Dai diari delle sorelle Greengrass

di MrsCrowley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pride and Prejudice ***
Capitolo 2: *** Decode ***
Capitolo 3: *** You're my obsession ***
Capitolo 4: *** Hey sister, do you still believe in love, I wonder? ***



Capitolo 1
*** Pride and Prejudice ***


Dai diari delle sorelle Greengrass

 

Chapter 1. Pride and Prejudice

 

Non avrei mai pensato di aver bisogno di un diario segreto, fin quando non me ne hanno regolato uno. Da quel momento, non ho potuto farne a meno: questo diario mi ha subito attratta, il cuoio nero che lo rilega luccicava troppo nel buio della mia stanza, come il richiamo di una sirena.
E' notte fonda, e io ho bisogno di scrivere, ho bisogno di affidare a qualcuno i segreti più reconditi del mio cuore, quello che nascondo gelosamente dentro di me.
Ho scoperto che basta chiudere gli occhi e pensare, ricordare quello che è successo, per far sì che il ricordo si imprima sul foglio.
La mia pigrizia ama ancora di più la magia, adesso”.

 

Astoria Greengrass sorrise appena, constatando quanto tutto questo fosse comodo e ringraziando mentalmente zia Bella per quel regalo inaspettato.
Socchiuse gli occhi, mentre l'immagine sfocata del reale motivo per cui aveva iniziato a scrivere iniziò a farsi strada nella sua mente.
Tutto era iniziato a Dicembre.
O meglio, nella sua testa era iniziato molto prima, ma nella realtà i suoi pensieri avevano preso forma solo in quel mese, quasi a voler riscaldare il cuore della ragazza in tutto quel freddo.
Il suo sorriso si incurvò ancora di più, al ricordo di tutti quegli avvenimenti che tanto l'avevano cambiata, in quel mese che di sicuro era diventato il suo preferito...

 

 

Era la prima mattina di Dicembre, e l'aria fuori era fredda pungente ad un livello quasi insopportabile.
Astoria avrebbe presto imparato che con il freddo le persone hanno due reazioni diverse: ci sono i cuori che si riscaldano e cercano di riscaldare gli altri, e ci sono i cuori che invece diventano a loro volta di ghiaccio, imitando il panorama fuori dalle finestre.
Lei apparteneva di sicuro alla prima categoria, e non aveva molti dubbi nel dire che sua sorella invece appartenesse alla seconda.
Era ancora presto quando la più piccola di casa Greengrass si svegliò, e con sua grande sorpresa quando aveva aperto gli occhi fuori c'era la neve ad attenderla.
Il suo sorriso nel vedere quei fiocchi era così raggiante, che chiunque l'avesse vista in quel momento avrebbe perso la testa per lei, coinvolto da tanta naturalezza, da tanta bellezza.
La ragazza non ci pensò due volte, e senza neanche pettinarsi i capelli scese giù, vestendosi confusamente e senza il solito cerimoniale.
Che le importava se la gonna non era perfettamente abbinata con la camicetta, e se i capelli erano un poco arruffati? Chi avrebbe notato che non aveva un filo di trucco, quando i suoi occhi erano così radiosi?
A dire il vero, Astoria dubitava che avrebbe incontrato qualcuno così presto, anzi quasi sperava che il sonno letargico per cui gli studenti di Hogwarts erano tanto famosi tra i professori non avesse abbandonato proprio oggi le mura del castello.
E invece, con suo sommo stupore, un ragazzo dai capelli rossi era steso nella neve, intento a fare la figura dell'angelo con il suo corpo, con gli occhi socchiusi.
Le sue braccia e le sue gambe si muovevano piano, e un sorriso appagato era disegnato sul volto disteso e rilassato di quel ragazzo.
Astoria avrebbe riconosciuto quel ciuffo di capelli rossi ovunque, nonostante quel ragazzo avesse un gemello totalmente identico.
Era sicura che si trattasse di Fred Weasley. Quello che, nella sua scatenata fantasia da tredicenne, era il suo Fred.
Con lentezza, Astoria si lasciò abbandonare contro il tronco di un albero, mentre la neve cadeva leggera su di lei, che assorta continuava a guardare Fred.

Il parco di Hogwarts non le era mai parso così incantevole, così magico.
Quasi come fosse posseduta da una forza maggiore, Astoria si alzò lentamente, uscendo dal suo nascondiglio sicuro, per prendere in mano una palla di neve.
La lavorò con cura, e la guardò con immenso affetto, prima di gettarla su Fred.Il ragazzo balzò in piedi stupito, e sul suo volto si disegnò una sorpresa ancora più grande quando notò che a lanciare quella palla era stata proprio lei.
Si era guardato intorno quasi alla ricerca di un'altra persona, e la sua espressione sembrava tradire un chiunque, ma non lei che spezzò il cuore della ragazza.
Perchè proprio lei no? Perchè gli pareva fosse così strano che quella palla fosse stata lanciata proprio dalle sue mani?
E invece sì, era stata lei. Una Greengrass, una Purosangue, una Serpeverde.
Chissà se erano questi i pregiudizi per cui il volto di Fred si fece così pensieroso, e i suoi occhi di colpo si spalancarono per la sorpresa.
Del resto lui era un Weasley, un Traditore del proprio sangue, e come se non bastasse un Grifondoro.
Eppure quegli stupidi pregiudizi non avevano mai fermato la piccola Astoria dal pensare che lui fosse in assoluto il più bel ragazzo che avesse mai visto, né avevano impedito al suo cuore di battere forte per lui.
Tutto di lui le piaceva: il colore acceso dei suoi capelli, l'incavo del suo collo, il modo in cui camminava aggirandosi furtivo per la scuola, il suo sorriso contagioso sempre a fior di labbra, il suono coinvolgente della sua risata, gli occhi in cui anche in quel momento Astoria si stava perdendo.

Paralizzata e imbarazzata da quel silenzio, Astoria rivolse al ragazzo un leggero sorriso, quasi a volersi scusare per quella imprudenza.
Come aveva potuto? Come aveva fatto a lasciarsi trasportare così dalle sue fantasie, senza restare con i piedi ben ancorati alla solida realtà?
Per Fred lei sarebbe sempre stata una nemica, per Fred lei sarebbe sempre stata feccia, meno di zero.
Scoprirlo così le fece perdere più di un battito cardiaco, e il suo piccolo mondo fantasioso da strega tredicenne le parve crollare miseramente sulle sue spalle magre, troppo esili per sopportare tutti quei sogni andati distrutti e dalle macerie così pesanti.
Astoria sperava con tutto il cuore che Fred ricambiasse il suo sorriso, ma lui era più immobile di lei, ancora più paralizzato per motivi arcani che la ragazza non riusciva a comprendere.
Sorpresa, stupore o semplicemente ribrezzo, cosa attanagliava l'animo di Fred?
Astoria se lo chiese, ma non riuscì a rispondersi.
Questa mancata risposta la fece crucciare ancora di più, tanto che sentì uno strano impulso che pareva spingerla a piangere.
La ragazza non piangeva da anni, non perchè fosse orgogliosa e caparbia come sua sorella, ma semplicemente perchè non ne aveva mai avuto motivo.

Già, sua sorella. Al pensiero di lei, il cuore le si congelò.
Che avrebbe detto l'algida e irraggiungibile Daphne Greengrass, se avesse assistito a quella scena appollaiata alla finestra del suo dormitorio?
Si sarebbe vergognata di lei, o avrebbe riso fino alle lacrime?
Di certo sarebbero state lacrime diverse da quelle che Astoria sentiva di voler piangere, davanti a un Fred ancora pietrificato.
Dove era finito quel ragazzo sempre pronto a dire qualcosa, quel ragazzo che dispensava sorrisi a tutti e che sapeva subito far sentire a suo agio le persone?
Perchè la trattava differentemente da tutti gli altri, quando lei semplicemente voleva sentirsi per una volta nella sua vita uguale alla gente che la circondava?
Sarebbe scesa volentieri da quel piedistallo in cui era sempre stata non per sua scelta, ma per il semplice fatto di essere una Greengrass, una Purosangue, una Serpeverde.
E lo avrebbe fatto soltanto per non scontrarsi contro un muro di ghiaccio davanti a Fred, per poter ricevere un sorriso da lui, un Weasley, un Traditore del proprio sangue, un Grifondoro.

Astoria sentì il sorriso congelarsi sul suo viso: stava per cedere, ma non voleva farlo davanti a lui.
Alzò gli occhi al cielo, cercando di agire come avrebbe fatto Daphne in quel momento.
Con indifferenza, quasi con aria di distacco, come se quella palla fosse stata lanciata per semplice provocazione, come se lui non avesse avuto il coraggio di rispondere.
Poi con lentezza girò sui tacchi, allontanandosi lentamente.

Grandi lacrime iniziarono ad inondare i suoi dolci occhi castani, mentre le ciglia le si allungavano ancora di più, bagnate da quelle gocce preziose che da anni non scaldavano le sue gote.
Sentiva gli occhi di lui perforarle la schiena, e avrebbe voluto correre velocemente per mettere tra lei e Fred la maggiore distanza possibile.
Eppure una parte di lei desiderava ardentemente che Fred si smuovesse e la seguisse di corsa, afferrandole il braccio per darle un bacio.
Come faceva ad essere così stupida, così romantica?
Strinse i pugni, pensando che davvero non esisteva in tutto il castello una ragazzina sciocca come lei, e che avrebbe dovuto fare tesoro di quella delusione.
Non era colpa di Fred, era tutta colpa sua che a tredici anni ancora dava peso ai suoi sogni piuttosto che leggere i chiari segni che trasparivano dalla realtà.

Quando finalmente entrò nel castello era così furiosa con se stessa che nemmeno si accorse di un Draco piuttosto svogliato che stava uscendo fuori con una tazza fumante in mano.
Si scontrò contro il petto caldo di lui, e per un attimo pensò di chiudere gli occhi e chiedere a quel ragazzo di abbracciarla.
Doveva essere davvero disperata, pensò tra sé e sé, per desiderare un abbraccio di Draco Malfoy.
Scandalizzata dai suoi stessi pensieri assurdi e prima di poter di nuovo commettere lo sciocco errore di lasciarsi andare alle sue emozioni, Astoria tentò di scappare via.
Non si era accorta però che Draco, per non perdere l'equilibrio, si era tenuto a lei e l'aveva avvinghiata a sé, avvolgendola tra le sue calde braccia.
Non avrebbe mai pensato di associare la parola caldo a Draco, che era sempre stato con tutti un pezzo di ghiaccio, come del resto non avrebbe mai pensato di associare la parola freddo al suo Fred, che per lei era sempre stato fuoco puro.

-“Ehi, dove pensi di andare?” le chiese lui, con un tono gentile che non le era mai capitato di sentirgli usare con nessun essere vivente, nemmeno quando cercava di accaparrarsi la simpatia di qualcuno.
Doveva essere davvero di buon umore, beato lui.
La ragazza non rispose, voleva scappare ma i piedi le si erano fatti di piombo, voleva andare via ma aveva bisogno di due braccia forti che la stringessero a sé, due braccia che la facessero sentire più protetta e meno insicura.
Chiunque in quel momento si sarebbe sentita immensamente fortunata a stare tra le braccia del ragazzo più ambito del castello (tutti tranne la Granger, forse).
Ma lei, Astoria, si sentiva solo estremamente confusa e ancora triste, di una tristezza che rendeva il suo corpo languido e bisogno di affetto, di una tristezza che le faceva avvertire quel forte bisogno di un abbraccio, delle braccia di Draco.

Astoria alzò gli occhi per incontrare quelli del ragazzo, non curandosi delle lacrime che ancora li inondavano, dimenticandosi della tempesta che sentiva dentro di sé.
Non aveva mai notato quanto belli fossero i suoi occhi quando non erano serrati in un'espressione di superiorità nei confronti di tutto il resto del mondo, forse anche perchè Draco non aveva mai guardato qualcuno come invece stava facendo in quel momento, o forse perchè lei non ci aveva mai fatto troppo caso.
La stava guardando come a voler assorbire tutte quelle emozioni, come se i suoi occhi grigi fossero fatti di spugna e potessero contenere tutto quello che stava traboccando dagli occhi caldi di lei.

Fu proprio in quel momento che successe quello che mai Astoria Greengrass si sarebbe aspettata.

***

Cario diario, zia Bellatrix dice di scrivere tutto qui sopra, così che la mia storia diventi un giorno una leggenda internazionale, così che Rita Skeeter abbia materiale realistico su cui poter elaborare il suo primo libro di fama internazionale.
Non che io muoia dalla voglia di affidare la mia vita in pasto a quella odiosa Skeeter, ma so che un giorno il mio nome sarà più famoso di quello di Morgana, e voglio che la gente sappia quanto io, Daphne Greengrass, abbia turbato gli animi dei ragazzi di Hogwarts e fatto morire di invidia tutte le ragazze di questo grande castello.

 

Daphne Greengrass fu l'ultima a lasciare il dormitorio di Serpeverde, quel sabato mattina.
Ci aveva messo una cura e una dedizione estrema nel prepararsi, e guardandosi allo specchio si trovò più bella che mai: i capelli biondi fluenti le ricadevano come una cascata sulle spalle, incorniciandole quel viso angelico che trasudava di promesse demoniache.
Ciò che si era ripromessa quella mattina la rendeva più che mai felice, e mentre camminava per i corridoi la ragazza vibrava di una luce avvolgente, che rendeva nessuna paragonabile a lei.
Era solo al quarto anno, ma sapeva già perfettamente quello che voleva, e se lo prendeva senza neanche chiedere: del resto a chi avrebbe dovuto chiedere il permesso lei, Daphne Greengrass?
La sua reputazione da scapestrata a scuola era pari a quella di un certo Draco Malfoy, e il suo nome vibrava per i corridoi alla stessa velocità di quello di Harry Potter e della sua scandalosa partecipazione al Torneo Tremaghi.
Era stato questo piccolo particolare a rendere Potter così interessante ai suoi occhi in quel momento.
In realtà Daphne aveva semplicemente bisogno di portare al ballo uno dei tre candidati maschili: voleva sentirsi una Primadonna come mai nella sua vita, e sapeva che la sua bellezza mozzafiato reggeva di sicuro il passo con la sua ambizione.
Potter però sarebbe stato la sua ultima scelta, solo in caso di disfatta degli altri due partecipanti: la punta dell'iceberg era per lei in quel momento Viktor Krum, il campione di Quidditch più intraprendente che avesse mai visto.

Krum non era esattamente quella che si definisce una bellezza, ma per qualche strano motivo in quel momento era fastidiosamente desiderato da tutte le ragazze di Hogwarts, e per questo probabilmente aveva iniziato a rifugiarsi nella biblioteca del castello.
Non che la Greengrass lo spiasse, ma lo aveva semplicemente trovato lì mentre consultava un libro di Storia della Magia, e più di un pomeriggio lo aveva visto sfrecciare nei corridoi avvolto nel suo mantello scarlatto, in direzione biblioteca.
A passo spedito, Daphne quella mattina aveva approfittato dell'assenza delle lezioni per dirigersi in biblioteca: tutti giocavano fuori, lanciandosi palle di neve e ridendo ad alta voce.
Lei invece desiderava ardentemente di poter incontrare quel ragazzo: non aveva un vero e proprio piano, né una strategia d'attacco, pensava che sarebbe bastato farsi vedere da lui per riuscire a catturare la sua attenzione, esattamente come era successo con tutti gli altri ragazzi all'interno del castello.

Proprio davanti alla biblioteca incontrò Nott, che sembrava abbastanza di buon umore e disperatamente disposto ad attaccare bottone con lei.
Era da un sacco di tempo che Nott la guardava con la stessa referenza che si dovrebbe avere per Morgana, e questo più che lusingare la ragazza la infastidiva.
Quell'idiota di Draco le aveva più volte spifferato quanto spesso Nott parlasse di lei, con dovizia di particolari erotici che facevano rabbrividire la ragazza al solo pensiero.
Non che Nott fosse un brutto ragazzo, ma semplicemente... era Theodore Nott, ecco.

-“Daph, perchè vai di là? Vieni fuori con noi, andiamo a giocare con la neve!”
La ragazza lo fulminò lanciandogli uno sguardo che sembrava un Anatema, costringendo Nott a fare involontariamente un passo indietro, quasi intimorito dalla sua reazione così inviperita.
Quante volte gli aveva detto di non chiamarla con quello stupido diminutivo?
E quante volte gli aveva detto di non disturbarla mai e di non rivolgerle la parola se non era lei a farlo per prima?

-“Nott, non adesso.” cercò di tagliare corto, sperando che la lasciasse in pace senza dover essere scortese.
Non che si facesse problemi ad essere scortese, ma quella mattina proprio non aveva tempo.
Se Nott le avesse fatto scappare Krum da sotto il naso, avrebbe mangiato il suo cuore e glielo avrebbe fatto crescere mille volte per mille volte rimangiarglielo, tra atroci dolori.
Lo avrebbe reso una sorta di Prometeo rivisitato, se non si fosse tolto di mezzo in due secondi.
Il ragazzo annuii appena, sembrando quasi deluso dalla sua risposta fredda, senza poter intuire la natura dei pensieri di lei, che nel frattempo stava escogitando altri modi per torturarlo a lungo e dolorosamente.
Per Daphne la discussione era ormai finita, ma il ragazzo la guardava come se avesse ancora qualcosa di trascendente da dirle, senza però spiccicare parola.
Le bloccava il passaggio, quasi a volerle impedire di scappare via.
La Serpeverde alzò appena il sopracciglio, aspettando che si decidesse a parlare o che la lasciasse libera di andare: aveva un'importante missione da compiere, non poteva di certo perdere tutto il giorno con Nott!

-“Senti Daph... io.. cioè tu.. insomma, noi..
Oh no, questo non avrebbe dovuto dirlo. Non avrebbe dovuto nemmeno osare pensarlo.
Prima che il ragazzo potesse continuare a balbettare parole compromettenti e altamente imbarazzanti, l'algida Daphne Greengrass gli scaraventò contro tutta la sua furia indomabile.

-“Non c'è nessun noi, Nott. E non essere così idiota da chiedermi se voglio venire al ballo con te, perchè non lo farei neanche se fossi il solo ragazzo disponibile in tutto il castello!”
Gli urlò contro, catturando in quel momento l'attenzione di un Viktor Krum che usciva piuttosto imbronciato dalla biblioteca: ci avrebbe scommesso che si trovava lì!
E adesso per colpa di Nott aveva perso l'occasione di parlargli, quindi anche per quel giorno non si sarebbe fatta invitare al ballo da Krum.
Lo sguardo carico di odio con cui guardò Nott fu tale che al ragazzo sembrò di scomparire, ma quello che Daphne non si sarebbe mai aspettata era che, finalmente, il campione di Durmstrang si accorgesse in qualche modo di lei.
Con passo spedito ed espressione ancora più corrucciata del suo solito, Krum si avvicinò a loro, guardando in cagnesco il povero Nott: quella di sicuro non era la sua giornata fortunata.

