Le Avventure di Michelyne nel Paese delle Meraviglie che trovò dietro lo Specchio

di Soe Mame
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quando ho aperto gli occhi, c'era un coniglio bianco... ***
Capitolo 2: *** Per quanto diventi inquietante... ***
Capitolo 3: *** I nostri sguardi si incontrano... ***
Capitolo 4: *** C'è un regalo nel frigorifero... ***
Capitolo 5: *** In profondità, in profondità, in mezzo alla nebbia... ***
Capitolo 6: *** Il fiore del male sboccia dolcemente... ***
Capitolo 7: *** Il fiore del male appassisce dolcemente... ***
Capitolo 8: *** Rendi onore... ***
Capitolo 9: *** Dietro quell'espressione umile... ***
Capitolo 10: *** Non riesco più a starmene ferma qui... ***
Capitolo 11: *** Già, i peccati sono a mia sola discrezione... ***
Capitolo 12: *** Ehi, da questa parte, da quella parte, da quale parte? Di là!? ***
Capitolo 13: *** Non posso più muovermi... ***
Capitolo 14: *** Sii pura, fiorisci in tutto il tuo splendore... ***
Capitolo 15: *** Dormo, dormo, e vedo, in sogno... ***
Capitolo 16: *** Le persone si girano e mi ignorano... ***
Capitolo 17: *** Cioccolato, biscotti, crostate di lamponi... ***



Capitolo 1
*** Quando ho aperto gli occhi, c'era un coniglio bianco... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
[Attenzione: Questa storia fa un massiccio uso della parola "shota".]


LE AVVENTURE DI MICHELYNE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE CHE TROVO' DIETRO LO SPECCHIO



~
Quando ho aperto gli occhi, c'era un coniglio bianco
Era di fretta, e ho deciso di seguirlo

~



Tic Tac Tic Tac

"... mh?"

Tic Tac Tic Tac

Aprì un occhio.
La porta della sua camera, chiusa. Le pareti verde acqua illuminate dal sole alto alle sue spalle.
Strizzò gli occhi e si appoggiò allo schienale della sedia, stiracchiandosi e sbadigliando - ricordando a sbadiglio già finito di dover mettere una mano davanti alla bocca.
Abbassò lo sguardo, sul suo cuscino improvvisato: il libro di economia aziendale, a pagina uno. Quella accanto era bianca.
Ricordava di aver aperto quel libro, poi tutto che diventava improvvisamente nero. Forse aveva letto una riga, ma non ne era sicura.
- Okay, finiti i compiti di economia aziendale! - chiuse il libro, con un ampio sorriso. Di solito l'avrebbe almeno sfogliato per non dare l'idea di averlo solo tolto dal cellophane, ma non voleva sperimentare le possibili reazioni che il fruscìo di quelle pagine avrebbe potuto causare.
Prese il libro e andò davanti alla libreria, indecisa sul dove metterlo: ormai il rettangolo "Testi Scolastici" era stracolmo - a guardare bene, i libri di francese, spagnolo e tedesco giacevano tutti sul tappeto, sbalzati via dai libri di diritto, geografia, storia, latino, greco, letteratura e botanica incastrati con la violenza tra quattro assi di legno. Forse avrebbe dovuto raccoglierli. Ma non avrebbe saputo dove metterli.
Aveva più volte proposto ai suoi genitori di lasciarle usare le librerie in cantina, ma la risposta era sempre la stessa:
- In quella libreria ci sono venti riquadri, potresti usarli per i libri invece che per i tuoi fumetti! -
- Sono manga! -
- Fossero almeno libri scritti! -
- Tutto uno scaffale è per le light novel! -
Alzò lo sguardo, al ripiano più alto, dove i libri di algebra, geometria, fisica, chimica e informatica facevano bella mostra di loro: "Uhm... i posti sono già tutti occupati.".
Non poteva cambiare proprio quelli, i suoi genitori si sarebbero insospettiti nel notare che aveva osato spostare - e dunque toccare - proprio quei libri. E, se avessero messo mano lì sopra, avrebbero scoperto tutte le forniture di yaoi, yuri ed hentai. Non poteva permetterlo.
"Mh..."
Chiuse gli occhi e gettò il libro alle sue spalle. Un tonfo. Un solo, unico rumore. Non doveva aver colpito niente di prezioso.
Si voltò a guardare: era caduto in un angolo della stanza, perfettamente chiuso.
"D'accordo, direi che posso lasciarlo lì." annuì e sorrise: "Ah, quindi ora mi mancano solo i compiti di...?" il suo sorriso si accentuò: "Tutte le altre materie!" strinse i pugni, decisa: "D'accordo! Mi metterò subito al lavoro!".
Afferrò lo stretto necessario e vi mise tutta la sua energia: abbassò la maniglia, aprì la porta e si fiondò nel giardino.
Una volta messi i piedi sull'erba - e dunque al sicuro -, trasse un profondo respiro, l'aria fresca le riempì i polmoni.
- Ah... - sospirò: - Oggi è davvero una bella giornata! - si avvicinò alle siepi alte il doppio di lei, contemplando la bellezza del magnifico processo di fotosintesi - e con questo aveva fatto anche i compiti di biologia e botanica.
- E' una bella giornata... - gli occhi si ridussero a fessure, il sorriso svanì: - ... ma mi annoio. -.
Ormai aveva letto tutti i manga e le light novel in suo possesso e tutti quelli anche solo vagamente reperibili in tutte le fumetterie ed edicole del paese e non sapeva cos'altro fare.
I suoi genitori le avevano dato da leggere libri più consoni ad una graziosa sedicenne di buona famiglia, libri impegnati, con una solida morale, e libri fantastici che però altro non erano che una metafora dei mali del mondo con forte denuncia sociale.
Le avevano poi chiesto spiegazioni quando li avevano ritrovati nascosti tra la legna da ardere.
La risposta: - Non hanno una trama interessante! - non li aveva convinti. Ma lei era stata sincera. Erano loro a pensare che avesse detto una bugia.
Ma, in fondo, i suoi genitori avevano idee strane.
Più volte aveva indicato loro dei libri - persino senza figure! - che aveva letto e anche apprezzato. Ma i suoi genitori non li consideravano libri adatti ad una graziosa sedicenne di buona famiglia, perché erano palesemente scritti per un pubblico di bambini e lei doveva decidersi a crescere.
- Ma in questo ci sono squartamenti! E in quest'altro ci sono atti di cannibalismo! E qui ci sono scene di sesso con delle cipolle! -
- Non cambiare discorso. -
Insomma, i suoi genitori erano persone con strane idee che lei non riusciva a comprendere.
Tic Tac Tic Tac
Ma non cambiava il fatto che si stesse terribilmente annoiando e fare inforigurgiti a caso l'aveva aiutata a malapena ad occupare due minuti scarsi.
Tic Tac Tic Tac
"Di nuovo quel suono..." si guardò intorno: "... sembra un orologio...?".
Tic Tac Tic Tac
Lo sentiva come se l'avesse appoggiato alla spalla. Controllò di non averne effettivamente uno: no, solo il verde acqua delle maniche a sbuffo del suo vestito.
Tic Tac Tic Tac
Più forte. Come se dalla spalla fosse arrivato al collo, proprio sotto l'orecchio. Come se- "Si sta avvicinando?"
Tic Tac Tic Tac
Un fruscìo di foglie, dietro di lei. Un brivido.
Si voltò.
- Chi- -
Qualcosa.
Aveva attraversato la sua visuale talmente veloce da scompigliarle le lunghe codine e quasi sollevato la gonna. Corse ad abbassarla, l'altra mano a tirare indietro i capelli finiti in faccia, lo sguardo cercò di seguire quella figura - le era parsa bianca e nera, qualcosa del genere.
- E' tardi! E' tardi! E' tardi! -
Una vocina. Senz'altro bianca. Ma non sembrava di una ragazza.
Vide la figura bianca e nera fermarsi di colpo qualche metro più avanti. La prima cosa che riuscì a distinguere fu una batuffolosa coda bianca. Poi due lunghe - lunghe - orecchie bianche, da coniglio. E una massa di capelli biondi.
Fece qualche passo avanti, attenta a non spaventare il coniglietto biondo - che aveva appena estratto un enorme orologio da taschino da una minuscola taschina del suo panciotto, che non era nero ma verde muschio.
A guardarlo bene, di nero aveva soltanto le scarpette. Persino i pantaloni al ginocchio sembravano più un verde scurissimo. Le calze, invece, erano bianche, come la camicia.
Il coniglietto si voltò.
Due grandi occhi azzurri.
Il cuore sussultò.
Dovette portare una mano al petto, sperando di non ritrovarselo sul palmo. Batteva troppo forte, rimbombava nelle orecchie, con talmente tanta forza da farla tremare.
"L-lui... lui..." aprì la bocca.
- E' TARDI! - il coniglietto la anticipò, gli occhioni sgranati. Un istante dopo, era già diversi metri davanti a lei.
"... l-lui..."
- ASPETTA! - serrò i pugni, strinse i denti e si lanciò all'inseguimento del coniglietto: - TORNA QUI! - conficcò i talloni nel terreno ad ogni falcata, più ampia di quelle del coniglietto.
"Forse posso raggiungerlo!"
Il cuore sobbalzò di nuovo.
Quel coniglietto... "Non posso crederci..." quell'esserino...
"E' UNO SHOTA USAMIMI! DEVO CATTURARLO!"
- Eeeeehi! Shota Usamimi! - urlò, con tutta la voce che riuscì a trovare: - Shota Usamimi! Fermati! Non ce la farò mai a raggiungerti, se corri così! -
Per qualche bizzarro motivo, le parve che lo Shota Usamimi avesse aumentato la velocità.
"Non importa!" accelerò a sua volta: "Sono più grande di lui! Posso raggiungerlo! Devo!".

Lo Shota Usamimi, grande quanto un'unghia, scomparve in una collinetta marrone ai piedi di un enorme albero.
Miku allungò una mano, l'altra premuta contro un fianco - magari così quello avrebbe smesso di mandarle fitte senza neppure un millisecondo di pausa tra una e l'altra -, la bocca aperta per prendere quanta più aria possibile - cercando, contemporaneamente, di non farci finire steli d'erba.
Il braccio le mandò una fitta, quindi lo lasciò cadere a terra.
"... sono più grande, ma lui è terribilmente più veloce." si girò supina, la schiena contro il terreno. Le parve di riuscire a prendere più aria.
Nel giro di pochi minuti, tornò padrona di sé; si alzò, piano, senza distogliere lo sguardo dalla collinetta marrone ai piedi dell'albero.
"E' sparito lì...?" era stupido chiederselo, visto che l'aveva visto scomparire proprio lì. Si avvicinò, con cautela, sperando di non fare troppo rumore: "Forse lo Shota Usamimi è ancora lì dentro...?".
Quando realizzò cosa esattamente avesse davanti, sbattè le palpebre più volte: radici. La "collinetta" non era altro che un colossale ammasso di radici colossali di un albero colossale: uscivano dal terreno, sembravano aver sollevato l'albero stesso; al centro esatto della collinetta di radici, un buco grande quanto un bambino.
"Sarà entrato lì...?"
Lo sguardo andò alle radici, ormai a portata di mano; posò le dita sulla più vicina, grande almeno due volte e mezzo la sua vita. A toccarla, sembrava ricoperta di corteccia come il tronco.
"... forse non sono radici?" alzò gli occhi, verso le fronde: "... forse è sempre il tronco...?".
Tornò a guardare il buco, prima di pensare che, un giorno, i suoi compiti di botanica avrebbero potuto comprendere lo studio approfondito del giga-albero mutante.
"Argh, troppo tardi." scosse la testa per scacciare il pensiero e si concentrò sul buco: nonostante vi fosse esattamente davanti, non vedeva niente.
Assolutamente niente. Sembrava un cerchio nero dipinto ai piedi dell'albero.
Avvicinò il viso: - Scusatemi! -
- Scusatemi! Scusatemi! Satemi! Satemi! Temi! Temi! Mi! Mi! -
Si ritrasse.
"... eco?" si riavvicinò, incuriosita: "... quanto accidenti è grosso, qui dentro...?" strinse i pugni: "Allora lo Shota Usamimi deve davvero essere qui!".
Sorrise, ma si trattenne con tutte le sue forze dal lanciarsi: "Se è la casa di qualcuno, sarebbe da maleducati!". Si raddrizzò, diede un colpo di tosse e bussò su una delle radici che contornava il buco.
Sentì il "toc toc" rimbombare all'interno - dell'albero? -, ma nessuna risposta. Ritentò. Solo eco.
"Oh, beh, è aperto..." alzò le spalle: "Se non volessero ospiti, avrebbero chiuso.".
Infilò una gamba nel buco; a giudicare da quel che sentì sotto la sua scarpetta, il terreno era identico a quello su cui era l'altro piede. Entrò, chinata, e infine fece passare l'altra gamba. Alzò la testa piano, fino a sentire contro la nuca quel sembrava terra umida. Tornò chinata, nella più scomoda delle posizioni: quella in cui il soffitto si rivelava di soli due centimetri più basso della propria altezza, soltanto per far piegare la testa o camminare ingobbito.
- Scusatemi! - ripetè: - E' permesso? - si guardò intorno: buio totale. C'era la luce esterna alle sue spalle, eppure non riusciva neppure a vedersi i piedi.
- Shota Usamimi? - lo chiamò, insieme alla sua eco: - Sei qui? - fece un passo avanti.
E le sfuggì un urlo.
Cadere non era una cosa strana. Si inciampava, si scivolava, o qualcuno o qualcosa di poco simpatico spingeva un po' troppo; si franava sul terreno, si sentiva più o meno dolore, a volte ci si sbucciava un ginocchio, a volte ci si faceva male, a volte non ci si faceva niente. Era questione di una minuscola manciata di secondi.
Cadere perché il terreno era svanito da sotto i piedi e ritrovarsi sospesa nel vuoto non rientrava esattamente nel concetto di "cadere".
Fece almeno due capriole prima di riuscire a fermarsi, gli arti spalancati a stella, la gonna apertasi di colpo come un paracadute; la caduta si era fatta più lenta, la testa aveva smesso di vorticare, ma il cuore aveva accelerato il battito.
- Ma cosa- - si guardò intorno: la luce era tornata, ma non aveva idea da dove venisse; stava cadendo in un largo cilindro di terra di cui non riusciva a vedere né l'inizio né il fondo; attorno a lei, cose. Cose che fluttuavano, mentre lei cadeva piano piano.
C'era un pianoforte scuro, per fortuna lontano da lei; una chitarra elettrica bianca che sembrava quasi volerla legare con il suo lunghissimo cavo; un'intera batteria, in cui piovve al centro esatto, finendo per colpire con i talloni un tamburo e un piatto, che risuonarono per ogni dove; un paio di maracas di un sobrio fucsia acceso le passarono davanti agli occhi; una fisarmonica le passò tranquillamente alle spalle; un flauto chiaro le sfiorò le dita; un clavicembalo e un sassofono scivolarono ai suoi lati; qualcosa la fermò per un istante, qualcosa che scoprì essere la bocca di un trombone; quello, un istante dopo, si ribaltò, facendole fare un'altra capriola, prima di riaprire la gonna-paracadute, appena in tempo per vedersi passare a pochi centimetri dal viso una caciotta.
- Ma- AHI! -
Stavolta il suo fondoschiena atterrò su qualcosa di ben più duro e con ben meno grazia.
"Dovevi chiuderti proprio ad un metro dal pavimento?" Miku serrò i pugni sui lembi della gonna, con uno sbuffo irritato: "Però..." alzò lo sguardo, sul cilindro di terra sopra di lei: "... dove sono finita...?". Si mise in piedi - il didietro ancora dolorante - e si guardò intorno: sembrava di essere in una camera dalle pareti di terra. O forse era proprio una camera scavata nel terreno. Come la tana di un animaletto.
"Ah!" capì: "Forse questa è la tana dello Shota Usamimi!". Quando notò che alle sue spalle c'era solo una parete di terra, decise di incamminarsi per l'unica strada esistente - e, notò con sollievo, lì il soffitto era alto almeno il doppio di lei.
"Non sapevo che gli Shota Usamimi facessero le tane nel terreno!" giunse le mani, con un sorriso: "Appena possibile, dovrò provare a scavare nel giardino! Magari trovo qualche altra tana di Shota Usamimi!" alzò gli occhi, verso le lanterne accese appese alle pareti: "... certo, quello che ho inseguito avrebbe anche potuto mettere qualcosa, all'ingresso. Un tappeto, ad esempio. Se non un materasso. Qualcosa di morbido.".
C'erano delle lanterne ad illuminare la strada, ma la strada era percorribile in meno di trenta secondi, sfociando in una sala gigantesca luminosissima.
"Sono tornata su?"
Le bastò notare la decina di riflettori accesi ad una decina di metri dal pavimento per comprendere.
- Questo posto è decisamente più carino! - fece una piroetta, per poi trotterellare per la sala: i tacchi risuonavano sul marmo bianco, i suoi occhi vedevano metri e metri di celeste chiaro, interrotto solo dalle tende blu a destra e a sinistra e dal portone bianco dall'aria pesante esattamente sul lato opposto dell'uscita della breve galleria.
Corse fin lì davanti, le dita già all'altezza delle maniglie.
"Cosa...?" fece un passo indietro, stupita: "... un disegno...?".
Un enorme disegno, alto almeno tre metri, il più realistico che avesse mai visto.
"... cosa significa...?" guardò le tende, perplessa. Vi si avvicinò, le toccò: "No, queste sono di stoffa..." tornò a guardare il portone: "Che senso ha...?" lo scrutò, centimetro per centimetro, dal punto più alto, fino a-
"Aspetta!" ritornò davanti al portone, s'inginocchiò, premette le mani sul pavimento e abbassò la testa: alla base del portone disegnato, c'era un altro portone, alto quanto due indici. E, a giudicare da come la minuscola maniglia usciva dalla parete, o era un altro disegno iper-realistico con microscopico dettaglio in 3D, o era effettivamente un portoncino.
Provò ad abbassare la maniglina con le unghie, ma a stento riusciva a non far scivolare la presa.
"... cosa diamine sta succedendo...? C'è un qualche meccanismo che trasforma il portone grande in un portone vero? C'è un altro portone nascosto? Lo Shota Usamimi sarà entrato qui dentro? Si sarà rimpicciolito? E soprattutto, se questa è casa sua, che razza di gusti ha?".
Tornò in piedi, si schiaffò le mani sulle guance: - Ah, guarda in che situazione sei! Con tutte le cose che hai visto negli ultimi cinque minuti, non puoi perdere tempo con cose simili! Devi rivedere le tue priorità! - scosse la testa, per scacciare quei pensieri: - Insomma... chissene importa dei dubbi gusti dello Shota Usamimi, ci deve essere un modo per entrare lì dentro! -.
Ormai era una questione di principio.
"Voglio entrare lì e trovare lo Shota Usamimi. Le due cose potrebbero essere consequenziali, quindi tanto meglio! Però..." sospirò, per poi voltarsi: "... come faccio ad entr-" sgranò gli occhi: a meno di un paio di metri da lei, era apparso un tavolino di cristallo. Ed era alquanto sicura che prima non ci fosse.
- Cosa...? - "... oggi mi sembra di averlo detto svariate volte."
Si avvicinò: un tavolino trasparente, con un'unica gamba centrale a sostenere un piatto rotondo. Forse, se si fosse mossa troppo velocemente, avrebbe finito con il farlo sbilanciare con conseguente crash.
Sopra il tavolino, una scatolina rettangolare, rossa con ghirigori dorati, scoperchiata, a mostrare tante caramelle colorate; accanto, una bottiglietta di vetro alta quanto una mano, con all'interno un liquido verde smeraldo.
- Ma sono le Pop Candy? - prese una delle caramelle, per leggerne la marca: - ... "Mangiami"...? - abbassò lo sguardo sull'etichetta della bottiglietta: - ... "Bevimi"...? -
"Di certo hanno fantasia. Saranno della stessa linea di prodotti...?" guardò la caramella Mangiami, avvolta in una carta verde chiaro: "Chissà se sono buone come le Pop Candy..." tanto valeva provare.
La scartò e la mangiò. Sapeva di menta.
Tornò con lo sguardo alla carta, ancora in mano; per la precisione, riempiva tutta la mano.
- Cosa- - guardò il tavolino davanti a sè: il bordo del tavolino davanti a sè, davanti ai suoi occhi. Sopra i suoi occhi. Molto sopra i suoi occhi.
Le dita iniziarono a farle male.
Lasciò la presa sulla carta della caramella, diventata grande la metà di lei; quella scivolò a terra con un fruscìo.
Miku si guardò intorno, il cuore che martellava contro il torace: "Perché tutto è diventato gigantesco?" portò un pugno al petto, forse per impedire che la gabbia toracica finisse per rompersi: "Non bastava l'albero?" alzò lo sguardo: il tavolino era diventato alto dieci, se non venti metri.
Deglutì, il cuore che rimbombava nelle orecchie: "E' colpa della caramella...? Ma perché se l'ho mangiata io sono cresciuti lor-" i pensieri si bloccarono, Miku si voltò, nella mente soltanto un dubbio: quando vide il portoncino grande quanto una porta normale, comprese con estrema sagacia e acutezza.
Guardò la carta verde, a pochi centimetri da lei: "... quella caramella mi ha rimpicciolita...?"
Di certo, non era una Pop Candy. Non aveva mai avuto incidenti del genere, quando ne aveva mangiate.
"... beh, allora..." si avvicinò al portoncino, ora effettiva porta: "Direi che posso entrare!" sorrise e allungò la mano verso la maniglia dorata.
Un leggero dolore alle dita.
Ritrasse la mano con un: - Ah! - più di sorpresa che di sofferenza, avvolgendola nell'altra mano - non che si fosse fatta qualcosa, ma voleva tenerla lontana da quel bastone nero apparso dal nulla esattamente davanti alla maniglia.
Si voltò di lato, verso il proprietario: un uomo dai vestiti bianchi e viola.
Era più alto di lei, tanto che, per riuscire a sfiorargli la fronte, avrebbe dovuto allungare il braccio; forse era per i chilometri d'altezza in più che anche i capelli erano più lunghi dei suoi - solo che l'uomo li portava in una coda unica, lei in due, anche se era piuttosto sicura che lei sarebbe stata bene anche con una coda unica - e dovette trattenere una risata all'ovvia associazione che ne seguì.
Miku gettò un'occhiata rapida al bastone nero: quell'uomo era un miscuglio di viola e bianco, sia riguardo gli abiti - più viola che bianchi - sia riguardo i capelli - decisamente viola senza niente di bianco - e quel bastone nero dava più l'idea di un bastone preso perché serviva e non ce n'erano altri disponibili.
- Avete mai pensato di prendere un bastone bianco? - buttò lì Miku, tornando a guardare l'uomo negli occhi - che si aspettava essere viola, e invece erano azzurri: - Oppure viola. Questo nero stona un po' con il complesso. -
L'uomo la guardò come se stesse spiegando la perifrastica passiva, con tanto di sopracciglio inarcato.
- Ci stiamo lavorando. - fu la pacata risposta che ricevette Miku. Nonostante l'espressione, il tono era del tutto calmo.
- Piuttosto... - l'uomo riprese a parlare: - Cosa pensavate di fare? -
- Eh? -
Lo sguardo dell'uomo andò alla porta; Miku lo seguì per un attimo, per poi tornare a lui.
- Ehm... - attorcigliò le dita, le guance improvvisamente calde: - ... volevo entrare! -
L'uomo riportò il bastone al suo fianco - fino a quel momento era sempre stato davanti alla porta, come a volerla sbarrare: - Non vi ho mai vista qui. Avete un invito? -
- I-invito? - "Serve una cosa del genere...?"
Miku scosse la testa.
- Allora temo non possiate passare. - con due falcate, l'uomo andò davanti alla porta, stavolta sbarrandole la strada lui stesso: - Vi pregherei di ritornare da dove siete venuta. -
"Non ci penso nemmeno."
Doveva entrare. Perché sì. Perché forse avrebbe ritrovato lo Shota Usamimi. E la botta del suo fondoschiena avrebbe avuto un senso.
Ma soprattutto...
- Era aperto! - protestò, i pugni lungo i fianchi: - Potreste fare i controlli prima, non quando la gente ha fatto tutta questa strada! Che modi sono? - assottigliò lo sguardo: - C'erano anche quelle Pop Candy strane! Potreste avvisare, non offrirle così come se nulla fosse! -
- Pop Candy? -
- Ah, no... - ricordò di colpo: - Mangiami! -
L'uomo la guardò. Anche l'altro sopracciglio si era inarcato.
Miku portò le mani ai fianchi: - Se davvero non è possibile entrare come meglio si vuole, allora perché permettete alla gente di arrivare fino a qui?
Soltanto per poi sbattere loro in faccia la porta chiusa? -
"Non ho idea di come sia possibile sbattere in faccia una porta chiusa, ma spero abbia capito il concetto."
- Non posso rispondere a questa domanda... - sospirò infine l'uomo: - ... perché neanch'io ne conosco il motivo. Così è e così rimarrà fino a nuovo ordine. -
- Nuovo ordine...? - ripetè Miku, piano: - Aspettate. Non siete voi a decidere le cose, qui? -
- Temo di no. -
- Allora... - mise le braccia conserte, alzò appena il mento: - Chi siete? Con quale diritto mi sbarrate la strad- -
"Ah!" capì, e quasi si morse la lingua: "Che stupida! Deve essere il portinaio!".
Il portinaio più elegante che avesse mai visto - e anche di molta più che discreta bella presenza -, ma le sue azioni altro non potevano essere dettate se non dalla sua essenza di portinaio.
"Sono stata maleducata con un onesto signore che sta solo svolgendo il suo lavoro! Sono davvero una persona orribile!"
Fece per portare le mani alla gonna, per fare un piccolo inchino e scusarsi, ma si bloccò quando vide lui chinare la testa, la mano libera al petto: - Gakupo Kamui, duca di Venomania. - rialzò lo sguardo, incontrando il suo. Era un po' diverso da prima. Ma lei non avrebbe saputo dirne il motivo. Era...
"... strano."
- E voi, signorina? -
Si riscosse, tornando a concentrarsi sul resto. Riprese a fare ciò che stava facendo - una piccola riverenza - e si presentò: - Michelyne Alice Lydia Fairsound. - tornò dritta: - Ma la gente preferisce chiamarmi Michelyne, perché è più breve. - "O Miku, che è ancora più breve." - E temo di non avere alcun titolo nob- - si bloccò di nuovo.
"... costui è un duca?"
Forse si sarebbe dovuta sentire emozionata all'idea di incontrare un duca vero, forse persino intimorita, ma-
- Perché un duca fa il portinaio? -
Un lampo di qualcosa negli occhi del duca portinaio che, per un istante, incrinò la sua espressione: - Sono successe cose. -
- "Cose"? -
- Cose che temo non vi riguardino, ma che mi hanno condotto a vegliare sull'ingresso. Non è necessario che voi sappiate di più. -
Miku mise le braccia conserte, dubbiosa: - E' che... - esordì, piano: - ... capirete che non è esattamente credibile un portinaio che afferma di essere un duca. Io potrei dirvi di essere la Principessa Verde che combatte contro un gattino magico, ma voi non potreste sapere se sto mentendo o meno. Quindi, chi mi assicura che voi non mi stiate dicendo di essere un duca quando in realtà siete solo un portinaio che si veste elegante soltanto per fare più bella figura con una sconosciuta? -
- Nessuno. - per la prima volta da quando l'aveva visto, il duca di Venomania sorrise. Soltanto che, con quello sguardo strano, l'espressione nell'insieme divenne molto strana: - E non sarò certo io a costringervi a credermi. Siete libera di decidere da sola. -
- E ci mancherebbe! - sbuffò Miku.
- Piuttosto... - esordì Gakupo Kamui: - Vi vedo molto determinata ad entrare, nonostante non abbiate alcun invito. In qualità di custode delle chiavi- -
Il cuore di Miku ebbe un sobbalzo: - Wow, come Hagrid? -
Il portinaio di Venomania aggrottò la fronte per un istante, l'espressione di nuovo incrinata: - ... possiamo considerarlo qualcosa di molto lontanamente simile, se volete. -
- Oh... - la ragazza giunse le mani, emozionata: "Chissà se dietro quella porta c'è una scuola di magia!".
- Dicevo. - riprese l'altro: - In qualità del mio ruolo, sarei curioso di conoscere il motivo che vi porta ad essere tanto decisa. -
- Il motivo...? - "Mh... non posso dirgli dello Shota Usamimi. Anche se dovrebbe sapere di lui, credo. Però no, non credo sia il caso di dirglielo."
Optò per una mezza verità: - Ho fatto tutta questa strada! - allargò le braccia, come a volergli mostrare la grandezza della strada che aveva percorso: - Avete idea di cosa significhi esplorare, camminare, cadere, camminare ancora, mangiare Mangiami, rimpicciolirsi, essere ad un passo dallo scoprire nuove cose e sentirsi dire di dover tornare indietro? - ridusse gli occhi a fessure: - Sarei molto triste, se dovessi tornare indietro proprio ora. Mi sembrerebbe che tutta la lunga strada percorsa sia stata solo una perdita di tempo! -
Che poi la famigerata "strada" che stava continuando a nominare fosse di una decina di metri era secondario.
- Capisco. -
Miku trasalì, il cuore improvvisamente leggerissimo e grande quanto tutto il petto: - Allora mi fate passare? -
- No. -
Il cuore tornò a farsi piccolo e pesante.
Giunse le mani, sfoderò la voce più che supplichevole che riuscisse a fare: - Vi prego! Rimarrei solo per pochi minuti! -
- No. -
- Se mi fate passare, allora sarò certa della vostra buona fede e crederò che voi siate un duca! -
- Il "rimarrei solo per pochi minuti" era molto più credibile. -
"Non si smuove." tanto valeva smettere di fingersi tanto lacrimevole.
- E se vi prendessi una Mangiami? - ritentò: - Sono buone! Certo, hanno un curioso effetto collaterale, ma- -
- State seriamente cercando di corrompermi con una caramella? -
- Le caramelle sono più potenti del denaro. -
Quel sorriso, di nuovo. Non sapeva come interpretarlo: - Un'altra mia curiosità, signorina... Fairsound? - Miku annuì: - Quanti anni avete? -
- Sedici. - rispose lei: - Perché? - "C'è l'ingresso scontato per i minori di vent'anni?"
- Perché sembrate più grande, ma parlate come una ragazza più piccola. -
- ... eh? - "... quindi niente ingresso scontato?"
- Siete veramente così decisa ad entrare? - il modo in cui aveva sottolineato il "veramente" era bizzarro. In generale, quell'uomo era strano.
Miku strinse i pugni: - Sì! -
- Allora... - Gakupo parlò piano, come a volerla lasciare sulle spine per tutta la frase: - ... potrei invitarvi io. -
Il cuore trasalì di nuovo, grande e leggero: - Davvero? Davvero potreste? - "Un invito dal portinaio! Se lo avessi, nessuno potrebbe fermarmi!".
Forse le cose stavano prendendo una piega migliore di quanto avrebbe potuto pensare.
- Sì. - una risposta pacata: - Potrei invitarvi come ospite nel mio castello. -
- Un castello? - "Ma questo implicherebbe che lui sia davvero un duca!".
- Qualora voi accettaste, sareste libera di varcare questa soglia senza che nessuno possa impedirvelo. -
- ... un castello? - aveva visto soltanto castelli antichi trasformati in musei, sarebbe stata curiosa di vedere un castello abitato.
- Sì, un castello. Non grande quanto quello della regina, ma- -
- Cosa state aspettando? Sarei ben lieta di accettare il vostro invito! - "Una regina! Che abita in un castello! Chissà se c'è una principessa, o magari un principe!"
- Bene, allora. - il duca di Venomania le tese una mano, con quel suo sorriso strano, con quel suo sguardo strano: - Venite. -.
Miku alzò la mano.
Si fermò.
Guardò il duca.
C'era decisamente qualcosa di strano.
- Uhm, signor duca portinaio...? -
- Sì? -
- ... non dovreste dire le cose in questo modo, sembrate un pervertito che inganna donne innocenti e le trascina nel proprio castello per costruirsi un harem. -
Silenzio.
- La vostra mente è alquanto fantasiosa, signorina Fairsound. - il duca ritrasse la mano, lentamente, senza distogliere lo sguardo da lei.
- Eh? L'invito non è più valido? - protestò Miku, quando vide la mano sparire: "Hai rovinato la tua unica occasione! Sei un'idiota, Miku!".
- Non mi sembrate molto convinta ad accettare. - il suo sorriso si era fatto ancora più strano.
Aveva l'impressione di starsi perdendo una buona fetta di sottointesi.
- Non è questo... - cercò di scusarsi lei: - ... è che con quell'espressione non siete esattamente il ritratto del rassicurante... - distolse lo sguardo, le guance roventi. Non erano cose carine da dire, ma non sapeva come altro esprimersi. Portò i pugni al petto, indecisa sul da farsi.
- ... signorina Fairsound? -
- Sì? - tornò a guardare Gakupo Kamui: l'espressione strana era completamente svanita, sostituita da una... preoccupata?
- C'è una cosa che devo chiedervi. -
- Un'altra? -
- Sì. -
- Uhm, dite...? -
- Voi... vi vestite come è consono al vostro sesso? -
Silenzio.
- ... prego? -
- E' vostra consuetudine abbigliarvi come una persona del sesso opposto al vostro? -
- ... mi state chiedendo se sono una crossdresser? -
- Se per "crossdresser" intendete un uomo che si veste da donna o viceversa, la risposta è sì. -
Silenzio.
- ... sapete, signor duca portinaio... - sforzò il sorriso più ampio che potè, conficcò le unghie nei palmi: - ... è stato davvero scortese da parte mia dirvi cose simili, ma non c'è alcun bisogno di fare battute così pietose sulla mia prima. -
Gli occhi del duca erano sgranati: - Temo abbiate frainteso. -
- Oppure no. - Miku si voltò, diretta non aveva neppure lei idea di dove: - I miei omaggi, signor duca portinaio. Arrivederci. -
- Non era quel che intendevo, signorina! - dei passi alle sue spalle.
- Non vedo cos'altro avreste potuto intendere con una battuta tanto triste. - non cambiò direzione, sempre dritta, prossima allo sbattere il naso contro la gamba del tavolino di cristallo.
E invece quasi si schiantò contro Gakupo Kamui.
Che l'aveva raggiunta e superata.
Che la guardava.
Male.
"Lui guarda male me?"
- Dovreste evitare di considerare le vostre opinioni delle verità assolute. -
- Vorreste forse dirmi che c'è un significato profondo e facilmente equivocabile in una battuta tanto penosa? - Miku sventolò la mano, come a scacciare quell'idea: - Per favore. -
- Vi posso assicurare che è così. -
- Se anche fossi un uomo, che problema vi darebbe? Mica dovete trascinarmi nel vostro castello per fare di me una delle vostre amanti! -
Il duca inarcò di nuovo le sopracciglia: - Vi siete fissata con questa idea. -
Fece per rispondere, quando realizzò una cosa.
Non doveva voltarsi.
Non doveva.
Doveva solo-
Con una giravolta, scattò verso la porta bianca lasciata incustodita.
Tre metri... due metri... un metro... - quanto diamine si era allontanata?
Allungò una mano.
E si sentì soffocare.
Qualcosa con violenza contro il collo, il respiro mozzato.
Le mani corsero lì, trovando il colletto del vestito che la stava soffocando, tirato da-
Aria.
Trasse un profondo respiro, recuperò quanta più aria possibile.
Le gambe tremavano.
Lanciò un'occhiataccia a Gakupo Kamui, di nuovo tra lei e la porta: l'aveva afferrata per la collottola, letteralmente. E l'aveva quasi soffocata, così facendo.
- Tsk. - Miku si voltò di nuovo, tornando a dirigersi verso il tavolino di cristallo: - Entrerò. Sappiatelo. -
- Buona fortuna. - stavolta non la seguì. Probabilmente, sarebbe rimasto lì davanti alla porta finché lei non se ne fosse andata.
"Quando me ne sarò andata, sarà perché sarò entrata in quella porta!".
Era già arrivata davanti alla gamba di cristallo. Non avrebbe potuto proseguire la sua camminata indispettita.
E, soprattutto, doveva trovare un modo per entrare.
Alzò lo sguardo: da lì sotto, riusciva a vedere la scatoletta di Mangiami e la bottiglietta Bevimi sopra al piatto trasparente.
"Un attimo!" le venne in mente: "Se le Mangiami mi rimpiccioliscono, forse la Bevimi mi ingrandisce...?"
Gettò una rapida occhiata a Gakupo Kamui, da sopra la spalla: era ancora lì, davanti alla porta.
"Ma certo! Se tornassi della mia misura, lui non potrebbe nulla contro di me!".
In pochi secondi, realizzò un piano: "Proverò la Bevimi. Se mi ingrandisce, allora potrò prendere il signor duca portinaio e spostarlo lontano dalla porta. Poi mangerò un'altra Mangiami, tornerò piccola e potrò passare!".
Sempre sperando che la Bevimi avesse un effetto opposto alla Mangiami.
Aveva proprio voglia di una Pop Candy.

- Ouch! -
Si rialzò piano, massaggiandosi i fianchi - massaggiarsi il fondoschiena davanti ad un'altra persona non le sembrava eccessivamente educato; una volta tanto, era riuscita ad atterrare in piedi, salvo poi sbilanciarsi con le particelle di ossigeno e argon e cadere all'indietro - di fondoschiena, per l'appunto.
Alzò lo sguardo fino alla cima del tavolino, sospirò: non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso da quando aveva iniziato a (provare a) scalare la gamba di vetro; aveva persino perso il conto di tutte le volte in cui era scivolata.
L'unica cosa di cui era certa era di essere riuscita a scalarla per ben due centimetri. O forse millimetri, vista la sua altezza.
"Avresti dovuto prenderla mentre ti rimpicciolivi!" si allontanò di qualche passo, senza staccare lo sguardo: "A mia discolpa, posso dire che l'avrei senz'altro fatto, se avessi saputo l'effetto della Mangiami in anticipo!".
Dopo qualche minuto di profonda osservazione, giunse alla conclusione che il piano "Scalare il tavolino" era da scartare, causa sua diversa capacità nel free-climbing su superfici perfettamente lisce.
"Pensa, Miku, pensa!" si premette le mani contro le orecchie, come a voler isolare qualsiasi - inesistente - suono: "Ci deve essere un modo per raggiungere quella Bevimi! Anche lei lo vuole! Altrimenti non si chiamerebbe "Bevimi", no?".
Si bloccò.
Riportò le mani lungo i fianchi e si riavvicinò, fino a trovarsi esattamente sotto la bottiglia: "Se io non posso andare da lei, allora..."
- ... sarà lei a venire da me! - sorrise, trionfante: niente e nessuno avrebbe potuto separare due innamorate! (?)
"Io non posso salire..." fece qualche passo indietro, i pugni serrati: "... quindi è lei a dover scendere."
Un tavolino trasparente, con un'unica gamba centrale a sostenere un piatto rotondo. Forse, se si fosse mossa troppo velocemente, avrebbe finito con il farlo sbilanciare con conseguente crash.
Annuì da sola. Con la sua altezza originaria, sarebbe stato molto più facile, ma anche così piccola avrebbe potuto provare a fare qualcosa.
Aveva giocato abbastanza videogiochi da sapere come abbattere nemici giganti e affrontare l'ovvia conseguenza. L'unicissima, insignificante cosa che le mancava era l'agilità anti-legge fisica dei protagonisti dei videogiochi. Ma ci avrebbe pensato al momento opportuno.
Raggiunse la carta verde della Mangiami, vi si stese sopra, afferrò due lembi laterali e rotolò di lato, avvolgendosi nella carta - e nel profumo di menta. Era più saggio indossare qualche protezione.
Con sollievo, constatò come la carta non fosse troppo rigida, permettendole di mettersi in piedi; una volta dritta, stretta nella carta, zampettò verso la gamba di vetro più velocemente che potè - e le parve di sentire su di sé uno sguardo strano, ma non "strano", "strano" nel senso di un very british "WTF?".
Giunta a qualche metro - o centimetro - dalla gamba, trasse un profondo respiro, serrò gli occhi, prese la rincorsa e si lanciò contro il vetro.
La carta attutì appena il colpo, ma non fece poi così male.
Fece molto più male l'atterraggio sul pavimento.
"L'ho sentita spostarsi un po'!" si raggomitolò, per poi rialzarsi: "Allora forse questa è la soluzione giusta!".
Zampettò dov'era prima - le braccia le facevano un po' male -, riprese la mira, chiuse di nuovo gli occhi e, dopo una breve rincorsa, si scagliò contro la gamba con più energia di prima.
Tump. O un rumore simile.
E cadde di nuovo sul pavimento. Stavolta, i lividi sulle braccia non glieli toglieva nessuno.
A terra, Miku riaprì lentamente gli occhi, lo sguardo verso la bottiglietta: le parve fosse qualche centimetro più in là.
In realtà, tutto il piatto le pareva essere qualche centimetro più in là.
"Forza, un'altra volta!" si rialzò - soffocò un mugolìo di dolore ad una fitta alla schiena, che neppure si era accorta di aver sbattuto - e trotterellò di nuovo dove di dovere.
"Posso farcela!" chiuse gli occhi: "E' il momento!" prese la rincorsa e si lanciò.
Il vetro spesso contro una spalla.
Il vuoto.
Ma lei era ancora in verticale.
Riaprì gli occhi.
Il pavimento era più lontano del previsto.
E l'ombra del tavolo trasparente più grande di prima.
Si lasciò cadere in avanti.
Una botta violenta ad un braccio, si spinse di lato, si lasciò rotolare, perse la carta verde per strada, continuò a rotolare, finì con lo scivolare prona per metri - e forse erano davvero metri -, le orecchie colpite da un boato, la testa vorticante.
L'esplosione finì prima della sua scivolata.
Quando Miku finì ai piedi di una delle tende, potè fare il conto dei danni: le braccia, soprattutto dalle spalle ai gomiti, avrebbero preferito rimanere immobili per svariato tempo; le ginocchia protestavano, ma in misura nettamente minore e poteva anche ignorarle; la schiena mandava fitte a caso, in punti che non sapeva neppure ci fossero, con frequenza a sua discrezione; i timpani pulsavano, un curioso coro con il suo cuore impazzito che stava anche iniziando a fare un po' male; la testa era momentaneamente non raggiungibile e aveva messo come musichetta d'attesa il boato dell'esplosione in loop continuo.
Dopo un tempo imprecisato, la testa tornò e il rumore si attenuò fino a scomparire.
Solo allora Miku potè alzarsi - e, anche se usò le mani, le spalle si lamentarono lo stesso - e guardare il tavolino di vetro.
La sala, anzi.
La gamba di vetro ricopriva almeno metà della sala, con i suoi milioni di pezzi più o meno grandi - un paio erano arrivati anche vicino a lei; il piatto era dall'altro lato di dove si trovava e non riuscì a vederlo bene.
Piano piano, si fece largo tra i pezzi trasparenti a terra. Forse, a vederla dall'alto, la sala doveva risultare illuminata di tante piccole lucine colorate, come una di quelle grotte scenografiche con tanti giochi di luce sull'acqua proiettati sulle pareti.
"Uhm, però, se la Bevimi può ingrandirmi di nuovo, potrei finire per farmi male...?" notò la suddetta bottiglietta all'orizzonte: "Dovrò stare attenta.".
Si avvicinò piano - avrebbe voluto correre, ma si era appena accorta di come anche la schiena fosse coinvolta nel processo di corsa - e, con un certo stupore, constatò come il piatto si fosse semplicemente sgretolato sul bordo e spaccato in due metà non proprio perfette - le Mangiami avevano più superficie della Bevimi. Curiosamente, se un po' di caramelle erano saltate fuori dalla scatoletta, la bottiglietta era rimasta integra.
- Finalmente! - le gettò le braccia al collo, constatando come fosse alta esattamente quanto lei: - Ora sono libera di berti! -
Era il momento di vedere se la sua intuizione fosse giusta. Con delicatezza, tolse il tappo di vetro - più pesante di quanto pensasse - e lo posò a terra - sul piatto. Si mise in punta di piedi, allungò una mano all'interno della bottiglietta e ne riemerse con del liquido verde.
Lo portò al viso, l'odore le invase i polmoni: sapeva di-
"Succo vegetale!" azzardò un assaggio. Si trattenne dall'urlare: "Negi!" e di mettersi a saltellare. Trangugiò tutto il contenuto della sua mano a coppa, per poi rimettere dentro la bottiglietta entrambe le mani, fin dove riusciva ad arrivare.
Quando riuscì a malapena a sfiorare il succo con le punte delle dita, inclinò la bottiglietta, una mano a sostenerla, una a prendere la Bevimi verde.
"E' buonissimo!" lanciò un'occhiata all'interno, il liquido che ormai riempiva solo metà bottiglia: "Non sapevo esistesse un succo di negi!"
- Fossi in voi, smetterei di continuare a bere quella bevanda, signorina. -
Miku alzò lo sguardo: Gakupo Kamui aveva fatto ben due passi avanti, il viso nella sua direzione.
- E perché mai? -
- Potrebbe avere effetti poco piacevoli. -
"Effetti poco piacevoli?" sbattè le palpebre: - Ma... è succo vegetale! - mandò giù un'altra sorsata dalle mani a coppa: - I vegetali sono buoni! Traboccano di sostanze nutritive! - si alzò - e non si era neppure accorta di essere ormai in ginocchio, la bottiglia in orizzontale: - Tutti arriveranno ad amare il succo vegetale! Il succo vegetale è importante! E' buonissimo! Squisitissimo! Deliziosissimo! - prese un altro po' di quel che rimaneva nella bottiglia: - In particolare, io consiglio quello verde! -
- Ha anche effetti collaterali imprevisti, noto. - le era parso che il duca portinaio avesse sospirato.
"Eh...?"
- Ma anche voi desiderate il succo vegetale, vero? -
- Prego? -
Miku gli corse incontro - con un invidiabile slalom tra i pezzetti di vetro -, le guance che iniziavano a far male per il sorriso che le tirava le labbra: - Anche a voi piace il succo vegetale, no? Ho deciso di sì, l'ho deciso adesso! - con grande spirito di condivisione, gli porse le mani a coppa piene di Bevimi: - Su, bevetelo! Avanti, dai! -
Una mano inguantata: - No, grazie. -
- So che anche voi lo desiderate! Avanti, avanti, bevete, bevete! -
- Non avevo mai visto nessuno ridursi in questo stato per un po' di succo vegetale. -
"Perché continua ad esitare?" - E costa solo 200 yen! -
- Veramente è gratuito. -
- Allora lo bevo io! - "Peggio per lui!" e bevve tutto il contenuto nelle sue mani.
Era buonissimo. Quanto di più buono avesse mai bevuto. Era felicissima. Tanto felicissima. E forse c'era ancora del succo, nella bottiglietta!
Fece dietrofront e saltellò verso la Bevimi. Si fermò, fece una giravolta: - Po Pi Po Po Po Pi Po! - saltellò: - Po Pi Po Po Po Pi Po! - un'altra giravolta: - Po Pi Po Po Po Pi Po! - saltellò: - Po Pi Po Po Po Piiiiiiiiiiiiiiiiii! - una giravolta, un'altra giravolta, un'altra giravolta, e franò a terra.
"... ho come l'impressione di aver dimenticato- Ah, ma non si supponeva io diventassi più grand-"
Qualcosa sbattè con violenza contro un piede, si ritrovò a dover piegare il ginocchio, i denti batterono per il contraccolpo.
Si affrettò a mettersi seduta, qualcosa le punse una mano, dovette appoggiare l'altra contro il muro-
"Muro? Ma io ero distante dal-"
Entrambe le spalle sbatterono contro i muri ai suoi lati, il ginocchio era ormai del tutto piegato, l'altra gamba era piegata in orizzontale, la stanza era diventata piccolissima, strettissima e-
Miku alzò la testa.
Ma un dolore acuto tra le code dei capelli la bloccò.
Le uniche cose libere di muoversi furono le sue corde vocali e le sue labbra, che fecero risuonare un: - AHI! - per tutta la stanzetta.
Aveva fatto male.
Tanto male.
Non era bello dare craniate al soffitto.
Miku tirò su col naso, gli occhi che bruciavano: "Non posso mettermi a piangere." tirò su col naso di nuovo: "Non posso. No. Sono troppo grande per fare cose simili." tirò su col naso: "Però posso lamentarmi."
- Ahia... - gemette, e provò a toccarsi il punto colpito; soltanto una mano era disponibile, l'altra era bloccata sul pavimento dal suo stesso corpo e da una parete. Tuttavia, la testa e, soprattutto, il suo bernoccolo erano perfettamente a contatto con il soffitto e toccarli risultò impossibile.
Le guance di Miku si bagnarono.
"No! Niente lacrime!"
Le gocce scivolarono lungo il viso, fino al mento, per poi cadere.
"Niente lacrime, Miku!"
Sbattè le palpebre: "... ma io non sto piangendo." alzò lo sguardo, per quanto le era possibile: "... crepe...?" le sembrava di vederle proprio dove aveva sbattuto la testa. Sembravano una vasta ragnatela finemente intagliata nel soffitto. Una ragnatela imperlata di goccioline di rugiada.
O forse lei aveva rotto il soffitto e le tubature dell'acqua.
"Oh, no, no, no, nonononono-"
Trattenne il respiro e serrò gli occhi: la cascata d'acqua la colpì in viso con precisione millimetrica, con talmente tanta forza che, se non avesse già provveduto da sola, le avrebbe tolto il respiro.
Dopo qualche secondo, l'aria.
Miku riaprì gli occhi e prese una boccata d'aria, sbattè le palpebre, si passò la mano libera sul viso. Almeno non aveva mandato giù acqua, né dal naso né dalla bocca.
Inspirò, espirò, inspirò, espirò, il cuore che batteva forte e la testa che pulsava.
"... mi sa che ho fatto un disastro." titubante, abbassò lo sguardo: l'acqua le arrivava quasi al petto, un ginocchio emergeva a stento, le due metà del piatto galleggiavano placide, con la scatoletta e la bottiglietta, circondate dai pezzetti di vetro più leggeri.
Per qualche miracolo divino, l'acqua era ad almeno due spanne di distanza dai riflettori, che le stavano cuocendo le braccia e che non erano stati coinvolti nella sua crescita improvvisa.
Anche se, a guardarli bene-
"... dove sarebbero i cavi...?" erano riflettori accesi e appesi alle pareti. Fine. Non c'erano cavi: "... forse funzionano a batterie...?".
Scosse la testa - col pensiero, perché farlo davvero era triplamente difficile: per la posizione, per la botta e per un certo stordimento di fondo.
- Devo tornare piccola! - con la mano libera, prese una Mangiami verde e la scartò direttamente sulle sue labbra, per poi mangiarla.
"Spero faccia effetto subito..." la Bevimi non aveva fatto effetto immediato. Forse si sarebbe dovuta contenere, nel berla. Forse era stata la sua ingordigia a farla crescere di botto in quel modo tanto brutale. "Forse il signor Gakupo Kamui intendeva questo...?" sbattè le palpebre, la stanza che si faceva sempre più grande, il soffitto distrutto sempre più lontano: "... a proposito, che fine ha fatto...?".
Si guardò intorno, ora che la testa era libera di muoversi e lo stordimento iniziava a scemare: "Oh! Sarà mica-" le pareva decisamente lui, quella figura seduta su un pezzetto di vetro galleggiante. Non per qualche strano motivo, ma perché percepiva il suo sguardo irritato trapassarla da parte a parte.
"Sicuramente andrà a dirlo al padrone di casa!" la stanza si faceva sempre più grande: "Oppure... alla regina?" si portò le mani alla bocca: "Ma... ma... non è stata colpa mia! Non del tutto, almeno.".
Aria. Troppa aria.
Guardò in basso: si era rimpicciolita a mezz'aria. A metri dall'acqua.
D'accordo, poteva cadere gentilmente in un cilindro di terra con oggetti sospesi intorno a lei. Era una cosa fattibile.
Precipitare di peso per metri e metri no. Non con il pavimento visibile. O almeno, superficie d'acqua visibile.
Era una superficie d'acqua.
Non c'era niente di cui aver paura.
Stava semplicemente precipitando in acqua, l'acqua avrebbe attutito la caduta e lei sarebbe rimersa.
Non c'era niente di cui aver paura.
Non c'era niente di cui aver paura.
Non c'era niente di cui aver paura.
Era solo acqua.
Non pavimento.
Acqua.
Acqua.
Letteralmente, acqua.
Miku riemerse, le braccia mandarono fitte minacciose - e, se avesse continuato ad ignorarle, era probabile che entrambe le sue braccia sarebbero entrate in sciopero, dalle spalle ai gomiti, prendendo in ostaggio dai gomiti alle punte delle dita, polsi e palmi compresi.
"I vetri!" doveva individuare la scatoletta o la bottiglietta: lì avrebbe trovato almeno dove uscire dall'acqua.
Si guardò intorno.
Si voltò.
Tornò a guardare davanti a sè.
Acqua.
Solo acqua.
Piatta.
Perfettamente piatta.
"Dove...?" era sicurissima che prima ci fossero. Li aveva visti: "... ehi...?" si voltò. Non c'era niente. E nessuno. Neppure Gakupo Kamui.
Trasse un profondo respiro e s'immerse: sott'acqua, la stanza era esattamente come prima - se non per i lembi delle tende che fluttuavano -, ma senza vetri. Tutti i vetri erano spariti.
E la porticina era lontana. Terribilmente lontana.
"... per quando arriverò lì, sarò senz'aria." e non sarebbe neppure stata in grado di tornare in superficie in tempo. E non era neanche sicura di riuscire ad aprirla. Soprattutto se era chiusa a chiave e le chiavi le aveva il portinaio svanito nel nulla insieme alle cibarie - e ai vetrini.
Tornò su, riprese fiato.
"... e ora...?"
Non poteva andare avanti. E qualcosa le diceva che anche la stradina da cui era venuta era ormai bloccata.
"... dovrò aspettare che arrivi il proprietario e faccia scorrere via l'acqua...?"
Certo, si sarebbe senz'altro presa una bella sgridata. E forse avrebbe anche dovuto pagare tutti i danni.
"... intanto, però, faresti bene almeno ad uscire dall'acqua." già vedeva la pelle delle dita tutta raggrinzita. Nondimeno, rischiava di prendere un raffreddore.
Nuotò a caso, per quanto le braccia glielo permettessero. Ma, di posti dove trovare riparo, niente.
"E se non arrivasse nessuno fino a domani?" un dubbio improvviso: "Finirei con l'addormentarmi qui...?". Forse avrebbe avuto qualche problema con il cibo, ma era noto che gli esseri umani potessero sopravvivere senza cibo qualora avessero acqua a disposizione - e quella decisamente non le mancava.
"Forse farei fatica a trovare una posizione comoda per dormire..." la stella era la più fattibile. Il morto a galla rischiava di tradursi in qualcosa di letterale. "... e se non venisse nessuno?" si guardò intorno, di nuovo, ma nulla era cambiato, se non l'intensità del suo cuore contro i timpani: "... e se rimanessi bloccata qui per sempre?" alzò gli occhi, verso i riflettori. Erano roventi, li aveva sentiti prima sulla pelle, eppure stava iniziando a sentire freddo: "E se l'acqua non evaporasse? E se nessuno venisse a salvarmi?" tanto freddo. Fin dentro le vene.
"Io non..."
- EHI! C'E' NESSUNO? - gridò, nuotò ignorando le fitte alle braccia e alla schiena: - QUALCUNO MI AIUTI! SONO BLOCCATA QUI- - qualcosa le si bloccò in gola, mozzandole il respiro. Tossì e buttò fuori acqua. Inspirò e urlò di nuovo: - C'E' NESSUNO? AIUTO! SIGNOR PORTINAIO! SHOTA USAMIMI! - soltanto il rumore delle onde che produceva lei stessa muovendosi: - QUALSIASI QUALCUNO! - inspirò, espirò, cercando di non ingoiare di nuovo un numero imprecisato di centilitri d'acqua. "Almeno non è salata.".
Andò ancora più avanti, senza neppure sapere dove stesse andando, cercando almeno di individuare lo stipite del portone disegnato o le parti superiori delle tende: - EHI!- -
- DONNA IN MARE! -
Il cuore sussultò: "Eh?"
- DONNA IN MARE AD ORE DUE! VIRARE A DESTRA! -
Miku si voltò: una voce femminile, incredibilmente giovane. Talmente giovane, in effetti, da essere una vocina bianca.
E una mela.
A pochi metri - centimetri? - da lei c'era una mela galleggiante, che virava felice nella direzione opposta a dove si trovava lei.
- L'altra destra. -
E la mela, con un magistrale testa-coda, si girò e navigò nella sua direzione.
"Soccorsi...?" si portò le mani al petto, contro il cuore impazzito, in attesa.
Ora che la mela era vicina, riuscì a notare come la parte superiore non fosse attaccata, e che anzi rimanesse un po' distante dal resto causa binocolo.
La parte superiore, di colpo, si slanciò all'indietro, come un coperchio, e il binocolo scomparve; dal bordo della mela fece la sua comparsa il viso di una bambina dai grandi occhi nocciola. O forse erano verdi. Qualcosa del genere. Di sicuro erano grandi.
- Sei tu che chiamavi aiuto? - la vocina sembrava quasi sospettosa.
Miku si guardò intorno, giusto per accertarsi non ci fossero altri naufraghi: - Ehm... sì...? -
Gli occhioni si sgranarono: - Oh, poverina! - e la voce divenne sinceramente preoccupata: - Non temere, ti salviamo noi! - una corda cadde in acqua, tesa sulla buccia rossa: - Scala la mela e vieni qui! -.
Miku aveva ancora freddo, ma un barlume di calore si accese al centro del suo petto: "Soccorsi..." tuttavia, era meglio obbedire, che sentiva il naso farsi fin troppo ghiacciato.
In realtà, sarebbe potuta entrare anche solo aggrappandosi lì dov'era il binocolo ma, dato che la bambina le aveva detto di scalare, afferrò la corda; poi si issò dai bordi, lasciandosi cadere all'interno della mela con la grazia di un pezzo di biscotto che si staccava a due millimetri dalla bocca di chi lo aveva in mano e si schiantava sul pavimento.
C'era un buon profumo, lì. Profumo di mela. Ed era asciutto. O almeno, lo sarebbe stato se i suoi capelli e i suoi vestiti non avessero sgocciolato ovunque.
- Povera donna in mare. - un asciugamano sulla schiena, e in faccia: - Asciugati. -.
Miku si mise seduta e provvide; poi si mise in piedi - con cautela, che la mela non era quanto di più stabile ci fosse - e si strizzò i capelli fuori. Fece lo stesso con la gonna, ma per quella dovette allagare un po' l'interno.
Anche se non sembrava esserci alcun problema, dato il marchingegno grigio rettangolare in un angolo arrotondato.
- Cos'è? - chiese, indicandolo.
- Oh, è un deumidificatore. - rispose la bimba, impegnata ad armeggiare con un piccolo zainetto rosso: - E' molto utile in casi come questo! -
E, in effetti, a guardare bene per terra, l'acqua che aveva sgocciolato era scomparsa.
- Rapido... -
- Eh, già. - la bimba annuì: - Ora però abbassati, altrimenti Ryuuto non può chiudere. -
"Ryuuto?" Miku si mise in ginocchio e si voltò, appena in tempo per vedere un bambino verde chiudere il coperchio-mela.
Sul serio, era verde. Maglietta a maniche corte, pantaloncini, scarponi forse il triplo dei suoi piedi, capelli corti, occhioni; solo la pelle non era verde, ma rosata come la sua e quella della bambina.
"... non mi ero accorta..." in effetti, però, la voce della bambina aveva dato ordini a qualcuno, prima.
Si guardò intorno, fosse mai che apparisse qualche altro bambino. Niente: solo Ryuuto, il deumidificatore, le pareti della mela, la bambina, lo zainetto e uno scaldabagno.
Sbattè le palpebre: la bambina aveva messo a terra quello che era indiscutibilmente uno scaldabagno scuro. Le manine andarono allo zainetto, per poi riuscirne con mezzo limone; la bimba raccolse la presa dello scaldabagno e la conficcò nel frutto. Un attimo dopo, la ventola iniziò a girare e la mela si riempì di un piacevole calore.
Colta da un improvviso dubbio, Miku guardò di nuovo il deumidificatore: come sospettava, ben nascosta, la presa era nell'altra metà del limone.
- Credo sia il momento di fare le presentazioni. - la voce della bimba le fece portare di nuovo lo sguardo su di lei; era seduta, Ryuuto al suo fianco.
- Io mi chiamo Yuki. Piacere! -
A guardarla bene, come Ryuuto era verde, Yuki era rossa: la gonna era rossa, la maglietta con le bretelle era rossa, i fermagli che le tenevano le codine erano rossi. I capelli e le scarpe, tuttavia, erano marroni - anzi, i capelli erano castani, perché i capelli non sono "marroni" ma "castani" - e la camicetta con le maniche a sbuffo era di un bianco immacolato, così come i calzini.
Nel complesso, era il perfetto ritratto della bimba graziosa e innocente. Le fece tenerezza.
- E lui è Ryuuto. - presentò Yuki, con un sorriso.
- Piacere. - Ryuuto chinò appena la testa.
Aveva una vocina ancora più acuta di quella di Yuki. E un po' nasale. E aveva gli incisivi di un roditore. Sembrava un topolino verde. Era tenero anche lui, a suo modo.
- Io sono Michelyne Alice Lydia Fairsound. - sorrise: - Ma tutti mi chiamano Michelyne per fare prima. O Miku. -
Due paia di occhi perfettamente rotondi.
- Che nome lungo... - sussurrò Ryuuto, quasi ammirato.
- E' davvero tutto il tuo nome? - chiese Yuki, stupita.
Miku annuì: - Sì! Anche se, in realtà, il mio nome sarebbe MichelyneAliceLydia, soltanto che all'anagrafe l'hanno scritto male e sulla carta d'identità ci sono gli spazi in mezzo. -
- Capisco... - i due bambini si scambiarono un'occhiata.
Non le piacevano i bambini che si scambiavano occhiate. Di solito significava che stavano tramando qualcosa di affine alla distruzione totale nel raggio di sedici chilometri.
Almeno, non sorridevano, né ghignavano. In quei casi, il raggio di polverizzazione aumentava a venti chilometri.
- Etciù! - si portò una mano al naso: "Ecco, lo sapevo."
- Oh, no, non ti sarai presa il raffreddore? - Yuki mise mano allo zainetto, preoccupata: - Non temere, qui starai al caldo! - e le manine riemersero con una trapunta rossa, che finì presto sulle sue spalle.
Improvvisamente, Miku comprese da dove fossero usciti gli asciugamani, il deumidificatore, lo scaldabagno e i limoni.
- Senti, Miku... -
- Sì? - guardò Yuki.
- Ma cosa ci facevi in acqua? -
"Beh, era ovvio che volessero saperlo..." e raccontò ai due bambini tutto ciò che era successo nelle ultime N ore, dallo Shota Usamimi al duca portinaio, dalle Mangiami alla Bevimi, dai vetri alle tubature.
Yuki e Ryuuto non distolsero lo sguardo neppure per un istante, silenziosi, come rapiti dal suo racconto.
Soltanto alla fine, la bambina sospirò: - Ah, le tubature sono piuttosto fragili. Ci vuole un niente per romperle. - sventolò una manina: - Non preoccuparti, succede almeno una volta alla settimana. Tra poco l'acqua sarà andata via, in qualche modo. -
"In qualche modo...?" se non altro, il fatto che simili allagamenti fossero normali la rincuorò circa la possibilità di essere sgridata e di dover pure ripagare i danni.
- Voi, invece...? - azzardò a chiedere.
- Noi ne approfittiamo sempre per fare un giro in mela! - sorrise Yuki: - Il maestro non vuole che lo facciamo perché dice che potrebbe essere pericoloso, quindi non ci lascia mai andare in mela per i laghi o i mari. -
Ryuuto annuì, come a voler dare più incisività alla frase della bambina: - E neppure per i fiumi. - aggiunse, timidamente.
- Oh... - non sapeva cos'altro dire: "Beh, sì, forse è pericoloso, ma se sono così esperti, forse...".
- Beh, abbiamo un sacco di tempo davanti a noi! - Yuki giunse le mani: - Il racconto di Miku è stato interessante! Che ne dite di raccontarci qualche storia? -
- Mi sembra un'ottima idea... - l'entusiasmo di Miku si smorzò insieme al tono della frase non appena lei notò Ryuuto rabbrividire.
- Che bello! Finalmente qualcuno che vuole raccontare qualche bella storia! - il sorriso di Yuki divenne più ampio.
- Yuki... -
- Allora comincio io, che ne dite? Volete leggende o storie in prima persona? Perché l'hitori kakurenbo di stanotte è stato davvero entusiasmante, stavo quasi per ingoiare l'acqua e il peluche è stato vicino allo scoprirmi! -
- Yuki... -
- Oppure posso raccontarvi della seduta con la ouija di stamattina? E' molto più precisa dell'oroscopo, sapete? Soltanto che mi ha lasciata andare dopo due ore, forse si era offeso che non gli avessi offerto un po' della mia colazione... -
Miku si sentì di condividere il facepalm di Ryuuto.
Sarebbe stata una lunga navigata.
Ma forse si sarebbe potuta rivelare interessante.






Note:
* "Quando ho aperto gli occhi...": Alice in Musicland [Traduzione]
* L'inforigurgito (o infodump) è una poco simpatica "tecnica" narrativa che consiste nell'interrompere di colpo la narrazione per riversare addosso al lettore una valanga di informazioni - spesso e volentieri inutili - piuttosto che integrarle man mano nella storia.
* Pop Candy: riferimento alla canzone We are Pop Candy.
* Non c'è bisogno che spieghi del Duca di Venomania, vero? U__U
* "la Principessa Verde che combatte contro un gattino magico": riferimento a Magical Nuko LenLen.
* Non c'è bisogno che spieghi di Hagrid, del custode delle chiavi e della scuola di magia, no? XD
* Allo stesso modo, non credo ci sia bisogno di spiegare perché mai il Duca di Venomania voglia accertarsi del sesso della dolce fanciulla con lo sguardo basso e i pugni al petto.
* Il succo vegetale, così come svariate frasi seguenti, sono un ovvio riferimento a Vegetable Juice / Po Pi Po.
* L'hitori kakurenbo è un "gioco" giapponese che implica peluche, spiriti arrabbiati e armi bianche - nonché l'altissimo rischio di ferite permanenti o defunzione.
(Se conoscete la serie Shuuen no Shiori, sapete di cosa si tratta.)
* La ouija è una tavola che si dice permetta di comunicare con gli spiriti e i defunti; anch'essa può portare a conseguenze poco felici.




Salve! *O*/
Sì, sono tornata e, sì, sono tornata con una long.
Long la cui lunghezza è ignota anche a me - quindi no, non dirò che sono previsti tot capitoli ah scusate se n'è aggiunto un altro no scherzavo è lunga il doppio di quanto previsto. U____U
(Lo so che, per me, iniziare a postare una long senza ancora averne scritti tutti i capitoli... .___."")

E' una long un po' strana - più del solito: i libri di Alice non mi dispiacciono affatto, mi piacciono le venti miliardi di versioni uscite negli animangagiochi, ma non pensavo sarei finita con il fare una storia che li richiamasse. °^°
Come si può argutamente dedurre, è ispirata ad Alice in Musicland. Molto lontanamente ispirata.
Diciamo che di uguale ha solo i personaggi principali e qualche citazione.
Il resto credo si possa riassumere in "minestrone di canzoni". O "minestrone" e basta.
Con alcune canzoni con un ruolo nettamente più importante delle altre.
In aggiunta, già dal titolo si può argutamente dedurre 2 che si tratta di un miscuglio con entrambi i libri di Alice.
Mi scuso con tutti i fans di Alice, di Lewis Carroll e di tutta la simbologia e riferimenti dietro a questi libri. (!)

Questo delirio è ambientato nel presente?
Un presente alquanto particolare e con abbigliamenti curiosi, ma direi di sì.
Quanto al nome completo di Miku, si sarà intuito, è tratto dal nome della vera Alice - dove "Lydia" sta per "Liddell"; "Fairsound" significa "Primo suono", a richiamare "Hatsune".
(Almeno, avevo trovato che "fair" significasse anche "primo". Ora non lo trovo più. Giustamente. Ma intendevo quello. (!?))

Spero che questo primo capitolo vi sia stato gradito. ^^
Se ci sono consigli da darmi o critiche da farmi, dite pure. ^^

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Capitolo 2
*** Per quanto diventi inquietante... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Per quanto diventi inquietante, bisogna andare avanti ancora e ancora
~

- Il numero crescente di casi portò al ritiro delle cartucce. - Yuki abbassò appena le palpebre, la voce ferma: - Per questo ascoltare quella musica da una cartuccia più recente o comunque occidentale non comporta rischi. -
Miku deglutì.
Al suo fianco, Ryuuto si fece ancora più piccolo, le ginocchia al petto, gli occhi spalancati.
- Ma... - provò a dire Miku, uno strano freddo lungo le vene: - Quelle cartucce vecchie sono state distrutte, no...? -
Yuki piegò la testa di lato. Piano.
Le sue labbra si curvarono in un sorriso: - Chissà. -.
Miku deglutì di nuovo. Le sembrava di aver ingoiato una noce con tutto il guscio, e di non riuscire a mandarla giù neppure per sbaglio.
- E' solo una leggenda! - pigolò Ryuuto, palesemente più per convincere se stesso che per contraddire Yuki: - Se fosse successo davvero, ne avrebbero parlato i giornali di tutto il mondo per anni! -
- In effetti, sì. - la bambina battè le mani: - Anche se i pezzi grossi sono bravissimi ad insabbiare le cose! -
Un brivido lungo la schiena.
A giudicare da come Ryuuto era sobbalzato, forse l'aveva sentito anche lui.
- Ma potrebbe benissimo essere una semplice leggenda metropolitana, certo. - Yuki mise mano al suo zainetto: - Potremmo fare una prova! Guarda caso, ho giusto dietro una versione di Pokémon Rosso in giapponese, anche se non so di che anno sia- -
- NO! -
La bambina sgranò gli occhioni. Ora sembravano fanali.
Miku guardò Ryuuto, buttatosi in avanti come per impedire a Yuki di aprire lo zainetto.
Ryuuto guardò Miku, buttatasi in avanti come per impedire a Yuki di aprire lo zainetto.
Yuki guardò Miku e Ryuuto, spalmati sul pavimento della mela, le braccia verso di lei.
- Ehm... - Miku si rimise seduta in ginocchio, come se nulla fosse: - Ora dovrebbe essere il turno di Ryuuto, giusto...? -
- Sì! - la bambina sorrise, lo sguardo di colpo interessato al compare: - Dai, dai, racconta una bella storia! -
Anche il bambino tornò seduto. Dalla lentezza con cui lo fece, doveva ancora starsi riprendendo.
Ryuuto parlò soltanto quando le sue guance ritornarono ad avere un colorito umano: - Uhm, allora... - alzò lo sguardo. Tornò a rivolgersi a lei e a Yuki: - C'era una volta- -
- Ma non "c'era una volta", Ryuuto! - Yuki gonfiò le guance: - Così nessuno potrà mai prenderti seriamente! Devi raccontare cose che sono successe a te, ad un tuo amico, ad un tuo parente, o al cugino di tuo cugino! -
- Uhm, sì, hai ragione... - il tripudio della convinzione tutto in una vocina nasale: - Dicevo... qualche anno fa, il cugino di mio cugino e sua moglie non avevano figli. Un bel giorno, il cugino di mio cugino, che fa l'affettatore di bambù- -
"Cos'è un affettatore di bambù...?" sì, poteva intuire con una certa acutezza cosa facesse a livello pratico, ma le sfuggiva la sua utilità.
- -mentre affettava il bambù, trovò una bambina. -
- Nel bambù? -
- Sì, nel bambù. -
Yuki aggrottò la fronte. Miku si sentì di imitarla.
- E decisero di adottarla, e le diedero nome- -
- Bambù. -
- -Kaguya. Kaguya crebbe e divenne una bellissima donna, la più bella donna che fosse mai esistita. -
Miku ascoltò, interessata.
- Era così bella che aveva un sacco di pretendenti. Ma lei li rifiutò tutti. -
- Ovviamente. - annuì Yuki, con fare sapiente.
- E' sempre così. - le diede ragione Miku, con un sospiro.
- Alcuni insistettero, e lei li sottopose a delle prove. Ma nessuno riuscì a superarne neanche una. -
- Ovviamente. - annuì Yuki, con fare sapiente.
- E' sempre così. - le diede ragione Miku, con un sospiro.
- Alla fine, Kaguya, stanca di tutto questo stress, decise di rivelare ai suoi genitori adottivi la verità: lei era un'abitante della Luna. -
- E' un'aliena! - sussurrò Yuki, gli occhi accesi di interesse. Un po' inquietante, a guardare bene.
- Uhm, sì, tipo. Così, Kaguya ringraziò i suoi genitori e se ne tornò sulla Luna, per andare a vivere insieme ai suoi simili. - Ryuuto abbassò la testa, segnando la conclusione.
Miku inarcò le sopracciglia. Yuki si portò le mani alle guance: - Wow! Il cugino di tuo cugino ha allevato un'aliena! -
- Uhm, sì... -
- Ma quindi... - la voce della bambina si abbassò, lo sguardo si assottigliò: - ... gli alieni non arrivano con le astronavi, ma passano attraverso i bambù! -
- Ecco a cosa servono gli affettatori di bambù! - capì Miku, il cuore che batteva forte: - A trovare gli alieni nel bambù! -
"Ora sì che la cosa ha un senso!"
Per tutta risposta, Ryuuto trasse un profondo respiro. Poi la guardò negli occhi: - Direi che tocca a te, ora. -
- Sì, sì, racconta una bella storia, Miku! - Yuki si sedette a gambe incrociate, le mani alle ginocchia, dondolandosi: - Mi raccomando, però! Di musiche ne ho parlato io, e di alieni Ryuuto! Raccontaci di qualcos'altro! - sorrise e, anche se non stava ghignando e non c'era alcuna luce strana nel suo sguardo, risultò più inquietante che tenera.
- Sì, giusto, tocca a me... - "Non ho idea di cosa dire."
Intrecciò le dita, si guardò intorno, in cerca di ispirazione. Ma c'erano solo le pareti della mela. E un intenso odore di mela ovunque. E il leggero ronzìo dello scaldabagno. C'era un caldo davvero piacevole, in effetti.
Sentì l'improvvisa voglia di una torta di mele.
- Mh... - la vocina di Yuki, dubbiosa: - ... certo, se conosci solo storie su musiche e alieni puoi raccontarle... -
- No, no! - sventolò le mani, come a scacciare quelle parole: - Stavo solo pensando a come impostare il racconto! Ce l'ho bello in mente! Chiarissimo! Cristallino! -
"Non mi viene in mente niente. Solo torte di mele." inspirò - e la voglia di torta di mele aumentò a dismisura: "Allora. Ragiona. Anche se mi rendo conto che sia complicato, ma provaci. Una storia. Con qualcosa di inquietante o strano. Magari che sia capitata a me o a qualcuno che conosco. Mh-"
Una stanza bianca. E un corridoio, bianco.
E tante persone, della sua età, vestiti allo stesso modo.
E pochi adulti, che giravano loro intorno.
Miku rabbrividì.
"Trovata."
- E' una cosa che è successa a me. Pochi anni fa. - tenne la voce bassa, ferma. Yuki e Ryuuto si avvicinarono appena. Sembravano incuriositi.
- Mi trovavo in un luogo completamente bianco. Muri, soffitto, pavimento... ogni cosa era bianco. Insieme a me, c'erano altre persone. Eravamo vestiti tutti allo stesso modo. -
- E perché? -
Miku rivolse lo sguardo verso Yuki, lentamente: - Perché era una delle regole fondamentali di quel posto. Erano stati loro a darci dei vestiti. Il giorno stesso in cui abbiamo varcato quella soglia. - le labbra della bambina si schiusero appena, la curiosità ormai evidente.
- Ogni giorno, qualcuno veniva chiamato da loro. "Chissà quando toccherà a me!", mi dicevo. Volevo assolutamente andare. Volevo andare da loro. Ma il mio turno sembrava non arrivare mai. - abbassò lo sguardo, lasciò che la frangetta le coprisse gli occhi: - Aspettavo. Aspettavo. Ero sempre più desiderosa di andare. "Ehi, tocca a me!", dicevo. Ma nessuno mi ascoltava. Parlavo con gli altri miei coetanei. Tuttavia, giungeva il momento in cui erano loro ad essere chiamati, e io rimanevo da sola. Ad aspettare. - sentiva gli sguardi dei due bambini trafiggerla: - Poi... - abbassò ancora di più la voce: - ... giunse il mio turno. - sentì il fruscìo dei loro vestiti, li notò farsi più vicini: - Finalmente, andai da loro. - non sentiva più il loro respiro: - E, una volta davanti a loro, io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io... io- -
- AH! - Yuki e Ryuuto ricaddero all'indietro, la mela oscillò.
Forse non avrebbe dovuto rialzare la testa di scatto. Né afferrarli di colpo.
Fu solo quando si accorse di quanto tirassero le guance che notò di star sorridendo. A denti scoperti. O qualcosa del genere.
- Cosa successe? - fece Yuki, tornando seduta, lo sguardo fisso su di lei: - Cos'hai fatto? Cos'hai visto? -
- Temo di non potervelo dire. - sorrise. In modo normale. Forse: - Non posso certo svelarvi tutto. -
"Non posso certo svelarvi del mio disastroso esame scolastico. Me l'avevano anche detto di non essere così ansiosa, che poi avrei scordato tutto! E comunque quelle divise erano orribili."
- Ma così non è che si capisca molto... - pigolò Ryuuto, guardando altrove.
- Non è detto che tutte le storie vengano spiegate. - si affrettò a tornare a guardare Yuki: - E' di nuovo il tuo turno! - sperò davvero di riuscire a distogliere l'attenzione di entrambi da se stessa.
Parve riuscirci, almeno in parte. Guardando gli occhi della bambina, le parve quasi di riuscire a leggerle nel pensiero: da un lato, voleva sapere nel dettaglio cosa fosse successo, dall'altro smaniava di raccontare un'altra storia. Delle sue.
"Pensandoci meglio, è un bene che non riesca davvero a leggerle nella mente.".
- Conoscete i Rugrats? - evidentemente, aveva vinto "l'altro lato".
- Il cartone, dici? -
Yuki annuì: - C'è una teoria interessante circa la sua vera trama. -
- Ah, sì? - non che ne fosse una grande appassionata, non aveva seguito tutti gli episodi ed era passato svariato tempo da quando li aveva visti, ma non le risultava che quel cartone animato avesse chissà quale trama complessa o simbolica.
- Sì. - di nuovo quel sorriso innocente e disturbante: - Pare sia tutto un sogno di Angelica. Sotto l'influsso della droga. - decisamente più disturbante che innocente: - Sembra che Angelica avesse iniziato a drogarsi per la disperazione, dopo aver perso in modi atroci tutte le persone a lei care. Il cartone non è altro che il mondo immaginario costruito da Angelica uscita fuori di testa. - abbassò la voce, lo sguardo si fece serio: - Ma, del resto... gli effetti della droga non durano per sempre. Tuttavia, quando se ne abusa- -
- Oh, sì, che stupida, conosco questa teoria! - Miku scoppiò in una risata falsissima, i brividi lungo le braccia: - Me l'avevano pure raccontata! Neanche troppo tempo fa, tra l'altro! - si lisciò la gonna, inspirò a fondo: - Una teoria davvero molto orrorifica, sì, senza dubbio. - sorrise, un sorriso tiratissimo: - Ma, appunto, è solo una teoria! E' carino pensare ai Rugrats come la banda di bimbetti scalmanati che sono! - un'altra risata forzata. Yuki la guardava con gli occhi a mezz'asta. Lo sguardo di Ryuuto era la pura gratitudine.
- Tocca a te, no? -
Il bambino annuì e iniziò a parlare quasi contemporaneamente. Si era preparato la storia in anticipo. Forse ci si era concentrato proprio per non dover ascoltare neppure una parola del racconto di Yuki.
- Questa è una cosa successa a mia cugina. Io non ci credevo, ma lei mi ha fatto sentire... -
Lo sguardo della bambina si era fatto perplesso: - Ma è anche questa sulle canzoni? -
- Qualcosa del genere. - rispose Ryuuto: - Però non è come la tua. -
- Oh. - ora Yuki pareva incuriosita.
- Sembra che nel computer di mia cugina ci sia un... programma? Di quelli per creare le canzoni. Mia cugina compone tante canzoni, soprattutto d'amore. Un giorno... - abbassò la voce: - ... trovò sul desktop una canzone finita. Ma non l'aveva composta lei. E il suo computer ha la password, nessuno può accedervi liberamente. Ecco, sta di fatto che mia cugina, dopo un attimo di indecisione, ha deciso di finire di ascoltare la canzone. - silenzio.
- E cosa sentì? - sussurrò Yuki.
- ... una canzone d'amore. - rivelò Ryuuto: - Il programma con cui aveva sempre composto canzoni d'amore aveva scritto una canzone d'amore per lei. Il programma si era innamorato di lei. -
- Che cosa romantica... - mormorò Miku, incantata.
- Posso assicurarvi che è vero: l'ho sentita! -
- Wow... - Yuki giunse le mani: - Un'intelligenza artificiale che prende coscienza di sé e dei propri sentimenti! E' così fantascientifico e cyberpunk! - un sorriso le illuminò il viso: - Sei davvero bravissimo a raccontare storie di fantascienza! -
La faccia del bambino divenne fucsia e lui abbassò lo sguardo.
- Finisce così? - chiese Miku.
Senza alzare la testa, Ryuuto annuì.
- Oh... - "Pensavo finisse con qualcosa tipo che la cugina rifiutava il programma e lui la uccideva. Qualcosa di ameno del genere..." le sfuggì un sorriso: "Però, se è solo questo... a suo modo, sembra quasi una fiaba..." ci riflettè: "... una fiaba...?"
- Tocca di nuovo a Miku! - la voce di Yuki la riportò nella mela: - Però, stavolta... - agitò l'indice: - Niente storie misteriose! Spiega tutto! -
- D'accordo. - ridacchiò. Aveva una mezza idea circa la storia da raccontare.
"Una fiaba..."
- Qualche anno fa... - esordì. Sentì il cuore farsi più grande e leggero, al ricordo: - ... facevo una serie di sogni strani. Abitavo da sola, in un paesino rurale, dove tutti erano gentili. Non ho mai avuto problemi di nessun genere. Avevo cibo, tutti i vestiti carini che volevo. Bastava che lo desiderassi. - sorrise, un calore piacevole s'irradiò nel petto: - I vicini erano davvero simpatici. E c'era la panettiera, che sfornava il pane proprio lì dietro la sua bancarella. E il proprietario della locanda più grande del paese, che urlava tanto, ma in fondo era buono. E una ragazza che aveva un giardino pieno di fiori stupendi. Non voleva che li cogliessimo: dovevamo chiedere a lei e lei si occupava di tagliarne alcuni. Era davvero gelosa del suo giardino. E un ragazzo che mi aiutava a portare la spesa, quando avevo voglia di fare compere. Anche i soldi... bastava desiderarlo, e loro apparivano. Avevo tutto. Ero felice. Era tutto perfetto. Come una fiaba. - sentì le guance calde. Probabilmente, lo scaldabagno non c'entrava niente: - E, come ogni fiaba, aveva il suo castello. Un invito al ballo. Ci andai, desiderai di avere un abito bellissimo e di essere bellissima io stessa. Quando mi guardai allo specchio, fui felice: ero diventata davvero bellissima. Come non sono mai stata da sveglia. -
- Ma tu sei carina, Miku! - la voce di Yuki le ricordò della presenza sua e di Ryuuto.
Dopo un momento di disorientamento, sorrise: - Grazie. -. Non si riteneva brutta, ma non pensava neppure di essere la ragazza più bella del mondo. In realtà, neppure nel sogno era Miss Universo; tuttavia, le era piaciuta tanto l'immagine che aveva visto riflessa.
- Andai al ballo, appunto. - proseguì: - Era tutto magnifico. La sala, gli invitati, i loro abiti, il cibo... - soprattutto il cibo: - ... sembrava davvero di essere caduti in una fiaba. - il cuore si fece piano piano più pesante: - Era tutto perfetto, ma mancava una cosa. Una cosa che non sarebbe apparsa soltanto perché la desideravo. -
- Cosa? - le due vocine, all'unisono.
Miku esitò. Intrecciò le dita, il ronzìo dello scaldabagno coperto dal battito del cuore contro i timpani: - Era un ballo. Tutti, lì, erano in coppia. Io, invece... - non seppe come continuare.
La vedeva ancora davanti a sé, quella sala traboccante d'oro, colorata dalle vesti delle dame; sentiva ancora tutti i profumi mischiati, del cibo e delle fragranze; le sembrava di sentire la stoffa soffice del suo abito lungo le braccia, di udire il chiacchiericcio, la musica, i suoi stessi tacchi sul pavimento lucido.
E osservava uomini e donne danzare, davanti ai suoi occhi, che passavano a pochi metri dalla sedia morbida su cui era seduta. Se abbassava lo sguardo, riusciva a vedere tutte le persone che danzavano a testa in giù. Ma non c'erano gonne che si sollevavano di botto o capelli fluttuanti.
- Avevo tutto ciò che avrei potuto desiderare. Ero al ballo, come in una fiaba. Ma nessun mio desiderio avrebbe mai potuto comandare la mente di un'altra persona. - strinse i pugni: - Però... non volevo andarmene. Volevo rimanere lì. Fino alla fine della serata. Andarmene da sola, dopo essere stata da sola per tutta la sera, sarebbe stato troppo... - non riuscì a finire la frase.
Aveva stretto i pugni anche quella sera. Aveva avuto paura. Paura di svegliarsi, di far finire tutto prima del momento giusto.
Non aveva provato tristezza, e neppure delusione. Non aveva mai capito cosa fosse. Forse era stato qualcosa che si avvicinava all'ansia, forse all'angoscia.
Il cuore trasalì.
Distese le dita sulla gonna. Sorrise.
- Qualcuno mi ha teso la mano. Non c'era nessun altro, lì dov'ero io. Stava tendendo la mano a me. Aveva i guanti. Bianchi. Lui era tutto vestito di bianco. Era un ragazzo. Ricordo ogni singolo dettaglio di quella sera, ma... - inspirò: - ... non ricordo affatto il suo volto. Anche se l'ho guardato, e ho continuato a guardarlo per molto. Ricordo le sue parole, ma non la sua voce. Mi ha invitata a danzare. E io ho accettato. -
Ricordava come, in quel momento, si era dovuta trattenere dal portarsi entrambe le mani al petto. Il cuore aveva dato un colpo particolarmente violento.
Forse le aveva incrinato le ossa. Se avesse dato un altro colpo del genere, forse sarebbe riuscito a buttare giù la gabbia toracica e a spiccare il volo verso lidi lontani.
Non sarebbe stato carino.
- Io non so danzare. Ma ho desiderato di saperlo fare. E abbiamo danzato, insieme a tutte le altre coppie. - espirò.
- Per tutta la notte? - chiese Yuki. Si era sdraiata a pancia in giù, il viso tenuto tra le mani. Ryuuto era rimasto immobile, lo sguardo fisso su di lei.
- No, solo un ballo. - Miku sorrise: - Poi ci siamo salutati. Dopo un po', mi sono svegliata. Ma ero felice. -
Era raro svegliarsi al momento giusto. Chissà se, quella sera, svegliarsi al momento giusto era stato un caso o l'avverarsi del suo desiderio. Era sempre un sogno, in fondo.
- Cosa ti ha detto, lui? - domandò Yuki, curiosa. Era quasi bizzarro vederla tanto interessata ad una cosa del genere.
- Niente di eclatante. - rise: - Soltanto se stessi aspettando qualcuno. Quando gli ho risposto di no, mi ha invitata. Poi ci siamo semplicemente salutati. -
- Oh... -
- Ora non fai più questi sogni? - intervenne Ryuuto, riprendendo vita di colpo.
Miku scosse la testa: - No. Non ho più sognato quel paese da quando mi hanno uccisa. -
- ... eh? - i due bambini sbatterono le palpebre. Yuki si tirò su.
- Beh, sì. - alzò le spalle: - Un giorno, mentre passeggiavo per il bosco, ho sentito qualcuno avvicinarsi alle mie spalle. Quando mi sono girata, mi hanno pugnalata. Ha fatto discretamente male. - d'istinto, si massaggiò la zona tra il petto e i fianchi: - Sono rimasta sdraiata non so quanto. E sentivo sempre più freddo, e avevo sempre più sonno. Poi mi sono svegliata. - si ravviò le lunghe ciocche verde acqua: - Direi che qualcuno mi abbia uccisa, nel sogno. -.
- ... oh. -.
Il silenzio che calò rese più nitido il rumore dello scaldabagno. Ad ascoltare bene, le sembrava di udire un altro suono, in lontananza.
- Hai vissuto tante cose incredibili, Miku! - il sorriso di Yuki quasi illuminò l'interno della mela.
- A parte per il finale... - borbottò Ryuuto, bilanciando la luce irradiata con un po' di buio depressivo.
- Oh, beh... - Miku sventolò una mano: - ... è acqua passata, in fondo! -
- A proposito di acqua... - Yuki si mise in piedi: - ... credo sia tornato tutto più o meno normale, là fuori. -
- Oh! -
- Quindi dobbiamo già tornare...? - pigolò il bambino, la bocca curvata verso il basso.
La bambina le rivolse uno sguardo identico: - Temo di sì... e prima che il maestro ci scopra. - Miku incontrò i suoi occhi: - Dobbiamo lasciarti in un luogo in particolare? -
- No, va bene un posto qualsiasi... -
- D'accordo! - Yuki tirò fuori dallo zainetto il binocolo, andò sul bordo della mela, alzò appena il coperchio e sbirciò all'esterno: - Bene, la porta si è rotta. Possiamo lasciarti a- -
- La porta si è rotta? - si alzò di colpo, ma fu subito bloccata da un leggero dolore alla testa. Di nuovo.
Si riaccucciò, massaggiandosi il punto colpito dal coperchio della mela.
- Beh, sì. - la bambina la guardò, quasi si stupisse del fatto che non sapesse una cosa tanto ovvia: - Di solito, quando le tubature si rompono, riempiono tutta la sala d'ingresso e l'acqua finisce con lo sfondare la porta. E' così che poi defluisce- - calcò la parola, come orgogliosa di conoscerne una tanto difficile (?): - -nei campi! -
- Oooh... - era sicura di avere gli occhi che brillavano.
- Anche se il duca non è mai molto felice di questa cosa... - sospirò Ryuuto.
- A ragione, direi... - era più che lieta di come stessero andando le cose, ma non poteva non pensare a quanto dovesse essere frustrante per un portinaio vedere distrutta la porta così spesso.
Lentamente, Miku si alzò, sbirciando nello spiraglio del coperchio della mela: la porta - almeno, il buco dove prima si trovava la porta - si stava avvicinando con straordinaria rapidità.
- Dicevo. - riprese la parola Yuki, spostandosi al suo fianco: - Possiamo lasciarti a Camino. Ti va bene? -
- Ehm, sì, certo! - "Non ho idea di dove o cosa sia Camino, ma d'accordo." L'importante era riuscire ad entrare. E trovare lo Shota Usamimi.

Portati dalla corrente, attraversarono il buco un tempo porta - la porta che aveva tanto desiderato aprire - e Miku si ritrovò dall'altra parte.
Il coperchio era ancora chiuso, quindi non vedeva granché: soltanto quelli che sembravano mattoni rossi. Pareti di mattoni rossi. Era tentata dal sollevare il coperchio, ma preferiva rimanere immobile e lasciare che fossero Yuki e Ryuuto a fare tutto. Erano sicuramente più esperti di lei in materia di mele.
- Stiamo per attraccare! - annunciò Yuki, ad un certo punto: - Non ti muovere finché non saremo completamente fermi, o rischiamo di capovolgerci! -.
Miku annuì: "Allora ho fatto bene...".
Dopo qualche secondo, forse un minuto, la mela si fermò. Prima non si era accorta del movimento, ma adesso, sentendola ferma, riuscì a percepirne la differenza. Si era lasciata cullare dal leggero dondolìo della mela senza neppure rendersene conto.
Ryuuto si alzò e il coperchio, finalmente, fu alzato del tutto.
Miku guardò in alto: un soffitto ocra. "Speravo in qualcosa di più..."
- Stai attenta quando scendi! -
Si voltò a guardare Yuki appena in tempo per vederla issarsi sul bordo con un unico movimento delle braccia, per poi lanciarsi fuori. Ryuuto fece lo stesso.
"... atletici i bambini, qui..."
Non osò fare altrettanto. Adottò lo stesso metodo con cui era entrata: si lanciò a peso morto con tutta la non-grazia che possedeva.
Ovviamente, la mela franò a terra. E lei evitò di spaccarsi qualcosa soltanto perché il bordo era spesso e aveva ottenuto solo un contraccolpo sullo stomaco che le aveva mozzato il fiato.
- Appunto. - era sicura Ryuuto avesse alzato gli occhi al soffitto.
- Beh, tanto dovevamo comunque metterla in orizzontale, o non saremmo mai riusciti a farla rotolare! - Yuki le tese una mano, e Miku accettò volentieri.
Una volta in piedi, si riassettò il vestito e i capelli, e si guardò intorno: era effettivamente una stanza con le pareti di mattoni rossi e il soffitto ocra. Una grossa stanza con le pareti di mattoni rossi e il soffitto ocra. Si era pur sempre rimpicciolita tanto da poter navigare dentro una mela - una grossa mela, senz'altro, ma comunque una mela.
Guardò a terra: il pavimento era identico al soffitto. Soltanto, più scuro. Forse era sporco.
C'erano due finestre enormi - anche se fosse stata della sua misura, le avrebbe trovate gigantesche: dovevano essere alte almeno due metri.
Rettangolari, con la parte superiore a semicerchio, che sicuramente avevano un nome, ma gran parte delle lezioni di storia dell'arte le aveva passate a fare i baffi ai signori e alle signore sul libro di testo. Erano del tutto azzurre, e le cose potevano essere due: o erano dipinte, o fuori il cielo era limpido come di rado l'aveva visto.
Dietro di loro, contro una parete - proprio sopra il buco - c'era un tavolo gigante, di legno. E tre sedie di legno, sui tre lati liberi. C'era del legno anche dal lato opposto della stanza, dei colossali ceppi accatastati gli uni sugli altri.
Guardò: una cosa di pietra gigantesca. Pietra scura, sporca di roba nera. A guardare bene, c'era un sacco di roba nera pure subito sotto la cosa di pietra. Piegò la testa all'indietro, sentì la nuca contro il collo, ma non riuscì a capire cosa accidenti fosse.
"... aspetta."
- Spero che il viaggio sia stato di tuo gradimento! -
Si voltò a guardare Yuki, sempre sorridente. Annuì: - Sì! Vi ringrazio molto per avermi portati fin... qui. - "... Camino..."
- Di nulla! - la bambina sventolò la mano: - Arrivederci, Miku! -
- Arrivederci! - pigolò Ryuuto, timidamente.
- Arrivederci! - cercò di non far spegnere la voce quando vide i due piccoli mettersi a spingere la mela e a farla rotolare come se niente fosse, verso chissà dove.
Guardò dal lato opposto del camino gigante: c'era una porticina, simile a quella sfondata dall'acqua; solo, era grande almeno il triplo e i due non ebbero alcun problema ad aprirla e a far passare la mela. Poi, sempre tranquilli, la richiusero alle loro spalle.
E cadde il silenzio.

"... voglio vedere cosa c'è qui intorno!" non c'erano altre porte, lì. Solo quella sfondata e quella da cui se n'erano andati Yuki e Ryuuto. Che erano piccole. Mentre lì era tutto grande.
"Che senso ha...?" si era allontanata tanto quanto bastava per poter finalmente avere la visuale più o meno completa della cosa di pietra: sì, era un camino. Un camino sporco di fuliggine.
"Forse la gente entra dal camino...?" si riavvicinò, quasi correndo: "Entrano dal camino, se ne stanno qui per un po', e poi riescono sempre dal camino?" Gli abitanti di quel luogo erano decisamente bizzarri. Ma, senz'altro, quello doveva essere il rifugio ideale per una persona che voleva starsene da sola e in tranquillità.
"Uh?" guardò a lato, sotto il tavolo: guardando con attenzione, si accorse di uno scarico. Ecco dov'era finita l'acqua.
"... ed è entrata tutta subito...?" rinunciò ad indagare, riportando lo sguardo al camino. Ormai era vicinissima. Non si era mai accorta di quanto odore avessero la cenere e la fuliggine; non sapeva dire se fosse puzza o profumo, sapeva soltanto che le narici e i polmoni ne sarebbero stati pieni di lì a poco.
Quando fu a pochi passi dal camino stesso, si accorse che anche la pietra aveva un odore. Era sicura fosse pietra, perché non avrebbe saputo descrivere quell'odore in modo diverso da "odore di pietra".
"Forse l'hanno usato da poco...?" magari qualcuno era lì ed era stato messo in fuga dall'improvvisa inondazione da sotto il tavolo. O, se quello scarico aveva un potenza di risucchio tanto incalcolabile, forse era stato infastidito dal rumore o dall'umidità e aveva deciso di andarsene. O-
- Non l'avete ancora trovata? -
Una voce femminile, disperata.
Miku si mise in ascolto: le sembrava arrivasse dall'alto. Era giovane, sembrava stesse piangendo.
- No. - altra voce femminile. Secca e atona.
- Ma... ma... - dei singhiozzi. Stava decisamente piangendo: - ... la mia piccola! La mia bambina! Si sarà fatta male? Starà bene? Dove sarà? Cosa starà facendo? -
- Ma va' che starà benissimo. - l'altra voce sembrava voler essere da una qualsiasi altra parte insieme alla fantomatica bambina, possibilmente lontano dalla donna in lacrime: - Sei sempre così esagerata! -
- Ma ormai sono passati trenta minuti! - una forte soffiata di naso: - E se si fosse persa? E se non riuscisse più a trovare la strada di casa? E se le avessero fatto del male? - un pianto, di botto, tanto che Miku sobbalzò: - Avrei dovuto tenerla d'occhio! Non avrei dovuto lasciarla andare! Sono un fallimento, come madre! -
- No, sei solo una madre ansiosa, ansiogena, piagnucolosa e appiccicosa. -
Un'altra ondata di pianto.
Ora era davvero curiosa. Si guardò intorno, in cerca di un qualsiasi modo per salire. Percorse il perimetro di pietra, fino alla fine del bordo sporgente sopra di lei; lì, trovò una scala a pioli.
"Oh, beh." salì, stupendosi di come non traballasse, e arrivò nel camino.
Lì sopra, era praticamente tutto nero; soltanto le estremità del bordo sporgente erano ancora grigio pietra. All'interno, c'erano ancora dei pezzi di legno e cumuli di cenere. Non vi vedeva nessuna lucina, però - forse qualcuno era stato lì, ma non tanto prima quanto prima prima.
Riportò lo sguardo davanti a sé: in lontananza, due figure. Si avvicinò, con una camminata normale - forse si sarebbe dovuta mettere a correre e fingere di averle sentite e- "Posso farlo, in effetti."
Scattò, il rumore delle scarpette rimbombò nel camino, facendosi quasi assordante. Si bloccò e si portò le mani alle orecchie, infastidita. "D'accordo, magari cammino piano."
Fece per riavvicinarsi, ma si accorse di due cose: si era avvicinata abbastanza e le due donne stavano guardando nella sua direzione; una delle due aveva una mano premuta contro l'orecchio e aveva la faccia alquanto irritata.
"Ehm..."
Erano due donne ed erano completamente vestite di bianco. Una delle due - quella in lacrime - aveva persino i capelli bianchi; l'altra - quella che la stava guardando malissimo - era bionda.
Entrambe avevano i capelli lunghi, legati in entrambi i casi - una coda bianca lungo la schiena e una singola coda bionda a lato della testa - ed entrambe avevano gli occhi di colori particolari: la bianca doveva essere albina, visti gli occhioni rossi - e non per il troppo piangere, visto che era l'iride stessa ad essere di un bel rosso cupo -, la bionda faceva pendant con i capelli con un paio di occhi gialli.
Per il resto, non avevano niente in comune.
La ragazza bionda non doveva avere neppure diciotto anni; in una delle mani inguantate aveva un... cellulare, o un qualcosa che ci somigliava, senz'altro qualcosa con tanti tasti; aveva gli stivali, dei pantaloni, una camicia, un panciotto, una giacca lunga fino ai polpacci e una corona di quelle che sembravano cuscini in una gabbia ingioiellata.
La ragazza albina i diciotto li aveva ampiamente superati; nelle mani aveva un fazzoletto bianco, di quelli che sembravano ipercostosi solo ad intravederli da lontano; aveva un'ampia gonna fino a terra, dall'aspetto morbido, dei guanti fino agli avambracci e un bustino prossimo all'esplosione a causa della sua settima abbondante; la corona sulla sua testa era nettamente più piccola di quella della ragazza bionda, senza pseudocuscini di mezzo.
- Che vuoi? - l'apostrofò la ragazza bionda.
- Vi ho sentite da sotto! - disse subito Miku, le mani dietro la schiena. Sentiva un po' di caldo sulle guance.
- E allora? -
- Ecco... - cercò di sostenere lo sguardo irritato della ragazza: - ... mi chiedevo se ci fossero problemi... -
- Se davvero ci hai sentito, allora non faresti domande così stupide! - tornò al suo coso pieno di tasti: - Sparisci. -
- Scusatemi, signorina... - la donna bianca si avvicinò, ignorando del tutto le parole della compare: - ... avete per caso visto la mia piccola? -
"... mi sento in colpa a dirle di no..." e la donna era sul punto di rimettersi a piangere: "... però non..."
- Ehm, com'è fatta? - chiese, cercando di guadagnare tempo: "Magari è Yuki..."
Quegli occhi rossi divennero due sfere perfette.
Al fianco della donna bianca apparve la ragazza bionda, una mano al fianco, l'altra con lo pseudocellulare lasciata pendere: - Ah? Ma sei fuori? -
- Dai, dai, Neru... - la donna abbozzò un sorriso timido, la voce ancora spezzata: - Magari viene da lontano... -
- In effetti sì! - Miku ne approfittò: "Ho come l'impressione che questa tizia bionda sarebbe capace di buttarmi fuori, se le dicessi che vengo dalla stanza qui accanto..." era una sensazione alquanto forte.
- Ma proprio tanto lontano, da un posto tanto nascosto, se non conosci la principessa! -
"La principessa?" in effetti, le corone sarebbero potute essere un discreto indizio.
- Neru! - la riprese la donna, la voce soffocata.
- Comunque. - la ragazza bionda, Neru, alzò le spalle e incenerì Miku con un'occhiataccia: - Puoi pure andartene. Nostra figlia starà qui in giro, non dar retta a quello che dice Haku. -
- Smettila! - un'altra ondata di pianto e il volto di Haku sparì nel fazzoletto.
- Ma-ma magari l'ho vista! - riprese parola Miku, riportando le mani davanti e intrecciando le dita: - E non sapevo fosse la principessa! Potete dirmi com'è fatta? -
- Ma che palle... -
- E' piccola e innocente! - gli occhioni rossi di Haku riapparvero dal fazzoletto: - E' bionda, con gli occhi azzurri, e dolce, e carina, e tenera, e... e... - tirò su col naso: - Come ho potuto lasciarla sola? E' così giovane, così ingenua, così indifesa, così- -
- Madre! -
D'istinto, Miku abbassò lo sguardo: una voce femminile, dal basso. Proprio dove c'era più fuliggine. Montagnole di fuliggine e cenere, per la precisione.
Su una delle cime, apparve una figura.
Senz'altro era bionda. Gli occhi non riusciva a vederli.
Piccola non le pareva.
E, a giudicare dall'armatura e dalla lancia stretta in un pugno, dubitava fosse indifesa.
- LILY! -
E Miku perse un timpano. Chissà se era una cosa definitiva. Sperava proprio di no.
Da come anche Neru si era premuta - di nuovo - una mano contro un orecchio, probabilmente doveva averne perso uno pure lei.
- PICCOLINA MIA! - Haku quasi si gettò a terra, in lacrime: - MA ALLORA STAI BENE! -
La principessa Lily alzò gli occhi al soffitto, senza rispondere. Poi si lasciò scivolare lungo il fianco della montagnola e corse in direzione della scala a pioli.
Miku riuscì a sentire distintamente il rumore dei pezzi dell'armatura che cozzavano l'uno contro l'altro; s'interruppero per un istante, per poi riprendere e farsi sempre più vicini, insieme al boato dei passi nel camino. Neru si tappò anche l'altro orecchio e Miku decise di imitarla.
E la piccola e indifesa principessa Lily apparve davanti ai suoi occhi: se Haku era più alta di Neru di tutta la testa, Lily avrebbe potuto usare quella testa bionda per poggiarci un gomito. A Miku bastò abbassare lo sguardo per notare il tacco dieci dei calzari. Ma non era sicura che la principessa non fosse alta anche da scalza.
L'armatura bianca non era esattamente di quelle medievali raffigurate nei libri: sembrava più un'armatura femminile uscita da qualche videogioco, ma senza lasciarla troppo scoperta - a conti fatti, le uniche parti scoperte erano gli avambracci e la parte tra gonna e ginocchio, ma erano entrambe coperte dalla maglia. Una lancia lunga almeno mezzo metro più di lei in una mano, l'altra al fianco a reggere l'elmo. Riusciva a vedere le incisioni di un giglio ai lati, e sotto il collo dell'armatura; sugli schinieri e sui dorsi dei guanti, dei cuori rossi.
E mezza maschera bianca a coprire il viso.
Eppure, nonostante questo, bastava la metà scoperta per rendersi conto che non era "carina", era bellissima. E aveva preso il fisico da Haku - soltanto che, almeno, la corazza non sembrava sul punto di esplodere. Forse perché la principessa aveva solo una quarta.
- Ero solo scivolata, madre! - sospirò Lily, paziente - o forse no.
"... scivolata?" Miku guardò di nuovo di sotto: "... è stato un bel volo...".
- Quel che le ho detto. - disse Neru, scocciata: - Ma lei mi ha forse dato retta? No, come al solito. Si è messa a frignare a dar fastidio a gente venuta a darci fastidio! -
- Prego? - aveva la vaga impressione stesse parlando di lei.
Mentre Haku correva a stritolare la piccola e indifesa Lily, Neru le si avvicinò, gli occhi ridotti a fessure: - Se hai qualcosa da dirci, dilla subito. Oppure sparisci. Te l'ho detto pure prima. E ringrazia che non sei un mio suddito. -
"Per fortuna..."
- Che roba. - Neru tornò a pigiare tasti a caso del coso pieno di tasti: - Con che sfacciataggine poi si rivolgono ad un sovrano! Ma il delirio, proprio... -
- Direi che posso andar- -
- Signorina. - la principessa si era liberata dalla regina, e le si era avvicinata. Parlava con voce gentile, ma il modo in cui la guardava era di palese sospetto: - Vi scorterò per un tratto. Fino alla porta. -
- Oh... - qualcosa le diceva che non avrebbe potuto rifiutare: - Ehm, grazie, principessa... -
- Ehi! - Neru alzò lo sguardo, le sopracciglia talmente basse da farle ombra sugli occhi: - Perché lei la tratti bene e io non vengo chiamata neppure "re", "sovrano", "mio signore", o- -
- Torni già al lavoro, cara? - sussurrò Haku, tamponandosi le guance con il fazzoletto.
- Temo di sì, madre. -
Con grande sorpresa di Miku, la regina si limitò a sospirare, senza scoppiare di nuovo in lacrime.
- Andiamo, signorina. - sentì la mano d'acciaio di Lily contro la schiena e non se la sentì di rimanere ferma.
Incredibile la velocità con cui scesero - accompagnate dai saluti di Haku, che sventolava il fazzoletto, e dalle proteste di Neru.
Dopo qualche passo, Lily parlò: - Qual è il vostro nome? -
Il sospetto con cui la guardava faceva sospettare anche lei. Non sapeva di cosa, ma sentiva che sarebbe arrivata qualche domanda o affermazione scomoda da un momento all'altro.
Si fermò e fece una piccola riverenza: - Mi chiamo Michelyne Alice Lydia Fairsound. O solo Michelyne. -
Lily chinò appena la testa: - Come avrete già intuito, io sono Lily, Principessa Bianca e Fante di Cuori. - parve pensarci un attimo: - ... anzi, Fante di Cuori e Principessa Bianca. -
- Cosa cambia? -
- Tante cose. - la principessa la scrutò. Sì, aveva gli occhi azzurri: - Voi non siete di qui, vero? -
"Ecco, appunto."
- Venite da oltre quella porta. - accennò con la testa al buco. E non era una domanda.
- Mi hanno fatta entrare. - rispose Miku. Era vero, in fondo. Yuki e Ryuuto l'avevano fatta entrare.
- Non Gakupo. - continuava a guardarla.
Cercò di non abbassare lo sguardo, anche se iniziava a sentirsi un po' inquieta - soprattutto perché la principessa era armata: - Perché ne siete così sicura? -
- Perché Gakupo fa entrare soltanto le persone con invito. - piegò appena la testa di lato: - Se aveste avuto un invito, me l'avreste detto subito. -
"... mi ero dimenticata della faccenda dell'invito."
- Tuttavia... - Lily sospirò e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, ogni traccia di sospetto era scomparsa. Sembrava quasi stesse... ridendo?: - ... se aveste cattive intenzioni, vi sareste costruita qualche scusa. Voi mi sembrate solo spaesata. -
- All'incirca... - confessò Miku, piano: "In realtà, so che questo è Camino. E' un punto di riferimento!"
- E avreste cercato di ingraziarvi il Re e la Regina. O ucciderli. -
- Siete un po' estremi... -
- E' quello che tendono a fare i rivoltosi. - Lily alzò le spalle: - Siete diretta al Paese delle Meraviglie o al Paese dello Specchio? -
"... eh?" - Ehm... - indicò la porta da cui erano usciti Yuki e Ryuuto: - Lì. -
- Il Paese dello Specchio, allora. Ma voi... - sembrava sinceramente stupita: - ... non avete neppure idea di dove vi trovate? -
"..."
- Siamo a Camino! - rispose, tranquilla. Era sicura di non stare sbagliando.
- Questo sì... - si portò la mano al mento: - ... beh, direi che, per evitare che facciate disastri, sia il caso di dirvi un paio di cose. -
Miku si limitò ad annuire: "Un inforigurgito. Ora mi serve, in effetti.".
- Le mie madri sono il Re e la Regina del Paese delle Meraviglie. L'entrata è lassù. - indicò una delle finestre: - C'è un piccolo specchio, da qualche parte. Quella è l'entrata. Quella, invece... - e indicò la porticina: - ... è l'entrata per il Paese dello Specchio. -
- Non avrebbe più senso al contrario? -
Lily aggrottò la fronte: - Sarebbe alquanto noioso avere il Paese dello Specchio dietro uno specchio e il Paese delle Meraviglie dietro una porta. -
- Anche voi avete ragione, principessa. -
- Se mai ci reincontreremo nel Paese dello Specchio, vi prego di rivolgervi a me come "Fante di Cuori". Lì, il mio ruolo è solo e soltanto quello. - la voce si era fatta fredda.
- D'accordo... -
- Proteggo il palazzo della Regina. - proseguì Lily: - Quindi, gradirei molto voi non foste una rivoltosa. In caso contrario, saremmo costrette a scontrarci. -
- Tranquilla. - "Non ho voglia di..." fissò la lancia, trattenendosi dal fare un passo indietro.
- E prestate molta attenzione. Anche la cosa più innocente può rivelarsi pericolosa. -
Miku annuì. Solite raccomandazioni.
Lily schiuse le labbra. Ma le richiuse subito. Scosse appena la testa e sorrise: - Per il resto, siete libera di andare dove volete. Soltanto, non create problemi. -
- Sì, Fante di Cuori! -
- Una volta attraversata la porta, io tornerò al mio compito. Quindi, non potrò scortarvi in giro. -
- Non vi preoccupate. -
- La Regina ci tiene agli ospiti. - sospirò: - Ma ci tiene anche che il palazzo sia protetto. -
"... e una persona basta a proteggere un palazzo intero...?".
- Andiamo. -
- Sì! -
E si avviarono verso la porticina.

- Wow... - Miku non riuscì a non dirlo: davanti a lei c'era un enorme giardino. "Enorme" anche per la sua altezza originale.
C'era un vialetto di sassolini bianchi subito all'uscita, e portava chissà dove; tutto intorno, fiori. Tanti fiori. Tanti, tanti fiori.
- E'- - si bloccò. Lily era sparita.
"... è proprio tornata al suo compito subito subito. Che velocità!".
Inspirò a fondo: solo in quel momento si rese conto di quanto tempo fosse stata al chiuso. In una stanza o in una mela. Era bello sentire un odore tanto fresco e tanti profumi insieme dopo acqua, frutta e cenere. E pietra.
Si stiracchiò e si lanciò sul vialetto, quasi saltellando.
Continuò a gettare occhiate in giro: giallo, arancione, rosso, rosa, azzurro, celeste, viola - e verde, tanto verde.
"Chissà se esistono fiori verdi." si chiese: "E, se esistono, dovrebbero davvero essere più famosi.".
Si fermò.
Guardò il vialetto, di cui ancora non vedeva la fine.
Guardò i fiori, alti almeno tre metri - dalla sua minuscola prospettiva. Probabilmente, erano normalissimi fiori.
Tornò a guardare il vialetto.
Tornò a guardare i fiori.
Lasciò il vialetto e s'infilò tra gli steli giganti.
Com'era ovvio, lì il profumo dei fiori era più intenso. Ad annusare bene, c'era anche un retrogusto di terra umida.
"... forse usano l'acqua della stanza accanto per annaffiare anche il giardino, oltre ai campi...?" avrebbe avuto un suo senso.
Non aveva idea di dove stesse andando. Andava e basta. Si faceva largo tra gli steli più vicini, li aggirava, camminava tranquillamente. Era come camminare sotto tanti ombrelloni: il sole illuminava il terreno solo in piccoli quadratini con i bordi irregolari, lasciando tutto il resto in una piacevole ombra.
Non faceva né caldo né freddo; quando Miku guardò in uno degli spazi lasciati liberi dai petali giganti, notò come effettivamente il cielo fosse terso.
"Chissà che ore sono..."
Continuò a camminare: "Se vado sempre dritta, prima o poi arriverò alla fine del giardino, no...?".
E si ritrovò con la faccia nel terreno.
- Puah! - si rialzò in fretta, togliendosi la terra dalla faccia e dai vestiti. Battè le mani per levare gli ultimi residui e si voltò: - Dannato sass- -
Era sicura di essere inciampata su un sasso.
Ma era anche sicura che i sassi non fossero rettangolari, né rossi né tantomeno con le pagine.
Si avvicinò e raccolse il non-sasso: un quadernino. Lo aprì, per cercare il nome del proprietario, ma non c'era nessun nome. C'erano appunti, in compenso: scritte sia in stampatello che in corsivo, accomunate da una calligrafia allungata.
Guardò la prima pagina: una serie di disegnini di quella che sembrava una spada stilizzata, con cinque salsicciotti che presumibilmente simboleggiavano delle dita; tutti i disegni, tranne un paio, avevano una X sopra, gli altri recavano la scritta "Giusto!".
- Sono... - inarcò un sopracciglio nel notare come i salsicciotti fossero sempre in posizioni diverse, alcune delle quali fisicamente impossibili: - ... metodi per impugnare una spada...? -
Aprì una pagina a caso: a sinistra, in stampatello e sottolineato una quindicina di volte, c'era un "Assaggia prima di usare il sale o lo zucchero" che copriva quasi tutto lo spazio disponibile; a destra, due linee, una più lunga e una nettamente più corta. Quella più lunga aveva un triangolino in cima. Fu solo grazie alle didascalie che comprese di avere davanti una lancia e uno stuzzicadenti. Notevoli le note a margine e le freccette su una o sull'altro: "Grossa" e "Fa male anche questo, se lo sai usare bene".
Andò all'ultima pagina: vuota. Tornò indietro, fino all'ultima pagina scritta: "Se la Cuoca ha detto che una bustina di lievito può bastare, non metterne cinque solo perché una bustina per una torta intera ti sembra poco.".
"Uhm..." girò le pagine successive. Notò qualcosa. Sfogliò di nuovo le pagine e trovò quel che aveva intravisto: una pagina a caso tra quelle bianche era scritta in corsivo, con straordinaria cura in confronto agli altri appunti. Tuttavia, la calligrafia era decisamente la stessa.
Andava a capo spesso: "... un poemetto...?". Provò a leggere.
'Twas brillig, and the slithy toves
Did gyre and gimble in the wabe;
All mimsy were the borogoves,
And the mome raths outgrabe.
Beware the Jabberwock, my son!
The jaws that bite, the claws that catch!
Beware the Jubjub bird, and shun
The frumious Bandersnatch!
He took his vorpal sword in hand:
Long time the manxome foe he sought
So rested he by the Tumtum tree,
And stood awhile in thought.
And as in uffish thought he stood,
The Jabberwock, with eyes of flame,
Came whiffling through the tulgey wood,
And burbled as it came!
One, two! One, two! And through and through
The vorpal blade went snicker-snack!
He left it dead, and with its head
He went galumphing back.
And hast thou slain the Jabberwock?
Come to my arms, my beamish boy!
O frabjous day! Callooh! Callay!
He chortled in his joy.
'Twas brillig, and the slithy toves
Did gyre and gimble in the wabe;
All mimsy were the borogoves,
And the mome raths outgrabe.

"..."
Rimise il quadernino dove l'aveva trovato.
Riprese a camminare tra i fiori giganti.
"Ho capito solo che c'è un coso chiamato Jabberwock, che ha gli occhi di fuoco, e che è meglio starci lontani." si fece largo tra due steli: "Forse era tra i pericoli che nominava Lily...?".
Scosse la testa e sospirò: "Beh, mi basterà stare lontana dall'uccello Jubjub, dall'albero Tumtum e dal Bandersnatch. Qualsiasi cosa sia. Sono sicura che, se starò lontana da robe del genere, non incontrerò neppure il Jabberwock!".
Sì, era un buon piano.
Chiuse gli occhi e inspirò l'aria fresca di profumi mischiati. Quando li riaprì, guardò le corolle sopra la sua testa: giallo, rosso, rosa, arancione...
"Ci sono così tanti colori..." le metteva allegria, quel posto.
- Un quadro miracoloso! - canticchiò: - L'ora dello spettacolo miracoloso! -
- Chi è? -
- Non ho mai sentito questa voce! -
- Uh? Chi? -
Il vento mosse le corolle sopra di lei. Un istante dopo, Miku notò come non ci fosse un alito di vento.
Gli steli si curvarono, rientrarono dalla parte opposta alla sua, lasciarono che le corolle si avvicinassero a lei; e, quando vide cosa nascondevano i petali, Miku schiuse le labbra, incantata e intimorita al tempo stesso: dei volti umani. E dei capelli.
Fece un giro su se stessa: non aveva idea di quanti fossero, ovunque il suo sguardo si posasse incontrava un paio di occhi incuriositi.
- E' questo strano fiore ad aver cantato? - chiese una dalia rosa, dai morbidi capelli castano chiaro.
- Ehi, tu! - una rosa dai lunghissimi capelli arancioni mosse una delle sue foglie - una mano? - nella sua direzione: - Sì, proprio tu! Canta qualcosa! -
E calò il silenzio. Ora gli sguardi erano quasi insistenti. Li sentiva trafiggerla da ogni parte - forse solo da sotto non arrivavano occhiate tanto intense.
"... ehm... d'accordo..." inspirò e cantò di nuovo: - Un quadro miracoloso! L'ora dello spettacolo miracoloso! -
- E' lei! -
- Sì, è proprio lei! -
- Lei! -
- Lei! -
- Ragazze, calmatevi! - un bellissimo giglio tigrato alzò entrambe le foglie, richiamando l'attenzione: - Un po' di contegno! -
In un angolo, un gruppo di fiori si afflosciò su se stesso, come se fosse appassito di colpo.
- Ehm, anche voi, ragazzi! - il Giglio-Tigre sorrise a mo' di scuse e il gruppetto riprese improvvisamente vita.
- E' arrivata proprio ora che stavamo per iniziare il nostro canto pomeridiano... - sospirò una viola con le codine nere. Miku si stupì quando notò che aveva un occhio azzurro e uno castano: "Non avevo mai visto eterocromi dal vivo...".
- Beh, poverina, non poteva saperlo... - pigolò timidamente un fiore sconosciuto tutto rosa.
- O forse l'ha fatto apposta. - il sorriso di una margherita dai lunghi capelli argentati aveva un che di inquietante.
- Ossu! - un tulipano nero dai lunghi capelli neri alzò una foglia in uno svogliato segno di saluto.
- Ma tu che fiore sei? - chiese la Rosa, chinandosi ancora di più verso di lei. Aveva gli occhi verdi.
- Io non sono un fiore! - rispose Miku: - Io sono un'umana! -
- Ha davvero una corolla orribile. - commentò la Margherita, senza perdere il suo sorriso: - Ed è tutta sporca di terra! Deve essere per questo che il suo profumo è così... - lasciò la frase in sospeso, roteando gli occhi rossi.
- Non ho mai sentito la specie "Umana"... - la Rosa guardò il Giglio-Tigre: - ... sarà un nuovo tipo di fiore? -
- Ho detto che non sono un fiore! -
- Di quelli che fanno in laboratorio? - intervenne la Viola.
- Sarebbe interessante... - lo sguardo che le rivolse la Rosa era, se possibile, ancora più incuriosito di prima.
- Adesso fanno i fiori al contrario? - sentì gli occhi della Margherita perforarla: - E'... verde. Ha la corolla verde e lo stelo bianco! -
- In effetti è un po' sottosopra... - annuì la Dalia, portandosi una foglia alle labbra.
- Non sono un fiore! - "Eppure le orecchie le hanno!"
- Ragazze! - il Giglio-Tigre guardò il gruppetto: - E ragazzi! - tornò a guardare Miku: - Perdona tutta questa irruenza! -
"Almeno lei..."
Il suo sguardo fu inevitabilmente calamitato dall'acconciatura rossa del Giglio-Tigre: codine a cavatappi. Non riusciva a staccare gli occhi da quelle codine attorcigliate all'aria.
- Dicevamo. Chi sei? Cosa ci fai qui? Sapevi che stavamo per metterci a cantare? L'hai davvero fatto apposta? Sei un fiore fatto in laboratorio? Perché i tuoi colori sono invertiti? -
"Perdona tutta questa irruenza." Miku fece un passo indietro. Forse era il caso di essere più intimorita che incantata.
- Nell'ordine. - mise davanti entrambi i pugni: - Mi chiamo Michelyne Alice Lydia Fairsound. - sollevò un pollice: - Stavo passeggiando. - l'indice: - No. - il medio: - No, quindi. - l'anulare: - No. - il mignolo: - No. - passò all'altra mano: - Questi sono i miei colori. - il pollice. Aveva ancora quattro dita disponibili.
- Ma aveva detto di essere "Umana"... - sussurrò il fiore sconosciuto rosa.
- Oh, sei davvero stupida. - sospirò il Giglio-Tigre, come se nulla fosse: - "Umana" è il suo nome, quella cosa impronunciabile è il nome della famiglia della sua specie! -
- Davvero brutto. - commentò la Margherita.
- A me piace! - protestò la Viola.
- Lungo, più che altro. - notò la Rosa.
"..."
- Beh, Umana. - il Giglio-Tigre la guardò: - Puoi restare a cantare con noi! -
- In realtà, ho un impe- -
- Sì, canta con noi! -
- Voglio sentirla cantare di nuovo! -
- Sentiamo come cantano i fiori delle nuove specie! -
- E se li chiamassimo gli Invertiti? -
- Ragazze! ... e ragazzi. - il Giglio-Tigre riprese la parola: - Non fate tutta questa confusione! Iniziamo! - tornò a guardarla: - Mi raccomando, memorizza le parole e poi seguici! -
"... perché Lily se n'è dovuta andare subito? Perché non ho seguito Yuki e Ryuuto? Perché non accettato l'invito di Gakupo Kamui?" le sembrava di stare parlando a vuoto. Per un attimo, si chiese se i fiori non udissero una parola sì e centocinquanta no.
Poi la sua mente si svuotò.
Il Giglio-Tigre aveva iniziato a muovere la testa a destra e a sinistra. E le sue codine rimbalzavano a destra e sinistra. Destra e sinistra.
- Ti amerò per sempre! Ho ricevuto un bacio da te! - destra e sinistra, destra e sinistra: - Non posso dimenticare questi miei preziosi ricordi! Se i dorayaki non possono diventare la mia dieta principale, dovrò soltanto riscriverla a modo mio! -
C'erano anche le altre voci, che si aggiungevano man mano. Risuonavano sullo sfondo, un accompagnamento perfetto a quello spettacolo.
Destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra...
- Ti amerò per sempre! Ho ricevuto un bacio da te! Le stelle esaudiranno il mio desiderio? Portami dall'altro lato della Terra, cerchiamo il più bello dei fiori! -
Destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra, destra e sinistra...
- Ti amerò- -
- Ti amerò per sempre! Ho ricevuto un bacio da te! Non posso dimenticare questi miei preziosi ricordi! Se i dorayaki non possono diventare la mia dieta principale, dovrò soltanto riscriverla a modo mio! - era un ritmo che entrava in testa. Le codine del Giglio-Tigre.
... non facevano più destra e sinistra. La testa era immobile. E gli occhi castani del Giglio-Tigre erano su di lei.
Nel silenzio.
"... cosa...?" si ricordò dell'esistenza di qualcos'altro oltre le codine rosse. Si guardò intorno: la stavano di nuovo fissando tutti.
- Bene! - sorrise il Giglio-Tigre.
- Accettabile. - annuì la Rosa, ravviandosi i lunghi capelli arancioni.
- Si può fare, sì! - fece la Viola.
Il cuore le sussultò in petto. Le sfuggì un sorriso: - Grazie! - "Forse questi fiori non sono poi così male..."
- ... tu. -
Il cuore le sussultò di nuovo in petto. Ma per tutt'altro motivo.
Si voltò lentamente. Gli occhi rossi della Margherita, ad un palmo dai suoi.
Saltò all'indietro, il sangue divenne gelido all'istante. Quel sorriso era decisamente disturbante.
- Tu pensi di poter venire qui e fare il comodo che ti pare, dannata Invertita? -
- Io, veramente- -
- Sei un disastro sotto ogni punto di vista! Mi chiedo perché ti permettano ancora di girare indisturbata. Ma non temere. - una delle sue foglie si mosse.
Miku osò abbassare lo sguardo. Il sangue nelle vene si congelò direttamente.
"... forbici. Da giardino." fece un altro passo indietro: "... perché un fiore ha delle forbici da giardino?"
- Porrò fine io alle tue sofferenze. E non permetterò ci siano altri simili orrori Invertiti a piede libero! Ti estinguerò prima che tu possa impollinare! -
Una scossa sul terreno. Miku riuscì a rimanere in piedi. Gli occhi iniziavano a farle male, tanto li aveva sgranati: la Margherita aveva tirato fuori una radice. Un'altra scossa. Un'altra radice. Un'altra scossa. Un'altra radice.
- Come sei esagerata... - sospirò il Giglio-Tigre, come se fosse una cosa normalissima. Gli altri fiori annuirono.
Un'altra scossa. Un'altra radice.
"..."
Miku corse via.
Non aveva nessuna meta, non ricordava neppure da dove fosse venuta, voleva soltanto mettere quanta più distanza tra lei e la Margherita. E dalle sue forbici da giardino, possibilmente.
Sentiva ancora delle leggere scosse. Stava guadagnando sempre più vantaggio. Ma non aveva intenzione di fermarsi finché non fosse uscita da quel giardino. Finché non fosse stata lontana, per la precisione.
Perché, se non avesse più sentito le scosse, sarebbe potuto significare essere già abbastanza lontana.
Oppure che la Margherita avesse finito di estrarre le sue radici.
E non aveva idea di quanto fossero veloci i fiori.
Con in foglia delle forbici da giardino.

"Anche la cosa più innocente può rivelarsi pericolosa."
Ora capiva davvero le parole di Lily.
"Non pensavo sarei finita con il rischiare di essere trafitta o fatta a pezzi da delle forbici da giardino giganti tenute da una margherita gigante."
Si accasciò a terra.
Non sapeva dove fosse. Sapeva soltanto che non c'erano più le corolle sopra la sua testa; ora c'erano direttamente alberi. Tanti alberi. E, per terra, tanta erba verde. Intuì di essersi addentrata in un bosco.
Era sicura di essersi addentrata perché, ovunque guardasse, c'erano alberi anche in lontananza.
Poteva provare a riposarsi. "Sempre che ora non venga inseguita da una sequoia armata di disserbante.".
Si lasciò cadere di schiena, nell'erba.
Inspirò: "Sono..." espirò: "... stanca.".
La corsa le aveva lasciato la gola talmente secca da dare l'impressione di potersi scheggiare ad ogni sospiro; deglutire, per assurdo, rendeva quell'impressione ancora peggiore.
Il cuore doveva essere esploso in tanti minuscoli pezzettini durante la corsa, a giudicare da come sentiva pulsare all'incirca ovunque - non solo in tutto il petto, ma persino nello stomaco, nelle gambe, nelle spalle, nelle tempie e nelle orecchie. Se provava a chiudere gli occhi, il battito nei timpani si faceva più intenso. Forse c'era un battito anche nella gola, ma quella aveva altro a cui pensare.
"Quanto vorrei una Bevimi..." al succo di negi. Era squisita ed estremamente dissetante. Con una controindicazione, certo: "Anche se..." le venne in mente: "... se crescessi, potrei tornare al giardino e cogliere quella Margherita. E fare m'ama non m'ama. E poi darle fuoco." avrebbe trovato un modo, per l'ultima parte. Poi le venne un altro pensiero: "... anche se ho come l'impressione che quella Margherita finirebbe almeno per ficcarti quelle forbici in un occhio." sospirò: "D'accordo, niente vendette. Lasciamo stare il giardino.".
Chiuse gli occhi, il battito nelle orecchie era incredibilmente nitido.
Tic Tac Tic Tac
Riaprì gli occhi. Il sole era più alto di prima. Anzi, era quasi sopra di lei.
Scattò seduta, in un fruscìo d'erba: "Mi sono addormentata...?" si passò i dorsi delle mani sugli occhi: "Quanto avrò dormito...?" a meno che non fosse trascorso un giorno esatto, però, poteva star sicura di non aver dormito troppo.
Il cuore doveva essere tornato intero, perché sentiva un solo battito - in un solo lato del petto, dove era solito essere; la gola bruciava ancora, ma almeno non dava l'idea di doversi riempire di schegge da un momento all'altro.
"Direi che posso riprendere a camminare..." si alzò, si spolverò la gonna e i capelli e andò dritta: "Da qualche parte finirò, prima o poi...". Sperava solo non ci fossero altri qualcosa giganti.
Si guardò intorno: alberi, e alberi, e alberi. Se avesse preso più sul serio le lezioni di botanica, forse, avrebbe potuto fare un accuratissimo excursus sulle varie tipologie di alberi - piuttosto variegati, abbastanza da non rendere il paesaggio troppo monotono -, ma non le aveva mai prese sul serio, quindi si limitò a constatare come ci fossero alberi più o meno frondosi, con le chiome più larghe che lunghe, più lunghe che larghe, a forma di ovale o di nuvola, con le foglie larghe o con degli aghi, con i tronchi più sottili di lei o larghi quanto la parete di una casa, liscissimi o nodosi, con i rami che partivano già dal metro e mezzo o tutti raggruppati dai tot metri in su.
Ed erano tanti. Ma proprio molto tanti.
"... spero che questo bosco finisca, prima o poi." era piuttosto sicura avesse una fine. In realtà, la sua preoccupazione era un'altra: "... spero di riuscire ad uscire prima che faccia notte...". In realtà, la sua maggiore preoccupazione era più immediata: "... sto cominciando ad avere davvero fame.". Doveva essere quasi mezzogiorno, in fondo.
Alberi, alberi, alberi, alberi.
E una grande macchia bianca.
"Cosa?" accelerò il passo, fino a ritrovarsi a correre: s'intravedeva qualcosa di bianco e grosso, dietro gli alberi. Sembrava un...
"... un edificio...?" superò gli ultimi alberi, e la costruzione apparve d'innanzi ai suoi occhi: "... una casetta!".
Una casetta bianca, di misura normale; una casetta di quelle da fotografia, stretta ma con due piani e il portico rialzato con parapetto, e le colonnine ai lati della porta, e le scalette con corrimano davanti all'entrata. Riusciva a vedere un camino, e due finestre per piano sulla facciata principale.
Forse ce n'erano quattro su tutti e quattro i lati.
Era al centro di una radura, un quadrato d'erba libero dagli alberi all'interno del bosco; tutto intorno, una staccionata bianca con un cancello di legno alto fino ai suoi fianchi, aperto.
"Qui hanno la mania di lasciare tutte le strade libere..." osò fare un passo avanti: "... e poi bloccare all'ultimo."
- Permesso? - non ricevette risposta.
Entrò, continuando a guardarsi intorno, fino a notare un orticello su un lato della casetta.
"Che carino!" si avvicinò ad ampie falcate, per poi chinarsi a vedere cosa ci fosse: per la maggior parte, dal terreno curato uscivano ciuffi di foglioline verdi. "Sembrano carote..." alzò lo sguardo: in fondo all'orticello, facevano bella mostra di sé delle zucche ancora piccole.
"Carote e zucche?" si rialzò: "Al proprietario deve piacere molto l'arancione.". Si diresse all'entrata.
Salì le scale, notando di sfuggita le lanterne bianche appese sotto il portico, ai lati della porta. Bussò.
- E' perm- - e la porta si aprì.
O meglio, era già aperta. Le era bastato colpirla due volte con le nocche per farla socchiudere.
"..." afferrò la maniglia ed entrò: - Scusatemi! - urlò: - E' permesso? -. Ancora una volta, nessuna risposta.
- Beh, io entro! - annunciò, facendo qualche passo nell'ingresso: - Poi non accusatemi di violazione di domicilio! -.
"Non sto facendo nulla di male!" a parte entrare senza permesso in una proprietà privata: "Non ho intenzione di rubare niente! Soltanto, se c'è qualcosa in frigo..." non era sicura di voler cogliere le carote. Non sapeva se fossero mature, e non sapeva neppure se andassero lavate, disinfettate o sottoposte a riti propiziatori prima di confezionarle o servirle in tavola.
"Che posto carino..." fece un giro su se stessa, mentre cercava la cucina: la casetta era tutta bianca, in legno, modesta e dall'aria di essere uscita dall'Ottocento. O forse primo Novecento.
"Modesta..." aveva aperto una porta, che si era rivelata essere la camera da letto. Il baldacchino matrimoniale con tappeto a tutto pavimento e le tende con le nappe dorate ci stavano una meraviglia, con l'idea di "modestia" della casetta.
Stesso valeva per il bagno bianco accecante con doccia, vasca e idromassaggio sui tre lati senza porta, il soggiorno che occupava buona metà della casetta e la tanto agognata cucina, che sembrava un appartamento a se stante.
Miku si fiondò al frigorifero bianco splendente, con due freezer - uno sopra e uno sotto - e incavo da cui far uscire i cubetti di ghiaccio direttamente nel bicchiere.
Il frigorifero era bianco splendente, molto bianco splendente, difatti era vuoto.
Provò con i freezer, che le sbuffarono addosso una nuvola di aria ghiacciata e le mostrarono il nulla cosmico.
Richiuse tutto.
"Beh, c'è ghiaccio, è freddo, deve essere in funzione da un po', quindi non è nuovo..." guardò i cassetti e le credenze, dubbiosa: "... magari mangia tutta roba in scatola o già pronta?".
Tutto era perfettamente pulito. E vuoto. Ogni singolo scaffale. Almeno nei cassetti c'erano le posate. Le uniche ante che, aperte, le svelarono la presenza di qualcosa furono quelle che avevano al loro interno le pentole e le padelle.
"... di cosa si nutre, il proprietario...?" "Carote e zucche." si rispose all'istante.
Decise di salire al piano di sopra - e la scala era proprio fuori dalla cucina, quindi arrivò in pochi istanti.
Il piano di sopra era una stanza unica: c'erano un armadio, un divano, un tavolo e una sedia. Il pavimento era una distesa di vestiti gettati a caso e cartacce di merendine.
"..." si chinò a guardare i vestiti più vicini: una camicia bianca, delle bretelle, un paio di pantaloncini e dei calzini. Notò anche dei bottoni sparsi.
"... a cosa serve l'armadio, allora...?" non osò aprirlo. Concentrò la sua attenzione su qualcosa di ben più importante: "Cartacce di merendine..." socchiuse gli occhi: "... quindi devono esserci delle merendine, da qualche parte!".
Attraversò la stanza con cautela, cercando di non calpestare nessun vestito - e nessuna cartaccia, che sembrava non aspettare altro che la sua scarpa per farla scivolare.
Una volta arrivata dall'altro lato- "..." -non aveva trovato assolutamente niente.
Si voltò.
"... sei un'idiota."
Riattraversò la stanza, sempre con cautela. L'armadio. Forse uno scopo ce l'aveva.
E, quando lo aprì, si rese conto di essere stata davvero stupida: le merendine erano lì. Insieme a delle boccette di qualcosa.
Forse, un tempo, le merendine erano impilate, ma ora erano franate e lasciate così com'erano cadute. Le bottigliette resistevano in piedi.
"Forse è yogurth che si beve?" prese la boccetta più vicina: "Non c'è nessuna etichetta...". La stappò e la annusò: sapeva di banana.
E, visto che aveva sete da un tempo imprecisato, la bevve. Sembrava effettivamente yogurth bevibile alla banana.
"Buono!" si leccò le labbra. Provò un po' di disappunto nel notare di esserselo scolato in un solo sorso. "A mia discolpa, c'è da dire che sono porzioni piccole!".
- Ma che caz- -
Miku trasalì. Si voltò.
In piedi sull'ultimo gradino, lo sguardo azzurro piantato su di lei, l'espressione confusa e stupita al tempo stesso, c'era lo Shota Usamimi.






Note:
* "Per quanto diventi inquietante, bisogna andare avanti ancora e ancora": Mayoiga Mystery ヰ [ Traduzione ]
* Le "storie" di Yuki sono Lavender Town Syndrome e Rugrats Theory, entrambe tratte da delle creepypasta.
* Le "storie" di Ryuuto sono Shounen Kaguya (ispirata al Taketori Monogatari) e Error of Love.
* La prima "storia" di Miku è Wide knowledge of the late: madness. *All'incirca. (!)*
* Il poemetto nel quadernino è Jabberwocky, presente in Attraverso lo Specchio.
Ho scelto di lasciarlo in originale per la sua difficoltà di traduzione/adattamento - anche soltanto nel nome del Jabberwock stesso.
* "Un quadro miracoloso! / L'ora dello spettacolo miracoloso!": Miracle Painting
* "Ti amerò per sempre! Ho ricevuto un bacio da te!" [...]: Fukkireta [ Traduzione (inglese) ]




Rieccomi! *O*/
Ma non fatevi strane idee (in positivo o in negativo che siano (?)), non sono stata colta da Furore Ispiratorio tale da farmi scrivere tanto velocemente: solo, ho già alcuni capitoli pronti.
In realtà, solo i primi tre. U.U""" *Coff.*

In questo capitolo appaiono molti personaggi che non sono "Vocaloid" (Neru e Haku, gli Utau...) e... confesso di non conoscerli molto bene. °A°"
Per le loro caratterizzazioni e "frasi ricorrenti", mi sono basata sulle descrizioni trovate nelle kiwia. Spero di aver reso tutti almeno decenti. °^°
*Nel caso, mi scusino i loro fans. (!)*
A proposito degli Utau, avete riconosciuto tutti i "fiori"? *O*
(Soluzione: sono Teto (il Giglio-Tigre), Ritsu (la Rosa), Momo (il fiore sconosciuto rosa), Ruko (la Viola), Tei (la Margherita), Miko (la Dalia) e Kotone (il Tulipano).)
Altra domanda: Lily è davvero figlia di Haku e Neru?
Sì. U.U *Se ne riparlerà. In qualche modo. O forse no. (!)*

E si è scoperto che le avventure di Michelyne non sono nel Paese delle Meraviglie che trovò dietro lo Specchio ma nel Paese dello Specchio che trovò dietro la Porticina.
Del resto, il secondo titolo sarebbe stato troppo ovvio, no?

