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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un bimbo senza nome ***
Capitolo 2: *** Una lettera per Calien ***
Capitolo 3: *** Verso Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Lo Smistamento ***
Capitolo 5: *** Nuove conoscenze ***
Capitolo 1 *** Un bimbo senza nome ***
HP
Sono le
scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente,
molto più delle nostre capacità.
- Albus Silente
Era notte fonda.
Un silenzio soporifero regnava nell'aria, interrotto soltanto dal verso
di qualche gufo e dal battito delle loro ali.
Ad un tratto, due figure si Materializzarono nell'oscurità,
fendendo la fitta nebbia.
Dopo un attimo, la prima figura, alta e possente, si
incamminò
in fretta lungo la via. Era un uomo dalla pelle scura e l'espressione
determinata. Sulla guancia destra aveva un lungo taglio appena
cicatrizzato e con il braccio sinistro portava un piccolo fagotto.
La seconda figura, più bassa e magra, si affrettò
a
seguire la prima, correndo per riuscire a star dietro al suo passo
deciso. Era un uomo di mezza età, quasi del tutto calvo, e
dal
viso rugoso. Barcollava un po', aveva la schiena curva e si teneva una
mano sulla pancia, come se poco prima qualcuno gli avesse sferrato un
pugno nello stomaco. Nei suoi occhi si scorgeva del velato spavento
misto alla voglia di dire urgentemente qualcosa.
"Kingsley!" disse, non riuscendo più a trattenersi.
La prima figura continuò a camminare a passo svelto come se
non avesse sentito nulla.
"Kingsley!" ripeté l'uomo basso.
L'uomo possente emise un grugnito e l'altro, incoraggiato,
parlò.
"Senti… non mi piace…"
"Neanche a me, Mundungus" la sua voce profonda suonava stranamente dura.
"Oh, fermati… Non riesco a starti dietro!" disse Mundungus
con il fiatone.
Kingsley non si fermò. Solitamente era calmo, rassicurante e
gentile, ma quella notte si
comportava in modo rude e sembrava insolitamente scosso.
"Muoviti, canaglia che non sei altro."
disse.
Un muscolo sulla mascella di Mundungus si contrasse. Respirò
profondamente.
"Kingsley…" disse con voce adulante "Ministro…"
si corresse, cercando di addolcire il suo interlocutore.
"Non ci provare, furfante da quattro soldi, con me non attacca." fu la
secca risposta dell'altro.
Mundungus gettò via ogni tentativo di adulazione e il
pensiero
che ronzava nella sua testa da tempo eruppe dalla sua bocca.
"Kingsley, io penso… io penso che potrebbe essere suo figlio!" disse
tutto d'un fiato.
Kingsley si arrestò all'improvviso e si girò di
scatto, facendo balzare indietro il compagno.
Lo fissò per la prima volta e poi disse con foga: "Ma certo
che
è suo figlio, pezzo d'idiota! E come potrebbe non esserlo?
È figlio suo e dell'Ammazza-Babbani!"
"L-lei?!"
"Certo! Sei più cieco di quell'Acromantula che aveva Hagrid!"
Mundungus boccheggiò per qualche istante, poi
balbettò:
"Ma allora questo cambia tutto… Io pensavo che fosse finita!
Gli altri dell'Ordine lo sanno?"
"No. Per quanto io ne sia convinto, alla fine le mie restano solo
congetture. Non so quanti di loro possano aver intuito qualcosa, ma non
credo che sia prudente esporre le mie idee, almeno non adesso. Potrebbe
pregiudicare i loro interessi nei confronti del bambino, che, in fondo,
non ha colpe.."
Kingsley si voltò e riprese a camminare a passo spedito.
"Ma se è suo figlio, non può che nascerne
qualcosa di
marcio!" disse Mundungus, correndo per star dietro al suo compagno.
"Non venirmi a parlare di princìpi, canaglia."
Mundungus si zittì e per un po' pensò solo a
camminare.