-“Tu stare disturbando la signorina?” chiese, aggressivamente.
In tutta risposta il Serpeverde lo mandò al diavolo, mormorando in cagnesco parole poco comprensibili che contenevano un “porco Godric”“questi idioti di Durmstrang” e un più che mai sospirato “Greengrass”.
Mentre Nott si allontanava brontolando, lo sguardo di brace di Krum la squadrò, come a chiederle tacitamente se fosse tutto a posto.
Daphne aveva le gote leggermente più rosee del solito, colorite dalla collera momentanea, ma gli occhi vibravano nel guardare Krum: finalmente era lì, davanti a lei, e finalmente aveva capito che avrebbe dovuto invitarla al Ballo del Ceppo.
Quel luccichio negli occhi poteva essere facilmente scambiato per ammirazione, o ringraziamento per averla “salvata” da Nott, per questo Daphne non si curò più di tanto di nasconderlo.

-“Grazie, Viktor” mormorò, guardando il ragazzo sorridere appena per il modo forse un po' troppo British in cui aveva pronunciato il suo nome.
Daphne posò con leggerezza e noncuranza una mano diafana sulla spalla di lui, nascondendo in quella pacca gentile il desiderio di toccarlo e sentire la consistenza del suo corpo sotto la pelle.
Sembrava un poco meno incupito di quando era uscita dalla biblioteca, e Daphne moriva dalla voglia di sapere cosa fosse successo là dentro per renderlo così tenebroso.
Probabilmente qualche ragazza dei primi anni lo aveva visto e aveva cercato di convincerlo ad andare con lei al Ballo, o peggio avevano iniziato a professare il loro amore incondizionato nei suoi confronti: poteva capirlo, troppe attenzioni davano davvero fastidio a volte.

Proprio in quel momento Hermione Granger uscì di corsa dalla biblioteca, con una pila di libri in mano e l'espressione più triste e patetica che la Greengrass le avesse mai visto addosso.
Il suo volto cambiò man mano lineamenti nel vederla, passando dalla tristezza alla furia, senza che la Serpeverde riuscisse a trovare un valido motivo per quell'espressione di odio profondo.
Non aveva ancora toccato il suo adorato Potter, né aveva infastidito lei e i suoi amici; certo, ogni tanto aveva riso alle battute poco carine che Draco faceva sul suo conto, ma non le pareva un motivo abbastanza valido per ricevere in cambio quell'occhiataccia.

-“Quindi è così che ti consoli, Krum? Io ti dico di non poter venire al ballo con te per non ferire i miei amici e tu.. tu subito vai da un'altra? Sei uguale a tutti gli altri, anzi no, sei peggio di loro!”
Aveva sbottato la Granger, piantandosi di fronte a loro e facendo dardeggiare i suoi occhi dall'uno all'altra, quasi a voler riversare la sua furia su entrambi nello stesso momento.
Daphne sorrise appena, collegando basita tutti i pezzi del puzzle: quindi Krum non andava tutti i giorni in biblioteca per sfuggire alle ammiratrici, ma per incontrare la Granger?!
Quasi non riusciva a crederci, ed ecco adesso il motivo di quella sfuriata insensata.

-“Ma conoscendo te, questa tresca tra voi due va avanti da tempo. Era tutto un piano per rendermi ridicola il vostro, vero?”
La Grifondoro aveva il dito puntato contro di lei, e gli occhi così rossi che sembravano sul punto di esplodere: rabbia e frustrazione colorivano il suo viso, facendo sorridere appena la Greengrass.
Daphne era così abituata alle parole poco cortesi che neanche ci fece caso: la questione non la riguardava, ma non poteva ammettere innocenza e rovinarsi così la sua sudata reputazione di cattiva ragazza.

Krum non proferì parola, e la Grifondoro si allontanò mandandolo al diavolo, sbraitandolo a voce talmente alta che probabilmente tutti gli studenti riuscirono a sentirla.
Daphne non poté fare a meno di scoppiare in una risata liberatoria.

-“E' la seconda persona che ti manda al diavolo da quando mi conosci, cioè meno di dieci minuti. Credo che la mia compagnia non ti faccia affetto bene, Viktor”
Anche il Campione Tremaghi distese il suo volto in un leggero sorriso, guardandola come a volerla rassicurare che non fosse affatto colpa sua.
Se era vero che la Granger era attratta da Krum e se, per qualche ignota ragione, anche al ragazzo piaceva lei... quello era decisamente un motivo in più per avvicinare a sé quel ragazzo, e vedere l'espressione inviperita della Grifondoro al suo ingresso al ballo con lui.

-Vieni, andiamo fuori.”
Quella del ragazzo era parsa quasi un'imposizione, ma le aveva afferrato la mano così saldamente che per una volta Daphne non aveva posto obiezioni.
La Greengrass non era stupida, sapeva che quel comportamento così affettuoso da parte di Krum era dovuto in larga parte dal suo desiderio di vendetta verso la Granger.
Certo, la sua bellezza aiutava molto, ma non era stato essenzialmente quello il motivo per cui adesso si ritrovava nel parco, stesa sulla neve insieme a Viktor Krum.

-“Qvando sono nato io, nevicava” le raccontò lui.
Daphne sorrise di quella strana coincidenza, anche il giorno della sua nascita fuori imperversava una tempesta di neve, e per questo forse si sentiva così a suo agio tra quei fiocchi danzanti.

-“Doveva esserci anche quando sei nata tu, ecco perchè sei così di ghiaccio, Daphni”
Le parole del bulgaro la colsero di sorpresa, così come il fatto che avesse usato il suo nome nonostante lei non si fosse ancora presentata.
Certo, lo aveva pronunciato a modo suo, ma ciò non toglieva che lui sapesse il suo nome.
Quindi la conosceva, aveva sentito parlare di lei a scuola o si era sorbito le descrizione della Granger su tutti i Serpeverde e su quanto fossero odiosi e poco raccomandabili?
E come aveva potuto, in così poco tempo, conoscerla così bene da definirla di ghiaccio?
La ragazza non voleva far emergere lo sconcerto e il turbamento che quelle parole le avevano provocato dentro, ma si mise sul fianco, leggermente sollevata per poter guardare meglio quel ragazzo disteso sotto di lei, il mantello rosso che sprofondava nella neve candida.

In quel momento Krum le apparve più bello del solito, lì disteso sulla neve, quasi indifeso e totalmente assorto nei suoi pensieri, pensieri che lei non era in grado di penetrare pur essendo desiderosa di conoscerli.
Daphne sorrise appena, osservando quel volto disteso, mentre la neve turbinava attorno a loro e gli schiamazzi degli altri ragazzi le rimbombavano nelle orecchie.
Ne prese appena una manciata, stendendola sul collo scoperto di lui, facendolo sobbalzare così tanto che i loro visi finirono pericolosamente vicini.

Lui aprì gli occhi, e in quel momento le braci roventi incontrarono il ghiaccio, fondendosi. 

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Capitolo 2
*** Decode ***



Dai diari delle sorelle Greengrass

 

Chapter 2. Decode
 










Caro diario, se solo sapessi cosa ho provato in quel momento, stretta tra le braccia di Draco, e se sapessi come quel calore al petto è stato interrotto da un gelo tale che pareva bruciarmi la pelle e il cuore... Caro diario, perchè i ragazzi sono così difficili da capire per me? Aiutami, almeno tu.

 

Astoria sentì le mani del ragazzo stringerla più forte, attiravano i suoi fianchi a lui, mentre un sorriso leggero si dipingeva lentamente sul volto finalmente rilassato del rampollo di casa Malfoy.

Sentiva il cuore di Draco battere forte contro il suo petto – quindi Draco aveva un cuore, qualsiasi cosa cercasse di far pensare di sé alla gente, anche lui era schiavo dei sentimenti e dei loro moti.

Per un secondo la ragazza si preoccupò per lui, e si ritrovò a sperare che mai Draco seguisse il suo cuore come invece aveva fatto lei quella mattina, che mai si umiliasse in quel modo e si sentisse talmente insignificante agli occhi di una persona che per lui avrebbe rappresentato tutto.

Poi però si ricordò di aver di fronte Draco Malfoy e capì che la sua paura era del tutto infondata, che lui di certo non avrebbe mai corso un rischio tale per niente e nessuno al mondo: non sapeva se considerarlo fortunato o sfortunato, per la sua capacità di essere così asettico e insensibile.

C'era qualcosa che non quadrava però, il Draco che conosceva lei non agiva come stava facendo in questo momento, non abbracciava le persone, non guardava nei loro occhi in quel modo.

Già, come mai in quel momento la stava stringendo così forte, e la guardava come Astoria non si era mai sentita guardare prima da nessuno, come desiderava essere guardata da Fred?

Piano, il ragazzo le scoccò un leggero bacio sulla tempia, cogliendola di sorpresa ancora una volta: troppo innocente per poter anche solo sospettare di aver suscitato l'interesse di Draco, la Serpeverde continuò a fissarlo con occhi assorti, finalmente privi di lacrime.

Fu proprio in quel momento che la ragazza si sentì urtare: non uno spintone forte, ma un urto che la fece sprofondare ancora di più tra le braccia del Cacciatore del Serpeverde più ambito di Hogwarts.

Attraverso la nuca di lui, scorse una figura slanciata dai capelli rossi che sfrecciava al di là del corridoio: perché Fred l'aveva urtata in quel modo?

Di certo non poteva pensare che fosse un urto semplicemente casuale, eppure non aveva le forze per far illudere il suo cuore che si trattasse di qualcosa di più: aveva voluto catturare la sua attenzione, forse, ma tutto questo le pareva insensato: perché lo avrebbe fatto?

-Draco, lasciami andare..” sussurrò Astoria, rompendo il loro abbraccio e il silenzio dolce che si era creato tra di loro, e che li avvolgeva come una specie di bolla protettiva.

Tra le braccia di lui, si era sentita davvero separata dal mondo esterno, al riparo da qualsiasi attacco esterno, da qualsiasi sofferenza futura.

Draco si staccò appena da lei, senza però togliere le sue mani dai fianchi della ragazza: i suoi occhi si posarono su di lei quasi a voler catturare il bagliore che emanava dalla sua figura, dal suo corpo di cui ancora poteva sentire la consistenza tra le dita, di quel corpo che sempre gli era parso fatto di etere, quasi surreale, circondato da un'aurea che non avrebbe saputo descrivere con le sole parole.

Daphne Greengrass era la bellezza più ambita in tutto il castello, su questo non c'era alcun dubbio; forse nessuno aveva notato Astoria accanto a lei, Astoria che seguiva sempre Daphne e che volutamente restava alla sua ombra, in silenzio, che amava in silenzio un ragazzo fin dal primo momento in cui lo aveva visto, che in silenzio aveva abbracciato Draco fino a qual momento, senza chiedergli spiegazioni, senza pretendere di sapere nulla se non quello che lui le avrebbe voluto dire.

-Astoria, tu fai sempre tutto in silenzio. Ami così tacitamente che se non fosse per i tuoi occhi, non si capirebbe nemmeno. Tu resti zitta, ma per fortuna i tuoi occhi parlano per te, gridano le cose con una potenza tale che nessuna voce potrebbe urlare così forte. E' sciocco chi non se ne accorge.”

Astoria sobbalzò a quella frase, era la prima volta che una persona la descriveva così bene con delle semplici parole, era la prima volta che si sentiva scoperta da qualcuno, e ne provò un'irrazionale paura e vergogna al tempo stesso.

Di colpo Astoria si sentì nuda di fronte agli occhi di Draco, e pudicamente strinse le braccia attorno al petto, quasi a voler nascondere il suo cuore allo sguardo inquisitore di quel ragazzo, che davvero l'aveva assorbita come una spugna.

Non sapeva nemmeno cosa rispondere, ma di colpo era sparita la voglia di seguire Fred e di spiegargli che tra lei e Draco non c'era nulla, la voglia di urlare al rosso che il suo cuore batteva per lui sembrava essersi, per il momento, acquietata.

Era inchiodata alle parole di Draco, immobilizzata al suo sguardo e ancora una volta restava in silenzio, perché non riusciva a rendere giustizia alla tempesta che sentiva dentro.

-Vieni, ti porto in un posto. L'ho scoperto tempo fa, potrebbe piacerti...”

Le propose il ragazzo, tendendole la mano che Astoria afferrò come fosse uno scoglio, stringendola così forte che per un secondo pensò di stargli facendo male: solo quando lui ricambiò la sua stretta si tranquillizzò, continuando a camminargli accanto.

Era così strano camminare accanto a Draco Malfoy e sentire come gli sguardi della gente fossero basiti, quasi increduli, nel vederli insieme, così mal assortiti: tutti erano sempre stati convinti che Draco prima o poi sarebbe finito tra le grinfie di Daphne, e che quei due avrebbero finalmente smesso di far casini insieme, ammazzandosi l'un l'altra.

Astoria avvampò, consapevole che quella stretta di mano tra loro due non sarebbe parsa così innocente agli occhi di tutti gli altri, che di sicuro avrebbero guardato le loro mani intrecciate quasi a volerle condannare, pronti a lanciare lo scoop di Natale che avrebbe reso il Torneo Tremaghi quasi una sciocchezzuola da nulla, insignificante.

George Weasley sbarrò loro la strada, improvvisamente, a braccetto con la sorella Ginny.

Ginny e Astoria erano amiche, nonostante le casate differenti, e forse anche per questo il cuore della rossa si ammaccò un poco, nel vedere l'unica tra i Serpeverde a non essere odiosa che si rovinava nelle mani di quel bastardo di un Malfoy.

Le due ragazze si salutarono con un sorriso piuttosto imbarazzato, ma con grande sorpresa di tutti fu George a parlare, lo sguardo immobilizzato sulle mani intrecciate dei due Serpeverde.

Nel momento in cui colse lo sguardo di George, Astoria maledisse tutte le apparenze, avrebbe voluto urlare per tutto il castello che tra lei e Draco non c'era assolutamente nulla e lui probabilmente lo capì, per questo lasciò libera la mano della ragazza dalla sua stretta.

-Astoria, vorrei parlarti. In privato.”

La sospensione finale fu di tale enfasi che Ginny si defilò tanto velocemente che parve essersi Materializzata nel castello. Draco invece fu di una lentezza indisponente, andò via silenzioso come un serpente, accarezzando appena la spalla della ragazza, a mo' di saluto.

La Serpeverde sospirò, cercando di tenere a bada quel turbinio di emozioni. Cosa voleva dirle George? Non poteva aspettare ancora, ma non sapeva come rompere quel silenzio.

George le sorrise, e Astoria si sentì morire, ricordando come solo pochi minuti prima il gemello le aveva negato quel sorriso che tanto le sarebbe piaciuto ricevere, quel sorriso che da mesi aspettava.

Aveva aspettato in silenzio troppo a lungo, forse aveva ragione Draco: era il momento di iniziare a parlare e di far traboccare le sue emozioni, non poteva aspettarsi che tutti capissero il linguaggio segreto dei suoi occhi e anzi, forse era un bene che quello restasse appannaggio di pochi.

-Astoria, mio fratello non ha fatto anche che bofonchiare il tuo nome negli ultimi dieci minuti. Poi l'ho chiuso nel dormitorio, pensando che fosse delirante, e sono venuto a cercarti.”

Disse il ragazzo, che forse riuscì a sentire il cuore di lei iniziare a battere così velocemente che sembrava volesse uscirle fuori dal petto e iniziare a ballare per tutta la sala, a correre per salire nei dormitori del Grifondoro e andare a liberare Fred dalla sua prigionia momentanea.

Astoria sorrise appena, le gote che velocemente si coloravano, i grandi occhi spalancati che aspettavano che George continuasse, che le dicesse qualcos'altro, che le parlasse ancora di Fred.

Le sarebbe bastata qualsiasi cosa, anche il più piccolo dettaglio, voleva sapere tutto e nessun dettaglio le pareva superfluo in quel momento, voleva solo sentire la voce di Fred accarezzare il suo nome, la lingua che andava a battere contro i denti, la delicatezza di quel suono appena soffiato che usciva dalla bocca di quel ragazzo.

-Pensavo ci fosse qualcosa tra voi due, ma poi ti ho vista con Malfoy. A che gioco stai giocando, Greengrass?”

Le parole di George la fecero sentire spaesata per un secondo, ma le fu facile riprendersi da quella sorpresa momentanea, non aveva nulla da nascondere e voleva che George lo sapesse, che lo riferisse subito al suo gemello, e che lui corresse a chiederle di andare insieme al Ballo del Ceppo.

Astoria sorrise a George di un sorriso sincero, non curante del leggero tono accusatorio che aveva usato contro di lei, non curante del fatto che l'avesse chiamata per cognome, non curante di nulla, se non del fatto che il suo amore per Fred non era stato sporcato da nessun altro.

-Oh George, io e Draco siamo buoni amici, ma niente di più. Si stava prendendo cura di me, dato che.. mi sentivo triste”

Astoria, la stessa Astoria che era stata troppo a lungo silenziosa e che non aveva parlato mai delle sue emozioni, adesso stava ammettendo di aver provato tristezza, tristezza che era sparita alle parole di George e al sorriso gentile che finalmente si dipingeva di nuovo sul viso di quel ragazzo.

George prese una mano della Serpeverde tra le sue, alzando gli occhi al cielo, senza smettere però di sorridere, nonostante una leggera ombra si stesse di nuovo dipingendo sul volto di lui.

E adesso, perchè appariva di nuovo tetro? Cosa doveva dirle ancora, che non le aveva detto?

-Mio fratello è un tale idiota, uno Schiofodo Sparacoda andato a male!”

George si era schiaffato la mano sul viso, con tono teatrale, ed era corso via lasciando una basita Astoria a guardarsi attorno e a chiedersi perchè i ragazzi dovessero essere così incomprensibili.

E soprattutto, cosa era preso a tutti? E cosa stava prendendo a lei?

Astoria non seppe rispondere a nessuno dei suoi quesiti, per questo si incamminò verso la Sala Grande, scoprendo improvvisamente di avere una fame da lupi.

La colazione probabilmente sarebbe stata servita di lì a poco, e Astoria non vedeva l'ora di fiondarsi su una frittella calda e di dimenticare tutte le sue domande, affogandole nel cibo.

Notò subito Fred nella Sala Grande, e a quanto pareva anche lui notò lei, perchè nel momento esatto in cui si sedette, il ragazzo diede una gomitata al fratello minore, seduto accanto a lui.

Astoria si trovava esattamente di fronte a Fred, la visuale gli era solo in parte coperta dalla nuca scura di una ragazza del Grifondoro, che parlava animatamente con la compagna, china su un libro.

Fred diede un'altra gomitata a Ron, accompagnata stavolta da un cenno del capo: lo stomaco di Astoria fece una capriola all'indietro in quel momento, e i suoi occhi si aprirono in un sorriso.

Le sarebbe piaciuto correre verso Fred, ma qualcosa la tenne inchiodata alla sedia, ad aspettare le sue frittelle, o qualsiasi altra cosa che avrebbe potuto far tacere le farfalle che sentiva nello stomaco.

