Far Star

di Baka_Empire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Frammenti ***
Capitolo 2: *** Unione ***
Capitolo 3: *** Percezione ***



Capitolo 1
*** Frammenti ***


La prigione


 
La schiavitù umana per mano di diverse razze superiori porta il genere umano a dividersi in piccole colonie aventi il compito di fornire manodopera. A questo scopo i giovani venivano incarcerati per essere poi esportati in altri pianeti. Le leggende dicono che i pianeti vicini possano udire le urla strazianti dei detenuti.
Prigione dell’impero Val’Gar, Cella 764



 
Tra urla strazianti, lamenti e continui sussulti ogni stanza della prigione poteva essere riassunta in una sola parola: Disperazione. In quelle mura la speranza non esisteva, sapevano già il loro destino, come scritto fra le pagine di un libro di cui si conosce già la fine, si può solo aspettare il momento nel quale verrà sfogliata l’ultima pagina e leggere “The End”. C’era una cella però cosi silenziosa da incutere persino più timore delle altre, sembrava come se tutti quei sentimenti di odio, rancore e rabbia fossero soffocati da qualcosa di più grande, di immensamente più grande. In quella cella c’era un ragazzo umano, nato in una colonia vicina di nome Lerhed, che nella lingua dei Val'Gar significava "vuoto", come per loro era l'anima degli schiavi. Esso non aveva mai visto l’universo nella sua infinita grandezza e non poteva immaginare cosa ci fosse oltre quelle sbarre. L’unica sua attività che si alternava ai lamenti emessi dagli altri prigionieri, era osservare una stella, una stella che gli donava qualcosa che in quel luogo non avrebbe mai trovato, la speranza.
Nonostante un sentimento cosi nobile e puro il ragazzo non era poi cosi diverso dagli altri detenuti, esso provava odio e rancore verso chi l’aveva schiavizzato. Sentiva però che il suo odio non doveva essere scagliato contro i Val’Gar ma contro qualcosa di più grande, di più potente, quel qualcuno che aveva ridotto l’umanità all’essere inerme privandola di ogni cosa. D’altronde il suo odio era rinchiuso tra delle mura, non sarebbe mai potuto fuggire al di fuori di esse. L’unica cosa che poteva fare è stare li seduto, mischiare le proprie lacrime al gocciolio delle pareti, aspettando il giorno in cui sarebbe stato portato in una nuova colonia per essere usato come schiavo.
Ogni giorno i Val’Gar, sempre in un determinato orario, ispezionavano quell’ala della prigione per evitare ogni tipo di sommossa. Appena si udivano i loro passi, la coda che strisciava sul pavimento e la loro lingua viscida fare strani versi l’intera prigione piombava in un silenzio inquietante. Era il turno della cella di Lerhed, ormai la paura per quelle creature era mutata in qualcosa di simile all’indifferenza, per il ragazzo qualsiasi creatura nell’universo ci fosse stata al loro posto il suo atteggiamento non sarebbe mutato. Per lui qualsiasi creatura era malvagia, e nessuno poteva cambiare ciò, solo provando sulla propria pelle ciò che si sta facendo si può comprendere il vero male. Grazie alla tecnologia dei Val’Gar le due razze potevano comunicare tra loro grazie a un traduttore universale, ma nessuno ascoltava appieno le loro parole, la maggior parte o sono pietrificati dalla paura o talmente prosciugati nel loro essere da non notarli nemmeno. Mentre i due Val’Gar cominciarono a parlare con il ragazzo, un rumore tagliò quel silenzio. Non potevano essere urla, nessuno avrebbe mai osato tanto con i Val’Gar in ronda, poteva essere solo una cosa: L’allarme. Esso non aveva mai suonato per anni e anni, nessuno aveva vantaggio nel salvare gli umani e chi lo aveva non era abbastanza forte ne coraggioso da intraprendere un attacco contro un intero popolo. Le due creature chiusero la cella di Lerhed e si diressero verso la camera di controllo, dove era scattato l’allarme. In mezzo a tutto quel frastuono una figura coperta da un mantello apparve all’interno della cella. Per la prima volta il ragazzo provò scalpore nel vedere qualcosa di cosi diverso da ciò che vedeva ogni giorno da anni. Purtroppo il Lerhed non avendo mai imparato a parlare, cosa riservata solo alle razze superiori, non poteva interagire con quell’uomo, poteva solo limitarsi all’osservarlo. L’uomo si avvicina a lui senza proferire parola. Il ragazzo in quel momento provò un sentimento inspiegabile, sentiva paura pur trovandosi davanti a un essere della sua stessa stazza fisica, ma non era essa che faceva paura. Era il suo avanzare senza paura verso di lui, il suo passo deciso e vigoroso a incutere timore. Man mano che si avvicinava poteva intravvedere parte del suo viso, e con il progredire della visione di esso il ragazzo comincia ad aver sempre meno timore. La paura di quello che celava era il vero terrore che lo pietrificava. La conoscenza gli aveva fornito un arma contro le proprie paure. L’uomo ormai era davanti al ragazzo, arrivato a qualche centimetro da lui si fermò e allungò la mano verso la testa del ragazzo e ci appoggiò sopra il palmo della mano.