Poi, sussurrando, quasi intimorito da ciò che stava per dire
e
dalla reazione che avrebbe potuto suscitare nell'altro, disse:
"Perché non… sbarazzarsene
semplicemente…"
Kingley si voltò così rapidamente che Mundungus
andò a sbattergli addosso. Lo prese per il colletto della
camicia e lo avvicinò al suo viso sollevandolo: i piedi di
Mundungus
toccavano appena il suolo con le punte dei piedi.
Gli occhi di Kingsley mandavano scintille e fissavano con disgusto gli
occhietti neri dell'altro a pochi centimetri dai suoi. La sua voce si
fece un sussurro rabbioso tra i denti serrati.
"Ascoltami bene" disse "se mi credi così vile, allora non
hai
capito proprio un bel niente. Troppo sangue è stato versato
queste
notti per colpa dei suoi. Non sarò così ignobile
da
uccidere un innocente."
Kingsley lasciò andare Mundungus, facendolo barcollare e
cadere.
Quest'ultimo guardò l'altro riprendere a camminare per un
istante, poi si rialzò in fretta e disse:
"D'accordo… ma
perché offrirgli protezione…"
"Primo, è una creatura innocente, che merita una casa.
Secondo… questa storia potrebbe avere reazioni imprevedibili
e
incontrollate… Non stiamo difendendo soltanto lui."
Mundungus non insistette ancora.
"Ma dove stiamo andando di preciso?"
"A Grimmauld Place. E dove, altrimenti?"
"G-Grimmauld Place?" ripeté Mundungus con voce titubante.
"Mi hai sentito. Grimmauld Place. E stavolta non ruberai niente."
aggiunse con un'occhiataccia al suo interlocutore. "Harry ci ha
autorizzati a usarlo come Quartier Generale per gli affari dell'Ordine,
ora che la guerra è finita. Sembra assurdo, ma abbiamo quasi
più lavoro adesso che durante la guerra. A distruggere ci
vuole
poco, ma ricostruire è così faticoso…"
"E… a chi lo lasceremo?"
"Aberforth."
"Aberforth?!"
"Sì, Mundungus, ad Aberforth" aggiunge scandendo le parole
lentamente, girandosi verso l'altro e guardarlo con un misto di
compassione e seccatura come se avesse davanti una persona un po'
tocca. "E smettila di ripetere le parole che dico."
"Non… non credevo che Aberforth…"
"È stato l'unico che ha accettato di prenderlo."
tagliò corto Kingsley.
"E vivrà con il bambino a Grimmauld Place?"
"No. No, non credo."
Kingsley svoltò a destra e si avvicinò al ciglio
della
strada, dove gli edifici segnati dal numero 11 e 13 si ritraevano man
mano che i due si avvicinavano, e l'imponente villa dal numero 12 si
ergeva in tutta la sua grandezza.
Entrò seguito da Mundungus e si avviò lungo il
lungo corridoio.
La casa era diversa da come la ricordava: il pavimento era stato
lavato, le tende sostituite, i mobili riparati. Aveva un aspetto molto
più fresco, nuovo e luminoso.
I due si avvicinarono alla porta della cucina, dove si udivano dei
sussurri concitati.
Kingsley aprì la porta ed entrò.
I sussurri cessarono, e i membri dell'Ordine si girarono verso il nuovo
arrivato.
"Kingsley!"
"Eccoti, finalmente!"
"Ehilà, Kingsley!"
"Anzi… Ministro…"
"È Kingsley, ragazzi, non vi preoccupate."
"Potete uscire da sotto il tavolo."
Kingsley si era bloccato sulla porta e guardava con aria interrogativa
i presenti che uscivano dal loro nascondiglio.
Questi sembrarono notare la sua espressione perplessa,
perché Arthur Weasley, in piedi vicino alla porta, disse:
"Oh, pensavamo che fosse Kreacher."
"Di solito sta ad Hogwarts, ma qualche volta viene qui a dare una
sistemata alla casa…" spiegò Bill, avvicinandosi
al padre.
"E non è un bello spettacolo…" aggiunse Arthur
scambiando un'occhiata con il figlio.