-Ehi Angelina!” urlò Fred, facendo sobbalzare la ragazza china sul libro.

Astoria sorrise, pensando che stesse per chiederle di spostarsi un poco, così da potersi finalmente guardare dritti negli occhi, sorridendosi a vicenda questa volta.

-Vuoi venire al ballo con me?”

A Ron andò di traverso il succo che stava bevendo, mentre tra una risata e un'altra Angelina accettava la proposta sfacciata e plateale, urlata per la Sala Grande.

Astoria sentì il suo cuore infrangersi per la seconda volta, e solo in quel momento lo sguardo di Fred si fiondò sul suo viso, che era diventato nel frattempo di pietra.

Il tavolo di Grifondoro era esploso in fischi di ammirazione, mentre qualcuno dava pacche sulla schiena a Ron che continuava a soffocare tra le risate generali. Solo ad Astoria il sorriso si era totalmente congelato sul viso, e nessuno parve notarlo.

Proprio in quel momento una fredda mano dalle dita affusolate le si posò sulla spalla: l'anello con lo stemma della famiglia Black, i polsini ben piegati, le mani diafane, il profumo inconfondibile, tutto tradiva la presenza alle sue spalle di Draco Malfoy.

-Astoria andiamo, alzati. Vieni con me.”

Non era un ordine, ma una richiesta a cui Astoria non seppe dire di no: voleva mettere leghe di distanza tra sé e quella Sala, e correre quanto più veloce possibile. Aveva bisogno di fiondarsi in quel porto sicuro che rappresentavano le braccia di Draco, e nient'altro.

La ragazza non riuscì a vedere lo sguardo indignato che il suo amico lanciava a Fred Weasley, ma sentì chiaramente le parole che il ragazzo sussurrò quando passarono vicino al tavolo dei Grifondoro.

-Weasley, ti sfido. Stanotte, duello di mezzanotte, fatti trovare al club dei duellanti. Scegliti un secondo che combatta per te quando ti romperò tutte le ossa ad una ad una.”

Lo stomaco di Astoria si chiuse all'improvviso, e il suo cuore perse centinaia di battiti.

Il silenzio del tavolo dei Grifondoro era così teso che Astoria si sentì subito colpevole, lo sguardo pungente di Ginny la attanagliava, nonostante non ci fosse accusa nei suoi occhi blu. La mano di George si schiaffò di nuovo sul suo viso, mentre per la prima volta Astoria ebbe paura che le lacrime iniziassero ad inondarle il viso in pubblico.

Cosa era venuto in mente a Draco? Poteva capirlo, poteva capire il motivo della sua apprensione e apprezzava quella dolcezza che le riservava, ma doveva smetterla.

Draco aveva frequentato casa Greengrass da sempre, lui e sua sorella erano migliori amici, e le due Greengrass erano le sole persone con cui Draco non si comportasse da Malfoy, o almeno lo erano state fin quando Daphne non aveva scoperto il potere dell'essere una bella ragazza e aveva iniziato a comportarsi come se fosse una stronza senza cuore.

Da quando Daphne era così tanto cambiata, Draco si era ritratto ancora di più in se stesso, e Astoria aveva avvertito un cambiamento radicale anche nel modo in cui si rapportava con lei: pensava fosse dovuto a sua sorella, ma sapeva di non poter fare molto per farle ritornare la testa sulle spalle.

E Astoria davvero, lei capiva perchè Draco fosse così attento nei suoi confronti, non voleva che si vestisse di una barriera di indifferenza e menefreghismo, probabilmente aveva paura di perdere anche lei, perchè simboleggiava per quel ragazzo l'unico legame al suo lato più umano, e perchè era rimasta ormai la sola a conoscere il volto che si nascondeva dietro tutte le maschere.

La ragazza capiva tutto questo, ma non poteva tollerare quel duello: prima che Fred potesse proferire una sola parola, Astoria lo fulminò con uno sguardo che non aveva mai rivolto a nessuno prima, posando contemporaneamente una mano sulla spalla dell'amico, che attendeva impassibile una risposta dal rosso.

-Nessuno di voi due combatterà, non ne avete motivo.”

Sentenziò, guardando entrambi. Lo sguardo che quei due si stavano scambiando lasciava presagire una forte rivalità che la piccola Astoria non riusciva davvero a tollerare.

Dimenticò perfino che Fred avesse appena invitato Angelina al ballo, dimenticò il modo in cui si era sentita trattata quella mattina: era la prima volta che parlava con Fred, quella, eppure non parve farci caso. Non erano mai stati così vicini, eppure lei non si era mai sentita così lontana da lui.

-Draco, per favore ritira la proposta.”

Il tono lieve con cui lo chiese mosse qualcosa dentro di Fred: il rosso sapeva che Malfoy non avrebbe mai ritirato una sfida, ma non poteva vedere la piccola Astoria soffrire così tanto.

Il punto era che a lui Astoria piaceva davvero, ma non sapeva come dirglielo, e averla vista abbracciata a quell'idiota di Malfoy gli aveva fatto ribollire il sangue nelle vene.

Avrebbe voluto invitarla al Ballo del Ceppo, ad andare insieme a lui e invece no, per la prima volta Fred Weasley era rimasto senza parole, a guardarla incredula mentre la neve vorticava tra i suoi capelli, e un leggero sole faceva splendere la sua pelle perfetta.

E poi, per un puerile istinto di vendetta, aveva scelto di invitare Angelina solo perchè sapeva che Astoria avrebbe sentito, solo perchè voleva darle una stupida prova di quanto fosse uomo, menre dentro Fred si sentiva in quel momento il più grande idiota al mondo.

Vedere Astoria così affranta fu più forte di ogni suo orgoglio, di qualsiasi impulso avesse di spaccare la faccia a quel gradasso di Malfoy e farlo stare, una volta e per tutte, al suo posto, con le mani lontane da quel piccolo scricciolo di cui adesso entrambi stavano causando l'infelicità.

-Rifiuto di combattere con te, Malfoy. Non devi difendere l'onore della tua dama, è integro e intatto, non mi sognere mai di provarci con una Greengrass, una Purosangue, una Serpeverde.”

Astoria aveva sospirato di sollievo nel sentire le prime parole, e si era sentita morire nel sentire le successive: quel tono freddo e distaccato fu la goccia che fece traboccare il vaso.

La ragazza pareva averlo dimenticato nell'ultimo periodo, ma lei era davvero una Greengrass, una Purosangue, e una Serpeverde, e non ne provava vergogna. Per questo alzò il petto con fierezza, guardando Fred dritto negli occhi: ogni traccia di dolcezza pareva essersi ormai prosciugata in lei, vinta da un'incredibile forza esplosiva. Semplicemente, doveva ammetterlo, era stata troppo a lungo in silenzio: Draco aveva ragione.

-Nessun Traditore del proprio sangue osa parlare così a me o a Draco, Weasley. Ti ho risparmiato dal pubblico disonore, ma usa di nuovo con quel tono insolente e sarò io stessa a sfidarti a duello!”

Astoria girò sui tacchi furiosa, trascinandosi dietro un Draco più che mai divertito che la fissava come se fosse improvvisamente il suo idolo, come se quella fosse l'Astoria che voleva vedere.

Il punto era che quella non era la vera Astoria, e nessuno lo avrebbe mai capito proprio come lei non aveva capito che quelle parole non erano state davvero pensate da Fred, ma semplicemente aveva dovuto dirle per salvare ogni apparenza, e per non renderla infelice.

Ben presto a scuola la sfuriata di Astoria contro Fred divenne leggendaria, quasi come il giorno in cui Hermione Granger aveva preso a schiaffi Draco Malfoy, lo scorso anno.

Al riparo da tutti, in Sala Comune, Astoria si lasciò cadere sulla poltrona, guardando le fiamme del camino e pensando corrucciata a quello che era appena successo. Non provava sensi di colpa per la durezza che aveva usato con Fred, ma le parole piene di pregiudizio che il ragazzo le aveva rivolto le erano sembrate così sciocche, che non le parevano degne di lui. Che lo avesse forse idealizzato?

Dal canto suo, Draco guardava nervosamente fuori dalla finestra, sul volto dipinta un'espressione sconfitta e di una tristezza che nessuno poteva dire di aver mai visto prima su quei lineamenti.

-Draco, che succede?” mormorò abbandonando la poltrona dove era seduta, per andargli accanto.

Il ragazzo si limitò a fare un cenno del capo, e quando Astoria guardò fuori dalla finestra vide sua sorella guardare intensamente Viktor Krum, entrambi stesi sulla neve.

Le mani di lui accarezzarono piano il volto perfetto di Daphne, facendo diminuire vertiginosamente la distanza che li separava: Astoria sapeva come sarebbe finita quella scena, e non le piaceva affatto.

Con forza spinse Draco lontano dalla finestra, gettandoglisi addosso di peso e facendolo cozzare contro una colonna: non voleva che vedesse, e che si lacerasse per questo.

-Non ti fare del male, Draco. Lei tornerà da te, se farai un passo in avanti per cercarla.”

Erano ancora più vicini di quanto lo erano stati quella mattina, e Astoria parve rendersi finalmente conto del corpo di Draco così allacciato al suo, e arrossì a quel pensiero, arrossì a quel loro contatto.

Pareva che Draco fosse innamorato di Daphne e lei non se n'era accorta, persa com'era nel suo mondo di fantasticherie: lui non le rispose, ma si limitò a scuotere la testa e a prenderle il viso tra le mani.

-Le cose sono più complicate di quanto i tuoi occhi innocenti possano vedere, Astoria, ma tua sorella sa tutto” le sussurrò con un tono che non ammetteva repliche, prima di dirigersi verso i dormitori maschili, con passo pesante.

Astoria si lasciò sprofondare davanti al fuoco, continuando a chiedere se fosse l'universo maschile ad essere troppo complicato o lei ad essere ancora troppo ingenua per capirlo. Forse avrebbe dovuto chiedere aiuto a sua sorella, visto che a detta di Draco Daphne “sapeva tutto”.

Il silenzio pesante della Sala Comune e la confusione che provava la fecero presto sprofondare in un sonno agitato, pieno di parole di disprezzo, Schiofodi Sparacoda e civette che mordevano le dita.

Un attimo... quello non era un sogno: c'era davvero una civetta che le stava mordendo le dita.

Astoria si svegliò di soprassalto, trovandosi di fianco uno degli uccelli della guferia che pareva avere una missiva piuttosto urgente da consegnarle. La Serpeverde ne trasse fuori un biglietto, scritto con una di quelle piume pensate per depistare, di quelle che modificano la calligrafia: come avrebbe potuto capire chi fosse il mittente?

Astoria, ogni volta che ti vedo vorrei stringerti tra le mie braccia e tenerti cullata sul mio petto per tutto il tempo, ma tu non puoi capire e io non ti posso spiegare. Non chiedermi chi sono, e non chiederlo nemmeno a te stessa: ma se ti conosco un poco, so che non rinuncerai al piacere di scrivermi e lasciare che io ti scriva. Non posso uscire allo scoperto, ma ho bisogno di dirti tutto quello che provo in qualche modo, tu devi sapere: devi saperlo perchè quando ti vedo, perdo il controllo di ogni razionalità. Se le mie parole ti disturbano, fammelo solo sapere e tacerò per sempre, ma se ti son gradite prendi la piuma e non lasciar dannare ancora a lungo questo cuore impazzito che non può controllare quello che provo per te, cara.

Caro diario...

 

Viktor Krum strinse il volto di quella ragazza dalla pelle diafana tra le mani, cercando nei suoi occhi un luccichio, un'emozione che non riusciva a scorgere: la sua bellezza fredda lo fece indietreggiare.

Daphne non aveva mai permesso ad una sua preda di fare un passo indietro, e non era quello il momento per iniziare a collezionare sconfitte: lei voleva essere la sua dama, e lo sarebbe stata.

Con leggerezza, Daphne posò la sua mano candida dietro la nuca del Cercatore bulgaro, attirandolo a sé in modo da eliminare ogni distanza tra di loro, prima di regalargli un solo, leggero, bacio.

Fu con lentezza estrema che si alzò, la gonna nera ricoperta di neve, guardando Krum con un leggero sorriso: lui la fissava piacevolmente stupito, e guardava gli occhi ipnotici di lei come se stesse studiando la prossima mossa che avrebbe fatto.

Con Daphne Greengrass, nulla è mai come te lo immagini: maestra nel depistare e nello stupire le persone, se fosse nata nel mondo Babbano avrebbe di certo apprezzato la maestria circense.

-Ci vediamo, Viktor” sussurrò la Greengrass, sorridente.

Gli occhi di lui si sbarrarono, e fissarono il moto ondulatorio prodotto dalla camminata di lei, dall'ondeggiare dei suoi fianchi, dal modo in cui i capelli le ricadevano sulle spalle, accompagnando i suoi movimenti in un fluttuare dorato: era la visione più bella che si potesse desiderare.

Tutto questo Daphne lo sapeva bene, e aveva imparato ad usare il suo corpo dopo la confessione da parte di Draco: le parole di quel Malfoy le erano così incastonate nella mente, che mai le avrebbe dimenticate per il resto della sua vita.

Era stato a causa di quelle parole che Daphne aveva iniziato a collezionare sempre più cuori, quasi a cercare di rivendicare in qualche modo il suo, andato ormai perduto irreparabilmente.

Quando la Greengrass raggiunse la Sala Comune, una civetta color ghiaccio le svolazzò attorno, come se la stesse attendendo, guardandola con sguardo fiero e porgendole la zampa in modo che potesse sfilare una pergamena ben arrotolata.

La ragazza constatò che, fortunatamente, si trovava da sola in Sala Comune: a quanto pareva tutti erano fuori a giocare con la neve, nonostante fossero quasi le undici.

-Daphni, stasera sulla barca di Durmstrang.”

Solo queste parole, nessun bisogno di un mittente né di certo di una risposta da parte sua: Krum avrebbe scoperto se il suo invito fosse stato accolto solo quella sera, nel vederla arrivare o no.

Non sapeva neppure lei, a dirla tutta, se volesse andare da Krum su quella nave o meno.

Sapeva bene quello che avrebbe voluto fare quella sera, quello che avrebbe voluto fare ogni sera della sua vita, ma sapeva anche che il suo orgoglio ferito non le avrebbe concesso un'impudenza del genere, mai, a costo di continuare a comportarsi come una stronza insensibile.

Dei passi veloci entrarono nella Sala Comune, e Daphne alzò appena gli occhi: stava sognando oppure semplicemente Salazar Serpeverde aveva ascoltato i suoi più reconditi desideri?

Un ciuffo di capelli biondi stava svolazzando nella sua visuale, due occhi tetri si posarono su di lei incupendosi ancora di più, la camicia bianca che indossava rendeva il corpo di Draco Malfoy così tanto visibile ai suoi occhi che la Serpeverde fu costretta a distogliere lo sguardo dal corpo di lui.

Il ragazzo si avvicinò a lei, risoluto: il suo passo era pesante, i suoi occhi tenevano incollati quelli della ragazza, attraendoli con una forza magnetica.

Daphne indossò di nuovo la maschera di freddezza che da giorni ormai tirava su quando lui le capitava casualmente davanti, sentendosi quasi protetta dalla sicurezza del suo essere inscalfibile.

Draco si lasciò sedere sulla poltrona accanto a lei, puzzava di Whisky Incendiario e continuava a guardarla con un'espressione indecifrabile dipinta negli occhi, come se con quello sguardo potesse far riemergere la Daphne che era stata fino a qualche giorno fa.

-Hai bevuto” constatò lei.

Sapeva quanto odiasse bere, quanto odiasse perdere il controllo di sé e sentirsi succube dei flutti dell'alcool: e allora cosa mai lo aveva spinto a farlo? E a lei perchè importava che avesse bevuto?

Certo, la sua voce era stata piuttosto distaccata e quasi di circostanza, da vera Serpeverde e da vera Greengrass, ma quella domanda tradiva un interesse che non avrebbe voluto avere.

Come si fa a dimenticarsi di una persona che si considera importante da un momento all'altro? E come avrebbe potuto continuare a stargli accanto, nonostante tutto?

-Daphne... dobbiamo parlare.”

L'ultima volta che le aveva detto quelle tre parole, era stato solo sei giorni fa.

 

***

 

-Daphne... dobbiamo parlare.”

Anche quel week-end a Hogsmade era ormai finito, ma la ragazza non aveva affatto intenzione di rientrare a scuola, si sentiva leggermente su di giri dopo tutto l'Idromele che aveva bevuto.

Draco l'aveva strattonata via sulla strada del ritorno a Hogwarts, stringendole il polso, e la ragazza non aveva potuto fare a meno di notare che era da un sacco di tempo che non si trovava sola con lui.

Erano cresciuti insieme, e la Greengrass lo conosceva abbastanza bene da essere più che certa che le stava nascondendo qualcosa, la stava evitando da giorni e questo di solito non era un comportamento tipico da Draco Malfoy.

Gli occhi grandi di Daphne si puntarono in quelli dell'amico, e provò uno strano impulso, fin anche troppo simile a quello che aveva provato Ron Weasley quando, vedendo passare Fleur in tutto il suo splendore, aveva avuto l'ardire di invitarla ad andare al Ballo del Ceppo con lui.

Come se una ragazza del calibro di Fleur potesse anche solo lontanamente pensare di degnare di uno sguardo quel Traditore del suo Sangue!

La Serpeverde guardava il compagno di casata aspettando che parlasse, qualsiasi cosa avesse da dirle: non riusciva a sopportare quell'aria carica di aspettative, e iniziava a temere che i suoi sogni illusori su un futuro insieme all'albino iniziassero a prendere il sopravvento su di lei.

Daphne non avrebbe mai ammesso la sua segreta ossessione per il suo migliore amico, ma l'Idromele le aveva sempre fatto uno strano effetto, e non era quello il caso di perdere il controllo e lasciare la sua fantasia e la sua lingua andare a briglia sciolta.

Gli sorrise appena, quasi a volerlo convincere ad andare avanti prima che impazzisse: era il suo migliore amico da quando erano nati, ed era quasi convinta che i loro genitori avessero stretto una specie di patto matrimoniale tra loro due, o qualcosa del genere che li facesse stare per sempre insieme.

L'amicizia tra i Malfoy e i Greengrass era ormai storica, e a dire il vero l'idea di sposare Draco non le sarebbe affatto dispiaciuta, più che altro avrebbe trovato interessante vedere la faccia della Parkinson quel giorno... Daphne sorrise appena a quel pensiero, rivolgendo poi tutte le sue attenzioni al ragazzo che aveva di fronte a sé.

-Si tratta di una cosa che riguarda noi due.”

Il suo tono di voce era strano, era una freddezza più calcolata del solito e che di solito non usciva fuori con lei, odiava i momenti in cui la trattava con lo stesso distacco che riservava a tutte le altre.

Per questo, leggermente indisposta, incrociò le braccia al petto e continuò a fissarlo, aspettando che si decidesse a parlare di questo mistero che riguardava loro due.

Che esistesse davvero un vincolo matrimoniale stipulato tra le loro famiglie a insaputa dei ragazzi?

