Beauty and the beast

di frabulous
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (R)incontri ***
Capitolo 2: *** Confini ***
Capitolo 3: *** La profezia ***
Capitolo 4: *** Nuovi scontri ***
Capitolo 6: *** Amicizie ***



Capitolo 1
*** (R)incontri ***


Capitolo 1.
(R)incontri

 
I don't know
how to forget.

  
  Tokyo, grande metropoli del Giappone, si risvegliava da un fresco inverno. Quella mattina il dolce canto degli uccelli risuonava candido mentre l'aria primaverile si diffondeva, facendosi strada tra la rugiada che bagnava ancora l'erba fresca e i nuovi fiori che si aprivano sul lungo viale di ciliegi vicino al tempio Higurashi. Qui, un tonfo destò Kagome. La ragazza aprì gli occhi a malincuore cercando mille pretesti per non farlo. Però quella maledetta, dannatissima sveglia non voleva saperne di smettere di suonare. La neo-diciassettenne allungò pigramente il braccio verso il comodino tastando la superficie legnosa in cerca dell'oggetto che tanto la infastidiva. Ovviamente, non fu così. Realizzando che il tonfo che l'aveva svegliata era stato causato da una sua brusca caduta dal letto, la povera Kagome si ritrovò a imprecare i Kami di prima mattina e, una volta in piedi, gettò a terra la sua sonorissima sveglia a forma di gattino. Indossò svogliatamente la divisa di scuola, si spazzolò i lunghi capelli corvini e si ritrovò pressappocco addormentata sulla soglia del bagno a strofinarsi i denti. Raccogliendo tutte le forze che aveva, preparò distrammente la cartella e prese il cellulare. 'Cavoli! Le 8:05! Stamattina sono veramente fottuta!' pensò scendendo le scale che la portavano al piano di sotto, in cucina, dove, dopo aver constato la presenza della madre, del nonno e del fratellino Souta, ebbe appena il tempo di mettersi in bocca una fetta biscottata prima di uscire con un sonoro "Buongiorno, io vado!", stordendo i presenti che si ritrovarono a gridare altrettanto sonoramente per farsi sentire dalla ragazza ormai già scomparsa dietro la porta di casa. "Tutte le mattine la stessa storia" sbuffò la signora Higurashi, "E dire che ormai ha diciassette anni, dovrebbe abituarsi ad essere più mattiniera e magari anche un po' meno svogliata..." continuò il nonno "Eggià, dovrebbe proprio prendere esempio dal suo fratellino preferito!" esordì il piccolo Souta, che si rivelava veramente un esempio di ragazzino per bene.

Nel tragitto che divideva casa sua e le scale che portavano alla strada per la sua scuola, Kagome notò il piccolo tempio che il nonno venerava tanto e, poco lontano da esso, il maestoso Goshinboku in tutto il suo splendore. Quel giorno, la ragazza si sentì particolarmente attratta dall'albero che l'aveva vista crescere e che custodiva tutti i ricordi della sua infanzia. Infatti aveva notato una particolarità. Assieme a dei piccoli boccioli, il primo giorno di primavera aveva portato anche qualcosa di alquanto speciale: un piccolo solco si era come magicamente incavato nella corteccia robusta dell'albero. Kagome si avvicinò a sfiorare quella piccola cavità. "Sono io la stupida che l'ha notato solo ora o questo coso è davvero arrivato qui per miracolo?" Continuò ad ammirare estasiata la grandezza dell'albero secolare, mentre tutti i ricordi più felici si facevano strada nella sua mente. Aveva visto numerose foto che la legavano a quell'albero, tra cui una in cui lei era ancora in fasce nell'abbraccio dei suoi genitori. Una nota di malinconia le si posò sul cuore quando mise a fuoco quell'immagine. La ricordava perfettamente. Una foto in bianco e nero. Lei era lì, sicuramente di pochi giorni, cullata dalle braccia del suo papà mentre la mamma le scoccava un bacio sulla testolina. Già, il suo papà, quanto le mancava. Quanto le sarebbe piaciuto rivivere ancora quel momento, essere abbracciata ancora in quel modo, che la faceva sentire così protetta. Una leggera scossa alla mano la risvegliò dai suoi pensieri, scosse la testa e  con la stessa fretta di prima si diresse verso scuola.



  Goshinboku tremò. Il grande e maestoso albero secolare tremò per pochi secondi quando il suo "ospite" si destò. Due grandi occhi dorati si aprirono con impeto. Cos'era quella forza che aveva sentito? Quell'energia che l'aveva riacceso? Non fece in tempo a rendersi conto che le sue funzioni vitali erano tornate stabili che si sentì inghiottito da quella forza misteriosa. Finalminte mise a fuoco. La freccia, quella maledetta freccia era ancora lì e lo sigillava all'albero imponente. Ma cos'era quel contatto che sentiva? Era come se qualcosa lo stesse risucchiando. Realizzò troppo tardi che quella non era solo una sensazione. Il suo corpo veniva completamente risucchiato dall'albero. "Maledizione! Ma che cazz" Un fascio di luce scaturì dalla freccia e risucchiò completamente il corpo che finora aveva ospitato.
Passarono pochi secondi, eppure sembravano passati secoli. E non era forse vero? L'essere si ritrovò catapultato davanti al grande Goshinboku. Confuso, si guardò. Era tutto intero, miracolosamente. E libero. LIBERO? "Ma come è possibile!"Si voltò e vide una natura completamente diversa rispetto a quello a cui era abituato. Ma quanti secoli erano passati? Quanto tempo era stato attaccato a quell'albero? I prati, i fiori, gli alberi, la foresta, le capanne del villaggio: tutto sparito. Al loro posto si trovava uno strano pavimento molto più duro rispetto alla sua amata erba, di alberi ce n'erano così pochi che non si poteva certo parlare di foresta, erano cespugli più che altro. Di capanne? Nemmeno una traccia. Giusto un piccolo edificio che gli ricordò un tempio e poco più in là una grandissima costruzione che dava vagamente l'idea di un abitazione, ma molto più grande. Che fosse un palazzo? Il giovane rimase assorto a scrutare tutta quella diversità, finché non notò qualcosa di conosciuto. Un odore. Quell'odore.

Lo seguì fino a un certo edificio, molto più grande di quello che aveva notato precedentemente. Che fosse lì? Ma era possibile che Lei fosse sopravvissuta? Dopo tutto quel tempo? Dovevano essere passati almeno cinque secoli! Eppure quell'odore era inconfondibile. Si arrampicò su un albero che si alzava vicino a una finestra. Doveva essere lì dentro, da qualche parte. Scrutò dalla sua posizione l'intera stanza e finalmente La vide. Eccola lì, dopo tutto questo tempo. Si decise, doveva seguirla.



  La campanella suonò la fine delle lezioni. Kagome raccolse tutti i suoi libri e, dopo averli frettolosamente sistemati nella cartella, si mise a correre in modo sfrenato per il corridoio. "Hei Kagome!!" "Si saluta eh!" le urlarono dietro delle sue amiche. La ragazza si voltò e rispose con un sorriso, ma poi tornò a dedicarsi alla sua corsa verso casa. Quel giorno aveva veramente intenzione di starsene un po' a riposare e voleva tornare il prima possibile per cominciare subito quella "cura di sonno". La sera prima tutti i festeggiamenti per il suo compleanno l'avevano costretta ad andare a letto alle 3 di notte e per quanto amasse dormire lei non poteva veramente sopportarlo. Decise di usare la scorciatoia, per fare prima. Di solito non amava frequentare quei vicoletti stretti e deserti che le mettevano un po' di ansia, ma 'ne varrà la pena' pensò.

Un brivido le percorse la schiena, sentì qualcosa nell'aria che la fece tremare. Il suo sesto senso le suggeriva di scappare, il più lontano possibile e in fretta. Ma come poteva contare sul suo sesto senso se c'era di mezzo il suo dolce letto? Eppure, avrebbe dovuto dargli retta. Dal nulla, qualcosa l'aveva presa per la caviglia. Istintivamente, urlò. Ma quando, sospesa in aria a testa in giù, riuscì a trovare la forza di aprire gli occhi, si ritrovò davanti qualcosa di mostruoso e il suo grido non fece altro che instensificarsi. Una bestia che somigliava vagamente a un verme, ma di gran lunga più grande, alto poco meno dal palazzo che la divideva dalla via principale, impedendole così di scappare. Quella bestia aveva zampe dappertutto e una grande bocca dai denti minuscoli ma infiniti che era completamente spalancata, lasciando uscire da essa una sorta di bava. La ragazza era terrorizzata. Quei mostri li aveva visti solo nei film e nei videogiochi del fratellino, quelli con gli effetti speciali migliori per giunta. E ora quel grosso coso bavoso la teneva per la gamba. Ma cosa voleva da lei? Mangiarla forse? Kagome rabbrividì all'idea. "Lasciami mostro! Che cosa hai intenzione di fare eh?" disse cercando di essere quanto piú possibile sicura di sé. Tutti i suoi buoni propositi sul mantenere la calma si dileguarono quando il mostro addirittura rispose "Oh, dovrai semplicemente darmi quella pietra che porti al collo" disse con la voce più pesante e orribile che la ragazza avesse mai avuto la sfortuna di sentire. 'Questa pietra? E perché mai dovrebbe volere questa collana? Se pensa di potersela prendere si sbaglia di grosso! Non gli cederò mai l'ultimo regalo di mio padre! MAI!' pensava Kagome, quando improvvisamente dei fasci di luce sembrarono tagliare in due il verme gigante, liberando così la ragazza. Stava quasi per toccare terra, cadendo dalla veneranda altezza di 10 metri, quando qualcosa la afferrò. Riuscì a riaprire gli occhi per capire se quell'insetto di proporzioni enormi l'avesse catturata con un altra zampa. Dovette ricredersi quando invece vide il mostro accasciato a terra, completamente inerme e diviso in due, sul liquido verdastro che poco prima aveva visto uscirgli dalla bocca. Alzò lo sguardo, cercando di capire cosa o chi l'avesse salvata. Non vide altro che un cappuccio rosso fuoco da cui spuntavano dei ciuffi argentati. Che fossero... capelli? Stava per chiedere al suo salvatore chi fosse, ma non fece in tempo ad aprir bocca che si ritrovò sulla strada principale, in piedi, salva.



  Il mezzo demone la lasciò in mezzo a una strada trafficata ed  fuggì via, per ripararsi su un albero lì vicino, da cui avrebbe potuto osservarla. 'Quel viscido deve aver sentito la presenza della gemma. Deve averla condotto fino a Lei. Mi chiedo solo perché si sia fatta catturare così facilmente, le sarebbe bastato usare il potere della gemma per sconfiggere quel demone in un secondo' pensò continuando a fissare la ragazza che poco prima aveva salvato. Sussultò, quando si rese conto di un imperdonabile errore che aveva commesso. Quell'odore, quel Suo odore che l'aveva condotto fino a Lei non era più lo stesso. Ma come era possibile? 'Lei è sempre Lei... perché il suo odore dovrebbe essere cambiato? Ma come ho fatto a cascarci? A pensare che fosse lo stesso? Che sia tutto un suo tranello, l'ennesimo inganno? Che voglia uccidermi di nuovo?!'

Si accorse che la ragazza si era spostata verso l'albero da cui lui era venuto. La raggiunse muovendosi sugli alberi con la solita agilità. La vide fermarsi esattamente davanti all'albero e cominciare a fissarlo. Chissà perché la donna che l'aveva ucciso avesse un'affezione così spiccata nei confronti del Goshinboku. I suoi pensieri vennero interrotti da un estremamente sonoro "KAGOME!" che lo portò a portarsi le mani alle orecchie canine per riprendersi dall'assordante frambusto. La ragazza vicino al dio albero si voltò a quel richiamo sorridendo. 'Addirittura cambiare nome? Ma come mi sei caduta in basso... fhé'. Un moccioso si era ora avvicinato alla ragazza, trascinandola dentro quella strana abitazione che assomigliava tanto ad un palazzo.

Il mezzo demone rimase ad osservare la ragazza per tutto il giorno, per studiarne le nuove e stravaganti abitudini. Non gli pareva vero che fosse cambiata così tanto.
Sopraggiunse la sera e il giovane si ritrovò arrampicato su un albero che non poteva reggere il confronto con il Goshinboku, ma che si trovava fortunatamente estremamente vicino alla finestra della stanza di quella Kagome. Osservò la ragazza muoversi per la stanza per qualche ora, la vide trafficare con dei libri, con uno strano arnese che si illuminava da solo e che emetteva degli strani suoni, la vide infine rilassarsi stanca su una superficie che doveva essere il moderno fouton. Aspettò un po' e quando sentì, grazie al suo udito estremamente fine, il respiro della ragazza regolarizzarsi e divenire più profondo, si avvicinò alla finestra.

