how about die?

di alicecascato
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** the start of a war ***
Capitolo 2: *** the silence before a storm ***
Capitolo 3: *** on our way to die ***
Capitolo 4: *** why are you fighting? ***
Capitolo 5: *** Fearless ***
Capitolo 6: *** Coming Back Home ***
Capitolo 7: *** Winter ***



Capitolo 1
*** the start of a war ***



~~Scesi correndo le scale facendo scivolare le dita lungo il corrimano,l'orologio segnava le dieci in punto e un rigolo di sudore freddo mi leccava lento la spina dorsale,attraversai il portone principale e  incrociai gli sguardi vuoti dei dipinti appesi alle pareti,trattenni il fiato sentendo passi lontani,erano le dieci e cinque,avevo superato il coprifuoco di molto,ancora una volta,ma i rumori erano morti e le stanze sembravano prive di anime,entrai piano nel mio dormitorio e finsi di essere lì da sempre,il fuoco al centro della stanza pulsava fioco come il sangue che si prosciuga dalle vene sottili,lo ravvivai senza farci troppo caso e mi infilai sotto le coperte,la notte era sempre di fretta,nessuno sapeva come afferrarla.

 


“-Non finirà mai.”
“Chi te lo dice?” Ashton calciò un sasso ed esso finì dentro al lago,ed era proprio così la vita,tanto fragile da essere affogata con una sola spinta.
“Va sempre avanti,non si ferma mai.” guardai dritta davanti a me.
Sentii i suoi occhi puntati addosso come volessero trapassarmi.
“In realtà,tu potresti fermarlo.”
“Tu ne sei capace?” lo guardai con l'intenzione di entrargli dentro.
“No.” camminò più veloce e io rimasi ferma.
“E allora facciamolo insieme.” alzai la voce e lui si fermò voltandosi.
“Aspetta,che cosa?  Io-”
“Salviamoci.”
Aveva il mondo negli occhi e tutto stava cadendo,cercai di afferrarlo al volo.
“Credi sia possibile?”
“Hai detto che io potrei farcela,farò in modo che anche tu ci riesca.”
Mi sorrise in modo elegante e composto,come cercasse di proteggere quell'equilibrio sterile,come se mi importasse.
“Ora andiamo dentro.” parlai piano,sperando un po' che non mi sentisse,ma lui si avvicinò ai miei occhi e sorrise ancora,prima di voltarsi e lasciare andare le imbragature che mi garantivano di non
morire cadendo.

Entrai sotto i porticati e continuai a camminare,guardando il mondo nel modo in cui ero capace di guardare solo dopo essere stata con Ashton,lui rendeva tutto così fragile.
Percorsi i corridoi esterni con passi corti,stretta nel mio vestito troppo leggero mentre il vento mi tagliava le guance.
Amber si avvicinò a me con il fiato corto,i capelli che le cadevano davanti al viso e il vestito troppo corto che le tirava in vita e la faceva sembrare sul punto di rimanere in biancheria intima.
“Ehi,ehi.” disse con il tono di sufficienza che la distingueva.
Non le risposi sperando avesse qualche argomento pronto per cui valesse la pena di sprecare fiato.
“Hai sentito la novità?” chiese,poi,dopo troppo tempo.
“Non credo.”
 “Questa notte è sparita un'altra ragazza,si dice la guerra stia per cominciare.”
Trattenni il respiro pregando scherzasse.
“Di che parli? Insomma non può essere,sono anni che vige una tregua tra noi e le streghe della Virginia.”
“Vengono dal Montana.” disse con una serietà che non le apparteneva.
“Le streghe dei boschi? Ma come? La migliore amica di mia nonna era una di loro,sono pacifiche.”
“Qualcuno di noi ha ucciso la loro Strega Guida,sembra non vogliano mostrare pietà questa volta.”
“Non discendono nemmeno da Salem,saremo sicuramente più forti noi!” esclamò una ragazzina che non avevo mai visto con i capelli biondi e lo sguardo arrogante.
“Non dire sciocchezze,le streghe di Salem non andarono soltanto a New Orleans,molte di loro si rifugiarono tra le montagne e lì vivettero per sempre,certo forse conoscono meno di noi il mondo,ma nessuno ci garantisce che non abbiano incantesimi più efficaci o sappiano orientarsi meglio nel buio.” spiegai calma.
La ragazzina non parlò e Amber la guardò in maniera tale da costringerla ad andarsene.
“Morirà anche lei.” dissi piano,con un velo di ironia.
Amber scoppiò a ridere.
Camminai a passò spedito,Amber sembrò faticare a starmi dietro.
“Dove stai andando?” chiese col fiato corto.
“Devo parlare con una persona,tu vai in classe,ti raggiungo.”

 

Entrai nella serra,verde come non mai sebbene l'inverno si avvicinasse pericolosamente,era ricca di fiori,così grandi e diversi. Lei era là,con la testa piegata su qualche stana boccetta piena del sangue che continuava a sottrarmi senza rendersene conto,che avrebbe dato vita a qualche meravigliosa pianta esotica. I miei passi suonarono rumorosi nel silenzio che sembrava proteggerla dalla vita reale.
“Heather?”
Alzò lo sguardo,gli occhi stanchi di chi non dorme da notti intere,il viso corrugato,sottili rughe le delimitavano gli angoli bocca e i capelli,sembravano spenti ,sebbene biondi,come sempre,raccolti male e di fretta.
“Perché non me ne hai parlato?”
Il suo volto si distese e la pelle le tirò,vicina a strapparsi.
“Chi te l'ha detto?”
“Come potevi pensare che non lo sarei venuta a sapere? Tutta la scuola non fa che parlarne!”
Il sangue salì a le mie guance e abbandonò le mie gambe,che tremarono confuse da questa mancanza.
“Sono affari che non vi riguardano,e tu dovresti essere a lezione.”
“Hai intenzione di punirmi per questo?”
“Perché fai così? Sei arrogante e presuntuosa solo con me,non capisco.”
“Sono arrogante e presuntuosa con chi non mi dice la verità,soprattutto se quella persona è mia madre.”
“Non sempre si può sapere la verità.”
“Dovresti conoscermi abbastanza bene da sapere che se non me la dici tu,la scopro da sola.”
Il suo viso era ancora pallido,ma la ruga al centro della fronte era corrugata più che mai,sospirò rumorosamente.
“Sta cominciando una guerra,faresti meglio a prepararti e imparare tutto ciò che puoi,attaccheranno presto,nessuno sa come,ma sicuramente solo chi sa difendersi può sopravvivere.”
“Non c'è modo di scappare?”
“Vuoi davvero scappare?”
“Voglio solo che non gli succeda niente.”
“Ashton sa quello che fa.”
“Io non credo.”
“E allora aiutalo a salvarsi.”
“È quello che sto cercando di fare.”
“Ma scappare non conterà a nulla,loro sanno dove trovarvi. Ora vai,si è fatto tardi.”
“Ciao mamma.”
“Sii coraggiosa tesoro.”
Mi allontanai piano,forse aveva ragione Ashton,una fine c'era,c'era eccome.

 

Allungai il braccio dietro di me per prendere il biglietto che mi stava sventolando ansimante Calum.
Lo afferrai e cercai di capire cosa significassero quelle parole,lettere ammucchiate e poi troppo distanti,dicevano.
"Appena finisce la lezioni vieni nel sotto scala del terzo piano (nessuna cattiva intenzione tranquilla) per favore,è importante."
La signora Benden non mi guardava nemmeno,essere una delle migliore alunne della scuola aveva i suoi pregi.
Scrissi velocemente:
Io:Di che si tratta?
Calum: È un po' complicato.
Io: Se è per ciò che è successo stanotte,so già tutto.
Calum: Oh,bene,ma vieni lo stesso,dobbiamo parlare.
Io: Okay.
Mi voltai e cercai di concentrarmi sulla lezione,ma Calum mi toccò la spalla con un dito e mi mimò un grazie con le labbra,gli sorrisi e aprii il mio libro.
solo chi sa difendersi può sopravvivere.
Aveva ragione lei,potevo difendere me stessa benissimo,ma non avevo idea di come difendere tutti coloro a cui tenevo,loro non potevano farcela da soli,non erano abbastanza forti e io forse non ero abbastanza forte per tutti.
La lezione finii e io raccolsi le mie cose il più velocemente possibile,cercando di impedire all'ansia di divorarmi. Mi voltai per cercare Calum ma era già sparito,allora corsi quasi cercando di non farmi vedere.
Salii le scale desiderando con tutta me stessa di avere le ali.
Il sottoscala del terzo piano era un luogo che probabilmente conoscevamo davvero in pochi,era pieno di polvere e senza finestre ma era sicuro,più sicuro di qualunque altra cosa.
La porta era chiusa e la aprii ripetendo a bassa voce una delle parole chiave.
La porta si socchiuse e io entrai piano,qualche candela illuminava la piccola stanza,Calum era seduto in un angolo e accanto a lui c'erano Ella e Michael.
Salutai con la mano e mi sedetti accanto a Michael.
“Che c'è?” chiesi piano.
“Hanno preso Josie!” disse allarmata Ella,il suo volto sembrava colare come la cera della candela,avevano preso la sua migliore amica.
“È,oh signore,è lei la ragazza che hanno preso? Come hai fatto a non accorgertene? Siete compagne di stanza!”
Michael mi diede una gomitata ma io lo ignorai.
“L'ho sentita alzarsi e mi ha detto che doveva andare in bagno,devono averle fatto un incantesimo.”
Michael e Calum mi guardavano,preoccupati per ciò che avrei potuto dire,ma non dissi nulla.
“Dobbiamo partire,prima Annabeth,ora lei! Domani partirà una spedizione di anziani,andranno a parlare con gli anziani dell'altra congrega,noi dobbiamo andare con loro e riprenderci Josie,parla con tua madre e convincila,con la sua approvazione ci manderanno,ti prego Heath.” Calum era serio come non lo era mai stato da quando lo conoscevo,aveva gli occhi così pieni da poter strabordare da un momento all'altro,lui amava Josie e l'aveva persa.
“Non posso,Calum sai meglio di me che mia madre non ce lo permetterà mai,sono già in viaggio,non l'hanno ancora dichiarato ufficialmente,ma la guerra è già iniziata.”
“A loro non importa di Josie,hanno solo paura che possano danneggiare la loro merda di congrega! La lasceranno uccidere se serve!”  aveva la voce alta e il viso arrossato,Ella aveva il viso nascosto tra le mani e Michael non faceva che guardarmi,come se avessi davvero potuto cambiare le cose.
“Mi dispiace Calum.”
“Partirò comunque,anche senza il loro permesso!”
“Calum sei diventato pazzo?! Non durerai un giorno senza la loro protezione!”
Michael lo guardava scioccato.
Calum si alzò perché nessuno potesse vedere le lacrime che non era riuscito a soffocare.
“Devo andare a lezione.” disse senza guardarci e chiuse la porta evitando di sbatterla.

 


SPAZIO AUTRICE:
Okay,inizio con il presentarmi,mi chiamo Alice e questa è la mia prima fanfiction sui 5sos,come primo capitolo non è molto e non è affatto chiaro ma giuro che si capirà tutto meglio andando avanti,devo dire anche che non ho mai scritto una fanfiction ambientata in un luogo del tutto inventato.
Vorrei aggiungere anche che ho preso molto ispirazione dai libri di Harry Potter per descrivere l'istituto e ammetto che ci potrebbero essere allusioni ad American Horror Story: Coven, non mi prendo il merito per cose non sono completamente mie.
Detto questo,spero con tutto il cuore che vi piaccia e abbiate voglia di leggere anche il prossimo capitolo. Se volete lasciate una recensione,mi farebbe davvero piacere.
Un bacio, Ali

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Capitolo 2
*** the silence before a storm ***


~~Lo scricchiolare delle foglie secche sotto i miei piedi,mi ricordava tutto quello che,come esse,avevo schiacciato in tutti quegli anni con tutto il mio peso e la mia forza,spesso si tende a scappare da ciò a cui si è destinati e io ho vissuto esattamente così,lottando ogni giorno per mostrare a tutti che si sbagliavano,che valevo più di mia madre.
Gli alberi ormai spogli colavano su di me come volessero immobilizzarmi con i loro rami curvi e lunghi,il cielo era grigio e non avevo nessuna ragione per cui essere felice,ma sentivo che una tempesta stava per bagnare quelle foglie rigide e aride,stava per costringerle ad appiccicarsi l'una a l'altra,sempre più in basso.
Ashton era sotto l'albero più curvo su se stesso di tutti,immerso nella lettura di uno di quei libri proibiti che si ostinava a leggere.
Mi sedetti accanto a lui senza dire una parola,perché era così che andava tra noi,non c'erano conversazioni inutili,a lui non piaceva parlare e io amavo farlo,ma lui rendeva tutto freddo e reale,mi faceva morire le parole in gola da tutta la vita,e giuro,nessun altro al mondo ne era capace.
"Calum vuole morire" disse piano,con la voce rauca di chi non parla da tempo.
"è innamorato"
“Quando si ama bisogna anche saper valutare i rischi.”
“E che ne sai tu dell'amore?”
“Più ti quanto ne sappia tu sicuramente.”
“Quando ami non ci sono limiti,moriresti per quella persona.”
“C'è qualcuno per cui tu moriresti?”
Non c'era nessuna verità da rivelargli,sarei morta per lui anche cento volte.
“Tengo troppo a me stessa.”
“Odio quando fingi con me.”
Mi capiva così bene,non potevo scappare da lui.
“Morirei per te,morirei ogni giorno per l'eternità.”
“Ma non succederà mai.”
“E perché?”
“Perché io combatterò sempre al tuo fianco,sempre.”
Appoggiai la testa alla sua spalla e chiusi gli occhi,il suo profumo mi riempiva il cuore,era l'odore della vita che va avanti,del passato,del sangue e di tutta la cenere che mi circondava.