"No, non lo è… Canticchia tutto il giorno a
squarciagola,
e quando si accorge che sei lì, si mette a raccontarti per
filo
e per segno di come lui abbia guidato coraggiosamente gli elfi
domestici di Hogwarts nella battaglia, e deve mettere in mezzo 'il
padron Regulus' e 'il padron Harry' con annessi elogi in ogni frase che
pronuncia. Di solito però riusciamo a fuggire prima che si
metta
raccontare la parte in cui Harry esce allo scoperto dopo essersi finto
morto davanti a Voldemort… Secondo me è diventato
un po'
schizzato, quell'elfo…" disse Bill.
Kingsley si sentì immediatamente contagiato da quell'ondata
di
buon umore e ritrovò la serenità che quella notte
sembrava aver perso.
"Ma comunque, accomodati… entra…" disse il signor
Weasley. "Eh… chi c'è con te? Oh…"
I membri dell'Ordine allungarono il collo per cercare il nuovo
arrivato. E quando riconobbero Mundungus, la loro espressione si
raggelò lievemente.
Gli occhi di Mundungus saettavano per la stanza, fissando il volto di
ogni presente.
Kingsley ruppe la tensione dicendo: "Comunque… eccolo qua."
e indicò il fagotto che teneva in braccio.
Tutti improvvisamente rivolsero la loro attenzione al bambino che
dormiva tra le coperte. Si avvicinarono per osservarlo.
"Oooh… ma è bellissimo…" disse Hagrid
prendendolo e stringendolo tra le braccia.
"Sì, Hagrid, ma mettilo giù…" disse la
professoressa McGrannit.
"Dov'è Aberforth?" chiese Kingsley allungando il collo e
cercandolo tra la gente.
"Qui." rispose una voce profonda.
Aberforth era seduto in fondo alla stanza, in disparte. Assomigliava
incredibilmente ad Albus, ma aveva un'espressione più dura e
al
tempo stesso perennemente adolescenziale, teneva spesso le sopracciglia
aggrottate, e possedeva poca della pazienza e pacatezza del fratello.
"Quindi è deciso, no?" disse Molly Weasley "Lo prenderai tu?"
"Sì." disse Aberforth alzandosi in piedi ed ergendosi in
tutta la sua statura.
"E… lo porterai a vivere con te… al tuo pub?"
chiese
Molly, evidentemente contrariata all'idea di crescere un bambino in un
posto del genere.
"Sì, Molly" rispose l'altro con la sua voce dura, e la
signora Weasley non replicò.
"Be', ma dai, su, bisogna trovargli un nome…"
disse Dedalus Lux.
"Qualche idea?" disse la signora Weasley.
"Io proporrei Albus." disse Hagrid solennemente.
"Concordo."
"Anche io."
"Non potrebbe chiamarsi altrimenti."
"È la cosa più giusta da fare."
"Ma col cavolo che lo chiamerete Albus!" strillò Aberforth
stizzito.
"Oh, Aberforth…"
"Niente da fare. Lui non è Albus. Sarà una
persona
diversa." disse duramente. "E migliore, si spera." aggiunse a denti
stretti.
"Ma…"
"Se lo chiamate Albus, non me lo prendo!" ruggì.
"E tu a cosa pensavi, invece, sentiamo un po'?" disse Molly un po'
stizzita.
"Be'…" disse Aberforth lievemente imbarazzato. "Io avevo
pensato a Calien."
"Eh?"
"Calien?"
"Ma che razza di nome è?"
"Se non sbaglio, in runico vuol dire 'Luce'…" disse Bill.
"Oooh… ma che poétique,
Aberfòrth…"
disse Fleur sorridendo e dando una leggera gomitata ad Aberforth.
"Pff." disse lui, e fece un gesto della mano come per scacciare un
insetto, ma arrossì lievemente.
"Va bene, allora."
"Calien. È deciso."
Per qualche istante tra i presenti regnò il silenzio, poi
Kingsley disse a gran voce: "Be', signori… ecco fatto. Ora
possiamo tornarcene a casa e andare a dormire. O continuare a
festeggiare." aggiunse rivolgendo un'occhiata a Dedalus Lux.
Si udì un vociare di "Giusto", "Già", "A presto,
Kingsley", "Ciao Molly", "Buonanotte a tutti", "Buona fortuna, Calien"
e mano a mano la stanza
cominciò a svuotarsi.
