Tropical blue

di Respirandoparole
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come una giornata di settembre ***
Capitolo 2: *** Aspetterai la fine del primo giorno come di quelli che seguiranno ***
Capitolo 3: *** Non è un compleanno è una convenzione ***
Capitolo 4: *** Il matrimonio delle streghe ***
Capitolo 5: *** É stato solo un attacco di panico ***



Capitolo 1
*** Come una giornata di settembre ***


Pioggia.
Era un pomeriggio di settembre e l’aria profumava di pioggia.
Edera camminava a passo spedito verso la fermata dell’autobus.
Ancora venti minuti e avrebbe rivisto il suo migliore amico.
Era un’estate che non si vedevano.
Salì sul pullman in partenza e passò l’abbonamento.
Si sedette nell’ultimo posto a sinistra, appoggiò la testa al finestrino e prese a guardare fuori. Le piacevano quelle giornate.
Non era più estate ma non era ancora inverno e il cielo era ancora troppo azzurro per essere autunnale. Le piacevano perché anche lei era così: incontrollabile e fuori dagli schemi.
Diversa, come le giornate di settembre.
Brontolando il 93 si avvicinò a Via Garibaldi e lei scese.
Si sedette sui gradini del portico e cominciò ad osservare le persone che camminavano freneticamente per la via. 
Ascoltava i loro passi battere sui blocchetti di porfido scuro e immaginava dove potevano essere dirette, provava ad entrare nelle loro vite leggendo dentro quegli occhi che avevano tanto da dire... Al contrario dei suoi.
Lei aveva quasi diciassette anni e non sapeva niente del suo passato.
Niente dei suoi veri genitori, niente dei cieli da dove era partita, niente dei dolori che doveva aver vissuto e delle persone delle quali doveva essersi innamorata, niente di niente.
Ricordava solo di essersi svegliata un giorno su un letto bianco senza lenzuola sotto lo sguardo indecifrabile di un'equipe di medici e, una settimana dopo, di essere stata adottata da una coppia sposata. A lei non avevano dato spiegazioni e con i suoi genitori avevano mantenuto il segreto facendo in modo che l'unica cosa che potessero fare fosse arrendersi al fatto che non avrebbero saputo niente.
Da allora erano passati tre anni. 
Aveva smesso di pensarci. 
Aspettava che i frammenti degli incubi sfocati e confusi che invadevano le sue notti le regalassero qualche ricordo.
Fissava ancora le persone per strada invidiandole del loro vissuto. 
Le si oscurò la vista e il naso le si riempì di un profumo di biancheria pulita e caffè.
-Theo!- gridò sorridendo togliendosi le mani dell'amico dagli occhi.
-Heyla monella! Ti diverti ancora a cercare il tuo passato negli occhi degli altri?
-Lo sai che non mi stancherò mai.
-Stai zitta e abbracciami, ladra di ricordi...
Si stinsero senza parlare per più di cinque minuti recuperando tutti gli abbracci che non si erano dati in un'estate. 
Si erano mancati.
Edera e Theo presero a camminare per le vie polverose e antiche della città vecchia guardando le persone. Theo teneva Edera sottobraccio e sorrideva. Sorridevano entrambi.
- Allora? Con i ragazzi? In un' estate ne avrai combinati di casini. Quanti cuori hai rubato?
-Mi spiace deluderti ma sono rimasta sull'amaca a leggere tutti i giorni. Avrò letto tutta la biblioteca di casa. Tu? - Theo aveva un sorrisetto beffardo sul volto che lei vedeva appena sforzando la coda la coda dell'occhio.
-Theo ?
-Dobbiamo essere seduti. Tu devi essere seduta.
-Addirittura? 
-Già
Camminavano in silenzio sotto il cielo celeste.

-Heyla Nick! Come ti è andata l'estate? - disse Edera al barista entrando al Ponte
-Ragazzi! Stavo cominciando a pensare che non sareste più tornati.
-Mi prendi in giro? Come facciamo a vivere senza questo posto?
-Solito tavolo?
-È libero? 
-È tre mesi che aspetta solo voi- disse strizzando l'occhio

Si sedettero al tavolo nell'angolo, quello accanto alla finestra che dava sul fiume.
Nick arrivò sorridendo con due bicchieri di vetro pieni di un liquido bluastro con il bordo sporco di zucchero e una fragola rossa.
-I vostri tropical blue
-Ci conosci meglio dei nostri genitori. - Theo infilò la cannuccia metallizzata tra le labbra.
-Altrimenti a cosa servirebbero i baristi?
Nick se ne andò fischiettando
-Allora? Questa notizia da gambe molli? - Edera guardava l'amico con una curiosità ansiosa





nascosta dietro gli occhi ambrati.
-Il tuo migliore amico sarà in classe con te, monella. - Edera sputò ciò che aveva in bocca spargendo goccioline appiccicose sul tavolo di cristallo.
-Ma avevi scelto il linguistico!
-Avevo, ho capito che non fa per me. Ti toccherà darmi ripetizioni di greco.
-Sei assurdo.