Con un balzo canino entrò nella stanza, tentando di fare il meno rumore possibile, misurando i suoi passi e rendendosi il più leggero possibile, si avvicinò alla ragazza. Notò la sua espressione dormiente, così rilassata, serena. Riconosceva i lineamenti gentili che avrebbero ammaliato chiunque, quei lineamenti così dolcemente contornati da lunghi capelli corvini. La frangia si adagiava scomposta sulla fronte della fanciulla, qualche capello arrivava a coprirle gli occhi e il mezzo demone, d'impulso, fece per scansargli quel ciuffo che gli impediva la vista completa di quel viso così perfetto. Allungò la mano artigliata verso la fronte della ragazza 'Ma che vai facendo baka! Questa è la donna che ti ha ucciso! Quella che ti ha incatenato ad un dannatissimo albero per chissà quanti secoli!' e fu così che quella stessa mano intenzionata a compiere un gesto tanto dolce fu mossa dall'ira vendicativa del demone verso la gola della ragazza. Doveva ucciderla, una volta per tutte, e vendicarsi di quello che aveva dovuto subire.

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Capitolo 2
*** Confini ***


Capitolo 2
Confini

 

I just really
like your eyes.


 
"Ehm..." bisbigliò la ragazza nel sonno. Quel piccolo suono spaventò terribilmente il mezzo demone, che mosse le orecchie nervosamente. Un gesto del braccio chiuse il viso dell'hanyou in un abbraccio della fanciulla. Si ritrovò completamente spiazzato e arrossì visibilmente di fronte a quel piccolo gesto. La ragazza sorrise innocente, 'Chissà cosa stara sognando questa scema...' Doveva trovare un modo per svincolarsi da quella presa. Alzò lo sguardo verso il viso della ragazza, che dormiva sorniona. L'imbarazzo aumentò quando si rese conto di quanto gli piacesse esser chiuso in quel contatto. Era una sensazione così piacevole, che riprovava ora per la prima volta dopo tantissimo tempo. Si sentiva diverso, quasi rilassato, come se la sua natura demoniaca fosse stata spazzata via da quel piccolo legame. L'istinto lo portò ad inebriarsi nuovamente di quell'odore che credeva odiare. Era veramente buono. Era immerso in quel profumo vanigliato, quando si rese conto che la stretta della ragazza intorno al suo collo era notevolmente diminuita. Non perse tempo e si divincolò da quel piacevole abbraccio. Però, infondo gli sarebbe piaciuto restare accoccolato in quella presa ancora per un po'... Si allontanò a tastoni da quello strano fouton, trascinandosi con le mani, che tastavano il pavimento. Toccò qualcosa, un oggetto appuntito e un frastuono si divulgò per tutta la stanza.

Kagome si svegliò. Quel suono fastidioso e fin troppo familiare era insopportabile. Con il braccio destro raggiunse quel fastidiosissimo arnese che sembrava voler interrompere a tutti i costi il suo sonno tanto meritato. Spinse il bottoncino sulla sveglia e l'assordante bip finalmente si placò. Cominciò a strofinarsi gli occhi per cercare di svegliarsi e ne aprì piano uno. Si meravigliò nel vedere la stanza ancora totalmente buia. Si alzò dal letto e uno strano rumore attirò la sua attenzione. "Buyo, sei tu? uff ma perché devi fare tutto questo rumore? Da bravo, vieni a metterti qui sul letto, su... micio micio miciooo" Il gatto non sembrava volerne sapere di ubbidire, così la ragazza fu costretta ad avvicinarsi alla finestra per aprire le tende, che sperava avrebbero consentito l'ingresso della luce del sole. Ma scostando la sottile stoffa, non vide altro che un cielo stellato. Era ancora notte fonda. Lo sguardo della ragazza si posò sull'albero di fronte alla sua finestra. Poteva distinguere una sagoma sopra uno dei rami più robusti ed alti. Che fosse un ladro? Ma un raggio di luna portò alla luce una parte di quella sagoma indistinta che si nascondeva tra le foglie scure. Kagome poté distinguere perfettamente quei colori che tanto l'avevano sorpresa il giorno prima. Un argento, simile alla luce emessa da quella bianca luna, che si muoveva fluttuante a ciuffi mosso da deboli spifferi di vento, avvolto da un rosso acceso. Era sicura, doveva trattarsi di colui che l'aveva salvata da quel mostro gigante. Dunque non era stato tutto un incubo. Si sporse ancora di più, voleva vedere il viso di quel suo misterioso salvatore, chiamarlo, ringraziarlo.

Quel dannatissimo Buyo che prima non voleva saperne di venir fuori si strusciò alle gambe della ragazza, che, fino a un attimo prima assorta nei suoi pensieri e imambolata a fissare quell'albero, fu totalmente spiazzata da quel contatto improvviso e si spinse in avanti. "WOOAAHHHHH" emise la ragazza prima di cadere dalla finestra. Un salto di circa 7 metri non era certo cosa che una ningen come lei potesse affrontare senza subire graffi. Il mezzo demone, risvegliatosi dal suo stato di trance, si tuffò verso la fanciulla e con uno dei suoi agilissimi balzi, la prese tra le braccia e la salvò da una caduta decisamente pericolosa. Kagome si sentì stretta in quel calore per la seconda volta. Ma adesso alzò lo sguardo con più decisione, determinata a scoprire la natura di colui che nell'arco di 12 ore l'aveva già salvata due volte. Fu rapita da un paio di occhi, le cui sfumature andavano dall'ambra all'oro puro. Rimase invaghita di quello sguardo così sicuro e profondo e continuò a fissare il giovane che la riportava alla finestra della sua camera. Quello, quando si accorse dello sguardo della piccola creatura che stringeva a sé, si voltò verso di lei. Notò due occhi grandi, color nocciola o forse no, quello era cioccolato. Due occhi color cioccolato che si risplendevano nei suoi. Rimase anche lui stregato da quel contatto visivo, come se in quegli occhi ci si forse perso, quegli occhi che gli ricordavano tanto quella notte primaverile, scuri e brillanti, come illuminati da una distesa di stelle. 'Ma lei, lei non è Kikyo... no, questi occhi, sono completamente diversi dai suoi... sono così grandi, così pieni di vita, così...sinceri' questo pensiero lo distrasse da quello sguardo che l'aveva tanto incantato. Adagiò la ragazza ancora imbabolata e persa nell'ambra dei suoi occhi sul letto dove l'aveva vista dormire. 'Ma come mai questa ragazza le somiglia tanto? Perché il suo odore è così simile a quello di Kikyo? Eppure i suoi occhi sono così diversi...' questo era ciò che il mezzo demone pensava mentre stava per balzare di nuovo verso la finestra. La ragazza sembrò intuire le sue intenzioni e afferrò quella stoffa così rossa per un pizzo della manica prima che il suo salvatore potesse muoversi. "Aspetta... ti prego" sussurrò Kagome. Il mezzo demone si voltò, perdendosi nuovamente in quelle pozze di cioccolata. "Allora sei tu..." il giovane sussultò a quelle parole "...sei tu che mi hai salvata oggi...grazie" continuò la fanciulla, tornando a scrutare la profondità di quell'oro che tanto l'attraeva. Il mezzo demone non riuscì a proferire parola. Una sconosciuta, una comune umana l'aveva ringraziato? Ma non aveva paura di lui, del suo aspetto? Mosse freneticamente le sue orecchie canine, simbolo del sangue demoniaco che scorreva in lui. Kagome, incuriosita da quel movimento, alzò lo sguardo, soffermandosi su quei candidi batuffoli che si dimenavano sulla testa del suo salvatore. Quando il mezzo demone vide la direzione dello sguardo della fanciulla, si portò istintivamente le mani a coprire le buffe orecchie che lui odiava tanto e si tirò indietro, in una parte ombrosa della stanza che la luce della luna non riusciva a raggiungere. "Non ti avvicinare" disse il mezzo demone tornando ad assumere la sua aria fredda e distaccata.
"Ma perché? Che cos'hai?" continuò lei avvicinandosi alla zona ombrosa dove si era rifugiato il ragazzo dalle orecchie canine. Un gesto improvviso della ragazza stupì particolarmente il mezzo demone e con aria imbarazzata, divenne leggermente rosso in volto. Kagome aveva iniziato ad accarezzare le sue orecchie? "Scusa, non ho saputo proprio resistere! Sono così... carine" disse lei imbarazzata con un sorriso divertito in volto mentre giocava con quei batuffoli bianchi che il mezzo demone tanto odiava. A lei piacevano quelle orecchie? Quelle orecchie che l'avevano sempre fatto sembrare inferiore, che lo definivano come un essere di mezza natura, un'abominio? L'idea che a qualcuno potessero piacere, trovarle carine, lo fece arrossire. Cos'era quella sensazione? Quella di sentirsi accettato, che sentiva in quel momento. Nessuno era mai stato tanto affettuoso con lui, non aveva mai accarezzato quella sua mezza natura in modo tanto naturale.


"Kikyo..." sospirò lui in modo quasi impercettibile. Il suo volto tradiva un'aria rilassata e quel nome gli era uscito spontaneo, quasi liberatorio. La ragazza si accorse subito dell'espressione notevolmente mutata del giovane davanti a lei e si lasciò intenerire dall'espressione beata del suo viso, i cui lineamenti marcati erano ora distesi in quello che sembrava un sorriso. Ma certamente non si lasciò sfuggire quel sussurro. 'Kikyo...' ripeté fra sé la fanciulla.
Rimasero così un minuto buono a scrutarsi a vicenda, ad osservare l'uno le mosse dell'altra. Lei rimuginava su quel nome sospirato, lui si interrogava su quella strana creatura che era in tutto e per tutto uguale alla donna che l'aveva ucciso. Il silenzio fu rotto dalle fusa di Buyo, che si era placidamente strusciato al corpo del mezzo demone. 'Questo ragazzo è così strano...non sembra della nostra epoca. E in più quelle orecchie da cane...che cosa staranno a significare?' L'hanyou sembrò capire lo sguardo interrogativo della giovane ed esordì "Il mio nome è Inuyasha e... sono un hanyou" disse l'ultima parola quasi sottovoce mentre le orecchie ripresero a muoversi nervosamente.
"Un han-you?" chiese stupita lei.
"Tsk, prego, ridi pure di me..."
"Sei un mezzo demone?!" ripeté lei. Quelle parole la sorprendevano in maniera particolare anche alla seconda volta che le ripeteva.
"E tu ningen? Qual è il tuo nome?" chiese lui cercando di sviare il discorso dalla sua natura mezzo-demoniaca.
"I-io sono... il mio nome è Kagome! Piacere di conoscerti Inuyasha!" disse lei quasi risvegliata dalla trance in cui non si era neppure accorta di essere caduta. Era di fronte a un mezzo demone. A un mezzo demone! Sicuri che non stiamo scherzando vero? Aveva sentito il nonno parlare di quelle creature in molti dei suoi racconti leggendari a cui lei, ovviamente non aveva mai prestato particolarmente attenzione, essendo scettica riguardo a certe cose folcroristiche. Si sarebbe dovuta ricredere, completamente. Un pensiero le balenò in testa. E se fosse solo un sogno? In fondo di cose strane ne erano successe quel giorno. Prese a schiaffeggiarsi per provare la sua ipotesi. Il mezzo demone la guardò impietrito. Ma cosa aveva quella onna? Perché non faceva altro che schiaffeggiarsi?
"Ehi, tu! Ma dico sei matta??!" urlò lui.
"Ma...fa male. Allora tu, t-tu sei...reale!"
"Tsk, che cosa credevi dannata! Qui l'unica fuori di testa sei tu che ti schiaffeggi da sola!"
"Io? Fuori di testa?? Solo per la cronaca, ma oggi sono stata aggredita da un verme gigante che voleva uccidermi, sono stata salvata da un perfetto sconosciuto che si è appostato alla mia finestra, svegliandomi nel cuore della notte e rivelandosi essere un mezzo demone! Come credi che io possa sentirmi, razza di psicopatico scorbutico!"
"Bella riconoscenza per averti salvata! E scorbutico a chi scusa? Sei tu che hai iniziato a schiaffeggiarti come una matta e a imprecare contro di me! Tsk, e io che mi sono persino precipitato a salvarti! Come se una che cade dalla finestra di camera sua fosse tanto normale poi! Che razza di stupida si lascia cadere perché un gatto le si struscia addosso??"
"Ma come osi, brutto insolente che non sei altro! Sei qui dentro, in casa mia, in camera mia, a insultarmi a notte fonda e pretendi che io sia riconoscente a un brutto maniaco come te che mi spiava dall'albero davanti alla mia finestra?"
"Tsk! Non sei per niente carina! Ora ne sono certo, tu non sei sicuramente Lei! Lei era molto più femminile, molto più e gentile e-e... e più bella!" disse spostando il suo interesse su un punto impreciso della stanza, dalla parte opposta rispetto agli occhi di una Kagome che si faceva sempre più arrabbiata. Si videro fiamme in tutta la stanza. Persino Buyo si mise paura della sua padrona e iniziò a soffiare gonfiandosi dalla schiena in posizione di difesa.
"ESCI SUBITO DALLA MIA CAMERA! BRUTTO MANIACOOOOOO" urlò questa volta la ragazza con tutto l'impeto del mondo. Inuyasha si fece piccolo piccolo e iniziò a maledire mentalmente i Kami per averlo portato a parlare tanto a sproposito. Fu costretto a rifugiarsi sul dio albero a causa di tutte le cianfrusaglie che quella ragazza inferocita aveva iniziato a tirargli dietro.

