Just for you di Tuna_salad (/viewuser.php?uid=659979)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo amore ***
Capitolo 2: *** Due cuori, una capanna e uno sceriffo cattivo ***
Capitolo 3: *** Addio ***
Capitolo 4: *** città nuova, vita nuova ***
Capitolo 5: *** che cosa mi nascondi? ***
Capitolo 6: *** Ridere fino a star male, piangere fino a guarire ***
Capitolo 7: *** Quando ti ho visto per la prima volta ***
Capitolo 8: *** 6 settimane lontano da te ***
Capitolo 9: *** La quiete è finita. Largo alla tempesta. ***
Capitolo 10: *** Tra felicità e senso di colpa ***
Capitolo 11: *** Rapimento ***
Capitolo 12: *** mi manchi, amica mia ***
Capitolo 13: *** un giorno quasi perfetto ***
Capitolo 14: *** Hide & Seek ***
Capitolo 15: *** vicinissimi ( quello che non sai parte I) ***
Capitolo 16: *** Confronto ( I parte) ***
Capitolo 1 *** Un nuovo amore ***
beh..questa è una storia che mi è venuta in sogno...peccato che per scriverla ci stia impiegando più di una settimana. per il momento pubblico solo una specie di introduzione, giusto per far capire in che modo si discosta dalla storia originale. Probabilmente vi appassionerà solo tra qualche capitolo, ma abbiate pazienza, a me piace molto. non fatevi scrupoli, sono aperta ad ogni critica o suggerimento. se notate errori di battitura (ups) o di grammatica ( Ahi) fatemelo notare senza problemi...se non so dove sbaglio non potrò mai migliorare. detto questo, vi auguro buona lettura!
Tuna_
Quando mio padre morì avevo 6 anni. Ricordo che mia madre passò il pomeriggio a spazzolarmi i capelli e la notte si addormentò nel mio letto, abbracciandomi forte.
Rumi Koishikawa firmò un pezzo di carta(1) e divenne Rumi Matsuura. Così anche l'ultimo legame con mio padre Jin fu spezzato, esattamente a 10 anni e due mesi da quel maledetto incidente. Qualche volta penso ancora a lui, a quali fossero i suoi piatti preferiti, per vedere se coincidevano coi miei, oppure a cosa avrebbe detto il giorno del diploma o quando fossi uscita col primo ragazzo. Mi chiedevo se, senza la sua morte, mia madre avrebbe comunque cominciato a bere. Forse si, ma almeno avrei avuto lui.
La prima volta che incontrai Yoshi e suo figlio Yu mi sembrarono due persone gentili e innegabilmente affascinanti. Avevano gli stessi capelli biondi , le stesse spalle larghe, lo stesso sorriso accantivante. Capii subito perchè mia madre aveva accettato di sposarlo. Yoshi era carismatico, determinato, autorevole; sembrava avere il controllo del mondo intorno a sé, qualcosa che a mia madre mancava completamente. Yu era alto, divertente, educato, con degli occhi dal castano intenso, caloroso.
Fu solo quando ci trasferimmo nella nuova casa che notai qualcosa di strano.
La sera, quando cenavamo tutti e quattro insieme, il silenzio la faceva da padrone. Finito il suo piatto Yu chiedeva sempre il permesso per allontanarsi da tavola. Io pensavo fosse per semplice educazione. Io non lo facevo, nella casa vecchia ero abituata a mangiare da sola. Anche a colazione, elencava con precisione tutti gli spostamenti e le attività in programma. Io invece dicevo solo “esco, ci vediamo stasera” tuttalpiù aggiungevo un “Buona giornata”. All'inizio non capivo il perchè, ma Yoshi mi guardava in modo strano, se parlavo a tavola lui smetteva di mangiare, se facevo tardi per la scuola mi aspettava sull'uscio con la porta aperta. Poi un giorno mia madre si siede sul mio letto e mi chiede di adeguarmi alle nuove regole o per lo meno a quelle più importanti. Si chiede sempre il permesso prima di alzarsi da tavola, non si consuma l'acqua calda sotto la doccia, non si esce durante la settimana, non bisogna rincasare più tardi delle 18 e niente ragazzi in casa.
Per fortuna non dovetti cambiare anche scuola. Non so cosa avrei fatto senza Meiko, la mia migliore amica. Quando le raccontai quel “ discorsetto” storse il naso. Anche a lei quelle regole stavano un pò strette, specie riguardo a non uscire durante la settimana, il chè avrebbe limitato certamente le nostre visite al bar o al centro commerciale, ma non disse niente.
A scuola Yu era molto diverso dal figlio obbediente e silenzioso che vedevo in casa. Era allegro, solare, sicuro di sé ma anche molto umile, altruista, disponibile. Andava d'accordo con tutti, ragazzi e ragazze. Era apprezzato anche dagli insegnati, grazie alla sua media praticamente perfetta. Questo Yu mi piaceva, tanto.
Ogni sera tornavamo a casa alle 17.50 in punto e ogni sera, lungo la strada, ero testimone della sua trasformazione silenziosa. Smetteva di sorridere, abbassava la testa e gli occhi diventavano freddi, tristi. Io allora cercavo di tirarlo su, magari con qualche battuta o aneddoto idiota. Lui mi guardava e io sorridevo, sperando di trasmettergli un minimo di buon umore, spesso però invano.
Poi un giorno, all'inizio di giugno, si fermò sotto un albero, una bella quercia appena dietro l'angolo del nostro viale. Quando mi accorsi che non mi stava più seguendo, mi voltai...non potrò mai dimenticare.....mi abbracciò strettissima e riuscii a sentire il suo respiro sul collo quando mi disse “ sono felice che tu sia qui”.
(1) in Giappone, per sposarsi, è sufficiente registrare i documenti all'anagrafe;la cerimonia è puramente celebrativa e non ha alcun valore legale.
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Capitolo 2 *** Due cuori, una capanna e uno sceriffo cattivo ***
La quotidianità si era fatta, d'un tratto, estremamente imbarazzante. Miky non riusciva a non arrossire violentemente ogni volta che Yu scendeva a fare colazione, sussultava ogni volta che le loro mani si sfioravano, per esempio mentre le passava il sale o mentre sparecchiavano la tavola. Più di una volta si sorprese a fissarlo, mentre camminava, mentre mangiava, mentre guardava la tv sul divano. Era veramente bellissimo e, da quel giorno, aveva preso a girare per casa solo con T- shirt estremamente attillate. Sarebbe stato attraente anche con un pigiamone di flanella color verde mela, ma lui, come le avrebbe confessato in seguito, lo faceva apposta per provocarla. E ci riusciva anche fin troppo bene. Più volte sua madre la colse in fragrante, mentre si mangiucchiava le unghie, rapita da Yu lavava i piatti in cucina. Con l'avanzare di giugno il caldo si faceva sentire ogni giorno di più e quella quercia, con la sua folta chioma, che intrappolava i raggi del sole fra in alto, i suoi rami, era diventata il loro punto d'incontro preferito.
Le vacanze estive erano finalmente arrivate. Con la scusa di un corso preparatorio, Miky e Yu riuscivano a uscire di casa e a star fuori tutto il giorno senza destare sospetti. Nella cartella nascondevano in realtà teli da mare, costumi e ciabatte per la spiaggia. Meiko, Satoshi, Suri, Ginta, i loro amici più intimi e gli unici a sapere della loro storia, li aspettavano alla stazione e da lì, destinazione isole Izu (1)...con il loro mare blu cobalto e le onde che si infrangono bianchissime, profumando l'aria di libertà.
Erano felici, spensierati, facevano gare di nuoto, partitelle di pallavolo e ping pong. Miky e Meiko, le uniche ragazze del gruppetto, prendevano il sole mentre i ragazzi si cimentavano in sfide ogni giorno più assurde. Ogni vittoria esigeva un bacio premio, ogni sconfitta uno di consolazione. Miky rideva serena e innamorata, scaldando il cuore di lui e il sorriso che lui ricambiava, che gli illuminava lo sguardo, così profondo, così sincero, la faceva sciogliere al sole. Il momento più bello era dopo pranzo, quando si addormentavano l'uno fra le braccia dell'altro, sotto l'ombrellone che li proteggeva dalla calura.
A cena, a casa, si sedevano l'uno affianco all'altra, sotto il tavolo le loro mani si rincorrevano e si intrecciavano, ma i loro volti erano sempre impassibili. Poi, quando i loro genitori chiudevano la porta della loro camera, Miky e Yu si davano appuntamento sul balcone, per guardare insieme le stelle e darsi la buonanotte.
A settembre la loro relazione si era fatta sempre più intensa, passando dal Ti voglio bene, al Ti amo.
Si incontravano ai campi da tennis e facevano l'amore negli spogliatoi, in infermeria, nella vecchia biblioteca del Toryo. Ovunque fossero soli era il posto perfetto per amarsi. Qualche volta capitava di trovarsi soli a casa e in quel caso il posto perfetto era il letto di Yu, che era quello più grande e quello con le lenzuola meno imbarazzanti.
