Lavender Moon

di alaskainblack
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shades of Cool ***
Capitolo 2: *** Deep Blue Day ***
Capitolo 3: *** Daylight ***
Capitolo 4: *** Fog of infatuation ***
Capitolo 5: *** Lavender Moon ***
Capitolo 6: *** Los Angeles ***
Capitolo 7: *** 11 November ***
Capitolo 8: *** Bridget ***
Capitolo 9: *** New Girl ***
Capitolo 10: *** Her ***
Capitolo 11: *** Winter Heat ***
Capitolo 12: *** Happy New Year ***
Capitolo 13: *** Million Dollar Man ***
Capitolo 14: *** Relationships ***
Capitolo 15: *** Midnight Prom ***
Capitolo 16: *** Goodbye America ***
Capitolo 17: *** Melancholia ***
Capitolo 18: *** Together ***
Capitolo 19: *** Love Sucks ***
Capitolo 20: *** Charm and Beauty ***
Capitolo 21: *** About Us ***



Capitolo 1
*** Shades of Cool ***




Chapter One
Shades of Cool



 
Nel pieno della mia infanzia sognavo a occhi aperti di girare per le vie di Los Angeles, di provare una sfrenata allegria nelle feste dei ricchi e di diventare qualcuno in quella che era per me la città dei sogni.
Quando avevo sedici anni arrivai a Los Angeles completamente da sola, la scuola, grazie ai miei voti alti in inglese, mi aveva dato l’opportunità di vivere per un anno lì.
La maestosità di Los Angeles mi travolgeva e un senso di ansia mi pervase mentre osservavo con invidia i manifesti delle celebrità che mi guardavano pieni di narcisismo.
Mi fermai sul ciglio della strada cercando di chiamare un taxi.
Una macchina gialla si fermò sul marciapiede, era il primo taxi giallo che vedevo e per un secondo mi sembrava di essere nella New York degli anni ottanta, mi sentivo una ragazzina che cercava nel taxy una via di fuga, la macchina mi schizzò i piedi con i resti della pioggia di qualche ora prima.
Controllai la mappa e gli dissi cercando di avere un accento più corretto possibile - Hampstead Road 54 -
Lui senza neanche sospirare mi portò davanti all’edificio in pochi minuti.
- Trenta dollari – borbottò.
Io li presi dal portafogli poggiandoli sulla sua mano, l’uomo senza neanche dire grazie mi lasciò prendere le valigie e scomparve nel buio della città.
Guardai la mia futura casa, era un palazzo in mattoni rossi di circa sette piani, con le finestre chiuse da ringhiere e la vista sul palazzo di fronte, era un edificio per studenti venuti dall’estero per studiare a Los Angeles.
Non ero propriamente nella città, bensì nei sobborghi, ma la cosa non mi dispiaceva, avevo sempre trovato affascinanti i sobborghi di una città, specialmente di sera.
I lampioni illuminavano con luce fioca la porta dipinta di verde.
Suonai il campanello, si sentì uno scatto e la porta si aprì su un atrio, dove, una ragazza di circa trent’anni mi guardava fingendo un sorriso.
- Sono Amanda Fellegara, la ragazza italiana – le dissi sperando capisse chi fossi.
Lei aprì un registro sotto di se e cercò tra i nomi, mi trovò e mi guardò ancora con quell’insopportabile sorriso forzato.
Aprì un cassetto e tirò fuori una chiave in finto argento con su scritto 11.
- La tua camera è al terzo piano nel corridoio a destra – disse mentre tratteneva uno sbadiglio.
Io la ringraziai, presi la chiave e mi diressi verso l’ascensore, salii fino al corridoio e mi ritrovai davanti a una porta con su inciso 11.
L’aprii e fissai la mia nuova casa, era decisamente più piccola di quella che avevo a Milano.
La porta dava su un salotto abbastanza piccolo, al centro un divano arancione di fronte a una piccola televisione grigia, le vetrate sul lato opposto alla porta avrebbero dato luce durante il giorno.
Dall’altra parte della stanza c’era la cucina e, vicino, un tavolo da sei persone in legno.
Dietro il divano una piccola porta portava sulla mia camera da letto, c’era un letto da una piazza e mezzo, un comodino, l’armadio e una piccola scrivania che probabilmente di giorno veniva illuminata dalla finestra.
Vicino all’armadio la porta che conduceva al bagno.
Ero esausta, mi stesi sul letto. Avrei dovuto chiamare i miei genitori per avvisarli che ero arrivata e stavo bene ma ero fin troppo annoiata per farlo, aspettai che fossero loro a telefonarmi. Mi tolsi la canottiera e poggiai la borsa sul comodino, sfilai le converse e fissai per un attimo le valigie ancora intatte.
Non avevo sonno, avevo solo bisogno di rilassarmi.
Così mi alzai dal letto presi la borsa, mi rivestii e scesi dalla ragazza.
- Qual è il cinema più vicino? – le chiesi, guardare un film al cinema era la cosa che più mi rilassava.
- Numero dodici di Hampstead Road 12 – disse lei.
Uscii dalla porta dell’edificio, sapevo che girare per i sobborghi di Los Angeles notte era da pazzi, specialmente non conoscendo il posto, ma lo feci comunque, avevo la strana sensazione che avrei trovato qualcosa di buono, così arrivai a passo lento fino al piccolo cinema.
Guardai i manifesti dei film e lessi “This Boy’s Life” come attori lessi “Robert De Niro”, mi si illuminò i volto, era il mio attore preferito, lo avevo amato in Taxi Driver e ora non potevo perdermi il suo nuovo film.
Mi avvicinai alla cassa – Un biglietto per “This Boy’s Life”, grazie – dissi, il signore mi passò un biglietto da sotto la vetrinetta e io gli detti i soldi.
Mi diressi verso la sala ancora illuminata, andai verso l’ultima fila e mi sedetti a fissare lo schermo ancora bianco sistemandomi comodamente nella poltrona rossa e guardando la piccola sala in cui ero entrata.
All’improvviso mi accorsi che un ragazzo biondo si stava avvicinando a me.
- Ti dispiace se mi metto qui? – chiese indicando il posto accanto al mio, io lo guardai con la coda dell’occhio, poi mi girai, aveva i capelli biondi sparpagliati in modo spettinato sulla testa e gli occhi azzurri incassati, la bocca leggermente carnosa dava al suo viso qualcosa di più femminile, il naso dritto e le sopracciglia ben marcate armonizzavano i suoi lineamenti in una perfetta sincronia di forme.
Una luce di speranza illuminava il suo volto.
- Certo – gli dissi sforzando un sorriso. Lui mi guardò ancora con quella luce negli occhi e infine si sedette accanto a me, non potei fare a meno di guardare un ultima volta il suo volto, e per poco non risi quando lo vidi girarsi verso di me con aria interessata.
La musica partì e lo schermo si accese su un paesaggio che sembrava Texas, uno a uno i nomi degli attori apparivano.
Robert De Niro, Ellen Birkin e l’ultimo fu Leonardo DiCaprio, non l’avevo mai sentito e mi sembrava strano che un italiano recitasse in un film americano.
La camera si spostò su una donna e un ragazzo in macchina, il volto del ragazzo mi sembrò familiare, aveva un incredibile somiglianza con il ragazzo che mi si era seduto vicino.
Mi voltai per confrontarli, l’inconfondibile taglio di occhi era uguale, il colore della pelle e dei capelli anche, la bocca e il naso erano gli stessi e la forma del viso sembrava identica.
Era talmente strano, per un attimo pensai che mi fossi sbagliata, forse era solo un’allucinazione da stanchezza ma il pensiero che fosse la stessa persona mi perseguitava la testa.
Così mi feci coraggio e gli chiesi – Sei tu il ragazzo del film? –
Sapevo che se avessi sbagliato persona sarebbe stato forse la cosa più imbarazzante che mi fosse successa.
Lui mi guardò e scoppiò a ridere, dopo pochi secondi smise.
- Si – disse ancora sorridendo. Io mi riempii di emozione, avevo un attore di fianco, e oltretutto aveva conosciuto Robert De Niro sul set del film, ma soprattutto aveva recitato in un film.
Era solo il primo giorno a Los Angeles e avevo già conosciuto un attore. Un sorriso si aprì sul mio volto.
- Quindi sei un attore? – chiesi io mentre pensavo a quante cose avrei voluto chiedergli.
- Si – disse lui ancora sorridendo – Leonardo DiCaprio – si presentò.
Ripensai ai titoli degli attori.
- Sei italiano? – chiesi io anche se insicura di un si come risposta, aveva un perfetto accento americano e il viso sembrava più quello di un ragazzo tedesco.
- In realtà mio padre è italiano e mia madre è tedesca – disse mentre si grattava il naso.
- Quindi parli tedesco, inglese e italiano? – chiesi io interessata e leggermente soddisfatta di aver intuito delle sue origini tedesche.
- In realtà solo inglese e tedesco, dell’italiano so solo alcune parole – disse mentre si grattava leggermente il lato del naso.
Sapevo che parlando con quel ragazzo non sarei stata attenta al film, ma avevo come una specie di attrazione insensata verso quel suo volto innocente e quel suo sguardo illuminato.
Mi accorsi che mi stava guardando.
- Come hai detto che ti chiami? – mi chiese.
- Amanda Fellegara – dissi io osservando uno ad un i suoi lineamenti perfettamente proporzionati.
- Sei italiana? – chiese, io con un velo di vergogna annuii, avrei voluto essere americana, saper parlare perfettamente l’inglese, poter dire tutto quello che pensavo senza aver paura di sbagliare accento o il significato delle parole.
Lui mi osservò scrutò i miei capelli e mi guardò, nei suoi occhi riuscivo a trovare la sicurezza di parlargli e il suo sorriso una sicurezza innaturale, stare con lui era come una piacevole soddisfazione, una soddisfazione che in quei pochi minuti avevo trovato incolmabile.
Ripuntai gli occhi sul film, ma non potei evitare, qualche volta, di spostare l’occhio sul volto di quel ragazzo provando uno strano piacere nello stargli accanto.
Finito il film feci per alzarmi sperando che Leonardo mi chiedesse ancora qualcosa.
I pensieri mi distrassero e per sbaglio feci scivolare la borsa per terra facendone cadere tutto il suo contenuto.
Lui si voltò e vide la borsa per terra.
- Aspetta ti aiuto – disse bloccandomi mentre mi chinavo per raccogliere gli oggetti caduti.
Rimise tutto nella borsa ma quando si ritrovò tra le mani “The Great Gatsby” esitò per darmelo scrutandone la copertina, le sue sopracciglia si abbassarono in un’espressione concentrata.
- Lo stai leggendo? – mi chiese.
- No, in realtà no, l’avrò letto almeno cinque volte, lo porto con me solo perché è il mio libro preferito, a volte lo apro e leggo un capitolo a caso, e una cosa un po’ strana da fare in effetti –
Lui rise ma non in modo presuntuoso come se fosse divertito dal mio comportamento e allo stesso interessato alle mie abitudini.
- Oh, non importa se è strano, io non pesto mai le crepe del marciapiede, anche questo è strano non trovi? – disse ridendo anche io risi, poi di colpo smettemmo come persi l’uno negli occhi dell’altro.
Per un attimo i nostri sguardi s’incontrarono in un sorriso.
L’aria si fermò in un silenzio rumoroso per l’eco dei nostri risi.
- Quanti anni hai? – mi chiese.
- Sedici, tu? – risposi guardandolo ancora, il colore dei suoi occhi brillava in un modo incredibile con la luce di quella sala.
- Diciannove, non dovresti andare in giro da sola a quest’ora per i sobborghi di Los Angeles – disse sorridendomi.
Io guardai il biglietto del cinema, il film finiva a mezzanotte.
- No, in effetti no – sorrisi e lui con me.
- Se vuoi ti accompagno io casa, insomma, solo se vuoi – propose ora più imbarazzato.
Io risi mentre mi dondolavo sulla punta dei piedi – Okay –
Uscimmo dal cinema e spuntammo in una via poco illuminata.
- Vai al liceo? – mi chiese.
- Si – risposi – Tu vai al college? – chiesi.
- Per fortuna no, ho aspettato tanti anni per andarmene dalla scuola, sto cercando di diventare un attore, infatti tra una settimana farò un altro provino, spero mi prendano – disse, era strano parlare con un attore vero e proprio.
- Sei bravo, insomma, nel film almeno sembravi bravo – dissi un po’ imbarazzata nel non sapere cosa dire.
- Oh grazie, è il mio primo film – disse con aria soddisfatta.
- Sul serio? Il tuo primo film l’hai fatto con Robert De Niro, direi che hai iniziato bene – dissi con ammirazione.
- In effetti, è il mio attore preferito – disse lui scostandosi i capelli dal viso.
- Anche io lo adoro, Taxy  Driver è il mio film preferito infatti – esclamai io felice, avevo incontrato poche persone fino a quel momento che amassero quel film.
- Anche il mio, mi ci ritrovo molto nel suo personaggio, intendo Travis, cioè soprattutto vivendo qui, ma tanto tra un po’ mi trasferirò a Los Angeles, appena io e mia madre troviamo una casa – spiegò lui.
- Vivi con tua madre? – chiesi sinceramente interessata.
- Si, i miei si sono separati quando avevo un anno, mio padre non lo vedo quasi mai – spiegò ancora.
- Mi dispiace – sospirai, era sempre imbarazzante arrivare a questo punto dell’argomento.
- Non ti preoccupare, non è colpa tua – mi rassicurò Leonardo togliendomi dall’imbarazzo.
Guardai alla mia destra, la porta verde dell’edificio, illuminata dall’unica luce della via, terminava la mia serata.
- E’ il mio palazzo – dissi io tristemente indicandogli la porta.
Il sorriso scomparve dal suo volto prima divertito.
- Vivi in un edificio per studenti? – chiese riferendosi al palazzo.
- Si, andrò via all’inizio di Giugno – annunciai, in effetti mancava un sacco di tempo, il solo pensiero di dover passare tutti questi mesi in America sola mi metteva al contempo felicità e un ansia incredibile.
- In sostanza ho un anno per conoscerti – disse con un sorriso mentre strappava un pezzo di carta da un manifesto.
- Hai una penna? – mi chiese, io gli porsi una biro nera che avevo gettato nella borsa prima di partire e lo vidi intento a scribacchiare, poi mi porse il foglietto – E’ il mio numero di telefono, quando puoi chiamami, così ci rivediamo –
Io sorrisi e mi sentii avvampare dalla felicità – Buonanotte – dissi sospirando.
- Buonanotte – disse lui mentre mi salutava con la mano sorridente.
Leonardo scomparve nella notte esattamente come era comparso.
Riguardai il numero di telefono per alcuni istanti e poi tornai nella mia stanza, mi stesi sul letto e ripensai al quel ragazzo biondo, arrossi e un sorriso si allargò sul mio volto ormai preso dalla nebbia dell’infatuazione.



ANGOLO AUTRICE:
Primo capitolo della storia, dato che è la prima fanfiction che scrivo nella sezione prima di tutto ciao a tutti, poi nulla, spero vi sia piaciuta e mi piacerebbe ricevere una vostra recensione!

Gisele

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Capitolo 2
*** Deep Blue Day ***



Chapter Two
Deep Blue Day



Mi svegliai la mattina dopo ancora col sorriso sulle labbra, corsi fino al salotto e mi sedetti sul divano mentre prendevo il telefono fisso, e iniziai a digitare i numeri allegramente per chiamare Leonardo.
Si sentì squillare dall’altra parte della cornetta.
- Pronto? – disse la sua voce calda e io non riuscii a non sorridere sentendola di nuovo.
- Sono Amanda – gli ricordai e sperai con tutta me stessa di non apparirgli invadente.
- Ciao – disse con aria assonnata, poi lo sentii sbadigliare.
Fece un pausa, io tamburellai le dita sulla gamba.
- Ti piace il baseball? – chiese all’improvviso con tono più vivace.
In realtà non avevo mai capito il baseball, non avevo mai visto neanche una partita, ma alla fine poco importava se ci saremmo rivisti, così gli risposi di si.
- Ho due biglietti per la partita dei Lakers, se ti va puoi venire – propose lui eccitato all’idea.
- Amo i Lakers – mentii io, avrei detto di tutto per vederci quel pomeriggio.
- Anche io – rise lui.
In realtà avevo sentito parlare dei Lakers solo in qualche telefilm americano, ma non importava, in quel momento volevo solo vederlo.
- Allora ti vengo a prendere tra mezzora – chiese Leonardo e io sorrisi soddisfatta per aver ottenuto ciò che volevo.
- Okay – dissi felice.
Ci congedammo, per un attimo rimasi sul divano ferma, un po’ confusa, poi, realizzando che ero ancora in pigiama corsi verso il bagno a prepararmi e vestirmi più carina possibile.
Ci misi non poco poiché appena dopo aver finito di pettinarmi sentii il campanello suonare, e non poteva che essere lui.
Risposi dicendo che stavo arrivando e scesi per le scale allegramente ritrovandomi solo occhiatacce davanti.
Quando uscii trovai Leonardo appoggiato a una vespa azzurra, aveva un cappellino blu con su scritto Uela e una camicia di pessimo gusto rossa con le greche, non c’era alcuna coerenza nel modo in cui si era vestito, eppure riusciva ai miei occhi, forse per quel sorriso, forse per l’aria da bambino, a risultare ugualmente adorabile.
Io mi avvicinai e lo salutai con un cenno della mano che lui ricambiò a sua volta.
Si sedette sulla vespa e mi fece segno di mettermi dietro di lui – Spero non ti facciano paura questo tipo di cose – sospirò un po’ preoccupato.
- Non sono quel tipo di ragazza – lo avvisai e lui sembrò sollevato dalla mia frase.
- Per tua fortuna, o ti avrei lasciato qui – rise e io con lui, riuscivamo a trattarci come se ci conoscessimo da un sacco di tempo quando in effetti ci eravamo visti per la prima volta solo il giorno prima.
La moto fece un rombo e partì con uno strattone facendoci apparire un sorriso divertito sulla faccia.
Un ondata di vento travolse i capelli, chiusi gli occhi, sentivo il sole sulla pelle, quando li riaprii stavamo attraversando la costa, e un leggero venticello di mare rinfrescò la giornata afosa.
Superammo il mare arrivando su una strada che durava per alcuni metri e alla fine della quale intravedevo in controluce uno stadio.
Arrivati al parcheggio vidi un ragazzo dai capelli neri correrci in contro, e supposi fosse un suo amico.
- Dai vieni, ti stanno aspettando tutti – disse mentre lo spingeva rubandogli il capellino.
- Ah ciao – disse sorridendo accorgendosi di me.
- Ciao – dissi io coprendomi gli occhi con la mano per non ricevere il sole in faccia.
 – E’ una tua amica? - chiese ora a Leonardo.
- Si – rispose lui deciso e io sorrisi, non credevo che fossimo già amici.
Il ragazzo si rivolse a me e mi prese la mano con fermezza per presentarsi – Tobey –
- Amanda – risposi io e lasciammo la stretta, io mi riparai ancora dal sole con la mano e Leonardo notandolo frugò nel cruscotto nella moto per tirarne fuori un cappellino uguale al suo che mi porse.
- Grazie – dissi io sorridendo sinceramente sorpresa, non immaginavo tutta questa gentilezza nei confronti di una sconosciuta quale ero per lui.
- Nulla – sospirò - Vado a prendere qualcosa al bar – aggiunse e si allontanò lasciandomi con Tobey.
Il ragazzo aveva i capelli con lo stesso taglio di Leonardo, ma che non si adattavano allo stesso modo a lui, gli occhi castani e tondi, il naso leggermente schiacciato, le guance paffute anche se il resto del viso era magro, la bocca poco carnosa si apriva in un sorriso.
- Ti piace davvero il baseball? O hai detto di si solo per uscire con Leonardo? -
Sapevo che avevo detto di si solo per uscire con lui ma non avrei potuto comunque dirglielo.
- No, mi piace il baseball – risposi io cercando di essere più sicura possibile nella mia risposta.
Lui mi guardò incerto poi mi mise il braccio intorno al collo e iniziò a camminare verso le tribune.
- Spero per te che non ci sia Anna oggi – sospirò e lo guardai stranita.
- Chi è Anna? – chiesi curiosa a costo di sembrare invadente.
Lui alzò le sopracciglia sorpreso – La sua ex – disse come fosse la cosa più ovvia del mondo.
- L’ha lasciata una settimana fa – spiegò - Credevo te ne avesse parlato -
Io scossi la testa – Ci conosciamo solo da ieri – dissi facendo intendere che non sapevo assolutamente nulla di Leonardo.
- Meglio per te che non gli stai troppo vicino – mi avvisò – Potrebbero pensare che sei la sua nuova ragazza e odiarti da subito – io aggrottai le sopracciglia scettica e stavo per ribattere quando sentii Leonardo arrivarci da dietro.
 
*
 
Eravamo seduti tra le prime tribune dello stadio a sgranocchiare qualcosa da mangiare per bloccare la fame.
La partita doveva essere a metà, o perlomeno era ciò che sperai con tutta me stessa.
Il fatto che non capissi niente del baseball e che in generale non amassi lo sport rese il tutto incredibilmente noioso, inoltre cercavo di sembrare divertita o Tobey avrebbe pensato che fossi solo una che andava dietro al suo amico, cosa vera ma che con mi piaceva si dovesse pensare di me.
A volte il ragazzo mi guardava con aria di sfida osservando quanto mi divertissi, e io facevo del mio meglio per sembrare vivace.
Quando finalmente quell’inferno finì il cielo iniziava ad essere meno luminoso.
Leonardo, che fino a quel momento si era seduto dietro di me con un salto si sedette accanto a me.
- Senti, io, Tobey e loro – disse indicando i ragazzi tra cui eravamo seduti, probabilmente suoi amici – Ora andiamo in un bar a berci qualcosa, vuoi venire? – chiese.
Era strana tutta quella confidenza da parte sua, era una cosa che in Italia, soprattutto dove vivevo io, non esisteva, in ogni caso ciò lo faceva apparire ancora più carismatico ai miei occhi.
- Perché no – risposi in vena di qualcosa di nuovo.
Lui sorrise facendo intendere che era la risposta in cui sperava.
Tobey mi si avvicinò – Vieni allora? – chiese.
Io feci di si con la testa e la cosa non sembrò cambiare la sua espressione, c’era qualcosa in quel ragazzo che non mi andava a genio, ad ogni modo lui e Leonardo sembravano piuttosto amici e quindi immaginai avrei dovuto sopportarlo.
 
*
 
Il bar era piuttosto affollato, i ragazzi riempivano la stanza con le loro risate, io non sapevo con chi parlare dato che non conoscevo nessuno e non avrei potuto certo ritenermi la persona più socievole del mondo.
Mi limitavo a seguire Leonardo che sembrava apprezzare la mia silenziosa compagnia, a volte si inseriva tra un gruppo di persone e iniziava a parlare cercando invano di farmi sentire a mio agio.
Quando mi decisi ad essere più socievole e spiccicare parola con qualcuno notai un ragazzo piuttosto alto avvicinarmisi - Faccio una festa più tardi, vieni? – mi chiese sebbene non ci fossimo mai visti prima, e per quanto lui ne potesse sapere potevo essere una pazza maniaca.
- Non credo – gli dissi e sentii una mano sulla spalla, quando mi voltai a vedere chi era notai Leonardo.
Una vampa di calore mi assalì per un attimo – Andiamo insieme? – chiese, non potevo non accettare davanti a quell’adorabile sorriso.
Strinsi le spalle ancora un po’ incerta, non era il tipo di cosa che facevo, buttarmi a capofitto in un esperienza nuova, specialmente se non conoscevo nessuno, ma ero a Los Angeles, e qui nessuno mi conosceva, avrei potuto essere chiunque per un anno, quindi perché no?
- Okay dai – dissi alla fine ancora non del tutto convinta.
Lui mi sorrise infondendomi uno strano senso di familiarità; Leonardo poteva essere un maniaco, un pervertito o un drogato, non lo conoscevo, non sapevo nulla di lui, eppure mi sembrava come se avessi potuto dirgli tutto su di me, avevo un’innata fiducia verso quel ragazzo venuto dal nulla, e la cosa mi rassicurava e mi preoccupava allo stesso tempo.
Ci guardammo per alcuni attimi alquanto imbarazzanti senza dire una parola.
Per fortuna o sfortuna ci interruppe Tobey che sorseggiava con aria rilassata una bottiglia piccola di birra.
- Vieni davvero? – chiese stupito mentre mi porgeva la birra che io rifiutai con la mano.
- Sono sorpresa almeno quanto te – gli risposi – Non è esattamente il tipo di cosa che mi piace fare -
Tobey stava per dire qualcosa quando Leonardo si intromise nella conversazione con mio grande piacere.
- Allora qual è il tipo di cosa che ti piace fare? – chiese e non sapevo se la sua domanda fosse più una conseguenza della conversazione o semplicemente un suo reale interesse.
- Non so – iniziai, non perché non lo sapessi, ma per darmi tempo di riflettere su una risposta abbastanza interessante da non troncare la conversazione – Guardare un film ad esempio –
La mia risposta sembrò essere apprezzata da Leonardo che mi guardò ora più interessato.
 
*
 
Quando arrivammo ormai il cielo si era già riempito di stelle e se non fossi stata insieme a Leonardo avrei potuto affermare che quella zona di Los Angeles di sera ha un’aria non poco inquietante.
La festa si teneva in un palazzetto in mattoni rossi non troppo alto, quasi tutte le finestre erano illuminate e sulla scala antiincendio nera ben in vista c’era una coppia che litigava.
Mi guardai intorno interessata, non ero mai stata in posto del genere.
Prendemmo l’ascensore e arrivammo agli ultimi piani.
Quando entrammo nella casa notai la moltitudine di ragazzi che ballavano senza contegno nella piccola casa che sembrava potesse crollare da un momento all’altro tanto era troppo piccola per contenerli.
Notai divertita che la musica partiva da un semplicissimo giradischi piazzato sopra una scrivania, e che sarebbe potuto cadere con il minimo strattone.
Leonardo era sempre dietro di me e questo mi rassicurava in parte, in parte no poiché infondo non lo conoscevo abbastanza da fidarmi completamente di lui.
Le ore passavano e arrivava sempre più gente rendendo la casa irrespirabile, capii che senza un goccio di nulla la festa sarebbe risultata impossibile così mi avviai verso Tobey che da tutta la festa aveva cercato di farmi bere dal suo bicchiere.
Lo notai ballare da una ragazza con i capelli ricci e quando si voltò verso di me mi rifece la proposta che questa volta accettai.
Buttai giù un sorso non piccolo, il liquido mi riscaldò la gola in modo piacevole per poi salirmi alla testa e provocandomi una scossa di vivacità che mi mancava.
Il sapore dolciastro era incredibilmente buono e gli chiesi se potevo averne ancora un po’.
Questi si allontanò per tornare dopo poco con altri due bicchieri, uno per me e uno per lui.
Mio padre mi aveva detto una moltitudine di volte quando ero piccola che non avrei mai dovuto accettare qualcosa da bere a una festa, ma in quel momento avevo ignorato i suoi insegnamenti che avrebbero evitato poco dopo di farmi fare la figura della stupida davanti a Leonardo.
L’alcol iniziava a fare i suoi effetti, specialmente perché lo avevo mai assaggiato.
Avevo perso di vista Leonardo da un po’ in quella stanza di pochi metri e in quel caos di gente.
Così vagavo confusa mentre percepivo disgustata che la mia vista iniziava ad annebbiarsi.
Quando capii che tutto ciò che avevo mangiato o bevuto fino a quel momento stava per uscire dal mio corpo in un modo poco grazioso mi precipitai fuori dalla finestra che dava sulla scala antiincendio per poi vomitare tutto, per fortuna a farmi compagnia c’era qualche altro ragazzo nella mia stessa spiacevole situazione.
Mi sedetti con un terribile mal di testa per terra sperando che il mal di stomaco che mi stava facendo piegare in due se ne andasse al più presto.
- Stai bene? – chiese qualcuno, alzai lo sguardo e per quanto la mia vista in quel momento non fosse delle migliori riconobbi lo sguardo preoccupato di Leonardo sopra di me.
- Per niente – dissi io decisamente imbarazzata.
Lui mi porse la mano per aiutare ad alzarmi, e io accettai volentieri.
- Devo sembrarti incredibilmente patetica – dissi e lo vidi sorridere, la cosa mi rassicurò in parte.
- Capita a tutti prima o poi – disse senza scandalizzarsi troppo – Ora hai capito che non sai reggere l’alcol – sospirò e io annuii con convinzione.
- Direi di no – risposi divertita e improvvisamente vidi tutto nero.








ANGOLO AUTRICE:
Secondo capitolo, e nuovo personaggio, Tobey, che non è altro che Tobey Maguire, l'amico storico di Leonardo, grazie a chiunque stia leggendo, mi piacerebbe sentire un vostro parere, tra poco posterò il terzo capitolo e poi nulla, alla prossima!

Gisele

Tobey e Leonardo:

 

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Capitolo 3
*** Daylight ***



 
Chapter Three
Daylight



 
Mi svegliai in mezzo a una stanza illuminata, indossavo una maglietta bianca piuttosto larga, non capii dov’ero, per un attimo mi spaventai, mi alzai dal letto esaminando la stanza, sembrava la stanza di un ragazzo, aveva un sacco di poster attaccati alle pareti, una scrivania con degli avanzi di cibo e un sacco di fogli e quaderni ammassati uno sopra l’altro.
Una pila di film accatastati dall’altro lato della stanza e sopra uno sgabello una massa di vestiti di pessimo gusto accatastati l’uno sull’altro, nonostante ciò, il pavimento sembrava essere pulito, la stanza era principalmente illuminata dalla finestra, mi avvicinai ad essa, affacciava su una strada di periferia dove passava qualche macchina.
Uscii dalla stanza ancora incapace di capire dove fossi. Mi ritrovai in un corridoio breve, avanzai ancora verso un salotto.
Lì un ragazzo biondo dormiva, era Leonardo, assorto nel sonno con un espressione rilassata mentre la sua bocca si apriva in un mezzo sorriso, i capelli gli coprivano gli occhi, non potei fare a meno di avvicinarmi a osservarlo cercando di non farmi sentire,
Mi ricordai della festa e dato che dopo aver bevuto per la prima volta l’alcol avevo vomitato.
- Sta ancora dormendo? – chiese una donna sorridendo, il fatto che non sapessi chi fosse era piuttosto imbarazzante, probabilmente me lo aveva detto la sera prima e me lo ero dimenticato.
Io annuii, portava una vestaglia viola, aveva lo stesso colore di occhi di Leonardo, lo stesso colorito e gli stessi capelli biondi, il sorriso però era diverso.
- Oh scusa, non mi sono presentata, sono Irmelin – disse avvicinandosi mentre allungava la mano per stringermela, cercai di sorridere, era con ogni certezza sua madre.
- Io sono Amanda – dissi, lei mi guardò sempre sorridente, non sembrava fare un problema del fatto che non mi conosceva e che avevo dormito a casa sua tutta la notte, aveva un’aria tranquilla e sorridente, quasi felice del fatto che ci fosse qualcuno in casa.
- Vado a preparare la colazione – disse camminando verso una piccola porta sul lato del salone.
Irmelin tornò pochi minuti dopo con delle tazze e dei piattini.
Io la aiutai a apparecchiare e lei sembrò compiaciuta del mio comportamento, poi si avvicinò a Leonardo, dolcemente gli sfiorò la guancia con la mano lo baciò sulla fronte lui aprì gli occhi, abbracciò sua madre e poi si voltò verso di me.
Con quella luce i suoi occhi sembravano di un celeste chiarissimo, i capelli biondi erano tutti spettinati e ciò gli dava un’aria più dolce e infantile, le sopracciglia abbassate in un espressione pensierosa, rimasi a fissarlo finché non se ne accorse, a quel punto mi sedetti accanto a lui.
Ci sedemmo tutti a tavola – Dove vivi Amanda? – mi chiese interessata sua madre.
- Vivo in un edificio per studenti venuti dall’estero dato che sono italiana – dissi mentre sorseggiavo un succo d’arancia.
- Anche io alla tua età mi sono trasferita qui, ricordo ancora come mi faceva paura questa città – disse ridendo piano.
Io sorrisi, Leonardo interruppe la nostra conversazione – Il provino per What’s Eating Gilbert Grape è tra una settimana, devo andare fino a New York – annunciò con aria soddisfatta.
Sua madre sembrò compiaciuta – Ti devo accompagnare sino a New York? – chiese lei.
- In effetti speravo di si – disse lui infilandosi in bocca le uova strapazzate, lei lo guardò con aria di rimprovero.
- Leonardo sei disgustoso – disse scherzosamente poi si rivolse di nuovo a me – Quando torni in Italia allora? –
- A Giugno – dissi io mentre mangiavo del bacon.
- Resti qui a Natale? – chiese Leonardo, sinceramente non avevo idea di cosa avrei fatto a Natale.
- Non lo so – lui sembrò sconfortato, guardò per alcuni secondi il suo piatto.
- Puoi festeggiare con noi, quest’anno papà viene giusto? – sua madre annuì.
- Comunque non credo tornerò in Italia, il viaggio costa troppo – dissi cercando di fargli tornare quell’adorabile sorriso sul volto.
Sua madre rise – Fantastico, allora passerai il Natale con noi – disse felice - Insomma, se vuoi – ora il suo tono sembrava più imbarazzato.
Io annuì, sembravano entrambi felici di avermi con loro – Non saprei con chi altro festeggiarlo, non conosco molta gente qui –
Non avevo mai festeggiato il Natale in una famiglia americana, di solito nei film si vedevano tacchini, candele e le calze appese con dentro le caramelle, forse erano tutti troppo grandi per quello ma ero comunque curiosa.
Improvvisamente suonò il campanello, Leonardo si alzò e aprì, mi voltai per vedere chi fosse.
Era Tobey che sorrideva insensatamente mentre salutava con la mano Leonardo, sembrava ancora un po’ sbronzo dal giorno prima.
- Ehi Tobey – disse Leonardo abbracciandolo.
- Cosa fai oggi? – chiese il ragazzo appoggiandosi alla porta.
Leonardo lo guardò con aria assonnata.
Il ragazzo fece entrare l’amico nel salotto.
- Ehi Amanda – mi salutò, io gli feci un cenno con la mano - Hai dormito qui? - Io annuii.
- Senti scusa per ieri, non avrei dovuto darti quel bicchiere, ho saputo che ti sei sentita male, scusa – disse lui.
- Non ti preoccupare – gli risposi io.
Si avvicinò al tavolo sedendosi al posto di Leonardo.
- Prendi pure quello che vuoi Tobey – sorrise Irmelin poi si rivolse a Leonardo – Vai a prendere un’altra sedia -
Tobey si infilò in bocca un pezzo di pane - Quando hai detto che lo fai quel provino? –
- Tra una settimana – gridò lui dalla stanza accanto.
Tornò poco dopo con una sedia e si sedette senza però toccare cibo.
- Senti sai se c’è anche un ruolo per me? – chiese Tobey.
Leonardo scosse la testa, Tobey lo guardò un po’ deluso.
- Non fa niente, ho già trovato un ruolo, interpreto un ragazzo che si chiama Al in So Fucking What – disse cercando di convincere tutti di avere un ruolo molto importante.
- Bene – disse Leonardo che non lo stava molto ascoltando.
Tobey stette zitto per qualche secondo e poi riprese a parlare – In realtà non sono il protagonista, sono una specie di comparsa, ma va bene comunque, è sempre un ruolo giusto? –
Tutti annuimmo anche se lo ascoltavamo distrattamente.
- Che ore sono? – chiese lui.
Leonardo tirò fuori dalla tasca il cellulare – Undici e quaranta –
- Devo andare – disse mentre si alzava, ci salutò e si allontanò verso la porta.
Lo salutammo.
- Quando vuoi ti riporto a casa – disse Leonardo più tardi.
- Quando vuoi tu – dissi io.
Lui mi guardò – Per me puoi restare tutto il pomeriggio e anche la sera se vuoi – disse scherzosamente – Però domani possiamo vederci – propose, avrei tanto voluto ma non potevo.
- Domani è il mio primo giorno – gli ricordai.
- Giusto, tu vai al liceo – rise lui, sarei tanto voluta restare tutto il giorno con lui ma dovevo andare a prepararmi.
- Magari tra un paio d’ore – lui annuì.
Ci sedemmo sul divano e optammo per vedere un film insieme.
 
