Tales of Wolves and Hunters di R e d_V a m p i r e (/viewuser.php?uid=99685)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** » File 07. The scientist and the boy with wolf's eye. ***
Capitolo 2: *** » File 068. The wolf's prayer. ***
Capitolo 3: *** » File 0415. The King and the Phantom. ***
Capitolo 4: *** » File 05. The Mountain's hunger. ***
Capitolo 5: *** » File 015. The Ghost Wolf. ***
Capitolo 1 *** » File 07. The scientist and the boy with wolf's eye. ***
Tales
of Wolves and Hunters
» File 07. The
scientist and the boy with wolf's eye.
La prima volta che Shintaro
vede Kazunari pensa che sia davvero piccolo fra i due alti Cacciatori
nelle loro divise nere, capaci di farli sembrare ancora più
imponenti di quanto siano, che lo scortano.
Rimane
perplesso nel vedere lo strano terzetto varcare le porte automatizzate
del suo laboratorio e non può fare a meno di concentrare la
propria attenzione sullo smilzo ragazzino dalla zazzera corvina che
sembra tutto meno che spaventato come dovrebbe essere qualcuno che si
ritrova serrato fra due uomini come quelli; piuttosto non fa che
guardarsi curiosamente attorno, cercando di sporgersi quanto
più possibile oltre i due per poter cogliere meglio i
particolari della stanza in cui è stato portato, finendo
soltanto per essere bruscamente afferrato per le spalle e riportato al
proprio posto con uno strattone che non ha bisogno di altro per
lasciare intendere che gli conviene starsene buono e non fare casino.
Qualcosa
dice a Shintaro che con un tipo del genere è una
raccomandazione del tutto inutile, ma non si sofferma a pensarci
più di tanto e scuote il capo riportando la sua attenzione
sugli accompagnatori di quel piccolo prigioniero.
Se davvero
è un prigioniero, ovviamente. Ma continua a non capire
perché portarlo da lui. Checché ne dicano gli
altri, con i loro puerili sberleffi, quel posto non è certo
una cella di detenzione. Per quello c'è il Terzo Settore.
Si
schiarisce la voce, dando in un piccolo colpo di tosse contro il pugno
chiuso vicino alle labbra, prima di distendere le dita fasciate
accuratamente da strette bende di lino bianche e premere elegantemente
il medio a sollevare il ponte degli occhiali neri per sistemarli meglio
sul naso.
«Potrei
sapere, di grazia, il motivo della vostra visita?» il tono
gli esce molto più scocciato di quanto in realtà
sia ma non è il tipo che ammette i propri errori e, men che
meno, si prende pena per scusarsi con qualcuno che è, a
conti fatti, un proprio sottoposto. Sono loro ad essere in torto per il
solo fatto di avere interrotto il suo lavoro e spera caldamente che sia
per un ottimo motivo se intendono ancora far vedere le loro brutte
facce alla Base.
«Ci
scusi per l'intrusione Midorima-san, ma Akashi-sama desidera che
esaminiate questo ragazzo.» è il più
alto dei due a parlare, quello con la pelle scura e l'aria nervosa.
Shintaro lo riconosce distrattamente come l'ex numero otto della
divisione Rakuzan.
Nebuya o qualcosa di simile, gli pare di ricordare, ma non ne
è molto sicuro e neppure gli interessa. Del resto, se
è stato degradato e ridotto a fare da cane da guardia e
portavoce, non si merita altro.
In ogni
caso l'occhiata perplessa che scocca loro da dietro le lenti serve a
far svegliare l'altro Cacciatore, un viso anonimo che non suscita in
lui alcun tipo di ricordo, che si mette quasi buffamente sull'attenti
raddrizzando le spalle e stringendo con più vigore la presa
sulla spalla del ragazzino. Sul volto di quest'ultimo si dipinge una
smorfia infastidita ma ha il buon senso di non dire nulla.
«Il
suo nome è Takao Kazunari, ha diciassette anni. Mezzosangue,
suo padre è un comune impiegato di Kobe e sua madre una
commessa di origini canadesi. E' al secondo anno delle medie superiori
all'istituto Waseda, fa parte della squadra di basket della sua scuola
dove gioca per il secondo anno di fila come titolare con il ruolo di
playmaker» spiega con voce neutra, lo sguardo fisso innanzi a
sé che non incrocia neppure per sbaglio quello del ragazzo
in camice bianco oltre l'ingombra scrivania di vetro in fondo alla
stanza.
Il suddetto
non riesce a togliersi l'aria accigliata, arcuando le sopracciglia e
trovando quantomeno fastidioso tutto questo. Un po' perché
credeva che il ragazzino fosse più piccolo e invece ha
giusto tre anni meno di lui, un po' perché ancora non riesce
a capire che diamine ci faccia lì e perché gli
stiano facendo perdere tempo sciorinandogli la storia della sua vita.
Quello che
hanno chiamato Takao riesce ad avere un contatto visivo che duri
più di un secondo con lui, approfittandosi del fatto che sia
in sovrappensiero, e gli rivolge un grosso sorriso sventolando una mano
sopra la spalla con fare a dir poco infantile per cui si merita, a
parere di Shintaro, l'ennesima scrollata da parte del Cacciatore di
colore.
«E
quindi?» ha la forza di far suonare ancora distaccata la sua
voce, ignorando i lamenti borbottati del più piccolo.
Il tizio
che non gli dice nulla si apre in un lieve sorrisetto, senza cambiare
posizione di una virgola ma guardandolo con la coda dell'occhio
«E' stato soprannominato dai suoi compagni e dai tifosi Hawkeye.»
Gli occhi
verdi di Midorima hanno un leggero spasmo, la pupilla si dilata e poi
si restringe. Infine torna a sistemare gli occhiali, chinando il viso e
rimanendo a contemplare i fogli su cui stava lavorando.
«Capisco.
Lasciatelo pure qui e andate, vi richiamerò io ad esami
conclusi.»
«Come
ti chiami?»
Shintaro
solleva per un attimo lo sguardo dalla siringa a cui sta applicando un
ago sterilizzato, valutando l'ipotesi di ficcarla nel braccio
dell'altro senza prendere alcuna precauzione. Sarebbe divertente e,
forse, smetterebbe di dare inutilmente fiato alla bocca e tediarlo come
ha fatto da quando i suoi due carcerieri lo hanno lasciato
lì.
Ma visto
che è un professionista si limita a sospirare e stringergli
una mano sul polso per tenerlo fermo.
«Non
ti interessa» borbotta, tastando la pelle delicata poco sotto
il laccio emostatico che gli ha legato - non senza parecchie
difficoltà - qualche minuto prima.
Ma Takao
non sembra farsi andare bene la risposta e si agita sulla sua sedia,
facendogli scivolare via il pollice dalla vena che aveva finalmente
trovato e ottenendo di essere guardato con una smorfia di disappunto
tutta sopracciglia verdi comicamente corrucciate.
«Vuoi
stare ferm-»
«L'uomo
nero ti ha chiamato Midorima. Ma è il tuo cognome, vero?
Quindi come ti chiami? E quel coso è troppo stretto, sicuro
di averlo messo bene? Quanto ci metti per un prelievo?»
Shintaro ha
l'aria vagamente allucinata nel tornare a guardarlo in viso, tenendo la
siringa sollevata perché l'ago non si infetti e debba
cambiarlo di nuovo con un altro - il terzo, per la precisione, vista la
fine fatta dagli altri due.
«L'uomo ner...
senti, se non stai zitto e immobile rimarremo così
finché quel ''coso'' non ti avrà fatto andare in
cancrena il braccio. E ti avviso che sono molto bravo ad amputare arti,
è la cosa che mi diverte di più.»
Malgrado la
totale assenza di espressività sul viso del più
grande ad avvalorare le sue parole, Takao deve decidere che non stia
affatto scherzando e perciò deglutisce a vuoto e cerca di
rimanere tranquillo. Per quanto può.
«...non
mi hai detto ancora il tuo nome, però!» a quanto
pare rimanere in silenzio è la parte più
difficile.
Il giovane
scienziato ha un fremito al sopracciglio destro, un tic che si fa vivo
solo quand'è particolarmente stressato e pronto per
commettere un omicidio. Di solito tendono a lasciarlo sbollire da solo,
nel buio del suo laboratorio e fra i suoi strani esperimenti, quando
succede ma quel ragazzino non può certo conoscere le sue
abitudini e quindi continua a rivolgergli un gran sorriso che si
estende agli occhi di un particolare blu quasi metallico - devono
essere le influenze occidentali della madre, perché per il
resto sembra un normalissimo ragazzo giapponese.
Midorima
decide che può essere magnanimo, questa volta. Riavvicina
l'ago alla pelle e ricambia persino il sorriso, socchiudendo gli occhi.
Prima di
affondare senza alcun preavviso.
«Shintaro»
Takao ha
ancora il broncio per essere stato infilzato con così
malagrazia ma segue comunque con lo sguardo quello che ha deciso di
rinominare Shin-chan
- rischiando di ottenere, di conseguenza, di essere bucherellato di
nuovo - destreggiarsi fra i vari vetrini su cui ha apposto gocce del
suo sangue, cartelle piene di dati incomprensibili, appunti scritti con
una grafia ancor più incomprensibile («Bah,
dottori») e microscopi futuristici degni del miglior film di
fantascienza che abbia mai visto nella sua breve vita.
Il problema
non è tanto non capire cosa l'altro stia facendo, ma
perché lo stia facendo. E soprattutto dove diamine si trovi
e come mai c'è stato portato.
E' stato
prelevato alla fine delle lezioni, quella mattina, costretto a seguire
quei due tizi in un macchinone nero dai vetri oscurati che faceva tanto
007.
Peccato però che sia stato bendato e che non abbia la
più pallida idea dell'itinerario del viaggio, figurarsi la
meta visto che la benda gli è stata tolta solo una volta
all'interno di quel posto.
Un' altra
persona l'avrebbe trovato a dir poco spaventoso, per lui è
invece incredibilmente eccitante. Ed interessante.
Ok, magari
un pochino preoccupato lo è. Ma sa di non aver fatto nulla
di
male. E quando hai la coscienza a posto non hai nulla da temere, no?
«Ne
Shin-chan... ma perché sono qui?»
Alla fine
lo chiede anche, stufo di giocherellare con i bordi del cerotto che
tiene la garza che ha sul braccio, rivolgendo un'occhiata curiosa al
ragazzo dai capelli verdi - sul serio? Chissà se sono
naturali - che si è di nuovo chinato su uno di quei
marchingegni per controllare i Kami soli sanno cosa. Magari che abbia
dei globuli rossi transgenici o una roba del genere.
Shintaro
non risponde subito, si prende un po' di tempo per finire di fare
l'ultimo della serie di controlli che ha condotto fino a quel momento,
poi sospira e torna dritto sfilandosi gli occhiali.