"Tsk, ma dimmi te, che caratterino! Ed io che mi ero anche precipitato ad aiutarla!" si disse fra sé e sé l'hanyou mentre si sistemava sul ramo più robusto dell'albero. 'Eppure c'è qualcosa che non quadra...come fa quella ragazza ad assomigliare tanto a Kikyo...?' "Devo vederci chiaro in questa faccenda" disse rivolgendosi al Goshinboku sul quale si era appollaiato e in modo tranquillamente naturale si mise a cavalcioni del ramo che sarebbe stato il suo rifugio quella notte, appoggiando la testa al tronco robusto del dio albero.


Fu svegliato da quello stesso fastidiosissimo suono che aveva imparato a sue spese provenire da un macchinario somigliante vagamente a un gatto la notte prima. C'era mancato poco che non cadesse dalla posizione precaria in cui aveva dormito, dalla quale si riprese facilmente dopo un paio di sbadigli, per poi fiondarsi sull'albero vicino alla finestra di quella che era diventata la sua più grande ossessione e contemporaneamente il suo incubo peggiore. Vide la ningen radunare frettolosamente delle cose che aveva sparpagliate per la stanza e riporle in uno zaino, mentre imprecava i Kami, malediceva qualche strana cosa chiamata "sveglia" e quel deficente di un mezzo cane. "Che ha detto quella dannata? Sarei io il deficente? Ah, ma oggi mi sente, eccome se mi sente!"
La vide uscire di casa di corsa, così si portò con dei balzi sulla chioma del grande dio albero. Kagome, come di consueto, si era fermata davanti al Goshinboku, ammirandone la grandezza. Gli occhi le si fecero lucidi un'altra volta, pensava al padre defunto e a come tutti i ricordi legati a quell'albero la facessero solo soffrire. Abbassò lo sguardo verso la collana che portava, la sua preferita. Consisteva in un ciondolo dalla forma ovale, grande più o meno quanto metà del palmo di una mano. Era un meraviglioso rubino, rosso brillante, e non poteva fare a meno di trovare meraviglioso ogni volta che si ritrovava a guardarlo. Quella era probabilmente la cosa più preziosa che possedesse.

 
Le aveva spostato i voluminosi capelli corvini su una spalla, lasciandole il collo scoperto e le aveva detto di girare la testa in avanti e di non sbirciare. Ma come chiedere qualcosa del genere ad una bimba di meno di 8 anni? La piccola Kagome non faceva altro che dimenarsi, mentre il padre apriva una scatolina di velluto verde. Il papà le portò una mano sugli occhi per non rovinarle la sorpresa e poi prese ad armeggiare con la catenina per allacciargliela dietro al collo. Quando le tolse la mano dagli occhi, la piccola vanitosa girò tutta casa per trovare uno specchio che la riflettesse per intero. Ammirò estasiata la collana che il papà le aveva appena regalato. Un rubino così brillante da far girare la testa alla piccola peste, che sfrecciò verso il genitore, portandosi dietro una svolazzante gonnellina verde in seta, la sua preferita. "Grazie papi, grazie!!! È bellissima! Così sembro quasi una principessa!" rise la piccola spavalda "Ma tu sei la mia principessa" le sussurrò il padre prendendola in braccio e baciandole la guancia. "Promettimi che la indosserai sempre, qualsiasi cosa accada, perché questa ti proteggerà in qualsiasi momento, così un pezzo della mia anima sarà sempre vicino a te." "Te lo prometto papone! Ma tu torna presto, così passeremo l'estate insieme!" continuò entusiasta la bimba mentre si liberava dall'abbraccio del padre per volgere la sua attenzione verso la finestra, da dove poteva scorgere il piccolo Souta creare qualcosa di vagamente somigliante a un pupazzo di neve insieme alla mamma che le sorrideva.


Non avrebbe mai potuto dimenticare quel giorno così lontano, l'ultimo in cui vide suo padre che, in quanto pilota dell'esercito, era partito in una spedizione verso chissà quale parte del mondo, per ritrovarsi in mezzo ad una sparatoria, che lo aveva ucciso.
Kagome conservava gelosamente quel "pezzo d'anima del padre" che le era sempre accanto e, spesso, pensando a lui, aveva giurato di vedere, tra una lacrima e l'altra, sul retro del pendaglio dei riflessi smeraldo, smeraldo, come gli occhi di suo padre.

Il mezzo demone aveva abbandonato quell'aria spavalda che lo aveva portato sopra al dio albero e si era completamente sciolto ad un volto visibilmente dispiaciuto quando vide una lacrima rigare il viso della ragazza. Lo sguardo di quella Kagome si era oscurato e a farle scudo in quel momento di debolezza c'era solo la sua frangia che le copriva gli occhi. Lo sguardo di Inuyasha si impregnò di qualcosa completamente estraneo alla sua natura: empatia. Fece per muoversi verso la giovane. Non sapeva neanche lui cosa sperava di fare. Abbracciarla? Consolarla? Asciugarle quella lacrima? E perché mai avrebbe dovuto farlo? Lei la notte precedente non aveva fatto altro che imprecargli contro, nonostante lui l'avesse salvata già due volte quel giorno. Eppure vederla là, così fragile, così piccola, così miseramente appoggiata al Goshinboku che sembrava quasi aiutarla a stare in piedi. Vide la sua mano sfiorare la superfice concava di quella parte dell'albero scalfita dalla freccia che, lui lo sapeva bene, era stata attaccata lì anche per troppo tempo. E poi la sentì di nuovo, avvertì quell'energia che il giorno prima l'aveva ricatapultato nel mondo dei vivi, quello che lui credeva l'unico mondo esistente. La lacrima che poco prima aveva delineato completamente il dolce contorno del viso della ragazza si era ora lasciata cadere, per finire niente di meno che sul bel ciondolo indossato da Kagome. Fu impercettibile, un flebile tocco. Nessuno si accorse di niente, forse neppure la goccia stessa. Una luce improvvisa si scaturì dall'albero imponente, avvolgendo completamente i giovani che gli stavano intorno. Inuyasha, nel vedere quel lampo si era istintivamente gettato verso Kagome, come per proteggerla, come se quella fosse la cosa più naturale del mondo.


Era tiepida, faceva sentire rilassati al solo contatto della pelle, quella luce soffusa. Kagome si sentì stretta da braccia che ora riconosceva perfettamente: erano quelle del suo salvatore. Stranamente non si scansò, sentì quel calore luminoso scaldarle anche l'anima e si lasciò cullare completamente da quell'abbraccio in un tempo che le sembrò infinito, ma che durò in realtà solo una manciata di secondi. Aprì gli occhi quando la sua pelle non percepiva più quel piacevole calore proveniente dalla fonte luminosa. Quello che vide la spiazzò. Lo scenario attorno al colossale Goshinboku era completamente diverso rispetto a quello a cui era abituata. Non c'erano più il tempietto, l'asfalto, le aiuole, la casa. La casa era sparita. Al suo posto regnava una natura incontrollata, caratterizzata da grandi alberi, folti cespugli e un prato rigoglioso. Si sentì ancora più spaesata quando si vide sciolta da quell'abbraccio che l'aveva accolta fino a poco prima, per ritrovarsi di fronte ad un Inuyasha scoppiettante di gioia che urlava "Finalmente sono a casa!"





Angolino dell'autrice:
Salve a tutti! Come molti avranno notato, questa è la prima fanfic che io abbia mai scritto. Lo so, purtroppo il primo capitolo non era un granché, ma era giusto per introdurre un po' la storia. anche questo secondo capitolo ha un non-so-che di transizione, ma non temete, nel prossimo capitolo riuscirete a farvi un'idea del perché del titolo e soprattutto della storia. Mi sono attenuta in maniera incredibilmente banale ad alcuni personaggi e alla loro funzione, ma spero tanto che la mia storiella vi abbia incuriosito almeno un po' :)
Giusto a titolo informativo, noterete che tutti i miei capitoli inizieranno con una piccola frase composta di 6 parole in inglese. Dovrebbero grossomodo corrispondere a una scena clue del capitolo e be, sono 6 parole, perché adoro tutti i giochi di simmetria che il numero 3 riesce a comporre. Uh... temo di essere terribilmente noiosa!
In conclusione proverò a postare nuovi capitoli appena mi sarà possibile. questi primi due sono stati abbastanza flash, considerando che hanno poco meno di 3 giorni di differenza, ma dovrete rassegnarvi al fatto che sono una tipa particolarmente pigra, per cui non sempre riuscirò a rispettare dei ritmi regolari...
Scusate ancora per la noia :/ Mi raccomando, recensite! Voglio tanto conoscere le vostre opinioni :)
Baci, Fran.

 

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Capitolo 3
*** La profezia ***


Capitolo 3
La profezia
 

What if you were
the one?

 
 
'Finalmente a casa? Che cavolo vuol dire finalmente a casa? Questo posto può essere di tutto, tranne che casa!' non fece in tempo a finire di formulare i suoi pensieri che questi si materializzarono in forti grida "Come sarebbe a dire che sei a casa? Si può sapere che posto è mai questo e perché mi hai trascinata qui?? Io voglio andare a casa, riportami immediatamente a casa mia, brut-" non riuscì a terminare la frase che il mezzo demone la mise a tacere con un "Innanzitutto, per la cronaca, non sono stato io a trascinarti qui, mia cara. Sei stata tu a riportarmi a casa! Non so come tu abbia fatto, ma ti ringrazio tanto. E ora se non ti dispiace..." credette che il discorso fosse chiuso e si incamminò verso una zona imprecisata della radura, lasciando la ragazza lì da sola, completamente spaesata. Quella, per tutta risposta, lo tirò per i lunghi capelli argentei e con fare sicuramente poco femminile se lo portò a un palmo dal naso e prese ad urlargli contro "E tu mi lasceresti sola in questo posto sperduto in mezzo al nulla?! E spiegami come cavolo potrei aver fatto io a portarti in questo postaccio se nemmeno ne conoscevo l'esistenza. E ora dimmi come tornare subito a casa, oppure io, op-oppure io..." le parole le morirono in bocca quando l'espressione sfacciata che aveva assunto poco prima si trasformò in lacrime e la presa sui capelli del mezzo demone si allentò del tutto. L'hanyou riaquistò un po' di spavalderia e tirò su una facciata di ironia per sdrammatizzare la situazione, in fondo quella piccoletta non se la sarebbe potuta cavare da sola in un'epoca completamente diversa dalla sua. Già, ripensandoci, chissà se il tempo si era fermato a quando era stato sigillato a quell'albero, forse si trovavano esattamente nel momento in cui aveva visto l'ultima volta quel posto tanto selvaggio. "Tsk, vabbene, vieni insieme a me. Riuscirò a trovare un modo per farti tornare a casa, così non dovrò sorbirmi questo tuo continuo pagnisteo" disse Inuyasha impettendosi e portandosi le braccia incrociate nelle maniche della sua casacca rossa. Era pronto a ricevere un'ondata di insulti e schiaffi, ma, voltandosi, vide solo una ragazzina che si asciugava le lacrime e distendeva i dolci tratti del viso in un sorriso piacevolmente sollevato per poi avvicinarsi a lui.
 
Allora il mezzo demone si mosse verso il dio albero, seguito a ruota da un'intimorita Kagome, e notò il solco causato dalla freccia. Questo voleva dire solo una cosa. In qualcunque epoca si trovassero, era sicuramente successiva al giorno in cui gli fu imposto il sigillo ma comunque precedente all'epoca di Kagome, a giudicare dalla folta vegetazione. Ma come poteva riconoscere in che periodo si trovasse? Ma certo! Sarebbe bastato qualcuno che potesse dirglielo, il punto stava solo nel trovare un qualche villaggio e il gioco sarebbe stato fatto. Allora si abbassò leggermente in avanti, appiattì la schiena a mò di tavolino e si mise le mani dietro la schiena. Poi esortò la ragazza a salire sulle sue spalle, guardandola con il sul solito tono superiore "Be, che fai? Hai deciso di rimanere qui?". Per tutta risposta, Kagome se lo squadrò. La stava forse invitando a salire sulle sue spalle? Si ricordò della sfuriata del giorno prima. Come poteva permettere ad un maniaco del genere di starle così vicino? Inuyasha notò l'ostilità che nutriva la fanciulla, così in pochi secondi le si avvicinò di più e se la mise in spalla con tanto di broncio da parte della ragazza. "Ehi, chi ti ha dato il permesso di mettermi le mani addosso! Fammi scendere subito, maniaco pervertito!"
"Tsk, se vuoi rimanere davanti a quell'albero per tutta la vita, fai pure. Per quanto mi riguarda potresti anche rimanere lì per sempre, ma io devo sbrigarmi a capire in che secolo siamo il più in fretta possibile" disse l'hanyou tutto d'un fiato mentre correva per la radura. La ragazza sembrò essersi rassicurata. In fondo, quanto poteva essere cattivo quel ragazzo? L'aveva o no salvata due volte il giorno precedente?
 
