La bestia

di hapax
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Mary ***
Capitolo 3: *** Doppio interrogatorio ***
Capitolo 4: *** Cuore di madre ***
Capitolo 5: *** Il sapore del sangue ***
Capitolo 6: *** I nodi al pettine ***
Capitolo 7: *** La fine ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


28 Giugno 1987

La serata era calda, e in cielo brillavano le stelle.
Il guardiano notturno dello Zoo di Filadelfia non si curava affatto del cielo stellato perché le luci della città rendevano invisibili gli astri.
Da un palazzo vicino giungeva della musica: "Schizophrenia", dei Sonic Youth.
- Chi è là? - chiese John Fry puntando il fascio di luce della sua torcia elettrica oltre la gabbia delle scimmie.
Nessuna risposta.
L'uomo posò una mano sulla fondina della pistola.
John Fry aveva 22 anni, e non era certo il tipo che si definisce un bel ragazzo: nonostante le spalle larghe e il fisico atletico, risultato di anni di sport, mostrava ancora i segni lasciati dall'acne, gli occhi erano azzurri ma piccoli, e tra loro stava un naso troppo grande, la bocca era troppo larga, e a completare il quadro impietoso Madre Natura lo aveva dotato di grandi orecchie a sventola che tentava invano di coprire coi riccioli neri dei suoi capelli.
- BUH!!! - urlò un'ombra uscendo dal buio.
John fece un salto per lo spavento.
- Ma sei impazzito? - chiese - Avrei potuto spararti! -
L'uomo, un tipo alto, sulla trentina, si piegava in due dal ridere.
- Ti ho spaventato, eh? -
John scosse la testa. Il suo collega, Mike Rowland, era un emerito imbecille, ma tra i due era decisamente quello più bello (e faceva colpo sulle ragazze), e questo bastava a far credere che fosse anche il più intelligente.
- Sei un idiota, Mike. -
- Andiamo! Era solo uno scherzo. -
John gli voltò le spalle e continuò il suo giro.
- John, dai, non fare l'offeso. -
Mike Rowland vide il giovane collega svoltare oltre la gabbia delle giraffe: fu l'ultima olta che lo vide vivo.

Il pavimento della gabbia dele tigri era coperto di sangue.
Gli animali annusavano eccitati il cadavere di John Fry, ma non lo toccarono: le bestie, per una volta, non erano loro.

Il detective Lilly Rush fece il suo ingresso negli uffici della Squadra Omicidi.
Il suo capo, il tenente John Stillman, stava sorseggiando il suo caffè leggendo il giornale.
- Sei arrivata presto. -
- Ho un appuntamento con una donna su un vecchio caso: mi ha chiamata ieri sera e aveva molta fretta, così le ho detto di venire presto stamattina. -
Stillman vide entrare una donna sulla sessantina: i capelli quasi completamente bianchi erano raccolti in uno chignon, il suo viso mostrava tutti i segni dell'età ma dava ancora l'idea di una bellezza ormai sfiorita, mentre gli occhi azzurri erano pieni di angoscia.
- E' lei? -
Lilly si voltò e andò incontro alla donna.
- La signora Fry? - le chiese.
La donna fece un mezzo sorriso.
- Lei è il detective con cui ho parlato ieri sera? -
- Sì, sono Lilly Rush. Cosa posso fare pe lei? -
Le due donne si sedettero al tavolo della bionda detective.
- Sono qui per mio figlio, John Fry. - cominciò Helen Fry - Venne ucciso quasi ventidue anni fa, nel giugno dell'87: il suo caso non è mai stato risolto. Faceva il guardiano notturno allo zoo. -
Stillman annuì: - Sì, ricordo quel caso: se ne parlò molto anche sui giornali: il suo cadavere venne trovato nella gabbia delle tigri. Se non sbaglio il principale sospettato fu il suo collega, ma aveva un alibi. -
- E lei vorrebbe riaprire il caso? Sulla base di che cosa? - chiese Rush.
La donna aprì una borsa e ne estrasse una busta di carta che porse alla detective.
- L'ho trovata tra le cose di John. Sa, leggeva molto e la sua camera è ancora piena dei suoi libri; ogni tanto per sentirmi più vicina a lui ne prendo uno e lo leggo: così ieri ho trovato questa lettera tra le pagine de "La fattoria degli animali" di Orwell. Io...credo che l'abbia scritta il suo assassino. -
Lilly lesse il contenuto della busta.
- E' stata scritta a macchina. Sono solo due righe. -

"Io sono la bestia
che ti sbranerà"

Stillman chiuse gli occhi.
- A quanto pare l'assassino ha voluto far sapere a John che lo avrebbe ucciso. -
Lilly Rush annuì e guardò la donna che le sedeva di fronte: - Faremo in modo di sbattere questa bestia nella gabbia che merita. -

