva passare da spione con il suo zio Weasley preferito. «Non so se la Passaporta può portare due persone», cercò di scusarsi.
Inutile, Bill era irremovibile. «Questo lascia che lo decida io, ho viaggiato con quelle trappole per una vita. Andiamo, su».
 

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Capitolo 32
*** Tempo di giudizi ***


«Oh, ci mancavi tu a farmi la predica, davvero!»
«Qualcuno deve fartela, visto che non ragioni. Insomma, ma che stai combinando?»
«Nulla di quanto racconta quel giornale da quattro soldi, se è questo che vuoi sapere. Accidenti, mi credi così stupido?»
Misha, informato della comparsa di due strani soggetti al centro di ricerca – uno di certo imparentato col capo, visto il colore dei capelli – rimase sulla soglia dell’ufficio di Charlie a origliare.
A quanto pareva, non era il solo a saper strigliare Charlie come si meritava.
«Si parla di rapimento, di esperimenti illegali, perché non dovrei preoccuparmi? E non so definire quanto tu sia stupido: ho sempre pensato di avere parecchi idioti come fratelli, ma credevo ci fosse un limite…»
Accidenti, l’ospite sapeva quanto stava succedendo alla riserva. Ed era decisamente un Weasley, da quello che sentiva. Forse era il momento di entrare in scena.
«Lo credevo anch’io», esclamò Misha prima di aprire la porta ed entrare. «Ma non per le accuse che sono state rivolte a Charlie, per altre sciocchezze che ha combinato nell’ultimo periodo. Ora, chi è che mi sta fregando il posto?»
Charlie, che aveva passato gli ultimi venti minuti a discutere col fratello maggiore, fissò per un attimo il collega e scoppiò a ridere intuendo a quale mestiere si riferiva di preciso. «Ti presento mio fratello Bill, il maggiore. È bravo quasi quanto te, quando si tratta di sgridarmi».
Misha anche ridacchiò, prendendo in contropiede i due ospiti. Oltre al Weasley, che sembrava indeciso tra la rabbia e la sorpresa, nella stanza c’erano Ovidiu e un ragazzo dai capelli azzurri. L’Auror era ormai un altro elemento decorativo della stanza, siccome viveva come l’ombra di Charlie, ma la pittoresca aggiunta era una novità.
«E la fata turchina, qui?», domandò con un sorriso irritante.
Il ragazzo fece un passo avanti e gli porse la mano, senza badare alla battuta, anzi, lo guardò e rispose al sorriso: come se fosse il primo a prenderlo in giro per il colore dei suoi capelli! «Mi chiamo Ted Lupin, signore, e seguirò il corso di specializzazione della dottoressa Horia».
«Più nello specifico, ha fatto la spia a mio fratello», aggiunse Charlie, meno divertito.
«La spia… Per Merlino, hai ancora dieci anni?», sbottò Bill, tornando a rivolgersi al fratello. «Teddy ha solo riportato una notizia che ha giudicato pericolosa e ha fatto bene, visto che se aspettassi te per sapere cosa ti succede dovrei leggere il tuo necrologio sul giornale».
«Wow, Bill, sembri davvero la mamma».
«Va bene, bambini, adesso basta o vi metto in castigo», concluse Misha. Era divertito da quella lite di famiglia, ma non era davvero il momento. «Quello che ha scritto l’Oracolo è una visione dei fatti incompleta e decisamente romanzata. Inoltre, è basata soprattutto sulla visione contorta dell’altra piaga che ci hanno appioppato oltre a quell’appendiabiti nell’angolo, perciò calmiamoci».
Ovidiu sospirò, nel vano tentativo di ricordare ai padroni di casa che non era né una piaga né tantomeno un appendiabiti, ma era abbastanza rassegnato. Era meglio evitare che Toculescu non sentisse, però: l’altro Auror era sempre più nervoso, anche perché aveva passato gli ultimi due giorni a rivedere una montagna di fogli che si erano rivelati inutili, e poteva reagire male.
«Allora, se voi fratelli carota dovete discutere, mettetevi in privato e, per cortesia, non urlate. Ascoltatemi, o vi tolgo la voce e dovrete litigare a gesti», aggiunse Misha con fare autoritario. «Ho ricevuto poco fa un gufo della dottoressa Horia, ha anticipato il suo colloquio con noi, Toculescu e Ureche per decidere che fare di Kari, perciò datevi una mossa».
I due ragazzi si guardarono per la prima volta da quando gli inglesi erano comparsi nell’ufficio, come a chiedersi cosa dovevano fare loro. Il mago rumeno intimò che lo seguissero, avrebbero fatto un giro turistico prima di recuperare la ragazza drago per farla partecipare all’udienza.
«Come, anche lei?», domandò Ovidiu, abbastanza inquieto.
Misha sbuffò, infastidito: «Decideremo che sarà di lei, ragazzino, a te piacerebbe farti sballottare di qua e di là da perfetti estranei?»
«No, ma…»
«Quella ragazza è perfettamente capace di intendere e di volere e se l’abbiamo fatta parlare con la vostra specialista è solo perché vi mettiate il cuore in pace. Inoltre, è interesse di tutti mantenerla tranquilla e, credimi, permetterle di ascoltare oggi sarà un’ottima cosa».
Ted vide il giovane Auror chinare la testa senza rispondere, come se ormai fosse abituato a quei modi, e non disse nulla.
In realtà, era curioso di vedere la famosa ragazza drago per cui si era scatenato tutto quel putiferio. Era spaventato? Ovviamente, non poteva negarlo, ma non voleva lasciarsi dominare da quella paura.
«Va bene, allora andiamo, piccolo hippy, e anche tu, Blaga».
Charlie scosse la testa, divertito da quel terzetto. Il giovane Lupin non poteva sapere che quel soprannome gli sarebbe rimasto per sempre, almeno per Misha, ma avrebbe avuto modo e tempo per scoprirlo. «Ted è imbranato di natura, Misha, se si dovesse ammucchiare per terra non ti spaventare».
Il suo collega lo fissò con un’aria complice. «Perché, quando mai mi spavento io?»
Uscirono e rimasero in due. Bill, che fino a quel punto era rimasto in silenzio, si sedette alla scrivania. Sembrava davvero sconvolto da quella faccenda, più di quanto Charlie aveva intuito nel vederlo arrivare alla riserva.
«Allora, Charlie, si può sapere che succede?»
«Ti racconto, se vuoi, ma davvero, non ho bisogno di una predica. Me l’ha già fatta chiunque avesse merito in questa faccenda, perciò sono a posto», rispose l’altro.
Era stanco, rendere conto a tutti, spiegare le sue azioni, sentirsi in colpa per quello che sarebbe potuto succedere e via dicendo. Si era imposto di cambiare, di non essere così attaccato a Kari, di mettere la salvaguardia della riserva al primo posto e ora si sentiva ricordare i doveri che aveva verso la sua famiglia. Era davvero frustrante.
Eppure, Bill sembrava più propenso ad ascoltarlo di quanto credesse, malgrado il battibecco di poco prima, e di capire cosa stava davvero succedendo in quel posto; gli promise di tenersi i suoi commenti per quando non avesse finito e lo invitò a sfogarsi.
Con una gioia quasi liberatoria, Charlie accettò e gli raccontò tutto quanto, incluse le sue frustrazioni, i dubbi che nutriva sui propri sentimenti e altre cose che non aveva osato confidare nemmeno a Misha. Fu un racconto denso ma abbastanza rapido, arricchito con diversi termini che avrebbero fatto andar di matto la loro madre, tanto che in alcuni punti al maggiore dei due sfuggì un sorriso.
«Accidenti, fratello», disse alla fine Bill, «certo che quando decidi di cacciarti nei guai t’impegni davvero al massimo».
Charlie alzò le spalle, lieto che non gli fosse toccato un altro rimprovero. Stava diventando di nuovo refrattario, in quei giorni. «A quanto pare… Hai ragione a dire che mi sto comportando come un ragazzino, lo so, sono tornato a essere quel Charlie curioso e desideroso di avventure che è arrivato qui venticinque anni fa».
Ciò non era del tutto un male, agli occhi di Bill: dopo la guerra e quella famosa crisi alla riserva di fine millennio, suo fratello era diventato più cupo, come se in un certo qual modo si fosse spento. Sapeva che era sempre appassionato nel suo lavoro e che continuava a impegnarsi – anche perché altrimenti avrebbe rischiato la vita ogni giorno – ma si era distaccato da tutto e tutti, pur recitando come se fosse tutto a posto. Si spiegavano anche certi suoi atteggiamenti, così: era come se avesse deciso di fermarsi e non crescere, non vivere più.
Vederlo tornare a quell’entusiasmo che conosceva bene era davvero un piacere, eppure Charlie doveva trovare un compromesso, mitigare quel lato del suo carattere con la sua esperienza ventennale e adempiere così alle proprie responsabilità.
«Ci hai pensato molto, vedo», rispose infatti, molto colpito, «potrei dirmi anche contento, ma non se metti in pericolo te stesso e tutti quelli che ti sono vicini e dipendono da te».
«L’ho capito, ci ho messo più del previsto ma l’ho capito».
«E lei?» domandò Bill. È così speciale?
«Un tesoro, zanne a parte», provò a scherzare suo fratello. «È in gamba, sta reggendo anche meglio di quanto speravo all’inizio… È tenace, forte e sarcastica; in altre circostanze credo che l’avrei trovata molto attraente».
«Sei sicuro, però, che lei non provi niente per te, nemmeno sentimenti platonici? In fondo tu l’hai salvata… Sono gesti che scatenano reazioni emotive molto forti».
Charlie scosse la testa. «No, se prova qualcosa per me, si tratta solo di gratitudine».
Bill non disse nulla, divertito da come suo fratello riuscisse a negare la verità anche quando questa si trovava davanti ai suoi occhi.
Su tutta la faccenda delle indagini, alla fine dei conti doveva riconoscere che il giornale aveva esagerato: in ballo c’erano accuse molto pesanti, sebbene Charlie minimizzasse, ma fortunatamente avevano un ottimo avvocato in famiglia che avrebbe potuto tirarlo fuori senza difficoltà, se suo fratello non mentiva. Sulla sorte della ragazza drago, invece, non sapeva esprimersi, era incredulo al pensiero che la crudeltà umana potesse essere arrivata a tanto, ma con quello che avevano visto nella guerra…
Purtroppo le sue conoscenze non erano d’aiuto al fratello per riportare quella donna alla normalità, né sapeva come consigliarlo.
«Volevo… Non lo so, ho pensato di venire e risolvere tutto con una scenata, ma è ridicolo. Vorrei che non ci tenessi più le cose nascoste, ai tuoi fratelli almeno, visto che a mamma verrebbe un colpo. Ne parlerò con loro al più presto, per vedere come possiamo aiutarti».
Era una risoluzione che Charlie non si aspettava: un rimbrotto molto più leggero della discussione precedente, un semplice ammonimento da fratello preoccupato.
Improvvisamente si sentì molto più leggero. «Dovresti prima parlarne solo con Ginny», disse allora con un sorriso, al pensiero della sorella minore. «È già stata qui e vorrei che la informassi con calma di quello che è successo da allora».
Non le aveva più scritto, né informata delle novità. Con quello che c’era in ballo, probabilmente sarebbe comparsa anche lei a tradimento in Romania per farlo a pezzetti.
«Così, mentre riunirò gli altri, lei correrà qui per ucciderti. Perfetto», scherzò Bill, già molto più disteso. «Dovresti chiedere a Hermione di rappresentarti in tribunale».
Oh, pensò Charlie, sarebbe stato fantastico vedere la sua brillante cognata prendere a calci quell’idiota di Toculescu!
«Conto di non arrivare a un processo, ma nel caso lo farò, stanne certo», disse semplicemente per tranquillizzare il fratello.
Bill sembrava soddisfatto: «Bene, ora forse farei meglio a sparire se hai questo meeting».
«No, perché non ti fermi per cena? Vorrei presentarti Kari, così da tranquillizzarti del tutto», propose invece il fratello, guardando fuori dalla finestra. «Magari puoi avvisare a casa, mentre sbrighiamo questa formalità. Ed è meglio se rimani qui in ufficio, nel frattempo, così che il mio Auror preferito non ti veda… Conoscendolo potrebbe costruire un’ipotesi ancora più strampalata delle precedenti per spiegare la tua presenza qui».
Nonostante si tenesse alla larga da casa, infatti, non significava che gli mancasse la famiglia. Avere Bill per qualche ora, anche se era molto deciso a fargli la predica, era una vera gioia per lui.
«E quello che ti hanno messo alle calcagna? Sbaglio o è un’ottima imitazione di Percy?»
«No, è la stessa cosa che ho pensato anch’io quando l’ho visto» gli rispose ridacchiando al pensiero del fratello e del povero Auror che doveva fargli da babysitter, «e non l’hai visto al suo meglio, perché quando c’è Misha si trattiene per paura di essere preso in giro».
Povero Ovidiu, quella missione lo stava davvero mettendo alla prova. Il loro rapporto era al momento abbastanza neutro, sebbene l’Auror fosse rimasto un po’ turbato dal discorso che avevano fatto a cena qualche giorno prima, e stavano trovando una via per convivere in maniera pacifica, specie in vista della possibile aggiunta di Kari.
«Ci credo, il tuo collega non molla un colpo!»
E la conversazione andò avanti in maniera tanto rilassata ancora per un po’, mentre Misha, a cui fischiavano le orecchie, si trascinava dietro i due ragazzi verso l’area di sicurezza.
In quel momento, stava giusto ricordando le norme per contenere un’eventuale crisi della ragazza drago, che sarebbe stata liberata dalla camera in cui era contenuta e scortata fino all’ufficio di Toculescu.
«Per te che sei nuovo, Principe Azzurro: spero che il giro turistico ti sia piaciuto, sono dieci Galeoni».
«Ho sentito parlare di lei, signor Costel: mio zio Charlie non scherzava sul suo senso dell’umorismo».
«Zio? Anche lei è un Weasley?» domandò Ovidiu sorpreso. Strano, sapeva che tutti in famiglia avevano i capelli rossi, o almeno così aveva visto dalle fotografie in casa di Charlie.
«No…», rispose lentamente Ted soppesando quanto fosse il caso di raccontare. «È una storia un po’ complicata, diciamo che è un po’ come se fossi di famiglia».
Davanti a loro, Misha ridacchiò. «Tu sei il nipote putativo, no? Anch’io ho sentito parlare di te: Charlie dice che vuoi sdoganare i Lupi Mannari».
«Non studierei con la dottoressa Horia, altrimenti», rispose con un certo orgoglio il ragazzo.
«I Mannari?», ripeté con un certo orrore il giovane Auror, scostandosi di un paio di passi dal suo coetaneo. «Come mai quest’interesse così particolare?»
«Se all’Accademia per Auror le hanno fatto studiare la Seconda Guerra Magica della Gran Bretagna, saprà che tra gli eroi caduti nell’ultima, decisiva battaglia a Hogwarts c’era anche un Lupin».
«Sì, ora che me l’ha detto ho collegato: avevo già sentito il suo nome, in effetti, ma non riuscivo a ricordare dove».
«Quel Lupin era mio padre e, anche se in genere i libri di storia si dimenticano di menzionarlo, era un Licantropo che ha subito tante ingiustizie nella vita per colpa del pregiudizio e della stupidità altrui».
«Lei è figlio… Ma come, credevo che i Mannari generassero soltanto loro simili!»
Ted scrollò le spalle, infastidito: bene, ecco un altro idiota. «Evidentemente il sangue umano di mia madre ha impedito che fossi contagiato dalla maledizione».
«Non esistono studi specifici sulle capacità riproduttive dei Mannari, signor Blaga, quindi ci pensi due volte prima di dare fiato ai denti. I vecchi detti popolari non contano come teorie scientifiche».
La dottoressa Horia stava aspettando il terzetto davanti alla camera in cui era tenuta Kari, e sembrava anche abbastanza infastidita sia dal ritardo che da quella sciocchezza che le era toccato sentire. Era vestita in maniera più curata rispetto alla sua ultima visita e aveva messo perfino il camice e un paio di occhiali dalla montatura squadrata.
Quando Misha fece un commento, spiegò che nella sua esperienza un abbigliamento in regola impediva agli imbecilli di trovare futili pretesti per criticare le sue parole senza una replica sensata.
«Oh, vedo che ha già avuto il dispiacere di discutere con Toculescu», ghignò il mago più anziano.
Solo allora la dottoressa parve accorgersi della presenza del suo nuovo specializzando: «Signor Lupin, che ci fa qui? Mi aspettavo di vederla domani in ospedale».
«Sono passato a salutare il signor Weasley e inoltre, dato che se ho ben capito dovrò lavorare su questo caso, volevo capire subito di cosa si tratta».
Juditah sospirò, sapendo che, in effetti, era una buona cosa. Lupin e la ragazza drago dovevano conoscersi e cominciare a interagire, visto che il giovane mago sarebbe stato al suo fianco nel periodo seguente. «E sia, ma non vorrei che facesse saltare il mio piano… Riesce a cambiare colore ai capelli?»
«Certamente, ma devo avvertirla che l’azzurro… È come se fosse il mio colore naturale, tendo sempre a tornare lì», spiegò Ted con un sorriso prima di concentrarsi e passare a un più banale castano spento. «Perché non dovrebbe essere presa sul serio?»
«Sono una donna, un Licantropo e quello che dirò non piacerà affatto al signor Toculescu: ti basta?»
Dalla camera, che aveva le tende esterne chiuse, giunse un sonoro sbuffo. «Ne avete ancora per molto?»
«Non ti scaldare, ragazzina, ci servi calma e posata».
A Ted la risposta fece pensare più a uno scaricatore di porto che a una perfetta gentildonna, viste le parolacce. Misha aprì le tende con la bacchetta e Kari comparve in tutto il suo splendore.
Era furente: «Sono stufa, Misha, quante volte devo dire che non voglio stare qui?»
«Neanche io ti ci voglio lì, a dire il vero, ma purtroppo non tocca a me decidere, perciò calmati».
Che bel peperino, pensò il nuovo arrivato: la ragazza aveva un aspetto molto meno draconiano di quanto si era aspettato, ma probabilmente era in uno stato di riposo con la mutazione sotto controllo. La osservò affascinato e spaventato allo stesso tempo, soffermandosi sulle scaglie scure che aveva sul viso. Kari se ne accorse e lo squadrò allo stesso modo, sorprendendosi nel vedere che la chioma dello sconosciuto aveva preso una forte tonalità d’azzurro.
La dottoressa Horia si avvicinò al vetro che li divideva dalla ragazza drago e cercò di spiegarle ancora una volta la situazione. «Kari, vogliamo tutti farti uscire di qui, ma sarà impossibile dimostrare che puoi condividere uno spazio con persone normali senza essere un pericolo, se non collabori».
Alle spalle di Misha, Ovidiu osservava, come al solito in silenzio: nessuno si preoccupava di lui, sebbene rappresentasse il nemico, sembrava quasi che non fosse presente per gli altri. Era palese che avesse paura della ragazza drago, non osava avvicinarsi alla camera come se la prigioniera dovesse saltare fuori da un momento all’altro.
«Ora dobbiamo aspettare Charlie, Ureche e Toculescu», commentò l’allevatore di draghi con u sospiro.
Neanche avesse pronunciato un incantesimo di Appello, i due maghi del Ministero comparvero in quell’esatto momento. «Eccoci, dov’è Weasley?» domandò l’Auror rivolto al suo collega, senza neanche salutare. «Blaga, l’ha lasciato solo, per caso?»
«Aveva affari familiari da sbrigare, non mi sembrava il caso…» tentò di spiegare Ovidiu, pur sapendo che non sarebbe riuscito a finire la frase.
«Sta scherzando? E se le avesse mentito e stesse avvisando i suoi loschi complici?»
Anche Charlie arrivò di corsa dal corridoio, col fiatone e le guance arrossate, a salvare il ragazzo messo all’angolo.
«Sono qui, Toculescu, ho ricevuto una chiamata via camino da mia madre. Mi creda, le ho parlato anche nel suo interesse», sibilò con un certo divertimento. L’Auror infatti non poteva saperlo, ma se avesse deciso di scatenargli contro la madre sarebbe stato davvero finito.
«Bene», disse Ureche con il solito tono gioviale, «ora che ci siamo tutti è possibile cominciare. Dottoressa Horia, ha portato la sua relazione?»
«Certamente». La donna estrasse dalla sua cartella tre copie del documento, sperando che almeno una arrivasse al Ministero e non andasse persa, conoscendo la proverbiale distrazione del funzionario. «Se posso riassumere i dati che ho raccolto, il soggetto esaminato è perfettamente in grado di controllare i suoi anomali poteri senza rappresentare un pericolo concreto per un mago: lei stessa è molto attenta a prendere la pozione che l’aiuta a mantenersi tranquilla ed è la prima a non volersi trasformare».
Ureche si grattò la nuca e lesse alcune righe dai fogli che aveva ricevuto. «Quindi, lei consiglia di trasferire la ragazza a casa del signor Weasley, come ha suggerito il signor Costel?»
Kari, che fino a quel momento era rimasta calma, fece per aprire bocca e dire la sua, ma fu fermata da un’occhiata di Charlie. Ne fu colpita, perché anche lui sembrava attendere la decisione senza voler intromettersi; era strano, per lei che lo conosceva come un impulsivo, eppure quella linea di condotta poteva voler dire che il mago aveva preso ancora più seriamente tutta la faccenda.
Capiva che forse a un esterno il modo in cui si era comportato con lei fino a quel punto poteva sembrare troppo amichevole e condizionato dall’affetto… Aveva la sensazione che tutti fossero certi di una loro tresca, in qualche modo.
«La ragazza ha bisogno di aria, di spazio, di vivere in un posto dove non sia considerata un fenomeno da baraccone o un mostro, e qui ovviamente molte persone non la vogliono», spiegò Juditah scoccando un’occhiata a Misha. «Ha instaurato un ottimo rapporto con il signor Weasley, perciò ritengo che sia la scelta migliore: questo trasferimento le restituirà una certa serenità, che è alla base per la sua guarigione».
A quel punto Toculescu cominciò a urlare al complotto, perché di certo, secondo lui, non ci si poteva fidare di una Mannara e continuò a sputare sentenze e ingiurie senza controllo, pretendendo un altro consulto e intimando che la ragazza drago fosse rapidamente internata in una struttura ministeriale. La donna non si scompose – in fondo era abituata a peggio rispetto a quel ragazzino viziato – e si rivolse direttamente a Ureche, continuando a portare avanti la sua posizione.
«Mi avevate espresso il timore che la mutazione fosse stata scatenata qui, proprio dalle persone che hanno accolto e aiutato la ragazza, ma da quello che sono riuscita a ricostruire dei suoi ricordi nulla avvalora questa tesi. Anche se fosse, al momento vuole stare con queste persone, perciò aprirei la porta di questa cella e la lascerei uscire».
«Ho sentito abbastanza», disse il funzionario, ancora una volta senza dare retta a Toculescu. «Dottoressa Horia, la sua reputazione la precede e mi fido del suo giudizio, pertanto autorizzo il trasferimento. Tengo a precisare che è una decisione temporanea, che sarà riveduta alla fine delle indagini e discussa con i miei superiori».
«Vuol dire che posso uscire di qui, finalmente?», domandò quasi incredula Kari. Era così semplice, bastavano poche parole per cambiare la sua situazione a quel punto.
«Lei sarà sotto la custodia del signor Blaga, che continuerà il suo lavoro da Weasley e riferirà ogni dettaglio sospetto: se ritenesse meglio riportarla qui o farla assistere da un’equipe di specialisti, lei dovrà adattarsi ai provvedimenti che saranno presi per lei, mi ha capito? E se dovesse fuggire…»
La ragazza scosse il capo. «Per andare dove? Mi creda, non succederà».
«Molto bene: la faccia uscire, signor Weasley, è rimasta in trappola anche troppo a lungo».
Con un gran sorriso, Charlie non se lo fece ripetere due volte.