Quella sera sala da pranzo era piana di un silenzio carico di paura,tutti bisbigliavano la stessa cosa “stanno arrivando,la guerra sta per cominciare.”
Luke scalò velocemente quando mi vide arrivare,per lasciarmi a sedere accanto a Ashton,non che ce ne fosse realmente bisogno. Il pollo mi guardava nel piatto,come volesse ricordarmi anche lui tutte le responsabilità  che mi stavo caricando sulle spalle.
Michael non fece che parlare tutto il tempo cercando di far ridere Calum,Luke rise rumorosamente ad ogni sua battuta,e Ashton sorrideva ogni volta che qualcuno lo guardava,io continuavo a leggere libri che non mi avrebbero davvero salvata,ma almeno mi davano l'idea.
“E se stasera suonassimo un po'? Giusto per non pensare troppo?” propose Michael.
“Michael,sappiamo che domani cambierà tutto,non vedo come potremmo non pensare,forse sarebbe meglio,non so...” Luke parlò con il suo solito tono gentile e un po' impaurito,come se quello che stesse dicendo fosse sbagliato,qualunque cosa riguardasse.
“Michael ha ragione – mi voltai,sorpresa dal sentire la voce di Ashton – non cambierà niente passare la notte a leggere libri pieni di incantesimi,domani sarà uguale in ogni caso. Per cui perché no?!” Ashton invece a differenza di Luke parlava poco,ma quando lo faceva sembravo così convinto di quello che diceva che nessuno al mondo,forse solo io,avrebbe potuto dubitarne.
Luke non disse niente e annuì senza incontrare lo sguardo di nessuno,tenevo davvero a Luke,era una di quelle persone così pure che a volte mi veniva da piangere solo pensando a quanto male il mondo era capace di fargli. Gli sorrisi perché sapevo che quelli come lui ne avevano bisogno,continuamente.
Eravamo nella vecchia aula di divinazione,mamma ce l'aveva completamente ceduta,Luke e Michael non facevano che tirare corde e intonare suoni strani con le chitarre tra le braccia,Ashton e Calum parlavano sotto voce accanto alla batteria. Intanto Ella messaggiava,a dire la verità io e Ella non eravamo nemmeno così amiche,lei era una di quelle ragazzine che si chiudevano in bagno durante le ore scolastiche per rimettersi a posto il rossetto,stava ferma nei corridoi e sghignazzava alle spalle di chi non era alla sua altezza,ma era gentile,e passavamo davvero tanto tempo insieme,spesso c'era anche Josie, e poi c'era Marianne,la adoravo perché era la persona più particolare e carismatica che conoscessi,forse dopo Michael,amava Marilyn Manson e il suo idolo era Aretha Franklin,passava le giornata a disegnare cose assurde e a parlare a vanvera,era bella e intelligente,aveva la risata facile e leggeva tanti libri,eravamo amiche dalla prima volta che aveva messo piede qui,lei era azzurro brillante,se esiste un colore simile,era pura e limpida ma aveva una luce tutta sua ed era così brava ad emanarla.
Ero proprio accanto a lei e continuavo a parlarle,sicuramente non mi stava ascoltando,intenta a disegnare uno strano albero.
Cominciarono a suonare tutti insieme e io smisi di parlare,in genere quando facevano le prove non stavamo con loro,ma quella sera non me ne sarei andata per niente al mondo,e probabilmente anche Ella e Marianne la pensavano così. Non eravamo le loro ragazze o studentesse del primo anno che gli morivano dietro,eravamo tutti amici,forse Ella era più amica di Josie che di noi,ma stava qui sicuramente perché non sapeva dove andare.
Amavo vederli suonare,perché mentre Ashton metteva tutto se stesso contro quella batteria,sembrava fosse in grado di prosciugare tutta la morte che aveva dentro.
Calum e Michael si vedeva che la musica la amavano davvero,Michael era una di quelle persone che si appassionano a tutto,andava totalmente in parallelo con il mondo,ma sembrava non gli importasse affatto,lui aveva le sue chitarre,i suoi strani cd e i suoi amici,e forse aveva ragione,questo era l'importante. Calum invece era sempre sorridente,talmente sorridente da metterti felicità solo a guardarlo,aveva una risata rumorosa e una voce così bella,era forte e determinato,come se la vita gliene avesse fatte tante e ora non volesse più cascarci,non sono sicura che questo sia successo realmente.
Luke guardava sempre il vuoto,parlava poco e sorrideva spesso,quando suonava quella chitarra e cantava,sembrava che il dolore potesse uscire finalmente anche fuori,e si vedeva bene che era più leggero,perché tutto quel peso gravava anche su chi lo stava ascoltando,come volesse schiacciarlo.
Mi venne improvvisamente voglia di andarmene,perché volevo piangere e urlare che non era giusto,quella poteva essere l'ultima volta che suonavano tutti insieme,nessuno di loro meritava una fine simile,Josie non lo meritava,mi strinsi le ginocchia vicine al petto,e infilai la testa nel buco che creavano,piansi e nessuno se ne accorse,quelle come me di solito non lo fanno.


Quando terminarono di suonare mi sentii come se fossi stata completamente svuotata e il panico mi invase lo stomaco,come se tanti serpenti si stessero diramando dentro di me e mirassero a stritolarmi. Ashton si avvicinò a me,lui aveva notato che piangevo,lui sentiva quello che avevo dentro,lui era in grado di  vedere attraverso l'armatura.
Doveva essere tardi,molto tardi,perché i rumori,anche i bisbigli,erano spariti,ognuno fece per andare nella proprio stanza,io non ero in camera con Marianne,purtroppo,Amber era la mia compagna di stanza,ma non passava quasi mai la notte lì,così strinsi la mano di Ashton e cominciai a camminare,lui non disse niente e mi seguì.
Mi chiusi la porta alle spalle,il fuoco era spento.
Mi sedetti sul letto e Ashton fece lo stesso,con una naturalezza che mostrava tutte le volte che l'aveva fatto prima. Contai fino a sei,ma al sette cominciai a piangere,era strano,non riuscivo a controllarlo,forse avevo davvero paura.
“Andrà tutto bene.” sussurrò con un sorriso.
Ashton non mi mentiva mai per tranquillizzarmi,chissà perché lo stava facendo.
Volevo parlare e dirgli che lo amavo perché dopo sarebbe stato troppo tardi,ma tutte le parole mi si accumularono in gola e scivolarono via con singhiozzi scomposti. Mi sdraiai perché non volevo che mi vedesse piangere,ma lui mi seguì,eravamo così vicini che se non lo avessi baciato sarei morta,ma scelsi di morire,perché quello era il mio destino,perché non c'era nient'altro da fare.
Lui mi abbracciò e mentre unii le mie mani intorno alla sua vita,sentendolo così vicino,capii che lui non se n'era ancora andato,non era come tra Josie e Calum,lui era qui,e non potevo permettere che qualcuno me lo portasse via,e avrei combattuto,non mi sarei arresa,nascosi il viso tra il suo collo e le sue spalle e finii di piangere,e poi cercai di dormire pensando che lì ero dove sarei voluta stare per sempre.

 

 

La mattina seguente a colazione,tutta la sala era in silenzio,solo il rumore sottile e ovattato delle forchette che di tanto in tanto prendevano contro al piatto,aspettavamo notizie,tutti quanti,nessuno sapeva niente.
Persino Luke,che saltava sempre la colazione era lì,a fissare il suo piatto quasi vuoto.
E persino Michael e Marianne che parlavano sempre,erano zitti,tutti troppo pieni di emozioni per poterle esternare.
Ero felice in quel momento di non essere in grado di entrare nelle loro teste,perché di ansia ne avevo già abbastanza per conto mio,intrappolata in quella ragnatela troppo stretta per farmi sentire protetta.
 Guardai Ashton,i suoi occhi verdi fissare il buio e le sue labbra incastrarsi fra i denti,le mani gli tremavano e anche se non potevo sentire i suoi pensieri,la sentivo pulsare,circolava nel suo sangue e nel mio come una potente dose di eroina,ma era paura,che forse fa più male,perché ti tiene sveglio e ti tira la pelle.
Zia Olimpia entrò con passi decisi,e arrivò velocemente al centro della stanza,rimase lì per un po' eretta sui suoi tacchi alti e il suo vestito elegante e discreto,i capelli biondi erano legati,ma non come quelli di mia madre,i suoi erano perfettamente tirati e acconciati,il suo sorriso tremava ed ero sicura che anche lei lo stesse facendo dentro. Poi parlò,con voce sicura.
“Tutti i ragazzi di età superiore ai quindici anni,prego,mi seguano.”
E con la stessa velocità con cui aveva parlato,lasciò la stanza. Mia alzai in fretta per seguirla,Ashton mi guardò e io provai ad imitare lo sguardo sicuro di Olimpia,probabilmente fallii miseramente.
Nel giardino proprio fuori la sala,tutti gli insegnate e gli anziani erano riuniti davanti a noi,sentivo la pressione di tutti quegli occhi contro.
Elizabeth era la nostra Strega Guida,erano più di vent'anni che lo era,fece un passo avanti e ci guardò come se provasse compassione,come se vedesse già il sangue scorrere.
“Stanno arrivando,non voglio che ci siano morti inutili,per cui ragazzi miei,dovrete andare a casa loro,vi divideremo in squadre,non possiamo sapere quando attaccheranno,ma posso assicurarvi che lo faranno. Per cui tirate fuori il coraggio,vi chiameremo per nome,andrete dall'insegnante che vi verrà affidato e vi spiegherà tutto. Potete farcela,salveremo questa congrega e questa scuola.”
I nomi cominciarono a scorrere,eravamo numeri,nessuno di noi esattamente dal momento in cui sentiva il proprio nella lista ne aveva più uno,indipendentemente da come sarebbe andata.



 


Holaaaa!
Eccomi qua,con tutta la calma del mondo (sono pessima lo so),ecco il nuovo capitolo,so che non succede niente di particolare ma suppongo sia una specie di capitolo di passaggio e ho anche cominciato un po' a descrivere meglio i personaggi principali.
Voglio specificare,se non si era capito,che questa non è solo una storia d'amore,certo principalmente Ashton e Heather sono i protagonisti,ma non voglio essere banale!
Mi auguro di non aver fatto troppi errori di battitura perché ad essere sincera non ci ho guardato molto,ahahah
Ne approfitto per farvi gli auguri di buona Pasqua in ritardo e buon rientro a scuola (si fa per dire ahah).
Ringrazio la mia unica recensione!
In ogni caso,spero vi piaccia.
Un bacione.
-Ali (twitter: @fightnay youtube: allie.effe)

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Capitolo 3
*** on our way to die ***


~~Eravamo tutti insieme,tutti da Olimpia,ne fui felice perché lei valeva tanto,ci radunammo in un angolo,Olimpia era al centro e ci guardava con sguardo più materno di quello che aveva avuto quella mattina.
In mezzo a noi c'erano ragazzi e ragazze che avevo visto poche volte,altri addirittura che non conoscevo affatto.
“Partiamo questo pomeriggio,non dovete portarvi molto,il treno è alle due in punto.”
“Quanto staremo via?” chiese una voce sottile e spaventata dietro di me.
“Il meno possibile speriamo.”
“Saremo solo noi?”
“No,ci saranno tutti gli appartenenti alla nostra congrega,non preoccupatevi,siete i migliori che abbiamo,ce la faremo.”
Tutti parlavano ma nessuno abbastanza forte da farsi sentire.

 

 

Non c'era niente da portarsi dietro,niente sarebbe tornato,forse nemmeno noi.
Amber si stava passando la matita nera sotto a gli occhi,mentre io cercavo di seppellire tutto il dolore.
Guardai fuori dalla finestra e notai che il sole illuminava gli alberi spogli e il lago sembrava brillare,noi stavamo per morire ma la vita andava avanti,in un modo o nell'altro qualcuno in quel momento stava spegnendo le candeline del proprio sedicesimo compleanno,qualcuno aveva appena incontrato l'amore della sua vita,qualcuno aveva salvato un gattino dalla strada,perché è così che vanno le cose,non c'è modo di cambiarle e di dargli un ordine.
Mi sedetti sul letto e cercai di sentire un'ultima volta l'odore della vita che stavo per lasciare e di immortalare l'immagine di quella che ero in quel momento,perché non sarei mai più stata la stessa.
E poi lasciai andare tutto,presi le mie cose,e uscii dalla stanza a testa alta,ricordandomi che non c'era nessuna ragione per cui essere debole.

 


Mi ritrovai alla stazione,con accanto le persone a cui tenevo di più al mondo,non avevo nemmeno salutato mia madre,ma probabilmente era troppo tardi,guardai Olimpia e mi chiesi se potesse capire,certamente poteva leggere la mia mente se solo l'avesse voluto,e pregai che lo facesse,che potesse aiutarmi.
“Heather,tesoro,vieni qui un secondo.” disse piano e in tono materno.
La seguii, felice che mi avesse ascoltato.
“Volevo dirti che ce la puoi fare e di stare tranquilla. Questa è la battaglia della tua vita,sento che tu potrai essere la prossima Strega Guida,ci sono tante aspettative nei tuoi confronti.”
La guardai come se avesse appena detto la cosa più spaventosa che io avessi mai sentito.
Il suo sorriso di incoraggiamento mi stava trafiggendo.
“Che cosa? Io non posso...”
“Tu puoi. Sei la strega più potente della tua età e i tuoi poteri continuano a crescere,ogni giorno,puoi farcela e lo sai,c'è una luce dentro di te,tu brilli più degli altri,Heather.”
Lo diceva come se ci credesse davvero,ma io non lo facevo affatto,sapevo di valere tanto,ma non avrei mai pensato fino a quel punto.
Sorrisi e cercai di mandare fuori a piccoli soffi tutto quello che avevo dentro,insieme ad una risata isterica.
“Cosa dovrei fare?”
“Devi essere te stessa,usare tutti i tuoi poteri e non farti uccidere. Non è poi così difficile.”
“Okay.” dissi piano.
“Ah,Zia,non ho nemmeno salutato la mamma.”
“Non preoccuparti,tornerai presto.”
Mi strinse le mani fra le sue e mi sorrise,i suoi occhi brillavano di orgoglio,non potevo deluderla,non potevo deludere nessuno.
“Sii forte,ce la farai.”
Le sorrisi e me ne andai,forse ce la potevo fare.