Un giorno, una berlina metallizzata era parcheggiata fuori scuola. Yu, Miky, Ginta e Meiko erano tutti insieme, parlando e ridacchiando. A un tratto Meiko imitando Miky, si butta al collo di Yu con un'espressione rapita tendente all'ebete. Yu, anziché ritrarsi, cinse la vita di Meiko e la sollevò leggermente da terra, come mille volte aveva fatto con la stessa Miky, che rideva della scena senza essere gelosa. O meglio senza essere troppo gelosa. Yu era oggettivamente un ragazzo stupendo dentro e fuori e mezza scuola gli faceva gli occhi dolci. Ma lui era suo e Meiko era la persona di cui si fidava di più al mondo.
Quando rientrarono a casa, Yoshi era furioso.
“ era ora!” sbraitò non appena varcarono la soglia.
“perché? Che ore sono scusa?” chiese Miky con semplicità.
“ ma cosa pensi che io sia un deficiente? Eh?- continuò Yoshi, a un centimetro dal viso del figlio- pensi forse di poter fare quello che ti pare? Di disubbidire a me e alle regole di queste casa?”
Yu e Miky non ebbero il coraggio di guardarsi, ognuno consapevole del terrore che avrebbe letto negli occhi dell'altro. Miky non osava respirare, si mordeva la lingua per impedire alla sua bocca di rispondere da sola in preda al panico. Yu invece mise su una faccia d'angelo e candidamente, senza alcun tremore della voce disse:
“ Papà, mi dispiace che pensi queste cose, ma non so proprio ti cosa tu stia parlando”
“ non farlo ragazzo. Non sfidarmi. Ti ho visto!” rispose Yoshi. Miky sentì il sangue congelarsi nelle vene, strinse i pugni, sperando di riuscire a smettere di tremare.
“ti ho visto con quelle ragazza” proseguì Yoshi con una smorfia di disgusto- “ oggi, nel cortile della scuola!” . Il cuore di Miky riprese a battere a un ritmo appena al sopra del normale, nulla a confronto del martello pneumatico che si sentiva nel petto pochi istanti prima.
Yu rimaneva in silenzio. Continuava a fissare suo padre però e questo lo mandò definitivamente in bestia.
“ è così che ti ho educato? Eh? RISPONDI! - cominciò a urlare, rosso di rabbia – TI AVEVO AVVERTITO YU! NON PERMETTERE A UNA QUALUNQUE SGUALDRINA DI INCASTRARTI. - Yu rimaneva immobile, ma Miky poté ben vedere la mano sinistra chiudersi a pugno e le nocche diventare bianche- QUANTE VOLTE TE LO DEVO RIPETERE? CI SARA' TEMPO PER DIVERTIRSI. ORA DEVI PENSARE AL TUO FUTURO NON A....” si interruppe, serrando i denti.
“ caro, non credi che..” provò a intervenire Rumi, ma fu ridotta al silenzio, con lo stesso gesto con cui si scacciano le mosche.
“ non ti preoccupare papà- disse alla fine Yu calmo e sicuro di sé, avviandosi verso le scale- non sono così idiota, so bene quale sono le mie priorità”.
Altri sei mesi erano passati da quell'incidente. Yu e Miky si erano fatti più cauti ma non avevano smesso di frequentarsi. Anzi, ormai era palese che non avrebbero potuto sopportare quella situazione senza avere il costante supporto dell'altro. Quando l'aria diventava particolarmente pesante, si incontravano sul loro balcone e si abbracciavano forte“ In due contro il mondo”.
Poi una telefonata.
(1) le isole Izu esistono davvero e sembra siano una meta abbastanza popolare per chi vuole fuggire dalla città anche solo per poche ore. Io non lo sapevo, ho solo fatto un giretto su internet e mi è venuta l'ispirazione.
come avrete capito, il punto di vista è solo quello di Miky....forse l'ultimo capitolo invece, sarà raccontato da Yu.
dunque...che ve ne pare? vi sembra che ci siano delle premesse interessanti? speravate in più momenti" picci-picci" fra i due? mi spiace deludervi ma non è questo il nucleo della storia.....Alla prossima! Tuna_
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Capitolo 3 *** Addio ***
Ehilà...c'è nessunooooo??????? (stile pubblicità acqua lete, ricordate?)... oh beh, cari lettori silenziosi, sempre che esistiate davvero.....finalmente un capitolo un pò più interessante o almeno spero....Buona lettura! Tuna_
“....quindi, vedi..io.. l'ho fatto solo per te....perché tu potessi vivere felice, sereno, senza colpe e senza dolore..” disse Miky, guardandolo con tenerezza e devozione, perché nulla era più importante di lui e di quell'amore totale e incondizionato che aveva provato fin dal primissimo istante.
“ io...non so cosa dire...” rispose il ragazzo, incredulo e disorientato da quella rivelazione, che pure aveva aspettato per tanti anni.
“ non devi dire niente – disse Miky, con gli occhi lucidi – io ti amo con tutto il mio cuore Toshiro, ti ho sempre amato e ti amerò sempre...”
Come ogni diciottenne giapponese, Yu si stava preparando ai test di ammissione all'Università. L'architettura era la sua passione. Passava ore e ore in biblioteca a leggere di Guadì o di Piano, partecipava a concorsi scolastici e nazionali. Aveva imparato a usare AutoCad che non aveva ancora compiuto 5 anni e ora il suo obiettivo era entrare a tutti i costi al Politecnico di Tokyo. Era stato proprio lui che, data la mole di studio richiesta per questi test, le aveva chiesto un periodo di pausa, per potersi concentrare senza che lei si sentisse trascurata. Ma lei, Miky, si sentiva anche peggio. Da giorni ormai, lo stomaco non le dava tregua. Non appena sua madre iniziava a far soffriggere il pollo o puliva del pesce crudo per farne sushi, lei scappava in bagno. E lo stesso a scuola. Anche Meiko si era accorta che ormai non apriva neanche più il bento e più volte aveva attribuito a questa sua inappetenza, i sempre più frequenti capogiri.
Miky Entrò in camera di Yu bianca come un lenzuolo. Continuava a pensare a quella telefonata, alle parole del dottore. Erano 3 giorni che ci pensava e 3 notti che non dormiva. Non lo aveva ancora confessato a nessuno, nemmeno a Meiko. Incinta. Quando il dottore glielo aveva confermato, si era portata istintivamente una mano sul ventre. Come dirlo a Yu? Come spiegare tutta la faccenda a sua madre? E Yoshi? Non c'erano dubbi su quello che avrebbe pensato Yoshi. Probabilmente sua madre le avrebbe consigliato di abortire. Del resto lei si era sempre pentita di non aver aspettato di più prima di metter su famiglia. Da quanto Miky aveva cominciato il liceo glielo ripeteva in continuazione. Non che evidentemente fosse servito a molto. Osservava Yu chino alla scrivania, totalmente perso in alcune cianografie di chissà quale edificio. Si avvicinò a lui con circospezione, cogliendolo di sorpresa. Lui sorrise e la baciò dolcemente. Era entusiasta. Miky si sedette sul letto, col suo miglior sorriso finto, ad ascoltare delle meraviglie di quella o quell'altra tecnica di costruzione, del lavoro meticoloso necessario a rendere una struttura anti-sismica, dei cambiamenti apportati alle leggi sull'edilizia urbana e ancora e ancora...
“ non vedi proprio l'ora di iniziare eh?” chiese Miky. Era ancora pallida, ma Yu sembrò non farci caso.
“ assolutamente” disse con lo sguardo puntato fuori dalla finestra, la voce ferma. Il ritratto della determinazione. “ e non permetterò a niente e nessuno di ostacolarmi”.
Miky si alzò e lo baciò intensamente, con passione, con desiderio. Mise tutta se stessa in quel bacio, memorizzando ogni dettaglio di quelle labbra calde e carnose, la nota amarognola del suo dopobarba, la stretta delle sue braccia intorno alla schiena. Si aggrappò a lui per qualche secondo, poi uscì.
“ mi raccomando, fa del tuo meglio” gli disse sforzandosi di sorridere.
“contaci” gli rispose lui, tornando a studiare.
Nel corso della settimana preparò tutto con cura. Sistemò la falsa brochure sul frigo, e ripeté mentalmente il copione pronta a sostenere quell'ennesima prova di volontà. Tutto doveva essere perfetto, non poteva fare altro che ripetere e ripetere l'itinerario, i vari scali previsti, i nomi degli alberghi, tutto. Lo aveva ripetuto fin tanto che una parte di lei non iniziò a crederci davvero e sulla spinta di quella mezza convinzione, riuscì a convincere i suoi, vale a dire Yoshi, a lasciarla partire. Aveva lavato il borsone del tennis, abbastanza grande da essere usato come piccola valigia, lo aveva nascosto dentro un trolley, poi aveva racimolato tutti i soldi che poteva, fra i risparmi e la liquidazione che aveva chiesto in gelateria.
Non disse niente né a Ginta né a Meiko, quest'ultima in procinto di raggiungere il fidanzato a Hiroshima. Tutti sapevano che sarebbe partita con una associazione studentesca, un giro dell' Europa in 6 settimane. La sera prima della sua partenza, uscirono tutti insieme per salutarsi con calma. Fu straziante dover dire addio ai suoi migliori amici. Loro ridevano e scherzavano, esaltati da questa grande opportunità che le era stata offerta. Loro non sapevano che era tutta una balla, che non esisteva nessuna associazione, nessun giro per città d'arte o per cafè olandesi.
