Semplicemente noi

di Bricioladite
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Il fatidico primo giorno di scuola ***
Capitolo 3: *** Il campanello (parte 1) ***
Capitolo 4: *** Il campanello (parte 2) ***
Capitolo 5: *** Maria ***
Capitolo 6: *** Il piano di Rosalie ***
Capitolo 7: *** Passare al lato oscuro ***
Capitolo 8: *** Escogitare il piano ***
Capitolo 9: *** Scommessa ***
Capitolo 10: *** Scoperte ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio ***


CAPITOLO 1 – UN NUOVO INIZIO       
Quella mattina mi svegliai alle sei, ero agitatissima.
Il mio primo giorno di scuola a Phoenix. Wooow!!!
Contavo di farmi molte amiche, su questo non avevo mai avuto problemi, la timidezza non mi riguardava!
Speravo anche di conoscere qualche ragazzo carino, magari quello che sarebbe diventato il soggetto di tante discussioni con le amiche…
Ritornando a noi, quando mi svegliai, non rendendomi conto di che giorno fosse, mi tappai le orecchie per non sentire il fastidioso scampanellio che emanava il mio smartphone.
Poi, in un millesimo di secondo ebbi la grande illuminazione: ERA IL MIO PRIMO GIORNO DI SCUOLA!
Con un balzo atletico spensi la sveglia del cellulare e mi misi a saltare e ad urlare come ad una scimmia a cui è stata rubata una banana.
  • MAMMA MAMMA! OMIODIO OGGI  È IL MIO PRIMO GIORNO DI SCUOLA A PHOENIX!!! – urlai correndo nella camera dei miei e scuotendola.
Lei (giustissimamente) si calcò il cuscino sulle orecchie e mi urlò:
  • Per l’amor di Dio Alice!!! Vai a dormire e non rompere che sono le sei!
Che genitrice insensibile… la povera figlia cerca di svegliarla per darle tempo per prepararsi e lei risponde così… feci finta di soffocare un singhiozzo e corsi da mio fratello Edward.
  • EDWARD!!! TI RENDI CONTO???  È IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA!!!! – strillai con la forza di una scimmia urlatrice strattonandogli il braccio che spuntava da sotto le coperte.
Lui mi gettò un occhiata assassina e sibilò: - Non scassare i maroni. – poi si girò e continuò a dormire.
Che famiglia insensibile.                                  
Potevo andare da Emmet (l’altro mio fratello) e rompere anche a lui, ma non lo feci.
Ma solo perché dovevo decidere il mio look!
Ritornai in camera mia e mi piazzai davanti all’armadio che aprii. Per il primo giorno di scuola a Phoenix sarei dovuta essere impeccabile.
Mi dispiaceva solo per una cosa aver cambiato città: aver interrotto il ciclo delle superiori. Magari gli studenti della scuola di Phoenix erano più avanti nel programma ed io avrei dovuto recuperare.
Mi immaginavo già passare le sere chinata sui libri, illuminata da una minuscola lampada da scrivania e accompagnata da un fastidioso odore di polvere.
Scacciai questa orribile scena dalla testa: non avrei mai passato la sera a studiare, MAI.
Esaminai l’interno del mio guardaroba. Nonostante avessimo traslocato da pochi giorni avevo OBBGLIGATO (con tecniche segrete, muahahahah) mio fratello Emmet a portare già tutti i miei vestiti nell’armadio.
Avrei dovuto indossare qualcosa di semplice, ma che con la sua freschezza facesse subito colpo.
Innanzitutto il grande interrogativo era: gonne o pantaloni???
Optai per una gonna: il primo giorno di scuola dovevo essere anche elegante.
Scelsi un vestitino color panna lungo fino alle ginocchia, senza strass, merletti e ghirigori, molto semplice.
Sopra avrei dovuto metterci o qualcosa di elegante o una giacca da baseball.
Decisi che sopra avrei indossato una giacca da baseball. Ne avevo due: o una con le maniche e una A bianche e il resto verde o interamente di pelle nera con una N e una Y bianche.
Decisi che avrei indossato la prima: era decisamente più consona ad una giornata di scuola.
Ora avrei solo dovuto scegliere le scarpe. Non ci pensai più di tanto: presi le mie Vans rosse e le misi ai miei piedi.
Non so quanto ci stessero bene con una gonna ma quelle scarpe erano una specie di portafortuna per me.
Dopo essermi vestita con gli indumenti che avevo scelto andai in cucina e mi sedetti sulla sedia accanto al bancone.
Mi alzai e frugai nel frigo, alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Trovai della marmellata e del the freddo e qualche fetta di pane.
Spalmai la morbida marmellata di arance sul pane fresco e lo avvicinai alla mia bocca affamata. Mi pregustavo già il delizioso sapore della marmellata inondarmi quando Edward fece irruzione nella cucina e vedendo ili pane con la marmellata disse: - Ehi grazie Alice! – e prese quella fetta che stava per diventare la mia colazione e la mangiò.
Io rimasi interdetta, ancora con la bocca aperta pronta ad accogliere il gusto della marmellata e con le mani che afferravano l’aria.
Senza dire una parola presi un’altra fetta di pane e questa volta la mangiai senza pensarci tanto.
Bevvi direttamente dalla bottiglia un sorso di the freddo e poi andai in bagno.
 Presi la spazzola e mi pettinai i miei capelli. Dato che erano corti non ci misi tanto e non ci aggiunsi ne fiocchi ne forcine.
Ora dovevo solo truccarmi. Mi misi un po’ di mascara e matita e aggiunsi uno sbuffo di ombretto nero che risaltava i miei occhi color bosco. Per completare il quadretto (cioè la mia faccia) misi un filo di lucidalabbra sulle mie labbra curate.
Ora ero ufficialmente pronta. Mi guardai davanti allo specchio. – Et voilà! – sussurrai soddisfatta.
Sentivo il cuore martellare sul petto. Ero nervosissima.
Il resto del tempo prima di andare a scuola lo trascorsi giocando con il mio tablet.
Quando  mia mamma urlò – Tutti in carrozza! – (metodo spiritoso per chiamarci tutti in automobile) il mio cuore stava ballando il tip tap (con tanto di scarpette apposite!).
Mia mamma ci lasciò davanti alla scuola.
Entrai dal cancello con la sensazione che ormai il mio cuore si fosse fermato per aver ballato troppo il tip tap.
Poi mi feci una promessa. Sì, feci una promessa a me stessa.
Quello sarebbe stato un nuovo inizio.
Angolo autrice:
ciao... (ehm... wow che fantasia!!!) 
allora, io sono nuova, e quindi vorrei chiedere un favore alle persone che leggono questo capitolo.
Perfavore, lasciate un commento. Ho appena iniziato a scrivere su questo sito quindi mi serve il vostro parere, anche negativo, perchè io possa imparare a scrivere sempre meglio. 
Quindi, io continuo se ho almeno un commento, okay? Non lo voglio usare come ricatto o che, solo perchè io scrivo anche se legge solo una persona nell'universo, e scrivo per lui, ma non scrovo per nessuno. Sennò scrivo e non pubblico! Grazie a tutti comunque anche se leggete e basta! ciauuu

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Capitolo 2
*** Il fatidico primo giorno di scuola ***