Dopo qualche secondo il ragazzo gli rispose: “Chi sei?”. Poteva parlare. –Ragazzo ti ho donato di un dono molto prezioso, sfruttalo appieno. - disse la creatura che parlava la stessa lingua del ragazzo. L’essere si tolse il cappuccio e rivelò la sua vera identità: era un umano. Il ragazzo fece la prima cosa che il cuore gli diceva di fare: abbracciarlo. –Perché ragazzo mi abbracci? - disse l’uomo.
Il ragazzo rispose -Era ciò che il mio cuore mi ha detto di fare- . L’uomo sorrise e decise di prendere confidenza con quel ragazzo – Io mi chiamo Roht, qual è il tuo nome?-
-Il mio nome…il mio nome è Lerhed- disse fiero e deciso
Roht rompendo il silenzio sussurrò al ragazzo –Mi dispiace interrompere questa piacevole conversazione, ma non penso che avremo molto tempo a nostra disposizione-
L’uomo indico al ragazzo il corridoio e corsero entrambi verso l’attracco per le navi spaziali della prigione, l’unica via di fuga.-Ragazzo tu libera i prigionieri dal lato est, io penso a quelli ovest, cercheremo di liberarne il mio possibile ci vediamo al molo!- Subito dopo aver pronunciato quelle parole i due si imbattono in altrettante guardie Val’Gar. Il ragazzo indietreggiò e lascia l’uomo davanti a quelle due creature, la codardia lo invase e il suo viso piombò nuovamente nel baratro della disperazione dopo aver visto la debole luce della speranza. L’uomo si girò e incoraggiò il ragazzo con un sorriso –Prima non ti ho mentito ragazzo.. Io sono umano, ma non del tutto. Voi umani puri mi avete chiamato in tanti modi nel corso dei secoli, forse il termine più adatto è Dio, Dio della guerra. - Le paure del ragazzo mutano in un espressione piena di dubbi e perplessità, doveva davvero credere alle parole di quell’uomo? Un Dio? Non aveva mai sentito quella parola ma era come se gli fosse famigliare, come se ne conoscesse già il significato. Dopo qualche secondo avrebbe trovato la risposta a tutte le sue domande. L’uomo emanò un potere talmente forte da far quasi cadere il ragazzo, non era una forza tangibile, era una volontà ferrea e fiducia nel proprio essere a sprigionarla. Bastò un istante e i due nemici erano a terra, inermi, come fossero morti. L’uomo come se qualsiasi altra spiegazione sarebbe stata solo superflua disse – Atteniamoci al piano di prima, cercherò di attirare l’attenzione di più nemici possibili per agevolare il tuo compito, ci vediamo al molo! Prendi queste chiavi, le ho sottratte ai Val’Gar”.