Lei stava al gioco, promettendo email e cartoline che non avrebbe mai scritto, souvenir che non avrebbe mai comprato.
L'indomani mattina Yu e Rumi la accompagnarono alla stazione. Secondo il programma, che aveva inventato, l'appuntamento con gli altri era a Kyoto. Fece finta di salire sul treno, ma non appena sua madre e l'altro si allontanarono, lei sgattaiolò alla stazione degli autobus, mostrò il biglietto che aveva già comprato e si separò per sempre dalla sua infanzia, dalla sua adolescenza, dalla sua famiglia.
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Capitolo 4 *** città nuova, vita nuova ***
Fricchettona77... quando ho visto il tuo nome mi sono commossa! in pratica sei la prima a dare un segno di vita....Grazie *.* Spero che anche questo capitolo vi piaccia e che continuate a seguire la storia. Buona lettura. Tuna_
“signorina...signorina si svegli..questa è la sua fermata” la chiamò il signore seduto alla sua destra.
“come?..- chiese ancora mezza addormentata- ah già! Grazie infinite!” disse riconoscente.
Hirakata (1) era molto più grande di quanto avesse preventivato. Appena scesa dal pullman fu circondata da edifici altissimi, grandi magazzini, dalla confusione di centinaia di tassisti che cercavano di accaparrarsi i turisti più sprovveduti. Ancora una volta si chiese se non stesse commettendo una pazzia, se non stesse rinunciando a tutto solo per un capriccio, una paura che magari aveva portato ingenuamente al parossismo. Sovrappensiero si accarezzò la pancia e quando si accorse di quel gesto, ogni dubbio sparì. “Io e te contro il mondo, piccolo” disse a fior di labbra.
Per prima cosa entrò in uno degli innumerevoli mini-market all'interno della stazione ferroviaria e comprò una scheda telefonica e un giornale con gli annunci di lavoro. Aveva abbastanza soldi per pagare due mesi l'affitto di una camera da studente, nel circondario della Kansai Gaidai University. (2) Aveva già preso contatto con uno dei tanti affittacamere, fingendosi una studentessa fuori sede. Lui ci aveva creduto, dopotutto l'età era giusta e anche il periodo dell'anno. Si fermò ad una delle macchinette infopoint per orientarsi e capire quale autobus prendere.
Il suo appartamento si trovava al terzo piano di un grosso casermone non lontano dal campus. Stando a quanto gli aveva detto il proprietario, avrebbe dovuto dividerlo con altre due ragazze.
Le aprì una ragazza poco più grande di lei, bassina ed esile. Aveva i capelli ricci color miele scuro e dei bellissimi occhi verdi. Indossava una tuta rosa confetto con un top viola e si presentò alla porta con lo spazzolino fra i denti e la bocca impiastrata di dentifricio.
“ tu dv ss iki” le disse, facendole segno di accomodarsi dentro.
“ ho detto...tu devi essere Miki” ripetette stavolta con la bocca libera. “ piacere, io sono Reika”.
“piacere” le rispose Miky, ancora un po' spaesata.
“questa è tutta la tua roba?” le chiese guardando il borsone da tennis mezzo sgangherato.
“già...l'altra ragazza è già arrivata?” chiese per sviare il discorso.
“ no, non ancora..ma manca ancora un po' all'inizio del semestre. Tu che corsi seguirai?”
“sociologia” rispose immediatamente. Aveva studiato quella bugia per una settimana intera e aveva imparato anche il nome di alcuni professori, nel caso qualcuno facesse domande.
“vieni, ti faccio fare il tour della casa” le disse sorridendo Reika. “ dunque...questo è il salone, per di più ci dorme il mio ragazzo quando siamo in rotta.- disse facendole l'occhiolino- questa qui invece è la cucina..ti consiglio di mettere l'etichetta sulla tua roba..la coinquilina dell'anno scorso si strafogava di tutto...questa è la mia stanza, questa è quella di Joanna, questo è il bagno....non è molto grande e guai a te se mi finisci l'acqua calda – le disse con tono falsamente intimidatorio- e questa qui, in fondo al corridoio, è la tua stanza. Benvenuta....mettiti pure comoda...pensavo di andare a fare un po' di spesa..che fai, mi accompagni?” chiese.
“mhm? - Miky ci mise un po' a capire che la ragazza aveva finito di parlare – si si, volentieri, prima magari mi oriento un pò” rispose garbata.
“ok, allora, ora ti lascio sistemarti...chiamami quando sei pronta” e così dicendo uscì.
Miky intanto si guardava intorno. La stanza non era grande ma era sufficientemente spaziosa. Una finestra a mezza parete lasciava entrare tantissima luce. Sulla parete opposta, a sinistra della porta, c'era un piccolo armadio, alla maniera occidentale. A destra della porta invece, il letto e di fronte a quest'ultimo una piccola scrivania in legno e una sedia. Nel complesso era un'ottima sistemazione .
“io e te contro il mondo, piccolino”disse.
“cerchi un lavoretto part-time?” chiese Reika, a cena, indicando il giornaletto che aveva comprato prima in stazione.
“ già...per un po' di tempo sono a posto, almeno per l'affitto...ma mi servono soldi” rispose Miky, timorosa di aver detto troppo.
“ a chi lo dici!” esclamò roteando gli occhi al soffitto- “l'anno scorso mi sono ridotta a fare la dog-sitter. E ho detto tutto!”.
Miky non riuscì a trattenersi e scoppiò in una squillante risata. Era da tanto che non rideva così sinceramente e il suo umore migliorò di colpo. Anche Reika scoppiò a ridere.
“ tu hai già trovato qualcosa?” le chiese Miky, adesso perfettamente a suo agio.
“ mah! Qualcosina...qui al campus in pratica non c'è niente....un paio di ristoranti vicino il parco (3) cercavano delle cameriere se ti interessa”
“ ma si, certo” rispose Miky. Non poteva sperare in una coinquilina migliore.
“ cos'è questa puzza?” chiese all'improvviso, ma non ebbe nemmeno il tempo di ascoltare la risposta, che era già abbracciata al gabinetto. Nota, al bambino non piace il salmone, si disse mentalmente.
“ tutto bene?” da lontano arrivò la voce di Reika.
“ si, tutto a posto ora- disse tornando in cucina e tentando un sorriso- mi sa che la prossima volta lo mangio cotto”.
Erano passati due giorni ormai da quando si era trasferita. Miky stringeva il telefono tra le mani, girandolo ancora e ancora. Alla fine si decise. Tolse la batteria e cambiò la sim, rimettendo il numero vecchio, quello “ dell'altra Miky”. Se chiamassi a casa, sembrerebbe strano, in fondo dovrebbe essere una chiamata internazionale...se chiamo sul cellulare potrebbe uscire il prefisso di Osaka .... Alla fine si decise per un messaggio. Rapido e quasi indolore. Doveva resistere solo altre sei settimane, poi sarebbe scomparsa nel nulla. Questo era il piano.
Ciao mamma!
Siamo appena atterrati a Parigi! Ci fermeremo qui solo 2 giorni, peccato. Ti voglio bene, a presto.
Attese qualche minuto una eventuale risposta, ma niente. Spense il cellulare, cambiò la sim e via...questa Miky era ancora disoccupata.
Una settimana dopo aveva girato mezza città e l'unica cosa che era riuscita ad ottenere era la promessa di una telefonata da parte di un ristornate in centro...nel caso qualcuno si ammalasse o ci fosse troppa gente, le aveva detto il proprietario. Meglio di niente.
Il giorno seguente era andata al solito supermercato per comprare del latte e qualcosa da cucinare a pranzo. La ragazza alla cassa era sempre la stessa, ormai aveva stretto una specie di amicizia.
“ ehi Miky” le disse mentre batteva lo scontrino “ stai ancora cercando un posto?”
“ gia....- rispose con aria afflitta- perchè hai qualcosa?”
“ beh- disse abbassando la voce a un sussurro- a quanto pare stanno per licenziare Kern- spiegò, indicando con lo testa un signore paffuto dall'aria non troppo lucida- già da lunedì il posto potrebbe essere libero..ma devi sbrigarti..sai anche tu che ressa è là fuori” disse imbustando la spesa.
“ Angela...in questo momento potrei baciarti” disse Miky, euforica
“ ah ah...non esageriamo” rise la ragazza.
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questa città si trova nel Kansai, precisamente nella prefettura di Osaka.
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Questa università non solo esiste davvero, ma è praticamente IL sogno proibito di tutti quelli che studiano giapponese e la cultura orientale. Ha un programma simile al nostro Erasmus, solo a livelli..beh, diciamo solo che è fatto davvero bene.
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Mi riferisco all' Hirakata Park. Per ulteriori informazioni http://wikitravel.org/en/Hirakata
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Capitolo 5 *** che cosa mi nascondi? ***
questo è un capitolo piuttisto breve e di passaggio per così dire...Reika è un personaggio che mi piace molto e quì vediamo come evolve il rapporto con Miky. sono curiosa di sapere che ne pensate di questa riccia un pò matta....... Buona lettura e grazie mille per seguirmi in questa storia. Tuna_
Mors tua vita mea, dicevano i latini. Kern fu licenziato e Miky, che faceva la posta al supermercato da tre giorni a quella parte, fu la prima a compilare la domanda.