Il moro si
accorge che: uno,
ha
tutte le dita della mano sinistra fasciate, dalla base alla punta. E si
domanda perché. Due, i suoi
occhi hanno un taglio particolare e delle ciglia davvero fitte. Anche
il loro colore è molto bello. E sembrano incredibilmente
stanchi, con lievi ombreggiature bluastre che prima non aveva notato.
Non deve dormire molto o, almeno, non deve averlo fatto bene di recente. E tre... lo
sta fissando in modo strano.
«Avrai
notato da te che la tua capacità visiva è molto
più sviluppata di quella dei tuoi compagni, vero? Non sarai
stupido fino a questo punto, voglio sperare, nanodayo.»
Takao
sgrana appena gli occhi ma poi abbassa lo sguardo e il viso, smettendo
di dondolare infantilmente le gambe.
Quando ha
quell'espressione seria lì è quasi bello,
riflette distrattamente lo scienziato. Salvo rimproverarsi l'attimo
dopo per un pensiero così assurdo e sistemarsi, per
l'ennesima volta, la montatura scura sul naso.
«Riesco
a vedere molto più lontano... molte più cose. Da
che punto stanno per muoversi gli avversari, in che modo lo stanno
facendo anche se non sono nella mia linea d'aria. Ogni loro movimento.
E' per questo che mi chiamano Hawkeye, sai»
«Lo
so» commenta tranquillamente Shintaro, che deve nascondere un
leggero sorriso divertito nel vedere l'altro alzare il capo di scatto e
guardarlo con vivido stupore.
«Però
quel soprannome è teoricamente sbagliato. Il tuo
è l'occhio di un lupo.»
«Un
lupo?»
Midorima
comprende la perplessità di Takao, non potrebbe essere
altrimenti e sarebbe strano il contrario, ma non può fare a
meno di sentirsi un poco infastidito per le sue reazioni infantili.
Cos'ha, dieci anni?
«Hm.
Effettivamente in potenza potrebbe essere qualsiasi grande carnivoro
non estinto che appartenga ad una delle tre grandi famiglie: canidi,
felidi o ursidi. Ma per convenzione usiamo quel termine, dato che
è questo il nome che gli è stato dato nel corso
dei secoli. Lupi mannari.»
Il
più grande tace, in attesa di una reazione da parte
dell'altro. Si aspetterebbe qualsiasi cosa, davvero, le reazioni
più disparate: che lo prenda in giro, che si metta a ridere
reputando tutto uno scherzo, che lo insulti o si spaventi.
Certo non
si aspetta di vederlo sgranare gli occhi che luccicano in modo strano e
schiaffarsi una mano con foga sul petto.
«E
così io sarei un lupo mannaro?»
Shintaro si
sente legittimamente confuso. E' la prima volta che si trova davanti
qualcuno che sembra felice, addirittura quasi sollevato, da
un'opportunità simile. E' cresciuto in una famiglia di
Cacciatori, è stato allevato come un Cacciatore e da tale
istruito anche se ha scelto di prendere una via traversa evitando di
scendere direttamente in campo contro quelle creature. Contro i mostri.
E ora quel
ragazzo sembra non vedere l'ora di sentirsi dire che è uno
di loro. Assurdo. O forse quel tizio è solo pazzo.
«Beh
no. Non propriamente. Nel tuo corredo genetico c'è una
traccia del dna mutato, probabilmente un tuo parente deve esserlo o
esserlo stato. Hai ereditato l'incredibile capacità visiva
dei licantropi, ma soltanto questo. Non puoi trasformarti e non hai
nessun'altra delle loro doti.»
«Oh»
Sembra
quasi deluso adesso. La scintilla nel suo sguardo si spegne e torna ad
abbassarlo. Davvero, Midorima non lo capisce. E' in una situazione
terribile già così, se fosse stato davvero un
licantropo non risvegliato per lui non ci sarebbe stata alcuna
possibilità. Ma quel ragazzo non sembra capirlo.
«Ragazzino...
Takao. Sei stato portato qui perché avevano il sospetto che
tu potessi possedere una capacità del genere. Ma era solo un
sospetto. Appena chiamerò di nuovo quei due e gli
darò i risultati sarà una certezza. E... potresti
non tornare a casa. Hai visto e sai troppo. Sei,
troppo.»
Shintaro
è immobile, i vetrini caduti per terra. C'è vetro
e macchie di sangue, l'odore stesso delle tracce ematiche che stava
visionando gli arriva alle narici. Ma è niente in confronto
al profumo fruttato che avverte quando il naso viene solleticato dai
lisci capelli scuri del ragazzino che gli si è lanciato
letteralmente contro, aggrappandosi al suo camice e seppellendo il viso
nel suo petto.
E'
più basso di lui di tutta la testa, si rende conto,
trattenendo persino il fiato perché non sa cosa fare.
La stretta
di Takao è salda ma le sue spalle tremano appena e forse sta
piangendo, forse no, non saprebbe dirlo.
Non
è mai stato bravo a capire certe cose. A capire gli altri.
«Non
glielo permetterai, vero? Tu non gli permetterai di farmi del male,
Shin-chan, lo so! Non ho fatto niente, non ho scelto io di avere questa
capacità. Non ci volevo nemmeno venire qui! Volevo solo
tornare a casa a mangiare i takoyaki di okaa-san. Non ho mai fatto del
male a nessuno perciò perché dovrebbero farlo a
me? Non è giusto!»
E' la prima
volta che gli capita qualcosa del genere, che ha che fare con qualcuno
di quelli che viene catturato. Non ha mai parlato con nessuno di loro,
ha solo fatto il suo lavoro e li ha riconsegnati agli altri Cacciatori.
Senza neppure voler conoscere i loro destini, una volta superate a
ritroso le porte del suo laboratorio.
Ma adesso,
quel ragazzino così pieno di vita... gli sembra ingiusto che
debbano strappargliela solamente perché ha ereditato
qualcosa di straordinario e senza desiderarlo.
Forse
è egoista da parte sua, dato che non è il primo
in cui vengono rivelate tracce del gene e capacità simili.
Ma è il primo con cui ha parlato. Il primo con cui si
è trovato a suo agio, cosa che in quel posto non
è mai riuscito a fare... neppure con gli altri membri della
Generazione dei Miracoli.
Il primo
che l'ha fatto sorridere e vacillare sulle sue certezze. Oh, non
smetterà certo di credere da un giorno all'altro a tutti i
suoi ideali solo per questo. Ma, forse, potrebbe iniziare a pensare che
non tutto ciò che fanno i Cacciatori è corretto.
Che potrebbero esserci altri modi per arrivare allo stesso scopo.
Esistono
per difendere la razza umana dai mostri, eppure non sono forse alla
loro stregua se consegnano alla morte un ragazzo solamente
perché non è completamente umano? Solo
perché ha qualcosa in più.
Midorima
sfiata, chinando il capo, gli occhi nascosti dietro il riflesso delle
lenti. Abbassa le braccia e cinge, incerto, i fianchi sottili di Takao
mentre la mano libera va a premere delicatamente sulla sua
nuca. Avverte il proprio corpo rilassarsi, in qualche modo, quando
sente quello più piccolo dell'altro ragazzo cessare di
tremare.
«No,
non glielo permetterò. Ti do la mia parola nanodayo»
_________________________
»Angolino di Red: uhuhh,
eccomi tornata con una raccolta. Una raccolta legata, per chi l'ha
letta (e chi non l'ha letta la legghi -??-), alla mia mini-long cheungiornofiniròdiaggiustarelopromettomanonèquestoilgiorno
''He's a Monster. Beautiful Monster''.
In realtà non è proprio necessario che si sia
letta quella, ma l'universo in cui mi muovo è lo stesso.
L'idea mi frullava in testa già da un po' ma non ho mai
avuto il tempo di mettermi sul serio a scrivere - fino ad ora,
ovviamente.
''Tales of
Wolves and Hunters'' vuole raccogliere, come suggerisce il titolo, OS
(o in casi peggiori Flash) su Cacciatori e Licantropi. I membri della
Generazione dei Miracoli saranno i protagonisti, ma non mancheranno
anche i loro compagni. I capitoli, divisi in file,
tratteranno dei primi incontri fra Cacciatore e Licantropo e si
sposteranno avanti nel tempo per vedere come i rapporti si sono
evoluti. Avviso già da ora che non tutte le coppie saranno
CacciatorexLicantropo e non tutti i capitoli tratteranno di questa
distinzione o di coppie in generale. Non so ancora quanti
effettivamente saranno i capitoli, ma mi affido a Raziel per questo.
...sah. Anyway, il rating potrebbe salire. Nonsisamai.
Ho voluto
iniziare con Midorima e Takao perché... perché
sì. Sono l'amore (?) e non ho mai scritto su di loro e
quindi dovevo assolutamente rimediare. Ok, Kazunari non è
proprio un vero licantropo... ma possiamo passarci sopra. Ho modificato
le età di entrambi, cosicché Shin-chan sia
più grande di tre anni del nostro playmaker (ne ha venti,
quindi). Non è stato spiegato benissimo cosa faccia alla
Base, è vero, ma chi ha letto la precedente e aggiunge
ciò che ha scoperto con questa OS può intuirlo.
E' facile.
Come qualcuno
di voi avrà capito (o anche no) il numero del file
rappresenta il numero della maglia dei ragazzi nella Teiko. Almeno per
i
capitoli di ''incontro'' utilizzerò quelli. Andando avanti
poi potrei utilizzare quelli delle successive squadre. Vediamo come mi
sento ispirata, oh.
Che altro?
Spero che questi due non siano risultati troppo OOC ma,
ripeto, è la prima volta che mi cimento con loro e quindi ci
alzo le mani. Nobody is
perfect, dicevano.
Se avete
domande, suggerimenti o correzioni da farmi sarò lieta di
ascoltarvi! Anche solo per sapere cosa ne pensate, ecco.
Quindi ci
vediamo il prossimo capitolo. Torno a lamentarmi per il dente del
giudizio e il caldo soffocante.
Gné.
|
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Capitolo 2 *** » File 068. The wolf's prayer. ***
Tales of Wolves and Hunters
»
File 068.
The wolf's prayer.
La prima volta che Daiki vede di nuovo Ryouta,
dopo essere saltato giù dal furgone in corsa della divisione
Tōō, crede che gli occhi dorati dal
taglio felino che lo guardano con apprensione siano quelli di un
fantasma e sorride pensando che, dopotutto, forse non è
così male morire se significa poter stare di nuovo con lui.
E magari chiedergli scusa per tutto ciò che ha fatto, per
tutto quello che non ha detto.
