Tu sei la mia libertà

di emmamosby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** 2 giorni dopo ***
Capitolo 3: *** Perchè questa fiducia? ***
Capitolo 4: *** Bisogna aiutarla ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


Emily e Jackson correvano per la via tenendosi per mano. Le loro lunghe e vecchie giacche svolazzavano tra la folla. Nelle mani libere stringevano due mazzi di fiori di campo che spargevano lungo la strada. Stavano scappando. Un poliziotto li aveva visti dare fuoco ad un'auto durante la manifestazione e li seguiva con il frustino elettrico sguainato con il quale non vedeva l'ora di immobilizzarli con scosse potenti. Loro due continuavano a correre senza voltarsi indietro, sorridendo. Improvvisamente il poliziotto urlò qualcosa ed un altro dei loro sbucò proprio davanti ad Emily e Jackson che li colpì con il frustino facendoli accasciare a terra e facendo loro quasi perdere i sensi. Emily cominciò a vedere una forte luce bianca, quasi accecante ed intorno a lei si muovevano solo ombre. Sentì qualcuno che la sollevava bruscamente per le braccia e la fece salire su una volante della polizia.

Quando arrivò alla stazione centrale si era ripresa dallo shock della scossa. Sentiva solo bruciare la spalla, dove l'aveva colpita il frustino. Era ammanettata. La accompagnarono dentro tenendola stretta per le braccia. Lei si lasciò trasportare senza porre resistenza. Quando aveva cominciato a manifestare quella mattina aveva preso in considerazione che sarebbe potuto accadere. La fecero sedere lungo il corridoio. Riconobbe altri manifestanti che erano stati portati lì prima di lei. Qualcuno riconobbe anche lei e si scambiarono qualche cenno.

-Emily Blake?- Urlò un poliziotto entrando nel corridoio

Lei si alzò con lo sguardo rivolto verso il basso. Lui la afferrò e la condusse in una stanza. Era la classica stanza per gli interrogatori, quella che aveva visto in tanti film che aveva ottenuto di contrabbando. C'era un grande specchio, un tavolo di ferro in mezzo, le pareti erano azzurrine e la luce che illuminava la stanza era quella di un neon scadente. Seduto al tavolo, con aria comoda, l'ispettore di polizia, Eric Finch, leggeva un fascicolo. Non indossava la giacca e neanche la cravatta. Portava la camicia con il colletto aperto e le maniche piegate fino ai gomiti. Un uomo come lui non sarebbe mai venuto meno alla formalità di giacca e cravatta, se non in casi eccezionali. Quella giornata era un caso eccezionale. C'era stata la prima vera grande manifestazione dopo anni di silenzio, ma era stata inaspettata. Il governo non aveva dato alcun ordine speciale alla polizia, che si era ritrovata sommersa di lavoro e con una situazione ormai ingestibile. Finch, quindi, era stanco ed aveva rinunciato ad ogni tipo di abbigliamento conforme al suo lavoro.

-Grazie, agente. Signorina Blake si accomodi- Le disse senza distogliere lo sguardo dai fascicoli

-Le posso togliere le manette?- Gli chiese il poliziotto.

Eric alzò lo sguardo per valutare se l'interrogata potesse essere violenta. Aveva i capelli neri mossi, gli occhi grandi marroni. Indossava un vestitino bianco, leggero, probabilmente non aveva il reggiseno, e sopra aveva una giacca scamosciata beige lunga.

-Si, gliele tolga pure-

Emily venne liberata e, massaggiandosi i polsi, si sedette di fronte ad Eric.

Restarono in silenzio per qualche secondo. L'ispettore continuò a leggere il fascicolo e poi lo chiuse voltandosi verso la ragazza e preparandosi a farle delle domande.