*
 
Scesi dalla moto togliendomi il casco.
- Dovremmo rivederci, insomma, io sono stato bene con te -
Io arrossi e abbassai la testa per non farglielo notare.
- Anche io -
- Perché non mi dai il tuo numero così ti chiamo? –
- Oh certo – dissi e gli dettai il mio numero mentre lui lo scriveva con una penna sul braccio.
- Okey grazie, senti, ti va di uscire domani? Ti vengo a prendere dopo la scuola, se ti va –
Io risi, il pensiero di vederlo subito dopo una giornata di scuola mi rallegrava.
- Allora ciao – disse lui salutandomi con la mano.
- Ciao – dissi io ridendo e rientrai nell’appartamento.
La ragazza della reception mi fissò male, forse perché non mi aveva visto rientrare il giorno prima, in ogni caso non m’importava, salii le scale e aprì la porta e pensai che non avevo ancora chiamato i miei genitori.
Mi stesi sul letto con la cornetta sull’orecchio.
- Pronto Amanda? – chiese mia madre.
- Ciao, scusate se non vi ho chiamato, ci sono stati problemi col telefono – cercai di giustificare io, la verità e che li avevo proprio dimenticati, mi ero persa in una realtà di cui loro non facevano parte e mi ero scordata di chiamarli.
- Non ti preoccupare, abbiamo chiamato la reception che ci ha detto che andava tutto bene – disse mio padre.
- Com’è Los Angeles? – mi chiese mia madre impaziente. Non avevo voglia di raccontargli di Leonardo, Tobey, la festa e del fatto che mi ero ubriacata ed ero andata a dormire da uno sconosciuto.
- Bene – dissi.
- Ti sei annoiata perché non conoscevi nessuno? – chiese mia madre.
- Un po’ – risposi io mentre ripensavo a Leonardo, non mi ero per niente annoiata, non mi erano mai successe così tante cose in soli due giorni.
- Non ti preoccupare, vedrai che domani a scuola ti farai qualche amico – mi rassicurò mio padre.
- Ora devo andare, ciao – dissi io stanca della nostra conversazione.
- Buona fortuna per domani, ciao – dissero un po’ delusi che me ne fossi andata.
Mi cambiai mettendomi una maglietta e dei pantaloncini mentre controllavo che ci fosse tutto l’occorrente per il liceo, ero un po’ agitata, cercai di essere positiva, l’unico lato positivo era che avevo già un amico, anzi due, se Tobey e Leonardo si potevano considerare amici.
Mi stesi sul letto era ora di pranzo ma non avevo nessuna voglia di mangiare, scesi ugualmente nella sala da pranzo e infilai nel piatto qualche pomodoro, del pane e un hamburger.
Mi sedetti in un tavolo da sola sperando che nessuno mi si avvicinasse, non avevo proprio voglia di socializzare, tutti i ragazzi nella sala mi guardavano, ero praticamente l’unica da sola, cercai di ignorarli mentre mangiavo il mio hamburger con l’insalata.
Avevo paura per il liceo, avevo paura di fare l’asociale sociofobica come al solito, non sapevo neanche cosa avrei dovuto fare il giorno dopo, speravo che ci fosse stata una specie di guida o avrei fatto la solita figura di cavolo di quella che sbaglia tutto.
Il professore sapeva già che ero nuova oppure avrei dovuto dirglielo, e se i banchi erano a due con chi mi sarei seduta, erano tutte domande a cui la risposta era solamente ansia, ansia che andasse tutto male.
Vidi passare davanti a me un gruppo di ragazze probabilmente francesi che non facevano che fissarmi e ridacchiare, non mi importava più di tanto di loro, anche se erano piuttosto fastidiose così prima di aver finito di mangiare mi alzai e tornai nella mia camera dove passai il resto della giornata a leggere The Great Gatsby, non sapendo assolutamente cosa fare, sapevo che mi sarei divertita di più a passare il pomeriggio con Leonardo, ma ora non potevo chiamarlo e chiedergli se ci vedevamo perché probabilmente si era già organizzato con altri.
 
 

ANGOLO AUTRICE:
Terzo e nuovo capitolo, spero che vi piaccia, grazie a chiunque abbia letto la storia e sia arrivato fino qui, se vi va lasciate un recensione! 

Gisele
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 4
*** Fog of infatuation ***


 
Chapter Four
Fog of Infatuation



La mattina dopo la sveglia suonò alle sette, appena aprii gli occhi mi accorsi di non avere idea di dove fosse la scuola, scesi dal letto e spalancai la valigia in cerca del volantino senza trovarlo.
Mi vestii in fretta e mi precipitai frettolosamente giù dalle scale verso la reception.
La ragazza mi guardò col suo solito sorriso finto – Cosa c’è? – disse scocciatamente senza levarsi il sorriso dalle labbra.
- In questo istituto frequentano tutti lo stesso liceo? – chiesi sperando in un si.
- Si – disse lei annoiata.
- Grazie – le sussurrai, tornai su in camera e misi lo zaino sulle spalle e tornai giù nell’atrio, ero poggiata sulla colonna vicina alla porta nella speranza che passasse un ragazzo da poter pedinare fino al liceo.
Due ragazze uscirono dall’edificio con lo zaino in spalla, io cercando di non farmi notare le seguii per alcuni metri fino allo School Bus.
 
*
 
Entrai nell’aula ancora completamente vuota quando improvvisamente mi arrivò una chiamata dal cellulare, per fortuna non c’era nessuno, corsi in quello che mi sembrava il bagno.
- Pronto? – dissi io a bassa voce.
- Sono Leonardo – disse lui.
- Non puoi chiamarmi, sono a scuola! – gli sussurrai sottovoce infondo divertita.
- Volevo sapere in che scuola vai così ti venivo a prendere alla fine delle lezioni – io sorrisi, sarebbe stato bellissimo rivederlo più tardi.
- John Marshall High School – dissi io, all’improvviso sentii dei passi.
Così cercai di attaccare il più possibile il telefono all’orecchio perché non si sentisse al di fuori del bagno.
- E’ la mia vecchia scuola – disse lui sorpreso – Allora vengo alle due – continuò.
Ci salutammo e spensi il telefono infilandolo nella tasca piccola dello zaino e uscii dal bagno rientrando nella classe ormai mezza piena.
Gran parte dei posti erano già stati occupati così mi misi all’ultimo banco per cercare di non farmi notare da nessuno e iniziai a osservare i miei nuovi compagni.
Nessuno sembrò aver notato la mia presenza, era pieno di ragazze che parlavano tra di loro delle vacanze e si abbracciavano, un ragazzo già scarabocchiava sulla lavagna il suo nome, due si baciavano vicino alla finestra e alcuni ragazzi correvano per la classe come dei bambini.
Nessuno si avvicinò per chiedermi se ero nuova, sinceramente era meglio così, non avevo alcuna voglia di fare la sociale e chiacchierare, se nessuno mi notava sarei potuta restare da sola.
La campanella suonò e la professoressa entrò in classe poggiando sulla cattedra il registro con violenza, sembrava piuttosto giovane.
Iniziò a fare l’appello e quando si arrivò al mio nome mi cercò tra i banchi fino a incrociare il mio sguardo.
- Presente – dissi io flebilmente, tutta la classe si girò verso di me fissandomi, alcuni con scocciatura, altri con interesse.
- Da dove vieni? – chiese lei cercando di essere gentile.
- Italia – dissi io cercando di non farmi sentire, sarei tanto voluta essere americana.
Dopo pochi secondi si rigirarono tutti di nuovo verso la professoressa e io cercai di non attirare più l’attenzione dei miei compagni. La maggior parte della lezione guardai fuori dalla finestra come nell’attesa che succedesse qualcosa di eccitante e invece l’albero restava immobile, senza che neanche un flebile vento ne smuovesse le fogli o un uccello ne rallegrasse i rami.
Durante l’intervallo, come previsto restai da sola, così mi rifugiai nel bagno a sgranocchiare un panino che mi ero fatta il giorno prima, sapevo che sarei dovuta andare a socializzare ma non ero in vena di farlo.
Bussarono alla porta tutto il tempo e io ogni tre secondi dovetti urlare “Occupato” e probabilmente qualcuno avrà pensato che mi sono sentita male perché appena uscita dal bagno ero osservata da tutti con aria preoccupata. La campanella annunciò la fine di quel breve intervallo che dentro il gabinetto sembrava durare ore.
Tornai al mio posto senza che nessuno mi osservasse, diedi un’occhiata a quelle che sarebbero dovute diventare le mie future amiche, le ragazze erano divise in tre gruppi, ammassate sopra un banco quattro ragazze dall’aspetto normale chiacchieravano pacificamente, vicino alla finestra tre ragazze dall’aspetto più infantile ridevano per apparentemente alcun motivo e vicino al gruppo di ragazzi cinque ragazze ridevano forzatamente mentre si tiravano spinte, si facevano scivolare e si saltavano addosso nel non molto complicato tentativo di far urlare le cinque ragazze. A differenza delle ragazze i maschi erano ammassati vicino alla porta in un caos di risate. La mia classe non mi sembrò più speciali di altre e mi accorsi che un liceo americano è uguale a un liceo italiano a parte per le ragazze vestite da cheerleader e i ragazzi con la giacca da baseball che mi facevano sentire in un di quegli stupidi telefilm sulla scuola.
L’ora dopo ci fu ginnastica e fu terribile, quando ci mettemmo a correre attorno al campo da basket ero l’unica senza un compagno, nessuno che si degnasse di avvicinarmisi per chiedermi come stavo o chi ero, se ero felice, correvano tutti con i propri amici cercando di fare stupide battute sulla prof che mostrava come correre correttamente.
A una mezzora dall’inizio della lezione andai di nuovo in bagno e ci restai per il resto dell’ora senza che nessuno venisse negli spogliatoi per chiedere se ero morta.
Mi sentii piuttosto sola anche per il resto della giornata, ero un’asociale e probabilmente a nessuno interessava venire a parlarmi, non sapevo assolutamente cosa fare, io non avevo il coraggio di avvicinarmi ai miei compagni.
Alla fine della giornata le quattro ragazze dall’aspetto normale si avvicinarono a me.
- Dove l’hai presa la maglietta? – mi chiese una cercando di essere amichevole.
Io mi guardai la maglietta, non sapevo neanche come ero vestita e non mi ricordavo dove l’avessi presa così azzardai.
- Era di mia madre – loro mi guardarono ora con meno interesse, ma cercando comunque di mantenere il sorriso sulle labbra.
- Così vieni dall’Italia – disse un’altra, era la classica frase che si dice quando non sai di cosa parlare.
- Adoro Roma – disse quella accanto.
- Già stupenda – esclamai io anche se non mi era mai piaciuta troppo quella città.
- Cosa fai dopo la scuola? – mi chiese la prima ragazza che mi aveva rivolto la parola.
- Mi viene a prendere un mio amico e poi decidiamo – risposi cercando di renderlo meno interessante possibile.
- Hai già degli amici? – chiese una ragazza con i capelli ricci confusa.
- Si – risposi io sperando che non mi chiedessero di più di Leonardo, non avevo voglia che si intromettessero nell’unica cosa divertente che avevo a Los Angeles.
- Ah peccato, noi andavamo a comprare qualcosa, sarà per un'altra volta – sorrise.
Io pensai che non sarei mai uscite con quelle ragazze, ma le ringraziai comunque dell’invito per sembrare gentile.
Il resto della giornata mi limitai a guardare l’orologio in attesa finalmente di rivedere Leonardo dopo quella lunga e noiosa giornata.
 
*
 
Quando l’ultima campanella suonò mi arrivò una chiamata.
- Sono fuori dalla scuola – disse Leonardo e riattaccò subito.
Un sorriso mi spuntò sul viso, avevo un’irrefrenabile voglia di vederlo.
Corsi fuori dalla scuola e lo ritrovai sulla strada con la sua moto azzurra e una sigaretta tra i denti mentre il suo volto si apriva in un sorriso spontaneo e i suoi occhi brillavano con la luce del sole.
Mentre salivo sulla moto si avvicinarono un paio di ragazze e ne riconobbi una della mia sezione.
- Ciao Leonardo – gli sussurrarono mentre si mettevano in mostra con fare ridicolo, lui le guardò privo di interesse nonostante, dovevo ammettere, erano entrambe davvero carine.
- Ciao – disse lui mentre loro si facevano più vicine.
Una ragazza castana si appoggiò alla moto – Allora vai al college ora? – chiese con fare disinvolto mentre si toccava i capelli.
- No, faccio l’attore – rispose, si sentirono dei gridolini soffocati dalle ragazze intorno a noi.
– Allora un giorno mi inviterai a una premiere giusto? – disse sempre la ragazza appoggiata alla moto.
Leonardo accese il motore – Dobbiamo andare ora, ciao – disse infine liberandosi di quelle ragazze.
Ci allontanammo finalmente dalla scuola.
Chiusi gli occhi e strinsi le mie braccia attorno al suo petto e mi sentii di nuovo al sicuro.
- Com’è andata? – mi chiese interessato.
- In modo noioso – risposi io scocciata al ricordo della mia giornata scolastica, lui rise.
- I ragazzi sono simpatici? – chiese ancora, io guardai il cielo.
- No – risposi io senza esitazione e lo sentii sorridere, feci altrettanto.
Ora passavamo davanti al mare e un vento fresco ci aiutava a sopportare il caldo di quel pomeriggio.
- Ti sei fatta degli amici? – chiese ancora.
- Tutte queste domande? – esclamai io scherzosa – Diciamo di si – risposi infine.
Lui si voltò con aria interrogativa – In che senso diciamo di si? –
- Gli ho dato buca perché dovevi venirmi a prendere – risposi ridendo io.
Lui rise a sa volta ancora mostrando uno di quei sorrisi che fanno sembrare il mondo un posto migliore.
Mi accorsi che non avevo idea di dove stessimo andando così glielo chiesi.
- Aspetta – rispose lui semplicemente.
Attraversammo la città e finimmo su un’autostrada, lo vedevo a volte girarsi e sorridermi con spontaneità e il suo sorriso sembrava più luminoso del sole che tramontava davanti ai nostri occhi.
Imboccò una stradina che si fermava davanti a una fitta distesa di alberi con un unico sentiero.
Osservai incantata il paesaggio quando sentii un calore avvampare dentro di me e mi accorsi che stava allungando la mano per prendermela.
Camminava cercando di evitare le foglie, potevamo sentire gli uccelli, lo scrosciare dell’acqua in lontananza e il rumore delle scarpe che pestavano l’erba secca insieme al leggero sussulto del suo respiro calmo e rassicurante.
Il rumore dell’acqua si fece sempre più vicino quando mi accorsi che eravamo di fronte a un piccolo lago.
Io scoppiai in un risata.
- Cosa c’è? – chiese lui con un sorriso, poi con un gesto veloce si sfilò la maglietta – Vieni a nuotare? – mi chiese impaziente della risposta.
Mi feci scappare di nuovo una risata mentre lo guardavo sfilarsi i jeans e le scarpe. Mi guardò con aria interrogativa in attesa di una risposta.
– Allora vieni? – chiese ancora, poi si gettò in acqua bagnandosi completamente e scoppiò a ridere.
- Cosa? – chiesi io, non l’avrei mai fatto, spogliarsi davanti a uno che avevo appena conosciuto non era il tipo di cose che facevo.
- Dai – insisté lui che ormai mi lanciava dei piccoli schizzetti.
Io mi tolsi i pantaloni e le scarpe e mi immersi fino alle ginocchia lasciandomi. la maglietta che fortunatamente era piuttosto lunga.
Mi avvicinai sempre di più al laghetto, lui mi osservava impaziente.
Leonardo era immobile mentre studiava ogni mia mossa.
- Vieni – insisté mentre continuava a saltellare e andare sott’acqua per dimostrarmi senza successo che buttandomi mi sarei divertita.
Avanzai lentamente, osservavo l’acqua e mi godevo l’atmosfera tranquilla quando mi sentii trascinare sott’acqua.
Per alcuni secondi apparve tutto scomposto e una miriade di bolle mi circondavano, mentre scomparivano scorsi il volto di Leonardo, eravamo a pochi centimetri di distanza e ci guardavamo, il colore dei suoi occhi era celeste come l’acqua del laghetto.
Ci avvinammo sempre di più quando mi accorsi che le mie labbra erano dolcemente poggiate sulle sue.
Una vampa di calore immensa sembrò far sparire la sensazione dell’acqua fredda, qualche bolla restava sospesa tra i nostri sguardi.
Restammo così per alcun secondi, poi risalimmo lentamente fino a ritrovarci con la testa fuori dall’acqua e mi ritrovai a fissarlo come se niente fosse accaduto e pensai quasi di essermi immaginata tutto.
Uscimmo insieme restando in silenzio, poi lui, come se nulla fosse successo si rivolse a me, che ero piuttosto a disagio nel non sapere come comportarmi, con il sorriso più calmo che poteva riuscirgli.
- Dovremmo vederci un’altra – sospirò.
Io annuii e ci stendemmo sul prato imbarazzati su quello che c’era da dirsi.
- Non avevo mai nuotato in un lago – esclamai io.
Lui si voltò e sorrise lentamente.
- Neanche io, sono quelle cose che vedi fare solo nei film – rise un poco.
Il suo tono di voce, calmo, tranquillo e profondo era una melodia, adoravo il modo in cui parlava, il suo accento, leggermente americano ma non troppo da essere fastidioso.
- Vuoi tornare a casa? – mi chiese dopo.
- Aspetta ancora – sospirai godendomi il sole che ci asciugava lentamente – Poi siamo completamente bagnati – osservai ridendo e lui con me.
Non saprei dire quanto restammo lì, a chiacchierare rilassati come se il tempo non passasse mai.
Poi il cielo diventò sulle sfumature dell'arancione e il sole scese, così, accorgendoci che iniziava a essere tardi prendemmo i vestiti ormai asciutti e tornammo sulla vespa.
Durante il tragitto chiusi gli occhi ormai completamente rilassata.
Era strano come riuscivo a sentirmi a mio agio con lui nonostante lo conoscessi da appena due giorni
 
*
 
Arrivammo fino a casa sua dove la moto si fermò, lui scese e si mise davanti a me fissandomi dolcemente.
- Prendo la macchina e ti riaccompagno – mi rassicurò lui.
Non avevo alcuna voglia di tornare il giorno dopo a scuola, così, presa da un’irrefrenabile voglia di rivederlo cercai di farmi coraggio e glielo chiesi.
- Quando ci rivediamo? – chiesi io speranzosa.
Lui si voltò con un sorriso che sembrava apprezzare la mia domanda.
- Appena sei libera – disse e io sorrisi, forse Leonardo iniziava a piacermi sul serio.
 
 
 
 







 
ANGOLO AUTRICE:
Scusate per il capitolo più corto del solito ma non ho saputo fare di meglio, il prossimo al più presto e se vi va lasciate una recensione, accetto pareri positivi e negativi.


Gisele
 

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Capitolo 5
*** Lavender Moon ***


 
Chapter Five
Lavender Moon


Eravamo seduti sulla spiaggia mentre lui canticchiava una canzone mai sentita prima.
- Parti domani? - chiesi io e lo vidi annuire.
- Se vuoi puoi accompagnarmi - mi invitò - se non hai altri impegni - aggiunse timidamente.
Era chiaro che non avessi altri impegni, tutti giorni davo buca alle mie compagne di classe solo per uscire con lui e vederlo sorridere alle mie battute e ridere con me.
- Non ho mai altri impegni - risi io - Comunque voglio esserci quando ti diranno che hai avuto la parte -
Lui rise spintonandomi amichevolmente - Non è detto che mi prendano - disse ma sapevo che era fin troppo carismatico e bravo per non vincere quel provino.
- Non essere pessimista - dissi spingendolo nella sabbia, cadde a terra mentre rideva e mi guardava negli.
Restò per un attimo restò immobile, poi si rialzò di scatto e mi prese fra le sue braccia facendomi il solletico, io iniziai a ridere mentre scuotevo le gambe e mi dimenavo dalla sua presa.
Riuscii ad alzarmi in piedi e allontanarmi a pochi centimetri di distanza da lui quando lo vidi alzarsi iniziai a correre, anche lui correva e mi inseguiva.
Corremmo sull'acqua mentre ci schizzavamo e ridevamo, a un certo punto mi saltò addosso e cademmo entrambi nell'acqua calda e limpida, io ancora con la maglietta e lui con gli occhiali da sole poggiati sulla testa.
A un certo punto un'onda ci travolse completamente bagnandoci tutti e gli occhiali di Leonardo sparirono mentre continuavamo a ridere senza riuscire a smettere, quasi avevo paura che saremmo affogati lì.
Guardai il cielo, stava per arrivare il tramonto così decidemmo che era meglio tornare a casa.
 
*
 
- Solo gli attori e un parente - mi bloccò il ragazzo davanti alla porta appena arrivati al posto dove si svolgeva il provino a New York.
Leonardo provò a convincerlo ma lui continuò a bloccarmi col suo fastidioso braccio indurito dall'orologio costoso che era ancora più messo in risalto dal sole del mezzogiorno che lo illuminava.
Leonardo sussurrò un – Ci vediamo dopo allora - ed entrò nella struttura.
Aspettai fuori nel cortiletto del posto più desolato e lontano da New York che il regista potesse scegliere per i suoi provini.
Dopo aver esaurito i pensieri e gli alberi da osservare la noia si fece sentire per le due ore seguenti in cui gironzolavo intorno alla struttura dalla quale non trapassava neanche un sussurrò.
Quando Leonardo uscì esultante gridando - Mi hanno preso! - e saltandomi addosso fui immensamente felice per lui, un po' meno vedendo la folla di ragazzi sconsolati uscire lentamente mentre si lamentavano con i genitori che il regista non capiva niente.
Lui sorrise dalla gioia - C'è anche Johnny Depp nel cast! - disse lui ancora più esaltato.
Passammo il resto del pomeriggio a girovagare per la città scattando foto come dei perfetti turisti tedeschi e tutti ci scambiavano per una famiglia facendo i complimenti a Irmelin e facendoci scoppiare dal ridere.
Il week-end passò nella più assoluta felicità e quando tornai a Los Angeles domenica sera ero esausta.
 
*
 
La settimana seguente passò velocemente.
I giorni erano frenetici e simili tra loro, aspettai impaziente il fine settimana per stare con lui e quando finalmente arrivò ero felicissima di potermi rilassare.
Sua madre mi invitò a cena venerdì sera e io fui felice di andare e sentirmi un'amica di famiglia.
Suonai al campanello e lo vidi aprirmi la porta sorridente, un profumo di pasta e pollo alleggiava nel salotto.
- Siediti pure - disse lui porgendomi il posto a sedere, si sedette accanto a me e dopo pochi istanti arrivò sua madre con un piatto di spaghetti che Leonardo guardava con aria eccitata all'idea di mangiarli.
- Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere ricordarti dell’Italia - disse timidamente sorridendo.
- Grazie mille - dissi mentre mi riempiva il piatto.
Leonardo mentre mangiava si voltò improvvisamente da me - Abbiamo trovato una casa che ci piace, a Los Angeles - esclamò entusiasta e io sorrisi.
- Più grande? - chiesi eccitata, lui annuiva soddisfatto, sapevo che così non avrei potuto più vederlo tanto spesso ma sapevo che si meritava tutto questo ed ero contenta per lui.
- Mi dispiace solo che non ci vedremo tanto spesso quanto prima - mi guardò ora più tristemente, io sospirai senza sapere cosa dire.
- Ci trasferiamo domani, è l'ultima cena che facciamo in questa casa con questi mobili - disse Irmelin.
Erano stati davvero gentili a invitarmi alla loro ultima cena in quella casa.
- Sarà un bene solo per il fatto che avrò un posto decente per fare una festa di compleanno - rise lui.
Sua madre lo guardò - Quando è il tuo compleanno? - chiesi io.
Si infilò una forchettata di spaghetti in bocca e disse - L'undici novembre -
- Uguale al mio - dissi eccitata.
Sorrise mentre ingoiava gli spaghetti - Potremmo organizzare qualcosa insieme – propose lui allegramente, amavo vederlo felice.
- Sempre se ti va – aggiunse timidamente.
- Certo – lo rassicurai.
 
*
 
La sera Leonardo mi portò in un bar stile anni settanta in una stradina piccola e poco illuminata di cui l’insegna rivelava il nome “Lavender Moon”.
- Che cos’è questo posto? – chiesi curiosamente.
Lui aprì la porta e mi fece sedere su uno sgabello vicino al bancone.
- Un bar in cui vado da sempre - spiegò.
Mi osservai intorno, adoravo quello stile retrò, in un angolo un piccolo Juke-Box era a malapena illuminato da una lampadina mezza fulminata.
- Un Juke-Box, era un sacco che non ne vedevo uno – risi io.
Si alzò di scatto dalla sedia e mi prese per mano portandomici vicino.
- Mettiamo una canzone – sussurrò mentre ne selezionava una.
Il pezzo partì dando un’improvvisa atmosfera romantica alla situazione, lui iniziò a battere lentamente il piede mentre canticchiava qualche strofa.
- Balliamo – esclamò con fare ironico mentre rideva col suo adorabile sorriso.
- Sei pazzo? Ci vedono tutti – esclamai scherzosamente.
Mi guardai intorno e il locale era effettivamente vuoto.
- Non c’è nessuno – ridacchiò lui mentre mi faceva girare giocosamente, non riuscivo a staccare lo sguardo dai suoi occhi.
Ridevamo mentre ballavamo avanti e indietro, la strada era ancora vuota come il bar e il barista non era al bancone.
- Non sei male – esordì lui mentre canticchiava.
Risi – Neanche tu – esclamai mentre lo osservavo muoversi a ritmo.
A un certo punto rallentammo e ci avvicinammo, ci guardavamo negli occhi mentre eravamo entrambi in silenzio, si sentiva solo la canzone.
Osservavo i suoi occhi, non riuscivo a capire cosa stava pensando, accennò un sorriso imbarazzato che io cercai di ricambiare.
Stavamo ancora ballando quando mi avvicinò lentamente a sé e alla fine poggiai la testa sulla sua spalla e lo toccarmi i capelli.
Ci avvicinammo al bancone, batté la mano su di esso e il barista arrivò dopo poco.
- Una Becks e…- mi guardò per chiedere cosa volessi.
- Un bicchier d’acqua per me – sospirai, ero troppo scossa per bere una birra.
Leonardo mi fece segno di sedermi accanto a lui e io mi avvicinai.
- Parti domani giusto? – chiesi speranzosa in un no.
- Si – sospirò – Tornerò solo a Novembre, ho chiesto di fare una pausa dato che era il tuo compleanno e volevo esserci –
- E’ anche il tuo compleanno – gli ricordai – Comunque grazie – dissi più imbarazzata.
Lui rise – Non c’è da dire grazie – disse dandomi un’amichevole pacca sulla spalla – E’ questo che fanno gli amici, credo, no? –
- Si, siamo amici – dissi io quasi malinconicamente, eravamo amici, e io detestavo essere chiamata da lui così.

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Capitolo 6
*** Los Angeles ***




Chapter Six
Los Angeles



 
Era il 10 Novembre, un giorno prima del nostro compleanno, ero seduta all’aeroporto ad aspettare spuntare la sua testa bionda alla porta degli arrivi.
Mi guardavo intorno mentre la voce parlante continuava a dire che c’erano cinque minuti di ritardo del volo Manor – Los Angeles.
Sua madre camminava avanti e dietro impaziente e qualche volta accennava un piccolo sorriso.
Passò circa un quarto d’ora interminabile, tirai fuori una ciambella che mi ero portata e mentre godevo il sapore di cioccolato sulla lingua un rumore trasmesso attraverso l’altoparlante mi avvisò che i passeggeri stavano scendendo dall’aereo.
Mollai la ciambella sulla sedia mentre cercavo di sistemare un attimo i miei capelli e controllai di non essere sporca di briciole.
La porta si aprì, una miriade di gente accalcata si spintonava in cerca di un parente a cui agganciare le braccia stanche del viaggio.
L’aeroporto si riempì di voci felici, fidanzati che si baciavano come se non si fossero visti per anni, nonni che vedevano i nipoti dopo un sacco di mesi e amici che andavano l’uno a trovare l’altro, qualcuno non invece attraversava la folla con una cuffia nelle orecchie diretto verso un taxi.
E poi vidi la sua testa bionda in mezzo a quella folla, il suo viso si girò verso di me e illuminò la stanza dai toni pallidi con un sorriso che non potei evitare di ricambiare.
Leonardo si avvicinò correndo verso sua madre per poi schioccarle un affettuoso bacio sulla guancia, diede una forte pacca sulla spalla a Tobey che infine abbracciò e poi si avvicinò a me.
Tra noi ci fu un attimo di incertezza, i nostri occhi si incrociarono in un momento di imbarazzo, lui accennò un sorriso per poi sorprendermi con un abbracciò, sentii il suo corpo stringere il mio e un calore mi pervase, chiusi gli occhi appoggiando il viso sulla sua spalla, rimanemmo così per alcuni minuti, o forse solo pochi secondi.
- Allora? Com’è Johnny Depp? – chiesi io anche se infondo mi importava poco o niente di come fosse Johnny Depp.
Una risata silenziosa risuonò come una melodia nei pochi centimetri che ci dividevano.
- Simpatico – si limitò a dire lui per poi afferrare le valigie e dirigersi insieme a noi verso i taxi.
Mentre guardavo fuori dal finestrino notai una Los Angeles più illuminata che mia accoglieva, quando si è felici il mondo sembra più soleggiato, per me era così in quel momento.
Cenammo tutti insieme, tutti ascoltavamo Leonardo incantanti del mondo di cui ci raccontava, e io intanto mi rattristavo perché sentivo che si stava allontanando dalla mia esistenza per andare in un mondo più bello e sfarzoso dove lui si sentiva più felice, ed era una cosa positiva, se non fosse per il fatto che io non ne facevo parte.
- Sei triste? – mi chiese mentre camminavamo sulla strada verso il Lavender Moon.
Lo guardai negli occhi – No – mentii con un sorriso.
Lui mi diede una lieve spinta, poi di botto si fermò e mi guardò negli occhi.
- Cosa succede? – chiese mentre leggevo nel suo sguardo che era realmente interessato a cosa stessi pensando.
- Dove hai detto che andavamo? – dissi per cambiare argomento e ricominciai a camminare ma lui mi fermò un’altra volta.
- Sei tu che hai proposto di andare al Lavender Moon, quindi suppongo che stiamo andando lì, e poi è importante, vogliamo passare una bella serata e se tu fai tutto il tempo quella faccia non credo che ci divertiremmo – sospirò – sai che non ti giudico, cosa c’è che non va? – disse dolcemente sfiorandomi la mano, mi mancava il suo tocco delicato.
- Non lo so, forse sono solo invidiosa perché sei un attore - cercai di mentire io ma il suo viso non sembrava convinto.
- Non ti rattristi per una cosa così semplice – disse conoscendomi – Magari ti posso aiutare? – propose, e io sorrisi per la sua dolcezza.
- Non lo so cos’ho – dissi guardando in basso confusa dai miei stessi pensieri.
Lui appoggio la mano sulla mia spalla – Domani è il nostro compleanno – mi ricordò e io annuì.
- Intendevo dire che se non mi fai un regalo mi arrabbio – scherzò sfiorandomi il naso con un dito.
- Stessa cosa – ribattei io stando al gioco.
Lui fece un sorriso – La mia presenza è il tuo regalo – disse giocosamente.    
Ridemmo entrambi per un po’ rendendo più caotica la strada solitaria e poi il silenzio ritornò tra di noi.
Mi accorsi di essermi soffermata ad osservare i suoi occhi.
- Ho qualcosa sulla faccia? – mi chiese lui preoccupato mentre si passava la mano come per scostarsi qualcosa dal viso.
- No – sorrisi io – solo un ciglio – dissi indicandogli un ciglio inesistente vicino al suo occhio e lui se lo tolse soddisfatto.
- Continui a guardarmi come se avessi qualcosa sulla faccia – disse lui – sono sporco di hamburger? – chiese ancora.
- No – risi io – Stavo solo controllando che non avessi altri cigli – sviai il fatto che si era accorto che lo stavo fissando con chissà quale espressione da stupida.
Entrammo nel bar per poi sederci sul bancone ordinando due bicchieri di Coca Cola e guadagnandoci un’occhiataccia dal barista.
- Che hai fatto quando non c’ero? Scommetto che erano tutti tristi - scherzò lui scostandosi un ciuffo biondo dagli.
- Andavano urlando per le strade che non si vive senza di te – lo assecondai io – Non ho fatto niente – conclusi.
- Così ho esaurito le mie domande – mi accusò lui giocosamente.
- Bene, io no – dissi io posando il bicchiere e voltandomi verso di lui.
- Devi dirmi tutto – esclamai impaziente.
Lui accennò un sorriso – Bene, è tutto bellissimo e mi sto divertendo davvero tanto – disse svogliatamente.
- Tutto qui? – sospirai delusa.
Lui alzò le spalle – Niente di troppo eccitante, però ho una buona notizia –
- Cioè? – chiesi impaziente.
Lui mi guardò negli occhi – Voglio invitarti a una premiere – sussurrò sorridendo.
Io spalancai gli occhi e poi anche la bocca e mi gettai addosso a lui in abbraccio.
Lui mi strinse e mentre io godevo del calore piacevole del suo corpo sentii le sue labbra morbide sfiorarmi la guancia in un bacio.
Mi bloccai improvvisamente e mentre speravo ripetesse il gesto sentii il mio corpo prendere calore e il viso bollente.
Avevo allentato la presa così lui se ne accorse e si fermò, io cercai di calmarmi e mi staccai dall’abbraccio.
- Grazie – sospirai ancora cercando di non fargli notare il rossore.
Lui rise – Sei diventata rossa per l’eccitazione –
- Già, l’eccitazione – risi anche io senza sapere se essere contenta o meno che non l’avesse capito.
Mi riportò a casa e ala fine mi salutò dicendomi che sarebbe venuto da me il giorno dopo per farmi gli auguri.
La mattina seguente mi svegliai presto per colpa di qualcuno che bussò tutto il tempo alla porta.
Quando mi alzai per aprire la porta avevo la faccia con le pieghe del cuscino e mezza arrabbiata.
Mi soffermai davanti allo specchio del salotto distogliendo lo sguardo dalla mia immagine spaventosa.
Mi avvicinai alla porta e di nuovo sentii bussare, anche più forte di prima, così aprii pronta a urlare al primo deficiente “Non rompere le scatole”.
Ma mi precedette una voce con un sonoro – Buon Compleanno! –
Leonardo sulla soglia della porta, perfettamente ordinato e con un aria allegra, aveva dei palloncini con su scritto “17” e un piccolo pasticcino la cui candela si era spenta probabilmente col suo urlo.
Io mi tappai le orecchie e con gli occhi mezzi socchiusi biascicai un – Eh? –
Lui scoppiò a ridere e ripeté – Buon Compleanno! – senza urlare, per fortuna.
- Ah si giusto – dissi io sbadigliando – Buon Compleanno! – esclamai infine cercando di sorridere in modo decente.
- Ti ho portato la colazione – disse lui porgendomi il piccolo dolce, prese un accendino dalla tasca e accese la candela e poi la guardò fiero – Ecco, così è perfetto! –
Io ci soffiai sopra – Grazie – dissi felice della sua sorpresa.
- Mi dispiace di averti svegliato, io di solito il giorno del mio compleanno mi sveglio presto -
Mi stropicciai gli occhi – Già – dissi io cercando di non addormentarmi sul posto.
Lui sorrise – Allora, vestiti e scendiamo a fare colazione insieme, ti aspetto giù – disse e uscì dalla porta portandosi il dolce.
Avevo la forte sensazione di tornare in camera e buttarmi sul letto a dormire ma cercai di resistere e andai in bagno a sistemarmi i capelli e il resto.
Mi vestii in modo comodo e scesi di sotto riuscendo a ottenere degli occhi meno lucidi e una faccia un po’ più attiva.
- Sei stanca? – chiese lui preoccupato.
- No – mentii io, appena Leonardo aprì la porta dell’uscita la luce del sole mi accecò e feci una faccia ancora più stupida di quella di prima.
Arrivati al primo bar vicino al mio appartamento ci prendemmo dei caffè, qualche dolce e io mangiai il mio dolce dopo averne regalato uno a lui e solo in quel momento mi accorsi di essermi dimenticata di fargli un regalo.
- Oggi pomeriggio cosa facciamo? – chiese lui eccitato.
- Devo studiare – dissi io cercando di prendere tempo per trovargli un regalo.
Fece una faccia sconsolata – Proprio oggi? – si lamentò mentre i suoi mille progetti sul nostro pomeriggio insieme venivano bruciati.
- Ci metterò solo un paio d’ore, la sera è libera – cercai di giustificarmi.
- Bene, quello è l’importante, ho una sorpresa per te – disse eccitato.
Quel pomeriggio entrai nel panico, avevo solamente due ore e non avevo idea di cosa regalargli, pensai di andare allo stadio chiedendo in giro se qualcuno possedeva l’autografo di qualche giocatore dei Lakers, fu il momento più imbarazzante della mia vita, tutti mi guardavano male o storti oppure mi spingevano perché gli impedivo di vedere la partita, stavo per andarmene quado un ragazzino mi fermò.
Sarà stato sui dieci anni, con la sua voce squillante mi chiese – Quanto mi offri? –
Io lo fissai – Non lo so, cosa mi dai? – chiesi indecisa.
- Ho il pallone autografato di tutta la squadra, ma mi servono dei soldi per comprare la bicicletta nuova, quindi devi darmi almeno seicento dollari -
Io spalancai gli occhi – Seicento? – iniziai a frugare nel portafogli.
- Seicento o settecento – disse lui deciso.
Io alzai gli occhi – Dov’è il pallone? – dissi prima di farmi prendere dei soldi da un bambino.
- A casa – disse lui – Mi accompagni a casa, è incluso nel prezzo - decise lui.
Io feci cenno di si con la testa.
- E non ho finito, se vuoi pagare solo seicento devi anche darmi un bacio -
Io aggrottai le sopracciglia e poi feci un sorriso sperando che stesse scherzando ma il bambino mi indicò la sua guancia così fui costretta ad avvicinarmi e darglielo veramente, lui sorrise soddisfatto e al termine della partita mi portò a casa sua dove mi diede il pallone e io i seicento dollari.