La prima volta che
Ryouta vede di nuovo
Daiki, dopo averlo recuperato mezzo assiderato - e con varie costole
incrinate per via della caduta ad alta velocità - da sotto
il vecchio albero dove aveva finito per accasciarsi, crede che il
sorriso che il Cacciatore gli rivolge sia la cosa più bella
che abbia mai visto e decide che vuole rivederlo ancora e ancora e che,
quindi, non può assolutamente lasciarlo morire.
xxxxx
Il furgone in cui hanno
caricato il Cacciatore dagli occhi blu sfreccia a velocità
folle fra gli alberi e sembra quasi sempre un miracolo quando, malgrado
i bruschi slittamenti sulla strada gelata, non si schianta mai contro
nulla o si ribbalta fra i cumuli di neve.
E' una macchia nera fra
tutto quel bianco vorticante, appena distinguibile se a seguirla con lo
sguardo non fossero gli occhi di un licantropo.
Accucciato fra cespugli
ghiacciati, il gigantesco esemplare di leopardo delle nevi sbuffa
nervosamente e ogni tanto dà una leccata alla ferita che
spicca rossa sulla zampa destra; uno squarcio che si nota netto fra il
pelo candido e che brucia dannatamente ma, più di tutto,
arreca un fastidio non solamente fisico. E' stato così
stupido a calpestare una di quelle trappole rivestita d'argento che
quegli stronzi in nero
hanno pensato bene di piazzare un po' ovunque e lasciarsi dietro
probabilmente come ricordino o, forse, per evitare che qualcuno di loro
si avvicinasse alla zona dove stavano effettuando la manovra di
recupero del loro compagno!
Maledizione a quel
tizio, maledizione a Kise e maledizione anche a se stesso! Avrebbe
dovuto uccidere quell'essere umano quando ne aveva l'occasione, senza
lasciarsi convincere dalle lagne di quell'idiota e
dall'assurdità del suo gesto.
Segnare un umano, un Cacciatore!,
come proprio compagno per difenderlo dal Branco. Soltanto a quella
testa vuota di un lupo ossigenato sarebbe potuta venire in mente
un'idea geniale di tale portata.
Kasamatsu riflette
sulla possibilità, quantomai appagante al momento, di
cacciare definitivamente quel deficiente e dargli così la
punizione che si merita per averli traditi proprio con il loro nemico
oltre che aver rischiato di metterli tutti in pericolo.
Ma lo straziante
ululato che gli giunge alle orecchie, perfettamente udibile nonostante
le raffiche della tormenta, lo fa pentire immediatamente dei propri
pensieri e socchiudere, infastidito questa volta dalla propria
debolezza nei confronti di quegli stupidi dei membri della sua
famiglia, gli occhi scuri. Ha potuto percepire benissimo il dolore
nella melodia del lupo, del tutto differente da un verso creato
soltanto per intimorire.
Il canto che continua a
risuonare per tutto quell'angolo di foresta è il requiem per
un compagno perduto. Nessuno si avvicinerà a Kise per le
settimane a venire, dopo averlo udito, rispettando la sua sofferenza e
lasciandolo solo a piangere la perdita della propria metà.
-
Stupido idiota, era soltanto un Cacciatore! Cosa avevi intenzione di
fare? Anche se non ti avesse ucciso lui sarebbero stati i suoi compagni
a farlo. Ti hanno risparmiato unicamente perché la loro era
una missione di recupero e questo tempaccio non gli avrebbe permesso di
fare altro!
La trasmissione
dell'Alpha è simile ad un ringhio che rimbomba fastidioso
nella mente, interrompendo il flusso di pensieri e scalzandoli via con
prepotenza per poter ottenere tutta la sua attenzione.
E' fastidioso ed
invasivo, ma è l'unico modo che hanno per comunicare tra di
loro quando sono in quella forma. Questo Kise lo sa ma non gli evita
comunque di scoprire le zanne per mero riflesso, affondando le zampe
nella neve fresca ed artigliando il terreno congelato che si trova
sotto fino a sentire dolore sotto gli artigli.
Vorrebbe ignorare il
capobranco, riprendere ad ululare e farlo finché non
avrà più fiato in corpo, ma sa perfettamente che
ha già superato abbondantemente il limite e che non
può permettersi anche questo. Così si fa forza e
chiude gli occhi, sentendoli bruciare fastidiosamente - vorrebbe dare
la colpa al vento che soffia incessantemente fra le fronde imperlate di
pioggia e cariche di neve, ma non ha neppure la forza di prendersi in
giro da solo.
- Aominecchi non mi avrebbe mai
fatto del male, tu non lo conosci! Ed era... E' il mio compagno, ho
solo cercato di difenderlo! Non avresti fatto così anche tu?
Non lo avreste fatto tutti quanti? Ma non ha più importanza,
adesso, no? E' andato via. Lo hanno ripreso con loro. Non lo
rivedrò più, perciò puoi stare
tranquillo e darmi la punizione che preferisci.
-
Kise...
-
Devo lasciare il Branco? Oppure chiederai agli altri di darmi la caccia
ed uccidermi? Avanti grande Alpha, emana la tua sentenza!
-
Non ho nessuna intenzione di cacciarti o ucciderti, per la Luna! Sei un
grandissimo stupido, i cuccioli sono mille volte più
intelligenti di te e non si sarebbero mai cacciati in questo casino,
ma- aspetta, quello cos'è?
La voce mentale di
Yukio ha subito una brusca variazione, passando ad una
tonalità a tratti allarmata ed a tratti incuriosita. Ryouta
riapre gli occhi, preoccupato, strofinando con più forza la
zampa sul terreno e sbuffando aria calda fra le fauci serrate.
- Cosa? Cosa è succeso?
Per lunghi attimi
c'è solo il silenzio ed il suono della neve che continua a
cadere e il lupo quasi si convince che il contatto si sia spezzato e la
trasmissione caduta per chissà quale motivo. La cosa lo
preoccupa, non può negarlo, al punto da decidersi a muoversi
per cercare di raggiungere il punto in cui si trova il capobranco. Non
ci sono tracce da seguire e la figura del leopardo ha la (s)fortuna di
confondersi facilmente col paesaggio, così deve basare tutto
sugli odori che sente concentrandosi per cercare la traccia che gli
serve.
- Muovi quel culo peloso e corri,
idiota. La Luna mi sia testimone quando dico che esiste qualcuno
persino più stupido di te e che ovviamente l'hai conosciuto
tu. Lui è
qui, non chiedermi come sia possibile. Ma sembra messo parecchio male.
E Kise non ha bisogno
di ulteriori spiegazioni per correre come non ha mai fatto prima.
Quando incrocia la
figura di Kasamatsu, tornato umano, il cuore del lupo aumenta
freneticamente il ritmo dei suoi battiti e copre persino il fiatone
causato dalla corsa sfrenata.
Lo affianca con un
unico balzo, accucciandosi, e quando si rialza non lo fa su quattro
zampe ma sulle due gambe leggeremente instabili, per cui deve
aggrapparsi al braccio dell'altro licantropo per ritrovare l'equilibrio
ed evitare di cadere.
Il mannaro dai capelli
corvini lo lascia fare, anche se gli scocca un'occhiata insofferente ed
è tentato di colpirlo e scrollarselo di dosso, ma poi torna
a guardare ai piedi dell'albero che ha vegliato fino a quel momento ed
appiattisce le labbra.
«Credo si sia
buttato dal furgone, ma non saprei dirti quando è successo.
Li ho persi di vista ad un certo punto. Ma a quella velocità
e con questo tempo... se non fosse un Cacciatore, probabilmente a
quest'ora sarebbe già morto da un pezzo» mormora,
cautamente, cercando di utilizzare quanto più tatto
possibile nel trarre una conclusione che sa quanto possa essere
dolorosa per il fratello «E non so neppure quante speranze ci
siano che sopravviva, con quelle ferite.»
Kise rimane in
silenzio, immobile, soltanto il corpo scosso da lievi tremiti. Il suo
viso è bianco come la neve che li circonda, adesso.
E gli occhi dorati,
sganati e velati da una patina lucida che li rende incredibilmente
più luminosi, sono fissi sulla figura sdraiata fra le radici
sporgenti. Una macchia nera e rossa e in tutto quel bianco che ferisce
la vista.
Aomine è
pallido in viso, sdraiato sulla schiena, con i capelli scarmigliati ed
il capo tenuto sollevato da un giubbotto arrotolato sotto la nuca che
deve avergli sistemato il felino per aiutarlo a respirare, visto che
sembra faticare a farlo. Ha le labbra esangui, quasi blu per il freddo,
malgrado una coperta termica scura come il suo abbigliamento gli sia
stata avvolta malamente attorno.
Il lupo deglutisce,
strizzando gli occhi che pizzicano e distogliendo per un attimo lo
sguardo, perché quella stoffa che lo aiuta a trattenere
ancora un poco di calore sembra quasi un drappo funebre.
Sente il proprio nome
mormorato dall'Alpha, ma è solo un rumore che giunge
ovattato in sottofondo e che non lo aiuta a riprendersi dalla trance
che lo induce ad avanzare, barcollando, fino a cadere in ginocchio
davanti al suo compagno.
Poco importa che il
Cacciatore non lo consideri così e che non gli importi nulla
di lui. Che abbia preferito lasciarlo e tornarsene con i suoi compagni.
Anche se, adesso, non sa cosa pensare. Cosa credere. Perché
si è lanciato da una vettura in corsa, rischiando di
ammazzarsi, se davvero niente di quello che hanno vissuto in quelle
settimane è stato importante?
Vorrebbe chiederglielo
ma riesce soltanto ad allungare una mano tremante per allontanare una
ciocca che sembra quasi blu da quel viso amato, cercando di essere il
più delicato possibile.
«Daiki...»
mormora, pronunciando finalmente il suo nome. Suona così
strano adesso fra le labbra, ha un sapore dolce e amaro come veleno al
contempo.
Ed il respiro viene
bruscamente trattenuto, quasi si spezza in gola, quando le palpebre
dell'essere umano tremano appena per poi sollevarsi a fatica su due
occhi incredibilmente blu.
Aomine non sa quanto
tempo sia passato da quando è sfuggito alla vigilanza di
Satsuki e ha aperto di scatto il portellone del furgone, gettandosi
senza remore o preoccupazione per la folle velocità e senza
controllare a cosa effettivamente stava andando in contro. Ha avuto il
tempo di sentire l'invettiva di Imayoshi e l'urlo di Momoi, poi
qualcuno che cercava di trattenerlo per la coperta che aveva ancora
sulle spalle e infine soltanto il dolore per l'impatto, il freddo della
neve e il vento sferzante.
Ha rotolato, senza
riuscire a trovare nulla per appigliarsi e frenare la caduta,
finché la sua corsa non è terminata contro un
masso sporgente. Allora si è trascinato fino ai piedi di
quell'albero, con le ultime forze rimaste, e lì ha perso i
sensi. Non ricorda altro, se non le fitte al petto e l'avvertire quasi
impossibile provare a respirare. Alla fine ha perso anche
sensibilità, non avvertendo più il freddo
così pungente ma non riuscendo neppure a muoversi.
