Cieli Neri

di comecloser
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ogni tanto mi fermo a pensarci. A chiedermi se sarò capace di affrontare un'avventura del genere. Lontano dai miei genitori, dalla mia famiglia, dalle mie amiche, dal mio paese.

Ogni tanto mi ritrovo come adesso. Davanti ad un foglio bianco con l'intenzione di riempirlo con i miei pensieri, le mie gioie e i miei problemi.

Ed è qui che mi chiedo se sia stato un bene chiudermi in me stessa sin da piccola e far finta che niente fosse successo. Se la convinzione che ho avuto fino ad ora di andare avanti con le mie forze stia vacillando perché in realtà io non sono forte. Perché ho anch'io le mie debolezze. E ogni tanto avrei bisogno che qualcuno vicino a me se ne renda conto, che mi rassicuri. E sì, mi rendo conto che sembra una stupidaggine tratta da quelle frasi di Tumblr.

Perché quando incomincio a pensare a tutto questo arriva un blocco: la mente offuscata passa il posto alla paura. La paura di non farcela più, la paura di continuare a fingere.

Le false amicizie.

I falsi amori.

Sembra una fottuta storia da film. Se solo ripenso all'ansia che ho avuto per tutto il pomeriggio dopo che mi aveva detto che doveva parlarmi. Il mio istinto che mi fece chiudere la schermata prima che lui premesse il tasto invio. E poi la delusione, immensa. Forse la prima volta che posso dire di aver avuto il cuore spezzato. Proprio come lo raccontano sui libri o sui film. Però dopo un lieto fine c'è. Il mio sembra tardi ad arrivare. Perché adesso nemmeno mi rivolge una parola.

Però l'altro giorno, quando eravamo seduti uno di fronte all'altro, mentre lui teneva in braccio lei, l'ho visto mentre mi guardava. O meglio fissava. Uno sguardo intenso, come se stesse cercando di capire qualcosa. E vorrei tanto scoprirlo. Perché quando l'ho guardato, ha abbassato lo sguardo con l'imbarazzo di chi capisce di essere stato scoperto.

E io mi detesto al solo pensiero di riuscire a pensare determinate cose.

Perché per il dolore che mi ha provocato dovrei soltanto odiare ogni cosa di lui. Cose che prima amavo, più di me stessa. Che mi facevano sentire bene, protetta e al sicuro. La sua voce, il suo sguardo, la sua risata, le sue battute e la sua sicurezza.

E ora passo da momenti di amore ad altri d'odio.

Perché anche a scuola a volte lo scopro a guardarmi e il mio cuore incomincia a battere all'impazzata. Poi incomincio a pensare a quello che mi ha fatto passare. E la sua voce e la sua risata si trasformano in quelle di una cornacchia. Lo sguardo in un pesce lesso. Le sue battute e la sua sicurezza sono così squallide che mi fanno capire in realtà che persona debole sia.

Ultimamente mi rendo conto di aver davvero bisogno d'affetto.

Non ho mai letto così tanti libri d'amore come in questo periodo. Un po' perché ho bisogno di evadere dalla monotonia della vita quotidiana e un po' perché ci ritrovo dentro quello che in fondo mi aspetto dalla vita universitaria. Ricominciare da sola, in un nuovo paese, facendo quello che mi piace per realizzarmi nella vita con la speranza di incontrare nuove persone con cui instaurare nuovi rapporti, siano essi di amicizia o di amore.

Ho bisogno davvero di cominciare questa parte della mia vita. Perché quella di adesso mi sta stretta.

Vorrei fare ciò che stanno facendo le nuvole cariche di neve fuori dalla finestra. Se ne vanno per lasciare spazio ad una bella giornata. O così si spera.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***


Il suono della sveglia mi fa alzare di scatto.

E' scientificamente provato che le prime note che ascolterai la mattina saranno quelle a cui ripenserai durante tutta la giornata. Continuerò a cantare la canzone di buon Natale durante tutto il viaggio di ritorno, perché sono così svogliata e non l'ho ancora cambiata?

Entro in bagno e mi guardo allo specchio. Nonostante mi renda conto di avere bisogno di una sistemata, mi ostino a presentarmi in pubblico con i soliti leggins e la solita felpa abbastanza larga da non mettere in risalto il mio fisico. Mia madre continua a dannarsi di questo fatto, ma ormai ha perso le speranze. Raccolgo i capelli in una cipolla dalla forma indefinita e mi metto quel filo di matita tale da non farmi assumere le sembianze di un mostro.

Ecco forse adesso le persone possono avvicinarmi e parlarmi.

Vado a fare colazione. C'è uno strano silenzio e allora mi ricordo che la mia coinquilina è ripartita questa mattina presto per fare una sorpresa alla sorellina che compie gli anni. Mi ha lasciato un biglietto sul tavolo, “Ci rivediamo tra due settimane, ci sentiamo per gli auguri. Baci, Allyson.” Sorrido. Non so come farò senza di lei durante queste vacanze pasquali.

E ora di uscire. Mentre scendo le scale ancora mezza addormentata, penso al mio ritorno a casa dopo tre mesi dall'ultima volta.

Prendo il telefono e faccio partire una delle playlist che mi diverto a fare nel tempo libero.

