Per tutte le cioccolate del mondo

di ToraStrife
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Per tutte le cioccolate del mondo ***
Capitolo 2: *** La Numero Uno Aurea ***
Capitolo 3: *** TerNinator Genisys ***



Capitolo 1
*** Per tutte le cioccolate del mondo ***


Per tutte le cioccolate del mondo



Venezia, la dama che danza sulla laguna.

Senza togliere a Roma, Pisa e Capri, agli occhi del mondo essa è vista come la città più romantica del mondo, non per nulla è colei che è stata patria di quel Don Giovanni che è Giacomo Casanova.
Che poi Don Giovanni è solo un modo di dire, per far capire di quanto mandrillon...ehm, romantico fosse il signor Jack Newhouse.

Sto divagando (come al solito).

Venezia è anche quella più suggestiva, per la presenza di evocative tradizioni di sfilate e balli in maschera, ma soprattutto di insondabili e oscuri misteri, che si perdono nella magia di una delle grandi potenze marinare dell'epoca.

Enigmi che si perdono nella notte dei tempi, domande irrisolte, arcani mai svelati.
Come ad esempio, di come faccia un cappuccino in Piazza San Marco a costare l'equivalente di una cena per due in pizzeria.

Ma questi ed altri segreti sono appannaggio esclusivo di chi nella città dei Dogi ci è nato e ci abita, come in una delle ville più suggestive dello scenario veneto, tale Villa Espasia.
Ed è proprio in questa magione che in grande segreto viene praticata l'ormai dimenticata arte dell'alchimia.
Ma il destino di una Stella Piumata nelle mani della prode Gigì... ah no, scusate, ho fatto confusione *.

* Molta confusione, ho mischiato la Stella Piumata, riferimento a L'Incantevole Creamy, con Il Magico Mondo di Mimì, che parlava di una ragazzina la cui missione sulla Terra era grossomodo di  liberare i sogni dei bambini per aiutare un altro mondo... ehy, non vi suona familiare come trama?


Ma il destino della Sesta Luna, affidato alle mani della intrepida Nina, una piccola alchimista che ancora aveva da iniziare le scuole medie, era incerto e oscuro.

La stessa ragazzina stava dimenandosi in una realtà da incubo.

- Andiamo, so che vuoi farlo.

- Non mi avrai mai, dannato monaco.

Ma Nina tremava, perché, come tutti gli esseri umani, neppure lei, soprattutto lei, poteva considerarsi al sicuro da quella voce che più di una volta aveva cercato di tentarla, sedurla e persuaderla.

-
Non cederò mai! Per ... - Per tutti i suoi amici e compagni,avrebbe voluto aggiungere.

Ma la voce non si spazientiva mai.
Sapeva che il tempo avrebbe messo a nudo le debolezze umane della giovane.
E Nina questo lo sapeva. Qualsiasi adulto, corrotto nel suo animo, avrebbe già ceduto.
Josè era stato un ottimo e doloroso esempio.
Essere l'alchimista prescelta dalla Sesta Luna non la rendeva di certo meno vulnerabile.

- A cosa dovresti cedere, Nina? - Le chiese la voce, con un sottile velo ironico. - Io non ti sto costringendo a nulla. Ti voglio solo aprire gli occhi su ciò che puoi fare, se solo lo volessi. E tu lo vuoi, ammettilo.

- E io invece non voglio. Vattene! - Ordinò la bambina, cercando di mettere un tono fermo alla sua voce tremante. Era spaventatissima, di quel passo avrebbe certo finito per soccombere.

- Davvero? - La canzonò la voce. - Eppure non suoni così tanto convincente. Mi stai ancora prestando ascolto. Questo perché sai che ho ragione, anche se non vuoi ammetterlo. Su, lasciati guidare dall'ambizione e dal desiderio. Asseconda i tuoi piaceri. Vedrai, sarà dolcissimo.

- Lasciami in pace! - Implorò Nina. Chiuse gli occhi e scosse la testa. Quando la sua mano incontrò una fredda superficie. Riaprì gli occhi, sgomenta. La sua mano aveva afferrato qualcosa nell'oscurità. Le sue dita si erano mosse indipendentemente dalla sua volontà.

- Lo vedi? Le tue parole di rifiuto sono solo vuote scuse. La tua mano ha parlato per te.

La voce aveva assunto un tono compiaciuto.  Nina poteva sentire al tatto un lieve formicolio. Le sue orecchie percepivano, tra l'altro, un lieve ronzare, simile alle fusa di Platone.
Come se davanti a sé ci fosse qualcosa di vivo e invisibile. Nel suo essere, avvertì un malsano impulso di piegare il braccio e tirare.
Ma quello avrebbe significato cedere al male.

- Avanti, tira quella maniglia. - La incalzò la voce. - Spalanca finalmente la porta a ciò che davvero vuoi.

Senza neanche avere il tempo di realizzare la cosa, la mano di Nina aveva già tirato, e un grosso rettangolo di luce si stava schiudendo nell'oscurità.
E fu all'interno della figura che finalmente vide l'oggetto tanto sospirato e tanto temuto. La sostanza che era in grado di corrompere gli animi degli uomini, di trasformarli in avide bestie affamate di piacere. Una tentazione spaventosa, eppure così irresistibile.

- No! - Urlò la ragazzina, trovando, nella disperazione, la forza di staccarsi.
Accompagnato da un tonfo secco, il quadro di luce si chiuse all'istante, e Nina si ritrovò nel buio.
Tese le orecchie.
Silenzio.
La voce era finalmente scomparsa.
C'era mancato poco. In un misto tra il sollievo e lo spavento appena preso, Nina si raggomitolò a terra e cominciò a piangere.
Trascorse alcuni, interminabili attimi in singhiozzi, quando una familiare voce che bofonchiava impastate parole in russo la riportò alla realtà.

Mezzo minuto dopo, una luce si accese.
Ljuba,  la bombonesca tata sovietica,  era sulla soglia a controllare la cucina.
Ma non trovò nessuno.

- Stranosky. - Commentò. - Avrei giurato di sentire la voce di Ninotchka.

Guardando davanti a sé, la tata avanzò e aprì istintivamente la porta del frigo.

La lampadina illuminava delle succulente triple coppe gelato da mezzo chilo, con cioccolato fondente, mascarpone e panna.
Gli occhi le si illuminarono di una luce sinistra.
Poi guardò il suo aspetto fisico e richiuse immediatamente il battente, in un impeto di lucidità. 
Sospirò.
- Beati genitori di Ninotchka. -  Commentò. - Nello spazio non c'è gravità e le bilance non raccontano orribili verità.



Acqueo profundis.
Una Nina ancora trafelata si era riversata nel posto più sicuro della villa, dal momento che camera sua era troppo lontana, con la tata Meringa in giro. E in ogni caso, nel letto sarebbe tornata facile preda da parte della maledetta voce.
Per quella notte il laboratorio segreto sarebbe stato il rifugio migliore. 
Oltretutto parlare con Max10-P1, l'androide guardiano, le avrebbe sicuramente giovato.

- Max! - Chiamò. - Max, sapessi cosa mi...

Si bloccò, quando vide l'automa seduto una poltrona.
Era in Modalità Sonnacchiosa, con gli occhi chiusi e la bocca socchiusa in un lieve russare.
Nina ponderò inizialmente l'idea di lasciarlo in pace, dopotutto le visite notturne nel laboratorio erano quantomeno inusuali.
Tuttavia, l'opprimente senso di agitazione la spinse a decidere diversamente: aveva bisogno di qualcuno con cui parlare.

- Max. - Sussurrò, scuotendolo leggermente. - Max, sei sveglio?

Il custode cibernetico continuò la pennichella senza colpo ferire.

- Max, mi senti? - Gli domandò ancora Nina. - Max, ci sei? Sei connesso?

Per risposta le labbra dell'androide si  mossero leggermente, bofonchiando parole che la Nina non riusciva a capire.
La piccola alchimista tese quindi l'orecchio, per accorgersi che era la voce preimpostata della signora della Telecom.

"Informazione gratuita. L'utente da lei chiamato, non è al momento..."

Questo provocò un'alterazione dello stato emotivo di Nina che spazientita prese una delle campane che fungeva da orecchio e la tirò a sé.
Il padiglione si staccò dalla testa dell'androide, rimanendovi tuttavia attaccato tramite un filo.
A Nina parve di avere in mano la cornetta di un antico telefono candeliere, il cui corpo era appunto la testa di Max.
Ne approfittò per usarlo, appunto, come un telefono, e quindi avvicinò la campana alla bocca e urlò.

- Pronto? C'è nessuno?

Le vibrazioni vocali arrivarono con violenza alla testa dell'androide che balzò dalla poltrona come un soldato sugli attenti.

- Ma chi caxxo...?! - Esclamò esasperato, guardandosi  intorno. Poi vide Nina e si ricompose. - Oh, hello, Nina. - Salutò, con squisita flemma britannica. - Posso aiutarti?

La bambina intanto lo stava guardando scandalizzata: l'impronunciabile commento dell'androide non era passato inascoltato.

- Max, non ti avevo mai sentito imprecare.

- Opx, xorry. Avrai comunque notato che la parolaccia era cenxurata. E dopotutto, anche dixturbare lo stand-by di un androide in piena notte non è un gexto molto carino.

L'orologio dell'Acqueo Profundis segnava in effetti le 3, 15 minuti e 23 secondi.

- Sì, Max, scusami. - Rispose Nina, contrita, mentre Max riavvolgeva il filo con la campana auricolare.
- E' tutta colpa di quella dannata Voce della Persuasione. Stanotte c'è davvero mancato poco.

- Voce della Perxuaxione? - Domandò Max, allarmato. - E' tornata ad infextare i tuoi incubi?

- Sì, - Sussurrò Nina. - Per poco non cedevo a una bomba di cioccolato.

La surreale risposta svuotò l'androide di ogni preoccupazione.

- Nina, texoro. Non poteva certo exxere il monaco. Quella "Voce della perxuaxione" la xente chiunque inixi una dieta.
 
- Non ci scherzare su, Max. Lo sai che ho iniziato il processo di purificazione del mio corpo di alchimista, indispensabile per la prossima missione per Eterea.

- Nina, xe poxxo exprimere il mio parere, hai xolo dieci anni, pexi una manciata di chili. Capirei Fiore, che è fixxata per le diete, o Roxy, che è un po' robuxtella, ma tu...

- No, ti dico. - Ribatté Nina. - Sono sicura che sia la solita macchinazione del perfido Conte...

- Forxe è xolo fame. - Minimizzò Max. - A propoxito...

L'androide prese il fido barattolo di marmellata di fragole e ne mangiò una manciata. Poi si accorse dello sguardo di Nina su di lui, e sorrise colpevole.

- I'm xorry, Nina... - Esclamò, affrettandosi a mettere via la leccornia. - Ma lo sai che mi piace.

- E dire che sei un androide, non avresti bisogno di mangiare. - Sospirò Nina. - E tra l'altro, il tuo corpo non ingrassa neppure.

- Di contro, tra materiali e tutto, pexo duecento chili.

La risposta spockiana di Max donò un sorriso alla bambina, che però non placò le sue ansie riguardo la vicenda di quella notte.

- Sono preoccupata, forse dovrei consultare il Systema Magicum Universi.

E così dicendo la ragazzina si avvicinò al libro magico e lo aprì.

- Ho bisogno del tuo aiuto. - Cominciò, riferendosi al tomo. - Potresti darmi qualche indicazione?

Il libro rimase immobile, muto. Nina lo guardò interdetta, poi capì. Si girò verso l'androide.

- Max, per favore, la base elettronica.

- Baxe elettronica? - Chiese l'automa.

- Sì, "elettronica" perché la fai te come robot. Intendo se riesci a imitare il beatbox con la voce.

Max sbuffò, rassegnato. - D'accordo, Nina. - E cominciò a schioccare le dita e cantilenare strani suoni ritmati.

- Tum-chà, tu-tu-tum-chà, tum-chà, tu-tu-tum-chà...

Una volta che Max ebbe cominciata la melodia, il Systema Magicum Universi cominciò finalmente a parlare.

"Jo, come butta, alchimista
sei alla pagina giusta
se ti serve una dritta
dal tuo libro gangsta"

Nina storse il naso. Non riusciva ancora ad abituarsi a quel nuovo tipo di linguaggio. Ma in fondo era colpa sua.
Era cominciato tutto da quando si era scontrata e aveva sconfitto uno dei malvagi androidi del Conte in Messico.
Si era scoperto, sfortunatamente, che questi rispondesse al nome di Tupac, lo stesso nome del leggendario rapper.
Per un libro che parla esclusivamente in rima, come il Systema Magicum Universi, questo fu un brutto shock.
Da allora lo strumento magico decise di porre le sue rime e il suo lifestyle in onore e in memoria dello scomparso artista.
Da allora Nina e i suoi amici lo assecondano, sperando in un suo rinsavimento.

"Ma non è un po' prestino
a quest'ora del mattino?
Se vuoi fare una pozione
aspetta almeno colazione!"

- Potrei non averne il tempo, libro. Ho bisogno di andare direttamente su Xorax.

Max interruppe il beat box per sollevare un'obiezione. - Nina, non xarebbe il caxo di axpettare gli altri? - E aggiunse, con uno sbadiglio. - E magari dormire un po'?

- Arriverò in tempo per la colazione. Bisogna agire subito. Riprendi il sottofondo, per favore.

Una volta ripresi i tum-chà, il libro finalmente parlò.


"Yo, sorella,
se vuoi andar sulla stella**
prendi e punta il Taldom
e dì parole a random
ma fa' che sia latino
o qua succede un casino."


** Anche se Xorax è un pianeta, licenza poetica.


- Bene, ho capito. - Concluse la bambina, tirando fuori il Taldom Lux. - Grazie, Libro.

"Ti trovassi ancora incerta
La mia pagina è sempre aperta
E con questo dico bye
Alla prossima lettura
del grimorio di 'sto turf***
vostro magico libro S.M.U.R.F(s)"

*** turf = nello slang gangsta, territorio urbano.


Il libro finalmente si richiuse, con gran sollievo di Max che poté finalmente smettere quell'assurda sceneggiata.

