Beast Hunters

di SeeD_of_the_Moon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un caldo bestiale ***
Capitolo 2: *** Scommesse ***
Capitolo 3: *** Ithil ***
Capitolo 4: *** Hunters ***
Capitolo 5: *** Lei ***
Capitolo 6: *** La Caccia ***
Capitolo 7: *** L'inferno ***
Capitolo 8: *** Frenesia ***
Capitolo 9: *** Quattr'occhi ***
Capitolo 10: *** Sottoterra ***
Capitolo 11: *** L'inferno, di nuovo ***
Capitolo 12: *** Obiettivi ***
Capitolo 13: *** Relazioni ***
Capitolo 14: *** Rispetto ***
Capitolo 15: *** Hero & Villan ***
Capitolo 16: *** Strategia & preoccupazione ***
Capitolo 17: *** The peace before the storm ***
Capitolo 18: *** Ruota ***
Capitolo 19: *** Maschere Dorate ***
Capitolo 20: *** Dall'Oltretomba ***
Capitolo 21: *** Sono stato bravo, mamma? ***
Capitolo 22: *** Ultimo saluto ***
Capitolo 23: *** Sperimentale ***
Capitolo 24: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 25: *** Caduta ***
Capitolo 26: *** Dio ***



Capitolo 1
*** Un caldo bestiale ***


Il vecchio Markus non sopportava quel soffocante caldo estivo. All’ombra del davanzale del bar, guardava i bambini rincorrersi tra i portici e in mezzo alle strade, ripensando alla sua infanzia, alla sua crescita in quelle campagne del sud, alla guerra. Quando pensava alla guerra, il suo primo pensiero era un odio per la sorte che gli era spettata: perdere una gamba per la patria, essersene andato senza riconoscimento ed essere obbligato sulla sedia a rotelle accompagnato da quella zitella della sorella, che lo aveva “invitato” a stare da lei in quella casa in una cittadina piena di mosche e zanzare.
D’un tratto, il silenzio. Come se l’universo si fosse fermato per un istante. Udì un leggero sfrigolare di ruote e armature tra le grida e le risate che uscivano dalla finestra del bar dietro di lui. Strizzando gli occhi stanchi sotto il cappello, distinse all’orizzonte una carrozza, trainata da due cavalli, accompagnata tutt’intorno da una dozzina di cavalieri in armatura d’argento e tela bianca, sporcata dal polverone alzato dalle due belve che trainavano il carro, ma senza il minimo segno di stanchezza o spossatezza dovuto al caldo soffocante. Il vecchio sentì un brivido, finalmente erano arrivati. Nonostante il ritardo, finalmente l’impero si era reso conto del suo eroico sacrificio, ed era pronto a premiarlo. Markus si tolse il cappello. La carrozza, portando il vessillo imperiale che scintillava sul volto incrociato dei due leoni, simbolo del potere della corona,  si fermò davanti al bar. Scesero due uomini, anch’essi in armatura argentata, ma molto più lavorata e curata rispetto a quella dei soldati. Questi ultimi, a coppie si posizionarono davanti a porte e finestre, stringendo le loro lance-fucili e puntandole contro le possibili vie di fuga. Il vecchio non era sicuro di ciò che accadeva, ma quando vide che i due che erano scesi dalla carrozza si avvicinavano a lui, la sua attenzione si catalizzò su di loro. Questi arrivarono davanti a lui, e passarono oltre. Il vecchio rimase scosso e voltandosi, vide che i due si fermarono  davanti alla porta, impugnando le loro armi, simili a stocchi ma con la punta aperta a bocca di fucile, ricordava di averle viste impugnare in guerra dai generali.
Per un altro istante, ci fu il silenzio. I due si scambiarono un occhiata. Un istante dopo spalancarono la porta, tenendo strette le loro armi squadrarono il locale, che per la prima volta ebbe un istante di pausa da quelle continue risate e grida. L’odore pungente dell’alcool penetrò nelle armature dei due che però, senza essere distratti dagli sguardi che si rivolgevano verso di loro, si lanciarono verso un tavolo in cui sedevano due uomini. Uno dei due cavalieri, prese la testa del primo spingendola contro il tavolo e facendogli cadere il cappello, rivelando lunghi capelli vermigli. L’altro cavaliere, lanciando uno sguardo contro l’altro uomo seduto a quel tavolo si rivolse al primo, puntandogli la canna del fucile alla testa “Ithil Okami, detto la mano del diavolo, sei in arresto per alto tradimento alla corona, manomissione e omicidio.” L’uomo, con il volto parzialmente coperto dai capelli arruffati, si volse verso l’alto con un sorriso di sfida ridacchiando: “Heh, scommetto che stavolta mi fanno fuori”. Gli legarono le mani dietro la schiena, lo portarono fuori e lo spinsero sulla carrozza, e un attimo prima di salire, con lo stesso sorriso, guardò il vecchio sulla carrozzina, confuso su ciò che era accaduto. La carrozza ed i soldati, con la stessa velocità con cui erano arrivati, se ne andarono, e non fecero più ritorno in quel paesino sperduto.

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Capitolo 2
*** Scommesse ***


Solo per l’incoronazione si era raccolta così tanta gente nella piazza reale. L’odore mattutino era nell’aria ma tutti quelli che potevano, dalle classi più nobili alle più umili, si riversarono nell’imponente piazza, dove il ceppo ed il boia erano già pronti. Una gran quantità di voci si sovrapponevano “si dice che abbia ucciso 1000 uomini” “io ho sentito che è alto due metri e ha le corna” e ancora altri, chi diceva di averlo visto sfondare un muro con un pugno, chi giurava di aver combattuto con lui, ed altri mille ciarlatani. Uno squillo di trombe fece calare il silenzio. Lentamente, saliva verso il patibolo un uomo. Era sulla trentina, aveva lunghi capelli ramati e il suo sguardo era nascosto da questi ultimi, arruffatissimi. I cavalieri che presidiavano il patibolo furono gli unici a vedere quel sorrisetto divertito che si nascondeva tra i capelli ed il pizzetto. Dietro di lui, si ergeva titanico il palazzo reale, e dalla balconata, un gruppo di guardie scelte proteggeva la regina, e tra di esse, un uomo con un lungo cappotto bianco ed un cappello bianco anch’esso, che nascondeva completamente il suo volto. Una voce, iniziò il rito “Ithil Okami, ex Hunter di classe Tripla S, sei qui accusato per: il massacro alla città di Eim, l’uccisione di tre Hunter, tradimento nei confronti della Corona e associazione con i Ribelli. La giuria ha stabilito il tuo verdetto: colpevole. La tua pena: la morte.” Un gelido silenzio calò nella piazza, mentre l’uomo si avvicinava al ceppo e si inginocchiava dinnanzi alla scure del boia. La regina, appellandosi alla folla, parlò: “ Miei concittadini, so a quali atroci sofferenze i ribelli vi costringono; sapete che purtroppo questi mostri sono come la peste per il nostro impero ma oggi abbiamo catturato uno dei suoi capi, e con oggi, siamo noi a vincere! Non più i ribelli! Ricordate questo giorno, come l’inizio della rinascita del popolo! Perché siamo tutti noi l’impero!” quell’insieme di stupidaggini ebbero un enorme successo tra la folla, convinta di ciò che la regina diceva, vedendola come una liberatrice. Dopo qualche istante calò nuovamente il silenzio. Una lieve brezza spostò i capelli di Ithil. Chiuse gli occhi. La scure fu librata nell’aria. Fu un istante. La lama fallì il colpo. Ithil si alzò. Sorrise nuovamente. Quando i cavalieri spararono, si fece scudo con il corpo del boia. Appena quelli presero un attimo per capire cosa era appena successo, l’uomo balzò in aria. “eh, sei proprio scarso nelle scommesse” dalla folla, qualcuno lanciò una pistola. Era un’arma particolare, era estremamente lavorata e sembrava fatta a mano, inoltre, nella parte superiore era inserita una strana sostanza…sembrava sangue...ma era nero. Fu fin troppo veloce. I cavalieri non si resero nemmeno conto di cosa li colpì. Eccola, la mano destra del diavolo. Sei proiettili, e caddero a terra. Eccolo, in piedi, dinanzi ai corpi di quelli che avevano tentato di ucciderlo. “che ne dici reginetta? Ora hai voglia di ascoltarmi?” sparò un settimo proiettile rivolto alla donna, che venne però respinto da un corpo che si mosse troppo veloce per essere distinto, sembrava quasi una folata di vento. Nel caos generale, tuttavia, il condannato si dileguò tra la folla.

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Capitolo 3
*** Ithil ***


“Quello degli Hunters è un ordine nato successivamente alla nascita della piaga delle belve. Questa malattia, che si sviluppa nel sangue del malato, lo porta a perdere la propria umanità, tramutandosi lentamente, o tutto d’un colpo, in una belva assetata di sangue. Dovere e compito degli Hunters è quello di scacciare e distruggere le belve…ovviamente, il servizio richiede un compenso.” “Ovviamente”. Il cacciatore guardò fuori dalla finestra della carrozza. Gli Hunters erano nati come un ordine santo, ma con il tempo avevano finito per diventare mercenari. “lei quindi, mi assicura che scaccerà le belve da questa città, al cento per cento?” l’uomo aveva decisamente l’aspetto di un nobile, un grasso maiale il cui unico interesse era rimanere in vita, a costo di sacrificare un paese intero. Il cacciatore, quasi schernendolo, rispose ”Caccio da dodici anni- si avvicinò al nobile- e completo sempre il mio lavoro. Lei e suo figlio potete dormire tranquilli” il bambino seduto accanto a lui guardava il cacciatore con aria di superiorità e una certa arroganza. Il cacciatore si chiamava Ast, detto il lupo, per via del suo modo di cacciare in solitudine. Lo infastidiva lo sguardo di quel bimbetto viziato nei suoi confronti, ma ormai era stato guardato in tanti di quei modi, che non ci faceva più caso. La carrozza si fermò. Il nobile, spazientito del contrattempo, gridò al cocchiere “Perché ti sei fermato?” “Mi scusi milord, ma un vecchio è caduto in mezzo alla strada” “E allora? Non mi interessa. Prosegui.” “Ma milord…” “Ho detto prosegui.” “aspetta padre”. Il bambino si alzò, tenendo in mano il pregiato bastone da passeggio, scese dalla carrozza, e andò a curiosare su ciò che aveva interrotto il suo cammino. “Hey tu, che ci fai li? Spostati” il vecchio era pallido, dal colore di alcune ferite, aveva probabilmente avuto un infezione, e gli rimaneva decisamente poco da vivere. “hey, ma sai chi siamo noi?” il vecchio non rispondeva, e continuava a tremare. Il giovane perse la testa, e iniziò a picchiarlo con il bastone da passeggio, piantandogli nella carne la punta affilata. “ahahahah, padre guarda! Guarda come ripulisco la nostra strada! Sono bravo eh?”. Ast non poteva sopportare quella visione: nonostante avesse squartato bestie per anni, non riusciva a guardare quel bambino uccidere un poveretto solo perché non gli ubbidiva. Una mano fermò il bastone. Era un ragazzetto sporco, con i capelli rappresi dal fumo e dalla sporcizia, che rivelavano un color ramato. Il giovane, quando si accorse che un lurido popolano lo stava disonorando impazzì completamente, tirò indietro il bastone, e iniziò a cercare di colpire il giovane. Era una visione bizzarra: ben vestito e con i capelli biondi, cercava di colpire l’altro in preda ad un raptus omicida, l’altro pelle e ossa, sporco e selvaggio, tentata di evitare i colpi che il suo avversario gli sferrava. Un affondo gli passò ad un centimetro dall’orecchio. Il giovane fece pressione per fermarlo tra il collo e la spalla, e con l’altra mano sferrò un pugno dritto nel volto del nobile, che cadde a terra sanguinante. Il padre, appena lo vide, scese dalla carrozza imprecando, pronto ad avventarsi su quel poveretto che aveva cercato di proteggere un vecchio morente. “Ora, basta.” La voce di Ast tuonò come una sentenza. Il silenzio cadde in quella strada. Il cacciatore si avvicinò al giovane, come se fosse alla ricerca di qualcosa, nascosto sotto quello strato di sporcizia. “mm…tu chi sei? Come ti chiami?” il giovane non rispose, ma continuò a fissarlo negli occhi “che c’è? Non sai parlare?” “non te lo dico il mio nome. E se ti interessa così tanto, ti rifilo un pugno che ti appiattisco il naso” “uh, bellicoso il ragazzo…che ne dici di cambiare vita?” “ma che vuoi?” il giovane tentò di spingerlo via. Ast prese il suo braccio, lo girò e lo fece cadere a terra, tutto in un istante. “beh, ora hai due scelte. Uno: io ti lascio andare, tu sparisci e torni a marcire sotto un ponte, due, vieni con me e cambi vita”. “È fuori di testa? Ha visto che ha fatto al mio ragazzo? Si merita di essere lasciato a marcire in una fossa” per la prima volta, quel volto che prima era apparso indifferente e divertito, si fece serio “Stia zitto. Se preferisce, me ne vado subito, e lascio che lei e la sua famiglia veniate mangiati da un branco di belve affamate” il nobile si zittì, spaventato da quella figura. “bene, allora dove ero rimasto…ah si, che ne dici, vuoi venire con me?” “si ok ok ma ora lasciami il braccio!” gli lasciò il braccio, Ast pose una mano al giovane. “mi chiamo Ast Okami, sono un Hunter, e da oggi lo sei anche tu..” “Ithil” “Ithil. Piacere di conoscerti.”