Mentre mi incammino verso la stazione penso a cosa troverò una volta tornata a casa. L'ambiente che ho lasciato era sicuramente uno dei migliori degli ultimi anni. Ma non sono ancora pronta a ritornare alla mia vecchia vita.

Appena entro in stazione una voce informa i passeggeri che il treno farà un ritardo di quindici minuti. Le persone incominciano a lamentarsi. Chi per il ritardo che dovrà giustificare al datore di lavoro. Chi per gli appuntamenti a cui non arriverà puntuale. E poi ci sono le coppie e le famiglie che gioiscono per quei minuti che possono ancora passare insieme. E allora partono gli abbracci, quelli che ti danno la forza di resistere quando pensi di non farcela. E i baci, quelli che ti fanno tremare perché ti rendi conto di come, nonostante la distanza, sarai sempre legata a quella persona, quasi come da un filo che congiunge i vostri cuori.
Ho sempre amato le stazioni. Quello che ho visto oggi vi aiuterà a capirne il perché.

Assorta tra i miei pensieri non sento nemmeno arrivare il treno. Le lacrime di chi rimarrà a guardarlo inerme il continuare il suo viaggio mi riportano alla realtà.

Salgo e mi siedo sul sedile vicino al finestrino. Considerando il viaggio che mi aspetta, so già che passerò molto tempo con lo sguardo rivolto verso i paesaggi che diventano come delle macchie astratte. Un po' come facevo ogni giorno al ritorno dal liceo. Maledette vecchie abitudini.

Appoggio la borsa sopra il tavolino e controllo le e-mails.

Mentre il mio telefono trasmette “Lay Me Down” di Sam Smith vengo distratta da un ragazzo che si siede davanti a me. Appena vede che l'ho notato, mi sorride e incomincia a leggere “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde. Proprio il libro che ho portato con me per questo viaggio.

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Capitolo 3
*** Capitolo Due ***


A questo punto mi sento abbastanza a disagio a tirare fuori dallo zaino il libro, ma mi sto annoiando e non ho nient'altro da fare avendo terminato tutte le attività che mi ero preposta di compiere in treno.

Immersa nella lettura sento una voce maschile chiedermi: “Anche tu alle prese con Oscar Wilde?” Alzo la testa e vedo che la voce proviene dal ragazzo di fronte a me, che adesso mi sta guardando, incuriosito. Un sorriso mi esce spontaneo e rispondo “Per la miliardesima volta, ma sì.” E aggiungo: “Avevo bisogno di rileggere determinati tratti per schiarirmi le idee e ricordare quale deve essere la strada che devo percorrere.” Il ragazzo annuisce con la testa, quasi come se potesse comprendermi e ritorna alla sua lettura.

C'è sempre qualcosa di ridicolo nelle emozioni di chi abbiamo smesso di amare.” Riconosco che ciò che sta dicendo sia un tratto del libro. Alzo la testa. “Scusa?”. Lui sorride e mi fa: “Io avevo bisogno di rileggere questo di verso. E tu?” Prendo un respiro. “Bisognerebbe saper assorbire i colori della vita senza mai ricordarne i dettagli.” “Wow, certo che siamo due tipi abbastanza incasinati.” E sorride. Un sorriso sincero, genuino. E rido anch'io. Come non facevo da tempo.

Comunque piacere, Jake.” Mi porge la mano. Ricambio il saluto. “Piacere Annabelle.
Ha una stretta di mano forte, sicura. Rimango colpita dai tatuaggi che si intravedono dalla manica della maglietta. Uno specialmente ha attirato la mia attenzione. Degli scogli su cui si infrangono delle onde da cui riemerge una mano in cerca d'aiuto.

Indossa una t-shirt nera che mette in risalto le sue spalle larghe e un pantalone skinny anch'esso nero. Il castano dei capelli e il verde dei suoi occhi mi riportano indietro a quando da piccola vagavo tra la natura della montagna.

Anche tu stai tornando a casa per le vacanze di Pasqua?
Cavolo, quasi che ero riuscita a non pensarci per un po'. “Sì.
E non ne hai assolutamente voglia.
Immagino la felicità che traspare dalla mia faccia. “Si capisce così tanto?
Un po'.
Sorrido. “Tu invece?
Si, se quella si può chiamare casa."

