Sarò sincera

di MM_White
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In trappola ***
Capitolo 2: *** Non chiamarmi ragazzina ***
Capitolo 3: *** Prima lezione: un Intrepido non si arrende mai ***
Capitolo 4: *** Seconda lezione: un Intrepido non perde mai ***
Capitolo 5: *** Terrore e desiderio ***
Capitolo 6: *** Come giocano gli Intrepiditi ***
Capitolo 7: *** Terza lezione: mai fidarsi di un altro Intrepido ***
Capitolo 8: *** Tu sei nata per me ***
Capitolo 9: *** Fuoco ardente e stupida falena ***
Capitolo 10: *** Qualcosa di speciale dentro di noi ***
Capitolo 11: *** Fino al punto di rottura pt.1 ***
Capitolo 12: *** Fino al punto di rottura pt.2 ***
Capitolo 13: *** Fino al punto di rottura pt.3 ***
Capitolo 14: *** Il giorno in cui lo lasciai andare ***
Capitolo 15: *** L'organo più fragile ***
Capitolo 16: *** Ineluttabilmente di nessun altro ***
Capitolo 17: *** I rischi del mestiere ***
Capitolo 18: *** Un nuovo punto di partenza ***
Capitolo 19: *** Domani, dimentica... ***
Capitolo 20: *** In vino veritas ***
Capitolo 21: *** Padrone del mio cuore ***
Capitolo 22: *** Tutto nella norma ***
Capitolo 23: *** Red ***
Capitolo 24: *** Sua moglie ***
Capitolo 25: *** Confessioni ***
Capitolo 26: *** Castello di carte ***
Capitolo 27: *** Pecora Nera ***
Capitolo 28: *** Un atto di fiducia ***
Capitolo 29: *** Trottola ***
Capitolo 30: *** Kaimy ***
Capitolo 31: *** Lo scrigno dei segreti ***
Capitolo 32: *** Afferra la mia mano ***
Capitolo 33: *** Scontro finale ***



Capitolo 1
*** In trappola ***





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1.
In Trappola




 


Testa pesante. Nausea.
Un doposbronza con i fiocchi questa mattina, eh Christina?
Ricordo solo il primo bicchiere di alcol, a cui è seguito il secondo. Ricordo che era pessimo ma che me lo facevo scendere giù per la gola a foza. Per il senso di liberazione che mi trasmetteva o solo perchè lo facevano tutti.
Ricordo le risate e le battute tra i transfazione, i brindisi per il nostro futuro da intrepidi. Un futuro incerto ma terribilmente eccitante.
Ricordo anche di aver sollevato un terzo bicchiere, adesso che ci penso, e di aver gridato: «la fazione prima del sangue!» Per poi aggiungere: «sì, ma non del nostro!»
Ricordo di aver visto Will e Al ridacchiare, e Tris provare a sorridere. Un sorriso cordiale. Un sorriso da Abnegante.
Cosa è succeso dopo? Dopo ho portato la bocca al bicchiere. E poi non ricordo più niente.
Buio totale. Tabula rasa. Knock-out.
L'alcol mi aveva resettato il cervello.
Sollevo le palpebre stanche. Inizialmente vedo solo bianco, poi quasi non mi viene un colpo. Sdraiato accanto a me, addormentato, c'è Eric.
Per qualche secondo lo osservo, incapace di muovermi. Ascolto il suo respiro regolare, guardo il suo viso sereno, privo di quella espressione perennemente contrariata. Sembra così indifeso, così calmo. Ma nonostante lo sembri, sono ugualmente terrorizzata. È disarmato. Inerme. Eppure sono convinta che se provassi a fargli del male non potrei riuscirci ugualmente.
Mi sento come la principessa rinchiusa nel castello e sorvegliata dal drago. In trappola.
Indietreggio, tirando leggermente il lenzuolo, e mi arresto subito. Sono vestita vero? Allungo il collo per guardarmi attorno. Pareti grigie, qualche vecchio mobilio, una tenda scura davanti ad una piccola finestra. Sono nell'appartamento di Eric e mi chiedo non solo come diavolo ci sia finita, ma anche come faccia ad essere così luminoso. Quando appoggio nuovamente il capo sul cuscino e guardo il soffitto, individuo la vera fonte di luce. Un lucernario enorme. Proprio sopra il letto. Se qualcuno dovesse sbirciare da lì vedrebbe un'iniziata sotto le lenzuola di un capofazione.
Brividi.
Mi sfioro la pelle e mi rendo conto di non essere completamente nuda. Ho ancora (o di nuovo? Oddio che situazione!) gli indumenti intimi. Così trovo il coraggio e indietreggio ancora di più, cercando di scendere lentamente dal materasso ma Eric muove lievemente le labbra e con gli occhi ancora chiusi mi cinge la vita con un braccio muscoloso e pesantissimo, tirandomi a sè.
Prima non ero in trappola. Adesso lo sono, cazzo, adesso!
Strabuzzo gli occhi e cerco di divincolarmi ma lui continua a stringermi con un sorriso. Sta solo fingendo di dormire e io sono più terrorizzata che mai. Non credo esista al mondo, in questo momento, un'Intrepida più terrorizzata di me. Il cuore mi batte così forte che spero che Eric non lo senta.
Quando poi solleva le palpebre io sono pietrificata. I suoi occhi, sotto questa luce intensa, sembrano quasi bianchi. Freddi, cattivi, calcolatori. Adesso non sorride più, mi osserva soltanto. I nostri visi sono così vicini che posso vedere adirittura i pori della sua pelle, ogni singolo pelo del filo di barba, il buco leggermente dilatato del piercing sul sopracciglio.
«Buongiorno.» Dice a voce bassa.
E io svengo.





Note:
Okei, okei, perfetto, ce la posso fare... *Tira un lungo sospiro*
Quando scrivo per la prima volta in un fandom mi sento sempre una straniera... Ci entro davvero in punta di piedi, cercando di non disturbare nessuno... Magari forse qualcuno nelle recensioni, un pochino, pochino...
Tuttavia!
Chi mi conosce sa che con le note d'autore sono una frana e che lo sono ancora di più con le longfic. Ecco perchè con questa ho deciso di pubblicare mini-mini-mini capitoli, sperando di lavorare nel migliore dei modi possibili e di non deludervi.
Ho scelto di invadere questo fandom con i miei personaggi preferiti, Christina e Eric. In realtà li adoro un pò tutti, Quattro in particolare, ma anche Peter e Uriah e Tris... Ma Eric è un personaggio troppo affascinante e tenebroso per non parlarne e così eccola qui, l'improbabile e imprevedibile storia d'amore tra una ex Candida e un ex Erudito, adesso rispettivamente iniziata e capofazione degli Intrepidi. Le premesse dicono tutto!
P.S. sono una frana anche con i termini che le fangirl normali utilizzano per fangirlizzare (dico bene!? >.  <) quindi sareste gentilissime se mi metteste a conoscenza di un eventuale nome che identifica la coppia Eric-Christina per poterlo inserire nella descrizione!

Avete notato che la nota è più lunga del capitolo? Bhè, serve per compensare le volte in cui la nota non la scrivo neanche! :D

Grazie milleeeee per l'attenzione, MM



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Capitolo 2
*** Non chiamarmi ragazzina ***



 

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2.
Non chiamarmi ragazzina




 

Quando riapro gli occhi le mie iridi si tingono del cielo azzurro che si staglia oltre il lucernario. Eric è seduto ai piedi del letto, dandomi la schiena. Si sta infilando una maglietta nera e non faccio in tempo ad osservare i tatuaggi che gli coprono la pelle lungo tutta la spina dorsale. Mi è parso di vedere un occhio, il simbolo degli Eruditi, ma forse mi sono sbagliata.
«So di fare questo effetto alle ragazzine...» Si gira leggermente verso di me. «Ma non puoi svenire ogni volta che ti rivolgo la parola.»
«No-non...» Balbetto. Non mi era mai capitato di non riuscire a dire quello che penso. «Non chiamarmi ragazzina!»
Solleva le spalle. «Dopo stanotte, per me lo sei.»
Si alza ed entra in quello che dovrebbe essere un bagno.
Esco di corsa dal letto non appena chiude la porta, raccolgo i miei indumenti sparsi per terra e mi precipito fuori dall'appartamento mentre mi vesto. Senza neanche accertarmi delle condizioni in cui mi trovo. Ci pensano Will, Al e Tris a farmelo presente, non appena metto piede nel dormitorio.
«Christina! Dove diavolo eri finita?» Sbotta Tris con aria ancora assonnata.
«E perchè diamine hai i capelli in quello stato?» Chiede invece Will asciugandosi la testa con un asciugamano.
«Sono... Sono andata a fare un tatuaggio...»
«A fare un tatuaggio....» Sibila lui con un sopracciglio sollevato. «Tutta la notte?»
«Era bello grande!»
«Davvero? Dove? Wow Chris, ma sei pazza?» Chiede Tris eccitata.
«Una candida che mente!» Sostiene Al passandomi da dietro e sedendosi di peso sul materasso di Tris. «Adesso sì che posso morire in pace!»
«Dai smettetela, cosa sono tutte queste domande?» Esplodo all'improvviso.
Prendo un asciugamano e mi dirigo con passo pesante verso le docce, sentendo lo sguardo allibito dei miei amici sulla schiena.
Devo rimanere qualche minuto da sola. Devo ricordare che diamine è successo stanotte. Devo parlarne con Eric, nonostante il solo pensiero mi terrorizzi a morte. Ma devo essere coraggiosa, dopotutto sto o non sto per diventare un'Intrepida a tutti gli effetti? Perchè lo diventerò sicuramente, visto che, dopo aver affrontato Eric, superare l'iniziazione sarà un gioco da ragazzi!

 

*

 

Io e Tris stiamo diventando amiche. O meglio, credo che quello che stia nascendo tra noi sia amicizia. Non ho infatti ben chiaro cosa bisogna essere o fare per diventare amica di qualcuno. Tra i candidi basta dirsi tutto sinceramente e il gioco è fatto. Ma non è così semplice. Infatti l'amicizia dura finchè non rivolgi al tuo interlocutore qualche considerazione che risulti troppo sgarbata o una domanda alla quale il candido deve rispondere in maniera più sincera possibile e la risposta si rivela alquanto imbarazzante. Io purtroppo sono impostata come la mia fazione di origine mi voleva. Sto cercando di sforzarmi il più possibile, ma proprio non ci riesco a frenare la mia voce squillante qui tra gli intrepidi. Lo capisco se spesso ci reputano antipatici, noi trasfazione Candidi. Ma con Tris non è così. A lei non disturba sapere la verità, tutt'altro. Lei da me la pretende.
Ci facciamo scudo a vicenda mentre ci cambiamo nel dormitorio. Poi andiamo verso la mensa per fare colazione insieme. Io sono più assente del solito, più silenziosa... E Tris se ne accorge. É una ragazza particolarmente empatica o forse è solo impostata come la sua fazione di origine voleva che fosse. Anche lei.
«Che hai?»
«Niente...» Raramente ho risposto in maniera così vaga a una domanda diretta.
«Ho capito.» Dice dopo aver annuito un paio di volte. «Sei in ansia per il nostro primo combattimento.»
Giusto, il combattimento. Ero così turbata da quello che è successo nelle ultime ore, dalla consapevolezza di dover chiarire la situazione con Eric, da dimenticarmi che oggi avremmo cominciato a scontrarci nei corpo a corpo. Ma questo non posso dirlo a Tris.
«Già.» Confermo laconicamente mentre ci confondiamo nella confusione della mensa. «Non ho mai fatto a botte in vita mia.»
Le altre fazioni credono che se parli con un Candido puoi conoscerne ogni suo più intimo segreto. Ma i Candidi non sono così stupidi. I Candidi ti diranno sempre la verità, giusto, ma non tutti sanno che ci sono mille modi per dirla. Non ho detto a Tris il vero motivo per cui mi sento ansiosa, ma non le ho neanche risposto con una bugia. Ed essere evasivi non è mentire.
Faccio scivolare sul mio vassoio il piatto con la colazione del giorno e riempio il bicchiere di aranciata servendomi da una delle brocche quasi vuote. Raggiungiamo Al e Will al tavolo e io li saluto con un 'giorno appena biascicato.
«Che ha?» Chiede Will, rivolgendosi a Tris.
Lei solleva le spalle.
«Non è molto loquace appena sveglia.»
«Ma se ha detto che non ha dormito tutta la notte per farsi un tatuaggio!»
«Non...» Cerco di dire, ma poi mi blocco. Se confesso di non aver trascorso la notte nello studio di Tori mi chiederanno dove sia realmente stata. E allora il mio lato da Candida mi costringerà a sputare tutto dalla bocca. Ma è ciò che realmente voglio? Che quelli che potrebbero davvero diventare i miei nuovi amici mi vedano come una tipa facile che si ritrova nel letto di un capofazione e non se ne ricorda neanche? No, chiaro che no.
Mando giù un boccone di torta al cioccolato e con quello anche le parole che stavano per uscire. Devo imparare a mettere a tacere il mio lato da Candida. Sto per diventare un'Intrepida, dopotutto.
«Allora?» Insiste Will.
Gli Eruditi sono un pò come i Candidi. Sempre alla ricerca della verità. Solo che, se ai Candidi interessa sapere la verità e la vedono come il vero scopo finale della loro ricerca, per gli Eruditi si tratta solo di tenere tutto sotto controllo, di sapere che troveranno la verità perchè sanno come cercarla.
Tris dà a Will una leggera gomitata sul braccio e gli indica qualcuno vicino al buffet, salvandomi involontariamente dall'interrogatorio. O forse lo ha fatto apposta. Sì, credo proprio che Tris sia affetta da ''empatia Abnegante''.
«Guarda Will, anche gli Intrepidi grandi e grossi mangiano i cibi dolci!»
Che razza di considerazione è mai questa? Scuoto la testa e rido, mentre dirigo lo sguardo nella direzione indicata da Tris. L'Intrepido grande e grosso è Eric, e sta prendendo una fetta di torta al cioccolato per poi posarla con cura sul vassoio. I suoi movimenti sono sempre lenti e calcolati. Il cibo sul suo vassoio posizionato con cura. Strano che un tipo così ordinato e meticoloso abbia scelto di mostrarsi agli altri con la faccia piena di piercing e il corpo ricoperto di tatuaggi. E per un attimo mi ritrovo a pensare che la sua sia solo una maschera.
Quando torniamo a mangiare, l'argomento ''le-abitudini-mattutine-di-Christina'' è ormai dimenticato. Tiro un sospiro di sollievo e continuo a scherzare con i miei compagni iniziati, ma non riesco a levarmi del tutto dalla mente il pensiero che devo chiarire la faccenda con Eric. Quando tutti terminano la colazione ci alziamo da tavola per dirigerci in palestra, ma io li lascio andare avanti.
«Ho bisogno di bere un altro pò di succo!» Dico a Tris sollevando il bicchiere vuoto.
«Okei, ti aspettiamo qui.»
«No, no, non ce n'è bisogno!» Dico con troppo entusiamo. «Andate pure avanti, vi raggiungo subito.»
Al solleva un sopracciglio ma non dice nulla. Poi Tris sussurra un «va bene» e tutti si voltano per uscire dalla mensa. Quando guardo di nuovo in direzione di Eric, lui non c'è più. Scorro velocemente lo sguardo sui tavoli, poi lo vedo, in piedi davanti al buffet che ripone il vassoio su una pila altissima di altri vassoi vuoti. Sta uscendo dalla mensa anche lui e penso che se lo becco da solo per i corridoi sarebbe la situazione migliore per parlare...







Note:
Rieccomi. Questo non è un mini-mini-mini capitolo ma solo un mini-mini capitolo. Spero che lo preferiate! Anche perchè, se vogliamo, il primo potrebbe essere benissimo anche solo un prologo.
Visto che Christina è minorenne e Eric no, e che questa si tratta di una storia d'amore, ho dato un'occhiata al regolamento (sia per stare più tranquilla, sia per smorzare eventuali tentativi di alcune lettrici di etichettarmi come "pervertita"). E, dato che il regolamento vieta
"Relazioni tra personaggi minorenni e adulti molto più grandi di loro", credo che nel mio caso non ci siano problemi.
Solo per chiarire.
Bene, io mi dileguo... Questo capitolo non è stato granchè ma vi prometto che si tratta solo della calma prima della tempesta!
A presto,
MM

 

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Capitolo 3
*** Prima lezione: un Intrepido non si arrende mai ***



 

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3.
Prima lezione: un Intrepido non si arrende mai




 

Corro verso l'apertura nel muro in cui è entrato Eric, forse una strada secondaria per raggiungere la palestra, e proprio quando me lo ritrovo a camminare di schiena a pochi metri di distanza, le gambe cominciano a cedermi. Tutto nella sua figura mi provoca brividi di terrore. É così alto, e muscoloso, e forte. E poi ho paura dell'effetto che mi fa quando mi guarda. Mi sento impotente, debole, vulnerabile. Sento che potrebbe vedermi per quello che sono realmente. E se avessi voluto che gli altri vedessero la vera Christina non avrei mai lasciato la mia famiglia per inserirmi in questa fazione di matti spericolati.
«Eric!» Lo richiamo e quasi non mi si strozza la voce quando si volta.
«Guarda un pò chi c'è.» Dice lui accennando un sorriso beffardo. «La Candida.»
«Non sono una Candida. Non più.»
«Ma non sei neanche un'Intrepida o sbaglio?»
«Lo diventerò.»
«Allora cosa vuoi da me?»
«Sapere cosa è successo stanotte.» Lui solleva un sopracciglio. «Sapere la verità.»
«Okei, okei aspetta...» Dice avvicinandosi a me. Sento il cuore battere forte, forse non ce la faccio ad affrontarlo come credevo. Forse sbagliavo a credermi coraggiosa. Adesso mi sento solo un agnellino davanti ad un grosso lupo affamato. «Dici di non voler essere chiamata Candida e ti comporti come tale?»
«Non c'è niente di sbagliato nel voler sapere qualcosa che non ricordo assolutamente...» Mi sento la bocca secca. «E volerlo sapere da te, Eric, mi sembra l'azione più da Intrepidi che ci sia.»
Lui ride e si avvicina ancora. Adesso i nostri visi sono separati da pochissimi centimetri. Dieci, forse quindici. E stiamo respirando la stessa aria ma non c'è niente di romantico in questo. Respirare l'aria che respira anche lui è un'esperienza agghiacciante.
«Credimi, ci vuole ben altro per potersi considerare Intrepidi.» sibila. «Ed è solo a loro che ho giurato devozione, quindi non vedo perchè dovrei scambiare confidenze con una Candida come te.»
Il fatto che non mi consideri ancora un'appartenente alla sua stessa fazione mi irrita moltissimo, ma capisco che è questo il punto. Ribadire che in tutto questo sono io, e solo io, la diretta interessata, non cambierà nulla. L'unico modo per essere certa che lui mi consideri alla sua pari (o quanto meno quasi, alla sua pari) è diventare una vera Intrepida.
«E se... Se invece dovessi dimostrarmi all'altezza degli Intrepidi, me lo diresti?» Chiedo allora con la voce che trema un pò. «Mi diresti che cosa abbiamo combinato stanotte?»
Lui sorride, facendomi raggelare il sangue nelle vene, poi suote il capo. Anche in questo corridoio poco illuminato riesco a scorgere il colore chiarissimo dei suoi occhi, così celesti da sembrare bianchi, e sento le gambe cedermi.
«Non credo che sia possibile, perchè vedi...» Dice scostandosi. «Tu non sarai mai all'altezza degli intrepidi.»
Mi fissa per qualche secondo, poi si allontana, divertito. Non so cosa lo diverta tanto. Forse la mia espressione affranta e terrorizzata nello stesso tempo, oppure il fatto che mi sono ricordata di respirare e adesso sembra che stia annaspando per cercare un pò d'aria.
La sua affermazione infatti mi ha spiazzato. Se, come afferma lui, io non sarò mai all'altezza degli Intrepidi, allora lui non mi considerà tale neanche se dovessi superare l'iniziazione. E la mia memoria sarà sempre un puzzle con dei pezzi mancanti. Perchè nei miei ricordi di questa notte mancano poco più di sei ore. Sei maledettissime ore di buio totale.
Già, buio totale. Tabula rasa. Knock-out.
Ma io devo sapere che cosa è successo. É la mia voce di Candida che me lo impone. Non posso permettere che un'ombra copra una parte della mia vita, anche se si trattanno solo di sei ore. E, mentre lo penso, mi viene in mente la considerazione che ho tratto poco fa sugli Eruditi, pensando a Will. Ovvero che per gli Eruditi si tratta solo di tenere tutto sotto controllo. Ed Eric era un Erudito, lo ha rivelato Quattro durante la cena.
Quindi, se è vero che io in fondo rimarrò sempre una Candida con i relativi difetti, allora anche Eric non potrà mai sciogliere le catene mentali che lo tengono unito alla sua vecchia fazione. In pochi secondi mi faccio venire in mente tutti i punti deboli degli Eruditi: brama di conoscenza e di potere, egocentrismo, ipocrisia e, su tutti, l'arroganza. Gli Eruditi amano trovarsi in posizione di vantaggio. Sapere cose che altri non sanno. Alcuni non lo ostentano e diventano insegnanti o dottori, ma per altri è così evidente. Ed Eric è uno di questi. Lui adora essere capofazione, adora essere considerato un vero Intrepido, adora il fatto che gli altri lo temano. E, in questo momento, adora il fatto che io non sarò mai niente di tutto ciò. C'è solo un modo per far crollare questa barriera. C'è solo un modo per attirare la sua attenzione ed ottenere quello che voglio. Fare esattamente quello che lui più desidera: mostrarmi inferiore a lui e fargli credere che voglio essere esattamente come lui.
«Insegnamelo allora.» Dico quando sta quasi per svoltare l'angolo. «Insegnami a diventare una vera Intrepida.»
Lui si ferma di colpo e penso di aver fatto centro. Sento il chiasso degli Intrepidi provenire dalla mensa e l'umidità sulla pelle. Passano forse una decina di secondi, che a me sembrano interminabili, poi Eric solleva le spalle e mi guarda.
«E secondo te...» Comincia a dire irritato. «Non è per questo che seguo i vostri allenamenti?»
Cerco di replicare, di dire che non è con la violenza e la brutalità che si insegna il coraggio a dei sedicenni, ma Eric non me ne lascia il tempo perchè si allontana, sparendo dal mio campo visivo.

 

*

 

Quando entro in palestra sono curiosa di sapere con chi combatterò.
«Così non va.» Dico dando una gomitata a Tris.
«Ahia.» Si lamenta lei. Con gli allenamenti di questi giorni abbiamo tutti una fantastica collezione di lividi. Mi scuso e poi indico il tabellone.
«Ma guarda, mi hanno messo contro il carro armato.»
Quando dico carro armato mi riferisco a Molly, mentre quando dico mi hanno messo mi riferisco a Eric. Perchè so che è stato lui ad affiancare una ragazza snella come me ad un armadio come Molly. Vuole divertirsi, vuole dimostrarmi che non sono all'altezza.
Dopo l'incontro vinto da Al contro Will, Eric grida: «Prossima coppia, Molly e Christina!»
Faccio scocchiare le dita, tradendo il nervosismo.
Quando Molly si avvicina all'arena ho la tentazione di scappare il più lontano possibile da questa fazione, ma dopo il primo calcio sono ottimista. La mia avversaria rimane senza fiato e stringe i denti. Una ciocca di capelli stopposi le cade sulla faccia, ma non la sposta.
Sorrido, è stato facile dopotutto. Ma un attimo dopo Molly si tuffa su di me, facendomi cadere sulla schiena. Cerco di liberarmi ma lei è troppo pesante e non si sposta di un millimetro. Poi comincia a colpirmi sul viso senza sosta. Il dolore è lancinante ma riesco comunque a reagire e le sferro un pugno sull'orecchio, facendole perdere l'equilibrio. Spero che sia finita ma mi sbaglio, Molly torna ad attaccare e questa volta lo fa con un calcio sul fianco. L'impatto è talmente potente che non riesco a respirare.
«Ferma!» Geme mentre la vedo tirare indietro la gamba per calciare di nuovo. Allungo un braccio. «Mi... Mi arrendo.»
Sento i passi pesanti di Eric avvicinarsi all'arena, lentamente. Con la coda dell'occhio lo vedo sopra di me, con le braccia conserte.
«Scusa, che cosa hai detto? Ti arrendi?»
Mi sollevo con fatica sulle ginocchia, lasciando per terra una chiazza di sangue. Mi accorgo che sono cosparsa, di sangue. E la fonte principale è il mio naso. Lo stringo alla base tra due dita e annuisco.
«Alzati.» Mi ordina allora Eric, con voce grave, prima di afferrarmi il braccio e sollevarmi bruscamente.
«Seguitemi.» Lo sento dire rivolto agli altri, e mi trascina fuori dalla porta. Poi, avvicinandosi al mio orecchio sussurra: «Non eri forse tu quella che mi aveva espressamente chiesto di insegnarle a diventare un'Intrepida?»
Nonostante stia rischiando di svenire dal dolore, sorrido. Forse sono un pò più vicina alla verità.
«Sì...» Biascico mentre mi strattona.
«Allora stai per imparare la prima lezione...» Attraverso gli occhi socchiusi, intravedo il Pozzo. «Un Intrepido non si arrende mai.»
Quando ci fermiamo, Eric mi ordina di scavalcare la ringhiera.
«Cosa?» Chiedo incredula.
«Sali sul parapetto,» dice di nuovo, scandendo ogni parola. Mi viene in mente di quando mio padre mi sgridava perchè avevo detto una bugia e di come mi intimoriva il suo sguardo severo e autorevole. Ecco, neanche quello era lontanamente paragonabile allo sguardo di ghiaccio di Eric.
«Se riesci a rimanere appesa nel vuoto per cinque minuti,» continua, «dimenticherò la tua viltà. Se non ci riesci, non ti permetterò di continuare l'iniziazione.»
«Bene.» Mormoro cercando di non apparire terrorizzata.
Scavalco la ringhiera e rimango appesa, cercando di credere che non esiste al mondo una cosa chiamata fatica o dolore. E per qualche minuto ci riesco, poi però il fiume colpisce la parete, facendomi sbattere la faccia contro le sbarre. Grido. Le mani scivolano e mi ritrovo a tenermi aggrappata solo con le dita, che tra l'altro sono bagnate.
Conto ogni onda che ostacola la mia impresa, ogni lacrima che sento bagnarmi le guance. Ma il tempo sembra scorrere più lentamente e io non ce la faccio più.
Sento Al gridare: «Dai, Christina!»
E allora mi ricordo il motivo per il quale mi trovo qui. Perchè un ragazzo arrogante e crudele non mi ritiene all'altezza di appartenere al suo stesso gruppo. É solo per questo che rischio di morire o, peggio ancora, di diventare un'Esclusa.
Poi gli incitamenti aumentano. E io capisco che quella che io non sia all'altezza degli Intrepidi è solo una convizione di Eric. Solo sua. Io sono all'altezza. Lo so. E quando saranno trascorsi i cinque minuti lo saprà anche lui.
Riesco quasi ad avvertire i suoi pensieri.
«Ti arrendi, Candida?»
Perchè è questo che vuole chiedermi, ne sono sicura. Vorrebbe ripeterlo decine, centinaia di volte.
Ti arrendi? Ti arrendi? Ti arrendi?
«Mai...» Sibilo con un filo di voce.
Trovo la forza per afferrare di nuovo il corrimano ma un'altra ondata si infrange contro la mia schiena facendomi perdere la presa. Sono stanca. Troppo per poter rimanere ancora aggrappata qui. Ho gli occhi aperti ma vedo tutto nero, e i suoni arrivano alle mie orecchie ovattati. Abbraccio l'idea di lasciarmi andare e mettere fine a tutto questo, ma proprio un secondo prima di mettere in atto il mio piano, sento due mani forti afferrarmi i polsi e sollevarmi, allevviando i miei dolori.
Per un attimo credo che siano le grandi mani di Eric, ma quando metto a fuoco le immagini mi accorgo che invece si tratta di Al.
Che stupida, ad aver anche solo pensato che Eric potesse essere capace di un gesto tanto gentile.
Quando sollevo lo sguardo, lui mi sta fissando.
«Adesso...» biascico tra un colpo di tosse e l'altro. «Ti sembro all'altezza?»
«Questa era solo la prima lezione...» Ribatte lui.
Avverto gli sguardi persi dei miei compagni iniziati, che non sanno di che cosa stiamo parlando.
«Sono pronta per la seconda, allora.»
Noto nella sua espressione fredda un cedimento. Una contrazione involontaria. Cosa avrei dovuto leggerci in quella smorfia stizzita? Nervosismo? Rabbia?
Eric, sempre gelido e impassibile, sta provando finalmente dei sentimenti, seppur negativi. E in fondo da lui non ci si può aspettare nient'altro. Ma il fatto che sia io, la causa dei suoi turbamenti, mi diverte. Una ragazzina che gli sta tenendo testa, ecco cosa rappresento. Perchè lo sto sfidando a essere ancora più crudele e, allo stesso tempo, gli sto dimostrando che riuscirei comunque a sopportarlo.
Intorno a noi è calato un silenzio tombale. Stiamo aspettando tutti che Eric controbatta. Perchè Eric dveve avere sempre tutto sotto controllo, no? E così dovrebbe avere anche l'ultima parola, sempre.
Ma dalla sua bocca socchiusa non esce neanche un suono. E, mentre si volta scuotendo il capo, io sollevo un sopracciglio e scoppio in una lunga e rumorosa risata liberatoria.
Peccato che non avrei mai visto, in risposta alla mia risata, il sorriso incredulo stampato sul suo volto.






Note:
Con questo capitolo siamo entrati nel vivo della storia.
Sto cercando di renderla  più realistica possibile. Insomma, Eric è Eric, non mi piace che si incretinisca per una ragazza da un momento all'altro...
Ci dovrebbero essere delle ragioni valide, e anche in quel caso rimane comunque Eric! 
Quindi, secondo me, quando si sceglie di renderlo protagonista di una storia d'amore, questa non dovrebbe essere convenzionale, banale.
Così come odia, Eric ama. Ma lo fa in un modo tutto suo. Vedrete! ;)
Fatemi sapere cosa ne pensate voi!
MM

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Capitolo 4
*** Seconda lezione: un Intrepido non perde mai ***



 

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3.
Seconda lezione: un Intrepido non perde mai




 

«Tutti in piedi!»
Spalanco gli occhi nell'oscurità, disorientata. Poi li riparo con un braccio mentre un fascio di luce si posa su ognuno di noi. Dietro la torcia luccicano dei piercing. Eric. Intorno a lui ci sono altri Intrepidi, compreso Quattro. Mi sollevo di scatto, nonostante indossi solo una maglietta e un paio di slip. Tris invece, che da brava Rigida ultimamente sta andando a dormire vestita di tutto punto, rimane immobile sul suo letto.
«Sei diventata sorda, Rigida?» Domanda Eric con fare sprezzante.
Poi il fascio di luce si posa su di me. Prima sul viso, poi sulle braccia incrociate davanti al petto e dopo ancora sulle mie lunghe gambe nude. Qualcuno, nel gruppo di Intrepidi dietro Eric, fa un fischio per poi mormorare qualcosa. Allora Eric sposta velocemente la torcia lasciandomi al buio.
«Avete cinque minuti per vestirvi e venire ai binari.» Dice. «Faremo un'altra escursione.»
Prendiamo un fucile e una sacchetta di proiettili a vernice. Poi corriamo tutti, iniziati sia trasfazione che interni, verso il vagone aperto dove sono già saliti Tris e Quattro. Sbaglio o tra i due sta nascendo qualcosa? Da ex Candida conosco molto bene il linguaggio del corpo e i loro corpi si parlano che una meraviglia! E se Quattro non fosse un Intrepido DOC, penserei che sia un Rigido anche lui. Perchè sono sicura che loro, di questa attrazione reciproca, non se ne sono ancora accorti...
Quattro ci spiega che giocheremo a strappandiera, una tradizione molto cara agli Intrepidi, e incominciano a formare le squadre, a partire dai transfazione.
«Comincia tu.» Dice Quattro ad Eric.
Allora il capofazione posa lo sguardo sul nostro gruppo, poi si sofferma su di me. Non ci credo, sceglierà me? Mi considera finalmente all'altezza di giocare nella sua squadra? Gli sorrido, ormai convinta che farà il mio nome, ma Eric si stringe nelle spalle e fa il nome di Edward.
Ma quanto posso fare pena?
Quattro ed Eric continuano a dividersi i membri per la propria squadra. E io non sono in quella di Eric. Non so perchè, ma mi sento delusa. Lo ammetto. Volevo che mi scegliesse. Così come Quattro ha scelto Tris.
La nostra squadra scende dal treno per prima, con lo scopo di nascondere la bandiera, ma mentre sto per saltare qualcuno mi ferma per un braccio.
Le labbra di Eric mi solleticano l'orecchio.
«Seconda lezione, Candida...» Sussurra con fare minaccioso. «Un Intrepido non perde mai.»
Lascia la presa e il mio unico pensiero è quello di saltare dal treno. Atterro a qualche metro di distanza dagli altri e Tris mi viene incontro.
«Perchè ci hai messo tanto?»
Mi volto. Eric mi passa velocemente davanti, gli anfibi che superano di qualche centimetro il bordo del vagone e un sorriso beffardo stampato sulla faccia.
Sospiro.
«Il nostro capofazione ha avuto la geniale idea di trattenermi per farmi la lezioncina.»
«Un Erudito rimarrà sempre un Erudito, eh?»
«E una Rigida rimarrà sempre una Rigida.» La punzecchio mentre raggiungiamo il resto del gruppo. «Perchè sei diventata tutta rossa quando Quattro ha detto:''Voglio la Rigida''?»
«E tu perchè ti lasci dare lezioni private da Eric?»
Ridiamo, continuiamo a stuzzicarci con domande allusive e in poco tempo siamo arrivati al Molo della Marina.
«Siamo vicini al quartier generale degli Eruditi, vero?» Chiedo.
Questo posto è così poco illuminato che vado a sbattere con la spalla contro quella di Will. Lui si volta e mi rivolge un sorriso timido. Oddio, non crederà che l'abbia fatto apposta?
«Sì, è a sud di qui.» Conferma lui. Si guarda indietro e per un secondo la sua espressione si carica di nostalgia. Chissà se anche Eric, adesso, sta provando nostalgia.

E a me cosa diavolo interessa?
Oltrepassiamo una ruota panoramica, poi raggiungiamo una giostra. Che il gioco abbia inizio.


La bandiera della squadra avversaria è appesa al ramo di un albero, molto in alto. Tris si allunga per prenderla e io la imito. Avrei lasciato che la prendesse Tris, dato che è stata lei a scovarla, ma all'improvviso mi balena in mente una frase, sibilata come se fosse stata detta da un serpente velenoso. E forse il paragone non è neanche tanto erroneo.
Seconda lezione, Candida... Un Intrepido non perde mai.
«Su Tris.» Le dico con fare condiscendente. Mi dispiace privarla di un tale momento di gloria ma io devo-prendere-quella-bandiera. «Sei già l'eroina della giornata. E comunque lo sai che non ci puoi arrivare.»
Detto questo strappo la bandiera dal ramo.
Un Intrepido non perde mai.
Mi giro e lancio un grido di vittoria. La voce di Uriah si unisce alla mia e uno scoppio di urla in lontananza le fa eco. Alzo la bandiera più in alto che posso, mentre la mia squadra esulta e mi solleva in aria.
Mentre raggiungiamo i binari per tornare alla residenza, do un'occhiata alla squadra avversaria. Camminano a una certa distanza l'uno dall'altro, in silenzio. Dopo una sconfitta, per gli Intrepidi non sono ammesse lacrime o teste chine. O pacche sulle spalle. Poi scorgo Eric, in lontananza.
Quando lo raggiungo lui non dice niente, alza solo gli occhi al cielo, accennando un sorriso.
«Hai ragione Eric,» dico in tono canzonatorio, e farlo davanti a lui richiede una buona dose di coraggio. «Un intrepido non perde mai.»
«Ne faremo altri, di giochi,» il suo tono mellifluo sembra alludere ad altro. «E ti assicuro che la posta in gioco sarà molto più alta di una stupida bandiera.»
«Vincerò anche quelli.» Asserisco sicura, anche se non ho ben capito a quale tipo di giochi si riferisca lui.

 

*

 

«Stamattina imparerete a colpire un bersaglio.» Dice Eric con la voce più cupa del solito. «Ognuno prenda tre coltelli.»
Mentre raggiungiamo il tavolo con i coltelli, do una gomitata a Tris.
«É di cattivo umore, oggi.» Asserisco divertita.
«E quando non lo è?» bisbiglia lei.
Non posso fare a meno di notare le occhiate velenose che Eric lancia a Quattro mentre lui gli dà le spalle. Vincere a strappandiera è una questione di orgoglio.
Durante l'esercitazione mi rendo conto che sono abbastanza abile, nel lancio dei coltelli. E poi, basta seguire i consigli di Quattro, che come istruttore è sicuramente mille volte meglio di Eric. Sento la sua voce calma e autorevole ripetere decine e decine di volte: «inspirate, prendete la mira e lanciate mentre espirate!»
E così, mentro eseguo i movimenti, sussurro a fior di labbra gli stessi comandi.
«Inspirate...» Lo faccio, e con la coda dell'occhio noto che Eric mi sta osservando.
«Prendete la mira...» Adesso sono concentrata solo sul bersaglio.
«Lanciate mentre...» Espiro e il mio braccio si abbassa con forza, mentre la mano lascia la presa e il coltello si conficca sul bersaglio con un rumore sordo.
Non mi ero accorta che intanto Eric si era avvicinato a me. Quando sento la sua voce, sussulto appena.
«Bel lancio, Candida.»
«Sbaglio o mi stai facendo un complimento?» Cerco di non guardarlo negli occhi e per distrarmi porto alla mano destra un altro coltello, prendendo la mira.
«Sono solo curioso di sapere come hai imparato a lanciare in così poco tempo...»
Mi volto. Le sue labbra sembrano leggermente rivolte all'insù, ma gli occhi non lasciano trasparire nessun sentimento. Tra i Candidi sarebbe stato un abile bugiardo.
Senza dire nulla, riprendo la mira e lancio il coltello.
«Semplice,» dico scrollando le spalle. «Faccio finta che al posto del bersaglio ci sia tu
Noto gli occhi di Eric posarsi velocemente sul bersaglio, per poi tornare su di me. L'ultimo coltello che ho lanciato è conficcato esattamente al centro della zona pelvica. Ride con il naso e si allontana.
Tris mi guarda strabuzzando gli occhi.
«Cos'era quello?» Mi chiede facendo guizzare gli occhi in direzione di Eric.
«Quello cosa?» Dico con falsa innocenza.
«Quel rispondergli a tono,» sentenzia lei con un sorriso. «Sei stata fantastica!»
Sorrido anch'io. Forse sono un pò più vicina alla verità, adesso. Dopotutto ho superato a pieni voti i primi due test ai quali mi ha sottoposto Eric.
Non mi sono arresa. Non ho perso.
E adesso sono pronta per la terza lezione.

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Capitolo 5
*** Terrore e desiderio ***


 

 

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5.
Terrore e desiderio




 

Questa notte l'ho sognato. Eric.
Eravamo di nuovo sul letto sotto il lucernario e io non riuscivo a liberarmi dalla sua presa. Mi è sembrato di rivivere la stessa scena di pochi giorni fa, ad accezione del fatto che dal colore del cielo doveva essere pomeriggio inoltrato e il suo braccio non mi avvolgeva la vita ma il collo. In questa posizione i nostri visi erano ancora più vicini e quasi non mi sentivo soffocare per davvero, sotto il suo enorme bicipite.

Non so perchè, ma nel sogno non volevo guardarlo. Ero convinta che se i miei occhi non si posavano sui suoi, allora lui non esisteva, e tutto quello che stava accadendo era una menzogna.
Io non ero nel letto di Eric. Io non desideravo rimanerci.
Cercavo quindi di tenere le palpebre chiuse, contraendo i muscoli del viso in una smorfia grottesca. E non mi interessava quanto potevo sembrare brutta, così.
All'improvviso sento liberarmi del peso che mi gravava sul collo e delle dita accarezzarmi il viso. Il suo tocco delicato mi spinge a sciogliere i muscoli, a rilassarmi. Adesso non mi turba più, sentire il suo sguardo su di me. Quando apro gli occhi, scorgo Eric chiudere velocemente i suoi.
«Non guardarmi.» Sussurra con un certo disagio.
Non vuole che io lo veda.
Penso, e nel sogno mi sembrava tanto sensato.
Al risveglio mi domando invece che cosa volesse significare.
Non vuole che io lo veda.
É questa la frase che mi tormenta per tutta la giornata, insieme ad un opprimente e insensato desiderio di riaddormentarmi per sognarlo ancora.

 

*

 

Non ne sono sicura, ma se ci provassi, credo che riuscirei a trovare l'appartamento di Eric. Quando ne uscii ero così sconcertata e agitata che ricordo a malapena quali porte ho aperto o quali corridoi ho imboccato. Ma più scendo nella residenza degli Intrepidi, e più mi rendo conto che sto andando sulla strada sbagliata. Nell'appartamento di Eric c'era un lucernario, quindi dovrei salire.
Mi volto e qualcosa di duro mi schiaccia la faccia. Faccio un passo indietro, dolorante.

«Ahi...» Mormoro con gli occhi lucidi, massaggiandomi il naso con il palmo della mano. Intravedo dei pettorali possenti coperti da una canotta scura. «Che fai, ti porti in giro l'armadio per paura che ti rubino i vestiti?»
«Nel mio appartemento non ci sono armadi.» Dice l'Intrepido. E la voce attentamente modulata mi suona fin troppo familiare. «Ma se non ti fidi puoi venire a controllare di persona.»
Quando finalmente la vista non mi appare più sfuocata e sollevo lo sguardo, mi ritrovo davanti Eric.
«Già fatto.» Dico cercando di sembrare spavalda. «E non ci tengo a ripetere l'esperienza.»
«Allora che ci fai qui...» Il suo tono è canzonatorio. Alquanto snervante. «Se non per raggiungere il mio appartamento?»
Sollevo un sopracciglio e mi maledico nel momento stesso in cui apro bocca.
«Per vedere se riuscivo a ricordare dove si trovasse.»
Dire una bugia no, eh?
Lui incrocia le braccia sul petto e mi scruta per qualche secondo. Le labbra a disegnare una linea perfetta. Poi all'improvviso scoppia a ridere.
«I Candidi sono uno spasso.» Sostiene divertito. «Dai andiamo...»
«Andiamo? Ma che...»
Mi mette un braccio sulle spalle e mi trascina verso un corridoio.
«Che diavolo stai facendo?» Chiedo imbestialita.
«Verifichiamo se hai buona memoria.» Abbassa il tono di voce. Incredibile come riesca a controllarla a suo piacimento. «Avere una buona memoria è una caretteristica importante tra gli Intrepidi, non lo sai?»
«Ah, davvero? E io che credevo fosse una prerogativa degli Eruditi.» Dico con un certo sforzo.
Il peso del suo braccio sulla schiena mi toglie il respiro. Cerco di divincolarmi e per un attimo ho l'impressione di esserci riuscita. Ma Eric sposta il braccio solo per cingermi la vita. Oddio. Oddio, no. Ditemi che questo è solo un altro stupidissimo sogno. No, giusto, questo non è un sogno.
É un incubo.
Eric si ferma davanti ad uno svincolo.
«Allora, Candida.» Dice abbassando lo sguardo verso di me. «Destra o sinistra?»
Torno a guardare i due corridoi. Sono entrambi scarsamente illuminati ma in uno intravedo una scala che porta ad un piano superiore. Guardo Eric. Per un attimo abbraccio l'idea di non scegliere nessuno dei due corridoi, ma poi dico: «Sinistra.»
«Uhmmm.» Mugugna lui con un sorriso.
«Ho indovinato?»
«Se hai indovinato sai cosa succede?»
Sto per rispondere ma un rumore mi interrompe. Dietro di noi si sta aprendo una porta. E io ho paura che qualcuno ci veda. Sento che non dovrei essere qui. Che non dovrei essere qui con Eric.
Prima ancora che la porta si apra del tutto avverto che i miei piedi non toccano più per terra. Sono su una spalla di Eric, adesso.
«Eric!» Lo saluta qualcuno con entusiasmo. L'Intrepido che stava uscendo di casa.
«Kira...» Risponde lui, chiaramente infastidito.
Mi rendo conto che non è una scena che si vede tutti i giorni. Due uomini che si salutano mentre uno di questi ha una ragazza sulla spalla neanche fosse un sacco di patate. Ma dalla disinvoltura con la quale stanno parlando, credo che scene come questa, tra gli Intrepidi, sono all'ordine del giorno.
«Come sono gli iniziati di quest'anno?» Chiede Kira, e dalla voce rauca deduco che non sia giovanissimo.
«Soliti rammoliti.»
«Ho notato che ci sono parecchi trasfazione...»
«Esatto. Sono parecchi. Ecco perchè ne butteremo fuori molti.»
«Ah... Allora è vero quello che si dice in giro...»
Eric mugugna qualcosa che voleva essere un assenso.
Okei, adesso basta.
«Vi sembra questo il momento di chiaccherare?» Chiedo irritata mentre sento il sangue affluire al cervello. No, non è solo perchè mi ritrovo a testa in giù. Si tratta di rabbia e imbarazzo, soprattutto di imbarazzo. Dopotutto sto offrendo a Kira la possibilità di godersi un panorama chiamato ''il sedere di Christina''.
«Impaziente la ragazza, eh?» Chiede Kira.
«Tu che dici?»
Cooosa? Ma di che diavolo stanno parlando?
Questo è troppo. Adesso mi metto ad urlare, giuro. Ma il peggio non è ancora arrivato. Me ne rendo conto quando Eric mi schiaffeggia una natica. Adesso è davvero troppo.
Sento Kira ridere.
«Avete ragione, tolgo subito il disturbo.»
«Bravo...» Sussurra Eric tra i denti.
«Ci si vede, Eric.»
«Ciao, ciao...»
Rido scuotendo il capo. Eric che saluta qualcuno in questo modo è davvero comico.
Quando finalmente mi mette giù, sento la testa girare.
«Doveva capitarmi davanti il più impiccione.» Si lamenta lui mentre mi rimette una mano sul fianco. «Comunque prima avevi indovinato, Candida.»
Sento il calore della sua mano attraverso la sottile stoffa della mia t-shirt. E uno strano brivido mi percorre la schiena. Terrore? No, desiderio. E credo che sì, se provo desiderio per Eric dovrei esserne terrorizzata. Ho imparato che quando si tratta di lui, i sentimenti più contrastanti e opposti si mescolano e si confondono.
Eric mi trascina lungo il corridoio e io non ho il coraggio di contraddirlo. Possibile che non ci sia nessuno qui, a cui chiedere aiuto? Ho così tanta paura che mi tremano le gambe.
Forse è così che ti sei ritrovata nel suo letto, accidenti a te, Christina!
Per tornare a parlare devo richiamare a me ogni briciolo di coraggio. Mi fermo di colpo e lo guardo con l'aria più minacciosa che riesco a fare.
«Okei, mettiamo in chiaro alcune cose. Primo,» dico sventolandogli l'indice davanti agli occhi. «Il mio nome è Christina, quindi smettila di chiamarmi Candida.»
Lui solleva un sopracciglio. Si sta sforzando di apparire con la sua solita aria dura e brutale, ma gli angoli sollevati delle labbra tradiscono un certo divertimento. Che poi sia un sorriso sadico è tutto un altro paio di maniche.
«Secondo,» sollevo anche il dito medio. «Ho vissuto abbastanza a lungo tra le autorità legislative, da sapere che quello che stai facendo è contro le regole delle fazioni.»
«Ah si?» Chiede lui inclinando appena il capo. I muscoli del collo leggermente contratti. Perchè non avevo mai notato quanto fosse tremendamente sensuale il suo collo?
«Sì, si chiama sequestro di persona.» La voce fuoriesce troppo stridula, ma non mi fermo. «E terzo...»
Eric ha le braccia incrociate sul petto, una posizione che permette di mettere in mostra parecchi muscoli. Ripenso con quanta facilità mi abbia sollevata da terra e mantenuta su una spalla.
«E terzo...» Schiarisco la voce.
Gli occhi guizzano sui suoi bicipiti, poi di nuovo sul collo taurino. Mi ricordo come mi sentivo piccola e impotente tra le sue braccia. E il desiderio che accompagnava i nostri gesti nel mio sogno. Sento uno strano calore bruciarmi le viscere e farmi avvampare le guance.
«Sì?» Chiede, trascinando la parola. Si abbassa leggermente per avvicinare i nostri visi, le braccia muscolose ancora conserte.
«Io... Io...» Oddio, che mi succede? «Non me lo ricordo più.»
Lui ride, raddrizzando la schiena.
«Vuoi vedere che lo indovino io?»
«Vediamo.» Sussurro distogliendo lo sguardo dal suo corpo, imbarazzata.
«E terzo...» Inizia lui prendendomi la mano e conducendomi ai piedi della scalinata. «Anche se sei un capofazione non hai nessun diritto di schiaffeggiarmi il sedere!»
Il suo gesto è stranamente delicato e il suo tono ironico è qualcosa di nuovo, per me. Non voleva offendermi, ma farmi sorridere. E ci riesce. Deglutisco e spero che non noti come mi abbia fatto arrossire. Sono questi i momenti in cui benedico la mia carnagione scura.
«Allora...» Dice indicando la scalinata con lo sguardo. «Sei pronta per la terza lezione, Christina
Credevo che sarebbe stato inquietante, sentire pronunciare il mio nome con la sua voce fredda a calcolata, ma non è così. Sarò anche pazza, ma invece mi infonde sicurezza. Forse potrei fidarmi di lui, adesso che ha dimostrato di avere un lato disponibile, più umano.
«Sono pronta.»







Note:
Salve. Prima di tutto volevo dirvi che il titolo di questo capitolo è PROVVISORIO, infatti, non mi piace assolutamente. Non vorrei sfruttare la vostra fantasia (io con i titoli sono una cacca, basti pensare a quello che ho scelto per l'intera ff) ma leggendo questo capitolo vi è venuto in mente un titolo migliore? Se sì, fatemene presente! Grazie!

Ah, dicendo grazie mi è venuto in mente una cosa. Non ho mai ringraziato, fino ad ora, le ragazze (sì, tanto lo so che siete tutte femminucce) che stanno leggendo, seguendo e recensendo questa storia. Siete fantastiche, è grazie a voi se trovo la voglia di fermarmi ore ed ore davanti al pc per scrivere come un'ossessa. (E naturalmente grazie anche a chi l'ha inserita tra le preferite).

Poi, se vi chiedete come faccia ad aggiornare quasi ogni giorno, bhè, non lo so neanche io. Attualmente sono avanti di tre capitoli, quindi sono pronti altri tre aggiornamenti, ma non vi prometto che sarà sempre così! (P.S. Io so cosa stanno combinando questi due e voi nooooo!)

Okei, basta. Hai 22 anni e che diamine! Ricomponiti subito!

Che altro avevo da dirvi? Bhu non me lo ricordo più. Sono una cacca anche con le note d'autore >.  <
(Se ve lo state chiedendo... Sì, quella che scrive la fanfiction e quella che scrive le note a fine capitolo sono la stessa persona!)

Alla prossima, carissime! MM




 

 

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Capitolo 6
*** Come giocano gli Intrepiditi ***



 

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6.
Come giocano gli Intrepidi





 

Posare di nuovo gli occhi sulle pareti di questo appartamento mi fa sentire strana.
L'ultima volta che ci sono stata ero così intimorita che non ho prestato attenzione ai dettagli, ansiosa com'ero di uscirne. Non ho notato il tavolino al centro del piccolo salotto che precede un angolo cottura semplice e pulito o la lampada priva di paralume sul comodino. E soprattutto mi domando come non ho fatto a notare l'unico elemento che orna le pareti, ovvero l'enorme stampa del Manifesto.
Forse perchè ero stata distratta dalla bellezza del lucernario. Sollevo lo sguardo e ammiro il cielo stellato che non avrei mai potuto vedere se fossi rimasta al dormitorio, o al Pozzo, o in qualunque altra parte della residenza. Perchè solo Eric ha un lucernario nel suo appartamento. Ne sono sicura. Quel lucernario rappresenta la sua potenza all'interno della fazione, la sua influenza. Da quel lucernario ne emerge perfino tutta la sua arroganza.
«Ecco, a differenza di qualunque altro Intrepido io posso guardare il cielo quando voglio.»
Ah, e comunque è vero che non ci sono armadi, ma solo il comodino e una specie di cassapanca di legno.
Con la coda dell'occhio lo vedo appoggiare la pistola e le chiavi di casa sul tavolino e raggiungere la cucina.
«Vuoi che ti prepari qualcosa da mangiare?» Chiede con un tono troppo gentile.
«Non ho fame, grazie.» Non riesco a staccare gli occhi dal lucernario, ma ogni tanto distolgo lo sguardo e cerco di capire cosa sta combinando Eric.
«Non ti preoccupare, non cadono.»
«Cosa?»
Lui indica il cielo con il coltello che ha in mano, voltandosi appena.
«Le stelle.»
Ah-ah. Divertente.
Eric è di schiena e si sente il rapido rumore della lama che picchietta contro il tagliere di legno. Mi avvicino all'angolo cottura, incuriosita.
«Non starai cucinando... Per davvero
«Credevi che sapessi usare i coltelli solo per infilzare bersagli?»
Un altro passo, lento e silenzioso.
«Ti avevo detto di non avere fame.»
«É affascinante sentire una Candida mentire...» Dice aprendo un cassetto alla sua destra per prendere una specie di scodella. «Al quanto intrigante, direi.»
E va bene, ha ragione. L'ultimo pasto che ho consumato è stato il pranzo e adesso ho così tanta fame che sarei perfino disposta a mangiare la cena che sta preparando Eric, anche se molto probabilmente sarà avvelenata.
Mi avvicino all'imponente stampa del Manifesto e sfioro le lettere leggermente sbiadite. É perchè di giorno il sole entra dalla finestra di fronte, andando a illuminare questa parete.
«Ti piace?» Chiede Eric, guardandomi con la coda dell'occhio.
«É bellissimo...»
«É sempre stato qui, da quanto ne so.»
Sorrido. «Scommetto che lo sai a memoria.»
Lo vedo sollevare un sopracciglio.
«Ti piace scommettere quando sei assolutamente sicura di non poter perdere, eh?»
«Qualcosa del genere.» Dico scrollando le spalle. «Allora?»
«Crediamo che la vigliaccheria è responsabile delle ingiustizie del mondo.» Comincia a recitare. «Crediamo che la pace si conquisti a fatica, che a volte è necessario lottare per la pace.»
Il suo tono è pacato e la sua voce ferma, nonostante sia evidentemente concentrato sulla preparazione della cena. Io sollevo lo sguardo verso il Manifesto, per seguirlo.
«Ma più di questo:
Noi crediamo che la giustizia è più importante della pace.
Noi crediamo nella libertà dalla paura, nel negare alla paura il potere di influenzare le nostre decisioni.
» Continua, senza sbagliare neanche una parola.
Quando arriva al mio punto preferito chiudo gli occhi e mi lascio cullare dalla sua voce profonda. «Noi crediamo negli atti di coraggio ordinari, nel coraggio che spinge una persona a ergersi in difesa di un'altra.»
Forse dovrei fermarlo ma non voglio. Sentirlo recitare con tanta calma e allo stesso tempo passione un testo così lungo, quale è il Manifesto, mi affascina. Più lo ascolto e più mi chiedo cosa prevale davvero in lui, se l'essere Erudito oppure Intrepido. Ha imparato il Manifesto a memoria solo perchè ne era capace o perchè crede davvero in quello che sta dicendo?
Non avevo mai letto tutto il Manifesto degli Intrepidi e la parte finale mi lascia spiazzata. La sussurro insieme ad Eric, leggendola.
«Noi non crediamo nelle buone maniere.
Noi non crediamo a teste vuote, bocche vuote, o mani vuote.
Noi non crediamo che l'apprendimento di violenza padroneggiata incoraggi la violenza non necessaria.
Noi non crediamo che debba essere consentito stare a guardare.
Noi non crediamo che qualsiasi altra virtù è più importante del coraggio.»
Mi porto una mano sulla bocca aperta, sconvolta. Eric non è spietato, o crudele. Oddio, certo che lo è. Quello che intendo dire è che Eric non lo è di natura. Sta solo seguendo alla lettera gli insegnamenti che la fazione gli ha inculcato. Forse il suo unico problema è l'esagerazione. L'aver amplificato concetti quali ''non crediamo nelle buone maniere'' o ''non crediamo che imparare ad essere controllatamente violenti incoraggi la violenza gratuita''.
Eric dice qualcosa, appoggiando dei piatti sul tavolino basso. Ma non è la sua voce a distogliermi dai miei pensieri, bensì il profumo che la cena emana.
«Insalata di pomodoro, un pò di pane e della carne.» Si siede per terra ed indica il mio piatto. «Non so come ti piace mangiarla. É al sangue, ma se la gradisci più cotta te la rimetto subito sul fuoco.»
«No, è perfetta così, grazie.» Mi siedo difronte a lui, strabuzzando gli occhi. «Sembra tutto buonissimo.»

 

*

 

Tutto questo mi appare assurdo. Eric che cucina, Eric che mi chiede come gradisco la carne, Eric che solleva lo sguardo dal suo piatto e sorride. Consumiamo il pasto in silenzio, poi pretendo di lavare i piatti.
Con la coda dell'occhio lo vedo aprire la cassapanca ed estrarre qualcosa. Qualcosa di piccolo. Due cose piccole. Le lancia in aria e le riprende con la stessa mano una decina di volte. Sono dadi. E sono dello stesso colore delle fiamme degli Intrepidi.
«A cosa giocano i bambini Candidi?» Chiede venendo da me e appoggiandosi al lavello. Io intanto mi asciugo le mani con uno strofinaccio.
«Al siero della verità.» Sta guardando i dadi che ha nella mano aperta, così ne approfitto per squadrarlo. Un piede è appoggiato sull'altra caviglia, mentre la mano che non regge i dadi è sul piano da lavoro in pietra. In questa posizione comoda i muscoli sono rilassati, facendolo sembrare meno aggressivo. «Uno si siede e l'altro finge di iniettargli il siero. Poi gli rivolge delle domande. Quando crede che stia mentendo fanno a cambio.»
Lui solleva lentamente lo sguardo su di me, gli occhi di ghiaccio.
«Ma che cazzo di gioco sarebbe?»
Inizialmente mi sento offesa, poi mi rendo conto che effettivamente non è un gioco divertente e scoppio a ridere. Allora Eric lancia un'ultima volta i dadi, li prende con l'altra mano e li appoggia sul tavolino.
«Hai mai visto giocare dei bambini Intrepidi?» Chiede dopo essersi accucciato vicino al tavolino. É così grosso che il tavolino gli arriva a malapena all'altezza dei fianchi. «Loro sì che si divertono.»
«Oh, certo...» Dico sedendomi a mia volta. Un pò più vicina a lui di quando stavamo mangiando. «Rincorrersi vicino ad uno strapiombo senza protezioni sì, che è divertente.»
«Sempre meglio che sudare freddo per rispondere a delle domande impertinenti e sgradevoli.» Sbotta lui.
«Suderesti freddo nel rispondere a delle semplicissime domande?» Chiedo con un sopracciglio sollevato. «Che uomo coraggioso!»
La mia audacia mi costa un'occhiataccia da parte di Eric, ma non dura molto. Due secondi dopo eccolo che sorride di nuovo. Possibile che si stia sforzando ad essere gentile? E per quale motivo, poi?
«Li hai mai visti giocare a Sfide?»
«Certo. Ho anche visto un bambino spezzarsi quasi l'osso del collo, pur di non perdere.»
«Ecco, questa è un'altra versione di Sfide. Si gioca con i dadi.»
«Vorresti... Giocare?»
Nella lista delle reali intenzioni di Eric avrei inserito di tutto, dall'uccidermi al portarmi al letto, tranne una: giocare. E invece eccolo qui, seduto di fronte a me, con un'aria da ragazzino e dei dadi rossi in mano, che mi chiede di giocare.
«Si lancia a turno e chi ottiene il punteggio più alto sfida l'altro a fare qualcosa.»
«Okei, quindi se dovessi ottenere un punteggio più alto del tuo potrei farti fare qualsiasi cosa?»
«Tutto quello che sia umanamente possibile.»
«Tutto, tutto?»
Mi guarda truce.
«Tutto.»
«Anche chiederti che cosa è successo l'altra notte?»
Lui sorride e si strofina il naso con un dito.
«Certo. É proprio per questo che ero sicuro avresti accettato di giocare.»
«Va bene allora.» Sbatto il palmo sul tavolino. «Giochiamo.»

 

Un dado è sul tavolino. La faccia con un solo pallino rivolta verso l'alto. L'altro è rotolato per terra, lontano da noi.
«Che fai, non vai a vedere cosa è uscito?» Chiede Eric con un sorriso beffardo.
«E ti fideresti?»
«Sei una Candida. Non diresti mai una bugia.»
«Tu credi?»
«Okei, allora non la diresti a me
«Perchè tanto sicuro?»
Lui non risponde, ma muove il capo in direzione del dado, continuando a fissarmi con quegli occhi gelidi.
Con un brivido mi alzo e vado verso il dado. Ho solo un punto per adesso, quindi spero vivamente che il secondo dado mi regali un sei.
«Sei, sei, sei, sei, sei....» Sussurro finchè non raggiungo il dado. Poi lo sollevo e lo porto al tavolino.
«Allora?»
«Tre.» Dico a denti stretti, affranta.
«Era un tre?»
«No, dico in tutto. Tre.»
Eric scoppia in una grassa risata. Prende i dadi e lancia.
«Undici!» Esclama trionfante. «Mmmmh, vediamo un pò cosa posso farti fare...»
Mormora guardandosi attorno, poi lo sguardo ricade sul tavolino, più precisamente sul mazzo di chiavi.
«Trovato,» dice liberandone una. «Questa è la chiave dell'appartamento. Ti sfido ad usarla per chiudere la porta e poi a gettarla dalla finestra.»
«Cooosa? E dopo come pensi di uscire di qui?»
«Cos'è, hai paura?»
«Dammi qua.» Gli strappo la chiave dalla mano e mi precipito a chiudere la porta. Poi mi dirigo verso la finestra. Non so cosa stia cercando di fare, ma non credo sia tanto stupido da segregarci qui solo per sfidarmi ad un gioco. Di sicuro avrà una chiave di riserva. E poi devo superare la sfida per poter giocare di nuovo e cercare di vincere. Mi volto verso Eric, poi, sempre guardandolo, lancio la chiave dalla finestra aperta.
Adesso la mia mano è vuota, la punto verso di lui e gli faccio gesto di ridarmi i dadi. Lui me li tira con un sorriso derisorio. Visto che sono in piedi, questa volta li lancio direttamente per terra. Quattro. Quando tocca ad Eric, lui ottiene dieci.
«Sei fortunato....» Affermo pungente, con un sorriso troppo largo per apparire anche lontanamente vero. «Hai già in mente la sfida?»
Mi osserva per qualche secondo, abbassando gli occhi verso le mie gambe e i piedi per poi rialzarli lentamente.
«Sì,» dice con la voce rauca. Questa volta non l'ha controllata. É chiaramente in balia delle emozioni. «Spogliati.»



 

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Capitolo 7
*** Terza lezione: mai fidarsi di un altro Intrepido ***




 

«Hai già in mente la sfida?»

Mi osserva per qualche secondo, abbassando gli occhi verso le mie gambe e i piedi per poi rialzarli lentamente.

«Sì,» dice con la voce rauca. Questa volta non l'ha controllata. É chiaramente in balia delle emozioni. «Spogliati.»





