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di etc
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un bimbo senza nome ***
Capitolo 2: *** Una lettera per Calien ***
Capitolo 3: *** Verso Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Lo Smistamento ***
Capitolo 5: *** Nuove conoscenze ***



Capitolo 1
*** Un bimbo senza nome ***


HP
Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità.
- Albus Silente


Era notte fonda.
Un silenzio soporifero regnava nell'aria, interrotto soltanto dal verso di qualche gufo e dal battito delle loro ali.
Ad un tratto, due figure si Materializzarono nell'oscurità, fendendo la fitta nebbia.
Dopo un attimo, la prima figura, alta e possente, si incamminò in fretta lungo la via. Era un uomo dalla pelle scura e l'espressione determinata. Sulla guancia destra aveva un lungo taglio appena cicatrizzato e con il braccio sinistro portava un piccolo fagotto.
La seconda figura, più bassa e magra, si affrettò a seguire la prima, correndo per riuscire a star dietro al suo passo deciso. Era un uomo di mezza età, quasi del tutto calvo, e dal viso rugoso. Barcollava un po', aveva la schiena curva e si teneva una mano sulla pancia, come se poco prima qualcuno gli avesse sferrato un pugno nello stomaco. Nei suoi occhi si scorgeva del velato spavento misto alla voglia di dire urgentemente qualcosa.
"Kingsley!" disse, non riuscendo più a trattenersi.
La prima figura continuò a camminare a passo svelto come se non avesse sentito nulla.
"Kingsley!" ripeté l'uomo basso.
L'uomo possente emise un grugnito e l'altro, incoraggiato, parlò.
"Senti… non mi piace…"
"Neanche a me, Mundungus" la sua voce profonda suonava stranamente dura.
"Oh, fermati… Non riesco a starti dietro!" disse Mundungus con il fiatone.
Kingsley non si fermò. Solitamente era calmo, rassicurante e gentile, ma quella notte si comportava in modo rude e sembrava insolitamente scosso.
"Muoviti, canaglia che non sei altro."  disse.
Un muscolo sulla mascella di Mundungus si contrasse. Respirò profondamente.
"Kingsley…" disse con voce adulante "Ministro…" si corresse, cercando di addolcire il suo interlocutore.
"Non ci provare, furfante da quattro soldi, con me non attacca." fu la secca risposta dell'altro.
Mundungus gettò via ogni tentativo di adulazione e il pensiero che ronzava nella sua testa da tempo eruppe dalla sua bocca.
"Kingsley, io penso… io penso che potrebbe essere suo figlio!" disse tutto d'un fiato.
Kingsley si arrestò all'improvviso e si girò di scatto, facendo balzare indietro il compagno.
Lo fissò per la prima volta e poi disse con foga: "Ma certo che è suo figlio, pezzo d'idiota! E come potrebbe non esserlo? È figlio suo e dell'Ammazza-Babbani!"
"L-lei?!"
"Certo! Sei più cieco di quell'Acromantula che aveva Hagrid!"
Mundungus boccheggiò per qualche istante, poi balbettò: "Ma allora questo cambia tutto… Io pensavo che fosse finita! Gli altri dell'Ordine lo sanno?"
"No. Per quanto io ne sia convinto, alla fine le mie restano solo congetture. Non so quanti di loro possano aver intuito qualcosa, ma non credo che sia prudente esporre le mie idee, almeno non adesso. Potrebbe pregiudicare i loro interessi nei confronti del bambino, che, in fondo, non ha colpe.."
Kingsley si voltò e riprese a camminare a passo spedito.
"Ma se è suo figlio, non può che nascerne qualcosa di marcio!" disse Mundungus, correndo per star dietro al suo compagno.
"Non venirmi a parlare di princìpi, canaglia."
Mundungus si zittì e per un po' pensò solo a camminare. Poi, sussurrando, quasi intimorito da ciò che stava per dire e dalla reazione che avrebbe potuto suscitare nell'altro, disse: "Perché non… sbarazzarsene semplicemente…"
Kingley si voltò così rapidamente che Mundungus andò a sbattergli addosso. Lo prese per il colletto della camicia e lo avvicinò al suo viso sollevandolo: i piedi di Mundungus toccavano appena il suolo con le punte dei piedi.
Gli occhi di Kingsley mandavano scintille e fissavano con disgusto gli occhietti neri dell'altro a pochi centimetri dai suoi. La sua voce si fece un sussurro rabbioso tra i denti serrati.
"Ascoltami bene" disse "se mi credi così vile, allora non hai capito proprio un bel niente. Troppo sangue è stato versato queste notti per colpa dei suoi. Non sarò così ignobile da uccidere un innocente."
Kingsley lasciò andare Mundungus, facendolo barcollare e cadere.
Quest'ultimo guardò l'altro riprendere a camminare per un istante, poi si rialzò in fretta e disse: "D'accordo… ma perché offrirgli protezione…"
"Primo, è una creatura innocente, che merita una casa. Secondo… questa storia potrebbe avere reazioni imprevedibili e incontrollate… Non stiamo difendendo soltanto lui."
Mundungus non insistette ancora.
"Ma dove stiamo andando di preciso?"
"A Grimmauld Place. E dove, altrimenti?"
"G-Grimmauld Place?" ripeté Mundungus con voce titubante.
"Mi hai sentito. Grimmauld Place. E stavolta non ruberai niente." aggiunse con un'occhiataccia al suo interlocutore. "Harry ci ha autorizzati a usarlo come Quartier Generale per gli affari dell'Ordine, ora che la guerra è finita. Sembra assurdo, ma abbiamo quasi più lavoro adesso che durante la guerra. A distruggere ci vuole poco, ma ricostruire è così faticoso…"
"E… a chi lo lasceremo?"
"Aberforth."
"Aberforth?!"
"Sì, Mundungus, ad Aberforth" aggiunge scandendo le parole lentamente, girandosi verso l'altro e guardarlo con un misto di compassione e seccatura come se avesse davanti una persona un po' tocca. "E smettila di ripetere le parole che dico."
"Non… non credevo che Aberforth…"
"È stato l'unico che ha accettato di prenderlo." tagliò corto Kingsley.
"E vivrà con il bambino a Grimmauld Place?"
"No. No, non credo."
Kingsley svoltò a destra e si avvicinò al ciglio della strada, dove gli edifici segnati dal numero 11 e 13 si ritraevano man mano che i due si avvicinavano, e l'imponente villa dal numero 12 si ergeva in tutta la sua grandezza.
Entrò seguito da Mundungus e si avviò lungo il lungo corridoio.
La casa era diversa da come la ricordava: il pavimento era stato lavato, le tende sostituite, i mobili riparati. Aveva un aspetto molto più fresco, nuovo e luminoso.
I due si avvicinarono alla porta della cucina, dove si udivano dei sussurri concitati.
Kingsley aprì la porta ed entrò.
I sussurri cessarono, e i membri dell'Ordine si girarono verso il nuovo arrivato.
"Kingsley!"
"Eccoti, finalmente!"
"Ehilà, Kingsley!"
"Anzi… Ministro…"
"È Kingsley, ragazzi, non vi preoccupate."
"Potete uscire da sotto il tavolo."
Kingsley si era bloccato sulla porta e guardava con aria interrogativa i presenti che uscivano dal loro nascondiglio.
Questi sembrarono notare la sua espressione perplessa, perché Arthur Weasley, in piedi vicino alla porta, disse: "Oh, pensavamo che fosse Kreacher."
"Di solito sta ad Hogwarts, ma qualche volta viene qui a dare una sistemata alla casa…" spiegò Bill, avvicinandosi al padre.
"E non è un bello spettacolo…" aggiunse Arthur scambiando un'occhiata con il figlio.
"No, non lo è… Canticchia tutto il giorno a squarciagola, e quando si accorge che sei lì, si mette a raccontarti per filo e per segno di come lui abbia guidato coraggiosamente gli elfi domestici di Hogwarts nella battaglia, e deve mettere in mezzo 'il padron Regulus' e 'il padron Harry' con annessi elogi in ogni frase che pronuncia. Di solito però riusciamo a fuggire prima che si metta raccontare la parte in cui Harry esce allo scoperto dopo essersi finto morto davanti a Voldemort… Secondo me è diventato un po' schizzato, quell'elfo…" disse Bill.
Kingsley si sentì immediatamente contagiato da quell'ondata di buon umore e ritrovò la serenità che quella notte sembrava aver perso.
"Ma comunque, accomodati… entra…" disse il signor Weasley. "Eh… chi c'è con te? Oh…"
I membri dell'Ordine allungarono il collo per cercare il nuovo arrivato. E quando riconobbero Mundungus, la loro espressione si raggelò lievemente.
Gli occhi di Mundungus saettavano per la stanza, fissando il volto di ogni presente.
Kingsley ruppe la tensione dicendo: "Comunque… eccolo qua." e indicò il fagotto che teneva in braccio.
Tutti improvvisamente rivolsero la loro attenzione al bambino che dormiva tra le coperte. Si avvicinarono per osservarlo.
"Oooh… ma è bellissimo…" disse Hagrid prendendolo e stringendolo tra le braccia.
"Sì, Hagrid, ma mettilo giù…" disse la professoressa McGrannit.
"Dov'è Aberforth?" chiese Kingsley allungando il collo e cercandolo tra la gente.
"Qui." rispose una voce profonda.
Aberforth era seduto in fondo alla stanza, in disparte. Assomigliava incredibilmente ad Albus, ma aveva un'espressione più dura e al tempo stesso perennemente adolescenziale, teneva spesso le sopracciglia aggrottate, e possedeva poca della pazienza e pacatezza del fratello.
"Quindi è deciso, no?" disse Molly Weasley "Lo prenderai tu?"
"Sì." disse Aberforth alzandosi in piedi ed ergendosi in tutta la sua statura.
"E… lo porterai a vivere con te… al tuo pub?" chiese Molly, evidentemente contrariata all'idea di crescere un bambino in un posto del genere.
"Sì, Molly" rispose l'altro con la sua voce dura, e la signora Weasley non replicò.
 "Be', ma dai, su, bisogna trovargli un nome…" disse Dedalus Lux.
"Qualche idea?" disse la signora Weasley.
"Io proporrei Albus." disse Hagrid solennemente.
"Concordo."
"Anche io."
"Non potrebbe chiamarsi altrimenti."
"È la cosa più giusta da fare."
"Ma col cavolo che lo chiamerete Albus!" strillò Aberforth stizzito.
"Oh, Aberforth…"
"Niente da fare. Lui non è Albus. Sarà una persona diversa." disse duramente. "E migliore, si spera." aggiunse a denti stretti.
"Ma…"
"Se lo chiamate Albus, non me lo prendo!" ruggì.
"E tu a cosa pensavi, invece, sentiamo un po'?" disse Molly un po' stizzita.
"Be'…" disse Aberforth lievemente imbarazzato. "Io avevo pensato a Calien."
"Eh?"
"Calien?"
"Ma che razza di nome è?"
"Se non sbaglio, in runico vuol dire 'Luce'…" disse Bill.
"Oooh… ma che poétique, Aberfòrth…" disse Fleur sorridendo e dando una leggera gomitata ad Aberforth.
"Pff." disse lui, e fece un gesto della mano come per scacciare un insetto, ma arrossì lievemente.
"Va bene, allora."
"Calien. È deciso."
Per qualche istante tra i presenti regnò il silenzio, poi Kingsley disse a gran voce: "Be', signori… ecco fatto. Ora possiamo tornarcene a casa e andare a dormire. O continuare a festeggiare." aggiunse rivolgendo un'occhiata a Dedalus Lux.
Si udì un vociare di "Giusto", "Già", "A presto, Kingsley", "Ciao Molly", "Buonanotte a tutti", "Buona fortuna, Calien" e mano a mano la stanza cominciò a svuotarsi.
Aberforth si avvicinò alla porta per ultimo, ma invece di uscire, si fermò e si rivolse a Kingsley.
"Allora è vero? È suo figlio?"
"C-cosa?" farfugliò Kingsley, colto di sorpresa.
"A quanto pare sì." disse Aberforth interpretando la risposta dell'altro.
"Ma allora lo sanno?"
"Non so quanti di loro abbiano intuito qualcosa. Credo che la maggior parte pensi che si tratti solo di un bambino qualsiasi rimasto orfano durante la battaglia, ma qualcuno deve esserci sicuramente arrivato, altrimenti non avrebbe coinvolto tutto l'Ordine."
"Già…" convenne Kingsley.
"Ma qualcuno deve prendersene cura, no?" disse Aberforth prendendo il bambino dalle braccia di Kingsley. Calien sorrise appena nel sonno. "Dopotutto, lui non ha colpa."
"Calien…" disse fra sé Kingsley fissando il bambino.
Aberforth alzò lo sguardo da Calien a Kingsley. "Che nome di merda, vero?"