Sentire quella voce
chiamare il suo nome, perciò, e vedere poi quegli occhi che
è sicuro siano ormai perduti e solalmente per colpa sua -
l'ha detto quell'infame di Shouichi, del resto, perché non
avrebbe dovuto credergli? - non l'ha potuto che convincere del fatto
che sia morto. O stia per morire, in ogni caso, non è
importante.
Spiegherebbe
perché vede lui
adesso. Non aveva forse pensato che fosse un angelo, la prima volta in
cui aveva visto l'uomo dietro la bestia?
Un angelo con zanne e
artigli, certo. Ma così lontano dai mostri che ha combattuto
per tutta la vita...
Avrebbe voluto avere
più tempo, per stare con lui. Avrebbe voluto avere
più coraggio, per proteggerlo e ammettere di ricambiare quel
sentimento con cui ha difeso lui. Invece non ha fatto altro che
ucciderlo.
«M-mi...
di-spia..ce»
Lo scandisce a fatica,
cercando di articolare le parole anche se parlare è
difficile e muovere le labbra che sente congelate è un vero
tormento.
Kise trema un po' di
più, scuotendo il capo e chinandosi su di lui. Appoggia la
fronte contro la sua e chiude gli occhi per nascondere le lacrime,
stringendolo fra le braccia con delicatezza per non aggravare le sue
condizioni e fargli provare più dolore e portandoselo vicino
al petto, al cuore, cercando invano di trasmettergli il proprio calore.
«Shh... non
sforzarti»
«K-kise...
Ryo... Ryouta...»
ma quello continua, testardo come sempre, specchiandosi in quegli occhi
che ricordano la luna nel suo splendore. O forse il sole? Adesso non
saprebbe dirlo con certezza. E' difficile continuare a metterlo a
fuoco, inizia tutto a diventare sfumato ed i contorni si anneriscono.
Fa un po' paura, ma si
aggrappa al viso che ancora vede. A quegli occhi.
«S-sì... la mia... risposta... è sì»
Ed è la
dichiarazione migliore che avrebbe mai potuto fargli, perché
il lupo comprende perfettamente cosa voglia dire con quelle poche
parole sussurate come se ogni sillaba fosse una coltellata.
Le lacrime che cadono
dagli occhi d'oro del licantropo hanno il tempo di bagnare il viso del
Cacciatore prima di congelarsi in piccoli cristalli.
Solo dopo qualche
istante si rende conto che il battito su cui si era concentrato si fa
sempre più fievole, così come il respiro
dell'altro. E non può fare altro che stringerlo di
più, scuoterlo appena con disperazione.
«No... ti
prego no...» singhiozza, quasi senza voce «Ti
prego...»
L'Alpha, alle sue
spalle, distoglie discretamente lo sguardo da quella scena straziante,
a disagio. Si sente di troppo in quel momento eppure non ha la forza di
lasciare solo il fratello. Non se lo perdonerebbe mai, conosce quel
lupo e sa perfettamente che, pur dimostrandosi forte ed indipendente,
è una creatura tremendamente fragile.
«Kasamatsu!
Ti supplico!»
Sobbalza quando si
sente chiamare, quando voltandosi di nuovo incrocia gli occhi ardenti
della Bestia e non quelli velati di dolore del ragazzo che ha davanti e
che si aggrappa al suo compagno come se ne andasse della propria di
vita. Intenzionato a non lasciarlo andare.
Irrigidisce le spalle,
perché in quelle poche parole ha sentito già
tutto quello che gli serve per capire il tenore della richiesta. Ed
è una responsabilità troppo grande.
Eppure...
Eppure, se non
accettasse, Kise non glielo perdonerebbe mai. Lo sa. Andrebbe
spontaneamene via dal Branco, diventerebbe un reietto o peggio. Non
vuole pensare ad un'eventualità peggiore, in effetti.
«E' un
Cacciatore» tenta, ma risulta incerto persino alle sue
orecchie.
«E' il mio compagno»
c'è così tanta forza in quella singola parola che
il leopardo si sente come se fosse stato schiaffeggiato e quasi
barcolla. Quello sguardo è così intenso da
bruciare, difficile da sostenere.
Non ha mai visto Ryouta
così, da quando lo conosce, mai. Lo sta sfidando
apertamente, incurante della gerarchia. E tutto solo per quel ragazzo.
«Yukio, ti
prego. Me ne prendo piena responsabilità, qualsiasi cosa
succeda. Ma fammi provare. Non posso lasciare che muoia senza avere
almeno tentato!»
Il felino lo sa, lo
capisce. C'è una piccola parte di lui che vorrebbe ancora
lottare, far valere la sua supremazia. Ma, alla fine, volta le spalle
alla coppia e schiocca la lingua contro i denti, con un suono sordo.
E poi c'è di
nuovo l'immenso leopardo che si perde fra la tormenta e svanisce alla
vista.
Ma Kise lo ha sentito
comunque.
«Ricorda, qualsiasi cosa accada
è una tua responsabilità. Non farmene
pentire»
Kise sente ancora il
sapore del sangue in bocca e sa già che sarà
difficile farlo andare via. Strofina il dorso della mano contro le
labbra, in un altro futile tentativo di cacciare la sensazione, e poi
lascia andare il capo contro la parete di legno alle sue spalle.
Inspira ed espira
rapidamente, cercando di isolare gli odori che gli pungono comunque le
narici, chiudendo gli occhi con aria stanca dopo aver dato un'ultima
occhiata al letto vicino al camino dove arde allegro un fuocherello che
tenta come può di non guardare e che gli ha causato non
pochi problemi accendere.
Chi occupa il materasso
ha il respiro pesante e frammentato, il corpo scosso ogni tanto da
convulsioni che lo fanno tremare e lamentarsi sommessamente nel sonno.
Ogni tanto va a detergergli la fronte, rinfrescandogli la pelle
ardente, e gli ha già cambiato tre volte la fasciatura al
braccio destro. Purtroppo la zona dove l'ha morso continuerà
a sanguinare e la ferita non si rimarginerà fino alla sua
prima mutazione. Ed anche allora rimarrà la cicatrice a
testimonianza di quanto successo.
Nell'attesa di sapere
se il processo ha funzionato, però, se è riuscito
ad infettarlo
- Sacra Luna, suona orrendo persino pensarlo - non può fare
altro che pregare silenziosamente perché la sua vita sia
salva.
E perché, se
si risveglierà, lo perdoni per ciò che ha fatto.
Che gli ha fatto.
Si stringe le ginocchia
al petto Kise, proprio come quando era bambino e pregava con tutte le
sue forze perché qualcosa accadesse. Quando la settima notte
del settimo mese, ogni anno, alzava speranzoso lo sguardo al cielo
recitando haiku
affinché la Tessitrice
Celeste esaudisse i desideri che aveva scritto con grafia
sgraziata ed infantile sui tanzaku
colorati che le sue sorelle preparavano per lui che credeva ancora in
certe leggende.
Vorrebbe chiedere a Orihime, ancora una
volta, che accolga le sue preghiere e salvi il suo amore.
Perché lei sola sa cosa vuol dire essere separati dal
proprio sposo, quanto doloroso sia non poter vedersi più e
desiderarlo così tanto.
Ma questa non
è la settima notte del settimo mese e lui non ha
striscioline di carta da appendere a rami di bambù troppo
alti per un bambino di otto anni.
Ha soltanto da pregare
la Madre Luna, l'unica divinità a cui quelli come loro
è ancora concesso credere, affinché accetti
Aomine tra i suoi figli. E lo riporti da lui.
«Kise...!»
Nel delirio della
febbre, Daiki ha ancora la forza di pronunciare il suo nome. Lo cerca e
Kise non può fare altro che alzarsi e sfidare il suo timore
per le fiamme nel tornargli accanto e sedersi al suo fianco. Nello
stringergli con forza una mano che trema terribilmente fra le sue e
carezzargli il volto sudato con disperata dedizione.
«Sono
qui» mormora, chinandosi su di lui e poggiando le labbra
sulle sue roventi.
Il bacio sembra avere,
in qualche modo, il potere di calmare il giovane che sembra quasi
rilassarsi. I lineamenti farsi distesi.
Il lupo sorride,
portandosi la sua mano alle labbra e baciandogli poi le nocche,
stringendola forte «Sono qui, Aominecchi, e non ti lascio.
Perciò vedi di lottare e di vincere anche questa volta,
'kay? Lo so che puoi farcela»
Chiudendo gli occhi
può avvertire la stretta essere ricambiata ed il suo cuore
si riempie ancora una volta di speranza.
La loro non
può essere solo una maledizione, non quando può
salvare una vita. Non quando può salvare lui.
Non gli importa se alla
fine lo odierà per quello che gli ha fatto. L'importante
è che possa tornare a guardare i suoi occhi e ammirare il
suo sorriso strafottente.
Che il suo compagno
torni da lui.
«Mi fido di
te.»
_____________________________
»Angolino di Red: scritta
per l'AoKise Day, per la giornata mondiale del Bacio e per il Tanabata
(anche se c'è solo un riferimento). Ed in clamoroso ritardo
per tutti e tre, ma se non faccio le cose in ritardo io non sono una
persona felice e contenta, comprendetemi. E poi c'è caldo,
sono giustificata ad andare a rallentatore. Seh.
In
realtà non si tratta di un vero primo incontro, visto che
quello si è visto nella precendente ff, ma ci tenevo davvero
taaanto a scriverla e ho avuto l'ispirazione per farla e quindi
sì.
Per chi si
è chiesto cosa sia successo dopo che Aomine ha avuto la
geniale idea di buttarsi giù dal furgone quando
quell'amabile personcina di Imayoshi l'ha gabbato informandolo della
morte di Kise, e come sia diventato un licantropo. Taaa-daaa-n.
Kasamatsu,
povera stella, anche se non mi sta particolarmente simpatico ho voluto
inserirlo comunque perché la sua parte l'ha fatta. Per chi
volesse vederci anche un accenno di KasaKise... beh. Beh. Non dico no
ma neppure sì (?)
Ovviamente
come per la precedente OS, il numero del file corrisponde alla maglia
dei personaggi al tempo della Teiko (sei per Aomine e otto per Kise).
Ringrazio
chiunque sia passato per leggere, chi ha messo la raccolta nelle
seguite e nelle ricordate. Ovviamente se volete lasciarmi un vostro
parere sarò felice di leggerlo!
Per il
momento, vi lascio alla prossima e torno a squagliarmi.
*Antòfacaldo*
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Capitolo 3 *** » File 0415. The King and the Phantom. ***
Tales of Wolves and Hunters
» File
0415. The King and the Phantom.
La prima volta che Seijuro vede Tetsuya è al
funerale di okaa-san.