“Assunta” esclamò trionfante una volta tornata a casa. Ancora una volta fu felice di aver incontrato Reika, aveva reso la sua nuova vita molto più colorata e serena del previsto. Anche il suo fidanzato era un tipo a posto...Sosuke..aveva un fisico atletico ma in confronto a Reika aveva lo spirito di un bradipo.
“ ma brava!” esultò la riccia, abbracciandola con affetto. “ ora che hai un lavoro possiamo permetterci di festeggiare- dichiarò con teatralità – sta sera si esce!” disse, facendole l'occhiolino.
Mai vista una ragazza reggere così tanto alcool, pensò Miky mentre metteva a letto la coinquilina. Lei ovviamente era rimasta sobria, ma si era divertita lo stesso. Gli amici di quella matta erano matti quanto lei. Un velo di malinconia le cadde addosso all'improvviso. Stava vivendo tutte le esperienze di una vita universitaria, ma lei non era davvero una studentessa. Mentre si spogliava, si sfiorava la pancia, in un gesto che le veniva ogni giorno più naturale... secondo te sarei stata bene qui? Eh piccolino?.
La mattina dopo, per qualche miracolo che non aveva intenzione di indagare, si svegliò senza nausea. Poi si ricordò che probabilmente il gabinetto non avrebbe comunque goduto di questa giornata libera. Si alzò e preparò del caffè. Come immaginava, Reika era stesa sul pavimento del bagno.
“ ma quanto cazzo ho bevuto ieri sera?” chiese ad occhi chiusi.
“ tieni” le disse, porgendole il caffè fumante.
“shh- disse arricciando le labbra in una smorfia- qualunque cosa tu voglia fare...falla in silenzio” la ammonì la riccia.
Erano ormai troppi giorni che non sentiva sua madre. Nonostante tutto Rumi era stata molto brava con lei, anche dopo la morte si suo padre. Le voleva bene e Miky lo sapeva, per questo si sentiva un verme nel mandare l'ennesimo messaggio pieno di bugie, scritto da una figlia che ormai non esisteva più e che da lì a poche settimane, tutti avrebbero creduto morta.
Ciao mamma!
Roma è stupenda! Abbiamo visitato tantissime rovine, accidenti sono distrutta. Ho comprato un sacco di roba..non vedo l'ora di riabbracciarti. Ti voglio bene. A presto.
Beh, in fondo non era tutto una bugia. Mancava una settimana all'inizio del semestre e di Joanna ancora nessuna notizia. In compenso le nausee mattutine sembravano essere peggiorate. E anche nel corso della giornata, era diventata più sensibile agli odori e diventava sempre più difficile trovare giustificazioni valide. Per quanto aveva detto a Reika, era allergica al pelo del gatto, ecco perchè non poteva innaffiare le piante del vicino gattaro, l'odore della trota alla brace le ricordava quella di una gomma bruciata, ecco perchè storceva il naso e non riusciva a mangiarla, a 14 anni aveva rischiato un coma etilico, ecco perchè non vedeva un goccio d'alcool nemmeno da lontano.
E anche a lavoro, qualcuno stava iniziando a notare le numerosissime pause pipì. Lo stipendio che percepiva poi, era una miseria. Lavoro da studente, paga da studente. C'era da aspettarselo. Fatto sta che Miky si ritrovò di nuovo a cerchiare gli annunci sul giornale.
“ scusa ma non devi studiare?” le chiese Reika una sera, mentre guardavano la Tv.
“ come?” aveva chiesto Miky, in allarme.
“ se già lavori al supermercato e poi devi anche frequentare...scusa ma dove lo trovi il tempo per un secondo lavoro?” le chiese senza voltarsi....l'attore in Tv somigliava davvero tanto a Sosuke.
“ vero ma al supermercato mi danno una miseria, i soldi non bastano e poi quan...” si bloccò, appena in tempo.
“ poi cosa?” chiese Reika, che aveva abbandonato l'illusione che il suo ragazzo fosse una star del cinema in incognito
“ e poi voglio mettere da parte qualcosa” rispose Miky.... “ ehi ma quella non somiglia alla vicina?” chiese per riportare l'attenzione al film.
La mattina dopo era letteralmente abbracciata al gabinetto. Reika comparve all'improvviso sulla soglia.
“ non ho ancora deciso se sei bulimica o se sei incinta”.
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Capitolo 6 *** Ridere fino a star male, piangere fino a guarire ***
“Non ho ancora deciso se sei bulimica o incinta” disse Reika affacciandosi alla porta del bagno. Indossava quella sua tuta mezza sgangherata che le stava troppo larga e un top giallo canarino che sottolineava l'assenza del reggiseno. La guardava tutta seria, mentre lei era seduta per terra di fianco al gabinetto con addosso il pigiama con le paperelle.
Miky scoppiò a ridere furiosamente. Rise tanto da farsi venire le lacrime agli occhi. E anche Reika rideva, mettendosi a sedere anche lei a terra, per solidarietà. Bene presto le lacrime presero a farsi più insistenti, più copiose e più dolorose. Era un pianto liberatorio, di quelli che ti lasciano esposta anche l'anima, con cui finalmente sfogò tutta la paura, la nostalgia, la tristezza che provava e il lutto per quella vita che non avrebbe più potuto vivere. Non aveva più pianto da quella notte, da quando aveva stampato la finta brochure...si accoccolò sulla spalla di Reika, che la avvolse con un braccio, mentre con l'altro le accarezzava la testa. E così Miky fra lacrime e singhiozzi le raccontò tutto. Le raccontò di Yu e di come si fossero amati, tanto e di nascosto, le raccontò di come lui si fosse confidato, di come l'avesse resa la sua più grande amica, complice e d alleata. Le raccontò di come non volesse rinunciare al suo bambino, ma non voleva che crescesse in mezzo a silenzi, rimorsi recriminazioni e sensi di colpa, di come fin dal primo momento avesse avuto paura che l'avrebbero costretta a sbarazzarsene, perché loro l'avrebbero considerato solo uno spiacevole incidente di percorso. Le raccontò di sua madre e di come,nelle sere in cui si ubriacava, le confidava i suoi rimorsi per quella gravidanza e quel matrimonio di convenienza. Le raccontò di suo padre Jin, e di quanto lui fosse stato l'unico, prima di Yu, a farla sentire protetta e amata. Le raccontò del suo piano, del finto viaggio in Europa e di quanto fosse stata straziante quell'ultima sera insieme ai suoi migliori amici, Ginta e sopratutto Meiko. E poi le raccontò di quel fantasma che spesso aleggiava nella sua mente, quando camminava per il campus o quando parlava con altri studenti. Le raccontò di quell'altra Miky, quella che sognava di sfondare nel tennis professionistico, quella che sognava di dividere la stanza dell'università con la sua migliore amica, quella che era costretta a resuscitare ogni paio di giorni per dare l'illusione che quel fantasma fosse in realtà una ragazzina spensierata in giro per il mondo. E poi confidò le sua paure, quelle che durante il giorno spingeva a fatica in un angolo della sua mente, perché non poteva permettersi il lusso di lasciarsi sopraffare. Come avrebbe fatto da sola? Che futuro poteva dare a suo figlio? I soldi non bastavano nemmeno per coprire l'affitto, figurarsi a mantenere un neonato..e poi, se si fosse scoperto l'avrebbero probabilmente cacciata..e che ne sarebbe stato di lei allora? Sarebbe finita in mezzo alla strada? Le avrebbero portato via quel bambino per cui aveva rinunciato a tutto? Come avrebbe fatto a sfamarlo, nutrirlo, vestirlo? E se si fosse ammalato? Se la gravidanza non andasse liscia come sperava? E più la pancia cresceva più si sentiva in pericolo...chi l'avrebbe assunta a quel punto? E cosa avrebbe detto o fatto quando suo figlio le avesse chiesto di suo padre? O dei suoi nonni? Queste e altre domande la tenevano sveglia di notte e popolavano gli incubi che attraversava in quelle poche ore di sonno che riusciva a conquistare..
Reika ascoltò per tutto il tempo senza intervenire. Si limitò ad abbracciarla più stretta ogni volta che la sentiva tremare più forte, a passarle scatole e scatole di fazzoletti, fin quando tutte le lacrime furono versate e Miky si addormentò fra le sue braccia. Si alzò e la mise a letto, accarezzandole ancora un po' la fronte e i capelli...
“ ehi! Ben svegliata” la accolse Reika quando, a pomeriggio inoltrato si presentò in cucina. Indossava ancora il suo pigiamone con le paperelle...ma era troppo stanca e svuotata per farci caso o per notare il lieve rossore sulle guance di Sosuke.
“ accidenti quanto ho dormito!” disse Miky, che tradotto significava “ non voglio parlare di quando mi hai trovato in bagno a piangermi l'anima”.