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Capitolo 2
*** Una lettera per Calien ***



La giornata era tiepida e soleggiata. Una brezza leggera accarezzava il villaggio di Hogsmeade.
Calien stava giocando nel giardino sul retro del pub.
Aveva un bastoncino in mano con cui faceva finta di lanciare incantesimi verso un avversario immaginario.
"Prendi questo, Voldemort!" strillò saltellando, e poi si abbassò velocemente come per schivare una maledizione.
Poi fece per sferrare l'incantesimo decisivo, e dal bastoncino uscirono alcune scintille rosse.
Calien lo lasciò cadere, poi, esausto e con il fiatone, si gettò di peso sull'erba a braccia aperte. Si girò sulla schiena cercando di riprendere fiato e chiuse gli occhi godendosi il piacevole tepore del sole estivo.
Subito dopo, un vecchio alto, dalla barba e dai capelli lunghi e lo sguardo burbero uscì dalla porta sul retro. Cercò Calien con lo sguardo, e quando lo trovò sorrise appena e disse: "Ehi, maghetto!"
Calien alzò un braccio e fece segno con il pollice in su.
"Chi ha vinto oggi?"
"Io!" disse Calien alzandosi in piedi di scatto. "Ma ti pare che vinca Voldemort?"
"E adesso lo vorresti un bell'arrosto?"
"Be', sì, può darsi…"
"Facciamo che chi arriva per primo se lo prende?"
"Vai!" e sfrecciò dentro il locale facendo barcollare Aberforth e pregustando il suo pranzo.
Aberforth rise, poi rientrò.
Calien entrò nella cucina, dove salutò rapidamente la ragazza ritratta in un grande dipinto. "Ciao, Ariana!"
Lei gli sorrise e gli rispose alzando una mano mentre lui correva via, attraversava una piccola porta e si ritrovava nello spazioso pub.
Il locale era stato pulito ed era luminoso: Aberforth lo ristrutturava periodicamente, ma aveva lasciato intatta la mobilia. Diceva che dava al pub un aspetto vintage.
Calien si voltò verso il bancone. Aberforth era già lì e stava servendo un cliente.
"Ma così non vale! Ti sei Smaterializzato!"
Aberforth rise. "Ricordati che non vince il più forte, o il più veloce, e nemmeno i 'Buoni': vince il più furbo."
"E quello che ha già passato l'esame di Materializzazione." completò Calien.
"Anche quello, se ti serve a vincere un arrosto. Mmmh, dovrebbe esserci rimasta un po' di insalata, se non l'ha mangiata tutta Thor…"
"Thor…" disse fra sé Calien, cercando con lo sguardo tra i clienti. Quando individuò un uomo così alto che anche da seduto torreggiava sugli altri clienti in piedi, strillo: "Hagrid!". Si dimenticò immediatamente del suo pranzo e si mise a tirare la manica di Aberforth.
"Zio Ab, c'è Hagrid, posso andare a salutarlo?"
"Certo." disse questo.
Calien sfrecciò tra i tavoli e finalmente raggiunse il tavolo dove Hagrid sedeva.
Imitando la voce del vecchio barman, Calien disse: "Allora, Hagrid, cosa ti porto?"
Hagrid alzò gli occhi. "Calien! Vieni qui." Lo prese in braccio e lo fece sedere sulle sue gambe. C'era spazio per altre tre persone.
"Allora, maghetto, ormai hai undici anni, tra poco andrai ad Hogwarts!"
"Non vedo l'ora! Guarda che so fare!" fissò intensamente la saliera, poi allungò una mano davanti a sé e la saliera si sollevò e andò a condire il piatto di Hagrid.
"Niente male, davvero niente male!" applaudì Hagrid.
Calien fece un piccolo inchino, poi disse: "Hagrid, raccontami la storia del Ragazzo Prescelto e di Voldemort!"
"Va bene… allora… Harry Potter è sempre stato un mago coi fiocchi, io l'ho conosciuto quando aveva la tua età. Pensa che ha combattuto un sacco di volte contro Voldemort, fin dal primo anno di scuola. E ogni volta gli è scampato grazie al suo coraggio, astuzia e, a volte, fortuna sfacciata. Te l'ho mai detto che tuo zio Aberforth gli ha salvato la vita due volte?"
"Davvero?!" chiese il ragazzo sbalordito e ammirato.
"Ab è sempre stato coraggioso, anche se non lo dà a vedere."
"E come è andata? Come gli ha salvato la vita?"
"Una volta gli ha mandato un elfo domestico in aiuto…"
"Un… elfo domestico?" Calien sembrava un po' deluso.
"Non sottovalutare gli elfi. È stato capace di salvare la vita a Harry Potter e ai suoi amici. Li ha fatti Materializzare in un luogo sicuro proprio sotto il naso di Voldemort."
"Wow!"
"E la seconda volta, Harry si era Materializzato qui ad Hogsmeade e i Mangiamorte lo avevano beccato, ma Aberforth nascose Harry nel pub e mandò via i Mangiamorte con una scusa brillante. Per non parlare di quando ha accolto tutti gli studenti di Hogwarts nel suo locale mentre al castello infuriava la battaglia."
"Davvero?" disse il ragazzo pieno di orgoglio verso il suo zio. "Non me lo aveva mai detto…"
"Che ci vuoi fare, Ab è così!"
Aberforth si avvicinò al loro tavolo.
"Che fate, voi due?"
"Hagrid mi raccontava di quando hai salvato la vita ad Harry Potter!"
"Pff, non gli raccontare queste sciocchezze…"
"Hai salvato la vita a… a Harry Potter!" disse Calien.
Aberforth scosse la testa come per scacciare quell'idea. "Hagrid, vuoi che ti porti qualcos'altro?"
"No, grazie, Ab, adesso devo proprio andare." Hagrid si alzò. "Thor!"
Il grosso danese trotterellò a fianco del suo padrone.
"Be'… Ab, grazie del pranzo, era ottimo. Ci vediamo, Calien." poi si inginocchiò e gli sussurrò: "Te la caverai benissimo ad Hogwarts, sei proprio un mago in gamba." gli arruffò i capelli con fare paterno e se ne andò seguito da Thor.
"Ciao!" Calien lo accompagnò fino alla porta del locale e lo guardò allontanarsi con il naso incollato alla porta.
Poi all'improvviso qualcosa sbatté rumorosamente sul vetro, proprio davanti al viso Calien. Lui, che aveva i riflessi molto pronti, si ritrasse rapidamente schivando l'oggetto. Poi gli venne in mente che non avrebbe potuto farsi male lo stesso, dato che l'oggetto aveva colpito il vetro dall'esterno.
Uscì rapidamente dal locale per andare a vedere. In pochi secondi, capì che non si trattava di un oggetto, ma di qualcosa di piumato…
A Calien si illuminarono gli occhi e si spalancò la bocca. Prese il piccolo gufo e lo portò dentro. Corse verso il bancone e strillò: "Zio Ab, è arrivata! È arrivata!"
Aberforth, che aveva appena finito di versare della Burrobirra a un cliente, si avvicinò a Calien, incuriosito.
Calien mise il gufo, ancora stordito dall'impatto, sul bancone, e si mise a sventolarlo per farlo rinvenire. Mentre quello si riprendeva, Calien prese la busta che l'uccello stringeva tra le zampe: la busta era in pergamenam con un sigillo di ceralacca sul quale era raffigurata una grande 'H'. L'inirizzo recitava

