Quella che non credete

di NikiNiky
(/viewuser.php?uid=84285)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Per te, per la tua felicità ***
Capitolo 2: *** Addii e partenze ***



Capitolo 1
*** Per te, per la tua felicità ***


Salve a tutti :)
Ho per sbaglio ritrovato questo anime e non ho resistito dallo scriverci qualcosa sopra **
Lo so che il primo capitolo è corto, ma è solo per introdurre la storia.
Ho letto solo qualche spezzone del manga (cosa a cui voglio subito porre rimedio!) quindi ci saranno alcune cose anche di quello.
La storia riprende più o meno dalla fine dell’anime, quindi con la sconfitta di Reo, ma senza la partenza di Hotaru.
Spero che la storia vi piaccia e che la troviate interessante. Sono apertissima a qualsiasi tipo di critica e commento :)
Buona lettura!

 
Erano passati alcuni mesi ormai dallo scontro con Reo e alcune cose erano cambiate in accademia; infatti Narumi svolgendo delle ricerche aveva scoperto che l’associazione nemica alla fine sfruttava ancora maggiormente le potenzialità Alice, per poi sottoporre alcuni soggetti anche ad esperimenti scientifici. In tutti i modi si cercava di scoprire l’origine biologica dell’Alice in modo da poterla riprodurre e rendere chiunque, che avesse intenzione di pagare, uno di loro. Per questo motivo il famoso cantante era giunto a compromessi con la scuola, schierandosi dalla nostra parte.

Nonostante questo certe cose invece non cambiavano mai. Natsume andava ancora in missione, tornando molte volte in condizioni davvero critiche. Per me vederlo in quelle condizioni era davvero uno strazio e volevo in tutti i modi aiutarlo. Senza che lui lo sapesse io e Ruka ci eravamo fatti consegnare delle copie delle chiavi per aprire la sua stanza, in modo da poter controllare che la notte stesse bene e non ci nascondesse ancora malori come aveva fatto in precedenza.

Anche quel giorno a scuola non c’era. Purtroppo lo pomeriggio precedente Persona era venuto a prenderlo ed inutili sono stati i miei tentativi di dissuaderlo, è dovuto partire. Mi accasciai sul banco annoiata poiché Hotaru segue attentamente la lezione mentre Ruka è preoccupato quanto me, quindi è teso come una corda di violino, inavvicinabile.

Lo aspettai tutto il pomeriggio sotto il solito albero, come sempre nell’ultimo periodo. Ero sempre io quella che si caricava il suo peso sulla spalla e che gli medicava le ferite. Anche questa volta non andò in modo diverso. I capelli neri che svolazzavano al vento e l’andamento zoppicante mi fecero alzare e incamminarmi verso di lui per aiutarlo. Lo presi e ci incamminammo verso la sua camera, passando l’avanti a quell’essere schifoso di Persona che mi guardò con l’ormai ghigno malefico di rito.

Quando appoggiai il famigerato Gatto Nero sul suo letto mi resi conto che era conciato peggio delle altre volte. Aveva molte ferite che sanguinavano veloci. Senza starci troppo tempo a pensare lo medicai come avevo sempre fatto, ma con un sentimento rabbioso non indifferente nei confronti della scuola che invece di proteggerlo, lo sfruttava come carne da macello. Dopo avergli rimboccato le coperte mi sentii afferrare per il braccio. << Grazie >> . Era la prima parola che mi rivolgeva da quando era tornato, se non si considerano alcuni gemiti lamentosi durante le medicazioni. Lo guardai con sguardo dolce  << Non devi ringraziarmi, lo sai che lo faccio con piacere. Gli amici servono anche a questo no? >>. Non rispose, ma accennò uno di quei suoi rari sorrisi prima di addormentarsi. Lo guardai per parecchio tempo, infatti, proprio quella sera mi resi conto che avrei fatto qualsiasi cosa per permettergli di vivere una vita serena e sorridente, come si meritava.