-Lei faceva parte degli organizzatori di questa manifestazione?-

-Si- Rispose lei schietta. Lui quasi ci restò male

-Ah, non ci è voluto molto per farglielo ammettere-

-Di ogni azione che faccio sono pronta a prendermene le responsabilità ed accettare le conseguenze-

-Ma se lei manifesta contro questo nuovo governo dovrebbe ribellarsi anche al fatto che la vogliamo incarcerare per aver manifestato-

-Sarebbe stupido da parte mia porre resistenza. Avete le prove che vi servono e almeno una notte in cella non me la leva nessuno. Non sono spaventata. Là fuori eravamo in tantissimi. Io facevo parte dell'organizzazione, ma l'animo di rivolta, la speranza di una vita diversa, ormai si sono impadronite della gente-

-Lei è troppo ottimista, signorina- Disse sorridendo e lasciandosi cadere contro lo schienale -Eravate appena un migliaio di persone-

-Solamente un anno fa non ci si sarebbero aspettate neanche due persone che avessero il coraggio di manifestare in piazza. Questa è stata una conquista e voi potete fingere di essere tranquilli, potete continuare a guardarci con sufficienza, ma noi stiamo arrivando e un giorno non riuscirete più a trattenerci-

Eric non seppe cosa risponderle. In fondo sapeva bene che non erano riusciti a gestire la manifestazione di oggi. Cosa sarebbe accaduto se un giorno, invece che essere mille fossero stati dieci mila? In realtà non era una brutta idea. Era già qualche anno che Finch aveva messo in dubbio il governo e i suoi metodi, ma i contratti che aveva firmato quando aveva cominciato a lavorare gli impedivano di dire qualunque cosa contraria alla linea e, tanto meno, gli permettevano di lasciare quel posto di lavoro.

La ascoltava durante l'interrogatorio e vedeva in lei una vitalità che lui aveva perso da troppo tempo. Lei aveva una mente fresca, attiva, sempre pronta a mettere in discussione i dogmi che il nuovo governo aveva imposto. Mentre l'ascoltava la guardava muoversi sulla sedia e accavallare le gambe, non poteva farne a meno, cominciava ad essere attratto da lei.

Emily se ne accorse, ovviamente, e non ne fu dispiaciuta

-Quindi è vero che avete distrutto con pietre delle case di civili?- Le chiese

-Che paroloni! Sembra che abbiamo dato fuoco a tutta Londra. Prima di tutto abbiamo rotto al massimo qualche finestra, secondo lo abbiamo fatto solo alle case dei ricchi per i quali non sarà un problema rifarsi una finestra-

-E perché solo alle case dei ricchi?-

-Non c'è nessun borghese che fa parte della nostra organizzazione o che ha partecipato alle nostre manifestazioni. A loro va bene così, a loro piace questo mondo perché hanno i loro culi al caldo. Lei compreso-

Ad Eric non piacque quell'insinuazione e la guardò serio -Lei non mi conosce-

-Non mi serve conoscerla. Lei è un poliziotto ai comandi di uno stato che basa tutto il suo patere sulla violenza che voi poliziotti avete diritto di esercitare senza limitazioni-

-Non è esattamente così e soprattutto non siamo tutti uguali noi poliziotti. Mi era sembrata una ragazza intelligente. Mi dispiace vederla scivolare su luoghi comuni di questo genere. Non mi piacciono le persone che fanno di tutta un'erba un fascio- Lei, però, gli piaceva comunque. Quello che non gli piaceva era che lei potesse metterlo allo stesso livello di certi suoi colleghi pezzi di merda che non esitavano a sparare ad innocenti o a nascondere prove.

-Allora mi spieghi perché è voluto diventare un poliziotto, e non mi dica che è perché voleva pulire il mondo dalla criminalità, che voleva fare il paladino bianco d'Inghilterra, quando sa benissimo che voi siete il problema numero uno della criminalità-

-Non sono affari suoi e torniamo all'interrogatorio-

Emily cominciava a diventare sempre più incuriosita da lui. Non era come gli altri, questo lo aveva capito. Quello che aveva detto lo aveva detto solo per provocarlo. Era un uomo con qualcosa di affascinante, forse per il suo tentativo di restare pacifico in una situazione contro la quale non poteva lottare, lui meno di lei.

-Voglio dei nomi di altri organizzatori- Le disse

Lei scoppiò a ridere -Secondo lei io le do i nomi dei miei compagni? Se lo scordi-

-Se non collabora sarò obbligato a farle passare almeno quarantottore in cella-

-Non mi interessa-

Lui si alzò e le mise le manette. Fece un gesto allo specchio, poi si chinò al suo orecchio e le disse

-Ha fatto la cosa giusta-

Lei si voltò a guardarlo, meravigliata di sentire una frase del genere da un poliziotto. Lui si allontanò ed entrò nella stanza una guardia che la afferrò per un braccio e la portò via.  