Il treno era già arrivato e non c'era quasi più nessuno sul marciapiede,Ashton era lì,lo raggiunsi e afferrai la sua mano.
Ci sedemmo in uno scompartimento vuoto perché non riuscimmo a trovare gli altri,potevano essere gli ultimi istanti,gli ultimi istanti.
“Olimpia mi ha detto che,potrei essere la prossima Strega Guida.”
“Oddio.”
Lo guardai stupita dalla risposta,non era da Ashton.
“Che c'è? È il mio sogno da una vita. Ti rendi conto? Vorrebbe dire passare alla storia!”
“È questo che vuoi? Passare alla storia?”
“Mi conosci abbastanza bene da sapere tutti i miei sogni a memoria,ed è quello che vuoi anche tu,no?! Tutti vogliamo essere ricordati.”
Sentii il freddo entrarmi nelle vene e cercai di scacciarlo via graffiandomi il braccio fin troppo forte.
“Essere ricordata non ti cambierà niente,tanto tu sarai morta.”
“Oh Ashton ti odio quando fai così! Qual è il tuo problema?”
Sapevo bene qual era il suo problema e mi sentii davvero stupida appena le parole mi sfuggirono dalle labbra.
Lui non mi  rispose e infilò le mani nella tasca della felpa.
“Ma non capisci? Nessuno ti verrà a salvare! Ti devi salvare da solo Ashton,prendi la tua merda di vita e rendila migliore! Le cose non cambiano col tempo,devi essere tu a non rassegnarti!”
Raccolsi tutto il coraggio che possedevo in quel momento per dire quelle parole.
Lui mi guardò e nei suoi occhi lo vidi,era potente come un uragano,nessuno sarebbe potuto sopravvivere a tutto quel dolore.
“Avevi detto che ci saremmo salvati insieme.”
Volevo scappare via,mi sentivo come se dopo quelle parole avessi tradito una promessa.
“Spesso ci si ritrova da soli se chi combatte con te getta la spugna.”
“Tu hai gettato la spugna?”
Ero sicura che avesse capito.
“Tu. Tu hai gettato la spugna,mi hai lasciata da sola e non te ne faccio una colpa,ma io mi sono tirata su con le mie gambe.”
“Sappiamo tutti che sei tu quella forte qui.”
Nessuna lacrima si stava avvicinando,io ero forte,più di lui,più di tutti.
“Ti amo troppo per lasciarti affogare.”
Fissai il modo in cui si stringeva i polsi,come ad aprire ancora le ferite,come se il dolore lo tenesse sempre ad un metro di distanza da tutti.
Lo guardai e notai che questa volta erano i suoi occhi ad essere vicini alle lacrime.
“Non c'è niente che tu possa fare,mi dispiace Heather,ma non preoccuparti,quando sarai sul trono e avrei salvato centinaia di vite,nessuno penserà ad Ashton Irwin.”
Era inutile continuare a parlare.
Gli presi i polsi delicatamente,senza stringere troppo,sapevo che gli avrei fatto male e non volevo farlo.
Lui sembrò agitato,come se gli stessi per leggere il diario segreto.
Sospirai e lo guardai dritto nelle iridi verdi.
Era il momento,il momento di dimostrare a me stessa che non ero solo forte,ero anche coraggiosa,perché non mi sarei mai più lasciata  avvolgere dai rimorsi.
Mi avvicinai piano,senza lasciargli i polsi,mi resi conto di essere davvero vicina alle sue labbra solo quando mi accorsi che delle lacrime bollenti segnavano le sue guance,ma non mi fermai,le sue labbra erano screpolate e calde quasi quanto le sue lacrime,mi sentii così vicina a lui,era come se finalmente mi avesse concesso di fare almeno un passo dentro di lui,ed era davvero importante per me,conoscevo Ashton da tutta la vita,ma poi piano piano crescendo si era creato questo muro verso il mondo e io probabilmente avevo fatto lo stesso,solo che io lo facevo sempre entrare perché lo amavo troppo per negarglielo,ma probabilmente lui no,lui non l'aveva mai fatto prima di allora.
Ci allontanammo ma ebbi la sensazione di essere ancora dentro di lui,piangeva,sembrava non riuscire a fermarsi,Ashton piangeva davvero poco,addirittura meno di me,ma quando cominciava non era mai capace di smettere.
Mi strinse così forte e pianse così tanto che ebbi paura,di quella paura cieca e forte,di quella che ti attacca lo stomaco e non ti lascia fin che non fai qualcosa.


Il tempo passava veloce,veloce come la punta di un dito su un foglio di carta,e a sua volta la carta,come infondo il tempo,feriva e faceva sanguinare il dito o l'anima stessa.
Dovevamo essere vicino al New Jersey,pioveva leggermente,c'era ancora luce ma la nebbia fitta impediva di vedere come il mondo stesse andando avanti,un po' grazie al treno,un po' perché,si sa,lui non si ferma mai.
Ashton non piangeva più ma aveva ancora il respiro di chi era vicino ad esplodere,incapace di contenere tutto quel dolore,e gli occhi gonfi della prima volta in cui l'avevo visto fragile e privo di difese.
Non parlava da quando ci eravamo sciolti da quell'abbraccio,ma sapevo che c'erano tante cose che mi doveva ancora dire prima di lasciare andare tutto,forse me le avrebbe dette proprio quando sarebbe stato pronto,in quel caso,speravo che non me le dicesse mai.
"Ashton-"
Cominciai sentendo il respiro mancarmi.
Lui si voltò,sicuramente sorpreso di sentire il suo nome sulle mie labbra.
"-Tu moriresti per me?"
Ci fu un silenzio così lungo che pensai non mi avesse sentito.
"Non credo tu voglia sapere la mia risposta."
La sua voce echeggiò a lungo nelle mie orecchie.
"Perché non lo faresti,vero?"
Trattenni il respiro-
"Perché lo farei anche un milione di volte,ma non sarebbe un vero gesto eroico,farei solo un favore a me stesso."
Sentii il ghiaccio insediarsi nel sangue e piano piano congelare le vene,ora pronte a spezzarsi come bastoncini di legno.
"Non vale la pena lottare per me,Heather."
"Parli come se fossi senza speranza."
"Perché lo sono."
"Oh Ashton,hai diciassette anni! Ognuno ha i suoi demoni,questo non vuol dire che tu debba farti risucchiare da loro!"
Non disse niente,e pensai di aver fallito,perché probabilmente non avevo nemmeno toccato la superficie della sua corazza.
Lo amavo troppo,doveva importami di meno,ma lo amavo così tanto,ed era di quelli amori che non si controllano,come un uragano,come una bomba,come una meteore,un terremoto o uno tsunami.

 

La mattina seguente il treno arrivò alla stazione di Whitefish,non avevo la minima idea di come si svolgesse una guerra tra streghe,non era come facevano tutti gli altri,non c'erano carri armati,armi,divise o qualunque altra cosa abbastanza rassicurante,eravamo solo noi e i nostri poteri.
Il cielo era grigio e l'aria era fredda,fredda come mai avevo sentito prima d'ora.
Quando io ed Ashton raggiungemmo gli altri,pensai che quella fosse l'ultima volta,perché effettivamente poteva esserlo,in cui eravamo tutti insieme,insieme e vivi.
 


Spazio Autrice:
Saaaalve!
Scusate l'attesa ma tutte le interrogazioni/verifiche di questa settimana sono state micidiali!
So che la sto tirando un po' per le lunghe,ma capitemi,amo annoiarvi ahahaha!
Btw,è un capitolo un pesantino,ma diciamo che lo è un po' tutta la storia,so,portate pazienza.
Spero vi piaccia,fatemi sapere per favore!
Ringrazio tantissimo la ehjhoran_ per la recensione!
Un bacio!
Ali. (twitter: @fightnay) (youtube: allie.effe)
P.S. se vi interessasse ho anche fatto un trailer osceno perché non sono capace!
https://www.youtube.com/watch?v=8satmt7xMgs

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Capitolo 4
*** why are you fighting? ***


~~“Passeremo dai sotterranei,nel terzo corridoio c'è una porta davvero piccola e mal messa che ormai non sorveglia più nessuno,dovremmo arrivare bene dentro al castello,in seguito,attaccate.”
Olimpia parlò ad alta voce e lentamente.
“Attacchiamo? Dovremmo colpire dei ragazzi senza ragione?”
Chiese Michael dando voce ai miei pensieri.
“Oh non preoccuparti Michael,ci sarà qualcuno ad aspettarci.”
“Stai dicendo che-?
Calum lasciò la frase a metà,con la paura che vibrava tra le sue corde vocali.
“Che non saremo i primi ad attaccare probabilmente.”
“Ma perché? Qual è lo scopo di tutto questo? Combattere finché non saremo tutti morti?”
Marianne aveva la voce squillante come quando stava per piangere.
“Dobbiamo trovare Annabeth e Josie,questo è l'importante al momento,dimostrargli che non hanno nessun potere su di noi.”
Nessuno parlò,così Olimpia,un po' nervosa,batté le mani e ci sorrise.
“Forza,è ora di andare.”
Luke,Ella e Amber avevano un altro compito.
Guardai Luke da lontano e pensai che se non l'avessi mai più rivisto,lui sarebbe stato il mio rimpianto più grande,anche più grande di Ashton,perché Luke, che fossi morta io o lui,era perso,ma perso per davvero,di quei ragazzi con il vuoto dentro,di quelli che non si riescono a guardare negli occhi a lungo,e nessuno si accorgeva di quanto si stesse logorando lentamente,nessuno tranne me,eppure non avevo mai fatto nulla,convinta che avrei trovato il momento giusto,un giorno,per potergli dire che capivo,capivo tutto,che sapevo come si sentiva e che potevo e volevo aiutarlo.
Olimpia cominciò a camminare,io lo guardai per l'ultima volta e pregai che non lo fosse,per poi voltarmi e seguire tutti gli altri.

 

Giungemmo in una parte abbandonata e fredda,più fredda di tutto,del giardino.
Scendemmo scale ripide e vecchie e finimmo avvolti dal buio,la ragazza dietro di me,Ivy mi pare, accese la sua lanterna e io feci lo stesso.
Il silenzio era terribile,e per la prima volta realizzai dove mi trovassi e quello a cui stessi andando in contro,la maggior parte delle cose per cui avevo sempre lottato ora non avevano alcuna importanza,ero lì e stavo correndo lungo una strada che non mi apparteneva,ero nel posto sbagliato,io volevo diventare una giornalista,un chirurgo,o una scrittrice,volevo cambiare il mondo,rendere felici le persone,non ucciderle,volevo avere dei figli e la mia casa a New York,volevo amici facoltosi e andare a sfilate di moda,e invece ero lì in un tunnel buio che puzzava di muffa,pronta ad intrufolarmi in un castello e a combattere contro persone che nemmeno conoscevo,mi ero persino convinta di essere pronta e di volerlo davvero in quei giorni,ma probabilmente avevo dimenticato il mio nome o il mio riflesso allo specchio nel frattempo.
Respirai forte e ancora una volta mi ricordai che non potevamo scappare da lì e poi sarebbe stato da codardi e invece io ero coraggiosa,sì,e avrei vinto,perché non potevo permettere a tutti loro di rovinare la vita perfetta che programmavo da fin troppo tempo.


Ero tra gli ultimi della fila,ma la sentì,forte come una bomba,il rumore fu così freddo e atroce che non riuscii a muovermi per molto,troppo,tempo,l'esplosione illuminò tutta la galleria.
Olimpia si sbagliava,quella porta era sorvegliata,il mio stomaco si chiuse all'improvviso,Ashton mi afferrò il braccio e sentirlo vicino mi fece tornare alla realtà,e la realtà era che i miei amici erano là davanti e per quanto ne sapevo potevano essere anche morti.
La paura mi si radicò su per la gola e senza nemmeno poterlo controllare cominciai a correre,più veloce di quanto non lo fossi mai stata,più veloce di me stessa.
Dietro un grosso masso le luci tempestavano tutto quello che mi circondava,prima di voltare voltare l'angolo,Ashton con il fiato quasi più corto del mio,mi raggiunse,sentivo il suo respiro contro il mio collo e sapevo,in quel momento come mai prima, che non sarei mai stata in grado di proteggerlo.
Feci un passo oltre i masso e vidi Calum con la fronte imperlata di sudore e gli occhi di chi sta perdendo tutto e non ha idea di come salvarsi,il fuoco riempiva tutto,io sapevo come fermarlo,potevo e dovevo farlo.
Cercai la forza dentro di me, da quelle scintille lucenti,da Ashton che era corso da Calum senza nemmeno guardarmi un'ultima volta.
Il fuoco cominciò a spegnersi e le figure,ancora parzialmente nascoste dal fumo,presero forma,c'era Michael,che reggeva una ragazza del secondo anno,e Susan che osservava il vuoto con l'aria spaventata e confusa,e Olimpia,che si stava ricomponendo.
“Muoviamoci,abbiamo strada libera.” disse una voce potente e maschile,era il professor Roobs,con i vestiti impolverati e gli occhi vuoti.
“Complimenti,Heather,sono davvero fiera di te.” intimò Olimpia,sorridente e con aria calma.