Signor C. Peverell
13, Testa Di Porco
Hogsmeade

Calien scartò la lettera eccitatissimo e la dispiegò.
"SCUOLA DI  MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Direttore: Minerva McGranitt

(Ordine di Merlino, Prima Classe, Confed. Internaz. dei Maghi)

Caro signor Peverell,
siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
I corsi avranno inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa della Sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.

Con ossequi,
Neville Paciock
Vicedirettore"
Non appena Aberforth finì di leggere ad alta voce la lettera da sopra la spalla di Calien, il ragazzo cominciò a fare i salti di gioia.
"Non fare così, che mi spaventi i clienti."
"Hogwarts! Vado ad Hogwarts!"
"Felice, eh?"
"Non vedo l'ora, zio."
"Mmmh… lo vedo… comunque, lì, nel tuo piatto, dovrebbe esserci ancora un po' di arrosto."
Calien sfrecciò a mangiare il suo pranzo.
Quella sera Calien era ancora eccitato dalla notizia.
Era disteso sul letto e pensava, fissando il soffitto.
Presto sarebbe andato ad Hogwarts… Aveva passato anni a pensare la sera, prima di addormentarsi, a come sarebbe stato quel momento, e finalmente stava per arrivare. Vedere la lettera con i propri occhi rendeva tutto così vivido…
La sua felicità poteva sembrare eccessiva, ma la verità era che non vedeva l'ora di imparare cose nuove e soprattutto fare nuove amicizie. Non aveva mai avuto dei veri amici: nel villaggio si vedevano pochi bambini. Era molto legato ad Hagrid, a Dedalus, a Kingsley e ai signori Weasley, ma la maggior parte di loro si faceva vedere raramente, e anche se era molto affezionato a suo zio Aberforth, passava poco tempo con lui, dato che aveva sempre molto da fare con il locale.
Poi un pensiero si insinuò nella sua mente, sempre più insistentemente, che contribuì a tenerlo sveglio sempre di più.
E se non sarai all'altezza?
Dopotutto lui viveva al piano di sopra di un piccolo pub, e di magie ne sapeva poco più di un Babbano. E oltretutto, suo zio non era ricco, sarebbe riuscito ad affrontare la spesa per Hogwarts? Per un attimo gli apparve l'immagine di sé con una logora uniforme di seconda mano e una bacchetta spezzata, e i compagni che attorno a lui lo indicavano e ridevano.
Provò a scacciare quei pensieri fastidiosi, ma dopo aver passato dieci minuti buoni a rigirarsi nel letto, decise di abbandonare ogni tentativo e si alzò.
Suo zio stava ancora lavorando, e non aveva nessuno con cui condividere le sue preoccupazioni.
Andò in bagno e si sciacquò la faccia con dell'acqua fredda. Si guardò allo specchio.
Calien era un bel ragazzo, dai lineamenti sofisticati ed eleganti. Aveva un viso ovale e regolare, grandi occhi grigi leggermente a mandorla, labbra morbide e capelli neri leggermente ricci.
Si asciugò il viso e decise di uscire in giardino.
Le stelle erano alte e la luna piena brillava nel cielo.
Si sdraiò ad ammirare il cielo.
Poi si mise a sedere e prese un fiore da terra: si divertì a staccargli i petali e poi a riattaccarli senza sfiorarli minimamente.
Una piccola biscia che strisciava tra l'erba, si fermò a guardare il piccolo mago.
Calien la fissò. "Chissà in che Casa finirò ad Hogwarts." disse. "Pensi che mi troverò bene, lì?"
"Senz'altro" gli rispose quella.

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Capitolo 3
*** Verso Hogwarts ***