E' una tiepida mattinata di inizio primavera, il sole gioca a
nascondino fra le nuvole che disegnano forme astratte nell'ampio cielo
di Chunzenjiko giocando a riconcorrersi sulle campagne tanto amate da
Himawari Akashi. E' per questo che otou-san
ha deciso di seppellirla qui, fra i fiori di campo che raccoglieva in
estate e appuntava ai graziosi cappellini di paglia con cui ornava i
lunghi capelli rossi, come ultimo pegno d'amore e per rispettare le sue
volontà.
Non c'è alcuna alta pira funebre per lei, ma una bara
candida su cui sono adagiati i suoi fiori preferiti - i girasoli, ne
portava anche il nome - che viene calata lentamente nella terra buona
che ha calpestato fin da bambina e l'ha vista crescere e diventare una
splendida donna e madre.
E' stata la malattia a portarsela via, del resto, uscendo sconfitta da
una battaglia diversa da quelle che aveva portato avanti per tutta la
vita. Non può esserci dunque il consueto addio per i
Cacciatori, sebbene siano tutti lì a renderle omaggio per
l'ultima volta.
Seijuro non si avvede subito di Tetsuya, a dire il vero quasi non lo
nota nascosto com'è dietro le gambe di suo padre
finché non è proprio Eijiro-san a portare
l'attenzione su di lui posandogli una mano su di una spalla e
convincendolo con gentilezza a venire fuori dal suo nascondiglio.
L'unico figlio dei coniugi Kuroko è un bambino talmente
delicato da sembrare effimero come un sogno, il bianco ed il celeste
sono gli unici colori che predominano in lui e spiccano prepotentemente
contro gli abiti neri del lutto che indossa. Sembra quasi essere stato
dipinto a pennellate, c'è qualcosa in lui che parla di
irrealtà e destabilizza l'unicogenito degli Akashi dandogli
l'impressione che abbia davanti una creatura inconsistente e
inafferrabile.
Del resto basta distogliere un poco lo sguardo perché
svanisca dal proprio campo visivo, si smetta di notarlo come se non
avesse alcuna presenza.
Dall'alto dei suoi dieci anni appena compiuti, Seijuro lo trova affascinante.
Tetsuya assiste silenzioso alle presentazioni e le discussioni dei
grandi, finché non è il momento di fare le
condoglianze. Avanza di un passo, allora, fermandosi prima davanti a
Reitaro-san ed esprimendosi in un composto ed elegante inchino
mormorando il suo dispiacere per la perdita.
Quando è il turno di passare al figlio, esita un istante
nell'incrociare quegli occhi rossi che sembrano studiarlo e non
rivelano una briciola del dolore che dovrebbe provare un bambino a cui
è stata strappata via la madre così presto.
Eppure non vacilla che un secondo, affrettandosi a chinare il capo.
«Sono molto addolorato per la tua perdita,
Akashi-kun» recita, come fatto poco prima con il padre.
Seijuro lo guarda ancora per qualche istante, in silenzio, consapevole
del disagio arrecato nel più grande che per educazione non
può alzare il capo finché non è il suo
interlocutore a permetterglielo rispondedogli. Quando si rende conto
che Kuroko-kun non si muoverà da quella posizione,
nonostante il lieve tremito delle spalle e l'irrigidimento del corpo,
solo allora sorride impercettibilmente e china a sua volta il capo.
«Ti ringrazio.»
Il bambino dai capelli e gli occhi rossi è, per Tetsuya, un
vero mistero.
Certamente sa che si tratta dell'unico figlio e pertanto successore
diretto del Primo Generale del Cerchio
di Tokyo, ovvero l'organo principale che raggruppa al suo interno tutti
i Cacciatori giapponesi, e che malgrado la giovanissima età
sia uno dei migliori fra i loro coetanei. Effettivamente non sono poche
le voci che corrono sul fatto che faccia parte di quella che chiamano Generazione dei Miracoli,
un gruppo di ragazzini nati con peculiari capacità che li
rendono i più forti e talentuosi Cacciatori della loro epoca.
Sembra che tutti nutrino gradi speranze verso di loro e che, per questo
motivo, li abbiano addestrati duramente fin dalla più tenera
età perché diventassero invincibili.
Ed è quella l'impressione che dà Akashi-kun,
anche adesso che è seduto sulla seggiola di legno di
un'altalena legata da corde robuste al ramo più basso
dell'ombrosa quercia - la più lontana dall'ampia veranda
della villa dove si sono riuniti a parlare tutti gli adulti presenti,
ora che la cerimonia è terminata. Tiene la schiena ritta, le
mani sottili già rovinate da alcune cicatrici che si notano
in controluce ben strette attorno alle ruvide corde, i piedi fermi ed
uniti in una postura composta che per nulla si addice ad un gioco.
In realtà Kuroko ha la strana sensazione di stare davanti ad
una sorta di Re seduto sul suo ricco trono e nutre l'istinto di
abbassare lo sguardo. Oppure scappare via. Entrambi sono forti ed
entrambi vengono sedati nel momento in cui il silenzio viene spezzato
dalla voce del più piccolo.
«Non ti ho mai visto alla Base» è una
constatazione, non una domanda, accompagnata da uno sguardo
inquisitorio che per il bambino più grande è
difficile da sostenere. Nessuno mai lo guarda negli occhi per troppo
tempo. In realtà, nessuno mai lo guarda. Sono davvero in
pochi quelli che si accorgono di lui, spesso risulta difficile persino
ai suoi stessi genitori.
Tetsuya sposta il peso da un piede all'altro, incerto, stringendo le
labbra fra di loro e poi sfiatando, rassegnato. Non può
evitare di dargli una risposta e starsene in silenzio come fa sempre,
questo è più che chiaro.
«Ho ancora dieci anni» fa notare, pacatamente.
«E allora?»
Akashi lo guarda con aria di sufficienza, un sottile sopracciglio rosso
elegantemente sollevato, come se avesse appena udito una risposta che
reputa oltremodo sciocca.
Ha il potere di far sentire oltremodo sciocco il giovane Kuroko, in
ogni caso.
«L'Addestramento inizia a dodici anni per quelli
normali» solo al termine della frase si rende conto
dell'imperdonabile gaffe fatta e sgrana impercettibilmente gli occhi,
rivolgendo uno sguardo appena illuminato dall'ansia al suo
interlocutore. Insomma, ha appena detto che non lo trova normale ed
è offensivo, lo capisce anche lui.
«Non volevo-»
«''Normali''» lo zittisce Seijuro, pronunciando il
termine con una scintilla divertita nello sguardo cremisi e nella linea
delle labbra. No, decisamente non sembra il bambino che il suo corpo
mostra di essere «Appunto. Ma tu non sei normale, Kuroko-kun,
per cui lo ripeto: perché non ti ho visto alla
Base?»
Non c'è scherno e non c'è offesa nelle sue
parole. L'erede degli Akashi è mortalmente serio e, pare,
anche piuttosto interessato ad ottenere una risposta che, lascia
intendere dal modo in cui socchiude gli occhi, spera non essere stupida
quanto quelle che gli sono state precedentemente date.
Il bambino dai capelli azzurri si stringe un poco nelle spalle,
intimorito, avvertendo il battito del suo cuore aumentare e rimbombare
nelle orecchie. Capisce distrattamente che si tratta di un principio di
attacco di panico, ma cerca di respirare affondo ed ignorarlo.
Come fa lui a saperlo?
Se lo chiede, e forse la domanda si riflette fin troppo chiaramente nei
grandi occhi celesti poiché il sorriso sulle labbra sottili
dell'altro si allarga e assume una piega soddisfatta.
Scacco matto.
Seijuro sa di averlo ormai in pugno ma si sente abbastanza magnanimo
dal non voler giocare oltre con lui. Sembra così fragile,
dopotutto, e quasi in procinto di avere una crisi. Sarebbe noioso se
dovesse richiamare gli adulti per soccorrerlo e, scommette, per lo
stesso Kuroko sarebbe un'umiliazione farsi trovare in certe condizioni.
«E' difficile accorgersi di te, se non ti si guarda
direttamente. Nemmeno io ti ho notato fin quando tuo padre non ti ha
presentato. La tua mancanza di presenza è davvero
affascinante, Kuroko-kun, non riesco a credere che nessuno di quegli
stolti fino ad oggi si sia reso conto del tuo incredibile potenziale.
Quando hai iniziato a svilupparla?» sembra davvero molto
interessato, piega il capo su di una spalla e lo osserva in attesa.
Come un gatto che studi il piccolo topolino prima di decidere come
mangiarlo.
Tetsuya deglutisce a vuoto, strofinandosi con una punta di nervosismo
l'avambraccio ed artigliando poi la stoffa della giacca nera che
indossa. Inizia a sentire caldo, malgrado spiri un lieve venticello che
smuove le fronde dell'albero e gli accarezza il viso ed i capelli,
scompigliandoglieli.
Obaa-san
gli ha fatto promettere che non avrebbe rivelato mai a nessuno il suo
segreto. Che nessuno degli altri Cacciatori, al di fuori della sua
famiglia, sarebbe dovuto venire a conoscenza delle sue
capacità. Troppo pericoloso e poi non è mai stato
niente di così eccezionale dal meritare l'interesse del
Cerchio.
Eppure non riesce proprio ad impedirsi di rispondere al volere di
Akashi. Ha qualcosa di ipnotico, un carisma magnetico in grado di
affascinare e asservire anche gli adulti - lo ha notato durante il
funerale e poi dopo, quando tutti sono passati a fare le condoglianze a
padre e figlio.
«Io... sono così da quando sono nato, per quanto
posso ricordare. Hanno sempre fatto fatica a notarmi, senza che facessi
nulla in particolare. Non è una cosa così
interessante.»
«Io non credo.» sorride ancora Akashi, mentre si
alza dalla dondola e gli si avvicina a passi tranquilli.
Anche se è più basso di lui, Kuroko si sente
comunque in soggezione ad averlo davanti e finisce per chinare lo
sguardo. Non capisce cosa sta succedendo a dire il vero, e questo
aumenta la sua ansia.
«Ne, Kuroko-kun, che ne diresti di anticipare il tuo
addestramento ed entrare a far parte della divisione Teiko?»
Gli occhi azzurri del maggiore si sgranano, donando per la prima volta
al viso del fantasmino
una parvenza d'espressione.
«Stai parlando della Generazione dei Miracoli?» lo
sussurra, perché potrebbe aver capito male. E' impossibile
che gli venga proposta una cosa del genere. Lui non è niente
di particolare. Non può neanche pensare lontanamente di
essere paragonato a quei geni.
Akashi deve intuirlo perché il suo sorriso si ridimensiona e
il visetto dai tratti infantili si fa più serio.
«Ora come ora non hai alcuna chance di essere uno di noi. Le
tue attuali capacità non te lo permettono, siamo tutti
più avanti nel programma e la nostra padronanza delle innate è
di molto superiore alla tua. Questo vuol dire che dovrai
impegnarti il doppio degli altri, perché non hai avuto alcun
addestramento prima di oggi. Pensi di potercela fare,
Kuroko-kun?» domanda e la sua voce suona quasi dolce, adesso.