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Capitolo 4
*** Hunters ***


La procedura per il reclutamento di nuovi hunter è costituita da un insieme di caratteristiche fisiche e psicologiche che il cadetto deve soddisfare. Per quanto riguarda le prime, è necessario che l’Hunter abbia capacità di adattamento ambientale, resistenza fisica, essere addestrato a combattere a mani nude e aver superato almeno 5 simulazioni contro le bestie. Le caratteristiche psicologiche invece sono più complesse da sviluppare, in quanto è richiesta sopportazione, capacità di comprendere le persone, capacità d’osservazione, indifferenza alla morte, coraggio e capacità di reggere ad un incontro con creature mostruose. Per questo motivo, gli Hunters provengono da classi sociali bassissime o da situazioni difficili, dove sono stati costretti a sopravvivere da soli. Il ragazzo che Ast portò alla Torre, ossia il centro di addestramento Hunter, era abile, non sopra la media per quanto riguardava le caratteristiche fisiche, ma eccelleva in quelle psicologiche. Negli anni che passavano, Ast tendeva a portarlo con lui per insegnargli sul campo, e questo era forse uno dei motivi per cui Ithil nonostante il tempo passato alla torre non aveva stretto legami amicali.
Partirono una giornata di primavera, per un lavoro che avrebbe cambiato entrambi. La leggera brezza primaverile soffiava ed entrava dalla finestra della carrozza dove l’Hunter ed il suo apprendista viaggiavano. Arrivarono in un paesino sul mare. La visione di quella calma piatta provocò nel ragazzo uno strano senso di malinconia per qualcosa che non aveva mai avuto. Scacciò quel pensiero, si scambiò uno sguardo con il maestro, che per lui equivaleva alla figura di un padre. Nonostante parlassero sempre, durante i viaggi rimanevano in silenzio, nessuno dei due capiva perché, ma si creava una strana aria in quella piccola carrozza, e nessuno dei due voleva parlare. Ithil era cresciuto, aveva da poco compiuto 17 anni, i suoi lunghi capelli ramati erano legati in una coda improvvisata, che manteneva quei caotici capelli in ordine per quanto potesse, i suoi occhi però, non erano ben definibili, erano quelli di un ragazzo, desideroso di vedere il mondo, ma allo stesso tempo erano quelli di un uomo che crea uno schermo tra se ed il mondo, per proteggere se stesso.
Quando arrivarono in quel paesino, la gente, come in ogni altro luogo, li squadrarono in un misto di paura, repulsione e curiosità. Per prima cosa, si diressero al municipio. “Sono Ast Okami, Hunter di classe S, sono stato mandato qui dall’Ordine.” “ah signor Hunter, la aspettavamo.” Ithil era abituato a quella conversazione: saluti, soldi, completate il lavoro, fine.

Tuttavia, quello che gli assegnarono era tuttavia un lavoro complesso. La polizia del luogo aveva aspettato il più possibile a chiamare gli Hunters, ma erano arrivati oltre il limite a loro gestibile. La bestia che dovevano cacciare avevano già massacrato sei famiglie, potenzialmente quindi le vittime erano una ventina, e con tutto il sangue che aveva assorbito la belva, era diventata un pericolo insostenibile. Era inutile anche solo pensare di barricarsi in casa, la muscolatura della bestia non avrebbe trovato come ostacoli una porta o una finestra. Il motivo per cui gli Hunter erano gli unici capaci di affrontare le bestie era duplice: in primis, utilizzavano armi d’argento, l’unico materiale capace di impedire alle bestie di rigenerare le regioni danneggiate, secondo, l’addestramento fisico degli Hunters non era solo per confrontarsi con le bestie, ma era soprattutto per sopportare di ricevere qualche goccia di sangue bestiale nei loro corpi, che li rendeva più forti, più veloci, più agili. Per lo stesso motivo però, gli Hunter erano bombe a orologeria, in quanto quelle poche gocce di sangue nero prima o poi sarebbero degenerate, incapaci di riprodursi nel corpo, e avrebbero causato un rigetto sanguigno, con la successiva morte dell’Hunter.

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Capitolo 5
*** Lei ***


Gli Hunters impiegano tempo nella caccia alle belve. Quella durò circa un paio di settimane. La belva aveva assorbito molto sangue e aveva sviluppato intelligenza, per cui si nascondeva con molta più ragionevolezza rispetto ad una normale belva. Durante quelle settimane, Ast mandava spesso Ithil al saloon del paese, “stai per un po’ li ad ammazzare il tempo”, ma entrambi sapevano che il saloon era il luogo preferito dalle bestie per scegliere le proprie vittime. Ithil teneva d’occhio ogni movimento all’interno del grande bar. Sapeva che molta gente lo guardava storto, tuttavia questo atteggiamento, faceva al caso suo, in quanto il suo scopo secondario era quello di essere un appetitosa esca per la belva. Spesso, uomini si facevano avanti offendendolo, denigrandolo, accusandolo come origine della piaga delle belve. Una delle bariste spesso lo difendeva, Ithil ne rimaneva indifferente, anche se sentiva un qualche tipo di attrazione nei confronti di quel piccolo esserino che la difendeva. Era probabilmente poco più grande di lui, tuttavia era minuta, il suo volto era sincero, e mosse delle corde nel cuore del ragazzo da lasciarlo interdetto, senza capire cosa gli stava succedendo. Si stava preparando per la caccia, doveva rimanere attento a chiunque all’interno del bar, allora perché…perché si perdeva a seguirla con lo sguardo? Perché non riusciva a concentrarsi nel lavoro, come aveva fatto fino ad allora?
Un uomo che puzzava di fumo ed alcool si avvicinò a Ithil. Il paese sapeva che gli Hunters erano arrivati, e il ragazzo non si era impegnato granché: era rimasto seduto ad un tavolo, da solo, senza ordinare nulla, fumando, e con il cappello quasi calato sugli occhi. Quell’uomo si sedette davanti a lui, squadrandolo. Ithil continuò a guardarsi intorno, come se nulla fosse. L’uomo ben presto si spazientì, di quel ragazzo che ai suoi occhi lo trattava con tanta superbia, come se fosse invisibile. Gli lanciò il boccale di birra. La bevanda bagnò gli abiti del cacciatore, il quale però, rimase freddo e insofferente come lo era stato fino a quel momento. L’uomo si alzò ed iniziò a gridare contro di lui, offendendolo, maledicendolo, bestemmiando contro di lui e tutti gli Hunters. Dalla sua bocca usciva un fetore di alcool, la sua bava era bagnata, i suoi occhi rossi furenti. Ithil ormai ci aveva fatto l’abitudine. La gente comune si comportava sempre così con i cacciatori. Li consideravano le cause della piaga delle belve, quando erano proprio loro l’unica speranza per cacciarle.
Il ragazzo sapeva che l’unico modo per fare si che quelli come quell’uomo la smettessero era l’indifferenza. Tuttavia, la ragazza che lo aveva affascinato, accorse. Per un attimo il cuore del giovane sobbalzò. “che diavolo stai facendo?” Ithil non voleva dire quelle parole, ma uscirono dalla sua bocca quasi senza che lui se ne rendesse conto. Il suo cuore ebbe un tremito. La ragazza tuttavia, guardandolo negli occhi, rispose “è il mio bar, e non voglio conflitti; e poi ti ha sporcato. Dovresti fare più da conto dei tuoi vestiti” era la prima volta che sentiva la sua voce. Gli parve di udire quasi un canto celeste. Una voce apparentemente normale, ma che al ragazzo sembrò divina. E quegli occhi verdi che lo guardavano, quel brevissimo istante in cui i loro sguardi si incontrarono, diventò eterno nella mente di Ithil. Distolse lo sguardo. Prese la sua roba, ed uscì dal bar. Che diavolo stava facendo? Perché se ne era andato? Non era la prima volta che vedeva una ragazza…allora…cos’era quel dolore in mezzo al petto?
Si incrociò con il maestro, di ritorno in quel momento. Ogni distrazione del ragazzo si fece da parte all’udire quelle parole “L’ho trovato”.

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Capitolo 6
*** La Caccia ***


Il reale motivo per cui Ast si portava dietro un ragazzo era sconosciuto all’uomo stesso, soprannominato il Lupo per il suo metodo di caccia solitario. Ithil aveva partecipato ormai ad una decina di caccie, sapeva cosa lo aspettava, e se fosse stato necessario, sarebbe stato pronto a combattere. Teneva la mano sull’elsa della sua spada, mentre il maestro davanti a lui, portando il braccio dietro la schiena, impugnò il bastone della falce. La notte scese. Le luci delle case, seguendo il sole che tramontava, si spensero. Solo la luce dei lampioni illuminava quelle due ombre che sole si muovevano attendendo la loro preda. La luna, quasi piena, era l’unica amica che da sempre accompagnava i cacciatori. Lo sentirono. Era l’odore di una belva. Si nascosero nell’ombra, continuando a camminare, e come l’ombra, persino i loro respiri smisero di provocare rumore. Ithil non aveva mai visto il volto del maestro durante la caccia, poiché gli stava dietro, e l’unica cosa che era a lui permesso di vedere dalla fievole luce era la sagoma dell’uomo. Un vetro che si spezza. Un grido. Delle urla. Tonfi. Di nuovo silenzio.
Il Lupo aveva trovato la sua preda. Iniziò a correre. Ithil lo seguiva. Trovarono la casa. La belva era rimasta senza mangiare per una settimana nella speranza che i cacciatori se ne andassero, ma stava venendo consumata dalla sua stessa fame, e non poteva più aspettare, aveva bisogno di sangue. Una colpa fatale. Ithil lo aveva visto ormai parecchie volte, ma rimaneva sempre affascinato dalla falce d’argento del maestro, che danzava illuminata dai raggi di luna, distruggendo le belve. Il motivo della caccia solitaria di Ast era proprio quello. I movimenti estremi e terribili della sua falce non permettevano a nessuno di avvicinarsi ne a lui ne alla sua preda. Ithil sapeva che a causa dei suoi tagli frenetici, il maestro aveva finito per uccidere anche un suo compagno, ma non aveva mai cercato di saperne di più, comprendendo la sofferenza del maestro. La lama bianca si tinse di nero. La belva continuò a gridare fino al suo ultimo istante. Quelle urla sferzanti facevano tremare i vetri. Ithil era conscio di essere completamente inutile in quella situazione, ma sapeva anche che se il maestro aveva infranto il suo stesso voto di caccia solitaria, era perché voleva preparare il ragazzo alla caccia. La lama, in un ultimo istante illuminata dalla luna, come una saetta si intrise di nero sangue della belva che, privata dei suoi arti ed incapace di rigenerarsi, cadde, in un silenzio assoluto. La notte della caccia era finta. Per il resto della nottata, i due compagni rimasero in silenzio. La mattina dopo, si respirava nella città ancora la paura delle bestie, ma gli eventi della notte precedente avevano mosso il cuore della popolazione, che, per la prima volta, accolse con un applauso i due Hunters.