~ ANGOLO DELL'AUTORE ~
Salve gente, spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e che sia scritto decentemente. Lo so, non c'è nulla di fantascientifico in questa storia ma arriverà, tranquilli, ci metterà un po' ma arriverà. Non avendo molto altro da aggiungere credo che mi fermerò qui... 

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Capitolo 2
*** Aspetterai la fine del primo giorno come di quelli che seguiranno ***


Estate.
Era finta nel momento esatto in cui la campanella della prima ora aveva sancito l'inizio del terzo anno di liceo. L'entrata della sede del Giovanni Pascoli era gremita di adolescenti.
Molti dovevano ancora rendersi conto che era appena cominciata: i compagni di Edera stavano cercando di capire come un ragazzo del linguistico avesse potuto scegliere di trasferirsi al classico il terzo anno e i primini ridevano leggendo lo striscione che i futuri maturandi avevano attaccato al cancello : "Fuggite finché siete in tempo". Avrebbero capito in fretta che in quella scritta c'era ben poco di sarcastico.
-Fiamma! - Laura abbracciò l'amica
-Edera! Allora? Con Paride come va?
-Ha detto che dobbiamo parlare.
-Di che?
-Non so. - Fiamma sorrise
-Non può starti lontana. Chi non conosce se stesso è un mistero. Tu sei un meraviglioso mistero ragazza.
-Non so, non mi da l'idea che siano buone notizie
-Fidati, è che vuole tenerti sulle spine. Ora dobbiamo entrare, la campanella è suonata da un pezzo.
Il busto di Giovanni Pascoli con il suo sguardo di pietra guardò disinteressato ognuno degli studenti salire i pochi gradini che portavano nell'atrio e poi sparire inghiottiti dai portoni di legno.
 