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Capitolo 2
*** 2 giorni dopo ***


Eric Finch entrò nel suo ufficio con un giornale e la sua solita aria stanca. Chiese alla sua segretaria di portargli un caffè mentre si lasciava cadere sulla sedia. All'improvviso entrò Domenic Stone agitatissimo.

-Adesso vogliono pure essere ascoltati!- Sbatté il giornale sulla scrivania di Eric -Hai letto?- Gli chiese con aria furiosa. Il titolo del giornale riportava la notizia che i manifestanti volevano mandare un loro rappresentate a parlare con un rappresentante del governo

-Ho letto- Rispose tranquillamente

-Questi ci faranno passare dei bei casini. Ha già chiamato il Primo Ministro-

-Sutler ha chiamato?- Chiese meravigliato -Cosa voleva?-

-Voleva parlare con te e sapere se avevi delle novità su quella ragazza-

-Quale ragazza?-

-Quell'attivista... E' stata l'unica organizzatrice che siamo riusciti a prendere e tra qualche ora sarà rilasciata-

-Emily Blake?-

-Proprio lei-

-E' inutile. Quella non ci darà mai informazioni utili-

-Chiama Sutler-

-Lo so già cosa vuole. Vuole darmi il permesso per usare metodi “non convenzionali” per ottenere informazioni da lei per il bene del popolo-

-E' la cosa giusta da fare-

-E' una stronzata. Si chiama tortura, Domenic. Io non lo faccio. La nostra legge ci impone di trattenerla al massimo per quarantottore, di più non posso-

-Almeno valle a parlare, cristo! A volte sembra che non te ne freghi nulla del bene del tuo paese. Il primo ministro, il primo ministro, cazzo! Lui in prima persona ti ha cercato perché hai per le mani il caso di una ragazza che potrebbe veramente aiutarci e tu pensi ai tuoi alti “valori”. Sono tutte stronzate. Uno di questi giorni mi stancherò di tutti questi tuoi discorsi e ti denuncerò-

-Non lo farai mai- Rispose impassibile aprendo il giornale

Domenic tolse le mani di tasca e le allargò in segno di arresa -Com'è possibile che uno come me si ritrovi ad essere amico di un coglione come te?-

-Noi non siamo amici. Siamo colleghi-

-In quanto collega, tu sei un fratello-

Eric roteò gli occhi al cielo.

-Fidati, vai a parlare con quella ragazza, prova ad ottenere una cazzo di informazione che ci possa aiutare a trattenerla ancora o che ci possa permettere di continuare le indagini. Non te lo sto chiedendo io, te lo sta chiedendo l'Inghilterra e devi dimostrarti disponibile se non vuoi passare dei guai grossi-

Eric sbuffò -Vedrò quello che posso fare. Adesso togliti dai coglioni-

 

Stava attendendo Emily in una sala per interrogatori, non aveva intenzione di estorcerle nulla, ma voleva far credere di aver tentato di ottenere qualche informazione da lei. Quando arrivò, accompagnata da una guardia, le tolse le manette e la fece sedere. Non era più la ragazza carina di due giorni prima. Le loro carceri erano così orribili che bastava starci poco per segnare le persone per tutta una vita. Emily non aveva più lo stesso aspetto. La osservò bene e notò due cose che lo fecero preoccupare: un taglio nella manica del vestito bianco (che era diventato pieno di chiazze nere e di unto) e un livido sul collo

-Cosa le hanno fatto?-

Lei si sfiorò il livido e sorrise senza guardarlo negli occhi -Nulla che non mi aspettassi. Mi ero ripromessa che non avrei fatto resistenza, che avrei chiuso gli occhi e mi sarei fatta fare tutto quello che volevano per non peggiorare la situazione, ma ieri sera mi sono resa conto che nella realtà è praticamente impossibile. Ho fatto l'errore di reagire e sono diventati più violenti- Le scese una lacrima dagli occhi che subito cancellò con un rapido gesto della mano