I due rimasero un altro paio di giorni in quella cittadina, prima che, in una calda sera estiva, arrivò la carrozza. Ithil stava andando verso la carrozza, e vide la ragazza. Sentì dentro di lui un fremito. Sapeva che non l’avrebbe mai più incontrata. La vide che stava per entrare nel bar. Allungò la mano verso di lei. Voleva scusarsi di come le aveva parlato. Si fermò. Pensò tra se e se ciò che stava per fare e ritirò la mano “sei un Hunter, e lei sta lavorando. Piantala di fare il bambino” si voltò. Fece un passo lasciandosi alle spalle il bar. La ragazza entrò. Un esplosione. L’inferno.

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Capitolo 7
*** L'inferno ***


Il fuoco divampò. I vetri del bar esplosero. Le fiamme avvolsero l’edificio.
Ithil si paralizzò. Il suo cuore si fermò. Le grida della gente, per un istante tacquero. Innamorato, Hunter, ragazzo, amore, odio, paura, repulsione, desiderio. Nella sua mente sparì tutto. Rimase solo lei. Doveva salvarla. Senza il suo maestro, sfondò la porta in fiamme ed entrò. Lo vide. L’inferno. Una bestia, diversa dalle altre, coperta da fiamme lanciava grida sferzanti. Si guardò intorno. Con il piede toccò qualcosa. Il suo sguardo, divenne vuoto. Li, ai suoi piedi, il cadavere carbonizzato della ragazza. Per un istante pensò “no, non può essere lei”. E poi vide il suo tatuaggio. Quel maledetto tatuaggio sulla spalla, che aveva notato sin dal primo giorno che la vide. La bestia si accorse della sua presenza. Era una creatura enorme. Il suo braccio, avvolto da pelo infiammato, colpì il ragazzo, scaraventandolo contro la parete. Lui tuttavia, non emise suono. Il maestro entrò qualche istante più tardi. Nemmeno lui aveva mai visto una bestia che utilizzava le fiamme come armi. Vide un cadavere per terra. Si avvicinò, tirò un sospiro di sollievo, non era Ithil. Dietro di lui, percepì un essere. Non una belva, era molto più piccola. Non fece in tempo a voltarsi. Ithil, fuori di se, lo scaraventò al muro con un solo pugno, facendogli perdere i sensi. Il ragazzo, si inginocchiò sul cadavere della donna. La bestia, vedendo che si era rialzato, si lanciò su di lui, perforando la sua spalla con un morso. Anche questa volta, il ragazzo non emise grida. Alzò lo sguardo verso la bestia. Non lo sguardo di un uomo, non lo sguardo di un Hunter, lo sguardo di una belva. I suoi occhi non erano quelli di qualcuno che prova odio nei confronti di ciò che aveva appena ucciso il suo piccolo fiore, ne di un uomo sofferente per la carne che gli era appena stata strappata. Per la prima volta, il ragazzo mostrò la sua vera indole, un’indole assassina e distruttiva.

Qualche ora dopo, i soccorsi arrivarono. I due Hunter furono portati in ospedale.
 
 

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Capitolo 8
*** Frenesia ***


Ast si svegliò, si mise subito a sedere, e sentì che il suo braccio sinistro pulsava di dolore. I suoi occhi impiegarono qualche istante per mettere a fuoco la stanza, e anche la sua mente impiegò qualche istante per rendersi conto di cosa stava succedendo. Vide che era sdraiato su un letto di ospedale. Cercò di ricordare cosa era accaduto, mentre i medici si avvicinavano a lui. Prese un medico per il colletto avvicinandolo a se. Le prime parole che uscirono dalla sua bocca furono “dov’è Ithil?” era terrorizzato, il medico cercò di calmarlo “rispondi e basta o ti taglio la testa!” il medico, impaurito, indicò al cacciatore la stanza in cui era ricoverato il ragazzo. Alzandosi con fatica, ancora intorpidito, corse più che poteva verso la stanza del ragazzo. Aprì la porta. Il letto era vuoto. In un angolo della stanza, Ithil era accovacciato tenendosi le ginocchia. Solo due cose si vedevano: i suoi capelli ramati, ed i suoi occhi, sbarrati, che fissavano il vuoto. Ast si avvicinò, lo toccò. Tremava. “Hey? Ith, sono io. Mi riconosci?” il ragazzo non proferì parola. Per delle ore il maestro tentò di far parlare il ragazzo, anche solo di sentire la sua voce. Nulla. Rimaneva li, in silenzio, tremando. Ast ruggì al medico che stava entrando “che gli avete fatto?!?” il medico, con una calma inquietante, rispose “è meglio che parliamo fuori”
Ast uscì, lasciando il ragazzo da solo nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Lei è Ast Okami, Hunter di grado S, giusto?”
“si.”
“d’accordo…perché non mi dice che è successo a quel ragazzo?”
“sta scherzando?”
“signor Okami…lei è l’unico superstite di quell’incendio oltre a quel ragazzo. Che gli è successo?”
“ma di che parla?”
“…il ragazzo ha cercato di suicidarsi accoltellandosi ieri. Qualche istante dopo, se sue ferite mortali si sono richiuse e si è risvegliato.”
“eh?”
“non abbiamo idea di come sia possibile, ma quel ragazzo ha le stesse capacità rigenerative di una belva”
Ast rimase in silenzio. Non poteva credere a quello che stava succedendo…Ith una bestia? No, impossibile…che era successo quel giorno? Stavo soccorrendo quella ragazza…e poi quel colpo...era Ith? No, impossibile…poi? Aveva perso i sensi…ricordava solo immagini sfocate…quella bestia aveva morso Ith..lui…la aveva attaccata a mani nude…e poi…ricordava immagini di Ith che strappava a mani nude gli arti della bestia che cercava di liberarsi..l’aveva uccisa…e poi.. e poi…Ithil era in piedi, con la testa della belva che colava sangue nero…lui…l’aveva bevuta? Quell’immagine rimase impressa nella sua mente. Il suo ragazzo, il suo Ith, che beveva il sangue che colava da una belva...con un sorriso psicopatico sulla faccia…
“è possibile…che assorbendo il sangue di una belva si acquisisca le sue capacità?”
Il medico guardò l’Hunter con aria pensierosa, poi rispose “teoricamente si, è lo stesso motivo per cui a voi Hunter viene inserito un poco di sangue ferale in corpo… ma non è possibile che un corpo umano sopporti più di quelle  gocce…ci sarebbe un rigetto talmente violento da ucciderlo sul colpo”
“ma se fosse possibile?”
“in quel caso…si creerebbe una belva artificiale..capace di mantenere il suo aspetto umano ed utilizzare le capacità delle belve…ma si andrebbe ben oltre i limiti della nostra conoscenza scientifica..”
Quell’immagine, quella terribile e mostruosa immagine del ragazzo che ridendo beveva il sangue di una belva, rimase ben impressa nella mente di Ast.
 

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Capitolo 9
*** Quattr'occhi ***


I giorni passavano, ma lo stato di Ithil non migliorava. Rimaneva seduto in quella posizione, con gli occhi fissi nel vuoto. Dal suo sguardo si capiva chiaramente quali fossero i suoi pensieri, e di tanto in tanto si sentiva una leggera voce, tremante, che sussurrava “è stata…è stata colpa mia…se in quell’istante…se ti avessi fermata…” tentavano di nutrirlo attraverso le flebo, ma vista la tendenza del suo corpo a rigenerarsi, non era facile far passare l’ago. Un giorno come gli altri, un ragazzino, più o meno dell’età di Ithil, bussò alla porta della sua stanza d’ospedale. “hey. Molto piacere mi chiamo Atan “ aveva i capelli di un biondo argenteo, ed un paio di occhiali tondi che spostava in continuazione. “ Mi hanno detto che stavi male…quindi ho pensato di farti un po’ compagnia.” Appoggiò sul letto una scacchiera “sai giocare? Hai voglia di fare una partita?” il ragazzo non rispose. “mh? Guarda che non c’è bisogno di fare il timido, ti comunico che sono il miglior giocatore di scacchi del pianeta- disse, gonfiando il petto- e sarei disposto ad insegnarti.” Ithil non rispose, rimanendo nello stesso stato in cui era rimasto sino a quel momento. Il ragazzo tirò un sospiro, e iniziò a giocare da solo, spiegando passo passo ogni mossa. Rimase con Ithil delle ore, fino a che non fu costretto ad andarsene. “ritorno domani ok? Cerca di ripassare quello che ti ho insegnato oggi!” Ithil non si mosse. Atan tornò il giorno dopo, e quello seguente, e quello seguente. Un giorno, si accorse che gli occhi del giovane stavano seguendo la partita. I mesi passarono, passò un anno. Ithil, nonostante la difficoltà, iniziò a riprendersi, a mangiare, a parlare. Arrivò persino a tornare a sorridere, celando lo squarcio dentro al suo cuore.
“ho vinto! Ti ho battuto quattr’occhi!”
“scusami, come hai detto, bloody mary*?"
“come scusa, vecchietto?”
I due scherzavano, spesso arrivavano alle mani, ma finivano sempre insieme in infermeria a ridere. Un altro anno passò, e i due dovettero affrontare l’esame per diventare Hunter. L’esame è composto da tre parti: analisi psicologica e comportamentale di un insieme di soggetti, combattimento contro un uomo e combattimento contro una belva. Per regolamento, nessun cadetto può partecipare all’esame di un altro, e quindi, nessuno dei due assistette all’esame dell’altro. Tuttavia, dei due si parlò nell’intero campo. i giudici rimasero sbalorditi dalle capacità di Atan e dalla sua abilità nell’eseguire con estrema naturalezza ogni prova che gli veniva assegnata, e portarla a termine con rapidità. Di Ithil invece, si disse il contrario, il ragazzo, ormai vent’enne, che era stato infermo e incapace di essere operativo per due anni, ottenne i massimi voti in ogni prova. Aveva un modo decisamente più rude e meno nobile dell’amico, ma egualmente efficace. La prova di combattimento fu, insieme a quello di Atan, di un livello superiore rispetto agli altri cadetti. Il giovane dai capelli biondi immobilizzava le prede con una catena, e con un'altra poteva schiacciarla, tagliarla, trapassarla. Ithil invece…stravolse chiunque, con un’arma fino ad allora ritenuta inutilizzabile contro le belve: una pistola. Era considerata inutile in quanto le bestie sono creature caotiche che si muovono in fretta ed è impossibile prendere la mira e sparare a quella velocità, ma il giovane dimostrò la sua innaturale capacità di percezione dei movimenti ferali, che lo portò ad uccidere due belve, entrambe con un singolo colpo alla testa. Fu aiutato anche dal suo “segreto”, ossia il sangue bestiale che scorreva nelle sue vene, che gli donava riflessi e percezioni molto superiori persino a quelli di un Hunter. Due settimane dopo, nacquero due nuovi Hunter: Atan soprannominato la prigione vivente, per via della sua arma, dieci catene di argento ognuna con una punta differente, lasciatagli dal tempio dove era cresciuto, che si legavano alle dita e si muovevano tramite l’arcanismo. E Ithil, la mano destra del Diavolo, per via dei suoi riflessi e la sua velocità di fuoco con la pistola.