Silenzio.
Nell'aula da dieci minuti il silenzio era rotto solo dall'insopportabile voce di Tessa che esponeva il tomo da 1324 pagine sull'origine e l'evoluzione dell'arte che aveva letto durante l'estate. Sarebbe andata avanti così per altri venti almeno visto con quanta precisione esponeva ogni capitolo. Edera era appoggiata al muro con lo sguardo perso fuori dalla finestra. Aspettata. Aspettava la fine del primo giorno come avrebbe aspettato la fine di tutti quelli che sarebbero seguiti. Voleva fuggire. E invece era lì, ad ascoltare una vocina stridula e odiosa parlare di un libro sconosciuto anche al suo scrittore. Si perse nel volo delle rondini, si perse ad ascoltare i loro garriti distanti, si perse a pensare quanto sarebbe stato bello essere al posto loro. È così tra disegni insensati e pensieri annoiati arrivò la campanella della quinta ora. Avevano una scheda libro da scrivere per la settimana seguente.
-Ho deciso che la tua amica bionda con le trecce è amabile come il pepe nel caffè.- ateneo si avvicinò ad Edera che stava facendo la cartella.
-Tessa? Non sei l'unico. Abituati ad essere sempre un gradino sotto di lei. Sempre.
-Mh, devo proprio?
-Decisamente 
 Edera e Theo risero allontanandosi fianco a fianco verso la fermata dell'autobus. Da lontano li guardavano in molti, quella coppia sgangherata di pazzia e domande, sempre a ridere come se non ci fosse un domani. A quelli che tenevano i polsini dei maglioni stretti nei pugni, a quelli che avevano tanti conoscenti ma pochi amici ma anche a quelli che ne avevano tanti, quei due facevano invidia. Facevano invidia le loro risate fatte guardando il cielo che sembravano spargersi nel vento come manciate di polvere di stelle, facevano invidia i loro sguardi complici, i loro abbracci stretti, chiusi come a dire per voi ci siamo ma adesso esistiamo solo noi. 
Ginger arrivò correndo, le mani strette sul manubrio della bici, i capelli rossi pieni dei riflessi dorati di un sole caldo e delle spire di un'aria che profumava del primo freddo.
-Allora ragazzi, a quando la grande notizia? 
-Quale notizia? - Edera si ritrovò il braccio di Ginger attorno alle spalle
-Non fate i preziosi... Quando vi metterete insieme?
-Mai, non cominciare anche tu con questa storia.
-Eddai ragazzi... Mi serve uno scoop per il giornalino.
-Suggerisco un'intervista ad amici eterogenei di vecchia data per scoprire cosa ne pensano. -intervenne Theo.
-Io metterei queste interviste in contrapposizione ad alcune fatte a persone che non hanno mai avuto un grande amico del sesso opposto, per vedere la differenza tra le idee.- Edera guardava Ginger in attesa di una risposta.
-Mi chiedo perché al giornalino ci lavora gente come me quando in giro ci sono menti come le vostre.
-Perché le nostre menti sono troppo fragili e stanche per mettersi a scrivere articoli.
Ginger rise montando sulla bicicletta.
-A domani ragazzi.
-A domani Ginger.
Si sedettero sulla panchina ad aspettare l'autobus impazienti di tornare a casa. Theo teneva il cellulare un mano, Edera guardava il cielo.
-Cosa guardi? - ora  Theo fissava il punto su cui erano fermi gli occhi di Edera cercando di capire cosa ci fosse di interessante da osservare.
-Le rondini. Stanno volando basso e il cielo è coperto di nuvole. Entro questa sera comincerà a piovere. Tu piuttosto, con chi messaggi? - Lei si sporse oltre il braccio di lui per sbirciare la conversazione.
-Si da il caso che il sottoscritto abbia fatto colpo quest'estate.
-La cosa mi stupisce
Spiritosa...
-Voglio sapere tutto. Ogni cosa. Ogni dettaglio. Se mentirai me ne accorgerò. - Tra le ciglia di Edera si era impigliato un sorriso ironico.
-Devo consegnarle una relazione entro qualche giorno o preferisce una dichiarazione verbale, signora inquisitrice?
-A me basta che parli. Allora? Come si chiama ?
-Silea 
-Approvato? Età?
-Quindici anni.
-Approvato. Residenza?
-Vefalgo. Come noi.
-Bene. Come e dove l'hai conosciuta?
-Al mare, abbiamo amici in comune. Ti spiacerebbe lasciarmi parlare? Questa cosa mi sta mettendo ansia. - Edera soffocò una risata
-Dai, ti ascolto.
-Ci sentiamo da circa un mese, l'ho conosciuta con Caleb, è la cugina di una sua amica.  Andavamo a fare il bagno insieme, uscivamo la sera, andavamo a prendere le crêpes... E sai com'è, una cosa tira l'altra, mi dai il tuo numero, scrivimi, ci sentiamo... 
-E tu in un mese non hai trovato il tempo di scrivermi un messaggio per dirmelo?- arrivò l'autobus e salirono schiacciandosi contro le altre persone.
-Volevo dirtelo di persona. Volevo vedere che faccia avresti fatto... Non è stata molto soddisfacente... - disse Theo alzando la voce per sovrastare il chiacchiericcio che c'era a bordo e il rombo del motore.
-Che faccia avrei dovuto fare?
-Non lo so... Sicuramente diversa da quella che hai fatto... Va va beh, ci si accontenta. Ora ascolta: mi serve un consiglio. Non so come chiederle di stare con me.
-Siete già usciti insieme?
-No.
-Tu sei completamente pazzo: non puoi chiedere a una di stare con te dopo solo un mese che vi sentite e senza neanche averla portata fuori... 
-Ma...
-Niente ma! Prima dovete uscire insieme e non una volta sola...
-E tu cosa consiglieresti di fare?
-Ma non lo so... Andate a fare una passeggiata in centro, andate al cinema, a mangiare qualcosa, al bar...
-Il bar mi pare una buona idea.
-Non al Ponte: quello è il nostro posto.
-Mi pareva ovvio. Che poi sai che faccia darebbero Nick se mi vedesse con un altra...
-Già, probabilmente verrebbe a dirmelo. E io dovrei stare lì a spiegargli che no, non sono gelosa e no, non mi piaci, si: siamo solo migliori amici. E allora lui starebbe lì a raccontarmi nel dettaglio com'era lei e cos'avete fatto... Sarebbe interessante.
-Sarebbe comico- Theo ed Edera si guardavano chiaramente divertiti
-Comunque prima o dopo te la farò conoscere... Dovresti vedere com'è bella, com'è simpatica, ha un sorriso come non ne ho mai visti... - Edera alzò gli occhi al cielo con un sorriso esasperato, infilò un auricolare all'orecchio e con l'altro continuò ad ascoltare distrattamente i vagheggiamenti dell'amico su come fosse stratosferica la cugina di un'amica a caso di suo fratello Caleb.
 
~Angolo dell'autrice~
Ecco il secondo capitolo, anche qui niente fantascienza ma tranquilli: non ho sbagliato genere, c'è solo una grande introduzione. Spero che vi sia piaciuto magari fatemelo sapere, ho bisogno di consigli.