NOTE
Al posto del trattino per i dialoghi userò l’asterisco, buona lettura!
CAPITOLO 2 – IL FATIDICO PRIMO GIORNO DI SCUOLA
Entrai nell’atrio della scuola lisciandomi le pieghe della gonna.
Il preside stava in centro alla sala a blaterare su quanto ci saremo dovuti impegnare quest’anno e tutte le solite robe barbose che dicono al discorso di inizio anno. 
Alzai lo sguardo e notai quanto il soffitto fosse alto e che la stanza fosse illuminata da un costosissimo lampadario. Avete presente quelli enormi, pieni di cristalli? Mi ricordo che mi scostai più in là per paura che potesse cadermi in testa. 
Mentre il preside continuava parlare vidi un gruppo di ragazze confabulare, tutte in cerchio. Pensai che probabilmente era la mia occasione per presentarmi e magari farmi un po’ di amiche. 
Mi avvicinai così al gruppetto e, con un sorrisone a (no trentadue!) trentasette denti, dissi amichevolmente:
*Ciao ragazze! Io sono Alice Cullen, sono nuova. Come va?*
Le ragazze sciolsero il cerchio e mi guardarono. Una biondina mi guardò, e disse:
*Te sei la nuova, eh? Beh, stai alla larga dal mio Royce. *
“Ma cosa vuoi che me ne freghi del tuo ragazzo?” avrei voluto urlargli. 
Ma dato che (IO!) sono una persona estremamente educata e clemente, feci  un sorriso di circostanza e mi rivolsi alle altre:
*Come vi chiamate? *
Loro sembrarono guardarsi per chiedersi a vicenda cosa fare, poi scoppiarono a ridere.
“Ma santa Brigida, cosa cazzo ridi che ti ho fatto una domanda?” avrei voluto chiedere al limite della mia altissima sopportazione.
Mi costrinsi a pensare che ero superiore a queste sciocchezze e mi allontanai da quello squallido gruppetto di galline in calore. 
Mentre camminavo verso un punto indefinito (così, tanto per fare qualcosa!) una ragazza dai lunghi capelli bruni e dagli occhi color cioccolato mi fermò afferrandomi un braccio.
Pensando che fosse una di quelle oche le scoccai un’occhiataccia, ma poi lei mi disse:
*Piacere, mi chiamo Isabella Swan, ma chiamami solo Bella. Non fare caso a quelle oche, fanno sempre così con i nuovi arrivati. Si credono chissà chi ed invece sono solo delle antipatiche. Come ti chiami?*
*Alice, Alice Cullen. Sono arrivata da Forks circa una settimana fa. Te sei di qui? *chiesi io, pensando finalmente di aver trovato un essere vivente dotato di cervello. 
*Sì, ma mio padre abita a Forks, a volte vado a trovarlo in estate, magari ci siamo già viste.*
*Può essere, per ora non mi sembra di averti mai visto, ma magari mi ritorneranno a galla dei ricordi in cui ci sei anche tu.*
Il preside ci richiamò all’attenzione, e ordinò alle varie classi di andare in aula. Io, un po’ confusa, cercai di individuare la quarta C.
Non sapendo chi erano i miei compagni girai un po’ a vuoto, vidi Bella entrare con la sua classe in un corridoio e mi chiesi come ero potuta essere così stupida da non chiederle in che classe andava. Magari andavamo nella stessa classe e sarei potuta essere tranquillamente seduta nel mio banco ad ascoltare le solite barbose presentazioni. 
Quando vidi sempre meno gente in atrio cominciai ad andare in panico. E se fossi rimasta là mezza mattinata a chiedermi cosa fare? 
Vidi un ragazzo biondo che stava per imboccare un corridoio assieme alla sua classe e lo fermai per un braccio. Gli chiesi, con fare spigliato:
*Scusa, sono nuova, mi sapresti dire quale classe è la quarta C? *
Il ragazzo mi guardò tre nanosecondi e poi disse, svelto:  *Sì, è la mia classe, seguimi.*
Trattenendomi dal sospirare dal sollievo seguì il biondo. Per stemperare la situazione trillai: * Ciao, io sono nuova (come ti ho già detto!) e mi chiamo Alice Cullen, te come ti chiami?*
Lui, senza sembrare troppo in vena di parlare, rispose: * Jasper Hale. 
*Ma che bel nome! Non ho mai conosciuto altri Jasper, sai? Invece Alice è più usato. Lo sai che in italiano si scrive allo stesso modo ma si legge in modo diverso? Mi piace l’Italia, magari un giorno andrò a visitarla, pensa che bello andare a vedere Roma! A me il Colosseo mi ispira un sacco, l’ho visto stra tante volte alla TV o nelle cartoline, eh sì perché una volta mia mamma è andata a Roma per un viaggio di lavoro e me ne ha spedita una per posta e poi…*
*Ho afferrato grazie. * mi interruppe lui secco.
“Mamma mia, che caratteraccio… stavo solo parlicchiando un po’…” pensai.
In ogni caso ormai eravamo arrivati in aula. Mi dispiacque di non essere in classe con Bella, mi avrebbe fatto piacere stare in banco con lei. Mi ritrovai a vagare in classe per cercare un banco libero, accorgendomi ben presto che essendo entrata per ultima gran parte della classe aveva già preso posto nei banchi. 
Per fortuna trovai una coppia di banchi vuoti. Mi sedetti su quello più vicino alla finestra. 
Incrociai le dita, sperando che nessuno si sedesse accanto a me. Non mi sarebbe piaciuto trovarmi qualcuno che parlava continuamente vicino a me. Io parlavo già abbastanza ed inoltre a scuola io ero bravina e non avevo nessuna intensione di iniziare l’anno male. 
Una prof con un lungo naso aquilino e degli occhiali con una montatura da vecchio prese posto sulla cattedra. 
Con una voce sgraziata si presentò e disse: * Il mio nome è Elizabeth White e vi insegnerò scienze per tutto l’anno. Mi aspetto da voi impegno e precisione… *
La vecchiaccia continuò a sparare le solite cacchiate che ormai sapevo a memoria ma la  mia attenzione verse su un ragazzo alto e biondo che si sedeva accanto a me. 
Pensai: “Ti prego Gesù Bambino, fai che non sia Jasper, chiunque tranne lui!” 
Mi girai, confidando nella mia buona sorte. 
Ahi. Era Jasper.
Intanto la voce sgradevole e irritante della prof continuava a fare da sottofondo a quell’incubo. 
Sarebbe stata una lunga giornata.
Angolo autrice:
Evvai!!! Secondo capitolo. Sinceramente non mi convince più di tanto ma segue la trama della mia testolina e quindi… 
Diciamo che tra Jasper e Alice non è proprio scattato il colpo di fulmine, ma ho in serbo tante belle sorpresine….
Allora, come nello scorso capitolo, ripeto: perfavore scrivetemi i vostri pareri lasciando una bella recensioncina, non vi costa neanche un minuto e mi fareste tanto tanto felice! A questo proposito ringrazio tantissimo __rala__, e questo capitolo lo dedico a lei, perché mi ha dato tanta tanta felicità con la sua recensione! 
Pubblicherò il prossimo capitolo se avrò almeno una recensione, ma comunque se sono due è sempre meglio, eh! 
Ciaooo

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Capitolo 3
*** Il campanello (parte 1) ***


Capitolo 3 – Il campanello (parte 1)
Quando la  giornata finì, tirai un enorme sospiro di sollievo.
La giornata in sé non era andata male, ma Jasper mi aveva davvero ferita col suo atteggiamento freddo e distaccato.
In fondo, avevo solo parlato un po’ troppo per i delicati gusti del signorino.
Non mi piaceva il fatto che Jasper si credesse superiore a me.
Ad interrompere i miei pensieri fu Edward, che disse:
-    Stai pensando troppo, il cervello ti sta andando a fuoco, sorellina. 
Sorrisi, adoravo quando mio fratello capiva che stavo male per qualcosa e quindi cercava di stemperare la situazione.
-    Stavo solo pensando al mio compagno di banco…
-    Oh no! Adesso mi sorbirò tutti quei “Ma quanto è carinooo”…
-    No, non mi piace Edward. – lo interruppi -  È stato molto freddo con me e si crede tanto superiore! Non lo sopporto!!!
-    Direi di cambiare argomento! Chi era quella bella ragazza con te nell’atrio?
Lo guardai e il mio spirito da Cupido prese il sopravvento.
-    Carina, eh? Si chiama Isabella Swan… scommetto che stareste benissimo insieme!!!
-    Non iniziare con le tue stupidate da Cupido!!! Se mi voglio mettere con una ragazza mi arrangio! – mi ringhiò lui, poi con tono più scherzoso aggiunse – E poi, bello come sono, quale ragazza mi resisterebbe? Mica ho bisogno del tuo aiuto!
Risi. Mi piaceva ridere con mio fratello, vivere quei piccoli momenti di intimità solo noi due era raro ma quando accadevano ero più che felice!
Erano già dieci minuti che percorrevamo la strada per arrivare a casa, e non vedevo l’ora di buttarmi sul mio lettuccio adorato (<3).
La giornata mi aveva sfinita.
Essendo il primo giorno di scuola, per compiti avremmo dovuto solo scrivere una misera presentazione su un quadernino.
Avrei voluto aver chiesto il numero di cellulare a Bella, ma me ne ero completamente dimenticata!
Finalmente girai l’angolo e mi trovai davanti a casa mia. 
Senza badare all’erba verde che mi gridava di stendermi e prendere il sole (a settembre poi…!), percorsi il vialetto, estrassi le chiavi e le infilai nella toppa. 
Quando entrai in casa e mi tolsi le scarpe mi accorsi che non c’era nessuno.
Mamma doveva essere andata da qualche parte e il papà sicuramente era di turno all’ospedale (faceva il medico).
Senza rimuginarci più di tanto mi avvicinai al frigo e presi una vaschetta di gelato alla Nutella. 
Camminai fino alla mia camera, beandomi del contatto con la gelida vaschetta del gelato.
Mi tuffai sul letto, bene attenta a non rovesciare la vaschetta.
Presi il cucchiaio di plastica in allegato con la vaschetta, presi una quantità industriale di gelato e me la portai alla bocca. Gnam! 
In pochi minuti mangiai metà del gelato, poi lo riposi nel frigo e tornai in camera per riposare.
Non riuscii ad addormentarmi per il caldo e così mi tolsi i vestiti, rimanendo in biancheria.
Sentendomi decisamente meglio mi buttai sopra il lenzuolo, chiusi gli occhi e dormii.
A svegliarmi fu un trillare molto simile alla sveglia, e per un attimo pensai di aver dormito fino alla mattina successiva. 
In panico, cercai con le mani la sveglia sul comodino, per poi accorgermi che era il campanello. 
Così, dato che poteva essere Emmet come un venditore ambulante enon volevo farmi vedere in mutande da uno sconosciuto, andai al citofono e chiesi:
-    Scusi, chi è?
Passarono alcuni secondi prima che il tizio rispondesse:
-    Ciao Cullen, sono Jasper, il tuo compagno di banco.
OH CAZZO!
Angolo autrice:
Okay, è un capitolo piuttosto di merda… lo so.
È solo che ho ricevuto delle bellissime recensioni ed ero già in ritardo…
Il capitolo è stato diviso in due parti, per questo è così corto!|
Allora, vi volevo chiedere se nelle recensioni  (o anche messaggi privati se vi va u.u ) potete scrivere delle vostre storie (anche non necessariamente su Twilight!) così che io le possa leggere e recensire.
Non è un modo per invogliarvi a lasciarmi delle recensioni, ma è perché io sono (pigra) impegnata sempre con lo sport e quindi la sera non ho tempo per mettermi a cercare storie belle da leggere.
Quindi se mi fate questo favore… grazie :*
Ciaooo, 
Bricioladite

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Capitolo 4
*** Il campanello (parte 2) ***