*Atan lo chiama bloody mary per i suoi capelli lunghi, simili a quelli di una donna, e rossi come il sangue.

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Capitolo 10
*** Sottoterra ***


La carrozza arrivò. Questa volta, non c’era più solo Ithil insieme al maestro, che ormai aveva raggiunto la quarantina, c’erano altri due Hunter. Il ragazzo sapeva benissimo che il maestro non avrebbe mai accettato di cacciare in gruppo in condizioni normali, e capì quindi immediatamente la gravità della situazione. Un paesino, disperso tra le colline, era completamente stato sopraffatto dalle belve. Le porte delle case distrutte, le finestre sfondate, i muri graffiati, l’aria era intrisa di un pungente odore sanguigno e di carne in putrefazione. Ithil sentì un brivido. Prima di entrare in città, squadrando da dietro una casa una belva, Ast, il più alto in graduatoria e quindi il capitano della spedizione, comunicò gli ordini alla squadra “ricordate il vostro voto di Hunters. Cacciate,  distruggete le bestie, purificate questo luogo. Date la vostra vita per la caccia” pronunciate queste parole, si lanciò nella caccia. Girò l’angolo, e immediatamente si iniziarono a sentire le grida delle belve. Il gruppo si divise. Conoscevano il piano. Attaccare dai quattro angoli della città, spingendosi verso la piazza centrale. Una volta raggruppati, si sarebbero nuovamente divisi per fare un secondo giro delle strade. Il tempo limite era di sei ore. Se qualcuno avesse tardato, significava che era morto. Ithil estrasse le sue due pistole, le cui canne scintillavano, mentre la parte superiore dell’arma sembrava contenere un liquido nero. Le grida iniziarono a farsi più forti. Il ragazzo era ormai cosparso di sangue e bava. I suoi abiti erano in parte strappati, le sue ferite tuttavia, perdevano qualche goccia di sangue e si coagulavano immediatamente. Sapeva che quella sua abilità lo rendeva perfetto per la caccia. Intravedeva già la piazza. La strada che si era lasciato alle spalle era occupata da carcasse di bestie che continuavano a perdere sangue creando pozze color nero e cremisi.
Un urlo. Quello di un uomo. Per un istante, l’istinto prese il sopravvento su Ithil. Si dimenticò della missione, e corse in direzione di quell’urlo. Lo vide. Un uomo, vestito con lunghi abiti color giallo, giaceva a terra. Il suo corpo era strappato. Ne rimaneva solo il busto. Era uno degli Hunter che erano con lui. Davanti al ragazzo, una belva si godeva il suo macabro pasto. Ithil gli scaricò un caricatore addosso. La belva cadde emettendo suoni disumani. Ithil, appoggiando la mano sugli occhi del compagno, li chiuse “riposa in pace” disse, prima di arrivare al centro della piazza. Arrivò un attimo dopo gli altri. Quando lo videro arrivare, i loro sguardi si indirizzarono verso il ragazzo, che scosse la testa. Ci fu un attimo di pausa “non lasciamo che il suo sacrificio sia stato vano. Massacriamole tutte” un istante prima di partire, ci fu un suono simile ad un terremoto. La terra, per un breve istante, tremò. Da sotto il terreno, tra le piastrelle della piazza, spuntarono delle zampe. I tre, confusi di ciò che stava accadendo, urlarono, quasi all’unisono “da sotto terra!” nonostante l’effetto sorpresa, quello delle belve fu un massacro. In particolare Ithil ed il maestro, forgiati da anni di caccia insieme, avevano ormai sviluppato uno stile di combattimento combinato: Ithil si muoveva con disinvoltura anche accanto ai caotici tagli della falce di Ast, il quale non aveva la minima preoccupazione a trovarsi la pistola dell’allievo ad un centimetro, sapendo che non l’avrebbe colpito. Anche l’altro Hunter, Henwik, utilizzando un grezzo e pesante martello d’argento, schiacciava le bestie come mosche.
I tre capirono che c’era qualcosa sotto terra, e sfruttando una delle buche scavate dalle belve per arrivare in superficie, trovarono una scala. La seguirono. Quella sorta di labirinto sotterraneo brulicava di belve, ma il trio riuscì, pur faticando, ad uscirne. Arrivarono dinnanzi ad un enorme porta in acciaio. Chiusa. I tre scambiandosi uno sguardo, spinsero la porta, che però sembrava non volersi aprire. Ast e Ithil rivolsero uno sguardo a Henwik. “hey..che ne dici di bussare gentilmente con il martello?” l’uomo, con il volto praticamente irriconoscibile a causa del sangue di cui era cosparso, annuì. Sollevo il martello cilindrico, appoggiandolo sulla spalla. Tirò un lungo respiro. Chiuse gli occhi. In un istante i suoi occhi si aprirono e il suo braccio lanciò il martello contro la porta, che si ruppe creando una crepa che rendeva possibile il passaggio. Quello che videro sembrava…un laboratorio di ricerca.

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Capitolo 11
*** L'inferno, di nuovo ***


Gli Hunters erano spaesati. L’enorme cupola che li sovrastava rifletteva la luce con un color verde azzurrino, un colore che passava calma, tranquillità, in netta contrapposizione a quello che gli uomini stavano guardando.  Gabbie, gabbie ovunque. Dalle più diverse forme e dimensioni. D’acciaio, di legno, di nuda pietra…e addirittura di vetro. Sembravano…teche. E Ithil la vide. Vide…un cadavere. Il suo cuore ebbe un tremito. Paura, repulsione, terrore. Il suo cuore iniziò a fare male, il suo respiro divenne affannoso, la sua testa cominciò a pulsare. Il tatuaggio che quella ragazza, quasi esposta nella teca, lasciava vedere…era lo stesso della ragazza che lui aveva tanto amato, e che a causa sua era morta. La sua testa fremeva come se stesse per impazzire, le sue mani tremavano. Ast capì cosa stava succedendo. Cercò di farsi avanti per fare forza al ragazzo…quando il tetto sopra di loro, crollò. Ast e Henwik si spostarono. Ithil rimase immobile, e venne coperto dalla pietra e dal legno. I due Hunter sentirono un lamento sotto quella polvere, ma non fecero in tempo ad avvicinarsi. Vennero accerchiati…da uomini. Non da bestie desiderose del loro sangue, ma da uomini. Ast era confuso, ma sentiva che quegli uomini non erano li per aiutarli. “Chi siete? Dateci una mano!”  nessuno di quegli uomini aprì bocca. Sembravano guardie reali, ma non aveva senso. Cosa ci facevano li le guardie? Tra di loro, uno si fece avanti. Aveva un lungo cappotto nero, una maschera a forma di teschio che copriva il suo volto …e dei guanti neri.  Da quella maschera, usci una voce bassa, roca, con un accento straniero…ma calma. “Nulla di personale…solo lavoro”.  Ast non poté nemmeno chiedere altro. L’uomo spari dalla sua vista, per apparire un istante dopo davanti a Hemwik, colpendolo con il palmo della mano sulla faccia, fracassandogli il cranio. Ast non aveva mai visto nulla di simile. Nemmeno una belva a mani nude aveva un potenziale distruttivo simile. “Che cazzo volete? Siamo qui a cacciare! È pieno di belve qui!!”
“Mi dispiace molto, signor Okami, ma..avete scoperto questo luogo. La Corona non potrebbe mai accettare che un Hunter rimanga in vita dopo averlo visto”
“Questo luogo..che diavolo è??”
“Un laboratorio di ricerca. Qui vengono studiate le belve, e si cerca di controllarle.”
“Sta scherzando vero?? Ha idea di cosa siano le belve??”
“Lei è davvero fortunato, signor Okami. È sopravvissuto ad uno di questi esperimenti.”
“Di che parli??”
“ricorda..qualche anno fa, una belva avvolta dalle fiamme? Ecco..quella era un esperimento andato fuori controllo.”
 
“Voi..” Ast era fuori di se. Quella belva…era quella che aveva rovinato la vita di Ithil. Che aveva ucciso quella ragazza.
L’uomo vestito di nero lo colpì dritto al petto. Ast sputò sangue. Cadde in ginocchio. Tentò di rialzarsi. L’uomo lo colpì con un calcio sul volto, scaraventandolo contro il muro.
La quasi immortalità di Ithil divenne la sua maledizione. Era sotto le macerie, stava vedendo tutto. Ma non poteva muoversi ne urlare, perché era completamente schiacciato sotto la pieta ed il legno. Vedeva il suo maestro venir massacrato. Sapeva che non rispondeva ai colpi. Quel vecchio pazzo aveva fatto un voto di attaccare solo le belve..e ora stava per morire, ucciso da uno di coloro che credeva di proteggere.
Quando il Ast esalò l’ultimo respiro, rivolse lo sguardo verso Ithil. E sussurrò qualcosa. Ithil gli lesse le labbra. “vivi”. Quegli uomini, ignorando che il ragazzo era vivo, se ne andarono prendendo la falce di Ast, senza dire una parola. Gli occhi di Ithil erano coperti da lacrime e sangue. Non ci poteva credere. Ast non poteva essere morto. Il suo maestro, suo padre, quello che lo aveva cresciuto… non poteva averlo abbandonato anche lui. Avrebbe voluto urlare, muoversi, ma era bloccato sotto quelle macerie. La notte passò. Ithil era svenuto, le sue ossa erano fratturate, la sua anima straziata, la sua mente, spenta.
L’alba. Ithil si svegliò. Davanti a lui, il corpo del maestro giaceva a terra, senza vita. Vide che un gruppo di uomini si avvicinarono al cadavere. Iniziò a muoversi. Nessuno poteva toccare il suo maestro. “Boss! Venga! Qui c’è qualcuno!!” l’uomo si voltò. Aveva i capelli castani tirati all’indietro, e occhi verdi, arrossati dalle lacrime. Quegli uomini tirarono fuori Ithil. Era in uno stato pietoso, ma ignorò la sofferenza, ignorò il dolore, e si lanciò sul corpo esanime di Ast. Pianse ancora. Le lacrime non si volevano fermare. L’uomo lo guardò. “tu..lo conoscevi?” il ragazzo continuò a piangere, gridando con tutta la sua forza verso il cielo “aspetta..tu sei…il figlio di Ast?”