Lui la guardò senza sapere cosa rispondere

-Ha una sigaretta?- Gli chiese lei tirando un sorriso

Non si poteva fumare lì, ma Eric se ne fregò e gliene accese una. Lei lo ringraziò. La sigaretta le tremava tra le lunghe dita

-Chi erano?- Le chiese

-Non lo so. Non li ho visti bene in faccia-

-In quanti erano?-

-Quattro? Forse cinque-

-Cristo- Sibilò Eric passandosi una mano tra i capelli

-Non capisco perché si preoccupa tanto. Sa quante mie amiche, che sono state in galera, me lo hanno raccontato? Lo sapevo sarebbe successo. Del resto, cosa vuole, quando si è in una città in cui il sogno erotico della maggioranza delle donne è scoparsi un poliziotto, questi si convincono che nessuna donna non vorrebbe andare a letto con loro e se questa dice di no è solo perché fa la difficile- La voce cominciava a tremarle e gli occhi erano pieni di lacrime, quasi non ci vedeva attraverso. Decise di cambiare discorso prima di scoppiare completamente in lacrime -Sa qualcosa di Jackson?-

-Chi?-

-Jackson White. E' il ragazzo con cui mi hanno fermata, ma lui sulla volante che mi ha portata qui non ci è salito-

-E' possibile che per motivi logistici o di spazio lo abbiano portato in un'altra centrale di polizia-

Lei annuì con la testa rivolta verso il basso. Diede un altro tiro alla sigaretta

-Jackson è il suo fidanzato?- Gli chiese

Lei alzò di scatto il viso e si lasciò scappare una leggera risata -No, è solo un mio amico-

-Perché le fa ridere?-

-Perché Jackson è l'ultima persona al mondo che potrebbe mai innamorarsi di me-

-Perché?-

-Diciamo che i suoi gusti sono fin troppo simili ai miei, gusti sessuali intendo-

Eric capì

-La scandalizza?-

-Tutt'altro, mi fa piacere sapere che ci sono ragazzi che vivono la loro sessualità in maniera libera nonostante certe proibizioni. Pensavo che il processo di sterilizzazione li avesse eliminati tutti-

Questa volta Emily scoppiò in una risata fortissima, fu un botto. Poi si appoggiò al tavolo con gli avambracci per avvicinarsi a lui il più possibile guardandolo negli occhi -Lei è proprio un bel tipo, sa? Si rende conto di in che guai potrebbe cacciarsi se si sapesse che lei, un poliziotto di Scotland Yard, la pensa così?-

-Certo che lo so-

I loro occhi restarono incastrati l'uno nell'altro per qualche secondo. Lui sperava che con questa frase lei avesse capito che non era come tutti gli altri.

Emily era rimasta felicemente sorpresa, quasi meravigliata, forse per un attimo persino eccitata dalle sue parole.

-Comunque, la storia della sterilizzazione è una cazzata- Gli spiegò, appoggiandosi nuovamente allo schienale della sedia e dando un tiro alla sigaretta -Non è una cosa genetica... Oddio, forse. Forse è anche genetica, ma sicuramente non è solo genetica. E' amore. E' una cosa che sei perché lo sei, e fanculo la scienza. E' una cosa inspiegabile. Lei, ogni volta che si è innamorato sapeva esattamente il perché?-

-Mai fino in fondo- Ammise lui

-Certo! Perché è qualcosa che va oltre la logica, va oltre la scienza!-

Lui le sorrise, piacevolmente sorpreso dalla sua spiegazione

-Ma lei cosa ci fa qui dentro?- Gli chiese, dando l'ultimo tiro alla sigaretta

Lui sospirò -E' una storia lunga, signorina Blake- Poi guardò l'orologio -Il suo tempo qui è scaduto. Può tornare a casa- Entrambi si alzarono.

La accompagnò a firmare i documenti per l'uscita e a farsi ridare le sue cose. Eric rimase sorpreso nel vedere che avevano arrestato una persona che in tasca aveva solo un pacchetto di chewingum, un portamonete a forma di gatto vuoto e un fazzoletto di lino con incise le sue iniziali. La condusse fuori, appena davanti all'uscita principale. La giornata era grigia, probabilmente dopo poco si sarebbe messo a piovere. La giacca di Emily le stava più larga e la rendeva più goffa di quando l'aveva vista la prima volta. Lei si voltò a guardarlo. Era stata la sola faccia amica che aveva visto in due giorni, l'unica persona che le aveva mostrato un po' di comprensione e soprattutto umanità.