Così come invitante sembra la piccola mano che tende verso
di lui, guardandolo negli occhi come se fossero due adulti.
Tetsuya ricambia il suo sguardo, lo sostiene, sospira e alla fine
decide.
«Farò del mio meglio, Akashi-kun.»
E' impossibile dire di no al Re, dopotutto.
E Seijuro questo lo sa, mentre stringe la sua mano e sorride di nuovo
creando una catena che il tempo non sarà in grado di
spezzare. Non del tutto, mai.
«Non lo metto in dubbio Kuroko-kun»
|
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Capitolo 4 *** » File 05. The Mountain's hunger. ***
Tales of Wolves and Hunters
»
File 05. The
Mountain's hunger.
La prima
volta che Atsushi vede Tatsuya, cerca di colpirlo in pieno viso con un
destro di tutto rispetto.
Fortunatamente il
ragazzo più grande, nonostante l'occhio coperto,
è lesto a schivare il pugno spostando velocemente il peso
alla sua sinistra e ruotando la spalla in modo che venga solo sfiorato
e senta lo spostamento d'aria sul viso. Solo un istante d'esitazione e
si sarebbe ritrovato con lo zigomo fratturato, data la potenza che quel
bestione è in grado di imprimere nei suoi colpi.
Il gigante dai capelli
viola grugnisce, infastidito, ondeggiando pericolosamente sulle lunghe
gambe nel rimettersi faticosamente ritto perché per tentare
di prendere in pieno quel tipo si è sbilanciato troppo in
avanti e ha rischiato di cadere. Il fatto che quello non si sia fatto
colpire, poi, lo rende ancora più nervoso.
Himuro sfiata, dopo
aver trattenuto per qualche istante il respiro, tornando ritto e
stringendo leggermente i pugni ai fianchi pronto ad affrontarlo di
nuovo se avesse la balzana idea di provare a colpirlo ancora. Non ha
ben capito la dinamica, ad essere sinceri.
Forse quel tizio grande
e grosso è stato infastidito dal fatto che non si sia
accorto della sua presenza finché non ha avuto la
bontà di dare in un colpetto di tosse per palesarla.
Col senno di poi
prendere alla sprovvista un Cacciatore conosciuto per essere una
montagna dalla forza erculea con le facoltà mentali di un
bambino di dieci anni non è stata proprio l'idea migliore
che abbia avuto nell'ultimo periodo.
Anzi, correzione:
seguire Taiga in Giappone è stata una pessima idea. Apparire
alle spalle di quel Murasakibara senza palesare prima la propria
presenza è stata solo mera distrazione.
«Ehi, amico,
calma...» tenta, sollevando una mano con il palmo aperto e
rivolto verso di lui. Un po' come si fa con certi animali feroci per
calmarli e rassicurarli che non si abbia alcuna cattiva intenzione nei
loro confronti.
Certo, se quel tipo
riprova di nuovo a cambiargli i connotati non assicura che si limiti
soltanto a schivarlo.
«Io non sono
tuo amico.»
Fa presente il gigante,
voltandosi lentamente verso di lui e osservandolo con un'espressione
non molto intelligente.
Eppure, in quegli occhi
violetti dalle palpebre pesanti, Himuro riesce a leggervi
qualcos'altro. E' solo una scintilla ma riesce comunque a farlo
irrigidire e ricambiare il suo sguardo apparentemente assente con uno
sospettoso. Quel tizio può essere tutto, ma non è
un idiota.
Nel momento stesso in
cui lo realizza, capisce anche che potrebbe essere interessante avere
un rapporto con lui. Quantomeno vantaggioso.
Certo, il problema
è instaurarlo quel rapporto. Cosa non propriamente facile se
la persona che vuoi avvicinare ti guarda come se stesse valutando il
modo migliore per staccarti la testa dal collo.
Himuro deglutisce e
maledice mentalmente Kagami ancora una volta.
«No, certo.
Non sai neppure il mio nome. Io sono Himuro Tatsuya»
«...»
No, così non
va bene. Il giovane che ha davanti continua a fissarlo, senza dire
nulla, ma questo è decisamente preoccupante. Preferirebbe
essere mandato a fanculo o attaccato di nuovo che scrutato in quel modo.
Lo mette quasi a disagio.
Ad ogni modo non si
è presentato a sua volta. Brutto segno.
Pensa, Tatsuya, pensa.
«Mentre tu
sei... Murasakibara Atsushi, numero cinque dei Miracoli della divisione
Teiko. Giusto?»
Murasakibara batte una
sola volta le palpebre, lentamente.
«Sai tante
cose di me Murochin»
Himuro sembra sorpreso
«Muro-» scuote il capo, all'inarcarsi pericoloso di
un sopracciglio violetto del suo interlocutore, preferendo soprassedere
sul nomignolo «-beh, sì. Sono un Cacciatore
anch'io. Della Street
di New Yo-»
«Lo
so» lo fredda, con tono apparentemente annoiato, Atsushi. Poi
si guarda attorno, grattandosi una guancia, con aria pensosa - cosa che
stona un po' con l'espressione addormentata «Ho fame.»
Il più
grande è basito ma, grazie all'inespressività del
suo viso, riesce a non farlo trasparire. Non che sia convinto che
l'altro lo avrebbe notato o se ne sarebbe interessato in alcun modo.
Sembra del tutto a suo agio nell'osservarsi attorno come se si
aspettasse di vedere spuntare dal nulla un ristorante o qualcosa del
genere. Invece ci sono soltanto le mura d'acciaio del corridoio del
Primo Settore della Base di Tokyo.
«Io ho fame
Murochin!» si lagna ancora, petulante come un moccioso,
rivolgendosi direttamente all'americano questa volta.
Himuro non si
stupirebbe granché nel vederlo pestare i piedi e mettere il
broncio.
«Mi hai
capito? Ho fame!»
Tatsuya sbatte le
palpebre, distogliendo lo sguardo dal suo viso corrucciato, sospirando
a metà fra l'esasperato ed il rassegnato.
Beh una su due l'ha
azzeccata.
«Credo che
dovrei andare a cercare mio fratello...»
Il Cacciatore americano
non ha ancora capito com'è finito ad ospitare quel bestione
nella stanza al Secondo Settore che divide con Kagami per quei pochi
giorni che passeranno distaccati nella sede giapponese dell'Ordine.
Ma la mensa era chiusa
e non si sa ancora orientare alla Base, è lì solo
da una manciata d'ore in fondo, oltre al fatto che Murasakibara gli
stava procurando un principio di emicrania con i suoi capricci. L'unica
cosa che gli è venuta in mente sono state le merendine nello
zaino di Taiga. Spera che il fratellino non se la prenda troppo quando
scoprirà che la sua scorta è stata miseramente
saccheggiata.
«Ne hai
un'altra Murochin?» Atsushi dà dimostrazione di
averlo ignorato, allungando una mano grande come un piatto da portata
verso di lui mentre si lecca via le briciole dalle dita dell'altra
senza nemmeno guardarlo.
Tatsuya abbassa lo
sguardo sulla montagnola di cartacce ai piedi del gigante,
tranquillamente seduto sul suo letto, e apre la bocca per ribattere
qualcosa. Possibilmente di piccato e molto scocciato.
Ma lo sguardo ingenuo che
Murasakibara gli rivolge, speranzoso di una risposta positiva e del
tutto disinteressato ad altro che non sia una merendina, lo induce a
lasciar perdere e scrollare le spalle sospirando.
Ha perso il conto delle
volte in cui l'ha fatto da quando l'ha conosciuto, solo un paio d'ore
prima.
Quasi lo rimpiange in
versione ''macchina da guerra'' che tenta di spaccargli la faccia.
«No, Atsushi,
mi dispiace» scandisce attentamente le parole, senza smettere
di guardarlo negli occhi. Malgrado le sue origini giapponesi
è stato cresciuto in America e ha modi di fare occidentali.
In ogni caso il bestione non gli è sembrato particolarmente
colpito dall'uso del suo nome proprio. Senza suffissi, tra l'altro.
L'ha preso come un via libera a continuare così.
«Le hai
mangiate tutte» aggiunge, tanto per convincerlo che
effettivamente non sia più rimasta nemmeno una briciola da
ingurgitare e non gli stia nascondendo nessun pacchetto sopravvissuto
alla sua fame atavica.
«Mh.»
Murasakibara non sembra
convinto e Himuro è tentato di aprire quanto più
velocemente può la porta a cui è appoggiato e
fuggire in corridoio. Potrebbe utilizzare la sua Perfect Fakes,
suppone che con un tipo con una soglia d'attenzione così
scandalosamente bassa non debba metterci neppure troppo impegno.
Prima ancora che possa
attuare la sua strategia, però, si ritrova a sobbalzare
impercettibilmente ricambiando lo sguardo di due occhi viola troppo vicini.
Non si è
nemmeno accorto che il Miracolo si fosse alzato dal letto, figurarsi
essersi avvicinato tanto da sentire il suo fiato dolciastro per via di
tutti i dolci ingurgitati contro le labbra.
Himuro si volta appena,
fissando incerto la mano che il gigante ha piazzato sul metallo al lato
del suo viso; sa perfettamente che non ha alcuna possibilità
di aprire quella porta con lui a bloccarla. La forza smisurata di
Murasakibara è il motivo per cui è entrato a far
parte della Generazione dei Miracoli.
«Atsu-»
il nome del giapponese viene soffocato in un bacio vorace.
A dire il vero,
più che baciarlo, sembra che Atsushi stia cercando di
mangiargli le labbra. E' tutto un gioco di denti e labbra, morsi e
leccate che gli impediscono di respirare e ragionare correttamente.
Prima ancora che possa
realizzarlo ha la sua lingua in bocca. E' prepotente come un bambino
persino in questo, vuole prevalere e arriva a mordere senza
pietà quando si sente respinto dalle mani dell'americano
contro il suo petto.
Tentativo ridicolo,
Himuro ne è consapevole, è come tentare di
smuovere una montagna. Ma Murasakibara è violento, fa male,
può sentire il sapore del proprio sangue ed è
certo che anche lui se ne sia accorto ma non gli interessi
perché invece di rallentare lo preme di più
contro la porta e gli sfila con uno strattone la maglia dai pantaloni
aderenti della divisa, quasi strappandola, per poter tastare la sua
pelle nuda ed artigliarla aggrappandosi al fianco sporgente.
Quando la vista inizia
ad offuscarsi per la mancanza d'ossigeno, ecco che la sua bocca viene
abbandonata e si ritrova a prendere una boccata d'aria che gli brucia
la gola e fa quasi lacrimare gli occhi. Ma non importa, credeva davvero
di soffocare.