Reika sembrò aver recepito il messaggio. “ ti ho messo da parte un po' di verdura da pranzo...è quella vaschetta arancione accanto al tofu di questo imbranato” disse ammiccando verso al fidanzato. - “ ah e non preoccuparti per il lavoro...ho chiesto ad Angela di coprire il tuo turno...mi sa che però dovrai andare domenica mattina”. Ancora una volta ringraziò il cielo per quella coinquilina meravigliosa. Miky si sedette sul suo sgabello preferito, quello dove si sedeva anche per fare colazione e si versò una tazza di latte e cereali....dopotutto la verdura bollita appena sveglia era chiedere troppo! Passarono una serata tranquilla, con Sosuke caduto in catalessi appena 10 minuti dopo l'inizio del film. Miky guardò l'orologio, le 9 di sera....a quest'ora sua madre starà lavando i piatti della cena...con una velocità che tradiva l'abitudine, smontò il telefonino e cambiò le sim...
ciao mamma!
Siamo a Copenaghen, bella ma io continuo a preferire Madrid. Ti sono arrivate le mie cartoline? Ti voglio bene. A presto.
“quanto ancora deve durare questo finto viaggio in Europa?” le chiese all'improvviso Reika. Il suo sguardo era di sincera preoccupazione, la sua voce non tradiva alcuna nota di giudizio o commiserazione.
“ ancora 3 settimane..o quasi” rispose Miky atona, mentre ri-scambiava le sim per l'ennesima volta.
“ e poi?” chiese ancora Reika.
“ e poi- disse Miky con un sospiro- poi quando non mi vedranno tornare, cominceranno ad agitarsi, a chiamare ogni secondo..poi chiameranno l'associazione e scopriranno che il numero è inesistente...a quel punto probabilmente andranno nel panico e chiameranno la polizia e scoppierà un finimondo....Yoshi diventerà una furia e temo possano andarci di mezzo anche Meiko e Ginta – a questo punto la voce traballò e lei strinse i pugni per costringersi a continuare- e dopo qualche settimana penseranno tutti il peggio e smetteranno di cercarmi...di cercarci” si corresse.
Reika rimase in silenzio per un po', immersa nei suoi pensieri. Poi all'improvviso si alzò, diede un leggero bacio a fior di labbra al suo fidanzato.
“ a letto ora, ho preso appuntamento dal dottore per le 9 e una quarto domattina” disse con non chalance. Miky la guardò disorientata. “ non fare quella faccia...- disse la ragazza con semplicità- se a quanto? 12 settimane? È tempo di iniziare le ecografie”.
Una calda lacrima bagnò la guancia di Miky. Una lacrima di gioia.
Angolo autrice: siate clementi con questo capitolo, perchè in questo, più di tutti gli altri, ho messo tutta me stessa. se il flusso di coscienza vi sembra eccessivo o troppo malinconico, mi scuso, ma proprio non poteva essere altrimenti...spero davvero che vi piaccia! :)Tuna_
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Capitolo 7 *** Quando ti ho visto per la prima volta ***
ce l'ho fatta!!! mille volte perdono per l'assenza prolungata.....la sessione estiva si avvicina e DEVO combinare qualcosa... chiarito il fatto che la vita accademica mi uccide...ecco a voi un capitoletto piccino piccino per farmi perdonare. nel prossimo cercherò di esaudire un vostro desiderio...sarà una sfida, ma per voi questo e altro. Bene, dopo questo sproloquio inutile,
Buona lettura, Tuna_
L'aveva incollata all'anta dell'armadio, in modo tale da poterla osservare anche mentre era a letto, girata sul fianco. All'inizio vedeva solo una specie di triangolo grigiastro, poi il dottore le aveva fatto notare il profilo del naso, i piedini, le manine che si aprivano e chiudevano e poi le aveva indicato una piccolissima bolla un po' più scura... “sa cos'è questo signorina?” le aveva chiesto il dottore sorridendole “ questo è il cuore del suo bambino...e adesso...- disse mentre cliccava di qua e di là sulla macchina – adesso le faccio sentire quanto è forte il suo ometto”. Miky si accarezzava il ventre, nella testa ancora quel suono meraviglioso, il suono della vita...e di immaginava di accarezzare dall'esterno, quel suo bambino ritratto in fotografia. Nonostante tutta la consapevolezza della sua condizione, che aveva maturato nell'attimo in cui aveva deciso di scappare, quella fu la prima volta che riusciva davvero, sinceramente e felicemente a pensare a se stessa come a una madre. Aveva amato quel bambino fin da quando il dottore le riportò l'esito degli esami, aveva amato quel bambino anche quando l' aveva fatto vomitare in strada...ma ora, ora amava quel figlio,anche se l'aveva visto solo in fotografia, lo amava alla follia.
I giorni passavano lenti e tranquilli. La vicinanza di Reika era un toccasana e Miky aveva riacquistato colore e salute. Non dovendo più fingere di uscire presto la mattina per andare a lezione, riuscì finalmente a trovare un secondo lavoro come commessa in un negozio di abbigliamento donna. Certo era solo un lavoro temporaneo. Solo 3 mesi, ma la paga era decisamente migliore di quella del supermercato e inoltre aveva diritto a una percentuale del 2% per ogni vendita. La loro coinquilina, Joanna, era finalmente arrivata. Studentessa il lingue e culture occidentali, passava ore e ore con le cuffie nelle orecchie a ripetere probabilmente, frasi in francese o tedesco per migliorare la pronuncia. Era una tipa tutto sommato simpatica, poco invadente e per niente capricciosa. Se finiva il latte lo andava a comprare, se finiva l'acqua calda ne riscaldava un po' sul fuoco. Insomma si sapeva adattare, per di più era una cuoca più che discreta cosa che le fece guadagnare subito parecchi punti bonus. Joanna era nata e cresciuta nel Kansai (*) è talvolta parlava in modo così strano che le altre due scoppiavano a ridere senza ritegno. Lei sbuffava dicendo “ io parlo in modo del tutto normale, siete voi qui quelle con un accento strano” ma poi scoppiava a ridere anche lei.
Joanna non sapeva tutta la storia di Miky. Avevano preferito così. Tuttavia, con lo scadere di quelle famose 3 settimane, le due ragazze erano sempre più nervose. Miky poi, in quei giorni aveva letteralmente i nervi a fior di pelle. L'apice di questa agitazione fu raggiunto quel venerdì sera. Le tre ragazze stavano mangiando in cucina, col televisore accesso in sottofondo. All'improvviso a Joanna cadde la forchetta da mano e si voltò a guardare Miky con terrore. Sullo schermo ,in alto a destra, il telegiornale nazionale mostrava una sua foto.
Avevano scelto una del secondo anno di liceo, lei con indosso la divisa del club di tennis e i capelli legati in una coda di cavallo. Lo speaker stava già lanciando il servizio sui genitori affranti che chiedevano notizie, quando Reika, che non si erano neppure accorte essersi alzata da tavola, spense il televisore.
“ domani telefono al negozio e dico che stai male” le disse, come se stesse parlando di andare dal parrucchiere o alle terme.
Miky annuì debolmente,con lo sguardo assente, dirigendosi in camera sua, mentre Joanna osservava prima l'una e poi l'altra provando a capirci qualcosa.
Quattro mesi dopo l'anta dell'armadio era pienissima di ecografie, ultrasuoni, articoli su gravidanza e maternità presi dai forum al femminile. Il suo pancione era cresciuto a dismisura e benchè indossasse abiti larghi e sformanti, nessuno poteva più ignorare il suo stato. Quelli del supermercato l'avevano presa abbastanza bene, in fondo se stava alla cassa, seduta, avrebbe potuto lavorare senza problemi. Più difficili da gestire furono invece le sue colleghe del negozio d'abbigliamento. Secondo loro una ragazzina di appena 18 anni, incinta, faceva scappare le clienti. In effetti le vendite ultimamente erano calate e i proprietari non poterono fare altro che licenziarla. Con i piedi gonfi e la schiena sempre più dolorante, sperare di essere assunta come cameriera era impossibile. Per fortuna Reika le dava una mano e fra le altre cose, copriva anche buona parte della sua quota affittuaria. Miky non avrebbe potuto mai sdebitarsi abbastanza con quella ragazza, né rendere appieno quel sentimento di affetto e immensa gratitudine che provava nei suoi confronti. Era diventata come una sorella, una madre, una amica preziosa, una vice-mamma per il suo Toshiro.
Era stata Joanna però, a consigliarle di tingersi i capelli e cambiare pettinatura...come lei, molti altri avevano notato una somiglianza eccessiva fra la “loro” Miky e quella della foto che per giorni era apparsa al notiziario. Si preparò per l'ennesimo colloquio, gonna nera lunga al ginocchio e camicia bianca con un ricamo colorato in basso a destra. Scarpe comode, avrebbe dovuto stare in piedi a lungo. Si osservò allo specchio, ancora stupida da vederci una giovane donna dai capelli castani corti e dalle forme mature. Sull'autobus, un liceale con le cuffie nelle orecchie e lo sguardo arrabbiato, si alzò per farla sedere. Avrà avuto non più di 3 anni di differenza, ma la fece sentire più adulta, segno, ancora una volta, che la sua adolescenza era finita da un pezzo.
“ si, signora, esatto. Il mercoledì dalle 8 alle 12, lunedì e venerdì dalle 15 alle 19, gli altri giorni siano chiusi...perfetto allora, la segno per mercoledì alle 10, arrivederci”. Disse Miky riagganciando la cornetta.
“una nuova cliente?” chiese Ayako, il suo capo, lì al centro benessere.