-Sono stata fortunata ad aver incontrato lei. Se avessi incontrato qualcun altro forse a quest'ora sarei in una situazione molto peggiore-

-A me dispiace di tutto-

-Non è stata colpa sua- Gli rispose tirando un sorriso che però non cancellava l'espressione di dolore causata da quella notte.

Emily si allontanò ed Eric la vide scomparire tra la folla.  

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Capitolo 3
*** Perchè questa fiducia? ***


  Emily si muoveva per casa nervosamente. L'appartamento aveva le pareti ognuna di un colore diverso o tappezzate da carte da parati diverse. Quando aveva comprato quell'appartamento con Jackson era stata una delle cose che le erano piaciute di più. Su ogni parete c'era il segno di qualcuno che ci aveva abitato, che era passato di lì con la sua storia. Anche Jackson ed Emily attaccarono un pezzo di carta da parati. Ne avevano scelta una completamente nera: nera come la politica che si sarebbero impegnati a ripulire.

Erano troppe notti che non dormiva serenamente, non solo perché era tormentata dai ricordi di quello che le avevano fatto, ma perché erano passati cinque giorni e Jackson non era ancora tornato. Loro due vivevano insieme da quasi sei anni, erano diventati come fratelli. Erano l'uno la famiglia dell'altro. Da quando avevano fatto la scelta di andarsene di casa per seguire le loro idee politiche i loro genitori li aveva disconosciuti.

Doveva essergli successo qualcosa per forza. C'erano momenti in cui andava nel panico ed urlava tirandosi i capelli, altri in cui pensava di essere lei che esagerava, che aveva delle manie di persecuzione. Le sue amiche le avevano tutte detto di stare tranquilla: in fondo Jackson non nascondeva la sua omosessualità e poteva aver riscontrato molti più problemi di quanti non ne avesse affrontati lei, durante l'arresto.

Emily aveva cominciato a sentire molto la sua assenza. Durante le riunioni del movimento si sentiva persa senza le battute di spirito di Jackson, le sue frecciatine, la sua capacità di passare da una battuta ad un discorso serio nella stessa frase.

Il sesto giorno passato senza Jackson decise che doveva fare qualcosa e decise di andare a Scotland Yard a chiedere spiegazioni, forse Finch avrebbe potuto aiutarla. Infilò i suoi jeans ed una t-shirt. Legò i capelli in un chignon, infilò la sua giacca di camoscio, afferrò le chiavi e corse alla centrale.

Appena arrivò andò verso la portineria

-Salve- Disse

Il poliziotto nella cabina la squadrò malissimo -Mi dica-

-Voglio sapere delle informazioni su un mio amico: Jackson White-

-Perché?-

-Dovrebbe essere stato arrestato circa otto giorni fa-

Digitò qualcosa sul computer -Qui non risulta nessun Jackson White-

-Non è possibile. Ricontrolli-

-Qui non risulta assolutamente nulla, signorina-

-Era un ragazzo biondo, alto. Aveva gli occhi verdi e una giacca di camoscio, come la mia, uguale identica alla mia- Gliela mostrò allungandone un lembo

-E' inutile. Io non c'ero-

-Allora mi chiami i poliziotti che erano presenti all'arresto- Emily cominciò ad alzare il tono

-Signorina, si calmi. Qui non risulta niente, vuol dire che non lo abbiamo preso-

-La smetta di rispondere che non risulta niente!- Urlò sbattendo la mano contro il vetro dietro al quale c'era il poliziotto -E soprattutto non mi dica di calmarmi. Voi non potete sequestrare le persone. Non potete fare tutto, abbiamo dei diritti, Jackson ha dei diritti, cazzo!-

-Se non la smette immediatamente la faccio portare via- Disse portando le mani alla pistola

Emily allora si calmò. Fece un lungo sospiro e disse -Vorrei parlare con Eric Finch-

-Con l'ispettore capo?- Chiese meravigliato

-Con lui, si!-

-Signorina, il signor Finch riceve solo su appuntamento-

-Le dica che sono qui-

-Non è proprio possibile-

-Se vuole, adesso mi spoglio completamente nuda urlando “Polizia corrotta di merda” così lei sarà costretto ad arrestarmi e così, forse, potrei vederlo durante l'interrogatorio. Che ne dice?-

Alzò la cornetta e chiamò l'ufficio di Eric dicendogli che la signorina Emily Blake voleva vederla

-Ufficio in fondo a destra- Le disse riattaccando

Emily non gli rispose neanche e se ne andò.