 


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7.
Terza lezione: mai fidarsi di un altro Intrepido




 

Mando giù la saliva.
«Non hai detto ''ti sfido''.» Ribatto con voce tremante.
«Ti sfido a spogliarti.»
Mi gratto la nuca, cercando di prendere tempo per pensare. Ecco in che guaio mi sono cacciata, per colpa della mia volontà a ricercare sempre la verità.
Che tu sia maledetta, Christina la Candida!
Eric si scosta dal tavolino e mi raggiunge. Man mano che si avvicina sono costretta ad alzare il capo, per sostenere il suo sguardo. Nonostante io sia abbastanza alta per essere una ragazza, lui mi supera di parecchie decine di centimetri.
«Vuoi che ti aiuti?»
Sibila quando a dividerci c'è ormai pochissimo spazio.
«No, faccio da sola.»
Lui si scosta e non riesce a frenare un colpo di tosse.
Sembra ipnotizzato dai miei gesti, mentre sollevo la canotta e la lancio sul letto. Poi lo vedo digrignare i denti quando slaccio il fiocco di corda che mantiene su il pantalone della tuta. I miei movimenti sono volutamente lenti e la sua reazione è interessante. Inghiotte più volte la saliva, il ritmo del respiro accellera, della spavalderia che ha dimostrato di avere poco fa non ne è rimasta neanche una traccia.
Sembra imbarazzato. E adesso che ho trovato il suo punto debole, voglio farlo disperare. Voglio torturarlo come farebbe lui con me.
Il pantalone mi scivola lungo i fianchi, adagiandosi sulle scarpe da tennis.
Lui cerca di guardarmi negli occhi, nonostante gli sia davanti coperta solo dagli indumenti intimi.
«Bene,» dice annuendo più volte per poi distogliere lo sguardo. Poi si china sul tavolino per raccogliere i dadi. «Sfida superata.»
«Tutto qui?» Chiedo strabiliata.
«Bhè, non è colpa mia se ti è risultato fin troppo facile spogliarti davanti a me.» Sentenzia lui scrollando le spalle. «Sbaglio o questa sfida non ti ha arrecato nessun imbarazzo?»
«Sbaglio o invece ne ha arrecato a te
Eric volta leggermente il viso nella mia direzione e assotiglia lo sguardo.
«Non sono imbarazzato.» Afferma serrando la mascella. «Sono solo sconcertato dalla tua indecenza.»
Strabuzzo gli occhi, incredula. E anche un pò offesa.
«Cosa? Vuoi dirmi che tra i due l'indecente sarei io?»
«Certo, sei tu quella mezzanuda.»
«Questa è bella! Potrei rilanciare, gentilmente?» Chiedo avvicinandomi a lui dopo aver sollevato il pantalone.
«Prima rimettiti la canotta, spudorata!»
Mi rivesto, stizzita, poi raccolgo i dadi e li tiro. Perdo di nuovo, ma mi rendo conto che questo gioco comincia a piacermi. Ha rivelato un lato del carattere di Eric che non avrei mai immaginato di carpire. Attendo una nuova sfida, a braccia conserte, pensando che il capofazione non è poi così duro come si potrebbe pensare. La sua corazza si potrebbe infatti scalfire e, trovando i punti giusti, perfino frantumare in mille pezzi.
Allora Eric, che ne dici di mostrarmi un altro tuo punto debole?
«Ti sfido a dirmi cosa pensi realmente di me...»
«Vuoi saperlo...» Inclino il capo, sconcertata. «Sul serio?»
Eric fa un cenno del capo.
«Bhè... Se mi reputi una Candida fino al midollo perchè sfidarmi? Perchè non chiedermelo e basta?»
«Perchè mi avresti mentito sicuramente. Perchè sono un capofazione o perchè potrei reagire malamente. Se ti sfido invece, significa che so già cosa pensi di me, e che ritengo ci voglia coraggio per dirmelo in faccia.»
«Va bene,» mi porto le mani sui fianchi. Non c'è mai stata sfida più facile, per me. «Penso che tu sia crudele.»
Eric solleva un sopracciglio. «Puoi fare di meglio.»
«Che tu sia un prepotente, un maleducato e un insensibile?» Tento di nuovo.
«Se non inizi a fare sul serio mi costringi a passare alle maniere forti.»
Tiro un lungo sospiro. Poche settimane fa, ad una domanda del genere, avrei risposto senza esitazione. Ma è incredibile come invece la lontananza dai Candidi mi abbia cambiata.
«Penso che non ti meriti assolutamente il ruolo che ti è stato assegnato in questa fazione.» All'inizio le parole mi escono con un filo di voce, ma poi il tono diventa man mano sempre più deciso. «E non perchè tu non sia abbastanza coraggioso per gli Intrepidi, ma perchè sei arrogante, violento e ingiusto. Penso che non otterresti nulla dagli altri, se questi non si sentissero intimoriti da te. Che faresti meglio a tornartene dagli Eruditi e che non avrai mai una ragazza che ti ami davvero perchè, nonostante tu sia tremendamente sensuale e quindi scommetto che c'è una fila di Intrepide folli che ti vengono dietro, fai anche maledettamente paura. Penso che...»
«Okei, okei...» Mi interrompe sollevando una mano. «Ho afferrato il concetto.»
Sono stata troppo dura, forse. Lo capisco dall'espressione di Eric. Ma mentre parlavo non mi è passato neanche per la mente che potessi ferirlo. In fondo lui è senza cuore. Ah, ecco. Mi sono dimenticata di farlo presente anche di questo.
«Posso rilanciare?» Chiedo di nuovo, quasi fosse un mantra. Voglio ottenere un punteggio più alto del suo. Voglio sfidarlo. Voglio sapere la verità.
Ma lui non mi consegna i dadi.
«No, aspetta. Voglio chiarire alcune cose...» Abbassa lo sguardo e con quello anche il tono della voce. Adesso non mi sento più l'agnellino davanti al lupo affamato. Adesso credo che i ruoli si siano invertiti. «Innanzitutto sono diventato capofazione in quanto, per le mie competenze informatiche e le mie prestazioni fisiche, sono stato ritenuto idoneo. Quindi non mi sento affatto un imbroglione che non merita il ruolo che riveste. Sul mio essere arrogante, violento e scorretto hai ragione. Lo sono. E questi aspetti del mio carattere non potrei mai reprimerli, solo levigarli.»
«Ti ho definito ingiusto, non scorretto.»
«Allora aggiungiamo anche la scorrettezza ai miei innumerevoli difetti.» Sorride, quasi trovasse divertente l'essere così imperfetto. «Però, ecco. Volevo chiarire la questione della ragazza.»
«Cosa c'è da chiarire?»
«Veramente ritieni che non ne avrò mai una?»
«Che non ne avrai mai una che ti ami.» Preciso.
«Perchè lo pensi?»
Adesso sono sconvolta. Sembriamo due adolescienti che si scambiano pareri su ragazzi e aspetto fisico. In pigiama.
«Eric...» Mormoro. «Davvero, ti chiedo scusa se ti ho detto tutte quelle brutte cos...»
«No, Christina, voglio saperlo.»
«Bhè, non so come funzionino le cose qui...» Muovo velocemente il capo in un cenno. «Sì, magari per un'Intrepida il massimo sarebbe avere un ragazzo che piaccia e faccia paura nello stesso tempo. A volte penso ancora come una Candida. Da noi, cioè volevo dire da loro, se un ragazzo fa paura non è affatto affascinante.»
«Paura...»
«Non sapevi di far paura?»
«Certo, ma non credevo fosse un repellente per le ragazze Candide.»
«Bhè adesso lo sai.» Rido. «Anche se non capisco a cosa esattamente ti serva questa informazione.»
Eric solleva di scatto la testa e mi guarda dritto negli occhi.
«Che c'è?» Chiedo.
«No, niente.» Scuote laconicamente il capo. Poi torna a sorridere e noto che non ha perso neanche un pò della sua beffagine. «Però hai detto anche che sono tremendamente sensuale.»
Arrosisco.
«Sì...» Sussurro guardando le pareti. «L'ho detto.»

 

*

 

Consegno i dadi ad Eric dopo averli lanciati e aver ottenuto un tre come punteggio. Di nuovo. Eric quindi li afferra e per un momento le nostre mani si sfiorano. Sembra tentennare, mentre i dadi sono racchiusi nel suo pugno. Ma non li lancia. Li appoggia sul tavolino e poi si sporge verso di me. Per poco non fa ribaltare il tavolino e io sorrido. Non l'ho mai visto così impacciato.
Quando sollevo lo sguardo i nostri visi sono vicinissimi. Mormoro qualcosa ma non riesco a pensare a niente di sensato. Ho sempre creduto che gli occhi di Eric fossero gelidi, distaccati, cinici. E non potevo sbagliarmi più di così. Sono talmente magnetici e provocanti che non riesco proprio a distogliere lo sguardo.
«Io ti faccio paura?» Chiede con un filo di voce.
Mi fissa per alcuni secondi, poi solleva la mano e mi accarezza una guancia. Io sono pietrificata.
«Non...» Provo a dire, ma le parole non riescono proprio a venir fuori.
«Non...?»
Vorrei dirgli che non mi fa paura. Che anzi, mi piacerebbe conoscerlo meglio perchè per me rappresenta un enigma da risolvere. Vorrei dirgli che, stranamente, mi sta piacendo trascorrere del tempo con lui. E questo perchè, forse per una strana forma di masochismo di cui sono affetta, sta incominciando a piacermi. E vorrei dirgli che l'ho sognato e che nel mio sogno mi sembrava indifeso e bisognoso d'amore. E sì, forse se fossi riuscita a dire tutto questo Eric mi avrebbe riso in faccia. Quindi preferisco così. Che non sappia niente.
Mando giù la saliva mentre le dita di Eric scivolano lungo la nuca. Continua a fissarmi, attendendo pazientemente una risposta. Ma non credo che potrebbe mai immaginare l'effetto che il suo tocco riesce a provocare in me. Paura ed eccitazione. Se riuscisse a farlo allora capirebbe perchè, quando provo a parlare, non riesco ad emettere un suono diverso da un sibilo.
Lo vedo accostare ancora di più il viso. Adesso le nostre labbra sono così vicine che tra di esse potrebbe passare solo un filo di spago. E forse neanche quello.
Io sono paralizzata e quando Eric ricopre anche quello spazio millimetrico che ci separa, qualcosa mi colpisce allo stomaco. Anzi, mi sembra adirittura di non averlo neanche, uno stomaco.
Mi sta baciando, Eric mi sta baciando.
Socchiudo automaticamente le labbra e spengo il cervello, abbandonandomi solo alle sensazioni che questo bacio mi sta regalando. Se chiudo gli occhi sento il nostro calore mescolarsi, la morbidezza della sua lingua che mi accarezza il palato, il suo respiro sulla pelle. Dapprima lento e regolare, poi sempre più veloce e frenetico.
Le sue mani sono entrambe intorno al mio viso e mi bacia come non sono mai stata baciata prima. Un bacio che solo un Erudito diventato Intrepido può regalarti. Passionale e attento. Istintivo e calcolato. Non so come possa essere possibile, ma lui ci riesce.
Io non reagisco, se non ricambiando il bacio. Sono in ginocchio, le braccia lungo i fianchi. Siamo uniti solo attraverso le labbra e le sue mani. Poi, con un grugnito animalesco, Eric ribalta il tavolo spingendolo con i fianchi, per avvicinarsi di più.
Sento qualcosa cadere. I dadi.
Eric fa scivolare le mani lungo il collo, per poi percorrere le spalle con la punta delle dita che scendono sempre più giù finchè non si fermano sui miei fianchi larghi. Le sue mani sono così grandi da ricoprirmi quasi tutto il torace.
E i dadi sono ancora per terra.
Se fossi stata concentrata solo su Eric, mi sarei accorta di quanto disperato sia il suo bacio. Mi sarei resa conto di quanto sia stato bramato, atteso per chissà quanto tempo. Avrei capito che, baciarmi, era quello che voleva fare ogni volta che mi guardava, ogni volta che parlavo.
Ma non so per quale assurdo motivo, non riesco a non pensare a quei dadi. A quei stramaledettissimi dadi.
Li cerco con la coda dell'occhio. Quando li trovo, ad appena due passi da me, provo a scostare Eric. Devo vedere quale punteggio hanno dato i dadi. Devo sapere se ho vinto.
«Eric...» Sussurro mentre lo spingo. «Eric...»
«Non rovinare tutto...» Bisbiglia lui a fior di labbra.
Poi comincia a baciarmi il collo e io socchiudo involontariamente gli occhi. Sento qualcosa di caldo e umido sulla clavicola, poi la sua lingua scende ancora più in basso. Reprimo un gemito mentre continua la battaglia tra corpo e mente. E mi faccio mille domande, perchè non ho paura di abbandonarmi a queste emozioni adesso, ho paura di quello che segue dopo. Ho paura delle aspettative che potrei farmi su questo rapporto, ho paura di innamorarmi e ho paura di non essere ricambiata.
E se ora ripenso ai dadi, non so più quale voglio che sia il risultato. Non so più se voglio davvero sapere la verità.
Adesso mi solleva leggermente la canotta. Credevo volesse togliermela e invece riporta le mani sui fianchi scoperti. Mentre mi accarezza, sento la ruvidezza dei palmi callosi. Sono mani che possono far del male, le sue. Possono ferire, colpire, uccidere. Eppure adesso mi avvolgono delicatamente.
Esito per qualche secondo, poi sollevo anch'io le braccia e gli avvolgo il collo.
Eric si ferma un'istante, sorpreso, poi sento le sue labbra incurvarsi in un sorriso. Sono io questa volta ad annullare la distanza fra le nostre labbra. E tra le sue braccia mi sento piccola, ma non indifesa, perchè io non sono una sua preda. Sono un altro predatore.
Infilo una mano nella sua maglietta, lo raschio più volte, gli mordo le labbra.
Non so cosa accadrà dopo. Non so cosa accadrà domani, o dopodomani o fra dieci anni. Voglio solo che si ricordi questo momento.
Con un grugnito Eric si distacca da me e appoggia la fronte sulla mia. Ci fissiamo seri, ansimanti, poi mi solleva senza preavviso e mi stende sul tavolino, strappandomi una risata euforica.
Lo vedo sfilarsi la maglietta, rivelando il corpo tonico, muscoloso. E con esso i tatuaggi che gli ornano il torace, e che io credevo fossero molti quando invece si tratta solo di una scritta sotto il pettorale destro: ''be brave''.
Mando giù la saliva e attendo che si stenda lentamente sul mio corpo.
«Hai già testato la robustezza del tavolino o ci ritroveremo per terra?» Dico non riuscendo proprio a frenare le parole.
Eric odia quando parlo, lo so. Lo capisco da come sta sbuffando in questo momento.
«Mi stai proponendo di passare direttamente al letto?»
«Ti sto proponendo di stare più comodi...»
«Ma qui sopra è più divertente.»
«Okei, quindi è stato già testato.»
«Non ti eri accorta che le gambe traballano un pò?»
Dovrei essere infastidita ma non lo sono. Non mi importa cosa ha fatto Eric prima di conoscerci. Nè mi importa sapere con chi è stato. In questo momento mi sembra tutto così bello e naturale che non mi interessa nient'altro.
E non potevo sapere quanto mi sbagliavo.
Perchè sorrido e volto il capo, e mi rendo conto che in effetti c'è qualcosa che mi importa adesso, apparte stare con Eric. Sembra assurdo ma si tratta di un numero, segnato sulle facce di due dadi rossi. Sono proprio lì, a poca distanza dal mio viso.
Scosto bruscamente Eric spingendolo sul torace con entrambe le mani. Voglio solo controllare i dadi e, dopo averlo fatto, alloro posso davvero dedicarmi a lui.
«Che succede?» Chiede stranito.
Lo so, sono strana. E sono altamente lunatica.
«Devo controllare una cosa.»
Lo sento sospirare mentre mi sollevo a raggiungo i dadi. Entrambi rivolti con le facce da sei pallini verso l'alto.
«Dodici...» Mormoro. «Hai vinto di nuovo...»
Li raccolgo e li rilancio.
«Due.»
Li raccolgo e li rilancio.
«Undici.»
Li raccolgo di nuovo e li rilancio.
«Quattro. Avrei perso sempre...» Sussurro.
Eric dice qualcosa ma non lo sento.
«Avrei perso sempre.» Ripeto mentre raccolgo e rilancio i dadi altre cinque, quindici, venti volte.
Quelle che Eric sta cercando di dire sono scuse, forse. Più plausibili delle spiegazioni, invece. Non mi interessano.
«Sono truccati!» Grido raccogliendo un'ultima volta i dadi e stringendoli in un pugno serrato con forza. «Mi hai imbrogliata!»
Eric si solleva e pulisce i pantaloni da una polvere inesistente. Ha il capo chino e i suoi movimenti sono lenti. Serro la mascella, infastidita, e freno le lacrime.
«Allora?» Il tono è stridulo, quasi isterico. «Che mi dici?»
Quando finalmente solleva lo sguardo, sento una voragine aprirsi sotto i piedi. Sto precipitando nel buio. Trattengo un lamento e osservo con gli occhi spalancati il suo sorriso. Non è quello impacciato e gentile. É l'altro, quello strafottente e altezzoso.
«Prendilo come un ripasso, Candida.» Ringhia a denti stretti, ancora un pò affannato.
Dov'è finito il mio nome pronunciato con una dolcezza così strana da apparire adorabile?
«Un... Un...» Mi trema il labbro inferiore. «Un ripasso?»
«Sì, della seconda lezione...» I suoi occhi sono tornati freddi. «Te la ricordi?»
Annuisco mentre cerco di trovare il modo per parlare senza scoppiare in lacrime.
«Un Intrepido non perde mai...»
«Brava. E con oggi hai imparato anche la terza.» Sollevo lo sguardo, titubante. Questo ragazzo non è un essere umano. É un fottuto sadico privo di scrupoli. «Mai fidarsi di un altro Intrepido.»
Non riesco a dire nulla, trovo solo la forza per sollevare il braccio e scaraventargli i dadi contro. Lo colpisce solo uno, sul petto. Proprio vicino al cuore. Ma lui non batte ciglio.
Possibile che abbia finto tutto il tempo?
Era falso quel bacio, quel guardarmi con bramosia, quel desiderio di toccarmi i capelli che proprio non è riuscito a frenare? Erano falsi i sorrisi, le carezze, le parole sussurrate sulle labbra?
No, non voglio crederci. Rimango per qualche secondo in piedi, con la testa china, sforzandomi di non piangere.
«Voglio andarmene di qui.» Dico.
Credevo che Eric si sarebbe opposto e invece mi dice che la chiave di riserva è sotto la cassapanca.
Lo supero, mi chino sulla cassapanca e cerco la chiave tastando il pavimento alla cieca. Quando la trovo la infilo nella toppa della serratura e mi arresto.
Eric mi sta guardando? O è ancora nella stessa posizione, dritto con la faccia rivolta verso il salottto? Con la coda dell'occhio scorgo la sua schiena nuda, possente. Avevo ragione, ha il simbolo degli Eruditi sulla parte bassa. Un occhio circoscritto da un cerchio. E poi, più sopra, un groviglio di linee e curve avvolte dalle fiamme degli Intrepidi.
Ha il capo leggermente chinato verso il basso. Mi soffermo a guardare i riflessi dorati dei suoi capelli. Rasati sulla nuca e poi sempre più lunghi verso la cima. E mi accorgo che sono stata troppo tempo ferma davanti alla porta, in silenzio. Quindi dovrei dire qualcosa, prima di uscire teatralmente dall'appartamento.
Ma non so se dovrei insultarlo o dirgli quello che provo o chissà cos'altro. Quindi faccio quello che ho sempre fatto, e che sembra essere ciò che meglio mi riesce nella vita: dico la prima cosa che mi viene in mente.
«Sai, Eric...» Modulo la voce per non sembrare affranta, ma non credo di esserci riuscita. «Penso che tu sia esattamente come i tuoi fottutissimi dadi. Un imbroglio.»
Non voglio sapere la sua reazione così mi affretto ad uscire. E mentre percorro i corridoi bui qualcosa mi appanna gli occhi.
Sono lacrime.






Note:
Eccomi qui, dopo un ritardo madornale! Vi prego di scusarmi!
La prima stesura del capitolo non mi convinceva assolutamente ma, anche grazie ai preziosissimi consigli di Kaimy 11,
sono riuscita a superare i blocchi vari e a migliorare le scene finchè non sono riuscita a renderle come volevo! Adesso mi sembra finalmente perfetto!
Quindi, per farmi perdonare, il capitolo è molto più lungo degli altri. Vi è piaciuto? Che ne pensate di Christina e di Eric? Sono due stupidi lo so U.U
Ma cercherò di mettere una buona parola per farli mettere insieme, se volete!

Bhè, vado a dedicarmi ai prossimi capitoli!

Ne approfitto di questo spazio per ringraziare tutte le lettrici che hanno inserito la storia nelle preferite e nelle seguite. Un ringraziamento speciale, invece, va a chi mi sta trasmettendo le proprie sensazioni sulla storia attraverso le recensioni. E grazie ancora alla bravissima Kaimy 11 di cui sto leggendo delle storie meravigliose. Passate anche da lei!!!

Un abbraccio,
MM


 

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Capitolo 8
*** Tu sei nata per me ***



 

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8.
Tu sei nata per me




 

I Candidi imparano a leggere il linguaggio del corpo, ma Eric sembra parlare una lingua a me sconosciuta, rompendo qualsiasi schema. É da quando sono uscita dal suo appartemento, una settimana fa, che non faccio altro che osservarlo. Voglio capire come si comporta, come reagisce, quali sentimenti prova. Voglio capire quando mente e come lo fa.
Durante questo periodo di osservazione però, ho capito altre cose. Ho capito che Eric non ride quando è felice, come tutti, ma quando è nervoso. Che quando non ha la schiena dritta e le braccia conserte è sovrappensiero. Che parla solo dopo aver riflettuto attentamente su cosa dire. Ho imparato che non è mancino ma che spesso mangia impugnando le posate con la mano sinistra, che non ha amici e a volte guarda di sottecchi gli Intrepidi che scherzano tra loro, che sbadiglia finchè non beve caffè. Più di una volta l'ho sorpreso a sussurrare, mentre rimuginava qualcosa tra sè e sè. Ma mai, mai, sono riuscita a capire quando stesse mentendo. Non c'è niente, nei suoi movimenti o nel suo sguardo, che può tradirlo in questo senso.
«Non mangi?»
Guardo Tris, seduta di fronte a me. Poi abbasso lo sguardo sulla mia cena intatta. Costata di maiale.
«É troppo cotta.» Le rispondo, ripensando alla cena che Eric aveva cucinato per me.
«Allora facciamo a cambio.» Propone lei. «La mia è troppo al sangue.»
Scambiamo velocemente i piatti trascinandoli sul tavolo e lancio di nuovo un'occhiata verso il tavolo dove è seduto Eric. Ormai ci rivolgiamo la parola solo durante gli allenamenti.
«Ehi Christina, ti sei innamorata del Capofazione?» Chiede Tris con un sorriso malizioso.
Sussulto.
«Ma scherzi? Come ti salta in mente una cosa del genere?»
«Non fai altro che guardarlo...»
«Ti sbagli!»
Tris fa un cenno del capo ad Al, seduto alla sua destra.
«Al?»
«Risponde troppo velocemente. Sta chiaramente mentendo.» Sentenzia lui scrutandomi con quegli occhi indagatori da Candido.
«Will?» Questa volta si volta verso il transfazione Erudito, seduto alla sua sinistra.
«Dire bugie è una tecnica usata per controllare i pensieri, i sentimenti e i comportamenti degli altri. In questo caso è stata utilizzata per nascondere sentimenti così intimi da non poterli esternare neanche davanti ai suoi amici.»
«Adesso te la insegno io una cosa, cervellone! E si chiama tutela della privacy, ne hai mai sentito parlare?» Ribatto stizzita. «E poi che cazzo siete? Un'agenzia di cuori solitari?»
Non sto mica osservando Eric in quanto ne sono innamorata! Cerco solo di studiarlo.
«Scusa...» Sussurra Tris.
«No, scusami tu.»
Non volevo prendermela con lei, ma quando qualcuno invade la mia sfera privata vado nel panico. Non voglio che gli altri sappiano cosa nascondo. E se fino ad ora ci sono ruscita, è solo grazie agli insegnamenti della mia ex fazione.
É Tris a cambiare argomento, permettendomi così di poter consumare il pasto in santa pace.
Così, per evitare altri malintesi, ogni volta che ho la tentazione di guardare Eric rivolgo lo sguardo verso Will. All'inizio lui non si accorge di niente ma dopo noto come anche lui, ogni tanto, fissa nella mia direzione.
Nonostante provengano dalla stessa fazione, Eric e Will sono completamente differenti. Will ha una corporatura esile, anche se, dopo settimane di duro allenamento e di combattimenti corpo a corpo, le braccia e le spalle sembrano essere diventate più muscolose. E poi ha una fluente chioma di capelli neri, con qualche ciocca ribelle che gli cade davanti agli occhi scuri. Ed è proprio negli occhi che risiede la differenza tra lui ed Eric. Gli occhi di Will sono caldi e gentili. Gli occhi di Will non sono imperscrutabili. Gli occhi di Will ti parlano, non ti nascondono mai nulla.
Gli sorrido e abbasso subito lo sguardo, imabarazzata. E con la coda dell'occhio mi accorgo che sta sorridendo anche lui a capo chino.
Tris guarda prima me, poi Will, poi volta il capo di nuovo nella mia direzione.
«Okei,» annuncia dopo. «Io non ci sto capendo più niente!»

 

*

 

L'ultima volta che ho parlato con mia madre, lei preparava la colazione. Il sole tiepido illuminava le piastrelle bianche e nere della nostra cucina e un profumo di pancake mi invadeva le narici. Di lì a poche ore avrei fatto la mia scelta e, al solo ricordo, mi assale un'ondata di nostalgia.
«Pronta?» Chiese mentre ricopriva la torre di pancake con tanto, tanto sciroppo. Come piaceva a me.
«Sì.» Risposi d'impulso. Ma non era vero. Non ero pronta a lasciare mia madre. A lasciare mia sorella e l'intera fazione. Ho vissuto la mia infanzia contemplando i colori, gli ideali e il lavoro dei Candidi. Mi sono sforzata di dire sempre la verità e di rispondere nella maniera più sincera possibile. Poi il risultato del test attitudinale ha sconvolto ogni mia convinzione. Intrepida. E da allora non sono più sicura di nulla.
Mia madre mi guardò di traverso. Capì che stavo mentendo ma non mi rimproverò come faceva sempre quando dicevo una bugia.
«Qualunque cosa accada, bambina mia...» Disse mentre mi porgeva il piatto con la colazione. «Sii coraggiosa
Qualcosa dentro di me si spezzò in mille pezzi. Il cuore o forse le catene che mi tenevano legata alla mia fazione di origine. Non so come ci sia riuscita ma mia madre sapeva. E, a volte, credo che l'abbia sempre saputo, di non aver partorito una figlia Candida.
Alla vigilia del Giorno delle Visite sono troppo nervosa per riuscire a dormire. Mi sveglio all'alba e vado in palestra per tirare qualche tiro al sacco. Non è la palestra dove ci alleniamo di solito ma una più piccola, che non frequenta mai nessuno. E per me che voglio rimanere qualche ora da sola è davvero l'ideale.
Dopo mezz'ora sono già madida di sudore e quando mi asciugo la fronte con un braccio mi accorgo di ossere osservata. In controluce, davanti alla porta, c'è un ragazzo.
Vorrei non conoscerlo, vorrei andarmene di qui senza neanche rivolgergli un cenno di saluto, vorrei non aver avuto mai niente a che fare con lui.
Ma purtroppo lo conosco fin troppo bene. É il ragazzo che rende i miei incubi reali, consistenti.
«Edward...» La voce mi esce strozzata.
«Sei contenta di vedermi?» Il suo tono allegro mi provoca un sussulto.
«No.» Non riesco a muovermi, la paura di stare sola con lui mi paralizza.
«Sei crudele, lo sai?» Si avvicina di qualche passo. «Potevi anche dirmi una bugia per non farmi stare male...»
«Allora ritiro quello che ho detto.»
«Brava la mia ragazzina...» Dice in tono mellifluo mentre continua lentamente ad avvicinarsi. «In tal caso te lo ripeto: sei contenta di vedermi?»
«Sì, sono contenta.» Sputo le parole con tale disgusto che il viso si contorce in una smorfia. «Significa che non ti ha ancora ucciso nessuno e che quindi sono ancora in tempo per farlo io.»
Adesso Edward è di fronte a me. Scuote lentamente il capo.
«Non imparerai mai, coniglietta.» Il suo tono dispiaciuto è artificiale, falso. «Tu sei nata per me. Se dovessi morire, moriresti anche tu.»
Vorrei reagire, fargli del male, scappare. Ma sono pietrificata. Mando giù la saliva ed Edward mi accarezza una guancia. Mi tremano le mani mentre mi scosto bruscamente dal suo tocco.
«Non... Non mi toccare.» Biascico con lo sguardo rivolto verso il basso.
Edward non scosta la mano, anzi, mi afferra la mascella e mi costringe a guardarlo negli occhi. Con la mano libera invece afferra la maglietta e mi tira a sè. Sento il respiro farsi sempre più affannato, poi avverto la sua eccitazione crescere contro il mio bacino.
Socchiudo le palpebre mentre mi trema il labbro inferiore e una lacrima mi bagna la guancia per poi fermarsi sulla mano di Edward. Non voglio guardare i suoi occhi esaltati. Non voglio essere la causa del suo insano eccitamento.
E poi ripenso che non sono più la ragazzina Candida di qualche mese fa. Che da quando sono negli Intrepidi ho affrontato dolori e paure. Che sono più forte e determinata. E ripenso anche ad Eric e ai suoi particolarissimi metodi d'isegnamento. Forse un pò bruschi, vero, ma comunque utili.
Un Intrepido non si arrende mai.
Un Intrepido non perde mai.
E mai fidarsi di un altro Intrepido.

In uno slancio di coraggio alzo le braccia e spingo Edward. Liberarmi dalla sua presa non è difficile visto che non si sarebbe mai aspettato che io reagissi. Ma adesso ho paura di averlo indispettito. Sono stata più forte di lui solo perchè lo avevo colto di sorpresa, ma se Edward dovesse scagliarsi su di me non avrei via di scampo. É alto, muscoloso e sa combattere. Potrebbe farmi quello che vuole. Raggiungere di corsa l'uscita sarebbe una pazzia, l'unica soluzione, dunque, è chiedere aiuto e gridare con tutta la forza che ho.
Ma mentre sto per farlo, Edward si volta per uscire.
«Ha ragione, la mia ragazzina...» Dice muovendo il capo su e giù. «Adesso non è il momento.»
Non ci credo. Mi ha lasciata andare.
Lo guardo raggiungere la porta della palestra e tiro un lungo sospiro di liberazione. Ma il mio sollievo è destinato a durare ben poco, infatti Edward si ferma sulla soglia rivolgendosi nuovamente a me.
«Avremo tutto il tempo per stare insieme, coniglietta.» Dice assottigliando lo sguardo. «Quando l'iniziazione sarà terminata e apparterremo finalmente alla stessa fazione.»

 

Solo una parola può descrivere la notte nella residenza degli Intrepidi: buio. E nel dormitorio degli iniziati l'oscurità è talmente soffocante che perfino alcuni interni, anche se non lo ammetterebbero mai, temono il momento in cui vengono spente le luci.
Io non temo il buio. Temo il modo in cui viene sfruttato da chi non vuole essere visto. E so che è impossibile, ma stanotte mi sembra proprio di scorgere due occhi celesti che mi fissano incessantemente. Gli occhi smaniosi di Edward.
Sento un brivido percorrere tutto il corpo e chiudo gli occhi, impaurita. Poi, senza neanche farci caso, inizio a piangere. Cerco di ricompormi, ma più cerco di non attirare l'attenzione, più i singhiozzi diventano rumorosi.
All'improvviso qualcosa mi sfiora i capelli e mi sfugge un urlo. Sento qualcuno borbottare nel sonno ma nessuno si appresta a venire in mio soccorso. Di gente che grida a causa di incubi notturni ce n'è fin troppa per potersi preoccupare ogni volta.
Edward quindi potrebbe agire indisturbato se volesse, ma quando sento di nuovo delle dita sfiorarmi delicatamente i capelli, capisco che non si tratta di lui.
«Ehi, Christina...» Sussurra Will. «Calma Chris, sono soltanto io...»
Tiro su col naso e riapro lentamente gli occhi. Will è inginocchiato sul mio letto e riesco a scorgere a malapena il suo viso. L'unica fonte di luce è infatti una vecchia lampada d'emergenza che indica la via d'uscita.
«Scusa... Ti ho svegliato.» Deve avermi sentito piangere dato che dorme sulla brandina sopra la mia.
«Non importa.» Mi guarda con dolcezza, continuando ad accarezzare il capo. «Come stai?»
«Adesso bene.»
«Era solo un incubo.»
Quanto vorrei che fosse vero. Che Edward fosse frutto della mia immaginazione, che tutto quello che ho dovuto subire non fosse reale. Ma devo accettare il fatto che i miei incubi non vengono a trovarmi quando dormo, come tutti, ma quando sono sveglia.
«Will?»
«Sì?»
«Rimani qui finchè non mi addormento?»
«Non vado da nessuna parte, Chris.» Mi sfiora una guancia con il dito, poi torna ad accarezzarmi i capelli. «Ci sono io con te, promesso.»

 


 

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Capitolo 9
*** Fuoco ardente e stupida falena ***




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8.
Fuoco ardente e stupida falena




 

Il Giorno delle Visite mi vesto in silenzio. Dovrebbe essere un giorno felice, questo, ma non lo è per quasi nessuno. Vedo preoccupazione sul volto di tutti. Ansia, paura di non vedere le proprie famiglie. E il timore di non essere stati abbastanza «figli», di non aver reso i nostri genitori orgogliosi.
Quando il mio sguardo si posa sulla colorata folla che si è raccolta nel Pozzo, però, mi rendo conto che non è vero ciò che ci insegnano sin da piccoli. La fazione non viene prima del sangue. Se così fosse, allora mia madre non sarebbe venuta da me. E non avrebbe portato con sè la mia sorellina, Theresa*.
Credevo che per mia madre io rappresentassi un fallimento. Credevo che per mia sorella non sarei stata un modello da seguire.
E invece eccole che mi chiedono di fare una piroetta per ammirarmi meglio.
«E il bianco dov'è?» Chiede Theresa con la sua vocina.
Non voglio deluderla o spaventarla dicendole che ho dovuto bruciare i miei vecchi abiti. Così le rispondo semplicemente che ho riposto quel colore nel cuore.
«Christina!» Mi rimprovera allora mia madre. «Quante volte ti devo ripetere che...»
«Che quando non sai cosa risponedere basta dire la verità?» Completo la frase con un sopracciglio sollevato.
«Sì...» Mormora lei, pensierosa. «Scusami ma non sono ancora abituata.»
«Comunque non mentivo, mà.»
«Smettila, Chris. La tua frase non è veritiera.» Mi guarda di traverso.
Mia sorella è piccola e deve essere educata come una Candida. Per questo non posso mentire davanti a lei. É praticamente impossibile poter portare il bianco dei Candidi nel cuore. Punto. Peccato che i Candidi si sbaglino. Per me il bianco rappresenta la purezza, la verità, la schiettezza, l'onestà. Tutti valori che dovrebbero appartenere solo a loro, ma che io perseguo ugualmente anche adesso.
«I vecchi vestiti di tua sorella sono nell'inceneritore, Therry.» Dice mia madre in tono pragmatico, senza curarsi della sua espressione intimorita. A volte dimentico che anche i Candidi sanno essere brutali come gli Intrepidi. Anzi, forse delle parole taglienti possono far male anche più di un pugno allo stomaco.

 

*

 

Respiro profondamente più volte. Non ho il coraggio di guardarmi intorno. Non voglio neanche sapere dove mi sono piazzata in classifica. Non potrei controllarlo neanche se volessi perchè i miei occhi sono incollati a quel nome: Edward.
Non solo diventerà un Intrepido ma molto probabilmente sarà anche tra i primi posti nella classifica finale. Verrà considerato con benevolenza dagli altri. Potrebbe anche assumere un ruolo importante.
Finalmente ho il coraggio di distogliere lo sguardo dalla lavagna e cercarlo tra gli altri transfazione. Edward mi sta già guardando con quel sorriso ripugnante.
«Avremo tutto il tempo per stare insieme, coniglietta. Quando l'iniziazione sarà terminata e apparterremo finalmente alla stessa fazione.»
No, non posso permetterglielo. Io e lui non possiamo appartenere alla stessa fazione. Morirei, piuttosto che subire ancora i suoi soprusi, le sue violenze, le sue offese.
Qualcosa ditoglie la mia attenzione. É la voce incredula di Molly. Mi indica.
«Io l'ho battuta! L'ho battuta in pochi minuti, e lei si è classificata sopra di me?»
Lancio un'occhiata alla classifica.
Non posso crederci, sono quarta!
«Già» affermo con le braccia conserte e un sorriso compiaciuto sul volto. «E allora?»
Quattro stronca subito il nostro battibecco ma io non lo ascolto.
Quella classifica mi ha dato la carica. Adesso so cosa fare e morire non rientra di certo nei miei piani. Sarò un'Intrepida. So cosa fare. Sarò un'Intrepida, un'Intrepida. So cosa fare.

 

Voci di corridoio sostengono che Myra ed Edward stanno insieme. Io non ero sicura che alla dolce Myra piacesse assecondare le perversioni di quel maniaco. Credevo più che lei ne fosse succube. All'inizio mi chiedevo perfino perchè non si ribellasse, ma poi mi resi conto che anch'io, quando non sapevo difendermi, non sapevo neanche come reagire.
Ma adesso che la sento urlare disperata, non ne sono più così tanto certa. Continuo a guardarla mentre piange e sibila il suo nome.
Lei ne è innamorata.
Come si può essere innamorati di un animale come Edward?

Nel corridoio trilla una campanella. Ma dalle aule non esce nessuno. Sono sola. Sono tornata a scuola per prendere il libro che ho dimenticato sotto il mio banco. Sento dei passi. Mi affretto ad uscire dalla classe. Abbasso la maniglia ma qualcosa, dall'altra parte della porta, oppone resistenza. Mi scosto, allibita, poi la porta si apre. Un ragazzo biondo e dagli occhi glaciali mi sorride. Ma non sembra un sorriso benevolo. Io da grande diventerò la Candida più famosa della città, le so riconoscere certe cose.
«Scusa, mi fai uscire?» Chiedo al ragazzo, cercando di passare. Ma sono magra e molto più bassa di lui. Non riesco a spostarlo dalla porta neanche di un millimetro.
«Prima di essere così scortese non potresti presentarti?»
«No, voglio essere scortese fino in fondo.»
Lui ride e questa volta sembra una risata sincera.
«Sei divertente, sai?» Mi porge la mano. «Edward. Erudito.»
Gli stringo la mano in silenzio.
«Allora?» Mi incita. «Non mi vuoi dire come ti chiami?»
«Christina.» Rispondo di getto.
«E sei una Candida.»
«Esatto!» Strabuzzo gli occhi. «Come hai fatto a capirlo?»
«Capire le cose è il nostro compito, ragazzina.»

Abbasso lo sguardo sulla pozza di sangue, repimendo un sorriso. Lo vedo contorcersi dal dolore. Annaspa. Chiede aiuto.
Tris gli sussurra qualcosa nell'orecchio. Cerca di consolarlo. Non dovrebbe essere così buona con lui e io non dovrei essere così cattiva. Ma non posso provare pietà quando provo ancora una fitta di dolore ogni volta che ripenso a quella volta.
Anch'io mi contorcevo. Anch'io annaspavo. Anch'io chiedevo aiuto.
«Tiralo fuori!» Grida. «Via! Tiralo via, toglimelo!»
Ero così concentrata sulla pozza di sangue intorno alla sua testa che non mi ero resa conto da dove provenisse. Edward ha un coltello da burro conficcato nell'occhio.
Ecco a voi, signori e signori, il nuovo simbolo degli Eruditi!
Mi scappa una risata e nascondo la bocca con una mano. Ma per fortuna sono così tutti presi dagli urli di Edward che non mi notano.

Nonostante gli abbia espressamente detto che non voglio averlo attorno, ogni mattina Edward si ostina ad aspettarmi all'uscita da scuola. Si guarda attorno, aspetta che imbocchi da sola la scorciatoria che mi porta a casa e si avvicina per parlarmi. Mi ha detto che abbiamo la stessa età. E che è il figlio del mio insegnante di Storia delle fazioni. Mi ha detto anche che gli piaccio ma io non gli credo. Quando è circondato dai suoi amici Eruditi infatti, mi guarda con disgusto come fanno loro. E se qualcuno mi insulta, lui non perde tempo e lo incoraggia con altre cattiverie.
«La cosa peggiore di tutte è una Candida nera!»

«Forse se ti lavi scopri che in realtà hai la pelle chiara!»
«Spero che tu ti morda la lingua ogni volta che apri bocca!»
Quando nessun altro apparte me può sentirlo, invece, eccolo che mi parla con dolcezza. Una volta abbiamo perfino camminato abbracciati. Gli ho detto che sono troppo piccola per fare queste cose e lui mi ha risposto che non c'è niente di male, se siamo amici.
Adesso mi ha preso la mano. Non so perchè, ma il suo tocco mi provoca repulsione. Mi scosto per respingerlo e allora lui, con un balzo, mi afferra con entrambe le braccia.
«Non devi mai respingermi, ragazzina.»
«Lasciami in pace, Edward!»
«Allora non l'hai ancora capito...» Scuote il capo mestamente, guardandomi negli occhi. «Tu sarai mia, Christina.»

Sono consapevole che agli altri i suoi strilli di dolore fanno accapponare la pelle ma a me provocano piacere. Godo ogni volta che geme.
«Fa male.» Singhiozza.
Io vorrei avvicinarmi a lui e sussurrargli in un orecchio: «Ti ricorda forse qualcosa?»
E voglio che faccia ancora più male. Voglio che ricordi cosa mi ha fatto. Voglio che veda la mia espressione compiaciuta.
Ma non so perchè, quando arriva l'infermiera e il suo sguardo incrocia finalmente il mio, non riesco neanche a sorridere.

«Scommetto una torre di puncake ricoperta di sciroppo che rimarrai dai Candidi.»
«Quant'è alta questa torre?» Mi volto verso Edward, con un sorriso.
«Così!» Esclama lui alzando una mano a due metri da terra.
Rido. «Bhè allora dovresti iniziare a prepararla già da questa notte perchè domani la pretendo!»
Lui mi guarda stranito e io ricambio lo sguardo con un sopracciglio sollevato.
«Non ci credo.» Dice dopo un pò, rompendo il silenzio. «Tu sei una Candida. Ti si riconosce da un miglio di distanza!»
Rido ancora. Siamo arrivati a casa mia. Appoggio le chiavi sul mobile del corridoio e mi tolgo la giacca bianca.
«Vuoi un pò d'acqua?» Chiedo ad Edward che si sta guardando intorno.
«Siamo soli?»

«Mia madre è a lavoro e Theresa ad uno dei tanti dibattiti pomeridiani ai quali i Candidi devono assistere.»
Io me ne sono sottratta con una scusa. Devo recuperare alcune materie prima della Scelta e una di queste è Storia delle fazioni. Chi, se non Edward, poteva darmi ripetizioni?
Nonostante le sue stranezze iniziali, da qualche anno io e lui siamo diventati buoni amici. Peccato che più di una volta ci abbia provato, ricevendo abitualmente un «no» o adirittura uno schiaffo. Non sono più quella ragazzina ingenua che gli chiedeva di lasciarla in pace quasi scoppiando in lacrime.
Con il tempo poi, ho dovuto accettare che non me ne sarei mai liberata. Non so perchè ma non riesce a starmi lontano.
«Mi attiri.» Confessò una volta. «Mi sento attratto da te come se tu fossi fuoco ardente e io una stupida falena.»
Per fortuna non si è mai spinto oltre l'abbraccio, anche se a volte mi guarda in modo così palesemente viscido che mi provoca ribrezzo.
«Comunque tu non cambi fazione!» Mi dice ancora, leggermente esaltato. «Non puoi!»
«Cosa?» Chiedo infastidita. «Perchè non posso?»
«Perchè....» Fa cadere lo sguardo sulle finestre, sul soffitto, sul divano. Ma neanche una volta su di me. Ha vergogna di quello che sta per dire. O per fare.
Mi afferra i polsi e mi scaraventa sul divano. Cado di peso, sorpresa. Sto per ribattere ma lui si fionda su di me e mi bacia.
«Ed... Smett...la...» Mugugno cercando di scostarlo ma lui oppone resistenza.
«In quale fazione andrai, Christina?» Chiede spostando la bocca sull'angolo delle mie labbra. I polsi serrati ancora nella sua presa.
«Perchè vuoi saperlo?» Dico guardando laconicamente la parete di fronte. É inutile cercare di liberarmi.
«Dimmelo.»
«Violerei le regole delle fazioni.»
«Dimmelo!» Urla tirando indietro il viso per guardarmi negli occhi. Sostengo il suo sguardo, poi rispondo con voce ferma: «no.»
«Allora mi dispiace ma non posso fare altrimenti...»
All'inizio non capisco cosa intenda, poi lo vedo abbassare lo sguardo sui suoi pantaloni blu. Mi lascia i polsi per slacciarsi la cinta. Anche se è seduto a cavalcioni su di me, adesso potrei provare a spingerlo ma sono pietrificata. E poi accade tutto troppo velocemente per poter pensare. Mi fa sdraiare sulla schiena, mi abbassa i pantaloni, mi mantiene il collo con una mano e con l'altra fa scivolare gli slip di entrambi lungo le ginocchia.
«Edward... Non farlo...» Prego tra le lacrime.
«Non posso fare altrimenti...» Ripete senza guardarmi negli occhi. Appoggia il membro eretto tra le le mie cosce. Cerco di serrarle ma lui stringe più forte la presa sul collo. La vista si fa annebbiata e cerco di liberarmi, poi capisco che l'unico modo per poter di nuovo respirare è fare quello che vuole. Rilasso i muscoli e allargo leggermente le gambe.
«Ti prego...» Gemo di nuovo tirando su col naso. Piangere non mi aiuta di certo a respirare meglio.
Quando solleva il capo e i nostri sguardi si incrociano, noto un lampo attraversargli gli occhi.
Che sia pietà?
«Va bene, ti do un'ultima possibilità.» Sospira. «Quale fazione sceglierai?»
Adesso capisco. Alla Cerimonia della Scelta Edward verrà chiamato prima di me. E non so per quale assurdo motivo, ma lui vuole stare nella mia stessa fazione.
«Se non ti avessi fatto capire che cambiavo fazione...» Dico a fatica. «Avresti scelto i Candidi, non è vero?»
«Sì, per stare con te.» Conferma lui. «Ed è per questo che non posso rischiare...»
«Di che parli?»
«Devi essere mia, coniglietta.» Si insinua con forza dentro di me. «La mia ragazzina.»






Note:
*Non ricordo se la Roth ha dato un nome alla sorellina di Christina. Inoltre, se non ricordo male, tra le due sorelle non ci dovevano essere molti anni di differenza. Nel mio racconto però ho voluto che Theresa fosse una bambina quindi immaginate che abbia 7-8 anni.

Fhiuuu tiro un lungo sospiro... La storia si fa più intensa e incomincia ad assumere "vita propria". Non voglio assolutamente distaccarmi dalla storia originale, come avrete notato seguo più o meno lo stesso plot. Ma voglio che ci sia ovviamente qualcosa di diverso, un pizzico di mistero, dei retroscena che non sono stati mai raccontati.
Quindi come vi è sembrato il capitolo? Mi piace il fatto che riesco ogni volta a lasciarvi piene di domande per la testa, sul serio! Inoltre, per chi sente la mancanza del nostro capofazione  vi informo che tornerà presto! Vi pare che si faccia portar via Christina senza far nulla?


Inoltre non smetterò mai di ringraziarvi per il vostro entusiasmo e le belle recensioni! Quindi Grazie ancora a tutte, nessuna esclusa!

MM


 

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Capitolo 10
*** Qualcosa di speciale dentro di noi ***



 

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10.
Qualcosa di speciale dentro di noi




 

Sono il caldo sulla pelle e nascondo una ferita
poi il profumo di mia madre che ho da quando sono nata.
Sono muscoli e pensieri, devastanti e poi leggeri
sono quella che hai davanti, sono sola e sono tanti...


Non sono solo te, Emma






«É il mio turno di farmi un tatuaggio!» Annuncio a Will e Tris uscendo dal dormitorio con Al. Guardo Tris. «Vieni con noi?»
Lei lancia un'occhiata alla porta del dormitorio e poi muove il capo in un cenno di assenso. Lì dentro si è appena tenuta una discussione causata dalla linguaccia di Peter e aizzata da Molly. Per un attimo mi è sembrato di essere tornata tra i Candidi.
Arrivati nello studio di Tori scegliere quale tatuaggio farsi è quasi banale. Le pareti e i tavoli da lavoro sono tappezzati con un unico simbolo: le fiamme degli Intrepidi. Potrei
chiedere a Tori di disegnarmi qualcosa di diverso ma non avrebbe senso. I tatuaggi raccontano la nostra storia e io, la mia, ho intenzione di riscriverla. Da dove partire, quindi, se non dalle fiamme della fazione che mi ha accolta?
Soffio sulla pelle dell'avambraccio destro. Il tatuaggio è nella parte interna, appena sopra il polso. E la pelle arrossata rende più vivaci e luminosi i suoi colori. Non è il classico simbolo degli Intrepidi che Tris ha scelto di farsi tatuare sulla spalla, nero e stilizzato. Le mie sembrano fiamme vere. E il colore cremisi delle sfumature interne è così intenso da sembrare sangue.
Alzo lo sguardo e noto che Tris mi sta guardando. L'ho convinta ad indossare un vestito e a farsi truccare. É davvero carina. Non mi stupisco che abbia attirato l'attenzione di Quattro, oggi, quando eravamo al Pozzo.
«Vuoi dirmi qualcosa, Tris?»
«C'è qualcosa che non va, Christina.»
«Non ti senti bene?»
«No...» Scuote il capo. «Tu non ti senti bene.»
«Hai ragione.» Tiro un lungo sospiro. «Ma è solo ansia. Sai, l'iniziazione, i combattimenti...»
«Sono terminati.»
«No, Tris. Siamo solo all'inizio.» Ripenso alle parole di Quattro sul secondo modulo. «Il difficile arriva adesso.»
Lei oscilla il capo, pensierosa.
«Ma non è il momento di pensarci, giusto?» Accenna un sorriso.
«Giusto.» Confermo radiosa. «Andiamo a divertirci!»
Torniamo di nuovo al Pozzo. Vicino alla ringhiera dello strapiombo ci aspettano Al e Will. Dopo cena ci hanno invitate ad uscire. Un'appuntamento tra amici, lo ha definito Will. Ma io so che in realtà si tratta di un'uscita a quattro. Da quello che ho capito ad Al piace Tris. E a Will piaccio io.
No, non sono presuntuosa. Sono solo una Candida. E anche se non lo fossi credo che lo capirei ugualmente, se un ragazzo mi facesse il filo.
Quando li raggiungiamo stanno guardando verso il basso, con aria assorta. Will indossa una tuta nera che fa esaltare il suo fisico asciutto ed energico. Ma non mi rendo conto di quanto sia attraente finchè non tira indietro una ciocca di capelli, in un gesto quasi automatico. L'abbigliamento di Al è più elegante, con quella camicia nera e i pantaloni scuri. Di sicuro voleva fare colpo ma adesso mi sembra solo inquietante. Si sporge infatti così tanto dalla ringhiera che sembra voglia buttarsi di sotto.
«Ehi! Cosa sono queste facce?» Grido con un sorriso. «Oggi si dovrebbe festeggiare, non credete?»
Si voltano lentamente verso di noi e Will rimane a bocca aperta. Anch'io, dopotutto, volevo fare colpo. La parte di sopra è ricoperta solo da un top nero con lo scollo a cuore, che lascia scoperte le spalle e la pancia. Una gonna lunga fino alle caviglie, invece, rende più casto l'abbigliamento. Ho scelto di non apparire volgare anche con il trucco, scurendo appena le palpebre e passando solo un filo di lucido sulle labbra.
«Cosa si festeggia?» Chiede Al con aria malinconica.
«Come cosa?» Esordisce Will con un sorriso. Mi cinge la vita, poi sfiora i capelli di Tris con un dito. «Abbiamo come amiche le iniziate più belle e non festeggi? Io lo farei ogni giorno.»
Lo cingo anch'io con un braccio, ridendo. Essere abbracciata da un ragazzo e ricambiare l'abbraccio è una sensazione nuova. E Will riesce a rendere dolce tutto ciò che prima ritenevo ripugnante o fastidioso.

 

*

 

Siamo quasi arrivati al dormitorio, quando Will mi trattiene per un braccio e lascia che Al e Tris vadano avanti.
«Posso rubarti altri cinque minuti?» Mi chiede serio.
«Non so se voglio dedicarti altro tempo, Will...» Rispondo sarcastica.
Lui si acciglia ulteriormente.
«Ehi guarda che stavo scherzando!»
«Credevo...»
«Non sei più un Erudito.» Lo interrompo. «Dovresti imparare a leggere fra le righe...»
«Imparare a leggere fra le righe...» Rimugina grattandosi il mento.
«Già. Prima ho usato un tono chiaramente ironico.»
«Allora...» Dice avvicinandosi di più a me, «credo che alla fine mi farai diventare matto.»
«Ne sono più che sicura.» Confermo ricoprendo lo spazio che ci separa.
Tentenno un attimo, poi sollevo le braccia e gli cingo il collo. Will mi fissa alcuni secondi, immobile, poi posa le mani sui miei fianchi.
Quando due persone si incastrano alla perfezione ci si sente più felici e meno soli.
Forse è proprio così che ci si innamora. Lasciando che accada ogni volta qualcosa di speciale dentro di noi.
Il viso di Will si avvicina ancora di più al mio. É insicuro. Chissà a cosa starà pensando in questo momento.
«Se vuoi baciarmi...» Sussurro a due millimetri dalle sue labbra. «Fallo adesso.»
«Altrimenti?»
«Potrei ripensarci.»
«Perfetto. Allora non lo farò.» Sostiene Will staccandosi da me.
«Ma che problema hai, Will?» Il tono irritato è dettato dalla delusione. Mi ha rifiutata e io mi sento offesa. O almeno credo che sia così.
«Nessuno. Caso mai, quella che ha un problema sei proprio tu!»
«Ah davvero?»
«Sì, Chris.» Distoglie lo sguardo, imbarazzato. «Ti sembra giusto baciarci se poi potresti pentirtene?»
«Non ho detto che potrei pentirmene.»
«Hai detto che potresti ripensarci.»
«Okei, okei, sai cosa credo, Will?» Dico cercando un contatto visivo. «Che tu pensi troppo.»
«Ma davvero?» Si volta verso di me. «Sei la prima che me lo dice, lo sai?»
Lo fisso in silenzio alcuni secondi, poi scoppio in una rumorosa risata.
«Cosa c'è da ridere?»
«Hai... Hai...» Biascico tra le lacrime. «Hai pronunciato la frase in tono ironico.»
Will mi guarda allibito, cerca di sembrare offeso ma alla fine non riesce più a trattenersi e inizia a ridere con me.
Se adesso lo baciassi, potrei davvero pentirmene? Ho sempre odiato i contatti fisici, gli sguardi lascivi, le frasi allusive. Potrei incolpare Edward, di tutto questo, ma sarebbe troppo riduttivo e facile. La verità è che ho sempre avuto paura di innamorarmi, già da molto prima che lo conoscessi.
Un bacio ci sta. Una relazione duratura, no.
Un brivido ci sta. Un sentimento più profondo, no.
L'esempio più lampante è stata l'esperienza avuta con Eric. Con lui non ho avuto problemi a lasciarmi andare. Sapevo che la pensava allo stesso modo anche lui. Sono stati solo baci, in fondo. Solo sentimenti temporanei. E, se fossimo andati avanti, sarebbe stato solo sesso.
Eric non potrebbe provare nient'altro, per me. Non potrebbe volere nient'altro, da me.
Ma con Will sento che è diverso.
Da quanto tempo siamo qui a guardarci e a ridere come stupidi? Sicuramente da ben più, di cinque minuti. Ma non mi interessa. Will è l'unico che può rubarmi tutto il tempo di questo mondo senza doversi sentire in colpa.
«Sei molto più bello quando ridi.» Osservo, sorpresa.
«Guarda che io lo sono sempre
Faccio roteare gli occhi.
«Modesto il ragazzo.»
«Se inizi ad elencare le mie innumerevoli qualità...» Si avvicina di nuovo a me. «Non la finisci più.»
Riporto le braccia intorno al suo collo.
«Déjà vu.» Sussurra Will, solleticandomi l'orecchio.
«Se vuoi baciarmi...» Comincio a dire con un sorriso. Ma Will mi blocca avvicinado le nostre labbra. Mi lascia un piccolo bacio all'angolo delle labbra.
Strabuzzo gli occhi, interdetta, e Will ride ancora.
Non mi ha baciata, non proprio. Will mi ha chiesto il permeso di poterlo fare. Te ne pentirai? É questo che mi sta chiedendo senza usare le parole. Il suo comportamento mi rende nervosa. Mi rende insicura. Non sono brava ad affrontare le cose non dette.
Perchè se non me lo spiega non so cosa sta provando. Non so se potremmo mai innamorarci l'uno dell'altra, un giorno. Non so se sono pronta a lasciarmi travolgere dai sentimenti, a lasciarmi coinvolgere, a lasciare che un'altra persona faccia parte della mia vita. Non so se voglio sentirmi dipendente dalle sue azioni, dai suoi silenzi o dai suoi sentimenti. Non sono neanche sicura di voler stravolgere la sua, di vita.
E in fondo noi non siamo altro che due ragazzini. Lui ha in testa logica e troppi ragionamenti, io rimpianti e voglia di andare avanti, di non farmi abbattare. Siamo un pugno di muscoli e una marea di pensieri. Ed Edward ha condizionato fin troppo la mia vita per permettergli anche questa vittoria.
Lui vorrebbe che io fossi solo sua anche se non lo sono mai stata.
Lui ha rivendicato una proprietà che non esisteva.
Lui ha deteriorato la mia vita ma non me l'ha rubata.
La mia vita è ancora qui, sotto le palpebre, tra le mani, nel cuore che pulsa. Posso sentirla e posso cambiarla. L'ho deciso quando mi facevo versare dell'inchiostro rosso cremisi sotto la pelle per imprimere delle fiamme. Edward mi ha bruciata. Ma io sono rinata, più coraggiosa di prima.
E adesso non sono gli occhi cattivi di Edward che mi guardano, non sono le sue mani lascive a toccarmi. Basta questo a farmi capire che la mia vita sta davvero cambiando.
E Will è quello spiraglio di luce che mi suggerisce che posso farcela.
I suoi capelli sono morbidi. Li accarezzo lentamente, guardandolo negli occhi. Poi mi sollevo sulle punte e lo bacio.
No, non me ne pentirò, Will.





 

 

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Capitolo 11
*** Fino al punto di rottura pt.1 ***



 

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11.
Fino al punto di rottura
Parte 1

 


 


 

 

Ci sono due moduli di addestramento.
Il primo è fisico: spingerete il corpo fino al punto di rottura e imparerete a combattere.
Il secondo è mentale: fino al punto di rottura. Affronterete le vostre paure e le vincerete.

Se loro non vinceranno voi.



 


 

Qualcuno cerca di dormire. Altri invece si dondolano sulla propria brandina o per terra con le ginocchia sotto il mento. Will mormora qualcosa con il capo chino, camminando in cerchio al centro del dormitorio. All'inizio non capisco cosa stia dicendo, poi però riconosco qualche sillaba e riesco a ricostruire la frase che ripete senza sosta: «É solo una simulazione.»
Già, la simulazione. Ci ha stravolti tutti.

Sollevo lo sguardo e incrocio quello di Tris. I suoi occhi non sono persi nè disperati. Sembra quasi che il secondo modulo per lei sarà una passeggiata. Lo dimostra il tempo record con la quale ne è uscita fuori. Tre minuti.
Io ne ho impiegati molti di più. Ventidue interminabili minuti trascorsi nel disperato tentativo di uscire da una stanza infuocata. Accarezzo il tatuaggio fresco con due dita.
Le fiamme sembravano così vere.
Scrollo il capo, cercando di allontanare i pensieri dalla simulazione. Ma non ci riesco. Con un ringhio disperato infilo la testa sotto il cuscino e lascio che un urlo liberatorio mi faccia sentire meglio. Ma il naso sfiora qualcosa di freddo e duro. Mi scosto lentamente, senza togliere il cuscino dalla testa, e un filo di luce illumina un coltello da burro insanguinato.
Non riesco a trattenere un conato di vomito. Lascio che il cuscino ricada coprendo il coltello e sposto di scatto il capo per riversare sul pavimento la cena.
«Christina!» Tris mi raggiunge con un balzo e appoggia una mano sulla mia fronte gelida. «Su, andiamo in bagno.»
«Non è niente...» Biascico con la bocca impastata.
«Si certo, adesso però cerca di sollevarti.»
Fisicamente sto bene, ma fingo di sentirmi debole per non destare sospetti. Il mio malore infatti non è fisico. Ma mentale.
Perchè sotto il mio cuscino c'è l'arma che è stata usata per ferire Edward?
L'ha nascosta lì qualcuno?
E se invece fossi stata proprio io?
Ripercorro con la mente ciò che accadde quel giorno. Era il Giorno delle Visite. Era il giorno in cui vennero rese note le posizioni in classifica. Il giorno in cui scoprii non solo che Edward sarebbe diventato un Intrepido, ma che adirittura si era piazzato primo. Ed era il giorno in cui provai un'agghiacciante sensazione di terrore, dettata dalla consapevolezza che se fossi rimasta nella stessa fazione di Edward lui avrebbe di nuovo potuto abusare di me, rovinandomi la vita nuovamente. E forse questa volta l'avrebbe fatto per sempre.
Ricordo di aver pensato che dovevo reagire. Ricordo di aver trovato il coraggio per fare qualcosa. E di aver trovato una soluzione. Sì, ma quale?
Subito dopo ricordo il sangue, i gemiti di Edward, il coltello da burro conficcato nel suo occhio.
Cosa c'è stato nel frattempo, cosa ho fatto? Non lo so. Proprio non lo so.
Nella mia mente c'è buio totale. Tabula rasa. Knock-out.
Esattamente come è accaduto poche settimane fa, quando mi sono svegliata nel letto di Eric. Ultimamente mi accade anche troppo spesso di non ricordare qualcosa. Di non riuscire a
ricoprire ore intere della mia memoria.

Cosa mi sta accadendo? Sto impazzendo?
Mentre Tris mi trascina verso il bagno Will si accorge di me e mi raggiunge.
«Ehi, ehi Chris...» Mi accarezza una guancia, apprensivo. Poi rivolge a Tris un'espressione interrogativa.
«Le gira la testa e così ha vomitato.» Spiega. «Suppongo sia un effetto collaterale della simulazione...»
«Nessun altro ha riscontrato sintomi simili.» Fa notare Will senza smettere di guardarmi.
Io non riesco a sostenere il suo sguardo preoccupato e abbasso il capo. Non riesco a non pensare a quel maledetto coltello da burro. L'ultima volta che l'ho visto era ancora conficcato nell'occhio di Edward. Come diavolo ci è finito quindi sotto il mio cuscino? Se qualcuno lo avesse nascosto lì per incolparmi non avebbe senso, dato che «l'arma del delitto» era già nota.
A me sembra più un trofeo.
«Ci penso io a lei...» Dice Will dopo un pò, prendendomi fra le braccia.
«Okei. Allora io pulisco il pavimento.»
«Grazie...» Mormoro sostenendomi a Will. «Grazie davvero, ragazzi.»
Tris mi accarezza il capo senza dire nulla e io lascio che Will mi trascini dolcemente in bagno.
Non potendo fare altrimenti mi siedo per terra, con la schiena appoggiata alle piastrelle della parete. E con la coda dell'occhio vedo Will che bagna e strizza un piccolo asciugamano.
«Sono in pensiero per te, Chris.» Si china su di me. «Ultimamente sei così...»
«Fragile?» Dico cercando di sorridere.
«Silenziosa.»
Mi guarda intensamente, poi inizia a pulirmi il volto picchiettando con l'asciugamano umido. Io non riesco a distogliere lo sguardo da lui. Seguo i suoi movimenti lenti e gentili, osservo il modo in cui si prende cura di me e dimostra il suo affetto. Non sono mai stata trattata così da un ragazzo.
E io non so cosa ho fatto per meritarmi le sue attenzioni. Will incarna la figura del principe azzurro. É bello e premuroso e intelligente. E ho notato come lo guardano le altre ragazze, con ammirazione e occhi sognanti.
«Mi piaci.» Dico impulsivamente.
Lui si blocca di colpo e arrossisce, poi apre bocca per rispondere ma un rumore glielo impedisce. Si tratta di Al che apre con troppa forza la porta del bagno.
«Oh... Ecco... Ho interrotto qualcosa? Mi dispiace, ragazzi.»
«Non preoccuparti.» Assicura Will.
«Sì, non hai interrotto assolutamente nulla,» assicuro io. «Tranquillo!»
«Meglio, allora io...» Al indica la toilette. «Mi dileguo!»
«Allora dovremmo dileguarci anche noi!» Fa notare Will. «Ti senti meglio ora?»
Rido mentre mi porge una mano per farmi sollevare.
«Sì. Molto meglio.»
«Magari più tardi potremmo riprendere il discorso che è stato bruscamente interrotto.»
«Più tardi?» Chiedo ansiosa. «Perchè... Perchè non ora?»
Will non risponde ma fa un cenno col capo in direzione della camerata. Strabuzzo gli occhi quando vedo Quattro ed Eric, entrambi con le mani incrociate davanti al petto, che ci scrutano uno ad uno. Forse mi sto sbagliando, ma il suo sguardo si è soffermato su di me più del dovuto.
«Ci siete tutti?» Chiede Eric senza assumere nessuna espressione.
É nervoso? Infuriato? Seccato?
«Al è in bagno.» Dice Will cingendomi le spalle con un braccio.
Il gesto provoca in Eric un cambiamento. Solleva il sopracciglio e abbassa il capo.
«Vorrà dire che si perderà la spiegazione del gioco.» Dice rialzando di scatto la testa. Il volto nuovamente impassibile. «Inizieremo...»
«Del gioco?» Lo interrompe Peter. «Il primo modulo non era forse terminato?»
Eric gli rivolge uno sguardo di ghiaccio.
«Perchè non mi stupisce che a parlare sia stato un Candido?» Dice a denti stretti, cercando di dominare la rabbia. «Ti ricordo che adesso sei tra gli Intrepidi, qui le prove fisiche non finiscono mai
Lancio un'occhiata veloce a Will e lui mi stringe più forte. Sono ancora sconvolta per l'innaspettato ritrovamento del coltello da burro ma mi sento più sicura, tra le sue braccia. É questo il tipo di sostegno che ho cercato forsennatamente per tanto tempo. E mi chiedo se mi sosterrebbe ancora, se sapesse che razza di persona si ritrova affianco.
Logorroica fino allo svenimento. Squilibrata con improvvise amnesie. Potenziale assassina, probabilmente.
Gli stringo la mano che penzola dalla mia spalla. Per adesso non c'è bisogno che sappia tutte queste cose. Devo prima capire cosa mi sta accadendo.
Eric ci lancia un'occhiataccia e poi si schiarisce la gola.
«Ci si divide in due squadre, una bianca ed una rossa.» Inizia a spiegare. «Lo scopo è rendere prigionieri gli avversari sparando alle pettorine con le pistole a vernice.»
«Una sorta di Guardie e Ladri.» Suggerisce Will.
«Sì, dongiovanni.» Conferma lui assottigliando lo sguardo. «É una variante da Intrepidi.»
«Si possono liberare i prigionieri alleati?» Domanda Molly con entusiasmo.
A rispondere è Quattro, dopo aver fatto un passo avanti.
«Solo se riuscite a colpire l'avversario che lo ha imprigionato. In quel caso i ruoli si invertono.»
«E c'è un punto di ritrovo? Chessò, una prigione? Come facciamo a sapere quando gli avversari sono stati tutti imprigionati?»
Quattro solleva qualcosa di molto simile a dei bracciali. Poi li riconosco. Sono manette.
«Quando verrete ammanettati si illumineranno delle luci. Rappresentano i vostri alleati catturati.»
«Quindi quando si illumineranno tutte le luci...» Inizia a chiedere Tris.
«Significa che un'intera squadra è stata catturata e che quella avversaria si aggiudica la vittoria.» Conclude Eric.
«Bene,» esordisce Quattro infilandosi una pettorina rossa. «Formiamo le squadre e cominciamo.»