Vi ringrazio per la lettura e spero che questo capitolo vi sia stato di gradimento. ^^
Come sempre, se ci sono consigli o critiche, ditemi pure. ^^

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Capitolo 3
*** I nostri sguardi si incontrano... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
I nostri sguardi si incontrano
Dentro a questo mondo chiuso.
~



- Ehm... - abbassò lo yogurth, piano piano.
Lo sguardo dello Shota Usamimi non si spostò di un millimetro. Sembrava volerle inchiodare gli occhi.
"Nnnnon era esattamente così che speravo di reincontrarlo..."
- Cosa caz- - lo Shota Usamimi si bloccò. Si portò un pugno alle labbra, diede un colpo di tosse e tornò a parlare: - Cosa diamine stai facendo, ladra? -
"Ladra?" - Sto, ehm... - guardò la boccetta vuota. La boccetta non le diede alcun suggerimento: - ... bevendo, suppongo...? -
- Bevendo roba mia! - con una falcata, lo Shota Usamimi le fu al fianco e lo yogurth sparì dalle sue mani.
"... le... mani..."
- Ma porc- dannazione, l'hai finito tutto! -
Sentita da così vicino, la sua voce era ancora più carina.
Miku inspirò a fondo. E guardò lo Shota Usamimi accanto a lei.
C'erano circa dieci centimetri di distanza. Le loro spalle si sfioravano, alcuni ciuffetti biondi finivano per puntellare una delle sue codine, una delle orecchie bianche quasi le toccava la testa.
"... Shota... puccio..."
Aveva gli occhi di un azzurro incredibile.
Era puccio, biondo, con gli occhi azzurri, ed era ovvio che sarebbe cresciuto sempre meglio.
Dovette impedire alle mani di artigliarlo.
Non poteva stritolarlo.
Non poteva.
Non doveva.
"L'ho seguito fin qui..." alzò una mano: "... soltanto un abbraccio piccolo... e uno scompigliargli i capelli... e un toccargli le orecchiette... e stritolarlo un pochino..."
- ... tu sei... -
Le era parso che quegli occhi azzurri si fossero ingranditi. Ora che guardava meglio, si accorse di come fossero sgranati. Terrorizzati, per la precisione.
Lo Shota Usamimi scattò in piedi, un passo di distanza: - ... tu sei una fangirl shotacon! -
"Oh."
- Non è esatto! - Miku si alzò, la mano che stava per allungare si chiuse, ad eccezione dell'indice: - Sono una fangirl che trova estremamente carini gli shota! -.
Silenzio.
- SEI UNA FANGIRL SHOTACON! -
- Non- -
- Ah, ho capito il tuo malefico piano! - anche lo Shota Usamimi alzò l'indice, e lo puntò verso di lei: - Ti sei introdotta nella mia casa per rubarmi i vestiti! -
- ... perché avrei dovuto fare una cosa simile...? - gettò un'occhiata ad un paio di abiti a terra: "Neanche mi stanno bene, questi..."
- Non ne ho idea. - l'altro alzò le spalle: - Ma ogni tanto capita che s'infilino in casa, mangino quel che trovano, si rifiutino di andarsene, mi costringano ad usare metodi drastici- -
- Stai parlando di fangirls o di scarafaggi...? -
- -e poi, quando riesco a mandarle via, scopro che mi hanno rubato i vestiti! Hai idea di quanti boxer ho dovuto ricomprare? -
- Questo dialogo ha un che di disturbante. -
- E, nel mentre, magari cercano anche di commettere atti impuri! -
- Ma no! - fece un passo avanti: - Loro vogliono solo abbracciarti! - aprì le braccia: - Anch'io voglio solo abbracciarti! -
- Stammi lontana. - lo Shota Usamimi indietreggiò fino alle scale, i pugni serrati.
- Ma- -
- Stai. Lontana. -
"Che brutto carattere." si portò le mani ai fianchi, socchiuse gli occhi: - Non sei simpatico, lo sai? -
- Si chiama "istinto di autoconservazione". -
- E sei anche un pessimo padrone di casa. -
- Cosa? - lo Shota Usamimi strabuzzò gli occhi: - Ti introduci in casa mia, mi rubi lo yogurth alla banana, cerchi di commettere atti impuri- - "Cos-" - -e dici a me che sono pessimo in qualcosa? - le orecchie si drizzarono: - Sei tu ad essere pessima! Pessima in qualsiasi cosa! -
- Maleducato! -
- Pessima! -
- Antipatico! -
- Ladra! -
- Potevi evitare di lasciare la porta aperta, sai? - un altro passo avanti: - Almeno, così, non rischieresti di ritrovarti fangirls appostate in casa! -
Silenzio.
Lo Shota Usamimi la guardò.
Aveva gli occhi perfettamente rotondi.
- ... giusto. - si portò un dito alle labbra, lo sguardo andò altrove: - ... potrebbe essere un'idea... - abbassò la voce: - ... un'ottima idea... -
"... che problemi hanno con le porte, gli abitanti di qui?".
- Rimane il fatto... - lo Shota Usamimi tornò a puntarle il dito contro, l'espressione furiosa: - ... che mi hai rubato lo yogurth alla banana! -
Guardò l'armadio aperto, lasciò vagare lo sguardo sulle bottigliette: tutte uguali. Tornò a guardare lo Shota Usamimi: - Ma sono tutti alla banana! -.
Non aveva idea se fossero tutti alla banana, ma tanto valeva tentare.
- Non cambiare discorso! -
"... allora sono davvero tutti alla banana."
- Oltre che una fangirl perversa e lussuriosa sei anche una ladra di yogurth alle banane! -
- Avevo fame! - sbottò, non sapendo cos'altro dire: - Avevo talmente tanta fame che mi sarebbe andato bene qualsiasi cosa mi fossi ritrovata davanti! -
- Potevi prendere le carote. O le zucche. -
Silenzio.
"... dannazione. E' intelligente. Sarà difficile riuscire a raggirarlo.".
- Oh, non le avevo notate! - rise, e la risata le uscì un po' strana. Sentiva anche fin troppo caldo sulle guance.
- Sei talmente bugiarda e patetica da farmi pena. -
- Cosa? -
- Come se non bastasse, sono pure in ritardo! - le orecchie si afflosciarono. Ma la sua espressione non sembrava quella di una persona preoccupata: - Che seccatura. Speravo di rilassarmi un po'. -
Miku sbattè le palpebre: - Sei in ritardo e speravi di rilassarti...? -
- Sì. Sono in ritardo di ventitrè ore. - "Cos-" - Tra un'ora sarò di nuovo puntuale. -
- Ehm... - unì gli indici, esitante: - ... non credo sia così che funziona... -
- Quel che credi tu non import- - lo Shota Usamimi sgranò gli occhi. Di nuovo. Un altro passo indietro.
- Cosa c'è? - Miku non osò girarsi: - ... ho qualcosa di inquietante alle spalle? -
Lui, però, non sembrava guardare dietro di lei.
- Questa... - mormorò lo Shota Usamimi, afferrò il corrimano: - ... questa reazione mi sembra un pelino esagerata! -
- Quale reazion- - ma l'altro si era già fiondato giù per le scale.
"Non ho neanche finito di parlare!"
- Aspet- - aveva portato avanti una mano. Non la ricordava così grande, in confronto ai gradini. E le sembrava anche che il pavimento fosse più vicino, prima.
"... oh... no-"
- OUCH! -
Seconda craniata della giornata. Se non altro, aveva fatto molto meno male della precedente.
- AHIAHIAHIAHINONONO- - fu costretta a piegarsi su un fianco, il braccio schiacciato sotto di sè, l'armadio si conficcò nella sua spalla - e quello fece un pochino più male. Almeno il resto dell'arredamento le stava solo pungendo entrambe le cosce.
Poi sentì del vento sull'altra mano. E nei dintorni di una caviglia.
L'altra gamba sentiva perfettamente i lati appuntiti di ogni singolo gradino della scala.
Osò guardare la mano e la gamba su cui sentiva vento: avevano trovato delle finestre, sulla loro traiettoria. E i vetri dovevano aver fatto crash, ma non si era ferita, né li aveva uditi.
- ... lo yogurth... -
"Spero davvero di riuscire a tornare a casa prima di merenda. O di trovare qualcuno con cui dialogare pacificamente, e chiedergli del cibo, e spiegargli questo piccolo inconveniente." sospirò - e delle cartacce e un paio di vestiti rotearono per la stanza, per poi tornare a spalmarsi sul pavimento.
"Ero così ansiosa di trovare lo Shota Usamimi..." chiuse gli occhi, cercando di attenuare la pressione sull'armadio: "... ma lui non era altrettanto ansioso di trovare me." riaprì gli occhi: "Non importa. Sono sicura che riuscirò ad abbracciarlo, anche solo una volta! Ora, però..." si guardò intorno - solo con lo sguardo: "... devo trovare un modo per tornare piccola e uscire di qui".
Non le sembrava carino liberarsi della casa distruggendola.
"Prima, la Mangiami mi ha fatto diventare piccola, mentre la Bevimi mi ha ingigantita..." schioccò la lingua: "Ora ho bevuto e mi sono ingrandita. Quindi, devo mangiare qualcosa!" guardò la parte superiore dell'armadio, a malapena visibile dietro il suo braccio: "Una merendina, ad esempio!".
Guardò la parte superiore dell'armadio.
"Una merendina, senza dubbio!"
A malapena visibile dietro il suo braccio.
"Ora prenderò una merendina!"
Dietro il suo braccio incastrato sotto di lei.
"Mi accingo a prendere la merendina!"
Sventolò la mano fuori dalla finestra.
"Soltanto un minuto e la prendo, eh!"
- Wow! Cos'è quella roba? - una voce, da fuori.
Era senza dubbio la voce di un ragazzo giovane.
- Sembra un braccio! - un'altra voce giovane, stavolta femminile.
- Un grosso braccio! -
- Sì, è senza dubbio un grosso braccio! Guarda, ha pure la mano! -
- Ohi, Len! -
"Len...?" prestò più attenzione.
Il ragazzo parlò di nuovo, la voce era un po' più vicina: - Perché hai un grosso braccio che ti esce dalla finestra? -
- Piko! - la ragazza, sembrava scandalizzata: - Non puoi chiedere alla gente perché ha un grosso braccio che gli esce dalla finestra! -
- Oh, tanto lo vuoi sapere anche tu! -
- Ovvio, ma ci sono modi e modi per chiederlo! -
- Allora sentiamo, com'è che l'avresti chiesto tu? -
- Umpf. Lascia che ti mostri. - un attimo di silenzio, poi la voce della ragazza risuonò più limpida: - Buon mezzogiorno, Len! -
Un sospiro. Sembrava il sospiro di una persona molto paziente: - Buon mezzogiorno, Miki. -
- Passavo di qui per puro caso insieme a Piko e ho pensato che sarebbe stato molto carino venirti a trovare! -
- Grazie del pensiero, Miki. -
- Ma, Len! -
- Sì, Miki? -
- Sbaglio o c'è qualcosa di molto, molto, molto diverso, in quella finestra? -
- Non sbagli. C'è un grosso braccio che esce da lì. -
- Ed è, uhm, una cosa normale...? -
- No. -
Di tutto quel delirio, Miku aveva capito essenzialmente tre cose: come aveva sospettato, era mezzogiorno; la ragazza aveva un nome simile al suo; e, soprattutto-
"Allora lo Shota Usamimi si chiama Len..." si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto.
- Capisco... - fu la volta di Miki di sospirare: - Quindi, cosa hai intenzione di fare? -
- Aspetto si secchi. -
"Cosa?"
- Poi la sgretolerò in tanti pezzettini, la raccoglierò e le darò fuoco. -
"COSA?"
- Ci vorrà un sacco per pulire! Vuoi che Piko ed io ti aiutiamo? -
- Ehi! Non prendere impegni anche per me! -
- No, grazie. Questa posso gestirmela da solo. -
"COSA? COSA? COSA?" il cuore accelerò di colpo il battito: "Sta scherzando? Sta scherzando, vero?"
- E quanto ci metterà a seccarsi? -
- Boh. Però, se la lascio senza acqua per un po', forse due-tre giorni...? -
- E se piovesse? - Piko, stavolta.
- Allora spero piova tanto. Magari marcisce e viene più facile toglierla da lì... -
"COSA?"
- A quel punto, però, temo dovrò chiedere il vostro aiuto per pulire. -
- Naturalmente, Len! Vero, Piko? -
- Pulire roba marcia. Giustamente. Sia mai che ci chieda di pulire le ciotole della Cuoca dopo che ha cucinato i dolci! -
Miku si accasciò - o meglio, l'avrebbe fatto se non fosse già stata in una posizione sdraiata alquanto scomoda.
"... prima vengo quasi uccisa da una margherita gigante con delle forbici da giardino. Ora un coniglietto shota medita di farmi seccare o di farmi marcire. E poi di farmi a pezzi e magari darmi fuoco." deglutì: "... cosa devo trovare, per avere un po' di tranquillità? Un troll? Un demone sanguinario? Un kraken affamato? Un mostro a trenta teste?".
Eppure, nonostante tutto, non riusciva a non continuare a trovare Len puccio.
"Il suo potere della carineria e della coccolosità trascende tutte le atrocità che è in grado di pronunciare!" sospirò, intenerita.
- E tu cosa farai, in questi giorni? - Miki aveva ripreso a parlare: - Insomma, immagino possa essere difficile convivere con una fangirl in casa... -
- Più che altro, non hai più il piano di sopra. -
- Piko! -
- E l'altra gamba dov'è? Magari sta bloccando la porta. -
- Piko! -
- Così ti sarà difficile pure entrare! -
- Oh, entrerò da qualche finestra. - la voce di Len coprì l'ennesimo "Piko!": - E poi, ho talmente tanto lavoro da fare che non so neppure quando potrò stare a casa per più di dieci minuti... -
- Povero Len... - Miki sospirò di nuovo: - La Regina è davvero dura, eh? -
"La Regina?"
Non giunse alcuna risposta. Forse Len aveva dato qualche risposta muta.
"Quindi... Len lavora per la Regina?" questa fantomatica sovrana stava iniziando ad incuriosirla. E poi... "... ha uno Shota Usamimi come servitore!" strinse il pugno incastrato sotto di sé e si trattenne dal sospirare per la millesima volta - anche se sentiva le labbra tirare.
"D'accordo, nuovo piano!" tornò a guardare l'armadio: "Trovare la fantomatica Regina! Anche solo vederla! E riuscire ad abbracciare e coccolare lo Shota Usamimi!" annuì da sola: "Se la Regina ha Len come servitore, deve essere una donna di ottimo gusto! Nel caso, non credo le dispiacerà farmelo abbracciare per un minuto!" ci ripensò: "... trenta secondi!" annuì di nuovo: "Insomma, non si sciuperebbe mica! Glielo restituirei tutto intero, ovviamente!".
Era un ottimo piano, sì.
"Ora devo solo..." agitò la mano incastrata: era all'altezza della sua pancia. Avrebbe fatto male.
Strattonò il braccio incastrato, un dolore acuto alle nocche e alla schiena. Soffocò un gemito tra i denti.
"Forse ci arrivo, ora...?" piegò il gomito, i polpastrelli sfiorarono la parte superiore dell'armadio: "... direi di no.".
- Cos'era...? -
- Sta cercando di liberarsi...? -
- Vuole distruggere la casa! -
- Forse, sì. - la voce di Len era assolutamente serafica: - Ma spero non lo faccia. -
- Ma... ma... - Miki sembrava spaventata: - ... sta per distruggere tutto! Come puoi stare lì senza fare niente? -
- Non è che posso fare nulla, ora. -
- Potresti almeno fingerti un po' preoccupato per le sorti della tua abitazione. - Piko forse era inquieto, ma la sua voce era piuttosto calma - soprattutto in confronto a quella di Miki.
- E' sotto assicurazione. -
Nessuno osò controbattere.
Miku alzò gli occhi al soffitto, giusto per non sospirare di nuovo: - Veramente sto cercando di non distruggerla. -
- HA PARLATO! -
- Beh, sì, le fangirls parlano. -
- Vuol dire che può sentirci? -
- Non è che siete così distanti, eh! - e, soprattutto, era davvero il caso di liberarsi. Distruzione o non distruzione.
"Sei riuscita a bere la Bevimi." strinse il pugno: "Ora ti fai fermare da un armadio?" si preparò: "Se non puoi andare dalla merendina, allora..." colpì l'armadio.
Fece male.
E scricchiolò tutto.
Anche intorno a lei.
- Per fortuna che stai cercando di non distruggerla! - era pure ironico, lo Shota Usamimi.
"Non posso farmi distrarre dalla sua pucciosità!" inspirò a fondo, trattenne il respiro. E colpì di nuovo.
Un rumore secco nell'orecchio, le nocche affondarono, la pelle si graffiò.
Si morse un labbro per non gemere. Sentiva gli occhi troppo umidi.
"Ecco... ci sono..." serrò i denti sul labbro, riaprì le dita, piano. Erano indolenzite. Dopo avrebbe fatto il (nuovo) conto dei danni.
Sforzò il polso a piegarsi il più possibile, mosse le dita fino a sentire qualcosa.
Il vetro delle boccette.
Il cuore sussultò.
Qualcosa che sembrava molto, molto la carta delle merendine.
"Eccole!" agitò indice e medio, fino a riuscire a catturare qualcosa. Lo tirò fuori piano, molto piano, il labbro forse dopo avrebbe pure sanguinato.
Quando la mano fu fuori da quel che restava della parte superiore dell'armadio, schiuse la bocca e sentì, almeno lì, un briciolo di sollievo: una merendina.
"E' ancora troppo presto per gioire!" poco importava che il cuore stesse facendo festa grande nelle orecchie: "Devo prima riuscire a mangiarla!".
La portò alla bocca con cautela, ne afferrò un lembo con i denti. Tirò con le dita. La carta si aprì, rivelando il biscotto al suo interno.
Biscottino al burro. L'odore le aveva invaso i polmoni - e sì che era piccolo.
"Mi dispiace non poterlo assaporare per bene..." andando contro ad almeno centoventicinque regole della buona educazione e della grazia, sfilò il biscotto con i denti e se lo mangiò: "... spero funzioni.".
A prescindere dal risultato, però, una cosa era certa: "... buono!".
- Io dico di salire! -
- E da dove? -
- Da una finestra! L'ha detto anche Len, prima! -
- Non essere maleducato! -
- Ma Len può darci il permesso! Vero, Len? -
- Non ho problemi a far entrare voi due. Però non vedo cosa possiate fare... -
Il trio là sotto aveva ripreso a parlare. O forse stavano continuando da prima.
Miku si guardò la mano ferita: si era quasi sbucciata le nocche e si era graffiata sul dorso e lungo un paio di dita. Sicuramente, sulla schiena aveva un livido grande quanto un pugno - se non due lividi.
"Chissà se le calze sono ancora intere..." abbassò lo sguardo: non le sembrava di vedere niente di rovinato.
Anzi, riusciva persino a vedere le scale in fondo. E il buco in cui prima c'era la porta.
Ritirò piano la mano dalla finestra: contro ogni logica, non era affatto ferita.
"Eppure dovrebbe aver distrutto un vetro...?"
Lì dove erano usciti il braccio e la gamba, buchi.
E lei si ritrovò sdraiata sul pavimento, contro la morbidezza dei vestiti, lo scricchiolare delle carte delle merendine ad ogni suo minimo movimento e-
"Ah! Devo stare attenta agli yogurth!" forse ne aveva rotti altri. Forse era il caso di fuggire il più in fretta possibile.
- E' sparita! -
- Ma no, si è rimpiccolita! -
- Allora è tornata come prima. -
Sì, era decisamente il caso di fuggire il più in fretta possibile.
Magari Len non avrebbe potuto far niente contro una ragazza gigante, ma contro una di solo una spanna più alta di lui...
"Questa volta sono in torto io." si rimise seduta, piano - e la schiena le mandò una fitta. La mano e il labbro pulsavano a tratti.
Si alzò, le gambe meno indolenzite di quanto avesse immaginato.
"E ora-"
- Oh, è lei, allora! -
"... dannazione."
Alzò lo sguardo: d'innanzi a lei, a formare una barriera davanti alle scale, stavano Len, un ragazzo dai capelli bianchi e una ragazza dai lunghi capelli rossi.

- Siamo tre contro una, non può scappare! - Piko fece un passo avanti. Miku ne fece uno indietro.
Miki le puntò un dito contro, l'espressione torva: - Arrenditi e non opporre resistenza! Hai il diritto di restare in silenzio! E qualsiasi cosa dirai potrà essere usata contro di te! -
Piko e Len guardarono Miki.
Anche Miku guardò Miki.
Poi Piko e Len tornarono a guardare lei e lei ritenne opportuno tornare a guardare loro.
- Non l'ho fatto apposta. - fu la prima cosa che le venne in mente. Ed era anche una cosa vera, quindi non vide perché non dirla.
- Ci mancherebbe. - Len portò le mani ai fianchi, gli occhi a mezz'asta: - Non solo mi rubi in casa, ma mi distruggi pure un paio di muri? -
"Non sembra poi così arrabbiato." si impedì di saltargli al collo e stritolarlo in un abbraccio. Non era il momento: "... però ora devo ritirarmi. E, per farlo, devo scendere quelle scale.".
- Vorrei andarmene. - meglio usare le buone.
Len inarcò le sopracciglia. Sembrava sospettoso: - Solo se giuri di non tornare mai più. -
"Cos-" - No! - "Non posso rinunciare ad uno Shota Usamimi così puccio!"
- Allora temo dovrò vendicarmi per quanto hai fatto. -
Len mise una mano in una minuscola tasca del panciotto.
E ne riuscì con una banana.
"..."
Sbucciò la banana.
E ne uscì la lama di un pugnale.
"...".
- Vuoi una mano? - Piko alzò la... coda...? dalla forma strana. Due sottili rettangoli piatti, due scariche elettriche che vi ronzavano in mezzo.
"... una coda-teaser...?" Miku indietreggiò, inquieta.
- Basta chiedere! - Miki sguainò degli... shuriken...? delle stelle estremamente appuntite con sopra disegnati dei numeri.
Non aveva idea del perché avesse fatto caso ai numeri.
Era solo molto inquieta.
"Lo sapevo che le buone non avrebbero portato a nulla!" si guardò intorno, in cerca di una via di fuga.
Buchi. Buchi nel muro. Al secondo piano.
"... d'accordo, no." si guardò meglio intorno. Vestiti. Pezzi di legno. Appuntiti.
"No, non posso!" spostò lo sguardo: "Sono di più, non ce la farei mai! Forza, Miku, usa l'intelligenza!" sapeva che era una cosa molto difficile, ma non aveva altra scelta.
Merendine. Yogurth.
"... yogurth!" sgranò gli occhi, l'idea che si faceva strada nella mente: "Ma certo!" si chinò rapida, recuperò una boccetta ancora integra e la portò vicino al viso: - Fermi! -
Effettivamente, i tre - che stavano parlando? - si bloccarono, gli sguardi su di lei.
- Fatemi passare, oppure... - mise l'altra mano sul tappo: - ... berrò questo yogurth e tornerò gigante! -
Silenzio.
Len schiuse le labbra. Aveva gli occhi perfettamente rotondi: - Non... non oseresti! -
- Oh, sì che oserei! - fece per togliere il tappo: - Questa era la seconda volta solo oggi. Non vedo perché non fare una terz- -
- Non un altro mio yogurth! -
"... eh?" sbattè le palpebre, confusa.
Almeno, anche Piko e Miki sembravano perplessi.
Len fece due passi avanti, fino ad esserle a meno di un metro. Si portò una mano al petto: - Lo vendono al supermercato, vattelo a comprare! Perché devi rubare il mio? Così me lo finisci tutto e io non ho più niente da bere! - sembrava furioso. Aveva tutto il pelo bianco ritto.
- Oh, ehm... - cercò di ricomporsi: - E' ciò che farò. Ma solo se mi consentirai di andarmene da qui! -
- Tu lascia lo yogurth. -
- Fatemi passare. -
- Lascialo. -
- Mi serve come ostaggio finché non mi lasciate passare! -
- Chi mi garantisce che tu non fugga con lo yogurth? -
- Abbi fiducia in me! -
Len aggrottò la fronte.
"... cosa diamine ho appena detto.".
Sentì l'improvviso impulso di scolarsi tutta la boccetta, ingigantirsi e lasciarsi sprofondare nel terreno. Così, a caso.
- ... ma davvero? - il coniglietto piegò la testa di lato. Non sembrava arrabbiato. Sembrava... divertito...?
- Ehm... - sentiva la faccia andare a fuoco. Tutta. Dall'attaccatura dei capelli al collo.
Len trasse un profondo respiro, chiuse gli occhi: - D'accordo, passa. - "Eh?" - Miki, Piko, fatela passare. Tu. - sollevò le palpebre, la guardò dritta negli occhi - e Miku sentì il cuore trasalire: - Lascia quello yogurth sulla porta. -
- S-sì. - e annuì anche, più per riempire quel silenzio improvviso che per altro.
Notò Miki e Piko farsi da parte.
Rivolse un'ultima - per il momento. - occhiata al Bianconiglio.
Poi si fiondò giù per le scale, per quanto la sua schiena glielo permettesse, senza mai voltarsi.
Quando mise piede sulla porta sfondata, si chinò e vi posò lo yogurth.
- Arrivederci! - esclamò, la voce le tremò un po' - e forse il caldo sul suo viso poteva essere un indizio del perché.
Poi avanzò a falcate ampie, fino ad uscire dal recinto della casa di Len, fino a ritrovarsi di nuovo nel bosco.

"Gli rubi lo yogurth, gli distruggi la casa e gli chiedi di avere fiducia in te?" Miku scosse la testa, come a voler scacciare dalla mente le immagini di quegli ultimi due minuti: "Questa cosa non ha senso, Miku! Non ha assolutamente senso!".
Non aveva idea di dove stesse andando. L'unico punto di riferimento che aveva era la casa che aveva appena lasciato: l'aveva superata, giusto per non tornare nel giardino con la margherita psicopatica.
Il panorama era tornato esattamente quello di prima.
E, dopo pochi minuti, anche la casetta bianca fu inghiottita dal verde.
"Uffa..." si portò le mani alle guance, un po' più fresche: "... che figuraccia. Ma..." strinse i pugni: "... mi rifarò! Sono sicura che, la prossima volta, farò un'impressione molto migliore allo Shota Usamimi! E lui sarà talmente colpito che si farà abbracciare!" scavalcò un ramo alquanto basso: "Oppure, potrebbe lasciarsi abbracciare perché la Regina potrebbe darmi il permesso di abbracciarlo!" riportò le braccia lungo i fianchi: "Sono sicura che chiunque sa dove si trovi il castello. Prima, però..." diede una rapida occhiata alla mano sbucciata: "... magari cerco un po' d'acqua.".
E, magari, si sarebbe anche riposata un po'. Ad ogni passo, le sembrava che qualcuno le stesse dando un pugno sempre nello stesso posto, ad intensità crescente.
Non aveva voglia di fermarsi lì, sotto quegli alberi.
Le sembrava anche che qualcuno la stesse osservando. Con anche particolare insistenza.
"Forse anche gli alberi parlano?" si trattenne dal guardarsi intorno, cercando di ignorare platealmente quella sensazione: "So che la cosa migliore sarebbe chiedere del castello alla prima cosa di passaggio, ma questa..." un brivido lungo la schiena, già contrariata di suo: "... forse è meglio cercare un altro posto.".
Forse era tutta una paranoia. O forse no.
Però era sicura che si sarebbe sentita molto più tranquilla lontana da lì.
Raggiunse il "lontano" dopo dieci minuti, o forse dopo venti, non ne aveva idea. Lei era andata sempre dritta, ma non si sarebbe stupita di scoprire di essere finita ottanta chilometri ad est della casetta di Len.
In effetti, non c'era più nulla di cui stupirsi.
Si accasciò ai piedi di un albero, si lasciò andare contro la corteccia.
Le gambe facevano un po' male, non sapeva neppure se per la posizione in cui erano state costrette o se per la camminata - o se per la combo di entrambe.
Inspirò, portò la mano ferita all'altezza del viso: non bruciava poi tanto, ma non si fidava a non pulirla neppure una volta.
La schiena, almeno, sembrava essersi placata.
Miku chiuse gli occhi, lasciò ricadere il braccio: "Forse avrei davvero dovuto seguire Yuki e Ryuuto...".
La mente si svuotò, piano.
Quando riaprì gli occhi, il sole si era spostato un po'. Forse aveva dormito un paio d'ore.
Sbadigliò - e si ricordò troppo tardi di mettere la mano davanti alla bocca - e si rialzò: gambe e schiena sembravano stare molto meglio.
Guardò le nocche sbucciate, aprì le dita.
"... eh?"
Spostò la mano: l'aveva vista tra gli scorci delle dita, ma le era parso un gioco di luci o un rimbambimento da post-sonno.
E invece la pozza d'acqua limpida era proprio lì, accanto a lei.
"Una Conveniente Pozza d'Acqua apparsa dal nulla!" si chinò, ne accarezzò la superficie: era fredda. Immerse le dita graffiate, lentamente; quando arrivò alle nocche, bruciò un pochino.
"Spero non arrivi nessuno a dirmi che sto inquinando la sua sacra pozza d'acqua!" immerse anche l'altro mano, per pulire la prima: "Avrebbe benissimo potuto evitare di mettermela sotto al naso! E se avessi avuto sete? E se me la fossi bevuta tutta? E se fossi una maga e avessi usato la sacra pozza d'acqua per riti divinatori? Eh? La gente non ci pensa, prima di mettere pozze d'acqua vicino alla gente?" scosse la testa, esasperata da cotanta superficialità e poca cura delle proprie cose.
Tirò fuori le mani, le asciugò sul suo grembiule bianco: "Ora va molto meglio!" sorrise, tornò a guardare nella pozza.
Se stessa, con i bellissimi occhi gonfi di chi si è appena svegliato. Già che c'era, si sciacquò anche il viso. Quando si riguardò, il suo aspetto era decisamente migliore.
E, sopra di lei, c'era una coltre di nebbia.
"... nebbia...?" si voltò: nebbia, poco sopra di lei. Era stata piuttosto rapida a formarsi: "... sarà per via della pozza d'acqua...?" tornò a guardare la suddetta, vide il sospetto nei suoi occhi riflessi. Si rialzò, piano, quasi temesse di dare una testata alla nebbia.
Una volta in piedi, notò come la nebbia fosse a poco più di una decina di centimetri da lei.
"Wow..." allungò la mano sana, la affondò nella nebbia: "... che strana..." era talmente fitta da essere quasi solida. Morbida, ma a tutti gli effetti quasi solida. Sembrava una versione meno consistente dell'ovatta.
A guardare meglio, c'era nebbia solo alla sua destra. La cosa curiosa era che la pozza fosse alla sua sinistra.
"... forse non viene dalla pozza...?" si portò la mano al petto: "..." e seguì la nebbia ovattata.

Forse non avrebbe dovuto. Forse stava correndo a braccia aperte verso un altro guaio o un'altra testata.
"... però..." voleva scoprire da dove venisse la nebbia. Forse c'era un lago. Forse c'era gente un po' più normale. Forse c'era cibo - che, magari, non l'avrebbe fatta ingrandire/restringere a caso.
La nebbia, nel frattempo, si era abbassata. Ora le sfiorava la testa.
"Mi sto avvicinando...?" il cuore aveva iniziato a batterle forte. Più per aspettativa che per altro.
Nonostante tutto, era curiosa di sapere cosa avrebbe trovato quella volta.
Probabilmente, nebbia.
- Ah... - nebbia in cui ormai stava affondando codine e fronte, che stava iniziando ad andarle contro le sopracciglia - ed era sicura che di lì a poco se la sarebbe ritrovata negli occhi, e non era proprio il caso.
Man mano che proseguiva, si faceva largo nella nebbia con le mani, neanche stesse nuotando.
E, in effetti, stava nuotando nella nebbia.
Che non era arrivata agli occhi.
Ma direttamente alle gambe.
"Uff- Cos- Ah- Non vedo- Che diamine-" dovette spostare pezzi di nebbia con i palmi ben chiusi, pena il vedersi la nebbia scivolare tra le dita, magari dritta sulla sua faccia, magari in bocca.
Almeno, era dolce.
Buona, persino.
Sapeva di zucchero filato, in realtà.
Aria sulle caviglie.
Si buttò a terra, inspirò l'aria libera dalla nebbia e proseguì strisciando.
"Cos'è, un campo di addestramento per soldati?" avanzò, più in fretta che potè, la nebbia allo zucchero filato sempre incombente su di lei.
Poi, rivide l'azzurro del cielo e si sentì autorizzata a rimettersi in piedi.
- Aria! - aprì le braccia, fece qualche passo avanti.
Non c'era più traccia di nebbia, davanti a lei.
Solo una radura verde, circondata da wafer giganti.
"... wafer...?" sbattè le palpebre, le braccia ancora a mezz'aria: erano wafer, indubbiamente. Wafer rettangolari alti quanto gli altri alberi.
Abbassò lo sguardo: in effetti, un lago c'era.
Bianco.
Dall'aspetto morbido.
Sembrava una grossa, grossa, grossa pozza di panna.
"..." diede un'occhiata intorno: c'erano persino gli scogli. Delle praline al cioccolato giganti, per la precisione. E graziose aiuole di fiorellini colorati. Che non erano fiorellini ma leccalecca.
"... forse non è che la nebbia sapesse di zucchero filato...".
Si guardò di nuovo intorno.
"... a prescindere da tutto, questo posto è molto interessante.".
Era in uno spazio aperto.
Aveva fame.
E qualsiasi cosa, lì, era cibo.
"Posso fare una prova..." si avvicinò ad uno scoglio, abbassò le braccia ad ogni passo.
Un minuto dopo, lo scoglio non c'era più. Tanto per gradire, ci aveva messo anche un po' di acqua di lago.
"Ora dovrei ingrandirmi." si guardò le mani: "O rimpicciolirmi." niente: "... ma non m'importa, era buonissimo!" lì qualsiasi cosa era buonissima, in realtà.
Erano gli effetti collaterali che...
"... sono ancora della mia statura?" fece una piroetta, la gonna si alzò appena. Le sembrava di essere esattamente come prima.
Aspettò almeno un minuto, prima di osare pensare: "... stavolta non ha avuto effetto...?" le sfuggì un sorriso, il cuore si fece più leggero: "Allora non vale per qualsiasi cosa io mangi qui!"
- Yeeee! - riaprì le braccia e fece un'altra piroetta, un'altra, un'altra ancora, e-
Si bloccò.
D'accordo, si era lasciata la nebbia alle spalle. Aveva tante fonti di distrazioni davanti.
Ma, ora che aveva piroettato per bene, si era resa conto di come la radura continuasse anche dietro di lei e di come la nebbia fosse solo sulla parte destra.
Sulla parte sinistra c'erano quelli che sembravano cumuli di biscotti e coni gelato - con o senza gelato.
In mezzo, un unico cono - senza gelato - particolarmente grande.
E, sopra il cono, una persona.
Che la fissava.
"..."
Miku abbassò le braccia, con calma, senza distogliere lo sguardo.
"... spero non sia il proprietario di quello scoglio in particolare." intrecciò le mani dietro la schiena: "... è la seconda volta che incontrerei qualcuno dopo avergli mangiato qualcosa.".
Si sentiva un pochino inquieta.
- Signorina. -
- Eh? - trasalì, e si rese conto da sola di quanto fosse una reazione stupida. Era ovvio che avrebbe parlato, prima o poi.
- Signorina. -
- Io? - si avvicinò, piano ma a falcate ampie. Cercò di sorridere, ma era sicura fosse un sorriso alquanto tirato ed imbarazzato. Forse non aiutava la sua aura d'innocenza.
- Sì, signorina. -
Ora che era abbastanza vicina, riuscì a vedere il narghilè accanto alla persona - un ragazzo completamente vestito di blu. Persino i capelli erano blu. Anche gli occhi.
In realtà erano azzurri, ma sempre lì si rimaneva.
Sforzò ancora di più il suo sorriso, come se fosse appena arrivata: - Cosa c'è? - "Magari non mi ha vista! Magari era distratto!"
- Chi sei? -
- Oh! - a meno che non stesse chiedendo i suoi dati per sporgere denuncia o per farle una fattura mortale, la conversazione era ancora tranquilla: - Il mio nome è- -
- Sei un nome? -
"..." la conversazione si prospettava un po' meno tranquilla: - Temo di no. -
- Temi? - il ragazzo si portò la pipa del narghilè alla bocca: - Quindi vorresti essere un nome? -
- No! -
Lo vide inspirare, e poi espirare nebbia: - Allora perché "temi"? -
"... è lui a creare la nebbia...?" - E' solo un modo di dire! -
- Chi è che lo dice? -
- Ehm, tutti...? -
- Allora tu sei tutti. -
- Io non sono tutti! -
- Allora chi sei? -
Miku inspirò a sua volta - aria: "Questo tizio dovrebbe smetterla di fumarsi zucchero filato.".
- Michelyne Alice Lydia Fairsound. - rispose, lapidaria: - O soltanto Michelyne. O solo Miku. Perché è lungo. -
- Cosa? -
- Il mio nome! -
- Tu sei un nome? -
- No! - la cosa iniziava a sfiancarla: - Io ho un nome! -
- Quindi... - il ragazzo accavallò le gambe, vi puntò il gomito e portò il mento alla mano: - ... tu saresti una cosa che possiedi? -
- No! E' il modo in cui mi chiamano gli altri! -
- Tu sei il modo in cui ti chiamano gli altri? -
- No! - "Non pensavo che mangiare uno scoglio con un po' d'acqua avrebbe fatto pagare così tanto!": - Io sono io! - esclamò, i pugni stretti: - Tu piuttosto! Chi sei? -
Si sentì autorizzata a dargli del tu. Non sembrava troppo più grande di lei. E non sembrava una qualche importante autorità, quindi non vedeva perché essere tanto formali. Soprattutto dopo un'introduzione del genere.
Il ragazzo piegò appena la testa di lato. Sembrava sinceramente confuso. Poi si raddrizzò e sorrise: - Io, ovvio! -
"..."
- E hai un nome? - si azzardò a chiedere: "Se ricomincia, me ne vado.".
- Kaito. - la risposta fu molto semplice: - E mi chiamano Kaito. Perché non è poi così lungo. Il nome. -
- Così va meglio! - Miku annuì, le mani ai fianchi.
- E sono anche il proprietario di questa radura. -
- Così non va meglio. -
- Anche dello scoglio che hai mangiato. -
- Così non va affatto meglio. -
- Ma tranquilla! -
Miku si bloccò: era già pronta a gettarsi ai piedi del cono e implorare pietà, ma quelle parole l'avevano stupita.
- In fondo... - Kaito indicò la radura con un ampio movimento della mano: - Questo posto è fatto per essere mangiato! -
- Da chiunque...? - sussurrò, incredula.
- Chiunque passi e abbia voglia di mangiare! -
Miku decise che quel posto le piaceva e che Kaito fosse una bravissima persona.
Un po' strafatta di zucchero filato, ma nessuno poteva essere perfetto.
- Beh, vi ringrazio. - aveva cambiato idea, il "voi" era d'obbligo: - Ma lo scoglio è stato più che abbastanza. -
- Non esitare a prenderne altri, se ne vuoi. -
- Me ne ricorderò! - ci pensò: - Se mi ricorderò come arrivare qui. Non ci sono indicazioni o punti di riferimento... - aggiunse, in un sussurro.
- Come no? - Kaito posò la pipa del narghilè: - C'è lo zucchero filato! -
- Ah, a tal proposito... - "Forse è meglio dirglielo...?": - ... non lo si potrebbe tenere un po' più alto? -
- Più alto? - di nuovo quello sguardo confuso.
- Sì, prima stavo quasi per soffocarmici... - indicò la nebbia con un cenno della testa.
Lo sguardo confuso non scomparve.
In compenso, Kaito scese dal cono - e Miku si accorse che aveva una giacca con le code, e degli stivaloni che avrebbero suscitato invidia istantanea in tante ragazze di sua conoscenza.
E Miku si accorse anche di come dovesse essere alquanto atletico, dato che il cono era alto almeno quattro metri e lui era atterrato come se fosse sceso da un muretto.
A guardarlo da vicino, era vestito in perfetto stile vittoriano. Forse le maniche erano un po' troppo larghe e merlettate, e non era sicura che gli uomini vittoriani avessero quel che sembrava a tutti gli effetti una grossa farfalla dove di solito si annodavano i grembiuli. Un fiocco un po' particolare, ecco.
Aveva anche un cappellino. Piccolo e inclinato, anche quello con un fiocco - non farfalla, un fiocco vero e proprio.
Ed era circondato da un fortissimo profumo dolce.
- E ti lamenti? -
Miku sbattè le palpebre: - Ehm, non è una sensazione piacevole... -
- Come puoi lamentarti? - Kaito andò alla nebbia, vi immerse le mani e ne riuscì con un grosso batuffolo di zucchero filato: - Deve essere la sensazione della crisalide! Magari un po' più dolce, ma nulla vieta che la mia sarà altrettanto dolce! -
- ... crisalide...? - si avvicinò, cauta.
- Sì, crisalide! - l'altro la guardò dall'alto in basso, lo sguardo non altezzoso quanto pensieroso: - Mh. Tu non sei un bruco, non puoi capire. - un'altra lastra completa, e Miku iniziava a sentirsi un po' in imbarazzo: - E non mi sembri neppure un insetto, quindi per te deve essere strano. -
- In effetti sì. - confessò, le guance un po' calde: - E credo sia lo stesso per tutti i non-insetti. Quindi, se qualche non-insetto venisse qui, magari preferirebbe non- -
- Questo posto è fatto per essere mangiato, ma non è mica un albergo a cinque stelle. - aveva usato un tono assolutamente pacato, quasi trasognato, ma le era parso di sentire una punta di stizza: - Questo posto rimane pur sempre mio. E ci metto quello che voglio come voglio. -
- N-naturalmente! - "Non è il caso di far arrabbiare una persona tanto benevola!".
Kaito non parve averla sentita; era tornato alla nebbia e la guardava come supponeva lei avesse guardato lo scoglio prima.
- Sapete... - intrecciò le dita, cercando un qualsiasi argomento di cui parlare: - ... non somigliate moltissimo ad un bruco. -
"... non si offenderà, vero...?"
- Non sei la prima a dirmelo. - lui si voltò verso di lei, con un ampio sorriso: - Ma, quando sarò una farfalla, avrò le antenne e le ali e tutti capiranno cosa sono! -
- Una farfalla blu? -
- Ovvio! - lasciò andare lo zucchero filato e quello si librò in aria: - Diventerò una bellissima morfo blu! E magari sarò più grande di una farfalla di Alessandra o di una farfalla cobra! - annuì alle sue parole, le braccia conserte.
- Non ne dubito! Siete già molto grande anche come bruco! - "Cos'è una farfalla di Alessandra. Cos'è una farfalla cobra. Cos'è una morfo blu."
- Tu cosa diventerai? - sembrava davvero curioso.
Miku ci pensò un attimo: - Uhm... una donna, assumo. -
- Non lo sai? -
- Beh, a meno che non succeda nulla di strano, direi che diventerò una donna, sì. -
Lui piegò di nuovo la testa di lato: - E allora perché sembri così poco convinta? -
"Eh?" - Beh... - distolse lo sguardo. Tornò a guardarlo: - E' che nessuno mi ha mai fatto una domanda del genere. Cioè... è ovvio, no? -
- Perché? -
- Tutte le ragazze diventano donne, prima o poi! -
- E tu sei tutte le ragazze? -
"Oh, no." - Potrei chiedervi lo stesso: come fate a sapere che diventerete una farfalla? -
Per tutta risposta, Kaito indicò il cielo.
Miku sbattè le palpebre: - Temo di non capire. -
- Voglio vedere le cose da lassù. - spiegò l'altro, come se fosse una cosa ovvia: - Quindi, ho intenzione di vedere le cose da lassù. E, per farlo, mi servono delle ali. Però ali leggere. E ingombranti. Che non si richiudono come quelle degli uccelli. Perché voglio anche che tutti vedano sempre le mie ali. Quindi, diventerò una farfalla! -
"... non fa una piega." ci pensò: "... io perché diventerò una donna...?"
- In realtà, a me non fa alcuna differenza. - confessò, infine: - Però non mi dispiacerebbe essere più alta. - "E con più seno.".
- Capito! - probabilmente non aveva capito niente: - Se vuoi crescere un po', potrei darti qualcosa! -
- Oh? -
Lo vide tornare tra i biscotti, ma senza salire dov'era prima; armeggiò dietro ad un biscotto al cioccolato, per poi riuscirne con un cono gelato.
Quando glielo porse, Miku constatò come dovesse essere di quelli da cinque gusti. Lo prese: - Mi farà crescere? -
- Un lato ti farà crescere, un altro ti farà diventare più piccola. -
"... oh, no."
- Gli effetti di tutti i cibi in uno. - sospirò.
- Eh? -
Dopo un istante, Miku decise di dirglielo: - E' da ancor prima di giungere qui che mi ingrandisco e mi rimpicciolisco. E sempre dopo aver mangiato qualcosa.
In tutti i casi, mi sono ritrovata nei guai! - guardò il cono: - Tranne qui. - ricordò: - Quando ho mangiato lo scoglio, non è successo niente. -
- In realtà, ci sono solo pochi cibi che cambiano la statura. -
Miku rialzò lo sguardo: - ... prego? -
- Capisco le Bevimi e le Mangiami... - Kaito sembrava più star parlando a se stesso che non a lei: - ... quelle ci sono di default all'entrata. Servono per dare una statura consona a chiunque possa entrare. - la guardò: - Chi ti ha dato l'invito non te l'ha detto? -
"... l'invito." se l'era dimenticato di nuovo. Forse avrebbe fatto meglio a procurarsene uno: - Ehm, no... forse lo dava per scontato! - sforzò il sorriso, sperando fosse abbastanza convincente.
- Che persona sbadata. - alzò le spalle.
"Siete una brava persona, ma..." smise di sorridere, giusto per non sembrare troppo sospetta: "... non so perché, sento di non dovervi dire che sono senza invito.".
- Gli unici altri cibi che cambiano la statura sono in casa di Len. -
A quel nome, trasalì: - Beh... sì, sono stata da lui... -
- Davvero? Lo conosci? -
"... forse non avrei dovuto- oh, beh, se non l'avessi fatto, sarei parsa ancora più sospetta." - Non proprio. Diciamo che ci siamo incrociati per strada. - era vero, in fondo.
Kaito la guardò.
Per almeno un minuto.
Poi sorrise e le accarezzò i capelli, tra le codine: - Capisco. Povero Len. -
"Cos-"
- Ti capisco. -
"... eh?" stava iniziando a perdersi.
- Allora, vuoi il cono? -
Ci pensò: "... se finissi in un'altra situazione del genere, almeno avrei subito il rimedio a portata di mano..." annuì: - Sì! Quindi... - guardò il suddetto cono: - ... immagino che la parte dove va il gelato faccia crescere, mentre quella appuntita faccia rimpicciolire. -
- No. E' il contrario. -
"..." - Oh. Giusto. Come ho fatto a non pensarci. - era lo stesso principio del Paese dello Specchio e del Paese delle Meraviglie, con molta probabilità.
"Dovrei davvero iniziare a dedurre al contrario.".
- E' piuttosto scontato, lo so. - Kaito sospirò: - Ma in questo non ho molta fantasia. -
- "Questo"? - un dubbio: - Li avete fatti voi? -
- Ovvio! - un altro sorriso, alquanto soddisfatto: - Sono riconosciuto come braaaaaviiissimo pozionista! Basta aggiungere un po' di miscela cambiagrandezza nell'impasto ed ecco che escono cibi che cambiano la statura! -
- Oh! - "Quindi è lui la causa di tutto." ci ripensò: "... beh, allora è anche merito suo se sono riuscita a diventare abbastanza piccola da entrare..." sentimenti contrastanti.
- Anche se la pozione di cui vado più fiero è questa! -
Miku non si era neppure accorta si fosse mosso - sempre se si fosse mosso. Sapeva solo che, davanti ai suoi occhi, era apparsa una bottiglietta di cristallo, che urlava "costosità assoluta" da ogni millimetro.
Al suo interno, un liquido azzurro. A guardarlo bene, era pure un bel colore: somigliava a quello del mare tranquillo.
- Vuoi? -
Miku mise in tasca il cono, prese la bottiglietta e tolse il tappo - di cristallo anche quello, ovviamente. Quando la portò al naso, un intenso odore fresco le invase i polmoni.
Non sapeva di cosa sapesse, era un odore fresco e piacevole. Faceva venire voglia di buttare tutto giù in un solo sorso. Sentiva già l'acquolina.
La portò alle labbra: - A cosa serve? -
- A controllare la mente della persona che la beve. -
"..."
Allontanò la boccetta e la richiuse.
- La Cantarella è un po' complicata, in realtà. - Kaito sospirò, come se nulla fosse: - La persona che la beve diventa schiavo assoluto della persona che gliel'ha porta. E preparata. Ma può vivere una vita del tutto tranquilla, almeno finché il suo padrone non le dà un ordine. Poi, può tornare a fare ciò che voleva. Spesso, le persone neppure sanno di essere sotto l'effetto della Cantarella. -
"..." sembrava che ogni pensiero si fosse fermato.
Vide Kaito toglierle la boccetta dalle mani, con delicatezza.
- E... - Miku faticò a parlare, pietrificata: - ... questa cos- Cantarella va in giro da molto...? -
- Oh, no, questa è l'unica attualmente esistente. - agitò la bottiglietta: - Qualche anno fa ne ho vendute un po', ma pare abbiano causato svariati problemi. Quindi, mi è stato gentilmente chiesto di non distribuirne più e, magari, di non crearne più. -
- Quindi, ci sono ancora delle Cantarella in giro? - gelo.
- No, no, tutti quelli che l'hanno presa hanno sentito il bisogno di usarla subito! - un sorriso... imbarazzato?: - Per questo ci furono svariati problemi. -
- Allora avete creato un antidoto? -
- Certo che no. L'ho detto: la persona che la beve diventa schiavo assoluto della persona che gliel'ha porta e preparata. Mi è bastato ordinare loro di non essere più sotto l'effetto della Cantarella e loro hanno ubbidito. -.
Miku annuì, piano. Si sentiva come se fosse diventata una statua e cercasse di muoversi nonostante tutto: - ... dunque voi potete anche dominare il mondo, con quell'aff- pozione? -
- E' per questo che se la sono presa tanto. - un altro sospiro: - Ma io non ho bisogno di cose simili. - la Cantarella era sparita. Miku non l'aveva vista sparire ma, finché fosse stata fuori dalla sua bocca, per lei poteva stare ovunque.
- Stai andando da qualche parte? -
Una frase sensata e senza risvolti inquietanti. Forse: - Più o meno. Vol- -
- Stai andando o non stai andando? -
Prima che la conversazione degenerasse, Miku si affrettò a specificare: - Sì. Sto andando al castello della Regina. Ma... - abbassò lo sguardo: - ... non conosco la strada. -
Silenzio.
- Dai sempre risposte così vaghe. - Kaito le si avvicinò, si chinò per guardarla negli occhi: - E perché vai al castello della Regina? -
- Volevo incontrarla! - tanto valeva essere onesti. E poi, non vedeva perché mentire, in quel caso.
- Forse dovresti farti accompagnare dalla persona che ti ha invitata. -
"Di nuovo..." - Sì, potrei... - "In effetti, presentarmi al castello da sola, così, a caso... lì vorrebbero vedere l'invito."
- Comunque, oggi la Regina non c'è. -
- Eh? - Miku rialzò lo sguardo - non si era accorta di averlo spostato di nuovo - e Kaito tornò dritto: - Oggi è la giornata della passeggiata. Sarà via tutto il giorno e non credo stasera avrà voglia di ricevere gente. -
- Oh... -
- Però puoi sempre andarci domani! -
- Mi sembra una buona idea. -
"... aspetta." si bloccò: "... i miei genitori torneranno oggi pomeriggio." alzò gli occhi al cielo: "Anzi, forse sono già tornati." si guardò le mani: "Forse dovrei tornare a casa..." deglutì: "Ma così rischio di perdere la mia unica occasione di incontrare la Regina... e coccolare lo Shota Usamimi... e vedere altro di qui... e..."
Magari avrebbero potuto pensarla chiusa nella sua stanza a studiare. O magari si era solo persa nel giardino di casa. O magari era semplicemente uscita per scappare dai compiti.
Sì, l'ultima era la più fattibile.
Aveva tempo fino a sera.
"... tornerei domani, presto!" decise: "E dirò di essere scappata dai compiti e di aver passato la notte tra gli alberi. Per rientrare in contatto con la natura. Forse mi crederanno!".
Forse, sì.
- Sei preoccupata per qualcosa. - non era una domanda.
Silenzio.
- E' che- -
- Non ti ho chiesto perché. - non c'era alcuna traccia di irritazione o superiorità, nella sua voce: - A meno che tu non voglia dirmelo. -
Silenzio.
- No. In effetti, no. Non voglio dirlo. - aggiunse, piano.
Silenzio.
- Il Palazzo è un po' lontano. - Kaito si voltò, indicò un punto all'orizzonte, tra gli alberi: - E poi, immagino tu debba raggiungere la persona che ti ha invitata. -
- Sì, senz'altro. - Miku annuì: - Devo pur passare la notte da qualche parte. -
- E sarebbe un ospite alquanto maleducato se prima ti invitasse e poi ti lasciasse abbandonata. -
- Eh, già. -
"Vi prego, non chiedetemi informazioni sulla persona che mi ha dato l'invito.".
- Avete un appuntamento? -
- Eh? No... -
- Allora puoi rimanere un po'? -
- Potrei, sì. - "Solo se non c'è il rischio di ritrovarmi la Cantarella giù per la gola.".
Kaito sorrise, di nuovo.
E le porse la mano.
- Vuoi danzare con me? -
"... eh?" non capiva perché il cuore avesse spiccato un salto tanto alto da colpirle la gola. E lì si era incastrato, perché lo sentiva pulsare impazzito a quell'altezza.
- Temo di non saper danzare. - sentiva le guance troppo calde.
- Temi? -
- Sì, "temo". - inspirò: - Mi piacerebbe saperlo fare. -
- Allora fallo e basta. -
Si chiese se Kaito avesse altre espressioni.
Era una cosa positiva che sorridesse sempre, se si escludeva il suo voler rifilare pozioni discutibili con tutta quella seraficità.
Deglutì.
"... sarebbe bello, sì." prese la sua mano.
Dei violini, all'improvviso. Suonavano una musica veloce.
Si lasciò trascinare, le sembrava che le gambe si muovessero da sole e non vedeva perché non lasciarle andare.
Una piroetta, sentì la gonna attorno alle ginocchia.
La sua mano stringeva quella di Kaito, il profumo dolce forse le avrebbe impregnato anche vestiti e capelli; sentiva una mano sul fiocco del grembiule, lei gli posava la propria sulla spalla.
Non era tanto più alto di lei. Anzi, forse c'era solo mezza spanna di differenza.
Non era poi così difficile.
Un'altra piroetta, anche la mano che aveva liberato andò a stringersi a quella dell'altro.
I passi non erano affatto difficili. Erano semplici, in fondo. Come aveva potuto dubitare?
Sentì di nuovo la mano sul fiocco del grembiule.
Era semplice, sì. Avrebbe potuto danzare anche per ore - almeno, finché le gambe glielo avessero concesso.
Una mano sulla schiena.
Neppure faceva più male. Niente faceva male. Era solo bello stare lì a volteggiare-
"Aspetta."
Gettò un'occhiata alle sue mani: erano strette in quelle di Kaito.
"... cos'ho sulla schiena...?" si bloccò. L'altro fece altrettanto, lo sguardo perplesso. Anche la musica si fermò.
Un brivido: "... sono mani. Sono mani.".
Si voltò, di scatto.
Non c'era nessuno.
Tornò a guardare Kaito; lui continuava a guardarla, confuso.
- Cosa c'è? -
- ... credo ci sia un paio di mani di troppo. - rabbrividì di nuovo.
- Eh? - l'altro sbattè le palpebre. Poi parve ricordarsi di qualcosa: - Oh! - e Miku sentì un altro paio di mani sulle spalle.
Le parve di nuovo di essere una statua.
- Tranquilla, sono io! -
- ... t-tu- v-voi...? -
- Tenerle sempre fuori tutte e quattordici è un po' scomodo, ma non ti preoccupare, sono tutte mie! -
- ... quattordici...? - riacquistò pian piano la mobilità: - ... quattordici arti...? -
- Sedici. - indicò le gambe.
- ... sedici. - "... ero rimasta ai polpi.".
- Qualcosa non va? -
- E' che... - sciolse l'abbraccio: - ... non sono abituata a quattordici mani. -
- Infatti ne ho usate solo quattro. - il suo sorriso si fece un pochino strano: - E' raro le usi tutte e quattordici. -
- Non ne dubito. - inspirò. Il profumo dolce era ancora intenso.
Si sentiva più tranquilla.
A parte il cuore incastrato nella gola.
- Hai danzato, alla fine. -
- Sì, parrebbe di sì. -
- Non pare. E'. -
- Sì. - forse si sarebbe dovuta sentire esasperata. Ma sentì le labbra tirare, lasciò sfuggire il sorriso. Non aveva idea del perché stesse sorridendo, ma non le importava. Era una cosa piacevole e non vedeva perché non farla.
- Cred- E' ora di andare. - disse.
Kaito annuì: - D'accordo. -
- Grazie. - mormorò: - Per il cono. -
La risposta fu semplicemente un sorriso. Ovvio.
- Se non sai dove andare... - aggiunse lui, accennando ad un determinato punto oltre gli alberi: - ... a circa venti minuti di cammino, se vai sempre dritta e poi giri a destra una volta ai due alberi intrecciati, troverai la casa della Cuoca. -
- Oh, grazie! Lo terrò a mente! - "Cuoca. Dunque cibo. Magari anche letto."
Certo, era solo primo pomeriggio, ma tanto valeva trovare subito un luogo dove riposare.
- Arrivederci, allora! -
- La prossima volta... - fece Kaito, avviandosi verso i biscotti: - ... dammi del tu. -
- Certo! -
E lui sparì dietro un biscotto gigante, forse di nuovo diretto al suo narghilè.

Si era abituata a camminare tra gli alberi.
Almeno, quando sarebbe tornata a casa, avrebbe potuto fare un resoconto molto dettagliato della vita nel bosco: "Così avrò un alibi perfetto!".
Ad averlo saputo prima, avrebbe almeno lasciato un biglietto. Qualcosa.
Ma quel che era fatto era fatto. Non aveva alcuna certezza di riuscire a tornare lì, quindi doveva approfittarne.
Confidava nel fatto di riuscire a tornare il mattino successivo.
"Per fortuna Kaito mi ha dato un'indicazione!" era davvero una bravissima persona, sì.
Si fermò.
"..." sentì le guance di nuovo calde: "... credo abbia capito che non ho nessun invito.".
Trasse un profondo respiro: "Grazie.". Riprese a camminare.
Sempre dritta, sempre dritta, e poi a destra. Verso la casa della Cuoca. Altra figura mistica che aveva sentito nominare un paio di volte.
"Chissà se è una signora simpatica o una signora burbera. Potrei dirle che mi manda Kaito? Se quei cibi cambia-statura li hanno messi proprio all'entrata, allora è una cosa ufficiale, quindi è probabile li abbiano fatti fare alla Cuoca con la C maiuscola, no? Quindi vuol dire che si conoscono e vanno d'accordo, no? Non rischio di scoprire che la Cuoca odia Kaito e che sarebbe capace di trasferire tutto il suo odio su di me, vero...?"
Un pensiero improvviso: "... ma... se i cibi cambia-statura sono all'ingresso e nella casa di Len..." si fermò: "... i cibi in casa di Len non erano solo gli yogurth e le merendine...? E mi è parso che Len mangiasse proprio quelli..." cercò di ricordare: "La prima volta che l'ho visto, eravamo entrambi fuori di qui. E lui era alto quasi quanto me. Poi io mi sono rimpicciolita, ma anche lui deve essersi rimpicciolito. Forse usa le merendine e gli yogurth per ingrandirsi e rimpicciolirsi quando deve fare qualche commissione per la Regina...?" ci pensò meglio: "... ma le cartacce erano in casa e non c'è fisicamente abbastanza tempo per arrivare da casa di Len all'ingresso, prima che faccia effetto..."
Alzò lo sguardo: "... gli alberi intrecciati."
Due tronchi attorcigliati. Sembravano quasi finti, tanto erano particolari. Avrebbero meritato una foto.
"Quindi, ora a destra." girò dove di dovere.
"Quando reincontrerò Len, dovrò farmi spiegare un paio di cose..." decise.
Continuò a camminare - non faceva altro, ormai - ed era piuttosto sicura che sarebbe giunta in un'altra radura.
A pensarci bene, vedere quel bosco dall'alto doveva avere il suo fascino: forse somigliava ad un'enorme fetta di groviera verde.
Dopo quelli che le erano effettivamente parsi circa venti minuti, si ritrovò-
"Una radura." si sentì un genio.
Un'altra casetta da cartolina, un altro cancelletto di legno lasciato bello aperto, che non si trattenne dal superare.
A differenza di Len, la Cuoca doveva aver trovato molto carina l'idea di far crescere l'edera sulle pareti e sul tetto; nel complesso, in effetti, il risultato era alquanto gradevole.
Non c'era nessuna scala, nessun portico, nessun rialzo. In compenso, c'erano almeno quattro orti quadrati, e un numero indefinito di scaffali stracolmi di vasi con piantine e frutti vari. Dietro la casa, come a voler formare una palizzata, erano messi in riga una decina di alberi da frutto - e lo capì perché almeno la metà erano costellati di puntini colorati che non erano fiori.
Arrivata davanti alla porta, Miku si spolverò il grembiule e la gonna, si sistemò i capelli e-
- COS'E' QUEL COSO? -
- E' USCITO DAL VASO DELLE ARACHIDI! -
- Oh, lo sapevo che non avrei dovuto incrociare le arachidi con i fichi d'india e gli ioni del phon- FERMALO, FERMALO! -
- CI STO PROVANDO, MA E' TROPPO VELOCE! -
- E' LI'! E' LI'! -
- AAAAAAAAAAAAAAARGH! -
- Sveglierete la piccola, così. -
- Oh, no- URLA PIANO! -
- Aaaaaaaaargh! -
- NEL FRIGO, BUTTALO NEL FRIGO! -
- E' TROPPO FORTE! -
- DOV'E' IL NAPALM? -
- NO! CI SONO ANCH'IO DI MEZZO! -
- ... - Miku fissò la porta: - ... sarà una cosa lunga. -.






Note:
* "I nostri sguardi si incontrano / Dentro a questo mondo chiuso.": Cantarella [ Traduzione ]
* Le frasi iniziali del discorso di Miku e Kaito sono tratte dal suo pezzo in Alice in Musicland [ Traduzione ]
* Morfo blu, Farfalla di (della regina) Alessandra e Farfalla cobra sono, come si può argutamente dedurre, tipi di farfalle; le ultime due, in particolare, sono le più grandi farfalle conosciute.
* Sì, i bruchi hanno sedici zampe (tre paia effettive e cinque paia di pseudozampe).




E così, Miku ha avuto una chiacchierata con lo Shota Usamimi, che - checché ne dica lei - non si è rivelato poi così carino&coccoloso.
In compenso, di carino&coccoloso c'è Kaito, talmente carino&coccoloso da spacciare pozioni per la conquista del mondo come se fossero figurine doppioni. U.U
(Tra l'altro, la musica con i violini su cui danzano Miku e Kaito è proprio Cantarella. U.U *E la boccetta di cristallo è quella che si vede nel video della Grace Edition.*)

Appaiono anche Piko e Miki, altri due personaggi che non conosco bene - e ancora io stessa mi chiedo perché mi sia uscita una Miki così attenta all'essere tanto educati.
(Sempre riguardo Miki, se vi state chiedendo il perché degli shuriken con i numeri... beh, sul suo vestito ci sono delle stelle, e il suo nome ha un "codice"... à__à) (E riguardo la coda di Piko, sì, so che è una USB. Ma qui ha optato per un pratico teaser. (!))
Spero di essere riuscita a renderli bene oAo *Anche in questo caso, se così non fosse, me ne scusino i loro fans. (!)*

Nel mentre, sto scrivendo il sesto capitolo. In effetti, ho avuto un Furore Scrittorio e ho scritto i capitoli quattro e cinque in quattro giorni.

Ancora una volta, spero che questo capitolo vi sia stato di gradimento. ^^
E, ancora una volta, se avete consigli da darmi o critiche da farmi, dite pure. ^^

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Capitolo 4
*** C'è un regalo nel frigorifero... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
C'è un regalo nel frigorifero
Ci sono le lumache che i kappa hanno bollito
~



- NON FUNZIONA! NON FUNZIONA! -
- METTILO AL MASSIMO! -
- HA GIA' RAGGIUNTO IL SUO LIMITE! -
- PROVO A STRAPPARE IL TERMOSIFONE, PRENDERE I TUBI E STROZZARCELO! -
- Credo che questa soluzione sia più distruttiva di quell'affare. -
- ALLORA VADO A PRENDERE UNA TENDA! -
- QUELLA DEL SALOTTO E' LA PIU' PESANTE! DOVREBBE RIUSCIRE A TENERLO! -
- RESISTI FINO AL MIO RITORNO! -
- CI PROVERO'! -
Miku sospirò.
Lo spavento e qualsiasi traccia di inquietudine erano svanite dopo i primi dieci minuti di urla e rumori non identificati.
Così si era ritrovata seduta davanti alla porta, una mano a sorreggersi la guancia, in attesa che le persone all'interno della casa riuscissero a disfarsi di quell'affare.
Nel caos di sedie ribaltate, botte, ante che si aprivano e chiudevano, urla ed elettrodomestici impazziti, era riuscita a distinguere tre voci: due femminili e una maschile; una delle due voci femminili, nelle grida generali, parlava con tono pacato, quasi divertito.
Gli altri due, invece, erano alquanto agitati.
Tutte e tre le voci le erano parse giovani; l'uomo e la donna tranquilla avevano voci più mature di quella della ragazza che aveva ipotizzato di sradicare termosifone e tubi, ma nessuno di loro doveva superare i venticinque anni neppure per sbaglio - almeno, a sentirli parlare e urlare.
Sbadigliò, e stavolta si ricordò di coprirsi la bocca.
Aveva provato a bussare. Ovviamente, era stato tutto inutile - e non poteva dar loro torto.
"Che noia..."
Un boato.
Si ritrasse, il cuore impazzito, gli occhi talmente sgranati da far male: una delle finestre alla sua destra era esplosa in una mitraglia di vetri e un affare si era riversato nella radura.
"Che cos-" si spalmò contro la porta, i talloni puntati nel terreno.
Un blob.
Un grosso blob marrone chiaro con le spine.
Se le si fosse scagliato addosso, avrebbe potuto inglobarla tre volte senza problemi.
"Mai. Dire. Che. Ti. Annoi." se lo ripromise, e artigliò la porta alle sue spalle.
- DOBBIAMO IMPEDIRGLI DI FUGGIRE! -
Qualcuno uscì dalla finestra distrutta con un balzo e, in due falcate, fu vicino al blob, qualcosa in una mano stretta a pugno, l'altra serrata attorno ad una bottiglia di Coca Cola ancora quasi del tutto piena.
Il qualcuno gettò il qualcosa nella bottiglietta e la scagliò verso il blob; un istante dopo, l'affare fu avvolto da una fiammata schiumosa, nell'aria si diffuse il suono dello sfrigolìo delle bollicine.
"... fiammata schiumosa?" Miku sbattè le palpebre: erano indubbiamente fiamme ed erano indubbiamente porose e vaporose come schiuma.
"Oh, beh, finché lo tengono fermo..." guardò il blob, immobilizzato dalle fiamme schiumose.
Di tanto in tanto, qualche parte sembrava allungarsi per cercare di passare tra le fiamme, salvo poi ritirarsi subito; il blob provò ad allungarsi anche verso l'alto, ma la barriera di fuoco-schiuma pareva bloccarlo anche da lassù.
- Ottimo lavoro! - un'altra persona sbucò dalla finestra, scendendo con un po' più di difficoltà: - E ora? -
- Non sono riuscita a tirare giù le tende, ma ho un'idea migliore! - la prima persona, la ragazza, afferrò un sacchetto appeso alla cintura e vi infilò una mano. Si riavvicinò al blob, il passo deciso.
- Io ti estinguo, affare indefinito! - pronunciò, solenne, per poi gettargli contro una polverina.
All'istante, il blob si ritirò fino a diventare una palla, sempre più piccola, sempre più piccola, fino ad implodere definitivamente.
E rimasero solo le fiamme schiumose.
O forse no, perché sparirono anche quelle dopo pochi secondi.
- Uff! - la ragazza si passò una mano sulla fronte: - E' stata dura, ma ce l'abbiamo fatta! -
- Bravissima! - l'uomo applaudì, nonostante l'evidente impedimento dell'aspirabriciole che aveva in mano.
- Grazie, grazie! - lei rise: - Però è quasi finita. - accennò al sacchetto: - Dovremo grattugiare altro aglio. -
- Ma certo! -
- E dovremo anche far riparare la finestr- - la ragazza si bloccò.
Aveva dei grandi occhi azzurri e Miku era finita con l'incrociarli.
"Oh. Si sono accorti di me."
- Povera signorina! - l'uomo accorse, visibilmente preoccupato: - Siete ferita? Quell'affare vi ha fatto qualcosa? -
- No, no, tutto a posto! - "I vetri mi hanno inquietata di più."
L'uomo le porse la mano, lei accettò e si rialzò. Fu felice di constatare come non fosse paralizzata dalla paura o qualcosa del genere.
- Un'ospite! - la ragazza apparve al fianco dell'uomo, con un gran sorriso: - Chi sei? Non ti ho mai vista da queste parti! -
Ad averla così vicina, in effetti, quella ragazza sapeva un po' di aglio. Doveva esserle caduta addosso della polvere d'aglio, durante l'esorcismo. Però non era un cattivo odore. Era più un retrogusto.
- Sono Michelyne Alice Lydia Fairsound. - fece una piccola riverenza: - O solo Michelyne o solo Miku. - aggiunse, nel vedere gli sguardi sconvolti di entrambi: - Cercavo la Cuoca. - guardò la ragazza: "O lei è un'assistente, o..."
- Sei nel posto giusto! - quel sorriso si allargò ancora di più: - Hai intenti omicidi verso la Cuoca? -
- Cos- No! -
- Allora entriamo, non rimaniamo qui fuori! - la ragazza abbassò la maniglia della porta e quella si aprì come se nulla fosse.
"Giusto. Qui hanno qualche problema con le serrature." ci pensò: "... però non mi sarebbe sembrato carino entrare in casa altrui con i proprietari ancora dentro.".
- Nondimeno, dovresti almeno lavarti le mani e la faccia. - commentò l'uomo, serafico.
- Cosa vorresti dire? - il sorriso svanì, la ragazza assottigliò gli occhi.
- Sai d'aglio. -
- Almeno nessun affare mi si avvicinerà! -
- Neanche la nostra ospite, se è per questo. -
- Ma verament- -
- Oh, giusto! Che maniere! - tornò a sorridere: - Scusami un minuto. - e si dileguò nel corridoio, lasciandola lì nel mezzo del salotto semidistrutto.

La porta d'ingresso dava su una graziosa saletta rotonda, con un tavolo che presumibilmente di solito non si trovava sopra il camino nell'angolo a destra, le sedie che magari gli erano intorno e non avevano sfondato la porta a sinistra e un lampadario di campanule di vetro attaccato dritto e senza una pendenza così estrema.
Il tappeto rosso, invece, era piuttosto sicura stesse per terra così come lo vedeva.
- Perdonate tutto questo disordine... - l'uomo sospirò, scavalcò le sedie ed entrò nella stanza a sinistra, salvo riuscirne un secondo dopo senza l'aspirabriciole: - Gli esperimenti di mia moglie sono spesso imprevedibili. -
"Moglie?" impedì alla mandibola di schiantarsi al suolo con gran forza di volontà: "Ma... quanti anni hanno...? Quanti anni ha quella ragazza...?"
Guardò meglio l'uomo, intento a recuperare il tavolo e a rimetterlo al centro della stanza, magari più verso il muro opposto che verso la porta d'ingresso: i venticinque anni avrebbe anche potuto averli, ma non di più; era abbastanza più alto di lei, almeno due spanne e mezzo, ed era quasi tutto marrone scuro - capelli, occhi, montatura degli occhiali, cintura, pantaloni e scarpe - tranne che per la camicia, bianca, con le maniche arrotolate.
Per la prima volta da quando era arrivata lì, Miku vide qualcuno con un aspetto normale.
Lo trovò straniante.
Si rese conto di starlo fissando, mentre lui si dava da fare per risistemare tutto, e lei se ne stava impalata davanti alla porta.
- Ehm... - borbottò: - Chiudo. -
Il: - Sì, grazie! - arrivò quando lei aveva già chiuso.
Tornò a guardare la stanza: il tavolo era al centro, con su una tovaglia candida e un vaso di cristallo con delle camelie bianche; ai lati, le due sedie, con dei cuscini rossi; notò solo allora la credenza dall'altro lato, piena di servizi da the, vasi di porcellana, matrioske e conchiglie giganti.
L'uomo aveva recuperato una scala da nonavevaideadove e stava rimettendo su il lampadario.
- Aaah, sei sempre così veloce! - la ragazza riapparve dal corridoio di destra, inondando il salotto di profumo di sapone: - Sei davvero bravissimo! - Miku non riuscì a vedere la reazione dell'uomo, perché lei le si parò davanti: - Posso chiamarti Miku? -
- Certo! -
Doveva avere la sua età. O, almeno, non poteva avere più di diciassette anni. In caso contrario, se li portava straordinariamente bene.
Oltre agli occhioni azzurri, aveva i capelli verde fluo, fino alle spalle, arricciati sulle punte.
Ed era vestita di arancione: stivali, pantaloncini, giacchetta e occhialoni da aviatore in testa. Il top che esibiva la sua terza, invece, era solo verde evidenziatore.
Se anche non le si fosse parata davanti, non era esattamente una ragazza in grado di passare inosservata.
- Bene, Miku. Io sono Gumi, lui è mio marito, Kiyoteru. - lo intravide fare un cenno col capo: - E questa è la casa della Cuoca. Cosa desideri? Cibo standard? Qualche servizio particolare? Pubblico, privato? Festa in grande, festa piccola, cena, take-away? Il cibo da fast-food lo facciamo in due minuti, per le torte a sedici piani bisogna aspettare un po' di più. -
- Ehm, no... - portò le mani avanti, era sicura di avere un sorriso piuttosto tirato: - Niente di tutto questo... -
- Oh... - Gumi annuì, lentamente: - ... qui però possiamo fare solo afrodisiaci, non trattiamo di veleni. -
- No, neanche questo! - sentì le guance di colpo calde: - Mi ha mandato Kaito! - decise di dirglielo: "Esperimenti... veleni..."
- Oh, Kaito! - l'altra giunse le mani, le sopracciglia sollevate: - Quanto tempo è che non lo vedo! -
- Tre giorni, credo. - Kiyoteru scese dalla scala, il lampadario di nuovo dritto.
- Sei una sua ospite? -
"... mi sta chiedendo se è stato lui a darmi il fantomatico invito?" si trattenne dal mordersi il labbro: - No, mi ha solo detto che, se avessi avuto bisogno di un posto in cui riposare, sarei potuta andare dalla Cuoca... - "Vi prego, non indagate oltre.".
- Oh, ma certo! - Gumi strinse i pugni, lo sguardo deciso, come di trionfo: - Rimani pure quanto vuoi! Di solito, la gente viene qui solo per il cibo, poi se ne va! -
- A noi fa piacere avere ospiti. - Kiyoteru sospirò: - Anche se non ne riceviamo molti. -
"Ho come l'impressione che gli esperimenti di Gumi c'entrino qualcosa." - Devo temere qualche altro affare? - s'informò, giusto per sicurezza.
- Oh, no, no, tranquilla, tutti i miei esperimenti sono sotto controllo! -
"... devo fidarmi...?" scelse di stare comunque attenta.
- Vado a prepararti la camera, allora! - Gumi agitò entrambe le mani e si dileguò in un istante, di nuovo nel corridoio.
- Io vado a sistemare la cucina. Con permesso. - con un sorriso di scuse, Kiyoteru andò nella stanza a sinistra - la cucina, il luogo principale della casa, forse.
E lei era di nuovo rimasta lì da sola.
"Ma..." si guardò intorno: "... io avevo sentito tre voc-"
E tutto si bloccò.
Era sicurissima, al cento per cento, al mille per mille, al diecimila per diecimila, a numero naturale qualsiasi per numero naturale qualsiasi che prima, davanti al camino, non ci fosse nessuno. Ed era anche sicurissima, con la stessa matematica certezza, che nessun altro fosse entrato - né dalla porta d'ingresso, né dalla cucina, né dal corridoio.
L'alternativa era che quella donna si fosse calata dal camino.
Però non era Babbo Natale, e non era neanche la Befana.
A prescindere da cosa fosse, sarebbe volentierissimo rimasta a guardarla per ore e ore.
A lei non sembrava dispiacere.
In caso contrario, non avrebbe ghignato in quel modo.
Miku si avvicinò - non vedeva perché non farlo - fino a ritrovarsi quasi a calpestare lo strascico nero della sua gonna. Ma non avebbe calpestato lo strascico nero della sua gonna - che tra l'altro non era neanche nero, ma rosa scurissimo, tanto scuro da sembrare nero.
A quella donna doveva piacere molto il rosa.
E Miku sentì un'improvvisa simpatia per il colore rosa.
Non si era mai soffermata a riflettere sulle meraviglie cromatiche del rosa, di quanto fosse perfetta l'unione del rosso e del bianco, della lava e delle nuvole, della fragola e della panna, della ciliegia e dello yogurth, del gelato all'amarena o delle rose rosa, anche delle rose rosa nel gelato all'amarena, oppure del- La donna si mosse.
Si destò dalla sua posizione sdraiata di lato e si mise seduta, le gambe candide elegantemente piegate a terra, i lunghi capelli rosa che ricadevano sulle spalle scoperte, fino alle mani nascoste dai mille strati della stoffa rosa delle maniche.
Aveva degli splendidi occhi azzurri e delle splendide labbra rosse.
E una quinta in un corsetto.
E una catena.
Perché quella donna aveva un collare.
E delle morbide orecchie feline che spuntavano tra i capelli, e una lunga coda striata di rosa che usciva dalle pieghe della gonna.
- Apri pure il cassetto. -
Era sua la terza voce. A sentirla più da vicino, era ancora più bella.
Si sarebbe più che altro sdraiata davanti a lei per fissarla e ascoltarla per ore.
- Cassetto...? - si accorse dopo di averlo detto. Lei neppure l'aveva pensato. La bocca andava per conto suo.
- Ci sono i tovaglioli. - quelle labbra si curvarono ancora di più.
- Tova...? -
- Stai sbavando. -
- Sba- COSA? -
Quando si portò le mani alla bocca, si sentì esplodere, implodere, sbalzare via e sprofondare nel pavimento.
Corse a prendere un tovagliolo - e, in effetti, nei cassetti della credenza c'erano dei tovaglioli - e provvide a cancellare qualsiasi traccia di figuraccia.
"Gumi e Kiyoteru non sono qui." si pulì per la terza volta: "Ho ancora una dignità!".
Tornò a guardare la donna.
Si ripremette il tovagliolo contro la bocca: "Prima lo Shota Usamimi, ora la Gnocca Nekomimi."
Un brivido.
A pensarli insieme, sentì l'improvvisa voglia di abbracciarli entrambi.
Con fini diversi.
In fondo, quella donna dava una generica sensazione di morbidezza solo guardandola.
- Stai tranquilla. Succede spesso. - non sembrava affatto turbata.
Miku sentì una punta di stizza: "... spesso? Ci sono altri?".
- Gumi sta tornando. - parlava con assoluta calma: - E spero tu non abbia voglia di riflettere con te stessa. -
- Eh? -
- Preparata! - Gumi sbucò dal corridoio, sfregando le mani: - Seguimi, Miku! Ti mostro la tua stanza! -
- Sì... -
Tornò a guardare la donna.
Ma, davanti al camino, non c'era più nessuno.

Il fantomatico corridoio a destra dava al bagno e ad una scala; l'intero piano superiore era occupato dalle camere da letto. Ce n'erano almeno cinque.
- Quella laggiù... - spiegò Gumi, indicando la porta più in fondo: - ... è la mia e di Kiyoteru. Quella immediatamente accanto... - spostò l'indice: - ... è di nostra figlia, Kokone. -
- Figlia? - Miku non riuscì a trattenersi: "Quanti anni hanno?"
- Ma è una bimba tranquillissima, te l'assicuro! - come spinta da una forza superiore, Gumi trotterellò proprio verso la camera di Kokone: - Piange di rado, quasi mai di notte! - entrò, ma Miku ritenne opportuno fermarsi sulla soglia.
Provò quasi sollievo nel notare un lettino con le sbarre e un fasciatoio: "Almeno la bimba è piccola.". Se avesse trovato un'adolescente, si sarebbe inquietata.
Riusciva persino a vederla, Kokone, oltre le sbarre bianche: dormiva beata, come se fino a dieci minuti prima non ci fosse stato un affare geneticamente modificato intento a distruggerle casa.
"... forse si è solo abituata." aveva l'impressione che incidenti del genere non fossero poi così rari.
Vide Gumi chinarsi su di lei, la mano ad accarezzarle i capelli castani.
Una stretta al cuore.
"Tornerò domani mattina. Presto. Così mamma e papà non si preoccuperanno. Magari neppure se ne accorgeranno!" strinse i pugni, trasse un profondo respiro: "Sì. Posso farcela. Sarà solo un rapido incontro con la Regina. Poi mi farò riaccompagnare a casa.".
- Pare non si sia svegliata. - la conosceva da pochi minuti, ma le sembrò strano sentire Gumi parlare a bassa voce: - Meglio così. - uscì, Miku la seguì.
E non riuscì a non notare lo strano sorriso che aveva: non quello allegro che aveva sempre sfoggiato, era più... dolce? Le illuminava gli occhi di una luce particolare.
Si riscosse quando vide l'altra dirigersi verso la stanza più vicina alle scale: - Questa è la tua camera! - Miku la raggiunse ad ampie falcate: - Spero ti piaccia. -.
La porta fu aperta e Miku entrò nella "sua" stanza: bianca, come quella di Kokone, con due letti singoli ai lati, una finestra nel centro, proprio sopra un comodino e un vasetto di camelie bianche. Sulla parete di destra c'era un armadio, sulla sinistra della porta una cassettiera e uno specchio. Ad illuminare tutto, un lampadario di campanule.
Che non illuminava niente perché era spento, e sarebbe stato stupido accenderlo alle presumeva tre-quattro del pomeriggio.
- E' carinissima! - giunse le mani, sincera: - Grazie mille! - si voltò e le sorrise: "Che bello! Ho incontrato tante brave persone tutte di fila!".
- Di nulla! - trillò Gumi, il suo sorriso era tornato quello di sempre: - Rimani tutto il tempo che vuoi! -
- Oh, credo rimarrò una notte soltanto. - si avvicinò al letto di sinistra: - Vorrei- - si bloccò. Cercò di formulare bene la frase: - -fare ciò per cui sono venuta qui. -
- Giusto, giusto. - Gumi annuì, e richiuse la porta. Alle sue spalle. Per poi sedersi sul letto di destra: - Dunque, Miku... - intrecciò le dita: - Cosa ti porta qui? - tuffo al cuore - Dove sei diretta? Chi è che ti ha invitata? - "Urgh." - Comunque, permettimi di dirlo, ma chiunque ti abbia invitata è davvero un maleducato irresponsabile. -
- G-già... - sforzò una risata, che risultò poco credibile anche a lei: - E' che ha molto da fare... - "Devo dare informazioni a caso? E' meglio se non dico niente? Ma così sarei ancora più sospetta..."
- Sì, sì, dicono tutti così. - Gumi sventolò una mano, lo sguardo di sufficienza: - Appena lo trovo, devo fargli un discorsetto. -
- Ma non sai neppure chi sia... - era indecisa se mordersi la lingua, tacere o fingere uno svenimento improvviso: - Potrebbe essere una persona molto potente, e tu potresti finire nei guai, e- -
- Oh, andiamo... - di nuovo il sorriso. Ma era più un ghigno. Non come quello della Gnocca Nekomimi, però. Sembrava più il ghigno di una persona sicurissima di sé: - Se così fosse, ti avrebbe mandato una scorta, o qualcosa del genere. E poi, non ho nessun problema a parlare con i potenti. -
"Sono piuttosto sicura che quel 'parlare' non intenda l'atto di comunicare verbalmente in modo civile."
- Beh, tu stessa devi essere una persona molto rispettata. - decise di sedersi anche lei, sul letto di sinistra, che iniziava a sentirsi un po' stupida a stare in piedi: - Svariate persone mi hanno parlato della "Cuoca"... -
- Oh, ma io non sono la Cuoca. -
- ... ah, no? -
"Che sia... la Gnocca Nekomimi?" il cuore sobbalzò e il petto si fece rovente, neanche fosse finito con lo schiacciare il bottone di una stufa.
Gumi tornò a sorridere come al solito: - No, è Kiyoteru! -
- ... Kiyoteru? - Miku sbattè le palpebre: - Ma lui non è un uomo...? -
- Stessa cosa. - la vide alzare le spalle: - Il ruolo è quello della "Cuoca". Non è che si può star sempre a cambiare genere solo perché a rivestirlo è un uomo! E poi, le notizie viaggiano talmente lente che si finirebbe per avere solo equivoci. Pensaci: se si iniziasse a parlare di "Cuoco", la gente si chiederebbe se qualcuno non abbia spodestato la Cuoca, se non abbia preso il suo ruolo con la forza! E allora, tutti si precipiterebbero qui, e il povero Cuoco, che invece è una persona onestissima, si ritroverebbe preso a botte e a male parole solo per un malinteso! - scosse la testa: - Sarebbe davvero una cosa orrenda! -
- Orrenda, senza dubbio... - "Questa cosa non ha nessun senso.": - Ma... - le tornò in mente: - ... gli esperimenti con il cibo non sono tuoi? -
- Certo! - il ritratto della soddisfazione: - Kiyoteru mi ha insegnato a cucinare, io gli ho insegnato ad essere più creativo! Quindi, faccio esperimenti sia perché mi piacciono sia per farlo diventare ancora più creativo! -
- E' una cosa molto bella! - "Finché non si finisce con l'avere affari che spaccano le finestre e rivoltano mezza casa. O la Cantarella.".
- Vero? - Gumi annuì da sola alle sue parole.
- Quindi, tu sei la sua assistente. L'Assistente della Cuoca. - "Forse sto cominciando a capirci qualcosa...?"
- Puoi vederla così, se ti fa piacere. Però no, la gente mi conosce semplicemente come Duchessa. -
Quasi si strozzò con la saliva: - D-Duchessa? -
- Gumi Megu, Duchessa di Rossovetro. - con un gesto teatrale, si ravviò i capelli: - Ma preferisco essere chiamata Gumi e basta. E invece tutti si riferiscono a me come "Duchessa". -
- Io ti chiamerò "Gumi". -
- Grazie! <3 -
Le era parso di percepire un cuoricino alla fine della frase.
"... una duchessa. Una duchessa vera!" sbattè le palpebre: "Forse anche lei ha un castello? Un castello vero, in cui potrebbe vivere? Oh, ma..."
- Per caso, conosci il Duca di Venomania? -
Le sembrò che la stanza fosse precipitata al Polo Sud. Forse, di lì a poco, la porta si sarebbe aperta e sarebbe entrata una processione di pinguini.
Persino l'espressione di Gumi si era congelata: - Sì. Lo conosco. Da molto. - parve riprendersi, distolse lo sguardo. Sembrava pensierosa, gli occhi ridotti a fessure: - Ovvio, se è entrata deve aver incontrato Gaku-chan... -
- Gaku-chan...? -
- Aspetta. - tornò a guardarla, quasi si fosse appena ricordata di una cosa di fondamentale importanza: - Ma come sai che Gaku-chan è il Duca di Venomania? -
- Ehm... me l'ha detto. - aveva l'impressione che Gumi non avrebbe gradito quella risposta.
Difatti non la gradì.
O meglio, si alzò di scatto e le afferrò le spalle, la scosse con violenza, il viso ad un centimetro dal suo, gli occhi sgranati: - Non l'hai seguito al suo castello, vero? Vero? -
- N-no, a-anche s-se me-me l'aveva pro-proposto! - non aveva mai considerato quanto potesse essere difficile parlare con qualcuno intento a shakerarti.
- Oh, bene! - la lasciò di botto, e Miku quasi cadde all'indietro: - Per un attimo, ho temuto avesse ricominciato... -
- Ricominciato? -
- No, nulla, tranquilla. - come se nulla fosse, si scostò la frangia dalla fronte e si rimise seduta: - Gaku-chan ha creato un po' di caos, in passato. -
- E' per questo che è finito a fare il portinaio? -
- Esattamente. -
"Chissà cos'è successo..." ci pensò: "... anche Kaito aveva parlato di problemi, però a causa della Cantarella. Forse lui e Gakupo Kamui sono collegati...?".
- Ma in questi ultimi anni si sta comportando bene, quindi va tuuuutto bene! - Gumi giunse le mani in grembo, di nuovo con un sorriso.
La stanza era tornata ad una temperatura normale.
- Ma non parliamo di me, di Gaku-chan o delle cose successe in passato. - "Speravo di averla distratta." - Tu, Miku. Dove devi andare? -
- Vorrei incontrare la Regina. - confessò.
Stavolta erano state sbalzate al Polo Nord. Forse dalla porta sarebbero entrati degli orsi polari. Magari avrebbero persino bussato.
- Speravo in qualcuno di più interessante. - una leggera risata, piuttosto tirata: - E la trovi una buona Regina? -
- Oh, non l'ho mai incontrata. -
- ... - Gumi sbattè le palpebre: - Capisco. - il sorriso ritornò, la stanza tornò della sua temperatura naturale: - Buona fortuna, allora! -
- Ehm, grazie...? - "... mi sento un po' inquieta.": - Puoi dirmi com'è? -
- La Regina? -
- Sì. -
- No. -
- Eh? -
- Lo vedrai da sola. - Gumi accavallò le gambe: - Diciamo che non sono tra le persone più idonee a parlarti di lei. Anche se sono senz'altro più idonea di qualcun altro. -
- Qualcun altro...? -
- Non te ne devi preoccupare. Il castello della Regina non è poi molto lontano da qui. Dovresti arrivarci facilmente. -
- D'accordo... - "Ora sono inquieta."
- Ti accompagnerà la persona che ti ha invitata o andrai da sola? -
"... domanda difficile." - Nnnnnon saprei... - solo in quel momento capì quanto potessero essere belle le camelie. Come aveva potuto ignorarle per così tanto tempo?
- Non posso neppure farti accompagnare... -
Miku tornò a guardare Gumi: sembrava seriamente dispiaciuta.
- Eh? No, no, non ce n'è bisogno- -
- Io preferirei non avvicinarmi troppo, Kiyoteru è impegnato... -
- A proposito. - le tornò in mente: - Ma... quella ragazza nekomimi... - la voce si affievolì: "Se sapessi il suo nome, forse potrei evocarla?"
- Eh? Il gatto, dici? -
- ... gatto? -
- L'unica cosa che si avvicina ad un gatto, in questa casa, è Luka. -
"Luka." era un nome bellissimo. Era persino di quattro lettere, come il suo, e la penultima era una K.
"Ma tu ti chiami Mich-" mise a tacere quella strana vocina e tornò a concentrarsi sul nome di Luka - ma era ovvio, non poteva che avere bello pure il nome.
- E Luka è il nostro gatto. -
- Avete dei gatti bellissimi, qui... -
- E' una Cheshire purosangue. L'unico problema è che tende a sparire e apparire a caso. -
- Contribuisce al suo fascino misterioso... -
- Se non altro, ha messo di sputare palle di pelo e ha imparato ad usare la doccia. -
"Watashi no... watashi no... watashi no fucking!"
- ... Miku, vuoi che ti presti una tovaglia...? -
- Eh? -
- Credo che il tovagliolo non basti più. -
- ... ho problemi di salivazione. Da sempre. Mi dispiace. -
- Davvero un brutto problema. -
- Indubbiamente. -.

La chiacchierata era finita non sapeva bene come sul modo più artistico di disporre le mollette sui panni stesi.
Gumi era una ragazza simpatica, nonché una bravissima persona. Sembrava a tutti gli effetti una sua coetanea ma, quando aveva provato a chiederle quanti anni avesse...
- Non si chiede l'età ad una signora! -
- Signora...? -
Gumi aveva gonfiato le guance: - Non mettermi in imbarazzo! -
- Oh, ehm, okay...? - aveva deciso di rinunciare.
A ben pensarci, non le sarebbe sembrato poi così strano scoprire che lei avesse cento o duecento anni. Tuttavia, se la risposta fosse stata qualcosa tipo "trenta", sarebbe seriamente stata turbata a vita.
- Kiyoteru avrà finito di sistemare la cucina! - Gumi sorrise e si alzò: - E poi, sono quasi le sei e mezza, inizia il periodo della cena! -
- Le sei e mezza? - "Il periodo della cena?"
In realtà, avrebbe voluto ripetere la seconda frase e pensare la prima, ma tant'era. Guardò fuori dalla finestra: "... in effetti, il sole è tramontato..." ci pensò: "Da quanto...? Non me ne sono neppure accorta..." alzò lo sguardo: "E il lampadario quando si è acceso...? Chi l'ha acceso? Forse è impostato per accendersi a prescindere ad una certa ora...?".
- Dalle sei e mezza, la gente inizia a cenare. - spiegò Gumi - forse aveva capito cosa intendesse chiedere -, avviandosi verso la porta: - C'è chi cena alle sette, chi alle otto, chi alle nove... però c'è anche chi cena alle sei e mezza, quindi possiamo dire che è intorno a quell'ora che inizia il periodo della cena! -
- Wow... - Miku la imitò, seguendola nel corridoio: - E il periodo del pranzo quando inizia? E quello della merenda? E quello della colazione? -
- Beh, dipende se vuoi usare il Sistema dei Grandi Pasti o il Sistema Decimale dei Vari Pasti. -
- Facciamo prima quello dei Grandi Pasti! -
- Okay! Allora, il Sistema dei Grandi Pasti è molto semplice: si divide in periodo della colazione, periodo del pranzo, periodo della merenda, periodo della cena e periodo di buco. -
- Periodo di buco? -
- E' quello in cui si presume la gente dorma. Le ore notturne. Da mezzanotte fino alle quattro e mezza circa, quando inizia il periodo della colazione. Nel Sistema Decimale dei Vari Pasti, invece, sono contemplati anche due, eventualmente tre, spuntini notturni. -
- Sembra una cosa così complessa... - "Perché non ci fanno studiare questo, invece di quelle cose- a proposito, ma cosa studiamo, noi? Non so neppure che argomenti abbiamo fatto, di matematica e fisica...".
Intanto, Gumi aveva recuperato Kokone ed erano scese nel salotto.
Era spuntata una terza sedia e la tavola era stata apparecchiata: tovaglia verde acqua, tovaglioli verde acqua, bicchieri di cristallo, forchetta e coltello che sembravano usciti da un corredo matrimoniale - e probabilmente era così. Al centro, intorno al vasetto di camelie, cinque caraffe: acqua naturale, acqua frizzante, Coca Cola, aranciata, Sprite; in tre brocche più piccole, quelli che Miku, annusando, riconobbe come the alla pesca, the al limone e the verde.
- Wow! - giunse le mani, incantata: - Sembra di stare in un albergo di lusso! -
- Grazie. - Kiyoteru apparve dalla cucina: - Il verde acqua è in vostro onore. -
- Oh! - "Già, sono tutta verde acqua... e bianca! Sono anche un po' bianca! E azzurra! Sugli occhi!" trotterellò intorno al tavolo, il cuore che le batteva forte, le guance calde: - Davvero è in mio onore? Grazie! -
- L'ho detto, ci fa piacere avere ospiti. - Kiyoteru sorrise, come se prima fosse serio: - Speriamo che anche la cena sia di vostro gradimento. -
- Non ti dispiace cenare ora, vero? - chiese Gumi, di colpo preoccupata: - Noi mangiamo sempre all'inizio del periodo della cena e sparecchiamo all'inizio del periodo di buco... -
- Nessun problema! - Miku sventolò una mano: - Oggi non ho mangiato molto. - "A parte dolcetti, succo di negi, yogurth e uno scoglio.".
- La persona che ti ha invitata è proprio cafona! - Gumi scosse la testa: - Neppure si premura di farti avere un po' da mangiare! -
- Ehm... - "Tipregononchiedermi-"
- Finisco di preparare. - la voce di Kiyoteru al suo fianco giunse come una luce di salvezza: - Tu puoi occuparti della musica. -
- Ma ceeeeeeerto che mi occupo della musica, chi altri se non io? -
Miku avrebbe anche approvato un sottofondo musicale alla cena, ma il vedere Gumi afferrare due sedie e trascinarle distanti dal tavolo l'aveva ammutolita.
Afferrare due sedie con una mano, l'altra che ancora reggeva Kokone, per la precisione.
- Bene! - lei si voltò a guardarla, l'espressione decisa: - E ora- -
- Prendo io la piccola. -
Il cuore di Miku partì per l'universo.
Luka era apparsa alle spalle di Gumi e, con tutta la delicatezza del mondo, le aveva sfilato Kokone dalle mani, per poi andare a sedersi davanti al camino, con un unico movimento aggraziato.
Ma Luka era tutta aggraziata. Persino i suoi capelli leggerissimi si muovevano in modo aggraziato, quando si sedeva o si spostava.
Incontrò i suoi occhi azzurri.
Sentì il bisogno di affondare di nuovo la faccia nella tovaglia rossa che Gumi le aveva recuperato - e non vide perché non farlo.
- Dicevamo! - con un salto, Gumi fu su una sedia: - One Two Three Four! -
Saltando e atterrando non fece alcun tonfo, anzi, una strana musica iniziò a diffondersi nella casa. Miku riemerse dalla tovaglia, si guardò intorno: "Da dove viene questa musica...?".
- Al tempo di un "Pronti? Ai posti, via!"... - la sua attenzione fu calamitata dalla voce di Gumi: - Correre, piena di entusiasmo! -
- Ah! - con una velocità assurda, l'altra era scesa, le aveva afferrato una mano e le aveva fatto fare una piroetta, per poi trascinarla per qualche metro: - Fai pure tutto quello che vuoi! - la musica era alquanto accelerata: - Link Ring Link finalmente è Ring Link collegato! - lasciò la tovaglia sulla sedia rimasta, Gumi saltò sulle due sedie: - Quindi, vieni piacevolmente trasportata dall'entusiasmo! Green! Green! Green! -
Saltò anche lei su una delle due sedie, sentiva il bisogno di muovere i piedi, e le braccia, e le mani.
- E, al segnale indicato, continuerò a correre, ancora! Continuerò a correre nel mio presente! -
Un leggero battito di mani; Miku si voltò, notando Kokone sveglia, intenta a battere le manine a tempo.
"Oh..." le sfuggì un sorriso.
- Hop! Step! Jumping! - quasi cadde quando Gumi le afferrò di nuovo una mano e saltò giù dalla sedia, portandosela dietro: - Salta in alto come hai sempre desiderato! -
- Stavo per cadere! -
- E forse mi beccherò un raffreddore, ma... - le vorticò attorno: - Blue! Blue! Blue! Mi volto verso la fine del cielo e sparo con una pistola giocattolo! - mani a formare una L, Miku non riuscì a non farlo: - Bang Bang! Bang Bang! - la musica si fece ancora più veloce, più ritmata, Gumi saltò prima su una sedia, poi sull'altra, poi a terra: - Pronti, ai posti, via! -
Qualcosa di pesante in una mano. Miku lo guardò: un mestolo rosso. Accanto a lei, Kiyoteru era apparso insieme ad un mattarello bianco.
- In alto il rosso! -
Miku piroettò, guardò il mestolo e lo sollevò.
- Tutti pronti! In alto il bianco! -
Kiyoteru fece un giro intorno al tavolo, il mattarello che roteava sopra di lui.
- E non abbassarli, rosso o bianco! - "Oh!" - Aumenta l'entusiasmo! -
Forse sarebbe stata una buona idea far mulinare il mestolo, quindi si mise a farlo; non paga, Miku lo lanciò, lo riprese al volo, lo lanciò di nuovo, fece una giravolta, riuscì a riafferrarlo per un pelo.
- Un euforico "vivace", un super caotico "dolce"! Hai ancora qualche dubbio? Tsk! - Gumi le passò accanto talmente tanto veloce da farle alzare le codine, e quasi farle perdere il mestolo che aveva di nuovo lanciato.
- Forza, cominciamo, matricola! Pa pa pa, al patchwork! - musica ritmata, la voce di Gumi lontana, vicina, lontana, il battito di manine, la porta della cucina che si apriva e chiudeva, Kiyoteru che passava, il mestolo che vorticava in aria e poi scendeva: - Que que que queste sono solo parole a caso! -
- Kalinka? - Miku non riuscì a fermare le labbra: - Malinka? -
- Freud? Keloid? -
Miku incontrò lo sguardo di Gumi: - Parade? Marade? -
L'altra sorrise - ghignò -, aprì le braccia e piroettò: - Tu ed io, rendez-vous? -
Qualcosa di tiepido le afferrò una mano. Quandò guardò, quasi rimase bloccata sul posto.
- Rendez-vous? -
Luka le piroettò attorno.
- Rendez-vous? -
E ghignava, mentre si allontanava da lei.
- E' un euforico "vivace", un dispettoso "viva & shake"! - si sentì di nuovo shakerata, Gumi le aveva afferrato le spalle, si riprese: - Corri e salta! - si ritrovò sulle sedie: - Forza, andiamo, Boys and Girls! -
- Sì! - Kiyoteru e Luka alzarono il mattarello e Kokone, Miku sventolò il mestolo.
- Pa pa pa parariraparura! -
Miku si buttò di nuovo sul pavimento, stavolta si lanciò, rotolò sul tappeto, le braccia alzate.
- Ra ra ra rarirure rolling! - Gumi saltò, e riuscì a scavalcarla: - Non è piacevole, entusiasmante e ritmico? -
Non riusciva a stare ferma. Afferrò una mano di Kiyoteru e vorticò insieme a lui.
- Sta diventando parecchio divertente, quindi... - di nuovo sulle sedie: - Ancora una volta! -
Miku lasciò Kiyoteru, afferrò il mestolo con entrambe le mani e girò attorno alle sedie.
- In basso il rosso! In basso il bianco! -
- Oh! - si affrettò ad abbassare il mestolo.
- In alto il rosso! - lo rialzò subito.
- Alza le mani! - abbassò le mani e il mestolo solo per poterle rialzare di nuovo.
- Alza un peperone! -
- Eh? - per fortuna, Kiyoteru aveva tirato fuori un peperone dalla tasca, quindi non c'era problema.
- Ti stai divertendo? - gli occhi azzurri di Gumi. Miku annuì, le guance tiravano tanto stava sorridendo.
- Ottimo, allora andiamo ancora oltre! - Gumi scese, le prese una mano, la alzò: - Uno, Due, Tre! -
- Let's go! - Kiyoteru e Luka alzarono il mattarello e Kokone, intenta a battere le manine.
- One, Two, Three! -
- Let's go! - Miku si unì al coro, alzò il mestolo.
- Un, Deux, Trois! -
- Let's go! -
Kiyoteru raggiunse Gumi, i due si presero per le mani e girarono in tondo.
- Yi, Er, San! -
- Let's go! -
Miku prese la mano libera di Luka, fece una piroetta. Quando incontrò i suoi occhi, la sua espressione non era mutata di un millimetro dal suo solito ghigno.
- Eins, Zwei, Drei! -
- Let's go! - tutti e quattro vorticarono.
- Non mi viene più in mente nient'altro! -
- Let's go! - anche la stanza stava iniziando a vorticare.
Gumi tornò su una sedia: - Andiamo e basta! -
- Let's go! -
- Carica al massimo! - Gumi alzò le braccia: - Andiamo!! -
- Yeee! - Miku spalancò le braccia, si unì al suo canto: - Fai tutto quello vuoi! Link Ring Link finalmente è Ring Link collegato! -
Gumi prese Kokone, Miku afferrò le mani di Luka: - Quindi, vieni piacevolmente trasportata dall'entusiasmo! -
Una massa di capelli rosa, di stoffa rosa, che piroettavano assieme a lei: - Green! Green! Green! E al segnale indicato continuerò a correre nel mio presente! E sparerò con la mia pistola giocattolo! - mani a L: - Bang Bang! Bang Bang! Bang Bang! Bang Bang! -
- Ancora una volta! -
- Bang Bang! Bang Bang! -
- Yeah! -
Le tempie pulsavano, il respiro era fin troppo veloce. Miku crollò a terra, a braccia aperte, la musica frenetica che andava sfumando. Prese una boccata d'aria, la risata di Gumi che prendeva il posto della musica: - E' bello vedere qualcuno che ti segue! -
- E con che mira! - ridacchiò Kiyoteru.
Come attratta da una forza invisibile, Miku guardò verso il camino: il mestolo era lì. Almeno, il camino era spento.
"Oh, ecco dov'era... quando è finito lì? Perché?".
- Oh... - la voce di Luka era troppo vicina.
Spostò appena lo sguardo: lei le era accovacciata accanto, le gambe candide belle in vista.
- La cena è pronta. -
- Ah! - Miku si rialzò di scatto - ma non riuscì a toccarle accidentalmente un ginocchio o una coscia: "Dannazione.".
La tavola si era riempita di cibo: uova con pancetta, piselli, ravioli al sugo, spaghetti in bianco, pennette ai funghi, una fila di sushi, un intero piatto di diversi tipi di formaggio, un altro pieno di salumi, patate al forno, purè, un barattolo di maionese, uno di ketchup, patatine fritte, fettine impanate, riso, involtini primavera, una fila di boccette di salse, hamburger...
Dovette sedersi per impedirsi di lanciarsi sul tavolo e divorare tutto ciò che sarebbe capitato vicino alla sua bocca.
- Prendi pure quello che vuoi. - Gumi sorrise, riportando le altre due sedie. Kiyoteru aveva recuperato un seggiolone: - Dopo volete anche i dolci? -
- Offio! - Miku annuì, le guance piene di fontina, mezzo involtino zuppo di salsa, una porzione di sushi e un numero indefinito di patatine fritte con ketchup e maionese.
- Bene, ora possiamo sederc- -
- Miaaaaaaaaao! -
Miku quasi si strozzò. Si voltò a guardare Luka e cercò di concentrarsi il più possibile sul vitto sulla tavola: era un broncio, quello. Stava in piedi, le braccia conserte, con un'espressione contrariata che era più adorabile che altro.
- Non ci siamo dimenticati di te, no. - Kiyoteru accentuò il sorriso: - Stavo solo finendo per Miku. Ora ti porto la cena. -
- Miaanyaa... - forse Luka l'aveva considerata una buona risposta.
"Oh..." si sentì sciogliere: "... che... kawaii... mangerà del pesce lì vicino al camino? O starà qui vicino al tavolo? Magari ha la ciotolina con il latte?".
E Kiyoteru arrivò con un carrello.
Un grosso carrello.
Con una damigiana di latte e una scatola d'alluminio di almeno un metro e mezzo per due.
- Mi raccomando, Luka. - come se nulla fosse, l'uomo posò la damigiana e la scatola accanto a Luka, messasi seduta vicino al camino: - Dopo, lavati le mani! -
Ma Luka aveva aperto la scatola e ne aveva estratto quello che era indiscutibilmente un pezzo di tonno. Un grosso pezzo di tonno.
Che sbranò in pochi secondi.
Poi prese la damigiana e ci si attaccò.
"..." Miku mandò giù quel che aveva in bocca e tornò alla tavola imbandita: "... quant'è carina!".
Doveva arrendersi.
Era il gatto più affascinante che avesse mai visto.

Si era lasciata cadere sul letto, distrutta dalle danze - le gambe le pulsavano a ritmo con la testa - e strapiena. Dopo quella cena, sarebbe potuta stare senza mangiare per almeno quattro o cinque giorni.
- Uh? Cos'è? - ricordava di aver preso un piccolo cilindro grigio apparso sul comodino, di averlo messo controluce, ma di non aver capito cosa fosse; aveva solo notato come sopra fosse bucherellato.
- Pepe. - aveva risposto Gumi, dalla soglia della porta: - Nel caso stanotte avessi voglia di pepe. -
- ... grazie...? - l'aveva rimesso dove l'aveva trovato.
"Anche se non mi è mai venuta voglia di pepe, la notte..." aveva chiuso gli occhi, lasciandosi abbracciare dal torpore. Sentiva le labbra tirare appena.
Tic Tac Tic Tac
Riaprì gli occhi, lentamente.
Buio.
Le linee dei mobili risaltavano nell'oscurità, bianche di luce lunare.
"Mh..." si mise seduta, una mano alla testa. Non si era neppure sciolta i capelli. Non si era neppure messa il pigiama, se era per quello.
"Sono proprio crollata..." ma, constatò, almeno non aveva mal di niente: sia testa che gambe stavano benissimo.
"Oh, beh." tornò sdraiata, richiuse gli occhi.
Dopo un tempo imprecisato, li riaprì. Non era riuscita a riaddormentarsi e stava iniziando ad ann-
"No, non devo dire di annoiarmi, no." si rimise seduta, guardò fuori dalla finestra: "Chissà che ore sono..." scese dal letto: "Devo essere andata a dormire verso le... sette? Otto? Ovvio che ora non abbia sonno..." sbattè le palpebre: "Se ho dormito le canoniche otto ore, dovrebbero essere le quattro del mattino...?" ricordò quanto le aveva detto Gumi: "Ma, se così fosse, non dovrebbero almeno essere scesi per preparare la colazione...?" andò alla porta, la aprì, tese l'orecchio.
Nessun suono.
Nessuno, neppure fuori.
Trasse un profondo respiro: "Magari posso andare a fare un giro qui intorno...?" uscì dalla camera, la richiuse con maggior delicatezza possibile: "Rimarrò entro la staccionata.". Quanto all'atto pratico dell'uscire, era sicurissima che la porta fosse stata lasciata aperta. Magari non spalancata, ma dubitava l'avessero inchiavata. Aveva questa sensazione.
Scese le scale, grata che non scricchiolassero; una volta nel salotto, gettò uno sguardo al camino: Luka non c'era.
"Chissà dove dorme..." inanellò una ciocca di capelli attorno ad un dito: "... forse ai piedi del letto di Gumi e Kiyoteru? O magari dorme in stanza con Kokone...?" sospirò: "Speravo di trovarla qui...".
Tutto era stato ripulito alla perfezione: sembrava non esserci mai stata alcuna cena - né nessun affare distruttore.
Andò alla porta, abbassò la maniglia. Era aperta. Era un genio. Uscì e la richiuse, piano, alle sue spalle.
"In questo posto dovrebbero fare un corso accelerato di sicurezza." camminò: "Che poi non si lamentassero se la gente entra senza permesso!" scosse la testa: "E no, la cosa dell'invito non funziona! Vedasi me!" annuì.
Notò qualcosa a lato, si voltò: il buco creato dall'affare era stato richiuso, la finestra era riapparsa. Con tanto di cartello: "Non toccare! Cemento fresco!".
"..." alzò le spalle e passeggiò per il... cortile? Giardino? Orto? Come avrebbe potuto definirlo?
"Uhm, giardino magari no..." le tornò in mente l'altro, di giardino, quello con la margherita killer: "... Ortortile? Cortilorto?".
Inspirò. A prescindere da cosa fosse il luogo in cui si trovava, aveva un buonissimo profumo. Un insieme di profumi diversi, di robe commestibili che stavano sotto terra, di fiori, di frutti, di terra.
Alzò le palpebre - non si era accorta di averle chiuse: le ombre degli alberi si allungavano per tutto lo spiazzo d'erba, le punte sfioravano la staccionata, i rami ritagliavano spazi bui tra i fili d'erba, e-
"Cosa-" si voltò: sopra un ramo, seduta elegantemente, la coda che ondeggiava sotto di lei, stava Luka, controluce.
Controluce, contro la luce di un corpo celeste, dunque quella era a tutti gli effetti una visione celestiale.
- Ti chiami Luka? - sapeva benissimo quanto fosse stupido chiederlo, ma non sapeva cos'altro dire: - Ho sentito Gumi e Kiyoteru chiamarti così... - sapeva benissimo anche quanto fosse stupido parlare a bassa voce ad una persona/gatto/Gnocca Nekomimi ad almeno sette metri di distanza verticale e chissà quanti in diagonale - forse sempre sette, Miku non ne aveva idea.
- Non è un mio soprannome. - la voce di Luka giunse alle sue orecchie limpida, come se le fosse davanti. Rabbrividì, e non di paura.
Poi, Luka scomparve.
Volatilizzata. Evaporata. In un istante.
- Ah! - Miku fece un passo avanti: - Asp- -
- Puoi chiamarmi così anche tu. -
Trasalì, si voltò: Luka era dietro di lei. Il cuore schizzò via, verso chissà dove.
- Tu puoi teletrasportarti! - boccheggiò, una mano al petto, giusto per controllare che il cuore non avesse lasciato buchi, partendo tanto velocemente: - Oppure... oppure puoi diventare invisibile e sei velocissima e- o- oppure ti teletrasporti, ma sei anche velocissima, e puoi diventare invisibile, o puoi diventare invisibile ma ti teletrasporti anche e- -
Luka ridacchiò, una mano davanti alle labbra.
Una mano, effettiva. Allora le aveva, sotto tutta quella stoffa rosa scuro. Miku aveva quasi creduto potesse rivelare delle zampe.
E invece erano mani, mani umane, candide, dalle dita affusolate.
- C'è chi mi chiama Stregatto, chi Gatto del Cheshire. Ma il mio nome è Luka. -
- Ti chiamerò Luka! - giunse le mani: - Luka! Luka! E' un nome stupendo! Te l'hanno mai detto? -
- Non è una frase a me nuova. -
- E... - deglutì, cercò un qualsiasi altro argomento: - ... è stata davvero una bella cena! Con canti e balli! Non pensavo ti saresti unita anche te! -
- Quel che tu pensi non corrisponde necessariamente alla verità. - aveva iniziato a girarle intorno. Quando abbassò lo sguardo, Miku notò come, ovunque guardasse, vedeva la sua lunga coda striata.
Si sentiva un po' imprigionata.
- Gumi e Kiyoteru sono stati davvero gentili! - sorrise.
- E hanno capito che sei senza invito. -
Gelo.
- Ah... ah, sì? - il sorriso si fece forzato.
- Povero Gakupo... - un'altra risata soffocata in una mano: - Addirittura allagare l'entrata e sfondare la porta. Non l'ha affatto presa bene. Credo provi una certa ostilità nei tuoi confronti. -
- Eh? - Miku sbattè le palpebre: - Come sai- -
- Lo so. - quel ghigno era tornato, lo sguardo azzurro era appena cambiato, velato di qualcosa di strano: - So del piccolo incidente con i fiori... -
- Ugh... -
- So che hai causato qualche problema al Bianconiglio... -
- Ehm... -
- Ma confesso che mi stupisce il tuo stupore nel vedere Gumi e Kiyoteru, tanto giovani, con una figlia piccolissima, mentre vedere il Re Bianco e la Regina Bianca, altrettanto giovani, con una figlia più grande di te non ti ha minimamente colpita. -
- Ah! - si passò una mano dietro il collo, non sapeva dove altro metterla: - Beh, ehm, ecco... Lì per lì mi è sembrato normale, ma a ripensarci- Aspetta! - tornò a guardare Luka, che ancora le girava intorno: - Come fai a sapere tutto questo? Mi leggi nel pensiero? - sentì il volto andare a fuoco: - A-allora s- sai co-cosa- -
- Non leggo nel pensiero. - la voce si era fatta un mormorio: - Lo so. - si fermò, finalmente. Davanti a lei.
Si chinò, il viso a due dita dal suo.
Miku s'impose di non crollare.
- In ogni caso, non serve saper leggere nel pensiero per sapere cosa stai pensando ora. -
- Credo che saper leggere nel pensiero, in casi simili, potrebbe terrorizzare più del rimanere nell'ignoranza e proseguire per ipotesi e impressioni. -
- Quel che tu pensi non corrisponde necessariamente alla verità. - l'aveva ripetuto, il tono più basso, il sorriso sinistro immutato: - So che mi avevi sentita, prima. Non farmi dire più volte la stessa cosa. -.
E, soprattutto, Luka era più alta di lei, di qualche dito, e tutto ciò che Miku vedeva erano i suoi occhi azzurri, le sue labbra, i suoi capelli morbidi e leggeri e le sue tette.
Aveva bisogno della tovaglia, o anche di un paio di manette per non fare cose inconsulte tipo confermare il suo sospetto circa la morbidità di Luka.
Improvvisamente, si sentì un'esperta di corsetti. Con un solo colpo d'occhio, aveva individuato la combinazione perfetta per tirare solo due lacci e far cadere tutto.
Deglutì. Doveva aver ingoiato qualcosa, altrimenti non si spiegava quel groppo alla gola.
E forse stava arrivando l'estate. Così, di colpo, a sorpresa. Era l'unica spiegazione sensata a quel caldo improvviso.
- Domani sarà un problema entrare nel castello della Regina... - un sospiro, e Miku realizzò quanto il petto fosse implicato in un'azione simile.
- A-as- Ah, sì? - conficcò le unghie nelle mani, strinse i denti.
- Non si entra senza invito. -
- Entrare, sì... -
Una risata. Un braccio andò a coprire parte della sua visuale, non per qualche moto di pudicizia, ma perché aveva riportato la mano davanti alle labbra.
- Al momento non puoi toccare. -
- Al momento? - Miku rialzò lo sguardo e quasi le parve strano vedere qualcosa di diverso da- "No, non ripensarci, non-"
- Sai... - una mano andò alle sue codine.
S'irrigidì di colpo.
- ... sono davvero felice che tu sia qui. -
- Eh? - gli occhi le facevano male, tanto li aveva sgranati.
Il ghigno di Luka si accentuò: - Stavo iniziando ad annoiarmi. -
- Ah...? -
- Tuttavia, non avere un invito ti impedirebbe di andare avanti. Quindi... - una busta rettangolare, stretta, davanti ai suoi occhi.
Miku la prese - le tremavano le mani, e non sapeva neppure lei per quale dei tanti motivi possibili.
La aprì, tirò fuori il cartoncino bianco al suo interno. Quando lo lesse, sentì un brivido lungo la schiena.

La sottoscritta Luka, Stregatto, Gatto del Cheshire
invita
MichelyneAliceLydia Fairsound
nel
Paese dello Specchio.


- I-Il mio nome... - farfugliò, incredula: - Il mio nome è scritto come dovrebbe essere! - il cuore doveva essere tornato, perché lo sentiva impazzire nel torace.
In fondo al cartoncino, quella che doveva essere la firma: cinque graffi. Era stracciato, sulla parte bassa.
Luka aveva senz'altro una firma molto brutale.
- G-grazie! - lo rimise nella busta, per evitare di perderlo: - Lo-lo terrò con la massima cura! - "Anche solo perché me l'hai dato tu!" lo mise nella tasca del grembiule, un pugno stretto al petto.
- Sarai scacciata, se non lo farai. - il sorriso di Luka sembrava normale. Ma il suo sguardo rimaneva strano.
- Ma... - un dubbio improvviso: - ... è valido l'invito da parte di un gatto? -
- Cosa vieta che lo sia? -
- Ehm... - abbassò lo sguardo: - Nulla, suppongo. Ma- - disse subito: - -dato che lo suppongo, non è detto che ciò sia necessariamente vero. Potrebbero dirmi che non è valido. -
- Ma tu non credi affatto che sia valido. -
- S-sì che lo credo! -
- Soltanto perché io ti ho detto di sì. -
Miku tacque.
- Io so tutto. Ma nulla mi vieta di mentirti. - tornò ad avvicinarlesi, e Miku trovò opportuno fare un passo indietro: - Potrei anche dirti di non starti mentendo, e mentirti nel dirtelo. Sta a te decidere se credermi o meno. -
- Io ti credo! -
- Tu saresti disposta a tante cose, pur di compiacermi. - di nuovo quel ghigno, e Miku non potè non rabbrividire: - Fai pure. A tuo rischio. -
- Ovvio! - portò le mani ai fianchi: - Domani andrò dalla Regina. E le mostrerò il tuo invito. Se mi diranno che non è valido, dirò che tu mi hai ingannata! -
- Povera fanciulla ingannata da un gatto. - una risata leggera: - Di solito, sono le volpi ad ingannare. E poi ci sono i lupi. Loro ingannano e mangiano. -
- Eh? -
Per tutta risposta, Luka riprese a girarle intorno, seppur a più distanza: - Hai sonno? -
- No... - Miku deglutì: "Non starà implicando...?"
- E hai intenzione di rimanere a girare qui dentro? -
- Beh, se uscissi, non saprei come tornare... -
- Ti basterebbe percorrere la stessa strada al contrario. -
"... nulla da obiettare.".
- Il fatto è che io non saprei neppure che strada prendere... -
- Dipende da dove vuoi andare. - i suoi occhi brillavano alla luce della luna. Non riusciva a non fissarli.
- Beh... - ci pensò: - ... non c'è nessun posto in particolare in cui vorrei andare, al momento, quindi non m'importa... -
- Allora non ti importa neppure prendere una qualsiasi strada. -
- Una strada che porti da qualche parte. - precisò.
- Non hai di che preoccupartene. - si fermò, lo sguardo nel suo: - Puoi arrivare ovunque. Devi solo partire. -
Miku annuì, piano.
Si sentiva agitata, e non capiva perché.
Non dipendeva tutto da quello. C'era anche dell'altro.
"Sono... emozionata...?" emozionata all'idea di scoprire cosa ci fosse là intorno: "Il sole non sembra dover sorgere a breve..." si sentì impaziente: "... chissà cosa c'è nei dintorni... dopo, mi basterà seguire la strada al contrario, come ha detto Luka! Però, prima..."
- Per curiosità, abitano volpi o lupi, nei paraggi? - "Non ho voglia di essere ingannata o divorata. Non da volpi o lupi, perlomeno.".
- Qui non abitano né volpi né lupi. - Luka sorrise.
- E chi abita qui, a parte gatti meravigliosi? - "Cosa sto dicendo."
- Lì... - indicò la casa di Gumi, Kiyoteru e Kokone: - Abitano la Cuoca, la Duchessa e la loro figlia. -
- ... grazie, lo sapevo. - "Sarei dovuta essere più specifica.".
- Lì... - aprì il braccio destro, percorrendo con la mano un intero semicerchio: - ... abita il Cappellaio. Lì... - aprì il braccio sinistro, percorse l'altro intero semicerchio: - ... abita la Lepre Marzolina. -
- Oh! Mi piacerebbe conoscerli! - ci pensò: - Però ora è notte... -
- Per loro, notte o giorno non fa alcuna differenza. - le labbra si curvarono di nuovo in un ghigno: - Fai visita a chi vuoi. Tanto sono matti entrambi. -
- Eh? - fece un passo indietro: - Allora non ci penso nemmeno! Perché dovrei far visita a dei matti? -
- Oh, ma non puoi non farlo. - si avvicinò, in un'ondata di stoffe e capelli: - Qui siamo tutti matti. -
- Cosa? -
- Anch'io sono matta. Anche tu sei matta. -
- Cosa? - sbattè le palpebre, scossa: - Come-come fai a dire una cosa del genere? D'accordo, è da quando ti ho vista che faccio i peggiori pensieri impuri su di te, ma- -
- Sei qui. - rispose Luka, pacata, senza perdere il suo ghigno: - Se non fossi matta, non saresti qui. -
"... in effetti, chi me l'ha fatto fare...?" scosse la testa: - E tu? Come fai a dire di essere matta? Tu qui ci sei nata, no? - "Credo, almeno.".
- Beh... - le si avvicinò di nuovo. Anche più di prima: - Un cane non è matto, no? -
- Nnnnon ho avuto occasione di incontrare cani matti, quindi non saprei... - portò entrambe le mani al petto, giusto per non farle finire casualmente a toccare cose a caso.
- I cani agitano la coda quando sono felici, e ringhiano quando sono furiosi. Io, invece, agito la coda quando sono furiosa, e ringhio quando sono felice. -
- I-io comincio a fare giravolte, quando sono molto felice. - una risata forse quasi isterica, ma non poteva non farla, con le labbra di Luka tanto vicine all'orecchio e qualcosa di assurdamente morbido contro un braccio e una spalla: - Tipo, ora sarei tentata di girare fino a trivellare il terreno. Sono sicura che Gumi sarebbe felice di avere altri posti in cui piantare cose! - annuì con forza, ignorò la coda che le accarezzava l'altra spalla: - E-e comunque, quello non lo definirei ringhiare. Direi più fare le fusa. - deglutì: - E' una cosa molto carina. Viene voglia di coccolare il gatto. Di tenerlo stretto. Abbracciato. E passare le mani sul pelo. E grattarlo tra le orecchie, o sotto il muso. -
- Curioso. - una risata leggera: - Ora non sto facendo le fusa, eppure vuoi coccolarmi e abbracciarmi. -
- Guarda tu i casi, eh! -
- Allora vai, divertiti! -
- ... eh? -
Il calore di Luka scomparve - Miku fu un pochino sollevata nel rendersi conto di come tutto quel calore non fosse solo suo - e lei stessa era svanita.
- Non vieni con me? - si guardò intorno, dispiaciuta: "Anche se mi fa sentire come se fossi sotto il sole di Agosto alle due del pomeriggio, sarebbe bello averla ancora vicina..."
- Io rimarrò qui. - la sua voce, non sapeva da dove venisse, la sentiva arrivare da qualsiasi direzione, vicina: - Tu vai pure. La notte è ancora lunga. -
- ... d'accordo... - inspirò, cercò di calmarsi.
Il cuore batteva troppo forte.
Aveva davvero caldo.
E le mani, e le braccia, e le gambe tremavano.
Inspirò di nuovo: - Dunque... - cercò di articolare una frase di senso compiuto, per accertarsi di riuscire ancora a parlare: - ... il Cappellaio o la Lepre...? - sbattè le palpebre, sentiva gli occhi umidi: - Lepre... Lepre... coniglietto! - sorrise: - Magari ci sarà un altro adorabile Usamimi! Certo, dubito possa essere più puccio dello Shota Usamimi, ma... -
Aveva deciso. Sarebbe andata dalla Lepre Marzolina.
Si addentrò nel bosco, attenta a non cambiare mai direzione.






Note:
* "C'è un regalo nel frigorifero / Ci sono le lumache che i kappa hanno bollito": Kitchen de kappa ga tanishi yudeteru / Kappas are boiling slugs in my kitchen [ Traduzione (inglese) ]
(Per chi non sapesse cos'è un kappa, ecco qui!)
* Le camelie sono un riferimento a Camellia.
* Rossovetro. Glassred. Già. U.U
* "Watashi no... watashi no... watashi no fucking!": Pseudocitazione da Plus Danshi / Plus Boy.
(Per non lo sapesse: "Watashi", così come l'"Ore" originale, è un modo per dire "io"; "no" sta per "di". Ora traducete voi.)
* Le canzoni cantate da Gumi sono Houkago Stride / After-School Stride [ Traduzione ] e Uchouten Vivace / Ecstatic Vivace [ Traduzione ], con brevi citazioni da Matryoshka - credo piuttosto facili da individuare.




Fu così che Miku giunse al savepoint, trovando vitto e alloggio presso gente relativamente normale.
Vai, Miku, divertiti! *O*/
Che nel prossimo capitolo mi sa che non riderai tanto.

Gumi e Kiyoteru moglie e marito. Ebbene sì.
La combo di Tonari no JK e Gensou Uta me li ha fatti shippare e non poco. *Eh? In nessuna delle due canzoni il personaggio maschile è effettivamente Kiyoteru ma un semplice OC castano con gli occhiali? Dettagli!*
Kokone loro figlia. Perché mai?
Beh, ho sempre trovato la voce di Kokone molto somigliante a quella di Gumi, lei è castana e... il resto è venuto da sé.
*Kokone figlia di Gumi e Kiyoteru è un suo headcanon fin da quando fu mostrata.*
Comunque, no, Kokone non diventerà una graziosa maialina, Kiyoteru non lancerà padelle contro Gumi e Gumi non canterà dubbissime ninna-nanne. U.U

L'identità dello Stregatto, se conoscete Alice in Musicland, di certo non è stata una sorpresa.
Miku ha senz'altro apprezzato molto il completo - e non solo quello.
Che lo shoujo-ai fosse tra loro... credo che fosse poco losco anche questo. U_______U *Cos-*
Luka ricambia le attenzioni di Miku?
Chissà.
Per ora, fa tutte scene scenografiche (?) prendendo a secchiate citazioni da Alice nel Paese delle Meraviglie.
E sprona la buona Michelyne a scorrazzare per il bosco di notte, dritta verso la Lepre Marzolina e/o il Cappellaio! \*O*/
Che chissà chi saranno.
E, se l'avete capito, capirete anche perché Miku si divertirà tantissimo.

... inutile dirlo, ma tant'è: questo capitolo e il prossimo erano ideati per essere uno solo. *E non sono gli unici, ovvio.*
Poi, non soltanto certa gente si è voluta prendere tutto lo spazio per sé, ma il capitolo successivo è venuto anche leggermente più lungo di questo.
Okay.
E io sono al capitolo otto. D'accordo.

Spero che questo savepoint delirante vi sia stato di gradimento ^^
Per qualsiasi consiglio o critica, dite pure ^^

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Capitolo 5
*** In profondità, in profondità, in mezzo alla nebbia... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
In profondità, in profondità, in mezzo alla nebbia,
rieccheggia una voce accattivante
~



Avanzò tra gli alberi.
Fremeva, come se non aspettasse altro che trovare qualcosa.
"Anche se trovare qualcosa in un bosco, di notte..." si guardò intorno, senza fermarsi: non che fosse la prima volta che passeggiava tra gli alberi alla luce della luna - con tutte le volte che era fuggita dai compiti o da interrogazioni previste per il giorno dopo - ma era senz'altro la prima volta che vagava in un posto sconosciuto.
O meglio, a lei sembrava sconosciuto, a vederlo così. Quel pomeriggio, l'aveva comunque percorso.
Non riusciva a fermarsi.
Le sembrava quasi di essere chiamata da qualcuno, di sentire come una voce sussurrarle all'orecchio: - Vieni, vieni, nel più profondo di questa foresta... - accelerò il passo: - Forza, forza, ti avvicinerai solo se sarai veloce... - e chi era lei per dire di no?: - Vieni, vieni, allora sarà divertente... -
Ormai stava correndo. Ma non cambiò mai direzione. Almeno, a lei non sembrò di aver cambiato direzione.
Si era spostata giusto quando si era trovata di fronte un grosso tronco, o un sasso, o un impedimento fisico che l'aveva costretta a fare il giro.
Stava cominciando ad ansimare.
"Quanto diamine sto correndo?"
Tic Tac Tic Tac
Riuscì a non cadere per puro miracolo, quando un piede finì contro una radice sporgente. Radici sporgenti, sempre loro.
Quante povere fanciulle o persone in fuga erano cadute per colpa di una radice sporgente?
O il ramo in faccia.
Quando se ne ricordò, Miku abbassò la testa, giusto per evitare che qualche ramo si piegasse da solo e decidesse di schiaffeggiarla con le sue foglie.
Se non altro, correre le faceva scaricare tutta quella tensione.
C'era qualcosa, lo sapeva.
E voleva trovarlo.
Nondimeno, là intorno doveva esserci un altro coniglietto.
"Ah!" si bloccò tra due alberi, le mani contro i tronchi: una radura, con una casetta al centro.
Una casetta nera, che quasi si mimetizzava nella notte, non fosse stato per le lanterne accese, fiammelle sospese nel buio.
Si avvicinò, il cuore che batteva forte: una casetta di quelle da fotografia, stretta, il portico rialzato con parapetto, e le colonnine ai lati della porta, e le scalette con corrimano davanti all'entrata.
Quattro finestre illuminate sulla facciata principale, una casetta a due piani.
Sgranò gli occhi. Alzò la testa: c'era un comignolo, seminascosto nel buio.
"Cosa..." avanzò, fino a raggiungere il cancello di legno nero alto abbastanza da sfiorarle i fianchi. Intorno alla radura, una staccionata nera.
"Questo posto..." entrò, era ovviamente aperto. Lo sguardo andò subito ad un lato della casetta.
Un orticello.
Le zucche arancioni risaltavano in quel buio.
"O tutti i coniglietti hanno lo stesso gusto, o..." salì le scalette, agitata: "Ma... non può essere casa sua. Non era ridotta molto bene..." l'immagine della finestra riparata da Kiyoteru le apparve nella mente: "Però... loro sono così rapidi nell'aggiustare le cose..." chiuse la mano, appoggiò le nocche alla porta: "Non può essere... la sua casa era bianca... e questa è nera, non è un'illusione ottica..." trasse un profondo respiro.
Alzò la mano.
La porta si aprì.
"Cos-" sbattè le palpebre.
- Eri davvero tu. - le labbra di Len si curvarono in un sorriso strano: - Fai parecchio rumore, sai? -
- Eh? - "Cosa sta succedendo?": - Non ho fatto rumore! -
- Oh, sì che ne hai fatto. - Len si spostò, aprì un braccio verso l'interno: - Entra pure. Spero tu abbia imparato a non mangiare le mie cose. -
- S-sì... - abbassò la mano, piano, senza staccare gli occhi dall'altro.
Pantaloni lunghi, neri, e una camicia bianca con le maniche arrotolate, aperta per i primi bottoni.
Sembrava in qualche modo più adulto. Non di troppo. Rimaneva un adorabile shota.
Più che altro: - ... dove sono le tue orecchie...? - era piuttosto difficile non notare la mancanza di quelle due grosse cose bianche.
- Retrattili. - si limitò a rispondere Len: - Vuoi entrare o speri di mettere radici e diventare tutt'uno con questa casa? -
Miku si affrettò ad entrare, lo sentì ridacchiare mentre chiudeva la porta.
Si guardò intorno: - E' nera! - fece qualche passo avanti: - E' completamente nera! Oggi era bianca! Ne sono sicura! -
- Sì. - Len la superò, diretto verso la cucina, il tono noncurante: - Di giorno è bianca, di notte è nera. Non vedo cosa ci sia di così strano. -
- Uhm... - lo seguì, le mani in grembo: - Hai ragione... - si sentiva inquieta.
Non aveva paura. Era terribilmente incuriosita, ma in un modo diverso da prima; eppure, ritrovarsi in quella casa, con quella persona, le faceva provare una strana sensazione.
Con Len che era shota ma non usamimi, che sorrideva in modo quasi sinistro.
Abbassò lo sguardo. Ritrovò improvvisamente un punto di riferimento, in quel momento di spaesamento semi-totale: dai pantaloni scuri usciva la codina batuffolosa.
"Quella non deve essere retrattile."
Sentì un sospiro, un sospiro esasperato, per la precisione.
Alzò gli occhi e incontrò lo sguardo contrariato di Len: - Pervertita. -
"Ugh." - Stavo guardando la codina! -
- La codina. Certo. -
- Posso toccarla? -
- Ovviamente no. -
- Non puoi invitare una ragazza in casa tua, in piena notte, e poi non farle toccare la tua codina! -
- Sei una creatura orrendamente impura. -
- Mi hai fatto entrare per offendermi? -
- Sei tu ad essere venuta qui. - il tono di Len era rimasto pacato, lo sguardo e il sorriso immutati: - E sei stata tu ad accettare l'invito ad entrare. -
"..." mise le braccia conserte: - Comunque, io stavo andando dalla Lepre Marzolina. -
- Contatti profondi con questa Lepre Marzolina, eh? -
Erano arrivati in cucina. Quando Miku notò un pentolino sul fornello, il suo senso di straniamento aumentò: "Stava cucinando? Si cucina, in questa casa?" ci riflettè: "O forse solo di notte?".
- Perché? - chiese, rimanendo in piedi vicino ad una sedia.
- Non sai neppure che è uno dei miei nomi. -
- Ah... - strinse i pugni.
- Mi chiamano Bianconiglio, o Lepre Marzolina. Ma il mio nome è Len. -
"Parla come Luka..." deglutì: "O forse è una formula locale...?"
Seguì l'altro con lo sguardo: era andato al pentolino e stava girando qualcosa al suo interno con... un bastoncino di cannella?
- Non rischia di sciogliersi? - non riuscì a frenare la voce.
Quando Len la guardò, si affrettò a dire: - Non sto cercando di cambiare discorso ma, sul serio, quello non rischia di sciogliersi? -
- Tanto meglio. - tornò a girare: - Insaporisce. -
- Cos'è? -
- Ne vuoi? -
- Prima dimmi cos'è. -
- Arriva in casa d'altri e si mette a dare ordini. - Len alzò le spalle: - Maleducata. -
"Non riusciamo proprio a venirci incontro, eh...?" trasse un profondo respiro: - Volevo incontrare la Lepre Marzolina, ma non avevo idea che fossi tu. Se l'avessi saputo, probabilmente sarei andata dal Cappellaio. -
Notò le braccia di Len tremare, per un istante. Un brivido.
- E' una dichiarazione d'odio, questa? - una risata. Non sembrava affatto divertito, però.
- No. - pensò di avvicinarsi, ma rimase dov'era: - Soltanto, in questa casa ho combinato un guaio dopo l'altro. E, anche ora, non facciamo che punzecchiarci. Semplicemente, non credo riusciremo ad andare d'accordo. -
"Ma non è necessario che io vada d'accordo con te per stritolarti in un abbraccio.".
Silenzio.
Poi Len si voltò a guardarla, piano. Il suo sorriso era normale. Un sorriso naturale.
"... aspetta, mi sta sorridendo. Mi sta sorridendo. A me. CHE PUCCIO!"
- Sei strana. - disse, infine: - Mi ricorderesti il tuo nome? -
- ... non ricordo neppure se te l'ho detto. -
- A maggior ragione potresti ricordarmelo. -
- Michelyne Alice Lydia Fairsound. O solo Michelyne. O solo Miku. Per- -
- Miku. Miku va bene. -
Lei annuì. Aveva sentito il cuore farsi leggero, quando l'aveva detto: "E' così adorabile...".
- Finiamo per imbatterci spesso l'un l'altra... - tornò a girare qualsiasi cosa ci fosse nel pentolino: - Sarebbe davvero scomodo non andare d'accordo, non ti pare? -
- Mi pare. - annuì.
- Potremmo stabilire una tregua. -
- Potremmo, sì. - "Stiamo davvero facendo pace?" cercò di non sbrillucciare, né di lanciarglisi addosso. Era comunque vicino ad un fornello acceso.
Neanche volesse contraddirla, Len si allontanò; aprì delle ante in alto, prese qualcosa e andò a metterlo nel pentolino.
- ... cos'è? - si azzardò a chiedere, di nuovo.
Len la guardò.
Il suo sguardo era decisamente strano.
- Spezia calda e amara... - si avvicinò. A lei: - La darò solo a te, adesso. -
- ... ah? - fece un passo indietro: - Cannella e spezia amara? Ma cosa stai cucinando? -
- Boh. - alzò le spalle: - Sto mettendo cose a caso. Voglio vedere cosa esce. -
- ... non ti farò da cavia per i tuoi esperimenti culinari. - "Era a questo che puntava...?"
Len ridacchiò. Poi le accarezzò una guancia.
"... cosa...?" seguì le sue dita con lo sguardo, incapace di muoversi.
Erano davvero calde.
- Sei da sola. - non era una domanda.
- ... ci sei tu. - rispose comunque.
- Già. - si era fatto più vicino?: - Sono qui. E sto sorridendo. -
- ... è un brutto segno? -
Le dita erano scese al collo, insieme al loro calore.
Era piacevole.
Anche se era sicurissima che la cosa sarebbe stata molto più scenografica se lui le avesse messo le dita sotto il mento e le avesse alzato il viso.
Il problema stava nel fatto che lui a malapena le arrivava al naso e già qualsiasi cosa stesse facendo perdeva svariato pathos in partenza.
- Ti sembra un brutto segno? - non si era mai accorta di quanto fosse bella la voce di Len. Sarebbe stata ad ascoltarla per ore.
Anche i suoi occhi. Azzurri, ipnotici.
Sembrava davvero simile a Luka, per alcuni aspetti.
Però...
- ... se vuoi, mi siedo. - guardò i piedi del poverino. Stava sulle punte.
- ... dannazione. - Len si voltò - e Miku evitò per un pelo la piccola coda di capelli biondi: - Se solo fossi più alto, caz- dannazione. -
- Sssssono sicura che crescerai. - cercò di sorridere: - E diventerai un bellissimo Gnocco Usamimi! - "Ma comunque Shota.".
Uno sbuffo: - Ma ora non posso! -
- Possiamo riprovare, se vuoi... -
- Tanto l'atmosfera è andata a quel paese. - Len sventolò una mano: - E questo coso sta iniziando a bruciarsi. - afferrò il pentolino.
Non era davvero pratico di cucina.
O meglio, forse non aveva mai messo piede in cucina, né aveva mai avuto a che fare con oggetti di metallo.
Perché aveva afferrato il pentolino. Non il manico.
L'urlo e il botto che ne seguirono furono talmente ovvi che Miku neppure si spaventò.
Accorse comunque, passando intorno al tavolo per evitare il sinistro liquido arancione cupo finito sul pavimento.
- Tutto bene? - spense il fornello, guardò Len.
Era rimasto bloccato, le mani ancora all'altezza delle spalle. Schizzi arancioni macchiavano la camicia bianca.
- Mettile sotto l'acqua fredda, presto! - gli afferrò un polso e lo trascinò fino al lavello, aprì l'acqua e vi mise la mano sotto: - Anche l'altra! -
Len obbedì, senza dire una parola.
- ... è colpa tua. -
- Cosa? - la voce era uscita più alta del dovuto, ma non le importava.
- ... non posso fare il figo mentre sto cucinando. Io non so cucinare. -
- ... oh. - giunse le mani: - ... avresti potuto spegnere il fornello appena tornato in cucina. -
- Non sarebbe stata la stessa cosa. -
- Potevi bruciarti anche i vestiti, ora. - sospirò: - Prima si spegne il fornello, poi si prende il pentolino dal manico. Non devi mai toccare un metallo subito dopo che è rimasto a contatto col fuoco! -
- Mi sono pure macchiato. - schioccò la lingua: - Sarebbe stata un'occasione perfetta! -
- Per cosa? -
- E' così stereotipato... -
- Ma cosa? -
- Sarebbe persino potuto funzionare! -
- Cosa? -
- Devo cambiarmi la camicia. -
- Beh, sì, anche se confesso che dà un certo tocco artistico... -
- E tu verrai con me. -
- ... eh? -.