 
Dopo appena cinque minuti, arrivarono in un villaggio. Kagome notò delle piccole capanne, le più grandi erano sì e no come la sua stanza. Erano fatte in legno e ricoperte da paglia. Doveva essere capitata molto indietro nel tempo. Poi il suo sguardo si posò sui campi, molti dei quali coltivati, fino a che non vide degli uomini. 'M-ma non può essere. Questi hanno tutti un taglio da samurai! In che razza di epoca sono finita!'.
Con due balzi si avvicinarono a una donna intenta a lavare dei panni in un fiume che scorreva lì vicino. Inuyasha fece scendere Kagome dalle sue spalle e con la solita aria arrogante disse "Tu, onna, dimmi in che epoca ci troviamo e che posto è mai questo". Per tutta risposta la poveretta, che aveva da subito notato le orecchie canine e gli artigli del mezzo demone, si mise ad urlare attirando a sé l'attenzione di tutto il villaggio. "Ehi, ma che fai stupida! Ti ho soltanto chiesto una dannatissima informazione" urlò di rimando Inuyasha dimenando le mani davanti a sé, "La prego signora, non vogliamo farle nulla di male, deve crederci!" cercò di spiegare Kagome mettendosi di fronte al mezzo demone e avvicinandosi alla donna che aveva l'aria terrorizzata.
 
Nel giro di un minuto i due malcapitati si ritrovarono circondati. L'intero villaggio li aveva accerchiati. Inuyasha e Kagome stavano sulla difensiva, arrivando a stare l'uno di schiena all'altra. Alla fine il mezzo demone si convinse che non c'era nulla di male nel ferire qualche umano, in fondo loro fino ad allora erano stati anche troppo cortesi: doveva pur riscattare il suo orgoglioso sangue demoniaco. Ma proprio quando stava per sferrare il suo attacco, una figura si fece spazio tra la folla. Una possente e robusta signora sui 50 si era avvicinata pericolosamente all'hanyou. Era vestita proprio come una sacerdotessa e portava con sé arco e frecce. Inuyasha tuttavia non si lasciò impressionare dalla vecchia che avanzava sempre di più a loro, anzi continuò nel suo intento, deciso. Una più riflettiva Kagome, accortasi della situazione, si decise a fermare il suo irascibile salvatore e, non sapendo cos'altro fare, si limitò a cacciare un urlo "A cuccia!". La collana della ragazza si illuminò di colpo, emettendo una luce colorata. Da quel rubino, stranamente, si era diffusa una calda luce verde. Il mezzo demone si ritrovò a terra in un attimo, impossibilitato a muoversi per una buona manciata di secondi. Tutti i presenti, compresa Kagome, si stupirono del potere che la ragazza aveva dimostrato, mettendo al tappeto un hanyou con sole due parole. Un Inuyasha un po' più arrabbiato, invece, provava faticosamente a rialzarsi in piedi, imprecando contro la giovane ragazza che poco prima era riuscita a fermarlo. Fu allora che notò la collana che indossava. 'Quella gemma, quella gemma era la stessa che provai a sottrarre a Kikyo... Ma allora anche lei è una sacerdotessa!' La collana era ora tornata al suo colore naturale, ma tutti ne erano rimasti spiazzati. La vecchia si avvicinò ulteriormente, protendendosi verso la ragazza. Poi con un grande inchino sollecitò tutto il villaggio a dire "Benvenuta, divina custode della Gemma Bifronte".
 
 
"Io non capisco a cosa vi stiate riferendo, davvero. Temo che abbiate preso la ragazza sbagliata, purtroppo. Io non so neanche in che sec-" la spiegazione di Kagome venne interrotta dalla voce pacata e seria quanto dolce della vecchia signora che l'aveva portata nella sua capanna "Non preoccuparti figliola, so che sei spaventata. Ma ciò che riesci a fare della gemma mi suggerisce che sia veramente tu la custode di essa, che tutti tanto aspettavamo. Tu potresti addirittura essere la ragazza della profezia." Kagome rimase immobile di fronte a quell'affermazione. Profezia? Ma di cosa diamine stava parlando quella signora? Al contrario, un certo mezzo-demone rimasto fino ad allora nel buio di un angoletto della capanna, drizzò le orecchie a quella frase. Quella ragazza, quella maldestra e incosciente ragazza da lui stesso salvata il giorno prima, poteva essere la sua rovina? Lui conosceva bene la profezia e sapeva che se quella gemma fosse rimasta ancora nelle mani di quella strega, non ci sarebbe più stata possibilità per lui di sfruttarne l'aura maligna. Così, con un balzo, si ritrovò a pochi metri da dove erano sedute le due figure, una ancora incredula, l'altra, inaspettatamente per l'hanyou, incredibilmente allerta. Deciso così a fare ciò in cui la sera prima non era riuscito, alzò con una velocità degna della sua natura demoniaca un braccio mostrando gli artigli. La vecchia sacerdotessa però, non aveva perso tempo e fermò, momentaneamente almeno, il mezzo demone. Questo si liberò facilmente della freccia che non gli aveva causato la minima pena "Tsk, cosa credevi di farmi, vecchiaccia? Lo sai che le tue freccie non mi fanno né caldo né freddo!". Fu allora che Kagome fu come risvegliarsi dal suo stato di trance e, prontamente, pronunciò quelle stesse parole di poco prima, in modo che un "A cuccia" dopo Inuyasha si ritrovasse spiaccicato a terra. "Beh, che fai? Prima mi salvi e poi tenti di uccidermi? Possibile che sia cattivo anche tu?" chiese una sempre più confusa Kagome.
"Dan..nat...ta...Dammi subito quella gemma così non sarò costretto a farti nulla!" disse il mezzo demone con il viso ancora rivolto a terra mentre cercava la forza di tirarsi su.
"E perché mai dovrei dartela?! Questo è un regalo di mio padre! Non la darò mai a nessuno! NESSUNO!" si ritrovò quasi a strillarlo. "Piuttosto" cominciò rivolgendosi stavolta verso l'anziana che l'aveva accolta "cosa diceva riguardo una certa profezia?".
"Devi sapere, mia cara, che quella pietra che porti al collo vanta una storia millenaria..." disse la donna accomodandosi meglio.
 
"Correva il non ricordo quale anno, quando una sacerdotessa che vantava un grandissimo potere spirituale, si innamorò di un demone. Ovviamente, questo amore era proibito. L'unione tra umani e demoni era malvista da entrambe le razze, da sempre in guerra tra loro, e i risultati di questi amori, i mezzo-demoni per l'appunto, spesso venivano maltrattati sia dall'una che dall'altra razza, in quanto creature imperfette, non appartenenti né ai ningen né agli youkai."
 
Kagome osservò con la coda dell'occhio Inuyasha. Sapeva che lui era un mezzo demone, ma non si sarebbe mai immaginata che nessuno lo accettasse per quello che era. Il caratteraccio che dimostrava ogni volta e la sua sfacciataggine le avevano fatto credere che lui non risentisse della sua condizione. Dovette ricredersi, quando vide l'hanyou abbassare lo sguardo fino a nasconderlo sotto la bella frangetta argentea all'udire le parole dell'anziana signora.
 
"Ma l'unione tra i due era malvista soprattutto in quanto la ragazza, Midoriko, era una miko. Nessuno poteva permettere un tale sacrilegio, così i due amanti furono costretti a vedersi di nascosto, ad amarsi segretamente, senza però unirsi mai veramente come solo una coppia può fare, per paura che dal loro amore potesse nascere una creatura malvista agli occhi degli altri. Un giorno, il demone regalò una pietra all'amata. La pietra in questione era uno smeraldo, trovato in riva al fiume, che doveva significare per loro la speranza un giorno di potersi amare liberamente. Quella piccola pietra divenne presto il simbolo del loro amore proibito. I giorni, i mesi, gli anni si susseguirono e il loro amore si intensificava, il demone aiutava la ragazza nello sterminare i demoni malvagi che si insediavano nel villaggio e, pur avendo ottenuto un po' del rispetto degli abitanti, la sua unione con la miko era comunque malvista. Un malcapitato giorno, un demone contro cui i due si sconstrarono, mise in incredibile difficoltà l'amante della sacerdotessa, che non sapeva più come difendersi dai colpi. Fu così costretto a perdere il controllo. Perdere il controllo, per un demone come per un mezzo-demone, significa lasciarsi andare completamente all'istinto demoniaco, abbandonando qualunque consapevolezza della realtà e lottare fino alla morte, propria o del nemico. Uccidere, per un demone che perde il controllo, diventa l'unico proposito e l'unico appagamento, le sue emozioni vengono completamente eclissate. Alla fine della battaglia, ucciso il demone contro cui si scontrava, l'amato della miko però era ancora assetato di sangue, voleva seminare morte tra gli abitanti che lo avevano costretto lontano dal suo amore. La sacerdotessa, capendone gli intenti, si precipitò verso il demone, cercando di fermarlo. Non voleva fargli del male, né purificarlo, anche se avrebbe potuto fermarlo facilmente in quel modo, ma sarebbe significato ucciderlo. Quando allora il demone, preda dei suoi istinti, stava per uccidere un gruppo di abitanti del villaggio, Midoriko si parò davanti ai suoi concittadini, subendo il colpo dell'amato. Questo, improvvisamente, riprese il controllo su sé stesso, cosa inspiegabile  ancora oggi. Si guardò le mani, sporche del sangue della sua amata e poi vide lei, a terra, mortalmente ferita. La raggiunse e pianse tutte le lacrime che aveva in corpo, implorando il suo perdono e pregando i Kami di aiutarla a vivere. La miko poco prima di morire sussurrò il suo amore al demone dicendogli che lo perdonava. Irrimediabilmente, però, la pietra che portava al collo, si macchiò del sangue della giovane fanciulla, rimanendone impregnata."
 
Kagome si guardò la collana che stringeva tra le mani, rossa come un rubino, come il sangue della miko che si era sacrificata per il demone che amava. La strinse a sé più forte e continuò ad ascoltare la storia della vecchia signora "Sì, ma io cosa c'entro in tutto questo? Le ho già detto che è solo un regalo di mio padre"
"Lasciami finire, per favore" e riprese il racconto.
 
"Da allora lo smeraldo si è tramutato in un rubino. La gemma viene tramandata gelosamente di sacerdotessa in sacerdotessa ed è nota con il nome di Gemma Bifronte. I demoni, i mezzo-demoni e alcuni umani malvagi hanno da sempre provato ad impadronirsi della sfera proprio per la sua natura rossa. Infatti quest'essenza rubino dovuta allo spargimento di sangue innocente, ha macchiato la pietra di rancore e sofferenza, conferendole così dei poteri malvagi. Se in mani sbagliate, la pietra causa morte e distruzione e accresce la natura maligna del possessore, sia esso youkai, hanyou o ningen. La profezia sostiene però che la vera essenza della sfera, quello smeraldo che era stato il simbolo dell'amore tra Midoriko e il demone, sia ancora celato nella pietra, chiamata per questo Bifronte, in quanto contenente sia lo spirito maligno che quello benigno. Nessuna sacerdotessa custode della pietra, dopo Midoriko, è mai riuscita a purificare totalmente la pietra, a farla tornare al suo colore originale, ma secondo la profezia, un giorno arriverà una ragazza, la doppelgänger della miko a cui è per prima appartenuta la pietra, che riuscirà a riportare alla luce l'essenza smeraldo della pietra. Secondo la stessa profezia, però, non dovrà essere la ragazza a trovare la vera essenza della sfera, bensì un demone. Questo è detto essere l'amato e amante della fanciulla prescelta e solo quando troverà l'essenza della pietra, questo potrà beneficiare a pieno del vero potere di essa."
 
"Hai detto vero potere, vecchiaccia? Stai forse dicendo che quello del rubino non è il potere massimo della pietra?" chiese bruscamente Inuyasha che fino ad allora, stranamente, era rimasto in silenzio ad ascoltare il racconto dell'anziana signora.
"Esattamente, la pietra dispone di un potere ancora più grande, che potrà essere usato solo quando essa tornerà al suo stato originale"
"Questo vuol dire che basterà che torni ad essere uno smeraldo e il potere della pietra sarà ancora più grande, di conseguenza sarà maggiore anche il potere di chi ne beneficerà?"
"Proprio così. Il punto è che non è facile questo compito e se la qui presente custode della Gemma non fosse la prescelta e se il demone in questione non riuscisse a cogliere la vera essenza della sfera, queste sarebbero tutte chiacchiere inutili. Infatti è già successo che la pietra fosse quasi purificata del tutto. Stiamo parlando di qualcosa che successe esattamente 50 anni fa...
 