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Capitolo 2
*** Mary ***


Lo scatolone bianco datato giugno '87 stava aperto sul tavolo dell'archivio.
Gli scaffali erano zeppi di scatoloni identici, tutti con una data e un nome, ma solo alcuni portavano sul coperchio la scritta "closed", e quello di John Fry non era certo fra questi.
Lilly sfogliava il fascicolo del caso mentre i suoi colleghi ascoltavano il resoconto di Stillman.
- ...Perciò l'unica cosa da cui possiamo partire è questa lettera, anche se non è molto dato che le uniche impronte sono quelle della vittima e di sua madre. -
Scotty Valens osservava le foto scattate sulla scena del crimine.
- Ma non può averlo ammazzato lì dentro senza aver lasciato una qualche traccia! E come può esserne uscito completamente illeso? Insomma: non è mica una gabbia piena di gattini. -
Will Jeffries scosse la testa.
- All'epoca non c'erano le possibilità che ci sono oggi: ci si limitava alle impronte digitali, se si trovavano dei capelli potevano fornirci indizi sull'aspetto dell'assassino, ma non si facevano esami per il DNA -
- Ma in questo caso - continuò Lilly - non si trovarono né impronte, né capelli; l'assassino non è mai stato dentro quella gabbia: John Fry è stato ucciso da un'altra parte. -
Scotty mostrò loro una delle foto: il corpo della vittima era dilaniato da decine di ferite, e il sangue era ovunque attorno a lui, calpestato dalle tigri.
- Se tutto questo sangue appartiene alla vittima allora non può essere stato ucciso molto distante. Forse il corpo è stato trasportato lì con un telo impermeabile per non lasciare tracce attorno: poi ci hanno pensato le tigri a calpestarlo e a confondere la scena. -
- E' esattamente quello che venne ipotizzato allora. - disse Stillman.
- E l'umo che venne sospettato? - chiese Will.
Rush prese una foto segnaletica dal fascicolo.
- Mike Rowland, anch'esso guardiano notturno allo zoo. Era l'unico, assieme a Fry, che avesse accesso allo zoo di notte, ed era anche l'unica persona, oltre Helen Fry, con cui la vittima avesse un rapporto. Fu l'unico sospettato perché era anche l'unico sospettabile, ma quella notte era uscito dallo zoo per intrattenersi con una prostituta, che gli fornì un alibi: fu lui a ritrovare il corpo quando tornò. Inoltre, non aveva apparentemente nessun movente. - Rush ripose il fascicolo nella scatola.
- Vera e Miller stanno andando a parlargli. -

Kat Miller suonò per la quarta volta il campanello di casa Rowland.
- Magari non è in casa. - disse Nick Vera, ben sapendo che la collega era convinta del contrario: non che avesse tutti i torti dato che l'auto di Mike Rowland era parcheggiata nel vialetto d'ingresso e le tendine di una finestra erano state scostate da qualcuno all'interno. Era evidente che Mike Rowland non voleva parlare con dei poliziotti, ma a Vera piaceva battibeccare con la detective di colore.
- Signor Rowland, apra, sappiamo che è in casa. - urlò la donna.
- Dobbiamo farle delle domande sul caso Fry. -
- Non parlo con voi. - disse una voce al di là della porta - Mi avete torturato abbastanza vent'anni fa. Ve l'ho detto: quella notte ero in compagnia di una...ragazza. -
- In realtà sono ventidue anni. - disse Vera facendo finta di non vedere l'occhiataccia di Miller.
- Non è nella lista dei sospettati: vogliamo solo parlarle. -
La porta si aprì e Mike Rowland diede loro il benvenuto: - Odio i poliziotti. -
Vera gli sorrise: - Allora è in buona compagnia. -
- Che volete sapere? -
- Sappiamo che lei era l'unica persona, oltre alla madre, ad avere dei contatti con John Fry. -
Rowland sbuffò. - Ancora con questa storia! Sì, è vero, John era un tipo solitario, ma non così tanto come sembra. Lo dissi alla polizia anche ventidue anni fa: John aveva una ragazza, una certa Mary, ma dato che non hanno trovato nessuna con quel nome hanno pensato che me lo fossi inventato per distogliere l'attenzione su di me. -
- Mary? - chiese Nick lanciando un'occhiata a Miller - Non risulta nessuna Mary nel fascicolo del caso. -
- Ce ne parli. -

Mike guidava verso la casa di John Fry. Dall'autoradio uscivano le note degli Europe: "...it's the final coutdown..."
John era seduto al posto del passeggero e osservava l'alba dal finestrino.
Improvisamente si voltò verso il collega.
- Tu ci sai fare con le donne? -
Mike scoppiò a ridere. - Se ci so fare? Certo che ci so fare, ragazzino! Perché? -
John abbassò lo sguardo, poi si voltò di nuovo a guardare i raggi del sole riflettersi sul fiume Delaware.
- Ecco - riprese dopo un po' - ci sarebbe una ragazza...-
- Una ragazza? -
L'espressione di Mike era incredula, e per John non fu difficile capire cosa stava pensando il suo collega: quale ragazza sarebbe potuta uscire con uno come lui?
- Lascia stare. -
- No, dai, dimmi di più. Come si chiama? -
- Mary. -
- Mary? E' un bel nome. -
Mike gli diede una pacca sulla spalla - Scommetto che volevi chiedermi qualche consiglio su come si tratta una donna, vero? Sei un vecchio marpione! -
La macchina accostò di fronte a casa Fray.
Il ragazzo scese senza dire una parola.

- E di questa Mary non ha detto altro? - chiese Nick Vera.
- E' rientrato in argomento qualche giorno dopo: ha detto che il fratello della ragazza era un tipo violento. -
- Bene, grazie della collaborazioe. -
I due detective se ne andarono.
- Mi domando perché non sia scritto nulla nel resoconto dell'indagine di allora. - disse Kat aprendo la portiera della macchina.
- Forse hanno pensato che fosse una balla che non valeva la pena riportare. -
- Adesso però varrebbe la pena provare a prendere in considerazione questa strada. -

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Capitolo 3
*** Doppio interrogatorio ***