Atsushi non si arrende,
però, e mostra quanto sia ancora affamato scendendo ad
accarezzargli il collo con le labbra, leccando la pelle delicata e poi
affondando i denti nell'incavo con la spalla.
Fa male anche questo,
ma quello che sfugge all'americano è un gemito di piacere.
Tatsuya sgrana gli
occhi, sorpreso da se stesso e dalla reazione che ha il suo corpo a
quello gigantesco del ragazzo che gli preme contro.
Combattere è
in ogni caso inutile, quindi opta per abbandonarsi a quella tortura
piacevole reclinando il capo contro la porta e offrendo la gola a quel
predatore persino più pericoloso dei mostri che cacciano.
Quel ragazzo non sembra
neppure umano, effettivamente. Se solo non fosse un Cacciatore e non
lavorasse per il Cerchio giapponese sarebbe del tutto sicuro che sia un
licantropo.
«Hm... adesso sono sazio
Murochin» il sussurro roco contro il suo orecchio lo fa
sussultare e deve premere forte le labbra fra loro, a costo di farsi
male, per non lasciarsi andare ad un altro gemito.
Stordito alza lo
sguardo sull'immenso Cacciatore ma quello non sembra affatto colpito da
quanto successo. La passione, la ferocia e la fame sembrano davvero
essere scomparse lasciando solo la sua solita aria annoiata.
«Potresti
farmi uscire? Sto perdendo tempo e Akachin si arrabbia se arrivo tardi
all'allenamento»
Celia, come se fosse
qualcosa che gli è stato detto di mandare a mente e ripetere
in situazioni come quelle.
Himuro annuisce,
incerto, spostandosi in silenzio e rimanendo altrettanto in silenzio a
guardare Murasakibara sparire in corridoio. Solo quando non vede
più nemmeno una ciocca di quei capelli viola si permette di
chiudere di nuovo la porta e tirare una testata contro il metallo.
«Cosa cazzo
è successo?»
Sente ancora le labbra
bruciare, per non parlare dei morsi che gli riempiono il collo su cui
stanno già quasi spuntando sicuramente dei lividi. Una mano
pallida scatta a coprirlo, come se potesse cancellarli.
La cosa peggiore,
però, è sicuramente il doloroso e imbarazzante
rigonfiamento al cavallo dei pantaloni.
«Ohi,
Tetsuya, sei dentro?»
Oh... e ovviamente
Taiga e il suo pessimo tempismo.
Cazzo.
Letteralmente.
Come gliela spiega ora
questa al fratellino senza causare un incidente diplomatico tra Cerchi?
________________________
»Angolino di Red: come
avevo detto, più avanti avrei potuto alzare il rating della
raccolta. E figurarsi se non lo facevo con questi due? Non potevano
avere un primo incontro più ''intenso''.
Spero, ancora
una volta, di aver mantenuto abbastanza IC i caratteri di entrambi.
Ringrazio little_astrid e Giuliacardiff per
aver fatto sentire il loro parere sul precedente capitolo, e lo faccio
anche con i lettori silenziosi e con chi ha messo la raccolta nelle
seguite, ricordate e nei preferiti. Se volete dirmi la vostra siete
liberissimi di farlo, nel bene e nel male, non vi mangio tranquilli!
Avviso che i
primi incontri stanno terminando. Rimangono solo l'incontro tra Kuroko
e Kagami, quello tra Akashi e Nijimura (yes, per gli amanti della
coppia, gioite!) e quello dei Miracoli.
Che altro
dire? Ci vediamo alla prossima OS!
Ciaossu
|
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Capitolo 5 *** » File 015. The Ghost Wolf. ***
Tales of Wolves and Hunters
»
File 015.
The Ghost Wolf.
La prima volta che
Tetsuya vede Taiga lo fa attraverso gli occhi del lupo che assistono
secondo dopo secondo alla sua caduta giù dal Brooklyn
Bridge; dal momento in cui mette il piede in fallo correndo lungo il
parapetto di sinistra, al modo in cui agita quasi comicamente le
braccia per aggrapparsi ad uno dei cavi che finisce però
per scivolargli fra le dita, fino al tuffo di schiena che solleva alti
schizzi e lo vede inabissarsi fra le acque fredde e pericolose
dell'East River.
In realtà
Kuroko, col senno di poi, non saprebbe dire cosa di preciso di quella
scena appena vista lo abbia spinto ad uscire dal suo nascondiglio di
corsa, mangiandosi i metri che lo separano dalla riva, fino a bloccarsi
proprio ad un passo da questa per rannicchiarsi sulle zampe posteriori
e compiere un lungo balzo in avanti che termina proprio in quelle
stesse acque. E' folle tuffarsi di propria volontà nello
stretto considerato come la velocità di queste riesca a
portare in breve, e senza dare modo di capire come, gli incauti
bagnanti fino in mare. Ci sono pochi appigli a cui poter far ricorso
per impedire alla corrente di trascinarti via.
Ma il grosso lupo
grigio è un abile nuotatore e riesce, se pur con un po' di
fatica, a raggiungere il punto in cui ha visto sparire il corpo del
ragazzo dai capelli rossi. Non ci pensa due volte perciò,
quando non lo vede riemergere, ad inabissarsi a propria volta.
I suoi polmoni sono in
grado di incamerare una quantità d'ossigeno sufficiente a
rimanere in apnea per svariati minuti, ma basta solo qualche secondo
perché si avveda del giovane privo di coscienza che sta
rapidamente scendendo verso il basso. Gli abiti neri che indossa sono
quelli di un Cacciatore e, fortunatamente, il materiale di cui sono
fatti non li rende un ostacolo come le normali stoffe. Li conosce bene,
d'altronde fino a nemmeno tre mesi prima li indossava anche lui.
Probabilmente
è per questo se finisce a stringere delicatamente la morsa
dei denti sul braccio che gli è più vicino, poco
sotto il gomito, attento a non incidere troppo la carne e
strapparglielo via o ferirlo più del necessario. Ha imparato
piuttosto in fretta a destreggiarsi con quella forma e le sue nuove
capacità, sebbene all'inizio non fosse stato affatto facile,
così riesce a riemergere insieme al ragazzo e guadagnarsi,
con non poche difficoltà data la corrente che li respinge,
la riva nel giro di qualche minuto che gli sembra un'ora intera.
A guardarlo
dall'esterno probabilmente sembrerà uno di quei cani
addestrati per salvare la gente in mare. Se qualcuno del Branco di New
York lo vedesse in questo momento, si giocherebbe sicuramente anche
quel barlume di fiducia che si è così
faticosamente conquistato nelle ultime settimane.
Il fatto è
che non può lasciare morire un suo ex compagno. Non
può lasciare morire una
persona. Qualsiasi sia la fazione di cui fa parte. In
fondo è stato questo suo senso di giustizia ad ogni costo a
portarlo ad oggi e fargli perdere tutto. Ma non se ne pente, a dispetto
di quel che si possa pensare. Di quello che sicuramente gli altri
Cacciatori d'Argento avranno pensato dopo l'incidente.
Non deve essere molto
più grande di lui. Forse potrebbero essere persino coetanei
anche se l'altro gode di una stazza che ricorda più un
armadio che un ragazzo, oltre che di diverse decine di centimetri in
più.
Kuroko ci riflette
mentre recupera le sue sembianze umane dopo averlo depositato sdraiato
di schiena sulla pietra fredda, forse per distogliere la mente dal
dolore della mutazione che, per quanto veloce possa essere, non lo
risparmia mai. Si chiede spesso se un giorno smetterà di
provarlo o almeno si attenuerà un poco, ma non ha avuto
finora nessuno a cui esporre questi e altri dubbi ed, in ogni caso,
dopo
tre mesi continua a fare un male cane come la prima volta. Quindi
buttandola lì direbbe proprio di no.
Fortunatamente la notte
ha avvolto nella sua materna coltre la Grande Mela già da un
pezzo e l'unica cosa ad illuminare quella zona è lo spicchio
di luna che riflette pallido in lontananza il tenue brillare delle
poche stelle che riescono a vedersi nonostante l'illuminazione della
città.
Ad ogni modo
è abbastanza tardi perché nessuno passi di
lì e si faccia qualche domanda sul perché ci sia
un ragazzo completamente nudo e bagnato chino su di un altro
visibilmente svenuto e altrettanto fradicio. Effettivamente potrebbe
essere facilmente frainteso ed incappare in non pochi guai.
Non che questo risulti
essere un vero problema nella mente di Tetsuya considerato come sia
totalmente occupata nel concentrarsi sul giovane da rianimare. E'
pallidissimo, ha le labbra quasi bluastre e i capelli sono come alghe
sanguigne appiccicate al viso; deve aver bevuto, quindi l'unica cosa
che gli viene in mente è il dover fargli espellere l'acqua
dai polmoni nel minor tempo possibile. Più tempo passa
più la sua prodezza rischia di diventare inutile.
Certo è che
non aveva ancora fatto la respirazione bocca a bocca con le
capacità che ha ora, quindi deve andare molto cauto nella
forza che appone premendo le mani sovrapposte l'una sopra l'altra al
centro del torace, ma soprattutto non l'aveva mai fatto in abiti
adamitici. Alla Base gli hanno insegnato come reagire ad ogni
situazione, ma deve essersi decisamente perso quel corso.
Trova che non sia il
momento adatto per fare dell'ironia, con le labbra appoggiate su quelle
fredde del Cacciatore ed impegnato ad insufflare aria nella speranza di
indurre l'altro a rigettare il liquido che ha bevuto, ma non
può impedirsi un piccolo sorriso divertito. Ignorando
ovviamente il debole calore alle guance, sintomo di un imbarazzo che la
sua proverbiale inespressività riesce a mascherare con
successo. Da chi non è dato sapere, visto che il ragazzo che
tenta di salvare è privo di coscienza.
Quando Taiga rinviene,
scattando seduto mentre tossisce acqua e saliva e respira come se lo
facesse per la prima volta, ringrazia mentalmente chiunque ci sia
lassù per averlo riportato con il culo per terra. Credeva
che stavolta sarebbe morto davvero. Come diavolo ha fatto ad essere
così stupido da perdere l'equilibrio in quel modo? E' una
delle prime cose che insegnano durante l'addestramento! Se Tatsuya o
Alex lo venissero a sapere probabilmente farebbe meglio a rituffarsi di
propria volontà nelle acque gelide dell'East.
Sente la testa girare,
probabilmente per il brusco cambio di posizione, i polmoni in fiamme e
la gola grattare fastidiosamente. Oltre a diversi brividi di freddo che
è quasi sicuro siano sintomo di un bel raffreddore -
è difficile per quelli come loro ammalarsi seriamente e lui
è anche più resistente dei suo compagni in quel
senso.
«Se non fossi
stato un Cacciatore saresti morto. E' stato sciocco distrarsi in quel
modo.»