 

*

 

Credo che la nostra squadra abbia un vantaggio: il colore della pettorina. Il rosso infatti risalta meno del bianco, qui tra gli Intrepidi. Ma devo comunque stare attenta. Mi espongo appena dalla roccia dietro la quale mi sono nascosta e scruto il Pozzo.
Una macchia bianca sguizza nel mio campo visivo e si intrufola in una galleria buia. Peter. Se riuscissi a raggiungerlo senza farmi colpire sarebbe in trappola, perchè se non ricordo male il passaggio che ha imboccato altro non è che un vicolo cieco.

Non riesco a trattenere un sorriso mentre lo raggiungo di soppiatto. Chissà quale gusto ha la vittoria. Quando vedo Peter imprecare senza via di scampo lo scopro: sa di saliva ed eccitazione. Lo sparo dritto al petto, colorando di rosso la bella pettorina che fino a qualche secondo prima risultava immacolata.
«Troppo lento...» Dico trionfante.
Peter scuote il capo e solleva i polsi. Glieli ammanetto con un gesto rapido e vedo una lucina illuminarsi.
«Uh, ma guarda.» Ci scherzo su. «Sei il primo, amico mio.»
«Non siamo amici, io e te.» Sbotta lui infastidito.
«Sì, certo, ovvio che non lo siamo.» Convengo seccata. Dimenticavo quanto fosse noioso parlare con un altro Candido. «Andiamo?»
«Dove?»
«Non possiamo rimanere in questo vicolo cieco o mi cattureranno.»
«E se io ti impedissi di uscire?»
«Lo sai che è contro le regole del gioco.» Dico tirandolo per la manica. «Finchè sei mio prigioniero devi fare ciò che ti dico.»
Lo sento sbuffare ma non si oppone, seguendomi. La galleria è abbastanza lunga, ottima per il mio scopo.
«Non è un caso se ho scelto di catturare proprio te, Peter.» Esordisco mentre raggiungiamo l'uscita. «Volevo parlarti.»
«Di cosa vorresti parlare?»
«Di ciò che accaduto ad Edward.»
Pronunciare ad alta voce il suo nome mi rende inquieta. Ho paura che, sentendosi chiamare, si faccia vivo. Che sbuchi da chissà quale galleria per tormentarmi ancora.
«Mi hai chiamato, ragazzina? Ecco, avevo ragione. Tu mi vuoi. Mi ami, coniglietta.»
Scuoto bruscamente il capo, cercando di scacciare le terribili immagini che associo ad Edward. Quando sollevo lo sguardo mi accorgo che Peter mi stava fissando, ma non appena i nostri occhi si incrociano volta subito il capo, stizzito.
«Mi sono rotto di questa storia.» Sbotta riprendendo a camminare con lo sguardo dritto davanti a sè. «Vuoi sapere anche tu se sono stato io a rendere cieco quell'altezzoso di un Erudito?»
In fondo alla galleria la luce proveniente dal Pozzo si fa sempre più intensa. Devo uscire quanto prima da qui ma devo anche raccogliere più informazioni possibili prima di rischiare che Peter venga liberato.
Ho solo questa occasione.
Mi blocco di colpo e trattengo Peter per un braccio.
«Non volevi uscire?» Chiede con fare irritato.
Cosa lo ha innervosito, il fatto che avessi cambiato idea o il contatto fisico che si è venuto a creare? Lascio la presa con uno scatto e sostengo il suo sguardo.
«Allora, sei stato tu?»
«Così si dice in giro...» Sbotta lui dopo aver prodotto uno schiocco con la lingua.
«Sai che con me non puoi mentire, Peter.» Dico afferrandogli nuovamente il braccio. «Quindi lascia perdere ciò che sostengono gli altri. Te lo ripeto: sei stato tu?»
«No.» Dice concedendomi una breve occhiata. «Però non lo dire a nessuno.»
«D'accordo.» Sollevo in aria entrambe le mani.
«Ma se avessi saputo come avrebbero reagito gli altri...» Continua lui, «lo avrei fatto io stesso, e sicuramente molto prima.»
«Che vuoi dire?»
«Che adesso tutti gli iniziati mi temono, perfino gli interni.» Spiega con una nota di fierezza nella voce. Scrolla le spalle. «E per di più sono diventato primo in classifica. Cosa potrei volere di più?»
Magari una reputazione migliore?
«Okei, e che mi dici del coltello da burro? Lo hai più rivisto dopo...»
«Il coltello da burro, eh?» Peter si porta una mano vicino al mento, pensieroso. Poi il suo sguardo sguizza sulle pareti e verso l'uscita alle mie spalle. «Sai, non so perchè ti interessi tanto saperlo però in effetti l'ho visto dopo... Bhè, ecco, dopo...»
Non ci credo. Lo ha visto davvero? Magari proprio sotto il mio cuscino?
Qualcosa mi colpisce la schiena, accompagnato da un rumore sordo. Come di un palloncino d'acqua fatto cadere per terra o di un proiettile di vernice sparato contro una pettorina di plastica. Già, nel mio caso si tratta proprio di un proiettile di vernice. Vernice bianca, per la precisione.
Guardo le labbra di Peter aprirsi in un sorriso beffardo.
«Troppo lenta...» Mi schernisce.
Ben ti sta, aggiungerei io se fossi in Peter. In fondo ho messo il gioco completamente in secondo piano per poter scoprire un altro pezzo della mia vita. La stessa vita di cui mi sono stati celati alcuni particolari, alcuni momenti. E per ragioni a me ignote.
Amnesia.
Già, avrei dovuto incominciare a chiamarla così, perchè è di questo che si tratta.
Mi volto senza fretta verso il mio aggressore.
«Eric...» Ansimo vedendo la figura possente in controluce.
«Perfetto!» Esulta Peter mostrandomi le manette. «Dove vuoi che la porti, Eric?
Libero Peter con gesti automatici, senza pensare davvero a quello che sto facendo, mentre sento i passi del capofazione farsi sempre più vicini.
«Non c'è nessun riparo per i prigionieri. Se dovessimo radunarli sarebbe più facile perderli.» Spiega Eric in tono pragmatico, da soldato.
«Cosa? Vuoi dire che devo sopportare questa Candida logorroica finchè non vinciamo?» Si lamenta Peter massaggiandosi i polsi.
«Sei tanto sicuro di vincere?» Chiedo con un sorriso palesemente falso.

«Facciamo a cambio, allora.» Propone Eric fermandosi davanti a noi. «Tu catturi gli altri e io sopporto questa Candida logorroica
«Quanti ne mancano?»
«Due.»
«Chi.»
«Quattro e Will.»
«Quattro e Will...» Rimugina Peter portandosi le mani sui fianchi. «Va bene, ci sto.»
«Perfetto. Adesso sparisci.» Dice Eric, glaciale. «E non farti catturare più.»
«Non accadrà.» Assicura l'iniziato allontanandosi in fretta. Poi, appena prima di uscire dalla galleria, si volta nuovamente e grida: «Ah, Christina, ritornando al discorso di prima...»
«Dove lo hai visto?» Chiedo riferendomi al coltello da burro e consigliandogli velatamente di non usare altri giri di parole.
«A mensa!»
L'ultima cosa che sento sono le risa perfide di Peter. Mi ha presa in giro. Ma la vita continua e così anche il gioco. Scavalcato un ostacolo, superato un pericolo, oltrepassato un fiume, eccomi a scavalcarne ancora un altro, a superarne ancora un altro, a oltrepassarne ancora un altro.
Niente pause o boccate d'aria.
E adesso il mio ancora un altro ha un nome ben preciso.

Eric.






Note:

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.


Undicesimo capitolo. Con questo riprendiamo un pò il primo. Christina ha un altro buco nella propria memoria e cerca di ricoprirlo ripercorrendo con i ricordi ciò che accaduto, ma non ci riesce. Capisce dunque che è affetta da attacchi di amnesia e questo la rende ovviamente inquieta.
Si intensifica poi il suo rapporto con Will e nel frattempo ricompare Eric. Che altro accadrà?
Vi lascio una piccola anticipazione del prossimo capitolo:


«Co... Che?» Farfuglio stranita. «Perchè non mi ammanetti? E poi quello è un vicolo cieco, anche se dovresti già saperlo. É così che ho...»
«Ha ragione Peter,» lo sento dire senza voltarsi verso di me. «Sei proprio una Candida logorroica.»
«E tu sei...»
«Un tuo Capofazione.» Si ferma, ma continua a darmi le spalle. «E in questo preciso momento anche l'Intrepido che ti ha catturata. Perciò ti consiglio di fare ciò che ti dico.»



Quindi a presto!
MM

 

 

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Capitolo 12
*** Fino al punto di rottura pt.2 ***



 

L'ultima cosa che sento sono le risa perfide di Peter.
Mi ha presa in giro. Ma la vita continua e così anche il gioco. Scavalcato un ostacolo, superato un pericolo,
oltrepassato un fiume, eccomi a scavalcarne ancora un altro, a superarne ancora un altro, a oltrepassarne ancora un altro.

Niente pause o boccate d'aria.

E adesso il mio ancora un altro ha un nome ben preciso.

Eric.

 




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12.
Fino al punto di rottura
Parte 2


 


 

 

Ci sono due moduli di addestramento.
Il primo è fisico: spingerete il corpo fino al punto di rottura e imparerete a combattere.
Il secondo è mentale: fino al punto di rottura. Affronterete le vostre paure e le vincerete.

Se loro non vinceranno voi.



 


 

«Bene, bene, bene...» Esordisce Eric rivolgendosi a me.
Mi sorride beffardo e io sostengo lo sguardo, altezzosa.
«Che aspetti?» Dico sollevando i polsi. «Potrei scappare.»

«Non riusciresti ad allontanarti più di due passi.» Mi schernisce avvicinandosi a me.
«Tu credi?»
«Provaci.»
Inclino il capo, in attesa. Eric mi afferra i polsi, dolcemente, poi stringe la presa. Lui ha questa capacità di farti sentire in trappola, indifesa, inerme. Ma non minacciata. So che non farebbe mai qualcosa contro la mia volontà. Lo so, perchè se ne avesse avuto l'intenzione allora lo avrebbe già fatto.
Abbassa le mani, trascinandosi dietro anche le mie, poi lascia la presa. Attiva le manette senza usarle e inizia ad addentrarsi nella galleria scarsamente illuminata.
«Co... Che?» Farfuglio stranita. «Perchè non mi ammanetti? E poi quello è un vicolo cieco, anche se dovresti già saperlo. É così che ho...»
«Ha ragione Peter,» lo sento dire senza voltarsi verso di me. «Sei proprio una Candida logorroica.»
«E tu sei...»
«Un tuo Capofazione.» Si ferma, ma continua a darmi le spalle. «E in questo preciso momento anche l'Intrepido che ti ha catturata. Perciò ti consiglio di fare ciò che ti dico.»
Continua a camminare solo dopo essersi accertato che l'ho raggiunto.
«Peter non conosce questi posti bene quanto me.» Indica un punto sulla parete. «Ti pare che gli intrepidi ritengano utile una strada senza uscita?»
In alto c'è un incavo nel muro. Un'altra galleria buia e stretta che non avrei mai notato da sola.
«Bisogna strisciare un pò, poi però si allarga.» Mi guarda fisso. «Vuoi che vada avanti prima io o ti fidi?»
«Non mi fido,» un sorriso nervoso mi attraversa il volto. «Ma vado lo stesso prima io.»
«Bene, allora ti aiuto.»
«No, faccio da sola.» Asciugo sulla pettorina rossa le mani sudate e inizio a cercare qualche appiglio per arrampicarmi. Ne individuo solo uno: una pietra sporgente all'altezza dei seni. Riesco a raggiungerla con un salto, ma è troppo piccola per starci sopra con entrambi i piedi.
«Vedi di sbrigarti.» Eric, seccato.
«Non è semplice se mi stai con il fiato sul collo.» Ribatto affaticata.
Concentro tutte le mie forze verso la punta delle dita, che devono rimanere ben salde verso una parete granulosa ma priva di veri e propri sostegni su cui poter fare presa. L'apertura nel muro è ancora troppo lontana.
Questo significa che devo saltare di nuovo.
Potrei cadere o potrei afferrare i bordi rocciosi del cunicolo.
O Eric potrebbe afferrami i fianchi e darmi lo slancio per poterlo raggiungere.
É così che mi ritrovo a pancia in giù nella nuova galleria. Striscio con i gomiti per girarmi su me stessa, con l'intenzione di allungare le braccia e tirare su Eric. Ma non ce n'è bisogno.
Vedo Eric prendere una piccola rincorsa per poi lanciarsi verso la parete. Un'ampia falcata e due rapidi salti sono tutto ciò che ha dovuto fare per superare la difficoltà di dover raggiungere un'apertura posta a tre metri circa di altezza.
«É stato facile, no?» Ci scherzo su mentre mi raggiunge strisciando anche lui sui gomiti. A causa del soffitto bassissimo questo è l'unico modo per potersi spostare.
Proseguiamo in avanti e lo sento dietro di me ansimare appena per lo sforzo. Grande e grosso com'è deve sentirsi davvero oppresso qui dentro. Magari soffre anche di claustrofobia ma non lo dà a vedere.
Dopo un paio di minuti vedo una luce farsi sempre più intensa man mano che ci avviciniamo all'uscita. Immagino già di vedere una stanza o un'altra galleria aprirsi sotto i nostri occhi ma non ci troviamo in una intercapedine. La galleria infatti si allarga in un piccolo ambiente roccioso a forma di ampolla. Una volta entrati c'è davvero pochissimo spazio. In piedi sono costretta ad abbassare la testa mentre il massimo dei movimenti che può compiere Eric è stare in ginocchio o seduto.
«Bene, possiamo aspettare qui.» Appoggia la schiena contro il muro e chiude gli occhi portando indietro il capo.
«Aspettare?» Chiedo stizzita. Sono rimasta in piedi e ho la testa di lato.
«Sì, ne mancano solo due.»
«E bisognerà aspettare ancora molto?» Stringo le braccia al petto con un brivido. «Questo posto è pieno di spifferi.»
«L'anno scorso terminammo alle prime luci dell'alba.»
«Scherzi?» Mi faccio più avanti ed Eric solleva le palpebre. In questo strano posto c'è solo una piccola lanterna ricoperta di uno spesso strato di polvere ma i suoi occhi risultano ugualmente chiari e splendenti. Sono in situazioni come queste che credo siano dotati di luce propria.
«No.» Risponde risoluto. «Adesso verresti affianco a me?»
«Sto meglio qui.»
«Io non credo,» sorride beffardo e mi fa spazio spostandosi appena. Poi tasta il pavimento con il palmo della mano. «Ti verrà un dolore al collo che non ti immagini, così, stupida.»
«Accetto solo perchè il soffitto è basso.» Mi giustifico prendendo posto vicino ad Eric.
«Certo, come no.» Appoggia nuovamente la testa contro il muro socchiudendo gli occhi.
Osservo per alcuni secondi la sua espressione apparentemente calma e serena che mi riporta al giorno in cui mi svegliai al suo fianco.
É passato molto tempo da allora ma quando siamo insieme ho sempre la stessa sensazione: quella di essere una principessa rinchiusa in un castello e sorvegliata da un drago. Ma intanto a questa scenetta si è aggiunto un altro personaggio, Will, il mio principe azzurro.
Sicura di voler essere salvata, principessa?
Scosto lo sguardo da Eric, con un sorriso amareggiato.
Non sono riuscita ancora a capire cosa sia accaduto quella notte, nè perchè Eric si ostina ad avermi accanto. Perchè è innegabile, che trovi sempre il modo per avermi tra le sue grinfie.
«E l'anno scorso chi vinse?» Chiedo rompendo l'insopportabile silenzio.
«Che domande, ho vinto io!»
«Ovvio, se te ne stai seduto in attesa che il lavoro sporco lo facciano gli altri...»
Eric si volta di scatto e mi guarda truce. É risentito ma sa che ho ragione.
«Si chiama strategia di guerra, ragazzina
«Sì certo...» Inizio a replicare, ma un istante dopo sento il pavimento aprirsi in una voragine e il mio corpo sprofondarci dentro. Credevo di aver finalmente voltato le spalle a Edward, alle sue ossesioni, alla sua follia. Ma evidentemente non potrò mai vivere senza che qualcosa o qualcuno me ne ricordi costantemente.
Eric estrae dalla tasca interna del suo gilet una ricetrasmittente e una voce gracchiante mi riporta alla realtà.
«Quattro preso.»
«Nascondetelo.»
«Fatto.»
«Posizione Will?»
«Sconosciuta.»
«Non contattarmi fino a nuovo avviso.» Afferma Eric riponendo l'apparecchio. «Adesso ho altro da fare.»
«E sarebbe?» Chiedo sollevando un sopracciglio.
«Dormire. E per riuscirci...» Con un gesto rapidissimo lo vedo afferrarmi i polsi con una mano sola e ammanettarmi con l'altra. «Devo essere sicuro che il mio bell'ostaggio non scappi.»
«Allora avresti dovuto ammanettarmi le caviglie.»
«Un tipico ragionamento da Candida.» Mi schernisce lui. «Ma io non posso permettere che tu ti allontani da me anche solo di un millimetro.»
«Uno spazio davvero minuscolo.»
«Esatto.» Afferra le manette tra i due polsi e mi costringe a sollevarmi. Poi con uno scatto irruento mi tira a sè. Io cado su di lui, andando ad urtare un gomito. «Scusa, troppo forte.»
«Che intenzioni hai?» Chiedo con il fiato corto. Mi trattiene ancora per le manette mentre cerco di mettermi a sedere nello spazio che si è creato tra le sue gambe divaricate. Sto cercando di apparire meno succube portando i nostri occhi alla stessa altezza, ma è difficile non sottomettersi ad Eric, con o senza manette.
«Te l'ho detto. Voglio solo dormire.» Ripete.
«E credi davvero che riusciresti a tenere strette le manette mentre dormi?»
«No, non ci riuscirei mai...» I nostri visi sono così vicini che sento il suo fiato caldo solleticarmi la pelle. «Ma ho il sonno leggero.»
Solleva lentamente le manette, portandosi dietro i polsi. Poco dopo infila la testa nel cerchio che formano le braccia, senza mai distogliere lo sguardo dai miei occhi. Io sono ipnotizzata, non riesco neanche a pensare. Sento i suoi capelli sotto le dita, corti e pungenti sulla nuca. Sento il suo profumo. Un profumo proibito, accogliente e minaccioso al contempo. Un profumo che inizialmente ti abbraccia tra i suoi odori dolci per poi sorprenderti con un tono aspro e acidulo. Foglie umide di rugiada, corteccia d'alberi e sudore. E sento il suo corpo sotto il mio. I seni che toccano il suo petto largo, le braccia sulle sue spalle, i fianchi contro il suo bacino.
«Un millimetro.» Mormoro. É tutto ciò che divide i nostri visi.
«Uno spazio davvero minuscolo.» Mi soffia sulle labbra.
Avverto una sensazione di calore percorrermi tutto il corpo e il sangue affluire alle guance, arrossandole visibilmente. Mi sembra sbagliato stare qui, con Eric. Eppure tutte queste sensazioni, questi battiti accellerati, questi brividi mi dicono che sto facendo la cosa giusta. Che è qui che dovrei stare, tra le sue braccia.
Mi volto appena e appoggio la testa sul suo petto, quasi fosse un cuscino.
«Che diavolo fai?» Impreca a bassa voce.
«Dovrei trascorrere tutta la notte a guardarti mentre dormi?» Dico con un finto tono indispettito.
«Credevo fosse il tuo più grande sogno.» Mi canzona lui.
«E invece dormirò anch'io.»
Con la coda dell'occhio vedo Eric sollevare una mano. Questa si ferma all'altezza del gomito sul quale sono atterrata bruscamente e che adesso appare arrossato e gonfio. Poi la mano di Eric ricade per terra senza freni.
«Non mi fa male.» Affermo con un sorriso malizioso.
«E chi ti ha chiesto niente.» Risponde subito a tono, come farebbe un bambino colto con le mani nella marmellata.
«Tanto lo so che a me ci tieni.»
Il suo cuore salta un battito. E così anche il mio. Perchè penso che se non fossimo così vicini da sentirne le pulsazioni, se l'unico modo per capire le sue reazioni fosse guardarlo in quegli occhi impenetrabili, se non si fosse esposto in tale maniera, bhè io non avrei mai scoperto che anche Eric prova dei sentimenti. E forse è così che riesce a nascondere le debolezze, i timori, le emozioni. Comprimendoli in un unico e irripetibile battito che non raggiunge il cuore.


 


 


Note:

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.


Dato che non so cosa dirvi, vi lascio un piccolo spoiler del capitolo 13. A proposito: questi spoiler sono graditi vero? :) Altrimenti non li inserisco più.


Così reagisco al panico come mi hanno insegnato a fare da piccola: parlando. Le parole cominciano ad uscirmi dalle labbra come un torrente in piena, divagando su qualunque argomento. Eric mi ascolta in silenzio, gli occhi sempre chiusi. Dopo un pò, però, li apre e mi fissa.
«Oh, scusa, sto parlando troppo?» Lo provoco. «Dovrei smetterla ma non ci riesco, è che quando mi annoio tendo ad occupare il tempo così. E poi qui fa troppo freddo. Parlando ci si riscalda, lo sap...»
«Christina.» Mi chiama deciso, poi mi afferra il bacino con entrambe le mani. «Conosco un modo per non farti annoiare, per riscaldarci e soprattutto per darti smettere di parlare.»
Arrossisco comprendendo la velata allusione al sesso ma subito dopo ne sono sollevata. Era proprio lì che volevo che andasse a parare.
«Ecco, ritornando al discorso di pri...»
Sento qualcosa invadermi la bocca. Instintivamente chiudo gli occhi e mi lascio baciare da Eric.
Il nostro secondo bacio.



Dato che il capitolo è in fase di revisione potrei cambiare qualcosina, ma il succo è questo! Pronte per il secondo bacio tra Eric e Chris?
Alla prossima gente,
MM

 

 

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Capitolo 13
*** Fino al punto di rottura pt.3 ***


 

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12.
Fino al punto di rottura
Parte 3


 


 

 

Ci sono due moduli di addestramento.
Il primo è fisico: spingerete il corpo fino al punto di rottura e imparerete a combattere.
Il secondo è mentale: fino al punto di rottura. Affronterete le vostre paure e le vincerete.

Se loro non vinceranno voi.



 


 

Credo di essermi davvero addormenta perchè quando riapro gli occhi non ricordo dove mi trovo. Per un attimo mi assale il panico. Non so per quanto ancora potrei sopportare amnesie e intere ore della mia vita perse per sempre nei meandri della memoria. Ma è solo una sensazione passeggera. Quella sensazione che ti assale quando ti risvegli in un posto in cui non avevi mai dormito prima.
Sono ancora semi-sdraiata sul corpo di Eric, le braccia intorno al suo collo taurino e i muscoli intorpiditi.
«Certo che ti addormenteresti dappertutto tu, eh?»
«Mhg.» Mugugno sollevando le braccia sulla testa, ancora un pò assonnata. «Tu non ci sei riuscito?»
«Con te che continuavi a lamentarti e a rigirarti nel sonno?»
«Avresti potuto liberarmi.» Alzo gli occhi al cielo. «Non credo sarei riuscita a scappare dormendo.»
«Mai fidarsi di un altro Intrepido...» Mi ricorda lui stiracchiandosi gli arti e il collo. «E poi non era del tutto spiacevole averti addosso.»
«Sei...» Incomincio a dire indignata mentre avverto il viso arrossarsi in maniera incontrollabile. «Sei un pervertito, Eric!»
Lui si porta un mano dietro la nuca, ridendo.
«Che ore sono?» Chiedo andando a sedermi il più lontano possibile da lui.
«Le due.»
«Will è troppo intelligente per farsi catturare.» Affermo con una nota di fierezza nella voce.
«O troppo codardo per esporsi.» Sentenzia Eric. «Ti ricordo che per vincere bisogna catturare tutti i membri della squadra avversaria e tre alleati della squadra bianca sono ancora liberi.»
«E allora perchè tu sei qui, Eric?» Lo punzecchio. «Non sei abbastanza determinante per la vittoria?»
«Si tratta di una...»
«Strategia di guerra. Sì, sì, lo so. L'hai già detto...»
E poi la logorroica sarei io.
Eric mi lancia uno sguardo fugace, poi abbassa il capo.
«Cosa ne vuoi capire tu, di guerra...» Mi rimprovera con tono amaro.
«Oh certo, perchè tu invece sei un veterano, giusto?»
«Lascia perdere.» Taglia corto. «Piuttosto, che intenzioni hai con Will?»
Ho sentito bene? Mi ha chiesto di Will?
«E a te che diavolo interessa?» Sbotto risentita.
Eric non ha diritto di interferire nella mia vita privata. Non so cosa provi per me. Forse un pizzico di desiderio, considerando i suoi atteggiamenti, ma amore non di certo. Mi ha quasi ammazzata lasciandomi sospesa ad uno strapiombo, mi ha umiliata, ferita, imbrogliata. Non gli permetterò mai di rovinare quello che sto creando con Will. Ovvero un rapporto tenero e affettuoso. E di privarmi della sua dolcezza, dei suoi sentimenti e di tutte quelle attenzioni che non mi sono mai state riservate. E che ho sempre bramato, cercato, voluto.
«Non te lo chiedo perchè sono interessato a te, Candida.» Comincia a dire con un sorriso derisorio. «Sono solo preoccupato per Will.»
«Sei... Preoccupato per un iniziato?» Chiedo incredula. «Proprio tu, Eric?»
«Dai ammettilo che siete troppo diversi.»
«Perchè mai dovrei farlo.»
«Sei troppo egoista, per stare con Will.» Continua imperterrito, senza distogliere lo sguardo di ghiaccio dal mio viso. «E sei piena di problemi. Perchè mai dovrebbe farsene carico lui?»
«E perchè mai a te sta tanto a cuore?»
Eric scuote il capo e ride. Il rumore sinistro della sua risata rimbomba per tutta la piccola camera di pietra, facendomi raggelare il sangue nelle vene.
«Cosa vuoi da me, Eric?» Chiedo allora con un filo di voce.
«Tutto.» É la sua risposta. Schietta, diretta, ma troppo ambigua per risultare da Candidi.
«Non puoi avere tutto.»
«Certo che posso, me l'hai offerto tu stessa.»
«Di che diamine parli?»
«Allora è vero che non ricordi...» Eric abbassa lo sguardo. Sembra deluso.
«Oh...» É l'unico suono che riesco ad emettere in questo momento.
«Io non credevo facessi sul serio, con quella stronzata dell'amnesia.»
«Eric, ti prego...» Il mio tono è più che supplichevole. É disperato. «É già abbastanza doloroso non riuscire a ricordare...»
Mi avvicno a lui, gattonando, ed Eric solleva il capo. Mi guarda con la bocca socchiusa, le braccia a peso morto lungo il corpo, le gambe leggermente divaricate.
«Dimmi cosa è accaduto,» riprendo. «Che ci facevo nella tua stanza? Cosa abbiamo fatto?»
Lui continua a guardarmi con aria assorta. Poi ad un tratto sembra ridestarsi e accenna un sorriso. L'ho visto più volte comportarsi così. Secondo me lo fa quando sta pensando intensamente, ed è così assorto nei pensieri da non accorgersi di come si mostra agli altri. Poi, quando se ne rende conto, indossa nuovamente la sua maschera fredda e cinica.
Assottiglia lo sguardo.
«Sesso.» Sibila. «Abbiamo fatto sesso.»
«No...» Prego scuotendo il capo, «no, non può essere...»
«É andata esattamente così, Candida.» Si fa in avanti e mi afferra un braccio, mentre cerco di non guardarlo negli occhi. Sto continuando a scuotere il capo nervosamente. «Ci siamo lasciati andare, ma è anche vero che eri ubriaca. E che lo ero anch'io.»
«No...» Frigno cercando di non piangere.
Eccola, la tua amata verità. Adesso cosa te ne farai, stupida di una Candida?
Lo avevo sospettato. Meglio ancora temuto. Ma sentirselo dire, adesso, è devastante. Anche se, a dirla tutta, potrebbe anche darsi che mi stia mentendo. Dovrei spronarlo a rivelarmi di più, a scendere nei particolari, ma sono nello smarrimento più totale.
Così reagisco al panico come mi hanno insegnato a fare da piccola: parlando.
Sollevo il capo e guardo Eric dritto negli occhi.
«Tuttavia non ricordo nulla.»
«Ammetto che è alquanto snervante il fatto che tu l'abbia rimosso dalla memoria...»
«Non deve essere stato un granchè, allora.» Dico graffiante. Non posso mostrargli il mio punto debole, devo sembrare spavalda. Devo fargli capire che non mi importa, anche se è così.
«La prossima volta vedremo se la penserai ancora allo stesso modo.» Lascia la presa e abbassa le palpebre appoggiando la testa al muro e mettendo così fine alla conversazione. Annunciando tra l'altro che ci sarebbe stata anche una prossima volta.
Non va bene.

Io mi accuccio nello spazio tra le sue gambe e continuo a fissarlo. Se solo potessi appoggiare l'orecchio sul suo petto per ascoltarne i battiti del cuore, allora sì che riuscirei a capire se mi sta mentendo. Ma abbandono subito l'idea e trovo qualcosa da dire. Inizio a parlare senza freni, le parole che fuoriescono dalle labbra come un torrente in piena. Divago su qualunque argomento, dico tutto ciò che mi passa per la mente, attendo una sua reazione. Una qualsiasi.
Innervosisciti. Ti sto punzecchiando, Eric. Perdi il controllo.
Ma Eric mi ascolta in silenzio, l'espressione impassaibile e gli occhi sempre chiusi. Dopo un pò, però, li apre e mi fissa.
«Oh, scusa, sto parlando troppo?» Lo provoco. «Dovrei smetterla ma non ci riesco, è che quando mi annoio tendo ad occupare il tempo così. E poi qui fa troppo freddo. Parlando ci si riscalda, lo sap...»
«Christina.» Mi chiama deciso, poi mi afferra il bacino con entrambe le mani. «Conosco un modo per non farti annoiare, per riscaldarci e soprattutto per farti smettere di parlare.»
Arrossisco comprendendo la velata allusione al sesso ma subito dopo ne sono sollevata. Era proprio lì che volevo che andasse a parare.
«Ecco, ritornando al discorso di pri...»
Sento qualcosa invadermi la bocca. Instintivamente chiudo gli occhi e mi lascio baciare da Eric.
Il nostro secondo bacio.
Ma quando sollevo le palpebre mi scosto di scatto, impaurita. Eric non mi ha baciata come accadde la prima volta, con slancio e passione. Non mi ha baciata come se per lui fosse stato quasi vitale assecondare i propri istinti. No. Quando ho aperto gli occhi ho trovato i suoi, freddi e glaciali, fissi su di me. Che diavolo voleva fare?
«Ecco l'unico modo per zittire una Candida, signore e signori.» La sua voce è attentamente modulata, piatta e senza emozioni. Eppure mi ha appena baciata.
«Sei un mostro.» La mia voce invece vibra, soggetta all'emotività.
Eric mi fissa per qualche secondo, poi estrae dalla tasca del gilet la ricetrasmittente che ha incominciato a gracchiare con insistenza.
«Eric.» Annuncia con disinvoltura.
«Eccoti, dove eri finito?»
«Non sono affari tuoi.»
«Ma...»
«Arriva al dunque, Peter, dannazione!»
«Abbiamo Will. Fine dei giochi.»
«Ottimo.» Ripone l'apparecchio, sgancia le mie manette e mi scosta per raggiungere l'apertura nel muro.
Strisciamo nel tunnel in silenzio, poi mi aiuta a scendere in quello principale, in un inaspettato moto di gentilezza. Ma continuiamo a non rivolgerci la parola, anche quando raggiungiamo gli altri. I membri della squadra rossa si accalcano al centro di un cerchio formato da perttorine bianche che saltellano efuorici ed esultano.
Poi, tra gli iniziati interni parte un coro rivolto alla squadra perdente.
«Teste vuote! Bocche vuote! Mani vuote!»
Anch'io sono al centro di questo cerchio, e quando parte il coro, mi ritraggo istintivamente indietro. Sento i miei compagni di squadra fare lo stesso.
«Teste vuote! Bocche vuote! Mani vuote!»
Continuano a gridare senza ritegno, le pettorine bianche sporche di vernice rossa.
«Teste vuote! Bocche vuote! Mani vuote!»
All'inizio erano solo gli interni, che urlavano come ossessi, ma incomincio a sentire la voce di qualche transfazione che imita timidamente il gruppo.
«Teste vuote! Bocche vuote! Mani vuote!»
Adesso sembrano in simbiosi. Un solo colore da innalzare, un solo gruppo sul quale inveire, una sola voce che si eleva nel Pozzo sempre più forte.
«Teste vuote! Bocche vuote! Mani vuote!»
Non mi stupisco quando riconosco nel coro la voce di Peter o quella di Molly. Ma mi è sembrato di udire anche quella di Eric. Mi volto per cercarlo e lo vedo. Sbraita esattamente come tutti gli altri. Il potere del gruppo.
«Teste vuote! Bocche vuote! Mani vuote!»
Qualcosa mi sfiora una spalla, poi una mano mi afferra il polso.
«Eccoti.» Sussurra Will, impaurito forse quanto me.
«Non andartene.»
«Mai.»
Gli stringo forte la mano.
Un attimo prima che il cerchio si sciolga, lasciandoci andare, alzo lo sguardo verso Eric. I suoi occhi sono fissi sulla mia mano intrecciata a quella di Will. Poi, come sempre, sembra ridestarsi e mi lancia un'occhiata divertita.
Subito dopo i gruppi si mischiano in una folla di pettorine bianche e rosse. Le prime si scambiano pacche sulle spalle e apprezzamenti, le seconde si allontano in silenzio dal Pozzo.
Ed è attraverso questa disomogenea folla che Eric grida qualcosa verso l'alto, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
«Ti sei liberata di questo mostro, sei contenta adesso?»
Soltanto io so a chi era indirizzato il suo sfogo.

 

*

 

É da più di due ore che cerco di prendere sonno ma proprio non ci riesco. La mente viaggia incauta tra i ricordi, toccando tasti dolenti. Non avrei mai immaginato, infatti, che si sarebbero aggiunti altri pensieri negativi a quelli che già mi ossessionavano ogni notte pima di addormentarmi.
Ma ho dovuto ricredermi. Adesso, quando apro gli occhi nel buio, non solo avverto la presenza lasciva di Edward ma anche quella fredda e incurante di Eric.
Quando ripenso alla rivelazione che mi è stata fatta oggi, non posso che ricordare la mia prima volta, se così la si può davvero definire. Ho perso infatti la verginità in circostanze a dir poco traumatiche. Ho sofferto. Ho continuato a piangere anche quando ormai credevo di aver esaurito tutte le lacrime. Ho vissuto nel peggiore dei miei incubi.
Ma qui, tra gli Intrepidi, ho imparato ad affrontare le paure, a rendere le debolezze dei punti di forza, a superare le difficoltà a testa alta. Sapevo che non sarebbe stato semplice, innamorarmi dopo tutto ciò che ero stata costretta a subire. Sapevo che non sarebbe stato semplice anche solo avvicinarmi a qualcuno, permettendogli di guardarmi meglio, di spogliarmi della corazza che avevo costruito con prudenza intorno al cuore e all'intero corpo.
Non sarebbe stato semplice, quindi, fare l'amore. Sì, perchè di amore si sarebbe trattato se avessi dovuto ripetere quella esperienza. Piacere fisico, come ribadivano le mie amiche di scuola più mature e sfacciate, ma anche e soprattutto amore.
E ammetto comunque di temere quel momento. Sono terrorizzata al solo pensiero di doverlo fare. Di provare piacere ma anche di provocarlo, ispirarlo, suscitarlo in un'altra persona.
Tuttavia non me ne sarei privata. Ancora una volta, non avrei permesso ad Edward di condizionare ulteriormente la mia vita.
Qui ho imparato anche a non farmi scrupoli.
Ma sapere di averlo già fatto, di aver già fatto l'amore e non ricordarmene, questo, ecco questo mi terrorizza ancora di più.
Con Eric non hai fatto l'amore, povera illusa.
Ripete senza sosta la mia vocina da Candida.
E non posso darle torto. Eric sicuramente non avrà avuto accortezze di nessun genere nei miei confronti. Avrà usato il mio corpo solo per soddisfare i propri piaceri personali e, per questo, sento di essere stata violentata di nuovo. E sento anche che sarà difficile, questa volta, riprendermi.
All'improvviso, qualcosa di caldo e umido mi bagna le guance. Sollevo due dita e le tasto. Poi osservo, incredula, le mie lacrime che luccicano alla luce verdognola dell'uscita di emergenza. Continuo a guardarle come se non mi appartenessero, chiedendomi che cosa ci facciano sul mio viso. Strano come non ci si renda conto, a volte, di quanto la nostra anima abbia bisogno di piangere.
E con questo pensiero lascio che un pianto disperato mi trascini nel suo confortante oblio. Mi abbandono ad esso, sperando che apra le porte ad un mondo diverso. E non mi importa se non sarà migliore di questo. Non mi importa perchè credo di essere arrivata al mio punto di rottura.
E sono sicura che, quando riaprirò gli occhi e tutto questo sarà finito, io, Christina, sarò ancora più forte.


 


 


Note:

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.


E anche "guardie e ladri" è terminato. Vi aspettavate che vincesse la squadra di Eric? E che invece andasse a finire così? Sono ansiosa si saperlo *v*
Al prossimo aggiornamento, carissime.

P.S. sono contenta che questa coppia stia piacendo così tanto, credevo di essere l'unica pazza a vederli bene insieme.

MM

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Capitolo 14
*** Il giorno in cui lo lasciai andare ***



 

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14.
Il giorno in cui lo lasciai andare




 

Ho scoperto che il dolore fisico lenisce, anche se per poco, quello dell'anima. Lottare, farmi del male, stancarmi, tutto questo mi aiuta a non pensare a nulla se non al prossimo colpo da tirare o da schivare, a resistere ancora e ancora.
É per questo che, anche se il primo modulo è ormai terminato, continuo ad allenarmi ogni giorno. Ovviamente la mia palestra preferita è sempre quella più piccola, quella fuorimano e frequentata praticamente da nessuno. A volte, quando sono sola, ho come l'impressione che qualcuno mi stia osservando. Ho paura, quando mi volto per accertarmene, di ritrovare Edward sulla soglia. Edward, l'Erudito che, chissà per quale assurda e perversa ragione, aveva scelto proprio me come oggetto dei suoi desideri più profondi e inconfessabili.
Ma ogni volta che lancio un'occhiata verso l'entrata della palestra, tiro un lungo e lento sospiro di sollievo. Devo incominciare a convincermi che non ho più nulla da temere.
Edward non c'è più.
Mollo al sacco da boxe un gancio così potente e ben assestato da stupirmi io stessa. Strabiliata, rigiro davanti agli occhi la mano chiusa in un pugno e accuratamente fasciata. Sciolgo il nodo che mantiene ferme le bende, rivelando le dita ricoperte di sangue raggrumato.
Per oggi può anche bastare.
Prendo la piccola borsa da palestra e raggiungo le docce. Per precauzione chiudo a chiave la porta d'ingresso dell'intero bagno e incomincio a spogliarmi. Come dicevo, questa palestra è poco frequentata e quei pochi frequentatori sono per giunta uomini, perciò posso permettermi di occupare in questo modo il bagno delle donne.
Rimango sotto il getto d'acqua fredda più del dovuto, accertandomi di non lasciare sulla pelle e tra i capelli neanche una bolla di schiuma.
Cristallina.
L'acqua è cristallina. Mi fa venire in mente il mio nome. E vorrei tanto esserlo un pò anch'io, come quest'acqua. Vorrei che scorra non solo sulla mia pelle, per liberarla dal sangue e dal sudore, ma anche dentro di me, per correggere i miei difetti, pulire i miei peccati, ingentilire i miei modi.
Vorrei che scorresse in tutti i posti in cui mi ha toccata Edward, per eliminare ogni sua traccia sopra di me. Ma per farlo dovrei scuoiarmi, aprirmi in due, fracassarmi il cranio.
Lo sento ancora dentro di me, sento la sua voce, sento le sue mani tra le gambe.
Mi strofino con forza la spugna sulla pelle. La stringo, spingo ancora di più, mi graffio con le unghie. Strofino sulla pelle ancora e ancora, sento un rantolo sommesso e poi mi accorgo di averlo emesso io. Tra le dita dei piedi scorre ancora l'acqua cristallina, poi ad essa si aggiungono lacrime e sangue.
Non solo l'acqua non mi ha purificata, ma sono riuscita perfino a sporcarla.
É questo quello che faccio. Sporco tutto ciò che tocco. Distruggo tutto ciò che amo.
«Dai ammettilo che siete troppo diversi.»
«Perchè mai dovrei farlo.»
«Sei troppo egoista, per stare con Will. E sei piena di problemi. Perchè mai dovrebbe farsene carico lui?»

«Ma io con Will sto costruendo qualcosa.» Spiego alla voce di Eric nella mia testa.
«Cosa?»
«Non lo so.» Lascio cadere la spugna e allungo una mano verso le piastrelle fredde. «Non lo so.»

 

*


Apro e chiudo la mia mano in un pugno, osservando i giochi di ombre che si creano sul lastricato in pietra del ponte. Sollevo lo sguardo in alto, verso i vetri della Guglia. É da lì che provengono i caldi e luminosi raggi di sole. Ma non tutti sanno che alla residenza c'è un altro posto in cui si può godere della stessa luce: l'appartemento di Eric.
Ripenso con nostalgia al tempo che ho trascorso con lui. Sorrido, all'idea di quanto possa essere stupida. Come si può provare nostalgia per un uomo rude e gelido come Eric. Eppure, nonostante i suoi modi di fare bruschi e insensibili, a volte ho colto in lui qualcos'altro. Si trattava di disperazione o, forse, mi sono immaginata tutto. Eppure sono fermamente convinta che Eric abbia sofferto molto nella sua vita.
E forse è in questo che siamo molto simili, io e lui. Entrambi abbiamo sofferto. E le persone che soffrono poi diventano cattive.
Invece io Will siamo come il giorno e la notte. L'uno l'opposto dell'altro. E se io sono il male, quella che distrugge tutto ciò che tocca, lui è il bene, quello che risana qualunque cosa su cui posa le mani. Lui è la calda brezza estiva che ti fa sentire felice, e a casa. Io sono il freddo ed inospitale vento in tempesta. Lui è la luce ed io sono il buio. Lui è l'amore ed io...
Io non sono l'odio.
Non sono cattiva, non sono crudele, non sono insensibile. Nonostante abbia sofferto molto non lo sono. É in questo che io ed Eric siamo diversi. Questo amore che sento dentro, invece, mi accomuna più a Will.
Tiro un lungo sospiro. Quanto vorrei che fosse più semplice.
Lancio un'ultima occhiata su, alla Guglia, poi mi allontano dal Pozzo per raggiungere i dormitori degli iniziati.
Quando entro, Will è in piedi, vicino al mio letto.
«Christina...» Si avvicina a me, confuso. «Credevo non venissi più.»
«Te l'avevo promesso.» Dico imbarazzata.
«Come mai ci hai messo tanto.» Mi cinge i fianchi con un braccio. «Dai, andiamo.»
«No, Will aspetta.» Lo scosto per guardarlo dritto negli occhi.
«Che succede?» Chiede lui accigliandosi. «Christina c'è qualcosa che non va?»
Continuo a fissarlo, preoccupata. Ma non posso parlargli qui, davanti ai nostri compagni che incominciano già a guardarci incuriositi.
«Va bene,» gli concedo allora. «Andiamo.»

Camminiamo lungo i binari, restando in equilibrio e scansando i treni in arrivo. Il vento scompiglia i capelli ad entrambi e io mi sento rilassata. L'ho chiamato l'Effetto Will, abbreviato EW. É quell'effetto che mi rende serena, tranquilla, che mi distende i nervi. Esiste anche un Effetto Eric ma la sua abbreviazione è esattamente come l'uomo che l'ha ispirato: impronunciabile.
Quando una foglia si posa sulla chioma di Will, rimanendo impigliata nel groviglio scuro dei suoi capelli, mi scappa una risata.
«Che c'è?» Chiede con un sorriso luminoso. Non se n'è accorto.
«Nulla.» Rispondo cercando di non sghignazzare. Ma subito dopo esplodo e incomincio a ridere senza freni.
«Che c'è?» Continua a ripetere. Poi inizia a tastarsi il capo con una mano. «Scommetto che ho...»
Quando afferra la foglia sollevo lo sguardo, con gli occhi bagnati dalle lacrime.
«Ti divertente tanto, eh?» Mi chiede Will facendo finta di esserne risentito.
«S-sì...» Biascico afferrando la foglia. «Sembravi una scimmietta, prima, quando...»
Disegno un cerchio sulla testa con l'indice.
«Ah sì?»
Punto gli occhi sulla foglia secca e ingiallita che rotea tra le mie dita.
«Sì.»
«E invece tu sai a cosa assomigliavi?» Con uno slancio mi solleva da terra. «Ad una iena. Ad una stupida e chiassosa iena!»
Rido di nuovo, lasciando che Will mi tenga stretta nel suo abbraccio.
«Sempre meglio della scimmietta!» Lo provoco cercando di riposizionare la foglia sul suo capo. Ma poi mi accorgo di quanto siano vicini i nostri nasi. E se lo sono i nasi lo sono anche le...
«Bocche.» Sussurro piano.
«Come scusa?» Sussurra a sua volta, diventando tutto ad un tratto serio.
«Io...» Sbatto ripetutamente le palpebre. Rifletto su ciò che mi aveva detto Eric il giorno prima.
«Sono solo preoccupato per Will.»
Perchè mai dovrebbe esserlo, avevo pensato all'inizio. Ma in seguito ho dovuto ammettere che avesse ragione. Io e Will siamo distanti. Lo sento lontano anche adesso, nonostante sia racchiusa tra le sue braccia.
E non mi sento una preda, come accade quando ad abbracciarmi è il Capofazione. Non mi sento piccola e impotente. Mi sento invece una bomba pronta ad esplodere. Io potrei ferirlo, potrei distruggerlo.
«Io potrei farti del male, Will.» Dico senza accorgermene.
«Che diavolo dici...» Brontola lui, rimettendomi a terra.
Continua a guardarmi preoccupato. Ha capito che c'è qualcosa che non va. Ma come potrei mai dirglielo che sono un'assassina. Sì, perchè Edward si è salvato per un pelo, ma sarebbe dovuto morire. E la cosa più terribile è che io ne avrei goduto. Ne sarei stata felice, orgogliosa, inebriata. E allo stesso tempo sarei stata ripugnante, un essere infimo e spregievole.
Ma Will potrebbe risanare le mie ferite, potrebbe essere la mia cura, la mia salvezza.
É una considerazione a cui sono giunta proprio adesso, mentre lo vedo sollevare una mano per accarezzarmi la guancia.
«Sei gelida...» Sussurra con apprensione. Poi mi stringe in un abbraccio.
Tra le dita ho ancora la foglia.
«Sei troppo egoista, per stare con Will.»
Lo conferma il fatto che non voglio privarmi del suo affetto. Non voglio lasciarlo andare.
Sono egoista. Mi sorprendo ancora una volta nel pensare a quanto sia simile ad Eric, in questo. Mentre io e Will siamo diversi.
«Siete troppo diversi.»
Apro le dita con le quali tenevo stretta la foglia, lasciandola andare. Il vento la fa roteare più volte in mulinelli invisibili, poi anch'essa sparisce dalla mia vista.
Stringo forte Will, cercando di imprimere nella mia mente ogni secondo di questo abbraccio, ogni odore, ogni sensazione. E lascio che il suo profumo delicato e fresco mi invada le narici. Will reagisce chiudendomi ancora di più tra le sue braccia. Vuole proteggermi, ma più cerca di farlo e più diventa vulnerabile.
«Riguardo al discorso nel bagno...» Rompe il silenzio appoggiando il mento sulla mia testa.
«Errore mio, Will.» Dico ricacciando indietro le lacrime e rilassando i muscoli. «Sono stata troppo impulsiva.»
«Quindi non è vero che ti piaccio?»
Mi manca il fiato.
«No, non è vero.» Mi scosto da lui, ma non ho il coraggio di guardarlo. E devo sembrare fredda, devo lasciarlo andare come ho fatto con la foglia poco prima. Non posso essere egoista, non posso permettere che si faccia carico dei miei guai.
«E ogni volta...» La voce di Will trema. «Ogni volta che mi hai chiesto di restare con te, di non lasciarti...»
«Momenti di fragilità, Will!» Urlo alzando il capo di scatto. «E tu ti trovavi lì ogni volta che accadeva. Ci sarebbe potuto essere chiunque al tuo posto.»
Sul viso di Will traspare qualcosa. L'ho ferito. Ma mai quanto avrei potuto fare se avessi scelto egoisticamente di stargli accanto.
«Va bene, scusa allora.» Dice scrollando le spalle. «Avevo capito diversamente.»
Subito dopo si allontana, in direzione della residenza degli Intrepidi. Dovrei seguirlo ma non ne ho le forze.
«Will!» Lo richiamo prima che si dilegui e sparisca dalla mia vista, come è accaduto poco prima con la vecchia foglia. «Io...»
Will si ferma e si volta, in attesa.
«Io ti ho detto sempre la verità!» Urlo allora.
«Non lo metto in dubbio.» Risponde lui alzando di poco la voce. «Peccato però che per tutto il tempo tu non sia stata sincera.»
La sua constatazione mi spiazza. Che cosa credevo di fare, di giustificarmi? Oppure di addolcire la pillola?
É giusto. Essere evasivi non è mentire. Ma anche dire la verità non è sempre indice di sincerità.








 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.



Nella prossima puntata:

 

«Sei diventata abbastanza forte.» Osserva Eric piazzandosi dietro il sacco per trattenerlo. «Ma attenta a non esagerare.»
«E questo come dovrei interpretarlo,» comincio a dire senza distogliere gli occhi dalla stoffa scura che mi è davanti. «Come un avvertimento?»
«Interpretalo come vuoi. Tra i due, qui, sei tu la Candida.»
Riprendo a tirare pugni e questa volta lo faccio con ancora più forza. Non ho voglia di cedere alle provocazioni di Eric. Sento il suo sguardo indugiare alcuni secondi su di me poi si allontana, portandosi dietro anche il suo ammaliante e tipico profilo.
In realtà, più che come un avvertimento, io l'avevo vista come una raccomandazione. Ho intercettato premura nel suo tono di voce. E anche un pizzico di apprensione.
«Bene, può bastare!» Urla Eric rivolto agli altri. «Iniziamo con i combattimenti.»

Il Capofazione fa scivolare il telo che copriva la lavagna. Ad ognuno di noi è stato già assegnato un avversario e il mio, non dovrei neanche sorprendermi, è Will.
Scommetto che ci sia la mano di Eric, in questo.
Quando mi volto a guardarlo, lui mi sta già rivolgendo il sorriso più beffardo che gli abbia mai visto fare.
Sadico. Crudele. Senza cuore.
E io che fino a qualche minuto prima avevo creduto che fosse in pensiero per me.

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Capitolo 15
*** L'organo più fragile ***


 


 

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15.
L'organo più fragile




 

Mi si stringe il cuore ogni volta che penso a Will. Volevo davvero costruire qualcosa di bello con lui, volevo davvero provarci. E volevo che la mia vita fosse meno complicata, provare liberamente qualsiasi sentimento senza dovermi poi sentire in colpa. Volevo essere amata. Ma non amata in maniera superficiale. Volevo che qualcuno provasse per me un amore senza limiti e incondizionato. E mi chiedo se possa essere davvero Will quel qualcuno. Proverebbe ancora stima nei miei confronti se sapese quello che ho fatto, se sapesse chi sono realmente?
Non lo so. E non sono neanche abbastanza coraggiosa per poterlo appurare. Perchè per adesso mi basta che Will mi guardi come abbia sempre fatto. Lo so che fa male, lo so quanto sta soffrendo. Riconosco quello sguardo deluso e smarrito. Tra i Candidi ci hanno insegnato a catalogarlo in una sezione di comportamenti e atteggiamenti molto vasta: quella delle pene d'amore.
Ed è a questo sentimento che la mia speranza si appiglia. Will mi ama. E anche se adesso non vuole neanche guardarmi so che un giorno tornerà a farlo. So che un giorno potrò godere ancora del suoi sorrisi radiosi e dei suoi sguardi sognanti. E forse potremmo diventare amici. Innamorati l'uno dell'altro ma amici.
«Peccato però che per tutto il tempo tu non sia stata sincera.»
Ancora una volta, l'allenamento fisico mi aiuta a liberare la mente. Oggi però non mi serviva sgattaiolare nella piccola palestra, attenta che nessuno mi seguisse per poter rimanere da sola. Non mi serviva perchè ci ha pensato il nostro fantastico Capofazione ad invitarci tutti, iniziati sia transfazione che interni, ad una lunga ed estenuante sessione di allenamenti.
Dopo un rapido riscaldamento e un centinaio di flessioni, Eric ci ordina di passare ai tiri liberi. Sento dei flebili lamenti e, quando mi volto verso i miei compagni, mi scappa un sorriso. Sono assonnati, stanchi e soprattutto fuori allenamento. Credo che la maggior parte di loro non veda un sacco da boxe dalla fine del primo modulo.
Senza nessuna esitazione, scelgo una postazione e incomincio a perfezionare il mio gancio.
«Sei diventata abbastanza forte.» Osserva Eric piazzandosi dietro il sacco per trattenerlo. «Ma attenta a non esagerare.»
«E questo come dovrei interpretarlo,» comincio a dire senza distogliere gli occhi dalla stoffa scura che mi è davanti. «Come un avvertimento?»
«Interpretalo come vuoi. Tra i due, qui, sei tu la Candida.»
Riprendo a tirare pugni e questa volta lo faccio con ancora più forza. Non ho voglia di cedere alle provocazioni di Eric. Sento il suo sguardo indugiare alcuni secondi su di me poi si allontana, portandosi dietro anche il suo ammaliante e tipico profilo.
In realtà, più che come un avvertimento, io l'avevo vista come una raccomandazione. Ho intercettato premura nel suo tono di voce. E anche un pizzico di apprensione.
«Bene, può bastare!» Urla Eric rivolto agli altri. «Iniziamo con i combattimenti.»
Il Capofazione fa scivolare il telo che copriva la lavagna. Ad ognuno di noi è stato già assegnato un avversario e il mio, non dovrei neanche sorprendermi, è Will.
Scommetto che ci sia la mano di Eric, in questo.
Quando mi volto a guardarlo, lui mi sta già rivolgendo il sorriso più beffardo che gli abbia mai visto fare.
Sadico. Crudele. Senza cuore.
E io che fino a qualche minuto prima avevo creduto che fosse in pensiero per me.
Subito dopo cerco il viso di Will. Ma quando lo trovo, non posso far a meno di notare come eviti il mio sguardo. Sicuramente, però, sarà preoccupato anche lui di dover affrontare un combattimento con me. E allora sarà costretto a guardarmi negli occhi.
«Verranno assegnati dei punteggi?» Chiede Peter.
«Assolutamente no.» Dice Eric, compiaciuto dalla reazione di dissenso che questa risposta ha sucitato negli iniziati.
Ma nessuno si oppone quindi i combattimenti cominciano pochi secondi dopo. La prima sfida vede impegnati Peter e Marlene, un'iniziata interna. La ragazza è una tipa tosta e, per una volta, riesco ad assistere al combattimento con un certo divertimento.
Peter infatti riceve numerosi pugni e calci senza riuscire a difendersi. Ad un certo punto ho quasi l'impressione che stia per perdere e, cielo, sarebbe stata una goduria vederlo cedere sotto gli attacchi di una donna! Ma proprio quando l'incontro sembra essersi concluso con la vittoria di Marlene, Peter si scaraventa furibondo contro di lei, bloccandola sul pavimento polveroso con tutto il suo peso. Le scaglia sul viso una decina di pugni, poi le afferra i capelli e le fa voltare la testa. Un ultimo e rabbioso colpo sull'orecchio e Marlene rimane inerme sul ring, non riuscendo a far altro se non annaspare sotto il peso del ragazzo.
Eric termina l'incontro mentre Peter solleva di nuovo il pugno, beccandosi un'occhiataccia da parte di Quattro.
«Hai aspettato troppo...» Lo sento borbottare prima di lanciarsi sul ring per soccorrere la povera Marlene.
Penso che, fortunatamente, non sono al suo posto. E penso anche che Will dovrebbe andarci molto più leggero, con me.
Possibile che Eric lo abbia scelto apposta? Perchè sapeva che non mi avrebbe fatto male quanto invece avrebbe potuto farmelo un Peter, una Molly o perfino una Tris?
Scuoto energicamente il capo e con esso scaccio anche il pensiero. No, Eric ha scelto di farmi combattere con Will perchè è malvagio. Perchè crede che uno stupido incontro possa in qualche modo diminuire l'affetto che ci unisce. Ma non riuscirà a separarci.
I combattimenti procedono con un leggero mormorio di dissenso a fare da sottofondo. Quando arriva il mio turno, mando indietro il capo e tiro un lungo e lento sospiro.
Non voglio combattere con Will.
«Allora?» Mi sprona il Capofazione.
Quando riporto lo sguardo davanti a me, Will è già sul ring. Saltella nervosamente, con la testa china. Lo raggiungo lentamente poi attendo che mi guardi. Quando lo fa, provo un terrore profondo. I suoi occhi sempre caldi e gentili, ora sono gelidi e cattivi. Gli occhi di chi ha sofferto.
Ma non accenna a volermi fare del male. Continua a saltare sul posto, in attesa. Se crede che sarò io, la prima a colpire, si sbaglia di grosso.
«Volete scoprire quanti secondi ci vogliono prima di toccare il fondo dello strapiombo!?» Incalza ancora Eric, impaziente. «Oppure vi decidete a sbrigarvi?»
Guardo per alcuni istanti Eric, senza cercare minimamente di nascondere l'odio che sto provando nei suoi confronti. Quando volto nuovamente lo sguardo verso Will, noto con sorpresa che si sta avvicinando velocemente a me. Neanche il tempo di rendermi conto di quello che sta accadendo che mi ritrovo con la schiena per terra. Quasi soffoco, sotto il suo peso.
«Mi dispiace.» Mi sussurra all'orecchio, poi si solleva sulle ginocchia e mi dà uno schiaffo in pieno viso. L'attacco mi lascia esterefatta e il dolore incomincia a farsi sentire sotto forma di un intenso calore. Volto il capo in direzione di Eric, con gli occhi spalancati. Non so cosa mi aspettavo di vedere. Speravo che fosse addolorato o quantomeno dispiaciuto. E invece mi sta guardando con l'aria più altezzosa di sempre e un sorriso appena accennato.
É Eric a muovere i fili di questo gioco sadico.
Will invece sembra pentirsi subito della sua brutalità e si ritrae, tirandosi su. Mi sollevo anch'io e torniamo a scrutarci. Eric allora perde completamente la pazienza.
«É l'ultima volta che ve lo dico: muovetevi!» Sbraita.
Ma io non oso muovere un dito e Will è ancora più scosso di me. Così Eric invade il ring e, come una furia, mi afferra i capelli trattenendoli dalla nuca.
«Colpiscila!» Urla rivolgendosi a Will.
Eric stringe il pugno, facendomi scappare un gemito di dolore. Quando sollevo le mani per afferrare la sua, mi accorgo di come allenta leggermente la presa, ma continua a ringhiare come un ossesso.
«Colpiscila, femminuccia, colpiscila!»
Will ha un sussulto ma rimane immobile. Allora Eric, esasperato, mi lascia andare e si scaglia su Will. Gli fa ruotare un braccio dietro la schiena, strappandogli un urlo di dolore. Mi guarda di sottecchi, poi mi rivolge lo stesso comando. Devo colpirlo, ma non ne ho il coraggio. E più tentenno, più Eric infierisce sul braccio di Will. Ad un certo punto Will inizia a singhiozzare, accecato dal dolore.
So che un leggero buffetto sulla guancia non soddisferà la cupidigia di Eric. Neanche un pugno ben assestato, se per questo. Quindi c'è solo un modo per mettere fine a questa tortura e, anche se Will molto probabilmente non lo comprenderà, lo metto lo stesso in pratica.
Fingo di colpire il sacco da boxe e lo faccio con la stessa potenza con la quale Eric mi ha visto tirare i pugni questa mattina. Ma quando la mano entra in contatto con la pelle soffice e liscia del viso di Will, mi vergogno di me stessa. L'impatto è forte, le ossa fragili, il cuore dilaniato irrimediabilmente.
Mentre abbasso la mano dolorante e insanguinata, sento le lacrime rigarmi il volto.
«Complimenti Candida.» Asserisce Eric, trionfante, mentre lascia cadere Will sul ring.
A me sembra quasi che lo faccia a rallentatore. Avverto ogni vibrazione provocata dal suo corpo che cade di peso sul pavimento. Poi ascolto con apprensione il suo respiro affannato.
Quando riapro gli occhi, non ricordo neanche di essere scesa dal ring.

 

*

 

Terminati i combattimenti, Eric ci ordina di prendere posto davanti ai sacchi bassi per allenarci con i calci. Mi guardo attorno e lo stesso fanno gli altri iniziati. Siamo sconquassati e doloranti. Ma anche se siamo stanchi, o forse proprio per questa ragione, lentamente si eleva un rumoroso mormorio di dissenso. Anche Quattro sembra poco d'accordo con la decisione del Capofazione di continuare con le prove fisiche.
«Nel secondo modulo non erano previsti gli allenamenti.» Si lamenta Uriah, un interno.

«Credevate che non avreste mai più dovuto allenarvi?» Obietta Eric. «L'allenamento quotidiano è un vostro dovere, se volete davvero proteggere la città. Ma da quando avete terminato il primo modulo non ho più rivisto nessuno di voi varcare le porte di questa palestra!»
«Io sì, invece!» Esclama Marlene. «C'è una transfazione che si allena tutte le mattine.»
«Ma davvero, e chi sarebbe?»
Marlene mi indica con decisione, facendomi arrossire. Eric mi rivolge un altro sorriso e incomincio a pensare che ne sia dotato a centinaia e che siano tutti differenti tra loro. Ma questo non l'avevo mai visto prima. Sembrava quasi che fosse... Fiero. Fiero di me.
«Si allena nella vecchia palestra,» continua a spiegare l'Intrepida. «Forse è per questo che non l'hai mai vista.»
«Ciò non toglie che si tratti solo di una persona.» Sbotta Eric. «Quindi Marlene, se il tuo intento era redimervi dalle vostre colpe, non ci sei riuscita.»
«Ma ci alleniamo di pomeriggio!» Replica un'altra volta Uriah. «Con le sessioni del secondo modulo.»
«Sono prove mentali, quelle. Vorrei proprio vedervi a stendere l'avversario usando solo il vostro bel cervello!»
«Io credo, Eric...» Interviene cautamente Quattro, «che tu stia screditando l'organo più importante di tutti durante un combattimento.»
«Il più importante, certo.» Ammette allora Eric lanciandogli un'occhiata caustica. «Ma anche il più fragile.»
Io obiettaterei anche questa affermazione. Il cuore, a mio parere, costituisce l'organo più volubile che l'essere umano possiede. E oggi ne ho avuta una penosa dimostrazione. Ma soffoco sul nascere la tentazione di aprire bocca, lasciando che il discorso cada ed evitando così una sonora strigliata da parte di Eric.
«Okei, se siete stanchi vi farò fermare un pò.» Dice con calma.
Tra gli iniziati si alza un coro di riconoscenza, ma io conosco troppo bene quel tono per potermi rilassare. É lo stesso che usò quando mi chiese se volevo arrendermi, per poi farmi rimanere appesa un'eternità con le gambe penzolanti verso lo strapiombo.