Angolo Autrice:
Ciao a tutti, che poi forse non la leggerà nessuno ma non importa, se non dico ciao a tutti mi sento sola, spero questa prima parte vi sia piaciuta e che non sia troppo corto, segnalatemi qualsiasi errore e niente, sarebbe carino lasciare un commento ^.^ negativo o positivo che sia :D

Vorrei ringraziare:
chiamatemidawson
Glendapisa 
Drops of Neverland
Per aver messo la mia storia tra le preferite :3, grazie mille <3

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Capitolo 7
*** 11 November ***




Chapter Seven
11 November



 
Tornai a casa soddisfatta ammirando il mio splendido regalo e mi accorsi che due ore erano passate così appena salita nell’appartamento chiamai Leonardo.
- A che ora ci vediamo? – chiesi io.                                           
- Stasera alle nove circa, vengo io e fatti trovare pronta – rispose lui con un velo di eccitazione.
Avevo un pomeriggio intero e non avevo idea di cosa fare, il regalo glielo avevo già fatto del resto.
Decisi di andarmi a comprare un vestito carino, passai il pomeriggio tra le vetrine dei negozi guardando i vestiti che costavano fin troppo e sentii la mancanza di avere un’amica.
Mi accorsi solo in quel momento di quanto, a parte Leonardo, fossi completamente sola.
Non che in Italia avessi tutte queste amiche, ero sempre stata una persona solitaria, ma certo, qualcuno lo avevo sempre avuto, e anche più di uno, delle amiche con cui svagarsi, magari nemmeno troppo simili a me, che servivano a farsi una risata, andare a vedere un film stupido, magari semplicemente per comprare qualche vestito e scattare una foto o due.
Camminai per la strada ora leggermente più sconsolata fissandomi le solite All Stars nere.
Los Angeles era una città fin troppo grande per conoscere qualcuno, la gente è così presa dai propri problemi, dalla fretta, dal tempo che passa più veloce del previsto.
Chi avrebbe potuto mai accorgersi di una ragazza solitaria che nemmeno parla inglese perfetto.
Eppure qualcuno c’era, Leonardo, e in effetti, pensai, non avevo mai capito perché effettivamente quella sera si fosse così interessato alla più normale delle sedicenni.
Il telefono squillò, e chi poteva essere se non lui.
- Allora, tra quanto sei pronta? – chiese impaziente.
Possibile che fossero già le otto? Guardai il cielo ormai quasi completamente buio. Evidentemente si.
- Io tra una mezzora - risposi.
- Va bene – disse lui e chiuse.
Poco dopo ero nella mia stanza a riguardarmi quello stupido vestito a pois che mi ero comprata.
Perché mi sentivo sempre così dannatamente stupida con un abito addosso?
Sembravo una di quelle bambine cresciute troppo, evitai di mettermi qualsiasi tipo di trucco pesante sul viso e i capelli, come al solito, li lasciai sciolti.
Azzardai un’aria da grande con un paio di piccoli tacchi, e potei ritenermi mediamente soddisfatta di essermi trasformata per una sera in una che non ero io.
Feci una giravolta davanti al mio riflesso e quasi non mi riconobbi.
Ormai pronta, mi sedetti sul divano nell’attesa che arrivasse.
Continuavo a toccarmi insistentemente le punte controllando che fosse tutto a posto e un asfissiante ansia da prestazione decise di prendere il possesso del mio stomaco.
Non che avessi capito perché mi era venuta, sapevo solo che era incredibilmente fastidiosa.
Non ci volle molto a sentir suonare il campanello, mi precipitai ad aprire la porta cercando di trattenere tutta quell’ansia.
Lui era sorridente, con qualche ciuffo biondo fuori posto, ma come al solito apparentemente senza nulla di sbagliato.
Una camicia messa male e dei jeans non troppo larghi, infine, come tocco finale, un cappellino da baseball che non c’entrava assolutamente nulla con tutto il resto.
- Perché te lo sei messo? – risi io mentre glielo sfilavo.
Lui sembrò dispiaciuto e fece spallucce.
- I cappellini da baseball stanno bene su tutto – si giustificò innocentemente e scoppiammo a ridere.
Era incredibile come i suoi occhi riuscissero a essere belli anche sotto quell’orrenda luce gialla del pianerottolo che avrebbe reso brutto chiunque.
Mi prese la mano a fare una giravolta e io per poco non cadevo.
- Sei carina stasera – commentò e io sorrisi contenta.
Un complimento un po’ più dettagliato mi avrebbe fatto piacere ma non era tipo da queste cose e un “sei carina” era già tanto.
- Grazie – dissi dondolandomi sulle scarpe, e accorgendomi che i tacchi non erano adatti a quel gioco da bambini di cinque anni.
- Anche tu non sei male – gli dissi mentendo aggiustandogli la camicia.
Lui mi fissò – Andiamo? – chiese impaziente io annuì, lui mi prese la mano di scatto e mi trascinò fuori dalla porta dandomi appena il tempo di prendere le chiavi e il suo regalo.
Iniziò a correre giù per le scale stringendomi la mano ed ero indecisa se fosse una cosa molto romantica o un pericolo di morte di cadere malamente giù per le scale.
- Perché tutta questa fretta? – chiesi mentre mi strattonava a destra e a sinistra trotterellando giù per le scale come un bambino felice.
- Dobbiamo sbrigarci – mi incitò lui voltandosi con un sorriso.
- L’avevo capito – sussurrai io prima di rischiare una caduta.
Quando finalmente usciti arrivammo davanti alla sua moto mi invitò a mettermi in fretta il casco.
Sfrecciammo più veloci come non avevamo mai fatto lungo la strada vicino alla costa fino ad arrivare alla vera e propria Los Angeles di notte.
Probabilmente Los Angeles non brillava quanto New York, ed era più scomposta e meno elegante, ma aveva una sorta di mistero che la avvolgeva durante la notte tra le luci dei grattacieli che amavo.
- Dove stiamo andando? – chiesi senza capire, trovavo piuttosto impossibile che avesse organizzato la festa in questa zona della città.
Entravamo sempre di più nella zona più prestigiosa, tra i grattacieli più lussuosi e io capivo sempre meno dove stavamo andando.
Alla fine ci fermammo davanti a un palazzo piuttosto alto illuminato fino all’ultimo piano.
Lui lo fissò per un momento assicurandosi che fosse quello giusto, poi, sicuro, mi prese ancora per mano.
- Questo è il mio regalo – disse pieno di allegria mentre entravamo dentro il palazzo, e io mi sentii decisamente stupida con quel pallone da baseball in mano.
All’entrata c’era un buttafuori con le caratteristiche del peggiore degli stereotipi.
Leonardo gli mostrò la sua carta d’identità e questi mi fissò male.
- Lei è con me – lo rassicurò lui e l’uomo annuì sebbene poco convinto.
Io mi riguardai l’abito cercando di capire cosa non andava.
- Ma che ha quello? – mi lamentai e lui accennò una risata.
Il viaggio in ascensore fu piuttosto lungo e noioso e io continuavo a pregare che non si bloccasse, ma la festa che vidi dopo valse tutti gli interminabili secondi di panico.
Io mi guardavo attorno con un espressione credo piuttosto stupide.
Erano quelle cose che avevo visto solo nei film, ma dal vero era tutta un’altra cosa.
Modelle, attori, cantanti e celebrità di ogni tipologia si divertivano correndo e ballando nell’enorme e interminabile sala.
Tutti erano incredibilmente stupendi, e avevano altrettanti abiti incredibilmente stupendi.
E a dir la verità mi sentii piuttosto insulsa in quella massa di gente apparentemente senza un solo minimo difetto, però ancora non capivo cosa io, una persona qualunque, ci facesse lì, e perché Leonardo mi avesse portata in quel paradiso notturno.
Evitai comunque di chiederglielo perché sapevo che tanto non mi avrebbe risposto.
Continuavo a guardarmi intorno e non mi accorsi che ora Leonardo si era fermato, mi accennava un sorriso e con lo sguardo mi indicò di guardare alla sua destra.
Robert De Niro mi stava osservando con un espressione sorridente e io inevitabilmente non potei fare a meno di aprire completamente la bocca e restare in quell’esatta posizione per almeno un minuto.
Non riuscivo a crederci, era davvero lui, e non era nello schermo del salotto, era qui, davanti a me, respirava e mi fissavo un po’ divertito dalla mia reazione.
Non riuscii a controllarmi e mi ci gettai addosso abbracciandolo, solo quando mi staccai testando che non stavo sognando mi accorsi della figura che stavo facendo.
Ancora completamente rossa in faccia riuscii solo a sussurrare – Scusi tanto, davvero – lui scosse la testa.
- Non ti preoccupare – disse senza troppi problemi e mi strinse la mano.
Io guardai il suo gesto con ancora la bocca leggermente spalancata.
- Robert – si presentò, anche se non c’è n’era alcun bisogno.
- Amanda – replicai io incredula, poi lui si voltò, chiese un voglio al barista e ci scarabocchiò qualcosa, infine me lo porse.
Con un scrittura altamente indefinibile ma ai miei occhi perfetta c’era scritto.
 
Buon Compleanno Amanda
Robert De Niro
 
Io lo ringraziai ancora ripetutamente e poi Leonardo mi spiegò che doveva andarsene che mi aveva aspettato fino a quel momento e solo allora mi ricordai della sua presenza.
Lo abbracciai più forte di come avessi fatto con Robert e lui mi strinse altrettanto forte a differenza dell’altro.
E per circa due minuti interi non feci altro che ripetere la parola “grazie” mentre ridevo e respiravo affannosamente.
- Allora ti è piaciuto il regalo – disse lui scherzosamente.
- Stai scherzando? E’ il giorno più bello della mia vita – dissi ancora in estasi.
Mi ci volle metà viaggio in ascensore per calmarmi completamente.
- Bene, è ora che ti dia il mio regalo – dissi timidamente porgendogli il mio misero pallone autografato.
Lui sorrise come un bambino il giorno di Natale e mi saltò letteralmente addosso abbracciandomi e urlando – Grazie -
- Ehi piano, o bloccherai l’ascensore – gli dissi preoccupata.
Lui prese in mano la palla e se la rigirò sul dito felice.
- So che non è comparabile il tuo ma è il meglio che ho – mi giustificai imbarazzata.
- E’ magnifico, davvero, non mi avevano mai regalato un autografo – disse tutto felice.
- Vale anche per me – dissi facendo spallucce.
Lui si avvicinò e mi lasciò un bacio sulla guancia prima che le porte dell’ascensore si aprissero e tornammo alla realtà.
Ero ancora confusa, tra l’abbraccio a Robert De Niro, la discoteca dei V.I.P e il suo bacio sulla guancia sentivo che sarei svenuta a momenti.
- Pronta alla vera festa? – disse e io saltai sulla moto felice.
Era tutto incredibilmente senza un errore, ed era la prima volta che mi piaceva davvero il giorno del mio compleanno.
 
*
 
La festa era finita da un po’ ormai e io e Leonardo vagavamo per le strade dei sobborghi mezzi ubriachi cercando di tornare sobri con chissà quale metodo.
- Dove stiamo andando? – risi io.
- Non lo so – disse e lui e per poco non cadeva per terra, era decisamente messo peggio di me.
In un modo o nell’altro camminando per chissà quanti metri arrivammo davanti alla spiaggia e a considerare dall’alba che stava per sorgere dovevano già essere le cinque.
Si lasciò cadere per terra sulla sabbia sporcandosi completamente e lo stesso feci io.
Restammo immobili a guardare l’alba che illuminava il mare e senza accorgercene ci prendemmo per mano.
Ci guardammo per una attimo.
- Tu mi piaci – disse, io lo guardai negli occhi.
- Anche tu – sospirai, ma sapevo che il giorno dopo se lo sarebbe dimenticato.


Angolo Autrice:
Scusate per la lunga assenza ma avevo un blocco, ecco a voi il capitolo, a breve il prossimo e se vi va recensite.
Ringrazio Glendapisa per la sua scorsa recensione <3

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Capitolo 8
*** Bridget ***




Chapter Eight
Bridget



 
Leonardo era ripartito da un po’ di settimane ormai, e io, come al solito terribilmente annoiata senza di lui avevo seguito il suo consiglio e avevo deciso a fare un casting.
In fondo non avevo nulla da fare e nulla da perdere.
Ero seduta a guardarmi le All Star rovinate in un salotto che non era dei più eleganti.
Stavo aspettando il mio turno, in pochi minuti mi avrebbero chiamata insieme a un’altra ragazza e dopo delle foto avrebbero deciso se prendermi o no.
Vicino a me un sacco di ragazze si aggiustavano il rossetto o i capelli o chiacchieravano tra di loro con aria preoccupata.
Io ero la meno elegante, e la più tranquilla perché in fondo non mi interessava più di tanto.
Bastarono pochi minuti che una donna alta con gli occhiali venisse a chiamarmi.
- Amanda Fellegara e Bridget Hall – disse e una ragazza dai capelli dorati e gli occhi di un verde tanto scuro da sembrare castano si alzò dalla sedia con atteggiamento positivo..
Doveva avere un anno più di me, era poco più alta e la sua pelle un po’ abbronzata risultava luminosa anche con la scarsa luce della stanza.
Appena mi alzai mi guardò con aria felice e mi si avvicinò.
- Ciao – disse venendomi vicino e porgendomi la sua mano per stringerla.
- Bridget – si presentò allegramente lei.

- Amanda – dissi io a mia volta stringendole la mano.
Bridget mi guardò ancora per un attimo sorridente e poi riprese a guardare avanti verso la donna che ci aveva indicato di seguirla.
Camminammo entrambe per un lungo corridoio.
- Fai da tanto la modella? – mi chiese d’improvviso.
- A dir la verità sto provando solo oggi – confessai un po’ imbarazzata, probabilmente lei, come tutte le ragazze lì, aveva fatto miriadi di servizi fotografici.
- Davvero? – chiese lei curiosa – Sembri una modella – disse e io non capii se prenderlo come un complimento o no, ma alla fine la ringraziai ugualmente.
Magari se riuscivo ad andare d’accordo con Bridget avrei finalmente avuto un’amica di sesso femminile a Los Angeles, e come prospettiva non era male.
- E tu invece? – chiesi cercando di essere socievole, a guardarla era la tipica modella, vestita carina e curata nei minimi dettagli ma mai esagerata, capelli raccolti in una coda alta perfettamente ordinati e un corpo apparentemente perfetto.
- Io sto provando a fare un po’ di carriera – spiegò infondo felice che le stessi chiedendo qualcosa a proposito della sua vita.
- Quanti anni hai? – dissi per fare conversazione.
- Sedici – sorrise e mi si avvicinò per ascoltarmi meglio – Tu? –
- Anche io – dissi anche se lei sembrava decisamente più grande e matura – Vai ancora a scuola quindi? – chiesi.
Lei scosse la testa divertita – L’ho lasciata l’anno scorso per essere modella a tempo pieno – spiegò e rimasi piuttosto sorpresa dalla sua scelta, era piuttosto azzardata.
- Ti piace molto? – lei annuì.
- Si, adoro poter viaggiare per i servizi fotografici, poi conosci un sacco di gente e scopri un sacco di cose nuove – disse e io la ascoltai mezza interessata mezza no.
Infondo non sembrava male, anzi sembrava anche una ragazza piuttosto simpatica, sebbene la conoscessi solo da cinque minuti, e anche piuttosto carismatica, il suo modo di parlare e il tono di voce allegro facevano sembrare qualsiasi cosa dicesse bellissima seppure detto sulla bocca di un altro non avrebbe fatto lo stesso effetto, una capacità che potevo solo sognare.
- Sembra davvero divertente da come la racconti tu – dissi e lei sorrise eccitata.
- Lo è, almeno per me, l’unica cosa negativa e che tutte le ragazze che conosci durante i servizi o le sfilate poi è raro risentirle, così all’inizio credi di avere delle nuove amiche, e poi invece spariscono tutte – disse ora più sconsolata, non mi sarebbe dispiaciuto uscire con lei, non era il massimo ma infondo era piacevole stare con lei.
- Non hai molte amiche modelle? – chiesi e lei scosse la testa.
- Nessuna a dir la verità. Probabilmente perché non vivo qui – disse.
- E dove vivi? – chiesi io, ora davvero un poco curiosa.
Lei mi guardò entusiasta – A New York, mi ci sono trasferita tre anni fa circa, e la adoro, è la mia città preferita, ora sono qui per un po’ di mesi per trovare un po’ di lavoro e non ho trovato ancora nessuno – mi spiegò lei, eravamo praticamente nella stessa situazione, anche se io avevo comunque Leonardo, che forse non era il più presente degli amici, ma era sempre qualcosa.
- Già anche io non vivo qui – dissi io e lei sorrise.
- Si, l’avevo capito dall’accento – e io le sorrisi imbarazzata, odiavo questa cosa, era l’unico elemento che mi smascherava dal non essere americana.
- Comunque da quanto sei qui a Los Angeles? – chiese ora lei.
- Un po’ di mesi, ma non ho trovato ancora nessuno, tranne un ragazzo di qui – spiegai, lei prima sembrò un po’ dispiaciuta poi il volto le si illuminò.
- Potremmo uscire qualche volta – propose immediatamente prendendomi la mano felice.
Io annuì, finalmente avevo trovato una ragazza da poter considerare amica.
- Si, sarebbe carino – commentai io e lei annuì mi saltellò un po’ intorno e poi mi abbracciò di scatto senza che io me lo aspettassi, non fui esattamente entusiasta del gesto perché non ero una grande amante di questo tipo di dimostrazioni di affetto ma la lasciai comunque in quella posizione per qualche secondo e lei ne uscì soddisfatta e con un simpatico sorriso sul volto.
Svoltammo l’angolo e arrivammo in una stanza piuttosto grande piena di luci per fare fotografie, una miriade di truccatori, uno spazio interamente dedicato ai vestiti, delle foto appese al muro e l’immancabile sfondo bianco per fare le foto in studio.
Un uomo dall’aria piuttosto effemminata ci venne incontro felice, ci scrutò incerto per un attimo poi lesse il foglio che teneva in mano.
- Okay allora voi siete Bridget e Amanda? – chiese lui.
Noi due annuimmo e io la guardai, ero sinceramente spaesata mentre lei sembrava perfettamente a suo agio, non c’era nulla fuori posto nel suo atteggiamento.
- Allora ora vi do gli abiti e andate a cambiarvi – ci avvisò e si allontanò verso l’angolo degli abiti facendoci segno di seguirlo.
Si avvicinò da quella che immaginai essere la stylist che iniziò a guardare qualche abito e gli scarabocchi che aveva fatto sui fogli che teneva in mano.
Poi prese un po’ di vestiti dai toni scuri, due paia di scarpe per entrambe e ci lasciò andare a cambiarci, Bridget senza dire una parola mi prese per mano portandomi verso quelli che intuii essere i camerini e che, probabilmente, senza di lei, avrei trovato dopo molto più tempo.
Entrammo nel camerino e iniziammo a cambiarci.
- Non sembri molto a tuo agio – osservò lei divertita e io annuì.
- Non ho mai fatto niente del genere – mi giustificai e lei mi si avvicinò.
- Ti ci abituerai – mi disse.
Poi si sfilò frettolosamente i vestiti – Fatti dare qualche consiglio – disse poi.
- Prima cosa devi metterti degli abiti comodi quando fai i servizi, o ci metterai troppo a cambiarti – disse e iniziò a infilarsi i jeans per le nuove foto.
- Secondo se ci metti troppo a cambiarti si arrabbieranno – disse e io annuì.
- Terza cosa, se si arrabbiano probabilmente ti tratteranno piuttosto male, non danno molta importanza a noi modelle, specialmente se non siamo famose – non era esattamente una prospettiva fantastica ma seguire i consigli di Bridget era il meglio che potessi fare.
- Poi non giudicare mai i vestiti o i truccatori, potrebbero ucciderti – rise lei, probabilmente aveva provato ognuna di queste cosa sulla sua pelle, doveva essere in gioco da non poco tempo, pensai.
- E infine fa tutto quello che ti dicono senza fare commenti e sii sempre gentile e vedrai che andrà tutto bene – sorrise infine ed era già pronta in meno di cinque minuti.
- Grazie Bridget – dissi io, lei mi si avvicinò e mi lasciò un leggero bacio sulla guancia, probabilmente era una di quelle ragazze che ti dimostrano affetto per i motivi meno validi, ma infondo era dolce da parte sua.
- Di niente. A me nessuno aveva mai detto nulla e beh, puoi immaginare, ho fatto ognuno di questi errori fatali e alla fine ho imparato – sorrise.
 
*
 
Le foto furono brevi e non troppo complicate, alla fine Bridget, come promesso, mi aiutò molto dandomi continui consigli sulla posizione e dello sguardo da ottenere e le foto erano probabilmente riuscite bene, inoltre, il trucco che mi avevano fatto era così carino che decisi di tenerlo anche per il resto della giornata.
L’agenzia fu molto gentile e ci lasciò in omaggio un paio di borse della collezione che, nonostante non fossero nel mio stile, apprezzai molto.
Quando uscimmo finalmente dallo studio ringraziai Bridget per tutto e io e lei ci scambiammo i numeri di telefono promettendoci di vederci a breve.
Alla fine tornai a casa in un taxi abbastanza soddisfatta della giornata insolitamente intensa e pronta per rilassarmi sul divano della mia accogliente casa e chiamare Leonardo come alla fine di ogni giornata.
Arrivata a casa, come previsto, mi sdraiai sul divano e digitai felice sul telefono il numero di Leonardo, bastò nemmeno uno squillo che lui rispondesse.
- Ehi – disse lui – Era oggi il servizio? – chiese con tono allegro e intuii che anche lui avesse avuto una giornata piacevole, sembrava rilassato.
- Si, era oggi – dissi io.
- Racconta un po’, com’è andata? – chiese lui curioso.
- Abbastanza bene credo – sospirai io soddisfatta – Ho anche conosciuto una ragazza abbastanza simpatica – dissi io citando Bridget.
Lo sentì ridere – Finalmente, spero sia abbastanza degna dei tuoi standard per diventare tua amica – scherzò lui.
- Non sono così selettiva – mi difesi io sorridendo, le nostre conversazioni mi mettevano sempre di buon umore.
- Certo che no. Hai solamente rifiutato l’amicizia di tutte le tue compagne di classe, e credo anche di scuola – mi provocò lui.
- Smettila, piuttosto come va il film? – chiesi curiosa, non vedevo l’ora tornasse.
- Abbastanza bene, dicono che sembra che le riprese finiranno prima del previsto – io sorrisi, ero contenta che l’avrei rivisto in non molto tempo finalmente.
- Allora quando torni? – chiesi curiosa.
Lo sentii sospirare.
- Non saprei, un mesetto o due – disse un po’ dispiaciuto.
- Così tanto? – chiesi io un po’ sconsolata.
Era davvero scocciante non poterlo vedere frequentemente.
- Lo so, è un po’ di tempo – sospirò lui – Però almeno adesso hai la tua amica, come hai detto che si chiama? - chiese lui.
- Bridget – sospirai svogliatamente – Ma sei sicuro di non poter tornare prima? – chiesi impaziente di vederlo di nuovo.
- No, non posso – disse lui sconsolato – Anche io vorrei ma è per via di Johnny, deve fare un altro film tra poco e non può metterci troppo a fare questo, così stiamo girando subito tutte le scene – spiegò lui e io annuì sebbene non potesse vedermi.
- Io ti aspetto qui – sospirai, almeno avevo Bridget, sempre meglio di nulla, pensai.
- Ora devo andare, ci sentiamo domani? –
- Certo – dissi io e sentii chiudere il telefono dall’altra parte della cornetta, avrei tanto voluto che non fosse un attore a volte.



Angolo Autrice:
Allora, sono davvero felice di aver aggiornato abbastanza presto, spero stiate seguendo la storia perchè da ora inizia quella vera.
I prossimi capitoli saranno più belli, ve lo prometto.
Spero recensirete il capitolo e nulla, vi lascio qui in fondo una foto della vera Bridget, che non è infatti un personaggio di mia invenzione.


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Capitolo 9
*** New Girl ***




Chapter Nine
New Girl



 
Ormai io e Bridget potevamo considerarci migliori amiche e finché Leonardo era stato via era stata la persona a me più vicina, nonostante in altri contesti non le avrei rivolto parola, non era per niente il tipo di persona compatibile con la mia personalità, ma avevo terribilmente bisogno di un’amica, e lei era dolce e femminile, e sapeva divertirsi ovunque a differenza di me.
Ci divertivamo per le strade di Los Angeles, andavamo in spiaggia a divertirci, passavamo per i negozi costosi a provarci tutto senza comprare nulla, facevamo le classiche cose da ragazze e che da quando ero partita in fondo mi mancavano.
E facevamo qualche sfilata o servizio fotografico insieme e, per fortuna, ci prendevano sempre entrambe senza problemi.
Erano bastati solo due mesi per farci legare così tanto, e ancora mi chiedevo come fosse successo, ma ora che Leonardo sarebbe tornato quella sera ero pronta ad abbandonare Bridget per passare la serata con lui.
Eravamo sedute in un café in stile francese un po’ stanche dopo una lunga sfilata fatta solo poche ore prima quando Bridget riprese il discorso di qualche giorno prima del modello tedesco con cui si stava sentendo, e che, da quanto avevo capito, le piaceva.
- Sai cosa, io vorrei tanto invitarlo a uscire come fanno tutte però non sono quel tipo di ragazza disinvolta che fa il primo passo – spiegò lei e io annuì.
Non era molto interessata ma cercai ugualmente di aiutarla – Perché non provi a chiedergli cosa fa stasera? Così capisce che sei libera e se vuole uscire con te lo chiederà – azzardai io, la verità era che non me ne intendevo più di tanto di queste cose, ma del resto Bridget oltre a me non aveva nessuno qui a Los Angeles, quindi ero l’unica a poter darle qualche consiglio.
In effetti io e lei avevamo gusti davvero diversi, non avevo ancora capito perché avesse insistito tanto con quel modello che l’unica cosa che sapeva fare era mostrare i muscoli in mutande e per il resto era davvero stupido,  una persona così in confronto a Leonardo era un’assoluta nullità, ma se a lei piaceva non potevo farci nulla.
- Hai ragione – disse lei decisa – appena torno a casa lo chiamo e glielo chiedo – sorrise – poi ti dico tutto non ti preoccupare – aggiunse con aria allegra.
Io annuii, e sperai con tutta me stessa il ragazzo la invitasse perché non avevo alcuna intenzione di rovinarmi una serata con Leonardo per stare con lei.
- Tu che fai stasera? – chiese curiosa.
- Un amico, niente di speciale – dissi io, anche se era tutt’altro che niente di speciale.
Lei fece una faccia sorpresa – Un amico? Ti senti con qualcuno? – chiese io scossi la testa, sarebbe stato bello.
- No, siamo solo amici – dissi, la triste verità.
- Solo amici? – insisté lei e io annuì.
- Non mi piace per nulla – mentii spudoratamente ma lei sembrò crederci – Non è nemmeno carino – aggiunsi mentendo ancora di più, se Leonardo non era carino allora non sapevo davvero chi lo fosse.
- Se lo dici tu – disse lei un po’ sconsolata, era chiaro che avrebbe preferito un’intrigante storia d’amore tra due migliori amici – Però non capisco perché dovresti essere amica di uno brutto –
Io risi, un po’ per la bugia che le avevo detto un po’ per la visione della vita di quella ragazza.
- E’ simpatico – dissi per convincerla.
Lei scrollò le spalle – Almeno spero – rise lei.
Poi si alzò dalla sedia di scatto, e mi sia avvicinò lasciandomi un amichevole bacio sulla guancia.
- Ora devo tornare a casa, però quando mi risponde ti chiamo, okay? – chiese felice al suo programma della serata.
- Certo – sorrisi io e la vidi allontanarsi.
Rimasi seduta al tavolo ancora, mancava poco al ritorno di Leonardo, e sapevo che mi avrebbe raggiunto lì così lo aspettai pazientemente.
Sorseggiai il mio frappè alla fragola guardandomi intorno con aria felice, andava tutto incredibilmente bene, l’unica cosa che mi intristiva era la consapevolezza che da quel momento ad alcuni mesi sarebbe tutto finito e sarei dovuta tornare nella mia noiosa realtà
- Ehi! – Leonardo mi era apparso davanti col suo solito sorriso allegro sul volto.
Io mi alzai ad abbracciarlo affondando la testa nelle sue spalle.
Si scostò i capelli dal viso e rimase a fissarmi per qualche istante.
- Sembri diversa – disse, io mi fissai dalla testa ai piedi, in effetti da quando avevo iniziato a fare quei servizi con Bridget e andare al centro commerciale avevo iniziato a curarmi un po’ di più, ma soprattutto a truccarmi qualche volta.
- E’ una cosa positiva? – chiesi io senza capire, lui mi fece fare un giravolta e lasciandomi cadere tra le sue braccia annuì.
- Si, credo – disse incerto – insomma, sembri più femminile – disse infine, infondo avevo sperato che avrebbe notato quel lieve cambiamento, ma con uno spirito un po’ più positivo.
Si sedette al tavolo sfilandosi l’enorme giacca blu e il suo solito cappellino da baseball.
Appoggiò la testa sulle mani e mi fissò.
- Non immagini quanto sono stanco – sospirò – In questi giorni non ho fatto altro che rifare le scene miliardi di volte, e oggi ho preso il volo prestissimo – si lamentò lui.
Iniziammo a chiacchierare del più e del meno, lui ordinò una birra, io finii il mio frappè, e infondo si preannunciava una serata tranquilla e piacevole, con Tobey e qualche altro amico del suo solito gruppo di amici finché lo squillo del mio cellulare non interruppe la conversazione.
- Scusami – dissi un po’ imbarazzata e tirai fuori l’oggetto dalla borsa sperando vivamente che Bridget non ci mettesse troppo a raccontarmi di quello che era successo.
- Amanda – sospirò lei con aria piangente.
- Bridget? – chiesi io sorpresa di sentirla così, cosa poteva essere successo.
Emise un gemito dovuto al probabile pianto – Lui…- balbettò
- Cosa? – dissi senza capire.
- Ha detto che non può uscire con me perché ha una fidanzata – disse lei tutto d’un fiato, io fissai il telefono decisamente dispiaciuta.
- Mi dispiace Bridget, non so davvero come aiutarti – un modo c’era, farla venire con noi stasera, ma amiche e tutto volevo stare solo e unicamente con Leonardo, e lei non faceva parte di quel mondo.
- Perché non le chiedi di venire con noi? – Leonardo aveva ascoltato tutta la conversazione e ora era sporto in avanti dall’altra parte de tavolo – Poverina – aggiunse poi.
Io restai in silenzio.
- Amanda? – chiese lei, Leonardo mi fissò, alla fine, visto che restavo muta indecisa su cosa inventarmi mi sfilò il telefono dalla mano.
- Ciao Bridget, sono un amico di Amanda, senti noi siamo in un po’ di persone stasera, se viene qualcuno in più è sempre meglio – sorrise lui – soprattutto se è una modella – continuò dicendo l’ultima frase con un tono che decisamente non mi piacque.
Rimasi a fissare la conversazione impotente, sentii emettere un risolino dal cellulare e diventai rossa dalla rabbia, Bridget un minuto prima era innamorata di un altro e adesso tutta presa dall’amico brutto di cui non sapeva nemmeno il nome e le fattezze?
Mi alzai dalla sedia la sentii – Allora vengo – disse infine.
- Passiamo a prenderti tra un paio d’ore – aggiunse Leonardo e chiuse il telefono.
Poi mi fissò stranito – Ehi perché quella faccia? – chiese.
Io scrollai le spalle – Niente, solo come facevi a sapere che Bridget era una modella? –
- Me l’hai detto tu – disse lui con il suo solito sorriso impossibile da odiare – Poi ho visto la foto che hai nel portafogli di voi due e sai, era carina, così l’ho invitata – spiegò.
Il fatto che la trovasse carina mi dava non poco fastidio, ma pensandoci su, che avevo da temere? Io e Leonardo ci conoscevamo da mesi e tra di noi non era ancora successo nulla, non era per nulla il tipo di ragazzo che si buttava così in una relazione.
Mi tranquillizzai e mi avvicinai a lui fingendomi tranquilla – Sei stato carino a invitarla – dissi e lui annuì.
- Più siamo meglio è – concluse lui, e io annuii a mia volta, ma se solo quella ragazza osava avvicinare le sue labbra carnose più di tanto a quelle di Leonardo non so cos’avrei fatto.
 
*
 
Suonammo il campanello alla porta.
- Sai cosa, forse avrà risolto tutto, meglio andare – dissi io prendendo il braccio di Leonardo.
Lui scosse la testa divertito – Dalle il tempo di aprire la porta – rise divertito.
Si sentirono dei tacchi avvicinarsi a passi leggeri alla porta, e quando questa si aprì apparve Bridget più bella di come non l’avessi mai vista.
I folti capelli color oro raccolti in una treccia al lato non troppo tirata, un vestito a fiori sui toni del blu scuro e infine un paio di tacchi non troppo alti ma abbastanza da farla risultare assolutamente perfetta.
Guardai i miei miseri vestiti, non mi ero nemmeno cambiata.
Notai il volto di Leonardo, la guardava come qualunque ragazza vorrebbe essere guardata, era decisamente incantato, i suoi occhi continuavano a vagare dai piedi fino al volto di Bridget ogni volta con più stupore.
Lei sorrise imbarazzata e gli porse la mano per presentarsi.
- Piacere Bridget – disse con un tono di voce particolarmente dolce.
- Leonardo – disse lui con un sorriso adorabile, anche lei sembrava piuttosto presa dalla sua indubbia bellezza.
Era chiaro che tra i due c’era feeling, molto più che feeling.
- Bene allora andiamo – dissi io interrompendo i loro sguardi.
Scendemmo con l’ascensore rimanendo in silenzio, loro si guardavano, e io ero immobile a osservare la scena impotente.
Arrivati sotto il palazzo davanti alla macchina mentre Leonardo faceva partire il rumore Bridget mi si avvicinò prima di entrare nell’auto e mi sussurrò – Menomale che era brutto – fece un sorriso ed entrò nella macchina eccitata. Non aveva capito come stavano le cose.
Quando arrivammo al pub vidi Bridget piuttosto dispiaciuta nello scoprire che la famosa uscita era semplicemente una massa informe di ragazzi che bevevano birra e ballava al Lavender Moon.
Io, Leonardo e l’intrusa ci avvicinammo verso un gruppetto, inutile dire che tutti i ragazzi, compreso Tobey guardarono Bridget con aria più che incantata.
Io iniziai a chiacchierare con un paio di amici, mentre Leonardo e Bridget ridevano in disparte sorseggiando chissà quale bevanda, e io scoppiavo dentro di gelosia.
Rimasi a chiacchierare con Tobey e un tipo che non avevo mai visto, che mi disse di chiamarsi Daniel.
La serata continuò più o meno tranquilla, alla fine, dopo aver capito che Leonardo sarebbe rimasto a parlare con Bridget il resto del tempo decisi di restare con Daniel che era probabilmente l’unico che non aveva fissato il sedere di Bridget per il resto della serata.
Perché nonostante di ragazze ce ne fossero in abbondanza nessuna era bella, quanto affascinante e dall’aria innocente come Bridget, e nessuna, a parte me, era una modella.
Certo forse mi avrebbe guardata qualcuna, se solo mi fossi messi qualcosa di più carino di un paio di pantaloni larghi e ormai decisamente scoloriti.
Così io e Danny chiacchierammo per un po’, lui ci provava piuttosto visibilmente con me, ma per quanto fosse carino io avevo occhi solo per una persona quella sera, ed era la stessa che stava parlando con la mia migliore amica di Los Angeles, a ripensarci solo amica.
- Tu e Leonardo siete amici da un po’ allora? – chiese lui senza granché di cui parlare.
- Dall’inizio dell’anno più o meno – dissi io girandomi ogni volta dietro a guardare quei due che non facevano che flirtare spudoratamente.
Alla fine io e Danny girammo un po’ intorno all’argomento di me che ero italiana, di come mi trovavo, insomma, per concludere, quel ragazzo di affascinante non aveva nulla, era semplicemente di una aspetto gradevole.
Dopo tutte queste frasi scontate e inutili Danny arrivò al punto avvicinandosi al mio viso e provando a darmi un bacio che io scansai.
- Senti Danny, tu sei un ragazzo carino, ma non stasera – dissi cercando di essere gentile, poi mi allontanai un po’ imbarazzata, queste cose mi mettevano sempre un terribile rimorso.
Mi avvicinai a Tobey che era appoggiato al muro a fissare una brunetta dall’aria ammiccante che chiacchierava con delle amiche.
- Hai conosciuto Daniel? – chiese lui senza smettere di fissare la ragazza.
- Già – dissi io avvicinandomi al brunetto.
- E ha provato a baciarti e tu te ne sei andata? – chiese ora divertito e io annuì e prima di potergli dire qualunque cosa.
- E se ti stai chiedendo come faccia a saperlo te lo spiego subito, Danny e da un po’ di sere che mi rompe perché vuole conoscerti, vabbè mettiamola così, gli piaci e voleva provarci – spiegò, io lo seguii poco interessata, in quel momento Daniel era l’ultimo dei miei problemi.
Stavo fissando con rabbia Bridget e Leonardo, ora in piedi e decisamente più vicini.
- E ora lasciami indovinare, non l’hai baciato perché tu sei innamorata di Leonardo – io lo fissai sbalordita, come faceva a saperlo?
- Bisogna essere stupidi per non notarlo, ma evidentemente lui non l’ha notato – disse e mentre mi rivoltavo a guardarli li notai incredibilmente vicini, lei con le mani nei suoi capelli e lui intendo a baciarla.
Rimasi a fissarli inerme per qualche secondo, quando avvertii le lacrime scendere e provando invano a ricacciarle dentro uscii dal locale correndo verso un punto con meno gente e più lontano dal Lavender Moon.
Mi asciugai le lacrime sulle braccia, chiusi gli occhi e affondai la testa nelle mani piangendo in silenzio.
Sentii dei passi, ed era strano quanto sperassi che fosse Leonardo e in fondo volessi che non fosse lui per non farmi vedere in quel modo.
- Leonardo sono solo un po’ stanca – esclamai.
Sentii una mano poggiarsi sulla spalla, ma non erano le sue mani, erano più grandi, meno affusolate.
- Non sono Leonardo – disse un po’ dispiaciuto, era Tobey.
Mi voltai asciugandomi le lacrime, lui mi porse un abbraccio e io non esitai a gettarmici dentro, era l’unica cosa di cui avessi bisogno.
- Grazie – sospirai io.
- Di niente – disse lui stringendomi – Sto solo cercando di rimediare alle cazzate del mio migliore amico – io risi un poco.
- Davvero Tobey, grazie – dissi ancora, non avrei mai pensato che potesse essere così dolce, ma del resto, se lui è Leonardo erano così amici, un motivo doveva esserci stato.
- Non ti preoccupare – sospirò – Vedrai che gli passerà con questa, ha sempre avuto un debole per le modelle alte e magre – disse con un sorriso – Un giorno vedrai che capirà quanto gli sei stata vicina – in quel momento era l’ultima cosa a cui avrei creduto, ma un po’ di speranza e un amico sincero era ciò di cui avevo bisogno.