Senza troppe cerimonie scesi dal letto dove vi aveva fatto sedere con la forza e mi incamminai verso il dormitorio femminile, ma la mia attenzione venne attirata da alcuno movimenti vicino gli alberi. Mi avvicinai lentamente, fifona quale ero, osservando il gioco di ombre che facevano i rami sul terreno. Improvvisamente notai l’ombra di una persona che si avvicinava nella mia direzione. Persona. Come da copione chiese notizie di Natsume e io risposi nel modo più rapido ed efficiente possibile. Ero l’unica studentessa che aveva il coraggio di rivolgergli la parola, sarà perché su di me lui non aveva alcun potere. Vedendolo li, di fronte a me, però non resistetti e la rabbia prese il sopravvento << Perché? Perché è costretto ad andare in missione? Lui non vuole, rischia la vita. Non è giusto. Ci deve essere qualche cosa che si può fare, qualsiasi cosa! >>. Assottigliò lo sguardo per poi abbassarsi fino all’altezza del mio viso << Non si può fare niente per lui, è sotto il controllo della scuola, come voi tutti d’altronde. Specialmente perché tra un paio di giorni partirà, con un gruppo di abilità pericolose, per essere addestrato ulteriormente e non credo che voi lo vedrete più. Dopotutto nessuno vorrebbe una vita come la sua, nessuno lo salverà mai. >> Mentre diceva quelle parole era calmissimo, una vera statua di pietra. Sul mio viso invece cominciarono a scendere una marea di lacrime, quando improvvisamente mi venne un’idea malsana per la testa. << Lui sa della partenza? >> Persona fece cenno di no con la testa. << Lo faccio io, mi sacrifico io per lui. So che non sarà una cosa semplice, ma mi impegnerò duramente per riuscirci. Rendimi come lui; il suo allenamento, le sue missioni, me ne prendo carico io. Mi affido totalmente a te e alla scuola, qualsiasi cosa vogliate la avrete. Sto praticamente vendendo l’anima al diavolo, lo sto facendo a sole due condizioni: Che Natsume non vada più in missione e che non sappia nulla di tutto questo. >> Persona mi guardò estasiato quasi dopo il mio discorso << Sarai perfetta, specialmente con questo nuovo importante fiore che sta sbocciando in te. >>

Per te Natsume, perché tu sia felice.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Addii e partenze ***


 
Salve:)
Eccoci qui con il secondo capitolo!
Ringrazio tutti coloro che hanno letto l’inizio della mia storia e mi scuso per il problema che si è creato con i dialoghi. Adesso è tutto risolto ;)
Buona lettura!