 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.



Nella prossima puntata:

 

«Che ci fai qui?» Chiedo affiancandolo. «Credevo che i Capifazione avessero delle palestre private.»

«Ne abbiamo, infatti.» Mi guarda con la coda dell'occhio. «Ma oggi avevo nostalgia di questa...»

«Nostalgia...» Ripeto. «Non ti sembra un sentimento troppo profondo per te, Eric? Sai per abituarti potresti cominciare con qualcosa di più semplice. Con l'ammirazione, per esempio, oppure con...»

«Smettila.» Si scosta dal sacco e mi lancia un'occhiata caustica. «Okei, non avevo nostalgia di questa merda di posto. Sono qui solo perchè speravo di vedere te.»

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Capitolo 16
*** Ineluttabilmente di nessun altro ***



«Okei, se siete stanchi vi farò fermare un pò.» Dice con calma.
Tra gli iniziati si alza un coro di riconoscenza, ma io conosco troppo bene quel tono per potermi rilassare.
É lo stesso che usò quando mi chiese se volevo arrendermi, per poi farmi rimanere appesa un'eternità con le gambe penzolanti verso lo strapiombo.





 

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16.
Ineluttabilmente di nessun altro




 

Eric ci ordina di metterci in fila uno affianco all'altro e trascina una sedia di legno al centro della palestra. Dato che siamo molti, ci disponiamo su più file. Io mi piazzo nell'ultima, vicino a Will.
Meglio, in questo modo sarò meno visibile e soprattutto più lontana dalla furia del Capofazione.
Ma ho come l'impressione che Will abbia accolto con fastidio, questa mia decisione di stargli accanto. Vorrei chiedergli se è cambiato qualcosa, dopo quel pugno. Vorrei spiegargli che Eric non ci avrebbe lasciato in pace, se non l'avessi fatto. Ma ho il timore di quelle che potrebbero essere le sue risposte.
«Dovrete rimanere immobili.» Spiega Eric sedendosi di fronte a noi, e stando anche bello comodo, visto che la sedia è dotata di un pratico schienale. «Gli Intrepidi non conoscono mezzi temini: o muovete tutti i muscoli oppure non ne muovete nessuno!»
Lo sguardo fisso davanti a noi, gocce di sudore che colano lungo le tempie, il fiato corto. É tutta questione di resistenza ed è una qualità che durante il primo modulo abbiamo imparato a potenziare al massimo. Quindi inizialmente nessuno di noi ha problemi ad affrontare la prova. Ma i minuti passano lentamente e le gambe incominciano a cedere.
Ad un certo punto mi scivola una spallina del reggiseno ma sto bene attenta a non muovermi per sistemarla. In alcuni momenti poi ho avuto la tentazione di sgranchire gli arti, di stiraracchiare i muscoli del collo, ma subito dopo ho convenuto che sarebbe stato più saggio desistere.
Dopo una decina di minuti ho incominciato ad avvertire uno strano formicolio salire lungo le gambe. Sto per cedere, quando dalla prima fila noto Tris eseguire un movimento quasi impercettibile. Si è appoggiata ad Al, in modo tale che si sfiorassero solo con le spalle. Uriah fa lo stesso appoggiandosi a quella di Tris. In pochi secondi tutti gli iniziati, attraverso movimenti minimi e lentissimi, imitano Tris. In questa maniera, se ognuno di noi ha due corpi ai lati, si riesce ad essere più stabili.
Bella mossa, Tris! Mi verrebbe quasi da pensare che tu sia un'Erudita.
Peccato però che una delle due spalle che sorregge me appartiene a Will e, adesso che sento il suo calore e i lenti movimenti dettati dal respiro, sto vacillando ancora di più.
A Will invece, quasi sicuramente questo contatto provoca ribrezzo. Con amarezza, caccio indietro le lacrime che stanno facendo capolino dalle palpebre.
Per quanto riguarda la mossa geniale di Tris, non credo affatto che Eric non se ne sia accorto, ma a quanto pare ci lascia stare comunque. Se ho ben capito le meccaniche della sua logica, dato che così potremmo resistere di più, farà durare la prova per un tempo maggiore a quello che aveva previsto inizialmente.
Ho ragione, vero Eric?
Mi lancia un'occhiata ed io, istintivamente, gli rivolgo un sorriso sarcastico. Ma me ne pento subito dopo.
Non dovevi muoverti, Christina. Non devevi muoverti, dannazione!
Eric si alza di scatto con uno sguardo gelido. Poi, lentamente, passa in rassegna gli iniziati delle prime file. Il suo andamento è così lento da apparire snervante. E la sua è una postura fin troppo rigida.
Rigido.
Mi viene in mente, ma Eric potrebbe essere tutto tranne che un Rigido. E non è neanche un vero Intrepido. Si sforza con tutto se stesso per apparire tale, ma questo non cambia il fatto che non lo sia. Potrà infatti mantenere la postura rigida e lo sguardo serio quanto vuole ma c'è un tratto della sua personalità che lo denuderà sempre, rivelando così la sua natura da Erudito.
Sto parlando del guizzo vivace che anima i suoi occhi chiarissimi. Incontrollabile quanto pericoloso. E, a volte, bellissimo.
Quando arriva davanti a me, il suo sguardo si posa sulla mia guancia livida. Poi vaga più volte dal mio viso a quello di Will, per fermarsi infine sulle nostre spalle unite. Torna a fissare me per poi alzare fulmineo un braccio.
Lì per lì ho l'impressione che voglia colpirmi, poi però sento le sue dita grandi e calde sul braccio che mi unisce a Will. Avverto un brivido percorrermi la schiena. Terrore ed eccitazione, ancora una volta. É il famoso Effetto Eric. Non puoi controllarlo nè prevederlo. Anche se lo odio, anche se mi ha fatto del male in modi assurdi, anche se non riesco mai a comprendere le sue reali intenzioni, quando la sua pelle sfiora la mia, cambia tutto. O forse si confonde tutto.

«...una sorta di ambivalenza nei confronti della persona amata che si traduce in un aumento dell'interesse e del desiderio nei suoi confronti associato a rabbia e ostilità.»

Rimbomba all'improvviso nella mia mente. Si tratta della voce squillante della mia insegnante Candida.
Le dita di Eric percorrono lentamente il braccio, salendo verso la spalla, dove indugiano un paio di secondi.
Che diavolo sta combinando? Potrebbero vederci tutti!
Subito dopo distoglie lo sguardo e si allontana per continuare l'ispezione e terminarla.
Ha sistemato la spallina che era cascata giù e, interponendo la sua mano, ha annullato il contatto tra me e Will.

«Essa è intimamente legata alla possessività, ovvero alla possibile perdita di ciò che si ritiene proprio, ineluttabilmente di nessun altro...»

Un attimo prima che distogliesse lo sguardo, ho notato lo scintillio emanato dagli occhi di Eric. Quel guizzo che, adesso lo so, smaschera le sue reali emozioni.
E il sentimento che ha appena manifestato, io, da brava Candida quale ero, lo conosco molto bene.

«... e suscita un insieme di sentimenti ed emozioni riguardo la persona amata, il rivale e il sé. Chi ha capito di cosa stiamo parlando?»
Una bambina alza la mano.
«Sì, Christina?»
«Della gelosia.»
«Esattamente, stiamo parlando della gelosia.»

 

*

 

La residenza degli Intrepidi regala qualcosa di magico, nelle ore notturne. Una calma quasi irreale e una brezza fresca che percorre senza intralci le varie gallerie. Il dormitorio è buio e silenzioso, quando ne sguscio fuori. E sono quasi tentata di raggiungere il Pozzo. Lì respirerei la tipica atmosfera degli Intrepidi anche adesso. Luci, feste, un chiacchiericcio quasi assordante. E l'odore dell'alcol e dell'inchiostro fresco. Le risate, i vestiti succinti, gli scherzi.
Ma preferisco rimanerere sola, così mi dirigo alla mia palestra preferita. Quella piccola e che ho scoperto essere definita 'vecchia' dagli Intrepidi che vivono qui da quando sono nati.
Quando la raggiungo, mi accorgo con sorpresa che la porta è socchiusa. Una rapida sbirciata all'interno e scopro chi la sta usando: Eric. Indossa i pantaloni di una tuta, una canotta nera e delle bende annodate sulle mani. E sferra dei pugni contro il sacco da boxe con una potenza che non avevo mai visto prima. Neanche Quattro spostava così tanto il sacco durante le dimostrazioni.
«Se continui a fissarmi ti faranno male gli occhi, Candida.» Mi canzona facendomi sussultare.
Non capisco come abbia fatto a scoprirmi, dato che è di schiena. Poi, con mio grande imbarazzo, mi accorgo del piccolo specchio appoggiato vicino alla finestra. Di fronte a lui.
Mentre mi avvicino, mi scappa una risata con il naso.
«Cosa ti diverte così tanto?» Chiede senza smettere di tirare pugni. Adesso che lo vedo da vicino è davvero impressionante come riesca a deformare quel povero sacco.
«Un pò da paranoici, non credi?» Indico lo specchietto.
Eric tira un ultimo ed energico gancio. Poi afferra il sacco con entrambe le mani e vi appoggia la fronte, ansimante.
«Come vedi, mi è servito.»
«Che ci fai qui?» Chiedo affiancandolo. «Credevo che i Capifazione avessero delle palestre private.»
«Ne abbiamo, infatti.» Mi guarda con la coda dell'occhio. «Ma oggi avevo nostalgia di questa...»
«Nostalgia...» Ripeto. «Non ti sembra un sentimento troppo profondo per te, Eric? Sai per abituarti potresti cominciare con qualcosa di più semplice. Con l'ammirazione, per esempio, oppure con...»
«Smettila.» Si scosta dal sacco e mi lancia un'occhiata caustica. «Okei, non avevo nostalgia di questa merda di posto. Sono qui solo perchè speravo di vedere te.»
Un attimo dopo deve avermi sicuramente dato un pugno senza che me ne accorgessi. Altrimenti come potrei giustificare questa morsa che sento allo stomaco? Ma le mani di Eric sono lungo i suoi fianchi, immobili.
E la sua rivelazione mi ha spiazzato così tanto che non riesco più a pensare lucidamente. Mi viene in mente solo una considerazione e figurati se me la tenevo per me!
«Ti sei innamorato di me.»







 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.



Nella prossima puntata:
 

«Folle di un Erudito.» Mi esce di bocca senza pensarci.
«Cieca di una Candida.» Rimbecca lui, che invece sembra pensieroso.

Poi Eric accenna un sorriso, ma dal modo in cui le labbra si sono lievemente incurvate, più che un sorriso sembra quasi una cicatrice che gli deturpa il volto.
Niente a che vedere con il largo e sadico ghigno che mi rivolge di solito. Quando si ridesta, i suoi occhi si fissano nei miei.

«Ho bisogno di bere. Tu vuoi bere?»
«Sì, ma non con te.»
Ride. «Ma così non saprai mai il vero motivo per cui sono qui.»
«In mezz'ora te ne sei inventati quattro.» Tiro un pugno al sacco. «Possibile che ce ne siano ancora altri?»

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Capitolo 17
*** I rischi del mestiere ***




«Ti sei innamorato di me.»

 

 

 

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17.
I rischi del mestiere


 


 

 

Non è strano aver creato qualcosa che ti odia?

Ex_machina



 


 

Averlo pensato è stato agghiacciante ma, adesso che lo dico ad alta voce, mi rendo conto non lo è poi così tanto.
Eric mi fissa per lunghi istanti, strabuzzando gli occhi, poi scoppia in una fragorosa risata.
«Certo che no, stupida.» Biascica continuando a ridere. «Ti pare che sia così disperato?»
«Ma sei attratto da me.» Continuo imperterrita, ma leggermente infastidita.
A me non sfugge nulla, mio caro.
«Ah sì?» Solleva un sopracciglio e incrocia le braccia.
«Sì.» Mi schiarisco la voce. «Mi lanci dei segnali che lo sei.»
«Tipo?»
«Microespressioni. Come mi fissi gli occhi e le labbra. Oppure come sostieni il mio sguardo...» Eric sposta gli occhi verso un punto dietro di me. «O come lo distogli.»
«Certo che avere per fidanzata una Candida deve essere un vero strazio, eh?» Afferra di nuovo il sacco con entrambe le mani, a disagio. «Non fai in tempo a tradirla che già lo scopre.»
«E stai sicuro che se dovesse essere lei a tradirti...» Sbotto risentita, «non dovrai neanche cercare di scoprirlo. Te lo dirà lei stessa.»
«Tu non mi tradiresti mai,» dice rendendosi improvvisamente serio, e puntando di nuovo i suoi occhi nei miei. «Dopo essere stata con me
«Scendiamo già sul personale?» Fingo audacia e cerco di non arrossire. «Allora, ho ragione? Sei attratto da me?»
«No.»
«Allora perchè speravi di vedermi?»
«Perchè sapevo che non mi avresti cercato più.»
Certo che non l'avrei fatto. Perchè mai avrei dovuto? Sottostavo alle sue pseudo-lezioni solo per conoscere la verità e adesso che la conosco non dovrei avere più bisogno di lui.
Mi sono liberata del mostro.
«Quello che dici non ha senso.» Ribatto. «Sapevi che non ti avrei cercato ma hai sperato ugualmente di vedermi. E, nonostante ti arrovelli il cervello e frequenti i posti dove sai di poterci trovare me, continui a sostenere di non provare nulla. Ma non neghi neanche di essere attratto da me.»
«E poi sarei io quello che si arrovella il cervello?»
«Continui a non rispondere.»
Ho notato che è una cosa che odia fare, rispondere. Non lo fa quasi mai. Anzi, la maggior parte delle volte se la scampa facendosi venire in mente un'altra domanda.
«É perchè devo chiedertela io una cosa.»
Come non detto.
Fa un passo verso di me, diminuendo la distanza fra noi. Sto per ribadire che vorrei dei chiarimenti ma sarebbe solo una perdita di tempo. Continuerebbe ad evadere abilmente ogni mia domanda, quindi mi rassegno.
«Cosa devi chiedermi?»
«Come hai fatto?»
«Come hai fatto a fare... Cosa?» Gli rivolgo con diffidenza.
« A picchiare Will.» Afferma con uno scintillio negli occhi. «Come ci sei riuscita, eh?»
«Io...» Indietreggio, ma Eric muove un altro passo nella mia direzione. Adesso sono impaurita.
«Come hai fatto a colpirlo, Christina. Come hai fatto a colpire il tuo ragazzo?»
«Will non è il mio ragazzo...»
«Non è stato poi tanto difficile convincerti a farlo, dopotutto. Sicura di amarlo davvero?»
«Eric, basta!» Strillo quando ormai ci separano solo pochi centimetri.
«Dimmi solo con quale coraggio gli hai scagliato un pugno in faccia...»
Ha ragione lui, non è stato così difficile colpirlo. É perchè sono una persona orribile. Ma non lo confesserò mai ad Eric.
«Come hai fatto?»
Mai, mai gli darò una soddisfazione simile.
«Ho immaginato che al suo posto ci fosse la tua lurida faccia!» Ringhio allora a denti stretti. «Sì, Eric, è così che ci sono riuscita...»
Non è facile per me, mentire. Lo odio. Odio essere costretta a dire bugie.
Quando ho colpito Will, per me sarebbe stata una benedizione se avessi immaginato di vedere il viso di Eric, al suo posto. Ma per mia sfortuna non è andata così. Ho visto il mio riflesso negli occhi di Will, ho sentito il contatto con la sua pelle, mi sono sporcata del suo sangue.
E non l'ho fatto perchè sono una persona orribile. Se lo pensassi davvero allora vivrei meglio perchè significherebbe che non mi importa di nulla e di nessuno,che non soffro come invece sto facendo adesso.
Quindi ho detto un'altra bugia.
Mi inginocchio per terra e incomincio a piangere, con la testa china e le mani a pochi millimetri dalle scarpe di Eric. Non mi va di farmi vedere da lui mentre piango e per di più per terra, ma sono stanca di fare quello che impone il mio orgoglio.
Lui non si muove di un millimetro. Sembra quasi pietrificato.
«Sarebbe una vera goduria darlo direttamente a me, un pugno...» Insinua quando il ritmo dei miei singhiozzi rallenta. «Non è vero, Candida? Non sarebbe bello tirarmi un pugno davvero, senza doverlo immaginare?»
«Sì.» Confermo tirando su col naso. «Sarebbe fantastico.»
«E allora perchè non lo fai?» Sibila mentre mi sollevo lentamente. «Perchè sono un Capofazione?»
«No...» Lo guardo negli occhi e il suo sorriso si smorza. «Perchè conosco fin troppo bene i tuoi trucchetti.»
«Niente trucchi. Nessun inganno.» Solleva le mani. Adesso il suo tono di voce è stranamente gentile. «Promesso.»
«Perchè dovresti farti dare un pugno da me?» Voglio sapere, scettica.
«Per vedere se ne sei davvero capace.» Sibila avvicinando il viso. «O se sei brava a tirare pugni solo quando l'avversario ha un braccio dietro la schiena. E non ha il coraggio di reagire perchè prova qualcosa per te.»
Il braccio si muove senza controllo e la mano è già chiusa in un pugno. Doveva arrivare dritto all'orecchio di Eric ma vengo trattenuta saldamente dalla sua presa.
«Ormai conosco tutti i tuoi tasti.» Mi soffia sulle labbra.
«Quali tasti?» Sputo fuori senza muovermi.
«Ne hai molti e ammetto che è stato difficile scoprirne per bene i meccanismi.»
«Continuo a non capire.»
«Cosa ho appena fatto, secondo te?»
«Mi hai illusa.»
«No, ti ho spronata.» Si tira indietro, lasciando la presa sul mio braccio. «Se non ti avessi provocata avresti continuato a frignare come una poppante fino a domani.»
«Sei solo uno stronzo!» Esplodo asciugandomi le lacrime con la manica della felpa. «Io non capisco perchè continuo a perdere tempo con te...»
«É perchè ho azionato un altro tuo tasto.»
«Ti sembro per caso un fottuto pianoforte?»
«Ecco, mi hai dato un'idea su come chiamarlo.» Dice senza riuscire a trattenere una risata. Mi sta prendendo in giro, come sempre. «Do maggiore. Che ne dici?»
«Sarebbe il nome del tasto?»
Conferma senza smettere di ridere.
«É il primo che ho imparato ad usare.» Volta lo sguardo verso il sacco da boxe e ne accarezza la superfice con un dito. «Ed è il tuo tasto più debole. In effetti mi sono divertito ad utilizzarlo più volte.»
«Il Do maggiore.» Sollevo un sopracciglio.
«Il Do maggiore.» Conferma lui.
«E dove dovrebbero trovarsi questi maledetti tasti?»
Eric si volta lentamente verso di me, poi solleva l'indice e mi sfiora la fronte.
«Qui. Si trovano tutti qui.»
«Folle di un Erudito.» Mi esce di bocca senza pensarci.
«Cieca di una Candida.» Rimbecca lui, che invece sembra pensieroso.
Poi Eric accenna un sorriso, ma dal modo in cui le labbra si sono lievemente incurvate, più che un sorriso sembra quasi una cicatrice che gli deturpa il volto. Niente a che vedere con il largo e sadico ghigno che mi rivolge di solito. Quando si ridesta, i suoi occhi si fissano nei miei.
«Ho bisogno di bere. Tu vuoi bere?»
«Sì, ma non con te.»
Ride. «Ma così non saprai mai il vero motivo per cui sono qui.»
«In mezz'ora te ne sei inventati quattro.» Tiro un pugno al sacco. «Possibile che ce ne siano ancora altri?»
«Vuoi rimanere nel dubbio?» Chiede parandosi tra me e il sacco, per appogiarvi la schiena.
Alzo di nuovo la mano stretta in un pugno.
«Sai che non riuscirei a farlo.»
«No, se uso il Do maggiore.»
«Ma la pianti con questa storia dei tasti?» Scaglio lo stesso il pugno, colpendolo in pieno petto. «Dai andiamo.»
Lo sento ridere con il naso mentre mi dirigo verso l'uscita della vecchia palestra. E mentre esco, ho come l'impressione che Eric azioni davvero dei tasti nella mia testa. Dei tasti per farmi fare tutto ciò che vuole. Ma quindi, le persone possono essere paragonate davvero a dei pianoforti? Se così fosse, dovrei inziare a cercare qualcuno che sappia suonare il mio.

 

*

 

Eric indica un posto in fondo al locale. Un tavolo di legno scuro circondato da divanetti imbottiti, piuttosto appartato. Quando prendo posto siamo quindi lontani da occhi indiscreti. Anche se qui non ce ne sono molti. Quei pochi avventori rimasti sono infatti assonnati o perdutamente ubriachi.
«Non è rischioso farti vedere in giro con un'iniziata?» Chiedo timidamente.
Eric sorride, sprofondando nell'imbottitura accanto a me.
«Ogni volta che vedi un Intrepido,» punta gli occhi gelidi nei miei. «Nove volte su dieci starà compiendo qualcosa di rischioso.»
«Ma... Dico...» Cerco di aumentare lo spazio tra noi, indietreggiando. «Non ci sono delle conseguenze se un Capofazione... Insomma...»
Sbatto contro lo schienale imbottito ed Eric, con un sorriso, mi raggiunge di nuovo. Adesso la sua coscia sinistra è attaccata alla mia gamba destra. Il suo calore attraversa il tessuto della tuta e raggiunge la mia pelle, riscaldandola piacevolmente.
«Non temere,» appoggia un braccio sul tavolo e abbassa lo sguardo. «Qui nessuno si renderà conto di quanti anni hai.»
Se mi fossi truccata sarebbe stato così, forse. Ma con il viso pulito e lo sguardo perso dimostro tutti i miei sedici anni. Ed Eric, nonostante non ne abbia molti in più di me, con la sua stazza e il suo atteggiamento autoritario sembra dimostrarne molti di più.
Poi però ricordo i pochi sguardi che ci erano stati rivolti entrando. Sguardi vacui e annebbiati dall'acol, e tiro un sospiro di sollievo, rilassandomi un poco.
«Io...» Inizio a dire rivolgendomi ad Eric. Ma quando mi accorgo che mi stava fissando, distolgo di nuovo lo sguardo, imbarazzata.
Non posso essere davvero imbarazzata perchè di solito Eric non provoca in me questo effetto. A volte mi sono sentita intimorita o attratta, ma mai imbarazzata. Così do la colpa alle luci soffuse, al mormorio proveniente dagli altri tavoli, al calore e al profumo del suo corpo, così intensi da avvolgermi completamente. Si fa ancora più vicino, con il braccio ancora sul legno del tavolino. L'altro invece si sposta verso di me. Mi accarezza il fianco con due dita, facendomi rabbrividire. E, quando sollevo lo sguardo, i suoi occhi mi stanno guardando con un'intensità incredibile. Credo che riflettano il colore rosso del divanetto, perchè adesso appaiono di una strana tonalità del rosa. Io non so cosa fare, se non continuare ad attendere che sia lui a manovrare la situazione.
Le dita smettono di accarezzarmi il fianco per salire verso la mia guancia, mentre i suoi occhi adesso mi fissano le labbra. Se mi avesse toccato il viso si sarebbe bruciato, per quanto scotta, ma la sua mano rimane a mezz'aria.
Senza allontanarsi di un millimetro da me, si volta di scatto, con un'espressione gelida. Un cameriere è in piedi davanti a noi, immobile. Sembra che Eric sia riuscito a pietrificarlo con il solo sguardo ma quando apre bocca, mi accorgo che invece si sta sforzando di non tremare visibilmente.
«Se vuole posso passare dopo...»
«Per poi disturbarmi ancora?» Grugnisce Eric sgarbatamente. «No, portami il solito, piuttosto.»
«E per lei signorina?» Chiede il ragazzo annotando l'ordinazione su di un taccuino sgualcito. Mentre scrive il tremore si fa ancora più evidente. Mi chiedo perchè alla gente sana di mente e perfino a degli Intrepidi, Eric incuta timore, mentre a me provoca solo imbarazzo.
Che cosa diavolo ho nel cervello?
«In che cosa consiste il suo solito?» Gli domando con un sorriso gentile, sperando che riesca a calmarlo almeno un pò.
«Assenzio.» Risponde in fretta.
«Solo assenzio?» Rivolgo ad Eric uno sguardo divertito.
«Sì, signorina.»
«Allora portane due.»
«Non ti sembra troppo forte?» Chiede Eric facendo cenno al cameriere di andarsene.
«Ti ricordo che l'ultima volta che abbiamo bevuto siamo finiti a letto insieme.»
«Bhè,» incomincio a dire con un tono canzonatorio. «Ogni volta che vedi un Intrepido, nove volte su dieci starà compiendo qualcosa di rischioso.»


 


 

 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.


Nella prossima puntata:

 

«Vi presento un'amica, ragazzi!» Esordisce Fiamma con entusiasmo. «Si chiama Christina, come vedete è una donna e stasera farà il culo a tutti voi maschietti!»



 

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Capitolo 18
*** Un nuovo punto di partenza ***



«Non ti sembra troppo forte?» Chiede Eric facendo cenno al cameriere di andarsene. «Ti ricordo che l'ultima volta che abbiamo bevuto siamo finiti a letto insieme.»
«Bhè,» incomincio a dire con un tono canzonatorio. «Ogni volta che vedi un Intrepido, nove volte su dieci starà compiendo qualcosa di rischioso.»

 

 

 

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18.
Un nuovo punto di partenza





 

Tossisco un paio di volte mentre l'Assenzio continua a bruciarmi la gola e l'esofago.
«Hai ragione...» Biascico. «É davvero troppo forte.»
«Allora lascia perdere,» mi consiglia Eric allontanando il bicchiere. «Preferisco che tu sia lucida, questa volta.»
Mi gira la testa.
«Che tu sia lucida per cosa?» Chiedo sollevando un sopracciglio e afferrando nuovamente il bicchiere.
«Per dopo.»
Lo guardo di sottecchi mentre bevo un'altra sorsata di alcol. Adesso non è tanto spiacevole. Ma Eric afferra di nuovo il bicchiere, questa volta con più decisione, e richiama con un cenno l'attenzione del cameriere. Beve velocemente l'alcolico e ordina altro assenzio e del succo di frutta.
«Succo di frutta?» Chiedo con una risatina.
Possibile che non riesca a reggere un pò d'alcol?
«Sì, è quello che dovresti bere tu.»
«Non sono una bambina.»
«No, non lo sei.» Ride. «Sei solo una ragazzina
Ancora questo appellativo? No, non posso accettarlo. Odio essere chiamata così. Era come mi chiamava quel bastardo di Edward. Al solo pensiero gli occhi si fanno lucidi.
«T-ti ho detto già una volta di non chiamarmi ragazzina!» Strillo ricacciando indietro le lacrime.
La reazione di Eric mi sorprende. Lo vedo infatti sussultare appena, strabuzzando gli occhi, poi la sua espressione ritorna fredda e controllata. Assottiglia lo sguardo.
«Di cosa stai parlando?»
«In quel modo... Ragazzina. Quel giorno...» Farfuglio confusa. La testa è pesante e gli occhi non ne vogliono sapere di stare aperti. «Quando mi svegliai nel tuo letto mi chiamasti così e ti chiesi di non farlo.»
«Me ne ero dimenticato, Christina.» Dice allora lui voltando il volto dall'altra parte.
Queste sono le scuse personalizzate di Eric. Singolari, vero, ma le apprezzo comunque.
«Scusami, io...» Abbasso lo sguardo, imbarazzata. «Non volevo.»
Intanto arriva il succo di frutta e l'alcolico, che Eric si scola tutto d'un fiato. Quando termino di bere anch'io, mi accorgo di avere una certa urgenza.
Devo andare in bagno.
«Posso passare?» Chiedo sollevandomi di scatto. «Torno subito.»

Quando esco dalla toilette mi scontro contro una ragazza. Ci scusiamo frettolosamente, poi la ragazza mi richiama.
«Ehi senti, posso chiederti un favore?»
«Sentiamo...» Biascico stranita, voltandomi.
«Sei da sola?»
«No, in realtà...»
«Perchè sono qui con un gruppo di amici.» Mi interrompe lei. Ha i capelli lunghi fino al sedere e tinti di un rossi acceso. «Ti spiego, sono tutti uomini e sostengono che noi donne non sappiamo reggere l'alcol...»
«Bhè in effetti...»
La ragazza spalanca gli occhioni verdi.
«Ti ci metti anche tu? No, no, dobbiamo assolutamente fargliela pagare!»
«Come...»
«Adesso vieni con me e dimostriamo a quei buoni a nulla che si sbagliano!»
«Non mi sembra una buona id...» Mi oppongo abbassando lo sguardo sui suoi anfibi.
Ma la ragazza mi interrompe di nuovo. Tipico degli Intrepidi: non sanno ascoltare.
«Ma si dai, vedrai che lo è! Comunque piacere, io sono Fiamma.»
«Fi-fiamma?» Le stringo la mano. Sulle dita ci sono delle lettere. T-I-D-E. Marea.
«Sì, sai le fiamme degli Intrepidi...» Si gratta la nuca. Sul collo ha un vistoso tatuaggio ma non riesco a capire che cosa raffiguri. «In realtà mi chiamo Fiona. E tu?»
«Christina.»
«Niente soprannomi?»
«Niente soprannomi.» Confermo.
Fiona detta Fiamma sorride e mi cinge il collo con un braccio. É alta quanto me, ha le calze strappate e una gonna di pelle cortissima. L'ombelico scoperto rivela un piercing luminoso e, adesso che siamo vicine, vedo meglio la tarantola che si è fatta tatuare sul collo. É così ben fatta che sembra potersi muovere da un momento all'altro. Ed io sono così affascinata dal suo carisma e dai suoi modi di fare, che senza accorgermene mi trascina al suo tavolo.
Prima l'assecondi e prima potrai andartene da qui.
Sono i pensieri annebbiati che mi frullano nella testa. Senza però rendermi conto che è passato già molto tempo da quando mi sono allontanata da Eric.
«Vi presento un'amica, ragazzi!» Esordisce Fiamma con entusiasmo. «Si chiama Christina, come vedete è una donna e stasera farà il culo a tutti voi maschietti!»
I ragazzi presenti al tavolo ridono di gusto. Mi sembra di riconoscerne qualcuno, visto di sfuggita al Pozzo o alla mensa, ma non ne sono sicura.
Mi siedo tra loro con un sorriso imbarazzato e incomincio a bere tutto ciò che mi offrono. Quando ormai ho perso il conto dei bicchieri buttati giù, sto ridendo come una pazza.
«Su i bicchieri e giù i pensieri!» Recitiamo in coro all'ennesimo brindisi.
«Dai, cantaci di nuovo quella canzoncina dei Candidi.» Mi esorta un Intrepido. Ha la pelle scura e i denti bianchissimi, nonchè un sorriso sensuale.
«É una filastrocca.» Lo riprendo fingendomi seria. «Okei, state bene a sentire...»
«Sul tavolo, sali sul tavolo!» Incita Fiamma. «Su i bicchieri e giù i pensieri!»
Sto ridendo di gusto e mi sembra un sogno. Non ricordo neanche l'ultima volta in cui mi sono divertita tanto. Mi aggrappo al tavolo goffamente, poi mi tiro su, facendo vibrare i boccali.
«Allora...» Tracanno l'alcolico che ho in mano fino all'ultima goccia.
«Non è certo colpa mia,» inizio a recitare con enfasi. «Se oggi ho detto una bugia...»
Qualcosa mi tira la felpa dalla schiena, facendomi vacillare.
«Un attimo!» Biascico tra le risa dei miei compagni di bevuta. «Quindi, dov'ero rimasta. Ah sì giusto. Se oggi ho detto una bugia. Ma dovevo...»
Mi sento tirare verso il basso, poi un uomo possente mi prende fra le braccia.
«Eric!» Lo saluto facendo dondolare le gambe. «Ti unisci a noi?»
«A dir la verità ti sto portando via...»
«Noooo! Di già?» Mi lamento mentre mi rimette giù. «Bhè è stato un piacere conoscervi ragazzi!»
«Non portarcela via!» Prega Fiamma, trattenendomi per il braccio.
Eric la scosta bruscamente, lanciandole un'occhiataccia.
«Dai andiamo...» Mi dice poi, mettendomi una mano dietro la schiena.
Sono brilla, è vero. Ma non mi lascio abbindolare lo stesso così facilmente. So benissimo dove vorrebbe andare Eric e soprattutto cosa vorrebbe fare, ma non glielo permetterò.
«No, Eric!» Punto i piedi per terra. «Anche se ti sembro ubriaca io non verrò a letto con te.»
Eric solleva un sopracciglio, poi sembra arrossire.
«Oh-oh-oooh!» Esclamano i ragazzi al tavolo.
«Ma dai Eric,» esordisce Fiamma. «Fai ubriacare fanciulle indifese per portartele a letto?»
«Voi l'avete ridotta così,» li incolpa il Capofazione fulminandoli con lo sguardo. «Io avrei preferito che fosse lucida!»
Poi mi solleva su una spalla neanche fossi un sacco di patate e mi trascina fuori dal locale.
«Dove mi stai portando?» Sbraito calciando le gambe in aria. «Non voglio venire con te, non voglio!»
«Taci cretina! Ti riporto al dormitorio.»
Aspetta un attimo, qui c'è qualcosa che non va. Eravamo entrati nel locale con uno scopo preciso. A parte bere, ovviamente. Anzi, adesso che ricordo Eric doveva dirmi qualcosa, anche se non ricordo bene cosa.
Su Christina fattelo venire in mente!
«Christina, ti senti bene?»
Mi sono accasciata inerme contro il corpo di Eric, lasciando che mi trascinasse ovunque volesse. Mi gira la testa e le palpebre sono così pesanti che fatico a sollevarle.
«Sei un caso perso.» Mi canzona la voce ovattata di Eric. «Guarda cosa ti combina un pò di alcol.»
«Allacciate le cinture,» strillo all'improvviso. «Si parte!»
«Dannazione, non posso portarti al dormitorio in queste condizioni.»
«Perchè?»
«Perchè darebbero la colpa a me, ecco perchè.»
«Quindi dove mi porti?»
«Al mio appartamento.»
«Come l'altra volta?»
«Sì, Christina. Come l'altra volta.» Lo sento sbuffare. «Tanto sono sicuro che domani mattina non ricorderai niente e mi darai di nuovo del maniaco.»
«Ma tu sei un maniaco!» Rido.
«Se non la smetti di parlare te ne darò prova.»
«Okei. Bocca cucita!» Rido ancora. «Uh ma guarda! C'è il tuo vicino!»
«Lascialo perdere. Non fiatare!»
Quando sorpassiamo Kira, che assiste divertito per la seconda volta alla stessa scena, sollevo il capo e lo saluto con la mano. Lui però ricambia con troppo entusiasmo.
«Ciao bella!» Grida facendomi l'occhiolino.
«Cosa ti avevo detto?» Mi rimprovera allora Eric dandomi uno strattone.
«Hai sentito? Mi ha chiamato bella...» Biascico lasciando che la testa ricada a penzoloni verso il basso.
«Sì, dovrebbe farsi vedere da uno bravo.»
«Perchè, non mi trovi bella?»
«No, io ti trovo meravigliosa.»
Strabuzzo gli occhi.
«Dici sul serio?»
Lo sento ridere ma non risponde. Ormai ci ho fatto l'abitudine.

 

*

 

Quando riapro gli occhi, un manto di stelle mi lascia incantata. Sono tante e bellissime e so che non sono l'unica che può ammirarle. Questo le rende ancor più meravigliose.
Volto il capo e mi ritrovo davanti Eric. É in piedi, di schiena. Scruta qualcosa oltre la finestra e io mi chiedo cosa ci sia di tanto interessante da guardare.
Se solleva gli occhi può godere della vista più spettacolare che ci sia e lui è lì che fissa i contorni della città. Ma poi, mi accorgo che anch'io potrei rivolgere il mio sguardo alle stelle e invece i miei occhi sono incollati alla figura di Eric. E non ne vogliono minimamente sapere di spostarsi.
Sussulto quando una nuvola di fumo si eleva oltre la sua testa. Sta fumando una sigaretta rollata con della carta scura. Questa è la quarta o quinta volta in vita mia che vedo qualcuno fumare.
«Com'è?» Gracchio con la voce impastata.
Eric si volta di scatto, spaesato. Poi capisce a cosa mi stavo riferendo.
«Vuoi provare?»
Annuisco, appoggiandomi sui gomiti. Lui si avvicina a me porgendomi la sigaretta. Quando aspiro, il fumo mi invade i polmoni come fuoco, facendomi tossire. Eric sorride e si rimette la sigaretta fra le labbra.
«Prima l'alcol, poi il fumo...» Rimugina chinandosi per slacciare gli anfibi. «Adesso credo che manchi solo del buon sesso.»
Ma io non lo sto ascoltando perchè sto ammirando il suo fisico incredibile e i suoi occhi incantevoli.
«Hai un fisico incredibile e degli occhi incantevoli.» Biascico stralunata.
«Cosa!?»
«Non arrossire, è la verità!»
«Bhè quanto meno è un buon inizio.» Dice fiondandosi in bagno.
Sorrido, ripensando al modo in cui è arrossito poco prima. Finge tanta spavalderia e poi basta un complimento per mandarlo in tilt. Ma a cosa si riferiva con quel ''quanto meno è un buon inizio''? La nostra conoscienza non è mica una novità dato che sono passate molte settimane dal Giorno della Scelta. Ma poi ripenso a come sia iniziato il nostro rapporto e devo chiamarlo proprio così, dato che non so come altro definirlo. Rapporto. Non siamo infatti nè amanti, ne amici e neanche propriamente dei nemici. E il nostro non è neanche un normale rapporto tra Iniziata e Capofazione. Non lo è di certo, se adesso mi ritrovo stesa sul suo letto.
Ed è iniziato tutto con urla, rimproveri, risvegli inaspettati, gambe penzolanti verso lo strapiombo, segreti, risate derisorie, dispetti, punizioni, inganni, sfide, frasi allusive.
Bhè, in effetti il nostro rapporto non è cominciato nel migliore dei modi.
Ma qualcosa mi dice che Eric è pronto per ricominciare. La vera domanda che dovrei pormi adesso è: lo sono anch'io?


 


 

 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.


Nella prossima puntata:

 

«Eric...»
Mi tremano le labbra mentre pronuncio il suo nome.
Ed è come se, parlando, abbia fatto cadere il muro che avevo costruito per non essere più tanto vulnerabile.
Eric volta il capo e mi accarezza la sommità della testa con una guancia, stringendomi ancora più forte.
Non è un gesto da Eruditi, questo, e neanche da Intrepidi o Abneganti o Candidi.
Forse è un gesto da Pacifici e, dato che Eric non ha nulla in comune con questa fazione,
mi ritrovo a pensare che sia solo un gesto umano.
Il gesto di un ragazzo che ha a cuore i sentimenti della ragazza che sta piangendo tra le sue braccia.

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Capitolo 19
*** Domani, dimentica... ***


 

 

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19.
Domani, dimentica...


 


 

 

It's like I'm huffing paint and I love it the more that I suffer
I suffocate and right before I'm about to drown.
She resuscitates me, she fucking hates me,
and I love it. Wait...
Where you going, I'm leaving you
no you ain't, come back.
We're running right back, here we go again.

Eminem, Love the way You lie*


 


 

Dal bagno giunge il rumore dell'acqua che scroscia. E quando collego al pensiero della doccia quello di Eric, non riesco a frenare l'imbarazzo che mi infiamma il viso. Ricordo quanto fosse sensuale, quella sera in cui ci ritrovammo a giocare con i dadi. Ricordo come si contraevano i muscoli del collo quando era in tensione, ricordo i tatuaggi che nasconde sotto la maglietta, la schiena larga e possente.
Per scacciare il pensiero di Eric nudo, volto di scatto lo sguardo, ma quando i miei occhi cadono sul tavolino basso il mio rossore si fa ancora più intenso. Sento le guancia andare a fuoco. Rivedo me ed Eric stesi su quel tavolino. Allora mi sembrava tutto così bello. Ricevere le attenzioni che lui mi riservava, sentirmi piccola e protetta tra le sue braccia. Quando mi guarda, Eric ha la capacità di azzerare i miei pensieri. É stato dura ammetterlo ma con il tempo ho dovuto accettare il fatto che lui mi faccia sentire davvero libera.

Dopo tutto quello che mi è capitato, Eric dovrebbe essere la persona meno opportuna con la quale dovrei stare. Mi incute timore, a volte, e agitazione, ansia, confusione. L'esatto contrario accade con Will, invece. Ma, ecco, forse è proprio questo ciò di cui ho davvero bisogno. Non di una calda brezza che ti accarezza il viso, ma di un vento in tempesta che ti scompiglia i capelli.
Magari è proprio vero che nella vita non esistono momenti di quiete ma solo attimi di attesa tra una burrasca e l'altra. E la prossima, per me, si preannuncia bella grande.
Dovrei tornare al dormitorio, ma quando provo a sollevarmi, la testa mi gira così forte che sono costretta ad appoggiarla nuovamente sul cuscino.
Perfetto, sei nell'appartamento di Eric e non puoi muoverti! E poi ci sorprendiamo se ti cacci sempre nei guai, vero Christina?
Vero, vocina Candida che si fa sentire sempre nei momenti meno opportuni. Ma non sarebbe meglio se tu mi dessi i tuoi preziosi consigli prima che mi cacci nei guai?
La porta del bagno si apre e la camera viene invasa dall'odore del bagnoschiuma di Eric. Si è infilato una t-shirt scura e dei pantaloncini aderenti (o sono boxer?).
«Vuoi farti una doccia anche tu?» Chiede tamponandosi i capelli biondi con un asciugamano.
«Non ho niente da mettermi.»
«Troveremo qualcosa da farti indossare,» mi fissa con un sorriso. «Sai, le ragazze che frequento hanno l'abitudine di regalarmi alcuni dei loro indumenti.»
Sgrano gli occhi e mi sollevo dal letto. «Non voglio i regali delle tue amanti!»
Forse mi sono mossa con troppa foga perchè adesso devo sforzarmi di non barcollare per cadere.
«Non sono affatto spiacevoli, Christina.» Continua Eric nascondendo il suo divertimento dietro una faccia da finto innocente. «Ci sono reggiseni in pizzo, culottes colorate, calze autoregg...»
«Non indosserò mai cose del genere!» Strillo.
«Scommetto che cambierai idea quando vedrai il baby-doll. É delizioso!»
«Eric!» Lo rimprovero arrossendo. «Accetto la doccia ma rimetterò i miei abiti.»
Eric smette di fingersi serio e incomincia a ridere. Una risata cristallina e spensierata.
«Scherzavo, stupida.» Dice avvicinandosi a me. «Una mia maglietta andrà più che bene. Anche se sarà ovviamente troppo grande.»
Poi fa qualcosa che non avrei mai creduto fosse in grado di fare. Mi abbraccia. Inizialmente sono pietrificata. La mia testa arriva a malapena in corrispondenza delle sue spalle. I suoi avambracci mi circondano il collo e il mio viso affonda sul suo petto largo.
«Sei ubriaca?» Chiede con il suo solito tono severo.
Scuoto il capo. Sono brilla, mi gira un pò la testa, ma non sono ubriaca. L'alcol ha solo allentato un pò i miei freni inbitori e credo che abbia fatto lo stesso anche con quelli di Eric.
«Quindi domani dovresti ricordare tutto, giusto?»
«Dovrei...» Rispondo senza fiato.
Amnesie permettendo.
«Sei un mistero Christina,» dice con un sospiro. Prima di ricominciare a parlare il suo petto si muove lentamente verso l'alto e poi verso il basso. «La tua mente è un mistero.»
«Cosa intendi...»
«Inizialmente non volevo credere che non ricordassi nulla. Ero convinto che tu fingessi...»
«Anch'io non ci volevo credere.» Vorrei ricambiare l'abbraccio, scoppiare in lacrime, farmi consolare da lui. Ma non sono sicura che Eric reagirebbe davvero così.
«Ti capita spesso?»
«Parli delle amnesie?»
«Sì.»
«No, per fortuna non accade spesso. Ma non ho ancora capito se hanno una logica.»
«Magari sono solo un meccanismo di difesa che il tuo cervello ha adottato per...» La sua voce è lineare, non lascia trasparire nessun sentimento. «Per proteggerti. Ti ricordi quando hai avuto la prima amnesia?»
Adesso è in modalità Erudito e per questo non credo che voglia aiutarmi. Eric vuole solo capire come sono fatta. Come funziona la mia testa.
«Capire le cose è il nostro compito, ragazzina.»
Trattengo a stento le lacrime mentre riascolto la voce di Edward nella mente. Non voglio piangere di nuovo. Non voglio che Eric pensi che io sia solo una bambina frignona. Ma credevo che con il tempo l'avrei dimenticata, quella voce orribile. Dimentico tutto e allora perchè non riesco a dimenticare Edward e quello che mi ha fatto? Se queste amnesie sono un sistema di difesa del mio cervello, allora perchè non ha fatto in modo che avessi un'amnesia anche quel maledetto giorno? Perchè ricordo vividamente ogni gesto, ogni sospiro, ogni sillaba che pronunciava Edward mentre abusava di me?
«Eric...» Mi tremano le labbra mentre pronuncio il suo nome. Ed è come se, parlando, abbia fatto cadere il muro che avevo costruito per non essere più tanto vulnerabile.
Eric volta il capo e mi accarezza la sommità della testa con una guancia, stringendomi ancora più forte. Non è un gesto da Eruditi, questo, e neanche da Intrepidi o Abneganti o Candidi. Forse è un gesto da Pacifici e, dato che Eric non ha nulla in comune con questa fazione, mi ritrovo a pensare che sia solo un gesto umano. Il gesto di un ragazzo che ha a cuore i sentimenti della ragazza che sta piangendo tra le sue braccia.
Le lacrime infatti adesso mi bagnano il viso, silenziose e senza freni. Sollevo le braccia e con i palmi aperti stringo forte la schiena di Eric. Poi, quando le lacrime si tramutano in singhiozzi, gli afferro la maglietta, stringendola con i pugni serrati.
«Non volevo farti piangere...» Mi sussurra tra i capelli.
«Non è... Non è colpa tua.» Biascico quando il ritmo del cuore comincia a rallentare.
«Sì che lo è. Non dovevo farti quelle domande, Christina.» Sospira. «Sono solo un coglione.»
«C-cosa?» Sbuffo con un ghigno. Adesso alle lacrime si aggiunge una risatina incontrollabile.
«Sono un coglione.» Conferma sommessamente. «Ma sappilo. Lo sto ripetendo solo perchè preferisco sentirti ridere...»
Rido e piango nello stesso momento, ma poi le labbra si bloccano all'insù. Appoggio il capo al petto di Eric con un sorriso ebete, rilassando lentamente tutti i muscoli.

 

*

 

Terminata la doccia (per la cronaca: il bagno dell'appartemento di un Capofazione ha più o meno l'estensione del bagno in comune che abbiamo noi iniziati al dormitorio), indosso di nuovo i miei slip e una maglietta nera di Eric, così larga da coprirmi la parte superiore delle cosce. Asciugo meglio che posso i capelli con un asciugamano e apro la porta.
Eric è steso sul letto, con la schiena appoggiata al muro. Lo sguardo assente.

«Torno al dormitorio.» Annuncio.
«Conciata così?»
«Non mi hai neanche guardata.»
«Non voglio correre rischi.» Fissa gli occhi nei miei.
«Rischi?» Sollevo un sopracciglio. «Quali rischi?»
Lo sguardo di Eric esita qualche secondo sul mio viso ma poi si arrende e cade sulle mie gambe nude, e dopo ancora sulla maglietta che si stende in corrispondenza dei seni. E sui capelli umidi, sulle labbra, per poi tentennare ancora sul mio corpo.
«Non lasciare questa stanza...» Mugugna portando avanti la schiena.
«Mi stai pregando?» Sorrido.
«Assolutamente no.»
«Strano, perchè dal tuo tono di voce sembrava proprio una preghiera.»
«E invece era un ordine.»
Punto un indice verso l'alto, contrariata.
«T-tu non puoi ordinarmi una cosa del genere!»
«Certo che posso.» Scende lentamente dal letto. In due passi è già di fronte a me. «E poi, se anche dovessi provare a scappare, io non te lo permetterò.»
«Si chiama sequestro di persona, Eric.»
«Si chiama taci, spegni il cervello e ascolta il tuo corpo.»
«Il mio corpo dice che...»
Eric mi afferra il viso con entrambe le mani.
«So io cosa dice il tuo corpo.» Mi soffia sulle labbra, «quindi taci e lascia che ci parli io.»
Credevo che volesse baciarmi. Speravo volessi baciarmi. Ma Eric tentenna.
Le sue mani si portano dietro la nuca, mi stringe leggermente i capelli tra le dita, mi spinge con il corpo verso il muro ed io indietreggio goffamente finchè non sento la schiena urtare contro la parete. L'impatto è abbastanza forte da togliermi il respiro ma Eric non se ne preoccupa. E non fa altro se non fissarmi intensamente, spingendo il suo corpo contro il mio, nonostante non possa più indietreggiare.
I miei occhi sono fissi sui suoi, ipnotizzati, mentre la sua mano scende finchè non raggiunge una coscia. La stringe con forza, senza perdere il contatto visivo. E continua a guardarmi mentre mi solleva la gamba portandosela dietro i fianchi. Continua a guardarmi mentre il suo piacere cresce contro il mio ventre. Mentre mi accarezza un seno da sopra la maglietta. E quando i respiri di entrambi si fanno più affannati, i nostri pensieri convergono ad uno più impellente e prepoderante: ricercare e poi soddisfare il più grande dei piaceri.
Ed io sono pronta?
«Eric...» Lo richiamo, ansimante.
«Christina...» Fa eco lui, pronunciando flebilmente il mio nome.
Gli afferro il viso con entrambe le mani.
«Non credo che...» Mi faccio coraggio. «Non credo che vogliamo entrambi la stessa cosa.»
«Certo che lo vogliamo entrambi, hai solo paura di ammetterlo.»
«Paura... Un Intrepido non dovrebbe mai avere paura.»
«Un Intrepido ha sempre paura.» Afferma con convinzione Eric, lasciandomi andare. «Adesso io ho paura che tu te ne vada.»
«Perchè?»
Solleva un soppracciglio senza staccare i suoi occhi di ghiaccio dai miei.
«Perchè?»
«Sì, Eric, perchè? Perchè tra tante iniziate, tra tante Intrepide hai scelto proprio me?»
«Non è ovvio Christina? Perchè mi piaci...»
«Non è vero...» Sussurro scuotendo il capo.
Non posso piacergli. Eric non può provare un sentimento tanto buono e umano nei confronti di qualcuno, tantomeno nei miei confronti. Eric è spietato, è un animale. É un doppiogiochista e adesso vuole solo portarmi a letto.
«So che non credi ad una parola di quello che ti dico...» Mi afferra una mano e il suo sguardo si sofferma sulle mie dita. Quando le chiudo in un pugno mi sento invincibile, potente, indistruttibile ma adesso, che sono delicatamente posate sul suo palmo, le vedo per quello che sono: fragili. «Ma se mi prometti che domani dimenticherai tutto, io ti prometto che dirò solo la verità.»
Ritiro la mano in uno scatto.
«Come?»
«Promettimi di dimenticare quello che sto per dirti anche se dovessi ricordare tutto...» Questa volta mi afferra entrambe le mani e se le porta davanti a sè, sul petto largo. «Promettimi che farai finta di aver avuto un'altra delle tue amnesie.»
«Come puoi chiedermi una cosa del genere, Eric? Sai quanto è doloroso per me non riuscire a ricordare...»
«Una promessa per una promessa, Christina. Mi sembra uno scambio equo.»
«Io però non ci vedo nessun guadagno.»
«Finchè non sorgerà il sole mi sforzerò di dirti sempre la verità, qualunque domanda tu mi faccia... Ti sembra di non guadagnarci niente?»
«Se la mettiamo in questi termini no...» Mormoro distogliendo lo sguardo. Le mie mani sono ancora tra le sue, grandi e calde. Ne libera una per sollevarmi il mento, costringendomi così a guardarlo negli occhi.
«Alllora?»
«Va bene, lo prometto.» Affermo alzando il mento ancora di più, dimostrando così tutta la mia fierezza. «Tutto quello che accadrà da adesso in poi, domani sarà dimenticato. E se non dovessi essere davvero vittima d'amnesia, fingerò di averne avuta una.»
«Perfetto.»
«Addeso tocca a te.» Gli afferro la mano con cui mi reggeva il viso e gliela guido sul cuore. Non oppone resistenza, non mi rimprovera, adesso sembra solo che voglia assecondare ogni mio gesto. «Giuri di dire solo la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità...»
«Cos'è, una cosa da Candidi?» Chiede abbozzando un sorriso.
Gli lancio un'occhiataccia.
«Dica lo giuro.»
«Lo giuro...» Sussurra allora lui diventando nuovamente serio, e nel giurare si abbassa sulla mia bocca.
«Okei, allora puoi parlare...» Socchiudo le labbra, e con esse anche le palpebre. Eric è così vicino a me che non riesco a guardarlo negli occhi. Sento il suo odore pungente, il pizzicore della barba incolta sulla pelle, il rumore del suo cuore. Deglutisco. «Eric, ho detto che puoi...»
«Mi piaci.» Sbotta allora lui con impeto, quasi fosse scocciato nel dover ammettere una cosa del genere.
«No...»
«Sì, invece. Mi piaci.»
E questa volta, finalmente, si porta leggermente indietro, mi guarda, e mi bacia.


 


 

 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.

 

*Traduzione:
È come se io stessi inalando vernice
e più soffro più mi piace, soffoco.
Lei mi resuscita, lei mi odia, cazzo,
e mi piace. Aspetta...
Dove stai andando, ti sto lasciando
ma no, non lo farai, torna qui.
Stiamo tornando indietro, eccoci di nuovo.

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Capitolo 20
*** In vino veritas ***


«Mi piaci.»
Sbotta allora lui con impeto, quasi fosse scocciato nel dover ammettere una cosa del genere.
«No...»
«Sì, invece. Mi piaci.»

E questa volta, finalmente, si porta leggermente indietro, mi guarda, e mi bacia.


 

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20.
In vino veritas


 


 

 
«Sei ubriaco.» Gli soffio sulle labbra.
«Forse.» Concorda lui.
«E sei anche molto furbo, perchè vedi...» Lo scosto appena. «Tu me la diresti comunque la verità, giuramento o no.»
«In vino veritas...» Sussurra con un sorriso.
«Esattamente.» Confermo incrociando le braccia sul petto.
Prima di voltarsi, il piercing di Eric luccica sul suo sopracciglio. In vino veritas, vero, ma lui non sembra affatto ubriaco. Non sembra neanche brillo. Tuttavia vuole che io creda che sia così. Sembra che abbia paura di mostrarsi per quello che è realmente, di denudare i propri sentimenti. E così si nasconde dietro mille scuse. É colpa dell'alcol, è colpa dell'adrenalina, è colpa degli ormoni. Normalmente non farei o direi mai certe cose.
Quel «promettimi di dimenticare quello che sto per dirti anche se dovessi ricordare tutto...» non era una richiesta e neanche l'inizio di un patto. Era una preghiera.
Promettimi di dimenticare come sono in realtà. Ecco come dovevo interpretarla. Promettimi di dimenticare chi sono. E non il Capofazione spietato e senza cuore, ma un uomo che ha bisogno di qualcuno accanto. Un uomo che ha paura di come gli altri potrebbero reagire alla sua vulnerabilità.
E, adesso che mi guarda in questo modo, riesco a vederlo.
«Non guardarmi.» Sussurò l'Eric del mio sogno.
Ed io pensai «non vuole che io lo veda.»
Ora ne capisco finalmente il senso.

Mi avvicino lentamente a lui, come farebbe un cacciatore a pochi passi dalla sua preda. Ma quando gli sfioro un braccio con due dita, Eric non sussulta. Mi guarda di nuovo, e adesso è stranamente molto calmo. Ha ripreso il controllo di sè.
«Perchè vuoi che sappia la verità?»
«Perchè sei così dura di comprendonio che da sola non ci arriveresti mai.»
Gli mollo un leggero pugno sul braccio.
«Ed io non posso aspettare in eterno.» Conclude accarezzando il punto in cui l'ho colpito.
«É così importante per te che io sappia la verità?»
«É vitale, Christina.»
Lo scruto con sorpresa, quasi a bocca aperta. Una confessione del genere, da parte sua, non me la sarei mai aspettata. Ci sono tante cose che vorrei chiedergli, tante domande lasciate senza una risposta, tanti dubbi ad aleggiarmi nella testa. Ma devo procedere con calma, andare in ordine. Tanto abbiamo tutta la notte.
Così comincio dagli avvenimenti più recenti.
«Perchè mi hai aspettato nella vecchia palestra?» Indietreggio, puntandogli un dito contro. «E non sparare cazzate del tipo ''non ti stavo aspettando'', ''è stata una coincidenza'' perchè non ci credo. E tu hai promesso di dirmi la verità.»
«E sia.» Dice con un tono tranquillo avvicinandosi a me. «Ero lì perchè speravo di vederti.»
«E se non fossi venuta?»
«Ci sarei andato domani notte, e dopodomani notte, e le notti seguenti, Chrstina. Ti avrei aspettato lì ogni notte finchè non avresti varcato la porta di quella fetida palestra.»
«Deduco che non ti piaccia...»
«Non ho idea di come tu faccia ad allenarti con tutta quella puzza.»
«Oh bhè ma io ci vado perchè è poco frequentata e poi...» Assottiglio di colpo lo sguardo. «Ma non è questo il punto. E smettila di girarci intorno.»
«Ma ti ho già risposto, Christina.»
Un altro passo verso di me.
«No!» Strillo. «Non avvicinarti a me più di così!»
Ride, allargando le braccia.
«Perchè?»
«Perchè... Perchè sei pericoloso.»
«Lo sono anche a cento metri di distanza.»
«Stai lo stesso fermo lì.»
«Christina...» Prununcia il mio nome con uno strano tono di voce, più gutturale del solito. «Lo sai che non amo ricevere ordini...»
Gli occhi di Eric hanno un guizzo, i muscoli del collo si contraggono nervosamente.
Mi torna in mente l'enorme cane nero della mia prima simulazione. Ricordo esattamente come mi ringhiava contro e il nervosismo che trapelava dai suoi mvimenti bruschi. E ricordo i suoi occhi. Se, subito dopo la simulazione mi avessero chiesto di quale colore fossero gli occhi del cane, avrei risposto subito: ''neri, erano dei minacciosi occhi neri''. E non avrei detto una bugia. Io ricordavo davvero degli occhi neri. Ma adesso so che avrei commesso uno sbaglio. Gli occhi del cane erano celesti. Così chiari e glaciali da sembrare quasi bianchi.
Erano gli occhi di Eric. E se avessi il sospetto che esista un collegamento tra Eric e il creatore delle simulazioni, non avrei alcun dubbio che per la creazione del cane fosse stato preso a modello proprio Eric.
«Perchè te ne sei andato dagli Eruditi?» Sussurro sovrappensiero, con lo sguardo vacuo.
«Come scusa?» Chiede lui con aria minacciosa. Sì adesso sembra proprio la bestia nera della simulazione.

Scegli.

Sarà per questo che ho pensato agli Eruditi. Li ho associati alle simulazioni e a loro ho associato Eric.

Carne o coltello. Scegli.

«Sì, perchè hai lasciato gli Eruditi, perchè hai scelto gli Intrepidi?» Punto gli occhi nei suoi. «É questa la mia domanda, e ti impongo di rispondermi sinceramente.»
«Tu non imponi proprio niente, Candida...»

Scegli.

Ed io scelgo il coltello.
«Eric, ti ordino...»
Eric si scaglia con tutto il peso su di me, facendomi cadere sul letto. Sento il suo petto comprimere il mio, tremante dall'affanno. E le sue mani fasciarmi i fianchi, calde e forti.
«Non farlo mai più, ragazzina.»
Lo ha fatto apposta. Mi ha chiamato così perchè sa quanto mi infastidisca. E io gli ho dato un ordine sapendo benissimo quanto invece la cosa infastidisca lui.
Touché.
«La risposta Eric,» biascico con il fiato corto. «Hai promesso.»
L'affanno è dovuto al peso di Eric, cerco di convincermi. Solo a quello.
«La simulazione ha rivelato la mia vera indole,» dice a una spanna dal mio viso. «Ho scelto il coltello e ho ucciso il cane senza un attimo di esitazione.»
«Quindi c'è sempre stato? Il cane era presente anche nella tua simulazione?»
«Certo.»
«Di che colore erano i suoi occhi?»
«Che razza di domanda sarebbe?»
«Allora? Di che colore...»
«Cosa vuoi che ne sappia? Sono passati anni da quel giorno.»
«So che se facessi uno sforzo te lo ricorderesti.»
Eric mi scruta per qualche secondo, assottigliando lo sguardo.
«Di che-colore-erano-i suoi occhi.» Ripeto scandendo lentamente le parole.
«Neri, Christina, erano neri! Erano dei stramaledettissimi occhi neri!»
Sono ancora incastrata sotto il suo corpo, inerte, ma la mia mente vola a quel ricordo lontano. Gli occhi del cane non erano neri, adesso ne sono certa, perchè gli occhi del cane ce li ho puntati addosso proprio in questo momento. E sono celesti. Ma se Eric non mi sta mentendo (e stanotte non dovrebbe farlo), significa che chi l'ha creato ha avuto dei ripensamenti. Da occhi neri e anonimi, ha voluto ricreare gli occhi celesti di Eric.
Strano.

 

*

 

«E così ti senti un vero Intrepido, eh?» Lo stuzzico.
«Io sono un vero Intrepido.»
«Allora perchè cerchi costantemente di dimostrarlo agli altri?»
«E tu perchè cerchi sempre di screditarmi?»
«Oggi per te niente domande, solo risposte.»
«Allora rivolgimi domande più intelligenti.»
«Daccordo.» Mi sistemo meglio sotto di lui, e nel farlo appoggio le mani sulle sue spalle larghe. Sorride. «Come mai adesso siamo in questa posizione?»
«Perchè è comoda.»
«Lo sarà per te.»
«Allora aspetta...» Eric si solleva, fa il giro del letto, mi solleva prendendomi fra le braccia.
«Non osare...» Sussurro, ma la voce esce flebile così come flebile è la mia volontà di fermarlo.
Adesso mi riappoggia delicatamente sul letto, facendo in modo che sotto la testa abbia un cuscino. Poi appoggia un ginocchio sul materasso, scavalca il mio corpo con l'altro, e ritorna su di me, lasciandomi senza fiato.
«Così va bene?» Chiede con un sorriso malizioso.
«Sei un campione nello sviare le domande...» Commento.
«Mettimi di nuovo alla prova.»
«Perchè hai voluto che oggi colpissi Will?»
«Perchè sono geloso di lui.»
Secco. Chiaro. Diretto.
«Okei. Come mai a questa hai risposto subito?»
«Te l'ho già detto. Perchè voglio che tu sappia la verità.»
«Però non vuoi che domani me ne ricordi vero? Non vuoi rogne, non vuoi una ragazzina cretina che ti ronzi intorno, non vuoi essere visto diversamente da come ti vedono tutti gli altri. Perchè Eric? Puoi rispondermi a questo, per favore? É perchè vuoi fare solo sesso, giusto?»
«Non parlare così...»
«Sì invece, posso e lo faccio. Sono stanca dei tuoi giri di parole, delle tue allusioni, dei tuoi repentini cambi di umore.» Le parole escono senza freno, esattamente come facevano quando ero una piccola Candida. «Sono stanca di sentirmi insicura e debole a causa tua. Sono stanca perchè in questo momento potrei stare con Will e sentirmi più libera e felice.»
«Allora perchè non lo fai, eh?» Mi sbraita contro afferrandomi i polsi e sollevandoli sulla testa. Adesso i suoi occhi sono così vicini che potrei affogarci dentro. «Perchè non sei con lui, perchè mi segui sempre come un animaletto ammaestrato...? Io non ti ho mai obbligata a stare con me, Christina, sei tu che hai sempre scelto di starmi accanto.»
Il silenzio che cala dopo la sfuriata di Eric è assordante. Mi accorgo che per qualche secondo ha smesso di respirare perchè adesso che ha ripreso a farlo, sento il suo petto premere conro il mio e il cuore di entrambi battere a mille.
«Io non voglio fare solo sesso...»