Angolo Autrice:
Grazie mille a eleonorafoganetti per aver recensito, spero che la storia vi piaccia, perchè diciamo che in un certo senso è iniziata solo adesso.
Vi sarei grata se lasciaste un commento su cosa ne pensate, penso che aggiornerò presto e al prossimo capitolo.

Gisele

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Capitolo 10
*** Her ***



Chapter Ten
Her



 
Suonai il campanello della casa di Bridget per la prima volta dopo quella serata, ora che Leonardo era tornato sul set.
Vederla ora non era la stessa cosa, un profondo senso di odio verso ciò che era successo ma allo stesso tempo uno sfrenato bisogno di stare con lei.
Mi saltò addosso abbracciandomi e scoccandomi un bacio frettoloso sulla guancia, quelle stesse labbra che avevano baciato Leonardo solo pochi giorni prima.
- Ehi Bridget – dissi io facendole un sorriso.
- Dobbiamo parlare di quello che è successo, assolutamente – scandì l’ultima parola con particolare enfasi.
Io annuì cercando di trattenermi, la cosa che più mi dispiaceva era che non avrei mai più potuto essere stata sincera con lei.
- Tu sai che ci siamo baciati vero? – disse lei tutta allegra e fissandomi negli occhi come se mi stesse dicendo la cosa più bella del mondo, e in effetti lo era, ma non per me almeno.
Deglutii trattenendo tutto e accennai un sorriso – Davvero? – esclamai fingendomi sconvolta, dovevo essere abbastanza credibile.
- Si! – strillò lei saltando appena piena di eccitazione – Allora, ti racconto tutto, dettaglio per dettaglio – disse lei guardandomi negli occhi piena di fiducia.
Ed era triste che lei credesse che ero felice per lei, la sua unica amica a poter confessare tutto ciò, quando io in effetti stavo pensando le peggiori cose, non sono un angelo, ed essere felice per lei era una delle cose che non sarei mai riuscita a fare, e in fondo, la odiavo, perché mi aveva rubato l’unico ragazzo a cui avessi mai tenuto davvero, e che mi avesse fatto vivere in un modo che non avevo mai pensato esistesse.
- Praticamente appena l’ho visto ho pensato subito che era probabilmente il ragazzo più bello che avessi mai visto, e mi sono completamente dimenticata di chiunque altro, dovevi vedere come ci guardavamo – disse.
- Bridget, io ero lì – le ricordai, lei scoppiò a ridere.
- Ah si! Giusto, scusa – disse con un sorriso sincero e abbracciandomi ancora una volta - Ma sai, ero presa dai quei bellissimi occhi azzurri che ha Leonardo – sospirò sognante, ma era inutile descrivere i suoi con una semplice parola, perché da quando ci conoscevamo li avevo osservati in ogni dettaglio e ne conoscevo ogni particolare, e limitare tutto quello a una semplice banale parola era ridicolo.
- Già – dissi io.
- Ti dicevo, quando siamo arrivati a quel locale sinceramente mi immaginavo qualcosa di più bello, ma non importa, per fortuna c’era lui, praticamente è stato gentilissimo, mi ha offerto da bere e mi ha chiesto un po’ di cose: da dove vengo, perché faccio la modella, se mi piace Los Angeles – mi rassicurai, del resto non si erano detti nulla di indimenticabile - e poi io gli ho chiesto qualcosa sul suo lavoro, perché sai, fa l’attore – era chiaro che lo sapevo, il mio grado di sopportazione scendeva sempre di più – e praticamente mi ha detto che ha conosciuto Johnny Depp! – ora Bridget mi stava facendo salire i nervi, credeva davvero di essere arrivata all’improvviso e conoscere tutto di Leonardo, ero io la sua migliore amica, e perlomeno questa era l’unica cosa certa tra noi due.
- Hai presente, quel figone che ha fatto “Benny & Joon” e “Edward Scissor Hands” – io annuì.
- Si, lo so chi è Bridget – cercai di reprimere tutta la rabbia che diventava sempre più faticoso reprimere con le frasi e le osservazioni della biondina.
- E poi? – chiesi, stanca di quei particolari che già sapevo e che non avevo voglia di riascoltare in quel momento, men che meno da lei.
- E poi abbiamo iniziato a scherzare e ci siamo avvicinati, io me lo sentivo che stava per succedere, e infatti è successo, ci siamo baciati! – sentirlo pronunciare in quel modo era forse ciò che di più fastidioso c’era al mondo, non avevo mai detestato Bridget in quel modo, e solo in questo momento capivo quanto eravamo diverse, non che lei avesse fatto qualcosa di tutto ciò sapendo come avrei reagito io, ma io e lei eravamo semplicemente troppo diverse.
Se per me un bacio era una cosa importante e dolce, per lei equivaleva come sensazioni a mangiare un piatto di spaghetti, sempre che ne avesse mangiato uno, del resto era americana.
- Le sue labbra sono così morbide, e non si è limitato solo a baciarmi…-
- Bridget, risparmiami i dettagli – dissi io, questo era troppo, non volevo sapere i particolari della loro appassionante slinguazzata alla francese.
Lei rise – Okay, okay – poi mi guardò e qualcosa sembrò turbarla – Ma tu non sei gelosa vero? Insomma sappi che ho fatto quello che ho fatto solo e unicamente perché tu mi hai dato piena via libera, insomma, non voglio che pensi che sono…insomma, quel tipo di ragazza, e dopo che tu mi avevi detto che era brutto, e che non ti piaceva, ho pensato che…- Bridget disse tutte le frasi d’un fiato, forse qualcosa aveva percepito, e in quel momento smisi di odiarla, perché infondo la colpa non era sua, ero io che le avevo detto che Leonardo era brutto, che non mi piaceva.
Era solo colpa mia, e semmai di Leonardo, ma quella povera ragazza non aveva fatto nulla.
La abbracciai per rassicurarla, non volevo si sentisse a disagio, ma soprattutto non volevo perdere l’unica amica che avevo.
Mi sentii immediatamente in colpa per tutte le cose che avevo pensato, non se le meritava affatto.
Lei sorrise, ora la sua preoccupazione era svanita e il suo solito sorriso positivo illuminava il volto più allegro del solito.
- Senti, non è che mi daresti il numero di Leonardo? Sai, per non perdere i contatti – ora non potevo certo negarglielo, fui costretta a darglielo, e la cosa peggiore fu ascoltare il discorso di Bridget sul perchè, benchè l’avesse visto una sola volta, credeva di starsi innamorando di Leonardo e che lui fosse assolutamente il ragazzo giusto per lei.
 
*
 
Quella sera mi vidi con Tobey, dopo l’amico che si era dimostrato non avevo esitato, a differenza di tutte le volte precedenti, ad accettare il suo invito a un evento in cui non era presente Leonardo, che era a Manor a girare il film.
Del resto avevo capito che avevo bisogno di stare insieme alla gente e, per quanto lo trovassi improbabile, di innamorarmi di qualcuno di nuovo, qualcuno che non fosse interessato alla mia migliore amica, che non fosse la persona più bella che avessi conosciuta ma soprattutto che non restasse a Los Angeles qualche week end per poi tornare a girare un film a chissà dove.
Quello che mi serviva era una ragazzo normale, anche se in quel momento non mi sentivo in vena di una relazione che non fosse con lui, ma lui non c’era, e, in ogni caso, non avrebbe accettato.
- Ehi Amanda – mi salutò Tobey con un lieve abbracciò.
Salutai il gruppetto di ragazzi che gli stava intorno.
Erano persone che doveva avermi presentato più o meno venti volte in tutto, ma la mia solita predisposizione a conoscere nuove persone li aveva completamente snobbati e rimosso i loro nomi dalla mia memoria per rimpiazzarli con chissà cosa.
Era esattamente quello il tipo atteggiamento che volevo eliminare.
Non che volessi diventare il prototipo di Bridget, sempre allegra e sorridente ma magari un po’ più solare.
E il mio esperimento sociale era appena iniziato.
- Ciao Tobey – dissi col tono più allegro che mi riusciva.
Il primo pezzo della serata lo passai solamente accanto a lui, spiccicando qualche parola con la persona che mi sembrava più simpatica, ma soprattutto, più raccomandabile.
E alla fine, probabilmente perché frequentava quel giro di persone, finii a parlare con nulla di meno che la ex di Leonardo, Anna.
L’unica cosa che sapevo di lei e che si erano lasciati il giorno dopo in cui ci eravamo conosciuti, quindi, intuii, non dovevo essere la persone che più apprezzava al mondo.
Era indubbiamente una bella ragazza, capelli neri e lisci e occhi verdi con pagliuzze castane, un corpo, come mi aveva accennato Tobey, assolutamente da modella e dei vestiti che non potevano che renderla più bella.
Beveva qualcosa appoggiata al muro bevendo qualcosa di molto vicino all’alcol.
Mi adocchiò e incrociare il suo sguardo duro e deciso fu davvero imbarazzante, si avvicinò ancheggiando piazzandosi davanti a me con tutto il suo peso poggiato su un fianco.
- Tu sei Amanda? – chiese, il suo tono di voce era profondo, e forse poteva sembrare rassicurante, ma non a me in quel momento.
- Ehm si – le risposi un po’ insicura.
Rimanemmo a guardarci, come supponevo non sembravo starle granché simpatica – Io e lui siamo stati insieme tre anni fino ad ora – iniziò, io la guardai, non sapevo cosa dire.
- Naturalmente sai di chi parlo – disse fissandomi negli occhi.
- Leonardo – dissi sicura, era l’unica cosa in comune che avevamo.
Lei annuì accennando un sorriso, ora sembrava un po’ più amichevole e l’aria tra di noi era un po’ meno tesa adesso.
- Suppongo che tu sia la cosa più vicina a una fidanzata per lui – tirò a indovinare, e sbagliò senza alcun dubbio.
- Veramente siamo solo amici – la corressi, c’era una marcata differenza.
- Ti dirò una cosa su di lui, potrà e sarà il ragazzo più bello, dolce e simpatico che tu abbia mai conosciuto, ma per lui c’è differenza tra amica e fidanzata, e le due cose non si sfiorano minimamente, cosa più importante, le sue fidanzate vengono gettate nel dimenticatoio – ciò che disse mi risollevò di un poco il morale – e io ne sono la prova vivente – aggiunse con un sorriso – le amiche se le terrà per sempre, ma solo se rimangono semplicemente amiche – poi mi guardò, mi diede una leggera pacca sulla spalla.
- Scegli tu qual è la peggiore – disse, poi bevve un sorso, e scrollò le spalle – Io ho già sperimentato sulla mia pelle – si allontanò nello stesso angolo in cui l’avevo lasciata, nella stessa posizione.
La sua confessione mi lasciò spiazzata, ma del resto non si dovrebbe mai credere alle ex di una persona.
Rimasi a girovagare per il locale ancora per un po’, Tobey mi concesse qualche balletto, una chiacchierata amichevole e qualche altra presentazione.
Quando la serata iniziava a coinvolgermi davvero sentii il cellulare dalla tasca squillarmi, e quasi ebbi la tentazione di non rispondere.
Uscii fuori facendo segno a Tobey di seguirmi.
- Pronto? – chiesi io, come se non sapessi chi fosse.
- Sono io – disse lui, un tono piuttosto allegro – Senti a proposito di Bridget –
Ecco che il mio sguardo divertito spariva.
- Grazie per averle dato il mio numero, sei un’amica – era inevitabilmente felice, e questo non faceva che rendere il tutto più triste per me.
- Figurati – dissi io, mi girai verso Tobey, lui mi fece un sorriso di coraggio stringendomi la mano.
- Senti, tu che la conosci, mi ha mandato un messaggio con su scritto “Ciao, sono Bridget” secondo te cosa dovrei chiederle? – la sua aria era un po’ imbarazzata.
Io scrollai le spalle, consapevole che non poteva vedermi – Non lo so, chiamala – tanto sapevo che prima o poi ci sarebbe arrivato da solo, era inutile fare tanti giri di parole.
- Okay la chiamo – disse lui con aria felice chiuse il telefono salutandomi.
Riposi il telefono nella tasca e mi gettai nelle braccia di Tobey.
- Dai, non fare così – disse lui – Sai lui a volte è un po’ cretino -
Io risi – Senti, vuoi che non lo conosca? E’ il mio migliore amico da sempre, a volte si prende una sbandata per qualche ragazza col corpo da modella, la prima volta mi ha ignorato completamente, io gli ho fatto una scenata terribile e lui ha mollato quella stupida della ragazza, fidati se ti dico che tiene più a te che a Bridget, anche se ora non sembra, ma vedrai, un giorno lei sparirà, come tutte – io gli sorrisi, mi aveva un po’ tranquillizzato, almeno sapevo che da ora potevo davvero contare su di lui.
 
 

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Capitolo 11
*** Winter Heat ***



Winter Heat


 
Era passato un mese, o poco meno, ormai Leonardo era tornato per la pausa di Natale.
Los Angeles era illuminata dalle luci di Natale, e nonostante non facesse freddo si percepiva l’aria del Natale nelle strade.
Io e lui ci prendevamo lunghi pomeriggi a passeggiare per le strade a chiacchierare di ciò che era successo e per fortuna non aveva ancora nominato Bridget, e la mia speranza era che lui l’avesse almeno in parte scordata.
I giorni erano passati abbastanza velocemente ed era stato un periodo piacevole, più di quello che mi aspettassi, solo io e lui, esattamente come prima di aver incontrato Bridget.
Tobey passò a prendermi per andare a casa di Leonardo verso le otto, quando la luce era già scomparsa e oltre i grattacieli si scorgeva la volta stellata tanto rassicurante.
Quando scesi lo vidi più sistemato del solito, si era messo una camicia e i capelli sembravano a posto, un sorriso sincero stampato sul volto.
Ci abbracciammo per salutarci, avevamo legato molto ultimamente, e più di quanto mai mi sarei aspettata, avevo sempre considerato Tobey un ragazzo superficiale, o perlomeno non dolce e simpatico come si era dimostrato.
- Allora, come va? – chiese lui invitandomi dentro la macchina.
- Non male – dissi io con una scrollata di spalle.
- Intendevo con Bridget e Leonardo – chiese con tono meno alto.
Io lo fissai un momento e gli feci un sorriso tranquillo – Nessuno dei due mi ha ancora detto nulla, quindi suppongo siano ad un punto fermo – affermai felice.
Tobey fece partire il motore – Bene, voglio che questa sera sia piacevole per tutti, quindi, qualunque cosa succeda cerca di essere felice, okay? – disse e mi accennò un sorriso.
Io annuii – Okay –
 
*
 
Arrivati a casa di Leonardo trovammo il camino acceso, e il tavolo già pieno di cibo, con l’immancabile tacchino americano.
Era una fortuna che i miei avessero accettato di farmi restare a Los Angeles per le vacanze, non avrei sopportato di perdermi un Natale in stile americano.
Irmelin ci aprì la porta con aria felice.
Era decisamente più elegante del solito, e il rossetto rosso le faceva risaltare ancora di più quel magnifico colore di occhi che Leonardo aveva di certo preso da lei.
Leonardo arrivò poco dopo con un cappellino di Natale in testa e il suo solito adorabile sorriso sul viso da bambino che riusciva a farti tranquillizzare nella peggiore delle situazioni.
Ci salutammo tutti prima di entrare nella casa calda per via del camino.
Irmelin sparì di nuovo in cucina e io Tobey e Leonardo rimanemmo in salotto accasciati sul divano.
- Stasera arriverà anche mio padre – mi informò, io annuii, a quanto sapevo era italiano anche lui, e la cosa un po’ mi rassicurava.
Chissà che non avessi potuto parlarci un po’ in italiano, un po’ mi mancava non poter parlare la mia lingua con nessuno, per quanto mi piacesse l’inglese, era come non essere se stessi fino infondo e non poter esprimere esattamente come si vuole le proprie idee.
- Tu e lui potreste parlare italiano giusto? – chiese lui.
- Già – dissi io allettata all’idea.
Lui guardò il caminetto con aria nostalgica e, sebbene non avessi dovuto per il mio bene lo feci lo stesso.
- Allora con Bridget? – chiesi io, lui si voltò a guardarmi improvvisamente più interessato.
Il fatto che appena la si introduceva in una conversazione gli facesse illuminare gli occhi non mi piaceva affatto, e sapevo che non era per nulla un buon segno.
- A dire il vero non ci parliamo da un po’ – ammise.
Per me era meglio così, anzi, sarebbe stato meglio se per qualche motivo non avessero parlato mai più.
Mi voltai verso Tobey, lui mi fece un sorriso incoraggiante.
Leonardo mi guardava ancora.
- Mi dispiace – il mio tono suonava incredibilmente falso, ma lui non sembrò notarlo.
Scrollò le spalle e fece un sorriso che non prometteva nulla di buono.
- Oh, non importa – disse scrollando le spalle – Tanto ci vediamo a Capodanno - sembrava piuttosto felice.
Io spalancai gli occhi e lo guardai con aria interrogativa.
Fissai per un attimo il fuoco e poi ripresi a parlare per cercare di non dire qualcosa di poco carino al riguardo.
- A Capodanno dici? – chiesi, lui annuì felice.
Si sfregò le mani e si aggiustò i capelli.
- Si, non ti ricordi? La festa di cui ti avevo parlato, viene anche Tobey, e Danny - disse con tono eccitato.
Io alzai un poco gli occhi all’ultimo nome, ma lui non sembrò notarlo.
- Ma certo Daniel – dissi, e guardai il soffitto.
- C’è qualcosa tra di voi? – chiese lui, avrei giurato di percepire una nota di gelosia nel suo tono, ma non ne ero sicura.
- A dire il vero si – affermai convinta per vedere la sua reazione, mi potei ritenere soddisfatta di trovarlo sorpreso.
Mi voltai verso Tobey potendo notare la sua espressione di estrema confusione.
Provò a dirmi qualcosa senza parlare ma ero sempre stata pessima a leggere il labiale così mi voltai facendo finta di nulla.
Leonardo si guardò confuso i piedi – E’ fantastico – sospirò, ma il suo tono era tutt’altro che felice.
Poi, da bravo attore, risollevò su la testa con un sorriso e mi abbracciò – Davvero! Sono felice per te – disse con un sorriso, ma appena conclusa la frase ritornò ad avere un’aria pensierosa, e lo conoscevo fin troppo bene per non sapere che quando aveva un’aria pensierosa non era perché avesse qualche geniale idea ma perché qualcosa lo turbava, ed era esattamente l’effetto che volevo ottenere.
Tobey era rimasto in silenzio – Potremmo fare un appuntamento a sei allora – propose.
- Non sei single? – chiese lui ridacchiando.
Il moro finse una risata – Molto divertente – disse guardando l’amico – Che tu ci creda o no c’è l’ho una ragazza – incrociò le braccia apparentemente offeso.
Leonardo alzò gli occhi – Sono sorpreso – disse – Suppongo che me la presenterai allora? – chiese.
Tobey annuì deciso.
Sentimmo il campanello e Leonardo corse ad aprire voltandosi verso di noi.
- Deve essere mio padre – disse.
Quando aprì la porta vidi un uomo in carne, barbuto e con i capelli lunghi neri, uno stile abbastanza particolare e dei tratti assolutamente italiani.
Leonardo gli saltò addosso abbracciandolo felice e quando si divisero lui mi guardò per un attimo incerto poi sembrò illuminarsi.
- Devi essere Amanda – disse, finalmente sentivo qualcuno parlarmi in italiano, dopo tanto tempo.
Leonardo aveva la faccia concentrata, probabilmente cercava di capire ciò che ci stavamo dicendo, Tobey ci guardava confuso, non sapeva una sola parola di italiano del resto.
- Piacere signor DiCaprio – sembrava quasi strano parlare la mia lingua di fronte a qualcuno.
- Chiamami George – disse lui con un sorriso, si rivolse a Leonardo e Tobey di nuovo in inglese.
- Ciao Tobey – disse abbracciando il ragazzo con forza.
Si diresse deciso in cucina – Carina la casa che avete comprato – disse guardandosi intorno.
- Già – disse Leonardo osservando il salotto arredato con mobili decisamente più costosi del precedente.
George si diresse in cucina scoccando un bacio amichevole sulla guancia della donna.
Poi ci mettemmo tutti a tavola.
Fu una serata decisamente piacevole, George era davvero un uomo simpatico, e l’umorismo Leonardo l’aveva preso tutto da lui, ed era probabilmente l’unica cosa che aveva preso dal padre, infatti ancora non capivo da dove provenisse tutta quella bellezza perché, ad essere sinceri, nessuno dei suoi due genitori poteva esattamente considerarsi bello, la genetica era una materia complicata e in quel momento non il mio problema più urgente.
Il mio problema più urgente era assolutamente la serata di Capodanno e il fatto, in qualche modo, di riuscire a eliminare Bridget dalle nostre vite e fare in modo che Leonardo si ingelosisse di me e Danny.
 
*
 
Il giorno dopo Leonardo venne a prendermi a casa per passare il pomeriggio a pattinare sul ghiaccio.
Arrivati nel posto in un modo o nell’altro, mentre pattinavamo allegramente e con decisamente poca grazia, arrivammo a parlare di Daniel.
- Senti, sai che ti dico tutto – iniziò lui, io lo guardai – cosa c’è tra te e Danny, intendo cos’è davvero successo tra voi due? – sembrava nervoso.
Io scrollai le spalle – Diciamo che mi piace e…- mi interruppe.
- Ti piace? – chiese lui, aveva un’aria preoccupata.
Mi girai dal lato opposto dove mi lasciai scappare un sorriso divertito dalla sua reazione.
- Non lo so – dissi io, ma la reale risposta era no e che ero innamorata di lui, ma non glielo avrei mai potuto dirglielo, o comunque non in quel momento.
- Hai detto che ti piace, non confondermi le idee – mi fermai davanti a lui, per poco non mi veniva addosso.
- Cosa fai? – chiese confuso, io incrociai le braccia fissandolo.
- Perché ti interessa? – chiesi, volevo che succedesse qualcosa, che in qualche modo mi facesse capire che tra noi c’era una semplice amicizia – Insomma, a te piace Bridget? – chiesi.
- E’ molto bella – ammise lui, incrociò il mio sguardo – Andiamo, non lo so, non in questo momento – disse, sembrava piuttosto scosso.
Ricominciò a pattinare e mi portò con lui prendendomi la mano, ci guardammo per un attimo con un sorriso.
- Riguardo a prima, mi interessa perché voglio che frequenti le persone giuste – disse lui e io sorrisi avvicinandomi a lui.
- Le persone giuste? – ripetei ridendo.
- Si insomma, non dei pazzi drogati, dei maniaci – disse e ridemmo insieme.
Mi fece fare piano una giravolta e finii davanti a lui, i nostri volti erano abbastanza vicini per riuscire a darci un bacio, ma entrambi sapevamo che non sarebbe successo, ci fissammo per qualche secondo prima di ritornare nella posizione di prima.
- Per quanto ne so potresti essere un maniaco – dissi lui si voltò con un sorriso.
- Ma non lo sono – si grattò piano il naso, come era suo solito fare.
- E’ la risposta che darebbe un maniaco – dissi e lo spinsi un poco, lui mi afferrò la mano e scivolammo sul ghiaccio freddo ridendo.
Un po’ di persone si girarono a guardarci.
Ci rialzammo con fatica e ritornammo a pattinare nonostante i sedere doloranti, questa volta con più decisione e velocità.
- Fai sul serio con Bridget? – chiesi io all’improvviso, lui rallentò un poco.
- Io non faccio sul serio con nessuna – affermò lui, la cosa mi tranquillizzò.
- Cioè? – chiesi.
- Non intendo fare sul serio con nessuna almeno per un po’ – disse poi si fermò.
Guardò per un attimo il ghiaccio sotto i nostri piedi e mi abbracciò senza che me lo aspettassi.
- Non ti dispiace vero se torniamo a casa a guardarci un film? Insomma, il mio sedere ha risentito della caduta di prima – disse ridendo e io annuii.
Era bello passare un po’ di tempo insieme.
 
 

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Capitolo 12
*** Happy New Year ***


 
Chapter Twelve
Happy New Year
 


Sentirsi l’unica persona single in una macchina con due coppie era decisamente deprimente, soprattutto calcolando di essere innamorata di un ragazzo di una delle due coppie.
Tobey guidava la macchina mentre la sua nuova fidanzata dai capelli castani, che non avevo ancora capito se si chiamasse Danielle o Gabrielle, era avvinghiata al collo riempendolo di baci sporchi di rossetto rosso.
Io, con la bocca storpiata per il disgusto, cercavo di guardare la strada evitando Leonardo e Bridget accanto a me che erano schiacciati sul finestrino ad amoreggiare con foga.
Lei era praticamente sulle sue gambe e gli scompigliava con le unghie dipinte di smalto rosso i capelli biondi.
Si sentiva il fastidioso rumore delle loro labbra.
Io con le braccia incrociate sprofondavo nel sedile posteriore guardandoli piena di gelosia.
Lui la spinse via respirando a fatica e mettendosi a posto i capelli.
Lei lo guardò stranita – Aspetta, non riesco a respirare, facciamo una pausa – sospirò lasciandosi cadere sul sedile e lei accanto lo guardò aprendo i denti in un sorriso.
- Okay amore – disse poggiando la testa sulla sua spalla, le parole non potevano descrivere l’odio che provavo per lei ogni volta che lo chiamava “amore”.
Lui accennò un sorriso e mi guardò, ci fissammo per qualche secondo, quando iniziavo a percepire la mia pelle arrossire e il suo sguardo diventava troppo lungo gli sorrisi e lui ricambiò per poi guardare con aria stressata fuori dal finestrino.
Bridget indagava con le dita sottili sul suo collo per poi scendere fino al bacino e arrivare ai pantaloni e quando la mia espressione diventò di puro disgusto per quello che stava per fare la mano di Leonardo bloccò quella della ragazza.
- Dai Bridget, no – sospirò, lei annuì come una bambina.
- Va bene – disse sconsolata, e si limitò a guardarlo negli occhi, ma lui guardava fuori, perso in chissà quali pensieri.
- Ti amo – sospirò a fior di labbra lei, lui si voltò aggrottando le sopracciglia, amavo quella sua espressione, era così semplice eppure sembrava nascondere chissà quali preoccupazioni.
Si limitò a darle un bacio sui capelli accuratamente acconciati.
Tobey fermò la macchina e Danielle o qualunque fosse il suo vero nome si staccò finalmente dal collo pieno di rossetto del ragazzo.
Tobey si voltò a guardarmi, e sebbene non ci dicemmo una parola sapevo che quel suo sguardo significava “Come stai?”, così gli risposi con un’alzata di occhi e una leggera inclinazione della testa verso Leonardo e Bridget.
Lui accennò un sorriso.
Scendemmo dalla macchina per arrivare di fronte a un imponente grattacielo completamente illuminato dentro la quale negli ultimi quattro piano si teneva la festa dell’ultimo dell’anno.
Il buttafuori davanti alla porta ci bloccò.
- E voi siete? – disse immerso nell’uniforme nera.
Leonardo tirò fuori dalla tasca dei jeans la carta d’identità e questi annuì.
- Loro sono con me – disse indicandoci, l’uomo si scostò dall’entrata per farci passare.
Entrammo nell’ascensore seguiti da un altro gruppo di ragazzi che dovevano avere più o meno la nostra età.
Alla fine arrivammo all’ultimo piano, a parte un piccolo atrio in cui si apriva l’ascensore il resto della spazio era un enorme terrazza che affacciava sulla città con una vista spettacolare.
Una piscina enorme e alcuni bar intorno ad essa, infine una massa informe di gente che ballava sfrenatamente con in mano bicchieri di alcol.
Bridget prese Leonardo per mano trascinandolo tra la folla mentre aggrappava le mani al suo collo e iniziava a ondeggiare piano i fianchi.
Mi voltai verso Tobey, questi si rivolse alla fidanzata – Senti Danielle, vengo tra un attimo, tu prendi qualcosa da bere, okay – lei annuì e io rimasi piuttosto stupida del gesto di Tobey, aveva appena lasciato sola la ragazza solo per parlarmi.
Tobey mi accennò un sorriso gentile e mi portò nell’atrio vicino all’ascensore.
- Allora, dato che non mi va affatto di vederti l’ultimo dell’anno a rimpiangere di non essere Bridget, dobbiamo fare qualcosa – disse deciso.
Io alzai le spalle – Andiamo Tobey, li hai visti, sono fidanzati da mesi ormai, si amano, non possiamo farci nulla – sospirai sconsolata ma lo vidi scuotere la testa – non posso farci nulla – alzai le spalle e mi guardai i piedi.
- Si amano? – chiese lui confuso – Ma hai visto la faccia di Leonardo quando lei l’ha preso per andare a ballare, non sembrava esattamente felice – disse con un sorriso.
- Dici? – chiesi io incerta, lui annuì senza esitazione.
- Voi due siete fatti per stare insieme, e io ne sono assolutamente certo, e ti assicuro che non smetterò di darvi fastidio finché non vi rimetterete insieme – io scoppiai a ridere e lo abbracciai.
Ma poi lo guardai scuotendo la testa – Non credo – ammisi.
- Senti quando Leonardo ti ha conosciuta gli piacevi, me ne aveva parlato, anzi a dir la verità mi parlava sempre di te – io lo guardai ora più attenta seguendo ogni sua parola.
- Poi siete diventati amici, e sai, non conviene essere un’amica di Leonardo, avrà creduto che non gli piacevi – dissi storpiando la bocca.
- Io gli piacevo? – ripetei sconvolta mentre mi sentivo arrossire.
- Ma certo, insomma, stavate sempre insieme – disse lui cercando di farmi capire.
- Ma è stato mesi fa – dissi ora meno convinta – Adesso è interessato solo a Bridget –
Tobey si guardò intorno pensieroso e io rimasi a guardarlo speranzosa che avesse la soluzione a tutto il problema.
- Innanzitutto non è vero, le piace, ma non è nulla di serio – io alzai le sopracciglia.
- Non lo so – sospirai portandomi una mano alla testa stressata.
Forse saremmo restati solo amici, forse avrei dovuto semplicemente farmene una ragione e trovarmi un fidanzato come tutte le ragazze della mia età.
Ripresi a fissare Tobey nella speranza di trovare una soluzione, lui mi guardò come illuminato.
- E se tu lo facessi ingelosire? – esclamò fiducioso della sua idea.
Io scossi la testa – Dai Tobey, questo trucchetto lo usavo in quarta elementare, e in ogni caso non credo ci sia molta gente disponibile da farmi da fidanzato all’improvviso – dissi scettica.
Lui si morse il labbro – Hai ragione – ci fu un attimo di silenzio poi finalmente sembrò aver trovato qualcosa, io aspettai che parlasse poco fiduciosa.
- Senti, lo so che potrà sembrarti strano, ma potrei farlo io – disse a bassa voce.
Io sgranai gli occhi alle sue parole – Ma sei impazzito? E Danielle? – esclamai.
Lui mi fece segno di abbassare la voce – Non mi interessa poi così tanto di lei, ci sono ragazze più carine – spiegò con nonchalance.
Io lo guardai confusa – Ma poi cosa ci guadagneresti? – chiesi, non potevo credere che stesse per rovinare una relazione solo per farmi mettere con Leonardo, era totalmente privo di senso.
Lui mi sorrise – Guarda che ci guadagno, per prima cosa vi vedrei insieme, secondo la smetteresti di chiamarmi mentre piangi appena diventi depressa per Leonardo e Bridget, terzo finalmente Bridget si toglierebbe dai piedi, perché diciamolo, è così stupida da essere davvero fastidiosa a volte – io gli tirai una lieve spinta sul petto.
- E’ una mia amica – lo fermai, lui alzò le sopracciglia divertito.
- Un’amica a cui hai detto le peggiore cose? – chiese ironico.
- In effetti hai ragione – ammisi io, non si poteva considerare amica una persona che odiavo in certi momenti con tutta me stessa.
Tobey continuò il discorso – E quarto avrei per primo una ragazza che piace a Leonardo – spiegò.
- Io non gli piaccio – ribattei, ci mancava solo diventare la povera innamorata illusa di turno.
- In ogni caso l’idea funziona – disse lui e io mi ritrovai ad ammettere che in effetti ognuno di noi due aveva le sue motivazioni, è che il piano sarebbe andato a buon fine se avesse funzionato.
Io e Tobey ci ritirammo in bagno per essere più sicuri di non ritrovarci davanti a Leonardo mentre cercavamo di avere una minima idea di cosa avremmo fatto.
Tobey si appoggiò alla parete e io mi sistemai di fronte a lui.
- Allora, cosa si fa? – chiesi curiosa.
Tobey alzò le spalle – E’ piuttosto semplice, mentre Leonardo e Bridget ballano tu ed io iniziamo a ballare vicino a loro, in qualche modo attiriamo la loro attenzione, poi quando vedi che Leonardo ti sta guardando mi dai un bacio, a quel punto farà tutto lui da solo vedrai – io lo guardai incerta.
- Spero solo vada come dici tu – sospirai e lui annuì.
Tornammo fuori cercando di trovare Bridget e Leonardo che ballavano e appena li vedemmo ci mettemmo di fianco a loro.
Leonardo mi fissava confuso probabilmente chiedendosi perché ballavo con Tobey, ma soprattutto perché Tobey non ballava con Danielle.
Ma prima che potesse dire qualcosa Bridget si attaccò alle sue labbra, sentii il rumore di qualche foto scattata da probabilmente qualche paparazzo.
- Cerca di attirare la sua attenzione – mi sussurrò Tobey mentre si avvicinava.
Io annuii e io azzardai un finto colpo di tosse, il moro mi guardò con disapprovazione.
- Un colpo di tosse? – disse stranito.
Poi notando l’amico che si girava si zittì subito, io e Leonardo ci fissammo.
- Se hai freddo ti presto la mia…- Leonardo si interruppe e prima che potessi pensare a quanto fosse dolce a volermi prestare la sua giacca, e prima che smettessi di guardarlo sentii le labbra di Tobey piombare sulle mie e nonostante me lo aspettassi risultò piuttosto inaspettato.
Non saprei dire quanto durò il nostro bacio ma so solo che durante tutta la sua durata non smisi mai di fissare Leonardo, che a sua volta ci guardava sconvolto.
Gli occhi azzurri spalancati e la bocca semiaperta, sembrava quasi traumatizzato.
Quando finalmente Tobey si staccò dalle mie labbra e mi guardò con sguardo interrogativo riguardo a ciò che avevo visto fare a Leonardo io mi gettai di nuovo sul ragazzo facendolo indietreggiare di qualche passo.
Indietreggiai dalle labbra di Tobey che mi guardò con espressione impassibile riguardo a ciò che era appena successo.
- Allora? – mi chiese sottovoce – Che dici? – io mi voltai dietro, Leonardo ci stava ancora fissando.
- Direi che è piuttosto sorpreso – dissi io che in effetti non mi aspettavo una reazione così esagerata.
- Bene – sorrise lui compiaciuto – La prossima volta però cerca di essere meno violenta, quando mi sei piombata addosso mi sono preso un colpo – rise piano e io con lui.
- Prova ad allontanarti e vedi se ti segue – mi suggerì lui e io così feci, mi andai a sedere in uno dei banconi del bar.
Ordinai una birra piccola e attesi il suo arrivo cercando di resistere alla tentazione di voltarmi per vedere se c’era.
Bastarono pochi minuti per sentire i suoi passi lenti e familiari arrivarmi alle spalle.
L’aria confusa e i capelli spettinati probabilmente da Bridget.
- Ci avete dato dentro tu e Tobey – osservò, io feci spallucce.
- Già, abbiamo deciso di metterci insieme – lui spalancò gli occhi.
Io lo guardai cercando di osservare ogni sua mossa – Sembri sorpreso – dissi.
- E Danielle? – chiese, probabilmente non gli importava più di tanto.
- Non lo so – dissi, lui prese la birra che avevo appena ordinato e ne bevve un sorso consistente con foga.
Rimase a guardarmi con aria confusa – Perché non me l’hai mai detto? – chiese ora con tono dispiaciuto – Insomma, credevo ti piacesse Danny – spiegò.
Aveva evidentemente molti pensieri in sospeso in testa – Per via di Bridget, ultimamente sei molto preso da lei – mi giustificai ma sapevo non gli sarebbe bastato, anche perché gli stavo mentendo spudoratamente, ma non avrei potuto dirgli la verità.
- Dai lo sai che puoi dirmi tutto – disse arruffando i capelli sconsolato – Era l’ultima cosa che mi aspettavo succedesse stasera – ammise.
- Quindi per te va bene? – chiesi, volevo una reazione da lui.
Guardò il pavimento poco convinto poi alzò la testa con un sorriso non suo, quello che solitamente usava mentre faceva le prove per qualche suo personaggio – Ma certo – sospirò, ma era tutto fuorché convincente.
- Oh bene, perché io Tobey facciamo sul serio – lo provocai, del resto era questo lo scopo di tutto.
- Fate sul serio? – esclamò, poi riprese un’aria contenuta – Voglio dire: sono contento per voi – e mi diede una pacca sulla spalla, e infine si lasciò andare a un abbraccio che durò un po’.
- Senti lo so che ci stiamo un po’ staccando – disse con aria triste – Però vorrei davvero che ritornasse tutto come prima, quando ci dicevamo tutto –
Io annuì sulla sua spalla – Okay – dissi, ma sapevo che non avrei mai potuto dirgli tutto.