- Cerca di capirmi: non posso lasciarti da sola, libera di fare ciò che vuoi, mentre io mi cambio la camicia. -
- Hai così poca fiducia in me? - arrossì al ricordo. Non sapeva perché quella cosa la imbarazzasse a tal punto, ma tant'era.
- Al contrario, nutro assoluta fiducia nella tua essenza di fangirl shotacon. -
- Non sono una shotacon! -
- Col cambio di camicia avrei potuto farci una bella scena ad alta tensione sessuale, ma temo che ora venga male. -
- Temo che tu tema bene. In ogni caso... - irrigidì le braccia, cercò di separarle: - Era proprio necessario legarmi i polsi? -
- La parte più pericolosa del tuo corpo è la zona delle tue mani. -
- Dietro la schiena? -
- Se devi legare i polsi davanti, tanto vale non li leghi affatto. -
- E, per curiosità... -
- Sì? -
- Anche la benda era così necessaria? -
- Miku. - la voce di Len si era fatta paziente: - Devo tenerti d'occhio mentre mi cambio. Quindi è ovvio che debba renderti inoffensiva. -
- Hai stretto parecchio... - rinunciò a cercare di liberarsi: finché stava tranquilla, le corde non le facevano male.
- Te l'ho detto: ho grande fiducia nella tua essenza di fangirl shotacon. -
- Non sono una shotacon! -
- Uff, crisi d'identità. -
- Non- -
- Andiamo. - qualcosa di caldo sulla schiena.
Miku camminò, un passetto per volta. Non era un luogo sconosciuto, ma...
- Non aver paura. - un sussurro, vicino: - Ti guiderò io. -
"..." non riusciva a togliersi dalla testa l'idea che Len ne avrebbe approfittato per farla schiantare da qualche parte.
Giusto per non mostrarsi troppo insicura, aumentò l'ampiezza della falcata di tre millimetri.
Una porta che si apriva.
Qualcosa sotto il piede: "Il... tappeto...?"
- Attenta a dove metti i piedi. - quel tono gentile, la mano sulla schiena: - Abbandonati a me, ora. -
- ... Len... -
- Sì? -
- Non funziona, davvero. -
- ... parlavo del camminare, Miku. -
"Certo, certo." proseguì, finché l'altra mano di Len si posò sul suo braccio, fermandola.
Sentì la mano scendere dalla schiena all'altro braccio, farla girare, e poi sedere su qualcosa di morbido.
- Resta lì. - lo disse in modo pacato.
"E'... il baldacchino...?" provò a tastare: sembravano effettivamente coperte. Incredibilmente morbide.
Assurdamente morbide.
No, davvero, aveva una gran voglia di buttarcisi.
"Ma, del resto, perché non farlo?" si lasciò ricadere all'indietro - e avrebbe volentieri aperto le braccia, ma corde con forza maggiore glielo impedivano.
Il rumore di un armadio che si apriva, un fruscìo.
- In tutto ciò... - esordì Len: - ... tu non dovresti essere a dormire, a quest'ora? -
- Ho dormito prima. - provò a rotolare, ma le braccia minacciavano di farle male, qualora ci fosse riuscita.
- Quindi hai pensato di venire a far visita alla Lepre Marzolina perché...? - sembrava onestamente curioso.
- Volevo andare da qualche parte. Lo Stregatto mi ha detto che nei dintorni c'erano una Lepre Marzolina e un Cappellaio, quindi... -
- E tu hai scelto la Lepre. -
- Sì. -
- Forse hai ragione. Non sei una shotacon. -
- Ecco. Finalmente l'hai capito. - poteva dirsi soddisfatta.
- Sei una usacon. -
- No. - ci pensò: - Beh, forse. - "E nekocon. Anche se non sapevo di esserlo fino a qualche ora fa!".
- E cosa pensavi di fare alla povera Lepre? - la voce di Len si era avvicinata. Magari si era avvicinato anche lui.
- Volevo vederla! - non vide perché nasconderlo: - Volevo sapere se fosse puccia come te! -
- Ma sono io. -
- Quindi è puccia come te. -
Sentì le coperte appesantirsi, accanto a lei.
Il cuore sussultò quando si rese conto che Len le si era seduto vicino.
- Ti sei cambiato? - "Vorrei essere liberata."
- Forse. - un accenno di risata.
- Liberami. -
- Non ci penso neppure. -
"..." - Allora mi libererò da sola. - "Magari, se sfrego contro le coperte, riesco a togliermi almeno la benda..."
- Non ci riuscirai. -
Per tutta risposta, Miku tirò indietro la testa, poi la riportò avanti. Le parve di vedere uno scorcio di luce, in basso a sinistra.
Ritirò la testa indietro, più indietro che potè.
Qualcosa di caldo sulla benda, sugli occhi. Una mano.
- Ahi, ahi, che bambina cattiva! - un soffio nell'orecchio: - Se la benda venisse via, dovrei accecarti? -
- Sei tu il bambino cattivo! - scosse la testa, cercando di liberarsi di quella mano: - Non si legano gli ospiti! E non li si benda neppure! -
- Ma sei tu che hai accettato di entrare qui. Non ti ho costretta. - un sospiro: - ... e sei sempre stata tu ad accettare di farti legare e bendare. -
- Mi sembrava una cosa ragionevole! -
- Oh, ma lo è. - troppo caldo.
Un peso vicino al suo orecchio.
Miku trasalì.
Era sopra di lei. L'aveva bloccata.
Più di quanto non fosse bloccata di suo.
"Perché quando incontro lo Shota Usamimi finisco sempre in qualche guaio assurdo...?" trasse un profondo respiro: "Devi calmarti. Devi pensare ad un modo per andartene. E liberarti, magari." deglutì, il cuore conficcato nella gola, pulsava con così tanta violenza per liberarsi e tornare nel petto, forse: "Prima andartene. Poi pensa a liberarti.".
- Ora... - caldo contro il petto, quelli che riconobbe come capelli le solleticavano il collo: - ... dammelo. -
- ... cosa? - spalancò gli occhi, cercò di vedere una qualsiasi cosa oltre quella benda nera, oltre quella mano ormai solo appoggiata. Niente.
- Lo sai. - la voce gentile, pacata, vicina: - Su, dammelo. -
- Non so di cosa tu stia parlando. - irrigidì le spalle, diede uno strattone. Un dolore acuto ai polsi, strinse i denti.
Una risata leggera: - Possiamo stare qui quanto vuoi, Miku. Ma finirà tutto prima, se me lo darai. -
- Tu dimmi cosa e io vedrò se posso. - un altro strattone. Un dolore ancora più forte: "No, così non funziona..."
Sobbalzò quando sentì quella risata. Non era affatto leggera, non era affatto divertita: - Vedrai? Se puoi? - riprese fiato: - Perché parli come se potessi scegliere, Miku? -
"..." inspirò: "... devo andarmene.".
- Allontanati. - ringraziò la propria voce di essere rimasta ferma. Era sicura sarebbe uscita spezzata.
Non aveva paura.
Era solo agitata. Terribilmente agitata. Si sentiva mancare l'aria, doveva fare respiri più profondi, più spesso. Il non potersi muovere e il non poter vedere la facevano sentire spaesata, inerme. Cominciava a sentire un po' freddo.
Ma non aveva paura.
- Dammelo. -
- Allontanati. -
- Su, dammelo. -
- No. - forse era l'unico modo per interrompere quello scambio di frasi senza fine.
- Dammelo. -
O forse no: - Len, sul serio, non ho la più pallida idea di cosa tu stia dicendo. Se solo mi spiegassi, allora potrei darti quello che vuoi! -
- Non avrebbe senso spiegartelo. - aveva smesso di sorridere?: - Dammelo e basta. -
- Sei un coniglietto cafone e stupido! - tanto valeva, ormai: - Che ne è stato della nostra tregua? -
- Non ho mai messo un limite di tempo. -
- Appunto. Potremmo essere in piena tregua anche ora! -
- Oppure no. -
- Ah! Smettila di comportarti così! - piegò la testa di scatto, l'occhio destro fu colpito dalla luce.
E incontrò le iridi arancioni di Len.
- ... ah... - le braccia tremarono: - Cosa...? - le braccia, le spalle. Il cuore.
Len sorrideva.
E la guardava: - Perché hai quello sguardo? - la mano andò a scostare la benda dall'altro occhio. Ora vedeva bene i suoi, di occhi.
- Il tuo corpo sta tremando. - sorrideva, un sorriso sinistro, spietato.
- Vuoi che ti porti un po' di latte caldo? - una risata, il sangue le si gelò nelle vene: - Ma temo farei solo disastri. -
- Len... - anche le labbra tremavano: - Tu... -
- Dammelo. - coprì del tutto la luce: - Dammelo, Miku, dammelo. -
- ... - strinse i denti: - Io... - inspirò.
E lo colpì allo stomaco con una ginocchiata.
- AH! -
Len ricadde di lato, piegato, le mani alla pancia, la bocca spalancata in un urlo di dolore.
- Ne riparleremo quando ti sarà passata la voglia di darti all'horror! - scattò in piedi, la testa alta per evitare che la benda le ricadesse sugli occhi.
Corse alla porta aperta della camera, si lanciò verso l'entrata.
- MI-MIKU! -
Il cuore sussultò. Accelerò: - STAMMI LONTANO! - arrivò all'ingresso: - ALMENO FINCHE' NON SARAI TORNATO NORMALE! - diede una spallata alla porta.
Niente.
Si voltò: ancora nessuno in vista.
Se lui l'avesse raggiunta...
Colpì la porta con un calcio.
Niente.
- TORNA QUI! -
- NON HO INTENZIONE DI FARLO! -
Un'altra spallata.
Niente.
Stava cominciando a sentire troppo freddo.
Eppure, aveva le mani sudate.
Gli occhi erano umidi. Il cuore stava impazzendo.
Siamo tutti pazzi, qui.
- Luka! -
Niente.
Un rumore alle sue spalle.
Si voltò.
Len era sulla soglia della camera, ancora piegato in due, una mano allo stomaco. La guardava, con i suoi occhi arancioni.
E la guardava molto male.
- APRITIAPRITIAPRITI! - Miku si schiantò contro la porta, la colpì con un ginocchio, con la gamba, anche con la testa: "NoNoNoNoNo Perché non perché non ti apri no non devi devi devi apriti apriti ti prego io non-"
Sgranò gli occhi.
Si girò, si mise in punta di piedi; afferrò la maniglia con le mani e la abbassò.
La porta si aprì.
Tornò a guardare Len: - Dicevamo? -
- Stavi fuggendo in preda al panico. - mugugnò lui, la voce soffocata.
- Non ero in preda al panico. -
- MIKU! -
- AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH! -
E scappò nel bosco notturno.

Non aveva mai studiato a fondo biologia, ma sapeva benissimo quanto i conigli e le lepri fossero eccezionali corridori.
Se non altro, quello che si era lasciato alle spalle doveva essere rallentato dalla botta.
"Devo tornare a casa di Gumi!" tirò indietro la testa, per ricacciare la benda sulla fronte: "Devo solo fare la strada al contrario! Semplice, no? No?".
Una fitta al fianco.
Si fermò, la bocca spalancata a prendere quanta più aria possibile. Faticava persino a tenere gli occhi aperti. Tirò su col naso.
"Spero sia la strada giusta..." deglutì, ma le parve di non aver mandato giù niente che non fosse aria: - Lu-Luka... -
Non sapeva cosa aspettarsi, dicendo il suo nome. Forse che lei apparisse. Chissà se la stava spiando. "Se è vero quanto ha detto, allora dovrebbe sapere che sono in difficoltà..." si appoggiò ad un tronco: "... certo, perché dovrebbe venire a salvarmi?" alzò la testa, verso le fronde: "Però, l'ha detto lei. Se ora mi succedesse qualcosa, lei non potrebbe più divertirsi. Mi ha pure dato l'invito perché potessi andare dalla Regina." chiuse gli occhi, non smise di prendere aria: "Devo tornare a casa di Gumi... devo solo fare la strada al contrario... sì... è questo quello che devo fare..." annuì, piano.
- Dormi... -
Il vento, o forse un sussurro.
- Fai un bel sogno. -
Ma le foglie rimanevano immobili.
- In un dolce sogno, dimenticherai tutta l'amarezza. -
Tic Tac Tic Tac
- Chi è...? - riuscì ad articolare una frase. Il respiro era rallentato. Riaprì gli occhi, si guardò intorno. Solo alberi.
- Va bene, di tanto in tanto, annegare in fantasie ipnotiche. -
- Chi sei? - tese le orecchie: era vicino. Quel sussurro era vicino.
- Indossalo ancora... -
- Eh? - guardò a destra, a sinistra, ma c'erano solo le ombre degli alberi: - Cosa stai dicendo? E poi io non ho sonno! -
- Quel tuo adorabile faccino, indossalo ancora. -
- Chi diamine...? - anche la sua voce era diventata un sussurro. Un sussurro soffocato e spezzato.
Faceva troppo freddo, in quel bosco.
- Ehi... - una folata di vento sul viso: - ... me lo dai? - una risata.
- ... - schiuse le labbra.
E fuggì gridando.

"COSA STA SUCCEDENDO?" urlava nella sua testa.
E correva, neppure lei sapeva ormai dove. Non sapeva neppure se avesse mai cambiato direzione, se stesse andando verso casa di Gumi, se stesse finendo dritta nel giardino con la margherita omicida, o se stesse per cadere nel lago di panna.
Lasciò la spalla contro un tronco, boccheggiò: - Luka... - gemette: - Gumi... Kiyoteru... Kaito... qualcuno... qualcuno venga qui ad aiutarmi... - strinse i denti: - Quando arriva l'alba...? - tirò su col naso: - Quando arriva l'alba...? -
Sgranò gli occhi.
Scosse la testa, si rialzò: - Non è il momento di mettersi a piangere! - inspirò: - Non risolverai niente, così! - riprese a camminare, conficcò i talloni nel terreno: - Se dovessero riapparire... - deglutì: - Se dovessero riapparire, dirai di sì. Poi se la vedranno loro. -
Sempre che non stessero parlando della sua anima o del suo conto in banca. O che non stessero unendo le due cose costringendola ad un testamento verbale.
- "Loro"... - mormorò. Parlava. Il suono della sua voce spezzava quel silenzio irreale, la faceva sentire meno sola: - Quella di prima... quella di prima non era la voce di Len. - ci ripensò, un brivido freddo lungo la schiena: - Era... la voce di una ragazza...? -
Non aveva mai sentito quella voce, prima di allora: - Cosa vuole da me una persona che non ho mai neppure visto...? -.
Continuò a camminare, il respiro era tornato normale. Avrebbe davvero voluto levarsi almeno la benda dalla fronte - continuava a minacciare di ricaderle sugli occhi.
Poi, qualcosa colpì le sue orecchie.
- ... musica...? - si voltò. Niente. Si guardò ai lati. Niente: - ... viene da davanti...? - avanzò, piano, come se temesse di fare troppo rumore.
Era un ritmo allegro, che si faceva man mano più forte.
- Sì, deve essere qui davanti... - una luce. Il cuore sussultò. Accelerò il passo.
- Forse... - sussurrò: - ... forse sono arrivata a casa di qualcun altro... magari del Cappellaio? - si bloccò: - ... non sarà come... - inspirò: - ... no, non può essere. Non si può arrivare al livello dello Shota Usamimi. - riprese a camminare.
E lì, tra gli alberi, un cancello alto, alto, alto almeno cinque metri.
Tra gli alberi. Letteralmente. Gli alberi erano i paletti della staccionata, alta "solo" due o tre metri, il cancello aveva i suoi cardini nei tronchi.
Miku proseguì, incapace di staccare gli occhi dagli alberi. Si fermò solo quando si rese conto di essere arrivata al cancello.
- C'è musica, è illuminato... - guardò le numerose lanterne lungo il recinto: - ... deve esserci qualcuno, in casa. -.
Avrebbe volentieri bussato ma, al momento, non ne era in grado. Quindi, bussò con un piede - anche se era sicura di essere apparsa estremamente rozza.
- Scusatemi! - esclamò, a voce più alta che potè: - Non sto prendendo a calci il vostro cancello, sto bussando! C'è nessuno? -
La musica s'interruppe di colpo.
"... mi hanno sentita o...?" certo, far finta di nulla proprio in quel momento non sarebbe stato molto losco, da parte degli inquilini.
- Ci sono io! -
Un tuffo al cuore.
La voce femminile di prima.
E, dall'altro lato del cancello, era apparsa una ragazza.
Una ragazza bionda, con dei grandi occhi azzurri.
- ... Len...? - somigliava a Len in una maniera impressionante. Era solo poco più bassa, e aveva le guance appena più rotonde.
Una risata leggera - troppo simile a quella del Bianconiglio: - No. Io sono Rin. - un grande sorriso: - Ma mi chiamano anche Cappellaio. -
- La Lepre Marzolina e il Cappellaio... - mormorò Miku: - ... volevi mandarmi da loro, Luka...? -
- Vuoi entrare. - quella di Rin non era una domanda. Aveva già messo le mani ai battenti.
- Come fai ad esserne così sicura...? - non voleva sviluppare una fobia verso gli inviti ad entrare, quindi era meglio fare le cose con cautela.
- Non avresti bussato, altrimenti. -
- Anche tu hai ragione... -
- No che non ho ragione! -
- Eh? -
Rin agitò un indice, lo sguardo serio: - Non darmi ragione solo per gentilezza o stupidità! Avresti benissimo potuto bussare per farmi un dispetto, per verificare la consistenza del cancello, per fare rumore, perché ti annoiavi, per sperimentare la tua forza, per temprare le tue nocche, per- -
- Ho bussato perché mi sarebbe piaciuto entrare. - si affrettò a dire, prima di essere travolta da un lungo elenco: - Però... -
- Sì? -
- ... se accetterò il tuo invito ad entrare, tu mi farai cose strane? -
- Dipende qual è il tuo concetto di "cose strane". - alzò le spalle.
- Ehm, tipo... - si girò, a mostrare i polsi legati.
Rin si portò una mano al mento, pensierosa: - Uhm, bondage, eh? -
- E tentativi di terrorizzarmi. - aggiunse Miku, tornando a guardarla: - A proposito, eri tu prima? -
C'era un cancello, tra di loro. Nel caso Rin l'avesse attaccata, avrebbe comunque avuto un po' di vantaggio.
- Prima? -
- Sai, quel "me lo dai?". -
- Oh, sì, ero io. - sorrise, un sorriso a trentadue denti: - Ma ora non ne ho più voglia. -
Cercò di non mostrare troppa inquietudine: - ... come faccio a fidarmi? -
- Puoi farlo, come puoi non farlo. - sventolò le mani, come a scacciare quelle parole.
"... d'accordo, proviamo ad entrare." annuì: - Posso entrare? -
- Ma certo! - e il cancello si aprì.
Miku entrò, il passo lento, cauto.
Quando sentì il cancello richiudersi alle sue spalle, si voltò a guardare Rin.
E Rin guardò lei.

- ... uhm, Rin... - cominciava a sentirsi un po' a disagio, dopo cinque interi minuti passati a fissarsi senza dire una parola.
- Sì? - lei, d'altro canto, non dava segno di imbarazzo o noia.
- Potresti liberarmi? -
- Potrei, e credo lo farò. -
- Ti ringrazio. -
Rin la raggiunse, e iniziò ad armeggiare con le corde: - Che nodi! - esclamò: - Un esperto del bondage! -
- La Lepre Marzolina. - sospirò Miku: - Forse lo conosci. -
Una risatina: - Sì che lo conosco! Ma... - si fermò, si sporse oltre la sua spalla: - ... tu sei andata da lui ora? Di notte? -
- Ehm, sì...? -
Rin scoppiò a ridere - e quasi le partì un timpano, visto quanto era vicina al suo orecchio.
- E allora ti lamenti che ti abbia legata e bendata e abbia giocato un po' a terrorizzarti? -
- Giocato? - "Che razza di giochi fanno, qui?"
- E' la Lepre Marzolina. - spiegò Rin, il tono paziente: - A Marzo impazzisce. -
- Spiega la schizofrenia, ma non i suoi dubbi tentativi di sedurmi. - sbattè le palpebre: - E poi siamo a Maggio. -
- Marzo, Maggio, non cambia poi molto. - i polsi tornarono a percepire sangue scorrere al loro interno, e lei stessa si sentì in qualche modo più rilassata: - E' comunque primavera, ed è il periodo in cui gli animali vanno in calore. -
- ... -
Decise di non approfondire.
- Anche se i conigli sono praticamente sempre- -
- Ma che bella casetta! - Miku si tolse la benda e corse in avanti: quel posto era diverso da tutte le altre case.
La casetta c'era, sì: piccola, lontana - o forse piccola perché lontana -, con un piano solo e il tetto che sembrava di paglia.
Da lì fino quasi a raggiungere il cancello, una lunghissima tavola rettangolare, con una tovaglia rosata. Tutto intorno, sedie dallo schienale elaborato, intagli accurati, ciascuna con un cuscino di colore diverso. In fondo, verso la casetta, a capotavola, un'enorme poltrona rosata, dalle rifiniture rosse.
Si avvicinò: piattini, tazzine, cucchiaini, teiere, bricchi del latte, biscotti, tanti biscotti, e dolcetti, tanti dolcetti, e forchettine, e coltellini, e panini di burro, e barattoli di marmellata.
Non c'era nulla, su quel tavolo, che non sembrasse stracostoso.
Ceramica, cristallo, posate che di solito sarebbero destinate alla sola esposizione, cuscini di seta.
L'unica pecca di tutto quello sfoggio di lusso era il fatto che la stragrande maggioranza delle tazzine fosse sporca e circondata di briciole e posate usate.
- Vuoi sederti? -
Miku si voltò verso Rin e annuì.
Già che c'era, si soffermò a guardarla per bene: come Len, anche lei le arrivava a malapena al naso.
Se non si contava il colossale cappello viola.
La tesa le superava ampiamente entrambe le spalle, di almeno dieci centimetri ciascuna; il cilindro non si sarebbe stupita di saperlo più di sessanta centimetri.
Come se non bastasse, attorno era legato un nastro bianco dalle strisce rosse, e un enorme fiocco bianco a lato, delle roselline sul nodo.
Si chiese seriamente come facesse a tenerlo in testa. Sia di peso che di equilibrio. Soprattutto di equilibrio.
Un enorme fiocco era anche attorno al collo, rosso; e un corpetto viola con le code davanti, e una camicia bianca con le maniche lunghe, le spalline a sbuffo; le scarpette viola, le calze bianche a righe rosa.
E una colossale gonna rosa a palloncino, forse persino più larga della tesa del cappello.
Se non altro, era solo dietro che le arrivava alle caviglie, lasciando la parte davanti scoperta fino a metà coscia. Almeno poteva camminare. E permettere di camminare a chi le stava intorno.
E la gonna era morbida. Il cappello no. Rimaneva la parte più pericolosa. Forse era per quello che la chiamavano "Cappellaio".
Alla sua risposta, Rin rise: - Non c'è posto! -
- ... cosa? -
- Non c'è posto! Non c'è posto! - cantilenò la ragazza, per poi trotterellare verso la poltrona.
Miku la seguì: - Come sarebbe a dire "non c'è posto"? - indicò la tavola: - Qui ci starebbe almeno un centinaio di persone! -
- Siediti, siediti! - Rin si era fermata dietro la sedia alla destra della poltrona, l'aveva tirata indietro.
"Cosa-" - Ma hai appena detto- -
- Avanti, siediti e iniziamo! -
Di fronte a tutto quell'entusiasmo, Miku non potè far altro che assecondare la richiesta di Rin e sedersi. Era stata persino galante, spostandole la sedia e rimettendogliela sotto all'istante.
Di suo, Rin letteralmente si lanciò sulla poltrona - e quella, per il contraccolpo, indietreggiò di almeno venti centimetri.
- Ti va un po' di the? - riportò la poltrona davanti al tavolo e si allungò per prendere la teiera più distante.
- Oh, grazie, volentieri. - abbassò lo sguardo e trattenne un sospiro di sollievo nel constatare come, almeno, l'avesse fatta sedere su un posto pulito.
- Se bevi con allegria... - trillò Rin, versandole il the da cinquanta centimetri di distanza dalla tazzina: - ... il mondo ballerà con te! -
- Per stasera ho ballato abbastanza. - iniziò a preoccuparsi quando vide il the raggiungere il bordo: - Ehm, può bastare, grazie. -
- Ti va un po' di the? -
"Oh, no." - Ne ho già preso, grazie. - sforzò un sorriso e portò il the alle labbra. Aveva un ottimo profumo. Era senz'altro un the di qualità, di quelli che i ricchi si facevano importare da chissà quale paese esotico.
Ne bevve un sorso.
- Che strano sapore... - mormorò: sapeva di the al gelsomino, ma aromatizzato al limone e all'arancia, con un retrogusto di vaniglia e un vago odore di rose. Contro ogni aspettativa, non era cattivo. Era solo strano.
Alzò lo sguardo.
Rin la stava fissando, una mano a sorreggere il viso.
"...?"
- Se ti abitui al sapore normale, allora tutto diventerà noioso. -
- Oh. - tornò a guardare il the: - Non sto dicendo che è cattivo, è solo che non ho mai assaggiato una cosa così- -
- Le cose comuni sono cooooooosì monotone! - anche Rin si versò il the, sempre tenendo la teiera ben lontana dalla tazzina.
- Mi sembra un pensiero condiviso da molti, in questo posto. - Miku non riuscì a non sospirarlo.
- Tutti quelli che lo capiscono iniziano ad impazzire! - scoppiò a ridere, lanciò la teiera alle sue spalle, il the che ne uscì creò un arco perfetto prima di schiantarsi nell'erba, assieme al rumore di ceramica infranta.
Miku rimase immobile.
"... aiuto." trasse un profondo respiro, portò la mano al grembiule. L'invito. E il cono: "Kaito ha detto che solo i cibi dell'ingresso e a casa di Len fanno cambiare statura..." forse avrebbe dovuto pensarci prima di bere il the, ma tant'era. Non erano previste complicazioni. Non di quel tipo, almeno.
- Ehi, ehi! - Rin tornò a guardarla, l'espressione interessata incorniciata dalle mani: - Qual è il tuo nome? -
- Michelyne Alice Lydia Fairsound. - decise di ridurre la presentazione: - Ma tutti mi chiamano Miku. -
- Tutti fanno bene. - annuì Rin, con fare sapiente: - Pensa se qualcuno dovesse avvisarti di un gradino! "Michelyne Alice Lydia Fairsound, attenta al gradino!" e invece tu sei già caduta e ti sei pure sbucciata un ginocchio. -
- O magari non mi sono fatta niente... -
- Oppure hai anche sbattuto sul gradino, quindi ti sei sbucciata un ginocchio e ti è pure venuto un livido sulla gamba. -
- Vivi qui da sola? - la prima cosa che le fosse venuta in mente, tutto pur di impedirle di proseguire e arrivare ad uno scenario in cui lei era morta tra atroci sofferenze e aveva dato il via all'Apocalisse.
L'espressione di Rin si fece triste. Miku si sentì all'istante una persona orribile. Così, perché sì.
- Sono qui da sola. - sussurrò l'altra, lo sguardo andò al suo the - felicemente traboccato e finito sul piattino: - Da tanto. Tanto. Che giorno è oggi? -
- Ehm... eh... - cercò di ricordare: - Uh... quattro, credo...? - ci ripensò: - Anzi, credo che oggi sia il cinque... -
A quelle parole, Rin armeggiò con il fiocco rosso attorno al collo e ne riuscì con una collana, con un ciondolo. Guardando bene, Miku si accorse che era a forma di chiave di violino.
- Ecco. - disse la ragazza, lo sguardo serio al ciondolo: - Lei sì che mi dà soddisfazioni. Mica come te! - si sfilò la collana e la fece cadere nel the: - Ma guarda tu... - tornò a guardare Miku: - Io gli faccio fare pure l'idromassaggio nel the e lui non mi dice niente! Davvero maleducato, vero? -
- Indubbiamente. - si affrettò ad annuire: - Mi chiedo perché continui a vezzeggiarlo così. -
- La tua è senz'altro un'ottima domanda. - recuperò la collana, prese un altro piattino e vi adagiò il ciondolo. Dopo, prese un coltellino e un panetto di burro. Un istante dopo, il ciondolo era ricoperto di burro: - Guarda, guarda! Gli faccio pure la maschera di bellezza e lui si rifiuta di dirmi che giorno è! -
- Stai dando fin troppo a qualcosa di così poco collaborativo. - un biscotto al cioccolato finì nella sua visuale e, un istante dopo, non c'era più: - Soprattutto se si tratta di una cosa così semplice come dire il giorno e l'ora! -
- Semplice? - Rin inarcò un sopracciglio, il coltellino pieno di burro a mezz'aria: - Per te che stai fuori, senz'altro. Ma per me è difficile sapere che giorno è. -
- E allora come fai a sapere che siamo a Marzo o a Maggio? -
- Perché la Lepre Marzolina impazzisce! - il suo viso s'illuminò, come se avesse detto una cosa meravigliosa: - E le sento, le persone. Quelle che fuggono perché la Lepre le sta inseguendo con un falcetto o cerca di propinare loro del cibo cucinato da lui. E giù di risate! Risate! Risate! - e si mise a ridere sul serio.
Miku si sarebbe anche messa volentieri a ridere, che ridere era una bella cosa, il problema stava nel fatto che, fino a mezz'ora prima, la Lepre Marzolina si stesse divertendo con lei.
Se non altro, lei non aveva visto falcetti. Non ne aveva visti. Magari ne aveva pure, ma lei non li aveva visti e stava benissimo così.
- E cooooooomunque... - riprese Rin, come se nulla fosse: - ... il mio cruccio è solo il giorno! L'ora la so benissimo! -
- Oh. - non ci aveva pensato: - Per la posizione del sole, giusto? -
- Perché qui sono sempre le cinque del pomeriiiiiiiggio! - Rin prese un barattolo di marmellata e lo versò per metà sopra il ciondolo già sotterrato dal burro: - E' l'ora del the! E' l'ora del the! - alzò le braccia, come se stesse festeggiando: - Scaliamo i posti! -
Miku non se lo fece ripetere e si spostò sulla sedia alla sua destra - premurandosi di trascinare con sè il piattino dei biscotti al cioccolato. Rin si sedette dove prima era seduta lei.
- The! - i suoi occhi azzurri s'illuminarono: - Amo il the! Grazie, Miku! - prese la tazza da cui aveva bevuto e trangugiò tutto in pochi sorsi.
"..." sentì le guance troppo calde: "... devo considerarlo un bacio indiretto...?".
- Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? -
- Sai perché un corvo somiglia ad uno scrittoio? -
Miku sbattè le palpebre: - Ehm, penso di no... -
- Intendi che pensi di non poter dire la risposta? - Rin piegò appena la testa di lato, lo sguardo incuriosito.
- Direi di sì... -
- Tu dici sempre quello che pensi? -
- Beh, sì. Perlomeno... - ci riflettè: - ... penso quel che dico. La si può considerare la stessa cosa, no? -
- Si potrebbe. - annuì il Cappellaio, sapiente: - Dunque tu vedi quello che mangi. -
- A meno che non si stia giocando... -
- E quindi mangi quello che vedi. -
- Eh? -
- E respiri mentre dormi. -
- Ci mancherebbe! -
- E allora dormi mentre respiri. -
- Non proprio... -
- Sei davvero strana, Miku. - Rin rise, una mano a coprire la bocca.
"... dovrei dirlo io di te." sospirò: "Anzi, di praticamente tutti, qui." e un altro biscotto scomparve.
- Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? -
- Tu non sei del Paese dello Specchio, vero? -
Il cuore sussultò. Solo quando si rilassò un poco si accorse di aver anche sgranato gli occhi: - No, vengo da fuori. Da oltre la porticina. - precisò.
Rin sorrise. Non c'era alcuna traccia di malizia, o di dubbio: era un sorriso sincero.
"... è adorabile!" si trattenne dall'abbracciarla. Anzi, perché trattenersi? La abbracciò, forte, affondando in quell'intenso profumo di the ed evitando il grosso cappello per chissà quale miracolo.
Era davvero esile, Rin. Sembrava una grossa bambolina.
- Sai, Rin... - si scostò, lei ridacchiava: - ... anche tu mi dai delle belle soddisfazioni! -
"Non come un certo coniglietto che ti somiglia."
Il Cappellaio battè le mani un paio di volte: - Quindi, sei qui perché qualcuno ti ha invitata? -
"Ora posso rispondere senza paura!" - Sì. - annuì: - Mi ha invitata lo Stregatto. -
- Oh! - Rin sgranò gli occhi colmi di stupore: - Non c'è da meravigliarsi che tu sia da sola. Mi dispiace. - le fece pat pat sulla testa e Miku si sentì improvvisamente un po' meno sicura di sè.
Se non altro, la validità dell'invito sembrava confermata.
- Da quanto sei qui? -
- Sono arrivata ieri mattina. -
- Che era il quattro. -
- Che era il quattro. -
- E oggi è cinque. -
- Oggi è cinque. -
Rin annuì, come se stesse memorizzando tutte quelle informazioni. Dopo due interi minuti di silenzio - e un piattino perfettamente ripulito -, la voce del Cappellaio spezzò di nuovo il silenzio: - Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? -
- Cosa farai domani? -
- Voglio andare a trovare la Regina. -
Rin sbattè le palpebre. Le sbattè di nuovo. Schiuse le labbra.
Ed esplose in una risata che rimbombò per tutto il giardino.
Miku si ritrasse, i timpani che dolevano, le mani che cercavano invano di coprire le orecchie.
Senza dubbio Rin aveva una voce estremamente potente.
- Povera Miku, povera Miku! - si versò dell'altro the, recuperando una teiera talmente lontana da costringerla ad allungarsi sul tavolo per prenderla: - Miku va dalla Regina! -
- Com'è? - si affrettò a chiedere: "Gumi non mi ha voluto dire niente, magari Rin..."
La suddetta tornò spalmata sul tavolo, per poi girarsi supina. Il cappello le scivolò sulla tovaglia, scoprendo il resto dei capelli biondi.
- Miku. -
- Sì? - la guardò con attenzione: sembrava seria.
- ... ma tu non sai veramente niente. -
- Eh? -
Rin si rialzò, seduta sul tavolo - e Miku sperò molto che quello non si ribaltasse: - Ma, del resto, ti ha invitata lo Stregatto. E' ovvio che non ti abbia detto niente. - sospirò: - Davvero crudele da parte sua farti una sorpresa del genere. -
- Che vuoi dire? -
- Allora non sai neppure dove sei. -
- Sono... nel Paese dello Specchio. - rispose Miku, incerta: "Sì, sono nel Paese dello Specchio, ma da come l'ha detto..."
- Informazione utilissima. - Rin ridacchiò: - Pensa se fossi in pericolo e dovessero venire a salvarti. "Ehi, ehi, sono nel Paese dello Specchio!", "Sì, ma dove?", "Ah, boh, Paese dello Specchio. Arrangiatevi, ciao!". - la sua risata aumentò d'intensità e stavolta Miku non potè non darle ragione.
"Quindi..." capì: "... il Paese dello Specchio è una regione, se non proprio una nazione?".
- Non posso permettere che Miku vada in giro a parlare come un pollo! -
- Un pollo...? -
Rin scivolò a terra, riprese il cappello e se lo rimise: - Quindi, ora ti farò una luuuuuuuunga spiegazione su tutto! Ma proprio tutto tutto! -
Miku era sicura di essersi illuminata: "Un mega-inforigurgito magari risolutivo! Ho dovuto aspettare tanto ma, alla fine, è arrivato!" ci pensò: "... forse è per questo che Luka mi ha mandata qui?" ci ripensò: "... e perché non me l'ha fatto lei?".
- Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? -
- Ti va un po' di the? -
"..." - No, grazie, sono a posto così. -
- Il Paese dello Specchio è diviso in sette Paesi. -
Miku si fece attenta: - E non vi confondete? -
- No! - Rin alzò le spalle: - Si chiamano Paese del Rosso, Paese dell'Arancione, Paese del Giallo, Paese del Verde, Paese dell'Azzurro, Paese dell'Indaco e Paese del Viola. -
- Come i colori dell'arcobaleno! - li riconobbe - e si sentì all'istante coltissima.
- Tieni. -
Un foglio di carta, apparso da chissà dove. Miku lo prese e lo guardò.



- Questo è il Paese dello Specchio. -
Miku sbattè le palpebre: - Ma... ma... - alzò lo sguardo verso Rin, davanti a lei: - Ora dovresti farmi una descrizione accurata, inserendo le informazioni nella narrazione, cercando di essere più chiara possibile, in modo che le tue parole assumano nella mia mente una forma il più precisa possibile! D'accordo che un'immagine vale più di mille parole, ma non puoi liquidare una descrizione con un'immagine! -
- Eccerto, adesso mi devo pure mettere lì con il goniometro a vedere di quanti gradi è l'angolo di ciascun regno. - Rin sbuffò, portò le mani ai fianchi, sopra l'immensa gonna: - E poi, non ho intenzione di appoggiare una materia tanto discriminatoria come la geometria! -
- Discriminatoria...? - "D'accordo, non piace neppure a me, ma perché...?"
- Pensaci! - Rin si sedette accanto a lei, sulla sua sedia, costringendola sul bordo: - Come si chiama l'angolo di novanta gradi? -
"Oh, no. Non ora. Non un'interrogazione di geometria a sorpresa!" - ... raggio? -
- Esatto, retto! -
Sia che Rin si fosse lesa i timpani da sola con la sua risata sia che avesse fatto finta di aver capito male sia che avesse davvero capito male, Miku ne fu felice. Almeno, per le due finali. Si sarebbe dispiaciuta, per la prima. Ma, dato che fino a quel momento l'aveva sempre sentita benissimo, fu abbastanza sicura di poter escludere la prima ipotesi.
- E quello di centottanta? -
- ... piastrato? -
- Piatto, esattamente! - il suo sguardo si assottigliò: - E... come si chiama quello di trecentosessanta? -
- ... girino? -
- Angolo giro, a volerlo dire per intero. - mise le braccia conserte: - E... quello di duecentosettanta? -
Miku deglutì. Era la domanda decisiva: - ... succo di negi. -
- Esatto! - Rin saltò su, lei quasi cadde dalla sedia: - Non ce l'ha! La geometria non ha dato il nome all'angolo di duecentosettanta gradi! -
- Ah, sì? - aveva studiato così tanto la geometria da non sapere neppure cosa fosse esattamente un angolo, quindi si sentiva molto partecipe della questione.
- Sì! - il Cappellaio prese un biscotto al burro e lo mangiò con rabbia, come se fosse colpa sua: - E io mi rifiuto di associarmi ad una materia tanto crudele e discriminatoria! -
- Fai benissimo. - Miku annuì: - Dovremmo dissociarci tutti dalla geometria. -
- E anche dall'algebra. E' sua complice. -
- Indubbiamente. -
Decise arbitrariamente che Rin, escludendo i suoi curiosi scatti, poteva rientrare a pieno titolo nel gruppo delle "brave persone".
- Dato che sei un'ospite, ti farò scegliere. - un dito apparve sullo spicchio giallo: - Posso partire dal Paese più bellissimo e importantissimo o andare in ordine di arcobaleno. -
Dato che era alquanto evidente il suo desiderio di iniziare dal Paese del Giallo, Miku decise: - Dal Paese più bellissimo e importantissimo. -
- Dicevamo del Paese del Giallo. - Rin intrecciò le dita: - Il Paese del Giallo è la capitale del Paese dello Specchio. Guardalo, guardalo! -
Miku tornò a guardare il foglio.
- E' il più grande di tutti, ha un posizione perfettamente centrale ed è il capo assoluto. E' lì che si trova il Palazzo della Regina, proprio nel vertice dell'angolo. -
Rialzò la testa: - Quindi noi siamo nel Paese del Giallo? -
- Ti sembra il Paese del Giallo, questo? - il Cappellaio aprì le braccia: - Siamo circondati da alberi! -
- Aaaallora siamo nel Paese del Verde...? -
- Esattamente! - Rin ridacchiò: - Al confine con il Paese del Giallo e non lontano dal Palazzo della Regina, per la precisione. Siamo proprio vicino alla riga. -
"Non mi stupirebbe sapere che ci sono veramente le righe nere. Magari delle frontiere. Tipo Frontiera della Linea Nera.".
- Il Paese del Giallo è un posto bellissimo. - un sorriso: - C'è sempre il sole, e il caldo. Anche in inverno. Però non è caldo afoso, è un caldo piacevole. E il panorama è meraviglioso. Soprattutto se lo guardi dall'alto. Ci sono le montagne, le colline, le pianure... e tanti fiori, e le casette sono così carine... E fanno dei dolcetti buonissimi, i migliori di tutto il Paese dello Specchio! - aveva le guance rosse, gli occhi che le brillavano.
Miku non riuscì a non sorridere: - ... ti piace molto. -
- Amo il Paese del Giallo. -
Di colpo, il suo sguardo fu velato da qualcosa: - ... avrei voluto accorgermene prima. -
Il suo sorriso si fece amaro.
- ... Rin? -
Rimase immobile.
Il Cappellaio sembrava quasi una persona diversa.
Aveva distolto lo sguardo, l'aveva portato alla tavola, ma forse non la stava davvero guardando. Continuava a sorridere. Ma sembrava più volesse piangere.
- ... Rin? - provò, di nuovo.
Stavolta, lei la sentì, tornò a guardarla.
E sorrise, come se non fosse successo niente: - La Regina è il capo assoluto! - riprese: - Nessuno può opporsi agli ordini della Regina! -
"Avevo intuito..."
- Però, la Regina non si può sempre guardare alle spalle, quindi c'è il Paese del Viola. - lo indicò: - Vedi? E' proprio all'ombra del Paese del Giallo! Serve per evitare che qualcuno attacchi la Regina alle spalle! -
- Oh... - sbattè le palpebre: - E perché il Palazzo non è stato costruito al centro del Paese del Giallo, piuttosto che ad un estremo? -
- Il Paese del Viola fa capo ad un Duca. - forse non l'aveva sentita, o forse aveva fatto finta di non sentirla, e Miku non ne fu felice: - Il Duca deve rispondere agli ordini della Regina. -
- Mi sembra giusto. -
- Tuttavia, qualche anno fa, il Duca del Paese del Viola diede un po' di problemi, quindi abbiamo dovuto prendere provvedimenti. -
- ... problemi? - "Duca problematico...?"
- Ormai è passato. - Rin alzò le spalle: - Anche se si notava già da prima che il Duca non fosse molto affidabile. Ha persino rinominato il suo Paese, chiamandolo "Venomania". -
Miku trasalì: "E' davvero Gakupo Kamui!"
- Ma nessuno lo chiama così, a parte lui e gli abitanti del Paese del Viola. Quindi, ti consiglio di chiamarlo "Paese del Viola" e basta. -
- Sì. - annuì: - Ma non credo che un solo cambio di nome possa etichettare qualcuno come "poco affidabile"... -
- L'improvviso malfunzionamento delle comunicazioni e conseguente casuale non arrivo degli ordini della Regina nonché presunte comunicazioni da parte del Duca andate misteriosamente perse hanno fatto sorgere qualche dubbio. -
- Su, magari erano davvero solo le poste... - ricordò quanto le aveva detto Gumi: - Si sa che le notizie viaggiano molto lentamente! -
- Il tentativo di rapimento della Regina ha fatto sorgere ancora più dubbi. -
- ... uhm. -
- Così come il curioso spopolamento dei Paesi vicini. -
- Eh? -
- Poi, beh, anche il fatto che nel Paese del Viola circolasse tutt'altra moneta, con gran gioia dei cambiavalute, direi, e avessero messo una barriera di bombe al confine col Paese del Giallo sono stati curiosi avvenimenti. -
- Magari era solo la vostra immaginazione. -
- Probabile. - Rin annuì: - Ma abbiamo comunque preso provvedimenti. Sai, per precauzione. -
- Quindi ora è tutto tornato alla normalità! -
- Intendi se le comunicazioni fanno ancora schifo, se ci sono ancora le bombe e se hanno tutt'altra valuta? -
- Sì. -
- Sì. -
Miku rimase interdetta: - Ehm... "sì" nel senso che...? -
- Sì, le comunicazioni fanno ancora schifo, ci sono ancora le bombe e hanno tutt'ora un'altra valuta. -
"... e allora cosa dovrebbero aver risolto...?"
- Il Paese del Verde, dove siamo noi... - Rin continuò, ignorando la sua palese perplessità: - ... non ha niente di interessante. Ci sono alberi. E verdura. Tanta verdura. E' il posto migliore dove coltivare. -
- Spiega tutti quegli orti... - mormorò Miku.
- Il Paese dell'Azzurro è il nostro villaggio vacanze! - il Cappellaio s'illuminò: - C'è mare, tanto mare! Su tutta la costa! E le spiagge, e tanti gelati! C'è sempre un tempo perfetto per fare il bagno, anche di notte! -
- Oh... - tornò a guardare il foglio: - Deve essere un Paese molto ricco... per il turismo, dico. -
- Sì! Dà un sacco di entrate al Paese del Giallo! -
- ... -
- Del resto, il Paese del Giallo dà un sacco di clientela al Paese dell'Azzurro! -
- ... clientela del Paese del Giallo che paga nel Paese dell'Azzurro. -
- Sì! -
- E il Paese dell'Azzurro poi dà un certo tot del guadagno al Paese del Giallo. -
- Sì! Circa l'ottanta per cento! -
- ... - decise di non commentare una tale genialata: - E questo? - chiese, invece, indicando la striscia tra Azzurro e Viola.
- Oh, quello è il Paese dell'Indaco. - il tono di Rin si era fatto esitante: - Non sappiamo esattamente a cosa serva. Non credo abbia neppure degli abitanti. Sta lì. -
- E perché non ci fate qualcosa? -
- Il Paese dell'Azzurro non lo vuole... - l'altra sospirò: - ... non c'è neppure una strisciolina di mare, un lago, un fiume, una pozzanghera. Niente! Però... - scoccò un'occhiata allo spicchio viola: - ... c'è il Paese del Viola che sarebbe molto interessato ad averlo. Per espandere il proprio territorio. Abbiamo avuto i nostri legittimi dubbi quando abbiamo notato svariate bandierine viola con su scritto "Proprietà del Paese del Viola, formalmente Venomania" piantate un po' ovunque. -
"Gakupo Kamui è una persona estremamente losca.".
- Quindi, dato che le bandierine non sono valide come prova d'acquisto, lasciamo che il Paese dell'Indaco rimanga il Paese dell'Indaco, pur di non darlo al Paese del Viola. - Rin si versò del the, stavolta a distanza sensata, non fosse che stava versando da due teiere: - Qualunque sia la sua utilità. -
- Capisco... -
- Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? -
- Ti va un po' di the? -
- No, grazie. -
Per tutta risposta, Rin lanciò via la tazzina - che ovviamente s'infranse a terra - e bevve dal beccuccio di una teiera, l'altra ancora a mezz'aria.
Giusto per fare qualcosa, Miku tornò a guardare il foglio. Indicò i due spicchi restanti: - E questi? -
- Il Paese del Rosso e il Paese dell'Arancione. - impilò le teiere una sopra l'altra: - Fa un caldo assurdo, là. - e quella sopra ruzzolò sulla tavola, rotolando per qualche centimetro prima di sbattere contro un piatto di bignè.
Già che l'aveva notato, Miku si premurò di metterci mano.
- Il Paese dell'Arancione è un posticino tranquillo. - il Cappellaio prese un biscotto al burro e lo intinse in un bricco del latte: - La zona di Rossovetro, in particolare, è molto graziosa. -
"Rossovetro..." finì di smangiucchiare il terzo bignè. Erano buoni. Pieni di crema.
- E' al confine con il Paese del Rosso. Vacci, se ti capita! -
- Volentieri! - "Magari potrebbe accompagnarmi Gumi. Sarebbe carino vedere casa sua!".
- Il Paese del Rosso è un deserto. - estrasse il biscotto dal latte e si scolò il contenuto del bricco: - Vuoi un biscotto? - glielo porse.
Miku scosse la testa: - Sono impegnata con i bignè. -
- Ti capisco. - intinse il biscotto in un barattolo di marmellata scura - e quello, ovviamente, si ruppe. Così, Rin recuperò un coltello e si mangiò il biscotto molle zuppo di latte e marmellata.
Non disse altro.
La spiegazione doveva essere finita.
- Ti ringrazio molto per avermi spiegato. - Miku posò il foglio sul tavolino: - Ora mi è tutto più chiaro. Soltanto... -
- Sì? -
- ... cosa c'entra questo con la Regina? -
- Questo questo, dici? - una risata, alta ma non spaccatimpani: - Niente! Non c'entra niente! Niente niente! -
"..." sospirò: - Potresti narrarmi della Regina, allora? -
- La Regina... - Rin si portò il coltello alle labbra, pensierosa: - La Regina... la Regina è pazza! - e stavolta ci fu, la risata spaccatimpani.
Miku vide il Cappellaio scattare in piedi, liberarsi di posata e marmellata e lanciarsi di nuovo sulla poltrona: - La Regina è pazza! La Regina è pazza! - urlò, tra le risate: - Tutti odiano la Regina! Tutti odiano la Regina! Perché la Regina è pazza! Pazza! -
- La odiano...? - si alzò, titubante: - ... l'unica che mi è parso la trovasse antipatica è Gumi... -
- Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? - sapeva benissimo cosa stava per chiederle.
- Ti va un po' di the? - ecco.
- No. - sospirò: - Vorrei sapere della Regina. -
- Cosa vuoi sapere della Regina? - Rin portò i talloni sul sedile, si lasciò andare contro lo schienale.
- ... com'è. - rispose Miku, semplicemente.
- E' pazza! - quegli occhi azzurri sgranati: - E' pazza! Completamente pazza! Per questo l'hanno cacciata! Per questo volevano ucciderla! -
- Cosa? - si portò le mani in grembo, incredula: - Spiegami, ti prego. Cos'è successo alla Regina? Chi è? Cosa ha fatto? Da quando sono qui, nessuno ne ha mai parlato male! -
- La tua Regina non è la nostra Regina! - Rin scoppiò a ridere, battè le mani: - Però anche lei è pazza! Perché la Regina è pazza! -
- Parlami della mia Regina. - un passo avanti: - E della vostra. Parlami di tutte e due. Tutto quello che è successo. Voglio sapere. -
Sentiva di doverlo chiedere così. Sentiva di star facendo la cosa giusta.
Il cuore era impazzito.
Per l'aspettativa, per la curiosità.
- Non posso parlarti della nostra Regina senza parlarti della tua. O meglio... - piegò la testa di lato: - ... non posso parlarti della tua Regina senza parlarti della nostra. E' colpa sua, in fondo. - sbattè le palpebre, le labbra schiuse: - No, non è colpa sua. - raddrizzò la testa: - Ma è colpa sua. -
- Parlamene. - giunse le mani.
- Oppure è colpa del Re. -
"Il Re?" almeno era una parola in più.
- Il Re non è pazzo. - riflettè Rin. Poi, un'altra risata.
Miku trasalì.
Delle lacrime.
E non lacrime di risate.
- No. Il tuo Re non è pazzo. - singhiozzava, tra una risata e l'altra, una mano a cercare di coprirsi la bocca, senza successo: - Il nostro Re è pazzo! Pazzo! E' più pazzo di me! -
- Di te? - un tuffo al cuore.
- Eravamo una cosa sola, per questo siamo nati con la stessa pazzia! - gli occhi azzurri erano spalancati: - Però, la nostra Regina era la Regina. Quindi lo sapevano tutti. Il nostro Re non era il Re. Quindi non lo sapeva nessuno. Anche se poi l'hanno scoperto. - rise: - L'hanno saputo tutti! Tutti! Tutti hanno saputo che la Regina è pazza! Che il Re è la Regina! Che quindi il Re è pazzo! -
- Non capisco. - il modo più cauto possibile per dire che non stava seriamente capendo un-
Rin si fermò.
La guardò, come se la vedesse per la prima volta.
Riportò le gambe giù.
Mise le mani sui braccioli.
- Ti racconterò la storia della Regina del Paese del Giallo. -
"Finalmente!" Miku annuì e si sedette sulla sedia più vicina, davanti al Cappellaio: - Prima che tu lo chieda... - l'anticipò: - No, non voglio del the. -
- Oh. - Rin alzò le spalle.
Sembrava non avesse aperto bocca fino a quel momento.
La guardò negli occhi, e iniziò a narrare: - Tanto, tanto tempo fa, in un certo posto, c'era un regno disumano. Dalla sua sommità, comandava una regina di quattordici anni. -.






Note:
* "In profondità, in profondità, in mezzo alla nebbia, rieccheggia una voce accattivante": Trick and Treat [ Traduzione ]
In realtà, un po' tutto il capitolo è uno pseudo-song-chapter di Trick and Treat, quindi... U.U
* "Spezia calda e amara / La darò solo a te, adesso": Spice [ Traduzione ]
* "Sei da sola / Sono qui. E sto sorridendo.": Pseudocitazione a Messiah or Desire [ Traduzione (inglese) ]
(Per quanto il video mi provochi ilarità e il testo quasi altrettanto, ti sconsiglio altamente di vederlo/leggerlo se hai meno di 15/16 anni.)
* Alcuni dialoghi di Rin e Miku sono presi dalla parte del Cappellaio in Alice in Musicland [ Traduzione ]
* Il falcetto di Len è un riferimento al video di Aiyoku no Prisoner / Prisoner of Love and Desire.
* "Tanto, tanto tempo fa, in un certo posto, c'era un regno disumano. Dalla sua sommità, comandava una regina di quattordici anni": Aku no Musume / Daughter of Evil [ Traduzione ]




Complimenti, Miku! Hai incontrato i Kagamine molto in vena di giocare con te! *O*
(Te l'avevo detto che non saresti stata affatto allegra. Ma guarda il lato positivo: non è Halloween.)

Questo capitolo sarebbe dovuto essere un tutt'uno con il precedente; tuttavia, Len&Rin si sono voluti prendere TUTTO lo spazio e sono stata costretta a fare un capitolo su di loro.
... il primo di.
Perché il prossimo capitolo e quello ancora dopo - sì, dovevano essere uno anche loro. - non avranno Miku come personaggio principale.
Non si starà neppure nel presente, se è per questo.
Non- oh, avete capito. U.U

Parlando delle due adorabili creaturine: ebbene sì, la Lepre Marzolina e il Cappellaio sono proprio loro due *O*/
... beh, il Cappellaio si sapeva già da Alice in Musicland. E l'altro... U.U

A proposito: Len è uscito più psycho di quanto pensassi.
Di nuovo.
Mi è stato fatto notare come il mio headcanon su di lui sia piuttosto curioso.


Rin, invece, ha fatto un gran miscuglio di citazioni dalla canzone di cui sopra e dal libro di Alice - prendendo frasi sia del suo corrispettivo originale che della Lepre.
Non c'entra niente ma mi andava di dirlo: di Alice, io vidi prima il film Disney *eoni fa* e poi mi informai sul libro *sempre eoni fa*.
Rimasi turbata (?) dal fatto che il "Leprotto Bisestile" fosse in realtà la "Lepre Marzolina". °A°


Ah, ho inserito un'immagine e nel regolamento di EFP c'è scritto che si può, rimanendo entro determinate misure.
Spero si possano inserire anche immagini all'interno della narrazione vera e propria - non ho trovato niente a riguardo. Se così non fosse, ditemelo e la leverò!

Dal prossimo capitolo, i toni cambiano un po'.
E immagino abbiate intuito il perché.

Spero che questo capitolo vi sia stato di gradimento ^^ A Miku no.
Se ci sono critiche da farmi o consigli da darmi, dite pure ^^

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Capitolo 6
*** Il fiore del male sboccia dolcemente... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Il fiore del male sboccia dolcemente
Nei colori più brillanti
~



Scoppiò a ridere, coprì le labbra con il ventaglio più per scena che per educazione.
- Avanti, inginocchiati! -
In fondo, che bisogno c'era di essere educati? Erano gli altri a doverlo essere in sua presenza, non certo lei nei confronti altrui.
Chi erano loro per poter esigere che lei sottostasse ad una qualche regola dell'educazione?
Quella persona - chiunque fosse, non ne aveva idea, prima si era presentato, ma una mosca aveva attirato la sua attenzione e non l'aveva proprio sentito -, che era una persona che evidentemente sapeva benissimo quale fosse il suo posto, obbedì.
- Mia signora- -
- Anche le mani! - chiuse il ventaglio: - Giù! Giù! Metti giù anche le mani! -
Il brav'uomo obbedì. Dato che era proprio bravo, s'inginocchiò anche con l'altro ginocchio, mettendosi carponi.
- La testa! La testa! - picchiettò il ventaglio contro il bracciolo del trono: - Poggia la testa sul tappeto! -
E l'uomo obbedì.
Rin applaudì: - Bravo! Bravo! - rise: - Sei proprio una bravissima persona! - si voltò verso due servitori al suo fianco: - Dategli la collana di zaffiri, quella che mi avete mostrato ieri! -
Che poi non si dicesse che non fosse una regina magnanima.
- Vi-vi ringrazio, mia signora. -
Scacciò le parole dell'uomo con il ventaglio: - Ci mancherebbe che tu non mi ringraziassi. - accavallò le gambe: - Il prossimo! -
Il tempo riservato a chi le chiedeva udienza era spesso e volentieri fonte di noia; tuttavia, grazie a dei piccoli e geniali accorgimenti, era stata capace di rendere quelle tre ore una fonte di divertimento.
- Mettetevi in verticale e saltellate! -
- M-mia signora, non possiamo saltellare sulle mani- -
- Io l'ho visto fare! Fatelo! Ora! O vi caccio! E dovrete pagarmi il tempo che mi avete fatto perdere! -
La cosa più curiosa era che, verso la seconda ora, nessun suddito le chiedeva più udienza. Non ne aveva mai compreso il motivo.
- Diventate ogni udienza più fantasiosa, mia signora. - aveva sospirato il suo servo personale.
- E' che mi sveglio. - si era portata il ventaglio alla guancia: - Durante le prime udienze sono ancora addormentata... -
- Mia signora. - uno dei servitori: - Non ci sono più udienze, per oggi. -
- Oh, peccato. - si alzò: - Stavo iniziando a divertirmi sul serio. - sollevò un lembo del vestito e si diresse verso le sue stanze.
- Sai... - si rivolse al suo servo, sapeva benissimo che la stava seguendo: - ... forse dovrei appuntarmi le idee da qualche parte, per iniziare a divertirmi fin dal primo mattino! -
- Vi dimentichereste di averle appuntate. -
- Hai ragione. - ridacchiò.
- Piuttosto... -
- Sììììì? -
- ... ma per "collana di zaffiri" intendete quella collana senza gancio, arrugginita e a cui sono saltati diversi zaffiri? -
- E quale altra, sennò? - alzò le spalle: - Tanto non avevo certo intenzione di mettermela, e dovevo disfarmene! - arrivò alla sua camera: - Sono sicura che quel brav'uomo abbia apprezzato. A gente del genere basta davvero pochissimo per essere felici. - entrò, raggiunse il divanetto bianco e vi si lasciò cadere: - Non sono affatto come me. -
- Indubbiamente. -
- Io ho bisogno di molte, molte, molte più cose per essere felice. - si tirò su, seduta, trascinandosi dietro tutti gli strati della gonna: - Ci hai mai pensato? - scoccò un'occhiata al suo servo: - Ci hai mai pensato a quanto possa essere difficile, per me, essere felice? La mia barra della felicità è molto più grande di quella di un qualsiasi suddito, è difficile riempirla tutta! - si lasciò andare contro lo schienale: - Sono davvero sfortunata. -.
L'altro ridacchiò.
- Hai poco da ridere. - lo guardò.
Lo guardò meglio.
Lo fissò.
Si alzò, lo raggiunse, si mise esattamente davanti a lui: - Non ti muovere. -
E lui, da bravo servo, non si mosse.
Lei si mise una mano sulla fronte, in orizzontale, per poi avvicinarla al viso dell'altro. Toccò la base della sua fronte.
- ... - ritentò. Il risultato fu identico.
Si staccò, gli volse le spalle, mise le braccia conserte: - Come osi. - sibilò.
- Cosa...? -
- Come osi essere più alto di me? - si voltò, incontrò il suo sguardo perplesso: - Quand'è successo? Hai ingoiato qualche strana pozione? Ti sei fatto tirare alla ruota? Hai i tacchi? - guardò in basso: niente, aveva le sue solite scarpe nere e lucide.
Il suo servo rise. Lo vide cercare di soffocare la risata con una mano, ma non ebbe successo.
- Non osare ridere di me! - sentiva caldo sulle guance e non era un buon segno. Così lui non l'avrebbe mai presa sul serio.
- Rin. -
Per l'appunto.
- Sì, Len? - portò i pugni ai fianchi, alzò il mento.
- E' normale che sia così. - lui le si avvicinò, posò le mani sulle sue: - E il divario della nostra altezza aumenterà ancora. -
- No. - sbuffò: - Non glielo permetterò! -
Per tutta risposta, Len rise di nuovo.
Si sentì premere appena, lasciò che lui la facesse girare. Si ritrovò davanti al grande specchio ovale della camera.
- Vedi? -
- Lo so benissimo come sono fatta. - anche se doveva ammettere che quella combinazione di giallo e nero del vestito le donava molto.
- Stiamo crescendo. - le mani sui fianchi, le sue: - Anche tu sarai più alta. -
- Quanto te. Se non di più. -
Un'altra risata leggera, vicino all'orecchio: - Temo non sarà così. -
- Ti faccio vedere io se non sarà così. - "Ho i tacchi, dalla mia parte. Non puoi nulla contro di me!"
- Più che altro, magari... - le mani risalirono, e si sentì di colpo incapace di muoversi: - ... metterai un po' di seno! -
- Già c'è! - puntualizzò, afferrando quelle mani sulle coppe del corsetto: - Semmai, ne metterò di più. - le tolse, premurandosi di pizzicare i dorsi con più violenza possibile.
Ma Len, invece di gemere o implorare pietà, ridacchiò.
Era masochista. Non c'era altra spiegazione.
- Beh, potrei dire lo stesso di te! - Rin rimise le braccia conserte - anche per tenere lontano le sue da quella zona.
- Di me? - sembrava seriamente indeciso se lasciar andare la risata che stava cercando di soffocare: - Temo che a me non crescerà mai il seno. -
- Non il seno, idiota. - indicò in basso: - Invece di crescere in altezza, potresti crescere lì! -
A quanto pareva, Len aveva scelto di lasciare libera la risata: - Ti interessa? -
- E a te interessa? - si portò una mano al petto.
L'altro parve calmarsi, le spalle ancora scosse dalla risata: - Non mi dispiacerebbe vederti più rotonda. -
- Rotonda? - gonfiò le guance, sicura che ora fossero perfettamente rotonde: - Vuoi che ingrassi? -
Lo vide portarsi una mano al mento, di colpo pensieroso: - Uhm, un chilo o due non ti farebbero male... - sospirò: - Magari andrebbero anche lassù. -
- Di nuovo. - aprì il ventaglio con uno scatto, si sventolò - e si sentì di colpo molto meglio. Non si era accorta di quanto caldo ci fosse, sul suo viso: - Se diventerò una palla, saprò a chi dare la colpa. - si voltò e andò a passo pesante verso il balcone.
- Non ti permetterò di diventare una palla. - e Len apparve al suo fianco, come se nulla fosse: - Mi premurerò di far diventare la mia sorellina la più bella del reame! -
- Non ti sapevo consigliere di bellezza. - uscì, e il vento fu un'altra ondata di sollievo.
- Se si tratta di te, posso diventarlo. -
- Certo, certo. - si appoggiò al davanzale.
C'era una vista magnifica del Paese del Giallo, lì dalla sua stanza - e, socchiudendo gli occhi, sull'orizzonte riusciva ad intravedere anche il Paese del Verde.
Era riuscita persino a fare un'intera piantina del regno, semplicemente stando lì sul balcone con foglio e matita.
Metri, metri, chilometri, chilometri di edifici delle più svariate gradazioni del giallo: chiarissimo, quasi bianco; acceso, accecante, con il sole che ci si rifletteva sopra; scurissimo, quasi sporco; giallo che sembrava buttarsi nell'arancione, ma che non ci andava per pure questioni onomastiche.
Aveva provato a riprodurre tutte quelle sfumature, ma i pastelli non sembravano bastare - neppure quando si faceva portare la Super Confezione Di Pastelli Definitiva - e lei era un disastro a mescolare i colori; così, la sua piantina risultava un insieme di macchie gialle, il colore più o meno calcato.
Le vie di pietra bianca, e i negozi, e i profumi che impregnavano l'aria, e-
- Cos'è quello? - indicò una bruttissima macchia marrone che rovinava il panorama.
- E' il quartiere dei poveri. - anche Len si appoggiò al davanzale: - Più poveri dei poveri, dico. Hanno dovuto costruire delle baracche abbattendo un po' di alberi del Paese del Verde. -
- Ma che orrore! - si coprì la bocca con il ventaglio: - Dovrò subito dare ordine di ridipingere quelle baracche! - guardò gli edifici lì attorno: - Giallo chiaro andrà bene. -
- Farò chiamare i verniciatori di corte- -
- Eeeeeeeeh? - sgranò gli occhi: - Stai scherzando? Loro hanno fatto quell'orrore e loro lo sistemeranno! - alzò le spalle: - Darò loro tre giorni di tempo. Che trovino la vernice e diano un colore sensato al loro quartiere. -
Già avrebbe dovuto aggiungere qualcosa alla sua mappa, figurarsi inserirci una cosa così brutta - soprattutto se la cosa in questione poteva essere facilmente evitata.
- Come desiderate, Vostra Maestà. - il suo servo chinò la testa.
Rin sospirò: - Comunque. - richiuse il ventaglio con un colpo secco: - Ho ancora un'ora di toooooootale libertà, vero? -
- Sì. -
- Allora, andiamo a vedere come sta Josephine! - afferrò una mano di Len: - Andiamo! Andiamo! E' tanto che non la vedo! - non riuscì a frenare un sorriso: - Magari potrò tornarle in groppa, ora! -
- Forse è ancora troppo presto- -
- Nah, sono sicura che ora starà benissimo! -.
Scesero tutte le scale e attraversarono il giardino.
- Sai, Len... -
- Sì? -
- Stavo pensando di farci costruire un labirinto di siepi. - lo guardò: - Secondo te sarebbe carino? -
- Se ti piace, non vedo perché non farlo. - Len sorrise.
- Allora è deciso! - strinse un pugno, lo alzò in segno di vittoria: - Darò ordine di costruire un labirinto di siepi! - magari, dall'alto, avrebbe anche potuto disegnarlo: - E ci farò piantare tante rose! Anzi, anzi, anzi no! - si fermò, l'idea era troppo geniale perché potesse pensarla e contemporaneamente camminare: - Farò un labirinto di rose. - aprì le braccia: - Un intero roseto labirinto! -
- E' senz'altro un'idea originale! - un piccolo applauso: - Solo... -
- Sììììì? - abbassò le braccia.
- ... perché proprio le rose? -
Rin sbattè le palpebre: - ... sono scenografiche. - non era difficile da capire: - E poi, il concetto stesso della rosa non è affascinante? - sorrise: - Un fiore bellissimo, sì, ma che non puoi toccare per le sue troppe spine. - riprese a camminare: - Un fiore che sboccia dolcemente, nei colori più brillanti. E... - sentì il suo sorriso farsi più grande: - ... le miserabili erbacce intorno a lui, le usa come nutrimento. - guardò Len.
Non c'era più quell'espressione serena. Il suo volto era impassibile.
In quel momento non somigliava affatto al proprio, ne era sicura.
- Mi piacciono le rose. - trasse un profondo respiro: - Sono come delle bellissime Regine. E io sono una Regina. - fece una piroetta, sentì la gonna alzarsi, un cerchio perfetto: - Non somiglio ad una rosa, Len? -
- Una rosa gialla. -
- E vado benissimo così! - gli sorrise.
L'espressione seria di Len si sciolse: - Sì. Vai benissimo così. -.
Erano arrivati alla Residenza Privata di Josephine.
Rin bussò, più per farsi aprire che per cortesia.
Schioccò la lingua con disappunto quando le vennero ad aprire ben dieci secondi dopo.
- Dovreste lasciare qualcuno alla porta. - disse, entrando: - Non potete far aspettare la gente così! -
- Perdonatemi, mia signora! -
- Tranquillo, detrarrò dieci denari dal tuo stipendio di questo mese, come risarcimento. -
L'operaio la inseguì, lo sentì alle sue spalle: - Ma, mia signora, il mio stipendio è di cinque denari- -
- Oh, allora vuol dire che detrarrò due tuoi stipendi. -
- Mia signora. - Len. Rin lo guardò: - Mia signora, che ne dite di detrarre un denaro a quest'uomo per i prossimi dieci mesi? -
- Oh! - ci pensò. Annuì: - Mi sembra una cosa fattibile. -.
Tornò a guardare davanti a sè, alzò la gonna per evitare che l'orlo si sporcasse.
Quando la vide, si sentì come se tutte le finestre fossero state aperte di colpo, facendo entrare quanto più sole possibile all'interno della Residenza.
- Josephine! - le corse incontro, fino a raggiungerla. La toccò: era fredda, gelida, tanto da darle un brivido.
Individuò uno dei curatori: - Allora? Come sta? -
- E' quasi tutto a posto, mia signora! - rispose lui, con un gran sorriso: - Dobbiamo cambiare un paio di cose e poi sarà come nuova! -
- Ah! Non vedo l'ora! - battè le mani, incapace di tenerle ferme. Saltellò sui talloni, tornò a guardare Josephine: - Anche tu non vedi l'ora, eh? Presto torneremo a scorrazzare nei prati! - posò un bacio sulla superficie gialla più vicina: - Ma niente impennate vicino a dirupi, stavolta! -
- E potrete sperimentare il nuovo Percorso Sicuro ideato dai nostri ingenieri di corte! - Len apparve al suo fianco: - Così non avrete più niente che rischia di finire sotto il rullo! -
- Che finché sono cose piccole va bene, ma quando poi ci sono le cose grosse... - accarezzò Josephine: - Non le piace molto fare manovra. Preferisce andare sempre dritta. -
- Eh, sì. - un sospiro: - I vostri sudditi lo sanno molto bene. -
Rin si avvicinò, così tanto da specchiarsi in quel lucido giallo: era...
- ... è così chiara... -
- E' il tempo che passa. - spiegò l'operaio a cui aveva parlato: - La vernice finisce con lo sbiadire, con il passare degli anni. -
Sbattè le palpebre: - Allora riverniciatela! -
- Mia signora... - l'uomo abbassò lo sguardo, e questo era puntualmente presagio di seccature: - ... temo non ci sia denaro per la vernice. -
- Certo che c'è denaro per la vernice! - "In questo castello non manca mai denaro!"
- Nella ripartizione del denaro, i vostri ministri hanno lasciato ben poco ai fondi della manutenzione di Josephine... -
- E' per poter fare tutte le altre cose. - intervenne Len: - Per gestire le entrate in modo che non manchi mai niente. -
- E invece le cose mancano! - sbuffò: - Che razza di incompetenti ho, come ministri? Oh, li sottoporrò tutti ad un qualche esame. - aprì il ventaglio, si fece aria: - Dato che è palese che certe aree si ritrovano senza fondi, direi che è il caso di trovare nuove entrate. -
- Certo, mia signora. -
- Quindi, darò ordine di alzare le tasse di cinquecento coppe! -
Il volto dell'uomo si fece di colpo bianco.
Succedeva spesso. Ormai ci aveva fatto l'abitudine.
- Andiamo. - scoccò un'occhiata a Len: - Mi raccomando! - sorrise, rivolta agli operai: - Trattate con cura la mia Josephin- ah! -
Si sentì tirata, fermata, appena in tempo per evitare di scontrarsi con un operaio fermo lì sulla sua traiettoria.
Guardò prima Len - la mano ancora stretta al suo braccio - poi il signore: - Cosa stai facendo? -
- Perdonatemi, mia signora. - si affrettò a dire lui, e anche lui era bianchissimo: - C'era un insetto e ho dovuto eliminarlo. -
- Insetto? - inarcò un sopracciglio.
- Sì, mia signora. Uno scarafaggio. -
Si sventolò, piano: "... magari l'esame lo faccio fare pure a loro."
- Di grazia... -
- Sì, mia signora? -
- ... quale problema vi dà un minuscolo scarafaggio? - guardò Josephine: - Voi vi prendete cura di una schiacciasassi! -
- Uno solo nulla, mia signora. - aveva abbassato lo sguardo: - Ma meglio prevenire. -
- Prevenire? - sbattè le palpebre, confusa: - In che modo togliere di torno uno scarafaggio può prevenire qualcosa? -
- Può prevenire un'invasione di scarafaggi. - spiegò l'operaio, aveva rialzato lo sguardo: - Meglio eliminarli quando sono ancora pochi che ignorarli e poi lasciarsi travolgere. -
- Uhm... - "D'accordo, forse l'esame possono non farlo. Mi sembrano più intelligenti dei miei ministri.": - Non ci avevo mai pensato. Mi premurerò di eliminare scarafaggi, nel caso ne vedessi anche solo uno. -
Giusto per evitare di finire per calpestare quel che era già stato calpestato, fece il giro e uscì dalla Residenza.
Non prima di essersi voltata: - Ciao, Josephine! - sventolò la mano e tornò nel giardino.

- Dovete capire, mia sig- -
- Devo? - assottigliò lo sguardo: - Credo di non aver sentito bene. Mi pare di aver udito qualcosa di simile a "devo". -
Il ministro tacque, gli occhi appena più spalancati. Diede un colpo di tosse, poi si affrettò a ripetere: - Come ben capite, mia signora- -
"Ora va molto meglio." ministri da educare. Pure a questo doveva pensare.
E sì che erano adulti, si supponeva fossero in grado di gestirsi da soli.
- -le entrate a Palazzo sono quelle che sono ed è necessario distribuirle nel modo più consono. -
- Cosa che non mi pare proprio voi stiate facendo. - agitò il ventaglio, una punta d'irritazione: - Non è possibile che le entrate a Palazzo siano così poche. - un'idea, di colpo, come un fuoco d'artificio. Chiuse il ventaglio, lo puntò contro il ministro: - A meno che non le intaschiate voi! -
- M-mia signora, n-noi- -
- Perquisite all'istate i loro appartamenti! - frustò l'aria con il ventaglio, scoccò un'occhiata alle guardie allineate contro il muro, neanche fossero d'arredo.
- Sissignora! - e, obbedienti, corsero dove di dovere - loro dovere.
- I vostri conti saranno congelati fino alla fine delle perquisizioni. - scrutò il volto di ciascun ministro, chi sbiancato, chi rosso.
Quello rosso non le piacque.
- Beh? Cosa c'è? - picchiettò il ventaglio contro il palmo: - Hai qualcosa da nascondermi? -
- Sia mai, mia signora! - tremava, il ministro. Ma non di paura. Sembrava più...
- Osate forse essere arrabbiato con me? - strinse la presa.
- Assolutamente no, mia signora! - il rossore stava sfumando nel rosa. Meglio, molto meglio.
- Se c'è qualcuno che ha voglia di scaldarsi tanto... - abbassò appena le palpebre: - ... me lo dica subito. Ci sono un sacco di prigioni libere e mi assicurano che laggiù faccia fresco. -.
Silenzio.
- A proposito. - le tornò in mente: - La prossima settimana sarete tutti sottoposti ad un test preparato da me medesima. - li vide scambiarsi degli sguardi, ma non riuscì a capire di che tipo e la cosa la infastidì: - Sono test di valutazione. Chi non li supererà, dimostrerà di essere inadatto al ruolo di ministro. Quindi, sarà licenziato. -
Più di uno dei presenti trasalì.
"Almeno hanno recepito il messaggio." se ne andò, stanca di stare in mezzo a tanti incompetenti.
- Ti aiutano, dicono. - cinguettò, irritata: - Sono saggi, sanno cosa è giusto fare!, mi hanno detto. - alzò la gonna, salì le scale a chiocciola: - Devi affidarti a loro!, mi dicono. - scosse la testa: - Banda di idioti. - percorse il lungo corridoio illuminato: - Se dessi retta a loro, il Paese del Giallo sarebbe in rovina! -
- Non che ora versi in belle condizioni. - Len l'aveva seguita, ovviamente, passi silenziosi alle sue spalle.
- Ma il popolo mi ama! - alzò il mento, fiera: - E' questo l'importante! -
- Il popolo vorrebbe che voi prestaste più attenzione ai suoi bisogni. -
Rin si fermò.
Si voltò, lo guardò dritto negli occhi azzurri: - Io presto la massima attenzione ai bisogni del popolo! Guarda, ad esempio! Ho fatto in modo che la scuola non esistesse più! -
Len sorrise: - Infatti il livello di analfabetismo sta crescendo in modo esponenziale. -
- Sì, ma non c'è più la scuola! - "Come fa a non capire?": - Tutti i giovani hanno fatto festa, quando l'ho annunciato! -
- Ma i più piccoli non sanno né leggere né scrivere e le tasse troppo alte costringono i genitori a lavorare talmente tanto da non avere tempo per insegnare loro le basi. -
- ... ma non devono più andare a scuola! - sbuffò: - Len, sei terribilmente tonto, oggi! -
Lui continuò a sorridere, come se non avesse detto niente.
A volte le dava sui nervi, quando faceva così.
Quindi, gli diede un pugno sul petto: - Sembri più idiota del solito, con quel sorriso! -
- Scusa, scusa! - una mano sul pugno, calda: - Mi preoccupo per te. -
Rin allungò l'altra mano e gli schioccò le dita sul naso. Se non altro, stavolta cambiò espressione in una sorpresa.
- Rischi di diventare come i ministri. -
E in una offesa: - Io non sono come i ministri! -
- Lo diventerai, se continui a dire cose del genere! -
- Non ho intenzione di diventare come quelli là! -
- La cosa mi rende felice, perché altrimenti... - si scostò, sorrise - o forse ghignò: - ... sarei costretta a licenziarti. -
Anche Len sorrise.
No, lui ghignò proprio: - Ma tu non puoi licenziarmi. - la mano tornò a toccarla, sulla testa, vicino al fiocco nero che reggeva la crocchia: - Non hai alcun potere su di me. -
Rin non potè far altro che sospirare: - Vorrei davvero averne. -
Le sarebbe piaciuto potergli chiedere qualsiasi cosa, decidere del suo destino come faceva per tutti gli altri, costringerlo a fare ciò che lei voleva e sentirsi autorizzata a metterlo a tacere anche se non aveva neppure aperto bocca.
E invece no.
Len sorrideva, le diceva di no, ipotizzava, metteva in dubbio le sue idee geniali e, soprattutto, proprio si ostinava a-
Gli mise le mani sulla testa, a sua volta.
Strinse i pugni.
E alzò le braccia, portandosi dietro le lunghe orecchie bianche nascoste.
L'espressione sconvolta di Len fu qualcosa di impagabile.
Lui corse ad afferrarle - il calore sulla sua testa venne a mancare - e a rimetterle giù: - Smettila! -
- Ma sono coooooosì caaaaaaaarine! - rise: - Tirale fuori! Tirale fuori! - battè le mani: - Dai! Dai! -
- Non ci penso nemmeno. - le guance erano diventate scarlatte.
Succedeva anche a lui.
Ed era sempre una visione bellissima. Doveva sempre trattenersi dallo scoppiare a ridere, però.
Ridere sguaiatamente la distraeva da ciò che la faceva ridere. Non aveva ben chiaro di come ciò fosse possibile, ma tant'era.
- Cattivo! - gonfiò le guance, ma non era arrabbiata. Ci aveva fatto l'abitudine.
- Comunque, se la cosa ti consola... - Len tornò a sorridere serafico, come sempre, e il rossore iniziò a svanire: - ... tutti credono che tu abbia comunque potere di vita o di morte su di me, come un qualsiasi tuo servitore. -
"..."
- Len. -
- Sì? -
- D'accordo che il popolo è stupido, ma bisogna essere proprio deficienti per non capire che sei mio fratello gem- -
- NON DIRLO! -
Si sentì soffocare.
La mano di Len contro la bocca, contro il naso.
Per tutta risposta, schiuse le labbra e la leccò.
Lui la ritrasse all'istante con un gemito schifato, per poi pulirsela sul fianco.
- Non mi soffocare! -
- Rin... - fece lui, ancora intento a sfregare il palmo contro la stoffa: - ... i gemelli, soprattutto se eredi al trono, sono visti come segno di sventura! Per questo la nostra parentela è stata nascosta a chiunque e fin da piccolo ho svolto il compito di tuo servitore pur essendo il principe! -
"..."
- Len? -
- Sì? -
- Lo so benissimo, perché diamine hai fatto un'uscita così poco realistica? -
- Non ne ho idea. Ho improvvisamente sentito il bisogno di dirlo. -
- ... tu stai male. -.

Non fosse stato per l'ennesima conferma del fatto di essere circondata da incapaci, quella giornata sarebbe stata perfetta.
Aveva avviato profonde indagini su tutti i suoi ministri, risistemato le tasse - aggiungendo quelle cinquecento coppe in più per permettere una maggior cura di Josephine -, dato ordine di costruire il labirinto-roseto - e incaricato alcuni giardinieri di andare a prendere i semi al Paese del Verde, se non ne avevano, che il Paese del Verde di certo non aveva problemi quali la carenza di piante -, fatto pervenire agli abitanti del quartiere brutto l'ordine di riverniciare e forse stava dimenticando qualcosa, ma non era importante.
Annuì al suo riflesso, fiera, finendo di farsi le trecce.
Era stata davvero una giornata produttiva. Il suo regno sarebbe migliorato a vista d'occhio.
- E' pronto? - chiese, riponendo la spazzola.
- Direi di sì. -
Rin si alzò, si specchiò un'ultima volta e si diresse verso il letto a sette piazze. Dal lato dove era solita dormire, una grossa palla di coperte. Da lì sotto, ciuffi biondi.
- D'accordo, puoi uscire, allora. -
Len rotolò di lato, portandosi dietro un considerevole quantitativo di coperte e lenzuola.
- Nononononono, così va via tutto il calore! - Rin si affrettò ad infilarsi sotto e a riprendersi il maltolto - e a godersi quel bel caldo che era venuto a crearsi.
- Puoi andartene. - disse, raggomitolandosi. Era sicura che sarebbe sprofondata nel sonno di lì a poco, già sentiva un certo torpore.
- Fuori fa freddo. -
"Oh, no." sbuffò: - Vattene. -
- Fuori fa freddo, rimango qui. -
- Vattene. -
- C'è posto per entrambi! -
Sbuffò di nuovo: - Allora rotola sull'altro lato- senza rubarmi le coperte! - con uno strattone, impedì a Len di reimpossessarsi di quel mare giallo e morbido.
Un mugolìo di disappunto.
Un istante dopo, si ritrovò le braccia di Len strette attorno ai fianchi.
- Beh? -
- Voglio questa parte di coperte. -
- No, non la avrai. - portò le mani al suo petto, cercò di spingerlo via, ma lui si era attaccato come una gomma tra i capelli.
- Inutile. Te la ruberò nel sonno. -
- E sei così intelligente da venire a dirmelo? -
- Tanto dormirai. - sorrise: - Non potrai stare sveglia tutta la notte. -
Rin socchiuse gli occhi: - Vogliamo scommettere? - "Accetto la sfida.".
Si svegliò quando un raggio di luce le colpì le palpebre.
Si svegliò.
Dunque si era addormentata.
Len era ancora incollato, gli occhi chiusi, il respiro regolare.
E lei aveva ancora le sue coperte.
"Ah-ha!" sorrise, trionfante: "Allora ho vinto io!".

- Sembra ci siano alcuni problemi al confine del Paese dell'Azzurro. -
Rin schioccò la lingua, seccata: - Problemi tipo? -
- Sparizioni. Sembra che il numero vada in crescendo. -
Alzò gli occhi al soffitto, esasperata: - Sparizioni di cosa? - "Perché la gente non formula le frasi così come andrebbero grammaticalmente formulate?"
- Ehm... - il ministro diede un colpo di tosse: - ... persone, mia signora. -
"Oh." sbattè le palpebre, piano: - ... e io cosa posso farci? -
- Ehm... -
- Niente "ehm", dì le cose solo una volta che le hai pensate. - aprì il ventaglio e si sventolò, irritata: "Possibile che ogni udienza con i ministri si riveli sempre così... così..." aumentò la forza nel polso.
- Mandare qualcuno a controllare. - lo vide guardarsi intorno, come in cerca di aiuto.
"Fammi indovinare. Tu non passerai il test." - Ma se sapete che spariscono persone... - assottigliò lo sguardo: - ... vuol dire che siete già andati a controllare. -
- Maggiori controlli, vostra maestà. - s'intromise un altro ministro, che forse aveva accolto la richiesta di aiuto del primo: - Indagare su cosa stia succedendo laggiù. -
- "Laggiù?" - si raddrizzò, ormai la mano con cui si era tenuta il viso fino a quel momento stava iniziando a formicolare: - Il Paese dell'Azzurro non è poi così "giù". Soprattutto il confine. -
- Si tratta del confine con il Paese dell'Indaco. -
Silenzio.
- Con il Paese del Viola. -
- Beh, allora contattate il Duca del Paese del Viola! - sentì l'irritazione brulicare all'altezza dello stomaco: - E' lì per quello, no? Mica posso sempre fare tutto io! - "Soprattutto considerando che devo fare il decuplo del lavoro a causa della vostra incapacità!"
- Ci abbiamo provato. - il ministro fece un veloce inchino - forse aveva capito di star dicendo boiate e stava cercando di rimediare tributandole rispetto.
Beh, almeno era un tentativo di scusarsi, di riconoscerla come unica persona intelligente presente nella stanza.
Forse lui sarebbe riuscito a superare il test.
- Ma...? - l'irritazione risalì fino al petto.
- Ma non è giunta alcuna risposta. - parve pensarci: - O meglio, non è giunta alcuna comunicazione al Duca. La lettera che abbiamo inviato ci è stata rispedita indietro con la scritta "Non è stato possibile trovare il destinatario". -
- Come fanno a non trovare un gigantesco castello con un ponte di mezzo chilometro e cartelli ovunque? -
"Oh, no, non ditemi che devo mettermi a controllare anche il sistema postale..." chiuse gli occhi: - Basta. Inviategli altre cento lettere. Se non gliene arriverà neppure una, eliminerò le Poste e le sostituirò con i piccioni. -
- M-mia signora, non abbiamo piccioni addestr- -
- Tutto il denaro del sistema postale andrà agli addestratori di piccioni, mi pare ovvio. - che poi non si dicesse che fosse una regina sprecona.
Lei era una fervida sostenitrice del riciclaggio.
Per questo dava al popolo tutte le sue cose rotte o costruite con materiali di dubbia provenienza. Sapeva benissimo che loro sarebbero stati in grado di farci qualcosa di nuovo.
- A proposito di spopolamenti... - un terzo ministro si alzò, la voce grave. Gli altri due si sedettero - e Rin si chiese perché diamine fosse rimasto in piedi anche il primo ma, del resto, non si era dimostrato molto intelligente, quindi non c'era motivo di chiederselo.
- Anche il Paese del Giallo si sta spopolando. -
- Cosa? - scattò in piedi, sbattè le mani sul tavolo, l'irritazione che ormai le graffiava la gola: - Qualcuno sta attentando al mio regno? -
- Non sta succedendo quel che sta succedendo al confine con il Paese del Viola. - chiarì il terzo ministro, impassibile come se fosse finto: - In questo caso, la gente se ne sta andando volontariamente. Stanno migrando tutti nel Paese del Verde e nel Paese dell'Arancione. -
- Cosa? - sentì gli occhi far male, tanto li aveva spalancati: - Com'è possibile una cosa del genere? -
- Abbiamo fatto delle ricerche. - il terzo ministro prese un block notes, lo sfogliò - e a Rin parve un insieme di fogli bianchi: - Sembra sia a causa del vostro modo di governare. -.
Silenzio.
- ... puoi ripetere? - un sibilo.
- Non è quel che dico io. - il tono immutato: - E' il popolo a dirlo. Non è affatto soddisfatto del vostro governo. -.
Silenzio.
- ... inammissibile. - sussurrò, in un ringhio.
Guardò Len, in piedi dietro di lei. Lui le rivolse uno sguardo pacato: "Pensaci.", sembrava dirle: "Pensa a quel che ti ha appena detto.".
Tornò a guardare il ministro.
"Non solo mi faccio in mille per compensare l'idiozia di questi incompetenti, ma sono pure circondata da ingrati!" fece scivolare via le mani dal tavolo, lentamente.
- E, per curiosità... - parlò piano, senza distogliere lo sguardo: - ... quali sarebbero le cose "insoddisfacenti" del mio governo? -
L'uomo tornò a sfogliare quelle pagine che a lei parevano tanto bianche: - Gradite l'elenco in ordine di importanza, di tempo o di alfabeto? -
- Di tempo. - rispose, secca: - Al contrario. -
Il ministro si schiarì la voce: - Partiamo dalla riforma delle tasse entrata in vigore giusto ieri. Il popolo non ha approvato l'aumento di cinquecento coppe... -
Tre ore dopo...
- Neppure il vostro primissimo ordine fu gradito. Quello con cui avete imposto un tributo di ottocento bastoni per la festa della vostra incoronazione. -
- Inammissibile! - pestò un piede a terra, sperò che la mattonella di marmo immagazzinasse tutta la sua rabbia: - Io ho fatto tanto per loro e a loro non è andato bene niente! Niente! - si morse un labbro, si sentì incapace di rimanere ferma. Camminò intorno al tavolo, conficcò i talloni nel pavimento per fare più rumore possibile - in quel momento, il silenzio la irritava, la irritava tantissimo: - E perché gli altri non si lamentano, eh? Eh? - incenerì con lo sguardo il primo ministro che le capitò sotto gli occhi. Quello, per tutta risposta, abbassò la testa.
- Perché tendete a dimenticarvi della loro esistenza. - fu la risposta del terzo ministro: - Quindi hanno sviluppato un sistema governativo autonomo. Solo le leggi riguardanti le tasse generali arrivano fino a loro. -
- Quanto al Regno del Viola, pare che lì il Duca sia molto apprezzato. - disse un altro ministro ancora: - Sembra che governi talmente bene che gli abitanti hanno accettato una nuova valuta! -
- Probabilmente perché la conversione fa sì che loro paghino una miseria ciò che per gli altri è una tassa astronomica. -
- Come fa una tassa ad essere astronomica? - sbottò Rin, stanca di tutte quelle idiozie: - Qui non c'è nessuno che paga le tasse in una navicella spaziale! -
Aveva deciso che il Duca del Paese del Viola le stava antipatico. Perché diamine l'aveva scelto?
Ah, no, non l'aveva scelto lei.
Chi l'aveva scelto, in tutto ciò?
Le venne il dubbio si fosse scelto da solo.
Incrociò lo sguardo di Len.
Sembrava incoraggiante.
Si sentì di colpo appena più rilassata. Le parve come se la sua mente stesse vedendo diradarsi una pesante nebbia.
- D'accordo, d'accordo. Vedrò di sistemare tutto. - trasse un profondo respiro. Il cuore le batteva forte, d'indignazione, di irritazione, della consapevolezza di essere bersagliata da ingrati e idioti: - Mandate un gruppo di investigatori al confine con il Paese del Viola. E anche dentro il Paese del Viola. Voglio che tutto sia monitorato con accuratezza infinitesimale. Soprattutto il castello del Duca. - un altro respiro: - Già che ci siete, fate fare un'ispezione alle Poste. -
- Mia signora, non bastano i soldi per- -
- Ricordatevi che siete sotto ispezione anche voi. - scoccò un'occhiataccia a tutti i ministri, dal primo all'ultimo in quel semicerchio: - Sono sicura che alla fine usciranno un po' di denari extra. - li vide scambiarsi degli sguardi indecifrabili, e la cosa la infastidì: - Nel caso, gli investigatori saranno pagati con un soggiorno nel Paese dell'Azzurro. -
Quegli sguardi si posarono su di lei. Erano increduli.
- Ovviamente, a spese del Paese dell'Azzurro. -
Un sospiro generale, in perfetta sincronia, che a lei parve tanto di esasperazione.
"Sono io quella esasperata!" era tentatissima dal truccare i risultati delle ispezioni solo per spillare loro nove decimi del loro patrimonio, come risarcimento: - Per il resto, bisogna frenare la fuga dal Paese del Giallo. -
- Indubbiamente, vostra maestà. -
- E quindi vi ordino- - aprì un braccio: - -di istituire delle frontiere su tutto il confine del Paese del Giallo! - li vide strabuzzare gli occhi. Non ci avevano pensato, ma era ovvio che non ci sarebbero mai arrivati: - A nessuno con cittadinanza nel Paese del Giallo sarà permesso uscire! Per nessun motivo! -
- Ma, mia signora! - il secondo ministro si fece avanti: - Come faranno a vedere parenti e amici, se questi abitano in un altro Paese? -
- I parenti e gli amici vengono qui. - riaprì il ventaglio, lo agitò e quasi si slogò il polso tanto era irritata: - Che razza di domande fate? -
- Qu-quindi le frontiere rimarranno comunque aperte per gli esterni...? -
- Ovvio! - sbuffò, ed era arrivata al limite della sopportazione: - Per chiunque voglia risiedere o anche solo visitare il Paese del Giallo! Non ho certo intenzione di far naufragare il turismo! -.
Detto questo, se ne andò.
Aveva davvero bisogno di una boccata d'aria fresca.

- SONO CIRCONDATA DA IDIOTI! - affondò il viso nel cuscino, artigliò la stoffa: - Perché? Perché? Perché proprio a me? Perché incompetenti del genere non capitano pure a quelle sgallettate del Paese delle Meraviglie? -
Una mano sulla testa, una carezza sui capelli.
Sentì la rabbia scivolare giù, lungo il collo, lungo la schiena. Persino le braccia le parvero meno rigide.
- Sicuramente anche loro hanno dei problemi. - Len si sedette accanto a lei, sul letto: - E' una cosa che condividono tutti i sovrani. -
- I ministri dovrebbero aiutare la Regina, non darle ulteriori cose da fare! - singhiozzò, sentiva il volto andare a fuoco: - E il popolo dovrebbe amarla! Tutti dovrebbero volere una Regina come me! - un tremito.
- Forse dovreste solo venirvi incontro. - la voce di Len era come una spugna per la rabbia. Molto meglio del pavimento. E non doveva neppure schiacciarlo.
- Come faccio...? -
- Dovresti entrare più a contatto con il tuo popolo. - era sicura stesse sorridendo.
- Io sono perfettamente a contatto con il mio popolo! - alzò la testa dal cuscino, lo guardò: in effetti, stava sorridendo, pacato come sempre.
- Lo vedo ogni giorno da lì! - indicò il balcone: - E, ogni mattina, ricevo chiunque voglia avere un'udienza con me, senza alcuna distinzione! - anche se negli ultimi giorni c'era stato un calo di richieste di dialogo.
Sbattè le palpebre: "... è per la migrazione di massa? C'è meno gente, quindi meno gente a chiedermi udienza...".
- Intendevo... - Len si chinò, fino a sfiorarle i capelli con le labbra: - ... scendere tra il popolo. Vederlo con i tuoi occhi. -.
Silenzio.
"..."
- Non posso. - tornò a soffocarsi con il cuscino. Ormai le orecchie erano assordate dal rumore del suo cuore.
- Perché? -
- Perché basta un solo attimo di distrazione e succedono le peggio cose! - rialzò la testa, la visuale era annebbiata e aveva il fondato timore che si trattasse di lacrime: - Davvero lasceresti il Paese del Giallo in mano ai ministri? -
Silenzio.
- Solo per poco. - un'altra carezza sulla testa. Sentì quella mano armeggiare nei dintorni della sua crocchia, poi la tensione dei suoi capelli venne meno e il collo e le guance furono coperti da qualcosa di leggero.
"Vedere il popolo con i miei occhi..." trasse un profondo respiro: "... non è la stessa cosa, che loro vedano me? Se loro vedono me, io vedo loro.".
- Mh... - abbassò le palpebre: - Len... -
- Sì? -
- ... tu sei il mio servitore. -
- Sì. -
- E il mio gemello. -
- Sì. -
- Un tempo eravamo una cosa sola. - si tirò su, a sedere. Si scostò i capelli dal viso.
- Sì. -
- Tu hai i miei occhi, le mie orecchie e la mia bocca. - portò le mani in grembo, lo guardò: - Scendi tu tra il popolo. Viaggia per il Paese del Giallo. Vai nella nostra residenza nel Paese del Verde. Scopri cos'hanno di migliore rispetto a noi. -
Vide quegli occhi azzurri sgranarsi: - Rin, io- -
- Partirai domani. Torna qui tra due settimane esatte. Poi, ti rimanderò una volta a settimana nel Paese del Verde, per monitorarlo. -
Sembrava onestamente confuso: - Perché non mandare qualche investigatore o- -
- Idiota. - gli prese il volto tra le mani: - Io mi fido solo di te. Perché sei come me. - inspirò: - ... ho paura, Len. - il cuore batteva troppo forte.
Quelle mani sulle sue: - Di cosa? -
- Io... - strinse i denti: - ... sono nata con un grave peccato. -
Len sbattè le palpebre, una luce di spavento in quell'azzurro: - Cosa stai dicendo, Rin? -
- E' inutile negarlo! E' così! - appoggiò la fronte alla sua, chiuse gli occhi: - Sono nata con questo peccato e ora sto scontando la mia colpa! Ho paura che possa essere sempre peggio. Ho paura di non riuscire a sostenerlo! -
Le braccia di Len attorno alle spalle, si sentì stringere a lui: - Non capisco, Rin. - un mormorio, una nota di inquietudine in quella voce di solito serafica: - Qual è il tuo peccato? Non c'è modo di rimediare? -
- Se solo esistesse, l'avrei già fatto. - trattenne un singhiozzo: - Len, io... io sono troppo intelligente! -
Len tacque.
- Sono nata con una mente superiore e ora ne sto pagando le conseguenze! La mia esistenza è un peccato di superbia, perché la mia stessa intelligenza è talmente vasta da superare la soglia di tolleranza massima degli dei! -
Len continuò a tacere.
- E tu devi essere nato con la mia stessa colpa. - si scostò: - Anche se forse un po' meno di me. Forse, in una scala da uno a dieci, tu sei undici. -.
Guardò Len negli occhi.
Erano a mezz'asta.
- E tu... - disse lui, il tono stranamente piatto: - ... a quanto saresti? -
S'impedì di far tremare il labbro: - ... ho paura che sia cento, se non centodieci! -
Len tacque ancora.
Poi parlò, piano: - Son problemi. -
Rin annuì: - Anche se... - lo guardò meglio: - ... non mi sembri molto convinto. -
- E' la mia incredulità di fronte a questa rivelazione. - lo vide alzarsi - e quel tepore in cui si stava cullando venne meno: - Sto assimilando la notizia. -
- Capisco. - "Non deve essere facile, accettarlo...".
- Piuttosto. -
- Sì? -
Len tornò a guardarla. Sorrideva, come sempre, un sorriso che gli illuminava anche gli occhi: - E' l'ora della merenda! -
Rin non riuscì a trattenere un sorriso.
Perfettamente tirato: - Ah, sì? -
Lui battè le mani: - La merenda di oggi è una brioche! -
- Ah, sì? - si alzò anche lei, notò il suo nastro nero sul letto e lo recuperò, per poi tornare a guardare Len: - E questa brioche l'hai fatta tu...? -
Uno sguardo perplesso: - Perché me lo chiedi? -
- Beh, sai benissimo che c'è un validissimo motivo per cui uso i tuoi piatti come prova per i miei assaggiatori. - si legò i capelli.
- Ma tu non hai assaggiatori. -
- Infatti nessuno ha superato l'esame finale. - dopo il centocinquantesimo mandato all'ospedale, aveva deciso di rinunciare a scegliersi un assaggiatore.
Dato che era contro gli sprechi, se mai avesse avuto un assaggiatore, ne voleva uno resistente, capace di non collassare - se non morire - per il primo veleno di passaggio.
La prova finale l'aveva delusa moltissimo: alcuni di quegli assaggiatori in prova avevano resistito senza problemi a cianuro, amanita muscaria e aconito napello.
- Comunque, no, l'ho comprata. -
Un sospiro di sollievo: - Hai detto che era per me? -
- No. -
- D'accordo, allora. - sorrise, e si avviò verso il balcone.
Non sapeva perché, ma era capitato che cibi comprati appositamente per lei avessero odori alquanto strani - e quelli a cui li aveva poi rifilati erano stati a letto col mal di pancia per una settimana intera.
Intrecciò le dita: - Puoi fare il the! -
Len annuì.
Nonostante tutto, Len faceva un ottimo the. Nessuno faceva un the buono come il suo. Aveva una tecnica tutta sua, che rendeva il suo the in qualche modo speciale.
Rin rimase sulla soglia, a guardarlo.
Lo vide andare nel piccolo angolo cottura della stanza, prendere un bicchiere, aprire il rubinetto, riempirlo d'acqua, chiudere il rubinetto, andare al microonde, aprirlo, metterci dentro il bicchiere, chiuderlo e avviare il programma preimpostato - tanto tempo prima, dopo ore e ore passate a decifrare il manuale d'istruzione scritto in tutte le lingue tranne la loro.
Lo vide estrarre la bustina dal barattolo - era the all'arancia, il suo preferito -, attendere che il microonde avesse finito, aprirlo e mettere la bustina nel bicchiere. Poi prese il bicchiere, richiuse il microonde e si diresse verso il balcone.
Rin lo seguì e andò a sedersi, in attesa.
- Vi porto la brioche. - annunciò il suo servo: - Aspettate, prima di bere il the. -
- Sì! - battè le mani, impaziente.
Dopo un tempo imprecisato, la brioche portata e sparita nel giro di poco, Rin potè bere il the.
Era davvero buono.
Ogni sorso sembrava sciogliere qualsiasi residuo di rabbia e preoccupazione, la faceva sentire più leggera, più libera.
Lo scostò dalle labbra: - Oh, Len... - sospirò, sentiva le guance calde: - ... il tuo the al microonde è buonissimo! -
- Ti ringrazio. - sorrise.
- Spero che queste due settimane passino in fretta... - riportò il the alla bocca, chiuse gli occhi: - Mi mancherai. -
Len rispose dopo qualche secondo: - Anche tu. -
Alzò lo sguardo, inarcò un sopracciglio: - Che c'entri tu? -
- Eh? - sbattè le palpebre.
- Stavo parlando con il the. -
- ... sì. Giusto. -.

Per qualche grazia divina, in quelle due settimane non successero strani incidenti.
Almeno, non più strani del solito.
Rin dovette fare una sola riforma, il che fu un vero record.
- Ho come l'impressione che la gente stia cercando di farsi arrestare. - il legittimo dubbio le era sorto quando aveva notato un paio di prigionieri con lo sguardo sfolgorante e un sorrisone ebete. E un altro dubbio era nato: - Ditemi... - aveva chiesto ai ministri: - ... come viene trattata la gente nelle nostre prigioni? -
- Hanno celle pulite, quattro pasti al giorno, assicurazione medica garantita e wi-fi. -
Si era picchiettata il ventaglio contro la guancia, pensierosa: - Davvero un comportamento assurdo. Chi mai vorrebbe essere arrestato? Sembra quasi che la vita in cella sia preferibile a quella di libero cittadino del Paese del Giallo! -
I ministri non risposero.
Solo uno osò parlare, dopo qualche secondo: - A tal proposito, alcuni non hanno preso bene la partenza del vostro servo personale. -
- Eh? - si fece di colpo attenta: - Perché mai? - "Si stanno puntando il mio fratellino shota e usamimi tanto da accorgersi della sua partenza? Inaccettabile!".
- Sapete, per quella nuova legge sulle frontiere... -
- Che diamine c'entra con il mio servo? -
- Beh, ha la cittadinanza nel Paese del Giallo, eppure si è diffusa la voce che sia andato nel Paese del Verde... -
- Che razza di osservazioni stupide sono? - sbattè le palpebre, cercando di non arrabbiarsi - per quanto fosse difficile: - Lui è il mio servo personale. E' il più raccomandato dei raccomandati. -
Tutti i ministri chinarono il capo, in perfetto sincrono: - Riconosciamo di aver detto una cosa estremamente stupida. -
Rin quasi si commosse: - E' bello vedervi finalmente sviluppare almeno una cellula di cervello! - agitò il ventaglio, sorrise: - Comunque, credo che i prigionieri siano trattati troppo bene. Ho deciso che le nostre prigioni passeranno dal sistema correttivo al sistema punitivo. - aprì un braccio: - Che i prigionieri siano mandati ai lavori forzati! - tornò a sventagliarsi: - Sono sicura che servano. Tipo, la strada principale tra il Regno del Giallo e il Regno del Viola gradirebbe essere liberata, dopo quella brutta frana dell'altro giorno. - annuì: - Sono sicura che anche il Duca abbia mandato qualcuno! - ci pensò: - Del resto, la frana è comunque lontana dalla fila di bombe. Non c'è pericolo che qualcuno si faccia male, a meno che non abbia l'idea di intrufolarsi là. -
- A tal proposito... - un ministro: - ... avete qualche idea per togliere tutte quelle bombe? -
- Oh, che se ne occupi il Duca! - sventolò il ventaglio, a scacciare quelle parole fastidiose: - Sono nel suo regno, no? Non è che posso sempre fare tutto io! E poi, è anche nel suo interesse che quelle bombe siano tolte, no? Sono sicura che provvederà al più presto a farle rimuovere! -.
Fece per andarsene, ma si bloccò sulla soglia: - Ah, sempre riguardo i prigionieri... -
- Sì? -
- Togliete loro il wi-fi. -.

- Allora? Allora? - raggiunse Len, trattenendosi dal saltellare solo per evitare di inciampare nella gonna: - Quali notizie ci sono? -
Lui si guardò intorno: - Andiamo dove possiamo essere più tranquilli. - le mise una mano sulla schiena e la guidò, finché raggiunsero il giardino.
- L'hai fatto per evitare che orecchie indiscrete ci sentissero o perché volevi rimandare? - assottigliò gli occhi: - Sai che voglio saperlo! Dai! Dai! - lo puntellò sul braccio col ventaglio: - Dimmelo! Dimmelo! Dai! Dai! -
- Il popolo non ti adora. -
Un tuffo al cuore.
Fece un passo indietro: - Cosa? -
- Il popolo non ti adora. - ripetè Len, atono: - Anzi, in molti parlano male di te. Ti chiamano "la Regina pazza". Quelli al confine con il Paese del Verde invidiano moltissimo quelli del Paese del Verde. Nel Paese del Verde le cose vanno un po' meglio. -
- Puoi non ripetere ogni volta "Paese del Verde"? Esistono i sinonimi e i pronomi! -
- Ho notato che sono molto religiosi. - proseguì, come se nulla fosse: - ... almeno credo. Ringraziano ogni giorno gli dei per la loro grande fortuna. -
"Chissene importa." stritolò il ventaglio, il gelo risalì lungo le braccia: - E' per quella legge sul dover indossare le mutande a pallini gialli, vero? - si morse un labbro: - Sapevo che non sarebbe andata giù. -
- Temo non sia solo questo. -
Sbattè le palpebre: - Non dirmi che è per la loro assurda ingratitudine! -
- Con le tasse, faticano ad arrivare alla fine del mese. - spiegò Len: - La cosa si ripercuote anche sull'economia degli altri Paesi. Ad esempio, ho sentito che siete molto impopolare nel Paese dell'Azzurro. -
Spalancò gli occhi: - Come? E perché? -
- A causa della vostra legge sulle frontiere, non c'è più nessun turista dal Paese del Giallo. - un sospiro: - Gli alberghi stanno andando in fallimento. La gente che viene dal Paese del Verde non ha bisogno di prendersi un alloggio lì, dato che abita vicina. Gli unici che ne usufruiscono sono gli abitanti del Paese dell'Arancione... -
- E quelli del Paese del Viola? -
- Pare non ci siano mai stati troppi turisti dal Paese del Viola. -
- Questo è davvero un enorme problema! - si portò una mano al mento, deglutì: "Non è il momento di farsi prendere dal panico! Devi pensare a qualcosa!".
- In effetti sì. - Len annuì: - Dovete trovare una soluzione. -
- E' quello che sto facendo. - si sventolò, per rinfrescarsi anche le idee: - Uhm... -
- Potreste togliere le frontiere. -
- Stai scherzando? - lo fulminò con un'occhiataccia: - Così fuggirebbero tutti! No, no! Devo dimostrare a quelli degli altri Paesi che non c'è alcun motivo di odiarmi! -
- ... quindi...? - perché quella voce suonava così esitante?
Un'idea, finalmente: - Permetterò loro di conoscermi meglio! -
- ... eh? -
Aprì le braccia, era un'idea magnifica: - Aprirò il mio castello a tutti i turisti! Tutti potranno entrare! - abbassò la voce: - Tranne se hanno la cittadinanza nel Paese del Giallo. -
- ... stai discriminando i tuoi stessi sudditi più prossimi...? -
- Prova a pensarci! - gli si avvicinò, gli sventolò il ventaglio chiuso sotto il naso: - Se permettessi a tutti, ma proprio tutti, di entrare, sarei sommersa dagli ingrati del Paese del Giallo che vengono a dirmi che sono una regina cattiva! - un brivido lungo la schiena: - E io non potrei far fronte a così tanta gente tutta insieme! Sembrerei debole e inerme di fronte a tutti quelli degli altri Paesi! - scosse la testa: - Allora sì che la mia popolarità crollerebbe a picco! -
- Più a picco di così... -
- Chissà, magari si farà vivo pure il Duca del Paese del Viola... - sospirò: - ... se non altro, abbiamo già reclutato quindici addestratori di piccioni. -
La mano risalì dalla schiena alla spalla: - Stai pensando troppo. - Len si chinò verso di lei. Sorrise: - Ti va un po' di the? -
Rin rise, sentì la preoccupazione scivolare a terra: - Sì! Sì! -.

Il castello sarebbe stato aperto ai turisti per una giornata intera, dall'alba al tramonto.
Ovviamente, la Regina aveva già dato disposizione di non venire a disturbarla prima di mezzogiorno. In sua vece, per la mattina, aveva mandato il suo servo.
La notizia dell'apertura era stata data con una settimana d'anticipo rispetto al giorno stabilito, e Rin aveva saputo di alcuni dissapori tra il popolo e le guardie.
- State attenta, mia signora! - aveva detto un ministro: - Qualcuno potrebbe accordarsi con un abitante di un altro Paese e cercare di farvi del male! -
- Ci ho pensato, cosa credete, tutti voi? - aveva tirato indietro la testa: - Eventuali rivoltosi penseranno che io mi sia armata, quindi passeranno tutto il tempo a cercare di capire cosa io abbia fatto. Ma... - aveva sorriso, trionfante: - ... io non avrò fatto niente, quindi passeranno l'intera giornata a cercare qualcosa che non potrà mai essere trovato! - aveva riso: - E sprecheranno l'occasione di farmi del male! -.
Aveva piena fiducia nel suo popolo.
Nella stupidità del suo popolo, per la precisione.
Così, il giorno prestabilito, il castello fu aperto ai visitatori degli altri Paesi.
Tutto era stato lucidato fino a permettere alla gente di specchiarvisi - e svariata gente scivolò. Di lì a poche ore, uno dei saloni era stato adibito a pista di pattinaggio, e la cosa riscosse molto successo.
- Visto? Visto? - indicò i pattinatori con il ventaglio: - La gente si diverte! La gente è felice! -
- Oh, sì, senz'altro. - Len roteò gli occhi: - Cosa ne facciamo di quelli che ci stanno rubando l'argenteria? -
- Arrestateli e mandateli a spalare rocce al confine col Paese del Viola, ovviamente. - davvero incredibile che il Duca ancora non avesse mandato nessuno ad aiutarli, là.
- Ti confesso... - mormorò Len, dopo qualche minuto che passeggiavano ad uno dei piani più alti: - ... che non mi aspettavo affatto venisse così tanta gente. -
Le sfuggì un sorriso di trionfo, soddisfatta: - E' la riprova che il popolo mi ama. E' solo quello del Paese del Giallo che è composto di ingrat- -
- Ssssssh! -
Len le si parò davanti, un dito sulle labbra, gli occhi sgranati, spaventati: - Potrebbe esserci qualche parente o amico di un abitante del Paese del Giallo! -
Rin alzò gli occhi al soffitto: - Che nooooooia! - alzò le spalle: - Io posso dire tutto quello che voglio, quando voglio e a chi voglio! -
- Ma, in questa situazione, penso sia il caso di frenare un po' la lingua. - un sospiro.
Mise le braccia conserte: - Tu pensi troppo. - piegò appena la testa di lato: - Ti fa male pensare troppo. Poi cominci a dire cose stra... - aprì gli occhi, lentamente, più che potè: - ... ne... -
- Rin? - la voce di Len, lontana, lontana.
Ma cosa importava della voce di Len?
I piedi, da bravi, si mossero da soli.
C'era davvero tanta gente, quel giorno, nel Palazzo.
Ma, a due metri di distanza, alle spalle di Len - Len? Che importava di Len! -, da un corridoio laterale, era apparso.
Un lungo mantello blu, blu come il mare calmo in una giornata serena, e capelli blu, blu come il mare calmo in una giornata serena, e i vestiti celesti, come il mare calmo in una giornata serena, e-
- Salve. - la sua stessa voce era lontana, lontana.
Lui si fermò. L'aveva udita.
E la guardò.
Il cuore sussultò.
Aveva gli occhi azzurri come il mare calmo in una giornata serena.
E le sorrise.
Un sorriso come il mare calmo in una giornata serena.
- Buongiorno, Vostra Maestà! -
Il cuore fece un triplo salto carpiato all'indietro e quasi lo sputò.
Lui si avvicinò.
Era davvero alto, molto più alto di lei, o forse no, o forse sì.
- Il vostro Palazzo è davvero magnifico! - continuava a sorridere: - Soprattutto la pista di pattinaggio! -
- Pattinate? - le uscì come un sospiro. Stava facendo un po' fatica a parlare, ma l'importante era che le parole uscissero.
- Io? - lui assunse un'espressione stupita, e il cuore iniziò a piroettare: - No, io non pattino! - sorrise: - Io preferisco arrampicarmi sul soffitto. -
- E' un passatempo meraviglioso! - giunse le mani, erano davvero calde: - Anch'io passo gran parte dei miei pomeriggi ad arrampicarmi sul soffitto! -
La sua espressione si fece ancora più stupita - e il cuore stava ormai frullando: - Siete veramente brava, allora! Io non sono riuscito ad arrampicarmi neppure una volta, da quando sono qui! - lo vide annuire alle sue stesse parole, e lei annuì per dar loro ancora più forza: - Le pareti sono state lucidate talmente tanto da essere impossibili da scalare! -
- Abbiamo la miglior qualità di lucido per pareti e soffitti, qui! -
- E per pavimenti. - parve pensarci: - Tutte le volte che sono scivolato, poi ho fatto almeno trenta metri di pavimento senza riuscire a fermarmi. -
- Emozionante, non è vero? -
- Senza dubbio! - gli brillavano gli occhi, come il mare calmo in una giornata serena: - L'unico problema è stato l'atterraggio. Ha fatto male. -
- NO! - si portò le mani alla bocca, sconvolta: - Come avete potuto farvi del male? -
"Len! Dov'è Len?" si guardò intorno, lo individuò al proprio fianco: - Come hanno potuto fargli del male? - lo indicò, indignata per l'atroce modo in cui era stato trattato.
- Lucido. - fu l'unica cosa che l'altro le disse.
Rin abbassò la voce, fino a renderla un sussurro: - Non sei d'aiuto. -
Tornò a guardare lui.
Non si sarebbe mai stancata di farlo, ne era certa: - Da dove venite? -
- In che senso? -
Sbattè le palpebre: - Oh, devo essermi espressa male. - rise: - Qual è il luogo da dove provenite? -
Il suo sorriso si accentuò, e il cuore divenne una trivella: - Proveniamo dal Paese del Rosso! -
- Il Paese del Rosso! Che posto incantevole! - "Aspetta. Proveniamo?" guardò accanto a lui.
Una Guerriera Trucida con lo spadone al fianco, il mantello rosso e lo sguardo da arrabbiata col mondo.
Doveva essere la sua guardia del corpo.
Tornò a guardare lui, che era senz'altro una visione molto migliore della Guerriera Trucida: - E, ditemi, qual è il vostro nome? -
Quando glielo disse, lei lo ripetè, come assaporandolo.
Era un nome bellissimo.
Lui era bellissimo.
Tutto era bellissimo.
Era tutto talmente bellissimo che persino la Guerriera Trucida e Len erano bellissimi.
- Dovete aver fatto davvero molta strada per arrivare fin qui! - sorrise, e sentì di star spargendo luce in tutto il Paese dello Specchio.
- No! - rispose lui: - Abbiamo attraversato il Paese dell'Arancione nella parte più interna! -
- Quindi avrete bisogno di un posto in cui alloggiare! - un'idea geniale, più geniale del solito.
- Sì. - lui annuì: - Stavamo andando al Paese del Verde! Lì i prezzi sono più bas- ouch! -
Rin sussultò. Abbassò lo sguardo, di corsa, fino a ciò che aveva osato fargli del male: la Guerriera Trucida. Era stata lei a piantargli un gomito nelle costole.
Neppure lo guardava, sembrava più presa a fissare qualcosa di indefinito nella direzione opposta, con un certo sguardo di sufficienza.
Le stava antipatica.
L'aveva appena deciso.
- Vi prego di accettare il mio invito a risiedere qui. - chinò appena la testa: - Abbiamo tante stanze libere! -.
Lui sgranò gli occhi, schiuse le labbra.
Le sarebbe piaciuto tanto avvicinarglisi. Soprattutto alle sue labbra. E a tutto il resto. Ma anche averlo davanti e parlarci era una cosa bellissima.
- Siete davvero una Regina gentile! -
E Rin capì che quella persona era davvero, davvero, davvero intelligente, l'unica persona sana di tutto il Paese dello Specchio, e che lei non si era affatto sbagliata: non poteva esserci nessun altro di così tanto perfetto!
- Tutte quelle voci che vi vedevano come paz- ouch! -
- Permettetemi una domanda. - la Guerriera Trucida si era fatta avanti.
"Che seccatura." la guardò, controvoglia. Detestava parlare con le persone antipatiche. Era anche sicura fosse di quelle testarde, che insistevano a darle torto solo per il gusto di vederla arrabbiarsi.
- Qualora accettassimo... -
Si costrinse a mordersi la lingua: "Dannate guardie del corpo che devono seguire i loro protetti ovunque!".
- ... avremmo la cittadinanza nel Paese del Giallo? -
"..." serrò la presa intorno al ventaglio: "Dannazione. E' una guardia del corpo competente!" strinse i denti: "Devo pensare a qualcosa di abbastanza equivocabile per poter trovare poi un modo di-"
- Sareste solo nostri ospiti. - Len, al suo fianco. Si voltò a guardarlo, lui proseguì come se nulla fosse: - L'ospitalità non implica l'obbligo di cittadinanza. -.
La Guerriera Trucida lo guardò.
Len guardava lei.
E Rin guardava Len.
Per curiosità, guardò lui, e si accorse di come stesse guardando un po' tutti, a turno.
- D'accordo, allora. - finalmente la Guerriera Trucida spezzò quel silenzio: - Non vedo perché rifiutare una così disinteressata ospitalità. -
"... perché ha calcato-"
- Perché hai calcato quel dis- ouch! -
Ignorò l'irritazione del vederlo di nuovo con un braccio nelle costole. Il cuore era impazzito: "Abbiamo pensato la stessa cosa nello stesso momento!".
Era davvero perfetto, non aveva bisogno di ulteriori conferme!
- Len! -
- Sì? -
- Fai preparare la nostra stanza per gli ospiti migliore! -
- ... Rin... -
Si scostò, giusto perché non era piacevole sentirsi soffiare in un orecchio: - Che c'è? - sussurrò.
- ... non possediamo stanze per gli ospiti. Le hai fatte tutte diventare cose a caso. -
- E fanne liberare una. - "Perché anche lui si sta rimambendo?"
- Una qualsiasi? -
- Non quella della collezione di bustine da the usate. -
- Uhm. -
- Ora vai, su! - gli mise una mano sulla schiena e lo spinse, per poi prendere il suo posto, davanti alla Guerriera Trucida: - Non avete alcun bisogno di preoccuparvi! - esclamò, il mento alto, le palpebre appena abbassate: - Questo è il luogo più sicuro dell'intero Paese dello Specchio! -
- Non ne dubito. -
Le stava antipatica. E percepiva un'antipatia reciproca. La cosa, in fondo, era positiva.
Se quella donna avesse avuto anche solo un po' dell'intelligenza di lui, allora avrebbe capito che parlare con una persona antipatica non era la cosa più proficua da fare, e avrebbe evitato di darle noie.
- Vi prego... - veleggiò fino al suo fianco, lo prese sottobraccio: - ... lasciate che vi mostri il Palazzo! -
- Una visita guidata dalla Regina in persona! - sembrava sinceramente stupito: - Siete davvero una bravissima sovrana! -
- Vi prego, smettetela di essere così adulatorio! - si stava slogando il polso.
Ma non poteva fermarsi, o le avrebbero preso fuoco pure i capelli.

- E' così bello! - sospirò, rimirandosi allo specchio: - E' così intelligente! - una piroetta: - E' del tutto diverso dalla gente che mi circonda! -
- Quello senz'altro. - anche Len sospirò, anche se in modo diverso dal suo.
- Oh, come vorrei fosse lui un mio ministro! - si sedette sul letto, poi si lasciò cadere sulle lenzuola: - Anzi, il mio unico ministro! Lui sì che mi capirebbe! E saprebbe consigliarmi benissimo! -
Se non altro, grazie al suo test, aveva buttato fuori cinque ministri inutili. Più inutili degli altri.
- Ministro? - una risata leggera.
Rin si rimise seduta, le guance di colpo calde: - Cosa ridi? -
- Non mi pare tu lo voglia come ministro. -
- Cosa- -
- Ti va un po' di the? -
Tacque. Gonfiò le guance e annuì.
Per tutta risposta, Len sorrise.
- ... si nota così tanto? -
- Credo che solo una persona non se ne sia accorta. -
Annuì di nuovo: "In effetti, la Guerriera Trucida non mi sembra troppo sagace.".
- Sempre che non le sia stato detto. -
- Ma, se anche fosse, non è importante. - si alzò e andò sul balcone, al tavolino della merenda.
Len la raggiunse poco dopo, con il the: - Scotta. -
- Lo so benissimo! - agguantò il primo dei bignè alla crema che le erano stati porti: - Len... -
- Sì? -
- ... sono grassa? -
- No, Rin. -
Fissò il bignè: - ... potrebbe compromettere la mia linea? -
- Non sarà un bignè a farti diventare una megattera. -
Ci riflettè: "... però mi darebbe un po' di grassi." lo guardò: "... è poco, magari..." ci pensò bene: "... se lo desidero con tutta la mia forza, magari il grasso si concentrerà solo in zone specifiche!".
- Len. -
- Sì? -
Lo guardò: - Tu sei un maschio. -
Lui sbattè le palpebre: - Te ne sei accorta dopo quattordici anni? -
- Se tu fossi innamorato di me... - tornò a guardare il bignè: - ... che consiglio mi daresti per migliorarmi? -
- ... fisicamente, dici? -
- Ovvio. - lo fulminò con lo sguardo: - Io ho un carattere meraviglioso! Per questo le persone intelligenti mi amano! -
Lui rise, la mano a coprirsi la bocca.
Lei ritenne opportuno tornare a concentrarsi sul bignè - e le dita stavano iniziando a ricoprirsi di zucchero. Così, da sole.
- Temo non potrei dartene. -
Trasalì, non si era neppure accorta si fosse avvicinato tanto da sussurrarle nell'orecchio.
- Vai già benissimo come sei. -
"..."
Gli ficcò il bignè in bocca.
Lo sentì mugolare di sorpresa e allontanarsi.
- Smettila di soffiarmi nelle orecchie. - e prese un altro bignè.

- Stiamo costruendo un roseto labirinto! - nascose la risata dietro il ventaglio.
- Verrà una cosa molto scenografica! - lui sorrise, accucciato davanti ad uno dei tanti germogli: - Anche se farà male. -
Rin sbattè le palpebre: - Male? -
- Se qualcuno ci finirà contro, si farà molto male. - annuì da solo alle sue parole.
- Bisogna essere davvero stupidi per lanciarsi contro un muro di rose. - Rin sospirò: "E' anche vero che sono circondata da idioti. Chissà quanta gente ci finirà dentro..." scosse la testa, a scacciare il pensiero: "Così i giardinieri dovranno sempre stare a risistemare le pareti sfondate dagli idioti!".
- Comunque. - si accomodò su una panchina, si sistemò la lunga gonna gialla: - La stanza è di vostro gradimento? -
Lui si alzò e si voltò, con un gran sorriso.
Sorrideva sempre.
E lei non poteva far altro che sorridere a sua volta.
- Sì! E' davvero molto comoda! - si sedette al suo fianco, e lei sentì il cuore implodere: - Le coperte, soprattutto! Sono molto morbide! Mi fanno venire in mente una crisalide! -
- Crisalide...? - lo guardò meglio.
Lo guardò ancora meglio.
E si portò una mano alla bocca, le guance a fuoco: - Perdonatemi! Non mi ero accorta voi foste un bruco! -
- Non vi preoccupate! - non sembrava minimamente toccato: - Nessuno se n'è mai accorto subito! -
"Se solo me fossi accorta subito io, sarei stata speciale!" sarebbe davvero voluta tornare indietro nel tempo.
- Mi dispiace moltissimo aver insultato così la vostra bruchezza. - abbassò lo sguardo, incapace di continuare a guardarlo: - Sono una pessima persona. -
- Se volete pensarla così anche se vi ho detto che non c'è problema... - con la coda dell'occhio, lo vide alzare le spalle.
Rialzò lo sguardo, un pugno al petto: - Vi farò portare quante più foglie vorrete! -
- Preferisco i gelati! -
- Gelati, quanti ne vorrete! -
- E dolci! -
- Dolci, quanti ne vorrete! -
- Comunque... -
- Sì? -
- ... voi non sembrate un coniglio. -
- Eh? - sbattè le palpebre: - Ehm... io non sono un coniglio... -
Lui annuì, piano. Sembrava pensieroso: - Vostro fratello lo è, quindi pensavo che anche voi... -
- No, io non sono un coniglio. - trasse un profondo respiro: - Un po' mi dispiace. Mi piacerebbe avere qualcosa in testa! -
- Non dovreste avere la corona? - lo vide indicare in alto, in direzione della sua crocchia.
- La porto solo per i discorsi pubblici. - confessò: - All'inizio la portavo sempre, ma finivo per dimenticarmela, così quando mi lanciavo sul letto mi facevo male. - ci ripensò: - O mi slegavo i capelli e quella s'impigliava. O appoggiavo la testa da qualche parte e quella o mi faceva male o mi rotolava via. - sospirò: - Era alquanto scomoda. -
- Da come la descrivete, sì. - sorrise, ancora: - Però potreste portare qualcos'altro! -
- Ad esempio? -
- ... cose che si portano in testa. -
Ci pensò: - Tipo un cappello? -
- O un cerchietto con le antenne! -
- O una coroncina di fiori! -
- O un cerchietto con l'aureola! -
- O dei cornini! -
- O delle orecchie da coniglio! -
- O delle orecchie da gatto! -
- O delle corna da alce! -
- O dei campanellini! -
- Sulle corna da alce! -
- O delle palle di polistirolo! -
- O una stampante in miniatura! -
- Ma perché in miniatura, in fondo? -
- Giusto! Magari un fornello? -
- E' pratico! -
- Magari una spillatrice? -
- O una sparachiodi! -
- O un polpo! -
- O un vaso con un bonsai! -
- Un vaso con un bonsai a cui è arrotolato un polpo! -
- Con i campanellini! -
- Sulle corna da alce! -
- Sul cerchietto con le antenne! -
- Dentro una coroncina di fiori! -.

Lui era perfetto.
Non c'era altro da dire.
Era bello, bravo, intelligente e azzurro come il mare calmo di una giornata serena come un Principe.
Non era neppure un nobile, ma chissene importava.
Andava benissimo così.
I giorni divennero settimane, le settimane divennero mesi.
- Il popolo adora il vostro ospite. -
- Finalmente mostrano un po' d'intelligenza! -
- Pare sia perché la sua presenza vi distrae dal fare nuove leggi, mia signora. -
- Che importa di nuove leggi? Va tutto benissimo così com'è! -
- Ora potremmo riavere i nostri soldi indietro? -
- Quali soldi? -
- Ehm, quelli che ci avete sequestrato qualche tempo fa, a quell'ispezione... -
- Ovviamente no. -.
Il Paese del Giallo sarebbe stato un Paese perfetto. Non c'era niente di cui discutere. Persino gente stupida come il suo popolo l'aveva capito.
E, soprattutto, non c'era alcuno, nessuno, neppure minuscolo problema.
- E' sparita! -
Rin gli prese le mani, agitata: - Cos'è successo? -
- E' sparita! E' sparita! -
L'unica pecca era il modo in cui il suo Principe pensasse sempre alla Guerriera Trucida. Ma doveva essere normale: lui, che era una brava persona, teneva molto a chi rischiava la vita per lui.
- Come ha fatto? - sbattè le palpebre: - Quando? Dove? -
Non l'aveva mai visto così.
Era sbiancato come neppure i suoi ministri o chi le chiedeva udienza.
Non sapeva perché, ma aveva sentito il cuore stretto in una morsa.
- Tutte quelle sparizioni al confine con il Paese del Viola... - tremava, e lei sentì improvvisamente freddo: - ... è andata a controllare di persona. Ma è sparita! Sparita come tutte le altre! -
- Forse si è solo allontanata... -
- Sono tre giorni che non si hanno più sue notizie! -
Dovette arrendersi all'evidenza: "... una guardia del corpo di certo non starebbe tre giorni lontana dal suo protetto.".
- Rin. -
Si voltò a guardare Len. Aveva un'espressione grave: - La situazione sta precipitando. -
- Me ne sono accorta! - portò le mani in grembo.
- Chiamo i minis- -
- Lascia perdere quegli incapaci! - si sedette sul trono, artigliò i braccioli: - Dimmi, Len. Quante persone sono sparite? -
Suo fratello s'inginocchiò ai suoi piedi: - Il numero è incalcolabile. Non posso darti una stima precisa. -
- All'incirca? -
- Tutta la popolazione femminile del Paese del Giallo tra i quindici e i cinquant'anni. -
"..."
- ... questo implica che io potrò essere un obiettivo...? -
- Beh... - il Principe intervenne, le mani strette una nell'altra: - L'altra notte qualcuno si è infiltrato in camera vostra, no? -
- Ma è andato tutto bene. -
Non aveva idea di come avesse fatto ad aprire la finestra del balcone, chiusa a chiave dall'interno.
Stava di fatto che aveva calpestato uno degli ultimi esperimenti culinari di Len - finito non si sa come sul pavimento - ed era fuggito all'istante, con un gran baccano.
Rin, col cuore in gola, era accorsa a vedere e aveva trovato uno stivale scuro di ottima fattura, dall'aria costosa, per metà sciolto.
I domestici ci avevano messo sei ore per pulire e altre sei per togliere l'odore di gomma bruciata.
Ora che ci pensava, erano stati i domestici.
- In effetti, non ho più visto donne e ragazze, in giro... -
- Lieto che te ne sia accorta. - aveva la vaga impressione che quello di Len fosse stato un tono ironico.
- E pare fossero sparite solo prigioniere donne. - aggiunse il Principe.
- Quindi sono sparite solo donne. -
- Esattamente. -
- E lei è voluta andare a controllare. -
- Sì. -
- Lei che è una donna. -
- Sì. -
"... di certo quella là non brilla per intelligenza.".
- Rin. -
Guardò Len: i suoi occhi erano seri.
- Credo sia colpa del Duca del Paese del Viola. -
"Cosa?"
Agitò la mano, a scacciare quelle parole: - Non essere ridicolo, Len! Che vantaggio avrebbe, il Duca, di una cosa del genere? -
- Ma tutte sono sparite proprio al confine con il Paese del Viola. -
Rin inspirò. Doveva essere calma e lucida, anche per il suo bene: - Capisco che tu sia preoccupato per lei. Ma accusare qualcuno sulla base di mere supposizioni, senza alcuna prova concreta, non sarà d'aiuto per nessuno. Rischieremmo solo di autoconvincerci di aver ragione, e accuseremmo un innocente perdendo di vista il reale colpevole. -.
Il Principe la guardò, gli occhi sgranati.
Anche Len la guardava, con occhi talmente spalancati da sembrare grandi il doppio del normale.
- Dovremo inviare altri piccioni. -
- Nessuno di quelli che abbiamo spedito è tornato con una risposta. - le ricordò Len: - Tutti a zampe vuote. -
- MIA SIGNORA! -
Rin sobbalzò, e le parve che anche Len e il Principe fossero stati colti alquanto di sorpresa.
Un servitore entrò di corsa nella sala del trono, qualcosa in mano, l'espressione sconvolta.
- Chi ti ha autorizzato a- -
- Una risposta dal Duca del Paese del Viola! -
Rin si alzò, sollevò appena la gonna e lo raggiunse: - Non riesco a credere che il Duca abbia aspettato una Super Chiamata In Scena, con tutti i disastri che ci sono! - afferrò ciò che aveva in mano l'uomo, un foglio illustrato.
Ingiallito, dall'aria vecchia, di pergamena.
Neanche gli fosse stato detto, il servitore fuggì.
Rin tornò al foglio. Lo lesse tutto, il cuore che batteva forte, sempre più forte ad ogni rigo.
Quando arrivò all'immagine finale, serrò il pugno libero: - Quel... - strinse i denti: - Quel... Quel maledetto! - passò il foglio a Len: - Leggi! -
Lui obbedì, l'espressione dura: - Tritare il sale grosso, con due spicchi d'aglio, rosmarino, salvia, origano e alloro... - i suoi occhi tornarono enormi: - Non ci posso credere! - alzò lo sguardo: - E' la ricetta del pollo arrosto! -
- E questo può significare solo una cosa. - tornò davanti al trono, il respiro si era fatto difficile, come se qualcosa di troppo pesante le stesse premendo sul petto.
"Non posso crederci. E' tutto troppo improvviso.".
- Il Duca del Paese del Viola ci dichiara guerra! - aprì un braccio: - Se le cose stanno così, allora guerra sia! -
- Aspettate! -
Il Principe si era fatto avanti.
- Cosa? -
"Vi prego, non vi intromettete! Non voglio che vi succeda qualcosa!".
- Possiamo risolvere la questione senza spargimenti di sangue. - era pallido, ma non sembrava più spaventato. Sembrava... determinato?
Abbassò il braccio: - E come? -
Anche Len guardò il Principe, perplesso.
- Se... -
L'idea del Principe era folle. Ma decisero di metterla in atto.
Due giorni dopo, tutte le fanciulle erano tornate a casa - Guerriera Trucida compresa.
Il Duca del Paese del Viola era stato arrestato e portato al suo cospetto.
- Dovrai controllare l'ingresso ai Paesi dello Specchio e delle Meraviglie! - pronunciò Rin: - Fino a nuovo ordine! -.
- Ti fidi? - le aveva chiesto Len, un sopracciglio inarcato.
- Ovvio che no. - aveva messo le mani ai fianchi, ed era sicura di avere un'espressione trionfante: - Ma nessuno può disobbedirmi! Perché io sono la Regina! -.