Si dice che una miko e un mezzo demone si fossero innamorati. Questa sacerdotessa era allora custode della Gemma Bifronte e tutti pensavano che fosse lei la prescelta. Infatti, si crede che ella fosse incredibilmente somigliante a Midoriko, tanto da pensare che potesse esserne la doppelgänger. Il suo potere spirituale era grandissimo ed essendo particolarmente portata con arco e frecce, non le era difficile purificare tutti i demoni malvagi che cercassero di sottrarle la Gemma. Come dicevo, si innamorò di un mezzo-demone e lui di lei. Come accadde con la miko originale, anche l'hanyou aiutava l'amata a difendere la pietra e il villaggio, ma lui non conosceva la leggenda legata alla Gemma Bifronte. La ragazza, invece, in quanto custode della pietra, sapeva che quell'oggetto possedeva enormi poteri e sperava in cuor suo di essere la prescelta e che il suo amato mezzo-demone potesse essere colui che comprendesse l'essenza della gemma. Così un giorno si decise a rivelargli il segreto della pietra che portava costantemente al collo. Non fece in tempo a raccontargli ogni cosa, che il suo amato era appena stato informato da qualcun altro del potere della pietra. Quando la raggiunse, riuscì a sottrarle la gemma. La miko, tradita, lottò contro l'hanyou, ormai convinta che mai avrebbe capito l'essenza della pietra dopo l'affronto che le aveva appena fatto. Contro ogni suo volere, con tutte le sue forze, scagliò una freccia che finì dritta nel cuore del mezzo-demone, il quale si ritrovò attaccato ad un albero secolare qui vicino, il Goshinboku. Subito dopo, la sacerdotessa morì. Nessuno seppe mai se per la disperazione o se perché non era riuscita ad assolvere il suo dovere di prescelta. Aveva sigillato il suo amato, niente e nessuno sarebbe più stato in grado di sciogliere il sigillo che lo legava a quell'albero. Eppure, c'è chi pensa che sia tutta una leggenda, in quanto il mezzo-demone che dovrebbe ritrovarsi attaccato a quell'albero non c'è. A distanza di 50 anni da quell'evento, Goshinboku vanta solo una piccola conca che si narra essere memore dell'accaduto."
 
Per un tempo interminabile, seguì il silenzio. Kagome era rimasta pietrificata da qual racconto, così romantico, ma anche così triste. Inuyasha era probabilmente il più abbattuto nella capanna. Quella non era la storia che conosceva lui, anzi era totalmente diversa. Se non fosse stato per quel damerino, probabilmente ora Lei sarebbe stata viva. Se solo avesse conosciuto la vera storia, allora forse... Strinse i pugni, tanto che i suoi artigli gli incisero la pelle. Lei non voleva tenerlo all'oscuro di nulla, ma lui come uno stupido c'era cascato. Aveva rovinato tutto. E ora Lei, per colpa sua, era morta. Morta. Si alzò di scattò e uscì dalla capanna.
Di fronte alla sua reazione, Kagome fece lo stesso. Voleva tornare a casa. Voleva chiudere con tutte quelle assurdità. Non capiva perché stesse capitando tutto a lei. Perché stesse succedendo tutto così in fretta. Non capiva neppure cosa doveva fare. Sapeva solo che quella collana sarebbe rimasta a lei. Sarebbe stata solo e soltanto sua. A nessuno avrebbe permesso di impadronirsi dell'ultimo ricordo di suo padre. Con questa sicurezza, strinse più forte la pietra. Ma come tornare a casa?
Inuyasha si appollaiò sul dio albero, il grande Goshinboku. Quanti ricordi. 50 anni. Erano dunque passati 50 anni da quel giorno. Se solo avesse saputo tutta la storia. Probabilmente lei non sarebbe morta. Probabilmente lui non sarebbe rimasto sigillato a quell'albero. Un momento. Sigillato? La vecchia aveva detto che niente e nessuno avrebbe potuto sciogliere quel maledetto sigillo. E allora come diavolo aveva fatto a liberarsi? Poi si ricordò. Quell'energia, quella sensazione che l'aveva attirato all'interno dell'albero. Come aveva fatto a non ricordarla prima? Eppure l'aveva rivissuta, più di una volta. Quello stesso calore, quello stesso senso di pace. In quello stesso momento la vide, lei, era stata lei a sciogliere il suo sigillo, a liberarlo, a fargli provare quell'incredibile sensazione, sia quando l'aveva portato nel suo mondo, sia quando l'aveva stretta a sé. Lei era la chiave di tutto, anche della Gemma, e forse sarebbe riuscito ad ottenere il pieno potere da quella dannata pietra. Un ghigno gli si dipinse sulle labbra. Sì, avrebbe usufruito di quel potere, ad ogni costo.



Angolino dell'autrice:
Essì, finalmente ce l'ho fatta! Mi sono fatta aspettare parecchio, soprattutto rispetto ai primi due capitoli flash. Comunque, vi ho lasciato con un bel po' di informazioni...riuscite a intinuire chi può essere la misteriosa sacerdotessa innamorata del mezzo-demone? Diciamo che io ne ho una vaga idea! Purtroppo per i nostri eroi, sono ancora bloccati nel periodo Sengoku, ma non temete, ho deciso che questa storia si svolgerà nel mondo moderno: non voglio che la vecchia Kaede aiuti troppo i nostri piccioncini! dovranno sbrigarsela da soli ;) e chissà che magari per una volta Kagome riuscirà a frequentare assiduamente la scuola! Anywayyyy che ve ne pare finora della storia? Recensite, recensite e recensite! Voglio ogni vostra minima opinione :))
Baci, baci,
Fran.

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Capitolo 4
*** Nuovi scontri ***


Capitolo 4
Nuovi scontri
 
 
 
Be strong
when things fall apart.
 
 
 
La ragazzina si era spostata fuori dalla capanna. Ora camminava con passo incerto, spostandosi con andatura quasi barcollante, gli occhi spenti. Nel pugno destro stringeva il ciondolo come se fosse il suo tesoro più prezioso, e forse lo era. Se l'era portato all'altezza del cuore e continuava a camminare lentamente, senza una direzione precisa. L'hanyou la squadrava dall'alto del grande dio albero, dove si era appollaito. Aria apparentemente disinteressata, strafottente come al solito, aveva rindossato la sua maschera. Doveva ottenere quello che voleva, e lo avrebbe fatto anche a costo di usare i denti. Sdraiato su un solido ramo, le mani dietro la testa a mò di cuscino, osservava i movimenti mesti della ragazza. Un odore salino, misto a quello vanigliato della moretta. Lo distinse subito. Lacrime? Quella dannata piangeva. Si alzò sugli avambracci, per osservarla meglio. Aveva un'aria così fragile, innocente, tutto sarebbe sembrata, fuorché la custode prescelta di quella potentissima gemma. Che poi come avrebbe mai potuto proteggere, un essere
mingherlino, maldestro e sbadato come lei, un così prezioso pezzo di universo, la pietra più importante che l'intero mondo di tutti i tempi potesse vantare, non riusciva ad immaginarselo. Quella piccoletta aveva dato prova di non saper proteggere neppure sé stessa. Eppure quella vecchiaccia l'aveva paragonata a Lei. Addirittura aveva definito il suo potere spirituale superiore, eguagliandolo a quello della miko suprema, la creatrice della Gemma Bifronte. Pensi al diavolo e... come si dice? La vecchia era uscita dalla capanna. Probabilmente aveva capito che quel posto era diventato stretto un po' a tutti dopo la manciata di informazioni che non si era risparmiata ad elargire. Ancora non ne aveva abbastanza? Inuyasha temette che il racconto non fosse terminato, quando vide la mano dell'anziana sacerdotessa poggiarsi sulla spalla di quella Kagome, come a rassicurarla, a farle prendere coraggio. Coraggio per fare cosa poi? Al mezzo demone parve ovvio che la moretta era in dovere di tentare di tramutare quella dannata pietra, a farla tornare
al suo colore originale. Doveva riuscire in ciò in cui Kikyo aveva fallito. Kikyo... Probabilmente lei aveva creduto che lui potesse essere il demone giusto, quello della legenda. Quello di cui la fantomatica prescelta si sarebbe innamorata e che avrebbe capito l'essenza della gemma. Che sciocca! In fin dei conti, pur amandola alla follia, lui non sarebbe mai stato in grado di capire nulla su quella pietra. Non riusciva a capire nulla di sé stesso, figurarsi di una pietra. Cosa poteva esserci da capire in un sasso? Un sassolino piccolo, all'apparenza insignificante. A lui importava solo del potere che ne scaturiva, poi chi avesse colto l'essenza di quel maledetto arnese non era certo affar suo. Ci aveva riflettuto ed era giunto alla valida conclusione che una volta che la gemma fosse tornata ad essere uno smeraldo, allora non ci sarebbero stati problemi. Chiunque avrebbe potuto godere dell'infinito potere da essa emanato. Bisognava solo trovare un demone, lo youkai giusto, nella speranza che quella Kagome fosse davvero la prescelta.
 
 
"Su, bambina, vedrai andrà tutto bene! Presto ti innamorerai come poche volte accade, riuscirai a far sì che un demone si innamori di te, vi amerete così tanto che il vostro amore purificherà la gemma e gli equilibri torneranno quelli originali. Niente più guerre, né distruzione, quello smeraldo porterà la pace tra youkai e ningen." la vecchia sacerdotessa aveva un'aria amorevole, comprensiva e tentava di sollevare il morale della giovane. Ma indondo cosa poteva saperne lei?
"Io non voglio innamorarmi! E soprattutto non di un demone! Fino a ieri pensavo neppure che esistessero, li consideravo una stupida favola per bambini! Io non sono la ragazza della profezia, mi dispiace! Io ho solo 17 anni! Cosa posso capirne dell'amore io?! Voglio solo ritornare a casa, nel mio tempo!" gli occhi di Kagome erano pieni di lacrime, che continuavano a rigarle il viso, prepotenti. La sacerdotessa, quasi come se non avesse neppure ascoltato la prima parte del discorso della ragazza, si concentrò sull'ultima frase.
"In che tempo, piccola?" Kagome avrebbe voluto scomparire, scavarsi una fossa, dormire per l'eternità e non svegliarsi mai più, ma il tono con cui la vecchietta gli si era rivolta, la costrinse ad asciugarsi una lacrima.
"Nel mio tempo, nel mondo moderno, a Tokyo, a casa, dalla mia famiglia" lo disse tutto d'un fiato mentre sentiva il pizzicore agli occhi che si faceva sempre più fastidioso.
"Tokyo? Temo di non aver mai sentito un villaggio con questo nome..." le sue parole non fecero altro che permettere a quelle lacrime che Kagome aveva provato a trattenere di sgorgare incontrollate.
"Tsk, per forza! La mocciosa viene dal futuro!" a parlare era stata la voce conosciuta e scocciata di Inuyasha, che con un balzo si era portato dal Goshinboku fino a pochi metri dalle due. "È stata lei a riportarmi nel nostro tempo. Credo che c'entri qualcosa questo albero." il mezzo demone si era voltato verso il dio albero, per mostrarlo alla vecchietta. Quella distese i tratti rugosi del viso e un sorriso rilassato le si dipinse in volto. Ora le era tutto più chiaro. L'hanyou, ovviamente, aveva notato lo sguardo della sacerdotessa e prontamente era balzato ancora più vicino alle due. Kagome ancora singhiozzava, quando Inuyasha disse, riferendosi all'anziana donna "Tu sai qualcosa. Diglielo, non la vedi che continua a piangere?"
 
 
"Somma Kaede! Somma Kaede!" un uomo del villaggio si stava sbracciando, mentre si avvicinava correndo verso i tre. "UN DEMONE! Un demone sta attaccando il villaggio!". L'espressione contrariata della vecchia, chiarì ad Inuyasha che evidentemente attacchi di demoni erano rari per loro. Kagome sussultò. Sentì una strana sensazione, un brivido a fior di pelle. Si ricordò di aver già provato qualcosa di simile, quando il giorno precedente si era scontrata contro quell'essere viscido, che Inuyasha aveva prontamente abbattutto con un solo colpo. Ma questa volta sembrava più vera, più intensa, quasi maggiore. Rabbrividì al pensiero di quell'essere e al fatto che potesse esserci qualcosa di peggiore. Si ritrovò sulla schiena del suo salvatore. Poteva ancora considerarlo tale? Finalmente si risvegliò da quel piccolo stato di trance "Hey, ma cosa stai facendo? Mettimi giù!"
"Smettila di agitarti, dannata! Tu non riusciresti a non tremare di fronte a quell'essere, figurarsi a fronteggiarlo!" Inuyasha aveva l'aria spavalda e ironica e
tutto ciò scocciava maledettamente Kagome, che al contempo si rendeva conto che, ovviamente, tutto ciò che aveva appena detto era spaventosamente vero. In quella si accorse che effettivamente stava tremando. Due grandi balzi e si ritrovò nella capanna della somma Kaede, dove il mezzo demone la adagiò con quanta più grazia potesse avere sul pavimento legnoso. Entrambi si ritrovarono vuoti senza quel contatto, senza quel calore. Ma non era certo il momento di pensare a certe sensazioni di sicurezza, c'era un demone assetato di sangue che non vedeva l'ora di radere al suolo l'intero villaggio.
"Tu resta qui, io vado ad occuparmi di quel dannato" Kagome giurò di aver intravisto una fiamma ardere in quelle pozze dorate. Annuì impercettibilmente, quando, udendo un ringhio basso dell'hanyou, i brividi aumentarono ulteriormente. Eppure lei non era fifona, non lo era mai stata. Anzi, era probabimente la più intrepida della famiglia. Quando si trattava di fare qualche lavoretto al buio, rincorrere il gatto Buyo per le strade deserte di notte, cose semplici, umane, lei era sempre stata la prima a farsi avanti. Soprattutto perché quel nanerottolo del suo fratellino era un vero fifone. Persino l'andare appresso a un micio nell'oscurità di qualche scantinato lo faceva rabbrividire. Ma affrontare una creatura demoniaca, dall'aura maligna di gran lunga superiore a quella che l'aveva quasi uccisa il giorno prima, era sicuramente un'esperienza del tutto diversa rispetto al suo mondo, che, per quanto pericoloso, certo non ti sbatteva in faccia demoni che ti vogliono sbranare.
Immersa nei suoi pensieri, Kagome si accorse di un piccolo, raccapricciante particolare. Il silenzio. Il villaggio era anche troppo silenzioso, considerato che
erano tutti intenti ad affrontare un temibile youkai. Qualcosa la spinse ad uscire, mettendo da parte buona parte della sua paura. Sulla soglia dell'uscio, però, si ritrovò a trattenere un gemito di dolore. Qualcosa l'aveva graffiata al braccio. Si guardò intorno e ciò che vide la confuse non poco. Dei filamenti finemente intrecciati, quasi come fossero stati posizionati appositamente in ciò che le ricordava vagamente un film dove il protagonista doveva evitare una serie di raggi X. Ma quelli non erano di certo raggi X. Erano...erano... "Capelli?" sussurrò la ragazza visibilmente sconcertata.
"E così puoi vedere la mia trappola! Ma farlo non ti permetterà comunque di continuare a vivere ragazzina, a meno che tu non mi renda la Gemma Bifronte" esordì una voce alle sue spalle, che Kagome riconobbe incredibilmente femminile. Si voltò piano, chiudendo a pugno una mano sulla collana. Vide una ragazza dai capelli corti, neri con sfumature vicine al blu, fermati da un cerchietto rosso, occhi porpora, magnetici e dall'evidente taglio quasi felino che concedeva loro un'aria spaventosa. Nel complesso poteva passare per una ragazza normale. Passi anche la katana che portava sul fianco sinistro, la cosa più stravagante era sicuramente il gomitolo rosso che la yasha aveva in mano. Era da quello che partivano tutti i capelli ed
erano le dita di quel demone a manovrarli.
 