E se davvero era quello il problema, a lui sembrava così catastrofico da avere quell'espressione indispettita e quel tono freddo?

La ragazza non potè fare a meno di notare le nocche di lui, chiuse in un serrato pugno, così biancastre che sembravano fatte di cristallo: a quanto pareva, si trattava di una cosa seria.

-Vorrei poterti dire tutto senza nessuna vile e stupida paura”

Il suo tono era accigliato, e i suoi occhi furibondi: voleva tenere a tutti i costi quel segreto dentro di sé e al contempo pareva non vedesse l'ora di farlo uscire fuori.

Il cuore di Daphne per un secondo perse un battito: d'un tratto si accorse che i capelli quasi albini del ragazzo irradiavano un'aurea intorno a lui, e che i suoi occhi erano due fiammelle che guizzavano dolcemente da una parte all'altra, attenti, per poi perdersi nei suoi occhi, proprio i suoi.

Cosa voleva dirle, che addirittura gli faceva paura?

Era la prima volta che lui ammetteva un sentimento del genere, ma nulla nella compostezza del suo viso lo lasciava trasparire. Era sempre stato un tale maestro nel camuffare e nascondere i sentimenti, che perfino a lei spesso risultava difficile capirlo.

Daphne non aveva notato così tanto la bellezza di Draco, prima che lui ammettesse di provare paura: dopo quindici anni, finalmente trasudava una qualche emozione da quel ragazzo, e forse il fatto che fosse legata a lei faceva battere così forte il suo cuore.

Prima che potesse anche solo accorgersi di quello che stava succedendo attorno a lei, Daphne istintivamente prese la mano del ragazzo e la incastrò tra le sue dita: mai prima d'ora si erano presi per mano, lui non si lasciava mai toccare e lei non aveva mai avuto troppa voglia di provare a fare un gesto del genere, così intimo.

Contro ogni previsione, il ragazzo non si ritrasse indietro a quel tocco, e per la prima volta lei riuscì a sentire la consistenza morbida e delicata della sua mano, le sembrava di stringere tra le dita il tesoro più prezioso al mondo, e le pareva al contempo che fosse fatto di sabbia: più forte avrebbe stretto quella mano, più velocemente avrebbe sentito le dita affusolate di lui scivolare via dalle sue.

Non si era accorta, Daphne, di aver abbassato lo sguardo: quando lo risollevò trovò gli occhi di Draco ad attendere i suoi, il volto impassibile che non tradiva nemmeno il minimo sentimento, mentre dai suoi occhi traboccava tutto quello che la stava scuotendo dentro.

-Draco...” sussurrò, accarezzando appena il suo nome.

Non era mai stata una ragazza sentimentalista, le avevano insegnato a tenere a bada tutto quello che provava e a non mostrare mai i propri punti deboli: era così stanca di quella maschera di perfezione e perbenismo, e chi al mondo avrebbe potuto capirla bene come il figlio di Lucius Malfoy?

Erano entrambi cresciuti in un clima totalmente sbagliato per due bambini, ed erano diventati grandi troppo in fretta o forse non lo erano ancora per niente, ma lei era stanca di tutto quello che le era stato imposto, stanca di seguire la strada che altri avevano tracciato per lei.

Voleva uscire dagli schemi, e le era bastato stringere quella mano per capire cosa volesse davvero, per capire chi volesse essere: e lui, era lì per dirle quello?

Ma Draco non parlava, non aveva nemmeno risposto alla dolcezza con cui lei l'aveva chiamato, quasi sospirando il suo nome: continuava a guardarla, la scrutava in un modo così minuzioso che Daphne poteva sentire i suoi occhi sotto la pelle.

Quello sguardo le piaceva quasi quanto la terrorizzava.

Era impaziente, fremeva tutto e per una volta non avrebbe potuto dare la colpa alla sua reazione esagerata quando toccava Idromele: se davvero avesse dovuto trovare un colpevole, avrebbe di certo accusato il ragazzo di fronte a lei e il suo silenzio.

-Draco, ci vieni al ballo con me?”

Buttò lì, quasi senza rendersi conto delle parole che erano appena uscite dalla sua bocca: per Merlino, che le era passato per la testa? Davvero era diventata così idiota, come Weasley?

Daphne si portò una mano sul viso, cercando di coprire l'espressione di terrore e sconcerto che le si era dipinta addosso: in quel momento il suo solo desiderio era di diventare invisibile.

Lo sguardo sprezzante di Draco la fece sentire così piccola che poco alla volta le sembrò davvero di sparire: non riusciva davvero a capire che cosa le fosse successo, o forse semplicemente sarebbe stato troppo imbarazzante per lei ammettere che aveva seguito il suo istinto e dato retta al suo cuore.

Sarebbe stato imbarazzante ammettere di avere un cuore, e soprattutto farlo in presenza di quel ragazzo che la guardava come fosse uno degli animali più brutti che Hagrid avesse mai portato a lezione: lui un cuore non lo aveva, come aveva potuto essere così incauta da dimenticarsene?

-Oh Greengrass, non scherzare. Preferirei portare la schifosa Mezzosangue, che te.”

L'orgoglio ferito di una ragazza di solito porta quest'ultima ad inviperirsi, ma questo non succedeva se la ragazza in questione era Daphne Greengrass: i suoi occhi emanavano scintille infuocate, e istintivamente la ragazza strinse saldamente la bacchetta tra le mani.

Non gli avrebbe fatto passare liscia l'idiozia che aveva appena pronunciato la sua mano volò veloce sul viso di lui, emettendo un sordo rumore che prometteva un forte dolore.

Non aveva la forza per discutere e litigare, non sarebbe stata in grado di far uscire la parte inscalfibile di lei in quel momento: aveva bisogno di stare da sola, e dimenticare.

Con velocità impressionante, la ragazza girò sui tacchi, abbandonando dietro di sé un Draco Malfoy dalla guancia arrossata ma con un fastidioso sorriso sprezzante ancora dipinto in viso.

***

Per la seconda volta Draco era di fronte a lei, a dirle che dovevano parlare: si poteva sapere che cosa avesse di così importante da dirle, questo ragazzo? Per una volta, era lui quello alticcio, mentre lei era così sobria che la sua fredda compostezza la faceva sembrare una statua di ghiaccio.

Non avrebbe mai pensato che indossare una maschera di indifferenza con il suo migliore amico le potesse riuscire così semplice, e la affliggeva scoprire che invece lo era: davvero è così facile ignorare qualcuno e farlo sentire meno di zero, anche quando per te vale più di tutto il resto?

A volte Daphne invidiava quei buoni di cuore delle altre case, le sarebbe piaciuto per 24 ore potersi comportare come quello Sfregiato di Potter o il suo adorato amichetto dai capelli rossi, capire cosa ci fosse di così bello ad essere tutto cuore e niente cervello.

Forse soffrivi di meno, se non pensavi: di solito si dice che a non seguire il cuore si sta meno male, ma l'estremo raziocinio dei Serpeverde non era stato affatto un toccasana per la ragazza, non da quando stava crescendo per lo meno.

-Draco, non ho tutta la serata. Sputa l'Ippogrifo e facciamola finita”.

La sua voglia di andare a trovare Kurm vacillava sempre di più: infondo, la voglia di portare uno dei Campioni Tremaghi al Ballo era nata solo come vendetta nei confronti di Draco, era nata solo per poter dimostrare a quell'albino insensibile che si era perso la dama più ambita del castello.

Evidentemente no, lui non le era così indifferente come stava fingendo le fosse, ed erano proprio quei pensieri vendicativi a farglielo capire: voleva che lui soffrisse per lei, che capisse quello che si era perso, che tornasse strisciando a chiederle umilmente scusa.

Era un sogno irrealizzabile, lo sapeva bene, ma Daphne Greengrass aveva la caparbietà della sua famiglia e avrebbe saputo aspettare anche anni, pur di prevaricare in una battaglia come quella.

Lui sospirò impercettibilmente, e tra le sue mani comparve un bicchiere dal liquido non bene identificabile, di sicuro niente di legale all'interno delle mura della scuola: come poteva avere sempre tutto quello che voleva, senza mai pensare alle regole, senza mai pensare agli altri e soprattutto passandola sempre liscia?

Daphne incrociò le braccia al petto, aspettando con scarsa pazienza che lui sorseggiasse il suo drink e si decidesse a parlare: era così convinto che lei non avesse nulla di meglio da fare che stare lì ad aspettare lui, che le mani iniziarono a pruderle di nuovo.

-Greengrass, l'altro giorno stavi cercando di rendermi simile a Potter, uno sfregiato come lui?”

Chiese con insolenza, facendole mordere il labbro: dove voleva andare a parare adesso?

Quel suo alone di mistero iniziava a darle fastidio, nonostante in lui lo avesse sempre apprezzato: ma Daphne era cambiata, aveva volutamente deciso di cambiare.

Il tempo infinito che lui si prendeva per biascicare le sue parole, il modo stressante in cui sorseggiava il drink che aveva in mano, le fecero girare i nervi: e quello che ancora di più le faceva girare i nervi, era il fatto che lei era ancora lì seduta, ad aspettarlo.

Ad aspettare che lui le parlasse, che dicesse qualcosa, qualcosa che riuscisse a riavvicinarli di nuovo, a farli tornare come prima.

Ma quelle parole non vennero, e di nuovo Daphne si maledisse per essersi illusa che Draco Malfoy potesse anche solo lontanamente provare un briciolo di sentimento umano, nei confronti di chiunque.

-Oh Draco, stai diventando davvero pesante. Ero ubriaca, smettila di comportarti come se per me fossi importante!”

Sbottò la ragazza, guardandolo in cagnesco e alzandosi in piedi.

Voleva correre velocemente fuori dalla Sala Comune ed evitare di vedere quel ragazzo, altrimenti di sicuro gli avrebbe lanciato un Anatema, rischiando l'espulsione.

I corridoi erano deserti, il Ballo del Ceppo si avvicinava e lei ancora non aveva un accompagnatore: non si sarebbe accontentata del primo qualsiasi, né sarebbe stato lo strumento di Krum per far ingelosire la NataBabbana.

Lei meritava il meglio, e se lo sarebbe preso.

Mentre saliva velocemente le scale della Guferia, il suo piano le sembrava così perfetto che si stupì di se stessa: come diavolo aveva fatto a non pensarci prima?

Sarò la tua dama per il Ballo del Ceppo, ci vediamo davanti al cancello. Sii impeccabile.

Una pergamena breve, senza nessuna firma, che non ammetteva replica: era sicura di conoscere il suo futuro cavaliere abbastanza bene da poter stare tranquilla del fatto che non l'avrebbe delusa. No che non l'avrebbe fatto, non lui.

Era sempre stato troppo attratto dalle sfide, e poi non avrebbe avuto di certo molta scelta: la pergamena era imbevuta di un profumo inebriante, che in realtà era un perfetto filtro d'amore.

Per i più sarebbe risultato sleale, ma questa parola non aveva mai avuto alcuna importanza per Daphne Greengrass: lei avrebbe sempre ottenuto quello che voleva, a qualsiasi condizione.







 

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Capitolo 3
*** You're my obsession ***


"You're my obsession
My fetish, my religion
My confusion, my confession
The one I want tonight
You are my obsession
The question and conclusion
You are, you are, you are
My fetish you are
You can kiss me with your torture
Tie me up to golden chains
Leave me beggin undercover
Wrong or right
It's all a role play
Let us make a thousand mistakes
We will never learn"

CHAPTER 3. "My Obsession"

Caro diario, non potrai mai credere a quello che è successo, a dire il vero non ci credo ancora neanche io. Sono appena rientrata dal Ballo, e non so da dove iniziare a raccontare...

 

Theo aveva approfittato di una Sala Comune quasi deserta, per avvicinarsi a lei.

Le aveva regalato un mazzo di fiori campestri, probabilmente raccolti da lui: profumavano ancora di pioggia e terra, erano inebrianti e bellissimi.

Con un leggero sorriso, l'aveva invitata ad andare insieme a lui al Ballo del Ceppo, guardandola negli occhi speranzoso.

Theo non era un brutto ragazzo, e le stava piuttosto simpatico: avrebbe detto subito di sì, se una civetta non fosse svolazzata sopra la sua testa, facendole cadere un biglietto sul grembo.

Riconobbe subito la pergamena, era uguale a quella che le era arrivata giorni prima: il suo scrittore anonimo le aveva risposto.

Astoria slegò velocemente il biglietto, dimenticandosi di dare una risposta al Serpeverde di fronte a lei, che incrociò le braccia sul petto.

Astoria, so che sembra una follia, ma voglio un ballo con te stasera. Non sai nemmeno chi sono, ma ti inviterò a ballare, quindi dimmi di sì. Per favore, dimmi di sì.

Solo queste poche righe bastano per farle battere forte il cuore, fino a sentirlo galoppare fuori dalla gabbia toracica.

Possibile che fosse Fred, che fosse quello il suo modo per invitarla al Ballo?

“-Theo, mi dispiace ma ho già un invito...” Mentì, sapendo di non poter considerare quella pergamena un invito.

Il suo mittente anonimo infatti non l'aveva invitata ad andare al Ballo con lui, ma solo a danzare una sola volta insieme.

Eppure la ragazza si sentiva così frenetica, che si dimenticò di non poter andare al Ballo, se non con un accompagnatore: non era ancora del quarto anno.

Aveva appena rifiutato Theo, dicendogli di avere già un partner: di sicuro nessun altro Serpeverde si sarebbe fatto avanti.

Confusa, la ragazza salì velocemente le scale del dormitorio maschile, dirigendosi verso la porta di Draco: aveva bisogno di un suo consiglio, lui avrebbe di certo trovato la soluzione giusta.

Non poteva dirgli il vero motivo per cui moriva dalla voglia di partecipare a quel ballo, ma avrebbe inventato una scusa abbastanza plausibile.

Quando aprì la porta del suo dormitorio, lo trovò steso sul letto con gli occhi chiusi, mentre una furiosa Pansy Parkinson gli urlava contro.

A quanto pareva, la Serpeverde era andata a riscuotere l'invito che non aveva ancora ricevuto.

La mente di Astoria galoppò velocemente – forse anche troppo – nel sentire le parole della Parkinson.

“- Pansy, mi dispiace, ma ho chiesto a Draco di accompagnarmi perchè altrimenti non sarei potuta venire” disse, entrando nella stanza con disinvoltura.

Il ragazzo si mise a sedere sul letto, guardandola con fare incuriosito, senza però interromperla.

Il fatto che non le avesse sbraitato contro era già un segno positivo, perciò la piccola di casa Greengrass decise che forse era il momento di rincarare la dose, e cogliere due piccioni con una fava.

Era abbastanza sicura che Draco non intendesse affatto andare al Ballo con Pansy, la sopportava a malapena e cercava di scrollarsela di dosso da mesi.

“- Mi dispiace, ma Narcissa mi ha anche spedito uno splendido vestito... le nostre famiglie vanno molto d'accordo, e io e lui siamo amici di lunga data. Mi sta solo facendo un favore!”

Il suo tono era leggero e cordiale, ma l'espressione sugli occhi della Parkinson era di odio puro.

Fu Draco stesso a impedire che la sua sfuriata avesse inizio, invitandola ad accomodarsi fuori dalla sua camera.

Astoria scoppiò a ridere non appena la porta alle sue spalle si chiuse, appoggiandosi ad essa e scivolando lentamente per terra, le mani tra i capelli e un attacco incontrollabili di risate.

Anche Draco si mise a ridere di cuore, come non succedeva da troppo tempo ormai: era sempre così serio ultimamente, sembrava un cielo pronto al temporale.

“- Che ti è saltato in mente, benedetta Greengrass?” Le chiese, sedendosi accanto a lei.

La ragazza tentò di calmarsi, stava piangendo fino alle lacrime, divertita come non mai.

Posò la testa castana sulla spalla del ragazzo, godendosi quel momento di serenità: aveva dimenticato come fosse bello sentirsi così felice.

“- Andiamo, non dirmi che volevi andare al Ballo con lei!” Sogghignò Astoria, dandogli una leggera gomitata sul petto.

Lui si alzò in piedi, e in meno di tre secondi la ragazza si trovò sommersa da ripetute cuscinate: le piume iniziarono ad uscire fuori da quei delicati cuscini, impigliandosi nei capelli della ragazza.

Cos'era stata quella, una punizione? E lui davvero si aspettava che non avrebbe reagito?

“- Accio!” esclamò, sfoderando la bacchetta e facendosi volare in mano un altro cuscino.

Aveva voluto la guerra? Non si sarebbe di certo tirata indietro, lei.

Dopo quasi 15 minuti di lotta, Draco cadde di nuovo sul letto, stavolta un leggero sorriso rendeva i suoi lineamenti più umani, ancora più belli del solito.

Non c'era nessuna traccia del Malfoy che tutti conoscevano, in quel momento.

Astoria tolse piano le piume che si erano incastrare tra i capelli di lui, osservandolo mentre si lasciava accarezzare, con gli occhi socchiusi.

“- Non sapevo con chi andare al Ballo, sai? Credo di dover ringraziare Pansy, alla fine”

Sorrise la ragazza, confessandogli così il motivo per il quale era salita fino al suo dormitorio.

Draco si sporse appena, posando la testa sul gomito e guardandola intensamente negli occhi.

La ragazza sentì una piacevole morsa al petto, gli era sempre piaciuto tuffarsi in quello sguardo così misterioso e indecifrabile, le era sempre piaciuto tentare di capirlo.

“- Tu dovevi venire con me, Astoria, sapevi di doverlo fare”

Concluse con tono enigmatico, senza dare altre spiegazioni: ma Astoria Greengrass era diversa da sua sorella, non chiedeva più di quanto le fosse concesso sapere.

Semplicemente, rispettava i silenzi altrui, e trovava affascinanti le cose non dette, ancor più di quelle dette esplicitamente.

Erano proprio le parole taciute quelle sulle quasi si soffermava la notte, erano quelle che riempivano le pagine più belle del suo diario.

“- E tra parentesi, mia madre ha preso davvero un vestito per la mia dama... vuoi vederlo?”

Chiese, alzando gli occhi al cielo e mettendosi completamente a sedere.

Narcissa Malfoy era davvero pazza, e avrebbe fatto di tutto per la felicità del figlio.

Astoria annuii: la donna aveva buon gusto, era davvero curiosa di vedere cosa avesse scelto: lo avrebbe indossato di certo, anche se non le fosse piaciuto.

Non avrebbe mai fatto un torto a quella donna, la madre di Draco era per lei una zia, così come lo era anche Bellatrix Black.

La vera Bellatrix, non quella che si trovava rinchiusa ad Azkaban: tutta la popolazione magica ha sempre creduto che Bellatrix Black potesse essere relegata in una prigione, scioccamente.

Era la strega più brillante e potente della sua generazione, e aveva dalla sua parte la protezione di molti uomini influenti: catturare la vera Bellatrix sarebbe stato impossibile.

Probabilmente in cuor suo il Ministro lo sapeva, ma si era accontentato di offrire al mondo magico la notizia della cattura della donna più pericolosa di tutta la comunità.