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Capitolo 12
*** Obiettivi ***


Quando Ithil riaprì gli occhi, si trovò steso su un letto d’ospedale. Era solo. Tentò di rialzarsi ma appena provò a muoversi sentì una fitta nel cuore. Ricordò cosa era successo. Ancora una volta, ciò a cui teneva gli era stato strappato. Ancora una volta, lui non era stato abbastanza forte per fare qualcosa. Il suo battitò aumentò. Si strinse forte il petto. Dai suoi occhi iniziarono a scendere pesanti lacrime. Era…di nuovo colpa sua. Un uomo in camice bianco entrò. Stava leggendo delle schede cliniche, ma appena alzò lo sguardo e vide il ragazzo seduto le lasciò cadere a terra.
“Cos..com’è possibile?? Riesci a stare seduto?? O mio…” mise la testa fuori dalla porta della stanza “Chiamatemi Ewin! Subito!”
“Ti prego sdraiati..non sei nelle codizioni di..” Ithil prese quell’uomo per la giacca avviciandolo a se
“Dove sono? Dov’è Ast? Hai due secondi per rispondere prima che ti fracassi il cranio” il ragazzo era inferocito, non riusciva a controllare quel misto di odio, paura e disperazione.
“Ast è morto” Ithil alzò la testa, continuando a tenere il medico per la giacca. Vide un uomo. Aveva probabilmente circa l’età di Ast. Era muscoloso, il suo sguardo era profondo ma al ragazzo parve di vedere un’ombra di tristezza nel suo volto. “Il tuo maestro…è morto. È stato ucciso dai sicari della Corona”
“Ma che stai…chi cazzo sei? Ast lavorava per la Corona come ogni Hunter, perché l’avrebbero ucciso??”
“Per lo stesso motivo per il quale hanno ucciso l’altro cacciatore e cercato di fare fuori te. Avevate visto troppo.”
Ithil non riusciva a pensare lucidamente, quelle immagini del suo maestro che veniva ucciso davanti a lui erano come stampate nella sua mente. Icaro, questo era il nome dell’uomo, dopo un istante di pausa continuò a parlare.
“Ti trovi in un ospedale abbandonato, occupato dai rivoluzionari. Io sono Ewin, puoi considerarmi una sorta di capogruppo, e tu…devi essere il “figlio” di Ast..”
“Tu…come fai a sapere tutte queste cose?”
L’uomo prese un istante per organizzare la frase, prima di farla uscire nel modo più spontaneo possibile “Ast era un rivoluzionario”
Ithil scoppiò a ridere. “il maestro un rivoluzionario?  Ma che avete in testa? Non avrebbe mai fatto del male ad altri esseri umani…è per questo che è stato ucciso”
“Non ti costringerò a credermi, tuttavia, lascia almeno che ti racconti tutta la storia”
“…Parla”
“Il tuo maestro è entrato in contatto con noi circa dieci anni fa. All’epoca eravamo pochi, ma il tuo maestro era fermamente convinto che fossimo gli unici in grado di rovesciare questo governo corrotto. In pochi stavamo ad ascoltarlo, sembrava niente più che un soldato convertito…ma quando si rivelò come Hunter…beh, diciamo che si guadagnò quasi la fiducia di tutti noi. La vostra forza e leggendaria, e lui divenne quasi un angelo sceso in terra per aiutarci. Nemmeno allora voleva colpire direttamente il governo arrivando ad un bagno di sangue, piuttosto cercava di farlo dall’interno”
Ithil non poteva credere a tutto quello che sentiva…allora…perché gli sembrava che così tutto avesse senso? Quel comportamento del maestro, quei suoi viaggi solitari, quei suoi tentativi di far ragionare senza combattere, quella furia omicida che non si sarebbe mai scatenata contro un essere umano…
“Ast…è stato un fratello ed un amico per molti di noi. La sua perdita…è stata terribile.”
Ithil sembrava quasi disperatamente perso in una riflessione. “Dov…dov’è adesso?”
“Aspettavamo il tuo risveglio per i funerali”
Quella fredda sera autunnale, mentre il corpo di Ast bruciava su di un altare e mentre la cenere iniziava a danzare nel cielo, nemmeno uno dei presenti poté trattenere le lacrime per lui. Un uomo, un maestro, un fratello, un padre. Quella fu l’ultima volta che Ithil si abbandonò alla disperazione.
Travestito, Ithil partecipò al funerale suo e dei suoi compagni nel cimitero della Corona. Era solito che gli Hunters morti in servizio venissero investiti del grado di Tripla S. Sotto i lunghi abiti neri, il ragazzo fremeva di odio. Le sue mani stringevano le braccia lasciando dei lividi. Con quale schifoso diritto, la Corona stava sotterrando quelli che essa stessa aveva fatto uccidere? Mentre venivano sotterrati, Ithil sentì di nuovo il peso delle lacrime, il fardello della morte del maestro. Avrebbe voluto urlare, gridare contro tutto e tutti. Distruggere ogni cosa e cancellare tutto.
E poi vide quelle lacrime. Quella vista che non poté sopportare, e dovette andarsene. L’odio dentro il suo cuore ardeva più che mai. Vide la regina che iniziò a piangere. Come si permetteva…quale malato demone si nascondeva dietro quella corona, che piangeva nonostante fosse stata lei a farli ammazzare come cani?
Tornò indietro.
“Voi rivoluzionari…qual è il vostro scopo?”
“Costruire un nuovo impero, libero dalla dittatura della Corona.”
“Allora vi aiuterò…visto che il mio obbiettivo è distruggerla”
 

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Capitolo 13
*** Relazioni ***


Ed il ragazzo si fece uomo.
Nonostante un primo scoglio a causa del fatto che aveva lavorato a servizio della Corona, i rivoluzionari accettarono Ithil, consci anche delle sue capacità. Egli comunque mantenne il segreto che si celava nel suo sangue. Si presentava come un uomo dai lunghi capelli ramati, spensierato, come se vivesse su una nuvola; tuttavia, la realtà era ben diversa. Aveva fatto di tutto per evitare di stringere legami profondi che andassero oltre l’amicizia con i rivoluzionari, terrorizzato al pensiero di dover sopportare la loro dipartita. Aveva sempre mantenuto per se la sua vita, il suo passato, i suoi peccati.
L’unico con cui strinse un fortissimo legame era proprio il capo dei rivoluzionari, Ewin. A differenza di molti altri, Ewin aveva sin da subito accettato Ithil, quasi raccogliendolo come un cagnolino abbandonato, e questo all’ex Hunter ricordava molto il comportamento del suo maestro. Finchè una sera, quando già la luna si stava alzando e le stelle iniziavano a brillare, Ithil si sfogò completamente, rivelando all’uomo il suo segreto, quel dannato sangue nero che scorreva nelle sue vene e che era diventato la sua maledizione, rivelò il suo passato, raccontò di come Ast lo aveva raccolto dalla strada, di come si era innamorato di quel piccolo fiore e di come era stato incapace di salvarla. Ewin venne pervaso da una miscela di forti emozioni: pietà, rabbia, tristezza, incredulità del fatto che un uomo, in soli venticinque anni di vita, avesse potuto vivere simili eventi.
Ithil non cambiò il suo modo di fare, continuò a mantenere quella maschera di spensieratezza, tuttavia da quel giorno, il rapporto tra lui ed il capo dei rivoluzionari divenne di profonda amicizia e complicità. Ithil ammirava il comportamento quasi paterno e di interesse che Ewin aveva nei confronti di ognuno dei suoi compagni, ed Ewin si rasserenava nel vedere come Ithil, nonostante il suo caratteraccio, faceva sempre di tutto per aiutare. L’uomo si rese conto di chi era davvero Ithil: un cagnolino travestito da lupo.
Quel legame che si instaurò aiutò Ithil a, nuovamente, rialzarsi dopo il trauma che aveva subito. Gli ricordò molto Atan...già…chissà che fine aveva fatto?
 
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Utilizzo questo capitolo per informarvi sul fatto che la prossima settimana non ci saranno pubblicazioni, tuttavia per scusarmi di questo sabato usciranno tre capitoli: uno in mattinata, uno nel pomeriggio e uno in serata in modo da mantenere la pubblicazione. Dopo quella settimana la pubblicazione tornerà normale, grazie per l'attenzione.

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Capitolo 14
*** Rispetto ***


Quando catturarono Ithil in quella giornata estiva lo portarono al cospetto della regina.

Era una donna stanca, consumata, i suoi occhi brillavano di un ardore di follia, ma manteneva comunque i segni di una bellezza ineguagliabile ormai persa. Dopo la morte del marito la donna era completamente uscita di testa…pur mantenendo una malata parvenza di senno.
Le guardie fecero inginocchiare Ithil. La donna iniziò a parlargli, ma lui continuò a fissare il pavimento, tra i lunghi capelli che si distendevano per terra.
“Davvero incredibile, non c’è che dire. Mi toglieresti una curiosità? Come sei sopravvissuto quella volta? Mi era stato assicurato che eri stato spappolato da delle macerie”
Ithil sollevò lo sguardo “Beh..” prese un istante, e vide accanto al trono Atan. “Allora è vero che ti sei venduto..” la regina gli diede un calcio sul volto. I capelli ramati ondeggiarono violentemente prima di adagiarsi nuovamente al suolo. “non tollero di venir ignorata. Rispondimi schifoso bastardo.”
Ithil sorrise “Vallo a chiedere a tuo marito.” la donna perse la testa. Iniziò a prenderlo a calci, si alzò una risata di pura follia, mentre il volto della regina sembrava deformarsi in un misto di furia omicida e terrore. Come poteva? Come poteva permettersi di non portare rispetto a lei?
Nessuno riuscì a sentirle, ma mentre la regina rideva e prendeva a calci l’uomo, le catene di Atan tremavano. Forse era vero, forse si era venduto, ma non aveva dimenticato il fortissimo legame che lo aveva unito ad Ithil. Tentò di fermarla. “mia regina, vi prego..”
La regina si fermò. Riprese fiato. Sembrò quasi risvegliarsi da un sogno. Con le mani si mise a posto il vestito bianco come il latte, si voltò, lasciando l’uomo che aveva appena pestato inginocchiato al suolo. Si sedette nuovamente sul trono, e pronunciò la sua sentenza: “Chiudetelo nelle segrete. Riempite di cartelli tutto il paese. Tra due giorni il rivoluzionario Ithil Okami, ex Hunter di classe Triple S, verrà giustiziato per alto tradimento e terrorismo.”

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Capitolo 15
*** Hero & Villan ***


sembrava preoccupato per la sua vita. Al contrario: era seduto, il suo volto appariva tranquillo e rilassato.
Sentì che la guardia stava facendo entrare qualcuno. Nonstante fosse nella penombra, lo riconobbe perfettamente. Era Atan. Nonstante non si fossero visti per anni, entrambi si erano riconosciuti subito. Atan, anche lui ormai fattosi uomo, teneva i capelli bianchi legati in un codino, gli occhiali scuri che nascondevano quello sguardo che Ithil ricordava perfettamente. I suoi abiti erano lunghi e bianchi, con due fasce nere che dalle spalle scendevano lungo tutta la schiena. Ad Ithil non sembrava cambiato di una virgola.
“Hey, guarda chi c’è”
“Ciao It..”
“Sei venuto a giocare a scacchi?”
“It…perché ti sei comportato così ieri? Sapevi che se avessi fatto il suo gioco ti avrebbe risparmiato, anzi probabilmente ti avrebbe scelto come sua guardia personale…perché? Ci tieni così tanto a fare la stessa fine di Ast?”
Appena sentì quel nome, Ithil si irrigidì. “Non ti azzardare a nominare il suo nome. Uno come te non ne ha il diritto.  Sono qui proprio per vendicare la vita del mio maestro rubata dalla follia di quella pazza che voi chiamate regina.”
“It…sei davvero convinto di quello che fai?”
“Tu sei pronto a morire per la figlia della regina. Lascia che io muoia per i miei ideali.”
“Come fai a..”
“Sei mio fratello ricordi? Ti conosco meglio di chiunque altro.”
“It…in tutto questo tempo tu..”
“Se per te e quella giusta fareste meglio ad andarvene, prima che qui scoppi l’inferno”
“..Lei sa quali rischi corro.”
“Bene…direi che la rimpatriata è finita. Tu hai da proteggere la donna della tua vita e questo impero. Io sono qui per distruggere tutto. Alla fine…vedremo chi sarà l’eroe e chi il cattivo.”
“…Addio fratellino..e..”
“Grazie di tutto. Addio Atan.”
Quello che successe dopo è l’inizio della nostra storia: la fuga di Ithil dal ceppo del boia e la sua sfida lanciata direttamente alla Corona.