 


 

 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.

 

Nella prossima puntata:

«Credevo che tra i due fossi io quella con la mente contorta.» Sospiro.

Sollevo una mano per accarezzargli i capelli biondi.

«E credevo che durante un corteggiamento si andasse in un bel posticino e ci si regalasse dei fiori.»

«Non sono molto pratico in quelle cose.»

«Me ne sono accorta.» La mano scivola sul suo collo ed Eric ha un sussulto. «Perchè vedi, tu fai tutto ciò che non si dovrebbe assolutamente fare durante un corteggiamento.»

Risolleva il capo. Allora io scosto la mano ma lui l'afferra e la riporta sul suo collo. Poi appoggia la sua mano sul mio, di collo. E lo bacia.

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Capitolo 21
*** Padrone del mio cuore ***




«Io non voglio fare solo sesso...»

 



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21.
Padrone del mio cuore


 


 

 

Lascia lentamente la presa sui polsi ma io sono troppo frastornata per ricordarmi di abbassare le braccia.
«Tu hai sempre scelto di starmi accanto, anche quando affermavi di odiarmi.» Continua. «Anche quando ti ho appesa ad uno strapiombo, anche quando rimanevo a guardarti ed eri in fin di vita. Eri lì, al mio fianco la notte del Rubabandiera e quella del Guardie e Ladri. Eri al mio fianco quando credevo di essere solo. E non importa se invece di consolarmi mi sbraitavi contro, non importa se invece di un bacio mi hai riservato uno schiaffo, non importa se volevo farti ridere ma poi finivo sempre per farti piangere. A me bastava sapere che non te ne saresti andata. Quindi no, Christina, io non voglio fare solo sesso con te. Dimmi per quale assurdo motivo dovrei penare tanto per un pò di sesso. Quello me lo possono dare tutte e non sono sicuro neanche che con te sarebbe fantastico...»

«Grazie, eh...»
«Il punto è che ho fatto di tutto per allontanarti ma tu non te ne sei mai andata. Un giorno mi hai chiesto: ''Cosa vuoi da me, Eric?'' e io ti risposi...»
«Tutto.» Lo anticipo con un filo di voce ma senza avere il coraggio di muovere qualcos'altro se non le labbra. «E io ti dissi che...»
«Non potevo avere tutto.» Continua lui. Mi fissa intensamente poi, con mia grande sorpresa, abbassa il capo e appoggia la fronte sul mio ventre, proprio sotto i seni. Riporta le mani sui fianchi. «Ma è esattamente quello che voglio, Christina.»
Adesso capisco perchè non vuole più guardarmi negli occhi mentre mi parla.

Non vuole che io lo veda.

Adesso non c'è niente di minaccioso in lui, ha abbassato ogni difesa.
Adesso è fragile, docile, vulnerabile.

Adesso sembra così piccolo.
Adesso si è abbandonato completamente ad una persona e quella persona sono io.
«Voglio tutto di te. La tua mente, il tuo cuore, il tuo corpo. Voglio un'amica, un'amante, una complice.»
«Sei ubriaco.»
«Sai che non lo sono.»
«Allora se vuoi davvero tutte queste cose perchè speri che domani abbia un'amensia?»
«Perchè ho paura di ciò che voglio.»
«Credevo che tra i due fossi io quella con la mente contorta.» Sospiro.
Sollevo una mano per accarezzargli i capelli biondi.
«E credevo che durante un corteggiamento si andasse in un bel posticino e ci si regalasse dei fiori.»
«Non sono molto pratico in quelle cose.»
«Me ne sono accorta. Perchè vedi...» La mano scivola sul suo collo ed Eric ha un sussulto. «Tu fai tutto ciò che non si dovrebbe assolutamente fare durante un corteggiamento.»
Risolleva il capo. Allora io scosto la mano ma lui l'afferra e la riporta sul suo collo. Poi appoggia la sua mano sul mio, di collo. E lo bacia.
«E ora che sai tutto questo di me, ora lo comprendi, Christina?» Mentre parla il suo fiato mi solletica la pelle. «Comprendi perchè volevo che tu colpissi Will?»
«Perchè sei g...»
«No, non è solo quello. Io volevo che tu mi capissi.» La sua lingua mi lascia una scia appena sotto l'orecchio, facendomi rabbrividire. «Ogni volta che ti ho fatto del male, ogni volta che ti ho messa alla prova, ogni volta che ti ho sfidata l'ho fatto perchè non volevo che ti facessi altro male.»
«Eric, io...» Gemo. «Non capisco, invece.»
Ma Eric smette di dare spiegazioni per concentrarsi su quello che sta facendo. Ed io non riesco a farlo smettere. Non voglio che smetta. I suoi baci dolci e caldi, prima sulla tempia e poi sulla bocca. Le sue mani che mi accarezzano un fianco.
Io voglio darti tutto ciò che ho, Eric. La mia mente, il mio cuore, il mio corpo.
E posso essere tua amica, e tua amante, e tua complice.
Dalle mie labbra fuoriesce una nota stridula mentre si abbassa di nuovo sul mio ventre. Solleva i lembi della maglietta enorme e mi bacia la pelle intorno all'ombelico.
É bello ed è uno stronzo. É premuroso e insopportabile. Lo detesto quando mi urla contro, ma per farlo smettere lo riempirei di baci. E non sa spiegarti mai quello prova. Perchè Eric non sa amare. E non sa rispettare. Lui non sa chiedere e per questo prende tutto ciò che desidera senza neanche ricevernene il permesso. É così che ha conquistato il mio amore. Niente smancerie o regali o sorprese. Neanche una sola, pietosa parola che potesse convincermi che mi ama, o che io potrei amare lui. Niente di tutto questo. Eric è piombato nella mia vita come un fulmine a ciel sereno, ha stravolto il mio cuore e se l'è preso. Semplicemente.
E allora, tantovale che mi affidi al padrone dei miei battiti.
«Eric...» Gemo ancora, mentre lui fa scivolare i miei slip lungo le gambe.
Lui non risponde. E io sono terrorizzata. Ma la mia paura è diversa da quella che provo di solito. Quella che avverto adesso non è come la paura che ho di morire o di ferire qualcuno durante un combattimento. Oppure come la paura di deludere i miei amici o di rivedere Edward.
Io ho paura di fare l'amore.
Tanto l'avete già fatto.
Zitta tu.
Okei, non solo sono affetta da amnesie, ma anche da personalità multipla. Povera me.
Io sono la parte intelligente di te, Christina.
Ne dubito fortemente.
E quella che vede ciò che tu non vuoi vedere.
Illuminami allora.
Anche se non te lo dice sai che Eric ti ama. E l'avete già fatto. Quindi cosa ci perdi?
Tiro un sospiro e raccolgo tutte le forze che ho per bloccarlo. La parte più intelligente di me non credo sia anche la più saggia. Credo che l'intelligenza sia una dote della nostra mente fortemente instintiva. Forse la più instintiva di tutte. Ci vuole prontezza per poter ricevere un colpo di genio.
«Eric!» Raccolgo con uno scatto le gambe verso il petto. «Eric, a-aspetta...»
«É ancora troppo presto?» Chiede distogliendo lo sguardo. Poi si solleva, appoggia il corpo sui talloni e si tira indietro alcune ciocche bionde con una mano.
Cosa ci perdi?
«Domani. Cosa accadrà domani se io... Se noi...»
«Dipenderà da te.» Solleva lo sguardo su di me e io credo che potrei svenire. I suoi occhi sono intensi, sempre glaciali ma più espressivi del solito. «Ricorderai quello che accadrà stanotte? Vorrai ricordare? Lascio a te la scelta.»
«Perchè dovrei non voler ricordare?»
Per qualche secondo io ed Eric non siamo più vicini ma lontani anni luce. Il suo sguardo è assente, il silenzio imbarazzante. Ma Eric ha fatto una promessa, una promessa che durerà tutta la notte. Risponderà ad ogni mia domanda e mi dirà sempre la verità.
«Non lo so Christina, a questa domanda non so davvero cosa rispondere.»
Mi sembra sincero.
E innamorato.
Va bene vocina Candida, adesso io e te stringeremo un patto. Smetterò di pensare e lascerò che Eric si prenda cura di me, come vuoi tu. Ma attenta, prova a dire anche solo una parola mentre stiamo facendo l'amore e il patto si scioglie. Ci stai?
«Christina...» Scrollo il capo e guardo stralunata il viso perplesso di Eric. «A cosa diavolo pensi quando fai quella strana espressione?»
«Quale espressione?»
«Non so... É tipo così.» Le orbite di Eric guizzano verso l'alto dietro le palpebre socchiuse, mentre le labbra si schiudono rivelando la punta della lingua. Gli scappa un sorriso.
«Co...?» Afferro il primo cuscino che trovo e glielo lancio contro. «Io non sono così rimbambita da fare quelle facce!»
«Okei adesso me la paghi!» Esclama lui afferrandolo senza nessuna difficoltà. «Credi di potermi colpire senza pagarne le conseguenze?»
Si fionda su di me e mi afferra le braccia mentre io rido e mi dimeno per liberarmi. Che assurdità! Eric è così gigante e forte e pesante che mi blocca in un attimo senza dar segni di affaticamento. Per lui è come bere un bicchier d'acqua, se non più semplice. Per lui, potermi bloccare sotto il suo peso, è una cosa quasi ovvia. Ma chi gli ha dato il permesso di poterlo fare e quando?
Io, e glielo sto dando adesso. Rilasso tutti i muscoli e lascio che Eric allenti la presa sui miei polsi, e che si accomodi meglio sul mio corpo. Io sono il letto su cui può adagiarsi prima di andare a dormire, la stella alla quale può esprimere un desiderio, il sogno che lo culla nel dormiveglia e il primo raggio di sole che lo ridesta. E adesso che i nostri occhi sono così vicini e i respiri si sincronizzano, adesso che il cuore rallenta il battito per poi riprendere a tamburellare nel petto con prepotenza, adesso, forse, mi rendo conto di quanto lo amo.
Sono pronta vocina Candida, allora, affare fatto? Stringiamo il nostro patto?
Nella camera e nella mia mente, silenzio.
E chi tace acconsente.
Sollevo lentamente il capo e bacio Eric. All'inizio sembra sorpreso poi, come se avessi spinto un interrutore nella sua testa, si lascia andare anche lui. In fondo, caro Eric, non sei il solo a conoscere i tasti giusti.
Potrei non essere vergine ma la verità è che non ho mai fatto l'amore. E potrei anche averlo già fatto ma non lo ricordo. Dunque questa è la mia prima volta. E se qualche settimana fa mi avessero rivelato che sarebbe stata con Eric, lo spietato capofazione degli Intrepidi, avrei riso per due ore di fila. E invece eccomi qua, tra le sue braccia. Eccoci qua, a scambiarci tenerezze.
Ed io che lo credevo un animale, un insensibile, un bruto. A come può un animale essere tanto paziente davanti alla sua preda, come può un insensibile guardarti con tanto sentimento e un bruto accarezzarti la guancia sulla quale scorre una lacrima?
«Non vuoi?» Chiede con premura lasciando un bacio sulla guancia umida. «Christina se non vuoi...»
«No, no, va bene.» Lo guardo. «Va bene.»
Mi fissa alcuni secondi poi appoggia la fronte sulla mia. Accarezzo pudica la sua schiena, nuda da quando si è privato della t-shirt qualche secondo prima.
«Tremi...» Nota. «Hai freddo?»
Scuoto il capo.
«Non è freddo.»
«Sicura?» Chiede ritraendosi.
Ma lo sguardo cade sul suo corpo statuario e perdo ogni capacità cognitiva. Allungo l'indice verso i suoi pettorali, sfiornado il tatuaggio.
Be brave.
E io lo sarò. Punto gli occhi in quelli di Eric e sorrido.
«Sì, sicura.» Rispondo.
Allora Eric afferra i lembi della mia maglietta e li solleva. Superano i seni e il collo e in un secondo sono completamente nuda.
Sì lo ammetto. Sono il tipo di ragazza che preferisce stare più libera. E poi il reggiseno mentre dormi è fastidiosissimo.
Socchiudo gli occhi mentre Eric lascia una scia di baci lungo il mio corpo. Tremo ancora. Complice anche il freddo, sta volta. Eric se ne accorge e con una rapida mossa solleva me, il lenzuolo, e ci copre entrambi. Incantata dalle ombre che regnano in questo nuovo posto che sembra quasi un sogno, dai contorni del suo viso, dalle luci dell'appartamento che penetrano attraverso le trame del tessuto chiaro, io ed Eric ci baciamo ancora e ancora. Le sue mani cercano con frenesia qualcosa sulla mia pelle. Mi toccano i seni e i fianchi, per poi accarezzarmi ancora una guancia, scendere di nuovo. Giù, oltre i fianchi, tra le cosce. Gemo di piacere, un gemito soffocato a tratti dalla sua lingua. E piace anche a lui, perchè sento qualcosa premere con prepotenza contro una gamba. E sarebbe più bello se potessimo muoveri liberamente senza questo lenzuolo, sarebbe più bello se spegnessimo le luci e ci concentrassimo sui nostri sospiri e i nostri rumori soffocati. Glielo dico ed Eric, senza un attimo di esitazione, scende dal materasso, abbassa l'interruttore della luce e ritorna da me. Quando sbircio oltre l'orlo del lenzuolo, rimango senza fiato. Sopra di me, immenso e splendente si staglia il firmamento.
«É... Meraviglioso.» Sussurro.
Eric mi guarda.
«Sì, lo è.» Ha sollevato anche lui lo sguardo verso le stelle, ma oggi mi sento vanitosa così fingo che l'apprezzamento fosse rivolto a me.
Nella penombra lo vedo privarsi lentamente degli slip, poi ritorna sotto le lenzuola.
C'è foga nei suoi movimenti ma anche premura e calma. Ad ogni carezza, ad ogni bacio, ad ogni parola sussurrata, Eric si prende cura di me. Guarisce il mio cuore malato e le mie ferite, la più profonda delle quali si trova nel mio ventre. Ed è lì che arriva quando, lentamente, mi penetra. Riscontra un pò di difficoltà, all'inizio, ma l'accesso era già stato aperto. E per un attimo sembra anche un pò titubante.
Ma le mie preoccupazioni si dissipano poco alla volta, man mano che Eric continua a muoversi dentro di me. Poi mi solleva leggermente la schiena con una mano dietro le reni, avvicinando di più i nostri bacini.

 

*

 

Fa l'amore con meticolosità, Eric. Calcola ogni mossa, si prende il suo tempo. Valuta cosa mi piace di più e cosa no, cosa mi fa letteralmente impazzire. Come quando mi bacia un seno e ne lecca il capezzolo. Ripete la pratica più volte, strappandomi urla di piacere sempre più forti e animaleschi. Altro che Eric, sono io l'animale, penso un pò divertita. Sono io quella che si fa guidare dall'istinto e si abbandona al piacere. Io quella che adesso sta leccando il sudore dal collo possente di Eric. Quella che sta chiedendo con imbarazzo di averne ancora e sempre di più.
É questo allora quello che si prova quando si fa l'amore.

Vorresti arrivare subito al culmine del piacere ma vorresti anche che l'attesa duri in eterno. E vorresti sentire il tuo uomo ancora più vicino, come se i due corpi potessero davvero entrare l'uno all'interno dell'altro. Come una bollicina d'acqua dentro una bolla più grossa. E se scoppia quella grande alla bollicina piccola cosa accade? Che rimane sola, ecco cosa, e impaurita, fragile. Ma con la consapevolezza che è stata protetta in un ultimo gesto di amore.
É esattamente questo, che ho fatto stanotte. Finalmente mi sono affidata a qualcuno. Ho permesso che qualcuno si prendesse cura di me e mi proteggesse. É stato come se avessi lottato senza sosta per una vita intera e adesso la vita stessa mi avesse detto: «Sei stata brava Christina, ad essere arrivata fin qui, adesso lascia pure che a te ci pensi Eric.»
Con un ultimo, lento sospiro di piacere, Eric viene dentro di me. Rimaniamo fermi per un pò, esausti ed ansimanti. Io credo di aver raggiunto l'orgasmo più di una volta ma non ne posso essere sicura. Nessuno mi ha mai spiegato cosa si prova ad avere un orgasmo e anche se lo avessero fatto credo che non l'avrei capito lo stesso. Sento le sue labbra sfiorarmi un'ultima volta le labbra. Vorrebbe baciarmi ma non lo fa e io non ne capisco il motivo. Poi si lascia andare di peso sul materasso al mio fianco.
Quando Eric è già nel mondo dei sogni, io sto ancora guardando le stelle dal lucernario. Sognando senza dover per forza chiudere gli occhi.


 


 

 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.

 

Nota:
Ritardi imperdonabili e aggiornamenti corti e a mooolta distanza l'uno dall'altro. Ma, credetemi, non posso fare altrimenti e purtroppo temo che sarà così ancora per molto tempo. A breve mi leureo e vorrei farlo nella maniera più decente di cui sono capace! Quindi chiedo umilmente scusa a tutte! >.>
Spero di essermi comunque fatta perdonare con questo capitolo e ricordate sempre che con Eric... Non è tutto oro quello che luccica!
Questa volta niente anticipazioni per cui credo proprio che per il prossimo aggiornamento dovrete aspettare parecchio. Poi non dite che non vi ho avvisato...
Un abbraccio, la vostra MM

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Capitolo 22
*** Tutto nella norma ***


 

 



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22.
Tutto nella norma


 


 

 

Tris punta la forchetta verso di me.
«Smettila.» Intima lei con un sorriso.
«Di fare cosa?» Chiedo divertita.
«Di sospirare con l'aria trasognata.»
«Come scusa?» Scuoto il capo e mi concentro sull'hamburger. Ma mentre cerco di tagliarlo scoppio in una sonora risata.
«Ecco, visto?» Mi riprende Tris portandosi un boccone alle labbra. «Non fai altro che sorridere e sghignazzare. E se non ridi o sghignazzi allora sospiri.»
«Di che diamine parli!» Biascico tra le risa. No, proprio non riesco a controllarmi.
«Aaaah...» Sospira Tris. «Ecco, ecco come fai.»
«Come?»
«Aaaaaaaah...» Sospira ancora.
«Tris smettila, ci guardano tutti!»
«Dici sul serio?» Chiede la mia amica con circospezione, abbassando la voce.
«Sì, sembrava che facessi qualcos'altro...»
«Cos...» La vedo avvampare non appena ne prende consapevolezza. «Che figuraccia Christina, scusami!»
Ci fissiamo serie per qualche secondo poi scoppiamo di nuovo a ridere.
Tris ha ragione. Non faccio altro che sorridere sotto i baffi e sghignazzare e sospirare. Ma non posso farne a meno. Mi sento come se stessi toccando il cielo con un dito.
«Allora, cos'hai?»
«Tris io... Io...»
Credo di essermi innamorata.
«Tu?»
«Credo di sentirmi felice.»
Tris mi sorride. Un sorriso sincero e tenero. É una vera amica, Tris, e vorrei raccontarle tutto dall'inizio alla fine. Vorrei raccontarle di Eric, del nostro rapporto, della notte appena trascorsa insieme. Non penso mi crederebbe se le dicessi che il nostro terribile Capofazione nasconde un lato tenero, ma sono sicura che sarebbe lo stesso felice per me. E, Dio, quanto vorrei condividere con lei tutta questa gioia. Il problema è che non posso e non solo per uno, ma per tanti, tantissimi motivi.
Il più ovvio è che, anche se non è stato messo in chiaro, è evidente che quella tra me ed Eric è una tresca scandalosa. Eric correrebbe seri guai se si dovesse venire a sapere che ha sedotto una sedicenne, un'iniziata. Ed io mi fido ciecamente di Tris ma non posso assolutamente rischiare che trapeli qualcosa venendo allo scoperto.
Un altro dei motivi è Will. Come reagirebbe, come mi guarderbbe, cosa penserebbe di me? Lo considero ancora un elemento importante della mia vita per potermi permettere di ignorare la sua opinione. Se mi disprezzasse ne morirei.
Ma, cielo, quanto mi piacerebbe gridarlo a squarciagola. Quanto mi piacerebbe non dovermi nascondere, uscendo allo scoperto. Quanto mi piacerebbe che lo sapessero tutti. Che lo sapesse mia madre, la mia sorellina, la mia ex fazione e quella degli intrepidi e l'intera città.
«Mi sono innamorata, gente!» Urlerei senza sosta. «Sono innamorata di Eric!»
Sembro una bambina ma è esattamente così che mi sento: rinata. Riesco a guardare il mondo con occhi nuovi, adesso. Tutte le mie paure, i miei timori, tutti i miei dubbi si sono dissipati quando ho permesso ad Eric di entrare non solo nel mio corpo, ma anche nella mia mente e nel mio cuore. Mi ha permesso di trarre dalla sua anima un pò di forza e di coraggio. E di sicurezza.
Non riesco a pensare ad altro per l'intera mattinata. La mia mente vaga con timidezza nei ricordi della notte appena trascorsa, facendomi perfino arrossire, a volte, quando improvvisamente ripenso al corpo nudo di Eric sul mio, a come mi accarezzava, a come...
Ecco, ci risiamo, il ricordo è ancora così vivido e imbarazzante che sento il viso avvampare violentemente. Sollevo il girocollo della felpa nera fin sopra il naso per non farlo notare a nessuno. Ma quando mi guardo intorno, gli altri iniziati hanno lo sguardo fisso per terra, terrorizzati. É l'effetto che fa questa sala d'attesa. É l'effetto che fa il secondo modulo.
Qui si attende in silenzio che Quattro faccia il nostro nome. Questo significa avere l'«onore» di accedere ad un'altra camera e di accomodarci sulla comoda poltrona che ci accompagna al nostro inferno personale. E sarebbe meno pauroso e molto più semplice uscirci se lo conoscessimo alla perfezione, questo dannato inferno, ma alla maggior parte di noi ogni giorno compare uno scenario diverso. La paura principale non è quindi affrontare quello scenario, ma non sapere anticipatamente cosa si dovrà affrontare.
Ma oggi sono troppo felice perchè la mia mente diventi preda della paura. Riesco perfino a sorridere quando arriva il mio turno.
«Eccomi, arrivo!»
Esclamo baldanzosa scattando in piedi.
«Stai bene?» Mi domanda stupefatto Quattro, con un sopracciglio sollevato.
«Mai stata meglio.»
«Buon per te...» Sussura lui scuotendo il capo, poi mentre richiude la porta alle nostre spalle, si lascia sfuggire un'altra considerazione.
«Tutte strane voi donne.»

 

*

 

Non capisco che cosa ci faccia sul ring, dato che il primo modulo è terminato già da un pezzo. Ma devo aver combattuto perchè mi sento stanca. Talmente tanto stanca che anche sollevare un braccio mi risulta faticoso. Ma non posso di certo starmene sdraiata qui, come un sacco di patate. Che figura ci farei se mi vedesse qualcuno, o peggio ancora se mi vedesse Eric? Penserebbe ancora una volta che sono debole, nient'altro che una sciocca Candida che gioca a fare l'Intrepida.
Con uno sforzo disumano mi sollevo sulle mani e dopo ancora sulle ginocchia. Mi accorgo solo ora di godere di pochissima visibilità. Sto praticamente guardando attraverso una fessura da un occhio mentre l'altro è appannato. Mi porto le mani sul viso e noto di avere le palpebre gonfie. Strano, se fossi stata pestata credo che me lo ricorderei, e poi non provo alcun dolore. Ma non ci sono altre spiegazioni, devo essere stata picchiata per benino. Lo dimostra anche la pozza di sangue fresco che mi impregna i vestiti.
«Alzati.» Mi ordina una voce cupa e cavernosa. Sono convinta che dovrei riconoscerne il proprietario ma in questo momento non mi viene in mente.
«Alzati.» Ordina ancora e questa volta lo sento avvicinarsi a me e afferrarmi per un braccio.
É una stretta brusca e indelicata.
É Eric.
Sono così sconvolta che non ho il coraggio di sollevare lo sguardo per confermare la mia ipotesi. Ma non c'è bisogno di confermare nulla. Solo lui potrebbe essere così sgarbato, così cattivo e sadico da trascinare una ragazza esangue per un braccio, senza la minima attenzione.
«E-E-E...Eri...» Cerco di chiamarlo, ma sono così disorientata che non ho le forze per farlo. Vorrei capire che cosa ho fatto questa volta per meritarmi tale trattamento.
«Eric...» Riesco a biascicare in un rantolo sommesso.
Ma Eric non si impietosisce, anzi, inizia trascinarmi con la forza. Per lunghi secondi mi arrovello il cervello per capire dove mi stia portando, quale sia il suo intento. Poi, come un fulmine a ciel sereno, la consapevolezza abbaglia improvvisamente la mia mente, così ovvia e prevedibile che mi domando come abbia fatto a non pensarci prima: il Pozzo.
Mi sta portando al Pozzo per terminare ciò che non è stato in grado di terminare tempo fa. E al solo pensiero di dover rimanere ancora una volta appesa a quella ringhiera, sento privarmi di ogni forza. Scoppio in lacrime quando mi rendo conto che in effetti non ce la farei mai, questa volta, a rimanere appesa lì per guadagnarmi il diritto di provare a diventare un'Intrepida. Per guadagnarmi il diritto di continuare a vivere.
«Perchè...» Chiedo con un filo di voce e lo sguardo abbassato. «Eric, per-per...»
Sento il suo fiato caldo e affannato sul collo, le sue labbra solleticarmi un orecchio.
Nel buio della caverna si accende una flebile speranza. Quella che Eric mi abbia solo allontanata dal ring per potermi nascondere qui, per poteggermi.
Ma questa speranza si spegne con la stessa velocità con la quale è apparsa quando Eric ripete la stessa domanda che mi rivolse quel giorno.
«Non eri forse tu quella che mi aveva espressamente chiesto di insegnarle a diventare un'Intrepida?»
Ricordo che quella volta riuscii a sorridere, nonostante il dolore lancinante in tutto il corpo. Ricordo che riuscii perfino a sfidare la sua arroganza con una risposta positiva. Ero ancora così ingenua da credere che avrei potuto affrontare qualsiasi cosa e allo stesso tempo così stupida da fidarmi di Eric. Mi avrebbe messo alla prova duramente, certo, ma mai avrei potuto immaginare che il suo concetto di «mettere alla prova» fosse così drastico da mettere una sedicenne nelle condizioni di oscillare tra la vita e la morte.
Sta volta però non ci riesco proprio a sorridere, nè tanto meno a rispondere. In un ultimo slancio di coraggio riesco solo a sollevare lo sguardo quel tanto che basta per poterlo guardare in faccia. E non lo avessi mai fatto. Eric mi rivolge un'occhiata così dura che perdo ogni volontà di rimanere in vita. Mi ero così abituata al modo in cui i suoi occhi si addolcivano quando si posavano su di me, che avevo quasi dimenticato quanto fosse terribile essere guardata con questi occhi gelidi e impassibili.
Non posso fare a meno di sentirmi delusa. Non c'è nient'altro nel mio cuore in questo momento. Nè paura, nè rabbia e neanche disperazione. Solo delusione. Per cui non oppongo alcuna resistenza quando, arrivati sul ponte del Pozzo, Eric mi dà una spallata per poi lasciarmi a penzoloni con i piedi verso lo strapiombo.
Mi sorride dall'alto, con le braccia incrociate sul petto. Si aspetta che rimanga appesa qui chissà per quanto tempo, che lo implori di salvarmi, ma non avrà anche questa soddisfazione.
Sollevo le dita che mi tengono attaccata alla vita e mi lascio cadere. E il vuoto mi avvolge bruscamente, scorgo la figura di Eric farsi sempre più piccola, sempre meno imponente. E dovrei avere paura ma non ne ho, sono serena. E proprio quando chiudo gli occhi e mi preparo a sentire l'impatto violento sulla schiena, gli riapro di scatto scuotendo furiosamente braccia e gambe.
«Sono viva!» Annaspo riempiendo contemporaneamente i polmoni con tutta l'aria che sono in grado di respirare. «É stato solo un incubo, solo uno stupidissimo e vividissimo incubo!»
«Sì, è stato tutto proiettato dalla tua mente, adesso calmati.»
«Sono viva...»
«Sì, Christina... Rilassati.»
La voce è calma e rassicurante come quella di Quattro. Mi ci vuole ancora qualche attimo per capire che in effetti si tratta proprio di lui e che io sono appena uscita dall'ennesima simulazione.
«Quanto è durata?»
«Diciotto minuti...»
«Pensavo ne fossero passati di più...»
«É tutto nella norma.» Quattro mi posa una mano sulla spalla. «Respira profondamente, ti senti meglio?»
Annuisco a testa bassa. Non riesco più a parlare.


Un raggio di sole mi solletica una tempia, caldo e luminoso. Non posso essere al dormitorio perchè lì non ci sono finestre e io conosco un solo posto dove ci si potrebbe svegliare in questa maniera. L'appartamento di Eric. Sorrido, al ricordo della notte appena trascorsa. Gli occhi ancora chiusi. E penso che non ho mai avuto risveglio migliore.
Ma quando cerco il suo corpo con una mano, il lenzuolo sull'altro lato del letto è freddo.
Sollevo di scatto le palpebre e appoggio il peso sui gomiti.
Mi guardo velocemente attorno e, con un sospiro, mi rendo conto che Eric mi ha lasciata sola.
Che se ne è andato già da un pezzo.
In fondo lo avrei dovuto prevedere che non sarebbe cambiato nulla, che avrebbe continuato ad essere il solito bastardo.
Ma sorrido di nuovo. Sorrido perchè non ho avuto nessuna amnesia. E, anche se dovrò fingere il contrario, ricordo tutto.


 


 

 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.

 

Nella prossime puntate:

«Ti vengo a prendere un'ora prima che al dormitorio spengano le luci, per te va bene?»

Christina non (può) ricordare ciò che è accaduto con Eric.
Ma Eric vorrà ancora che Christina non ricordi?
Cercherà l'ennesima scusa per starle accanto o farà finta anche lui che non sia accaduto nulla?

«Cosa ti ha detto su di me?»
«Che sei un bastardo sfruttatore senza cuore, ecco cosa!»
«Okei. E cosa ti ha detto che tu non sapessi già


 


 

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Capitolo 23
*** Red ***


Il bersaglio ha la sagoma di un uomo.
Chi l'ha intagliato ha fatto in modo che fossero evidenti la testa, e le braccia.
Sul busto ha poi dipinto con della vernice gialla dei cerchi concentrici, il più piccolo dei quali racchiude un punto largo qualche millimetro.
Il punto si trova appena sotto lo sterno, e dovrebbe essere l'obiettivo principale, quello che si cerca in tutti i modi di raggiungere.

Ma io ho applicato al bersaglio una piccola modifica.
Armata di pennarello rosso, ho disegnato un piccolo cuore sul pettorale sinistro.
Mi dirigo verso il fondo della palestra.
Quando mi volto di nuovo, il coltello è gia in posizione.

 


 

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23.
Red


 


 

 

L'agnello non dovrebbe pascolare dove sa che potrebbe trovarci il lupo.
É un concetto semplice, quasi ovvio, accettato e rispettato per chissà quale tacito consenso. Quindi io non avrei dovuto cercare Eric, nè attirare la sua attenzione. Allo stesso modo non avrei dovuto permettergli di avvicinarsi a me, ma fuggire a gambe levate, se si fosse avvicinato troppo.

A pensarci meglio, avrei dovuto adottare questo comportamento sin dall'inizio. Sin da quando mi rivolse la parola la primissima volta. In fondo, si capiva già dal suo sguardo che tipo di persona fosse. Si capiva da subito chi tra noi due fossse l'agnello e chi il lupo. Ma non ho voluto accettarlo, ho voluto fingermi coraggiosa, ho pascolato nei suoi paraggi.
Come era prevedibile, il lupo alla fine mi ha trovata, catturata e divorata. Ma posso dire di aver provato l'ebrezza del rischio e, anche se per poco, sono stata un agnello felice. E posso anche ritenermi fortunata perchè, per un attimo di felicità, altri agnelli come me hanno commeso cazzate peggiori.
La prima ad accorgersi della mia euforia fu ovviamente Tris. E se ne accorse anche Eric, che quella mattina mi lanciò un'occhiata furtiva dall'altra parte della mensa. Attesi quindi per tutto il giorno che venisse da me, come aveva sempre fatto. Che cercasse un modo per poter stare da soli, che mi rivolgesse almeno la parola. Ma i giorni continuavano a passare e la mia euforia incominciava a cessare, cedendo il posto allo sconforto.
Lo cercavo tra la folla di indumenti scuri, al pozzo. Anelavo che i nostri sguardi si incrociassero anche solo per qualche secondo, durante i pasti in comune. Ma ogni volta che sbirciavo al tavolo dei capofazione, i suoi occhi vagavano dappertutto tranne che su di me e, quando raramente accadeva, li distoglieva subito. Mi evitava, era ovvio. E io non potevo affrontarlo nè chiedergli una spiegazione. In fondo, ero vittima di una stupida amnesia immaginaria legata ad una ancor più stupida promessa.
«Non so cosa ti frulli in testa in questo periodo,» mi ha detto ieri Tris, «ma io ci sono, amica mia, ci sono e ci sarò sempre.»
L'ho guardata con affetto, quasi con devozione. Non serviva ringraziarla, perchè Tris è in grado di capire anche ciò che non viene espresso a parole.
Chissà se riesce anche lei a vedere quelli che Eric definisce «tasti». Io, se mi concentro, riesco a scorgere solo delle porte. Ce ne sono tante, nella mia testa. Alcune sono spalancate, altre serrate a chiave. Sono queste ultime, quelle a farmi più paura. Sono le porte che nascondono i luoghi della mia mente ai quali non mi è concesso di accedere. Sono le porte che custodiscono i miei vuoti di memoria.
E c'è una strana porta socchiusa... Si è spalancata dopo l'ultima simulazione, mostrandomi l'amara verità. Già, perchè io, da brava cretina, anche dopo lo strano comportamento di Eric continuavo a non volerla vedere. Mi immaginavo Eric che cercasse il momento giusto per avvicinarsi a me. Non deve essere facile nascondere una relazione del genere, lo giustificavo, scommetto che vuole stare con me ma non può farlo. E continuavo a credere con tutto il cuore che stesse soffrendo anche lui, in questo periodo di lontananza.
Ma la porta che si è spalancata... Era una porta che in realtà non era mai stata veramente chiusa, una porta che si sarebbe potuta aprire in qualsiasi momento...
Ed io ero inconsciamente in allerta, in attesa che questo accadesse. Per tutto il tempo.
La verità, pura e semplice, è che mi ero illusa. Speravo che Eric fosse cambiato, che stupida sono stata, vero?! Cosa credevo, che due paroline dolci e una serata romantica potessero cambiare un uomo? Che io potessi davvero cambiare un uomo come lui? Un uomo che aveva cercato addirittura di uccidermi, costringendomi a scegliere tra la sofferenza e la morte. Un uomo che era in grado di guardarmi con quegli occhi di ghiaccio, freddi e impassibili...
Eppure lo sapevo che quelli come lui non cambiano, e che quelle come me ci cascano sempre.

«Promettimi di dimenticare quello che sto per dirti anche se dovessi ricordare tutto... Promettimi che farai finta di aver avuto un'altra delle tue amnesie.»

Ecco cosa voleva veramente, solo adesso me ne rendo conto. Troppo facile, così, per lui. Fare sesso con me strappandomi una squallida promessa.

«Va bene, lo prometto. Tutto quello che accadrà da adesso in poi, domani sarà dimenticato...»

Sesso, solo questo desiderava. Solo questo avrebbe potuto avere da me. Niente rogne, dopo, quelle tipiche che si subiscono da una ragazzina infatuata. Nessuna conseguenza per essersi portato a letto un'iniziata.
Eric conosceva fin troppo bene il mio lato del carattere fiero e altezzoso, che un pò mi rende simile a lui, perciò sapeva che avrei rispettato la promessa. Mi ha raggirata, umiliata, preso in giro. Eric è solo un lurido bastardo! Ed io la stupida che gli ha creduto.

Ma c'è qualcosa in questa situazione che ancora non mi convince. Perchè perdere tutto questo tempo con me? Perchè venirmi a cercare in palestra, perchè portarmi in un locale dove ci avrebbe potuto vedere chiunque? Perchè rischiare tanto?
La risposta arriva subito dopo: perchè Eric ama il rischio, ovviamente. Lo sanno tutti.

«E se non dovessi essere davvero vittima d'amnesia, fingerò di averne avuta una.»

Quindi eccomi qui, a far finta che non sia accaduto nulla. A conservare nel mio cuore il ricordo di quella notte. A mascherarmi da bugiarda perchè non sono una Candida. Perchè non lo sono mai stata. E perchè se Eric ha fatto tutto questo per il gusto di assaporare i brividi di una tresca amorosa, tanto insolita quanto proibita, non posso nascondere che lo stesso valesse per me.
Era l'alone di mistero che lo circondava, ad incuriosirmi. Il non sapere come comportarmi, quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Siamo stati amanti, amanti del rischio. Per questo la colpa è anche mia.

E mi odio per questo.
Il bersaglio a forma di uomo oscilla appena, quando la punta del coltello si conficca al centro esatto del cuore.
Da quella notte, sono passati cinque giorni.
«Bel tiro!» Esulta una voce alle mie spalle. Per riconoscerla, ci impiego meno di un secondo.
«Grazie.» Dico in un sussurro, voltandomi. «Dove ti sei cacciata per tutto questo tempo?»
Fiamma mi rivolge un sorriso splendente. Si è colorata le labbra dello stesso colore dei suoi capelli rossissimi.
«Io invece vorrei sapere dove tu sei stata per tutto questo tempo.»
«Forse dimentichi che sono ancora una povera iniziata, Fiamma!» Alzo gli occhi al cielo, sforzandomi di ricambiare il sorriso. «E il secondo modulo non è certamente una passeggiata...»
«Cazzata! Basta affrontare ogni scenario come un vero Intrepido: con fermezza, senza timore e con un pizzico di pazzia.»
«Parli facile tu, Intrepida nata!»
«Ehi no, non è vero. Guardami dritto negli occhi, Christina.» Ordina con un atteggiamento da dura, afferrandomi le spalle con entrambe le mani. «Anche tu sei un'Intrepida, mia cara. Sei solo nata nella fazione sbagliata. Se la considero una passeggiata io, allora puoi farlo anche tu. E adesso stammi bene a sentire. Stasera c'è una specie di festa, giù al locale, e io ci vado con degli amici ma mi serve un'amica. Mi segui?»
«Più o meno...»
Fiamma mi cinge il collo con un braccio ed io inizio a seguirla mentre passeggiamo per la palestra. L'ascolto attentamente. Ci vuole molta concentrazione per stare al passo con i suoi strampalati discorsi.
«Non mi va di sentire per tutta la serata le stupidaggini di quella massa di muscoli e ormoni impazziti che mi ritrovo per amici. Tu sei molto più divertente. Ti ricordi come ce la siamo spassata quella sera? Eh, Chris?»
«Certo.» Le rispondo accondiscendente.
«Bene, stasera sarà ancora più pazzesco! Ti vengo a prendere un'ora prima che al dormitorio spengano le luci, per te va bene?»
«Credo di sì...»
Anche se non ne sono davvero sicura, ma Fiamma è così travolgente che potrebbe convincere un Erudito a gettare all'aria un libro per saltellare e cantare al ritmo delle chitarre dei Pacifici. E poi un pò di divertimento non può che farmi bene.
«Sarà incredibile, vedrai! Okei, adesso però devo lasciarti.»
«Appuntamento romantico?» La butto là.
«Macchè, ho una scomessa in corso con Bogart.»
«Il tipo a cui piaceva la mia canzoncina?»
«Esatto, proprio lui. Ha scomesso che non avrei mai avuto il coraggio di andare sulla zip-line senza vestiti.»
Strabuzzo gli occhi.
«Cioè... Intendi dire solo con gli indumenti intimi?»
Fiamma mi lancia un'occhiata divertita e maliziosa al contempo.
«No, voglio dire completamente nuda.» Si stacca da me e si dirige verso l'uscita. Poi, voltando leggermente il viso nella mia direzione aggiunge: «Ovviamente Bogart ha già perso!»
«Che cosa si vince?»
«Se una scommessa inizia così, tu come credi che possa finire?»
«Che matta!» Rido scuotendo il capo.
«Non ti dimenticare: stasera, un'ora prima che vengano spente le luci.» Ribadisce prima di scomparire dietro i battenti della porta.
Un attimo dopo la palestra cala nuovamente nel silenzio.
Non ho avuto neanche il tempo di chiederle come si sarebbe vestita per la festa.

 

*

 

«Come sto?» Chiedo un pò nervosa. Non sono mai andata ad una festa di Intrepidi.
Tris si lancia sul mio letto e incrocia le gambe.

«Fai un pò un giro...» Ordina oscillando l'indice.
Io mi cimento in una breve piroetta, cercando di tenermi in equilibrio sui tacchi vertiginosi.
«Sei stupenda.» Afferma con un sorriso dopo avermi osservata attentamente.
«Non ti sembra... Un pò troppo?»
«Ti riferisci al trucco o al vestito?»
«A tutto! Insomma, guardandomi meglio sembro una...»
«Una facile?»
«Tris!» La guardo scandalizzata, senza riuscire a nascondere un sorriso. «Dove hai imparato questi termini?»
Tris ride, poi mi lancia un cuscino.
«Ma smettila! E stai tranquilla, sei bellissima.»
«Sì lo so, però...»
«Sarà pieno di Intrepide, Chris!»
«E allora?»
«Come sarebbe a dire allora?» Chiede Tris sollevandosi in piedi. «Non ti ricordi più come si vestono? Tacchi a spillo, minigonne e reggiseni in mostra... In mezzo a loro sarai la più casta.»
«É per questo che non vuoi venirci anche tu?»
La mia amica arriccia leggermente il naso.
«Mi sentirei un pesce fuor d'acqua.»
«Un giorno dovrai rassegnarti all'idea che non sei più tra gli Abneganti, Tris.» Dico abbracciandola.
Gli altri iniziati di solito si intrattengono al Pozzo finchè non vengono spente le luci del dormitorio, per cui adesso qui ci siamo solo noi due, avvolte nel silenzio. Silenzio che si interrompe nel momento stesso in cui Fiamma fa la sua appariscente e chiassosa comparsa.
«Allora Chris? Sei pronta?»
Ci voltiamo entrambe ad ammirare con quanta disinvoltura riesce questa ragazza ad andare in giro pressoché svestita. Apparte gli stivali alti che le coprono le gambe fino a metà coscia, il suo abbigliamento consiste solo in uno short di jeans e in un top nero che le lascia scoperto l'ombelico.
Mi guarda di sfuggita dalla testa ai piedi, poi mi raggiunge scuotendo la testa.
«Manca ancora qualcosa.» Afferma prendendo un oggetto cilindrico dalla borsetta a tracolla. Poi protrende in avanti le labbra. «Fai così...»
Quando la imito, Fiamma mi applica alla svelta un rossetto.
«Okei, adesso sei perfetta!»
Mi volto incerta verso Tris, la quale mi rivolge un occhiolino rassicurante. Poi mi dirigo nel bagno, ma la ragazza che mi guarda attraverso lo specchio a parete non posso essere io.
I decolleté neri riprendono il colore dei miei capelli, che mi solleticano le spalle, e della mia pelle scura. Anche l'ombretto sugli occhi è nero. Ma ad attirare l'attenzione è un altro, di colore: quello rosso fuoco. Rosso è il rossetto che Fiamma ha utilizzato per colorarmi le labbra. Rosse sono le fiamme del mio tatuaggio all'avambraccio destro. E rosso è il vestito che mi ha prestato prima di andarsi a preparare: indecentemente corto, senza dubbio, ma anche spudoratamente scollato e sfacciatamente attilato.
E, dopo aver appurato di essere proprio io, l'immagine riflessa nello specchio, anche il mio viso si è colorato di rosso.
Alle mie spalle appare Fiamma.
«Se non fossimo amiche,» mi dice con un sorriso, «sarei invidiosa di come ti sta bene questo vestito.»
«E se io non conoscessi il linguaggio non verbale,» la punzecchio, «ti avrei creduta.»
«E va bene, sono invidiosa» concede lei sollevando le mani in segno di resa. «Hai un fisico da mozzare il fiato a qualsiasi Intrepido, Chris.»
Io arrossisco ancora di più. Non credevo che potessi suscitare questo effetto.

Quando entro nel locale, invaso da mille luci e dall'odore dell'alcol, la musica è così assordante che non riesco neanche a sentire quello che Fiamma mi sta urlando nell'orecchio.
«Hai sentito?»
Riesco a decifrare dopo essermi abituata un pò al volume.
«No, cosa dicevi?»
«Dobbiamo raggiungere il festeggiato, è nella saletta privata!»
«É il suo Compleanno?»
«Sì! Allora, andiamo?»
«Ma non lo conosco!»
«Io non credo!» Urla Fiamma trascinandomi per una mano tra la folla. «Non c'è nessuno, qui, che non lo conosca! E poi è un party aperto a tutti, sta tranquilla!»
Nella saletta la musica è più attutita. Al nostro arrivo, vedo delle persone sollevarsi dai divanetti, mentre Fiamma si dirige verso il festeggiato. Ha l'aria seccata e per niente divertita, ma le concede lo stesso qualche secondo per ricevere gli auguri, poi Fiamma si scosta per presentarci.
E a quanto pare mi conosce già perchè, nel vedermi, il festeggiato sgrana gli occhi, tradendo la sorpresa che lo ha travolto. Sarà questo l'effetto che suscita questo vestito? Penso con un sorriso malizioso. Ma al contempo mi tremano letteralmente le gambe.
E così non va, decisamente! Devi ricomporti subito, dov'è finito tutto il tuo coraggio, Christina? Ricordati che sul braccio hai tatuato le fiamme degli Intrepidi, non le chitarre dei Pacifici!
Con uno sforzo incredibile faccio un passo in avanti, fingendo una sicurezza che non ho.
«Così oggi è il tuo Compleanno...» Gli dico dopo avergli impresso un bacio sulla guancia.
«E chissà cosa penserebbero gli altri se non ti facessi i miei più sinceri e sentiti auguri...» sussurro scostando le labbra vicino all'orecchio. «Vero Eric?»


 


 


 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.


Vi sono mancata? Spero proprio di sì, e chiedo venia se questi aggiornamenti a lunga distanza di tempo tra di loro potrebbero infastirdvi, in quanto interrompono bruscamente la storia. Ma vi posso assicurare che scrivo non appena ho qualcosa da scrivere e pubblico non appena ho qualcosa da pubblicare! Per cui posso solo chiedervi di pazientare, promettendovi che nei prossimi capitoli ci saranno altri colpi di scena e molti momenti romantici. Quindi stay tuned!
Piccola precisazione: Come avrete già notato, i moduli durano molto di più di quanto duravano nel romanzo originale. Dopo averci pensato molto, mi sono convinta infatti ad allungare i tempi della storia. Questo per dipanare meglio le vicende, ma anche per rendere più profonde le conoscenze e i rapporti che si vengono a creare tra i protagonisti.

MM




 

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Capitolo 24
*** Sua moglie ***


«Così oggi è il tuo Compleanno...» Gli dico dopo avergli impresso un bacio sulla guancia.

«E chissà cosa penserebbero gli altri se non ti facessi i miei più sinceri e sentiti auguri...» gli sussurro scostando le labbra vicino all'orecchio. «Vero Eric?»

 


 

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24.
Sua moglie


 


 

 

Strabuzza gli occhi, poi si avvicina a me con fare cospiratorio.
«Che cosa sei venuta a fare?» Sbraita con aria truce.
«É così che tratti gli invitati alla tua festa?»
«Guardati intorno: vedi torta e palloncini per caso? Non c'è nessuna festa, qui.»
Okei, forse deve essere snervante, per lui, ritrovarsi davanti la persona che ha cercato di evitare per tutti questi giorni, e alla sua festa di Compleanno, per giunta. Ma ehi, anch'io in questo momento vorrei stare in qualsiasi altro posto che non sia questo. Non era di certo mia intenzione!
«Torta e palloncini? Ma quanti anni compi, due?» Lo affronto incrociando le braccia. «E poi sono venuta qui per divertirmi, e non perchè speravo di trovarci te.»
«Sì, certo. Ed hai già scelto con chi divertirti?» Dice squadrandomi dalla testa ai piedi.
Rimango per qualche secondo interdetta, poi non posso che ridere fragorosamente.
«Geloso?» Chiedo con un sorriso malizioso.
«Certo che no.» Asserisce Eric abbassandosi leggermente su di me. «E adesso stammi bene a sentire: se vuoi rimanere qui resta pure, ma scordati di potermi gironzolare attorno.»
«Ah, capisco...» Dico guardandomi attorno. «Bhè sì, in effetti, se ti stessi vicino, queste ragazzine non oserebbero fare le stupide con te...»
Le labbra di Eric si increspano in un ghigno. «Gelosa?»
«Ti piacerebbe...» Sibilo assottigliando lo sguardo. «E comunque io vado dove mi pare e piace.»
«Okei, ascolta...» Con una mano si porta indietro i capelli biondi, spazientito. Un gesto che mi ha sempre eccitato parecchio, a dire il vero, ma che adesso non deve assolutamente distrarmi.
«É per la storia dell'altra notte, giusto?» Bisbiglia, trascinando appena le parole.
Assotiglio lo sguardo.
«Scusa Eric, non ho sentito. Potresti alzare un pò il volume della voce...» Sorrido nella maniera più dolce e delicata che mi riesce. E il risultato è un sorriso pelesemente falso. «Per favore?»
«Per la storia dell'altra notte.» Ripete guardandosi furtivamente attorno. «Ti stai vendicando...»
«No, non riesco proprio a capire, mi spiace...»
«Per-per le cose che ti ho detto...» Mi afferra le spalle con entrambe le mani. «Per ciò che abbiamo fatto.»
«Perchè Eric, cosa abbiamo fatto?» Chiedo fingendo un'aria stranita..
Questa situazione lo irrita ma è stato lui stesso a volerla. Dovevo simulare un'amnesia, eh? Bhè eccotela qua, la tua amnesia del cazzo.
«Non ricordi? Bene, meglio così!» Sbraita fulminandomi con gli occhi. «Molto meglio così...»
Qualcosa mi dice che Eric è deluso. Che avrebbe voluto che io ricordassi o che almeno facessi qualcosa per lui, anche se non so esattamente cosa si aspetti veramente da me. Ma il suo mondo è un labirinto vasto e intricato, le sue parole dei rebus impossibili da risolvere e i suoi sguardi... Bhè i suoi sguardi sono un mistero continuo.
Mi dice meglio così, ma nel profondo dei suoi occhi leggo qualcos'altro. Forse amami. Perchè sono fermamente convinta che neanche lui voglia dar adito ai suoi pensieri e sentimenti più profondi. Che cerchi sempre di combattere tra cuore e cervello, tra istinto e prudenza, odio e amore.
Ma un attimo dopo mi sento una stupida anche solo ad averlo pensato. Mi viene in mente solo una parola, un aggettivo che lo descrive. Dai, Candida, vediamo se sai ancora come si fa.
«Stronzo.» Dico ad alta voce, senza neanche cercare di controllarmi.
Eric stava raggiungendo di nuovo il divanetto, ma al suono della mia voce si volta lentamente. Punta su di me i suoi occhi di ghiaccio.
«Sta al tuo posto, iniziata.» Sibila a denti stretti.
«Non credo tu sia nelle condizioni per darmi ordini, Eric.» Dico cercando fino all'ultimo briciolo di coraggio che mi è rimasto. «Sai com'è, potrebbe accadere che mi venga in mente un'altra occasione in cui tu stesso hai dimenticato qual'era il tuo posto.»
Eric solleva un sopracciglio, con fare minaccioso, ma rimane in silenzio.
Così come in silenzio rimangono tutti i presenti nella saletta. Con la coda dell'occhio scorgo qualcuno che si dilegua cercando di non farsi notare. Gli altri invece sembrano pietrificati. La musica continua senza sosta, veloce e attutita dalle pareti rosse. Il cuore comincia a battere forte, sempre più forte, nell'attesa che Eric faccia o dica qualcosa. Ma lui continua a guardarmi con quell'espressione glaciale. Due, cinque, otto secondi... Finchè alla fine smette di fissarmi e si dirige verso l'uscita, passandomi davanti.
Tiro un lungo, lunghissimo e lento sospiro e vado a passi pesanti verso il fondo del salotto. Sento gli occhi di tutti piantati su di me, tranne quelli di Fiamma. Ma dove cavolo si è cacciata? Sprofondo in uno dei divanetti, chiudendo gli occhi. Per qualche minuto ho trovato chissà dove la forza per affrontare Eric. L'ho sfidato, schernito, umiliato. Ho cercato di sembrare spavalda e, dalla sua reazione, credo che mi sia riuscito piuttosto bene. Ma adesso che è lontano, posso finalmente smettere di fingere e sciogliere i nervi. Sento le farfalle nello stomaco, il cuore battere ancora all'impazzata e dei brividi scorrere lungo tutta la schiena.
È l'inevitabile reazione del mio corpo all'improvvisa comparsa di Eric. O quando parliamo, ci baciamo, discutiamo. É la reazione che il mio corpo ha anche se Eric mi sta semplicemente guardando.
«Ciao...» Esordice una voce alla mia destra.
Ma io sono così concentrata sui miei pensieri che quasi non me ne accorgo. E quando la voce riprende a parlare, sussulto appena, voltandomi verso la fonte. Si tratta di una ragazza. Una bella regazza, a dire il vero. Lunghi capelli scuri che ricadono mossi sulla schiena, profondi occhi blu e bocca a cuoricino. Un visino tondo e delicato e due lunghe gambe accavallate.
«Senza volere, ho ascoltato lo scambio di battute tra te e il Capofazione.»
«Eh!? Io...» Strabuzzo gli occhi. «Senza volere?»
«Bhè sì in effetti avete dato un bello spettacolo...» La ragazza sorride, distogliendo imbarazzata lo sguardo. E mi accorgo che intanto gli altri hanno smesso di fissarmi per parlottare tra loro, come era inevitabile che accadesse.
Ricambio il sorriso. A pelle, questa ragazza mi piace.
«Sei venuta qui da sola?» Chiede dopo un pò.
«No, a dire la verità sono con un'amica ma...» Spiego guardandomi attorno. «Ma non riesco a trovarla. Forse l'avrai vista. Ha dei bellissimi capelli ramati.»
«Ah, non sarà forse quella lì?» Chiede indicando un punto alla nostra destra.
Oltre il parapetto e i vetri del privé, al centro della pista da ballo, scorgo una chioma rossa fluttuare in ogni direzione. Si tratta proprio di Fiamma, circondata da una decina di ragazzi bramosi di avvicinarsi a lei. Ma, qualche secondo dopo, si avvicina al gruppo anche Bogart, sbaragliando qualsiasi concorrenza. Quando l'uomo si avvicina, infatti, Fiamma sembra non avere occhi che per lui. È imbarazzante il modo in cui adesso i loro corpi si strusciano l'uno all'altro.
«Ehmm... Sì, è proprio lei.» Confermo un pò a disagio.
«Un tipo alquanto energico, la tua amica...»
«Già, fin troppo direi.»
«Come lo è anche Eric, d'altronde...» Bisbiglia avvicinandosi appena.
«Cosa?»
«Anche se il più delle volte è solo un antipatico e basta.»
«Non riesco a capire dove vorresti arrivare...»
«Ci sei andata a letto insieme?» Chiede di colpo, socchiudendo i grandi occhi blu.
«C-co-come scusa?» Blatero più imbarazzata che mai.
«Allora, ci sei andata a letto sì o no?»
«Perchè mai dovrei dirtelo...»
«Sì... O no?» Assottiglia ancora di più lo sguardo. Le sue ciglia sono così lunghe e folte che creano un'ombra sulle guance.
«No.» Rispondo di colpo.
La ragazza mi fissa ancora un pò, poi allontana il suo viso dal mio e sorride.
«Eri una Candida prima, non è vero?» Chiede abbassando la testa, e senza attendere una risposta aggiunge: «Ma certo che sì, chiaro che lo eri.»
«Non capisco cosa c'entri questo con...»
La ragazza risolleva il capo con uno scatto fulmineo. E il suo viso, dolce e perfetto fino a qualche minuto prima, cambia all'istante. La luce rossa del locale sembra infiammare i suoi occhi, mentre la bocca si contorce in una smorfia che la fa apparire tutto fuorché bella.
«C'entra, piccola mocciosa,» sputa fuori con rabbia, punzecchiandomi il braccio con un'unghia affilata come un rasoio «perchè solo una Candida mentirebbe in maniera così... Così...»
«Sbagliata?» Le suggerisco inarcando le sopracciglia.
«Già, era proprio quella la parola che stavo cercando.» Sento un bruciore avvolgermi il braccio che mi ha afferrato. Le lunghe unghie attanagliarmi la carne, con fare sadico. «Sbagliata. Ti si addice, sai? Tu non dovresti essere qui, non dovresti esserlo.»
La guardo con una certa calma. Dopo aver affrontato Eric decine di volte, come potrebbe farmi paura questa specie di squilibrata? E come previsto, la mia apparente tranquillità e il mio silenzio la rendono ancora più furiosa.
«Così lo ammetti, non è vero?» Ringhia fra i denti. «Ci sei stata a letto, brutta sgualdrina...»
Okei, direi che può bastare.
Mi alzo, scostandole la mano con un colpo del braccio.
«Cosa ti fa credere che tu sia in diritto di dirmi simili cose?» Sbraito, seccata. «Ciò che facciamo io ed Eric non sono affari tuoi.»
«E no, qui ti sbagli...» Sibila lei accennando un sorriso. É rimasta seduta, con la testa abbassata e gli occhi coperti dalla frangia scura. «Vedi, Eric sarà pure un lurido, sadico bastardo senza cuore, ma i suoi affari rimangono sempre e comunque affari miei, purtroppo...»
Solleva lentamente lo sguardo, e con esso gli angoli della bocca.
«Perchè è mio marito.»

 

*

 

Scosto la gente a spintoni. Qualcuno mi fulmina con un'occhiataccia, qualcun altro mi rivolge imprecazioni. A breve potrebbe iniziare adirittura una rissa. E tutto per una spinta, che assurdità! L'ultimo non è neanche caduto per terra come invece è accaduto alla ragazza che beveva quello strano liquido azzurro. Il bicchiere le si è rivoltato addosso, macchiandole quel bel vestitino da sgualdrina.
Sgualdrina.
Io non sono una sgualdrina. Mi tocco la fronte con il dorso della mano. La musica è forte, mi stona, e io sto sudando.
Ma dove diavolo si è cacciata?
Mi faccio largo tra la folla di ballerini, spintonando il ragazzo che mi sta di fronte. Qui è pieno di bei ragazzi e di sgualdrine. Lo sono anch'io, una sgualdrina. Già, lo sono anch'io. Non sapevo di esserlo ma ora lo so.
Sgualdrina.
«Fiamma!» Grido, e subito dopo mi ritrovo a ridere.
Non mi sentirà mai, con tutto questo baccano. Una mano mi afferra per la vita. Poi delle labbra mi solleticano il collo.
«Balliamo?» Chiede una voce maschile.
«No!» Urlo scostandolo. Quando mi volto, il ragazzo mi rivolge uno sguardo perplesso.
Certo, forse si aspettava che ballassi con lui. Che ci strusciassimo come faceva Fiamma con Bogart, che ci baciassimo. E che magari andassimo anche a letto insieme, a fine serata. In fondo sono una sgualdrina, che altro ci si potrebbe aspettare da me?
O forse no, mi sto immaginando tutto. In fondo è stato gentile, nel modo in cui mi ha lasciato andare.
Biascico delle scuse continuando a guardarlo negli occhi, inidietreggiando con fare goffo. Quando mi giro di nuovo mi accorgo di essere lontana dal centro della pista e, con questa calca, raggiungerla è quasi impossibile.
Rido di nuovo, ma ben presto scopro che non sto affando ridendo. Sto cercando di ricacciare indietro le lacrime.
Mi avvicino ad una parete per appoggiarmi con una mano. Sono così stanca e frastornata. La musica è assordante e il calore generato da tutta questa gente mi sta soffocando. E se mi fermo scoppierò a piangere, ne sono certa, per cui mi scosto dal muro e continuo a camminare, finchè non trovo un'uscita.

 

Nella galleria l'aria è decisamente più fresca. Tiro un lungo sospiro, appoggiando la schiena alla parete di pietra.
Guardati Christina, direbbe la mia vocina da Candida, un'ora fa facevi la spavalda e adesso ti ritrovi a sforzarti per non piangere.
Ma la mia vocina da Candida non si fa sentire da tempo, ormai, per cui posso solo immaginarlo. E chissà, forse fra non molto avrebbe fatto la sua comparsa un'altra vocina, quella da Intrepida.
Mi faccio forza e mi scosto dalla parete, per continuare a camminare. Più mi inoltro nel tunnel, più la musica si fa attutita, e il mio cuore leggero.
Ormai lontana dalla festa, scoppio in un pianto convulso e irrefrenabile.
Cosa mi fa più male? Sapere che Eric ha una moglie? Oppure sapere che Eric, per tutto questo tempo, non ha fatto altro che ingannarmi? Eppure credevo di averla imparata, la lezione. Mai fidarsi di un altro Intrepido, mai fidarsi di Eric. Ma come potevo mai immaginare una cosa del genere? Come potevo prevedere questo?
L'ha nascosta per tutto questo tempo e nessuno ne ha mai parlato.
Assurdo.
Tra i Candidi, se il Capofazione fosse stato sposato lo avrebbero saputo tutti. Tutti. Sì, certo, questo nella mia vecchia fazione. A volte mi ritrovo a rimpiangerla. Lì non ci sono tutti questi inganni, la gente non ti dice bugie, non ti racconta frottole per il gusto di farlo...
«Christina.»
La sua voce mi provoca un sussulto.
«Vattene via.»
«Io...»
«SEI FORSE SORDO? VATTENE!» Grido asciugandomi il viso con una mano.
Ma Eric rimane immobile, fissando i suoi occhi nei miei e, per quanto lo odi, per quanto lo detesti e vorrei solo sbraitargli contro, quando questo accade non posso che ricambiare lo sguardo. É come se una forza a me incomprensibile mi costringesse a non abbassare lo sguardo. Esattamente come farebbe una calamita con una graffetta di ferro.
«Che penserebbero gli altri se proprio il festeggiato non è alla festa?»
«Non mi interessa niente nè degli invitati nè tantomeno di quella stupida festa.»
«Ho parlato con tua moglie.» Rivelo in un sussurro.
«Cosa ti ha detto su di me?»
Mi scappa una risatina nervosa.
«Che sei un bastardo sfruttatore senza cuore, ecco cosa...»
«Okei. E cosa ti ha detto che tu non sapessi già?»
«Ah sì, ha usato anche il termine ''sadico'' se non vado errato.» Il mio viso diventa una maschera sprezzante. «Eric, ma è mai possibile che io ti dico che ho scoperto che sei sposato e l'unica cosa che ti interessa è sapere cosa mi ha detto su di te?»
«E secondo te è giusto quello che fai tu?»
«Cosa?» Sono completamente allibita. «Che cosa farei, io?»
«Ti dico stammi lontana e non lo fai, punto primo...»
«Ah bhè certo, così io non avrei mai saputo nulla e tu avresti continuato a ingannarmi!»
«Tu non capisci, Christina...»
«Cosa dovrei capire?»
Eric si scaraventa con tutto il suo peso su di me e mi bacia. Non dovrei permetterglielo, lo so, ma non posso negare a me stessa di aver aspettato questo momento per tutta la settimana. E quindi lo allontanerò, certo, ma non adesso. E proprio quando decido che è arrivato il momento per farlo, Eric mi prende in braccio sollevandomi per i glutei.
Bastardo.
Da una parte c'è una parete dura e gelida, dall'altra un corpo soffice e bollente. E al centro ci sono io, febbricitante e molto, molto eccitata. Bhè, da quello che sento anche Eric lo è. Dio, se lo è. La sua lingua scende lungo il mio collo e le mani non stanno ferme per un secondo. Mi tocca un seno, i fianchi, la pancia... L'inguine.
Sadico.
Gli pianto le unghie nel torace, reprimendo un gemito.
«Quando ti ho vista con questo vestito...» Biascica infilando due dita negli slip. «Ho subito pensato come saresti stata senza
«Eppure non sembrava, da come mi hai accolta.»
«Ero solo incazzato perchè non potevo prenderti lì, in quel momento stesso.» Dice infilandomi dentro un dito.
Caccio uno strillo e con quello mi balena in mente un pensiero.
Sgualdrina.
La mano scatta senza controllo, usando più forza di quella che credevo. Affannato, e anche un pò sorpreso, Eric mi lascia andare.
«Lo avresti fatto davanti... Davanti a tua moglie?»
«Christina...» Con la stessa mano con la quale mi toccava, Eric cerca di accarezzarmi il viso. Ma io schiaffeggio anche quella, allontanandola.
«Mi trovi per due volte ubriaca, e per due volte mi porti nel tuo appartamento.» Gli sbraito contro. «Mi dici che sono una stupida, che sono una ragazzina, eppure non posso fare un passo che ti ritrovo a scodinzolarmi dietro. Mi seduci, mi baci, mi dici che ti piaccio. E sì, in tutto questo credo che la colpa sia in parte anche mia, ma ehi! Sono solo una ragazzina, giusto? Sono giustificata se a volte commetto qualche atto da irresponsabile. E questi atti avventati evidentemente ne hanno richiamato altri perchè finiamo per fare... Sesso. Sì, perchè è stato solo sesso per te, vero? Però vedi... La cosa assurda è che ti avrei perdonato tutto, Eric, tutto... Gli inganni, la sofferenza, il modo in cui mi hai sfruttata...»
«Ma non il fatto che sono sposato?»
«No Eric, anche quello.» Gli rivolgo un sorriso triste. «Ecco perchè credo di essermi innamorata di te.»