- Ricapitolando: non abbiamo impronte o altre prove utili da cui partire, una lettera con un messaggio criptico, e una misteriosa ragazza di nome Mary con un fratello violento. Ditemi che siete delle persone ottimiste. -
John Stillman sedeva nel suo uffico, decisamente meno convinto sulle possibilità di risolvere il caso di un paio d'ore prima.
Le due donne che gli sedevano di fronte (le uniche donne della Omicidi di Filadelfia) non erano molto più ottimiste, ma non lo davano a vedere.
Rush avvicinò la lettera chiusa in una busta di plastica al tenente.
- La lettera dice "Io sono la bestia che ti sbranerà", ed è chiaro che questa minaccia sia stata preludio all'omicidio; Fry venne colpito diverse volte volte da un'arma affilata: affilata come possono essere zanne e artigli di una bestia feroce. Poi è stato gettato nella gabbia delle tigri, magari nella speranza che completassero il lavoro e che sembrasse un incidente...c'è un continuo richiamo alla bestialità in questo omicidio. L'assassino deve aver pianificato tutto: ha eseguito il suo piano a sangue freddo e con una violenza disumana. -
- Quel bastardo non è una bestia: è qualcosa di peggio. E di questa Mary? Che cosa sappiamo? - chiese Stillman rivolgendosi a Miller.
- Oltre a quello che ci ha detto Rowland, non sappiamo nulla. Stiamo controllando se tra i vecchi compagni di scuola vi fosse qualcuna con quel nome. -
Jeffries entrò.
- Forse abbiamo trovato qualcosa. Tra gli ex compagni delle superiori di Fry c'era una certa Mary Pinter: pare che fosse seguita dai servizi sociali a causa di violenze subite dal fratello maggiore, divenuto suo tutore dopo la morte dei genitori. -
- Davvero? Beh, quadra: Fry conosce Mary da quando erano compagni di scuola e dopo qualche anno si incontrano di nuovo; il fratello di lei è possessivo e violento, così ammazza Fry perché vuole portargli via la sorella...- dicendo quest Kat osservava la foto di John Fry -...anche se ce ne vuole a essere gelosi di uno così! -
Lilly sorrise - Non era bellissimo, ma aveva un bel fisico. E poi era anche intelligente: la madre mi ha detto che leggeva molto e che a scuola aveva sempre avuto bei voti. -
- Tu trovi sempre una buona parola per tutti, eh? -

Steven Pinter sedeva al tavolo della stanza degli interrogatori e osservava lo specchio che aveva di fronte, ben sapendo che dall'altra parte qualcuno lo stava vedendo.
Non sapeva però che a pochi metri da lui, in un'altra stanza del tutto identica a quella in cui si trovava, stava sua sorella Mary in compagnia dei detective Will Jeffries e Scotty Valens.
- Conosceva John Fry, signorina Pinter? -
Alla domanda di Valens la donna sorrise, e sembrò subito molto affascinante.
- Certo: abbiamo frequentato le stesse scuole fin da quando eravamo bambini. -
- Quindi vi conoscevate bene. - quella di Jeffries non era una domanda.
- Eravamo compagni di scuola e lo conoscevo abbastanza bene, ma non siamo mai stati veri amici: lo incontravo solo a scuola. Non usciva mai di casa. -

- Sappiamo che lei è un uomo violento, signor Pinter. -
La voce di Lilly Rush colse l'uomo di sorpresa.
Nick Vera entrò nella stanza dietro la collega: - Picchiava sua sorella... Che bravo! Lei sì che è un uomo coraggioso. -
- Era geloso di lei, vero? Sua sorella era una sua proprietà, e guai a chi gliela toccava. -
Steven Pinter ascoltava sorpreso i due poliziotti: - Ehi, un momento! Di che diavolo state parlando? -

- Lei non si è mai sposata. Come mai? -
Mary guardò sorpresa il detective Jeffries.
- Che importanza può avere? -
- Lei è una donna molto bella - disse Valens - Sembra strano che non abbia trovato marito. -
- Non ho mai trovato l'uomo giusto. -
- Oppure glielo ha impedito suo fratello. -
- Mio fratello? E perché mai? -
- Andiamo! Suo fratello la picchiava quando era minorenne. Nonostante questo lei ha continuato a vivere con lui... Mi chiedo il perché. -

- Sì, è vero: ho picchiato mia sorella una volta. Ero ubriaco e mi sono lasciato andare: ero molto giovane e sentivo il peso della responsabilità che gravava su di me dalla mote dei miei genitori. Per questo avevo cominciato a bere. Ma dopo quello che ho fatto a mia sorella ho smesso. Chiedetelo ai servizi sociali: hanno continuato a tenerci d'occhio per anni. -
- Che storia commovente! - il sarcarmo nella voce di Lilly nascondeva un profondo turbamento: lei sapeva bene cosa può fare una persona per l'alcol.
- E di John Fry, che mi dici? - continuò Vera.
- John Fry? So solo che per un po' è uscito con  mia sorella, e mi domando ancora che cosa ci trovasse in lui. -

- Quando giocava a football sembrava un dio: era l'idolo delle ragazze finché non si toglieva il casco a mostrare il viso. E aveva anche ottimi voti. Mi chiedo come mai non sia andato all'università. -
Mary sorrise tra sé e sé nel ricordare i tempi della scuola.
- Ma lei lo vide anche qualche anno dopo il liceo. Quando cominciò ad uscire con lui? -