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Capitolo 16
*** Strategia & preoccupazione ***


Era passato molto tempo dall’ultima volta che le porte della capitale dell’impero si erano aperte a tutti, ed i rivoluzionari lo sapevano. Per questo Ithil si fece volontariamente catturare: la sua esecuzione avrebbe riempito d’orgoglio l’impero, e avrebbe abbassato la guardia, aprendo i suoi cancelli a tutti. I rivoluzionari, dopo anni di prove e sotterfugi, erano finalmente riusciti ad entrare.
L’imperatrice si rese conto troppo tardi della trappola in cui era caduta, e tentò di richiamare qualsiasi Hunter o sicario nelle vicinanze. Nonostante la capitale non fosse pronta a resistere ad una rivoluzione, ebbe fortuna: riuscì a richiamare 3 Hunters più uno degli assassini più letali dell’impero, che vantava di riuscir ad uccidere a mani nude e con una rapidità irreale.
I rivoluzionari si divisero: Ithil andò da solo alla Reggia imperiale, mentre ai rivoluzionari sarebbe spettato il compito di assicurare prima la capitale nelle loro mani, per poi raggiungere Ithil. Nonostante le aspettative di tutti,   Ewin accettò che andasse da solo, anche conscio che l’uomo lo avrebbe fatto con o senza la sua autorizzazione .
La regina tuttavia, almeno in questo giocò d’anticipo. Anche grazie ai consigli di Atan, che conosceva bene la forma mentis dell’amico, ella prese con se gli alti magistrati e iniziò ad attraversare un insieme quasi infinito di stanze e cunicoli che la villa nascondeva, accompagnata dalla sua guardia del corpo dalle catene d’argento, e dall’assassino, la sua mano pesante. Gli altri Hunter furono divisi: i due di classe A e B furono messi a guardia della villa, mentre l’altro, di classe S, fu mandato in città.
La rivoluzione scoppiò il giorno successivo alla fuga di Ithil. Durante quella notte, nessun rivoluzionario riusciva a dormire tranquillo. Erano pronti a perdere la vita per i loro ideali, ma sentivano lo stesso il peso del gesto che stavano per compiere. Quanti si sarebbero salvati? 10? 100? Nessuno? Si sarebbero mai più potuti addormentare sapendo di risvegliarsi? Ewin prima di tutti si faceva queste domande. Venne assalito dal pensiero che a causa di una sua decisione sbagliata tutti loro sarebbero potuti morire. Sentì una fitta al cuore. Poi una mano sulla spalla. “vedrai che ce la faremo.” Si voltò. Era Ithil. Quella scena gli ricordò tanto il momento nel quale l’amico si era confidato.
“Lo spero..”
“Non ti preoccupare: siamo tutti pronti a quello che ci aspetta. Domani…ognuno di noi dimostrerà al mondo ciò di cui è capace.”
Ewin sorrise. Per un attimo si appoggiò una mano sul volto, poi la tolse e si girò verso Ithil “Dove hai imparato a motivare le persone?”
A Ithil scappò una piccola risata. “Dai, prova a dormire. Domani li guiderai tutti verso la vittoria.”

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Capitolo 17
*** The peace before the storm ***


Quando il sole sorse, le strade della capitale erano vuote. La gente sapeva ciò che stava per accadere, e si era barricata in casa. I rivoluzionari uscirono. Sembravano un milione di piccoli fiumiciattoli che si riuniscono creando un violento torrente. Erano divisi in 6 gruppi, il loro obbiettivo era quello di eliminare i soldati imperiali e prendere la capitale. Intanto, sfruttando il caos creato dai loro compagni, Ithil nuotava nell’ombra, avvicinandosi alla reggia. Era più un palazzo che una reggia: aveva alte mura di pietra ed un enorme cancello in ferro ed oro, finemente decorato. La brezza estiva non si era ancora fatta soffocante, ed Ithil si sentiva quasi cullato da quel venticello fresco. Si avvicinava sempre più alla cima di quella bassa collinetta,  e iniziò ad intravedere i due guardiani davanti al portone. Portavano entrambi un lungo abito nero coronato da una fascetta bianca sulla spalla destra. Uno era calvo, e impugnava un enorme arma: non poteva essere chiamata spada, era piuttosto un’enorme massa grezza d’argento. L’altro invece portava un cappello che nascondeva gli occhi, e aveva in mano una sorta di lungo stocco. Quando i due si accorsero della presenza di Ithil, urlarono “Chi sei? Identificati! È proibito avanzare oltre. Torna indietro. Questo è il primo ed ultimo avvertimento. Continua ad avanzare e ti uccideremo.”  Ithil continuò a camminare, nemmeno minimamente scosso da quello che gli era stato detto. I due Hunters si scambiarono uno sguardo. Si lanciarono su di lui.
Intanto in città era scoppiato il putiferio. Il terreno continuava a riempirsi di cadaveri e sangue. I soldati imperiali non avevano mai dovuto respingere una rivolta così feroce, ma sapevano di essere meglio equipaggiati. Ovunque si percepivano grida, lamenti, imprecazioni. La polvere che si alzava confondeva le forme e i corpi, poi, per un istante, sembrò di vedere un fulmine. Dieci rivoluzionari caddero, tagliati in due come fogli di carta. Ewin lo vide. Era un cacciatore alto e magro, ed in mano aveva una falce. La falce di Ast.

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Capitolo 18
*** Ruota ***


Quando ad un Hunter viene attribuito un grado, il suo scopo è ovvio: più alto è il tuo grado, più sei abile. I gradi vanno in ordine crescente dalla D alla A, e poi c’è il grado S. Tuttavia, mentre tra i normali gradi il divario è più o meno importante, tra il grado A ed il grado S c’è un abisso. Ed i due cacciatori che affrontarono Ithil se ne resero conto. Dopo pochi minuti  giacevano entrambi al suolo, senza vita.
Ithil avanzò. Con le mani già intrise di sangue spinse con forza il cancello, che si aprì pesantemente cigolando. Entrò nella villa.
Atan aveva sentito quel leggero sfrigolio della porta, ed aveva capito cosa stava succedendo. Si rivolse subito alla regina. “Mia regina…hanno superato il cancello.” La regina non apparve scossa. Si girò verso l’uomo con il lungo abito nero. Gli fece un cenno. L’uomo annuì, e sparì.
In città intanto,  i rivoluzionari si stavano misurando contro il cacciatore che possedeva la falce di Ast. Non era decisamente abituato a combattere contro esseri umani…ma era pur sempre un Hunter di classe S, riusciva a gestirli. Il cacciatore sentì un brivido. Scattò all’indietro. Quando quello strano oggetto si schiantò a terra sembrava una meteora. Era…una ruota. Un enorme e pesantissima ruota da carro, nonostante fosse assai più larga. Ewin la sollevò e la appoggiò alla sua spalla. Il cacciatore, nonostante non fosse spaventato, percepì un terribile intento omicida da parte di quell’uomo. I rivoluzionari rimasero invece più scossi. Era un arma strana, particolare, quasi irreale. Ewin si lanciò nuovamente contro il cacciatore facendo roteare la pesante ruota. Il cacciatore fu costretto ad arretrare nuovamente. Sapeva cos’era quell’ arma…ma non ci poteva credere. Dopo tutto quel tempo…esistevano ancora delle Maschere Dorate?
“Sai..sei fortunato. Voglio dire…a scontrarti con me. Sai, quell’arma apparteneva ad un vecchio amico. Il vedere che sei tu ad impugnarla mi fa incazzare da morire…ma sei fortunato a dover combattere contro di me…e non contro il figlio di quel vecchio amico.”
Ewin attaccava con ferocia. I suoi movimenti erano ampi e dal potere distruttivo assurdo. Quella pesante ruota, era l’ultimo ricordo di un passato che avrebbe voluto dimenticare.

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Capitolo 19
*** Maschere Dorate ***


Una ventina di anni prima esisteva un ordine segreto di assassini. Erano al servizio dell’impero, e uccidevano chiunque la Corona gli ordinasse. Uomini, donne, bambini. Nessuno sopravviveva alla loro furia. Si chiamavano Maschere Dorate, per via delle maschere che indossavano sul loro volto, finemente decorate e incise in oro, con lo scopo di deviare il più possibile i getti sanguigni.
Ogni anno venivano raccolti bambini abbandonati, di età al massimo 4 anni. Il corpo di un bambino è più malleabile all’adattamento, e le loro menti si prestano maggiormente all’indottrinamento. Subivano un addestramento durissimo, quasi ai limiti del sopportabile umano. Infatti, solo il 40% di  loro sopravviveva sino ai 15 anni, età in cui i loro corpi, ormai formati, iniziavano ad essere addestrati nell’utilizzo di quel macabro strumento quale era la ruota. Ewin era uno di loro. Ricordava benissimo la sua prima missione. Erano in quattro, quella notte. Bussarono alla porta di una reggia. Quando la porta venne aperta, subito un odore di fumo ed alcol uscì dalla porta. La prostituta che aprì la porta iniziò a gridare. Venne spappolata dalla ruota. I residenti e gli invitati iniziarono a gridare e a fuggire in tutte le direzioni. Nel giro di un quarto d’ora tuttavia, nella reggia calò nuovamente il silenzio. Sulle pareti, sui tappeti, sui tavoli, sulle sedie, sulle porte, in giardino, ovunque c’erano membra, ossa, carne, organi schiacciati. Sembrava un incubo. Il fetore di sangue e morte che le maschere si lasciavano dietro era quasi proverbiale. Perché avevano eseguito quel massacro? Ah, giusto. Quella era la reggia di un ricco proprietario che si diceva fornisse armi ai rivoluzionari.
Questa era la vita di una Maschera Dorata: un fedele cagnolino della Corona, pronto ad obbedire ad ogni suo capriccio. Tuttavia, accadde qualcosa. Come d’incanto, una delle Maschere si svegliò: quello che facevano, quello che avevano sempre fatto, era stato uccidere nel modo più doloroso possibile persone che forse erano colpevoli, senza processo o reali prove, seguendo semplicemente i capricci della Corona.  come potevano allora considerarsi dei giustizieri della legge?
Scoppiò una piccola rivolta all’interno dell’ordine stesso, che portò la morte di quasi tutti i suoi membri, e al successivo scioglimento dell’ordine.
Ewin fu uno dei pochi a sopravvivere, più per fortuna che per reale abilità. Era uno di quelli che aveva seguito le ideologie di quell’uomo. Ecco perché fuggi e si schierò con i rivoluzionari. Era quello che meglio di ogni altro aveva visto le ingiustizie dell’impero. Nascose il suo passato insieme a quella ruota che aveva portato con se. Pensando che alla fine sarebbe potuta risultare utile a proteggere, non più a uccidere e basta.
La lotta divenne furiosa. Ewin muoveva quella ruota capace di fracassare le ossa dell’avversario, mentre l’Hunter faceva danzare la falce capace di tagliare in due il rivoluzionario in un sol colpo. Ad ogni colpo, la ruota sfiorava l’Hunter, muovendo l’aria con violenza, e la falce sfiorava Ewin, lasciandogli un taglietto.
L’Hunter fece per spiccare un balzo contro Ewin. Sentì qualcosa che lo bloccava. Un rivoluzionario, morente a terra, gli stringeva saldamente la gamba. L’Hunter gli tagliò la mano senza battere ciglio. Un altro. Un altro rivoluzionario si gettò alle sue gambe cercando di fermarlo. E poi un altro ancora. In quell’istante, l’uomo capì che non sarebbe stato in grado di schivare la ruota. Si volse contro ewin, che stava saltando contro di lui. La ruota polverizzò in pochi secondi le ossa dell’Hunter che levò un atroce grido. Tuttavia, quando i rivoluzionari alzarono lo sguardo tirando un sospiro di sollievo, videro Ewin, in piedi, coperto di sangue, con solo l’avambraccio destro e con il fianco squarciato. Il suo avversario, anche in quelle condizioni, era riuscito a procurargli una simile ferita.