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Capitolo 33
*** Amici nuovi e fratelli che se ne vanno ***


«Allora brindiamo: alla libertà della nostra dragonessa, ai nuovi amici e ai fratelli apprensivi!»
Come promesso da Charlie, la giornata si era conclusa con una bella a cena a casa sua: era stato meno semplice del previsto, poiché solo dopo aver invitato Bill, Teddy, la dottoressa Horia, Misha e perfino sua moglie – un’offerta di pace sapendo che i coniugi avevano litigato a causa sua, sebbene avessero già sotterrato le armi, per il momento – si era reso conto di non avere nulla in cucina da offrire ai suoi ospiti.
Brontolando, Adamata era stata convinta a fare un salto a casa via camino e a recuperare qualcosa da mangiare, mentre Misha, prendendolo in giro, si era Smaterializzato fino al villaggio più vicino a comprare qualcosa.
Nonostante la pessima figura come padrone di casa, Charlie era molto allegro e si godeva la serata; seduto a capotavola, aveva alzato il calice e proposto il brindisi, le guance arrossate dal calore proveniente dal camino e dal vino.
«E alla sottoscritta, che ha dovuto salvarti le chiappe», lo rimbeccò dall’altra parte della tavolata Ada.
«Suvvia, non potevamo certo andare a mangiare fuori».
«Almeno potevi metterti a cucinare, zucca vuota, quando siamo riusciti a recuperare il cibo!» continuò la donna, che si era messa ai fornelli e aveva preparato la cena.
Tutti scoppiarono a ridere, mentre Charlie fingeva d’imbarazzarsi.
«Mi scusi se m’intrometto, ma non le consiglio di assaggiare la cucina di mio fratello», disse Bill, «a dieci anni s’intestardì a preparare la torta per il compleanno di nostra madre e ci mancò davvero poco perché finissimo tutti in ospedale. Credo che non avesse nemmeno tolto i gusci delle uova… Comunque, da allora tutta la famiglia si premura d’impedire che metta anche solo il naso in cucina».
«Traditore, ero solo un bambino!», gli urlò Charlie, mentre gli altri partivano in un altro eccesso di risate. «E se permetti, vivo da solo da più di vent’anni: avrò imparato a cucinare almeno un po’, non credi?»
Nonostante quell’affermazione, Bill alzò le spalle e ghignò: «Sarà, ma mi dispiace davvero per le persone che sono obbligate a vivere con te».
La tavolata rise ancora, divertita da quello scambio tra fratelli, eppure la situazione che si stava creando metteva un po’ tutti a disagio: se Misha aveva lavorato per mesi pur di avere la ragazza drago fuori dalla riserva, allo stesso modo non era certo che la nuova sistemazione avrebbe funzionato al meglio per dare maggiore sicurezza e protezione a Kari. In più c’era il nuovo arrivato, un ragazzino appena diplomato con la testa dipinta di un colore improponibile. Non ne sapeva nulla e, a quanto pareva, Charlie era stato sorpreso quanto lui di vedere Ted Lupin in Romania.
Nonostante avesse rassicurato il collega, anche il padrone di casa aveva le sue preoccupazioni in merito, sebbene cercasse di non darlo a vedere; e ancora, Kari era combattuta tra il sollievo per essere finalmente libera dalla camera di massima sicurezza e l’incertezza del suo futuro…
Ognuno aveva le sue ansie, era chiaro, e si passava da chi viveva il dramma in prima persona a chi si preoccupava in seconda linea a chi viveva a una distanza spropositata e probabilmente non sarebbe nemmeno riuscito a conoscere gli sviluppi di quella storia.
Era una cena d’addio con la speranza di ritrovarsi tutti in condizioni più liete di quelle in cui vivevano al momento.
Ted approfittò di quel momento di allegria per osservare meglio gli altri ospiti della serata, così da mettersi in pari almeno un poco con tutti gli avvenimenti che legavano i presenti e di cui ovviamente non sapeva nulla, poiché non erano citati nell’articolo che aveva letto.
A parte Bill, che si sforzava di rimanere sereno, era palpabile comunque la tensione: la signora Costel era evidentemente seccata da tutta la faccenda e la dottoressa Horia, d’altro canto, sembrava un poco a disagio per tutti gli estranei presenti. La donna, infatti, chiacchierava solo con Kari e a bassa voce, come se non volessero farsi sentire.
«Signor Lupin», esclamò Juditah proprio in quel momento, «mi è stato riferito che abiterà qui».
Non che abbia avuto molta scelta, pensò il ragazzo cercando di fare buon viso a cattivo gioco. «Mi hanno messo di sorveglianza», spiegò con un sorriso lanciando un’occhiata a Bill.
«Che coincidenza, è proprio quello che volevo chiederle io. Il suo primo compito sarà osservare tutti i comportamenti della signorina Ionesco, registrare quello che fa e valutare quanto riesce a mantenere il controllo nelle diverse situazioni. Lo farei io, ma…»
In quella casa c’erano già troppe persone senza metterci di mezzo anche un Licantropo, intuì Ted, che soppesò con attenzione le sue parole.
C’era la possibilità che Kari perdesse il controllo? Da quello che avevano dichiarato tutti, sembrava che non avesse problemi del genere…
In ogni caso, l’idea non gli piaceva granché: «Mi scusi, ma io sono venuto a studiare i Licantropi».
«Ha detto di essere interessato ai cambiamenti da morso», lo corresse la dottoressa Horia, «non è propriamente il caso della nostra amica, ma stiamo parlando di un caso unico. Non le capiterà mai di studiare una cosa del genere, con un po’ di fortuna».
La ragazza drago fece una smorfia, ma non disse nulla, probabilmente seccata dall’idea di vivere sotto osservazione di un estraneo. Ted la capiva, ma se in fondo era per il suo bene…
«Dovrai stare attento, arlecchino: la ragazza è tosta e sa menare le mani, ma avrai tutto il tempo per capirlo da te».
Misha continuava a fare battute sul colore dei capelli del nuovo arrivato, nonostante le gomitate di Ada che odiava quel lato del suo umorismo, segno della sua immaturità galoppante. La donna rimaneva la più difficile da convincere sul nuovo corso degli eventi: era sollevata sapendo che la ragazza drago non stesse più alla riserva, ma era abbastanza intelligente per sapere che non c’era nulla da festeggiare. I guai non erano finiti e sarebbe passato parecchio tempo perché si chiudessero le indagini e suo marito fosse lasciato in pace.
Nonostante tutto, la serata fu molto piacevole e tutti riuscirono a rilassarsi e a passare qualche ora in allegria.
Si fece tardi molto in fretta: a un certo punto Bill si alzò da tavola e annunciò che per lui era ormai ora di tornare a casa. Anche Juditah gli fece eco, aggiungendo che avrebbe pensato a procurare degli abiti e quanto potesse servire quotidianamente alla ragazza drago: «Visto che vivi con tre uomini adesso, mi dovrò preoccupare io per te di queste cose».
Kari le lanciò un’occhiata riconoscente e annuì, visto che, anche con tutto il bene che poteva volere a Charlie, era abbastanza certa che gli eventi non avrebbero preso la migliore delle pieghe. Non aveva avuto il ciclo da quando era stata trasformata, per dirne una, ma difficilmente se avesse chiesto a uno dei suoi tre coinquilini di andarle a comprare degli assorbenti sarebbe stata accontentata… Ma anche solo lo spazzolino da denti: in bagno ce n’era uno solo e la cosa era un po’ inquietante, visto che Ovidiu viveva lì già da un pezzo!
Ignaro di tutte queste sue elucubrazioni, Charlie si alzò e accompagnò fuori il fratello per salutarlo a parte. All’esterno si gelava ed entrambi rabbrividirono.
«Allora, dai un bacio per me alle nipoti più belle che ho e saluta Louis… E anche i loro cuginetti, ma sì».
Bill scosse il capo: «Ti manderò Hermione non appena potrà prendere qualche giorno libero senza dare troppo nell’occhio. Questa storia legale deve finire, al momento è campata in aria e ti rende un mostro agli occhi della stampa e del mondo per niente».
«Sono d’accordo, solo non volevo coinvolgere metà della famiglia nei miei casini».
«E perché no? Se non ci aiutiamo tra noi…» commentò il maggiore
«Cosa? Ognuno di voi ha la propria vita, cosa c’entro io? Sto a non so neanche quante migliaia di miglia di distanza, non sono più uno di voi».
«Questa è una stupidaggine, specie visto che sei stato tu a voler vivere qui!» sbottò Bill abbastanza arrabbiato. «Certo, la mamma è convinta che, se riuscirà a trovarti la ragazza giusta, tornerai a casa, ma noi sappiamo che le cose sono un po’ più complesse di così. Mi spiace che tu ti sia perso tante cose e che veda i miei ragazzi e gli altri nipoti così di rado, ma se questa è la tua scelta... non sta a me giudicare. Posso comunque decidere di aiutarti quando ti metti nei guai, però».
Charlie tirò su col naso, colto improvvisamente da vent’anni di sensi di colpa repressi: di ogni evento importante dei ragazzi aveva visto solo le fotografie, se non le volte in cui si era presentato per accompagnarli a prendere il treno per Hogwarts, che comunque era capitato solo un paio di volte in tutti quegli anni. «Non è facile nemmeno qui… Sono un po’ più sopportabile».
«Lo so», annuì Bill, intuendo a cosa si riferisse, «da un lato vorrei dirti che è ora di passare oltre, dall’altro vorrei aiutarti anche a superare questo dolore».
«Sono ridicolo, sono passati vent’anni, dimmelo pure in faccia. E anche dopo tutto questo tempo, mi chiedo cosa sarebbe successo se non fossi stato così codardo… Se avessi avuto il coraggio di dirle quello che provavo, quei sentimenti che mi facevano impazzire, quando mi disse di essere cotta di te…»
Ricordava bene quand’era successo, erano al quinto anno a Hogwarts e Bill stava per terminare gli studi e partire per l’Egitto. Era stato un colpo terribile e lui aveva deciso di non confessare alla sua migliore amica che si era innamorato di lei, per non rovinare quanto di bello e importante che c’era tra loro.
Poi Charlie si era trasferito in Romania, due anni dopo, e aveva cercato di smettere di pensare a lei, senza riuscirci. Quando era tornato a casa per il matrimonio di Bill e aveva scoperto che si era sposata anche lei… Si era sentito morire.
In realtà lo sapeva già, lei gli aveva scritto della sua storia d’amore tormentata e piena di drammi, com'era normale fare col proprio migliore amico, eppure trovarseli davanti insieme e con la fede al dito era stato un bello shock.
Non aveva idea ancora di cosa avrebbe provato scoprendo che era morta in quella stessa battaglia che gli aveva portato via anche Fred. Morta per difendere suo marito, inutilmente.
Bill intuì tutte le elucubrazioni che gli stavano passando per la mente e finì il discorso per Charlie: «Forse sarebbe ancora viva, è questo che ti chiedi?»
L’interpellato annuì, sentendosi ancora più in colpa. «Poi guardo Ted e lo trovo incredibile: insomma, è suo figlio, suo!», esclamò come se fosse la cosa più pazza del mondo. «Se lo avesse avuto con me, quel ragazzo sarebbe stato così incredibile? Ha un cuore così grande e la voglia di cambiare il mondo… Io avrei saputo darle qualcosa del genere?»
Bill scoppiò a ridere, cercando di sdrammatizzare, pur sapendo che era un argomento molto delicato. Teddy, in effetti, assomigliava molto a entrambi i genitori, pur non avendoli mai conosciuti: come sarebbe stato quel ragazzo, se Charlie avesse confessato per tempo i propri sentimenti e Tonks avesse ricambiato? Nessuno avrebbe mai potuto dirlo.
«Secondo te io m’immaginavo sposato e con tre figli, a vent’anni? Li adoro, sia chiaro, ma quando Fleur mi ha confidato di essere incinta mi sono sentito sparire la terra sotto i piedi. Come avrei potuto essere padre, io? È un panico che conosciamo tutti, avresti dovuto vedere le scene che ha fatto Percy, o Ron… E non parliamo del grande eroe Harry Potter: Ginny fa delle imitazioni davvero spassose». I due ridacchiarono, poi il maggiore riprese a parlare con una voce più dolce. «Saresti un ottimo padre, Charlie, dovresti smettere di preoccuparti e concederti l’occasione di essere felice. Insomma, tutti i ragazzi ti adorano!»
«Oh, è facile farsi amare quando sei lo zio della Transilvania che spunta di rado, carico di regali», fece notare suo fratello con un sorriso, prima di passarsi una mano tra i capelli. «Dovrei prima imparare a badare davvero a me stesso, poi trovarmi una donna in grado di sopportarmi e solo allora, forse, sarebbe il caso di pensare ad avere dei figli. Sempre che non sia già troppo vecchio».
«Per ora evita di non morire sbranato, squartato o avvelenato, e non farti neanche condannare. A mamma e papà prenderebbe un colpo», gli ricordò Bill tornando a rimproverarlo.
A Charlie venne in mente un dettaglio che aveva notato quella sera e che lo aveva incuriosito: «A proposito di colpi, come mai Teddy sussulta ogni volta che incrocia il tuo sguardo?»
«Oh, gli ho solo promesso di ucciderlo dopo averlo fatto soffrire intensamente, piccole cose».
«E questo prima o dopo di trascinarlo fin qui?», domandò ancora alzando un sopracciglio.
«Prima, ha scaricato Vic in una maniera orribile perfino per noi», commentò Bill tra i denti. «È terribile leggere quello che ci scrive, sapere che sta soffrendo così tanto…»
La sua nipote più grande stava male per colpa di Ted? Charlie quasi ringhiò: «L’ha mollata per un’altra? Perché se è così, posso rendergli la vita un inferno».
Magari fosse stato così, sarebbe stato più semplice essere arrabbiato con lui! «No, il problema è che ha fatto la cosa giusta: l’ha lasciata perché ha deciso di venire qui e non voleva che rimanesse ad aspettarlo per chissà quanto tempo. Se fosse successo per qualunque altro motivo, l’avrei già ucciso con le mie mani».
E gli raccontò come si erano svolti i fatti: Ted aveva chiesto a Victoire di incontrarsi di nascosto una sera per parlare, lei si era perfino fatta prestare il Mantello dell’Invisibilità dai cugini Potter… Vic aveva scritto tutto alla madre, spiegando che aveva incassato la notizia con tutto il controllo che era riuscita a mostrare, ma che stava davvero male all’idea di aver perso il suo innamorato.
Charlie si appoggiò alla struttura della veranda, pensieroso. «Tua figlia è stata brava, ti ricordi come ha reagito la mia ragazza di allora quando le ho detto che avevo fatto domanda per la specializzazione qui? Ho avuto i segni dei graffi in faccia per settimane».
Bill scoppiò a ridere a quel ricordo, lo aveva preso in giro per settimane dall’Egitto. «È la stessa cosa che abbiamo fatto noi alla sua età quando abbiamo preso la nostra strada, eppure anche se era la cosa giusta… Sto male a vedere mia figlia così, vorrei poter fare qualcosa per lei».
«Beh, Vic è in gamba e le passerà, magari concentrandosi sullo studio e sul resto. Dalle tempo, anche le delusioni in amore rendono più forti», suggerì Charlie senza crederci. Del resto, però, anche se lui non ci era riuscito, non era detto che sua nipote non fosse in grado di superare la cosa.
«Da che pulpito… Ora me ne vado, qui si muore di freddo. Stammi bene, Charlie, e non combinare altri disastri».
Poche altre raccomandazioni e Bill creò una Passaporta per tornare a casa, mentre suo fratello decise di rientrare in casa prima che gli cadesse il naso. Non si accorse del giovane mago dai capelli azzurri che involontariamente aveva sentito tutta la conversazione, né vide la strana espressione che gli comparve in volto. Teddy aveva fatto un giretto intorno alla casa, prima di chiamare i due fratelli per il caffè, e da dietro l’angolo aveva ascoltato qualcosa che ma si sarebbe immaginato.
Restò un secondo là dove si trovava, indeciso sul da farsi, poi la temperatura sotto zero lo convinse a tornare in casa a sua volta.
«Dov’eri finito, Ted?», gli chiese un ignaro Charlie, che si era di nuovo seduto a tavola e sfoggiava un bel sorriso.
«Io… Ero venuto a chiamarti, ma mi hai mancato».
Il ragazzo tornò al suo posto e zuccherò il caffè, poi si avvicinò la tazzina alle labbra con la sensazione di aver appena scoperchiato un calderone di segreti che non avrebbe mai voluto conoscere.

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Capitolo 34
*** Alla ricerca di un equilibrio ***