Mary Pinter sedeva in un tavolo all'angolo del vasto locale e batteva un piede al ritmo di "Papa don't preach": le piaceva Madonna.
Non alzò lo sguardo quando sentì la porta aprirsi: non aspettava nessuno e non le importava chi altri frequentasse quel bar.
Sentì l'uomo appena etrato ordinare una birra, e qualcosa nella voce di lui le suonò familiare.
- Oh, mio Dio! John! -
John Fry si girò nella sua direzione, sorpreso. Dopo un primo istante di confusione sembrò riprendersi e si avvicinò al tavolo.
- Mary? Mary Pinter? Che sorpresa! -
- Mamma mia...è passato tanto tempo dall'ultima volta ce ci siamo visti. Non sei cambiato affatto. -
- Neanche tu. - sussurrò lui guarando quei boccoli biondi, quele ciglia lunghe e folte che racchiudevano gli occhi che pochi anni prima lo avevano fatto sognare. Aveva sempre avuto una cotta per lei.
- Siediti, dai. -
John si sedette di fronte a lei.
- Come stai? - le chiese.
Mary capì subito che la domanda in realtà era un'altra: "tuo fratello ti picchia ancora?"
Lei sorrise mostrando i denti: - Sto bene. -
I due si guardarono per qualche istante.
- E tu? come stai? -
John abbassò la testa: anche questa domanda era molto più profonda di quanto sembrava.
- Isomma...così così...-
La porta del bar si spalancò di colpo e una donna entrò con decisione. Helen Fry si guardò attorno e alla fine lo vide; si avvicinò svelta al figlio.
- Non dovresti essere qui. -
Le sue parole erano pronunciate senza animosità, quasi a bassa voce, ma trasudavano rabbia.
- Vieni via immediatamente. -
John distolse lo guardo dalla donna.
- Ma...mamma...-
- Ubbidisci! -
John Fry si alzò e seguì sua madre.

- Dopo quella volta ci siamo incontrati ancora. - concluse Mary Pinter - Sempre nello stesso posto. Ma per me è rimasto solo un amico: non si è trattenuto mai abbastanza a lungo perché potesse succedere qualcosa: aveva troppa paura di sua madre. -

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Capitolo 4
*** Cuore di madre ***


Il salotto di casa Fry era piccolo ma elegante.
La donna posò il vassoio sul tavolino da caffè e si sedette sul divanetto color crema.
- Avete qualche novità? -
Le due detective presero ognuna una tazza di the, poi Lilly cominciò a parlare.
- Signora Fry, perché non ci ha detto che suo figlio aveva paura di lei? -
Helen Fry guardò la poliziotta come se fosse stata presa a schiaffi.
- Cosa volete insinuare? - chiese trattenendo la rabbia. - Volevo bene a mio figlio. -
- Forse gliene voleva troppo. -
Helen guardò Miller senza capire.
La poliziotta di colore continuò: - Sono anch'io una madre. Se sapessi che mia figlia viene presa di mira dai suoi compagni farei in modo che li frequentasse il meno possibile; e so già che quando arriverà per lei il momento di andarsene, magari in un'altra città per frequentare l'università, mi si spezzerà il cuore. Vorrei che mia figlia fosse sempre con me: ma questa è una cosa che non posso fare. -
- Ma che invece lei ha fatto. - aggiunse Rush - Suo figlio non stava mai con gli altri bambini, l'ha sempre tenuto chiuso in casa con sé. Inoltre, aveva tutti i requisiti per andare all'università, ma non l'ha fatto. -
- E come se non bastasse - proseguì Miller - quando lo ha visto assieme ad una ragazza lo ha costretto ad andarsene.
- Continuò a vedere quella donna! - le interruppe Helen Fry - Per la prima volta nella sua vita John mi disobbedì. -
Rush posò la sua tazza sul tavolino da caffè.
- Per questo lo ha ucciso? Per punirlo? -
La signora Fry nascose il volto fra le mani e si asciugò le lacrime dal viso.
- E' vero, forse sono stata una madre un po'...oppressiva. Quando mio marito morì John aveva tre anni: fui costretta a crescerlo da sola. Gli volevo un bene dell'anima, e mi si spezzava il cuore sentire gli altri bambini che lo deridevano per le orecchie a sventola, per il naso troppo grosso... I bambini sanno essere molto crudeli. -
La donna prese in mano una cornice d'argento che stava su un tavolino accanto al divano: in quella foto John doveva avere undici o dodici anni.
- Pensando di proteggerlo lo costrinsi a non incontrare più i suoi coetanei al di fuori della scuola; con il tempo non riuscii più a sopportare di saperlo lontano da me. -
- Per questo gli impedì di vedere Mary Pinter? -
- Sì, ma solo in un primo momento: poi fece di testa sua. Ma forse avrei fatto meglio ad impedirglielo. -

Helen Fry osservava il figlio dall'ampia vetrata del bar; dall'interno del locale proveniva la musica degli U2: "With or Without You".
Erano seduti sempre allo stesso tavolo, l'uno di fronte all'altra: lei gli teneva una mano, e lui sembrava felice.
Helen tentò di scacciare il senso di colpa convincendosi che stava spiando suo figlio esclusivamente per il suo bene; ma l'evidenza dimostrava che quella ragazza stava facendo a John molto più bene di quanto gliene avesse mai fatto lei.
John e Mary si alzarono e andarono verso l'uscita mano nella mano.
Arrivò una macchina che si fermò di fronte ai due.
Dal suo angolo nascosto Helen Fry riconobbe il conducente: era il fratello della ragazza.
Mary e John si apprestarono a salire, quando quasi dal nulla sbucò una donna: aveva lunghi capelli neri.
- No, John. Non andare con loro. -
Helen si ricordò di lei: era alla festa della consegna dei diplomi l'ultimo anno di scuola.
John non parve stupito di vederla.
- Che vuoi ancora? Ti ho detto di lasciarmi in pace. -
- Ma non capisci? Lo sai cosa ha fatto a mio fratello! -
- Non ha fatto nulla a tuo fratello: è stato lui a farsi del male. -
- No, non è come sembra! - La donna fissò Mary Pinter - Ti ha già fatto il lavaggio del cervello. -
- Non ti permetto di parlare così! -
Helen sussultò. Quella non poteva essere la voce di suo figlio, così violenta e rabbiosa.
Mary posò una mano sulla spalla di Fry: - Andiamo caro, non badare a lei: è pazza. -
- Tu sei pazza! - urlò l'altra.
Ma nessuno si curò più delle sue lacrime.
Mary Pinter e John Fry entrarono nell'auto, che partì sgommando.