Capitolo 4 – Il campanello (parte 2)
Per un minuto buono restai sotto shock.
Poi, quando stavo quasi per premere il tastino accanto al citofono per aprirgli il cancello, mi ricordai che ero in biancheria.
Afferrai il citofono e strillai:
  • Ehm… sono nuda – che poi non ero neanche nuda (?) – Puoi aspettare un attimo che mi cambio?
Lo sentì sbuffare e poi dire in modo poco convincente sì.
Con un balzo felino arrivai in camera, mi infilai i vestiti che avevo indossato la mattina e corsi ad aprirgli.
Restai ad aspettarlo davanti all’ingresso.
  • Ciao. – borbottai a denti stretti – Perché sei qui? Come fai ad avere il mio indirizzo?
  • Calma, Cullen. Sono qui per questo – disse estraendo un quadernino che riconobbi come mio dallo zaino.
Me lo porse e lo presi con uno scatto della mano.
  • E come fai a sapere dove abito? – ridomandai risoluta.
  • Allora, Cullen, la spiegazione a cui il tuo cervellino mediocre non riesce ad arrivare è questa: dopo che te ne sei andata correndo come una pazza a fine scuola hai lasciato questo quaderno, dove ho immaginato dovessi svolgere i compiti, sotto il banco. Così ho guardato nella prima pagina, dove hai scritto nome, cognome e indirizzo, e, visto che ho scoperto che sarei passato davanti a casa tua tornando da scuola, per fare un gentilezza ho pensato di portartelo. – disse Jasper con tono saccente.
  • Ah. – fu la mia brillante esclamazione. In effetti, la sera prima avevo scritto su tutti i libri e i quaderni il mio nome, cognome e indirizzo, tanto per distrarmi un po’. – Allora… ehm… grazie…
  • Non c’è di che. – rispose con un sorrisetto.
  • Posso offrirti qualcosa? – chiesi un po’ in imbarazzo. Insomma, mi sembrava il minimo dopo la sua premura!
  • Sì grazie. – “Mannaggia! Speravo mi dicesse di no!” pensai.
  • Cosa vuoi? – chiesi con voce atona.
  • Quello che stavi mangiando te, mi va bene tutto.
In effetti sarebbe stata ora di pranzare, per i comuni mortali, ma per me era il GELATO-TIME (!!!).
Per non dirgli mi stavo sbafando una vaschetta di gelato in camera, mi inventai la prima balla che mi passò in testa:
  • Non ho ancora iniziato a mangiare… ehm, sì, sai… sono appena arrivata qui a casa. – dissi con un sorrisetto che sembrava gridare “Sono tutte balle!!!”.
Ero proprio un merda a dire le bugie.
  • Okay. – disse lui, e dal suo sguardo capì che non se l’era proprio bevuta.
  • Beh… allora, cosa ti va di mangiare?
  • Magari un panino, se posso. – mormorò lui, cortese.
  • Certo – sorrisi – Mi metto all’opera.
Presi due pezzi di pane, li tagliai a metà e li farcì con del prosciutto che trovai nel frigo.
Quando ne consegnai uno a lui, iniziammo a mangiare.
Nonostante di solito mangiassi come uno gnu affamato, mi costrinsi a dare piccoli morsi al panino.
Jasper invece, mangiava con una classe infinita. Non sembrava uno di quei damerini che si puliscono la bocca ogni due secondi, semplicemente mangiava in modo così educato e naturale che sembrava che tutto di lui gridasse “RAFFINATEZZA!!!” .
In una pausa tra un morso e l’altro, mi chiese
  • Di dove sei?
  • Forks. – risposi io.
  • Io ho sempre abitato qui, ma odio Phoenix. – mi disse lui.
  • Perché? – domandai stupita. Phoenix era una città davvero molto grande e pure bella!
  • Non mi piace la sua confusione, preferirei abitare in periferia, in un posto più tranquillo, con meno gente, un posto dove stare in pace. – mi disse lui. Probabilmente sperava di nascondere la faccia dietro il panino, ma io vidi lo stesso un lieve rossore farsi strada attraverso le sue guance. Probabilmente si imbarazzava a parlare dei suoi pensieri.
Mi trattenni dal dire “Ma quanto siamo diversi, caro Jasper!”.
Io adoravo la confusione di Phoenix!
  • Allora Forks ti piacerebbe, lì ci sono quattro gatti e di tranquillità ce n’è fin troppa… - borbottai.
  • Di certo più di Phoenix. – sbuffò.
Dopo un minuto di silenzio, chiesi:
  • Ma perché stamattina te la sei presa tanto?
Lo vidi arrossire.
  • Non era il mio momento migliore, e comunque faccio così con chi non conosco. – alzò lo sguardo verso l’orologio della cucina – Comunque ora devo andare, Rosalie mi aspetta.
Non riuscì a reprimere la curiosità, così chiesi:
  • Chi è?
  • Mia sorella.
Poi mi ringraziò e correndo uscì da casa mia.
Che ragazzo strano, quel Jasper Cullen!
Stamattina sembrava la freddezza in persona, ora invece diventava tutto timido e continuava ad arrossire?
In ogni caso, meglio quello timido che quello antipatico.
Sperai di rivedere ancora quella nuova parte di Jasper.
Saremo potuti diventare amici!
ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno!!!
Allora, spero che il capitolo vi sia piaciuto, a me convince (dai!) abbastanza.
Ovviamente conta che convinca voi, non me.
Vaso di fretta, quindi ripeto la solita pappardella cioè se mi lasciate almeno una recensione continuo, e vi saluto!!!
 
 

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Capitolo 5
*** Maria ***


Capitolo 5 – Maria
La mattina dopo mi svegliai di cattivo umore.
Non avrei saputo dire se fosse stato per il ciclo (in anticipo, miseraccia!) o per l’urlo con cui mio fratello Emmet pensò bene di svegliarmi.
Quando trovai le forze per aprire gli occhi, mi alzai dal letto con un’agilità pari a quella di un ottantenne.
Col mio pigiamino rosa con i gattini mi  recai in cucina, mangiai uno yogurt sul bancone e bevvi un sorso di the freddo direttamente dalla bottiglia.
Salii in camera mia e indossai un paio di jeans molto chiari, una maglietta con la scritta “Lasciatemi dormire!” (adattissima a quella mattina) e un golf bordeaux.
In bagno cercai invano di domare la mia corta chiome spettinata, ma alla fine ebbi la peggio.
Dato che non avevo voglia e nemmeno il tempo per truccarmi per bene, misi del mascara e matita nera e poi, dopo aver preso lo zaino, uscii di casa.
Arrivata alla fermata, estrassi dallo zaino il mio cellulare e le cuffiette, e me le calcai ben bene nelle orecchie.
Dopo un paio di minuti arrivò l’autobus, e quando riuscii a farmi strada in mezzo alla folla che entrava nel veicolo cercai un posto dove sedermi.
Percorsi tutto il corridoio tra i sedili, ma solo alla fine trovai un posto libero.
Senza nemmeno degnare uno sguardo a chi mi era vicino, mi sedetti nel sedile libero, canticchiando la canzone che stavo ascoltando.
Il tizio affianco a me mi diede un colpetto sulla spalla, e per fargli capire che ero già con le palle girate quella mattina e che non c’era bisogno che ci si mettesse pure lui (o lei insomma) mi girai per lanciargli un occhiata assassina.
Quando vidi chi era il mio vicino, mi tolsi subito le cuffiette.
  • Ciao Alice! – esclamò allegro Jasper.
  • Ciao – risposi io con meno entusiasmo. Non che mi desse fastidio la sua presenza, ma la mattina non ero proprio in vena di parlare.
  • Ti vedo stanca… scommetto che anche te vorresti essere ancora sotto le coperte!
Stavo per dirgli l’ovvietà, cioè che era OVVIO che avrei solo voluto dormire, quando mi diede un buffetto sulla guancia.
Probabilmente mi diede una scossa perché sentii un sensazione strana, come se il mio stomaco volesse mettersi a ballare la conga con il pancreas e il cervello e il cuore volessero dare lezioni di break dance.
Senza volerlo mi ritrovai a chiudere gli occhi e a poggiare una mano sopra la sua (ancora sulla mia guancia).
Poi, accorgendomi di quanto quel gesto sarebbe potuto essere frainteso, cercai di farlo passare per un gesto per allontanare la sua mano dal mio viso.
  • Era solo un buffetto… - brontolò lui.
Io gli sorrisi, in effetti, ero solo contenta del suo buffetto.
Io sospirai, l’ora di aritmetica mi aspettava.
  • Jasper, a te piace la matematica? – chiesi.
  • Sì, è una materia che spesso non viene compresa, ma se si vuole capirla e ci si mette di impegno per conoscerla diventa bellissima. Pensa, il mondo è fatto di numeri…
Lui continuò a parlare della matematica, io scollegai un attimo il cervello.
La sua frase sulla matematica mia aveva fatto venire in mente lui, Jasper.
Spesso, come era successo a me, le persone non lo capivano, con quella sua maschera di freddezza, ma se invece si imparava a conoscerlo diventava meraviglioso.
In questo caso io lo avevo conosciuto “per sbaglio”, a casa mia, quando arrossiva, avevo capito che era quello il vero Jasper: un ragazzo timido, bisognoso di attenzione e tutto da scoprire.
Un ragazzo pieno di sorprese, insomma.
Immersa in questi miei pensieri, quasi non mi accorsi che eravamo giunti a destinazione.
Senza quasi respirare riuscii ad emergere dalla folla e a uscire dal veicolo.
Dietro di me vidi Jasper avvicinarsi. Pensando che si stesse avvicinando a me, mi girai per dirgli se gli piaceva il soprannome Jazz, quando vidi che avvolgeva le spalle con il braccio ad una ragazza mora e alta.
“Che zoccola!” pensai. Era vestita con una minigonna di jeans e un top scollatissimo. Il tutto abbinato con delle scarpe con il tacco 15 ed un trucco esagerato.
Probabilmente era sua sorella, Rosalie, quella che aveva accennato il giorno prima.
Si avvicinò sempre a fianco di quella ragazza, poi mi disse:
  • Avevo piacere di presentarvi. Maria, lei è Alice, una mia compagna di classe. Alice, lei è Maria – tossicchiò -  la mia ragazza.
 