Grazie tante, eh, come se non lo
sapessi. Kagami passa il dorso della mano contro le
labbra, asciugando l'acqua che ancora cola dagli angoli, trattenendosi
dal pronunciare quelle parole a voce soltanto perché
è davvero difficile al momento recuperarla per farlo.
Solo dopo qualche
istante di black out, come se fosse entrato in stand by, realizza che
con lui c'è qualcun altro. E quel qualcun altro è
un ragazzino visibilmente e totalmente nudo, dalla pelle pallidissima
solcata da svariate cicatrici - alcune vecchie e quasi sbiadite, altre
recenti -, intento a scrollarsi l'acqua di dosso come se fosse un
animale. Svariate goccioline sfuggono dai capelli di un inusuale
azzurro, più scuro perché bagnati, e finiscono
per colpirlo in pieno viso.
Taiga si ritrova ad
aprire e chiudere la bocca, dando sicuramente all'altro l'impressione
di essere un grosso pesce rosso. Un grosso pesce rosso particolarmente
stupido e con le guance in fiamme.
Kuroko lo fissa
perplesso, seduto per terra a gambe incrociate con le mani serrate alle
caviglie, non riuscendo a capire perché improvvisamente
l'altro abbia distolto lo sguardo ed iniziato ad indietreggiare
malamente sulla schiena.
Adesso sembra una sorta
di enorme tartaruga rovesciata sul dorso.
«Uhm? Stai
bene?»
«T-tu...!
Perché... perché diavolo sei nudo... io...
cosa...»
Il licantropo sbatte un
paio di volte le palpebre, unico segno evidente della sua confusione,
abbassando poi lo sguardo sul proprio corpo. Rimane in silenzio ma si
morde il labbro inferiore, incerto, come se adesso fosse in qualche
modo a disagio o preoccupato. Stabilirlo è difficile visto
che il suo viso mostra sempre la stessa espressione assente.
«Oh, questo.
Temo che sia inevitabile, finisco sempre per strappare i vestiti. Di
solito mi porto un ricambio ma non pensavo di dover salvare qualcuno
dall'annegamento» parla con un tono sommesso, quasi dolce,
sicuramente ingenuo. Come se fosse la risposta più naturale
del mondo.
Ovviamente per Taiga
non lo è per nulla, anche se continua a tenere testardamente
il capo voltato di lato per non guardarlo. Non dovrebbe, lo sa,
soprattutto perché è abituato alle docce comuni
con i suoi compagni della
Street ma... ma... ecco, quello non è un suo
compagno. E' un estraneo. Un estraneo nudo.
Una mano va alle
labbra, distrattamente, avvertendo il fantasma di un tocco. Un ricordo
nell'incoscienza.
Un estraneo che...
«T-tu mi hai baciato!»
sembra sinceramente sconvolto, nel puntargli un indice tremante contro.
Abbastanza da essersi dimenticato di non doverlo guardare, almeno.
Il ragazzo dai capelli
azzurri china il capo di lato, su una spalla, e per qualche strano
motivo al Cacciatore ricorda un cucciolo. Questo lo imbarazza ancora di
più.
«Tecnicamente
quella era respirazione bocca a bocca. Tecnica basilare di
prontosoccorso in caso di annegamento, per l'appunto» fa
notare, mitemente.
«G-giusto»
borbotta, dopo interi attimi di silenzio, quello.
«Gra-»
Ma non completa la
parola perché una scintilla di comprensione passa nei
sottili occhi rossi sormontati da assurde sopracciglia fulve - sul
serio, sembrano gli spicchi di mela come kaa-san li tagliava quando
Kuroko era bambino.
«Aspetta. Hai
detto che è inevitabile che i vestiti ti si
strappino» inizia, cautamente. Una mano scivola piano verso
il basso, alla ricerca del manico del pugnale d'argento che tiene
all'interno dello stivale.
Tetsuya si accorge
perfettamente di quei movimenti, per quanto attento sia l'altro, ma non
si
scompone e i suoi grandi occhi azzurri rimangono puntati con sicurezza
sul suo viso «Hm hm»
Il più
grande dei due inspira, avvertendo ancora una fastidiosa fitta al petto
nel farlo «Tu sei un
licantropo.»
Pronuncia la parola in
un tono talmente basso che, se Kuroko non fosse proprio quello di cui
lo ha appena accusato, non l'avrebbe neppure sentito. Sembra un
bambino che voglia nascondere una parolaccia alle orecchie dei genitori.
Il lupo socchiude gli
occhi, sospira e poi annuisce lentamente, continuando a fissarlo. Ma
non azzarda nessuna mossa neppure quando l'altro, con uno scatto
felino, si porta sopra di lui premendogli la lama del pugnale alla gola.
L'argento brucia a
contatto con la pelle ed è davvero fastidioso, sente le
lacrime risalire agli angoli degli occhi senza poter fare nulla per
fermarle ma, anche così, continua a non muoversi. Non tenta
nemmeno di toglierselo di dosso.
«Fa... fa
male...» pronuncia solo, fiocamente, con una nota di dolore
nel tono incolore.
Taiga respira
pesantemente, l'odore salmastro dello stretto in cui è
finito che ancora gli pizzica le narici ma che, adesso, si mescola ad
uno più delicato e buono anche se pungente. Gli ricorda i
boschi dove da piccoli con suo fratello facevano i picnic le domeniche
d'estate. Questo lo
destabilizza più della mancata reazione dell'altro.
«Perché
mi hai salvato? Sai perfettamente cosa sono io» ha usato il
termine esatto, dopotutto, e gli ha parlato come se conoscesse bene i
Cacciatori. Ma perché uno dei mostri che braccano e uccidono
avrebbe dovuto rischiare la vita per salvare quella del proprio nemico
naturale?
Kuroko sa che se
l'argento continuerà a stare a contatto con la sua pelle
rimarrà indelebile la cicatrice e che, a differenza delle
altre, non guarirà mai del tutto e farà sempre
male. E' una cosa che vorrebbe evitare ma vuole evitare anche di usare
la forza con quel ragazzo.
«Nessuno... nessuno merita di morire»
Kagami sgrana gli occhi
e indietreggia, ritirando il coltello, fissando attonito l'altro
ragazzo portarsi la mano al collo e tremare leggermente.
A questo non era
preparato. Lo hanno addestrato ad uccidere quelli come lui senza
esitazione, non a parlarci. Nessuno gli aveva mai detto che le bestie
potessero essere più umane degli stessi esseri umani.
Il giovane lupo legge
la confusione e lo smarrimento sul viso di quello che dovrebbe essere
un nemico ed è più dispiaciuto per questo che per
la pelle che sente ardere sotto le dita e l'acre puzzo di carne
bruciata che avverte lieve. Non gli importa neppure del dolore che
rende
faticoso trattenere le lacrime. Quello passerà, la ferita
piano piano guarirà grazie alla sua capacità di
rigenerazione.
Il dubbio che ha
instillato nel ragazzo dai capelli rossi, quello no, non
potrà sparire allo stesso modo.
«Il mio nome
è... Kuroko, comunque» riesce a parlare dopo
quelli che sembrano interi minuti di silenzio. Un silenzio pesante che
non sopportava più, quasi un fastidio sulla pelle. E dire
che di norma lui lo adora. Ci ha vissuto a stretto contatto per quasi
tutta la vita e negli ultimi mesi gli è stato un compagno
fedele più di quanti ne abbia avuti.
Più di...
«Kuroko? Sei
giapponese? Effettivamente non sembri americano. Neanch'io lo sono
totalmente...» Kagami parla, parla tanto e non si rende conto
neppure di cosa dice. Sa solo che deve parlare o probabilmente
impazzirebbe. E' sconvolto ed è visibile. Ma almeno ha
riposto la sua arma e si è messo seduto ad una
distanza ragionevole dal suo interlocutore. E' già qualcosa.
«Io sono
Kagami. Kagami Taiga, della divisione Street del Cerchio di New York. E
questo è assurdo...»
Kuroko sente un moto
d'affetto per quel ragazzo e un piccolo sorriso comprensivo gli affiora
sulle labbra.
«E' un
piacere fare la tua conoscenza Kagami-kun. Sei la prima persona con cui
parlo da quando sono arrivato qui... sai, il Branco del posto non
è proprio amichevole con gli stranieri.»
Non sa
perché gliene sta parlando ma sente che con quel ragazzo
dalle sopracciglia assurde può confidarsi. Non l'ha ucciso
quando poteva, dopotutto, anche se forse non dovrebbe tirare troppo la
corda. I suoi nervi potrebbero cedere da un momento all'altro.
Kagami annuisce,
frastornato, anche se non può proprio capire. Con i
licantropi di solito non è che vada a bere un goccio al bar,
quindi non può sapere come diamine il Branco tratti chi
sconfina nei suoi territori.
«Non... non
fai parte di un Branco anche tu?» domanda, nervosamente.
Perché potrebbe voler dire che ci sono altri mannari in
circolazione oltre quelli insediati lì. E ci manca solo
dell'altro lavoro o uno scontro tra clan, per quanto potrebbe essere da
una parte utile.
Il ragazzino, sembra
così esile e giovane che non gli darebbe quindici anni, lo
fissa per qualche istante e poi si stringe nelle spalle spostando lo
sguardo sul profilo del Brooklyn Bridge alla loro sinistra.
«No. Io...
non sono nato così. Lo sono diventato da poco e non ho
ancora avuto modo di unirmi a nessun Branco.»
Il Cacciatore annuisce
in silenzio, rimanendo a guardarne pensieroso il profilo. Poi qualcosa
sembra scattare nella sua mente e torna a guardarlo con sospetto. E un
filo di timore.
«Hai detto di
chiamarti Kuroko e vieni dal Giappone...»
L'interessato si
irrigidisce appena ma non si muove né torna a guardarlo o
risponde alle sue parole.
«...circa tre
mesi fa» continua imperterrito l'altro «un membro
della Teiko
di Tokyo è stato dato per disperso durante un raid a Mori.
Si trattava di uno della Generazione dei Miracoli. Dicono che sia stato
morso da uno dei licantropi che si trovavano nella foresta.»
Kuroko si agita,
irrequieto, e con un unico elegante movimento si alza in piedi e gli
dà le spalle «Ora devo proprio andare Kagami-kun.
Sono contento che tu stia bene. Rimettiti»
Taiga rimane a guardare
l'altro incamminarsi, accigliato. Non si alza, ma si sporge comunque in
avanti e non distoglie lo sguardo dalla sua schiena «Tu sei
Kuroko Tetsuya, il
Fantasma. Ti credono tutti morto!»
Tetsuya si ferma, esita
un secondo.
L'ultima cosa che Taiga
vede, prima che svanisca fra le ombre, è uno scorcio del
viso e l'innaturale azzurro dell'occhio del lupo. E la sua voce che
aleggia nell'aria, intrisa di rimpianto e qualcos'altro che non riesce
ad identificare.
''Ed è meglio
così.''
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