 


 


 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.

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Capitolo 25
*** Confessioni ***


...«La cosa assurda è che ti avrei perdonato tutto, Eric, tutto... Gli inganni, la sofferenza, il modo in cui mi hai sfruttata...»

«Ma non il fatto che sono sposato?»

«No Eric, anche quello.» Gli rivolgo un sorriso triste. «Ecco perchè credo di essermi innamorata di te.»

 


 

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25.
Confessioni


 


 

 

«Non puoi farlo, Christina.»
«Fare cosa?»
«Innamorarti di uno come me.»
Tiro un lungo, lento sospiro. Sto per perdere la pazienza. Sì, perchè, se tra le labbra di un altro uomo (di qualsiasi altro uomo) una frase del genere sarebbe potuta apparire dolce, forse anche disperata, il tono arrogante con il quale l'ha pronunciata Eric mi provoca un un senso di disprezzo.
Per questo non è facile stargli accanto e per questo non posso che trovarmi assolutamente daccordo con lui.
Sono innamorata di Eric, questo l'ho capito, ma non riesco ancora a comprendere quale sadico e folle meccanismo mentale mi abbia spinto a questo punto.
«Sai una cosa Eric? Hai ragione, solo una pazza potrebbe innamorarsi di te.» Sorrido, sprezzante.
«Infatti tu sei pazza.» Continua lui, con fare borioso.
«Ma tu guarda da che pulpito! Adesso sarei io la pazza? Tu...» Gli punto un dito tremante contro il petto. «Tu dai della pazza a me. Proprio tu che soffri di manie da protagonismo! Tu, il sadico, maniaco e degenerato capofazione che si diverte a terrorizzare dei ragazzini. Il...»
«Vogliamo parlare di te? Sapresti dirmi cosa hai mangiato a pranzo o te ne sei già dimentica?»
«Questo...» Assottiglio lo sguardo, «questo era un colpo basso.»
«Hai iniziato tu!» Sbraita Eric, come se tornare a litigare come dei bambini di cinque anni potesse migliorare la situazione.
Per la rabbia, gli sferro un pugno sul petto, poi un altro e un altro ancora.
«No! Hai iniziato tu, hai iniziato tu!»
Eric mi afferra dai gomiti entrambe le braccia e mi stringe a sè.
Il tepore della sua pelle, il profumo di bosco e di proibito che emana, la sua fermezza... Tutto questo mi spinge a smettere di lottare e ad abbandonarmi tra le sue braccia. Perdermi in lui è quello che faccio sempre, spesso controvoglia, ma che mi risulta necessario.
«Abbiamo iniziato entrambi...» Volevo che fosse una domanda ma mi uscì più come un'affermazione.
«La prima volta che ti ho vista eri solo un'altra stupida inziata che osava sfidarmi mantenendo alto lo sguardo...» Racconta in un sussurro. «Ed io ero solo uno stronzo che voleva avere sempre tutto sotto controllo. Ma sono anche il tuo Capofazione quindi potevi concedermelo, di abbassare la testa di tanto in tanto. Quindi sì, credo che abbiamo iniziato entrambi...»
«Era inevitabile...»
«Era come doveva andare...»
Non so perchè lo faccio. Non so perchè continuo a litigarci per poi fare pace. E non so perchè continuo a farmi del male sperando che Eric possa essere cambiato, che possa essere cambiato per me. Ancora tra le sue braccia, sollevo il capo per guardarlo negli occhi. La domanda che sto per fargli è importante, e dato che molto probabilmente sceglierà di non rispondermi, voglio almeno captare qualcosa dal suo sguardo. Ansia, agitazione, o magari un pizzico di apprensione.
«Perchè?»
Nei suoi occhi di ghiaccio appare un velocissimo guizzo e, senza nessuna sorpresa, dopo un pò mi rassegno a non ricevere alcuna risposta. Quando ecco che Eric schiude le labbra per parlare.
«Perchè nonostante tutto non puoi innamorarti di me, è questo che intendi vero?»
Un solo e lento movimento del capo.
Sì, è questo che intendo.
«Perchè nonostante tu sia la ragazza più forte e coraggiosa che io abbia mai conosciuto, e sto tralasciando apposta altri aggettivi...»
«Imprudente, acida, sgarbata, logorroica...»
«...E nonostante credo fermamente che potrei innamorarmi di te...»
A questa confessione sgrano gli occhi, scioccata. Sul suo volto compare uno strano sorriso imbarazzato, poi continua.
«Non posso illudermi che tu sia sincera, quando affermi che è amore quello che provi nei miei confronti.»
«Te lo ripeto un'ultima volta: perchè!?»
«Perchè anche se fai di tutto per nasconderlo, hai ancora paura di me. Ed io non conosco nessuno che provi contemporaneamente paura e amore per la stessa persona. Sarebbe assurdo.»
«Ma io sono pazza, ricordi?»
«Non fino a questo punto.»
Detto questo mi scosta da lui e si allontana, inoltrandosi in uno dei numerosi e contorti corridoi bui del nostro quartier generale.
Inizio a riflettere su ciò che ci siamo appena detti. Io ho paura di Eric? Credo proprio di sì.
Nonostante provi desiderio e affetto nei suoi confronti, è innegabile che ci siano anche dei momenti in cui il suo sguardo mi terrorizza ancora. Ho paura di ciò che ha dimostrato di poter fare. Di ciò che potrebbe fare tuttora. La simulazione di qualche giorno fa me lo ha confermato.
Ma allora...
«Aspetta!» Lo chiamo prima che scompaia dalla mia vista. «Come...»
Eric si blocca un attimo, gira appena il volto e mi lancia uno sguardo di scherno.
«Io posso entrare nella tua mente quando mi pare e piace, Candida.»
Lo lascio andare mentre formulo un pensiero: Eric ha controllato la mia simulazione. E lo farà ancora. Quindi come dovrei comportarmi quando comparirà la mia paura più grande? E come si comporterà lui quando verrà a sapere che sono stata violentata? E quando verrà a sapere chi è stato?

 

*

 

Mi siedo a gambe incrociate sulla mia brandina, poi mi faccio coraggio e mi rivolgo a Tris e Fiamma.
«Sedetevi, voglio dirvi una cosa.»
Tris si avvicina subito al letto e silenziosamente si siede, assumendo una postura composta. Una lunga treccia bionda le scende da una spalla e dalla punta cade regolarmente una goccia d'acqua. Fiamma invece rimane in piedi, con le gambe leggermente divaricate e le mani sui fianchi. L'atteggiamento tipico di una vera Intredipida. Senza proferir parola, ma solo con il linguaggio del corpo, riesce a trasmetterti ciò che pensa. Adesso per esempio è impostata su «certo, forse mi siedo, ma non perchè me lo hai comandato e solo se ritengo che ci sia un buon motivo per farlo».
Ho due care amiche. E sono l'una l'opposto dell'altra.
É quasi l'ora di pranzo, io Tris e Fiamma siamo appena tornate nei dormitori dalla palestra e oggi pomeriggio ci aspetta un'altra seduta di simulazioni. Di regola Fiamma avrebbe un appartamento e una doccia tutta sua, ma dice che stare con noi le fa ricordare la sua iniziazione e le dona qualche anno di giovinezza.
«Allora,» mi esorta Fiamma. «Vuoi dirci cos'hai oppure dobbiamo farti uscire a forza le parole?»
«Calma, non c'è fretta.» Tris appoggia delicatamente una mano sulla mia spalla. «Siamo qui, Chris. Quando ti senti pronta noi siamo qui e ti ascoltiamo.»
«Sì, sì, siamo qui bambola. Adesso parla, sono curiosa!»
«Ehmmm...» Cerco di trovare le parole.
Tris continua a guardarmi con pazienza, abbozzando un sorriso.
«Parlarne ti farà bene.» Dice. Ed io le credo.
Per tutta la mattinata, tra un attrezzo e l'altro, mi frullava in testa questa idea di confidarmi con loro e penso che questo sia il momento giusto.
«Mi farà bene.» Dico in un sussurro.
Poi incomincio a raccontare loro la mia storia, stando bene attenta a non alzare troppo la voce. Le racconto di essermi innamorata di un ragazzo, tralasciando ovviamente che si tratta di Eric. E tralasciando molti particolari che potrebbero indurre a pensare al nostro Capofazione: tatuaggi, posizione sociale, atteggiamenti tipici... Le racconto di come all'inizio non riuscivo a farmelo trovare simpatico e di come, pian piano, lui ha conquistato il mio cuore. Non è il prototipo del principe azzurro, dico loro, ma è perfetto per me.
«Con lui mi sento libera, mi sento me stessa...»
«É meraviglioso Christina...» Commenta timidamente Tris.
Ma a Fiamma non sfugge nulla, l'ho imparato in fretta. Continua a guardarmi con una scintilla di sospetto negli occhi. Per un attimo temo che abbia capito che si tratta di Eric, ma è una paura passeggera perchè ha in mente un altro pensiero.
«Okei, il problema invece qual'è?»
Tris le rivolge uno sguardo interrogativo.
«É bello come un dio greco, dolce solo con lei, forte e bla bla bla...» Continua la rossa. «Ma da come Chris ce la sta raccontando non è tutto oro ciò che luccica. Dico bene?»
«É sposato...» Confesso allora.
Tris incomincia a tossire in maiera convulsa. Evidentemente le è andata un pò di saliva di traverso. Fiamma invece non ha nessuna reazione. Dopo qualche secondo però si siede tra di noi.
«Capita...» Mi guarda con un misto di comprensione e tristezza negli occhi.
Tris fa capolino dalla spalla di Fiamma.
«Come... Cioè voglio dire, come è successo?»
«Lui l'ha sedotta, le ha fatto vedere che gran bel pezzo di manzo le stava di fronte e che cosa avrebbe perso nel caso se lo fosse lasciato scappare...» Dice Fiamma. «Lei d'altra parte come avrebbe potuto resistergli. Si è lasciata sedurre, se n'è innamorata, e gli ha permesso di giocare con i suoi sentimenti. Lui la riempiva di parole e solo e soltanto di quelle. Sei speciale, non ho mai conosciuto una come te e altre cazzate del genere. Però non le ha mai dimostrato quanto realmente ci tenesse a lei e se dovevano andare... Bhè sì, se dovevano fare l'amore avveniva tutto in gran segreto. Stai con me ma non farti mai vedere con me. E chissà per quale strano motivo... Quante volte te lo sarai chiesta, eh? Poi però l'hai capito. Il motivo aveva un bel paio di gambe e due occhioni grandi grandi...»
Si volta verso Tris. «É così che è successo, zuccherino mio.»
Per tutto il tempo io sono rimasta a bocca aperta. Ha descritto la mia storia con Eric alla perfezione, aggiungendo anche descrizioni che mai mi sarei sognata di raccontare e, solo al termine del racconto, comprendo tutto.
«É capitato anche a te...»Affermo.
«Te l'ho detto, capita.» Sorride, nonostante tutto. «Non l'hai voluto tu e, se è davvero innamorato come sostiene, non l'ha voluto neanche lui. Ma ricordati sempre una cosa: se qualcuno è colpevole in tutto questo quel colpevole non sei tu. Mai, mai, pensare che è stata colpa tua.»
«Io non penso che sia stata colpa mia....»
«Lo fai adesso ma, credimi, se ti capiterà mai di parlare con sua moglie, lei farà di tutto per farti sentire un verme. I loro mariti tentatori non hanno mai colpa, questo è certo.»
Annuisco.
«Grazie, grazie ad entrambe.» Cerco di sorridere anch'io. «Avevi ragione tu, Tris, parlarne mi ha tolto un peso dallo stomaco.»
«Ma c'è una cosa che ancora non mi è chiara...» Tris inizia a sciogliersi la treccia, lentamente. «Ci si sposa anche tra gli Intrepidi? Non ne ho mai sentito parlare.»
«I matrimoni Intrepidi esistono e sono molto molto esclusivi.» Dice una voce alla nostra destra, sorprendendoci tutte e tre. Quando mi volto, reprimo a stento un sussulto. É Will. «Forse è per questo che non ne hai mai sentito parlare.»
Tris scatta in piedi, agitata. Nascondere le proprie emozioni riesce meglio a me, a quanto pare.
«Da quanto tempo eri qui?» Strilla.
«Parlavate dei vostri inconfessabili segreti?» Dice Will, sfoggiando il più candido e bello dei sorrisi.
«Io credevo che i matrimoni fossero uguali in tutte le fazioni.» Si introduce Fiamma, con tutta la calma possibile (forse per non rivelare niente a Will). «Ovvero...»
A questo punto ci ritroviamo a parlare tutti insieme.
Io dico: «si compilano centinaia di scartoffie e alla fine ci si stringe la mano.»
Tris afferma con sicurezza: «organizzando una festa di beneficienza.»
E Fiamma termina la frase: «con due testimoni e il lancio nel vuoto.»
Will invece ci guarda per un attimo stupefatto, dopodichè scoppia in una risata cristallina.
«Bhè, tra gli Eruditi si recita insieme un trattato di 5 pagine.» Si gratta il naso. «A memoria.»
«Oddio, dici sul serio?» Sbotta Fiamma. «Allora, se fossi stata un'Erudita non sarei mai riuscita a sposarmi.»
«Se fossi stata un'Erudita,» dice Will. «Non avresti avuto di questi problemi.»
«Ehi!» Strilla lei mettendosi in piedi, in posizione d'attacco.
Io e tris la prendiamo per i fianchi, mentre Will continua a ridere di cuore.
«Non lo fa con cattiveria, Fiamma...» Lo giustifica l'Abnegante.
«É solo arroganza da Erudito.» Lo rimprovero io, con un'occhiataccia.
Il ragazzo si scusa e porge la mano a Fiamma.
«Will. Ex Erudito. Intrepido fra pochi giorni.»
«Fiamma.» Si presenta lei, stringendogli la mano forse con fin troppa forza. «Intrepida dal primo vagito.»
Ridiamo tutti, adesso. Sì, adesso mi sento meglio. Ho ancora mille dubbi e altrettante incertezze. Su Eric, su sua moglie, sul mio ruolo in tutto questo... E sul mio futuro. Ma mi sento un pò più forte di ieri e domani sarò un pò più forte di oggi. E se ho degli amici come loro sono pronta ad affrontare qualsiasi cosa. Anche una moglie incazzata.

 

Siamo nella sala d'attesa. Quella dove attendiamo pazientemente di affrontare il secondo modulo. «Va avanti così da settimane,» sussurra Tris, seduta al mio fianco «ma quando finirà?»
«Quando saremo pronti.» Dico con calma. Ma dentro di me imperversa una tempesta di emozioni. Adesso so che Eric controlla le mie simulazioni e la cosa mi terrorizza. Perchè lo fa? Cosa vuole scoprire? E se la storia dell'innamoramento è solo una farsa, una scusa per avvicinarsi a me? Non posso escluderlo, ma non riesco a capire quale sia lo scopo. Io sono solo una sedicenne, un'iniziata. Completamente innocua. Oppure no. Infondo io sono la causa del perchè adesso Edward ha solo un occhio azzurro. E sempre a causa mia lui adesso è un escluso. É forse per questo che mi controlla? Gli hanno chiesto di indagare ed ha intuito che in qualche modo c'entrassi io?
Ecco spiegate tutte quelle domande sulle mie amnesie...
All'improvviso, tutti i miei compagni si scambiano degli sguardi allarmati e Tris mi dà una leggera gomitata sul braccio. Mi ridesto subito, giusto in tempo per scorgere Eric attraversare di fretta la sala ed aprire la stanza delle simulazioni. Ne esce subito un Quattro molto, molto infastidito. Dopo qualche silenzioso scambio di battute, e una rapida occhiata sulla cartellina che contiene i nomi di tutti gli iniziati, il nostro istruttore si schiarsce la gola e si rivolge a noi.
«Eric ha intenzione di assistere ad alcune simulazioni. Per voi non cambia assolutamente nulla. Rilassatevi e affrontate le paure come avete sempre fatto.»
Poi si guarda attorno e, quando lo sguardo si ferma su di me, mi assale un forte senso di ansia. Deglutisco.
«Sei la prossima Christina.»
E chissà per quale strana coincidenza.
Mi metto in piedi e aspetto che Molly esca dalla stanza. Ha le guance rigate di lacrime e trema come una foglia. Quattro le dice qualcosa all'orecchio e lei annuisce appena. Poi mi accarezza una spalla per condurmi nella stanza. Quando passiamo davanti ad Eric, lui gli fa scostare la mano con uno schiaffo.
«Sei troppo buono con questi mocciosi.» Afferma con disprezzo.
Dopodichè entra nella stanza anche lui.
«Non chiudi la porta?» Chiede Quattro, mentre prepara il siero.
«Lo farò quando sarai uscito.»
«Va bene,» gli concede. «Ci pensi tu a lei?»
«Ci penso io a lei.» Dice Eric senza far trapelare nessuna emozione.
Quando Quattro esce dalla stanza, Eric richiude la porta e si rivolge a me.
«Pronta per sapere tutto sul mio matrimonio?»
Sento una scossa percorrermi tutto il corpo poi ricambio con determinazione lo sguardo.
«Non sono pronta.» Affermo. «Ma finalmente avrò qualche spiegazione anch'io.»

 


 


 


 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.

 

In tante mi avete chiesto se avrei mai aggiornato... Bhè, ecco qui. Quanto tempo è passato? Tanto, troppo! E mi siete mancate anche voi, con i vostri commenti divertenti, i vostri messaggi e le vostre recensioni. Chiedere scusa per il madornale ritardo non serivirà a niente e non posso permettermi di giurarvi che i prossimi aggiornamenti saranno più rapidi.  Ma questo è un pò più lungo degli altri, almeno questo volevo concedervelo. Ringrazio tutte coloro che hanno letto i primi 24 capitoli e tutte coloro che continueranno a farlo... Grazie, grazie di cuore! ♥ E se siete in spiaggia, sdraiate su un lettino o sul telo, oppure chiuse in casa con l'aria condizionata, sareste così gentili da farmi capire, con una recensione, che cosa ne pensate della storia fino ad ora? ^.^
Alla prossima, sperando che sia fra pochissimo!!!


Nella prossima puntata:
[...] la vedo, bella, altezzosa, sprezzante di tutti coloro che stanno respirando sotto di lei. Ha le mani appoggiate sul parapetto riservato ai Capifazione e guarda in basso mantenendo alta la fronte.
«Tua moglie...» Affermo dopo aver represso il nodo alla gola che mi si era formato alla sua vista.
«Kaimy...» Lo sento gemere.
Ecco come si chiama. E d'un tratto, terribile ma allo stesso tempo rivelatrice, mi assale una vivida consapevolezza.
Se non ne parlo non è vero. Ma non avrebbe senso. Ed io ho finito di farmi stupide illusioni.
«Ne sei innamorato.»

E questo è tutto gente! MM

 

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Capitolo 26
*** Castello di carte ***


Quando Quattro esce dalla stanza, Eric richiude la porta e si rivolge a me.
«Pronta per sapere tutto sul mio matrimonio?»

Sento una scossa percorrermi tutto il corpo poi ricambio con determinazione lo sguardo.
«Non sono pronta.» Affermo. «Ma finalmente avrò qualche spiegazione anch'io.»

 


 

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26.
Castello di carte


 


 

 

Impassibile, Eric prende dalla tasca dei pantaloni un siero color ambra.
«Aspetta... Io credevo che volessi solo parlare...»

«Potrei farlo,» si avvicina a me «ma credo che con questo ci sbrigheremo prima.»
«Io... Io non voglio Eric! Non puoi costringermi!»
«Zitta, non strillare!» Mi rimprovera mentre si accomoda sulla poltrona. «Non è un siero che controlla le paure, questo.»
«Allora...» Mi avvicino a lui, guardinga. «Cos'è?»
«Hai detto che volevi delle spiegazioni, no? Allora vieni qui.» Eric fa dondolare la boccetta tra due dita. «Non bisogna neanche iniettarlo, basta berne pochi sorsi.»
«Non ho mai visto niente del genere prima d'ora.» Mi avvicino un altro pò. «Nuova trovata degli Eruditi?»
«A dir la verità l'ho ideato e creato io...»
Spalanco gli occhi, un pò sorpresa. A volte dimentico da dove proviene e le capacità intellettuali che possiede. É quello che accade quando madre natura decide di far nascere un prodigio in un corpo altrettanto prodigioso.
«E?» Lo incalzo.
«Ti spiego il resto se ti decidi a venire qui e a metterti comoda comoda sulle mie gambe.» Con la mano libera si dà delle pacche sulla coscia. «Come quella notte del Guardie e Ladri, nel tunnel. Ricordi?»

Certo che ricordo, come potrei non farlo? Al solo pensiero sento il viso avvampare in maniera incontrollabile. Quella volta ci addormentammo abbracciati. Io avevo delle manette e le braccia intorno al collo di Eric. I nostri visi erano vicini, i nostri profumi si confondevano e io avevo paura dei sentimenti che lentamente stavano nascendo dentro di me, togliendo spazio al rancore che fino ad allora mi divorava.
É stato con l'affiorare di questo ricordo, insieme alla fiducia che avevo riposto in Eric da quel giorno in poi, che mi convinco ad affidarmi ancora una volta a lui.
Mi faccio aiutare mentre salgo sulla poltrona, poi mi sistemo meglio tra le gambe di Eric e afferro la boccetta. Mando giù tre sorsi prima che potessi cambiare idea. Il liquido è freddo e dal sapore dolciastro. Punto i miei occhi in quelli di Eric. Vorrei trovarci comprensione o gentilezza o qualsiasi altro segnale che possa indurmi a pensare «posso fidarmi di lui, non mi farebbe mai del male, posso fidarmi di lui», ma scorgo solo un'implacabile freddezza. Alla fine credo che Eric sia fatto semplicemente così.
«La nota dolce del siero è data da una proteina che stimola l'ippocampo,» spiega afferrando la boccetta per berne il resto del contenuto. «É la sede del nostro cervello in cui vengono elaborati i ricordi.»
«Quanto ci vorrà?» Chiedo mentre Eric sistema degli elettrodi alle tempie di entrambi.
«Pochi minuti, adesso rilassati.»
Faccio come dice, così mi sdraio con la schiena contro il suo corpo. Eric mi cinge il busto con le sue braccia enormi. Ha il respiro affannato.
«Eric?» Lo chiamo mentre attendiamo che il siero faccia effetto.
«Mh?»
«É così che hai scoperto che ho ancora paura di te, vero? Hai spiato le mie simulazioni.»
«Mh.»
«Io... Io non credo sia stato corretto, da parte tua, ma non posso neanche biasimarti.» Le palpebre iniziano a farsi pesanti. E non riesco a reprimere un paio di sbadigli. «Se avessi avuto io la possibilità di poter entrare nella tua mente...»
Quando credo di essermi addormentata, gli occhi si riaprono lentamente.
«Eric?»
«Mh?»
«É questa la ragione del tuo allontanamento? Io... Io in qualche modo ti ho deluso?»
Eric tira un lungo sospiro così decido di non insistere. E poi mi sento così stanca che le labbra faticano a muoversi.
Sento qualcosa...

«Questo odore...»

Che strano.

«Sembra...»

Cioccolato. É uno degli ingredienti principali della fetta di torta che sta mangiando il ragazzo davanti a me. Siamo nella mensa degli Intrepidi e non riconosco nessuno. Mi guardo intorno, allibita.
«Come... Do...?»

«Il primo ricordo che ho di lei.» Mi volto di scatto verso Eric, che sembra essere comparso dal nulla. «Credo che sia meglio partire dall'inizio.»
«Siamo nella tua testa?»
«Siamo in una parte della mia testa.»
«E tu puoi controllarla? Voglio dire...»
«In un certo senso.» Mi rivolge un sorriso privo di sentimento. «Posso esplorare vari ricordi, ma devo concentrarmi molto per poterlo fare.»
Ecco perchè mi rispondeva a monosillabi. Cercava di focalizzarsi sulla simulazione. Quindi deduco che al minimo calo di concentrazione tutto questo potrebbe svanire come una bolla di sapone. La proiezione della mensa, la gente in movimento, il brusio confuso...
All'improvviso, nella folla scorgo un viso familiare. Ha i capelli molto più corti e meno tatuaggi sulla pelle, ma conserva l'espressione strafottente di sempre.
«Fiamma!?» Dico ad alta voce, pentendomene subito.
«Sì, e puoi anche gridare. Qui non ti sente nessuno.»
Non mi possono sentire, nè guardare. E mi assale uno strano senso di disagio. Mi sento un'estranea ed è quello che in effetti sono, adesso, nella mente di Eric. Così, istintivamente, gli cingo i fianchi con un braccio. Con mia grande sorpresa, fa lo stesso anche lui. Solo ora mi accorgo di quanto sia teso.
«Tu dove sei?» Chiedo in un sussurro.
«Dove sei tu, Christina. E dove sono io. Stiamo guardando attraverso i miei occhi.»
Forse è per questo che, senza alcun motivo, sento l'irrefrenabile bisogno di sollevare il capo. É così che la vedo, bella, altezzosa, sprezzante di tutti coloro che stanno respirando sotto di lei. Ha le mani appoggiate sul parapetto riservato ai Capifazione e guarda in basso mantenendo alta la fronte.
«Tua moglie...» Affermo dopo aver represso il nodo alla gola che mi si era formato alla sua vista.
«Kaimy...» Lo sento gemere.
Ecco come si chiama. E d'un tratto, terribile ma allo stesso tempo rivelatrice, mi assale una vivida consapevolezza.
Se non ne parlo non è vero. Ma non avrebbe senso. Ed io ho finito di farmi stupide illusioni.
«Ne sei innamorato.»
«Non ti risponderò adesso. È ancora troppo presto, e non capiresti.»
Detto questo si scosta da me e incomincia a camminare verso l'uscita. Guardo un'ultima volta su, in direzione di Kaimy, ma lei non c'è più.
Forse era andata via, o forse il ricordo di Eric finiva così.
Accellero il passo per affiancarlo, ma non serve, perchè davanti a noi lo scenario cambia e adesso, anche se non riesco ancora a vederla, so che ci troviamo nella palestra. Me ne accorgo subito dall'odore di muffa e di sudore che contraddistingue questa parte della struttura. Poi ecco che pian piano si fanno più recettivi tutti gli altri sensi e oltre a sentirne l'odore, riesco anche a vederla. E poi a sentire il mormorio degli iniziati e la leggera brezza creata dalle pale installate al soffitto.
«Il siero rielabora i ricordi attraverso le sensazioni olfattive, dico bene?»
«Dici bene,» conferma Eric rivolgendomi un sorriso divertito. «Sei intelligente per essere una Candida.»
«É proprio vero che uno stronzo non si smentisce mai.» Borbotto dopo avergli rivolto un'occhiataccia.
«Sssh. Sta' a sentire.» Mi riprende lui mentre nella palestra entrano dei ragazzi.
Li riconosco quasi tutti, anche se adesso mi sembrano più giovani di come li ricordavo. E, con meraviglia, mi ritrovo davanti il mio istruttore, Quattro. Ma questa versione di Quattro è così esile e insignificante che mi viene da ridere.
Questo è il gruppo con il quale Eric ha affrontato l'iniziazione, due anni fa, ma non sapevo che Quattro fosse un transfazione.
«Rigido,» conferma Eric, intercettando la mia meraviglia. «Non lo sapevi?»
Scuoto il capo. Poi rivolgo di nuovo lo sguardo verso la porta perchè sta entrando Kaimy. So che tutti i ricordi che Eric vuole mostrarmi riguardano lei, ma ogni volta che entra in scena mi vengono i brividi. É così altezzosa e arrogante che al suo confronto Eric sembra un angioletto. E, amaramente, mi rendo conto che in effetti dovevano formare una coppia perfetta.
La stessa cosa deve averla pensata Eric.
Eric che adesso mi sta a fianco, ritto, con le braccia incrociate sul petto. Vuole mostrarsi impassibile, ma cosa sta provando realmente? Quali emozioni scaturiscono in lui quando rivede sua moglie, quando ripercorre i momenti che hanno passato insieme?
Ancora una volta mi sento un'estranea e la sensazione non mi piace affatto.
Io non dovrei essere qui, ma voglio anche sapere.
Ed Eric deve aver captato il mio disagio perchè, all'improvviso, fa scivolare le mani lungo i fianchi e poi, lentamente, ne avvicina una alla mia e la stringe.
Una sensazione di calore si diffonde dalla mano che Eric stra stringendo, irradiandosi in tutto il corpo. Gli rivolgo uno sguardo timido e lui ricambia corrucciando il suo.
In un primo momento ho creduto volesse rimproverarmi, ma non è così. Quello era il suo modo per infondermi coraggio e, ne sono sicura, per farsi un pò di coraggio lui stesso.
Quando Kaimy inizia a parlare, le occhiate sprezzanti che rivolge agli iniziati non fanno altro che avvalorare la scarsa opinione che avevo di lei.
«Salve, transfazione. Piacere di fare la vostra conoscenza.» Dice in tono tutt'altro che accomodante, tanto da farti pensare che in realtà non fosse affatto felice di conoscerli. «Mi chiamo Kaimy, ma dato che nella mia fazione si rispettano le differenze d'età, preferirei che mi chiamaste Miss Kaimy, o anche solo Miss, fate voi.»
Nella mia fazione? Differenze d'età?
Guardo Eric, perplessa.
Lui si abbassa leggermente, avvicinando le labbra al mio orecchio.
«In questo ricordo aveva concluso l'iniziazione un anno prima.» Sussurra, nonostante non ci possa sentire nessuno. «L'iniziazione degli Eruditi.»
Quindi è un anno più grande di Eric, e tre anni più grande di me. Inoltre credevo che fosse un'Intrepida, altrimenti, cosa ci faceva alla festa l'altra sera? Rivolgo nuovamente lo sguardo verso Kaimy, che sta continuando il pomposo discorso.
«...modifiche essenziali delle simulazioni. Perciò rimarrò qui con lo scopo di supervisionare la vostra iniziazione, focalizzandomi soprattutto sul secondo modulo di addestramento. Adesso lascerò la parola ad Amar. Vi ringrazio per l'attenzione.»
Chiara. Diretta. Concisa.
«É proprio un'Erudita.» Mi scappa.
Mi giro lentamente verso Eric, mimando con le labbra un «scusa», ma lui mi stava già sorridendo, divertito. La mia mano ancora stretta nella sua. Basta questo a farmi sentire più sicura.

 

*

 

Quando lo scenario cambia ancora, Eric mi afferra le spalle e mi guarda dritto negli occhi.
«Ora ascolta Christina,» mi sembra preoccupato. «Da adesso in poi i ricordi verranno presentati diversamente, in modo tale che tu possa comprendere meglio. Io non ci sarò, o meglio, mi vedrai ma non sarò io.»

«Vedrò una tua proiezione...» Cerco di capire.
«Esattamente, quindi non ti preoccupare.»
«Tranquillo, ce la faccio.»
«Bene,» lascia cadere le braccia lungo i fianchi e scosta lo sguardo. «Bene.»
«Eric?»
«Mh?»

Di nuovo quel «mh». Forse se ne è andato già, anche se è ancora di fronte a me.
«Mi sei mancato.» Confesso allora con impeto.
Eric solleva il capo e inizia a fissarmi. Io sono pietrificata.
Forse non dovevo dirglielo.
Mentre ci penso, Eric si trasforma davanti ai miei occhi. Allibita, mi accorgo di come siano spariti i piercing e i tatuaggi, tutto d'un tratto. I capelli biondi, con quel taglio strano e accattivante, in un attimo assumono un aspetto più formale e ordinato. Il tempo di un battito di ciglia, e da sotto la t-shirt non si intravedono più neanche i muscoli possenti e ben definiti.
Ma il cambiamento più grande lo si avverte nei lineamenti del volto. Non dico che adesso mi sembrano dolci, ma sicuramente molto meno duri, più distesi.
E i suoi occhi di ghiaccio sono fissi su di me, ma non mi stanno guardando.
Adesso sì che mi sento davvero sola.
Perchè anche se questo Eric sembra più ragionevole e docile, rimane il fatto che non è il mio Eric.
Il mio Eric è orgoglioso, strafottente, prepotente e politicamente scorretto.
Il mio Eric è odioso, ma non lo cambierei con nessuno e di certo non con una sua versione più giovane.
Il mio Eric sta rischiando di essere scoperto a utilizzare un siero «sperimentale» su di una iniziata, ma non gli interessa, perchè vuole che io capisca la natura del rapporto che c'è tra lui e sua moglie.
Il mio Eric mi ama, anche se non vuole ammetterlo, ed io amo lui.
E mi manca, ecco perchè sentivo l'urgenza di dirglielo.
Ma lui non mi ha sentito. Era già andato via per lasciare il posto a quest altro Eric. A questo Eric che può sembrare sempre lui, apparentemente, ma che a me appare come un perfetto sconosciuto.
Una voce alle mie spalle, ferma e decisa, mi scuote da tutti questi pensieri.
«Walker...»
Mi volto, lentamente.
Non sono sorpresa di vedere Kaimy, seduta ad una scrivania con la solita aria arcigna, ma di venire a conoscenza di qualcosa di nuovo. Il nome completo dell'uomo che ho appena rivelato a me stessa di amare.
«Eric Adam Walker,» continua la donna. «Transfazione Erudito. So che a scuola eri il primo della classe.»
«Lo ero.» Conferma questo nuovo Eric.
«E in questa fazione sarai in grado di fare lo stesso?» Lo provoca.
«Sono sempre il primo,» ringhia il ragazzo, serrando di tanto in tanto la mascella come un mastino pronto ad attaccare. «In qualsiasi cosa faccia e in qualsiasi fazione mi trovi.»
«Proprio come un Divergente...» Riprende lei, con tono allusivo.
Alla parola Divergente mi viene un colpo. So che i Divergenti sono una minaccia, degli ordigni esplosivi che mettono in pericolo la nostra società. No, Eric non può essere uno di loro. Non voglio credere che sia vero... Guardo lui, attendendo una sua risposta che tarda ad arrivare, come sempre. Prima di aprire bocca ci pensa sempre sù. Raramente l'ho sentito parlare con impeto.
«I Divergenti sono degli insetti.» Afferma infine Eric. «Ed io potrei essere paragonato ad altri esseri viventi del regno animale, sicuramente, ma di certo non ad un insetto. Non è affatto semplice schiacciarmi.»
«Lo so, Walker.» Dice Kaimy tamburellando le unghie affilate sul ripiano di legno, pensierosa. «Io infatti sono qui solo per te
Seguo lo scambio di battute voltando di volta in volta il capo. Potrei allontanarmi per avere un quadro completo della situazione e osservare contemporaneamente le reazioni di entrambi. Ma sono attanagliata dalla stupida convinzione che in qualche modo potrei influenzare Eric, frappormi tra lui e Kaimy per ridurre al minimo i possibili contatti tra i due.
Insensata gelosia.
Mi sta divorando dentro e non mi permette di ragionare lucidamente. Ma quando inizio a far girare di nuovo le rotelle nel cervello, mi sento peggio di prima. Già, perchè se fino a un momento prima potevo pensare: «non fare la stupida, stanno solo parlando», adesso mi rendo conto pienamente di quello che sta accadendo.
Questo è un ricordo. Tutto ciò che vedo è accaduto realmente.
E se da un lato spero con tutto il cuore che la proiezione mi risparmi altri ricordi (quelli più romantici, ricordi che in qualche modo ho vissuto anch'io), c'è un'altra parte di me, masochista non c'è che dire, che vuole vedere.
«Non sapevo di avere una spasimante.» Ribatte Eric, con un ghigno. È il suo solito ghigno strafottente, ma allo stesso tempo è anche diverso. «E hai messo su tutta quella storia della supervisione solo per passare un pò di tempo con me?»
Kaimy gli rivolge uno sguardo glaciale.
E io che credevo alla storia che alle ragazze innamorate si formassero gli occhi a cuoricino.
«Smettila di fare il coglione e siediti.» Ordina.
Accade tutto in un attimo: Eric si fionda sulla scrivania e la ribalta completamente da un lato. Questa fa un breve volo per poi toccare con violenza il pavimento.
La donna intanto non ha battuto ciglio, rimanendo perfettamente immobile. Lo sguardo fisso su Eric, le mani conserte in grembo.
«Voglio spiegarti una cosa, Miss Kaimy,» sibila lui accostando vicinissimi i loro visi, e pronunciando il nome della donna con una certa nota derisoria. «Qui, nel caso non te ne fossi ancora accorta, siamo tra gli Intrepidi. E qui non ci sono cagnolini ammaestrati. Non permetterti mai più di darmi ordini.»
«Credevo che gli Intrepidi fossero dei soldati.» La voce di Kaimy è monocorde, il suo viso privo di qualunque espressione. «E i soldati eseguono ordini.»
«Non gli ordini di chiunque.» Detto questo si scosta da lei e va verso la porta, ma non esce dalla stanza, perchè Kaimy dice qualcos'altro. E questa vota la voce assume un tono autoritario.
«Parlo a nome di Jeanine Matthews, da lei prendi ordini invece?»
Eric rimane pietrificato. A quel punto scompare e sento un'altra voce, un pò più profonda.
«Mi aveva fregato. Riusciva a fregarmi sempre, quando avevo ancora sedici anni.»
«Eric!» Non appena lo scorgo, in un angolo buio, corro da lui e gli cingo il collo con le braccia.
Sì mi era mancato proprio tanto.
Lui ricambia l'abbraccio, poi fissa lo sguardo sulla figura di Kaimy. Quando ha ribaltato la scrivania deve averla ferita, perchè da un taglio sulla gamba le scende un rivolo di sangue. È completamente immobile, seduta con la schiena dritta e le labbra a formare una linea orizzontale. Bella e senza cuore. Si avvicina a lei e in me torna a farsi più viva che mai la gelosia.
«Le ho detto che gli Intrepidi non sono cagnolini ammaestrati. Ma quando lo dissi non appartenevo a questa fazione, non ancora. E io lo ero, Christina.» Si volta verso di me e per la prima volta scorgo qualcosa di diverso nei suoi occhi. Sono più luminosi, più lucidi. «Ero un cane. E Jeanine era la mia padrona.»
«Smettila, non dire così.» Vorrei confortarlo ma non so se con Eric sia possibile, una cosa del genere.
«Ho progettato il siero sui ricordi che ho di Kaimy, ma se potessi farti vedere...» Si tira indietro i capelli. «Lo penseresti anche tu. Ho cambiato fazione perchè sentivo di essere un Intrepido. E la simulazione lo confermò. Ma non era l'unico motivo. Io volevo scappare da Jeanine. Sì, scappare con la coda fra le gambe. Ero stanco di essere controllato e soggiogato di continuo. Ma non è servito a nulla. Sai chi è lei? Sai il vero motivo per cui si trova qui?»
Senza smettere di guardarmi, punta un dito verso il ricordo immobile di Kaimy.
«Mi disse che ero stato scelto per una missione. E che lei era stata mandata per fare da tramite tra me e gli Eruditi. Ma non era vero. Jeanine mi spiegò tutto il giorno dopo la scena alla quale hai appena assistito.» Il viso si deformò in un sorriso amaro. «Ti rendi conto? La grandissima Jeanine Matthews ha spostato il culo dalla sua comoda poltrona per venire a chiarire a me, il suo fedele cagnolino, quanto stava accadendo.»
Vorrei dire qualcosa ma dalle labbra mi esce solo un sommesso brontolio.
«Kaimy è un'infiltrata. È lei che serve alla fazione di Jeanine. È lei che fra poco dovrà...» Si schiarisce la gola. Forse stava dicendo qualcosa che non poteva rivelarmi. «Quella del lavoro di supervisione era solo una cazzata. E una volta terminata la nostra iniziazione, lei non aveva più motivo di stare qui. Ma doveva stare in questa fazione, altrimenti i progetti di Jeanine sarebbero andati in fumo. E allora come fare? Vedi, c'è solo un modo per rendere legalmente accettabile il trasferimento di un cittadino in un'altra fazione. E cioè che questa si sposi con un membro riconosciuto e stimato da tutti gli appartenenti a quella fazione...»
«Un Capofazione, in pratica.» Intervengo, e nella mia voce si avverte uno strano tono ansioso.
Ho paura di quello che sta per dirmi. Dove vuole andare a parare?
«Un Capofazione,» conferma lui. «Sì, perchè la cosa diventi anche socialmente accettabile.»
«Okei... Quindi mi stai dicendo che...»
«Che mi ha sposato solo per trasferirsi qui.»
«E tu invece perchè hai sposato lei?»
«Non è ancora chiaro?» Finge di sorridere. «Anche se il mio atteggiamento strafottente poteva farmi sembrare più grande, ero solo un ragazzo di sedici anni. Facevo tutto quello che mi ordinava Jean.»
Jean.
Sbaglio o per descrivere il Capofazione degli Eruditi Eric ha usato un vezzeggiativo?
Nonostante sia ancora un pò stordita da tutte queste confessioni, incomincio a capire che la situazione è più grave di quello che credevo.
Io credevo che Eric avesse costruito il suo «personaggio» sulla determinazione, sulla voglia di riscattarsi o magari di dimostrare qualcosa a chissà chi.
La verità invece è molto più sconvolgente. Perchè Eric ha costruito se stesso su dei pilastri di bugie, su muri di segreti e tetti di falsità.
Ma può una costruzione del genere essere definita stabile?
No. non c'è parola peggiore per poter definire un castello di carte.
Okei Chris, che sia stata tu l'unica cosa vera nella sua vita?
Ma non sono sicura di quello che ho capito.
«Eric, tu e Jeanine...»
Una scintilla attraversa gli occhi di Eric. Sa di aver fatto ciò che in una situazione normale unon andrebbe mai fatto: parlare senza pensare. Che è praticamente ciò che faccio io di continuo.
«Niente, Christina.» Mi fulmina con gli occhi. «Qualsiasi sciocchezza ti sia venuta in mente non ha nessuna importanza.»
«Va bene,» dico con le lacrime agli occhi. «Allora andiamo avanti.»

 

Mi farai vedere anche il tuo matrimonio Eric?

E come te la sei portata a letto?

Mi farai vedere come vi siete lasciati?

O finalmente soffierai sul castello di carte e mi dirai la verità?

 


 


 


 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.

 

Ciaooooo, rieccomi qui!
Finalmente conosciamo qualcosa di più su questa fantomatica "moglie" di Eric. Come vi sembra? Vi piace? La odiate? La odierete? Forse sì o forse no... E spero proprio di no dato che ha il nome di una mia grandissima "collega". Kaimy_11 ! Fatti sentire e dimmi cosa ne pensi della tua omonima :)
Ah, ovviamente vi invito a passare da lei, se non l'avete già fatto, e a constatare quanto è bono simpatico il suo  Eric! Eh, eh perchè come ci ha tenuto a precisare in questo capitolo Chris, l'Eric di questa fanfic è invece tutto suo! E aggiungerei un giustamente, anche u.u
A prestissimo, lo prometto!

MM

 

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Capitolo 27
*** Pecora Nera ***


Una folata di vento mi scompiglia la frangia, mentre meravigliata mi volto verso Eric.
«E ora dove siamo?»
Eric punta il naso verso il cielo stellato, così ampio e profondo da far paura.
«Volevo solo fartelo vedere.»
«Cosa?»
«Il posto dove sono cresciuto.»

 


 

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27.
Pecora Nera


 


 

 

«Mi piacerebbe portati qui nella realtà, ma non posso...» I suoi occhi si riempiono di amarezza. «Quindi devi accontentarti di questo ricordo, come faccio io.»
«Così tu sei cresciuto qui.» Mi guardo attorno. «Su una fredda e spoglia terrazza. Ecco spiegati molti dei tuoi atteggiamenti rudi e primitivi...»
L'infelice battuta mi costa la solita occhiattaccia di Eric, alla quale si aggiunge anche un leggero buffetto sulla spalla.
«Sei la solita stupida. Io abitavo di sotto, naturalmente.»
«Naturalmente,» gli faccio eco, divertita.
Sono ancora molto turbata per quello che mi aspetta, ma dovrò pur smorzare la tensione in qualche modo. E quale modo migliore se non quello di prendere in giro l'ultima persona al mondo che andrebbe presa in giro?
«Comunque credevo che il siero facesse vedere solo ciò che riguardava Kaimy...» Ci ragiono su. «Vuol dire che vi conoscevate già da piccoli?»
Non sarebbe una cosa insolita, dato che vivevano nella stessa fazione.
«No, ma questo ricordo è legato a lei, in qualche modo...» Si avvicina al basso parapetto e ci si siede sopra, con le gambe a penzoloni nel vuoto. «Che fai, rimani lì in piedi?»
Lo imito, guardando con circospezione quanti metri mi separano dal suolo. Duecento, anzi no, facciamo trecento!
«Anche se dovessi cadere, non ti faresti nulla.» Sghignazza Eric, «è solo un ricordo.»
«Lo so, ma a volte i ricordi possono fare male.»
Non volevo rispondergli con un tono tanto sprezzante, ma stavo pensando al giorno in cui Eric mi costrinse a rimanere avvinghiata alla ringhiera del pozzo. Non lo odio per quello che mi ha fatto, non più. Ma ormai quel momento è rimasto impresso nella mia mente, legandosi a qualcosa di più profondo, di più instintivo. Alla paura. Ed è questa paura a creare ancora un divario tra di noi.
Io però non voglio nessun divario. Eric si sbaglia. Io posso amarlo anche se ho paura. Io... Altrimenti come dovrei interpretare quello che sento per lui?
Gli rimando indietro il buffetto, fingendo che questo gesto non suciti in me una scossa di terrore.
Eric è imprevedibile.
Ma lui ha captato i miei pensieri e così ignora il mio tentativo di stemperare gli animi.
«Non posso che essere d'accordo con te,» ammette.
Poi tra noi cala il silenzio. Osservo i contorni perfetti del suo profilo, l'espressione assorta mentre la mente vaga in chissà quale pensiero.
«Eric,» comincio a dire, impaziente di avere delle risposte che a quanto pare non arrivavano. E non appena apro bocca le parole diventano un fiume in piena, come non mi succedeva ormai da tempo. «Hai detto che mi avresti spiegato tutto, giusto? Allora basta con questi giochetti e dimmi come sono andate le cose! Cosa è successo dopo l'episodio della scrivania? Dopo quanto tempo vi siete sposati? E dopo è nato qualcosa tra di voi? Vi siete mai amati? E se sì, perchè adesso non state più insieme? Io credo sia stata una tua decisione, dato che Kaimy sembra provare ancora qualcosa di forte...»
Mi interrompo solo quando sento la risata roca e sonora di Eric.
«Finito con il terzo grado?»
«Rispondere alle mie domande mi sembra il minimo. Okei assistere dal vivo agli episodi che vi riguardano, ma io voglio avere delle risposte, Eric.»
«Ma non le avrai,» afferma lui con un ghigno sadico. «Non da me, almeno.»
«Come? Allora cosa ci faccio qua?»
«Brava, partiamo proprio da questo. Cosa intendi con qua? Dove pensi di trovarti, esattamente?»
Mi guardo velocemente attorno.
Apro bocca per rispondergli che ci troviamo nel quartiere degli Eruditi, ma quando dalle mie labbra fuoriescono i primi suoni, le parole assumono un significato diverso.
«Nella tua mente.» Affermo.
«Esatto. Quindi approfitta di questa occasione per spegnere il tuo cervello e incominciare a capire come ragiona il mio
Questa prospettiva mi spiazza, perchè non ci avevo pensato.
Tiro un lungo sospiro e chiudo gli occhi, cercando di concentrarmi nonostante mi senta orsservata.
Eric ha detto che Kaimy voleva sposarlo solo per poter rimanere nella fazione degli Intrepidi e continuare il suo lavoro di infiltrata.
E che lui ha accettato solo perchè gli era stato comandato da Jeanine.
Okei, adesso mi rendo conto di quanto fossero state futili tutte le domande che gli avevo rivolto poco prima. Poteva davvero interessarmi quando o come erano state celebrate le nozze? Per quanto mi riguarda, al loro matrimonio invece dei confetti potevano esser volati cazzotti, ma a cosa mi sarebbe servito saperlo?
Ha ragione lui. Stavo pensando con la testa di Christina. Dovevo pensare con quella di Eric.
Quando parlava con Kaimy, quando svolgeva un'azione, quando decideva quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Si lasciava trascinare dalle emozioni? Certo che no.
Calcoli, valutazioni, osservazioni.
É con questi meccanismi che girano gli ingranaggi del suo cervello.
Qual'è la vera ragione che ha spinto Kaimy ad abbandonare la propria casa, a sposare un uomo che riteneva orribile, a vivere come una specie di prigioniera in una fazione in cui si sente perennemente a disagio?
E qual'è la vera ragione che ha spinto Eric, piuttosto, a sopportare simili compromessi, quando non gli serviva di certo l'aiuto di Jeanine per scalare i ranghi, quando i piani degli Eruditi non lo dovevano assolutamente riguardare?
Ecco le vere domande che avrei dovuto pormi e di cui necessitavo davvero di risposte.
Ed ecco su cosa mi dovevo focalizzare andando avanti con i ricordi.
Per ora, invece, ho bisogno di sapere una sola cosa.
All'apparenza può sembrare stupida, irrilevante. Ma in verità è la chiave di tutto per capire non solo come ragiona Eric, ma anche come lo fa Kaimy.
«Quando...» Mi schiarisco la gola, sollevando lentamente le palpebre. «Quando hai scaraventato di lato la scrivania...»
Lui acciglia lo sguardo.
«Lei è rimasta completamente immobile. Aveva forse paura di te?»
«Lo aveva visto fare da me, quando affrontai per la prima volta il mio scenario della paura.» Tira fuori l'aria con il naso, pensieroso. Mi accorgo che quando parla di lei non riesce a guardarmi negli occhi. «O forse è solo come un qualsiasi Erudito affronta i propri incubi, non lo so. Mi chiedi se lei avesse paura di me? Se ti rispondessi affermativamente sarei troppo vago. Diciamo piuttosto che Kaimy provava per me un miscuglio di sentimenti. Paura, sì, ma anche rancore, invidia, odio... Ecco, l'odio forse li sovrastava tutti...»
«Invidia?»
«Stai cercando di capire Kaimy, non è vero?» Finalmente mi rivolge di nuovo lo sguardo. «Bhè, accomodati. Forse riuscirai dove io ho fallito. Sei una donna anche tu, e sei una Candida.»
Ride. Mi sta prendendo in giro. Ma non cedo alle sue provocazioni.
Per sbollire la rabbia mi volto di scatto dall'altro lato e fisso lo sguardo sui contorni della città. Le case degli Eruditi erano illuminate, quelle delle altre fazioni no. Intorno a me un vuoto e un silenzio assoluto. Quando mi giro verso Eric, lui non c'è più. Ci sono solo l'oscurità della notte e tutti gli edifici davanti a me.
Ripenso alle domande che avrei dovuto porgli, e man mano me ne vengono in mente altre.
Ma alla fine tutte convergono ad un unico, semplice dubbio.
Qual'è il loro vero scopo.
Sollevo lo sguardo verso le stelle, lasciandomi ammaliare dal loro luccichìo.
E per un secondo, guardandole, mi è quasi sembrato di averci letto una risposta. Ma proprio quando me ne convinco e decido di osservarle meglio, lo scenario cambia ancora.
Non sono più seduta, e lo sbalzo da un posto all'altro è così brusco che questa volta mi provoca il capogiro. Con la testa china e dolorante, cerco a tastoni qualcosa su cui fare presa per rimanere in piedi, finchè il palmo della mia mano non si ferma su qualcosa di solido. Una parete? No, è una colonna di pietra.
Prima ancora di aprire gli occhi, so esattamente dove mi trovo.
E il ricordo di Eric si fonde con un mio ricordo.
Mi sembra quasi si sentire le nostre voci:
«Che ci fai qui? Credevo che i Capifazione avessero delle palestre private.»
Degli echi attutiti, più che delle voci.
«Ne abbiamo, infatti. Ma oggi avevo nostalgia di questa...»
«Nostalgia... Non ti sembra un sentimento troppo profondo per te, Eric?»

Lontani, vicini, poi ancora più lontani...
«Sai, per abituarti potresti cominciare con qualcosa di più semplice. Con l'ammirazione, per esempio, oppure con...»
«Smettila. Okei, non avevo nostalgia di questa merda di posto. Sono qui solo perchè speravo di vedere te.»

Quando cessano le vertigini e riapro gli occhi, a un palmo dal mio viso c'è quello di Eric. Sussulto appena, prima di rendermi conto che è l'altro Eric, quello più giovane.
Così da vicino, consapevole che non sta guardando me perchè io qui non esisto, ho l'opportunità di osservarlo come non sono mai riuscita a fare. Il particolare taglio degli occhi, il colore chiarissimo delle sue iridi, le labbra leggermente carnose e con un angolo perennemente rivolto all'insù, in un ghigno sadico. Sulle tempie, i capelli cortissimi sono così chiari da sembrare quasi bianchi. E un piercing nuovo di zecca gli decora il sopracciglio destro.
Con sollievo, mi rendo conto che almeno assomiglia un pò di più all'uomo che avrei conosciuto quasi due anni dopo.
Sento i battiti del cuore accellerare. Quando sono in presenza di questo Eric non riesco a reprimere una certa agitazione.
«Allora, che ci fai qui?»
Per un attimo ho l'impressione di aver parlato senza essermene neanche accorta. La domanda è la stessa che gli rivolsi io, infatti, ma la voce che l'ha pronunciata è diversa.
Rullo di tamburi gente, e che entri in scena sua maestà!
Quando mi volto c'è infatti Kaimy, in piedi a due metri di distanza da me.
Ma perchè diavolo è sempre alle mie spalle?
«Potrei rivolgerti la stessa domanda.» Risponde Eric.
«Stavo...» La vedo vacillare appena, mentre Eric le si avvicina.
Sì, dolcezza, conosco bene l'effetto che fa.
«Mi stavo allenando.»
«Uhmm... Bhè sì, è quello che si fa normalmente nelle palestre.» Si guarda attorno. Oltre loro due non c'è nessun altro. «Ma perchè ci sei tu, in palestra, è la vera domanda.»
Osservo Kaimy riprendere sicurezza di sè.
«Ebbene, se proprio devo rimanere qui, dovrò imparare a vivere come...» Arriccia il naso, mimando un'espressione disgustata. «Come voi buzzurri.»
«E quindi credi che dopo una decina di flessioni diventerai una vera Intrepida?» La prende in giro Eric, ma senza il tono scherzoso che avrebbe potuto farlo apparire meno minaccioso.
«Certo che no,» ribatte lei alzando il mento. «Ma almeno mi confonderei meglio nella folla.»
«Con queste braccia esili?» La punzecchia con un dito. «Per non parlare della goffaggine con cui ti muovi... Ti si riconosce da un miglio di distanza, Erudita.»
«Significa che mi allenerò di più. Adesso spostati, devo andare.»
«Scordatelo.» Ringhia Eric afferrandola per un polso. «Adesso tu mi dici che cosa sei venuta a fare veramente. É qui che vi incontrate tu e Jeanine? In questa fetida palestra dismessa? Vi facevo più sofisticate.»
Dalle mani di Kaimy cade qualcosa , ma dato che adesso è di schiena non riesco a vedere cosa sia, nè ricordo cosa aveva portato in palestra.
«Cosa hai nel borsone?»
«Niente...» Borbotta Kaimy mentre risolleva il borsone e cerca di uscire. Ma Eric la costringe con uno strattone a mollare la presa.
«Okei, adesso basta, lasciami andare!» La sento strillare. «Ma cosa sei? Un paranoico del cazzo? Ti ho detto lasciami, e non osare mettere le mani nelle mie cose!»
Ma Eric non batte ciglio, riuscendo non solo a trattenerla ma anche a svuotare il borsone. Vedo svolazzare asciugamani, elastici per capelli e... reggiseni e slip con il merletto colorato.
«Ah...» É l'unico suono che fuoriesce dalla sua bocca, lasciandola stare.
Kaimy si morde un labbro, mentre negli occhi vedo zampillare lingue di fuoco.
Quale sentimento avrebbero potuto provare, un ragazzo ed una ragazza, in un momento come questo?
Imbarazzo.
Ma Eric, ahimè per me, non è un tipo che facilmente si potrebbe definire ''normale''.
E Kaimy ho imparato a vederla come una sua esatta copia, solo con le tette.
Quindi eccomi che, atterrita, assisto alla scena in cui la ragazza, come una furia, si getta sui suoi effetti personali e li ricaccia nella sacca. Per poi ergersi nuovamente in piedi, con l'aria di sfida.
«Questa me la paghi, uomo delle caverne.» Sibila tra i denti.
Eric la guarda sorpreso, con la stessa espressione con la quale si potrebbe guardare un animaletto mai visto e dall'aspetto curioso, dopodichè scoppia in una sonora risata.
«Uomo delle caverne?»
Kaimy sostiene lo sguardo qualche altro secondo, ma poi, non ritenendolo degno di una risposta, si volta di scatto e con il mento sollevato raggiunge a passi pesanti l'uscita.
Eric la segue con lo sguardo. Inizialmente è divertito, ma poi cambia repentinamente espressione.
«Ehi Erudita, attenta...»
Ma è troppo tardi, perchè Kaimy ha già appoggiato il piede sul gradino rotto, quello che tutti noi frequentatori della palestra evitiamo senza ormai neanche farci caso.
La caduta sembra andare a rallentatore, tanto che riesco a cogliere il momento esatto in cui l'osso del suo piede emette un sinistro "crack" per poi cedere sotto il peso del corpo.
Ma dalla bocca di Kaimy non fuoriesce neanche un impercettibile lamento. E quando schiude le labbra per parlare, la prima cosa che le viene in mente di dire è un'accusa.
«L'hai fatto apposta. Sapevi che la scala era pericolante ma non me l'hai detto.»
«Sei assurda,» obietta allora Eric, scuotendo la testa con l'aria divertita. «Sei caduta solo perchè non guardi dove metti i piedi. Come vedi non ti farebbe male abbassare di tanto in tanto la testa...»
«Oh ti prego, non ricominciare con la storia che sono goffa!»
«Ti sembro il tipo che per attaccare il nemico aspetta un suo momento di debolezza?» Si china su di lei, con un sorriso maligno. «Adesso sta ferma e fammi dare un'occhiata.»
«E così adesso sarei il tuo nemico?» Blatera mentre Eric controlla l'entità del danno. «Ahi, ahi, non così, fa male!»
Eric solleva di scatto lo sguardo e punta gli occhi nei suoi.
Vederli così vicini, così intimi, mi fa rabbia. E anche se so che non potrei intervenire in alcun modo, mi avvicino a loro anch'io. Il mio sguardo rimbalza dagli occhi di Eric a quelli di Kaimy, pronta a cogliere qualsiasi espressione. Ma dalle loro iridi non trapela il minimo sentimento.
Mi sembra di guardare due blocchi di ghiaccio. Una visione terribile ma allo stesso tempo affascinante.
«Brrr... Si congela qui.» Mormoro per cercare di smorzare la tensione.
E le mie parole sembrano spezzare l'incantesimo, perchè Eric si ridesta e si tira su, spazzando via dai pantaloni della polvere invisibile.
«Non è niente, solo una piccola distorsione.» Afferma in tono apatico. «Sai dov'è l'infermeria, vero?»
«Cooosa? Mi lasci qui?»
«Certo, cosa credevi,» Eric solleva un sopracciglio. «Che ti portassi anche in braccio?»
«Bhè, è così che si comporta la gente civile.»
Ancora quell'aria di superiorità.
«Ma io sono un buzzurro. Un uomo delle caverne che non conosce il concetto di civiltà.» Ribatte Eric, sogghignando. «Hai detto che vuoi confonderti tra gli intepidi? Allora inizia a comportarti come tale.»
Eric le volta le spalle e si allontana, scomparendo dal ricordo. Ma riesco ancora ad osservare Kaimy. Strano, dato che teoricamente potrei vedere solo con gli occhi di ghiaccio di una persona che conosco fin troppo bene.
E proprio per questo, mi domando cosa stia facendo.
Mi sta spiando? Si diverte a vedermi vacillare quando lui e Kaimy sono vicini? Cosa sta provando in questo momento, e cosa mi vuole dimostrare?
Davanti ai miei occhi, una Kaimy stranamente sconvolta si porta dietro le orecchie qualche ciocca dei suoi lunghi capelli neri. La vedo cercare di tirarsi su, senza successo.
Poi il ricordo si fa in bianco e nero.
«Cosa...?»
Riesco ancora ad osservare la ragazza, ma questa volta lo faccio da dietro un monitor sgranato. Zoppica aggrappandosi alla parete, il viso contorto in smorfie di dolore. Seduto al mio fianco c'è Eric, intento a spiare Kaimy.
Telecamere di sorveglianza.
Ce ne sono tantissime a quanto pare. Con una rapida occhiata agli altri schermi posso vedere la mensa, il dormitorio, gli angoli delle gallerie, la stanza dove si svolgono le simulazioni...
Santocielo siamo tutti controllati! C'è qualcuno che ci osserva sempre, e che lo sta facendo anche in questo momento...
Avverto la terra vibrare sotto i piedi in preda al panico.
Ma poi mi rendo conto che Eric non sarebbe così imprudente da permettere che qualcuno ci veda, e ripenso a tutte le volte in cui mi ha portato in posti assurdi e isolati.
All'improvviso, Eric si scosta dal monitor e corre verso l'uscita.
Quando sbircio sullo schermo, Kaimy è stesa per terra. Svenuta.

 

*

 

Riconosco l'odore di disinfettante ancora prima di capire che lo scenario stava per cambiare di nuovo. Eric apre la porta con un calcio, facendo irruzione nell'infermeria e tra le braccia ha il corpo inerte di Kaimy.
Ma guarda, perchè io invece vengo trattata come un sacco di patate?
«Che le è successo?» Chiede in tono pragmatico l'infemiera, una donnona con le braccia muscolose e i capelli corti e rosa.
«E' svenuta...»
«Questo lo vedo.» Guarda Eric, seccata. «Come?»
Per la prima volta osservo Eric vacillare. Farfuglia qualche spiegazione, ma poi si rende conto che la cosa risulta patetica e smette.
«Presenta qualche altro problema? Emorragie, bradicardia...»
«Si è slogata una caviglia, oppure si è fratturata, non so...»
«Stendila sul lettino così le diamo un'occhiata.»
L'infermiera conduce il suo lavoro in silenzio, eseguendo con fermezza e rapidità le manovre necessarie per valutare l'entità del danno.
Le solleva le palpebre una alla volta per poi puntarle una lucina negli occhi, controlla la pervietà del cavo orale, tasta e poi fascia con cura la caviglia.
Per tutto il tempo, Eric osserva la scena mordicchiandosi di tanto in tanto un'unghia.
Quanto è cambiato in due anni?
«Ecco fatto, puoi riportare la tua bella a casa.»
«Ma non deve rimanere qui in osservazione? Almeno una notte, o finchè si sveglia?»
«Allora giovanotto, non lo vedi dove siamo?» Lo rimprovera. «Siamo in un'infermeria. L'infermeria degli Abneganti? No, e neanche quella degli Eruditi, o dei Candidi e che il cielo mi fulmini se i Pacifici ce l'hanno, un'infermeria! Qui arrivano tutti i giorni casi di fratture composite, ferite da armi da fuoco e contusioni cerebrali! Non posso certo perdere tempo con queste sciocchezze! E poi un'Intrepida deve abituarsi, al dolore.»
«Kaimy è un'Erudita.»
«Ah ma bene! Adesso mi tocca curare pure i turisti!» Ribatte la donna, inviperita. «A maggior ragione devi portarla via!»
«Ma dove? Non so neanche dove abita.»
«Controlla in quel registro blu, sulla scrivania, se c'è qualcosa.» Dice la donna in maniera frettolosa, indicando un angolo della sala. «Adesso spostati bel biondino, ne sta arrivando un altro.»
Seguo con lo sguardo la donna. Che caratterino! Penso divertita. Non ho mai visto qualcuno trattare Eric in questo modo.
Quando si avvicina al nuovo paziente, ricomincia la solita nenia.
«Che gli è successo?»
Mi volto verso Eric, che intanto sta sfogliando le schede del registro, alla ricerca di informazioni su Kaimy.
Sembra quasi sul punto di rinunciare, quando all'improvviso gli si accende la lampadina.
Volta il registro e lo riapre dalla fine.
Lo raggiungo e ho solo il tempo per scorgere le parole "alloggi" e "temporanei", perchè chiude tutto, si avvicina a Kaimy e la porta fuori prendendola di nuovo in braccio.
Mentre sono costretta a seguire Eric per mezza fazione, rifletto su quanto siano realistici questi scenari. Mi guardo attorno, osservando tutto e segnalando mentalmente ogni qual volta scorgo qualcosa di insolito. Una parete di cemento trasparente, i contorni frastagliati di un passante, lo strano colore del pavimento.
Sembra di vivere un sogno molto vivido. O un incubo.
Rincorrere Eric mentre lui ha tra le braccia un'altra donna mi fa sentire frustrata, triste, umiliata.
Prego perciò che tutto questo finisca, quando d'un tratto mi rendo conto che so dove stiamo andando.
So quando girare a destra, o a sinistra, prima ancora che lo faccia Eric.
E so benissimo cosa troverò in fondo al corridoio che stiamo imboccando proprio ora. Una scala.
Quando passiamo davanti a Kira (che stupidamente saluto, prima di ricordare che non può vedermi), l'uomo sorride e incomincia a fischiettare divertito.
«Tu non hai visto niente!» Urla eric con fare minaccioso.