I due si divisero e il ragazzo si senti nuovamente insignificante. In quel momento avrebbe tanto voluto poter rivedere la sua amata stella, gli avrebbe fornito la forza per smettere di tremare. I secondi, i minuti, essi passavano e il ragazzo temeva che dietro ogni angolo poteva celarsi un nemico. Lerhed sentì dei passi, non avrebbe mai potuto sbagliare, era un Val’Gar. Non sapeva che fare era pietrificato dalla paura, ormai il Val’Gar stava per sbucare dall’angolo e l’avrebbe probabilmente ucciso senza nemmeno pensarci troppo. In quell’attimo il ragazzo chiuse gli occhi e pregò. Udii crollare una parete e insieme a lui anche il Val’Gar, che si precipitò subito a controllare. Era salvo. Con un nodo in gola il ragazzo comincio a correre verso l’ala est, che non era poi cosi lontana da dove si trovava. Arrivato li apri le celle dei prigionieri, essi scapparono fuori come dei topi imprigionati in una scatola. Senza razionalità ne calma. Il ragazzo sapendo che le uniche parole a loro conosciute erano quelle dei Val’Gar, decise di mettersi davanti al gruppo e di indicare loro la strada del molo. Durante l’avanzata verso l'attracco navale c’era un silenzio innaturale, nessun Val’Gar era nei corridoi e nessuno si preoccupò di questo a parte il ragazzo. Arrivati al molo videro spuntare dalle varie vie per arrivare a esso un esercito di Val’Gar. Era una trappola. –Sapevamo che il vostro scopo era scappare, e che l’unico luogo in cui potevate farlo era questo, siete in trappola!” Gridò un Val’Gar. Si avvicinavano verso di noi, pensarono tutti che fosse la fine in quel momento, saremmo tornati in quelle celle buie e piene d’odio. Proprio come nel primo momento in cui lo incontrai, proprio quando le mie speranze si erano spente ricomparve lui, il Dio della guerra. Con un entrata trionfale spazzò via una gran fetta dell’esercito nemico si avvicinò a me e mi disse – Prendete la nave e scappate, qui ci penso io! - In quel momento il ragazzo lo trattò come un fratello e gli rispose senza pensarci – Non fare lo spaccone, sarai un Dio ma anche tu rischi la nostra vita come noi! Vogliamo aiutarti-. Il Dio dopo aver sorriso come all’abbraccio nella cella del ragazzo gli rispose scompigliandoli i capelli – Non preoccuparti, noi Dei siamo diventati tali per atti leggendari, se non li avessi compiuti non sarei degno di essere il Dio in cui voi credete.  Stava per girarsi e sparire nella folla dei nemici quando aggiunse – Ricordati queste parole ragazzo- indicando il cuore del ragazzo -La forza di un uomo è celata nel suo animo, agli uomini è stato donato un potere ben più grande di ciò che gli è stato tolto- in seguito sparì tra l'orda di nemici. Il ragazzo avrebbe voluto aiutare quella persona che riteneva quasi come un famigliare, ma sapeva che sarebbe stato solo d’intralcio. Tutti i prigionieri riuscirono a imbarcarsi nell’astronave e partire, tra di essi c’erano meccanici e ingegneri quindi non fu difficile organizzarsi rapidamente. Dal finestrino dell’astronave il ragazzo vide quell’uomo, che tanto l’aveva aiutato. Gli aveva dato speranza, proprio come la stella che guardava ogni giorno. Osservandosi nel vetro riflettente dell’astronave stava sorridendo, quel sorriso misto a lacrime e dolore, che però risaltò su tutto. Era luminoso, luminoso come una stella.

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Capitolo 2
*** Unione ***


Far Star
Capitolo 2: Unione
Erano fuggiti da quel luogo,quel luogo che per anni li aveva privati della loro libertà,delle loro emozioni,e del loro diritto alla vita. Potevano vedere l'infinità dell'universo da quei finestrini,potevano sentire la sensazioni di muoversi liberi in esso,senza che nessuno gli imponesse una via prestabilita,questo però se da un lato era la cosa che più avevano bramato all'interno di quelle mura era anche una sensazione mai provata prima,e anch'essa li turbava.
La gioia di aver lasciato il loroluogo di detenzione,si stava man mano trasformando in timore.
Come un uccello che spicca il suo primo volo dopo aver provato per tutta la vita solo l'orribile prigionia della sua gabbia. Molte domande erano senza risposta. Era giusto scappare da quel luogo rischiando la vita?Le provviste erano poche,e loro tutti lo avevano capito: non sarebbero bastate per più di 3-4 giorni.