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Capitolo 3
*** Non è un compleanno è una convenzione ***


Casa.
Edera salutò Theo abbracciandolo quando e si diresse velocemente verso casa infilando anche l'altro auricolare. Passò davanti al supermercato, alla pasticceria, al negozio di giocattoli, al parco giochi, al vecchio pub di quartiere. Si sentiva la protagonista di un film senza trama in uno di quei momenti mimati dove si sente solo la musica. Le piaceva costruire storie diverse attorno alla sua camminata a passo svelto e stravolgerle quando cambiava la musica. Arrivò a casa. L'ultimo piano di un piccolo condominio giallo. Non le era mai piaciuta particolarmente: era piccola, senza ascensore, con il giardino da sistemare ma aveva una cosa che, invece, la faceva impazzire: era gialla. Una casa per piacere ad Edera doveva essere gialla. Non importava la sfumatura: se era giallo acceso, giallo limone, giallo ocra. Le bastava che fosse gialla. Non sapeva perché. Era una di quelle cose di cui sei convinto e basta e non le sai dare una spiegazione logica. Ti piace così. Salì le scale facendo i gradini a due a due, entrò nell'appartamento, levò le scarpe con un calcio, abbandonò lo zaino sul tappeto in entrata ed entrò in cucina. Sua madre le aveva lasciato il pranzo sul tavolo: pasta al sugo e insalata. Mangiò senza troppa voglia inforcando le penne al pomodoro come se la forchetta fosse stata un tridente. Poi uscì e andò in camera trascinandosi dietro la cartella. Afferrò il libro dallo scaffale e si mise a sfogliarlo guardandolo come se fosse ricoperto di melma. Non le piaceva quello scrittore. Non le piaceva quel libro. Non le piaceva quello stile. A dire il vero era convinta fermamente che i professori facessero a gara tra di loro a chi facesse leggere alla propria classe i testi peggiori. Si sedette alla scrivania, accese il computer e cominciò a scrivere la scheda libro.
Finì tre ore dopo con gli occhi brucianti.
Dai Edera, ancora altri nove mesi e sarà tutto finito, si ripeté sarcastica.
Spense il computer stropicciandosi gli occhi poi si gettò sul letto e con la faccia affondata nel cuscino sospirò:
-Ma chi me l'ha fatto fare!
Sul comodino il cellulare vibrò per l'ennesima volta quel pomeriggio: la I G scaricava sul gruppo la frustrazione da primo giorno di scuola. Edera lo afferrò tenendo un occhio aperto e uno chiuso e cercò di registrare un messaggio vocale:
-Ragazzi, cercate di sorridere che la vita è bella, oggi era abbastanza leggero e sopratutto siamo ancora all'inizio. -  Ginger rispose con tono scherzoso:
-Ecco la filosofia di vita che bisogna seguire! Facciamoci portare dalla maestra Edera verso la luce...
-Tranquillo Ginger, la mia favolosa filosofia di vita serve solo a far smettere di vibrare il mio cellulare per un po'.
-Che delusione... E io che pensavo di aver trovato una valida alternativa al buddismo...
Finì che quella che era cominciata come una conversazione che doveva convincere tutti a smettere di scrivere messaggi inutili su quanto fosse duro il rientro dopo le vacanze estive si trasformò in un'ondata di altrettanto inutili riflessioni sul senso della vita. Forse un po' meno pesante, forse un po' più sereno.