Aberforth si avvicinò alla porta per ultimo, ma invece di
uscire, si fermò e si rivolse a Kingsley.
"Allora è vero? È suo figlio?"
"C-cosa?" farfugliò Kingsley, colto di sorpresa.
"A quanto pare sì." disse Aberforth interpretando la
risposta dell'altro.
"Ma allora lo sanno?"
"Non so quanti di loro abbiano intuito qualcosa. Credo che la maggior
parte pensi che si tratti solo di un bambino qualsiasi rimasto
orfano durante la battaglia, ma qualcuno deve esserci sicuramente
arrivato, altrimenti non avrebbe coinvolto tutto l'Ordine."
"Già…" convenne Kingsley.
"Ma qualcuno deve prendersene cura, no?" disse Aberforth prendendo il
bambino dalle braccia di Kingsley. Calien sorrise appena nel sonno.
"Dopotutto, lui non ha colpa."
"Calien…" disse fra sé Kingsley fissando il
bambino.
Aberforth alzò lo sguardo da Calien a Kingsley. "Che nome di
merda, vero?"
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Capitolo 2 *** Una lettera per Calien ***
La giornata era tiepida e soleggiata. Una brezza leggera accarezzava il
villaggio di Hogsmeade.
Calien stava giocando nel giardino sul retro del pub.
Aveva un bastoncino in mano con cui faceva finta di lanciare
incantesimi verso un avversario immaginario.
"Prendi questo, Voldemort!" strillò saltellando, e poi si
abbassò velocemente come per schivare una maledizione.
Poi fece per sferrare l'incantesimo decisivo, e dal bastoncino uscirono
alcune scintille rosse.
Calien lo lasciò cadere, poi, esausto e con il fiatone, si
gettò di peso sull'erba a braccia aperte. Si girò
sulla
schiena cercando di riprendere fiato e chiuse gli occhi godendosi il
piacevole tepore del sole estivo.
Subito dopo, un vecchio alto, dalla barba e dai capelli lunghi e lo
sguardo burbero uscì dalla porta sul retro. Cercò
Calien
con lo sguardo, e quando lo trovò sorrise appena e disse:
"Ehi,
maghetto!"
Calien alzò un braccio e fece segno con il pollice in su.
"Chi ha vinto oggi?"
"Io!" disse Calien alzandosi in piedi di scatto. "Ma ti pare che vinca
Voldemort?"
"E adesso lo vorresti un bell'arrosto?"
"Be', sì, può darsi…"
"Facciamo che chi arriva per primo se lo prende?"
"Vai!" e sfrecciò dentro il locale facendo barcollare
Aberforth e pregustando il suo pranzo.
Aberforth rise, poi rientrò.
Calien entrò nella cucina, dove salutò
rapidamente la ragazza ritratta in un grande dipinto. "Ciao, Ariana!"
Lei gli sorrise e gli rispose alzando una mano mentre lui correva via,
attraversava una piccola porta e si ritrovava nello spazioso pub.
Il locale era stato pulito ed era luminoso: Aberforth lo ristrutturava
periodicamente, ma aveva lasciato intatta la mobilia. Diceva che dava
al pub un aspetto vintage.
Calien si voltò verso il bancone. Aberforth era
già lì e stava servendo un cliente.
"Ma così non vale! Ti sei Smaterializzato!"
Aberforth rise. "Ricordati che non vince il più forte, o il
più veloce, e nemmeno i 'Buoni': vince il più
furbo."
"E quello che ha già passato l'esame di Materializzazione."
completò Calien.
"Anche quello, se ti serve a vincere un arrosto. Mmmh, dovrebbe esserci
rimasta un po' di insalata, se non l'ha mangiata tutta Thor…"
"Thor…" disse fra sé Calien, cercando con lo
sguardo tra
i clienti. Quando individuò un uomo così alto che
anche
da seduto torreggiava sugli altri clienti in piedi, strillo: "Hagrid!".
Si dimenticò immediatamente del suo pranzo e si mise a
tirare la
manica di Aberforth.
"Zio Ab, c'è Hagrid, posso andare a salutarlo?"
"Certo." disse questo.
Calien sfrecciò tra i tavoli e finalmente raggiunse il
tavolo dove Hagrid sedeva.