 
"Dannati! Volete prendervela con me eh?! Tsk, siete solo un branco di ningen!" Inuyasha era rimasto paralizzato di fronte agli abitanti del villaggio, che, librati a mezz'aria, gli si avvicinavano circondadolo, mentre brandivano armi a non finire. Si preparò in posizione di attacco, pronto a sfoderare i suoi artigli. Non si accorse nemmeno delle espressioni completamente assenti di quegli uomini, i cui occhi erano vitrei e spenti.
"No, fermo Inuyasha!" una Kaede barcollante e sanguinante si faceva strada verso il mezzo-demone.
"E perché mai dovrei fermarmi? Non vedi che tentano di uccidermi?!"
"Loro sono solo burattini! Taglia i capelli!"
"Dannata, ma di che capelli parli?" l'hanyou era confuso e voleva far fuori tutti quegli umani che non facevano altro che attaccarlo, ma dovette limitarsi a schivare i colpi. Una freccia della vecchia sacerdotessa tagliò dei fili e un uomo cadde a terra immobile. Solo allora Inuyasha capì che tutti quegli uomini erano davvero controllati da qualcuno. Un odore conosciuto, misto a sangue.
"KAGOME!" la moretta era ferita e il mezzo-demone non ci aveva pensato due volte a correre nella direzione che gli suggeriva il suo fiuto. 'Quella dannata! Le avevo detto di restarne fuori!'
Nel giro di un minuto si ritrovò di fronte ad una yasha che gesticolava con un gomitolo rosso e dei fili tra le mani, mentre più in là Kagome si era portata le
mani alla gola per evitare di farsi tagliare la testa dai quei maledetti capelli. Pur non potendoli vedere, il mezzo-demone sfoderò i suoi artigli e tagliò il vuoto
che separava la ragazza e il demone. La yasha si girò di scatto e vide una bellissima chioma argentea. Dapprima infastidita da quella interruzione, sembrava che avesse ora dipinto in volto un sorriso compiaciuto. E infatti "I tuoi capelli, mi piacciono e saranno miei. Lascia solo che mi occupi di questa ragazzina e che prenda la Gemma Bifronte, poi passerò a quel bellissimo colore. Non vedo l'ora di aggiungerlo alla mia collezione."
"Tsk, e tu chi diavolo saresti?" l'hanyou si era avvicinato a Kagome, visibilmente scossa dalla presa mortale intorno al suo collo e ancora ansimante per lo spavento.
"Il mio nome è Yura e sono il demone dei capelli! Mi dispiacerà dover tirare via quei bellissimi capelli dalla tua testa, perciò ti prometto che cercherò di non
spargere sangue quando TI UCCIDERÒ!" aveva calcato particolarmente le ultime parole, in modo da concentrarsi sull'esperta operazione che le sue dita stavano facendo. Era come un gioco per lei, e doveva ammettere che era parecchio brava. Infatti, ecco che dei capelli già si muovevano in direzione dei due.
"Inuyasha! Dietro di te!" urlò prontamemte Kagome, capace di vedere la trappola della yasha. L'hanyou non se lo fece ripetere due volte. Voltatosi di scatto, artigliò l'aria e Yura sentì la presa sulle sue dita farsi più debole.
"Sciocca umana! Come osi rovinare i miei piani!" la furia del demone era cresciuta a dismisura. Non solo quella ningen era in grado di vedere i suoi capelli, altrimenti invisibili a chiunque, ma possedeva anche la Gemma Bifronte che la yasha tanto bramava. Doveva ucciderla. D'un tratto Kagome si ritrovò abbracciata da qualcosa. Un caldo manto di un rosso sgargiante l'avvolgeva completamente, coprendole la testa e fasciandole alla meglio il resto del corpo. Inuyasha le aveva messo addosso il suo kariginu. Si sentì le gote leggermente rosse, di fronte a quella sensazione di protezione. Lo guardò con
occhi ammiranti e sussurrò "M-ma...".
Il mezzo-demone, sbrigativo, l'aveva già interrotta "Questo hitoe è fatto di pelli particolari. Ti proteggerà" il tono che aveva usato, seppur distaccato come al suo solito, aveva comunque una sfumatura diversa, che la ragazza non aveva ancora mai avuto il piacere di ascoltare. Premura.
"Grazie" fu tutto ciò che riuscì a dire. Inuyasha si era già rivolto alla yasha con fare minaccioso, aveva sfoderato gli artigli e messo in mostra le zanne canine. Era pronto al combattimento.
 
I due si scontravano agilmente. Da una parte, Yura tentava attacchi mossi con i suoi capelli invisibili. Dall'altra, la cosa non sembrava turbare Inuyasha, che scagliava Sankontessou praticamente in tutte le direzioni. La yasha era stata più volte gravemente ferita in punti che non avrebbero permesso a demoni normali di sopravvivere, quella maledetta sembrava essere immortale. Kagome aveva iniziato a guardarsi intorno. Doveva fare qualcosa, doveva aiutare Inuyasha, o non avrebbe retto ancora a lungo. Intravide dei capelli farsi più spessi e provò a seguirne la traccia con lo sguardo. Si soffermò allora su un grande gomitolo a mezz'aria, fatto interamente di capelli. Una nota di disgusto le si dipinse in viso, ma doveva trovare un modo per capire cosa conteneva quella specie di bozzolo. Probabilmente era quella la chiave della forza della yasha. Con la coda dell'occhio, intravise il campo di battaglia. Inuyasha stava ancora sulla difensiva, tentando di schivare gli attacchi dei capelli. Come temeva, quella strategia non resse a lungo, tanto che il mezzo-demone si ritrovò legato da più ciocche di capelli invisibili. Ne sentiva la stretta sui polsi, sulle caviglie e sul collo. Ogni tentativo di romperle o di dimenarsi, però, era inutile: la presa si stringeva ancora di più. Alla fine allora, Kagome si decise. Doveva salvarlo, e avrebbe tentato anche la sua ultima -nonché unica- carta: la Gemma. Strinse il ciondolo nella mano destra e si concentrò su di esso. Non sapeva come, ma sperava che sarebbe successo qualcosa. Desiderò solo di poter salvare quel mezzo-demone, provò a desiderarlo con tutta sé stessa, tanto che alla ragazza per una frazione di secondo parve persino di aver visto il volto sorridente del padre. E di nuovo, come era successo poco prima quel giorno, un'intensa luce verde si scaturì dalla pietra. Questa volta il suo bagliore era mille volte più forte e caldo. Sentì un'energia grandissima impadronirsi del suo corpo, ma il tutto durò massimo 5 secondi.
 
 
Quando riaprì gli occhi, era tutto svanito. Il bozzolo, i capelli, la yasha erano scomparsi nel nulla. Si guardò intorno, credendo, temendo, che quella strana luce avesse potuto spazzare via anche il mezzo-demone. Invece lo ritrovò a terra, dolorante e imprecante. Vicino a lui notò solo un piccolo pettine con un'incisione: Yura.
"Quella era la dimora del demone" Inuyasha si era alzato a sedere vicino a Kagome che gli si era accucciata a fianco, tirandosi sul busto con i gomiti "è stato il pettine a dar vita al demone, a Yura. Lei deve essere stata attratta dal potere della Gemma Bifronte."
"Sta succedendo tutto per colpa mia, per colpa di questa pietra. Se non fossi arrivata qui, probabilmente tutto questo non sarebbe successo: il villaggio non sarebbe devastato, non ci sarebbero demoni a darmi la caccia e tu non avresti dovuto difendermi" la moretta aveva quasi le lacrime agli occhi, ma si trattenne. Si limitò ad abbassare leggermente lo sguardo, fino a far scomparire gli occhi sotto la folta frangetta corvina. Il mezzo-demone la guardava di sottecchi. Quella ragazzina non poteva sapere che in realtà era lui ad esserle debitore: se lei, con chissà quale forza, non lo avesse liberato, lui si sarebbe trovato ancora sigillato all'albero, addormentato nel suo sonno eterno. Non sapeva perché, ma si sentiva in dovere di proteggere quella creaturina. Attribuì tutti i suoi pensieri ad un unico grande scopo superiore: la gemma.
 
 
Nell'intimità del momento, i due erano rimasti immobili e anche la natura sembrava partecipe della drammaticità di quelle parole. Tutto taceva, persino il vento pareva essersi dimenticato di travolgere le foglie con la sua brezza primaverile. Inuyasha sbarrò gli occhi di scatto. Quella tranquillità non era naturale, per niente. Avvertiva una forte aura demoniaca avvicinarsi velocemente, era diretta nella loro direzione. Era sicuro che ci sarebbero stati guai, di nuovo. Il primo istinto fu quello di caricarsi la ragazza sulla schiena, tenendola stretta con le mani per le ginocchia. Cominciò a correre quanto più possibile verso l'unico posto che gli era venuto in mente. Tempo un minuto e si ritrovarono di fronte all'imponente Goshinboku. L'aura demoniaca era vicinissima, non c'era modo di evitare lo scontro. Fece scendere la ragazza, che dallo sguardo infiammato del mezzo-demone, capì che un nuovo scontro stava per cominciare. Kagome indietreggiò, fino a ritrovarsi con le spalle contro il dio albero. Tutto a un tratto, si ritrovò sfiorata da qualcosa. Girò lo sguardo in direzione di quel qualcosa: una lingua di fuoco. Pensò di essere andata in fiamme, eppure non sentiva il minimo dolore. Si  guardò. Nessun graffio, nessuna bruciatura, niente. Un rosso sgargiante, quello che per la prima volta si ritrovò ad indossare lei, le ricordò le parole di Inuyasha: "questo hitoe è fatto di pelli particolari. Ti proteggerà." quella veste l'aveva protetta veramente. Spostò allora lo sguardo sul mezzo-demone. Si stupì del gran numero di demoni che aveva davanti. Ce ne erano a migliaia probabilmente e l'hanyou si destreggiava affrontandoli abilmente e impugnando quella di cui la ragazza si accorse per la prima volta: una grandissima spada che ad occhio e croce doveva essere pesantissima, dalla lama affilata, che ricordava vagamente una zanna, con del folto pelo bianco vicino all'impugnatura.
I demoni continuavano ad accorrere e a scontrarsi puntualmente contro il coraggioso mezzo-demone, le cui forze però venivano a mancare. Ormai sarà stato un quarto d'ora buono che combatteva e Kagome aveva imparato a non starsene con le mani in mano, infatti aveva mandato al tappeto qualche demone con l'aiuto della Gemma Bifronte e della sua calda luce verde. Nonostante ciò, era Inuyasha che sconfiggeva il maggior numero di youkai. Fu un attimo, vide l'hanyou essere scaraventato al suolo, dolorante e imprecante. Gli si avvicinò velocemente, per cercare di aiutarlo a rialzarsi. Nella confusione, vide qualcosa avvicinarsi ad incredibile velocità. Posò una mano sul tronco del Goshinboku, mentre l'altra aveva già raggiunto la spalla sanguinante di Inuyasha. Chiuse gli occhi.
 