ANGOLO AUTRICE:
Rieccomi con un nuovo capitolo, spero vi piaccia la nuova copertina, sto cercando di essere più continua degli aggiornamenti e nulla, diciamo che le cose stanno iniziando a smuoversi e spero la storia inizi ad appassionarvi.
Per il resto ringrazio per le mie lettrici più assidue, e che hanno lasciato più commenti, non so come farei senza di voi:
eleonorafoganetti
Drops of Neverland 
Glendapisa

Grazie mille, non sarei mai arrivata qui senza la vostra compagnia, mi avete dato un incoraggiamento enorme per continuare, e continuate a darmelo quindi non potete immaginare quanto vi ringrazi.

Gisele
 

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Capitolo 13
*** Million Dollar Man ***




Chapter Fourteen
Million Dollar Man
 


Accesi la televisione distrattamente quando per caso mi ritrovai su un intervista a Leonardo.
Sembrava piuttosto nervoso, l’intervistatore era seduto su una poltrona di fronte a lui mentre guardava verso la telecamera con aria carismatica.
- Qual è il tuo prossimo progetto? – chiese l’uomo.
Lui si grattò piano il naso, come sempre quando era a disagio, si passò dolcemente la lingua sulle labbra in modo adorabile e con un sospiro rispose – Un western diretto da Sam Raimi –
L’intervistatore sgranò gli occhi in modo teatrale e anche fastidioso – Sembra che tu non abbia un attimo di pausa tra un film è l’altro –
Lui alzò le spalle – Forse, ma trovo sempre il tempo di stare con i miei amici e con la mia famiglia –  
L’uomo lo guardò interessato – A proposito di amici, si dice che hai un flirt con la modella Bridget Hall, giusto? –
Lui sembrò piuttosto imbarazzato, io mi irrigidii a mia volta, nonostante ora fosse tutto finito.
- Si, siamo stati insieme per un po’ - serrò le labbra un po’ a disagio.
- Quindi ora è tutto finito? – chiese l’intervistatore con una finta aria dispiaciuta e subito dal sottofondo si sentì un finto pubblico dispiaciuto.
Leonardo si guardò intorno – Ehm si –  sussultò.
- Cosa ci dici invece della tua nomination agli Oscar? - io spalancai gli occhi sbalordita.
E lui fece lo stesso attraverso lo schermo della piccola televisione.
Quel tipo stava scherzando o davvero era stato nominato agli Oscar?
Incurante di vedere l’intervista spensi immediatamente la televisione e mi precipitai al telefono e digitai il suo numero frettolosamente.
- Pronto? – disse lui.
- Sei davvero nominato agli Oscar? – gridai io senza un minimo di contegno.
Lo sentii ridere – Si, è vero –
- Perché non me lo hai detto? – chiesi ora un po’ più arrabbiata.
- Volevo farti una sorpresa – si giustificò lui – E a proposito di questo, avevo pensato di dirtelo oggi pomeriggio, ti passo a prendere tra un’ora? – chiese lui.
Io acconsentii più felice che mai, e anche se sapevo che questo avrebbe cambiato tutto, ma sapevo anche che tutto quello che era tutto ciò che aveva sempre voluto ed ero immensamente contenta per lui.
 
*
 
Il citofono suonò e io senza preoccuparmi di rispondere afferrai la borsa e chiusi con foga la porta di casa.
Scesi la scale più velocemente che mai incontrando sguardi interrogativi, al piano terra, come sempre del resto, la tipa delle informazioni mi guardava più schifata che mai, probabilmente perché sorridevo ai suoi occhi insensatamente, e lei invece era sempre mezza depressa.
Spalancai la porta e appena lo vidi gli saltai addosso facendolo quasi cadere.
Scoppiammo a ridere insieme per qualche minuto fino a calmarci completamente.
- Non ci posso credere – balbettai io ancora sconvolta dalla notizia – Non ci credo che potresti vincere l’Oscar a vent’anni – esclamai.
Lui annuì – Si ma non credo lo vincerò – sospirò – in ogni caso ora andiamo a prendere Tobey, mi accompagnerete tutti e due agli Oscar –
A quelle parole lo abbracciai con più forza di quanto avessi mai fatto e senza riuscire a controllarmi gli diedi un bacio sulla guancia.
Per un attimo ci fermammo a guardarci sorpresi entrambi dal mio gesto.
Eravamo incredibilmente vicini e incredibilmente immobili, i nostri occhi si guardavano incerti, i suoi azzurri fissavano i miei con innocenza e spaesati, poi mi strinse ancora per interrompere quegli sguardi imbarazzanti.
Poi ci guardammo spensierati facendo finta che non fosse successo nulla.
- Grazie – sospirai io sorridente, lui ricambiò il sorriso.
Alzò le spalle – Di nulla – disse sciogliendo l’abbraccio – Grazie a te di avermi sopportato anche quando t’ignoravo per Bridget – rispose.
Io risi appena – Già, Tobey mi ha detto che tendi a dimenticare un po’ tutti quando ti fidanzi – lui guardò in basso imbarazzato storcendo il naso.
- A proposito di fidanzati e Tobey, è tutto a posto tra di voi anche se non state più insieme giusto? – chiese, probabilmente si sentiva a disagio per noi, ma non c’era motivo di esserlo, anche perché non ci eravamo mai fidanzati, ma era meglio che non dirglielo mai.
- Certo – gli risposi allegra cercando di rassicurandolo – Abbiamo scambiato l’amicizia come amore, ma è tutto apposto tra di noi, non ti preoccupare – lui sembrò più sereno.
Sfilò le chiavi della macchina dai jeans sbiaditi che erano il doppio delle sue gambe e aprì le portiere della macchina di fronte a noi.
Mi sedetti accanto a lui, Leonardo accese la radio, abbassò il volume abbastanza da poter parlare e mi guardò imbarazzato.
- Senti…- sospirò, io mi voltai a guardarlo, la sua voce aveva assunto una tonalità per il quale ogni lettera gli si spezzava tra le labbra, conoscevo quel tono, e lo usava solo quando parlava di qualcosa di serio per il quale era preoccupato.
- Si? - chiesi io guardandomi le All Star rovinosamente sporche.
Restò in silenzio per un attimo prima di parlare – Sai, pochi giorni fa mi sono ricordato che tu in realtà non vivi qui – disse con aria dispiaciuta.
- Già – sospirai io quasi impercettibilmente, tanto che lui non sembrò sentire.
- E mi sono anche ricordato che quando finirà la scuola tu tornerai in Italia, giusto? – chiese ancora e io mi ritrovai ad annuire per poi dire – Si –
Sul semaforo di fronte a noi scatto il rosso, lui frenò e si voltò verso di me, potevo notare dal suo sguardo che era turbato.
- Cosa succederà allora? – lo guardai con aria interrogativa, lui se ne accorse e si spiegò meglio – Voglio dire, finirà tutto? Come se non ci fossimo mai conosciuti? -
Io mi grattai la testa incerta scostando i capelli biondi dal viso.
- Spero di no – sospirai poco sicura – Comunque tra un anno finirò la scuola, quindi suppongo che comunque potrei tornare a vivere qui – proposi.
Un lieve sorriso si allargò sul suo volto serio, fece ripartire la macchina.
- Quindi è solo un anno infondo? – chiese e io feci di si con la testa.
- Comunque l’estate prossima potremmo passarla insieme in ogni caso, e anche Natale, Capodanno o altre feste – spiegai, ora la tensione tra di noi era sparita.
In effetti non ci avevo proprio pensato, mancavano solo tre mesi e poi sarei tornata alla mia banale vita in Italia, e non c’era nulla che potessi fare per cambiare la situazione, avrei per forza dovuto diplomarmi lì.
Avrei certo dovuta essere contenta di ritrovare la mia famiglia, gli amici, la mia casa e tutto ciò che avevo lasciato ma non era così che mi sentivo.
Era come se per un attimo avessi abbandonato tutto per ritrovarmi in un mondo completamente mio dove nessuno mi conosceva, era stato come ricostruirmi completamente, potevo essere chi volevo per un attimo, senza pensare al passato, ed era stato come un lungo sogno, che ora sarebbe finito.
E riuscivo già a provare la noia di rispondere a tutte le domande che mi sarebbero state poste riguardo a quell’anno che avevo passato all’estero.
- A cosa stai pensando? – mi chiese lui notandomi distaccata, mi ritrovai a guardare il finestrino.
Mi voltai verso di lui stiracchiandomi – Solo che non ho alcuna voglia di tornare a casa –
Lui sorrise – Nemmeno io vorrei che te ne dovessi andare – io arrossi leggermente, e non riuscii a spiegarmene il motivo, non avevo nemmeno pensato a cosa sarebbe successo a non vedere Leonardo per così tanto tempo, non avrei mai voluto dimenticarlo, o comunque smettere di esserci così affezionata.
 
*
 
Io, Tobey, Leonardo e Danielle eravamo seduti a un tavolo del Lavender Moon a goderci quel pomeriggio di sole.
Lui ci stava spiegando come si sarebbe svolta la serata degli Oscar quando Tobey lo interruppe e mise un braccio intorno alla spalla della fidanzata.
- Non potresti fare in modo di portare anche Danielle? – chiese lui.
La ragazza, che personalmente non ispirava molta simpatia, era stata, a parte qualche ordinazione o osservazione poco interessante, muta tutto il tempo, limitandosi a sbaciucchiare Tobey sulle labbra ogni qualvolta che ne avesse voglia, ora invece, con aria stizzita, fissava Leonardo con aria di chi pretende un privilegio del genere.
- Io veramente…- iniziò lui imbarazzato dalla situazione, si schiarì la voce – Non credo che ci siano abbastanza posti, in teoria avrei potuto portare solo due persone -
La ragazza lo guardò scettica e finalmente si degnò di dire qualcosa – Qual è il problema? Andiamo io, te e lui – disse semplicemente indicando il moro.
Io la guardai con aria stranita, non capivo cosa ci trovasse Tobey in una tipa strana come lei.
- In realtà avevo anche intenzione di portare Amanda e mia madre -
Le storse la bocca e Tobey le baciò la guancia.
- Tua madre? – chiese senza capire – E poi chi è Amanda? - continuò, non aveva nemmeno capito chi fossi.
- Io – dissi scocciatamente, tra tutti e due scegliere una fidanzata simpatica e intelligente era troppo difficile.
- Vabbè allora – disse sbattendo la borsa sul tavolo e innervosita – Io vado – Tobey la guardò stranito ma aspettò che se ne andasse per parlare.
Si rivolse a noi – Lo so cosa state pensando, che è insopportabile, però ha una grande personalità – io e Leonardo scoppiammo a ridere.
- Sentite è brava a letto, okay? - si giustificò.
- Sei disgustoso – sospira io.
- Concordo – disse Leonardo, ma almeno sapevamo che non ci sarebbe voluto molto per dire addio a Danielle.
 
*
 
Entrai nella limousine continuando a sistemarmi il vestito con aria nervosa.
- Oddio, quanto e fastidioso – mi lamentai e sentii Leonardo ridere.
Ero più agitata che mai, e anche se sapevo che nessuno mi avrebbe notata perché infondo non ero nessuno, sapevo anche che in ogni caso migliaia se non di più, di persone di tutto il mondo mi avrebbero visto quella sera.
La macchina partì e Irmelin, gentilmente mi porse uno specchietto nella qual mi sistemai.
Nonostante non avevo una grande considerazione di me dovevo ammettere che non era così male quella sera, il rossetto rosso, sebbene fosse un po’ troppo visibile era di un colore non troppo scuro e non troppo chiaro, il trucco agli occhi non troppo esagerato ma abbastanza da farli sembrare più azzurri del solito.
Leonardo mi si avvicinò allontanandosi di poco da Tobey e potei osservare quanto effettivamente fosse splendido quella sera.
- Sei davvero bella stasera – osservò guardandomi dalla testa ai piedi.
Io leccai le labbra imbarazzata incurante dello strato di rossetto che sarei andata a togliere.
Per fortuna quel chilo di fondotinta e derivati che era accuratamente spalmato sulla mia faccia gli avrebbe impedito di notare l’incredibile rossore che si era esteso a gran parte delle mie guance.
- Oh grazie – sussurrai io, poi gli aggiustai il papillon.
- Anche tu – ricambiai il complimento con un sorriso.
Lui si voltò verso l’autista e potei giurare di vederlo un po’ imbarazzato, ma pensai che fosse meglio non sperarci troppo nella mia affermazione.
Quando finalmente uscimmo dalla macchina ci ritrovammo davanti a un lungo tappeto rosso sulla quale già posavano le celebrità avvolte nei loro abiti firmati.
Io scesi per prima dalla macchina cercando di mantenere la calma e nel panico più totale di che posizione avrei dovuto tenere.
Per fortuna furono solo pochi secondi di panico perché subito dopo Leonardo scese dalla macchina a sua volta, ma nemmeno lui era esattamente la rappresentazione della calma di cui avevo bisogno.
- Tutto bene? – mi chiese tutto agitato mentre si grattava piano il naso guardandosi intorno.
Io mi avvicinai al suo orecchio per evitare di farmi sentire – Decisamente no, tu? –
- Credo che sverrò a momenti – mi disse e ridemmo piano, ma la nostra risata finì immediatamente quando avvistammo quello che mi sembrò un giornalista insieme a un tipo con una telecamera in mano avvicinarsi a noi.
Sentii immediatamente afferrarmi la mano da lui, ma evitai di fare figuracce davanti a chi ci stava guardando dalla figura.
Il giornalista si spostò dal nostro lato mettendosi davanti alla telecamera.
- Leonardo DiCaprio! – esclamò lui dando una pacca sulla spalla al biondo, questi fece un sorriso imbarazzato e con un cenno della mano a dir poco adorabile salutò il pubblico.
- E questa adorabile ragazza presumo essere la tua fidanzata giusto? – io scossi la testa decisa e lo vidi fare lo stesso.
- E’ la mia migliore amica – spiegò Leonardo ma era chiaro che il giornalista voleva solo intrattenere il pubblico.
- Miglior amica eh? – disse spingendolo col gomito come se fossero amici da anni – Non posso credere che un ragazzo come te non abbia ancora una fidanzata! – disse ancora.
Poi vidi una mano poggiarsi sulla spalla di Leonardo, e non era altro che Johnny Depp.
Mentre il giornalista era occupato con lui io e Leonardo ci allontanammo finalmente da quel tipo fastidioso.
Leonardo sciolse la mano dalla mia e mi guardò – Grazie – disse sottovoce.
- Per cosa? – chiesi io senza capire.
Lui mi fece segno di allontanarmi da un gruppo di persone.
- Per avermi tenuto la mano, è che le situazioni con troppa gente mi mettono un’ansia incredibile – disse.
Io lo rassicurai con un sorriso e sentimmo alle nostre spalle arrivare Irmelin e Tobey.
Leonardo e sua madre andarono a farsi fotografare sul Red Carpet dopo aver lascito me e Tobey nella sala dove si sarebbe tenuta la cerimonia la riparo da qualsiasi giornalista.
Finalmente iniziavo a calmarmi e a prendere, per modo di dire, più confidenza con la situazione.
I minuti che avevo passato lì si erano passati talmente in fretta da poterli descrivere come un sogno, ero talmente agitata da aver dimenticato anche cos’era successo in alcuni minuti ed ora ero ancora confusa e incapace di rendermi conto di essere davvero alla cerimonia degli Oscar.
 
*
 
Quando tutto finì era piuttosto tardi, Leonardo, purtroppo, non aveva vinto, ma restava felice, del resto essere arrivato fin lì era già un grande risultato.
Erano ore, a parte qualche pausa, che ero seduta a vedere vincitori su vincitori prendere la tanto ambita statuetta d’oro.
Leonardo mi si avvicinò – Senti, c’è una festa adesso, sei troppo stanca o ti va di venire? – mi chiese.
Io ero piuttosto incerta, del resto non mi si poteva certo considerare tipo da feste ma perché non buttarsi in un esperienza del genere, del resto, non mi sarebbe mai più ricapitato.
- Okay – dissi io, lui mi porse la mano e mi aiutò a salire dalla sedia.
Il posto in cui andammo doveva essere di certo un club privato.
Naturalmente i partecipanti erano solo e unicamente gli invitati agli Oscar.
Il cibo, i drink e qualsiasi altra cosa erano unicamente gratis, così, presa da quella sfrenata allegria che ti trasmettevano la musica, le luci e le risate della gente decisi di prendermi una sbronza.
Escludendo qualche festa da quattro soldi alla quale avevo partecipato in passato, era la prima volta che mi ubriacavo sul serio.
Leonardo continuava a porgermi una moltitudine di bibite diverse e alla quale, ad un certo punto, avevo smesso di chiedergli cosa fossero e se ne stessi bevendo troppi.
Alla fine, paonazzi, vagavamo per la sala azzardando qualche passo di danza, tutto il resto del mondo girava vorticosamente intorno a noi.
Nonostante tutta la confusione e l’ondata di calore che mi avvolgeva potevo affermare di starmi divertendo.
Io e lui lanciavamo qualche urlo di gioia, che spiccava quasi impercettibilmente rispetto al resto degli assordanti suoni ovattati che ci circondavano.
Poi in preda a non so quale felicità sovraccaricata io e lui finimmo per trovarci a baciarci su quello che sembrava un divano.
 
*
 
Mi svegliai con un’incredibile mal di testa e un dolore lancinante allo stomaco, di quello che successe la notte prima non ricordavo assolutamente nulla, avevo come un fastidioso vuoto temporale, per un momento credetti di aver dormito tutto il tempo ma qualcosa mi diceva che non era andata esattamente così.
Quando riuscii ad riacquisire la vista mi accorsi di essere malamente seduta nella limousine, accanto a me Tobey e Irmelin che erano seduti con un aria perfettamente normale accanto a me.
Vicino al finestrino opposto c’era Leonardo che stava dormendo profondamente schiacciato sul finestrino.
- Cosa è successo? – balbettai, l’imbarazzo che avrei dovuto provare era ora un emozione completamente ignota a me in tutta quella confusione mentale.
Tobey si avvicinò a me – Vi abbiamo trovati svenuti per terra entrambi, e diciamo che è stato leggermente imbarazzante – poi mi fece un sorriso, il che mi fece sperare che la situazione non fosse così grave come mi sembrava.
- Non mi ricordo nulla – dissi scostandomi i capelli dalla faccia.
- Lo so – disse Tobey – e scommetto nemmeno lui – disse indicando ridendo Leonardo – siete davvero bravi a sostenere l’alcol –
- Alcol? – chiesi io confusa.



ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti! Rieccomi con un nuovo capitolo, più lungo del solito si, ma non sono riuscita a renderlo più corto, spero non sia risultato troppo noioso.
In ogni caso spero vi sia piaciuto e mi piacerebbe tanto se lasciaste una recensione, negativa o positiva che sia,
Accetto tutti i consigli che avrete da darmi, anzi, apprezzerei molto se avreste dei consigli utili da darmi, se qualcosa nella storia non vi piace allora ditemelo pure, accetto le critiche.
Per il resto vorrei ringraziare:
Drops of Neverland
eleonorafoganetti

Per le magnifiche recensioni che mi lasciano ogni volta e per la quale ogni volta ho la forza di scrivere anche con migliaia di compiti.
Grazie mille davvero.
Alla prossima c:



Gisele

 

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Capitolo 14
*** Relationships ***



Chapter Thirteen
Relationships  


Tobey mi lanciò il giornale mentre io stesa sul divano stavo guardando la casa che in pochi mesi avrei lasciato per sempre.
- Leggi – disse, io lo afferrai, in copertina Leonardo e Johnny Depp in una foto promozionale del film.
- E allora? – non c’era nulla di interessante, lui si avvicinò e puntò il dito sul fondo della copertina dove un titolo di un bel giallo canarino annunciava la notizia.
- L’attore di What’s Eating Gilbert Grape e la sua fidanzata – lessi ad alta voce, quindi era ufficiale.
- Sai Tobey potevi anche evitare di farmelo leggere – gli dissi sbattendo il giornale sul tavolino vicino al divano.
Lui si sedette mentre rideva accanto a me – Ho pensato che potesse interessarti – si giustificò.
Io incrociai le braccia e lo guardai dal basso – In ogni caso questa finta storia tra noi due non sta portando a nulla – sospirai sconsolata.
Tobey scosse la testa prontamente – Non è vero, mi ha chiamato un po’ di volte per chiedermi se io faccio sul serio, se ti ho tradita e cose del genere –
Io mi misi seduta ora più interessata – Davvero? – chiesi ora con un sorriso compiaciuto sulle labbra.
- Si, e quando lo fa significa che è geloso – mi assicurò poi guardò la finestra con aria pensierosa – Secondo te quando c’è un modo per ritornare con Danielle? -
Io mi morsi il labbro, in effetti era un po’ impossibile – Non avevi detto che non ti piaceva? – chiesi scherzosa.
- Si è vero, ma ho cambiato idea – fece spallucce e io alzai gli occhi.
Poi mi alzai verso la cucina per aprire il frigo incerta su cosa mangiare – Non lo so, ora mi interessa solo che lui e Bridget si lascino –
- Domani torna, prova a parlargli – suggerì lui.
 
*
 
Io e Leonardo eravamo seduti al bancone del Lavender Moon, in completa tranquillità e completamente soli come non ci succedeva da un po’ di tempo.
Lui sorseggiava una birra e io lo osservavo.
- Quando hai detto che è la premiere? – chiesi io, lui voltò la testa e mi guardò.
Si grattò piano il naso, come era solito fare prima di iniziare un discorso e tirò un sospiro.
- Tra cinque giorni – disse – Mi hanno detto che posso invitare solo tre persone – continuò.
Se poteva portare solo tre persone era certo che una di queste era Bridget, e probabilmente l’altra sua madre, poi Tobey che conosceva da più tempo e infine con ogni probabilità non me.
Lo guardai con aria sconsolata – Non mi chiedi chi porterò? – chiese lui come un bambino e io accennai un sorriso.
- Bridget, Tobey e tua madre giusto? – chiesi io sicura della risposta, lui guardò il pavimento imbarazzato.
- Senti a proposito di Bridget…- iniziò ma lo interruppi io prima.
- Per me va bene non accompagnarti, davvero – gli dissi con un finto sorriso, ero davvero pessima a mentire ma che altro avrei potuto dire del resto.
- No, non intendevo questo – sospirò, mi voltai ora più curiosa.
- Cosa intendevi? – chiesi a voce bassa, lui mi fissò passando la lingua sulle labbra rosee e tamburellando velocemente le dita sottili sul bancone.
- A proposito di Bridget – sospirò guardando il soffitto, io annuì piano con la testa per farlo continuare – Diciamo che vorrei farla finita – disse e mi guardò negli occhi.
Io mi portai una mano alla bocca per nascondere il sorriso che mi era spuntato sul volto, finalmente Bridget sarebbe sparita dalla nostra vita.
Cercai di far tornare la mia faccia seria e lo abbracciai.
- Mi dispiace – gli sussurrai fingendomi dispiaciuta e sperando che non notasse che stavo sorridendo.
Lui mi strinse a sua volta – Non ti preoccupare, te l’avevo detto che non sarebbe durata – spiegò per poi sciogliere l’abbraccio.
Mi prese piano la mano e il mio corpo avvampò.
- A proposito di te e Tobey? – chiese, e io storsi la bocca, era un argomento decisamente imbarazzante, anche perché avrei cercato di dire qualcosa di molto credibile al riguardo, del resto doveva essere complicato mentire a un attore – Da quando mi hai detto che state insieme non abbiamo toccato l’argomento – io annuii.
- Non c’è molto da dire – mi giustificai con una lieve alzata di spalla ma non lo vidi convinto.
Mi guardò con aria interrogativa – Sai sono le classiche storie che succedono tra amici –
- Non in realtà non lo so – disse scuotendo la testa con un’aria decisamente seria e lasciando la mia mano – Insomma anche noi siamo amici -
I miei occhi si spalancarono un poco a quella frase – Cosa intendi? – balbettai, infondo tutta questa finta storia d’amore stava portando a qualcosa.
Un sorriso spuntò sul suo viso – Che non è così scontato – spiegò con voce allegra.
Il mio sguardo divenne decisamente più deluso, non era esattamente la frase che mi aspettavo.
- Quindi suppongo a te vada bene tutta questa, giusto? – lui annuì e dopo aver chiamato il cameriere per chiedere il conto mi portò fuori davanti alla strada.
- Certo che mi va bene, insomma sono contento che finalmente tutti e due abbiate qualcuno con cui stare – mi disse, sembrava felice, e questo non poteva che farmi sconfortare, eppure quando io e Tobey ci eravamo baciati sembrava geloso.
- Solo non avrei mai immaginato, sai, voi due, siete piuttosto diversi – disse alzando le sopracciglia.
- Dicono che gli opposti si attraggano – dissi io scherzosa.
- Forse hai ragione – sfilò una sigaretta dal pacchetto e la accese – Semplicemente non immaginavo voi due, tutto qui – spiegò, ma io sinceramente avevo speravo che succedesse qualcosa in più.
                                                                                                     
*
 
Non feci in tempo a chiudere la porta di casa che sentii il telefono squillare ripetutamente.
Mi precipitai a rispondere chiudendo frettolosamente la porta e lasciando la borsa per terra.
- Pronto? – chiesi scocciatamente.
- Ehi sono io – era naturalmente Bridget, non che avessi molta voglia di parlarle ma non mi andava di litigare così cercai di risponderle bene.
- Ciao Bridget – dissi con tono dolce.
- Con Leonardo abbiamo rotto – disse ma non sembrava così distrutta.
Mi allontanai dalla cornetta e accennai una risata per poi tornare a parlarle – Mi dispiace –
- Non ti preoccupare, e poi insomma, so che ti piaceva – io arrossi d’improvviso, evidentemente l’avevano capito tutti tranne Leonardo.
- Gliel’hai detto? – esclamai frettolosamente.
- Certo che no, siamo amiche e non ti farei mai questo – in effetti dopo tutto l’odio che avevo provato mi ero dimenticata che dal suo punto di vista eravamo ancora amiche.
- Certo – sospirai – Quindi ora come stai? – cercai di essere apprensiva.
- Benissimo! – la sentii esclamare contenta, rimasi piuttosto sorpresa dalla risposta a cui bastarono pochi secondi per ricevere una spiegazione – Praticamente un tipo di un agenzia di modelle importante mi ha chiamato per dirmi che vuole farmi fare un intera collezione di vestiti di Versace, prendo un volo per New York tra mezz’ora – il suo tono vivace e allegro arrivò squillante nel mio orecchio.
- Sono felice per te! – le dissi, in realtà non che m’importasse più di tanto del fatto che stesse diventando famosa, ma ne avevo abbastanza di Bridget, e il fatto che se ne andasse, un po’, mi sollevava.
- Anche io, ora devo andare – mi disse eccitata e chiuse il telefono lasciandomi da sola.
Mi sedetti sul divano pensando a per quale strano motivo la vita doveva risultare così semplice e allegra agli altri e non a me.
Presi un pacchetto di patatine e mi stesi sul divano mettendomi comoda mentre col telecomando cercavo qualche trasmissione interessante da trovare sulla televisione.
Sentii il cellulare vibrarmi e mi apparve un messaggio da parte di Tobey: “Dove sei?”.
Io presi svogliatamente l’oggetto digitando sulla tastiera illuminata: “A casa”.
Bastarono pochi secondi per ricevere un altro messaggio: “Vengo tra dieci minuti”.
Fissai con aria interrogativa il telefono, in quel momento non avevo alcuna voglia di vedere qualcuno.
Ma in dieci minuti Tobey si presentò a suonare il campanello.
- Cosa c’è? – dissi io aprendo la porta con fare annoiato.
Lui si sedette sul divano frettolosamente e batté il cuscino facendomi segno di sedermi.
- Allora, dato che questa “relazione” si sta rivelando stupida e inutile io beh…- si interruppe per prendere una patatina dal pacchetto e sgranocchiarla – ho incontrato Danielle oggi pomeriggio, puoi immaginare, ci siamo rimessi insieme – disse tutto d’un fiato, poi mi guardò in attesa di ricevere chissà quali urla, ma io non avevo alcuna intenzione di arrabbiarmi.
Mi gettai addosso a lui abbracciandolo – Sapevamo che non sarebbe durata – dissi e ci mettemmo a ridere.
- A parte gli scherzi, sono contenta di te e Danielle, insomma sono felice che ti sei messo con la ragazza che ti piaceva – lui mi sorrise.
Si infilò un’altra patatina in bocca – Per un momento ho pensato che ti saresti arrabbiata – disse lui e io scossi la testa.
- E’ una cosa tra me e lui, non ti preoccupare – gli dissi poggiando la testa sulla sua spalla.
- Allora, dato che lui è Bridget si sono lasciati suppongo che andremo entrambi alla premiere del film – io annuii.
- Già, e non ho la minima idea di cosa mettermi – confessai.
 
*
 
- Amanda sei davvero bellissima stasera – esclamò Irmelin appena entrai nella limousine che ci avrebbe portati alla premiere.
- Grazie mille signora – le dissi io con un sorriso sincero – Anche lei è davvero stupenda –
Lei mi sorrise, un sorriso incredibilmente simile a quello di Leonardo, solo più maturo.
- Vero Leonardo? – aggiunse, il ragazzo si voltò verso di me.
– Già – sospirò e io mi voltai verso il finestrino per non fargli notare il rossore che si era creato sulle mie guance dovuto al suo “complimento”.
Quando la limousine si fermò e dovemmo scendere ci mettemmo come lui ci aveva consigliato di fare.
Leonardo insieme a sua madre scese per primo e io e Tobey a seguire.
Appena lo sportello si aprì una miriade di flash ci sovrastò, il rumore incessante delle macchine fotografiche mi assaliva impedendomi pensare a qualsiasi cosa.
La luce bianca copriva qualsiasi cosa compresa la possibilità di capire dove mi trovavo.
Quando ci fummo allontanati abbastanza dai flash notai Leonardo girarsi verso di me sussurrando a fior di labbra – Tutto bene? –
Io annuii, anche se non era poi così vero ma non volevo rovinargli il momento con le mie lamentele per i giornalisti.
Infine ci dissero di recarci direttamente nella sala dove avremmo visto il film per lasciare tempo agli attori di farsi fotografare, rispondere alle domande dei giornalisti e firmare qualche autografo.
Io, Irmelin e Tobey ci sistemammo nella sala illuminata aspettando l’arrivo del resto del pubblico.
Dopo vari ringraziamenti e applausi al regista, gli attori, i costumisti, e tutti quelli che “avevano reso possibile tutto questo” come aveva detto il regista, con parole piuttosto scontate, Leonardo si sedette finalmente tra me e Irmelin.
Le luci si spensero e lui mi strinse la mano, avevo un sorriso sulle labbra ed era più felice di come non l’avessi mai visto.
Lo schermo si illumino e anche il minimo ronzio si tacque nella sala, io mi voltai verso di lui e per un attimo mi sembrò la prima volta in cui l’avevo visto, come se nulla fosse mai successo, quando per un attimo era semplicemente stato “quel ragazzo carino incontrato nel cinema” e sorrisi a quel pensiero.
Lui a sua volta si voltò verso di me e come se mi avesse letto nel pensiero sussurrò – Come la prima volta che ci siamo incontrati – e a quelle parole le nostre mani si riscaldarono come quelle di due bambini emozionati.




ANGOLO AUTRICE:
Un aggiornamento più veloce del solito ma avevo una voglia sfrenata di scrivere così ecco a voi il capitolo appena concluso, spero di non aver sparato cavolate sullo svolgimento della premiere sulla quale ho cercato di informarmi abbastanza ma se c'è qualche errore vi prego di dirmelo.
Grazie mille eleonorafoganetti per il tuo scorso commento, grazie mille per i tuoi consigli, ho davvero apprezzato il fatto che tu sia stata completamente sincera con me, ho cercato di fare ciò che mi hai suggerito e quindi spero tu apprezzerai il capitolo, le tue recensioni mi hanno portato ad arrivare fino a questo punto, e non ero mai riuscita a scrivere così tanti capitoli, quindi non so quanto posso esserti grata!
Per il resto mi piacerebbe se lasciaste un commento c:

Gisele

 

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Capitolo 15
*** Midnight Prom ***




Chapter Fifthteen
Midnight Prom

Mi alzai di scatto al suono della sveglia, era l’ultimo giorno di scuola, e, sebbene non avessi alcuna voglia di andarci mi imposi di farlo per salutare tutti i miei compagni.
Presi l’autobus svogliatamente guardandomi attorno con nostalgia, come se quel posto non mi appartenesse già più.
Quando arrivai a scuola rimasi per un attimo nell’atrio a guardarmi intorno, gli armadietti, le cheerleader e le divise da baseball mi sarebbero mancate infondo.
E anche se alla fine la scuola e i miei compagni di classe, al contrario di come i miei filmini mentali avevano previsto, non erano affatto stati fondamentali nella mia “vacanza” era solo grazie a loro che ero qui e avevo fatto ciò che avevo fatto sino a oggi.
L’intervallo si perse nel salutarmi e chiedermi cosa avrei fatto al mio ritorno, se mi sarebbero mancati, e se sarei mai tornata in America.
Alla fine, come sempre, quando te ne vai da un posto sembra quasi che tutti ti abbiano voluto bene, anche chi per di più ti ha ignorato o chiesto dei soldi per il cibo qualche volta.
La giornata si concluse più in fretta che immaginassi e si rivelò anche molto più leggera.
Come sempre quando poteva, Leonardo mi aspettava fuori dalla scuola con la macchina con un sorriso sulle labbra.
Lo vidi scendere e venirmi incontro stranamente, poi scoprii che voleva semplicemente riguardare per un attimo il suo vecchio liceo.
Quando stavamo per tornare in macchina e iniziare a parlare del più e del meno una cheerleader si piazzò davanti a noi.
Leonardo le fissò per un attimo la gonna decisamente corta finché non sentii il lieve calcio che gli avevo tirato.
Lei, soddisfatta di aver attirato la sua attenzione si rivolse a noi più sorridente di prima e ci porse allegramente dei volantini.
- Verrete al ballo? – chiese felice come se ci conoscesse da anni ma a dir la verità non l’avevo mai vista prima.
- Il ballo? – chiesi io confusa, più americano di così non si poteva.
Lei annuì e accennò un lieve salto – Si! Voi che siete una coppia potreste farvi eleggere reginetta e re! – esclamò spostando lo sguardo verso le nostre mani, che, senza che nessuno dei due se ne accorgesse, si erano intrecciate l’una all’altra.
Arrossimmo di botto entrambi e sciogliemmo la stretta frettolosamente.
Lei storse la testa un po’ dispiaciuta – Oh, non siete una coppia? – disse con un sospiro, ma il sorriso le ritornò sulle labbra quando ci porse il foglietto e trotterellò via verso qualche altro sfortunato.
- Puoi anche buttarlo - risi io accartocciando il volantino.
Lui lo prese dalla mano e lo rimise a posto con cura – Non andrai al ballo? – chiese lui e io scossi la testa decisa, non ero nemmeno andata al “ballo”, se così si poteva considerare, della terza media.
- Sono degli stupidi stereotipi che io non finirò per seguire – affermai convinta e lui si mise a ridere, e non capii il perché.
- Non potresti essere meno cinica su tutto? – disse con un sorriso.
Entrammo entrambi in macchina e lui mi porse il volantino che aveva in mano.
- Non sono cinica – mi difesi io – Semplicemente trovo che il ballo di fine anno sia qualcosa di completamente inutile – lui accese la macchina e mi guardò poco convinto – Soprattutto se non hai nessuno con cui andarci – dissi io.
Lui mi fisso – Se tu vuoi potrei…- disse, io lo guardai speranzosa, se fossimo andati insieme, sarebbe stata la cosa migliore che sarebbe potuta succedere prima della mia partenza.
- Chiedere a Daniel di andarci con te – anche tenendo gli occhi sulla strada vidi il sorriso che mi aveva rivolto.
Del resto sarebbe davvero stato fin troppo andarci con lui, mi dovevo accontentare di Daniel.
- Non lo so – dissi affondando nel sedile scocciatamente.
- Lo sai che voleva uscire con te prima che tu partissi – mi ricordò e io alzai gli occhi al cielo, non capiva che in quel momento di Danny mi importava poco o nulla.
- Non ho voglia di andarci da sola – mi giustificai.
- Ma se ci vai con lui – esclamò confuso Leonardo.
Io guardai fuori dal finestrino – Si ma non ci conosciamo bene – cercai di trovare un pretesto per farlo venire in qualche modo.
- Vuoi che venga? – chiese, io mi voltai sorpresa verso di lui.
- Sarebbe carino – mi contenni dal resto delle cose che ero tentata di dirgli.
Lui annuì e si voltò per un attimo verso di me – Okay ma non ci vado da solo – disse, sapevo che se non fosse andato con me sarebbe andato con una ragazza almeno stupida quanto Bridget.
- Magari con una delle cheerleader – sorrise ammiccante e scoppiammo a ridere.
 