Sei e mezza.
Edera smise di badare al cellulare per concentrare l'attenzione sulla madre che era appena entrata in casa.
-Ciao mamma
-Ciao tesoro, tutto bene a scuola oggi? Com'è stato il rientro?
-Traumatico.
-Come sei drastica
-No no, sul serio. È stato infernale: c'erano...
-I primini che non sapevano dove dovevano andare, la professoressa della prima ora che durante le vacanze si è preparata su come essere il più noiosa possibile e si è messa d'accordo con quella dell'ultima per stendervi già il primo giorno.
-Analisi perfetta dottoressa.
-Ah, non è molto diverso da quando andavo a scuola io. - sua madre appoggiò la valigetta e si tolse le scarpe con un sospiro.
-Qualcosa mi dice di si invece.
-Bah, non ho voglia di confrontarle ora. Che vuoi per merenda? - si avviò verso la camera per infilare il pigiama. Lo faceva sempre appena entrata in casa.
-Niente, bevo un succo e sono a posto.
-E per cena? - per sua madre il cibo era sempre stato importante ma forse più che il cibo lo era il momento in cui si sedevano tutti insieme a tavola a fare la famiglia felice.
-Va bene tutto, non ho troppa fame. - Edera entrò in camera e chiuse la porta.
Sulla parete di fonte a lei stava un quadro che aveva fatto il mese dopo "essere tornata al mondo".
Olympia e Guglielmo, quelli che adesso chiamava mamma e papà, ce l'avevano messa tutta per farla sentire a casa: le avevano detto di scegliere l'arredamento per la sua camera, l'avevano portata a comprare i vestiti, le avevano dato la possibilità di avvicinarsi a tutte le attività possibili perché scoprisse le sue passioni e l'avevano informata su com'era il mondo. Tutto in sette mesi. Era un giorno d'aprile quando la portarono in un campo poco distante da casa, appoggiarono una grande tela bianca a terra, le misero un pennello in mano e i colori a fianco dicendole di buttare su quella tela la sua personalità. Aveva cominciato tratteggiando un paesaggio a matita, poi un gatto, delle parole. Cancellò tutto e intinse il pennello nel colore lanciandolo sulla tela bianca. Il risultato era una crosta delle più svariate tonalità di colore che si fondevano e si separavano gocciolando e colando. Ogni sfumatura era un'emozione. Eccola la sua personalità. Un misto confuso di tutto ciò che è la voglia di vivere.
Si tuffò di nuovo sul letto stendendosi sulla schiena e chiuse gli occhi. Immaginò di essere in un luogo sperduto chissà dove tra le montagne e il mare avvolta in una coperta non troppo pesante e una cioccolata fumante tra le mani. Immaginò le zampe di un gatto che le premevano sulle gambe. Aprì gli occhi. Yasir la guardava con i suoi occhioni verdi attorniati dal pelo morbido poi, con un miagolio, le saltò dai polpacci alla pancia e le si accoccolò sull'addome facendo le fusa. Al quadretto che aveva creato mancava solo un principe azzurro che la stringesse nel suo abbraccio avvolgendola con le mille sfumature del suo profumo. Si allungò sulle coperte cercando di acchiappare il cellulare dal comodino facendo attenzione a non far cadere il gatto tigrato le le si era acciambellato sul ventre. Entrò su Whatsapp . L'ultimo accesso di Theo era stato alle tre e trentasei, Ginger era ancora in linea e Fiamma era uscita un'oretta prima. Poi controllò il profilo di Paride. Non le scriveva da due giorni e l'ultima volta che gli aveva dato la buonanotte lui non aveva risposto. Digitò un " Ehi " poco convinto e appoggiò il telefono dove lo aveva preso chiedendosi cosa stesse succedendo. Alle sette rientrò suo padre.
-Come stanno le mie signore? - chiese infilando le chiavi in tasca
-Guglielmo! Bene dai... Non ci sono casi particolarmente difficili in questo periodo. -Olympia andò a baciare il marito
-E tu piccola? Com'è stato il primo giorno?
-Niente di entusiasmante direi...
-Vuol dire che non c'è niente che va male. È una buona notizia in se.- suo padre la baciò sulla fronte. Edera sorrise poi entrò in cucina e apparecchiò la tavola. Aprì le ante della credenza, dispose i piatti, i bicchieri, le postare e i portatovaglioli. Poi si sedette con le spalle contro il muro e aspettò che sua madre impiantasse la cena. Mangiò di fretta, quasi come se avesse qualcosa di importante da fare dopo ma si ritrovò in camera sua a fissare il soffitto con gli auricolari nelle orecchie e la musica al massimo.
Stringeva il cellulare cercando di capire perché Paride avesse deciso di ignorarla. Ormai aveva visualizzato da due ore. Si addormentò così, cullata dal picchiettare insistente della pioggia dopo aver messo il pigiama a righe che le avevano regalato per il compleanno due anni prima. Il suo compleanno... Quel giorno era solo una convenzione: nessuno sapeva quando era nata e alla clinica avevano detto che i dati riguardanti il suo caso non erano accessibili a nessuno. Avevano deciso che il suo compleanno, come poi avevano dichiarato all'anagrafe, sarebbe stato il ventotto febbraio, il giorno in cui aveva messo piede in casa Montichiari.

*Angolo dell'autrice*
Terzo capitolo. Forse adesso il personaggio di Edera è un po' più chiaro, con il proseguire della storia lo sarà sempre di più. Come al solito spero che vi sia piaciuto e vi invito a scrivermi se avete consigli da darmi. Diciamo che come al solito non ho molto da dire se non che tra un paio di capitoli la storia si farà finalmente interessante e non sarà la semplice cronaca di una sedicenne a caso con halzaimer precoce ;). Per il momento arrivederci gente.

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Capitolo 4
*** Il matrimonio delle streghe ***