- Allora? - fece un gran sorriso, il ventaglio a farle aria: - Ora il popolo ha capito, vero? Ora anche il Paese del Giallo mi ama, vero? -
Len le versò il the, piano: - In realtà, pare che l'odio nei tuoi confronti sia aumentato. -
Fermò il ventaglio: - ... perché. - assottigliò lo sguardo. Lo stomaco aveva iniziato a contorcersi. Proprio durante la merenda. Ma l'avrebbero pagata, tutti l'avrebbero pagata.
- L'incidente con il Paese del Viola. - si limitò a rispondere Len: - Vi accusano di essere stata troppo lenta. -
- Oh, ma non mi pare che il Duca abbia fatto nulla alle ragazze! -
- Hai ragione, ma a loro non importa. - sospirò: - Il fatto che siano state ipnotizzate e rapite ha comunque fatto infuriare le loro famiglie. -
- Tsk. - prese la ciambella dal piattino e la guardò male: - Famiglie. Che cosa irritante. Come se non bastassero le singole persone. - la mangiò.
- Credo sia giunto il momento di togliere le frontiere. -
- Non ho nessuna intenzione di farlo, né mai lo farò. - si leccò le dita: - Dovrò pensare ad un altro metodo. - e quelle rimasero comunque appiccicose.
Dovette pulirsi sul tovagliolo.
- Tipo? -
Ci riflettè. Prese la tazzina, vi soffiò sopra. Bevve il the, piano.
- ... l'altra volta, l'apertura al mio Palazzo è stata un successo. - il cuore sussultò: - Ho anche incontrato il Principe... -
- Temo che ripetere l'evento non vi aiuterà con il popolo del Paese del Giallo. -
- Infatti non sarà una cosa uguale. - posò la tazzina, guardò Len negli occhi: - Darò un ballo. Per tutta una sera e una notte. -
- ... un ballo? - lo vide sbattere le palpebre, lo sguardo visibilmente confuso.
- Un ballo. - tornò a sorseggiare il the. Quel giorno era al limone: - Chiunque potrà partecipare. Indipendentemente dal suo Paese di provenienza. -
Silenzio.
- Volete far entrare chiunque? Anche gente dal Paese del Giallo? -
- Chiunque... - sussurrò: - ... abbia un abito adeguato. -.
Sorrise.
Sentì Len sospirare, sapeva che stava sorridendo senza neppure guardarlo.
"Hanno così tante difficoltà a pagare le tasse? Allora dubito riusciranno ad avere abiti abbastanza sontuosi per entrare.".






Note:
* "Il fiore del male sboccia dolcemente / Nei colori più brillanti": Aku no Musume / Daughter of Evil [ Traduzione Scritta ]
Come si sarà notato, tutto il capitolo è una citazione continua ad AnM/DoE. U.U
* Josephine rodo roda è tratta da Questa Parodia.
* Len che sente l'improvviso bisogno di spiegare a Rin una cosa che lei sa benissimo (gemelli segno di sventura, perché lui sia il servo, eccetera) sono una brutta "tecnica narrativa" conosciuta come As you know, Bob: è una forma di inforigurgito vagamente mascherata e calata nella narrazione... con risultati a volte più disastrosi dell'inforigurgito vero e proprio, causa il suo rendere i dialoghi alquanto irrealistici - dato che chi parla si sta palesemente rivolgendo al lettore e non al proprio interlocutore.
* "La merenda di oggi è una brioche": Aku no Meshitsukai / Servant of Evil [ Traduzione ]
* Cianuro, amanita muscaria e aconito napello sono rispettivamente un veleno, un fungo velenoso e una pianta velenosa.




E siamo arrivati al Flashback (Più o Meno) Chiarificatore di Rin *O*/ *Che non dura otto capitoli ma due.*
Ebbene sì: Rin era la precedente Regina, Len il suo servo, loro sono gemel- okay, questo l'avevano capito tutti.
(Ah, se avete l'impressione che Len pasticci con formale/informale quando è da solo con Rin, potrebbe non essere una vostra impressione.)

E chi saranno mai i misteriosissimissimissimissimi Principe & Guerriera Trucida? Nessuno lo capirà mai! E' un Enorme Mistero Misterioso! *A*
A parte tutto, i loro nomi non verranno mai pronunciati, in questi due capitoli. Perché no. U___U (?)

Ah, se qualcuno se lo stesse chiedendo, tranquilli: la vicenda del Duca di Venomania verrà spiegata nel dettaglio. Più avanti. E non da Rin.
Di certo non si liquida tutto così. U.U (!)

Ordunque, la Sag(r)a del Male.
E' tipo quell'Argomento che tutti coloro che scrivono di Rin&Len, prima o poi, finiscono per trattare/citare.
Mi aggiungo anch'io, riprendendo la vicenda di Aku no Musume e Aku no Meshitsukai - e solo di queste due canzoni, senza seguiti, approfondimenti, altro materiale (o meglio, riprendendo qualcosa di quelle due e di UNA altra canzone della saga, ma ques'ultima di meno U.U) - e rigirandomela un po'.
Non è una storia sulle due AnM, ovviamente.
Ma ci ha abbastanza a che vedere.

Il prossimo capitolo sarà più breve di questo. No, non ho diviso il flashback in due metà più o meno uguali.
Diciamo che nel prossimo capitolo c'è un cambio di tono più marcato. Alquanto più marcato.
Se avete ben chiaro il testo di DoE, non faticherete a capirne il perché.

Spero che questo capitolo vi sia stato di gradimento ^^
Se ci sono consigli da darmi o critiche da farmi, dite pure ^^

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Capitolo 7
*** Il fiore del male appassisce dolcemente... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Il fiore del male appassisce dolcemente
Nei colori più brillanti
~



La sera del ballo arrivò presto.
Soprattutto perché Rin l'aveva programmata per soli due giorni dopo - giusto per impedire che qualcuno accumulasse troppi risparmi esclusivamente per partecipare al ballo e fare cose inconsulte quali tentare di ucciderla.
Aveva messo il suo abito migliore: giallo e nero, rose rosse a decorarle i capelli intrecciati, il merletto delle maniche larghe quasi accecava tanto era bianco. Aveva persino indossato la corona. Si era ripromessa di starci attenta.
Era stata lei stessa a provvedere agli abiti per il Principe - e per la Guerriera Trucida, che lui aveva tanto insistito.
Era soprattutto per lui che aveva indetto quel ballo.
Forse, quella notte, sarebbe stata in grado di...
Deglutì, strinse il braccio di Len.
- Pronta? - un sussurro.
Lei annuì: - Non fare domande stupide. -.
Una risata leggera.
Il salone era pieno di coppie.
Soltanto coppie.
No, sul serio, perché erano venuti tutti in coppia?
Serrò la presa sul braccio di Len. Il cuore batteva talmente forte da farla tremare.
C'erano tantissime persone dagli altri Paesi, pochissime dal Paese del Giallo - le famiglie più facoltose.
- Non temere. - mormorò il suo accompagnatore: - Abbiamo messo cecchini ovunque. Nessuno potrà farti del male. -
- Chissene importa! - si strinse a lui: - Io... - deglutì, e desiderava tanto smetterla di andare a fuoco: - ... io stasera voglio... voglio chiedergli... - le parole rimasero nella gola. Più cercava di dirlo, più sentiva caldo.
- Stai tranquilla. - una carezza sulla schiena. Sentì la tensione sciogliersi appena. Annuì. E si pulì il sudore delle mani sulla manica gialla dell'altro.
Quando lui si ritrasse con un verso schifato, lei si fece avanti, sul piano rialzato della sala, attirando gli sguardi di tutti.
Il vociare che l'aveva accolta venne meno, fino a diventare silenzio.
- Benvenuti! - aprì le braccia, sorrise: - Che le danze abbiano inizio! - non c'era nient'altro da dire, in fondo.
L'orchestra iniziò a suonare, qualcuno iniziò a danzare.
La maggior parte della gente, però, ancora girovagava intorno ai tavoli del buffet.
- La Regina dovrebbe aprire le danze. - Len era riapparso al suo fianco.
Rin annuì, piano: - Fammi da cavaliere. -
- Sì. -
Le porse la mano, lei la prese, e scesero tra quei pochi che già danzavano.
"Tra poco danzerò con il Principe." lasciò che fosse Len a guidarla: "Dovrebbe essere lui a fare quasi tutto, ma non posso mostrarmi incapace!" riportò alla mente tutti i passi che conosceva, di qualsiasi danza: "E... staremo vicini. Tanto vicini. Terribilmente vicini." forse era diventata una fiamma turbinante.
Almeno non era vestita di rosso.
- Va tutto bene. -
La voce di Len.
Alzò lo sguardo.
Lui le sorrideva: - Va tutto bene. - ripetè.
Rin inspirò: - Lo so. Non c'è bisogno che tu me lo dica. -.
La musica rallentò.
Len non aveva la stessa corporatura del Principe. Sarebbe stato diverso, lo sapeva. Ma, almeno, soltanto per un poco...
Posò la testa sulla sua spalla, facendo anche lo sforzo di non ficcargli una punta della corona in un occhio.
Pensò a spalle più larghe. E mani più grandi, attorno alla sua vita.
Sentiva di star sorridendo. Non vedeva perché non farlo.
Tremava, il cuore batteva forte, davvero forte.
Era terribilmente agitata, non poteva negarlo.
Lo sentiva, il suo cuore, che non le dava pace, che-
Riaprì gli occhi.
Le sue mani non stavano tremando.
E quel battito impazzito non era in sincrono con quello che le perforava le orecchie.
Si scostò.
Len. Sembrava sconvolto.
- ... scusami. -
- Eh? -
Qualcosa di caldo attorno ai polsi. Abbassò lo sguardo: le mani di Len.
- Cosa- -
- Rin. -
Rialzò lo sguardo. Vedeva solo gli occhi di Len.
- Io- -
L'inizio della musica successiva la colpì ai timpani.
Si voltò, giusto in tempo per evitare una coppia vorticante.
"Quand'è finita la musica prima?"
- Allontaniamoci. - approfittò della sua stessa presa per trascinare Len fuori dalla gente, fino alla soglia della porta da cui erano entrati.
C'era persino meno caldo, lì. Forse era stata anche colpa della ressa. Si sentì un pochino sollevata, nel rendersene conto.
- Che hai? - si liberò delle sue mani.
Len non rispose. Né la guardò. Sembrava preso a guardare la gente che ballava, come se fosse la cosa più interessante che avesse mai visto.
Irritazione.
- Non puoi fare tutto lo strano e poi tacere! - gli afferrò il colletto della camicia e lo costrinse a guardarla: - Dimmi subito cos'hai. Non ho tempo da perdere. Non stasera. -.
Nessuna risposta.
Solo uno sguardo strano. Occhi sgranati, bocca schiusa, sopracciglia alzate. E le sembrava che tutto il suo corpo stesse tremando.
- Non... - lo vide deglutire, inspirare. Poi la sua espressione strana si sciolse in un sorriso: - ... non è lo stesso. Se pensi che danzare con me sia come danzare con lui, ti confonderai soltanto. -
Rin lo lasciò: - Lo so benissimo. - sollevò appena la gonna e lo superò: - E tu vedi di calmarti. Agiti pure me, così. -
- Sì. Scusami. -
- Almeno. -
"Ci mancava solo Len che si fa prendere da attacchi di panico." alzò gli occhi al soffitto: "Cos'è, ha visto qualcun'altra delle sue fangirls?".
In effetti, avrebbe dovuto prendere provvedimenti anche per loro. Ma ci avrebbe pensato poi.
Ora aveva tutt'altro problema: "... devo farmi invitare dal Principe.".
Non poteva certo essere lei ad andare a chiederglielo. Doveva sembrare una cosa del tutto casuale. E, allora...
"... devo farlo." le pesava, ma non vedeva altre alternative.
Se avesse mandato Len a dirgli di invitarla, sarebbe stato troppo ovvio il suo desiderio di danzare con lui. Quindi, doveva trovare qualcosa di meno troppo ovvio.
E il qualcosa era vicino al tavolo più grande del buffet, in un vistoso abito rosso, l'immancabile spadone al fianco.
- Devi dirgli di invitarmi a danzare. -
La Guerriera Trucida si voltò. Aveva le mani e la bocca piene di tramezzini di tutti i gusti disponibili. Inghiottì quel che aveva in bocca: - E non potete chiederglielo voi? -
"Ovvio che una persona tanto stupida faccia domande stupide." alzò gli occhi al soffitto: - Non sarei venuta a chiedervelo, nel caso. -
- Oh, se volete. - alzò le spalle, come se nulla fosse: - Ora è impegnato. -
"..." - Eh? -
Con un cenno, la Guerriera Trucida le indicò le coppie danzanti: - Cos'è, questa, la terza musica? -
- Sì. - "Credo."
- Allora quella è la terza che ha invitato. - azzannò un altro tramezzino, lo mandò giù quasi intero: - Posso dirglielo solo quando si degnerà di tornare qui.
Non so se verrà aggredito da qualche altra ragazza, nel tragitto. Con questa e la seconda è successo così. -.
Serrò la presa attorno al ventaglio, con entrambe le mani.
Lo sentì piegarsi in modo innaturale.
Si affrettò ad allentare la presa.
- Ditegli che lo aspetto dove si confà ad una Regina. - incenerì la poco di buono con cui lui stava danzando.
Era evidente che tutte quelle là l'avevano costretto.
Lui era buono e generoso, probabilmente erano andate lì con degli occhioni da cucciolo indifeso e l'avevano supplicato di far loro l'onore di averlo come cavaliere.
Tornò alla parte rialzata, sul surrogato di trono che era stato posto.
Lei avrebbe danzato solo con lui.
L'avrebbe aspettato.
Perché sarebbe stato lui a venire da lei - la Guerriera Trucida doveva solo dargli il via libera.
Era ovvio che anche lui volesse danzare con lei, ma non poteva certo osare invitare la Regina in persona. Quindi, si era premurata di fargli sapere, per vie traverse, che il suo invito sarebbe stato estremamente gradito.
Passarono i minuti.
Passarono le musiche.
Non distolse mai lo sguardo da lui. Lo vedeva danzare con tante donne, tanti manichini colorati, con abiti orrendi - perché erano state fatte passare? - e, di faccia o di fisico, non erano neppure questo granché.
Era ovvio che lo stesse facendo solo per gentilezza.
Quando finalmente lo vide parlare con la Guerriera Trucida, il suo cuore sobbalzò.
Mosse i piedi, ormai indolenziti. Forse era stata troppo rigida, per tutto quel tempo - tempo vicino all'eternità.
Vide entrambi guardare dalla sua parte.
Sperava non si fossero accorti della vampata che l'aveva circondata.
Poi lui s'incamminò verso di lei.
Premette le punte dei piedi a terra, pronta ad alzarsi. Sperava solo di non sputargli il cuore addosso. Non sarebbe stato carino.
E quella che era palesemente una meretrice si mise in mezzo.
"Cosa." li vide parlare un paio di minuti, poi lui, troppo buono e misericordioso, danzò con lei.
"Ti farò uccidere. E libererò il mondo dalla tua presenza.".
Trascorse un'altra eternità.
Le meretrici erano ovunque.
E tutta la sua aspettativa era crollata sotto i tacchi. Insieme all'ansia. Ora si stava solo annoiando.
Aveva perso il conto di quante ragazze fossero andate ad infastidirlo.
E non ricordava più neppure un volto.
Sospirò, le parve di buttar fuori una bolla d'aria pesantissima.
"... che noia." non pensava sarebbe finita proprio così: "Che diamine di ore sono...?". Si guardò intorno: "... dov'è finito Len?". Alzò gli occhi al soffitto, esasperata: "Ancora non gli è passato?".
Riabbassò lo sguardo.
Il Principe si era mosso.
Ma non nella sua direzione.
Si era mosso lui, da solo, senza che nessuno lo spingesse a farlo.
Si rimise seduta composta, lo seguì con lo sguardo.
Lo vide fermarsi davanti ad una macchia verde.
Una ragazza.
Era seduta, sembrava stesse cercando di farsi piccola piccola sulla sedia.
Parlarono, per qualche secondo.
Poi la ragazza si alzò, la mano nella sua, e i due andarono tra le altre coppie.
"... ora sta andando a recuperare anche la tappezzeria?" sbuffò: "... aspetta!" sgranò gli occhi: "Forse lo sta facendo per fare piazza pulita in modo da non avere più nessuno che possa darci fastidio!" annuì: "Sì! Deve essere senz'altro così!" sorrise: "Una persona tanto intelligente non può che aver fatto un ragionamento simile!".
Se era andato a recuperare anche la roba negli angoli, allora era ovvio che fossero gli ultimi controlli.
E dopo...
Dopo la musica finì, e Rin cercò di regolarizzare il respiro.
Era giunto il momento.
Era il suo turno.
Il suo turno, solo lei, solo loro due.
Seguì il Principe e la macchia verde con lo sguardo.
Ora si sarebbero separati, sì.
Come tutte le altre. Era ovvio.
Si erano allontanati dalle altre coppie, per non dar loro fastidio.
Parlavano, gli ultimi convenevoli.
E andarono verso il giardino.
"..."
Si alzò, piano.
Oltrepassarono la porta che dava al corridoio che avrebbe portato al giardino.
Scese, li seguì, lentamente.
- Rin! -
- Len. -
Avanzò, senza distogliere lo sguardo da quella soglia: - E' tardi. Rimanda tutti a casa. -
- E' mezzanot- -
- E' un ordine. -
- Sì, mia signora. -
Superò la porta, li vide in fondo al corridoio.
Sottobraccio.
Li vide sparire oltre le scale.
Non c'era bisogno di correre. Non ce n'era alcun bisogno.
Arrivò all'inizio delle scale.
Si appoggiò alla parete con una spalla.
Erano entrambi nel giardino.
Avevano fatto solo pochi metri, prima di girarsi l'uno verso l'altra.
Parlavano.
Non sapeva di cosa, ma parlavano.
Il Principe e quella ragazza in verde.
Abito verde, capelli lunghi e verdi, persino lo smalto era verde. Almeno gli occhi erano azzurri.
Che ragazza monotona.
La luna luccicò sulle perle intrecciate ai suoi capelli.
Addobbo ridicolo e inutile.
La vide ridere.
Cos'aveva da ridere?
Parlavano, parlavano.
Di cosa parlavano?
Poi il Principe le prese il volto tra le mani.
Rin si raddrizzò, il cuore si schiantava contro il petto.
E lo vide chinarsi su di lei, baciarle la fronte.
Il cuore fu fermato da una pugnalata.
Lei rideva.
Ovvio che rideva.
La Regina si voltò, tornò nella sala. Piano.
Sentiva il ventaglio tra le mani, aveva di nuovo una piega innaturale.
Serrò i denti.
Aveva caldo.
Troppo caldo.
Ma non era lo stesso caldo di prima.
E tutto era diventato improvvisamente sfocato.
Un colpo secco.
Non c'era più nessuna opposizione, tra le sue mani.
Lasciò la presa.
- Rin! -
- Vattene. -
- Rin- -
- Sparisci. -
Non aveva neppure idea di dove fosse.
La vista, a tratti, tornava limpida, per poi sfocarsi di nuovo.
Sentiva qualcosa scivolarle lungo le guance.
Ma non osava alzare le braccia. Le sentiva inchiodate lungo i fianchi.
- Mia signora! -
Il cuore sobbalzò - e perse tanto sangue, quando lo fece.
Chiuse e riaprì gli occhi, per avere di nuovo una vista limpida.
Ma non si voltò.
- Mia signora? -
Confuso. Sembrava persino confuso.
- Non volevate danzare con me? -
- Volevo danzare con voi al ballo. - sibilò: - Ma il ballo è finito. Siete arrivato troppo tardi. -
- Oh... -
Sentì il cuore incrinarsi.
- Perdonatemi. Avevo capito sarebbe durato per tutta la notte. E la notte finisce tra qualche ora... -
Era dispiaciuto.
Il cuore si spaccò.
- Va tutto bene. - sorrise: - Va tutto bene. Sarà per un'altra volta. -
- Sì! - stava sorridendo anche lui, ne era certa. E tutto era illuminato.
"Ma..." riprese a camminare, chissà dove: "... non posso chiedervelo... se voi... se c'è qualcun'altra che voi...".
Si fermò.
Sorrise, il cuore iniziò, pian piano, a ricomporsi: "... sono una sciocca. Non devo fare pensieri del genere." trasse un profondo respiro: "... basta semplicemente che non ci sia più quella qualcun'altra.".

- Sì, mia signora? -
Sentì il suo servo inginocchiarsi alle sue spalle. Lei non si voltò. Continuava a rimanere davanti al trono, le spalle all'intera sala vuota.
- Desidero... - no: - ... esigo che la mia volontà venga esaudita. -
- Naturalmente, mia signora. -
- In un primo momento, ho pensato di convocare i ministri. Ma... - sorrise: - ... non lo farò. Non ce n'è alcun motivo. -.
Si voltò. Il suo servo era effettivamente inginocchiato ai piedi delle scale.
La Regina portò le mani in grembo.
E, con voce pacata, disse: - Distruggete il Paese del Verde. -.
- Cosa? - quegli occhi azzurri, sgranati.
La Regina rise: - Se l'avessi detto, nessuno mi avrebbe dato retta. - scese di un gradino: - E poi, perché dovrei distruggere uno dei miei domini? Nessuno accetterebbe mai di fare una cosa simile. Anche se è un ordine della Regina. - un altro gradino: - Esaudisci la mia volontà. -
- Mia signora. - lo vide serrare un pugno: - Io non posso distruggere il- -
- Non è il Paese del Verde che dovrai cancellare. - un altro gradino ancora: - E' una ragazza. -.
Quegli occhi sembravano quasi di vetro.
- Vai nel Paese del Verde. Là troverai una ragazza dai capelli verdi e dagli occhi azzurri. Era al ballo, ieri notte. Ho chiesto alle guardie il suo nome. -.

- Come desiderate, mia signora. -.



- Non trovi che oggi sia una giornata splendida? - uscì sul balcone, le braccia aperte.
Le sembrava ci fosse più luce del solito.
E il Paese del Giallo rifulgeva.
- Senza dubbio. - Len la raggiunse al parapetto, un sorriso ad incurvargli le labbra.
- Non c'è neppure una nuvola! - Rin indicò il cielo terso: - E' strano vedere il cielo completamente azzurro, vero? -
- Non del tutto. Succede. -
- Il cielo azzurro, sul Paese del Giallo. - inspirò l'aria impregnata di profumi: - Sembra quasi un buon augurio! - giunse le mani.
Trasse un profondo respiro. Un buon odore dolce le invase i polmoni: - Che buon profumo! -
- Oh, è l'ora della merenda! -
Len tornò dentro, Rin lo seguì con lo sguardo: - Torta al cioccolato? -
- No! - lui riapparve, con un piattino: - La merenda di oggi è una brioche. - la posò sul tavolino.
Rin si accomodò: - Uff. Speravo brioche al cioccolato. -
- Sei stata cristallina, a riguardo. - una caraffa. Len la piegò sopra la brioche, e una cascata di cioccolato vi piovve sopra.
- Sarà un po' pesante, e probabilmente metterai su qualche chilo. - lo sentì ridacchiare: - Ma senz'altro soddisferà la tua voglia di cioccolato. -.
Rin sbattè le palpebre.
Qualcosa all'altezza della gola, della bocca.
E scoppiò a ridere.
- Ti va un po' di the? -
Lei riprese fiato, un sorriso: - Sì! -.

- Sappiamo che sei stata tu! -
- Assassina! -
- Maledetta! -
Le guardie accorsero senza bisogno di dare ordini.
Le lance e le spade s'incrociarono sotto i volti urlanti di quelle persone, le braccia furono fermate dietro la schiena.
La Regina si sventolò, aggrottò la fronte: - Ammirevole l'avermi chiesto udienza per darmi dell'assassina. - sospirò: - Senza che neanche vi avessi ancora dato il permesso di parlare, tra l'altro. -
- Basta con i giochi! - urlò un uomo: - Sappiamo tutti che sei stata tu! -
- Davvero pensate che io abbia così tanto tempo libero da fare una scorribanda nel Paese del Verde solo per uccidere una ragazzina? - accavallò le gambe: - Perché non andate ad impiegare il vostro tempo in modo più proficuo? -
- L'hanno visto! - gridò una donna: - Hanno visto l'assassino! Aveva il pugnale delle guardie reali! -
- Con tutti i falsi che ci sono in giro... - sbadigliò, aprì il ventaglio davanti alla bocca.
- Tu saresti in grado di ordinare una cosa simile! - il primo uomo cercò di farsi avanti, ma le guardie lo trattennero: - Abbiamo sopportato troppo a lungo i tuoi deliri, Regina Pazza! Hai superato qualsiasi limite! -
- Hai distrutto la vita di una ragazza innocente! - la donna era in lacrime: - Perché? Perché hai fatto una cosa del genere? -
- E perché voi continuate a rivolgervi a me in modo tanto irrispettoso? - chiuse il ventaglio con uno scatto: - Come se non bastasse il vostro starmi accusando di omicidio. -
- Sei stata tu! -
- Assassina! -
- Come siete confusionari... - stava iniziando ad irritarsi.
- E' stato lui, vero? - un dito puntato contro il suo servo, al suo fianco.
Trasalì.
- E' stato lui ad obbedire al tuo ordine! -
- Sì, è stato lui! Gli hai ordinato di uccidere quella ragazza! -
"..."
- Sei stata tu ad ordinarlo! -
- E' colpa tua! -
- Ora basta, Regina Pazza! -
- La Regina è pazza! Pazza! Deve essere eliminata! -
- Farà di peggio, se rimarrà sul trono! -
- Toglietela di torno! -
"... il mio servo deve essere invisibile a chiunque. Soprattutto alla gente qualunque." serrò i pugni.
Si alzò.
Le voci scompavero.
Guardò quei volti, uno per uno.
Furiosi.
In lacrime.
Un dito sulla punta del ventaglio: - Tutto questo caos per una ragazza? - assottigliò lo sguardo: - Siete veramente patetici. -.
L'incrocio delle lance scivolò a terra.
Due uomini, sempre più vicini.
Delle urla, troppo vicine.
Le loro facce, i loro occhi.
Una massa di capelli biondi.
Delle urla, lontane.
Un tonfo.
Un battito rapido, violento.
Rin abbassò lo sguardo.
Le guardie erano riuscite a fermare quei due uomini che l'avevano aggredita.
Len era davanti a lei, le braccia aperte.
E lei era immobile, incapace di muoversi.
- Hanno cercato di uccidere la Regina! -
- Tradimento! Tradimento! -
Le voci dei servitori, delle guardie.
Doveva porre fine a tutto quello.
Recuperò tutta la voce che le era rimasta, la portò alle labbra: - In prigione. - un sussurro. Ne recuperò altra: - In prigione! - l'urlo le scheggiò la gola: - Portate tutti in prigione! All'istante! -.
Percepì la sala svuotarsi, velocemente.
Sentì tante urla.
Ripetevano sempre la stessa cosa.

Assassina! Assassina!


- Rin! -
Sbattè le palpebre.
Len, le sue mani strette sulle braccia: - Ti sei fatta male? -
Scosse la testa.
E Len sorrise: - Meno male. -
Non riuscì a non sorridere a sua volta.
- Ehi! Ehi! Len! -
- Sì? -
- Va tutto bene, vero? -
Quegli occhi azzurri sgranati.
Poi di nuovo il sorriso: - Sì. -.

- E' vero quel che dicono i prigionieri? - uno dei ministri sembrava seriamente preoccupato: - Che avete dato ordine di uccidere una ragazza? -
- La cosa non è importante. - la Regina non si degnò di guardarlo oltre: - La cosa che più mi preme, al momento, è che ci siano delle persone alquanto rumorose nelle celle. Persone che hanno cercato di farmi del male. -
- Questo è indubbiamente un problema. - disse un altro ministro.
- Dovremmo davvero eliminarle. -
- Cosa volete dire, vostra maestà? -
La Regina sorrise: - L'hanno detto loro stessi. Io sono un'assassina. Quindi, perché non accontentarli, almeno nel loro ultimo momento? -.
Silenzio.
I volti si erano congelati.
- Vostr- -
- Dovevano essere persone vicine a quella ragazza. - disse, piano: - Per questo sono venute fin qui. - inspirò: - Ho commesso un grave errore. Non ho pensato alla possibilità di rivolte. -
Il silenzio continuava.
- Bisogna eliminarli quando sono ancora pochi. - lo ricordava: - Impedire loro di diventare sempre di più. E soccombere sotto di loro. - serrò la presa sui braccioli: - I prigionieri sono condannati a morte. Così come le loro famiglie. -
- Le loro famiglie? - tre ministri si alzarono, le voci troppo alte.
Irritanti.
- Bisogna impedire qualsiasi rivolta. - spiegò, pacata: - Non vogliamo certo che qualche figlio cresca con la volontà di vendicarsi, no? E anche qualche genitore, o parente che non ha più nulla da perdere... - sventolò una mano: - Mandate i soldati nel Regno del Verde. Arrestino le famiglie dei prigionieri. Domani alle tre ci sarà l'esecuzione di tutti. -.
Si alzò e se ne andò.
Le parve di sentirlo, ancora.

Vostra Maestà! Vostra Maestà!
Basta così! Non chiamarla più!
La Regina è pazza!



- E' vero? -
Quante volte dovevano chiederglielo, ancora?
Guardò la Guerriera Trucida. Era più trucida del solito.
- Cosa? - non aveva neppure voglia di irritarsi.
- Lo sai benissimo. - e lei non aveva voglia di formalità: - La ragazza. -
- Quella che dicono io abbia fatto uccidere? -
- Rispondimi. -
- Che maniere. - sorrise: - Sarò costretta a cacciarti da Palazzo, se continui a mancarmi di rispetto in questo modo. -
- Tu non hai diritto ad alcun rispetto. - un sibilo: - Hai fatto uccidere una persona innocente. Perché? -
- Perché sei così certa che sia stata io a farla uccidere? -
- Se così non fosse, ti saresti già difesa, e con una certa foga. - la mano era attorno all'impugnatura della spada: - Non sei tipo che accetta le critiche. Figurarsi le accuse. -.
Rin la guardò.
E sorrise: - Cosa cambierebbe sapere il perché? Quella ragazza tornerebbe in vita? -
La vide stringere i denti. Forse si stava controllando: - Sei stata tu. -
- Non ha importanza. Quella ragazza è morta. E niente potrà riportarla indietro. -
- Se il suo assassino venisse punito, la rabbia dei suoi cari sarebbe placata. -
- La conoscevi? -
La Guerriera Trucida tacque. Poi scosse la testa: - Permettimi di riformulare la frase. Se il suo assassino venisse punito, la rabbia dei suoi cari e delle persone che hanno ancora un briciolo di giustizia sarebbe placata. -
- Dunque tu avresti un briciolo di giustizia? - ridacchiò: - Sei la paladina della giustizia? Rubi ai ricchi per dare ai poveri? Sei talmente brava da essere nel giusto? Così, a prescindere? Solo perché l'hai detto tu? -
- Io sono l'ultima al mondo a poter parlare di giustizia. Io stessa ho fatto cose orribili. - le nocche erano sbiancate: - Ma tu... tu da cosa sei stata spinta? Perché hai tolto la vita a quella ragazza? Che cosa ti aveva fatto? -
- Ho soltanto punito una ladra come era più giusto. -
Anche il volto sbiancò.
- La sua esistenza era un intralcio. Io mi sono limitata ad eliminarlo. -
Vide le sue labbra schiudersi, gli occhi scuri sgranati.
- E punirmi non la rimetterà dov'era prima. - sorrise: - Se ora volessi scusarmi... - sollevò la gonna e la superò.
- E pensi che lui sarà felice? -
Si bloccò.
- Pensi che lo avrai tutto per te, ora? -
- Certamente. -
- ... sei pazza. -
- Me l'hanno già detto. - riprese a camminare.
- Sei stata una brava ospite, finché è durata. -
Si fermò di nuovo.
- Ma temo non ci vedrai più da questa parte del Palazzo. -
- "Ci"? - si voltò.
Lei la stava guardando, lo sguardo fermo: - Sai cosa sta per succedere. -
La Regina sbattè le palpebre.
E sorrise: - Posso condannare a morte anche te, se lo desideri. -
- Non lo desidero, ti ringrazio. - un respiro profondo, senza distogliere lo sguardo: - Ma sentirai di nuovo questa frase. Non dalla tua bocca. E non sarà necessaria alcuna risposta. - si voltò e se ne andò.
"..."
Riprese a camminare: "... devo eliminare anche te, allora?".

- I vostri ospiti se ne sono andati. -
Rin annuì: - Me l'avevano detto. - congedò il domestico.
C'era una gran confusione, quella sera.
Davvero tanta.
E veniva tutta da fuori.
Trasse un profondo respiro.
Tornò in camera sua, aprì la finestra, uscì sul balcone.
E guardò di sotto.
- Eccola! Eccola! -
- E' la Regina Pazza! -
- Fate fuoco! -
- NO! - una voce femminile, incredibilmente potente: - Va catturata viva! -.
Rin guardò il Paese del Giallo.
I colori erano un po' sbiaditi, di notte.
E tutti quei profumi erano stati coperti dalla puzza di polvere da sparo e di ferro, di qualcosa di bruciato.
- ... cosa stanno facendo al mio regno? - strinse un pugno al petto: - ... stasera è orribile. Non è il mio regno. Len. - si voltò, lui era lì, al suo fianco: - Perché stanno rovinando così il mio regno? Perché stanno cercando di buttare giù il portone? Dove sono le guardie? -
- La maggior parte delle guardie ha disertato e si è unita ai rivoltosi. - spiegò lui, impassibile: - In realtà, praticamente tutti gli abitanti del castello si sono uniti ai rivoltosi. Nonché la totalità dei tuoi ministri. A ben vedere, i rivoltosi non sono ancora riusciti ad entrare soltanto perché ho sigillato tutte le entrate. -
- Non ho fatto in tempo. - la voce uscì, ma era soffocata: - Si sono moltiplicati. Ora sarò travolta. - sbattè le palpebre, la vista si stava offuscando: - Era solo una ragazza. Come può la sua sparizione aver provocato una cosa simile? -
- Non è stata la sua "sparizione". - quella voce era atona: - E' stato il tuo desiderio di vederla sparire. E il tuo desiderio di strappare altre vite. Sempre di più, sempre di più. - chiuse gli occhi: - Stanno solo proteggendo loro stessi. E le persone a loro care. -
- E quelle con un briciolo di giustizia, sì. - strinse i denti: - L'ho detto che le famiglie sono una seccatura. Guarda quanti problemi! - il cuore batteva forte.
Troppo forte.
- Hai superato un limite che non avresti mai dovuto superare. - la voce di Len si era abbassata: - Ora il tuo popolo sta riversando il suo odio su di te. -
- Quale insolenza! - serrò i pugni: - Ingrati, e insolenti! - tornò nella sua camera, sentì Len seguirla: - Devo andarmene. Almeno finché non si saranno dati una calmata. -
- Temo che non potrai farlo. -
"..." - ... eh? - si voltò, piano.
Len era rimasto sulla soglia: - L'unico modo per placarli è che tu finisca nelle loro mani. -
"..."
Rin scosse la testa.
- Ti cercheranno per sempre. Ti inseguiranno. -
Scosse di nuovo la testa.
- E il tuo stesso desiderio ti si rivolterà contro. -
- No! - indietreggiò, le braccia e le gambe tremavano, tremavano, tremavano: - L'hai visto anche tu! L'hai visto! L'hai visto! - sentì l'armadio contro le spalle: - Mi hanno aggredita! Hanno cercato di uccidermi! Se finissi nelle loro mani, loro- -
- Condividerai la stessa sorte di quella ragazza. - un sorriso: - Non l'hai ancora capito? E' questa l'unica cosa che placherà quell'odio. -
Rin scosse la testa. Il collo le faceva male. La testa le faceva male.
- Se davvero avessero voluto... - inspirò: - Se davvero avessero voluto, invece di disertare, mi avrebbero catturata quando ne hanno avuta l'occasione! -
- Ma tu sei andata verso il Paese dell'Arancione. -
- Cosa? -
Len si avvicinò. Ancora sorrideva: - Di certo non sigillo le entrate con i rivoltosi ancora dentro. -
- Len... -
Le gambe cedettero.
E cadde a terra.
- Len, tu... -
Continuava a sorridere.
E, dalla cintura, estrasse qualcosa. Luccicò alla luce della lampada.
- ... è il pugnale con cui l'hai uccisa? -
- Sì. -
Faticava a vedere. Era tutto sfocato.
E faticava a parlare. Sembrava che la voce non volesse uscire.
- ... vuoi dare in pasto al popolo la tua Regina? -
- Sì. -
S'inginocchiò davanti a lei.
Rin chiuse gli occhi.
Doveva pensare ad una soluzione.
Ma non le veniva in mente niente.
Sentiva solo troppo caldo, e troppo freddo.
Sentiva la pelle rovente, eppure le ossa e il sangue si erano congelati.
E nella sua mente c'era solo una nebbia fitta. Tanto fitta.
Ho sigillato tutte le entrate.
I rivoltosi non sarebbero entrati.
E lei non sarebbe potuta scappare.
Ma andava bene così.
Se era Len, sarebbe andato bene.
Qualcosa di freddo sulla mano destra.
Riaprì gli occhi, qualcosa scivolò lungo le guance e la vista tornò chiara.
Il pugnale.
Un fruscìo.
Alzò lo sguardo.
Len si stava sbottonando la camicia.
Sbattè le palpebre, sentiva i pensieri troppo lenti: - Cosa- -
- Su, ti do i miei vestiti. - un sorriso. Il sorriso di Len: - Indossali e scappa. -
- ... cosa? - le labbra si mossero da sole.
Il freddo si fece più intenso.
Una mano di Len sulla sua guancia.
Il freddo scomparve quasi del tutto.
- Va tutto bene. - mormorò, con la sua voce gentile: - Siamo gemelli. Nessuno se ne accorgerà. -
Tremò.
Rin tremò.
- Non posso scappare. -
- La Regina non scapperà. - si tolse la camicia: - Ma il suo servo sì. - guardò dietro di lei.
Rin si voltò, piano: l'armadio.
Tornò a guardare Len.
- Andrà tutto bene. - sussurrò quella voce gentile: - Fidati di me. -
- Non ho mai smesso di farlo. - si slacciò il vestito.
Dovette rimettersi in piedi per poterselo togliere.
Len la aiutò, le gambe erano ancora troppo deboli.
Era caldo anche lui. Chissà se stava sentendo così freddo anche lui.
Anche se meno di prima. Molto meno di prima.
I rumori da fuori erano sempre più forti.
- Stanno per sfondare il portone. - notò Len: - Dobbiamo fare in fretta. -
- Cosa facciamo? - prese la camicia che le stava porgendo.
- Quando se ne saranno andati tutti, tu fuggi. Usa l'entrata principale. Nessuno si aspetterebbe mai che qualcuno fugga dall'entrata principale. E, semmai, ti crederanno me. Loro ce l'hanno con te, non come me. Ti lasceranno andare, se anche ti vedessero. Fuggi lontano. Vai in un altro Paese. Cerca di tingerti i capelli, di cambiare identità. -
Rin annuì, piano: - E tu? -
- Mi fingerò te. Quando ti saprò al sicuro, rivelerò loro la verità. Mi lasceranno andare, e io ti cercherò. - sorrise: - Se mi vorrai di nuovo al tuo fianco. -
- Certo che lo voglio! - lo colpì al petto con un pugno, ma lui non parve neppure sentirlo: - Vedi di raggiungermi presto! -
Il suo sorriso si accentuò: - Sì. E giocheremo ancora insieme. -
- Sì! -
Il cuore leggero, le parve di ritrovare di nuovo tutte le sue forze.
Si allacciò la cintura, la mano di Len ancora dietro la schiena, a sostenerla.
- Riesco a reggermi in piedi. - lo informò.
Un boato, là fuori.
Len si era quasi del tutto vestito, lei si stava abbottonando la camicia.
- Non muoverti, quando sarai nell'armadio. -
- Non lo farò. -
- Qualsiasi cosa succeda, qualsiasi cosa tu senta. -
Rin annuì.
Len le sorrise. Ma era un sorriso strano. Sembrava quasi... amaro?
Non aveva tolto la mano dalla sua schiena.
La sentì risalire, le dita tra i suoi capelli sciolti.
- Diventerai una donna bellissima. -
- Cos- -
Le labbra di Len sulle sue.
Il cuore era impazzito.
Anche il suo.
Lo sentiva.
Chiuse gli occhi, piano.
Se li avesse tenuti aperti, la sua mente avrebbe pensato al presente.
E non voleva.
Voleva ridurre il presente a quel piccolo spazio.
Solo per un istante.
Aria fredda, sulle labbra.
Riaprì gli occhi.
Len si era scostato.
- Vai. -
Annuì.
Aprì l'armadio ed entrò.
Sentì Len richiuderlo alle sue spalle.
E lo sentì uscire dalla camera.
Giunse le mani: "Ci reincontreremo presto. Ci reincontreremo presto. Ci reincontreremo presto." inspirò: "Andrà tutto bene. Andrà tutto bene.".

Non aveva idea di quanto tempo fosse passato.
Era tutto buio.
Era tutto nero.
Non si era mossa.
Rannicchiata contro una parete dell'armadio, le mani in grembo, la testa bassa.
Non sapeva neppure se l'alba fosse sorta.
O se fosse ancora notte.
I rumori erano smessi da tempo, ma non riusciva ad uscire.
Sarebbe bastato poco: aprire l'armadio, mettere i piedi a terra, scappare.
Si sentiva intrappolata nel suo stesso corpo.
Neppure il più minuscolo movimento.
Si chiese come facesse a respirare.
Non sapeva neppure se avesse gli occhi aperti o chiusi, era tutto nero.
"... no." inspirò, le parve di sentire la sua gabbia spezzarsi: "... devo scappare. O quel che ha fatto Len non avrà senso.".
Inspirò di nuovo, alzò la testa.
Si sentiva intorpidita.
Forse si era addormentata.
Forse, in realtà, era svenuta.
Allungò un braccio, spinse l'anta dell'armadio.
Quella si aprì, con un cigolìo.
E il sole le fece male agli occhi.
Li richiuse in fretta.
Li riaprì, piano, abituandosi a quella luce.
Il sole era basso, la luce quasi bianca. Il mattino.
Mise un piede fuori, si assicurò di essere stabile. Allora mise fuori l'altro, e riuscì a mettersi in piedi.
Si strinse nel mantello: "Sono in ritardo. Len avrà pensato io sia scappata ore fa. Forse ha già detto tutto. Devo fare attenzione!".
Gettò un'ultima occhiata alla sua stanza: era esattamente come l'aveva lasciata.
Non erano neppure entrati, lì. Len doveva averli fermati prima.
Trasse un profondo respiro.
Uscì dalla camera.
Camminò a passo veloce, senza correre. Sarebbe rimbombato.
"Potrei prendere Josephine...?" scosse la testa: "Sono sicura che l'hanno sequestrata. Dovrò andare a piedi.".
Il Palazzo era deserto.
Non c'era nessuno, né rivoltosi, né guardie, né servitori, né ministri, né niente.
"Hanno catturato la Regina..." capì, e sentì il cuore stringersi in una morsa: "... a loro non interessa questo posto. E, se è ancora vuoto, allora Len non ha ancora parlato." si tirò su il cappuccio, si affrettò a raggiungere il portone principale.
Che, ovviamente, era chiuso.
Premette entrambe le mani.
Il portone si aprì.
"Nessuna porta si chiude più tanto bene, da quando ho punito il Duca del Paese del Viola." sbirciò fuori. Neppure lì c'era nessuno.
Non sentivano neanche il bisogno di fare la guardia.
Uscì, si premurò di richiudere il portone - o, almeno, di rimetterlo come l'aveva trovato.
Percorse la strada, fino a ritrovarsi nelle vie bianche che aveva visto tante volte dall'alto.
Si aggiustò il mantello e rallentò il passo, fingendosi più tranquilla possibile.
C'erano persone. Popolani. Magari quelli che le erano appena passati accanto erano quelli che, la sera prima, avevano sfondato il portone.
Si voltò a guardarlo: non le sembrava l'avessero sfondato. Forse erano solo riusciti ad aprirlo.
"... devo scappare." inspirò: "... ma dove?" alzò lo sguardo.
Il cielo era azzurro.
Le sfuggì un sorriso: "Il Paese dell'Azzurro!" se fosse passata nella parte più interna, sarebbe arrivata in pochissimo tempo - e, se solo avesse avuto Josephine, sarebbe arrivata in ancora meno tempo.
Ma era già in ritardo, quindi doveva sbrigarsi.
Forse avrebbe dovuto prendere del cibo, ma non aveva né soldi né fame. Ci avrebbe pensato poi.
Doveva arrivare al Paese dell'Azzurro.
Era già in ritardo.
Era tardi.
Era tardi.
Voci, intorno a lei, che chissà cosa dicevano.
Doveva scappare, doveva arrivare al Paese dell'Azzurro.
Len l'avrebbe raggiunta.
Forse avrebbe persino capito subito, e l'avrebbe raggiunta quella sera stessa.
Accelerò il passo.
Era in ritardo.
Era tardi.
Era tardi.

"... oh... no..." rimase nascosta dietro l'edificio, il cuore che minacciava di spaccarsi.
La frontiera.
Non l'avrebbero mai fatta passare, in quanto cittadina del Regno del Giallo.
Non poteva neppure mentire.
E non avrebbero mai fatto passare il servo della Regina.
- Len... - mormorò: - Che cosa facciamo? Quelli non mi lasceranno mai- - si bloccò.
Si guardò intorno.
Len non era lì.
Non l'aveva seguita, silenzioso.
Era da sola.
Completamente sola.
- Len... - strinse i pugni. Tremavano: - Len... - trasse un profondo respiro: "No, devo calmarmi. Andrà tutto bene. Me l'ha detto lui. Lui sa cosa sta facendo. Devo essere forte! Devo riuscire a passare!" occhieggiò la frontiera: "Devo trovare un modo per passare!".
Qualsiasi cosa pensasse, nessuna idea sembrava buona.
Non poteva neppure provare un altro Paese: le frontiere erano tutte intorno al Paese del Giallo. Qualsiasi Paese avesse scelto, sarebbe stato inutile.
Il sole era alto nel cielo.
Quanto tempo era trascorso?
- E' alle tre! E' alle tre! -
Una voce colpì il suo orecchio. Guardò in quella direzione.
- Facciamo in tempo ad arrivare? -
- Oh, sì! Dobbiamo solo correre un po'! -
Tre donne, alquanto esagitate, con grandi sorrisi.
- Sono anni che aspetto questo momento! -
- Finalmente la Regina Pazza avrà ciò che si merita! -
- E tutto finirà! -
- Sì, finalmente! -
"Cosa...?" il cuore batteva troppo forte, nel petto, nella gola, nelle orecchie.
- Forza, sbrigatevi! Sbrigatevi! - urlò una delle donne: - E' quasi ora dell'esecuzione della Regina Pazza! -
"..."
Gli occhi facevano male, tanto li aveva sgranati.
- Non vorrete perdervela! -
- Quella sua testa folle rotolerà fino a finire nelle nostre mani! -
- Chi sarà il fortunato a poterla avere? -
Risate.
- No... - portò le mani alle labbra, tremavano: - Non... non è possibile... Len... Len... Len... -
Un singhiozzo la scosse.
Le mani andarono alle orecchie: - E' una bugia! Len ha già parlato, ormai! Ormai tutti sanno che... che... -
Dovette coprirsi la bocca.
Le viscere si stavano contorcendo.
- No... no... -
Non poteva accettare quel pensiero.
Non poteva.
Non era vero.
La vista era di nuovo offuscata.
Faceva troppo freddo.
Non ha mai avuto intenzione di-
"BUGIARDO!" cadde in ginocchio: "SEI UNO SCHIFOSO BUGIARDO! BUGIARDO! BUGIARDO! TI ODIO!" quel battito impazzito la stava soffocando: "COME HAI POTUTO? COME HAI POTUTO FARE UNA COSA SIMILE? COME HAI POTUTO?".
Si asciugò gli occhi.
"NON TE LO PERMETTERO'! NON HAI NESSUN DIRITTO DI FARE UNA COSA SIMILE!" si alzò, corse da dove era venuta.
Richiamò tutte le sue forze, strinse i denti.
"Come puoi anche solo pensare di fare una cosa simile?" tirò su col naso: "Non te l'ho ordinato! Non hai nessun diritto di fare quello che vuoi! Perché non posso darti ordini? Perché non posso decidere del tuo destino come per gli altri? Perché? Perché, allora, tu hai sempre fatto qualunque cosa, per me?" un gemito, dovette fermarsi, aprì la bocca per riprendere aria: "Perché mi sei sempre stato vicino? Perché non mi hai mai rifiutata? Perché non ti sei mai allontanato? Perché hai sempre fatto tutto quello che ti dicevo? Perché hai sempre realizzato qualsiasi mio desiderio?"

- Ti va un po' di the? -


"Perché non mi hai fermata? Perché non mi hai impedito di fare tutto questo? Perché hai permesso che le cose arrivassero fino a questo punto? Perché hai sempre dato retta ad un'egoista come me?" riprese a correre: "Perché hai permesso che ti dessi tutti questi problemi? E perché stai facendo una cosa del genere? Non potrai scappare, così! Non pensare che, così, potrai scapparmi! Tu non hai il diritto! Anche se io non posso trattarti come gli altri, tu appartieni a me! Mettitelo in testa! Non puoi fare quello che vuoi! Non puoi lasciarmi sola!".

La piazza era piena.
La ghigliottina che avrebbe dovuto giustiziare i prigionieri e le loro famiglie era ancora pulita.
I prigionieri - ex prigionieri - erano sul palco.
Uno di loro era accanto alla ghigliottina.
Il Principe era dall'altro lato, in un angolo.
Il cuore trasalì, ma solo un poco.
Rin cercò con lo sguardo, ma non vide nessuno. Si fece largo tra la folla, una mano a stringersi il mantello, il cappuccio.

Assassina! Assassina!
La Regina Pazza avrà quel che si merita!


Stringeva il mantello, il cappuccio, e premeva il pugno contro la gola, per non far uscire il cuore impazzito.
"Len..." si morse un labbro, con violenza: "Io non... non...".
- ECCOLA! -
Sussultò.
- E' LEI! E' LEI! -
Si voltò.
- VENDETTA! -
La folla si era aperta.
La Guerriera Trucida, la spada sguainata, più a tenere lontana la gente che a minacciare la persona che le camminava davanti.
La Regina camminava piano, la testa alta, un sorriso per tutti coloro che la guardavano.
Un sorriso di puro disprezzo.
"E' così che apparivo...?" parlare al passato. Che cosa strana. Ma non le importava più di tanto: "Len...".
Passarono a qualche metro da lei, Len non diede segno di averla vista.
E giunsero sul palco.
"Len, perché...?" si premette una mano contro la bocca: "Perché non hai parlato? Perché?" tremò: "Cosa posso fare? Come posso fermarli?" un singhiozzo: "Se mi svelassi ora, potrebbero ucciderci entrambi!".
La ghigliottina fu alzata.
Un vociare eccitato.
"Devi pensare in fretta! Pensa in fretta! In fretta!" la nebbia si faceva sempre più fitta: "Non farò in tempo! Sarà troppo tardi!".
Quella donna lo fece inginocchiare davanti alla ghigliottina.
"Pensa pensa Rin ti prego pensa" talmente fitta da non vedere più niente: "No no devi pensare ti prego un'idea qualcosa non posso è tardi è troppo tardi non è tardi devo pensa pensa qualcosa una soluzione è tardi non è tardi sto perdendo tempo non ce n'è più"
Le voci attorno a lei erano più alte.
Non sentiva altro.
Non distingueva le parole.
"LEN!"
Il suo volto, i suoi capelli biondi, tra le assi di legno.
Non vedeva i suoi occhi.
"LEN!" spintonò la folla, cercò di avvicinarsi il più possibile.
Aprì la bocca: "LEN!" non ne uscì alcun suono: "LEN! LEN!" allungò il braccio, ma affondava nella marea di persone: "LEN!".
Sorrideva, Len.
E la sua vista si era fatta di nuovo sfocata.
"LEN!".
Il sibilo della lama.
- LEN! - la gola si spaccò.
- FERMATEVI! -
Un boato.
Le ferì le orecchie.
Si portò le mani a coprirle, sentì diversi gemiti.
Sbattè le palpebre, la vista tornò normale.
Il volto di Len.
La lama della ghigliottina a pochi centimetri.
La lama della spada della donna tra di loro, conficcata nel legno.
- Cosa...? -
- Cos'è successo? -
- Ha fermato...? -
Rin sbattè le palpebre, le orecchie facevano troppo male, per il suono, per il cuore: "Cosa sta...?"
- Ho detto... - un sibilo, ma lo sentì benissimo: - ... "fermatevi". -
L'uomo che aveva lasciato la lama della ghigliottina indietreggiò, intimorito.
Con un gesto rapido, la donna rialzò la ghigliottina con la spada e liberò Len, gettandolo di lato.
Riportò la spada al fianco.
Zac.
Rin trasalì.
E vide chiaramente Len, sul palco, fare altrettanto.
I suoi occhi, finalmente.
Erano di puro orrore.
Il suo volto era pallido.
La Guerriera Trucida lo afferrò per un braccio, lo tirò su senza troppa delicatezza: - Allora! - guardò il Principe, il tono seccato: - Mi spieghi perché mi hai detto di fermarli? -
Il vociare della folla. Sempre più alto, sempre più confuso, sempre più indignato.
- SILENZIO. -
Nessun suono.
Rin si sentì come se qualcuno le avesse premuto una mano contro la bocca.
- Allora? - incalzò lei, facendosi avanti.
Il Principe la guardò. Poi guardò Len.
Rin trattenne il respiro.
Lui alzò una mano, ad indicarlo: - Non è la Regina. -.
Un brusìo, voci sconvolte.
- ... ah? - la Guerriera Trucida era rimasta a bocca aperta, un sopracciglio inarcato. Scosse Len: - Ma certo che è la Regina! Guardala! - lo indicò, come se l'altro non lo vedesse.
Il Principe scosse la testa: - No, non è la Regina. -
- E' questo che volete? -
La voce di Len.
Sentì gli occhi bruciare.
- Volete farmi avere una morte lenta e dolorosa? - Len serrò i pugni: - Volete farmi morire dalla paura? - si fece avanti, verso il Principe: - E' questo che volete? - quasi gridò.
"Len... dovresti negare..." si strinse nel mantello.
Il Principe scosse di nuovo la testa: - Non parlare così. Non sei la Regina. -
- Sì che sono la Regina! -
"Len..."
- Certo che è la Regina. - la Guerriera Trucida lo scosse, come se questo dimostrasse la sua identità: - Chi altro dovrebbe essere? -
- Lui non è la Regina. - disse il Principe, pacato: - Lui è il suo servo. -.
Silenzio.
"..."
- ... - la Guerriera Trucida si allontanò di un passo, lasciò andare Len, lo guardò dall'alto in basso, dal basso verso l'alto, la bocca aperta: - ... no, dai. -
- Smettetela! - tuonò Len, fendette l'aria con una mano: - La vostra tortura è ridicola! Giustiziatemi e facciamola finita! -
"No!"
- Ti prego... - la donna trasse un profondo respiro, si vedeva lo stava facendo per riprendersi: - ... smettiamola di perdere tempo. A quest'ora avremmo già fatto. -
Un brivido lungo la schiena.
- Non mi credi! - il Principe sembrava contrariato: - Allora te lo dimostrerò! -
"Cosa?"
Lo vide afferrare Len per un braccio - lui emise un verso di protesta - e trascinarlo giù dal palco. Li seguì con lo sguardo, fino a vederli sparire in un vicolo.
Quando tornò a guardare sul palco, notò come la Guerriera Trucida avesse fatto lo stesso.
Il suo sguardo scuro, confuso, andò alla folla.
Sembrava quasi stare chiedendo: - E ora che dovrei fare...? -.
Guardò il vicolo, la folla, il vicolo.
E scelse di seguire il Principe e Len.
Con un salto, fu giù dal palco e con poche falcate, di corsa, li raggiunse.
Il brusìo si fece più intenso.
"Len..." approfittò di quel momento per farsi strada, riuscì quasi ad arrivare fino al limite della folla più vicina al vicolo. Ma neppure da lì si vedeva niente.
- MA COSA CAZ- - la voce della Guerriera Trucida, di colpo, la fece trasalire.
Un grido.
Un suono di straccio bagnato contro il pavimento.
La folla ammutolì.
Len uscì dal vicolo di corsa, il volto completamente rosso.
La Guerriera Trucida apparve dietro di lui, una mano contro il viso abbassato, l'altra al fianco.
Il Principe fu l'ultimo ad uscire, anche lui con una mano al viso, contro una guancia, contro una guancia rossa grande il doppio del normale.
- Non potevi tirargli fuori le orecchie? - la Guerriera Trucida abbassò le braccia. Sembrava reduce da una lunga giornata faticosa.
- Oh! - il Principe sorrise: - Ma le orecchie sarebbero potute essere finte! -
- Brutto maniaco pervertito sporco impuro osceno disgustoso traviato orrido essere! - Len ringhiò, si era fermato ad almeno tre metri dai due.
- La tua conoscenza dei sinonimi è ammirevole. - riconobbe la Guerriera Trucida.
Poi, parve ricordarsi dell'esistenza del popolo: - D'accordo, ragazzi. - alzò le braccia: - Questa non è la Regina, è il suo servo. Pace. -
- COSA? -
- STA SCHERZANDO! -
- NON E' POSSIBILE! -
- Oh, se volete, possiamo far toccare la verità anche a voi- -
- Sono circondato da maniaci pervertiti! - Len afferrò la gonna, come se temesse potessero alzargliela - di nuovo - da un momento all'altro: - Più del solito! -.
- E allora la Regina dov'è? - chiese qualcuno.
"..."
- E' quello che dovremo scoprire. - la Guerriera Trucida era tornata seria. Si rivolse a Len: - Dov'è la Regina? -
- Non- -
- Eccomi. -
Le persone accanto lei scattarono indietro.
La via fu libera.
Si abbassò il cappuccio, camminò fino a raggiungere i due.
- RIN! -
Qualcosa di caldo, all'altezza del petto. Il cuore non faceva più così male.
Era di nuovo al suo fianco.
- Cosa ci fai qui? - la sua voce era furiosa: - Ti avevo detto di scappare! - un sussurro.
- Mi avevi anche detto che mi avresti raggiunta. -
Len non rispose.
- Ora fatti da parte. -
- No. -
- Fatti da parte. -
- No. -
Lo guardò. Lui la stava guardando, furioso, determinato.
- Non ti permetterò di morire. -
- Sì che me lo permetterai. -
- Non ti permetterò di morire al mio posto. - serrò i pugni: - Per cose che io ho fatto. -
- Sono stato io ad ucciderla! - sgranò gli occhi: - E' colpa mia! -
- Sono stata io ad ordinarlo. - inspirò: - Altrimenti, tu non l'avresti mai fatto. -
- Non datele retta! - Len si mise davanti a lei, davanti ai due: - Sono sempre stato io! Ci siamo sempre scambiati i posti! Lei è la vera Regina, la vera erede al trono e, per proteggerla, sono sempre stato io a fingermi la Regina! Lei si è sempre finta il mio servo- -
- Ehi. - la Guerriera Trucida aveva gli occhi a mezz'asta: - Non è credibile. -
Il Principe scosse la testa, a darle ragione.
Rin trasse un profondo respiro. E spinse Len da parte.
"Realizzare le proprie colpe..." fece un passo avanti: "... succede sempre dopo che è tutto finito." un altro passo: "Non voglio. Non voglio che sia così. Questa è un'altra occasione. E non ho intenzione di ripetere i miei errori.".
Aprì le braccia: - Sono qui! Sono la Regina che cercate! - guardò la folla, tutti quegli occhi su di lei, tanto vicini, vicini come non erano mai stati: - Sono la Regina Pazza che vi ha torturato per anni, sono la Regina Pazza che ha fatto uccidere una ragazza per gelosia, sono la Regina Pazza che stava per sterminare intere famiglie per capriccio, sono la Regina Pazza che stava per far morire suo fratello al suo posto! - inspirò, riprese aria: - Sono qui, e non fuggirò! Tutto quello che vi ho fatto, restituitemelo! Ciascuno di voi! - strinse i denti, urlò: - Fatemi a pezzi! E distruggete quei pezzi, come volete, ciascuno di voi! Soltanto... - di nuovo la vista offuscata: - Soltanto... - un singhiozzo: - ... vi prego, non fate del male a mio fratello. - un altro singhiozzo: - Siamo due eredi al trono gemelli, ma non ci sarà più alcun presagio di sventura. Non fategli del male! Non ce ne sarà più bisogno! - cercò di sorridere: - Io non ci sarò più. E lui non avrà più una gemella. -
- Non pensarci neanche! -
- Restituitemi tutto! - un passo verso la folla, un altro, un altro: - Ora! -.
"Un'altra occasione. Posso sistemare tutto. Per sempre."
Si voltò verso Len: - Grazie. - sorrise, stavolta davvero: - Per tutto. -
- No! -
Un abbraccio, il suo calore.
- Non pensare che possa permetterti una cosa del genere! -
- Mi hai permesso cose ben peggiori! -
- Non m'importa. -
Aveva le guance bagnate.
Anche lui...?
- A me sì! -
- Non m'importa. -
- Finiamola. -
Rin si voltò verso la Guerriera Trucida. Sentì Len fare altrettanto.
Era calato il silenzio.
- Tu sei stata una pessima sovrana. - la donna si fece avanti, lo sguardo nel suo: - Hai tormentato il tuo popolo per anni. E hai commesso il più grande dei peccati. - la mano andò alla spada: - Meriteresti solo che ti venga fatto quanto tu hai fatto. -
- E' ciò che voglio! -
- No! -
- E tu... - lei si avvicinò, il passo deciso: - ... saresti disposta ad andare incontro al tuo destino, anche più cruento di quanto dovrebbe essere. E il tuo unico desiderio è che non sia fatto del male a colui che era disposto a sacrificarsi per te? - le girò attorno, senza distogliere lo sguardo: - Ho capito il vostro piano. Tu saresti dovuta fuggire. Ma sei tornata non appena hai scoperto che lui ti aveva ingannata. - si fermò davanti a lei: - Hai preferito andare dalla morte piuttosto che vivere libera e lasciare che le tue colpe morissero con lui. -
- Le mie colpe non potranno mai morire con lui! - un sibilo: - Sarà solo con me che moriranno! -
- Indubbiamente. - il suo sguardo scuro era freddo: - Ma... questo mi sembra già molto. -
- Cosa? - schiuse le labbra.
- Dovrai essere punita per la tua colpa. - disse la donna: - Ma non sarà con la morte. -.
Qualcosa di caldo su una mano. La mano di Len, stretta nella sua.
- Imprigionata. -
Quella parola la fece trasalire.
- In un luogo dove non c'è bisogno di tenere conto del tempo che passa. - un sorriso attraversò il suo viso: - Siete arrivati in tempo. Entrambi. -.
Rin guardò Len.
Il cuore era leggero, grande quanto tutto il petto.
- La tua condanna entrerà in vigore al tramonto. - annunciò la donna: - Puoi rimanere con il tuo servo, fino ad allora. Non potrete scappare. Lo saprei. -
- Non ho intenzione di farlo. - mormorò Rin: - Accetterò la mia punizione. -
- Non sai neppure cosa sarà esattamente. -
Scosse la testa: - Non m'importa. - sorrise, ma continuava a guardare Len: - ... non m'importa niente. - lo abbracciò, con forza.
Dove non c'è bisogno di tenere conto del tempo che passa.
Sapeva benissimo cosa significasse.
Ma non le importava.
Non le importava niente.
Era viva.
Len era vivo.
Gli restituì quello che le aveva dato la notte precedente, prima di farla entrare nell'armadio.
Sarebbe stata un'altra lunga notte, non in un armadio, chissà dove, per chissà quanto.
Ma non le importava.
Erano vivi, e si sarebbero reincontrati.
Era l'unica cosa che le importava.






Note:
* Ci sono svariate citazioni ad Aku no Musume / Daughter of Evil [ Traduzione Scritta ]:
- "Il fiore del male appassisce dolcemente / Nei colori più brillanti"
- "E, con voce pacata, disse: / - Distruggete il Paese del Verde. -"
- "Oh, è l'ora della merenda!"
- "Quale insolenza!"
* Ad Aku no Meshitsukai / Servant of Evil [ Traduzione ]:
- "La merenda di oggi è una brioche."
- "Su, ti do i miei vestiti. / Indossali e scappa. / Va tutto bene. / Siamo gemelli. Nessuno se ne accorgerà."
- "E giocheremo ancora insieme." (Giochiamo ancora insieme.)
* E a Regret Message [ Traduzione ]:
- "Realizzare le proprie colpe... / ... succede sempre dopo che è tutto finito."
* In generale, ci sono anche svariate citazioni non letterali - e anche questo capitolo è basato sulle prime due canzoni.




E così si conclude il flashback della ex-Regina. U.U
La storia è andata come tutti si sono ben potuti immaginare: la Regina Rin, gelosa, che ordina al suo servo Len di uccidere "una ragazza in verde", la rivolta del popolo, guidata dalla "guerriera trucida in rosso", lo scambio di persona e- Rin e Len che si salvano. Pace.

Confesso che la scena del vicolo (!) fu una delle prime a venirmi in mente.
Nessuno, NESSUNO capirà mai qual è la coppia shounen-ai Vocaloid che più gradisco!
Tuttavia, c'è una cosa che ci tengo a dire: Kaito il misteriosissimo Principe non ha di quelle mire su Len. U__U E' solo... particolare di suo. E più avanti si capirà ancora meglio. (!?)
Dall'altra parte, Meiko la misteriosissima Guerriera Trucida ha finalmente avuto un pochino di spazio! *O*/
(Ora, a me Meiko piace, ma mi sono tragicamente accorta di non averne mai scritto se non come comparsa o personaggio molto secondario. Spero di riuscire a renderla in modo decente. °^°)

Per il resto...
... avevo annunciato un cambio di tono nella narrazione, e così è stato. Spero di essere stata in grado di gestirlo. °^°
*Vorrebbe dire qualcosa di più a riguardo, ma non sa proprio cosa. (!)*

Fino all'ultimo sono stata indecisa sulla possibilità di inserire, più avanti, un flashback di Len riguardo questa vicenda.
Che stolta.
Ovvio che la risposta sarebbe stata affermativa. Ancora non sono arrivata a scriverlo, ma gradirei molto che non arrivasse a otto capitoli / metà fanfiction - specie perché la storia di per sé è già stata ampiamente sviscerata da Rin e non c'è alcun bisogno di ripeterla.
Quindi, quel che successe nel Paese del Verde non rimarrà segreto.
E della misteriosissimissimissimissimissima "ragazza in verde" se ne riparlerà già nel prossimo capitolo - e si torna al presente!

Spero che questo (allegrissimo) capitolo (basato su una ancora più allegra saga) sia stato di vostro gradimento ^^
Anche in questo caso, se ci sono consigli o critiche, dite pure ^^

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Capitolo 8
*** Rendi onore... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Rendi onore
alla nostra grande Regina
~



- Fu così che, grazie alla sola imposizione delle mani, la bellissima e superlativissima Regina fece capire al suo popolo quanto lei fosse buona e misericordiosa! - Rin si scostò la frangia bionda dalla fronte, ma quella vi ricadde un istante dopo: - Il momento della sua punizione fu accolto con lacrime disperate e urla di pentimento. Povera, povera, Regina Pazza! - sospirò.
Miku era incapace di commentare.
"Rin era la precedente Regina!" cercò di assimilare tutto quello che le aveva raccontato: "E... Len è il suo gemell- no, d'accordo, questo era abbastanza ovvio." riformulò il pensiero: "E Len è l'ex-principe del Paese del Giallo!".
- E' davvero... - mormorò: - ... una storia incredibile. -
- Ed è tuuuuuuuuuuutta la verità! - trillò Rin, un gran sorriso: - Sooooooooolo la verità, nient'aaaaaaaaaaltro che la verità! -
Miku annuì, piano.
In realtà, non era poi così sicura che fosse tutta la verità, solo la verità, nient'altro che la verità con le vocali allungate. C'erano alcuni punti che non le tornavano.
Tipo il punto in cui Rin giurava e spergiurava che il Principe ardesse di proibita passione per lei, salvo poi andarsene con "una ragazza sconosciuta alquanto monotona". O il punto in cui la forza e la determinazione di Rin avevano colpito talmente tanto la Guerriera Trucida da portarla a gettarsi ai suoi piedi, tributandole tutto il rispetto che non aveva mai tributato neppure al suo protetto.
Le sembravano un pelino out of character, per come li aveva descritti fino a quel momento.
Il Principe - che non era un principe -, al di là del calcare di Rin sulla sua bellezza, gentilezza e dolcezza, le era parso un poveretto che non aveva mai avuto mire di alcun genere sulla Regina, trovandola solo un'amica; la Guerriera Trucida le era sembrata una guerriera competente e sicura di sé.
Len...
"... era disposto a morire, pur di salvare sua sorella." guardò Rin, intenta a dondolarsi sulla poltrona: "... e, forse non è arrivata lanciandosi dal tetto in un tripudio di luci e musiche, ma credo sia vero che Rin sia stata disposta ad accettare la morte, pur di salvare Len.".
Le sfuggì un sorriso: "... sono davvero legati. E non per il loro sangue." forse avrebbe dovuto trovarlo strano, ma aveva letto troppi shoujo per farci anche solo caso.
- E questa è la storia della nostra Regina! - concluse Rin, alzandosi: - Ma è anche la storia della tua Regina! -
- Aspetta, lasciami indovinare! - alzò un dito, l'altra tacque all'istante. Era piuttosto sicura di aver azzeccato: - La Guerriera Trucida ha preso il tuo posto come Regina! -
Indici e medi alzati su entrambe le mani: - Esattamente! -
- Questo significa che il Principe, che non era un principe, ora è il Re...? -
- Esattamente! - sventolò le dita.
"Sono un genio!" era fiera di se stessa: - Non mi tornano soltanto alcune cose... -
- Ti va un po' di the? -
Sospirò: - No, grazie. Dicevo... - Rin, intanto, le si era avvicinata, per poi sedersi sul tavolo, davanti a lei: - ... perché Len sta servendo questa Regina? E qual è stata la tua punizione? C'entra questo? - indicò il luogo in cui si trovavano, con entrambe le mani.
Il Cappellaio puntellò le mani sulla tovaglia, si piegò all'indietro - e il cappello le cadde sul tavolo, rovesciando tre bricchi del latte in un colpo.
- La Guerriera Trucida è rimasta molto colpita dalla fedeltà di Len. - spiegò, lo sguardo parecchio al di sopra di lei: - Quindi, ha pensato che sarebbe stato un peccato fare a meno di un servitore tanto bravo. L'ha fatto diventare il suo messaggero. E' molto veloce! - sorrise.
- ... immagino. - "Prenderlo a calci nello stomaco è stata un'ottima idea."
- Solo che gli dà delle scadenze assurde, quindi è sempre in ritardo! -
- Non mi pare lui se ne sia mai fatto troppo un problema. -
Rin alzò le spalle: - Quanto a me, la mia punizione è questa. - la schiena s'inarcò, gettò la testa indietro.
Miku rimase in silenzio, per un istante.
- ... la tua punizione è diventare un semicerchio? -
- No. Questo posto è la mia cella. -
Si guardò intorno: - ... graziosa, per essere una cella. -
- L'ho arredata io. Quando mi ha chiesto cosa ci volessi. - la stava guardando dritta negli occhi e, in realtà, era un pochino inquietante: - Il cibo si autogenera. Altrimenti, credo sarei già morta da tantissimo tempo. - annuì, lentamente, e Miku fece altrettanto, incapace di distogliere lo sguardo.
"Quindi, è stata rinchiusa in un posto arredato a suo piacimento?"
- Da quanto sei qui? -
- Non ne ho idea! - sorrise - e risultò ancora più inquietante.
- E quanto si presume duri, la tua punizione? -
- Non ne ho idea! -
Miku sbattè le palpebre: - Non... non ti ha dato una data, una periodo di tempo, o...? -
- Non ne ho idea! Non ne ho idea! - Rin si raddrizzò, scese dal tavolo: - Io rimarrò qui! Qui! Fino a boh! - sgranò gli occhi, con un gran sorriso: - Ma non è che non posso uscire! Io posso uscire! - recuperò il cappello e lo sventolò per liberarlo dalle briciole: - Esco spesso, in realtà! Molto spesso! E vado anche lontano! Non troppo lontano, però. - andò al cumulo di burro e marmellata sotto cui era sepolto il ciondolo, vi mise dentro una mano e lo estrasse, come se nulla fosse: - Me l'ha dato Len, prima di entrare! Ne ha uno simile anche lui, sai? Mi ha detto di tenerlo sempre sempre sempre, di non perderlo mai mai mai, perché così mi sarei sempre ricordata di lui e mi sarei ricordata di uscire! -
- Ricordata di uscire...? - aveva un brutto presentimento. Tutto quel discorso non le piaceva affatto.
- Però posso uscire per poco, poi devo tornare qui. Mi sento davvero a disagio, là fuori. - la guardò di nuovo negli occhi, e Miku sentì un brivido lungo la schiena: - Hai idea di quanto facciano male il the? Quando esco, non posso fare un'ora del the decente! E, ti dirò... - un sospiro: - ... devo persino aspettare che arrivi l'ora del the! Là fuori non è sempre l'ora del the! -
- Eh, no, è solo una delle ventiquattro ore disponibili... - una risata nervosa.
- E poi, dopo un po' inizio a disorientarmi davvero. Non è carino. - scosse la testa, e Miku fece altrettanto.
"... ho come l'impressione che questa prigione le abbia un po' leso il cervello." deglutì: "... ha completamente perso il senso del tempo. E, se la Regina non le ha dato una data di conclusione, questo vuol dire..." rabbrividì: "... che potrebbe non esserci.".
- Ma- - esordì, in cerca di una qualsiasi affermazione che riuscisse a sciogliere quell'inquietudine improvvisa: - Len viene a trovarti ogni tanto, no? -
- Len? - il Cappellaio ridacchiò. Ma la risata non arrivò agli occhi: - Non vedo Len da... da boh! - erano lucidi: - Len non può entrare qui! -
- Cosa? -
- Tutti possono entrare come e quando vogliono, tranne Len! In realtà... - inspirò: - ... in realtà, io non posso vedere Len. E Len non può vedere me. Neppure quando esco da qui. - intrecciò le dita: - So che si è trasferito qui vicino solo perché me l'hanno detto. Chissà se l'ha fatto apposta. Per starmi vicino. Fino a... - la voce si spense in un sorriso.
Aveva gli occhi arrossati.
"... Rin è stata rinchiusa in un loop temporale." Miku serrò i pugni: "Ripete sempre le stesse cose, vede sempre lo stesso posto, per lei è sempre la stessa ora e non ha idea di che giorno sia. Una cosa del genere farebbe impazzire chiunque. E la Regina non sembra voler porre fine a questa tortura." conficcò le unghie nella pelle: "Le ha anche tolto l'unica cosa a cui teneva davvero. Così, ha ferito anche Len." trasse un profondo respiro, ma l'ansia rimaneva sempre lì, all'altezza del petto: "... a lungo andare, questa mi sembra una punizione infinitamente peggiore della morte.".
- Però ci reincontreremo. -
La voce di Rin la costrinse a rialzare lo sguardo - non si era accorta di averlo abbassato.
Stava sorridendo.
- So che, un giorno, uscirò da qui. Senza stare male. E Len sarà con me. - guardò il ciondolo tra le sue mani: - Fino a quel giorno, continuerò il mio tea party. -.

Le sembrava un'affermazione strana, dopo essere stata a casa del Cappellaio, ma Miku non potè non pensarlo: "... non so che ore siano.".
A prescindere da che ora fosse esattamente, era l'ora di tornare.
Stava iniziando a fare parecchio freddo, il che poteva benissimo significare l'arrivo dell'alba. Non aveva idea di dove si trovasse, ma doveva tornare a casa di Gumi e Kiyoteru.
Quindi, dopo essersi congedata da Rin, decise di andare a caso.
"Sperando di non finire a casa dello Shota Usamimi." non era sicurissima sarebbe stata benaccolta, per quella sera: "... oh, Len." ridacchiò: "Mostri questo carattere scorbutico e schizofrenico, ma tieni a tua sorella più della tua stessa vita. Per lei, hai fatto cose orribili. Hai ingannato il popolo e i suoi carnefici. Per lei." rise: "Hai un pessimo carattere e sei dolce e premuroso. Sei un adorabile coniglietto shota tsundere!".
Aveva una gran voglia di abbracciarlo - più del solito - e strillargli quelle stesse parole.
Aveva però anche il presentimento che, se l'avesse fatto, si sarebbe ritrovata il famoso falcetto nello stomaco.
"A proposito di falcetti nello stomaco..." si fermò. Già durante il racconto di Rin la cosa l'aveva colpita, ma poi era finita sullo sfondo, l'attenzione troppo presa dalle vicende della ex-Regina e del suo ex-servo: "... una ragazza ad un ballo. Da sola. Che viene invitata a danzare da un ragazzo che non conosce. E, il giorno dopo, viene assassinata." unì le dita: "Un ballo a cui avrebbe potuto partecipare chiunque. Un ballo indetto dalla Regina." riprese a camminare, piano: "... somiglia molto al sogno che ho fatto tanto tempo fa.".
Fece una giravolta, lo sguardo in alto, a guardarsi intorno: era effettivamente l'alba. I colori iniziavano a schiarirsi, i particolari a farsi più nitidi. E l'aria a farsi più fredda.
Si sfregò le mani sulle braccia scoperte: "Ma... io non sono mai stata qui. Ne sono sicura. Non conosco questo posto, non so niente di Paesi o chissà cosa." superò un paio di radici particolarmente grosse: "... e poi, Rin ha detto che, dopo aver danzato, il Principe e la ragazza si sono allontanati in giardino. Che lui le ha dato un bacio sulla fronte." fece per sfiorarsi la frangetta, ma riabbassò subito la mano: "Però, nel mio sogno, quel ragazzo ed io ci siamo salutati subito. Non abbiamo parlato molto.".
Trasse un profondo respiro, i polmoni quasi le si congelarono e decise di non farlo più per le prossime ore: "Certo... è una coincidenza bizzarra." mise le mani a coppa davanti alla bocca, vi alitò sopra, per scaldarle: "... chissà se è davvero una coincidenza. Forse non lo è. Sarebbe..." riportò le mani alle braccia: "... strano." le sfuggì un sorriso: "So benissimo di non essere mai stata qui. Però, se volessi trovare un collegamento... visto che quella vicenda l'ho sognata, forse ho sognato scorci di vita di quella ragazza?" sbattè le palpebre: "... magari lei ha sognato scorci della mia vita?".
Guardò davanti a sè.
Gli alberi intrecciati.
Il cuore trasalì: "Allora è la strada giusta!". Riportò alla mente le indicazioni che le erano state date, e corse verso la casa di Gumi e Kiyoteru.
Quando la vide, trattenne un urlo di gioia e vi si fiondò dentro.
Tic Tac Tic Tac

- Passeggiata mattutina? - Gumi la accolse seduta in salotto, con un sorriso radioso, Kokone in braccio impegnata con un grosso biberon - grigio, e Miku si chiese se lì dentro non ci fosse latte al pepe.
- Sì! - le era uscito un tono un po' nervoso: - Sì, mi sono svegliata poco fa! - "Molto poco fa.": - Che ore sono? -
- Le sei e mezza! -
Le parve di riprendere contatto con la realtà, anche solo un poco: "A che ora mi sarò svegliata...?".
- Hai già mangiato qualcosa? -
Miku scosse la testa, poi si ricordò e annuì: - Oh... oh, sì, ho mangiato! - "Parecchio, anche." in effetti, forse si sarebbe dovuta preoccupare del mal di pancia. Strano non le fosse ancora venuto.
- Capisco. - Gumi sospirò, poi alzò la voce: - Solo per noi due! -
Kiyoteru doveva star preparando la colazione.
- Nyaaaaaa! -
Rabbrividì. Quel miagolio era stato troppo vicino.
- E per Luka! - aggiunse Gumi, per poi tornare a Kokone.
Miku deglutì. E trovò il coraggio di voltarsi: - Sembrano dimenticarsi sempre dei tuoi pasti! - la prima cosa che le era venuta in mente.
Occhi azzurri a mezz'asta. Aveva persino le mani ai fianchi. E la coda frustava l'aria.
- Ti unisci a noi? - Gumi parve ignorare completamente Luka.
- Mi piacerebbe, se a voi non dispiace. - annuì appena: - Magari posso prendere un po' di... - non sapeva neanche lei cosa. Ne aveva abbastanza di the, per quella giornata. Poi le venne in mente: - Succo di negi! -
- E sia! - un sorriso: - Un po' di succo di negi! - urlò alla cucina.
- Ma poco, un bicchierino... - solo per evitare di starli a guardare mentre mangiavano. Sapeva quanto fosse imbarazzante - per chi guarda e per chi viene guardato.
Come sospettato, Kiyoteru uscì dalla cucina, la colazione su un vassoio - succo di negi compreso.
Dopo circa mezz'oretta, sia lui che Gumi salirono al piano di sopra, Miku ne approfittò per sedersi accanto a Luka, vicino al camino.
- Coooomunque... - si lisciò la gonna, senza guardare lo Stregatto: - ... se mi hai mandata da Rin solo per farmi fare l'inforigurgito supremo, sappi che avresti fatto molto prima a dirmelo te. -
- Ma è il Cappellaio la vera protagonista di quella storia. - con la coda dell'occhio, notò Luka ravviarsi i lunghissimi capelli rosa: - Io non sarei mai in grado di raccontarla allo stesso modo. -
- E, giusto per curiosità... -
- Ti ho mandata anche dalla Lepre Marzolina perché non vedevo perché non farlo. - ghignava, sicuramente.
Si era divertita alle sue spalle. Aveva confermato i suoi sospetti.
- E' stato molto carino da parte tua invocare il mio nome. -
Caldo sulle guance. Continuò a non guardarla, gli occhi al camino spento: - E' la prima cosa che mi è venuta in mente. -
- Lieta di essere il tuo primo pensiero. -
- Sei un gatto orribile. - sbuffò: - Godi delle sventure altrui. -
- No. Sono solo annoiata. - era sicura stesse sorridendo. Anzi, ghignando, come sempre.
Miku sbuffò di nuovo: "Dannati occhi magnetici. Dannate labbra morbide solo a guardarvi. Dannato viso bellissimo. Dannati capelli setosi. Dannata voce suadente. Dannate tette. Soprattutto voi.".
Sentì Luka ridere. Doveva sapere benissimo cosa stesse pensando.
Sbuffò per la terza volta.
- Allora... - le parve si fosse fatta più vicina: - ... cosa ne pensi, ora, della Regina? -.
"..." inspirò: - ... mi fa un po' paura. - confessò.
Era stata capace di ideare una punizione tanto lenta, tanto dolorosa e tanto terribile. Nondimeno, era una guerriera forte e con ottimi riflessi - a giudicare dal racconto.
In teoria, sarebbe dovuta essere la sovrana perfetta.
Eppure, dopo aver incontrato Rin, si sentiva un po' turbata.
Un sospiro. Si decise a guardare Luka: le sue labbra non ghignavano più, lei stessa sembrava pensierosa.
- Almeno... - disse lei: - ... non le correrai incontro a braccia aperte. -
- C'è qualcosa che devo sapere? - meglio informarsi.
- Non più di quanto tu già non sappia. - tornò a guardarla, con i suoi occhi azzurri: - Non c'è altro da dirti. Dovrai decidere da sola come comportarti. -
Miku annuì, piano.
- ... andrò dalla Regina. - ormai aveva deciso: - Voglio vederla. -.

- Segui sempre questa direzione. - Gumi le indicò la direzione in questione, quello che sembrava nord-ovest: - In realtà, c'è un percorso più preciso per arrivarci, ma ci vorrebbe troppo a spiegartelo. -
"Bene."
- Quindi, tu va' sempre avanti. Quando inizi a vedere le punte delle torri, beh... - aggrottò la fronte: - ... direi che puoi seguirle. -
"Insomma, devo camminare finché non finisco con il superare il confine con il Paese del Giallo." se era il castello della capitale, supponeva si vedesse a molti chilometri di distanza. O qualcosa del genere.
- Ma saranno svegli, a quest'ora? - "D'accordo, in teoria nei palazzi si svegliano presto, però..."
- Oh, tranquilla. - Gumi sventolò una mano: - Per quanto arriverai, forse avranno già pranzato! -
"..." si prospettava una lunga, lunga, lunga camminata. Era tentata dal chiedere quanto tempo avrebbe potuto metterci, ma cambiò idea prima ancora che la prima sillaba della frase raggiungesse le sue labbra. Non voleva sapere. Davvero.
- Beh, allora... - sorrise, invece: - ... direi che possiamo salutarci! -
Gumi ricambiò: - Spero di rivederti! -
- Anch'io! - era sincera: - Ti ringrazio moltissimo per- -
- Miku? -
Sbattè le palpebre. Quella voce così giovane, così familiare...
Si voltò verso destra. Due piccole figure, una rossa e una verde. Sentì il petto scaldarsi: - Yuki! Ryuuto! -
- E' veramente Miku! - Yuki le tese le braccia, Miku si chinò e la abbracciò.
"Avrei dovuto seguirvi. Avrei davvero dovuto seguirvi." se non altro, era sopravvissuta.
Abbracciò anche il bambino - molto più rigido della bambina, quindi ritenne opportuno far durare la stretta molto di meno.
- Cosa ci fate qui? - chiese, portando la gonna sotto le cosce e accovacciandosi.
- Questo dovremmo chiederlo noi a te. - Yuki mise le braccia ai fianchi, piegò appena la testa di lato, lo sguardo stupito: - Avresti potuto dirci di dover andare dal maestro! Ti ci avremmo portato senza problemi! -
- Maestro...? - alzò lo sguardo, incontrò gli occhi scuri di Kiyoteru. E comprese: - ... oh. Dunque è lui il vostro maestro... -
- Già! - trillarono i due bambini, all'unisono.
"Che siano apprendisti cuochi?" non pose la domanda solo per evitare di sentirsi rispondere cose come: - No, in realtà stanno imparando a creare affari commestibili geneticamente modificati. -, magari detto con un gran sorrisone.
- Come mai conoscete Miku? - anche Gumi si era chinata verso di loro, incuriosita.
- Oh... - di colpo, entrambi assunsero un'espressione assolutamente vaga, assolutamente innocente, e dunque incredibilmente colpevole: - L'abbiamo incontrata ieri... - Yuki mostrò tutta la sua dentatura: - ... mentre passeggiavamo... - anche Ryuuto si sforzò di sorridere, con scarsi risultati. Sembrava troppo attratto dai fili d'erba.
- Che curiosa coincidenza! - Kiyoteru battè le mani, e il gran sorrisone, in effetti, ce l'aveva.
Yuki e Ryuuto erano trasaliti.
- Sono sicuro voi abbiate fatto una sicura passeggiata in luoghi ben protetti, senza alcun pericolo! -
Yuki e Ryuuto si girarono a guardarlo, con calma, con molta calma, in realtà sembrava volessero tardare il momento in cui avrebbero incontrato il suo sguardo.
- ... naturalmente, maestro! - la bambina sorrise, e tutto il mondo parve più luminoso.
- Siete di nuovo andati in mela. -
Yuki e Ryuuto si scambiarono uno sguardo - lei stava ancora sorridendo. Anche Kiyoteru stava ancora sorridendo.
- ... manovra 15b. -
E i due bambini si lanciarono a terra, per poi rotolare lontano, sempre più lontano, sempre più lontano-
Finché non scomparvero.
No, sul serio, erano spariti.
Miku osò avvicinarsi, piano piano.
Una buca.
Molto imbottita, senz'altro non si erano fatti male, e non era neanche troppo profonda, ma era indiscutibilmente una buca.
- Ed ora... - si allontanò di un paio di metri quando Kiyoteru apparve al suo fianco, mani giunte e sorriso luminoso: - ... lasciate che vi spieghi perché è pericoloso andare a fare giri in mela. -
- No! - i due bambini riemersero, gli occhi colmi di terrore: - Tutto ma non questo! -
- Bene, Miku, dicevamo. - sentì qualcuno prenderla sottobraccio e allontanarla il più possibile dalla scena in corso.
Non potè fare a meno di urlare: - Ciao, Yuki! Ciao, Ryuuto! -
- Ciao, Miku! - entrambi i bambini sorrisero, come se nulla fosse - Yuki più convinta di Ryuuto.
Poi tornarono a guardare Kiyoteru: - Ti prego, maestro, non spiegarci di nuovo- -
- Tutto iniziò duemilacinquecentoottantatrè anni fa... -
- Quando arriverai al castello... - Gumi la strinse a sè, come se questo bastasse a non farle sentire la tragedia in corso alle sue spalle: - ... dovrai mostrare l'invito. Spero comunque che il tuo buon ospite si degni almeno di farsi vedere. - sbuffò, Miku non riuscì a trattenere una risata nervosa.
"... non ho idea se Luka si potrebbe mostrare." non le sarebbe dispiaciuto. Anzi.
Sicuramente, sapeva quando sarebbe stato il momento, se mai ce ne fosse stato uno. L'unica domanda era se avrebbe deciso di mostrarsi o meno.
- In realtà, ci stavamo salutando. - ricordò, di colpo.
- Sì, ma mi sembrava brutto trascinarti via e salutarti. - Gumi alzò le spalle: - Mi sarebbe sembrato di starti cacciando. -
- Yuki e Ryuuto staranno bene? -
- Sono sempre sopravvissuti. Cresceranno forti e temprati. -
- Non ne dubito. -.

- E via, verso nuove appassionanti avventure! - lasciò cadere il pugno, sconfortata.
Era sicura di aver fatto più soste che passi, nonostante fosse oggettivamente impossibile: si era allontanata abbastanza da non vedere più la casa della Cuoca, e di certo non erano trascorse mille ore.
Non era finita a casa di Len, e questa era una buona cosa - per il momento.
Ma non aveva la più pallida idea di dove fosse. O meglio, lo sapeva benissimo: era ancora nel Paese del Verde, a giudicare dal quantitativo di vegetali che la circondava. Quel che non sapeva era quanto fosse distante il Paese del Giallo. Anche solo il confine.
"Arriverò davvero dopo pranzo...?" continuò ad avanzare, ogni passo sempre più demotivata: "Davvero devo camminare così tanto...? Ma perché non hanno mezzi di trasporto, qui? O ce li hanno? E, se ce li hanno, perché non mi ci hanno indirizzata? Siamo sicuri che la Regina ci sia? Non è che arrivo e non ci trovo nessuno e mi dicono di tornare un'altra volta e non ho nessuno da cui andare e dovrei tornare qui e dovrei rifarmi tutta la strada e dovrei di nuovo disturbare Gumi e Kiyoteru e-" alzò lo sguardo.
Il bosco s'interrompeva di colpo, neanche il suo territorio fosse stato deciso con il righello.
Da quella riga precisa in poi, prati. Enormi prati. Giganteschi prati. E strade fatte di grosse pietre bianche, con tanto di solchi dovuti forse a dei carri.
E gente. Tanta gente.
Che se ne stava sui prati enormi&giganteschi, che camminava ai lati delle strade, che percorreva le suddette strade a bordo di carretti e biciclette.
Non c'era una gran confusione, era più un pacato chiacchiericcio in sottofondo.
E, piantati a cinque metri di distanza gli uni dagli altri, dei cartelli di legno dipinti di giallo, una frase incisa.

Benvenuti nella Dorata Capitale del Sole
Benvenuti nel Paese del Giallo!!!!


"... con quattro punti esclamativi.".

Le vedeva, proprio dietro alle case più alte: le punte delle torri del castello.
Camminò a passo rapido nella loro direzione, abbassando lo sguardo di tanto in tanto per guardarsi intorno.
"E' questo il Paese del Giallo! E' il luogo in cui..." portò una mano al petto: "... in cui era ambientata la storia di Rin.".
Era nel luogo di un racconto. Quel posto esisteva, lei c'era. Ne sentiva l'aria calda, l'insieme di profumi - aromi, spezie, cibo -, ne udiva le voci degli abitanti, ne percepiva il calore dei raggi del sole sulla pelle. I raggi del sole che arrivavano nello scenario di quel racconto.
Soltanto l'aver ospitato i protagonisti di una storia lo rendeva in qualche modo speciale. Non ci aveva mai davvero riflettuto.
"Se mai racconterò questa storia..." pensò: "... il Paese del Verde potrebbe assumere, per qualcuno, lo stesso fascino...?".
Era fascino, quello. Emozione nel trovarsi forse persino nello stesso punto in cui era successo ciò che aveva udito.
"... chissà dov'è quella piazza." forse avrebbe semplicemente dovuto cercare la piazza più grande. Sperava, almeno, che avessero tolto la ghigliottina.
Forse avrebbe potuto chiedere.
Si morse un labbro: "Scusi, buon uomo, sapete dove si trova la piazza in cui, tempo fa, avete cercato di uccidere la Regina Pazza?". Non le parve affatto un'idea troppo geniale.
Rialzò lo sguardo. Ora vedeva del tutto le torri del castello, persino la parte superiore della costruzione stessa.
"..." andò ad esplorare le vie.
Le case erano praticamente tutte di una qualche gradazione di giallo; con le strade bianche, i raggi del sole finivano per riflettersi all'incirca ovunque, con il sempiterno rischio di ritrovarsene uno nell'occhio.
Sembrava estate. Non Luglio o Agosto, quanto più un inizio Giugno. "E nel Paese del Verde era Maggio, come dovrebbe essere." ci riflettè: "... forse, qui è Giugno, nel Paese dell'Arancione è Luglio e nel Paese del Rosso è Agosto...?" sarebbe senz'altro stato intonato ad un deserto: "Però, allora il Paese del Viola sarebbe Settembre, quello dell'Indaco Ottobre e quello dell'Azzurro Novembre...?" scosse la testa: "Ma non si va al mare a Novembre! Forse nel Paese dell'Azzurro è Aprile...?" sbattè le palpebre: "... o forse, semplicemente, ogni Paese ha il proprio clima e chissene importa del mese!" le sembrava molto più logico e sensato.
Occhieggiò i passanti, cercando di non sembrare troppo invadente: nessuno di loro sembrava triste o turbato. Nonostante tutto, la Regina doveva essere una buona sovrana.
"Chissà com'erano i loro sguardi, sotto il regno di Rin..." forse era meglio non pensarci.
Trasse un profondo respiro.
Tornò a guardare il castello.
"... d'accordo. Andiamo.".

Arrivò al grosso portone d'ingresso.
Aperto. E non c'erano guardie.
Deglutì. Bussò - e sentì rimbombare in tutto l'interno.
- E' permesso? - urlò, e la sua eco fece altrettanto. Meglio essere cauti, in un palazzo. Soprattutto se era quel palazzo.
- Io entro, eh! - fece un passo avanti, tastò con la punta del piede la prima mattonella: - Fermatemi ora o mai più! -.
Niente. Né risposte né reazioni da parte delle mattonelle.
Strinse i pugni: - Come volete! - ed entrò.
Non successe nulla. Nessun nugolo di guardie armate fino ai denti era piovuto dal soffitto, per poi circondarla e puntarle contro le armi. Nessuna trappola più o meno mortale era scattata. Nessun allarme. Niente.
- ... come volete. - proseguì, e sentì un sollievo improvviso sulla pelle: fresco. Faceva davvero fresco, lì dentro.
"... devo trovare qualcuno a cui chiedere." avrebbe anche dubitato dell'ipotesi di imbattersi nella Regina per caso ma, in fondo, non le sarebbe poi parso così bizzarro. Trovare un qualche servitore e chiedergli informazioni le sembrava più... educato, forse.
Avanzò lungo il tappeto rosso che portava chissà dove.
Le pareti erano di un giallo chiaro, quasi bianco, e dal soffitto pendevano stemmi dorati su sfondo rosso. Ne guardò uno: un fiore che non conosceva, con sette petali ripiegati sulle punte. Doveva essere lo stemma del Paese del Giallo. "Forse i sette petali sono i sette Paesi...?" adatto ad una capitale.
Anche le tende erano rosse. E i corrimano. E gli infissi delle finestre. E le porte.
"... ho il vago sospetto che all'attuale Regina piaccia molto il rosso." continuò a camminare, decise di salire al piano di sopra.
Ancora non aveva incontrato nessuno. Se veramente fosse stata una rivoltosa, avrebbe avuto la strada spianata.
"Oh, il classico corridoio di armature..." non ne aveva mai visto uno dal vivo. Ma se ne era sempre chiesta il senso.
Tuttavia, le produzioni horror le avevano insegnato che passeggiare in mezzo a tante armature armate -gettò una rapida occhiata alle lance rosse - era sconsigliato, quindi imboccò un altro corridoio.
E continuava a non esserci nessuno.
- Eeeeeeeeehi! C'è nessuno? -
Si bloccò. Un corridoio di armature.
"... ma era prima..." si avvicinò alla prima armatura, cauta: "... sto girando in tondo...?" non le era parso di curvare, però. Era sicurissima di essere andata sempre dritta.
- Scusatemi! - si allontanò un po', giusto per stare sicura: - C'è nessuno? Vorrei incontrare la Regina! - "Magari, se lo dico, apparirà qualcuno...?".
Niente.
"... siamo sicuri che questo castello non sia abbandonato...?" non le sembrava affatto un luogo polveroso, però. Anzi, le armature erano belle brillanti.
Salì un'altra scala e proseguì per il corridoio.
Nulla di particolare: finestre dagli infissi rossi, tende rosse, grandi porte rosse rettangolari. Tra ogni finestra, un mobile giallo chiarissimo con sopra un vaso del medesimo colore, colmo di rose rosse.
"Che belle..." si avvicinò, incantata: sembravano dipinte, oppure uscite da quelle foto superprofessionali e superphotoshoppate; quando il loro profumo le invase i polmoni, però, non ebbe dubbi sul fatto che fossero vere.
Percorse il corridoio, sfiorò i petali rossi nei vasi, finché, verso la metà, non cambiarono: garofani. Garofani rossi.
"Se ci sono fiori del genere, non può essere un luogo abbandonato..." ci pensò: "... a meno che io non sia finita in una dimensione-fantasma in cui ogni cosa è bloccata com'era tanto tempo fa." rabbrividì. Non la trovava un'ipotesi poi così fantasiosa: "Ma non ho fatto niente per..." riflettè: "... forse solo entrare fa arrivare nella dimensione-fantasma? Forse è questa la loro tecnica di difesa?" sarebbe stato senz'altro efficace.
Una rosa rossa.
Si fermò.
Alzò lo sguardo.
Una scala che portava al piano inferiore.
"... sto girando in tondo." ormai ne era certa: "Devo trovare la scala per il piano di sopra!" girò sui tacchi e tornò indietro, di corsa.
Garofani, garofani, rose.
E la scala che scendeva.
"..." decise di andare avanti. Superò la scala, si guardò intorno. Rose, rose, garofani.
Rallentò fino a fermarsi, il fiato corto: "Non può essere l'ultimo piano!" serrò i pugni: "Sarei solo al secondo e il castello è abbastanza grande per contenerne molti di più!". Si guardò intorno: il corridoio non sembrava avere una fine. E, se ce l'aveva, era il punto in cui si trovava. Il punto d'inizio.
"Questo posto è assurdo!" si portò le mani alla testa: "Pensa, Miku, pensa!" serrò gli occhi, riportò alla mente tutto ciò che aveva visto.
Fiori. Rosso. Giallo.
Tanti fiori rossi. Il colore che doveva piacere tanto alla Regina. Gli stemmi. Quello che forse era lo stemma del Paese del Giallo. Un paese tutto giallo.
Capitale del-
Spalancò gli occhi.
Corse nel corridoio, aprì la prima finestra, poi la seconda, poi la terza. Abbassò lo sguardo: tre rose rosse.
Tornò da dove era venuta. Si mise davanti alle scale.
Le tre finestre che aveva appena aperto.
Si voltò.
Altre tre finestre aperte.
Prima non lo erano. E non c'era nessuno, lì, oltre lei.
"... questo è il Paese dello Specchio. Questo piano è specchiato." inspirò: "... questo piano è rotondo, e dall'altra parte non ci sono scale. E, se anche fosse, ci sarebbero scale che porterebbero giù. Quindi..." alzò la testa. Sorrise.
Scale che portavano giù.
Capovolte, sul soffitto.
Andavano su.
"... dovrei solo..." trasse un profondo respiro. Alzò un piede, nell'aria.
Deglutì.
Fece leva sul piede a mezz'aria e sollevò l'altro, portandolo accanto.
Era sospesa nel vuoto.
Rabbrividì.
"... finché non sarò su... non..." si costrinse a non pensare a nulla che non fossero le scale.
Salì un altro gradino, un altro, un altro.
Fino a raggiungere le scale capovolte.
Il naso già sfiorava uno dei primi gradini.
Allungò le braccia e li afferrò.
Poi si issò, piano piano, iniziando a far leva anche sui piedi.
Tic Tac Tic Tac

Sbucò in un altro corridoio.
O meglio, sbucò in un altro corridoio, e fu quasi accecata dalla luce di un'enorme porta aperta.
O meglio ancora - se ne rese conto una volta uscita del tutto -, dalla luce che entrava da un enorme arco, le porte rosse spalancate.
Miku si avvicinò, ancora incredula da quanto era appena successo. E dal fatto che ci fosse riuscita, soprattutto.
Se non altro, quel castello era sottoposto ad accurata pulizia. I gradini erano belli lucidi - e, per fortuna, non altrettanto scivolosi.
L'arco dava all'esterno, su una via sopraelevata, di quello che sembrava marmo bianco, con il parapetto alto fino ai suoi gomiti. Non molto parapetto, dunque.
Uscì, fece qualche passo e si affacciò, le mani strette al parapetto poco parapetto. Rimase a bocca aperta: sotto di sè, un'enorme distesa di verde.
- Il giardino... - non riuscì a trattenere un sorriso estasiato: - E' così grande... - non poteva dire che non riuscisse neppure a vederne la fine, magari sulla linea dell'orizzonte, perché la fine la vedeva benissimo ed era molto prima della linea dell'orizzonte, ma era comunque immenso.
La cosa più impressionante fu, su tutta la parte destra, il gigantesco labirinto picchiettato di rosso. Dovevano essere siepi, magari adorne di qualche fiore.
"Non sono mai entrata in un labirinto di siepi!" decise di provare: "Insomma..." ci pensò un attimo: "... anche solo avvicinarmi. Farci qualche passo dentro. E poi..." si guardò la mano destra: "... quel trucco dovrebbe funzionare, no?" lo sperava davvero, se mai si fosse auto-disubbidita finendo per perdersi.
Così, scese lungo la via, attenta a non inciampare/scivolare/finire per fare qualcosa di lesivo per se stessa.
Lì faceva sì caldo, ma un po' più mite dell'esterno. Rinunciò a farsi domande sul clima del Paese dello Specchio.
Dopo un tempo imprecisato, finalmente arrivò a toccare il prato con le scarpette.
Un brivido d'aspettativa.
Avanzò verso destra, assaporando con lo sguardo tutto quel verde, fino ad intravedere le siepi che formavano il labirinto.
Accelerò il passo, la curiosità ogni secondo più forte.
E, quando giunse a pochi metri, si fermò. Due cose avevano attirato la sua attenzione - anche perché era impossibile non farci caso.
La prima era che le rose - perché erano rose - che abbellivano le siepi, lì davanti, erano di un bel bianco.
La seconda era il fatto che, lì davanti, ci fossero due ragazze.
- Allora... - disse la ragazza a sinistra, un grande ombrello aperto forse a ripararla dal sole: - ... qual è la tua idea? -
La ragazza a destra esibì un sorriso di trionfo e si inginocchiò: - Questo! - si rialzò di colpo, brandendo qualcosa, qualcos'altro nell'altra mano.
Miku si avvicinò, cauta. Riuscì a capire cosa fossero quelle due cose: un grosso pennello e un secchio di vernice. Rossa.
- ... vuoi dipingere le rose? - la ragazza con l'ombrello non sembrava molto convinta.
- E che altro? Guarda! - l'altra andò alla rosa più vicina, intinse il pennello e la ricoprì di vernice rossa.
"... farà bene la vernice ai petali...?" si avvicinò ancora di più, incuriosita.
La ragazza intenta a spennellare aveva quella che sembrava una felpa nera. Una felpa nera con il cappuccio abbassato, e la parte inferiore composta di due semicerchi; al centro, quella che sembrava una piccola coda.
"Se avesse il cappuccio alzato..." Miku provò a figurarsela: "... vista da dietro, sembrerebbe quel seme delle carte... i fiori!" le tornò in mente.
Per il resto, aveva un semplicissimo vestito viola chiaro, intonato alle calze. E ai capelli. Perché aveva dei lunghi capelli viola chiaro.
Scacciò dalla mente l'immagine dell'altra persona dai capelli viola di sua conoscenza e spostò lo sguardo sull'altra ragazza, accorgendosi di come avesse due ottimi motivi per essere guardata.
Teneva l'ombrello rosso su una spalla nuda, e indossava uno yukata bianco lasciato ricadere lungo le braccia, fino ai gomiti. Praticamente, era come se avesse solo la gonna corta e le maniche dai gomiti ai polsi. Ciò che la copriva era un top rosso con la scollatura a cuore, che tra i due ottimi motivi e le pieghe dello yukata sulla vita creava un cuore perfetto.
Di rosso, quella ragazza aveva anche i capelli. E - Miku se ne accorse solo avvicinandosi ancora di più - dall'ombrello pendevano cuori. Alla fine di ogni stecca era attaccato un cuore. Cuori ovunque.
- Yukari... - la ragazza con l'ombrello sospirò: - ... dubito la Regina non se ne accorgerà. -
- Possiamo sempre dire che noi non ne sapevamo niente! - Yukari sorrise, convinta: - Possiamo dirle che siamo state ingannate. Che mi hanno venduto dei semi difettosi. Che sono una specie di rosa che fa petali che sembrano dipinti! - continuò a dipingere i fiori, con rapidità crescente.
La ragazza con l'ombrello alzò gli occhi al cielo: - Non potevi accorgertene prima? -
- Avrei dovuto fare la ronda, e non ne avevo voglia! -
- Per colpa tua, siamo in una situazione... - un altro sospiro, forse per scaricare la tensione. A guardar bene, stava stritolando il manico dell'ombrello, le nocche sbiancate: - ... non ce lo perdonerà. Finiremo- -
- Dammi una mano, prima che arrivi! -
- Lo farei volentieri, ma non ho pennelli. -
- Usa le dita! -
- Non ci penso neppur- - stavolta fu lei ad interrompersi spontaneamente.
Perché aveva incrociato lo sguardo di Miku.
"... ehm..." rimase immobile, indecisa sul da farsi.
Senza interrompere il contatto, la ragazza con l'ombrello si avvicinò a Yukari: - Ehi. Ci ha sentite. - anche l'altra si voltò, e la vide.
- Uhm... - Yukari si portò una mano al mento, e quasi schizzò se stessa e l'altra ragazza con la vernice rossa: - ... direi che non c'è altra scelta. -
La ragazza con l'ombrello annuì: - Dobbiamo ucciderla. -
"Cos-" - Nononononono aspettate! - agitò le braccia e si avvicinò di corsa, il cuore di colpo impazzito: - Non dirò niente a nessuno! Lo giuro su questo giuramento! - incrociò gli indici alle labbra, sperò di avere un'espressione abbastanza supplichevole.
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo diffidente.
- Chi ci garantisce che stia dicendo la verità? - fece la ragazza con l'ombrello, come se Miku non fosse a due passi da loro.
- Che motivo avrei di andare a dire alla Regina che state dipingendo rose? - sperò davvero di non essersi imbattuta in due pazze omicide: - Io volevo solo entrare nel labirinto! Vi ho sentite per sbaglio! -
- Davvero? - la ragazza con l'ombrello inarcò un sopracciglio.
- Oh, beh, tanto... - Yukari alzò le spalle: - Io vado a finire. Tu tienila impegnata. - e tornò alle rose, come se niente fosse.
- Tenermi impegnata...? - ora, Miku si sarebbe volentieri intrattenuta con i due ottimi motivi della fanciulla, ma aveva il vago sospetto che non c'entrassero con quanto detto dall'altra.
- Beh, non puoi entrare nel labirinto, al momento. - rispose la ragazza con l'ombrello, pacata: - Non possiamo permettere che ti sporchi di vernice... -
- Oh, grazie! -
- ... o che lasci impronte in giro. -
- Ah. -
- Vuoi un pupazzetto di Hello Kitty? -
- Prego? - sbattè le palpebre quando si vide effettivamente spuntare davanti un piccolo pupazzetto di Hello Kitty.
- In cambio del tuo silenzio. - spiegò la ragazza con l'ombrello.
- Ehm... okay...? - lo prese, se lo rigirò tra le mani: Hello Kitty, con il suo fiorellino in testa e un vestitino rosso. Niente di particolare. Lo fece scivolare nella tasca del grembiule.
- Se poi ne volessi anche altri, costano solo cinque quadri! -
- Eh? -
Sulla mano della ragazza ne erano magicamente apparsi altri: - Questi piccoli sono cinque quadri, quelli più grandi sono dieci, se poi vuoi i peluches allora saranno almeno due fiori, mentre i maxipeluches da cinque metri possono arrivare a costare anche una coppa! -
- N-no, grazie! - indietreggiò, l'improvviso timore di vedersi spuntare davanti il maxipeluche da cinque metri di Hello Kitty.
- Aaaah, sono troppeeee! - la voce di Yukari, lamentosa: - Non farò mai in tempo! -
- Te l'avevo detto. - sospirò la ragazza con l'ombrello, tirando fuori da non si sa dove altre Hello Kitty. Aveva la mano piena, eppure riusciva a tenerle perfettamente impilate.
- Ehm, ma cos'è successo? - si azzardò a chiedere: "Credo che il problema sia che ci sono rose bianche piuttosto che rosse, ma cosa...?"
- Yukari è una giardiniera con un curioso senso pratico. - un altro sospiro: - E' stata lei a creare il labirinto. E' un labirinto di siepi e rose rosse. Una piccola modifica al progetto originale. -
Di colpo, Miku ricordò: "Rin non aveva accennato a voler fare un roseto-labirinto...? Che si tratti di questo?" rabbrividì, ma non di paura: "Questo è davvero il luogo in cui sono successe tutte quelle cose...".
- Soltanto che il labirinto è grande. Molto grande. E i semi non bastavano, quindi Yukari ha ben pensato di usare i semi di rose bianche. "Ma no!", diceva, "Sono bianche, quindi assumeranno il colore delle rose che stanno loro intorno!". Eh, si è visto... - sospirò di nuovo.
"... beh, però era una buona idea.".
- Iroha! - saltò su Yukari: - Ho un'altra idea! -
Iroha si voltò piano - aveva fatto sparire le Hello Kitty, Miku non sapeva né come né quando: - Ossia? -
Yukari sorrise, e sollevò due piccoli rettangoli grigi: - Diamogli fuoco! -
"Eh?"
Iroha sgranò gli occhi. Poi ricambiò quel sorriso di trionfo: - Ci sto! -
- N-no, ragazze... - Miku fece un passo avanti: - Aspettate, non è il caso di essere così... -
- Oh, solo le rose bianche! - fece Yukari, passando un accendino all'altra: - Mica bruciamo tutto! -
- Sarebbe anche pericoloso per la gente all'interno. - disse Iroha, come se nulla fosse.
- C-ci sono delle persone, dentro? - "Non so come, ma devo fermarle!": - Aspettate! Come pensate di isolare il fuoco? -
- Ah, ci penseremo dopo averlo appiccato! -
- Ma non è così che- -
Una tromba.
Yukari e Iroha si voltarono di scatto, gli occhi spalancati.
- ... sai... - fece Iroha, abbassando l'accendino: - ... credo che siamo nel letame. -
Yukari annuì, piano: - Saremo senz'altro molto fertilizzate. -
- Eh? -
Trombe, trombette, corni, tamburi. Un ritmo potente, sempre più forte, sempre più vicino.
- Sta arrivando la Regina. - Iroha e Yukari si appiattirono contro la siepe a cui volevano dar fuoco. Miku non trovò di meglio da fare che mettersi in riga accanto a loro.
"La... Regina..." portò una mano al petto. Il cuore batteva davvero forte - a parte per lo spavento di prima. Sembrava stesse cercando di risalirle lungo la gola. Inspirò, sentì l'impulso di battere un piede a terra.
Anche perché quella musica era davvero orecchiabile.
E, da lontano, vide alcune persone avvicinarsi all'entrata del labirinto.
Una processione.
"... è il momento." deglutì: "Non ho motivo di avere paura. Andrà tutto bene. Ne sono sicura.".

Non erano in molti, a partecipare a quella processione. Forse anche meno di una decina.
Si avvicinavano, la musica - suonata da non sapeva chi, dato che non vedeva alcuno strumento tra le persone in processione - era sempre più alta.
Ormai stava battendo il ritmo con il piede.
Poi vide la persona che apriva il corteo.
E si ritrovò congelata sul posto.
Trasse un profondo respiro, si sforzò di farsi il più possibile vicino ad Iroha, magari di nascondersi sotto il suo ombrello.
Gakupo Kamui.
"C-cosa ci fa qui...?" sperò di non risultare troppo losca: "Sono una siepe. Sono una bellissima siepe. Sono una bellissima siepe in piena fotosintesi. Sono una siepe. Sono una siepe. Sono una siepe.".
Gakupo Kamui entrò nel labirinto, superandola senza neppure dar cenno di averla vista.
Miku sarebbe stata tentata dal sospirare di sollievo.
Non fosse stato per la persona dopo.
O meglio, la persona subito dopo non la conosceva neppure: una ragazza dai lunghi capelli biondi, ondulati sulle punte - e colorati sulle punte, un arcobaleno di onde -, tante piume intrecciate a quella cascata bionda, un paio di grandi ali da uccello e una coda che le ci volle qualche secondo per riconoscere come di leone.
La cosa più bella di quella ragazza, però, era il vestito. Un vestito da gothic lolita. Vero. E non di materiale dubbio. Un vestito di quelli che costavano un patrimonio ed erano assurdamente belli.
E, sì, Miku sarebbe rimasta ad ammirare quel vestito e i capelli della ragazza alata, ma c'era la persona subito dopo quella subito dopo Gakupo Kamui che le aveva impedito di tirare un sospiro di sollievo.
Len.
Cercò di nascondersi davvero dietro l'ombrello di Iroha.
Indossava gli stessi vestiti con cui l'aveva incontrato - il giorno prima. Era davvero trascorso solo un giorno? - e neppure lui diede segno di averla vista.
Poi toccò ad un'altra persona in cui si era già imbattuta. Stavolta, però, le venne da sorridere - e si sentì autorizzata ad uscire da dietro l'ombrello.
Curioso nascondersi al passaggio del portinaio e del coniglietto e riemergere al passaggio della guerriera armata di lancia.
Lily avanzava a passo deciso, lo sguardo dritto davanti a sé, la lancia in una mano, a battere il terreno, l'altra impegnata a sorreggere un grande cuscino rosso su cui erano state posate due corone.
Molto più sobrie di quelle di Haku e Neru: un cerchio con tante punte e un cerchio più piccolo, con sole tre punte davanti. Sembravano quasi le versioni stilizzate di una corona.
E, dietro Lily...
"... Kaito?" sbattè le palpebre: quello che le stava per passare davanti era indubbiamente Kaito, tranquillo e sorridente.
"Cosa ci fa qui?" ci pensò: "Forse... è qui in vece della Cuoca...? Né Gumi né Kiyoteru erano interessati ad avere troppi contatti con la Regina, quindi, magari..."
S'irrigidì.
Kaito camminava due passi dietro di lei.
E lei le era praticamente davanti.
La Regina.
"... sì, deve essere fissata col rosso."
Tutto il suo abito era rosso. La gonna larga, vaporosa, multistrato, con uno strascico di almeno due metri; un corsetto con scollatura a cuore, spalline a sbuffo, maniche larghe merlettate, merletti di un rosso così scuro da sembrare nero, come gli strati inferiori della gonna. Le scarpe rosse facevano capolino di tanto in tanto, ad ogni passo più ampio. Un collarino rosso, con un pendente rosso chiaro. E di un rosso intenso era anche il rossetto, sulle labbra ben disegnate.
Gli occhi e i capelli, contro ogni aspettativa, non erano rossi, ma castani, un marrone chiaro.
E i capelli non erano legati in acconciature elaborate, non erano lasciati sciolti e fluenti: erano corti, a caschetto, il caschetto delle fotografie che mai nessuna persona era stata in grado di replicare per più di due ore.
A guardarla nell'insieme, la Regina era una donna bellissima. Sembrava davvero una modella - di quelle belle, tutte curvose - o un'attrice del cinema.
Ma non aveva lo sguardo perso nel vuoto o falsamente intenso delle modelle, né quello di molte attrici concentrate sul farsi fotografare.
Era...
... Miku non ne aveva idea. Sapeva solo di aver sentito un brivido lungo la schiena, e di aver pensato che, se avesse incontrato quel gruppo in abiti più "normali", non avrebbe dubitato un solo istante di chi fosse il capo.
E la Regina si fermò.
Davanti a lei.
O meglio, davanti a loro tre.
Come una sola persona, anche il resto della processione si bloccò.
Miku trattenne il respiro - e non sapeva neppure il perché.
Gli occhi scuri della Regina.
Voleva deglutire, ma decise di non farlo.
Cercò di rimanere immobile, sentiva quello sguardo studiarla attentamente, dalla punta delle codine a quella delle scarpe.
Poi quegli occhi si spostarono su Iroha e Yukari.
- Identificatevi. -
Aveva parlato con assoluta tranquillità, ma Miku dovette mordersi la lingua per evitare di rispondere anche lei.
- Asso di Cuori, Iroha. -
- Asso di Fiori, Yukari. -
"Oh, quindi i loro vestiti..." sbattè le palpebre - e ne approfittò per deglutire.
- Asso di Cuori e Asso di Fiori... - ripetè la Regina, piano, quasi stesse soppesando i loro nomi: - Ditemi... - alzò appena lo sguardo, e Miku sapeva benissimo cosa stesse guardando: - ... sono i miei occhi ad ingannarmi, o queste rose sono bianche? -
Miku rabbrividì.
- Sono i vostri occhi ad ingannarvi. - risposero Yukari e Iroha, in un perfetto coro pacato.
La Regina si mosse, e andò fino alla siepe. Le due ragazze si scostarono per lasciarla passare.
- Curioso... - mormorò la Regina, le dita ad accarezzare una rosa bianca: - ... ma anche comprensibile. - la vide spostare lo sguardo ad una rosa verniciata lì accanto. Miku era sicura se ne fosse accorta.
- ... ho sempre detestato le persone che mi danno ragione solo in virtù della mia posizione. - sfiorò la rosa dipinta, ma non la toccò: - ... ma ho sempre detestato anche le persone che non mi dicono la verità. - chiuse la mano, e Miku trasalì. Gli sguardi di Yukari e Iroha si erano fatti duri. Forse stavano anche stringendo i denti. Iroha stava di sicuro stritolando di nuovo il manico dell'ombrello. Le mani di Yukari, invece, erano nascoste nelle tasche della felpa.
- Tuttavia, comprendo il motivo della vostra bugia. - la Regina si voltò, tornò a guardare le due ragazze: - Ma a tutti capita di fare un errore. -
Il modo in cui aveva sottolineato quell'"un" era a dir poco eloquente.
- Anche se riprovarci comporta molte, molte, molte più difficoltà. - giunse le mani in grembo: - Sistemate. E non deludetemi. -
Gli occhi di Yukari e Iroha s'illuminarono, le due ragazze s'inchinarono: - Sì, mia signora! -
- Ora andate. Voglio che sia tutto sistemato entro i prossimi tre giorni. -
- Sarà fatto, mia signora! -
Ad una velocità impensabile, le due ragazze si rialzarono e corsero via, sparendo alla vista nel giro di tre secondi contati.
Miku era sorpresa: "... pensavo molto peggio." riconobbe: "Pensavo, non so... che le avrebbe punite in modi atroci...". Non riuscì a non guardare la Regina, il cuore che batteva forte.
La vide avvicinarsi a Len - e il cuore trasalì, ma per tutt'altro motivo.
- Vai da chiunque venda fiori e semi nel Paese del Giallo. - la Regina sorrise: - Dì loro che la Regina ordina di non vendere o dare in alcun modo neppure un seme o un fiore né all'Asso di Cuori né all'Asso di Fiori. -
"... cosa?"
- Solo per questa settimana. Nessuno di loro dovrà vendere o dare niente di tutto ciò a nessuna delle due. O a persone da loro mandate. O chiunque abbia intenzione di piantare semi nel Palazzo della Regina. E che diffondano l'ordine anche ai venditori degli altri Paesi. -
- Sì, mia signora. - Len portò un pugno al petto, chinò la testa e schizzò via, con una velocità che si addiceva alquanto al suo essere un coniglio- lepre.
- Oh, l'ho detto che avrebbe comportato molte, molte, molte più difficoltà. - la Regina sembrava star mormorando più a se stessa, una mano davanti alla bocca: - Ma non è certo impossibile. - rise, piano.
Continuava a parlare in modo così pacato...
"... lei è la Guerriera Trucida?" era disorientata: "... non sembra molto trucida. Me l'aspettavo più... beh... truce. E trucida.".
L'idea che quella donna fosse anche la guerriera così forte e abile descritta da Rin la incuriosì ancora di più.
Quegli occhi scuri tornarono di nuovo su di lei.
E, stavolta, a lei la Regina si rivolse: - Non sei di qui. -
"Ah!" - N-no, Vostra Maestà! - si affrettò a chinare la testa, ma non aggiunse altro. Non osava parlare troppo, non in presenza della Regina.
La sentì avvicinarsi: - L'invito, prego. -
- S-sì! - osò rialzarsi, mise mano alla tasca del grembiule e ne estrasse la busta con l'invito.
La Regina si voltò verso Lily: - Mia cara. - disse, soltanto.
Lily annuì, e la raggiunse. Sarebbe stata molto impressionante se non fosse stato che, non appena la Regina le aveva parlato, aveva mollato con poca grazia il cuscino con le corone alla ragazza alata.
"Chissà se si ricorda di me..."
A giudicare da come le sorrise quando prese l'invito, la risposta doveva essere sì. Miku se ne compiacque.
Lily aprì la busta e controllò l'invito; lo mostrò anche alla Regina, e lei annuì. Poi, l'invito fu rimesso dentro la busta e le fu restituito: - La tua ospite non è qui? - domandò il Fante di Cuori.
Miku scosse la testa. Non si azzardò a dire altro.
- Ti do il benvenuto nel Paese dello Specchio, Michelyne Alice Lydia Fairsound. - la Regina sorrise.
- G-grazie, Vostra Maestà! - chinò di nuovo la testa.
- Non c'è bisogno di farlo ogni volta. - una risata leggera.
- P-perdonatemi, Vostra Maestà! - si raddrizzò, contrariata da come ogni inizio frase le uscisse così spezzato.
- Cos'è che ti porta qui nel castello? - la Regina sembrava onestamente curiosa: - Non sei tra gli invitati alla festa di oggi. -
"Festa?" - Oh... beh... no, non lo sono. - confessò: - Ecco, io... - sentì le guance calde. Ma non vedeva perché non dire la verità: - ... volevo vedervi. -
La Regina sgranò gli occhi, stupita: - Vedere... me? -
Miku annuì.
- E perché? -
Portò le mani dietro la schiena, per potersi torcere le dita in santa pace: - Perché ho sentito tanto parlare di voi. - spiegò, sincera: - E mi sono incuriosita. Ero curiosa di vedere questa fantomatica Regina. - non c'era altro da dire: - ... solo questo. -.
Si impedì di abbassare lo sguardo. Ora che aveva davanti la Regina, dopo averle detto una cosa simile, sarebbe stato estremamente stupido farlo.
La Regina sembrava rimasta senza parole.
Dopo un tempo imprecisato, rise, divertita: - E ora che mi hai vista? -
- ... questa è davvero una buona domanda, Vostra Maestà. Non ci ho pensato. - "Cosa sto dicendo."
- Allora non hai nessun programma. -
Scosse la testa: - No, Vostra Maestà. -
- Sei una ragazza molto particolare. - sorrise: - Mi piacerebbe molto se tu partecipassi alla festa al centro del labirinto. -
Il cuore fece una capriola all'indietro, poi un'altra in avanti: - D-davvero? - aggiunse: - Vostra Maestà? -
- Certamente! -
Sentiva il volto in fiamme. Tutto in fiamme. Fiamme ovunque: - N-ne sarei onorata, Vostra Maestà. -
- E magari... - piegò appena la testa di lato, come a volerla studiare da un'altra angolazione: - ... sai anche cantare. -
- Mi hanno detto che me la cavo. - confessò: - Vostra Maestà. -
- Perfetto! - la Regina applaudì con grazia, sembrava davvero felice: - Mi piacerebbe molto sentirti cantare! -
- Se me ne sarà data l'occasione, volentieri. - smise di torcersi le mani. Non ne sentiva più il bisogno: - Ma vi avverto: questo è quello che mi è stato detto. Non posso dirvi di essere oggettivamente una brava cantante, Vostra Maestà. -
- E' quel che scopriremo. - le venne vicino, e le posò una mano sulla schiena.
Quel contatto le fece di nuovo sobbalzare il cuore.
- Vai pure in testa alla processione, cara. Vicino al nostro Duca. -
E quelle parole lo fecero sprofondare.
- Oh... sì... Vostra Maestà. -.

"... sembra una donna così buona..." camminò fino a raggiungere quella figura in viola, più piano che potè: "... e dispettosa. Ma solo dispettosa. Non sembra..." ci pensò: "... non sembra la Guerriera Trucida o una persona capace di fare una cosa tanto terribile a Rin. E a Len.".
Era arrivata da Gakupo Kamui. E la processione era ripresa.
Lui non disse niente. Lei lo guardò di sfuggita.
E non potè non notare il bastone.
Arancione sparaflashoso.
Con alcune macchie un po' meno sparaflashose.
Guardando meglio, Miku si accorse di una cosa ancora più disturbante: quel bastone era stato riverniciato. Quel bastone era, in origine, un bastone arancione sparaflashoso a pois fucsia.
- Chi mai può avere un gusto tanto abominevole? - non riuscì ad impedire a quelle parole di uscire dalle labbra. Venivano dal cuore, in fondo.
- Me l'ha dato il Re. - a giudicare dal tono, il Duca era del suo stesso parere: - E' la prima cianfrusaglia che ha trovato. Ha detto che dava un po' di colore. -
- Non lo rende meno abominevole. - "... giusto. Il Re. Il Principe." si guardò intorno, perplessa: "... non vedo nessun Re, però." riflettè: "... forse sta intrattenendo gli ospiti al centro del labirinto?" aveva senso: "Lui fa gli onori di casa, la signora arriva dopo.".
- Perché non l'avete verniciato di viola? -
Il Duca la fulminò con lo sguardo, quasi avesse detto un'eresia: - Non ho intenzione di andare in giro con un bastone viola che in realtà è arancione a pois fucsia. -
- Quindi andate in giro con un bastone arancione che in realtà è arancione a pois fucsia. -
- E' più onesto. -
"... ha ragione." doveva riconosceglierlo.
- Comunque. - esordì, decisa a chiarire la loro questione in sospeso: - Non accetto che voi siate adirato con me. -
- Prego? - era sicurissima volesse darle quel bastone in testa. Così, a pelle.
- Me l'hanno detto, sapete? Che le tubature si rompono di continuo. E che la porta viene sfondata altrettanto di continuo. - mise le braccia conserte, decisa: - Quindi non accetto la vostra ira su questo punto. -
- Quella è stata solo la goccia che ha fat- - si bloccò: - Basta acqua. -
- Cos'altro vi ho mai detto di così orribile? - sbuffò, portò le mani ai fianchi.
- Forse... - e stavolta si girò a guardarla negli occhi: - ... che sembro un pervertito che inganna giovani donne per attirarle nel suo castello e costruirsi un harem? -
- Beh, è la pura verità. E comunque... - si affrettò a dire, prima che lui potesse ribattere: - ... chi è che ha fatto battute penosissime sulla mia prima? Eh? Eh? - fece ruotare il dito sotto il suo naso: - Eh? Eh? Sentiamo! Chi? Chi? -
- Non era una battuta. -
"Cosa?!" - Allora siete davvero un grandissimo cafone! -
Il Duca sgranò gli occhi, il volto di colpo pallido: - Ho avuto i miei motivi per chiedervi una cosa simile! -
- Ah, sì? E cosa? -
- E' una storia troppo lunga e complicata. -
- Riassumetemela! -
- Non è una cosa che si può riassumere! -
- Provateci! -
- Non ho intenzione di farlo! -
- Siete- -
Una risata leggera, alle sue spalle.
Miku si voltò: la ragazza alata, a pochi passi da loro. Aveva una mano davanti alla bocca ed era palese che stesse origliando.
- Gaaaaaakupo è stato maaaaaleducato! - cantilenò la ragazza, avvicinandosi ancora di più.
Il Duca si portò una mano al viso, l'espressione stanca: - Signorina Mayu, vi prego... -
- Taaaanto lo sanno tutti! - Mayu rise di nuovo: - Dovreste davvero smetterla di spaventare così le povere fanciulle che arrivano da fuori! -
Gakupo riemerse da dietro la mano, appositamente per incenerirla con un'occhiataccia.
- Ma io non mi sono spaventata! - protestò Miku.
Mayu le rivolse la sua attenzione. Aveva dei grandi occhi dorati e, più che guardarla, sembrava la stesse fissando: - Michelyne Alice Lydia Fairsound, hai un altro nome? -
"... intenderà un soprannome...?" - Miku. - disse, soltanto.
Il sorriso di Mayu si accentuò: - Proprio quello che speravo! Un altro nome moooooolto più breve! -
- Ah! -
Un urlo.
Qualche metro dietro Mayu.
E, stavolta, la voce era conosciuta.
Miku alzò di più lo sguardo.
E incontrò gli occhi azzurri dello Shota Usamimi.
- AH! - le sfuggì.
- AH! - Len la indicò, lo sguardo di colpo furioso.
- AH! - indietreggiò.
- AH! - Len estrasse dal nulla un grazioso falcetto.
- AH! - Miku pensò bene di fuggire.
E doveva fuggire molto in fretta. Non gli aveva dato nessuna botta, ed era un coniglietto-leprotto alquanto adirato nei suoi confronti - e che doveva essere uscito dal castello/andato in tutti i negozi di fiori/diffuso l'ordine/tornato/rientrato nel castello/averli raggiunti nel giro di dieci minuti.

Si lanciò nella prima apertura a destra, sentì Len sfrecciare sempre dritto, per poi bloccarsi di colpo.
"Bene. Almeno non è veloce nel cambiare direzione all'improvviso." poteva usare quel suo punto debole a suo vantaggio. Forse.
La cosa davvero positiva era come quel labirinto fosse pieno di diramazioni, e che quindi potesse cambiare strada all'incirca ogni due passi. "Magari riuscirò anche a seminarlo!".
C'era soltanto una cosa che la perplimeva. E la cosa in questione era la musica che era partita non appena aveva iniziato a correre.
- Fermati! - la voce di Len, alle sue spalle, la spinse ad accelerare il passo: - Abbiamo un conto in sospeso! -
- Tanto lo so che sei solo uno tsundere! - si buttò a sinistra, poi subito a destra. Forse aveva guadagnato un paio di secondi.
- E tu sei una stupida usacon! -
- Mi dai ragione! - si morse la lingua, quando lo vide apparire proprio nella direzione in cui stava correndo. Piantò i piedi a terra e s'infilò in un altro corridoio di siepi: "Sta seguendo la mia voce!" tanto valeva tacere.
La musica continuava a risuonare, incalzante; ogni volta che arrivava vicino al finale, ripartiva, come in un loop. Era una musica famosa, era-
"Il can can? Ma sul serio?" tastò una parete verde, giusto per accertarsi che non ci si potesse passare attraverso: "Cosa...? Qualcuno ci ha messo una colonna sonora?" riprese a correre, ben decisa a non rimanere troppo nello stesso posto.
Una risata divertita, dall'alto.
Miku alzò lo sguardo - senza fermarsi - e notò Mayu volare sopra il labirinto, lo sguardo a lei. Poi la vide guardare qualcos'altro, non troppo distante, e intuì sagacemente che doveva trattarsi di Len.
"Arriverò al centro, prima o poi..." continuò a cambiare direzione non appena ne ebbe l'occasione, sperando di far perdere del tutto le sue tracce: "Non saltare sopra le siepi non saltare sopra le siepi non saltare sopra le siepi..." non sarebbe stato affatto carino, se l'avesse fatto.
O meglio, sarebbe stata ben felice di prendere al volo un adorabile Shota Usamimi, un po' meno se avesse dovuto prendere al volo un adorabile Shota Usamimi armato di falcetto.
"Oh, ma Len non mi farebbe mai davvero del male!" si sforzò di sorridere, gettandosi in un'altra strada: "Non lo farebbe mai, no? No?" ci pensò bene: "... devo raggiungere il centro.".
Alzò di nuovo lo sguardo, individuò Mayu: stava guardando da tutt'altra parte. Forse era davvero riuscita a seminare Len.
Trasse un sospiro di sol-
Si schiantò contro qualcosa - qualcuno.
Si tirò indietro: - Scusat- - sgranò gli occhi.
Gakupo Kamui. Che la guardava molto male.
- Dato che non ci sono spettatori... - lo vide dare una veloce occhiata a Mayu, impegnata a fissare chissà chi o cosa: - ... lasciate che mi prenda una piccola soddisfazione. - alzò il bastone arancione. Che in realtà era arancione a pois fucsia.
E Miku capì, con incredibile sagacia, che avrebbe fatto molto meglio a girarsi e a fuggire. Quindi lo fece.
Avrebbe tanto voluto urlare, ma non voleva attirare il coniglio falcettatore, quindi urlò nella propria testa - sperando anche che il Duca fosse estremamente fuori esercizio e che le gambe più lunghe delle sue non gli fossero di eccessivo vantaggio.
Sentì di nuovo la risata di Mayu.
E Len apparve davanti a lei.
- AH! - si bloccò.
Si girò: Gakupo era sempre più vicino.
Guardò a destra: una Conveniente Strada Laterale.
Ci si buttò senza neppure pensarci.
- DOV'E' IL CENTRO? - tanto, ormai, era inutile stare zitta: - Lukaaaaa! - ovviamente, non successe niente.
Ormai le gambe le mandavano fitte di protesta, la gola era riarsa. Dovette fermarsi, la bocca spalancata a riprendere aria.
Ma, non appena sentì di aver immagazzinato abbastanza azoto, ossigeno e argon, riprese a correre, i pugni serrati, cambiando continuamente direzione.
Di tanto in tanto, alzava lo sguardo, a controllare Mayu: la ragazza girava come una trottola, le mani alla bocca, nel tentativo di tenere d'occhio tutta la gente che stava scappando/inseguendo nel labirinto.
Aveva il vago sospetto che, se le avesse chiesto per favore di aiutarla, Mayu l'avrebbe prima portata in alto - rabbrividì - e poi fatta ricadere su uno dei suoi inseguitori, a caso - e qualcosa le diceva che l'avrebbe fatta precipitare su Gakupo Kamui. Addosso a lui.
"Forse potrei chiedere una tregua!" poteva immaginare la risposta di Len. E lo scintillìo dei raggi sul suo falcetto. Scosse la testa: "Almeno a Gakupo Kamui!". Farsi dare un bastone in testa era forse preferibile ad un falcetto in pancia. Il problema era che il bastone in questione era arancione fluo a pois fucsia. E non aveva alcuna intenzione di farsi percuotere da quell'affare.
"Dove diamine è il centro del labirinto?" si guardò intorno, l'ansia iniziava ad annuvolarsi al centro del petto: "Da quanto sto correndo? E possibile che nessuno di loro sia stanco?".
Una folata di vento alla sua sinistra, un tintinnare ritmato e continuo.
S'impedì di far cadere la mandibola a terra quando vide la Regina correre al suo fianco, le mani a sollevare elegantemente la gonna rossa.
- Vostra Maestà! - spalancò gli occhi: - Perché state correndo? - o meglio, sembrava più stesse camminando a passo svelto, senza dare il benché minimo segno di fatica.
- Oh, tutti hanno iniziato a correre! - la Regina sorrise: - Deve essere perché hanno paura che il labirinto se ne vada! -
- Secondo la mia modestissima opinione, credo che gli altri stiano solo cercando di andare da qualche parte. - si stupì da sola di essere riuscita a formulare una frase di senso compiuto senza sputarle addosso ansimi e parole spezzate: - Vostra Maestà. - si affrettò a concludere.
- Ma, se così fosse... - si portò una mano alla guancia, la gonna si alzò a mostrare una gamba dal forte colorito rosato: - ... dovrebbero correre al doppio della velocità! -
"..." era tentata dal darle ragione, ma non lo pensava davvero e la Regina aveva detto di detestare la gente che le dava ragione solo perché era la Regina, quindi decise di tacere.
- Ora presto, presto! - la Regina affrettò il passo, il ritmo del tintinnio si fece più rapido: - Corriamo più veloce, prima che qualcuno trasformi tutto questo in un'ipotesi evolutiva! -
- Cos- - ma la Regina era già lontana, dileguatasi nel verde. Non sentiva più alcun tintinnio.
Si fermò, le gambe ormai ridotte a sostegni tremolanti: "... se mi fosse rimasta vicina, sono piuttosto sicura che né Len né Gakupo Kamui avrebbero cercato di farmi del male." trasse un profondo respiro, gli occhi stavano iniziando a lacrimarle. Se li strofinò: "Non devo perdere liquidi! Devo risparmiarne il più possibile!".
Tornò a guardare Mayu, per avere un'idea di dove fossero i suoi inseguitori: sfortunatamente, lei stava guardando proprio nella sua direzione. E stava anche agitando una mano. Miku rispose al saluto.
"... se stanno correndo tutti, non è detto che stia guardando Len o Gakupo Kamui." si appoggiò alla siepe più vicina, recuperando un po' di energie: "... in tutto ciò, strano non mi sia ancora imbattuta in nessun vicolo cieco. Forse non ne hanno costruiti...?".
Ci pensò. Ci ripensò.
Si schiaffò una mano in faccia, con il preciso intento di farsi male e punirsi: "... ora mi imbatterò in un vicolo cieco. O più di un vicolo cieco. Ne sono sicura.".
Le gambe erano tornate vagamente solide, quindi riprese a correre. Non c'era alcun punto di riferimento per capire dove stesse andando o anche solo dove fosse il centro del labirinto - neppure Mayu, che volteggiava nel cielo senza un'apparente logica -, quindi non poteva che scappare a caso, con il can can che le rimbombava nelle orecchie.
Curioso come lo sentisse sempre allo stesso volume in qualsiasi punto andasse. Probabilmente, era inseguita anche dalla musica. Si buttò in una strada a destra.
Vicolo cieco.
"... lo sapevo." ne uscì, si gettò a sinistra.
Vicolo cieco.
"... taci, Miku. Taci. TACI." si colpì entrambe le guance con le mani, scosse la testa: "Sono sicura che ora troverò il centro! Sono sicura che ora troverò il centro! Sono sicura che-"
- AH! -
- ... oh, no. - neppure si voltò. Corse sempre dritta, ma avrebbe tanto voluto non farlo: Len non riusciva a cambiare direzione all'ultimo secondo ma le strade dritte erano il suo punto forte.
Era spacciata.
Seriamente spacciata.
Osò voltarsi.
Len era sempre vicino, il falcetto sguainato, l'espressione trionfante. Ed era sempre più vicino ad una velocità assurda. Doveva aver percorso almeno quindici metri in due secondi.
"SONO SPACCIATA."
Il can can non era ricominciato. Era proseguito nel suo climax finale, lo sentiva risuonare tutto intorno a sè.
"FINIRO' PRESA A FALCETTATE DA UNO SHOTA USAMIMI!"
Aprì la bocca per urlare.
E si schiantò contro qualcosa. Di nuovo. Qualcuno.
Tornò a guardare davanti a sè, piano piano, alzò la testa con fare quasi meccanico.
Il suo cuore sobbalzò. Le labbra tirarono fino a farla sorridere.
Occhi azzurri. Capelli azzurri - o meglio, blu, ma sempre lì si rimaneva. Un intenso odore di dolci.
E più mani del dovuto sulle sue braccia.
- Proteggimi! - pigolò, corse a nascondersi dietro Kaito.
Non appena fu alle sue spalle, lo sentì indietreggiare di un passo, come se fosse stato colpito da qualcosa.
La musica giunse alla sua trionfale conclusione.
Osò sbirciare da sopra la spalla.
- Oggi è la giornata degli abbracci? - domandò Kaito, stupito.
Len alzò la testa. E sbiancò.
Il Brucaliffo aprì le braccia, la voce trillante: - Allora abbracciamoci! -
Senza dire una parola, il Bianconiglio fece dietrofront e fuggì.
"..."
- Kaito... - Miku uscì da dietro la sua schiena, le mani giunte: - ... posso abbracciarti? -
Lui, le braccia ancora aperte, si voltò verso di lei, con un gran sorriso: - Ma certo! -
E Miku lo abbracciò.
Forte.
Lo abbracciò anche con le gambe.
Forte.
"Non so perché lo Shota Usamimi fugga da Kaito, ma credo rimarrò qui. Così.".
Anche Kaito la abbracciò forte.
Miku contò dieci mani. Tre paia sul busto e due paia sulle gambe.
Sarebbe stato tutto perfetto, se solo i suoi occhi le avessero obbedito e avessero smesso di rimanere così spalancati da far male.
- Raggiungiamo il centro del labirinto? - gli chiese.
- E' dove stavo andando! -
- Io rimango qui. Spero di non dare fastidio. -
- No, tranquilla! Sei leggerissima! -
- Bene. -
- Ti sei accorta che, quando sei saltata, la gonna ti è rimasta incastrata attorno alla vita? -
- ... tiramela giù. Per favore. -.