- S.M.U.R.F.(s) - Chiese Nina, grattandosi la testa. - Che diavolo di nome è?

- Se lo è xcelto lui, come nome d'arte. - Spiegò Max, mentre rinfrescava la gola sintetica con una manciata di marmellata di fragole. - E' un acronimo che sta per

S.ystema M.agicum U.niversi R.apper F.ree(s)tyler


- Una volta Fiore mi disse che Smurfs era il nome originale di... Puffi. - Commentò Nina, confusa.

- E' corretto, Nina. - Annuì Max. - il libro afferma lo definisce un modo per omaggiare le proprie origini.

- Origini?

- Certo. Non xapevi, Nina, che il primo proprietario del libro fu il grande Gargamella?


***

Davanti al Laboratorio nero, nel perfido palazzo del malvagio.

Visciolo, detto Il Guercio, stava zoppicando avvolto nella sua mantella.
Le atroci grida di frustrazione riecheggiavano in tutto l'edificio, chiaro indizio sul pessimo umore del conte.
Bussò timidamente un paio di volte e poi aprì senza aspettare risposta.
Rabbrividì, perché il suo signore e padrone stava maledicendo ancora una volta la terribile avversaria di sempre, presumibilmente, a seguito dell'ennesimo fallimento.

- Padron Karkon... - Sussurrò, prima di evitare un incensiere scagliato dalla furia cieca dell'iracondo datore di lavoro. - Padron Karkon, si calmi... - Scongiurò il povero aiutante, con un braccio alzato per difendersi da altri eventuali proiettili.

Lo spettacolo, se tale si poteva definire, di quell'uomo che faceva a pezzi il laboratorio era spaventoso ma allo stesso tempo intrigante.
Visciolo osservò Karkon mentre sfoggiava la sua vera natura, tenuta sempre a freno nei rapporti formali con i consiglieri comunali e il sindaco, nascosta dalla facciata di cittadino e filantropo gestore di un orfanotrofio in piazza San Marco.
Adesso Karkon stava urlando la sua vera essenza, con quel suo aspetto perfettamente en role.
Il cranio lucido e il lungo pizzetto, ideali ingredienti di risate sataniche ed espressioni minacciose.
Il sosia perfetto di Ming di Flash Gordon.
Il padrone malvagio che ogni servo vorrebbe avere.
Il Guercio rimase incantato un attimo, quando un alambicco pericolosamente vicino alla testa gli fece notare di quanto il padrone odiasse essere disturbato, soprattutto in momenti delicati come quello.

- Visciolo, lurido scarto intestinale di una scolopendra, come osi infastidire il tuo padrone?

- Mi perdoni, paròn Karkon, mi perdoni...! - Si mise a piagnucolare l'archetipo di Igor di Frankenstein Jr. - Ma se posso permettermi, per quale motivo è così adirato?

- E per cos'altro, stupido e ritardato inetto? E' colpa di quella maledetta bambina, Nina, che i demoni dell'inferno la strangolino! E' sfuggita ancora una volta ad uno dei miei infallibili piani!

- Beh, infallibili non direi, se non gliene riesce neppure uno... - Bofonchiò il Viscido Visciolo scivolando sulla sciolina (non ho resistito allo scioglilingua ndA), poi si accorse dell'occhiata torva di Karkon e tossì rumorosamente facendo finta di nulla. - Piuttosto, padrone, questa volta cosa è andato storto?

- Renditi conto, mio insignificante servitore, che quella sottospecie di anoressica non ha neppure assaggiato le tre coppe gelato sulle quali avevo aggiunto il mio speciale cioccolato. E nemmeno la Voce della Persuasione è riuscita a persuaderla!

- Tutto ciò è disdicevole, siòr paròn!... - Convenne Visciolo, basito.

- Ma come si fa? - Si lamentò lo Magister Magicum.  - Come si fa, dico, a resistere al mio irresistibile cioccolato, il sublime Carte D'Or?

- Karkon Carte D'Or...? - Pronunciò il servo, con aria perplessa. Qualcosa non gli tornava.

Karkon sbuffò. Cosa ne voleva sapere quel rimbambito con mezza vista, mezza deambulazione e che faceva commenti a mezza bocca?
Non si trattava solamente dell'orgoglio di un alchimista con un cognome cioccolatoso, confermato dalle tante figure da cioccolataio sperimentate.

- Se Nina avesse mangiato quel nettare,  sarebbe rimasta incantata  per sempre,  avrebbe cominciato a mangiare  esclusivamente cioccolato e avrebbe lasciato perdere la via dell'alchimia. E da grande avrebbe pesato centodieci chili e fatto la cuoca pasticciera, lasciandomi campo libero nella conquista del mondo!

Il guercio annuì. - Praticamente come la sua tata russa.


Una scampanellata interruppe il discorso, riechieggiando per le sale dell'abitato.

- Questo dev'essere il sindaco. - Commentò il Guercio.

- Quella serpe. - Soffiò stizzito Karkon. Il nomignolo era ben più che un riferimento al carattere. - Addirittura a domicilio?

- Deve trattarsi di un qualcosa di confidenziale.

- Corri ad aprirgli, strisciante lacché.

I passi claudicanti del subordinato si allontanarono in fretta. Karkon si passò una mano sulla faccia, come a rimettersi la maschera di ruffiana diplomazia che doveva usare con quel rettile sibilante.

Marchese Loris Sbatacchi. Sibilus Loredan , adorato dai Maya come divinità serpente  e  adesso in politica come  sindaco di Venezia.

Una volta si era azzardato a chiedergli del perché, con i suoi poteri e il suo viscidume, non avesse tentato carriere politiche più ambiziose. La risposta fu esemplare.

"A Montecitorio sono già in troppi".


***

Era ormai mattina inoltrata a Villa Espasia.
I fidati amici di Nina, vale a dire Cesco, Roxy, Fiore e Dodo stavano attendendo pigramente il ritorno dell'alchimista.

Fiore si era rifugiata tra le pagine di un antico libro e isolata dal mondo con gli auricolari dell'I-pod, che riempivano i suoi padiglioni con la Fuga di Bach, che non è il titolo di un film ma una di quelle altisonanti e anche un po' inquietanti esibizioni con l'organo da chiesa che tanto sarebbero piaciute a Karkon durante le sue entrate in scena.

Sul cosa in effetti ascoltasse arrivò puntuale la domanda di Roxy, che soffriva più di tutti quell'attesa forzata e cominciava ad annoiarsi.

- Fiore, cosa ascolti?

La riccia si pentì, poi, dopo aver ascoltato la minuziosa risposta della brunetta, completa di titolo, autore, chi dirigeva l'esecuzione e persino i nomi degli strumentisti.

Mentre la snobbina si gongolava nell'ennesimo sfoggio di cultura, Roxy roteò gli occhi, confusa.

La scenetta non era sfuggita a Cesco e Dodo.

- C-cosa ha d-d-detto? - Domandò il piccolo rossiccio, più tartagliante del solito.

- I Fiori di Bach. - Soffiò Roxy, sull'orlo del delirio.

Lo strafalcione arrivò alle orecchie della brunetta, che scese dalle nuvole e aggrottò le sopracciglia, offesa.
Sulla testa di Dodo si formò un grosso punto interrogativo, al che Cesco intervenne con la logica.

- Intendeva che Fiore ascolta Bach.

Un urlo improvviso interruppe la scena e allarmò i presenti.
Fu solo un attimo, perché si trattava del televisore lasciato acceso da Cesco.
Sullo schermo si proiettava una scena che gettò nel terrore Dodo, che si paralizzò.

L'occhialuto prontamente spense la TV. - Era proprio uno stupido film. - Commentò seccato.  Poi abbracciò Dodo. - Non hai nulla da temere.

- C-credi? Da-da-davvero? N-nessun alieno v-verrà a poss-ss-sederci?

- E' solo un film, Dodo.

- M-ma dicevano che p-prove-venivano dalla Sesta Luna!

- Non credo affatto di tratti di Xorax. - Lo rassicurò Cesco.

- Terrore dalla Sesta Luna è solo un vecchio film di fantascienza tratto da un ancora più vecchio racconto dei tempi dei nostri genitori. - Spiegò rassegnata Fiore, che ormai aveva il mood rovinato sia per la lettura che per la musica. - Xorax manco si sapeva cosa fosse, al tempo!

- Però è ambientato nel 2007, no? - Obiettò Roxy. - Quindi, più o meno, è dei tempi nostri...

Cesco e Fiore fulminarono la bionda con lo sguardo.

- Certo che Nina si sta facendo attendere. - Si lasciò sfuggire l'occhialuto, aggiustandosi le lenti.

- C-che l'abbiano rapita gli alieni? - Domandò timoroso Dodo.

- Dacci un taglio. - Gli rispose Fiore, esasperata.


Uno scampanellio attirò l'attenzione di tutti.

- Finalmente, Nina è tornata!

- Vuoi scherzare, Roxy? Non è andata a Xorax uscendo di casa. - Ribatté Cesco.

- C-chiunque sia, - Puntualizzò Dodo. - S-sembra che la tata ci stia li-litigando in que-questo momento.

Ed è così.

Ljuba stava discutendo animatamente con un ragazzo, il quale si stava sbracciando in preda alla collera.

- Le ripeto che non sono un bambino! - Urlava con voce stridula. - Ho detto che mi chiamo Edward e...

-  Tra gli amici della signorina De Nobili non raviso alcun Edward.

- E infatti neppure la conosco. - Ripeté il biondino. Le mani nei guanti bianchi gli tremavano dall'esasperazione. Si stava facendo violenza per non strangolarla.

- Si può sapere, allora, perché hai chiesto di lei?

- Sono qui in rappresentanza delle autorità civili e militari di...

- Non sei un po' troppo piccolo per giocare a queste cose? - Obiettò la tata.

- Chi è quello troppo piccolo? - La aposotrofò Edward, sfidandola in cagnesco.

La scena, al sopraggiunto Cesco, suonò buffa: quello strano nanetto biondo vestito di rosso che sbraitava con la domestica gli sembrava un chihuaha isterico nei confronti di un San Bernardo.

Edward nel frattempo aveva estratto un documento di identità e lo stava sventolando davanti alla signora per convincerla una volta per tutte.

Ljuba prese in mano il documento e lo esaminò, poi posò lo sguardo alternativamente tra Edward e la sua foto sul tesserino.

Alla fine si dovette arrendere. - Perdoni se ho dubitato della sua età, signor Edward Elric.

A Fiore, sopraggiunta anch'essa, il nominare la parola "Edward" provocò un attacco di fangirlite.
Segretamente appassionata della saga di Twilight, aveva appena rivisto in quell'alterco una delle sue scene preferite.

Bella (Ljuba): Quanti anni hai?

Edward: Diciotto.

Bella (Ljuba): Quanto sei alto?

Edward: Un metro e cinquanta.

Bella (Ljuba): Da quanto sei alto un metro e cinquanta?

Edward: Da molto.



Cesco dissipò la nuvoletta sognante di Fiore con un gesto infastidito della mano, dopodiché si rivolse senza mezzi termini al nuovo venuto.

- Nina al momento non c'è. - Tagliò corto il ragazzino. - E il piccoletto qua sarebbe?

- Edward Elric, per servirti. - Si presentò il biondino girando di scatto il capo verso l'insolente intruso. Gli occhi stavano fiammeggiando e il codino intrecciato batteva ripetutamente sulla schiena, talmente il corpo vibrava dalla rabbia. -  E chi sarebbe 'piccoletto', giovane quattrocchi? Avrai dodici o tredici anni.

- Ne ho dieci. - Puntualizzò Francesco, con un insolito orgoglio.

Di fronte alla confessione di una così giovane età, Edward ebbe la tentazione di squadrarlo con aria di superiorità, di guardarlo con compatimento dall'alto verso il basso... quando scopri, con enorme frustrazione, che non gli era fisicamente possibile: quel bambino, di otto anni più giovane di lui, lo sovrastava di almeno dieci buoni centimetri.


Fu la tata ad interrompere la scena.

- Ninotchka non c'è? - Intervenne la signora, confusa. - Quando è uscita? Perché non mi ha avvertita?

- E' dovuta solo uscire un attimo, tornerà a momenti. - Mentì Cesco. - Nel frattempo, perché non servire la colazione? Così possiamo anche intrattenere il nostro ospite.

- Ottima idea. - Convenne la tata. - Il signor Elric mi sembra così gracile, così piccino! Una buona tazza di latte caldo gli farà sicuramente ben...signor Elric, si sente bene? E' diventato pallido!

Edward stava trattenendo un conato con una mano premuta sulla bocca, mentre scuoteva vigorosamente la testa insieme all'altra mano. Quando riuscì a deglutire il bolo acido, sussurrò con un filo di voce. - Niente latte!....


Poi tutto successe in fretta, in una escalation di eventi che non lasciò ai presenti il tempo di reagire.

Un commando di uomini armati fece irruzione a Villa Espasia.

Qualcuno gridò: - Polizia! Siete tutti in arresto!

Ljuba, Cesco e Fiore vennero presi e immobilizzati a terra.

Quello che sembrava il capo parlò ai subordinati. - Devono essercene altri! Setacciate la zona!

Cesco e Fiore si guardarono preoccupati. Doveva esserci lo zampino del famigerato marchese LSL. Pregarono che il tafferuglio avesse allarmato gli altri e che questi si fossero rifugiati nell'Acqueo Profundis.

Ljuba, cominciò automaticamente a piangere. - No, non di nuovo ai Piombi!

- Con quale autorità e imputazione ci arrestate? - Protestò Cesco.

- Silenzio, criminale! - Gli intimò una guardia, in procinto di zittirlo con il calcio del semiautomatico.

Una mano però bloccò l'arma, afferrandola saldamente. L'agente osservò incredulo il piccolo biondino che lo stava osservando con freddezza.
Edward Elric, l'unica persona che in effetti non era stata toccata dai militari, con un gesto deciso del braccio gettò via l'arma, insieme all'uomo ad essa avvinghiato.