*
 
- Quanto hai detto che manca? – chiese Tobey dall’altra parte della cornetta.
- Cinque giorni – sospirai sconsolata – E dopodomani c’è quello stupido ballo di fine anno –
Lo sentii ridacchiare – Allora alla fine ci vai seriamente con Danny? – chiese lui.
- Già – dissi io pensando alla noiosa serata che mi aspettava.
- E lui con chi ci va? – chiese facendo riferimento a Leonardo.
Io sbuffai a quel pensiero – Ha detto che non lo sa –
- Non potevi direttamente chiedergli di andare insieme da amici? - chiese lui come se fosse la cosa più ovvia.
In effetti avrei potuto farlo.
- Non ci sarei mai riuscita – sospirai io – Senti Tobey non è che potresti venire? - azzardai, sapevo che mi avrebbe aiutato in caso di una crisi nel bel mezzo del ballo.
- Se mi permetti di portare Danielle allora vengo – disse e io sorrisi anche sapendo che non mi avrebbe visto.
- Grazie mille! – esclamai felice, poi, dicendogli che dovevo andare chiudemmo la telefonata.
Mi stesi sul divano a guardare un film, come facevo sempre per rilassarmi, quando una telefonata mi interruppe.
Dopo qualche imprecazione contro chiunque avesse osato disturbarmi nel mio momento dedicato ai film e alle patatine fritte sul divano risposi trattenendo il nervosismo.
- Pronto? – chiesi, dall’altra parte della cornetta mi arrivò una voce decisamente non familiare.
- Ehi – sentii dire, era una ragazza e la voce sembrava annoiata – Sono Danielle – aggiunse, e del resto chi altro poteva avere quel noto scocciato.
- Ciao – dissi io confusa, non mi aveva mai chiamato, fino a poco tempo fa non sapeva nemmeno come mi chiamassi.
- Senti Tobey mi ha detto che verremo al ballo – disse, stava probabilmente masticando qualcosa e ciò mi dava davvero molto fastidio – E ti dico che io e lui verremo solo se mi fai portare anche la mia amica Kristen – cos’era, una minaccia? Naturalmente Danielle era sempre molto gentile nei miei confronti.
- Portatela – dissi io con poca voglia di parlarle – Basta che venite – sospirai.
- Allora ci vediamo domani – disse e mi chiuse senza darmi il tempo di salutarla.
Mi ristesi sul divano e riprendendo a guardare il film con tranquillità, del resto la sua amica Kristen non avrebbe certo potuto peggiorarmi la serata, nemmeno ci conoscevamo.
Sperai solo che non fosse altrettanto antipatica quanto Danielle.
 
*
 
La sera dopo mi ritrovai con Leonardo e Tobey, e finalmente senza Danielle, a un tavolo del Lavender Moon a sorseggiare qualche birra loro e io un frappè che il barista mi aveva servito con scetticismo.
- Perché non vai a parlare con Danny? Così gli chiedi di accompagnarti al ballo – chiese Leonardo indicando il ragazzo con la testa,
Era davvero l’ultima cosa di cui avevo voglia quella sera, ma Leonardo continuava a guardarmi insistentemente così dovetti alzarmi per forza.
Mi avvicinai al ragazzo che si voltò verso di me sorridente.
- Ehi Amanda – disse con aria felice, io come saluto gli feci un semplice cenno con la mano.
Iniziai a dondolarmi sui piedi guardando il pavimento titubate, e non perché avessi imbarazzo ma semplicemente perché non volevo chiederglielo.
Mi feci coraggio – Senti Danny, dato che io parto tra quattro giorni e la mia scuola fa un ballo mi chiedevo se ti potevi accompagnarmi? – dissi io fissandolo negli occhi.
- Certo! – esclamò il ragazzo e mi abbracciò contento.
Io feci un finto sorriso che lui sembrò prendere come un sorriso sincero.
- Allora ti passo a prendere alle undici a casa tua? – chiese allegramente e io feci di si con la testa, senza avere troppa voglia di parlare.
- Perfetto – disse e mi guardò negli occhi come se ci stesse provando, io ricambiai lo sguardo priva di sentimento e ritornai al mio tavolo camminando scocciata.
- Fatto – sospirai, Leonardo sembrò non essere soddisfatto, Tobey aveva capito tutto, come sempre del resto.
- Non sembri molto felice – osservò Leonardo, io alzai le spalle.
- Sono solo stanca – spiegai e a lui sembrò bastare.
Non avevo davvero alcuna voglia di passare la serata con Daniel.
- Senti per te va bene ritrovarci lì alle undici e mezza vero? – chiese Tobey già concentrato a prendere appuntamento.
Io e Leonardo facemmo di si con la testa.
 
*
 
Mentre finivo di sistemarmi l’abito in perfetto stile anni cinquanta che stavo indossando sentii suonare il campanello.
Naturalmente era Daniel, corsi frettolosamente verso la porta per andare ad aprirgli e quando lo vidi lui iniziò a ricoprirmi di complimenti, quel tipo di complimenti che detti una volta sono piacevoli ma se ripetuti iniziavano a farmi innervosire, in ogni caso io non facevo che ripetere “grazie” per essere gentile.
Durante il percorso in macchine parlammo del più e del meno, di cosa avrei fatto una volta tornata in Italia, se avevo un fidanzato o meno, quando sarei tornata, e se ci saremmo rivisti, in sostanza cose piuttosto noiose.
Arrivati finalmente al liceo Daniel mi aiutò a scendere dalla macchina, come se ne avessi bisogno.
Stava per entrare quando lo fermai – Leonardo e Toby mi hanno chiesto se potevamo aspettarli qui – dissi io e lui annuì.
- Certo – mi rispose con un sorriso, mi guardava sempre solo con un sorriso, e ciò mi dava fastidio, non capivo perché lo facesse, aveva l’aria di uno che si divertiva in ogni situazione, e ciò mi dava sui nervi in un modo incredibile.
Leonardo e Tobey ci raggiunsero in pochi minuti, Leonardo era da solo, ma aveva l’aria di uno a cui importava poco di essere single.
Anche Tobey, stranamente, era solo; gli corsi incontro per salutarli.
- Dov’è Danielle? – chiesi a Tobey accorgendomi solo in quel momento di avere solo amici maschi a Los Angeles da quando Bridget era andata via.
- Ha detto che Kristen ci sta mettendo un po’ di tempo quindi arriveranno tra poco – disse e io sorrisi, meno tempo passavo con Danielle e per il mio umore meglio era - E ha anche detto di iniziare a entrare – questa volta alzò la voce per farsi sentire anche da Danny.
Entrammo tutti e quattro nella sala affollata, la palestra era tutta addobbata da coriandoli colorati e palloncini, era pieno di ragazze e ragazzi che ballavano sfrenatamente, qualcuno appoggiato alla parete amoreggiava con passione con il partner, poi, infondo alla sala, su quella che sembrava una piattaforma c’era il Dj che stava allegramente intrattenendo il “pubblico” con delle pessime canzoni disco.
- Sembra di ritornare a un anno fa – sospirò Leonardo – le ragazze erano più carine – aggiunse facendomi ridere e notai che Daniel sembrava geloso.
Infatti bastò un attimo per sentirlo chiedermi di ballare, io accettai di malavoglia.
Per fortuna la musica non era lenta, e non ci furono momenti particolarmente imbarazzanti tra di noi.
Tobey e Leonardo ballavano l’uno vicino all’altro accanto a noi tenendomi compagnia.
In dieci minuti circa mi arrivò una telefonata da Danielle, che in effetti non sapevo nemmeno avesse il mio numero di cellulare.
- Siamo fuori dalla scuola, venite voi– disse e chiuse immediatamente il telefono.
Io lo riposi in borsa con una faccia già scocciata dal tono di voce della ragazza.
Cercai di riunire Tobey, Leonardo e Daniel dicendogli di andare fuori da loro.
- Io resto dentro – annunciò Danny, non che la cosa mi importasse più di tanto ma gli sorrisi lo stesso per dimostrargli di aver sentito.
Andammo fuori, io con passo frettoloso curiosa di vedere questa “Kristen” che Danielle continuava a nominare tra ieri e oggi.
Usciti dalla scuola finalmente respirammo un po’ di aria fresca, Danielle ci aspettava seduta su una macchina sicuramente non sua, aveva acconciato i suoi soliti ricci scomposti in dei boccoli gonfissimi e il vestito che portava doveva ammettere a malincuore le stava davvero bene.
Notai solo in un secondo momento la biondina dall’aria antipatica che le stava accanto, e sapevo che i pregiudizi non sono mai una cosa positiva ma Kristen al primo impatto sembrava davvero insopportabile.
Aveva i capelli biondo platino portati liscissimi e sciolti, le arrivavano poco sotto la spalla e sembravano non potersi smuovere nemmeno con una folata di vento.
Indosso aveva un terribile abito leopardato che dovetti guardare due volte prima di assaporarne tutto l’orrore, il tessuto sembrava un cotone di pessima qualità, e i colori dell’abito erano ancora peggiori, in ogni caso lei sembrava andarne piuttosto fiera.
I lineamenti erano schiacciati, il naso era schiacciato, la sembrava bocca rifatta nonostante sapevo che fosse naturale e infine la forma della faccia incredibilmente larga che stonava con i piccoli lineamenti della ragazza.
- Lei è Kristen – sospirò Danielle presentandola a tutti noi mentre scendeva dalla macchina.
Kristen si avvicinò a tutti noi per stringerci la mano, poi arrivò a me.
- Kristen Zang – disse con il sorriso di chi crede di avere il mondo in mano.
- Amanda – mi limitai a dire io, preferivo non sottolineare che ero italiana dicendo anche il mio cognome.
- Piacere – squillò lei allegramente e subito ritornò in tutta fretta da Danielle e io sperai che cadesse da un momento all’altro su quel tacco dodici che non la rendeva sicuramente più slanciata.
Come l’amore, io credevo nell’odio a prima vista, e nonostante la “povera” Kristen non avesse ancora fatto nulla già la detestavo.
Ci trattenemmo ancora un po’ fuori perché Leonardo e Danielle volevano fumare una sigaretta.
In quei dieci minuti, come avevo immaginato dal modo in cui Kristen aveva guardato Leonardo, i due iniziarono a parlare a pochi passi da me.
Io, da brava impicciona quale sono mi ero messa abbastanza vicina da origliare e abbastanza lontana da continuare a farli parlare senza che se accorgessero.
- Posso un tiro? – chiese lei avvicinandosi ammiccante a Leonardo, lui annuì e le passò la sigaretta.
La prese tra i denti cercando di essere affascinante, e dal suo sguardo dedussi che in parte ci era riuscita.
Tobey notando ciò mi si avvicinò facendomi un sorriso che mi risollevò di gran lunga il morale.
Durante lo svolgimento della festa Leonardo e Kristen ballarono tutti il tempo, e il fatto che accanto a me ci fosse Daniel non cambiava il fatto che stessi morendo di gelosia.
Leonardo a volte si voltava verso di facendomi un adorabile cenno di saluto che io restituivo con un sorriso finché non riprese a ballare solo ed esclusivamente con Kristen.
Alla fine decisi che per evitare di continuare a guardarli avrei dovuto pensare solo a Danny, così mi lasciai andare e lo baciai, e finimmo al muro tra una di quelle coppiette dementi che si sbaciucchiavano tutto il tempo.
E nonostante quanto avevo pensato amoreggiare con lui non mi distraeva nemmeno un po’ dal pensiero che Leonardo potesse avere una nuova fidanzata.
Soprattutto perché tra poco me ne sarei andata e non avrei più potuto in alcun modo gestire la situazione, e tutto ciò mi metteva un’incredibile angoscia.
 
*
 
Tutti i drink che avevo bevuto mi avevano fatto ormai perdere la cognizione del tempo, potevo solo dedurre che fossero passate un po’ di ore dal mio livello di stanchezza e dalla gente che iniziava ad andare fuori a vomitare.
Daniel mi stava attaccato tutto il tempo, ormai era convinto erroneamente che fossimo una specie di coppia, così mi si avvicinava prendendomi le mani e baciandomi il collo, e io accanto a lui mi sentivo soffocare.
Ringraziai che non l’avrei più rivisto per un po’ di tempo e questo avrebbe determinato probabilmente che quando ci saremmo rivisti lui avrebbe già avuto una nuova fidanzata.
Quando la mia mente riprese a ragionare razionalmente notai che, nonostante Leonardo e Kristen non si stessero baciando, stavano ballando il lento che quello stupido del Dj aveva deciso di mettere a fine serata.
La sua mano era poggiata sulla schiena della ragazza in una posizione per i miei gusti fin troppo vicina al sedere di Kristen.
Lei invece aveva direttamente la testa poggiata sulla sua spalla sembrava piuttosto rilassata, lui la guardava sorridente, un sorriso che non gli avevo mai visto fare con nessuna oltre che con me, nemmeno con Bridget, ed era la cosa che sinceramente mi preoccupava di più.
Mi distraé Daniel che mi stava chiedendo se volevo venire a casa sua in quel momento, e io avevo perfettamente capito come sarebbe finita la serata, se ci fossi andata.


ANGOLO AUTRICE:
Rieccomi qua con un nuovo capitolo.
Grazie a tutti coloro che leggono la storia e che sono arrivati fin qui ma soprattutto a chi commenta:


eleonorafoganetti io davvero non so come ringraziarti, adoro il fatto che tu ti fermi a commentare sempre ogni capitolo con consigli e pensieri, mi rende immensamente felice ed è principalmente per le recensioni come questa che continuo la storia, ogni capitolo è dedicato anche a te <3

HBBFDiCaprio_ ancora non ti conosco bene ma sono già superfelice che hai commentato! Sei dolcissima e nulla, sai che mi sono già innamorata della tua storia. Ti aspetto al prossimo capitolo!


Bene, ora passiamo a Kristen, poichè non è (purtroppo) un personaggio di mia invenzione ma invece la detestabile modella senza successo Kristen Zang vi posto qui sotto una foto di lei e Leonardo. La detesto.


Bene, al prossimo capitolo, spero di aggiornare nel week end, che la storia continui a piacervi, accetto pareri negativi e positivi e nulla.

Alla prossima

Love, Gisele

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Capitolo 16
*** Goodbye America ***




Chapter Sixteen
Goodbye America



Mi svegliai ancora confusa, sentivo il sole battere sui miei occhi chiusi.
Tra le lenzuola sentivo un odore che non era quello di casa mia, aprii gli occhi e mi ritrovai in quella che non era sicuramente la mia stanza.
Stavo per alzarmi dal letto con tranquillità quando mi accorsi che non avevo alcun vestito indosso, così restai nel letto.
Mi voltai per accertarmi di ciò che pensavo, Daniel dormiva accanto a me, e mi chiesi come avevo potuto accettare la sera prima.
Mi portai i capelli all’indietro infondo un po’ arrabbiata con me stessa, non era così che avrei voluto finire la serata.
E ora pensavo a Leonardo, non avevo idea di dove fosse, sperai con tutta me stessa che non si trovasse con Kristen in quel momento, del resto la sera precedente sembravano piuttosto intimi.
Decisi di vestirmi e andarmene con più fretta possibile da quella casa, non mi interessava come l’avrebbe presa lui, non avevo intenzione di diventare la sua fidanzata.
Mi rivestii, presi la borsa e uscii a passi veloci dall’appartamento, mancavano tre giorni, e adesso avevo la certezza che io e Leonardo in tre giorni non avremmo concluso niente.
Senza accorgermene ero arrivata al Lavender Moon, del resto la casa di Daniel essendo nei sobborghi non avrebbe dovuto essere molto distante da là.
Entrai nel bar e mi avvicinai al bancone chiedendo un bicchier d’acqua, questi me lo diede poco convinto.
Io andai a sedermi ad un tavolo bevvi e velocemente presi il cellulare per chiamare Tobey.
- Pronto? – disse lui, aveva l’aria piuttosto confusa.
- Ehi sono io – sospirai, mentre giocherellavo con il bicchiere di fronte a me.
Sentii dei passi – E’ urgente? – chiese lui ora sottovoce.
- Supponiamo di si – dissi io – Puoi raggiungermi al Lavender Moon? – chiesi speranzosa in un si.
- Senti sono a casa di Danielle adesso – iniziò lui, io alzai gli occhi al cielo sapendo che non mi poteva vedere, era sempre a casa di Danielle – Non puoi venire e basta? – chiesi io.
- Okay arrivo – disse lui e chiuse.
Non ci mise molto ad arrivare e quando lo vidi entrare dalla porta sorrisi.
Lui mi raggiunse al tavolo e si sedette sembrava piuttosto scombussolato, ma non c’era motivo di chiedergli perché, dato che era più che ovvio.
- Allora, di cosa volevi parlare? – chiese lui mentre si alzava a prendere una birra al bancone e tornava frettolosamente al tavolo.
Io sbuffai – Sono andata a dormire da Daniel ieri sera – non lo vidi particolarmente stupito, anzi, la sua faccia era uguale a prima che glielo dicessi.
Alzò le spalle – E allora? – chiese con tranquillità – Dovresti essere felice –
- Ma che cosa stai dicendo? – chiesi io scocciatamente – A me piace Leonardo, e ora Daniel mi chiamerà tutti i giorni quando partirò – lo vidi sorridere.
Bevve un sorso dalla lattina – Non sei costretta a dirlo a Leonardo – disse lui semplicemente come se quello risolvesse tutto.
- E’ chiaro che non glielo dirò – era più che ovvio – Ma il punto è come mi libero di Danny? –
Lo vidi mordersi il labbro incerto – Non rispondere alle sue telefonate – propose, in effetti era più semplice di quanto sembrasse come cosa.
- Piuttosto mi preoccuperei di altro – sospirò ora più nervoso, io lo guardai ora più agitata.
- Kristen? – azzardai e lo vidi annuire.
Sbuffai di nuovo guardando il soffitto scocciata – Lo so – disse lui – Ti assicuro che non sei l’unica che pensa che quella sia una completa deficiente – sorrisi alla sua frase.
- Io non posso fare nulla in ogni caso – gli dissi – Parto tra due giorni e Kristen non la conosco nemmeno – lui bevve ancora un sorso – Piuttosto è colpa di Danielle, non avrei dovuto lasciargliela portare a quello stupido ballo scolastico – mi dannai da sola.
- Senti non è colpa di nessuno, okay? – sospirò lui cercando di calmarmi – Il punto è che mi pare che con lei faccia sul serio –
Io aggrottai la fronte confusa – Si sono conosciuti solamente ieri sera – ribattei e lo vidi scuotere la testa.
- No, si piacciono, e anche non poco – ammise lui sconsolato – E lo so perché ho visto come si guardavano – Tobey mi guardò negli occhi poi lo vidi prendermi una mano dopo avermi visto piuttosto preoccupata – Senti, in qualche modo faremo andare via anche lei – mi disse sottovoce e io annuii – Poi te l’ho detto, non mi arrendo finché voi due non vi metterete insieme – e mi sorrise, io con lui, ma ero decisamente poco convinta della cosa.
 
*
 
Quando tornai a casa l’unica cosa che riuscii a fare fu stendermi sul letto e guardare il soffitto.
Non c’era davvero nulla che potessi fare, e ora dovevo anche partire, non potevo essere messa peggio di così.
Interruppe i miei pensieri il campanello che suonò, andai ad aprire e mi ritrovai Leonardo davanti più sorridente che mai, ma la sua allegria sembrò svanire quando mi trovò in quel pessimo stato.
- Che cos’hai? – chiese lui preoccupato e dopo aver chiuso la porta alle sue spalle mi abbracciò stringendomi per qualche secondo, io lo strinsi a mia volta cercando di non pensare a nulla ma la cosa risultò impossibile.
Leonardo andò a sedersi sul divano e mi invitò a fare lo stesso, quando la raggiunsi senza pensarci appoggiai la testa sulla sua spalla e a lui non sembrò dare fastidio.
- Ieri ho visto che sei andata via con Danny – iniziò con tono calmo – Stai così perché non lo rivedrai per un anno? – mi chiese lui un po’ preoccupato, ma forse anche un po’ geloso.
- Leonardo non mi interessa Daniel, neanche un po’ – risposi e lo vidi più sereno.
- Allora cosa c’è? – chiese lui e sentii la sua mano toccarmi dolcemente i capelli.
Alzai le spalle, non avrei certo voluto dirglielo, e non avevo voglia di parlare di Kristen così mi limitai a restare in silenzio, lui sembrò un po’ dispiaciuto ma non ne fece un grosso problema.
- Stasera facciamo qualcosa di carino? – chiesi io, sapevo che una bella serata avrebbe potuto farmi sentire meglio – Andiamo in un posto diverso dal solito – proposi e quando alzai la testa per guardarlo lo vidi illuminato da un’idea.
- C’era un party a cui mi avevano invitato, un locale privato, diciamo che l’ha organizzato Johnny Depp – io risi anche un po’ stranita dal fatto che non avrei mai pensato di andare a un festa dove c’era anche Johnny Depp.
- Andiamoci, io, te e Tobey – dissi, avevo specificato per non ritrovarmi Kristen o Danielle tra i piedi, e a dir la verità anche Danny.
- Serata da single dici? – chiese lui che sembrava divertito all’idea.
Io annuii – Qualcosa di non troppo impegnativo –
Era quello di cui avevo assolutamente bisogno, una serata di svago, solo noi tre, niente fidanzati o fidanzate, niente complicazioni di alcun tipo.
Avremmo potuto divertirci con chiunque senza aver paura di scoperti da nessuno, e l’idea mi piaceva, anche se non era mai stato il mio tipo di serata ideale.
- Per me va bene – chiamo Tobey e glielo dico.
Si alzò dal divano e prese il cellulare dalla tasca digitando velocemente il numero sulla tastiera.
- Io, te e Amanda stasera al party di Johnny Depp, non accetto un no come risposta – sentii qualche lamento di Toby dal telefono ma alla fine il sorriso di Leonardo mi comunicò che aveva accettato.
 
*
 
Andammo a prendere Tobey per poi, con la macchina di Leonardo, arrivare alla festa.
Ci mettemmo un po’, anche perché il party non era, come avevo invece pensato io, in un locale privato, ma invece nella villa di Johnny Depp che durante il viaggio provai ad immaginare ma quando la vidi aveva più le sembianze di un castello rivisitato in chiave moderna che una villa di un multimiliardario.
Prima di entrare nella casa vera e propria bisognava attraversare un “giardino”, che aveva più che altro le dimensioni di un parco.
Appena entrati nella casa ci trovammo di fronte a una massa informe di celebrità che ballavano, la musica era abbastanza alta da permetterti di non sentire assolutamente nulla.
Prima che potessi accorgermene Leonardo e Tobey erano scomparsi tra la folla e io li avevo persi completamente di vista.
Cercai di divertirmi anche io ma finii per sentirmi una stupida così mi ritirai nel bar pensando che se avessi bevuto qualcosa mi sarebbe stato più semplice lasciarmi andare al divertimento come il resto degli invitati.
Il barista era visibilmente intento a subire le gridate di una ragazza di colore che continuava a gesticolare.
- Devi capire che non mi interessa se non hai un fottuto Jean Tonique, vai a comprarlo e me lo porti, per il semplice motivo che sono piena di pillole e non c’è Kate a calmarmi  stasera – lui la guardò spaventato e si avvicinò a me.
- Cosa vuole lei? – mi chiese, la ragazza gli fece il gestaccio e si allontanò dal bancone e voltandosi verso di me potei finalmente vedere il volto della ragazza, i capelli lunghi e nerissimi portati lisci e un corpo folgorante da quanto fosse bello, messo in risalto dall’abito bianco che la copriva ben poco.
- Naomi Campbell? – sospirai io ancora sconvolta, lei mi fissò storta – E’ un onore conoscerti – dissi in stato confusionale.
Inclinò la testa e mi puntò il dito contro, per un momento credetti che volesse picchiarmi ma il sorriso che le comparve sulle labbra mi rassicurò.
- Ti ho già vista? – mi chiese mentre si avvicinava – In ogni caso mi stai simpatica, se ti copro la faccia potresti essere *Kate. Ti va di essere lei per una sera? Sono incredibilmente nervosa e ho bisogno di qualcuno che mi stia di fianco – disse gesticolando con una fretta incredibile, poi mi tirò per un braccio e mi prese la mano.
- Come hai detto che ti chiami? – non mi diede il tempo di rispondere – Non essere timida – disse dandomi una spinta – Sai se c’è una cosa che odio sono le persone timide, e dato che mi stai già simpatica, ed è raro credimi, cerca di non farti odiare – era piuttosto logorroica ma per sua o mia fortuna, dipende dai punti di vista, la cosa mi faceva sorridere, e dopotutto era con Naomi Campbell che stavo parlando.
- Amanda – le dissi, lei senza dire una parola mi trascinò fuori dalla villa per portarmi nel giardino e si sedette ai piedi della piscina togliendosi le scarpe, si portò le mani alla testa e si buttò un po’ d’acqua sulla faccia.
- Oddio, ho un mal di mal di testa terribile, non avrei dovuto prenderne così tante – sospirò a se stessa, sta di fatto che la sentii lo stesso.
Mi fece segno di sedermi accanto a lei, mi tolsi le scarpe e immersi i piedi a mia volta.
- Allora Amanda – disse accentuando il volume della sua voce sul mio nome – Cosa fai nella vita? – mi chiese mentre ondeggiava i piedi nell’acqua.
- La modella, ma non sono un granché – le dissi e mi preoccupai quando vidi che la mia frase l’aveva irritata.
Scosse la testa – Se sei una modella allora dichiara te stessa la modella migliore! – affermò convinta – Ma non finché ci sono io in circolazione – aggiunse.
Sorrisi, sapevo che fosse un tipo strano e piuttosto nervoso, ma non immaginavo così tanto.
Però infondo mi stava simpatica, era completamente diversa da me, vero, ma mi stava ugualmente simpatica.
Sentii dei passi alle nostre spalle, quando mi voltai vidi Leonardo, e Tobey dall’aria ubriaca dietro di lui.
- Ti ho cercata per tutto il tempo – mi disse con aria assonnata – Sono le quattro di notte e tra poco Tobey vomita tutto, a te va bene se andiamo ora? – mi chiese e io annuii.
Naomi con uno scatto si alzò dalla sua posizione andando a presentarsi a Leonardo.
- Non sei quel tipo nominato agli Oscar mai visto prima? – chiese, lui annuì con aria divertita.
- Bel film, avrebbero dovuto darti il premio – gli disse lei.
Poi Naomi si avvicinò a me e mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi – Lei torna a casa con me comunque – annunciò senza avermi mai chiesto nulla, poi mise il suo bracciò attorno al mio collo – Vero? – mi chiese e io sul momento ancora un po’ confusa le dissi di si.
Leonardo mi guardò come dire “Che stai facendo?”, nemmeno io mi aspettavo di finire la serata in quel modo ma alzai le spalle per comunicargli che stavo bene.
 
*
 
Naomi mi portò fino al suo attico sopra ad un grattacielo sulla quale si vedeva tutta Los Angeles.
- A proposito di quel tipo – iniziò, io mi voltai verso di lei che era intenta a prepararsi un cocktail.
- Intendi Leonardo? – la vidi annuire e poi avvicinarsi a me per porgermi la bibita ma io rifiutai.
- Si, intendo lui, vi ho visti alla premiere, e agli Oscar di nuovo, cos’è state insieme? – chiese.
Io sorrisi un po’ rossa dall’imbarazzo – A dire il vero ha già una fidanzata, più o meno – le dissi riferendomi a Kristen.
– Però ti piace – disse e io mi ritrovai ad annuire, la vidi sorridere – Allora qual è il problema? Prenditelo e falla finita – disse come se fosse la cosa più semplice del mondo e io risi.
- Non è così semplice – sospirai, lei mi si avvicinò.
- Non lo è mai – mi guardò negli occhi – Sennò sarebbe troppo noioso – si andò a stendere sul divano e mi fece segno di seguirla.
- Sai cosa? Tu e Kate andreste d’accordo, prima o poi vi faccio conoscere – annunciò soddisfatta.
Non avevo idea di chi stesse parlando ma le dissi di si comunque.
- Il prossimo week end vieni con noi alla festa di Claudia Schiffer – affermò convinta – E’ una ragazza simpatica in fondo – affermò.
- Non posso – le dissi io imbarazzata.
Naomi spalancò gli occhi – Stai rifiutando davvero un invito alla festa di Claudia Schiffer? – chiese con aria più che sconvolta.
- Parto tra due giorni e torno in Italia – le dissi e lei sembrò offesa.
- E per quale motivo? – mi chiese senza capire – L’America è molto meglio – mi disse con orgoglio.
- Lì ci sono i miei genitori e devo tornare a scuola – lei storse la bocca.
- Cosa t’importa della scuola se puoi restare qui? Insomma, diventare famosa, non sei professionale – mi disse.
Io sorrisi – Non ho abbastanza soldi – ammisi un po’ imbarazzata.
- Allora ti lancio io, diventa una modella, fatti aiutare a far l’attrice dal tuo amico attore – propose piena di entusiasmo.
- Farò tutto questo ma tra un anno – le dissi un po’ sconsolata, mi stava mettendo più tristezza di quanta non ne avessi già.
- Allora ti aspetterò – disse lei battendo le mani sulle gambe – Grazie per essere stata Kate per una sera, e ti prometto che un giorno vi faccio incontrare – mi disse sorridendo tutta felice.
 
*
 
Non sapevo esattamente per quale motivo ma all’aeroporto a salutarmi era venuta anche Naomi Campbell, che aveva generato tra la folla un certo isterismo, e un sacco di persone si erano avvicinate a farle qualche domanda.
Erano venuti Leonardo, Tobey con la sua inseparabile Danielle, e anche Irmelin, Danny e qualche altro ragazzo del Lavender Moon che avevo salutato quel pomeriggio.
Abbracciai tutti ringraziandoli di tutto, Tobey mi sussurrò – Ti terrò informata, non mancare troppo e torna appena puoi – io lo strinsi assicurandogli che l’avrei fatto.
Naomi mi disse – Appena torni fai in modo di fartelo – facendomi sorridere e aggiunse che Claudia avrebbe fatto una festa appena fossi tornata.
Irmelin mi ringraziò per aver accompagnato ed essere stata amica di Leonardo.
Danielle, come mi aspettavo, mi salutò e basta, e infine Leonardo.
Lui mi abbracciò senza dire una parola, quando mi guardò negli occhi, potemmo notare entrambi di averli lucidi, lui mi asciugò col dito una lacrima e ci sorridemmo.
- Fatti sentire, okay? – sospirò, e io annuii – Okay -
I nostri volti si avvicinarono ancora, lasciammo che le labbra si sfiorassero immobili per qualche secondo, poi lui mi diede un bacio sulla guancia e quando l’altoparlante richiamò i passeggeri del mio volo mi lasciò andare.
Salutai tutti con un cenno e mi voltai in fretta per non farmi vedere piangere da lui.




*Kate Moss

ANGOLO AUTRICE:

Allora, spero Naomi vi piaccia, sarà piuttosto importante da ora come personaggio, insime a Kate, poichè entrambe sono molto amiche di  Leonardo nella realtà, quindi ho voluto inserirle, Kate apparirà nei prossimi capitoli.
Non so quando aggiornerò ma di sicuro in settimana perchè voglio finire al più presto questa storia, è quasi un anno che la scrivo.
Spero vi stia piacendo e poi niente, mi piacerebbe sentire un vostro parere, negativo o positivo che sia e qui sotto vi lascio le foto dei nuovi personaggi.



Naomi Campbell:
Naomi


Kate Moss con Naomi:


 

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Capitolo 17
*** Melancholia ***




Chapter Seventeen
Melancholia



Ritornare a dover parlare italiano fu strano, era come se quella lingua non mi appartenesse più.
Mi sentivo spezzata, e dal momento in cui l’aereo mi annunciò di essere arrivato in Italia un persistente senso di malinconia si impossessò di me impedendomi di vivere la mia vita qui come l’avevo vissuta fino ai miei sedici anni.
Passavo ogni momento libero a guardare fuori dalla finestra o a fare lunghe conversazioni con loro.
E appena chiudevo il telefono mi ritiravo nel mio letto, un po’ per piangere, un po’ per chiudere gli occhi e far finta di non essere dov’ero.
I miei amici, i miei parenti, o qualunque mio conoscente, era arrivato alla conclusione che fossi irrimediabilmente depressa.
Ed era vero, ero malinconica, nostalgica, annoiata dalla mia esistenza e non facevo che pensare a Leonardo, a Los Angeles, a cosa stesse facendo, dove avrei passeggiando in quel momento se solo fossi stata lì.
L’estate l’avevo passata con i miei genitori, i miei amici, e tutti coloro che avevo lasciato partendo e che mi ero ritrovata stranamente non così felice di rivedere di quanto mi aspettassi.
Le giornate sembravano interminabili e la prima cosa che facevo appena tornata a casa era chiamare Tobey, principalmente per sapere come andava, ma soprattutto cosa succedeva tra Leonardo e Kristen.
- Oggi Leonardo l’ha invitata ad uscire – mi avvisò un pomeriggio Tobey con aria preoccupata.
Tirai un sospiro senza rispondere.
- Amanda? – chiese lui non sentendo la mia voce.
- Sono ancora qui – sussurrai io guardando il monotono soffitto bianco – Direi che per me non potrebbe andare peggio di così – morsi il labbro.
- Mi dispiace – disse lui, ma non era certo colpa sua – Quando puoi venire? – chiese ancora, era carino da parte sua chiederlo.
Alzai le spalle, sebbene sapessi perfettamente che non avrebbe potuto vedermi – Non ne ho idea, è questa la cosa peggiore – dissi.
- Il fatto che sei in depressione galoppante non spinge i tuoi a volerti spedire qui? – quella frase per fortuna mi fece sorridere.
- Oddio Tobey, odio queste cose sdolcinate, ma davvero mi mancate tutti – sospirai toccandomi i capelli.
- Anche tu ci manchi – rispose – Anche a Naomi – disse e io scoppiai a ridere.
- Naomi? – chiesi confusa.
Sentii Tobey ridere dall’alta parte della cornetta – Naomi sta uscendo spesso con noi ultimamente, quando te ne sei andata ci ha costretto, e quando dico costretto intendo seriamente presi con la forza – la sua frase mi fece sorridere – ad andare alla festa di Claudia Schiffer –
Cambiai posizione mettendomi sulla pancia – Si, me ne aveva parlato – dissi ricordandomi nostalgicamente dell’ultima serata passata in America.
- In ogni caso lei e Kate sono davvero simpatiche, certo, Naomi non ha un carattere semplicissimo ma dopo un po’ ti ci abitui – mi disse, non avrei mai immaginato che Leonardo, Tobey, Kate e Naomi potesse uscire insieme, ma infondo erano sempre meglio che Danielle e Kristen.
- Con Danielle? – chiesi curiosa.
- Direi come sempre, nulla di nuovo – mi disse, per un momento avevo sperato si fossero lasciati.
- Tobey, sinceramente, come li vedi Leonardo e Kristen? – chiesi pur sapendo che la sua risposta non mi sarebbe piaciuta.
- Credo che ci sarà da aspettarsi il peggio – mi avvisò – Ultimamente sono sempre insieme, e la cosa ci snerva parecchio – sospiro.
- Ci? – chiesi io senza capire – Chi snerva? –
- Me, Naomi e Kate – spiegò lui e io scoppiai a ridere.
Non credevo che Naomi avesse conosciuto Kristen, e non credevo nemmeno ultimamente fossero tutti così legati.
- Che hai? – chiese lui con tono stranito.
- Nulla, solo non vi immagino tutti insieme – spiegai.
Sentii ridere Tobey dall’altra parte della cornetta – Ora devo andare, ci sentiamo più tardi? – disse.
- Certo – sospirai io per chiudere la chiamata e ritrovarmi stesa sul letto a ricordarmi di essere dov’ero.
 
*
 
I mesi erano passati, molto più lentamente di quanto avessi potuto immaginare ma passavano, ormai era Novembre, a differenza di Los Angeles il freddo si faceva sentire, il cielo era grigio, la mattina il sole non c’era, e i colori dell’estate erano stati sostituiti dalle foglie secche.
Tutto ciò non faceva che peggiorare il mio umore di giornata in giornata.
Non uscivo con nessuno, il pomeriggio lo passavo al telefono, a parlare un po’ con tutti, ero diventata completamente passiva a ogni attività al di fuori della mia camera.
Proprio quando credevo che al peggio non ci fosse fine mi ricordai che ormai mancava poco al nostro compleanno, e solo un anno prima io e Leonardo eravamo insieme in quel momento.
Ero stesa sul letto, come mio solito, il telefono in mano e gli occhi chiusi.
- Cosa hai intenzione di fare quest’anno? – gli chiesi un po’ preoccupata della sua risposta.
Sentii Leonardo sospirare – A dir la verità non ne ho idea – confessò – Credevo potessi venire almeno per un po’ di giorni – disse.
- Non dipende da me – mi giustificai sconfortata, non aveva idea di quanto avrei voluto essere lì con lui.
- Lo so, però è il nostro compleanno, avremmo dovuto fare qualcosa di carino – sussurrò.
Restai in silenzio per un attimo – Quando torno a Natale possiamo stare insieme – gli dissi cercando di trovare un lato positivo, ma senza tanto successo.
- Certo – sospirò lui un po’ deluso, e così si concluse la telefonata.
Non ero andata oltre per il semplice motivo che non avevo alcuna voglia di parlare con lui di Kristen, in fondo avrei voluto sapere cosa era successo tra loro, in ogni caso Tobey mi aveva detto che stavano sempre insieme ultimamente, e ciò non poteva che peggiorare il mio umore.
 