Note:
* "Rendi onore / alla nostra grande Regina": Akujiki Musume Conchita / Evil Food-Eater Conchita.
(Come tutti sapranno, nell'originale era "alla nostra grande Conchita" - ma qui la Regina non si chiama Conchita. U.U)
* Prima di entrare nel labirinto di siepi, Miku pensa ad un "trucco" guardandosi la mano destra: si dice che, in caso ci si perda in un labirinto, basti appoggiare la mano destra ad una parete e camminare senza mai staccarla per arrivare all'uscita.
* "Corriamo più veloce, prima che qualcuno trasformi tutto questo in un'ipotesi evolutiva!": esiste davvero un'ipotesi evolutiva al riguardo, tratta proprio da Attraverso lo Specchio - l'Ipotesi della Regina Rossa.
(Ebbene sì, Meiko è sia la Regina di Cuori che la Regina Rossa. *Originalità, originalità!*)




Fu così che quello che doveva essere un semplice capitolo di transizione divenne il capitolo attualmente più lungo di questa storia.
(Sì, di mio mi sto tenendo volutamente "bassa" con la lunghezza dei capitoli. Che tanto lo so che, più il numero si alza, più la lunghezza aumenta. Lo so. Quindi, giusto per evitare di arrivare a dividere un capitolo in quindici... à___à")

Sagra di introduzioni e reintroduzioni, questo capitolo. *O*
... confesso che Yukari e Iroha - quest'ultima, si sarà intuito, con l'aspetto della sua append Soft. - le ho inserite all'ultimo momento.
Il fatto è che non avevo alcun ruolo per loro, ma adoro Iroha e Yukari mi sta simpatica, quindi mi dispiaceva parecchio non inserirle affatto; così, quando mi sono ritrovata a dover pensare a qualche, ehm, personaggio disponibile a ricoprire i ruoli della gente intenta a riverniciare le rose... U___U
Non sono pratica di loro, quindi spero che la loro - breve ma intensa (!) - apparizione sia stata decente. °^°
E poi c'è Mayu, altra dolce fanciulla che mi sta proprio tanto simpatica - sarà detto più esplicitamente ma, se non si fosse capito, il suo ruolo è quello del Grifone. *O* *E, sì, lei apparirà giusto un pochino di più di Iroha e Yukari.*
Ritornano Yuki&Ryuuto - in tempo per la Ramanzina Suprema del buon insgamabile maestro -, ritorna Lily - l'unica normale, forse -, ritorna Gakupo - che chissà se troverà mai un bastone viola o bianco -, ritorna Len - sempre più angelico e ben disposto verso Miku - e ritorna Kaito - che salva la situazione (e Miku) senza neanche volerlo. (!)
Tanta gente, insomma.
Ma soprattutto, come da titolo, Miku è finalmente riuscita ad incontrare Meiko la Regina, alias la Guerriera Trucida... diventata un'aggraziata e sorridente sovrana con un bizzarro senso dell'umorismo.
Forse.
Con tutto che, nonostante indossi il vestito che ha in Alice in Musicland, io continuo a figurarmela vestita da Conchita.
In compenso, la corona non è quella che ha in Alice in Musicland - diciamo che quella se la sono presa Neru e Haku. (?)

Come promesso, della "ragazza in verde" se ne è parlato, e Miku si è fatta qualche logica domanda al riguardo.
Ovviamente, se ne riparlerà in futuro.
E, riguardo il racconto di Rin...
... forse Rin non l'ha narrato in modo poi così fedele ai fatti realmente avvenuti, magari ha modificato una cosina lì, qualcos'altro di là, ha casualmente omesso qualche dettaglio - chessò, tipo che il Principe era un bruco che voleva diventare farfalla.
Che d'accordo che Miku non è il ritratto della sagacia, ma c'è un limite. à__à
In compenso, è riuscita a risolvere un puzzle-rpg. (!)

Cosa succederà alla festa al centro del labirinto? La Regina è come appare o come è stato raccontato? O forse è solo Miku che è un po' troppo ingenua e la risposta è sotto i suoi occhi? Riapparirà altra gente? Quanto ci vorrà prima che venga esplicitamente rivelata la loschissima identità del Re? Ma soprattutto, Len riuscirà a stare nello stesso spazio di Miku senza cercare di affettarla?
Solo una cosa è certa: nessuno giocherà a croquet.

Spero che questo capitolo vi sia stato gradito ^^
Se ci sono critiche da farmi o consigli da darmi, dite pure ^^

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Capitolo 9
*** Dietro quell'espressione umile... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Dietro quell'espressione umile,
stai nascondendo la tua esitazione
Vero?
~



- Sono davvero felice di averti reincontrato. -
Non era mai stata tanto sincera in tutta la sua vita.
Non soltanto Len era fuggito alla vista di Kaito, ma persino Gakupo Kamui, apparso dal nulla, aveva sgranato gli occhi e aveva cambiato strada come se nulla fosse, il passo più veloce di prima.
Rimanere incollata a Kaito era stata un'ottima idea.
- Soltanto una cosa. - ne era felice, ma era anche curiosa. Si scostò - gli occhi finalmente tornati a risponderle - e lo guardò in viso: - ... perché Len e Gakupo Kamui scappano non appena ti vedono? -
- Len è molto timido! - un gran sorriso. Miku ripensò intensamente al coniglietto indemoniato con il falcetto sguainato e non se la sentì molto di concordare.
- Quanto a Gakupo, è una storia un po' lunga. - continuava a sorridere.
- Anche lui mi ha detto che è una lunga storia. - protestò Miku: - Tutti mi dicono che è successo qualcosa, in passato, ma- -
- Ovvio che sia successo qualcosa, in passato. Altrimenti, non sarebbe passato. -
- Sì, intendevo... - osò staccare una mano e sventolarla, a scacciare quelle parole: - ... la "lunga storia" di cui tutti parlano, che tutti sembrano conoscere, ma che nessuno vuole dirmi. -
- Perché vuoi conoscerla? - Kaito sbattè le palpebre: - Non è una cosa che ti riguarda, in fondo. -
- E' vero. - annuì: - Ma ormai è una questione di principio. E' frustrante sentire gli altri parlare di cose che non conosci! - gonfiò le guance.
L'altro ridacchiò: - Te la narrerei volentieri. Il fatto è che è una storia effettivamente lunga, e noi siamo appena arrivati a destinazione! -
- Oh? - Miku si voltò.
Le sembrava ci fosse più luce - e, forse, era davvero così, dato che non c'erano le siepi a schermare i raggi solari; c'era un vociare in sottofondo, non urla, solo gente che parlava in maniera tranquilla, qualche risata, rare e brevi grida.
Il centro del labirinto era un enorme spiazzo d'erba costellato di tavoli per il buffet, sedie - non necessariamente vicino ai tavoli - e un palco, dall'altra parte rispetto a quella da cui era spuntata.
Dato che era arrivata e che c'erano abbastanza testimoni per scoraggiare qualsiasi tentativo di omicidio, scese da Kaito, per poi rassettarsi il vestito - e controllare che la gonna stesse ben giù.
- Devo allontanarmi. - disse Kaito, proprio mentre era girata a controllare il nodo del grembiule.
Si raddrizzò: - Oh? -
- Spero che il cibo sia di tuo gradimento! - sorrise lui, e poi si dileguò in mezzo alla folla con straordinaria rapidità.
Miku rimase lì, impalata, lo sguardo al punto in cui era sparito.
- ... d'accordo...? - si voltò, piano, a rimirare davanti a sè.
Doveva essere presente una cinquantina di persone, abbigliate nei modi più disparati: chi ostentando ricchezze, chi vestito elegante, chi vestito con un abito decente. E parlavano tra di loro, come se nulla fosse.
Osò fare qualche passo avanti, indecisa sul da farsi: "... mi hanno lasciata qui da sola." si guardò intorno, lo sguardo saltò da una faccia all'altra: "... e io non conosco nes-"
- Miku! -
"... eh?" si voltò. E si pose tante domande, veramente tante domande, ma la più urgente le sfuggì dalle labbra senza neppure starci a pensare: - Cosa ci fai qui? -
Gumi sorrise, un sorriso grande e luminoso, le braccia aperte: - Ho ricevuto un invito dalla Regina! - la voce si abbassò, il sorriso rimase immutato: - Di quelli che non si possono rifiutare. - il tono si fece più acido.
- Oh. - sbattè le palpebre: - In realtà, intendevo "Come facevi ad essere qui prima di me". -
- Sospettavo! - si portò una mano alla bocca, a nascondere la risata: - Presente il percorso più preciso che ti dicevo? - Miku annuì: - Per spiegarlo, ci vogliono ore e ore ma, se lo conosci, basta imboccarlo e ci vogliono solo dieci minuti per arrivare fin qui! -
Miku sbattè di nuovo le palpebre. Portò le mani in grembo. Annuì un'altra volta: - Capisco. -. Decise di non pensarci.
Aveva solo camminato per gran parte della mattina. E si era ritrovata in un castello specchiato con passaggio segreto. E aveva corso per nonsapevaquanto inseguita da un coniglio adorabile ma sanguinario e un portinaio con un bastone orrendo.
Non c'era niente su cui rimuginare, in fondo.
- Kiyoteru è con te? - giusto per imporsi di far finta di niente.
Gumi scosse la testa: - E' a casa, con Kokone. E non aveva ancora finito di far capire a Yuki e Ryuuto quanto sia pericoloso andare in mela alla loro giovane età! -
- Questi giovani che non capiscono la gravità dei pericoli... - "Poverini. Provo pietà per loro.".
- Tu, piuttosto. - il suo sguardo si fece stupito: - Cosa ci fai qui, alla festa? Hai incontrato la Regina? -
- E' stata lei ad invitarmi! - giunse i palmi, non riuscì a trattenere un sorriso.
"...?" il volto di Gumi si era incupito. Non un buon segno.
- Pensavo il peggio, ma la Regina mi è parsa una brava persona! - proseguì: - Un po' dispettosa, ma buona! -
- Capisco. - la vide distogliere lo sguardo, portarlo a terra. Sembrava pensierosa. Pessimo segno.
- ... qualcosa non va? - forse avrebbe dovuto temere la risposta, ma sarebbe stato stupido non chiedere. Soprattutto se c'era la anche solo remota possibilità che finalmente le venissero dette le cose in modo chiaro.
- Dimmi, Miku... - continuava ad essere attratta dal suolo.
- Sì? -
- ... per caso, ha detto qualcosa tipo "Mi piacerebbe molto"? -
Cercò di ricordare le parole esatte della Regina: - Uhm... sì, direi di sì. -
- Capisco. - di nuovo. Lei non capiva, invece.
Finalmente, Gumi si degnò di tornare a guardarla negli occhi. E il suo sguardo non prometteva niente di buono: - Presente quegli inviti che non si possono rifiutare? - abbozzò un sorriso. Ma non era molto convinto.
Miku era sicura che il suo lo fosse ancora di meno: - Ah... - giunse le mani, si stritolò le dita: - ... un modo carino per dire "ordini"? -
- La tua perspicacia mi allieta. -
"Mi ha detto che sono perspicace. La situazione si sta davvero facendo pericolosa.": - Quindi... dovrò anche cantare? -
Gli occhi di Gumi divennero due perfette sfere azzurre. Orrido segno: - Ti ha chiesto di cantare? -
Miku annuì.
Contro ogni aspettativa, Gumi non allargò ancora di più gli occhi - forse perché fisicamente impossibile - ma abbassò le palpebre, per poi inspirare a fondo.
Quando li riaprì, guardò verso il cielo: - ... beh, era ovvio. Accettare un invito della Regina ad una festa comporta sempre questo rischio. -
- Eh? -
- Voglio metterti in guardia, ora che siamo ancora al sicuro. - le sue mani sulle spalle, il volto di colpo vicinissimo, Miku trasalì: - Alle feste, la Regina fa sempre partire il Karaoke della Regina. -
- Il- -
- E' un gioco inventato da lei. Si basa sull'inventiva e la prontezza. -
- Prontezza...? -
- All'improvviso, la Regina inizia a cantare una canzone, inventata sul momento, ritmo e parole. Ne canta solo una strofa. Non appena conclude, qualcuno deve essere pronto a cantare la seconda strofa, inventando parole che abbiano senso con la precedente e seguendo il ritmo della prima. -
- Sembra carino... - ma aveva un brutto presentimento.
La presa sulle sue spalle si fece più forte: - Non ci deve essere alcuno stacco troppo significativo, tra le strofe. Ah, ovviamente, quando viene conclusa la seconda, qualcuno deve farne una terza, e così via fino alla fine. -
- Come si fa a decidere la fine? -
- La fine può essere posta solo dalla quarta strofa in poi. E' vietato concludere la canzone alla seconda o alla terza. -
- Oh... -
- Il problema è che succede all'improvviso. E, durante il canto, deve esserci silenzio assoluto. Non è possibile mettersi d'accordo su chi deve cantare le strofe. -
- Ah, è deciso sul momento? -
- Tutto è deciso sul momento! - sembrava volesse stritolarle le spalle e iniziava a fare un po' male: - E il risultato deve essere una canzone perfetta! Come se un coro di professionisti si fosse messo d'accordo per cantare una canzone straconosciuta! -
- Ah, oh... - non sapeva cosa dire.
- Ovviamente, c'è una penitenza per chi sbaglia. -
- Penitenza...? - questa la preoccupava un po'. Soprattutto il modo con cui l'aveva sottolineata.
- Chiunque disturbi la perfetta riuscita della canzone subirà la penitenza. Chi parte in ritardo, chi osa concludere la canzone alla seconda o alla terza strofa, chi si permette di cantare sopra la Regina, chi inizia a cantare mentre ha iniziato a cantare qualcun altro... -
- Ma, se non ci si può mettere d'accordo, allora- -
- Sì. -
Rabbrividì. Quel gioco non le piaceva più tanto: - ... e allora come- -
- Ti interrompi subito sperando che la Regina non ti abbia sentito e che l'altro continui a cantare come se nulla fosse. - lapidaria: - E' l'unico modo. Se vi interrompete entrambi, subirete entrambi la penitenza. -
- Ah... -
- Ovviamente, la Regina è esonerata dalla penitenza. Qualsiasi cosa succeda. -
Si limitò ad annuire.
- Queste sono le regole base. -
- Ce ne sono altre...? -
- Niente di strano, in questo caso. - la presa si allentò, e Miku ne fu molto grata: - Semplicemente, essere intonati, seguire il ritmo e ideare un testo decente. -
- ... e se non...? -
- Penitenza. -
- Qualcun altro meritevole della penitenza? -
- Oh... - le mani scivolarono giù dalle spalle: - ... qualora la canzone fosse un fallimento, tutti i presenti subirebbero la penitenza! -
- ... - sbattè le palpebre: - ... - le sbattè di nuovo: - ... - e di nuovo: - ... che beeeeeeello. -
- Vero? - Gumi trasse un profondo respiro: - Inutile dire che, una volta iniziato il gioco, non ci si può allontanare. Puoi immaginare perché la quarta persona a cantare cerchi sempre di concludere la canzone. -
- Cerchi? -
- Dare una conclusione che soddisfi la Regina non è così semplice. Per questo capita, spesso e volentieri, che il quarto cantante non concluda e preferisca rimandare. -
- E cosa succede se non canta nessuno? -
- Se non canta nessuno dopo la Regina, significa che la canzone è stata un fallimento. Quindi... - lasciò la frase in sospeso, eloquente: - Nel caso, a subire la penitenza sarà l'ultima persona ad aver cantato. -
- Cosa? -
- Quello che ho detto. - mise le braccia conserte: - Una volta iniziato il gioco, ci sono solo due modi per non subire la penitenza. Il primo è tacere, e sperare che qualcuno di abbastanza stupido o coraggioso si metta a cantare. La seconda è cantare, e sperare che qualcun altro di abbastanza stupido o coraggioso si metta a cantare dopo di te. E che nessuno avesse avuto la tua stessa idea nello stesso istante. -
- E una cosa del genere è possibile? - stava iniziando a farsi male da sola, a forza di torcersi le dita.
- Di solito sì. - gli occhi azzurri di Gumi nei suoi: - Tuttavia, se la Regina ti ha chiesto di cantare, allora significa che, molto probabilmente, vuole sentirti cantare al Karaoke della Regina. -
Miku deglutì: "... ho il fondatissimo sospetto di essermi cacciata in un guaio gigantesco.".
L'espressione della Duchessa si sciolse in un sorriso d'incoraggiamento: - Andrà tutto bene. Devi aver fiducia in te stessa. E negli altri. -
Si sforzò di annuire.
- Se non altro... - Gumi abbassò la voce: - ... tutti noi abbiamo un aiuto. -
Una luce di speranza, piccola piccola, nella nebbia d'ansia che si era creata all'altezza del petto: - Ossia? -
- Il Re. -
- Il...? - "Giusto, dove-"
- Il Re ha preso l'abitudine di iniziare a cantare subito dopo la Regina. E' lui a prendersi la seconda strofa. Così, diventano necessarie solo due persone per concludere il gioco. - portò le mani dietro la schiena: - E rilassa un po' l'atmosfera. Riduce il senso di urgenza. E' più facile essere lucidi e pensare al da farsi. O a cosa cantare, e come. -
- Bene... - almeno una nota positiva. C'erano due cose che voleva chiedere. Scelse per la - sperava - più rapida: - Ma dov'è il Re? -
Gumi sgranò gli occhi, lo sguardo di pura confusione: - Eh? -
- Eh? -
- Che domanda è? -
"Cosa...?" - Nnnnon è qui? -
L'altra sbattè le palpebre, visibilmente sempre più confusa: - Ma cosa stai dicendo? -
- Dovrei chiederlo io! - iniziava a sentire un po' di caldo sulle guance.
- Ma se ti ho vista arrivare- -
Il vociare in sottofondo tacque all'improvviso.
Come una sola persona, tutti si erano voltati verso il palco. Miku li imitò - e, con la coda dell'occhio, notò Gumi fare altrettanto.
Sul palco, c'erano Mayu, il cuscino con le corone in mano, Lily, la Regina e Kaito.
"D'accordo. Cosa ci fa Kaito-" un'idea, di colpo: "... non può essere.".
- Salute alla Regina di Cuori! - la voce del Fante si diffuse, potente, in tutto lo spiazzo.
La folla applaudì, e Miku battè le mani a sua volta, lo sguardo fisso sulle persone sul palco.
Lily prese la corona più grande e, dopo un profondo inchino alla Regina, gliela pose sul capo. "... credevo che le corone più grandi fossero dei re..." ci ripensò: "... anche se qui credo che la Regina sia molto più importante.".
- Salute al Re di Cuori! - un altro applauso, e a Miku parve appena più forte del precedente.
Lily prese la corona più piccola e, dopo un profondo inchino a Kaito, gliela pose sul capo.
Kaito aveva il cappello in mano. E la corona sulla testa.
Ed era appena stato chiamato-
"KAITO E' IL RE?" per un istante, si chiese come le gambe riuscissero ancora a sostenerla: "KAITO. KAITO. KAITO E' IL RE." le mani erano ancora congelate nell'accenno di un applauso: "NON... NON E' POSSIBILE. NO. NON...".
Si voltò verso Gumi, quasi sperando che lei le sorridesse e le dicesse qualcosa tipo: - Ah, ma Kaito sta lì solo come figurante, sta sostituendo il Re! -.
E, invece, Gumi aveva ancora quello sguardo disorientato: - Cos'hai, Miku? Mi sembri un po' strana... -
- Ah... - sentiva le guance tirare. Forse era un tic.
- Prima mi chiedi se il Re c'è nonostante tu ci sia arrivata standogli attaccata come un koala, ora quella faccia... - si fece preoccupata: - E' per quello che ti ho detto sul gioco? -
- ... Kaito è il Re. -
- Sì...? -
- Kaito è il Re. -
- Sì, Miku. Non lo sapevi? -
- ... credo dovrò andare a rinfrescarmi. -
- ... non lo sapevi. - trattenne una risata, con scarsi risultati.
- Con acqua molto fredda. -
- Vi ringrazio tutti per aver accettato il mio invito! - la voce gentile della Regina la fece tacere all'istante: - Spero che la festa sia di vostro gradimento! - la vide giungere le mani, un sorriso: - Sentitevi liberi di fare quel che volete, eccetto distruggere o uccidere! -
Miku tirò un sospiro di sollievo: "Bene. Ho l'ordine della Regina. Len non potrà farmi del male!" sperò che Gakupo non rigirasse quelle parole con qualcosa come: - Ha detto distruggere o uccidere, non sbattere un orrido bastone sul corpo di qualcuno! -.
La folla tornò a fare quello che stava facendo prima; sul palco, Mayu aveva lanciato via il cuscino e se n'era andata trotterellando, Lily si era fermata da una parte, dritta, la lancia in vista.
La Regina e Kaito erano scesi, e forse si stavano accertando della qualità del buffet.
Miku si congedò da Gumi - forse nella mente c'erano dei pensieri, ma sospettava che l'uragano appena formatosi lì li avesse trascinati tutti in una centrifuga.
Vagò a caso, dove c'era meno folla, dove c'era più aria, dove sentiva più fresco.
"... Kaito... è... il... Re..." camminò: "... Kaito è il Principe..." camminò: "... Kaito è quello di cui si era innamorata di Rin..." camminò: "... Kaito è quello che la Guerriera Trucida - alias quella Regina - aveva come protetto...". Si fermò: "... protetto... Re e Regina..." piegò appena la testa di lato, si voltò a guardare i due, in lontananza: "... forse... Rin aveva ragione ad essere gelosa. Forse c'era veramente un'altra. Ma era sempre stata sotto i suoi occhi." avrebbe avuto senso. Riprese a camminare, l'uragano diminuì d'intensità: "... questo vuol dire che il Re è un bruco." aggrottò la fronte: "... oh, beh." alzò le spalle: "... questo significa anche che... se io ho sognato la vita di quella ragazza, allora..." sgranò gli occhi: "Aspetta. Se il Principe è lui, quella ragazza ha danzato con Kaito. Io ho danzato con Kaito. Nel sogno e..." ricordava i violini partiti all'improvviso. E le troppe mani: "... ho danzato con il Re?" il cuore sobbalzò.
E lei quasi cadde.
Qualcosa le aveva colpito un fianco - o meglio, il suo fianco aveva colpito qualcosa.
Portò le mani in avanti per frenarsi, finì con il toccare una tovaglia.
Gialla.
"..." spostò lo sguardo, fino ad incontrare dei conosciuti occhi azzurri, spalancati, e un gran sorriso.
- ... Rin? -
- Ciao, Miku! - ridacchiò lei.
"... immagino abbia usato la famosa strada." si raddrizzò: - Sei stata invitata anche tu? -
Rin annuì: - Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? -
- Ti va un po' di the? -
- No, ti ringrazio. - lasciò che lo sguardo vagasse sul tavolino: un tavolino che non si sarebbe potuto dire quadrato solo per una manciata di centimetri su due lati, coperto da una tovaglia gialla e imbandito con tazzine, piattini, dolcetti, barattolini, due bricchi del latte e cinque teiere.
- Te lo sei portato da, ehm, casa? - azzardò a chiedere.
Rin gonfiò le guance: - Ovvio. - assottigliò lo sguardo: - Te l'ho detto che fuori devo sempre aspettare i comodi degli altri, per bere il the in santa pace! - si chinò di lato, per poi riuscire da sotto il tavolo con una borsa termica: - Quindi, mi sono organizzata! -
"... si è portata un tavolino con servizio da the."
Ma c'era un'altra cosa: - Ma, Rin... -
- Sì? -
- ... hai accettato l'invito di...? -
Il Cappellaio alzò le spalle, rimise giù la borsa termica: - Se mi rinchiudessero in prigione, sarebbe un problema. -
- Non ci sei già? -
- Una di quelle nel castello. -
Miku rabbrividì: - Ah, quindi sono in uso... -
- Certo che sono in uso! Estremamente in uso! -
"Che bella notizia." si ricordò, all'improvviso: "Oh, giusto. L'altra cosa che volevo chiedere..." il Re Bruco l'aveva scombussolata.
- Rin, qual è la penitenza al Karaoke della Regina? -
Lei sbattè le palpebre. Le sbattè di nuovo. E di nuovo. Poi le sue labbra si curvarono in un sorriso - un sorriso strano: - Affrontare le proprie paure. -
- ... eh? -
- Basta un sorso... - prese una tazzina colma di the scuro: - ... e vedrai e sentirai tutto ciò che ti terrorizza. Sarai circondata dalla tua paura più grande. -
- ... - si torse le dita: - ... una pozione? -
Rin annuì, piano: - Per questo la Regina è esonerata dalla penitenza. Non per barare. Ma perché sarebbe inutile. - rise: - Lei non ha paura di niente! -
Si sentiva rigida. Troppo rigida. Faticava a riportare le braccia lungo i fianchi, e a muovere le gambe: - ... la penitenza è una pozione che fa vivere le proprie paure più grandi. - rabbrividì, a pronunciarlo: - E quanto dura...? -
- Varia. - il Cappellaio appoggiò il mento ai dorsi delle mani, i gomiti contro il tavolo, la tazzina tra le punte delle dita: - Dipende da quanto ti fai prendere. -
- Ti fai prendere...? -
- E' più efficace sulle persone con una paura specifica. Perdono la testa prima. - il suo sorriso si fece ampio: - Alla Regina piace far perdere la testa! -
"..." sia Gumi che Rin le stavano dipingendo una Regina molto diversa da quella che le era parsa.
Si voltò a guardarla, ancora impegnata con il buffet.
Eppure, quella descrizione sarebbe stata perfetta per colei che aveva rinchiuso Rin in una simile prigione.
Un tonfo.
Si girò di scatto. Un uomo in smoking era finito lungo disteso sul tavolino, il Cappellaio che, all'ultimo, doveva aver alzato la tazzina che aveva tra le mani.
Tutto il resto era tragicamente precipitato, e lo smoking era ormai un quadro astratto di the, burro, marmellata e crema.
- Ah, scusatemi. - come se nulla fosse, l'uomo si alzò, si spolverò le maniche e se ne andò.
"..." Miku lo seguì con lo sguardo: "..." tornò a Rin. Aveva appena alzato gli occhi al cielo.
- Di nuovo. - la sentì sbuffare, per poi rimettere la tazzina sulla tovaglia.
- ... ma che- - cercò di essere una brava ragazza: - -maleducato! Ti riduce il tavolo così e- -
- Oh, non mi avrà notata. - Rin schioccò la lingua: - Sarà il quindicesimo che mi cade sul tavolo! - alzò di nuovo gli occhi al cielo: - Ecco perché odio i posti affollati! Non mi notano mai! Mi vengono sempre addosso! E hai idea di quante cose mi abbiano rovinato, cadendoci sopra? -
- Potresti metterti delle strisce tutte intorno! - aprì le braccia, finalmente le risposero: - Quelle gialle e nere! Ti fai una barricata! -
- La supererebbero e poi si stupirebbero di trovarmi. - il Cappellaio sospirò: - Ma è normale. In fondo, io sono una distorsione. -
- ... distorsione? -
- Una fetta di tempo che se ne va per conto suo. - recuperò le cose rovinate e le buttò in una grossa busta di plastica estratta nonsapevaquando: - Capita anche a te, no? -
- Eh? -
Chiuse la busta, il tavolo relativamente pulito: - Non è che la strada che stai percorrendo non l'ha mai percorsa nessun altro. Anche dove sei ora, non è che nessuno non ci sia mai passato o non ci si sia mai fermato. Solo, non ora. Non mentre ci sei tu. -
"Oh." capì: "I luoghi in cui sono successi quei racconti..." giunse le mani: - ... è come se tu fossi in un altro tempo? -
- Io sono sempre alle cinque del pomeriggio! - scoppiò a ridere, e sentì i timpani farle male.
- Quindi, alle cinque del pomeriggio- -
- Quali cinque del pomeriggio? - rise: - Quali? Quali? Quelle di quel giorno? O quelle di oggi? O quelle che ci saranno? - sgranò gli occhi: - Il tuo tempo non è il mio tempo, ma il mio tempo è il tuo tempo! -
- Eh? - non le piaceva quando iniziava a ridere in quel modo.
- Ehi, ehi, Miku! -
- Non voglio del the- -
- Mi vedi, Miku? -
- ... beh, sì. - sbattè le palpebre: - Perché- -
- Anch'io ti vedo, Miku! E ti parlo! - sorrise. Ma, stavolta, era un sorriso sincero: - Sono poche le persone che condividono il loro tempo con me! -
- ... - inspirò: - ... Len non condivide il suo tempo con te? -
- Len non può condividere il suo tempo con me. Lui non potrà mai condividere il suo tempo con me. - quel sorriso si fece amaro: - ... siamo la stessa cosa divisa in due tempi diversi, no? -.
"... la Regina lo sapeva...?" qualcosa le diceva di sì.
- Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? -
- Ti va un po' di the? -
- ... no. Grazie. - sospirò.
Ci pensò. Ci ripensò. Alla fine, lasciò che quelle parole uscissero dalle sue labbra: - Len è qui. - quegli occhi azzurri sgranati: - ... prima ha cercato di prendermi a falcettate. -
Rin ridacchiò.
Poi portò la tazzina alla bocca.
- ... sai... - mormorò, soffiando sul the: - ... Len non c'è sempre, quando la Regina dà questo tipo di feste. Però, oggi ero sicura ci fosse. - chiuse gli occhi: - ... grazie. - bevve.
A Miku sfuggì un sorriso: - Vado a dare un'occhiata intorno. -
Rin non parve averla sentita, ma era sicurissima avesse capito. Così, si voltò e si allontanò.
Il passo svelto.
"Devo trovare Len." non sapeva cosa sarebbe cambiato, dicendoglielo. Niente, probabilmente. Anzi, forse avrebbe reso entrambi ancora più tristi.
"Però..." serrò i pugni: "Però..."
- In un qualche luogo... - la voce della Regina.
Si bloccò, come se quelle parole fossero un ordine di fermarsi.
- ... c'era un piccolo sogno. - tutti gli sguardi erano andati alla sovrana. Se anche non fosse calato il silenzio assoluto, la sua voce si sarebbe sentita lo stesso: parlava con tono pacato, ma era alta, forte.
- Non si sa chi l'avesse sognato, era davvero un sogno piccolo. - la Regina giunse le mani, un sorriso dolce sulle labbra: - Quel piccolo sogno pensò: "Non voglio sparire così... Come posso far sì che le persone mi sognino?" -
"Già, come?" si sarebbe voluta avvicinare, ma le gambe si rifiutavano di spostarsi di anche solo un millimetro.
- Il piccolo sogno pensò e pensò, e alla fine ebbe un'idea. -
Quella storia la incuriosiva. C'era qualcosa, leggero, nell'aria.
Era partita una musica.
Il sorriso della Regina si fece più ampio: - "Farò perdere gli umani dentro di me, sarebbe bello se creassero un mondo.". -
"Oh... beh, forse potrebbe essere una buona idea..." avrebbe voluto alzare la testa, cercare di capire da dove provenisse quella musica. Ma si sentiva pietrificata.
E la musica era tutta intorno a lei, come era stato per il can can.
Soltanto che...
"... il Karaoke è iniziato." le mani erano ancora strette a pugno. Ci mise più forza, il sangue nelle vene fattosi gelido.
Una mano della Regina andò al petto: - La prima Alice, coraggiosamente, avanzò con la spada in mano, nel Paese delle Meraviglie... -
Sentì un brivido lungo la schiena, trasalì: "... nonostante tutto, è ancora una guerriera." trasse un profondo respiro: "Se ha iniziato... se ha iniziato e vuole sentirmi cantare, allora..." sentiva gli occhi lucidi, il cuore era impazzito di colpo: "... devo stare calma. Devo ascoltare le sue parole. Non posso sbagliare."
- Spazzando via svariate cose con la sua spada, avanzava aprendo una strada cremisi... -
"... non sono sicura che quelli del Paese delle Meraviglie sarebbero granché felici di questa canzone." un'idea, velocissima, nella sua mente. Scosse la testa - o almeno, pensò di farlo, ma non riusciva a muoversi: "... la Regina non è andata a fare disastri nel Paese delle Meraviglie, vero...?".
- Quell'Alice fu imprigionata nel profondo del bosco, come una peccatrice... -
Miku deglutì. Quel testo non le piaceva affatto.
E, per quanto sapesse di dover stare calma, si sentiva ogni parola più agitata. Le mani tremavano.
"... ce la farò. Forse non posso muovermi, ma sono sicura..." trasse un profondo respiro: "... sono sicura che riuscirò a cantare.".
- E, tranne che per la strada costruita nella foresta, nessuno seppe della sua esistenza. -
Aveva davvero una bella voce, la Regina. Ovvio che sfidasse la gente a cantare.
E quella musica era anche dannatamente orecchiabile.
- La seconda Alice, tranquillamente... - la voce di Kaito. Un contrasto con quella della Regina, un contrasto complementare.
"... è questo quel che dicevano...?" inspirò a fondo, di nuovo: "Canterò dopo di lui, allora. Cerca di pensare a qualcosa, Miku!"
- ... cantava canzoni nel Paese delle Meraviglie. -
Ascoltò anche le parole del Re: "Non devo fare una copia della strofa della Regina. Deve suonare bene..."
- Lasciando traboccare svariati suoni, creò un mondo folle. - "... d'accordo, allora è confermato che il genere della canzone è questo.": - Quell'Alice era una rosa... - "Parole ripetute nello stesso punto...": - Un folle gli aveva sparato... -
Deglutì. Era quasi il suo turno. Schiuse le labbra: "Pensa ad una strofa, Miku. Pensaci!"
- E' sbocciato un unico fiore rosso brillante... - stava per finire: - Amato da tutti, appassirà. -
- La terza Alice era una ragazza infantile di bell'aspetto... - la voce era uscita, chiara.
Non era il momento di aver paura. Non era il momento di aver paura di un fallimento.
- ... nel Paese delle Meraviglie... - guardò la Regina, lontana. Sentiva tanti sguardi su di sè: "... regina!" ripensò a tutto quello che era successo dal giorno prima, in un istante.
- Seducendo svariate persone, creò uno strano regno... - le parole sembravano uscire da sole: - Quella Alice era la regina del regno. Ossessionata da sogni distorti... - era quasi alla fine. Sentì il ghiaccio sciogliersi del tutto, il corpo scaldarsi, tornarle a rispondere: - ... terrorizzata dal suo corpo decadente, regnò dalla sommità del suo regno. -
Le sembrò di riemergere dopo una lunga apnea.
"Ce... ce l'ho fatta." il cuore era grande, leggero: "Ce l'ho fatta!" trasse un profondo respiro: "... ma non è ancora finita.".
Soltanto in quel momento ricordò: "... se nessuno dovesse cantare ora..." freddo, in un istante. Sentì gli occhi far male, tanto li aveva sgranati all'improvviso: "... non ce l'ho ancora fatta.".
Una voce acuta, potente.
Sollievo, si rilassò.
Qualsiasi cosa fosse-
"RIN?" finalmente il corpo le rispose, quando si voltò a guardarla: era in piedi sul suo tavolino, lo sguardo deciso.
- Seguendo il sentiero del bosco... -
La musica era leggermente cambiata. Si era fatta più... tranquilla?
- Un tea party tra cespugli di rose... -
Un'altra voce.
Un'altra voce che conosceva.
Lo cercò con lo sguardo, fino ad individuarlo: Len era dall'altra parte dello spiazzo, guardava in direzione della Regina.
"Tea party..." portò un pugno al petto, sentì il cuore precipitare: "... Len, cosa diamine..."
- Un invito dal castello era... - cantò Rin.
E, quando Rin pronunciò quelle parole, Len tacque.
Ma non perché sentiva di aver sbagliato.
Il cuore sussultò: "Non..."
Len parlò di nuovo: - ... il seme di... -
- ... cuori! -
L'avevano detto insieme.
L'avevano detto insieme.
Nello stesso momento.
Nello stesso momento.
"... Rin, Len..." l'altra mano andò alla bocca: "... state sfidando la Regina?".
- La quarta Alice erano giovani gemelli... - la musica era tornata quella di prima. E Rin e Len stavano cantando insieme: - ... con curiosità, andarono nel Paese delle Meraviglie... -
"Come fanno?" si azzardò a guardare la Regina: il suo viso gentile si era fatto impassibile.
Non furioso, o oltraggiato. Solo, non c'era alcuna emozione.
- Passando attraverso svariate porte, proprio ora sono andati avanti... -
Len tacque: - La determinata sorella maggiore e... - cantò Rin.
Rin tacque: - ... l'intelligente fratello minore... - cantò Len.
"... evviva la modestia."
- ... si avvicinarono ad essere l'Alice migliore, ma... - le loro voci insieme, i loro sguardi andarono alla Regina: - ... nessuno dei due si svegliò dal sogno. Vagarono nel Paese delle Meraviglie. -
La conclusione.
La quarta strofa.
Avevano cantato insieme.
"... allora la telepatia fra gemelli è vera?" sbattè le palpebre, incredula: "Credevo fosse solo un modo di dire!".
La musica andò sfumando, fino ad interrompersi con una nota stonata.
"Cosa...?"
Ma la Regina non fece una piega, e la colpa della nota stonata non era di nessun cantante, quindi decise di ignorarla anche lei.
La Regina, invece, applaudì: - Davvero una bella canzone. - sorrise, guardò verso di lei: - Mi congratulo con i partecipanti. -
- G-grazie, Vostra Maestà! - fece una riverenza, più perché sentiva di doverlo fare che per reale volontà.
Si rialzò in fretta, gettò uno sguardo a Rin: era scesa dal tavolino, come se nulla fosse. Guardò verso Len, ma non lo trovò: era sparito nella folla, magicamente tornata a muoversi.
Il cuore batteva forte. Le braccia tremavano.
"... come avete fatto?" mosse un piede in direzione del Cappellaio: "Non... non avete paura che la Regina-"
- Miku! -
Si voltò appena in tempo per ritrovarsi davanti gli occhi spalancati di Gumi, lei col fiatone, le guance arrossate: - Sei stata bravissima, Miku! - accennò ad un sorriso.
- Grazie! - "Beh, pensandoci oggettivamente, forse sono stata brava sul serio..." poteva un po' pensare alla propria performance...?
- Meno male che hai capito! - Gumi si portò una mano al petto, inspirò a fondo, per riprendere fiato: - Pensavo non avessi capito che era iniziato il Karaoke della Regina, quindi sono subito corsa da te ma- -
- Oh, sì, abbiamo sentito tutti il tuo mirabile scatto. -
Miku guardò alla propria sinistra.
La Regina, con un grande sorriso. Guardava Gumi.
E Gumi era sbiancata di colpo.
"... io non l'ho sentita." non sapeva se fosse il caso di contraddire la sovrana, quindi tacque.
- Peccato per quella sedia. - la Regina si portò una mano alla guancia, l'espressione premurosa: - Devi esserti fatta male. -
- No. No, affatto. -
Un brivido. Non aveva mai visto quegli occhi azzurri così freddi, quella voce così gelida.
- Mi fa piacere, allora. - un sorriso.
- No che non ti fa piacere. - un ringhio: - Speravi ci cadessi del tutto sopra e mi facessi più male possibile. -
"Gumi..." alzò appena le mani, indecisa se provare a fermarla.
La Regina non aveva perso il suo sorriso sereno neppure per un istante: - Che parole brutali. Io mi preoccupo sinceramente per la tua salute! -
- Solo perché così io non pensi a ferite procurate da qualcos'altro che non sia tu? -
- Esattamente, mia cara! -
Sobbalzò: "Cosa...?"
- E si dà il caso che, quando sei quasi caduta, io avessi già iniziato il mio Karaoke. - la Regina giunse le mani: - Mi ha infastidito molto, quel rumore. E' un bene che sia stato così piccolo e breve, almeno non ha rovinato troppo la canzone! -
Gumi era terribilmente pallida.
"... ho un brutto presentimento." fece due passi verso di lei, in mente nessuna parola da poterle dire.
- Mia cara. -
Lily apparve al fianco della Regina. Miku non l'aveva vista neppure arrivare.
Il Fante di Cuori aprì un braccio verso destra: - Da questa parte, Duchessa. -
- Conosco la strada. Grazie. - le spalle di Gumi tremavano. Miku abbassò lo sguardo, notò i pugni serrati tanto da far sbiancare le nocche.
Fece per dire qualcosa, ma la Regina parlò: - Suvvia, cara, non fare quella faccia. - il suo sorriso si accentuò: - Non ti sto mica mandando in pasto al Jabberwock! -
Gumi trasalì.
"Jabberwock?" aveva già sentito quella parola. Si sforzò di ricordare, ma quello sguardo chiaro sconvolto bloccava qualsiasi suo pensiero.
- T-tornerà presto? - la prima cosa che le era venuta in mente. Guardò la Regina, sperava di avere un tono supplichevole.
"Sono stata brava, forse sarà clemente se glielo chiedo io...?"
- Forse. - la sovrana alzò le spalle. E non aggiunse altro.
Quando tornò a guardare Gumi, lei e Lily si erano già allontanate.
"No!" corse verso di loro, le raggiunse in fretta, il cuore conficcatosi in gola. Si rivolse al Fante di Cuori: - Dove state andando? Posso accompagnarla? -
Lily la guardò di sfuggita. Rispose dopo un secondo, il volto impassibile: - Alle prigioni. - Miku sgranò gli occhi: - E, no, non puoi accompagnarla. Ti prego di rimanere qui nel labirinto e di non seguirci. -
Sentì quelle parole nella mente, i piedi non si fermavano: "... alle... prigioni...?" deglutì, ma si sentiva soffocare: "Non... Gumi non..."
- Tranquilla. -
Si bloccò. Incontrò lo sguardo di Gumi: lei sorrideva.
- Ma- -
- Non è la prima volta. Se va tutto bene, per oggi pomeriggio dovrei essere già fuori. - sventolò una mano: - Neppure lei ci tiene troppo ad avermi nel suo castello! -
Il cuore rallentò il suo battito impazzito: - ... starai bene, vero? -
- Fa piuttosto fresco, laggiù. E c'è pure il wi-fi! -
- Nella zona in cui andrai, l'hanno tolto. - la corresse Lily.
- Ugh. -
"... stava venendo ad avvisare me." - Grazie. - sforzò un sorriso: - ... però non fare più cose così avventate. Non sono così stupida. -
Gumi ridacchiò - e le parve finalmente la vera Gumi: - Lo terrò a mente. Ciao! -
- Ciao... - la guardò allontanarsi insieme al Fante, che aveva pazientemente aspettato fino a quel momento.
Si sentiva un po' meno agitata.
Ma l'idea che fosse finita nei guai per colpa sua...
Serrò i pugni: "Ha detto che forse sarà fuori tra poche ore! Non devi lasciarti abbattere!".
C'era anche un'altra cosa: "... la Regina dà simili ordini con tutta quella calma..." inspirò a fondo: "... tiene ogni cosa sotto controllo. Sa che nessuno si opporrà a lei. Quindi..." inspirò di nuovo: "... deve essere molto sicura di sé. Perché nessuno è in grado opporsi.".
- E' di nuovo riuscita a mandarla in prigione? -
Miku si voltò. E si sentì pietrificata sul posto. Di nuovo.
- L'ultima volta è stata una settimana fa...? - Len piegò appena la testa di lato, concentrato: - C'è da dire che la Duchessa sembra avere un talento eccezionale nel fornirle scuse su di un piatto d'argento. A volte mi chiedo se non sia innamorata delle prigioni. Sembra quasi che lo faccia apposta. -
Lo scrutò dalla punta delle orecchie bianche alle scarpe scure. Nessun falcetto.
Si rilassò un pochino: - Non... - si schiarì la voce. Era uscita un po' roca: - Non subirà la penitenza, vero? -
- Nah. - Len le si avvicinò, con tutta la tranquillità del mondo: - Se l'avessero sentita tutti, sì. Ma, visto che l'hanno sentita solo le persone lì intorno... -
"... quasi cadere proprio vicino alla Regina. In effetti, sembra un pochino volontario. Oppure Gumi è incredibilmente poco fortunata.".
- Len... -
- Lo so. - un sospiro: - Vuoi chiedermi perché ho cantato. -
- Veramente volevo chiederti se avessi ancora intenzione di procurarmi dolore fisico e mentale. - fece un passo indietro: - Ho la protezione assoluta di Kaito. - mise le braccia ad X: - Se oserai farmi del male, urlerò il suo nome e lui giungerà a salvarmi! - "Forse.": - E tu non vuoi che arrivi Kaito ad abbracciarti, vero? -
Il pelo bianco sulle orecchie si rizzò: - Non ho intenzione di procurarti dolore fisico o mentale. - disse Len, la faccia di chi aveva appena morso un limone.
- Bene. - Miku abbassò le braccia: - ... a parte questo, sì, volevo chiederti perché avessi cantato. O meglio, come hai fatto a cantare con Rin. -.
Il Bianconiglio non rispose subito. In quei secondi in cui era rimasto in silenzio, però, le sue labbra si erano curvate in un sorriso. Un sorriso sincero.
- Ti ho vista parlare e muoverti come se ci fossero qualcuno e qualcosa di invisibile. - spiegò lui: - Dato che non sei troppo stupida- - "Troppo?": - -era ovvio che stessi parlando con qualcuno che io non potevo vedere. - distolse lo sguardo: - ... era ovvio. -
"...?" - E come hai fatto a coordinarti così bene con Rin? -
Len continuò a guardare qualcosa di diverso da lei. Miku provò a seguire il suo sguardo, ma le parve stesse solo osservando una parete verde del labirinto.
Tornò a guardarlo. Non si era spostato, né aveva risposto.
Poi, lui schiuse le labbra: - ... non è ovvio anche questo? - una mano andò al petto. Si strinse in un pugno. E Len si degnò finalmente di guardarla negli occhi. Ma non disse altro.
"..." - ... forse per te è ovvio, ma per me non lo è molto... -
- Non è necessario che lo sia. - il suo sorriso si fece più simile ad un ghigno: - Anche se pensavo ti fosse già chiaro. -
- Tu e Rin siete la stessa persona? - l'unica conclusione che le veniva in mente, a ripensare alle loro parole.
- Non siamo la stessa persona. - abbassò la mano: - Eravamo la stessa cosa. -
Miku sbattè le palpebre: - ... non capisco se sia la leggendaria telepatia tra gemelli o la leggendaria telepatia tra amanti. -
- Forse abbiamo solo una leggendaria telepatia doppiamente potente. - il sorriso si accentuò.
"..." sentì le labbra curvarsi: - Tsundere. - dal profondo del cuore.
- Cosa? - il pelo bianco ritto, lo sguardo che le aveva lanciato forse voleva incenerirla.
- Guarda che l'ho capito! - portò le mani dietro la schiena, il mento alzato: - Ti atteggi tanto a yandere psicopatico ma, in realtà, tu sei solo un coniglietto che vuole tanto bene alla sua sorellina adorata e... - sentì il cuore appesantirsi: - ... vuole fare qualcosa per lei. -
Len non rispose. Continuava a guardarla, l'espressione fredda.
- E' per questo che hai cantato con lei? - riportò le braccia ai fianchi: - Volevi... sfidare la Regina? -
Nessuna risposta. Ma Len non distolse lo sguardo dal suo.
- Conosci un modo per liberare Rin? - "Perché non vuole rispondermi?" si guardò intorno: gli invitati erano distanti, e comunque impegnati a farsi gli affari loro; la Regina era poco più di una macchiolina rossa.
- Miku. -
Il cuore sobbalzò: - Sì? - tornò subito a guardarlo: "Forse ha cambiato idea? Vuole dirmi qualcosa?".
- Io sono il messaggero della Regina. -
Miku sbattè le palpebre: - L-lo so... -
- La Regina è la mia signora. Non c'è motivo per cui io debba sfidarla. -
Tic Tac Tic Tac
Quelle iridi azzurre sembravano scolpite nel ghiaccio. Sentiva persino i brividi di freddo lungo le braccia.
Quelle labbra si muovevano piano, la voce era gelida.
- Len... - alzò appena una mano, indecisa se toccargli la spalla. Sentiva freddo. Tremava.
Non era mai stata sagace, ne era conscia.
Eppure, quel che aveva sentito non era quel che Len aveva pronunciato.
- Sconfiggerò la Regina. -.

- Devo andare. -
Quella voce la riportò alla realtà. La voce di Len, quella che aveva imparato a riconoscere.
- Oh... sì, d'accordo. - annuì, piano, ancora un po' stordita.
Non sapeva neppure lei da cosa. Ma si sentiva così.
- Siamo riusciti a non farci del male! - accennò ad una risata, e s'inquietò quando la sentì uscire fin troppo nervosa.
E s'inquietò ancora di più quando vide Len ghignare: - Oh, sì. Ci siamo riusciti. - alzò una mano: - Buona giornata, Miku! - e si dileguò, con straordinaria velocità.
Miku agitò una mano a sua volta, l'espressione immutata: - Ah... ah... ah... buona giornata, Len... -
"Credo diventerò una creatura simbiotica. Chissà se esistono creature che vivono in simbiosi con i bruchi. Se non ne esistono, allora sarò la prima."
Perché la frase di Len le era suonata molto come: - Oh, sì. Ringrazia Kaito, ora che è anche lui nello stesso posto in cui ci troviamo noi. -, e doveva essere previdente.
- State proprio iniziando ad andare d'accordo, eh? -
Oh.
Un'altra voce che aveva imparato a riconoscere.
Si voltò lentamente, il cuore che batteva sempre più forte ogni secondo che passava.
Poi la incontrò.
Quei meravigliosi occhi azzurri, quei morbidi capelli rosa, quelle maniche sotto cui aveva accertato esserci un paio di mani umane e il busto, con tutto ciò che di interessante poteva esserci.
E basta.
Miku sbattè le palpebre: - Lungi dal dispiacermi di avere queste- - le indicò: - -in primo piano, ma dov'è il resto...? - erano belle anche le sue gambe. E la sua coda.
E poi, era destabilizzante.
Anche perché Luka stava sdraiata e stava fluttuando: "Conosco i pesci volanti, ma non sapevo esistessero anche i gatti volanti...".
- Qui. - sorrise, stranamente senza ghignare: - O da un'altra parte. -
- Ma non fa male? - si sporse appena per vedere: niente. Non c'era assolutamente niente.
- Perché dovrei farmi del male da sola? - e, stavolta, ghignò.
Miku sospirò: - Come vuoi. Tanto sei tu ad apparire a pezzi. - più che altro, si chiedeva se fosse volontario quell'esserle apparsa sdraiata, mettendo per bene nella sua visuale il viso e le tette.
Che erano pure parecchio scoperte, e Miku si chiese anche se non avesse potuto direttamente togliersi il vestito, che insomma, tanto valeva, non era che-
- Ammiro come tendi ad invocare il mio nome ogni volta che ti trovi in pericolo. -
- E' più per sfogarmi. E' come imprecare. Sai che non succederà niente, ma intanto ti sei sfogata. - trasse un profondo respiro e intrecciò le mani dietro la schiena.
- Dunque il mio nome è un'imprecazione? - ridacchiò. Non sembrava affatto offesa.
"Beh, meglio così." - Puoi vederla così. -
- Oppure, in fondo, c'è la minuscola speranza che io venga davvero a salvarti? -
- La tua vista potrebbe ridarmi forza! - sorrise, ed era sicurissima delle sue parole: ad esempio, era certa che, se Luka fosse apparsa durante la fuga nel labirinto, lei sarebbe corsa molto, molto, molto più veloce! - nella sua direzione, per la precisione.
- Ah, e comunque. - si ricordò: - Len ed io abbiamo instaurato una tregua. A rate. Variabili. - distolse lo sguardo: - E la variabilità la decide lui. -
- Un coniglietto adorabile, non trovi? -
- Di aspetto, sì! - trillò: - Ha solo quel piccolo problemino del brutto carattere, ma non è necessario ai fini dell'abbraccio! -
- Non sei di molte pretese. -
- Già. - annuì. Sorrise. Aprì le braccia: - Tipo, vorrei tanto abbracciare anche te! -
- Hai già abbracciato il Re, oggi. - Luka si mise seduta nell'aria - o meglio, si sarebbe messa seduta se avesse avuto un fondoschiena, ma Miku capì che era il momento adatto per chiamare in soccorso la fantasia.
- Non è esatto. - non si mosse: - Quella era la posizione del koala. Io voglio darti un abbraccio vero! -
- Vuoi darmi il sinonimo di un abbraccio. - ridacchiò, la manica a coprire le labbra.
- Non sei d'accordo? - accentuò il suo sorriso.
Luka ghignò. Ovviamente: - Se ti dicessi di sì? -
"..."
Miku prese fuoco. Cose che capitavano.
Alzò appena lo sguardo e notò una fiammella su un ciuffo della frangetta. Si leccò due dita e la spense.
- Miku, Miku... -
Si sentiva scrutata. Molto scrutata.
- ... non fare simili proposte se non sei pronta tu per prima. -
"..." - ... come sono finita a fare una proposta simile? - guardandosi, notava ancora dei colori. Non si era autocarbonizzata.
Però avrebbe davvero desiderato ardentemente l'abilità di Luka di sparire e riapparire a piacimento.
- Perché hai lasciato che le parole andassero senza filtrarle con il pensiero e il buon senso. - lo Stregatto abbassò la mano.
- Ma mi sembrava la cosa più naturale da fare... - anche Miku abbassò le mani - ma più perché stava iniziando a sentirsi più idiota di quanto non sembrasse già.
- Non sembrava a te. - Luka socchiuse appena gli occhi: - E' stato il mio comportamento a spingerti a crederlo. Ma non è detto che io dica la verità. - ghignò: - E non è detto che io sia l'unica a spingerti a pensare qualcosa. -
Un brivido lungo la schiena: - Cosa...? -
- Oh... - il Gatto del Cheshire guardò oltre la sua spalla: - ... a proposito di persone che parlano senza pensare centocinquanta volte sì e una no... -
- Eh? - si voltò.
- E tu chi sei? -
Kaito si era liberato della corona e si era rimesso il suo cappellino. Si era avvicinato non sapeva quando e da quanto, e osservava Luka con pura curiosità: - Non mi sembra tu sia tra gli invitati. -
- Io personalmente non sono stata invitata. - riconobbe lei: - Ma non c'è mai stato alcun divieto, per gli invitati, di portare con loro anche il proprio animale domestico. -
- Mh... - il Brucaliffo alzò lo sguardo, e Miku lo vide chiaramente andare alle sue orecchie feline.
Kaito sbattè le palpebre: - Sei un gatto! -
- Gatto del Cheshire, o Stregatto, se preferite. - aprì un braccio, la manica riempì tutto lo spazio al di sotto, fino alla vita appena visibile.
Kaito sbattè di nuovo le palpebre: - ... i gatti mangiano tutto ciò che è più piccolo di loro? -
- Temete vi mangi, Vostra Altezza? -
Miku trasalì: "Ah..."
- Alquanto. - la sua risposta sembrava assolutamente ovvia: - Tuttavia, gradirei molto se tu non lo facessi. -
- Non temete, preferisco di gran lunga il pesce. Soprattutto il tonno. - aveva sospirato. L'ultima parola l'aveva letteralmente sospirata.
- Allora puoi rimanere! - Kaito sorrise, e Miku non potè non pensare: "... e si fida così...?".
Se lei fosse stata un bruco, non si sarebbe fidata di un gatto.
Il gatto si sarebbe dovuto guadagnare la sua fiducia attraverso lunghe ed estenuanti prove, suoi continui rifiuti, e avrebbe dovuto autopunirsi almeno cinquantatrè volte al giorno, sotto i suoi occhi impassibili, e soltanto alla fine, con un salvataggio all'ultimo secondo in cui lui, il gatto, avrebbe quasi rischiato la vita, lei, bruco, gli avrebbe dato un briciolo della sua fiducia.
Nelle storie era sempre così, quindi doveva essere pratica comune nella conquista della fiducia da parte di nemici naturali agli estremi della catena alimentare.
- Ma a me non piace avere un gatto semi-invisibile in giardino. - un altro sospiro. Alle sue spalle. Di una voce che aveva sentito da poco.
Non ebbe bisogno di voltarsi: la Regina fu presto accanto al Re, lo sguardo scuro allo Stregatto, una mano sulla guancia.
- Dai, non fa nessun danno! - sorrise Kaito: - E poi, guarda com'è carina! -
Definire "carina" la Gnocca Nekomimi sembrava un enorme eufemismo.
- Anche la salamandra di sapone era molto carina, ma ricordi cos'è successo appena ha iniziato a piovere? - alzò gli occhi al cielo: - Ho sognato tutta quella schiuma per almeno tre notti consecutive. -
- Nel cielo si crea un arcobaleno, disegna una spirale e ci fa volare via! - le parole di Kaito avevano coperto quelle della Regina.
Qualsiasi cosa intendesse il Brucaliffo, Miku scelse di non dire niente.
- E se ci fosse qualche invitato allergico al pelo di gatto? - chiese la Regina, più a se stessa che al Re: - Il gatto deve essere allontanato. -
- Temo sarebbe già da tempo in brutte condizioni. - disse Luka, pacata: - Giro nel giardino da un po'. -
Miku rabbrividì: "... pure.".
- Allora mi piacerebbe molto se tu te ne andassi. - rispose la sovrana, con un sorriso.
"... è un ordine." guardò Luka.
La vide alzare le spalle: - Come desiderate, Vostra Altezza. - e scomparve, in un attimo.
Il cuore di Miku trasalì: aveva quasi sperato che-
Un paio di gambe candide. Una lunga coda striata. E una larga gonna rosa scuro.
"..."
- Oh, è arrivata l'altra metà! - il commento di Kaito fu essenziale.
- Mi piacerebbe molto se ne andasse anche quest'altra metà. - la voce della Regina era appena appena incrinata. Ma solo appena appena.
Quel che era apparso scomparve all'istante.
E un volto conosciuto apparve, incorniciato da lunghi capelli rosa e orecchie feline.
"..."
- Non te n'eri andata? - la domanda di Kaito aveva senso.
- Me ne sono andata. - un ghigno: - E ora sono tornata. -
- Divertente. - la voce della Regina era incrinata. Incrinata e basta: - Davvero molto divertente. - continuava a sorridere.
- Siete adirata con me, Vostra Altezza? - una manica si materializzò dal nulla, per poi andare a posarsi sotto il mento di Luka, a sorreggerle il viso: - Non siatelo, per favore. Significherebbe dar peso agli scherzi di un gatto. -
- Non sono affatto adirata con te. - la voce della Regina era decisamente incrinata: - Vorrei solo tagliarti la testa ed esibirla come trofeo. -
Miku rabbrividì, da capo a piedi: "Non..."
Luka rise: - Voi dovreste avere un brutto rapporto con le decapitazioni, Vostra Altezza! - un ghigno: - L'altra volta non è finita bene, vero? -
- In che modo ottenere il trono è da considerarsi un mio fallimento? - la sovrana fece un passo avanti, lo sguardo deciso: - Cosa pensi di ottenere, ricordandomelo? -
- Cosa penso di ottenere? - lo Stregatto aggrottò la fronte: - Io non penso di ottenere nulla. Tanto meno da voi, Vostra Altezza. -
- Capisco. - la Regina sospirò. La sua voce sembrava tornata normale: - Vuoi solo farmi perdere la calma. -
- E' questo l'obiettivo del fare scherzi, no? - sorrise.
"... sembra che ora vada tutto bene..." inspirò, piano, ed espirò altrettanto piano. Si sentì vagamente più rilassata.
Gli occhi castani della Regina.
S'irrigidì di nuovo.
- Costei è la tua ospite. - non era una domanda.
Annuì, o almeno, ci provò, ma non ci riuscì. Così, disse: - Sì. -, o meglio, pigolò: - Vostra Maestà. -.
- Dunque è qui perché ho invitato te? -
Miku si sentì incapace di muoversi. Nessuna parte del suo corpo le rispondeva più. E aveva di nuovo iniziato a fare assurdamente freddo. All'improvviso.
- Se così fosse, allora sarebbe colpa tua se il gatto è qui! - notò Kaito, serafico.
- Sarebbe colpa di Michelyne. - lo corresse la Regina, e facendole battere il cuore ancora più forte: - Avrebbe dovuto dirmi di avere con sè con un animale domestico. -
- Ma tu non gliel'hai chiesto! - trillò il Re: - Quindi è tuuuuutta colpa tua! -
E la Regina fece una cosa che Miku non si sarebbe mai aspettata potesse anche solo lontanamente fare.
Arrossì.
- Miku è mia ospite. - prese la parola Luka, pacata: - Ma la mia padrona è la Duchessa. E' stata lei a portarmi qui. -
"Gumi!"
- Gli ospiti devono badare ai loro animali domestici. - sussurrò la Regina. Poi scosse la testa, perse il rossore sulle guance e chiamò: - Mia cara. -
Lily apparve al suo fianco.
Non fosse che l'aveva intravista fiondarsi al suo fianco, avrebbe pensato avesse lo stesso potere di Luka.
- Libera la Duchessa. -
Quell'ordine la fece sorridere, il cuore più grande e leggero.
- E portala qui. Deve occuparsi della sua bestiola. -.






Note:
* "Dietro quell'espressione umile, / stai nascondendo la tua esitazione / Vero?": Batsu Game / Punishment Game.
* La canzone del Karaoke della Regina è, ovviamente, Hitobashira Alice / Alice Human Sacrifice [ Traduzione mia, sì ]
* Il "sinonimo di abbraccio" di cui parlano Luka e Miku è "amplesso"; è effettivamente un sinonimo di "abbraccio", ma ha ormai interamente assunto una connotazione sessuale.
* "Nel cielo si crea un arcobaleno, disegna una spirale e ci fa volare via!": citazione un po' modificata da Shabon no Salamandre / Salamander of Soap [ Traduzione Scritta ]




Come annunciato, niente croquet: solo un curioso Karaoke con una curiosa penitenza. U_U
Da brava Regina di Cuori, la buona Guerriera Trucida ha del tutto svelato il suo lato sanguinario - e Miku una bizzarra concezione dell'improvvisazione. O forse si è solo fatta suggestionare. (?)
In ogni caso, ormai non è più poi così convinta che la Regina sia solo un po' dispettosa. U.U

Nondimeno, è finalmente riuscita ad avere un dialogo pacifico con Len - che, di suo, pacifico non è. E di certo non sta a rigirarsi i pollici mentre la sua adorata sorellina è in quelle condizioni.
Sorellina che, nonostante tutto, è stata comunque invitata dalla Regina alla festa. Oscuro complotto? No, semplicemente, come Miku stessa ha notato, la Regina è sicura di sè. Estremamente sicura di sè.
Il Re, d'altro canto *ah ah.*, salva la situazione ancora una volta, ma solo dopo aver traumatizzato Miku- no, okay, non è stato uno shock poi così grande. Su. (?)

E' stato più traumatico ritrovarsi a fare proposte indecenti alla Gnocca Nekomimi. (!)

In ogni caso, ormai Miku è decisa a voler aiutare Rin. In qualche modo. Tipo. Forse.
Dipende se Len non l'affetta prima.

Questo capitolo ha portato tante domande: Luka si è mai persa qualche pezzo? Gumi è effettivamente innamorata delle prigioni? Kaito, oltre che lo zucchero filato, si fuma anche il sapone? La Regina sarà tsundere? Quant'è grande la borsa termica di Rin, considerando che il Cappellaio si è portata dietro anche un tavolino e una sedia? Da dove vengono le musiche che partono a caso? Yuki e Ryuuto saranno ancora alle prese con la spiegazione di Kiyoteru? Miku nasconde un lato narcisista? Len è davvero uno yandere poser? Ma, soprattutto, di che accidenti parla la "lunga storia" del Duca di Venomania del Paese del Viola?

Superultrastramegaiperindispensabilissimo spoilerone sul prossimo capitolo: a certa gente piace spettegolare del portinaio.

Spero che questo capitolo vi sia stato di gradimento ^^
Per qualsiasi consiglio o critica, dite pure ^^

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Capitolo 10
*** Non riesco più a starmene ferma qui... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Non riesco più a starmene ferma qui
Quindi che dici se ci raccontiamo una storiella breve?
~



- Stavolta è stato davvero per poco! - Gumi sbattè le palpebre, come se se ne fosse resa conto solo in quel momento: - Neppure un'ora! Ma che dico, neppure mezz'ora! Questa devo proprio raccontarla a Kiyoteru! -
"Kiyoteru è solito ascoltare di come sua moglie tenda a farsi mettere in prigione dalla Regina...?"
Come da ordine della sovrana, la Duchessa era stata recuperata dalla sua cella e portata lì dove erano lei, lei e il Re.
Poco prima del suo arrivo, però, Luka era magicamente sparita e, ancor più magicamente, non era riapparsa. A quel punto, la Regina avrebbe volentieri rimandato Gumi in prigione, non fosse stato per il serafico: - Sono sicuro che, se lo farai, la gatta riapparirà solo per farti dare il contrordine! - di Kaito.
Così, la Duchessa era libera, la Regina si era dileguata con una strana espressione e il Re le era semplicemente trotterellato dietro.
E Miku era rimasta con Gumi.
Le dispiaceva che Luka se ne fosse andata, ma almeno la Duchessa non era più in prigione.
- La morale di tutto questo è: chi fa da sè fa per tre! -
Miku guardò Gumi: - Cosa diamine c'entra? -
- C'entra, c'entra! - l'altra annuì alle sue stesse parole: - E la morale di tutto questo è: l'unione fa la forza! -
"..." - O forse, se non è zuppa è pan bagnato? -
Gli occhi di Gumi si illuminarono: - Esatto! Perché chi dorme non piglia pesci! -
- E non c'è fumo senza arrosto. -
- E la morale di tutto questo è: non è tutto oro quel che luccica. - si stiracchiò: - Non posso neppure far finta di essere intorpidita. In realtà, ho fatto a malapena in tempo a fare due volte il giro della mia cella. -
- Ne hai una tutta tua, ormai? - le sembrava una domanda legittima. Difatti, Gumi annuì: - Mi ci sono portata qualche libro. Per quando rimango tanto. -
- Non hai paura? -
L'altra sbattè le palpebre: - Di cosa? -
- Beh... - intrecciò le dita: - ... che la Regina possa farti del male. - le parve di averlo sputato.
La Regina aveva seriamente iniziato ad inquietarla, più di quanto non avesse già fatto il racconto di Rin.
E, ormai, non le sarebbe parso così strano immaginare qualche suo ordine a grossi danni di Gumi.
La Duchessa sbattè di nuovo le palpebre. Stava sorridendo. Ma sembrava anche congelata sul posto.
- Tranquilla. - disse. E non aggiunse altro.
"..."
- Gumi? -
- Sì? - aveva distolto lo sguardo.
- Perché tu e la Regina vi odiate? -
- Qualche screzio in passato. - lapidaria.
- ... screzio? - c'era la mania di parlare per eufemismi, quel giorno.
- Tutta colpa sua, ovviamente. - alzò le spalle, continuava a non guardarla: - Diciamo che mi ha fatto odiare il fatto che sia salita al trono. -
"..." era curiosa. Ma non se la sentiva di cavarle le parole di bocca, quando lei palesemente non aveva voglia di parlarne.
"... screzio.".
- Oh, ma quella fu solo la goccia che fece traboccare il vaso. - finalmente, tornò a guardarla negli occhi. E, stavolta, sorrideva sul serio: - La prima volta che ci incontrammo, litigammo per decidere chi delle due avesse il vestito più bello. -
- Eh? - si ritrovò disorientata: - Q-quando? Come fa una Regina a- -
- Oh, lei non era ancora la Regina! - la corresse Gumi: - Ci siamo incontrate al castello di Gaku-chan! -
- ... al castello di...? - la curiosità la assalì tutta in un colpo: - Ma tu in che rapporti sei con Gakupo Kamui? - la vide trasalire: - Se lo chiami così... -
- E' il mio ex. -
"... d'accordo, non mi aspettavo una risposta del genere.".
- Vedi, Miku... - Gumi sospirò, e prese a camminare. Lei la seguì, la Duchessa continuò a parlare come se nulla fosse: - ... un tempo, io ero una ragazza come tutte le altre. Non facevo mai i compiti, copiavo sempre minacciando i secchioni, usavo il cellulare durante le lezioni, masticavo le gomme a bocca aperta, mi vestivo in modo contrario a qualsivoglia buon gusto, rispondevo male, specie agli adulti, usavo almeno cinque parolacce a frase e bullavo i più piccoli e deboli. Una normalissima ragazza, insomma. -
- Senza dubbio. - "Ma non è una Duchessa...?"
- L'unico a cui non facevo niente di fisico era il mocciosetto con cui ero praticamente obbligata a passare qualche pomeriggio. Era talmente brutto che mi faceva schifo toccarlo. Quindi, di solito, gli lanciavo palline di carta e lo umiliavo a parole, ricordandogli ogni minuto quanto fosse debole, brutto e sfigato. -
"... Gumi era una persona orribile."
Forse si sarebbe dovuta stupire. Ma il candore con cui le narrava cose simili non le faceva dubitare poi così tanto di quel passato che stava raccontando.
- ... poi è successa una cosa. - si fece seria, e Miku deglutì. Gumi trasse un profondo respiro: - ... conobbi un ragazzo. -
Miku deglutì di nuovo.
- Le mie amiche cercarono di mettermi in guardia, anche i miei genitori erano preoccupati dalla possibilità che frequentassi simili compagnie, ma... - le labbra tornarono a curvarsi in un sorriso: - ... mi ero innamorata. E' stato come se tutto si fosse illuminato. Forse ho sbagliato, forse non sarei dovuta cambiare, ma... - il sorriso si accentuò: - ... non me ne sono neanche accorta. La sua sola presenza mi rendeva più ben disposta verso il prossimo, più incline ad ascoltare gli altri e, alla fine, sono arrivata persino a rispondere in maniera educata e ad indossare abiti di buon gusto. -
- Oh... - sentì un calore piacevole all'altezza del petto: - E poi? -
- ... quel ragazzo era Kiyoteru. - Gumi chiuse gli occhi: - Lo sposai, e abbiamo avuto Kokone. Siamo andati ad abitare insieme, e praticamente ora lavoriamo per il prossimo. -
"Quei cosi, soprattutto, testimoniano il vostro lavorare per il prossimo." le venne da sorridere.
- I miei genitori e le mie amiche hanno dovuto accettare la mia scelta. Sono felice così. -
- Si vede. - aveva detto che le era sembrato che tutto si fosse illuminato. E, nel dirlo, il suo volto si era davvero illuminato: "E' questo che vuol dire, essere innamorati...?".
- E il bambino con cui passavi i pomeriggi? - si ricordò: - L'hai più visto? -
Gumi riaprì gli occhi. Pareva congelatasi di nuovo: - E' cresciuto. E' diventato gnocco. Ha ereditato il castello dei genitori e l'intero Paese del Viola. E si è premurato di farmela pagare per tutte le volte che l'ho bullato. -
"..."
- ... Gakupo Kamui? -
- E' durata tre anni, prima che incontrassi Kiyoteru. - sospirò: - A causa del nostro passato comune, il nostro rapporto è sempre stato un po' burrascoso... -

- Aspetta! - fece un passo indietro.
Il cuore batteva forte, troppo forte.
Il sangue si era fatto gelido, lo sentiva scorrere nelle vene, ghiacciandole. Le braccia tremavano.
- Sono- - deglutì, cercò di non pigolare: - Sono sicura che possiamo parlarne! -
- Parlarne? - Gakupo socchiuse gli occhi. Il fatto che l'avesse detto come se fosse una parola disgustosa non era affatto un buon segno.
- Sì, discutere civilmente! - abbozzò una risata, e le parve più di aver tossito a caso.
Lui fece un passo avanti, lei un altro indietro.
- Sul serio, non- -
- Vuoi
parlare, dopo tutto quello che mi hai fatto? - almeno tre passi avanti. Sleale. Era stata costretta ad indietreggiare più di quanto si era preparata a fare.
- C'è sempre tempo per una chiacchierata, no? - alzò le braccia, non si sentiva più tanto sicura a non avere niente tra loro due. Forse le braccia sarebbero state abbastanza.
Forse.
Quando sentì una mano di Gakupo serrarle il polso, capì di no.
Quando se lo ritrovò a pochi centimetri dal viso, ancora di meno.
E quando sentì la sua arma contro il collo, capì di essere spacciata.
- No. - un sibilo.
- Gaku-chan... - una risata, una risata isterica: - Gaku-chan, davvero, non fare cose di cui potresti pentirti. -
- Pentirmi? Io? - un sorriso. E non le piacque per niente. Soprattutto se insieme a quello sguardo folle: - Non se riguarda te. -
- Gaku-chan, n- -
La mano alla spalla, con violenza.
E lei cadde all'indietro.
Nella vasca.
Se non altro, era calda.
Riemerse, e ringraziò di non avere avuto tempo di schiudere le labbra per urlare - non ci teneva a farsi finire quella roba in bocca.
- Gaku-chan! - rimase a galla, lo guardò: - Gaku-chan, davvero, possiamo sistemare tutto! -
- Stai zitta! - Gakupo alzò il suo cucchiaio di legno gigante e lo affondò nella minestra: - E cuoci! -
- Ma non c'è nemmeno una fiamma, qui sotto! - nuotò verso di lui, ma si ritrovò bloccata dalla punta del cucchiaio contro la fronte: - E' caldo solo perché ci sono le terme qui vicino! -
- Futili dettagli. - il cucchiaio la spinse sott'acqua e lei non potè far altro che nuotarsene via.
Riemerse più lontana possibile, togliendosi un sedano dai capelli: - Tutto questo è davvero esagerato, da parte tua! - raggiunse il bordo vasca e si issò, fino ad uscire: - Solo per qualche piccolo scherzetto giovanile! -
-
Questo? -
Ora, Gakupo era senz'altro cresciuto bene, ma quando sorrideva in quel modo da psicopatico proprio non le piaceva. Soprattutto se erano da soli, soprattutto se si stava rivolgendo a lei.
- Ma non è
questo. Questo serve solo ad attirare i macachi. -
Gelo.
- ... i macachi? -
- Sì. Vanno
pazzi per questa minestra. - lui sorrise: - Per qualche oscuro motivo. - aggiunse, sottovoce.
- ... macachi. - si voltò, piano piano.
Erano già lì.
Erano ovunque.
Erano lì per lei.
Tornò a guardare Gakupo, il cuore ormai volato alla gola: - Tutto,
tutto, ma non i macachi! -
- E' quel che ti meriti! -
Erano in movimento.
- No... -
Erano vicini.
- ... no... -
Erano sempre più vicini.
- ... NO! I MACACHI NOOOOOOOOOOOOOOOOO- -


- Tuttavia, per quanto si stesse, a conti fatti, vendicando, non potevo lasciare che facesse quel che voleva senza reagire! - Gumi strinse un pugno.
Miku era troppo impegnata ad assimilare.

- Questa è la cosa più spietata che potessi fare! -
- Ah, sì? -
- E' il culmine della tua crudeltà! - cercò di liberarsi, strattonò polsi e caviglie, ma i ceppi tirarono fino a farle male.
- Se l'avessi saputo prima, non avrei aspettato così tanto a metterlo in atto. -
- Cosa? - sbattè le palpebre, confusa: - Non è il culmine del tuo malvagio piano di vendetta? -
- ... sì. - Gakupo aveva risposto dopo almeno un minuto intero: - ... sì, è il culmine del mio malvagio piano di vendetta. -
- Ecco! - strattonò di nuovo, ma ottenne solo di farsi ancora più male: - Ah, comunque, potresti alzare un pochino il riscaldamento? -
- Sì, in effetti fa un po' freddo. -
Gumi chiuse gli occhi, trasse un profondo respiro.
- Sai... - esordì: - ... la tua camera è molto grande. -
- Lo so. -
- E molto bella. -
- Lo so. -
- Si presumeva tu rispondessi "grazie". -
- No. -
Sbuffò: - E il letto lì ha un aspetto interessante. - "Cinque piazze. Seta. Sul serio."
- E' la prima cosa che hai guardato? -
- No. La seconda. E lo sai benissimo. -
- Ah, sì? -
- Sì. - richiamò a sè tutte le sue forze. Serrò i pugni. Riaprì gli occhi, incontrò il suo sguardo: - E' stato spietato spogliarmi e incatenarmi! -
- Direi che rientra appieno nelle cose brutte da fare, sì. -
- Incatenarmi in camera tua! -
- Ovviamente. -
- Davanti al tuo letto! -
- Certo. -
- Con te svestito che mi giri intorno! -
- E' fatto per metterti il più a disagio possibile. -
- Disagio? DISAGIO? - piantò i piedi a terra: - OVVIO che mi sento a disagio! - alzò le braccia: - E non ti permetterò di continuare a fare i tuoi comodi! -
Si concentrò.
E strattonò di nuovo.
Due blocchi quadrati di parete caddero a terra con un tonfo.
Strattonò le gambe.
Altri due blocchi quadrati di parete scivolarono a terra.
Gakupo indietreggiò. Non sembrava più così convinto.
Gumi non potè trattenere un sorriso: - Bene... - afferrò una delle catene che l'avevano bloccata, la tese davanti a sè: - ... spero tu non abbia sprecato troppe energie. -.


- Siamo andati avanti così per tre anni... -
- ... non mi sembra esattamente un rapporto tra fidanzati. - "Mi sembrano più due psicopatici con strane idee di tortura.".
- ... finché, un giorno... -

Si osservarono.
Abiti viola con inserti arancioni.
Abiti arancioni con inserti viola.
- ... no, sul serio, sei inguardabile. - non se la sentiva di mentire. Era troppo evidente.
- Sei orribile. - concordò Gakupo.
- Viola e arancione insieme non si possono guardare. -
- Non possiamo continuare così. Siamo incompatibili. -
- Hai ragione. Non possiamo far altro che lasciarci. -
- E' finita, ma sono stati tre anni intensi. -
- Sì, anche per me. Un po' mi mancheranno. -.


- Abbiamo riconosciuto i nostri limiti e la nostra incapacità di stare insieme. -
- Dall'accostamento cromatico. - "Non dal vostro rapporto fatto di ripicche."
- Dunque... - Gumi sospirò: - ... Gaku-chan è il mio ex. -
- ... ma non mi pare voi siate mai stati fidanzati. -
- I nostri tre anni di fidanzamento sono noti in tutto il Paese dello Specchio. -
- Immagino. E immagino anche che solo voi due vi siate considerati fidanzati. -
- Da allora, cerco di stare il meno possibile in sua presenza. Mi viene sempre voglia di fargli qualche dispetto. -
- Son abitudini difficili da cambiare. -
Gumi annuì: - E' bello che tu mi capisca. -
"..."
- Certo... - la Duchessa alzò le spalle: - ... anche lui, in teoria, cerca di evitarmi. Ma, se gli si presenta l'occasione, viene a cercarmi appositamente. Come quando creò qualche problema alla ex-Regina... -
"Quello."
- La sparizione delle donne al confine con il Paese del Viola? -
L'altra fece di sì con la testa. Non sembrava affatto stupita che lei lo sapesse.
- Ma cos'è successo, esattamente? - "Qualcuno mi spieghi. Per favore." ormai era questione di principio: - Eri "sparita" anche te? -
- Oh, quella è una lung- -
- Lunga storia. Lo so. - gonfiò le guance: - Ma nessuno me la spiega! -
Gumi ridacchiò: - Beh- - si bloccò.
E si voltò.
Miku fece altrettanto.
Gumi si congelava, lei si pietrificava. Stava succedendo un po' troppo spesso, nelle ultime ore.
- Cosa le stai raccontando? - Gakupo Kamui sembrava più contrariato del solito. Se non altro, guardava Gumi.
- Verità. - rispose lei, con un gran sorriso, di nuovo calma: - Solo verità testimoniabili. -
- Testimoniabili da te. -
- La mia parola vale moltissimo. -
- Anche la mia. -
- La mia di più, perché sono intelligente, bella e fornisco cibo a chiunque lo desideri! -
- Devo ricordarti chi ricopre la seconda carica più importante del Paese dello Specchio? -
- Kaito! -
Silenzio.
- A parte Kaito. -
- Dovresti contarlo, sai? -
- Non voglio contarlo. -
- E' il tuo Re! -
- E' il Re del Paese dello Specchio. -
Quella cosa continuava a lasciarla incredula.
"... in ogni caso, non credo Gumi mi dirà niente, se c'è Gakupo Kamui nei paraggi." e lei non aveva voglia di riprendere la conversazione iniziata con lui nel labirinto. Quindi, sorrise e sventolò una mano: - Vi lascio a voi! Buona giornata! - e schizzò via, senza neppure aspettare una risposta.

"... dovrei andarmene?" si guardò intorno: la festa stava continuando, come se nulla fosse successo.
E, in effetti, a parte Karaoke e imprigionamento-e-liberazione della Duchessa, non era successo nulla.
Scrutò la folla, fece volare lo sguardo di volto in volto: Luka non era da nessuna parte. O forse c'era, ma non si stava mostrando. Ed era sicurissima che chiamarla non l'avrebbe fatta riapparire.
Riuscì ad individuare Len vicino ad uno dei tavoli del buffet, una mano intenta a mangiare una carota, l'altra teneva un dolcetto all'altezza del viso. Lo stava studiando.
Miku scelse di non avvicinarsi, neppure se da ciò fosse dipesa la sua vita.
Rin, al pari di Luka, sembrava essere diventata invisibile. Non la vedeva da nessuna parte.
"Forse se n'è andata..." avanzò tra la folla: "... o forse la Regina l'ha allontanata...?" sbattè le palpebre: "... in tutto ciò, perché mai la Regina l'ha invitata? Non dovrebbe essere tipo... uhm..." ci pensò: "... la sua acerrima rivale, la sua nemesi, il suo opposto, il-"
- Te ne vai. -
Si fermò. Non era stata una domanda. E il tono era parso quasi dispiaciuto.
- Eh? No! - si voltò, cercò di fare un sorriso di scuse: - Stavo camminando a caso! -
- Cercavi qualcuno? - Kaito la fissò, come se la vedesse per la prima volta.
Non si era mai accorta di quanta insistenza lui ci mettesse nel fissare le persone: - Sì, in realtà. Però credo se ne siano andate... - un sospiro: - Prima ero con Gumi, poi è arrivato Gakupo Kamui e ho deciso di lasciarli da soli. -
- E' la cosa migliore da fare. - concordò il Brucaliffo: - A meno che tu non ti voglia trovare in mezzo ad una delle loro discussioni. -
- No. - "Piuttosto vado a dire a Len che è un coniglietto tsundere. Di notte. Mentre ha bello in vista il suo falcetto.".
- La festa è di tuo gradimento? -
Miku annuì: - E' tutto molto... - pensò ad una qualche parola: - ... carino. - "Ora che ci penso, non ho ancora preso niente dal buffet. Chissà se hanno succo di negi..."
A pensarci meglio, c'era un'altra cosa: - Kaito... -
- Sì? -
- Perché non mi hai detto che sei il Re? -
- Non me l'hai chiesto. -
- ... non è mia abitudine chiedere alle persone se sono i sovrani locali. - confessò: - Di solito, sono piuttosto riconoscibili. -
- Di solito. - Kaito annuì.
E sorrise.
Un sorriso un po' strano.
Soprattutto se su di lui.
Poi allungò una mano verso di lei, e rise.
Trasalì: "... cosa." era strano sentirlo ridere in quel modo. Sul serio.
- Avanti, voglio che ti inginocchi! -
"... cosa." rimase a fissarlo, incredula. E sembrava pure convinto.
Il problema stava nel fatto che fosse estremamente poco credibile: - ... no. -
Kaito fece ricadere il braccio lungo il fianco, con un sospiro: - Scusa. -
- Non ti preoccupare. -
Se non altro, era durata poco. La sua convinzione, soprattutto.
Ed era tornato a fissarla come se non avesse detto niente: - Dato che hai citato Gakupo, ti interessa ancora quella stor- -
- Sì! - lo afferrò per le spalle, il cuore martellava in petto: - Sì! SI'! Dimmi cosa diamine è successo, ormai devo saperlo! - lo scosse, lui ridacchiò.
Aveva come l'impressione di aver spalancato gli occhi in modo alquanto innaturale, ma non le importava.
"Voglio. Sapere. Voglio.".
- Passeggiamo? - Kaito le porse il braccio: - E' una storia lunga e non è il caso di raccontarla in mezzo alla gente. -
- Oh... - Miku accettò, e seguì l'altro fin nel labirinto.
C'era una cosa che aveva capito: "E' una storia lunga." si preparò. Aveva già ascoltato quella di Rin, in fondo.
Quando il chiacchiericcio degli invitati era ormai divenuto un bisbiglìo in sottofondo, Miku esordì: - Non so se può servire, ma Rin mi ha già detto qualcosa. -
Kaito tacque, un invito a proseguire.
- Mi ha detto che Gakupo Kamui- -
- Chiamalo Gakupo. - la interruppe Kaito: - Non è che la gente ti chiama Michelyne Alice Lydia Fairsound. -
"In effetti..." - Sì. Dicevo, mi ha detto che Gakupo ha creato qualche problema, quando lei era Regina. Sparizioni di donne nelle vicinanze del Paese del Viola. -
Kaito le aveva rivolto lo sguardo, l'espressione pacata.
- Mi ha raccontato che lei, Len e te avete risolto la situazione. - ricordò: - Ma non mi ha spiegato come. Mi ha solo detto che tu hai avuto un'idea folle, ma che avete comunque messo in pratica. E ha funzionato. - "... devo aggiungerlo...?" decise di sì: - Mi ha raccontato di come fossi... preoccupato. - distolse lo sguardo, imbarazzata: - ... per... la Regina. L'attuale Regina. - sentiva le guance un po' calde.
- Un giovane uomo che stava cercando il suo amore perduto... - un sussurro. Miku tornò a guardare Kaito: sembrava pensieroso.
- ... ha trovato la dimora del diavolo. -
- Eh? - "... devo prenderlo per un sì?"
- Comunque! - Kaito sorrise, e stavolta era uno dei suoi soliti sorrisi: - Se sai già tutto questo, allora la storia è breve! -
- ... - "..."
- Quel che ti è stato detto è vero. L'idea è stata mia. E sono stato io a metterla in atto. -.

- Sono sparite solo donne, giusto? -
Rin e Len annuirono, gli sguardi a lui.
- Ed è riuscito a catturare persino
lei. - trasse un profondo respiro. Doveva calmarsi. Doveva pensare. Per lei. E sentiva di essere sulla buona strada, in qualche modo: - Quindi, forse non usa la forza. Forse usa un incantesimo. -
- Il Duca non sarebbe mai in grado di sconfiggere
lei, in un leale scontro con le armi. - annuì Rin.
- Quindi... - prese la parola Len: - ... pensi ad un incantesimo che ha effetto solo sulle donne? -
- Esattamente. -
- Ma non potrebbe trattarsi di un incantesimo che ha effetto su chiunque, soltanto con fini diversi? - Len si portò una mano al mento: - Trascinare le donne dove lui vuole. Far perdere la memoria agli uomini, o metterli in condizione di non poterlo fermare. -
- Potrebbe essere. - riconobbe: - Ma dovrebbe trattarsi di qualcuno con un enorme potere magico, per fare una cosa simile. -
- Non mi risulta che il Duca sappia usare la magia. - s'intromise Rin: - L'unico suo vero potere è aprire e chiudere anche le cose sigillate. -
- Appunto! - camminò in tondo. Non era nervoso. Era più... si sentiva vicino alla soluzione: - Non può aver usato un incantesimo tanto potente da coinvolgere più persone. E' più probabile abbia fatto qualcosa alle singole donne. E, forse, non si tratta neppure di un incantesimo. -
- Eh? - Rin e Len sgranarono gli occhi.
- C'entra il tuo intruglio? - Len fece un passo avanti: - Quello che ha fatto un sacco di disastri! -
- Ci ho pensato. - disse: - Quindi, ho dato il contrordine. Ma nessuna delle donne è tornata. -
Rin e Len abbassarono lo sguardo, delusi.
- Troppo facile... - sibilò Len.
- Potrebbe essere ancora più facile. -
Entrambi rialzarono lo sguardo, confusi.
- Qualsiasi cosa lui utilizzi, vale solo per le donne? O per la singola persona? - serrò i pugni: - Questo non lo so. Però, si può fare una prova. -
- Una prova? -
Annuì: - Qualcuno deve andare nel Paese del Viola. Nel suo castello. E quel qualcuno deve essere un uomo. -
Rin e Len trasalirono.
- Non lo faranno mai entrare! - fece notare Len.
- Non faranno mai entrare un
uomo. - riconobbe: - Ma... una bellissima fanciulla? - sorrise.
I due gemelli si scambiarono un'occhiata scioccata.
Poi, tornarono a guardarlo, pallidi, e Len parlò di nuovo: - Vuoi mandare un uomo travestito da donna nel castello del Duca di Venomania? -
- Paese del Viola. - lo corresse Rin.
- Se qualsiasi-cosa-lui-faccia funziona solo sulle donne, allora c'è un'alta probabilità di riuscita! - portò le mani ai fianchi.
Si sentiva soddisfatto.
La testa gli faceva un po' male, e il cuore doveva essersi moltiplicato. Ma non importava.
Non se il suo piano avesse funzionato.
- D'accordo. - l'espressione di Len si fece decisa: - Andrò io, allora. -
- Len! -
- Posso farcela. - lui guardò Rin, scesa di un gradino da dove si trovava: - Se non tornerò, significherà che qualsiasi-cosa-lui-faccia non è solo per le donne. -
- No! -
Quegli sguardi azzurri su di sè.
Mise una mano sulla spalla di Len, cercò di mettere quanta più decisione possibile nella voce: - Andrò io. -
- Non posso permetterlo! - Rin si era avvicinata, il tono agitato.
- Siete un ospite, non- -
- E' pericoloso! - lo scosse.
Len continuava a guardarlo negli occhi: - Appunto! Non posso mettere in pericolo- -
- No, dico, è pericoloso per te. -
Silenzio.
- Prego? -
- Sei la persona meno indicata ad andare nella tana di un potenziale maniaco. -
- ... prego? -
- Quindi, sarò io ad andare. - si scostò: - Io ho avuto l'idea, e io la metterò in pratica! -
- ... prego? -.


- Hai fatto benissimo! - Miku si portò una mano al petto, scossa: - Chissà quali cose oscene avrebbe potuto fare un simile individuo ad un così adorabile shota! -
- Quel che Len si è rifiutato di capire. - sospirò Kaito: - Almeno, Rin ha compreso e gli ha impedito di mettere in pratica la mia idea. -
- Soprattutto perché era tua. Sarebbe molto sgarbato mettere in pratica le idee altrui senza il consenso di chi le ha pensate. -
- Esattamente. -
- Quiiiindi... - roteò un dito nell'aria: - ... ti sei vestito da donna? -
Kaito annuì: - E sono andato nel Paese del Viola. Di mia spontanea volontà. -
Cercò di figurarsi il Brucaliffo vestito da donna. Magari, se l'avesse chiesto...
- E com'eri vestito? -
- Abito blu. -
- Ovviamente. -
- E bellissimi e fluenti capelli biondi! -
- Biondi? - sbattè le palpebre: - Oh, no, ti avevo pensato con i capelli blu! -
- E invece erano biondi. -
- Accidenti... -
- Come previsto, mi hanno fatto entrare. - la sua espressione si fece di colpo seria: - E, come previsto, lui era lì. Era davvero lui il colpevole. -
- Hai capito che il colpevole era lui perché l'hai trovato in casa sua? -
- No, perché per svariati secondi ho pensato che fosse un polpo. -
"..." - M'interessa. Prosegui. -
- Per quanto baciasse molto bene, non potevo permettergli di polpeggiare troppo a lungo. -
- Oh. -
- Ero andato lì con il preciso intento di porre fine a tutto quello. E di riprendermi Meiko. -
- Meiko? - "... il nome de-"
- La Regina. - sorrise: - E' il suo nome. -
Non potè trattenere un sorriso a sua volta: "Il modo in cui l'ha detto..." si strinse di più a lui: "Come diamine ha fatto Rin a non accorgersene...?".
- Quindi, non potevo permettere che si accorgesse della katana. -
- ... katana? - si scostò appena, per guardarlo meglio in viso: "Ma che ca-"
- Così, ho fatto ciò per cui ero andato lì. L'ho pugnalato con la katana. -
- ... katana? - sbattè le palpebre. E si rese del tutto conto del significato di quella frase: - Yaoi! - imprigionò il braccio nelle sue: "Io... cioè, se dovessi vederli insieme, penserei più a Kaito come uke, ma-"
- No, niente simbolismi. -
Tutte le sue speranze s'infransero, e le parve persino di sentirne il suono, molto simile a "crash": - Oh. -. Sbattè di nuovo le palpebre. E si rese del tutto conto del significato di quella frase: - Aspetta, l'hai pugnalato letteralmente? -
- Sì! - e lo disse con tutto il candore del mondo.
- ... ah, ad un braccio, o ad una gamba, o- -
- Al cuore. -
- ... - sbattè le palpebre, piano. Sentiva le labbra tirare, ma non voleva sorridere. Era colpa di Kaito che sorrideva, e lei si era ritrovata a seguirlo: - Mi sembra molto in forma per uno che si è preso una katana nel cuore. -
- Beh, è un Duca. - il Brucaliffo alzò le spalle: - I Duchi sono assurdamente difficili da far fuori. Però una katana nel cuore fa male pure ad un Duca. -
- ... -
- In ogni caso, le donne rapite erano effettivamente lì. E, poco dopo che il Duca è caduto a terra... -

- Oh, ce ne possiamo andare? -
- Ma il vestito posso tenermelo, sì? -
- Ehi! Ma ci sono ancora delle cose in cucina! -
- Cosa? Presto! Prendete tutto il prendibile! -
- Ma se ci prendessimo pure i cuscini? -
- Il sapone! Il sapone! -
- E gli asciugamani! -
- Ragazze, state rapinando una dimora ducale, non un albergo! Pensate ai gioielli! -
- Ehi! Quella là se li è presi tutti! -
- Brutta- -
- Guardate che ne sono rimasti un sacco! -
- Il balsamo! Ho trovato del balsamo! -
- Cosa? Vuoi dire che aveva del balsamo? Perché ci ha sempre detto che a Venomania era vietato? -
- Voleva tenerselo tutto per lui! -
- Beh, non gli si può dar torto. -
- Eh, no... -
- I cracker li prendo? -
- Ma sì, che tanto c'è spazio! -
- Sai... - lasciò Meiko - certo che il vestito era davvero bello - e si chinò su Gakupo, prono a terra: - ... mi stai facendo un po' pena. -
- ... come ti chiami? - la voce roca.
- Kaito. -
- Kaito. -
- Sì? -
- Dal profondo del cuore. -
- Cosa? -
- Vaffanculo. -.


- Te la sei andata a cercare. -
- Forse. - riconobbe Kaito, con un sospiro.
"... in effetti, fa un po' pena pure a me, ora." - Ma quindi cos'era successo? -
- Quando si è ripreso, gli abbiamo fatto confessare tutto. Sembra che utilizzasse l'ipnosi. -
- Ipnosi? -
- Sai cos'è? -
Miku annuì: - So quali sono i suoi effetti. - si strinse di nuovo a lui: - Sono stupita. La soluzione era più semplice di quanto pensassi. -
- La soluzione sì, usare l'ipnosi un po' meno. - Kaito ridacchiò: - Una buona ipnosi ha come base lo stesso principio della Cantarella e della magia. Bisogna essere chiari, quando si danno ordini. A questo tipo di cose piace molto trovare scappatoie per rovinare i piani di chi non le sa dominare del tutto. -
- Quindi l'ipnosi aveva fallito? - aggrottò la fronte: - E come ha fatto a portare le donne- -
- Oh, no, l'ipnosi era andata a buon fine. E riconosco che fosse anche molto potente. Abbiamo fatto bene a bloccare Gakupo prima che affinasse la tecnica. Sarebbe diventato una Cantarella vagante. -
Miku deglutì.
- Tuttavia, per nostra fortuna, l'ipnosi era sì molto potente, ma usata male. E, soprattutto, era talmente potente che neppure lui è stato in grado di scioglierla. -
- Cosa? -
- Gakupo aveva ipnotizzato le donne imponendo loro di seguirlo nel suo castello e di rimanere lì con lui. L'ordine, dunque, era di rimanere nel castello. - il suo sorriso si accentuò: - Sfortunatamente, una volta messo piede nel castello, le donne tornavano del tutto coscienti. L'unicissimo loro problema era il non poter uscire. -
- ... oh. - sbattè le palpebre: - E non avrebbe potuto ipnotizzarle di nuovo dando loro un altro ordine? -
- Per poter mantere attivo più di un ordine sulla stessa persona, bisogna essere estremamente potenti e capaci. - continuava a sorridere: - Lui, quindi, per fare una cosa simile, avrebbe dovuto sciogliere la prima ipnosi. -
- Capisco... - non le tornava una cosa, però: - Ma... l'ipnosi di per sè non funziona solo sulle donne, no? Allora com'è possibile che tu... - lasciò in sospeso la domanda, lanciandogli un'occhiata sperava eloquente.
Evidentemente, lo fu: - Beh... - alzò le spalle: - ... è molto più semplice potenziare qualcosa concentrandosi su un unico obiettivo piuttosto che su tanti. -
- ... non capisco. -
- Diciamo che è come se Gakupo si fosse specializzato nell'ipnotizzare solo persone con i capelli scuri. A lungo andare, come difatti è stato, il potere dell'ipnosi è diventato almeno dieci volte più potente che se l'avesse provata su chiunque, e in un decimo del tempo. Ma solo sulle persone con i capelli scuri. -
- Quiiiiindi... - capì: - ... se gli si fosse presentata una persona con i capelli tinti di scuro... -
- Non avrebbe avuto alcun effetto. Esattamente. -
Sbattè le palpebre, piano: - ... tutto ciò è estremamente stupido. -
- In realtà, ha funzionato benissimo. A lui interessavano solo le donne. Il suo unico problema è stato rendere l'ipnosi sempre più forte senza curarsi di darle un minimo di controllo. -
Sbattè di nuovo le palpebre, di nuovo piano: - Capisco. - ci pensò: - ... quindi, l'ipnosi si è sciolta da sola quando hai pugnalato Gakupo? -
- Sì. Ci sono tre modi per far svanire un'ipnosi. Il primo è che lo faccia chi l'ha imposta, ovviamente. Ma, appunto, Gakupo non ne era stato in grado. Il secondo è che lo faccia qualcuno di più potente di chi l'ha imposta. E, dato che non sapevamo neppure che la stesse usando, non abbiamo pensato a contattare qualcuno del genere. Il terzo, quello sempre più sicuro ed efficace, è ferire gravemente in un punto vitale chi l'ha imposta. -
- ... brutale. -
- Aveva rapito tantissime donne. -
- Ma perché l'aveva fatto? - "Ho qualche sospetto, ma..."
- Lui ha affermato di averlo fatto per avere tante donne sempre ben disposte a copule diversamente grammaticali. -
Miku schiuse le labbra, sconvolta: - Vuoi... vuoi dire che... -
- Sì. - Kaito chiuse gli occhi.
- ... voleva costringerle a prendere una laurea? -
Kaito riaprì gli occhi: - No. Voleva che sangue e sudore si mescolassero insieme per poi diventare gocce di porpora. -
Miku spalancò la bocca: - Voleva crearsi un harem? - si portò una mano al viso: - Allora avevo ragione! -
Ricordò il suo primo incontro con il Duca di Venomania.
Lo ricordò bene.
Ancora più bene - o meglio, che era grammaticalmente più accettabile.
- Sta ancora cercando povere fanciulle candide, ingenue e innocenti da attirare nella danza del suo harem! -
- In realtà non lo fa sul serio. Gli è solo rimasta quest'abitudine. - Kaito alzò le spalle: - E poi, lo sanno tutte che non devono mai accettare un invito nel castello del Duca del Paese del Viola. -
"..." - Dovreste spiegarlo anche a chi non è del posto. -
- Avevamo messo un cartello bello grande. - il Brucaliffo annuì alle proprie parole: - Ma poi l'abbiamo trovato incenerito. Ne abbiamo messo un altro. E, il giorno dopo, anche quello era stato ridotto in cenere. E così via finché, al decimo, ci siamo stancati e abbiamo deciso di non metterne altri. -
- ... dove l'avevate messo...? - aveva gli occhi a mezz'asta.
- All'entrata, ovvio! - Kaito sbattè le palpebre: - Ma Gakupo ci ha garantito di non aver visto nessuno dar fuoco ai cartelli con una fiamma ossidrica. E se non l'ha visto lui che sta quasi sempre lì... - un sospiro: - Certo, potrebbero aver agito quando lui non c'era, ma questo significherebbe che qualcuno ha controllato tutti i suoi orari... -
- Eh, sì. Senza dubbio. Qualcuno. - si premette la mano contro la guancia giusto per non facepalmare: - Quindi, nessuna delle donne è stata ben disposta a copulare in modo diversamente grammaticale? -
- Alcune sì. Erano arrivate anche a litigarselo. - abbassò la voce: - Sai, Gakupo ha molte fans nel Paese del Viola. -
Miku annuì, piano: - Immagino. - "Fangirls del proprio sovrano. Ha il suo perché.".
- Le altre, invece, dato che non potevano uscire, si godevano il castello. - era tornato a parlare a volume normale.
- ... in sostanza, Gakupo si è ritrovato in casa un numero indefinito di fanciulle che usavano la suddetta casa come un albergo? -
- E lui come servitore tuttofare. Hanno detto che era il minimo che potesse fare per scusarsi del fatto che non potessero uscire. -
- ... in tutto ciò, Gakupo non si è fatto qualche domanda, quando ha visto che la cosa non stava andando come sperava? Perché è arrivato addirittura a riempirsi il castello di ospiti poco ben disposte nei suoi confronti? -
- Ha detto che era sicuro che la successiva sarebbe stata un'ipnosi perfetta. -
- E ha sbagliato ogni volta. -
- Pare si limitasse a cambiare le parole, ma che l'ordine fosse sempre lo stesso. -
- Forse Gakupo è masochista. - trasse un profondo respiro, più rilassata: - Se non altro, non ha toccato nessuna di loro. -
- Ci ha provato. - spiegò Kaito: - E ci anche detto che ricorda ogni singolo schiaffo. Uno da ogni fanciulla. Ci ha provato solo una volta con ciascuna. -
- Immagino. -
- Anche se le testimonianze delle rapite hanno dato maggiori dettagli. Tipo, la cara Gumi gli ha tirato i capelli, glieli ha messi attorno al collo e l'ha quasi soffoc- -
- Gumi sa essere piuttosto violenta. - ormai l'aveva capito.
- E la mia dolce Meiko gli ha fatto perdere più sangue di quanto non gliene abbia fatto perdere io pugnalandolo. -
- Non voglio saperne di più. - le bastava l'immaginazione: - ... insomma, alla fine, forse Gakupo è stato anche grato del tuo arrivo. -
Kaito sgranò gli occhi: - E' quello che mi ha detto anche lui, sai? Che sono stato una benedizione divina, una luce nel buio, un sole nella notte, un faro negli abissi, una macchia gialla su sfondo nero, un- -
- Non mi risulta di aver usato tutte queste similitudini. -
"..."
Ora, aveva iniziato a farci l'abitudine con tutta quella gente che appariva a caso - soprattutto alle sue spalle. Tuttavia, aveva iniziato. Ancora non la considerava la cosa più normale del mondo.
- Volevo rendere la cosa più intensa! - Kaito si voltò, ed era tornato a sorridere come suo solito.
- Intensissima. Stavo per commuovermi io. - Gakupo si fece avanti, e Miku ebbe il tragico sospetto che avesse sentito ben più di quelle frasi di gratitudine un po' pompate.
- Forse stavi solo per rimaledirti per aver avuto un'idea tanto stupida ed esserti fatto trattare di conseguenza. - rispose il Brucaliffo, serafico.
Il Duca trasse un profondo respiro. E aveva anche serrato la presa sul suo bellissimo bastone - bastone che, a ben pensarci, quindi gli aveva rifilato Kaito.
Lo stesso Kaito che, probabilmente, stava rischiando un pestaggio ad opera di quel bastone.
E, soprattutto-
- No, scusate, voi vi siete fatto ingannare da un uomo con la parrucca, la voce in falsetto e una katana nascosta dietro la schiena? -
- Veramente ce l'avevo davanti. -
Miku guardò Kaito.
- La tenevo stretta al petto, e la coprivo con le braccia. -
Miku tornò a guardare Gakupo.
Rimase un po' perplessa quando vide la sua espressione da visione mistica: - ... era la donna più bella che avessi mai visto. -
- ... con Gumi e la Regina intorno? -
- Non avevo mai visto una donna tanto bella... -
- ... avete mai pensato che forse non siete attratto dalle donne? -
- Ma costui non aveva nulla di virile! -
- Ehi! - Kaito s'intromise.
- Era il ritratto assoluto della femminilità! -
- Provo compiacimento. -
- Nessuno avrebbe mai potuto capire che si trattava di un inganno! -
- Infatti ho ingannato anche le guardie! -
- Come avrei potuto capire che era solo un'imitazione? -
- Noooon poteeevi, nooon poteeevi! -
Forse avrebbe dovuto fare qualcosa per reinserirsi nella conversazione. La discussione era platealmente deragliata.
- ... vi siete fatto ingannare da un uomo con la parrucca, la voce in falsetto e una katana nascosta davanti! - si corresse: - Tra le braccia! -
La discussione era platealmente deragliata, quindi doveva reinserirvisi.
- Non ho visto la katana. Era nascosta molto bene. -
- Non cambia il resto della frase. -
- Cambia il fatto che voi ora non avete più alcuna scusa per esigere scuse da parte mia. -
Silenzio.
Comprese.
- ... pensavate fossi un altro uomo con la parrucca, la voce in falsetto e una katana nascosta tra le braccia? -
- E' stato un dubbio legittimo. -.
Silenzio.
"... capisco la paranoia, ma..." lasciò la presa di Kaito e incenerì Gakupo con un'occhiataccia: - Primo. Io non sono un maschio. -
- Siete stata cristallina, a riguardo. - lui non aveva fatto una piega.
- Secondo. I miei capelli sono bellissimi, di un meraviglioso verde acqua naturale! -
Nessuna risposta, solo uno sguardo di sufficienza.
- Terzo. - si gonfiò: - La mia voce è splendidamente naturale! - e l'avrebbe dimostrato: - MILLE FIORI DI CILIEGIO SI DISSOLVONO NELLA NOTTE! LA TUA VOCE NON MI RAGGIUNGERA'! - era pure partita una musica. Ottimo. Scattò verso il centro del labirinto, a braccia aperte: - QUESTO E' UN BANCHETTO NELLA CELLA DI UNA PRIGIONE D'ACCIAIO! GUARDA IN BASSO, VERSO DI NOI, DALLA TUA GHIGLIOTTINA! - la voce più alta che poteva: - TUTTO IL MONDO E' AVVOLTO IN UN'OSCURITA' INFERNALE, NON SI SENTE NEMMENO IL TUO CANTO TRISTE! CON IL TUO FUCILE, PUNTA AL CIELO AZZURRO E ALLA GRANDE DISTANZAAAAA! -
Perché era talmente brava che l'avrebbero sentita anche da lontano!

Rimase a giacere sul tavolo, la faccia contro la tovaglia.
Ne aveva trovato uno libero e non aveva visto perché non buttarcisi sopra.
Qualcuno era anche passato a farle patpat sulla schiena, facendole tanti complimenti per la canzone. Lei si era limitata ad un mugugnare e ad alzare appena una mano, in segno di ringraziamento.
Si sentiva un pochino provata.
Era stata una mattinata estremamente intensa.
- Credo tu abbia bisogno di cambiare un po' aria. - un sospiro, accanto a lei.
Miku scattò a sedere, il cuore sobbalzò: la Regina, Meiko.
- Voi dite, Vostra Maestà? - si rassettò il vestito, cercando di non distogliere lo sguardo dal volto della sovrana.
Sembrava tranquilla e non intenta a pensare a qualcosa di malvagio, quindi poteva considerarlo un buon segno.
- Dico. - la Regina annuì: - Ad esempio, potresti andare dalla Finta Tartaruga. - "Chi?": - O l'hai già incontrata? -
Miku scosse la testa.
- La sua presenza potrebbe rilassarti. - la sovrana alzò appena un braccio: - Mia cara. -
Con sua sorpresa, ad apparire al fianco della Regina non fu Lily ma Mayu: "... come fanno a sapere di quale 'mia cara' sta parlando...?" forse era una capacità dei servitori, o di gente abituata a far parte di quel corteo.
- Mi piacerebbe molto se tu conducessi Michelyne dalla Finta Tartaruga. - sorrise: - E se la Finta Tartaruga le raccontasse qualche storia. -
- Signorsì, mia signora! - Mayu trillò, messa sull'attenti, con tanto di mano alla fronte.
Poi guardò lei.
Sì, Mayu aveva degli enormi occhi dorati, belli sgranati. O forse erano grandi di per loro e lei li stava sgranando perché voleva vederla per bene.
"Alla gente del Paese dello Specchio piace fissare.".
- Non mi sono ancora presentata per bene! - giunse le mani inguantate: - Io sono il Grifone, o Mayu! -
- Piacere! - dato che le aveva già detto il suo nome, non vide perché ripetersi.
- Spero ti piaccia ascoltare storie, perché alla Finta Tartaruga piace molto raccontare storie. - Mayu fece di sì con la testa, le mani ai fianchi: -
Malinconiche. Le piacciono tantissimo le storie malinconiche. -
- Oh. - "Che bello." le mancavano ai generi delle storie della giornata.
Sempre che quella di Rin si potesse considerare "in giornata". Era piuttosto sicura che la mezzanotte fosse passata, quando l'aveva incontrata: "... è tutto il giorno che ascolto storie.".
Il Grifone aprì le braccia e spalancò le ali in una ventata che quasi la buttò giù dal tavolo: - E spero anche ti piaccia volare! -
- COS- - si aggrappò al bordo: - E-ecco, Mayu- -
- Ellie. -
- Eh? -
- Mi chiamo Ellie. -
- ... non avevi detto di chiamarti- -
- Elsa Maria, sì. Quindi chiamami Elsa Maria. -
Miku sbattè le palpebre, piano: - Ecco, Grifone, in realtà non è che volare sia una cosa che mi piaccia poi così- -
- E' sempre bello vedere qualcuno così entusiasta! -
La presa al bordo del tavolo le impedì di venire travolta da quell'ondata di nero e biondo, quando se la ritrovò addosso.
- Reggiti forte, e goditi la vista! -
Gelo: - No, sul serio, io non- -
Si sentì stritolata.
Sarà anche stata più o meno della sua stazza, ma quella piumosa fanciulla era atrocemente forte.
E non c'era più niente sotto di sé, attorno a sé.
Niente più tavolo, tovaglia, qualcosa.
Solo Mayu. O in qualsiasi modo volesse farsi chiamare.
Non doveva muovere le gambe.
Si sarebbero mosse nel...
- METTIMIGIU'METTIMIGIU'METTIMIGIU'- -
- Ah, ci vorrà un po' per arrivare! - il Grifone sospirò, intenerita: - Quindi, hai tutto il tempo per ammirare questo bellissimo panorama! -
- SOFFRO DI VERTIGINI! - si aggrappò alla sua vita con le gambe.
Manovra d'Emergenza: Posizione del Koala.
E aveva dovuto usarla per la seconda volta nel giro di poche ore.
Non le sarebbe affatto piaciuto doverlo fare una terza volta.
Soprattutto ad alta quot-
- CAMMINIAMO TI PREGO CAMMINIAMO NON VOGLIO VOLARE HO PAURA METTIMI GIU' FAMMI SCENDERE- -
- Sing-a-ring-a-ring! -
"... si è messa a cantare. Io soffro e lei canta." serrò gli occhi, affondò il volto nella sua spalla. E, già che c'era, aumentò la presa con tutti e quattro gli arti.
- Wippa-wippa-win! -
"D'accordo. Tanto è inutile." trasse un profondo respiro: "Stiamo scivolando rasoterra. Sì. Stiamo scivolando rasoterra." sentiva la nausea in agguato nei dintorni dello stomaco: "Stiamo scivolando rasoterra. Stiamo scivolando rasoterra. Stiamo-"
- Wow! Guarda laggiù! Come sono piccoli! Staremo ad almeno trecento metri d'altezza! -
- RASOTERRA DI TRECENTO METRI NON HO MAI VISTO UN RASOTERRA COSI' RASOTERRA RASOTERRA RASOTERRA! -.

Terra.
Terra.
La sentiva sotto i piedi - o meglio, sotto le suole delle scarpe -, la sosteneva, la faceva stare perfettamente immobile in mezzo al panorama.
Inspirò a fondo, riempì per bene i polmoni. Sentì i muscoli meno rigidi. Molto meno rigidi.
C'era aria fresca. Doveva esserci dell'acqua, da quelle parti.
Aprì gli occhi, piano.
Dalle fessure delle palpebre, tutto rimaneva fermo.
"D'accordo, sono davvero a terra." si calmò, e riuscì ad aprire del tutto gli occhi.
Si massaggiò lo stomaco con la mano, anche se non faceva più così male. Sentiva un certo fischio nelle orecchie, però.
Inspirò di nuovo.
Piante più alte di lei, con foglie larghe quanto il suo busto, ricoperte di minuscole goccioline d'acqua. Dietro, degli alberi.
E, davanti a lei, una cascata.
Non troppo alta, né troppo bassa. Forse neanche una decina di metri.
Sotto, un laghetto incorniciato da scogli e tanti ruscelli. E lei era tra due di questi.
- Siamo tornate nel Paese del Verde? - fece qualche passo avanti. Il suono viscido sotto i suoi piedi le confermò che l'erba era più che umida.
- Siamo vicino al confine! - la voce trillante di Mayu - o qualsiasi fosse il suo nome - le giunse da dietro, come previsto, dato che non le era davanti o ai lati.
Una folata di vento - Miku si abbassò la gonna - e il Grifone fu sopra gli scogli, le ali spalancate: - Tartarughiiiiiiiinaaaa! - planò sopra la pozza d'acqua, tornò al punto di partenza: - Tartarughiiiinaaa! Dov'è la Tartaruga più graziosa del Reameeeee? -
Un sibilo.
Miku si voltò. Ma non vide nessuno.
- Tartarughiiiinaaa caaaraaa! - Mayu volò sopra i ruscelli: - Dove sei, Tartarughina? Tart- AHI! -
Qualcosa cadde a terra, rimbalzò un paio di volte.
Miku sbattè le palpebre: "... un sasso...?"
Il Grifone, le mani dietro la testa e l'espressione sofferente, si voltò, con un'altra folata d'aria.
Seguì il suo sguardo.
Sopra gli scogli, era apparsa una persona.
Una ragazza, avrebbe detto.
Lunghissimi - davvero lunghissimi, quanto i suoi - capelli biondi, o forse bianchi, o forse color pesca, forse semplicemente platino, il viso dai tratti delicati semicoperto dai ciuffi della frangetta tagliati a caso. Da quel che riusciva a vedere, sembrava indossare la parte superiore di una corazza nera - e, dietro, sembrava tondeggiante. La minigonna a pieghe rosa e gli stivaletti bianchi ci facevano un po' a pugni. Per il resto, sembrava una normale fanciulla filiforme, con curve vicino all'inesistente, a meno che sotto la corazza non fosse fasciata - cosa di cui Miku dubitava.
- Sono qui. - un sussurro. Riconobbe la voce che le era parsa di sentire un attimo prima.
- Mi hai fatto male! - Mayu piagnucolò, massaggiando il punto colpito: - Non si tirano i sassi! -
- E la gente si ascolta, quando risponde. - la voce della ragazza era la tranquillità assoluta. Non c'era alcuna espressione in particolare, sul suo viso.
- Non potevi tirarmi qualcos'altro? - il Grifone planò da lei, atterrandole accanto, la voce ancora lamentosa.
- E' la prima cosa che ho trovato. - l'altra, di contro, non sembrava minimamente turbata dal fatto di aver appena colpito qualcuno in testa con un sasso.
"..." Miku rimase ferma, le mani giunte dietro la schiena, in attesa di essere presentata: "Non ho voglia di intromettermi.".
Fosse mai che le arrivasse qualche sasso.
- Mayu. -
- Sì? -
"Allora si chiama davvero Mayu."
- Chi è la ragazza con te? -
"Ecco. Grazie per avermi notata prima della prossima ora."
- Oh, Miku! - Mayu sorrise, come se non le fosse appena arrivato un sasso in testa: - Era alla festa della Regina, solo che aveva bisogno di cambiare aria e la Regina ha pensato che sarebbe stata davvero una buona idea portarla qui a farsi raccontare qualche tua beeeeellissiiiiiiiimaaaa storia! - giunse le mani e sfoggiò un sorriso da un orecchio all'altro.
- ... una mia storia? - le parve che gli occhi della ragazza si fossero appena più aperti.
Poi incrociò il suo sguardo. Anche lei aveva gli occhi azzurri.
- Davvero? - la sua voce era monocorde, ma c'era come una minuscola scintilla di sorpresa.
Miku annuì: - Mi piacerebbe molto! - era giornata di storie, quindi perché no?
- Oh... - la ragazza si portò una mano alle labbra. Non distolse lo sguardo da lei: - Chi sei? -
- E' Miku! - s'intromise Mayu, indignata: - Te l'ho detto! -
- Michelyne Alice Lydia Fairsound. - fece una piccola riverenza: - O semplicemente Michelyne o solo Miku. -
- Michelyne Alice Lydia Fairsound... - sembrava stesse soppesando quelle parole: - ... mi piacciono i nomi lunghi. I nomi racchiudono storie. Le storie di chi li porta. Perché è stato dato un nome tanto lungo? Se sono tanti, qual è la storia di ciascun nome? Sono ereditati? Ereditano anche le storie di chi per primi li portò? - sbattè le palpebre: - I nomi lunghi nascondono tante storie ereditate. Mi piacciono molto. Difatti, anch'io ho un nome molto lungo. -
"E' la prima volta che qualcuno dice qualcosa del genere sul mio nome..." era sinceramente colpita: - E qual è? -
- Ia. -
"..." sì, era sinceramente colpita.
- Detta anche Finta Tartaruga! - trillò Mayu, indicandola. Non sembrava affatto piacerle l'essere ignorata.
- Perché "Finta"? -
- E' una storia molto malinconica. - disse Ia.
- Mi piacerebbe ascoltarla, se hai voglia di raccontarla. - soprattutto, non aveva voglia di ritrovarsi di nuovo circondata da gente che parlava di storie a lei sconosciute e rimandava il momento delle spiegazioni.
- Allora accomodati, Miku. - le indicò lo scoglio accanto al suo.
Miku annuì e si issò dove di dovere - Ia e Mayu, nel frattempo, si erano sedute. Per fortuna, lo scoglio non era scivoloso. E neanche troppo alto.
- Io... - mormorò Ia: - ... sono una marionetta. -
- Eh? -
- Etta. Etta. -
Miku sbattè le palpebre, le sbattè di nuovo: - M-mi sembri molto vera per- -
- E' impossibile annodare i miei fili. - Ia guardava la cascata, non sembrava neppure averla sentita: - All'ora del tramonto, in città, quando le fiamme oscillavano nel focolare, fra braccia gentili, io nacqui. -
Miku decise di tacere: "Devo ascoltare tutta la storia. Magari, sul finale..."
- I capelli simili alla seta, gli occhi cerulei... - forse Ia aveva un lato vanesio: - La città, all'ora del tramonto, la sbirciavo dalla finestra. Quel mondo frenetico, un poco lo bramavo... -
"Perché parla così?" forse era un modo di parlare delle tartarughe marionette.
- Corsi a vedere la città al tramonto. Stavo facendo tutto il possibile per realizzare quel meraviglioso sogno. Non riempire di solitudine la tua vita... continua a sognare. -
Miku sbattè le palpebre.
Mayu applaudì: - Che bella storia, Tartarughina cara! - si asciugò una lacrima che non c'era: - Ma cosa c'entra con il tuo essere la Finta Tartaruga? -
- Ah... - aveva sentito che c'era qualcosa che non tornava: - ... non è la sua storia? -
- No. Ad Ia piace taaaanto raccontare storie a caso. -
- ... capisco. - guardò la Finta Tartaruga, tornata a prestarle attenzione: - Quindi non sei una marionetta etta etta. -
- No. Sono una finta tartaruga. -
- Uga uga. -
- Sì. -
- E cosa c'entra con te, quella storia? -
- Nulla. -
Miku sospirò.
- Vuoi sentire un'altra storia? - da come l'aveva detto, sembrava sperare in una risposta positiva. "Sembrava" perché non era facile seguire le intonazioni di quella voce atona che sembrava prendere vita solo durante i racconti.
- D'accordo. - annuì. "In fondo, cosa importa se la storia riguarda lei o meno?".
Un accenno di sorriso. "Allora anche lei ha delle espressioni..." era molto più carina, così.
Il suono dei tasti di un pianoforte.
Miku si guardò intorno: "Una canzone...?" una musica lenta, delicata.
Quando il pianoforte fu sostuito da boati, dovette trattenersi dal premersi le mani contro le orecchie.
- In un villaggio di un'epoca sconosciuta, c'era un giovane ragazzo senza nome... - Ia aveva iniziato a cantare. Si era pure alzata in piedi: - E' una favola che nessuno conosce. -
"Mi fa piacere." se fosse stato vero, sarebbe stata lei a poter parlare di cose sconosciute agli altri!
- Dal momento in cui è nato, come se fosse un bambino maledetto, il figlio di un orco, quel corpo ha ricevuto fin troppe punizioni... -
"... allegra."
- Non c'era nessuna cosa triste, tuttavia... -
"In effetti, finora mi è proprio parsa una vita da ricchissimo figlio unico viziato, quella di questo bambino."
- ... nel bagliore del tramonto, hai afferrato la mia mano... -
"Oh..."
- Non lo so! Non lo so! Io non so niente! Né la gentilezza dopo un rimprovero, né il calore di una mano dopo la pioggia, ma sono davvero, davvero, davvero freddo! -
Miku indietreggiò sul sasso: Ia parlava piano per mettersi da parte tutta quella voce?
- Non muoio! Non muoio! Perché non muoio? Tanto non riesco ad avere nemmeno un sogno! E' una favola che nessuno conosce, viene risucchiata nel tramonto e si dissolve! -
La musica continuava, Ia taceva. Forse doveva ricaricarsi. Ma non sembrava affatto turbata o stanca. Miku deglutì: "Sono sicura che sarebbe una plurivincitrice al Karaoke della Regina."
- La violenza veniva quasi vomitata, ogni giorno occhi pieni di disprezzo... - camminava sullo scoglio, la voce di nuovo a volume e velocità normali: - E, senza che me ne accorgessi, tu stavi lì. Nonostante sia inutile parlarmi, "Voglio sapere il tuo nome". Scusami, ma non ho un nome, né una lingua... - giunse le mani: - Anche se da nessuna parte c'è un posto cui io appartenga, "torniamo indietro insieme" e hai afferrato la mia mano. - la musica tornò veloce: - Non lo so! Non lo so! Io non so niente! Neanche che non sei più una bambina! Ma il calore della mano di una sconosciuta è davvero, davvero, davvero, davvero l'unica cosa che conta! Non ti fermi! Non ti fermi! Perché non ti fermi? Se ti scoprissero, verresti uccisa! Sono due bambini maledetti che, dopo la pioggia, vengono risucchiati nel tramonto e si dissolvono. - di nuovo la musica. La canzone stava per finire, lo sentiva: - La notte finisce, il giorno comincia, giochiamo ad acchiapparci finché non siamo esausti. In un mondo così, sarebbe meglio se tutti, a parte me e te, svanissero. Sarebbe meglio se tutti svanissero... - le braccia tornarono lungo i fianchi: - Non la conosco, non la conosco, ma sento una voce. Non mia o tua, ma dell'intera umanità. Resisto per poco tempo, poi afferro la tua mano. Veniamo risucchiati nel tramonto e ci dissolviamo. - sorrise: - Non lo so! Non lo so! Io non so niente! Né cosa accadrà dopo di questo, né il tuo nome. Tuttavia, ora, ora va bene così e questo è ciò che davvero, davvero, davvero, davvero credo! Non lo so! Non lo so! E quel rumore nelle mie orecchie... - si fermò.
Miku sbattè le palpebre.
- ... viene risucchiato nel tramonto e si dissolve. -
Ia le forò i timpani, la musica continuava nel suo finale. Le ultime, frenetiche note risuonarono nell'aria.
Osò applaudire: - Davvero molto bella. E tu sei una bravissima cantante! -
Contro ogni aspettativa, Ia abbassò lo sguardo, il viso coperto dalla frangetta. Un sussurro quasi impercettibile: - 'azie. -
- Su, su! - Mayu quasi la buttò in acqua con una pacca sulla corazza: - Non fare la finta modesta! -
- Ma... - un dubbio improvviso: - ... queste storie le hai inventate? -
Ia rialzò lo sguardo. Gli occhi si intravedevano tra le lunghe ciocche di platino: - No. -
- ... ma non riguardano te. -
- No. -
- Te le hanno raccontate i protagonisti? -
- I protagonisti. - Ia annuì piano: - O persone che hanno assistito. -
Miku si portò una mano al cuore: - Quindi... la marionetta e questi due bambini sono davvero- -
- Miku. -
- Sì? -
- Tu ci credi? - quegli occhi azzurri sembravano terribilmente seri.
"... ci credo?" ci pensò un istante. Trasse un profondo respiro: - Sì. Secondo me, sono successe davvero. -
- Allora sì. -
"..." - Se avessi risposto di no... -
- Allora no. -
Sbattè le palpebre, confusa: - Ma... a prescindere da cosa uno creda, se una cosa è successa, allora- -
- Sai perché sono una Finta Tartaruga, Miku? -
Scosse la testa: "Se non me l'hai detto fino ad ora..."
Ia non fece una piega: - Perché mi è stato detto che sono una Tartaruga. Ma io non ci credo. Perché non ricordo affatto di essere nata Tartaruga. -
- ... eh? - ora era confusa.
- "Sei una Tartaruga!", mi hanno sempre detto. Ma io non ricordo di esserlo mai stata. Quindi, non sono una tartaruga. Perché non ci credo. - la guardò dritta negli occhi: - Tu credi che io sia una Tartaruga, Miku? -
- Ehm... - si torse le dita, di colpo a disagio: - ... sei stata presentata come tale, però mi sembri una ragazza... -
- Dunque, per te, non sono una Tartaruga. -
- Direi di no... - azzardò a dire.
- Allora, per te, sono la Finta Tartaruga. -
Una luce, minuscola, in fondo alla nebbia della confusione: - Quindi, dato che tutti ti chiamano "Finta Tartaruga", nessuno pensa che tu sia una Tartaruga? -
- Forse. Io no di certo. -
- Per me- - s'intromise Mayu: - -tu sei una bellissima- -
- Io sono una Testuggine. -
Silenzio.
Miku alzò una mano.
- Sì? - fece Ia.
- Qual è la differenza tra Tartaruga e Testuggine? -
- Che una testuggine più grande di te non ti vedrebbe come spuntino. -
- ... ah. -
- Una beeeeeeellissima Testugginina! - Mayu le arruffò i capelli: - Però ti chiamo "Tartarughina" perché suona più puccio! - Miku incontrò i suoi grandi occhi dorati: - Sai che Ia è come un graaaande libro di storie? - chiese, come se non le avessero appena detto che, là in giro, c'era la possibilità di incontrare qualcuno pronto a fare di lei la sua merenda.
- Ho capito che la gente racconta molte storie ad Ia. -
- E lei le riracconta! - il sorriso di Mayu si accentuò: - Mantenendo l'anonimato, ooovvio! - ridacchiò: - Anche se, a raccontare la storia del noooostro caro Duca, viene un po' difficile mantenere l'anonimato! -
- Gakupo ti ha raccontato la sua storia? - se ne stupì.
Ia annuì, e la sua sorpresa aumentò: - Spesso non è che vogliano raccontarmi le loro storie. Vogliono solo qualcuno con cui sfogarsi. -
"... Ia è una barista?"
Un'idea: - Ehi, Ia! -
- Sì? -
- Hai mai raccontato la tua storia a qualcuno? -
La Finta Tartaruga sbattè le palpebre, gli occhi più grandi, lo sguardo sorpreso. Poi, piano, scosse la testa.
Miku si portò una mano al petto: - Ti va di provare? - sorrise.
Ia piegò appena la testa di lato. Poi si raddrizzò e annuì: - Mi va. -
- Ottimo! - si mise seduta composta, le mani alle gambe: - Vuoi raccontarla a me? -
- Ti va di ascoltarla? -
- Certo! - era lei a sentirsi molto barista, in quel momento.
Ma, in fondo, c'era un qualcosa di divertente.
- ... la mia storia non è malinconica. Quindi non è interessante. -
Si sforzò di sorridere: - Non è che una storia malinconica è per forza interessante. -
- Ma fa scena. - sembrava voler dire "e tanto basta".
- Non credo... -
- Non è che sia successo nulla di troppo interessante, nella mia storia. - Ia era tornata a guardare la cascata. Forse era abituata a parlare con la cascata, più che con le persone: - Quando mi dicevano che sono una Tartaruga, studiavo presso una testuggine. Era la testuggine più saggia dei mari, dei laghi e dei fiumi e tutti le portavano grande rispetto. -
- Oh... - "Chissà cos'ha imparato!" ci pensò: "Forse le materie che si studiano qui sono diverse da quelle che conosco io...? Magari pure..."
- Mi ha trasmesso tutto il suo sapere sulle arti magiche. -
Miku deglutì: "Lo sapevo!"
- Soltanto che a me non interessano queste cose. -
- Eh? -
- Non sono storie. - la voce di Ia era monocorde: - Quindi non vedo perché ricordarmele. Per questo, le ho messe per iscritto. -
- "Le Malinconiche Magie di Ia la (Finta) Tartaruga, edizioni Del Fradicio." - Mayu annuì, l'indice alzato: - Trenta volumi di cinquecento pagine l'uno, ciascuno stampato in copia singola e tenuto nella Regia Biblioteca del Paese del Giallo! -
- Oh... - non sapeva come commentare. Era letteralmente rimasta senza parole.
- Solo che è difficile trovare un libro nella Regia Biblioteca, quindi vengono comunque tutti a chiederle come si fanno certe magie! - ridacchiò Mayu.
- E finisco per ricordarmi tutto. Anche se non m'interessa. - Ia sospirò.
"... Ia è davvero come un enorme libro."
S'incuriosì: - Quali sono le magie che ti chiedono più spess- -
- Il Filtro D'Amore Supremo. - lapidaria: - Il secondo posto se lo contendono l'Elisir Di Lunga Vita e l'Etere Dell'Oro. -
- Oh... - unì le dita. In quel caso, non poteva dirsi stupita.
- Quella dell'Elisir è una gran noia. - un altro sospiro: - Se trovassero il libro giusto, non ci sarebbero di questi problemi. -
- In Salute e In Malattia, capitolo cento, l'Elisir Di Lunga Vita. - Mayu s'intromise di nuovo: - La pagina più pregna dell'intera collana! -
- Perché? Cosa c'è scritto? - era piuttosto sicura che il Grifone sapesse a memoria tutta l'opera omnia di Ia.
- Non lo so. -
Sbattè le palpebre, colta alla sprovvista: - Sembrava tu conoscessi tutto- -
- No, c'è scritto "Non lo so.". -
- Ah. - se non altro, Mayu sapeva davvero tutto a memoria.
- Quello che non mi chiedono quasi mai... - riprese parola Ia, pensierosa: - ... è Far Marcire L'Erba Senza Usare La Magia, Far Bruciare Il Cibo Sul Fornello, Come Attirare I Pidocchi, Come Creare Un Loop Temporale, Come- -
- Aspetta! - aveva persino allungato una mano verso di lei. La riabbassò, le guance calde, quando notò gli sguardi perplessi delle due ragazze.
- Ti interessa sapere come attirare i pidocchi? -
- No, come creare un loop temporale. - "Forse sa come scioglierlo!" serrò un pugno, il cuore aveva accelerato il suo battito.
Ia sbattè le palpebre, piano, quasi non avesse capito.
Poi parlò, pacata: - Chiunque può farlo. -
- Ah, sì? - "Pensavo-"
- Chiunque abbia un enorme potere magico. -
- Ah. - "Ora mi torna."
- Potere magico generico? -
- Potere magico. - fu la risposta, serafica: - Indipendentemente dall'utilizzo che se ne fa. Che tu sia ferrata con le magie elementali o sia un'esperta pozionista, va bene. -
Miku si grattò la testa, confusa: - Non ha molto senso... -
- E' la base. - fece Ia: - E' come il talento artistico. Puoi dipingere, disegnare, cantare, scrivere, ballare... sempre talento artistico è. Se per un incantesimo fosse indipensabile un grande talento artistico, allora non importa dove sia indirizzato, basta che ci sia. -
Miku annuì, piano: - Credo... credo di capire. - ripensò alle sue parole. Il cuore sussultò: "Un attimo."
- Hai detto... - guardò Ia negli occhi: - ... anche se fossi un'esperta pozionista? -
- Sì. -
- ... -
"... credo di sapere chi ha creato il loop di Rin." serrò anche l'altro pugno: "... possibile che...?" inspirò: "... forse la Regina l'ha costretto. O meglio, forse la Regina gli impedisce di scioglierlo."
- Se io creassi un loop temporale... - azzardò: - ... poi come potrei scioglierlo? -
- Volendolo. -
- ... eh? -
- Solo chi ha creato il loop temporale può scioglierlo. - spiegò Ia, impassibile: - Basta che lo desideri. -
Miku rabbrividì: "... basta così poco...?" inspirò: "... allora, perché Rin è ancora...?" guardò la cascata. Ora che ci faceva caso, faceva un rumore piacevole. Anche a vederla, era quasi rilassante. Sentiva la mente più libera: "... Kaito non sarebbe capace di fare una cosa tanto crudele a Rin e Len. Ne sono sicura. Forse non sa cosa sta succedendo...?" distese le dita sulla gonna: "... devo dirglielo. Devo raccontargli tutto.".
- Ti interessa sapere altro, del loop temporale? - la voce di Ia la riportò agli scogli.
Miku scosse la testa: - No. - sorrise: - Ti ringrazio per tutte le informazioni. -
- Di nulla. - le labbra della Finta Tartaruga si curvarono appena.
- Oh, bene, basta parlare di robe tecniche del genere! - Mayu scattò in piedi, l'espressione decisa: - Perché non parliamo di giochi? -.






Note:
* "Non riesco più a starmene ferma qui" / "Quindi che dici se ci raccontiamo una storiella breve?": Citazione leggermente modificata da Yobanashi Deceive / Night Talk Deceive [ Traduzione ]
* "Avanti, voglio che ti inginocchi!" / "Scusa.": Yami no Ou / Lord of Darkness.
* "Un giovane uomo che stava cercando il suo amore perduto" / "ha trovato la dimora del diavolo.": Venomania Kou no Kyouki / The Lunacy of Duke Venomania [ Traduzione ]
* Nella lyrics di Venomania, dice davvero "katana" (刀).
Mi sono posta molte domande. *Che sì, "katana" è anche usato come sinonimo di... spada. Sempre lì si rimane.*
* "[...] sangue e sudore si mescolassero insieme per poi diventare gocce di porpora.": Pseudocitazione sempre da Venomania.
* "danza del suo harem": Altra pseudocitazione sempre2 da Venomania - tra l'altro, il "titolo inglese ufficiale" sarebbe Dance with Asmodeus.
* In generale, ci sono tanti riferimenti a Venomania.
* "Come avrei potuto capire che era solo un'imitazione?": Potete pensarla come una citazione ad Imitation Black, oppure no. Non era voluto.
* "Mille fiori di ciliegio si dissolvono nella notte! [...]": Senbonzakura [ Traduzione ]
* "Ellie" ed "Elsa Maria" sono un ovvio riferimento alle due canzoni omonime.
* "Sing-a-ring-a-ring!" / "Wippa-wippa-win!": Uso to Nuigurumi / A Lie and a Stuffed Animal.
* Le due storie di Ia sono Karakuri Arise [ Traduzione Scritta ] e, ovviamente, Roku Chounen to Ichiya Monogatari / A Tale of Six Trillion Years and One Night [ Traduzione ]




Questo capitolo si sarebbe benissimo potuto intitolare Perculiamo Gakupo Kamui tutti insieme.
E sì, finalmente, Miku la smetterà di chiamarlo per nome e cognome, ed è stato detto il nome di Meiko, e- ah, sì, giusto, dicevo. *Coff*
Finalmente si è scoperto cosa diamine ha combinato il (povero.) Duca di Venomania! *O*/
... non che fosse molto insgamabile. U.U Tuttavia, il buon (?) portinaio non è riuscito a torcere mezzo capello a nessuna delle "povere" fanciulle rapite - povere fanciulle che hanno finito con lo schiavizzarlo.
Povere Fanciulle. Sì.
(Con tutto che, secondo me, neppure il Duca di Venomania originale se la passava tanto bene. Pensate: un harem di decine e decine di donne bellissime.
Decine e decine di donne bellissime che, una volta al mese, diventavano alquanto irritabili. Decine e decine di donne bellissime con cui - mi pare di aver capito - non ha mai usato alcuna protezione, e dunque orde di infanti dopo nove mesi trascorsi ad occuparsi delle gestanti!
Sì, insomma, anche il Duca di Venomania originale è stato un genio. *E l'assenza dell'Asilo di Venomania mi fa pensare che Kaito sia giunto prima dei nove mesi. (?)*
E poi... davvero, come diamine ha fatto a scambiare Kaito con la parrucca per una donna?
/deliri di Soe davanti a Venomania)

E dunque, non solo Miku ha finalmente capito perché Gakupo le aveva rivolto tutte quelle parole strane (parlo della possibilità che lei fosse un maschio in crossdressing.), ma ha anche scoperto l'oscurissimo legame tra lui e Gumi! *O*/
... ex-fidanzati.
Non erano i fidanzati più fidanzati di sempre? *A* O "estremamente intelligenti", a scelta.
Nel mentre, Gumi ha rivelato il suo passato di brava e semplice fanciulla, di come Kiyoteru l'abbia allontanata dalla storta via e di come abbia avuto qualche piccolo screzio con Meiko.
Forse si potrebbe persino intuire cos'è successo. à.à (No, non ha a che fare con i vestiti. U.U)

In ogni caso, Gakupo dovrebbe davvero smetterla di apparire all'improvviso alle spalle della gente.
*E' finito lì per sbaglio sia nel caso di Gumi che in quello di Kaito? Stava seguendo Miku? Ha un sesto senso nell'individuare chi sta parlando di lui? Non lo sapremo mai.*

Dato che questo capitolo è tutto un enorme inforigurgito, perché non andare da una bella&brava narratrice quale la Finta Tartaruga, alias Ia? *O*
Mi è venuta più kuudere di quanto avevo previsto - in generale, per me Ia è semplicemente molto, molto, molto introversa e con una passione per le storie tristi/malinconiche.
*Non potevo non farle impersonare la Finta Tartaruga.*
Mayu, invece, è una yandere scema. Tutto nella norma. (?)
Se qualcuno se lo stesse chiedendo: sì, lo "shoujo-ai" in descrizione non riguarda solo Luka e Miku.
Chi ha letto Alice nel Paese delle Meraviglie avrà notato tutti i riferimenti al capitolo con la Finta Tartaruga. *O* Spero.