La mattina del 1° settembre, Calien si svegliò all'alba.
Si tirò su a sedere e strofinò gli occhi con forza.
Un timido raggio di sole illuminava un punto del pavimento al centro della sua stanza. Calien si soffermò a guardare la luce che si faceva sempre più intensa e, con il sole che sorgeva, emerse nella mente del ragazzo una consapevolezza: eccolo, finalmente era arrivato. Il gran giorno che aspettava da una vita era arrivato proprio come quella luce che si stava espandendo nella sua stanza: lentamente e silenziosamente.
Il gran giorno che per undici anni si era fatto aspettare con trepidazione da un ragazzino si era presentato così, come un giorno qualunque, nella camera di Calien.
Il ragazzo andò in bagno e si gettò dell'acqua gelida sul viso. Si asciugò in fretta e scese le scale verso la cucina.
Suo zio Aberforth era lì, già sveglio, nonostante quel giorno avesse deciso si tenere chiuso il locale per poter accompagnare Calien il suo primo giorno di scuola.
Stava pulendo il tavolo. Quella era la sua più grande fissa: utilizzava la magia solo se strettamente necessario, e preferiva il buon vecchio olio di gomito al posto della bacchetta. Quando Calien gli domandava perché non utilizzasse la magia per le mansioni quotidiane, Aberforth si fermava e lo fissava con espressione stranamente grave e diceva: "La magia non è la risposta di ogni cosa. Può fare anche tanto male.". Poi riprendeva ciò che aveva interrotto e aggiungeva: "E poi la magia è per le persone attive, non per i fannulloni".
E Calien aveva imparato ad accettare e ad amare quella parte di suo zio come amava tutte le altre, semplicemente perché lui era così.
Quando Aberforth si accorse della presenza di Calien disse: "Ehi, giovanotto, già sveglio? Vuoi qualcosa da mangiare?"
Ma Calien, che aveva lo stomaco stranamente chiuso, scosse la testa e disse: "No, grazie…"
Aberforth lasciò il panno con cui stava pulendo il tavolo e si avvicinò al nipote. "Cosa c'è? Non hai una bella cera. Credevo che fossi contento."
"Lo sono, è solo che…"
"Nervoso?"
"Già."
"Non preoccuparti." disse Aberforth arruffandogli i capelli. "È successo anche a me il primo giorno."
"Davvero?" disse Calien con un tono speranzoso e incoraggiato allo stesso tempo, fissando lo zio.
"Certo." rispose. "È normale. Ma ti troverai benissimo ad Hogwarts. E poi non siamo tanto lontani, eh? Ti basta farmi un fischio se c'è qualcosa che non va."
Calien sorrise.
"E adesso che ne dici di andare su a preparare la tua roba?"
"Sì, vado subito." disse il ragazzo con nuovo entusiasmo.
Si avvicinò verso le scale e, quando aveva già messo un piede sul primo gradino, si girò verso lo zio e gli disse: "Davvero anche tu eri spaventato, il primo giorno?"
"Puoi scommetterci. Me la facevo sotto." rispose quello. "Stavo sempre appiccicato ad Albus…". L'espressione di Aberforth si congelò impercettibilmente non appena quel nome risuonò nella stanza.
Calien sapeva che a suo zio non piaceva sentire quel nome, e che non doveva insistere oltre, perché quello era un argomento vietato, che non lo riguardava, su cui lo zio si chiudeva a riccio e rifiutava di parlare.
Quindi si affrettò a salire le scale. Entrò nella sua stanza e si avvicinò al grosso baule. Ci mise dentro il calderone, il telescopio pieghevole, la bilancia e i libri nuovi che suo zio gli aveva comprato e che non aveva smesso di sfogliare e di leggere da quando li aveva. Lasciò fuori la sua uniforme che avrebbe dovuto indossare più tardi. Poi, prima di chiudere il baule, prese una piccola scatola piatta e lunga che aveva posato sul comodino. La prese con delicatezza e attenzione, come si trattasse di qualcosa di estremamente fragile, e la aprì. Ne estrasse una lunga bacchetta d'ebano, e la impugnò saldamente. Subito si sentì pervadere da un calore rassicurante. Continuò a rigirarsi tra le mani quella bacchetta. Legno d'ebano, piuma di fenice, 12 pollici e mezzo, piuttosto flessibile. L'aveva presa qualche settimana prima, quando suo zio l'aveva portato nel negozio del vecchio Olivander. Aveva provato bacchette per più di un'ora senza riuscire a trovare quella giusta, quando Aberforth si era avvicinato a Olivander e gli aveva sussurrato qualcosa all'orecchio. Olivander aveva annuito, e aveva detto: "Perché no…", "Proviamo…", "Potrebbe essere…". Aberforth non smetteva di lanciare occhiate sospettose a Calien, come avesse davanti uno strano animale o un criminale e non sapesse cosa farne. Poi, alquanto riluttante, aveva porto al ragazzo una vecchia scatola contenente una bacchetta. "Tieni. Provala."
Calien l'aveva presa, timoroso, e subito la punta della bacchetta aveva sprigionato una cascata di scintille rosse.
Olivander aveva battuto le mani, estasiato. Ma Aberforth sembrava ancora più accigliato di prima. "Mh, bene." aveva detto, torvo. "Abbiamo fatto. Grazie, Olivander." ed era uscito dal negozio trascinandosi Calien senza aggiungere altro.
Calien passava le sue giornate rigirandosi tra le mani quella bacchetta, osservandone la bellezza, la finezza e l'eleganza, ma la nascondeva subito quando si accorgeva che lo zio era nei paraggi. Aveva la strana impressione che quella bacchetta lo infastidisse, e non ne sapeva il perché.
La risposta arrivò a due giorni dal 1° settembre, mentre lo zio era nel locale e Calien in cucina. Fu Ariana a dirglielo.
"Non pensavo che ce l'avessi tu." disse la ragazza dal dipinto.
Il ragazzo si girò di scatto. "Be'… È la mia nuova bacchetta."
"La tua?" aveva detto Ariana estremamente stupita.
Calien, incuriosito e insospettito da tanto stupore, aveva ripetuto: "Sì, la mia. È la mia nuova bacchetta."
Ariana abbandonò lo stupore, e dalla sua espressione si sarebbe detto che avesse compreso tutto. "Te l'ha data Aberforth, vero?"
"Sì, quando ero al negozio di Olivander non riuscivo a trovare una bacchetta, e poi lo zio ha preso una scatola e mi ha dato questa bacchetta. È quella perfetta per me."
"Sì, lo so."
"Lo sai?"
"Be'," disse Ariana sospirando, e cominciando a giocare con i suoi capelli "lo immaginavo. Dopotutto gli assomigli molto…"
"Che vuoi dire?"
Ariana alzò lo sguardo verso Calien.
"Quella è stata la prima bacchetta di mio fratello."
"Di Aberforth?" disse Calien sgranando gli occhi.
"No, di Albus."
Calien abbassò gli occhi su quel pezzo di legno che continuava a rigirarsi tra le mani. Albus. Adesso aveva capito. Ecco perché lo zio aveva quell'atteggiamento strano. Era stata di Albus. E Calien sapeva bene che tutto ciò che riguardava Albus infastidiva lo zio.
"Ariana…" disse piano Calien. "Zio Aberforth e Albus… si odiavano?"
"Oh, no, certo che no." disse la giovane sorridendo. "È solo che Aberforth ha sempre provato un po' di risentimento verso Albus dopo la mia morte."
"E perché?"
"Vedi, non è facile da spiegare… Il fatto è che Aberforth non è mai…"
A quel punto nella cucina era entrato Aberforth, a prendere delle altre bottiglie di Burrobirra. Calien si era affrettato a nascondere la sua bacchetta dietro la schiena.
"Ehi, giovanotto," aveva detto lo zio. "Ti va di aiutarmi con queste bottiglie?"
"Certo…" aveva subito detto Calien.
Aveva ripensato molto alla conversazione con Ariana, ma non aveva avuto occasione di investigare ulteriormente.
Adesso, mentre si rigirava la bacchetta tra le mani, decide di non pensarci e di concentrarsi invece su qualcosa di più urgente: il suo primo giorno di scuola. Mise la bacchetta nella sua scatola, l'appoggiò con cura accanto ai libri di testo e chiuse il baule.
Dopodiché decise di scendere in cucina a mangiare qualcosa: voleva essere in forze per quel giorno così importante.
La giornata trascorse lentamente. Calien la passò sdraiato sul suo letto, a fantasticare su come sarebbe stato il suo primo giorno di scuola. Pensava agli incantesimi che avrebbe imparato, al cibo che avrebbe mangiato, alla camera in cui avrebbe vissuto, e agli amici che si sarebbe fatto…
"Calien, ragazzo, mi sa che è ora che ti prepari, il treno arriverà alla stazione di Hogsmeade tra poco." disse la voce di Aberforth da dietro la porta della stanza di Calien.
Calien rimase per un istante con gli occhi chiusi. Stava ancora pensando. Si vedeva nella scuola, circondato da amici, felice. Poi si alzò e si mise la divisa nera.