Adattarsi non fu semplice, per nessuno: dopo la cena, infatti, e i saluti agli ospiti che tornavano a casa propria, sorse subito il primo problema, la divisione delle stanze.
La casa di Charlie era piuttosto piccola – del resto, lui non avrebbe mai immaginato di dover ospitare tre persone tutte insieme, difficilmente portava lì a dormire le donne che frequentava, anche solo per una notte! – e aveva solo la camera padronale e una stanzetta extra in cui al momento stava Ovidiu.
«Allora, poiché tra ragazzi ci si intende… Ovidiu, ti presento il tuo nuovo compagno di stanza: Ted Lupin», esclamò il mago con il tono di voce più enfatico che riuscì a pensare. «Ted, Ovidiu russa, ma si può facilmente insonorizzare».
Era vero, Charlie l’aveva già fatto più volte nel corso della loro breve convivenza, poiché lo sentiva fin dall’altra parte del corridoio. Il povero Auror si era svegliato senza voce, costretto a picchiare sulla porta della stanza del suo sorvegliato perché annullasse l’incantesimo!
«Uno di voi sa come ingrandire il letto o farlo diventare a castello, oppure ci devo pensare io?», domandò perché nessuno dei due interessati aveva obiezioni.
«Non ti preoccupare, a forza di stare alla Tana ho imparato a manipolare le cose», si offrì Ted con un mezzo sorriso. «Lo sai com’è, c’è sempre bisogno di far saltare fuori uno o due letti in più, e spesso le brandine non bastano».
Come poteva non ricordare? Charlie lo sapeva benissimo, bastava invitare un paio di amici a casa per dover architettare grandi manovre per offrire un posto da dormire a tutti. E se era così drammatico quando erano in sette fratelli, non osava pensare cosa succedesse con tutti i nipoti che aveva!
«Perfetto, allora potete pure cominciare a fare conoscenza, a dividervi lo spazio… E a lottare per avere il posto migliore. Buonanotte!»
«Io non ho alcuna voce in capitolo, non è vero?», domandò Ovidiu scocciato. Era sicuro che sarebbe finita così, ma gli sarebbe piaciuto che Charlie gli chiedesse di condividere la stanza, come cortesia. Pensava che dopo quella cena di chiarimento il loro rapporto fosse migliorato, almeno un po’, ma evidentemente si era illuso senza motivo.
«No, sempre che tu non voglia andare a dormire fuori», gli rispose infatti secco il padrone di casa. «Oppure puoi pagare di tasca tua un Archimago perché m’ingrandisca la casa».
L’Auror sospirò, cercando di non badarvi: sapeva ormai che, ogni volta che doveva discutere con Toculescu o con Ureche, Charlie diventava poi più cattivo con lui, come per sfogarsi sull’unico che non avrebbe potuto rendergli la vita difficile, come se rappresentasse tutto il Ministero che considerava un nemico, eppure era pesante in ogni caso.
Ad ogni modo, c’era ancora una questione che gli premeva risolvere.
«E lei dove dorme?», domandò indicando con un cenno del capo un poco sprezzante a Kari, che rispose allo stesso modo.
A Charlie non piacque per nulla: «Chiariamo una cosa in modo definitivo, ragazzino. L’unica persona che non è gradita qui sei tu: ho invitato io personalmente Kari e Ted è come un membro della famiglia, perciò non ti puoi lamentare, né creare problemi. Sono ospiti sicuramente migliori di te. Non voglio più sentire stupidaggini di questo tipo, mi sono spiegato?»
Ovidiu abbassò il capo, e annuì appena, molto ferito da quella risposta così severa, tanto che Teddy decise di giungergli in soccorso per toglierlo da quella situazione spiacevole. «Andiamo, fammi vedere la stanza: non ho molta roba al momento,però con il baule non dovrei occupare troppo spazio. Sarà un po’ come tornare a scuola, anche a Durmstrang avete i dormitori condivisi?»
E chiacchierando i due si avviarono, ma quando il mago inglese arrivò in fondo al salotto, riconobbe una certa fotografia e ne sfiorò la cornice con la punta delle dita, in un gesto piccolo ma che fece comunque sussultare Charlie.
«Anche se conosco il bisogno maschile di segnare il territorio e far valere la propria superiorità, comportarti da bullo con un ragazzino non risolve il problema: dove dormo io?», domandò Kari con un velo di rimprovero nella voce.
«Apro subito il divano letto», mormorò il padrone di casa, sentendosi improvvisamente stanco.
La ragazza fissò il divano, che di certo doveva aver conosciuto giorni migliori. «Vorresti farmi dormire su quell’ammasso di molle arrugginite?»
«Non per te, qui ci sto io: ti lascio la mia camera, almeno per stanotte, poi nei prossimi giorni troverò una soluzione diversa».
«Oh», rispose Kari, visibilmente delusa. Si guardava intorno con aria un po’ spaesata, come se all’improvviso la stanza le fosse diventata ostile. «Dormiresti con me, invece?»
«Cosa?»
«Solo per questa volta: che tu ci creda o meno, da qualche tempo i cambiamenti non mi fanno impazzire, anche quando sono per il meglio».
Era l’istinto animale che le sussurrava di stare in guardia, anche se era già stata in quella casa, in un pomeriggio che sembrava ormai lontanissimo.
Charlie comprese e andò a sedersi vicino a lei, non sapendo comunque cosa fare: «E se gli altri due ci vedessero e pensassero male?»
La ragazza sentì che quello scrupolo era ridicolo e sbottò: «Pensano già male, tutti quanti. Non hai idea delle cose che ho sentito in questi giorni, perché la gente crede che io sia sorda o che non capisca. Molti tuoi colleghi si chiedono quali servizi possa offrirti per portarti in certe situazioni, altri pensano che il sangue di drago che ho in corpo mi faccia diventare una bestia insaziabile… Non parlando di cibo».
E aveva riportato solo alcuni dei commenti che erano arrivati fin alla sua cella, perché non aveva il coraggio di ripetere il resto: si sentiva le guance in fiamme solo al pensiero, figuriamoci esprimere quelle cose volgari ad alta voce!
Charlie era in imbarazzo quanto lei. Sapeva che il suo rapporto con Kari era spesso messo in discussione, come se obbligatoriamente dovesse esserci tra loro una relazione particolare che spiegasse il suo interessamento così forte nel destino della ragazza drago. Non era un caso se la prima cosa che gli aveva chiesto Toculescu era se s’intratteneva sessualmente con lei, cosa per cui era stata necessaria la presenza fisica di Misha per impedirgli di rompere il naso all’Auror.
Fingere che non ci fosse niente era inutile, ma almeno non dare credito a certe voci… Bah, lasciò stare tutto: era stanco e voleva dormire, e aveva il permesso della ragazza per occupare il proprio letto invece che doversi rovinare la schiena sul divano. Cercò piuttosto di non ascoltare la voce di Bill che nella sua testa continuava a chiedergli cosa provasse per Kari.
«Va bene, solo perché so che la mia presenza ti rassicura. In fondo, non c’è niente di male».
Peccato, si ritrovò a pensare la donna. «Non ho il pigiama, però».
«Ti presto qualcosa, in attesa che la dottoressa Horia vada a fare compere per te», le rispose prontamente Charlie mostrandole la strada fino alla camera che avrebbero diviso. «Mi pare che ti abbia preso molto a cuore».
Kari annuì. «Abbiamo scoperto una certa affinità tra noi».
Non voleva mentirgli, eppure con la dottoressa si era creata in fretta un’amicizia che voleva tenere per loro, senza coinvolgere nessun altro, nemmeno Charlie. Era bello avere qualcosa tutto per sé, dopo tanto tempo.
Il mago aprì l’armadio e pescò una vecchia tuta che non gli stava da parecchio tempo, poi la passò a Kari.
«Hai un sacco di oggetti normali, in casa. Voglio dire…»
«Quella a trappola a molla del divano era già qui quando sono arrivato, per i vestiti ho capito in fretta che erano meglio queste cose per il lavoro che faccio, piuttosto delle tuniche che i maghi sono abituati a indossare, e ogni tanto faccio acquisti in qualche negozio babbano, anche per tenermi in esercizio», spiegò ridendo. «Ci sono maghi che non sanno assolutamente trattare e incontrare i Babbani, non voglio diventare uno di loro».
«Capito. Mi starà comunque enorme, anche se a te è piccola», commentò la ragazza prima di chiudersi in bagno a cambiarsi.
Charlie ne approfittò per fare un rapido giro della stanza e assicurarsi che non ci fossero in giro schifezze, come fazzoletti sporchi o contenitori del take-away abbandonati sotto il letto.
«Ah, voglio uno spazzolino», disse Kari attraverso la porta. «Non oso pensare a quanti batteri… Bah, non mi ricordo neanche più quando è stata l’ultima volta che mi sono lavata i denti».
Ecco, se anche Charlie avesse deciso di provare una qualche minima forma di approccio, con quell’immagine gli passò del tutto qualsiasi intenzione.
La ragazza comparve sulla soglia, con i capelli raccolti e le mani che scomparivano nella stoffa della felpa. «Almeno starò al caldo», scherzò con un sorriso.
Si sistemò a letto e attese che anche il mago si preparasse, guardandosi un poco intorno: cosa sapeva di lui, in fondo? Era inglese, aveva una famiglia molto numerosa a cui era allergico, in un certo senso, era… Non era molto, alla fine, e quella camera così spoglia non lasciava suggerire granché: sembrava una casa occupata da una persona con l’intenzione di ripartire il prima possibile, se non per le foto incorniciate che salutavano da ogni ripiano.
Era strano vedere così tanti ritratti, sembrava che a Charlie in fondo mancassero i suoi parenti, ma che preferisse però vederli così piuttosto che dal vivo.
«Beh, io ho detto che Ovidiu russa, ma spero di non fare altrettanto. A volte mi capita o, almeno, certe persone si sono lamentate».
Ah, ecco! Faceva il grande eroe buono a prendere in giro i ragazzini e poi era lui il primo… Kari scosse il capo. «Oh beh, nel caso ti faccio cadere dal letto».
Si misero ciascuno sul proprio lato e dopo qualche minuto di chiacchiere spensero le luci, ma se Charlie crollò in un sonno profondo quasi subito, probabilmente stanco per i vari giorni di controlli e ispezioni e per la lunga discussione col fratello, di certo un’emozione inaspettata, la ragazza non riuscì proprio a chiudere occhio, e non per il gran russare dell’uomo.
Subito non ci aveva riflettuto, ma era la prima volta che dormiva con qualcuno da quando era rimasta incinta. Non aveva smesso di soddisfare certi bisogni naturali per lo shock, anche se dopo l’abbandono e il trauma del parto aveva impiegato parecchio tempo prima di provare di nuovo desiderio; eppure non aveva più concesso a nessuno quel tipo d’intimità, così come non si era più legata a un compagno. La paura di cascarci di nuovo era troppo grande…
Le sensazioni che provava per Charlie, però, forse la terrorizzavano anche di più.
Dovendo riconoscere come stavano le cose almeno con se stessa, Kari dovette ammettere che quella nuova voglia di una relazione la spaventava: in parte era l'istinto di drago, il suo io di rettile sembrava non saper fare altro che trovare un buon compagno con cui avere dei cuccioli. E se Charlie era il maschio alfa nella riserva… Insomma, non era positivo per gli altri uomini che lavoravano lì!
Però, pur essendo un assoluto disastro, in qualche modo il mago le trasmetteva sicurezza. Era contenta quando lui poteva dedicarle del tempo, e poi era l'unico che non aveva avuto paura di lei, nemmeno al suo primo attacco nella foresta. In qualche modo si comprendevano, pur essendo diversi: lei aveva una storia familiare un po' catastrofica, mentre lui proveniva da un vero clan, eppure entrambi nascondevano ferite che si trascinavano dietro da anni senza trovare un modo per dimenticare. Prima, però, voleva guarire: qualunque cosa potesse nascere, desiderava che accadesse senza che lei avesse ancora le corna e l’accenno di squame.
Forse in quel senso era meglio che Charlie fosse così lento, nel comprendere, accettare ed esternare i suoi sentimenti: almeno avrebbe avuto tutto il tempo per tornare normale, si disse alla fine prima di abbandonarsi finalmente al sonno.
Dormì benissimo quella notte: ripeté al suo ospite che era merito suo, ma più semplicemente doveva essersi rilassata per l’ambiente diverso dalla stanza sigillata in cui era stata per mesi e che da qualche tempo le stava stretta per l’orribile ricordo di Luc. Preferiva casa di Charlie, anche se era un ambiente nuovo e avrebbe avuto bisogno di tempo per abituarsi.
«Sono felice che tu stia meglio, a volte riposare è la cura migliore per tutto» le rispose il mago con un sorriso, prima di bussare alla porta dei ragazzi. «Ted, non devi andare in ospedale? La dottoressa Horia ti farà subito pelo e contropelo, se cominci a ritardare il primo giorno».
Kari sorrise, notando il tono affettuoso che aveva nei confronti del parente mancato. Avrebbe dovuto spiegargli che doveva essere più buono anche con Ovidiu, che in fondo stava svolgendo soltanto il suo lavoro e non c’era motivo perché fosse trattato male, anche se ancora non si fidava di lei. Era comprensibile, non tutti erano abituati alle stranezze come Charlie.
I due giovani comparvero solo dopo una decina di minuti, tanto che gli altri avevano avuto il tempo di rifare il letto, mettere a posto il divano e vestirsi. Non c’erano più tracce di dove avesse dormito Kari, il che era perfetto per evitare che pensassero male.
«Accidenti, Ted, ma di che colore hai i capelli?» scherzò nel vedere comparire il mago inglese.
In effetti, al ragazzo dovevano essere passati in mente diversi sogni, alcuni piacevoli e altri meno, perché sembrava che gli avessero rovesciato tutte le tinte dell’arcobaleno in testa.
Il mago scosse il capo. «Non ne ho idea, non mi sono ancora visto allo specchio. C’è del caffè?»
«Devo metterlo sul fuoco, vatti a dare una sistemata. Per che ora ti aspetta Juditah?» domandò Charlie divertito da quel guazzabuglio sulla testa del ragazzo.
Teddy fece segno di no mentre sbadigliava sonoramente. «Verrà lei in mattinata, vuole fare lezione a Kari. Dovevo iniziare la specializzazione tra un paio di giorni, e ho pensato di trasferirmi con calma, prima che Bill mi trascinasse qui».
Il che avrebbe insegnato al ragazzo a non impicciarsi negli affari degli altri, pensò Charlie con un certo divertimento. «Ed ecco Ovidiu! Sei stato silenzioso stanotte o c’è voluto un piccolo aiuto magico?»
«A dire la verità, non ci ho neanche fatto caso» gridò Ted dal bagno. «Mi ha ricordato casa, anche mia nonna russa. Ma non ditele che ve l’ho raccontato, o sarò un Lupin morto».
Kari rise e vide che anche l’Auror cominciava a rilassarsi: probabilmente la presenza di quello strano ragazzo inglese lo avrebbe aiutato a sciogliersi, sperò, o almeno a sentirsi meno solo. Di certo dover stare solo con Charlie in uno dei suoi momenti peggiori non gli aveva fatto bene.
Da parte sua, la ragazza drago sapeva che avrebbe dovuto farsi amico Ovidiu se voleva più possibilità di cavarsela col Ministero e il processo, quando Toculescu fosse riuscito a mettere insieme abbastanza prove da farlo partire. Avere una testimonianza di un Auror a suo favore, e in particolare di quello che avrebbe vissuto a stretto contatto con lei e avrebbe potuto parlare realmente di quanto fosse pericolosa, avrebbe di certo aiutato a sancire la sua libertà.
Cominciando col suo programma per sembrare amichevole, Kari si offrì di preparare la colazione mentre Charlie si occupava del caffè e cominciò a guardare cosa ci fosse disponibile nella dispensa, quando un pacchettino di carta bianca la incuriosì.
Aveva un buon odore, oh sì, ed era così interessante
Si paralizzò nel comprendere cosa le stesse succedendo, mentre si leccava le labbra involontariamente: «C’è della carne, lì?» chiese con voce tremante al padrone di casa.
«Sì, della pancetta» rispose Charlie senza comprendere. «Me l’ha regalata Ada pensando che sarei stato sguarnito per stamattina e… Oh, diavolo. Stai bene?»
La donna si allontanò cautamente, cercando di riprendere il filo dei propri pensieri e accantonare l’istinto del drago che le suggeriva di gettarsi sull’involto e papparsi tutta la pancetta da sola. «Sì… Mi prendo un minuto. Ci pensi tu?»
Il mago annuì e prese una padella senza battere ciglio, mentre lei usciva un attimo da casa per schiarirsi le idee.
«Ma che è successo?» domandò Ovidiu confuso, che aveva assistito alla scena senza capire.
«Immagina di essere vegetariano, di odiare la carne, e di avere improvvisamente in testa una vocina che ti suggerisce che la pancetta è la cosa migliore del mondo» gli disse Charlie con voce neutra, deciso a spiegargli le cose con calma senza inalberarsi. «La sua coscienza combatte contro l’istinto del drago, non è semplice».
Cucinava con attenzione, aprendo i gusci delle uova sul bordo del fornello ed evitando che i pezzetti cadessero con il tuorlo e l’albume, ma di tanto in tanto gettava un’occhiata alla porta della veranda, cercando di ascoltare l’amica. Sapeva che per Kari quell’istinto di nutrirsi con qualcosa che non sopportava era forse uno dei lati peggiori, ma doveva tenerlo a freno da sola. L’Auror ci mise un poco a capire, ancora insonnolito, ma quasi cadde dalla sedia per la sorpresa. «Istinto del drago? Allora è…»
«Ovidiu, non voglio iniziare la giornata insultandoti. Devo la vita a quell’istinto, per cui sii gentile», gli consigliò mettendogli davanti il piatto con la pancetta e le uova fritte, «mangia e stai zitto».
Il ragazzo gli diede retta scuotendo la testa, e proprio in quel momento comparve Ted. «Oh, sembra davvero invitante» disse acchiappando una forchetta e portando via all’Auror un pezzetto di carne ancora fumante. «In fondo la tua cucina non è poi così male, zio Charlie. Vai a recuperarla, starà malissimo».
Era incredibile come l’ultimo arrivato fosse sensibile, nonostante avesse appena conosciuto Kari. Charlie annuì e seguì la ragazza fuori di casa: era seduta sui gradini, con la testa tra le mani. «Stai bene?»
«Ti devo davvero rispondere?» mugolò lei senza guardarlo.
«Non è così grave: ti sei controllata e…»
«C’è qualcosa dentro di me che mi spinge ad agire contro la mia natura! Non ti sembra grave?» sbottò questa volta Kari, stufa di sentirsi rassicurare. «Non mi raccontare balle: non sto bene, non sto migliorando e non ci sono speranze prossime di farmi tornare normale. Il tuo Ministero vuole studiarmi come una cavia da laboratorio e qualcuno là fuori ha pensato bene di usarmi come un’arma. Cosa non è grave, esattamente?»
Charlie si sedette accanto alla ragazza e le passò un braccio intorno alle spalle, stringendola a sé: «Al momento nulla di questo è grave, non se tu non ti lasci abbattere. Ti abbiamo tirato fuori dalla riserva, che era diventata una prigione per te, ed è già un grosso passo avanti; quando avremo sconfitto il Ministero, cercheremo di scoprire chi ti ha fatto questo e come riportarti alla normalità, ma devi darci una mano. Se tu non vorrai aiuto, né io né nessun altro potremo dartelo».
Faceva un freddo terribile lì fuori, ma doveva darle il tempo di accettare quant’era accaduto e rilassarsi. Kari cercò di continuare il discorso, ma riconobbe che il mago aveva ragione.
«Lo so, vorrei soltanto non desiderare così ardentemente quella pancetta».
Forse non era l’idea migliore scoppiare a ridere, ma Charlie non riuscì a trattenersi. «Faremo uno scaffale della dispensa tutto per te, posso mettere la carne in un altro posto, ci sono più sportelli».
Kari roteò gli occhi: «Ma non è questo il problema…»
Il mago la fissò sperando di riuscire a trasmetterle almeno un poco della fiducia che riponeva in lei. Sarebbe riuscita a controllarsi, con un po’ di collaborazione da parte dei suoi nuovi coinquilini. «No, ma sicuramente aiuta».
Sì, non era una soluzione definitiva, ma forse era più importante trovare un modo per sopravvivere alla quotidianità, un poco alla volta. Si lasciò abbracciare, già più distesa.
«Con un amico così, signor Weasley, mi sento quasi di troppo». La dottoressa Horia era comparsa davanti a loro e li fissava con un sorriso. «C’è un po’ di caffè? Ne avrei davvero bisogno prima di cominciare il nostro lavoro».
Charlie annuì e le fece strada in casa: era buffo come, per quanto la situazione non fosse rosea, fosse nato un legame tra le persone che stava ospitando, Juditah, Misha e lui stesso. Forse per la prima volta da molto tempo, aveva la sensazione di non essere solo.

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Capitolo 35
*** La lezione di Juditah ***