Nel prossimo capitolo, Mayu e Ia continueranno a dire/fare Cose, Miku non sarà da meno e... beh, se avete letto Alice, potete ben supporre cosa succederà.
Prossimo capitolo ancora in fase di scrittura.

... sono al capitolo 10 (due cifre!) e sono già "così avanti" nella storia.
(No, non festeggiate: il finale non è affatto vicino. Dovremmo essere all'incirca a poco meno della metà.
*Nota: "Poco meno della metà" -> "Poco meno della metà se si fa un elenco di tutti gli eventi più importanti senza tenere conto del numero di capitoli che potrebbero occupare".*)
Quando ho iniziato il primo capitolo, mi sembrava una storia seriamente eterna. E invece sono "già" a questo punto. *Le fa strano.*

Comunque. U.U

Spero che questo capitolo di chiacchiere e chiacchiere e chiacchiere sia stato di vostro gradimento. ^^
Per qualsiasi critica o consiglio, dite pure. ^^

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Capitolo 11
*** Già, i peccati sono a mia sola discrezione... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Già, i peccati sono a mia sola discrezione
Il giudizio corrotto
~



Giochi.
La cosa le interessava.
O meglio, di norma la interessava, ma l'ultimo gioco a cui aveva partecipato era stato il Karaoke della Regina e non aveva voglia di provarne un altro simile.
Quindi, la cosa le interessava con cautela.
- Giochi? - Ia chiuse le palpebre, lentamente: - Tipo? -
- La Quadriglia delle Arrigidite! - Mayu alzò la mano, quasi saltellò sul posto.
"Arrigidite?" aveva i suoi seri dubbi sull'esistenza di quella parola.
La Finta Tartaruga riaprì gli occhi: - Oh. Potrebbe essere interessante, sì. - le si rivolse: - Conosci la Quadriglia delle Arrigidite? -
Miku scosse la testa: - Mai sentita! E' un ballo? -
- Puoi considerarla così, se vuoi. -
- E' un gioco caaaaaaarinissimo! - il Grifone battè le mani: - Devi riuscire a comporre tutte e sette le figure! Ma non è così facile, sai? -
- Comporre? - piegò appena la testa di lato.
- Allora, per prima cosa... - Mayu sventolò un indice, con fare sapiente: - ... si pulisce per bene per terra. -
- Quella è la parte più lunga e noiosa. - Ia sospirò.
- I più intrepidi giocano anche nel fango o in acqua, per aggiungere un po' di difficoltà! -
- E altri ancora giocano su un pavimento perfettamente pulito. -
- Magari dopo una decupla passata di cera. - disse Miku. La Finta Tartaruga annuì.
- Poooooooi, si fa un po' di riscaldamento! - Mayu aprì le braccia e le ali: - Io sono già pronta. Tu, Tartarughina? -
- Io sono sempre pronta. -
"... da come parlano, sembra stiano per fare ginnastica." guardò Ia: "... non mi sembra il tipo da ginnastica.".
- E si fa la prima figura! - il Grifone gonfiò il petto: - Stai a vedere, Miku! -
- Sì! - si alzò e mise le mani dietro la schiena, pronta ad osservare qualsiasi loro movimento.
- Io sto sopra! - un trillo di Mayu.
- E quando mai. - un sospiro di Ia.
Entrambe scesero dallo scoglio, probabilmente per stare su una superficie un pelino meno rotondeggiante.
Presero posizione, una davanti all'altra. Poi, la Finta Tartaruga si distese nell'erba bagnata, supina, la testa appoggiata sui piedi del Grifone; Mayu si era piegata in un perfetto angolo di novanta gradi. Un attimo dopo, Ia alzò le gambe, l'altra le afferrò e le strinse tra il collo e le spalle; sotto, la Finta Tartaruga le aveva preso le caviglie.
- Wow... - Miku giunse i palmi, ammirata: - ... un quadrato perfetto! -
- Questa è la prima figura... - Mayu sorrise, lo sguardo a lei: - ... il Quadrato! -
- Vi è venuto benissimo! - "Se avessi simili capacità ginniche, educazione fisica sarebbe una passeggiata!"
- Poi si passa alla seconda figura! - Mayu tornò a concentrarsi.
- E si canta. - aggiunse Ia: - Canterò io. -
"... vuole cantare mentre sta facendo ginnastica...?" deglutì: "Se se ne esce con una cosa spompante come quella di prima mentre sta facendo questo, io..." non sapeva neppure lei cosa, ma non era neppure sicura della propria reazione.
- Già, ora la foschia dell'afa ha nascosto l'assenza di colori... - aveva iniziato a cantare.
E, nello stesso istante, Mayu si era tirata indietro, portando con sè le sue gambe. Ia era letteralmente sottosopra.
- Dato che il mio desiderio si è avverato, d'ora in poi festeggeremo... - si era piegata, Mayu aveva fatto altrettanto.
- Un rombo! - riconobbe Miku.
- Questa è la seconda figura... - se Ia cantava come se nulla fosse, Mayu era prossima al soffocarsi: - ... il Rombo! -
Non potè far altro che applaudire. Era sicura che gli occhi le stessero brillando: "Sono bravissime!".
Ia sospirò. Ma era più un sospiro esasperato: - Dicevo. - riprese a cantare: - Sai, anche i momenti migliori sono terribili... - entrambe tornarono quasi dritte: - ... perché questo mondo ha un lato oscuro... -
- E questa è la terza figura! - la voce trillante di Mayu coprì del tutto le parole della strofa: - ... l'Aquilone! - sembrava aver recuperato un po' d'aria.
Miku era senza parole. Non poteva far altro che applaudire.
E stupirsi di come la minigonna di Ia non si fosse alzata del tutto. Si intravedeva a malapena un piccolo rettangolo bianco sopra una coscia, dietro.
- Potresti non interrompermi? - se la voce della Finta Tartaruga fosse stata capace di cambiare chiaramente, di sicuro in quel momento sarebbe suonata seccata.
- Ma devo spiegare a Miku! - Mayu gonfiò le guance, l'espressione contrariata.
Poi, le labbra si curvarono in un sorriso un po' troppo ampio: - Ora, tocca alla quarta figura! Il Rettangolo! -
"... ho come l'impressione che Mayu si stia approfittando della cosa." le mani si fermarono a metà dell'applauso, gli occhi a mezz'asta.
Il Grifone si tirò del tutto su, e afferrò le caviglie della Finta Tartaruga, allontanandole dalle spalle. Tirò indietro la testa, la ruotò appena e poi la portò in parallelo con le braccia tese davanti a sè.
- Chi ieri ho amato da oggi è mio nemico... -
Ia aveva fatto altrettanto - senza prima sgranchirsi il collo. E si era ritrovata a fare una perfetta verticale - non fosse stato che le sue mani erano attorno alle caviglie di Mayu e che lei stessa era interamente sorretta da Mayu.
"... direi che non puoi giocare con qualcuno troppo più alto o più basso di te." capì.
E la gonna di Ia continuava a rifiutarsi di alzarsi, aprendosi in un cono che non mostrava praticamente niente. Forse Mayu riusciva ad intravedere qualcosa ma, se anche così fosse stato, sembrava più intenta a non trasformarsi in un puzzle di gothic lolita e piume.
- "E' fantastico", ho detto, e non ho potuto fare altro... -
Mayu calò Ia fino a farle posare la schiena a terra; poi, si lasciò andare in avanti, piegata appena all'indietro. Stavolta, era Ia a sostenerla. O qualcosa del genere.
- Un... - Miku roteò un dito: - ... un... quadrato storto! -
- La quinta figura! Il Parallelogramma! -
- Che canto a fare se mi interrompete di continuo? - aveva sbuffato sul serio. Doveva essere molto piccata.
- Ah! Finalmente ho una bella visuale! - Mayu doveva aver recuperato tutta l'aria, tanto da gettarne fuori un bel po' con un profondo sospiro.
"Come pensavo." non sapeva se ridere o meno, quindi si limitò a cercare di trattenere un sorriso.
Ia spostò lo sguardo sul Grifone.
Mayu sorrise, un grande e luminoso sorriso.
E un: - Ouch! - risuonò nell'aria.
Un ginocchio nello stomaco.
Il Grifone cadde di lato con un gemito, le mani al punto colpito.
La Finta Tartaruga fece una capriola e si rialzò, togliendosi fili d'erba da capelli e abiti.
"..."
- Come puoi ben vedere, non è un gioco molto semplice. - disse Ia.
Miku annuì: - Bisogna essere molto atletici... -
- Ti va di provare? - una mano tesa.
Il cuore sobbalzò: - I-io...? - s'indicò, giusto per essere sicura.
La Finta Tartaruga annuì: - La canzone l'hai sentita. Puoi cantare tu. -
"Pure!?" - T-temo di non essere così atletica! - portò le mani avanti, fece un passo indietro: - Sono una vera frana in questo tipo di cose- -
- Possiamo fare le prime figure. Quelle più semplici. - un accenno di sorriso. Eppure, arrivava fino agli occhi.
"... come faccio a dirle di no...?" lasciò le braccia lungo la schiena: "... ma io non..."
- Tranquilla, puoi stare sotto. - aggiunse Ia: - Sarò io a sorreggerti. -
- ... solo il Quadrato! - serrò i pugni.
La Finta Tartaruga parve sorpresa. Aveva gli occhi appena più aperti. Poi, quell'accenno di sorriso tornò sulle sue labbra: - Il Rombo. -
- Ci proviamo! -
- D'accordo. -
- Ma, se non ci riesco, la finiamo al Quadrato! -
- Come vuoi. -
- E, uhm... - guardò oltre la sua spalla: - ... Mayu- -
- Oh, starà bene tra poco. Lasciala pure lì. -
Miku annuì, molto poco convinta. Il Grifone era diventata una palla nera, bionda, arcobaleno e piumosa da cui provenivano mugolii sofferenti. "Ma se Ia mi ha detto così..."
- E quando dovrei iniziare a cantare? - prima Ia aveva iniziato al Quadrato e Ia stessa le aveva detto di cantare: non aveva voglia di cadere in qualche trappola tipo "Si inizia a cantare dal Rombo quindi, se canti, il Rombo devi farlo per forza".
- Oh, quando vuoi. - Ia indicò il terreno: - Hai bisogno di riscaldamento o possiamo iniziare ora? -
- ... credo mi servano almeno tre ore di riscaldamento. -
- Perfetto, puoi sdraiarti. Cominciamo. -
- Mentivo, in realtà sono prontissima. -
- Ottimo. -
"Non funziona neanche al contrario." con un sospiro, Miku si distese nell'erba. Bagnata. Sospirò di nuovo: "... spero di asciugarmi in fretta.".

"Allora." cercò di fare mente locale, mentre appoggiava - con estrema calma - la testa sui piedi della Finta Tartaruga: "La canzone. La canzone... parlava di foschia d'afa! Sì, aspetta, faceva..."
- Afferra le mie caviglie e porta su le gambe. -
- S-sì! - fece come le era stato detto; dietro le cosce e ai polpacci, però, sentì tirare in modo alquanto doloroso.
"Magari se canto non ci faccio caso..." cercò di ricordare le parole: - Uhm... "Questo è tutto vero!" ha detto l'ingannevole foschia dell'afa, sorridendo... -
- Visto che sei riuscita a fare il Quadrato? - Mayu sciolse la sua posizione palliforme, mettendosi in ginocchio. Riusciva a vedere la sua espressione sofferente, dietro quel sorriso.
- Bene! - anche lei sorrise: - Allora possiamo finirla qui! -
- Nah. Stavi andando bene. - la presa sulle sue gambe - di cui non si era neppure accorta - si fece più forte: - Non c'è bisogno che ti dica di reggerti forte. -
- Eh? -
Una minuscola parte di lei si rese conto di star stritolando le caviglie di Ia. La stragrande parte di lei, invece, era terrorizzata.
"Proprio non hanno voglia di ascoltarmi, eh?" serrò le palpebre, cercò di concentrarsi sul canto: - Ormai me ne sono reso conto: in questo tipo di storia ormai scontata, può esistere un solo tipo di finale. Qualcosa che può andare oltre questo giorno estivo che si ripete... - una fitta allo stomaco.
Tacque. Ma non osò aprire gli occhi.
Si sentiva stordita. E non sentiva più nessuna parte del suo corpo a contatto con il terreno. Forse giusto i capelli. Forse.
- Brava, Miku! - la voce di Mayu, un applauso: - Visto che sei stata capacissima di fare il Rombo? Vai, vai, che ora l'Aquilone è facile! -
Avrebbe volentieri urlato ma, se l'avesse fatto, avrebbe sputato il cuore - lo sentiva, lì, incastrato nella gola, pronto a saltarle fuori dalla bocca se solo avesse osato aprirla.
- Credo non regga. - la voce di Ia, tranquilla: - E' andata comunque bene. -
Il cuore scese - o salì, per come la si voleva vedere -, la gola fu libera. Ora l'avrebbe portata giù. E quel gioco bello da vedere e gran poco bello da giocare sarebbe finito.
- Fra gli schizzi di sangue che spruzzavano ovunque, a quella foschia d'afa ora sorpresa: "Ti sta bene!" ho detto, sorridendo. -
"... perché non sono ancora giù?" non si azzardò ad aprire gli occhi.
- Oh! Visto? Visto? - Mayu: - Visto che hai fatto pure l'Aquilone? -
"No..."
- Ora basta sul serio. - sentì Ia calarla fino a terra. Quando sentì di nuovo il bagnato lungo tutto il corpo, spalancò gli occhi.
Il volto tranquillo della Finta Tartaruga, china su di lei. Si era tirata indietro i capelli, ma un paio di ciocche le piovevano ai lati.
- Sei stata molto brava, per essere una principiante. -
- Mi hai ingannata... - pigolò Miku: - ... avevi detto che non saremmo andate oltre il Rombo! -
- Volevo vedere se fosse tutta una tua convinzione o meno. - sbattè le palpebre: - In parte lo era. In parte sei veramente troppo rigida per andare oltre. -
- Ecco! -
- Ma sei stata perfettamente in grado di arrivare all'Aquilone. Sei stata tu ad impuntarti del contrario. -
Miku gonfiò le guance. Le sentiva calde. Se non altro, il cuore era tornato al suo posto, il battito che andava regolarizzandosi.
- Non voglio più fare questo gioco. - borbottò.
- Miku. -
- Sì? -
- Mi lasceresti le caviglie, allora? -
- Oh. - tolse le mani: "Chissà se le ho lasciato il segno..." era piuttosto sicura di sì. Soprattutto perché Ia aveva un aspetto incredibilmente esile e le gambe non facevano eccezione: - Scusami... - sospirò: - Non volevo farti male. -
- Tranquilla. Non ho sentito quasi niente. - Ia si rialzò, Mayu apparve nella sua visuale: - A proposito, Miku... -
- Sì? -
- Ma cosa stavi cantando? -
- ... - "... non erano le parole della canzone, vero...?" però era sicura c'entrasse l'afa.
- Un nuovo gioco? - il Grifone giunse le mani, sembrava ripresasi del tutto.
- Oh... uhm... Sì! - sorrise: - Sì, è un... gioco! Un nuovo gioco! -
- Non l'ho mai sentito. - Ia tornò a guardarla.
- Ce lo insegni? Ce lo insegni? -
Miku si rialzò, spolverandosi gonna e capelli: - Volentieri... - ci pensò: "Un gioco... mh...".
Un'idea. Battè le mani e sorrise: - Allora, questo è un gioco molto particolare. Quella che ho cantato io è una variante ma, per cominciare, possiamo fare la versione base! - del resto, nessuna delle due conosceva quel fantomatico gioco. Avrebbe potuto inventare e mentire senza alcun problema. Forse.
Il Grifone aveva di nuovo spalancato gli occhi dorati; quelli della Finta Tartaruga erano un po' più aperti del solito: le avevano dato tutta la loro attenzione.
- Per prima cosa, si sceglie un- - notò le ali di Mayu: - -uccellino, che si siede al centro. Poi, gli altri partecipanti si prendono per mano e fanno un girotondo intorno all'uccellino! - ruotò un dito: - Ah, l'uccellino deve essere bendato, o avere gli occhi chiusi! -
- E poi? - Mayu sembrava sinceramente curiosa.
- Le persone che fanno il girotondo cantano. - spiegò Miku: - Alla fine della canzone, l'uccellino deve cercare di afferrare la persona dietro di lui! -
- Oh. - Ia sbattè le palpebre: - Sembra carino. -
- Facciamolo! Facciamolo! - Mayu alzò le braccia: - Io faccio l'uccellino! -
"Ovviamente." - Bene, allora siediti. - accennò ad un punto a terra con la mano. Il Grifone obbedì.
- Allora... - guardò Ia: - Direi che noi due faremo il girotondo! -
- Si può, in due? - la Finta Tartaruga le si avvicinò: - Non viene un po' stretto? -
- Uhm... - ci pensò: - Allora, non ci terremo per mano e saremo un po' distanti! -
- Io chiudo gli occhi! -
- Bene! - portò le mani ai fianchi, fiera di sè: - Allora possiamo cominciare! - "E cercherò di non essere io quella alle spalle di Mayu.".
Giusto per stare sicura, si mise dietro il Grifone fin dall'inizio. Magari, c'era la possibilità di finirle davanti alla fine della canzone, per riscontro karmico. O qualcosa del genere.
Quando ognuna fu al proprio posto, Miku iniziò a cantare: - Kaaagoomee Kaaagooomeee... - si mosse verso destra, Ia fece altrettanto, in silenzio: - L'uccello è nella gabbia... - era a lato di Mayu: - Quando, quando uscirà? - dietro di lei. Affrettò impercettibilmente il passo: - Nella notte dell'alba, la gru e la tartaruga scivolano... - all'altro lato. Si rilassò appena. La canzone stava per finire: - Chi c'è dietro di te? -
Era tornata davanti a Mayu. Era al sicuro.
Forse.
Perché il Grifone era ruotata su se stessa in un istante, e aveva lanciato qualcosa di nero alle sue spalle.
Alle sue spalle, dove c'era Ia.
Che si era girata in una frazione di secondo.
Il qualcosa nero era rimbalzato sulla corazza scura.
- Ouch! - ed era tornato alla sua proprietaria. Sulla faccia della sua proprietaria, per la precisione.
Quando vide il qualcosa tracciare un arco perfetto sopra di lei, lo riconobbe: uno degli stivaletti di Mayu.
Davvero grande, in realtà.
Molto grande.
Estremamente grande.
- Ah! - si gettò di lato appena in tempo per evitare di seguire lo stesso destino del Grifone.
Lo stivaletto atterrò nell'erba con un tonfo.
- Molto carino questo gioco. - la voce di Ia la fece voltare nella sua direzione. Era tornata a guardarle, ed era assolutamente tranquilla: - Potremo rigiocarci, qualche volta. -
- Perché non riesco mai a colpiiiiirtiiiiiiiiiiiii? - Mayu recuperò lo stivaletto, l'altra mano a sfregare la fronte.
Miku osò avvicinarlesi: - Tutto bene...? -
- Eh? - quegli occhioni dorati: - Perché? -
- ... no, niente. -
- Però non mi va più di giocare. - Ia le aveva raggiunte: - Miku. -
- Sì? - la guardò.
L'accenno di un sorriso: - Ti andrebbe raccontarmi qualcosa? -
Miku sbattè le palpebre: - Oh... ehm... beh, sì... - "Almeno non rischio di farmi male." le gambe ancora tiravano un po': - Tipo...? -
- Quello che vuoi. -
- Uhm... - "... ad Ia piacciono le storie raccontate da chi le ha vissute. Magari..." un'idea: "Forse potrebbe persino aiutarmi ad aiutare Rin, in qualche modo!"
Intrecciò le dita: - Posso raccontarti tuuuuuutte le cose che mi sono successe da quando sono arrivata qui, nel Paese dello Specchio! -
Magari con qualche minuscola modifica. Tipo cambiare l'ordine cronologico del momento in cui aveva ricevuto l'invito. "In ogni caso, devo essere cauta, nel parlare di Rin. Ia e Mayu devono essere state sue suddite.".
A giudicare da come aveva aperto gli occhi, la Finta Tartaruga era più che interessata.

Era stato facile parlare dello Shota Usamimi. Le era parso che la sua voce fosse suonata più che entusiasta.
Aveva un po' esitato quando aveva iniziato a parlare di Gakupo - perché, ovviamente, lei aveva l'invito, il comportamento del portinaio era stato proprio strano, eh! -, ma Mayu sembrava più interessata ai loro battibecchi che non al motivo che li aveva causati, quindi aveva dato più importanza a quelli - facendo casualmente finire in quindicesimo piano il perché.
Il resto era uscito come un fiume in piena, tanto che il Grifone aveva dovuto chiedere chiarimenti più di una volta; la Finta Tartaruga, al contrario, non aveva aperto bocca neppure una volta, né aveva mai cambiato espressione.
"Con tutte le storie che ha sentito raccontare, ormai deve essere capacissima di seguire anche la narrazione più disconnessa..."
Nel parlare, si era resa conto di quante cose fossero successe in ventiquattr'ore, di quante persone avesse incontrato.
L'adorabile Shota Usamimi, il Duca Portinaio, i due piccoli bimbi intraprendenti, le sovrane del Paese delle Meraviglie, il Fante Principessa, i bizzarri fiori, il Re Bruco, quei due tizi fuori dalla casa dello Shota Usamimi, la famiglia della Cuoca, la Gnocca Nekomimi, la giardiniera di corte e la ragazza con l'ombrello il cui ruolo le sfuggiva e... le due Regine.
Il Cappellaio condannato ad una lunga prigionia e la Guerriera divenuta sovrana.
- Rin mi ha- - serrò i pugni sul grembiule: - -narrato cos'è successo. - "... ho chiesto del loop temporale, prima. E di come scioglierlo. Non posso far capire che so cosa le è successo. Capirebbero che..."
Ia continuò a tacere. Mayu si limitò a ridacchiare: - Dalle poche volte che l'ho rivista, mi pare sia decisamente migliorata da quando era sul trono! -
- Mi è parsa... - azzardò: - ... pentita. -
- Lo è. - finalmente, la Finta Tartaruga spezzò il suo silenzio: - Da anni. Dal giorno in cui si fece avanti di fronte alla ghigliottina. -
Non l'aveva detto con un tono particolare, né con una qualche espressione. Era tornata impassibile e monocorde.
- Anni? - "Allora ho ragione a pensare che qui nessuno ha l'età che dimostra..." l'idea che avessero tutti sul centinaio d'anni non le parve un'ipotesi così fantasiosa: - E allora perché la Regina non la libera? Ormai ha scontato la sua pena- -
- Gli oooordini della Regina sono aaaassoluti. - le labbra di Mayu si curvarono ancora di più: - Sarà la Regina a decidere quando farla uscire. - una risata leggera: - Se farla uscire. -
Il cuore sussultò: - Ma- -
- Nooooon si dice "Ma" alla Regina! - una mano inguantata alla guancia, il sorriso immutato: - Gli ooooordini della Regina sono aaaassoluti! Aaaassoluti! -
Un brivido lungo la schiena.
"... sembra che mi stia..." inspirò: "... minacciando?" conficcò le unghie nella pelle.
- Il potere della Regina è assoluto. - la voce di Ia, per qualche ragione, le fece allentare la tensione alle braccia: - L'intero Paese dello Specchio deve sottostare al suo volere. Indipendentemente da ciò che ne pensa il singolo. - incontrò il suo sguardo: - Hai mai sentito la Regina dare ordini? -
- Sì... sì, certo. -
- E ti è venuta voglia di obbedire anche se non erano indirizzati a te? -
Silenzio.
"..." - ... sì. E' successo. - un altro brivido.
E le parole di Rin, durante il suo racconto: quando la Guerriera aveva parlato alla folla, lei stessa aveva sentito il bisogno di obbedire. Lei che, fino alla sera prima, era stata la Regina.
Sentì improvvisamente freddo.
- Non è una costrizione. - spiegò Ia, impassibile: - Sei lucido e padrone di te, puoi anche opporti e non obbedire, se davvero non vuoi. -
- Soooolo cheeee... - il Grifone fece ruotare l'indice libero: - ... la tua disubbidienza potrebbe avere brutte conseguenze! -
- ... la prigione? - osò domandare.
- Dipende dall'ordine. - la Finta Tartaruga guardò la cascata, ancora una volta: - Prigione. Di un qualche tipo. - non c'era bisogno di spiegare oltre: - O prendersi ciò che vuole. -
- Eh? -
- Se la ex-Regina ti ha raccontato tutto... - la voce di Ia era diventata un sussurro: - ... saprai anche la nostra Regina è una guerriera. - il volto verso la cascata, gli occhi verso di lei.
Miku annuì.
- Se desidera qualcosa, la ordina. Se ciò le viene rifiutato, va a prendersela da sola. -
Trasse un profondo respiro. Non sapeva bene perché, ma sentiva il cuore battere troppo forte: - ... è successo qualcosa, a riguardo? -
Ia non rispose. Mayu alzò le sopracciglia, si attorcigliò una lunga ciocca di capelli attorno al dito che aveva fatto ruotare.
"... direi di sì." inspirò, di nuovo. Ma il cuore continuava ad essere impazzito.
Poi, la Finta Tartaruga parlò di nuovo: - Conosci la Duchessa? -
E il cuore sobbalzò. Miku annuì.
- Sai il suo nome intero? -
Ripensò al modo in cui le si era presentata: - Gumi Megu, Duchessa di Rossovetro. - ricordò.
Ia annuì: - Hai mai visto casa sua? -
- Sono stata sua ospite. - spiegò, ma l'agitazione non diminuiva.
- Dove? -
Sbattè le palpebre: - ... non ricordo il nome della zona esatta- - meglio essere cauti: - -ma era nel Paese del Verde... -
- Sai dov'è Rossovetro? -
- Nel Paese dell'Arancione... -
- E non ti sei chiesta perché la Duchessa di Rossovetro non viva a Rossovetro? -
Silenzio.
Era sicura di aver spalancato gli occhi. E, a giudicare dal freddo sulle sue guance, forse era anche sbiancata.
- ... è la sua casa delle vacanze...? - sforzò un sorriso, con scarsissimo successo, e lo sapeva bene.
- La Duchessa è stata esiliata da Rossovetro per volere della Regina. -.

Forse erano passati pochi secondi, forse interi minuti.
Il cuore pulsava nella gola.
E lei aveva davvero freddo.
Schiuse le labbra: - ... perché? - l'unica cosa che riuscì ad uscire.
- La Regina voleva il controllo assoluto su tutti i Paesi. - Ia la guardò apertamente: - Il Paese del Viola le è sottoposto di base. Il Paese del Verde non ha nessuna carica importante, il Paese dell'Indaco e il Paese del Rosso sono come lande desolate, i duchi delle varie zone del Paese dell'Azzurro hanno accettato senza opposizioni... - abbassò la voce, ancora di più: - ... il Paese dell'Arancione era nelle mani della Regina, in teoria. In pratica, la Duchessa della regione di Rossovetro rifiutò di sottomettersi. Disse che avrebbe accettato di collaborare con la Regina, ma che non le avrebbe mai ceduto la sua regione, né che sarebbe diventata sua serva. -
"... lo screzio..." stava capendo. E non le piaceva affatto.
- Così, la Regina impugnò le armi e andò all'attacco di Rossovetro. Per conquistarlo. -
Tremava. Le mani tremavano, e le spalle.
- Anche la Duchessa combattè. Schierò il suo esercito, lei come generale. Sembra anche che ottenne rinforzi dal Paese del Viola. -
Quel particolare fece smettere il tremore. Il cuore era ancora impazzito, ma... "Almeno non era sola." serrò ancora di più i pugni.
- Quindi... - riuscì a parlare: - ... scoppiò una guerra civile? -
Ia chiuse le palpebre, le riaprì, piano: - La Regina non aveva avuto alcun bisogno di schierare un esercito. -
- Cosa? - trasalì.
- Aveva scagliato il Jabberwock contro Rossovetro. -
- Jabberwock... - di nuovo quel nome. Tremò per un istante nel ricordare come fosse uscito dalle labbra della Regina: "... ma io l'avevo già sentito...".
- Gli eserciti erano lì nel tentativo di abbattare il Jabberwock. - spiegò Ia: - Tuttavia, il Jabberwock stava distruggendo Rossovetro. Nel vedere ciò, la Duchessa sfidò la Regina a duello: la vincitrice avrebbe avuto Rossovetro. -
- E Gumi ha... - era ovvio. Ma non riusciva a dirlo.
- Fatto male i suoi calcoli. - la Finta Tartaruga giunse le mani in grembo: - La Regina era lì, a Rossovetro. Probabilmente, la Duchessa sperava di guadagnare tempo, ma la Regina la stava tenendo d'occhio e l'ha raggiunta in un istante. -
Quando lei sospirò, Miku si accorse di star trattenendo il respiro. Espirò, ma l'ansia la assalì: - E quindi? - capì: - Gumi non era stanca per...? -
- Combatterono lì, in quel momento. La Regina ha ovviamente vinto. -
"Ha approfittato della stanchezza di Gumi!" tremava di nuovo.
- Non che ci fosse paragone. - sussurrò Ia: - La Regina è forse la guerriera più forte dell'intero Paese dello Specchio. E anche del Paese delle Meraviglie, direi. -
- Ma, forse, se non fosse stata stanca, Gumi- -
- Non avrebbe potuto fare niente. E lo sapevano entrambe. -
- Allora perché l'ha sfidata a duello? -
- Disperazione, forse. - la Finta Tartaruga abbassò lo sguardo: - Quando si è agitati, si fanno e dicono cose di cui ci si può pentire. Stava vedendo la sua regione venire distrutta, i suoi abitanti venire feriti. E centinaia di persone che non riuscivano ad abbattere una sola creatura. -
"Gumi..."
- Deve essersi sentita impotente, ha fatto la prima cosa che le è venuta in mente. Ma non credo volesse davvero sfidare la Regina. Sapeva di non avere speranze, in uno scontro diretto con lei. E' più probabile volesse, appunto, guadagnare tempo. Ma la Regina era lì... - tornò a guardarla: - ... e lei non poteva più scappare. -
"..."
- Una volta sconfitta, la Regina ha ufficialmente preso possesso di Rossovetro e l'ha esiliata. Suo marito l'ha seguita. -
- Kiyoteru? - il cuore trasalì.
- Lui non era stato esiliato. Ma seguì sua moglie, insieme alla loro figlia. E si stabilirono nel Paese del Verde. - le labbra si curvarono appena: - Sembra che il Duca del Paese del Viola le avesse offerto un posto nel suo Paese. Ma... - un sorriso vero e proprio: - ... la Duchessa rifiutò dicendogli che la Cuoca si sarebbe dovuta trovare in una zona facilmente raggiungibile da tutti i Paesi. Senza file di bombe, trappole e cose del genere sui confini. -
Una risata leggera.
Era sfuggita dalle labbra di Miku, il cuore di colpo leggero: - Ha ragione... -
"Gumi non aveva fatto nulla di male. Non aveva alcuna punizione da scontare. Eppure, la Regina le si è accanita contro. Ha perso la sua terra, ma... non è rimasta sola. Non lo è mai stata." aveva gli occhi lucidi. Lo sapeva: "Continua a mostrarsi alla Regina a testa alta. E continua a stare insieme alla sua famiglia." inspirò: "Ha sofferto per colpa della Regina. Come Rin e Len stanno soffrendo ancora ora. La loro punizione è stata scontata. Non è giusto che continuino a soffrire. Da soli." deglutì: "La Regina... è spietata. E' un-"
Un volto sorridente, occhi che brillavano.
Meiko.
Sgranò gli occhi: "... Kaito non è una persona spietata. Kaito è buono, ne sono sicura!" trasse un profondo respiro: "Se lui è così... come può amare una persona del genere...?" si morse un labbro: "Deve essere successo qualcosa.".
- Oh? -
Mayu si alzò, guardò verso l'orizzonte, forse proprio da dove erano arrivate.
Il sorriso era sparito, la fronte era aggrottata.
- Co- -
- Ssh! - Ia le mise un dito davanti alle labbra. Miku tacque.
- Oooooh... - il Grifone si portò una mano alla bocca: - Addiiiiirittura? -
"...?"
Si voltò, la gonna, per un attimo, divenne un cerchio perfetto: - Bene, Tartarughina mia, è stato bello rivederti! -
- Non immagini quanto, per me. -
- Maaaaaaa a Palazzo sta succedendo roba grossa ed è richiesta la mia indispensabilissima presenza! - fece il segno della vittoria con le dita.
"Roba grossa?" - Dobbiamo tornare? - Miku si alzò.
Mayu annuì: - E dobbiamo anche fare in fretta! -
- Ma cosa- -
- Lo vedraaaaai, lo vedraaaai! - le sue braccia attorno alla vita.
"Oh. No."
Miku si voltò verso Ia: - E' stato un piacere conoscerti! -
- Anche per me. - la Finta Tartaruga sorrise.
Più piccola.
Più piccola.
Sempre più piccola.
- Fisicamente e psicologicamente, le colpirò a morte! Le ucciderò, le ucciderò, le colpirò a morte! -
- CAMMINIAMO TI PREGO TI PREGO TI PREGOTIPREGOTIPREGO -
- Ho mentito, ucciderò anche te! -
- AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH! -.

Qualcosa di duro sotto i piedi.
Duro e fermo.
E la vita libera dalle braccia di Mayu.
Miku inspirò, inspirò, inspirò, ed espirò.
Mosse le dita, come per sgranchirle.
Si azzardò ad aprire gli occhi, solo un poco.
Verde. E bianco. E marrone.
Sbattè le palpebre, si guardò intorno: il labirinto era alla sua sinistra, lontano; davanti a lei, un tavolo del buffet e, oltre, panche. Tante panche. Tante panche su cui era seduta tanta gente.
Una zaffata di profumi dal buffet.
Lo stomaco si fece sentire - e avvertì anche qualche occhiata sconvolta: "... dovrei davvero pranzare.".
- Vai a sederti! - la voce di Mayu, incredibilmente vicina: - Si inizia tra due minuti! -
- Cosa si- - si voltò.
La Regina, dietro una cattedra alquanto sopraelevata; alla sua destra, dietro una cattedra più piccola, Kaito.
Davanti a loro, sotto, quella che sembrava una ringhiera di legno semicircolare. E, proprio sotto la sinistra della Regina, un banco. Dietro al banco, Lily.
In catene.
"... un'aula di tribunale...?" fece un passo indietro.
Il cuore riprese a battere troppo forte: "Cosa sta...?"
- Un minuto all'inizio del processo! - l'urlo del Grifone la strappò dai suoi pensieri.
"No, d'accordo. Facciamo le cose con calma." trasse un profondo respiro: "Prima le cose importanti." si girò, andò al buffet, prese un tovagliolo di carta e tre tramezzini - prosciutto e formaggio, uova e salame, tonno e pomodori.
Prosciutto, formaggio e pane soffice erano già nella sua bocca, quando si avvicinò alla prima fila di panche.
Ringraziò di non aver deciso di deglutire proprio in quel momento, o il pranzo le sarebbe decisamente andato di traverso.
Ora che guardava bene, c'erano due file di panche, che lasciavano libero lo spazio in mezzo; dal lato opposto al buffet, quello che altro non poteva essere se non il banco dei giurati.
"Quelli non sono..." si avvicinò lì dove voleva sedersi, senza distogliere lo sguardo dalla giuria: "... quei due tizi che erano fuori dalla casa di Len? Aspetta, com'era...? Miki e Piko...?".
Li aveva visti solo una volta, ma era piuttosto sicura fossero loro: parlavano tra di loro, lavagnette in pugno; lei aveva alzato gli occhi al cielo, lui aveva inarcato un sopracciglio.
Mandò giù il boccone e riportò la sua attenzione alla prima panca: - E' libero? - si stupì di come la voce le fosse uscita limpida.
Forse la presenza di Gumi aveva attenuato il suo nervosismo.
Peccato che, lì alla sua destra, ci fosse Gakupo - e che lui si fosse accorto di lei, a giudicare dall'occhiata che le aveva rivolto; Gumi, invece, continuava a fissare Lily, il tallone che batteva a terra ad una velocità che non credeva possibile.
Alla sua sinistra-
- Direi di sì. - Luka alzò lo sguardo per un istante, salvo riportarlo a ciò che aveva in grembo.
Miku si sedette accanto a lei e guardò con cosa stesse armeggiando: tovagliolo di carta aperto sulle gambe, le dita e le unghie impegnate con un tramezzino tonno e carciofini. Con l'asportazione chirurgica dei carciofini, per la precizione.
- Ma cosa sta succedendo? -
- Lo vedrai da sola. - le labbra dello Stregatto si curvarono appena: - In fondo, sta iniziando. -
- Oh...? - Miku rialzò lo sguardo appena in tempo per vedere Mayu mettersi davanti a quello che, aveva capito, era il banco dei testimoni, i grandi occhi dorati al pubblico.
- Quest'oggi siamo tutti qui riuniti per il processo al Fante di Cuori! -
Il tramezzino quasi le andò di traverso sul serio: "Cosa- cos'è successo...?" guardò Lily. Lei guardava a terra.
- Giuria... - il Grifone indicò la bancata con un ampio cenno della mano: - ... la vedete da voi, quindi lasciamo stare le presentazioni. -
- Ehi! - Piko protestò, ma Miki gli tappò subito la bocca con una mano.
- Giudice: la nostra onorevolissima e illustrissima Regina di Cuori! - fece una piroetta, per poi inchinarsi alla Regina. Lei fece un cenno d'approvazione con la testa.
"Ah... il giudice è lei...?" aveva un orribile presentimento.
E aveva anche finito il primo tramezzino, quindi addentò quello uova e salame.
Mayu tornò a guardare il pubblico: - Salutiamo anche il nostro onorevolissimo e illustrissimo Re di Cuori, qualunque sia il suo ruolo in questo processo! -.
Applausi sparsi e sentiti, Kaito fece a sua volta un cenno con la testa.
"Mh. Speravo qualcuno spiegasse la sua utilità lì." mandò giù: "Forse... impedire alla Regina di...?" rimise in bocca il tramezzino.
Gettò un'occhiata a lato: Luka stava mangiando il tonno del tramezzino.
Il tonno e basta. Il pane sembrava servirle più da piatto.
I suoi occhi azzurri.
Li vide scendere, fino alle sue gambe.
- ... lo mangi, quello? -
Miku abbassò lo sguardo: il tramezzino tonno e pomodori.
- ... puoi prendere il tonno se mi lasci il tramezzino e i pomodori. -
- Affare fatto. - le sembrava avesse le guance appena più colorate del solito. Più rosate.
- Prego, mia cara. - la voce della Regina le ricordò di trovarsi ad un processo: - Leggi pure l'accusa. -
- Signorsì, mia signora! - e, da nonavevaideadove, Mayu tirò fuori una pergamena - che, da brava pergamena, era arrotolata, quindi lei provvide a srotolarla: - Il Fante di Cuori, Chloe- -
- Lily! - le urlò dietro la diretta interessata, lo sguardo contro.
- Oh, giusto. - il Grifone si schiarì la voce: - Dicevo. Il Fante di Cuori, Marie Luise- -
- LILY! - ripetè il Fante, a gran voce: - Elle come Lonaczyc, I come Iktsuarpok, Elle come Lieko e Ipsilon come Yaourter! -
- Per l'appunto, Lily. - Mayu annuì, con tutta la calma del mondo: - Il Fante di Cuori, Lily- - si fermò. Miku notò come i suoi occhi fossero andati in direzione del Fante di Cuori, senza spostare la testa; lei, tuttavia, si era limitata a sospirare.
Il Grifone riprese: - -è accusata di aver cercato di rubare il Sacro Recipiente. - la voce si fece vellutata: - Cercato, perché non c'è riuscita. - sorrise.
"Sacro Recipiente...?" finì il secondo tramezzino, ma Luka aveva preso in prestito quello tonno e pomodori, quindi dovette aspettare per poter mettere altro pane sotto i denti.
- Prego, Duca. - Mayu porse una mano a Gakupo: - Mostri pure il corpo del reato! -
Il Duca del Paese del Viola recuperò qualcosa da terra, nello spazio tra le due file di banchi, si alzò - con tutta la calma del mondo - e si portò accanto al Grifone: su di un vassoio, portava quello che, senza ombra di dubbio, era il Sacro Recipiente.
"E lo tenevano per terra?" pensò Miku, ma quel che uscì dalle sue labbra fu: - Quant'è brutto. -.
Il Sacro Recipiente era una bottiglia rossa, e forse era persino fatta di rubino; in modo assolutamente casuale, era tempestata di gemme più scure che forse erano granati, di forme diverse: il risultato era una bottiglia di circa venti centimetri tozza e butterata. Nonché di discutibilissimo gusto estetico.
Non si stupì del fatto che Gakupo l'avesse tenuta per terra.
- E' solo la bottiglia da sakè della Regina. -
- Eh? - si voltò verso Luka, che le ridiede il tramezzino pieno di pomodori: - Grazie. -
- Ehm, prego... - mise in bocca il pane, giusto per non lasciarsi andare ad ulteriori commenti sulla bottiglia di sakè della Regina.
- In effetti, è davvero brutta. - Kaito guardò la Regina: - Non potevi approfittarne per liberartene? -
- L'ho fatta fare orribile proprio perché speravo che nessuno fosse così disperato da rubarla. - la sovrana sorrise, posò lo sguardo sul Fante: - Ma, a quanto pare, ho commesso un errore. -
- Io non ho cercato di rubare il Sacro Recipiente! - Lily scattò in piedi, la voce irosa.
- E allora... - la voce della Regina era la calma assoluta: - ... perché lo avevi in mano, quando ti ho vista? -
- Qualcuno me l'ha lanciato! - gridò il Fante: - Ve lo giuro! -
"Qualcuno..." Miku spostò lo sguardo da Lily alla Regina: "... qualcuno, eh?" inspirò: "Qualcuno che magari era nei paraggi appositamente per poterla vedere e accusare, magari." serrò i pugni.
- Posso tornare al mio posto, ora? - Gakupo stava sussurrando, rivolto a Mayu: - Non voglio stare vicino a questo affare. -
Il Grifone parve pensarci: - ... beh, l'hanno visto tutti, quindi direi di sì. -
- Oh, bene. - e, senza troppi complimenti, il Duca lanciò via vassoio e orrore, tornando seduto accanto a Gumi.
Nessuno fece una piega, neppure quando i due oggetti caddero nell'erba con un tonfo - né nessuno andò a recuperarli.
- La tua innocenza e le tue parole devono essere dimostrate. - la Regina alzò appena una mano: - Fai entrare i testimoni, mia cara. -
- Signorsì, mia signora, subito! - Mayu riarrotolò la pergamena e annunciò: - Che entri il primo testimone! Il Cappellaio! -
"... eh?"
Miku si voltò, verso le ultime panche: Rin avanzava lungo il corridoio, una tazzina in mano.
Finì di mangiare il tramezzino, si pulì la bocca con il tovagliolo; gesti lentissimi, lo sguardo incapace di lasciare quella figura bionda e quel colossale cappello.

- Scuuuusate se vengo così! - era sicurissima stesse ridendo, mentre agitava la tazzina: - Ma non ho finito di prendere il the! -
- E quando avresti iniziato? - chiese la Regina, pacata.
- Non lo so! Non lo so! - Rin scoppiò a ridere: - So solo che è l'ora del the! L'ora del the! E che voi siete dei gran maleducati ad interrompere la gente all'ora del the! - la sua risata si fece più forte, Miku fu costretta a portarsi le mani alle orecchie.
Rin e la Regina.
Una di fronte all'altra.
Trasse un profondo respiro. Non sapeva neppure lei cosa aspettarsi, o cosa sperare.
"Forse..." un brivido: "... spera che Rin dica qualcosa di equivocabile così da punire pure lei...?" lo sguardo andò a Kaito: guardava il Cappellaio, tranquillo.
"Se dovesse succedere qualcosa..." strinse i pugni: "... se..."
- Stai calma. - un sussurro al suo fianco: - Non riguarda te, in fondo. -
- Non voglio che succeda nulla a Rin. -
- Non le farà del male. - la voce si fece quasi impercettibile: - Almeno per oggi. -.
- Cappellaio. - parlò la Regina: - Cosa sai di questa faccenda? -
- Cooooooosa so? - Rin piegò la testa di lato, e dovette tenersi il cappello per impedirgli di precipitare a terra: - Io non so niente! Niente! Niente! - sollevò la tazzina sopra la sua testa: - Vi va un po' di the? -
- No, grazie. - la sovrana alzò appena una mano: - Hai altro da dire? -
- Da dire a voi? - chissà che espressione aveva. Era sicura fosse tutto tranne che spaventata: - A voi? A voi? A voi? Qualcosa da dire a voi? Alla Regina? -
- Sì, Cappellaio. Hai qualcosa da dire alla Regina? -
- Ehi! Ehi! Regina! -
- Dimmi, Cappellaio. - a sentirla così, sembrava una donna molto paziente.
- Voi siete Pazza? -
Silenzio.
Le labbra della Regina si curvarono in un sorriso - un sorriso divertito: - No, Cappellaio. Non sono io la Regina Pazza. -
La risata di Rin esplose in un boato.
"Rin..." si fece indietro sulla panca, le mani alle orecchie.
E, nello stesso istante, lei si versò il the addosso, dalla tazzina che, fino a quel momento, non aveva mai abbassato.
"RIN!"
- LA REGINA E' PAZZA! PAZZA! PER QUESTO TUTTI LA VOGLIONO UCCIDERE! - spalancò le braccia, e Miku fu davvero grata di non starla guardando in viso: - LA REGINA E' PAZZA! LA REGINA E' PAZZA! PAZZA! PAZZA! - l'urlo si spezzò in una stecca.
Poi, la tazzina scese all'altezza del petto: - Scuuuusate se vengo così! - una risata: - Ma non ho finito di prendere il the! -
"... cosa?"
Forse aveva capito male. Forse il tamburo nelle sue orecchie la stava rintronando.
- E quando avresti iniziato? -
"... cosa sta succedendo...?"
- Non lo so! Non lo so! - rise: - So solo che è l'ora del the! L'ora del the! E che voi siete dei gran maleducati ad interrompere la gente all'ora del the! - rise di nuovo.
- Ma cosa... - abbassò le mani, sentiva le dita fredde: - ... ho un dejà vu... -
- La Regina ama divertirsi con cose davvero pietose. - il sussurro di Luka la rincuorò circa il fatto di non stare impazzendo lei stessa.
- Ma cosa sta succedendo? -
- Direi che il Cappellaio non sa nulla di questa vicenda. - la voce di Kaito risuonò nell'aria, chiara. Lui si rivolse a Rin: - Puoi tornare al tuo posto. Ti ringraziamo per la tua testimonianza. -
La risata di Rin suonò come un trillo: - Di nulla, mio Principe! -
"Ah..."
Il Cappellaio tornò indietro saltellando e canticchiando qualcosa; dall'altro lato, a Miku era quasi parso che il volto di Kaito fosse stato attraversato da un'espressione dispiaciuta.
La Regina non sembrava aver visto né sentito niente: - Il prossimo. -
- Che entri il secondo testimone! - annunciò Mayu, nel frattempo messasi di lato: - Il Bianconiglio, o Lepre Marzolina! -.
"... cosa." non osò voltarsi, stavolta.
Il passo tranquillo, Len fu presto al banco dei testimoni.
- Bianconiglio. - parlò la Regina: - Cosa sai di questa faccenda? -
- Cooooooosa so? -
Miku sobbalzò: le stesse parole di Rin. Ma dette in modo diverso. All'incirca con il tono che aveva usato con lei quando-
- Maaaa Vostra Maeeeeestàààà... - le dita percorrevano i bordi del banco dei testimoni: - Io sono sempre stato qui, ai vostri ordini. - puntò i gomiti contro il legno, si piegò in avanti: - Come faccio a sapere cos'è successo? -
Una scossa di terremoto, panche che strusciavano per terra, gemiti di dolore e qualche gridolino.
In effetti, neppure Miku sapeva bene come fosse finita spalmata addosso a Luka e Gumi, una mano sulla gamba di Gakupo, una mano di Gumi ad abbassarle la testa per poter guardare oltre.
- Cresci bene, Len... - sussurrò Gumi, con una voce alquanto strana: - ... cresci bene... -
- Kiyoteru sarà felice di saperlo. - disse Luka.
Dalle sue spalle e dalla mano sulla testa, Miku fu sicura che la Duchessa fosse trasalita: - N-no! Ma cosa vai a pensare? -
- Non ti facevo shotacon. - sospirò Gakupo, forse il più calmo di tutta quella panca.
- Non sono shotacon! -
Con la coda dell'occhio, Miku si accorse della faccia di Kaito: poco ci mancava apparisse accanto una nuvoletta con su scritto "Dannazione!".
Ma a lei non importava quel che spingeva gli altri a gettarsi di lato e/o addosso al prossimo.
A lei importava solo...
- Che coda fluffosissima! - pigolò: - Vorrei davvero toccarla! - strinse un pugno: "E abbracciare lo Shota Usamimi! E' assurdamente puccio!"
Anche se era sicurissima al mille per mille che gran poche persone, lì dietro, stessero pensando alla parola "puccio".
Lì davanti, invece, Len non sembrava minimamente scosso.
- Anche tu hai ragione. - sospirò la Regina, una mano alla guancia: - Beh, direi che non posso far altro che ringraziarti per la tua utile testimonianza. Sono sicura che il pubblico abbia apprezzato. -
- Grazie per la tua testimonianza. - Kaito era prossimo allo spalmarsi sul banco dalla delusione.
- Lieto di esservi stato d'aiuto. - Len si rialzò. E si voltò.
E la guardò direttamente negli occhi, lo sguardo fin troppo conosciuto - specie quella certa sfumatura arancione nelle iridi.
La Lepre Marzolina chiuse le dita a pugno, alzò il pollice e se lo passò in orizzontale all'altezza della gola.
- Ah... ahah... ah... - Miku si rialzò, rimettendosi al suo posto: - Mi odii perché sono stata l'unica a non fare pensieri impuri su di te? -
- Tu sei la peggiore di tutti. Usacon pervertita. -
- Non puoi dirmelo dopo che tutto il pubbli- - ma Len era già tornato da dove era venuto.
Sì, avrebbero davvero dovuto fare un lungo discorso - che, possibilmente, volgesse a suo favore.
- Puoi introdurre il prossimo testimone. -
Tornò a guardare la Regina, poi Mayu: - Che entri il terzo testimone! -
"Che spero dica qualcosa, dato fino ad ora non mi pare nessuno abbia detto nulla di utile..."
- La Duchessa di Rossovetro! -
"Eh?" guardò oltre Luka: Gumi si era effettivamente alzata, per poi raggiungere il banco dei testimoni con tutta la tranquillità possibile.
Aveva le braccia lungo i fianchi, il volto alzato a guardare direttamente la Regina.
"Esiliata..." il cuore fu stretto in una morsa.
- Duchessa. - parlò la Regina, che non aveva mosso neppure un sopracciglio: - Cosa sai di questa faccenda? -
- Ho visto tutto. -
Un brusìo si diffuse tra le panche; Miku guardò Luka, ma Luka stava guardando Gumi, quindi anche lei tornò a guardarla.
- Ah, sì? - neppure il tono della sovrana era minimamente cambiato.
- E cosa hai visto? - chiese Kaito, incuriosito.
- Ho visto il Fante di Cuori fare la ronda, come al solito. - disse Gumi, la voce decisa: - E ho visto il Sacro Recipiente venirle lanciato contro! -
Il brusìo si fece più intenso.
- Mettete a verbale! - ordinò il Re, alla giuria: - Qualcuno ha lanciato al Fante il Sacro Recipiente! -
- Esattamente quello che ho detto. - sospirò Lily, i giurati intenti a scrivere sulle lavagnette quanto testimoniato.
- Proprio mentre il Fante stava cercando di capire cosa le fosse appena arrivato addosso... - riprese Gumi: - ... la Regina è apparsa e l'ha accusata! -
- Mettete a verbale! - ordinò di nuovo il Re: - Pessima tempistica! -
- Esattamente quello che ho detto. - sospirò di nuovo Lily, i giurati di nuovo intenti a scrivere sulle lavagnette quanto testimoniato.
- Davvero curioso. - la Regina si portò una mano al viso: - Hai anche visto chi è stato a lanciare il Sacro Recipiente? -
- Sì. -
Il brusìo era ormai un vociare.
- Mettete a verbale! La Duchessa afferma di conoscere il colpevole! -
Miku deglutì: "Forse... Lily è salva?"
- La colpevole... - Gumi alzò un pugno, l'indice teso: - ... è la Regina! -
Silenzio.
- ... questa cosa va a verbale? -
- Piko! -
- E' stata la Regina a lanciare il Sacro Recipiente al Fante! - urlò la Duchessa: - L'ho vista! L'ha fatto apposta per incastrarla! -
"Lo sapevo!"
- Che motivo avrei di liberarmi di una mia stretta collaboratrice? - la Regina sorrise, gentile: - Di una mia così forte guardia, per di più! -
- Come se tu avessi bisogno di una guardia! - vide i pugni di Gumi serrarsi: - Non so cosa tu abbia in mente, so solo che ti ho vista lanciare il Sacro Recipiente al Fante per poi apparirle davanti e accusarla di averlo rubato! -
- Beh... - esordì il Re: - ... se la Duchessa afferma di averti vista- -
- Non dire sciocchezze. - una mano della Regina andò a posarsi su quella di lui: - La Duchessa prova rancore nei miei confronti. Non si può prendere sul serio una sua accusa ai miei danni. -
"Casualmente." trasse un profondo respiro, ma l'agitazione non svanì.
- Ah, no? - Gumi battè un pugno sul legno: - Il Re sa preparare anche Filtri della Verità, giusto? Che ne prepari uno e lo somministri a me e a te! Così vedremo chi ha mentito! -
"Buona idea!" guardò Kaito: lui guardava la Regina.
Regina che continuava a sorridere, pacata: - Assolutamente no. -
- Hai paura? E' un'ammissione di colpevolezza! -
- Questa testimone è davvero maleducata e confusionaria. - la sovrana fece un cenno verso la prima panca: - Mio caro Duca, mi piacerebbe molto se tu la allontanassi. -
"Cosa?" si voltò: Gakupo era assolutamente tranquillo.
Tranne per quello sguardo omicida.
- Certo, Vostra Maestà. - lo vide alzarsi e raggiungere Gumi, posarle una mano sulla spalla.
Lei si divincolò: - Bugiarda! - guardò il pubblico, aveva gli occhi sgranati: - Il Fante è innocente! Innocente! E' stata lei! E' sempre stata lei! Sta architettando qualcosa! Dovete fermarla! -
- Basta così. - Gakupo tornò a stringerle una spalla.
- No! - si divincolò di nuovo, ma il Duca, con un gesto rapido, se la caricò in spalla.
- Con permesso. - chinò la testa alla Regina e si dileguò nel corridoio tra le panche, le urla di Gumi che andavano allontanandosi - assieme al suono di pugni e calci.
Miku cercò di tornare a guardare il giudice. Ma nessuna parte del suo corpo rispondeva.
"... Lily... è spacciata...?"
- Troppo impulsiva. -
Gli occhi riuscirono a spostarsi verso Luka. Sembrava amareggiata.
- Impulsiva...? - le labbra erano state le prime a risponderle.
- Come può pensare di sconfiggere la Regina in uno scontro diretto? - lo Stregatto sospirò.
Miku riuscì a spostare la testa: - Ha solo detto la verità! La Regina sta barando! -
- Perché non dovrebbe farlo? -
- Eh? -
- E' lei a comandare. - abbassò appena le palpebre: - Perché non dovrebbe distorcere la realtà a suo piacimento? -
- Non... - ci pensò: - ... non è giusto! -
- Secondo te. - un sussurro: - Ma, secondo lei, questo è giusto. Ed è lei a comandare. -
- Questa è una follia! -
- Ovvio. - un ghigno: - Te l'avevo detto: qui siamo tutti matti. -
Miku strinse i denti: "Non può finire così..." finalmente il corpo le rispose, riuscì a guardare Lily: "Non può essere punita per una cosa che non ha fatto!".
Il Fante si era lasciata ricadere dove era stata seduta, lo sguardo basso.
Un peso all'altezza del petto.
L'aveva incontrata solo un paio di volte, ma le aveva fatto una buona impressione. All'inizio, era stata lei ad aiutarla e ad indirizzarla. Le stava simpatica.
E non voleva che le cose andassero in quel modo.
"Se solo potessi fare qualcosa..."
Tic Tac Tic Tac
Serrò i pugni: "Se solo potessi..." trasse un profondo respiro: "Rin... Len... Gumi... e ora anche Lily..." deglutì: "Perché la Regina è così crudele...?" chiuse gli occhi: "Che cosa vuole...?" li riaprì: "Se solo potessi fare qualcosa... Se solo potessi... Se solo potessi, io-"
- Che entri il quarto testimone! -
Trasalì.
Rialzò la testa: "Ce n'è un altro!" il cuore si fece di colpo leggerissimo: "Forse c'è ancora una possibilità! Se più di una persona dirà ciò che ha detto Gumi, forse-"
- Michelyne Alice Lydia Fairsound! -
"... eh?".






Note:
* "Già, i peccati sono a mia sola discrezione / Il giudizio corrotto": Akutoku no Judgement / Judgement of Corruption.
* "Già, ora la foschia dell'afa ha nascosto l'assenza di colori...": Kagerou≒Variation / Heat-Haze≒Variation [ Traduzione (inglese) ]
* ""Questo è tutto vero!" ha detto l'ingannevole foschia dell'afa, sorridendo...": Kagerou Days / Heat-Haze Days [ Traduzione ]
* Il gioco che Miku fa con Ia e Mayu è Kagome Kagome; è anche un riferimento alla canzone horror Kakome Kakome, basata sul gioco e la cui lyrics contiene parti della filastrocca.
Chi c'è dietro di te?
* "Fisicamente e psicologicamente, le colpirò a morte! Le ucciderò, le ucciderò, le colpirò a morte!": Ichizu na Kataomoi, Minorasetai Chiisana Shiawase. / An Earnest Unrequited Love, Wanting to Make it Bear a Little Happiness. [ Traduzione ]
* Chloe e Marie Luise sono un ovvio riferimento alle due canzoni omonime.
* Lo spelling di Lily è composto di parole letteralmente intraducibili dalla lingua d'origine. Per la precisione:
- Lonaczyc [Łonaczyć] (slesiano): Parola usata quando non si sa come chiamare un'attività o un oggetto; può quindi significare tante cose.
- Iktsuarpok (inuit): Persona che esce spesso per vedere se sta arrivando qualcuno.
- Lieko (finlandese): Tronco che giace sul fondo di un lago/stagno/palude perché troppo impregnato d'acqua.
- Yaourter (francese): Cercare di cantare una canzone in una lingua straniera di cui non si conoscono bene le parole, usando spesso termini inventati.




Ed eccoci alle battute finali della prima parte! *O*/
Anche in questo caso, valanghe di citazioni ad Alice nel Paese delle Meraviglie. U.U

Tra Hitobashira Alice, Kagerou Days e Kakome Kakome, Miku mostra un'inventiva un po' troppo sanguinaria (?) - e sì che la yandere dovrebbe essere Mayu. Ma Mayu è essenzialmente scema - cosa che non si traduce per forza in "inoffensiva" -, quindi si limita a terrorizzare il prossimo canticchiando cose poco carine. (!)
*Eh, perché Miku invece è intelligentissima* *Anche se in questi capitoli sta ragionando parecchio, in effetti*

Per quanto potrebbe sembrare il contrario, Ia vuole bene a Mayu. Ha solo un modo tutto suo di dimostrarlo. O, forse, è solo più yandere di lei. (!)
Ah, so che interessa a tutti (?): le sette figure della Quadriglia delle Arrigidite sono Quadrato, Rombo, Aquilone, Rettangolo, Parallelogramma, Trapezio e Cubo. Avrei voluto mostrare anche il Trapezio e il Cubo, ma Mayu e Ia non erano d'accordo.
*Il Cubo, soprattutto.*

E così si è scoperto anche cos'è successo tra Gumi e Meiko.
Diciamo che Gumi ha tutte le ragioni del mondo per odiare Meiko - ma anche Meiko ha tanti motivi per trovare Gumi detestabile: il problema sta nel fatto che una è una Duchessa in esilio e l'altra è la Sovrana Onnipotente.
Se non altro, il racconto di Ia ha dato un po' di positività al povero Duca del Paese del Viola. U__U

Duca che riappare, insieme a svariata altra gente, al processo della povera Lily, rea di essersi ritrovata tra le mani una dubbissima bottiglietta di proprietà della Regina.
Spero che la descrizione della "corte" sia comprensibile. °^°
Regina che non c'entra assolutamente niente, ovvio. Perché credere a Gumi? U.U
Non c'entra niente e non so perché, ma trovo molto carino l'assortimento della prima panca. (???)

Cosa succede a Rin? Perché si comporta in quel modo?
Se ricordate bene le parole del Cappellaio circa l'uscire dalla sua prigione, potreste dedurlo. *O*/

Infine, un piccolo appunto: i titoli dei capitoli sono citazioni, sì, ma ci tengo ad usare canzoni cantate da un personaggio che ha un ruolo abbastanza di rilievo all'interno del capitolo.
Perché usare una canzone di Kaito, se qui Kaito non fa nulla?
Anche questo si potrebbe intuire. U.U *Nel caso, sarà più chiaro in seguito.*

Nel prossimo capitolo - ancora in fase di scrittura -, la conclusione del processo e del primo arco narrativo *chiamiamolo così (!?)*, in cui Miku ha uno slancio sborone della durata di 0,2 secondi.

Come sempre, spero che il capitolo sia stato gradito. ^^
E se ci sono consigli da darmi o critiche da farmi, dite pure. ^^

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Capitolo 12
*** Ehi, da questa parte, da quella parte, da quale parte? Di là!? ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Ehi, da questa parte, da quella parte, da quale parte? Di là!?
Non esitare mai, vai semplicemente avanti!
~



Gli sguardi che sentiva addosso erano talmente tanti da poter appartenere alla totalità dei presenti.
Spostò il tovagliolo di carta dalle gambe alla panca e si alzò, non troppo convinta: "... perché dovrei essere io a...?" si avvicinò al banco dei testimoni, piano piano: "... la Regina sa benissimo che non so niente, è stata lei a mandarmi dalla Finta Tartaruga..." posò le mani sul legno: "... forse l'ha fatto apposta...?" alzò lo sguardo, verso la sovrana.
Sorrideva, come sempre.
"Tutto questo non ha senso..."
- Michelyne Alice Lydia Fairsound. - parlò la Regina: - Cosa sai di questa faccenda? -
"... sa che non so. Quindi non posso mentire dicendo di aver visto ciò che ha visto Gumi." giunse le mani, inspirò: - Nulla. -
- Nulla? -
- Nulla. -
- Sembra che nessuno sappia nulla. - intervenne Kaito, la fronte aggrottata.
- Naturale, dato che eravamo solo io, Vostra Maestà e la Duchessa. - sospirò Lily.
"Questo processo è più farsa di quanto pensassi." si torse le dita: "Però... però..."
- Potrei fare una domanda, Vostra Maestà? - le parole erano uscite prima che potesse fermarle. Ma, se anche avesse potuto fermarle, probabilmente non l'avrebbe fatto.
- Certo. - la Regina annuì.
- Siete stata voi a mandarmi dalla Finta Tartaruga. - le ricordò, cauta: - Insieme a Ma- il Grifone. E, dato che il Grifone è tornata pochi minuti prima dell'inizio del processo, insieme a me, è ovvio che io non sappia niente di quanto successo qui. - chinò appena la testa, senza distogliere lo sguardo: - Allora, perché mi avete convocata come testimone? -
Brusii alle sue spalle.
- Mi sembra ovvio. - la sovrana si portò di nuovo una mano alla guancia: - Ho fatto convocare tutte le persone venute a contatto con il Fante. -
"...?"
- Ma, purtroppo, sembra proprio che nessun testimone possa provare la sua innocenza... -
- La Duchessa ha detto- -
- Dunque, mi vedo costretta a pronunciare il verdetto. - la voce della Regina, senza neppure alzarsi, coprì l'urlo di Lily.
"No!" un brivido: - Non... non ce n'è ancora bisogno, Vostra Maestà! - fece una piccola riverenza, il cuore prossimo a fracassarle il petto: - Devono ancora testimoniare il Grifone e il Duca! -
Silenzio.
- Prego? - la sovrana sembrava sinceramente confusa.
- Anche loro sono venuti a contatto con il Fante, no? - un'altra riverenza: - Vostra Maestà. -
- Non per così tanto tempo. - la Regina sorrise: - La loro testimonianza non è necessaria. -
- Che strano... - cercò di sfoggiare l'espressione più stupita che fosse in grado di fare: - ... mi era parso che entrambi fossero parte del vostro corteo, Vostra Maestà. -
- Lo sono. -
- Questo non fa di loro dei colleghi del Fante? -
- L'essere colleghi non toglie che entrambi abbiano trascorso molto poco tempo con il Fante. -
- Oh. Perdonatemi, Vostra Maestà. - quasi non sentiva più niente, tanto il cuore la stava assordando: - E' soltanto che la vostra chiamata mi ha molto stupita, dato che, personalmente, ho incontrato il Fante solo un paio di volte per circa due minuti... -
Il brusìo alle sue spalle divenne più intenso.
- Ora che ci penso! - la voce trillante di Mayu la fece voltare nella sua direzione. Aveva alzato un indice, gli occhi sgranati: - Il Fante non ha avuto una relazione con il Duc- - si zittì.
Miku tornò a guardare la Regina: stava fissando il Grifone. E non sembrava più poi così tranquilla.
- Sembrava anche a me! - esclamò Kaito: - Almeno il Duca dovrebbe testimoniare! -
Le dita le facevano male, tanto le stava torcendo.
- A cosa servirebbe? - la Regina si voltò, piano, verso di lui: - Il Fante ha affermato che, oltre noi due, soltanto la Duchessa era presente. La testimonianza del Duca non cambierebbe niente. -
- Ma allora- -
- Tra l'altro... - la sovrana sorrise: - ... il Duca non è al momento presente. -
- Len può andare a chiamarlo! - osservò il Re.
Miku inspirò più che potè.
- Come detto, la sua testimonianza sarebbe assolutamente irrilevante. - la Regina si rivolse a Lily: - A meno che tu non abbia mentito anche circa le persone presenti. -
- Io non ho mentito! - il Fante si alzò: - E voi e la Duchessa siete le uniche persone che ho visto. Non posso affermare di aver visto persone che non ho visto! -
- Non ci sto capendo niente. - il sussurro di Piko arrivò a Miku come se lui le avesse parlato all'orecchio.
- Il Duca stava con il Fante ma, al momento, lui non è qui. - riepilogò Miki, a bassa voce.
- E cosa c'entra? -
- Che ne so? Tu metti a verbale, poi se la sbrigano loro. -
- Possiamo comunque fare una prova! - esclamò Kaito: - Len va a chiamare il Duca, mentre il Grifone può dare la sua testimonianza. -
- Michelyne ha testimoniato di essere stata con il Grifone e la Finta Tartaruga per tutto il tempo. - la Regina tornò a sorridere: - Mi sembra inutile interrogare qualcuno che non sa assolutamente nulla! -
"E che cosa avete fatto, finora...?" deglutì: "In tutto ciò, perché Gakupo non è ancora tornato? Doveva solo allontanare Gumi!" ci ripensò: "... d'accordo, riconosco la difficoltà della cosa.".
- Abbiamo perso fin troppo tempo. -
Calò il silenzio.
La Regina alzò una mano: - Io, Regina di Cuori, giudico il Fante colpevole! -
"No!"
Lily chiuse gli occhi, le labbra serrate.
La sovrana guardò i giurati: - La giuria potrà esprimere il suo verdetto dopo la sentenza. -
"Cosa?"
- Mia cara... - la Regina sospirò, lo sguardo a Lily: - ... questo fatto è davvero, davvero increscioso. -
"Ma non è vero!" tremava. Sentiva le mani tremare.
- Sono addolorata dal fatto che una mia finora così leale sottoposta abbia cercato di rubare un mio avere. -
"Perché?"
Un altro sospiro: - Cosa diranno le tue madri? -
Il Fante trasalì. Gli occhi spalancati, verso la Regina, ogni traccia di colore aveva abbandonato il suo viso.
- Cosa dirà il mio popolo? Cosa dirà il tuo popolo? - la voce della sovrana era amareggiata: - Una principessa ladra. -
Miku sgranò gli occhi: "E' vero! Lily è la Principessa del Paese delle Meraviglie!" il cuore saltò fino alla gola: "Non... non può essere..." un dubbio.
- La loro Principessa che viene a rubare dalla Regina del paese confinante. - scosse la testa: - Che vergogna, per il tuo popolo! -
- No! - la voce di Lily era spezzata: - Se proprio volete accusarmi, punitemi come Fante! Io non sono la Principessa, qui! Non lo sono! Non lo sono! Non sono la Principessa! -
Aveva gli occhi lucidi.
Riusciva a vederlo.
"... lei... non vorrebbe dire una cosa simile..." non riusciva a muoversi.
- Mi chiedo se... - la Regina distolse lo sguardo, pensierosa: - ... non sia una cosa voluta. -
- No! -
- Una... dichiarazione...? -
- NO! - rumore di catene: - NO! NON SONO LA PRINCIPESSA! NON HO NIENTE A CHE FARE CON IL PAESE DELLE MERAVIGLIE! -
- Oh, che cosa orribile... - la sovrana abbassò la testa: - ... creare un incidente diplomatico per poter aggredire il mio regno! -
"E' così, allora!" sentiva le labbra schiudersi: "Vuole accusare Lily per poter invadere il-" ricordò la canzone al Karaoke: "... no... no, non... non..." ricordò le parole di Ia: "Se vuole qualcosa... se..." non riusciva più a respirare: "No... no, no..."
- Non vedo altra scelta. - la Regina rialzò la testa, la voce prossima al pianto: - Non ho intenzione di usare le vite dei miei sudditi. Manderò il Jabberwock nel- -
- NO! -
- -Paese delle Meraviglie. -
"Jabberwock!" con violenza, riuscì a portare le mani al banco dei testimoni. Aprì la bocca, per dire qualcosa, qualsiasi cosa, per poter prendere tempo, ma uscì solo aria.
Guardò Kaito: aveva abbassato lo sguardo.
Un pianto.
Lily era scoppiata in lacrime.
"Perché...?" si voltò, verso il pubblico: chi guardava la Regina, chi il Fante, chi il vuoto.
Ma nessuno parlò.
"Perché...?"
Gli occhi azzurri di Luka. Sul suo viso non c'era alcuna espressione.
"Perché... perché...?"
Cercò i grandi occhi dorati di Mayu, ma erano nascosti dai lunghi capelli biondi.
"Perché tutto questo...?"
Cercò Len, cercò Rin, cercò Gumi, Gakupo, persino Ia, ma non c'era nessuno.
- No... - le braccia ricaddero lungo i fianchi: - Non... non è giusto... - strinse i denti: "Gli abitanti del Paese delle Meraviglie non hanno fatto niente. Lily non ha fatto niente. Non è giusto. Non è giusto. Non è giusto!" le sfuggì un singhiozzo: "Se solo potessi fare qualcosa, qualsiasi cosa..."
- Il Fante è condannato alla prigione. - pronunciò la Regina: - Mia cara. - forse stava parlando con Mayu: - Conduci la colpevole dove di dovere. -
"Perché nessuno fa niente?"
- E, mio caro Len, tieniti pronto ad andare nel Paese delle Meraviglie. Dì alle sovrane che, stasera, il Jabberwock verrà a far loro visita. -
"Non farlo, Len, non farlo!" serrò i pugni.
Sgranò gli occhi.
Le dita contro le tasche del grembiule.
Le infilò dentro, tastò, tastò.
Il cuore sobbalzò, e fece male.
L'invito di Luka.
Il pupazzetto della ragazza con l'ombrello.
E...
Estrasse quel che rimaneva.
La tasca era ormai piena di polverina e pezzettini, ma il pezzo centrale si era salvato.
Se n'era completamente dimenticata.
"... un lato ti farà crescere, un altro ti farà diventare più piccola." guardò quel che rimaneva del cono gelato: "Al contrario." lo girò dalla parte dove andava rimpicciolendosi.
Alzò lo sguardo.
Lily si era coperta il viso. Le spalle sussultavano, i suoi singhiozzi erano fin troppo udibili.
Il sorriso della sovrana non era più gentile.
Era spaventoso.
"... non ho intenzione di stare alle vostre regole, Vostra Maestà."
Diede un morso al cono.
Masticò, rimise il restante nel grembiule. Mandò giù.
Serrò i pugni, fece un passo indietro, due, tre.
- Sapete, Vostra Maestà? - guardò il suo viso. La vide inarcare le sopracciglia.
- Cosa, Michelyne? -
- Mi è stato detto che siete voi a decidere le regole. - il suo volto le sembrava in qualche modo più vicino.
- Certamente. Sono la Regina. -
- Ho visto le vostre regole, Vostra Maestà. - davvero più vicino: - E c'è una cosa che sento il bisogno di dirvi. - non aveva più bisogno di alzare lo sguardo.
La Regina aveva sgranato gli occhi.
- Le vostre regole mi fanno schifo. -
Il volto della sovrana andava allontanandosi, allontanandosi, allontanandosi.
E l'aria fu riempita di urla, grida, esclamazioni.
- E' davvero lei! E' tornata gigantesca come a casa di Len! -
Alla voce di Piko, non seguì quella di Miki. Doveva essere rimasta senza parole.
"... spero tutti abbiano avuto la buona idea di allontanarsi." non voleva schiacciare nessuno. Confidò nell'istinto di autoconservazione dei presenti.
Abbassò lo sguardo, verso la Regina: era spalmata contro la poltrona, incredula.
- Mandatemi contro il Jabberwock, se ci tenete! - si chinò: - Non ho intenzione di rimanere in questo posto un minuto di più! E... - allungò una mano verso una Lily allibita.
Le bastò tirare appena le catene per spezzarle. Aprì la mano e la richiuse attorno al Fante. Non era più alta di dieci centimetri.
Si rialzò - Lily non emise un fiato, forse pietrificata.
- ... la Principessa viene con me! -
Boati, urla.
Non riusciva a vedere le espressioni delle persone a terra.
Mayu guardava verso di lei. Luka guardava verso di lei.
Era sicura che Kaito stesse sorridendo.
Un tuono, un'esplosione rossa.
- Come osi? -
Era sembrato un tuono, ma era la voce della Regina.
L'immensa gonna si era alzata, nella mano della sovrana era apparsa una spada.
Occhi scuri.
Un brivido ghiacciato lungo la schiena.
La Regina era pronta a combattere contro un gigante.
"Devo... devo scappare!" rabbrividì: "Forse ha già chiamato il Jabberwock!"
Jabberwock che non aveva la più pallida di cosa fosse e quanto esattamente fosse grosso, quindi si maledì per averla sfidata in quel modo.
La Regina saltò sul banco, un urlo, la spada sguainata.
Doveva fuggire.
"Perché ho paura?"
Le gambe non rispondevano.
"E' minuscola, perché non riesco a muovermi?"
Non riusciva a muovere niente.
"MUOVITI, MIKU!"
Ting
"... un tintinnio...?"
Quanto era stato forte, per sentirlo con così tanta chiarezza?
Una cascata.
Un tintinnio continuo, sempre più forte, tintinnii che si accavallavano gli uni sugli altri.
Miku sgranò gli occhi.
Dalla gonna della Regina stavano piovendo centinaia di cosi argentati.
"... anelli?"
Di colpo, ricordò della sua fuga nel labirinto, di come un tintinnio continuo avesse accompagnato la corsa della Regina.
"... la Regina si tiene centinaia di anellini d'argento sotto la gon-"
- CHE NESSUNO SI MUOVA! -
Trasalì.
La voce della Regina era sconvolta.
Non stava fingendo.
Stavolta era davvero spaventata.
- NESSUNO SI MUOVERA' DA QUI FINCHE' CIASCUN ANELLO NON SARA' RITROVATO! -
La vide conficcare la spada nel legno, saltare fino al prato e chinarsi, le braccia che andavano a recuperare tutti gli anelli che poteva.
Nessuno si mosse. Neppure per aiutarla.
- NESSUNO SI MUOVA! NESSUNO SI MUOVA! -
Se fosse stato possibile, Miku era sicura che stesse per piangere.
- NESSUNO SI MUOVA! NESSUNO SI MUOVA! -
"Cosa...?" sbattè le palpebre: "... no." trasse un profondo respiro.
Le gambe, finalmente, risposero.
Si voltò e, sperando davvero che nessuno le finisse sotto i piedi, fuggì dal Paese del Giallo.

"D'aaaaaaaaccordo." si fermò, esitante.
Sbattè le palpebre.
Il cuore continuava a battere forte, e non per la corsa.
"Ah. Ma perché ho corso?" aggrottò la fronte: "Mh, meglio non rischiare di trovarsi il Jabberwock addosso. Qualsiasi cosa sia." si guardò intorno: le sembrava di vedere tanto, tanto, tanto verde verso l'orizzonte e, sulla linea stessa, dell'azzurro. Guardò dal lato opposto: le sembrava che il colore delle case, da biancogiallo, sfumasse nel gialloscuroarancione.
Riportò alla mente la cartina del Paese dello Specchio.
"... sono ancora nel Paese del Giallo...? Sto andando in avanti, nella parte più larga dello spicchio...?"
- Ehi. -
"Oh." abbassò lo sguardo, verso la Principessa ancora nel suo pugno.
Le guance avevano riacquistato colore, lei aveva posato i gomiti sul suo pollice: - Che intenzioni hai? - il tono era tranquillo. Né spaventato, né sospettoso, né niente: sembrava la stesse lasciando fare.
Per qualche strana ragione, Miku si sentì come se si fosse appena sobbarcata una responsabilità enorme: - Ehm... la mia idea era allontanarmi da lì ma, a questo punto, tanto vale vi riporti al Paese delle Meraviglie... - esitò: - Se siete lì, non può venire a prendervi o accusarvi, no...? -
"In effetti, ora cosa...?"
- Potrebbero succedere tante cose. - vide le sue labbra curvarsi in un sorriso: - In teoria, sarei fuggita. In pratica, tu mi hai rapita. -
- Ah. -
- Forse la Regina ha messo una taglia sulla tua testa. -
- Ah. -
- L'hai anche offesa. -
- Oh. -
- E hai anche mandato in fumo il suo piano d'invasione. -
- Già... -
- Immagino sia una taglia bella grossa. -
- Ugh. -
- Peccato la Regina sia troppo orgogliosa per farlo. -
- Eh? -
Una risata divertita. Nel sentire Lily ridere, le venne da sorridere.
- L'hai offesa in prima persona. Quindi, in prima persona se ne occuperà. - la Principessa posò il viso su una mano: - Non temere eventuali cacciatori di taglie. Non esistono. L'unica persona che potrebbe ricoprire un ruolo simile, qui, sono io. -
- Oh... - il cuore divenne tanto grande da ricoprire l'intero petto: - E voi...? -
- Al momento, direi di esserti profondamente debitrice. - chinò la testa: - Io e tutto il mio popolo. -
"Ah!" - D-d'accordo... - distolse lo sguardo, imbarazzata: - Q-quindi vi porto nel Paese delle Meraviglie. -
- Ne sarei molto lieta. - la voce si era fatta gentile.
E a Miku non piaceva tutto quel calore che sentiva sulle guance: - Solo... -
- Sì? -
- ... dove devo andare? -
- Segui le mie indicazioni. -.

Erano dovute passare per il Paese del Verde, e superare quella che sembrava un'enorme casa - era più alta di Miku di almeno tre volte, quindi doveva oggettivamente essere enorme.
Quel che le accolse fu una gigantesca cartolina: prati, colline, montagne, ruscelli, boschi.
No, in realtà, Miku di ruscello ne vide uno, e anche piuttosto vicino a quella che doveva essere l'entrata del Paese delle Meraviglie; i prati forse erano semplicemente le pendici delle colline, a giudicare da quanto le pianure sembrassero non esistere; le montagne sembravano disegnate sullo sfondo.
Miku scelse la collina più alta e, con cautela, vi adagiò la Principessa.
Una volta liberata, distese le dita - e si complimentò con se stessa per non aver mai rischiato di stritolarla.
Ora veniva la parte difficile.
Quando rimise la mano nella tasca del grembiule, il contenuto era rimasto della sua grandezza originaria: ciò valeva anche per il cono.
Lo prese tra due polpastrelli, con tutta la delicatezza che avesse: "... è troppo friabile." lo portò all'altezza del viso: "Non posso provare a prenderne solo un pezzo." lo guardò: "... male che vada, posso provare con le briciole." e lo gettò in bocca.
Per sicurezza, alzò un piede e lo appoggiò alla collina su cui si trovava Lily.
Il paesaggio da cartolina che la circondava divenne più grande, più grande, sempre più grande - Miku fece leva sul piede e si slanciò in avanti, portandovi accanto l'altro -, sempre sempre più grande, finché riuscì a guardare Lily negli occhi, fino a dover alzare lo sguardo per poterla vedere in volto.
E lì si fermò.
- ... caspita. - fu l'unica cosa che riuscì a dire la Principessa, gli occhi sgranati, le labbra schiuse.
- Vero? - Miku sorrise, le mani dietro la schiena: - Non chiedetemi di rifarlo, però. - "Anche perché temo che non potrei."
Lily ridacchiò, una mano andò a coprirsi la bocca: - Tranquilla. Hai già fatto moltissimo. -
- Di... di niente. - si torse le dita, distolse lo sguardo: - Non... non volevo che finisse in quel modo. Voi non avete fatto niente di male. -
Un sospiro.
Tornò a guardare la Principessa. Sembrava pensierosa, pensieri non esattamente positivi: - Non credevo... - un sussurro: - ... che sarebbe arrivata ad usarmi. -
Serrò le labbra, per impedirsi di parlare. C'erano tante cose che avrebbe voluto chiedere, ma sentiva che quello non era il momento adatto.
Una domanda, su tutte: "Perché la Principessa del Paese delle Meraviglie è al servizio della Regina del Paese dello Specchio...?".
Lily tornò a guardarla negli occhi. Sorrise.
Era davvero bella.
- Ti ringrazio molto, Michelyne. - si portò una mano al cuore: - Se mai avrai bisogno di aiuto, sappi che l'intero Paese delle Meraviglie sarà disposto a venire in tuo soccorso. -
- Ah! - portò le mani avanti: - G-grazie, m-ma non vi p-preoccupate, v-va tutto bene! - rise, una risata fin troppo nervosa per i suoi gusti.
Si sentiva in imbarazzo. Non aveva idea del perché, ma si sentiva terribilmente in imbarazzo.
- Piuttosto... - abbassò le mani, piano: - ... il Jabberwock...? -
- Dato che l'imputata è stata rapita, la sentenza non può essere attuata. - Lily alzò le spalle: - E la Regina non ha più nessuna scusa per poterlo inviare qui. Finché non sono nelle sue mani, non può più fare ciò che intendeva. -
Miku annuì, lasciò andare un sorriso di sollievo: - Allora rimarrete qui? -
- Direi che non posso fare altrimenti. - si ravviò i lunghi capelli biondi: - Che dispiacere. - ironia palpabile.
- Non vi dispiacerà lasciare gli altri? - si pentì all'istante di averlo chiesto: "Io non so niente di Lily. Magari li odiava tutti."
La Principessa aggrottò la fronte, sbattè le palpebre: - Cosa vieta loro di venire a trovarmi? -
- ... giusto. - ci pensò: - E' che... credevo non potessero venire qui, o qualcosa del genere... -
- Finché hanno l'invito, non vedo perché Gakupo non debba lasciarli passare. -
"Oh, giusto. L'invito." un dubbio: - Ehm, ma io non ho un invito per il Paese delle Mer- -
- Hai salvato la Principessa e l'intero Paese. - sentì di nuovo troppo caldo sulle guance: - Sarebbe davvero da mentecatti venire ad importi un invito. -
- Ah... - sorrise: - Meglio così, allora! - "Bene. Almeno per questo non avrò problemi."
- Se qualcuno farà storie, digli di telefonare a Palazzo. -
"... telefonare?"
- A proposito... - la sua espressione si fece preoccupata: - ... tu non hai un posto in cui andare, giusto? -
- In effetti... - guardò altrove: "... temo di non poter tornare neppure io nel Paese dello Specchio. Al momento, almeno."
Che non ci potesse tornare in assoluto era fuori questione.
Piuttosto, si sarebbe travestita, avrebbe cambiato identità, si sarebbe fatta aiutare da qualcuno - magari Gumi, forse persino Gakupo o Len - e sarebbe tornata lì.
Rin era ancora prigioniera del loop.
"Devo almeno parlare con Kaito!".
- Allora, puoi essere mia ospite! -
Riportò lo sguardo a Lily: sorrideva, incoraggiante.
- Oh. - sbattè le palpebre: - Vi... vi ringrazio molto. - "Spero che il castello del Paese delle Meraviglie non sia confusionario come-"
- Mi dispiace interrompervi. -
Un brivido lungo la schiena.
Ma non era affatto come quelli che l'avevano scossa quando aveva incontrato lo sguardo della Regina.
Si voltò.
Luka avanzò, la coda che si muoveva dietro di lei, il passo tranquillo.
- Tu sei- -
- Colei che ha ospitato Michelyne nel Paese dello Specchio, Vostra Altezza. - lo Stregatto chinò la testa in una profonda riverenza.
- Capisco. - la Principessa sospirò, una mano andò al fianco: - Hai un invito? -
- Temo di no. - Luka sorrise, uno dei suoi sorrisi.
- E Gakupo ti ha lasciata entrare? - sembrava conoscere già la risposta. E non perché l'aveva davanti.
- Non è stato necessario che lui mi vedesse. - il suo sorriso si allargò.
Lily alzò gli occhi al cielo. Ma sorrideva.
"... non credo Luka abbia di questi problemi ad andare e venire dove le pare." trasse un profondo respiro: "... ma perché è qui?".
- Stai tranquilla. - la Principessa si avvicinò allo Stregatto: - Michelyne è al sicuro. Posso ospitarla i- -
- Indubbiamente Michelyne sarebbe al sicuro al vostro Palazzo, Vostra Altezza. - Luka si rialzò, piano: - Ma qualcun altro non sarebbe al sicuro con lei al sicuro nel vostro Palazzo. -
"Eh?"
- Cosa intendi dire? - Lily non era meno confusa di lei.
- Voi siete stata rapita, Vostra Altezza. - lo sguardo di Luka andò a lei: - Se offriste ospitalità alla vostra rapitrice, cosa vieterebbe alla Regina di accusare lei di complicità e voi di aver architettato un piano di fuga? -
"Cosa?"
- Come avrei potuto architettare un- -
- Evidentemente, avevate pianificato tutto, fin da quando avete pensato a come rubare il Sacro Obbrobbio. - una manica andò a nascondere le labbra: - Non offrite spunti alla Regina. Ha molta fantasia. -
Lily non rispose. Si limitava a guardare Luka, incredula.
Miku si fece avanti: - Davvero la Regina arriverebbe a pensare una cosa simile? -
- Nella più rosea delle ipotesi, sì. -
- Ma allora... - guardò Lily: - ... se la Principessa tornasse al suo castello- -
- Sarebbe una persona intelligente, perché nessuno sarebbe così stupido da essere rapito da una corte giudiziaria di pazzi solo per tornarci spontaneamente una volta libero. - lo Stregatto sorrise.
Ci pensò: "... ha ragione. Se accettassi l'invito di Lily..."
- E cosa dovrei fare? - chiese la Principessa, dubbiosa: - Non posso neppure lasciare Michelyne da sola in un posto che non conosce! - serrò i pugni: - Soprattutto dopo aver salvato la mia vita e quella del mio popolo! -
Miku sentì di nuovo le guance troppo calde.
- Di questo non dovete preoccuparvi, Vostra Altezza. - Luka si portò una mano al petto: - L'ho invitata io, seppur in un altro Paese. Conosco il Paese delle Meraviglie. Le farò compagnia io. -
"COSA?"
Lily parve pensarci.
"NO UN ATTIMO NON-"
- Miku. -
- Ssssssssssì? - guardò la Principessa, ogni singolo centimetro di pelle stava andando a fuoco.
- Lei è davvero la tua ospite? -
- Ssssssssssì. - deglutì, ma l'agitazione non si attenuò neppure di un poco.
- Allora direi che... - Lily chiuse gli occhi e sospirò.
"Ah..."
Quando li riaprì, sorrise: - ... posso affidarti Michelyne! -
- Vi ringrazio per la comprensione, Vostra Maestà. - Luka chinò la testa.
"Ah..."
- Ah, Miku! -
- Ssssssssssì? -
Il viso di Lily sembrava luminosissimo: - Se ci sono problemi, di qualsiasi tipo, fai una chiamata a Palazzo! -
- Oh. Grazie. - una botta di lucidità: - Ma non conosco il numero! -
- C'è una corona su uno dei tasti di qualsiasi telefono. Numero automatico! -
- Oh. Bene. Grazie. -
La Principessa ridacchiò. Poi chinò la testa: - Grazie ancora, Michelyne. - la voce era tornata gentile: - Spero di poterti rivedere in circostanze migliori. -
- Anch'io! - fece una piccola riverenza.
E, con un cenno della mano, Lily corse via, probabilmente verso il Palazzo.

Bene.
C'era una cosa da sistemare.
Ruotando su un piede, si voltò verso Luka, gli indici uniti: - Sai cosa sto per chiederti. -
- Chiedimelo lo stesso. - uno dei suoi sorrisi.
- Con o senza introduzione? -
- Con. -
"Come desideri." - Sai... non mi hai mai dato l'impressione di una pers- gatta a cui piace intromettersi. Sembri più una a cui piace guardare quel che succede. -
- E' così. - una mano avvolta dalla manica andò a coprire le labbra.
- Eeeeee non avevi detto di annoiarti? - ridusse gli occhi a fessure.
- Esattamente. -
- Aaaaallora non sarebbe stato più divertente vedere cosa sarebbe successo se Lily mi avesse portata al suo palazzo? -
- Incredibile come bastino poche frasi per cambiare il destino di così tante persone. - la mano scese, le labbra erano curvate verso l'alto: - O come possa farlo la scelta di una singola persona. -
Miku rimase immobile: - Non mi hai risposto. -
- Sì che l'ho fatto. -
"Cosa?"
Lo Stregatto si avvicinò, i capelli sembravano leggerissimi: - E tu, invece? -
- Io? -
- Perché hai salvato la Principessa? -
Sbattè le palpebre: "Che razza di domande-"
- Hai voluto imporre la tua idea di "giusto"? -
Ci pensò un istante. Poi trasse un profondo respiro: - L'ho detto. Mi hai sentita. - la guardò negli occhi: - Quelle regole mi fanno schifo. Quindi, ho deciso di non seguirle. -.
L'espressione di Luka non era cambiata neppure un poco.
- E' questo tuo disgusto per le regole della Regina... - mormorò il Gatto del Cheshire: - ... che ti sta spingendo a cercare un modo per liberare il Cappellaio? -
- ... puoi vederla così, se vuoi. - portò le mani dietro la schiena.
- Soltanto un'altra domanda. -
Miku non disse niente, non distolse lo sguardo.
- Perché le regole della Regina ti disgustano? -
"..." - ... - serrò i pugni: - ... perché... non mi piace vedere qualcuno che piange per i capricci di qualcun altro. -.
Lo Stregatto ridacchiò: - Sei davvero perfetta per questo posto. -
- Eh? - sbattè le palpebre, confusa.
Quando si ritrovò quel viso troppo vicino, fu tentata dal fare un salto - se indietro o in avanti, non lo sapeva neppure lei.
- Sei completamente matta. - un sussurro divertito.
Fastidio: - Ehi! - e guance troppo calde: - Vuoi dire che a te piace vedere gente che- -
- Ottimo lavoro. -
Fu così che Michelyne Alice Lydia Fairsound divenne un omogeneizzato.
Nonostante ciò, le sembrava ancora di riconoscere la fronte, o almeno il punto esatto in cui si erano posate quelle labbra.

- Il Paese delle Meraviglie è un posto davvero meraviglioso. -
- Oh. E' per questo che si chiama così? -
Le mani di Luka ai lati della testa la costrinsero a guardare il panorama, piuttosto che il viso dello Stregatto.
- Laggiù c'è Produria! -
- Proooo? - era ancora piuttosto stordita.
- E' un paesino molto grazioso. - una mano sulla schiena: - Possiamo andarci. -
- Oh. Sì. Andarci. Noi due? -
- Chi altro? -
- Oh. Andare. Noi due. - "Da sole.": - D'accordo. -
Scacciò all'istante dalla testa la parola "appuntamento".
Scendere dalla collina, vedere verde e azzurro piuttosto che tutte le gradazioni di rosa, respirare aria fresca e accorgersi della presenza di altre creature viventi le liberò la mente da qualsiasi cosa la stesse occupando prima.
Riuscì persino a recuperare l'uso del pensiero.
Nondimeno, Produria sembrava effettivamente un paese molto grazioso.
- Wow! - si portò le mani alla bocca, incredula: - E quello cos'è? - indicò un gigantesco qualcosa rosa che spiccava da sopra le casette in stile bucolico paese europeo.
- Te lo dirò quando ci arriveremo. Sarà più scenografico! - Luka aveva camminato per tutto il tempo, senza fluttuare neppure una volta.
"Dunque sa camminare..." ma l'uso del pensiero fu istanteamente costretto a prendere atto di una cosa importantissima: - Quanti negozi! -
- Vuoi entrare? -
Vuoi entrare?, chiedeva.
Dovevano essere nella Via Principale, quella in cui tutte le viuzze finivano per cause di forza maggiore e in cui erano concentrati tutti i negozi del circondario, quella che si sarebbe potuta visitare completamente solo programmandosi una scaletta divisa in più giorni.
Tuttavia, non visitare proprio nessun negozio era il Male.
Tipo...
- Questo cosa vende? - si fermò davanti ad un negozio.
Dalla vetrina, non riusciva a capire cosa esattamente vendesse: oltre il vetro, c'erano videogiochi per le più disparate console, suddette console - con sedia girevole in allegato (?), pulcini di peluche, abiti da suora (!), specchietti, libricini dall'aria inquietante e manette.
Sopra le due porte d'ingresso, una grande insegna luminosa con su scritto "Wonderful Opportunity!".
- Un po' di tutto. - rispose Luka, probabilmente conscia del fatto che lo vedesse benissimo da sola: - A seconda della porta in cui entri, puoi trovare più cose di un certo tipo che di un altro. -
- Oh... - dato che le due porte erano perfettamente identiche, di un qualche legno marrone chiaro, decise a caso ed entrò nella porta di destra.
Dieci minuti dopo, quando uscì, non aveva comprato niente - soprattutto perché non aveva con sè neppure un soldo. Anche se le era un po' dispiaciuto non poter prendere un paio di manette verde fluo.
- Il demone sta sorridendo... - trotterellò avanti, sentiva Luka dietro di lei.
Lo Stregatto non era voluta entrare. Peccato. Chissà se avrebbe approvato le manette.
- Oh! Quello cos'è? Cos'è? - si avvicinò ad un altro negozio: la vetrina era estremamente elegante, sui toni del blu e dell'argento, come una gioielleria d'alta classe. Al suo interno, però, non c'erano gioielli: per lo più fiori, molti mai visti - riconobbe solo un girasole -, ma anche palloncini, ombrelli e confezioni di the al latte. Alzò lo sguardo: l'insegna, in una calligrafia piena di svolazzi, recitava "Tiara".
Entrò, le mani nelle tasche del grembiule - gesto istintivo ogni volta che entrava in una gioielleria, sempre terrorizzata all'idea di un concerto di "crash".
Anche in quel caso, entrò da sola. Quando uscì, si rese conto di aver trascorso più tempo a rimirare ogni singolo oggetto - anche ciò che, aveva capito dopo, era semplice arredamento - per poter anche solo pensare di comprarlo. Soldi mancanti a parte.
- Il cielo sconfinato che continua all'infinito, abbagliante, avvolge tutto senza alcun limite... -
Si voltò verso Luka: continuava a seguirla, in silenzio, con quel suo eterno sorriso.
- Perché non entri in nessun negozio? -
- Preferisco aspettarti fuori. -
"Mh." si fermò. Un altro negozio aveva attirato la sua attenzione: recava la scritta "Nem" e sembrava una libreria.
Sembrava perché la vetrina aveva indubbiamente dei libri ma, ormai, non si sarebbe stupita di trovarvi anche una piantagione di carciofi.
- Sai, forse è meglio se non entri. - la voce dell'altra vicino all'orecchio.
- Oh, su, cosa può succedere di male? - Miku alzò le spalle: - Darò soltanto un'occhiata! -.
Dieci minuti dopo, uscì di corsa, afferrò le braccia di Luka e la scosse: - ERA ERA ERA UN SUPEREROE ERA TUTTO PUCCIO E POI E' DIVENTATO COS'E' SUCCESSO COSA ARGH -
- Hai sfogliato un libro. - Luka le fece patpat sulla testa - e lei si sentì stranamente un po' meno sconvolta: - Questa neko-libreria è famosa per i suoi racconti di creature folkloristiche e, soprattutto, per le sue storie imprevedibili. -
- MA ERA UNA COSA PUCCIA! - realizzò una cosa: - Oh. Vero. Era piena di gatti. Come un neko-caffè. - ma era una neko-libreria: - ... saresti benissimo potuta entrare anche tu. -
Un colpo di tosse e Luka distolse lo sguardo: - Non vuoi andare in un altro negozio? -
Miku assottigliò lo sguardo: - E' successo qualcosa, qui? -
- Oh. No. - lo Stregatto continuava a guardare altrove, l'espressione tranquillissima: - Non mi sono mai intrufolata per avere cibo gratis. -
"..." - ... sei una gatta orribile. -.
La via sembrava infinita. Seriamente.
Tuttavia, non era affatto una brutta cosa.
- Oh! Questo cosa vende? - la vetrina era piena di chitarre e abiti che definire stupendi era un eufemismo. Secondo quanto diceva un cartello sul vetro, era anche in corso un'offerta: "1 Chitarra = 1 Vestito Gratis!".
- Quanto vorrei averne uno... - quasi spalmò il naso contro la vetrina, lo sguardo che divorava ogni centimetro di stoffa - blu, rossa o nera che fosse.
- Compra una chitarra. - era sicura stesse ridendo.
- Non ho soldi. - alzò lo sguardo all'insegna: "HaruNatsuAkiHaku".
"..." - Non dovrebbe essere "HaruNatsuAkiFuyu"? - domandò, sfoggiando tutta la sua conoscenza del giapponese - livello anime sottotitolati.
- E invece è "HaruNatsuAkiHaku". - Luka sorrise. La vedeva riflessa nella vetrina.
Si voltò verso di lei: - Entri anche tu. - sperò di essere risultata abbastanza decisa.
Che lo fosse stata o meno, quella volta Luka accettò di entrare.
E Miku capì perché, forse, era il caso che lo Stregatto evitasse di andare nei negozi.
Nei momenti in cui non era troppo impegnata a sbavare sui vestiti - gotici, vittoriani, con gioiellame in allegato -, Miku si era accorta di come Luka fosse un po' troppo interessata ad un inquietantissimo libro di cucina - a quanto pareva, vendevano pure quelli - con in copertina quella che sembrava una ciotola piena di qualcosa di indefinito che non ci teneva assolutamente a scoprire cosa fosse.
Quando uscirono, fu seriamente sollevata dal fatto che non l'avesse preso.
Le bastava già Len.
- In un mondo rosso, spaccato, sono stati dispersi i frammenti... -
Forse era meglio evitare di entrare in negozi per un po'. Così, per sicurezza.
- Quello cos'è? - un grosso edificio rettangolare svettava sopra i tetti; la cosa curiosa era che, esattamente accanto, stava la punta di un tendone da circo.
No, sembrava davvero un tendone da circo.
- E' la Scuola Last Note., un'importante scuola di musica magica. -
Miku si voltò: - ... musica magica? - "Sembra interessante."
Aveva scarsa simpatia per la scuola. Ma una scuola di musica magica, già solo per ciò che insegnava, non poteva essere considerata una "scuola" di quel tipo.
- Sì. Ma dubito seriamente ci sia lezione. -
- Perché? - sbattè le palpebre.
- Perché si fa lezione qualcosa come un paio di volte all'anno. -
- ... eh? - "Come dovrebbe fare una scuola di quel tipo, se proprio debbono esserci lezioni.".
- Lezioni rare ma, pare, molto intense. - Luka piegò appena la testa di lato, l'orecchio in alto si mosse: - Anche se durano praticamente tutta la giornata, tutti quelli che partecipano sono così felici da dire che è stato come un viaggio di un istante. -
- Ooooh... - "Mi piacerebbe vedere anche solo una lezione..." giunse le mani: - E come si fa a sapere quando ci sarà la prossima lezione? -
Luka alzò le spalle: - A caso. -
"Argh."
- Di solito, quando sta per iniziare la lezione, al circo fanno suonare le campane. -
- ... eh? - tornò a guardare il tendone da circo: - ... è davvero un tendone da circo? -
- E' il Circo della Scadenza. Non si è mai capito se sia la Scuola ad aprire quando suonano le campane o se è il Circo a suonare le campane quando la Scuola apre. -
- ... -
Riprese a camminare lungo la via e si gettò nel primo negozio che vide, decidendo arbitrariamente che il "per un po'" fosse più che trascorso.
"Perché non ci sono scuole simili, da noi?" sbuffò e tirò giù un libro da una libreria. Aveva la copertina nera e, dalle pagine, spuntava un segnalibro con raffigurato un gatto: "... sono circondata da gatti.".
Sentì il petto farsi più caldo. Non sapeva perché, ma non era una brutta sensazione.
- Sei proprio sicura di volerlo aprire? -
Miku trasalì, ma non si voltò. Osservò il libro che aveva in mano.
"... alla neko-libreria non ho voluto darle retta..." trasse un profondo respiro e rimise il libro al suo posto.
- Cosa conteneva? - domandò, voltandosi verso Luka.
Lei rivolse uno sguardo eloquente al libro: - Storie che in molti hanno percepito come estremamente realistiche. -
- ... - non voleva approfondire: - Uh? - piuttosto, fu attratta dal calendario sulla parete: non aveva niente di interessante - era di quelli a foglietti bianchi con numero rosso -, ma segnava il quindici Agosto.
- E' da un po' che non strappano i foglietti, eh? - lo indicò, perplessa.
- Non immagini da quanto. - Luka sorrise. Un po' troppo.
"... credo sia il caso di uscire.".

Per il resto della camminata, si era limitata ad osservare le vetrine. A quanto sembrava, non era nella cultura del Paese delle Meraviglie avere negozi con un solo tipo di merce.
In particolare, rimase profondamente turbata da un'enorme vetrina - qualcosa come dieci metri per cinque - piena di tutto: cose a tema fantasy, cose a tema cibernetico/futuristico/comediaminesichiamavano, cose a tema Halloween, fiori dei tipi più vari, roba horror, spartiti musicali, libri... era talmente tutto da perdersi solo guardando oltre il vetro.
L'unico punto fermo di tutto quello era l'insegna, messa in basso per permettere di essere letta: "PolyphonicBranch".
- Mi chiedo se ci voglia più tempo a percorrere tutta questa via o a visitare quel negozio. - sospirò.
Di sicuro, il Paese delle Meraviglie era un paese ricco e fiorente.
E finalmente, dopo un tempo indefinito, erano riuscite ad arrivare alla fine della via: fine della via che si traduceva in un sentiero nel verde, con una collina sulla destra e un laghetto sulla sinistra.
Miku sentì una punta di delusione, ma qualcosa le diceva che, anche lì intorno, ci fossero cose meritevoli.
Tipo nel laghetto.
Sbattè le palpebre, si avvicinò all'acqua: al centro c'era un isolotto, accessibile da un piccolo ponte dai colori pastello.
- Che carino! - giunse le mani: - Quell'isolotto è un posto particolare? -
Sentì i passi di Luka sull'erba, leggerissimi: - Si chiama Isolotto Miwashiba ed è pieno di cose carine. -
- Cose carine? - si voltò, a guardarla in viso: - In che senso? -
- Vestiti, accessori, musica, carta da parati... -
"Carta da parati?"
- Soltanto che sembra che chiunque vada lì sviluppi un'intensa passione irreversibile per tutto ciò che è carino, morbido e con colori delicati. -
- ... diventa una fangirl? -
- Dovresti sapere meglio di me che le fangirls non amano solo le cose carine, morbide e con colori delicati. - un ghigno.
- Oh. Lo so. Lo so benissimo. - s'inginocchiò, fino a specchiarsi sull'acqua. Ne approfittò per rifarsi le codine. Non che fossero in disordine, ma perché no?
Una cosa che non le piaceva affatto era quel rossore in zona zigomi. Non poteva neppure usare la scusa della ressa, dato che di ressa non ce n'era stata. Anzi, la via principale sembrava una via principale al mattino, con i poveri giovani a scuola e in giro soltanto le casalinghe ed eventuale gente a caso.
Allungò una mano, affondò le dita nell'acqua e infranse il suo riflesso, facendo avanti e indietro con il braccio.
- Ci sono pesci? - chiese, tanto per non rimanere in silenzio. E per non ripensare al fatto che fosse rossa.
- Soltanto urechis unicinctus. - stava soffocando una risata. Pessimo segno.
"L'ha notato...?" - Urecosa? -
- Pesci pene. -
Scattò in piedi e si asciugò la mano sul grembiule.
- Il Lago Giga ne è pieno. - stava ridacchiando. A quanto sembrava, non era riuscita a trattenere la risata più di tanto.
"Perché c'è un posto come l'Isolotto Miwashiba sul Lago Giga?" non voleva approfondire. No, davvero, non voleva saperlo. Per questo neppure lo chiese.
E riprese a camminare lungo il sentiero, perché sentiva le guance troppo calde. E l'aria che le accarezzava il viso non dava troppo sollievo.
- C'èèèèèè... - si fermò e si voltò, piano piano, con un gran sorriso: - ... qualcos'altro di curioso, più avanti? -
- Cose che potrebbero interessarti. - stavolta, il sorriso di Luka sembrava innocente.
E Luka non si era mai fatta problemi a fare sorrisi di tutt'altro tipo, quindi poteva considerarlo un sorriso effettivamente innocente.
- D'aaaaccordo. - portò le mani dietro la schiena e rallentò il passo. Inspirò l'aria fresca: "... di cosa ti stai preoccupando?". Si guardò intorno: il verde dell'erba, l'azzurro del cielo, il bianco di qualche nuvola. Lì, la Regina non poteva farle niente. Non aveva nulla di cui preoccuparsi. Era con Luka, da sola.
Il cuore fece un triplo salto mortale all'indietro con avvitamento.
Inspirò di nuovo - e l'aria le andò di traverso, non aveva idea del procedimento fisico di questa cosa e preferì tossire che starci a pensare.
- Sei rigida. -
- No. Sono calmissima. Mi è solo andata di traverso l'aria. - si guardò intorno, in cerca di una qualsiasi cosa per distrarsi.
In effetti, la trovò: una grossa roccia incisa.
Incuriosita, si avvicinò. Era alta almeno tre metri, levigata e ricoperta di strane iscrizioni. Sembrava uscita da un museo.
- Cos'è questa? -
- E' la Stele Teniwoha. -
- E' qualcosa di importante? - era sinceramente curiosa.
- Non lo sappiamo. Nessuno è riuscito a tradurla letteralmente. Ma sembra narri storie di creature sovrannaturali e di investigazioni. -
- ... investigazioni su creature sovrannaturali? - si portò una mano al viso - troppo caldo.
- Forse. - una risata leggera.
- Sembra interessante... - Miku sorrise: - Non dirlo! Non dirlo! Non dirlo a nessuno! - canticchiò, osservando i segni incisi.
Nessuna lingua conosciuta.
Non che fosse un'esperta di alfabeti. Sapeva dell'esistenza del greco e del cirillico ed era solo grazie a manga ed anime che sapeva distinguere i caratteri giapponesi da quelli cinesi - e soltanto perché quelli cinesi non le davano un senso di familiarità.
"Ah!" si riprese: "Quant'è che sto fissando questa cosa?" scosse la testa e guardò Luka. Lei stava guardando la pietra, ma distolse lo sguardo quando lei la guardò.
Dato che c'era troppo "guardare", Miku decise di riprendere a camminare.
"Non so di cosa parlare!" serrò i pugni: "Luka sembra sapere tutto!" ci pensò: "No, lei sa tutto! Che razza di conversazione posso avere, con lei?"
- Quella non ti interessa? - la voce di Luka.
Si fermò e guardò lo Stregatto: le stava indicando qualcosa in lontananza, un edificio. Miku guardò meglio: sembrava un'enorme biblioteca.
Quando ci si avvicinò - tragitto percorso in due minuti abbondanti -, capì cos'era realmente: un'enorme biblioteca, come sembrava.
- Cosa ci fa una biblioteca nel nulla? -
- Questo non è "nulla". - le spiegò Luka, il tono gentile: - E' sempre Produria. Non è "nulla" solo perché non ci sono case. - sorrise: - Del resto, quel qualcosa che avevi visto è più avanti. -
"Oh." intrecciò le dita, tornò a guardare la biblioteca: - E' davvero grande! E' la biblioteca più importante di Produria? -
- E una delle più importanti del Paese delle Meraviglie, aggiungerei. - una mano sulla schiena: - Questa è la Biblioteca Os. Si narra che qualsiasi libro al suo interno sia capace di catturare il lettore per ore e ore e che in pochi siano riusciti a distogliere lo sguardo dalle illustrazioni nell'ala dedicata. -
- Sembra... - posò le mani sul portone: - ... così affascinante... -
- Stai attenta a non perderti! - l'avvisò Luka: - Segui le figure mobili dell'Ala Tosao e dell'Ala Vava, attraversa l'Ala Yama e, se vuoi leggere, vai nell'Ala Hitoshizuku! -
- E se voglio vedere le illustrazioni? -
- Ala Suzunosuke, è proprio davanti all'Ala Hitoshizuku. -
- Capito! - si voltò: - Tu non vieni? -
Luka scosse la testa: - Ho già letto tutto. - un sorriso, e il cuore sobbalzò di nuovo: - Sono sicura che questo posto ti piacerà. -.

- ... che ore sono...? - si strofinò gli occhi.
- Le cinque e mezza. - lo Stregatto le fece patpat sulla testa, conducendola fuori dalla Biblioteca Os: - Credo tu abbia letto abbastanza. -
- E quei disegni... -
- E visto abbastanza illustrazioni. -
Miku sbattè le palpebre, la testa stracolma di storie, personaggi, intrecci, parole, descrizioni, paesaggi, emozioni: ne voleva ancora, ancora, ancora, ma sapeva che, per il momento, non sarebbe riuscita a sostenerne altri.
Persino il libro più piccolo, la storia più semplice, era stata capace di coinvolgerla talmente tanto da lasciarla stordita una volta arrivata alla parola "fine", una volta tornata alla realtà.
Era assurdo.
Era tutto così... così...
Un boato sonico risuonò per chilometri.
Miku abbassò lo sguardo.
- ... credo di avere un po' fame. -
- Vuoi? -
Davanti ai suoi occhi apparve un gigantesco panino.
La bocca si fece un po' troppo bagnata, e Miku sperò ardentemente di non stare sbavando: - Gr-grazie... - lo prese e lo aprì: "Chissà con cos-"
Era un gigantesco panino.
E basta, c'era solo il panino.
Rialzò lo sguardo. Guardò Luka.
Il Gatto del Cheshire sorrise: - Era un panino con il tonno. -
- ... immagino dove sia finito il tonno. -
- Ci stavi mettendo parecchio ad uscire. -
- Vuoi dirmi che non sapevi quando sarei uscita? -
- Ovvio che lo sapevo. - Luka portò le mani in grembo, l'espressione seria: - Così come so che sei un'estimatrice del cibo nella sua forma più naturale. -
- Ma veramente no. -
- Bene. Sono felice che il panino al panino sia di tuo gradimento. -
- ... - "Beh, in fondo, è come provare cose nuove." e poi il panino si stava rivelando incredibilmente buono. Sapeva di pane. E neanche un pochino di tonno. Luka era davvero un'ottima pulitrice.

- Oh. - percorse con lo sguardo la corteccia, la testa si piegò all'indietro: - Oh... - la nuca toccò il collo: - Oooh... - la schiena s'inarcò appena: - Oooooh... - la schiena s'inarcò tanto.
E ancora non riusciva a vederne la cima.
Un albero. Un albero gigantesco.
"Come diamine ho fatto a non vederlo dalla collina lassù?" era sicura che fosse perfettamente visibile anche da lì.
Un albero in piena fioritura, un colossale ammasso di petali rosa che non si sarebbe stupita di sapere più alto di cento metri.
Come se non fosse già abbastanza scenografico, i petali cadevano pure. Una pioggia di petali rosa.
Raddrizzò la schiena, portò le mani al petto: "Che... che bello...". Lo sentiva più caldo, il cuore leggerissimo.
Le piaceva, quel posto.
- E' l'Albero Kurousa. - la informò Luka, al suo fianco: - E' sempre fiorito. Migliaia e migliaia di petali di ciliegio. -.
Miku la guardò.
E, per un istante, sentì di essere sprofondata in uno shoujo.
Altrimenti, non si sarebbe spiegata perché ci fosse l'altra sotto una pioggia di petali di ciliegio rosa, una mano alzata appena, come a volerne prendere almeno uno.
E poi, erano petali rosa. S'intonavano perfettamente a Luka.
"... l'avrà fatto apposta, a portarmi qui?" tornò a guardare l'albero: "Per farmi vedere quant'è scenografica sotto quest-" sbattè le palpebre.
Qualcosa più grande di un petalo, più scuro del rosa.
Piccole, mescolate ai petali di ciliegio, cadevano anche foglie rosse.
Tornò a guardare Luka; proprio in quell'istante, lo Stregatto afferrò una foglia rossa. Vide le sue labbra curvarsi appena, divertite.
- ... visto da lontano... - mormorò Miku: - ... deve essere davvero scenografico. - "Ha pure le gradazioni di colore!"
- Ma anche visto da qui. - Luka lasciò andare la foglia, che oscillò nell'aria fino a scivolare a terra: - Da lontano, non puoi stare sotto questa pioggia. -
"Già..." rialzò lo sguardo, perdendosi in quel rosa. Sembrava morbido, in un certo senso. Allungò una mano, pur conscia di non poterci arrivare: - Tu... - sussurrò: - ... puoi arrivare fin lassù? -
- Certamente. -
- E ci sei mai andata? - un passo avanti.
- Sì. - un sospiro: - Ma non è così interessante come credi. Tutti quei petali e quelle foglie ostruiscono la visuale. - la sentì avvicinarsi: - A meno che tu non voglia immergertici. In tal caso, è molto bello. -
Miku trasse un profondo respiro. Abbassò la mano, ma non distolse lo sguardo dai petali: - E... credi di potermici portare? -
Luka non rispose subito. Dopo qualche secondo, sospirò di nuovo: - Non posso portare altre persone con me. Se vuoi arrivare lassù, dovresti chiedere a qualcun altro o arrampicarti. -
- Oh... - chiuse gli occhi: "E' impossibile che io ci arrivi arrampicandomi." già la Quadriglia delle Arrigidite era stata una dura prova: "Peccato." li riaprì: "... però..." sorrise: "... è bello anche così.".
Era felice, lì. Non sapeva spiegarsene il motivo, ma stare lì sotto, tra quei petali rosa, e Luka lì accanto, la faceva sentire felice.
Ripercorse con lo sguardo la corteccia, al contrario, dalla chioma alle radici.
E notò qualcosa di colorato.
Si avvicinò e si chinò, incuriosita: - Sono... - ne prese una in mano: - ... ciliegie? -
Le ciliegie più strane che avesse mai visto. Non perché avessero le spine o si sbucciassero come cipolle: semplicemente, erano colorate. E lei aveva preso in mano una ciliegia verde e nera. Guardò le altre a terra: una verde, nera e fucsia, una rosa striata di verde, una blu e bianca.
- Quelli sono i Frutti di Ittomaru. - Luka anticipò la sua domanda: - Ma non sono commestibili. -
- Ah, no? - si voltò verso di lei.
Lo Stregatto scosse la testa, un sorriso gentile: - Sono carini e puoi usarli come ornamento. -
- Oh... - "Aspetta." guardò meglio Luka. Un sorriso gentile. Sul serio.
Tornò ad occuparsi dei Frutti di Ittomaru. Rigirò la ciliegia tra le dita, indecisa se metterla in tasca o lasciarla lì. Alla fine, scelse di rimetterla dove l'aveva trovata.
Era davvero felice.
Già.
Saltò in piedi, aprì le braccia, alzò la testa e si mise a cantare: - Con uno "Shalala" ti prenderò per mano! - ruotò su se stessa: - Anche stando qui in piedi senza avere parole da dirci, andrà bene... - fece qualche passo avanti: - "Shalala"! Tutti quanti, tutti quanti ti stanno amando in questo momento! - ruotò di nuovo.
"E'..." inspirò. C'era un buon profumo, là. Dolce, floreale. Sorrise: "... va bene così. Va tutto bene così.".
Ruotò di nuovo, le code le ricaddero sulla schiena, sul petto.
E una mano sulla sua.
Abbassò lo sguardo.
- Girano, girano, i nostri destini stanno girando... -
Che bella la voce di Luka, quando cantava. Ma anche quando parlava. La voce di Luka era sempre bella.
- Le fiamme rosse e blu si mescolano. - Miku prese un lembo della gonna, lo sollevò appena, come se fosse ad un ballo. Sentì il suo sorriso farsi più ampio.
C'era una musica, da qualche parte, vicina.
Tutto nella norma, l'aveva capito.
Luka non l'aveva abbracciata come aveva fatto Kaito - come aveva fatto il Principe con la ragazza in verde: teneva con la destra la sua mano sinistra, danzavano in cerchio, cambiavano mano; i gomiti si piegavano, si facevano più vicine, si riallontanavano, ruotavano e tornavano a tenersi per mano.
- Girano, girano, i nostri destini stanno girando... -
- Un fiore che sboccia appassisce, perché è destino. -
- Bruciato e scomparso, non ho bisogno di cose come il passato. -
- Voglio solo sentire qui ed ora. -
C'era qualcosa, nello sguardo di Luka. Ma non riuscì a capire cosa. Né se fosse un'emozione positiva o negativa.
Ma continuava ad essere su di lei, e questo le bastava.
Si riavvicinarono, la musica arrivò alla sua conclusione.
I gomiti piegati, i volti vicini, le ultime note risuonarono nell'aria sferzata dai petali e dalle foglie.
Se fosse potuta rimanere così, le sarebbe stato benissimo. Se avesse potuto sporgersi in avanti, anche solo di un poco, sarebbe stato ancora meglio.
Ma, quando fu più vicina, Luka voltò la testa e si scostò.
- Dovresti riposare. - non aveva lasciato la sua mano.
- Mh. Sì. Forse. - nel sentirselo dire, fu come se tutto il suo corpo si fosse ricordato, di colpo, di aver avuto una giornata piuttosto pesante.
E di essere sveglio da probabilmente le due-tre del mattino.
- La sera viene molta gente, qui. - lo Stregatto si allontanò, Miku la seguì, le loro dita ancora intrecciate: - Rischierebbero di disturbarti. Meglio andare in un posto più tranquillo. -
- Qualcuno può ospitarci? -
Il Gatto del Cheshire scosse la testa: - A meno che tu non abbia denaro con cui pagare una stanza. -
- Temo di no. - si rese conto di una cosa: - Ah! Ma tu hai dei soldi! -
- No, non li ho. -
Miku sbattè le palpebre: - E il panino di prima- -
- Non ho mai detto di averlo comprato. -
- ... -
Scosse la testa, sentì la bocca aprirsi in uno sbadiglio impossibile da fermare - quindi si coprì le labbra e lasciò che tutto facesse il suo corso.
La mente iniziava a riempirsi di nebbia, ma un'idea riuscì comunque a farsi notare: - Luka? -
- Sì? -
- Forse... potremo andare nel Paese dello Specchio? -
- Perché? - non si fermò, né si voltò a guardarla. Era ovvio che sapesse la risposta.
- Sta per calare la notte. - spiegò Miku: - Magari la Regina smetterà le ricerche, per la notte. -
- O magari no. -
"... un modo per dire no?" - Allora, magari, potrei rimanere nel Paese delle Meraviglie, affacciarmi all'ingresso e vedere se c'è Gakupo! -
Non che saltasse dalla gioia al pensiero di parlare con lui. Tuttavia, dallo sguardo che gli aveva visto rivolgere alla Regina al processo, poteva ragionevolmente giungere alla conclusione che il Duca non simpatizzasse troppo per la sovrana: magari avrebbe potuto almeno darle qualche informazione.
"Come starà Gumi? E Rin? E Kaito? Cos'è successo, dopo che me ne sono andata? Qualcuno si sarà fatto male? La Regina mi sta davvero cercando? Anche Lily è ricercata?" deglutì: "... spero non abbia mandato Len a cercarmi".
La cosa sarebbe potuta essere incredibilmente positiva o incredibilmente negativa. Dipendeva dall'umore dello Shota Usamimi.
Luka, finalmente, si fermò. E la guardò. Aveva un'espressione seria: - Sta per calare la notte. -
- Ehm, sì. - sbattè le palpebre: - Quel che ho detto io. -
- Hai mai visto i tuoi conoscenti di notte? -
"... eh?" ci pensò: - Uhm... beh, ho incontrato Rin di notte... e... - sapeva benissimo che Luka sapeva benissimo del suo meraviglioso incontro con la Lepre Marzolina: - ... e ho visto anche te, di notte! - era seriamente confusa: - Ma cosa c'entra? -
- Le persone non sono per forza uguali, di giorno e di notte. -
"... cosa." - Eh? -
- La notte porta tanti segreti. - lo Stregatto distolse lo sguardo: - Molti si sentono più liberi, la notte. -
- ... continuo a non capire. -
- Conosci davvero una persona soltanto se l'hai incontrata sia di giorno che di notte. - un sussurro: - Ma serve un certo coraggio per accettare di vedere una persona anche di notte. -
- ... - la nebbia nella sua mente si era fatta più fitta. Tirò appena la mano di Luka: - Ho sonno. - disse, soltanto.
- Stiamo andando, stiamo andando. -
Forse era stordita, ma le era parso che quella voce fosse suonata sinceramente intenerita.

Il sole era prossimo al tramonto.
Non era esattamente il tramonto, era un pre-tramonto.
La luce che filtrava tra gli alberi non era neppure diventata troppo arancione.
- Un bosco? - Miku si strofinò gli occhi con la mano libera. Lacrimavano. E lei si stava slogando la mandibola a forza di sbadigliare.
- E' talmente tranquillo che ci viene anche altra gente, a dormire. - finalmente, si fermarono: - Puoi dormire qui. -
"A terra?" un pensiero che andò allontanandosi sempre di più, sempre di più, sempre di più, mentre lei si sdraiava a terra. Era curiosamente morbido.
Chiuse gli occhi.
Era anche curiosamente caldo.
Le sembrava persino di avere una coperta, e qualcosa di caldo su una guancia.
- Sei stata davvero brava. Davvero brava. - un sussurro conosciuto, incredibilmente vicino: - Andrà tutto bene. Andrà tutto bene. -
Quel calore tremò, per un istante.
Miku lo prese tra le braccia, si lasciò cullare da quel tepore: - Lo so. - mugugnò: - Lo so che andrà tutto bene. -.
Perché non sarebbe dovuto andare bene, in fondo?
Non sentì più alcun tremore.

Tic Tac Tic Tac
Profumo d'erba, intenso.
Un vento tiepido sulle braccia, sulle guance.
Il fruscìo delle foglie.
Schiuse le palpebre, piano.
"Sono... per terra...?" era sdraiata di fianco, si voltò supina. Sopra di lei, foglie scure e spicchi di cielo stellato.
Si mise seduta: "Come sono...?" di colpo, tutti i ricordi del giorno prima - era il giorno prima? - le tornarono alla mente: "Giusto! Ero venuta qui con-" si guardò intorno.
Erba.
Tronchi.
Rami.
Foglie.
Cielo stellato.
Sospirò, affondò il viso in una mano: "Ovvio.". Le sfuggì un sorriso: "... beh, è già tanto che sia rimasta con me un intero pomeriggio.".
Si lasciò ricadere sull'erba; anche se aveva i suoi forti dubbi circa la possibilità di riuscire a riprendere sonno, volle comunque provare.
Dopo una decina di minuti - o forse due, o forse un'ora -, ci rinunciò e si alzò, pulendosi gonna e capelli.
Non aveva idea di quanto avesse dormito, ma si sentiva del tutto riposata.
"Perfetto!" si stiracchiò: "Il mio bioritmo sta elegantemente andando a-" un dubbio: "Potrò andarmene da sola, così, a caso...?" ci pensò: "... Luka lo sa benissimo. Mi ha volontariamente lasciata qui da sola. E sa tutto quello che faccio, quindi..." non sapeva come prendere l'ultimo pensiero. Era una cosa rincuorante e disturbante al tempo stesso. Ma, in fondo, stava iniziando a farci l'abitudine.
Dato che non aveva idea di dove andare, iniziò a camminare a caso: "Mi piacerebbe sapere cosa le passa per la mente..." trasse un profondo respiro: "Se si è annoiata troppo, ieri. E perché mi sia stata vicina per così tanto tempo. Non mi sembra da lei." scosse la testa: "Probabilmente, era solo curiosa." ci ripensò: "... ma curiosa di cosa? Dovrebbe sapere già tutto, no?".
Il bosco era molto meno fitto di quello del Paese del Verde; c'erano persino dei sentieri ben tracciati, con gli alberi distanti anche quattro o cinque metri l'uno dall'altro e file di sassi a segnalare la strada.
E, soprattutto, non c'era il rischio di incontrare Shota Usamimi tsundere armati di falcetto.
"Non c'è il rischio, vero...?" si guardò alle spalle, giusto per stare sicura.
Niente. Solo la strada, l'erba e gli alberi.
Tornò a guardare avanti: "Chissà dove porta questa strada..." si fermò: "Probabilmente in un centro abitato." guardò gli alberi oltre i sassi: "... e se andassi lì?".
Non aveva neanche finito di pensare che era già uscita dal sentiero, addentrandosi tra gli alberi.
"Mi sono quasi persa nel Paese del Verde, un paio di alberelli non mi fanno certo paura!" gonfiò il petto: "E poi, qui ho ufficialmente la protezione delle sovrane!" ripensò al Re, Neru o qualunque fosse il suo nome: "... tipo, sì".
- Forse è lei? -
"Eh?" si voltò. Nessuno.
- Dici? -
"Cosa?" si voltò di nuovo. Nessuno.
- Beh, corrisponde alla descrizione... -
Due voci femminili, giovani. Ed erano anche vicine, come se fossero proprio accanto a lei.
- Ma guarda che faccia da tonta! -
- Ehi! - oltre che continuare a guardarsi intorno, stavolta era il caso di parlare: - Guardate che vi sento! -
- Ops! Scusala! -
- Ma "scusala" di che? Ho solo detto la verità! -
- Non fare la maleducata! -
Due voci completamente diverse: una gentile, una altezzosa, una che sapeva di miele con zucchero e melassa e una che sapeva di cioccolato fondente ad alta percentuale di cacao.
- Vi sento... - disse Miku, esitante: - ... mmmmma temo di non vedervi... - "Sono invisibili?" aveva persino guardato a terra, giusto per evitare la classica figuraccia del non vedere qualcuno troppo basso.
Una risatina: - Quassù! Quassù! -
"Ah. Avrei potuto guardare anche su." alzò lo sguardo.
E rimase a bocca aperta.
- Voi... - sussurrò, le mani che salivano alle labbra: - ... siete... -
Entrambe piegarono la testa di lato, in perfetta sincronia, le espressioni in perfetta opposizione - una incuriosita, una seccata.
Sorrise, incantata.
Davanti a lei, piccole e svolazzanti, c'erano due fate.






Note:
* "Ehi, da questa parte, da quella parte, da quale parte? Di là!? / Non esitare mai, vai semplicemente avanti!": Party x Party [ Traduzione Scritta ]
* Come si sarà argutamente dedotto, Produria è una citazione continua a producer/disegnatori che mi piacciono/per cui simpatizzo, senza un ordine particolare. U.U
Per la precisione:
- Wonderful Opportunity!, due porte perché sono in due: Jesus-P e Minus-P.
Gli oggetti in vetrina sono tutti riferimenti a loro canzoni: videogiochi (Shinde Shimau to wa Nasakenai!/Death Should Not Have Taken Thee! & Bouken no Sho ga Kiemashita!/Your Adventure Log Has Vanished!), console con sedia girevole (Remote Control), pulcini di peluche (Kaga Piyo!), abiti da suora (Romance Touch), specchietti (Doppel Oshimondou/Doppelganger Dispute), libricini dall'aria inquietante e manette (le due Sensei to shoujo soudou/Uproar of teacher and girl).
Miku entra nella porta di Minus-P in quanto è lui ad averla usata nell'unica canzone che hanno fatto con lei - quella che canta una volta uscita.
-- "Il demone sta sorridendo...": Sensei to shoujo soudou -Dainishin- "Higaisha no Nikki" / Uproar of teacher and girl -Second Trial- "Victim's diary" [ Traduzione Scritta ]
- Anche per Tiara gli oggetti in vetrina sono citazioni: girasole (Himawari/Sunflower), palloncini (Balloon), ombrelli (Umbrella) e confezioni di the al latte (Milk Tea).
-- "Il cielo sconfinato che continua all'infinito, abbagliante, avvolge tutto senza alcun limite...": Undefined [ Traduzione ]
- La liberia Nem non poteva non essere una neko-libreria. (?) Anche in questo caso, i libri sono citazioni: il libro del supereroe è ovviamente Super Hero, mentre le storie di creature folkloristiche sono riferimenti ad Aru Bakeneko no Koimonogatari/The Love Story of a Certain Bakeneko e Yumekui Shirokuro Baku/Monochrome Dream-Eater Baku.
- Il negozio "HaruNatsuAkiHaku" è riferito ai componenti del gruppo SCL Project: Natsu-P, Haku e HaruAki.
(Per la cronaca, Haru/Natsu/Aki/Fuyu sono i nomi delle stagioni in giapponese - per questo Miku è perplessa dal fatto che il nome non sia così.)
Le chitarre sono un riferimento al loro genere rock... e ai VanaN'Ice, ovviamente. Così come i vestiti blu/rosso/nero sono citazioni a Lovelessxxx / Fate:Rebirth / Imitation Black. Il libro di cucina, invece, è una citazione a Megurine-ka no Panicooking -Gyuudon-hen-.
-- "In un mondo rosso, spaccato, sono stati dispersi i frammenti...": Fate - Unmei no Tobira [ Traduzione di Fate:Rebirth, selfcover successiva ]
- Per Last Note., la "scuola di musica magica" è un riferimento alla saga di Mikagura Gakuen Kumikyoku/Mikagura School Suite; il "viaggio di un istante" è ovviamente Setsuna Trip/A Momentary Trip, mentre il Circo della Scadenza cita Deadline Circus.
- Nel negozio a caso, ci sono citazioni ad altre due saghe: il segnalibro è Shuuen no Shiori/Bookmark of Demise, il calendario è Kagerou Project/Heat-Haze Project.
- Il negozio PolyphonicBranch non poteva che avere TANTA roba di TANTI tipi diversi.
- L'Isolotto Miwashiba e il Lago Giga sono ovvi.
(Se avete meno di 14/15 anni e non conoscete Giga-P, aspettate di averne, prima di andare ad informarvi. Sul serio.)
- Quel che forse c'è scritto sulla Stele Teniwoha cita le sue due saghe: le creature sovrannaturali quella degli Youkai Shounen Tantei Dan/Youkai Youth Detectives, le investigazioni quella della Jogakusei Tantei/Schoolgirl Detective.
-- "Non dirlo! Non dirlo! Non dirlo a nessuno!": Kosho Yashiki Satsujin Jiken / Murder Case at Mansion of Antiquarian Book.
- La Biblioteca Os cita il Team Os e i nomi delle varie ale sono quelle dei suoi membri: Hitoshizuku-P, Yama, Tosao/TSO, Vava e Suzunosuke.
- Perché Kurousa sia citato da un grande albero dai petali rosa credo sia ovvissimo. U.U
Paleserrimo riferimento a Senbonzakura sono le "migliaia di petali di ciliegio", mentre le foglie rosse sono una citazione ad Akahitoha/A Single Red Leaf.
- I colori dei Frutti di Ittomaru sono tutte citazioni a suoi lavori - casualmente (?), tutti di canzoni di Kurousa-P: verde e nero (Risky Game), verde, nero e fucsia (Renai Philosophia/Love Philosophia), rosa striato di verde (Senbonzakura - di nuovo) e blu e bianco (Jougen no Tsuki/Crescent Moon).
Avrei voluto mettere citazioni anche ad Acute e ReAct, ma tant'è. *Non le ha disegnate Ittomaru, quindi non potevo metterle insieme agli altri Frutti.*
-- "Con uno "Shalala" ti prenderò per mano!": Shalala [ Traduzione ]
* "Girano, girano, i nostri destini stanno girando...": Taiyou to Tsuki no Rondo / The Rondo of Sun and Moon [ Traduzione (inglese) ]




E così si conclude ufficialmente la prima parte! *O*/
... e così inizia ufficialmente la seconda parte. U.U

Se nel Paese dello Specchio si ripercorreva Alice nel Paese delle Meraviglie, nel Paese delle Meraviglie non si può che ripercorrere Attraverso lo specchio.
All'incirca, sì. *In fondo, già nei primi capitoli c'erano stati pezzi di Attraverso lo Specchio.* *indica*
(Ah, ovviamente, anche qui ci sono state svariate citazioni ad Alice.)

Miku si è ricordata del famoso cono che fa crescere/rimpicciolire, ha sventato il malefico (?) piano di Meiko, ha salvato la Principessa e si è guadagnata un appuntamento una gita con lo Stregatto! *O*
... sì, Produria è quella che mi ha preso più tempo. U.U" *Le note, soprattutto.*
Con tutto che, in realtà, non ho citato proprio tutti-tutti i producer/disegnatori che apprezzo/simpatizzo - ad esempio, ci avrei messo anche Suzumu (ARGH) e Madoka Kurosawa. Vedrò di citare poi loro canzoni, se ci riuscirò. à.à
Come detto nelle note, le citazioni sono in ordine completamente randomico. U.U
E, sì, la buona narrativa (?) chiederebbe un'attenta descrizione dei negozi, di ciò che ha colpito Miku, delle storie che l'hanno tanto catturata... tuttavia, queste sono semplici citazioni, non hanno peso sulla trama. *Insomma, mettersi a descrivere tutto sarebbe stato un po' eccessivo.*

Per il resto, l'appuntamento la gita con il Gatto del Cheshire si è rivelata più spudoratamente Luka/Miku di quanto avessi pensato. Oh, beh. Pazienza.
(Domanda: "Ma Gakupo stava davvero con Lily?"
Risposta: Sì, perché io shippo anche Gakupo/Lily. (!))

In conclusione: Lily è libera - o qualcosa del genere -, Miku è ricercata - o qualcosa del genere - e si è - di nuovo - ritrovata da sola, in un bosco, di notte. E ha incontrato due graziose fatine. Chi saranno mai- no, okay, questo direi che è alquanto ovvio. U.U"

Non ricordo se l'avessi già detto - nel caso, lo ridico: a parte la buona Saga del Male - che, tanto, sarà ripresa e lo sa Chiunque (?) -, ci saranno altre due serie che avranno un grosso spazio nella storia. La seconda apparirà... nel capitolo successivo al prossimo. à.à (!) *E sarà anche quella che sarà seguita più a livello di ambientazione che di trama, ma dettagli.*
"Prossimo capitolo" attualmente in scrittura, che probabilmente sarà molto più breve di questo. O forse no. Forse sarà il triplo. Chissà.