Per comunicare tra loro gli umani usavano dei disegni,cosi da potersi capire anche senza l'uso della parola. Molte razze per questo particolare metodo di comunicazione gli associavano a esseri dall'intelletto poco sviluppato,ma questo non era assolutamente vero,gli umani non avendo avuto modo ne bisogno di comunicare tra di loro dopo la schiavitù, avevano perso questa capacità.
La lingua degli uomini era perduta,come un antica reliquia.
Averla persa fu un grave colpo per l'umanità,l'organizzazione in situazioni come queste era minata dalla mancanza di abilità lessicali capaci di esprimere appieno le proprie emozioni,idee e paure.
Lerhed era la chiave per riottenere quel dono,ma esso non aveva l'abilità necessaria per insegnare in pochi giorni a tutti gli umani nella navicella una lingua cosi complicata.
Dubbi e domande erano le sole a riempire le menti degli uomini.
Alcuni erano semplicemente seduti in disparte,come se l'essere fuggiti dal luogo dove erano prigionieri non cambiasse il fato a cui erano ormai destinati.
Altri invece erano più attivi,più speranzosi,avevano la certezza che dopo la fuga da quel luogo il genere umano,o perlomeno loro,sarebbero potuti essere liberi.
Il primo giorno all'interno della astronave passò cercando di organizzarsi nel modo più ottimale possibile. Si era deciso che chi aveva una conoscenza,anche minima,dei meccanismi di un astronave  doveva adempire al compito di trovare un pianeta dove rifornirsi di cibo e acqua. I restanti essere umani avevano vari ruoli,dal cucinare il cibo a pulire.
Lerhed avvertiva un clima più unito e organizzato, e si alzò dalla sua posizione rannicchiata pensando a cosa sarebbe successo nei giorni a venire.
Decise di conoscere più approfonditamente le persone all'interno dell'astronave.
Provava una curiosità sfrenata verso i suoi simili,non aveva mai avuto un dialogo con altri umani prima d'ora, e ne approfittò per osservarne i comportamenti.
Tutto questo per lui era una situazione mai provata prima.
Si avvicinò per primo ad un ragazzo all'incirca della sua età,pensava che con un suo coetaneo il dialogo sarebbe stato più facile.
Era rannicchiato come Lerhed fino a qualche minuto fa,il suo sguardo era fisso nel vuoto e stringeva qualcosa in una mano.
Lerhed incuriosito da cosa fosse indicò la mano del ragazzo, e lui capendo il segnale ,aprì la mano: Era un qualcosa di molto simile a un disegno.
Dopo aver steso per bene il foglio tutto spiegazzato,Lerhed capì cosa raffigurava,era un uomo a terra inerme e senza forze.
Il ragazzo guardò il suo coetaneo in faccia e pensò che se lui avesse visto prima il volto di esso,quel disegno non sarebbe servito.
Gli occhi del ragazzo erano vuoti e senza emozione.
Lerhed si allontanò da lui,non tanto per paura verso di esso,ma per paura di se stesso,quel ragazzo sarebbe potuto essere lui e questo lo opprimeva.
Dopo essersi ripreso da quel tuffo nel vuoto,decise di esplorare in modo più approfondito l'astronave.
Passo dopo passo si allontanò dalla folla e cominciava a incontrare man mano sempre meno persone,da un lato aveva paura,ma dall'altro ritrovava quella sensazione tanto abituale a lui che era la solitudine, e questo in parte lo tranquillizzava.
Camminando era arrivato nell'armeria dell'astronave.
Sentì dei rumori provenire da una camera.
La porta era semi aperta e sbirciò all'interno,  vide un ragazzo che guardava con attenzione le armi dei Val'Gar.
Esaminava ogni fucile e proiettile tanto da emozionare persino Lerhed.
Il ragazzo all'interno della camera si girò di colpo,Lerhed riuscì a nascondersi dietro la porta senza farsi vedere.
Dopo qualche secondo cercò di sbirciare ancora e vide l'occhio del ragazzo appiccicato alla fessura in cui Lerhed lo spiava.
Cadde a terra dalla paura.
Il ragazzo gli diede la mano per aiutarlo a rialzarsi,in seguito scrisse qualcosa su un pezzo di carta: Brendon.
Lerhed intuì che era il suo nome,ma come sapesse a scrivere per lui era un mistero.
Non fece domande a riguardo.