- Già. Con quale autorità e imputazione? - Domandò Ed agli agenti. - Sono io a chiedervelo.

- Signor Elric. - Si affrettò a spiegare il comandante. - L'ordine arriva direttamente dal sindaco.

- Voi mentite! - Ribatté Edward, sconcerdato. - Non è ciò che era stato concordato!

Cesco e Fiore trasalirono. Quella persona era in combutta con il sindaco?

- Se ha rimostranze da fare, - Gli spiegò il caposquadra. - Dovrà parlarne con il primo cittadino in persona.

- Potete scommetterci che ne ho! - Protestò Edward, afferrandolo per la collottola. Poi lo lasciò andare, ed uscì rabbiosamente dalla porta.



Dall'altra parte, Roxy e Dodo avevano, come sperato dagli amici, mangiato la foglia e si erano rifugiati nel laboratorio sotterraneo, che gli agenti non avrebbero mai trovato.

Nina si materializzò proprio in quel momento dal viaggio su Xorax.

- Ragazzi! Siamo pronti per la nuova missione e...

Si accorse che tutti avevano un'aria agitata, e qualcuno mancava all'appello.

Dodo si gettò tra le sue braccia, in lacrime.

- Le gua-gua... Le gua-guardie... hanno pre-preso Ce-cesco e Fio-fiore!

- Le guardie? - Chiese Nina, confusa. - Cesco e Fiore presi? Che è successo?

- Pare xia in xorxo una irruzione della polixia a Villa Expaxia. - Si affrettò a precisare Max.

- Un'altra mossa sporca del sindaco e di Karkon! - Protestò Nina.

-  E adesso che facciamo? - Chiese Roxy.

- Non abbiamo alternative. - Rispose la rossa. - Per salvarli dobbiamo assolutamente compiere la missione!

Il trio di ragazzi annuì deciso, e Max approvò con un pollice alzato.

- D-Dove si va, stavolta? - Chiese Dodo.

- Avanti! - Rispose Nina, con enfasi.

- Sì, - Obiettò Roxy. - ma 'avanti', dove?

Nina fece una pausa ad effetto ed esclamò.

- Avanti, nel passato!


E mentre l'episodio terminava con questo cliffhanger cominciò, sulla dissolvenza in nero, a suonare la musica di 'Ritorno al Futuro', ma riprodotta all'incontrario.



Dove dovranno andare Nina e i suoi amici per salvare la situazione? Ma soprattutto, quale situazione?
E che c'entra Edward Elric con tutto questo?

E quali altri strambi personaggi verranno coinvolti?
A presto con la seconda ed ultima parte!





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Capitolo 2
*** La Numero Uno Aurea ***


Nina 2
La numero uno aurea



"When the moon hits your eye like a big pizza pie

That's amore
When the world seems to shine like you've had too much wine
That's amore
Bells will ring ting-a-ling-a-ling, ting-a-ling-a-ling
And you'll sing "Vita bella"
Hearts will play tippy-tippy-tay, tippy-tippy-tay
Like a gay tarantella "



Anni della dolce vita.
Vivaci scugnizzi sulla vespa strombazzavano la loro allegria sul golfo della città più solare del mondo.
Un quadretto molto romantico, realizzò Cesco.
Sarebbe stato perfetto ordinare una bella pasta con pomodoro, piatto unico, e poi attingere da un unico spaghetto lui e Nina, a lume di candela.
Come Lilli e il Vagabondo.
Peccato per la candela, Dodo in quel caso.
L'occhialuto sospirò.

D'altra parte, quella non era una gita di piacere.
Se tutti e tre si erano seduti in quel pittoresco ristorante partenopeo, era solamente per studiare al meglio un piano per recuperare...


- L'Oro di Napoli? - Fu la domanda spontanea.

- No, Cesco. - Rispose la giovane alchimista. - Il Numero Aureo.

- Non capisco bene cosa c'entri la Napoli di qualche anno fa.

- Le indicazioni da parte di Eterea sono state ben precise. - Spiegò Nina, - Anche se non sono riuscita ad ottenere spiegazioni in tal senso.

- Ammetto comunque che questo ristorantino è un luogo abbastanza piacevole. - Confessò l'altro. - Accogliente, raccolto, intimo...

E con qualcuno di troppo. Cesco guardò il nanetto rossiccio a fianco.


- Dodo, non senti il bisogno di correre al bagno? - Domandò, un po' spazientito.

- N-no? P-p-perché?

Francesco sbuffò, aggiustandosi gli occhiali. - Niente. - Sibilò, annoiato.

Poi all'improvviso, un blackout.

- Ch-che succede? - Domandò Dodo, in preda all'ansia. Il suo commento si perse nell'animato vociare del resto della clientela.

Fu solo un minuto di completo buio, nel quale il ragazzino non sentì né la voce di Nina, né quella di Cesco.
Solo intorno al sessantesimo secondo, ci fu un lamento, che riconobbe da parte della ragazza, e poi un rumore secco, come di un battimani.

Tornò improvvisamente la luce, accompagnata dai sospiri di sollievo dei clienti.

Dodo si rasserenò, rivedendo le familiari figure dei suoi amici di nuovo accanto a lui.
Tuttavia, c'era qualcosa di strano.

Nina, tutta rossa in viso, stava lanciando gelide occhiate a un Cesco con il viso dipinto da un sorriso beffardo.

- C-cesco? - Lo interrogò il ragazzino. - E' s-successo qualcosa?

- Niente di brutto, questo è certo. - Commentò l'occhialuto. Il sorriso si estese.

Nina non disse nulla, ma gli occhi si strinsero, carichi di risentimento. Le guance della bambina divennero ancora più paonazze.
Dodo non capiva. Però qualcosa attirò la sua attenzione.

- C-cesco. Ti è spuntata una voglia a forma di s-stella su-sulla guancia s-sinistra!

- Davvero? - Ribatté Cesco con falso stupore. Si premette una mano sulla zona. Faceva ancora male.

Dodo continuò. - E' i-i-dentica a quella d-di Nina.

Tutti osservarono il palmo della mano di Nina, con la caratteristica voglia dalla medesima forma.
Poi Nina non riuscì più a reggere l'espressione di trionfo da parte di Cesco e si girò sdegnosamente dall'altra parte.

- E' a-a-rrabbiata? - Domandò Dodo a Cesco.

Il ragazzo fece spallucce. - Le passerà.

Sotto lo sguardo interrogativo del ragazzino, Cesco premette ancora di più la mano, per non lasciargli scorgere anche i segni delle dita che circondavano la stella.
Non riusciva tuttavia a smettere di sorridere.
Se la stava godendo appieno quell'euforia, dopo aver finalmente riscosso, protetto dalle tenebre, quel credito di un bacio atteso troppo a lungo.


- C'è stato uno sbaglio! Vi dico che è tutto sbagliato!


Il ragazzo aprì flebilmente gli occhi, mentre la dura realtà lo investì come un pugno. Le gelide e oscure mura dei Piombi, l'inospitale prigione di Venezia.
A fianco a lei non c'erano né Dodo né Nina, ma una Meringa gigante dall'accento russo e una rachitica brunetta. Da un estremo adiposo all'altro. Non c'era il giusto mezzo, lei, la compagnia femminile che avrebbe preferito.
Chissà perché aveva sognato di prendere il posto di Roxy durante la missione, e soprattutto perché a Napoli.

Intanto, però, la discussione che lo aveva svegliato proseguiva ben scandita.
Controllò da dietro le sbarre, cercando di ignorare i piagnucolii della tata e le rimostranze di Fiore nei riguardi di una stanza non esattamente "a cinque stelle".

Riconobbe il biondo nanetto di prima che litigava animatamente con il carceriere.

- Ordine diretto del sindaco. Se avete rimostranze, dovreste parlarne con...

- E' da due ore che sto cercando di farlo! - Ribatté Edward, trattenendo un'imprecazione. - Prima il capo della polizia, poi quei viscidi consiglieri comunali e il loro presidente in testa. Siete un ammasso di scaricabarile. Ma vi avverto, - Intimò, come se stesse parlando a tutti loro presenti. - La mia pazienza è al limite.

Il biondino si sfilò il guanto destro. A vederlo Cesco trasalì. Una mano che non aveva pelle né carne, ma aveva una superficie lucida e splendente: acciaio.
Forse quel tizio non era umano? Forse un androide karkoniano?

Poi qualcuno sopraggiunse, con passo deciso.

- Quel che si suol dire, "un pugno di ferro in guanto di velluto".

Edward si rimise il guanto, mentre Cesco trasalì di nuovo, alla visione del mortale e viscido personaggio che più di una volta era stato la causa dei guai suoi, di Nina e degli altri amici della Giudecca.
Perfino Edward ebbe un lieve moto di disgusto. Poi l'impeto e il senso pratico ebbero il sopravvento.

- Signor sindaco! - Esclamò Edward. - Sono ore che la cerco! Lei non...

- Si calmi, signor Elric. - Lo interruppe il marchese Loredan, alzando stancamente una mano. - Possiamo parlare più tranquillamente nel mio ufficio. Senza... orecchie superflue.

Uno sguardo di sfuggita andò in direzione di Cesco, congelandogli, con quegli inquietanti occhi da rettile, le eventuali frecciatine che il bambino avrebbe voluto indirizzargli.

- Faccia strada! - Tagliò corto Edward, che si era già stancato dell'atteggiamento dell'onorevole.

Quando i due si furono allontanati, Fiore, che aveva assistito alla scena in disparte, si avvicinò all'amico.

- Cosa staranno tramando LSL e Karkon, questa volta? E quell'Edward è in combutta con loro?

- Sinceramente, non ti so dire. - Confessò Francesco. - Molte cose non mi sono chiare. E non riesco a capire se quell'individuo sia complice o una semplice pedina. Ma per adesso non possiamo far nulla. Non ci rimane che aver fiducia in Nina, Dodo e Roxy.

***

Napoli.

Non esattamente la "dolce vita" del sogno di Cesco.

Pendici del Vesuvio, per essere più precisi.

Nina si era gettata a terra, il Taldom in pugno, e poi aveva rotolato su un fianco per evitare una saetta.

- Niente male, pe' na guagliona. - Sentenziò una voce profonda, molto meno giovane di Nina e dei suoi amici. - Ma neppur si aie na' bacchètt magica, puoi competèr cu e' mie arti.

- Lo vedremo, fattucchiera! - Rispose Nina, puntando il Taldom.

La testa del gufo bubolò un raggio azzurro. Apparentemente, però, il bersaglio era stato mancato di parecchi metri.

- Gajarella, hai sbagliato completamente mira!

- Tu credi? - Ribatté Nina, mostrando un mezzo sorriso.

L'antagonista imprecò, quando vide dei detriti precipitarle addosso.
Nina aveva mirato contro una parete di roccia per creare una frana.

- Il gufo le ha portato sfortuna. - Commentò Roxy, raggiante, poco lontano, al riparo dalla battaglia.

Ma l'amica si sbagliava, e questo Nina lo sapeva. La piccola alchimista quasì non si stupì, infatti, quando il cumulo delle macerie si alzò mettendosi a levitare per aria.
Sotto poté distintamente vederli, quegli occhi, grandi, neri, carichi di rabbia.
I capelli lisci e neri si estendavano ai lati del viso, il pallore del viso che, oltre a donare raccapriccio alla figura, alimentava l'espressione furibonda del pericoloso avversario.

- Molto astuta, piccola maghetta, ma questo è stato pure o' tuo più grande errore! Adesso proverai sulla tua pelle la furia della grande Amelia De Spell!

Il becco di Amelia si estese in un ringhio.
Il becco, sì, la protuberanza di quella creatura umanoide che si definiva "donna", anche se tecnicamente aveva le piume.
Nina trovò tutto questo buffo. Mai si sarebbe aspettata, nella sua giovane vita, di capitare in un mondo popolato da animali antropomorfi.

Era sempre Napoli, beninteso.
Ma avrebbe potuto benissimo chiamarsi Paperopoli.
Sembrava infatti di essere finiti tra le pagine di uno di quei albi di Topolino che leggeva tanto da piccola.
Non che la cosa la stupisse più di tanto, visti i posti in cui era capitata. Aveva parlato con balene volanti, o dei mitologici.
E d'altra parte, sembrava che neppure al loro aspetto di esseri umani nessuno facesse caso.
Ma andava bene così: se questo crossover fosse stato un fumetto, difficilmente i ragazzi della Giudecca avrebbero avuto un becco. Al massimo un tartufo, stile Topolino.

oo
Nina Disney!


Se vi state chiedendo la linea temporale suggerita nel finale dell'episodio precedente, ebbene sì, è la Napoli del passato. Di cinque, dieci o vent'anni fa, poco importa. Tanto si sa che nel mondo Disney il tempo è sempre uguale.
Ma non era quello il momento.
Davanti a lei c'era un nemico alquanto furioso.
Altre rocce si staccarono dai dintorni per andare a infoltire l'ammasso di sassi levitanti, tenuti sospesi dalla bacchetta della fattucchiera.

- Non sono una maga. - Corresse intanto Nina. - Sono una alchimista!

- Pozioni, sortilegi o formule magiche, non fa differenza. - Sentenziò Amelia. - Una novellina come te, che viene in casa d'altri a rubare ciò che non le appartiene, ha bisogno di una severa lezione!

- Nina!

L'urlo di Dodo riecheggiò per le pendici.
Il bambino stava continuando a girare in tondo, inseguito da una cornacchia che non faceva altro che becchettarlo e gracchiare furiosamente.
Roxy raccolse dei sassi e cominciò a tirarli contro il volatile.

- Dodo, tieni stretto il Numero Aureo!

- Gennarì, non lasciare scappà o' guaglioncello! - Incitò di rimando Amelia, in direzione del suo familiare. - Adesso seppellisco quella seccatrice! - Aggiunse, puntando la bacchetta verso la bionda.

Una scarica del Taldom di Nina, tuttavia, la costrinse a parare il colpo con l'artefatto. I massi levitanti ebbero un attimo di sussulto, poi ripresero a stare fermi in aria.

- Il tuo avversario sono io, Amelia! - La sfidò Nina.