Si trattava in realtà di un semplice simulacro con le fattezze di Bella, che giaceva tra le sbarre di quella prigione accerchiata dai Dissennatori: si vociferava che avesse una cella tutta per sé..

E invece no, lei era protetta all'interno del Black Manor da un Incanto Fidelius molto potente: per un assurdo motivo, era Astoria la protettrice di Bellatrix.

Non aveva mai capito perchè fosse stata scelta proprio lei, e nessuno tranne Bellatrix lo sapeva: il loro legame era così forte, da sembrare davvero zia e nipote.

A volte, le sembrava addirittura di essere come una figlia per Bella: parlava di lei con lo stesso ardore con il quale parlava dei piani per ritrovare l'Oscuro Signore.

Astoria si risvegliò dai suoi pensieri solo quando Draco le stese sul letto un vestito a dir poco stupendo: la ragazza rimase senza fiato, carezzandone appena la stoffa leggera.

Era di un chiarissimo verde mare, che si faceva via via più chiaro verso la parte centrale.

Un nastro lucido dello stesso colore cingeva la vita, e differenziava la parte superiore, stretta e pronta a fasciare le forme del corpo, dalla parte inferiore, più morbida e perfetta per un ballo.

Era semplicemente incantevole, e il suo sguardo dovette compiacere parecchio Draco, che le posò con cura il vestito sul grembo.

“- Se vuoi vedere il Diavolo in giardino, vesti una mora di turchino!” Recitò felice, declamando un antico detto magico.

La Serpeverde non sapeva neanche come iniziare a ringraziarlo, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, lui la azzittì posandole un dito sulle labbra.

“Corri a farti bella Astoria, ti aspetto in Sala Comune tra qualche ora”.

La ragazza non se lo fece ripetere due volte, ma prima di arrivare nella sua stanza, la stessa civetta bianca la raggiunse.

La ragazza arrossì appena, ricordandosi di non aver ancora risposto: questa volta l'uccello aleggiò su di lei, e ci mise un poco per far cadere la piccola pergamena.

Quella carta le era così familiare, ma proprio non riusciva a capire dove l'avesse già vista...

Srotolò in fretta il bigliettino, divorata dalla curiosità, il suo difetto fatale.

Sarai di sicuro bellissima stasera, mi darai l'onore di stringerti tra le mie braccia, Astoria? So che forse non lo merito, e se ti dicessi tutta la verità tu mi odieresti, ma credimi se ti dico che voglio solo vederti sorridere. A stasera, mia cara.

Astoria si affrettò a prendere una piuma e rispondere velocemente, aveva così tante cose da chiedergli, lei che non faceva mai domande.

Voleva scoprire chi fosse, questo ammiratore, e poterlo guardare negli occhi: sperava con tutto il cuore che si trattasse di Fred, ma dopo la freddezza con cui l'aveva trattata non poteva illudersi troppo.

Non aveva pensato molto al ragazzo, dopo il loro primo – e probabilmente unico – scambio di battute: le ribolliva ancora il sangue per le parole che le aveva detto, davanti a tutta la scuola.

Astoria cercò di sbrigarsi, ma il tempo si stava prendendo gioco di lei: quando scese di corsa le scale del dormitorio, Draco era già in Sala Comune ad aspettarla.

Al suo fianco, Theo e Pansy la guardavano imbronciati, come se tutte le colpe di ogni calamità successa al mondo fossero sue.

Draco sorrise appena, vedendola scendere con leggerezza le scale, e le andrò incontro porgendole il braccio.

“- Ti sei fatta desiderare, ma ne è valsa la pena. Sei incantevole, Astoria”

La salutò, mettendole al polso un piccolo bracciale che si abbinava perfettamente al vestito, e facendole perdere un battito cardiaco.

Perchè stava facendo tutto questo per lei? Non ebbe neanche il tempo di chiederglielo, che subito iniziarono a dirigersi verso la Sala Grande.

Quando ci arrivarono, la trovarono perfettamente addobbata: Astoria si guardò intorno, cercando tra le coppie che ballavano volti a lei noti.

Fred e Angelina ballavano sorridendo, poco distanti dal centro della pista: lui era semplicemente bellissimo, e nonostante avesse provato a controllare quello che provava, il suo cuore iniziò a battere all'impazzata alla sua vista.

Fred si voltò verso di lei, forse per un sesto senso, e Astoria abbassò subito lo sguardo: non voleva farsi cogliere con le mani nella marmellata, come da bambina.

Draco le prese la mano, cogliendola alla sprovvista e trascinandola in pista.

“- Sei silenziosa stasera, che succede?” Le chiese, forse un poco apprensivo.

La verità era che Astoria si sentiva fuori di sé dalla felicità, per quella serata bellissima e per quello che ancora sarebbe successo.

Chissà quando avrebbe visto il suo compagno di epistole, come avrebbe fatto a riconoscerlo?

Non le aveva dato mai alcun indizio, eppure era certa che sarebbe venuto, prima o poi, a chiedere la sua mano.

Viktor Krum ballava poco lontano da lei con una splendida Hermione Granger, Ginny invece ballava con un più che mai sorridente Neville.

Le due ragazze si sorrisero, quando volteggiarono l'una accanto all'altra, tra le braccia dei loro cavalieri.

Lo sguardo di Ginny scrutò con freddezza Malfoy, pareva ben contenta di stare tra le braccia di Neville, piuttosto che essere anche solo sfiorata da quelle del quasi albino.

Astoria fece un altro giro, e un piede pestò il suo, facendola trasalire appena.

Si fermò, alzando lo sguardo per fulminare il padrone di quelle scarpe, ma non ne ebbe tempo che la voce soave di Silente risuonò in un amplificato “Scambio di coppie!”

Il proprietario della scarpa altro non era che Fred Weasley, che le strinse il polso attirandola a sé.

“- Ci tocca ballare insieme, Greengrass” Le fece notare lui, come se fosse così stupida da non capirlo da sola.

Astoria cercò con lo sguardo Draco, ma il suo accompagnatore sembrava essere stato risucchiato da tutta quella folla eccitata di ballerini amatoriali.

“- Chiamami Astoria, per favore” Sussurrò lei, odiava essere chiamata per nome, e lui lo pronunciava come se fosse qualcosa di sudicio, un reato.

Non che si vergognasse della sua famiglia, assolutamente, ma non le piacevano particolarmente le formalità, anzi a dire il vero non le piacevano affatto.

Lui sorrise, leggermente più affabile, facendole fare un giro su se stessa.

“- Sei davvero bella, stasera”

Astoria si sentì avvampare a quelle parole, ma cercò di nascondere quell'imbarazzo e di far rallentare al suo cuore quel battito troppo accelerato.

Lo pensava davvero, o la stava solo prendendo in giro?

Non sapeva più cosa aspettarsi da Fred ormai, e decise che per quella sera la cosa migliore forse era ripartire da zero, senza nessuna aspettativa.

“- Grazie, Fred. Ti stai divertendo, con Angelina?”

Gli domandò senza cattiveria, anche se le vere domande che voleva porgergli erano in realtà altre.

Perchè non aveva invitato lei, a quel Ballo? Perchè aveva aspettato di invitare un'altra davanti ai suoi occhi? Perchè si comportava da enorme stronzo?

Astoria non era mai stata una ragazza violenta, tutt'altro, ma aveva una strana voglia di prenderlo a schiaffi in quel momento, mentre lui le sorrideva apparentemente felice.

Cosa lo rendeva così felice? Era davvero dedicato a lei, quel sorriso?

“- Preferisco parlare di te, Astoria. Devo dirti una cosa...”

Il cuore della ragazza si fermò, ma Silente ordinò di nuovo un cambio di coppia e Astoria dovette frenare la sua curiosità.

Cosa voleva dirgli Fred? Qualsiasi cosa fosse, per lei aveva acquistato capitale importanza.

La ragazza finì pensierosamente tra le braccia di Theo, che finalmente ebbe la sua opportunità di ballare con lei.

La ragazza ballò, in ordine, con: Harry Potter, un ragazzodi Durmastrang che si presentò come Lev Aleksandrovijch, un Corvonero che conosceva solo di vista, il professor Piton e Ginny.

Il ballo con Ginny fu in assoluto il più divertente: la ragazza ne disse di cotte e di crude su Draco, prima di arrivare a quello che era l'argomento che più le premeva.

“- Allora, tu e Fred? Vi ho visti molto affiatati!”

Sorrise contenta: aveva tutta l'aria di una bambina felice che sta per mettersi a saltellare da un angolo all'altra.

Astoria si prese un secondo per riflettere, cercando le parole giuste da dire: ma in effetti, quali sarebbero state queste famigerate parole giuste?

“- Non capisco tuo fratello. Prima mi tratta come se fossi figlia del Signore Oscuro, e stasera invece era così... affabile!”

Sbottò, sperando che Ginny potesse aiutarla a capire cosa gli fosse preso.

La ragazza, in tutta risposta, le prese la mano e la trascinò lontana dalla pista da ballo, vicino ai gradini.

Astoria si sedette morbidamente, aggiustando le pieghe del vestito e guardando la rossa, in attesa che dicesse qualcosa – qualsiasi cosa, purchè le togliesse tutti quei dubbi.

Ginny si sedette accanto a lei, prendendo un profondo respiro prima di iniziare a parlare.

“- Mio fratello a volte è strano, Ast”

Le fece notare lei, come se ci fosse davvero bisogno di quell'osservazione.

La ragazza alzò pericolosamente un sopracciglio, e la rossa si affrettò a proseguire, non senza sorridere divertita, prima.

“- Si vede lontano un miglio che ti piace...”

La stuzzicò appena, giocando con una bomba pronta ad esplodere.

“- Piccola imprudente di una Weasley, hai finito di dire ovvietà?”

Sbottò Astoria, accorgendosi solo un secondo dopo di aver fatto la più grande cavolata di tutta la sua vita: non solo aveva ammesso a Ginny di avere una colossale cotta per Fred, no.

Fred era lì, proprio dietro di lei, che guardava la sorella e Astoria con fare inquisitore.

Troneggiava su di loro con tutta l'aria di chi vuole sapere qualcosa.

“- Chi ti piace, Astoria?” Domandò incuriosito, intrecciando i suoi occhi a quelli della ragazza.

TU! Gridavano gli occhi di lei, ma l'orgoglio della Serpeverde non le avrebbe mai fatto ammettere una cosa del genere.

TU! Gridava il suo cuore, ma le sue labbra restarono sigillate.

Fu Fred questa volta ad alzare un sopracciglio, così tanto che sparì tra i capelli rossi.

In qualsiasi altra circostanza, Astoria ne avrebbe riso: adesso invece si sentì tremare dentro, non aveva idea di come comportarsi, né di cosa dire.

Ginny si era rimpicciolita, lei che non perdeva mai occasione per parlare di qualsiasi cosa, adesso cercava di scomparire nel suo vestito, preda di un insopportabile silenzio.

“- Che importa, Fred?” Furono le flebili parole che uscirono dalle sue labbra, la risposta geniale che il suo cervello aveva elaborato in due minuti di frenetici pensieri.

Ginny si mise una mano sulla fronte, lanciando maledizioni a caso a tutto l'universo.

“- Mi importa.” Tagliò corto lui, con tono un poco più duro.

Astoria si alzò in piedi, guardandolo negli occhi, il cuore che batteva a mille.

Che diavolo stava facendo? Non lo sapeva neanche lei, stava solo seguendo il suo maledettissimo istinto.

Si avvicinò al ragazzo, dandogli un leggero bacio.

Sulla guancia.

E poi scappò via, velocemente, lasciandolo frastornato.

Sì, perchè il suo istinto le aveva urlato una sola cosa: “SCAPPA! VELOCE!”

 

***

 

Caro diario,

quello doveva essere il ballo più bello della mia vita. Sono stata io la regina incontrastata dall'inizio alla fine, nessuna Fleur potrà mai giungere a far parlare tutto il castello di sé in questo modo.

Eppure, non riesco ad essere felice, perchè qualcuno deve sempre impedirmelo.

Vuoi sapere cosa è successo, diario?

 

 

Daphne Greengrass era semplicemente bellissima quella sera: quando uscì dal bagno della sua camera, i suoi capelli biondi erano raccolti con eleganza, lasciando appena che qualche ciocca ondulata cadesse morbidamente sul suo collo e sulla sua schiena.

Attiravano tutta la luce circostante, facendola brillare come il più prezioso dei diamanti.

Il vestito che indossava era rosso, scarlatto come le sue labbra: ricadeva sul suo corpo modellandone le forme sinuose, ma non risultava affatto volgare.

Sarebbe stata bellissima anche con uno straccio addosso, riusciva ad essere la più bella anche indossando la classica uniforme scolastica.

Adesso però, con quel vestito addosso, sembrava davvero uscita da una di quelle fiabe che le raccontavano da bambina.

Si sentiva una vera principessa, anche senza un diadema impegnativo tra i capelli.

Quando il suo cavaliere la vide, si aprì immediatamente in un incantevole sorriso: gli occhi gli brillarono dalla gioia, quando la più grande delle Greengrass posò la mano sul suo braccio.

“-Andiamo, siamo già in ritardo. I campioni Tre Maghi aprono le danze”

La incitò il ragazzo, dandole un leggero bacio sul collo, e ricordandole che quella sera sarebbero stati piacevolmente sotto i riflettori.

Era questa la parte migliore dell'aver stregato un campione del Torneo: tutti l'avrebbero notata, tutti avrebbero avuto il suo nome sulle labbra.

Il bacio sul collo, dapprima leggero, si fece via via più audace, acquistando una sfrontata passione.

Le piaceva. E non se lo aspettava, da lui.

Di solito era lei a prendere in mano le redini del gioco, ma forse il filtro d'amore, o forse il suo irresistibile fascino di quella sera, aveva reso il ragazzo molto più disinibito.

L'alto tacco della scarpa nera della ragazza toccò carezzevole il tappeto rosso, poggiandosi sul primo gradino.

La musica nella Sala si era fatta più lenta, i campioni stavano per fare il loro ingresso, tra l'eccitazione generale.

Tutti – studenti e professori – avevano formato un capannello attorno all'ampia gradinata, cercando di accaparrarsi il posto migliore per essere i primi a vederli arrivare.

Quando Daphne iniziò a scendere le scale, si accorse che gli occhi di tutti i presenti si erano puntati sulle loro figure, così sorpresi di vederli insieme che nemmeno fiatavano.

Gli occhi di Hermione Granger, che si trovava proprio davanti a lei, erano talmente spalancati che parevano uscirle fuori dalle orbite.

Per nascondere la sorpresa la ragazza si era addirittura portata una mano sulle labbra, arrossendo violentemente davanti a quella visione.

Daphne sorrise ai presenti, così come fece il suo cavaliere: parevano l'immagine pura della bellezza.

Non scorse sua sorella nella Sala, e nemmeno la sola persona per la quale aveva messo in scena tutto quel teatrino.

Che fine aveva fatto quel furetto nervosetto di un Malfoy?

Doveva sempre rovinarle tutto, anche il suo ingresso teatrale: perchè non poteva darle la possibilità di vederlo stringere le nocche, e morire di invidia?

Daphne si riscosse dai suoi pensieri quando il ragazzo la strinse a sé, portando una mano sul fianco di lei e attirando i loro corpi.

Dovevano aprire le danze, non poteva permettersi di pensare a quel mezzo albino adesso, avrebbe di sicuro avuto modo di vederlo morire d'invidia, più tardi.

Adesso era il momento di splendere, e non se lo sarebbe fatta ripetere due volte.

1-2-3, 1-2-3.

Le tipiche note del valzer riempirono l'aria circostante, era sempre stato uno dei suoi balli preferiti, probabilmente il ballo da sala che meglio le riusciva.

Il ragazzo la fece girare su se stessa, la stoffa leggera del vestito frusciò nell'aria, poi lui le cinse i fianchi e le fece fare una leggera giravolta in aria.

Il suo bel cavaliere la fece atterrare con grazia, per poi riprendere la sua mano sinistra, cingendole adesso la spalla, così da avvicinare i loro petti.

Daphne non potè fare a meno di guardarlo negli occhi: da vicino, doveva ammetterlo, era un bel ragazzo.

Da lontano... non rendeva altrettanto, o almeno non lo aveva mai apprezzato come quella sera.

Lui aprì i piedi, poi fece un passo avanti con il sinistro e infine li portò entrambi a una distanza pari a quella delle spalle, grazie ad un passo diagonale da abile ballerino.

Lei lo seguì, pensando che aprire il Ballo fosse davvero un'ottima idea.

Si chiese se avesse preso qualche lezione di ballo, a guardarlo non avrebbe mai giurato che fosse in grado di muovere più di due passi coordinati.

La sua andatura era piuttosto goffa, sembrava a suo agio solo sulla sua scopa, eppure aveva un particolare talento per il ballo.

Poco dopo, gli altri ballerini iniziarono ad unirsi a loro, capitanti da un sorridente Silente a braccetto con la McGranitt.

Daphne sorrise nel guardarli insieme, trovandoli una coppia piuttosto buffa, poi tornò a concentrarsi sul suo cavaliere, e a dedicare solo a lui tutte le sue attenzioni.

Ballarono forse per ore intere, ridendo e parlando del più e del meno.

Non ci avrebbe mai scommesso, ma si stava divertendo con lui, e forse era davvero il caso di approfondire quella conoscenza al di fuori dal Ballo del Ceppo.

Si era un poco ricreduta sul suo conto, nell'arco della serata.

“- Vado a prendere da bere, ti va?” Le chiese galante, lasciando la sua mano che aveva prima portato alle labbra.

Daphne sorrise di quella formalità, e lui fece lo stesso prima di sparire risucchiato dalla folla, diretto verso il bancone delle bibite.

Un Idromele sarebbe stato perfetto, ma dubitava che ci fosse: era pur sempre una festa scolastica, quella.

Non fece neanche in tempo a pensarci, che un Draco Malfoy incavolato si avvicinò con passo veloce e altero verso di lei.

Oh, no.

Lui non aveva nessun diritto di essere incavolato.

Poteva farle una noiosissima ramanzina, accusarla di stare a fraternizzare con il nemico, ma non era lui quello che aveva diritto ad infuriarsi.

Il Serpeverde le strinse forte il polso, trascinandola verso una colonna abbastanza riservata: tutti stavano ballando, e se non avessero urlato nessuno si sarebbe accorto di loro.

- Hai rifiutato me, e hai portato al ballo lei! Ti odio, Malfoy.”

Sbottò, le guance che iniziavano ad infervorarsi fuori dal suo controllo, il battito cardiaco accelerato.

Lo aveva visto ballare con sua sorella, poco distante da lei: lui aveva fatto di tutto per farsi notare, mettendosi in mostra da bravo esibizionista.

Stava davvero cercando di non alzare la voce: non voleva dare spettacolo, per quanto fosse difficile contenere la furia assassina che pareva possederla in quel momento.

Non doveva essere lei, quella gelosa: il suo obiettivo non era quello, aveva architettato quel piano diabolico solo per farlo morire di gelosia, ma come sempre lui aveva rovinato tutto.