 


Ci trovammo catapultati nel grande giardino del castello,l'aria era fredda e il silenzio sapeva di morte.
I porticati erano deserti,ci stavano aspettando.
“Arrivano!” un urlo logorante tagliò il silenzio.
Ivy aveva la bocca un po' aperta,i capelli neri davanti al viso e il volto pallido.
Poteva vedere ciò che sarebbe accaduto pochi istanti prima,e ci aveva visto bene,improvvisamente si fece notte e ancora più freddo,alcune sfere infuocate incendiarono il prato.
Ne avevano presa un'altra,era la ragazza che Michael stava aiutando,erano disposti davanti a noi,erano tanti,e compatti,la tenevano stretta mentre lei piangeva.
“Andatevene via,vi diamo la possibilità di salvare le vostre vite,vedrete che voi riuscirete a non finirci in mezzo se ve ne tornate a casa.”
Disse una donna sui quarant'anni con i capelli sciolti, lunghi e rossi,prima davanti a tutti.
“Non se ne parla,sapete cosa vogliamo.”
“Sapete che cosa vi siete presi?” proseguì con tono più acuto la donna dai capelli rossi.
“Siamo addolorati per la vostra perdita,ma non mi sembra il caso di mettere in messo ragazze innocenti.”
“Pagherete,pagherete per tutto quanto,vedrete.”
“Non me ne  vado senza le mie ragazze.”  rispose Olimpia decisa e fredda come un ghiacciaio.
“E allora morirai con loro.”
“Che ne avete fatto di loro? Sono morte vero?!-”
“Calum...” tentò Olimpia,invano, di farlo tacere.
“Le avete uccise! Come fossero carne da macello! Per il gusto della vostra vendetta vi siete portati all'inferno due giovani ed innocenti ragazze!” gridò a pieni polmoni.
“Sai,ragazzo,hai coraggio,il che è lodevole,ma sappi che sarà questo probabilmente a scavarti la fossa.”
“Olimpia,cara,queste ragazze sono solo l'inizio,siamo più potenti di voi,sappiamo dove colpire,tenete gli occhi aperti.” continuò lei,fredda come il ghiaccio.
Mi guardai intorno e Calum era sparito,proprio come la nebbia,cercai di dirlo ad Ashton ma lui non si voltò,così cominciai ad allontanarmi anche io,provando a sentire la sua presenza,ovunque si trovasse.
Mi trovai infilata tra eterni corridoi,non sapevo dove potesse essere,ma dovevo trovarlo.
Sentii un rumore forte e freddo,come veniva descritto lo scoppio di una bomba nei libri,veniva dal giardino,dovevano aver cominciato a combattere,presi a correre senza accorgermene.
Dovevo trovare Calum.
Corsi finché non mi resi conto di non avere più aria nei polmoni.
Mi lasciai scivolare lungo una parete congelata,doveva essere scoppiato un incendio,il fumo cominciava a raggiungermi.
Feci per ripartire quando un grido strascicato non mi raggiunse,un odore di metallo e sangue fresco mi invase le narici.
Mi voltai di scatto,una figura alta,con capelli lunghi lucenti di una strana sfumatura di bianco,era davanti a me,gli occhi color rosso scarlatto,ma la pupilla era talmente dilatata da sembrare neri. I canini superiori,affilati e macchiati sporgevano e toccavano il mento della donna.
Sembrava pronta ad uccidermi senza paura,avevano chiesto l'aiuto dei vampiri,erano più forti di noi,non avevamo nemmeno una alleanza,troppo convinti di essere superiori.
La donna con un salto mi si scagliò contro,ebbi appena il tempo di gettarmi atterra,quando tentò di aggredirmi ancora,mi concentrai al massimo e riuscii a farla volare contro la parete,cominciai a correre subito dopo perché il fuoco stava cominciando ad invadere il corridoio.
Avevo appena affrontato un vampiro senza nemmeno farmi un graffio,sentii la pungente sensazione di soddisfazione aggrapparsi alla mia gola.
Non aveva più senso cercare Calum,probabilmente eravamo tutti sparsi.
L'euforia si spense tanto in fretta quanto si accese,esattamente nel momento in cui mi trovai sbattuta contro i gradini delle scale da un forte incantesimo di attacco.
Un dolore intenso mi colpì la testa,e il gomito. Cercai di alzarmi e di mettere a fuoco ciò che avevo intorno.
 Era stato un ragazzo dai capelli aggrovigliati e il volto sporco di polvere,ora mi guardava da dietro i suoi occhiali,come spaventato di avermi ferito per davvero.
Aveva paura,paura quanto o più di me,aveva gli occhi vuoti,di chi combatte per salvare la pelle.
E chissà quali erano i miei occhi? Forse quelli di qualcuno che combatte perché non ha scelta? O quelli di qualcuno che vuole vivere,lo vuole troppo per permettere a qualcun altro di mettersi tra lei e i suoi sogni.
Gli occhi del ragazzo erano fissi su di me,non so di preciso se mi guardò per minuti interi o solo per pochi secondi,ma so per certo che quando feci un passo avanti,tendomi in piedi grazie alla ringhiera,lui sussurrò con voce tremante: “Mi dispiace.”
E se ne andò,rotolò via come un sasso appena calciato da un bambino con i buchi nelle scarpe.
Raccolsi la forza che avevo ancora in corpo e salii le scale,al piano superiore il fuoco non era ancora arrivato,ma varie persone stavano combattendo,persone,se così possono essere definiti due esseri che si fanno lo guerra senza conoscersi nemmeno.
Riconobbi Michael,e sentii il cuore sprofondarmi nel petto,avevo la testa che mi pulsava e vedevo ancora tutto sfuocato,ma lo riconobbi intento a combattere contro due vampiri,rigoli di sudore gli segnavano le tempie,ma non sembrava sofferente,se la stava cavando davvero bene,mi avvicinai piano.
“Hey Heath!” urlò con un entusiasmo esasperato senza guardami.
“Michael! Io,io...” mi trovai incapace di formulare una qualsiasi frase.
“Va via! Me la cavo bene da solo.”
“Ma!” cercai di protestare,ma una fiamma argentea,mi passò proprio accanto all'orecchio.
“Heath va! Ti voglio bene! Se sopravviveremo giuro che ti tingerò i capelli!” continuò,sorridendomi.
Risi nervosa.
Ne aveva messo al tappeto uno,e l'altro stava per crollare,potevo scappare e lo feci.

 

Raggiunsi la fine del corridoio e mi accorsi che del sangue colava dalle scale,trattenni il respiro,presa d'assedio dalla paura più forte che avessi mai provato,e solo allora mi accorsi che ciò che più temevo non era la mia morte,ma quella di coloro che amavo.
Feci qualche passo avanti,le gambe mi tremavano a tal punto che pensai di poter cadere.
Una figura esile era sdraiata con la faccia contro il pavimento,il sangue veniva dalla sua schiena,mi avvicinai un altro po',troppo spaventata per fermarmi.
Vendendo il groviglio di capelli color cenere capii,improvvisamente mi venne da vomitare e ci andai davvero vicina.
Era Ivy, Wood,frequentava il mio stesso corso di Divinazione e Telecinesi.
Le presi il polso,pregando tutto ciò in cui credevo,ma non sentii niente,se non il ghiaccio che si insediava dentro di lei,come una dose di eroina.
Non le avevo mai parlato,nemmeno una volta,vestiva in modo banale,leggeva i libri che le venivano assegnati a scuola,ascoltava la musica che piaceva alle sue amiche,a pensarci bene non ricordavo nemmeno che suono avesse la sua voce,non sapevo se si piacesse o se piangeva davanti allo specchio,non mi ero mai interessata perché avevo sempre creduto che di tempo ce ne sarebbe stato così tanto da prenderlo a noia,ma non era così,non lo era mai stato.
La trascinai contro la parete,i suoi occhi erano aperti,guardavano qualcosa che io non sarei mai stata in grado di vedere,non ebbi la forza di chiuderli,semplicemente fuggii,ancora e ancora.


Quando qualcosa molto simile ad un fulmine mi colpì alle spalle mi trovai a terra prima ancora di accorgermene,questa volta in piedi davanti a me c'era una strega alta con i capelli lunghi e corvini legati in una coda,doveva avere suoi diciott'anni,e mi guardava con gli occhi neri e freddi di chi non conosceva la paura,o le lacrime.
Mi sorrise e la cosa che mi sorprese di più fu che non c'era affatto sarcasmo nel modo in cui incurvava le labbra sottili,sembrava felice,e una nota di eccitazione le vibrò fra le ciglia.
Mi alzai e mi scagliai contro di lei,senza incantesimi né magia,convinta di non averne la forza.
La ragazza tentò di rifilarmi un pugno verso il centro dello stomaco,ma riuscii a scansarlo senza particolari problemi,lei allora mi guardò con la ferocia di un predatore.
Scagliò un incantesimo di attacco potente,che mi fece sbattere la schiena contro la parete,mi rialzai senza badare al fatto che non riuscissi a prendere fiato.
Faticavo a reggermi in piedi,tentai e grazie al cielo riuscii nel mio intento,a smaterializzarmi esattamente dietro di lei,sfilai il coltello che portavo tra l'elastico della gonna,la lama a causa dell'agitazione e le mani tremanti mi tagliò il fianco,notai una macchia di sangue allargarsi nel tessuto,ma il dolore non fece in tempo a arrivarmi. La strega si girò e con sguardo infuocato si scagliò contro di me un'altra volta. Rotolai su un fianco,con il coltello ben stretto tra le mani.
Quando mi rialzai lei stava sputando sangue,mi sentii lo stomaco stringersi.
“Perché vuoi uccidermi?” chiesi senza riuscire a trattenermi.
Lei mi guardò e improvvisamente il fuoco nei suoi occhi si spense,lasciando spazio a un'espressione sorpresa,le sopracciglia alzate e il sangue che le aveva lasciato gli angoli della bocca ,leggermente aperta,sporchi.
“Perché tu stai cercando di uccidere me.”
Mi accorsi solo in quel momento,sentendo il suono della sua voce,che probabilmente ero stata troppo abbondante riguardo alla sua età, ne aveva sui sedici.
“No, non è vero,tu mi hai attaccata per prima.”
Mi sentii improvvisamente stupida.
“Combatti una guerra contro la mia gente,non mi importa chi tu sia,io devo ucciderti.”
Il suo tono ora era gelido,e qualcosa mi fece capire che questo era il suo modo di parlare normale,non quello di prima.
Si era alzata in piedi,e sembrava impaziente,forse di uccidermi.
“Non so neanche quale sia il tuo nome,come potrei ucciderti?”
“Hai un coltello in mano.”
“Se tu volessi uccidermi l'avresti già fatto,hai armi ben peggiori di uno stupido coltello.”
“Vattene via.”
Sibilò,fredda come il ghiaccio.
Mi alzai,non troppo convinta di volermene andare.
“Il mio nome è Melissa,comunque. Se vuoi ora puoi uccidermi.”
Disse con una nota di ironia.
“In realtà,ora ho una ragione in più per non farlo.”


Spazio Autrice:
Holaaaaa!
Okay giuro che mi vergogno troppo,più di un mese per questo misero capitolo.
E non posso nemmeno assicurarvi che per il prossimo ci metterò meno,dato che lunedì comincio gli esami (pregate per me).
E niente,sta benedetta guerra è cominciata,dadan! Va beh la smetto,ringrazio chi legge,chi mi segue e chi legge in silenzio.
Spero vi piaccia.
Un bacio.
-Ali

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Capitolo 5
*** Fearless ***


La ragazza mi guardò più sorpresa che infastidita,le sorrisi leggermente e me ne andai,lasciandola sola con le mani sui fianchi magri.
Non avevo idea di quanto tempo fosse passato dalla prima esplosione.
Mi feci strada tra le macerie e mi chiesi se a New Orleans stesse succedendo qualcosa o stessero semplicemente aspettando.
Quando sentii dei passi pesanti ma probabilmente lontani,voltai l'angolo e mi schiacciai contro la parete,pregando che chiunque fosse non mi vedesse.
Ma improvvisamente mi sentii avvolgere da una puzza e un calore così forte che non sarebbe mai potuto essere umano.
Nel momento in cui ebbi il coraggio di alzare gli occhi mi accorsi di cosa realmente fosse,e avvertii un conato di vomito salarmi in gola.
Era la figura di un ragazzo alto,con le spalle ricurve e le lunghe braccia a penzoloni lungo i fianchi.
La pelle gli cadeva dalla faccia,sembrava fatto di carta velina.
Aveva solo un occhio,mentre dove ci sarebbe dovuto essere l'altro c'era solo nero.
Portava brandelli di una camicia a quadretti,e pantaloni impolverati.
Presto mi resi conto le che la paura che poco prima avevo provato era totalmente inutile,dato che un non morto solo era davvero innocuo.
Mi avvicinai a lui,concentrata come mai prima.
Non ho idea di cosa mi successe,ma tutto dentro di me si spense,ricordo di aver sentito il sapore della polvere e del sangue.
Il non morto mi si avvicinò piano e io attesi,incapace di muovermi.
Quando fu ancora più vicino chiuse, più velocemente di quanto avrei mai pensato,le mani attorno al mio collo.
Gridai ma non uscì alcun suono.
Provai a divincolarmi,ma non riuscii a fare nient'altro.
Mi ritrovai atterra,senza più aria nei polmoni.
Poi con la stessa ferocia con cui mi stava stringendo la gola,fu scaraventato contro il muro.
 
 
 