ANGOLO AUTRICE:
Hello!!
Spero che il capitolo vi piaccia!
Maria è quella vampira che nel libro ha trasformato Jasper e con cui ha avuto una storia (prima della nostra amata Alice).
Ad una recensione, continuo!!!
Alla prossima, Bricioladite                                                                                                                                                                                                                 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Il piano di Rosalie ***


Capitolo 6 – Il piano di Rosalie
Trattenendomi dall’urlare “JASPERSEIFIDANZATOHMIODIOSCHERZI?”, sorrisi alla mora, che invece mi guardò con aria di sufficienza.
  • Certo che Jazz… – il soprannome che avevo scelto io, mannaggia – le compagnie che frequenti non sono proprio le migliori!
  • Maria… - borbottò lui a disagio.
Io diventai  rossa dalla rabbia. Avrei voluto dirle “Parla la troia…”, ma avevo l’impressione che Jasper fosse già abbastanza a disagio e questo mi dispiaceva molto. Avrei volute dirle qualche frase ad effetto che la facesse stare zitta, ma l’unica cosa che dissi fu:
  • Beh, ehm… oh, grazie tante, la tue educazione supera i limiti della fantasia!
Come frase ad effetto faceva un po’ cagare, ma di sciuro era meglio che stare zitta e guardarla sperando che un lanciafiamme mi spuntasse tra le mani.
  • Jasper, Jasper… quante volte ti ho detto di non legare con delle sfigate? – mormorò lei con quel sorrisino insopportabile.
Sentii le mani prudere, la voglia di saltarle addosso, strangolarla, buttarla nel forno ancora viva e poi gettare le sue ceneri in mare era fortissima.
  • Ciao Alice! – sentii gridare dietro di me.
Mi girai, era Bella.
  • Ehi Bella! – risposi io.
Si avvicinò a me e mi disse:
  • Lo sai che facciamo spagnolo insieme?
No, non lo sapevo, ma ero contenta, Bella mi stava davvero simpatica.
  • Adesso che me lo hai detto lo so. No, non lo sapevo, però ne  sono felice!!!!
Lei mi sorrise. In quel momento, vidi mio fratello fare la sua apparizione.
  • Ciao, sorellina. Come va?
Lo guardai con una punta di divertimento, lo conoscevo abbastanza per sapere che era venuto da me solo per conoscere Bella.
  • Bene, lei è Bella, Bella lui è Edward, il mio fratellone.
  • Piacere, non sapevo che Alice avesse un fratello. – disse lei sorridente.
  • In verità ne ho due, Edward e Emmet, solo che lui va al college.
Dopo che ci salutammo e ci scambiammo i numeri di telefono, decisi di fare un grosso favore a mio fratello, ossia lasciarlo solo con Bella.
Mi incamminai così all’interno della scuola, in quell’atrio con quell’enorme lampadario pieno di cristalli.
Stavo per accomodarmi in una delle sedie di plastica presenti in tutto il perimetro della stanza quando sentì una mano strattonarmi il braccio.
Mi girai per vedere chi fosse, e vidi la ragazza bionda che il giorno prima mi aveva detto di stare lontana da un tizio che si chiamava Royce.
  • Mi chiamo Rosalie Hale, sono la sorella gemella di Jasper, il tuo compagno di classe. Visto che ti sei presa una bella cottarella per il mio gemellino…
  • Alt! Frena! Io non ho preso una cotta proprio per ness… - tentai di dire.
  • Sì, sì dai… il tuo segreto è al sicuro con me. – tentai invano di protestare ma lei continuò a parlare più forte in modo da sovrastare la mia voce – In ogni caso, credo che dato il tuo interesse verso mio fratello, avrai il piacere di aiutarmi…
  • IO NON HO UNA COTTA PER TUO FRATELLO! MANCO LO CONOSCO!!! – urlai con i nervi a fior di pelle.
Scacciò questa mia affermazione con un gesto della mano e continuò:
  • In breve, devi aiutarmi a fare in modo che Jasper lasci Maria!
ASSOLUTAMENTE NO!!!
Angolo autrice:
Capitolo di passaggio, diciamo…
È piuttosto corto, è solo che o facevo un capitolo gigante oppure lo dividevo in due.
Mi è parsa la soluzione migliore!!!!
In ogni caso, spero che il capitolo sia di vostro gradimento!
Vorrei ringraziare le 6 buone anime che hanno messo la storia tra le seguite e miky9160 che ha messo la storia tra le ricordate!!!
GRAZIE DAVVERO :*
Come sempre, ad una recensione continuo!!!
Bricioladite
P.s. Vorrei ringraziare in modo particolare Creamy91 per le sue bellissime recensioni!!!
 
 

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Capitolo 7
*** Passare al lato oscuro ***


Capitolo 7 – Passare al lato oscuro
  • Come sarebbe a dire no? – mi chiese per la milionesima volta Rosalie.
  • No sta per NON-CI-STO! – risposi io al limite della mia altissima sopportazione.
Era da tutta la giornata che Rosalie mi stava cercando di convincere a collaborare con lei per il piano per fare lasciare Jasper e Maria.
Ovviamente io avevo detto di no. Se Jasper si era messo con Maria significava che si piacevano e insomma, chi ero io per guastare la loro felicità?
  • Ma Alice, Maria non… - incominciò lei - … vabbè, lascia stare. Insomma, ti prego aiutami Alice, ti scongiuro! – e se non fossimo stati in mezzo alla mensa, forse si sarebbe pure messa in ginocchio.
  • Rosalie, no. Se Maria non è quella giusta per Jasper, sarà lui ad accorgersene e sempre lui a lasciarla. – esclamai io esasperata.
La sentii borbottare qualcosa e sospirare, per poi dire:                                                           
  • Beh, non avrei voluto arrivare a questo ma…  - sbuffò, frustrata – Vediamoci in atrio alla fine delle ore, okay?
Feci sì con la testa, mentre affondavo i denti su un hamburger.
Odiavo il martedì! Avevamo più ore a scuola e quindi dovevamo mangiare in mensa.
Dovevo rinunciare al mio Gelato-time per mangiare quegli hamburger confezionati che sapevano di plastica.
Avevamo tre quarti d’ora per consumare il pranzo ed erano passati solo cinque minuti. Mi aspettavano ancora quaranta minuti di libertà ed avevo intenzione di passarli con Bella, anche se per ora non avevo idea di dove fosse.
“Parli del diavolo…” pensai vedendo Isabella sedersi accanto a me.
  • Ciao Alice! – disse allegra.
  • Ciao Bells… posso chiamarti così? – salutai io.
  • Certo, non sei l’unica a chiamarmi così. – rispose lei.
  • Ehi ragazze! – “Oddio no!” pensai vedendo Edward aggiungersi al gruppetto.
  • Ehi. – risposi con l’entusiasmo di una ragazza che ha appena visto quello che gli piace baciare un’altra.
  • EDWARD! – esclamò con entusiasmo Bells, per poi arrossire accorgendosi di aver usato troppa enfasi.
  • BELLA! – disse lui imitandola e ridendo subito dopo. Risata che contagiò anche noi.
Mi piaceva stare con mio fratello, ma l’idea di avere Edward sempre tra i piedi mi faceva rabbrividire.
Quello che feci dopo fu un atto di amore fraterno che stupì per prima me stessa.
  • Oh – dissi indicando Rosalie che nel frattempo era andata a sedersi in un altro tavolo – Rosalie mi doveva dire un roba, ritorno fra un po’.
Mi alzai così dal tavolo pensando: “Mi potrebbero chiamare Santa Alice”. Era già la seconda volta che lasciavo i due piccioncini da soli.
Camminando verso il tavolo di Rosalie mi scontrai con La Troia (Maria) che mi urlò:
  • Già ci provi col mio ragazzo, vuoi pure uccidermi? – urlacchiò in tono melodrammatico.
  • EEEH? – chiesi incazzata come una bestia. Era la seconda volta in quella giornata che mi accusavano di provare interesse per Jasper, ed io ne avevo proprio le palle piene.
  • Non fare finta di cadere dal pero, troietta. Lo sanno tutti che ci provi col mio amorino.
  • TROIETTA IO? Ahahah, stai scherzando, vero? Ma ti sei mai guardata allo specchio? Sei  solo una troia, e pure squallida! – urlai con quasi con le lacrime agli occhi dalla rabbia.
  • Maria, Maria! Basta! – sentì urlare Jasper mentre correva nella nostra direzione.
Anche Edward era accorso.
  • Sta calma Alice! – mi sussurrò all’orecchio afferrandomi le spalle.
In quel momento nemmeno lo udii. Avevo solo voglia di prendere un coltello e di tagliarla in tanti piccoli cubetti.
Nessuno, e dico NESSUNO,  poteva darmi della troia, tantomeno un troia stessa!
Bells si avvicinò e mi abbracciò.
  • Calma, Alice. Fai dei respiri profondi. Fa così con tutti, tranquilla.
Rilassata dalle parole di Bella ricambiai l’abbraccio.
Anche Rosalie mi affiancò e mi prese la mano.
  • Non ascoltarla, è solo una troia bisognosa di attenzioni.  – mi disse per confortarmi.
Mi staccai dall’abbraccio di Bells e con le labbra mimai a Rosalie “Dobbiamo parlare”.
  • Accompagno Alice in bagno. – disse a Edward e Bella.
Con passo deciso mi diressi in direzione del bagno seguita da Rosalie.
Entrammo nel cubicolo e lo chiusi a chiave.
  • Se passare al lato oscuro significa andare contro a quella troia, sono pronta! Sì, Rosalie, ti aiuterò a fare in modo che Jasper e Maria si lascino!
E questo fu l’inizio di tante disastrose avventure…
 