- Dannata. - Borbottò la strega. - Per un attimo mi ha fatto perdere la concentrazione. Poi urlò verso l'avversaria. - Mo' te sistemo io!

Poi, una grossa ombra si posò sul campo di battaglia. Era così grossa che oscurò sia Amelia che Nina.

- Quante pietre vuoi raccogliere ancora, con la magia? - Fu la domanda di Nina.

- Ma ca' staje a dire? - Ribatté Amelia, alzando un sopracciglio. - Mi sembravano sufficienti, te le stavo lanciando. Questa ombra non è opera tua?

Nina la osservò, perplessa.

- Decisamente no.

Entrambe guardarono al cielo. Il sole era scomparso, coperto da quella che sembrava una nuvola, ma che in effetti non lo era.
Non a giudicare dal fatto di come stesse divenendo sempre più grande.
Per non parlare dello strano ronzio sempre più forte che lo accompagnava.

- Un aereo che cade! - Esclamarono entrambe, in preda al terrore.

Seguirono confuse scene di panico nelle quali tutti correvano a casaccio e senza una meta precisa.
I detriti, privi di controllo, si erano schiantati sul terreno, non travolgendo per un pelo Gennarino e Dodo.
Quest'ultimo, una volta tanto, non ci badò, terrorizzato com'era dalla minaccia successiva, ben più grossa.
Ma a dispetto di tutto, lo schianto avvenne una decina di metri più in là, senza coinvolgere nessuno, a parte un forte spostamento d'aria.
Curiosamente, non ci fu neppure un'esplosione.
Purtroppo però, il velivolo aveva demolito l'unica struttura solida nella zona, vale a dire...

- La mia casa! - Urlò Amelia, stropicciandosi le mani nei capelli.

Dai rottami ancora fumanti, misti alle macerie della vecchia catapecchia, uscirono, tossendo, due figure.

- Ci sono dei sopravvissuti! - Esclamò Roxy.

Il primo a palesarsi fu un pellicano molto alto e slanciato, vestito con una uniforme di aviatore e una caratteristica sciarpa gialla. Gli occhi gli stavano roteando, in evidente stato confusionale.
Si sistemò con una mano il ciuffo rosso che spuntava dal caschetto.

- Cento punti! - Esclamò, con aria compiaciuta. - Questo schianto è stato uno... schianto!

Nina concluse che doveva star delirando per via della caduta, senonché questa tesi venne smentita dal rimprovero che seguì.

- Un giorno o l'altro ci lascerò le penne, con te, Jet!

Nina rimase basita, cercando di scorgere l'altra figura, ancora avvolta nella nube di fumo.
Trovò il commento persino più strano, nella sua lucidità, rispetto al delirio del pellicano.
Era indubbiamente una protesta, la voce stridula e seccata, ma il tono era fondamentalmente fermo e calmo. Per nulla isterico.
Stonava con la situazione.
Erano reduci da un disastro aereo!

- State bene? - Chiese, sinceramente preoccupata.

- Oh, normale routine. - Rispose spontaneamente il pilota, con una punta di vanità. - Schiantare aerei è la mia specialità!

- Già, prima o poi ci si fa il callo! - Ribatté la voce del suo amico.

Si vide una mano bianca brandire un bastone da passeggio e darlo sulla testa del pellicano.

- Ma finirò sul lastrico, a furia di rimpiazzare aerei!

Fu allora che Nina, Dodo e Roxy rimasero di sasso, perché finalmente il proprietario della voce si era mostrato in tutta la sua persona.
Tuba, occhiali, palandrana rossa, uno sguardo di chi aveva affrontato mille battaglie e ne era sempre uscito vivo. E ricco.
Il suo nome venne proferito dai ragazzi della Giudecca all'unisono, poiché era impossibile non riconoscerlo. Come un disegno che aveva preso vita, una leggenda che si era avverata.

- Paperon De' Paperoni! - Esclamarono quattro voci.

Quattro, sì, perché anche Amelia si era unita al coro.
Gli occhi della strega avevano cominciato a colorarsi di rosso.
Il becco si era incurvato in una smorfia rabbiosa.

- In carne e piume. - Rispose, spolverando la palandrana con la mano. Squadrò per un attimo i tre intrusi. Poco più che bambini, potevano avere l'età dei suoi nipoti, gli stessi che questa volta aveva lasciato a casa.
Poi scosse la testa: c'erano affari più urgenti.
Si aggiustò il copricapo e ricambiò lo sguardo cagnesco della fattucchiera.

- Amelia, perfida spacciatrice di sortilegi! - La apostrofò. - Ridammi subito ciò che è mio di diritto! La Numero Uno!

- A proposito della moneta. - Amelia si girò verso Dodo e il corvo. - Gennarì! Acchiappalo!

La cornacchia gracchiò attirando gli sguardi di tutti sul ragazzino che aveva ripreso a correre.

Paperone capì al volo. - Jet! Vai! Io penso ad Amelia!- Ordinò, puntando il dito.

- Subito, De' Paperoni!

I due rivali di sempre si guardarono ancora una volta negli occhi.

- Aye nu' bel coraggio! Mi demolisci la casa e vuoi anche o' soldo!

- E' il mio soldo, ladra megera! - Rispose il magnate. - Ridammelo o... - E le puntò contro il bastone.

Amelia fece altrettanto, e l'arma volò via dalla mano del nemico.

- Uack! - Gracchiò Paperone, mentre Amelia soffiava sulla punta della bacchetta fumante. - Che me volevi minaccià, Paperone, con nu' bastone da passeggio?

- Il mio bastone, però, è magico! - Intervenne Nina. Il Taldom sparò, ma Amelia deviò il colpo.

- E tu saresti? - Domandò Paperone, sospettoso.

Nina aprì bocca, ma Amelia la precedette. - Chesta criatura e so' amici son venuti qui pe' rubare a' Numero Uno!

- Che cosa? - Sbottò il vecchio, guardando alternativamente tra il sorriso beffardo di Amelia e l'espressione contrita di Nina. - Non bastava Amelia? Un'altra strega?

- Signor De' Paperoni, non è come dice lei! - Provò a spiegarsi la bambina.

Ma Amelia la interruppe subito. - Neghì forsè ca' o' toje cumpagn sta scappànd cu o' decino?

Quattro occhi accusatori si posarono su Nina. - Posso spiegare! Non siamo ladri...

- Menzogne! - Incalzò Amelia.

Paperone guardò ancora con sospetto sia Amelia che Nina.

- Jet, prendi il decino! - Urlò infine, girandosi di scatto.

Aveva deciso di lasciarle perdere. Qualunque fosse la verità, non lo riguardava.
C'era solo una cosa che davvero importava, e cominciò a correre verso di essa.
Dopo tre passi, però, una scarica lo colpì alla schiena, facendolo cadere.
Si voltò, e sapeva già verso chi guardare con infinito odio.

- Amelia! - Soffiò con rancore, davanti alla papera trionfante.

- Non ti ho mentito. - Sottolineò Amelia, quasi offesa da quello sguardo diffidente. - Ma la Numero Uno è comunque mia. Non ti permetterò di sottrarmela.

Si girò immediatamente per respingere la nuova scarica del tandom di Nina.

- E questo vale anche per te, marmocchia.

Le due rivali di magia si guardarono, poi il duello ebbe di nuovo inizio.


"Jet, prendi il decino!"

- Ci sto provando, De' Paperoni! - Aveva risposto distrattamente McQuack, saltellando come uno stambecco tra una montagnola e l'altra. Ma più che alle direttive del suo datore di lavoro, il pilota sembrava più aver a cuore la sorte di quel povero ragazzino inseguito dal fastidioso corvo.
I capelli del pargolo, dello stesso colore dei suoi, erano scompigliati e tormentati dal becco del pennuto.
Vedeva l'espressione sofferente del fuggitivo, che teneva stretto in pugno un qualcosa di luccicante, sicuramente la moneta del padrone.
Getta quella moneta! Avrebbe voluto dirgli. Gettala, così smetterà di beccarti.

- Non li raggiungerò mai! - Concluse, disperato, anche perché il suo fiato di adulto fuori allenamento era già in esaurimento.
Ed anche la sua pazienza. Come raggiungerli?
Poi si accorse, poco lontano. di una ragazza bionda. Costei urlò a gran voce il nome del bambino, invitandolo a venire verso di lei.
Dopodiché la vide abbassarsi a raccogliere pietre.

- Che idea! - Esclamò il pilota, e la imitò.

Fu l'inizio un improvvisato tiro al bersaglio, nel tentativo di disturbare Gennarino.
La mano precisa di Roxy cominciò con clamorosi lanci a vuoto, che divenivano sempre più precisi non appena Dodo si avvicinava, e con lui il corvo.
Poi la bionda si accorse che qualcun altro aveva cominciato a darle manforte. Si girò per un attimo per osservare il pellicano.

- Vi aiuto io! - Esclamò Jet, con il tono pomposo di un eroe.

Roxy annuì semplicemente, e la sassaiola si intensificò.

Finalmente un paio di colpi centrarono la cornacchia, uno alla testa ed uno al corpo. Con un bernoccolo e le stelle che gli giravano intorno alla testa, Gennarino gracchiò di dolore, prima di cadere a vite come un aereo abbattuto.
Vittoria! Stavano per esultare la bambina e il pilota, ma tutto accadde così in fretta che l'euforia si trasformò in vero terrore.
Videro Dodo barcollare, con le gambe e le braccia senza controllo. Il decino stava volando via, lontano dal bambino.
Ma cosa più terribile, fu quel guizzo di sangue dalla fronte del bambino.
Jet lasciò cadere ogni munizione e si portò le mani al becco, mortificato.
Colui che voleva proteggere era caduto, vittima del fuoco amico.
Il suo fuoco amico.

- Dodo!

Il nome pronunciato con disperazione dall'amica suonò come una stilettata nel cuore di Jet.
Lo aveva fatto di nuovo. L'ennesima stupidaggine. Il tonto che gioca a fare l'eroe.
Signore e signori, ecco a voi Jet McQuack.
Poi, da qualche parte, qualcosa o qualcuno gli diede un virtuale calcio nel sedere.
Forse era la sua coscienza, forse un De' Paperoni interiore.
Almeno prendilo al volo, idiota!
E allora agì, d'istinto. Senza riflettere. Lui era stupido, non ne era capace. Ma forse poteva essere ancora utile. Certo più utile che stare a commisersi. Lo avrebbe fatto. Dopo.
Prima voleva assicurarsi di non aver fatto l'irreparabile.
Jet si gettò al volo e prese Dodo in braccio con un tuffo degno di Gigi Buffon. Si rannicchiò, per fare da scudo con il suo corpo durante l'atterraggio.
Non per nulla, lui era uno specialista in quello, che si trattasse di lui o un aereo poco importa.
Intravide, solo per un momento, un luccichìo allontanarsi.
Il decino era andato perduto chissà dove. Sicuramente sarebbe stato il licenziamento in tronco. Ma non importava.
In quel momento voleva solo sincerarsi di non essere diventato un assassino.
Dopo aver battuto ripetutamente il sedere, insieme ad un paio di "Ouch!", Jet finalmente si fermò.
Poi finalmente osservò quel bambino chiamato Dodo.
Gli venne il magone, a vedere il rivolo di sangue che scendeva dalla fronte.
Premette con un guanto sulla ferita, con un principio di panico.
Sangue, perché sangue, poi?
In mille schianti e peripezie, in effetti, forse era la prima volta che vedeva qualcuno farsi male in maniera seria. Persino il corvo, preso con due (!) sassate, era precipitato come da...copione.
Quello che usciva dalla fronte però era sangue, linfa vitale.
Era una cosa anomala
.
- Jet, ripigliati. - Si disse finalmente. - Devi fare qualcosa. Ma cosa? - Si domandò, senza idee.

- Come sta?

La voce a fianco a lui. Era la bambina riccia. Il tono era trafelato.
Jet aprì il becco, ma poi si bloccò.
Non sapeva come rispondere, o aveva paura di farlo.
Temeva di dire l'ennesima sciocchezza.
Ne uscì solo un sospiro, affranto.

- Fammi vedere. - Concluse Roxy, sbrigativa.
Lo spilungone si limitò a porgerle Dodo, con delicatezza.



***

- Voi mi state prendendo in giro. - Edward Elric si grattò la testa. - Come possono dei bambini essere fuorilegge?

- Non avete idea di quante volte quei piccoli delinquenti abbiano messo in pericolo le istituzioni qui vigenti. - Spiegò il sindaco. - Ma è sicuro di non volere un bicchiere di cognac?

- Grazie, non bevo mai in servizio. - Liquidò Ed.

- Forse non ha voglia di alcolici.

Edward strinse gli occhi, attirato dal commento della terza persona presente nella stanza.
Quello strano individuo, dalla comodità della sua poltrona, lo guardava con una cortesia così melliflua da apparire sinistra.
La barba appuntita, unica zona pellifera di una testa completamente pelata, era ancora sporca di cioccolata calda, sorseggiata da una tazza fumante tenuta sulle gambe.

- Conte Carte D'or, la cioccolata non è ciò che si suol dire, una bevanda che di solito bevono gli adulti. - Lo rimproverò bonariamente Loris.

Karkon non si scompose.

- Non sono d'accordo, esimio Sibilus. Il cioccolato è un nutrimento genuino, il preferito presso i bambini del mio orfanotrofio. Ne vuole un po' anche lei, signor Elric? Personalmente, consiglio il cioccolato al latte... ma non si sente bene? E' diventato pallido!

Edward fece un gesto ripetuto con la mano. - Credo che resterò a stomaco vuoto, grazie!...

Dopo un attimo di pausa, il biondo riprese il discorso. - Ho già letto i capi di imputazione, ma se devo essere sincero, mi sembrano tutti uno più assurdo dell'altro. Senza contare il reato peggiore...

- Sì, proprio quello. - Confermò il sindaco.

- Praticare l'alchimia. E' uno scherzo!

- Affatto. - Furono le calme parole di Loris. - Il mio Proclama in merito parla chiaro.

Edward cominciò a perdere la pazienza. Lo stava deliberatamente prendendo in giro?