Giù in cucina c'era suo zio ad aspettarlo. "Pronto? Il baule è a posto?" chiese.
"Sì."
"Bene, allora andiamo. Il baule te lo faccio portare direttamente in camera."
La stazione era a due passi dal locale.
I due si avviarono lungo la strada deserta. Camminarono in silenzio per un paio di minuti fino a oltrepassare I Tre Manici Di Scopa, dove Madama Rosmerta stava servendo delle Burrobirre ai suoi clienti.
E poi, appena più in là, Calien lo vide: era gigantesco, lucente e scarlatto. Il treno di Hogwarts, fermo alla stazione di Hogsmeade, era gremito di studenti che si affrettavano a scendere dai vagoni.
L'aria era satura delle voci dei ragazzini che parlavano tra loro, tutti concitati.
Calien li fissava ammutolito. Non aveva mai visto così tanti bambini ad Hogsmeade.
All'improvviso si sentì strano. Diverso. Anche il fatto di non aver preso il treno per Hogwarts lo faceva sentire estraneo da quella scena. Non conosceva nessuno, ed era l'unico a essere accompagnato da un adulto. Si sentiva semplicemente di troppo.
Aberforth sembrò intuire il suo disagio, perché disse: "Be', allora, giovanotto, se non hai bisogno d'altro, io me ne vado. Buona fortuna. Te la caverai benissimo a Hogwarts, vedrai.". E con una pacca sulla spalla d'incoraggiamento, si allontanò.
Calien rimase solo. Per cercare di darsi un contegno, si mise a far finta di cercare qualcosa nelle sue tasche, fino a che non udì una voce.
"Primo anno! Quelli del primo anno da questa parte!"
L'inconfondibile voce di Hagrid risuonò per tutta la stazione. Calien fu sollevato come non mai di sentirla.
Si avvicinò all'enorme uomo che teneva una lanterna in mano e aveva un grosso danese al suo fianco.
"Thor!" disse grattando le orecchie al cane che gli era corso incontro.
"Ehi, Calien!" disse Hagrid. "Come va? Primo anno, eh? Hogwarts ti piacerà tantissimo… Vieni, adesso dobbiamo prendere le barche per attraversare il lago e poi arriveremo ad Hogwarts."
"Salve, Hagrid."
"Ehi!" esclamò Hagrid voltandosi verso il ragazzino che l'aveva chiamato. "Teddy! Quanto tempo! L'ultima volta che ci siamo visti sarà stata… tre anni e venti centimetri fa! Stai diventando un ometto! Oh," aggiunse posandogli affettuosamente la mano sulla testa "adoro questi capelli! Dimmi un po', come sta Andromeda?"
"Dice che non c'è male, grazie."
"Ah ah! La cara Andromeda è sempre in forma!" disse Hagrid, poi si voltò verso Calien.
"Ti presento un tuo nuovo compagno di scuola. Anche lui è al primo anno come te."
Il ragazzo aveva dei grandi occhi azzurri ed era alto più o meno come Calien, ma si distingueva tra tutti per i suoi spettinati e folti capelli blu. Anche lui sembrava da solo, cosa che incoraggiò Calien.
"Piacere." disse allungando educatamente e senza alcun timore la propria mano verso l'altro. "Sono Teddy Lupin."
Calien strinse timidamente la sua mano. "Calien Peverell, piacere mio."
"Scusate se vi interrompo, ma dobbiamo andare, o la McGrannit se la prenderà con me… Primo anno, da questa parte!"
Hagrid guidò un sciame di ragazzini verso il lago, dove delle piccole imarcazioni li aspettavano oscillando sulla superficie dell'acqua.
"Non più di quattro per barca! Spicciatevi, su. Non più di quattro per barca, ho detto."
Calien e Teddy salirono sull'imbarcazione più vicina assieme ad altre due ragazzine: una bionda, dall'espressione vivace e dagli occhi azzurri, il viso bellissimo, di una bellezza che non sembrava nemmeno umana, e l'altra aveva i capelli rosso scuro e gli occhi verdi, l'espressione un po' distratta di chi ha un sacco di pensieri per la testa.
"Tutti pronti? Si parte!"
Le barche presero a muoversi da sole come sospinte da un'improvvisa folata di vento, che fece barcollare i quattro ragazzi, che si stavano ancora accomodando.
"Uff, queste barche!" disse la ragazzina bionda, rimettendosi in piedi. "Mia madre dice che nella scuola che frequentava lei non c'erano barche!"
"Sì, ma Hogwarts è la migliore." disse con semplicità Teddy.
Lei lo incenerì con lo sguardo. "Mia madre non sarebbe d'accordo."
"Non c'è bisogno che sia d'accordo, si sa che Hogwarts è la scuola migliore del mondo."
"Non è carino, da parte tua."
"Scusa, non ti voleva mica offendere, eh."
I due si guardarono per qualche istante, gli occhi azzurri dello stesso colore che si scrutavano con curiosità.
L'acqua era calma, e le barche scivolavano veloci sulla sua superficie. Una piovra gigante nuotava accanto a loro.
"Comunque piacere." proseguì Teddy. "Teddy Lupin." si presentò.
"Quel Teddy Lupin?!" esclamò la ragazzina bionda.
"Credo di sì." rispose lui.
"Io sono Victoire! Victoire Weasley! Ti ricordi di me?"
"Certo! Non ti avevo riconosciuta! Ci siamo visti varie volte da Harry, vero?"
"Sì, giocavamo insieme, ti ricordi?"
"Certo che mi ricordo! È un po' che non ci si vede, eh?"
"Già! Voi due invece?" disse rivolgendosi a Calien e alla ragazza dai capelli rossi.
"Io sono Calien Peverell."
"E io Dawn Prewett."
"Piacere." disse Victoire. "Voi già sapete in che Casa vorreste essere smistati?"
"Io in Grifondoro, credo. Come mio padre." disse Teddy.
"Anche mio padre è stato in Grifondoro. Non sarebbe male finirci, ma credo che anche le altre Case siano molto valide."
"Io non lo so a che Casa appartenevano i miei genitori." disse Calien.
"Non gliel'hai mai chiesto?" chiese Victoire.
"No, dato che sono morti entrambi, e che non li ho mai conosciuti."
"Oh. Mi dispiace."
"Anche i miei sono morti quando ero un neonato, nella seconda guerra contro Voldemort." disse con naturalezza Teddy. "Sono cresciuto con mia nonna. Tu dove vivi?" chiese a Calien.
"Oh, io vivo ad Hogsmeade con mio zio Aberforth."
"Sei il nipote di Aberforth?!" disse Teddy sgranando gli occhi.
"Be', no, lo chiamo zio, ma in realtà nessuno sa chi fossero i miei genitori, anche loro sono probabilmente morti nella guerra contro Voldemort, quindi non so se ho degli zii. Aberforth mi ha solo adottato. Perché, lo conosci?"
"Certo che lo conosco! Harry mi ha raccontato un sacco di volte di lui!"
"Harry? Harry Potter, intendi?!"
"Sì, è il mio padrino."
"C-cosa?"
"Sì, il mio padrino. Vado spesso da lui. E mi ha raccontato un sacco di volte di Aberforth."
"Cosa ti ha raccontato?" chiese Calien cercando di mascherare l'orgoglio.
"Un sacco di cose. Ad esempio del fatto che l'ha aiutato più volte durante la guerra contro Voldemort. Una volta Hagrid mi ha raccontato che gli ha salvato la vita."
"Cosa? Ad Hagrid?"
"Sì, proprio a lui. Qualche anno fa, ho visto sulla spalla di Hagrid una grossa cicatrice e lui mi ha raccontato che se l'è fatta quando andava ad Hogwarts. Una sera era sgattaiolato fuori dal dormitorio ed era andato nella Foresta Proibita, la foresta accanto a Hogwarts - tutti conoscono l'amore di Hagrid per le Creature Magiche - ma un gruppo di Centauri l'ha accerchiato. Erano arrabbiati perché aveva invaso il loro territorio, e uno di loro lo ferì alla spalla. Ma Aberforth era nei paraggi e, con un incantesimo…" Teddy agitò una bacchetta immaginaria per aria "… li mise in fuga, un branco di centauri interi, armati e tutto. E fu così che salvò la vita ad Hagrid."
Tutti i ragazzi avevano ascoltato la storia ammirati. Solo Dawn sembrava un po' pensierosa. "Chissà che ci faceva nella foresta di notte…"
Ma a Calien non interessava. Non ci pensava. Non era mai stato così orgoglioso di suo zio e fiero di essere suo nipote.
Senza che se ne accorgessero, le barche li avevano portati dall'altra sponda del lago. Scesero; la piovra gigante li salutò.
Da lì riuscivano a vedere il castello: era immenso, con le finestre illuminate da centinaia e centinaia di candele. I ragazzi rimasero impietriti davanti a quella spettacolare visione: il posto che avevano sempre sognato, eccolo lì, di fronte ai loro occhi, finalmente davanti a loro dopo anni di attese.
"Primo anno, coraggio, sbrigatevi, vi aspetta lo Smistamento."
La voce di Hagrid li riscosse: non vedevano l'ora di essere smistati.
Si avviarono velocemente sul prato verdissimo, e in poco tempo raggiunsero l'immenso portone di quercia.
Tutti ammutolirono.
Hagrid bussò tre volte.
Calien trattenne il respiro.