*
                                                                                                                                             
Per mia fortuna l’anniversario del giorno della nostra nascita quell’anno ricadeva su una pacifica Domenica, stranamente più soleggiata del solito, e la cosa avrebbe dovuto farmi piacere in teoria.
Avrebbe anche dovuto farmi piacere la torta che i miei genitori mi fecero trovare quella mattina appena sveglia, e le telefonate premurose degli amici che non frequentavo più, ma in realtà ero irrimediabilmente più malinconica del solito, e la ragione mi era tutt’ora ignota.
I miei genitori, vedendomi triste, insistettero a farmi andare in un cinema, se in compagnia o da sola era una mia scelta, dove quella settimana riproponevano This Boy’s Life in lingua, fortunatamente, originale.
Io, naturalmente, decisi di andarci da sola, alla fine un po’ rallegrata da quell’evento.
Arrivata al cinema comprai qualcosa da mangiare ed entrai pronta a riuscire a rilassarmi per almeno un’oretta e mezza potendo vedere il suo volto attraverso al megaschermo.
Quando arrivai la sala era ormai buia, riuscii per miracolo a trovare il posto, l’unico libero tra l’altro, e a sprofondare comodamente in esso sperando di non essere infastidita da quei casuali vicini che mi avrebbero accompagnato nella visione della pellicola.
Finita la moltitudine di pubblicità, i primi titoli degli attori apparvero l’uno dopo l’altro, e per un attimo immaginai di essere al primo giorno di Los Angeles.
Chi interruppe i miei pensieri non fu nient’altro che il fastidioso vicino dalla parte destra che mi sfiorò il braccio sussurrando – Signorina, faccia meno rumore con le patatine per favore –
Stavo per mandarlo a quel paese quando notai che mi aveva parlato inglese, e quella voce già sentita e pensata miliardi di volte non era altro che quella di…
- Leonardo! – lasciai la mia voce prendere una nota alta e sentendo in risposta gli spettatori innervositi.
Lo fissai incredula, Leonardo mi prese la mano e io in preda all’eccitazione lo trascinai fuori dalla sala ancora impotente di realizzare che fosse lì con me.
Arrivati fuori dal cinema non ci furono parole, ci abbracciammo semplicemente, lo strinsi con fermezza, non avrebbe mai capito quanto il calore del suo corpo mi fosse mancato, cercai di far sparire il rossore di emozione dagli occhi e gli sorrisi più felice.
- Buon Compleanno! – esclamò lui con un magnifico sorriso, io mi morsi il labbro e ricambiai gli auguri.
- Cosa ci fai qui? – chiesi confusa, lui rise un poco.
Alzò le spalle – Io ho pensato che se non potevi venire tu da me allora avrei fatto il contrario – spiegò semplicemente.
Io sospirai ancora col sorriso stampato sulle labbra e mi lasciai andare ad un altro abbraccio.
- Non immagini quanto io sia…- qualcosa o qualcuno ci interruppe sfiorandomi la schiena.
Quando mi voltai mi trovai davanti a una quindicenne insieme ad un paio di amiche.
Le fulminai con lo sguardo, non capendo sinceramente le loro intenzioni.
Loro si bisbigliarono qualcosa in italiano riguardo a quanto lui fosse sexy, e poi lo fissarono con aria trasognata.
- Sei il ragazzo degli Oscar? – chiese quella che ci aveva interrotti con un inglese a dir poco osceno, conquistando il mio completo odio.
- Leonardo DiCaprio? – chiese ancora assicurandosi di non aver sbagliato il nome.
Lui si leccò le labbra visibilmente imbarazzato, poi annuì in modo adorabile e queste soddisfatto tirarono fuori dallo zaino carta e penna e con un gesto della mano gli fecero capire che volevano che firmasse con l’autografo, lui, con un’aria tra l’allegro e il soddisfatto, firmò i fogli con cura.
Stavamo tornando a parlare quando mi accorsi che quelle stupide ragazzine, non ancora soddisfatte ora tenevano in mano il telefono.
- Non è che potresti farci una foto? – mi chiesero in inglese come se fossi la sua assistente personale o qualcosa del genere – Si spinge qui – mi spiegò poi una, credendo che non sapessi nemmeno come usare uno stupido cellulare.
Mi trovai costretta ad annuire, Leonardo mi fece capire con lo sguardo che neanche a lui andavano a genio, ma si mise ugualmente in posa, con un sorriso invidiabile insieme alle tre.
Io scattai e ridiedi un po’ scocciata il cellulare alle ragazzine che ora si allontanavano trotterellanti.
- Spero non succeda troppo spesso – sospirò lui – E che i miei fan siano un po’ meno giovani – disse poi facendomi sorridere.
- Più che altro che non siano tre dementi – aggiunsi e ridemmo insieme.
Girovagammo un po’ insieme, io gli feci vedere Milano, facemmo un po’ di foto, andammo in centro, ridemmo, scherzammo, ed era bello stare solo noi due, senza nessuna Kristen, Bridget, o modella o ragazza di qualsiasi tipo.
Quando si fece più tardi e il cielo iniziò a scurirsi decidemmo di rientrare e io proposi di portarlo a casa mia.
Del resto anche i miei genitori volevano conoscere quel ragazzo di cui gli avevo tanto parlato.
Quando entrammo in casa mia entrambi furono visibilmente colpiti dalla sua bellezza, Leonardo sembrava un po’ agitato, continuava a sorridere cercando di fare buona impressione.
Aiutò mia madre a fare tutto e fece impressione sui miei, poi a cena mangiò più che volentieri gli spaghetti, che sapevo amava, che gli avevamo preparato definendoli:
- I più buoni che io abbia mai assaggiato Signora – si complimentò con mia madre.
Finita la cena ci ritirammo in camera mia stendendoci entrambi nel letto dove fino a quel giorno avevo passato i pomeriggi a chiamarlo.
Dopo aver chiacchierato e riso per un po’ arrivammo a parlare di Kristen, e io gli chiesi di dirmi come stavano le cose tra di loro.
- Io credo che mi piaccia davvero – mi confessò lui lasciandomi dispiaciuta – So che può sembrare come tutte le altre, ma ha qualcosa di speciale – sospirò, e mentre lui guardava il soffitto pensando a lei, io guardavo lui pensando a quanto fossi effettivamente innamorata di Leonardo, e a quanto non avessi un briciolo di coraggio nel confessarglielo, soprattutto in quel momento.
Sentii prendermi la mano da lui ed avvampai un poco al suo leggero tocco.
Si voltò verso di me con un sorriso – Ma tu resti sempre la mia preferita – sospirò da amico, era una dolce dimostrazione di affetto, avrebbe, in teoria, dovuto farmi piacere, ma l’unica cosa che quella frase mi ispirava erano istinti omicidi verso Kristen e la sua stupida amica Danielle senza la quale non saremmo stati a parlare della modella bionda platino in quel momento.
Io sorrisi a Leonardo, cercando di dimostrargli che pensavo la stessa cosa di lui.
- A proposito di te – disse poi cambiando argomento – Intendi venire a Natale vero? – chiese speranzoso.
- Farò di tutto – lo rassicurai – Ma credo di si – lo vidi più sereno – Del resto abbiamo una festa di Claudia Schiffer a cui andare – dissi e ridemmo.
- Parli di Naomi? – chiese divertito.
Io annuii – Si – sospirai con ancora un sorriso sulle labbra.
- La adoro – disse lui – E’ totalmente pazza – aggiunse ridendo e io con lui ripensando alla ragazza.
- E Kate com’è? – chiesi curiosa, quella ragazza era l’unica cosa che mi tratteneva dall’odiare l’intera razza delle modelle bionde, sapendo di essere compresa anche io nell’insieme.
- E’ un po’ solitaria, strana, però alla fine è adorabile – spiegò – Alla fine vi assomigliate, potreste diventare davvero amiche – disse, e io sperai fosse così, dopo che Bridget era volata a New York non avevo più una ragazza come amica.
- Lo dice anche Naomi – dissi, mi voltai a guardare l’orario e notai che eravamo rimasti a parlare fino all’una di notte – Senti, ma tu dove dormi? – chiesi preoccupata.
- Ho preso un Hotel qui vicino – mi rassicurò, ma aveva l’aria stanca.
- Puoi restare qui se vuoi – proposi io senza particolari idee in testa e speranzosa in un si.
Lo vidi annuire convinto, e alla fine dormì sul divano.
Purtroppo solo la mattina dopo tornò a Los Angeles lasciandomi di nuovo sola e malinconica.



ANGOLO AUTRICE:
Rieccomi, il capitolo è si corto ma mi serviva assolutamente da intermezzo, il prossimo sarà più dinamico, lo prometto.
Bene, in ogni caso spero la storia vi continui a piacere, mi renderebbe felice se lasciaste una piccola recensione su cosa ne pensate e poi nulla, prossimo capitolo al più breve possibile.

Gisele

 

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Capitolo 18
*** Together ***




Chapter Eighteen
Together
 
 
 

Appena vidi Leonardo gli corsi incontro saltandogli in braccio con foga, lasciando le valigie per terra, ridemmo insieme e poi mi lasciò andare.
Al suo fianco Tobey mi corse incontro abbracciandomi fermamente.
Appena ci infilammo in macchina iniziarono con le domande – Allora, quanto resti? – chiese Tobey impaziente.
- Tre settimane – gli comunicai io esaltata, finalmente ero tornata in America.
- Festeggi il nuovo anno con noi allora? – chiese Leonardo, non potevo credere che già un anno fosse passato, ricordavo come fosse ieri quando lui e Bridget stavano insieme e io ero un’americana a tempo pieno, era davvero cambiato tutto.
- Certo – risposi io un po’ distratta, Tobey si voltò assicurandosi con uno sguardo gentile che fosse tutto a posto, e io gli sorrisi confermando che fosse tutto a posto.
Solo pochi minuti dopo ci ritrovavamo tutti e tre a casa di Leonardo, dove, lui mi disse, sarebbero a breve arrivati Naomi, Kate, Danielle e Kristen, del resto Tobey mi aveva detto che uscivano sempre insieme in quell’ultimo periodo.
Io ero sul divano, sfregavo le mani sulle ginocchia un po’ nervosa all’idea di vedere lui e Kristen insieme, Tobey mi aveva fatto sinceramente preoccupare con le telefonate che ci eravamo fatti recentemente.
Quando suonò il campanello il mio cuore per un attimo sobbalzò, Leonardo si alzò ad aprire e Tobey si mise accanto a me stringendomi la mano – Non ti preoccupare – mi sussurrò per poi alzarsi e andare a salutare, io feci la stessa cosa.
Appena mi vide Naomi mi saltò addosso con eccitazione – Ciao! – esclamò con una voce piuttosto alta, mi prese le mani e mi guardò dalla testa ai piedi con un sorriso che concedeva raramente e che io ricambiai felice.
Quella ragazza aveva il dono di metterti di buon umore senza che ci fosse un motivo particolare.
Puntai gli occhi su Leonardo, Kristen lo stava salutando abbracciandolo e lasciandogli un bacio sulla guancia, cosa che mi fece diventare rossa dalla gelosia, e anche dalla rabbia.
Naomi se ne accorse e mi fece distrarre dicendo – Ti presento Kate! – con allegria.
Mi portò davanti alla ragazza incredibilmente bella che mi sorrideva timidamente, era poco più bassa di me e di una bellezza disarmante.
Mi strinse la mano sussurrando – Piacere Kate – io le sorrisi presentandomi a mia volta.
Guardai Danielle che mi aveva decisamente ignorata e che ora era impegnata a soffocare Tobey con i suoi baci violenti, io la guardai disgustata e quando mi voltai mi ritrovai Kristen davanti.
Lei mi salutò con un cenno della mano e un sorriso forzato quanto fastidioso sulle labbra pompate.
Aveva scurito i capelli lasciandoli lisci come spaghetti e apparentemente immobili a ogni movimento.
Mi prese la mano per portarmi fuori sul balcone, io la guardai incerta e anche un po’ spaventata, cosa voleva da me?
Arrivate iniziò a guardare giù dal grattacielo verso le macchine.
- Senti, volevo solo avvisarti, se tu non lo sapessi, che io e Leonardo ci stiamo frequentando – sospirò con aria orgogliosa per dimostrarmi chissà cosa.
Io serrai i pugni per evitare di buttarla a momenti giù dal balcone, Kristen mi sorrise ancora, e mi chiesi come poteva minimante riuscire ad apparire sopportabile.
- Lo so – dissi io, ricambiando il suo sorriso, lei serrò un poco le labbra e si avvicinò a me.
- Allora te lo dico subito, lui mi parla sempre di te, dice che siete amici e cose varie, ti avviso da subito che mi piace, quindi non farti strane idee – mi avvisò con aria da superiore, benchè fosse più bassa di me.
Io aggrottai la fronte – Okay – sospirai ancora confusa dalla conversazione appena avvenuta e decisi di abbandonare quella ragazza e ritirarmi nel salone.
Lì vidi Tobey raggiungermi per avvisarmi che stavamo uscendo, quando mi voltai verso Leonardo vidi Kristen prendergli la mano con sguardo ammiccante, io le rifilai un’occhiataccia che per fortuna o sfortuna non notò.
 
*
 
Il locale dove eravamo andati era incredibilmente caldo e soffocante, completamente al chiuso e non dotato di finestre o qualsiasi cosa desse la possibilità di respirare.
Naomi mi aveva convinta, non mi ricordavo in quale modo a non andarmene, e ora io, lei e Kate vagavamo ridendo per la sala interminabile.
All’improvviso perdemmo di vista Naomi e poiché entrambe presumevamo si fosse messa a litigare con qualcuno la lasciammo perdere.
Io e Kate decidemmo di concederci una pausa ai divanetti, all’inizio non sapevamo cosa dire, anche perché lei era Kate Moss e ci eravamo conosciute solo qualche ora prima, in ogni caso iniziò lei.
- Come vi siete conosciuti? – iniziò la conversazione togliendomi dall’imbarazzo di farlo io.
Il viso grazioso della ragazza riusciva a farmi sentire a mio agio – Io e Naomi prima che partissi, a una festa credo – dissi con le idee un po’ confuse.
Lei abbozzò una risata – Intendevo tu e gli altri –
- Beh io e Leonardo in un cinema, Tobey in uno stadio, Danielle mi è capitata fra i piedi un paio di volte e Kristen non la conosco – spiegai.
Lei sorrise – Tu e Leonardo siete molto amici? – chiese, e io mi ritrovai a chiedermi come mai ogni conversazione che avveniva in America con qualcuno, bene o male, finivamo a parlare di lui.
Io strinsi le spalle sorridendo un poco al suo pensiero – Abbastanza – sospirai.
- Sai all’inizio da come mi parlava di te sembrava che foste fidanzati – disse sorridendo e con aria divertita.
Io scossi la testa con decisione – No – disse e ripetei la parola un po’ di volte, giusto per farla entrare meglio anche nella mia testa.
Lei si morse il labbro – E’ per via della ragazza bionda? – chiese, probabilmente non aveva ancora memorizzato il nome di quell’inutile essere che era Kristen.
- Già – dissi io storcendo il naso, come mi capitava sempre parlando di lei – Kristen -
La vidi ridere – E’ abbastanza insopportabile – disse lei e ci ritrovammo a ridere insieme d’accordo sulla stessa cosa.
- Comunque continuo a non capire uno come lui cosa ci faccia con una come lei – mi disse lei rigirandosi il braccialetto d’argento che aveva sul polso magro.
Io aggrottai la fronte – Uno come lui? – chiesi senza capire.
Lei annuì graziosamente – Quel tipo di ragazzo che non è superficiale – spiegò.
Io mi leccai le labbra – Vuole solo una modella bionda credo, non si devono sposare tanto – dissi tranquillizzata dalle mie stesse parole.
- Anche tu sei una modella – disse lei facendomelo notare, me l’ero dimenticato effettivamente.
Poi prese una ciocca dei miei capelli – E sei bionda – disse con un sorriso che ricambiai.
Strinsi le spalle – Gli serve solo una che non chieda nulla di troppo serio forse – lei sembrò poco convinta della mia risposta.
- Dovresti comunque provare a vedere se gli piaci – disse lei ma io solo al pensiero iniziavo a tremare e diventavo rossa.
Scossi prontamente la testa – Sarebbe successo qualcosa – dissi – Comunque sarebbe brutto rovinare la nostra amicizia – aggiunsi mentendo spudoratamente e lei se ne accorse.
Rise un poco – Voi non siete amici, tu Tobey siete amici – disse – Si capisce da come vi guardate –
- E io e Leonardo come ci guardiamo? – chiesi imbarazzata.
Lei sorrise di tenerezza e alzò le spalle – Non so – sospirò – Ma non da amici – e si voltò verso di me.
 
*
 
La mattina dopo ero a casa di Leonardo, a fare colazione insieme a Tobey.
Mi sentivo di nuovo a casa insieme a loro e quell’odore di uova strapazzate e pane tostato la mattina presto.
Io, Tobey e Leonardo passammo la mattinata a casa, ancora troppo stanchi per uscire dalla sera prima ma abbastanza per girovagare per l’appartamento scherzando e mangiando di tutto, anche perché Irmelin non c’era.
Durante il pomeriggio Kate e Naomi mi avevano invitato a uscire insieme a loro per Los Angeles, io avevo accettato, anche perché non avevo effettivamente nulla da fare.
Appena passate a prendermi arrivammo in un bar piuttosto piccolo e poco illuminato con delle graziose lampade dal colore rosso appese al soffitto che riuscivano a farti sentire nel cuore della notte benchè fuori ci fosse il sole.
Ci sedemmo su dei divanetti davanti alla quale di fronte c’erano alcuni tavolini in legno, non che mi fidassi poco di Naomi ma il locale piuttosto buio iniziava a farmi paura.
Alla fine mi presentarono un ragazzo che, dicevano, sarebbe stato con noi alla festa di Capodanno.
Era molto alto, non esattamente bello, capelli biondicci e occhi distanti ma un’aria simpatica.
- Lukas – si presentò a me con una stretta di mano per poi sedersi accanto a Kate.
- Tu devi essere l’amica di Tobey e Leonardo – disse con un sorriso, non credevo si conoscessero.
- Si, Amanda – confermai io annuendo, notai un ragazzo portarci quattro birre che prontamente tutti prendemmo con gusto.
Lo vidi ridere – Si mi hanno parlato di te – sospirò con aria divertita – Soprattutto Leonardo – con quella frase poggiai goffamente la birra sul tavolo e lo guardai arrossita.
- Si? – chiesi tra il curioso e l’imbarazzato.
Lui annuì ridendo un poco – Mi hanno detto un sacco di cose – io leccai le labbra imbarazzata, non credevo che fossi argomento di conversazione di Leonardo.
Alla fine passammo il resto del pomeriggio con Lukas che si rivelò essere molto simpatico.
Quando lui se ne andò Naomi e Kate mi riaccompagnarono a casa di Leonardo dicendomi di essere state contente che fossi andata con loro.
Salii l’ascensore ancora sovrappensiero, arrivata davanti alla porta presi le chiavi dalla tasca fastidiata dai rumori che probabilmente i vicini stavano facendo.
Girai la chiave e quando entrai trovai vestiti sparsi ovunque nel salotto, compresi abiti da donna, delle insistenti urla dalla camera da letto e non fu difficile intuire cosa stava succedendo.
- Sono tornata – dissi io cercando di fermare quell’odioso rumore e sperando con tutto il cuore che chi si stava dando da fare fossero Danielle e Tobey.
Il mio cuore si fece pesante quando vidi Leonardo in boxer venire verso di me con aria imbarazzata.
- Ci hai sentiti? – chiese, il volto arrossito.
Io alzai le sopracciglia – Era difficile non sentirvi – ironizzai ma a dir la verità non c’era nulla di divertente in ciò che era appena successo.
Lui sorrise poco a suo agio, ma ciò che non sopportai maggiormente fu la vista di Kristen con la sua maglietta dei Lakers indosso.
Si avvicinò a me fingendosi imbarazzata, ma in realtà un lieve sorrisetto si celava di fianco al finto viso smarrito.
Si avvicinò a Leonardo dandogli un bacio sul collo che lui, purtroppo, sembrò apprezzare.
- Ci dispiace di averti imbarazzata – sospirò, ovviamente mentendo, stringendo la mano a Leonardo, io strinsi i denti dal nervosismo ma mi trattenni.
Alzai le spalle – Non importa – e invece importava eccome, come aveva potuto portarsi una del genere a letto, non riusciva a capire quanto Kristen fosse falsa?
Lo sguardo di Leonardo quando si rivolgeva a lei era evidentemente felice, e forse anche innamorato.
I due tornarono nella camera da letto dopo aver raccolto i vestiti da terra e ne tornarono rivestiti.
- Vado a preparare qualcosa – disse Leonardo allontanandosi nella cucina.
Kristen mi fissò con odio – Che hai da guardare? – mi chiese allontanandosi sul divano.
Stese le gambe sul tavolino sfilandosi i tacchi vertiginosi e accese con un gesto veloce la televisione.
- Ora che hai capito come stanno le cose, ti consiglio di smetterla di provarci con lui – mi disse freddamente, io dapprima morsi il labbro imbarazzata, poi la guardai rabbiosa.
Sbuffai un poco - Noi due siamo amici – le ricordai – Che è molto meglio che essere fidanzati – sospirai sperando con questa frase di averla fatta tacere finalmente.
Lei alzò gli occhi con fare annoiato – Pensa come vuoi – disse, vidi Leonardo arrivarci da dietro con i panini e uno sguardo allegro, purtroppo rivolto a lei.



ANGOLO AUTRICE:
Questa volta ho aggiornato più tardi del solito e mi scuso, il prossimo capitolo cercherò di essere più veloce, lo prometto.
Grazie a eleonorafoganetti di trovare sempre il tempo per una recensione <3 Sai che per me è importante.
Okay, ho introdotto (di nuovo) un nuovo personaggio, che è davvero un amico di Leonardo, Lukas Haas.


Nella foto sotto partendo da sinistra Lukas, Leonardo, Kevin Connolly (che introdurrò nel prossimo capitolo) e Tobey.

Lukas, Leonardo e un loro amico.


 

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Capitolo 19
*** Love Sucks ***




Chapter Nineteen
Love Sucks
 
 
 
Quando uscii dall’appartamento rossa di rabbia chiudendomi la porta alle spalle mi scontrai davanti a Tobey che, vedendomi in quello stato, dapprima scoppiò a ridere di gusto, ma quando vide la mia espressione non cambiare si schiarì la voce con imbarazzo e tentò di sembrare serio.
- Cos’è successo? – chiese con calma, mi ritrovai a serrare i pugni.
Tirai un lungo sospiro trattenendo la rabbia – Cosa è successo? – ripetei sconvolta – E’ successo che quella bastarda di Kristen ha osato…-
Notai Tobey visibilmente sorpreso dal mio tono, mi afferrò la mano allontanandomi dalla porta di casa e mi fece segno di abbassare la voce – Ehi – disse in tono amichevole battendomi piano la mano sulla testa – Dovresti stare più calma – strinse le spalle – Stasera è l’ultimo dell’anno, vedrai che ci divertiremo – poi mi congedò e io mi ritirai nell’ascensore potendo ammirare nello specchio la bellezza del mio volto furioso.
Uscita dal palazzo mi arrivò una chiamata, io risposi con un gesto nervoso senza vedere chi fosse.
- Pronto? – chiesi scocciatamente.
- Che ti è successo tesoro? – la voce disse l’ultima parola con ironia, era Naomi, evidentemente divertita dal mio tono.
La sua voce mi fece sorridere – Se riesci ad arrivare davanti a casa di Leonardo in dieci minuti te lo spiego – dissi io, lei mi disse di si e io chiusi la chiamata.
 
*
 
Naomi venne verso di me con il suo passo veloce, aiutata dalla lunghezza disarmante delle sue gambe.
- Allora? – chiese – Spero sia abbastanza divertente, ho mollato Kate e gli altri idioti solo per venire da te – disse con un sorriso dopo essersi comodamente appoggiata al muro.
Io sbuffai di nuovo e il mio gesto la fece sorridere.
- E’ Kristen – sbottai io e lei scoppiò a ridere – Li ho beccati insieme dopo che avevano…- mi bloccai nella frase, non mi andava di dirlo.
Naomi rise ancora – E cosa credevi facessero mentre tu eri in Italia? Le passeggiate per mano? - non che non le dessi ragione, ma avevo preferito non crederci finché non avessi costatato di persona.
Io strinsi le spalle – Ci speravo – dissi ora più sconsolata lei mi abbracciò per qualche secondo.
- Un pugno risolverebbe la cosa? – mi chiese come se fosse la cosa più normale del mondo, io scoppiai a ridere.
- Faccio sul serio – disse ancora sempre più convinta – Qualche giorno con l’occhio nero e vedrai che capirà – io scossi la testa.
- La odio, ma non lo farei mai – le dissi.
Lei mi sorrise – Non devi farlo tu – mi disse con naturalezza – Se vuoi fare la parte della ragazza santa lo faccio io, non sarebbe la prima volta – spiegò e ridemmo entrambe.
- No Naomi, se lui con lei è felice, allora…- non mi fu permesso finire la frase che la ragazza mi fermò non convinta.
Scosse la testa – Non puoi arrenderti così – disse – Voi due dovete stare insieme, lo pensiamo io e Tobey, e anche Kate ha una sua idea in proposito, non possiamo permettere che una spuntata dal nulla riesca a superarti in questo modo, capito? – disse con l’aria decisa.
Io annuii, ma non credevo alle sue parole, in realtà non sapevo più nemmeno io a cosa credere, l’unica cosa di cui ero certo era che quella sera avrei dovuto dimenticare tutto e rilassarmi, magari con un ragazzo che non si chiamasse Leonardo.
Naomi sembrava saperlo senza che glielo avessi detto, così mi portò fino allo stesso bar in cui eravamo precedentemente andate con Kate.
Lì trovai di nuovo Lukas, e insieme a lui altri due ragazzi, Kevin, che diceva di conoscere anche lui Leonardo e Tobey, e un certo Dean Sullivan, musicista a quanto pareva.
Rimaneva il fatto che Dean aveva un suo fascino, certamente nulla di paragonabile a Leonardo, anche perché erano talmente diversi da non poter essere confrontati.
Dean aveva i capelli neri, o perlomeno di un castano molto scuro, gli occhi altrettanto marroni e una faccia da quarterback del liceo statale.
Secondo Naomi avrei dovuto tenermelo buono per quella sera, ma io non ero sicura di riuscire a concludere qualcosa con un ragazzo il giorno stesso in cui l’avevo conosciuto.
In ogni caso Dean aveva deciso di lanciarmi fastidiose occhiate, che, probabilmente, secondo lui erano alquanto sexy, io non le vedevo altrettanto affascinanti.
Stavamo chiacchierando tutti animatamente, tranne me, che ero a pensare, come mio solito, alla stessa persona.
- Ti va di andarci a fumare qualcosa? – mi chiese avvicinandomisi, io aggrottai la fronte.
- Io non fumo – gli dissi, e lui sembrò dapprima arrendersi, stava per ignorarmi di nuovo quando decise che non si sarebbe arreso.
- Insomma ci vieni fuori con me o no? – sospirò, non credeva davvero che mi sarei convinta con quelle parole che si possono dire a chiunque, ma non avevo voglia di ribattere e fare, come al solito, la ragazza che non fa mai nulla.
- Okay – acconsentii cercando di risultare più annoiata possibile, un falso sorriso spuntò sulle labbra del ragazzo che con una mossa veloce scattò in piedi e mi accompagnò fuori.
Prese dalla tasca un pacchetto con del tabacco, dentro al quale non c’era solo tabacco con ogni probabilità, e, mentre lo guardavo con attenzione, lui si faceva con la massima cura una sigaretta arrotolando per bene la cartina e inserendo con cura il filtro.
Si rigirò tra le mani il capolavoro e mi guardò con fare fiero – Sono bravo no? – disse in tono scherzoso, ma io non sorrisi, non erano certo questo tipo di cose che mi facevano ridere.
Così alzai le sopracciglia e annuii dicendo piano – Si –
Lui non sembrò soddisfatto della mia reazione, si infilò la sigaretta tra le labbra e la accese, dopo aver fatto un tiro mi si avvicinò – Sei di poche parole tu eh? – chiese come se fosse quasi offeso del mio silenzio.
Strinsi le spalle – Non so di che parlare – gli risposi, il che era una risposta sensata, per un’asociale come me ovviamente.
Lui sorrise – Okay allora…- guardò in alto, probabilmente pensando a qualcosa da dirmi, poi mi riguardò – Tu conosci Leonardo vero? – mi chiese infilandosi di nuovo la sigaretta in bocca e io alzai gli occhi al cielo.
- Possibile che si debba parlare sempre di lui con voi americani? – sospirai scocciatamente, avevo sperato che almeno con quello sconosciuto avrei evitato l’argomento Leonardo per almeno una volta, non era proprio giornata per parlare di lui.
Lui si sfilò la sigaretta e alzò le braccia in segno di innocenza con fare divertito – Scusa – ripeté più volte guardandomi con un sorriso sornione sul volto – Te l’ho detto perché mi hanno detto che voi due siete molto amici – sospirai nervosa.
- Già – sospirai scocciata – Siamo amici – dissi scandendo con odio le parole.
Lui sorrise ancora, e io non ne capii il motivo, forse voleva solo essere ammiccante, forse stava pensando a un modo per scappare via da una persona noiosa come me in quel momento, ipotesi decisamente più probabile della prima, in ogni caso mi dava fastidio.
- Perché stai sorridendo? – gli chiesi incrociando le braccia.
Alzò le spalle – No niente, mi fai ridere – sospirò.
Aggrottai la fronte con fare poco amichevole – Non so facendo nulla – gli feci notare, lui non sembrò ugualmente notare l’ultima frase e si avvicinò ancora di più.
- Stasera vieni con Kate e Naomi al Liquid Kitty? – mi chiese.
Lo fissai poco convinta – Cosa sarebbe il Liquid Kitty? – ripetei senza capire, sapevo che era un locale privato ma non capivo perché una discoteca per vip avrebbe dovuto avere un nome del genere.
- E’ un locale – spiegò lui con calma, pensavo che con tutte queste risposte scocciate prima o poi mi avrebbe mandato a quel paese, e invece no.
- Non ho nient’altro da fare – dissi, ed era vero, anche se la discoteca non era la mia passione almeno avrei fatto qualcosa di diverso che il terzo incomodo in una serata tra Leonardo e Kristen.
Il telefono mi squillò in quell’istante, il numero era sconosciuto, risposi ugualmente, nella peggiore delle ipotesi era un maniaco.
- Si? – dissi aspettando segni di vita dall’interlocutore.
- Amanda sono io, sono dal telefono di Kristen – era Leonardo.
Non avevo voglia di parlare con lui, ma sforzai ugualmente un tono gentile, l’ultima cosa che volevo era litigarci.
- Ehi – sospirai – Perché mi hai chiamato? –
Lo sentii respirare – Ti va di va stasera di fare qualcosa di carino? – mi chiese.
- Chi? – chiesi, avrei accettato senza dubbio se fossimo stati solo io e lui, o magari solo io, lui e Tobey, ma sapevo che ci sarebbe stata anche…
- Kristen, io, te, Tobey e poi non so – cercai di non fargli sentire il sospiro nervoso che mi stava per uscire al nome Kristen.
Ci fu un attimo di silenzio – Allora? – disse impaziente – Vieni? - il suo tono sembrava allegro, come sempre adorabile e non gli si poteva dire di no, ma lo feci lo stesso, perché ero una persona masochista e perché volevo dimostrare a chissà chi che ero una persona indipendente, ovvero una demente.
- No – dissi con tono deciso pentendomene amaramente tre secondi dopo, ma, nella mia mentalità idiota ormai non si poteva tornare indietro.
- Come no? – chiese lui con un tono che sarebbe stato in grado di fare piangere anche un sasso.
- No – dissi ancora con estrema difficoltà nel pronunciare le parole.
Lo sentii sospirare con aria sconsolata – Ho fatto qualcosa? – chiese con tono malinconico.
A sentirlo così non gli si poteva dire nulla – No, ma va – lo rassicurai io mentendo – Ma ho deciso di passare la serata con Naomi e Kate – spiegai poco convinta delle mie stesse parole.
- Ma è Capodanno – disse sconvolto – Avevamo detto che saremmo stati insieme – sembrava decisamente triste.
- Lo so – mormorai imbarazzata – Ho pensato che avresti voluto passare la serata con Kristen, è un momento importante per voi – inventai al momento.
Lo sentii sbuffare – Non è più importante che stare con te – disse nervosamente – Lo sai – aggiunse ma non risposi, la mia faccia era esplosa di un calore improvviso appena gli avevo sentito pronunciare quelle parole, le labbra schiacciate l’una con l’altra per evitare di fare un sorriso più grande della mia faccia - Amanda? – mi chiamò.
Cercai di riprendere un’aria seria – Hai ragione – ammisi, ero davvero stupida.
- Allora, che intendi fare? – mi chiese speranzoso in una risposta migliore della precedente, arricciai le labbra.
- Vengo con te – sussurrai e lo sentii ridere, il che mi fece ridere a mia volta poiché amavo sentirlo felice.
- Bene – sussurrò ora soddisfatto – Ci vediamo stasera alle otto davanti a casa mia, poi decidiamo cosa fare – era incredibile come riuscisse a ottenere sempre ciò che voleva.
- Okay – dissi e ci salutammo.
Appena chiusi il telefono rimettendolo nella borsa Dean si riavvicinò a me.
- Chi era? – mi chiese curioso, sebbene non lo riguardasse affatto la cosa.
Di conseguenza non risposi alla domanda – Non vengo più stasera – lo informai.
Lui sembrò rimanerci male – Perché? – chiese.
- Vado da un’altra parte – dissi in modo vago, magari mi raggiungeva e io non volevo di sicuro.
- Okay – si arrese – Allora quando ci rivediamo Amanda? –
Alzai le spalle – Non ne ho idea – e a dire il vero nemmeno mi interessava più di tanto la cosa.
Annuì con la testa – Chiederò a Naomi – mi informò con un sorriso.
- Va bene – gli dissi, non avevo più voglia di trattenermi – Senti, devo andare – sospirai – Puoi dire a Naomi che ci vediamo domani pomeriggio? – lui fece di si con la testa.
Io lo ringraziai con un sorriso e senza perdere tempo mi incamminai verso casa pensando a come sarebbe andata quella sera.
Sperai con tutto il cuore che Kristen non mi avrebbe di nuovo rovinato una bella serata, pensai a come vestirmi e, se infondo, avevo fatto bene o no a mollare così un esperienza nuova, ma poi pensai anche che Leonardo è pur sempre Leonardo, e che stare con lui era comunque meglio di qualsiasi altra proposta.
 

 




ANGOLO AUTRICE:
Mi scuso subito per il gran ritardo, ma sono stata più che impegnata, e lo sarò ancora, in ogni caso rieccomi, spero il capitolo vi sia piaciuto, ho introdotto altri due personaggi: Dean e Kevin.
Dean sarà piuttosto importante, in ogni caso, scusate se in questo capitolo non è successo molto ma volevo assolutamente aggiornare, il prossimo sarà molto più dinamico.
Se vi va aggiornate e grazie a eleonora per la sua scorsa recensione.

Gisele <3

 

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Capitolo 20
*** Charm and Beauty ***



Chapter Twenty
Charm and Beauty



- Allora Amanda? – mi chiese Kate, ero distratta, stavo pensando a un modo per sabotare l’abito che Kristen avrebbe indossato quella sera.
- Cosa? – mormorai ancora sovrappensiero, vidi Kate e Naomi sorridere.
Stavano provando qualche vestito, io ero sul letto di Naomi e a dir la verità non sapevo nemmeno perché ero lì, forse perché altre amiche femmine non ne avevo, quindi era sempre meglio che stare da sola a casa.
- Che ti metti? – mi chiese Naomi mentre si rimirava nella specchio con uno sguardo più che soddisfatto di se stessa, come biasimarla, era a dir poco stupenda.
L’abito argentato le metteva in risalto la pelle che sembrava, da quanto era luminosa, fosse stata in qualche modo lucidata, eppure era naturale.
Girò ancora un paio di volte su se stessa prima di affermare convinta a pieno – Questo mi sta davvero bene – non c’era da stupirsi che si fosse fatta un complimento da sola, lo faceva sempre, e ne aveva la possibilità.
Kate si stava sistemando il trucco agli occhi, l’unica a non aver ancora concluso nulla ero io, e Naomi lo notò all’istante.
- Allora tesoro? – mi disse con la sua solita voce decisa.
Io scrollai le spalle – Non so – sospirai – Non so che mettermi –
Lei alzò le sopracciglia e con una mano mi tirò in piedi e iniziò a girarmi intorno osservandomi.
- I capelli vanno bene – disse – puoi anche non truccarti – aggiunse con mio grande sollievo, poi sparì nel suo enorme guardaroba facendomi cenno di seguirla.
Vagò con dito indagatore sui vestiti e quando pensavo che non avrebbe più finito ne tirò fuori uno con una faccia soddisfatta.
- Se ti metti questo sono sicura che quella deficiente apparirà ancora più brutta del solito – mi disse e io risi.
- Davvero? – le chiesi speranzosa, se agli occhi di tutte noi Kristen appariva come un mostro per Leonardo rimaneva sempre bellissima, e iniziavo a chiedermi se non avesse problemi di vista.
- Si! – esclamò lei – Ti arriva a metà schiena quella ragazza – mi porse l’abito che io osservai poco convinta, era molto corto, senza contare il fatto che lei fosse più alta di me.
- Sicura mi vada? – chiesi incerta, lei mi spinse dentro il guardaroba intimandomi di cambiarmi senza ripensamenti improvvisi.
Quando uscii decisi che non mi sarei guardata allo specchio, Kate propose di darmi una pettinata ai capelli cui poi ridiede un aspetto improvvisato come faceva sempre con i suoi.
Poi Naomi si rifiutò di farmi portare le All Stars e mi rifilò un paio di scarpe, per fortuna, poco alte che effettivamente stavano bene col vestito.
- Sei sicura di voler andare con loro? – mi chiese Kate in tono comprensivo, sapeva che avrei passato la serata senza un ragazzo.
Io annuii, si avvicinò Naomi – Peccato – disse – Dean ci ha implorato di convincerti a venire con noi – io mi lasciai sfuggire un sorriso nervoso.
- Dove hai detto che andate? – mi chiese infine.
Ci pensai su un attimo – Overlight, credo -
L’idea di passare l’ultimo e primo dell’anno insieme a Kristen era probabilmente la soluzione peggiore, perlomeno c’erano Leonardo e Tobey, avevo pensato, quanto avrei voluto che ci fosse ancora Bridget al posto di Kristen, almeno lei era più simpatica, e certamente più carina, ma soprattutto meno volgare e presuntuosa.
Il campanello interruppe i miei pensieri, feci appena in tempo a vedere l’orario che Naomi si era precipitata giù ad aprire.
- E’ Tobey – la sentii urlare dal piano di sotto, Kate mi fece segno di scendere.
Il moro mi aspettava tutto sorridente sistemandosi la camicia, salutai con un bacio Naomi e Kate che mi augurarono una buona serata e io altrettanto.
Tobey mi porse il suo braccio scherzosamente con fare da gentiluomo e io lo accettai subito.
- Ti sei messa carina stasera – osservò guardandomi.
Alzai le spalle con la mia solita grande autostima – Una cosa che mi ha dato Naomi – mi guardai le scarpe – Mi va anche fin troppo corto –
Sentii Tobey ridere così lo spinsi – E’ vero! – esclamai abbassandomi la fine dell’abito – Dovrò stare a tirarmelo giù tutta la sera –
- Oppure no – suggerì lui, lo guardai spalancando le sopracciglia e poi scoppiammo a ridere.
Entrammo nell’ascensore – Ti prego dimmi che non c’è Danny – pregai, l’ultima cosa che volevo era passare un’altra serata imbarazzante con quel ragazzo.
Lui scosse la testa – Per tua fortuna no – tirai un sospiro di sollievo – Si è trovato una ragazza canadese e ora è fissato con lei – mi disse.
- Si, lui ha quest’abitudine di fissarsi con le persone – osservai ricordandolo, era una delle persone più appiccicose avessi mai incontrato.
Tobey scrollò le spalle – Gli piacevi – disse semplicemente, io storsi la bocca – Per fortuna hai messo il verbo al passato – osservai con un sorriso.
Uscimmo all’aria fresca dove una macchina malmessa mi aspettava – E gli altri? – chiesi vedendola vuota.
Tobey entrò nel sedile del guidatore – Ci stanno aspettando – mi disse.
 