Imitando la voce del vecchio barman, Calien disse: "Allora, Hagrid,
cosa ti porto?"
Hagrid alzò gli occhi. "Calien! Vieni qui." Lo prese in
braccio
e lo fece sedere sulle sue gambe. C'era spazio per altre tre persone.
"Allora, maghetto, ormai hai undici anni, tra poco andrai ad Hogwarts!"
"Non vedo l'ora! Guarda che so fare!" fissò intensamente la
saliera, poi allungò una mano davanti a sé e la
saliera
si sollevò e andò a condire il piatto di Hagrid.
"Niente male, davvero niente male!" applaudì Hagrid.
Calien fece un piccolo inchino, poi disse: "Hagrid, raccontami la
storia del Ragazzo Prescelto e di Voldemort!"
"Va bene… allora… Harry Potter è
sempre stato un
mago coi fiocchi, io l'ho conosciuto quando aveva la tua
età.
Pensa che ha combattuto un sacco di volte contro Voldemort, fin dal
primo anno di scuola. E ogni volta gli è scampato grazie al
suo
coraggio, astuzia e, a volte, fortuna sfacciata. Te l'ho mai detto che
tuo zio Aberforth gli ha salvato la vita due volte?"
"Davvero?!" chiese il ragazzo sbalordito e ammirato.
"Ab è sempre stato coraggioso, anche se non lo dà
a vedere."
"E come è andata? Come gli ha salvato la vita?"
"Una volta gli ha mandato un elfo domestico in aiuto…"
"Un… elfo
domestico?" Calien sembrava un po' deluso.
"Non sottovalutare gli elfi. È stato capace di salvare la
vita a
Harry Potter e ai suoi amici. Li ha fatti Materializzare in un luogo
sicuro proprio sotto il naso di Voldemort."
"Wow!"
"E la seconda volta, Harry si era Materializzato qui ad Hogsmeade e i
Mangiamorte lo avevano beccato, ma Aberforth nascose Harry nel pub e
mandò via i Mangiamorte con una scusa brillante. Per non
parlare
di quando ha accolto tutti gli studenti di Hogwarts nel suo locale
mentre al castello infuriava la battaglia."
"Davvero?" disse il ragazzo pieno di orgoglio verso il suo zio. "Non me
lo aveva mai detto…"
"Che ci vuoi fare, Ab è così!"
Aberforth si avvicinò al loro tavolo.
"Che fate, voi due?"
"Hagrid mi raccontava di quando hai salvato la vita ad Harry Potter!"
"Pff, non gli raccontare queste sciocchezze…"
"Hai salvato la vita a… a Harry Potter!"
disse Calien.
Aberforth scosse la testa come per scacciare quell'idea. "Hagrid, vuoi
che ti porti qualcos'altro?"
"No, grazie, Ab, adesso devo proprio andare." Hagrid si
alzò. "Thor!"
Il grosso danese trotterellò a fianco del suo padrone.
"Be'… Ab, grazie del pranzo, era ottimo. Ci vediamo,
Calien."
poi si inginocchiò e gli sussurrò: "Te la caverai
benissimo ad Hogwarts, sei proprio un mago in gamba." gli
arruffò i capelli con fare paterno e se ne andò
seguito
da Thor.
"Ciao!" Calien lo accompagnò fino alla porta del locale e lo
guardò allontanarsi con il naso incollato alla porta.
Poi all'improvviso qualcosa sbatté rumorosamente sul vetro,
proprio davanti al viso Calien. Lui, che aveva i riflessi molto pronti,
si ritrasse rapidamente schivando l'oggetto. Poi gli venne in mente che
non avrebbe potuto farsi male lo stesso, dato che l'oggetto aveva
colpito il vetro dall'esterno.
Uscì rapidamente dal locale per andare a vedere. In pochi
secondi, capì che non si trattava di un oggetto, ma di
qualcosa di piumato…
A Calien si illuminarono gli occhi e si spalancò la bocca.
Prese il piccolo gufo e lo portò dentro. Corse verso il
bancone e strillò: "Zio Ab, è arrivata!
È arrivata!"