“ si- rispose Miky annuendo- ha detto di essere un'amica della signora Mitsuishi”
“ oh Kami, - disse la donna alzando gli occhi al cielo- prega che non sia come quella o finiremo di nuovo tutti i barattoli di cera!”
Miky rise tranquilla, in fondo le piaceva lavorare alla spa. Lei stava al bancone, accoglieva le clienti, spiegava i servizi e rispondeva al telefono. Non era un lavoro esaltante o entusiasmante, e non era neppure vicino casa, visto che ci impiegava più di un'ora con l'autobus per andare e un'altra per tornare, tuttavia era un lavoro semplice e pagato discretamente. Lì non avevano fatto storie sulla sua gravidanza, le avevano addirittura fatto gli auguri e concesso due mesi tra maternità e allattamento. Un sogno.
Bip bip. Un sms da parte di Reika. Fuori un altro. 24! stavo per baciare il professore. Stasera si festeggia!
Era felice per la sua amica e sorrise pensando che mentre tutti si sarebbero dati alla pazza gioia, lei sarebbe sgattaiolata in camera, per crollare nel letto addormentata.
* vi ricordo che nel Kansai, e quindi ad Osaka, in cui grosso modo è ambientata la storia, si parla una specie di dialetto caratteristico. Miky invece parla il "giapponese ufficiale" e, per una volta, è lei ad essere "strana". |
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Capitolo 8 *** 6 settimane lontano da te ***
ciao a tutti! vi sono mancata almeno un pochino?
questo che segue è un capitolo brevissimo ma sopratutto è un esperimento. vi prego quindi di essere clementi :P
immedesimarsi in Yu non è difficile, ma da quì a riuscire a scrivere qualcosa di decente ce ne vuole....ho optato quindi per il metodo dell' " induzione".....
per favore, fatemi sapere che ne pensate, Tuna_
Yu pov.
Mi manca da impazzire. Come ho fatto ad essere così stupido? Come ho fatto a lasciarla andare? Sono un idiota. Non ci sono altre spiegazioni. E le ho anche chiesto di darmi spazio...Stupida Università, stupida architettura, stupido test. Miky, dove sei ora? Quanto vorrei sentire la tua voce....
Circa una settimana dopo la partenza di Miky, in casa Matsuura tutto era tranquillo. Yu passava la maggior parte della giornata chiuso in camera o in biblioteca. Lavorava sodo e nessuno osava disturbarlo, neanche Satoshi. Solo Ginta, chiamava a tarda sera per avere notizie di Miky. Non l'aveva più sentita da quella sera, anzi, nessuno l'aveva più sentita da quella sera. Preso com'era dagli archi a ogiva e dalle volte a botte, non ci aveva nemmeno fatto caso. Si era talmente assuefatto alla sua presenza silenziosa ma costante, che la sentiva ancora fra le sue braccia. La mattina, appena sveglio, sentiva il suo profumo nell'aria, la sua voce mentre canticchiava sotto la doccia. La verità era che l'aveva data per scontata, sopratutto in quell'ultimo periodo, e non riusciva perdonarsi.
Yu aprì lentamente la porta della sua stanza, appoggiandosi allo stipite. Guardò la scrivania immacolata, i peluche ordinatamente disposti sul letto. Per un attimo la vide mentre , con le spalle alla parete e i piedi infilati di sbieco sotto le coperte, leggeva l'ennesimo romanzo breve di Meiko.
Il suono di un bicchiere in frantumi, lo avvertì che suo padre era rientrato.
“ ciao Sugita” (1) sono Yu, Yu Matsuura” si presentò educatamente appena l'altra rispose al telefono.
“ oh, ciao Yu. Tutto bene? È da tanto che non ti si vede in giro”
“ hmm? Ah si, si, tutto bene. Volevo chiederti...per caso hai sentito Miky di recente?” chiese cercando di nascondere l'apprensione. Ormai era partita da due settimane e non lo aveva ancora chiamato. Ogni tanto mandava dei messaggi a sua madre, ma a lui neanche una e mail.
“ Fammi pensare – rispose Meiko – ora che me lo fai notare è quasi una settimana che non ho notizie.”
“ ah...capisco” disse deluso. La preoccupazione saliva sempre di più. Né Ginta né Meiko riuscivano ne sapevano niente. Miky, dove sei finita?
I giorni passavano e non gli restava che una persona a cui rivolgersi. In altre condizioni non lo avrebbe fatto, ma ormai non riusciva a pensare ad altro. Una morsa allo stomaco e un vago senso di vertigine lo accompagnavano da giorni ormai, un brutto presentimento, che all'inizio, aveva scambiato per l'ansia generata dal test di ammissione. Ma quello ormai era un ostacolo superato. Era tornato a casa con la certezza di esser stato accettato, eppure quella sensazione non accennava a diminuire, anzi, diventava ogni ora più opprimente.
“allora, Rumi-okaasan (2), hai ricevuto qualche altro messaggio dalla nostra Miky?” chiese timidamente una sera a tavola, ma subito si maledisse per il suo errore. Non disse, niente, fissando il suo piatto come se nulla fosse successo. Suo padre gli rivolse un'occhiataccia, ma non insistette oltre. Rumi gli rivolse un leggero sorriso.
“ si, ha detto che sono a Madrid e che ha comprato un paio di nacchere per Meiko. Credo proprio si stia divertendo. Sono felice che abbia colto questa opportunità. Grazie per averlo chiesto Yu-kun.” (3)
Ginta chiamava sempre più spesso. “ Non è da lei partire e non telefonare, Yu. Non una telefonata, una e mail o un messaggio da più di un mese. Non è normale, e tu lo sai” sbraitava ogni volta, prima di riattaccare. Tutta questa situazione era decisamente strana. Ogni sera, nelle ultime due settimane, Yu si alzava nel cuore della notte, prendeva il suo laptop e sgattaiolava, al buio, in camera di Miky, controllava ossessivamente la sua casella di posta, ancora e ancora, ma niente. Gli tornò alla mente quella sera, in cui lei, pallida e malaticcia era entrata in camera sua, lo aveva baciato come se non ci fosse un domani. Solo in quel momento, purtroppo, capì che quello era un bacio d'addio.
Il ritorno era previsto per quel martedì mattina. Rumi, inaspettatamente, canticchiava in cucina. Non lo aveva mai fatto prima, ma Yu riconobbe in quella, la voce della figlia. Forse una delle poche cose che ha preso da lei, pensò il ragazzo mentre prendeva posto.
“ah, Yu-Kun – esclamò sorpresa di trovarselo davanti all'improvviso – non ti ho sentito arrivare” cercò di giustificasi la donna.
“ Dovresti cantare più spesso Rumi- okaasan. Hai davvero una bella voce”, le disse senza pensarci, facendola arrossire.
Il sole sembrava prendersela comoda quel giorno, ostinandosi a rimanere alto nel cielo. La mattinata proseguì davvero lenta, il tempo pareva essersi fermato o peggio ancora, sembrava stesse giocando a “un- due - tre- stella” con Yu, che lo fissava in continuazione.
Subito dopo pranzo, suonò il campanello. Aprì la porta con foga tale da generare una piccola corrente d'aria nell'ingresso. Di fronte a lui, in un vestito blu a righe rosse, un cappello di paglia alle ventitré, Meiko lo fissava perplessa.
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Qui Yu si rivolge a Meiko chiamandola per cognome ( che se ricordo bene dovrebbe essere questo). In fondo non è così strano, anche noi tendiamo a chiamare i compagni di classe, con cui non c'è particolare confidenza, per cognome.
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Come sapete, in Giappone si usano molto i suffissi onorifici, per specificare il grado di parentela, di affetto, di confidenza ect... Io non ne capisco nulla, ho fatto solo una rapida
ricerca su Wikipedia e questo mi è sembrato il più adatto. Lo potrei tradurre come “mamma Rumi”. Yu, è troppo grande per chiamarla semplicemente mamma e in fondo credo che in questa famiglia che sto provando a descrivere non ci sia un alto grado di “intimità”.
Sempre per questo discorso, quando Yu chiama Miky, semplicemente per nome, lascia intendere un certo grado di affetto e ovviamente la cosa non può sfuggire a questo Yoshi, decisamente sui generis.
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Di nuovo i suffissi onorifici. “Kun” è quello più usato per rivolgersi in maniera rispettosa a un ragazzo. L'ho notato anche in alcuni manga, quindi credo di averci azzeccato.
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Capitolo 9 *** La quiete è finita. Largo alla tempesta. ***
Ta-dà!! Non che i feedback siano stati numerosi ( ancora grazie mille Nina!! <3) ma ho pensato di sottoporvi un altro capitoletto dal punto di vista di Yu. Forse vi sembrerà inutile, perchè non ci sono molti "fatti"; in effetti è un capitolo preparatorio...spero riesca a far capire la situazione a casa Matsuura e sopratutto il difficile rapporto tra Yu e suo padre, in attesa di sviluppi a mio parere molto interessanti...aspettate e leggerete...
che dire?
Buona lettura! Tuna_
“Il numero da lei selezionato non è al momento raggiungibile, la preghiamo di riprovare”. Come possono delle parole asettiche, pronunciate da una voce registrata, fare così dannatamente male? Dove sei Miky? Che è successo? È tutta colpa mia.....