Quindi frequenti anche tu l'università?
Secondo te?
Cos'è una sfida?
Non ci avevo pensato, ma ora sono curioso di sapere cosa pensi. Prova ad indovinare.
Allora, vediamo. Secondo me frequenti l'università, il che spiega il mare di libri dentro quella sacca. Forse stai preparando un esame. Gli ultimi? No, non credo. Stai frequentando il primo, no, il secondo anno. E dell'indirizzo sono quasi sicura, Lettere e Filosofia. Altrimenti è impossibile che un maschio sia alle prese con un libro, “Il ritratto di Dorian Gray” poi.” Scuoto la testa in segno di disapprovazione.
Lui si mette una mano al cuore, per farmi capire di sentirsi offeso dalla mia ultima osservazione. Alzo le mani come se non fosse colpa mia.
Allora, da dove partire. Hai ragione, frequento l'università e sto preparando un esame che dovrò dare al ritorno delle vacanze. Me ne mancano sette, e sì, sono al secondo anno. E cavolo, hai azzeccato anche l'indirizzo, complimenti.
Faccio un inchino e mi rendo conto che sto dando un'impressione completamente diversa dalla persona introversa che sono. O che mi hanno portato ad essere. E per una volta non mi dispiace.
"E tu invece? Cosa studi?"
"Giurisprudenza, primo anno."
"Ora provo io allora. Sarai stata sicuramente una di quelle ragazze che al liceo si battevano per i più deboli. Una che non può sopportare le ingiustizie. Una paladina della giustizia." Ride. E continua, "A parte gli scherzi, si vede che sei una persona vera. Hai uno sguardo sincero. Una di quelle che non riescono a tenersi le cose dentro." "Wow, hai capito più cose di me in una mezz'ora che persone che mi conoscono da una vita."

Veniamo interrotti dalla voce del capotreno che annuncia la prossima fermata.

Dalla fretta con cui inizia a sistemare le sue cose capisco che debba essere la sua.

Grazie per la compagnia, è stato un piacere.
Grazie a te e in bocca al lupo per gli studi.

Si incammina verso la porta e io mi giro per prendere le cuffiette dallo zaino. Noto un libro sopra il tavolino, “L'arte di amare” di Erich Fromm.
Nella speranza che non sia ancora sceso, lo chiamo: “Jake, hai lasciato un libro.” Mentre glielo porgo mi fa: “E' per te, questo è il libro che mi ha aiutato a capire la mia di strada. Spero possa aiutare anche te.” Incredula lo ringrazio. Mi fa un cenno con la mano e se ne va.

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre ***


La mia è la prossima fermata.

Prendo il telefono e mando un messaggio a mia madre per avvisarla. Conoscendola sarà già arrivata alla stazione, è maledettamente sempre in anticipo.

Raccolgo le mie cose. Stavo per dimenticarmi del libro lasciato da Jake. Ripenso a tutto quello che è successo. O meglio, mi chiedo se sia veramente successo. Scrollo la testa e infilo il libro nello zaino.

Dopo essere scesa mi dirigo all'uscita dove mi sta aspettando mia madre. Indossa uno dei suoi vestiti, di quelli che la rendono la donna più elegante che io conosca. Appena mi vede le si illuminano gli occhi. La abbraccio forte. Mi era davvero mancata e non me ne ero resa conto fino a quel momento.

Nel tragitto parliamo di un po' di tutto, della mia vita universitaria, degli ultimi esami dati e delle amicizie.
Mi chiede come stia Allyson. Allora mi ricordo che avrei dovuto chiamarla. Le scrivo un messaggio: “Grazie per il biglietto che mi hai lasciato. Dopo ti chiamo, ho una cosa da raccontarti.” Risponde quasi subito: “Non puoi lasciarmi così. Chiamami appena puoi.” Sorrido.

Mentre torniamo a casa la radio trasmette “Please, Please, Please Let Me Get What I Want” degli Smiths. Ripenso a uno dei miei film preferiti, “(500) Days Of Summer”, credo proprio che in questi giorni me lo rivedrò.

Arriviamo a casa dopo una ventina di minuti.

Il profumo familiare di casa mi circonda. E' incredibile come qualcosa all'apparenza di così perfetto possa poi rivelarsi così fragile.

Mi apre mio padre, anche lui felice di vedermi. Mentre salgo le scale lo vedo sull'uscio della porta che mi sta aspettando. Mi avvolge in un abbraccio in cui da piccola mi sarei sentita protetta, ora invece costituisce soltanto un ulteriore tassello della finzione che mi circonda.

Mi dirigo in camera per appoggiare la valigia.

Dopo aver fatto cena saluto i miei e con la scusa della stanchezza dovuta al viaggio mi chiudo in camera.

Dopo essermi stesa sul letto prendo il telefono. Vedo la notifica di un messaggio, quello della mia conquilina. “Allora che vuoi fare, mi chiami o no?”
Di solito non sono una persona che ama raccontare ciò che le capita, anzi preferisco tenerlo per me. L'impazienza di Allyson però rende le nostre conversazioni sempre molto divertenti, quindi è una delle poche persone che sa quasi tutto di me.
La chiamo. Risponde dopo due squilli. “Ce l'hai fatta finalmente.”
Sorrido. “Mi stupisce sempre di più come riesci ad essere paziente nell'aspettare.”
“Sai che non puoi inviarmi dei messaggi del genere e poi lasciarmi così. Racconta forza.”
“Pensando a come sei fatta so già che avrai immaginato in grande, premetto che non è niente di speciale. Però mi ha turbato. Cioè turbato non è il termine adatto. Colpito, ecco colpito va bene.”