 
Respirai forte,come se fossi rimasta sott'acqua per settimane intere.
Alzai lo sguardo e lo vidi,in piedi davanti a me,i capelli arruffati,un taglio sulla guancia che stava ancora sanguinando,i vestiti insanguinati e strappati in alcuni punti,ma un debole sorriso ansioso gli fioriva sulle labbra.
“Ash!” gridai alzandomi e correndogli incontro.
Mi sentii improvvisamente leggera,gli lanciai le braccia al collo,e strinsi fino a sentire il suo odore avvolgermi del tutto.
Forse in qualche altro contesto avrei pianto,ma in quel momento ero così felice che non ne sarei mai stata capace.
“Heather,che ti è successo prima?” mi chiese piano quando ci allontanammo.
“Non ne ho idea,è come se qualcosa mi tenesse legata,grazie per quello che hai fatto.”
“Non c'è di che.”
“Sono felice che tu mi abbia trovato.”
Lui mi guardò un'altra volta e mi sorrise.
“Anche io,ma dobbiamo andare via.”
Annuii e lo seguii lungo gli immensi corridoi del castello.
Avrei voluto prendergli la mano,ma probabilmente era stupido pensarlo in quel momento.
La puzza di bruciato e di morte colava dalle pareti.
“Dove stiamo andando?” chiesi col fiato corto.
“Non ne ho idea,ma ovunque è meglio di qui.” rispose il ragazzo con una nota di incertezza nella voce.
“Fuori.”
“Cosa?” domandò come se non riuscisse a capire.
“Dobbiamo uscire,c'è troppo fumo. Chissà cosa stiamo respirando,rischiamo di sentirci male.”
Notai Ashton mentre si mordeva il labbro,ci avrei giurato,si stava trattenendo dal fare una battuta sarcastica.
“Devo dire che il look bello e sanguinante ti dona.” continuai.
Lui,visibilmente sollevato dall'ironia di quella frase,mi rispose:
“Limited Edition.”
Risi e accelerai  il passo.
Improvvisamente sentimmo un'esplosione,proprio alla fine delle scale.
“Torniamo su,troveremo un'altra strada.” mi sussurrò Ashton,nessuna traccia del sorriso che  portava sulle labbra prima.
Lo seguii ma qualcuno si materializzò davanti a noi,era una ragazzo alto e muscoloso,con i capelli biondi come la luce del sole,i lineamenti duri,la mascella pronunciata e gli occhi grandi.
Poco dopo anche un ragazzo più magro,comunque alto,coi capelli neri e gli occhi di taglio asiatico,apparve accanto a lui.
Il biondo incurvò le labbra solo da un lato e si scagliò subito contro Ashton,il maschilismo di quella situazione mi fece venire il volta stomaco.
Quando il ragazzo asiatico,lanciò un incantesimo di attacco,io senza nemmeno aspettare che quello mi colpisse gliene lanciai uno di protezione,così forte da raddoppiare il potere del suo incantesimo d'attacco,questa volta però nei suoi confronti.
Il ragazzo mormorò qualcosa e notai che riuscì ad alleviare la sua forza ma non a cancellarlo.
Cadde a terra,e approfittai di quei momenti per voltarmi verso Ashton,entrambi erano distesi per terra,Ashton si stava tirando a sedere,nel frattempo,usai il mio vantaggio per scagliare un incantesimo d'attacco al ragazzo biondo.
Intanto il moro,si alzò e mi colpì con un incantesimo che non conoscevo,mi lasciò a mezz'aria,sì, capace di muovermi, ma non di scendere.
Cercai nella mia mente,era semplice,lo era,lo era.
Tentai di smaterializzarmi ma non ne fui in grado.
Nello stesso memento,notai l'armatura alle spalle del ragazzo,e riuscii a far volare la spada che teneva stretta,fino alle mie mani,il ragazzo mi guardò sbalordito,io la tenni ben salda,poi cominciai a far accendere un piccolo fuoco,che crebbe in pochissimi secondi,appena se ne accorse,fece un incantesimo e lo spense con facilità,la stessa con cui io caddi rumorosamente a terra.
Cercai di non pensare al dolore sordo alla spalla che mi aveva provocato la caduta,e mi avvicinai a lui,sicura di farcela.
Mentre lui era per terra e io puntavo la spada contro la sua gola,notai che trattenne il respiro e mi accorsi di quanto fosse giovane,i lineamenti dolci non ancora totalmente deformati dall'adolescenza, gli occhi gli brillavano e notai che deglutendo,la spada lo aveva leggermente tagliato e un rigolo di sangue gli aveva sporcato la camicia a scacchi,sentii un stretta allo stomaco.
“Mi chiamo Peter,non come Peter Pan,come Peter Parker,mio padre ne è ossessionato,e mia madre è innamorata da sempre di Peter Gallagher per cui ha accettato – la sua voce era quella di un ragazzino e tramava tantissimo – è il mio primo anno,mio padre è un impiegato delle poste,ma mia madre è una strega,ma io voglio fare il calciatore,insomma,non mi importa questa roba,sì Harry Potter mi è piaciuto,ma non fino a questo punto. Oggi è il compleanno di mia madre,non che sia particolarmente importante dato che se n'è andata due mesi fa e io non ho la minima idea di dove sia,ma vedi,certe cose vanno ricordate,suppongo. Sai,hai la faccia di una sveglia,e sicuramente lo sei,anzi,scommetto che hai trovato più interessate “Guerra e Pace” di “Twilight”,il che fa di te una tipa tosta,davvero. Ma ti prego,non uccidermi,ti prego.”
Mi accorsi di aver abbassato la spada,e di star sorridendo.
“Non voglio ucciderti,Peter. Ma vattene via,devo andare ad aiutare il mio amico.” gli sorrisi.
“Come ti chiami?” chiese rialzandosi a fatica.
“Heather,ora vai.”
Mi resi conto di averlo lasciato andare e mi resi anche conto di non esserne dispiaciuta per nulla.
Ashton e l'altro ragazzo si erano spostati,cercai di domare l'ansia e corsi giù per le scale,li trovai a combattere,entrambi affaticati.
Quando il biondo mi vide,sbiancò.
Mi accorsi di avere ancora la spada tra le mani,essere armati era una sensazione eccezionale.
Scesi gli ultimi gradini e affiancai Ashton,il ragazzo si lanciò su di lui un'altra volta, e Ashton sembrò non lottare affatto.
Cercai di ricordare le parti della schiena umana che se lacerate non portavano alla morte.
Strinsi la spada e con un gesto veloce,la conficcai su un lato della schiena larga del ragazzo muscoloso.
Lui urlò,forte,troppo. Si accasciò su un lato e io la strappai dalla sua schiena.
Nel frattempo aiutai Ashton ad alzarsi,si reggeva in piedi a fatica,notai che aveva un taglio profondo sul costato,segno che il ragazzo che avevo appena pugnalato,anche lui aveva un coltello con sé.
Mi feci passare il braccio di Ashton sul collo e cercai di portarlo lungo il corridoio,doveva mancare poco al giardino.
I rumori ora si erano attuti,sembrava che tutto stesse per finire.
Notai che il sole stava calando.
Dietro un angolo vidi una striscia di luce,la seguì e mi trovai davanti a una schiera di archi che portavano proprio nel giardino.
Sentii gli occhi inumidirsi per l'emozione e per la gioia di esserci arrivata viva.
Il peso di Ashton sulle mie spalle,tra cui una sicuramente slogata,era forte e pungente,sentivo il dolore solleticarmi la pelle,ma lo ignorai,troppo sollevata per pensarci.
Quando però avanzammo lungo il prato,vidi qualcosa in lontananza,come un enorme tappeto,avvicinandomi notai con riluttanza che si trattava di corpi.
Giungendo abbastanza vicina da potermi mescolare con le persone che erano in piedi,mi resi conto che nessuno lì faceva parte della nostra congrega.
Mi guardai intorno fino a che non incontrai uno sguardo famigliare.
Peter.
 Mi si avvicinò piano,aveva gli occhi arrossati,come se avesse pianto,ma quando mi guardò nei suoi occhi non c'era affatto rancore.
“Heather devi andartene,è finita,è finita.”
Lo guardai spaesata.
“Sono andati verso i boschi,prosegui a Est,questione di pochi metri. È un peccato essersi incontrati così,saremmo potuti diventare amici.”
Mi si strinse lo stomaco e una fitta acuta al fianco,che avevo tagliato prima,mi annebbiò la vista.
“Peter,mi dispiace tanto,spero di poterti rivedere in circostanza migliori.” farfugliai.
Lui mi sorrise.
“Tua madre,va a cercarla,non importa se sei arrabbiato,sfrutta il tuo tempo. E sei vuoi fare il calciatore,fottitene se ti dicono che non puoi farlo,dimostragli che si sbagliano.”
“Sicuramente sei il genere di ragazza che otterrà tutto quello che vorrà nella vita,si vede che non hai paura di combattere.”
Gli sorrisi ancora e mi voltai,Ashton era più pallido e non ero totalmente sicura che fosse cosciente.
Proseguii per qualche metro,poi mi fermai e lo strinsi a me,come spaventata che potesse andarsene via,sentii il suo odore avvolgermi e trafiggermi,mi accorsi di star piangendo,sentendo un senso di frustrazione scuotermi,lottai contro la disperazione che mi aveva circondato,Ashton mi stringeva debolmente senza dire niente,non avevo idea di dove andare.
“Ashton...” sussurrai.
Lui mi guardò,pensai che probabilmente le sue ferite dovevano essere davvero profonde e il dolore gli impedisse di parlare.
“Ti amo,ti prego,rimani con me.”
Mi resi conto di quanto fosse stupido quelle che avevo appena detto,poco dopo.
Cercai tutta la forza che mi era rimasta e continuai a camminare.
Camminai finché non intravidi delle figure sfocate confuse fra gli alberi.
Allungai il passo,facendo attenzione a non fare male ad Ashton.
Distinsi una massa di capelli rosa pallido.
“Michael!” urlai,sentendomi il cuore in gola dalla felicità di vederlo.
“Heath! Oh mio Dio...”
Si avvicinò a me a passo spedito e con la fronte corrugata,aveva il volto stanco e pallido,due aloni neri sotto gli occhi,le mani sporche di sangue e terra.
Appena fu abbastanza vicino,prese Ashton saldamente,facendosi passar il suo braccio sulla spalla,cominciò a camminare,più sollevandolo che altro.
“Heath tu stai bene?”
Pensai a quanto mi facesse male la spalla,e al bruciore del taglio sul fianco.
“Sto bene,non preoccuparti. E gli altri,stanno tutti bene?”
Sentii la mia voce echeggiarmi nelle orecchie,era tremante e ansiosa.
Michael non rispose,lo stomaco mi si chiuse,cominciai a correre.
Nemmeno a noi mancava la macabra distesa di corpi.
Riconobbi quello di Ivy,volevo piangere.
Corsi più avanti,mi trovai davanti ad uno fin troppo famigliare,una benda gli circondava la fronte,un'altra gli copriva una parte di torace. Era Calum.
Accasciato accanto a lui,una figura magra,i capelli biondi scompigliati,il sangue che gli colava da una ferita sul collo. Sembrava non essersi nemmeno accorto della mia presenza.
“Luke...” sussurrai.
Lui alzò solo allora lo sguardo,aveva il volto rigato dalle lacrime,lo sguardo spaventato e vuoto.
“Che gli è successo?” Continuai con un filo di voce.
“Non ne ho idea,sono tornato e... Non posso crederci che sia capitato a lui.”
Aveva la voce roca e impastata dalle lacrime.
“Non ho idea se si sveglierà,voglio dire,stiamo parlando di Calum,lo conosco da quando portava ancora il pannolino,è il mio migliore amico da tutta la vita. Avrei voluto dirgli così tante cose,come che sono innamorato di lui e muoio ogni giorno perché lui non potrà mai amarmi.”
Parlò in fretta,come se stesse dicendo qualcosa che non aveva mai avuto nemmeno il coraggio di dire a se stesso.
“Oh Luke,vedrai che starà meglio e potrai dirgli tutto.” tentai confusa.
“No,Heath,lui non mi amerà mai,ama Josie e basta,non posso dirglielo capisci? Non sarebbe più la stessa cosa tra noi,non voglio perderlo.”
Provai uno strano senso di pena che mi strinse lo stomaco,Luke non meritava tutto questo.
Aveva il respiro affannato e le guance arrossate.
“Okay,Luke,guardami- gli posai una mano sotto il mento così da fargli alzare lo sguardo- andrà tutto bene,ora calmati,vai a far vedere quella ferita sul collo e cerca di non preoccuparti troppo per lui,starà bene.”
Lui si morse il labbro inferiore,che non faceva che tremare.
Annuì e si alzò,io fui improvvisamente investita da una nuova ondata di dolore,questa volta era al centro della fronte,mi misi in piedi in fretta convinta che non sarebbe stato così facile anche solo pochi istanti dopo.
Sentivo l’acido salire e scendere dal mio esofago ogni voltache pensavo ad Ashton.
Volevo trovare Marianne.
Perché non l’avevo ancora trovata? Cercai di non pensarci e di continuare a camminare sebbene il dolore alla testa mi annebbiasse la vista,inciampai e caddi attera diverse volte ma trovai comunque un modo di alzarmi,la paura mi rendeva forte come mai prima.
Ad un certo punto riuscii a distinguere una massa di capelli castani e ricci,era eretta sulle sue stesse gambe,parlava frettolosamente con qualcuno che non conoscevo,non sembrava nemmeno particolarmente ferita.
Il sollievo mi fece cadere ancora una volta,tastai l’erba fredda con le mani bollenti e sporche di sangue,la schiena senza nemmeno che io lo volessi si lasciò scivolare indietro,e sfregò forte contro il terreno,le orecchie probabilmente mi si chiusero perché smisi di sentire qualunque rumore,se non un suono ovattato; chiusi gli occhi,convinta che si trattasse solo di qualche secondo,ma appena le palpebre mi coprirono la vista di quell’orrore fui inghiottita,la paura di morire mi fece lottare per tornare indietro,ma niente mi riportò alla realtà.
 
 
 
 
 
 
 
Un calore ostentato mi aveva scaldato fin dentro alle ossa,quando aprii gli occhi mi resi immediatamente conto di dove mi trovassi e fu strano perché mi sentii talmente debole e stupida,senza nemmeno lasciare il posto alla felicità di essere viva,non pensai neanche ad Ashton per una volta,troppo preoccupata di non essere apparsa abbastanza eroica.
Mi convinsi che anche pensare una cosa del genere era stupido.
Mi accorsi che Ashton mi stava stringendo la mano,e tutto d’un colpo sentii il cuore salirmi in gola dalla felicità cieca di averlo accanto ancora una volta,tutte le mie preghiere erano state ascoltate e volevo solo ringraziare Dio per questo.
Mi tirai a sedere velocemente,troppo velocemente,tutto intorno a me vacillo,ombre scure mi comparvero davanti agli occhi,ma le scacciai senza darci troppa importanza. Lanciai le braccia al collo diAshton,non fraintendetemi,non ero la tipa da abbracci,e il fatto che non facessi che abbracciarlo in quel periodo era perché ero spaventata continuamente e l’idea di perderlo mi teneva sveglia la notte.
Lui ricambiò l’abbraccio,strinse forte,più di quanto io fossi capace di fare persino quando ero sana.
“È incredbile,mi salvi la vita ogni volta.” Sussurrò al mio orecchio.
“Ognuno ha bisogno di qualcosa per cui lottare.” Risposi a mia volta,piano quanto lui.
“E credi che salvarmi la vita sia un buon “qualcosa”?”
“Il meno noioso che mi viene in mente al momento.”
“Ne sono onorato.” Un sorriso fioco passò per il suo volto pallido.
“Stanno tutti bene?” chiesi cercando di apparire tranquilla.
“Di noi sì più o meno,se non che non abbiamo trovato le ragazze scomparse. Calum si sta riprendendo dicono,ma Luke sta malissimo,in quel senso capisci? Credo che dovresti parlarci tu.”
Mi guardai intorno,c’erano Micheal e Marianne che parlavano con Olimpia,poi qualche passo più indietro c’era Luke,le spalle curve e lo sguardo piantato a terra.
Notai cheAshton aveva il torace completamente fasciato,un ginocchio pure,e sul viso aveva il taglio medicato,mi guardava con un sorriso appena accennato,nei suoi occhi vidi quelli di suo padre,sicuri e forti,quasi come se la paura non facesse più parte di lui,e pregai che fosse così perché si meritava di stare bene.
Avevo una garza molto grande che mi cingeva la vita,la spalla mi faceva ancora male ma avrei dovuto aspettare di arrivare a casa per farmi vedere.
Mi alzai in piedi a fatica con l’aiuto di Ashton,che comunque era ferito quanto me.
Camminai attenta a non cadere a terra,sebbene la testa non facesse che girarmi.
 