La porta dell'appartamento è chiusa a chiave, naturalmente, ma dopo aver posato Kaimy per terra, estrae dalla tasca dei pantaloni un fil di ferro e in meno di un minuto riesce a scardinare la serratura.
Bene, bene, e questo trucchetto dove lo abbiamo imparato?
Solleva di nuovo la bella addormentata e la porta dentro, richiudendo dietro di sè la porta.
Conosco benissimo l'appartamento, ma adesso sembra così strano...
Impersonale, è il termine più adatto.
C'è solo l'essenziale e niente che possa far capire che tipo di persona ci viva dentro.
E mentre osservo Eric appoggiare Kaimy sul letto, ho come la sensazione che mi sfugga un elemento importante.
Manca qualcosa.
Ma non riesco a cogliere cosa, anche se mi sembra che sia proprio sotto i miei occhi. Come prima, quando cercavo di trovare una risposta tra le stelle e sapevo che se mi fossi concentrata di più l'avrei trovata.
E non riesco a liberarmi di questa fastidiosa sensazione di estraneità, che in questo appartamento mi sembra insopportabile.
Forse perchè è uguale a come lo ricordavo, ma allo stesso tempo completamente diverso.
Ovviamente per Kaimy questo rappresentava solo un alloggio temporaneo, ma perchè non c'è niente che si potrebbe ricondurre a lei? Un libro sul comodino, ad esempio.
Io credo che quando si è lontani da casa, portarsi qualcosa che ce la ricordi ci faccia sentire meno soli... Quando arrivai qui, hanno voluto che gettassi i vestiti bianchi e neri nel fuoco, ma nessuno mi hai mai rimproverato per il disegno di Theresa che ho appeso vicino alla mia brandina, e dove siamo raffigurati tutti, compreso il mio papà.
La nostalgia fa parte dell'animo umano e ognuno l'affronta come può.
Così mi ritrovo a pensare ancora una volta a cosa potesse aver provato Kaimy quando è arrivata in questa fazione.
Lei non voleva lasciare gli Eruditi. Non voleva sposare Eric. Non voleva vivere in un posto dove sarebbe stata considerata per sempre una "turista".
Allora perchè accettare? Quali erano le sue motivazioni? Perchè alla festa mi aveva aggredita?
Eric dovrebbe essere qui, adesso, a spiegarmi cosa diamine sta succedendo, ma ha lasciato che interpretassi tutto a modo mio.
Okei, quindi cosa vedo? Vedo un ragazzo che di qui a pochi giorni sarebbe diventato un uomo. Avrebbe assunto delle responsabilità non solo come Capofazione, ma anche come marito.
Come poteva sentirsi? Impaurito. Ma non una paura convenzionale, quella che si prova quando si teme di morire, o di perdere qualcuno, o di fare qualcosa di sbagliato. Quella che leggo adesso negli occhi di Eric è paura del futuro. E cos'è il futuro se non qualcosa che non si può controllare?
Scruta Kaimy con un'espressione indecifrabile, assorto, e consapevole che la sua più grande paura, l'ignoto, sta respirando proprio davanti a sè.
E sembra così innocuo, questo futuro, così ingenuo che per poco non ci si chiede perchè bisogna temerlo tanto.
Si china su di lei, con un ginocchio per terra, e le scosta i capelli dalla fronte. Poi rivolge lo sguardo oltre i vetri del lucernario.
«Guarda che bella vista c'è qui...» Mormora. «Mi sarebbe sempre piaciuto avere un lucernario. A casa dei miei genitori avevamo una terrazza, invece. Io ci salivo quando litigavano troppo forte. Mi nascondevo lassù e passavo ore ed ore ad ammirare le stelle. E di giorno invece avevo sempre il naso infilato in qualche libro di astronomia. Imparai tutto ciò che c'era da imparare su pianeti, corpi celesti, costellazioni...»
Eric riprende ad accarezzare i capelli di Kaimy, mentre io ascolto assorta la sua storia. Adesso, alla gelosia si aggiunge anche un pizzico di invidia. Mi sento surclassata da lei, un orribile rimpiazzo, la numero due.
Ha mai trattato così anche me, quando sapeva che non potevo vederlo? Si è mai trasformata così la sua voce, raccontandomi storie passate e confidenze, quando sapeva che non potevo sentirlo?
Sento formarsi nel petto un vuoto incolmabile.
«Mia madre trovava il mio interesse affascinante,» riprende Eric dopo un pò. «Ma mio padre lo detestava. Come potevo mai seguire le sue orme con una passione del genere? I Walker sono medici da generazioni, sai? Lo è mio padre, e lo era suo padre prima di lui. E lo diventerà anche mio fratello, ne sono sicuro. Ma io no.»
Sorride.
«Io sono la pecora nera della famiglia.»
Kaimy riapre lentamente gli occhi ed Eric interrompe il monologo. Per un attimo il viso di lei sembra quasi dolce, finchè non riassume la consueta espressione arcigna. Diffidente, lo squadra dalla testa ai piedi, poi osserva la fasciatura al piede.
«L'hai fatta tu?»
«No, è opera di un'infermiera.»
«Era un'infermiera degli Eruditi?»
«No. Decisamente.»
«Allora va rifatta.» Dichiara con arroganza.
Ingrata, penso.
«Sta bene così, lasciala perdere.» La voce di Eric è piatta, monocorde. «Come ti senti, piuttosto?»
«Ti risponderò quando avrò una fasciatura decente. E quando mi dirai cosa diavolo ci fai qui.»
Ingrata, ingrata, ingrata.
«Sei svenuta.» Afferma lui, leggermente seccato.
«Questo lo so, e ricordo anche il motivo. Mi hai lasciata da sola quando avevo bisogno di un soccorso.»
«Ho capito, meglio lasciar perdere.» Osservo Eric mentre si solleva e muove qualche passo verso la porta. «Ci vediamo domani, allora.»
«Non ci sarò.»
Eric si blocca, per poi voltarsi lentamente verso Kaimy.
«Quindi hai cambiato idea...» Lo sento sussurrare appena. «Sarà una decisione recentissima, dato che fino a un'ora fa sembravi rassegnata all'idea di rimanere qui.»
Lei non risponde, ma solleva ancora di più il mento, con lo sguardo fiero.
«Come vuoi.» Riprende, raggiungendo la porta. «Volevo solo dirti che se cambi di nuovo idea non saresti più sola.»
«Perchè avrei al mio fianco un marito amabile come te, giusto?» Il tono di lei è sarcastico. E scommetto che ha raggiunto Eric come una lama affilata.
«Sappi che anch'io non impazzisco all'idea di avere come moglie una donna tanto acida. E poi,» riprende «qualunque sarà la tua decisione, io mi trasferirò qui.»
«Ma come, i Capifazione non vivono ai piani alti? Questo è solo un appartamentino piccolo e isolato...» Kaimy ci pensa su qualche secondo. «Ah già, il lucernario. Immagino non ci siano tanti posti del genere, da queste parti.»
Ma pensa, e io che credevo che questo appartamento fosse enorme, simbolo della megalomania di Eric. Quando invece è stato definito piccolo, in confronto agli alloggi che spettano ai Capifazione.
Lo guardo appoggiare una mano sulla maniglia della porta mentre Kaimy, vacillante, apre più volte la bocca per parlare. Quando non si sente osservata lascia perdere l'orgoglio, mostrando le debolezze tipiche della sua giovane età.
Quelle debolezze che a volte contraddistinguono anche me: insicurezza, timore di sbagliare, sfiducia nel prossimo.
Alla fine dalle sue labbra esce un flebile suono, a formare delle parole.
«Potevi rimanere nella tua fazione di origine anche come scienziato, o astronomo. Non dovevi per forza diventare un medico...»
Eric si blocca di colpo.
«Hai sentito tutto poco fa, non è vero?»
«E potevi continuare a dedicare la tua vita a qualcosa che ti piacesse veramente.»
«Forse...» Ammette lui, titubante.
Quando riprende a parlare, la voce di Kaimy vibra appena, in preda a emozioni che evidentemente non è abituata a controllare.
«Allora perchè sei qui?»
La domanda continua a risuonare nell'aria per un tempo che a me pare infinito, come un eco interminabile. Trattengo il respiro con Kaimy, in attesa di una risposta che stavo cercando da tempo.
Mai, come in questo momento, mi sono sentita così vicina a questa ragazza.
A questa ragazza che ho disprezzato con tutta me stessa. E che ho invidiato, perchè era arrivata prima di me, perchè sembrava conoscere Eric meglio di me, perchè lo era anche, migliore di me.
Bella da mozzare il fiato, intelligente, astuta, rispettata e temuta. Kaimy era e sarà sempre tutto ciò che non sono io. E la odio per questo. E mi domando come abbia fatto Eric a sprecare tempo con una come me, quando poteva perderlo con una come lei.
Non c'erano paragoni.
Eppure, in questi brevi secondi sento che io e Kaimy siamo unite da un legame invisibile.
«Stai cercando di capire Kaimy, non è vero? Bhè, accomodati. Forse riuscirai dove io ho fallito. Sei una donna anche tu, e sei una Candida.»
Ne è innamorata anche lei.
Kaimy ama Eric.

 


 


 


 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.

 

Ma quanti problemi sta creando questa Kaimy? Uffa, non voglio più scrivere di lei ma... a quest'ora avrete capito anche voi com'è fatta. Si impone sempre anche quando non è gradita, perciò dobbiamo aspettarci di tutto da lei. Anche se, ormai, sono curiosa di sapere da che parte state: #teamchris o #teamkaimy ? Che si aprano le scommesse!!! (Questa moda dei team ci sfuggirà di mano, lo sento! >< )

P.S.
Volevo lasciarvi un "Nella prossima puntata" ma non avevo preparato niente di adeguato quindi vi lascio nel buio più totale... Come sempre, esprimetemi tutte le vostre congetture, ipotesi, o possibili futuri avvenimenti. Mi fanno morire dal ridere! In parte perchè conosco già a grandi linee i prossimi sviluppi, e in parte perchè, qualcuno mi ha già scoperta, a volte sono così fantasiosi e imprevedibili che mi ispirano e li inserisco davvero :'D

Alla prossima, MM

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Capitolo 28
*** Un atto di fiducia ***



«Allora perchè sei qui?»

 


 

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28.
Un atto di fiducia


 


 

 

«Tu che ci fai in questo posto?» Eric si avvicina lentamente a Kaimy, facendo il giro del letto.
Kaimy ha improvvisamente perso la parola. Se ne sta lì, immobile, ipnotizzata dalla figura di Eric. I suoi occhi si posano sulla t-shirt scura, sulle spalle larghe, sui capelli biondi. La pelle del collo è bianca, ma sugli avambracci si intravedono i segni iniziali di un tatuaggio ancora da terminare.
«Anche se hai preso già la tua decisione, forse sarebbe meglio chiarire alcune cose.» Si china di nuovo su di lei e inizia a sciogliere il nodo della fasciatura. «I matrimoni Intrepidi non hanno nessun significato romantico. Alcuni si sposano per amore, ovvio, ma sono davvero pochi i coniugi che possono affermare di essere innamorati l'uno dell'altro...»
«Non riesco a trovare un altro valido motivo per cui ci si dovrebbe sposare...» Ammette Kaimy in un sussurro.
Manda giù la saliva mentre Eric incomincia a rifasciarle il piede con movimenti decisi ma attenti.
«Pensaci bene,» riprende il ragazzo. «Qui il senso di cameratismo si avverte più che in ogni altra fazione. Ma ti sei mai chiesta perchè? Non lo si può attribuire solo allo stile di vita militaresco, ma anche e soprattutto alla consapevolezza che per sopravvivere dobbiamo affidarci a qualcuno. Non basta il coraggio... E così, quando ci si sposa, è perchè si è scelto l'alleato, il complice, il compagno che ci coprirà le spalle per la vita. É un atto di fiducia.»
Sgrano gli occhi, sconcertata, mentre nella mia testa scoppia una tempesta. Davanti ai miei occhi rivedo immagini rapide come lampi, e sento parole forti e impetuose come tuoni.
Sono ancora in questo appartamento, ma ci sono io, stesa sul letto, non Kaimy. Ed Eric è con me. Il ricordo è così dolce e inaspettato che mi assale un senso di nostalgia.
«Tu hai sempre scelto di starmi accanto,» mi dice Eric in questo ricordo. «Eri al mio fianco quando credevo di essere solo.»
Allo stesso tempo rimbomba un'altra frase, più vivida.
«...quando ci si sposa, è perchè si è scelto l'alleato, il complice, il compagno che ci coprirà le spalle.»
Che poi si fonde con le parole del mio ricordo.
«Voglio tutto di te. La tua mente, il tuo cuore, il tuo corpo. Voglio un'amica, un'amante, una complice.»
Eric ha scelto me. Non Kaimy, non un'altra donna, ma me. E se me lo avesse detto a voce non gli avrei mai creduto. Dovevo vederlo, per capirlo.
Ma anche adesso mi è così difficile crederci, vedendolo flirtare con quella che di lì a poche ore sarebbe diventata ufficialmente sua moglie...
Mentre formulo questo pensiero, il giovane Eric ha terminato di fasciare il piede della ragazza.
«Adesso è perfetta...» Mormora Kaimy senza neanche guardarla.
«Se te ne vai avrai preso una saggia decisione...» Sospira lui. «Non sei fatta per stare tra gli Intrepidi.»
«Lo so. Ma ci devo provare lo stesso.»
«Allora la saggia decisione va a farsi fottere?»
«Sì.»
«Posso farti una domanda?»
«Sì.»
«È così importante per te?»
«È tutto.» I loro sguardi si incrociano per qualche secondo, poi Kaimy lo abbassa e inizia a giocherellare con le dita. «Per raggiungere il mio obiettivo ho lasciato decine di progetti in sospeso, una casa e... E un fidanzato...»
«Ma quel ragazzo non ti serviva per raggiungere questo famoso obiettivo, dico bene?»
«Già...» Gli occhi di Kaimy diventano lucidi.
«Allora ascoltami bene.» Dice Eric tirandosi su. «Gli Eruditi che non ascoltano il cervello fanno sempre una brutta fine. Smettila di giocare a fare l'Intrepida e tornatene dal tuo fidanzato. Qui non c'è spazio per una come te.»
«Grazie per il consiglio.» Afferma Kaimy con amarezza. «Ma un'altra categoria di Eruditi che non fa una bella fine appartiene a quelli che si affidano ai ragionamenti di qualcun altro.»
Eric la fulmina con gli occhi, prima di aprire la porta.
«Il mio non era un consiglio.»
E detto questo, esce dall'appartamento.

 

*

 

Abbasso le palpebre e mi concentro sugli altri sensi.
Olfatto. Udito. Tatto.
Lo scenario sarà cambiato perchè adesso il naso mi pizzica leggermente.
Odore di bruciato.
Quando riapro gli occhi, sono sulla terrazza del quartier generale degli Intrepidi. E dietro la figura immobile di Eric c'è una fiaccola che produce tantissimo fumo. Ha le braccia conserte sull'addome, in attesa.
Nella penombra, i suoi occhi chiarissimi brillano come quelli di un felino pronto ad attaccare.
Mi chiedo per quale motivo sia così buio, finchè non mi rendo conto che ci sovrasta un cielo notturno privo di luna.
Alla destra di Eric c'è un'altra fiaccola, ma è spenta.
Alla sua sinistra invece c'è un uomo che non conosco. É alto quanto me e indossa i colori degli Intrepidi.
Mi rendo subito conto che sto per assistere ad una cerimonia. Sì, alla famosa cerimonia che renderà Eric e Kaimy uniti dal vincolo del matrimonio.
E il tempo sembra scorrere lentamente, in questo silenzio spettrale. Finchè all'improvviso si sente il rombo di un treno in arrivo. I vagoni scorrono rapidamente uno dietro l'altro, senza che accada nulla.
Intuisco che è da lì che dovrebbe scendere Kaimy.
Verrà? Oppure ha cambiato ancora una volta idea e ha deciso di fare dietro front?
Io conosco già la risposta ma Eric no. Con la coda dell'occhio mi accorgo che sta trattenendo il fiato.
Perchè è agitato? Perchè ci tiene così tanto che lei sia su quel treno?
Il rumoroso veicolo rallenta, percorrendo una curva, e dall'ultimo vagone si vede una piccola mano aprire con fatica il portellone di ferro.
Anche se so che in questo ricordo vedrò finalmente il matrimonio fra Eric e Kaimy, per un attimo penso che non ce la farà. Che non farà in tempo a scendere dal treno.
Ma pochi secondi dopo vedo Kaimy riuscire a spalancare il portellone, prendere velocemente fiato e gettarsi nel vuoto senza neanche un attimo di esitazione.
É un demonio.
Penso, e non so se provare invidia o ammirazione.
«É un'Intrepida.» Commenta invece l'uomo che affianca Eric. E sul volto del ragazzo si allarga un sorriso soddisfatto.
Kaimy atterra su un ginocchio, si alza, pulisce i pantaloni dalla polvere e rivolge ai due un'occhiataccia.
«Dov'è il mio testimone?» Chiede con voce ferma, come se su di lei non abbia avuto nessun effetto lanciarsi da un treno in corsa.
«Sono qui.» Asserisce una voce femminile.
Quando mi volto verso la fonte, la schiena viene percorsa da un brivido freddo.
Jeanine sta salendo gli ultimi gradini che conducono alla terrazza, con al seguito quattro uomini. Due Intrepidi e due Eruditi.
Raggiungono gli altri con andatura lenta, pomposa. Dopodichè la donna ordina a uno dei suoi sottoposti di passarle qualcosa. É un accendino, e lo usa per infiammare la fiaccola spenta.
Kaimy prende posto davanti alla fiaccola, con Jeanine alla sua destra.
Indossa dei blue jeans attilati e un'ampia canotta di veli, coperta da uno scialle azzurro. Incrocia lo sguardo con quello di Eric, per poi rivolgerlo a Jeanine. Le due donne muovono il capo all'unisono, in un impercettibile cenno di assenso.
É tutto pronto.
La prima a parlare è il Capofazione degli Eruditi, rivolta all'uomo che a quanto pare è lì in veste di testimone di Eric.
«Questa notte, io, Jeanine Matthews, testimonio al cospetto della città intera e delle stelle che questa donna, Kaimy Hawthorn, ha espresso il suo desiderio di sposare l'uomo che mi è di fronte. Ella dovrà abbandonare la propria fazione di origine, rinnegare i propri principi ed abbracciare la fazione di appartenenza del marito. Dovrà pensare come un'Intrepida, comportarsi come un'Intrepida e parlare come un'Intrepida. Vergogne e umiliazioni, attendono la moglie che non rispetta il marito.»
Detto questo, con gesti ossequiosi Jeanine solleva dalle spalle di Kaimy lo scialle e lo posa per terra.
«Questa notte,» ripete l'altro testimone, con voce cavernosa, «io, Axel Bounce, testimonio al cospetto della città e delle stelle che questo uomo, Eric Adam Walker, ha espresso il suo desiderio di sposare la donna che mi è di fronte.»
L'uomo solleva la torcia e l'avvicina allo scialle, che prende immediatamente fuoco. Subito dopo passa ad Eric uno scialle identico a quello di Kaimy, ma nero.
«Egli dovrà accogliere nella propria fazione la moglie. Dovrà insegnarle e pensare come un'Intrepida, a comportarsi come un'Intrepida e a parlare come un'Intrepida. Vergogne e umiliazioni, attendono il marito che non rispetta la moglie.»
Eric appoggia sulle spalle magre di Kaimy lo scialle nero, guardandola dritto negli occhi blu.
Non le dice nulla, limitandosi a tirarla per mano verso la voragine. Lei guarda giù. Lo faccio anch'io. Ricordo che quando toccò a me venni assalita dal terrore. Non era paura di cadere, ma piuttosto di essere circondata dal vuoto e dal buio senza poterci fare niente.
Quella volta era giorno, il sole picchiava alto sulle nostre teste. Ma anche così non si riusciva a vedere il fondo della voragine. E adesso che è notte... Cielo se fa paura! Sembra la bocca enorme di un mostro che non aspetta altro che divorarti.
Rivolgo di nuovo lo sguardo verso i neo sposini. Il lancio nel vuoto con Eric rappresenta l'inizio del percorso da Intrepida che Kaimy dovrà intraprendere da quel momento in poi.
«Ti fidi di me?» Chiede in un sussurro.
«No...» Mormora Kaimy. «Ma è per questo che lo chiamano atto di fiducia, no?»
Sarà l'effetto delle candele, sarà che il cuore mi batte a mille, ma quando vedo Eric tirare a sè Kaimy stringendola dallo scialle, e Kaimy sollevarsi sulle punte per toccare le labbra di Eric con un casto bacio, le immagini mi sembrano sfuocate, instabili, quasi liquide.
Solo quando sento una lacrima scivolare lungo una guancia fredda, mi rendo conto del perchè.
Sto piangendo.
Intanto Kaimy ed Eric, tenendosi ancora per mano, fanno un salto in avanti.

 

In questo posto niente è vero.
La brezza fredda che mi fa rabbrividire non esiste. I palazzi che si stagliano scuri contro il cielo stellato non esistono. Perfino le persone che mi circondano non esistono.
E non esisto neanche io.
Qui sono solo lo spettro di Christina. La prioezione che Eric ha creato di me per entrare nella sua testa.
Ma questa morsa che mi chiude lo stomaco. L'angoscia, il dolore che sento...
Tutte queste sensazioni sono vere, e mi divorano dentro.
Intorno a me le immagini si fanno sempre più scure, finchè non vengo circondata solo da un vuoto di cui non si intravede la fine.
La mia paura che diventa realtà. Ecco, anche questo è vero.
Chiudo le braccia intorno al corpo, in un abbraccio tormentato.
Sono sola. E devo trarre forza solo da me stessa.
Attendo che mi si presenti davanti un altro scenario, ma questo tarda ad arrivare, lasciandomi in balia di questo vuoto cosmico.
«É finita?» Sussurro tra me e me.
«É finita,» conferma la voce di Eric.
Mi volto di scatto e lui è a due passi da me. Quando lo vedo sento l'impulso di raggiungerlo. E giuro che volevo farlo, correre da lui, abbracciarlo e poi urlargli contro che fa male da morire quando non è con me. Ma qualcosa di più grande mi spinge a rimanere immobile.
Orgoglio. Amore per me stessa. E l'orribile sensazione di essere stata presa in giro per tutto il tempo.
«Non può essere finita,» dico sforzandomi di rimandare indietro le lacrime. «Il matrimonio è solo l'inizio. Cosa è accaduto dopo? Perchè vi siete allontanati?»
«Sei così convinta che tra me e Kaimy ci sia stata una rottura definitiva...» Inidietreggio di qualche passo, mentre Eric cerca di avvicinarsi a me. «Ma questo sarebbe potuto accadere se si fosse prima creato un legame. Cosa che non è mai avvenuto.»
«Smettila di prenderti gioco di me, Eric!»
«Volevi la verità? Te la sto dando.»
«Non ti credo. Come... Come può non esserci niente dopo quel salto nel vuoto?»
«L'ho semplicemente abbandonata a se stessa, ecco come! Ma perchè diamine non vuoi che ti tocchi?»
Non colgo in tempo il movimento rapido di Eric verso i miei polsi, così, in un attimo, mi trovo ingabbiata nella sua presa. Mi afferra con entrambe le mani in un gesto possessivo, quasi disperato. Mi è mancato, ma, forse, gli sono mancata anch'io.
«Non so più come fare con te, Christina...» Mi sussurra tra i capelli, abbracciandomi.
Le mie mani ricadono inerti ai lati del corpo, come se non avessi più le forze per reagire.
«Ti sei così impuntata sull'idea che io ti voglia prendere in giro che non riesci a capirlo neanche se te lo mostro...»
«Dimmelo tu,» mormoro spingendo la fronte contro il suo petto largo. «Cosa dovevo vederci in quei ricordi...»
«Che non ho mai amato quella donna, che il nostro è stato un matrimonio combinato, che...» Eric mi allontana per guardarmi negli occhi, ma io abbasso lo sguardo. «Che l'ho solo usata.»
«Ma per fare cosa?» Gli urlo in faccia. «A cosa poteva servirti sposare una transfazione?»
La sua risposta giunge in un flebile sussurro.
«Non posso dirtelo...» E poi, dopo un pò. «Ma vorrei tanto che tu ti fidassi di me.»
É un atto di fiducia.
«E finire abbandonata come Kaimy? Anche lei si è fidata di te.»
Le mani di Eric si ritraggono con uno scatto.
«Non paragonarti mai a Kaimy. Io non l'ho mai voluta.» Dice con una nota dura nella voce, poi mi volta con forza il capo costringendomi a guardarlo negli occhi. «É con te che ho scelto di stare...»
I suoi occhi mi penetrano l'anima, toccando luoghi profondi sotto la pelle, sotto la corazza che ho creato per non permettere più a un uomo di farmi del male. Raggiungono il mio cuore, aggressivi, invadenti, prepotenti.
Così, solo così e non in altri modi, io mi sento sua.
É con te che ho scelto di stare...
Ma lo avrà detto veramente? O me lo sono solo immaginato?
Il buio si fa meno buio, Eric si fa meno consistente. E nel giro di qualche secondo mi ritrovo a guardare il led accecante della camera delle simulazioni.
Paro la vista con un braccio indolenzito, mentre sotto di me sento muoversi gli arti di Eric.
Faccio forza sui gomiti per sollevarmi, ma Eric mi ferma abbracciandomi con forza.
«Aspetta, fammi riprendere.»
Ansima.
Ma la frase era suonata più come: «Aspetta, non mi lasciare.»
Rimango qualche secondo sdraiata sul suo corpo caldo, in attesa. Intorno a noi regna il silenzio e tutto quello a cui ho appena assistito assume la consistenza di un sogno molto vivido.
Adesso niente mi sembra vero.
Dopo un pò Eric mi spinge delicatamente in avanti. Scendiamo dalla poltrona stando attenti a posizionare per bene i piedi e a calibrare i pesi, come se stare tanto tempo in quella strana dimensione adesso ci abbia costretti a rieducare i sensi.
Mentre mi riprendo, Eric si avvicina al computer e digita dei rapidi comandi.
«Stai bene?»
«Mhmm...»
«Volevo solo dirti che durante la simulazione potevo sia vederti che sentirti.»
«Allora?» Chiedo sulla difensiva.
Mentre Eric apre la porta, mi rivolge una rapida occhiata.
«Allora mi sei mancata anche tu, in questi giorni.»
Sento il viso avvampare. Sicuramente Eric intendeva dire che gli è mancato fare sesso con me, e non stare con me in generale. Ma non ho il tempo di ribattere perchè Quattro fa capolino nella stanza.
«Christina, tutto okei?» Il suo tono è stranamente allarmato.
«S-sì, credo di sì... Perchè?»
«Perchè sei stata sotto simulazione per...» Consulta rapidamente l'orologio che ha al polso. «Quarantasei minuti.»
«Cooosa?» Rivolgo ad Eric un'occhiataccia e lui si limita a fare un'alzata di spalle.
«Bhè, vorrà dire che la prossima volta dovrà fare del suo meglio, se non vuole risultare tra gli ultimi in classifica.» Dichiara con indifferenza.
Ma non è giusto!
«Ah comunque,» riprende «io sto andando via.»
«Ma come, non avevi detto che volevi seguire un pò di iniziati?» Lo canzona Quattro avvicinandosi al PC.
«Dopo averne seguita una che ci mette quasi un'ora per superare la simulazione? Grazie ma ne ho abbastanza!»
«Sì, sì, certo. Però aspetta un attimo.» Lo ferma l'istruttore. «La registrazione dov'è?»
Eric mi indirizza un'occhiata complice, poi si rivolge nuovamente a Quattro.
«Ma che sbadato. Me ne sono completamente dimenticato...»
La schiena di Eric che si allontana diventa sempre più piccola fino a scomparire del tutto.
Io rimango imbambolata sull'uscio della stanza, tra le occhiate pazienti di Quattro e quelle divertite dei miei compagni. Tris mi osserva con un'espressione di apprensione dipinta sul volto.
Quarantasei minuti sono davvero troppi, se li si somma alle precedenti sedute. Che non sono state poi tanto più brillanti.
Ma io non riesco a muovermi. Non riesco a reagire. Lascio che gli altri pensino che sia per via della simulazione, per via dello shock. E perfino io inizialmente pensavo fosse quella la ragione.
Troppe rivelazioni tutte insieme.
E in qualche modo le rivelazioni c'entrano qualcosa. Più che le rivelazioni, qualcosa che non è stato detto...
«Ma che sbadato. Me ne sono completamente dimenticato...»
Quante cose hai dimenticato, Eric? Quante altre cose avresti dovuto dirmi?
In questo posto niente è vero.
Ed Eric non solo mi ha fatto vedere solo ciò che conveniva a lui, mi ha anche mentito.
Adesso so cosa mi sfuggiva prima, nel ricordo dell'appartamento. Quell'appartamento asettico, impersonale, che si presentava quasi come lo ricordavo io.
Quasi, appunto. Sono stata una stupida a non essermene accorta subito.
A non essermi accorta che mancava la stampa del Manifesto.


 


 


 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.


 

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Capitolo 29
*** Trottola ***


Mi avvicino all'imponente stampa del Manifesto e sfioro le lettere leggermente sbiadite. É perchè di giorno il sole entra dalla finestra di fronte, andando a illuminare questa parete.
«Ti piace?» Chiede Eric, guardandomi con la coda dell'occhio.
«É bellissimo...»
«É sempre stato qui, da quanto ne so.»
Sorrido. «Scommetto che lo sai a memoria.»
Lo vedo sollevare un sopracciglio.
«Ti piace scommettere quando sei assolutamente sicura di non poter perdere, eh?»
«Qualcosa del genere.» Dico scrollando le spalle. «Allora?»

 

 


 

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29.
Trottola


 


 

 

Mi sveglio di soprassalto, aspirando più ossigeno che posso.
Mi manca l'aria.
Quando Will si avvicina alla mia branda sto ancora annaspando.
«Ehi, Chris... Tranquilla era solo un incubo...» Mi rassicura con un filo di voce.
«Sì, sì... Adesso lo so.»
«Maledette simulazioni. Questa iniziazione è a dir poco disumana.»
Scruto i contorni di Will nella penombra, ancora un pò spaesata per via del brusco risveglio.
«Scusa se ti ho fatto spaventare.» Mormoro.
«Non c'è bisogno di scusarsi.» Will solleva una mano e mi accarezza i capelli con movimenti lenti. «Anzi, se sapessi la verità mi odieresti.»
«Quale...» Comincio a dire con un nodo alla gola. «Quale verità?»
«Spero tutte le notti che tu abbia un incubo. Così ho una scusa per avvicinarmi a te.»
Le nostre voci aleggiano nel silenzio del dormitorio come il vociare di antichi fantasmi. Ma non sono i fantasmi a farmi paura, la notte, quando gli incubi sembrano assumere una consistenza reale. Non sono i fantasmi, no. Ma gli scheletri nell'armadio.
Will... Quanto male ti ho fatto? Possibile che tu riesca ancora a guardarmi negli occhi, possibile che tu sia ancora innamorato di me?
«Non ti odio...» Sussurro piano.
Oddio, dovrebbe essere lui ad odiare me, e non il contrario.
«É un ottimo punto su cui poter ricominciare.»
Ricominciare.
Questa parola mi spiazza come un fulmine a ciel sereno. Non credevo che con Will avessi ancora la possibilità di ricominciare.
Quando mi complicavo la vita cercando di capire le intenzioni di Eric, mentre annaspavo tra i pensieri contorti e intricati che nascevano nella mia mente, e mi facevo coraggio per non cedere, per non piangere, umiliazioni dopo umiliazioni, sommando sofferenze alle sofferenze (ultima su tutte: scoprire che Eric era sposato e ricevere spiegazioni così ingarbugliate che non ci ho ancora capito niente), ecco. Mentre accadeva tutto questo, una persona, nel silenzio, covava ancora il desiderio di ricominciare.
Quanto mi piacerebbe farlo. Gettarmi tutto alle spalle e rivivere la vita da zero.
La prima cotta, un bacio infantile, l'amore puro e sincero.
Will è una strada tranquilla. Un pò come passeggiare sereni sulla spiaggia tenendosi per mano.
Eric invece... Lui è un bosco di rovi. Lì nessuno ti tiene per mano e l'unico modo per andare avanti è lasciare che le spine ti feriscano.
Dalle palpebre scende mesta una lacrima.
«Mi piacerebbe tanto...» Ansimo lasciando che Will continui ad accarezzarmi il capo. «Ricominciare, intendo.»
«Allora perchè non lo facciamo?» Adesso il suo tono è euforico, più squillante.
Dal fondo della camerata giunge un lamento, poi un «se proprio non riuscite a controllarvi andate a farlo nel bagno».
Sento il viso avvampare bruscamente e, anche se è buio, scorgo l'imbarazzo sul viso di Will.
Ma invece di andarsere rimane immobile vicino al mio letto. Così io, dopo un pò, gli porgo la mano.
«Piacere, io sono Christina.»
Che stupida.
«Will.» Sussurra lui stringendomi la mano, anche se sembra un pò disorientato.
Sto mortificando il suo quoziente intellettivo. E umiliando il mio...
«Fa un pò strano presentarsi così.» Aggiunge con un risolino sommesso.
«Cosa pretendevi da un incontro al buio?»
«Di sicuro una cessa stratosferica. Quindi sono rimasto un pò deluso...»
«Quindi sei attratto dalle tipe brutte?»
«Sì, lo confesso. Le ragazze con i baffi mi eccitano da morire.»
Rido senza controllo, come non mi succedeva da tempo. Stare con Will mi rende serena. Non ho mai paura di dire quello che mi passa per la testa, non devo controllarmi o temere che ci scoprano.
Alle volte penso come sarebbero andate le cose se avessi scelto lui. Se sarei stata più felice. Ma è un pensiero passeggero.
Non poteva andare diversamente. No, perchè se Eric mi ha catturata, lo deve al fatto che io mi sono fatta catturare.
E poi chi l'ha detto che l'amore è facile. Se fosse stato facile non esisterebbero le pene d'amore. E di pene d'amore ne soffre il mondo intero.
Non poteva andare diversamente e basta. Perchè sono convinta che io ed Eric ci saremmo scontrati comunque, prima o poi. Magari fra qualche mese o qualche anno. Magari con due teste diverse e più mature. Ma lo avremmo fatto lo stesso. Avremmo incrociato lo sguardo passando per i corridoi, in un giorno qualunque della nostra vita, e avremmo capito che qualcosa sarebbe cambiato. Che noi dovevamo stare insieme. Magari non per sempre, ma per il tempo necessario a stravolgere le nostre esistenze.
Will mi accarezza ancora un pò il capo con le sue lunghe dita da Erudito. Sono chiarissime, precise. Sanno sempre quello che fanno.
«Meglio ritornare a dormire.»
«Sì.» Confermo, anche se mi sarebbe piaciuto addormentarmi con le dita di Will tra i capelli.
Ma che sto facendo? Io sono innamorata di Eric. Perchè mi vengono in mente certi pensieri?
Perchè Eric non c'è. Perchè quando ti senti fragile, vulnerabile, impaurita, non è Eric quello che ti rassicura. Non è Eric a sussurrarti parole di conforto nel buio. Non è lui a proporti di ricominciare, nonostante tutto.
«Will?» Lo chiamo quando ormai è già tornato sulla branda sopra il mio letto.
«Sì?» Lo sento sussurrare.
«É da tanto tempo che non parlavamo così, noi due...»
«E non sai quanto mi mancano, quei momenti.»
«Già,» confermo. «Mancano anche a me.»

 

*

 

Reggo Fiamma offrendole una spalla. All'inizio è stato un gioco da ragazzi, non essendo tanto pesante, ma adesso la fatica si fa sentire.
«Non potevi fingere di sentirti male appena prima di arrivare?» Ansimo.
«Uffa, te l'ho già spiegato!» Ribatte lei roteando gli occhi. «Non sarebbe stato realistico.»
«A me sembra che invece tu ti diverta a essere scorazzata in questo modo per tutta la fazione.»
«Ma parli sul serio? Ti sembra divertente farsi vedere in queste condizioni?»
«Almeno non appoggiare davvero tutto il tuo peso su di me.»
«Realismo, baby. Realismo.»
Scuoto il capo, rassegnata. Tanto siamo quasi arrivate.
Quando la porta dell'infermeria si apre, ci accoglie una ragazza con il camice blu. Sul cartellino, a caratteri cubitali, la scritta APPRENDISTA.
«Falla accomodare sul lettino, presto.» Mi ordina subito.
Faccio come dice per poi guardarmi rapidamente intorno.
Un'altra ragazza dal camice blu, con lunghi boccoli biondi che le scendeno a cascata sulla schiena, sta consultando dei fogli di fronte ad un enorme schedario. Dietro una tendina tirata, smossa appena dalla brezza che entra dalla finestra aperta, si scorge la sagoma di un uomo che sembra stia schiacciando un pisolino. E apparte gli esagerati gemiti di dolore di Fiamma, nella stanza regna il silenzio.
Non c'è nessuna traccia dell'energumena dai capelli rosa che accolse Eric un paio d'anni fa.
«Mi sembra che sia tutto apposto...» Afferma intanto l'apprendista, con un tono incerto.
«Cooosa?» Le sbraita contro Fiamma. «E questi lampi lancinanti che dalla testa mi scendono giù giù verso il cuore e poi ancora più giù?»
«Fiamma sta calma,» cerco di contenerla. «Stai disturbanto gli altri pazienti.»
Pazienti che stanno male per davvero, mi viene da pensare, ma ovviamente non posso dirlo.
«Me ne sbatto! Io potrei anche morire e questa bambinetta qui, che presume di potermi curare, ha appena affermato che le sembra tutto apposto! Le sembra, Chris, le sembra!»
«Termino l'apprendistato la prossima settimana! Sono in grado...» Cerca di ribattere la ragazza, chiaramente imbarazzata, ma ormai Fiamma è partita all'attacco.
«Termino l'apprendistato? Termino l'apprendistato? Per tutti gli Intrepidi corridori, io non ci sto ad affidare la mia preziosissima vita in mano ad una incompetente! Per cosa ci hanno preso, gli Eruditi, per cavie? Andate ad ''apprendere'' nella vostra fazione, maledizione! Lauren, dov'è Lauren?»
Lauren sarebbe l'infermiera dai capelli rosa?
«Okei, adesso basta...» Intimo Fiamma appoggiandole una mano sulla fronte. «Sta buona qui e lascia fare a me, ci penso io...»
«Sì, forse hai ragione,» mi concede lei, chiudendo gli occhi con fare teatrale e appoggiando il capo sul cuscino. «Tutta questa rabbia fa perdere di lucentezza la mia bellissima pelle. E poi come li conquisto gli uomini, io, se sembro un troll inacidito?»
«Vaneggia. Ha la febbre.» Dico rivolgendomi alla ragazza, che adesso sembra spaventata dai modi bruschi di Fiamma. «Forse sarebbe meglio prescriverle qualche farmaco e mandarla a casa.»
«A me no-non sembra che-che abbia la febbre...»
Fiamma riapre un solo occhio e le lancia uno sguardo torvo.
«Ho la febbre, ciccia. Te lo dico io. Adesso dammi quelle maledette supposte e levati dal...»
«Allora!» La rimprovero, stando attenta a non chiamarla per nome. «Ti sembra il modo di trattare una povera ragazza che sta solo cercando di aiutarti?»
Poi mi rivolgo di nuovo alla tirocinante.
«Ascolta, ieri sera era ubriaca da fare schifo e ha iniziato a correre per strada. Ricordi che ventaccio tirava? Ecco, lei non solo correva, e quindi sudava, ma lo faceva anche senza nulla addosso.»
«Nuda?»
Annuisco con aria grave.
«Completamente nuda, sì.»
«O-okei. Quindi oggi si è svegliata con la febbre.»
«Con la febbre a 39. Puoi scrivere questo su qualsiasi cosa tu debba compilare.»
«Va bene però ho bisogno dei suoi dati...»
«Certo, chiedimi quello che vuoi.»
«Ecco, in realtà dovrebbe rispondere personalmente la paziente.»
Senza aggiungere altro, abbassiamo entrambe lo sguardo su Fiamma che sta fingendo di essere caduta in un sonno profondo.
Come prevedeva il piano.
«Vuoi davvero svegliarla?» Chiedo alla futura infermiera.
«No di certo! Anzi, per non correre rischi sarà meglio spostarci sulla scrivania. Seguimi.»
Amo quando fila tutto liscio. Se ci fosse stata Lauren non credo sarebbe stato così semplice.
Mi accomodo su una sedia, con un sorriso stampato in faccia.
Sii gentile, sta tranquilla e vedrai che nessuno sospetterà qualcosa.
Mi accorgo subito che sulla scrivania non c'è nessun registro, o qualcosa di simile, ma solo una tastiera e un monitor.
La tecnologia ha raggiunto anche questo buco, a quanto pare.
«Nome?»
Guardo la ragazza, che ha le dita appoggiate appena sui tasti, pronta a digitare qualsiasi cosa le sto per dire.
«Ehm...»
Sto per commettere un'infrazione, ne sono sicura. Ma quali potrebbero essere le conseguenze se dovessi essere scoperta? Improvvisamente, vengo assalita dal panico.
«Come si chiama la tua amica?»
Ma ormai sono in ballo, no? Quindi balliamo.
«Eh... Sì, sì la mia amica... Kaimy.»
«Okei. Il cognome invece?»
«Hawthorn. La mia amica si chiama Kaimy Hawthorn.»
«Okei.» Ripete la ragazza guardandomi di sottecchi.
Sente puzza di inganno! Mi ha scoperta. Oppure sta solo pensando che sono una rimbambita. Devo, sembrarlo davvero, in questo momento, dato che parlo come se avessi della sabbia in bocca.
«E dove abita?»
«Ecco questo è il punto.»
Mi sistemo sulla sedia, ma sono troppo agitata e se ne accorgerà anche lei. Solleva un sopracciglio, con fare saccente, attendendo una risposta.
«Il punto...?» Incalza.
Devo dire qualcosa, devo parlare e smorzare così la tensione.
«Sì perchè vedi, se sapessi dove abita Kaimy non sarei venuta qui a disturbare voi. So quanto può essere fastidiosa.»
«Quindi non sai dove abita?»
La sua espressione mi toglie il fiato. Accigliata, continua a fissarmi, mentre tra di noi cala il silenzio.
Mi ha scoperta.
É il mio primo pensiero.
É un'Erudita.
É il secondo. E poi: Non possono essere tutti così arcigni, lì.
Ma se ripenso a tutti gli Eruditi o ex Eruditi che conosco, Eric, Kaimy, Jeanine, Edward convengo che sì, potrebbero davvero essere tutti così.
E Will?
Will è uno scherzo del destino. É nato nella loro stessa fazione ma non è uno di loro.
«Va bene,» riprende lei dopo un'alzata di spalle. «Faccio una piccola ricerca e lo scopriamo subito.»
Dai polmoni mi esce un lungo sospiro, composto da anidride carbonica e ansia, tanta ansia.
«Ultimo livello, appartamento numero 15.»
Ultimo livello. É quello più basso. Il più profondo. Non so come, o perchè, ma la donna che ho imparato a conoscere dalla simulazione di Eric, quella che guardava tutti dall'alto in basso, è passata da una vista lucernario a una vista entroterra.
Questa storia non mi piace. E se Eric non la smette di nascondermi sempre tutto, allora sono costretta a scoprirlo da sola.
Senso di colpa? Zero.
«Ehi, tutto bene?» Vedo ancora la ragazza, davanti a me, ma mi appare sfuocata. «Non è che per caso ieri sera hai fatto jogging anche tu?»
«Jogging...» Mormoro sbattendo le palpebre.
«Queste sono le compresse.» Dice porgendomi una scatolina. «Non sono supposte, anche se mi è parso di capire che la tua amica preferisse quelle.»
«É perchè non riesco a ingoiare le pillole!» Strilla Fiamma alle mie spalle.
«Oh, ma guarda si è ripresa!»
E mi riprendo anch'io.
Forse già che ci sono dovrei farmi visitare. Mi immagino già la scena: quali sintomi presenta, signorina? E io: episodi amnesici, colpi di sonno, tendenza al sadomismo, spesso ho degli attimi di intontimento. É grave, dottore?
Mi alzo mettendoci un pò troppa foga e trascino Fiamma fuori dall'infermeria, ringraziando calorosamente quella che di qui a una settimana sarebbe diventata di sicuro un'ottima infermiera.
Se come no.
«Allora?» Mi chiede Fiamma mentre mi insegue giù per le scale.
«So dove abita.»
«E vuoi ancora parlarci?»
Mi fermo di colpo. Io adesso so tante cose di Kaimy. So che due anni fa i suoi capelli erano più corti, e che aveva la presunzione che gli Intrepidi l'avrebbero chiamata davvero usando l'appellativo Miss. So che non voleva vivere qui, ma che ha trovato comunque la forza per sembrare ciò che non era, per nascondere la sua vera natura. E so che ha sposato Eric per ambizione, ma che dopo se ne è innamorata.
E lo ama ancora? É questo che non so, e mi spinge a fare quello che sto per fare.
«Sì.» Sollevo lo sguardo verso Fiamma, che è a un paio di gradini sopra di me. «Sei riuscita a prendere quella cosa che ti ho detto?»
La rossa infila una mano nella tasca dei jeans per poi estrarre una siringa vuota.
«A cosa ti serve?» Chiede con un sorriso scaltro.
«A contenere un souvenir che mi sono portata dietro dalla mia vecchia fazione.» Rispondo sbadatamente, mostrandole una boccettina contenente un liquido trasparente. «I Candidi lo chiamano siero della verità. Una volta che glielo avrò iniettato non sarà capace di dirmi una bugia.»
Rivolgo lo sguardo verso Fiamma, che mi guarda preoccupata.
«Niente paura, so come usarlo.» La rassicuro.
«Non è per quello.»
«Allora perchè mi guardi così?»
«É che... Voglio dire... Potrebbe dirti qualcosa che non vorresti sentire. Non credo ci sia bisogno di incoraggiarla per convincerla a farti soffrire.»
«Esatto, ed è proprio perchè vorrà vedermi soffrire, che mi dirà tutto quello che è successo tra lei ed Eric. Ogni minimo particolare...»
«Io non vi capisco, voi masochiste del cazzo.»
«Dai che ti piace, avere un'amica così.»
«Ti sbagli, a me piacciono gli intrighi...» Fiamma fa un balzo e raggiunge il mio stesso gradino. «Al 15 dell'ultimo livello, allora!»
Poi ride, una risata da vera maniaca. E io vorrei tanto ridere con lei ma non ci riesco.
Mi sembra di avere una trottola nella pancia che girando attorciglia le viscere su se stessa.


 


 


 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.

 

Note:
Questo capitolo è un pò no-sense. Cioè, voglio dire. Si poteva anche evitare. E io avrei potuto evitare di spenderci tanto tempo. Ma... Le scenette tra Fiamma e Chris mi piacciono trooppooo :3 Quindi sopportatele ancora un pochino. Anzi, apprezzate questi momenti tranquilli perchè l'incontro lo scontro con Kaimy non sarà simpaticissimo D: Ma fino alla fine ve la farò amare, costi quel che costi! Ahahaha
Anticipazioni? Nhaaa. Ci si risente direttamente al prossimo capitolo! ;)
MM

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Capitolo 30
*** Kaimy ***


In origine la porta doveva essere bianca, immacolata. Uno spettro spigoloso nel buio di questa galleria sotterranea. Ma adesso si presenta logora e piena di graffi, di ammaccature. Prova vivente che qui tutto si consuma...
Busso alla porta due volte e attendo. Il silenzio è assoluto. Sento dei rumori dall'altra parte, e l'uscio si apre di qualche centimetro.
É Kaimy. Mi fissa un attimo con il suo occhio blu come la notte, poi richiude la porta.
Scambio un'occhiata complice con Fiamma, mentre sentiamo tintinnare una catenella. Poi il rumore di un chiavistello. Due chiavistelli. E finalmente la porta si riapre.
Kaimy è di schiena, cammina verso una stanza buia. Quando riappare, legandosi in vita una vestaglia sdrucita, sono ancora sulla soglia.
«Che fai, non entri?»
Guardo Fiamma.
«Credo che sia meglio che ci parli da sola.»
Lei manda giù la saliva. Non dice nulla, annuisce soltanto. Ma poco prima di entrare mi ferma stringendomi il braccio.
«Resto nei paraggi.»
Ed io annuisco, con aria grave, chiudendo lentamente la porta.

 


 

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30.
Kaimy


 


 

 

E così eccola, davanti a me. L'amante di mio marito. La più recente. Se ne sta ferma con la schiena appoggiata alla porta, in silenzio. Appare impaurita, quasi indifesa. E inizialmente credevo fosse proprio così, perchè ho sempre considerato le ''conquiste'' di Eric come delle prede, delle vittime. Le pedine dei suoi giochi perversi.
Ma questa ragazza non è niente di tutto ciò.
Le prede non osano entrare nella tana del predatore. E dato che nel mondo animale accade piuttosto il contrario, mi chiedo se allora non sono proprio io, la preda.
Dovrei temerla?
La ragazza alza lo sguardo e una luce scintilla nelle sue iridi nere.
É bella, devo ammetterlo. Con la sua pelle scura e le gambe lunghe e sode. Ha l'eleganza di una pantera. La disinvoltura tipica delle persone risolute.
Apre bocca per rompere il silenzio. Ma se c'è una cosa che ho imparato bene, in questo luogo selvaggio, è che sei vuoi vincere devi attaccare per prima.
Così la prendo in contropiede e muovo un passo verso di lei.
«Ne ha avute altre, è vero...» La mia voce esce leggermente più forte di un sussurro. «Ma nessuna è mai venuta da me. Non so se tu sia coraggiosa o semplicemente stupida. E non so ancora se ritenermi compiaciuta oppure insultata.»
Nella camera cala nuovamente il silenzio. É insopportabile. Mi fa pensare che questo posto sia troppo piccolo per noi due. E non sto parlando dell'appartamento, se così si potrebbe definire il tugurio buio in cui mi sono ridotta a vivere, ma dell'intera città.
Cosa ci fa lei qui? Non vede che si rende ridicola? Non solo ha il coraggio di stare con Eric, ma ha anche la faccia tosta di venirmi a sbattere il suo bel visino sotto gli occhi. Deve avere del fegato, questo glielo concedo. Ma purtroppo per lei, non ci può essere nessuna competizione. Io sono una donna e la moglie dell'uomo conteso, mentre lei è solo una ragazzina nonchè l'ultima delle amanti.
La vedo riaprire bocca, per poi richiuderla di colpo. Tira un lungo sospiro, schiude le labbra, e le parole che sento fuoriuscire mi spiazzano.
«Mi dispiace.» Dice con gli occhi carichi di commiserazione.
Cosa? No, non può essere. Ho capito che cosa gli frullava nel cervello. Lo stesso mio pensiero, solo al contrario. E cioè che sono io, che non ho paragoni con lei. Che sono io a dover avere paura di lei.
«No, no, no bellina.» Sputo fuori in un sibilo minaccioso. «Tu non proverai compassione per me. Non osare pensare di fare una cosa del genere.»
«Non sto provando compassione.»
«Ma neanche mi odi.»
«E perchè dovrei farlo?» No, lei non ha paura. Non di me, almeno. «Perchè sei arrivata prima di me? Perchè Eric ti ha sposata quando ancora non mi conosceva?»
Vorrei piangere, ma non lo farò. Così rido.
«Tesoro mio, tu non sai niente.» Dico accarezzando lo schienale del divano. Logoro e vecchio, proprio come mi sento io in questo momento, che sono stata usata solo quando faceva comodo. «Eric mi avrebbe sposata anche se vi foste conosciuti prima.»
«Perchè sarebbe stato costretto a farlo.»
La risposta mi fa vacillare appena. A quanto pare sa molto di più di quello che dovrebbe sapere.
Strano.
Ma mi riprendo subito. Mai mostrare al nemico che è sulla strada giusta per ferirti.
«Come ti chiami?» Chiedo puntando gli occhi nei suoi e ingoiando la paura nelle profondità delle viscere.
«Christina.» Risponde lei con uno sguardo truce.
«Va bene, Christina. Di solito mi basta interpretare la parte della moglie gelosa e antipatica, per fare scappare a gambe levate le puttanelle che si scopa, ma evidentemente con te non funziona.»
«Io ed Eric non scopiamo.» Ringhia.
Colpita, penso, e non posso fare a meno di sollevare gli angoli della bocca in un ghigno.
«A no? E cosa fate quando passi la notte da lui? Costruite una tenda con le lenzuola e giocate a Cowboy e Indiani?»
«Non... Non è così semplice...»
«Ascoltami, voglio aiutarti perchè mi sembri una brava ragazza, davvero. Mi dispiacerebbe se ti facesse altro male...»
«Oh ma smettila.» Mi interrompe lei, sfrontata. «Non sono venuta qui per sentirmi raccontare la favoletta. Qualsiasi cosa mi dirai non sarà di certo perchè ti interessa davvero il mio bene.»
«Sei sveglia.»
«Più di quanto immagini.»
«E va bene, allora dimmi, lo sapevi vero che tu non sei la prima? Che ne ho viste passare tante altre, prima di te...»
«Sì.» Ammette Christina, con gli occhi lucidi. «Eric non me l'ha mai detto, ovviamente. Ma io credo di averlo sempre saputo.»
«E tutte hanno fatto la stessa fine.» Abbasso la voce, finchè diventa poco più di un bisbiglio. «Ne sceglie una, e non chiedermi con quale criterio. Bionda, alta, muscolosa, bruna, bassa. Per lui fa lo stesso, a quanto pare. Dopodichè inizia il corteggiamento. Il modus operandi è sempre lo stesso. Bevanda alcolica al locale di fiducia - quello dove sa che nessuno farà domande - giretto sulla zip-line e poi dritti verso il tetto. Scendono dal lucernario per atterrare direttamente sul suo letto.»
«Sapevo fosse paranoico.» Commenta quando ho finito. «Ma non che fosse anche abitudinario.»
«Eric è terribilmente abitudinario.» Confermo io con una smorfia. «Una volta collaudato un qualcosa, lo ripete fino allo sfinimento, apportando di volta in volta dei miglioramenti. Finchè non ritiene di aver raggiunto la perfezione.»
«Interessante... E perchè proprio la zip-line?»
Le rivolgo uno sguardo interrogativo.
«Non lo so. Forse perchè alle ragazze piace. Credo lo ritengano romantico.»
«Un modo rapido per convincerle ad allargare le gambe.»
«Sì...» Il modo in cui mi parla è strano. Mi puzza. «Ma perchè tanto interessamento per la zip-line?»
«Perchè io non so neanche che cazzo sia questa zip-line.»
Sta mentendo. Se fosse vero può significare solo una cosa: che con lei è stato diverso.
«Evidentemente Eric ha cambiato tattica.» Dico invece, assottigliando lo sguardo. «Lo conferma anche il fatto che sei qui.»
«Senti, io...» La ragazza sposta lo sguardo sul mobilio vecchio e pieno di polvere, sulla mia figura scarna, sul divano riparato alla bell'e meglio con delle toppe. «Lo so che sono l'ultima persona che può chiederti un favore, ma ho bisogno di capire. Ho bisogno di risposte.»
«Siediti.» Le ordino facendolo anch'io.
Lei mi segue, titubante, e io ho la possibilità di osservarla meglio.
Quella notte, alla festa, le luci stroboscopiche e la musica troppo forte avevano la capacità di annebbiare i sensi, distorcendo la realtà. O forse sarà stata colpa dell'alcol. Ricordo di averne bevuto molto. Quattro, forse cinque bicchieri di vodka liscia.
Dagli Eruditi non avevo mai bevuto niente apparte acqua, perchè dicevano che l'alcol non fa ragionare lucidamente. Che l'alcol fa male, e io non volevo farmi del male.
Ora invece, se non bevo il cervello torna a ragionare a pieno regime e mi sento morire. Perciò mi sento costretta a vivere così, con la mente sempre annebbiata dai fiumi dell'alcol. Facendo e dicendo di continuo cose di cui poi me ne pento.
«Sei bella...» Sospiro mentre mi chino per prendere una bottiglia di vino che ricordo essere rotolata sotto il divano, qualche giorno fa. «E sei giovane. Un fiore delicato che ha dovuto farsi crescere le spine.»
Quando torno a guardarla, non riesco a sostenere il suo sguardo penetrante. Alzo la bottiglia dal collo, per portarmelo alla bocca.
«Che fai, non ringrazi quando qualcuno ti fa un complimento?»
«Di solito sì. Ma mi è sembrato che stessi parlando più a te stessa che a me.»
Annuisco, mentre il liquido scende e mi riscalda le pareti interne del corpo. Un calore che si irradia fino alla pelle. Un calore che mi fa sentire meglio, come quando Eric mi abbracciava e io mi sentivo a casa.
«Ti fidi di me?»
Mi ripeteva sempre, sussurrandolo in notti talmente buie da farti gelare il sangue nelle vene. E così io lo stringevo ancora più forte, e lui mi riscaldava. Il buio incuteva paura, è vero, ma la luce era anche peggio. Quando arrivava significava che quel sogno sarebbe finito, e che noi saremmo dovuti tornare alle nostre vite.
Porgo il vino a Christina, che ne scola un bel pò dopo solo un attimo di esitazione.
«Sei perspicace, oltre che sveglia.»
«Ero una Candida.»
E io come dovrei considerarmi? Non sono più un'Erudita, non sarò mai un'Intrepida e non sono neanche un'Esclusa. Rido.
«Lo sei ancora, una Candida. Stare qui forse ti avrà cambiata un pochino. Ma non potrai mai nascondere ciò che sei veramente.»
«Allora, mi aiuterai sì o no?»
«Lo farei, se potessi.»
«Perchè non ammetti invece che non vuoi farlo?»
«Dannazione, sei esasperante!» Mi lamento massaggiandomi le tempie. «E tutto questo parlare mi mette mal di testa. Cosa diavolo vuoi sapere da me? Anzi, cosa credi che potrei mai sapere se vivo in questo buco sottoterra, lontana da tutti, con il cervello sempre in pappa?»
«Se lo ami, se lui ti ama, se...» Sento la sua vocina vacillare appena. «Se ne vale la pena.»
«Potevi chiedermelo subito, no? Allora è no,» dico con fermezza, puntando gli occhi nei suoi. «Non ne vale la pena, bambina mia. E non lo dico solo per mettere fine a questa tortura, lo dico perchè lo penso davvero. Eric non è responsabile o coerente o anche solo lontanamente affidabile. Io di certo non gliela affiderei mai, la mia vita. É l'ultima persona di cui ci si potrebbe innamorare...»
«Ma tu l'hai fatto...» Sospira la ragazza, con un'espressione indecifrabile.
«L'ho fatto,» ammetto allora. «E me ne pento. Quel ragazzo... Quel ragazzo è destinato all'autodistruzione. E se fossi rimasta al suo fianco, bhè, avrebbe disintegrato anche me.»
«Menti.»
«Come, prego?»
Le labbra di Christina tremano appena. Ma guardala, penso, così innamorata, così determinata. E così coraggiosa da riuscire ad affrontare chiunque, pur di salvare una relazione talmente assurda. Cosa ci trova di bello nel riparare più e più volte il proprio cuore ferito? Non lo vede come si diventa quando si è amato e sofferto troppo? Non vede in me il suo futuro così come io vedo in lei il mio passato?
Scappa, finchè sei in tempo.
Potrei ripeterglielo all'infinito ma lei non farebbe mai. E io la odio, la odio perchè può ancora rimediare ai suoi sbagli ma è così ottusa da considerare il mio suggerimento una minaccia. Odio lei e odio me stessa. Perchè ero giovane anch'io, e bella, e intelligente e perchè sto aiutando qualcuno quando a me non è stato riservato nessun consiglio.
Le promesse sono diventate cenere, il potere solo fumo negli occhi.
E io dovevo diventare qualcuno mentre ora sono nessuno.