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Capitolo 20
*** Dall'Oltretomba ***


Ithil sapeva che non era finita. Sapeva che ogni passo che faceva, ogni scalino che superava lo avvicinava di più alla fine, e lo spingeva sempre più a rischiare la sua vita. Senza rendersene conto, tornò ai ricordi di quando aveva cercato di suicidarsi, a quando Atan lo aveva aiutato, a come quei due ragazzini insieme erano cresciuti…ed erano arrivati al punto di non ritorno. Ormai erano nemici, ed entrambi lo sapevano.
Fu più un colpo di fortuna che altro. Ithil avvertì un passo su uno scalino e si voltò. Evitò per un soffio il palmo di una mano, che sembrava più essere un martello. Il suo avversario si voltò, lanciandosi contro di lui con ferocia. Anche se solo per un attimo, durante quell’attacco Ithil la vide. Vide quella maschera. La maschera di un teschio. Non l’avrebbe mai dimenticata, era la maschera che nascondeva il volto dell’assassino di Ast. Davanti a lui, stava il carnefice del suo maestro, di suo padre. Ithil sciolse i lunghi capelli ramati e portò una ciocca davanti agli occhi. Forse per paura, forse per incapacità di controllare la sua furia. L’uomo comunque, non si fece scrupoli. Sparì di nuovo, e riapparve davanti all’ex Hunter, piantandogli un pugno nello stomaco. Ithil venne lanciato indietro. Si rialzò, e si gettò al contrattacco. Ma quell’uomo continuava a sparire e riapparire. Non riusciva a seguirlo con gli occhi, tuttavia, l’istinto bestiale dentro di se gli permise di cavarsela, schivando i colpi mortali, rimanendo tuttavia gravemente conciato. L’uomo gli tirò un calcio in faccia, scaraventandolo contro una colonna. Ithil questa volta non ebbe il tempo di rialzarsi. L’uomo apparve davanti a lui, portò le mani indietro per poi spingerle avanti, sferrando due pugni contemporaneamente ai polmoni del rivoluzionario. Vomitò sangue. Persino la colonna dietro di lui tremò e si crepò. L’uomo, dopo qualche istante si voltò. Fece un passo, ma un proiettile gli trapassò un polpaccio. Non emise un suono, se non una sorta di lamento trattenuto. Strinse la gamba. Si girò verso l’uomo che era convinto di aver ucciso. Com’era possibile? Come..come poteva reggersi in piedi? Ne era sicuro, aveva distrutto i suoi polmoni…allora perché?
“Non mi dire che – Ithil prese un attimo di respiro – ci sei rimasto male..”
L’uomo lo fissava da dietro la maschera, incredulo.
“Vedi…tu mi hai già ucciso una volta, probabilmente non te lo ricordi..ma quella volta hai ucciso anche una persona molto importante per me. E vedi…mi hai portato alla memoria ricordi spiacevoli”
Una voce roca usci da quella maschera. L’uomo tentava di rimanere calmo ma era terrorizzato“tu…come puoi essere vivo??”
“Ognuno ha i propri segreti…sai, hai appena fallito per la seconda volta nell’uccidermi…ma non preoccuparti.” Ithil gli puntò la pistola addosso “io non farò lo stesso errore.”
L’uomo continuò a combattere muovendosi ancora ad una velocità pazzesca, ma assai minore di quella precedente a causa del proiettile. E quella velocità…era abbastanza per Ithil da poter essere seguita. L’uomo mascherato tentò con un nuovo attacco, questa volta mirato alla spalla del rivoluzionario. Fallì. Ithil gli sparò all’altra gamba. L’uomo rimase in ginocchio. Con un calcio, Ithil lo buttò a terra. Gli pestò le braccia in modo da immobilizzarlo. Un proiettile al cuore. L’uomo cessò di muoversi. Uno alla testa, per essere sicuro che fosse morto. L’uomo, prima di esalare l’ultimo respiro, sussurrò: “Mamma, sono debole..perdonami”
Tuttavia…Ithil non riuscì a trattenere quel feroce e bestiale istinto dentro di se. Gli scaricò un intero caricatore addosso. Andò ben oltre la soglia per assicurarsi che fosse morto.
Dopo aver massacrato di proiettili quel cadavere. Ithil, per un istante, sorrise. Tornò serio. “Maestro…finalmente ho vendicato la tua morte. Spero che tu stia bene ora. Requiescat in pace.”
Quello fu il primo istante, in cui Ithil mostrò chiari segni di squilibrio.
Entrò più in profondità nella villa.

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Capitolo 21
*** Sono stato bravo, mamma? ***


Esisteva una casata, i Carca. Era leggendaria per i suoi assassini, esperti in un arte unica e gelosamente tenuta nascosta: la Velocizzazione. Quest’arte nasce dalla capacità di controllo al 100% del proprio corpo, in particolare, la propria muscolatura. Questo permetteva di aumentare la propria pressione sanguigna ed il relativo flusso sanguigno, che rendeva questi uomini capaci di muoversi ad una velocità tale da essere impercettibili all’occhio umano. Questo gli consentiva di combattere e uccidere a mani nude, sfruttando l’energia cinetica prodotta dal loro movimento. Non tutti erano capaci di sostenere gli allenamenti, e se un bambino risultava inadatto, veniva abbandonato in un luogo sperduto, come se fosse considerato un disonore per l’intera casata. In ogni caso, gli assassini non vivevano più di quarant’anni, a causa del fatto che la loro tecnica finiva con il prosciugargli la forza muscolare, e lo sforzo di controllare la pressione finiva con il procurargli, prima o poi, un arresto cardiaco.
Nacque un bambino. A cinque anni era ormai chiaro che era inadatto all’utilizzo della Velocizzazione, e venne abbandonato su una montagna nei pressi della casata. Due settimane dopo, qualcuno bussò alla porta del quartiere. Era quel bambino, coperto di sangue e pelo bianco. Per sopravvivere quel bambino, considerato inadatto, aveva ucciso e mangiato un orso bianco. Da quel giorno venne riaccettato nella casata. Tuttavia, il suo livello di allenamento non era paragonabili a quello degli altri.  Si allenava quasi 20 ore al giorno, senza pause. Mentre gli altri ragazzi mangiavano, lui continuava a esercitare il suo corpo ed i suoi movimenti finchè, 15 anni più tardi, il suo corpo non subì un evoluzione.
Aveva quasi 25 anni all’epoca. Dopo tutti quei massacranti ed incessanti allenamenti, le sue gambe, le sue braccia, i suoi organi, avevano finito con l’adattarsi in funzione della Velocizzazione. Divenne più forte, più rapido di ogni altro suo compagno. Cercava di affrontare sempre avversari più grandi, finendo sempre con l’ottenere una vittoria schiacciante. Questo suo comportamento, lo fece uscire di testa. In pieno giorno, massacrò ed uccise tutta la sua casata. Davanti al corpo senza vita della madre, la stessa che prima lo aveva abbandonato poi lo aveva riaccettato, disse: “Mamma ora sono forte…sono bravo vero? Hai visto che ho fatto? Sono diventato il più forte di tutti.”
Dopo quell’avvenimento, continuò il suo addestramento uccidendo prede sempre più grosse di lui. Finì a servire l’imperatrice, con la promessa che gli avrebbe procurato sempre nuovi “avversari” per migliorare le sue qualità.
Mai si sarebbe aspettato di venir ucciso e massacrato dal suo unico mancato assassinio.
Nell’ultimo istante di vita, levò una mano al cielo e sussurrò: “ Mamma…scusami. Sono…debole.”

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Capitolo 22
*** Ultimo saluto ***


Mentre attraversava quelle enormi stanze così ricche e lussuose, Ithil sentiva i suoi passi sempre più pesanti, ed il suo cuore che bruciava sempre di più, come se da un momento all’altro avesse potuto scoppiargli nel petto. E poi, davanti a quel portone, lo vide. Il suo cuore tornò gelido. Era Atan. Si scambiarono uno sguardo. Entrambi speravano che quel momento non arrivasse. Sapevano che, qualunque cosa sarebbe accaduta, solo uno dei due sarebbe rimasto in piedi.
“Ciao It..”
“Buon pomeriggio”
“…It sei sicuro di voler andare fino in fondo?”
“Una volta tanto…si sono sicuro.” Davanti all’amico, Ithil avrebbe voluto scappare, sparire, evitare che quello scontro fratricida avesse luogo. Ma non poteva. Erano nemici ora. Allora…perché tremava?
“Ei quattr’occhi…sei sicuro di quello che stiamo per fare? Puoi…ancora tornare da lei. Potete andarvene, potete scappare.”
“Ithil sappiamo entrambi che non lo farò. Lei sa a cosa vado incontro. Sa che non potrei mai tornare. E tu? Non hai nessun luogo al quale tornare?”
“No. Io caccio da solo…però…dimmi almeno che l’hai salutata come si deve per l’ultima volta.”
“Sono pronto It.”
I due iniziarono un combattimento che superava i limiti del reale: Atan muoveva ognuna di quelle catene con una precisione irreale. Sbattevano contro i muri e rimbalzavano come palline a velocità straordinaria, non lasciando nemmeno un attimo di tregua. Da parte sua Ithil non sprecava nemmeno un proiettile. Ognuno di essi era mirato a respingere le catene, o a cercare di colpire il vecchio amico. Tuttavia, sapeva che, nonostante i caricatori nascosti sotto la manica sinistra, avrebbe perso se la battaglia fosse andata per le lunghe. Non importava quanti poteva averne. I proiettili prima o poi sarebbero finiti. Mentre le catene di Atan avrebbero continuato ad attaccarlo con ferocia.
Bastò questa singola distrazione per permettere ad Atan, in mezzo a quell’inferno di catene, proiettili e scintille rosse, di piantare una catena nella spalla sinistra di Ithil. In un istante, il rivoluzionario fu trapassato da altre 5 catene: due gli bloccavano le gambe, una piantata in un polmone ed altre due ancora trapassarono il suo braccio sinistro, lasciando cadere i caricatori ancora pieni. Tuttavia, il braccio destro del pistolero rimase illeso.
“Ithil…questa è la fine.” Una delle catene, la più affilata, appoggiò la punta sulla fronte del rivoluzionario che, stremato, lasciò cadere la pistola a terra.
“Tuttavia…lascerò il tuo braccio destro puro.- prese un respiro profondo – non voglio deturpare la tua leggendaria abilità.”
Ithil tossì sangue. “Sei..sei sempre stato troppo buono.”
Un istante di silenzio parve interminabile.