Bussò due volte ed entrò. Quando lo vide ebbe un piccolo sussulto, le tremò la mano. Lo aveva conosciuto durante un momento non facile e rivederlo riportò tutto a galla

-Signorina Blake, come sta? Si accomodi pure- Era terribilmente sorpreso nel rivederla e non sapeva come comportarsi

-Deve aiutarmi- Disse subito lei, appoggiandosi alla sua scrivania

-L' ascolto- Rispose leggermente spaventato

-Non trovo più Jackson-

-Il suo amico omosessuale?-

-Lui è il mio migliore amico, la mia aria. Noi viviamo insieme, facciamo tutto insieme-

-Aspetti, piano. Quand'è stata l'ultima volta che l'hai visto?-

-Il giorno della manifestazione. Ci hanno inseguiti due castigatori e poi ci hanno colpiti. A causa della scossa non ero completamente in me, ma mi è sembrato che l'altro poliziotto lo avesse preso-

-Le sembra? Le sue sono accuse pesanti-

-Un attimo prima era al mio fianco e poi, improvvisamente, è scomparso. Non lo vedo da otto giorni!-

-Mi parli sinceramente, lui quanto potere aveva all'interno del vostro movimento?-

-Non mi va di parlare di queste cose qui-

-Ha ragione. Andiamo via- Si alzò e le cinse la vita accompagnandola fuori.

Uscirono e si diressero verso un bar dall'altra parte della strada.

Davanti ad una tazza di caffè caldo ripresero il discorso

-Quanto potere aveva? Lo devo sapere se vuole il mio aiuto-

-Molto- Ammise con difficoltà -Io, lui, e altre tre persone siamo i fondatori del movimento-

-Cazzo. Ce l'hanno loro sicuramente, vado a parlare con i miei colleghi per far chiarezza-

-Negheranno! Con me hanno detto che non risulta da nessuna parte che è stato arrestato. Lo stanno tenendo chiuso chissà dove, facendogli chissà cosa per ottenere delle risposte. La prego, dobbiamo trovarlo-

Eric esitò

-Non mi può abbandonare. Non so se ce la faccio da sola-

-Mi controllano, non è facile per me. La aiuterò, ma da lontano-

Lei annuì guardando in basso ed accarezzando il bordo della sua tazza

-E' riuscita a riposare un po' in questi giorni?- Le chiese, facendosi scappare la prova che confermava un suo interesse per la ragazza che lui per primo negava

-Ho riposato un po', finché ho creduto che Jackson fosse stato trattenuto solo qualche giorno in più di me-

-Non deve farsi prendere da queste ansie. Da adesso cercheremo di scoprire che fine ha fatto e lo faremo insieme. Ha parlato con qualcuno di quello che è successo quella notte in carcere?-

-Non ne voglio parlare- Disse Emily portandosi la mano sulla fronte, quasi in senso di vergogna

-Le farebbe bene se-

-Lei non sa nulla di me. Quando ho un problema che so di non poter affrontare da sola lo dico, come ho fatto adesso. Quando un problema so che potrò risolverlo da sola, non ne parlo-

Lui la guardò. Emily distolse lo sguardo per non scoppiare in lacrime. Le stavano succedendo molto cose pesanti da sopportare. Aveva bisogno di un sostegno, soprattutto ora che non c'era più Jackson

-Non so perché mi sto fidando di lei- Gli ammise, ridendo per scacciare le lacrime

-Io sono dalla sua parte-

-Le parole non valgono niente. Solo i fatti me lo dimostreranno e le confesso che un po' sono spaventata. Non so cosa aspettarmi da lei-

Lui le sorrise e bevve un sorso di caffè. Prese fuori una biro dalla tasca e scrisse il suo numero di telefono sul tovagliolo

-Questo è il mio numero. Mi chiami tra qualche giorno e le farò sapere cosa ho scoperto-

Lasciò cinque dollari sul banco e se ne andò. Emily rimase lì, davanti al suo caffè, ad ascoltare i suoi passi che se ne andavano. 