ANGOLO AUTRICE:
Hola gente!
Come va? A me male. Ho lasciato il fidanzato e litigato con una mia amica…
Viva la vita… yeah.
Ho notato che con l’andare avanti dei capitoli mi scrivete sempre meno recensioni…
Non mi starete abbandonando????
Dai, almeno DUE recensioni, perfavoreeee!!!
In ogni caso basta una recensione perché io continui la storia, come sempre.
Vi saluto!
Baci,
Bricioladite
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Escogitare il piano ***


Capitolo 8 – Escogitare il piano
Quando finii di dire la frase, Rosalie si grattò la testa, perplessa.
  • A cosa è dovuto questo grande cambiamento? Cioè, non fraintendermi, va benissimo. Ma se è per quella sceneggiata che ti ha fatto in mensa mi sento in dovere di dirti che la sua stronzaggine non si limita solamente fino a lì…
La guardai con uno sguardo un po’ (ma chi prendiamo in giro? Un po’, ahahah, molto) invidioso.
Rosalie era una ragazza bellissima, alta, formosa nei punti giusti (cosa che notavano molto i ragazzi), con dei capelli biondissimi, più chiari di quelli di Jasper. Di diverso dal gemello aveva pure gli occhi, erano con un taglio diverso ed un colore differente. Mentre quelli di Jasper erano color cioccolato fuso, quelli di lei erano di un azzurro stupendo. Erano così somiglianti al mare che quasi mi parve di intravedere un’onda increspare quell’oceano contornato da lunghe ciglia.
Io invece, con quei miei occhi di un insignificante marroncino-verdino, il mio fisico tutt’altro che formoso (ero uno stecco, e credetemi, è meglio avere un po’ di ciccia che essere un grissino), i miei capelli neri con quel taglio corto che mi faceva sembrare un folletto troppo cresciuto, sembravo tanto una cacca ambulante.
Forse, se avessi cercato la parola cacca nel dizionario, avrei trovato affianco una mia foto.
  • Alice? Ehi! Ti sto parlando! – esclamò lei irritata dal  mio improvviso mutismo.
  • Uh? Ah, sì beh, la stronzaggine, eheheh! – dissi ancora con la testa tra le nuvole.
  • Ehi, ti senti bene? Sei un po’ strana… sembri tipo… ubriaca!? – chiese lei confusa.
Succedeva sempre così quando stavo pensando ad altro, sparavo un mucchio di cazzate e sembravo ubriaca.
  • Tranquilla, faccio così quando penso ad altro. In ogni caso, quando cominciamo?
La vidi stirare le labbra in un sorrisino maligno.
  • Per me inizierei anche oggi… ma prima dobbiamo escogitare un piano nei minimi dettagli. Capisci… voglio rovinare la vita a quella troia, ma non voglio farlo facendo soffrire Jasper. – disse accigliata.
  • Hai ragione… dove ci vediamo? Oggi mia mamma è a casa, e sarebbe un problema, perché si metterebbe a chiacchierare e non ti lascerebbe più andare… - dissi io. I discorsi che mia mamma tirava fuori con le mie amiche erano oltremodo imbarazzanti.
  • Possiamo vederci a casa mia. Mia madre è sempre via. – disse lei, e colsi una punta di amarezza nelle sue parole.
  • Bene, a che ora? – chiesi con un sorriso.
  • Mah, oggi non abbiamo rientro, quindi pranziamo a casa… uffa, ma oggi abbiamo ospiti… andranno via subito dopo… ti va bene se vieni alle due, due e mezza? – chiese lei arrotolando una sua ciocca di platino sul dito sottile.
  • Sì, certo. Scrivimi l’indirizzo. – mormorai io.
Frugai nello zaino e poco dopo estrassi un foglietto di carta e un pennarello.
Velocemente scrisse qualcosa sulla carta e piegandolo mi consegnò il foglietto.
Sbriciai un attimo e vidi una scrittura affusolata ed elegante ornare quel bianco accecante della carta.
Pure la scrittura era più bella della mia! Uffa!
Mi accorsi solo in quel momento che l’ora di letteratura, così salutai Rosalie e corsi in aula.
Odiavo le ultime due ore di mercoledì: avevamo letteratura e avevo l’impressione di non stare particolarmente simpatica alla prof.
  • Cullen, alla buon’ora! – gracchiò la professoressa Crowley, irritata per i miei DUE minuti di ritardo.
  • Buongiorno anche a lei, prof. – sbottai.
  • Ma che comportamenti , ma chi si crede di essere, signorina? Nella società di oggi l’educazione è in via di estinzione… ah, quanto rimpiango i miei tempi, eravamo tutti educati e se il prof ci rimproverava chiedevamo scusa. In punizione!
  • Scusi prof – dissi in tono lacrimoso – è che purtroppo ho avuto una litigata con mio padre stamattina e – soffocai un finto singhiozzo – ed ero di cattivo umore per questo. – feci finta di tirare su col naso – Mi perdoni, non accadrà più.
  • La perdono, Cullen, ma che non accada più. In ogni caso, farà un piccolo castigo.
Che stronza!
Finsi uno sguardo di enorme gratitudine e andai al posto.
Le due ore passarono in fretta, non vedevo l’ora di andare a casa di Jasper! Cioè, di Rosalie…
  • Studenti – disse alla fine della lezione la professoressa – questa scuola è ad indirizzo musicale. Ci saranno delle audizioni per gli interessati e i selezionati frequenteranno lezioni di chitarra, violino, pianoforte e clarinetto, lo strumento è a scelta.
Ero interessata al corso di strumento, ma in quel momento ero troppo agitata per il piano di Rosalie.
Non vedevo l’ora di fargliela pagare a quella specie di cammello con le gambe.
Le ore erano finite, così tornai a casa. Quando suonai al campanello, sentì la voce dolce e allo stesso tempo squillante di mia mamma chiedere dal citofono:
  • Chi è?
  • Sono Alice, apri. – dissi io brevemente.
Quando entrai, notai che sulla tavola troneggiavano quattro porzioni giganti di spaghetti.
Spaghetti?
Io avrei pure mangiato delle patatine fritte, hamburger (quelli di mia mamma erano buoni, non come quelli della mensa).
  • Papà è al lavoro? – chiesi a mia madre, appena entrata nella sala da pranzo.
  • Adesso sì, non ho capito se torna per pranzo. Gliel’ho chiesto per messaggio stamattina e non mi ha ancora risposto. Dev’essere stato impegnato.  Comunque ora mangiamo. Chiama i tuoi fratelli.
Salii per le scale che portavano alle loro camere e urlai loro che il pranzo era pronto.
Quando i due scimmioni ci degnarono della loro preziosa presenza, iniziammo a mangiare, per poi essere interrotti dal campanello.
Mamma guardò fuori dalla finestra per vedere chi era e urlò:
  • È papà… e non gli ho neanche preparato nulla per pranzo!
Dopo pochi secondi papà entrò in casa. Si era già tolto il camice, il che mi dispiaceva. Mi divertiva indossarlo, sfoggiare un’aria da dottore e guardarmi allo specchio, prima che fosse lavato.