Vengo interrotta. “Hai intenzione di farmi aspettare ancora?”
E' un caso perso. “Allora, nel viaggio di ritorno in treno ho conosciuto un ragazzo. Il fatto è che non è stato il solito incontro.
Eravamo seduti uno di fronte all'altro, sui posti attorno al tavolino. Io stavo ascoltando un po' di musica e lui invece stava leggendo “Il ritratto di Dorian Gray”, lo stesso libro che avevo portato per il viaggio.
Dopo un po' che ero intenta a leggere mi chiede se fossi anch'io alle prese con la lettura di Oscar Wilde. Da lì abbiamo incominciato a parlare dei nostri passi preferiti e abbiamo capito che lo stavamo leggendo per lo stesso motivo, riacquistare la dritta via se così si può definire.”
“E' davvero la cosa più strana che abbia mai sentito, ma non vedo l'ora di sentire come sia andata a finire.”
“Il bello è che senza conoscerci ognuno di noi ha capito cose l'uno dell'altra che ci hanno lasciato senza parole.”
“Cioè?”
“Mi ha detto che dal mio sguardo si vede che sono una persona sincera, una persona che non riesce a sopportare le ingiustizie.”
“Wow.”
“Cioè sai che la prima impressione che do alle persone e sempre quella di una persona sicura di se, quando il realtà è il contrario. Invece lui sembra non essersi fermato all'apparenza.”
“Che ingiustizia, perché queste cose non capitano mai a me?”
“Stupida, tanto non lo rivedrò più.”
“Come? Non vi siete lasciati un qualche recapito per sentirvi?”
“No, mentre stavamo parlando hanno annunciato la sua fermata e lui ha incominciato a preparare le sue cose. Però mi ha lasciato un libro, mi ha detto che spera che mi aiuti a capire cosa fare come ha aiutato lui.”
“No rettifico, è la cosa più dolce che abbia mai sentito.”
“Ora devo andare, ci sentiamo. Buona notte, ti voglio bene.”
“Buona notte anche a te, ti voglio bene.”

Terminata la chiamata prendo il libro che mi ha regalato Jake e incomincio a leggere.

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro ***


Le due settimane di vacanza passarono tranquille come immaginavo. Uso il termine “tranquille” perché sono abituata ai drammi familiari che ogni giorno escono fuori.

La montagna.
I miei luoghi.
La mia gente.
Lì sì che mi sento a casa.

Dopo essere rientrata a casa dalla solita camminata in mezzo al verde della natura, vado nella mia camera e mi allungo sul letto.
Mi giro nella direzione della scrivania e vedo il libro. Il suo libro.
Non ho avuto modo di pensare molto a quello che mi è successo.
La lettura mi ha affascinato.
In fondo è vero, noi consideriamo soltanto l'amore che può esserci tra uomo e donna ma ne tralasciamo parecchi che fanno parte della nostra vita quotidiana.
Quello tra genitore e figlio.
Quello tra fratelli.
L'amore per se stessi.

Mi piacerebbe ringraziarlo per avermelo lasciato.
Si tratta di un ulteriore libro da aggiungere a quelli che mi hanno fatto crescere e pensare.
Ah, che meraviglia la letteratura! Si impara più da dei fogli pieni di parole che da persone all’apparenza anch’esse simili ma in realtà vuote.

La mattina dopo essermi alzata mi vesto e vado a fare colazione al bar.
Ordino la mia solita pasta alla crema e caffè.
La barista incomincia a scherzare sapendo che i miei non vogliono che ne bevi così tanto, ma non posso farne a meno. E’ uno dei piaceri della vita.

Qui mi conoscono tutti come la piccolina che non poteva fare a meno di stare con i suoi genitori. In parte è vero, sono sempre stata legata a loro. Ma la verità è che in questo paesino riuscivo e riesco tutt'ora a trovare quella tranquillità che mi fa dimenticare le paranoie inevitabilmente causate dal mio carattere.

La sera, dopo aver cenato, mi dirigo sotto casa di Rose.
La conosco da quando ero piccola, abitiamo nello stesso viale e abbiamo passato infiniti pomeriggi insieme.
Occhi celesti e capelli biondi, siamo una l’opposto dell’altra. Lei estroversa, simpatica e ammirata da tutti. Io estroversa all’apparenza, introversa per chi mi conosce bene, antipatica a molti, simpatica a pochi.
Ognuna aiuta l’altra condividendo quel lato del carattere che le manca.
Non ci vediamo spesso, ma so che rappresenta un’amicizia su cui posso sempre contare.

Trascorriamo la sera al bar insieme a dei nostri amici.
Dylan. Capelli biondi, occhi celesti.
Ethan. Capelli mori, stessi occhi di Dylan.
Con quest’ultimo ho un bel rapporto ma Ethan è il mio migliore amico.
Conosce ogni particolare della mia vita. C’era con me quando vivevo una brutta situazione a casa e quando ho vissuto la mia prima delusione d’amore. C’era quando tornavo a casa felice o incazzata a condividere tutto quello che mi passava per la testa. C’era e continua ad esserci e io non potrei esserne più felice.
C’è sempre quel gruppo di ragazze che gli filano dietro ogni sera e noi ci scherziamo su. Quelle di questa sera ad esempio oltre a fulminare me e Rose, stanno sfoderando uno sguardo da gatta morta che rimarrà nella storia.
Ordiniamo una birra e facciamo una partita a biliardo. Io e Ethan contro Dylan e Rose.
Faccio schifo in questo gioco, ma grazie al cielo ho Ethan che recupera le mie cazzate e così vinciamo la sfida.