“Heather,Dio sono così fiera di te.”
La voce di Olimpia mi suonò ovattata, temetti di svenire ancora.
Mi girai lentamente,sembrava che non avesse nemmeno combattuto e temetti che fosse davvero così,cercai di non pensarci troppo.
“Io… Non ho fatto davvero niente di speciale.”
“Sei stata coraggiosa,sei rimasta viva,hai aiutato un amico. Ti sembra per caso poco?”
Mi guardò con il suo solito sguardo fiero,che ,non so nemmeno io perché, mi diede ai nervi.
“Quando torniamo a casa?” chiesi secca.
“Sono riuscita a trovare un treno per voi ragazzi oggi pomeriggio,ma noi adulti dobbiamo rimanere qui con i feriti più gravi e dobbiamo contattare le famiglie dei morti.”
“Voglio rimanere anche io.” Mi accorsi di aver parlato senza pensare e mi odiai per questo.
“No,Heather non chiedermi questo,ho promesso a tua madre che ti avrei rimandato a casa,al sicuro.”
Rispose con voce disperata,la fronte corrugata.
“L’hai promesso a mia madre o a te stessa?” Avevo perso il controllo dei miei toni di voce.
“Heather per favore,se non lo fai per lei fallo per tuo padre.”
Mi si chiuse lo stomaco.
“Dì a mia madre che lo faccio solo per Ashton.”
 
 
Spazio Autrice:
Helloooo
Odio me stessa per averci messo così tanto, non ho vere e proprie giustificazioni se non che ho avuto l'esame e sono stata due settimane a Londra ma non credo centri molto.
In compenso ho già finito il prossimo capitolo e credo lo posterò entro la prossima settimana, ora sono al mare con mio padre e mia nonna e capitemi, ho davvero taaaanto tempo.
Comunque spero vi piaccia, ringrazio chi mi segue, chi mi ha aggiunta alle preferite e chi semplicemente legge in silenzio,grazie! 
Mi farebbe davvero piacere che recensiste, un bacio.
Ali. (twitter: @colfspring youtube: allie.effe) 
 

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Capitolo 6
*** Coming Back Home ***


Continuai a camminare, mi accorsi di aver smesso di cercare Luke, troppo concentrata su me stessa, come sempre poi, mi dissi che era una cosa egoista, che io ero egoista e che dovevo smetterla.

Quando lo trovai era seduto vicino a Ella, ma lei sembrava nemmeno essersi accorta della sua presenza.

“Luke, puoi venire un secondo?”

Lui alzò lo sguardo, gli occhi così chiari da sembrare trasparenti incontrarono i miei e subito dopo tornarono a puntare il prato.

Annuì leggermente e si alzò, avevo dimenticato quanto fosse alto, gli arrivavo circa alla spalla ed era abbastanza imbarazzante.

Camminammo in silenzio fin che non ci allontanammo da tutti gli altri quanto necessario.

Mi sedetti per terra e in quel momento sentii il fianco bruciarmi, Luke fece lo stesso.

“Stai bene?” chiesi quando mi resi conto di non sapere cosa dirgli.

“Sì certo.”

“Luke…”

“Davvero, sto bene, non devi preoccuparti per me. Ora scusa ma mi sa che devo andare – inarcai le sopracciglia – no ,in realtà no. È solo che io, io non credo che sia giusto.” Farfugliò.

“Che cosa?” chiesi senza capire.

“Tu dovresti stare con Ashton, no? Sei fortunata ad averlo, non che lui non sia fortunato ad avere te, solo che ora dovreste stare insieme e tu non dovresti essere qui, con me intendo. È tutto così sbagliato, io…”

Mi guardò e nei suoi occhi vidi tutta la paura e il dolore che soffocava.

“Okay, Luke Hemmings, apri bene quelle orecchie da folletto, io devo stare esattamente dove sono, sì con te, e sai perché? Perché siamo amici e adesso non mi importa né di Ashton né di nessun altro.”

“Non ho bisogno di aiuto, davvero va da lui.”

“Lascia che qualcuno ti stia vicino Luke.”

“Non ce la faccio! Io non ce la faccio, è sempre stato così, c’è qualcosa di sbagliato in me.”

“Non c’è niente, niente di sbagliato in te.”

“Sono innamorato del mio migliore amico, per non parlare di tutto quello che faccio a me stesso, sono un disastro, ma va bene così, davvero, ci sono persone destinate ad essere felici e persone che semplicemente non lo sono, suppongo che sia un modo per tenere pari i conti.”

Terminò di parlare con un sorriso così sforzato che temetti potesse strappargli gli angoli della bocca. Avrei voluto chiedergli di smettere di sorridere in quel modo, che mi stava facendo male ma non ero sicura che avrebbe capito.

“Affanculo il destino, abbiamo diciassette anni, dimostriamogli che valiamo di più!”

Lui sorrise di nuovo.

Sentii dei passi e senza nemmeno accorgermene mi voltai di scatto.

Era Marianne, i capelli ricci legati in una coda alta, una mano ad altezza sopracciglia per proteggersi dal sole, i pantaloncini un po’ strappati e sporchi di fango.

“Olimpia ha detto di andare a prepararci, torniamo a casa.” Terminò la frase con un sorriso smagliante, sapevo che era felice perché lo ero anche io, sebbene il mio risentimento nei confronti del mondo, o almeno, verso tutti quelli che mi circondavano, mi convinsi che tornare a casa era comunque un bene.

“Ciao anche a te Marianne, sì grazie sto davvero bene, anche io sono felice di vederti.”

“Pensavo fossimo andate oltre la fase delle frasi di cortesia, sono davvero un insulto al libero pensiero.”

“Chi l’avrebbe mai detto che salutare sarebbe passato di moda!?”

“Alzati sfaticata.”

Mi tese una mano, che io l’ afferrai. Mi resi conto che alzarsi era stato meno difficile di quanto avevo pensato.

“Ciao Luke.” Aveva cambiato tono, nelle sue parole c’erano tutta la dolcezza di una sorella.

Non credo che Luke avesse bisogno di questo.

Arrivammo all’accampamento, presi l’unica borsa che avevo e me la fissai sulla spalla buona.

Raggiunsi Ashton che stava salutando Olimpia.

“Ciao zia, ci vediamo a casa.” Parlai con disinteresse.

Lei mi salutò con serietà.

“Prenditi cura di te stessa.” Disse a denti stretti senza tradire nessuna emozione.

Apprezzai il suo tentativo e apprezzai me stessa per esser riuscita a farle capire il concetto prima.

Ashton le sorrise in modo cordiale.

“Avete discusso?” mi chiese, quando ci allontanammo abbastanza da non farci sentire.

“Le ho solo illustrato il mio modo di vedere certi suoi comportamenti.”

“Fa del suo meglio.”

Mi si contorse lo stomaco.

“Lo so, facciamo tutti del nostro meglio, ma a volte non è abbastanza.”

“A volte bisognerebbe essere grati di quello che si ha, sei fortunata ad avere lei, ad avere tutto quello che hai.”

“Non ho bisogno che tu mi faccia sentire in colpa, Ashton.”

“Ma adoro farlo.” Rispose soffocando un sorriso.

“Per fortuna che ci sei tu a peggiorarmi le giornate.”

“Quanto sei esagerata!”

Gli diedi una pacca sulla spalla destra e scoppiai a ridere, lui mi fece eco. La sua risata ero così bella.

 

 

Fortunatamente la stazione di Whitefish era poco distante dall’accampamento.

Arrivammo in stazione e solo in quel momento realizzai quanto doveva sembrare assurdo vederci, probabilmente sembravamo il reparto di pediatria di un ospedale in gita.

Il nostro treno era puntuale e anche noi lo eravamo, questa volta eravamo riusciti a prendere i biglietti per lo scompartimento intero, eravamo io, Ashton, Michael, Marianne e Luke, non ho idea di dove si trovasse Ella, ma il suo posto era vuoto, anche se quel posto era e sarebbe sempre stato per Calum, proprio accanto a Luke.

Mi persi fuori dal finestrino, mi odiai per non essere felice quanto avrei dovuto, non c’era veramente niente per cui essere triste, eppure sentivo sul petto qualcosa contorcersi, senza darsi pace.

Sì, Ivy e tantissimi altri erano morti ingiustamente, e sapevo  che era davvero un’ottima giustificazione, ma dentro di me ero sicura che non era questo il problema, non esisteva, io ero il problema, la mia insoddisfazione lo era, non ero spaventata di deludere tutti gli altri, perché io per prima sapevo che non mi importava, ma deludere me stessa era la cosa peggiore che potessi fare.

Chiusi gli occhi e cercai di scappare dal silenzio in cui ci eravamo chiusi.

 

La stazione di New Orleans era affollata e caotica come al solito.

Molti genitori erano venuti a prendere i figli, talmente felici da aver le lacrime a gli occhi (quelli come noi non piangono mai, soprattutto gli adulti).

Evitai di cercare tra la folla, semplicemente passai a rassegna decine e decine di volti, la mamma di Ashton, i capelli biondi e legati in una coda, teneva per mano i suoi due fratelli che non sembravano in grado di stare fermi.

Il papà di Michael che parlava con la mamma di qualcun altro.

La mamma di Luke con un sorriso larghissimo e gli occhi lucidi.

Una donna dai capelli rossi intrecciati spalancò le braccia e una ragazzina che era con noi si aggrappò a lei.

 

Il cuore mi sprofondò nel petto quando lo vidi, le spalle larghe, la barba incolta come al solito, i capelli un po’ più bianchi dell’ultima volta che l’avevo visto, la sua solita t-shirt grigia che indossava quando non era a lavoro, i jeans stretti, troppo, un sorriso largo e un po’ scombinato.

Avrei voluto corrergli incontro ma la testa mi faceva troppo male.

“Heather!” Annunciò con la voce rotta dall’emozione.

“Papà!” Farfugliai infilandomi fra le sue braccia.

Lui mi strinse forte, mi morsi la lingua per impedirmi di gemere mentre premeva sulle mie ferite.

Quando ci staccammo, mi fece cenno di seguirlo, mi guardai un po’ intorno: Ashton stava abbracciando sua sorella, quando vide che lo stavo guardando mi sorrise e io ricambiai, poi lo salutai con la mano, lui sorrise di nuovo.

 

Mi ritrovai davanti ad un cheeseburger e un bicchierone enorme di aranciata.

Non posso nascondere che il mio stomaco non desiderava altro considerato che non mangiavo da più di ventiquattro ore, uno svantaggio di essere una strega è che la fame non è concepita, nutrirsi è esclusivamente un bisogno per sopravvivere, ma se bisogna combattere nessuno pensa al cibo.

Papà stava addentando il suo panino al pollo, mentre io guardavo distrattamente un reality che non avevo mai visto che stavano trasmettendo alla tv appesa sulla parete del ristorante della stazione.

“Ti va di venire a casa con me per un po’?”

Il boccone mi andò quasi di traverso.

“Che cosa? Poi non ho niente con me, e le lezioni-”

“Lo so, lo so, si tratta di pochi giorni, credo tu abbia bisogno di una pausa da tutto questo.”

Una parte di me lo desiderava da morire, mamma e papà si erano separati quando avevo dieci anni, mi padre aveva sempre voluto altro per se stesso e un giorno aveva lasciato la congrega e mia madre, ma non me, non era mai scomparso dalla mia vita, lo vedevo spesso quanto il suo importantissimo lavoro permettesse, in realtà lo vedevo più di quanto vedessi mia madre.

“-Non fraintendermi Heather, non voglio sottrarti dal tuo dovere, so quanto è importante per te. È un weekend, il tempo di riposarti un po’, potremmo andare alla biblioteca pubblica e prendere qualche libro che non troveresti tra gli scaffali dell’Istituto, mangiare la pizza e i waffle e poi andare al cinema o a teatro a vedere un musical, domenica magari andiamo dalla nonna e dopo facciamo un giro al parco o stiamo sul divano a guardarci le vecchie puntate di Glee o Grey’s Anatomy.”

“Andata. Ma sappi che non saprò mai scegliere tra Glee e Grey’s Anatomy.”

“Beh ci toccherà guardarli entrambi.”

Gli sorrisi e lui strizzò l’occhio destro.

Mi resi conti che era tutto quello che volevo, una pausa da ogni cosa, per quanto poco che fosse, mi avrebbe fatto bene.

“Sono contenta che tu sia viva.”

“E io sono contenta che tu sia venuto a prendermi.”

Lui scrollò le spalle.

“Lo so che sei abbastanza grande e hai letto libri a sufficienza per capire che tua madre sta sbagliando tutto con te, e so che sei arrabbiata e che dici che non ti importa, ma cerca di perdonarla, non tutti sono come te, Heather.”
Adoravo che mi chiamasse con il mio nome completo, senza storpiarlo o usando appellativi affettivi ridicoli, lui mi vedeva come un’adulta e mi trattava come tale, ma sicuramente non era riuscito a vedere quanto io  e mia madre ci assomigliassimo per quanto riguardasse l’egoismo, ma scelsi di non ribattere.

“Lo so, e ci sto provando, credimi.”
“Lo so che ci stai provando e per questo ti apprezzo così tanto.”

 

Arrivammo nella sua casa nel centro della città, le luci erano accese e la televisione della cucina era sintonizzata su un canale di musica.

Feci qualche passo avanti, dalla cucina uscì frettolosamente, aveva le mani un po’ sporche di farina, i capelli rossi legati in modo scomposto, mi sorrise in modo goffo.

“Bentornata tesoro!” strillò e aprì le braccia, io senza volere indugiai qualche secondo, poi le strinsi  la vita. Tutti quegli abbracci mi facevano solo male.

Si chiamava Angelina, mio padre e lei stavano insieme da cinque anni, lei non era una strega, faceva l’insegnante di matematica alle elementari.

“Stai bene?”  Mi chiese tornando in cucina, stava preparando una torta, ne ero sicura.

“Sì, sto bene, non preoccuparti. Tu come stai?” Chiesi senza essere davvero interessata.

“Bene dai, si va avanti.”

Credo che ognuno di noi, salvo alcune rare eccezioni, superata una certa età smetta di rispondere “Bene” quando gli viene chiesto come si sentano, non ho idea della ragione, non credo che gli adulti soffrano davvero più degli adolescenti, ho sempre pensato che lo facessero perché, si sa, il loro passatempo preferito è compatirsi, ma con gli anni ho notato che lo fanno anche con i ragazzi, forse solo per infastidirli.

Senza darle troppa importanza mi sedetti sul divano del salotto, l’unica cosa di cui avevo bisogno era dormire, non mi importava nemmeno che ore fossero.

Mio padre si sedette con me mentre Angelina infornava una torta piena di lamponi.

Sapevo che le domande su quello che era successo sarebbero arrivate a momenti.

Il pensiero di Calum ancora a Withefish mi fece venir voglia di vomitare.