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Capitolo 4
*** Bisogna aiutarla ***


Eric tornò in ufficio furioso. Sbatté la porta e si sedette alla scrivania mettendosi le mani nei capelli. Se pensava a tutto quello che Emily stava passando gli veniva da vomitare. Stava male per lei come, improvvisamente, stava male per tutte le altre vittime che c'erano state e su cui lui aveva chiuso gli occhi. Lei lo aveva obbligato ad aprirli. Aveva aperto qualcosa in lui che non riusciva più a richiudere.

Il suo collega Domenic entrò all'improvviso -Come va, Finch?-

-Non sono dell'umore, oggi-

-Non sei mai dell'umore- Gli rispose sedendosi di fronte a lui

-Cosa vuoi?- Gli chiese in tono di arresa

-Ho visto che è tornata la ragazza che avevamo arrestato una settimana fa-

-Si-

-Cosa voleva?-

-Non sono affari tuoi-

-Pessima risposta, Finch-

-Sono il tuo capo. E' la tua che è stata una pessima domanda-

-No, no. Lei è affar mio. E' affare di tutti, di tutti gli inglese. L'hai voluta lasciare andare. Sono cose che Sutler non scorda. Adesso farà di tutto per avere una scusa per rinchiuderla ancora in carcere e chissà quali mezzi sarà obbligato ad usare-

-Sutler non è obbligato a usare nessun mezzo. Li usa perché gli fanno comodo-

-Li usa per noi-

-Li usa solo per se stesso!- Urlò -Non ti rendi conto? Fa solo il suo interesse. Quella ragazza non è una minaccia alla sicurezza degli altri cittadini. La loro manifestazione era pacifica, finché non sono intervenuti gli squadroni di Sutler. -

-Staremo a vedere- E se ne andò dall'ufficio.

Eric aveva lo sguardo preoccupato. Lasciandola libera forse l'aveva messa in un guaio ancora più grosso di quello che poteva immaginare. Non poté, poi, non pensare al fatto che era sola, senza il suo migliore amico e stava passando un momento difficile. Al bar non era per niente in forma. Era sconvolta, stanca e arrabbiata. Erano già passati otto giorni. Sutler stava sicuramente aspettando che la storia della manifestazione sbollisse un po', prima di ricorrere ai suoi metodi. O forse aspettava che Jackson potesse dargli qualche informazione utile per attuare un'operazione che potesse distruggere definitivamente il movimento e i suoi leader. Una cosa era sicura, Emily era in pericolo e doveva aiutarla.

Cercò il fascicolo di Emily e si annotò la via in cui abitava. Alzò il telefono e decise di chiamare sua zia Gilda

-Ciao, Gilda. Sono Eric-

-Eric, il mio nipote preferito!- Urlò felicissima -Che bello sentirti! Che novità ci sono?-

-Nessuna. In realtà volevo chiederti se ti andava bene se stasera passavo a trovarti-

-Certo! Mi farebbe molto piacere. Oggi sono a casa tutto il giorno-

-Perfetto, a dopo-

-A dopo-

Gilda poteva apparire come una pazza, una svampita, ma era concreta. Era una rivoluzionaria, ma in pensione. Non era mai stata d'accordo con il nuovo governo e non l'aveva mai nascosto, si era battuta per anni, nel periodo peggiore: quando Sutler era all'apice del suo potere e i suoi oppositori erano pochissimi. Dopo una serie di eventi, era però arrivata a chiudere con quella parte della sua vita e adesso viveva nel suo mondo strano e colorato, facendo discussioni intellettuali con i suoi amici e leggendo libri della lista nera che comprava di contrabbando. Doveva chiederle un favore. Era l'unica che avrebbe potuto farlo.