Ancora una volta, si ritrovò in quella dolce sensazione, stravolto da una forza incredibile e avvolto da un'intensa luce calda. Ora ne era sicuro: era stata Kagome a riportarlo nel suo mondo, grazie alla Gemma Brifronte e in qualche modo grazie al Goshinboku. Si sentì attirare al tronco del dio albero, fino a ritrovarcisi dentro. Si trovavano in una dimensione estranea eppure incredibilmente familiare, scaldati da quella luce magica che sembrava farli nuotare. Un attimo che parve durare secoli. Nonostante i suoi sensi raffinati, si vide costretto a chiudere gli occhi per l'immenso bagliore che si ritrovò puntato in viso. Poi più nulla, il silenzio, il buio, il calore di un corpo vicino al suo. 'Ecco' pensò 'questa volta sono morto sul serio'.
 
 
 
 
Angolino dell'autrice:
Eccomi con un quarto capitolo! La storia - finalmente - comincia a prendere forma! Ho voluto inserire un piccolo assaggio del combattimento contro Yura, perché beh, onestamente, è uno degli scontri che più ho amato nella serie. Probabilmente per il fatto che Inuyasha per la prima volta si era preoccupato di dare la sua veste a Kagome *-* Comunque, avrete capito che no, Inuyasha non è morto, così come non lo è Kagome. Anzi, dal prossimo capitolo direi che dovrete dire addio al Sengoku, perché l'intera vicenda si svolgerà nel mondo moderno! Piccolo spoiler sul prossimo capitolo, che spero riuscirò a pubblicare entro e non oltre una settimana (così come ho fatto con questo: sono stata brava eh?!): ci saranno nuove...chiamiamole amicizie(?) e soprattutto un piccolo progresso tra inuyasha e kagome! Continuate a seguirmi e a recensire :)
A proposito, volevo ringraziare tutti i coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite, le ricordate e le preferite! Un bacio a tutti voi, miei cari lettori!
Un'ultima microscopica informazione: sto lavorando ad una one-shottina che avrà come protagonisti Ranma e Akane (per chi ha guardato l'anime e/o letto il manga). Mi farebbe tanto piacere se deste un'occhiata quando la pubblicherò! Credo che vi farò trovare il link nel prossimo capitolo ;)
Baci, baci,
la vostra Fran.
 

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Capitolo 6
*** Amicizie ***


Capitolo 5
Amicizie
 
 
You win some,
you lose some.
 
 
Buio, silenzio, calore. Kagome provò ad aprire gli occhi, ritrovandosi la vista leggermente appannata e un gran mal di testa. Era distesa sul pavimento del grande atrio di fronte al tempio di casa sua, vicino al grande Goshinboku e questo voleva dire solo una cosa: era tornata a casa! Fece per alzarsi, ma si ritrovò incatenata dalle braccia di Inuyasha. Solo allora si ricordò della lotta contro tutti quei demoni. Il mezzo demone era stato coraggioso nel fronteggiarli tutti da solo e per di più lo aveva fatto per proteggere lei. Alla ragazza si imporporarono leggermente le guance a quel pensiero. Continuava a fissare il volto del suo bello e scorbutico eroe, dai lineamenti così marcati, ma anche profondamente dolci, dalla carnagione leggermente abbronzata che creava un attraente contrasto con i lunghi capelli argentati, in mezzo ai quali facevano capolino un paio di morbidissime orecchiette da cane. Come faceva a sapere che erano morbidissime? Purtroppo, per l’ennesima volta, non aveva saputo resistere alla tentazione e si era messa ad accarezzarle. Non aveva tenuto conto del fatto che il bell’addormentato ora non era più così addormentato e ben presto si ritrovò di fronte ad un paio di tempestosi occhi color dell’ambra che la fissavano profondi.
“Insomma, tu, vuoi farla finita o no di giocherellare con le mie orecchie? Ti ricordo che sono estremamente sensibili!” cominciò l’hanyou, a cui a dir la verità quel contatto era piaciuto anche troppo, considerato che si era ritrovato a sorridere come un ebete quando risvegliandosi aveva sentito le mani di Kagome procurargli piacevoli carezze.
“Quante volte ancora dovrò ripeterti che ho un nome? Mi chiamo Kagome, non ‘tu’! E poi mi pare che anche tu non ti stia facendo troppi problemi ad abbracciarmi” disse la ragazza scostandosi dalle forti braccia del mezzo demone, a malincuore. Non avrebbe voluto abbandonare quella sensazione di protezione che Inuyasha le dava, ma aveva pur sempre un orgoglio da difendere! Questo si ritrasse subito e si mise seduto a gambe e braccia conserte.
“Tsk! Dannata, come puoi pensare che a me possa piacere abbracciare una semplice ningen come te?” disse portando lo sguardo dalla parte opposta rispetto agli occhi della ragazza. Quella, per tutta risposta, si incendiò di un’aura che spaventò persino il mezzo demone in questione, costretto a rimpicciolirsi rispetto alla figura colossale che era diventata quell’innocente ragazza maldestra che fino a un attimo prima pareva non sapersi neppure difendere.
“Assì, eh? Bene, allora, A CUCCIA!”. Due secondi dopo l’hanyou era stravaccato per terra, con la fiaccia spiattellata nel terreno borbottante imprecazioni.
I due erano talmente presi dalla litigata, che non si accorsero neppure che qualcuno li stava osservando dall’ombra di un cespuglio e che, solo quando dalla Gemma Bifronte si era scaturita l’intensa luce verde che Kagome aveva fatto emanare, si era deciso ad uscire allo scoperto, muovendosi furtiovamente. Un piccolo fagottino si era ora avvicinato con una velocità invidiabile ai due litiganti, portandosi in pochissimo tempo dietro la schiena della ragazza.
“Kagome! Attenta!” Inuyasha era tornato sul pianeta terra giusto in tempo a rendersi conto della presenza di qualcosa, o meglio di qualcuno, e si era affrettato a stringere nuovamente la ragazza a sé per soccorrerla dall’imminente pericolo. Questa, sentendosi stretta ancora una volta in quella piacevolissima morsa che erano le braccia di lui, non perse tempo a rinfacciargli la loro eccessiva vicinanza.
“Dannata! Perché mi hai schiaffeggiato? Non vedi che ti ho salv-” le parole gli morirono in bocca, quando, voltandosi per scoprire l’identità del famigerato aggressore ninja, si era ritrovato di fronte un piccolo cucciolo di volpe con un visino dolcissimo che malcevlava con un’espressione da finto duro.
“E tu chi saresti, moccioso?” sbottò a quel punto l’hanyou.
“Ehi! Non ti azzardare a chiamarmi così, razza di-”
“Ohhhhhh ma che carinooooooo!” gli occhi di Kagome avevano assunto la forma di cuoricini di fronte all’immagine kawaii del piccolo youkai. Quest’ultimo, colto impreparato, si ritrovò ad assumere l’espressione più adorabile che avesse mai sfoggiato di fronte alla ragazza che lo aveva trovato ‘carino’. Gli occhioni dolci della piccola volpe sortirono l’effetto sperato e la ragazza iniziò a strapazzare tra le sue braccia quel tenero ammasso di pelo dall’aria decisamente troppo adorabile e mielosa secondo il non così modesto parere di un certo mezzo demone. Afferratolo per la collottola, Inuyasha lo scansò rudemente da quel paradiso che erano gli abbracci di Kagome per trascinarlo direttamente di fronte all’inferno che erano diventati i suoi occhi ambrati.
“Non mi sembra che tu abbia ancora risposto alla mia domanda, moccioso!”. Il demone volpe cominciò a dimenarsi e a divagare lacrimoni ovunque sperando che gli artigliacci dell’hanyoi allentassero la presa, ma niente da fare. Dovette ricorrere all’attacco.
“Ti ho detto di non chiamarmi ‘moccioso’! il mio nome è Shippo, razza di mezzo demone! Porta rispetto ad uno youkai!” si atteggiò in aria di sfida il piccoletto, a cui si era appena disegnata una smorfia di superiorità in bocca e che aveva incrociato le braccia con la solita aria superficiale che Inuyasha conosceva anche troppo bene. Come ingannarlo con i propri stessi trucchetti!
“Com’è che mi hai chiamato, moccioso? Ripeti se hai il coraggio” ringhiò allora l’hanyou, assestando un pugno in testa al demone volpe. Questo si mise a frignare e una Kagome fino ad allora spettatrice si lasciò trasportare dalla stessa aura blu di poco prima.
“Inuyashaaaaaaaa! Come ti permetti di prendertela con qualcuno più piccolo di te! A cuccia!”. Calda luce verde, BAM. Quella formuletta stava diventando un’abitudine che il povero mezzo demone non sembrava apprezzare per niente. E infatti, ancora spiaccicato al suolo, con la bocca immersa nel pavimento, bofonchiava imprecazioni “Dan…dannata! Ma non…senti…come mi…ha chiamato”.
Poco più in là, Shippo guardava con occhi adoranti alternativamente Kagome e la piccola pietra che quella portava al collo. “Ma allora è vero che esiste una nuova Custode! Non era solo un pettegolezzo!”. La ragazza continuava a sorridergli entusiasta mentre lo coccolava e si divertiva a stuzzicarne la folta codina. Inuyasha, una volta rialzatosi a fatica, ancora estremamente dolorante, di fronte a quella scenetta per poco non perse le staffe. Non solo quel coso era riuscito a nascondergli la sua presenza e il suo odore, arrivando come un ninja alle spalle di Kagome, ma ora questa lo stava anche a coccolare come niente fosse, quando quella specie di concentrato di tenerezza lo aveva offeso pochi minuti prima.
 

Venne fuori che il piccolo Shippo, dopo aver sentito la voce della ritrovata Custode della Gemma Bifronte, si era precipitato a constatarne l’esistenza accorrendo in prossimità di un villaggio da cui aveva sentito provenire un potentissimo flusso di energia, per poi ritrovarsi poi sommerso da una valanga di demoni. Spaventato come non mai, si era messo a correre ricorrendo a tutta la velocità di cui era in potere e si era ritrovato praticamente attirato dalla corteccia di un grande albero secolare che lo aveva trascinato nel mondo del futuro.
Il mezzo demone se ne era rimasto in disparte per tutta la durata del racconto del demone volpe, che per giunta si era fatto tirar fuori le risposte con le pinze, e continuava ad agitare freneticamente le orecchie. Quel marmocchio non la finiva di starsene accoccolato tra le braccia di Kagome. Ma poi a lui che importava? Già, ora avrebbe semplicemente usato la ragazza per tornarsene nel suo mondo e poi tanti saluti!
La diretta interessata parve accorgersi dei suoi continui sguardi minacciosi. Si chiese il perché di quelle strane reazioni e diede voce ai suoi pensieri “Inuyasha, ma che hai?”
“Tsk” fu la sola risposta di quello, che chiuse gli occhi e girò la testa dalla parte opposta.
“Ah, ho capito! Ti sei offeso perché ti ho rubato Kagome, non è vero?” chiese un malizioso Shippo.
“Ma fammi il favore, moccioso! Solo a un marmocchio come te potrebbe interessare una come Kagome!”
“Allora è così, eh? A c…a cuc…” la ragazza non riuscì a terminare la frase. Se avesse continuato a parlare sicuramente ne sarebbero usciti fuori solo singhiozzi e questo non voleva proprio che accadesse. Ma poi che gliene importava di cosa pensava Inuyasha? Il mezzo demone, dal canto suo, aveva chiuso gli occhi, abbassato le orecchie e portato le mani in avanti per fargli da scudo a quello che si aspettava che sarebbe successo di lì a poco, un’imminente ‘a cuccia’, che però non arrivò mai. Aprì lentamente gli occhi per accorgersi che Kagome si era mestamente spostata fino al Goshinboku, Shippo tra le braccia che la guardava con gli occhi a punto interrogativo.
“Probabilmente voi ora vorrete tornare nel vostro tempo… e credo di aver capito che sono io l’unica che può aiutarvi…” disse facendo cenno all’hanyou di avvicinarsi. Quello, per quanto cercasse di capire, non riusciva a non sentirsi uno schifo per le parole usate poco prima e in ansia di fronte alla reazione così stranamente calma e mantenuta di quell’uragano. Ma non fece altro che avvicinarsi a lei e stringerle la mano, se era davvero ciò che voleva.
Una mano stringeva quella di Inuyasha, l’altra il ciondolo, mentre Shippo ciondolava su una sua spalla. Attese che la magia che li aveva ritrascinati nel suo tempo si manifestasse nuovamente. O meglio, attesero, per cinque lunghi minuti. Niente, assolutamente nulla. Solo alcune folate di vento e delle rumorose cicale.
 