Quei due riescono anche questa sera a non pagarci il secondo giro di birre, così dato che si era fatta mezzanotte e sarebbero dovuti ripartire il giorno dopo, torniamo a casa.
Dopo aver riaccompagnato Dylan e Rose ed esserci ripromessi di sentirci presto, io ed Ethan decidiamo di farci un giro in paese.
A quest’ora è deserto.
Zero rumori, niente persone in giro.
La tranquillità di cui ho bisogno, anzi abbiamo bisogno. Sì, perché io Ethan lo conosco bene e so che gli pesa quella popolarità da bel ragazzo amato da tutti e soprattutto da tutte. Con me riesce ad essere se stesso, me lo ripete sempre. E devo dire che un pizzico d’orgoglio c’è.

Ci dirigiamo verso i giardini e come solito esce fuori il mio animo da bambina che porta a sedermi sull’altalena.
Ethan mi guarda e scuote la testa sorridendo.
“Non c’è bisogno che scuoti la testa mio caro, sai che ti tocca.”
“Ah no, io non mi siederò lì. Abbiamo vent’anni Anne.”
“Ehi, guarda che non sei nel tuo importantissimo college dove devi mantenere una certa reputazione.” Mi guardo ai lati. “O mi sbaglio?”
“Ah ah ah, simpatica.” Poi mi guarda dritto negli occhi e vedendo che sono seria decide di sedersi.
Sulla faccia mi spunta un sorriso a trentadue denti. “Annabelle 1 Ethan 0.”
“Che stronza, pensavo ti fossi incazzata.” Si alza e incomincia a camminare come per andarsene.
Vedendo che avesse percorso già un bel pezzetto, incomincio a correre e lo abbraccio alle spalle. “Dai stupido, lo sai che scherzavo. Non arrabbiarti.”
Anche all’ombra della notte riconosco bene il suo ghigno.
“Non ci credo, ci sono cascata.”
“1 a 1, palla al centro.”
E mi abbraccia forte facendo una giravolta.
Le nostre risa devono essere state sentite anche dagli abitanti delle case vicine, perché vediamo le luci accendersi. Così decidiamo di sederci sulla panchina e calmarci.

“Grazie!”
“Grazie di cosa?” - dice - guardandomi incuriosito.
“Grazie perché ci sei sempre per me, non te l’ho detto mai ma la ritengo davvero una cosa importante.”
Dapprima non riesco a decifrare se il suo sia uno sguardo d’imbarazzo, però poi quegli occhioni blu mi rasserenano trasmettendomi tutta la loro dolcezza. “Lo sai che ci sono e ci sarò sempre per te Anne.”
Poi mi scompiglia i capelli, sapendo sia una cosa che odio e corre via.
“E’ tardi e prima della buonanotte dovevo andare in vantaggio.”
“Maledetto, te la farò pagare.”
“Buonanotte Anne.”
“Buonanotte Eth.”

Il mio caro e vecchio amico aveva già esternato troppa dolcezza.

Nel tragitto verso casa mi rendo conto di avere ancora il sorriso.
Ecco perché non voglio mai andarmene da questo posto.
Merito di essere felice e qui lo sono.

Quando mi metto a letto controllo il telefono trovando due notifiche di messaggi. Uno da parte di Allyson per i dettagli del ritorno all’università e uno da parte di Ethan. “Buonanotte Scheggia, fai bei sogni.”
“Come sei riuscito a ricordarti del soprannome?”
“Non me lo sono mai dimenticato.”
“E allora perché non l’hai più usato?”
“Perché non ti piaceva.”
“Eth, ti senti bene? Mi stai trasmettendo troppa dolcezza.”
“Stai tranquilla stronzetta, sono sempre io.”
“Oh, ora si che posso dormire tranquilla. Notte Eth, ti voglio bene.”
“Ti voglio bene anch’io.”

Prendo l’mp3 e la riproduzione casuale trasmette “Friends” di Ed Sheeran.
Vedete il destino come è crudele.

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque ***


Domani ricominciano le lezioni.
Sto preparando la valigia.
Sinceramente non so se ne sono felice.

Ho passato bei giorni in montagna.
Mi mancano già i miei amici.
Ethan dovrebbe venire a trovarmi all’università, ci metteremo d’accordo in questi giorni.

Sistemata la valigia, saluto la mia famiglia e mio padre mi accompagna in stazione.
Arrivo precisa per l’orario di partenza del treno.
Abbraccio mio padre, ci scambiamo la promessa di sentirci presto e salgo sul vagone.
Come d’abitudine mi siedo sui posti vicino al finestrino.
Con le cuffie alle orecchie, la prima ora di viaggio passa velocemente.
Poco prima del cambio del treno spengo la musica e ripongo l’mp3 all’interno della mia borsa.

Solita corsa veloce al binario del secondo treno.