- Le devo fare una domanda, signor sindaco. Lei è cosciente di chi sono io?

- Ma certo! Ero già stato informato ancora prima del suo arrivo.

- E mi dica. Ha intenzione di imprigionare anche me, dal momento che sono un... alchimista?

All'ultima parola Karkon sputò il cioccolato che stava bevendo e scattò in piedi.
La tazza cadde a terra e si spaccò in mille schegge.

- Machese Sibilus! Che razza di scherzi... - Protestò, frugando nervosamente dentro il mantello, in cerca del Pandemon Mortalis.

Il sindaco alzò una mano per fermarlo. - Si calmi, conte.

- Come posso calmarmi? Tra tutti, ha invitato proprio un alchimista! Va bene essere serpenti, ma coltivare serpi in seno...!

- E' vero, il signor Elric è un alchimista. Tuttavia, la sua denominazione è incompleta. Dico bene?

- In effetti, per essere precisi, sono un Alchimista di Stato.

- Alchimista di Stato? - Karkon era più confuso che mai.

- Sì. - Confermò il sindaco. - La sua carica viene da un'autorità più influente di un semplice regolamento comunale. Quindi la sua era una sterile provocazione, signor Elric. Non avrei mai l'autorità per agire contro di voi. Ma nel caso di Nina e della sua banda la cosa è diversa. La praticano illegalmente, e per scopi sovversivi.

- Ci sono cose poco chiare, al di là di questa "terrorista" Nina. - Ribatté Edward. - A cominciare dalla reazione esagerata, e decisamente sospetta del suo amico Conte.

- Deve scusare la paranoia del conte. - Spiegò Loris. - Ma più di tutti, lui e il suo orfanotrofio sono stati vittime degli attacchi di quella De Nobili.

- A proposito. - Chiese Edward. - Perché mandarmi ad indagare a Villa Espasia e poi interrompere il tutto con quell'assurda retata?

- C'era il timore fondato, che poi si è avverato, tra l'altro, che Nina optasse per l'ennesima fuga. Adesso è latitante.

- Ed io a che servivo, di preciso?

- Da testimone, signor Elric. Testimone di una certa rilevanza. Può confermare che l'indiziata non si è fatta trovare in casa, e tuttora è introvabile. Questo basta per incriminarla. In quanto a catturarla, confidiamo anche nelle sue capacità.

- Chiedo scusa. - Lo interruppe Edward. - Tutto questo straparlare mi sta dando alla testa. Sento il bisogno di uscire.

La porta si aprì, e poi si chiuse di scatto, lasciando in un sordo silenzio i due lestofanti legalizzati.
Quando furono certi che l'ospite si fosse allontanato, fu Karkon a rompere il ghiaccio.

- Marchese, quell'individuo è una grossa rogna!

- Al contrario, conte. Ho solo preso la palla al balzo di questa visita ispettoriale da parte dello Stato per usare l'ospite a nostro vantaggio. Beninteso, sempre che Nina si faccia di nuovo... viva.

- Viva? - Ridacchiò Karkon. - Con Arnold ne dubito, e molto.

Sindaco e Conte ridacchiarono.
L'ultimo androide alchemico era un qualcosa di spaventoso, perfetto, indistruttibile. Era stato creato avvalendosi di una intelligenza artificiale avanzatissima. Non c'era nessuno che gli potesse sfuggire.
Tantomeno Nina.


***


- Nulla di particolarmente grave. - Concluse Roxy.

La fasciatura era ormai completa. Dodo, ancora incosciente, era sorvegliato da un apprensivo Jet.
Il senso di colpa lo perforò di nuovo, insieme a una forte preoccupazione.
Perché non si risveglia?
Il pellicano assunse un'espressione mortificata.
Roxy lo guardò, e si intenerì. Gli mise una mano sulla spalla.

- Dodo sta bene.

- E' quello che spero. Ultimamente faccio solo guai. Ultimamente, da quando sono nato, intendo.

- Non dica così. A parte... l'incidente, lei ci ha aiutati! Ed è anche uscito vivo da un disastro aereo! Non è cosa da tutti, signor...?

- Jet McQuack. - Si presentò il pellicano. - Pilota... o dovrei dire frana. Trattandosi di pilota, sarebbe più giusto schianto, ma sono un tipo molto modesto.

Roxy rise. - Sei simpatico.

- Beh, ci provo. - Si schernì lui. Poi guardò in giro nella vana ricerca della Numero Uno, e sospirò. - Chissà se qualcuno potrà assumermi come "simpatico", dopo che sarò licenziato. Un simpatico di professione, come ti sembra l'idea?

Roxy si grattò la testa di fronte alla domanda nonsense di Jet. Non aveva un senso logico. Però la divertiva.
Gli sorrise. - Perché no? A proposito, io mi chiamo Roxy.


Poco lontano.
Paperone era steso a terra, mentre Amelia aveva costretto in ginocchio Nina, ansimante.
La magia della strega si era rivelata molto potente, ed apparentemente la bambina della Sesta Luna era in svantaggio.

- Ammètt ca' me aie fatto
sudare, bambina. - Commentò, ansimante. - Forse perché anche tu sì italiana. - Aggiunse, con un piccolo, inconfessato sorriso di complicità.

Il vecchio miliardario poggiò a fatica le mani a terra.

- Dannata Amelia. Non hai ancora vinto.

Mise una mano nella palandrana e frugò. Ciò che tirò fuori mise sull'allarme Amelia, ma il vecchio cilindro aveva già alzato la mano per lanciargliela.
Putroppo, però, i riflessi del vecchio furono più letti della strega, che con un colpo gli fece volare via la fialetta.
Questa andò a finire ai piedi di Nina.

Paperone imprecò.

- Mi credi scema, Paperone? Volevi fermarmi con dell'aglio?

- Una fialetta di aglio, eh? Interessante.

La bambina della Sesta Luna non aveva perso tempo, raccogliendo il contenitore.
Amelia si girò di scatto, imprecando, verso la minaccia, sparando un altro raggio.
Ma i riflessi di Nina furono più veloci e, mentre parava il colpo col Taldom, buttò con l'altra mano la fiala, che si infranse direttamente sul corpo di Amelia.
La strega si sentì improvvisamente debole e cominciò a gemere. La bacchetta cadde di mano e le gambe cedettero.

- Ben ti sta, strega! - Acclamò Paperone, cercando per terra bastone e tuba.

Nina stava tenendo puntato il Taldom contro Amelia, che alzò istintivamente un braccio per ripararsi.

Paperone, risistemati tuba e bastone, la incalzò. - Che aspetti? Finiscila! E' una strega malvagia!

No. - Nina abbassò il Taldom. Poi, una grande indignazione le salì dentro. Anche nel mondo dei paperi, gli adulti erano così sciocchi? - Come può chiedermi una cosa tanto orribile, De' Paperoni?

La bambina alzò gli occhi carichi di disapprovazione, ma si imbatté in un insolito sorriso da parte del vecchio cilindro.

- Ti stavo mettendo alla prova, ragazzina. Non so chi tu sia, ma non mi sembri avida o cattiva. Di certo, sei migliore di lei. - Un cenno di sprezzo andò contro Amelia. - Ma comunque non avrai la mia Numero Uno. Ci siamo capiti? - E si avviò per raggiungere il suo assistente.

Nina osservò la figura agonizzante della strega napoletana.
Il Numero Aureo. Perché era così importante, tale da coinvolgere tante forze in campo? Ed ancora non si era fatto vedere alcun scagnozzo di Karkon.
Ovviamente, aveva parlato troppo presto.

Il rumore di un mitra fece balzare d'istinto tutti i presenti a terra. Alcune rocce esplosero in sequenza, seguendo un tragitto preciso che andò pericolosamente vicino a Nina.
Poi, il silenzio.

La piccola alchimista alzò la testa per studiare la situazione.
Improvvisamente, sulla fronte della bambina si accese un puntino rosso, una luce che dipinse il suo volto di un genuino terrore.
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
Davanti a lei, una canna fumante.
Sopra, il proiettore del led che la teneva sotto tiro.
Una mitraglietta, impugnata senza fatica con una mano, da quello che Nina riconobbe come il più spietato degli androidi, una montagna di muscoli come Tupac, ma al contrario di lui, granitico e impassibile.
I capelli ispidi e corti, gli occhiali scuri che non riflettevano nulla, se non la paura della morte da parte di lei.
Il temibile Arnod Tiottocento, chiamato dagli amici "Terminator".

E fu con una sola frase che l'androide la salutò.


- Hasta la vista, baby.



Nooo! Come continuerà? Come si salverà Nina? SE si salverà (arh! arh! arh!)

E quali altri elementi verranno coinvolti, in vista del gran finale?

Lo saprete nella terza ed ultima parte della Parodia della Sesta Luna!





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Capitolo 3
*** TerNinator Genisys ***


Nina 3
TerNinator Genysis



Nina chiuse gli occhi per un attimo, aspettando quello schioppo che avrebbe spiattellato il suo cervello sulle rocce vulcaniche.
Lì riaprì quasi subito, quando la voce strozzata e maccheronica della fattucchiera indebolita raggiunse le sue orecchie.

- Guaglioncella, hai un asso nella manica!

Le pupille si si erano fissate in un microsecondo sulla figura di Amelia. Cercò negli occhi della papera la risposta al sibillino suggerimento.
Un asso nella manica? Di che parlava? Era un tranello? Una sorpresa? Un trucchetto?
Poi un rumore meccanico la riportò alla realtà. Il dito sul grilletto stava per essere premuto.
Istintivamente, Nina alzò un braccio nel vano tentativo di difendersi, e lo vide.
Nessun trucco, nessun inganno, nessun enigma.
Il suggerimento della papera andava inteso in senso letterale!
Nina guardò la carta spuntarle dalla manica, e pronunciò qualcosa che non seppe interpretare neppure lei.

RATATATATATA!

Una sequela di colpi ripetuti partì dalla canna della mitraglietta e andò a crivellare le rocce vicine.
Ma nessuna di esse si sporcò di sangue, cervella o resti umani.
Mentre il fumo si diradava dalla canna dell'arma, la vista bionica di Arnold analizzò freneticamente il campo visivo, alla ricerca del bersaglio.

Not found. Not found. Not found.

Il cyborg provò una sensazione simile alla confusione. Girò la testa, smarrito, aumentando l'area di ricerca. Poi, una lontana sagoma in cielo gli fornì la risposta.

Nina, dal canto suo, era più confusa che mai.
In un attimo il Taldom si era trasformato nel Gughi, il leggendario gufo gigante a quattro ali di Xorax, e adesso lo stava cavalcando, a circa cinquecento metri d'altezza.
Ma com'era possibile?
L'alchimista scoprì di avere ancora nella manica quella carta. La tirò fuori.
Scoprì che non era un asso, ma un tarocco. Anzi...

- Un Alchitarocco! - Esclamò. Però era di un tipo che non aveva mai visto prima. Guardò un disegno raffigurante il Gughi, e sotto, una scritta: "The Fly".

- Un Alchitarocco del Volo? - Si chiese ad alta voce.

Ma non ebbe il tempo di indagare oltre, poiché alcuni proiettili fischiarono vicino a lei, costringendo il Gughi a brusche virate. Nina dovette aggrapparsi forte, per non cadere.

Il visore di Arnold aveva già inquadrato la bambina, mentre la grossa scritta "Lock On" lampeggiava nei suoi occhi.
La mitraglietta stava vomitando una gran quantità di cartucce, nel tentativo di terminare una volta per tutte l'obiettivo.
Amelia si limitò a guardare la scena, mentre Paperone ancora era appiattito a terra, tenendosi stretta la tuba contro il cranio.

Nina aveva lo stomaco sottosopra, come quella volta dopo il giro a Gardaland sullo Space Tornado (o era Blu Vertigo?).
Il Gughi stava dando del suo meglio per non farsi colpire, ma così la situazione era in stallo.
Avrebbe voluto rispondere al fuoco tramite il Taldom, ma era troppo distante.
Frugò in tasca, sperando in qualcosa. E qualcosa trovò.

- Un altro Alchitarocco?

Questa volta l'immagine era di un lupo dalla pelliccia piena di spuntoni aguzzi. La didascalia recitava: "The Thunder".

- Alchitarocco del Tuono? - Si chiese.

Come a rispondere al suo nome, la figura del lupo uscì come un lampo e si materializzò vicino a lei, correndo in cielo, senza bisogno di ali.
Nina lo fissò, ricambiata. L'animale neppure si preoccupava dei proiettili che venivano dal basso. Quelli che toccavano il suo corpo lucente si disintegravano sfrigolando e producendo un fumo nerastro.

- Sei un Alchitarocco? - Le chiese Nina. Un ululato fu l'unica risposta, che all'alchimista non parve né un'assenso, né un diniego.
Ma almeno la natura della bestia era evidente.

- Mi puoi aiutare?

Il latrato di risposta aveva già una valenza più affermativa. Nina puntò il Taldom verso il bersaglio, e la bestia si trasformò in una saetta per scendere a terra alla velocità della luce verso il bersaglio.


Ciò che videro i presenti a terra fu spettacolare: l'androide venire colpito in piedi da una scarica di migliaia di volts, come una punizione degli dei, per il solo fatto di esistere in un tempo che non gli apparteneva.
Una fontana di scintille cominciò a piovere dalla figura agonizzante di Arnold, che senza un lamento si accasciò a terra.
Grossi fili di fumo si alzarono dalla carcassa.

Nina atterrò con il Gughi.
Appena i piedi toccarono terra, l'uccello di Xorax sparì insieme il Lupo, e le due carte tornarono a materializzarsi nelle mani di Nina.
Venne raggiunta da Roxy, Paperone e Jet con Dodo in braccio.

- Nina, tutto bene? - Chiese la ricciola, abbracciando l'amica.

- Sì, sì... - La rassicurò lei. - Sono solo un po' confusa.

- Ma come hai fatto, Nina? Prima il Gughi, poi quel fulmine...

- Alchitarocchi. Almeno credo.

La bambina della Sesta Luna  osservò la fattucchiera, ancora debole per gli effetti dell'aglio.