Yu sbattè violentemente il pugno sul tavolo, facendo voltare il commissario. L'uomo, un tempo forse avvenente indossava una divisa risalente ad almeno 10 anni prima e che adesso, tirandosi su una pancia più che prominente, formava delle piccole ogive tra un bottone e l'altro. Il cappello dalla falda rigida, copriva malamente la fronte imperlata di sudore.Le sue indagini si erano arenate e dopo una settimana, Miky risultava ancora scomparsa. I poliziotti avevano messo a soqquadro la camera di Miky e sigillata quasi fosse una scena del crimine. Cosa si aspettavano di trovare poi, rimaneva un mistero. Avevano setacciato i cassetti, l'armadio, la cartella della scuola. Avevano frugato dappertutto, e Yu non aveva potuto impedirlo. In quella stanza non avrebbero potuto trovare nulla, perchè Miky non aveva lasciato nulla. Aveva imparato a coprire le sue traccie fin troppo bene e questo, purtroppo, glielo aveva insegnato lui.
“ come ho già detto, non risulta che il suo passaporto sia mai passato per i controlli doganali, né all' aereoporto né alle stazioni ferroviarie.” spiegò il poliziotto, inchinandosi rispettosamente verso Rumi.
“ha detto bene, questo lo sapevamo già” intervenne Yu, la rabbia che gli ribolliva in petto e che gli faceva tremare la voce. Suo padre, seraficamente seduto a tavola, trattenne a stento una smorfia.
“ senta – provò a calmarlo il commissario- capisco che sia una situazione difficile...”
“ difficile? Una situazione DIFFICILE?” lo interruppe il ragazzo.
“ Yu!adesso basta. Chi ti da il diritto di parlare così? - si intromise Rumi- è di MIA FIGLIA che stiamo parlando” disse prima di bere un altro sorso, un po' troppo generoso, di vino.
“ per quanto riguarda l'agenzia- riprese il poliziotto palesemente in imbarazzo – beh, non risulta da nessuna parte, è sicuramente una copertura”
“basta parlare di quello che non sapete” disse Yu, distaccato e impassibile- “cosa state facendo per ritrovarla?”
“ ma che ragazzino insolente!” mugugnò l'ispettore a denti stretti, poi, come se quello non avesse parlato, si rivolse a Rumi.
“ stiamo facendo circolare la sua foto in tutte le stazioni di polizia della prefettura (1) e quell'appello in televisione è stato molto utile. Abbiamo ricevuto tante segnalazioni”
“ e quante tra queste hanno portato a qualcosa?” chiese Yu, sta volta senza preoccuparsi di fingere un tono cordiale.
“ No, lasci- disse Yu in risposta allo sguardo omicida dell'uomo – so già la risposta”.
“ che cosa pensi di fare adesso?” gli chiese Satoshi.
“non lo so” ammise Yu.
“ ascolta Yu ..- intervenne timidamente Meiko – so che te l'hanno già chiesto mille volte ma...”
“ credimi, - disse interrompendola ancor prima che potesse finire la domanda- se avessi anche solo sospettato che stava progettando una cosa del genere...”
“ già” disse Meiko, avvertendo lo sconforto nella voce del ragazzo. Erano seduti a un bar, in pieno centro. Era molto diverso dai posti che frequentavano di solito, ma si addiceva meglio all'umore di Yu, cupo e triste. Lo aveva scoperto pochi giorni prima, mentre vagava per la città nella speranza di dissipare almeno un po' la nebbia che aveva in testa. Il locale non era molto grande, con un bancone quadrato in legno scuro che si ergeva al centro della stanza e permetteva di servire i clienti da ogni lato. Le pareti laterali erano dipinte di un verde scuro, che unito alle luci soffuse, dava complessivamente l'idea di un antro tetro e misto. Ciò che aveva attirato l'interesse di Yu verso quel posto, però, era stata una tavola in compensato, una sorta di bacheca, su cui erano attaccate centinaia e centinai di polaroid. Volti, baci, paesaggi, tutto era stato fotografato ed esposto in quel rettangolo, creando una sorta di puzzle.
“ ehi Yu! Tutto bene?- chiese Ginta, che come la solito li aveva raggiunti in ritardo, notando l'amico intendo a fissare la parete- mi spieghi cos'è che ti attira tanto di questo posto?” disse sbuffando.
“mhm? Ah ciao Ginta!” rispose Yu, che in verità non aveva nemmeno sentito la domanda.
Dopo un paio di bicchieri, Meiko ricevette una telefonata. La musica di sottofondo, per quanto lenta e malinconica, generava comunque troppo rumore, perciò la ragazza uscì per rispondere.
“ scusate ragazzi, ora devo proprio andare” disse mentre raccoglieva le sue cose in fretta e in furia. Era agiata e gli occhi erano gonfi e lucidi, come se stesse trattenendo le lacrime.
“ehi Azikuki! Tutto ok?” chiese Satoshi. “ problemi con il matrimonio?”
“eh? Ah, si, già. Scusatemi.” blaterò sottovoce mentre correva verso la porta.
Era passato un mese, poi due, poi tre. La polizia aveva ufficialmente abbandonato le ricerche. Non c'era traccia di Miky da nessuna parte, o per lo meno da nessuna parte in cui la polizia avesse cercato. Tutto sembrava scorrere come se nulla fosse successo, come se lei non fosse mai scomparsa o peggio ancora, come se non fosse mai nata. Rumi non parlava mai di lei. Probabilmente il dolore era troppo forte. Ogni giorno andava a lavoro in condizioni sempre peggiori e non tornava prima di sera inoltrata, il più delle volte sbronza. Un paio di volte, Yu era anche dovuto andare a recuperarla in vari bar sparsi per la città.
Una sera, Yoshi aveva invitato u suo collega e sua moglie a cena. Non che fosse insolito. Yoshi curava molto le sue relazioni sociali, come parte di quella bella apparenza che, a suo tempo, aveva conquistato la madre di Yu prima e Rumi, dopo. La preoccupazione per le sorti di Miky era totalmente assente in quell'uomo. Yu non riusciva a capacitarsene, quante volte lo aveva rimproverato, perchè in fondo quella ragazza non è nemmeno tua sorella. È una sciocca bambina viziata ed egoista che ha deciso di abbandonare la sua casa. È meglio che non ritorni, ci ha già messo abbastanza in imbarazzo. Yu ascoltava tutto questo con gli occhi sgranati e il cuore in pezzi, senza poter dire nulla. Non sarebbe servito a niente inasprire ulteriormente quella situazione. Ma quella sera, la proverbiale goccia fece finalmente traboccare il vaso. Rumi, pur di non bere di fronte agli ospiti, si era imbottita di calmanti. Yoshi fece finta di niente e continuò a conversare amabilmente con il signor Dee Hung e sua moglie. Quest'ultima, volendo essere cordiale, tentava in ogni modo di includere Yu e Rumi nella conversazione.
“ a quanto ho capito sei stato accettato al politecnico di Tokyo- disse la signora- congratulazioni, è davvero un istituto eccellente, anche mio fratello si è laureato lì”
“ si, è davvero una buona scuola” rispose Yu, apatico. “ ma non ho ancora seguito alcuna lezione”
“oh. Come mai, se posso chiedere?”
“ beh, diciamo che ci sono state un po' di difficoltà...organizzative...ma ora che è tutto finito comincerà a frequentare al più presto e con il massimo dell'impegno, vero Yu?” disse Yoshi, sottolineando le ultime parole. Le sue parole, risuonarono nella mente di Yu come il sibilo di un serpente. L'esperienza lo stava mettendo in guardia, non era quello il momento per sfidare suo padre, ma come poteva lasciar correre? Possibile che la scomparsa di Miky si potesse ridurre a banali.. “ difficoltà organizzative”? Come poteva essere così indifferente verso quella ragazza che aveva, dopotutto, accolto nella famiglia? Possibile, che, nonostante tutta l'esperienza accumulata, non riuscisse neanche a fingere del rispetto verso sua moglie? Il solo pensiero gli dava la nausea.
“ no. Non credo che lo farò” rispose Yu. Il tono era fermo, calmo e deciso, gli occhi fissi in quelli del padre. Si squadrarono per qualche secondo, ma parve molto, molto di più, finchè Rumi non si accasciò sul tavolo e gli ospiti, furono gentilmente invitati ad andarsene.
L'unico posto in cui riusciva a respirare era quel balcone. Solo lì trovava un po' di pace, lontano dall'alcolismo Rumi e dall'oppressiva presenza di suo padre. Guardò le stelle, sentendo il calore di lei fra le sue braccia, come in una delle tante notti passate insieme appoggiati alla ringhiera. “Ti troverò. In due contro il mondo”.
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Allora.. tenete presente che Hirakata è nella prefettura di Osaka, nel Kansai, mentre Yu vive a Tokyo, che è da tutt'altra parte. Ho immaginato che la polizia avesse una sorta di limite di giurisdizione, forse eccessivamente rigido e poco plausibile, se è così, chiedo scusa. Ai fini della storia però, vi prego di tollerare questa forzatura. Tuna_
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ps. ho controllato e il cognome di Meiko è Azikuki. Non so proprio “ Sugita” da dove sia uscito l'altra volta....bah!