Sentiva nelle mani una forte scarica elettrica, una voglia indomabile di picchiarlo o di lanciargli contro una Maledizione Cruciatus.

“- Sei gelosa, Greengrass?” domandò lui, leggermente sorpreso.

Il sorrisetto che gli si era dipinto sulle labbra era così odioso che avrebbe fatto di tutto per cancellarglielo.

Non lo avrebbe mai ammesso, neanche a se stessa a dirla tutta.

Non avrebbe mai dato a quell'idiota di Draco Malfoy quella soddisfazione, avrebbe portato con sé il suo segreto, nella tomba.

Una parte di lei però, voleva tirargli uno schiaffo, di nuovo.

Gli avrebbe volentieri urlato contro che aveva portato al Ballo la Greengrass sbagliata, ma si morse la lingua per evitare di farlo.

“- Ti piacerebbe.” Tagliò corto, guardandolo con occhi glaciali.

Stava morendo di gelosia, rabbia e soprattutto frustrazione.

Non riusciva a capire cosa stesse succedendo tra di loro: erano stati così legati, un tempo.

Fino a poche settimane fa, le pareva impossibile la sola idea di litigare con Draco.

Adesso non lo chiamava neanche per nome, per lui era soltanto Malfoy, così come per quasi tutto il castello: aveva iniziato a sfoderare quella maschera anche con lei, nonostante tutto.

E per lui invece, che cos'era diventata adesso lei?

La stava trattando come un giocattolo vecchio da buttar via, stavano agendo per ferirsi l'un l'altra, per farsi del male inutilmente.

La stava trattando come se fosse una scarpa gettata via perchè vecchia, ormai logora, logorata però dai suoi stessi passi.

Era questo il loro modo di dimostrarsi quanto si volessero bene a vicenda, dimostrarsi quanto soffrissero l'uno per mano dell'altra?

Draco stava diventando per lei il suo coltello.

E stava scavando a fondo dentro di lei, dimostrandole che era molto di più di una Greengrass costruita, di una Purosangue orgogliosa che dalla vita aveva avuto sempre tutto.

Era molto più della ragazza asettica che si era ripromessa di sembrare agli occhi di tutti, provava dei sentimenti e anche forti, per Draco Malfoy.

Tra tutti, perchè proprio lui? Perche il suo cuore aveva scelto di soffrire per lui?

“- Draco, che ci sta succedendo?”
Gli chiese, con voce flebile, chiamandolo di nuovo per nome, come non faceva ormai da quasi più di due settimane.

Forse neanche lui avrebbe avuto una risposta, delle motivazioni valide per spiegare quel loro cambiamento, ma Daphne aveva bisogno di chiederglielo.

Aveva un disperato bisogno di sapere, le sarebbe bastata una qualsiasi dolce bugia.

“- Dimmelo tu, perchè sei andata al ballo con lui?” Sbraitò, fissandola con rancore.

Era riuscita a colpire nel segno, era riuscita a fargli provare rabbia e gelosia.

Aveva scelto il partner giusto per ferire il suo orgoglio, ma nonostante ciò non riusciva a sentirsi soddisfatta, non provava più alcuna gioia del dispiacere di Draco.

Anzi, vederlo così stava iniziando a fare male perfino a lei.

“- E tu, perchè sei andato al ballo con lei?”

La sua domanda era sussurrata con un filo di voce, tra tutte le ragazze del castello Draco aveva scelto proprio sua sorella, era evidente che fosse fatto volontariamente.

Certo, Astoria e Draco erano amici di lunga data, ma era lei la sua migliore amica, era lei che meritava di stringergli il braccio e danzare con lui quella sera.

Avrebbe capito se avesse portato al Ballo la Parkinson, ma non Astoria: non poteva giocare con i suoi sentimenti, metterla in mezzo solo per fare del male a lei.

Sua sorella era una creatura troppo innocente, non meritava di soffrire per un ragazzo senza scrupoli come Draco, non doveva permettersi di usarla.

Il ragazzo posò i suoi occhi su di lei, due occhi cupi e tempestosi che sondarono tutti i sentimenti che la Greengrass stava provando a tacergli.

“- Stai bevendo dal mio sguardo come da un'anfora, Draco...”

Gli fece notare lei, un leggero imbarazzo che si propagava sulle sue gote chiare.

Imbarazzo? Lei? Come Merlino era possibile questa cosa?

Il biondo incurvò appena le labbra, un sorriso che pareva più che altro essere una smorfia.

Stava lasciando cadere di nuovo le sue maschere, per una volta.

“- Ed è un'anfora piena di veleno, Daph”

La ragazza gli passò una mano sulla guancia, sentendo il suo cuore esploderle nel petto a quel dolce diminutivo con il quale solo lui l'aveva sempre chiamata.

Non stavano più parlando come un tempo, c'era qualcosa di diverso nel tono della loro voce e nel languore dei loro occhi.

“- L'altro giorno hai detto a Pansy che non mi pensavi più, quando lei ti ha chiesto di me... perchè?”

Il suo tono era ferito, le aveva fatto male sentirsi così facilmente sostituibile, come se fosse bastato uno schiocco di dita per dimenticarla.

Per lei invece era impossibile non pensarlo, non riusciva a dormire bene la notte, il volto di lui era sempre presente in ogni suo pensiero.

Riempiva di lui ognuno degli 86400 secondi che si trovavano in un giorno, stava diventando il suo chiodo fisso, e non andava bene.

Non poteva permettersi di iniziare a provare qualcosa che andasse oltre l'amicizia per Draco Malfoy, anche se sentiva già di essere sul punto di non ritorno.

“- Perchè tu mi stai rendendo debole, e io non posso permettermelo.”

A sentire quelle parole, così dure e così astiose, Daphne poggiò la schiena contro il marmo freddo della colonna, cercando in esso un appiglio.

Avrebbe voluto urlargli che anche lui la stava rendendo debole, che le aveva appena rovinato quella che doveva essere la serata più bella di quell'anno.

Avrebbe voluto urlargli contro, e invece lo strinse forte, con il cuore che le martellava nel petto e la tempia sinistra che pulsava pericolosamente.

Stava cercando di trattenere le lacrime, e di ignorare quel nodo che si stava formando nel suo stomaco: non si era mai sentita così infelice.

Si sentiva divisa, provava insieme questa miscela e amore, un fuoco indomabile la stava consumando dall'interno e aveva la sensazione di non poter far nulla per spegnerlo.

Gli occhi di lui che la fissavano, così profondi, erano come benzina sul fuoco: quello era un fuoco che donava vita e distruggeva.

E Draco alimentava insieme vita e morte, amore e odio, distruzione e felicità: doveva stare attenta, o avrebbe finito per bruciarsi, benedicendo la fiamma nella quale crepitava.

Le mani di Daphne afferrarono il colletto della sua giacca, strattonandolo con forza: il corpo del ragazzo aderì ancora di più al suo, e la Greengrass posò le sue labbra su quelle di lui.

Le schiuse, baciandolo con ardore, con amore, con odio.

Quel bacio non aveva niente di dolce e delicato, eppure era pieno di un'estrema ricerca di completezza, o almeno lo era da parte sua.

Quello che sentiva in quel momento era amore?

Un amore morboso, folle, possessivo.

Un amore straziante e straziato che continuava a risorgere dalle sue ceneri come un'araba fenice.

“- Avevi seccato il mio cuore, ma con questo bacio sta iniziando a rifiorire.” Mormorò lei, sulle sue labbra.
Fu il ragazzo a staccare il loro abbraccio, la guardava quasi impassibile, come se per lui tutto quello non fosse significato nulla.

Aveva di nuovo addosso una maschera, una che lei non conosceva e non poteva capire, non aveva idea di come togliergliela per far riaffiorare di nuovo il volto che aveva intravisto poco prima.

“- Daphne, devi dimenticarti di me. Togliti dalla testa il mio pensiero, non possiamo stare insieme, proprio non capisci?”

Sembrava furibondo, gli occhi saettavano verso di lei con rabbia.

Il tono della sua voce era così modificato dalla rabbia da sembrarle quasi pericoloso.

Si sentì rimpicciolire davanti a quelle parole, e di nuovo fu costretta a cercare un sostegno su quella colonna, ormai diventata compagna delle sue sventure.

“- No, non capisco. Spiegami, Draco!”

Urlò disperata, sovrastando il suono soave della musica.

Guardò la sala, e pensò che tutto lì era sbagliato: Hermione Granger ballava sorridente con Viktor Krum, prendendosi i suoi dieci minuti di fama.

Sua sorella stava volteggiando tra le braccia di Fred Weasley, senza curarsi di cercare il suo partner.

Perfino il guardiacaccia ballava, stringendo a sé un'estasiata Madame Maxime.

L'orologio scoccò la mezzanotte, e Daphne si sentì come Cenerentola, un pesce fuori dall'acqua, il suo dolore interno non apparteneva al gaudio di quella Sala, dove tutti parevano felici.

Solo lei stava lottando contro le lacrime, tutti si stavano divertendo, e sorridevano felici.

Le loro guance avvampavano per il caldo, per tutti quei balli che facevano volteggiare le dame e permettevano ai cavalieri di stringere più forte le loro belle.

Le guance di lei invece erano imperlate da lacrime che fuoriuscivano dalla barriera dei suoi occhi: per quanto lottasse per cacciarle indietro, qualcuna fu più forte della sua volontà e scivolò sulle sue gote.

Draco si allontanò da lei a passi veloci, forse non sopportando di vederla piangere: aveva scolto per la prima volta malinconia e forse anche dolore nei suoi occhi di solito asettici.

Eppure, ancora una volta non le aveva dato alcuna spiegazione, e l'aveva lasciata sola.

Daphne si strinse le braccia attorno al petto, imponendosi contegno: non poteva crollare di fronte a tutti, non lei.

Quando il suo cavaliere la trovò si era ormai calmata, ma non aveva avuto cuore di lasciare il supporto sicuro della colonna, non era ancora in grado di reggersi da sola senza barcollare.

Era strano, ma quella tristezza le stava facendo girare la testa, si sentiva quasi febbricitante.

“- Daphne, ti ho cercata per tutta la Sala... ti va di ballare?” Chiese, porgendole la mano.

La ragazza la afferrò, automaticamente, e ritornò al centro della pista.

Evitò di guardarsi attorno, non voleva vedere se sua sorella sorridere ancora a quel Traditore del proprio sangue o se adesso il suo sorriso fosse rivolto a Draco.

Stretta tra le braccia del ragazzo che aveva stregato, smise di pensare a tutto il resto.

Posò la testa sul petto di lui, seguendo il ritmo lento di quella musica.

Lui le alzò il mento con il pollice, per poterla guardare negli occhi: smeraldo contro zaffiro, un incontro di sensazioni e di colori che le fece girare per un secondo la testa.

Aveva degli occhi grandi e profondi, e la guardava come se fosse la cosa più bella di quella Terra: aveva bisogno di sentirsi bella, quella sera.

Non le importava se, a dettare quello sguardo, fosse il filtro d'amore in cui aveva imbevuto la lettera.

Quando le labbra di lui si posarono sulle sue con cautela, Daphne trasalì dalla sorpresa.

E decise che non era il caso di pensare a tutta la sala che li circondava, e a come la musica si fosse fermata qualche secondo dopo.

Non le importava delle chiacchiere che la gente avrebbe fatto, la bionda schiuse le labbra per unirle a quelle del ragazzo, in un disperato bisogno di conforto.

Chiodo schiaccia chiodo, così dicevano i vecchi proverbi antichi.

Si riscosse da quello che pareva un sogno solo quando sentì il tonfo di due bicchieri cadere per terra e sgretolarsi poco lontano da lei.

Aprì gli occhi, spaventata da quel rumore così vicino.

Un bicchiere apparteneva ad una sconcertata Hermione Granger, l'altro ad un inviperito Draco Malfoy, come ebbe modo di constatare.

Sì, era successo davvero, non lo aveva sognato.

Harry Potter aveva baciato Daphne Greengrass.

E lei aveva ricambiato quel bacio, una Serpeverde e un Grifondoro insieme non si vedeva davvero da tempo.

La bionda prese la mano del ragazzo, guardandolo con un sorriso tentatore: sperava di chiudere la serata nel migliore dei modi, e di dimenticare per sempre quel dannato mezzo albino.

Era stanca, per la prima volta nella sua vita, di avere gli occhi di tutti puntati addosso.

“- Andiamo in un posto più... intimo. Ti va?”

 

 

*CROWLEY'S CORNER

 

Dedico questo capitolo alla persona che l'ha ispirato, la mia lupacchiotta preferita. Grazie Giuls, grazie per avermi fatto tornare la voglia di scrivere.

Spero di averti sorpresa...

Te lo aspettavi che fosse Harry, il cavaliere di Daphne?

E adesso cosa succederà tra loro due, e soprattutto cosa succederà quando il filtro d'amore finirà di fare effetto?

E chi è che scrive lettere anonime ad Astoria?

 

Tutto questo e molto altro, lo scopriremo solo vivendo forse nei prossimi capitoli!

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Capitolo 4
*** Hey sister, do you still believe in love, I wonder? ***


Chapter 4. Hey sister, do you still believe in love I wonder?

 

 

Caro diario, per la prima volta in vita mia non vedevo l'ora di lasciare il castello, di evadere da questa realtà che sta diventando per me troppo angusta. Ho paura a svoltare i corridoi, raramente lascio la mia Sala Comune ormai. Fred Weasley è diventato il mio incubo, e io mi sto comportando da vigliacca. Mi sto innamorando ancora di più, diario.

 

Astoria era riuscita a mettere tutto nella valigia, grazie ad un incantesimo che avrebbe benedetto da quel giorno in avanti. Quando aveva comprato tutti quegli abiti?Trasalì appena quando le sue mani ripresero la stoffa vellutata del vestito regalatole da Narcissa, era ancora più bello adesso che era impregnato di tutti quei ricordi.
Sorrise di sbieco, rigirandoselo tra le mani, quando la porta del suo dormitorio si spalancò.
Astoria guardò dallo specchio la figura che aveva sbattuto la porta, e trasalì: capelli rossi?
Cosa diavolo ci faceva Ginny Weasley nel suo dormitorio?
I grandi occhi blu della ragazza erano così simili a quelli di Fred che quasi ebbe timore di guardarli troppo a lungo, per non andare in iperventilazione.

“- Ast, perchè mi eviti? Non sarai arrabbiata con me?”
La sua voce era malinconica, e i suoi grandi occhi blu avevano la stessa sfumatura del mare nel momento esatto che precede la tempesta.
La mora si avvicinò a lei, carezzandole con dolcezza il braccio: come poteva pensare anche solo lontanamente che fosse arrabbiata con lei?
“- Sono una Serpeverde, non evito nessuno Ginny.” Tagliò corto, ammorbidendo quelle parole con un sorriso appena accennato.
Ginny la guardò in obliquo, aveva stampato in faccia il nome Fred Weasley, ma non lo disse.
Astoria sospirò esasperata, facendo sogghignare la rossa: perchè il mondo stava marciando contro la sua sanità mentale, quel mese?
Dicembre era stato un lungo mese, e lei non vedeva l'ora di godersi le vacanze.

“- Ginny, passerò le vacanze dai Malfoy. Mi aiuti a scegliere cosa portare?” Le chiese, presa di colpo dalla disperazione.
Niente sembrava andare bene, e nonostante avesse fatto e disfatto decine di volte quella benedetta valigia, non ne era ancora soddisfatta.
“- Dai Malfoy... vestiti di Caccabombe Ast, si abbina al clima.” Commentò, facendole alzare gli occhi al cielo.
Nonostante fossero totalmente diverse, le due ragazze avevano imparato a conoscersi e rispettarsi senza pregiudizi, e la cosa aveva fatto arricciare il naso a parecchi loro compagni.
Non sapeva se tra i Grifondoro qualcuno avesse avuto da ridire; le Serpi non osavano fiatare, nonostante non apprezzassero di certo quella strana coppia.

“- Come hai fatto ad arrivare fin qui senza essere maledetta da qualcuno?” Le domandò, alzando un sopracciglio.
Ginny sorrise, con quel sorrisetto che le ricordava troppo quello dei gemelli: un'espressione tronfia e malandrina che le fece fermare il cuore per qualche secondo.
Oh Merlino, perchè il pensiero di Fred doveva essere così invasivo nella sua mente?
“- Ho creato un diversivo, sono tutti nella Sala Grande. Nessuno mi ha vista, per ora” Ammise soddisfatta, lasciandola sbalordita.
Il pensiero che Ginny avesse cercato un modo per stare con lei la toccò particolarmente, rendendola di buon umore.
Senza neanche pensarci, strinse forte a sé la rossa, circondandola con le sue braccia e respirandone il profumo dolce.

Un'ora dopo erano entrambe sull'Espresso, pronte per tornare a casa.
Sua sorella Daphne stava rimproverando aspramente Draco per chissà quale ignoto motivo, ma Astoria preferì non intromettersi e passò loro avanti.
Aveva captato, nella loro conversazione, il nome Potter: non prometteva affatto bene.
Quando la locomotiva si fermò, un'imbronciata Daphne e un tetro Draco la stavano aspettando: si erano messi d'accordo per fare un giro insieme, prima che i Malfoy venissero a prenderli.
L'aria era così pesante che Astoria preferì concentrarsi sulla sua Burrobirra, piuttosto che far caso alle occhiatacce che i due si stavano lanciando dall'alto dei loro calici.
“- Potreste anche fingere di impegnarvi!” Sbuffò la Serpe più piccola, meritandosi occhiate truci da entrambe le parti.

Almeno erano andati d'accordo su qualcos...
“- Malfoy, guarda male mia sorella e ti Crucio” Sibilò Daphne, facendo alzare gli occhi al cielo alla mora.
Aveva parlato troppo presto, attirando su di sé tutta la sfortuna possibile, come al solito.
Il calice di Burrobirra di Draco ondeggiava così tanto che Astoria temette volesse lanciarlo addosso alla sorella, ma fortunatamente Narcissa e Lucius Malfoy fecero capolino dall'altro lato della strada.
Fu incredibile notare come le espressioni dei due ragazzi al suo fianco cambiarono.

Daphne sorrise come se fosse davvero felice di passare tutto il periodo natalizio con loro, come se non avesse appena smesso di discutere con il figlio.
Draco, dal canto suo, assunse quella maschera di freddezza priva di ogni sentimento che lo caratterizzava sempre, in presenza della sua famiglia.
Baciò la madre, e fece appena un cenno del capo al padre: era tornato un Malfoy, non più il Draco che conosceva lei e che era venuto allo scoperto più che mai in quel mese.
L'idea di passare un Natale così al Malfoy Manor non l'entusiasmava affatto, ma mantenne un sorriso stampato sul volto per tutto i tempo.
Narcissa la prese sotto braccio, chiedendole tutti i dettagli scottanti del Ballo del Ceppo: le due andavano da sempre d'accordo, si sentiva trattata dalla donna quasi come una figlia.
La famiglia Malfoy e quella Greengrass erano profondamente legate, nonostante l'attrito che adesso allontanava Daphne e Draco.
Nessuno dei due però aveva intenzione di far capire ai propri genitori quello che stava succedendo tra di loro, sarebbe stato troppo difficile da giustificare.