- E questo quando accadde? - chiese Lilly Rush.
- Un paio di settimane prima che John venisse ucciso. -
- Non provò a parlargli di quello che aveva visto? -
- No! Non potevo dirgli che lo avevo spiato di nascosto, e poi... -
Le detective attesero qualche secondo, ma la donna continuò a tacere.
Miller spezzò il silenzio: - E poi? -
Helen Fry abbassò lo sguardo.
- E poi avevo paura di lui: dopo quel fatto divenne taciturno e...e mi guardava come se mi odiasse. -
- Che sa dirci di quella donna che cercò di non farlo andare via con i fratelli Pinter? -
- Si chiama Stephanie: era la sorella di uno dei compagni di scuola di John, un certo Paul Curtis, se non ricordo male. Adesso che ci penso era fidanzato con Mary al liceo. -
- Che gli accadde? -
- Morì suicida: si dissanguò nella vasca da bagno. -
 

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Capitolo 5
*** Il sapore del sangue ***


cap - Non capisco dove tu voglia andare a parare. E' un suicidio: che c'entra con l'omicidio di Fry? -
Lilly non badò allo scetticismo di Vera: era concentrata sulle foto del cadavere di Paul Curtis.
- Nick ha ragione. -
Questa volta la detective alzò gli occhi in direzione di Stillman, anch'esso intento nella spiacevole occupazione di osservare quelle immagini.
- Se non vi piace analizzare queste foto potete anche farne a meno. Vorrà dire che mi arrangerò. -
- Non stiamo dicendo questo! -
Vera era decisamente offeso, perciò si concentrò ancor di più sul raccapricciante particolare dei solchi lasciati dalla lama sul polso sinistro del suicida.
- Cosa ti fa pensare che ci sia un collegamento col nostro caso? -
- Stephanie Curtis pensava che Fry fosse in pericolo. -
- Le avete già parlato? -
- Scotty e Will la stanno cercando: non l'hanno trovata a casa, e a quanto pare non si è neanche presentata a lavoro stamattina. -
Calò il silenzio.
- Non ha senso! - esclamò Rush improvvisamente.
- Che cosa? -
L'indice della bionda detective si posò su una delle foto.
- Perché dopo essersi tagliato le vene dei polsi avrebbe dovuto recidersi l'arteria femorale? -
- Forse - azzardò Vera - per morire più in fretta? -
- La sorella disse che Paul Curtis era mancino: sarebbe stato più facile per lui tagliarsi l'interno della gamba destra, invece si è tagliato quella sinistra. -
Stillman posò sul tavolo la panoramica della vasca da bagno, completamente rossa del sangue che era appartenuto al cadavere che la occupava.
- Il referto dell'autopsia dice che i tendini del braccio sinistro sono stati tagliati di netto: non avrebbe potuto usare la sinistra. -
Lilly mostrò ai colleghi il particolare che l'aveva colpita.
- Se avesse usato la destra, la lama avrebbe praticato un taglio verso l'interno della gamba: qui invece l'incisione è stata fatta verso l'esterno. -
Vera capì dove voleva arrivare: - Quindi la lama che ha reciso l'arteria non poteva che essere nelle mani di qualcuno che si trovava alla sua sinistra. -

Kat Miller posò la pila di libri sul tavolo.
- Ti dai alla cultura? -
Kat fece finta di non sentire la battuta di Vera, che si sentì ignorato per la seconda volta nel giro di un'ora.
- Helen Fry mi ha permesso di dare un'occhiata tra le cose di suo figlio. -
- Trovato qualcosa? -
- Decisamente: Fry aveva l'abitudine di annotare i suoi pensieri ai margini delle pagine dei suoi libri. Sentite cosa scrive il 21 giugno dell'87: "E' come un animale che dopo aver assaggiato il sapore della carne cruda non riesce più a farne a meno" -
- Anche qui c'è un riferimento alle fiere, come nella lettera. - disse Stillman.
- Il 21 giugno? - aggiunse Lilly - Una settimana prima che venisse ucciso. -
- Non è finita. - Kat aprì un volume rilegato di rosso. - Il 24 giugno dice: "Nella catena alimentare io sono una preda, e non posso fare nulla per fuggire". -
Gli sguardi dei detective erano sgomenti.
Kat sfogliò un libricino verde: - Questo invece è del 26: "Ho paura, e ho l'impressione che gli animali allo zoo conoscano la mia condizione di vittima designata: il mio sangue nutrirà anche loro". -
- Mio Dio! -
La voce di Will interruppe il resoconto di Miller, che voltandosi vide Jeffries e Valens pallidi in volto.
- L'ultimo è del 27 giugno - riprese la donna prendendo un taccuino tascabile rivestito di pelle nera - dice: "La Bella e la Bestia è una favola crudele: chi è la vera bestia?" -
I detective non fiatarono.
Quell'ultimo messaggio era chiaro come la luce del Sole: John Fry aveva descritto il suo assassino.