-  Amelia, è opera tua?

- E' solo nu' regalo. - Liquidò la papera, distogliendo lo sguardo. - Pecché tu sì meglio de' a vecchia tuba. Nun so assaie e' chelle carte. Ma so ca' li chiaman "Alchitarrocchi e' Clow"

- Alchitarocchi di Clow? - si chiese Nina. - C'è qualcosa che non quadra.

- Niente quadra qua, se non l'avessi capito! - Sbottò Paperone. - Voi! Quel pazzo armato fino ai denti che non ha becco né tartufo, esattamente come voi!

- In effetti noi non siamo di queste parti. - Spiegò Nina. - Voglio dire, neppure di questa dimensione. O di questo tempo? - Ormai non lo capiva più nemmeno lei.

- Va bene, va bene, i dettagli non mi interessano. - Liquidò il miliardario. Dopotutto De' Paperoni aveva avuto a che fare con divinità, alieni, creature sovrannaturali, popoli sconosciuti, civiltà dimenticate, dimensioni parallele, viaggi nel tempo, di tutto e di più. Sinceramente non gli interessava nulla della natura dei nuovi ospiti.
C'era solo una moneta da recuperare. La sua Numero Uno.

- Jet!

A sentire il suo nome, McQuack scattò sull'attenti come un soldato. Non prima, però, di aver posato delicatamente a terra Dodo.
Tra l'altro quest'ultimo gesto venne notato da Nina, che si allarmò per le condizioni del bambino, e Roxy dovette spiegare tutto per calmarla.
Dopo i chiarimenti, Paperone tornò a rivolgersi a Jet.

- Dov'è la moneta? - Tuonò, come un sergente nei confronti di una recluta dalla coscienza sporca.

- Temo di averla persa, De' Paperoni. - Confessò in un soffio l'altro.

- Che cosa?

Il lamento stridulo del vecchio fece deglutire il pellicano. - E' stato un incidente, De Paperoni.

- E' vero! - Intervenne Roxy. - Jet ha voluto aiutare me e Dodo e...

- Tu non immischiarti, ragazzina! - Paperone la liquidò con un'occhiataccia e poi tornò al suo dipendente. - Incidente un corno, incapace! Adesso la ritroverai, dovessi scavare il Vesuvio palmo a palmo! Marsch!

L'ultima parola fu uno straordinario esempio di ordine militaresco. Il pilota corse subito a darsi da fare.
Non sapeva esattamente cosa fare, né come, ma perlomeno era sollevato da non aver sentito l'infame parola "licenziato!".

Nina guardò storto il signore, trattenendo una gran voglia di dirgliene quattro, quando si accorse da un mugolio che lo svenuto si stava finalmente svegliando.

- Dodo! Stai bene?

Ne seguì un lungo abbraccio. Il bambino si guardò attorno, confuso.

- C-c-che cosa è successo?

- E' tutto a posto, ora. - Gli rispose Roxy. - Tranne per il Numero Aureo.

- E' apparso anche l'androide di Karkon. - Aggiunse Nina.

- A-a-androide? - Balbettò Dodo, con un moto di terrore.

- Sì, ma adesso è sistemato! - Sorrise Nina. Ma Dodo non si tranquillizzò, anzi. Gli occhi divennero iridi minuscole.

- S-s-sei s-s-sicura, Nina?

- Ma certo!

Poi una enorme ombra sovrastò i tre. Nina e Roxy si voltarono, e assunsero la stessa espressione di Dodo.

- Beh, forse no. - Si corresse Nina.


Davanti a loro, Arnold si erigeva in tutta la sua potenza, i vestiti polverizzati. Vale a dire, nudo. Una montagna di muscoli, con in più...
Nina e Roxy distolsero lo sguardò, imbarazzate.

Arnold, con la solita loquacità, disse solo una frase.

- I'm back!


***

Cesco, seduto a terra e con le spalle appoggiate al muro,  cercava per l'ennesima volta di pulire quegli occhiali luridi su un ancora più impolverato vestito.
Fiore era quella che languiva di più, senza la presenza di un libro, o di un I-Pod con qualche rinfrescante brano di Vivaldi.
Ljuba aveva smesso di lamentarsi e si era finalmente assopita.
Peccato che il suo russare fosse così turbolento che i bambini accarezzarono l'idea di svegliarla per farle riprendere i piagnucolii.

A un certo punto, il rumore di alcuni passi spezzò la quiete (ma non il russare della tata).
Si sentì un piccolo e concitato vociare delle guardie. Poi un paio di colpi, lamenti soffocati e corpi accasciati a terra.
Ancora un paio di passi, e poi una voce familiare.

- Ehy, ragazzini.

Cesco e Fiore guardarono con sorpresa, e subito dopo con diffidenza, la faccia di Edward, ricambiati dallo stesso sentimento.

- Che sorpresa, il piccolo signor Elric.

La frecciatina acida di Cesco irritò il biondo.

- Chi è piccolo, bamboccio quattrocchi?

- Cesco! - Lo redarguì Fiore. - Non è il caso.

- Almeno qualcuno che conosce le buone maniere c'è. - Commentò Ed, calmandosi.

L'apprezzamento riempì di orgoglio la bambina, lei che da sempre del bon ton faceva un vanto.

- In che cosa possiamo esserle utili? - Cinquettò deliziata.

- Quello che farò non sarà propriamente legale. - Anticipò Ed a mezza voce. - Ma ho bisogno della vostra collaborazione.

- Collaborazione per cosa? - Domandò Cesco. - E cosa esattamente sta per fare?

- Questo. - Edward unì le mani, poi  le impose sulla serratura della cella.

Questa, semplicemente, si distorse e si piegò, come se fosse stata divelta da una grande forza.
La porta del cancello si aprì cicolando, senza sforzo.
Cesco e Fiore osservarono il fenomeno, scioccati.
L'occhialuto fu quello più colpito.

- Magnetismo? - Ipotizzò. Come Magneto, nei fumetti.

- No. - Edward si stava godendo appieno gli sguardi strabuzzanti dei due. Soprattutto lo spilungone, che aveva finalmente abbassato la cresta. Con la tranquillità più naturale del mondo, spiegò. - Alchimia.

Quella parola venne ripetuta ad alta voce dai ragazzini, in totale incredulità.
Tutta quella enfasi indispettì Edward, trasformando la boria in insofferenza.

- Beh? Che c'è di strano?

- Lei è un alchimista?

- Quattrocchi, sembra che non ne abbiate mai visto. Non è neanche la vostra amica una alchimista?

- Beh, ma da qui a piegare il ferro con le mani!

- A ben vedere, anche quel Karkon ha fatto una reazione simile alla vostra.

- Non è in combutta con lui?

- "Combutta"? Di che parli, bambina?

Fiore si impettì. - "Bambina"? Che modi! Mi chiamo Fiore.

Edward si scusò. Poi riprese. - Comunque quel presunto benefattore mi è sembrato molto sospetto. Ed è per questo che sono qui.

- Per cosa?

- Per accompagnarmi a Palazzo Carte D'Or.

- Nella dimora del Conte? - Sbottò Fiore, incredula.

- Mi sembra la cosa più logica. - Intervenne Cesco. - Se Karkon ha qualcosa da nascondere, sarà sicuramente là.

- Il problema sarà come uscire da qui. - Ribatté la fanciulla. - La sorveglianza è ben stretta.

- Se quella la chiamate sorveglianza. - Fece spalluce Edward.

- Che cos....? - Cesco allungò lo sguardo, e notò i due custodi di guardia accastati l'uno sopra l'altro, con vistosi bozzi sulle teste.

Probabilmente una sorte simile era toccata a tutto il corpo di vigilanza.
Si aggiustò gli occhiali, rassegnato. Dopo la dimostrazione alchemica di prima, stupirsi ancora era da sciocchi.

- Se è così forte, potrebbe andare là e devastare il tutto da solo.

- E creare un incidente diplomatico? A me servono prove. E poi voi sapete come muovervi. Mi hanno detto che in quel palazzo ci siete già stati, vero?

- Più di una volta. - Rispose l'altro, con un sorriso di soddisfazione.

- A proposito, che ne facciamo di...? - Edward indicò la tata, che nonostante tutto il trambusto era ancora immersa nel suo status ronfis.

- Lasciamola qui. - Sentenziò Cesco.

Fiore guardò sconcertata l'amico. - Ma è un gesto da... da...

Stronzi.
Fiore non avrebbe mai osato espletare quella volgarità, ma Cesco l'aveva intuita benissimo, ed era anche d'accordo con lei. Tuttavia...

- Non possiamo certo portarla con noi, e anche se la facessimo scappare, sarebbe braccata dalla polizia. E' più al sicuro qui, almeno fino a quando non riusciremo a scagionare lei e noi.

- Allora è deciso. - Concluse l'Alchimista d'acciaio. Con una trasmutazione riportò la serratura al suo stato originario. - Ed ora sbrighiamoci, che da qui a poco anche io sarò sulla ista dei ricercati.


***

- Geronimoooo!

Un intrepido Jet McQuack aveva voluto intervenire avventandosi addosso a Tiottocento, forte dei suoi muscoli e della massa corporea.
Il risultato fu che Arnold fece una trottola di lui (cit. Principe di Bel Air) e lo lanciò via come un pallone da basket.
Un patetico urlo si allontanò insieme a lui, mentre Nina tentò un attacco con il Taldom, scarica che lo fece appena barcollare.

-
No hay problema.  -  Si limitò a dire.

- Roxy, Dodo, scappate! E' me che vuole! - Urlò Nina.

Il bambino si oppose. - N-nina! N-non non vogl...

Roxy, però, lo prese per mano e tirò con forza. - Nina se la caverà, Dodo! Dobbiamo trovare il Numero Aureo!

- Presto! - Incalzò l'alchimista.

Con riluttanza, il duo cominciò ad allontanarsi, incoraggiato dal fatto che Arnold aveva tirato fuori da chissà dove un lanciamissili.

Nina, intanto, sparava raggi a casaccio, anche perché era troppo imbarazzata per guardare Arnold nella sua nudità.

- Brutto maniaco  esibizionista! Anziché un lanciarazzi, tira fuori un paio di mutande!

Con questo rimprovero, Paperon De Paperoni era saltato direttamente addosso al Terminator.
Se il cyborg avesse avuto le mani libere, il papero sarebbe stato afferrato al volo e rilanciato come una pallina di baseball, anche con un lancio da manuale.
Tuttavia, il fatto che Arnold impugnasse un'arma così ingombrante diede a Paperone il vantaggio sufficiente a far nascere una colluttazione.
Il primo missile sparato per errore finì in aria ad esplodere come un fuoco d'artificio. Ma la cosa più importante era che adesso l'androide si divincolava senza badare a Nina, girandosi finalmente di spalle.

- Dannazione! Ci sarà un modo per spegnere questo affare? - Si lamentò intanto il miliardario, sballottato come cowboy su un toro meccanico, anzi, bionico. - Uno stramaledetto punto debole?

- Un punto debole ce l'ha! - Affermò prontamente Nina, libera finalmente di ragionare. - Può essere distrutto con dell'acciaio fuso, o comunque della lava incandescente. Sì. ma dove posso trovarli?

- Si dà il caso che il Vesuvio sia un vulcanoooooooo - Urlò Paperone, prima di venire scaraventato via da una decisa scrollata di spalle.
Il miliardario andò a finire una decina di metri più in là, atterrando con uno "Squack!"

- E' vero! Però il Vesuvio è un vulcano inattivo... - Nina era sempre più perplessa.

- Gioca bene le tue carte, guaglioncella!

Nina guardò Amelia, che la stava accogliendo con un occhiolino d'intesa.
Gli Alchitarocchi! Forse c'era un modo per risvegliare il gigante dormiente.
Frugò nelle tasche e ne trovò due. The Firey e The Earthy.

- Alchitarocchi del Fuoco e della Terra! - Pronunciò, mentre Arnold l'aveva di nuovo "agganciata" e stava preparando a far fuoco.

I due spiriti elementali si materializzarono, lui focoso, lei terrona (ma perché? perché queste battute?), poi si unirono in un abbraccio e si infilarono sottoterra.
Una violenta scossa di terremoto sconvolse l'ambiente e fece perdere l'equilibrio a tutti, compreso Arnie, il cui secondo colpo finì per fare l'ennesimo "buco nell'aria".
Poco dopo, dal cratere del vulcano cominciarono a partire lapilli e tizzoni ardenti.
Il vulcano aveva ripreso vita!

- Ce l'ho fatta! - Esultò Nina.

- Già, ma aspetterei ad esultare. - Urlò Amelia. - Adesso dobbiamo smammare, che stiamo in guai grossi!

Il riferimento andava alla colata lavica che aveva cominciato a traboccare, un fiume rosso in piena tra fumi di zolfo e vapore acqueo, portando con sé morte e distruzione.


***

Palazzo Carte D'Or.

Dlin Dlon.

- Per la pioggia e per il vento, chi è che suona a sto convent... no, ho sbagliato battuta! - Si lamentò Visciolo, dannandosi per essere già entrato impreparato nel suo secondo e ultimo momento di scena di tutta questa fiction.
In realtà, aveva preparato tutta la mattina proprio quella battuta, salvo poi accorgersi che quello non era un convento, ma un palazzo.
Ma cosa poteva far rima con "palazzo"?

- "Per il matto e per il pazzo, chi è che suona  a sto palazzo?" - Recitò, senza troppa convinzione. Non aveva senso.

Dlin Dlon.

- Un attimo! - Commentò, scocciato. - Dunque, proviamo così, "Mentre io mi faccio il mazzo, chi è suona a sto palazzo?"

Dlin Dlon.

- Arrivo! - Rimarcò il servitore.
La frase non lo convinceva del tutto. Che in effetti lui si facesse il cosiddetto a pulire e stare dietro i capricci del padrone, nonché dei suoi insopportabili gemelli Barbise e Alvessa, pardon, Alvise e Barbessa, era indubbiamente vero.
Ma "mazzo" era una parola volgare, inadatta a una fiction per bambini e se l'avesse saputo l'autrice Moony, sarebbe stato levato di mezzo come i tanti personaggi minori a cui era toccata una simile sorte!
Già nel primo capitolo Max aveva pronunciato una parolacc...