 

*

 

Sbatto le palpebre, nervosa. Per un attimo, complice l'alcol e questo posto in penombra, mi è quasi sembrato di riuscire a vedere attraverso gli occhi di Kaimy. Di riuscire a sentire e provare quello che sente lei. Non mi era mai capitato di vivere un'esperienza talmente empatica.
Lei non fa che osservarmi, con quello sguardo lucido e stanco. E io non riesco a staccare gli occhi dalla sua figura. É sempre lei, con quell'aria di superiorità e l'arroganza da Erudita. Ma ha perso tanto del suo fascino giovanile. Ha le occhiaie, le clavicole sporgenti, i capelli di un nero spento. Il tessuto della vestaglia che si tende nei punti più spigolosi del corpo. Eppure, nonostante questo, sprizza carisma da tutti i pori.
«Ne è rimasto un pò?» Chiedo improvvisamente, inidicando la bottiglia che ha tra le mani.
Lei mi guarda attonita, poi solleva la bottiglia, soppesandola.
«No, ma se vuoi controllo cosa c'è nella dispensa.»
«Allora sì, grazie.»
Ho bisogno che nelle vene circoli molto alcol, se voglio trovare il coraggio di fare ciò per cui sono venuta. Così intanto controllo che nella tasca della felpa ci sia l'occorrente.
«Ecco qui.» Kaimy mi porge un bicchiere di vino rosso, poi ne riempie un altro per sè. «É caldo. Detesto il vino caldo ma non ho un frigo. E indovina un pò? Neanche una cantina. Quella che chiamo dispensa in realtà è solo una scatola tenuta sotto il letto.»
Osservo il liquido colore del rubino che oscilla nel bicchiere. Dopo lo sento scendere giù per la gola, un sorso alla volta. E poi, senza scambiarci neanche una parola, io e Kaimy ne beviamo dell'altro, e dell'altro ancora. Finchè termina anche il contenuto di questa bottiglia.
«Questa è una situazione assurda,» la sento biascicare con la voce impastata, mentre si appoggia allo schienale del divano. «Insomma guardaci. Tu ed io, a bere del vino e a conversare come se fossimo amiche di vecchia data.»
«E non lo siamo?» Chiedo con un sorriso. Sono brilla anch'io, ma su Kaimy l'alcol sembra aver fatto più effetto. E spero di riuscire a farmi dire ciò che voglio senza dover per forza ricorrere alle maniere forti.
«Certo che no!» La sento ridacchiare. «Non diventeremo mai amiche, noi due.»
«E tutto questo solo perchè amiamo lo stesso uomo!» La butto là. «Sai che c'è di bello? Al diavolo Eric, a questo punto preferisco avere un'amica come te. Con lui mica mi sono divertita così tanto...»
«Con Eric è solo segreti e pianti, pianti e segreti.»
«Ma anche lunghe notti di passione...»
«A bhè sì, salverei solo quelle.»
Allora sono stati a letto insieme. Hanno avuto una relazione. Ed Eric mi ha mentito, ancora una volta.
«Quanto... Quanto tempo è durata la vostra storia?»
Kaimy spalanca gli occhi e mi fissa. Adesso non sembra più ubriaca, o indifesa, e sputa fuori le parole in un sibilo furente.
«Cosa ti fa credere che sia finita?»
«Io, cre-credevo...» Balbetto, nel panico.
«Vieni qui, fai l'amica, beviamo insieme. Ma io non sono tua amica, Christina. Possiamo parlare, ma solo a patto che tu non dimentichi qual'è il tuo ruolo: tu sei l'amante. E se sei solo un'amante vuol dire che io ed Eric siamo ancora sposati. Sposarsi, qui, non è solo recitare in una cerimonia, sposarsi qui è...»
«Un atto di fiducia.» La interrompo.
«Sì,» conferma Kaimy con la voce che le trema, sul punto di scoppiare in lacrime.
«Io però non ce la faccio a fidarmi ciecamente di qualcuno,» affermo piano, infilando una mano nella tasca. «Sono diffidente per natura...»
«Candida.» Sputa fuori Kaimy, come se il solo pronunciare questa fazione le facesse venire il voltastomaco.
«L'hai detto tu, no? Non posso nascondere ciò che sono.» Detto questo le mostro la siringa.
Kaimy mi mostra un ghigno che sembra voler dire ''non ho paura di un siero, li ho creati io'', ma poi, inorridita, si rende conto che la siringa contiene un liquido trasparente.
«Quello... Quello che hai in mano...» Balbetta, terrorizzata. «É la cosa più mostruosa partorita da mente umana... Un abominio!»
Lo so, è proprio a causa di questo siero che sono scappata di casa.
E poi, il caos. Accade tutto in pochi secondi: Kaimy scatta in piedi e cerca di raggiungere l'ingresso, ma io riesco a bloccarla appena in tempo a impedirle di uscire. Allora lei si fa indietro e raggiunge il tavolino dove avevamo lasciato la bottiglia vuota, la afferra, la solleva sopra la testa e un rivolo di vino rosso come il sangue le scivola lungo il braccio. Cerca di colpirmi ma io schivo senza fatica i colpi, una, due, tre volte. É troppo ubriaca per coordinare bene i movimenti, o forse troppo Erudita, chissà. So solo che l'attimo prima la bottiglia di vetro colpisce il muro, schiantandosi, e l'attimo dopo Kaimy perde l'equlibrio e si ritrova con la schiena per terra, esausta.
Mi avvicino a lei, ansimante per la fatica e il cuore che mi batte all'impazzata, e le inietto il siero conficcandole l'ago nel collo.
Mentre Kaimy continua a frignare e a lamentarsi, io mi trascino in un angolo buio della camera, attendendo che il siero faccia effetto.
La schiena appoggiata al muro, le gambe che cedono, la testa pesante e io lentamente mi siedo per terra, con le braccia appoggiate sulle ginocchia.
Silenzio.
«Facciamola finita...» Fuoriesce dalle labbra carnose di Kaimy. «Sono consapevole di non avere altra scelta.»
I suoi occhi blu sono puntati contro il soffitto, spalancati. E lei boccheggia ed è tutta sudata. Come un pesce che deve ancora concepire di non essere più in acqua, ma che per istinto sa già che sta per morire.
«Sono stanca di cercare e non trovare mai niente. Voglio sapere tutto.» Tiro un lungo sospiro. «Dall'inizio.»
Kaimy volta lo sguardo verso di me, poi lo rivolge di nuovo al soffitto, con un ghigno.
«Sono nata il 26 Genna...»
«Oh, ma smettila! So benissimo che ci sono dei modi per eludere le proprietà del siero. Ma prima o poi dovrai dirmi la verità, e più tempo passa e più fa male. Allora» la incalzo con una calma serafica che non sapevo di poter avere, «come hai conosciuto Eric, davvero
«Mi fu chiesto di controllare il suo test attitudinale.»
«Va già meglio.» Dico osservando la sua gola bianchissima andare su e giù più volte. «Hai detto controllare. Come mai, c'era qualcosa che non andava nel test?»
«Il test... Il test...»
«Allora, cosa c'era che non andava nel test, Kaimy?» Ripeto, alzando un pò il tono della voce.
Kaimy serra le labbra, cercando di opporsi al siero.
«Okei, va bene. Ci arriveremo dopo.» Concludo, appuntandomi mentalmente di ripetere la domanda nel momento in cui sarebbe caduta ogni sua difesa. «Dopo cosa è accaduto?»
«Ne ho parlato con Jeanine, il capofazione degli Eruditi. Da lei mi aspettavo... Mi aspettavo una reazione diversa... Mi aspettavo che ordinasse di sbattere Eric tra gli Esclusi, o peggio ancora. Jeanine invece, lei invece mi ha detto di non parlarne con nessuno, che avrebbe pensato a tutto lei.»
«Strano comportamento...»
«L'ho pensato anch'io...»
«E così Jeanine lo ha lasciato perdere e alla Cerimonia Eric ha scelto gli Intrepidi...»
«Strano anche quello.»
«Perchè?»
«Perchè... Perchè...»
Kaimy combatte con il siero, che la induce a non avere segreti o a non dire bugie. Mentre il suo profilo, sotto la luce spettrale dei led, trema violentemente. Un lacrima fa capolino all'angolo dell'occhio.
«Perchè, Kaimy, ti sembrò strana la scelta di Eric?»
«Perchè al test attitudinale risultò Erudito, la seconda volta. Eravamo quasi convinte...»
«Come sarebbe a dire la seconda volta?»
«In tutto, il test, è stato ripetuto sei volte.»
«Come mai?»
«Erano... I test di Eric erano strani
«Ma davvero? Bhè sì, Eric in effetti è strano.» Ci rifletto su. «Okei, e in tutto questo tu che c'entri?»
«Jeanine non si aspettava che lui lasciasse la fazione. Ma non voleva neanche perderlo, così mandò me. Dovevo controllarlo, stargli vicino. E per farlo, per rimanere in questa fazione, mi costrinse a sposarlo. In cambio mi promise che avrei potuto continuare a lavorare sui miei esperimenti, che avrebbe fatto in modo che diventassi Capofazione.»
«Progetto ambizioso.»
«So di non essere una santarellina, Christina.» Singhiozza. «So di risultare antipatica e acida e senza scrupoli. Ma in quel periodo, io... Io mi innamorai davvero di Eric.»
«Okei, la conclusione perfetta di un'assurda favola. Ma se tu ed Eric stavate insieme, ed eravate pure sposati, come mai adesso sei qui? Come mai nessuno sa di questo matrimonio?»
«Fu un matrimonio segreto. Era tutta una farsa, io non dovevo innamorarmi di lui.»
«Perchè?» Chiedo, ormai senza più un briciolo di pazienza. «E quel tizio... Il testimone di Eric... Chi era?»
«Come fai a saperlo...?»
«E tra le due chi ha in corpo più siero della verità che sangue?» Mi avvicino a lei, gattonando. «Allora?»
Kaimy apre bocca. Aspira l'aria nei polmoni in un lungo, lento sospiro. Poi mi guarda.
«Non sono io il tuo vero nemico, Christina.» Geme, sforzandosi di non farsi vedere da me in lacrime. «Io ho saputo mettermi da parte, quando è arrivato il momento. Ho saputo lasciarlo andare...»
«Non mi sembra, dato che alla festa hai tirato su tutta quella sceneggiata.»
«Ho dovuto farlo, quando qualcuno che non sia lei si avvicina ad Eric, lui è in pericolo...»
Adesso ogni parola che pronuncia le costa uno sforzo incredibile. Sto scavando in un angolo della sua mente che lei ha reso inaccesibile a tutti, forse perfino a se stessa.
«Quando dici lei di chi parli esattamente?» Chiedo afferrandole un braccio inerme. «Perchè Eric è in pericolo?»
«Tu non capisci, piccola bastarda!» Singhiozza Kaimy. «Se io... Se te lo dicessi Eric potrebbe, potrebbe...»
«Perdere il posto di Capofazione, diventare un Escluso, COSA?»
«MORIRE!» Urla allora lei. «Potrebbe morire...»
«Santocielo...» Sospiro. «In che cosa mi sono imbattutta...»
«In qualcosa di più grande di te, e anche di me...»
«Ma io devo sapere...»
Anche se sapendolo Eric potrebbe morire?
«Lascia perdere, Christina.» Mi supplica lei mentre l'afferro per le spalle. Lo sguardo di entrambe sconvolto da quello che sta per accadere.
«Ascoltami bene, Kaimy...»
«NO!»
«Chi...»
Chi conosce il segreto di Eric?
«NO! NO!
«Chi...»
Chi è tanto folle da credere che Eric possa essere comandato?
«NOOO!»
Ed io, io voglio davvero essere immischiata in questo intrigo senza via d'uscita?
«Chi ha il potere di uccidere Eric?»
Nell'appartamento cala di nuovo il silenzio, anche se nelle orecchie sento un fastidioso e incessabile ronzio.
«Il mio compito è allontanare da Eric chiunque gli si avvicini troppo.»
«Non era questa la mia dom...»
«Lei ne è gelosissima. Lei ne è innamorata. E lei lo ha in pugno.»
«Lei... Chi?»
Kaimy mi rivolge di nuovo lo sguardo, trascinandomi nel mare in tempesta che è il colore intenso delle sue iridi.
«Jeanine.»
La mia lingua schiocca contro il palato secco, cercando qualcosa che la inumidisca. Ma la saliva sembra essere diventata sabbia e l'aria lingue di fuoco incandescenti. Fa male anche respirare.
Ecco perchè diceva di non essere lei la mia vera nemica.
«Io...» Continua. «Io le tenevo solo caldo il posto quando non c'era. E facevo in modo che lui le fosse fedele.»
«Eric è il suo cagnolino devoto...»
«Esatto. Peccato che non sia mai stato contento di scodinzolarle dietro.»
L'ha chiamata Jean, adesso ricordo e mi sembra tutto un pò più chiaro.
«Se Jeanine è a conoscenza di qualcosa che potrebbe metterlo in pericolo. Se è così rischioso, tradirla o farla incazzare... Perchè lui continua a farlo?»
«Perchè nessuno gli ha mai detto quali rischi corre. Eric non sa che cos'è.»
«Okei, Kaimy, ultima domanda...» Una lacrima le scivola definitivamente lungo una guancia, e incomincio a piangere anch'io. «Che cos'è esattamente, Eric?»
«Il test risultava inconcludente.» Rivela allora Kaimy con la voce interrotta dai singhiozzi. «Eric è un Divergente.»
Sento la voce di Kaimy parlare ancora, e ancora, ma io non la sento per davvero. Mi sembra di avere la testa in una bolla. Con gli occhi vedo la sua bocca aprirsi e chiudersi e la mia pelle farsi d'oca. Ma il brivido che l'ha percorsa non lo ricordo neanche. E so solo che nonostante mi sembra che non stia facendo nessun movimento, il petto devo pur muoverlo. Su e giù nell'atto di respirare, Sì, deve essere proprio così, perchè l'unica cosa di cui sono certa è che l'aria non sembra più fatta di fuoco ma di pietre. Macigni così pesanti che si fa fatica a respirare.

Fa male respirare.

Fa male sempre.

 


 


 


 

~ Approfitto di questo spazio per ringraziarvi tutte, non solo chi recensisce
ma anche chi ha inserito la storia tra le suguite, ricordate, preferite.

 

Rieccomi! In questo capitolo vediamo un nuovissimo punto di vista, quello di Kaimy. Un cambiamento che avevo già previsto di fare più in là ma con un altro personaggio (e non farete fatica a capire di chi sto parlando). In questo capitolo però ho ritenuto opportuno far parlare Kaimy, mostrarvela non attraverso gli occhi della protagonista ma attraverso i suoi stessi occhi.
Questa volta devo dire che i ruoli si sono ribaltati, con Christina che si è dimostrata sleale e Kaimy che si è mostrata invece più "umana", più sentimentale...
Ed io spero che a voi stia bene così e che vi siano piaciuti tutti i piccoli (grandi) colpi di scena.

Un abbraccio alla prossima!
ℳ.ℳ.

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Capitolo 31
*** Lo scrigno dei segreti ***


«Che cos'è esattamente, Eric?»
«Il test risultava inconcludente. Eric è un Divergente.»

 

 

 

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31.
Lo scrigno dei segreti




 

Dal Manifesto dei Candidi:

 

«La disonestà conduce al sospetto.
Il sospetto conduce al conflitto.

L'onestà conduce alla pace.


La verità ci rende trasparente.
La verità ci rende forti.

La verità ci rende inestricabili.»



 

Nell'appartamento numero 15 dell'ultimo livello regna il silenzio.
L'effetto del siero sta svanendo e adesso le pupille di Kaimy sono meno dilatate, il respiro è tornato regolare. La osservo alzarsi lentamente sui gomiti e asciugarsi le guance con una mano.
Non mi guarda, quando mi parla con la voce scossa dai tremiti.
«Se lo ami... Se lo ami davvero stagli lontana, come ho fatto io.»
«Che razza di vita sarebbe la sua?» Chiedo con aria stanca e la voce affaticata dal troppo gridare. «Una vita vuota, mediocre, in solitudine, senza... Senza amore!?»
«Sarebbe pur sempre una vita.» Afferma lei puntando gli occhi gelidi nei miei, poi tira un lungo sospiro. «Ho rinunciato a tutto per stargli accanto. E poi ho rinunciato a quel poco che mi rimaneva per stargli lontano. Anche la mia vita è vuota, sai? Ci sono notti in cui mi sento talmente sola che avrei voglia solo di farla finita. Ma non lo faccio. Per lui, per proteggerlo. Se Jeanine avesse anche solo il sospetto... Lei solo sa cosa potrebbe accadere ad Eric. E sicuramente non sarebbe niente di buono.»
Ascoltare le sue parole mi fa male. Da come mi parla, da come mi guarda, sembra sempre che sia un gradino sopra di me. Che abbia più diritto di me ad amare Eric, e ad essere ricambiata, solo perchè per lui ha sacrificato tutta se stessa. Ma può essere sul serio considerato amore un sentimento così malsano? Vale davvero più di me una donna che si è annullata totalmente per ricevere le attenzioni di un uomo? Per non parlare di Jeanine. Ancora non capisco che cosa li lega, o come abbiano fatto ad iniziare un rapporto d'amore.
«Da quanto dura questa storia tra lui e... bhè sì, tra lui e Jeanine...»
«Dai tempi del test attitudinale di Eric. Credo che si conobbero così, non so.»
«Adesso le tue risposte sono più vaghe...»
«Ma non sto mentendo.» Kaimy si rialza, lentamente, e così faccio anch'io. «Non conosco i particolari della loro relazione. So solo che lei ne rimase impressionata. Forse è stato il primo Divergente che abbia mai visto o forse ebbe un colpo di fulmine, chi può dirlo. Jeanine non è quel tipo di donna che ti svela i propri segreti e non è avezza ai pettegolezzi...»
«Dopo... Dopo Eric, Jeanine modificò la simulazione...» Commento con aria assorta.
«Sì, come fai a saperlo?»
«Cambiò il colore degli occhi del lupo, giusto?»
«Esattamente, ma non solo quelli. Alterò anche la lunghezza del pelo e la dentatura.»
«Perchè lo fece?»
«Era convinta che in quella maniera il lupo facesse più paura.»
«Con gli occhi di Eric...»
«Con gli occhi di Eric.» Conferma Kaimy. «Perchè durante il suoi test accadde una cosa incredibile.»
Ascolto la donna con il fiato sospeso, mentre particelle di polvere danzano tra me e lei.
«Una cosa mai avvenuta prima.» Continua. «Il lupo si arrese a lui.»
«Come, dici davvero?»
«Sì, inizialmente Eric provò ad ucciderlo con il coltello. Ma ripetendo le simulazioni trovò invece il modo per risparmiarsi anche quella fatica e così, non so come, l'animale abbassava il capo con aria impaurita.»
«Ma era solo una simulazione. Voglio dire, non era mica un lupo vero.»
«Certo, però le simulazioni prevedono numerose variabili. Cambiano se si sceglie la fetta di carne o il coltello, se si scappa o si rimane immobili. Sono come numerose strade intricate. Ma nel test attitudinale niente poteva rendere il lupo intimorito da qualcosa. Inoffensivo forse, o magari mansueto, ma non intimorito.» Le labbra di Kaimy si increspano in un debole sorriso. «Alla fine convenemmo entrambe che Eric non aveva semplicemente imboccato un sentiero mai percorso prima, Eric lo aveva creato
«Com'è possibile...»
«Se Jeanine lo ha capito non lo ha detto a me, e neanche ad Eric.»
«Ma i Divergenti... Sono pericolosi! Lui... Non ci credo, non può essere...»
«Ah no? Perchè, Eric ti sembra forse una persona stabile?»
«Allora perchè Jeanine non lo ha...»
«Fatto fuori? Perchè invece ha permesso che facesse carriera?» Kaimy mi rivolge uno sguardo carico di commiserazione. «Non-lo-so. Non lo so, Christina.»
«Prima, quando eri sotto l'effetto del siero,» dico sentendomi in colpa per quello che le ho fatto, «hai detto che lei ne è innamorata.»
«É vero, ma non è quella la ragione per cui Eric è ancora in vita, credimi. Se conoscessi Jeanine anche solo la metà di quanto la conosco io, lo sapresti anche tu. C'è sicuramente qualcos'altro sotto.»
«Io non ci capisco più niente...»
Kaimy ride, sprezzante. Capire le cose era anche il suo compito, giusto? Mentre io sono solo una stupida transfazione. Ancora un pò Candida, non ancora Intrepida. E sono anche un'adolescente. Ancora un pò bambina e non ancora adulta. E che pensa di poter giocare con l'amore e non ha ancora capito che alla fine è l'amore che gioca con te.
Eric mi ha mentito ancora una volta, come sempre. Mi ha distratta focalizzando la mia attenzione su Kaimy per non farmi vedere che di donna ce n'era un'altra. Una molto più pericolosa e potente.
Quindi lo ha fatto per proteggerti.
No, lo ha fatto per proteggersi. Non voglio credere neanche per un istante che lo abbia fatto per me. Lui non fa niente per nessuno se non per se stesso. Adesso lo so.
Mi aveva detto che dopo il matrimonio non ci furono altri contatti con sua moglie, che non l'ha mai amata perchè non è stato lui a sceglierla. Allora perchè dai racconti di Kaimy mi sembra che loro due siano stati insieme? E che lei lo ha lasciato solo per non insospettire Jeanine?
«C'è una cosa in particolare che non riesco a comprendere...» Riprendo in un bisbiglio sommesso, senza avere la forza per guardarla negli occhi. «Perchè non vivete più insieme?»
«Perchè...» Kaimy abbassa leggermente il capo, distogliendo lo sguardo. «Posso fartela io una domanda? Giuro che risponderò alla tua però prima...»
«Va bene, sì fammela pure questa domanda.»
«Avevi un siero della verità.» Dice, con aria di sfida. «Perchè non lo hai iniettato ad Eric? Perchè non sapere direttamente da lui tutta la verità?»
Il mio cuore perde un battito e i polmoni smettono di incanalare aria al loro interno. Avverto un ronzio, sempre più forte, attutirmi il senso dell'udito. Cosa sta accadendo?
Sei stata colpita in pieno, ecco cosa.
Ed è la verità, Kaimy ha saputo studiare per bene il bersaglio, prima di lanciare il dardo infuocato.
Apro più volte la bocca, cercando di rispondere. Ma fallisco miseramente.

I Candidi credono che se ci si spogli di ogni segreto davanti all'intera fazione, non avrebbe senso, in seguito, mentire. Perchè senza segreti alla fine non rimane che la vera essenza di una persona. Sei semplicemente tu, chiaro come il vetro. Traditore, altruista, perverso, onesto, docile, irrascibile. Alla fazione dei Candidi non interessa cosa sei, ma che lo sappiano tutti.
È per tale motivo che l'iniziazione per diventarne membro prevede degli esercizi di conversazione collegati ad una macchina della verità. In questo modo ci si esercita a dire solo la verità e a studiare il linguaggio non verbale di chi invece sta mentendo. Nel test finale, poi, si viene sottoposti alla prova più dura: con il siero della verità in corpo, si è costretti a rispondere a delle domande davanti a centinaia di altri Candidi, ovvero davanti a tutta la fazione, famiglia e amici compresi.
Si incomincia con domande semplici, a volte spiritose per smorzare la tensione. Con quale cadenza ti fai la doccia? Hai mai finto di essere malato per saltare la scuola? E altre cose così... Ma più si va avanti e più le domande diventano personali e intime. In sala cala il silenzio, e la gente che conosce l'iniziato si stringe le mani. È un momento importante della sua vita, questo, perchè sta per diventare trasparente, puro. Quindi l'esaminando procede lentamente, con prudenza. Sta entrando nell'anima di una persona e deve farlo in punta di piedi.
Spesso gli iniziati sudano freddo, rivelando di aver rubato, una volta, di aver tradito un amico, di aver mentito ai genitori o di essere stato vittima di bullismo a scuola.
Alcuni superano il test finale in pochi minuti, non avendo molti segreti da raccontare, per altri il test risulta una lunga e lenta tortura. Ma dopo averlo fatto, tutti conoscono davvero l'iniziato e lui si renderà conto che mentire non servirà più a niente.
Ed io... Bhè io non ho avuto il fegato per affrontarlo. Strano eh? Il test attitudinale mi ha indicato la strada degli Intrepidi e io l'ho imboccata solo perchè non ho avuto abbastanza coraggio da rimanere nella mia fazione di origine. Ma cosa sarebbe accaduto se si fosse venuto a sapere che ero stata violentata? Come mi avrebbero trattato gli altri? E con quali occhi mi avrebbe guardata mia madre? La mia povera figlia, avrebbe pensato, la mia povera e indifesa figlia. Cosa sarei diventata, se non oggetto di pietà e compassione, una ragazza che non ha saputo affrontare il pericolo? Una perdente, ecco cosa avrebbero pensato tutti di me.

Perdente.

 

«Se lo avessi fatto...» Rispondo con voce sommessa. «Se avessi iniettato ad Eric il siero della verità, non sarei più riuscita a guardarlo negli occhi.»
Avrei fatto a lui ciò che non volevo fosse fatto a me. E dopo nulla, nulla sarebbe stato più come prima.
«Ecco, questa è stata la differenza tra me e te: tu sei riuscita a capirlo in tempo, io no.» Dichiara Kaimy con labbra tremanti dall'emozione. «Ho fatto una cosa di cui mi vergogno terribilmente e che lo ha deluso così profondamente che non è proprio riuscito a perdonarmi. Sapevo che se lo avessi fatto ci saremmo lasciati. Sapevo quanto fosse importante per lui... Ma ormai era troppo tardi per potermi controllare. Per questo non viviamo più insieme, per questo il nostro matrimonio è solo una farsa. Ma io lo amo ancora, e se sono qui è perchè voglio proteggerlo. Cerco di allontanare le spasimanti, di impaurire le amanti. Non sempre ci riesco e qualche volta Eric mi scopre.»
Per un attimo la mia mano si solleva cercando di accarezzare la spalla di Kaimy. Ma poi mi blocco. Lei non si accorge di nulla e la vedo sorridere mestamente.
«Lui crede che stia ancora cercando di fare pace con lui ma ho perso le speranze. Non c'è niente che possa fare per riaverlo. Quindi perchè sono ancora qui, mi chiederai. Bhè, mi sono imposta come missione quella di salvaguardarlo. Lo faccio per placare l'ira di Jeanine. Lei è una donna molto... possessiva. E se Eric è in vita è solo perchè lei crede che lui non l'abbia mai tradita. Neanche con me...»
«Kaimy» dico piano, «che cosa lo ha deluso a tal punto da decidere di abbandonarti?»
La donna punta lo sguardo verso una parete asettica. Vorrebbe tenere nascosto il suo inconfessabile sbaglio, lo capisco. La vergogna è un sentimento molto difficile da gestire. Ma poi punta di nuovo gli occhi blu nei miei. Non c'è posto per la vergogna in questo posto dimenticato da Dio, e se c'è una persona orgogliosa quasi quanto Eric, quella è proprio Kaimy.
«Ho avuto paura di lui.» Confessa. «E lui non mi ha abbandonata. Sono stata io a lasciarlo.»
Mando giù la saliva, che ha un sapore amaro, mentre Kaimy sorride mestamente. Lo sguardo rivolto a ricordi che solo lei può guardare.
«Non so quali storie ti abbia raccontato,» continua. «Ma mi amava anche lui, ed è giusto che tu lo sappia. Tuttavia devo anche ammettere che da quando sono qui non è più venuto a cercarmi.»
«Sai perchè?» Chiedo con l'agitazione che trapela dalla voce.
«Quando mi sono trasferita in questo posto era iniziato da poco il tuo addestramento. Ora, tu sai perchè?»
«Per... Per me?» Scuoto il capo, ma non riesco a trattenere un sorriso. «No, mi hai detto che ha avuto altre amanti.»
«Vero. Ma non riusciva a staccarsi da me.» La vedo avvicinarsi ad un comodino malconcio, aprire un cassetto e tirare fuori accendino e sigaretta. «Adesso che ci penso non so se fosse amore o solo ossessione. Ai suoi occhi io ero semplicemente diversa. Diversa da Jeanine, diversa dalle altre Intrepide. Forse inconsciamente cercava di vedere in me qualcosa che non sapeva esistesse in lui, l'essere Divergente.»
«Quindi cosa c'entro io? Sono forse la persona più banale con il quale è stato...»
Kaimy mi rivolge un'occhiata penetrante, poi avvicina l'accendino alla sigaretta che ha tra le labbra e ne aspira una lunga boccata. Dopo aver esalato una densa nuvoletta di fumo, si siede di nuovo sul divano, mettendosi comoda. É snervante il modo lento con cui fa le cose, l'attenzione che impiega quando pronuncia ogni singola parola, il fatto che non le importi che stia consumando ossigeno in questo posto già angusto.
Mi manca l'aria.
«E va bene,» dice grattandosi il capo con due dita. «Dopo il siero che mi hai gentilmente iniettato tanto vale continuare a dirti la verità. Eric cercava di dimenticarmi con le amanti e tu eri una di queste. Ma poi probabilmente, per qualche ragione a me incomprensibile, sei diventata qualcosa di più. Forse tu sei quella che stava cercando, quella che gli avrebbe permesso di dimenticare me.»
«Questo improvviso moto di sincerità mi suona un tantino falso.»
«Eppure non lo è.» Aspira un'altra boccata avida dalla sigaretta.
«D'accordo, ti credo.»
«Grazie.» Dice Kaimy guardandomi di sottecchi, poi indica la porta con un dito. «Adesso se non ti dispiace...»
«Un'ultima cosa...» Dico a un passo dalla porta dell'ingresso. «Di sicuro tu avrai visto il Manifesto appeso nell'appartamento di Eric.»
«Ah già, il Manifesto.» Dice con aria divertita perdendosi tra i ricordi. «Me lo regalò affinchè imparassi a memoria gli ideali della fazione. Lo fece dopo che gli chiesi di insegnarmi a diventare un'Intrepida. Ma perchè ti interessa tanto quello stupido Manifesto?»
«Così...» Sospiro con un'alzata di spalle e riflettendo sul fatto che per me non sia affatto stupido, il nostro Manifesto. Ma in fondo dovrebbe essere esattamente questo il ragionamento di qualcuno che non si è mai considerato altro se non un Erudito.
Così, in silenzio, mi dirigo verso l'uscita. Non posso avercela con Kaimy, in fin dei conti. Sono stata io ad aver invaso il suo spazio, io a strapparle di bocca segreti inconfessabili.
Sto girando il pomello della porta, quando lei mi ferma.
«Adesso ho io da dirti un'ultima cosa.» Dice, mestamente.
«Ti ascolto.»
E per qualche secondo non aggiunge altro. Io attendo, rivolgendole la schiena, mentre un brivido mi percorre tutto il corpo.
«Eric non deve sapere niente.»
E per niente so bene cosa intende. Non deve sapere di questo incontro, di quello che ci siamo dette. Non deve sapere che è un Divergente.
«Quindi lui non sa che abiti qui?» Replico.
«Lui non sa niente,» la sento sospirare. «É per questo che è ancora in vita. Ascoltami Christina, so che può sembrare assurdo. Tu lo vedi così grande e forte, lo vedi come un Dio indistruttibile. Ma è solo come una di quelle stelle che ama tanto osservare. Noi possiamo vederlo brillare di luce viva e fiammante. Ma è una luce che si è spenta già tanto, tanto tempo fa. A noi ne giunge solo il riflesso.»
Ci sono tante cose che non ho ancora compreso. Ma la spiegazione enigmatica di Kaimy mi suona alle orecchie e al cuore come una preghiera, e le preghiere non devono essere per forza capite.
Senza voltarmi, le accenno un sì con il capo.
Almeno su questo aspetto voglio fidarmi di lei, voglio credere che lei non abbia secondi fini e che pensi solo e soltanto al bene di Eric.
Quando esco dal suo appartamento, l'aria non viziata mi travolge fresca e luminosa come una tormenta di neve.

 

*

 

Lo strapiombo a volte mi chiama a sè. Mi attira in maniera inconscia. E quando ormai l'ho raggiunto, non ricordo neanche di aver camminato fino a lì. Mi ridesto all'improvviso, come se fino ad un attimo prima fossi stata sotto ipnosi, provando lo stesso panico che si avverte quando ci si sveglia in un posto poco familiare.
Guardo in basso, con la testa piena di suoni e rumori. L'acqua del torrente che si infrange contro la pietra, il chiacchericcio scomposto della folla di Intrepidi, il pianto di un bambino che si è sbucciato entrambe le ginocchia.
Infilo una mano nella tasca della felpa e accarezzo una siringa vuota.
Forse non tutto il siero è andato perduto. Forse qualche goccia trasparente ne imperla ancora il vetro. Forse dovrei sfruttarle, o quantomeno conservarle. Potrebbero ancora servire. Sono poche, e piccole, ma contengono un enorme potenziale.
Mi gira la testa al solo pensiero che in Kaimy ne ho iniettato quasi il doppio della dose utilizzata normalmente durante i processi, o durante l'iniziazione dei Candidi.
É per questo siero che sei scappata, che hai lasciato la tua famiglia.
In questo mi rivedo un pò in Kaimy. In Kaimy che era un'Erudita ma che ha trovato amore e rifugio in un'altra fazione. E in Eric, che a quanto pare è scappato da Jeanine.
Al test attitudinale io sono risultata Intrepida, con mia grande sorpresa, ma avrei voluto con tutto il cuore rimanere tra i Candidi. Se non fosse stato per il siero...
Prendo la siringa dalla tasca e me la porto davanti agli occhi. Sì, ce n'è ancora una piccola dose. Forse potrebbe ancora servire, ma non correrò il rischio di essere nuovamente tentata ad usarla.
Non lo farò mai più.
Con uno scatto la lancio lontano da me. Questa disegna un arco nel vuoto, poi sparisce in fondo allo strapiombo.
«Scommetto che vorresti far fare a me la stessa fine.»
Dice una voce e, quando mi volto, l'mponente figura di Eric mi provoca un lungo brivido che percorre tutto il corpo. Mi dimentico sempre l'effetto che fa. Quella strana sensazione che solo lui riesce a provocare in me. Paura e voglia di vederlo, desiderio e odio, amore e ripugnanza.
Dovrei cacciarlo una volta per tutte dalla mia vita, dato che stargli accanto fa così male. Intimarlo a lasciarmi perdere, allontanarlo per sempre, perchè da quando ci frequentiamo non faccio altro che piangere e sentirmi in colpa. Ma non ci riesco.
«Non sarebbe tanto semplice,» commento con un sorriso forzato. «Anzi è più probabile che accada il contrario.»
«Che io scaraventi giù te?»
Volto le spalle allo strapiombo appoggiando gli avambracci sulla ringhiera. E punto gli occhi in quelli di Eric.
«A-ah.» Confermo.
«Sai benissimo che non potrei mai, Christina. Io non lo farò,» si avvicina. «Non lo farò mai più.»
Come me, anche Eric si sente in colpa per ciò che ha fatto. Questo aspetto quasi umano del suo carattere mi terrorizza. Ma poi penso che forse siamo più simili di quanto credessi.
«Hai spiato la mia simulazione no? Sai che inconsciamente ho paura che possa succedere ancora.»
«Non me lo perdonerai mai?»
«Come potrei?» Dico sprezzante, «Eric tu fai tutto quello che normalmente non andrebbe mai fatto!»
«Difinisci il concetto di normale.»
«Ehmm, vediamo...» arranco, spiazzata. «Ecco, lui per esempio. Nor-male.»
Eric si volta per guardare il punto da me indicato.
«Non ci sono dubbi,» afferma con un mezzo sorriso. «Stai indicando proprio Quattro.»
Abbasso l'indice mentre l'istruttore ci passa accanto.
«Quello lì è forse il tizio più complessato e pieno di problemi che io abbia mai conosciuto, se proprio lo vuoi sapere.» Borbotta allora, «adesso ti faccio vedere io cosa significa nor-male
«Oh guarda, vorrei proprio sapere cos'è per te la norm...»
In un secondo Eric mi solleva da terra.Ma non come se fossi un sacco di patate, come normalmente ha sempre fatto, no. Le sue braccia mi cingono la schiena e l'incavo delle ginocchia. E mi sorregge senza alcuno sforzo. Sono fra le sue braccia e in un attimo ritorno bambina.
«Eric che fai...» Dico sentendo il viso avvampare. «Ci guardano tutti.»
«È normale.» Afferma con un ghigno.
«Okei, ho capito il concetto.»
I nostri visi sono vicinissimi. Vorrei scendere, ma allo stesso tempo vorrei rimanere così per sempre.
«Ovvero?»
«La normalità è qualcosa di assolutamente ovvio.» Provo a spiegare. «Se fai qualcosa di insolito attiri l'attenzione degli altri. Ovvio. Normale.»
«Ci sei quasi...»
«Adesso mettimi giù.» Mi lamento, cercando di divincolarmi.
Eric allora mi stringe ancora più forte, costringendomi a guardarlo negli occhi.
«No, con te non ho ancora finito.»
Sarà che i nostri visi sono così vicini, sarà che con Eric di momenti davvero romantici non ne ho mai vissuti, sarà che quando mi guarda con quegli occhi di ghiaccio sento un tuffo al cuore... ma non me la sento di cacciarlo. Lascio che mi tenga stretta a sè, che mi porti in braccio per i corridoi e lungo le scale, sotto lo sguardo di tutti. Mi copro il viso con una mano, più imbarazzata che mai, e un pensiero mi colpisce forte quanto un pugno.
Non è dagli Intrepidi che dovrei nascondermi. E farlo non serve neanche, se in giro ci sono le telecamere.
All'improvviso mi assale un senso di impotenza, e gli occhi mi si riempiono di calde lacrime.
Che stupida che sono, solo poche ore fa Kaimy mi ha avvertita sui guai che Eric potrebbe correre se Jeanine scoprisse che lei non è la sola. Che nella vita di Eric c'è un'altra donna, o magari più di una, come potrei saperlo.
Eppure non riesco a fermarlo. Non riesco a fermarmi. Lascio che mi conduca al suo appartamento, in silenzio, rivolgendomi nient altro che il suo solito ghigno soddisfatto. Lascio che mi adagi gentilmente sul letto. Lascio che mi spogli lentamente ed io non so più che cosa mi succede.

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Capitolo 32
*** Afferra la mia mano ***



 

Ogni cosa ha la sua logica, ogni macchina un meccanismo. L'orologio, ad esempio, è un fine complesso di viti e ingranaggi che assemblati permettono alle lancette di scandire i secondi, i minuti, le ore. E anche la mente umana è un ammirabile esempio di ingegneria meccanica. Ma come funziona davvero? Abbiamo tutto il tempo del mondo per scoprirlo.



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32.
Afferra la mia mano



 

 

La notte è nera e tetra nei territori degli iniziati, ma stanotte le stelle mi brillano negli occhi. E nelle iridi di Eric, chiaro e luminoso, scorgo l'intero Universo. Uno spazio senza tempo, antico e infinito da perdere il fiato.
Che strana sensazione.
Ci stiamo guardando negli occhi e io lo rivedo bambino, sicuramente un ometto serio e pomposo già da piccolo, salire le scale che conducono alla terrazza dell'appartamento dove vive con la sua famiglia, due genitori assenti e un fratello forse ancora più arrogante di lui. Lo immagino con tanta chiarezza che mi sembra di vederlo proprio in questo momento, che alza gli occhi al cielo con un sorriso sornione, sognando di diventare un astronomo, da grande. E poi eccolo che cresce per diventare un adolescente. Le mani goffe che diventano abili, gli occhi sempre meno incantati e sempre più sapienti e che fine hanno fatto poi i sogni? Svaniti, ma non tutti. Qualcuno lo conserva ancora nel cuore che batte forte per la prima cotta e poi per la scelta più importante della sua vita: partire o restare?
Così eccomelo davanti, un ventenne con il corpo forte ed energico di un ragazzo e gli occhi stanchi e dissillusi di un vecchio soldato. Eric ha un carattere fortemente ambiguo, sempre in lotta per dominare sentimenti opposti, per combattere un nemico imbattibile: se stesso. Il suo atteggiamento è calcolato e animalesco, bilanciato in egual maniera. È freddo ma anche istintivo, distaccato e passionale. Le sue azioni, spesso e volentieri, non rispecchiano le sue reali volontà.
La sua è una vita di scelte e di rinunce, di sforzi per andare avanti e di delusioni. Ed è una vita faticosa perchè, nonostante lui ce la metta sempre tutta, Eric non riesce mai ad ottenere davvero quello che vuole. Non riesce ad essere il numero uno, il primo, il vincitore indiscusso. Lui è preda e predatore allo stesso tempo.
Decisamente l'ultima persona con cui dovrei stare.
«Credo sia ora di andare.» Sussurro.
«No, aspetta.» Eric mi afferra per un polso, stringendolo appena. «Non sei felice di essere qui?»
La domanda mi spiazza. Ci penso su per un po' e nel frattempo con un dito disegno dei cerchi sul suo petto nudo.
Sei felice Christina? Sì, no, in un certo senso?
«Sì, lo sono.» Ammetto con un filo di voce. «Ma ho paura.»
«Paura di cosa?»
«Non lo so con precisione. Questa... questa felicità che sento è... io mi sento bene però ecco...»
«Temi che non duri a lungo.»
Quando parla la sua voce è calda e le sue labbra mi solleticano la fronte, qualche centimetro sopra l'occhio. Mi stringo forte a lui. No, non può durare a lungo.
Non può durare a lungo perchè io sono un puzzle con dei pezzi mancanti.
Non può durare a lungo perchè Eric mi ama e mi odia nello stesso tempo.
Non può durare a lungo perchè siamo sbagliati presi singolarmente, figuriamoci insieme.
Questa relazione non è altro che un treno che corre veloce su dei binari disconnessi, verso la propria autodistruzione, quindi perchè continuare?
Ho passato la notte con Eric. L'ho amato. Ma non durerà a lungo.
Non durerà...
«Voglio portarti in un posto.» Afferma Eric, interrompendo il flusso dei miei pensieri. «È previsto che vi ci porti Quattro, la prossima settimana, per cui quando questo avverrà non dovrai dire a nessuno che ci sei già stata.»
«Non so perchè, ma non mi ispira niente di buono.»
Eric ride.
«È l'istinto da Intrepida che lentamente sta prendendo piede dentro di te.»
«Quindi non è un bel posto.»
«Per niente.» Conferma lui, e io lo stringo forte a me.
«Va bene.» Acconsento.
Sono una masochista, ora più che mai ne ho conferma.
Prima di staccarsi da me, Eric mi cinge il corpo nudo con le sue enormi braccia. La stretta dura un paio di secondi, forse anche meno.
Temi che non duri a lungo.
Quando si solleva dal letto, con uno scatto mi alzo anche io per abbracciarlo da dietro. Avverto sotto di me i suoi muscoli guizzare dalla sorpresa. Ma poi, lentamente, lo sento rilassarsi.
«È scorretto attaccare alle spalle.» Mormora con aria divertita.
«Mai fidarsi di un altro Intrepido.» Ribatto.
«Ma sentila...» Si gira per ripiombarsi su di me. «Scommetto che hai avuto un ottimo insegnante, novellina.»
«Il migliore.»
«Di questo passo mi farai diventare più arrogante di quanto non lo sia già.»
«Peccato che non mi riferissi a te...» Sussurro divaricando leggermente le gambe. «Ma al mio istruttore, Quattro.»
Eric socchiude minacciosamente gli occhi, e per quanto voglia incutere paura, io vi scorgo solo una punta di devastante gelosia. Guarda in basso, soffermandosi sul mio ventre nudo. Poi scende lentamente dal letto per rimanere in ginocchio per terra. Mi afferra le natiche attirandomi a sè, quindi, inumidendosi le labbra, si abbassa su di me.
Il piacere che mi assale è evidente e io gli permetto di continuare, gemendo sempre più forte. Sento il cuore battere all'impazzata e pulsarmi in basso. Il respiro farsi sempre più affannoso.
È così che andrebbe fatto l'amore, è così che andrebbe fatto sempre.
Anche dopo aver raggiunto l'orgasmo, Eric non accenna a fermarsi, proprio come un assetato non smetterebbe di attingere alla sorgente che ha fortunamente trovato in un deserto.
«Vediamo se hai il coraggio di dire...» biascica con un leggero affanno, «se in questo non sono il migliore.»
Sei il migliore Eric, penso cacciando un ultimo gemito di piacere, sei il migliore ma non te lo dirò mai.

 

*


 

Siamo nel palazzo di vetro, all'ultimo piano della residenza degli Intrepidi. Qui c'è una galleria piena di graffiti ed Eric mi spiega che si tratta dello scenario della paura. Una sorta di terzo modulo da superare davanti a tutti i capofazione in cui bisogna affrontare oppure placare le proprie paure.
«Una simulazione.» Suggerisco.
«A grandi linee sì, una simulazione.» Spiega. «Con la differenza che sarai consapevole di quello che stai affrontando. Non sarà come un sogno in quanto saprai di essere dentro una simulazione.»
«E avrò gli occhi di tutti puntati addosso...» Rifletto ad alta voce.
«Sì.» Conferma Eric.
Non va affatto bene. Per niente. Non sono forse scappata dai Candidi proprio per non rivelare a tutti il mio più intimo segreto? E lui, Edward, comparirà ne sono sicura. Se fino ad ora, nelle simulazioni non si è fatto vedere, è perchè ho così tanto cercato di nasconderlo in un angolino della mia mente da averlo reso inaccessibile perfino al siero.
Ma lo scenario della paura funziona diversamente, scandagliando ad una ad una tutte le più piccole e viscerali paure di chi lo attraversa. Di alcune io ne sono già consapevole: paura degli incendi, delle falene, di cadere dal Pozzo. Ma chissà cos'altro mi toccherebbe affrontare, e davanti a tutti per giunta.
Edward.
In pratica fra una settimana mi ritroverò al punto di partenza, rendendo la mia scelta di cambiare fazione una mossa inutile.
Eric fa un altro passo verso il centro della galleria e io mi sento di soffocare. Una vampata di calore mi avvolge il viso, facendolo avvampare in maniera incontrollabile. Non riesco neanche a mandare giù la saliva, tanta è l'ansia che quello che sta per succedere, di qui a pochi giorni, sarà sotto gli occhi di tutti.
Ed io non voglio, non posso permettere che lo sappiano i miei amici, la mia famiglia, l'intera città.
Non ho la forza di riviverlo, nè di affrontare i loro sguardi.
Perchè farlo sapere a tutti sarebbe come... sarebbe come venire violentata un'altra volta.
«Non ce la faccio...» mormoro appena, scuotendo il capo. «Eric, ti prego, non farmelo fare.»
Lui sussurra il mio nome, cambiando subito espressione.
Si vede così tanto che sono terrorizzata?
Si fionda su di me e mi abbraccia.
«Non possiamo tornare indietro. Adesso calmati...»
«No!» Lo allontano di scatto. «Certo che possiamo tornare indietro! Portami nella tua camera, Eric, portami...»
«Schhh.» Mi tranquillizza lui con uno strano tono dolce. «Vieni qui, non sarai sola, rimarrò con te.»
«No, no, non capisci!»
«Sei tu che non capisci, Christina. È già iniziato...»
«Cosa?» Ormai farnetico come un'isterica. Ho in testa così tanti pensieri da non riuscire a capire più nulla.
Eric mi osserva con apprensione, ma nei suoi occhi di ghiacchio brilla una strana luce. Sembra quasi compiaciuto.
«La simulazione avrà in inzio a breve, l'ho impostata poco prima di entrare.»
Lo guardo con la bocca spalancata mentre in testa è scomparso qualsiasi pensiero. Adesso c'è solo il vuoto, accompagnato da un orribile e incessante fischio.
«Questo in quanto ti ho iniettato il siero mezz'ora fa, prima che ti svegliassi.» Continua lui, imperterrito.
Non ci posso credere.
«Tu...» Sibilo inviperita. «Come faccio a fidarmi ancora di te? Santo cielo quanto sono stupida...»
Mi volto per cercare un'uscita, sbuffando come un'ossessa, ma l'entrata sembra sia scomparsa. Mi giro ancora su me stessa per chiedere ad Eric spiegazioni ma è sparito anche lui.
«Non sarai sola, rimarrò con te, hai detto.» Strillo più in collera che mai, «sì certo, come no!»
Lancio un grido esasperato al soffitto di pietra ma quando abbasso nuovamente lo sguardo mi assale un attacco di panico: la stanza è a fuoco.
Sbarro gli occhi terrorizzata. Attorno a me non c'è nulla per domare l'incendio, nulla. E non c'è una via d'uscita. Eric è scappato ed io mi ritrovo ad odiarlo più che mai, in quanto sono circondata dalle fiamme, da lame di fuoco che divorano tutto ciò che toccano e che si avvicinano sempre di più, sempre di più...
Mi irrigidisco, cominciando a tossire sempre più forte a causa del fumo.
Sto per morire.
Però no, non è così che voglio andarmene per sempre.

Tu non sei più una Candida, Christina, sei una Intrepida. Lo sei sin dal giorno in cui hai avuto il coraggio di fare una scelta difficilissima, quella di cambiare fazione. Lo sei sin quando ti lanciasti su un tetto da un treno in corsa, sin da quando ti tuffasti nel baratro per poi scoprire che saresti atterrata su una soffice rete. Sei una Intrepida Christina, lo sei sempre stata. E quando chiedesti ad Eric di insegnarti a diventarlo, lui non poteva renderti nè più nè meno di quello che tu già sapevi di essere. Sei una Intrepida Christina, e gli Intrepidi non muoiono con la paura che li attanaglia il cuore. Muoiono con coraggio.

Abbasso le palpebre e tiro un lungo, lento sospiro. Le lacrime che mi avevano bagnato il viso si sono asciugate da tempo, per via del calore delle fiamme, e adesso sento la pelle scottare. Il fuoco è sempre più vicino, ma io continuo a respirare piano, e poi più piano finchè non sento il cuore battere sempre più lentamente fino a ad arrivare al suo ritmo regolare. Il fumo non mi fa più tossire e la pelle non brucia più.
È perchè sono morta, mi viene in mente, anche se non capisco come sia riuscita a non urlare e correre come una pazza al primo tocco delle fiamme. Sono morta bruciata viva. E riesco perfino a sorridere, pensando a come siano state profetiche le fiamme tatuate sul mio braccio.
Quando riapro gli occhi, sono ancora nella galleria, ma non c'è nessun incendio.
Sono nello scenario della paura. Certo, come ho fatto a non pensarci prima? Qui è tutto finto, e se è tutto finto posso affrontare qualsiasi prova. Con la coda dell'occhio però, avvisto una strisciolina verdastra strisciare verso di me e subito risale il panico.
«Serpente!» Strillo perdendo di nuovo il controllo.
Indietreggio, inciampo in qualcosa e cado per terra. Mi volto giusto il tempo per capire che sono su una strada deserta ricoperta di grosse pietre, per poi puntare di nuovo lo sguardo sul serpente. Man mano che mi raggiunge diventa sempre più grande e io sono talmente terrorizzata da non riuscire neanche a rimettermi in piedi per sfuggirgli. Ma anche volendo, chi riuscirebbe a correre quando ti senti le gambe come pasta frolla? E dove potrei trovare riparo nel deserto?
Ma qui non sei davvero nel deserto.
Il pensiero mi risalta chiaro e luminoso. E il serpente, all'improvviso, mi appare meno veloce, meno voluminso, meno aggressivo. Quando raggiunge i miei piedi si è trasformato in una biscia talmente piccola da essere poco più che neonata. Sale tranquilla sul mio scarpone, riscende, poi continua la sua corsa attraverso il deserto. Io continuo a guardarla divertita, finchè non sparisce totalmente dalla mia vista.
Il tempo di pensare che sto odiando Eric come non mai, per avermi trascinata nel bel mezzo della notte in una situazione talmente assurda, ed ecco che mi ritrovo ad affrontare un'altra paura e poi un'altra ancora. Sono sulla tomba di mia madre e di mia sorella, corro lungo dei binari mentre un treno mi fischia minaccioso alle spalle, cerco di non morire affogata all'interno di una grossa cisterna piena d'acqua, guardo allibita allo specchio il mio corpo senza braccia nè capelli.
Affronto ogni paura rimanendo un po' scioccata, all'inizio, ma pensando subito dopo che devo calmarmi perchè è solo una simulazione.
Ma quante altre paure (che spesso non sapevo neanche di avere) mi tocca ancora sfidare?
E poi ecco che arriva, penso mentre perdo la stabilità del pavimento sotto i miei piedi, la paura alla quale non riesco a trovare una vera motivazione.
Perchè ho paura di rimanere appesa allo strapiombo del pozzo se non temo nè di cadere nè tantomeno le altezze?
Con una smorfia di dolore serro le dita intorno alla ringhiera. Potrei rimanere appesa qui per sempre oppure lasciarmi cadere sul fondo, come ho fatto nell'ultima simulazione. Finirebbe tutto in un attimo. E invece no, so che non è così. Perchè quando sollevo lo sguardo comprendo quale paura la simulazione mi sta mettendo davanti. La mia paura ha un volto e un nome. E adesso mi sta guardando con due occhi così chiari da apparire gelidi come il ghiaccio.
Eric mi ha messa in questa situazione ed Eric non sta facendo nulla per mettermi in salvo.
Qual'è il mio timore dunque?
Che non ti ami tanto come invece sostiene.
O che non mi ami affatto.
Il suo sguardo duro e impassibile mi congela ogni sentimento o pensiero. La verità è che se Eric continua a guardarmi così allora voglio solo morire. Chiudo gli occhi e mi preparo a mollare la presa per lasciarmi avvolgere dal buio... quando avverto un movimento.
Sollevo di scatto le palpebre per scorgere Eric, ansante e scompigliato, placcare un altro Eric che invece appare smarrito per un attimo. Il suo sguardo perso, però, si tramuta subito in una smorfia rabbiosa. Con un urlo roco si scaraventa sul suo gemello.
Tra i due inizia una lotta, mentre io cerco con tutte le forze di non cadere. Sarei riuscita a resistere ancora per poco, quando uno degli Eric mette K.O. l'altro con un potente gancio alla mascella. Quando si volta nella mia direzione, i suoi occhi di ghiaccio si illuminano.
«Eccoti.» Mormoro a fatica.
«Eccoci.» Sussurra lui, porgendomi la mano.
Quando l'afferro, vengo travolta da un'ondata di emozioni contrastanti e da un piacevole, invitante senso di calma. Eric mi tira su e mi avvolge tra le sue braccia.
Strano, mi sento a casa.
«Posso?» Chiedo dopo un po', scostandomi da lui. «È da tanto tempo che volevo farlo.»
Lui solleva le sopracciglia, perplesso.
«Fare cosa, per la precisione?»
Mi avvicino all'Eric accasciato per terra.
«Questo.» Ringhio dandogli un calcio sulle reni.
Un calcio perchè provi lo stesso dolore fisico che ho provato io.
Eric ride.
Un calcio per le derisioni, per le bugie e per gli imbrogli.
Eric sogghigna appena.
Un calcio per ciò che era, e per ciò che mi ha fatto diventare.
Eric mi blocca per un braccio.
«Okei, adesso basta però, mi stai facendo paura.»
«Oh, non temere, non era niente di personale.» Lo canzono con un sorriso sadico.
Lui lancia una rapida occhiata verso la sua figura inerme.
«Ripeto, mi stai facendo paura.»
Adesso rido io. Una risata pura, cristallina. Era da tanto che non mi sentivo ridere così. Appoggio la testa sul suo petto, serena. Eric ricambia l'abbraccio.
«Voglio che questa paura non compaia più, nel tuo scenario.» Sussurra.
«Non comparirà più, Eric.»
Ancora tra le sue braccia, sento qualcosa adagiarsi sui miei capelli, per poi ricoprirmi lentamente il corpo. Falene. Ma io non avverto neanche un brivido. Eric è la mia casa e io non ho paura.

 

Il corpo del mio uomo perde lentamente di consistenza. Strabuzzo gli occhi, un po' smarrita. Eric non c'è più e io mi ritrovo nella mia vecchia dimora, dai Candidi.
«La mia ragazzina...»
Un lungo brivido mi sale lento lungo la schiena. Mi volto verso l'ingresso e appoggiato allo stipite della porta c'è Edward.
Quanti battiti cardiaci al secondo può sopportare un cuore prima di esplodere?
«Eccoci.» Mormora lui sogghignando.
E il mio cuore esplode.

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Capitolo 33
*** Scontro finale ***





 

33.
Scontro finale

 

 

Alcuni dicono che il tempo sana tutte le ferite.
Io non sono d'ccordo.

Le ferite rimangono.
Col tempo, la mente, per proteggere se stessa le cicatrizza,
e il dolore diminuisce, ma non se ne vanno mai.

Rose Kennedy




 

Gli occhi di Edward sono puntati su di me ed io ho il fiato corto. Potrei voltarmi e cercare di scappare, potrei guardarmi intorno e cercare qualcosa con cui difendermi ma la verità è che non riesco a distogliere lo sguardo da lui.
«Ho aspettato tanto tempo, ragazzina.» Mormora Edward con un sorriso compiaciuto stampato in faccia. «Ma lo sapevo che non mi avresti deluso.»
«Deluso?» La voce mi esce tremula, spenta.
«Sì, alla fine sei tornata da me.»
«Io...»
«Oh, lo so cosa stai per dire. Che non puoi controllare la tua mente, giusto? Che siamo qui contro il tuo volere.» Passo in avanti. «Ma non è così, credo che in fondo tu lo sappia molto bene. Perchè non lo ammetti?»
«Perchè è tutto falso...»
«Certo, questo sarà anche quello che ti ripeti da anni cercando di convincere te stessa che in tutto questo la vittima sei tu. Oh, povera piccola Christina, tutta sola a combattere il lupo cattivo.»
Non è vero, penso. Sarebbe bello se riuscissi a sentirmi vittima anche solo un pò. Sarebbe gratificante. La verità è che, con me stessa, sono sempre stata incazzata.
Dovevo essere più forte, più combattiva, più orgogliosa...
E dovrei esserlo anche ora.
Con un ringhio mi muovo verso la porta, scuotendomi di dosso la paura che fino a un attimo prima mi ricopriva come un velo gelido. Afferro la maniglia e la percuoto, ma la porta non si apre.
Okei, sento il fiato di Edward alle mie spalle ma io troverò un'altra uscita. Ci deve pur essere un modo per andare via di qui. Provo con la finestra, chiusa anche questa.
Con la coda dell'occhio posso scorgere Edward in piedi al centro della stanza, immobile ma ancora sorridente. Afferro un tavolino e lo sollevo, facendo cadere per terra e rompendo tutto quello che vi era appoggiato sopra: un vaso di fiori, un orologio da tavolo, una cornice con una foto che ritrae me e mia sorella da bambine. Alzo il tavolino sopra la mia testa e poi lo scaglio con tutte le forze verso il vetro della finestra. Ma questa non sembra subire alcun danno, neanche una crepa. Il tavolino, invece, adesso è ridotto a tanti pezzi di legno.
«Non è così che funziona, amore mio.» Sentenzia il ragazzo. «Non è per evadere da una stanza che sei qui.»
No, ha ragione, sono qui per affrontare lui. Lo sapevo sin dall'inizio ma dovevo provarci comunque.
E confesso che mi viene da piangere perchè sono tanto, tanto stanca...
Stanca di combattere questa guerra infinita, di affrontare Edward ancora una volta. Sempre Edward, sempre e solo lui. Poi, come un lampo, un pensiero mi rischiara la mente. Perchè c'è un'altra persona, adesso, nella mia vita. Eric.
Quando sei in uno scenario della paura come questo, non ragioni come faresti normalmente perchè ogni tuo pensiero è concentrato sulla paura che ti è di fronte. Ma adesso che penso ad Eric la domanda che ritorna ad assillarmi è: «come interpreterà lui tutto questo?»
Ricordo la nostra prima volta, dopo la sbronza al bar. Parlammo per ore. Io parlavo perchè ero sempre all'assurda ricerca di risposte, lui perchè... bhè forse per smorzare la tensione o solo per avermi accanto. Ricordo la sua titubanza al momento della penetrazione, titubanza che mi fece pensare che fosse sorpreso. Il fatto che lo avessimo già fatto ma che io non lo ricordassi era una menzogna, quindi Eric si aspettava che fossi vergine. Avrà pensato che la mia prima volta fosse stata con Will, no? Cosa sarebbe accaduto se avesse saputo la verità?
Dopo quella notte io ed Eric ci parlammo a malapena. Per settimane lui mi evitava e io cercavo di convincermi di non aver commesso niente di sbagliato. Poi ci fu la festa di Compleanno, l'incontro con Kaimy, sua moglie. Non stiamo parlando mica di una qualunque ex fidanzata! Lo stratagemma per scoprire dove abitasse dato che evidentemente non conviveva con Eric, il siero della verità, la sconvolgente scoperta sul passato di Eric ovvero una relazione clandestina con Jeannine e l'ambiguo risultato durante le sue simulazioni. E poi ci siamo avvicinati ancora e siamo stati ancora insieme, nonostante i litigi, gli insulti, i rimproveri. Stare insieme è ciò che di più sbagliato possa esserci ma separati è ancora più assurdo.
E adesso l'ennesima prova. Io non voglio che scopra tutto, non così. Non voglio mostrarmi debole o distrutta.
«Amore mio...» ripete Edward con voce lasciva. Fa un altro passo verso di me ed io lo odio, lo odio con ogni cellula del mio corpo.
«Non. Chiamarmi. Amore.» Protesto indurendo il tono di voce. «E se fai un altro passo, giuro che ti ammazzo
«Devi solo provarci.» Sibila Edward accantonando ogni falsa dolcezza.
Con un salto mi fionda addosso, stringendomi un braccio. Cerco di divincolarmi, lottiamo. Cado per terra ma riesco ad afferrare un grosso coccio del vaso distrutto poco prima. Lo agito davanti agli occhi, urlo, piango. Lottiamo ancora, cerco di difendermi come meglio mi riesce finchè Edward mi sferra un pugno sul viso.
All'improvviso non riesco più a sentire nulla, solo un ronzio incessante. Poi la voce di Edward, ovattata. Blatera qualcosa sul non opporre resistenza. E come potrei. L'urto improvviso mi ha stordita, riesco solo a pensare al dolore e all'assurda convinzione che il punto dove mi ha colpito stia andando a fuoco.
Quindi eccomi qui. Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto, che un giorno o l'altro mi sarei ritrovata a rivivere questa scena. Sono di nuovo in questa casa con lui e per quanto mi sia preparata psicologicamente ad affrontarlo di nuovo, la realtà è che ancora una volta non mi sento per niente pronta. E ho perso ormai il conto di quante volte ho chiesto alla vita di non mettermi più alla prova, di quante volte ho implorato un basta. Perchè, che senso ha continuare a combattere e per cosa poi? Ogni volta che mi rialzo, una difficoltà ancora più grande mi ributta a terra. E sempre così, all'infinito. E questa volta non riesco neanche a sollevare il capo, figuriamoci il resto del corpo.
Sono stanca, stanca...
«Andiamo», sussurro tra i fremiti dovuti ora non solo alla paura ma anche al dolore e alla frustrazione. «Fa quello che devi e facciamola finita».
A causa della vista appannata non riesco ad osservarlo bene, ma mi pare di scorgere sul suo viso un sorriso trionfante. Questa volta gli sarà sembrato più semplice e la prossima lo sarà ancora di più, perchè non credo che avrò la forza di reagire, se so già in partenza che il risultato, a dispetto di qualsiasi mio sforzo, non cambia.
Edward mi sputa della saliva in faccia, polverizzando anche l'ultima briciola di orgoglio che mi era rimasta, poi si scaraventa su di me.
Mi strappa gli abiti di dosso senza nessuna delicatezza. Sento le sue mani ovunque. E mentre si abbassa la zip dei pantaloni, la mia unica speranza è: «perlomeno fa che faccia alla svelta».
So che sarà orribile, ma so anche che questa volta, mentre Edward sarà indaffarato a violentarmi, la mia mente potrà viaggiare in un altro posto. In questo posto c'è un lucernario e c'è l'uomo che amo, l'uomo che mi ama. E potrò far finta che siano le sue mani a toccarmi, le sue labbra a posarsi sulla mia pelle, il suo corpo ad adagiarsi sul mio.
Ricordi Christina? Mi sussurra la vocina che in tanti momenti mi ha tenuto compagnia. Ricordi cosa pensasti su Eric e te quella notte? Io sono il letto su cui può adagiarsi prima di andare a dormire, la stella alla quale può esprimere un desiderio, il sogno che lo culla nel dormiveglia e il primo raggio di sole che lo ridesta.
Sì, ricordo. E sarà sempre così. Non mi importa cosa penserà Eric di tutto ciò, non mi importa se in questo momento sto dimostrando di non essere una vera Intrepida. Questa è la resa dei conti, lo scontro finale. Questa è la mia Paura ed io ho intenzione di affrontarla così. E qualsiasi cosa accadrà d'ora in poi, ho appena deciso che sarò sincera. Sarò sincera con me stessa, con Eric, con il resto del mondo. Sarò sincera, sempre.
Anzi, adesso che ne ho preso coscienza, mi sembra perfino meno paurosa. È esattamente per questo motivo che, un attimo prima che Edward entri dentro di me, un sorriso mi trapassa il viso e, all'improvviso, tutto si fa ancora più buio.


«Sei stata brava piccola, è tutto finito. Ci sono io, sono qui con te... sono qui con te.»


 

*


 

Sono passati giorni da quella notte. A volte, quando ci ripenso, non riesco ancora a crederci. Mi sembra impossibile che sia riuscita ad affrontare Edward, a non provare più timore nei suoi confronti.
Eric mi è stato vicino per tutto questo tempo, mi ha chiesto perfino di trasferirmi da lui. È pazzo! Quando glielo ho detto ha risposto di sì, che lo era, ma che non gliene fregava nulla.
«Voglio solo accertarmi che tu sia al sicuro ogni ora del giorno e della notte.»
Sorrido con un lieve imbarazzo. Ho sempre pensato che nel momento in cui Eric fosse venuto a scoprire la verità mi avrebbe trattata con disprezzo, guardata con occhi schifati. Invece è avvenuto esattamente il contrario. Anche se di poco, mi sono accorta che è diventato più affettuoso, più allegro, più... positivo.
E sembrava davvero che sarebbe andato tutto in maniera meravigliosa, per una volta. Che avrei avuto anch'io il mio piccolo lieto fine. Fino al suicidio di Al.
Combattere i miei demoni non è stato affatto semplice, ma nel momento in cui poso lo sguardo sul corpo inerte del mio amico, capisco che una battaglia contro gli eventi spiacevoli della vita non termina mai, per quanto sia ingiusto.
«Silenzio tutti quanti!» la voce di Eric. «Come sapete, siamo qui perchè la scorsa notte Albert, un iniziato, si è gettato nello strapiombo.»
A questo punto non riesco più a contenere il dolore. Mi getto tra le braccia della prima persona pronta ad offrirmele. Quando sollevo lo sguardo, senza un minimo di sorpresa, mi accorgo che si tratta di Will. Mi stringe forte e io ricambio la stretta. In questo momento vorrei solo potermi sfogare con Eric, ma il mio uomo è un capofazione e ha degli obblighi nei confronti di tutti noi. Adesso il suo obbligo è di rendere onore alla memoria di Al e di placare il dolore di chi gli ha voluto bene infondendo loro coraggio.
«Noi lo celebriamo ora e lo ricorderemo sempre!» grida mentre qualcuno gli passa una bottiglia scura. La solleva. «Ad Albert il Coraggioso!»
La folla strepita con lui, beve con lui, grida il nome di Al finchè non sembra più neanche il suo nome ma solo un urlo antico e primitivo.

 

«Che coraggio dire quelle cose su Al quando sei stato tu ad ordinare a Quattro di lanciargli contro dei coltelli.»
Eric entra nell'appartamento strisciando i piedi per terra. In mano una bottiglia di Vodka. Quando solleva lo sguardo su di me, una scintilla gli balena negli occhi di ghiaccio.
«Come sei riuscita ad entrare?»
«La porta era già aperta.»
Alla mia risposta lui si ridesta di colpo. Improvvisamente sembra essere sparita la sbronza, il mal di testa, il senso di vertigine. Controlla la porta, la finestra, guarda adirittura sotto il letto.
Paranoioco, penso, ma dopo un pò incomincio a guardarmi intorno anch'io.
«Che succede?»
«Schhh,» mi blocca le labbra con una mano. Mi abbraccia, poi sussurra: «questo posto non è più sicuro.»
«Allora dove andiamo?»
«Ho un'idea. Per adesso però credo sia prudente farci vedere solo in pubblico.»
«Alla mensa fra mezz'ora?»
Eric si stringe piano la fronte con due dita, sembra stanco.
«Sì,» mi bacia. «Sii più cauta la prossima volta.»
Sto per uscire, quando mi ferma un'ultima volta.
«Ah, Christina?»
«Sì?»
«Non credere che non me ne sia accorto, poco fa.»
«Di cosa parli?»
«L'abbraccio con Will. Sii più cauta anche in quello.»
«Altrimenti?» Sollevo un sopracciglio. Della serie: geloso? Fatti tuoi. Ma non appena lo vedo muovere un passo nella mia direzione, mi affretto ad uscire chiudendo la porta alle mie spalle. E, nonostante la tristezza e il dolore per la scomparsa inaspettata di Al, mi ritrovo a frenare un inizio di sorriso.

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