- Stephanie Curtis sembra svanita nel nulla: stamattina non si è presentata al ristorante dove lavora come cuoca, e a casa non c'era. - spiegò concitatamente Valens. - La porta sul retro era aperta, perciò siamo entrati. -
- Nulla di nulla! Il letto era fatto e sembrava che non ci avesse dormito nessuno. - aggiunse Jeffries.
- Così abbiamo fatto delle ricerche: dai tabulati telefonici risulta che Stephanie abbia ricevuto nove telefonate dallo stesso numero negli ultimi due giorni e ... -
- A chi appartiene? - lo interruppe Rush.
- E' il numero di casa di Steven e Mary Pinter. -
- Maledizione! -

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Capitolo 6
*** I nodi al pettine ***


altro-cap Le auto della polizia si facevano strada a sirene spiegate.
Di fronte alla casa dei fratelli Pinter le auto dei detective si fermarono facendo stridere le gomme sull'asfalto: in pochi secondi l'abitazione era già circondata.
Il tenente Stillman parlò dentro al megafono.
- Siete circondati. Uscite immediatamente con le mani bene in vista. Non fate scherzi: i miei uomini sono pronti a sparare. -
La porta d'ingresso si aprì.
Steven Pinter uscì tenendo le mani alzate, poi si inginocchiò e si distese a terra.
Rush e Valens si avventarono sull'uomo e lo ammanettarono; i colleghi entrarono in casa.
- Dov'è Stephanie Curtis, bastardo? -
Pinter provò a divincolarsi dalla presa dei due poliziotti, ma era fatica sprecata.
- Non lo so. -
- Speri che ti crediamo? Avanti, parla! Che le avete fatto? Dov'è tua sorella? -
Le domande serrate della detective non gli lasciavano tregua.
- Non lo so, vi dico! -
Miller, Jeffries e Vera uscirono dalla casa.
- Non c'è nessuno. -
Valens avvicinò la bocca all'orecchio del prigioniero: - Augurati che troviamo tua sorella prima che possa fare del male a quella donna. -

Dopo tre ore, Steven non aveva ancora aperto bocca: era stato interrogato alternativamente da tutti i detective, ma non aveva detto altro che - Voglio un avvocato. -
Lilly Rush entrò per la seconda volta nella stanza, seguita da John Stillman.
- Allora, Steven - cominciò la donna - vuoi deciderti a parlare? -
Silenzio.
- Abbiamo le prove della tua complicità in due omicidi: se non parli peggiori solo le cose. -
Steven Pinter distolse gli occhi dal punto che stava fissando e si girò verso Stillman.
- Due omicidi? -
Rush e Stillman incrociarono gli sguardi: Pinter pensava di essere nei guai solo per un omicidio.
Lilly avvicinò il volto a quello dell'uomo, obbligandolo a guardarla negli occhi.
- Esatto. Due omicidi. - 
La confusione negli occhi di Steven Pinter era evidente.
- Sta per cedere. - disse Kat Miller da dietro al vetro. Scotty annuì osservando la scena: - Lilly e il capo lo faranno parlare. -
- Che senso ha proteggerla? - riprese Stillman.
- Già. Dopotutto, ti sei già preso abbastanza colpe a causa sua. Vero? - continuò Rush.
- Perché non è stata tua sorella ad essere la vittima, tanto tempo fa... -
- Che cosa ti faceva, Steven? Perché l'hai picchiata? -
Pinter chiuse gli occhi. Sudava. Le mani tremavano per l'agitazione.
- Basta! -
Lilly e Stillman tacquero: il loro uomo avrebbe parlato.
- Lei... lei è... cattiva. -
Gli occhi di Steven Pinter erano sbarrati e pieni di paura.
- Dopo la morte di papà e mamma, Mary cominciò a comportarsi in modo strano: all'inizio non ci feci caso, era sconvolta dal dolore, e lo ero anch'io. Poi... cominciò a picchiarmi. -
Stillman lo interruppe: - Picchiarti? Lei era una bambina, tu un giovane adulto: come faceva a picchiarti? -
- La prima volta accadde di notte. Dormivo. Mi svegliò colpendomi alla testa con un piatto. Pensai che fosse sonnambula, invece era sveglia e completamente lucida e... -
Nascose la testa fra le mani.
- ... e osservava affascinata il sangue che mi colava dalla fronte. -
Dall'altra parte del vetro Scotty deglutì.
- Poi fu un crescendo di violenza. Non avevo il coraggio di difendermi: le volevo troppo bene. -
- Finché un giorno non reagì colpendola a sua volta. -
Steven annuì all'affermazione di Rush. Poi riprese a parlare.
- Oltre a essere sadica e crudele, quella volta dimostrò di essere anche furba: uscì di casa correndo, e si precipitò dalla vicina raccontandole che ero diventato violento; la vedova Spencer le credette e chiamò la polizia. -
Kat, che osservava non vista la scena, disse tra sé e sé: - E così quella piccola strega si è fornita una reputazione da angioletto innocente lasciando a suo fratello la parte del lupo cattivo. -
- Che ci sai dire di Paul Curtis? - chiese Rush.
- Stava con Mary, una volta. Poi si è suicidato. -
- No, non si è suicidato. Abbiamo motivo per credere che invece sia stato la prima vittima di Mary. -
Pinter si osservò i palmi delle mani.
- Vorrei avere la certezza che vi state sbagliando, ma purtroppo non ho nulla per smentirvi. Stephanie Curtis ha sempre incolpato mia sorella della morte di Paul, e ho sempre ritenuto che avesse ragione: quell'uomo era succube di Mary, che con lui era estremamente crudele. Era perfettamente comprensibile che l'avesse indotto al suicidio. Ma in fondo è anche verosimile che l'abbia ucciso lei. -
- E per quel che riguarda John Fry? -
- Con John la crudeltà di Mary raggiunse l'apice. -