Il ragazzo frenetico fece vedere le armi e Lerhed e gliene diede una fra le mani incitandolo a osservarla meglio.
Doveva riconoscere che era davvero una bella arma,e accennò un cenno di approvazione per la qualità di essa.
Brendon entusiasta invogliò Lerhed a osservare ogni arma mentre lui le appuntava tutte su un suo libretto che teneva come un tesoro.
I due passarono ora insieme fino a che suonò l'altoparlante,era l'ora della cena.
Entrambi sapevano che si sarebbero rivisti presto e provarono un legame che molti umani non si potevano permettere: l'amicizia.
Tutto sembrava aver preso una giusta piega per Lerhed e gli altri.
Ma tutto cambiò.
Il secondo giorno,dopo aver passato una giornata intera all'interno della navicella,si stava diffondendo il pensiero della maggior parte delle persone: che ormai non c'era nessuna speranza.
Da gruppi distinti solo dal comportamento e non legati da nessuna alleanza,nacquero veri e propri gruppi coalizzati a un solo scopo,la sopravvivenza.
L'istinto di rimanere in vita si trasformava piano piano in egoismo.
Le provviste scomparivano misteriosamente ogni giorno ma nessuno era capace di fermare questa inciviltà nata dalla esigenza di vivere.
Era nato il chaos,e nessuno era capace di riportare una situazione di equilibrio.
Qualunque cosa fosse considerata di "valore" in quella situazione veniva persino rubata,e chiunque aveva paura,persino dei propri simili.
Lerhed pensava che gli essere umani fossero un popolo buono e privo di sentimenti cosi orrendi come l'avidità e l'opportunismo. Non era servito a nulla dunque provare la schiavitù per capire quanto può essere bella la pace?
Il terzo giorno la situazione era diventata ormai insostenibile,nessuno aveva il coraggio di inoltrarsi nella parte bassa dell'astronave,dove ormai i "malviventi" avevano creato un vero e proprio covo.
Erano tutti rintanati nella cabina di pilotaggio,l'unico momento dove bisognava percorrere un tratto vicino alla coda dell'astronave era per prendere le provviste e cucinarle.
Quel giorno toccava a Lerhed e altre due persone,due uomini muscolosi,che l'avrebbero sicuramente protetto,portare il cibo.
Mentre proseguivano verso quel luogo il rumore dei loro passi era accompagnato all'unisono solo dal gocciolio dei nubi dell'astronave.
Era un silenzio irreale,proprio come quello che aveva avvertito Lerhed durante la sua fuga dalla prigione.
Un passo irregolare ruppe il silenzio.
Fu seguito da altri due,dal silenzio,e di nuovo da altri due.
Erano circondati.
Il gruppo di banditi creato per impossessarsi delle risorse all'interno dell'astronave non sembrava altro che dei cani affamati e bramosi di cibo.
Qualcuno doveva fare qualcosa.
Lerhed era pietrificato,non poteva fare nulla contro di loro,l'unico sentimento che provava oltre la paura era il dispiacere,il dispiacere per come si erano ridotti quegli umani.
Una domanda però era uguale per tutti i tre: Quegli uomini sarebbero mai arrivati a uccidere o ferirci per del cibo? E tutto rendeva la situazione davvero orrenda.
In quell'attimo si udii un suono.
Era l'altoparlante dell'astronave che annunciava la localizzazione di un pianeta con forme di vita.
Era un miracolo.
In quel momento guerra o egoismo non contavano più,c'era solo una gioia comune che univa tutti,un sentimento cosi forte che era capace di placare ogni istinto aggressivo.
Era forse questa la chiave per far si che gli essere umani non provassero più astio tra di loro? Il problema fra gli umani era solo assopito,tutti sapevano che sarebbe tornato quel giorno,quel giorno dove la fame o qualsiasi altro pretesto avrebbe acceso la miccia.
Come essersi svegliati da un incubo l'intera astronave stava per affrontare una nuova sfida insieme,un ambiente nuovo e mai visto prima.
 
Fine 2° capitolo
 

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Capitolo 3
*** Percezione ***


Far Star
3° Capitolo: Percezione
 
Gli avvenimenti successi nei giorni precedenti all'interno dell'astronave erano ormai un ricordo,o almeno veniva considerato tale per il quieto vivere dell'equipaggio.