*
 
Durante il tragitto non feci altro che tirarmi giù l’abito che al minimo movimento si alzava.
Sbuffai e sentii Tobey ridere divertito dai miei movimenti – Non ti preoccupare – mi rassicurò, non mi fidavo più di tanto – Una volta tanto che sembri una ragazza –
- Ah grazie Tobey – sospirai incrociando le braccia – Davvero – lui scoppiò a ridere.
Si voltò verso di me – Lo sai che scherzo – disse – Però sai anche che non ti sforzi mai di sembrare sexy –
Io scossi la testa alzando gli occhi – Tanto che differenza fa? Stasera passerò una magnifica serata da single – gli feci notare con aria annoiata.
- Magari incontri qualcuno lì – disse lui più ottimista del solito.
Io scossi la testa – So già che non mi allontanerò da voi quattro per tutta la notte – affermai, potevo già immaginarmi la scena, Kristen e Leonardo e Danielle e Tobey che si baciavano appassionatamente, e poi io, appoggiata al muro a bere qualcosa di non alcolico fissandoli come una stupida.
- Credi che se fossi un po’ più femminile…- mi interruppi ma Tobey sembrò capire il seguito della frase – Piaceresti a Leonardo dici? – chiese e io annuii.
Scrollò le spalle incerto – Non lo so – confessò – Sai che non capisco i suoi gusti in fatto di ragazze – vidi la sua faccia storcersi a quelle parole – Insomma, Bridget era carina – io annuii d’accordo con lui – Ma Kristen…- si interruppe arricciando il naso – Sembra che le sia arrivato un pullman addosso da quanto il suo naso è schiacciato – scoppiammo a ridere.
- Per non parlare della larghezza della sua faccia – aggiunsi io ma dovemmo subito interromperci perché, per fortuna ad alcuni metri di distanza, davanti a noi Leonardo, Kristen e Danielle ci guardavano.
Leonardo, come suo solito, sorrideva in modo adorabile, le due ragazze invece non facevano che squadrarmi dall’alto in basso.
Scesi dalla macchina e salutai Leonardo con un abbraccio e le due idiote con un cenno della mano poco convinto alla quale loro risposero con un simpatico sorriso stizzito.
- Ciao Amanda – disse Kristen e si mise a ridere con Danielle, mi stava prendendo in giro o cosa?
- Ciao Kristen – dissi imitando il suo tono e facendole il sorriso più falso che mi riusciva, lei smise subito di ridere e sbuffò guardandomi.
Tobey, che a differenza di Leonardo sapeva percepire un’aria tesa, prese per mano Danielle e l’allontanò da me, lo stesso fece Leonardo con Kristen e io, come al solito, li seguii camminando da sola a mani incrociate e con aria snervata.
- Non hai portato nessuno? – mi chiese Kristen con aria di sfida, vidi Leonardo sorridermi, non potevo credere che fosse davvero così scemo a volte da non capire che quella iena mi stava solo prendendo in giro, avrei voluto tirare uno schiaffo a entrambi, ma, ovviamente, non lo feci.
In ogni caso in quel momento dovevo trovare una risposta che non mi facesse apparire come la povera sfigata single quale ero.
- Mi sta aspettando dentro – inventai, ora mi ero scavata la fossa da sola, mi congratulai con me stessa per aver mentito così spudoratamente, adesso, appena entrata, avrei per forza dovuto avvicinarmi a uno sconosciuto e fare una terribile figuraccia solo per non darla vinta a Kristen.
- Davvero? – mi chiese lei alzando le sopracciglia e stringendo la mano intorno a quella di Leonardo con ancora più fermezza sapendo di farmi innervosire.
Ero ancora in tempo per dire la verità, ma non le avrei mai dato questa soddisfazione, così annuii.
- Come si chiama? – insistette la piccola infame spostandosi una ciocca di capelli dal viso fissando Leonardo in modo ammiccante, che però, con mio grande sollievo, stava guardando me.
Ora mi stava mettendo in seria difficoltà – Te lo presento dentro – dissi all’improvviso ancora sapendo che avrei dovuto godermi quei brevi istanti prima della figura atroce che avrei fatto dentro.
Iniziai a pensare a una soluzione, avrei potuto azzardare una finta telefonata in cui il ragazzo mi spiegava che non poteva venire, ma solo prima di aver cercato per tutto il locale una persona che non esisteva, a quel punto Kristen non mi avrebbe potuto dire nulla, almeno speravo.
Appena arrivati davanti alla porta il buttafuori ci chiese i documenti, alla fine ci fece passare guardando, con mia grande gioia, con aria incerta Kristen, che nemmeno se ne era accorta, ora era impegnata a camminare fiancheggiando fino all’entrata.
Il posto era enorme, non si vedeva nemmeno dove finisse, un miliardo di persone si stavano già divertendo.
Kristen iniziò subito a ballare fiancheggiando mettendo le braccia sulle spalle di Leonardo e andando su e giù come qualcosa a cui è preferibile non essere paragonati.
Io alzai gli occhi al cielo, stavo andando da Tobey, ma anche lui era impegnato con Danielle, che, per fortuna, ballava in modo un po’ più decente della sua amica bionda.
Così tornai da Leonardo solo per avvisarlo – Mi allontano per cercare il mio amico – dissi in modo da farlo sentire a Kristen.
E così mi allontanai iniziando a cercarlo tra la folla come se davvero stessi cercando qualcuno.
Dopo un po’ le gambe iniziarono a farmi male e il fiato iniziava a mancarmi, non perché avessi camminato tanto, ma perché l’aria del posto iniziava a diventare impossibile da respirare.
Così decisi di uscire fuori un attimo prima di svenire a causa di tutte quelle luci.
Fuori era deserto, i ragazzi che vomitavano sarebbero arrivate tra qualche ora, per ora l’aria era tranquilla, la luna e le stelle erano coperte dallo smog e la zona era piuttosto solitaria.
Iniziai a vagare intorno cercando di assumere l’aria meno patetica possibile, il buttafuori mi fissava male, avrei potuto fare altrettanto io con lui dato che avrebbe passato l’intero Capodanno fermo a non far passare gente.
Pochi minuti e mi vidi arrivare Kristen che aveva deciso di averla vinta come sempre quella sera.
- E Leonardo? – le chiesi prima che potesse dire qualsiasi cosa.
Lei incrociò le braccia – E il tuo ragazzo? – disse di tutta risposta, cercai di trattenere il rossore di vergogna che stava per estendersi in tutta la faccia, non potevo sopportare che ancora una volta potesse considerarsi meglio di me.
Prima di darle qualsiasi risposta pregai con tutto il cuore, che arrivasse qualcuno, qualsiasi persona, mi andava bene anche quella cozza di Daniel.
- Ehi Amy – mi sentii chiamare con quell’orribile soprannome, mi voltai e avevo davanti colui che in quel momento, purtroppo, mi aveva salvata.
Era Dean, che sorrideva ammiccando, come suo solito, ignaro della situazione.
La bocca di Kristen ora era mezza spalancata, potevo leggerle a fatica negli occhi inespressivi che era sorpresa.
Perché ci credesse fino in fondo occorreva fare qualcosa che solo due persone che si conoscevano bene avrebbero fatto.
Così di scatto abbracciai Dean come se fosse la cosa più normale del mondo, lui, dapprima sorpreso sembrò ricambiare.
Kristen, con aria scocciata, si allontanò fiancheggiando poco soddisfatta augurandoci falsamente una buona serata.
Tirai un sospiro di sollievo, questa volta non poteva dirmi nulla.
- Allora? – mi ero quasi dimenticata della presenza di Dean con tutta quella agitazione.
Mi voltai verso di lui – E pensare che credevo di starti antipatico – disse sorridendo, non si sbagliava, ma non potevo certo dirglielo in faccia.
- Non chiamarmi più Amy – mi limitai a dire, odiavo i soprannomi, lui annuii senza dare troppa importanza alla mia affermazione.
- Entriamo? – mi chiese iniziando a camminare verso il locale, io lo seguii in silenzio.
Arrivati dentro Leonardo, Tobey e Danielle ci fissarono con aria più che stranita, Kristen si limitò a storcere il naso.
Non capivo perché fosse per loro così assurdo che stessi frequentando un ragazzo, o che lo avessi portato dietro a una serata, la cosa mi infastidiva parecchio, così li ignorai e lasciando Dean da solo mi allontanai da sola in cerca di qualcosa di fresco da bere.
Arrivata al bancone mi sedetti finalmente e sorseggiai una birra analcolica che il barista mi aveva dato con aria titubante.
Era stata senz’altro Naomi a dire a Dean dove mi trovavo, in quel momento mi serviva ma in altre circostanze avrei preferito non averlo tra i piedi, non doveva più succedere, pensai sbuffando.
- Ehi – era Dean, che mi si era seduto accanto – Che fai? – mi chiese, una domanda piuttosto inutile.
Io alzai il bicchiere – Sto bevendo una birra no? – gli risposi alzando le sopracciglia.
- Avresti dovuto dirmi che c’era anche Leonardo e il suo amico - sospirò con un velo di nervosismo.
- Nessuno ti aveva invitato quindi…- gli feci notare io roteando la cannuccia che mi ero fatta dare nella bevanda.
Lui sorrise – Già – sospirò guardandomi, ma io stavo ancora fissando il bicchiere ormai vuoto.
- Perché, è un problema? – gli chiesi all’improvviso senza capire.
Lui per un attimo non disse nulla, poi reclinò la testa e si sistemò i capelli – Non siamo in buoni rapporti –
Alzai di nuovo le sopracciglia – Per quale motivo? – chiesi curiosa.
Lui strinse le spalle – Tanti motivi – disse vagamente, evidentemente aveva voglia di fare il misterioso.
- Bene, vorrà dire che lo chiederò a loro – dissi alzandomi con un salto dallo sgabello e allontanandomi da Dean alla ricerca di Leonardo e Tobey.
Leonardo era ancora con Kristen, Tobey era appoggiato al muro visibilmente stanco e non sembrava esserci traccia di Danielle, appena mi vide arrivare mi fece cenno di avvicinarmi.
- Siete amici? – mi chiese all’improvviso visibilmente agitato.
Io risi – Ma no – lo rassicurai – Era solo un modo per vendicarmi di Kristen – spiegai ma lui non sembrò divertito.
- Non portarlo più però – disse in tono neutro cercandolo tra la folla.
Io lo guardai senza capire – Qual è il problema tra di voi? – gli chiesi cercando una risposta sensata.
- E’ antipatico, te ne accorgerai se lo conoscerai meglio – mi disse guardandomi negli occhi.
Il fatto che si detestassero senza dirmi il motivo mi dava fastidio ma ad ogni modo ribattei – Se lo dici tu – sospirai e Tobey sembrò soddisfatto.
- Tanto per sapere – iniziai – anche a Leonardo sta antipatico? – gli chiesi e lui annuì.
Il moro si voltò di nuovo verso di me – Ma è amico di Naomi…- dissi, credevo fosse un unico gruppo di amici il loro.
- Lo so – disse semplicemente – Però non è il nostro tipo – capii che probabilmente Tobey non aveva voglia di parlare di Dean, rimaneva il fatto che senza di lui avrei passato la serata da single, e la cosa non mi andava.
- Balliamo? – mi chiese Tobey all’improvviso prendendomi la mano con un sorriso e io annuii, del resto eravamo venuti lì per quello.
 
*
 
Il resto della serata, almeno fino allo scoccare della mezzanotte, procedette in modo lento e noioso.
Poi, dopo aver bevuto qualche bicchiere, l’atmosfera sembrò farsi più piacevole, forse perché l’alcol era fatto apposta per quello, in ogni caso, nonostante i ricordi fossero sconnessi, andò tutto per il meglio.
Poi tutti quanti, escluso Dean, andammo a dormire a casa di Leonardo dopo aver preso un taxi.
Dovevano essere solo le quattro ma eravamo tutti fin troppo stanchi per restare.                                    
Irmelin era fuori casa, così Tobey e Danielle restarono sul divano, e io nella stanza degli ospiti, Leonardo e Kristen a fare chissà cosa nella sua camera.
Anche dopo essermi distesa, decisamente poco soddisfatta della nottata, non sembravo volermi addormentare, avevo il mal di testa, eppure gli occhi non volevano chiudersi.
Decisi che un’ora in più sveglia non avrebbe certo potuto farmi male, tastandomi la testa dolorante andai fino al balcone del salotto appoggiandomi alla ringhiera e guardando la strada rumorosa.
- Amanda? – mi sentii chiamare da Leonardo, mi mise una mano sulla spalla e io tremai un poco.
Mi voltai e gli accennai un sorriso stanco – Non riesco a dormire – spiegai.
Lui mi guardò – Nemmeno io – e si appoggiò alla ringhiera abbastanza vicino a me da avere le spalle unite.
Restammo in silenzio per qualche minuti, limitandoci a guardarci e a guardare giù nella più assoluta tranquillità, poi, all’improvviso lui parlò.
- Mi dispiace per stasera – sussurrò.
Io non capii – Per cosa? – gli chiesi.
Lui alzò le spalle dondolando piano la testa come faceva spesso quando era confuso o imbarazzato.
- Noi prima facevamo tutto insieme sai – disse in un sospiro guardandomi negli occhi, io non riuscii a reggere il suo sguardo per più di qualche secondo e abbassai gli occhi verso le mani appoggiate sulla ringhiera.
Lo lasciai continuare restando in silenzio – Invece ora che tu sei partita e c’è Kristen non facciamo mai nulla – disse con tono dispiaciuto.
- Non ti preoccupare – lo rassicurai, ma in realtà anche io ero preoccupata di allontanarmi da lui.
- Credi che io ti stia un po’ ignorando? – mi chiese dopo qualche attimo di silenzio, scossi la testa piano.
- No – sospirai – Tu hai Kristen, va bene così, te l’ho detto – non sembrava convinto delle mie parole.
- No, non va bene – disse con aria imbarazzata – Tu mi piaci e vorrei stare di più con te – a quelle parole mi si spalancarono gli occhi, lo fissai incredula, non potevo credere lo avesse detto davvero.
- Cosa? – gli chiesi sconvolta.
Lui spalancò a sua volta gli occhi – Voglio dire come amica – aggiunse tutto d’un fiato con un certo imbarazzo, era diventato, per quanto il buio mi consentisse di vederlo, di un colorito più sul rosso.
- Certo – dissi io con un lungo sospiro, non potevo pensare che facesse sul serio – Sarebbe così strano – aggiunsi per sembrare convincente – Noi due – e accennai una risata.
- Già – aggiunse lui e ci guardammo un po’ imbarazzati.



ANGOLO AUTRICE:
Nuovo capitolo! Come promesso più dinamico del precedente e questa volta un po' lunghetto, spero non troppo.
Allora, che dire? Spero la storia vi piaccia, grazie alla mia più recente lettrice: 
HBBFDiCaprio_ grazie mille per le tue recensioni!
E' bello risentire Drops of Neverland e come sempre avere la mia fedele eleonorafoganetti che lascia sempre una recensione.
Sono contenta che la storia sia seguita e che questa sezione non sia abbandonata, poi niente, ci vediamo al prossimo capitolo e se vi va recensite!


 

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Capitolo 21
*** About Us ***


 

Chapter Twenty-one
About Us



Ero seduta al Lavender Moon, mi guardavo intorno giocherellando con una ciocca di capelli aspettando che venisse.
Quella mattina il bar era mezzo vuoto, forse perché erano tutti a festeggiare, o forse perché nessuno va nei bar di mattina.
Lo vidi arrivare ed entrare con l’aria un po’ confusa, si sedette e poggiò immediatamente i gomiti e la testa sul tavolo con uno sbuffo dato dalla fatica.
- Di che cosa volevi parlare? – mi chiese interrompendomi dall’osservarlo.
Scrollai le spalle – Niente per la verità – mi guardò un po’ stranito ma non disse nulla.
Prima che potesse iniziare a dire qualsiasi cosa lo invitai ad alzarsi per prendere qualcosa da bere.
Arrivati al bancone il silenzio calò di nuovo tra di noi, il barista ci osservava incuriosito, del resto quando andavamo lì avevamo sempre miliardi di cose su cui parlare, quel silenzio era strano.
- Cosa prendete? – ci chiese lui mentre si aggiustava la maglietta.
Senza perdere tempo scattai con l’ordine – Un succo d’arancia – dicemmo all’unisono, l’uomo dietro il bancone accennò una risata.
Sebbene in un’altra situazione quella coincidenza ci avrebbe fatti ridere entrambi quella mattina eravamo entrambi tesi.
Ritornammo al tavolino senza nemmeno guardarci ma appena posammo le bibite sul tavolo lui non esitò a parlare, sembrava quasi che quel silenzio precedente fosse dovuto al fatto che voleva prendere tempo per pensare a cosa dire.
- Amanda – disse con quella tonalità di tono di voce leggermente spezzata con la quale iniziava sempre una frase se era insicuro.
Io feci un leggero suono con la bocca facendogli capire che stavo ascoltando.
- Quando ieri stavamo parlando sul balcone avevo intenzione di dirti una cosa – lo fissai attentamente, gli occhi che seguivano ogni suo movimento, il cuore aveva iniziato ad accelerare il battito e un senso di adrenalina e ansia stava uccidendo il mio stomaco.
- Non credo che Dean… – tutto il mio corpo si appesantì all’istante, non potevo negare che mi aspettavo di parlare di altro con lui.
Lui aveva fatto una pausa e rigirava la cannuccia incerto nel bicchiere – Insomma non è una brava persona – mi lasciai sfuggire uno sbuffo snervato che lui non evitò di notare.
- So che può sembrare simpatico all’inizio – iniziò, ma non avevo intenzione di cominciare a discutere del mio rapporto insulso con quel ragazzo.
Lo interruppi – Parliamo di qualcos’altro – non sembrò felice che evitassi l’argomento, ma io invece volevo parlare di altro.
- Tu e Kristen invece? – chiesi io pronta a una sua risposta.
Leonardo mi guardò negli occhi – Parliamo di qualcos’altro – disse accennando un sorriso che io ricambiai sinceramente divertita.
- Okay, se la metti così – dissi bevendo un sorso – Cosa vuoi dirmi su Dean? – gli chiesi pronta ad affrontare una noiosa conversazione su di lui.
- A te piace? – mi chiese, io dapprima aggrottai la fronte, poi scrollai le spalle.
- Non so, non ci conosciamo bene – dissi vagamente, il che era vero, lo avevo visto solamente due volte.
Lui sembrò guardarmi preoccupato – Però non vedetevi mai nei posti in cui ti invita lui per uscire, scegli sempre tu dove andare okay? – mi raccomandò come fosse mio padre.
- Ma perché? – chiesi io scocciatamente, tutto questo alone di mistero mi dava davvero sui nervi, poi parlava proprio lui, che frequentava quella demente di Kristen.
Leonardo non voleva rispondermi così mi ritrovai a dover acconsentire – Okay – sospirai, lui sembrò sollevato.
Adesso però toccava a me fargli le domande – Tu e Kristen – iniziai.
Lui sorrise appena quando nominai il nome della ragazza, e la cosa non mi piacque.
- Tra noi va tutto bene – disse per rassicurarmi, ma non mi stava rassicurando – Adesso che cercherò di stare anche con te sarà davvero tutto a posto – spiegò, e sembrava davvero convinto e soddisfatto di quello che diceva.
- Certo – sospirai io e volli credergli, perchè non mi andava davvero di litigare, e una parte di me pensò anche che forse avrei davvero dovuto dirgli ciò che pensavo, cioè che stava diventando molto più superficiale da quando stava con lei, ma decisi, e probabilmente sbagliai, di dargli un’altra possibilità – Beh sono davvero felice – sospirai ancora, non sembravo convincente e forse lui se ne accorse.
- Amanda, va tutto bene? – mi chiese con aria preoccupata – Non so, mi sembri malinconica ultimamente – e mi prese la mano che avevo poggiata sul tavolo.
Io lasciai che me la stringesse per un attimo e poi la ritirai sotto la sedia – Io sto bene – sorrisi per rassicurarlo – Non ti preoccupare -
Lui non sembrò essere convinto ma non insistette – Io spero solo che tu e Kristen possiate diventare amiche – mi guardò con aria speranzosa.
Io mi limitai ad annuire, era meglio non parlare, sapevo che io e lei non saremmo mai diventate amiche, io non la sopportavo, e lei ricambiava.
- Sai penso che potreste andare al cinema insieme qualche volta, lei mi parla a volte di te – aggrottai la fronte stranita, non potevo credere che quella ragazza gli parlasse di me.
- E cosa dice? – chiesi curiosa, lui alzò le spalle.
- Crede che tu sia simpatica – le mie sopracciglia dall’essere aggrottate si alzarono facendo assumere al mio viso un’espressione scettica.
Lui non sembrò capire – Davvero? – gli chiesi poco convinta e lo vidi annuire.
Allora era davvero più ipocrita e bugiarda di quanto avessi pensato.
- Anche io penso che lei sia simpatica – dissi, a quel punto se si doveva giocare in quel modo non mi conveniva lasciarle fare la parte della vittima a cui non si è data alcuna possibilità di amicizia.
- Fai sul serio? – chiese lui, ma sembrava piuttosto felice.
Annuii con convinzione – Hai ragione, dovremmo uscire qualche volta –
Mi interruppe il suono della sua suoneria, alzai gli occhi al cielo, si parlava del diavolo e così eccolo arrivare.
Leonardo cercò in fretta il telefono tra le tasche dei pantaloni, e questo mi fece supporre che facesse così perchè quando non le rispondeva, Kristen dava di matto, e la visione di lei che si innervosiva mi fece sorridere.
Lui prese il telefono in mano e con un timido – Pronto? – fece segno di scusarsi e uscì dal locale.
Presumendo che la telefonata sarebbe stata lunga decisi ordinare qualcosa da mangiare.
Passarono circa venti minuti in cui io mangiavo una ciambella dai colori poco convincenti ma che risultò sorprendemente buona e lui parlava al telefono con aria talvolta allegra talvolta molto concentrata, e la maggior parte del tempo si limitava ad ascoltare il suo interlocutore, ogni cinque minuti mi faceva segno di aspettare attraverso la vetrata del locale.
Ero incredibilmente curiosa di sapere di che cosa stessero parlando, e provai anche ad origliare, ma quella vetrata sembrava fatta apposta per non far sentire nulla.
Quando finalmente tornò sembrava piuttosto contento, anzi, la parola giusta era estasiato.
- Vi sposate? – chiesi io vedendolo come se avesse appena vinto un Oscar, in realtà come paragone nemmeno andava bene visto che quando stava per vincere l’Oscar la sua faccia era meno incantata di così.
- Mi hanno offerto un film – disse con un tono piuttosto alto e prima che il mio corpo potesse metabolizzare la frase o anche sorridere ed annuire lui mi piombò addosso abbracciandomi con fermezza.
E non si limitò ad un abbraccio fraterno ma mi sollevò da seduta e mi fece roteare davanti agli occhi dei clienti sbigottiti, quando finalmente posai i piedi per terra mi sentivo piuttosto confusa.
- Congratulazioni – gli dissi cercando di non vedere il bar girare intorno a me.
Lui con velocità lasciò i soldi al bancone e in pochi secondi tornò da me e mi prese la mano uscendo di corsa fuori dal locale, così velocemente che quasi non mi diede tempo per afferrare la borsa.
Sembrava più che elettrizzato – Non ci posso, credere, indovina chi è il regista? –
Morsi il labbro, non ne avevo idea – Non lo so…- provai a pensare – Martin Scorsese? – azzardai.
Lui scosse la testa – No dai questo no – fece un pausa – Sam Raimi! – esclamò felice come un bambino il giorno di Natale.
E prima che potessi dire nulla mi abbracciò di nuovo, il che era un bene, in queste situazioni di grande gioia non sapevo mai trovare la frase giusta da dire – Oddio Amanda non sai quanto sono felice –
- Anche io sono felice per te – gli dissi dandoli una pacca sulla spalla.
Lui fece un sospirò incredulo e si mise sul marciapiede – Ti spiego tutto – mi disse e mi sedetti accanto a lui.
- E’ un western, in pratica io faccio un ragazzino, questo era scontato lo so – scoppiò a ridere io con lui.
- Comunque ci sono attori come Russel Crowe, Gene Hackman, e poi quella che mi ha appena chiamato, non immagini chi mi ha chiamato…-
- No Leonardo davvero non lo so dimmelo tu – dissi, ero pessima al gioco degli indovinelli, piuttosto stavo morendo di curiosità.
- Sharon Stone! – esclamò con una faccia magnificamente estasiata.
Io avevo la bocca semi aperta e gli occhi spalancati – Sharon Stone? – lui annuì incredulo.
- Wow – riuscii solo a dire io – Lei è magnifica –
Lui alzò gli occhi sognanti al cielo – Si, è stupenda – sospirò, accennai una risata, se si fosse innamorato si Sharon Stone l’avrei accettata molto più di Kristen.
- Non faccio il protagonista ma sai, un film del genere non potevo sicuramente rifiutarlo – mi spiegò e io annuii.
E passammo il resto del pomeriggio nella più assoluta tranquillità, come facevamo l’anno prima.
Andammo in spiaggia, nel posto vicino allo scoglio dove non andava mai nessuno, e poi quando si mise a piovere ci riparammo sotto uno dei suoi asciugamani senza riuscire a smettere di ridere, e fu davvero magnifico fino a quando non arrivò una telefonata.
E se non era Kristen prima, era Kristen ora, era scontato.
Quando rispose la faccia di Leonardo divenne decisamente più stressata, e quella ragazza parlava con un tono di voce così alto che riuscivo a sentirla urlare anche senza stare troppo vicina al telefono.
- Leo amore – sbuffai in modo nervoso – Si può sapere dove sei? Lo sai che mi manchi quando non ci vediamo per troppo tempo – non la sopportavo, era davvero troppo finta.
In compenso lui sembrava a disagio almeno quanto me – Io sono in spiaggia con…- ma non fece in tempo a nominarmi che lei parlò.
- Con Amanda vero? – disse con una punta di nervosismo nel pronunciare il mio nome.
Lui sembrò essere scosso a sua volta dal tono di Kristen – E’ un problema? – chiese innocentemente.
- Leo si può sapere quando torni? – cambiò argomento, evidentemente non riusciva a mentire sul fatto che non voleva trascorressimo tempo assieme.
- Non so – fece un sospiro e mi guardò, io strinsi le spalle, non potevo impedirgli di andare da lei – Veniamo tra un paio di minuti – le disse.
- Venite? – chiese lei con tono nevrotico.
- Si veniamo – disse lui scandendo bene le parole - io e Amanda – aggiunse.
Entrambi sbuffarono, per motivi differenti – Ma certo allora – disse tutto d’un fiato trattenendo l’odio represso - che ne dite di fare qualcosa noi tre insieme stasera? –
I miei occhi strabuzzarono, non potevo credere che l’avesse davvero detto, io, lei e Leonardo insieme, sarebbe stata una bella serata sicuramente, e non accettare l’invito era come dimostrarle che poteva avere tutto.
- Mi chiede se vuoi venire a cena – disse lui, e mi guardò speranzoso in un si.
Io sorrisi – E tu dille che io verrò con molto piacere – Leonardo riferì immediatamente alla fidanzata che chiuse subito il telefono.
Rimanemmo per qualche secondo in silenzio – Grazie Amanda – disse lui.
- Per cosa? – chiesi senza capire.
Accenno un sorriso - Per aver accettato di venire a cena, è davvero carino da parte tua darle una possibilità come amica, anche se non siete partite nel modo giusto – mi disse.
E io rimasi a fissarlo sentendomi un poco in colpa, probabilmente Leonardo mi credeva più buona e gentile di quanto non fossi veramente, poi pensai che del resto pensava ciò anche di Kristen, e a quel punto era lei quella che sarebbe dovuta sentirsi in colpa, ma poiché non l’avrebbe mai fatto nemmeno io dovevo, era un ragionamento competitivo e senza senso, ma io la pensavo così.
- Tutti meritano una possibilità – sospirai io con fare importante, e non avevo mai detto una bugia più grande di questa, ma Leonardo mi abbracciò e io fui felice di aver saputo mentire nel modo giusto.
 
*
 
Suonammo il campanello di casa di Kristen, per fortuna eravamo passati a cambiarci, di sicuro se ci fossimo entrambi presentati in jeans e maglietta la ragazza ci avrebbe uccisi.
Leonardo, strano a dirsi, aveva una camicia, certo, era blu, ma pur sempre una camicia.
Io mi ero sforzata di mettermi elegante, e Leonardo diceva che funzionavo vestita così ma io non mi convincevo molto.
La ragazza aprì la porta, si era messa tutta in tiro, i capelli perfettamente lucidi, il trucco impeccabile senza nemmeno uno sbavo, una maschera di fondotinta che la faceva sembrare un’inespressiva bambola di porcellana senza imprecisioni, il che poteva essere interpretato a piacere come un complimento o no.
E poi il vestito, di pizzo nero, le stringeva in vita come un corsetto di una Contessa dell’Ottocento, e poi ricadeva noiosamente sulle gambe, probabilmente lei pensava di avere un’aria sobria e rispettabile, peccato che il vestito era leggermente trasparente e le si intravedeva il grazioso intimo anch’esso in pizzo.
Prima che uno di noi potesse fare commenti lei parlò – Allora amore, come sto? – gli chiese lei mettendosi in posa e sorridendo.
- Benissimo – disse lui un po’ troppo frettolosamente per i gusti della ragazza che sbuffò.
Lo guardò negli occhi – Tutto qui? Io ci ho messo ore per prepararmi! – si lagnò lei e prima che lui potesse di nuovo dire nulla gli saltò addosso attaccandosi violentemente alle labbra del ragazzo.
Non sapevo se provavo più pena o rabbia, o forse istinto omicida.
Quando dopo diversi minuti si degnarono di smettere il loro amoreggiamento potemmo scendere in strada prendere un taxi.
Nel tragitto regnò il silenzio, per fortuna che ci era capitato uno di quei guidatori che hanno sempre voglia di parlare, di solito mi davano sui nervi ma in quel caso era meglio così.
Arrivati a destinazioni scoprii che il posto in cui dovevamo andare a mangiare si chiamava “The Anchor” e come ci tenne a specificare Kristen – E’ il migliore di tutta Los Angeles – e questo mi portò a supporre che quella ragazza fosse una persona così gentile da volermi far esaurire tutti i soldi che mi ero portata.
La lasciammo allontanarsi per dire che eravamo arrivati e rimanemmo io e Leonardo nel piccolo cortiletto che precedeva il ristorante.
- Leonardo – sussurrai io con aria preoccupata, odiavo dirlo ed era imbarazzante ma non potevo davvero permettermi la cena in quel posto.
Lui si voltò verso di me e avvicinò le labbra al mio orecchio – Ehi – sospirò - Per il prezzo non ti preoccupare, ovviamente offro io –
Mi sorrise e io a lui in modo più che sincero, e insieme ci avvicinammo l’uno all’altro abbracciandoci, lui mi accarezzò la schiena, io appoggiai la testa nell’incavo della sua spalla e chiusi gli occhi, non sapendo nemmeno il perchè di quel gesto.
- Allora che succede qui? – disse lei in tono scocciato, ci staccammo immediatamente dall’abbraccio notando la faccia schifata della ragazza che mi stava squadrando con le mani incrociate.
- Se non ci muoviamo perderemo il posto – aggiunse incamminandosi con passo veloce sui tacchi vorticosi senza i quali probabilmente sarebbe sembrata nostra figlia da dietro.
Mi voltai verso Leonardo con le sopracciglia alzate lui alzò le spalle, non riusciva ad avere un minimo di potere con lei, e la odiavo per questo.
 
*
 
Non stavo prestando da più di una mezzora attenzione ai ragionamenti di Kristen e ora la mia attenzione era rivolta completamente verso l’enorme e rosea aragosta che il cameriere mi aveva portato, naturalmente era stata a Kristen a scegliere per tutti noi, ma il mio piatto sembrava ugualmente più interessante dei discorsi della ragazza.
Ad un certo punto sentii il silenzio incombere al nostro tavolo, alzai lo sguardo e notai Kristen che mi fissava.
- Allora Amanda – iniziò lei – Così tu vieni dall’Italia? – io annuii sorridendo, sebbene fosse l’argomento che più detestavo.
- Già – sospirai e guardai Leonardo, lui mi sorrideva, era davvero splendido quando sorrideva in quel modo.
Kristen riprese a parlare fastidiata del nostro guardarci a vicenda - Ora si spiega il tuo pessimo accento – mi voltai di scatto cercando di trattenere l’aria furiosa.
Stavo per dire qualcosa quando un’altra voce si aggiunse al dibattito – Io trovo sia interessante invece, l’accento italiano sulle parole inglesi, no? –
Lo guardai senza dire una parola, non potevo credere che mi avesse difeso con Kristen.
- Si hai ragione amore, infondo bisogna accettare gli immigrati in cerca di lavoro – sospirò la ragazza.
Sbuffai – Anche i miei nonni erano immigrati – disse Leonardo all’improvviso.
La ragazza rimase un attimo di stucco – Naturalmente amo gli immigrati – disse lei velocemente fulminandomi, una volta avevo vinto io.
Ma sapevo che Kristen non poteva sopportare una sconfitta – E’ carino il tuo vestito – mi disse fissandolo, dovevo aspettarmi da un momento all’altro qualche commento.
- L’ho visto la stagione scorsa ad una bancarella, ho pensato di comprarlo, ma poi ho preferito entrare da Dior – la guardai con odio, non potevo lasciarla soddisfatta.
- Anche il tuo è bello, l’ho visto un po’ di tempo fa nel reparto taglie pesanti, ho provato la taglia più piccola ma non mi andava, peccato – dissi facendo spallucce.
Kristen spalancò la bocca sconvolta, di sicuro questo non se lo aspettava, io sorrisi in modo malefico, doveva iniziare a capire che non mi avrebbe preso in giro facilmente.
Guardò Leonardo speranzosa di qualche difesa, lui guardava entrambe imbarazzato, non sapeva cosa dire, un poco mi fece pena, del resto non si può chiedere ad una persona di scegliere tra la fidanzata e la migliore amica, anche se ovviamente avrebbe dovuto schierarsi con me.
- Io penso che entrambe siete vestite in modo adorabile stasera – sospirò timidamente, non voleva creare altri scontri – Kristen ho una cosa importante da dirti – probabilmente parlava del film.
Lei mi guardò con aria da superiore – Mi hanno proposto un film – disse e lei subito lo baciò a stampo e mi fissò, ma io avevo la consapevolezza di aver avuto la notizia prima di lei.
- Il regista è Sam Raimi – la informai io per dimostrarle che già sapevo tutto, appena metabolizzò di essere stata l’ultima a venire a conoscenza della notizia si morse le labbra con rabbia.
Mi fissò con quegli occhi odiosi – Così Amanda tu lo sapevi? – mi chiese.
Io annuii – Si lo sapeva – le rispose Leonardo con prontezza, finalmente avevo vinto io, e potevo capire che anche lei lo percepiva dal suo sguardo tra l’afflitto e il rabbioso che mi fissava come se avrebbe potuto saltarmi addosso da un momento all’altro.
- Perchè non chiediamo il conto? E parliamo meglio di questa cosa da soli a casa? – disse intendendo che io non dovevo essere presente.
Quando il cameriere ci portò il conto Kristen fu ancora più arrabbiata vedendo che Leonardo aveva deciso di pagare per me, alla fine della serata ci salutammo, Leonardo mi pagò il taxi e mi ringraziò della mia presenza, lei non disse nulla, e io nulla a lei, ma non finiva qui.




ANGOLO AUTRICE:
Perdonatemi per la lunga assenza, spero non tutti si siano dimenticati di questa storia, ringrazio Maid per la scorsa recensione, spero il nuovo capitolo ti piacerà e poi nulla, spero anche di avere più tempo per scrivere e magari concludere questa storia.
Buone Vacanze a tutti <3


Gisele

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