Spero che questo capitolo - e questa prima parte della storia - vi siano stati di gradimento. ^^
Per qualsiasi critica o consiglio, ditemi pure. ^^

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Capitolo 13
*** Non posso più muovermi... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Non posso più muovermi
E' come se fossi in una fiaba
~



Piccole tanto da poterle toccare con la punta del medio la testa e con il polso i piedi, una sui toni del celeste, una sui toni del viola, sospese nell'aria senza bisogno di ali.
Miku sentì una punta di disappunto: "Speravo che le fate avessero delle ali... da farfalla, tipo!".
La fatina celeste era quella gentile, con la voce di zucchero: celeste era la gonna vaporosa, e quella che sembrava una sciarpa, e le rifiniture del suo vestito bianco, e la luce che sembrava irradiare lei stessa; in un primo momento, pensò avesse i capelli corti - di un adorabile azzurro che sfumava nel viola -, salvo accorgersi delle lunghe codine alle sue spalle.
La fatina viola era quella che non sembrava farsi troppi problemi ad essere diretta: in realtà, di viola aveva solo la parte superiore del vestito a strisce e la luce che sembrava irradiare; i capelli erano lunghi e lisci, una versione più scura di quelli dell'altra fata, e indossava dei pantaloncini neri.
Ma, soprattutto, entrambe avevano per fermacapelli una grossa patacca.
Miku si avvicinò: la patacca della fatina celeste era un cerchietto con pseudodiamante azzurro, quella della fatina viola una sorta di fiore fucsia puntuto.
- Siamo Aoki Lapis e Merli Aoki! - sorrise la fatina gentile.
- O Merli Aoki e Aoki Lapis, per dirlo al contrario. - aggiunse l'altra fatina.
- Fate! - Miku giunse le mani: - Siete fate, vero? -
- Esatto! - trillò la fatina azzurra, che non aveva ben capito a quale dei due nomi rispondesse.
- Non hai sbagliato. - la fatina viola sbadigliò, coprendosi la bocca.
- Come siete belle... - si avvicinò ancora di più, le mani al petto: - ... è la prima volta che vedo delle fate vere... -
- Ah... sì...? - la fatina celeste si portò i palmi inguantati alle guance, la luce andò sfumando nel rosso: - Ti ringrazio... -
- Non hai mai visto fate vere? - la fatina viola gonfiò le guance, i pugni ai fianchi - e la luce di un rosso acceso.
A guardarla bene, non era un effetto delle luci diverse: la fata viola aveva la pelle scura, quella celeste la pelle chiara; entrambe, però, avevano dei grandi occhi azzurri.
- Merli, per favore... - quella che doveva dunque essere Aoki Lapis si avvicinò a quella che doveva dunque essere Merli Aoki: - Evidentemente, viene da un paese molto lontano... - abbozzò un sorriso di scuse, come se si sentisse in colpa.
- Che paese orrendo può essere un paese dove le fate non possono andarsene dove vogliono? - Merli Aoki mise le braccia conserte, un broncio.
- Merli! -
- E' che c'è molto ferro. - si ricordò Miku: - Forse è per questo che non- -
- Ferro? - l'espressione di Merli Aoki era puro disgusto, la luce attorno a lei sfumò in un cupo verde: - Che paese schifoso! -
- Merli! - stavolta, fu Aoki Lapis a gonfiare le guance: - Smettila di essere così antipatica con un'ospite! Non si offendono le terre altrui! - con un gesto fluido, volò davanti a Miku, la luce di nuovo di un celeste brillante, sul volto di nuovo un sorriso di scuse: - Hai ragione. Noi non amiamo molto il ferro. -
"Allora è vero..." sorrise, portò istintivamente le mani avanti, a coppa. Forse sperava che Aoki Lapis le si posasse sui palmi, come un uccellino.
Quando se ne rese conto, arrossì.
Invece, la fatina celeste atterrò effettivamente sulle sue mani.
Non aveva il minimo peso.
- Grazie! - trillò lei.
- Prego! - sentì il sorriso farsi più ampio: - Dunque ti chiami Aoki Lapis? -
- Lapis va benissimo. - Lapis fece un cenno con la testa: - Lei è Merli, mia sorella maggiore. -
"... sorella?"
- Scusala. - un piccolo inchino: - Non è cattiva. Ha solo la lingua troppo lunga. -
- Lapis! - Merli, rimasta su, era di nuovo una lampadina rossa.
A Miku sfuggì una risata leggera.
"Fate! Delle fate vere!" osservò Lapis, tra le sue mani: "Sto tenendo in mano una fata! Una fata! Una fata!" si sarebbe anche messa a saltare, ma forse non era il caso: "Potrei farlo dopo, però...".
- Tsk! - con poco garbo, Merli planò tra le sue mani, spingendo Lapis di lato: - Fammi posto! -
- C'è abbastanza spazio... -
- Solo se ti metti di lato! -
- E se non ti metti al centro... -
- Su, su... - Miku mosse appena le mani, a richiamare la loro attenzione: - Non litigate! -
- Non stiamo litigando! - Merli le lanciò un'occhiataccia: - Cosa ti fa credere che stiamo litigando? -
- Al contrario, stiamo conversando civilmente. - Lapis annuì, tranquillissima.
- Oh. - "I modi di fare delle fate sono davvero diversi da quelli degli umani..." ci ripensò: "... o di chiunque.".
A ripensarci bene, le tornò in mente un particolare: - Ah, a proposito! -
- Sì? - un coro, toni diversi.
- Da come parlavate prima, mi sembrava foste alla mia ricerca... - "O di qualcuno che mi somiglia."
Non appena lo disse, quasi si morse la lingua: "Ah! E se fossero spie della Regina...?" rabbrividì.
- Credo di sì. - disse Lapis, la fronte aggrottata.
- Per dirlo al contrario, potresti non essere tu la persona che cerchiamo. - aggiunse Merli, le braccia di nuovo conserte.
- Chi cercate? - "Meglio essere caute." rimpianse di non esserlo stata un istante prima.
Fu Lapis a rispondere: - Cerchiamo una ragazza dalle fattezze umane, con lunghi capelli verde acqua, un vestito bianco e verde, l'aria spaesata e incuriosita da qualsiasi cosa la circondi e che risponde al nome di "Michelyne Alice Lydia Fairsound". -
"Ugh." deglutì: "Se sono davvero spie della Regina-"
- Ragazza con fattezze umane? C'è! - Merli schioccò le dita: - Lunghi capelli verde acqua? Ci sono! - un altro schiocco: - Vestito bianco e verde? C'è! - terzo schiocco: - Aria spaesata e incuriosita? - alzò lo sguardo ai suoi occhi: - ... direi che posso considerarlo come tale. -
- Merli, ti prego! -
Un altro schiocco: - Rimane solo una cosa. -
- Ti chiami Michelyne Alice Lydia Fairsound? -
- ... - si morse un labbro: - Ecco... esattamente, giusto per chiedere... - sforzò un sorriso: - ... perché cercate Michelyne? -
- Questo lo diremo a Michelyne Alice Lydia Fairsound. - Lapis fece di sì con la testa.
- Per dirlo al contrario, non te lo diremo a meno che tu non sia Michelyne Alice Lydia Fairsound. - Merli alzò le spalle.
"..." - Allora io non vi dirò se sono Michelyne Alice Lydia Fairsound. - decise.
- Non ci resta che chiedere a tutte le persone che corrispondono alla descrizione. - sospirò Lapis.
- Per dirlo al contrario, sarà ovvio che Michelyne Alice Lydia Fairsound sia tu nel caso chiunque ci risponda di non esserlo. - disse Merli.
"..." - Non l'avete mai incontrata... -
- Evidentemente... - la fatina viola sembrava irritata.
- Quindi vi manda qualcuno. -
- Questo potremmo dirglielo? - la fatina celeste si portò una manina alla guancia, indecisa.
- Certo che no, stupida! - sibilò Merli: - Se lo sapesse la Regina, Ia potrebbe finire nei guai! -
"Ia?" - Aspettate! - avvicinò le mani al viso, le due fatine quasi caddero all'indietro: - Avete detto "Ia"? La Finta Tartaruga? -
- Eh? - la fatina viola si schiaffò una mano sulla bocca e scosse la testa: - Non ho detto niente! - e si voltò.
Lapis guardava la sorella con occhi a mezz'asta.
- Conosco Ia! - disse subito Miku: - E' stata lei a mandarvi? -
- Non possiamo dirtelo, a meno che tu non sia la persona che stiamo cercando. - Lapis chinò la testa.
"..." - Se vi ha mandato Ia... - disse, esitante: - ... allora sono Michelyne Alice Lydia Fairsound. -.
La fatina celeste sgranò gli occhi: - Oh... allora sei tu! - tornò a guardare la fatina viola: - L'abbiamo trovata! -
- Come fai a fidarti così? - Merli si voltò, in un roteare dei suoi lunghi capelli scuri: - Chi ci garantisce che non sia una spia della Regina? -
"... oh."
Una risata leggera. Non era riuscita a trattenerla.
Entrambe le fatine la guardarono, perplesse.
- Era il mio stesso dubbio. - sentiva il cuore grandissimo, leggerissimo: - Temevo foste spie della Regina! -
- Noi? Spie della Regina? - Lapis s'indicò, sinceramente stupita.
- Non siamo spie della Regina! - mise in chiaro Merli, le mani di nuovo ai fianchi, l'espressione decisa.
- Meno male... - sorrise: - Potete chiamarmi solo Miku, comunque. -
- Bene, Miku... - Lapis si fece avanti, la luce più intensa: - Sì, siamo state mandate da Ia, la Finta Tartaruga. Ci ha chiesto di cercarti e vedere in che condizioni fossi. -
- Per dirlo al contrario... - intervenne Merli, senza muoversi: - ... voleva assicurarsi che tu non fossi stata sbranata dal Jabberwock. -
Miku rabbrividì: "Di nuovo il Jabberwock... vorrei proprio sapere com'è." senza incontrarlo, possibilmente: "Oh... in effetti..."
- Scusatemi, ma... -
- Sì? -
- ... esattamente, cos'è il Jabberwock? -
Lapis e Merli si scambiarono un'occhiata nervosa. Pessimo segno.
Poi Lapis tornò a guardarla: - Il Jabberwock è una creatura invincibile. -
- Sfida la Regina e vedrai il suo bellissimo sorriso. - Merli rimise le braccia conserte, lo sguardo altrove, serio.
- Non ha pietà per niente e per nessuno. Nessuno può sconfiggerlo. E' l'arma più potente della Regina. -
- Ma... - sentiva salire l'inquietudine, cercò di frenarla: - ... è un essere vivente? -
- Certo. -
- Fin troppo. -
- E mangia. -
- Fin troppo. -
Non voleva sapere cosa mangiasse. Non voleva, davvero.
- Per questo Ia era preoccupata. - sospirò Lapis.
- Quando ha saputo cos'è successo al processo della Principessa, era davvero poco tranquilla. - specificò Merli.
- Ha saputo? - "Forse...": - Come l'ha saputo? Cos'è successo nel Paese dello Specchio? Cos'è successo alle persone che erano al processo? -
- Calma! Calma! - Lapis portò le mani avanti, fece un passo indietro: - Una cosa per volta! -
- Non tutto insieme! - replicò Merli.
- Vi prego, ditemi tutto! -
- Lo faremo, ma con calma. - la fatina celeste si sistemò la gonna e si mise seduta sulle sue mani. L'altra vi si lasciò semplicemente cadere.
Miku decise di sedersi a sua volta, nell'erba. S'impose di stare calma. Stare calma. Stare calma. Stare calma. Stare calmissima. Calmissima. Assolutamente calmissima.
- Ce l'ha detto Ia. - esordì Lapis.
- A cui l'ha detto la signorina Mayu. - s'intromise Merli.
Lapis annuì: - La Regina, una volta recuperato ciò che doveva recuperare- -
"Qualsiasi cosa fossero quegli anellini..."
- -ha cercato di seguirti, ma non era nelle condizioni di muoversi agevolmente, quindi ci ha rinunciato. -
- E poi la Principessa era stata rapita, quindi non c'era nessuno a cui far scontare la pena. -
- Il Duca del Paese del Viola e la Duchessa di Rossovetro non mi sembravano troppo dispiaciuti. -
- Nessuno sembrava troppo dispiaciuto, in realtà. -
Le sfuggì un sorriso: "Allora stanno tutti bene..."
- Però sono fuggiti tutti quando la Regina ha minacciato di far scontare la pena a chiunque fosse lì presente. -
"Cosa?"
- Almeno quelle erano ciance al vento. - Merli sventolò una mano.
- Sono, tipo... - cercò la parola più adatta: - ... ricercata? -
- Nah. - fu Lapis a sventolare una mano.
- Tuttavia, se la Regina dovesse sapere dove sei, verrebbe da te e ti darebbe in pasto al Jabberwock. - le parole di Merli erano davvero rincuoranti.
- ... nessuno sconterà nulla, vero? - il suo timore più grande.
Le due fatine scossero la testa. Trattenne un sospiro di sollievo.
- Però è meglio se non ti fai vedere per un po' nel Paese dello Specchio. - le consigliò Lapis.
"... ma Rin..." sapeva che sarebbe stato estremamente stupido tornare prima del dovuto. Ma non riusciva a non pensarci.
- Povera Miku... - pigolò la fatina celeste. La vide guardare sua sorella: - Sembra così triste... -
- Già... - Merli annuì, il tono esitante: - Dovremmo fare qualcosa per tirarla su di morale...? -
- Potremmo raccontarle qualcosa di bello! - Lapis unì i palmi, l'espressione allegra.
- Qualcosa che la tenga impegnata abbastanza... - mormorò Merli.
"... oh..." non sapeva come sentirsi: "Stanno davvero cercando di tirarmi su di morale...?" quanto doveva essere stata triste la sua espressione, un momento prima?
- "Ring&Lui" è la più lunga! - parve ricordarsi la più piccola.
L'altra annuì: - Vada per quella. -.
Entrambe si voltarono verso di lei: Lapis sorrideva, Merli guardava altrove.
- Ehi, Miku! -
- Sì? -
- Ti va di ascoltare una storia? -
- Oh... uhm... volentieri...? - "Davvero credono che io non le senta, quando parlano tra di loro...?" trattenne un sorriso divertito: "Ma è davvero carino, da parte loro.".
Decise che Lapis e Merli le stavano simpatiche. Anche Merli. Aveva capito che era solo terribilmente tsundere.
Le due fatine si alzarono; Lapis mise le mani dietro la schiena dritta, Merli fece un passo avanti, le braccia aperte.
Fu lei ad iniziare: - C'era una volta, tanto tempo fa, una spiaggia. Su questa spiaggia, il sole splendeva, splendeva, splendeva, splendeva con tutta la sua forza, non hai proprio idea di quanto splendesse! -
"Doveva splendere proprio tanto..."
- Perché erano su una spiaggia, quindi non c'era nulla che rischiasse di seccarsi. La cosa più incredibile, però, era che fosse notte. -
- Ah...? - si era già persa.
- Ovviamente, la luna non aveva preso molto bene questa intromissione. - Merli annuì con fare sapiente, Lapis scosse la testa.
- I-immagino... - balbettò Miku, confusa.
- Il mare era bagnato, la sabbia era sabbiosa ma, alzando lo sguardo, non si poteva vedere alcuna nuvola. -
- Perché? -
L'espressione di Merli si fece seria: - Perché non c'era alcuna nuvola. -
"..." - Giustamente... -
- E, nel cielo, non si poteva vedere alcun uccello volare. -
- Perché non c'era alcun uccello a volare? -
- Esattamente. - Merli sventolò le mani: - Ma a noi non interessa il paesaggio. -
"E allora perché-"
- Tanto tempo fa, su questa spiaggia, Ring e Lui passeggiavano. Cerca di capirli... - sospirò: - ... dovevano pur impiegare la loro attesa! -
"Attesa...?"
- Fu così che Ring disse... -
- "Guarda quanta sabbia, Lui!" - Lapis parlò per la prima volta, il tono stupito: - "Secondo te, potrebbe essere un buon posto per trovare nuova gente?" -
Merli alzò spalle e mani.
- "Hai ragione..." - mormorò Lapis, pensierosa: - "... potremmo scavare e vedere se troviamo qualcuno sepolto sotto la sabbia!" -
Merli sollevò un pugno, l'espressione di trionfo.
- Tuttavia... - la fatina viola tornò a rivolgersi a Miku: - ... proprio mentre stavano per mettersi a scavare, notarono qualcosa in lontananza... -
- "Ehi! Guarda, Lui!" -
Merli si portò una mano alla fronte, gli occhi ridotti a fessure.
- "Nuova gente! E sembra proprio che stia aspettando di andarsene!" - Lapis le rivolse un gran sorriso: - "Potremmo andare a parlare con loro!" -
Merli annuì.
- Fu così che Ring e Lui andarono da quelle persone... -
- "Ragazzi! Ragazzi!" - Lapis giunse i palmi: - "Venite a passeggiare con noi! Facciamo una bella passeggiata qui su questa spiaggia!" - un indice alla guancia: - "Magari possiamo trovare insieme un modo per andare via prima!" -
- Il Grande Al, tra tutte quelle genti, guardò i due giovani, ma non disse una parola. Si limitò a scuotere la testa, a dire che, no, lui non si sarebbe mosso e sarebbe rimasto lì ad aspettare. Quattro dei più giovani, invece, si affrettarono a seguire Ring e Lui, così carini e così allegri. Se ne aggiunsero altri quattro, e poi altri quattro, e altri quattro ancora. E passeggiavano tutti felicemente su quella spiaggia. Camminarono per almeno un miglio, prima di fermarsi a riposare su uno scoglio. -
- "Adesso è giunto il momento di parlare di tante cose!" - trillò Lapis: - "Di trial, di demo e di download, di cavoli e di re, del perché gli Engloids non hanno pubblicità e se apparirà mai qualcuno con cento Append." -
- "Aspettate, però!", dissero gli altri: "Dobbiamo riposarci, non siamo allenati a vagare chissà dove in attesa di andarcene!" -
- "Nessun problema, aspetteremo!" -
- Gli altri ringraziarono molto Ring. E, mentre Lui stava preparando qualcosa... -
- "Fette di pane, e un po' di vino e di pepe e di catene, è questo che ci serve!" - Lapis sorrise: - "Che ne dite di fare merenda?" -
- "Speriamo che non intendiate mangiare noi!" -
- "Oh, no! Assolutamente! Perché dovremmo mangiare voi?" - il sorriso si fece più ampio: - "Facciamo merenda tutti insieme e, poi, proviamo questi nuovi bracciali di ferro!" -
Merli annuì con energia.
- "Visto? Lo dice anche Lui! Garantiamo sulla bontà del cibo e sull'ultima moda!" -
Merli si portò una mano alla bocca, gli occhi spalancati.
- "Come dici, Lui? Non avresti voluto condurli fin qui?" -
Merli scosse la testa, un broncio, e indicò qualcosa a terra.
- "Oh, ti infastidiscono i loro lamenti?" -
Merli mise le braccia conserte.
- "Oh, come ti capisco, come ti capisco!" - Lapis sorrise: - "Ma quest'oggi è stata una gran giornata! Chissà se troveremo così tante nuove genti, la prossima volta!" -
- Nessuna delle genti a terra fece caso alle parole di Ring: erano tutti troppo sconvolti dall'aver mangiato Cibo Eterno ed essersi autocondannati a rimanere in quel limbo. -
Merli e Lapis s'inchinarono: - Fine! -.
- ... oh. Ehm. Carina. - Miku sbattè le palpebre: - ... però mi sta più simpatico Lui. Mi è sembrato meno manipolatore di Ring! -
- Ring ha parlato molto, ma è stato Lui a preparare il cibo e a far ingozzare i presenti. - disse Merli.
- Allora preferisco Ring! -
- Ma Ring è stata quella che ha fatto la prima mossa e che era più compiaciuta. - fece notare Lapis.
- ... sono entrambi esseri inquietanti. - concluse Miku.
Merli alzò le spalle: - La solitudine porta a fare cose bizzarre. -
- A buon modo, è meglio non fidarsi sempre e comunque. - annuì Lapis.
"Io ero rimasta a Cappuccetto Rosso..." avevano favole strane, lì: "... sempre che questa sia una favola." non si sarebbe affatto stupita del contrario.
- Ti sembra stia meglio? -
Miku finse di non aver sentito il sussurro di Lapis: "Meglio lasciarglielo credere..."
- Ha di nuovo quella faccia da tonta. -
Anche se era difficile ignorare certe parole. Si trattenne dall'assumere una qualsiasi espressione.
- Merli! -
- E' vero! -
- Allora credo che ora sia tutto a posto! - Lapis tornò a guardarla, con un gran sorriso: - Hai qualcosa da fare, Miku? -
- No, stavo passeggiando a caso. -
- Allora faresti bene ad andartene da questo postaccio. - le parve Merli fosse rabbrividita: - Gira gente strana, qui. -
- Ah... sì...? - "Luka. Dove mi hai portata. Perché. Non di nuovo.".
- Tipo quel... - sì, era un brivido, l'aveva scossa tutta: - ... quell'orrendo corvaccio! -
- Non voglio rivedere il corvo! - piagnucolò Lapis, la luce andò ad ingrigirsi.
- Il corvo? -
- Sssssssh! -
Miku tirò la testa indietro, entrambe le fatine a pochi centimetri dal suo naso, le minuscole dita alle labbra: - Non pronunciare il suo nome! -
"Ma allora voi-"
- Potrebbe averti sentito, stupida! - sussultò Merli.
- Brutto posto, questo, brutto posto! - Lapis si guardò intorno, agitata, i pugni al petto.
- Mi... mi ci ha condotto chi mi ha ospitata nel Paese dello Specchio. - si azzardò a dire Miku: - Forse la conoscete. E' il Gatto del Cheshire. -
Lapis e Merli si scambiarono un'occhiata. Entrambe avevano gli occhi a mezz'asta. Tornarono a guardarla.
Fu la maggiore a parlare per tutte e due: - Oh. Sì. Lei. -
"... d'accordo, direi che la conoscono.".
- Perché l'avrà portata qui? - chiese Lapis, e Miku finse di non sentire.
- Non credo il corvaccio c'entri granché... - rimuginò Merli.
La più piccola sgranò gli occhi: - Aspetta, forse...? -
Si scambiarono un'altra occhiata.
- ... dobbiamo allontanarla da qui. - decise Merli, e il tono con cui l'aveva detto non piacque affatto a Miku.
- Non poteva portarcela di giorno? - pigolò Lapis.
- Quella gattaccia. - la fata viola fece schioccare la lingua.
Per qualche oscura ragione, Miku sentì una puntina di fastidio e una di soddisfazione. Era strano.
Poi le due tornarono a guardarla.
- E' meglio uscire dal bosco. - sorrise Lapis, gentile.
- Per dirlo al contrario, stare nel bosco porterebbe solo grane. - Merli rimise le braccia conserte.
- Seguici! Seguici! - la fata celeste volò più in alto: - Qual è il posto più vicino? Produria? -
- Credo di sì... - Miku si alzò, Merli raggiunse la sorella.
- Allora andiamo! Non perderci di vista! -
- Per dirlo al contrario, cerca di rimanere con lo sguardo alle nostre luci. - una specie di risata poco simpatica: - Sempre che tu ci riesca. -
- Merli! -
- Ci riuscirò! - le venne da ridere, nonostante tutto.
"Luka mi ha portata qui per un motivo preciso, lo so." serrò le labbra, mentre seguiva le due fate: "E sembra che, qualunque sia questo motivo, ci sia l'altissima possibilità che sia poco carino." lasciò andare un sospiro esasperato: "Luka proprio non ce la fa a non farmi finire in situazioni del genere, eh...?".

In effetti, seguire Merli e Lapis non era affatto facile.
Non che fossero veloci come lo Shota Usamimi sui rettilinei, ma erano tre volte più veloci di lei mentre correva. E stavano solo volando.
- A-aspettate! - appoggiò una mano al tronco più vicino, l'altra allo stomaco, la bocca aperta a riprendere aria.
Due lucine si avvicinarono.
- Voi umani siete tutti così lenti? -
- Miku... - la voce di Lapis sembrava profondamente dispiaciuta: - ... so di chiederti molto, ma dovresti evitare di fermarti... -
- Al contrario, dovresti darti una mossa. -
Miku alzò lo sguardo in tempo per vedere Merli ruotare su se stessa, guardandosi intorno, nervosa.
- Sie-siete preoccupate per il co- l'uccello? - inspirò a fondo e si raddrizzò: "Forse devo solo correre più piano..."
Lapis scosse la testa: - C'è anche altra gente, in questo bosco. -
- Gente che è meglio evitare, di notte. - rincarò Merli.
"... magari me lo diranno dopo." si stiracchiò e annuì: - D'accordo, andiamo. - sentì la voce farsi lamentosa: - Andate più piano, però... -
La fatina viola sbuffò: - Umani... -
- Faremo del nostro meglio... -.
Si rimisero in cammino, ad una velocità più accettabile.
"Magari, mentre aspetto che si calmi tutto nel Paese dello Specchio, potrei trovare un lavoretto qui..." non distolse lo sguardo dalle due fate: "... per guadagnare qualcosa per permettermi una stanza da qualche parte. Anche se..." ci pensò: "... in teoria, non basterebbe presentarmi come la salvatrice della Principessa per ottenere una stanza gratis in un albergo a cinque stelle?" le guance andarono a fuoco: "... non voglio. Non ho fatto nulla di così eroico." anzi: "... però, insomma, magari anche un posticino su un divano... su una poltrona... su una panca... nel sottoscala... sul pavimento... nella stalla..." sospirò: "La Cuoca non ha una succursale nel Paese delle Meraviglie, vero...?".
Bisbiglii.
Alzò lo sguardo: Lapis e Merli si stavano dicendo qualcosa - e, stavolta, lontane com'erano, non riusciva effettivamente a sentirle.
La cosa peggiore era che Lapis avesse un'espressione disperata e Merli la stesse spingendo con aria furiosa.
- Che succede? - aumentò un po' la velocità e ridusse la distanza.
Le due fate rallentarono fino a passo d'uomo, per poi voltarsi verso di lei.
- E-ecco... - la fatina celeste abbassò lo sguardo. Aveva le mani giunte, le braccia rigide.
- Sì? - si accorse di una cosa: - Uhm, ma... - si guardò intorno: alberi. E alberi. E alberi: - ... Produria non mi era parsa così distante. -
- Ecco! - Merli spinse di nuovo Lapis, il tono irato: - L'avevo detto che era una pessima idea! Pessima! Pessima! -
- Ma-ma... - la più piccola sembrava sul punto di piangere: - ... era troppo rischioso passare per di là! -
- Ma era la via più breve! -
- Ma era pericolosa! -
- Ma, a quest'ora, saremmo già arrivate! -
- Non è detto! Saremmo potute- -
- Scusate... - un orrido presentimento: - ... dove siamo? -
Silenzio.
Gli occhi azzurri di Lapis si riempirono di lacrime e Miku si sentì una persona orribile: - Ah, no, non- -
- Bella domanda! - sbottò Merli: - Proprio una bella domanda! - si voltò verso la sorella: - Dove siamo, Lapis? Tu lo sai? -
- Ma... ma... se avessimo preso l'altra strada... se... noi, ora... - le tremavano le labbra, la luce che emanava virava pericolosamente su un grigio scuro.
Miku deglutì: - Su, su, va tutto bene. - portò le mani avanti, a coppa, un invito a sedervisi. La fatina comprese e obbedì, le manine agli occhi.
- No che non va tutto bene! - Merli schizzò davanti a lei, la luce di un cupo rosso scuro: - L'avevo detto che prendere una strada più lunga ma più sicura sarebbe stata una pessima idea! Le cose vanno fatte subito! Diretta! - fendette l'aria con una mano.
Lapis stava singhiozzando.
"Bene. Ci siamo perse." si morse un labbro: - Beh, può capitare. - abbozzò un sorriso: - Tu non hai fatto nulla di male, Lapis! -
Due occhi lucidi da dietro le minuscole dita: - Ma- -
- Anch'io avrei fatto la stessa cosa! - "Preferisco arrampicarmi su una montagna piuttosto che passare sul sentiero su cui dorme il Jabberwock." qualsiasi cosa fosse.
Il cuore sussultò. Un dubbio: - Ah, ma... -
- Sì...? - pigolò Lapis.
- ... non è che la cosa pericolosa che si aggira qui intorno è il Jabberwock? -
- No, per fortuna! - sbuffò Merli: - E poi, credimi, è impossibile non notare la sua presenza. -
Si calmò un poco: - Mh... -.
"Rimane il fatto che ci siamo perse in un brutto momento."
Un ricordo, di colpo.
"... che stupida." - Aspettate! Ma voi potete volare! -
- Ma dai? - la fatina di nuovo viola - seppur ancora sfumata di rosso scuro - ridusse gli occhi a fessure.
- Vi basta andare più in alto possibile e cercare l'Albero Kurousa! -
Le due sorelle si scambiarono un'occhiata. Sembravano stupite.
- ... oh. Giusto. - Lapis si librò di nuovo in aria, le mani inguantate ad asciugarsi le guance.
- Oh. Sì. - Merli si ravviò i capelli, una mano al fianco: - Bene, Miku! Non sei tonta come pensavo! Hai superato la prova in fretta, vedo! -
"Ma quale prova?"
- Bene bene, la risposta esatta era proprio questa! - gonfiò il petto: - Ora, con permesso, andiamo a- -
- Ehi, Merli! Cosa fai ancora laggiù? -
La luce si fece rosso vivo: - Cosa? Aspettami, tu! - schizzò in aria: - Non stavi piangendo fino ad un secondo fa? -
"..." si coprì la bocca con una mano, lasciò andare una risata leggera: "Va tutto bene. Sul serio.". Trasse un profondo respiro. L'aria era davvero fresca: "Non resta che aspettare il loro ritorno." alzando lo sguardo, poteva vedere le loro luci farsi sempre più piccole: "Gli alberi sono proprio alti, qui...".
Tic Tac Tic Tac
Portò le mani dietro la schiena, si guardò intorno: - Ehi, Luka. - sapeva benissimo che poteva sentirla: - Potresti anche dirmeli, i tuoi piani. Non mi offendo, sai? - ridacchiò: - Solo, vorrei che evitassi di coinvolgere altre persone. Lapis e Merli sono spaventate... - sospirò.
Le avevano detto di andarsene.
Che c'era qualcosa di poco carino, lì, in quel momento.
Ma non aveva paura.
Davvero.
"... mi ci ha portata Luka." il cuore trasalì: "Qualsiasi cosa sarà, probabilmente non sarà bella. Ma so che non mi farà del male." sbattè le palpebre: "... o almeno, che non riuscirà a farmi del male.".
Era conscia della stupidità di quel pensiero, ma non riusciva a non averlo in testa, né ad avere paura.
Inspirò di nuovo: "... sto davvero impazzendo, eh?".
- L'abbiamo visto! -
- E' proprio qui accanto! -
- Qui! Qui! -
- Ce la fai a correre, Miku? -
Due lucine bianche entrarono nel suo campo visivo, le vocine di Lapis e Merli le perforarono le orecchie.
- Eh? Oh! - annuì: - Sì... sì, posso provarci! -
- Devi riuscirci. - sibilò Merli.
Miku annuì.
E la corsa ricominciò.
"Certo, a Produria dove dovrei dormir-"
Una morsa alla caviglia.
Portò il piede libero in avanti, la braccia spalancate, il grido infranse le labbra.
- MIKU! -
Abbassò lo sguardo: una catena.
Una catena nera.
"Ma cosa-" qualcosa di freddo all'altro piede. Lo guardò: un'altra catena.
- SCAPPA, MIKU! SCAPPA! -
La luce grigia delle fate illuminò le catene, le due che volavano intorno, qualche scintilla, ma le catene restavano lì.
Anzi, le sembrava quasi che-
"Si stanno stringendo?" diede uno strattone.
Boccheggiò, quasi cadde in ginocchio per il dolore.
La catena che aveva strattonato stringeva fino a far male.
- Cerca di liberarti, stupida! - Merli era nel panico.
- Come? - "Lo farei molto volentieri se solo..."
- Non funziona! - gemette Lapis, una cascata di scintille su una catena andò a spegnersi un istante dopo.
- Cosa diamine ci fanno delle catene qui? - cercò con lo sguardo il punto da cui spuntassero. Sussultò quando si accorse che erano uscite dal terreno.
- E' una trappola! - singhiozzò Lapis.
- Dannazione! Dannazione! - Merli assestò un calcio ad una catena, salvo poi urlare un'imprecazione che Miku non si sarebbe mai aspettata da una graziosa fatina.
- D-dobbiamo stare calme! - era tranquilla.
Ma la voce le tremava.
Andò con le mani alle catene: "Se le allento, piano, piano..." era tranquilla.
Ma le dita tremavano.
Qualcosa a gran velocità contro di lei.
- AH! -
Si rialzò di scatto, qualcosa di freddo le afferrò i polsi. E strinse.
- Cosa... - alzò le mani, inorridì: altre catene. E facevano male.
- D-dobbiamo chiamare aiuto! -
- Dove? Chi? -
- Non lo so! -
- Tu cerca di liberarti! -
"Se ci provo, stringono di più..." le parole non arrivarono alla bocca. Si fermarono da qualche parte nella gola.
"No. Devo stare calma." da qualche parte nella gola, dove si era incastrato anche il cuore impazzito. Forse era quello ad otturare la via. Deglutì, ma non si sentì affatto meglio.
"Va tutto bene. Non mi succederà niente di male." inspirò: "Lo so. Non succederà nulla di male.".
Due grida.
Rialzò lo sguardo - neanche si era accorta di averlo abbassato - e incontrò gli occhi terrorizzati delle due fate.
- SCAPPA, MIKU! SCAPPA! -
- SCAPPA! SCAPPA! -
"Va tutto bene, lo so..." tremò: "... ma ho paura lo stesso, Luka.".
Lapis e Merli non stavano guardando lei.
Poi, due mani. Guanti dorati.
E le due fate scomparvero alla vista.
"... le ha... lanciate via...?" sentiva le labbra tirare. Sentiva la risata isterica pronta ad uscire: "Crudele...".
Le mani sulle spalle.
Gelo.
Eppure sentiva gli occhi bruciare.
Un sussurro, all'orecchio.
- Presa. -.




Un brivido. Come una goccia gelida che scivolava lungo la schiena, dal collo alla vita, in un istante.
I polsi e le caviglie pulsavano.
Quelle dita si strinsero sulle spalle.
"Lasciami." non arrivò alle labbra.
"Lasciami! Lasciami!" nessun suono.
Quelle mani la stavano scuotendo.
No, non la stavano scuotendo.
Eppure sentiva il corpo tremare.
Ah, era il suo corpo a stare tremando.
Il freddo era colpa della notte?
Doveva essere così.
C'era qualcuno, dietro di lei, ma non sentiva alcun calore.
Dietro di lei.
Si sentì soffocare.
Chiuse gli occhi.
Ma le palpebre non risposero, e gli occhi rimasero aperti, troppo aperti.
- E' un bene- -
Trasalì.
- -che tu abbia smesso di agitarti. -
Una di quelle mani scese lungo la spalla, lungo il braccio, fino a fermarsi sulle catene.
- Non puoi rompere queste catene. Né fuggire lontano. -
Doveva girarsi.
Doveva almeno abbassare lo sguardo, vedere quel guanto dorato.
- Più cerchi di liberarti, più queste catene si stringono. -
- AH! -
Almeno un suono era riuscita a farlo uscire. Ma non era stato volontario.
Quelle dita serratesi di colpo sul suo polso.
Non avevano fatto male. Le catene facevano male, quelle sì.
- Hai paura? -
- Sì. - un suono roco. Era uscito dalle sue labbra. Forse poteva finalmente parlare: - Anche se... so che non mi farai del male. -
"O che ci proverai ma non ci riuscirai." forse aveva parlato troppo. Pessimo utilizzo dell'appena ritrovato uso della parola.
- Non voglio farti del male. - la voce si era fatta diversa.
Gentile.
Familiare.
Il cuore sobbalzò.
Miku si voltò.
Il corpo le aveva finalmente risposto.
Se non li avesse già avuti spalancati, avrebbe sgranato gli occhi.
"Cosa...?".




- Stai ferma. - la presa sul polso si fece più debole: - Così le catene cadranno. - un sorriso: - Non pensavo funzionassero davvero. -.
C'erano troppe domande che voleva porre. Lasciò che la più urgente uscisse da sola: - Cosa ci fai qui? -
Kaito piegò appena la testa di lato, senza perdere il suo sorriso: - Ti ho seguita. -
- Qu-quando? - sentiva la morsa delle catene farsi sempre meno forte, rimase immobile: - E perché? Come? Dov'eri? - riuscì a bloccare il fiume delle domande prima che quelle di troppo arrivassero alla bocca.
"Perché Lapis e Merli hanno paura di te?"
Kaito riportò la testa dritta, continuò a sorridere: - Ti sei ricordata del cono. -
- S-sì... -
- Quando sei diventata così grande, sono saltato sulla tua gonna. - alzò le mani: - Riesco a reggermi. -
- Non ne dubito... - aggrottò la fronte: - Ma... dov'eri? Non ti ho visto... -
- Ero così piccolo da risultarti minuscolo anche in questa tua grandezza. - abbassò le mani: - Sono un bruco, no? -
- ... - "... quindi è un bruco letteralmente...?"
- Certo... - un accenno risata: - ... poi ti sei rimpicciolita troppo velocemente e io sono caduto. -
"Oh!" - Mi dispiace. - era sincera: - Avresti potuto avvertirmi, però... -
- Non ce n'era bisogno. - alzò le spalle: - Per fortuna, sono finito abbastanza vicino alla mia casa qui. -
- ... hai una casa qui? - sbattè le palpebre, confusa.
Kaito annuì: - Quelli del Paese delle Meraviglie sono sempre stati gentili, con me. E, dato che questo posto mi piace, mi hanno permesso di costruirci una casetta. A patto che non ci porti mai Meiko. -
"Chissà come mai." - Ma... - azzardò una delle altre domande: - ... non dovresti essere con la Regina, ora...? - sentì il sangue tornare a circolare lungo le gambe, sollievo sulle caviglie. Rimase comunque immobile: - E' in un momento difficile... -
- Meglio lasciarla sola. - e non aggiunse altro.
Continuava a sorridere, a parlare con voce gentile.
Ma lei continuava a sentirsi inquieta.
Quello era Kaito, senza dubbio. Ma...
- Tu, piuttosto... - il tono si era fatto incuriosito: - ... non hai nessun ricambio, dietro? -
- ... eh? - le parve di tornare di colpo alla realtà.
- E' da quando ti ho incontrata che indossi sempre lo stesso vestito. -
Caldo sulle guance: - Temo di sì. -
- Temi? -
"Oh, no." - Sì. Perché non mi dispiacerebbe cambiarmi. - "In effetti, potrei anche farmi un bagno. Tipo.".
- Povera Miku. - un sospiro: - Purtroppo io non posso aiutarti. Non ho abiti da donna della tua taglia. -
- Tranquillo, rimedierò in qualche modo. -
Si era pure cambiato d'abito. Ne aveva davvero approfittato, di quella tappa a casa sua.
Nel complesso, non era cambiato granché: giacca blu con rifiniture dorate, panciotto azzurro, jabot bianco, pantaloni blu, stivaloni bianchi. Aveva solo messo dei guanti dorati. E delle cinghie bianche alla gamba destra.
Però... - Ci stai bene, così! -
- Grazie! -
- Ma non hai risposto ad una delle mie domande. - gli ricordò.
- Già. -
"Ah. Quindi l'ha fatto apposta." - ... perché mi hai seguita? - ripetè.
- Ritieni così necessario che ci sia una motivazione per fare qualcosa. - non era una domanda: - Io non ne ho avuta nessuna. Ho solo voluto seguirti. -.
"..." sollievo ai polsi. Miku abbassò lo sguardo: era libera.
Si affrettò a fare qualche passo indietro: - Perché c'erano quelle cose? -
- Per evitare che qualcuno venga a disturbarmi. - fu la candida risposta di Kaito: - La mia casa è qui vicino. Di notte capita ci sia qualcuno che venga a schiamazzare qui intorno, quindi ho preso provvedimenti. - sbattè le palpebre: - Ma è la prima volta che qualcuno ci cade! -
- ... - "Lieta di saperlo."
- Ma questa non è la prima volta che cadi, giusto? -
"Eh?" scosse la testa, piano.
- Hai inseguito il Bianconiglio e sei caduta in un buco profondo. -
Si era avvicinato.
Sorrideva.
Era Kaito, sì. Era lui.
- Guarda! -
Ma l'inquietudine non se ne voleva andare.
- Non puoi tornare indietro! -
"..." - ... cosa? - un passo indietro.
Kaito fece un passo avanti: - Ti sei addentrata troppo, Miku. Hai perso la strada. Non puoi tornare indietro. -
"No!" scosse la testa: - Conosco benissimo la strada! - "Devo andare lì dove ci sono le entrate ai due Paesi. E prendere la strada che non va in nessuno dei due!" certo, riarrampicarsi sarebbe stato difficile, ma non poteva essere impossibile. Magari c'era anche una strada vera e propria. Come facevano tutti gli altri visitatori, altrimenti?
- Conosci la strada. - lui mosse un altro passo, le andò accanto: - Ma non puoi percorrerla. -
- Certo che posso! - serrò i pugni.
- Credi di poterlo fare. - le stava girando intorno: - Ma non puoi. -
- Cosa me lo vieta? - inspirò: - Tu? -
- No. - si fermò d'innanzi a lei: - Sei tu ad impedirtelo. -
- ... eh? - "Cosa...?": - Cosa stai dicendo? -
- Finché ti costringerai a rimanere, non potrai andartene. - il sorriso si spense: - E tu non hai intenzione di smettere di costringerti. -
"..." un altro passo indietro.
Un altro.
Un altro.
"Mi costringo a rimanere...?" trasse un profondo respiro: - Io... - la voce uscì più ferma di quanto avesse sperato: - ... voglio aiutare Rin. -
- Lo so. -
"Eh?"
Quello sguardo cadde su una mano inguantata: - L'orologio d'oro ha fermato il suo ticchettio. - le labbra si curvarono appena: - Va bene così. -
- No che non va bene! - un passo avanti.
- Berremo del the, piano piano. Per sempre. -
- ... eh? -
Il freddo era per la notte. Senz'altro.
Quello era Kaito. Ne era sicura.
- Finché i secondi non riprenderanno a scoccare, tu continuerai a costringerti a rimanere. - si avvicinò. Le mani sulle spalle. Si chinò verso di lei: - Ma quel ticchettio non risuonerà mai più. Finirà per essere dimenticato da chiunque. E tu non potrai mai tornare a casa. -
"... la Regina vuole che tutti si dimentichino di Rin...?" le sfuggì un singhiozzo, si premette la mano sulla bocca: "... ha condannato Rin ad un eterno ripetersi dello stesso giorno? Senza possibilità di salvarla?"
Il freddo era per la notte. Il freddo era per la notte.
Quelli erano gli occhi di Kaito.
Il freddo che sentiva era per la notte. Non per quegli occhi. Non per quelle parole. Per la notte, era per la notte.
- Forse i tuoi genitori ti stanno cercando. -
Una pugnalata.
"I miei..."
Se n'era completamente dimenticata.
"Dovevo... dovevo tornare ieri mattina..." le mani andarono alle orecchie: "Ora... ora non posso andare da nessuna parte... Non posso tornare, ora! Se tornassi a casa, potrei non riuscire a tornare qui!" qualcosa di bagnato lungo le guance: "Ma... se solo potessi... se solo potessi avvisarli, io... se solo potessi avvisarli..." deglutì: "Sono via da troppo tempo! Si... si staranno preoccupando, ora!"
- Eppure vuoi continuare a rimanere qui. -
- Non posso abbandonare Rin! - l'aveva urlato. Non voleva, ma l'aveva fatto. Il cuore batteva troppo forte.
- Rin... - un sussurro, quello sguardo cambiò appena, sembrava quasi...: - ... ti è così cara? -
- Eh? - abbassò le mani, piano: - Rin, per me...? -
Kaito si scostò. La sua espressione sembrava amareggiata: - Non c'è bisogno che tu risponda, se non vuoi. -
- ... - inspirò: - ... l'hai detto tu, no? - serrò i pugni, alzò la testa: - Devo avere un motivo, per fare qualcosa? Non basta che io lo voglia? -
- Tanto da rinunciare a tornare. - mormorava, la guardava negli occhi: - Tanto da lasciare indietro le persone a te davvero care. -
- No! - si avvicinò a lui: - Troverò un modo per dire ai miei genitori che sto bene! Salverò Rin! E tornerò indietro! -
"Lo farò. Sì. Posso farcela!"
Non aveva idea del perché lo stesse facendo.
Rin non era niente, per lei. L'aveva incontrata la notte precedente.
Forse lo stava facendo per egoismo. Probabilmente era così.
Ma voleva farlo.
- Rimarrai con noi, Miku. - Kaito aprì un braccio, il tono pacato: - Finché tu stessa lo vorrai davvero. -
- Certo. -
- Ma passerà molto tempo prima che tu lo voglia davvero. - abbassò il braccio: - Molto, molto tempo. -
"..." giunse le mani, si torse le dita. Chiuse gli occhi.
- Non trovi che questo sia un posto meraviglioso? -
Li riaprì, confusa: - Prego? -
- Una foresta di tetri aceri... - Kaito guardava un qualche punto indefinito, tra gli alberi - aceri?: - ... dove il rombo sembra un applauso. -
Si fermò ad ascoltare. Non sentiva nessun suono particolare.
Il fruscìo dell'erba, dei vestiti.
- La calma delle tenebre ha un che di meraviglioso. - non l'aveva detto a lei. Sembrava più stesse parlando da solo.
Qualsiasi punto indefinito stesse vedendo, in realtà non lo stava affatto guardando.
- Scarlatta... fluttua e poi scompare. -
La voce talmente bassa da perdersi nel suono delle foglie.
- Addio, si sboccia nel presente, e si scompare come rugiada. -
Mosse i passi verso qualche luogo.
Le passò accanto, il canto basso.
- L'infinito. Gli Specchi. Aggirarsi. Una serie di ombre. -
Miku si voltò, lo seguì con lo sguardo: "Dove sta andando?".
- Un sonno lugubre. I fili attorcigliati della solitudine. Vagare e perdersi. Un cuore di ottone. -
Lo seguì anche con i piedi.
Camminava, piano. Rimaneva qualche passo dietro di lui.
- Una luccicante cappa d'oscurità, in un sogno nero come l'ebano... -
Gli alberi si facevano meno fitti. Stavano uscendo dal bosco.
- Risvegliarsi da un sonno durato mille anni, si sente un suono chiaro come di campane... -
La fine del bosco. Un prato in salita.
Forse era la cima di una collina.
- Un magnifico mare di velluto sparisce in un antro malvagio, tremando vacillante al suono del battito cardiaco. -
C'era un leggero vento, lì.
Non era un vento freddo.
Non sentiva più il freddo di prima, ma continuava a sentire freddo.
- Una profusione di fiori dentati. Temendone la chiusura, mi addentro, rinunciando a questo suono squisito. -
I colori più scuri, alla luce della luna.
Le nuvole erano poche, piccole, più scure del cielo notturno.
- Abisso. Gola. Il Piacere. Venire divorati. -
Giunse le mani. Si torse le dita.
- Dare. Accecarmi. Riprodurre. Il suono della rovina. -
Lui aprì le braccia.
- Si raccoglie. Si accumula. Si intreccia. L'ultima canzone. -
Dita dorate strette a pugno.
- Lasciala suonare. Canta. E dice: "Torna indietro.". -
Lui alzò la testa.
- "Torna indietro." -
Un urlo.
Quelle ultime parole continuarono a ripetersi e ripetersi nell'aria, sempre più lontane, sempre più deboli.
"..."
Miku fece un passo avanti.
Continuava a sentire quelle parole nelle orecchie. E non perché riecheggiavano.
"..." un altro passo avanti: - ... sei triste. -
Kaito si voltò.
Sorrideva. E aveva gli occhi lucidi.
- Mi hai seguito. -
Miku annuì, come se non fosse stato ovvio.
"... mi è parso un po' troppo coinvolto." - Kaito... - mormorò: - ... cosa sta succedendo? Perché Lapis e Merli avevano così paura di te? Perché le hai scacciate in quel modo? - parlava piano: - Perché non fai nulla per Rin? - scosse la testa: - Tu non sei una persona cattiva. Lo so. Non saresti in grado di sopportare che qualcuno passi una cosa del genere. E lei è tua amica. -
Lui non aveva minimamente cambiato espressione.
- Sono il Re. - un semplice sussurro.
- ... capisco. - si portò un pugno al petto: "... quindi, temono che lui sia come...?"
- E loro erano di troppo. Volevo parlare con te. -
"Anch'io volevo parlare con te."
- Ma non temere, non si sono fatte niente. -
"Speriamo..." cercò di stare tranquilla, almeno riguardo loro.
Quel sorriso si fece appena più luminoso, salvo spegnersi una volta raggiunti gli occhi: - E, sì... Rin è mia amica. Le voglio bene. -
- E all- -
- Anche se è stata così crudele, nei miei confronti. -
- ... eh? - sbattè le palpebre: - Crudele con te? - era confusa: - Mi era parso di capire che tu fossi l'ultima persona al mondo a- -
- A causa mia, una ragazza innocente ha perso la vita. -
Il sangue si gelò.
"... è vero..."
Lui abbassò lo sguardo: - So benissimo che non è colpa mia. Che non sono stato io. Tuttavia... - un sospiro: - ... mi chiedo sempre cosa sarebbe successo se avessi accettato di danzare con la Regina e basta. Se non avessi mai invitato quella ragazza. Ho continuato a domandarmelo per tanto tempo. "E se". Mi sono chiesto se sarebbe ancora viva. Se tutto quello che è successo sarebbe successo comunque. - la voce si spezzava, lentamente, sempre di più.
"..."
Miku si avvicinò, gli posò una mano sulla schiena, l'altra sulla spalla. Lo guardò negli occhi: - Sono sicura... - deglutì: - ... sono sicura che quella ragazza è stata davvero felice, quella sera. -
Lo ricordava benissimo. Quella sensazione così bella era il ricordo più vivido che aveva di quel sogno.
- Sono sicura che tu l'abbia resa più felice di quanto tu creda. -
Quegli occhi si sgranarono.
- Sono sicura... - lo sapeva. L'aveva sentito, così forte: - ... che lei non ti odii. E che... - parlò, prima che lui potesse interromperla: - ... se anche avesse saputo la verità, non sarebbe mai stata capace di odiarti. - ridacchiò: - Sono sicura che ti avrebbe dato una pacca sulla schiena... - battè la mano: - ... ti avrebbe guardato negli occhi e ti avrebbe detto... - sorrise: - ... grazie. -.
Silenzio.
Il fruscìo delle foglie era lontano.
Kaito sorrise. Gli occhi si stavano arrossando.
La abbracciò.
Un profumo dolce, intenso.
- La conoscevi davvero bene. -
- ... sì. Diciamo di sì. - ricambiò l'abbraccio.
Aveva sognato la vita di quella ragazza. Aveva percepito le sue emozioni. Aveva sentito i suoi pensieri.
Era sicura. Era sicura che lei avrebbe detto esattamente quelle parole.
E...
"... una persona malvagia non potrebbe mai accusarsi per una cosa del genere." gli accarezzò i capelli: "... né potrebbe sentirsi sollevato da parole dette da una sconosciuta." chiuse gli occhi: "In fondo, tutti loro li ho incontrati solo l'altroieri. O ieri.".
Kaito si scostò. Lo vide asciugarsi gli occhi, anche se non aveva pianto. Però qualche lacrima era caduta.
- ... perché permetti che la Regina faccia tutto quello che fa? - domandò Miku: - Tu che hai sofferto per una tiranna permetti che una tiranna faccia ciò che vuole? - esitò, alla fine decise di dirlo: - Soprattutto se questa tiranna è la tua fidanzata? -
- Meiko non è la mia fidanzata. -
- ... eh? - sbattè le palpebre, stordita: - C-cosa- -
- E' mia moglie. -
- Ah. Ecco. - ritrovò la stabilità emotiva. All'incirca.
L'altro non sembrava voler aggiungere altro.
- ... come puoi tu, che provi rimorso per colpe che non hai, stare vicino ad una persona del genere e non fare niente di più che mitigare i danni? - lo incalzò.
Lui abbassò lo sguardo. Non disse nulla.
Miku inspirò: - Come può qualcuno come te essere innamorato di un mostro? -
Kaito rialzò lo sguardo.
Sorrise.
E una lacrima cadde.
Lui si affrettò ad asciugarla: - Per tanto tempo mi sono chiesto cosa sarebbe successo se non avessi danzato con quella ragazza. Se lei sarebbe stata ancora viva. Se nulla di tutto ciò che è successo sarebbe mai successo. - ripetè: - Forse lei sarebbe ancora viva. Forse Rin sarebbe ancora la Regina. Forse Meiko ed io ce ne saremmo semplicemente andati dal Paese del Giallo e avremmo continuato a vivere per contro nostro. - si asciugò un'altra lacrima: - Così tante persone sono finite in mezzo per colpa di un mio gesto, mi dicevo. Una ragazza innocente ha perso la vita. Una Regina troppo giovane ha perso la libertà. E io ho perso mia moglie. -
Il cuore sobbalzò: - ... eh? -
- Quella che si fa chiamare "Regina di Cuori" non è la mia Meiko. Non ha niente a che vedere con lei. - abbassò il braccio, aveva chiuso gli occhi.
- ... uno scambio di persona? - azzardò Miku.
Kaito riaprì gli occhi, scosse la testa: - E' lei. Ma non è lei. -
- ... cos'è successo? - "Avevo ragione. E' successo qualcosa.".
- E' una storia lunga. -
- Raccontamela. - si sedette a terra. Battè una mano al suo fianco, sull'erba: - Abbiamo tutta la notte, e anche di più. -
"Spero che Lapis e Merli stiano davvero bene..." In fondo, non era stato un colpo forte...
Sentì una risata leggera, e qualcosa di caldo nel petto. Finalmente. Qualcosa di caldo.
E Kaito si sedette vicino a lei.
- Ci sono delle cose che non sai, di Meiko. -
- Io non so niente della Regina. -
- Di Meiko. -
- Di Meiko. - si affrettò ad annuire. In qualche modo, era strano pronunciare il nome della "Regina". Di quella donna.
Un sospiro.
- Né Meiko né io siamo originari del Paese del Giallo. - esordì Kaito: - Siamo sempre stati nomadi. Fin da quando ci siamo incontrati. -
"..."
Lui la guardò.
E dovette capire: - Vuoi che ti racconti come ci siamo incontrati? -
Miku annuì: "Come hanno fatto due del genere a...?"
- ... beh, direi che raccontarti quello ti chiarirebbe tante cose. - un sorriso.
- Eh? -
- E' successo molti anni fa. - il suo sorriso si accentuò: - E tutto perché decisi di andare nel Paese del Rosso. -.






Note:
* "Non posso più muovermi / E' come se fossi in una fiaba": Cendrillon.
* "Presa.": Cantarella.
* "Non puoi rompere queste catene. Né fuggire lontano.": Pseudocitazione sempre da Cantarella.
* Il vestito di Kaito è quello di Hai wa Hai ni / Ashes to Ashes.
* "Hai inseguito il Bianconiglio e sei caduta in un buco profondo. / Guarda! / Non puoi tornare indietro!"
"L'orologio d'oro ha fermato il suo ticchettio. / Va bene così. / Berremo del the, piano piano. Per sempre.": Alice in Dreamland [ Traduzione (inglese) ]
* Hai wa Hai ni / Ashes to Ashes è anche la canzone che canta/parafrasa Kaito (da "foresta di tetri aceri") [ Traduzione ]




Ovviamente, le due graziose fatine altri non potevano essere se non Lapis e Merli. *O*
Sì, so che Merli non fa di cognome "Aoki" - ma, come (spero) si sarà intuito, ricoprono i ruoli di Tweedledee e Tweedledum, quindi serviva qualcosa che le accomunasse onomasticamente. U.U (...?)
Merli è una delle Vocaloidesse che preferisco - sia di voce che di design -, ma si trova così poco su di lei... ç___ç
Lapis, invece, mi piace di design - tranne il cerchietto con pataccone. - ma non molto di voce. ^^"
Tra l'altro, avrei voluto mettere come titolo una canzone con loro due, ma... *c'è POCHISSIMA roba.*
E, sì, Merli è canonicamente descritta come tsundere - forse intendono una tsundere più "tranquilla" di come appare qui, ma l'ho volutamente resa così per dare il più possibile il contrasto con Lapis. Spero siano venute bene. °^°

Graziose fatine a cui piace raccontare storielle pseudohorror (?). Ma lo facevano anche Tweedledee e Tweedledum, quindi...
Storielle pseudohorror che hanno come protagonisti Ring e Lui, la Leggenda del fandom Vocaloid.
Per chi non li conoscesse: furono i primissimi Vocaloid ad essere cancellati dopo essere stati annunciati. In molti, ancora oggi, sperano che il loro progetto venga in qualche modo ripreso.
Ring aveva delle demo, per Lui non era neppure stato scelto il voice provider: per questo è muto, e a parlare è soltanto lei.
Il "luogo" in cui si trovano è un "limbo" dove aspettano tutti i Vocaloid in attesa di essere rilasciati - perché, ovviamente, svariati progetti sono stati cancellati ancor prima di essere rivelati, quindi chissà quanti potenziali Vocaloid sono stati scartati... U.U" - e Ring e Lui sono lì a "tentare" poveri innocenti per farli rimanere lì, nel limbo dei Vocaloid. (?)
Il Grande Al è ovviamente Big Al; lui fu il primo Vocaloid ad essere rinviato e rinviato - per tanto tempo. -, salvo poi uscire: per questo lui si trova lì ma non accetta di seguire Ring e Lui, salvandosi così dalla possibilità di non essere mai rilasciato. (?)
Il fatto che la gente attirata da Ring e Lui rimanga bloccata in quel posto dopo aver mangiato cibo locale è un riferimento a svariate culture secondo cui mangiare cibo di un luogo "magico" costringa a rimanere lì - vedasi, ad esempio, il mito di Persefone.
(Giusto per la cronaca: non penso che Ring e Lui siano cattivi. U_U)
Come avrà notato chi ha letto Attraverso lo Specchio, la parte del racconto è solo 50% farina del mio sacco. U__U *Il restante è tutto dal testo originario, il famoso Il Tricheco e il Carpentiere.*

Pooooi.
Confesso che la parte del "- Presa. -" era prevista come conclusione di capitolo.
E invece no.
Evvabbè.

Kaito che sarebbe dovuto risultare un po' inquietante, e invece è uscito puccio. (?)
E tutto questo soltanto perché volevo fargli mettere il vestito che ha in Hai wa Hai ni, che è una cosa bella nonché il terzo suo abito che preferisco.
*Il primo è quello di Cantarella - che sia del famoso PV fanmade di Meshi o, ancor meglio, quello della Grace di Ittomaru - e il secondo quello che ha in Lovelessxxx. So che smaniavate dalla voglia di saperlo.*
Insomma, cose importanti.

Nel mentre, Miku si è ricordata di avere dei genitori. O meglio, le hanno ricordato di avere dei genitori. U__U

Infine, Kaito inizia il racconto del suo primo incontro con Meiko.
Alias, un'altra saga si prende tutto lo spazio, si cambia POV e un capitolo intero sarà occupato da un flashback. Sempre che non finisca come con la Saga del Male e non si scinda in due. Sempre che non finisca come il flashback di un'altra mia fanfiction e non si scinda in otto.
Quale sarà la misteriosissima saga?
Quale che sia la risposta, come già detto, sarà quasi praticamente solo a livello di ambientazione e abbigliamento. (!)

Ooooooooooora.
Sabato prossimo è Halloween! *A* ... ed è alquanto improbabile che io aggiorni. >___> Anche perché il prossimo capitolo non l'ho ancora iniziato.
Ecco... non sono solita spammarmi, ma è una buona occasione, è a tema e- insomma, l'anno scorso scrissi (ad Agosto.) una fanfiction a tema Halloweeniano.
S'intitola Bláthanna puimcín ed è una LenxRin di tre capitoli basata sulla strafAiga Sadistic Pumpkin e sulla leggenda di Jack O'Lantern; il rating arancione è dovuto alle tematiche delicate. *Se conoscete la canzone, sarà chiaro il perché.*
Se vi può interessare, ecco qui.
Okay, ora basta autopubblicità.
Tornando qui. U___U

Spero che questo capitolo vi sia stato di gradimento. ^^
Se ci sono critiche o consigli, dite pure. ^^

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Capitolo 14
*** Sii pura, fiorisci in tutto il tuo splendore... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Sii pura, fiorisci in tutto il tuo splendore
Rossa... e bellissima
~



"Funziona davvero?"
Aggrottò la fronte, sinceramente stupito. Sistemò la stoffa davanti alla bocca, la tirò su fino a coprire anche il naso.
Era strano. Era sicurissimo che, se si fosse trasformato in una palla di stoffe con quaranta gradi all'ombra, sarebbe diventato gelatina di bruco - chissà che sapore avrebbe avuto; invece, nonostante mantello, turbante e vestiti che lasciavano libere solo le mani e la fascia degli occhi, non aveva il benché minimo caldo. Non che si stesse crogiolando nella frescura dell'aria condizionata, ma stava bene.
Forse perché non c'erano quaranta gradi all'ombra - gli era stato detto che la temperatura era solita oscillare tra i trentacinque e i trentanove, dunque non erano certo quaranta gradi -, ma faceva comunque discretamente caldo.
L'ombra c'era, invece. C'era ombra ovunque. Del resto, era notte.
- Siete proprio sicuro di voler andare? - il gentile signore del banco informazioni era parso molto, molto, molto esitante.
Quando gli aveva risposto di sì, aveva sospirato: - Sapete tutto del Paese del Rosso? -
- E' un deserto. - non c'era altro da sapere, in fondo, no? Si sarebbe preoccupato molto di più se fosse dovuto andare nel Paese dell'Indaco.
O meglio, lui nel Paese dell'Indaco ci era pure andato; quando aveva capito che, lì, si sarebbe solo annoiato, aveva optato per il Paese del Viola.
Davvero un bel posto, il Paese del Viola. Si era stupito molto che non fosse quella, la capitale - senza dubbio, il Paese del Giallo doveva essere ancora più bello e magnifico e sfolgorante e meraviglioso e-
E poi si era ritrovato al confine con il Paese del Rosso. Quindi, perché non andare nel Paese del Rosso?
- Sapete del Jabberwock? -
Kaito aveva piegato la testa, confuso: - Jabbe? -
Il gentile signore del banco informazioni aveva sospirato di nuovo: - E' una creatura che infesta il Paese del Rosso. Un mostro. - ci tenne a precisare: - Svariate persone non sono mai tornate dal Paese del Rosso. Si dice li abbia divorati il Jabberwock. -
Kaito aveva annuito: - Beh... sì, capita che le creature carnivore mangino carne. -
Gli era parso che il gentile signore avesse alzato gli occhi al cielo: - Gli unici in grado di sopravvivere nel Paese del Rosso sono quelli della tribù dei Fortepiano. - un altro sospiro: - Peccato sia difficile contattarli e che di rado escano dal Paese del Rosso. Quindi non possiamo neppure assumerli come guide... -
Forse aveva sentito il bisogno di dirlo perché più di una persona doveva avergli chiesto qualcosa del genere.
- Non pensate di essere al sicuro solo perché siete armato! -
Era indietreggiato quando il gentile signore si era alzato, la voce più alta: - La vostra spada non potrà nulla contro il Jabberwock! - l'indice sferzò l'aria: - Stia attento al Jabberwock! Le fauci che azzannano, gli artigli che intrappolano! -
Kaito aveva ringraziato e si era diretto nel Paese del Rosso.
Come sospettava, era molto sabbioso.
Estrasse la bussola dalla tasca dei pantaloni; secondo l'accurata mappa del Paese dello Specchio, si sarebbe dovuto dirigere verso nord-est. Rimise la bussola al suo posto e riprese a camminare.
La sacca pesava un po', ma non poteva lasciarsi dietro cibo e acqua. Almeno quelli avevano un senso.
Aveva taciuto al gentile signore il fatto che la spada se la portasse dietro solo perché sennò sarebbe sembrato brutto.
Anche se lui ci si era impegnato, ci aveva davvero provato ad imparare a tirare di spada - soltanto, era abile in altri campi, ecco.
Recuperò la bussola, la girò e guardò l'ora. Le undici.
Non sapeva se fossero le undici di sera o le undici del mattino, ma almeno sapeva che erano le undici. Era alquanto difficile capire quando fosse giorno e quando notte, lì, dato che era notte anche di giorno.
Tuttavia, secondo i suoi calcoli, poteva stimare di essere nel Paese del Rosso da almeno due giorni e mezzo.
Non aveva trovato nessun problema - in realtà, non aveva trovato nessuno. L'unico vero fastidio erano le tempeste di sabbia che facevano frullare l'ago della bussola, rendendogli impossibile capire quale fosse il nord-est.
Dopo un po', decise di sedersi.
Si sarebbe volentieri seduto in un'oasi, ma di oasi non ne aveva trovato neanche il miraggio, quindi tant'era. Non aveva avuto neppure miraggi, in effetti. Forse tutte le dicerie sui deserti erano solo storie inventate.
Se ne dispiacque un po'.
Lasciò cadere la sacca nella sabbia, ne estrasse una bottiglia, abbassò la stoffa davanti al viso e bevve.
Sì, in fondo, stava bene. Attraversare i deserti si stava rivelando rilassante.
Ed era stato talmente assorto nei suoi pensieri da essersi reso conto solo dopo due giorni e mezzo che tutta quella stoffa isolasse il calore.
"Dovrei fare più spesso traversate di deserti." forse un paio di volte all'anno. O una volta al mese.
Abbassò la bottiglia, chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro.
"Strano questo posto sia così vuoto. Si sta molto meglio che nel Paese dell'Azzurro!"
Persino il vento era piacevole. Quello che riusciva a sentire, almeno.
Riaprì gli occhi: "Beh, forse-"
Sbattè le palpebre.
Le sbattè di nuovo.
"... forse la storia dei miraggi era vera.".
Gli era stato detto che il miraggio più frequente era quello di un'oasi. C'era anche chi gli garantiva l'apparizione mistica di valanghe di denaro e di centri commerciali.
Da lì, aveva iniziato a sospettare che il miraggio fosse semplicemente l'illusione di ciò che si desidera di più al momento.
Tuttavia, lui stava benissimo. Sotto ogni aspetto. Non desiderava nulla di particolare.
Restava il fatto che lì davanti, a pochi passi, ci fosse una donna.
Che, d'accordo, fosse stata "una donna" e basta e avrebbe anche potuto pensare che fosse una viaggiatrice come lui, o gioire di aver trovato qualcuno con cui parlare; ma la donna era "una donna che sembrava uscita da un sogno" - uno di quei sogni. Le mancavano solo i capelli lunghissimi e gli occhi dal taglio sottile.
Perché i capelli erano corti, a caschetto - avrebbe detto castani, ma era difficile distinguere bene i colori, di notte -, e gli occhi erano grandi, scuri.
Per il resto, sembrava davvero uscita da uno di quei sogni: gonna con spacchi fino ai fianchi, a malapena coperti da veli, una cintura dorata, un reggiseno, una tiara, la nuca coperta da un lungo velo e naso, bocca e collo seminascosti dietro un altro velo. Avrebbe detto che fosse vestita di rosso, con veli arancioni.
Ma la cosa che più premeva era il fatto che potesse decisamente permettersi quell'abbigliamento e che, di sicuro, doveva avere stuoli e stuoli di gente adorante disposta a qualsiasi cosa pur di essere anche solo degnata di un suo sguardo.
Rimaneva solo una domanda: "... perché sto immaginando una donna del genere?".
Abbassò lo sguardo: la bottiglia. "Forse c'è qualcosa di strano qui dentro...?".
- Ti sei perso? - l'illusione si fece avanti.
Kaito la guardò meglio. Di sicuro era una quarta. Forse anche una quinta.
- Puoi parlare? - il miraggio si chinò appena verso di lui. Sì, una quinta, decisamente.
- Sì. Mi puoi rispondere? - aveva appurato che le fantasie parlassero, ma non era certo potesse instaurarci un dialogo.
L'illusione sbattè le palpebre: - Ehm... certo? -
- Oh. Non lo sapevo. - stava imparando davvero tante cose.
- ... dici cose strane. - adesso glielo dicevano pure i sogni. Non sapeva come sentirsi.
- Non sapevo che i miraggi potessero rispondere. - spiegò: - Pensavo dicessero solo cose suadenti. Che magari portano chi ascolta a qualcosa di molto brutto. -.
L'illusione sbattè di nuovo le palpebre. Poi, una mano candida salì al viso, il velo venne via. Sorrideva.
Sì, era davvero bellissima.
Dolore.
Tanto dolore.
Nei dintorni dello stomaco. Gli aveva pure mozzato il respiro.
- Non sono un miraggio. - il tono si era fatto un pochino irritato: - Ti basta, come prova? -
Kaito si affrettò ad annuire, una mano al punto colpito - o nelle vicinanze, faceva male un po' tutto.
- Seconda cosa. Smettila di guardarmi le tette. - si rialzò, armeggiò con il velo fino a legarlo dietro la testa - la nuca ora coperta da due veli.
I suoi gesti erano ipnotici. Le sue mani, le sue dita.
Quelle, soprattutto, era meglio tenerle sotto controllo.
- Mi hai fatto male... - piagnucolò, si assicurò che la bottiglia fosse sana e salva.
- Lo so. - mise le braccia conserte e non aggiunse altro.
Lui rimase in silenzio, sentiva i suoi occhi puntati contro. Era troppo preso dal massaggiarsi lo stomaco - il dolore andava attenuandosi, si concentrava in un'unica zona, probabilmente dove era stato sferrato il colpo. Dopo un tempo imprecisato, richiuse la bottiglia, la rimise nella sacca e alzò di nuovo lo sguardo.
Lei non si era mossa.
- No, non mi sono perso. - rispose, infine, il dolore che spariva del tutto: - Tu? -
- Oh. Allora direi che non sono di nessun aiuto. - riportò le braccia ai fianchi e fece dietrofront.
"..."
- Aspetta! - si alzò, fece qualche passo avanti.
Lei si fermò e si voltò. Aveva un sopracciglio inarcato.
- Tu sei- -
- Volevo aiutarti ma, se non ne hai bisogno, non vedo perché io debba rimanere. - alzò le spalle.
- No, volevo dirti che sei una gran maleducata. -
Lei serrò le labbra, gli occhi spalancati: - ... prego? -
- Prima mi prendi a pugni, poi esigi che io ti risponda ma tu non rispondi alle mie domande, e poi te ne vai pure senza salutare! - i pugni ai fianchi: - Sei tanto bella, ma sei anche tanto maleducata! -
Gli parve che le sue guance avessero cambiato colore. Che si fossero scurite.
Lei aprì la bocca. Poi la richiuse. Piano piano.
- ... sei incredibile. - un sospiro, gli occhi al cielo: - Maleducata. -
Kaito annuì. La donna scosse la testa.
- Sto aspettando. -
- Eh? - lo guardò negli occhi: - Cosa? -
- Cosa si dice quando si è in torto? -
- Ti conficco un pugno nello stomaco e ti faccio vomitare le interiora. -
- "Scusa". Si dice "scusa". - alzò un indice: "E' ovvio che la sua educazione sia stata a dir poco carente!".
La donna gonfiò le guance. Non avrebbe mai pensato di sovrapporre ad una donna bellissima l'immagine di un criceto.
La vide abbassare lo sguardo: - ... scusa. - lo rialzò, una luce strana negli occhi: - Ma non sono affatto pentita! -
- ... beh, è un inizio. - le fece patpat sulla testa. Le arrivava alle sopracciglia.
- Si può sapere cosa diamine sei? - la donna scivolò via, con una certa fretta.
- Cosa? - sbattè le palpebre: - Sono un bruco che sta attraversando il deserto. -
Quegli occhi si fecero più grandi: - Un... bruco...? -
Kaito annuì: - Tu? - alzò di nuovo l'indice: - E' buona educazione rispondere! -
La donna trasse un profondo respiro - ed era impossibile che lo sguardo non fosse attratto dal torace: - Qualcuno che raccatta poveracci dispersi nel Paese del Rosso e li porta fuori. -
- Hai anche un nome? -
Uno sguardo sospettoso. "Beh, è stata lei a venire da me. Ora voglio sapere.".
- ... Meiko. - un sussurro.
- Meiko... - gli sfuggì un sorriso: - Che bel nome! - "Suona benissimo!"
- ... ah, sì? - non sembrava granché convinta: - E il tuo? -
- Kaito! -
- Oh. - tacque.
Lui la guardò.
Lei lo guardò: - ... è carino. - aggiunse.
- Non devi dirlo, se non lo credi davvero. -
- Non ho intenzione di farlo! - la voce si era alzata.
Sentì il sorriso farsi più ampio: - Quindi davvero lo trovi carino? -
Meiko riaprì la bocca. E la richiuse. Forse, oltre che criceto, era anche un po' pesce.
- ... può darsi. - mise le braccia conserte: - D'accordo, fine dei convenevoli. Ora, se permetti... -
- Io devo andare a nord-est. - parlò prima che Meiko potesse girarsi di nuovo: - Ma, ogni tanto, la bussola impazzisce. In quei momenti, mi perdo. - recuperò la bussola, gliela mostrò: - Per caso, sei disponibile a tratti? -
Lei inarcò le sopracciglia, gli occhi a mezz'asta: - ... no. Tutto insieme o niente. -
- Oh. - rimise la bussola in tasca: - Allora potresti farmi da guida, sì! - sorrise.
- Non ti sei perso, l'hai detto tu prima. - le mani ai fianchi.
- Ma ci sono dei momenti in cui mi perdo e tu hai detto di non poter fare da guida a pezzi. Quindi, tanto vale che tu mi faccia da guida sempre! -
Meiko si riavvicinò. Alzò il mento: - Se accetti la mia guida, devi giurarmi di non guardare mai la bussola! -
Ridacchiò: - Preferisco vedere te che una freccetta. -
Il suo volto tornò a scurirsi: - Tu preferisci vedere le mie tette, non me. -
- Non è vero. Sei bella tutta. - Più scura, gli occhi spancati.
"Però..." alzò le mani e le afferrò i seni. Erano morbidi: - Sono vere! - "Di solito, quando sono così grandi, sono finte..."
La sabbia aveva un pessimo sapore.
E quel retrogusto metallico forse era sangue.
Si passò la lingua sui denti. C'erano ancora tutti.
Trattenne un sospiro di sollievo.
Ma avrebbe aspettato un po' a rialzarsi.
Mezza faccia pulsava ancora.

- A proposito... -
- Sì? - Meiko assottigliò lo sguardo, notò una mano stringersi a pugno.
Sbuffò: - Non ti tocco più, se non vuoi! -
- Ovvio che non voglio! - alzò gli occhi al cielo: - Io sarò maleducata, ma tu devi imparare a tenere le tue due manine a posto. -
- Quattordici. -
- Eh? - si fermò.
- Quattordici. - ripetè: - Ne ho quattordici, di mani. -
Quelle labbra si schiusero. Poi si richiusero: - Ah. - Meiko riprese a camminare: - Tutte e quattordici. -
- Dicevo... - riprese anche lui: - ... cosa vuoi come pagamento? -
- Lo chiedi ora? -
Kaito la raggiunse e la guardò in volto: stava ghignando.
- Non ci avevo pensato. -
- I pagamenti si chiedono prima di accettare. - Meiko si ravviò i capelli: - Mi dispiace per te. Ora sono autorizzata a chiederti qualsiasi cosa. -
- Tipo? - "Perché non me lo dice e basta?"
- Tiiiiiiiiipo... - parve pensarci: - ... una fornitura per un anno di sakè? -
- Oh. -
- Ecco. - assunse un'espressione trionfante: - Pensa, prima di dire di sì! Poi ti ritrovi nei guai, non sai come pagare, come esaudire le richieste, come- -
- Il cugino del fratello della moglie dello zio di mio padre ha un negozio di alcolici! - sorrise: - Posso farti avere tutto il sakè che vuoi! -
Meiko si fermò di nuovo: - ... cosa? - e aveva di nuovo gli occhi spalancati.
Si fermò anche lui: - Già. - "Sono tutti sempre molto ben disposti, nei miei confronti. Vendere pozioni di qualsiasi genere è davvero conveniente! Le vogliono tutti! E io non dico mai di no ad uno sconto anche del cento per cento a chi mi ha aiutato!".
- ... beh, ottimo. - si reincamminò: - E' stata una fortuna incontrare proprio te! -
- Gli altri come ti pagano? - la seguì.
- Denaro. - non disse altro.
- Ci sono negozi, qui? - si guardò intorno, come se sperasse di vederne apparire all'improvviso - tipo i famosi miraggi di centri commerciali. Ma, in tal caso, sarebbe stato piuttosto sicuro che si sarebbe trattato di un miraggio. Almeno i centri commerciali non tiravano pugni.
- Dai Fortepiano, sì. -
- Giusto... - sbattè le palpebre: - Tu sei una Fortepiano? -
- Ovviamente. - di nuovo quel sorriso di trionfo: - E conosco il Paese del Rosso come le mie tasche! -
Kaito guardò la sua gonna: - Ma tu non hai le tasche. -
- E' un modo di dire. - alzò un pugno, la voce si fece irata: - E non iniziare a guardare lì! -
"Perché si arrabbia per qualsiasi cosa?" - E allora dove devo guardarti? - "Le mani. Quelle devo tenerle sempre sott'occhio."
- In faccia. - abbassò il pugno, il tono si fece più tranquillo: - Guardami la faccia, o i capelli. Le braccia o le mani, se proprio è. Il resto puoi guardarlo di sfuggita. -
- Cattiva. -
- Cattiva? - si voltò del tutto verso di lui: - Ma si può sapere dove sei cresciuto? - più che arrabbiata, in realtà, sembrava incredula: - A te piacerebbe se qualcuno ti guardasse dove tu guardi me? Con insistenza? -
- Lo fanno. - ci ripensò. Ci ripensò bene: - ... però, sì, in effetti distolgono lo sguardo, quando me ne accorgo. -
Meiko facepalmò: - Lo facessi con cattiveria, almeno... -
- Eh? -
- Niente. - riemerse dalla mano: - Piuttosto... - la sua espressione si fece seria: - Stai andando nel Paese dell'Arancione per qualche motivo particolare? -
Kaito scosse la testa: - Sto solo viaggiando. Non ho una meta precisa. -
- Quindi non c'è nessuno che ti aspetta. -
Scosse di nuovo la testa.
- Allora direi che non c'è fretta. - si tirò indietro i capelli a lato del viso.
"A proposito di fretta..." - Ah, al confine mi avevano avvisato di una cosa. -
- Dei banditi? -
Sbattè le palpebre: - Uhm, no, in verità no. -
- Beh, il Paese del Rosso abbonda di banditi. Ora lo sai. -
- Ah. - "... avrebbero potuto dirmelo.": - No, mi hanno avvisato del Jabberwock. -
- Oh, quello. - Meiko alzò la testa, lo sguardo al cielo stellato: - Cosa ti hanno detto? -
- Che è carnivoro. E che combatterlo con una spada è inutile. -
Meiko tornò a guardarlo. Sembrava incuriosita: - Hai una spada? -
Kaito annuì e scostò il mantello, per poi indicare il fodero al suo fianco. Lei lo guardò. Sì, era decisamente incuriosita.
- Beh... sì, quella è piuttosto inutile contro il Jabberwock. - gli confermò, lo sguardo ancora al fodero: - E' troppo piccola anche per fargli da stuzzicadenti. -
- ... bene. - riabbassò il mantello. Meiko sbattè le palpebre, come se si fosse ricordata di essere lì.
Qualcosa di strano, all'altezza del petto. Non sapeva perché, ma si sentiva incuriosito dalla sua curiosità.
Lei tornò a guardarlo: - Ma non temere. E' impossibile che non ci si accorga di lui. E poi... - un sorriso un po' troppo somigliante ad un ghigno: - ... te l'ho detto, no? Il Paese del Rosso non ha segreti, per me. Se il Jabberwock dovesse avvicinarsi, lo sentirei con largo anticipo. -
La cosa lo rincuorava: - E se dovessi sentirlo? -
- Ci nasconderemmo sotto la sabbia. -
- Mi sembra un ottimo piano. - annuì.
"Certo, non ho incontrato il Jabberwock per due giorni e mezzo, è difficile lo incontri proprio ora." ci ripensò: "... dannazione.".

- Sei davvero resistente! -
- Eh? -
Meiko ridacchiò: - Di solito, a quest'ora tutti mi implorano di fermarci! -
Avrebbe voluto guardare l'ora, ma avrebbe significato tirare fuori la bussola e aveva promesso di non farlo: - Ma non è molto che camminiamo. -
- Infatti. Non ho mai capito perché tutti si lamentino dopo solo quattro ore di viaggio. - un pugno alla spalla. Leggero, non fece male; sembrava più un buffetto brutale: - E sì che si presentano tutti come grandi guerrieri e inserire titolone altisonante qui. - le labbra si curvarono in un sorriso. Era decisamente più bella, quando sorrideva e non ghignava: - Tu sei resistente. Mi piaci. -
- ... ah, sì? -
"E' così straordinario riuscire a camminare quattro ore di fila...?" non si era neppure reso conto che fossero passate quattro ore. Era sicurissimo che fosse passata una mezz'oretta scarsa.
- Già! - si stiracchiò, un braccio piegato dietro la testa: - E' davvero il mio giorno fortunato, oggi! -
Intuì sagacemente che quella fosse una lunga sequela di complimenti: "Quindi, per essere elogiati da lei, si deve essere in grado di esaudire qualsiasi sua richiesta e tenere il suo passo."
C'era qualcosa che iniziava ad incuriosirlo: - Perché hai deciso di fare da guida? -
- Uh? - Meiko abbassò le braccia, lo guardò. Ci pensò un attimo: - Beh... diciamo che mi annoiavo. - alzò le spalle: - Non ho molti talenti utili. Ho pensato a quale fosse un mio pregio e... - alzò gli occhi al cielo: - ... visto che conosco benissimo un posto dove la gente tende a perdersi, perché non fare da guida? -
- Al confine cercano dei Fortepiano per assumerli come guide ufficiali. - la informò.
Lei tornò a guardarlo, un sorriso divertito: - Oh, ma lo so benissimo! <3 - era sicuro ci fosse stato un cuore, alla fine della frase: - Così come lo sanno tutti i Fortepiano. Ma... - giunse le mani: - ... vuoi mettere con il decidere tu il pagamento, in tutta libertà, piuttosto che ricevere uno stipendio fisso e dover dipendere da qualcuno? -
"Non fa una piega." annuì: - Non ci avevo pensato. -
- Neppure quelli al confine, evidentemente. - fece schioccare la lingua: - C'è chi pensa sia una manovra del Duca del Paese del Viola. Per monopolizzare le guide nel Paese del Rosso. -
- Avrebbe un suo senso... -
- Sì, se il Paese del Rosso non confinasse anche con il Paese dell'Arancione. Anche lì sono molto interessati al monopolio delle guide. - sospirò, il tono divertito: - E invece il solo, vero ed unico monopolio delle guide ce l'abbiamo noi! <3 - un altro cuore. Ne era sicuro.
Gli sfuggì una risata: - Fate bene. E' il vostro territorio, in fondo. -
- Già, già! -
- E comunque... -
- Sì? -
- ... non credo esistano talenti inutili. -
Meiko si fermò. Lui fece altrettanto.
Aveva di nuovo gli occhi spalancati, le guance più scure: - Prego? -
- Se è un talento, non può essere inutile! - sorrise: - Qualsiasi capacità può creare qualcosa. Anche la più piccola! -
Lei sbattè le palpebre. Una volta, due volte. Poi sospirò, e la sua espressione si sciolse in una gentile: - Capisco. - riprese a camminare, lui la seguì: - Immagino tu sappia fare qualcosa, allora. -
- Faccio pozioni. -
- Oh. - non sembrava troppo impressionata: - E funzionano? -
- Nessuno è mai venuto a protestare. - ci pensò meglio: - Anzi, qualcuno sì. Le eventuali vittime di determinate pozioni. -
- ... vittime? - un sopracciglio inarcato. Ora sembrava interessata.
- Io preparo le pozioni che mi vengono richieste. - spiegò: - L'uso che vogliono farne è a discrezione del richiedente. -
- Ah... sì? - anche l'altro sopracciglio era inarcato.
- L'ho sempre messo in chiaro! - alzò un indice: - Non mi assumo nessuna responsabilità circa l'uso che viene fatto di una pozione! A meno che non si tratti di qualcosa di eccessivamente grave, allora potrei prendere provvedimenti in prima persona. - aggiunse: "Perché nessuno se ne ricorda mai?".
- Oh... - Meiko tornò a guardare davanti a sè: - ... quindi prepari... tipo... anche veleni? -
- No! - gonfiò le guance: - Io faccio pozioni, non veleni! - "Perché tutti si sbagliano?": - A meno che per "veleno" tu non intenda anche pozioni che facciano sentire male. -
- ... anche, diciamo di sì. -
- Beh, allora quelle sì! - annuì: - Anche se non me le chiedono mai. Preferiscono ricorrere direttamente ai veleni. Di solito, mi chiedono il contrario. -
- Pozioni-medicine? -
Annuì di nuovo.
- Quindi tu fai sia pozioni-che-fanno-stare-male che pozioni-che-fanno-stare-bene? -
"Perché lo dice come se fosse così strano?" - Te l'ho detto: qualsiasi cosa mi venga chiesto. Tranne cose eccessive. - chiarì: - Tipo pozioni che provocano la morte o cose del genere. O quelle impossibili, tipo una pozione per resuscitare i morti. Quella me la chiedono spesso. Anche se mi chiedono più spesso pozioni per far innamorare. -
- Fai anche pozioni del genere? - per tutto quel tempo, Meiko non aveva fatto altro che occhieggiare nella sua direzione; ora, però, si era di nuovo voltata del tutto.
- Devo migliorare. - confessò: - Per ora, le mie pozioni d'amore scatenano solo attrazione fisica. -
- ... fai afrodisiaci. -
- No. Pozioni che scatenano attrazione fisica. -
- Sì. Giusto. Pozioni. - Meiko si portò i capelli dietro un orecchio: - Allora hai preso qualche pozione per essere più resistente? -
Kaito scosse la testa: - Non ho mai provato nessuna pozione su di me. -
Lei sbattè le palpebre: - Allora come sai se funzionano? -
- Ho dei gentili volontari! - sorrise: - Chi mi fa da cavia ottiene qualcosa che desidera, qualsiasi cosa si tratti! -
- ... merito dei tuoi contatti? -
- Esattamente. - "Tranne all'inizio. All'inizio li pagavo io." si ricordò: "Chissà perché sceglievano tutti pagamenti in denaro o in natura." ma era durata poco.
L'efficacia delle sue pozioni non ci aveva messo molto a diventare famosa. Una settimana, circa.
Una risata.
Kaito trasalì: Meiko era scoppiata a ridere. E non era una risata derisoria. Era sincera.
- Cosa...? -
- Credevo... - gettò indietro la testa, a riprendere fiato: - ... credevo che fossi di quei tipi buoni buoni buoni che vivono in un altro mondo. - si raddrizzò, lo guardò negli occhi: - E invece sei... - serrò le labbra. Sorrise: - ... uno di quei tipi buoni buoni buoni che vivono in un altro mondo e non si fanno problemi a far casino in questo. -
- ... oh. - sbattè le palpebre: - ... dici? -
- Dico. - si rimise in cammino. Il sorriso era ancora lì.
La raggiunse: "Mi sembra più ben disposta...?"
Meiko era strana. Decisamente strana.

- D'accordo, direi che ora possiamo accamparci! -
Kaito annuì: - Quanto manca al confine? -
- Un po'. - la vide raggiungere una duna particolarmente grossa: - Qui sotto andrà bene. -.
I preparativi per il riposo riempirono abbondantemente sei secondi - mettere la sacca a terra e sedersi.
- Ma non hai troppo- stai bene, così? - non sapeva neppure lui se stando con quei due vestitini si potesse provare troppo caldo o troppo freddo.
- Tutto apposto. - si lasciò andare contro la duna: - Tu? Non hai caldo? -
Domanda legittima: - Credevo l'avrei avuto, e invece sto benissimo. -
- Mh. -
- Piuttosto... - ci fece caso solo in quel momento: - ... cosa hai intenzione di mangiare? -
- Oh, tranquillo! - piegò un braccio, mostrò un bicipite: - Sono forte e resistente! Posso stare senza mangiare anche per giorni, sai? -
- Si vede che sei forte e resistente! - sorrise: "Che gran bugiarda.". Di certo, un corpo del genere non si teneva su con qualche pasto ogni tanto.
Aprì la sacca, tirò fuori la sua cena: - Permettimi di offrirti qualcosa. - gliela porse.
Meiko si avvicinò, guardò meglio.
Ne prese uno dal contenitore, se lo rigirò davanti agli occhi: - Cosa sono? -
- Biscotti spolverati di zucchero a velo e ripieni di cioccolato con nocciole intere. Alcuni hanno anche il caffè o la granella di mandorle. -
- Fono motto buoni. - a giudicare da come l'aveva sbranato alla parola "biscotti", doveva avere fame. E, a giudicare da come aveva tuffato la mano nel contenitore, aveva apprezzato.
- Fei acche un coco? - mandò giù.
- Pozioni e cucina sono all'incirca lo stesso campo. - sorrise: - Però non sono troppo bravo, in cucina. E poi, la gente non si fida a mangiare quello che cucino io. - sospirò, un po' dispiaciuto al ricordo: - Non ho mai capito perché. -
- Chiffà. -.

- Prima parlavi di talenti... - esordì Meiko: - Ma non credo tu abbia il diritto di parlare di una cosa del genere a chi non ne ha molti. -
"Eh?" - Perché? -
Lei si portò le ginocchia al petto: - Tu sei pieno di talenti! Hai resistenza, sai fare le pozioni, sai cucinare, sai usare la spada- -
- Io non so usare la spada. -
Meiko sbattè le palpebre: - ... scusa? -
- Me la porto dietro solo perché mi hanno costretto. - un sorriso di scuse, quasi si sentiva in colpa per quel malinteso: - Mi hanno detto che, se viaggiassi disarmato, sarebbe come se andassi in giro con il cartello "Vi prego, attaccatemi!". -
- In effetti... -
- Però non so usarla. - mise mano sotto il mantello, estrasse la spada dal fodero. Dal sibilo che fece, doveva essere molto affilata. Tornò a guardare Meiko, deciso: - Ma mi ci sono impegnato, sai? -
- Ah, sì? - sembrava stupita.
"Non mi crede...?" rimise mano alla sacca, tirò fuori il suo quaderno degli appunti e lo aprì alle pagine giuste: - Ecco, vedi? - glielo porse.
Meiko lo prese e guardò: - ... d'accordo, almeno il disegno non rientra nei tuoi talenti. -
- Lo so. -
- Queste cose sono dita? -
- Sono modi per impugnare la spada! - spiegò: - Modi giusti e modi sbagliati! -
Gli occhi di Meiko percorrevano tutta la pagina, quella accanto, dall'alto in basso, dal basso verso l'alto.
- ... mi sembrano i metodi base per impugnare una qualsiasi cosa. - gli indicò il disegno sbarrato dell'elsa impugnata con il mignolo: - Come diamine faresti a combattere tenendo la spada solo con il mignolo? -
- Impugnare la spada non è lo stesso che impugnare un cucchiaio! - protestò: - E ti assicuro che si può girare una pozione o una minestra tenendo il cucchiaio solo con il mignolo! -
- Ti credo, ti credo. - era tornata a guardare i fogli. Girò la pagina. Evidentemente, notò gli altri appunti sulla spada - come muoverla.
Non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso, quando finalmente rialzò lo sguardo.
Sapeva solo che era strano vederla china su di un quaderno, con quell'espressione prima incuriosita, poi attenta, poi concentrata; una mano a tenere il quaderno posato sulle ginocchia, l'altra a sfogliare le stesse quattro pagine, gli occhi che scorrevano le righe, i disegni.
Non aveva idea di niente, sapeva soltanto che, in qualche modo, si sentì compiaciuto di tutta quell'attenzione che stava dando ai suoi appunti.
- Posso provare? - chiese lei.
Lui annuì e le porse la spada dalla parte dell'elsa. Almeno quello l'aveva imparato.
Meiko sorrise e la prese. Si alzò e si allontanò di qualche passo.
Puntò la spada davanti a sè, in alto, in basso.
- Pesa un pochino... -
- Già... -
La fece roteare appena, cerchi minuscoli che andavano sempre più ingrandendosi, fino a disegnare nell'aria cerchi grandi quasi quanto lei.
Poi la spada volò via e planò qualche metro più in là.
- ... -
- ... -
- ... ci riprovo. -
Meiko sembrava davvero uscita da uno di quei sogni. Anche se non gli era mai capitato di sognare bellissime fanciulle armate.
Aveva definitivamente perso il senso del tempo.
Forse era trascorsa solo un'ora, forse un'altra giornata.
Qualsiasi fosse stata la risposta, sapeva solo di non essersi stancato neppure per un istante di osservare Meiko alle prese con quella spada.
...
... anche perché a volte tendeva a precipitare nella sua direzione.

- Hai fatto dei progressi enormi! - sorrise: - Dovresti essere tu ad usarla! -
- Kaito... - la sua espressione era grave: - ... saperla tenere in mano senza farla cadere non lo considererei un progresso degno di eleggermi a portatrice della spada. -
- Sei comunque ad un livello superiore del mio! -
- Basterebbe solo non prenderla come prendi un cucchiaio. E comunque... - si indicò: - ... non avrei dove metterla. Il fodero ce l'hai tu, quindi... - gli restituì la spada.
Con un sospiro, Kaito la rimise al suo posto: - Sai... -
- Mh? -
- ... già da prima mi eri parsa molto incuriosita. Da questa, dico. - la indicò: - Ti piacciono le spade? -
Meiko distolse lo sguardo. Aveva le guance più scure: - ... le armi. Sono carine, le armi. Soprattutto quelle bianche. Soprattutto le spade. -
- Hai mai provato a prendere lezioni di scherma? -
Le guance cambiarono di nuovo colore. Divennero più chiare: - ... ecco... noi Fortepiano non abbiamo nessuno che insegni scherma. -
"Cosa?" - E come vi difendete? -
- Ci pensa il deserto a difenderci. - Meiko sospirò. Sembrava... addolorata?: - Nessuno viene a minacciarci, quindi non abbiamo mai sentito il bisogno di difenderci. I banditi non vengono a farci niente perché... beh... - accennò ad un sorriso non troppo convinto: - ... il cibo serve anche a loro. Ed è meglio averci vivi, in salute ed indipendenti piuttosto che schiavizzarci e pensare di avere qualcuno da controllare sempre e comunque. Sia da rivolte che da invasioni di altri banditi. - incrociò le braccia: - E poi c'è un altro motivo. - il sorriso si fece amaro: - ... cosa se ne farebbe una come me, di armi? -
- Una come te? - non capiva.
Lei abbassò lo sguardo ancora di più. I capelli andarono a coprirle il viso: - Mi dicono che sono bella. Che, quindi, non ho bisogno di difendermi. Io devo essere difesa. Mi hanno detto che sono come una bellissima principessa, come una dea, come una ninfa, come un sogno... -
Il cuore sussultò.
Lei si morse un labbro: - Se voglio delle armi, è un grazioso capriccio. Se voglio difendermi da sola, è un gioco. Perché sono bella, dicono. Perché il mio aspetto è gradevole alla vista. Quindi, la mia volontà non va presa sul serio. -
Qualcosa nel petto. Pesava.
Lei rialzò lo sguardo.
Pesava sempre di più.
I suoi occhi erano lucidi. Un accenno di sorriso: - So che non l'avevi detto con queste intenzioni, ma... ti prego, non dirmi più che sono bella. - vide la presa sulle braccia farsi più forte: - So che per te è un complimento. E ti ringrazio, per questo. Ma... - sospirò, il sorriso si spense: - ... odio che qualcuno mi dica che sono bella. - la voce divenne un sussurro: - ... soprattutto perché io non sono bella. -
- Posso mentirti e dirti che non lo sei, se è questo che desideri. - disse Kaito: - Oppure posso tacere e basta. -
- Tacere mi sembra un'ottima soluzione. - le sfuggì un sorriso.
Quel qualcosa troppo pesante si fece appena più leggero.
- Soltanto una cosa. -
- Cosa? - Meiko si passò una mano sugli occhi.
- ... perché non te ne sei mai andata dal Paese del Rosso? -
- Eh? -
- Puoi prendere lezioni di scherma in qualsiasi altro Paese. - spiegò: - Almeno, nel Paese dell'Azzurro è possibile. Indipendentemente dal tuo aspetto. Poi, tu guadagni facendo la guida, no? - sorrise: - Quindi, avresti anche i soldi! -
Meiko sbattè le palpebre, visibilmente confusa. Poi ridacchiò: - Oh. Ci penserò, sì. -
Lui si limitò a sorridere.
"Meiko non è maleducata. Meiko è bugiarda.".

Era tentatissimo dal guardare l'orologio.
L'aveva spinto sul fondo della sacca, bello pressato tra i contenitori di biscotti e le bottigliette, giusto per non cadere in tentazione; tuttavia, la curiosità si faceva sempre più forte.
- Sai che ore sono? - domandò, infine.
Meiko parve pensarci un secondo: - Mmmh... le sette, credo? -
- Oh. - si sentì un po' più tranquillo: "Le sette. E' già qualcosa."
- Se te lo stai chiedendo, sì. - l'altra mise le mani ai fianchi, l'espressione soddisfatta: - Sono due giorni che camminiamo! -
- Veramente non me lo stavo chiedendo. - confessò Kaito: - Ma mi fa comunque piacere saperlo. - un'altra curiosità: - A proposito, ma qui è sempre notte? -
- Nah. - Meiko alzò le spalle: - Ogni tanto fa giorno. -
Lui si limitò ad annuire: "Chissà com'è, di giorno..."
Qualcosa all'altezza del petto, a lato. Gli era sembrato che il cuore si fosse lanciato con violenza contro il torace.
Un pensiero improvviso: "Chissà com'è lei, di giorno..." la guardò. Stava sorridendo, sembrava di buon umore. La preferiva di gran lunga così, piuttosto che con l'espressione seccata e il pugno stretto, pronto a colpire.
Soprattutto il secondo.
- Non mi chiedi quanto manca per arrivare? - c'era una leggera sfumatura di curiosità, nel suo tono tranquillo.
Kaito scosse la testa: - Quando saremo arrivati, me ne accorgerò. -
Meiko ridacchiò.
Si fidava di lei. Non vedeva perché avrebbe dovuto fargli del male - e, se davvero avesse voluto, non avrebbe di certo aspettato due giorni.
L'unicissima cosa era quella vaga impressione che, a volte, stessero ripassando in un posto in cui erano già stati.
"... e poi il Paese del Rosso non è così grande.".
Era arrivato a pensare che, in fondo, Meiko desiderasse prolungare quel viaggio il più possibile. Lui non aveva fretta.
Lei si fermò.
Il sorriso era sparito dalle labbra, gli occhi si erano spalancati. Un passo indietro.
- Kaito... - un sussurro.
- Sì? - "Brutto segno."
- ... spero tu sappia correre. -
- Certo che so correre! - "Che razza di domande sono?"
- E' un ottimo momento per dimostrarlo. - si voltò e corse via.
Kaito fece lo stesso.
I loro passi affrettati sulla sabbia, i piedi che affondavano, il cuore che iniziava a rimbombare nelle orecchie.
E un suono ritmico alle loro spalle.
Si voltò, senza fermarsi.
E sentì una morsa allo stomaco.
Tante, tante, tante ombre informi, veloci, fin troppo veloci, la distanza con loro che andava accorciandosi ogni secondo di più.
La spalla pulsava.
No, non erano loro ad essere veloci. Era lui che stava rallentando.
"... ah." la sacca pesava, i piedi faticavano almeno il triplo, in mezzo alla sabbia: "... sono un disastro nella corsa, eh...?".
- AH! -
Tornò a guardare avanti, a guardare Meiko: altre ombre, a pochi metri da loro.
Il polso serrato in una morsa.
- Da questa parte! - la voce di Meiko vicina, uno strattone, e la corsa ricominciò.
Ora le ombre erano di più. E lui iniziava a sentire fitte alle gambe.
"... se avessi quattordici piedi..." lui era fatto per arrampicarsi, non per correre in mezzo al deserto. Se ne rese conto solo in quel momento.
Alla fine, il deserto aveva davvero un risvolto negativo, in mezzo a tutte quelle cose belle.
- Cosa sono? - la voce uscì in un ansimo, il cuore sussultò: "Sono così stanco...?"
- Banditi! - la voce di Meiko, invece, era agitata: - Taci e non sprecare fiato! -
"Ah, ha imparato a rispondere alle domande..." se ne compiacque. Anche se avrebbe preferito compiacersene in un momento migliore.
Tipo un momento qualsiasi.
Le gambe stavano facendo davvero malissimo.
Persino le ginocchia stavano facendo male, come se fossero andate a sbattere da qualche parte.
Ah, sì, avevano effettivamente sbattuto da qualche parte. Per terra.
- Non ti fermare! Non ti fermare! - le mani di Meiko ad un braccio, si sentì trascinare con una certa forza.
La voce che tremava. I suoi occhi grandi, sgranati, terrorizzati.
Riuscì a rimettersi in piedi.
- Sai... - sorrise, mise una mano sulla sua: - ... temo che ci abbiano raggiunti. -
- No- - poi Meiko alzò lo sguardo. E il suo volto impallidì.
Kaito guardò le ombre che li avevano inseguiti. A contarle, non erano poi così tante: solo dodici. Dodici qualcosa incappucciati, avvolti in un mantello scuro, le braccia grandi, molto più spesse del corpo affilato, una coda che sferzava la sabbia.
Li avevano circondati, a semicerchio; quando si voltò, notò, a poco più di un metro, una brusca interruzione del terreno.
"Oh. Ci hanno davvero bloccati davanti ad un precipizio...?" a giudicare da quanto bene riuscisse a vedere il piano di sotto, sarebbe stato un volo di almeno tre metri. Nella sabbia: "Forse non farebbe così male...".
- Andatevene! - la voce di Meiko lo costrinse a tornare a guardare i loro inseguitori. Nessuno di loro si mosse.
- Immagino vogliate tutto quello che abbiamo. - Kaito fece un passo avanti, si mise davanti a lei, il sorriso si fece più ampio: - Non ho troppo denaro, con me, quindi vi è capitato male. - fece cadere la sacca a terra - e la spalla provò sollievo: - Ci sono solo cibo e acqua. E un bussologio. E cianfrusaglie. -
- Cosa stai dic- -
- Prendeteveli pure, se volete. In cambio, risparmiateci. -
Sentì Meiko trattenere il respiro.
Le ombre si mossero, si scambiarono degli sguardi. Poi quella centrale alzò un braccio, il mantello scivolò e mostrò una chela grande quanto la sua testa.
- E se risparmiassimo il tuo cibo e ci prendessimo voi? -
Un gemito alle sue spalle.
Il sangue divenne gelido. Ovunque scorreva, congelava. Ogni centimetro del suo corpo si gelò.
- Siete molto scortesi. - mise mano alla spada. Qualcosa di troppo grande gli bloccava la gola, non riusciva a deglutire.
- Oh, per favore! - Meiko sbottò: - Siamo degli stecchini! Stareste molto meglio a mangiare il cibo, piuttosto che noi! -
- Voi non sembrate così carente di sostanza, signora. -
- Prego? -
- Beh, ha ragione. - Kaito si voltò appena verso di lei.
Un pugno alla schiena: - Potresti cortesemente non concordare con uno scorpione che ci vede come primo e secondo piatto? -
"Ma ha ragione!" Forse, però, non era il momento di proseguire quel discorso, quindi si limitò a sospirare.
- Possiamo rendere la cosa veloce e indolore. - il bandito fece schioccare la chela. Le tuniche degli altri vibrarono, quasi il resto del gruppo fosse pronto a saltare loro addosso.
Forse non era un'impressione.
Rabbrividì.
- Consegnatevi di vostra spontanea volontà, senza opporre resistenza. Altrimenti, saremo costretti a- -
- Ma davvero pensi che qualcuno possa gettarsi ai vostri piedi supplicandovi di ucciderlo velocemente? - Meiko si spostò al suo fianco, più indignata che spaventata: - Dovresti concedere salva la vita, nel caso di suppliche! - serrò la mano attorno al suo braccio: - Non fareste prima a chiedere al vostro cibo in che modo vuole essere servito? -
Kaito inarcò un sopracciglio: - Ora sei tu a dar loro troppa ragione. -
Occhi scuri, a mezz'asta: - Ma io sono ironica. -
- Anche se dite cose sensate, signora. - intervenne quello che doveva essere il capo: - Dunque. Come desiderate essere serviti? -
- In nessun modo. -
"Oh." e lui che già pensava di mettere bene in chiaro di non essere servito con le verdure. Ne aveva avuto abbastanza, di verdure.
Anche se avrebbe di gran lunga preferito non essere servito in quel senso.
- D'accordo. - la voce del bandito non si era incrinata neppure per un istante: - Allora dovremo catturarvi con la forza. -.
Sguainò la spada, si parò davanti a Meiko, sentì la presa sul suo braccio venire meno.
Continuava a sentirsi soffocare. Quel qualcosa alla gola non se n'era andato. Anzi.
E faceva freddo. Troppo freddo.
Talmente tanto freddo da fargli tremare le mani, e le gambe.
Serrò le dita attorno all'impugnatura.
Erano in dodici.
Dodici.
- Meiko... - un sussurro.
- Eh? -
- I banditi sarebbero capaci di lanciarsi da tre metri d'altezza sapendo di poter atterrare sulla sabbia? -
- Cosa? - una pausa confusa: - B-beh, credo di sì, se si tratta di inseguire una preda- -
- Capisco. -
Dodici.
Probabilmente, stavano solo aspettando una loro mossa.
Erano in dodici, e loro erano in due.
Erano in dodici, e correvano veloci.
Trasse un profondo respiro, un battito più violento, quasi doloroso.
Si voltò verso Meiko. Sorrise.
- Corri. -
Lei sbattè le palpebre: - Cosa? -
- E non voltarti. -
- Cosa- -
La sua espressione confusa, stupita. Spaventata.
Non emise un suono.
E scomparve oltre il bordo di quel piccolo precipizio.
Lui tornò ai banditi, puntò la spada contro di loro: - D'accordo. Eccomi. -.
Meiko conosceva bene il deserto. Con quel piccolo vantaggio, sarebbe stata in grado di scappare e di mettersi al sicuro.
"Devo riuscire a trattenerli." non aveva idea di come. Sapeva solo di doverlo fare.
Erano in dodici, e lui era da solo.
Erano in dodici, e lui quasi non sapeva neppure come impugnare una spada.
Quella cadde quasi subito, lontano.
Forse ci stavano mettendo così tanto perché aveva opposto resistenza. Quindi, sarebbe stata una cosa lenta e dolorosa.
Forse sarebbe soffocato. Non riusciva a riprendere fiato, tra un calcio nello stomaco e la frustata di una coda sul viso.
Avrebbe voluto tenere gli occhi aperti, ma non era riuscito a non chiuderli. Ci era anche finita la sabbia.
Bruciava.
Faceva male.
Male.
Male.
Male.
Sentiva ogni calcio, ogni chela, ogni coda.
Forse lo avrebbero avvelenato.
Forse un pungiglione gli si sarebbe conficcato nella pelle e sarebbe finito avvelenato per caso.
Forse le lame delle loro spade erano ricoperte di veleno.
O forse avrebbero continuato con i calci.
Non si sarebbe alzato, sarebbe rimasto nella sabbia.
Bruciava.
Faceva male.
Male.
Male.
Tutto faceva male.
Sentiva pulsare in troppi punti per poter essere solo il cuore.
Chissà che fine aveva fatto.
Chissà se, con tutti quei colpi, si fosse davvero spostato.
Forse era davvero quello ciò che sentiva in giro, che lo stava soffocando.
E sentiva ogni calcio, ogni chela, ogni coda.
Ognuno di loro.
Faceva male.
Facevano male.
Ma erano in dodici.
Tutti e dodici lì con lui.

La terra tremò.
Non ci furono altri colpi.
Quando la terra smise di tremare, tutto rimase immobile.
Kaito riaprì gli occhi.
Il cielo stellato.
E aria piacevole sul viso.
"Ah... sono ancora vivo?" intravedeva le ombre dei banditi.
Erano intorno a lui, ma non guardavano lui.
Non sapevano neppure loro cosa guardare, perché ognuno guardava in una direzione diversa.
Poi il cielo scomparve.
Un'immensa coltre nera.
I timpani facevano male.
Sgranò gli occhi.
Non era stato un terremoto.
Un ruggito talmente potente da far tremare la terra, la sabbia.
Il cielo riapparve.
La terra tremò di nuovo.
Una ventata lo fece rotolare per qualche metro, il vociare dei banditi riempì l'aria.
Riuscì a mettersi seduto, fitte agli avambracci, fitte alle spalle, fitte su tutto il busto, fitte sulle gambe, il sapore del ferro in bocca, ma riuscì a mettersi seduto.
Dovette reggersi anche con le braccia, anche se facevano male, anche se sarebbe crollato di lì a poco.
- ... Jabberwock. -
Un essere nero, forse un drago, non ne aveva idea, un essere con quattro zampe, una lunga coda, delle ali da pipistrello e un lungo, lungo, lunghissimo collo.
Un altro ruggito, un altro terremoto.
La testa scese all'altezza dei banditi, ormai in fuga.
Il Jabberwock alzò una zampa artigliata.
Cinque enormi artigli.
O forse non erano poi così enormi.
Un solo artiglio, minuscolo per il Jabberwock, era poco più grande di lui.
La zampa ricadde sopra alcune ombre, il muso schizzò in quella direzione.
"... Meiko aveva detto di nascondersi sotto la sabbia, se-" sussultò: "Meiko!" lo sguardo andò all'interruzione nel terreno.
Si trascinò fin lì, con le mani, con le ginocchia, e guardò di sotto.
Un piccolo buco nella sabbia, dove doveva essere caduta Meiko.
E delle impronte distanti, una persona che corre.
Lasciò andare una risata di sollievo, leggera: "Allora è in salv-"
Le impronte s'interrompevano.
All'improvviso, senza alcun cambio di direzione, senza nessun posto in cui nascondersi.
La risata sfumò.
Era meccanica, ogni respiro faceva male.
- Meiko... - "Non è possibile..." si voltò.
Il Jabberwock lo stava guardando.
Non c'era più alcuna traccia dei banditi.
"... è così, allora..."
Il muso ovale, enormi occhi gialli spalancati, una bocca ovale colma di denti affilati, piccola di suo, ma abbastanza grande da inghiottire una persona intera con un solo morso.
In effetti, era una testa davvero piccola, rispetto al resto del corpo.
Soprattutto rispetto a quel lungo, lungo, lunghissimo collo.
- ... - si rialzò.
S'impose di ignorare il dolore.
Avrebbe potuto lamentarsene dopo.
"Quel collo..." osò abbassare lo sguardo dal Jabberwock, cercò la spada: "... forse Meiko è ancora lì! Forse Meiko non è ancora arrivata allo stomaco!" la trovò: "Forse posso ancora tirarla fuori!" si tuffò - trattenne un gemito, gli occhi quasi lacrimarono -, la afferrò e si rimise in piedi.
Il Jabberwock continuava a fissarlo.
"Cosa aspetta...?" gli puntò contro la lama.
Sapeva cosa fare.
"... non posso abbatterlo. Non ne sarei in grado. Ma..." rabbrividì: "... se mi farò mangiare, potrò andare nel suo collo e cercare Meiko! Poi, usciremo tagliando la pelle!" sperava davvero che il Jabberwock non masticasse. Sembrava avere solo denti affilati, quindi non poteva masticare, no?
Un altro terremoto.
Un'altra ventata lo spinse a terra, rotolò per qualche metro.
Il ruggito del Jabberwock era il suono più raccapricciante che avesse mai udito. Un ruggito potente, eppure stridulo, che faceva venire la pelle d'oca, che faceva dolere i timpani.
Deglutì. Ci riuscì, finalmente. Anche se persino la gola faceva male.
Serrò i pugni, la presa sulla spada, e si rialzò.
Fece un passo avanti, la gamba gli mandò una fitta, la ignorò.
- Ehi! - urlò, fino a quasi spaccarsi la gola: - Ehi! Sono qui! Qui! - tenne bassa la spada, la presa talmente forte da far tremare la mano. Sì, era la presa troppo intensa a farlo tremare in quel modo.
Qualsiasi cosa fosse successa, non avrebbe mai dovuto lasciare la presa su quella spada.
Cadde a terra, quando il Jabberwock ruggì di nuovo. Piantò i piedi nella sabbia, riuscì a non volare via.
Si rialzò, guardò quell'essere negli occhi: - Ehi! Mi vedi? - gridò: - Sono qui! Qui! -.
"Forse... è sazio...?" trasalì: "No! Devo farmi mangiare!" strinse i denti e si gettò contro il Jabberwock.
Avrebbe reagito.
Di sicuro avrebbe reagito.
E l'avrebbe mangiato.
Sarebbe bastato anche solo che aprisse la bocca, ad un'altezza decente.
Cadde nella sabbia.
Le gambe si erano rifiutate di obbedirgli oltre.
Decine di coltelli roventi conficcati nei polpacci, nelle cosce.
Ma non importava.
Non era il momento.
Se ne sarebbe preoccupato dopo.
Fece forza sulle braccia, sentì le guance bagnate, troppo calde.
Doveva farsi mangiare dal Jabberwock.
Rialzò lo sguardo, incontrò i suoi occhi gialli.
Doveva recuperare Meiko.
Meiko era lì, a pochi metri da lui, lo sapeva benissimo.
Se lo sentiva.
Sentiva che Meiko era vicina, ed era viva.
Un ringhio.
Poi la testa del Jabberwock si sollevò, si fece lontana, lontana, sempre più lontana.
- NO! - alzò un braccio, il cuore faceva troppo male: "Se se ne va ora, allora-"
Il corpo del Jabberwock si fece più piccolo, più piccolo, sempre più piccolo.
Ma non si stava allontanando.
Era lì, davanti a lui.
E si stava rimpicciolendo.
Sempre di più, sempre di più.
Sparì il collo immenso, sparirono gli artigli, sparì la coda, sparirono le ali.
E, in una delle impronte lasciate da una zampa del Jabberwock, Meiko ricambiò il suo sguardo.

- ... - si rialzò, piano.
Il dolore era distante.
Meiko si portò una ciocca di capelli dietro un orecchio. Lo sguardo scuro andò altrove: - Prosegui sempre dritto per quella direzione. - un cenno della testa: - Tra poche ore sarai nel Paese dell'Arancione. - portò le braccia dietro la schiena: - C'è un'oasi, non troppo distante. - si voltò: - Addio. -
- Aspetta! -
Il dolore era distante, come un ricordo lontano.
La raggiunse, le afferrò una spalla.
Lei trasalì, lo guardò, sconvolta, pallida: - Non ti avrei mai fatto niente, te lo giuro! - la voce soffocata: - Tu non avresti mai dovuto saperlo! Saresti dovuto arrivare nel Paese dell'Arancione senza- -
- Sei stata fantastica! - le prese le mani, il cuore enorme, senza peso: - Hai sconfitto dodici banditi tutti da sola! - gli sfuggì un sorriso: - Sei davvero fortissima! -
La bocca di Meiko era rimasta aperta nelle ultime sillabe che stava pronunciando, gli occhi completamente spalancati.
- K-Kaito... -
- Sì? -
- ... non so se hai capito, ma... - tolse le mani dalle sue, cauta: - ... quel... quel mostro, lì... - continuava ad evitare il suo sguardo: - ... era il Jabberwock. -
- Avevo intuito. - gonfiò le guance: - Non sono così stupido, sai? -
- Kaito. - stavolta, vide i suoi occhi. Lucidi: - Io sono il Jabberwock. - la vide trarre un profondo respiro: - Non sono una Fortepiano, o meglio... - si corresse: - ... passo il mio tempo dai Fortepiano, ma io non sono una Fortepiano. Io sono un mostro. Quel mostro che hai visto prima. Quello che... - la voce si spense. Abbassò lo sguardo.
- ... che divora la gente nel Paese del Rosso? -
Quegli occhi scuri, colmi d'ira: - I banditi. Coloro che non sono usciti dal Paese del Rosso sono stati vittime dei banditi! Non del Jabberwock! Io... io... - le tremavano le labbra: - Io ho fatto del male, sì. Ho fatto tanto del male. Ma non a chi mi lasciava in pace. Non a loro. Non a loro. - scosse la testa: - Non a loro. Non a loro. Anche se sono un mostro, anche se ho fatto tutto questo, io- -
- Grazie. -
- ... eh? -
Le accarezzò una guancia. Era caldissima: - Se non fosse stato per te, a quest'ora sarei morto. - ridacchiò: - Magari, a quest'ora sarei servito ad un gruppo di scorpioni in un piatto a base di verdure! -
Un singhiozzo.
La mano si inumidì.
Le asciugò la lacrima con il pollice.
- Perché non te ne sei andato? -
"Eh?" - Quando? -
- Dopo. - inspirò: - Quando cercavo di scacciarti. -
- ... quando mi ruggivi contro? - "Ah. Ecco cosa stava..."
Lei si scostò, si asciugò gli occhi con una mano: - Tu te ne saresti dovuto andare. Fine. Avresti dovuto approfittarne e scappare. Eri libero, no? - forse lo sguardo che gli rivolse voleva essere arrabbiato, ma era solo confuso, rosso di pianto: - Perché sei rimasto lì? Non era paura, lo so. Mi stavi sfidando. Perché? -
Kaito le indicò un punto preciso: - Le tue impronte, qui sotto. Spariscono di colpo. Credevo che il Jabberwock ti avesse mangiata. -
Un altro singhiozzo.
Stava stringendo i denti.
- Oh... no... - si passò una mano tra i capelli: - No... era come pensavo... avevo capito bene... -
Kaito si limitò a guardarla.
- ... stavi cercando di farti mangiare per venirmi a recuperare. -
- L'idea era quella, sì! - "E' bello che Meiko sia tanto perspicace!"
- Ringrazia... - un altro singhiozzo: - ... ringrazia di essere pieno di lividi, altrimenti un altro pestaggio non te lo risparmiava nessuno! -
- Perché? - non si sentiva offeso. Anzi.
- Perché? Perché? - un urlo, Meiko riuscì a fermare le mani a pochi centimetri dalle sue spalle. L'avrebbe spintonato con violenza: - Sono io a dover chiedere "Perché?"! Perché sei ancora qui? Perché mi stai ancora parlando? Perché non te ne sei andato? Perché... perché... - si conficcò le unghie nei palmi, ancora a mezz'aria: - Perché non mi odii? -
Kaito sbattè le palpebre: "... è davvero strana."
- Mi hai salvato. - sorrise: - Perché dovrei odiarti? E' grazie a te se sono vivo! -
- Ma io... - si puntò un indice contro: - ... sono un mostro! -
- Beh, sì, non sei molto carina. - dovette riconoscerlo: - Ma solo in quella forma! Così sei- -
- E' quella la mia vera forma! - il volto ormai completamente scuro, la voce che andava incrinandosi: - Io sono il Jabberwock! Io sono un mostro! -
- Non lo sto negando, non c'è bisogno che urli. - osservò lui: - Sei il Jabberwock e, nella tua vera forma, non hai un aspetto molto carino. -
- Tu non capisci. - Meiko scosse la testa, ansimava: - Io ho fatto del male. Io ho ucciso. -
- Non chi non ti ha infastidita. L'hai detto tu, no? - sorrise.
- Ma- -
- Tu sei un gran bugiarda, Meiko. - si avvicinò, le prese il viso tra le mani: - Stavi anche allungando il percorso, vero? -
Lei sgranò gli occhi. Poi distolse lo sguardo.
- Però... dici anche la verità. Per questo sei una gran bugiarda. Una bugia in mezzo a tante verità è più difficile da notare. Quindi, chi la dice è un bugiardo molto più bugiardo di chi dice solo bugie. -
- Eh? - lei tornò a guardarlo.
- Le cose che mi hai detto... - posò la fronte contro la sua: - ... erano quasi tutte vere. Tu vuoi andartene. Tu vuoi imparare ad usare la spada. Ma non è vero che farai qualcosa per ottenere ciò che vuoi. - la guardò: - E' perché sei il Jabberwock? -
- Un mostro. -
- L'hai deciso tu? -
- Di essere un mostro? -
- Sì. -
Meiko scosse la testa: - Ci sono nata. Quella sono io. Non è una cosa che posso sceg- -
- Non ti ho chiesto se hai deciso tu di essere il Jabberwock. - sussurrò: - Ti ho chiesto se hai deciso tu di essere un mostro. -
Quello sguardo irritato: - Il Jabberwock è- -
- Una creatura magica. Esattamente come tante altre. -
Meiko aprì la bocca. Poi la richiuse. Era tornata ad essere un pesce.
- Quindi... perché non la smetti di dare per scontato il parere altrui? -
- E' il tuo parere ad essere assurdo. - un sospiro: - Tu... sei stato pronto a ferirti pur di salvarmi. -
"... eh?" - Ovvio. -
- Non è ovv- - si bloccò. Un altro sospiro: - Sei così... così. -
- Così...? -
- Così. - Meiko si allontanò, le braccia conserte: - Comunque, le indicazioni te le ho date. Ora puoi- -
- Non siamo ancora usciti. - le ricordò: - Il patto era di guidarmi fino al Paese dell'Arancione. - sorrise: - E nulla ti vieterà di uscire dal Paese del Rosso. -
- Oh, certo. - alzò le spalle: - Finché mi presenterò così... - passò una mano sulla spalla: - ... immagino che saranno tutti buoni e gentili. -
- Meiko. -
- Mh? -
- Hai ragione. -
- Cosa? -
- Sì, certo che la gente sarà sempre carina con una donna bellissima. E guarderà con disgusto una creatura come il Jabberwock. Ma... - si riavvicinò, lei sembrava più pallida: - ... se la donna bellissima è un mostro e il Jabberwock una creatura degna di rispetto... - sorrise: - Non puoi esigere che tutto succeda subito. Non pensare che il tempo non esista. Non dare per scontati i pensieri degli altri. E non pensare che non possano cambiare mai. - scosse la testa: - Ciò che gli altri davvero penseranno di te dipenderà solo da te. Da come ti mostrerai. E non parlo del Jabberwock o di una donna bellissima. -
- Smettila di ripeterlo. - si portò una ciocca dietro l'orecchio, il volto di nuovo scuro: - Ti ho detto che mi infastidisce. -
- Ma non per i motivi che mi hai detto. - sospirò: - C'entrano, ma non erano davvero quelli. - sorrise, di nuovo: - Ti irrita che qualcuno preferisca il tuo involucro umano alla vera te. -
- Per poi gridarmi contro "Mostro!" non appena mi vedono. - anche lei sorrise, un sorriso amaro: - Già. -
"Oh. Quindi aveva già rivelato la verità a qualcuno." le prese la mano. Era calda: - Tu sei una donna bellissima. E una creatura magica dall'aspetto poco gradevole. Meiko... - le si avvicinò: - ... ha un brutto carattere ed è manesca. -
- Ringrazia di essere già ferito. -
- Oh, ma ora sto meglio! -
- Davvero? - il pugno apparve nella sua visuale.
- No. Scherzavo. - il pugno sparì, piano piano.
- ... - Meiko non si allontanò: - Kaito... - la voce esitante.
- Sì? -
- ... qual è... - serrò le labbra, un istante: - ... c'è una cosa che vuoi davvero? -
- Volare! -
- Volare...? - lo guardò negli occhi: - Beh, ci sono tanti modi per- -
- Volare, io! - sentì il sorriso farsi più ampio: - Un giorno, diventerò una farfalla. Avrò delle ali mie. E potrò volare! - alzò lo sguardo.
Il cielo stellato.
Chissà se, salendo, salendo, salendo, sarebbe stato in grado di vedere le stelle da vicino.
Solo pensarlo lo fece sentire più leggero. Ma non bastava essere più leggeri per volare. Ci aveva già provato.
- ... ma... - un sussurro: - ... le farfalle... -
- Sì? -
- ... loro vivono... -
Riabbassò lo sguardo: - Sì? -
Gli occhi erano spalancati, inquieti: - ... non vivono molto... -
- Ma possono volare! - le prese anche l'altra mano: - Hanno le ali e possono andare dove vogliono! -
- Tu... - parlava piano: - ... saresti disposto a questo, pur di poter volare? -
Annuì. Il cuore batteva forte.
Volare.
Sarebbe stato così...
Più forte.
La presa sulle mani si fece più forte. Ma non l'aveva stretta lui.
- Io... - Meiko inspirò: - ... io posso volare. Ho delle ali mie e... - inspirò di nuovo: - ... posso farti volare. - abbozzò un sorriso: - Ne ho di spazio per passeggeri, sai? -
"..."
- Ma non sarebbe la stessa cosa. - le fece notare: - Non sarebbero ali mie. -
- Dettagli. Futili dettagli. - e, finalmente, Meiko sorrise davvero: - Finché non diventerai una farfalla, sarò io a farti volare. Ti sta bene? -
"..." - Significa che dovrai venire con me. -
- Ovvio. Dici cose stupide, fai cose stupide, non sai neanche usare la spada e hai un senso di autoconservazione nullo. Se non avessi nessuno a controllarti, non vivresti abbastanza da diventare una farfalla. Quindi, sì, dovrò venire con te. - sospirò: - Uscire da qui... per farti da balia. - gli scoccò uno sguardo alquanto eloquente: - La cosa è un po' fastidiosa, sai? -
Una risata leggera. Non era riuscito a trattenerla: - ... Meiko è davvero una gran bugiarda. -.



- Ecco, possiamo fermarci qui. -
L'oasi.
Nome alternativo di una piscina con palme, evidentemente.
Aveva alquanto bisogno di una rinfrescata - ed era piuttosto sicuro che anche ferite e lividi avrebbero gradito. Non era sicuro dei lividi, ma le ferite sì.
Nondimeno, erano giorni che non usciva da quella massa di stoffe.
Un rumore.
Alzò lo sguardo.
Meiko si era gettata in acqua, era riemersa, i capelli bagnati contro la fronte, le guance.
- E' fresca! -
Come se non bastassero già i motivi che aveva, per entrare in acqua.
Meiko sembrava davvero uscita da un sogno. Sì.
E a lui ci vollero solo due minuti per liberarsi di tutta la roba che aveva - lei aveva preferito farlo soffrire rimanendo in acqua, immergendosi e commentandone la freschezza.
Poi, finalmente, le sue sofferenze finirono e ogni singolo millimetro del suo corpo ringraziò tutta quell'acqua.
Si guardò un braccio: solo lì c'erano due grossi lividi ovali circondati da tanti altri più piccoli.
Non erano neanche carini da vedere.
L'altro braccio. Sotto il polso, un livido. Neanche si era accorto l'avessero colpito lì.
Si sentì osservato.
Spostò appena la testa e incontrò lo sguardo di Meiko.
Occhi spalancati.
Un istante dopo, sentì le sue mani bagnate sul petto.
- Ehi! - protestò: - Perché io non posso toccarti ma tu- -
- Dove l'avevi messa, questa roba? - le mani salirono alle spalle, scesero lungo le braccia.
- Cosa? - "Di che sta parlando...?"
Poi, Meiko sorrise.
Il sorriso più ampio che le avesse mai visto.
- Quattordici mani, eh? -.






Note:
* "Sii pura, fiorisci in tutto il tuo splendore / Rossa... e bellissima": Guardian Blue.
* Il nome dei Fortepiano è ripreso da Piano x Forte x Scandal. *Eggià.*
* "Stia attento al Jabberwock! Le fauci che azzannano, gli artigli che intrappolano!": citazione dal poemetto originale.
[Beware the Jabberwock [...]! The jaws that bite, the claws that catch!]




Pensavo che avrei tardato di un paio di settimane - e invece ci ho messo più di un mese.
Potrei fare un lungo racconto sui vari motivi che mi hanno tenuta impegnata - potrei, ma non lo farò.
(C'entrano influenze assortite, ospiti e riprendere in mano giochi a cui non giocavo da 10+ anni.)
In ogni caso, chiedo scusa a tutti. m(_ _)m
Visto quanto successo, lo dico subito: siamo a Dicembre - e sapete tutti cosa significa -, quindi non garantisco nessuna costanza nella pubblicazione. *china testa*

La cosa che mi ha un pochino irritata è stato il fatto di essermi ammalata proprio quando ero alle ultime battute del capitolo. >___>

E riguardo il capitolo in sè...
Fu così che Kaito e Meiko s'incontrarono! *O*/
Nondimeno, sono trionfalmente riuscita a far stare tutto il flashback in un solo capitolo! *A* *Per lei è un grande traguardo.*

Confesso di aver trovato "strano" riprendere il POV di Kaito - un'altra mia fanfiction mi ha insegnato che il suo POV, a lungo andare, lascia gravi danni mentali (?). *Anche se è tra quelli che preferisce usare. (?)*
Quanto a Meiko... quanti avevano intuito la verità sul Jabberwock? *O*
(No, sul serio. *Sarà stata in grado di renderlo non troppo ovvio ma anche che non spuntasse dal nulla? Oppure era palesissimo / sembra tirato? *)
Dunque sì: la Regina è il Jabberwock.
Jabberwock che è quasi in tutto e per tutto quello delle illustrazioni originali di John Tenniel [questo], solo estremamente più grande, senza panciotto e con cinque dita per zampa.

- Eh? Il flashback si conclude qui? Dov'è MeikoRegina? -
Il flashback finisce qui, ma di certo non si conclude la conversazione su di lei e sul perché sia passata da tsundere a yandere. U.U
Ogni cosa si saprà. Prima o poi.

Vi avevo anche detto (e ridetto e ridetto e ridetto...) che, per il flashback di Kaito e Meiko, ci si sarebbe concentrati su un'altra saga - più graficamente che a livello di trama: la serie in questione è Color Chronicle! *O*/
Per chi non la conoscesse, trattasi di una minisaga di tre canzoni, prodotte da Maya e cantate da Kaito e Meiko: Guardian Blue (cantata da Kaito), Red Reflection (uno dei più bei singoli di Meiko) e Color Chronicle (cantata da entrambi), da cui il titolo (fanon) della saga. (I link portano ai sub ita)
Come spero si sarà intuito, l'abbigliamento dei due e l'ambientazione è 100% ripresa da Guardian Blue - e, sì, forse anche qualche scena. U.U
Di Red Reflection, con tanta fantasia, potrebbe avere elementi alla molto lontanissima, mentre di Color Chronicle si potrebbe intravedere qualcosa - ma direi che potrebbe vedersi di più in seguito. Forse.
E, no, Kaito non finirà sulla sedia a rotelle e Meiko non diventerà un cyborg.

Così come *ci tiene a precisarlo* nessuno dei due, all'epoca di questo flashback, era ancora innamorato dell'altro: c'era attrazione, poi divenuta interesse, poi molto interesse e così via. *Poi si dirà qualcosina a riguardo. U.U*

Questo capitolo fu uno dei primissimi che pensai - anche perché mi sarebbe piaciuto fare qualcosa di anche solo vagamente ispirato a Color Chronicle; è bizzarro scrivere effettivamente qualcosa pensato molto tempo addietro. °^°
Spero sia riuscito decente. °A°

E spero che lo sia anche tutto il capitolo. oAo
Se ci sono consigli da darmi o critiche da farmi, dite pure. oAo

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Capitolo 15
*** Dormo, dormo, e vedo, in sogno... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Dormo, dormo, e vedo, in sogno, il tuo profilo
Percepisco le lacrime traboccanti che corrono lungo le guance
~



- … la Regina è il Jabberwock. -
- Meiko è il Jabberwock. -
Miku annuì, piano.
- … quindi, Meiko è il Jabberwock. -
- Già. -
Annuì di nuovo.
“… la Regina è il Jabberwock.”.
Non era esattamente quello che si era aspettata. Aveva sempre pensato al “Jabberwock” come qualcosa di simile ad un grosso e sanguinario animale da compagnia, la Super Temutissima Arma Segreta che ricopriva il cielo con la sua massa corporea al grido della sua padrona: - Mostrati, mio Jabberwock! -, come una spietata creatura quasi leggendaria, come-
Di certo, non come una donna.
- … quindi… - una minuscola parte di lei si stupì del fatto che la voce fosse uscita: - … quando la Reg- Meiko minacciava di inviare il Jabberwock- -
- Intendeva dire che sarebbe andata personalmente, con il suo vero aspetto. -
- … capisco. - la testa le faceva quasi male. Era affollata di pensieri, troppi, troppo grandi, che volavano alla rinfusa e si scontravano gli uni con gli altri, un indefinito miscuglio di ricordi e riflessioni.
Uno riuscì ad emergere, un ricordo, più vivido: “Ia mi ha parlato del Jabberwock…” sbattè le palpebre: “… perché non mi ha detto che-”
Un altro pensiero, una riflessione: “Ma tu non gliel'hai chiesto.” annuì a se stessa: “… giusto, non gliel'ho chiesto. E lei non avrebbe avuto motivo di dirmi che-” un altro pensiero, esploso come un pop corn: “… quindi, quando Ia mi ha detto che Gumi si è ritrovata a combattere contro la Regina…”
La Regina non era stata sleale.
Non aveva approfittato della debolezza della Duchessa.
Per tutto il tempo, per tutta la battaglia a Rossovetro, la Regina doveva aver combattuto in prima persona, da sola contro un esercito; eppure, aveva accolto la sfida di Gumi, l'aveva sconfitta in duello.
- … Meiko è diventata davvero brava a combattere. - non riuscì a dire altro. L'idea che la Regina fosse stata leale e che, anzi, avesse accettato la sfida pur essendo lei quella tecnicamente in svantaggio, era quasi surreale; si avvicinava a Meiko, non alla Regina di Cuori.
- Sì. - Kaito ridacchiò: - Ci ha messo quindici anni a diventare così. -
- Quindici…? -
- Ha sempre avuto un talento straordinario. - il Re sorrise. Un sorriso dolce, quello che riservava a Meiko: - Si è allenata duramente, sempre. Con ogni tipo di arma. -.

- A quanto pare, anche questo può essere considerato come arma. - Meiko fece roteare il mattarello, la fronte aggrottata.
- Qualsiasi cosa, se usata bene, può essere considerata un'arma. - le ricordò.
- Sì, ma… - si fermò: - … come
diamine dovrei usarlo? Come una spada, tipo? - fendette l'aria, ma non ci fu nessun rumore abbastanza scenico come quello delle particelle di ossigeno, azoto e argon tagliate da una lama.
- Potresti farlo ingoiare. -
Meiko lo guardò. Aveva gli occhi a mezz'asta.
- Sono sicuro che, se qualcuno ingoiasse un mattarello, dopo non starebbe molto bene. -
Meiko continuò a guardarlo. L'espressione non mutò.
Gettò via il mattarello: - Le spade sono meglio. -.


- Non l'ho mai vista combattere… - rabbrividì: - … e non ci tengo. -.
La Regina che era stata pronta a sfidare un gigante, senza alcuna paura.
“… beh, ora che so che è un gigantesco simildrago…”
Però…
Lisciò le pieghe della gonna, inspirò l'aria fresca della notte: - Ora va meglio. -
Kaito non disse nulla. Ma il suo sguardo era incuriosito.
- Riesco a capire come sia possibile. - sospirò: - Te e Meiko, intendo. - sentì le labbra tirare, lasciò andare il sorriso: - Ora vedo la donna che ami. -.
Tic Tac Tic Tac
Si stupì. Era sicurissima che Kaito fosse trasalito. Impercettibilmente, ma le era parso che le sue parole l'avessero in qualche modo colpito. E non in negativo.
- Quindi, state insieme da quindici anni? - era curiosa, ora. Di Meiko, non della Regina.
- Venticinque. -
Miku decise di non porsi più domande sull'età della gente che incontrava. Era inutile e, a dir la verità, neanche le importava più.
- E… - un accenno di risata: - … è sempre stata così… -

Il colore del viso s'intonava alla perfezione a quello del suo vestito. Avesse avuto anche i capelli del medesimo colore…
- Stai zitto. - un sibilo.
- Perché? - sorrise: - E’ vero! Sei belliss- -
- Taci. -
Trattenne una risata e le posò una mano sulle dita. A giudicare dalla violenza con cui se le stava torcendo, avrebbe finito con lo spaccarsele.
- La prossima volta che partecipiamo ad una festa, io non ballo. -
- D'accordo. -
Silenzio.
Quegli occhi ridotti a fessure: - Ho detto “io non ballo”. -
- E io ho detto “d'accordo”. -
Silenzio.
Forse l'imbarazzo l'aveva fatta diventare mezza sorda.
- … si suppone che ora tu mi preghi per farmi cambiare idea. - sibilò lei.
Lui alzò le spalle: - Tanto non lo faresti. Anzi, se anche avessi una vaghissima idea di cambiare idea, se ti chiedessi di cambiare idea, tu non cambieresti idea neanche per idea. -.
Silenzio.
Un sospiro.
Finalmente Meiko liberò le dita dalla morsa in cui le aveva strette, salvo schiaffarsele in faccia: - Perché ti faccio ancora queste osservazioni…? -
- …? - non aveva davvero capito. Ma ci aveva fatto l'abitudine. A volte, Meiko era decisamente strana.
Caldo sulle guance. Quelle mani sul suo viso.
Lei si era avvicinata.
Ma non si mosse.
Aveva inclinato appena la testa, gli occhi chiusi. Li riaprì, lentamente.
Gli sembrava che la sua pelle fosse più rossa di prima.
Poi lei alzò il viso e le labbra andarono a posarsi sulla fronte.
Un istante, un lungo istante, forse non era neanche un istante.
Quando gli occhi di Meiko furono di nuovo davanti ai suoi, non potè che sussurrare, divertito: - Cos'era, questo? -
Sì, era decisamente più rossa di prima: - Un… - le mani scivolarono via: - Un… - si scostò: - Uuuuuuun… - distolse lo sguardo: - Beh, era ovviamente un… - si voltò di nuovo verso di lui, un'espressione di trionfo: - Un augurio! -
- Un augurio? - sbattè le palpebre.
- Un augurio! - mise i pugni ai fianchi: - Un augurio che tutti i tuoi sogni si realizzino! -.
Lui la guardò.
Lei lo guardò.
Lui la guardò.
Lei lo guardò.
- Grazie. - sorrise, ancora una volta.
A volte, Meiko era decisamente strana e non la capiva. Ma andava bene così.
Anche in quel momento, che gli sembrava tanto che lei stesse fumando dalle orecchie.


- Kaito… -
- Sì? -
Il suo sguardo si era fatto amareggiato. Sapeva benissimo cosa stava per chiedergli: - Se Meiko è sempre stata così… - una mano a terra, si sporse verso di lui: - … perché ora è così? -.
Il fruscìo delle foglie, in lontananza.
Il battito del cuore finì per coprirlo.
Serrò la mano a terra, in attesa.
Non le sembrava che Kaito non volesse parlare, quanto più che non sapesse come dirlo.
Alla fine, parve arrendersi: - … vorrei saperlo. -
Miku rimase spiazzata: - Eh? -
- Non so cosa sia successo. - Kaito abbassò lo sguardo: - Non lo so. E’ stata una cosa graduale. - tornò a guardarla.
Il cuore sussultò. Lo stomaco fu stretto in una morsa. Aveva gli occhi lucidi.
- All'inizio, pensavo si fosse un po’ montata la testa per il suo ruolo di Regina. Ma… - la voce si abbassò: - … diventava sempre più avida. Poi, chiese agli altri Paesi di esserle completamente sottomessi… -
- … ma la Duchessa di Rossovetro non accettò. -
- Non fece scoppiare una guerra civile, fu lei stessa ad andare, ma… - trasse un profondo respiro: - … aveva comunque mobilitato un esercito. E, una volta vinto il duello con la Duchessa, l'ha esiliata dal suo stesso Paese. - scosse la testa: - Meiko non avrebbe mai fatto una cosa simile. Mai. Lei sa benissimo cosa significa essere allontanati. Non avrebbe mai permesso a qualcuno di vivere una cosa simile. Non avrebbe mai costretto qualcuno a vivere una cosa simile. -
La sua voce si faceva sempre più bassa.
E il battito impazzito del suo cuore non la aiutava a sentire meglio.
Si avvicinò di più, la spalla che ormai sfiorava quella dell'altro: “… quindi, è iniziato tutto dopo la sua ascesa al trono.”.
- La cosa andò sempre più peggiorando. - un sussurro spezzato: - Meiko era potente. Troppo potente. E poteva fare ciò che voleva. Poteva avere ciò che voleva. E il Paese dello Specchio non le bastava più. -
Miku portò i pugni in grembo, una strana sensazione all'altezza del petto.
- Il Re Neru e la Regina Haku sono sempre state gentili con noi. Venivamo spesso qui. Lei e la Regina Haku erano anche diventate buone amiche. - un verso strano. Si rese conto solo dopo un attimo che doveva essere qualcosa di simile ad una risata: - E ottime compagne di bevute. Dovevo sempre andarle a recuperare insieme a Neru o Lily. -
Miku serrò le labbra. Troppe domande. Ma era sicura che, di lì a poco, avrebbe saputo tutte le risposte.
- Poi, però, Meiko è cambiata. Non parlava più ad Haku come un'amica ma come… - alzò lo sguardo, verso il cielo: - … una creatura patetica che non schiacciava solo perché era di buon umore. -
Miku lisciò di nuovo le pieghe della gonna. Doveva impegnare le mani.
- E, sempre perché era di buon umore, disse che non avrebbe conquistato il Paese delle Meraviglie. Anzi, ci avrebbe intessuto un rapporto pacifico. Se il Re e la Regina le avessero dato qualcosa in cambio. -
E, con un tuffo al cuore, Miku capì: - Lily! -
Kaito annuì. Non la guardava più, ormai: - La Principessa Lily, nel Paese dello Specchio, è sempre stata un ostaggio. E’ senza dubbio un'ottima guerriera, quindi oggettivamente utile come guardia, ma… - un sospiro: - … era talmente vicina alla Regina di Cuori che né il Re Bianco né la Regina Bianca avrebbero mai osato fare una qualsiasi cosa al Paese dello Specchio. Alla Regina di Cuori sarebbe bastato un attimo per farle del male. - chiuse gli occhi: - Allo stesso modo, la Regina avrebbe potuto usare la Principessa Bianca come pedina. Era solo questione di tempo prima che trovasse il modo di incastrarla e dichiarare guerra al Paese delle Meraviglie. -
- Incastrarla in modo molto stupido. -
- A nessuno importa. - riaprì gli occhi, piano: - Quel che conta è che la Regina era riuscita nel suo intento. -
Per la prima volta da quando aveva iniziato la parte meno positiva di quel racconto, Kaito sorrise. Ed era tornato a guardarla: - Grazie a te, il suo piano è fallito. E la Principessa è tornata alla sua casa e alla sua identità. -
Troppo caldo sulle guance: - Identità…? -
- Nel Paese dello Specchio, Lily è il “Fante di Cuori”, non la “Principessa Bianca”. E, se qualcuno gliel'avesse chiesto mentre era nel Paese dello Specchio, avrebbe dovuto negare di essere una principessa. Perché lei, lì, era solo una guardia. E non ha nessun titolo, nessun regno, nessun parente. Solo i suoi doveri. -
Era tornato ad incupirsi.
Così come il cuore di Miku era tornato a battere troppo forte: “… quando Lily negava di essere la principessa, al processo…”
Un nodo alla gola.
- … la Regina è crudele. - non potè non dirlo. Era impossibile non dirlo.
- Sì. - Kaito guardava a terra, forse neanche la stava vedendo davvero: - La Regina è davvero crudele.