  • Cosa si mangia? – chiese con gli occhi che sembravano gridare “HO FAME, HO FAME!”
Vedendo mia mamma a disagio, risposi per lei:
  • Spaghetti. Ti lascio la mia porzione, io vado al McDonald’s.
E senza aspettare risposta andai fuori dalla porta, ma nono troppo velocemente per non sentire:
  • Torna subito a casa dopo mangiato!
Uffa! Ed io che volevo evitare la scocciatura di dire a mia mamma che andavo a casa di un’amica.
Invece mi toccava tornare, e non valeva la pena inventarmi una balla per poi uscire.
Mi diressi così al McDonald’s, ordinai il solito e mi sedetti su un tavolino di plastica.
Il pranzo fu silenzioso, o meglio, io fui silenziosa, perché sembrava che tutta la città si fosse accampata nel locale e c’era un casino terribile.
Quando finii di mangiare andai alla cassa a pagare il conto e poi mi diressi a casa.
Quando suonai al campanello subito la porta mi venne aperta.
Prima che mia mamma mi rimproverasse per la mia fuga di poco prima dissi tutto di un fiato:
  • Ora devo andare, ho promesso ad una mia amica che l’avrei aiutata coi compiti.
  • Ma che bello! Hai delle nuove amichette! – e chiamandole così mi fece sentire una bambina di cinque anni. – Non potevi invitarla qui?
  • NO! – mi affrettai a rispondere. – Cioè…no. – dissi con più calma.
  • Okay, okay. Comunque ti accompagna Emmet. – disse con uno strano cipiglio.
  • Cosa? No! Non è distante da qui e ce la faccio benissimo da sola! – protestai.
  • Niente storie, signorina, o dovrai chiamare la tua amichetta – ancora con questa amichetta! – per dirle che non puoi venire.
  • Okay. – dissi. Tanto l’avrebbe vinta lei.
Chiamai Emmet e ci mettemmo in cammino. La casa era davvero vicina alla nostra e in meno di dieci minuti fummo già là.
Quando suonammo al campanello, vidi la faccia di Rosalie affacciarsi alla finestra.
  • Ciao! – mi urlò sorridente, e poi mi aprì.
Quando entrammo dalla porta, sibilai a Emmet:
  • Grazie dell’aiuto –che non serviva- ora puoi anche andare.
  • Ma no! Vi offro qualcosa! – disse quel diavoletto biondo che era Rosalie.
Emmet le sorrise e lei sparì in cucina.
Dopo poco tornò con delle patatine e tre bicchieri con dentro  dell’aranciata.
Appoggiò il tutto nel tavolino e si presentò a mio fratello.
Quando fu il turno di Emmet di dire il suo nome, si alzò rumorosamente dalla sedia e correndo verso la porta d’ingresso urlò:
  • Devo andare, ciao.
Rosalie sfoggiò uno sguardo irritato:
  • Ma che maleducazione!
  • Mi scuso per lui… di solito non è così. Certo, non è il campione della raffinatezza ma… non arriva a questi livelli!
Lei mi sorrise per rassicurarmi e poi mi sussurrò:
  • Allora, pronta per escogitare il piano?
  • Io sono nata pronta! – dissi con voce solenne. Per poi rovinare la scena ridacchiando con Rosalie.
POV JASPER
Rosalie mi aveva detto che quel pomeriggio sarebbe arrivata una sua amica, ma non sapevo alludesse ad Alice!
Da quando erano amiche, poi?
Anche Maria sarebbe arrivata a momenti, ed ero un po’ in ansia del fatto che Rosalie fosse ancora all’ingresso… loro due proprio non si soffrivano e a volte c’era stato pure il pericolo che scoppiasse una rissa!
Quando suonò il campanello, aprì senza indugi vedendo dal cancello la chioma lucente della mia ragazza.
Mi fiondai all’ingresso e quando entrò la requisii dagli sguardi omicidi di Rosalie e… Alice! Era già arrivata!
Senza indugi la portai nel salotto del piano superiore, la mia stanza preferita di tutta la casa, forse anche più della mia camera.
C’era un ampio divano di pelle azzurro polvere e un tavolino di vetro che alloggiava sopra ad un tappeto grigio e soffice.
Il parquet era bianco e al posto delle pareti c’era un’enorme vetrata che si affacciava sulla città.
Quando guardavo Phoenix attraverso quella sottile coltre trasparente che era il vetro mi sembrava che tutta la tranquillità del mondo si insidiasse nella mia mente.
Non parliamo di quando mi arrivava lo smog in faccia appena mettevo piede fuori casa.
Mi veniva voglia di tornare nel mio rifugio vetrato.
A Maria invece non piaceva molto il salotto, diceva che preferiva le stanze coi muri massicci e scuri, che la facevano sentire più al sicuro.
Io e lei stavamo insieme da meno di quattro settimane. Ci eravamo conosciuti in un bar e subito mi aveva accecato con la sua bellezza.
Era molto bella, Maria.
Alta, con un fisico da urlo, i capelli neri e lucenti e gli occhi di un marrone stranamente freddo, ma particolare.
Sorrideva poco, o meglio, sorrideva spesso, ma di un sorriso falso.
Come quello che si sfoggia quando un amico vuole fare un selfie con te e te non ne hai un piffero di voglia.
Dopo poco mi aveva invitato ad uscire, ed io, devo ammetterlo, ero stato debole, e poi ancora di più nell’aver accettato la sua proposta di diventare il suo ragazzo.
Non la conoscevo, avrei dovuto rifiutare.
Ma invece, dato che non avevo mai avuto una ragazza, avevo voluto… beh, usarla.
Usarla per scoprire un mondo della quale io non ero a conoscenza, ma che la maggior parte dei miei coetanei invece conoscevano.
Il mondo dell’amore. O per Maria, del sesso.
Ebbene sì, per Maria l’amore era sesso. Solo sesso.
Strano, dato che fino quel momento di quell’argomento si era solo parlato.
Io invece avevo creduto che se l’avessi frequentata mi sarei innamorato di lei.
Affatto.
Io VOLEVO amare. Volevo donare tutto ciò che avevo e potevo dare alla persona di cui mi sarei innamorato.
Ma invece che lasciarla, me l’ero tenuta stretta. Grazie alla sua popolarità ero riuscito a farmi degli amici, a farmi conoscere.
Ma ora dovevo dire basta a tutto questo, basta a Maria.
ANGOLO AUTRICE:
Buonaseraaaa! Allora, come butta?
Vi ho abbandonati per un po’ di giorni, scommetto che vi sono mancata tantissimo.
Sto scherzando, tranquilli.
Come avevo già detto in risposta ad alcune recensioni, i capitoli d’ora in poi saranno più lunghi.
Mi sono resa conto che in effetti i soliti capitolo erano di una lunghezza patetica.
Ora scappo, ad una recensione continuo, ma per favore:
lasciatemi una recensione!
Vi costa davvero pochissimo tempo e mi fareste davvero felice!
Ciao ;)
Bricioladite
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Scommessa ***