Sei e trenta.
Edera si svegliò boccheggiando come riemergendo dall'acqua. Ci mise un po' prima di convincersi a sbucare da dov'era. Si sedette sulla sponda del letto e cercò un buon motivo per non tornare a sotterrarsi con le coperte. Si sarebbe alzato il sole. No, succedeva tutti i giorni. Era il secondo giorno di scuola. E il giorno dopo il terzo e quello dopo ancora il quarto, sai che roba. Lezione di greco. Decisamente no, era un motivo in più per tornare a dormire. Forse sarebbe stata la scelta migliore: avvolgersi con le lenzuola come una larva e passare così il resto della sua vita. Edera sorrise all'idea di una lei di cui a malapena si vedeva la faccia. Probabilmente sarebbe stata un' altra delle tante mattine in cui avrebbe deciso di andare a cambiarsi semplicemente per far contenta sua madre. Si alzò dal letto trascinando i piedi e passandosi i pugni sugli occhi entrò in bagno cominciando, come tutti i giorni, a lottare contro l'orologio e i suoi minuti troppo corti. Uscì dal bagno in ritardo volando in cucina per trangugiare il caffè e ingoiare un paio di biscotti. Andò a lavarsi i denti maledicendo qualcosa di non ben specificato mentre si ripeteva che non poteva perdere l'autobus il secondo giorno di scuola. Si lanciò fuori di casa correndo sotto la pioggia sottile che cadeva tra i raggi di sole. Pensò ad un libro di leggende che aveva letto quell'estate, una delle storie diceva che il far cadere la pioggia col sole era il modo che avevano le streghe per celebrare i loro matrimoni e, mentre immaginava come sarebbe potuto essere un matrimonio tra streghe, arrivò ansimante alla fermata appena in tempo per saltare sull'autobus. Theo la guardava con aria divertita attaccato al palo che un tempo doveva essere stato giallo.
-Si? - Edera glielo chiese ansimando alzando un sopracciglio con finta aria di sufficienza.
-La tua cartella è più grande di te, Edera Montichiari.
-Si da il caso che oggi la nostra adorabile professoressa di lettere antiche ci farà un'ora di entrambe sue materie per vedere se siamo al passo con lo studio estivo, Theo Silenzi.
-È uno scherzo vero? - Theo fissò con sguardo schifato la cartella semivuota afflosciata tra i suoi piedi.
-So che mi vedi come una che fa volentieri sacrifici ma credimi, neanche a me piace portare tre chili di libri in più sulle spalle. - Gli si avvicinò e gli baciò una guancia -Comunque buongiorno -
-Cominciamo male signor Silenzi... - si disse lui fissando il monotono paesaggio fuori dal finestrino.

-Cominciamo male signor Silenzi- la professoressa di lettere antiche lo guardava di sbieco da dietro i suoi ridicoli occhialetti rotondi. Theo era in piedi in fondo alla classe con la testa bassa e le dita intrecciate tra loro. - Imparerà a sue spese che nella mia classe non sono ammessi ritardi, sviste o dimenticanze. Oggi mi sento particolarmente gaia e ho deciso di non infierire su di lei con punizioni o comunicazioni ai suoi genitori ma stia attento: ci vuole poco ad entrare a far parte della mia lista nera. - Theo in quel momento non avrebbe saputo descrivere il suo stato d'animo. Era un misto strano di frustrazione per aver fatto una brutta impressione, rabbia per essere stato preso di mira per così poco, delusione per non essere riuscito a stare attento il primo giorno di scuola e divertimento per i modi ottocenteschi della professoressa. Si lasciò cadere sulla sedia con un sospiro mentre il suo compagno di banco lo colpiva con il gomito strizzandogli l'occhio:
-Tranquillo, ci siamo passati tutti.
-In pratica siamo tutti sulla sua lista nera, è così lunga che non se la ricorda neanche lei. - dal banco dietro arrivò un bisbiglio sommesso seguito da risa soffocate.
-Se poi vi interroga rido - Tessa dal primo banco si era girata a guardarli e ora li fissava con aria di superiorità.
-Ho proprio bisogno di te per ricordarmi dei dolci modi della prof, Tessa. - era il compagno di banco di Theo, un ragazzo moro con la faccia semi distrutta da una terribile acne.
-Sono gli unici che riescono a convincervi a studiare...- Tessa si girò verso la cattedra con il naso puntato verso l'alto e le labbra contratte.
-E poi si chiede perché non ha amici...
-Secondo me vanno a letto insieme - la ragazza dietro di loro parlava cercando di mascherare gli acuti della voce.
-Ma chi? Tessa e la prof? Ma se nessuna delle due sa di averne una!
-Vogliamo finirla lì in fondo o avete intenzione di continuare la vostra amabile conversazione fuori dalla classe?- la professoressa aveva rivolto  di nuovo lo sguardo verso di loro. Si sentì una risata soffocata di Tessa che mandò loro un'occhiata compiaciuta.
Theo non aveva nessuna voglia di rispondere così abbassò lo sguardo sul quaderno degli appunti e ricopiò le poche cose che erano state scritte alla lavagna.
Le due ore di greco e latino passarono velocemente lasciandoli a quella d'inglese e di italiano.
Alla fine della quarta ora Theo si avvicinò a Edera che stava preparano la cartella nel suo banco dall'altra parte della classe.
-Sei ancora contento di aver cambiato scuola?
-Assolutamente. Ho sempre sognato una prof sanguinaria di cui potermi lamentare- lui le fece l'occhiolino e lei le rispose nel solito modo con quel suo sorriso ammiccante:
-Sei assurdo...