Ted Lupin iniziava a spazientirsi.
Da cinque giorni la dottoressa Horia si recava a casa di Charlie per lavorare con Kari e insegnarle a controllare con più sicurezza l’istinto del drago che cercava di manipolarla, da cinque giorni aspettava che arrivasse il suo turno d’imparare qualcosa.
Si sentiva un po’ egoista, certo, perché capiva quanto la ragazza avesse bisogno di aiuto, ma allo stesso tempo iniziava a mettere in dubbio la propria scelta: aveva abbandonato tutto quello che aveva per trasferirsi in Romania e seguire il corso della dottoressa, e anche se era presto per cominciare a lamentarsi…
«Ti agiti come un giovane drago che per la prima volta è attratto dagli ormoni femminili» lo prese in giro Charlie, che aveva notato il suo nervosismo.
Ted si riscosse dai suoi pensieri: «È così evidente?»
«Se ce l’avessi scritto in fronte, sarebbe meno chiaro, credimi. Perché non vai da loro? Ti assicuro che c’è qualcosa anche per te da imparare».
Pur non essendo dello stesso parere, il ragazzo si lasciò convincere: recuperò il suo giaccone pesante e uscì per raggiungere il suo mentore e il mostriciattolo di casa. Appose ai pantaloni un incantesimo idrorepellente e si sedette vicino a loro senza dire nulla per non disturbare.
«Ben arrivato, signor Lupin. Mi chiedevo quando si sarebbe unito a noi» lo salutò la dottoressa Horia impassibile, come se non avvertisse nemmeno il freddo pungente.
Il mago si sentì sotto accusa, ma forse era soltanto la sua coda di paglia. «Non sapevo che fosse richiesta la mia presenza».
«Prima lezione: c’è sempre qualcosa da imparare. Ora, lei forse si sta spazientendo perché non sa quando arriverò a parlare di Licantropi».
Doveva decisamente diventare meno trasparente!
«Non ho detto questo…»
«Non ce n’è stato bisogno. Quello che non ha ancora capito è che, come le ho già detto, la signorina Ionesco le offre una possibilità di studio unica».
«In che senso? Lei non è…»
«Può provare a studiare un Licantropo durante la trasformazione, ma non glielo consiglio» lo interruppe sbuffando Juditah. «Non è possibile analizzare il cambiamento nelle sensazioni e nel modo di ragionare che avviene durante la trasformazione. È tutto confuso quando si torna umani, tutto offuscato, e anche se avessimo ricordi più netti, non ne parleremmo. La signorina Ionesco, invece, vive tutte queste sensazioni coscientemente, può descriverle e osservarle con i suoi occhi».
Ted si concentrò su Kari, che stava cercando di mantenere la concentrazione: era vestita in maniera ridicola per la temperatura sottozero cui si trovavano, con una misera maglietta e un paio di jeans fradici per la neve. Non c’era da stupirsi se stesse rabbrividendo, insomma.
«Ora ascolti: come per il Lupo, ora Kari avverte qualcosa che la disturba. L’istinto del drago le suggerisce di trasformarsi per avere una pelle più coriacea e resistente a questo clima, ma lei deve resistere e non cedere».
«Ma il Lupo non suggerisce… Voglio dire, non c’è modo di sfuggire alla trasformazione, quando la Luna Piena è in cielo».
«Fortunatamente lei non si è mai trovato di fronte ai casi più estremi della mia specie, ma credo che mi basterà farle un solo nome perché capisca: Fenrir Greyback».
Il ragazzo s’irrigidì nel sentire il nome del Licantropo che aveva morso suo padre da bambino, condizionando tutta la sua vita: «E lui che c’entra, adesso?»
Non era un personaggio che valesse la pena di ricordare, a suo parere.
«Nella letteratura magica inglese, almeno per quello che ne so, Greyback è riportato come unico caso conosciuto di Licantropo capace di trasformarsi almeno parzialmente anche senza la Luna Piena. Vorrei davvero che fosse l’unico».
Era una notizia a cui Teddy non era preparato: era cresciuto col terrore di Greyback, anche se quel mostro era morto nella battaglia finale a Hogwarts, proprio come i suoi genitori. Odiava pensare che a qualcuno piacesse a tal punto essere un Licantropo da sforzarsi per mantenere la propria coscienza sveglia nella trasformazione e a mutare perfino senza la luna in cielo. L’idea che non fosse il solo lo atterriva. «Ce ne sono altri?»
Juditah si concentrò per un attimo sui propri pensieri, cercando quel lato di sé che tentava di tenere sotto controllo da quasi vent’anni, per tornare subito lucida e vigile.
«L’istinto del lupo non abbandona mai il campo del tutto: è come una presenza latente che si annida tra i pensieri umani» cercò di spiegare nella maniera più semplice e comprensibile. «È come se fosse in attesa di un momento di debolezza per prendere il sopravvento».
Nessuno aveva mai spiegato qualcosa del genere a Ted, che lo disse ad alta voce mentre con lo sguardo seguiva il disegno delle squame che comparivano sulla pelle di Kari.
Stranamente, Juditah non sembrava sorpresa: «Perché, quanti sono i miei stimati colleghi che si sono presi davvero la briga di parlare con un Licantropo, o che gli hanno chiesto di descrivere le sue emozioni?» rispose con sarcasmo, rabbrividendo per il freddo.
La ragazza drago intanto non si era nemmeno mossa, dimostrando una forza di volontà davvero caparbia.
A qualche metro di distanza per non disturbare, Charlie e Ovidiu seguivano la scena con molta attenzione. «A cosa le servirà controllare quell’istinto?» domandò l’Auror ancora un po’ confuso.
«A non farle venire voglia di mangiarti, ad esempio» scherzò l’altro cogliendo la Pluffa al balzo, prima di rispondere in maniera seria. «Un drago reagisce senza pensare, seguendo l’istinto, specie se si tratta di stimoli che riguardano i suoi bisogni fondamentali. Fa freddo? Cerca un buco in cui nascondersi e tenersi al caldo. Ha fame? Acchiappa la prima cosa che gli passa a tiro e se la pappa, molto semplice».
Charlie parlava di cose del genere come se l’idea di un drago pronto a mangiarlo fosse un pensiero eccezionale. A Ovidiu non sembrava così entusiasmante, ma finse di non essere terrorizzato all’idea che un essere umano reagisse in quel modo ai suoi bisogni, un po’ come un uomo delle caverne, o un Troll. E se a farlo era una ragazza dotata di poteri straordinari anche per i canoni dei maghi… Non voleva neanche pensarci.
«E ora lei ha una voce simile nella testa?»
Sapeva di apparire spaventato e intimorito ma, per Merlino, lo era! Non era solo per sé: sua madre aveva preso male la sua assegnazione a quel caso così delicato. Sebbene tutti i maghi in famiglia si occupassero di missioni critiche ed estremamente rischiose, Kari rappresentava un pericolo nuovo, che incuteva timore perfino ai suoi fratelli, cacciatori di Vampiri e Licantropi molto stimati.
Charlie evitò di rispondergli male come al solito, intuendo le sue preoccupazioni: lui si occupava ogni giorno di draghi, sapeva come prendersene cura e come impedire che lo arrostissero, ma alla maggior parte delle persone sembrava un folle. Kari era una stranezza ancora più incredibile, ma il giovane Auror doveva imparare a rispettarla senza troppo timore, accettando che fossero tutti dalla stessa parte. «Si sta sforzando a non ascoltare quella voce, ma dobbiamo darle una mano, creando innanzitutto un ambiente intorno a lei amichevole», spiegò, «che non la innervosisca. Non è cattiva, Ovidiu, è la prima vittima di questa faccenda».
Ai suoi occhi, continuò, Kari stava facendo un ottimo lavoro: al suo posto, con i poteri che poteva sfruttare, avrebbe appiccato il fuoco al primo albero a tiro pur di scaldarsi un poco!
L’Auror ne convenne, ma non riusciva a rimanere tranquillo: «Irrazionalmente, mi sento meglio quando mi sta lontana», confessò.
Comprensibile. Non la conosceva ancora bene, pensò Charlie, e ben presto la frizzante personalità della donna lo avrebbe conquistato.
«Juditah», chiamò cambiando del tutto interlocutore, preoccupato delle condizioni di Kari, «sta diventando anche più livida del solito. Posso farvi una cioccolata calda?»
La dottoressa concordò, valutando che forse si era distratta troppo con il suo nuovo studente. «Sì, per il momento è meglio fermarci. Sei stata brava» disse alla ragazza, che aprì gli occhi solo in quel momento.
Kari si sciolse dalla posizione che aveva tenuto fino quel momento e si sfregò le braccia: «Immaginare una gabbia in cui rinchiudere il drago mi è servito, è un’ottima tecnica» ammise ringraziando la dottoressa. «Ora, però, sto davvero morendo di freddo!»
Charlie le sistemò sulle spalle una coperta e usò la bacchetta per irrorarla di vapore in modo da scaldarla gradualmente. «Con l’ipotermia non si scherza, lo sai» si giustificò quando lei si voltò a guardarlo, sorpresa dall’incantesimo.
«Certo che lo so, lavoro in un ospedale» ribadì lei con voce più dura di quanto volesse, per non mostrarsi debole. In effetti, avrebbe desiderato correre in casa e buttarsi sotto il getto bollente della doccia, ma sapeva che sarebbe stato soltanto dannoso… Il drago continuava a supplicarla di trasformarsi, nella sua mente, ora però le sarebbe bastata la sua golosità per tenerlo a bada: mille volte meglio la cioccolata calda!
Rientrarono tutti e cinque e Charlie continuò a chiacchierare spedito, contento di quanto aveva visto: Juditah stava usando tutta la sua esperienza e la consapevolezza del proprio stato per aiutare la ragazza al meglio. Era un bene, perché non avrebbero potuto tenerla sotto sedativi per sempre… Era meglio che acquistasse un maggiore controllo, anche perché non avrebbe potuto usare le scorte della riserva gratis per prepararle la pozione ancora per molto.
Sempre ridendo, mise su il bricco del latte sul fornello, mentre Juditah ripeté il suo incantesimo e continuò a scaldare se stessa e Kari con il getto d’aria calda che proveniva dalla punta della sua bacchetta.
«Temevo una reazione più violenta, essendo la prima volta», confessò la dottoressa, «ho visto il drago lottare per emergere, ma hai saputo tenerlo a bada. Complimenti».
Kari annuì, non troppo convinta. «Forse sono più le emozioni violente a scatenarlo, che gli stimoli fisici» azzardò pensando al primo periodo di terrore e anche all’attacco di Luc. «Però questa volta ho sentito il mio corpo cambiare, sentivo la pelle che si tramutava in squame e, anche se è stato stranissimo, ho controllato la trasformazione».
«Le situazioni in cui ti sei trovata sono state molto dure, per cui è comprensibile, ma la prossima volta in cui ti troverai sotto stress dovrai pensare a quanto hai provato oggi» le rispose Juditah, con aria pensierosa. Sapeva già che le reazioni di Kari dipendevano più dai suoi sentimenti, ma non si fidava ancora abbastanza per tentare di provocarla deliberatamente. Da come parlava di se stessa, credeva che la ragazza fosse molto più instabile, senza pozione, ma in fondo era una Babbana, non era abituata a quello che chiamava sovrannaturale
Sebbene avesse inteso la sua preoccupazione, Kari annuì. «È lo stesso per te? Senti l’istinto che ti spiega quanto sarebbe fantastico avere la pelliccia in situazioni del genere?»
O quanto sarebbe gustosa la tua carne sotto i denti. La donna scartò quel pensiero e scosse il capo, studiando come pesare al meglio le parole: Ted si era fatto attento, probabilmente voleva capire di più sui Mannari e su suo padre.
«A volte, specie quando il Plenilunio è molto vicino, ma anche quando… Non sono in grado di trasformarmi senza luna in cielo, non sono abbastanza per fortuna, né l’ho mai desiderato».
Lanciò uno sguardo al ragazzo, che sembrava ancora molto scosso dal pensiero di Greyback. Quel mostro era morto anni prima ad Azkaban, sembrava che fosse impazzito a non poter correre libero con la Luna Piena e si fosse morso fino a uccidersi, eppure sarebbe sempre rimasto come uno spettro per Teddy, visto quanto aveva stravolto la vita di suo padre. Per quanto fosse il primo a non credere che i Licantropi non fossero cattivi di natura, Fenrir Greyback gli suggeriva il contrario. Nella sua mente, era l’esatto opposto di suo padre e terrorizzava i suoi sogni.
«Ma allora perché ti controlli così severamente allora?» domandò Kari, che non si era accorta del disagio dell’ultimo arrivato.
La risposta di Juditah era semplice, perché non voleva essere un animale. «Non voglio vivere ringhiando per dover attendere il prossimo Plenilunio, come se la trasformazione fosse l’unica cosa buona della mia vita. Ho visto miei simili ridursi così, e non è un bello spettacolo: arrivano a negare la loro stessa umanità».
Non avrebbe mai usato il nome con cui erano identificati quegli individui, non davanti a Ted…
«Al Ministero li chiamano le Bestie».
Tre teste si voltarono in direzione di Ovidiu, che sembrò imbarazzato. «Scusate, non volevo intromettermi, ma tra le storie dell’ufficio e i miei fratelli… Non ne ho mai incontrati, ma so che rubano dalle fattorie polli e pecore per sopravvivere, anche in forma umana, e se vengono scoperti non si fanno scrupoli ad attaccare anche gli umani», spiegò con la voce che si faceva sempre più sottile.
Gli era difficile non parlare per pregiudizi: la sua famiglia era molto conservatrice, fiera dello status di Purosangue, per non parlare della forte influenza che avevano avuto su di lui i fratelli maggiori, con la loro professione. Non erano Auror, erano cacciatori di Creature Magiche di livello veramente pericoloso. Vampiri che non rispettavano gli accordi presi con il Ministero, per lo più, ma anche Mannari che ormai avevano perso la propria umanità.
Erano tipi molto duri, Alexandr e Hektor. Ovidiu, invece, aveva un’indole più compassata e teneva in maggiore considerazione le regole, anzi, viveva per farle rispettare: non avrebbe mai potuto fare la vita dei fratelli, pur ammirandoli molto, così aveva deciso di servire il Ministero.
Da quando Charlie gli aveva fatto vedere per la prima volta la ragazza drago, tuttavia, e soprattutto da quando aveva conosciuto la dottoressa Horia, che era quanto di più lontano ci fosse dalla sua idea di Licantropo… No, Ovidiu non sapeva più come esprimersi a riguardo, né cosa pensare.
Più che un mostro pericoloso, Kari gli sembrava un animale in trappola: e a ragione, visto che era stata rinchiusa per giorni in una stanza dove era morto un uomo senza che nessuno la ascoltasse, a parte Charlie. Desiderava la libertà e la normalità.
Se la ragazza avesse voluto diventare una creatura simile, Ovidiu non avrebbe avuto difficoltà a etichettarla come una bestia da rendere inoffensiva, ma così non era. Certo non si sentiva in ogni caso a proprio agio, in sua compagnia: che il padrone di casa si divertisse a spaventarlo o meno, l’idea che Kari potesse tentare di mangiarlo non lo faceva stare tranquillo.
«Ci sono dei casi che non possono essere recuperati, Ovidiu ha ragione» spiegò Juditah con voce gentile. Fu questo a spiazzare l’Auror: stava parlando male dei suoi simili, un Purosangue avrebbe gettato un guanto di sfida al suo posto anche se consapevole di avere torto, eppure la donna sembrava perfettamente a suo agio, nel dargli ragione. Senza rabbia, senza rancore.
«Sai cosa mi dispiace, però?» chiese la dottoressa con un’aria un po’ malinconica. «Che non sia fatta adeguata assistenza per aiutare prima queste persone. Sembra che noi maledetti siamo corsi incontro a un Licantropo per farci morder:, ci trattano in questo modo e ci disprezzano, ma siamo le vere vittime. Questo vorrei che non lo dimenticassi mai. Nessuno di noi, non quelli nati in una famiglia normale almeno, nessuno avrebbe mai scelto di diventare un Licantropo».
Ovidiu appariva davvero a disagio. «Non volevo giudicare nessuno… Sono sempre sulle uova di drago! C’è qualcuno di normale in questa casa?» sbottò alla fine, cacciando fuori tutta quella frustrazione che lo accompagnava da giorni.
Charlie sorrise riconoscendo qualcosa di Perce in lui, per l’ennesima volta.
Teddy, Juditah e Kari si guardarono e ridacchiarono, improvvisamente complici.
«Beh, io sono il figlio di un Licantropo».
«Io sono un Licantropo».
«E io…» la ragazza drago sospirò. «Io sono unica nel mio genere».
Anche Ovidiu scoppiò a ridere, poi con gli altri cercò Charlie con lo sguardo, con un’aria speranzosa e implorante.
«Ehi, io sono solo un eroe di guerra, che volete farci?» esclamò lui allargando le braccia.
L’Auror pensò ai fratelli, che non vedeva da parecchio tempo: al loro ultimo incontro, erano sulle tracce di un Vampiro particolarmente sadico che aveva ucciso due ragazzine. «Sono un terzogenito, i miei fratelli… Uno di loro a volte si diverte ad andare a caccia, con la Luna Piena», sussurrò improvvisamente vergognoso. «Per me è difficile essere di qui, sono cresciuto con certi principi, ora è tutto nuovo».
Un terzogenito? Le similitudini aumentavano, pensò il padrone di casa.
«Ognuno di noi viene educato secondo i valori della propria famiglia, ma a un certo punto devi decidere cosa pensi tu, distinguerlo dalle idee dei tuoi genitori, farti le tue idee. Mia madre era ossessionata dal vederci arrivare all’altare illibati, tutti e sette, per esempio: così, per non deluderla… Ho preferito direttamente rinunciare al matrimonio» concluse ridendo, rovinando un perfetto discorso da adulto maturo e responsabile. «Neanche i miei fratelli le hanno dato ragione, ma sono tutti convolati a nozze e mi hanno regalato una vera e propria nidiata di nipotini».
Il termine che aveva usato probabilmente avrebbe fatto storcere il naso a Molly, ma il mago non sapeva come pensare alla sua famiglia diversamente: solo con i suoi genitori, lui e i fratelli, rispettive mogli e Harry Potter e i nipoti, erano in venticinque! Charlie sapeva di avere dei cugini di primo grado e immaginava che anche loro avessero procreato… Era quasi una fortuna che suo padre non avesse un gran rapporto con i suoi due fratelli, o per ogni evento familiare avrebbero dovuto affidarsi a un servizio di catering.
La conversazione continuò su altri argomenti, guarnita dall’ottima cioccolata calda che aveva preparato, ma il mago rimase a riflettere sul suo passato, sulle scelte che aveva fatto, sulle cose a cui aveva rinunciato. Sulla sua immensa famiglia, che per quanto lo amasse… Lo faceva sempre sentire inadeguato. Diverso, strano.
Forse era anche per questo che non aveva mai desiderato dei figli: aveva condiviso gli spazi personali con sei fratelli, per cui aveva scelto di andare in Romania per avere un mondo tutto suo… Gli era così piaciuto che aveva deciso di non rinunciarvi più.
In Romania, non era il secondo figlio di Arthur e Molly, non era uno dei sette Weasley.
In quel luogo, era semplicemente Charlie.




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Capitolo 36
*** Il miglior avvocato sulla piazza ***


 