Capitolo 9 – Scommessa

POV ALICE
  • Cosa ci fa qua Maria? – chiesi a Rosalie.
Avevo appena visto quella poco di buono entrare, e non so perché ma ci ero rimasta molto male.
  • Beh.. è la fidanzata di mio fratello. Mi sembra normale che lo venga a trovare. – disse lei con fare ovvio.
  • Mmh… giusto. A volte me ne dimentico. – ridacchiai.
  • A volte sei strana… - mi disse grattandosi il mento, perplessa.
Io in risposta feci spallucce.
  • Allora, dov’è che partoriremo il nostro piano malefico? – chiesi, impaziente.
  • In camera mia, che domande! – disse lei con un sorriso a trentadue denti. – Seguimi. – aggiunse.
Si alzò dalla sedia in cui si era accomodata e con un balzo si tirò in piedi. Mi fece cenno di imitarla e poi iniziò a salire una lunga scaletta di legno.
Mentre io mi sorreggevo pigramente al corrimano, vedevo i suoi occhi blu muoversi veloci, alla ricerca di qualcosa.
  • Cosa cerchi? – chiesi con cautela. Non volevo sembrare invadente.
  • Quella là… - si strofinò la tempia – La poco di buono.
Annuii, e poi lei continuò a salire la rampa delle scale.
Quando giungemmo alla fine, svoltò a destra, imboccando un lungo corridoio di moquette bianca.
  • Togliti le scarpe, la moquette si sporca facilmente. – mi informò.
Ubbidii, poi continuai a sgambettare dietro di lei.
Lungo il corridoio c’erano una serie di piccoli mobili di legno bianco (ma era tutto bianco, in quella casa?), dove erano posizionate parecchie foto.
Mi soffermai a guardarne una in particolare.
C’erano sia Jasper che Rosalie, dovevano aver avuto cinque o sei anni.
Erano in spiaggia, dietro i due soggetti si vedeva benissimo il mare. Jasper era mezzo sepolto nella sabbia, Rosalie era accanto a lui con una paletta rossa tra le dita sottili. Entrambi ridevano.
Rosalie era molto diversa, i capelli erano a caschetto, sembrava quasi un po’ in carne. Jasper invece, quel poco che si riusciva a vedere, era scheletrico, alto, i capelli a spazzola e la bocca piegata dalle risate rivelava qualche dente caduto.
Semplicemente adorabile.
  • Alice, ehi, vieni… oh – disse quando si accorse che stavo esaminando la foto. – Eravamo in spiaggia, in vacanza in Grecia. Era molto tempo fa. Io avevo praticamente sotterrato Jasper, lui mi stava facendo il muso, ma poi si è messo a ridere e papà ne ha approfittato per scattare la foto.
  • È molto bella, questa fotografia! – le dissi io sorridendole.
  • Ora però vieni! – mi sgridò bonariamente.
Risi e la seguì, entrando nella sua camera.
Il cambiamento da tutto bianco a quella specie di arcobaleno che era la camera di Rosalie quasi mi accecò.
Le pareti erano a strisce di vari colori, il letto era a baldacchino, la struttura in legno nero, la coperta azzurra. L’armadio a due ante era praticamente nel muro, un’anta era arancione, l’altra era blu cobalto.
La seconda era stata dipinta con una vernice scintillante.
Il comodino era dipinto di verde fluo, con delle stelline glitterate qua e là. Sopra era posizionata una lampada a forma di nano da giardino che emanava un’abbagliante luce arancione.
Il pavimento era coperto da un enorme tappeto rosso a pois gialli.
  • W-wow! – balbettai.
Okay, forse non era il mio genere di stanza, però quella camera metteva allegria soltanto a guardarla!!!
  • Lo so… è ridicola. Però fa così schifo e ci sono così affezionata che quando sono triste mi viene da ridere! – disse lei con un sorrisone.
  • No… è bella, un po’… beh, okay molto, particolare, ma è bella. La mia stanza è centomila volte più deprimente di questa. – mormorai passandomi una mano nei capelli.
  • Quando mi inviterai a casa tua ti dirò se è vero. – propose le ridendo.
Indicò il letto e mi fece cenno di sedermi, io ubbidii e lei si accomodò accanto a me.
  • Innanzitutto, devi sapere una cosa. – mi disse lei, e la sua espressione cambiò velocemente da allegra a seria.
  • Così mi fai preoccupare! – esclamai commentando il suo tono fin troppo grave.
  • E fai bene… - sospirò – Vedi… beh, innanzitutto riguarda Maria.
Parlava molto lentamente, come se stesse prendendo tempo per arrivare al punto.
  • E…? – chiesi io impaziente. Non sopportavo l’attesa.
La vidi stringere forte le nocche.
  • Maria tradisce Jasper. – disse in tono chiaro, i capelli di platino a coprire la sua espressione desolata.
  • Eeeeh??? – chiesi, incredula. Cioè, Maria era una troia, ma insomma… pensavo fosse una troia… fedele?
  • Jasper lo sa, immagino. – dissi io dopo essermi ripresa dal mio semi-shock.
  • No, non lo sa. – mormorò scostandosi i capelli dal viso.
  • Ma come? Se lo sai tu… non gliel’hai detto? – la sorpresa era nitida nella mia voce.
  • No. Non mi crederebbe. – la voce di Rosalie suonò piuttosto macabra.
  • Guarda che ti darebbe ascolto! Sei sua sorella! – mormorai alzando decisamente la voce.
Era ovvio che le avrebbe creduto!
  • Una sua amica gliel’ha detto e lui l’ha mandata a fanculo. – esclamò prendendo un elastico dal polso e iniziando a legare i capelli in una morbida cipolla.
  • Ma te sei sua sorella! Ti crederebbe! – continuai a dire io, ostinata a farglielo capire.
La vidi massaggiarsi le tempie e con voce piccola, ammettere:
  • Il problema è che… che ho paura di scoprire… - la sua voce si spezzò – che non ha abbastanza fiducia in me per credermi.
  • Ma almeno provac- cominciai a dire.
  • Aspetta Alice! – mi interruppe – è per questo che ho chiesto il tuo aiuto.
Le lanciai uno sguardo interrogativo.
  • Glielo dimostreremo. – disse. La voce ora era ferma.
Finalmente  capii tutto il piano.
  • Ma certo!!! – urlai euforica – La registreremo mentre bacia e parla ad un altro! – mi alzai dal letto e aprì le braccia per farle vedere il mio entusiasmo.
Lei  annuì, probabilmente sollevata che ci fossi arrivata e che fossi d’accordo con lei.
  • Quando iniziamo? – chiesi.
  • Domani, dobbiamo seguirla quando uscirà da scuola. – disse lei, con un cipiglio deciso sul volto.
E fu così che ebbe inizio la missione BECCA-MARIA.
POV JASPER
Quando anche Maria si sedette sul divano, feci un respiro profondo.
Ora dovevo solo dirle che la lasciavo.
Semplice, no?
Per niente.
E mentre io mi scervellavo per trovare le parole giuste per mollarla, lei pensò bene di gettarmi le braccia al collo.
Senza volerlo mi ritrovai a ricambiare l’abbraccio.
Il mio piano cominciava a vacillare.
Avrei solo dovuto staccarmi dalle sue braccia e dirle che non era la ragazza giusta per me.
Maria avvicinò il suo viso al mio e mi lasciò un bacio su una guancia, poi sull’altra, e il terzo bacio me lo piazzò sulla bocca.
I baci da innamorati non mi piacevano. Erano… umidicci, e soprattutto Maria li usava per convincermi, beh… ad…andare oltre.
Ma finora ero riuscita ad opporre resistenza a  questo suo piano malefico.
Lei voleva me, io non volevo lei.
Semplice, chiaro, conciso.
Per me, forse, per lei no. Non le era ancora entrato in testa il fatto che non avevo nessuna intenzione di fare sesso con lei.
Poi, non capivo perché mi volesse tanto.
Non ero un fotomodello, non avevo un fisico da macho, nessuna ragazza mia aveva mai degnato di uno sguardo.
Che motivo aveva? Non mi voleva di certo perché mi amava, sapevamo entrambi molto bene che la nostra relazione non era dettata dall’amore.
Cioè, non ce lo eravamo mai detti, ma non aveva importanza. Lo sapevamo e basta.
  • Allora, amore – quasi vomitai per questo orribile soprannome. Cioè, non era brutto, ma uscito dalle sue labbra sì – Come stai?
La vidi chinarsi per fare in modo che vedessi la sua scollatura.
Ovviamente, feci del mio meglio per non guardarla. Però cavolo, non avevo nessuna intenzione/voglia di cadere nel suo tranello, ma ero pur sempre un ragazzo!
Gettai qualche occhiatina alla sua scollatura e poi mi costrinsi a guardarla in faccia.
  • Bene. – buttai lì.
  • Anche io. – wow che conversazione, ragazzi!
Dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio, dove cercai di concentrare il mio sguardo sul tappeto o sulla vetrata anziché nella sua scollatura, iniziò a parlare di sua cugina Stephanie, o Stacey, Sasha, quel che era insomma.
Stava discutendo di un sensazionale scoop che gli aveva raccontato chissà quali delle sue simpaticissime amiche.
Un giorno mi aveva presentato al suo gruppo di amici, e avevo notato che mi lanciavano degli strani sguardi. Di scherno, o di compassione.
Non mi sembravano delle buone compagnie. Le ragazze indossavano delle gonne inguinali e delle magliette mezze strappate con una scollatura profonda quanto la fossa delle Marianne.
I ragazzi… beh i ragazzi avevano dei tatuaggi ed erano pieni di piercing, ma in fondo quello non significava nulla, solo che non mi sembravano proprio la compagnia giusta da frequentare.
Quella sera stessa Angelique, la mia migliore amica da sempre, mi aveva detto che aveva visto Maria baciare un altro, ed io l’avevo mandata a fanculo.
Non perché non le credessi, ma perché non volevo crederci.
La guardai ancora una volta.
Dentro di me sapevo che anche questa volta non ce l’avrei fatta a lasciarla.
POV MARIA
Mentre continuavo a parlare, sapevo che non mancava ancora tanto per raggiungere il mio scopo.
Jasper sarebbe venuto a letto con me in davvero poco tempo, ormai era mio.
Senza volerlo ghignai. Ce l’avevo quasi fatta ed ero raggiante!
Ogni volta che abbracciavo Jasper lui involontariamente ricambiava, come i baci, del resto.
Significava che anche se la sua mente non mi voleva, il suo corpo sì.
  • Come va con la troietta, tesoruccio? – chiesi con finto tono dolce.
Odiavo quella Alice, si vedeva lontano un miglio che era un pericolo per raggiungere il mio scopo!
  • Chi? – chiese Jazz con fare confuso.
  • La Cullen… il nanetto con la zazzera nera. – dissi io malignamente.
  • Primo: Alice non è una troietta, conosco persone che lo sono molto di più… - e lì mi lanciò un’occhiata penetrante – Secondo: lei è una mia amica, io non ti chiedo cosa fai con le tue amichette perché sono affari tuoi, quindi non ficcare il tuo naso in faccende che non ti competono.
Sapevo già che ci sarebbe stato un imminente litigio, lui era furibondo per come avevo parlato di Alice e io ero incazzata al massimo per come mi aveva detto, anche se non direttamente, che ero una troietta.
  • Io me ne vado Jasper – dissi con tono mortificato e mi chinai per lasciarli un bacio sulla guancia.
Jasper però si spostò, la situazione stava degenerando!
Senza aspettare oltre mi affrettai ad uscire correndo da quell’orribile casa.
L’arredamento era troppo moderno per i miei gusti, avrei preferito dei mobili più massicci e scuri, magari antichi, le mura di colori più pesanti, per farmi sentire al sicuro.
La situazione stava lentamente andando sempre peggio… avevo solo pochi giorni per andare a letto con Jasper e quindi vincere la scommessa…
ANGOLO AUTRICE
Heiiii!
Come va?? In questo capitolo abbiamo scoperto una cosina davvero importantina: Maria vuole andare a letto con Jasper per una scommessa!!! Che cosa orribile :(
Comunque… lo scorso e lo scorso scorso capitolo siamo riusciti ad arrivare a TRE recensioni! Cioè il mio nuovo record!
Mi aiutate a superarlo? Riusciamo ad arrivare a quattro?
In ogni caso è come il solito, ad una recensione continuo!
Baci,
Bricioladite
 
 

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Capitolo 10
*** Scoperte ***