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Capitolo 10 *** Tra felicità e senso di colpa ***
ce l'ho fatta!!!!!!!!se a voi sembra passato un secolo, per me è passata almeno un era geologica, ma finalmente sono riuscita ad aggiornare. non voglio illudervi, è stato difficile e nelle prossime settimane sarà IMPOSSIBILE, ma io non mi arrendo, riuscirò a finire questa storia!!! ( Tuna preda dell'esaurimento da sessione estiva -.-').
Buona lettura!
Coraggio Miky, ci siamo, niente panico. Niente panico? Io sono ben oltre il panico. Fa male!! lo so che fa male, guarda che anche io sento il dolore! E allora perché non taci? Perché stai per partorire e una parte di te deve pur rimanere lucida no? Non vorrai mica svenire nel bel mezzo del travaglio, il bambino rimarrebbe incastrato a metà...vuoi questo Miky? No, certo che no! Che razza di domande mi vengono? Oh no, oh no no no no....ecco che ne arriva un'altra “AAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH” urlò a perdifiato
“ forza signorina, ancora una” le disse qualcuno, impossibile sapere chi, dietro quelle mascherine verde chiaro.
Come ancora una? No, no, no posso, non ce la faccio, non ce la faccio più, adesso basta...MIKY! Che razza di pensieri! Non puoi fermarti adesso...ti arrendi ancora prima che nasca? no..no..per favore.. “AAAAAAAAAAAAAARH” urlò di nuovo, solo che questa volta, un'altra voce, ugualmente forte, chiara e squillante la seguì.
“Toshiro..” fiatò la ragazza, con una tenerezza nuova. Le sembrava impossibile, ma quell'immenso dolore era finito e tutto quello che riusciva a pensare era di stringere suo figlio fra le braccia. Seguì con ansia e trepidazione il piccolo fagotto che un'infermiera portava dall'altro lato della stanza. Aveva ancora gli occhi annebbiati dalla fatica e dal sudore, ma riuscì a scorgere una manina, una piccola, minuscola manina, che si agitava nell'aria, quasi protestasse perché lo stavano allontanando dalla sua mamma. Ma quella separazione durò poco, giusto il tempo di un colpo di spugna e di alcune misurazioni, poi la stessa infermiera si avvicinò al letto di Miky, mettendole fra le braccia quel piccolo miracolo.
“congratulazioni mamma” le sussurrò Reika all'orecchio, massaggiandosi la mano che, quasi sicuramente, Miky le aveva fratturato.
“ ricordo la prima volta che la dottoressa mi ha fatto sentire il battito del suo cuore- disse Miky, incantata da Toshiro, che si era accoccolato beatamente fra le sue braccia- ma questo...sentirlo battere contro il mio petto – disse mentre una lacrima si faceva strada sulla sua guancia- oh Reika, non so come descriverlo..è semplicemente meraviglioso”.
Mentre stringeva a sé, per la prima volta, suo figlio, fu travolta da un felicità che mai avrebbe anche solo potuto immaginare. Il suo corpo e al sua mente erano del tutto scombussolati. Una piccola parte dei suoi sensi percepiva ancora il dolore del parto, ma questo si era come rintanato in piccolo, piccolissimo angolo del suo cervello. Tutta la sua attenzione era concentrata su Toshiro, sul suo visino paffuto, sulla sua pelle morbida, sul profilo del suo naso, che per tanti mesi aveva seguito con le dita, sulle varie ecografie attaccate all'anta dell'armadio. Alzò gli occhi verso una figura, che si sporgeva oltre la sua spalla destra, incantata anche lei da Toshiro. Reika. Miky chiuse gli occhi e per un momento, un brevissimo momento, si sentì in colpa.
Erano passati pochi mesi da che si erano trasferite. Dopo la nascita di Toshiro, nel vecchio dormitorio, avevano ricevuto parecchie lamentele e Miky era preoccupata che qualcuno, prima o poi, dopo litigi più o meno civili, avrebbe potuto coinvolgere la polizia. Così, poco prima del primo compleanno di quella piccola adorabile peste, aveano firmato un contratto d'affitto per una casa vicino alla Spa, dove la giovane madre aveva da poco ripreso a lavorare.
Toshiro cresceva sereno e spensierato, almeno per il momento. Ogni volta che lo vedeva gattonare per casa o cadere addormentato a pancia in giù sul tatami (*), Miky sapeva di aver fatto la scelta giusta. Per quanto la sua vita fosse difficile, per quanto non riuscissero ad arrivare sempre a fine mese, per quanto dovesse sopportare le chiacchiere del vicinato, non avrebbe mai potuto rinunciare a Toshiro.
Il nuovo quartiere era squisitamente residenziale. C'erano alcuni condomini, ma per lo più erano case in stile tradizionale, come quella in cui vivevano loro. Tre stanze, divise da fusuma (*) decorate con mille linee colorate, rappresentavano tutto lo spazio a loro disposizione. Solo la cucina e un piccolo bagno, riprendevano uno stile più occidentale (**). Mancando di un vero e proprio giardino, madre e figlio erano diventati assidui frequentatori del parco pubblico , una grande area verde non lontana.
“ avanti piccolo...forza, ancora un po' e ci sei...così, bravo..- lo incoraggiò – ma che bravo che è il mio ometto” disse applaudendo e sorridendo felice. Miky guardò suo figlio muovere le sue gambette ancora un po' arcuate, un sorriso di soddisfazione che illuminava quel volto d'angelo, così simile a quello del padre. E del padre erano sicuramente anche quei capelli biondi, quegli occhi così luminosi da competere con il Sole, solo il colore era sbagliato...erano due piccoli smeraldi, esattamente come quelli di suo nonno Jin.
“A cosa pensi?” la risvegliò Reika. Era un caldo pomeriggio di maggio e le due ragazze erano sedute su una panchina, mentre Toshiro giocava sul prato del parco cittadino. Un leggero venticello trasportava il profumo di OKONOMIYAKI (1) che un vecchio signore vendeva all'angolo della strada.
“ stavo pensando- disse Miky con un sospiro, continuando a fissare il bambino che ogni tanto tornava, suo malgrado, carponi – che forse...forse sarebbe giusto fare una specie di video...sai, per immortalare momenti come questo”.
“ Per farli vedere a chi Miky?” le aveva chiesto Reika. Era sorprendente come la riccia riusciva sempre ad anticipare i suoi pensieri. Già, per farlo vedere a chi? Lei quei momenti li stava vivendo e certo non li avrebbe dimenticati. Forse un giorno li avrebbe mostrati a Toshiro, magari per riderci su... No, lei sapeva a chi li avrebbe voluti mostrare, chi avrebbe avuto il diritto di vedere i primi passi di quella creatura, di sentire la sua voce quando per la prima volta aveva pronunciato “amma”, di rimanere sbalordito da quel sorriso fiero e luminoso che nasceva da quelle labbra. Oh, Miky sapeva benissimo a chi avrebbe voluto mostrare quel video, affinché partecipasse, seppur indirettamente, a quei momenti fondamentali della vita di suo figlio, del loro bambino. Ma, come Reika voleva ricordarle, era stata lei stessa a rendere tutto ciò impossibile.
“ a nessuno” rispose dopo aver riflettuto qualche minuto “ ma sarebbe bello lo stesso”.
Mentre giocava con Toshiro, lo sguardo di Miky si posò su un ragazzo strano, in piedi sotto un albero non lontano. Se ne stava lì, fermo, e li osservava. Quando si accorse di esser stato scoperto, immediatamente si nascose dietro l'albero, come un bambino che gioca a nascondino. Non sapeva se essere spaventata o divertita da quel comportamento bizzarro.
“andiamo” disse Reika prendendola per il polso, con aria preoccupata. Anche lei aveva notato quello strano ragazzo “ quel tipo è decisamente inquietante” ribadì, avanzando svelta verso casa.
(*) e (**) Dunque, io mi sono immaginata una casetta semplice e modesta. I Tatami sono delle stuoie molto elaborate, formate da più strati, che ricoprono tutto il pavimento. Talvolta sono considerati anche sostituti del letto, sopratutto laddove si usano futon. Le fusuma invece, sono le pareti, o le porte scorrevoli, generalmente in legno o carta. Personalmente mi piacciono molto, sopratutto quelli decorati, anche se per lo più sono paesaggi . Per la casa di miky ho immaginato una cosa del genere http://www.tatami.com.my/image2.jpg
la questione giardino: a quanto ho capito, nell'architettura giapponese è molto importante il contatto con la natura. Visto che Miky e Reika sono in condizioni economiche....precarie...ho pensato che per potersi mettere una casa, quest'ultima dovesse aver almeno un difetto che ne facesse scendere il prezzo e così, eccoci qui.
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Gli OKONOMIYAKI sono delle specie di “pizze”, tipiche della regione del Kansai. Vi rimando a http://it.wikipedia.org/wiki/Okonomiyaki
ps. spero che,all'inizio, si sia capito che il dialogo era nella testa di Miky, una sorta di “sdoppiamento” tra la parte razionale e la parte in preda al dolore del parto...nelle mie intenzioni doveva essere divertente... Aspetto con ansia i vostri commenti, Tuna_
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Capitolo 11 *** Rapimento ***
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