Notai di non star respirando regolarmente e probabilmente anche mio padre lo fece.

“È tutto okay?” Chiuse guardandomi con sguardo ansioso.

“Io… Sì, stavo solo…”

“Che cosa?”

“Stavo pensando a Calum, non è giusto che stia da solo.”

“Oh, Heather, lui non è da solo, ci sono tanti altri ragazzi.”
“Ma non ci siamo noi, papà siamo i suoi migliori amici e ce ne siamo andati a casa.”

Più parlavo e più avevo voglia di piangere.

“Non avete avuto scelta.”

“Forse non abbiamo combattuto abbastanza, si trattava di pochi giorni.”

“Rimpiangere non servirà a niente.”
A diciassette anni gli adolescenti vanno a feste a casa di sconosciuti, si ubriacano, scrivono il loro diario e si sentono le persone che soffrono più al mondo; ma quando vivi la mia vita, quella di quelli come me, e hai rischiato di morire abbastanza volte da smettere di avere paura, è tutto diverso, come lo è avere diciassette anni, perché a diciassette anni sei effettivamente quasi adulto e nel mio mondo, ci sono responsabilità a cui non si può sfuggire.

“Se sei stanca puoi andare in camera tua.”

Mi sentii incredibilmente sollevata.

“Dici sul serio?”

“Certo, abbiamo tutto il tempo del mondo per parlare.”
“Grazie.”

Mi baciò la fronte.

“Buonanotte!” Dissi ad alta voce per farmi sentire anche da Angelina.

“Buonanotte tesoro!” Gridò lei di rimando.

Salii le scale velocemente, e mi infilai nella mia camera, che oggettivamente era uno studio in cui quando venivo mettevano un letto pieghevole estremamente scomodo, ma andava bene così.

Frugai nei cassetti per trovare qualcosa di simile ad un pigiama, alla fine optai per una maglia che doveva essere appartenuta a mio padre, sporca di vernice.

Lavai i denti e mi infilai sotto le coperte, era la sensazione migliore del mondo.

Sebbene avessi dormito quasi tutto il tempo in treno, mi sentivo incredibilmente stanca.

Chiusi gli occhi e in davvero poco tempo mi addormentai.

 

La luce entrò diretta e violenta in camera dato che mi ero dimenticata di chiudere le tende.

Provai a riaddormentarmi ma i miei tentativi mi risultarono inutili.

Guardai l’orologio appeso alla parate con gli occhi appena socchiusi per via del sole.

Erano le sei e mezza, decisi di alzarmi comunque.

La porta della camera da letto di papà e Angelina era ancora chiusa.

Scesi le scale in punta di piedi.

Avevo davvero fame ma conoscendo mio padre, se la sarebbe sicuramente presa se avessi fatto colazione senza di loro.

Accesi la televisione tenendo il volume sul tre per paura di svegliarli.

Girai vari canali, televendite, cartoni animati, soap opera, mi fermai su delle repliche della prima stagione di Grey’s Antomy.

Mi sdraiai sul divano e aspettai che qualcuno si svegliasse, nel frattempo mandai un messaggio ad Ashton.

Io: Buongiorno! Sto da mio padre per il fine settimana, tu dove sei?

Dopo qualche minuto mi si illuminò lo schermo.

Ashton: Buongiorno, sono a casa. Come stai?

Io: Inspiegabilmente bene, e tu?

Ashton: Mia madre oggi non sta bene, devo tenere i bambini, spero solo non sia come l’altra volta. Per il resto, è tutto okay.

Io: Oh Ash… Credi che possa stare male di nuovo? Se hai bisogno puoi chiamarmi, lo sai.

Ashton: Non lo so, spero sia solo una brutta giornata, grazie Heath, divertiti e non pensare a me.

Non posso non pensare a te, Ashton.

Io: Va bene, ti voglio bene.

Ashton: Anche io ti voglio bene.

Il punto è che io ti amo.

Lasciai cadere il cellulare sul tappeto.

Sentii dei passi dalla scale, ripensandoci, sarebbe stato mio dovere di brava figlia preparare la colazione ai miei “genitori”.

Perciò mi alzai in fretta e corsi in cucina.

Tirai fuori le tovagliette da colazione, e appena mi sporsi per prendere le tazze dallo scaffale qualcuno entrò in cucina.

“Buongiorno tesoro!”

Angelina.

“Buongiorno, stavo giusto preparando la colazione ma-”

“-Grey’s Anatomy! Fai pure, non preoccuparti, quando hai finito dimmelo che vado a svegliare tua padre.”

Cercai di non sembrare troppo sconvolta dalla sua affermazione, le sorrisi e lei lasciò la stanza.

Avevo così voglia di waffle, ma non avevano la piastra per prepararli perciò mi dovetti accontentare di alcune crepes ai frutti di bosco.

Andai a comunicare ad Angelina di aver finito e lei mi implorò di andare io a chiamare mio padre.

Fui costretta a salire le scale un’altra volta.

Bussai alla porta socchiusa.

“Papà! Un chilo di crepes fumanti ti aspettano in cucina, preferisci se le mangi tutte il cane?”

“Non abbiamo un cane!” farfugliò con voce impastata.

“Allora quello dei vicini.” Continuai sempre fuori dalla porta.

“No! Lui è uno stronzo!”

“Allora esci dal letto.”
Non mi rispose, sentii però il rumore dei suoi piedi contro il pavimento.

Uscì con gli occhi socchiusi mentre sbadigliava.

Io scesi dalla scale e lui mi seguì.

 

 

Verso le due, quando stavamo andando alla biblioteca comunale mi suonò il telefono e il cuore mi salì in gola, era Michael.

“Ehi!” Tentai con voce irrimediabilmente preoccupata.

“Ciao Heath! Come stai?”

“Micheal!” Non riuscii a trattenermi.

“HeathANSIA che c’è?”

“Che è successo?”

“ È tornato Calum.”

“Oddio dici sul serio?! Come sta? Tu sei all’Istituto?”

“Sta meglio, l’hanno rimesso a posto come si deve,  comunque no, sono a casa da mio padre, anche Calum è con i suoi genitori.”

“Oh, okay, e perché diavolo mi hai chiamato allora?”

“Per spaventarti ovviamente. No non è vero, solo, lunedì ci saranno i funerali.”

“Oh, okay, grazie per avermelo detto.”

“Non c’è di che, ci vediamo lunedì.”

“Ciao.”

Infilai il telefono in tasca.

“Papà, lunedì ci saranno i funerali, non posso rimanere qui.”

“Tranquilla lunedì ti riporterò lì.” Sembrò essere già informato.

“Voglio aiutarli a organizzarlo, è davvero importante per me.”

“Quindi vuoi che ti porti là ora?”

“No, ma domani devo essere là, posso andare da sola se non ti va di passare per l’Istituto.”
“Non preoccuparti ci andremo.”

Non fui totalmente sicura che avesse accettato, ma decisi di non insistere.
 


Spazio Autrice:
Salveeee!
Premetto di averci messo così a lungo solo ed esclusivamente per la mia estrema pigrizia, dato che ho già scritto i due capitoli successivi.
Spero che questo capitolo riscuota un po' più di successo dell'ultimo, btw, mi farebbe davvero piacere se lasciaste una recensione, vi amo, un bacio.
Ali.-

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Capitolo 7
*** Winter ***


L’inverno era ufficialmente iniziato, la pioggia colava lungo le pareti dell’istituto, gli alberi avevano perso tutte le loro foglie e l’asfalto era diventato nero come la notte.
Scesi dalla macchina di papà, il senso di colpa aveva attaccato il mio stomaco appena sveglia; doveva essere la nostra occasione per passare del tempo insieme, ma niente.
“Papà mi dispiace tanto.”
“Non ti devi preoccupare.” La sua maglietta grigia era piena di pioggia.
Lo abbracciai e mi avviai con la mia borsa su una spalla.
Quando mi voltai lui era ancora lì e mi salutò con la mano ancora una volta.
Entrai dall’entrata principale, il corridoio era deserto e le luci erano basse, se non per una, forte e potente, doveva essere la Sala Riunioni, da lì arrivavano delle voci ovattate.
A passi leggeri mi avvicini alla porta.
Riconobbi la voce di mia madre, feci per tornare indietro, ma poi ricordai a me stessa che non potevo scappare da lei per sempre.
Comunque non mi avrebbero mai fatta entrare, perciò salì le scale fin che non arrivai al piano della mia stanza.
La domenica è il giorno libero per tutti, molti vanno  a casa o escono con gli amici, ma forse quel giorno poteva essere diverso.
Mi risparmiai di bussare ed entrai direttamente.
Amber era ancora nel letto.
“Diamine Heather!”
Non riuscii a trattenermi e risi buttandomi sul mio letto.
Si voltò dall’altra parte, io necessitavo di una doccia più di qualunque cosa al mondo, e credetemi, non lo dicevo in senso metaforico.
Mi svestii ed entrai in bagno, aprii l’acqua e ci andai sotto senza dar troppo importanza al fatto che fosse fredda, avevo così tante cose a cui pensare eppure riuscivo a concentrarmi solo su Ashton, desideravo scrivergli ancora, il bisogno di sentire la sua voce ardeva in me incontrollabile, mi ritrovai con le unghie conficcate nelle cosce per cercare di sentire qualcosa che non fosse la mancanza.
 
 
 
Bussai alla porta della serra sebbene fosse aperta.
“Solo un secondo!” Gridò mia madre dal fondo della stanza.
La vidi nascondere una boccetta dal liquido viola dietro ad una pianta e sistemarsi i capelli.
Fui portata immediatamente a chiedermi se non stesse aspettando qualcuno.
“Okay, entra pure.”
Entrai nella stanza circondata da colori tropicali.
“Heather!” Esclamò con palese finto entusiasmo.
Lei rimase lì in piedi, con le braccia a penzoloni, un sorriso stiracchiato sulle labbra, senza avanzare di un solo centimetro.
Pensai a quello che mi aveva detto mio padre e a passi lenti e corti mi avvicinai a lei.
Quando fummo a meno di un metro di distanza, lei mi accarezzò una spalla e con un sorriso perfino più finto dei precedenti,  sussurrò:
“Sono davvero felice che tu sia viva.”
“Anche io.” Risposi senza dare troppa importanza alla durezza del mio tono, la sua freddezza mi rendeva così nervosa.
“Certo che lo sei.” Rispose lei senza sembrare minimamente toccata dalla scarsa confidenza che le riservavo.
“Aiuterò l’organizzazione, tu ci sarai vero domani?”
Avrei voluto altro per me.
“Sì certo, sono contenta che tu sia tornata prima da tuo padre.”
“Non mi importa quello che senti.”
Esattamente nel momento in cui finii la frase mi pentii di ciò che avevo appena detto.
“Giusto, a te importa solo di Ashton.” I lineamenti del viso le si erano induriti, lo sguardo era gelido.
“No, non farmi questo.”
“Non farmelo tu, Heather.”
“Ho desiderato una mamma ogni giorno della mia vita, e mi sono rassegnata al fatto che probabilmente non ne avrò mai una, e mi va bene così e so di essere fortunata per quello che ho, ma non raccontarmi bugie, o fare finti sentimentalismi come se ti importasse davvero qualcosa, perché mi viene voglia solo di vomitare.”
Le guance mi diventarono rosse e sentii la testa girarmi.
“So di non essere stata la madre migliore del mondo, ma tutto quello che ho fatto è stato per te, per il tuo futuro.” Aveva la voce stridula e parlava puntandomi un dito magro contro, aveva le unghie corte e le mani pallide.
“Il punto è che sei sempre stata una madre e non un mamma per me, quand’è stata l’ultima volta che abbiamo passato del tempo insieme al di fuori dell’Istituto? Ti ricordi ancora il mio colore preferito? Da che parte mi piace dormire? Il mio piatto preferito? Non hai nemmeno il coraggio di abbracciarmi perché sai che sarebbe una bugia.”
Mia madre continuava a fissarmi con aria severa.
“È questione di priorità tesoro, sempre e comunque questione di priorità.”
Sentii le lacrime bagnarmi gli occhi, non avrei mai e poi mai pianto davanti a lei.
Mi voltai di scatto e me ne andai cercando di sbattere la porta il più forte possibile.
Sapevo che non mi avrebbe mai seguita urlando quanto le dispiacesse, ma non ero arrabbiata con lei perché sapevo fin troppo bene che io ero lei, o comunque qualcosa di simile, lo stesso egoismo cieco, la determinazione e la voglia di vincere sopra ogni cosa, eppure non riuscivo ad immaginare di mettere qualcosa sopra Ashton, lui faceva parte di me nella maniera più assoluta, e forse era questo che ci faceva rimanere diverse, lei non era capace di amare, e io invece volevo esserlo con tutta me stessa.
 