Uno schizzo di sangue cremisi, suggellò la fine dello scontro

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Capitolo 23
*** Sperimentale ***


Negli anni passati con i rivoluzionari, Ithil tentò continuamente di creare nuovi marchingegni e meccanismi utili a raggiungere i loro scopi. Tuttavia, la maggior parte delle volte finivano con un sonoro botto e fumo che usciva dalla finestra. Uno degli ultimi modelli che aveva costruito era ancora in fase sperimentale, ma l’aveva preso con sé. Si trattava di una piccola pistola a colpo singolo nascosta sotto la manica destra. Tuttavia, era pressoché inutile: la corta canna e la scarsa gittata la rendevano praticamente inutilizzabile, oltre al fatto che poteva usare un solo proiettile prima di essere caricata. Inoltre, il rinculo era troppo violento, e rischiava di rompere un osso senza arrivare al risultato.
Tuttavia, quella volta funzionò. Erano abbastanza vicini, ed Atan non si sarebbe di certo aspettato un trucchetto simile. La catena poté solamente appoggiarsi alla fronte di Ithil facendo uscire una goccia di sangue, prima che il proiettile gli perforasse la testa.
Atan cadde a terra. Le catene piantate dentro il corpo di Ithil iniziarono a polverizzarsi. Aveva…vinto?
Ithil rimase immobile a guardare il corpo dell’amico, mentre dai suoi capelli bianchi come il latte inizava a sgorgare sangue cremisi. Iniziò  a tremare. Si guardò la mano, terrorizzato. Lo aveva davvero fatto? Aveva…aveva davvero appena ucciso l’ultimo legame che gli era rimasto? Si mise una mano sulla faccia. Dopo qualche istante tuttavia, non sentì più la paura. Sentì invece un animalesco desiderio di avere il sangue dell’amico. Si mise una mano sulla bocca. Per un istante gli parve di vomitare. Tirò un lungo respiro di sollievo, chiuse gli occhi per un istante che parve eterno. Quando li riaprì, era più rilassato. Si avvicinò al corpo morto dell’amico, si inginocchiò, gli tolse gli occhiali, e con una mano leggerissima gli chiuse gli occhi. Si mise una mano in una delle tasche interne della giacca. Tirò fuori un piccolo oggetto nero. Lo appoggiò accanto a lui e sussurrò “Alla fine te l’ho riportato visto?”. Era una pedina degli scacchi, leggermente rovinata e scheggiata. Più precisamente, il re nero.
Sentì qualcuno che si avvicinava. Volse lo sguardo indietro, quasi a voler difendere la salma dell’uomo che lui stesso aveva ucciso. Quando entrarono in quel salone, li riconobbe. Erano i rivoluzionari. Primo tra tutti, Ewin, seppur ferito gravemente, si era fatto bastare delle fasciature di fortuna, e stava guidando la marcia. Davanti a loro, era rimasto solo il nemico finale, l’avversario supremo, il demone che stavano cacciando: la regina.
Ithil era ricoperto di sangue e ferite, ma rifiutò fasciature e bende. Rifiutò ogni contatto fisico. Sentiva che dentro di lui stava arrivando. La bestia che si celava nel suo sangue stava reclamando la sua parte. Diede ordine che nessuno si azzardasse a toccare il corpo dell’uomo vicino a lui, minacciando di morte chiunque avesse provato a farlo. Alcuni rivoluzionari, tra cui Ewin soprattutto, si resero conto di una cosa: Ithil non ce l’avrebbe fatta. Già in quel momento, davanti a loro, non c’era più il loro asociale e bizzarro compagno, ma un altro, un estraneo.
Con il fiato sospeso, avanzarono nei meandri del castello, seguendo le stesse vie che prima aveva seguito la regina e i suoi magistrati. Arrivarono. Tennero il fiato sospeso. Spingendo tutti insieme, spalancarono le pesanti porte, rompendo il meccanismo che permetteva di aprirla solo dall’altra parte.
La videro. Era li, l’imperatrice era in piedi davanti a loro. I magistrati, tutti coloro che si era portata con se, giacevano a terra, senza vita. La regina aveva il volto completamente intriso di sangue.

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Capitolo 24
*** L'inizio della fine ***


La regina era li, davanti a loro. Appena la videro, tutti tra le fila dei rivoluzionari si sentirono raggelare. I suoi occhi erano furenti, i capelli disordinati e sparsi, intrisi ancora di sangue e pezzi di carne. Ithil stesso, a quella vista, percepì un primitivo e animalesco istinto di fuggire e di nascondersi. Poi vide, in un angolo al buio, una ragazza che tremava..probabilmente aveva assistito al massacro. Era la figlia della regina, la donna per cui Atan era stato disposto a dare la sua vita. Da quell’istante, l’Ithil silenzioso e riflessivo sparì, lasciando il posto a sentimenti molto più feroci e animaleschi. Non sapeva il perché, ma si sentiva in dovere di proteggerla. Probabilmente lei lo avrebbe odiato per sempre…ma in memoria dell’ultima volontà di Atan, la avrebbe protetta.
Dopo un lungo silenzio, la regina si decise a parlare. La sua voce era strana. Non era più femminile, era più gutturale, animalesca. Il tono di voce era violento, e contemporaneamente, sembrava calmo.
“Ohohoh..nuovi amici per il mio banchetto…sapete… come ho fatto a diventare quella che sono? Ho dovuto fare un sacco di sacrifici e mangiare un sacco di persone. Persino quel vecchio pazzo del mio re…ma voi mi capite vero? Non potevo lasciarlo in vita…perché vedete, non assecondava i miei desideri. Aveva un sapore terribile.”
I rivoluzionari impugnarono le armi saldamente.
“Quindi, non accettate di morire pacificamente? Che peccato…odio rovinare il mio pasto.”
Dalle sue corde vocali uscì un suono atroce, una sorta di terribile e demoniaco ululato. Alcuni dei rivoluzionari, sentirono una fitta al cuore, ed Ithil, più di ogni alto. Sentì il dovere di…inginocchiarsi.
“Sapete stupidi stuzzichini…vivo in questo mondo da più di cent’anni. Ho continuato a mangiare e a crescere senza sosta. Per quelli che hanno avuto il privilegio di essere toccati dal sangue divino…io sono un dio.”
Alcuni rivoluzionari iniziarono ad attaccare altri con violenza; mordendoli, graffiandoli, strappando loro la carne. Ithil percepì lo stesso, depravato, desiderio. Sentì di dover obbedire, ma non lo fece, nonostante sentiva che doveva farlo, ignorò i suoi compagni e si lanciò contro la donna. Appena ella lo vide, il suo corpo iniziò a mutare e Ithil venne lanciato contro una parete da un braccio umanoide, ma enorme.
Lo spettacolo che avevano davanti, era quello di una bestia più che centenaria, bianca, con le corna ed il muso allungato, che lasciava ben vedere denti affilati come rasoi e bramanti di sangue. Era attraente e terrificante: da un lato poteva davvero sembrare una creatura angelica, quel pelo bianco, quelle corna d’avorio che si diramavano dietro la testa. Ma dall’altro lato…il sangue e la carne che ancora colavano dal suo muso e dai suoi denti la rendevano più simile ad un demonio.

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Capitolo 25
*** Caduta ***


Quell’ultimo scontro, segnò la vita di molti di coloro che si trovavano in quel luogo.
Quella belva era semplicemente su un altro livello rispetto a qualsiasi altra. Era alta più di tre metri, aveva braccia possenti e rapidissime, artigli capaci di strappare anche la pietra, e più che mai bramosa di sangue. L’urlo che aveva emesso in precedenza era un vero e proprio richiamo. Aveva marcato il suo territorio, si era dimostrata superiore alle altre bestie, e chi era anche solo ai primi stadi contagiato dalla piaga, era stato completamente svuotato della propria individualità, diventando una marionetta nelle mani di quella che fino a pochi minuti prima era stata odiata, e mai temuta.
Ithil insieme ad altri rivoluzionari continuavano ad attaccarla con ferocia, ma erano troppo inferiori. Quella creatura mostruosa fece per attaccare Ewin. Lo fece percependolo come uno dei più pericolosi in quel luogo. La figlia, che fino ad un istante prima era rimasta nascosta in uno stato di isteria, gridò.
“Madre FERMATI!!”
La belva si girò. Quel singolo istante di distrazione le fu fatale. Seppur ferito, Ewin riuscì a schiacciarle un piede con la ruota. La belva lanciò un grido di dolore, prima di colpire l’uomo lanciandolo contro il muro. Quel singolo istante fu per Ithil perfetto. Si lanciò sulla schiena della belva, mentre una cinquantina di rivoluzionari continuava a colpire quella creatura con qualunque cosa: frecce, proiettili, lance, persino sassi. Ithil strinse le sue mani sul pelo di quella bestia e affondò i denti nella carne. Continuò a masticare con ferocia, mentre belva sofferente gemeva tentando di togliere quel piccolo parassita di dosso.
Ithil continuava a mordere andando sempre più in profondità. Affondò persino le mani in quella parte di carne aperta e iniziò a graffiare via ossa, carne, sangue. Ad un certo punto, quell’enorme e terrificante bestia, cadde, lasciandosi ad un ultimo gemito di terrore.
Era…finita. Ci fu un istante di silenzio, e poi un grido di gioia. I sopravvissuti, ancora macchiati dal sangue e dalle lacrime per i caduti, alzarono un grido di vittoria. Ce l’avevano fatta. Iniziarono, lentamente, ad uscire da quel luogo, e la luce del sole irradiò i loro volti. Nessuno di loro si era mai accorto di quanto quella sensazione fosse incredibilmente bella, rincuorante, rilassante.
Tuttavia, mentre gli altri uscivano, Ithil rimase seduto contro una parete.

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Capitolo 26
*** Dio ***


Ewin si riprese dal colpo subito, e tra tutti iniziò a cercare Ithil. Lo vide, era seduto contro il muro, mentre quella stanza iniziava a scricchiolare e a dare segni di cedimento. La lotta era stata tanto furiosa da riuscire persino a far crollare quella enorme stanza. Alcune mattonelle del soffitto iniziarono a cadere, ed i rivoluzionari si affrettarono ad uscire.
“Hey Ithil, che fai? Muoviti dobbiamo andar..”
Lo vide, ed un brivido percorse la sua schiena. Il corpo dell’amico iniziava a mutarsi. La sua schiena era diventata più grande e più incurvata, sulle braccia iniziavano ad apparire peli, e le sue unghie si affilavano.
“Ithil..”
“Ewin…devi andare.”
“Ma sei fuori? Io non ti lascio qui, sta..”
“Ascoltami…non mi rimane più molto tempo. Dovete affrettarvi. Dovete andarvene subito di qui”
“Ithil non ti lascio qui!!”
“Non è una tua scelta. Vattene”
“Ithil..”
“Hey…ti devo chiedere un ultimo favore.”
“..dimmi.”
“La figlia della regina…proteggila. Ti prego.”
“…lo farò.”
“grazie amico mio. Addio. Esci…e costruisci il mondo che tutti desiderano.”
Mentre Ewin usciva accompagnando la figlia della regina, Ithil incrociò lo sguardo con lei. Era davvero bella. Era ovvio che Atan la amasse.
Era rimasto solo. Non c’era più nessuno. Quella stanza iniziò a crollare. Per ogni pezzo che cadeva dal soffitto, ad Ithil sembrava di vedere un frammento del suo passato. Rivedeva quando Ast lo aveva tirato su dalla strada, a come lo aveva cresciuto. Rivedeva il volto dell’unica donna che aveva mai amato. Rivedeva le partite a scacchi con Atan. Gli venne quasi da piangere. Alzò la pistola. La guardò per qualche istante prima di appoggiare la bocca dell’arma sul suo cuore.
“Dio…non so se esisti. Non ti ho mai pregato e non ho fatto mai nulla per te. Però…però..-le lacrime iniziarono a scendere dal suo volto, che ormai si stava mutando.- se è vero che hai pietà di tutti…ti prego…mandami…dove sono loro. Dove sono tutti loro. O almeno…lascia che li saluti un’ultima volta…non sono riuscito a salutarne neanche uno…ti prego…dio.”

Premette il grilletto. Il proiettile gli si conficcò nel cuore. Morte istantanea. La fine.

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