Una volta seduta cerco all’interno del casino della borsa il mio telefono per avvisare Allyson che sto per arrivare. Lei dovrebbe essere già a casa. Spero abbia acceso i riscaldamenti, ma conoscendola ne solo certa. E’ la persona più freddolosa che conosco.
Mentre rido pensando agli abbigliamenti più strani che abbiamo proposto nel corso della nostra convivenza, una voce interrompe i miei pensieri.
“La paladina della giustizia sta tornando ai suoi doveri?”
Qualcuno mi si siede vicino.
Con una faccia perplessa alzo lo sguardo e rimango stupita di quanto il destino possa metterti alla prova.
“L’unico maschio sulla faccia della terra che sappia chi sia Dorian Gray.”
Un sorriso appare sul suo viso. “Sono una brutta persona se non ricordo il tuo nome?”
“Sì.” Cerco di sembrare offesa. “Anche perché io ricordo il tuo.”
“Davvero?”
“Certo mio caro Jake.”
“No okay, ora mi sento davvero una merda.”
“La verità è che me lo ha ricordato la dedica fatta sul libro che mi hai lasciato.”
“Dedica?”
“Uhm si, di tua madre credo.”
“Ah.” Tutto ad un tratto vedo il suo sguardo spegnersi.
“Ho detto qualcosa di sbagliato?”
“No no, tranquilla.” Un timido sorriso appare sul suo volto. “Allora questo mi fa intendere che tu abbia seguito il mio consiglio di intraprendere la lettura del libro.”
“Certo, qualsiasi spunto letterario è ben accetto.”
“Esistessero più ragazze che traggono insegnamenti di vita dalla letteratura.”
“Il mondo sarebbe migliore.”
Scoppiammo entrambi a ridere.

Dopo alcuni minuti di silenzio ricomincia a parlare. “Sappi che quello è uno dei libri a cui tengo di più.”
“E come hai fatto a lasciarmelo? Io non ci riuscirei, sono gelosa delle mie cose.”
“Ho visto che ne avevi bisogno e che potevo fidarmi di te. Non ho mai incontrato nessuno che tenesse ad un libro quanto me, tu mi hai fatto cambiare idea.”
“Grazie mille, è forse il complimento migliore che qualcuno mi abbia mai fatto.”
“Forse?” Sogghigna.
“Il migliore.” Dico imbarazzata.

Incomincio a cercare dentro lo zaino con fare frettoloso e Jake mi guarda in modo strano.
“Stai tranquillo, non sto facendo niente di pericoloso.” Gli schiocco un occhiolino.
“Mh, non ne sono sicuro ma va bene.” Aggiunge.

Dopo qualche minuto finalmente lo trovo. “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Austen.
Lo nascondo nel piccolo spazio tra il mio sedile e il finestrino.

Sistemo tutte le cose che ho tirato fuori nell’intento di cercare il libro e chiudo lo zaino.
La mia è la prossima fermata.
Incomincio a pensare che vorrei scendesse con me, ma vederlo ancora qui tranquillo ad ascoltare musica mi fa immediatamente smettere questo pensiero.
Mi piacerebbe anche sapere cosa stia ascoltando.
Abbiamo parlato di libri, ma mai di musica.

Lo tocco sulla spalla per avvisarlo che devo scendere.
Scatta velocemente al mio tocco, sarà stato immerso nei suoi pensieri.
“Devo scendere.” Gli dico.
“Ah okay.” Si alza velocemente per farmi passare.
Mentre mi alzo lascio cadere sul suo sedile il libro.

“Mi ha fatto piacere rivederti Anne.”
“Allora ti sei ricordato.”
“Già.”
Sento che c’è qualcosa che non va, ma devo scendere e non posso fermarmi a parlare.
“Buon proseguimento Jake.”
“Buona vita Anne.”

Prima di aprire la portiera mi volto verso di lui, ha preso in mano il libro e sta sorridendo.
Almeno un sorriso sono riuscita a strapparglielo.

Il tragitto dalla stazione a casa è davvero breve.
Quando rientro Allyson è già tornata e sta sistemando le cose nella sua stanza.
“Ally, sono io.”
Corre ad abbracciarmi.
“Ehi, non ci siamo viste per due settimane. Ti sono mancata così tanto?” Scherzo sempre su queste cose ma la verità è che non sono propensa a queste manifestazioni d’affetto.
“Si, mi è mancata la mia fredda e stronza Anne.”
“Ti voglio bene anch’io.” Dico mentre mi tolgo il cappotto. Dopo mi dirigo a svuotare la valigia in camera.