Quando arrivarono nel Manor, ogni cosa era prefetta: piccole luci danzanti brillavano nel vialetto, dove dei pupazzi di neve si rincorrevano lanciandosi palle a vicenda.
Una di quelle palle colpì Astoria nella pancia, facendola barcollare appena: fu Draco ad evitare che cadesse, sostenendo il suo peso.
“- Quando hai seguito un corso accelerato per cavalieri provetti, Draco?” Le chiese ridendo, ma non fece in tempo neanche a finire di ridere.
Fredda neve si stava sciogliendo sul suo volto, cogliendola di sorpresa e tappandole decisamente la bocca.
Altro che cavaliere provetto, restava sempre una Serpe malefica pronta ad attaccare alle spalle!
Daphne agitò la sua bacchetta, aizzando un pupazzo di neve contro il ragazzo, e le due sorelle si allearono ai danni di un malcapitato Draco Malfoy.
Dopo quelle che parvero ore si sdraiarono sulla neve, esausti e forse per la prima volta in quel giorno davvero sereni.
Quella piccola battaglia sembrava aver riappacificato sua sorella e il mezzo albino, come se lanciandosi tutte quelle palle si fossero lanciati addosso anche tutte le parole che avevano voglia di urlarsi contro.
“- Siete due idioti” bofonchiò Astoria, facendo ridere entrambi.

La neve fredda continuava a ricordarle Fred, in quel primo giorno di Dicembre.
Il pensiero del ragazzo fu come una fiamma viva, fuoco nello stomaco in grado di sciogliere tutta quella neve che la circondava.
“- Andiamo a bere una Burrobirra calda, vi va?” Chiese Daphne, rizzandosi in piedi con eleganza.
Gli altri due la seguirono dentro, sgranando gli occhi alle perfette decorazioni che abbellivano quella stupenda casa.
Interi fiocchi di ghiaccio aleggiavano nell'aria, ghirlande rosse davano colore al grande salone buio, illuminato da una bellissima stella cadente che danzava da una parte all'altra della stanza.
Il grande albero torreggiava su di loro: gli angioletti che lo decoravano cantavano una melodia splendida, accompagnata dal suono dei piccoli violini e delle trombette che si trovavano sugli aghi di pino.
Sotto il suo tronco, parevano esserci centinaia di regali che non aspettavano altro che essere scartati.

Draco si avvicinò a lei, porgendole la sua Burrobirra fumante.
“- Sei stupenda quando i tuoi occhi brillano di felicità” Le sussurrò, sprofondando il volto tra i capelli della ragazza.
Il ragazzo scostò i capelli scuri dal collo di lei, lasciando che il suo respiro le suscitasse dei piccoli brividi lungo la schiena.
Astoria si poggiò al petto di lui, cercando un contatto ancora maggiore tra i loro corpi, e le mani leggere di lui agganciarono sul suo collo una splendida collana.
“- Buon Natale, Ast” sussurrò al suo orecchio, mentre la ragazza osservava stupita quello splendido pendente: una mezza luna perfettamente lavorata, con al centro una perla caleideoscopica.
Era semplicemente stupenda, e non era certa che il suo regalo per lui fosse all'altezza di quella collana.
“- Cambia colore in base al tuo umore... direi che adesso sei felice, piccola” Le sue parole fecero scendere un altro lungo brivido lungo la sua schiena.
Aveva dimenticato l'ambiente circostante, fin quando sua sorella non entrò schiarendosi la voce.

I due ragazzi sciolsero il loro abbraccio, e subito la vita di Daphne sentì la mancanza di quelle mani che stavano diventando così familiari.
Astoria posò nelle mani del ragazzo il suo pacchetto, guardandolo con un sorriso timido.
Daphne invece lasciò i suoi regali sotto il pino, voltando di nuovo le spalle ai due e tornando indietro, da dove era venuta.
Aveva letto un'espressione malinconica sul volto della sorella, e si chiese per un istante che cose le stesse succedendo.
Ma il sorriso di Draco rapì la sua attenzione: a quanto pareva, il suo regalo gli era davvero piaciuto.

“- Astoria, come Merlino hai fatto ad avere questi biglietti?” Chiese, rigirandosi tra le mani due biglietti per la partita di Quidditch del secolo, ancora più importante della finale della Coppa del Mondo.
Si trattava di un evento che poteva avvenire solo in concomitanza del Torneo Tremaghi, era un torneo tra le tre Scuole che avrebbe visto un solo vincitore.
A giocare però non erano gli alunni, ma i professori.
Regola voleva che solo a dieci persone per ogni scuola fosse permesso assistere a quello spettacolo, e poter avere quei biglietti era davvero meraviglioso.
Astoria sorrise, alzando appena un sopracciglio: dubitava delle sue qualità persuasive, adesso?
“- La partita è il giorno prima di San Valentino, così potrai dire alla Parkinson di essere distrutto dopo la partita, e non uscire con lei” Il suo tono era pratico, ma il volto tradiva un sorriso compiaciuto.
Le piaceva vederlo felice, e sapere che quella felicità fosse legata a lei la stava compiacendo in un modo che non aveva affatto previsto.
Draco si mosse verso di lei, ma l'attenzione di Astoria era stata rapita da una figura nera entrata con circospezione nel salone.

L'oscurità tenebrosa avvolgeva la figura slanciata di Bellatrix Black, vibrando dai suoi occhi scuri e leggermente folli.
Astoria si gettò tra le sue braccia, respirando il profumo antico della donna: vibrava magia da tutti i pori.
“- Io e te dobbiamo fare una chiacchierata, tesoro” Disse con voce sicura e fiera, degnando appena Draco di un sorriso.
La donna si fece strada per la casa senza chiedere il permesso a nessuno: era padrona indiscussa del mondo intero, e si comportava da tale.
Astoria la seguì, sentendo lo sguardo interrogativo di Draco perforarle la schiena: non aveva mai visto di buon occhio il legame con sua zia, né gli piaceva che Astoria la chiamasse “zia Bella”.
Eppure per la piccola Greengrass, Bellatrix Black era un vero punto di riferimento, addirittura quasi un idolo, nonostante le sue azioni impetuose e sconsiderate.

“- Sei avvolta dall'oscurità, zia Bella” disse divertita, notando come il nero del suo cognome avesse corroso ogni parte di lei.
Ogni barlume di luce era stato spento fin anche nei suoi occhi, che brillavano adesso come le fiamme infernali, pieni di tumulto e impeto.
“- Lo sarai presto anche tu, Astoria.” Sentenziò, con tono sicuro che la fece per un secondo tremare.
Parlava sempre per enigmi, ma aveva ormai notato quanto le sue parole, con il tempo, diventassero reali.
“- Io e te siamo più simili di quanto tu possa credere, Astoria. Da tempo al tempo, e te ne accorgerai” Concluse, guardandola con quegli occhi che avrebbero potuto maledire chiunque.
Astoria sospirò, continuando a reggere quello sguardo penentrante.

“- Vorrei essere come te, avere la tua forza.” Bellatrix sorrise, follemente.
Sembrava diversa dal solito, quasi eccitata per qualcosa che lei non riusciva a comprendere.
Non avrebbe osato chiedere, ma la risposta arrivò da sé.
“- Le forze oscure stanno tornando, Astoria. E di esse io mi sto nutrendo. Non sei qui per questo, comunque.” Aveva risposto alla sua curiosità, senza scendere troppo nei dettagli e tagliando il discorso a metà.
Astoria aveva voglia di alzare gli occhi al cielo, ma non lo fece e aspettò: la donna uscì fuori dal suo mantello un involucro nero, porgendoglielo.
Quando le loro mani si sfiorarono, Astoria provò una strana sensazione alla quale non sapeva dare un nome, e per un secondo sentì la testa girare.

Ricordava qualcosa che le stava facendo quell'effetto, ma non riusciva a delineare nella sua mente quel ricordo.
Fu Bella a interrompere quel contatto, e Astoria si sforzò di sorriderle prima di aprire quel regalo.
Si trattava di uno specchio, un frammento di specchio appuntito con il quale avrebbe rischiato di tagliarsi.
Alzò uno sguardo interrogativo verso la donna, i lunghi capelli ricci e scuri che le incorniciavano il volto erano mossi appena da un leggero vento che entrava dalla finestra.
Era pallida come un fantasma, sembrava una creatura infernale eppure era viva, di una vita corrosiva e palpitante.
“- Quando avrai bisogno di me, usa quello specchio. Presto, molto presto, ti tornerà utile”.
Astoria non fece in tempo a ringraziarla e neanche a chiederle ulteriori spiegazioni, che la donna scomparve avvolta nelle tenebre.
La ragazza si sedette sul pavimento in marmo, rigirandosi quell'oggetto tra le mani e fissandolo, estasiata e atterrita, confusa più che mai.
Cosa voleva dire che presto ne avrebbe avuto bisogno?

Non fece in tempo a chiederselo, perchè una civetta spelacchiata e raggrinzita dal freddo entrò dalla finestra, posandosi su di lei.
Astoria l'avvolse piano nel suo mantello, asciugandone le piume bagnate dalla neve ghiacciata prima di estrarre la lettera fermata nelle sue zampette.
Trattenne il respiro prima di aprirla, sperando che fosse quel misterioso lui.
E invece, scoprì subito che quella scrittura le era estremamente nota: apparteneva a Ginny Weasley, ma perchè mai la ragazza le aveva scritto?

 

Astoria, aiutami.
Mio fratello non mangia, non dorme, si strugge e George non sa che fare. Nessuno di noi sa cosa fare. È chiaro che stia così per te, lo so che è un tale imbecille ma ti prego, rispondi a questa lettera velocemente, digli qualsiasi cosa, fagli passare un Natale sereno.
Tua, Ginny

La Greengrass restò basita da quelle poche parole, scritte probabilmente molto velocemente e in preda all'impeto.
Cosa avrebbe dovuto fare? Non poteva ignorare una richiesta di aiuto, ma non avrebbe saputo cosa dire a Fred.
Scese velocemente le scale, cercando la sola persona che avrebbe potuto aiutarla in quel momento.
“- Draco... cosa devo fare?” Chiese, arrivandogli alle spalle e porgendo al ragazzo la missiva.
Vide gli occhi ghiacciati di lui posarsi con disprezzo su quelle parole, sprizzavano un odio tale che temeva avesse potuto bruciare quella pergamena solo con uno sguardo.

Quando il ragazzo si voltò verso di lei, Astoria sentì il sangue abbandonare le sue gote: l'espressione di lui era così diversa dal solito che, istintivamente, indietreggiò.
“- Non osare rispondere, Astoria” Disse con tono minaccioso, inchiodandola con uno sguardo.
Da quando le dava ordini? E da quando lei permetteva a qualcuno di essere trattata in quel modo?
Era la vigilia di Natale, e non aveva nessuna intenzione di litigare. Di lì a poco sarebbero arrivati i suoi, non voleva assolutamente litigare.
Eppure, il tono di lui la indispose così tanto che non pensò neanche alle conseguenze delle sue parole.
“- E cosa dovrei fare, comportarmi come te che guardi Daphne nelle braccia di un altro e non hai il coraggio di intervenire, per orgoglio?” Sbottò, incrociando le braccia al petto furente.
Erano sul piede di guerra, lo sguardo di lui e le braccia incrociate di lei lo confermavano.
“- Tu non sai neanche quello che dici, Greengrass. Vuoi rispondergli? Vuoi immischiarti con quel Traditore? Fallo pure. Ma non osare più parlarmi, non osare più definirti mia amica.”

Le sue parole furono lame taglienti che le fecero sanguinare il cuore, non poteva crederci.
Davvero era arrivato a dirle una cosa del genere? Davvero non l'avrebbe più considerata sua amica, se avesse scelto di provare ad essere felice con il ragazzo da lei amato?
“- Mafoy, che razza di amico saresti tu, a impormi una scelta tra il suo affetto e il tuo?” Chiese indignata e sconvolta.
Non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere da lui, le era sempre stato vicino e non capiva perchè la stesse trattando così solo adesso.
“- Un amico che ti vuole davvero bene, Astoria” Sentenziò girando sui tacchi, lasciandola sola nella sua rabbia.
Se questo era il suo modo di volerle bene, non era sicura di volere il suo affetto allora.
Si sentiva sola e indifesa più che mai, e non aveva idea di come comportarsi.
Avrebbe dovuto rispondere a Ginny e rassicurare Fred, o inseguire Draco e farlo ragionare?
Da un lato il fuoco, dall'altro il ghiaccio: rischiava comunque di esserne ustionata gravemente.

Una mano leggera e diafana si posò su di lei, facendola trasalire.
“- Non volevo origliare, ma ero nella stanza accanto e ho sentito tutto... vieni qui” mormorò al suo orecchio la voce di sua sorella.
Non aveva mai pensato di confidarsi con Daphne, temeva che raccontarle di Fred avrebbe potuto incrinare i rapporti già difficili con lei.
Eppure l'egoista e altezzosa Daphne Greengrass usciva con Harry Potter, con un Grifondoro, lo aveva baciato davanti a tutta la scuola... sua sorella stava davvero cambiando?
Astoria era troppo ingenua per poter pensare che Daphne avesse fatto tutto quello solo per far parlare di sé, solo per far ingelosire Draco.
Per essere una Serpe, la piccola di casa Greengrass cercava troppo il “buono” nelle persone, e soprattutto lo faceva con persone sbagliate, come Daphne e Draco.

“- Di quale Traditore parlavate?” Chiese con dolcezza la bionda, accarezzando ancora la spalla della sorella, come per indurla a parlare.
Astoria voleva sputare l'Ippogrifo, ma non sapeva se fosse il caso di annunciare a sua sorella quel suo segretissimo amore.
Era davvero amore, poi? Come si poteva amare una persona che non si conosceva realmente?
Non riusciva più a nascondere i suoi sentimenti, di qualsiasi natura essi in realtà fossero.
Aveva solo paura di esporsi così tanto per una storia che, al momento, esisteva solo nel suo cuore.
“- Fre... Fred Weasley” disse, abbassando lo sguardo.
La stretta di sua sorella sua sua spalla si fece ancora più forte, le unghie di Daphne le perforavano la pelle e questo era un chiaro segnale di pericolo.
Feccia.

Questo probabilmente pensava la bionda di lui, di quel ragazzo che per lei era diventato ormai essenziale, di quel ragazzo con il quale condivideva piccoli momenti e frammenti di ricordi, ma che le faceva palpitare il cuore.
“- Ast, stai scherzando vero? Tu... innamorata di quella famiglia di seconda mano?” La sua voce era bassa, incredula, la tipica voce di chi aveva previsto mille eventualità ma mai, mai quella.
“- Potresti avere tutto e tutti, perchè ti devi incasinare con un fottuto Weasley? E da quanto va avanti questa storia senza che io ne sappia nulla, sorella?” Il suo tono era protettivo, nonostante la rabbia.
Daphne non l'avrebbe tradita, e le sue parole erano, per quanto pesanti, dette per il suo bene.
“- Ti prego...” Implorò la ragazza, non avrebbe potuto reggere ancora quelle parole.
Daphne la guardò con determinazione, con lo sguardo di chi stava per pronunciare le sue ultime parole sull'argomento,quelle che quasi certamente le sarebbero state fatali.

“- Un rosso, un Weasley, un cosetto inutile e mancante di intelletto! Suo padre lavora coi Babbani, li trova addirittura interessanti. Questo è un affronto!”
Un affronto. E verso chi? Verso i suoi genitori, per i quali importava solo lo status di sangue? Ovvero le altre Serpi?
Prima che potesse rispondere, una civetta battè il becco sulla finestra.
Astoria si avvicinò velocemente e con il volto pallido, stringeva la lettera di Ginny in mano e la sentiva pesante come un macigno.
Tra le zampe dell'animale, questa volta, non c'era una lettera ma un pacchetto.
Era rosso, di un rosso acceso e che per lei significava solo una cosa: Weasley.
Lo aprì con mani tremanti, con le gote arrossate e senza il coraggio di guardare sua sorella: sentiva lo sguardo di lei puntato addosso, e ne tremava.
Il pacchetto conteneva un paio di orecchini, due pendenti a forma di pentacolo druido che sembravano sprigionare magia da ogni millimetro della loro superficie.

“- Astoria... sono da parte di Fred?” Chiese sospettosa Daphne, facendole perdere un battito.
Non aveva ancora individuato il suo ammiratore segreto, ma non sapere chi fosse rendeva ancora più affascinante il loro gioco di lettere, scambi di pergamene dove poter imprimere i loro più segreti pensieri.
“- Lo spero.” Disse la ragazza, prendendo la piuma in mano e rispondendo a Ginny, felice.

Aveva cercato in altri la risposta al suo cruccio, e aveva capito tardi che nessuno avrebbe potuta aiutarla, perchè nessuno aveva il diritto di scegliere per lei.
Il suo cuore voleva seguire Fred, voleva rassicurarlo e stargli accanto e non poteva impedirlo.

 

***

 

Caro diario, la viglia di Natale è stata terribile. Sono bloccata al Malfoy Manor contro la mia volontà, non vedo l'ora che questo strazio finisca, non sopporto più quel faccino da damerino di Draco Malfoy, e odio il modo in cui guarda mia sorella. Forse sto impazzendo diario, ma la compagnia aleggiante di Bellatrix Black sta facendo nascere in me un istinto omicida.

Daphne Greengrass non sopportava più nessuno: non aveva mai amato l'allegria forzata del Natale, le canzoni cantate in coro da tutti, non sopportava più nessuno.
E soprattutto non sopportava di essere confinata al Malfoy Manor in compagnia di quel ragazzo che, ultimamente, odiava con tutto il cuore.
Una civetta bianca entrò nella sua camera, guardandola con i suoi profondi occhi gialli e interrompendo i suoi pensieri malefici su come uccidere Draco Malfoy.
“- Edvige, che ci fai qui?” Chiese sorpresa, ottenendo per tutta risposta un'occhiata penetrante e una beccata sul mignolo.
Non aveva idea di cosa significasse questo nel linguaggio delle civette, ma riuscì a sfilare senza problemi la missiva incastrata tra le sue zampe.
Erano le tre di notte, come mai la civetta di Harry si trovava nella camera a lei riservata in quella grande villa?
Offrì un poco di acqua alla civetta delle nevi, promettendole che si sarebbe procurata del mangiare per lei subito dopo aver letto.
La lettera era, ovviamente, di Harry. L'aveva invitata ad uscire con lui quella notte stessa.

Era la notte di Natale, e adesso che ci pensava era la prima volta che il ragazzo lasciava la scuola durante il periodo di Natale.
Chissà dove era andato: dai suoi zii, forse? O in una stanza d'albergo? E tutto questo, solo per stare vicino a lei...
Daphne sorrise, alzandosi in punta di piedi per non fare rumore: non voleva svegliare nessuno, i Malfoy non avrebbero fatto salti di gioia nel sapere che stava uscendo con Harry Potter.
Si spruzzò un goccio di profumo incantato: continuava a usare quel filtro d'amore senza pensare alle conseguenze, perchè stare con Harry la rasserenava.
Non che stessero ufficialmente insieme, ma aveva scoperto che la compagnia del Grifondoro non era affatto male, e non voleva privarsene per adesso.