Steven Pinter scese al buio le scale del seminterrato, da dove usciva la musica a tutto volume: Mary non avrebbe potuto sentirlo. Si sedette su uno dei gradini, a spiare la stanza illuminata solamente dalla luce fioca di una vecchia lampadina.
"Taste me you will see / More is all you need / Dedicated to / How I'm killing you"
John Fry indossava solo i pantaloni: era legato a una sedia, i polsi stretti nel filo di ferro.
Steven rabbrividì vedendo il petto del ragazzo sanguinare.
Mary era accanto a lui, gli sussurrava parole dolci all'orecchio, e intanto la lama affilata del suo coltello segnava sottili linee rosse sul corpo della sua vittima.
"Come crawling faster / Obey your Master / Your life burns faster / Obey your Master / Master"
Il volto di John si deformò in un'orribile urlo.
Steven non lo udì.
La musica copriva quell'agonia.
"Master of Puppets I'm pulling your strings / Twisting your mind and smashing your dreams / Blinded by me, you can't see a thing / Just call my name, 'cause I'll hear you scream / Master / Master"*

- Così la colpa di John Fry fu quella di innamorarsi di una sadica. -
Lilly tentava di mantenere la calma, ma più i nodi giungevano al pettine, più desiderava che quella storia finisse.
Steven Pinter cominciò a piangere.
- Mary aveva deciso di ucciderlo. Io lo sapevo, sapevo tutto, ma volle coinvolgermi; disse che se lo uccidevo assieme a lei saremmo stati per sempre legati da questo segreto: in questo modo io non l'avrei mai tradita raccontando quello che era successo, e lei promise di non farmi più del male. -
- Sai dov'è Mary in questo momento? - chiese Stillman.
- No. E' uscita ieri sera, e non è tornata. -
- Devi aiutarci, Steven! Ha rapito Stephanie Curtis! Deve esserci un posto in cui può averla portata! -
Rush stringeva i pugni: Mary si sentiva minacciata da quello che Stephanie sapeva, e l'avrebbe fatta morire di una morte lenta e dolorosa.
Steven Pinter chiuse gli occhi, cercando di ricordare.
- Non ho idea di dove possa essere. -
Lilly si alzò di scatto, presa da una rabbia improvvisa.
Poi la porta si aprì e Jeffries parlò: - Io e Vera abbiamo qualcosa. -



*Metallica "Master of Puppets" (1986)

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Capitolo 7
*** La fine ***


ultimo-cap Il quartiere alla periferia della città era fatiscente, ma la scarsa illuminazione non permetteva di vedere le finestre sporche e in frantumi dei piani più alti dei palazzi. Per le strade solo vagabondi e sbandati, un cane, qualche drogato in crisi d'astinenza: spacciatori e borseggiatori si erano già dileguati alla vista dei poliziotti.
In assoluto silenzio agenti in uniforme e detective in borghese entrarono nell'edificio dove, molto tempo prima, era vissuta la nonna materna di Mary Pinter.
Scotty Valens era il primo: puntava la pistola dritto davanti a sé, mirando nel cerchio di luce prodotto dalla sua torcia.
A breve distanza lo seguivano John Stillman e Lilly Rush, che indossava il giubbotto antiproiettile.
Si fermarono nell'atrio e si fecero superare da due agenti delle squadre speciali, attendendo l'arrivo del resto della squadra.
- Dio, che puzza! -
L'ambiente era saturo di odore di muffa e urina.
- Sesto piano. - sussurrò Vera.
A passi felpati presero a salire le scale.

- Ti prego, non dirò nulla! -
Stephanie Curtis implorava la sua aguzzina.
- Per favore. -
Le lacrime uscivano copiose dagli occhi della donna: mani e piedi erano legati al vecchio letto in ferro battuto su cui stava distesa.
- Sta zitta. -
La voce di Mary Pinter era calma, distaccata; fissava il coltello affilato che teneva tra le mani. Poi si voltò verso la sua prigioniera. Gli occhi di una pazza.
- Mi dispiace, devo farlo. La polizia ha riaperto il caso sull'omicidio di John, e non ci vorrà molto prima che arrivino a te. E tu sai troppe cose. -
- No, non è vero, non so nulla. -
- Diresti loro che anche tuo fratello è morto... come si dice? Ah, sì: in circostanze misteriose. -
- No, te lo giuro. -
- Avrei dovuto farti fuori tanti anni fa. Pensavo che la morte di John ti avesse spaventata abbastanza da tenere la bocca chiusa, ma lo capisci anche tu che non posso rischiare. -
I singhiozzi di Stephanie divennero mugolii, e la disperazione divenne rassegnazione.
- Vedi? - disse Mary sorridendo - Lo capisci anche tu che è inutile disperarsi tanto: morirai comunque. Tuo fratello e John erano addirittura contenti di morire. -
- Non morirà nessuno, stasera. -
Mary si girò di scatto in direzione della voce.
Lilly Rush le stava puntando la pistola al cuore.