Hermione Granger arrivò in Romania di giovedì, quasi una settimana dopo il suo colloquio con il cognato Bill. Le servirono due giorni per accettare la storia che il mago le aveva raccontato – e se si convinse, fu solo per la copia del giornale che le fece leggere – altri due per decidere se accettare di aiutare uno dei suoi cognati e altrettanti ancora a dare indicazioni al marito per occuparsi in sua assenza di se stesso, della casa e del figlio che ancora non frequentava Hogwarts.
Hermione sapeva bene che Ron probabilmente sarebbe corso alla Tana al primo tentativo fallito di accendere i fornelli, ma doveva almeno dimostrare che si fidava di lui, prima di assentarsi per un paio di settimane, anche perché non gli aveva spiegato di che faccenda si trattasse in realtà. Bill le aveva chiesto il massimo riserbo, perfino con il marito, per paura che la notizia arrivasse a Molly: la madre iniziava ad avere una certa età, per quanto fingesse di essere ancora in forma, e non si era mai ripresa dalla perdita di Fred. Scoprire che un altro dei suoi figli rischiasse la prigione o, peggio, la vita… No, sarebbe stato un colpo troppo grave, per lei. Il mago voleva aiutare il fratello, ma era sua intenzione anche evitare altri scossoni non necessari a sua madre.
Per cui ecco arrivare Hermione Granger in Romania, con un terribile senso di colpa per aver celato la verità al marito, a cui in genere non nascondeva nulla, e con un altrettanto terribile freddo al naso.
«È un vero piacere averti qui, Hermione» l’accolse Charlie con un sorriso, aiutandola a togliersi il giaccone e la spessa sciarpa di lana.
«Non dire altro», lo fermò lei, «o ti dimostrerò quanto so essere simile a tua madre. Inizio a farti la morale subito o vuoi prima offrirmi un caffè?»
Il mago accusò il colpo senza replicare: anche se conosceva poco Hermione, sapeva che aveva un carattere ostinato e un interesse singolare a scoprire la verità in ogni questione. Ma aveva un senso della morale altrettanto unico, e detestava gli intrighi.
L’idea che un suo congiunto fosse implicato in una simile faccenda doveva metterla molto a disagio. «Voglio dirti che sono davvero felice che tu abbia deciso di venire qui, e che non è stata una mia idea. Volevo cavarmela da solo» spiegò prima di andare a sedersi a tavola.
«Stando a quello che mi ha detto Bill, rischi più che altro di affondare da solo. Ora ci penso io: che cos’hanno contro di te?»
Charlie fece un bel respiro e cominciò a spiegare, partendo da quel pomeriggio nella foresta. Iniziava a pensare che sarebbe stato meglio trovare il modo di registrare la sua voce con la magia, così da farla partire in automatico ogni volta. Ormai aveva perso il volte di quante volte aveva raccontato quella storia, iniziava a farsi noiosa perfino per lui che l’aveva vissuta.
Hermione, dopo essersi accomodata a sua volta, aveva tirato fuori il suo blocco per gli appunti comprato in una cartoleria babbana e una biro da lei incantata, che scattò subito a scrivere ogni risposta del mago con una rapidità spaventosa. Non avrebbe mai ammesso che aveva preso quell’idea da Rita Skeeter, ma era un ottimo sistema per registrare le deposizioni senza aver bisogno di un assistente al seguito. «Hai motivi concreti per avere questi pregiudizi nei confronti degli Auror o sei paranoico come Malocchio Moody?»
«La crisi del ’99, come la chiamiamo alla riserva. Si tratta del disastro peggiore mai avvenuto nel centro, ma fu colpa di un umano, un esterno. Lo zio di Toculescu, a dirla tutta, l’Auror che mi sta accusando. La loro famiglia ha sempre rivendicato il diritto di cacciare gli esemplari di Cornolungo che proteggiamo, è come se non capissero che il nostro unico scopo è difendere queste specie incredibili e prevenire la loro estinzione».
Oskar Toculescu, raccontò, aveva tentato di far mettere la riserva sotto il controllo del Ministero, certo che delle persone sane di mente non potessero davvero dedicare la vita alla protezione dei draghi. Secondo lui, l’allora responsabile doveva essere a capo di un traffico di preziose sostanze magiche che potevano far fruttare milioni.
Quando i suoi superiori e il Dipartimento per la Cura e il Controllo delle Creature Magiche non gli avevano dato retta, Oskar aveva deciso di prendere la situazione in mano personalmente: si era presentato alla riserva con un pugno di maghi suoi amici e colleghi pretendendo di fare un’ispezione di tutti gli ambienti, i recinti, i laboratori…
Charlie era nella foresta a controllare una zona di confino in cui era scattato un incantesimo d’allarme, in quel momento, ma ricordava bene di aver visto il fumo alzarsi anche a miglia e miglia di distanza. «Ti giuro, è facile fare qualcosa che le dragonesse non gradiscono, specie quando sono in cova, ma quello era pazzo: voleva contare le uova, controllarle una per una… Non so cos’abbia fatto davvero, nessuno ne ha la certezza, ma una femmina di Ungaro Spinato perse completamente il controllo e attaccò la struttura principale della riserva».
Oskar aveva cercato di usare l’incidente a proprio vantaggio, ma la situazione era troppo pericolosa, ogni mago disponibile era corso a dare una mano per spegnere l’incendio e domare la dragonessa prima che combinasse seri danni a se stessa, alle sue uova e alle persone che lavoravano lì.
Hermione rabbrividì: ricordava la cattiveria con cui il drago aveva inseguito Harry durante la prova del Torneo Tremaghi, l’astuzia, la violenza del suoi attacchi. Non avrebbe mai voluto trovarsi faccia a faccia con uno di quei lucertoloni e la cavalcata in fuga dalla Gringott per lei era stata più che sufficiente. «Cosa accadde?»
«Dovemmo sopprimerla, alla fine, era ormai fuori controllo» ricordò Charlie con tristezza. Non era l’esemplare che aveva scortato in Inghilterra, era perfino più pazza, ed erano stati costretti a ucciderla, sebbene non fosse stato semplice. «Provammo a dare le sue uova a un’altra femmina, ma ne calpestò alcune. Quelle salvate furono tenute al caldo in laboratorio, fino a che non cominciarono a puzzare di marcio. In più, molti di noi furono feriti, ustionati anche seriamente. Rischiammo tutti moltissimo».
Il fuoco, le urla… Charlie ricordava di aver pensato subito alla battaglia di Hogwarts, allora ancora memoria recente, e di aver avuto davvero paura. Poi si era riscosso, pensando soprattutto che la minaccia era un drago, e non esseri umani – che temeva ben più delle sue lucertole – ed era sceso in campo a dare una mano. Aveva collaborato a sopprimere la femmina con la morte nel cuore, le aveva chiesto perfino scusa, e poi aveva aiutato a soccorrere i suoi compagni. Detestava rivangare quella notte e Horatiu Toculescu lo obbligava a farlo spesso, per quanto trovasse divertente punzecchiarlo con quella storia.
«E Oskar?»
«Ah, lui? Dopo aver capito di non avere il minimo controllo sulla situazione, impazzì sul serio. Tentò di attaccare il drago, che non reagì in maniera tranquilla. Sei sicura di volerlo sapere, Hermione?»
La strega scosse il capo. «No, posso immaginare da sola».
Non credo, pensò Charlie, che comunque non scese nei dettagli. Non aveva senso gravare la cognata di quei ricordi spiacevoli: le urla dei suoi colleghi, l’odore agro e la cenere portati dal vento, l’inquietante riverbero delle fiamme… Non aveva più provato così tanta paura fino a quando non aveva visto il volto trasfigurato di Luc mentre lo attaccava con tutte le sue forze.
«Ci fu un’inchiesta, successivamente, e mentre noi cercavamo di riprenderci il Ministero scoprì che forse poteva essere interessante controllarci di più, anche per accontentare i Toculescu, che pretendevano vendetta per la perdita».
«Visto il personaggio, io avrei festeggiato», borbottò Hermione. «Quindi si tratta di una famiglia influente, con buone conoscenze?»
«Se ti dicessi che sono parenti dei Malfoy?»
Non era possibile, anche lì! Era una vera e propria persecuzione… «Il giorno in cui troverò un luogo in cui non arriva la loro presenza nefasta, mi ci trasferirò» replicò esasperata. Non era per le vecchie ripicche della scuola, come per Ron, ma la mole di lavoro che le toccava svolgere in cui era implicato Lucius era sempre notevole. C’era stato un periodo in cui la Gran Bretagna magica sembrava aver trovato un nuovo sport nazionale: fare causa ai Malfoy. E anche quando quell’ondata di procedimenti ridicoli era cessata, Hermione aveva scoperto che quella famiglia aveva le mani in qualunque settore produttivo della magia e che molto spesso erano citati in giudizio da clienti, dipendenti, fornitori… Per sua sfortuna.
«Potremmo usare questa storia come prova, ad ogni modo», continuò. «Ci sono tutti i presupposti per accusare questo giovane Toculescu per abuso d’ufficio per motivazioni personali».
«È quello che speravo di sentire. Ho voluto proteggerla, ma quel tipo userà questi fatti come prove della mia colpevolezza, crede… Crede che l’abbia creata io».
Hermione sospirò: quella sarebbe stata la parte peggiore della vicenda da spiegare e volgere a favore di Charlie. «A proposito, lei dov’è?»
«Sta facendo una serie di esercizi di autocontrollo nel boschetto qui dietro, non ti preoccupare. Aveva bisogno d’aria, l’hanno tenuta rinchiusa per diversi giorni nella cella dove è morto il tizio che ci ha attaccato».
Comprensibile che avesse voglia di stare all’aperto. Nemmeno alla strega sarebbe piaciuto essere costretta in un luogo simile.
«Bill mi ha detto che la dottoressa che ti aiuta a gestirla ha stabilito che è in grado di intendere e di volere».
Charlie annuì, cambiando posizione sulla sedia. «È così, infatti, e potrebbe perfino testimoniare».
«Non voglio fare il passo più lungo della gamba», rispose distrattamente la donna bloccando la biro e prendendo un appunto in un angolo del foglio. «Vorrei essere sicura che non si riveli un’arma contro di noi: chiunque condurrà gli interrogatori, e di conseguenza parlerà per il Ministero, cercherà di metterla in difficoltà, magari anche insinuando menzogne sulla vostra relazione, allo scopo di scatenare una reazione che metta in dubbio il giudizio della tua esperta».
«È meschino», rispose il padrone di casa, abbastanza disgustato.
Hermione scosse il capo senza battere ciglio: «È il modo in cui ragionano gli avvocati e devi essere preparato a tutto. Anche lei».
«Beh, quanto meno sembra saperne parecchio».
I due si accorsero solo in quel momento della ragazza drago, che si stava sfilando i guanti. Alle sue spalle, Ovidiu fece un cenno con la mano prima di prendere di nuovo la porta: avrebbe atteso che l’incontro con l’avvocato – perché il ruolo della nuova arrivata era lampante – fosse finito, così che non potessero usare anche una sua distrazione come prova dell’esagerata ingerenza da parte delle autorità.
«Juditah ti saluta, Charlie: un Patronus – si chiamano così quegli animali fumosi e argentati che portano i messaggi? – l’ha informata dell’arrivo di un ragazzo morso recentemente, così lei è subito corsa a gestire il ricovero in ospedale. Ted è andato con lei, tornerà per cena».
Kari diede una lunga occhiata alla nuova arrivata, poi andò a sedersi davanti al camino acceso.
Hermione ignorò quell’atteggiamento e riprese a parlare con Charlie: «Purtroppo in tribunale si è pronti a scendere davvero in basso, per vincere un procedimento, e bisogna essere pronti a rispondere a ogni tipo di accusa, per quanto ridicola e folle in modo composto e controllato. Tra voi, da quello che mi hai detto, è nata una sorta di legame simbiotico: non credo per niente nella Divinazione, ma posso profetizzare che sarà il primo argomento su cui punteranno».
«E cioè?», a quanto pare la ragazza drago era più interessata di quello che aveva lasciato intendere. «Si concentreranno sul fatto che Charlie mi ha reso così per soddisfare…»
«Basta così!», s’intromise il mago con un certo imbarazzo. Aveva chiesto a Misha cosa si diceva di lui alla riserva, dopo che Kari gli aveva riferito alcuni pettegolezzi, e ciò che il collega gli aveva riportato lo faceva ancora vergognare. «Il consiglio della riserva ha deciso di testimoniare, manderanno il mio vice e una ricercatrice per dimostrare che la trasformazione non è avvenuta nelle nostre strutture. Altri potrebbero essere chiamati per ricostruire l’attacco da parte di Luc, miei colleghi che hanno assistito, ma ancora non sono stati fatti nomi».
Verificare i testimoni, parlare con i due già selezionati. Hermione poteva vedere davanti ai suoi occhi il lavoro aumentare a dismisura. «Questi già sicuri sono affidabili?»
Charlie non sapeva come rispondere. Dal suo punto di vista sì, però… Non in un modo che il suo avvocato avrebbe gradito. «Parleranno per difendere i permessi e l’indipendenza della riserva. Io sono sacrificabile in questo senso».
«Sono tuoi amici, come possono fare una cosa simile?», domandò sempre più stizzita Kari. L’idea di un processo l’agitava molto.
Era difficile da spiegare, il mago lo sapeva, tuttavia doveva far capire alla ragazza come stavano le cose. Ricordava quando aveva discusso con Silente, dopo l’incidente di suo padre che lo aveva portato a rischiare la vita: allora era un ragazzino che non aveva compreso nulla dell’importanza dell’Ordine. Da quando era diventato responsabile della struttura che tanto amava, però, aveva finalmente accettato ciò che il vecchio preside aveva cercato di insegnargli, durante la guerra.
«Ciò che facciamo è troppo importante: i programmi di riproduzione e di scambio con le altre riserve, il nuovo progetto di legge sui commerci e sui rifornimenti di composti magici derivati dai draghi... È una cosa più grande di me. La nostra riserva è un punto di riferimento anche per le sue regole e la condotta irreprensibile. Ho lavorato più di vent’anni per renderla ancora migliore, per cui non permetterò che vada in malora a causa mia, dovessi rimetterci sulla mia pelle».
La donna tacque, guardandolo torva come a ricordargli che anche lei era in pericolo, ed Hermione tossicchiò per riprendere il controllo della situazione: «Ad ogni modo, se sosterranno che la trasformazione non è stata indotta nella riserva, cosa che dovremo dimostrare lavorando insieme, Charlie sarà scagionato da tutte le accuse».
«Sempre che Toculescu non fabbrichi prove che mi riconducano a un fantomatico laboratorio malvagio», ironizzò il mago.
Aveva la sensazione che il suo avversario fosse davvero pronto a tutto.
«La situazione sembra addirittura fin troppo sotto controllo, ma per sicurezza chiederò alla corte il permesso d’interrogarti sotto Veritaserum. Te lo dico ora così che tu ne sia informato, ma ovviamente…»
«Niente veleno!» esclamò Kari, così velocemente da soffiarlo come se fosse un gatto.
Hermione sbatté le palpebre, perplessa. «Come, prego?»
Charlie sospirò: la sua amica si era impressa nella memoria il nome del siero della verità che aveva ucciso l’altra donna usata come cavia da quando aveva ricordato quel dettaglio.
«Qualsiasi cosa le abbiano fatto, il Veritaserum per lei è letale, non l’ho visto con i miei occhi ma Kari è certa che un’altra vittima di questi esperimenti da scienziato pazzo sia morta dopo che gliel’hanno somministrato».
«Io l’ho visto, ed è stato atroce».
«Dovremmo provarlo con i fatti: potrei fare una ricerca sui composti magici che fanno reazione con il Veritaserum, oppure uno dei tuoi ricercatori potrebbe provare a vedere cosa succede mescolando un suo campione di sangue con il siero».
«Può essere un’idea», borbottò Charlie. Georgeta l’avrebbe ucciso, probabilmente, ma lo avrebbe di certo accontentato.
«Ovviamente questa è solo una strategia a grandi linee», concluse Hermione raccogliendo i molti fogli riempiti dalla sua biro incantata. «Nei prossimi giorni presenterò un’istanza per verificare il comportamento di quell’Auror e chiederò una copia di tutte le prove da lui raccolte. Quando avrò letto l’intero fascicolo, deciderò come ci conviene proseguire».
Kari sembrava ancora scettica. «E se non dovesse funzionare?»
«Se mi sono cacciato in un guaio che nemmeno Hermione Granger può risolvere… Beh, vuol dire che ho combinato un vero casino», concluse Charlie con un sorriso.
La strega scosse il capo, ignorando la lusinga del parente acquisito. «Secondo me abbiamo molto materiale da volgere a nostro vantaggio. Tuttavia, se la corte converrà che la riserva non è responsabile della trasformazione, dovremo fornire una buona alternativa su cui indagare. Se avessimo qualche indizio importante da scambiare, potrei provare a concludere un patteggiamento con più facilità».
«Le informazioni sono nella memoria di Kari», le rispose il cognato, rivolgendosi poi alla ragazza drago. «Dobbiamo trovare il modo di farti ricordare».
Charlie sapeva che quella decisione non le sarebbe piaciuta: le aveva chiesto tante volte di sforzarsi per farsi tornare qualcosa in mente, eppure c’era riuscita soltanto quando Luc aveva toccato le corde giuste, suggerendole cosa era capitato.
Neanche a pensarlo, e Kari stava già replicando: «Quando ci provo, poi mi viene una crisi, lo sai… Perché non iniziare dal fascicolo del traditore, se non da lui stesso?»
Stava sempre seduta a terra, sul ruvido intreccio del tappeto, fissando il fuoco o lo scomodo divano poco distante per non dover guardare i due maghi che l’ascoltavano. Non voleva che intuissero il suo disagio: le domande, i dubbi su quello che ricordava, l’insistenza perché si sforzasse… Non avevano ancora fatto un tentativo da quando aveva iniziato le lezioni con Juditah per trovare il proprio autocontrollo per non dover prendere la pozione in dosi troppo abbondanti, eppure non si sentiva ancora pronta. Non era neanche sicura di voler recuperare la memoria sul rapimento, ciò che le era stato fatto e via dicendo: aveva già una bassa opinione del genere umano, dopo l’abbandono del suo fidanzato quando gli aveva rivelato di essere incinta, ma recuperare i ricordi sull’esperimento che aveva subito sarebbe stato di gran lunga peggio.
Ignaro di tutti questi pensieri, Charlie cercò di spiegare meglio cosa lo preoccupasse. «Ho fatto congelare il suo corpo apposta per poterlo conservare, così da dargli un’occhiata in un momento più tranquillo, soprattutto perché la sua mutazione è più recente», rispose quietamente, sforzandosi di mantenere sotto controllo i suoi sentimenti in quel momento… Il piano del tavolo improvvisamente era diventato molto interessante, con le sue venature, i nodi del legno. Mosse le dita a seguire il profilo di una macchia scura, mentre cercava di separare il ragazzo con cui aveva lavorato a lungo dall’essere che li aveva aggrediti in quel modo terribile. «Secondo me è stato trasformato apposta per attaccarci, la chiave è lui, eppure quelli del Ministero non ce lo faranno toccare ancora a lungo, se non si convinceranno che non vogliamo nascondere qualche prova».
«Bisognerà trovare un accordo per congiungere le indagini», suggerì Hermione con diplomazia. «Chi meglio del tuo staff potrebbe fare da consulente in questo caso? Insieme a loro lavoreranno gli Auror, e tutte le informazioni dovranno essere condivise. Mi sembra l’unica soluzione».
A Misha non sarebbe piaciuto, il mago poteva già immaginare i suoi commenti a riguardo. Tornò a fissare la schiena di Kari, un po’ indispettito per quell’atteggiamento: «Quando ti sentirai pronta, vorrei provare un Legilimens».
A sentir nominare quell’incantesimo, entrambe le donne non sembrarono molto convinte. La strega aveva dubbi che il cognato potesse davvero riuscire in una magia così complessa, nonostante lui garantisse di essere naturalmente portato, ma la ragazza drago era visibilmente spaventata.
«Non mi piace, una volta ci hai già provato e ti ho morso!», esclamò voltandosi di scatto. A Charlie parve che i suoi occhi avessero cambiato colore, ma si convinse che fosse un inganno della sua mente per via della luce fioca nella stanza. «Dovendo escludere il Veritaserum, mi sembra una soluzione fattibile. Ci assicureremo che questa volta tu non perda il controllo, te lo prometto».
Kari non sembrava affatto convinta, ma non disse nulla e annunciò che andava a farsi una doccia.
Quando ebbe lasciato la stanza, Hermione si concesse un sorriso sarcastico: «Però, speravo che Bill avesse esagerato sul suo caratterino».
«E non hai ancora conosciuto il mio migliore amico qui, Misha», rispose Charlie un po’ sovrappensiero. Le reazioni di Kari erano strane: l’arrivo dell’avvocato non l’aveva tranquillizzata, tutt’altro, e l’idea d’interrogatori e udienze non le piaceva affatto, evidentemente. Forse, nonostante le lezioni di Juditah, la stava sottoponendo a uno stress eccessivo. «Dalle tempo, in ogni caso. Non ti conosce, ancora: quando vedrà cosa sai fare, cambierà idea».
La donna sbuffò: in quel momento desiderava soltanto tornare in albergo a Bucarest, dove aveva prenotato una stanza, e fare un bel bagno caldo. Poteva già immaginare la piacevole sensazione dell’acqua rovente sulla pelle, ne aveva davvero bisogno per riscaldarsi un po’ – in fondo non era abituata al freddo inverno della Romania – e per analizzare da capo tutte le informazioni che aveva ricevuto da Charlie. «Per oggi fermiamoci qui, tanto non potremo risolvere tutto in una sera».
«Vuoi fermarti per cena, Hermione?»
«Senza offesa, ma ho una bella camera in hotel che mi attende. E fai entrare quel povero Auror che è rimasto in veranda per non ascoltare i nostri discorsi, ormai sarà intirizzito!»
La donna scomparve con un crac, mentre il cognato ancora ridacchiava. Chissà che idea si era fatta la perfettina Hermione Granger della situazione in casa sua, probabilmente credeva che avesse trasformato il suo cottage in un bizzarro ostello della gioventù. Vista l’età media dei suoi ospiti, a pensarci bene, non si poteva darle torto… Meglio cominciare a preparare la cena, si disse, mentre Ovidiu faceva la sua comparsa in cucina starnutendo.
Nonostante l’opinione che la donna poteva avere di lui, però, Charlie credeva fermamente in quello che aveva detto prima a Kari: se la strega non fosse riuscita a tirarli fuori dai guai, nessuno avrebbe potuto fare di meglio.




Angoletto dell'autrice: Capitolo un po' statico, ma ne avevo bisogno per introdurre Hermione. Non è un personaggio che uso molto e spero di averla resa decentemente, me la immagino super avvocato in carriera che non ha ancora rinunciato ai suoi sogni di ragazza (tipo CREPA). Il prossimo sarà più in movimento, l'ho già quasi finito, e... Ah, come dite? Sì, torno a lavorare alla tesi, che è meglio .______.
See yah!

Rowi

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Capitolo 37
*** Verso il tribunale ***