 

Eric camminò fino a casa di sua zia. Viveva in una casa in campagna, di quelle vecchie, bellissime. Completamente isolata senza voler essere nascosta. Era una delle pochissime case che erano rimaste di quel tipo. Quasi tutte le altre erano andate distrutte o bruciate a causa di incidenti naturali e i proprietari erano stati tutti trasferiti a spese dello stato in orribili villette a schiera. Ovviamente erano stati tutti colpi organizzati dal governo che, così, otteneva due cose in un colpo solo: appariva magnanimo nei confronti delle famiglie bisognose rimaste senza casa e riusciva a tenere tutti vicino al centro per poterli controllare meglio.

Percorse una piccola stradina sterrata e subito dopo la curva si trovò davanti alla casa. Bussò due colpi secchi. Gilda andò ad aprirgli radiosa. In una mano stringeva una sigaretta e nell'altra un bicchiere di scotch. Indossava un ampia vestaglia di seta e aveva i capelli raccolti in un coloratissimo turbante. I suoi occhi erano verdi, bellissimi, fatti risaltare da un abbondante trucco, leggermente volgare. Lo fece entrare in casa muovendosi con passi leggeri, sembrava ballasse. Era una donna molto sola e aveva tanti rimpianti nella sua vita, tanti ricordi che la devastavano, ma Eric era l'unica persona vicina che gli fosse rimasta e per lui lei era lo stesso. Quando l'andava a trovare per lei erano sempre momenti bellissimi e allegri. Solo dopo qualche ora insieme, dopo una bella cenetta e qualche bicchiere di vino di troppo, si aprivano, rivelando qualche angoscia che li tormentava, qualche pensiero che non se ne andava, rivelando le loro paure. Quella sera, però, Eric non poteva aspettare. Perciò, mentre lei metteva su un po' di musica, lui si sedette serio sul divano

-Che ti prende?- Gli chiese vedendolo distratto -Non ti piace la musica?-

-Devo parlarti di una cosa- Le disse alzando gli occhi. Non appena Gilda incrociò il suo sguardo, si fece scomparire il sorriso sul viso, spense la musica e si sedette in poltrona, pronta ad ascoltarlo

-Sei nei guai?-

-Non ancora.

-Cos'è successo?-

-C'è una ragazza che dobbiamo aiutare-

-Chi è?-

-Si chiama Emily Blake-

Gilda si pietrificò -Stai scherzando, vero?-

-No-

-Lo sai chi è?-

-Lo so chi è-

-Come l'hai conosciuta? E' una delle leader più importanti del movimento rivoluzionario!-

-L'avevamo arrestata. L'ho interrogata e poi, dopo due giorni, l'ho fatta uscire-

-Sutler te lo ha permesso?-

-Mi aveva detto di trattenerla-

-E tu non lo hai fatto?-

-Io ho eseguito la legge. Non ci sono prove del suo ruolo all'interno del movimento e non ci avrebbe mai detto nulla che potesse aiutarci-

-Tu sei pazzo-

-Lo so, ma adesso ha bisogno del nostro aiuto-

-Hai detto che l'hai lasciata andare, perché dovremmo aiutarla?-

-Pensi che Sutler non userà metodi indegni per riuscire a ricacciarla in prigione?-

-Sicuramente li userà. L'ultima manifestazione ha dimostrato fin troppo bene che il governo si sta indebolendo e che il movimento si sta rafforzando-

-E' stato improvviso, nessuno se lo aspettava e adesso prenderanno delle decisioni drastiche. E' già scomparso un amico di Emily, un certo Jackson, un altro ragazzo tra i fondatori del movimento. Lo hanno catturato durante la manifestazione e adesso è scomparso nel nulla-

-Cos'hai intenzione di fare?-

-Non sei obbligata, la mia idea potrebbe pesarti e se ci scoprissero tu saresti la prima a finire in guai molto seri-

-Parla-

-Dovresti mandare qualche tuo amico a prenderla e portarla qui. Penso sia il posto più sicuro in cui nasconderla-

-Sarebbe meglio se mandassi un amico di un mio amico, per rendere più difficile poter risalire a me e quindi a te-

-Quindi ti va bene?-

Gilda si alzò ed andò verso il telefono -L'indirizzo della ragazza ce l'hai?-

-Ce l'ho. Vuoi chiamare qualcuno già adesso?-

-Non mi sembra il caso di prenderla comoda. Ho già in mente qualcuno che può aiutarci-  

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