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Capitolo 4
*** Lo Smistamento ***


Aprì il portone un uomo sulla trentina, dal viso tondo e sorridente, i capelli neri scompigliati sulla fronte un po' sudata.
"Professor Paciock, ecco gli allievi del primo anno."
"Grazie mille, Hagrid." disse sorridendo prima ad Hagrid e poi agli studenti del primo anno. "Possiamo andare, ci stanno aspettando. Prego, seguitemi."
I ragazzi obbedirono senza fiatare. La tensione aumentava a ogni passo che facevano.
E se non fosse stato abbastanza bravo? Abbastanza intelligente, abbastanza audace, abbastanza originale, abbastanza abile… Se non fosse stato abbastanza?
La mente di Calien non riusciva a fare a meno di pensare a come sarebbe potuto fallire miseramente. Ogni secondo che si avvicinava, sentiva questi pensieri crescere dentro di sé. Temeva di non farcela, di non avere le capacità necessarie, di essere rispedito indietro, che qualcuno da un momento all'altro gli dicesse che c'era stato un errore, e lui in quella scuola non ci doveva stare, che non era per lui, che non era all'altezza di un nome così prestigioso. Non si ricordava neppure i libri di scuola che aveva letto durante l'estate, e pensava che questa avrebbe potuto essere una cosa pesantemente a suo sfavore.
Respirò profondamente, chiuse gli occhi e si costrinse a non pensarci. Inspirò ed espirò.
Bonk.
Aprì gli occhi. Era andato a sbattere contro Teddy: la fila si era improvvisamente arrestata. A pochi metri dalla Sala Grande, il professor Paciock stava parlando con un uomo alto e dalla pelle scura.
"Ciao Kingsley."
"Oh, ciao Calien." disse Kingsley voltandosi verso di lui e sorridendogli. "Primo anno, eh, ometto? Fatti valere."
Calien si sentì subito rassicurato e incoraggiato da quella voce e da quel viso. Sorrise a sua volta, e fece per rispondere, ma il fiato gli fu tolto da una forte gomitata alle costole.
"Conosci il Primo Ministro?!" sussurrò Teddy.
"Ehm… sì." disse Calien un po' spiazzato dagli sguardi stupiti che Teddy, Victoire e Dawn avevano puntato su di lui. "Kingsley e mio zio si conoscono molto bene. Quando non è impegnato, va al locale di mio zio a bere qualcosa, e a volte mi porta anche dei regali."
"Wooow…" sussurrarono i tre ragazzi, ammirati.
"Be'… allora… quando ha finito, chiedi se posso incontrare Minerva nel suo ufficio… per quella faccenda della Foresta…" sussurrò Kingsley a Paciock, cercando di non farsi sentire da altri.
"Certo, glielo dirò." disse il professor Paciock sorridendo.
"Grazie, Neville. Buon lavoro." concluse Kingsley dandogli una pacca sulla spalla, e poi rapidamente si voltò verso il portone. "Ciao, Calien. Buona fortuna." disse mentre usciva.
Calien lo salutò con un leggero gesto della mano.
Il professor Paciock li guidò davanti a una grande porta, poi si voltò verso gli studenti e disse: "Bene. Tra poco verrete smistati nelle Case che il Cappello Parlante riterrà più adatte a voi. Le quattro Case sono Grifondoro, Corvonero, Tassorosso e Serpeverde, ognuna con le sue qualità e attitudini. La vostra Casa sarà la vostra famiglia: frequenterete le lezioni con i vostri compagni, dividerete i dormitori insieme. E cosa più importante, competerete per la Coppa delle Case, un premio assegnato ogni anno alla Casa che otterrà più punti: ogni successo che otterrete vi farà guadagnare punti, ogni regola che trasgredirete ve ne farà perdere. Tutto chiaro? Spero che troverete a Hogwarts tutto ciò che più vi ricorda una famiglia e tutto ciò che vi fa sentire a casa. Bene, se siamo tutti pronti, possiamo entrare. Buona fortuna a tutti voi." e spalancò la porta.
Il cuore di Calien fece un balzo. Sentì il sangue gelarsi nelle vene.
Entrò insieme agli altri ragazzini in una sala enorme, grande come non l'aveva mai vista, con un soffitto trapunto di stelle. In mezzo alla stanza, c'erano quattro grandi tavoli, pieni di studenti, e, da un lato della parete, un lungo tavolo dei professori. Hagrid era seduto vicino alla professoressa McGranitt, la preside della scuola, che aveva un'aria rigida e auoritaria.
Calien era teso come non era mai stato in vita sua. E la sensazione era accentuata dal fatto che Teddy e Victoire sembravano quasi completamente a proprio agio. Solo Dawn sembrava condividere lo stesso stato d'animo che provava Calien. I loro sguardi si incrociarono. Dawn gli sorrise debolmente, e Calien si sentì un po' rassicurato: almeno non era l'unico ad essere in ansia.
Davanti al tavolo degli insegnanti, c'era uno sgabello con sopra un vecchio cappello a punta logoro. Quello doveva essere il Cappello Parlante. Calien non se ne intendeva molto, ma non aveva l'aspetto di un cappello speciale: era vecchio, strappato e sporco.
A un certo punto però, il Cappello parlò. E intonò una lunga canzone in versi sulla scuola di Hogwarts e sulle sue Case: ma Calien non ne colse le parole, perché l'agitazione si era nuovamente impadronito di lui.
"Quando chiamerò il vostro nome, vi siederete sullo sgabello, io vi metterò il Cappello Parlante sulla testa e sarete smistati." disse il professor Paciock dopo che il Cappello ebbe finito con la sua canzone e dopo che tutti ebbero applaudito.
Lo Smistamento ebbe inizio.
I ragazzini si sedevano timorosi sullo sgabello, con quel Cappello troppo grande che spesso arrivava a coprirgli gli occhi. Il Cappello decideva in base alle doti che scorgeva nella mente di ognuno: per alcuni bastavano pochi secondi, per altri ci voleva più tempo.
"Lupin, Teddy!" chiamò il professor Paciock.
Teddy si avvicinò allo sgabello con passo spigliato, senza alcun timore.
"Mmmh… vediamo… pieno di buone qualità…" disse il Cappello non appena fu sulla testa di Teddy. "Ambizione, voglia di mettersi in gioco, molto buon cuore e una buona dose di furbizia e intelligenza… ma il tuo coraggio… Be', credo che la Casa giusta per te sia… Grifondoro!".
Il tavolo dei Grifondoro esplose di applausi. Teddy si avvicinò trionfante al tavolo con un grosso sorriso stampato in volto.
Il cuore di Calien batteva sempre più forte man mano che ogni ragazzino veniva smistato.
"Peverell, Calien!"
Sta' calmo, continuava a dirsi.
Si avvicinò cautamente allo sgabello, sotto lo sguardo di tutti. Hagrid lo guardava sorridente, con sguardo paterno, accanto alla McGranitt, che lo guardava stranamente interessata.
Il Cappello gli coprì gli occhi.
Si sentiva un po' ridicolo, lì davanti a tutti, come un animale bendato esibito davanti a una folla pronta a cogliere ogni sua minima esitazione o sbaglio. Essere smistato davanti a centinaia di persone lo faceva sentire umiliato.
Un po' temeva il verdetto del Cappello Parlante. Era una decisione importante, quella sarebbe stata la sua Casa per tutti gli anni che avrebbe passato a Hogwarts, e sinceramente, non sapeva in quale sperare di finire.
"Allora…" disse il Cappello Parlante. "Una testa interessante… Vedo tanti talenti nascosti… Hai un buon cuore, questo è certo… E anche buona intelligenza… Ma sono in difficoltà… Non so dove metterti…"
Il Cappello continuava a pensare, e ogni tanto lanciava qualche commento: "Furbo, creativo, originale… Non ti adegui alla massa… Trovi il coraggio… di essere te stesso…"
Calien era teso. Per Teddy non c'era voluto così tanto. Lui era sotto il Cappello da almeno cinque minuti e si sentiva impotente. Si sentiva in colpa per starci mettendo così tanto tempo. La gente aveva cominciato a scambiarsi sussurri incuriositi, e tutti fissavano quel ragazzino che era riuscito a mettere in difficoltà il Cappello Parlante. Calien si fece piccolo piccolo sullo sgabello.
I minuti passavano, fino a che il Cappello Parlante disse: "Sai, forse Serpeverde potrebbe aiutarti a seguire le tue origini… Sarebbe la Casa che potrebbe aiutarti a trovare il tuo elemento… Cosa ne dici?"
Serpeverde? Calien non sapeva cosa pensare. Non sapeva quale fosse la Casa migliore per lui, quella che l'avrebbe aiutato a diventare ciò che era destinato ad essere. Non sapeva nemmeno cosa voleva essere, di preciso, da grande. Sapeva soltanto che avrebbe voluto essere coraggioso proprio come suo zio Aberforth, e che si sarebbe impegnato a diventare proprio come lui, la persona che più ammirava al mondo.
"Coraggio, dici? Scelta audace… Allora, in questo caso… credo che sarà meglio… Grifondoro!"
La sala esplose in un applauso. Calien si avvicinò al tavolo dei Grifondoro: questi sembravano particolarmente felici di averlo con loro.