Aberforth, che aveva appena finito di versare della Burrobirra a un
cliente, si avvicinò a Calien, incuriosito.
Calien mise il gufo, ancora stordito dall'impatto, sul bancone, e si
mise a sventolarlo per farlo rinvenire. Mentre quello si riprendeva,
Calien prese la busta che l'uccello stringeva tra le zampe: la busta
era in pergamenam con un sigillo di ceralacca sul quale era raffigurata
una grande 'H'. L'inirizzo recitava
Signor C. Peverell
13, Testa Di Porco
Hogsmeade
Calien scartò la lettera eccitatissimo e la
dispiegò.
"SCUOLA DI MAGIA E
STREGONERIA DI HOGWARTS
Direttore: Minerva McGranitt
(Ordine di Merlino, Prima
Classe, Confed. Internaz. dei Maghi)
Caro signor Peverell,
siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di
Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà
l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
I corsi avranno inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa
della Sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.
Con ossequi,
Neville Paciock
Vicedirettore"
Non appena Aberforth
finì di leggere ad alta voce la lettera da sopra la spalla
di Calien, il ragazzo cominciò a fare i salti di gioia.
"Non fare così, che mi spaventi i clienti."
"Hogwarts! Vado ad Hogwarts!"
"Felice, eh?"
"Non vedo l'ora, zio."
"Mmmh… lo vedo… comunque, lì, nel tuo
piatto, dovrebbe esserci ancora un po' di arrosto."
Calien sfrecciò a mangiare il suo pranzo.
Quella sera Calien era ancora eccitato dalla notizia.
Era disteso sul letto e pensava, fissando il soffitto.
Presto sarebbe andato ad Hogwarts… Aveva passato anni a
pensare la sera, prima di addormentarsi, a come sarebbe stato quel
momento, e finalmente stava per arrivare. Vedere la lettera con i
propri occhi rendeva tutto così vivido…
La sua felicità poteva sembrare eccessiva, ma la
verità era che non vedeva l'ora di imparare cose nuove e
soprattutto fare nuove amicizie. Non aveva mai avuto dei veri amici:
nel villaggio si vedevano pochi bambini. Era molto legato ad Hagrid, a
Dedalus, a Kingsley e ai signori Weasley, ma la maggior parte
di loro si faceva vedere raramente, e anche se era molto affezionato a
suo zio Aberforth, passava poco tempo con lui, dato che aveva sempre
molto da fare con il locale.
Poi un pensiero si insinuò nella sua mente, sempre
più insistentemente, che contribuì a tenerlo
sveglio sempre di più.
E se non sarai
all'altezza?
Dopotutto
lui viveva al piano di sopra di un piccolo pub, e di magie ne sapeva
poco più di un Babbano. E oltretutto, suo zio non era ricco,
sarebbe riuscito ad affrontare la spesa per Hogwarts? Per un attimo gli
apparve l'immagine di sé con una logora uniforme di seconda
mano e una bacchetta spezzata, e i compagni che attorno a lui lo
indicavano e ridevano.
Provò a scacciare quei pensieri fastidiosi, ma dopo aver
passato dieci minuti buoni a rigirarsi nel letto, decise di abbandonare
ogni tentativo e si alzò.
Suo zio stava ancora lavorando, e non aveva nessuno con cui condividere
le sue preoccupazioni.
Andò in bagno e si sciacquò la faccia con
dell'acqua fredda. Si guardò allo specchio.
Calien era un bel ragazzo, dai lineamenti sofisticati ed eleganti.
Aveva un viso ovale e regolare, grandi occhi grigi leggermente a
mandorla, labbra morbide e capelli neri leggermente ricci.
Si asciugò il viso e decise di uscire in giardino.
Le stelle erano alte e la luna piena brillava nel cielo.
Si sdraiò ad ammirare il cielo.
Poi si mise a sedere e prese un fiore da terra: si divertì a
staccargli i petali e poi a riattaccarli senza sfiorarli minimamente.
Una piccola biscia che strisciava tra l'erba, si fermò a
guardare il piccolo mago.
Calien la fissò. "Chissà in che Casa
finirò ad Hogwarts." disse. "Pensi che mi troverò
bene, lì?"
"Senz'altro" gli rispose quella.
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