All’ora di cena finalmente riusciamo a sederci e poter parlare un po’.
“Allora come sono andate le vacanze? Dove sei stata? Cosa hai fatto di bello?”
“Ehi, ehi, ehi. Piano.” Incomincio a ridere. “A me era mancata la tua curiosità invece. Comunque non ho fatto niente di speciale, sono andata in montagna e ho passato Pasqua con la mia famiglia e il resto dei giorni con i miei amici. A proposito Ethan dovrebbe venire a trovarmi tra un paio di giorni, così te lo faccio conoscere.”
“Oh finalmente, parli così tanto di lui che uno che non ti conosce può pensare che siate fidanzati.”
“Io e Eth?” Rido.
“Sì.”
“Ma quando mai.”
“Mai dire mai amica mia. Finché non ti dai da fare, come per l’occasione che ti è capitata in treno, non puoi aspettare l’aiuto divino per trovare qualcuno.”
In quel momento rischiai di strozzarmi con l’acqua che stavo bevendo.
“Annabelle devi dirmi qualcosa?” Disse Allyson con tono da madre intenta a sgridare la figlia.
Dopo essermi ripresa replico: “Chi, io? No no, perché?”
“Anne, ti conosco. E’ successo qualcosa che non vuoi raccontarmi.”
“Okay, aspetta. Prometti che non mi ucciderai?”
“Oddio, lo hai risentito vero?”
“No, in verità l’ho rivisto oggi in treno.”
Allyson incomincia ad urlare e a battere le mani contemporaneamente. “Racconta.”
“Mentre ti stavo mandando il messaggio ho sentito la sua voce che mi salutava e non potevo crederci. E niente, abbiamo parlato un po’, soprattutto del libro che mi ha lasciato. Poi ha incominciato ad ascoltare la musica e poco dopo sono dovuta scendere.”
“Non vi siete scambiati il numero nemmeno questa volta?” Dice Allyson guardandomi scocciata.
Scuoto la testa.
“Anne però.”
“Ally, non si ricordava nemmeno il mio nome.”
“Vi siete visti soltanto una volta e non vi siete più sentiti. E’ normale dai.”
“Va bene senti, finiamo qui questo discorso. E’ stato soltanto un crudele scherzo del destino il fatto di averlo rivisto. Non succederà più.”
“La mia strana e dolce Annabelle.”
“Invece tu che hai fatto durante le vacanze?”
Durante tutta la durata del suo discorso riesco a lavare i piatti e mettermi in pigiama. Ah, quanto possono parlare le donne!

Verso mezzanotte ci diamo la buonanotte e vado nella mia stanza.
Appena entrata mi rendo conto di non aver preso il mio telefono dalla borsa, i miei mi avranno sicuramente chiamato trecento volte.
Quando controllo le notifiche vedo tre chiamate e un messaggio.
Le tre chiamate sono due di mio padre e una di mia madre. Mando loro un messaggio per scusarmi e per augurare la buonanotte.
Il messaggio è di un numero sconosciuto e recita: “Oh! Tu sei troppo incline, lo sai, ad amare le persone in generale. Non vedi mai un difetto in nessuno. Tutto il mondo è buono e simpatico ai tuoi occhi. Non ti ho mai sentita sparlare di qualunque persona comparsa nella tua vita.”
Rimango a bocca aperta davanti allo schermo del telefono.
Riconosco quelle parole.
Riconosco il libro dalla quale sono tratte.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei ***


Finalmente è venerdì.
La settimana di lezioni è passata faticosamente, non tanto per lo studio ma per trovare la forza di alzarmi dal letto.

Stamattina sveglia alle 08:00.
Non riesco ad essere quel tipo di persona che si alza dieci minuti prima di un impegno ma riesce lo stesso ad essere perfetta quando esce.
Ho la mania di tenere tutto sotto controllo e questo mi toglie minimo una mezz’ora di sonno a giorno.
Una doccia veloce e decido di indossare un jeans con un maglioncino che ho comprato durante lo shopping con mia madre.
Sistemo i capelli con delle forcine e tiro un filo di eyeliner sopra gli occhi.
Torno in camera, prendo la borsa e mi dirigo in caffetteria per fare colazione con una mia compagna di corso.

Quando arrivo al bar, Charlie ha già preso posto al tavolo vicino la vetrina. Riconosco i suoi capelli biondo platino.
Ha anche ordinato la mia consumazione quotidiana, caffè con brownies.
Mi avvicino e la saluto scambiandoci due baci sulla guancia.
“Ciao Charlie.” Sorrido.
“Ciao Anne. Come stai bene oggi.” Dice facendomi l’occhiolino.
“Penso che crollerò sui libri a lezione.”
“Dormito male?”
“No, dormito poco.”
“Come sono andate le vacanze?”
“Bene, avevo bisogno di staccare un po’. Le tue?”
“Bene, sono andata ad una festa pazzesca.” Nel mentre della descrizione fisica del ragazzo conosciuto mi arriva un messaggio. -Sei viva o devo incominciare a preoccuparmi?- Il mittente è Ethan e mi rendo conto di non averlo considerato per tutta la settimana.
-Eth perdonami, è stata una settimana davvero impegnativa. Come stai?-
-Io bene, tu? Vedo che senza caffè non riesci proprio ad iniziare bene la giornata, eh?-
-Per il resto tutto bene. Ormai mi conosci.- Premo il tasto invio, poi mi fermo a pensare e continuo: -Un secondo, come fai a sapere che sto bevendo caffè?-
-Meglio tardi che mai scheggia, girati.-
Poso il telefono sul tavolinetto, mi giro e lo vedo. Anfibi, pantaloni skinny neri e l’immancabile camicia bianca sono le cose che non gli fanno togliere gli occhi di dosso dal resto della clientela, ma a me era mancato il modo in cui i suoi azzurri occhi sorridono quando mi vedono.
“Scusami un attimo Charlie.” Le dico prima di alzarmi dalla sedia. Lei annuisce.