Mary Pinter non sembrò sorpresa di essere circondata da poliziotti.
- Lasciala andare. E' finita. -
L'assassina si sedette sul letto accanto alla sua vittima.
- Come mi avete trovata? -
- Non è stato facile. - rispose Jeffries - Tu e tuo fratello non avete mai denunciato al fisco il possesso della casa di vostra nonna. -
- Ma abbiamo dato un'occhiata al testamento dei vostri genitori... ed eccoci qua. - concluse Vera.
Stephanie rimaneva zitta, impietrita dalla paura.
- E se non volessi lasciarla andare? -
- Tu sei sola e armata di coltello; noi siamo tanti e armati di pistola. Direi che non hai scelta. -
Mary si voltò lentamente verso Miller e fece sì con la testa: - Non ho scelta. -
- Ti conviene confessare. -
Guardò Scotty con sguardo vacuo: - Confessare? Che cosa dovrei confessare? -
- Gli omicidi di Paul Curtis e John Fry. -
Le parole di Stillman non fecero alcun effetto su di lei: a differenza di suo fratello, sapeva benissimo che quello di Curtis non era stato un suicidio.
- Mi stupii quando alla televisione non parlarono dell'assassinio di Paul. Poi lessi sul giornale che era stato creduto un suicidio: la polizia quella volta fece un pessimo lavoro. -
Lilly fece un passo avanti, ma Mary non ebbe alcuna reazione.
- Per questo con John hai fatto le cose in grande stile? Perché tutti ne parlassero? -
- No, a me non interessava più di tanto: è stato lui a volere che la sua morte fosse qualcosa di cui tutti si sarebbero ricordati. Devo ammettere però che tutto quel sangue era un bello spettacolo. -
Rush avanzò ancora di un passo.
- Parla. -

John Fry svoltò oltre la gabbia delle giraffe e guardò l'ora: era quasi giunto il momento. Fra poco quell'idiota abitudinario di Mike Rowland sarebbe uscito dallo zoo per andare a puttane, e lei avrebbe messo fine ai suoi giorni.
Finalmente nessuno avrebbe più distolto lo sguaro dal suo viso mostruoso, finalmente non avrebe più sentito il vuoto della solitudine.
Era affascinato all'idea di morire in quel modo.
Poi sentì qualcosa dietro di sé. Dei passi.
Era lei.
- Vieni - gli disse - E' tutto pronto. -
John seguì il suo boia.
Si sentiva leggero, e nei suoi pensieri Freddie Mercury cantava "...it's a kind of magic..."
Mary a John raggiunsero Steven dietro la gabbia delle tigri.
Gli animali camminavano avanti e indietro, agitati.
Per terra era steso un telo di nylon.
- Non preoccuparti amore, andrà tutto bene. - gli sussurrò Mary sfiorandogli un orecchio con le labbra.
Improvvisamente John ebbe paura. La musica scomparve dalla sua mente e l'angoscia lo prese alla gola.
- Ho... ho cambiato idea. - disse.
Steven sospirò di sollievo.
- Bene, per fortuna la possiamo finire con questa pazzia. -
- No! -
Mary fissava John con sguardo folle.
- No! Mi hai promesso il tuo sangue! -
- Mary... -
John Fry non riusciva a parlare.
- Mary, ti prego, non lo voglio fare. E' una pazzia. Non dovevo darti retta... -
- Zitto! -
La donna puntò l'affilato pugnale verso John.
- Questa notte devi morire. -
Pazza, schiumante di rabbia si avventò contro la sua preda.
John posò la mano sulla pistola, ma il colpo al cuore lo colpì prima che potesse estrarla.
Steven Pinter si girò dall'altra parte, inorridito; ascoltò i colpi del pugnale sul corpo di John Fry, e gli sembrava non finisse mai.
- Puoi girarti. - disse Mary al fratello con voce piatta.
- Aiutami, dobbiamo buttarlo nella gabbia assieme a tutto il suo sangue. Tutto secondo i piani. -
Con le lacrime agli occhi, Steven obbedì.
Il corpo senza vita di John Fry cadde pesantemente tra le bestie, che ebbero pietà di lui.

L'assassina sorrideva.
Il sorriso di una pazza.
- Getta il coltello. - le intimò Rush.
- No! Lei deve morire! -
Mary alzò il braccio, i muscoli tesi, pronta a colpire la sua vittima.
Stephanie Curtis urlò.
Uno, due, tre, otto spari abbatterono la bestia. Mary Pinter cadde morta.

"I was caught in the crossfire of a silent scream / Where one man's nightmare is another man's dream / Pull the covers up high and pray for the mornin' light / Cause you're livin' alone in the heat of the night"
Immobili guardano la bestia abbattuta, innocua oramai. Le lacrime, la gioia di chi ha visto la morte cadono su un cadavere ancora caldo: la nera Signora ha avuto il sangue promesso.
"Met a man with a message from the other side / Couldn't take the pressure - had to leave it behind / He said it's up to you / You can run or you can fight - ya that's right / Better leave it alone in the heat of the night"
Curvo cammina un uomo sotto il peso del rimorso, dei sensi di colpa per aver lasciato solo un altro uomo. Si vergogna, e distoglie gli occhi dagli sguardi accusatori delle fiere dietro le sbarre.
Dietro le sbarre un altro uomo, solo, fissa il vuoto dentro a sé, e piange.
"In the heat of the night they'll be comin' around / They'll be lookin' for answers they'll be chasin' you down / In the heat of the night / Where you gonna hide when it all comes down / Don't look back don't ever turn around"
Giustizia, solo questo ha avuto una madre. Infelice, si aggrappa ai libri di un figlio che non tornerà mai più.
"Had to pay the piper to call the tune / Said he'd be back someday - said he'd be back real soon / Pull the shades down low - you'll know when the time is right / When you're lyin' alone in the heat of the night"*
Chiuso. Solo una parola a consolare i fantasmi di due uomini soli.


*Bryan Adams "Heat Of The Night" (1987)



Grazie a chi ha avuto la pazienza di seguire questa storia fino in fondo. Grazie in particolare a cassiana, Najara e Sabaku no Yugy per le recensioni positive; chiunque altro vorrà commentare, anche per eventuali critiche, si senta libero di farlo.
Dedico questa fanfiction ai miei nipotini M. e G., che mi ricordano quanto il mondo possa essere bello.

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