L'importante in quel momento era aver avvistato un pianeta dove era possibile atterrare.
Lerhed corse subito alle enormi finestre panoramiche dell'astronave e vide un pianeta pieno di vegetazioni e di alberi,non aveva mai visto nulla di simile.
A prima vista il pianeta sembrava disabitato.
Attraccarono in una zona priva di alberi e,dopo le prime analisi per capire se il luogo era vivibile,scesero tutti piano piano.
Tutto per gli umani era nuovo,dagli alberi alla vegetazione,ma non del tutto.
Sentivano che qualcosa in quel pianeta era famigliare,ma ancora non comprendevano cosa fosse.
Dopo aver battuto i primi passi su quel luogo misterioso,si decise di dividersi in gruppi da 8 persone per velocizzare i rifornimenti di provviste ed essere anche protetti in caso di attacco.
Lerhed venne assegnato al gruppo 6 insieme a Brendon,si sentiva sollevato di conoscere almeno una persona in quel frangente.
Tutti i gruppi si separano e si addentrarono nella foresta.
Il ragazzo osservò tutti i suoi compagni di squadra e venne colpito da una ragazza,essa non era come gli altri prigionieri fuggiti,aveva qualcosa di unico.
Era molto pallida,capelli rossi e molto timida.
Lerhed notò subito qualcosa di speciale in lei.
Si era deciso che se un gruppo avesse trovato qualcosa avrebbe dovuto avvisare gli altri con un razzo di segnalazione verde,se invece avesse trovato dei nemici il razzo sarebbe dovuto essere di colore rosso.
Dopo qualche ora di esplorazione, molti gruppi riuscirono a trovare frutta e erbe,ma non si avvistò alcuna creatura.
Si decise di prolungare la ricerca e il Gruppo 6 si addentrò nella parte più interna del pianeta.
Quello che videro Lerhed e i suoi compagni li fece rimanere di stucco,si sarebbero aspettati di tutto fuorché quella visione.
Erano altri umani. Essi erano ricoperti da ferite più o meno gravi.
Il gruppo 6,dopo qualche secondo di riflessione,si gettò subito in loro soccorso.
Provarono a chiedere loro come fossero finiti in un luogo cosi angusto e disabitato,ma non conoscevano nemmeno il classico metodo di comunicazione umano tramite disegni.
In seguito decisero di portare i feriti sull'astronave,in modo da poterli curare nel modo migliore.
Gli altri gruppi ormai stavano tornando alla base,dopo aver raccolto una cospicua quantità di risorse,quando videro un raggio di segnalazione rosso: veniva dalla posizione del gruppo 6.
Lerhed e i suoi compagni furono attaccati da Robot alti 5 metri,non dotati di armi laser,ma comunque mortali nel corpo a corpo.
La tattica che venne attuato dagli umani fu correre il più possibile, provando a seminare quelle macchine,ma la loro velocità di movimento era elevatissima.
I Robot riuscirono a raggiungere parte del gruppo.
Il gruppo 6 si ridusse a 5 membri.
Ormai i Robot avevano raggiunto l'intero gruppo.
Brendon tirò fuori un arma dal fodero,una stungun, che teneva sotto il suo mantello e sparò,il colpo tramortì un gruppo di Robot creando un lasso di tempo tale da raggiungere l'astronave.
Arrivati all'astronave tutto l'equipaggio si riunì,pensavano di poter sconfiggere i Robot se si fossero uniti tutti insieme.
Ma nessuno poteva immaginare cosa sarebbe successo in seguito.
Da ogni parte sbucarono Robot,e umani mai visti prima d'ora.
Uno di quegli umani però,correndo verso un suo simile lo uccise senza alcun riguardo.
Il chaos scoppiò attorno all'astronave.
Chi era il nemico?Di chi ci si poteva davvero fidare?
Cominciò un vero e proprio tutti contro tutti,nessuno combatteva per una causa o una salvezza collettiva,ciò che importava a tutti era andarsene da quel luogo.
Si ripeté ciò che successe sull'astronave.
L'egoismo e l'attaccamento alla propria vita aveva avuto il sopravvento sul tutto il resto.
Tutto però si placò appena degli umani,incontrati su quel pianeta,vennero uccisi.