Gli vado incontro e lo abbraccio forte. Le sue braccia mi avvolgono con fare protettivo.
“Maledetto, perché non mi hai detto che passavi a trovarmi?” Dico dandogli un piccolo pugno sulla spalla.
“Perché ho un’amica così stordita che prima mi invita a trovarla e poi non si fa sentire nonostante sappia che io la prossima settimana debba partire.” Si massaggia la spalla, ho già avuto una piccola vittoria personale.
“Tua mamma ha bisogno di aiuto?”
“Mi ha chiesto di andare a sostituire una cameriera in malattia.”
“Fino a quando resti qua?”
“Io non ho impegni fino a domenica. Ora sta a te stilare il programma.”
“Andiamo va, che mi toccherà saltare le lezioni per colpa tua. Fammi prima salutare la mia amica.”
“Ah no, voglio vivere una tipica giornata da perfetta studentessa universitaria quale sei. E comunque, carina la biondina là giù. Me la presenti?”
“Eth, ti prego, smettila.” Dico con una faccia disgustata.

Dopo aver spiegato a Charlie la sorpresa avuta da Ethan ed essermi accertata che non le dispiaccia rimanere da sola, la saluto e mi dirigo alla porta.
Eth mi mette un braccio dietro le spalle e incominciamo a camminare in direzione dell’aula della prima lezione.
“Allora come mai è stato così impegnativo questo ritorno al ritmo di sempre?”
“Un po’ la mia solita routine, un po’ le nuove materie, non so. Mi conosci, ci metto un po’ a riprendere il ritmo. Tu invece quando cominci?”
“Il prossimo mese.”
“Allora in futuro toccherà a me venirti a trovare.”
“Con molto piacere.” Una risata esce dalla sua bocca.
“Perché ridi?” Chiedo offesa.
“Non riesco ad immaginarti in quell’ambiente.”
“Nemmeno io se può consolarti.” Ci guardiamo e scoppiamo a ridere entrambi.

“A quale lezione stiamo andando?”
“Storia del diritto.”
“Già so che mi annoierò.”
“Stai tranquillo, dura solo due ore. Il pomeriggio posso saltarla.”

Entriamo in aula e ci sediamo agli ultimi posti, in modo tale che per qualsiasi evenienza possiamo uscire tranquillamente.
Oggi l’ambiente è stranamente pieno rispetto alle volte precedenti.
Arriva il professore e prendo dalla borsa il mio blocco per prendere appunti.
“Ancora usi foglio e penna per seguire la lezione?” Ride e scrolla le spalle con fare rassegnato. Rido e gli faccio segno di stare in silenzio.

La lezione procede normalmente, riesco a scrivere la maggior parte degli argomenti anche se ogni tanto vengo interrotta da qualche disegno da parte di Ethan. La disperazione lo ha portato anche a regalarmi dei cuori.

“C’è un ragazzo dietro di noi che ti sta fissando dall’inizio della lezione.”
“Cosa?” Ero così presa dalla spiegazione che nemmeno ho sentito quello che mi ha detto.
“Ho detto che c’è un ragazzo che ti sta fissando dall’inizio della lezione!”
“Ma chi?” Mi giro così frettolosamente da farmi notare. “Oh no.”
“Lo conosci?”
“Si…ehm…cioè. Ti spiego dopo, è meglio.” Cerco di riprendere a sentire il professore.

***

Alla fine della lezione porto Eth ad un ristorantino del campus.
Io ordino un piatto di pasta mentre lui un hamburger con patatine fritte.

“Allora, chi era quel ragazzo?”
“Nessuno di importante, è una storia lunga che ti annoierebbe sicuramente.”
“Lo sai che ti ascolto sempre volentieri.” Dice mettendo il broncio.
“Questa volta non ci casco mio caro.” Sorrido.
“E dai, racconta!”
“Prometti di non ridere però?”
“Giuro.” Vedo che si sta trattenendo dal sorridere.
“L’ho conosciuto prima delle vacanze di Pasqua. Ero in treno, quando si è seduto sul posto di fronte al mio e guardandoci ci siamo resi conto che stavamo leggendo lo stesso libro. Da lì abbiamo iniziato a parlare un po’.”
“E?”
“E niente, quando ci siamo salutati mi ha lasciato un libro da leggere.”
“Ma non vi siete scambiati il numero di telefono immagino.”
“Ma perché pensate tutti al numero di telefono?” Sbotto.
“Perché almeno avreste avuto la possibilità di risentirvi.”
“In verità ci siamo rivisti.” Arrossisco.
“Non ci credo.” Dice sbalordito.
“Giuro.” Metto la mano sul cuore. “Sempre in treno, ritornando dalle vacanze.”
“E che vi siete detti?”
“Niente di particolare. Abbiamo parlato del libro che mi ha lasciato e questa volta gliene ho regalato uno io. Non so come fa, ma mi capisce come poche persone nella mia vita.”
Ad un tratto sento una presenza alle mie spalle “Se non fuggissi capiresti che sono venuto a riconsegnartelo. E grazie per il complimento.”
“Ehm, da quanto tempo è che stai ascoltando?” Dico con imbarazzo girando le spalle lentamente.
“Un po’.”
Mi giro verso Ethan, “L’avevi visto, vero?”
“Secondo te sarei stato di capace di sentire un discorso così?”
No sicuramente no, penso tra me e me sorridendo.

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