Hermione lavorò con tanta cura e rapidità che una settimana dopo fu pronta a sferrare la controffensiva: fece ricerche accuratissime interrogando i dipendenti di Charlie, ricostruendo i fatti del giorno in cui era avvenuto l’attacco – erano tutti concordi che Kari avesse salvato la situazione, nonostante l’opinione contraria del loro capo, che temeva non sarebbe riuscita a controllarsi – e le successive azioni di Toculescu, ritrovandosi in mano così tanto materiale palesemente a favore di suo cognato che sentì dopo soli pochi giorni di avere la vittoria in pugno. Sebbene non volesse correre più del necessario per non trascurare alcun dettaglio, presentò al tribunale magico locale, il corrispettivo del Wizengamot in Romania, un esposto che documentava gli abusi dell’Auror più odiato alla riserva per draghi.
Sapientemente, in più, convocò la stampa per annunciare la notizia della sua azione legale verso il Ministero, e i giornalisti parvero scatenarsi come se fossero impazziti: Hermione sapeva che il suo nome era largamente conosciuto al di fuori dei confini britannici e sfruttò la cosa per accendere le luci sulla versione della storia di Charlie, che finalmente venne diffusa con la stessa diffusione del racconto diffamatorio di Toculescu. Per i giornali sembrò immediatamente uno scoop senza pari: Hermione Granger, l’eroina della seconda guerra magica inglese, scendeva in campo per difendere il cognato!
Con questa risonanza mediatica, il Ministero non ebbe altra scelta che indagare se vi fossero state irregolarità nelle indagini condotte da Toculescu, e invitarono Charlie a presentarsi per una deposizione ufficiale. Chi parlò con Hermione, un piccolo burocrate sicuramente, si disse stupito che né l’Auror né il signor Ureche ne avessero inviata una in sede. L’avvocato non replicò, ma suggerì invece che si accelerassero i tempi per un’udienza, poiché il suo cliente non aveva nulla da nascondere e voleva tornare al lavoro quanto prima.
Due giorni dopo quel colloquio, di conseguenza, Charlie e la cognata si recarono al Ministero.
«Di questo passo, la corte dovrà risolvere la questione quanto prima, e assicurarsi che abbia il minor eco mediatico possibile», commentò Hermione camminando rapida per le strade di Bucarest. «Anche se prima dovranno vagliare tutta la documentazione che ho presentato loro, e per questo servirà un po’ di tempo».
Il mago annuì, allungando il passo per starle dietro: dannazione, lei aveva anche i tacchi alti! Come faceva a muoversi così in fretta senza cadere? C’era anche la neve, sebbene un percorso fosse stato aperto per i pedoni nel soffice manto che si era posato sulla via, eppure la donna sembrava non badare a tutto ciò. Forse aveva incantato le scarpe…
L’avvocato, infatti, aveva sfoderato il migliore dei suoi tailleur per completare la sua immagine di donna efficiente e competente. Alle loro spalle, più indietro di qualche passo per non dare troppo nell’occhio, li seguivano Kari e la dottoressa Horia: anche la ragazza drago era attesa al Ministero, per testimoniare la propria versione dei fatti e confermare il parere dell’esperta sulla propria lucidità mentale.
Sebbene Hermione non fosse riuscita a evitare che le due udienze coincidessero – qualche volpone l’aveva fatto apposta – la presenza di Juditah la rassicurava sull’esito degli eventi. C’era solo da sperare che la giovane non perdesse il controllo, ma con le lezioni che aveva seguito mantenere a bada l’istinto del drago le riusciva molto più semplice.
Tutti gli edifici magici di Bucarest erano nascosti nel quartiere di Lipscani, il vecchio centro storico della capitale, fino a un decennio prima una zona dalla fama non troppo raccomandabile anche grazie ai vari incantesimi messi su per difendere dai Babbani i segreti che in quel luogo si celavano. La via commerciale dei maghi era situata in Strada Covaci, dove un tempo si trovava anche il mercato nero sotto la dittatura babbana.
«Non riesco a credere che il Ministero sia sotto la residenza estiva di Dracula», commentò Hermione senza rallentare. «Quando me l’hanno detto, ho pensato che si trattasse di uno scherzo».
Anche Charlie trovava da sempre quella scelta abbastanza macabra, ma gli abitanti della Romania la consideravano un segno di forza, poiché l’edificio era stato preso ai vampiri diversi secoli prima, quando gli umani avevano deciso di limitare il loro potere e di non fare più da bibita a portar via, e mantenere la sede del proprio dominio in quelle stanze sembrava rassicurare tutti. Le due specie vivevano ora un momento di armonia, anche grazie a diverse leggi promulgate dal Ministero rumeno – le stesse che Juditah aveva discusso con Kari qualche tempo prima – eppure ogni tanto i maghi tenevano a ricordare chi controllasse chi.
La residenza estiva di Dracula, meglio nota come Curtea Veche, era un grande palazzo cinquecentesco che, agli occhi dei Babbani, era un semplice museo visitabile nei giorni feriali. Nascosto nelle profondità della terra, però, ben più in basso delle camere di tortura di Vlad l’Impalatore, l’altro nome del vampiro più famoso della storia, si nascondeva il Ministero della Magia, con i suoi uffici e le aule del tribunale. Poco distante si trovava una splendida chiesa, anche quella parte del grande complesso voluto dal sanguinario principe di Valacchia, davanti alla quale li aspettava Ovidiu.
Il ragazzo era stato convocato la sera prima a presentarsi all’inizio del turno in ufficio, senza spiegazioni. Dalla sua faccia non sembrava niente di buono.
«Allora, che volevano?», domandò Charlie a mo’ di saluto. Quali fossero i suoi sentimenti in quel momento, non sapeva dirlo: da un lato, stava iniziando a provare tenerezza per quel giovane Auror che cominciava ad affacciarsi al mondo, dall’altro sperava che finalmente la sorveglianza sulla sua casa fosse terminata.
Ovidiu sospirò: «Sono a tanto così dal licenziamento. Toculescu mi sta mettendo contro l’ufficio, dice che non faccio gioco di squadra con lui e che voglio danneggiarlo».
Come se avesse avuto bisogno dall’esterno, pensò il mago più anziano: quella rivalsa sull’Auror che gli avevano appioppato improvvisamente gli diede fastidio, era davvero assurda! «Perché se la prendono con te? È lui quello che mina di continuo la credibilità della sua professione, con queste accuse ridicole».
«Il capo è come impazzito, questo improvviso interesse della stampa lo ha reso ansioso. Sono così preoccupati che ha tentato di ordinarmi di riportare le tue conversazioni con il tuo avvocato, scandalizzandosi quando mi sono rifiutato», riportò con voce incredula.
Ovidiu era molto attaccato al suo lavoro, ma non per questo avrebbe compiuto azioni così vergognose: spiare un colloquio così personale e vincolato dal segreto? No, neanche per salvarsi il posto!
«Se ti licenziano per questo, intenterò un’altra causa per farti riavere il lavoro, faglielo pure sapere alla prossima convocazione», rispose serafica Hermione.
L’Auror la guardò incredulo: «Lo farebbe davvero?»
«Ah, se fosse altrettanto facile conquistare un salario minimo per gli Elfi Domestici…», aggiunse lei con un sospiro, prima di scoppiare a ridere con il cognato, che conosceva bene la sua antica lotta per una maggiore equità nella società magica.
Ripresero a camminare, tra le occhiatacce di Ovidiu e le domande di Kari, che non aveva la minima idea di cosa fosse un Elfo Domestico. A tutto il gruppetto era più che evidente, tuttavia, che era meglio evitare di inimicarsi la strega britannica… La sua conoscenza della legge magica e la rapidità con cui aveva deciso di giocare le sue carte avevano impressionato tutti.
«No, ma non credo mi licenzierà…», continuò il ragazzo, «Solo, non si era reso conto del pericolo a cui ci ha esposto Toculescu e ora sta valutando se sia davvero così indispensabile nell’ufficio, secondo me. Vorrebbe che lo tenessi più informato anche su di lui, così da agire in maniera corretta nei confronti di tutti».
Charlie non sapeva cosa dire: non aveva mai dovuto temere problemi dall’interno da parte dei suoi dipendenti… Beh, almeno finché Luc non era apparso trasformato alla riserva e aveva tentato di ucciderlo.
Hermione rispose abbastanza lapidaria: «Ha mandato in missione quel tizio senza preoccuparsi delle motivazioni personali che potevano muoverlo, per me è abbastanza per un’azione legale per negligenza. Non si dovrebbe dimenticare tanto in fretta un collega mangiato da un drago, anzi», disse con una voce abbastanza fredda. Era abbastanza stanca dei burocrati ministeriali che non ragionavano al momento giusto e poi dovevano essere tirati fuori dai guai in tribunale, doveva occuparsi di troppi casi simili nella sua routine lavorativa. «A proposito, Charlie, come sta il drago della Gringott? Nella frenesia di questi giorni mi sono dimenticata di chiedertelo».
«È un gran donnaiolo», rispose il mago dopo aver fatto mente locale sull’esemplare in questione. «Nonostante la sua età, dobbiamo stare ben attenti quando le femmine sono in calore».
Quella domanda un po’ fuori tema, e soprattutto la buffa risposta di Charlie, servirono a stemperare la situazione.
«Ora, le questioni serie», disse Hermione con l’aria di un generale che si preparava per la battaglia della sua vita. «Ovidiu, se non hai altri impegni con l’ufficio, potresti accompagnare Kari nell’aula dove avverrà la sua deposizione? Vorrei che ci fosse qualcuno dei nostri, oltre a Juditah, per impedire che la trattino…»
«Come un mostro, lo so», concluse per lei la ragazza quando si rese conto che la strega sembrava indugiare. «Non mi arrabbio per così poco».
«Stavo per dire ‘in maniera poco cortese’, ma hai reso bene il concetto. Con un Auror che garantisca per lei, dovremmo evitare la gabbia o soluzioni simili».
Provvedimenti deprecabili, ma che di certo qualche fifone presente in aula avrebbe preteso temendo per la propria incolumità, o forse appositamente per far innervosire la giovane e dimostrare così quanto poco fosse sicuro lasciarla in semilibertà.
Come aveva previsto, Ovidiu non sembrò particolarmente entusiasta di quella richiesta: «Non dovrebbe farlo lei? In fondo anche Kari è una sua cliente…»
«Ti potrà sembrare strano, ma ho molta più paura per quello che potrebbe dire Charlie con la sua boccaccia», gli spiegò l’avvocato, che evidentemente non era abituata a sentirsi dire di no. «Inoltre non sarai solo, la dottoressa Horia sarà con voi per assicurarsi che non accada nulla di male».
«Non è adorabile quando le persone parlano di te come se fossi invisibile?», domandò la boccaccia a Kari, con un certo fastidio.
La ragazza roteò gli occhi verso il cielo, avvicinandosi al mago. «Non me ne parlare, a me sembra di vivere in una specie di zoo da mesi: potresti staccare i biglietti, nel caso mi facciano tornare alla riserva, o vendere popcorn…»
Erano ormai di fronte all’ingresso del Ministero: sembrava incredibile che fosse nascosto in un punto così visibile, proprio nella nicchia sotto l’arcata di mattoni che si stagliava dietro il busto del vecchio Vlad. Chissà quanti Babbani passavano di lì, turisti e abitanti del luogo, e nessuno si rendeva conto del segreto che custodiva! Per coloro che, come il gruppetto, sapeva come stavano le cose, tuttavia, bastava fare il solletico alla giusta pietra perché una porta segreta nella parete si aprisse, permettendo così ai visitatori di passare attraverso i controlli – pesatura delle bacchette e registrazione dei propri intenti, una procedura abbastanza simile a quella del Ministero in Gran Bretagna – e accedere finalmente al cuore amministrativo della Romania magica. Ci fu qualche problema nello spiegare al mago che si occupava di quei controlli che sì, Kari era una Babbana e che no, non aveva il vaiolo da drago… Sebbene non fosse così poi lontano dalla verità. Evidentemente l’uomo non faceva attenzione alle ultime notizie, perché neanche per un momento gli venne il sospetto che la giovane dalle strane pustole in viso potesse essere la tanto temuta ragazza ibrido sulla quale avevano tanto speculato sulle pagine dei giornali.
«Probabilmente ha anche letto di te, ma ti hanno dipinto come un’enorme lucertola che tende a staccare la testa di tutti coloro le si parino davanti…», disse Charlie, senza sapere se essere amareggiato o divertito da quello scoop montato ad arte.
Kari sbuffò, stanca di quei problemi. Per la prima volta da tempo era in una città, in mezzo alla gente, ad assaporare un pizzico di tutto ciò che aveva perso dal suo rapimento. Non riusciva a essere felice di quell’uscita, anche se la cognata del suo amico assicurava che di lì a breve nessuno avrebbe preteso dei controlli così rigidi su di lei. Anche se Ovidiu avesse lasciato la casa di Charlie, lei non sarebbe tornata improvvisamente normale, non avrebbe rivisto suo figlio, né i suoi genitori e il fratellino. Ormai la nostalgia dei suoi cari iniziava a farle male, malgrado negasse quelle sensazioni spiacevoli.
«Allora, dov’è che dobbiamo andare?»
Nell’atrio del Ministero, era arrivato il momento di dividersi: Charlie e Hermione avrebbero proseguito fino all’aula principale, alle cui porte era accampata la stampa da ore, mentre il resto della comitiva avrebbe raggiunto una sala minore da un altro corridoio, così da non attirare troppo l’attenzione. Nessuno voleva un primo piano della ragazza drago sulle prime pagine dei giornali.
«Ti senti pronto?», domandò la strega quando furono rimasti soli.
«Perché, se dicessi di no, potrei tornare a casa?», domandò Charlie in risposta, ormai a disagio. Sulla strada per arrivare in aula aveva cercato di pensare il meno possibile a quanto sarebbe successo. Primo, perché Hermione gli aveva già fatto una testa come un uovo di drago a forza di suggerimenti e consigli sull’atteggiamento da tenere, il modo di rispondere e quant’altro dovesse fare una volta entrati lì dentro. Secondo… Perché effettivamente, come sua cognata, temeva cosa sarebbe potuto uscire dalla sua bocca: la sua tendenza ad apparire più giovane in genere gli portava dei vantaggi, specie nelle situazioni di crisi, poiché aveva una capacità di reazione ben più rapida di molti suoi coetanei, ma in quel frangente sapeva che non avrebbe giocato a suo vantaggio. Doveva apparire come un quarantacinquenne consapevole delle proprie azioni e responsabile, ed ecco il perché del completo elegante che il suo avvocato gli aveva comprato insistendo perché lo indossasse.
«Spiritoso, ora andiamo», replicò la donna indicandogli la via per il corridoio.
Il mago sospirò, sempre riflettendo su cosa lo stava aspettando. Il problema era che lui non aveva idea di come apparire serio: era sempre se stesso, molto ironico e pungente, sbrigativo quando non c’era tempo da perdere, facile a infiammarsi se si sentiva sotto accusa ingiustamente. Quando si trattava di organizzare una riunione di lavoro sapeva controllarsi e comportarsi al meglio, poiché la situazione lo richiedeva, ma si trattava di tutt’altra questione. Anche ai convegni, molti colleghi di tutto il mondo gli avevano spesso fatto i complimenti perché con il suo modo spiccio e personale di parlare era uno dei pochi oratori che si seguivano con piacere per tutta la durata del loro intervento. Tuttavia, era certo che nessuno di questi tratti tipici del suo carattere sarebbero tornati utili in quel frangente. Se con le proprie parole avesse peggiorato la situazione, Charlie non se lo sarebbe mai perdonato.
In quel preciso istante, però, un flash polveroso lo riportò alla realtà: un folto capannello di giornalisti si era avvicinato, riconoscendo probabilmente gli inconfondibili capelli rossi made in Weasley, e il teatrino stava per iniziare.
«Signor Weasley! Guardi da questa parte, prego».
«È vero che nella sua riserva segue esperimenti illegali, signor Weasley?»
«Dov’è la sua creatura, la ragazza drago? Vogliamo vederla!»
E via così, un fiume di domande e commenti inutili, provocatori, in cerca di un suo passo falso. L’interpellato, sgradevolmente al centro dell’attenzione, inghiottì a vuoto, preparandosi a passare attraverso il gruppo di curiosi senza dire una parola, come stabilito. Quello era il momento di Hermione.
La strega, che in quel momento gli stava artigliando un braccio – Charlie poteva chiaramente sentire le sue unghie attraverso la camicia e la giacca del completo – e proseguiva a camminare con lo stesso passo rapido, come se tutto quel circo non li riguardasse.
«Il mio cliente ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma di essere innocente dalle accuse contro di lui e controbatterà oggi la deposizione dell’Auror Horatiu Toculescu in cui viene indicato come principale colpevole di crimini contro i Babbani ed esperimenti illegali. Inoltre, è nostra intenzione chiamare a giudizio lo stesso Auror per l’abuso di potere operato nel corso delle sue cosiddette indagini e la non professionalità dimostrata nei confronti del signor Weasley», sparò a raffica Hermione con lo stesso modo che aveva di rispondere ai tempi della scuola, rapido e calzante da spiazzare anche i professori. «Ora, signori, se volete scusarci…»
Nessun’altra domanda li seguì, mentre raggiungevano l’aula, cosa che lasciò un po’ perplessa l’avvocato.
«Non avevo mai fatto così colpo», mormorò voltandosi per osservare i giornalisti che, ancora attoniti, sembravano come paralizzati dalla sua breve dichiarazione.
Charlie ridacchiò: «Non per offenderti, ma non sei tu. Qui difficilmente qualcuno osa sfidare un Toculescu, porta solo guai».
«Beh, allora stravolgeremo la normalità», rispose spiccia la donna. Se il problema erano i rischi che si correvano a pretendere qualcosa da un simil-Malfoy, su questo lei aveva una vasta esperienza.
L’aula era grande e buia: solo alcune candele illuminavano l’ambiente, troppo poche per essere efficaci, ma Charlie individuò senza difficoltà la sedia su cui era previsto si accomodasse, in mezzo alla stanza, di fronte al banco del giudice o della commissione che si sarebbe riunita per valutare il suo caso. Hermione avrebbe preso posto poco distante, per tirare fuori le sue carte e prepararsi alla sua introduzione, oltre che rivedere le domande da porre al suo cliente per dimostrare la sua innocenza. La corte non si era ancora riunita, ma oltre a una piccola stenografa che si stava scrocchiando le dita, sebbene la sua Penna Prendiappunti avrebbe lavorato per lei, nell’aula erano già presenti due persone.
Charlie non aveva mai conosciuto in prima persona il capo di Ovidiu, il primo Auror di Romania e responsabile del dipartimento, ma aveva visto abbastanza sue foto per riconoscerlo senza difficoltà. Quanto all’altro… Beh, era un volto fin troppo noto.
«Spero che le sue bugie siano finalmente svelate, signor Weasley, questa situazione è intollerabile», sibilò Toculescu quando i suoi diretti avversari comparvero. «Io esigo che…»
Il signor Grigore, un uomo grigio come sembrava suggerire il suo cognome, mise una mano sulla spalla del suo sottoposto per zittirlo. Un gesto che, registrò Hermione, dimostrava quanto avesse preso sul serio la minaccia di quell’azione legale. Quell’uomo le ricordò per un attimo Scrimgeour: aveva un aspetto molto più ordinario e meno faunesco del Ministro britannico tragicamente deceduto, ma aveva la stessa aria di chi aveva già visto troppe cose nella sua vita. Sperava soltanto di poter arrivare alla pensione senza doversi occupare di un’altra crisi senza precedenti, intuì la strega, e lei era quella arrivata a rompergli i Boccini quando ormai mancava così poco al tanto agognato traguardo.
Beh, valutò l’avvocato, mentre si sedeva al posto assegnato al difendere senza comunque perdere d’occhio la scena, quella sarebbe stata una leva da tenere ben presente e da spingere al momento giusto.
Non ci fu tempo per altre schermaglie tra le parti, però: nell’istante in cui Hermione apriva la sua cartella di pelle – regalo squisitamente babbano da parte dei suoi genitori – per recuperare i documenti da tenere sotto mano, la corte fece la sua comparsa in aula. Il primo a entrare fu Ureche, il distratto amministrativo che era stato inviato alla riserva per documentare le indagini, seguito da due maghi che sembravano stati obbligati a seguire l’udienza, dalle loro facce. Era una questione delicata, pensò Hermione, ma c’erano cose ben peggiori di cui occuparsi, in fondo!
Alle loro spalle, altre cinque persone si sistemarono sui seggi di legno scuro. Maghi e streghe che avrebbero dovuto prendere una decisione sulla faccenda.
«L’imputato dichiari le sue generalità», esclamò il primo mentre ancora stavano prendendo posto. Indossavano tuniche che di certo avevano visto giorni migliori, e buffe parrucche simili a quelle dei magistrati babbani inglesi, abbastanza usurate anche quelle.
«Charles Septimus Weasley, nato il dodici dicembre 1972», rispose pacatamente Charlie, preparandosi al fuoco incrociato di domande.
«Sa perché si trova qui, signor Weasley?», domandò l’altro mago con voce ancora più annoiata del suo collega.
 No, mi hanno rapito e portato qui di peso, pensò lui, tuttavia comprese che era meglio rispondere in maniera corretta come suggerito da Hermione e dire la verità. «Sono qui per rispondere alle accuse mosse dall’Auror Horatiu Toculescu e per dimostrare di aver subito un trattamento ingiusto durante le indagini dello stesso».
Alle sue spalle, Hermione annuì in maniera appena percettibile: il Veritaserum che aveva messo nel caffè del cognato quella mattina, faceva effetto. In questo modo il mago, non sapendo di aver assunto la pozione, si sentiva semplicemente portato a rispondere onestamente e senza inutili battute che avrebbero potuto indisporre la corte. Guardò in direzione dei due maghi che sovrintendevano all’udienza e notò che sembravano soddisfatti dell’inizio: l’avvocato sapeva che le dichiarazioni di Charlie sarebbero diventate così inoppugnabili che nel giro di mezzora sarebbe stato Toculescu nelle fauci del drago… Cioè, del consesso di maghi riunito.
Meglio non fare giochi di parole del genere, visti i pregressi.







Angoletto dell'Autrice: Salve a tutti, eccomi di nuovo qua! ^^
Buon anno un po' in ritardo a chi mi legge, in particolare questa ff. Come proposito per il 2012 voglio tentare di mantenere degli aggiornamenti in tempi _umani_ per quanto sia possibile nei miei mezzi.
Non sapete quanto mi dispiace far passare dei mesi, ma passo da 0 idee a TROPPE idee a ridicole sere in cui ho perfettamente il capitolo in mente e fisso Word come a pretendere che mi legga nel pensiero e lo scriva lui. E se pretendo una cosa del genere da un coso sminchio come Word (non so il vostro, il mio diventa sempre più sgrammaticato col passare del tempo! Adesso abbiamo difficoltà a distinguere tra meglio e migliore, ma ci credete?), vuol dire che sono proprio messa male. ç___ç
Comunque, questo capitolo si è abbastanza scritto bene, dal momento in cui sono riuscita a fermare la scimmietta che batte i piatti nel mio cervello e a pensarci su. Il quartiere di Lipscanu è questo, non so se la foto rende benissimo l'atmosfera che mi sono immaginata e che da quello che ho letto possiede questa zona della città (abitando io a Genova, i centri storici mi attirano senza pietà) e questa è Curtea Veche, detta anche casa dello zio Dracula. Sarà folle, ma mi sembrava il posto proprio perfetto per il Ministero della Magia rumeno.
A presto per il prossimo capitolo!

Rowi

PS: Grazie a tutte le persone che mi commentano/favvano/seguono/ricordano nonostante i miei tempi biblici. Siete sempre un sacco (*____*), il che mi fa pensare che comunque la storia meriti, malgrado i tempi di attesa. <3

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Capitolo 38
*** L'udienza ***


Angoletto dell'Autrice: Sì, lo so, credo di avere tutte le carte in regola per un bel linciaggio collettivo per _l'ennesima_ promessa di aggiornare in tempi umani... Ed ecco qua che sono passati altri cinque mesi. Sono veramente imbarazzante, lo so... Eccomi qua, comunque.
Rowi




La calma dell’avvocato straniero e le sue risposte nette e prive di sarcasmo dell’imputato stavano irritando profondamente Horatiu Toculescu. Accanto al suo capo, stava assistendo a un interrogatorio ben diverso da ogni colloquio che aveva seguito in precedenza: il responsabile della riserva per draghi era incline alla rabbia, dalla battuta pronta e terribilmente fastidioso… Buona parte delle accuse che gli aveva rivolto dipendevano dall’incapacità di Charlie Weasley nel portare avanti un discorso coerente e controllato, a dimostrazione che avesse qualcosa da rispondere e non sapesse produrre prove esaustive, ma con quell’atteggiamento stava annullando qualunque piano avesse escogitato.
Era così diverso dal solito che per un attimo Toculescu si convinse che avessero mandato un sostituto al suo posto con una bella dose di Pozione Polisucco. Tuttavia, l’imputato tra una risposta e l’altra guardava spesso nella sua direzione con un’espressione già vittoriosa, il che gli aveva tolto qualunque dubbio sulla sua identità. Potevano anche avergli fatto qualcosa per controllare la sua linguaccia, ma quello era di certo il mago che stava cercando d’incriminare.
Riguardo all’avvocato, l’Auror fissò la donna come a cercare di carpire qualcosa di lei che gli era ancora ignoto: sapeva che per matrimonio era imparentata con quell’odioso uomo dei draghi, e suo padre aveva detto che la strega aveva giocato un ruolo fondamentale per la guerra inglese di vent’anni prima, ma per il resto gli era sconosciuta. Horatiu non riusciva a capire che strategia si nascondesse dietro a quella calma apparente che stavano portando avanti: dov’era il trucco? Fissò ancora la donna con astio: la trovava irritante, così tranquilla e sicura del fatto suo, e non sopportava che prendesse appunti a mano, senza incantare la penna perché sfrecciasse da sola sulla pergamena facendo il lavoro per lei.
Comoda sul banco opposto, nel frattempo, Hermione teneva d’occhio non soltanto l’aula in cui si trovava ma, con un piccolo incantesimo, anche la stanza in cui i funzionari del Ministero stavano questionando Kari su quanto le era accaduto. Il foglio di pergamena che stava usando per gli appunti, infatti, era in realtà un modo per comunicare con Juditah senza che nessuno si rendesse conto della fuga di notizie. Un piccolo incantesimo innocuo, che le avrebbe facilitato il lavoro seguendo entrambi i suoi clienti difficili. Nessuno dei due avrebbe compreso o, nel caso di Charlie, accettato un simile sistema, ma la dottoressa si era trovata subito d’accordo: lei, infatti, poteva essere l’esperta sul piano clinico ed emozionale, ma ci voleva una giurista attenta e seria per interpretare al meglio la situazione. Juditah dal canto suo poteva notare le domande troppo provocatorie o le reazioni poco positive di Kari, ma con l’aiuto di Hermione poteva sollevare obiezioni più precise e intervenire in maniera più formalmente corretta, così da non inimicarsi i funzionari. Quel giorno il loro primo impegno era non solo comprovare l’innocenza di entrambi, ma anche smontare quell’immagine odiosa e poco rispettosa delle leggi che Toculescu aveva contribuito a costruire. Nessuno avrebbe giudicato Charlie Weasley innocente, senza prima concedergli almeno il beneficio del dubbio.
L’avvocato normalmente non si sarebbe avvalso di simili trucchetti, ma non potendo usare una Giratempo per essere nelle due stanze contemporaneamente quello era l’unico sistema per tenere tutto sotto controllo.
 