Appena il suo cuore smise di battere,il suo aspetto cambiò radicalmente rivelandone la sua identità: erano dei mutaforma.
L'equipaggio capì l'inganno e si ricompattò contro un nemico comune.
Un altro inganno però li stava attendendo.
Brendon trapassando un Robot con una delle sue armi e mettendolo K.O. vide una capsula al suo interno: era un essere vivente proveniente da un altro luogo.
Erano attraccati sul pianeta chiamato Drosera. Quel pianeta anni orsono, venne occupato da alieni mutaforma capaci di assumere qualsiasi aspetto. Essi però,essendo carnivori, dopo aver cacciato ogni forma di vita su quel pianeta avevano esaurito ogni approvvigionamento. Non avendo altre alternative e essendo dotati di uno spiccato intelletto,crearono uno stratagemma capace di procacciare a loro cibo.
Dei Robot alimentati a energia vivente.
Inserendo un essere vivente all'interno della macchina,essa ne sfrutta appieno ogni suo potere e forza fisica,quando l'energia si esaurisce l'essere all'interno muore, e i mutaforma possono divorarlo.
Il pianeta essendo un percorso abbastanza usato per le rotte di esplorazione di altri imperi coloniali,molte vittime caddero nella loro trappola.
Trasformandosi in qualunque alieno loro volessero,ottenevano la loro fiducia,per poi ingannarli.
Come dei ragni la loro tela era fitta e impossibile da sbrogliare.
Un esercito di Robot; un orda mutaforma capaci di creare scompiglio in battaglia,ormai il destino degli umani era scritto.
Dal nulla apparve una creatura.
L'aria si fece pesante,tutto tremava al suo ruggito.
Aveva ali,sputava fuoco e assomigliava a un rettile: era un drago.
Ogni suo passo,ogni suo battito d'ali dava segno di imponenza e potenza.
Creature della mitologia umana,potevano essere evocate solo da un dono immensamente potente. I progenitori di tutte le razze lo chiamarono Fantasia.
Il drago riuscì a sterminare una buona parte dell'esercito nemico,ma il potere dell'evocatore era troppo debole,e scomparve qualche minuto dopo.
Nessuno sapeva chi lo avesse evocato,ma era sicuramente uno dell'equipaggio.
Chi poteva avere un potere cosi devastante e unico?
La situazione non si era ribaltata per gli umani che rischiavano nuovamente la vita.
Gli umani provarono a ritirarsi e fuggire a bordo della nave,ma essa era senza carburante.
Impossibilitati alla fuga non gli restava altro che combattere senza sosta sperando di sconfiggerli.
In mezzo alla battaglia si erse una luce abbagliante in cielo.
Da quella luce si udivano parole chiare e precise: "Combattete,combattete senza paura. Io vi sosterrò."
Nessuno sapeva cosa fosse ne la sua origine,ma di colpo tutti gli umani sentirono pervadere i loro corpi da una forza mai vista prima.
La fede che riponevano in quella luce di speranza li aveva resi più forti.
Lerhed sentì un potere mai visto prima,una forza inarrestabile.
Con tutta la rabbia che aveva in corpo sferrò un pugno contro un Robot,come se in quel momento liberasse tutto l'odio e il rancore provato in tutti quegli anni.
Il Robot cadde a terra privo di energia.
Grazie alla nuova forza ottenuta gli umani vinsero quella che era una battaglia ormai persa.
Essi dopo aver combattuto ed essere sopravvissuti per miracolo dovevano vedersela con un altro problema di vitale importanza,il carburante dell'astronave.
Nulla su quel pianeta poteva fornire energia all'enorme mezzo di trasporto.
Mentre alcuni usavano le ultime energie del velivolo per mandare un segnale di aiuto,altri compivano un ultimo tentativo di ricerca del tanto agognato carburante.
Lerhed si separò dal gruppo di ricognizione,sia per pensare a tutte le domande che si era posto nel corso del suo viaggio,sia per capire cosa fosse successo durante la battaglia.
Mentre era seduto a riflettere comparve di nuovo quella luce abbagliante dal cielo,era impietrito ma nello stesso momento affascinato da essa.
L'emanazione di luce atterrò proprio davanti a Lerhed.