Scese le scale della sua stanza, uscendo fuori velocemente: l'aria era fredda e non aveva idea di dove Harry la stesse aspettando.
Camminò per qualche metro, prima di sentire due mani forti afferrarle la vita e stringerla a sé.
Daphne emise un gridolino sorpreso, prima che Harry si sfilasse il mantello dell'invisibilità: aveva aspettato sotto il Manor nonostante la neve, solo per uscire con lei?
La Serpe pensò che, probabilmente, stesse usando troppo filtro d'amore: non c'erano altre spiegazioni logiche, non poteva essere così tanto folle da fare tutto quello solo per lei.
“- Sei stupenda, Daphne” Il suo tono era sincero e gli occhi di lui guardavano dritti quelli di lei.
Non era come gli altri ragazzi, non cercava subito un contatto troppo intimo, non la guardava soltanto per poter avere il suo corpo, non si sentiva un oggetto del desiderio per lui.
Si sentiva davvero una principessa, protagonista di una di quelle storie d'amore che tante volte avevano fatto sospirare sua sorella.

Stava diventando come Astoria? Una sentimentalista sciocca e innamorata di un Traditore?
Come aveva fatto a rimproverarla aspramente per quello che provava per Fred, quando lei stava uscendo con Harry Potter?
Sapeva di non potersi permettere di provare sentimenti per quel ragazzo, aveva già sbagliato una volta e non avrebbe ripetuto lo stesso errore.
Si era affezionata più del dovuto a Draco Malfoy, e gli aveva permesso di farle del male: non sarebbe successo con nessun altro, mai più.
Nonostante gli occhi verdi di Harry sembravano semplicemente volerle donare affetto, nonostante non si sentisse in pericolo tra le sue braccia, Daphne continuava ad aver paura.
La bionda si era dimenticata troppo velocemente che, quello sguardo affettuoso e sincero, era in realtà dovuto da un filtro d'amore: aveva solo bisogno di stare bene, e avrebbe creduto a quell'illusione quella notte.

Harry posò con dolcezza le sue labbra su quelle della ragazza, stringendola ancora più forte: i loro respiri erano fusi in uno solo, i loro cuori battevano allo stesso ritmo.
Daphne posò la testa sul petto di lui, lasciandosi cullare da quel momento di dolcezza, da quella debolezza che mai prima si era concessa.
Non aveva mai chiuso gli occhi baciando qualcuno, aveva sempre avuto bisogno di tenere tutto sotto controllo, anche nelle relazioni.
“- Come mai sei qui, Harry?” Gli domandò fissandolo, poggiando le mani fredde sul petto caldo di lui per poterlo distanziare un poco.
Voleva guardarlo negli occhi, in quegli occhi così belli che l'avvolgevano tutta e che sembravano in grado di sciogliere il ghiaccio dentro di lei.
“- Per te.” Sussurrò, con delicatezza.
Aveva notato un leggero imbarazzo sulle guance del ragazzo, e si era stretta a lui senza pensare, un riflesso spontaneo e naturale come raramente le succedeva.

“- Se mi scoprono, sono morta” Rise la ragazza, senza davvero preoccuparsene.
Avrebbe riparlato con Astoria l'indomani, le avrebbe detto che a volte ne valeva la pena seguire il proprio istinto, che forse doveva lasciarsi andare ai sentimenti che provava per Fred, per quanto la confondessero.
Erano state educate per mantenere la linea pura e oscura del loro sangue, ma quello non era il momento di pensare al matrimonio e alla famiglia, quello era il momento di provare emozioni vere.
Daphne non aveva dubbi sul fatto che avrebbe mantenuto alto l'onore della sua famiglia, rinunciando all'amore vero se necessario.
Eppure, era troppo presto per farlo, e per quel momento voleva concedersi la debolezza di essere amata da qualcuno, e di abbassare le sue difese.
“- Ti riaccompagno a casa Malfoy allora. Lascia Edvige da te, saprà dove trovarmi se avrai bisogno di me” Rispose dolcemente, cercando un contatto con la sua mano.
Come faceva la mano di Harry ad essere così calda, nonostante l'aria gelata che li circondava?
E come faceva il suo tocco a sciogliere quel deserto di ghiaccio che negli anni si era formato, atrofizzando il suo cuore?

La Serpe non aveva risposte a queste domande, e non le interessava averle: ci sarebbe stato un momento per pensare.
Quello però era forse il momento di amare, per quanto quella parola fosse per lei così incomprensibile e sconosciuta.
Quando le loro labbra si incontrarono di nuovo, il bagliore tipico di uno Schiantesimo illuminò l'aria notturna.
Daphne trasalì, staccandosi da Harry: fortunatamente, l'incantesimo non colpì nessuno dei due.
Istintivamente entrambi portarono una mano sulle loro bacchette, stringendole: Grifondoro e Serpeverde che combattevano insieme, fianco al fianco.
Quella sì che era una bella novità.

Daphne strinse ancora più forte la sua bacchetta, quando vide il volto di Draco Malfoy: era stato lui a provare a Schiantarli?
“- Va via di qui Potter, prima che chiami mio padre.” Sibilò il ragazzo, lanciando uno sguardo eloquente.
Ricorreva ancora a questa frase scontata, chiamava ancora in causa il padre per difendere i suoi interessi?
Come aveva fatto Daphne a provare qualcosa per un ragazzino viziato e viscido come il biondo?
“- Draco, smettila con questa cantilena. Harry è qui con me, non permetto che i miei amici vengano trattati così da un ragazzino spocchioso come te” Rispose acidamente, posando una mano sul braccio del moro, con aria protettiva.
Lo sguardo di fuoco tra Draco e Daphne andava oltre la presenza di Harry, tra di loro c'era tanto rancore, tante parole non dette che avevano bisogno di uscire fuori.

La ragazza si voltò appena verso il Grifondoro, carezzandone ancora il braccio.
Edvige, che era uscita chissà come dalla sua stanza, svolazzava su di loro.
“- Dovresti andare, ci vediamo dopo...” Disse al ragazzo, incontrando gli occhi della civetta.
Forse non parlavano la stessa lingua, ma si capirono alla perfezione.
Harry mise controvoglia il mantello, scomparendo nelle tenebre: si sarebbe allontanato, o sarebbe rimasto lì?
Non voleva che origliasse la loro conversazione, di qualsiasi natura essa sarebbe stata, e di sicuro Harry lo avrebbe capito.
Non lo conosceva ancora bene, ma sentiva che avrebbe fatto esattamente quello che lei voleva facesse, semplicemente perchè quella era la cosa giusta.

“- Perchè stai facendo tutto questo? Solo per cercare di ferirmi, Daphne?” Chiese il biondo, guardandola.
Tre. Due. Uno.
La scarsa pazienza della Greengrass si era esaurita.
“- E tu perchè lo stai facendo, solo per impedirmi di essere felice?” Rispose di rimando, alzando gli occhi al cielo.
Gli aveva permesso di ferirla, ma non poteva ancora permettergli di farlo, non gli avrebbe concesso di rovinarle quel barlume di felicità.
“- Ho bisogno di parlarti, di farlo davvero.” Disse il ragazzo, lasciando cadere poco alla volta le sue barriere.
I suoi occhi cambiarono colore, diventando ancora più scuri del solito: era cupo, ma per la prima volta da settimane sembrava essere sincero.

Gli aveva sentito dire decine di volte che avevano bisogno di parlare, ma ogni volta non veniva fuori nulla di nuovo: eppure, quella notte pareva essere diverso.
Daphne si sedette sul muretto che sporgeva dall'inferriata del Manor, pronta ad ascoltarla.
“- Parla, su. E dimmi tutto quello che hai da dire, perchè queste potrebbero essere le nostre ultime parole Draco. Non ce la faccio più” Daphne aveva abbassato gli occhi, non poteva reggere lo sguardo di Draco.
La ragazza si accarezzò i capelli con una mano, districando i crini biondi come se così avesse potuto anche districare tutti i suoi pensieri.
“- Qualcosa tra di noi è cambiato” Sentenziò Draco, sedendosi accanto a lei.
Daphne alzò un sopracciglio, alzando il viso per guardare quello di lui.
Certo che qualcosa tra di loro era cambiato, e lei sapeva benissimo cosa: erano cambiati i suoi sentimenti per lui, ma non solo quelli.

“- Sei cambiato tu” Quelle parole le costarono un grande sforzo di volontà, e un respiro profondo.
Lui era davvero cambiato e odiava doverlo ammettere, ma aveva smesso di essere il ragazzo che era riuscito a far breccia nel suo cuore, trasformandosi quasi nel suo opposto.
Aveva smesso di essere il suo Draco, per trasformarsi in un odioso surrogato, nella sua maschera peggiore: quella di un perfetto Malfoy.
“- Ho avuto un valido motivo, Daphne.” Disse il ragazzo, stringendo i pugni come faceva sempre quando era nervoso o arrabbiato.
Sentiva il suo tono carico di un rancore che non riusciva a celare, vedeva nei suoi occhi una sofferenza nuova che non dovrebbe accompagnare lo sguardo di un adolescente.
Daphne impallidì, guardandolo. Cosa gli stava succedendo?

“- In questo periodo, sono stato affidato a zia Bellatrix. Mi sta insegnando ad essere un mago oscuro, dice che sono l'ultimo anello per far tornare il Signore Oscuro”
Le sue parole annullarono il respiro della ragazza: cosa significava tutto quello? E perchè non le aveva parlato prima?
Aspettò che lui continuasse a parlare, stringendogli la mano: non toccava quella mano fredda da così tanto che ne aveva dimenticato la consistenza.
“- Daphne, non è questo che mi ha cambiato... Studiando con Bellatrix, ho scoperto che i miei genitori hanno fatto una cosa orribile. E i tuoi non sono stati da meno.”
La ragazza si irrigidì, fissandolo. Non aveva idea di cosa stesse parlando, ma non amava il tono che aveva usato parlando della sua famiglia.
Nonostante non sempre a casa sua le cose fossero perfette, Daphne non avrebbe permesso a nessuno di screditare il buon nome dei Greengrass. Neanche a quella versione fragile di lui.

“- I miei genitori? Cosa avrebbero fatto, Draco?” Domandò arricciando appena il naso.
Forse il ragazzo aveva avvertito il suo cambiamento repentino, e per questo strinse ancora più forte la sua mano.
Prese un lungo respiro, prima di parlare: sembrava sul punto di scoppiare, sembrava un fiume straripante, che rompeva il sostegno della diga per ricongiungersi al mare e sommergere tutto quello che avrebbe ostacolato la sua via.
“- Le nostre famiglie hanno stretto un contratto prematrimoniale.” Sputò il ragazzo, con un tono di puro odio.
Daphne alzò gli occhi verso di lui, non sapendo se ridere o se prenderlo a schiaffi.
E lui non le aveva rivolto la parola per quello? L'aveva trattata in quel modo per uno stupido contratto prematrimoniale?
Avevano sempre saputo entrambi che la scelta della persona con la quale condividere la loro vita non sarebbe stata una scelta totalmente loro, ma non le pareva fosse andata poi così male...

“- Avresti preferito fosse la Parkinson?” Chiese divertita, subendo la sua occhiataccia.
Daphne diede un leggero buffetto sulla guancia al ragazzo, cercando di fargli passare quello stato d'animo così tetro.
“- Voglio scegliere io con chi stare. Sono innamorato di una ragazza, e non voglio doverne sposare un'altra. Daphne io non ti amo, non ti ho mai amata e so che tu provi qualcosa per me, so che la messa in scena con Potter è solo per ferire me, ma io preferirei la Mezzosangue zannuta a te!”
Le sue parole erano cariche di odio e allora la ragazza capì che quell'odio non era per i suoi genitori, o per il loro contratto.
Quell'odio era nei suoi confronti, perchè lei era diventata il suo capro espiatorio, perchè era più facile addossarle tutte le colpe piuttosto che affrontare con maturità i problemi.

“- Sono stanca di tutto questo, Draco.” Disse la ragazza, alzandosi in piedi e guardando con eloquenza Edvige.
La civetta dispiegò le grandi ali bianche, scomparendo nella volta notturna alla ricerca di Harry.
Daphne guardò dall'alto verso il basso il ragazzo ancora seduto, aveva la testa tra le mani e continuava a fulminarla con lo sguardo.
“- Ti volevo bene, Daphne.” I suoi occhi erano vitrei e la sua voce spenta, sembrava quasi un moribondo.
La bionda arricciò le labbra: voleva? Cosa significavano, quelle parole?
Aveva la sensazione che non le avesse detto tutto, che ci fossero ancora altre cose da scoprire e che, probabilmente, avrebbero ripreso il discorso.
Non aveva la forza di continuarlo adesso, e forse mancava anche a lui.

Una scopa si frappose tra di loro, e Daphne sorrise appena.
“- Ciao, Draco” Mormorò fissandolo, senza ricevere alcuna risposta.
Salì sulla Firebolt di Harry, stringendosi al ragazzo e affondando il volto sulla schiena di lui.
Socchiuse gli occhi, sentendo i suoi piedi sollevarsi da terra: si stava allontanando da Manor, da Draco e dalle loro famiglie, da tutti i suoi problemi.

“- Stiamo davvero scappando?” Chiese ridendo, posando un bacio sul collo del ragazzo.
Harry non si distrasse, nonostante le labbra calde di Daphne disegnassero dei ghirigori immaginari sul suo collo, nonostante le sue mani ne graffiassero appena le spalle e la schiena.
Poteva sentirlo sorridere, nonostante non riuscisse a vederne il volto.
“- Ti porterò in un posto sicuro” Rispose, e la ragazza lo strinse ancora di più.
Si stava letteralmente aggrappando a lui.

La luna brillava alta nel cielo, e le stelle luccicavano piene del loro bagliore, mentre il vento accompagnava la loro fuga.
Non avrebbe mai pensato di fare una cosa del genere. Cosa avrebbe detto Draco ai suoi genitori?
Se avesse raccontato la verità, probabilmente Astoria le avrebbe mandato una Strilettera (come minimo, e a buon ragione).
Non pensò al futuro, neanche a quello immediato, quando i suoi piedi toccarono di nuovo terra.
Harry la prese in braccio come una principessa, facendola scendere dalla scopa; mentre circondava con le braccia il collo del ragazzo, Daphne si sentì per la prima volta davvero felice.
Non ricordava di aver mai provato prima quella sensazione di calore allo stomaco, la consapevolezza che nulla sarebbe potuto andare storto in quel momento.
Era troppo facile abituarsi alle cose belle, si era ripetuta questa frase come un mantra per anni, eppure adesso non aveva paura di farlo.
Voleva disperatamente lasciarsi andare, affidarsi a quella sensazione di benessere ed ignorare tutto il resto, voleva specchiarsi negli occhi di Harry e addormentarsi sul suo petto.

“- Sembra di essere in un sogno...” mormorò la ragazza, non riconoscendo il luogo dove lui l'aveva condotta.
Il ragazzo camminava a passo spedito, seguito dalla sua scopa: si era accoccolata a lui come un gatto in cerca di coccole, e temeva che avrebbe iniziato davvero a fare le fusa.
Harry la guardò, con quegli occhi incantevoli di un verde intenso.
“- Sei mille volte superiore ad ogni mio sogno, Daphne” Sussurrò tra le sue labbra, prima di farla posare per terra.
Forzò una serratura, entrando nella Stramberga Strillante.

Eppure non era la Stramberga Strillante, era diversa da quella che ricordava: c'era stata solo una volta, quando per sfida lei e Astoria avevano passato una notte intera lì.
Quella volta era un posto pieno di polvere e poco confortevole, adesso invece era pulito e profumato, aveva come unico arredamento un letto e qualche libro sparso qua e là.
“- Sei stato qui, in questi giorni” Non era una domanda la sua, ma il ragazzo annuii lo stesso.
Daphne si fiondò tra le sue braccia, il cuore che martellava nel petto.
Dunque non erano vere le leggende che i ragazzi del castello raccontavano su di lei: lo aveva per davvero un cuore, e funzionava anche più di quanto si potesse sospettare.
Si sentiva, in quel momento, come se per tutta la vita fosse stata un diamante grezzo: solo nelle mani giuste avrebbe potuto splendere, e finalmente quelle mani erano arrivate.

“- Volevo starti vicino... e Daphne, sappi che non ho sentito la vostra conversazione, né voglio sapere cosa vi siete detti. Tra me e il tuo amico non corre buon sangue, ma posso fare lo sforzo di essere cordiale con lui, se ti fa piacere.”
La ragazza aveva del tutto dimenticato la conversazione con Draco, l'aveva abbandonata al Manor e voleva che restasse lì, sepolta in quel luogo.
Sorrise appena, senza rispondere alle parole del ragazzo: non voleva pensare a lui, non voleva pensare a nulla che non fosse lì, in quella stanza.
“- È tardi, che ne dici di andare a dormire?” Chiese con un leggero sorriso, stendendosi sul letto.
Il ragazzo le si avvicinò, dapprima timidamente, come se non sapesse esattamente cosa fare.
Doveva essere la prima volta che condivideva il letto con qualcuno, e per quanto la riguardava, non aveva mai dormito insieme ad un'altra persona, neanche sua sorella.
L'idea di abbandonarsi al sonno ed essere così vulnerabile mentre l'altra persona avrebbe potuto attaccarla alle spalle l'atterriva.
Harry sarebbe stata la sua piacevole eccezione, e le andava bene così.

Il ragazzo la strinse, posando le sue mani sulla pancia di lei: un gesto dolce, intimo e privo di ogni malizia, un gesto che mai nessun ragazzo aveva fatto.
Poteva sentire il respiro di lui sul suo collo, il petto del ragazzo battere forte contro la schiena di lei, quel cuore che sembrava voler sfondare la gabbia toracica e mettersi a saltellare nella stanza.
“Io... credo di... forse mi sto innamorando di te” Sussurrò il ragazzo, e furono le ultime parole che Daphne udì prima di addormentarsi.
Che quello fosse davvero un sogno?
Non avrebbe sopportato l'indomani di svegliarsi nella sua stanza al Manor, pronta per un'altra terribile giornata in compagnia dei Malfoy.

*CROWLEY'S CORNER*

Il primo, grande ringraziamento va alla chiacchierata notturna con la mia piccina, che ha sopportato tutti gli scleri fatti su questo capitolo e si è lasciata spoilerare quasi tutto (ci sono delle piccole sorprese per te, bambola!)
Un grazie speciale a Giulia ed Enrico, per il supporto e il sostegno, e per la voglia che mi fate venire di scrivere sempre, a qualsiasi ora del giorno.

E adesso, vi lascio con un momento di dolcezza e con un piccolo spoiler: qualcuno sta per morire... o forse no?

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