Dlin Dlon!

Dicevo, una parolaccia, ma fortunatamente era censurata.
Poi Arnold Tiottocento nudo era già qualcosa che avrebbe messo sicuramente la fiction a rating giallo, quindi era strettamente necessario modificare quella battuta con qualcosa di meglio.

Dlin Dlon!

Magari si poteva invertire la frase. Visciolo provò.

- Chi è che suona a sto palazzo, per... per...

Dlin Dlon!

- Chi è che suona a sto palazzo... andiamo Visciolo, andiamo! ...

Dlin Dlon!

- Chi ...

Dlin Dlon!

Esasperato, Visciolo aprì la porta e urlò.

- Chi è suona a sto palazzo, perché m'ha già rotto il ca...!

Per fortuna una mano guantata di bianco gli tappò la bocca prima che potesse pronunciare l'irreparabile.

Anche se giunti a questi punto, sia fuori discussione far leggere questa fiction a Moony senza farle venire un esaurimento nervoso (sigh).
Se non altro, non viene shippata la KarNina, o la ViscioKar, la RoxyBar (non so chi sia Bar, ma ci si ritrovano tutti come le star!), o la FiltroFiore, che forse sarà meglio somministrarne alla signora Witcher una tazza, pena l'esaurimento nervoso che le prenderebbe per aver letto questo ammasso di demenza.
Scusate l'Off Topic compulsivo, riprendiamo.



Come a punirlo per la volgarità quasi detta, un pugno raggiunse il povero zoppo, mettendolo K.O.
Fiore, sulla soglia, guardò di sbieco Edward, mentre questi trasmutava l'attaccappanni in metallo per attorcigliarlo attorno al corpo del vecchio, come una corda.

- Era necessaria tanta violenza? - Protestò.

- Perché, lui non stava commettendo violenza verbale? - Ironizzò Edward.

- Avete notato di come le situazioni stiano diventando sempre più demenziali? - Puntualizzò Cesco. - Ed anch'io comincio a sentirmi un po' O.o.c. ...

- Sto provando la stessa cosa. - Convenne Fiore. - Segno che dobbiamo sbrigarci. Anche il "quarto muro" si sta già sgretolando.

- Bene, cercare dove? Fate strada, prego.

- Sicuramente, al Laboratorio Nero.

- Laggiù, Cesco?

- Certo, Fiore, sicuramente troveremo le prove che cerchiamo.

La discesa nel palazzo fu relativamente indisturbata, deludendo un po' Elric, desideroso d'azione.

Si trovarono davanti a una grossa porta blindata, sigillata ermeticamente e a prova di ladro.

- Eccoci a destinazione. - Esclamò Cesco. - Adesso viene il difficile, per poter entrare ci vorrebbe...

Neppure un secondo dopo, la porta era stata trasmutata in una batteria di pentole da cucina, con tanto di Mastrota.
I bambini sospirarono, ormai abituati.

- Metallo, vero? - Puntualizzò Cesco.

- Yeah, Metallo forever! -  Sorrise Edward, mostrando pollice, indice e mignolo.

- Intrusi!

Il trio si voltò.
Tre bambini li stavano guardando, con occhi ostili e carichi di odio. Questo sentimento era ricambiato da Cesco e Fiore.

- Barbise, Alvessa, e Gastilo!

- Avete un bel fegato, a venire nella tana del lupo. - Li apostrofò sprezzante Alvessa.


Edward, intanto, notò le tre K sulle magliette. - K.K.K. uhm, molto sospetto, gli mancano solo i cappucci bianchi. Ma a me sembrano comuni bambini.

- Chi hai chiamato 'bambini', bamboccio? - Soffiò Gastilo, prima di tirare un potente pugno contro Edward.

L'alchimista parò il colpo con il braccio sinistro. Ciò che non si aspettava fu la forza del diretto, che lo fece arretrare di un passo.
Poteva ancora sentire il formicolio al braccio umano.

Che diavolo di forza hanno?

Gastilo ripeté l'attacco, ma questa volta Elric afferrò saldamente il braccio con la mano destra, e glielo storse, costringendolo a terra.

- Non sono semplici bambini!

- No! - Confermò Fiore, prima di venire presa d'assalto da Barbessa. Le due bambine ruzzolarono avvinghiandosi per i capelli.
Fu uno di quei momenti in cui la bambina della Giudecca ringraziò di avere i capelli corti e non vulnerabili trecce come la piccola criminale sua avversaria.
Di contro, però, Barbessa aveva l'indole violenta di una frequentatrice di risse, mentre lei con la lotta era proprio negata.
Fu Cesco ad intervenire, cercando districare Barbessa da Fiore. E nel mentre, completò la frase dell'amica.

- Sono creazioni di Karkon!

Alvise intervenne a sua volta a zittirlo con un calcio nello stomaco.
Edward  abbandonò la presa su Gastilo, lasciandolo col braccio dolorante. Senza fatica, afferrò per la collottola i due gemelli androidi e lì tirò via.

La monella con le trecce si dimenò in preda alla furia. - Dannato nano, lasciaci!

Alvise non fu da meno. - Ce la pagherai, pezzo di m...

Stufato da tanta volgarità, Edward fece cozzare le capoccie dei due zucconi. Il rumore metallico dei crani in collisione non lasciò dubbi sulla natura artificiale di quegli esseri che finalmente avevano deciso di perdere i sensi.

- Dunque, questi sono homuncoli? - Commentò Edward, corrucciato. Aprì le mani, lasciando andare i gemelli.

Sì. - Confermò Fiore, aiutando Cesco ad alzarsi. - Li spaccia come bambini dell'orfanotrofio, ma è tutta una facciata per coprire il laboratorio e i suoi esperimenti!

Edward digrignò i denti. - Altro che reato d'alchimia. Questo è fuorilegge!

Poi alcune grida attirarono l'attenzione. Era Gastilo, strisciante, che stava chiamando a gran voce i rinforzi.
Altre due bambine, infatti, arrivarono sulla scena: Sabina ed Irene. La seconda stava sbocconcellando un topo, cosa che fece inorridire tutti.

- Il laboratorio del Magister è stato profanato! - Urlò la prima.

- Sistemiamo gli intrusi! - Sentenziò la seconda. - Tra un boccone e l'altro.

Edward trattenne una smorfia di disgusto, ma contemporaneamente era contento. Finalmente si parlava la sua lingua: combattimenti e homuncoli.
O Visitors, guardando la mangiatopi.
Si sfilò il guanto destro, rivelando l'automail.

Fiore sussultò, Cesco, avendola già vista, non si formalizzò.

- Voi due, - Li chiamò Edward. - Cercate nel laboratorio! A questi ci penso io.


***

L'eruzione era in pieno atto.
Ai bambini della Giudecca parve di aver fatto un altro viaggio indietro nel tempo, direttamente nel 79 Dopo Cristo!
Nina aiutò Amelia a mettersi in piedi, aiutanto da un borbottante Paperone.
Jet, Dodo e Roxy li raggiunsero: separarsi in quelle circostanze sarebbe stato da folli.

- Dobbiamo andarcene! - Esclamò Nina.

Roxy ribatté. - Sì, ma come?

Fu Paperone a tirare fuori l'idea, letteralmente, dalla palandrana.  - Per fortuna ho con me l'ultima invenzione di Archimede, l'Elicottero Instantaneo!

Tutti guardarono ciò che aveva in mano: una strana fiala con sopra una scritta: "Capsule Corp."
I legittimi dubbi sulla sincerità di Paperone vennero però accantonati dall'eccezionalità della situazione.

- Signor De' Paperoni, si sbrighi! -
Sollecitò Jet. - Così potrò guidarlo e portarvi via da qui!

- Certo!

Il vecchio cilindro premette un bottone all'estremità della fiala con il pollice, e poi gettò a terra l'invenzione.
Da una nuvola di fumò uscì finalmente il mezzo tanto desiderato... peccato che non fosse quello.

- Un motoscafo? - Si lamentò il pellicano. - Signor De' Paperoni, io guido velivoli. Non ho mai pilotato natanti!

-
Chello è o' meno. Nu' motoscaf  'ncoppa terraferma nun serve a niente. - Aggiunse Amelia. - Complimentì, vecchia tuba!

- Squack! Archie mi ha dato la capsula sbagliata! Sapevo che non dovevo fidarmi di quell'inventore!

- Tutti a bordo lo stesso! - Sentenziò Nina. - Voleremo con l'Alchitarocco del Galleggiamento.

Una carta con la didascalia "The Float" era già pronta all'uso.

- Sì, ma chi guida? -Chiese Jet.

- A quello ci penso io! - Rispose Roxy con un lampo di determinazione che non le si era mai visto prima.


Gli adulti avrebbero avuto qualche riserva sull'idea, ma davvero non c'era tempo. Saltarono tutti a bordo e partirono di gran carriera.
Arnod si era nel frattempo rialzato, quando vide un motoscafo levitante discendere lungo il pendio, in direzione del mare.
Il sistema di puntamento ottico si rimise in funzione, e in un secondo il lanciamissili era già pronto all'azione. Ancora qualche secondo, e la scritta "Lock On" avrebbe dato il via libera al lancio del razzo.
Ma quel momento non arrivò mai, perché un fiume di lava travolse l'androide.

Da lontano Nina si accorse di una mano che, quasi implorante, usciva dal fiume rosso, prima di venirne a
nch'essa inghiottita.
La bambina distolse lo sguardo. Era una morte orribile persino per uno come lui.

- Arnold non ci darà più fastidio.

Ma il pericolo non era finito. Il sangue della terra scendeva impetuoso lungo il percorso, tallonando la barca.

- Dai gas! Dai gas! - Spronò Paperone a Roxy. - La lava ci è alle calcagna!

- Ci sto provando! - Rispose la conducente. Evitare alberi e montagnole si stava rivelando molto difficoltoso.

Dopo alcuni minuti di spericolati slalom e saltelli, la barca prese un'ultima montagnola che le fece spiccare un ultimo balzo di parecchi metri. Giusto in tempo, perché l'Alchitarocco del Galleggiamento aveva appena esaurito il suo effetto.
Durante il volo Dodo urlò, tenendosi stretto a Nina.
E finalmente, l'acqua.
Il motoscafo balzellò sull'elemento, e poi le eliche cominciarono a mulinare l'acqua per portarsi via al largo.

-
Puoi rallentare. o' magma si è riversat into mare!

Il gruppo guardò con sollievo il mostro il materiale incandescente che finalmente baciava la superficie salata del Golfo di Napoli. Enormi nubi di vapore acqueo indicavano come un cartello di "Stop" il confine che il vulcano non poteva valicare.
Tutti esultarono e si abbracciarono. Grandi pacche sulle spalle andarono a Roxy da parte di Jet.

- Hai talento, Roxy! Un giorno ti insegnerò a pilotare gli aerei!

Solamente Paperone aveva l'aria moscia. Amelia conosceva bene il motivo: infatti ne condivideva l'umore.

- Il mio decino. - Piagnucolò lo Zione. - Il mio decino è andato perduto.

- Gìà. E io non solo tengo perso il tuo decino. Ma pure a' mia adorat casa!

- Oh, di quello non devi preoccuparti. - Ribatté il vecchio. -
La farò ricostruire a mie spese.

- Cosa senton e' mie orecchie? Tu, viecchio taccagno, ca' fai caccos e' altruìst per me?

- Non te lo meriteresti. - La redarguì con un tono aspro, per poi tornare calmo. - Ma è il minimo che possa fare. E poi ora poco importa, tanto senza la mia Numero Uno diventerò indubbiamente povero.

- Oh, De' Paperoni, un talento finanziario come il suo non ha bisogno di decini magici.

Lo sguardo di Jet era dei più teneri.

- Tu non puoi capire Jet, ma grazie lo stesso. E va bene! Anche senza la Numero Uno, sopravviverò. Alla fine siamo rimasti a becco asciutto tutti. Anche voi, - Aggiunse, riferendosi a Nina. - Qualunque cosa voi voleste farne.

- Devo chiarire un equivoco, signor De' Paperoni. - Spiegò Nina. - noi non volevamo il Numero Aureo per appropriarcene, ma per proteggerlo dalle grinfie di Karkon.

- Karkon? E questo nome da dove salta fuori?

 A rispondere alla domanda del vecchio, Nina spiegò. - Un alchimista malvagio del nostro tempo. Quell'androide era uno suo sgherro. Il Numero Aureo è l'incrediente principale per completare...

- U-un m-momento. - Si intromise Dodo. - C-c-c-credevo ch-che il b-b-bersaglio del Te-terminator fossi tu.

-  Beh, anche. - Rispose Nina. - Ma anche impossessarsi dell'Arcano per...

Uno strillo acuto, anzi, due, interruppero la spiegazione.

Roxy, tremante, insieme a Jet, che ancora non credevano alla situazione.

- Uno scheletro sulla barca!

E con terrore si accorsero dell'essere che si era aggrappato alla barca, per tirarsi su.
Le braccia scheletriche facevano forza per portare a bordo il peso del torace, mentre il teschio guardava a destra e manca con gli occhi iniettati di rosso.
Inumani rumori di automazione e soprattutto, lo sguardo freddo e determinato non lasciavano dubbi sulla natura dell'intruso.

- E' Arnold! - Strillò Nina. - O almeno, ciò che ne è rimasto dopo essere stato nella lava!

- Come può essere ancora vivo, pardon, funzionante? - Chiese Roxy.

- C-c-che d-domande. Do-do-dopotutto è... è.... è... Te-ter-minator.

Ma c'era qualcos'altro che venne notato: Il Numero Aureo che Tiottocento teneva stretto tra i denti.

Ciò donò un'insolita spavalderia sia alla Tuba che alla Fattucchiera, che gli si gettarono addosso.