Fecero le scale insieme a Ginger e si fermarono ad aspettare Fiamma al primo piano.
-Come sono state le lezioni del secondo giorno nella mitica IE? - Theo affiancò l'amica reggendole la cartella mentre infilava la felpa.
-Banali e noiose... E siamo solo all'inizio... Spero che il momento in cui diventeranno anche difficili sia lontano. Da voi?
-Il nostro amico riccio qua si è guadagnato un posto nella lista nera della Baglioni. - Ginger aveva il volume della voce troppo alto, come al solito
-Quella di greco? Ma quanto è lunga quella lista?
-Troppo ma non se n'è ancora resa conto.
Uscirono ridendo senza curarsi delle bidelle che, come al solito, li guardavano male pronte a distruggerli per difendere la pace delle proprie orecchie sensibili.
-Chissà quante volte progetteremo la sua morte quest'anno... - Ginger parlava con gli altri come se stesse parlando con se stesso.
-Tanto quella donna é come i gatti: ha sette vite. - Edera lo guardava con uno sguardo tra il rassegnato e il divertito
-Ma non erano nove? - questo era Theo che aveva posto la sua domanda sputacchiando saliva dolce di caramella all'uva.
-No no, erano sette - Fiamma camminava appena davanti a loro con le cuffie tre infilate nelle orecchie, talmente abituata alla sua musica da riuscire comunque a sentire i discorsi degli amici.
-Io ho sempre saputo che sono sette ma so anche che se non mi dai una di quelle caramelle non vivrai abbastanza per scoprirlo. - disse Edera mentre le sue labbra si piegavano in un sorrisetto furbo.
-Ma era l'ultima...
-Ti si sta allungano il naso, Theo Silenzi...
E mentre Edera si avvicinava all'amico per farli il solletico un senso di vertigine le attraversò la testa mentre, guardandosi intorno l'adrenalina schizzava nel suo sangue. Terrore, è l'unica parola con cui riuscì ad identificare lo stato d'animo che provò in quei pochi momenti ma forse, pensò, a farle venire la tachicardia era stato semplicemente il caffè che aveva bevuto quella mattina: doveva dire a suo padre di farlo più leggero.

 -Angolo dell'autrice- Salve gente di mondo! Non ho molto da dire, come al solito se non che spero vi vinaccia il capitolo e che, se lo trovate migliorabile, i consigli sono ben accetti. Ah, beh, se avete un attimo di tempo vi racconto la figura da Fantozzi che ho fatto ieri così le anime in pena potranno farsi due risate. Ieri era il compleanno di mio moroso e io tra il fare le valige, stare cinque ora in auto sotto il sole, sistemare la casa, disfare le valige e tutto il resto mi sono dimenticata di fargli gli auguri. Ma non è finita qui infatti lui poi mi ha chiamata e ha cominciato a chiedermi "Sai che giorno è oggi?" E io "Si, oggi è il venticinque" e lui "E quindi che giorno è?" Siamo andati avanti così finché non si è arreso al fatto che non me lo ricordavo e me l'ha detto. Ma la cosa pazzesca è che io sapevo benissimo che il venticinque luglio è il suo compleanno ma ero convinta che fosse agosto e mi stavo chiedendo cosa cavolo succede il venticinque agosto... Niente, credo che non riuscirò più a guardarlo negli occhi... Con questo chiudo che è meglio, arrivederci gente.

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Capitolo 5
*** É stato solo un attacco di panico ***


Due settimane.
Erano passate due settimane da quando era cominciata la scuola e le vie avevano già cominciato a riempirsi delle prime foglie autunnali. Le lezioni, con grande dispiacere di Theo, avevano cominciato ad essere difficili e il carico di studio stava costringendo i ragazzi a murarsi in casa per riuscire a prendere voti decenti. Dopo l'ennesima mattinata passata a cercare di capire almeno la metà delle cose che venivano spiegate in classe il gruppo era seduto sulla panchina davanti alla fermata a mangiare barrette di cioccolata. Aspettavano Ginger che sembrava essere sparito nel nulla appena dopo essere uscito dalla classe. 
-Arriveremo a casa rotolando... - Fiamma stava mordicchiando del cioccolato al caramello
-Non ti costringe nessuno a mangiare, principessa. - Edera sorrideva, come al solito.
-Ma non puoi darmi del cacao e chiedermi di non mangiarlo... 
-Cercate di pensare al fatto che se Ginger non si sbriga perderemo l'autobus... - Theo si stava leccando le dita mentre fissava distrattamente la porta della scuola.
-Dici che se ci pensiamo intensamente arriva più in fretta?- Edera si era puntata due dita sulle tempie e stava cercando di soffocare la risata nascondendola dietro un'espressione fintamente concentrata.
-Smettila scema!-Theo rise mentre tirava le mani dell'amica che subito dopo tornò a prestare la sua attenzione alla barretta che aveva in mano.
Il 79 passò di lì a poco seguito dalla voce di Theo che imprecava contro Ginger e si chiedeva perché non potessero partire senza per forza salutarlo. 
Il rosso arrivò correndo mentre trascinava la bicicletta con un sorriso trionfante stampato sul volto.
-Ti conviene trovare una buona scusa per avermi fatto perdere l'autobus, Ginger. 
-La mia intervista! In prima pagina! Un'intervista in prima pagina! La mia intervista in prima pagina! È assurdo, non si mettono le interviste in prima pagina, non lo fanno mai! 
-Quale intervista?
-Quella che mi avete suggerito di fare voi, dai, quella sugli amici eterogenei!
-Scherzi? È fantastico! -Edera gli era saltata al collo e lo stava stringendo tra le sue lunghe braccia olivastre.
-Ehi, tranquilla, non sto per sposarmi.
-Ma per fortuna! Tieni, ti meriti ciò che resta della mia cioccolata. - Theo si era alzato e gli stava porgendo una barretta sgranocchiata di fondente all'arancia.
Ginger arricciò il naso.
-È fondente, Theo, fondente.
Theo si mise a ridere infilando un quadretto scuro tra le labbra.
-Ah già, tu e i tuoi gusti da poveraccio: solo cioccolato al latte per il signorino. Tanto meglio: ce n'è di più per me.
Fiamma scese dalla panchina con un balzo:
-Tieni, prendi la mia: al latte e caramello.
Ginger l'addentò contento e poi, sputacchiando disse:
-Che ciccioni, prima o poi andremo a casa rotolando.