Da essa sbucò un uomo,un Dio.
Si avvicinò al ragazzo,e si sedette di fianco a lui,come un suo pari.
-T..Tu chi sei?- Balbettò Lerhed.
-Hai già conosciuto una persona con i miei stessi poteri..vero?Essa non ti ha parlato di noi,ne del perché siamo su questo mondo. Noi siamo umani come voi,diventati Dei grazie alle nostre gesta e alle nostre capacità fuori dal comune. Noi umani sentendo anche solo la parola "Dio" ci aggrappiamo a una speranza,si esile e astratta,ma che ci rende capaci di sfidare chiunque. Di sicuro hai molte domande ragazzo..io posso solo rispondere a parte di esse,le altre verranno colmate durante il tuo viaggio. Ti sei mai chiesto perché gli umani vengono schiavizzati? Sostanzialmente per due motivi: il primo è per la nostra apparente debolezza,infondo la maggior parte degli umani non ha una grande forza;il secondo è per tenere sotto controllo la nostra forza assopita.-
-Una forza assopita?Di cosa parli?- Disse il ragazzo sconvolto.
-Donare la parola agli altri..sviluppare una forza immensa..sono solo alcune delle dimostrazioni di questa forza. Non so se tu ne sia a conoscenza,ma noi umani in un lontano passato vivevamo in un mondo rigoglioso e prospero,uniti tutti sotto un unico suolo. Ma la nostra brama di potere e di ricchezza ha fatto si che,una forza immensamente superiori a noi,ci punisse per il nostro operato e ci proiettò in ogni angolo della galassia cancellando ogni nostro ricordo della nostra vita precedente. Ma questa è solo una parte della storia. Quella creatura,dopo averci privato di tutto,decise di donarci un potere che ci avrebbe permesso in futuro di ritornare nel nostro luogo di origine. Quel potere risiede nel nostro cervello. All'interno della scatola cranica,nel cervelletto,abbiamo impiantato un chip capace di moltiplicare a dismisura i sentimenti che proviamo trasformandoli in un potere che si manifesta all'esterno. Più ricordi il chip possiede,più la sua forza aumenta: la conoscenza è la chiave della forza degli uomini.-
Incredulo Lerhed non poteva immaginare che gli umani avessero una carta cosi potente tra le loro mani.
-E come si fa a sfruttare questo potere?- disse Lerhed fissando con sguardo deciso il Dio
-Dato che la base per sfruttare il chip è la conoscenza,la prerogativa per usarlo è conoscerne l'esistenza. Se un umano non sa di esso ne della sua natura,non può di certo sfruttare i suoi poteri,ne sarà mai capace di farlo. Il chip genera una forza in base al sentimento e alla natura della persona stessa. Provi più amore verso gli altri?O forse odio?Tutto questo influenza la potenza e l'emanazione dell'energia del chip. Esso si scatena spesso dopo un avvenimento dal forte impatto emotivo,ma abituandosi a esso si può persino controllarlo. Ci sono tante vie in cui questo potere si manifesta chiamate "emanazioni". Quella più comune è l'aumento della forza fisica,dell'intelletto e della capacità nell'uso delle armi. Ma esistono capacità rare come quella che hai potuto ammirare durante la battaglia..quella particolare abilità viene chiamata "fantasia",è capace di evocare creature della mitologia umana.-
Il ragazzo incuriosito da ciò pose una domanda.
-Tu sai chi ha scatenato quel potere vero?è un membro dell'equipaggio o sbaglio?-
Il Dio dopo qualche secondo di riflessione rispose al ragazzo.
-Sai uno dei motivi per cui sono venuto qui è proprio questo..In effetti chi ha generato quel potere è uno del vostro equipaggio,ed era anche nel tuo gruppo di ricerca quando vi siete imbattuti nei mutaforma.-
Sempre più incuriosito il ragazzo fece altre domande.
-Chi era?Come mai non me ne sono accorto?-
-A volte l'uomo esclude immediatamente le soluzioni più improbabili per concentrarsi su quelle più simili alla realtà,a una finta realtà che è nella nostra mente. Il controllore di quel potere lo immaginavi simile a un Dio,vero? Invece non è cosi..il controllore di quel potere è quella ragazza,cosi esile e pallida.-
 
FINE

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