Lo scheletro bionico quasi li  ignorò, mentre le mani si avventavano su Nina, con l'intento di strangolarla.
Jet e Roxy intervennero, cominciando a martellarlo con due estintori.
Dodo cercava di trovare, nella confusione, il Taldom di Nina.
L'unica cosa che trovò fu una carta.
- Nina! - Urlò confuso, cercando di darla all'amica. Nina riuscì solo a tendere la mano con la voglia a forma di stella, e fu sufficiente.
Appena Dodo le diede la carta, un lampo di luce avvolse l'intera barca, per poi dissolversi.

Era tornato tutto tranquillo. Sulla barca, confusi, erano rimasti solo Amelia, Jet e Paperone.

- Che è successo? - Si chiese Jet.

- Dove sono finiti tutti quanti? - Aggiunse Paperone.

- Dev'essere stato l'Alchitarocco del Tempo. - Fu la spiegazione di Amelia. - Tutti coloro che non faceva parte di questo tempo sono tornati a casa. Più o meno.

Il pellicano si grattò la testa, confuso. - In che senso più o meno?

- Nel senso che la mia Numero Uno se n'è andata con loro! - Il fantastiliardario in quel momento avrebbe voluto mangiarsi la tuba come il suo rivale Rockerduck.

-
Dev'esserc na' ragion valida, viecchio cilindro. Vedraì ca' tornerà.

- Sigh! Sarà come dici tu. Ehy, Jet, puoi provare a guidare questo natante, possibilimente senza farci affondare.

- Non ne sono sicuro, De' Paperoni, ma dopo aver osservato quella Roxy, ci posso provare. Sarò un kamikaze, ma non sono mica Schettino.(Blooper! I tempi di Duck Tales sono ben antecedenti alla tragedia della Costia Concordia)

***

Dopo un volo nello spazio e nel tempo che sembrava essere durato un'eternità, Nina, Roxy e Dodo si materializzarono da un varco  aperto  nel nulla.

- D-dove siamo? - Si interrogò il piccolino.

Roxy non fu in grado di risponderle: era ancora stordita, durante quel pittoresco viaggio in quel tunnel temporale, dalla testata rimediata dallo scontro con un gatto blu alla guida di una enorme slitta.
Il suono metallico le aveva chiarito che anche quel felino era un androide.
Purtroppo non avevano potuto fermarsi a chiarire la situazione con lui e quel suo strano compare, un bambino con gli occhiali dall'aria piagnucolante, ma ormai non aveva più importanza.

Nina fu quella più stupita. Con il Taldom in una mano e il Numero Aureo dall'altra, si era appena guardata intorno e... - Eh?


Riconobbe gli arredi interni, fin troppo familiari. Il palazzo del sindaco.
Doveva far parte tutto di un piano del perfido conte Karkon.
A conferma di ciò, non si stupì infatti di vedere la sua spietata nemesi, pronto con il temibile Pandemon Mortalis.
Con una capriola si rimise in piedi, il Taldom puntato pronto all'azione. Ma c'era qualcosa che non quadrava, e Nina si accorse subito del motivo.
Karkon non le stava prestando alcuna attenzione, intento com'era a difendersi contro un nano vestito di rosso e i capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, che lo stava contrastando con una lancia.
Chi diavolo era? Che cosa stava succedendo?
E non solo: vi erano Fiore e Cesco, gli amici che aveva lasciato in attesa a Villa Espasia, con una serie di scartoffie in mano, i quali, appena la videro, urlarono a loro volta il loro stupore e la loro gioia.

- Nina! Roxy! Dodo!

- Cesco, Fiore! - Fece eco la bambina, sollevata dal constatare che stessero bene.

Anche Karkon si accorse quindi nella piccola, e ovviamente quello che soffiò fu molto meno gioviale.

- Dannata mocciosa! Sei sopravvissuta al Tiottocento!

- Questa è una confessione! - Prese la palla al balzo Edward, incalzando con la lancia runica. Karkon parò il colpo, messo in evidente difficoltà.

- E tu chi sei? - Domandò la Bambina della Sesta Luna.

- Edward Elric, alchimista di stato.

Nina non credette, comprensibilmente, alle sue orecchie, e divenne avida di spiegazioni.

- Come sarebbe a dire, un alchimist...?

- Dopo. - Pregò Cesco. - Prima Karkon.

- Giusto. - Convenne Elric. - Dicevamo, signor Ca D'Oro: siamo in possesso dei documenti che mettono alla luce il suo piano per impossessarsi del Numero Aureo, alias la Numero Uno, ai danni del miliardario De' Paperoni. Inoltre ha appena confessato il tentato omicidio su commissione nei confronti della qui presente Nina De Nobili. Una minorenne. E non parliamo degli omuncoli...

Nina era quella più allibita, al di là del nutrito capo di imputazioni. - Un altro dei tuoi piani! Ma perché volevi usare il Numero Aureo?

- ... Fare soldi. Che altro? - Confessò Karkon. - Esattamente come quella fattucchiera napoletana.

- Che banalità. - Commentò Fiore.

- Lo sa che sballerebbe tutta l'economia mondiale, facendo così? - Intervenne Cesco. - Lo sanno anche i bambini.

- Prendetevela col sindaco, è un'idea sua.

- E di grazia, ora dov'è? - Incalzò Ed.

- E' in visita ufficiale ad Hammamet.

- Guarda caso! In compenso c'è qui lei. Grossomodo venti anni di galera. Cinque, con il condono.

- Eh, dovete prima fermarmi.

- Non lo abbiamo già fatto? - Intervenne Nina, con il Taldom Puntato. - Due alchimisti contro uno.

Karkon sorrise. A fianco a lui, un altro sorriso si unì come il sorriso del gatto del Chesire, mostrando una serie di denti metallici

- Due alchimisti contro un alchimista e un cyborg.

- Ancora lui. - Sospirò Nina, davanti allo scheletro di Arnold Tiottocento.

- Un Terminator! - Esclamò Cesco. - Il Conte si è modernizzato!

- Bah, lo farò a fette. - Spacconò Edward, agitando la lancia.

- Signor Elric. Non so se mi spiego, quello è un Terminator. Non lo ferma una lancia, né una spada, né un mitra.

- Un cannone sì?

- E dove lo troviamo un cannone?

- Qui.

L'alchimista abbandonò la lancia e gettò le mani a terra.
Dal pavimento uscì, così grande da occupare quasi tutta la stanza, un ammasso di metallo che si plasmò sulla forma di una bocca da fuoco anticarro.
L'imponenza dell'opera fece strabuzzare gli occhi a tutti.
Nina si chiese se su Xorax esistesse qualcuno in grado di eguagliare un simile prodigio
Fiore non si formalizzò più di tanto: gli androidi di Villa Ca D'oro erano ancora là, rinchiusi in piccole e indistruttibili casseforti "fabbricate" sul momento. Casomai avesse abbandonato la sua carriera attuale, Edward avrebbe potuto benissimo fare il fabbro.
Roxy era ancora knock out, ma siamo sicuri che la cosa l'avrebbe più divertita che altro.
Dodo ammutolì, pallido e con l'espressione ebete, soffiando un misero "Wow".
Cesco scosse semplicemente la testa e si aggiusto gli occhiali. - Il solito esagerato.
Arnold Tiottocento continuava a sorridere, impassibile, ma tutti i Terminator sono così.
Quello con la mandibola spalancata era invece Karkon. - Che diavoleria è questa? - Poi, con un lampo di entusiasmo: - La voglio!

Edward però era di altre mire.

- Hasta la vista, baby! - Pronunciò, nella sua mania di protagonismo.

Il cannone sparò una bordata apocalittica, demolendo, solo di rinculo, la parete e la stanza adiancente.
L'altra parte dell'ufficio venne invece incenerita dal fuoco e dall'energia cinetica, condividendo la sorte di Tiottocento, anche se la sua figura continuò a sorridere fino alla fine.

Subito dopo la detonazione, il cannone scomparve.

Nina e gli altri, che nel frattempo si erano messi in salvo, si guardarono attorno: tutto il piano del palazzo era stato scoperchiato ed era diventato un terrazzo desolato e infestato dalle macerie.
La bambina si guardò attorno e trovò subito un'anomalia.

- Di Karkon nessuna traccia!

- E' sta..sta... E' stato disintegra...gra...?

- Conoscendolo, - Rispose Fiore a Dodo. - E' scappato come suo solito!

Edward intanto si stava spolverando l'uniforme.
- Non era poi un granché quel cosiddetto Terminator.
Cesco guardò prima il paesaggio, e poi lui.

- E sti c... -

Ma prima che lo spilungone potesse completare la volgarità (con gran sollievo di Moony), una scossa come di terremoto interruppe tutti.

- Il palazzo! - Esclamò Nina. - Sta per crollare!

Ed si grattò la testa, imbarazzato. - Dev'essere per via del ferro che ho tirato via dal cemento armato per fare quel cannone.

- Dobbiamo andare via di qui! - Gridò Fiore.

- Impossibile, non faremmo mai in tempo. - Scosse la testa l'alchimista di stato.

- Non puoi fare qualcosa con quei tuoi poteri? - Domandò Fiore.

- E che sono, Superman?

- Super-nan. - Suggerì sottovoce Cesco. Edward gli dedicò solo un'occhiataccia, perché era questione d secondi e tutto sarebbe crollato.

Poi, la soluzione arrivò, da Dodo.

- N-n-nina, il nu-nu...

La bambina guardò la sua mano stellata e ciò che aveva in mano. - Il numero aureo!

Fiore non capiva. - E' che può fare?

- Non lo so, ma val la pena rischiare. Signor Elric, concentri la sua energia di trasmutazione su questa moneta, mentre io vi userò sopra il Taldom.

Il biondo si grattò la testa, perplesso. - E a cosa dovrebbe servire?

- E' il Numero Aureo!

- Qualcosa farà. - Commentò Cesco, facendo spallucce.

Ma ormai non era rimasto davvero più tempo, perché il pavimento si stava riempendo di crepe.
Quindi Edward si concentrò, unì le mani e poi toccò la moneta sulla mano di Nina. La bambina fece lo stesso con la punta del Taldom.
In un attimo, una grossa luce inghiottì tutti, e poi il nulla.


....


Roxy finalmente si svegliò.

- Signor Doraemon, non volevo assolutamente scontrarmi con... - Furono le sue prime parole, poi si accorse di essere cosciente, e non aveva davanti alcun gatto spaziale.

Era piuttosto seduta, davanti a un tavolo che emanava un profumo delizioso: pizza!
Si guardò intorno: era indubbiamente una pizzeria.
Si sentì osservata da tutta una serie di occhi.
Nina, Fiore, Cesco, Dodo: c'erano tutti.
Poi vi era anche uno strano tizio biondo, più piccolo ma dall'aria più vecchia, forse un nano?

- Roxy! - Fiore fu la prima a parlarle, - Stai bene.

- Beh, sì, perché?

- Considerando che tre minuti fa  eravamo sul punto di morire nel crollo di un palazzo. - Aggiunse Cesco.

- Beh, a quanto pare unire due poteri alchemici con un Arcano ha funzionato.

- Va bene, Nina. Ma perché siamo finiti in una pizzeria... e a Napoli?

Fiore indicò fuori dalla finestra: vi era l'inconfondibile golfo con il vulcano.

- Siamo tornati a Napoli! - Disse di getto Roxy.

- P-p-perché pro-pro-prio in questo luogo? -  Si domandò Dodo.

Nina guardò quella moneta, così antica, così speciale.

- Credo che sia una scelta del Numero Aureo.

- Esattamente!

Una familiare voce attirò l'attenzione di tutti quanti.
Era Paperone!

- In carne e piume. - Aggiunse, anticipando gli altri. - E questa è la mia pizzeria.

Poi il mecenate allungò la mano, in attesa. - E' ora che la piccolina torni a casa.

Ci fu un attimo di esitazione.

- Forse è meglio così.

Uno scrollo di spalle, e Nina appoggiò la moneta sul palmo bianco del papero, che richiuse ansiosamente la mano e se la strinse al petto, come un figlio mancato per troppo tempo da casa.

Questo lasciò sbigottiti tutti gli altri. - Ma, la missione...?

- E' grazie al Numero Aureo se siamo salvi. E poi non so, ma in cuor mio sento che non sia quello l'Arcano che cercavamo.

Paperone la guardò, riflettendo.

- Ragazzina, non me ne intendo molto di arcani, ma.. - Si frugò nella palandrana. - Amelia mi ha incaricato di consegnarti questo.

Il papero allungò con due dita una bottiglia. - E' un composto di vari ingredienti distillati tramite un complicato procedimento. Pare contenga un grande potere.

Nina lo prese in mano, scettica. - Non mi sembra poi così speciale, del semplice...

- Amelia mi ha assicurato che le erbe alle pendici del Vesuvio non si trovano in nessun'altra parte del mondo! E, anche se non vorrei mai confessarlo, lei non è una fattucchiera da quattro soldi!

- Interessante. - Concluse Nina, abbozzando un sorriso. - Lo studierò con il
Systema Magicum Universi.

- Molto bene! - Concluse Paperone. - Per festeggiare, offro Pizza Gratis per tutti!

Quella fu sì una notizia così surreale da far saltare sulla sedia l'intera compagnia.
Tutto trascorse poi nel migliore dei modi.
Più tardi i nostri eroi avrebbero fatto ritorno a casa con il solito metodo: Jambir, scalo a Xorax e poi Sbacchio-bus.
La fugace visita di Edward Elric su Xorax fu meno traumatica del previsto: dopotutto, lui stesso aveva avuto a che fare con viaggi in dimensioni parallele.
In tutto quel viaggio, nessuno si domandò nulla.
Solo Cesco prese da parte Nina e gli domandò.

- Io l'ho ben guardata, quella pozione che ti è stata consegnata in cambio del Numero Aureo, ma di alchemico non ci vedo proprio nulla. Sei sicura che quella vecchia tuba non ti abbia truffato, regalandoti del semplice digestivo?

- Non credo. - Rispose lei, con un sorriso. - Le cose non sempre sono come sembrano. E se viene dalle mani di una fattucchiera come Amelia, io fossi in te non sottovaluterei il.... Potere dell'Assenzio!



FINE


P.S. Chissà se poi alla fine di questa storia la povera Ljuba è stata scarcerata.












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