Va tutto bene? Si comporta come previsto?
 
Scrisse frettolosamente, attendendo che Juditah rispondesse dall’altra aula. Le due pergamene erano anche incantate in modo da apparire quali semplici appunti, se qualcun altro avesse sbirciato cosa avevano scarabocchiato le due donne.
 
È nervosa. E ci è toccato un funzionario morboso che punta a scoprire quanto è personale il rapporto tra lei e Charlie, il che ha un effetto su di lei simile a un calcio nei denti. Mi guarda spesso per mantenere il controllo, ma è molto vicina a crollare.
 
Hermione fece riferimento ad alcune leggi cui la dottoressa avrebbe potuto appellarsi per contenere le domande troppo personali, cercando di fare il punto della situazione. Kari aveva preso mezza dose di pozione per essere sicura di non perdere la testa, ma forse avrebbe dovuto insistere perché la assumesse tutta… D’altra parte, era importante darle fiducia e concederle la possibilità di badare a se stessa, su questo Juditah era stata chiara.
Era una situazione nuova anche per lei, doveva ammetterlo: in particolare, non avere un libro di riferimento per questa problematica, che includesse esempi di esperimenti simili avvenuti in passato, la innervosiva non poco.
D’altro canto, osservando Charlie poteva essere soddisfatta di come il Veritaserum avesse agito sul suo sarcasmo corrosivo. Il mago aveva riassunto il suo incontro con Kari e i mesi di osservazione sulle sue condizioni con una serietà e una professionalità tali da essere difficilmente messe in dubbio.
I due funzionari che seguivano l’udienza erano a conoscenza del suo piccolo trucco – reso legittimo dalla dichiarazione scritta e firmata dall’imputato in cui si acconsentiva all’uso della Pozione – e sembravano sufficientemente convinti della sua versione, il che faceva già cantare Hermione per la vittoria.
«Quindi ci sta dicendo che ha abbandonato per un mese la ragazza alle cure del suo collaboratore più fidato… Perché sua madre voleva trovarle una moglie?»
Qualche risata divertita si udì nell’aula, e la strega scosse il capo.
«Una tempistica pessima, ma ho acconsentito alle pretese di mia madre per due motivi: la prima, non volevo destare sospetti. Da anni i miei familiari mi chiedevano di prendere un periodo di vacanza più lungo da passare in Gran Bretagna con loro e tutti i miei nipoti, infatti… E, anche su consiglio del signor Costel, avevo bisogno di ragionare a mente fredda sul caso, per impedirmi di legarmi troppo alla signorina Ionesco e perdere la mia capacità di giudizio», spiegò Charlie con un mezzo sorriso. Sembravano trascorsi secoli da quando sua madre aveva preteso che uscisse con qualunque strega nubile del suo paese d’origine, altro che pochi mesi. Dovette ammettere con se stesso che, nonostante l’impiccio dei tanti appuntamenti al buio, era stato un ottimo periodo e, improvvisamente, sentiva la mancanza della famiglia. Lasciò correre quel pensiero e tornò a concentrarsi sull’udienza. «Il mio collega potrà confermarmi che quest'ultimo obiettivo purtroppo è fallito, perché da quando siamo riusciti a comunicare con lei ho preso talmente a cuore il destino di Kari Ionesco da non riuscire a vedere il pericolo a cui stavo esponendo la riserva. L’attacco che abbiamo subito qualche settimana fa mi ha aperto gli occhi, ma abbiamo corso un rischio enorme, che avrei dovuto prevedere e prevenire».
Non aveva agito da capo, era vero, ed era la prima volta che lo riconosceva. Il suo amico gli aveva rimproverato tante volte questo comportamento insensato, ma non lo aveva voluto ascoltare. Stava ammettendo tante cose che avrebbe dovuto dire a Misha, e non a quei due sconosciuti che lo fissavano con aria annoiata, per cui avrebbe dovuto scusarsi… Anche con il suo staff.
«Capisce che il suo rifiuto di prendere contatto con le autorità risulta molto sospetto, signor Weasley», aggiunse l’altro funzionario.
«Me ne rendo conto, ma le motivazioni di questa scelta, per quanto avventata, sono esclusivamente di diffidenza. Se fossimo in Gran Bretagna, forse avrei cercato volontariamente il Ministero fin dall’inizio, ma nel mio paese conosco molti dei burocrati e Auror che vi lavorano. Non voglio dire che i maghi rumeni siano più incompetenti… Ma l’ultima volta in cui la vostra istituzione si è intromessa pesantemente negli affari della riserva ci sono state perdite altissime, un morto umano e tante uova di drago distrutte», ricordò Charlie lanciando un’occhiata di sottecchi a Toculescu. «Non avendo le garanzie che la storia non si sarebbe ripetuta, e con un individuo potenzialmente instabile come la signorina Ionesco di mezzo, ho preferito fare di testa mia. Forse ho sbagliato, ma la situazione di cui stiamo discutendo è così particolare… Insomma, non ci sono precedenti, né linee guida precise a riguardo».
Né la certezza che, invece di aiutarla, qualche fanatico decidesse di studiare Kari per replicare la sua mutazione, ma questo riuscì a tenerlo per sé. «Sa, però, che potrebbe aver reso impossibile qualunque tipo di inchiesta per trovare i responsabili esterni, sempre che esistano?»
Charlie si fissò le mani callose e piene di cicatrici e segni di ustioni, prima di rispondere. Non esistevano elementi particolari su cui fondare qualunque ricerca, salvo i racconti frammentari di Kari e le spoglie di Luc. Erano ancora agli inizi… E doveva convincerli a lavorare insieme a lui. «Personalmente credo che qualunque indizio fondamentale sia nascosto nel procedimento che la signorina ha subito. Per questo vorrei il permesso per eseguire delle analisi invasive sul corpo del nostro aggressore, attualmente conservato nelle ghiacciaie della riserva: la chiave per qualunque indagine, che mi auguro porteremo avanti congiuntamente, è nascosta nel suo sangue e nelle alterazioni che ha subito».
Le ricerche, proseguì, dovevano cominciare dalla riserva, per capire se qualcun altro oltre a Luc fosse stato coinvolto: il magazzino aveva subito dei piccoli furti che, se lui non fosse stato morso da Kari, probabilmente non avrebbero notato così in fretta, per cui bisognava capire chi avesse trafugato il sangue di Dorsorugoso Norvegese che probabilmente era stato usato per trasformare la ragazza.
«Dunque, lei ammette che potrebbero esserci dei criminali nella sua organizzazione… Ma perché dovremmo credere che lei sia estraneo ai fatti?»
«Ho dedicato la mia vita ai draghi, alla loro tutela e salvaguardia», rispose con orgoglio Charlie. «Con i miei collaboratori, studiamo tecniche per sostituire i derivati magici come il sangue e la pelle, molto sfruttati nel nostro mondo, così da far diminuire il bracconaggio, non siamo scienziati pazzi. Mi farei sbranare piuttosto che operare un crimine contro la magia e la natura come quello di cui è vittima la signora Ionesco, è contrario a tutto ciò su cui ho fondato la mia esistenza lavorativa e umana».
I due funzionari si scambiarono uno sguardo d’intesa, quindi fecero cenno all’imputato di alzarsi: «Bene, ha risposto esaurientemente a tutte le nostre domande, ci serve solo una piccola conferma… Tiri fuori la lingua, per cortesia».
Charlie strabuzzò gli occhi a quella richiesta così insolita, ma vedendo che Hermione assentiva, ubbidì. Abbassando lo sguardo, riuscì a vedere che la lingua era macchiata di un azzurro pallido…
«Benissimo: come da precedenti accordi con il suo avvocato, certifichiamo che la sua deposizione è stata rilasciata sotto l’influsso del Veritaserum. Del resto, la sua versione collima con tutta la documentazione che la signora Weasley ci ha gentilmente allegato… Documentazione che manca quasi del tutto dalle carte prodotte dal signor Toculescu, in maniera inspiegabile, anche quando si tratta di atti edilizi registrati negli archivi del Ministero».
A quelle parole, Hermione ebbe la certezza di aver sentito la mascella di Toculescu sfracellarsi sul banco che aveva occupato. Era da chiedersi se fosse più sconvolto per l’uso della pozione della verità che rendeva sostanzialmente inattaccabili le dichiarazioni del suo rivale, o per l’accusa di negligenza che gli era stata appena rivolta.
A peggiorare la situazione del giovane, uno dei maghi seduti alle spalle dei funzionari richiamò l’attenzione con qualche colpo di tosse: «Sarebbe possibile ascoltare anche l’Auror Toculescu? Non abbiamo visto la sua relazione né le prove da lui prodotte, e faremmo molto più in fretta in questa maniera».
«Se la corte è d’accordo», aggiunse come un fulmine l’avvocato, «la difesa chiederebbe di far assumere la stessa pozione anche al signor Toculescu, così che entrambe le parti ricevano lo stesso trattamento».
L’Auror la fissò con odio, alzandosi in piedi di scatto: «È ridicolo, non sono io il criminale in discussione qui. Sto solo facendo il mio lavoro, e…»
«Horatiu, taci», disse quietamente il signor Grigore, che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi bassi e le braccia incrociate sul petto, riflettendo su ogni parola che era stata pronunciata in quell’aula. «È una richiesta giustificata e non dovresti preoccuparti, se non hai nulla da nascondere e sai di aver lavorato attenendoti alla legge».
Toculescu, che fino a quel momento aveva contato sul sostegno del superiore, tacque, messo in un angolo.
Sta valutando se sia il caso di lasciarlo in pasto alla corte, realizzò Hermione. Era la soluzione più indicata, in effetti, per il responsabile degli Auror in Romania. Sarebbe stato molto più semplice e decoroso per il suo ufficio riconoscere la sventatezza di un singolo, ancora giovane per di più, accecato dai suoi trascorsi personali con l’imputato che ammettere le proprie responsabilità… Sebbene lui fosse stato proprio lui a mandare Toculescu a occuparsi della riserva.
 
Hermione, ho chiesto una sospensione. Qui le cose non stanno andando per il meglio, si sta agitando sempre di più. Il tizio che ci è stato assegnato è un vero maniaco.
 
Il messaggio comparso all’improvviso sulla sua pergamena non le piacque per niente. Dannazione, proprio ora che per Charlie le cose si stavano mettendo bene… Prese la piuma e scrisse la risposta freneticamente, cercando un buon motivo per bloccare l’udienza della ragazza senza svelare il loro piccolo trucco per comunicare.
 
Valuta se non sia il caso di portarla via. Se non riesci a trovare una giustificazione medica, minacciali, piuttosto, fingete uno svenimento… Quello che vuoi, ma non deve perdere il controllo qui, o siamo tutti finiti.
 
Forse avevano accelerato troppo i tempi? Hermione dovette obbligarsi a tenere la concentrazione alta su quello che stava succedendo nella sua aula, non potendo intervenire per Kari senza mandare tutto all’aria.
«Va tutto bene?», domandò Charlie, che era tornato a sedersi accanto al suo avvocato.
La strega gli rispose senza neanche guardarlo: «Dobbiamo muoverci, la tua ragazza drago non sta reagendo bene».
«Potevi dirmelo, del Veritaserum».
«Ti sei detto d’accordo ad assumerlo, per cui non ce n’era bisogno. Se non si sa di averlo preso, la mente combatte meno il suo effetto, lo ricorderai, e inoltre ne ho versato nel caffè una goccia minuscola, così da condizionarti soltanto per non dire sciocchezze… Ma se te lo chiedessero, nel caso, ne hai preso di più», rispose a mezza voce Hermione. Era cambiata, studiando legge, diventando più calcolatrice, tuttavia non se ne dispiaceva: se avesse rispettato le tre gocce previste, Charlie avrebbe espresso molto più apertamente e senza controllo il suo disprezzo per il Ministero, e non potevano permettersi l’immagine del sobillatore contro il potere.
Il mago non disse nulla, preferendo rimandare qualunque discussione a un momento e un luogo più sicuri, e cercò di sforzarsi per mantenere per sé la sua soddisfazione, mentre Ureche in persona somministrava tre gocce di siero della verità a Toculescu. Per un attimo, nella sua mente comparve un chiaro ricordo di una lezione di Pozioni, in cui Piton, in uno dei suoi momenti di sadismo, per spiegare gli effetti di quel tipo d’intrugli aveva suggerito di usarlo come cavia per una dimostrazione.
Tre gocce e svelerà tutti i suoi segreti più intimi a tutta la classe, signor Weasley, aveva detto con un malcelato divertimento. Rabbrividendo per quel flash improvviso, Charlie fissò Toculescu: il giovane Auror si guardava intorno con aria spaventata, consapevole di quanto stava per accadere.
«Allora, signor Toculescu: lei fin da subito ha indicato il signor Weasley come principale sospettato e probabile colpevole, prima ancora di avere delle prove consistenti in mano», esordì il mago che aveva parlato poco prima. «Perché lei è così convinto che il signor Weasley, sebbene la sua versione dei fatti sia coerente e senza menzogne, sia il responsabile di questo crimine? Sono accuse gravi, quelle che porta avanti…»
«Perché deve essere colpevole», rispose quasi ringhiando l’Auror. Il Veritaserum scopriva le sue emozioni, insieme alle sue reali motivazioni, anche se sul suo volto restava evidente una gran paura. «Deve pagare per quello che è successo a mio zio, ecco perché. Di certo non è una persona normale quella che decide di dedicare la sua vita ai mostri della sua riserva».
Grigore, al suo posto, strinse i denti. Non sarebbe stato semplice uscire dall’imbarazzo di quella situazione, anche incolpando di tutto il suo giovane sottoposto: conosceva i trascorsi tra la famiglia di Horatiu e la riserva, ovviamente, visto che era toccato a lui ad andare tra i Carpazi ad accertare la morte del suo collega e amico Florentin, eppure aveva lasciato andare il nipote senza imporsi.
«Quindi lei non si è basato sulle prove per sostenere le sue accuse?»
«Non ho trovato niente che confermasse i miei sospetti, quindi mi sono basato su elementi che sarebbero potuti apparire incriminanti. Per questo non ho chiesto al signor Weasley una copia degli atti di approvazione per la costruzione della camera di massima sicurezza in cui è stato segregato per un po’ quel disgustoso ibrido», disse con disprezzo Horatiu, incapace di controllare le proprie parole, «né ho cercato gli originali negli uffici del Ministero: le date e le motivazioni avrebbero contestato la mia teoria».
Qualche altra domanda e fu ormai inconfutabile che il giovane aveva lavorato in maniera pessima poiché spinto a incriminare Charlie a prescindere dalla verità dei fatti. Una corte sdegnata si ripromise di intraprendere un serio provvedimento disciplinare nei suoi confronti e, con tanto di scuse, lasciò andare l’imputato.
«Non è finita qui, signor Weasley: il nostro inviato sul campo, il qui presente Ureche, continuerà a valutare i fatti e gli elementi, mentre il signor Blaga rimarrà a casa sua per ulteriori controlli… Ma se non uscirà nulla di davvero compromettente, saremo i primi a cercare un accordo per proseguire le indagini in altre direzioni, insieme», concluse uno dei due funzionari.
Charlie annuì, sapendo che ormai non aveva più nulla da temere… Almeno per vie ufficiali, perché lo sguardo pieno di odio di Horatiu non prometteva nulla di buono. Al momento, però, quel ragazzino viziato era l’ultimo dei suoi problemi: il mago fece cenno a Hermione che poteva concludere i salamelecchi di ordinanza da solo, mentre Kari aveva bisogno di un suo intervento, temendo che la ragazza fosse troppo sotto pressione. Non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma se Juditah temeva di non riuscire a contenerla la situazione doveva essere sul punto di esplodere.
Ascoltò la pronuncia definitiva, felice finalmente di sentirsi riabilitato a lavorare nella riserva – non essendoci serie motivazioni per impedirgli di tornare in ufficio – ma si rese conto di poco altro, preso com’era dalle sue preoccupazioni. Di certo non si accorse dello sguardo stranamente soddisfatto che aveva Ureche, mentre salutava con una stretta di mano tutte le persone che lo avevano aiutato. Quel burocrate così distratto e sbadato, in genere, non si era perso neanche uno scambio di battute dell’udienza e aveva seguito le diverse esposizioni con particolare attenzione.
Probabilmente, se Charlie non fosse corso via in direzione dell’aula in cui la sua amica stava esponendo la sua versione, lo avrebbe visto avvicinarsi all’Auror sconfitto e parlargli in modo sommesso… Qualunque cosa i due si dissero, improvvisamente l’espressione di Toculescu da sconfitta divenne vittoriosa e malvagia, come se gli fosse appena stata servita su un piatto d’argento una magnifica occasione di vendetta.

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Capitolo 39
*** Inseguimento nel bosco ***