Capitolo 10 – Scoperte
POV ALICE
Passò un mese. Un dannato, fottutissimo mese.
Un mese in cui io e Rosalie non riuscimmo mai a cogliere nel fatto Maria.
L’ultima ora della giornata scolastica era da poco finita e, come al solito, stavo aspettando Rose nell’ingresso, seduta sopra un portaombrelli.
Non mi importava molto del fatto che il bidello, il simpaticissimo (cogliete la mia ironia, per favore) signor Garcia, mi avesse più volte proibito di farlo.
I portaombrelli mica si rompevano… no?
Quando finalmente vidi Rosalie attraversare la stanza, probabilmente in cerca di me, mi alzai e le andai incontro.
  • Pronta per il giorno 34 della missione? – chiese lei con finto entusiasmo.
  • Yeah. – sibilai io. L’entusiasmo in quel momento era andato ad un simpatico corso di paracadutismo.
Come ogni giorno aspettammo che Maria attraversasse l’ampio portone dell’atrio e, quatte quatte, la inseguimmo.
Maria stava camminando -ancheggiando- in mezzo alla strada, di tanto in tanto abbassandosi la scollatura.
Quando svoltò l’angolo, cominciò a piovere.
  • Porca vacca! – imprecò Rose – Vedrai che la perdiamo!
Improvvisamente tutti i passanti tirarono fuori i loro ombrelli, coprendoci gran parte della visuale.
Intanto, dato che nessuna di noi due aveva l’ombrello, eravamo completamente fradicie.
  • Ma porca di quella vacca! – disse ancora Rosalie – Scommetto che sia i capelli che il trucco sono in rovina… e la stiamo perdendo di vista… ah, no, eccola! – indicò la figura di Maria, che si riparava con un ombrello con una fantasia a fiori.
  • Basta che guardiamo l’ombrello, è piuttosto visibile in mezzo agli altri… guarda! – gridai per sovrastare l’ormai forte ticchettio della pioggia – È entrata in un bar!
  • Entriamo. – ordinò urlando Rosalie.
Ubbidii e in fretta e furia chiusi la porta del locale dietro di me.
  • Andiamo in bagno, devo sistemarmi… guardami, sono orribile! – si lamentò piagnucolando.
La seguii, fino a che non entrammo dentro il bagno.
Fortunatamente era piuttosto profumato.
  • Sistemiamoci nei cubicoli, c’è uno specchio anche lì, se dovesse entrare Maria non ci vedrebbe.
Rose annuì, poi entrai in uno dei tre cubicoli.
Mi guardai allo specchio.
Il trucco era mezzo sbavato per colpa dell’acqua e i capelli, per quanto corti, erano tutti arricciati.
In cinque minuti mi struccai, applicai della matita e del mascara, aggiunsi (vizio che avevo imparato da Rose) dell’eyeliner azzurro e mi pettinai con un minuscolo pettine che avevo nell’astuccio.
Una volta non me lo sarei nemmeno sognato, l’eyeliner, ma Rosalie mi aveva insegnato come mettermelo e diceva che l’azzurro e il rosa risaltavano i miei occhi e che se gli altri mi avrebbero trovata esagerata sarebbero stati problemi loro.
Quel giorno avevo indosso una giacca di jeans, che ovviamente era completamente fradicia.
Mi misi in piedi sopra il water e mi affacciai nel cubicolo affianco.
  • Rose…? – sussurrai.
Invece che Rosalie, a guardarmi c’era una vecchietta.
  • Mi scusi… - dissi avvampando – Cercavo la mia sorellina… - magari se facevo la parte della sorella preoccupata mi avrebbe risparmiato i rimproveri.
  • Non l’ho vista. E stia attenta signorina, la prossima volta non si affacci nei cubicoli affianco se non è sicura di trovarci la persona che sta cercando.
  • Sì, scusi ancora.
Scesi dal water e mi tappai gli occhi con le mani: che figura di merda!
Uscii di fretta dal bagno, trovando Rose che mi aspettava.
  • Entra nel mio cubicolo. – esclamò.
Feci quindi come mi aveva detto.
Dallo zaino tirò fuori un enorme borsa di plastica, dalla quale estrasse due parrucche e dei piccoli foglietti bianchi con degli strani disegni.
  • Oddio, cos’è tutta questa roba? – gridai.
  • Mettiti questa. – disse porgendomi una parrucca dai capelli lunghi, biondi e ricci. – Così Maria non ti riconoscerà, non serve che ti leghi i capelli, ce li hai già corti e non ti daranno problemi. Fissala meglio con delle forcine. – suggerì lei porgendomi tante mollette.
Feci come mi aveva ordinato e mi fissai davanti allo specchio.
Sembravano capelli veri!
  • Legateli in una coda… o treccia. – mi disse Rose.
Legai i sottili fili della parrucca in una elaborata treccia laterale e le chiesi se andava bene.
Lei annuì e poi si avvicinò a me.
  • Ora con l’eyeliner ti disegnerò un tatuaggio sul collo, così Maria non potrà avere dubbi.
Avevo l’impressione che si stesse divertendo, a conciarmi in quel modo, ma non dissi niente.
  • Cosa mi hai disegnato? – chiesi.
  • Un serpente attorcigliato a un rovo. – rispose
  • Fico. – commentai.
Mi porse degli occhiali con una montatura larga e senza chiederle cosa fare li inforcai.
Le lenti erano finte, ovviamente.
Lei intanto si mise una parrucca dai capelli rosso fuoco molto lunghi e con la frangetta, si applicò un tatuaggio ad acqua (ecco cos’erano i foglietti con i disegni!) e si mise delle lenti a contatto marroni.
Ci scambiammo le giacche e mi ritrovai con il suo giubbotto di pelle, in cui annegavo dentro.
Lei invece si infilò a fatica il mio giubbotto di jeans.
Anche se le stava molto stretto era comunque perfetta, logico.
  • Ora usciamo, cerca di modificare in qualche modo la tua voce, okay? – mi consigliò – Prima prendiamo qualcosa al bancone e poi sediamoci  nel tavolo in cui si è seduta. Magari sta aspettando il suo fidanzatino numero 2.
Io annuii e poi uscimmo definitivamente dal bagno.
Il locale era piuttosto macabro, o forse era solo la pioggia e la poca luce che veniva da fuori a rendere quel posto così triste.
Ordinai una Coca al bancone e Rose un caffè.
Anche se era ora di pranzo non avevamo molta fame, quindi da mangiare non ordinammo nulla.
Quando il barman ci portò quello che avevamo chiesto, pagammo e andammo a sederci nel tavolo accanto a quello dove era seduta Maria.
  • Dato che siete uscite dal bagno e quindi magari siete venute qua prima di me, avete per caso visto dei ragazzi con dei piercing e tatuaggi tutti vestiti di nero entrare? – ci chiese Maria.
Io, colta alla sprovvista, rimasi zitta e pregai ogni Dio e Santo che non ci riconoscesse.
Rosalie, invece, con sangue freddo rispose con la voce leggermente alterata in tentativo di non farsi riconoscere:
  • No, non gli abbiamo visti, ma siamo arrivate – e qui finse di avere una forte erre moscia – da poco, quindi dovrebbe chiedere a qualcun altro.
Maria, senza ringraziare o salutare si rivolse ad altre due ragazze.
Io e Rose sospirammo di sollievo.
Dopo pochi minuti entrarono nel bar cinque ragazzi e due ragazze, portando subito al silenzio tutti i clienti del locale.
Si sedettero al tavolo di Maria, dove lei rivolse loro un grande sorriso.
  • Accendi il telefono e registra la conversazione! – ordinai a Rose.
Lei fece come avevo detto e lentamente avvicinò la sedia verso il tavolo della Troia e Company.
  • Allora, come va? – chiese placidamente Maria.
  • Dovremmo chiederlo a te, cara. Come va con il tuo Jasperuccio? – chiese quello che sembrava il leader della banda.
  • Bene, è quasi mio.
Cominciai a tendere bene le orecchie, pronta a sentire tutto.
  • Mi sembra di avere una strana sensazione di déjà vu. Mi pare tu l’abbia detto anche il mese scorso.- disse di nuovo lo strano ragazzo.
  • Lo so, ma stavolta ne sono sicura. Davvero, Zane, credimi. – disse lei in tono supplicante.
  • Ti abbiamo dato tanto tempo, Maria. Un mese fa sarebbe scaduta la scommessa, poi ti abbiamo dato una settimana in più, poi un’altra, poi un’altra e infine un’altra ancora. Eppure, mi sembra che tu non sia ancora andata a letto con il tuo fidanzatino.
Io sbarrai gli occhi, scandalizzata: Maria stava con Jasper solo per andarci a letto e vincere una scommessa? Ma che gran troia!
Vidi anche Rosalie strabuzzare gli occhi e stringere le nocche dall’ira.
Le feci cenno di calmarsi, avremo risolto la situazione.
  • Ora, mia cara Maria, ti consiglio di correre da Jasperuccio e di dargliela, e in fretta!
Io e Maria corremmo in sincrono in bagno, entrammo nel cubicolo e ci togliemmo le parrucche. In fretta le sistemammo nello zaino.
  • Non possiamo uscire così, Maria ci vedrebbe! – gridai in preda al panico.
  • Usciamo dalla finestra. – ordinò secca Maria.
In effetti nel bagno c’era una finestra di medie dimensioni. Solo che era molto in alto.
  • Come facciamo a raggiungerla? – chiesi.
La vidi riflettere e poi, con fare grave, mi disse:
  • Io sono abbastanza forte da sollevarti e tu puoi salire, andare da Jasper e mostrargli le prove della mente malata di Maria. Io uscirò quando anche Maria se ne sarà andata. Jasper è nelle tue mani.
Sentendomi tutte le responsabilità lentamente scivolarmi sulle spalle mi misi in piedi sul water e salii in spalle a Rosalie.
  • Dammi il cellulare! – gracchiai.
Lei me lo passò con fatica ed io riuscii, con un enorme sforzo, a calarmi senza spiaccicarmi dalla finestra.
Senza darmi tempo per controllare se mi ero fatta qualcosa mi misi a correre verso casa di Jasper, poco lontana.
Il cuore mi batteva a mille e non sentivo più le gambe dallo sforzo.
La forte pioggia mi impediva di vedere bene e scivolai un paio di volte. 
Sperai vivamente che Maria non fosse già arrivata a casa di Jasper. Non me lo sarei mai perdonata se Jasper avesse fatto sesso con quella troia solo per una scommessa. Gli si sarebbe spezzato il cuore ancora di più che sapere che le i lo tradiva e non lo amava davvero!
Quando arrivai davanti al cancello di casa Hale mi permisi di riprendere fiato.
Mi girava incredibilmente la testa e sentivo il ginocchio bruciare per la mia scivolata sull’asfalto di poco prima.
Quando mi accorsi che non ero sola davanti al cancello presi un colpo. In mezzo alla pioggia riuscì a vedere l’amichetto di Maria, Zane, in sella a una moto.
Sicuramente le aveva dato un passaggio.
Senza suonare scavalcai goffamente il cancello, mi avventai sulla porta d’ingresso e notai con enorme sollievo che il portone era leggermente aperto.
Mi intrufolai nell’ingresso e con un calcio mi sfilai le scarpe.
Corsi con un enorme senso di angoscia nel petto al piano superiore e sentii delle voci nel salotto con la vetrata.
Era già arrivata.
Mi avvicinai alla serratura della porta, appena in tempo per sentire Maria dire con finto tono innamorato:
  • Jasper, vuoi fare l’amore con me?
 
Angolo autrice:
 Hello fratelli! (Cioè sorelle… vabbè)
Come va?
A me male. Sono dovuta andare a cena con la zia di mia mamma e il suo simpaticissimo marito ed è stato orribile.
Abbiamo aspettato un’ora e mezza per la pizza, poi loro parlavano della loro nipote che guarda Peppa Pig o i Teletubbies, beh insomma quel che l’è.
Io mi sono rifugiata in bagno per mezz’ora, poi è arrivata la pizza e faceva schifo.
A fine della serata sono scivolata come un cammello sul burro sull’asfalto. Oltre che il male ho fatto pure una grande figura di merda. Yeah.
Comunque non credo  vi importi molto!
A una recensione continuo :*
Ciaoo
 Bricioladite 

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