"Ehi, hai fatto sudare il Cappello!"
"Nemmeno Harry Potter c'era stato sotto per così tanto tempo!"
"Complimenti, benvenuto tra i Grifondoro." disse Teddy facendogli posto accanto a sé.
Dopo essere stato smistato, si sentiva molto più tranquillo e guardò distrattamente i ragazzini essere smistati, fino a che non fu il turno di Dawn.
Si avvicinò anche lei piuttosto timidamente e, come lui, impiegò diversi minuti.
"Molto intelligente… gentile… ma anche estremamente sensibile… Be', non è una scelta facile…"
Calien guardava la scena, attento a non perdersi nessun particolare, e, senza accorgersene, si ritrovò a sperare che anche lei capitasse in Grifondoro.
"Hai una mente estremamente interessante… creativa, sensibile, ma credo anche che faresti di tutto per le persone a cui tieni… Credo che la Casa migliore per te sia… Grifondoro!"
Calien batté le mani con forza. Si affrettò a fare posto a Dawn accanto a sé.
Mancava solo Victoire.
"Weasley, Victoire!"
Victoire si sedette, sorridendo.
"Ah… un'altra Weasley, eh? Mmmh… assomigli a tuo papà… Infatti credo che anche tu sia perfetta per… Grifondoro!"
Victoire, con il suo sorriso smagliante, andò a sedersi al tavolo dei Grifondoro accanto a Teddy, che le aveva fatto posto.
Una volta finito lo Smistamento, la McGranitt si alzò in piedi. Subito ogni studente cessò di mormorare.
"Grazie." disse la preside. "Prima di cominciare a mangiare, vorrei augurare a ogni studente un buon anno ad Hogwarts: spero che potrete sentirvi a Casa. Oltretutto invito ogni studente a rispettare le regole più elementari per una sana convivenza: siete pregati di non uscire dai dormitori la sera, di non fare magie nei corridoi e di non tirare Caccabombe nel castello." risatine generali. "Inoltre, quest'anno è severamente proibito, a qualsiasi studente, di entrare nella Foresta Proibita, in qualsiasi ora del giorno e della notte." aggiunse la McGranitt scandendo le parole.
"Aaaah, no…" disse un ragazzo accanto a loro, battendo il pugno sul tavolo, amareggiato. "Perché?"
"È il primo anno che vietano l'accesso alla Foresta Proibita?" chiese Teddy al ragazzo.
Questo abbassò lo sguardo verso di lui. Era un ragazzo alto, muscoloso, decisamente più grande di loro, dai capelli neri e la pelle abbronzata, con gli occhi a mandorla di un marrone caldo e amichevole.
"Sì. L'accesso alla Foresta è permesso agli studenti da quando si è conclusa la guerra contro Voldemort. È vero che era permesso andarci solo di giorno e che oltre un certo punto si poteva andare solo accompagnati da un professore, ma non ci sono mai stati problemi, ed è il mio posto preferito. Deve essere successo qualcosa…"
"Spero di essere stata chiara e di non dovermi ripetere. Detto questo… buon appetito a tutti." concluse la professoressa McGranitt.
E sulla tavola apparse ogni genere di cibo: pollo, arrosto, piatti di pasta, dolci e dessert di ogni tipo. Calien era estasiato.
"Comunque io sono Marcus Harper, chiamatemi pure Mark." disse il ragazzo servendosi una coscia di pollo. "Scusate se non mi sono presentato prima, ma questa faccenda della Foresta mi dà un tal fastidio…"
"Be', ma tu vacci lo stesso." disse Teddy in tono pratico.
"Be'… ma non posso…" disse il ragazzo sorridendo mentre toglieva la pelle alla sua coscia di pollo "Io sono un Prefetto…" e rise. "Devo dare il buon esempio ai ragazzi più piccoli. A proposito," disse voltandosi verso i quattro "è il vostro primo anno ad Hogwarts, vero?"
"Già."
"Sì."
"Esatto."
"Proprio così."
"Benvenuti." disse il ragazzo. "Vi troverete benissimo in Grifondoro. Tecnicamente non potrei dirlo…" la sua voce si fece un sussurro "ma Grifondoro è la Casa migliore. È stata la Casa della McGranitt, di Harry Potter, di Silente…"
Calien sentì uno strano brivido a quel nome.
"A proposito… Come vi chiamate?"
"Io sono Teddy."
"E io Victoire."
"Mi chiamo Dawn."
"Sono Calien, piacere."
"Ah. Tu sei il ragazzino che ha dato filo da torcere al Cappello Parlante, eh? Credevamo di non vederti più uscire da lì sotto."
Calien si lasciò andare a una risata. Finalmente si sentiva tranquillo e rilassato.
"Comunque, sapete giocare a Quidditch?"
"Oh, sì, ci ho giocato un sacco di volte con il mio padrino." disse prontamente Teddy.
"Anche io ci ho giocato qualche volta." disse Victoire.
"Conosco le regole, ma non ci ho mai giocato." disse Calien.
"Nemmeno io." disse Dawn.
"Be', dovreste provare. Io faccio il portiere nella squadra di Grifondoro. Sono aperti i provini, se avete voglia e se pensate di essere all'altezza, potete venire a provare."
"Ma noi siamo del primo anno…"
"Oh, recentemente la squadra di Quidditch è stata aperta anche ai ragazzini del primo anno. Dopotutto Harry Potter è stato uno dei giocatori migliori che Hogwarts abbia mai avuto, e lui ha cominciato alla vostra età."
I ragazzi passarono a discutere di Quidditch quasi tutto il tempo.
Quando tutti ebbero finito di mangiare, la McGranitt si alzò e invitò i Prefetti ad accompagnare i ragazzi del primo anno ai loro dormitori.
"Venite," disse Mark "vi faccio vedere dove sono i dormitori. Primo anno, dietro di me!"
Mark li guidò fuori dalla Sala Grande.
Salirono le scale, e arrivarono davanti a un grande dipinto, dove una signora in carne era seduta su una grossa poltrona.
"Parola d'ordine?"
"Salve, Signora Grassa." disse Mark.
"Ciao, Mark." rispose lei. "Comunque non è questa la parola d'ordine."
"Ah, giusto." disse lui ridendo. Si schiarì la gola. "Animagus." disse, e il dipinto della Signora Grassa si aprì come una porta, lasciando un'apertura attraverso la quale Mark guidò gli studenti del primo anno nel loro dormitorio.
"Questa…" esordì mostrando la stanza con un gesto della mano "è la nostra Sala Comune. Qui potete studiare, leggere, giocare a Scacchi Magici, a Spara Schiocco, o starvene semplicemenente davanti al camino. Potete starci a qualsiasi ora del giorno e della notte. E qui…" disse avvicinandosi a una scala a chiocciola in fondo alla Sala "ci sono i dormitori. Una volta saliti ci sono due corridoi: quello a destra porta al dormitorio delle ragazze, quello a sinistra a quello dei ragazzi. Troverete i vostri bagagli nelle vostre camere. È tutto. Ora andate pure a dormire senza fare confusione, altrimenti la McGranitt mi uccide. Buonanotte."
I quattro si divisero. Prima di entrare nei dormitori si salutarono.
"Ciao, allora."
"Ci vediamo domani a colazione, eh?"
E dopodiché Victoire e Dawn presero il corridoio a destra, Teddy e Calien quello a sinistra.
"Chissà con chi staremo in camera…" disse Teddy.
Calien alzò le spalle. Anche lui era curioso di sapere con chi avrebbe condiviso la stanza.
Entrarono nella loro camera. C'erano tre letti a baldacchino con le tende di velluto rosso, davanti ai quali erano stati messi i loro bauli.
Calien e Teddy erano curiosi di conoscere il loro compagno, ma quello dormiva già: lo sentivano respirare pesantemente da dietro le tende tirate.
Teddy alzò le spalle, poi si diresse verso il suo letto, vicino alla porta. Calien scelse quello all'angolo, vicino alla grande finestra. Prima di mettersi a dormire, aprì il suo baule e prese la sua bacchetta dalla scatola.
"Bella." disse Teddy vedendola, che intanto si era già messo il pigiama ed era seduto sul suo letto. "Guarda, questa è la mia."
La bacchetta di Teddy era un po' più corta di quella di Calien, meno flessibile e più chiara.
"Tu sai già fare qualcosa con la tua bacchetta?"
"Be', sì, giusto qualcosa."
"Io so fare questo." Teddy si concentrò, e un secondo dopo dalla sua bacchetta uscì una ventata che fece ondeggiare le tende dei letti e scompigliò i capelli di Calien.
"Forte!" disse Calien.
"Tu che sai fare?" disse Teddy.
Calien strinse saldamente la bacchetta nella sua mano e sprigionò dalla bacchetta una cascata di scintille rosse e oro che illuminarono tutta la stanza.
"Wow!" esclamò Teddy impressionato.
Il loro compagno grugnì nel sonno.
"Meglio andare a letto senza svegliarlo." sussurrò Calien.
"Già." convenne Teddy.
Calien si cambiò.
Teddy, già sotto le coperte, disse: "Buonanotte." e spense le candele della stanza 'soffiandoci' sopra con la sua bacchetta.
"Buonanotte." disse Calien. Stava per infilarsi nel letto, quando sulle coperte notò un foglietto.
Alla luce della luna che filtrava attraverso la finestra, lesse, in quella che riconobbe come la grafia dura e senza fronzoli di suo zio, due parole:

Congratulazioni, maghetto.

A Calien sembrarono le parole più belle del mondo, e si addormentò stringendo quel foglietto in mano, felice di essere a Hogwarts come non lo avrebbe mai immaginato.

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Capitolo 5
*** Nuove conoscenze ***


Hp "Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaarrrggghhhhhh!"
Era ancora buio e si vedeva a malapena, quando Calien si svegliò di soprassalto e si mise a sedere stringendo la bacchetta nella mano sinistra. Di fronte a lui Teddy era saltato giù dal letto, inciampando nelle lenzuola, e si era rialzato in fretta in posizione di guardia, pronto a sferrare pugni a raffica.
I due si guardarono intorno aspettandosi di sentire urlare ancora, e quando ciò non accadde, si guardarono negli occhi e sollevarono le spalle insieme in un'espressione perplessa.
Allora anche Calien si alzò dal letto e seguì Teddy, che si stava avvicinando lentamente verso il letto del loro compagno di stanza.
Man mano che si avvicinavano, Calien cominciava a sentire dei suoni sommessi. Teddy si fermò quando fu di fronte al letto e Calien, fermandosi a destra dell'amico, riconobbe quei suoni come singhiozzi soffocati. C'era uno strano odore, ma non stettero a farci caso.
I due, come collegati telepaticamente, contarono mentalmente fino a tre, poi, con decisione, scansarono le tende del letto a baldacchino, pronti a colpire.
Ciò che si ritrovarono davanti li sorprese. Per terra, ai piedi del letto (da cui era probabilmente caduto), c'era un ragazzino paffuto della loro età, rannicchiato su se stesso con le braccia sulla testa. Era scosso dai singhiozzi che arrivavano attutiti alle orecchie di Calien e Teddy.
I due si guardarono per un secondo, poi tornarono a fissare il ragazzino con un misto di pena, perplessità e leggera repulsione, come se stessero guardando una strana creatura in fin di vita.
Teddy prese la bacchetta che teneva infilata nell'elastico dei pantaloni e la allungò lentamente verso la spalla del ragazzino, come per tastarlo.
Quando la punta della bacchetta toccò la sua spalla, quello scoppiò a piangere così forte che i ragazzi temettero che potesse svegliare l'intero castello.
I due cercarono velocemente un modo per farlo smettere: "Ssshhh!" gli dissero senza ottenere alcun risultato, e si guardarono intorno con insistenza, incerti sul da farsi, cercando di trovare una soluzione il prima possibile, ma senza sapere cosa fare. Poi Teddy afferrò un cuscino e cercò di metterlo sulla testa del loro compagno di stanza per tentare di attutire i singhiozzi, ma Calien, che aveva intuito le intenzioni dell'amico, gli prese il cuscino di mano prima che Teddy mettesse in atto il suo piano, e decise di optare per una via più gentile.
Si accovacciò appena e allungò la mano verso la schiena del ragazzino in segno di conforto, accompagnato da un leggero e amichevole "Ehi…". Ma non appena lo toccò, quello cominciò a strillare più forte di prima e sferrò un pungo alla cieca verso Calien, che incassò il colpo proprio sullo stomaco, e cadde all'indietro.
A quel punto Teddy, vedendo il suo amico messo al tappeto, scelse la via meno diplomatica ma più efficacie: si lanciò sopra al ragazzino, nel tentativo di immobilizzarlo. Quello si dimenò come un pesce fuori dall'acqua, fino a che Teddy non ebbe la meglio e riuscì a tenerlo fermo.
"Aaaaaaaahhh, chi è?!?" gridò con voce tremante lui, consapevole di essere stato braccato.
"Tranquillo, un'amico. Sta' fermo." disse Teddy schivando i colpi che quell'altro tentava di sferrargli.
Calien si rimise in piedi e si avvicinò al letto, dove Teddy aveva schiacciato il ragazzo a terra a pancia in giù e si era messo sopra di lui a cavalcioni, combattendo per tenergli le braccia incrociate dietro la schiena e impedirgli di muoversi.
"Non gli farà male?" chiese dubbioso Calien.
"Naaah…" disse Teddy con una smorfia "Avrà al massimo un polso slogato…"
Calien, incerto sul da farsi, si schiarì la voce e parlò al ragazzino: "Ehm… potresti dirci esattamente cosa è successo?"
"Be', che mi avete appena braccato!" disse quello.
"Intendevo… il motivo per cui hai urlato prima."
"Ehm…" balbettò lui imbarazzato "Mi… mi hanno mandato una Caccabomba…"
"Una Caccabomba?" chiese Calien.
"È una di quelle cose dei Tiri Vispi Weasley che esplodono?" disse Teddy, ancora sopra al ragazzino che aveva smesso di divincolarsi.
"Sì…" continuò il ragazzo
"Ah." disse Teddy. "Ecco cos'era quell'odore."
"Ma chi te l'ha mandata?" chiese Calien.
"Me l'hanno spedita ieri sera, non ho guardato l'indirizzo del mittente, era sul mio letto, ero sicuro che fosse una scatola di dolci da parte dei miei genitori… e così stanotte avevo fame e ho preso la scatola, ma dato che non si apriva, le ho dato un pugno e mi è esplosa in mano…"
"E perché i tuoi genitori dovrebbero mandarti una Caccabomba?" disse Teddy.
"Be', è ovvio che non gliel'hanno spedita i genitori…" disse Calien.
"Oh. Peccato, sarebbe stato divertente."
Calien cercò di trattenere un sorriso. "Comunque, be', ora stai bene." disse al ragazzino. "Credo che ora puoi anche…" aggiunse rivolgendosi a Teddy.
"Oh, sì, certo." disse Teddy lasciando andare il ragazzino che aveva intrappolato a terra e aiutandolo a rialzarsi.
"Comunque io sono Calien, e lui è Teddy" disse Calien.
"Io sono Elmer…" disse lui ancora tremante.
"Piacere" disse Teddy. "Ora l'unica cosa che ci resta da fare è scoprire chi ti ha inviato quella Caccabomba."
"Qualche idea su chi possa essere stato?" disse Calien.
"No…"
"Sei molto pallido." commentò Teddy.
"Vieni," disse Calien "andiamo nella Sala Comune, ti farà bene cambiare aria."
Calien e Teddy portarono Elmer fuori dalla stanza, sorreggendolo.
"Non hai proprio nessuna idea riguardo chi possa essere il mittente di quella scatola?"
"No… cioè… be'… sì…"
"Lo sai?" lo incitò Teddy. "Sai chi è stato?"
"Cioè, credo che si tratti di…"
Non appena entrarono nella Sala Comune, Calien, Teddy ed Elmer furono accolti da delle fragorose risate.
"… Jess." completò la frase Elmer.
Sulla poltrona in fondo alla stanza sedevano un ragazzino dai capelli neri, il naso affilato e la bocca piegata in un ghigno e un ragazzino castano, di bell'aspetto, dai capelli lunghi fino alle spalle e lo sguardo scaltro. Su un bracciolo, c'era un ragazzino dai capelli castani e spettinati e dall'aria curiosa, che leggeva i titoli di alcuni libri posati su un tavolino. Dietro alla poltrona, in piedi, un ragazzino paffuto dall'aria goffa.
"Ehi, Elmer, non ti reggi nemmeno più in piedi?"
E si misero a ridere di nuovo.
"Ehi!" gridò Teddy "Che c'è da ridere?"
"Che vuoi, capellone?" disse Jess con odio.
"Voglio difendere i miei amici." disse Teddy con fermezza.
"Tu non sai con chi stai parlando, vero, Logan?" disse Jess rivolgendosi al ragazzino che sedeva al suo fianco.
"Già. Non ti conviene metterti contro di noi, bello." disse Logan con la sua voce ferma e profonda.
"Ragazzi, non mi pare il caso di litigare il primo giorno di scuola, eh?" disse Calien, cercando di calmare le acque.
"E tu chi saresti?" disse Jess. "Ah, non sarai quello che vive con quel suonato di Aberforth?" Jess e Logan scoppiarono a ridere. Il ragazzino dietro alla poltrona si affrettò a ridere con loro, con la sua risatina nervosa. Il ragazzo seduto sul bracciolo fu l'unico a rimanere zitto, mentre il suo sguardo spaziava per la stanza ed esplorava gli oggetti che conteneva. Sembrava poco interessato alla vicenda, e sbuffò impercettibilmente un paio di volte.
"Ho sentito…" disse Jess sussurrando "… che lui e le capre…" e scoppiò a ridere insieme a Logan.
Calien sentì il sangue affluire al cervello e le sue guance infiammarsi. Avevano toccato la corda sbagliata.
"Dai, ragazzi…" disse il ragazzo seduto accanto a loro, con un tono più annoiato che dispiaciuto.
"Oh, Luke, non stare sempre a rompere…" disse Logan.
Calien, ribollente di rabbia, prese di scatto la sua bacchetta dall'elastico dei pantaloni e la puntò contro i quattro. Invece della solita piccola cascata di scintille, dalla punta della sua bacchetta uscì la testa di un drago scarlatto che sputò una fiammata di scintille a pochi centimetri dal loro naso. Il ragazzino paffuto lanciò un grido e si nascose dietro alla poltrona. Jess non disse nulla, ma impallidì visibilmente. Logan si limitò a lanciare un'occhiata di disprezzo a Calien. Luke invece aveva smesso di guardare in giro per la stanza e sembrava interessato.
Logan si alzò in piedi insieme a Jess ed entrambi si avviarono verso il buco nel ritratto della Signora Grassa per uscire dalla Sala Comune.
"Andiamo, Matt." disse con tono fermo, e il ragazzino paffuto si affrettò verso i suoi amici inciampando nel tappeto.
Luke si alzò lentamente e sospirando, annoiato, e rivolse un neutrale e poco interessato "Ciao." a Calien, Teddy ed Elmer prima di uscire dalla Sala senza voltarsi.
I tre ragazzini, si lasciarono cadere su delle poltrone vicino al camino.
"Wow, ma chi sono quei tipi?" disse Teddy.
"Jess e la sua banda." disse Elmer con un sospiro.
"Li conosci?" chiese Teddy.
"Certo. Jess è mio cugino."
"Tuo cugino?!?" dissero Calien e Teddy all'unisono, con un tono alquanto sorpreso. "È tuo cugino e si diverte a farti scherzi del genere?" continuò Calien.
"Qualche volta. Ma non è un tipo pericoloso, da solo. Quando sta con la sua banda può diventare un diavolo, soprattutto con il suo miglior amico Logan."
"Che tipi sono?"
"Oh, be', Jess adora dare fastidio alla gente, lui è fatto così. E Logan si diverte, e adora essere odioso insieme a Jess. Matt è tendenzialmente un pappamolla: li segue perché li ammira e ne è intimorito al tempo stesso. E Luke invece non prende mai parte alle bravate di Jess e Logan, sta semplicemente a guardare la scena, e credo che li segua soltanto perché altrimenti si annoierebbe troppo."
"Sai se le loro 'bravate' sono sempre così antipatiche?" disse Teddy.
"Tendenzialmente sì. E non c'è modo di sfuggirvi."
I tre sospirarono. Poi Calien alzò gli occhi su di Teddy e lanciò un grido che fece saltare i due ragazzini sulle loro poltrone: "Teddy, i tuoi capelli!"
Non aveva fatto caso a Teddy quando erano entrati nella Sala Comune, e al buio del dormitorio doveva non averli visti, ma adesso, con le candele accese della stanza e il sole già sorto che illuminava il castello, Calien li vedeva benissimo: i capelli blu di Teddy erano diventati rosso fuoco, ed erano tutti messi all'insù. Sembrava che avesse una grande fiamma accesa sulla testa.
"Cosa?" disse Teddy, con tono preoccupato, incuriosito e perplesso allo stesso tempo.
"I tuoi capelli, sono diversi, sono rossi! Sembra che ti vada a fuoco la testa!" disse Calien, concitato.
"Oh," disse Teddy, tirando un sospiro di sollievo e sorridendo appena. "sì, mi sa che questa notte mi ha un po' scombussolato, eh?"
E i suoi capelli si trasformarono da rossi in blu, e tornarono ad adagiarsi spettinatamente sulla sua fronte.
"Ma cosa…?" sussurrò Calien, esitante e confuso.
"Non preoccuparti, è una cosa normale. Mi succede spesso. Io sono un Metamorfomagus."
"Davvero?" disse Elmer entusiasta "Ne ho sentito parlare, ma ho sentito che sono molto rari! Non pensavo di incontrarne uno!"
"Non capisco… Che vuol dire?" chiese Calien.
"Vuol dire che posso cambiare il mio aspetto fisico come più mi pare e piace. Guarda…"
E i suoi occhi blu si trasformarono in due occhi giganteschi e dalle pupille verticali, simili a quelli di un gatto. Dopo pochi secondi, tornarono normali.
"Mia nonna mi ha detto che anche mia madre lo era, una Metamorfomagus." spiegò Teddy. "È da lei che ho preso questa mia caratteristica."
"Wow…" sussurrarono Calien ed Elmer con ammirazione.
"Ciao, ci vediamo…"
I tre si voltarono verso la scala: Victoire e Dawn erano uscite dal dormitorio e avevano salutato le loro compagne di stanza.
"Ehi, ragazzi!" li salutarono Victoire e Dawn con un sorriso.
"Ciao!" risposero Teddy e Calien.
"Ma che fate?" disse Victoire. "Siete ancora in pigiama?"
"Vi conviene andarvi a cambiare, o farete tardi." disse Dawn.
"Non vorrete mica arrivare in ritardo il primo giorno di scuola?" disse Victoire.
"Oh, già…" dissero i tre scattando in piedi. "Noi andiamo a vestirci, a dopo!" dissero correndo verso i dormitori.
"Ci vediamo a colazione…" disse Dawn prima che sparissero su per la scala a chiocciola.
"Maschi…" disse Victoire alzando le spalle e uscendo dalla Sala con la sua amica.

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