Ero stata una pazza, una sconsiderata. Chiunque avesse saputo una cosa del genere avrebbe consigliato di farmi internare e non avrebbero avuto nemmeno torto! Offrirmi totalmente a persona, solo una cretina avrebbe potuto farlo. Infatti eccomi qui, regina di tutti i più idioti del pianeta. Poi però ripensai a perché avessi preso questa decisione e tutto assunse senso, io lo facevo per Natsume, perché riuscisse ad avere finalmente quella pace di cui io avevo goduto fino ad allora. Certo, non ero grande, solamente dieci anni, ma meglio quello che niente. Mentre tutto questo casino mi turbinava in testa non mi accorsi che mi dirigevo nuovamente da lui. Entrai nella sua camera e mi sdraiai lontano da lui nel letto, in modo che non si accorgesse della mia presenza. Lo facevo spesso quando tornava dalle missioni, così, per assicurarmi che stesse bene; anche perché altrimenti diventavo troppo ansiosa e non riuscivo a dormire, quindi raggiungerlo diveniva l’unico modo per riuscire a chiudere gli occhi. Ero stata quasi totalmente travolta dalle braccia di Morfeo quando sentii un braccio cingermi la vita e un busto sbattere contro la mia schiena. Non era mai successo che si accorgesse di me, di solito riuscivo a svegliarmi talmente tanto presto da essere già in camera mia al suo risveglio. << Sto bene, non ti devi preoccupare per me. Te l’ho detto mille volte, devi stare lontano da me e dal mio mondo oscuro. >>  Già, mondo oscuro in cui mi stavo totalmente per mischiare nel giro di quarantotto ore. Complimenti Mikan. Mi voltai verso di lui in modo da poterlo vedere bene e scorgere realmente il suo aspetto da bambino di 10 anni quale era. Di notte assumeva sempre un’aria più innocente, quasi angelica, per poi il mattino dopo riprendere la sua solita aria controllata e matura di sempre. Rimanemmo così per un po’, senza fare nulla, ad osservarci nella maniera più semplice del termine. Poi all’improvviso i suoi occhi si illuminarono. << Ho trovato questa durante la missione, tienila, io non so davvero che farmene >>. Era una collana a laccio lungo che aveva come ciondolo una specie di contenitore su cui era disegnata una rosa, tutto tendente al bronzo. Era bellissima. <<  La terrò sempre con me. >> Lui non capì il senso delle mie parole, ma io misi al collo la collana con la certezza di non toglierla più. Dormimmo tutta la notte abbracciati, con l’innocenza che solo i bambini possono avere. Quando arrivò l’alba capii che era ora di andare e di salutarlo, forse per sempre. Lo abbracciai stringendolo forte a me, annusando il forte odore di menta che lo caratterizzava per poi posargli un bacio sulla guancia. Lui non si accorse di nulla continuando a dormire beatamente. Con quell’ultima visione di lui uscii dalla camera.
Passai tutto il giorno ad essere particolarmente triste e cercando di salutare tutti senza far rendere realmente conto a tutti delle mie intenzioni. Abbracciai molta gente, da Ruka a Tsubasa. Parlai con il signor Narumi, gli dissi che gli volevo bene e lo chiamai papà.
Per la sera mi ero riservato uno dei momenti più difficili in assoluto. Hotaru. Non le avrei detto niente, ma sapevo che forse non avrei mai più avuto l’occasione di vedere quel suo sorriso, quei capelli corti e tutte quelle strane invenzioni pensate appositamente per me. Mi sciolse le codine e mi pettinò i capelli. Aveva intuito che qualcosa non andava, ma mi lasciò fare. Passammo una serata tranquilla, tra qualche battuta e tante chiacchiere, finchè non arrivò l’ora di andare in camera mia. La abbracciai forte e cominciai a piangere. Mi stinse a se e mi disse che qualsiasi cosa sarebbe successa l’avrei affrontata con a solita tenacia e testardaggine che mi hanno sempre caratterizzata. Era arrivata l’ora di andare.
Dopo aver preso le mie valigie in camera scesi giù dove ad aspettarmi c’era Persona. Non una parola. Salimmo in macchina e rimanemmo in religioso silenzio fino all’ora successiva, quando arrivammo in un grande casale nella periferia della città. Ampi spazi verdi inumiditi dalla presenza di un fiumiciattolo, era davvero un bel posto. L’interno del casale arredato in stile rustico, molto diverso da quello dell’accademia. Mi sentii mancare il respiro: non ero più nel mio luogo sicuro. Fui invitata ad andare a sistemare tutto in fretta nella mia nuova camera. Essenziale, era la prima parola che mi venne in mente vedendola: un grande letto un armadio e una scrivania, tutto sulle tonalità del noce.
Mi lasciarono un po’ di tempo per ambientarmi, familiarizzare con i luoghi che avrei definito ‘’casa’’ per i prossimi anni. Nel pomeriggio dovetti andare nell’ampio giardino dove si svolse un’introduzione al mio futuro allenamento. << Visto che non sei minimamente allenata per un anno non andrai in missione, ma nell’arco di questo tempo dovrai diventare una macchina da guerra. Quello che ordinerò tu farai, nesun pensiero, nessun rimorso, nessuna pietà. Ti potrai ritenere completa quando, se mai succederà, riuscirai a battermi.>> Persona era stato chiaro, coinciso e glaciale. Annuii e mi misi subito a lavorare.
Tra corse sfiancanti, addominali e simulazioni di lotta passarono i miei primi mesi per la preparazione alle missioni. Ero sempre stanca, ricoperta di lividi ed escoriazioni, ma a nessuno importava. Di certo Persona non ci andava leggero, anzi, più vedeva che ero stanca, che ero abbattuta, e più lui rincarava la dose. Arrivai ad avere un grave trauma cranico per quanto mi aveva fatto male un giorno. Quando non mi allenavo piangevo stringendo la collana di Natsume. Era tutto molto grigio.
Le cose migliorarono solo quando una notte, ancora in dormiveglia, sentii qualcuno infilarsi nel letto con me. Stavo per reagire quando mi accorsi che era solo un bambino, un bambino dall’aria molto familiare. Capelli color argento, sguardo sempre serio…Yoichi. Ancora di più mi resi conto della brutalità delle persone con cui aveva a che fare. Era così piccolo. Non disse nulla, non c’era bisogno che mi raccontasse cosa gli era accaduto, la storia era la stessa, con l’unica differenza che io l’ho scelto spontaneamente. Si accoccolò al mio fianco e mentre io avrei dovuto infondergli sicurezza, stranamente, con la sua presenza vicina, al sicuro mi ci sentii io.
 
Nel frattempo all’Alice Accademy in questi tre mesi molti si fecero domande su dove alcuni studenti fossero finiti, ma l’interrogativo maggiore era Mikan Sakura. Era l’unica scomparsa che non apparteneva alla classe di abilità pericolose. Molti rimasero perplessi, altri preoccupati. Soprattutto si dice che ci fu qualcuno di talmente tanto sconvolto che fece scoppiare un fortissimo incendio, aggravando le proprie condizioni di salute.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3167467