Fiamma saltò sul 54 seguita da Ginger in bicicletta mentre per la via echeggiavano dalle urla di scherzose di Theo:
-Non pensare che perché stai diventando un grande giornalista ti perdoni di avermi fatto perdere l'autobus.
Ginger gli mostrò la lingua voltandosi.
-Ho tutti i pantaloni bagnati- Edera arricciava il naso mente si passava le mani sui jeans
-Edera, so di essere irresistibile ma tu dovresti imparare a contenerti.- 
-C'era la panchina umida- lei gli tirò una gomitata e lui rise salendo sul 79 che era appena arrivato.
Sopra c'erano solo due persone: il secondo autobus a passare dopo la chiusura della scuola era sempre vuoto. Edera si sedette vicino al finestrino e Theo, infilando gli auricolari, di fianco a lei. E mentre guardava lontano accompagnando con la testa il ritmo della musica si sentì prendere la mano in una morsa tanto stretta da essere dolorosa. Edera la stingeva con forza respirando affannosamente e guardando fisso davanti a se con gli occhi sbarrati. Lei non sapeva cosa le stesse succedendo ma da un momento all'altro era stata presa dal terrore che attanaglia chi si perde: tutto ciò che la circondava era diventato estraneo alla sua mente, si era sentita come lanciata in un mondo non suo, terrorizzata e stordita, confusa. Una piccola parte della sua coscienza aveva riconosciuto Theo e si era avvinghiata a lui come se fosse stata l'unica cosa in grado di riportarla indietro. Il respiro della ragazza si era fatto disperato e, tra i sospiri, rantoli soffocati le invadevano la gola. Theo le parlava, la strattonava prendendola per le spalle, gli occhi pieni di preoccupazione. Le girò la testa, appoggiò la sua fronte a quella dell'amica e, smettendo di chiedersi perché lei avesse cominciato a tremare in quel modo, stava cercando di trovare una soluzione. Prendendole il viso tra le mani si avvicinò a lei e cominciò a ripetere: 
-Edera, va tutto bene, ok? Va tutto bene. Edera, guardami, va tutto bene hai capito? Ehi, ehi, shhh, tranquilla, respira, va tutto bene. 
Il respiro di Edera cominciò a rallentare e i suoi occhi a staccarsi dal punto incastrato nel vuoto che fino a quel momento avevano fissato. Theo appoggiò la fronte alla sua continuando a sussurrare:
-Va tutto bene, va tutto bene, tutto bene, mh?
La ragazza annuì piano mentre tutto tornava ad essere normale e conosciuto e il suo viso riprendeva colore. Appoggiò la testa sulla spalla dell'amico passandosi il braccio di lui attorno alle spalle e accoccolandosi contro il suo corpo. 
-Edera, mi vuoi dire cos'è successo?
-Non lo so.
-Hai avuto un attacco di panico?
-No, si, non ne ho idea... È stato come se da un momento all'altro tutto fosse stato nuovo, come se avessi dimenticato ogni cosa.
Theo non sapeva cosa rispondere, stringeva l'amica e sperava sarebbe bastato.
-È stato solo un attacco di panico, vedrai che non succederà più.

-Angolo dell'autrice-
Eccoci con il quinto capitolo, con il primo avvenimento sospetto. Spero, come al solito, che la storia vi sia piaciuta e di non aver seminato in giro troppi errori che poi a chi legge viene la pelle d'oca... Ci sentiamo la prossima volta, arrivederci gente ;)

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