«Avevamo concordato qualcosa, mi sembra», sbottò Hermione rientrando a casa. «Avevamo detto che saremmo stati superiori a queste stupidaggini!»
«Sì, ma non avrei mai creduto che quel bastardo avrebbe esordito chiedendo quante volte sono stata a letto con lui», rispose Kari con lo stesso tono, ferita e umiliata.
La strega era riuscita a interrompere gli eventi prima che la ragazza drago perdesse l’ultimo briciolo di autocontrollo, evitando dunque il peggio, tuttavia non era affatto contenta di com’erano andate le cose. «Beh, dovevi aspettartelo. Tenterò d’inficiare questa deposizione segnalando che io non ho potuto essere presente e che i testimoni hanno notato una volontà palese di metterti in difficoltà e di orientare la deposizione su elementi non pertinenti, ma se ti faranno parlare un’altra volta, e se io lo permetterò, tutto questo non dovrà più ripetersi, mai più».
C’erano persone che avevano bisogno di urlare per rendersi minacciose, ma di certo tra queste non figurava Hermione Granger: da ragazza, la voce le si sarebbe alzata, diventando acuta e leggermente isterica, ma la guerra e la ricostruzione l’avevano resa più controllata. Quando erano usciti dal tribunale, con Ovidiu al seguito, non si era quasi fermata a salutare Juditah, sebbene questa avesse fatto tutto ciò che poteva per tenere la situazione sotto controllo, e aveva guidato il piccolo gruppo a casa a passo di marcia, precipitandosi nel camino della via magica per togliersi dalla strada. Nessuno aveva osato spezzare quel silenzio, finché la strega inglese non aveva cominciato a redarguire la ragazza drago in quel modo. Persino Ted, che quella mattina era rimasto a casa a studiare su un grosso libro di testo che gli aveva procurato la sua nuova mentore, era rimasto stranito nel vedere le espressioni degli amici, nonostante gli esiti postivi dell’udienza vera e propria.
«Avanti, Hermione, non è il caso di essere così dura…», tentò di mediare Charlie, che a sua volta non aveva aperto bocca sulla via del ritorno, dopo essersi sincerato che Kari stesse bene. Lo imbarazzava che fosse stata sottoposta a quelle domande vergognose, mentre nella sua seduta, sebbene avessero chiesto anche a lui che tipo di rapporto ci fosse tra loro, c’era stato molto più rispetto per la sua sfera privata. Probabilmente non c’entrava nulla che la ragazza fosse la vittima della situazione, semplicemente. Da bravo retrogrado morboso, il burocrate che aveva condotto l’interrogatorio aveva dato per scontato che, in quanto donna e ben più giovane di lui, fosse stata lei a sedurlo.
Nessuno sembrava ritenere possibile che Charlie la stesse aiutando per amicizia, per compassione, o per semplice senso di responsabilità… No, ovviamente dovevano avere una storia, o quanto meno aver fatto del sesso, altrimenti perché rischiare tanto? Era veramente stufo di queste sciocchezze, e non osava pensare come stesse lei.
«Sì che è il caso, perché se non saprà controllarsi qui andremo tutti in pasto al drago», lo interruppe la cognata senza mezzi termini. La metafora usata rischiava di essere fin troppo letterale, e quando si accorse dello scivolone la donna sospirò, cercando di controllarsi un poco. «Mi dispiace di essere dura, Charlie, ma non ha senso stare settimane a cercare di tirarvi fuori, se lei non riesce neanche a essere superiore a un vecchio maiale che dovrebbe andare in pensione per non fare danni».
Kari sembrò sul punto di replicare con lo stesso tono, ma qualcosa la trattenne e lasciò la cucina sbattendo la porta che portava sulla piccola veranda.
«Ecco, potremmo fare tranquillamente a meno anche di queste scene melodrammatiche…» sospirò l’avvocato.
«Lasciala stare: siamo tutti qui a dirle cosa fare, cosa provare, quando avrebbe bisogno solo di un po’ di spazio» rispose Charlie scuro in volto. Era il momento di fare qualcosa, o l’avrebbero persa. «Perché non ti occupi del pranzo, se ti va? Puoi mandare i due ragazzi qui in città a prendere una pizza, o del cinese… O anche qualcosa di caratteristico da quel ristorante di cui ha parlato Ovidiu, perché no? Quello che preferite».
Hermione intuì quello che c’era dietro fin troppo facilmente, ma decise di lasciar fare al cognato. Era la sua dragonessa, in fondo, e se c’era qualcuno che poteva calmarla… Beh, quello era lui. E in quel modo, mandando i ragazzi a fare la coda in qualunque posto volessero prendere da mangiare, lei si sarebbe cambiata in albergo, scalciando via quelle maledette scarpe e indossando la sua morbida e caldissima tuta di felpa. Ora che gli impegni ufficiali erano conclusi, non aveva senso continuare a torturarsi in quel modo.
«Va bene, come preferisci. Ne approfitterei per fare un po’ di spesa, visto che questa casa sembra davvero un ostello della gioventù… Sul serio, in bagno mancano un sacco di cose perché quattro persone vivano decentemente!»
Charlie ebbe la decenza di arrossire, ricordando convinto che sua cognata non avrebbe apprezzato l’idea che lui e Kari avessero diviso lo spazzolino per un paio di giorni fino a quando lei non lo aveva obbligato a comprarne un altro, dunque si limitò a raccomandare ai due giovani – che di lì a poco si trovarono incastrati in un supermercato Babbano con la strega – di dare una mano, quindi uscì a cercare la ragazza drago.
Il freddo pungente lo schiaffeggiò con violenza, sebbene fosse quasi mezzogiorno. Evidentemente la mattina era stato troppo preso da tutti i suoi casini giudiziari per badare al tempo e ora la natura si vendicava. Charlie si strinse nel cappotto e lasciò la veranda, camminando goffamente e con una certa lentezza per via della neve alta. Avrebbe dovuto scavare dei camminamenti con un getto d’aria calda come avevano fatto a Bucarest, pensò: in genere, poiché la sua casa serviva solamente per mangiare e dormire, per andare al lavoro più in fretta si Smaterializzava direttamente dall’interno, tanto che non aveva neanche mai badato davvero al pezzo di terreno che possedeva, su cui nella bella stagione cresceva incolto ogni genere d’erbaccia… Ma con tutta la gente che abitava ora con lui, poter fare due passi all’aperto sembrava l’unico modo per stare soli con i propri pensieri, anche a costo d’intirizzirsi.
Fece il giro intorno alla casa, senza trovare la ragazza. Non poteva essere certo scappata e – guardando meglio – le sue impronte finivano in veranda. Charlie alzò lo sguardo verso il cielo, che quel giorno era incredibilmente limpido, con un orribile pensiero in mente.
E se fosse volata via?
«Kari?», chiamò alla fine a gran voce, cercando di non apparire in ansia. Aveva le capacità e i mezzi per farlo, ma l’idea che fosse scappata lo angosciava da morire. Possibile che avesse buttato alle Mandragole tutti i loro piani?
«Sono quassù», si sentì rispondere dopo qualche istante dai rami di un fitto abete. La voce era tetra, e il volto, una volta che il mago riuscì a intravederla nella macchia verde scura delle fronde, mostrava una gran frustrazione.
Charlie cercò un punto per arrampicarsi sull’albero, ma i rami partivano troppo in alto per tentare di salire. «Hai intenzione di scendere?»
«A dire il vero no, non subito almeno. Avevo bisogno di cambiare prospettiva», rispose laconica.
Non vuoi proprio renderla facile, eh? Eppure basterebbe così poco…
Charlie si augurò di aver visto abbastanza dell’abete per evitare la dolorosa esperienza di comparire intorno a un ramo e con un sospiro incrociò le dita e si Smaterializzò.
Con un po’ di fortuna, quando ritornò visibile era seduto al fianco della ragazza drago, tutto intero e senza parti dell’albero ad attraversarlo. Pfiu…
«Dimenticavo i vostri trucchi», borbottò Kari scoccandogli un’occhiata torva. Si era trasformata solo parzialmente, e le scaglie di ali e coda rilucevano al sole che filtrava tra i fitti aghi del fogliame. Era buffo sentirsi dare del prestigiatore da una persona in quello stato, pensò il mago, ma era meglio non accusare il colpo e cercare di scusarsi, così da farla ragionare.
«Mi dispiace se ti sei sentita offesa, ma Hermione vuole solo aiutarti. Può essere dura nei modi, ma è dalla tua parte e si preoccupa solo che tu rimanga libera».
«Ed è proprio questo che rende tutto così maledettamente difficile» esclamò esasperata, sbattendo le ali per la frustrazione. «Sono tutti così dannatamente carini e disponibili, tua cognata, Juditah… Persino Ovidiu, nel suo piccolo! Mi sento in colpa perfino a pensar male di loro, per tutto quello che stanno facendo per me».
Era stanca, disse. Sentiva di non poter nemmeno esprimere quello che davvero pensava, figuriamoci agire come voleva. Non che chiedesse molto, ma non riusciva più a starsene seduta tutto il giorno in attesa di un’udienza, una lezione della sua dottoressa o chissà cosa. Stava impazzendo a forza di cercare di tenere tutto sotto controllo, senza mai poter sbottare per paura che tutti si preoccupassero inutilmente per lei.
«Ti sembrerò un’ingrata…» continuò con un profondo sospiro.
«Tutt’altro, dovresti prendertela più spesso per la mia organizzazione scadente. Mi sono occupato di sistemarvi tutti per dormire, di mettere da mangiare in tavola, di crearti un ambiente tranquillo per gli esercizi con Juditah e di preparare una difesa valida con Hermione», riconobbe Charlie contando sulle dita. «E mentre smanio per tornare al lavoro, mi dimentico che tu sei qui… A girarti i pollici. O a tentare di annodarti la coda, è un passatempo anche quello».
Kari guardò verso il basso e notò che aveva agitato tanto la sua estremità dragonesca da annodarla davvero, senza rendersene conto. Sbuffando, la portò in alto e, tenendola ferma tra le ginocchia, liberò l’estremità mentre scuoteva la testa imbronciata. «Non so neanche prendermi cura della mia coda».
«I draghi quando nascono ce l’hanno abbastanza corta, sai? Cresce con loro, così ne acquisiscono consapevolezza col passare del tempo. A te è spuntata tutta in un colpo…»
«Non me lo ricordare, ti prego».
«Preferiresti dimenticare? Convincerti che hai sempre avuto le scaglie e la coda?» domandò ironico lui, preoccupato dal tono rassegnato di Kari.
«Vorrei tornare normale, dannazione!» esclamò la ragazza agitandosi con veemenza, al punto che entrambi rischiarono di cadere dal ramo.
Charlie la guardò piegare la testa, sconfitta e furibonda, e ci pensò su. «Quello che ti serve davvero, secondo me, è un modo per sfogarti un po’. Juditah ha ragione quando t’insegna a controllare il drago, ma deve esserci anche un momento per liberarti di questa rabbia repressa… Non puoi certo tenerti tutto dentro!»
«E cos’hai intenzione di fare?»
«A me piace volare, quando ho bisogno di rilassarmi un po’, e tu hai gli accessori inclusi…»
Kari sbuffò, come se si fosse attesa una proposta più interessante. «In questo momento vorrei che ci fosse un altro Luc da prendere a calci, onestamente».
«Allora prova ad acchiappare me».
«Come, scusa?»
«Mi hai sentito… Solo un secondo», disse tirando fuori la bacchetta. «Accio scopa!»
Dalla casa si udì rumore di vetri infranti, segno che il manico di scopa di Charlie aveva preso la via più rapida per raggiungere il suo proprietario, ma in pochi istanti fu davanti ai due.
Charlie lo prese al volo e lo inforcò, con un sorriso. «Prova a prendermi, se ci riesci».
«Con quel legnetto? Posso fare il giro della foresta e ritorno prima ancora che tu sia partito».
«Non sottovalutare la mia scopa», rispose sdegnato il mago accarezzando il legno laccato del manico. «Guarda che è italiana, me la sono fatta portare da un collega… Sono le migliori, parlando di modelli da corsa».
Era forse l’unico lusso che si era mai concesso, un investimento notevole, ma il pallino per il volo gli era rimasto fin dai tempi della scuola e aveva voluto togliersi uno sfizio con ciò che aveva messo via dei suoi primi tre anni di stipendio. Poteva sembrare un po’ superata come linea, ma era un modello incredibile, che teneva il vento come poche scope Charlie avesse mai provato.
Nel vederlo così entusiasta dell’oggetto che aveva in mano, Kari scosse la testa: «L’unica cosa certa è che, Babbani o no, voi maschi siete sempre a sbavare su cose inutili. E se ti prendo, che succede?»
«Starà a te deciderlo… Sempre che tu ci riesca!» esclamò Charlie prima di partire a razzo.
Kari lo guardò allontanarsi con l’espressione di un gatto pronto alla caccia: si sfilò le scarpe e i pesanti calzetti, così da poter trasformare i suoi piedi in lunghe zampe munite d’artigli, perfette per quella sfida, e si liberò anche del cappotto, che la legava nei movimenti. A dire il vero dovette faticare non poco per quest’ultima operazione, perché le ali rendevano impossibile sfilarlo senza finire di rovinarlo irreparabilmente: presa dall’eccitazione e dall’impeto di non lasciare al mago troppo vantaggio, la ragazza lasciò cadere al suolo sotto di lei i cenci che si era strappata di dosso e si lanciò all’inseguimento.
Spalancò gli enormi arti aggiunti e cominciò ad aggirarsi tra gli alberi, con tutti i sensi in massima allerta: Charlie si era nascosto bene, o almeno così sarebbe stato se avesse avuto i capelli di un colore meno evidente. La sua zazzera rossa, infatti, avrebbe spiccato sul verde e bianco degli abeti innevati anche per un essere molto più ottuso e distratto di lei.
Le bastò qualche colpo d’ali per portarsi sulla sua scia, ridendo alle sue spalle per la velocità con cui lo aveva trovato, quando lui deviò all’improvviso, con una finta degna di qualunque campione di Quidditch. Per non perderlo, Kari fu obbligata ad aggrapparsi al tronco di un albero spoglio e usarlo come asse per correggere la sua traiettoria. Quella dannata scopa italiana scartava davvero come un’auto da corsa, realizzò, e forse anche meglio.
Mentre l’aria gelida le solleticava il viso, la ragazza drago s’impegnò a raggiungerlo ancora, certa che questa volta non sarebbe riuscito a sfuggirle, ma Charlie aveva ancora un sacco di trucchi da sfoderare: il mago, infatti, puntò dritto verso un grosso albero poco distante, portando poi il manico di scopa verso l’alto all’ultimo istante. Come aveva previsto, Kari era così concentrata a stargli dietro che non aveva visto l’ostacolo che le si parava di fronte e andò a sbattere contro il tronco, pungendosi con mille aghi sottili.
«Tutto bene?», le gridò lui stazionando in volo poco distante, mentre tratteneva a stento le risate.
In risposta, una poderosa fiammata lo mancò di appena pochi centimetri. La dragonessa non aveva gradito.
«Ehi, niente fuoco qui!» disse ancora Charlie, colpito: accidenti, c’era mancato davvero un soffio. «Rischiamo di far scoppiare un incendio per una sciocchezza, attenta…»
Approfittando di quel momento di smarrimento, Kari balzò fuori dalla chioma dell’albero per acchiapparlo, inutilmente: il mago infatti si portò subito fuori portata e riprese la fuga.
«Tanto ti prendo» urlò la ragazza riprendendo l’equilibrio. Ogni tanto si dimenticava della coda, che la trascinava subito verso il basso, ma per il resto volare era una sensazione davvero piacevole. Il vento era molto freddo ma sapeva di libertà, la prima che avesse provato da molto tempo, e il suo istinto di drago, represso tanto a lungo, si stava godendo ogni minuto di quella caccia improvvisata.
Tanto più che era evidente che Charlie si divertiva quanto lei: il mago si sentiva come un adolescente, sembrava tornato agli allenamenti con la squadra di Grifondoro, come se stesse schivando un Bolide impazzito.
«Allora, sei già stanca?» le gridò da una decina di metri più avanti, curvando bruscamente di lato.
Fu la provocazione di troppo: Kari strinse gli occhi, cercando di intuire che direzione avrebbe preso lui, e poi si guardò intorno per trovare una via tra i rami che le avrebbe permesso di tagliargli la strada così in fretta da non permettergli nemmeno di rendersene conto. Eccola lì, talmente ovvia da chiedersi perché non l’avesse individuata prima. E dire che quando doveva guidare aveva un pessimo senso dell’orientamento…
Kari si librò con eleganza, sfruttando il vento per limitare il vantaggio della mirabolante scopa da corsa contro cui gareggiava, e sparì dalla visuale del mago, preparandosi a colpire in silenzio. Nel frattempo, Charlie indugiava: impegnato com’era a canzonarla, non aveva notato lo studio della ragazza drago per trovare il modo di raggiungerlo senza farsi notare, e improvvisamente si trovò da solo nel bosco. Di nuovo gli venne il terribile dubbio che la donna avesse approfittato del momento confuso per darsela a gambe, ma poi girò la scopa e s’inclinò un poco sul manico, tenendo le mani vicine.
Era la sua posizione da ascolto, la stessa che aveva imparato ad assumere a Hogwarts per cogliere i piccoli suoni metallici del Boccino d’Oro nel caos della partita sottostante e che aveva poi ripetuto nei suoi anni da guardiano di draghi per non farsi prendere di sorpresa dalle sue lucertolone. Dovette ringraziare quell’addestramento, perché se non avesse udito spezzarsi un ramo a una decina di metri probabilmente sarebbe stato acchiappato: Kari si fiondò all’improvviso su di lui, infatti, ma Charlie ebbe la lucidità per piegarsi di più sulla sua scopa e lanciarsi a folle velocità verso il suolo.
Frustrata per aver fallito ancora una volta, lei lo inseguì senza pensare né prepararsi a interrompere la picchiata: non aveva mai sentito parlare di finte Wronski, del resto, né poteva sapere che il mago aveva intenzione di frenare al momento perfetto per non cadere a terra come un proiettile. Charlie vide la distesa bianca sempre più vicina al punto quasi da sentirne l’odore pungente e allora sterzò bruscamente. Kari, quando capì cosa sarebbe successo, riuscì a malapena ad allargare le ali in modo da rallentare almeno un poco, quindi si voltò sulla schiena per attutire il colpo. L’impatto fu meno duro di quanto si sarebbe aspettata, ma probabilmente lo doveva alla sua pelle blu e dotata di scaglie, si disse… A dolerle, alla fine dei conti, era l’orgoglio.
«Ti sei fatta male? Accidenti, credevo che l’istinto ti avrebbe detto quando interrompere la picchiata…» disse a mo’ di scusa il mago, atterrando all’istante per vedere come stava la ragazza.
«Credo che il mio istinto fosse più concentrato a commentare quanto sembra succulento il tuo posteriore», ammise lei arrossendo un poco. «Sto bene, questa pelle da drago è più resistente di una corazza».
Sentendosi tuttavia le orecchie in fiamme, Charlie glissò sul primo commento e le tese una mano per aiutarla a rialzarsi. Contrariamente a quanto si era aspettato, però, Kari non si rimise in piedi, ma lo tirò con sé nella neve.
«Accidenti, è gelida!», strepitò lui, colto del tutto di sorpresa. Poi realizzò quanto fossero vicini, troppo, e che l’espressione della ragazza non prometteva nulla di buono. Se per un attimo si era convinto che volesse soltanto rendergli la pariglia, gli bastò uno sguardo per capire che le sue intenzioni erano ben altre.
«Ogni volta che usciamo tu ed io finiamo per terra, com’è possibile?», domandò lei con aria innocente, accostando il suo viso ancora di più a quello del mago.
L’uomo deglutì, ancora una volta in preda a emozioni contrastanti. Sapeva a cosa si riferiva, alla giornata di libertà prima dell’attacco di Luc, quando nella foresta della riserva un Grugnocorto aveva avvertito il suo nuovo odore di femmina di drago e aveva provato ad avvicinarla. Charlie l’aveva spinta a terra per impedire che reagisse contro l’animale, e lei lo aveva baciato. La questione era caduta lì, poiché Kari subito aveva detto che non aveva significato niente… Ma l’analogia con la situazione in cui si trovavano non gli faceva pensare a nulla di buono.
«Siamo molto distratti, Misha decisamente sarebbe d’accordo» si giustificò cercando di alzarsi e liberarsi da quel momento d’imbarazzo.
«Charlie…» Kari gli mise un braccio intorno al collo, ma il mago la fermò prima che potesse continuare. Si decise a mettersi in piedi, così da mettere più distanza tra loro.
«No, torniamo a casa», la interruppe con severità. «Non… Non è il caso, credimi».
Che il Weasley dei draghi non avesse tatto era risaputo, ma la ragazza ci rimase male ugualmente, allontanandosi di scatto. «Perché, perché sono così?»
Si toccò una delle ali, fissandolo con sfida. Anche per te sono un mostro, gridavano i suoi occhi già pieni di lacrime.
«Sì, ma non nel modo in cui credi tu», rispose dopo qualche secondo, sospirando poi a lungo. «Non sarebbe giusto per te in questo momento… Tu hai bisogno di me».
Era difficile esprimere sentimenti a cui ancora non aveva dato un nome. Tuttavia, la ragazza drago era troppo importante per lui, a prescindere dalla piega che avrebbe preso il loro rapporto in futuro. Non avrebbe buttato tutto al vento per un momento d’impulsività.
Ma Kari non lo stava più guardando; ancora stesa a terra, si era voltata a fissare gli alberi più lontani, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Si sentiva ferita: ora che aveva deciso di fare un tentativo, dopo tanto tempo passato insieme, venire respinta in maniera così secca era un pugno nello stomaco. Non avrebbe dovuto, lo sapeva, ma dopo quelle assurde insinuazioni al Ministero qualcosa in lei aveva deciso che fosse arrivato il momento di agire.
Quanto meno, l’avrebbero messa sulla graticola per qualcosa di reale… E poi si sentiva sola, inutile negarlo. Abitava in una casa decisamente sovraffollata, ma soffriva di malinconia per la vita che conduceva prima, per la sua famiglia lontana.
Forse non erano i motivi giusti per provarci con Charlie, eppure quel secco no era terribile.
«Pensi che stia facendo questo per assicurarmi che tu sia dalla mia parte?», gli domandò con voce piatta.
«No, ovviamente no! Io voglio aiutarti sul serio, e lo sai», replicò l’uomo con veemenza. «Sai benissimo quanto sto rischiando per darti una mano, ma ho deciso di farlo perché voglio che tu torni normale, che tu possa riabbracciare tuo figlio e la tua famiglia».
Il mago girò intorno alla ragazza, in modo da poterla guardare in viso, e ripeté quel gesto quando lei si girò dall’altra parte.
«E allora, se ancora vorrai avere a che fare con me, io ci sarò», continuò lui con un sorriso.
Kari sbuffò, scettica: «Sempre che i tuoi amici al Ministero non decidano che una stupida Babbana come me non deve sapere nulla del vostro mondo! Mi cancelleranno la memoria, se mai tutto questo finirà».
Era probabile, Charlie non osò negarlo. Avrebbe di certo provato a impedirlo, ma se il tribunale avesse deciso di inviare gli Obliviatori lui non avrebbe potuto opporsi.
«E allora io verrò a cercarti, e mi conoscerai di nuovo. Chissà, magari mi troverai odioso e insopportabile».
Che lo volesse o no, quell’ultima frase fece scoppiare a ridere Kari, che poi si passò le mani sul volto, esausta.
«Giusto. E poi non mi hai mai visto al mio meglio, sempre che tu non mi preferisca davvero con le corna e le squame come sostengono quei gentiluomini dell’inquisizione».
Charlie sorrise, tenendo per sé che la trovava molto affascinante anche in quello stato. Perfino quand’era trasformata, aveva qualcosa di speciale: il drago probabilmente tirava fuori un lato del suo carattere più combattivo e tenace, rendendola splendida. Tuttavia, era meglio non palesare quei pensieri, o avrebbe reso inutile tutto il brillante discorso di poco prima.
A toglierlo dall’impiccio fu proprio Kari, che lasciò perdere quei ragionamenti per tornare seria. «Charlie, quell’incantesimo che volevi provare…»
«Il Legilimens?»
«Sì, credi che potrebbe funzionare anche con i sogni?», domandò lei tornando a guardare la foresta. «L’altra notte credo di aver visto qualcosa del luogo in cui ero imprigionata, ma al risveglio mi è sfuggito di mente, era tutto troppo confuso».
Il mago esultò: forse avevano finalmente una traccia, dopo tutto quel tempo! Fece per prendere la bacchetta dal taschino, così entusiasta da voler provare all’istante, ma subito cambiò idea. Era stata una giornata lunga e stressante per tutti, non aveva senso correre e rischiare di peggiorare le cose.
Misha gli aveva chiesto di comportarsi da adulto, e mettere ancora sotto pressione la ragazza drago dopo la faticosa visita al Ministero poteva essere controproducente. No, meglio aspettare qualche giorno, rimandare a quando anche Juditah sarebbe stata presente prendersi una serata libera, senza pensieri troppo gravi.
«Possiamo tentare, ma non ora», confermò seriamente. «Adesso torniamo a casa, ti lascio il primo turno in bagno. Aspettiamo Hermione e i ragazzi, mangiamo qualcosa… C’è tempo».
La ragazza annuì e fece sparire le ali e la coda, che iniziavano a esserle d’impiccio. «Mi faresti provare la tua scopa? Anche perché, ora che non ho alcun coniglio da acchiappare, non ho la minima idea di dove siamo finiti», propose Kari con una punta d’imbarazzo. L’istinto del drago era tornato silente, e lei la solita umana senza senso dell’orientamento.
Charlie inforcò la scopa e si spostò più avanti, proprio come se fosse stato in sella a una moto, facendole posto: «Salta su».
Presero subito il volo e scoprirono che il cottage non era poi così lontano, anzi, e che sulla veranda la sagoma di Hermione li aspettava per dividere il cibo che aveva comprato con i suoi due assistenti. Dovevano aver passato molto più tempo a rincorrersi per la foresta di quanto avesse creduto, pensò la ragazza drago. Era il momento di rientrare.
Abbracciata al mago per timore di cadere, Kari si domandò se quel pomeriggio nel bosco le avesse davvero fatto bene. Il ragionamento di Charlie aveva senso e voleva essere rispettoso nei suoi confronti, tuttavia…
Il drago dentro di lei, anche se tranquillo, sembrava essere rimasto profondamente offeso dal suo rifiuto. Ricacciò indietro la frustrazione, cercando di godersi quel momento di pace. Alle loro spalle, il sole cominciava a calare.




Angoletto dell'Autrice: Salve a tutti, spero che vi sia piaciuto il capitolo nuovo... E che l'attesa sia valsa la pena. Come al solito, sono disponibile alle lamentele, anche voleste dirmi "Imbecille, quanto ci fai aspettare?!", nel caso fareste benissimo. XD
Grazie per aver letto anche questo, alla prossima! ^^

Rowi

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