Da quel giorno era passata ormai una settimana. Kagome continuava ogni giorno a provare a riusare il Goshinboku per far tornare Inuyasha e Shippo nella loro epoca, ma non c’erano segni di miglioramento. Nel frattempo, come era ovvio che dovesse fare probabilmente, raccontò tutte le vicende alla sua famiglia e presentò i due demoni. Per la felicità del nonno, custode del tempio shintoista, i due rimasero come ospiti in casa Higurashi ed erano stati accettati come tali da quella stravagante famiglia che Kagome si ritrovava. La mamma aveva accolto volentieri qualcuno che apprezzasse tanto i suoi manicaretti e il fratellino Sota pareva al settimo cielo nell’avere in casa due nuove figure maschili, Inuyasha in particolare, a cui si era affezionato come fosse il suo ‘fratellone’. I litigi, d’altra parte, erano all’ordine del giorno. L’hanyou riteneva che Shippo si prendesse troppe libertà nello starsene sempre accoccolato a Kagome e la ragzza non si capacitava dei comportamenti del mezzo demone. Che fosse…geloso? E perché mai avrebbe dovuto esserlo? Di un bimbo poi? Comunque, nonostante tutto, il loro rapporto si era stranamente intensificato per il meglio, avendo imparato a sopportarsi e a cogliere sempre l’occasione di qualche bisticcio per stuzzicarsi un po’.
Tutto sommato, la situazione non dispiaceva per niente a Kagome. Infatti, aveva presentato sia Shippo che Inuyasha alla sua migliore amica qualche giorno prima, raccontandole tutto. Era sicura che di lei ci si potesse fidare e inoltre la ragazza si era da sempre dimostrata interessata nei confronti dei demoni, vantando di avere un’eredità importante, in quanto discendente di una grande stirpe di sterminatori di demoni. Il pensiero non era andato giù ad Inuyasha, inizialmente. Aveva già avuto a che fare con sterminatori e solitamente era gente che ci sapeva fare. Ma conoscendo Sango e vedendo che Kagome riponeva assoluta fiducia in lei, si era notevolmente tranquillizzato. La sterminatrice in questione, in realtà, non era altro che una ragazza poco più grande di Kagome, forse di un anno massimo due, che lavorava part-time al tempio shintoista come apprendista. Si era immaginato di ritrovarsela vestita da miko, in abiti cerimoniali dalla veste bianca e rossa, come era costume nell’epoca Sengoku, ma aveva appurato che in quell’epoca il concetto di ‘apprendistato’ comprendeva solo lavoretti di manutenzione, per cui Sango si limitava a pulire, spazzare e rifilare souvenir a tutti i visitatori, il tutto in una comoda tuta bianca e nera.
 
Quel giorno, Kagome era andata a scuola e, come accadeva da sette giorni a quella parte, Inuyasha non l’aveva persa di vista neanche per un secondo, seguendo le lezioni insieme a lei e sorvegliandola da qualche albero vicino alle sue classi. Ormai anche la ragazza sapeva che il mezzo demone la controllava per tutta la durata dell’orario scolastico e a dire il vero non le dispiaceva per niente. Lui diceva di voler tenere sott’occhio la Gemma continuamente, nel caso in cui qualche uomo malvagio se ne volesse appropriare, ma Kagome era arrivata alla conclusione che non poteva essere solo quello il motivo e spesso Inuyasha era anche troppo impaziente che le lezioni finissero. Chissà – si ritrovò a pensare Kagome – evidentemente non poteva stare troppo tempo senza stuzzicarla un po’ con tutto quel suo borbottare.
Anche quel mercoledì, infatti, in corrispondenza dell’ultima ora, un’assonnata e annoiatissima ragazza dai lunghi capelli corvini che fissava svogliatamente il vuoto della finestra, si era ritrovata di fronte l’immagine di un bellissimo hanyou gesticolante che fremeva dall’impazienza che quella dannata ultima campanella suonasse. Senza pensare oltre, un ‘a cuccia’ fin troppo rumoroso le era uscito di bocca e, se aveva fatto scaraventare a terra il mezzo demone a terra, evitando così che qualcuno potesse vederlo spulciarsi sull’albero di fronte alla loro classe, aveva anche contribuito a mandarla fuori dalla porta con un grosso secchio d’acqua per braccio in punizione.
Il rientro da scuola era stato abbastanza normale. Ormai era abituata all’ombra di Inuyasha che saltava di albero in albero percorrendo il suo stesso itinerario, facendo però attenzione a non farsi notare dagli sguardi indiscreti della gente. Salendo gli innumerevoli gradini che portavano a casa, Kagome si accorse di un particolare: un nuovo apprendista! Si affrettò a fare cenno ad Inuyasha di restare nascosto, che di rimando sbuffò chiassosamente. Lei si avvicinò al nuovo aiutante del tempio: un ragazzo slanciato dagli occhi quasi neri con stravaganti sfumature cobalto e i capelli raccolti in un codino basso, che indossava una strana veste blu scuro e portava in mano una specie di scettro con tanti piccoli anellini che producevano piacevoli suoni ogni qual volta il bastone si muovesse. Uno strano abbigliamento, quasi folcloristico. Ciò non intimorì la ragazza, abituata tuttavia alle strambe scelte del nonno in fatto di apprendisti, e, dopo una sana risatina sotto i baffi, si avvicinò allo sconosciuto.
“Ciao! Tu devi essere il nuovo apprendista. Io sono Kagome, la nipote del custode di questo tempio” cominciò facendo un piccolo inchino. Vide gli occhi del bizzarro aiutante farsi grandissimi improvvisamente, mentre quello di avvicinava sempre più a lei.
“Oh, ma è un piacere per me conoscervi, divina creatura!” disse questo chiudendole le mani nelle sue “Vorreste concedermi l’onore di fare un figlio con me?”. A Kagome quasi non cadde un sopracciglio, mentre stentava un sorrisetto isterico. Il nonno aveva scelto proprio un Don Giovanni maniaco di prima categoria. Non fece in tempo a formulare una risposta quanto più possibile educata per declinare una proposta tanto indecente, che sentì la presa sulle mani allentare bruscamente e vide l’apprendista cadere a terra rovinosamente, spinto dalla gomitata sulla testa di un certo hanyou.
“Ahi, ahi, ahi” cercò a fatica di risollevarsi carezzando con la mano la parte lesa, sulla quale sporgeva ora un grosso bernoccolo.
“Tsk, ma ti sembrano proposte da fare queste, bonzo?” sbottò Inuyasha.
“Inuyasha! Non c’era bisogno di colpirlo così forte!” disse Kagome a cui era appena tornata la parola.
“Oh, divina Kagome! Allora voi vi preoccupate per me!” il maniaco era tornato all’attacco, riprendendosi anche troppo velocemente e portando molto silenziosamente una mano al fondoschiena della ragazza, che al contatto cominciò a strillare. A quel punto Inuyasha si frappose fra lei e l’apprendista “Ehi, bonzo, giù le mani da Kagome!”.
Finalmente il depravato in questione si decise a sollevare lo sguardo, per incontrare due grossi occhi ambrati che lo fissavano prepotenti. Dovette deglutire più volte, a fatica, tastando le orecchie dell’hanyou e riservandogli diverse occhiate indagatrici, per assicurarsi che quello non fosse un sogno. Ma il realistico pugno e annesso dolore provocato da un pugno di Inuyasha lo portarono a dedurre che, sì, quella era la realtà.
“Ma… ma…tu sei un…demone” disse balbettando con occhi trasognanti.
“Mezzo demone” specificò il diretto interessato.
 
Dopo le dovute presentazioni e altri vani tentativi di Miroku –quello era il suo nome- di ‘tastare le piacevoli curve del corpo paradisiaco della divina Kagome’ –testuali parole-, Inuyasha e Kagome si erano incamminati verso casa Higurashi. Passando di fronte al Goshinboku, però, notarono una strana attività. Il tronco secolare era come in sussulto e pareva che qualcosa al suo interno si stesse dimenando per uscire a singhiozzi. Infatti, così fu. Alcuni dei demoni che avevano affrontato la settimana prima nel Sengoku avevano fatto la loro comparsa del mondo moderno. Il mezzo demone si lanciò subito nel combattimento, intimando vivamente Kagome di farsi da parte. Si destreggiava tra quei giganti usando Tessaiga, la sua katana, e i demoni venivano feriti, ma erano comunque incredibilmente grandi, sembravano persino più imponenti di quelli incontrati in epoca Sengoku, anche se di numero notevolmente inferiore. Uno si era avvicinato pericolosamente a Kagome e Inuyasha era troppo impegnato nella battaglia per accorgersi del pericolo che la ragazza correva. Con grande sorpresa di tutti, Miroku le si era avvicinato e, con un gesto della mano sinistra, liberò l’altra da un rosario che la teneva fasciata con della stoffa e la portò all’altezza del demone. Subito, si alzò un vento fortissimo che spinse la creatura demoniaca come risucchiata da un vortice dritta in un buco nella mano dell’apprendista. A seguire, questo risucchiò anche tutti gli altri demoni che Inuyasha stava affrontando, lasciando il mezzo demone e la ragazza a bocca aperta.
 
“Questo vortice è eredità della mia famiglia dai tempi del Sengoku. In quel periodo, un mio antenato si scontrò contro un demone che aveva la capacità di mutare forma, un certo Naraku. Dapprima aveva assunto la forma di altri demoni, che non avevano intimorito per nulla il mio avo, in quanto rinomato monaco. Ma poi una volta pìmutò in una…” e qui gli occhi dell’apprendista divennero così scintillanti da fare invidia alle infine scale del tempio che Sango lucidava tutte le mattine.
“Una donna.” terminarono per lui Inuyasha e Kagome, per niente stupiti dal fatto che anche l’antenato di Miroku fosse un Don Giovanni: doveva essere di famiglia.
“Una bellissima donna.” constatò l’apprendista “Ma voi come facevate a saperlo?”. Due grossi goccioloni apparvero sulla testa dell’hanyou e della ragazza.
“Comunque, dicevo che, essendosi il demone trasformato in una bellissima fanciulla, il mio antenato ne fu vinto e il demone ne approfittò per infliggergli questa maledizione. Il vortice ha il potere di risucchiare qualsiasi cosa incontri e tutti gli uomini della mia famiglia ne sono stati vittime. Tanto è vero che un giorno il vortice arriverà a risucchiare anche me”. Kagome si rivelò sconcertata di fronte a quell’ammissione. Probabilmente l’apprendista doveva soffrire molto questo suo infame destino ed era probabilmente il motivo che lo spingeva a chiedere a qualunque donna di far figli con lui. Evidentemente doveva sentirsi molto solo in questa sua sventura e forse era attanagliato dalla paura di quello che sarebbe successo.
Tutte le sue riflessioni sull’animo tormentato del giovane scemarono quando Miroku si ritrovò di fronte la sua migliore amica, Sango, e non perse tempo a palparla e a proporgli matrimonio e figli maschi. I due ebbero modo di conoscersi tra una toccatina di Miroku e una cinquina di Sango, mentre Inuyasha, Kagome e l’appena arrivato Shippo li guardavano divertiti.
 
Inuyasha dalla storia dell’apprendista non aveva potuto fare a meno di cavare un importante particolare: il demone mutaforma chiamato Naraku. Anche il demone che gli aveva raccontato quella storia tanto assurda sull’infedeltà di Kikyo spingendolo ad agire contro di lei era un mutaforma dallo stesso nome. Tutte le volte che aveva avuto la sfortuna di avvicinarlo aveva sempre assunto aspetti diversi, ma il puzzo emanato era sempre quello e lui lo ricordava bene. Guardò il profilo allegro di Kagome, che rideva di fronte alla scena comica che le si presentava di fronte. Ancora non sapeva perché, ma non voleva che lei sapesse che quel mezzo demone e quella miko della legenda erano in realtà lui e Kikyo. Non voleva che Kagome venisse a conoscenza del fallimento che lui aveva commesso, del fatto che non avesse creduto alle parole della donna che credeva di amare. Se davvero quel damerino era lo stesso che aveva inflitto la maledizione del vortice sulla famiglia di Miroku, allora sarebbe stato solo un motivo in più per trovarlo ed annientarlo. Il problema stava solo nel ritornare a casa, nell’epoca Sengoku. Erano arrivati alla conclusione che probabilmente il passaggio attraverso il Goshinboku era ostruito per colpa dei demoni. Dopo la loro ultima lotta in epoca Sengoku dovevano esserseli portati dietro e molti non erano riusciti ad agttraversare completamente la dimensione che separava un’epoca dall’altra, ma col tempo ci sarebbero riusciti, e ne erano tutti consapevoli. L’energia e la forza che la Gemma Bifronte emanava al collo di Kagome sembrava più potente che mai e il suo calore avrebbe presto attirato nel mondo moderno anche i demoni incastrati nell’albero secolare. E forse tra loro ci sarebbe stato anche Naraku. Inuyasha avrebbe protetto la pietra, questa volta l’avrebbe protetta davvero. Avrebbe protetto anche e soprattutto Kagome. L’avrebbe aiutata a trovare quel demone da amare e così, una volta tramutato il rubino in smeraldo, avrebbe potuto finalmente usufruire del potere della Gemma e divenire invincibile.







Angolino dell'autrice:
Amati/e lettori/trici, mi scuso ancora una volta per questo lunghissimo ritardo! Purtroppo, come ho già detto a molti di voi, alcuni imprevisti personali mi hanno tenuta lontana dalla scrittura :( Solo qualche giorno fa sono potuta tornare all'attacco e aggiornarmi un po' su quanto fosse accaduto nel fandom in questi giorni e anche a mettermi in paro con la storia! Lo so, lo so, questo capitolo è un po' una fregatura, ma vedete che tutte queste interminabili presentazioni di personaggi stanno per finire e la storia sta per entrare nel vivo dell'azione! Vi chiedo solo di tenere duro e continuare a recensire, perché vi confido che se ho potuto ricominciare a scrivere in questo brutto periodo è stato solo grazie a tutte le recensioni e i messaggi positivi che mi avete lasciato!
Alla prossima,
Fran.
 

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