 
La mattina successiva fui svegliata dal suono del mio telefono che vibrava sul comodino.
Pensai di non aver sentito la sveglia e l’idea di essere in ritardo mi prese immediatamente lo stomaco.
Mi voltai in fretta verso la sveglia alla mia sinistra.
3:40
Il sollievo mi entrò in circolo, Amber dormiva girata su un fianco dall’altra parte del muro.
Presi il cellulare per controllare di chi fosse il messaggio, pensai che sicuramente era qualche pubblicità o cose simili; chi manda messaggi alle 3:40 di notte?
Ashton.
Vedendo che il messaggio veniva da lui il cuore cominciò a sbattermi più forte contro il torace.
Le mani mi tremarono nel tentativo di aprire la casella.
Scendi e vieni giù nel bosco accanto al lago.
Senza nemmeno pensarci due volte scesi dal letto, mi sfilai il pigiama e mi gettai addosso un vestito fiorato, misi delle ballerine orribili perché erano le più facili da infilare.  Mi sciolsi i capelli aggrovigliati dal sonno e uscii più silenziosamente possibile dalla camera.
Feci le scale di corsa sperando che l’incantesimo per il silenzio non mi tradisse.
L’aria invernale era fredda e pungente, per quanto possa essere fredda New Orleans, mi odiai per non essermi portata nemmeno un giubbino.
Ashton era in piedi e guardava verso il lago, la luna si specchiava su di esso e lo rendeva più luminoso; si voltò verso di me sentendo i miei passi, notai che gli erano cresciuti i capelli nell’ultimo periodo e che ora gli cadevano un po’ davanti agli occhi, indossava un felpa con la zip e dei jeans stretti, appena mi vide mi sorrise, e io mi avvicinai quanto basta da sfiorare il suo naso, senza pensarci troppo premetti  le mie labbra contro le sue, lui mi prese il viso tra le mani e tutto il bisogno di averlo accanto, che avevo nutrito in quei pochi giorni, fu saziato in una manciata di secondi.
“Mi dispiace se ti ho svegliata.” Disse a voce bassa.
“Non c’è problema, certo è stato decisamente scontato e banale, da te mi sarei aspettata qualcosa di più ingegnoso, come lanciare sassi alla mia finestra o lasciarmi un messaggio sotto la porta o una lettera via gufo come in Harry Potter.”
Ashton rise, ma il sorriso sulle sue labbra sfiorì con la velocità con cui era comparso. Guardandolo da vicino notai due imponenti aloni scuri che gli cerchiavano gli occhi, il volto era pallido e le ossa degli zigomi più sporgenti del solito.
“È  tutto okay?” Chiesi con tutta la disinvoltura che riuscii ad utilizzare.
Lui distolse lo sguardo e mi sorrise ancora una volta.
“Sì, certo.” Si affrettò a rispondere.
“Dovresti dormire un po’ Ash.”
Lui si sedette per terra senza rispondermi, io lo seguii.
“Sta male di nuovo, ne sono sicuro.” Parlò senza guardarmi, la voce carica di tensione.
“Come lo sai?”
“Lo sento, lo vedo. È tutto come la prima volta.”
La freddezza che metteva nelle sue parole mi fece venir voglia di piangere.
“Che hai intenzione di fare?”
“Credo di potercela fare, andrò a lezione  la mattina e il pomeriggio o la sera tornerò a casa per preparare loro la cena, mi assicurerò che lei sia abbastanza lucida da tenere i bambini e se no dovrò chiedere a qualcuno di tenerli, il problema penso sia la notte, a questo devo ancora pensarci.”
Provai una estrema compassione per lui.
“Potrei andare io ogni tanto, voglio aiutarti in tutti i modi possibili.”
“No, Heather stanne fuori, ti prego.”
“È troppo, è troppo anche per te Ashton.”
“Io posso farcela, gestirò tutto, è giusto così.”
Aveva la mascella serrata e il respiro affannato, pensai stesse per vomitare.
“Possono venire qui, se tua madre tornerà in ospedale, se no potrà venire anche lei.”
“No, è chiedere troppo, non me lo permetterebbero.”
“Lo faranno sicuramente, ascolta, non permetterò che tu venga travolto da tutto questo ancora una volta, non è giusto.”
“Potresti magari chiederlo a tua madre?” Aveva la voce bassa, come se se ne vergognasse.
Mi venne in mente la mia ultima conversazione con mia madre e il mio sorriso vacillò.
“Certo.”
Lui mi mostrò un sorriso stanco ma sincero.
“Grazie Heather non hai idea di quanto io ti sia riconoscente!”
Avrei voluto dirgli che lo amavo ma rimasi in silenzio come sempre, poggiai la testa alla sua spalla spigolosa e chiusi gli occhi, lui mi accarezzò i capelli piano, vidi la sua mano poggiata sulla sua coscia, la strinsi forte; istintivamente guardai il suo polso, ma un polsino e diversi braccialetti lo coprivano, mi voltai verso il suo volto, stava guardando ancora una volta il vuoto, chiusi di nuovo gli occhi.
 
 
 
Per le sette e quaranta io ed Ashton eravamo già nella Sala Ricevimenti, dove in genere allestivamo i balli stagionali o le varie feste nei tempi felici, quel giorno però la stanza era addobbata con candidi gigli, bianchi come la morte e il silenzio, le panche erano nere come pur sempre la morte e l’ignoto.
La stanza era ancora poco affollata, le mani mi facevano male a forza di intrecciare fiocchi bianchi di seta, né io né Ashton avevamo mangiato quella mattina, il mio stomaco implorava qualcosa ma dei due Ashton era decisamente quello che sembrava necessitare di più un po’ di zuccheri, aveva il viso pallido e concentrato mentre issava le decorazioni lungo le colonne, si era tolto la felpa ed ora indossava solo una canottiera con le maniche tagliate che lasciavano intravedere il torace, in alcuni punti ancora fasciato e le costole più sporgenti che mai, mi chiesi da quanto tempo non mangiasse e non dormisse perché quelli che prima erano cerchi scuri ora erano vere e proprio fosse violacee, avrei voluto che si facesse aiutare.
In pochi minuti la stanza si riempii e alle 8:30 la cerimonia ebbe inizio
Proprio mentre  Elizabeth salì dietro al leggio, mi accorsi di non voler stare lì, di non essere pronta e sentire quei nomi elencati ancora un volta, quei nomi e quei ragazzi che avevano perso la loro identità e la loro vita per un guerra nemmeno conclusa.
Elizabeth dall’alto dei suoi sessantadue anni ci guardò come se fosse la prima volta e ricordai la effettiva prima volta che la vidi per quello che era, nel mio vestitino azzurro, con i capelli intrecciati, lottando per tenere la schiena dritta.
“Sono vent’anni che copro questo ruolo, e non c’è stato giorno in cui non mi sia sentita immensamente fortunata per non aver dovuto affrontare una guerra, a differenza di quasi tutte coloro che sono state al potere prima di me, e ahimè questo momento è arrivato, nel mio cuore nutrivo la speranza che questo discorso non venisse mai pronunciato, ma ora sono qui e desidero ricordare il coraggio di questi giovani, che sono morti per qualcosa che probabilmente nemmeno capivano, che forse prima di partire avevano dimenticato di spegnere il computer o di salutare la madre e che non hanno avuto il tempo di fare così tante cose, mi assumo la facoltà di parlare a nome di tutti i miei corrispondenti e colleghi, perché forse abbiamo peccato di superficialità o…”
La vista mi si annebbiò e non feci che sentire il rumore del sangue che mi scorreva nelle vene, non ascoltai oltre perché il dolore e la consapevolezza mi travolsero come non avevano mai fatto nei giorni precedenti, mi aggrappai ad Ashton che era proprio accanto a me, cercando di non perdere l’equilibrio.
Lui mi guardò e io cercai l’ossigeno nei mie polmoni, ma sentii l’aria mancarmi e non ce l’avrei mai fatta a rimanere lì ancora.
Mi feci largo tra la folla senza realmente vederli, quando trovai l’uscita mi accorsi di quanto il corridoio fosse deserto, erano tutti lì dentro.
La porta per il giardino fortunatamente era proprio lì accanto, la aprii a tastoni, e quando fui travolta dal freddo invernale cominciai a correre e corsi come non avevo mai fatto, fin ché i polmoni non si contorsero in un assurdo spasmo, mi accasciai a terra e fu come guardarsi allo specchio dopo settimane, mi  sentii così nuda e fragile, mi accorsi di piangere solo quando mi tastai le guance, avevo il cuore in gola insieme all’acido dovuto allo sforzo che avevo chiesto al mio corpo.
Qualche minuto dopo mentre ancora lottavo per respirare sentii qualcuno correre e gettarsi atterra, proprio accanto a me.
Era Ashton, il volto che tendeva al grigio, imperlato di sudore freddo.
Tentai di drizzarmi a sedere, e mi resi conto di quanto dovevo sembrare ridicola e improvvisamente desiderai di sparire.
“Che è successo?” chiese Ashton con il fiato corto.
“Io… Non ce la facevo, è successo veramente? Insomma, tutto questo è reale. Come può essere reale?” La mia voce era acuta e irregolare.
“Ce la puoi fare Heather, puoi alzarti da qui e andare a dare l’ultimo saluto a tutta quella gente già morta, oppure puoi venire con me e non so cosa faremo, non so dove andremo, ma non perderemo il nostro tempo a dare un ultimo saluto a qualcuno che se n’è già andato.”
Desiderai baciarlo ma non ne ebbi la forza, solo, mi alzai e cercai un modo di stare in piedi, barcollai e quando pensai di cadere a terra un braccio mi circondò e mi sorresse, mi voltai e nel tentativo di sorridergli sentii i conati scuotermi tutto il corpo, provai a dire ad Ashton di allontanarsi ma nel momento in cui aprii la bocca fui presa d’assalto, mi piegai in due e vomitai tutto il dolore e l’ansia che non facevo che accumulare.
Ashton mi strinse più forte invece che lasciarmi andare e mi sentii amata al punto da smettere di pensare a tutto quello che mi stava ferendo così tanto.
“Sono qui e non vado da nessuna parte.” Disse come se potesse leggermi nella mente, mi avvolse totalmente con le braccia nude, sentivo la bocca sporca e ebbi paura che provasse a baciarmi, ma non lo fece, mi abbracciò soltanto per un tempo che mi sembrò infinito.
Quando cominciai a respirare regolarmente mi lasciò andare, lo guardai aspettando che parlasse lui per primo, ma poi mi decisi: “Andiamocene via, non voglio tornare al funerale e so che probabilmente me ne pentirò per sempre e mi odierò,  ma ora sento che è giusto così.”
Lui si voltò verso di me, il sole era salito nel cielo ad un punto che gli illuminava i capelli e li faceva sembrare così chiari, quasi biondi; gli occhi erano di quel verde pallido da apparire trasparente che solo le giornate di sole come quelle riuscivano ad ottenere.
“Dove vorresti andare?”
Gli mostrai il sorriso più malizioso che riuscii ad elaborare. Mi avvicinai a lui e salii lievemente sulle punte per arrivare con le labbra proprio accanto al suo orecchio: “In camera da letto.”
Lui mi mostrò a sua volta un sorriso ancora più malizioso, allungò la mano destra, strinsi le dita lunghe ed affusolate, cominciò a correre e io lo seguii, chiedendomi dove trovasse tutta quella forza.
 
 
Quando arrivammo nel corridoio della camera di Ashton fui presa dalla paura di vomitare ancora una volta.
Come se mi avesse letto nel pensiero, si fermò, mise le mani sulle mie guance e mi tirò a sé, avevo ancora il fiato corto ma mi sforzai per non sembrare turbata, misi le mani a mia volta sul suo viso, lui mi premette le sue labbra contro le mie, lui le aprì leggermente e io feci passare la mia lingua tra i suoi denti,  spostò una mano e me la infilò fra i capelli sciolti e li scompigliò, oscillammo attaccati finché non trovammo la porta della sua camera, evidentemente non era chiusa a chiave dato che lui la aprì con una spinta, mi chiesi come fosse possibile fare tutti quei metri avvinghiati, eppure.
Mi lasciai cadere sul letto e lui con me, lo baciai ancora e ancora, il suo odore riempiva ogni cosa, poi qualcosa montò in me, nuovo e incontrollato, mi staccai improvvisamente da lui e lo vidi guardarmi senza capire, più velocemente possibile mi sfilai il vestito e lo feci calare lungo i fianchi, lui poco dopo  si levò la canottiera, poi misi le mie mani sopra le sue spalle e lo tirai a me, feci ogni cosa come mossa da una forza superiore, lui cominciò a spostare i suoi baci dal mento a tutto il collo, fino ad arrivare al seno, con le dita disegnò piccoli cerchi lungo la mia schiena, per poi incontrare il gancio del reggiseno che sganciò con qualche difficoltà.
Scesi con le dita lungo il suo addome, sbottonai i suoi jeans e feci scendere la zip, li feci calare lungo le sue anche, lui se ne liberò in fretta.
Continuò  a baciare dal mio collo al mio seno mentre io mi calai le mutande, senza che io me ne accorgessi realmente anche lui aveva fatto lo stesso.
Fu strano e complicato, e non credo nemmeno di poter assicurare a me stessa che mi sia piaciuto il fatto in sé, ma sentivo dentro di me qualcosa scoppiettare e non avrei scambiato quella sensazione per nessun’ altra cosa al mondo.
Cercai di liberarmi dal groviglio di coperte, Ashton mi stava guardando e sorrideva, aveva il viso pallido e stanco ma più rilassato, qualcosa in me mi fece odiare il fatto di essere riuscita a farlo sentire meglio o addirittura bene solo in quel modo,  cercai di ignorarla.
Ma la sensazione pungente di insoddisfazione si fece sentire pochi minuti dopo, avevamo davvero fatto sesso durante il funerale dei nostri compagni?
Sapevo che c’era qualcosa di giusto in quello che avevamo fatto, ma era comunque immorale e assurdo.
Avrei voluto alzarmi e andarmene ma in ogni caso avrei solo ferito Ashton, non avrei migliorato le cose dentro di me.
Cercai nella mia mente un modo carino per uscire da quella situazione così snervante, e dopo vari minuti dissi l’unica cosa che mi venne in mente: “Sto morendo di fame, ti va di mangiare qualcosa?” In realtà mi faceva male lo stomaco e non riuscii a fare a meno di chiedermi come diavolo avrei ingurgitato qualcosa.
“Oh, sì, va bene.” Disse lui come se lo avessi svegliato da un sogno, aveva sul volto un’espressione indecifrabile, non persi tempo a tentare di capirla.
 
 
Arrivammo al bar dell’Istituto, a quanto pare la cerimonia era finita da un pezzo, dato che ai tavoli c’erano al massimo una decina di persone, Ashton si sedette accanto alla vetrata.
“Cosa prendi tu?” Gli chiesi dall’alto.
“In realtà io-”
“Ashton Irwin ti prego non farmi questo.” Dissi con fare più esausto di quanto avrei voluto, mi afflosciai sulla sedia accanto alla sua.
“Okay, okay, ho capito, vado io.” Si alzò in fretta senza nemmeno chiedermi cosa volessi, ero decisamente troppo stanca per farci caso.
Tornò qualche minuto dopo con un vassoio, c’era sopra un latte macchiato, un succo d’arancia e due ciambelle.
Posizionò il latte macchiato e una ciambella accanto a me e lui prese l’altra ciambella e il succo d’arancia.
“Va bene capo?” Chiese con un sorriso strascicato sulle labbra.
“Mmh può andare.” Feci con falsa serietà.
“La tua cattiveria mi commuove.”
Risi ed addentai la mia ciambella, è strano come sia facile annegare il dolore, probabilmente però il rischio continuo è  che esso, sprezzante del pericolo, torni a galla.
 
Buongiorno!
Sì lo so, dopo quasi un anno tornare qui è piuttosto ridicolo, ma come si suol dire: mai dire mai. Spero che questo capitolo vi piaccia. Un bacio e grazie a chiunque visualizzi o recensisca.
Ali.

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