- Perché stai facendo tutto questo? -


Una Regina crudele a cui non ci si può opporre.

- “Questo” cosa? - quella donna sbattè le palpebre, genuinamente stupita.
Sorrideva.


Disposta a tutto per ottenere ciò che vuole.

- Perché non mi ascolti più? -
- Perché dovrei ascoltarti? -
Quel tono così tranquillo…


Una donna che ferisce gli altri perché le va.

- Quel Karaoke è- -
- La pozione per la penitenza era questa, sì? Ah, che bello, ormai so riconoscerla a colpo d'occhio! -
Neppure lo guardava…


La Regina di Cuori

- Stai esagerando! -
Quella donna si voltò, lentamente, come a volerci impiegare più tempo possibile.
Sorrideva.
Ovviamente.
- E’ la prima volta che ti vedo così arrabbiato. -
- Non sei più tu! - le afferrò le spalle, la scosse: - Da quando sei diventata Regina, tu- -
- Ti stai prendendo un po’ troppa confidenza. - una morsa ai polsi.
Gemette, la lasciò andare.
Quella donna abbassò le mani, le giunse in grembo.
Continuava a sorridere.
- … confidenza…? - tremava.
Quella non era Meiko.
- Soltanto perché ti tengo al mio fianco e la notte mi scaldi il letto, non significa che tu possa prenderti tutta questa confidenza verbale e fisica con me. -
“…”
- Sono il Re. - la voce era troppo spezzata: - Sono tuo marito. -
Una risata leggera.
Quella non era Meiko.
Una mano sulla guancia.
- Sei il mio scaldaletto, prego. - il suo sorriso si accentuò: - E, siccome sei di bell'aspetto, ti porto in giro. Sei come un grazioso ornamento. -
Quella non era Meiko.
- O pensi davvero… - sbattè le palpebre: - … di essere qualcosa di più? - ridacchiò: - Tu mi fornisci le pozioni che mi servono. E’ questo il tuo compito primario. E rendi più carina la mia corte. E mi fai trovare il letto caldo quando torno a casa dopo una dura giornata di lavoro. -
- … sono tuo marito. -
L'altra mano sul viso: - Te lo posso giurare. - il suo sorriso era luminoso: - Non potrei desiderare una bambola sessuale migliore di te. -
“… stai scherzando.” non arrivò alle labbra.
Quella donna sbattè di nuovo le palpebre: - Perché stai piangendo? E’ perché ti sto toccando il viso? -


non è Meiko. -.
Qualcosa di bagnato su una guancia.
Il cuore sembrava essersi incrinato.
Kaito aveva gli occhi lucidi, ma non stava piangendo. Non la guardava. Forse neppure parlava davvero con lei.
Ma il modo in cui aveva detto-
- Perché? - gli afferrò le spalle e lo costrinse a voltarsi verso di lei: - Perché stai facendo tutto questo? Perché continui ad aiutarla? - anche la sua voce si stava incrinando.
Quegli occhi chiari.
- Perché… - una parvenza di sorriso: - … quella donna è Meiko. -.
Forse le foglie si erano fermate.
Forse il vento stesso si era fermato.
- … così la stai aiutando a distruggersi. - un sussurro. Si rese conto solo dopo qualche secondo di come fosse uscito dalle sue labbra.
Quel sorriso vago si fece amaro: - Io sto aiutando Meiko. Non la Regina di Cuori. -
- E come? - conficcò le dita nella stoffa.
Le mani inguantate sulle sue, leggere.
- Meiko c'è ancora. - quello sguardo velato era cambiato.

- Perché…? Perché…? -
- Meiko! -
- Perché sta succedendo tutto questo…? -
La voce rabbiosa, spezzata. Lei si era rannicchiata contro una colonna. I pugni sfregavano contro gli occhi.
Sussultò.
- … Meiko. - s'inginocchiò accanto a lei, piano: - Meiko… -
- Non m'importa più niente! - alzò lo sguardo. Il volto rosso. Gli occhi arrossati. Le guance bagnate: - Voglio solo che tutto questo abbia fine! -


Era cambiato in modo così repentino da non poter dubitare di quella convinzione.
Sicurezza. Decisione.
Non c'era nessuna intenzione di fuggire.

- Perché dico tutte quelle cose…? - un singhiozzo: - Perché ordino tutte quelle cose…? -
- Puoi sempre dare dei contrordini. - le ricordò, incoraggiante. Tremava. Non sapeva se lui o lei.
- NON CI RIESCO! - la voce alta, troppo alta per poter essere umana: - NON CI RIESCO! NON CI RIESCO! PERCHE’? -


- L'ho vista piangere per molte notti.

- NON POSSO NEPPURE CHIEDERE PERDONO! -


Chiedeva scusa, voleva rimediare a tutto ciò che aveva fatto durante la giornata, ma… - sospirò: - … non c'è mai riuscita. Il giorno dopo era come se nulla fosse successo. La notte era talmente fuori di sè che… - le labbra tornarono a curvarsi in un sorriso triste: - … non sono neppure sicuro riuscisse a sentirmi. -
- Sono sicura di sì! - “No, non ne sono sicura.” e suonava molto come una frase di circostanza. Ma la sua bocca stava facendo tutto da sola. Un accenno di risata, poco convinto.

- Kaito… - gli afferrò una mano.
- Sì? - era lei a tremare. E anche lui.
- Voglio gettare i vestiti che avevo nel Paese del Rosso. -
Il cuore sobbalzò: - Perché? -
- Dico che non si addicono ad una Regina. - gli occhi erano spalancati, innaturali: - Fermami, ti prego. Se li nascondessi io, li ritroverei. Nascondili tu. Fa’ che io non possa trovarli. Non dirmi dove li hai messi. - la voce si spense, un singhiozzo.
“… i vestiti di quando…” annuì: - Non ti preoccupare. - sorrise: - Ora torna a dormire. -
Ah. Era bello sorridere.
Se n'era quasi dimenticato.


- Succedeva ogni notte? -
Kaito scosse la testa: - No, anzi. Succedeva molto di rado. - parve pensarci: - In realtà, credo sia successo solo una decina di volte. E l'ultima è stata molto, molto, molto tempo fa. -.

- Dove hai nascosto quei miei vestiti? - la Regina di Cuori sorrise.
Il Re sorrise di rimando: - Quali, mia cara? -
- Quelli del Paese del Rosso, mio caro. - continuava a sorridere.
- Non lo so, tesoro mio. -
- Oh, sì che lo sai, tesoro mio. - la Regina si avvicinò, il tono premuroso: - Li hai nascosti tu, no? -
- Certamente, mia adorata. - il sorriso si accentuò: - Ma subito dopo ho preso una pozione per dimenticare tutto ciò che ho fatto nell'ora precedente. -.
La Regina inarcò appena le sopracciglia.
Non disse nulla.
Parlò solo dopo qualche secondo: - Davvero? -
- Davvero. -
- E se ti facessi bere un qualche intruglio per farti dire la verità? -
- Preparato da chi? - giunse le mani dietro la schiena: - Sai che so benissimo come aggirare le pozioni altrui. E sai anche che potrei bere semplice aranciata e garantirti che si tratta di un Filtro della Verità. - piegò la testa di lato: - Vogliamo provare, mia cara? -
Quegli occhi ridotti a fessure: - … no, mio caro. -.


Sentiva freddo.
Sotto la pelle, lungo le vene, in tutto il corpo.
- … tutto questo… - Miku si scostò: - … mi sembra il racconto di una persona con una doppia personalità. -
- Meiko non è mai stata schizofrenica. - Kaito posò le mani a terra e, stavolta, fu lui a sporgersi verso di lei: - E’ iniziato tutto da quando- -
- -è diventata Regina. -
Lui annuì: - Meiko ha tentato di abdicare, per più notti, ma non c'è mai riuscita. Sembrava quasi che le parole non uscissero. Oppure, tornava la Regina di Cuori. - serrò i pugni: - Ho anche provato ad allontanarla il più possibile dal Paese del Giallo, ma non è mai cambiato nulla. E, quando era se stessa, una volta vicini al confine, aveva una crisi e tornava la Regina. -
- Forse… - mormorò, indecisa: - … è una qualche maledizione di Rin? -
Kaito aggrottò la fronte.
- Voglio dire… - abbassò lo sguardo, un po’ a disagio: - … Rin era un po’… uhm… svitata, credo. -
- Ma non è mai stata troppo pratica di magia. - un sospiro, Miku rialzò lo sguardo: - Figurarsi riuscire a lanciare una maledizione del genere su Meiko. -
Annuì, dubbiosa: - … però… - si portò una mano alle labbra: - … sono sicura che ci sia un qualche collegamento. - incontrò quegli occhi azzurri: - Forse potrebbe aiutarci a riportare indietro Meiko? -
- Aiutarci? -
Gonfiò le guance. Non poteva davvero farne a meno. Si sentiva piuttosto offesa: - Ovvio. - strinse la mano in un pugno: - Non puoi raccontarmi tutto questo e pretendere che io faccia finta di nulla! Inoltre… - trasse un profondo respiro: - … aiutare Meiko significherà anche aiutare Rin, e Lily, e Gumi, e tutte le persone che ha vessato in questi- - anni? Secoli? Giorni? - -tempi! -.
Kaito sbattè le palpebre.
Non disse nulla.
Rimase solo a fissarla, gli occhi sgranati.
“…?” Dopo qualche minuto, la cosa iniziava a farsi un po’ inquietante.
- Sai… - esordì, giusto per spezzare quel silenzio: - … ho letto spesso che, quando una persona non è in sè, si può provare a “richiamarla” attraverso un oggetto caro. - manga e anime ne erano pieni, di situazioni simili.
- Non credo questo possa funzionare. -
“Ottimo, ha riacquistato l'uso della parola.” - Perché? -
L'altro tornò a sedersi normalmente, l'espressione più calma: - La spada. -
- La spada? -
- La spada. -
“… devo essere un po’ più diretta.” - Cosa c'entra la spada? -
- E’ mia. -
Fu la volta di Miku di rimanere perplessa: - La… spada che la Regina aveva al processo…? -
- E’ la mia. - un sorriso leggero: - E’ quella che avevo quando sono partito dal mio Paese, e di quando ho l'ho incontrata. Alla fine, gliel'ho regalata. - ridacchiò: - Con lei sta molto meglio che con me. -
“… ed è ancora intera dopo quasi trent'anni…?” quel pensiero scivolò nella sua mente, veloce, e se ne dimenticò subito; quelle parole erano così… Dovette portarsi una mano al petto, giusto per assicurarsi che il cuore non si fosse sciolto in una melma di melassa. Pareva di no.
- Quiiiiindi… - comprese: - … in realtà, la Regina ha sempre con sè qualcosa a cui Meiko tiene! -
- Ormai è la sua spada. - il Re tornò a guardare il cielo: - E le può tornare sempre utile. Forse neppure la ricollega più a me. Forse neppure si ricorda che sono stato io a regalargliela. -
- Questo non credo. - protestò Miku: - Al massimo, non fa più caso a quel ricordo! -
Una risata poco convinta: - Sei molto decisa, riguardo queste cose. -
- So che… - esitò. Serrò le labbra, sospirò: - … non voglio che sia così. -
Le parve che l'altro avesse sorriso.
Era piuttosto buio. Ci si erano messe anche le nuvole.
- Non c'è qualcos'altro? - chiese, dopo qualche secondo: - Qualcos'altro a cui Meiko potrebbe essere legata? Che potrebbe ricordarle di te? -
Silenzio.
Forse ci stava pensando.
- Una volta… - mormorò lui: - … mi chiese di nascondere i vestiti che aveva nel Paese del Rosso, quando ci siamo incontrati. Pare che la Regina di Cuori volesse buttarli. -
- Lo chiese a te? - portò le ginocchia al petto.
- Se l'avesse fatto lei, la Regina di Cuori avrebbe saputo dove li aveva nascosti. -
Annuì, inquieta: - … quindi, Meiko stava cercando di nascondere qualcosa a se stessa? -
Silenzio.
- … puoi vederla così. -.
Circondò le gambe con le braccia, il mento sulle ginocchia. Espirò, più di quanto aveva pensato. Piegò la testa, posò la guancia sulla stoffa della gonna.
Sentiva la mente del tutto vuota.
“Meiko…” chiuse gli occhi: “… anche lei sta cercando di fermare la Regina.”. Una punta di tristezza: “… Meiko non è cattiva.”. Un pensiero fugace. Rabbrividì: “… è quasi come se fosse prigioniera di se stessa…”.
Rialzò la testa: “… prigioniera…?”.
Si voltò verso Kaito: - C'è un'altra cosa. -
- Cosa? -
Drizzò la schiena, incontrò i suoi occhi: - Rin è ancora prigioniera del loop temporale. -
Il Brucaliffo annuì.
- Liberala, per favore. -
Il Brucaliffo piegò appena la testa di lato.
“…?”
- Prego? -
“… eh?” - Ehm… - la voce era infinitamente meno decisa di un secondo prima: - … so che il loop può essere sciolto da chi l'ha creato. Basta solo volerlo! - alzò un indice, come a sottolineare il suo sapere: - Quindi, potresti- -
- Ma non sono stato io a creare il loop. -
Silenzio.
- … cosa? - se si fosse alzata e avesse iniziato a vorticare fino a vedere il mondo oscillare, si sarebbe sentita allo stesso modo.
L'ombra di un sorriso. Riusciva a vederla anche con quella pochissima luce lunare: - E’ stata Meiko a creare il loop. -
- … cosa? - dovette posare entrambe le mani a terra.
- La sua idea iniziale era scioglierlo dopo un anno. - un sospiro: - Ma poi… -
- … cosa? - staccò le mani dal terreno. Le era venuto il dubbio che le avesse risucchiato tutte le energie in un colpo.
Kaito inarcò un sopracciglio: - Sei stupita. -
- No! Cioè, sì! - si guardò intorno, a caso: - Tu… tu non sei il miglior pozionista del Paese dello Specchio? Non dovresti avere un enorme talento magico che- -
- Meiko è una creatura magica. -
Miku sbattè le palpebre. Era rimasta con la bocca aperta. E quella non dava segno di volersi chiudere.
- Io ho molto potere magico… - annuì Kaito, pacato: - … ma né io né qualcun altro al mio livello, se mai esiste, potremmo mai anche solo sperare di competere con qualcuno che è fatto di magia. -.
La bocca si chiuse, finalmente.
“… quindi, è come se fosse il Loop Supremo.”.
Si lasciò cadere sull'erba. Tanto il terreno non avrebbe più potuto risucchiarle alcunché.
“… direi che l'unico modo per liberare Rin è far tornare Meiko.” si spalmò le mani sugli occhi: “… possibile non ci sia proprio niente?” abbassò le palpebre: “Una cosa che possa ricordarle di Kaito? O che possa ricordarle di essere… beh, lei?”.
Un brivido: “No. Per prima cosa, devi stare calma.” inspirò: “Qualcosa… qualcosa che possa aiutarla a ricordare…” espirò: “… qualcosa di importante…” inspirò: “… qualcosa che le ricordi chi è…” espirò: “… e che le ricordi di…”

Me l'ha dato Len, prima di entrare!


Spalancò gli occhi.

Ne ha uno simile anche lui, sai?


Scattò a sedere.

Mi ha detto di tenerlo sempre sempre sempre, di non perderlo mai mai mai, perché così mi sarei sempre ricordata di lui e mi sarei ricordata di uscire!


- Kaito. - il cuore tuonava nei timpani.
- Sì? - forse era una sua impressione, senz'altro era così ma, forse, quella voce aveva una minuscola nota speranzosa.
- C'è qualcosa che avete entrambi? -
L'altro ci pensò: - Due cose simili o in comproprietà? -
Era vicina alla soluzione, lo sentiva: - Due cose simil- - abbassò lo sguardo. Le sue mani.
Guardò i guanti dorati di Kaito.
- Puoi toglierli? -
- Certo. -
Silenzio.
- Vuoi che lo faccia? -
- Sì, per favore. -
Il Brucaliffo si sfilò i guanti, Miku si avvicinò. Alzò una mano, gli sfiorò le nocche della sinistra, risalì lungo le dita.
Niente.
Si sentì come se avesse ingoiato un grosso sasso. E non uno scoglio.
- … credevo… - ritrasse la mano, una sensazione sgradevole annuvolata nel petto: - … che ci fosse una fede. -
- Una fede? -
Miku annuì: - Hai detto che lei è tua moglie. Quindi, siete sposati. Per questo credevo- -
- Dici questa? -
Rialzò lo sguardo.
Il sasso si autodistrusse, la sensazione evaporò.
Una collanina con un anellino come ciondolo, al collo dell'altro.
Doveva averla sempre tenuta nascosta sotto i vestiti.
- E’ l'anello di quando vi siete sposati? - giusto per stare certa.
- … sì. - esitava.
- Allora… - strinse i pugni, trionfante: - Ce l'ha anche lei! - guardò l'altro negli occhi, incontrò uno sguardo confuso: - La spada può essere sua, tua o di chiunque altro, ma la fede gemella alla sua è solo e soltanto la tua! - sorrise, felice: - Se usassimo le fedi, allora- -
- Meiko non ha più la sua. -
Silenzio.
- … cosa? -
- Non gliel'ho mai vista indosso, da quando è diventata Regina. - un sussurro quasi impercettibile: - Non ho più visto la sua fede da quando è diventata Regina. -.
“…” inspirò: “…” espirò: “…” serrò le labbra: “… no.” portò i pugni a terra: - … sono sicura che ce l'abbia ancora. -
- Non al dito. - abbassò lo sguardo: - Non al collo. -
- Sono sicura ci siano altri posti dove mettere un anel- -
Anello.
Anelli.
- … gli anellini. -
Kaito tornò a guardarla, aggrottò la fronte.
- … quando sono caduti, era sconvolta. -
Il Re sgranò gli occhi.
- … Meiko ti ha chiesto di nascondere gli abiti del suo primo incontro con te, ma- - il cuore era sul punto di esplodere: - -non si è voluta separare dalla fede e- -
- -ha ingannato se stessa. -
- Neppure lei avrebbe mai saputo dire quale fosse la fede vera! -
- E alla Regina di Cuori piacciono le cose scenografiche. -
- Il rumore che fa quando corre, grazie a quegli anellini- -
- -è solo suo. -
- Quindi, la Regina di Cuori non butterebbe mai una cosa che rende unica lei. -
- E, quando le sono caduti- -
- -era disperata perché, in mezzo, c'era anche la vostra fede! -.
Silenzio.
Qualcosa all'altezza del petto. Si sentì scossa.
E lasciò andare la risata: - Meiko era lì! Al processo! Proprio una manciata di ore fa! -
- Forse non era proprio lei… - la voce soffocata: - … ma non era neppure la Regina di Cuori! -
Gli afferrò le mani: - Possiamo farcela! Puoi farcela! -
- E come? - sembrava stordito: - Rubandole tutti gli anellini? -
- Non conosco Meiko come la conosci tu, ma ho il legittimo timore che finirebbe per decapitare chiunque provi a toccarli senza il suo permesso. -
- Nah. Quello lo farebbe la Regina di Cuori. Meiko preferisce i pugni, in certi situazioni. -
Miku ridacchiò.
“Allora… c'è ancora una possibilità.”.
- Ad essere sincero… - esordì Kaito: - … non credo potremo usare gli anelli. -
- Ma- -
- Tuttavia, il fatto che lei se ne preoccupi, che li abbia, è la prova concreta che Meiko ci sia ancora. - un sorriso: - E io non ho intenzione di lasciarla alla Regina di Cuori. -.
Era deciso, come prima.
Meiko era ancora lì.
E, stavolta, sapeva anche di poterla riportare indietro.
- Ti aiuterò! - Miku serrò i pugni: - Non so in che modo ma, appena lo troverò, ti aiuterò! -
Fu la volta dell'altro di ridere. Una risata leggera, sincera: - Non ti preoccupare. - sorrise: - Grazie per stanotte. -
Si sentiva piuttosto fiera di sè, in effetti.
Si stupiva da sola.
- In ogni caso… -
Tornò a guardarlo. Neppure si era resa conto di aver distolto lo sguardo. E neppure di avere le guance così calde.
Il sorriso dell'altro si accentuò: - … sono sicuro che mi sarai molto d'aiuto. -
Miku annuì, il cuore leggerissimo: - Farò del mio meglio! -.

Si alzò, si stiracchiò.
Aveva voglia di muoversi.
“… magari cerco Lapis e Merli.” sospirò: “Magari sono qui intorno e non si avvicinano per paura di Kaito…”.
Anche lui si era alzato ma, se aveva la sua stessa voglia di muoversi, non lo dimostrava granché.
Portò le mani dietro la schiena: - Dove andrai, ora? -
- A casa. - si passò le dita tra i capelli, fermandosi alla nuca: - Tu? -
- Devo ritrovare Lapis e Merli. -
- Riesci a vedere, con questo buio? -
- Non è così buio. - “Giusto un pochino di più di quando sono andata da Rin e Len.”: - E, comunque, loro brillano! - sorrise.
Kaito annuì: - D'accordo. Allora è ora di salutarci. -
- Sì! - un pensiero improvviso: - Ah, prima, un'ultima cosa! -
- Sì? -
- Hai risposto a molte delle mie domande e ti ringrazio molto, per questo… -
- Lieto di esserti stato d'aiuto. -
Le sfuggì una risata leggera: - C'è un'altra cosa, però. -
- Dimmi pure. -
- Cos'è, esattamente, quel ticchettio? -
- Quale ticchettio? -
Miku sbattè le palpebre: “… ah, forse è un po’ vago.” - Quel ticchettio che si sente ogni tanto. - portò una mano all'orecchio: - Anche prima. Poco dopo la fine del tuo racconto. - gli ricordò.
Silenzio.
- Non ho sentito niente. -
- Oh. - la mano scivolò al collo: - … e hai una vaga idea di cosa potrebbe essere…? -
- No. - piegò appena la testa di lato: - Non ho neppure idea di cosa tu stia parlando. -
- Oh. - distolse lo sguardo: - E’ che… spesso, mi capita di sentire un ticchettio. - si indicò l'orecchio: - Come se avessi una sveglia qui vicino. -
Kaito continuò a guardarla.
- Dura un istante e si sente a caso. - proseguì Miku: - Credevo… fosse una cosa normale, qui. - ci pensò bene: - L'ho sentito sia qui che nel Paese dello Specchio… - ci pensò meglio: - … che a casa mia. -.
Il Brucaliffo si raddrizzò e scosse la testa: - Non so cosa dirti. Non ho mai sentito di gente che sente ticchettii a caso senza che ci siano orologi nelle vicinanze. -
- Ci sono orologi, nelle vicinanze? -
- A casa tua, non saprei. Dove l'hai sentito altrove, neppure. Ma so che, qui, non ci sono orologi, nelle vicinanze. -
- Capisco… - riportò la mano lungo il fianco. Si sentiva un po’ spaesata. Non sapeva perché, ma era sicurissima che Kaito conoscesse le risposte a tutto: - E non c'è… non so, un orologio vagante? -
- Parli di Len? -
Come un pugno allo stomaco: - … qualcosa che non sia Len? -
- No. -
- … d'accordo, allora. - trasse un profondo respiro, si sentì vagamente più rilassata: - Non fa niente. - sorrise: - Vuol dire che lo scoprirò da sola! -
- Mi sembra un'ottima soluzione! - l'altro sorrise di rimando.
“Non è Len.” sventolò la mano, mentre salutava il Brucaliffo: “Ho sentito quel ticchettio anche quando lui non c'era.” rabbrividì: “… e mi rifiuto di credere che, in questo preciso istante, sia appostato da queste parti.” sentiva il sorriso farsi meno convinto: “Al buio.”.
- ‘Twas brillig, and the slithy toves… -
Si bloccò.
Si voltò.
Kaito stava scendendo dalla collinetta nella direzione opposta alla sua, ma riusciva ancora a sentire la sua voce.
- Did gyre and gimble in the wabe… -
Si concentrò sulle parole.
- All mimsy were the borogoves… -
Parole familiari, in qualche modo.
- And the mome raths outgrabe. -
“Aspetta!” fece qualche passo nella sua direzione, esitante.
- Beware the Jabberwock, my son! -
“Ah!”
Di colpo, ricordò.
- The jaws that bite, the claws that catch! -
“Ecco dove avevo già sentito il nome del Jabberwock!”
- Beware the Jubjub bird, and shun -
- Aspetta! - corse verso di lui.
- The frumious Bandersnatch! -
- Aspetta! -
Allora, lui si fermò: - Hai scordato qualcosa? -
- Cosa- - lo raggiunse, riprese fiato: - Cosa stavi canticchiando? -
Kaito inarcò le sopracciglia: - Un poemetto. -
- L'ho letto! - inspirò a fondo: - In un quadernetto! -
Era buio, ma riuscì a distinguere benissimo un'espressione sorpresa sul volto dell'altro: - Con la copertina rossa? -
- Sì! -
- Oh! E’ il mio! - gli occhi gli brillarono: - L'ho perso qualche tempo fa! Dove l'hai visto? -
- All'ingresso del Paese dello Specchio, vicino a- - trattenne un gemito di disapprovazione al ricordo: - -al giardino dei fiori. -
- Allora è stato lì… -
Dopo qualche secondo, Kaito la abbracciò- la stritolò in un abbraccio particolarmente sentito: - Grazie! -
- D-di nul- lasciam- soff- -.

Lapis e Merli non erano in vista.
Kaito era andato a casa sua.
Ora era ufficialmente da sola nel bosco buio.
Non che si fosse rivelato troppo pericoloso, per lei.
Era persino sopravvissuta alle spire del bruco constrictor.
Si guardò intorno, giusto per.
Nessun coniglio in vista, per fortuna.
Nessun gatto in vista, per sfortuna.
“Luka sa di certo cos'è quel ticchettio.” camminò senza una meta precisa: “Ma io so di certo che non me lo dirà mai.” sospirò: “Allora. Per scoprirlo da sola, devi fare attenzione ai momenti in cui lo senti. Forse non si sente a caso. Forse si sente in determinate situazioni.”.
Avrebbe volentieri ripensato a tutte le volte in cui l'aveva udito, ma ne ricordava solo una manciata - e, di alcuni, non era neppure sicura.
L'aveva sempre considerato come un suono di sottofondo, come il rumore del vento o del traffico; solo poco prima si era resa conto di come non si supponesse che lei sentisse ticchettii senza che fosse vicina ad un orologio.
"Alla fine del racconto di Kaito..." era la più recente: "E poi... anche quando ho incontrato Len e Rin, di notte...?" sì, di quelli ne era certa: "Però... non l'ho sentito solo di notte. L'ho sentito anche dopo il Karaoke..." e poi... "... e a casa mia.".
Era soprattutto quello a non tornarle.
Non sentiva quel ticchettio perché era nel Paese dello Specchio - o nel Paese delle Meraviglie: "... non dipende dal luogo in cui mi trovo.". C'era anche un'altra cosa, più inquietante: "E sembra lo senta solo io." rabbrividì: "Non sono pazza.".
Per quanto Luka dicesse il contrario.
"Un ticchettio che sento soltanto io, che non ha nulla a che vedere con i posti in cui mi trovo..." ci pensò meglio: "... e neanche con le persone con cui parlo." l'aveva sentito in presenza di Len, di Rin, di Kaito, anche da sola: "... sono piuttosto sicura che i miei pensieri non facciano tic tac.".
Si sforzò di ripensare anche a ciò che aveva provato in quei momenti: forse il ticchettio dipendeva dal suo umore?
Scosse la testa: "Non mi pare. Sembra tutto così casuale..." sbattè le palpebre: "... forse lo è." non se ne sarebbe affatto stupita.
- Oh! E' viva! -
- Non l'ha uccisa! -
- E' sana e salva! -
- E non l'ha torturata! -
Trattenne un sorriso e alzò lo sguardo: "Allora stanno bene sul serio. Mi hanno anche risparmiato l'andare a cercarle!".
Una lucina azzurra e una lucina viola si avvicinarono, finché Lapis e Merli non furono perfettamente nel suo campo visivo, i volti preoccupati - almeno Lapis, Merli sembrava sorpresa.
- E' tutto a posto! - le rassicurò: - Kaito non è una persona cattiva. Non mi- -
- Non è cattivo? - Merli si ritrasse, gli occhi spalancati.
- Miku! - Lapis si avvicinò, le manine giunte: - E' il Re del Paese dello Specchio! -
- Lo so. - per quanto l'idea le sembrasse assurda: - Lo conosco. - sorrise: - Non è cattivo. -.
La voce le era uscita strana. Intenerita, forse.
Probabilmente, il racconto di Kaito le aveva davvero lasciato un po' di melassa da qualche parte.
Le due fatine si scambiarono un'occhiata dubbiosa.
Si portò una mano al petto: - Fidatevi di me! -. Sapeva benissimo che sarebbe stato difficile - se non impossibile - convincerle, non se erano sempre state dell'idea che Kaito fosse come la Regina di Cuori, ma voleva che, almeno, non lo vedessero più come una cosa troppo terribile.
- Perché dovremmo? - Merli inarcò un sopracciglio.
"Ottima domanda." - Voi vi fidate di Ia? - le parole erano uscite prima che potesse anche solo pensarci: "... cosa diamine c'entra.".
Le due annuirono, titubante una, sospettosa l'altra.
- Ecco... - sarebbe stato molto carino dire qualcosa del tipo "Ia si fida di me quindi, se vi fidate di Ia, allora anche voi potete fidarvi di me!" ma Ia non aveva alcun motivo di fidarsi di lei - non per cattiveria, ma perché erano state insieme per a malapena un'ora. Quindi, non potè far altro che dire: - ... io ho molta stima di Ia! - quello era vero. Ammirava moltissimo la sua memoria: - E, se voi vi fidate di lei, significa che anche voi provate molta stima nei suoi confronti, no? -
- Beh, sì... - pigolò Lapis, visibilmente confusa.
Neppure Miku aveva idea di cosa stesse dicendo, ma non si fermò: - Quindi, dato che tutte e tre proviamo molta stima nei confronti della stessa testuggine, siamo accomunate dal provare lo stesso sentimento nello stesso momento! -
Lapis sbattè le palpebre. Merli alzò anche l'altro sopracciglio: - ... e quindi? -
- Quindi, dato che siamo legate da una cosa così profonda quale il provare lo stesso sentimento nello stesso momento, voi potete fidarvi di me! - "Questa cosa non ha il minimo senso.".
Le due sorelle si guardarono di nuovo.
Poi tornarono a guardare lei.
E le loro espressioni si fecero rilassate.
- Beh, direi che ha ragione. - cinguettò Lapis.
"Cosa."
- Per dirla al contrario, direi che non ha torto. - sospirò Merli, ravviandosi i capelli.
"Cosa."
- Quindi... - la fatina azzurra si morse un labbro: - ... sei sicura sicura sicura che il Re del Paese dello Specchio non sia cattivo? -
- Ne sono certa. - la guardò negli occhi, ringraziò che la voce fosse suonata tanto decisa.
Lo stupore e la perplessità circa la riuscita delle sue frasi a caso passò in secondo piano.
- Non pensare che ora andremo a portargli corone di fiori e a offrirgli nettare e ambrosia. - disse subito Merli, un dito puntato contro di lei: - Rimane diversamente benvenuto, qui! -
- Certo! - non potè non ridacchiare.
Almeno un pochino, le sembrava di aver fatto qualcosa di utile.
Seppur in modo bizzarro.
- Ma, Merli... - intervenne Lapis: - ... lui, qui, ha cas- -
- Taci. -
- Ma- -
- Zitta. -
- Prima che Kaito ci interrompesse... - forse era il caso di fermarle prima che si mettessero a litigare - o meglio, prima che Merli facesse piangere Lapis: - ... non stavamo uscendo di qui? -
- Oh? - entrambe tornarono a guardarla.
Parvero ricordare e annuirono in perfetto sincrono.
- Allora and- -
- Approfittiamone, prima! -
Stavolta la sincronia perfetta fu tra Miku e Lapis: si voltarono a guardare Merli, con la stessa espressione confusa.
- Dici che il Re non è cattivo. - qualcosa di fin troppo somigliante ad un ghigno: - Se n'è appena andato. Quindi, deve essere ancora nelle vicinanze. - ricambiò lo sguardo della sorella: - Andiamo a vederlo da vicino! -
- Cosa? -
- Oh! - Lapis si portò le manine inguantate alla bocca, gli occhi sgranati: - Vedere il Re da vicino... -
- Andiamo! Andiamo! - Merli le volò accanto, le ali quasi invisibili, tanto le muoveva veloci.
- Non dovevamo usc- -
- Soltanto per pochino! - gli occhi di Lapis brillavano: - Un'occhiata e basta! -
- Ragazze, non- -
- E' andato da quella parte! -
- Seguici, Miku! -
- Aspet- - ma erano già partite.
Miku rimase con il braccio teso, la bocca spalancata.
Richiuse la bocca e lasciò ricadere il braccio.
Non era esattamente una cosa che aveva previsto.

- Non avevate detto- - ansimò: - -che non era il benvenuto? -
- Non lo è, infatti! - ribadì Merli, tranquillissima: - Ma cosa c'entra con l'andarlo a vedere da vicino? -
- Che, di solito- - inspirò: - -quando qualcuno è- - espirò: - -diversamente benvenuto- - inspirò: - -non lo si vuole neppure- - espirò: - -vedere in generale? - dovette fermarsi un secondo per riprendere fiato.
- Che esagerazione! - esclamò Lapis.
- Lui non deve venire a dar fastidio a noi, ma nulla ci vieta di andarlo a vedere da vicino! - Merli scosse la testa: - Umani. Tutto si deve spiegare. -
Miku decise di non rispondere. Si limitò a dire: - Un'occhiata veloce. -
- Veloce, sì! - trillarono entrambe.
Non sapeva esattamente quale fosse il loro concetto di "occhiata veloce", ma sperava davvero che si avvicinasse al suo.
"Povero Kaito. Stasera non lo si lascia in pace." ed era anche stata una giornata piuttosto pesante: "Vorrei lasciarlo riposare un po'-"
- Ah! -
- Cosa c'è? - si fermò, alzò lo sguardo verso le fatine.
Poco ci mancò che il battito impazzito del cuore coprisse i loro sussurri: - Lì... -
- Lì...? - si avvicinò alle due.
Le loro luci si erano attenuate, tutte e tre erano davanti ad un cespuglio più alto di lei; sbirciando oltre, riuscì a vedere il punto indicato dalle due fatine - nel mentre appollaiatesi sulla sua testa, tra le codine.
Kaito era seduto, la schiena contro il tronco di un albero, e sembrava stare dormendo.
"... è crollato prima di arrivare a casa...?" allora era davvero stata una giornata pesante.
- D'accordo, l'occhiata veloce l'avete data. - sussurrò: - Ora possiamo- -
- E' lui! -
- E' il Re del Paese dello Specchio! - mormorii semi-impercettibili, ma abbastanza chiari da far capire che l'occhiata veloce non era neanche iniziata.
- Ha un bell'aspetto! - riconobbe Lapis.
- Soprattutto per essere un bruco. - annuì Merli.
Miku dovette arrendersi: - Più che altro... - guardò meglio: - ... non gli verrà il raffreddore, a dormire lì? - scacciò dalla mente l'idea che, prima di crollare, avesse cercato di arrampicarsi sul tronco per andare a dormire sopra una foglia.
Era un'immagine assurda, adorabile, inquietante e realistica al tempo stesso.
- Sta dormendo... - mormorò Merli. Forse neppure l'aveva sentita.
- Sta sognando... - le fece eco Lapis. Sembravano onestamente incuriosite.
- Secondo te... - la fatina azzurra le si rivolse, sporgendosi dalla frangetta: - ... cosa sogna? -
Miku sbattè le palpebre: - ... beh... - ci pensò: "... Meiko, direi." una stretta al cuore: - ... non saprei. - mentì.
- Forse sta sognando te. -
Le parole di Merli la fecero trasalire: - Prego? -
- Sembravate andare d'accordo. - ridacchiò la fatina viola.
Miku sentì un po' di caldo sulle guance.
- Se stesse sognando te... - sussurrò Lapis: - ... è come se tu stessi vivendo nel suo sogno! -
- E se tu vivessi nel suo sogno... - anche Merli si sporse: - ... cosa succederebbe, al suo risveglio? -
- ... eh? - sgranò gli occhi: - Beh, suppongo che la me del suo sogno sparirebbe. - si sentiva un po' confusa: - Magari riapparirebbe al sogno successivo. - "O mai più.".
Lapis sorrise: - E se... -
- ... fossi tu la Miku del suo sogno? - Merli ghignò.
Un brivido: - ... cosa? - le punte delle dita fredde.
- Se lui stesse sognando la tua vita... - mormorò Lapis, l'espressione immutata: - ... la tua vita sparirebbe, al suo risveglio? -
Vuoto.
Si sentì improvvisamente svuotata.
Di emozioni, di sensazioni, di tutto: - ... è un discorso inquietante. -
- Oh, ma potrebbe succedere. - Merli ridacchiò, e non le piacque affatto: - Se lui si svegliasse adesso... - gli scoccò un'occhiata: - ... questo momento potrebbe svanire ora. -
Tremò: - Non può succedere. Io non vivo nel suo sogno. -
- Cosa ne sai? - Lapis portò il viso tra le manine: - Tu potresti benissimo essere nel suo sogno, invece. Come tutte le tue emozioni. Anche quelle sarebbero parte del suo sogno! -
Era assurdo.
Era un discorso assurdo, e inquietante.
Non poteva essere vero.
Non potevano farle paura una manciata di parole simili.
Non potevano.
No.
- E voi, allora? - gli occhi bruciavano: - Se io sono parte del suo sogno, voi cosa- -
- Anche noi saremmo parte del suo sogno. - annuì Lapis.
- E svaniremmo al suo risveglio. - sospirò Merli: - Quindi, ci godiamo il tempo che abbiamo! -
"No..."
- Chissà cosa succederà, allora. - mormorò la fatina azzurra: - Chissà se quel giorno svaniremo. - giunse le mani, come pensierosa: - Chissà se svaniranno anche i nostri desideri. -
- E le nostre emozioni. - aggiunse la fata viola.
"No..."
- ... non ci credete davvero. - non aveva paura.
Non l'aveva.
Era...
Chiuse gli occhi.
La ragazza in verde.
"Ho sognato la sua vita." rabbrividì: "... ma lei c'era. Lei era una persona vera, viva, con delle emozioni, dei sentimenti!" serrò le palpebre: "Forse anche lei ha sognato la mia vita. Ma, quando tutto è finito, io non sono scomparsa!".
Ricordava.
Ricordava tutto.
Ricordava la sua vita quotidiana, ricordava la sera del ballo, ricordava il giorno della sua morte.
Ricordava la sala da ballo. Ricordava colui che l'aveva invitata - Kaito -, ricordava le danze.
Ricordava tutto.
Ricordava i suoi sogni, ricordava la vita della ragazza in verde.
- Sala da ballo? -
Doveva averlo mormorato, dato quel che sussurrarono le fatine.
- Se lui ti sognasse in una sala da ballo... - sussurrò Lapis.
- ... e solo in una sala da ballo... -
- ... non potresti più scappare. -
Miku riaprì gli occhi.
- Il sogno creerebbe il mondo. - mormorò Merli.
- Se non lo sogna, non potrebbe esistere. -
- Se lo sogna, allora esiste. -
Rabbrividì, incrociò le braccia al petto. Sentiva umido sulle guance e non capiva perché.
Quei sogni...
... sogni in cui tutto ciò che desiderava si realizzava.
Perché erano sogni.
I sogni creano tutto ciò che si vuole.
- Se ti sognasse solo in una sala da ballo... -
- ... la sala da ballo sarebbe sempre pronta per te. -
"La ragazza in verde aveva forse il potere di creare le cose...?" forse le cose non apparivano secondo i suoi voleri, forse apparivano secondo la volontà della ragazza in verde.
Forse erano tanto simili da essersi ritrovate a condividere persino i pensieri.
- Se ti sognasse solo in una sala da ballo alla sera di un ballo... -
- ... per te, la notte non avrebbe mai fine. -
La ragazza in verde era esistita.
La ragazza in verde era esistita nel suo sogno.
Lei poteva ottenere ciò che voleva perché era nel suo sogno.
Ma la ragazza in verde non era lei.
E la ragazza in verde non aveva smesso di esistere perché lei si era svegliata.
- E, se anche ti accorgessi della luce del giorno... -
- ... continueresti a danzare... -
- ... per l'eternità. -.
Strinse i pugni.
Inspirò a fondo.
Rialzò la testa.
Catturò gli sguardi delle fatine.
- Io esisto davvero. - disse: - Lei è esistita davvero. E anche voi, in questo momento, esistete davvero. Non siete parte del sogno di nessuno. -
Non aveva nessuna prova concreta del contrario.
Non ne aveva bisogno.
Ne era certa.
E questo le bastava.
Si rialzò, piano: - Però, sì, forse c'è una ragazza in verde imprigionata in quella sala da ballo, in quella notte. - riportò i pugni lungo i fianchi, trasse un profondo respiro: - In fondo, è questa la conseguenza di far parte di un ricordo, no? -.

Il concetto di "occhiata veloce" di Lapis e Merli coincideva col suo solo di nome e Miku riuscì a convincere le due fatine a riaccompagnarla a Produria solo dopo quella che le era parsa una mezz'ora abbondante.
- Il Re del Paese dello Specchio ha il suo fascino! - riconobbe Merli.
- Peccato sia così inquietante... - pigolò Lapis.
- Ma finché lo spiamo mentre dorme... - la sorella lasciò la frase in sospeso, eloquente.
- Dovremmo abituarci ai suoi orari! -
- E anche a quando viene qui! -
Sembravano completamente dimentiche del discorso che le avevano fatto prima.
"Come se non fosse successo nulla..." Miku scosse la testa, per scacciare i pensieri: "D'accordo, allora. Non vedo perché debba ripensarci io.".
Riportò l'attenzione alle due fatine e quasi le sfuggì un sospiro: era bastato distrarsi per mezzo secondo per permettere loro di iniziare a litigare.
- Non lo diremmo alle altre! - Merli portò le manine ai fianchi: - E' fuori discussione! -
- Ma... ma... - Lapis si portò i pugni al petto: - ... più siamo meglio è! -
- Più siamo più faremo casino! -
- Ma... ma... non possiamo tenerlo segreto! -
- Perché no? -
- E se scoprissero che abbiamo scoperto quello che Miku ci ha fatto scoprire? -
"Suppongo parlino della non-pericolosità di Kaito..." sperava davvero non stessero parlando di qualcosa di troppo assurdo ma, anche a ripensarci, non le veniva in mente altro.
- Ma si può sapere perché non mi dai mai retta? - la luce di Merli virava pericolosamente sul rosso: - Ogni-singola-volta! -
Miku dovette sbattere le palpebre, per essere sicura di star vedendo bene: anche la luce di Lapis stava sfumando nel rosso.
- Come prima, la scorciatoia per Produria! - sbuffò la maggiore: - Bella scorciatoia! -
- Hai mai pensato alla remotissima ipotesi che tu possa essere nel torto? - faceva un po' impressione sentire tanto dura quella vocina mielosa.
Merli spalancò gli occhi: - Prego? -
- Credi che l'abbia dimenticato? - un ditino inguantato si conficcò al centro del petto dell'altra: - Potrei rimangiarmi il mio perdono per quella volta! -
- Ancora con questa storia? - la luce della fata viola schiarì fino a sembrare quasi rosa scuro: - Era solo un vecchio sonaglio! -
- Il mio sonaglio! - sottolineò l'altra, la voce particolarmente acuta: - E l'avevo appena preso dalla Rivenditrice! Mi è costato tre petali di girasole! Tre! - sollevò tre dita della mano libera: - Ed era mio! Ed era bello! E tu hai rotto il mio bel sonaglio! -
"Ehm..." lo sguardo andava da una fatina all'altra, incerta sul da farsi.
Non poteva neppure salutarle e lasciarle al loro destino, dato che si erano fermate e lei non aveva la minima idea di dove si trovassero.
- Non osare parlarmi così! - la luce di Merli tornò rosso acceso.
- Sì che oso! -
- E va bene, allora! - la maggiore si scostò, gli occhi ridotti a fessure: - Direi che non possiamo far altro che risolvere la faccenda con un duello! -
"Cosa?"
- E duello sia! -
Da un lato, era curiosa di vedere un duello magico, soprattutto se tra due fate.
Dall'altro, temeva seriamente le conseguenze di un duello magico, soprattutto se tra due fate.
- Ferme, voi due! - si mise in mezzo a loro, le braccia spalancate - o meglio, le avrebbe volentieri spalancate, ma le due sorelle erano distanti circa mezzo metro l'una dall'altra, quindi le bastò mettersi tra loro e alzare le mani.
- Eh? - - Eh? -
- Per prima cosa, gradirei molto che mi riportaste a Produria. - portò le mani ai fianchi, sperò di avere uno sguardo abbastanza severo: - Basta rimandare. E' tutta la notte che giro! -
Le due fatine abbassarono gli sguardi, le lucine fattesi rosate.
Si sentì una persona orribile.
"... beh, sono state loro a venire da me. Anche se le ha mandate Ia. Però sono state loro a voler rimanere con me. E a portarmi fuori di qui. A Produria. Sì, loro." deglutì: "E poi, sto fermando il loro litigio!" e probabilmente salvando il bosco
. In ogni caso, sentì di dover aggiustare un po' la frase: - Non litigate, per favore. - la voce uscì più bassa di quanto aveva sperato.
Le due fatine rialzarono le teste. Non sembravano offese. Solo incuriosite.
Si sentì un po' meglio.
- Povera Miku, è così spaventata... - sussurrò la fatina azzurra, riavvicinandosi alla sorella.
Miku finse di non sentirla.
- Sì, dovremmo portarla fuori di qui. - concordò Merli.
- Poverina... - Lapis sospirò: - ... ha così tanta paura del bosco, e noi stavamo continuando a rimandare l'uscita... -
- Siamo davvero crudeli... -
- Rimediamo, allora! -
"In realtà non ho paura del bosco, ma se farglielo credere mi farà uscire prima...".
Anche perché stava iniziando a fare piuttosto freddo.
Un borbottio dalle parti di Merli, che suonava molto come: - Ti prenderò un altro bel sonaglio. -
Un trillo dalle parti di Lapis, che suonava molto come una risata.
Si sentì decisamente meglio.
Alzò lo sguardo al cielo. Si era fatto più chiaro.
"... chissà se riuscirò a riprendere un bioritmo decente..." si arrese e si lasciò guidare dalle due fatine.

Produria.
Quasi temeva di non rivederla per almeno un altro paio di giorni.
Continuò a sfregarsi le mani sulle braccia, lanciando occhiate al cielo che andava schiarendosi.
- Ora cosa farai? - s'incuriosì Lapis.
- Credo... - ci pensò: - ... andrò all'Albero Kurousa. - fosse mai ci trovasse una gatta con i colori abbinati.
- Buona camminata, allora! - la fatina azzurra fece un leggero inchino.
Merli si limitò a fare un cenno col capo: - Al contrario, cerca di non affaticarti! - distolse lo sguardo: - Ia si preoccuperebbe! -
- Anche la signorina Mayu! - aggiunse Lapis.
"Immagino..." le sfuggì un sorriso: - Grazie. Anche voi! -
Un pensiero fugace.
Le attraversò la mente come una stella cadente, ma lo recuperò prima che potesse sparire.
Il cuore sussultò.
- Cosa c'è? -
Miku guardò Lapis: - Siete state molto gentili con me. - alla fin fine, era vero: - E... se non vi è di troppo disturbo... ecco... - serrò le labbra, inquieta.
"Sono state mandate da Ia." guardò anche Merli: "Sono... messaggere..." le mani si fermarono, inspirò a fondo.
- Sì? - la esortò la fata viola.
- Se potete... -
- Abbiamo capito, sì. -
- Dicci, Miku. -
"Forse..."
- ... potreste... - lo sguardo era calamitato dal terreno: - ... per favore... - dall'erba: - ... portare un messaggio...? - dai suoi piedi.
Un istante di silenzio, forse si erano scambiate un'occhiata.
- Certo! - trillò Lapis: - Nessun disturbo! -
- Al contrario, non ci dispiace farci gli affar- - un colpo di tosse improvviso: - -portare messaggi. - Merli esitò: - Sì. Portare messaggi. -
- Portare messaggi. - ripetè la sorella: - Esattamente. -
Miku soffocò una risata e rialzò lo sguardo.
Serrò la presa sulle braccia, le mani ormai ferme: - Ai miei genitori. Mi stanno aspettando. -
- Oh. -
- Dite loro, per favore... - sorrise: - ... che sto bene. Che tornerò appena mi sarà possibile. E... - chiuse gli occhi. Inspirò di nuovo. Li riaprì: - ... che mi dispiace. - sentì il sorriso venire meno: - Li ho fatti preoccupare. Mi dispiace. -.
Gli occhi chiari delle due fate su di lei.
Poi, Lapis annuì: - Porteremo il tuo messaggio. - promise.
- Dicci come sono i tuoi genitori. - disse Merli.
Miku li descrisse e fornì alle due fatine il suo indirizzo di casa, specificando di come non fosse né nel Paese delle Meraviglie né nel Paese dello Specchio - in un Paese in cui non serviva alcun invito per scorrazzare ovunque si volesse.
Lapis e Merli parvero molto colpite da quel particolare.
- D'accordo, allora! -
- Direi che possiamo andare. -
Le due fate annuirono alle loro stesse parole. Poi si rivolsero a lei: - E' stato un piacere conoscerti! - un trillo da parte di Lapis, un mugugnare da parte di Merli.
Miku sventolò una mano: - Anche per me! Grazie di tutto! -
- Cia- - la fatina azzurra si bloccò.
I suoi occhi si fecero perfettamente rotondi.
"... cosa..." non voleva voltarsi.
No.
- Noi andiamo! - Merli afferrò Lapis per un braccio: - Ciao ciao! - e la strattonò via ad una velocità impossibile per un normale essere umano.
- Ciao ciao... - continuò a sventolare la mano, sempre più piano.
"Ottimo. Cos'ho alle spalle...?"
Era stata un'illusa a pensare che sarebbe potuta andarsene tranquillamente.

- Ehi, tu! -
Una voce sconosciuta, giovane - molto giovane.
Non riuscì a capire se fosse maschile o femminile.
Non sapendo cos'altro fare, si voltò.
E rimase piuttosto...
- Ma tu... - sgranò gli occhi, incredula.
- Ti ho vista parlare con quelle due fate. - il ragazzino si fece avanti, il passo deciso: - Sei loro complice? Le stai coprendo? -
- ... tu sei... -
Il ragazzino la scrutò con i suoi occhi viola, sospettoso.
Non le arrivava alle spalle neppure per favore, aveva dei grandi occhi viola e una massa di capelli bianchi arruffati, con un unico ciuffo nero.
E piume nere. Tante piume nere.
Sembrava aver indossato maglietta e pantaloni ricoperti di colla e poi essersi gettato in una piscina di piume nere.
- Flower il Corvo, della Forestale. - rispose il ragazzino, tirando fuori dalla tasca il distintivo - che altro non era che un grosso ovale dorato con sopra inciso un albero e la scritta "Forestale", il nome "Flower il Corvo" aggiunto sotto con un pennarello nero: - Ora, signorina, la pregherei di risp- -
- Tu sei uno shota! - il cuore fece un triplo salto mortale all'indietro.
Flower il Corvo fece un triplo passo all'indietro: - Scusi? -
- Sei uno shota! - ripetè Miku, e aprì le braccia: - Posso abbracciarti? -
Il ragazzino aggrottò la fronte. Poi alzò una mano e chiuse tutte le dita, ad eccezione della centrale: - Sono una femmina. -
Sentì gli occhi spalancarsi sempre di più.
E comprese.
- Allora... - sorrise: - ... sei una supertrap! -
Flower il Corvo alzò le spalle: - Se vuole vederla così... - abbassò la mano, mise via il distintivo: - Dicevo, lei- -
- Risponderò a qualsiasi domanda se mi permetti di abbracciarti! -
La supertrap la guardò.
La guardò.
Poi si voltò e tornò tra gli alberi: - Non credo troverei nessuna informazione utile. Arrivederla. -
- No! Aspettami! - Miku le corse dietro, lo sguardo incollato alle sue piume nere: - Cosa volevi sapere di Lapis e Merli? -
La non-shota si bloccò e le rivolse un'occhiata di sufficienza: - Vuole collaborare o vuole che la arresti per danni a pubblico ufficiale? -
- Ma sarebbe solo un abbraccio! - piagnucolò: "Questi shota e simili! Perché non si fanno abbracciare?" strinse un pugno: "Rin sì che è una brava loli! Si è fatta abbracciare e fine! Non fa tutte queste scene!".
- Pure la fangirl. - un sospiro esasperato: - Quanta gente c'è, stamattina? -
Miku preferì non indagare oltre.
Se non...
- Hai mica visto una bella gatta rosa? -
- No, allora, mettiamoci d'accordo. - Flower il Corvo si girò del tutto e mise le mani avanti: - Facciamo così: io rispondo ad una tua domanda, tu rispondi ad una mia. -
"Mi sembra equo..." Miku annuì.
- Inizia tu. - la invitò l'altra.
- Posso abbracciarti? -
- No. Né ora né mai. Tocca a me. - si schiarì la voce: - Che relazione hai con quelle due fate? -
- Lapis e Merli... - sbattè le palpebre, perplessa: "Ovvio che parli di loro, ma cos'hanno fatto...?". Decise di rispondere comunque: - Le ho incontrate stanotte e abbiamo chiacchierato. -
Flower il Corvo la scrutò per un minuto buono. Poi, probabilmente, capì che stava dicendo la verità: - D'aaaaccoooordo... -
Ora era curiosa, però: - Hanno fatto qualcosa di male? -
Un lampo in quegli occhi viola.
"Ho... ho detto qualcosa che non dovevo...?"
- Quello che fanno tutte le fate! - uno sbuffo, la non-shota si mise le mani nelle tasche di pantaloni: - Prendono fiori per farci delle corone, usano i loro petali come valuta, a volte si divertono a cambiare loro colore... - sospirò, un sospiro sentitamente esasperato: - Sono delle vandale come tutte le fate, né più né meno. -
- ... ah. - in effetti, le pareva avessero accennato a delle corone di fiori.
- Per non parlare di quando rubano il nettare! -
Avevano accennato anche a quello, pensandoci bene.
- La maggior parte del lavoro della Forestale è impedire alle fate di fare troppi danni. - Flower il Corvo le scoccò un'occhiataccia: - Spero voi fangirl siate più educate. -
- Certo che sì! - mise le braccia conserte, il tono sicuro.
- Spero. - ripetè l'altra, gli occhi a mezz'asta. Alzò le spalle: - Bene, fine interrogatorio. Arrivederla e- -
- Aspetta! - si fece avanti: - Io ho un'altra domanda! Fammene un'altra! -
Flower il Corvo rimase in silenzio per qualche istante, lo sguardo su di lei. Poi chiese: - E' un'altra richiesta di abbracciarmi? -
- No. - ormai si era arresa: "Anche se deve essere così morbida, con tutte quelle piume..."
- Bene. Dimmi cosa volevi chiedermi. -
Si sentiva un po' agitata. Come se smaniasse dalla voglia di saperlo e, contemporaneamente, che non volesse saperlo affatto.
Alla fine, decise di non tirarsi indietro: - Hai visto una bella gatta rosa, qui, stanotte? -
- Il Gatto del Cheshire. -
"E' famosa davvero, allora..." annuì, anche se non era stata una domanda.
Flower il Corvo aprì la bocca.
Poi la richiuse.
E rimase in silenzio una manciata di secondi.
Alla fine, scosse la testa: - No. Non l'ho vista. -.
Era talmente palese che Miku si domandò se l'altra non avesse volutamente fatto sì che lei capisse che fosse una bugia.
"... forse Luka le ha detto di non dirmelo, nel caso l'avessi chiesto...?" il cuore sobbalzò con una certa violenza.
Luka era davvero stata lì, quella notte...?
Avrebbe voluto saperne di più - quando, in quale zona del bosco, per quanto tempo - ma Flower il Corvo aveva detto di non averla vista, quindi Miku doveva fingere di crederle.
Semplicemente, annuì: - Grazie. -
- Grazie a lei per la collaborazione. - Flower il Corvo si voltò e si congedò: - Arrivederla. -.

Miku corse verso Produria, il sole che sorgeva sulla linea dell'orizzonte.
"Sto correndo con il vento tra i capelli e il sole sullo sfondo!" si sentiva potente, si sentiva invincibile, si sentiva meravigliosa e, soprattutto, si sentiva molto scenografica.
Aprì le braccia, senza fermarsi: "Nulla, nulla può rovinare questo moment-"
Qualcosa in faccia.
Dovette fermarsi e afferrarlo, prima che la soffocasse.
Abbassò lo sguardo: "Uno... scialle...?".
Era uno scialle, senza dubbio. Uno scialle bianco, di una qualche stoffa pregiata - seta...? - e tenerlo in mano dava una sensazione molto intensa, data la miriade di spilli disseminati a caso sulla sua superficie.
"Ma che-"
- Oh, no! E' di nuovo finito addosso a qualcuno! -
"E ringrazi che non mi sia finito uno spillo nell'occhio, signora..." alzò lo sguardo verso la proprietaria della voce che si faceva sempre più vicina.
E rimase a bocca aperta.
Anche l'altra donna rimase a bocca aperta: - ... signorina Michelyne...? -
- Regina Haku? -.






Note:
* "Dormo, dormo, e vedo, in sogno, il tuo profilo / Percepisco le lacrime traboccanti che corrono lungo le guance": Last Night, Good Night. [ Traduzione ]
* "Questo momento potrebbe svanire ora." / "Chissà se svaniranno anche i nostri desideri.": Semicitazioni da Immature World. [ Traduzione ]
* "Non potresti più scappare." / "La sala da ballo sarebbe sempre pronta per te." / "La notte non avrebbe mai fine." / "E, se anche ti accorgessi della luce del giorno [...] continueresti a danzare [...] per l'eternità.": Semicitazioni da Soundless World. [ Traduzione ]




In ritardo allucinante, lo so. Ma stavolta non è colpa mia. à___à
Avevo iniziato il capitolo a Gennaio, ma a Gennaio e inizio Febbraio avevo due esami - nulla di strano, ipotizzavo di postare a fine Gennaio, toh, massimo per metà Febbraio, ma proprio alla larghissima.
Invece no.
Dopo uno dei più epici raffreddori di sempre e due esami - andati male -, finalmente ero libera di poter cazzeggiare scrivere e, esattamente due giorni dopo il secondo esame, la scheda video del mio pc parte per non tornare mai più.
Con un tempismo molto poco apprezzato, anche il pc della mia coinquilina ha fatto puff - lo stesso giorno, sì. Sì, siamo state entrambe profondamente inquiete.
E siamo anche state quasi un mese e mezzo senza computer - il mio unico accesso all'Internetto era un cellulare che funziona dieci volte no e una forse.
Al momento, io sono rientrata in possesso di un pc, ma lo sto prestando anche alla mia coinquilina, quindi il mio tempo generale al computer si è dimezzato - almeno finché lei non avrà un pc tutto suo.
Quindi, sì, credo proprio che aggiornerò molto lentamente. à.à"

Anche se non è stata colpa mia, comunque, scusate davvero il ritardo. m(_ _)m

Detto ciò.
In questo capitolo, tra Kaito che rievoca cose poco belle e Miku che si mostra stranamente sagace, si sono scoperte svariate cose e si è rimuginato su altre, si è nominato tipo Chiunque e Miku cerca di fare qualcosa per quei poveretti (?) dei suoi genitori.

Chi ha letto Attraverso lo Specchio (spero) noterà la valanga di riferimenti nel pezzo del sogno e del sonaglio - che è importante (!), oltre che nella parte finale. Se così non fosse, non sarebbe una cosa bella, per me.

Lapis e Merli sembrano strane o similyandere? No, semplicemente... forse neanche hanno davvero capito l'inquietudine di Miku alle loro parole, e considerano quell'ipotesi come assolutamente realistica. Ma non sono cattive.
... e, sì, anche Lapis ha un limite alla pazienza. >__>
*Cosa sarebbe successo se Miku non le avesse fermate? Chissà.*

Come anche nel libro, il Corvo non ha/avrà nessun ruolo in particolare - in realtà, non è neppure previsto riappaia.
Perché proprio Flower?
... come Yukari e Iroha, mi dispiaceva non metterla proprio. <___< Confesso che la sua voce non mi fa troppo impazzire, ma mi piace parecchio il design del suo V4. ^^ *Quello di Miwashiba, sì.* Che è anche come appare qui. U.U
Sì, Flower è descritta come "kuudere", ma quella di Miwashiba sembra spostare la descrizione su "tsundere che si finge kuudere". *Quindi...*
Spero di essere riuscita a renderla decente. °^°

Flower conferma due cose: Miku ha poca fortuna con gli shota-wannabe da abbracciare e Luka la sta effettivamente tenendo d'occhio - anche se il Corvo non l'ha assolutamente vista.
E il tutto si chiude con Haku che insegue il suo scialle pieno di spilli. (!)

Riuscirà Miku a non infilzarsi con qualche spillo? Riuscirà ad avere una conversazione decente con Luka? A cos'è dovuto quel ticchettio randomico? Come farà a liberare Rin? Come potrà sconfiggere la Regina di Cuori? E, soprattutto, riuscirà ad abbracciare Len?

La stragrande maggioranza di queste domande troverà la sua risposta in un qualche capitolo che non è il prossimo.
(Tra l'altro, questa seconda parte dovrebbe durare solo altri due o tre capitoli - dato che ho detto così, probabilmente sarà un numero superiore a tre. Dipenderà tutto da quanto vorranno essere loquaci un paio di persone.)

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. ^^
Come sempre, se ci sono consigli o critiche, dite pure. ^^

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Capitolo 16
*** Le persone si girano e mi ignorano... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Le persone si girano e mi ignorano
Il mondo davanti ai miei occhi è cambiato
~



Perché la Regina Haku era lì?
Sì, certo, non c'era nulla di male nello scorrazzare nel proprio Paese, era una cosa bellissima che la sovrana potesse andarsene in giro presumibilmente da sola senza problemi, ma non trovava alcuna risposta al perché la Regina Haku dovesse trovarsi proprio lì, in quel momento.
Né, soprattutto, perché il suo scialle pieno di spilli si fosse spalmato sulla sua faccia.
Miku fece per parlare ma, contro ogni logica, invece di inspirare, soffocò.
Quando si rese conto di cosa fosse successo, si complimentò per la sua riscoperta abilità multiskill: aveva strizzato gli occhi, stretto la presa sullo scialle, spostatolo di lato e si era preparata all'impatto - tutto contemporaneamente! L'unica cosa che non era riuscita a fare era prendere fiato, ma l'avrebbe senza dubbio fatto di lì a un secondo; se mai ci fosse stata una seconda volta - e Miku sperava davvero non ci fosse -, sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto.
Intanto, soffocava contro il petto della Regina Bianca e cercava a tentoni le sue mani - almeno una! -, nel tentativo di liberarsi.
Fu molto stupita nel riuscire a comprendere gli strilli a due centimetri dall'orecchio, certa com'era dello sciopero istantaneo dei suoi timpani: - E' tutto merito tuo! Grazie! Grazie! E' solo grazie a te che la mia piccolina è tornata a casa! Non so davvero come ringraziarti! Grazie! Grazie! Grazie! -
La brutta sensazione che sentiva all'incirca in tutto il corpo poteva essere un indizio circa il suo essere arrivata al limite.
Non sapendo cos'altro fare, usò la mano libera per afferrare uno dei cuscini giganti che la stava asfissiando, lo spinse da qualche parte, ruotò la testa e sentì l'aria colpirle il naso.
"Ah. Finalmente."
- Oh. Scusami. -
Contrariamente alle sue aspettative, la Regina Haku non cacciò un altro urlo, ma la lasciò andare con tutta la tranquillità del mondo, per poi scostarsi da lei.
A Miku dispiacque un pochino. Sì, quei due dirigibili l'avevano quasi soffocata, ma-
- Sono sempre un disastro. - il fazzoletto di seta era apparso nelle mani della Regina nonavevaideaquando: - Succede sempre così, quando abbraccio qualcuno, soprattutto se più basso di me... -
- Quindi mostrate la vostra gratitudine soffocando il vostro benefattore? - inspirò più aria che potè: "Chissà se posso fare scorta...?" forse avrebbe dovuto studiare l'apparato respiratorio. Le pareva ci fosse qualcosa del genere, tra i compiti.
Ci pensò. Ci ripensò. Scosse la testa e scacciò quel pensiero.
- Vorrei evitarlo ma, purtroppo, mi rincresce dire che è ciò che succede spesso. - una soffiata di naso: - Neru ha anche iniziato una distribuzione di maschere e boccagli per tutti coloro che sono stati gentili con me... -
- Oh! Posso averli anch'io? -
- Tu meriti di più di una semplice maschera e di un semplice boccaglio! - due lacrime grandi almeno la metà dei suoi occhi le rigarono le guance: - Tu... tu hai salvato la nostra Principessa! Tu hai salvato la mia piccola Lily! Tu hai- -
- Recuperato il vostro scialle! - lo mise in mezzo all'istante, neanche fosse stato uno scudo - aveva visto la Regina fare mezzo passo nella sua direzione e, a pensarci bene, per quanto fosse una bella giovane molto morbida, non aveva voglia di ripetere l'esperienza di poco prima: - Dovreste stare più attenta, sapete? - sorrise, il sorriso più grande che potè: - E' così pieno di spilli... -
- Oh... Sì. Giusto. - Haku infilò il fazzoletto in una manica e prese lo scialle che le stava porgendo: - E' tutto il giorno che non fa altro che volare via. - tirò su col naso: - Non capisco perché. - un sospiro affranto, un'altra lacrima: - Ora dovrò di nuovo perderci un'ora. -
- Un'ora? - Miku inarcò un sopracciglio: "Solo per uno scialle?"
- Non riesco a- - un singhiozzo: - Non riesco a metterlo- - un altro singhiozzo: - Non- -
- Lasciate che vi aiuti! - si riavvicinò: - In due faremo prima! -
- N-non lo so... - la Regina Bianca gemette, gli occhi ormai gonfi: - Non voglio crearti disturbo... -
- Ma figuratevi, Regina! E' un piacere! - insomma, Haku era comunque una bella donna e giocare a vestirla poteva essere divertente.
E, soprattutto, non voleva che continuasse a piangere. Al di là dei gorgheggi che era capace di fare, le dispiaceva vedere qualcuno tanto triste.
Miku riprese lo scialle e osservò le spalline del vestito della Regina: la destra era un puntaspilli. Non la si poteva definire in altro modo.
- Li ho messi per farlo stare fermo... - singhiozzò Haku, forse notando il suo sguardo.
- Ma non si terrà mai se li mettete da una parte sola! - guardò meglio lo scialle: gli spilli erano assolutamente a caso.
Lo aprì del tutto: se glielo avesse buttato addosso a mo' di velo, sarebbe stato come gettarla in una Vergine di Norimberga; se lo avesse arrotolato, sarebbe stato come regalarle una collana di ricci di mare.
A cosa fossero serviti gli spilli sulla spallina, all'apparenza assolutamente intoccati, anche dallo scialle stesso, era ignoto.
- Per prima cosa, togliamo tutti questi spilli inutili. -
- Dici? -
Miku si limitò ad annuire, iniziando a rendere lo scialle più scialle e meno porcospino. Quando rialzò la testa, la mano piena di spilli, notò che la Regina era intenta a fasciarsi l'indice destro.
"...?"
Appena Haku finì di fasciarsi, il suo volto si contorse in un'espressione sconvolta, le sue labbra si schiusero e Miku si preparò al boato sonico.
- AHIA! CHE MALE! - cacciò un altro strillo, subito soffocato, finendo per abbassare lo sguardo e mugolare, l'indice stretto nell'altra mano.
"...?" - Vi siete tagliata con la garza? - osò chiedere.
- N-no. - la Regina incontrò il suo sguardo, si asciugò la quindicesima lacrima non ancora scesa: - Adesso tirerò via gli spilli dalla spallina, ma mi pungerò. -
- Oh. - Miku sbattè le palpebre: - Come potete esserne sicura? -
Haku sospirò: - Beh... - portò la mano fasciata alla spalla: - E' ovvio. - tirò via uno spillo. La vide serrare le labbra. Poi tirò su col naso: - Ecco. Mi sono punta. -
"... come ha fatto lo spillo a pungerla attraverso la garza?" - E non urlate ora? -
La Regina Bianca sgranò gli occhioni rossi: - No, ho urlato prima. - sussurrò, come se fosse ovvio.
In effetti, lo era.
- Vi preparate gli urli in anticipo? - s'informò.
- Sì. Non sempre, ma spesso. -
- Trovo sia un'ottima idea. Si risparmia molto. - "Spero davvero di non imbattermi in lei mentre sta mettendo da parte un po' di urla."
- Lo pensi anche tu? - Haku giunse i palmi e sorrise.
Sì, era bella. "Se solo passasse meno tempo a piangere..."
- Magari vi levo anche quelli. - senza aspettare la sua risposta, si mise ad estrarli, con delicatezza: - Questi dove li metto? - alzò la mano piena di spilli, lo scialle ormai liscio e innocuo buttato su una spalla.
- Metti pure qui, cara. - un sacchetto bianco apparso dal nulla. Miku obbedì.
In un paio di minuti, tutti gli spilli furono nel sacchetto e lo scialle era attorno alle spalle della sovrana.
- Ecco fatto! - Miku battè le mani: - Non ci abbiamo messo molto, vero? -
Era soddisfatta del proprio lavoro. Aveva un futuro da estraispilli & mettiscialle - si sarebbe fatta pagare e, per chi avrebbe usufruito di entrambi i servizi, avrebbe fatto un'apposita tariffa-sconto che-
- Sul... -
- Sì? - la voce della Regina la distolse dai propri grandiosi progetti.
- ... sul serio ci abbiamo messo così... - tirò su col naso: - ... così... - di nuovo: - ... così... - di nuovo.
- Così poco? - la aiutò.
Haku annuì, le labbra strette: - Io... tu... noi... - si curvarono in un sorriso, la mano andò allo scialle: - E'... è straordinario... - espirò: - Non posso crederci... - inspirò: - Così poc- -
Crack
Il bustino cedette, aprendosi per i primi tre lacci.
- Ah! - Miku si precipitò ad aiutarla, ma la mano di Haku era già andata a reggere tutto, con assoluta calma: - Oh, tranquilla. Succede minimo due volte al giorno. -
"Oh. Buono a sapersi." - Lasciate comunque che vi aiuti! - non poteva lasciare una povera fanciulla dalla settima abbondante in balìa di un bustino mezzo rotto!
Il sorriso di Haku era la pace dei sensi: - Sei già stata molto gentile. A questo sono in grado di rimediare da sola. -
"Mh." - Come volete. - tuttavia, avrebbe supervisionato - nel caso la Regina fosse stata in difficoltà.
In effetti, a vedere come si muoveva la sua mano libera, si notava che Haku avesse molta più dimestichezza nel riallacciare bustini che non nel togliersi spilli.
- Oh? -
Miku si mise sull'attenti: - Eh? - "Le serve aiuto?"
- E questo cos'è? - la mano della Regina andò alla scollatura: - Oh, ma... - le dita ne riuscirono con quella che sembrava stoffa bianca imbottita. Tanta stoffa bianca imbottita. Molta stoffa bianca imbottita. Troppa stoffa bianca imbottita.
A guardarla bene, c'erano ricamate sopra delle stelle gialle.
- Ecco dov'era finita la trapunta! - Haku era sinceramente stupita: - L'abbiamo cercata per settimane! -
- Vi capita spesso di trovarvi trapunte nel corsetto? - nonostante la coperta, aveva ancora una settima abbondante. "E' naturale." Miku ne fu felice.
- No, trapunte mai. - Haku lasciò andare la coperta a terra e si portò la mano alla guancia: - Credevo che, dopo il tavolo, non ci avrei più trovato nulla di ingombante. -
Di colpo, a Miku passò la voglia di aiutarla ad aggiustarsi il bustino: "C'è il rischio che ne venga risucchiata.
Letteralmente.". Fu allora che realizzò: "... forse tutti quegli oggetti li tira fuori da lì...?".
- Devo comunque riportarla al castello, rimettiamola qui... - la sentì borbottare.
Alla fine, anche il corsetto tornò come prima - ossia prossimo all'esplosione.
- Non vi converrebbe prenderne di più grandi? - chiese Miku.
Haku scosse la testa: - Non... non ne producono e non voglio disturbare... -
"... eh?" - Ma siete la Regina! -
- Non è un buon motivo per far fare agli altri cose che di solito non si fanno. -
- Ma così, prima o poi, finirete mezza nuda! -
- Già successo. - "Oh." - Svariate volte. - "Oh." - Ormai nessuno ci fa più caso. - "Ah." - Comunque... -
Una passata di fazzoletto di seta sugli occhi e Haku sembrava solo reduce da una brutta allergia: - Sei stata veramente molto gentile. In più di un'occasione. -
Caldo sulle guance, all'improvviso.
- Per me, per noi, sarebbe davvero un grandissimo onore averti a corte. - sorrise.
"Ah..." Miku sorrise di rimando, ma era un sorriso di scuse: - Temo di dover rifiutare, Vostra Maestà. -
- Oh. - di nuovo una mano alla guancia: - Non volete essere nostra ospite? -
- Diciamo che non è il caso che la rapitrice di vostra figlia sia ospite a casa vostra. - giunse le mani, si torse le dita.
Si sentiva terribilmente a disagio. Sarebbe voluta andare al castello, ma-
- Avete ragione. - ammise la Regina Bianca. Sospirò: - E non accettereste neanche di farmi da cameriera? -
- Eh? - "Aiutarla a vestirsi." deglutì: "Sarebbe davvero bellissimo, ma-" - Temo di dover rifiutare di nuovo, Vostra Maestà. - ridacchiò: - Non sono adatta a fare la cameriera. -
- Ma ti pagherei! - insistette Haku: - Avresti marmellata a giorni alterni! -
"Uhm. Interessante." - Temo che la mia risposta continui ad essere no. - liberò una mano e la portò avanti, a rimarcare il concetto.
- E' una marmellata molto buona, sai? -
- Non lo metto in dubbio, ma- -
- E potresti iniziare subito, oggi stesso! -
- Mi dispiace moltissimo, Regina Haku... - in effetti, un pochino, le dispiaceva: - ... ma non posso accettare. -
Il volto di Haku tornò triste. Miku sospirò: "Non posso farmi intenerire."
- Comunque... - esordì, cercando di stemperare l'atmosfera: - ... oggi non ho voglia di marmellata. -
- Beh, non potresti comunque averla. - disse Haku, il tono gentile: - La marmellata è a giorni alterni. La regola è "marmellata ieri e marmellata domani". "Marmellata oggi" non si può. -
"..." Miku sbattè le palpebre: - ... ma arriverà un "marmellata oggi", no? -
- No. Ieri e domani. Oggi mai. -
- ... ah. - le sembrava di avere a che fare con una di quelle fregature da oracolo e da creature sovrannaturali sempre ben disposte a fare patti con la gente: ogni singola parola aveva un peso. E, soprattutto, era sempre pronta a rivoltarsi contro la sopracitata gente per schiacciarla senza indugio.
- Se le cose stanno così, allora, temo di dover accettare la tua volontà. - un altro sospiro, e il corsetto parve sul punto di cedere di nuovo.
- Vi ringrazio per la comprensione, Vostra Maestà. - fece una piccola riverenza. Era comunque davanti ad una sovrana - per quanto fosse diversa dalla Regina di Cuori. Non le sembrava affatto tipo da pretendere onorifici e riverenze, ma sentiva di farle lo stesso.
"... la Regina di Cuori." guardò la Regina Haku in volto: "... lei e Meiko erano amiche." un brivido lungo la schiena. Non sapeva neppure lei per che cosa, né se fosse positiva o negativa, ma era una sensazione strana.
"... pensare una come la Guerriera Trucida in compagnia di una donna come lei..." era assurdo, quasi: - ... impossibile. -
- Impossibile? -
- Ah! - si schiaffò una mano sulla bocca: - N-nulla, Vostra Maestà! -
- Sicura? - sembrava preoccupata.
Miku annuì, imbarazzata: - Soltanto una cosa a cui faccio fatica a credere! -
- Fai fatica a credere ad una cosa impossibile? - si era fatta incuriosita.
- ... tipo. All'incirca. - inanellò una ciocca di capelli attorno al dito: - Qualcosa del genere. -
- Povera cara. - Haku scosse la testa, lasciandola alquanto confusa: - Sei davvero fuori esercizio. Bisogna sempre tenersi in allenamento, almeno una trentina di minuti al giorno! - alzò l'indice fasciato, l'espressione per la prima volta decisa: - Una volta sono riuscita a credere a ben sei cose impossibili prima di colazione! -
- ... oh. - la osservò per bene: - ... lo terrò a mente. -
Se avesse parlato con la se stessa di due minuti prima e le avesse detto qualcosa del tipo: - Sai, la Regina Haku ha anche un'espressione decisa! -, era sicura la se stessa di due minuti prima le avrebbe risposto: - E' impossibile! -; e invece era lì, davanti a lei. Una cosa che avrebbe pensato impossibile.
Annuì: "Ottimo. Posso considerarla la prima cosa impossibile a cui credere. Pensiamo alla seconda." si guardò intorno. Il suo sguardo fu calamitato dal corsetto della Regina: "Un giorno, avrò una quinta!". L'esercizio era interessante: "Allora... riuscirò ad abbracciare Len!". Ottimo: "E a baciare Luka!". Sentì il sorriso farsi più ampio.
"Luka..." inspirò: "... la settima della Regina Bianca è interessante, ma Luka è più bella." annuì di nuovo.
- Ora perdonami, ma devo proprio andare. -
- Eh? -
- Arrivederci! - Haku sollevò appena la gonna: - E grazie ancora per tutto! -
- Aspet- -
Con una velocità impos- estremamente elevata, la Regina Bianca era già a venti metri di distanza.
"Non mi sono fatta dire cosa ci faceva qui!" si lanciò al suo inseguimento: "Beh, probabilmente nulla, ma insomma!".
Dopo aver svoltato oltre un albero, contro ogni aspettativa, la Regina era riuscita a seminarla.
E Miku si era ritrovata in un prato senza fiori, solo una distesa di verde, a pochi metri da quello che sembrava il letto di un fiume - non lo vedeva, ma lo sentiva, e anche piuttosto bene.
"... e avrei voluto chiederle di Meiko." sapeva quanto fosse una domanda privata. E sapeva anche quanto sarebbe potuto essere difficile parlarne.
"... però..." trasse un profondo respiro: "... ora Lily è qui. Al sicuro. Se glielo chiedo, è anche per raccogliere più informazioni possibili." una buona fetta di curiosità era sottointesa: "... ci deve essere un motivo per cui Meiko è diventata la Regina di Cuori. Forse, parlando con una sua amica, si potrebbe trovare un modo per farla tornare indietro.".
Era certa che Kaito avesse già parlato con Haku, ma voleva provare anche lei. Voleva aiutare.
Gumi. Kaito, Meiko. Rin.
Serrò i pugni: "... io..."
- Serve un passaggio? -
"Eh?" non si era accorta di aver abbassato lo sguardo. Rialzò la testa e notò la presenza di una ragazza dai lunghi capelli verde scuro a pochi metri da lei.
Lì dov'era il letto del fiume, per la precisione.
Giusto per stare sicura, s'indicò: - Dici a me? -
- Non c'è nessun altro, qui intorno! - la ragazza sorrise e alzò le spalle coperte di lana.
Era un po' tutta coperta di lana, in realtà. Sembrava essersi alzata con l'idea di fare un cosplay da pecora - e Miku si chiese come facesse a non morire di caldo, sotto quella specie di yukata batuffoloso.
- Dove vai? - domandò, avvicinandosi.
- A Valle Barbecue. - "Che suppongo non essere una valle piena di neve." - Ti interessa? -
In tutta onestà, non aveva moltissimissima voglia di mettere piede in un posto con un nome del genere; tra l'altro, la sua idea iniziale, prima che lo scialle della Regina Haku le piombasse sulla faccia, era dirigersi a Produria.
"... Luka sa benissimo dove sono. Andarla a cercare sarebbe inutile." deglutì: "... e poi, sono nel Paese delle Meraviglie, perché non dare un'occhiata in giro?" alla fine, annuì.
- Dove vai? - la ragazza le rigirò la domanda, facendole cenno di avvicinarsi ancora.
- Nessun posto in particolare. - confessò Miku, obbedendo. Un dubbio improvviso: - ... vuoi farti pagare per il passaggio? -
- Assolutamente no! - a vederla da vicino, aveva anche un cerchietto batuffoloso: - Però devi remare anche tu. -
- Oh, certo! - d'accordo scroccare, ma approfittarsene tanto impunemente...
Si bloccò.
La ragazza era in piedi su una zattera. A tracolla, portava un arco e una faretra. Dietro di lei, sul legno della zattera, una massa perfettamente cubica di tanti piccoli cubi rosati.
La ragazza aveva in mano un enorme martello di legno e gliene stava porgendo un secondo.
Il fiume non sembrava affatto liquido e l'acqua non era incolore ma biancastra.
- Mi raccomando, batti forte! - sorrise la ragazza, mentre lei prendeva il martello: - E' facile incagliarsi qui nel Fiume Mochi! -
- Ah... sì... - il manico del martello era sottile, lungo quasi quanto lei; era piuttosto sicura che quell'affare si potesse usare anche come arma di difesa.
- A proposito, mi chiamo Zunko! - si presentò la ragazza-pecora. Aveva una faccia rotonda e simpatica, con grandi occhi ambrati.
- Michelyne Alice Lydia Fairsound. - afferrò la mano che Zunko le stava porgendo: - O solo Miku. -
- Solo Miku andrà benissimo. - risposta scontata.
Una volta che Miku fu a bordo, al trillo di: - Si parte! -, Zunko abbattè il martelletto sul fiume di mochi, facendo scattare la zattera in avanti.
"Suppongo io debba andare a tempo." alzò il martello e colpì il fiume con tutta la forza che aveva; la barca andò un pochino più avanti. E lei si sentiva già esausta.
- Poco pratica di kine, eh? - la ragazza-pecora sorrideva, il tono gentile.
- Kine? -
Zunko ridacchiò: - Ho capito. - indicò il martelletto: - Questo si chiama kine. - lo alzò di nuovo: - Non usare tutta la tua forza, o ti spomperai subito! - atterrò nel mochi, spostando la zattera in avanti: - Cerca di trovare il ritmo! -
- S-sì! - Miku inspirò, serrò la presa sul kine e lo abbattè sul mochi - con meno forza di prima. La barca si spostò di meno, ma almeno lei non era già senza fiato.
- Va già meglio! - Zunko le rivolse un sorriso incoraggiante.
Di contro, Miku si sentì terribilmente in colpa: - Scusami. Ti sto rallentando. Forse è meglio se- -
- Oh, tranquilla, non ho un orario preciso. - tornò a guardare davanti a sé: - L'importante è arrivare, il tempo che ci si mette è irrilevante! -
"Se solo funzionasse anche la mattina a scuola..." si sentì un pochino più sollevata.
Si concentrò sul modo per prendere il ritmo: "Mh... potrei provare a distrarmi e far sì che il mio corpo si comporti in modo meccanico!" ottimo piano. Quindi, provvide subito a guardarsi intorno, mentre la zattera procedeva a botte e saltelli.
Decisamente, il Paese delle Meraviglie era la versione 3D di un'adorabile cartolina bucolica; mancavano solo gli uccellini e le farfalle.
"Farfalle..." una morsa allo stomaco.
Distrarsi era più difficile del previsto.
Abbassò lo sguardo, sulla pasta bianca che schiacciava con il kine e la zattera: "Non fosse per il suo essere difficilmente percorribile, sarebbe pure carino...".
Un quadretto bucolico, sì. Un posto meraviglioso. E con cose che non avrebbe mai immaginato.
"Chissà se..." il sorrise sorse spontaneo: "... ci sono le sirene!" magari non nel mochi. Forse. "Le sirene sono belle!" il sorriso si accentuò: "Sono sicurissima che Luka sarebbe una sirena stupenda!"
- Voler cantare con le adorabili sirene... - colpì il mochi con il kine: - Inseguirsi per i campi nel territorio degli Indiani... -
- Siamo a Wonderland, non a Neverland. -
"So british." si unì alla risata leggera di Zunko: - Stavo dando un'occhiata in giro. - si sentì di aggiungere.
Gli occhi della ragazza-pecora divennero due sfere perfette: - Oh. Pensavo avessi solo due occhi, perdonami... -
"...eh?" sbattè le palpebre, disorientata: - S-sì, ho due occhi soltanto... -
Dopo un altro colpo di kine, Zunko si portò un dito alla guancia, pensierosa: - E allora come fai a dare un'occhiata in giro? -
- ... eh? - stavolta non potè non dirlo ad alta voce.
- Voglio dire... - piegò appena la testa: - ... puoi guardare davanti, ai lati, sopra, sotto, ma in giro...? Dovresti avere almeno un altro paio di occhi dietro la testa! -
"... nulla da obiettare." - N-no, era un modo di di- - serrò le labbra. L'ultima volta che aveva detto qualcosa del genere ad un animale - ad un bruco, per la precisione - era stata trascinata in un discorso alquanto spossante.
- Ho solo due occhi, sì. - concluse, come se nulla fosse. Giusto per stare sicura, si passò una mano sulla nuca - fosse mai le fossero spuntati due occhi in più mentre era girat- no, basta.
Per tutta risposta, Zunko alzò le spalle e pestò di nuovo il mochi: - Sei fuori tempo. -
- Ah, scusami! - si affrettò a rimediare, calando il kine sul fiume.
- Nulla, nulla. - qualsiasi cosa dicesse, la voce della ragazza-pecora rimaneva dolce e gentile: - E' la prima volta che vieni da queste parti? -
- E' la prima volta che vengo nel Paese delle Meraviglie. -
- Oh! - il volto di Zunko parve illuminarsi: - E come ti sembra? -
- Mooooolto carino! - era sicura che anche il suo volto si fosse illuminato. Il ricordo dell'appunt- giro turistico per Produria, in particolare, dava un tocco di bellezza in più.
- Sei stata nella Valle delle Foglie? -
Miku scosse la testa.
- Ci sono un sacco di creature adorabili! - Zunko era prossima allo sbrilluccicare: - Come la Rocking Horse Fly! -
- Cos'è? -
- E' una creaturina adorabile fatta di legno, che si dondola da un ramo all'altro e si nutre di linfa di pianta e segatura! -
"Che creaturina bizzarra..."
- Altrimenti, c'è la Snap-Dragonfly! -
- Cos'è? -
- Una creatura simile ad una libellula, con il corpo fatto di Christmas pudding, le ali di foglie di agrifoglio e la testa è uvetta che brucia nel brandy! -
- Cos- -
- E si nutre di frumenty e mince pie! E fa il nido accanto ai pacchi natalizi! -
"La Valle del Foglie deve essere un posto estremamente curioso." Aveva un qualcosa di affascinante.
- O le Bread and Butterfly! -
- Che suppongo essere farfalle...? - "Farfalle..." di nuovo. Cercò di concentrarsi sulla spiegazione da Zunko, la ragazza-pecora con una riscoperta passione per l'entomologia.
- Farfalle le cui ali sono sottili fette di pane spalmate di burro, il cui corpo è una crosta e la cui testa è una zolletta di zucchero! -
"... ho fame."
- E si nutre di the con panna! -
"... non la prima cosa a portata di mano." sempre che la Valle delle Foglie non grondasse di the con panna: - E se non lo trovano? -
- Muoiono. -
- Logicamente. - colpì di nuovo il mochi: - Deve capitare spesso. -
- Sempre, direi. -
"... ho seriamente fame." si portò una mano allo stomaco, pronta ad udire suoni indicibili che, invece, non arrivarono: "... oh, beh.".
- E' tutto molto british e pieno di giochi di parole molto british. - commentò.
- Dovresti proprio andarci! - trillò Zunko: - E' un posto bellissimo! -
- Sembra interessante. - riconobbe Miku: "Magari posso darci un'occhiata..." - Dove si trova? -
- Oltre la Valle Barbecue, al confine con la Gola degli Spiedini e la Piana Flambè. - un sorriso enorme: - Vuoi che ti ci porti? E' di strada! -
"..." - Magari un'altra volta, grazie. - sì, insomma, era molto incuriosita, ma non aveva poi così tantissima voglia di andare in luoghi di simile toponomastica. Non la ispiravano. Così, a pelle.
- Se non sono troppo indiscreta... - esordì, invece: - ... perché tu stai andando nella Valle Barbecue? -
- Ti risponderò perché non sei troppo indiscreta. - le labbra di Zunko si curvarono in un enorme sorriso: - Ci devo portare le uova! -
- Le uova? -
- Le uova! -
"Perché dovrebbe portare delle uova in un posto chiamato barbecue." non era neanche una domanda, quanto una constatazione da prendere così com'era: - Quali uova? - "Beh, se le sta portando, si presume le abbia a bordo..."
- Quelle uova! - la ragazza-pecora indicò qualcosa alle sue spalle.
Dopo un altro colpo di kine, Miku si voltò.
I piccoli cubi rosati.
Miku sbattè le palpebre.
Erano l'unico altro carico, oltre a loro due.
Sbattè di nuovo le palpebre.
Guardò meglio.
Si avvicinò, piano piano, e passò un dito sulla superficie del cubo più vicino.
"... uova di Rubick. Chissà se si possono girare anche se sono tutte dello stesso colore..."
- Non hai mai visto delle uova? -
- ... da me sono rotonde. Anzi, ovali. - si corresse. Bisognava essere precisi sulle uova.
- Oh, ne ho sentito parlare! - una risata leggera: - Devono essere piuttosto scomode da trasportare! -
- Scivolano facilmente, sì. - aggrottò la fronte: - E non possiamo impilarle così. -
- Dovreste passare alle uova cubiche. -
- Non credo le nostre galline approverebbero. -
- Che c'entrano le galline? -
Miku tornò a guardare Zunko. Sembrava onestamente perplessa.
- Da noi, sono le galline a fare le uova. - una punta di stupore. Si stupì di non essere minimamente stupita dall'espressione di Zunko.
- Che cosa strana. - la ragazza-pecora si portò una mano alla guancia: - Qui non si sa chi faccia le uova. Si va in giro e appaiono! Non per niente... - piegò un braccio, a gonfiare il bicipite: - Io sono un'esperta cacciatrice di uova! -
- Immagino che, a Pasqua, tu sia l'avversaria più temuta! -
- In effetti, sì. -
"Forse..." scosse la testa: "No. Sarò io a catturare lo Shota Usamimi! Non devo chiedere aiuto, per questo!".
- Oh! - la voce di Zunko la distolse dai propri pensieri: - Arriveremo tra poco! La Valle Barbecue è laggiù! - la vide indicare un punto all'orizzonte.
Un punto da cui si levava una buona dose di fumo chiaro.
Come illuminata da un mente superiore, Miku seppe di essere arrivata alla sua fermata: - Bene, allora scendo qui! -
- Come desideri! - Zunko alzò il kine: - Lascia che sia io a far attraccare. -
- Con piacere. -
In pochi istanti, la zattera raggiunse la riva del Fiume Mochi e Miku potè tornare con i piedi sul terreno. Sentiva le braccia un po' indolenzite e respirava un po' più velocemente.
Era stanca, ma non distrutta. Stava migliorando.
- Se non sono troppo indiscreta... - Zunko fece eco alle sue parole: - ... dove sei diretta? -
"..." - In realtà... - trasse un profondo respiro: - ... non lo so neppure io. Sto viaggiando a caso. -
- Vagabondando, dunque. -
- Viaggiando a caso. -
- Sei una povera vagabonda. -
- Sono una viandante. -
- Lascia che ti aiuti! -
- Eh? -
Gli occhi di Zunko brillavano, tutto il suo viso brillava. Aveva il vago sospetto che, se anche avesse rifiutato, lei l'avrebbe aiutata lo stesso.
Difatti, senza neppure aspettare la sua risposta, la ragazza-pecora aveva preso il suo arco e si era chinata sulle uova cubiche: - Quando non si sa dove andare, la cosa migliore è farsi ispirare! -
Prese un uovo, estrasse una freccia e posò l'uovo sulla punta. Come una calamita al frigorifero, il cubo rosato rimase perfettamente in equilibrio. In orizzontale.
- Ispirare...? - Miku indietreggiò. Non le tornava il nesso con la freccia e l'uovo cubico.
- L'ispirazione arriva dall'alto. - Zunko incoccò la freccia con l'uovo: - Quindi, vedi dove cadono le cose che piovono dal cielo! -
- Eh? -
La ragazza-pecora mirò all'orizzonte. Tese l'arco.
E scoccò la freccia.
Miku la seguì con lo sguardo, il suo sibilo nelle orecchie.
- Corri, Miku, corri! - Zunko sventolò l'arco: - Non lasciare che l'ispirazione ti sfugga! -
- Ah? Oh! - la freccia stava scendendo, chissà quanti chilometri più avanti: - S-sì! - scattò in quella direzione: - Arrivederci, Zunko! - urlò, senza voltarsi: - E grazie per il passaggio! -
- Di nulla! E' stato un piacere! - la voce della ragazza-pecora era già lontana.

Crack.
"... ah." con uno scatto, Miku riuscì a raggiungere la sua ispirazione.
Si bloccò. Sgranò gli occhi.
I cocci rosati per terra se li aspettava. Così come si aspettava di trovare in giro il tuorlo e l'albume - magari il tuorlo sfattosi in una brodaglia e l'albume che gocciolava da qualsiasi cosa su cui fosse andato a sbattere l'uovo.
Il tuorlo non era brodaglia: sembrava più il risultato di un palloncino di vernice arancione lanciato contro un muro bianco; l'albume, invece, stava effettivamente gocciolando.
Quel che non si aspettava era che la sua ispirazione si fracassasse contro una persona.
E che quella persona fosse-
- T-tutto bene? - si azzardò a chiedere, il fiato ancora corto per la corsa.
Haku si voltò verso di lei, gli occhioni rossi pieni di lacrime tra le lunghe ciocche bianche dei capelli: - ... mi è arrivato un uovo in testa. -
- Lo vedo. - "Ma non le dirò certo che l'hanno lanciato per me." - Volete una mano? - si avvicinò.
- Gradirei più uno shampoo. -
- Temo di non averne dietro. - lo sguardo andò alla scollatura della Regina: - Sicura di non averne lì? -
- Se anche ci fosse, non credo riuscirei a trovarlo tanto in fretta. - Haku sospirò, ma mise comunque la mano dove di dovere. Dopo poco, ne riemerse con un fazzoletto: - Oh. Anche questo andrà bene. - se lo schiaffò in testa.
E lì rimase.
- ... credo dobbiate pulire. -
- Aspetto che il fazzoletto assorba l'uovo. -
"Non sono sicura funzioni così..."
Dato che doveva comunque riprendersi dalla corsa - anche se, ormai, stava quasi cominciando ad abituarcisi -, Miku si prese un minuto buono per studiare la Regina Bianca: era strasicura che, prima, quella bottiglia di nonsapevacosa non ci fosse. Dall'odore pungente che ne veniva, il nonsapevacosa doveva essere alcolico.
E forse la Regina non amava che il suo popolo la vedesse bere alcolici.
Non si spiegava, altrimenti, perché si fosse seduta su un muretto di circa due metri per uno e mezzo disperso tra gli alberi, con un abbigliamento che mai avrebbe lasciato intuire il suo rango: pantaloni e manicotti neri, cravatta viola e camicia-top grigia che non si poteva dire completamente aperta solo per un paio di bottoni in basso. Altro non poteva definirla se non "in borghese".
- Ecco. -
Miku sbattè le palpebre, lo sguardo volò al fazzoletto sulla testa della Regina: quando Haku lo tolse, ogni traccia di uovo era sparita.
"... sei fuori esercizio." si sgridò, piccata: "E sì che te l'aveva detto neanche un'ora fa! Smettila di credere solo alle cose possibili!".
La mano di Haku appallottolò il fazzoletto e lo rimise nella scollatura. Stavolta lo spazio era infinitamente ridotto rispetto a quello del corsetto, ma questo non sembrava impedirle di avere un ripostiglio tra le tette.
- Bella, vero? -
- Eh? - Miku alzò lo sguardo, incontrando il suo volto vagamente più sereno: "No, un attimo, stava parlando? Ha detto qualcosa?"
- La cravatta. - la Regina la prese: - Ho notato che la stavi guardando. -
- Oh. Sì. La cravatta. - trattenne un sospiro di sollievo: - E' molto carina. Molto viola, devo dire. -
- Me l'ha regalata Neru per il mio non-compleanno. -
"Oh." non poteva non notare quanto la voce, gli occhi di Haku si fossero addolciti, nel dirlo. Nonostante tutto, per quanto il Re Neru le sembrasse diversamente simpatica, se si erano sposate un motivo doveva esserci.
"Un attimo. Non-compleanno?" - Non-compleanno? - ripetè, esitante.
La Regina le rivolse uno sguardo confuso: - Un regalo dato in un giorno che non è il tuo compleanno. -
- Oh. - ci pensò. Fece schioccare le labbra. Ci ripensò: "... mica male." - Rientrano anche i regali di Natale? -
Haku gonfiò appena le guance, gli occhi fattisi più sottili: - Una persona deve essere davvero antipatica per farti un regalo di Natale e non-compleanno insieme. -
- Indubbiamente. - Miku annuì: - Pensate che conosco un ragazzo di nome Natale che fa il compleanno a Natale. Quindi riceve ogni volta un solo regalo per Natale e compleanno! - ci riflettè: - Questo, però, fa sì che un regalo di non-compleanno non possa essergli fatto per Natale! -
- Non si deve essere ingordi. - disse Haku, saggia: - Non si possono pretendere un regalo di compleanno e uno di non-compleanno insieme. -
- Basta farglieli il giorno prima o il giorno dopo. -
- Esattamente. -
- Chissà se ci sono dipendenti dei regali di non-compleanno... - Miku alzò un indice, pensierosa: - Tipo i dipendenti del caffè o dello shopping. Che non possono fare a meno di desiderare un regalo di non-compleanno ogni giorno. -
- Le persone che li circondano dovrebbero essere molto pazienti. -
- Indubbiamente. - per fortuna, non aveva mai incontrato nessun dipendente da regali di non-compleanno. "Se mai ne incontrerò uno..." e sperava davvero di no: "... mi auguro che gli vada bene anche un fazzoletto. Di carta.".
A prescindere, appena tornata a casa, avrebbe dovuto introdurre questa cultura del non-compleanno.
"Se già esiste..." serrò i pugni: "... mamma e papà ed io dovremmo fare un luuuuungo discorso sul perché mi hanno sempre mentito per tutti questi anni.".
- Humpty Dumpty sat on a wall... -
Riportò la sua attenzione ad Haku: agitava la bottiglia e si era messa a cantare.
Ed era stonatissima.
- Humpty Dumpty had a great fall... -
Buttò giù un notevole sorso di qualsiasicosafosse alcolico.
- All the king's horses and all the king's men... -
Le parole si erano fatte biascicate, come se la lingua se le stesse scivolando fuori dalla bocca e lei stesse cercando di tenerla dentro.
E continuava ad essere atrocemente stonata.
- Couldn't put Humpty together again. -
- Humpty Dumpty, io ti rifiuto! -
Haku sgranò gli occhioni: - Eh? -
- Scusatemi. Non sono riuscita a trattenermi. - se non altro, aveva smesso di cantare.
- Già... - la Regina Bianca sospirò, e sembrò un sospiro affranto: - ... alle volte, preferisco essere chiamata "Humpty Dumpty". -
"Eh?" - Come mai? -
- Perché, alle volte... - Humpty Dumpty alzò lo sguardo al cielo: - ... mi sembra di essere una creatura fragile in precario equilibrio su un muro troppo stretto, che potrebbe cadere da un momento all'altro e finire in pezzi. -
Miku gettò un'occhiata al muro troppo stretto su cui Haku era in precario equilibrio.
Le tese le mani: - Sapete, forse è meglio se scendete da lì. -
- Perché? - Humpty Dumpty sbattè le palpebre dalle lunghe ciglia bianche, lo sguardo genuinamente spaesato.
- Perché quel muro mi sembra troppo stretto. - le si avvicinò ancora. Altri due passi e le sarebbe salita in braccio.
Haku guardò sotto di sè. Poi tornò a guardare lei: - Sono ben dieci centrimetri! -
- Credo siano un po' pochi per impedirvi di cadere. - senza contare che aveva anche iniziato a barcollare. Sembrava il pendolo di un orologio caricato male da un ubriaco che aveva fretta.
- Fossero stati nove... - obiettò l'altra: - Ma sono ben dieci centrimetri! Non ho paura di un muretto di dieci centimetri! -
- Siete a circa un metro e mezzo da terra. -
- Quando mi... - tirò su col naso: - Quando mi affaccio al balcone del mio palazzo, sono molto più in alto! -
- Ma c'è una balaustra. - "Spero ci sia una balaustra."
Gli occhi di Haku divennero due sfere perfette: - Perché c'è una balaustra sul balcone del mio palazzo? -
- E' volata fin lì. - non era sicura se a parlare fosse la Regina Bianca o la Haku sbronza: - Era stanca e voleva un posto dove riposarsi. -
- Oh. - Humpty Dumpty parve calmarsi: - Allora va bene... -.
"Ben-"
Quegli occhi rossi tornano a farsi enormi: - Come hai detto di chiamarti? -
"Ah!" era la Haku sbronza, decisamente. Sperava, almeno: - Michelyne Alice Lydia Fairsound. O solo Miku. -
- Sbagliato. -
- Eh? - le parve che l'altra l'avesse spinta a terra. E invece no, era in piedi, con ancora le braccia alzate, come un'idiota. Si affrettò a rimetterle lungo i fianchi.
- Non l'avevi detto! -
"Sono piuttosto sicura di sì." - E invece sì. - sui fianchi ci mise i pugni: - Ve l'avevo detto! -
- Che significa? - Humpty Dumpty non parve minimamente scossa dalla sua sensatissima obiezione.
- Cosa? -
- Il tuo nome! Cosa significa? -
- Oh... - "Questa la so!" sorrise: - "Chi è come Dio?", "Di nobile aspetto" e "Dalla Lidia". - mise le mani dietro la schiena, gonfiò il petto: - Quindi, si può tradurre in "Chi è come Dio, di nobile aspetto e che proviene dalla Lidia?". -
- Quindi... - Haku si sporse verso di lei, e Miku quasi la vide spalmarsi a terra: - ... il tuo nome è un indovinello? -
- Tipo. - alzò le spalle. Era fiera del suo nome. Era bello, altisonante e scenico: - Ovviamente, la soluzione sono io. -
- Oh. -
- Ah, e Fairsound vuol dire "Primo suono", ma non fa parte dell'indovinello. - ci tenne a precisare. Nel mentre, si era fatta curiosa: - E il vostro? -
Haku guardò dentro la bottiglia, come a cercare la risposta sul fondo. Dopo qualche secondo, un sorriso sereno illuminò il suo volto: - Il mio nome completo è Haku Yowane. Significa "Dire cose cattive". -
- ... ah. -
- O "Sfoggiare piume bianche". -
"Ma perché?" trasse un profondo respiro: "E perché i suoi genitori sono stati così crudeli?" si morse un labbro per evitare che qualsiasi commento uscisse dalla bocca. Humpty Dumpty non parve farci caso, presa com'era dall'usare la bottiglia come un telescopio. E visto che, nel farlo, non si era annaffiata, doveva averla svuotata.
- Oggi è proprio una giornata curiosa, non trovi? -
- Perch- -
- Particolarmente rosso-marroncina. -
- Solo se la guardate attraverso la bottiglia. -
Haku sbattè le palpebre. Abbassò la bottiglia. Sgranò gli occhi, aggrottò la fronte: - Oh. Hai ragione. E' davvero incredibile! -
- Se la guardate attraverso alcune bottiglie, può diventare anche particolarmente verde. - c'era una cosa che Miku aveva capito: Humpty Dumpty aveva voglia di parlare.
E Humpty Dumpty era anche alquanto sbronza.
E, solitamente, gli sbronzi non avevano alcun freno.
Miku intrecciò le dita dietro la schiena: - Mi è stato detto che eravate molto amica di Meiko. -
Gli occhi di Humpty Dumpty erano due sfere rosse. Dopo qualche istante, la sua testa annuì.
- Cos'è successo? - fece un passo avanti, cercò di non far trasparire la propria ansia: - Perché ora Meiko vi minaccia? -
La Regina Bianca scosse la testa. Si stava mordendo un labbro. Non era un argomento di cui avrebbe voluto parlare.
Miku si sentì una persona orribile: "Ma..." trasse un profondo respiro: "... è la mia unica occasione.".
Serrò i pugni: - Meiko può essere salvata. -
Haku si bloccò, lo sguardo sgranato, lucido, fisso su di lei.
- Ma... - deglutì: - ... se nessuno mi dice niente, non c'è nulla che io possa fare! - si portò una mano al petto: - Vi prego, parlatemi di Meiko. Non della Regina di Cuori. Di Meiko. -
- Meiko... - la voce della Regina Bianca uscì spezzata. Non come se stesse per piangere, ma come se dovesse soppesare ogni sillaba di quel nome.
Ogni sillaba che Miku aspettava con ansia. Ma non doveva mettere fretta ad Haku, lo sapeva benissimo. Sentiva un macigno tra il petto e lo stomaco, avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto camminare a passo svelto, qualsiasi cosa, ma si costrinse a rimanere immobile.
"La Regina sta rievocando cose brutte." rallentò il respiro più che potè: "... devo aspettare.".
- Io... - la voce di Humpty Dumpty era un sussurro appena percettibile, le sillabe come incollate, ma ancora comprensibili: - ... sono sempre stata un'incapace. -
Miku tacque.
- Non ho nessuna qualità. Non so fare niente. Non sono mai servita a nessuno. - i suoi occhi erano su di lei, ma il suo sguardo era altrove: - La mia esistenza non ha senso. -
Miku strinse i denti.
- Alcuni mi trovavano inquietante. Per i miei occhi rossi e i miei capelli bianchi. Dicevano che era una combinazione disturbante. Che sembravo un fantasma. O una creatura malvagia. - piegò appena la testa di lato: - Sono sempre stata inutile. E neanche bella da vedere. -
"Non concordo."
- Mi dispiace di essere viva. -
Un brivido gelido lungo la schiena.
- L'ho detto così tante volte... - la sua attenzione fu attratta da qualcosa nel cielo. Ma, quando Miku guardò in alto, non vide altro che celeste. Tornò a guardare Haku. La Regina non fece altrettanto con lei: - Sono sempre stata sola. Anche se... - la voce si fece quasi impercettibile: - ... mi sarebbe davvero piaciuto avere un amico. -.
Le sue labbra si curvarono appena, ma il sorriso raggiunse gli occhi: - Un giorno, alcuni mi ricordarono quanto inquietante fosse il mio aspetto. "Fantasma! Fantasma!", dicevano. Io sapevo che avevano ragione, ma non capivo perché continuassero a ricordarmelo. Non è che me lo dimentico. Tuttavia, mentre lo dicevano, è arrivata una ragazza che non avevo mai visto. Una forestiera. Era bella, il suo portamento deciso, fiero, quasi regale. -
"Oh..."
- Aveva una bottiglia. L'ha tirata contro quei ragazzi che mi ricordavano del mio aspetto, ne ha preso in pieno uno, è scoppiata a ridere e ha urlato: "Sceeeemi! Sceeeemi!" -
"... oh."
- Poi li ha indicati e ha continuato: "Non riuscite neppure ad evitare una bottiglia volante! Sfigaaaati! Sfigaaati!". -
"Ah."
- E' stata piuttosto brusca, in effetti. - scosse la testa: - Li ha fatti scappare tutti. -
Qualcosa le diceva che non fossero scappati solo per quelle parole: "... ho come l'impressione che lo sguardo di Meiko, in quel momento, non fosse molto rassicurante." ma, forse, si sbagliava.
- Poi venne da me e si presentò come Meiko. Era qui in viaggio con il suo fidanzato, Kaito. Mi disse che il Paese delle Meraviglie le piaceva, ma che era troppo vasto e che le serviva una guida. Mi chiese se potessi aiutarla. - Haku strinse un pugno al petto: - Io... conosco benissimo il Paese delle Meraviglie. E, per la prima volta... - gli occhi si inumidirono: - ... fui utile a qualcuno. -
Miku non riuscì a trattenere un sorriso.
- Con il passare del tempo, il mio desiderio si avverò. Lei divenne mia amica. - il pugno scivolò in grembo: - Anche se era strano. Lei ed io eravamo davvero diverse. Io sono così, mentre lei era bella, forte e coraggiosa. Nessuno osava rivolgerle brutte parole. E chiunque osasse allungare le mani su di lei, entro poche ore, si ritrovava con la pelle ricoperta di strane bolle. -
"Ah. Forse quella non era Meiko." - Magari dopo aver bevuto qualcosa? -
- ... sì, in effetti sì! - finalmente, Haku tornò a guardarla: - Come lo sai? -
- Intuito. -
La Regina alzò le sopracciglia, ma decise di far finta di nulla: - C'era una cosa che continuavo a chiedermi: perché una donna simile era così gentile con me? - le palpebre si abbassarono appena: - Forse... provava pietà per me? -
Miku sentì il sorriso svanire.
- Lei, così bella e forte, stava insieme a me, inutile e debole, per bearsi della propria bontà? - trasse un profondo respiro: - Glielo chiesi. - la bottiglia cadde a terra con un rumore sordo. La mano sinistra accarezzò la destra: - Mi disse che lei non era bella. Io lo ero. - la voce s'incrinò: - Mi disse che io ero buona, sincera. Che la "me" che tutti vedevano era la "vera me". Lei, invece, ingannava tutti. Sempre. Per questo... - la voce si spezzò: - ... io ero molto migliore di lei. - si morse un labbro: - E che voleva imparare da me. Voleva che le insegnassi come essere davvero sincera. - affondò il volto nelle mani. Le spalle tremavano.
Qualcosa nel petto di Miku si spezzò. Forse era il macigno. Si era spezzato così all'improvviso da farle male.
Haku pianse.
Piangeva spesso, l'aveva capito; ma quel momento era diverso.
Quando Lily quando era stata fatta prigioniera nel Paese dello Specchio. Quando Gumi era stata esiliata dalla sua stessa terra. Quando Rin era stata rinchiusa in una prigione di follia. Quando Len era stato separato dalla sua amata sorella. Quando Kaito aveva visto sua moglie diventare l'artefice di tutti quei momenti.
- Noi... eravamo amiche. - poche parole, Humpty Dumpty tirò su col naso: - Lei fu la prima a dirmi cose del genere. Io le credetti. Grazie a lei, riuscii a conoscere altre persone, tra cui Neru. - quando parlò di nuovo, forse stava cercando di sorridere: - Sì, conobbi Neru grazie a lei. E sono sicura che è grazie a lei se sono diventata una principessa accettabile. -
"... no, un attimo, è Haku a far parte della Famiglia Reale?" evitò di rimanere a bocca aperta: "... e insultavano la principessa?"
La Regina Bianca rialzò il viso. Non erano solo le iridi ad essere rosse: - Meiko, con Kaito, rimase qui per molto tempo. Neru ed io ci sposammo, fummo incoronate, e il Cielo ci graziò di una bellissima bambina. -
"... avuta in qualche modo."
- Sapevo che Meiko non sarebbe rimasta per sempre, ma lei continuava a rimandare il momento della partenza. E, anche quando partì, non mancò mai di tornare a farmi visita. - giunse le mani: - Mi disse che ero stata molto gentile, con lei. Che, forse, aveva capito qualcosa. Ci teneva molto ad essere sincera. - sospirò, piano: - Mi mostrò il suo vero aspetto: non era bellissima, più che altro ingombrante. Quando tornò la Meiko che avevo sempre visto, mi chiese se mi fossi spaventata. Ma non potevo certo spaventarmi... insomma, era Meiko! -
"Giusto. Perché spaventarsi quando una come Meiko ti si trasforma in un mostro gigantesco che potrebbe schiacciarti anche per sbaglio?"
- Kaito mi disse che, per essersi mostrata con il suo vero aspetto, doveva fidarsi ciecamente di me. - un sorriso intenerito: - Ne fui lusingata. - alzò di nuovo lo sguardo al cielo: - Forse... forse Meiko mi considerava addirittura una sua pari. Quel che io provavo per lei, forse, era ricambiato. -
"Forse, eh."
- Ma... - la sua espressione s'incupì di nuovo. Miku sapeva benissimo cosa stava per dire: - ... poi andò nel Paese del Giallo. -
- Sì. So cos'è successo. - almeno quella parte non c'era bisogno che la rievocasse.
Haku annuì, piano piano: - Meiko divenne la Regina del Paese dello Specchio. Ero felice per lei e per i suoi sudditi: ero certa che lei sarebbe stata una Regina meravigliosa. - tirò su col naso: - Venne persino a chiedermi qualche consiglio per regnare meglio. Lei voleva essere una buona Regina. Ma poi... - Humpty Dumpty parve perdere ogni energia, di colpo: - ... divenne fredda. Iniziò a parlarmi in modo strano, a guardarmi in modo strano, a fare richieste strane. Neru mi diceva di non fidarmi. Che Meiko era cambiata. Che il potere le aveva dato alla testa. Che, ora, voleva anche il Paese delle Meraviglie. - scosse la testa: - No. No! - spalancò gli occhi: - Meiko non voleva... Meiko era- - la voce si spezzò di nuovo, le guance si bagnarono: - Lei... Lily... lei non- -
- Lily è qui, ora. - Miku la bloccò, si azzardò a toccarle una spalla: - E' qui. Nel Paese delle Meraviglie. A palazzo, con Neru. -
La Regina Bianca deglutì. Gli occhi sembravano doverle schizzare fuori dalle orbite, fissi nei suoi: - Perché... perché... -
- E' quello che stiamo cercando di scoprire! - dato che prima non aveva protestato, le afferrò le spalle, con forza: - Come può una donna buona come Meiko essere diventata la Regina di Cuori? -
- Era Meiko... - singhiozzò Haku: - ... e poi era la Regina di Cuori! -
- All'improvviso? -
- Neru dice di sì... - gemette la Regina Bianca: - Ma io... io vedevo che stava cambiando lentamente. Che mi parlava di meno. Che, ogni tanto, mi diceva cose strane. Ma solo ogni tanto! -
"... non mi fido molto dell'empatia di Neru." per niente, in realtà: "Deve essere come dice Haku. Ma allora... non c'è stato un singolo evento che ha dato inizio a tutto...?"
- Aveva preso la nostra Lily... - un sussurro: - Aveva ingaggiato una guerra con la Duchessa di Rossovetro... - un gemito: - Mi dissero... che la Regina di Cuori doveva sparire. -
Un tuffo al cuore: - ... cosa? -
- Io ero la persona a lei più vicina. - le parole spezzate dal pianto: - Che sembravo innocua, incapace di fare del male a chiunque. Dovevo ucciderla. -
"..."
- Quando l'avessi incontrata, avrei dovuto abbracciarla e piantarle un pugnale nella schiena. Mi dissero che avrei dovuto rendere concreto ciò che lei aveva fatto metaforicamente a me, prima che fosse lei a passare per le vie più concrete. -
- Ma non l'hai fatto. - le ricordò Miku: "Se la Regina di Cuori è ancora in circolazione..."
- Non ci provai neppure. Feci notare che, se avessi fallito, avrebbe fatto del male a Neru e Lily. Nessuno si fidava davvero delle mie capacità. L'unica ad insistere fu Neru. -
Un dubbio improvviso.
- Disse che ne ero in grado. Che, per le persone a cui volevo bene, sarei stata capace di uccidere chiunque. Ma, proprio mentre lo diceva... - deglutì: - ... capì. Non posso uccidere la Regina di Cuori. Meiko c'è ancora, lo so. Io... - tremò: - ... io mi fido di lei. -.
"... Haku ha approfittato della scarsa opinione che gli altri hanno di lei per opporsi a tutti e salvare Meiko, almeno per il momento."
Le lasciò le spalle. La Regina Bianca non era affatto come sembrava.
Lei e Meiko erano più simili di quanto avrebbe potuto pensare.
- Sono sicura... - sorrise, e sperò davvero che fosse un sorriso sincero: - ... che Meiko sarebbe felice di sentirtelo dire. -
Le labbra di Haku si piegarono appena verso l'alto: - ... grazie. -.

Humpty Dumpty pianse ancora molto, la testa sulla spalla di Miku. Anche lei si era seduta sul muretto troppo stretto. A starci attenta, non era poi così difficile rimanere in equilibrio.
Accarezzò i capelli bianchi della Regina, lo sguardo rimase agli alberi di fronte a sè.
"Né Kaito né Haku sanno spiegarsi cosa sia successo..." chiuse gli occhi: "... prima era Meiko, poi ha iniziato a diventare la Regina di Cuori in momenti a caso."
Sussultò.
Riaprì gli occhi: "... diventare la Regina di Cuori...?" afferrò il muretto con la mano libera: "... Meiko non può essere diventata così perché diventata qualcuno con tanti poteri. Ma... se fosse diventata così perché è diventata la Regina...?" sbattè le palpebre: "... la Regina che l'ha preceduta..." sentì il sangue gelarsi nelle vene: "... forse neppure Rin era così, all'inizio...?" sgranò gli occhi: "... devo parlare con Len.".
E tornare nel Paese dello Specchio.






Note:
* "Le persone si girano e mi ignorano / Il mondo davanti ai miei occhi è cambiato": Change me [ Traduzione (inglese) ]
* Per tutte le informazioni sul mochi e il kine, per di qua!
* "Voler cantare con le adorabili sirene" / "Inseguirsi per i campi nel territorio degli Indiani": Kaizoku F no Shouzou / Pirate F's Portrait [ Traduzione Scritta ]
* La canzoncina che canta Haku è la filastrocca di Humpty Dumpty.
* "Humpty Dumpty, io ti rifiuto!": Citazione cattivissima dal manga Pandora Hearts (Volume 15, Retrace 59).
Dato che non so le parole precise in originale, ho preferito usare la traduzione inglese standard ("I reject you!"), piuttosto che quella italiana - "Humpty Dumpty, io nego totalmente la tua esistenza.", una frase lunghissima e articolata che è assolutamente plausibile venga detta in un momento del genere.
* Il racconto di Haku contiene svariate citazioni a Shiro no Musume / Daughter of White. [ Traduzione (inglese) ]




... è più di metà anno che non aggiorno.
Ma è anche più di metà anno che, in generale, non scrivo. Semplicemente, la scrittura di storie non aveva più alcuna attrattiva.
Maseppurtuttavia, ora ho ripreso a scrivere e- no, non posso garantirvi aggiornamenti puntuali. ç__ç
Scusami (ancora) tutti per i tempi biblici con cui posto. m(_ç_ _ç_)m

Questo capitolo mi "inquietava" un po' perché, come avrete notato, è praticamente incentrato su Haku: la mia conoscenza di Haku rasenta il nulla. Ho dovuto studiarla un po', spero sia venuta decente. ç__ç
- E allora perché non hai scelto un personaggio a te più familiare per un ruolo importante come Humpty Dumpty? -
Perché, per me, Haku era perfetta per il ruolo. à__à
Così come, nell'originale, Humpty Dumpty spiega il poemetto del Jabberwock, qui Humpty Dumpty spiega del Jabberwock; nel mio headcanon, l'unica che può in qualche modo essere amica di Meiko è Haku, già perfetta Regina Bianca, quindi ecco come un personaggio che conosco poco ha avuto un simile ruolo! *O*/
*Sentiva di doverlo specificare.*

A proposito di Humpty Dumpty, la citazione da Pandora Hearts era obbligatoria perché, ormai, quando sento quel nome rievoco la Retrace 59.
Retrace che, quando rileggo, mi fa male come la prima volta.
*Nessuno capirà mai qual è il suo personaggio preferito di PH.*
/ Leggete Pandora Hearts! E' bello su tutti i fronti! Ignorate l'anime, andate al manga! L'anime adatta solo i primissimi volumi ad una lentezza esasperante e neanche mostra tutti i personaggi! /fine pubblicità

Ehm, dicevamo. à.à
Altra apparizione del capitolo è Zunko, Vocaloidessa che mi sta simpatica e che volevo inserire in qualche modo.
Chi ha letto Attraverso lo Specchio lo saprà già, ma ci tengo a specificarlo: le creaturine della Valle delle Foglie non sono opera mia ma dell'opera originale - eccone un elenco.
Allo stesso modo, gran parte del primo discorso tra Miku e la Regina Bianca è ripreso da Attraverso lo Specchio (marmellata ieri e domani, credere a cose impossibili, dolori anticipati, eccetera...), così come quello con Humpty Dumpty (tipo il non-compleanno e il significato del nome).

E quindi, dopo aver ascoltato Humpty Dumpty, Miku sembra essere giunta ad una conclusione circa il cambiamento di Meiko. Riuscirà a parlarne con Len senza che succedano cose bizzarre? Haku cadrà dal muretto? Miku sarà risucchiata dal ripostiglio pettorale della Regina?
Tutto questo e ancor di più nel prossimo capitolo - o forse no.
Un piccolo annuncio: a seconda di quanto spazio si prendano alcuni personaggi, questa seconda parte dovrebbe concludersi nel prossimo capitolo (poco probabile) o in quello dopo ancora (molto più probabile).
Spoiler: la terza parte sarà interamente incentrata su una saga - che, alla fine di quest'arco, risulterà ovvierrima.

Se, nonostante tutti i miei ritardi, ancora continuate a seguire questa storia, vi ringrazio tantissimo. ç_____ç
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto / non vi abbia deluso °A° - e, come sempre, per qualsiasi consiglio o critica, ditemi pure. °^°

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Capitolo 17
*** Cioccolato, biscotti, crostate di lamponi... ***


Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Cioccolato, biscotti, crostate di lamponi
Apri bene la bocca, ti imboccherò
Fino a quando i tuoi denti marciranno
~



Aveva lasciato Haku sul muretto, ad asciugarsi il viso con una federa viola - a suo dire, non aveva trovato fazzoletti e si era dovuta arrangiare.
- Vai pure. - le aveva detto: - Sento che hai qualcosa da fare. -
Miku aveva annuito: era vero, ma non aveva la benché minima idea di come fare ciò che voleva fare.
"Non sono sicura sia il momento di tornare nel Paese dello Specchio..." si guardò intorno. Alberi. Per quando i due Paesi avessero tanti begli scenari, a volte sapevano essere estremamente ripetitivi: "... ma, se restassi qui, che possibilità avrei di trovare Len...?".
Sospirò. Nel Paese delle Meraviglie non aveva granché modo di agire.
"Avrei bisogno di qualcuno che vada nel Paese dello Specchio, trovi Len e gli dica che voglio parlargli." mise le braccia conserte, una punta di disappunto: "... non credo esista nessuno con tutta questa voglia di fare un simile favore ad una sconosciuta."
Certo, lei, a sentirsi chiedere: - Potresti andare a chiamarmi questo graziosissimo Shota Usamimi? -, avrebbe risposto istantaneamente sì e sarebbe corsa alla velocità del suono, facendo quel favore anche ad un perfetto estraneo, gratis, ma non era sicura che altri avrebbero fatto lo stesso.
"..." si fermò, chiuse gli occhi. Scosse la testa: "... no.".
Un nome le aveva attraversato la mente. Ma era certa che non avrebbe ottenuto nulla.
"... però..." deglutì. Tanto valeva fare una prova.
Sì, probabilmente c'era anche una remota speranza di rivederla.
- Luka...? -
Riaprì gli occhi. Alberi. E fiori. Ed erba.
Sentì le guance troppo calde: "... sa benissimo che l'ho chiamata. E non è voluta apparire." un altro sospiro: "Perché continua a prendermi in giro...?".
Non l'avrebbe chiamata una seconda volta. Era certa che lei si stesse divertendo parecchio - e che, forse, provasse un malsano piacere nel non rispondere alle chiamate, soprattutto se sue.
"Escludiamo Luka." si rimise in cammino: "Cosa potrei...?" un pensiero improvviso: "Potrei tornare all'ingresso! Gakupo potrebbe dirmi se posso tornare o no!".
Ci aveva già pensato qualche ora prima, ma poi Luka aveva iniziato a parlare di altro, erano successe tante cose e aveva messo quell'idea da parte.
Annuì a se stessa: "Bene, deciso! Ora devo solo trovare qualcuno che mi dica dov'è l'entr-"
Un boato.
Si portò le mani alle orecchie, anche se non le facevano troppo male - quelle pulsazioni violente che sentiva era piuttosto sicura venissero dal cuore impazzito.
"Cosa...?" si voltò, il respiro quasi mozzato: "Veniva da...?" gli occhi si spalancarono: "Haku?".
Si sentì instabile sulle gambe. Terribilmente instabile. Fin troppo instabile.
Ma non erano le sue gambe a tremare.
"Un terremoto?" si accucciò, le mani andarono sopra la testa: "Cosa diamine sta succedendo?"
Un trambusto, come tante pentole che sbattevano l'una contro l'altra. O meglio, come se qualcuno avesse gettato un centinaio di pentole su uno scivolo di metallo.
Sempre più forte. Sempre più forte.
Il rumore si faceva sempre più forte.
"... si sta avvicinando?" alzò la testa. Delle sagome in lontananza. Stavano correndo nella sua direzione.
Letteralmente.
"... oh, ca-" scattò in piedi e si buttò tra gli alberi, si avvinghiò ad un tronco con tutta la forza che riuscì a metterci.
Qualche secondo dopo, un numero indefinito di soldati in armatura bianca le sfrecciarono davanti - anche nel punto esatto in cui si era trovata lei poco prima.
Ovunque stessero andando, dovevano avere una gran fretta, vista la foga che ci stavano mettendo; particolarmente ammirevoli erano quelli che cadevano e, colpiti dal soldato subito dietro, rimbalzavano facendo un triplo salto mortale a mezz'aria per poi atterrare in piedi e riprendere a correre come se nulla fosse successo.
Dato che a cadere erano in molti, quella corsa aveva un che di affascinante.
Ci vollero almeno un minuto e trentadue secondi prima che l'ultimo soldato passasse, lasciando la strada di nuovo libera.
"... cos'è appena successo." Miku lasciò l'albero e tornò sulla strada, lo sguardo alla direzione in cui erano andati i soldati: "... soldati bianchi... se è successo qualcosa ad Haku, direi che sono andati in suo soccorso.".
Una parte di lei sarebbe voluta andare a vedere, l'altra le diceva che forse non era il caso.
Si girò, lo sguardo alla direzione da cui i soldati erano venuti.
"... chiunque li ha mandati deve trovarsi da quella parte." serrò i pugni, il cuore che pian piano tornava a battere normalmente: "... quindi, forse, il Castello è per di là?". Avrebbe potuto chiedere a Lily di indicarle l'entrata per il Paese.
Si mise in cammino, le orecchie tese e le gambe che quasi pestavano il terreno - giusto per assicurarsi di non venire di nuovo colta di sorpresa da un'orda di soldati acrobati.

Miku si ritrovò sulla cima di una collina - ovviamente verde, ovviamente con qualche macchia di fiori qui e lì, ovviamente con un panorama meraviglioso.
Da lì riusciva a vedere il Castello - bianco, particolarmente affusolato - e, soprattutto, riusciva a vedere benissimo Neru.
Perché era esattamente a neanche dieci passi da lei.
La vide alzare lo sguardo dal forse-cellulare e, quando lei la vide, la sua espressione si fece ancora più seccata: - Oh. Tu. -
- Già. - la felicità di reincontrarla era ampiamente ricambiata.
- Hai salvato Lily. - buttò lì il Re.
- Già. -
- Brava. -
Miku non rispose. Aspettava una cosa in particolare. Neru parve accorgersene, perché le guance si tinsero di un piacevole color fragola: - Brava, buon lavoro, grazie e altrettanto. - bofonchiò, lo sguardo improvvisamente attratto da un filo d'erba in particolare in mezzo a milioni.
Miku sorrise: "Così va meglio."
- Hai visto, vero? - la voce di Neru era tornata arrogante, il mento alzato.
- ... ho visto tante cose. - non potè non rispondere.
- I soldati! - protestò l'altra: - Li avrai senz'altro visti poco fa! -
- Oh. - annuì: - Sì. Sì, li ho visti. - sbattè le palpebre: - Perché? -
- Sono tanti! - il Re portò i pugni ai fianchi: - Sono forti e possenti! - la squadrò dall'alto in basso: - Non sei rimasta colpita dalla loro strabordante magnificenza? -
- N- -
- Il Paese delle Meraviglie dispone di un così fantastico esercito! - Neru gonfiò il petto, orgogliosa: - Ed è il mio esercito! Li ho addestrati tutti io! -
- Oh. - "Quindi Neru sa fare i tripli salti mortali."
- E quella scimunita mi fa sempre prendere colpi! - Miku iniziò a chiedersi se il Re, più che parlare con lei, non stesse facendo un monologo: - Ma stavolta glieli ho mandati tutti! Tutti! Quattromiladuecentosette persone per una scema che cade da un muro! -
"Allora era davvero Haku!" - Spero stia bene... -
- Ma sì che sta bene! - Neru mosse la mano libera, come a scacciare le sue parole: - Io gliel'ho detto di non sedersi su quel muretto ma lei no, lei ci si deve sedere, lei non può andare a mettere il suo regale lato b su un muro più largo, una panchina o il terreno, no, lei si deve adagiare su un dannatissimo muretto da cui puntualmente fa un volo di un metro e mezzo! -
Miku non avrebbe mai pensato di provare quasi tenerezza nei confronti di Neru. Ma non poteva trattenersi, di fronte ad uno sfogo tsundere tanto palese.
Trattenne comunque un sorriso, perché quella era comunque una tsundere arrabbiata e non aveva voglia di sperimentare la sua ira nel vedersi smascherata.
"Forse è il caso di cambiare argomento." - Con permesso, Vostra Maestà... - meglio rabbonirla un pochino.
- Oh. - Neru sgranò gli occhi: - Hai finalmente imparato l'educazione! -
- Sarebbe così cortese da dirmi dove posso trovare l'entrata per il Paese delle Meraviglie? - impregnò la voce di zucchero e miele, fino a renderla stomachevole.
Non che volesse. La sua idea era di essere semplicemente gentile. Ma c'era qualcosa, in Neru, che le impediva di comportarsi da persona normale.
La faccia del Re, difatti, si fece schifata: - Ah. Ovvio che non hai imparato niente. Resti sempre una mocciosa incivile. -
Stavolta, Miku sorrise - un sorriso enorme, forzatissimo: - Sapreste dirmelo, Vostra Maestà? -
- Ma che cacchio ne so, non so nemmeno dove sono ora! - tornò a pigiare tasti a caso sul quasi-cellulare: - Il GPS non funziona, è giorno e non posso usare la Cintura di Orione per orientarmi! -
- La Cintura di Orione...? - ripetè Miku, perplessa: - La costellazione...? -
- No, l'antico manufatto elfico degli stregoni di Magicolandia. Ovvio che parlo della costellazione! -
Era quasi strano sentirsi scorrere addosso tutte quelle parole poco gentili senza prestarvi la minima attenzione: - E a che vi serve la Cintura di Orione? Di solito non ci si orienta con la Stella Polare? -
- Senti, chiunque può riconoscere la Cintura di Orione. -
"In sostanza, non ha la minima conoscenza astronomica." la sua, invece, era talmente vasta da aver scoperto solo di recente che Plutone non era più considerato un pianeta. Da oltre dieci anni.
- Sai mica dove ci troviamo? - la voce di Neru la riportò al Paese delle Meraviglie.
Scosse la testa.
- Quanto sei inutile. - il Re gettò uno sguardo verso la città più vicina, sotto di loro: - Per fortuna ho mandato le mie Messaggere! -
Miku le si avvicinò e guardò a sua volta.
- Che vedi? - una nota di esitazione.
"Quant'è che le Messaggere sono andate?" - Ehm... nessuno. - disse infine Miku: "Sulla strada, almeno. Non so se volino o se scavino."
- Che diamine ci fa qui, Ulisse? -
"Eh?" - tornò a guardare Neru: - No, intendevo: non vedo nessuno! -
- E dillo subito! - sbuffò il Re: - Con tutti questi nomi finisco per confondermi! -
Miku non ricordava se le si fosse presentata, ma era tentatissima dal farlo in quel momento. I suoi oscuri propositi furono però bloccati dall'apparizione di una figura sulla strada.
- C'è qualcuno! - avvisò.
- Oh? - Neru seguì il suo sguardo: - Ah! Alys! -
- Alys? - somigliava ad Alice. Già le stava simpatica: - I love my love with an A, because she's Agreeable. I hate her because she's Avaricious. I fed her with... with... with Apples! Her name is Alys and she lives- -
- Che cosa accidenti stai dicendo. - non era neppure una domanda.
- Ha un nome simile ad uno dei miei. - spiegò Miku.
Neru fece finta di non aver sentito: - Quella è Alys. L'altra Messaggera si chiama Maika. Ne ho due perché una va e l'altra viene. -
- Prego? -
- Ecco, brava, prega. - il Re si ravviò la lunga coda bionda: - Comunque, è roba dei sindacati. Se le usassi sia per andare che per tornare, potrebbero denunciarmi per sfruttamento. -
- Ah. -
Con tutto quel chiacchierare, Alys era finalmente arrivata: era una bella ragazza vestita di bianco con inserti blu, una lunga trecciona blu, occhi viola e una terza ben messa in evidenza dall'abito aderente.
Miku approvava molto.
- Mon roi! - la ragazza fece una piccola riverenza e si avvicinò: - Vengo dalla città di Città e- -
- Lo so che vieni dalla città di Città. Ci ho mandato Maika. -
"E come faceva Alys a sapere che Maika era a Città...?"
- -vi porto notizie. -
- E' il tuo lavoro. -
"Come fa Alys a portare notizie se è Maika quella che va a vedere? Vivono in telepatia? Alys e Maika sono la stessa persona? Maika chiama Alys per cellulare e le riferisce quello che ha visto? E se Alys è da tutt'altra parte deve andare dov'è Maika per poter tornare lungo la strada fatta da lei per andare?" più ci pensava, più quella situazione le sembrava un enorme dispendio di tempo ed energie: "Spero che Alys sia pagata bene.".
- Hanno ripreso. -
- Cosa? -
Se le sopracciglia di Neru erano quasi scomparse sotto la frangetta e i suoi occhi si erano estesi del cinquanta per cento, il volto di Alys era rimasto immutato nella sua tranquillità: - Je suis désolée. Ma hanno ripreso. -
- Ripreso? -
- Oui, mon roi. -
Il Re sbattè le palpebre, una volta, due volte, tre volte: - Ma... - riassunse la sua solita espressione truce: - ... sei veramente sicura di quello che dici? -
- Oui, mon roi. -
Neru deglutì: - Ma... - lo sguardo duro s'incrinò appena: - ... avevano smesso! -
- E ora hanno ricominciato. -
"Posso sapere cosa sta succendo o vogliono continuare così per le prossime cinque ore?" aveva una gran voglia di chiederlo ad alta voce, ma capiva benissimo che non era il caso di intromettersi tra una sovrana e una messaggera che stava portando notizie sgradite.
Neru continuò a fissare Alys, quasi fosse colpa sua. Di contro, l'altra rimaneva sorridente e pacata - non un sorriso a trentadue denti, un sorriso appena accennato.
Poi la sovrana abbassò lo sguardo al suo boh-cellulare e digitò qualcosa. Dopo qualche secondo, sbiancò: - Hanno davvero ricominciato. -
- Oui, mon roi. - la pazienza di Alys non doveva avere fine.
- Beh... - il Re guardò oltre la sua spalla: - ... allora... allora ho bisogno di tirarmi su di morale! - assunse un'aria di superiorità: - Voglio una mela. Dammi una mela! -
- Non ne ho, mon roi. -
Neru si morse un labbro, palesemente in difficoltà: - Allora una mela caramellata! -
- Non ho neppure quella, mon roi. - il sorriso si fece più ampio: - E non vi fa bene mangiare così tanti zuccheri. La Principessa Lily gradirebbe che voi la smetteste di far così felice il dentista di corte. -
- Ma io voglio una mela caramellata! -
- Ci sono sacrifici che vanno fatti. - Alys si fece da parte: - A Città è richiesta la vostra presenza, mon roi. Non fateli aspettare. -
Se l'uovo caduto sulla testa di Haku fosse, invece, caduto sulla testa di Neru in quel momento, si sarebbe cotto all'istante.
- E invece aspetteranno! - il Re serrò il pugno libero: - Non basta che si battano per me, secondo loro dovrei anche presenziare! -
"Combattono per lei?" la situazione si stava facendo fin troppo bizzarra per rimanerne fuori: - Scusate, gentile signorina... - decise di rivolgersi ad Alys, interlocutrice ben più fattibile dell'altra: - Potrei sapere cosa sta succedendo? -
- Certamente. - la Messaggera indicò la città poco distante con un cenno della mano: - Monsieur Lion e Monsieur Licorne hanno ripreso a combattere. -
"Eh?" - Combattere? -
- Oui, mademoiselle. -
- Per... per... - guardò Neru, incredula: - ... per lei? -
- Per la corona. - specificò Alys.
"Cos- Come-" - Cioè... - sentì gli occhi far male, tanto li aveva spalancati: - Un Leone ed un Unicorno stanno combattendo per poter sposare Neru e diventare così sovrani? - "Ma Neru è già sposata e ha una figlia e, soprattutto, ha un carattere così-"
- Ma che sposarmi! - la voce del Re era salita di quindici ottave: - Io sono già sposata! - e il volto di almeno due gradazioni di rosso: - E ho una figlia! -
"E ha un carattere così-"
- No, quei due idioti vogliono la corona! La mia corona! Letteralmente! - digrignò i denti: - Ma non gliela lascerò! La corona è mia! -
- Mostrate il vostro valore, Votre Majesté! - trillò la Messaggera.
- Certo che lo mostrerò! - si mise il coso-cellulare in tasca e partì a passo di marcia: - Alys! - schioccò le dita: - Una colonna sonora adeguata! -
- Oui! - la Messaggera si schiarì la voce: - Nelle tenebre ghiacciate di quest'immensità, vorresti rompere questa gabbia di cristallo... - e iniziò a cantare, una musica particolarmente ritmata che risuonava da chissà dove.
"Mmmh..." Miku guardò Neru allontanarsi: "... sì, dovrei trovare l'entrata per il Paese delle Meraviglie, però..." le sfuggì un sorriso: "Voglio vedere questi due che si battono per la corona di Neru!"
- Ascoltami! Fa' ruggire la tua voce in un uragano! E, se necessario, distruggi questo mondo con un urlo! Sì, la rabbia di questo tifone trabocca dal tuo cuore! Ma non tirarti indietro, perché io credo in te! -
"... magari rimango un po' indietro, ecco."
Curiosa sì, di stare sulla strada di una tsundere irritata e fomentata no.

Il tragitto fino a Città fu più breve del previsto - e, in ogni caso, allietato dalla canzone di Alys.
Neru, in compenso, aveva percorso l'intera strada conficcando i piedi nel terreno e, una volta a destinazione, fu esausta.
- Vabbè, tanto non sono una minaccia vera. - sbuffò, col fiatone: - Io sono qui solo per guardare la loro disfatta, per ridere dei loro fallimenti, per ricordare che mai, mai avranno la mia corona! -
Miku evitò di farle notare quanto fosse impallidita all'annuncio di Alys. Si voltò verso la Messaggera: - Ci crede davvero? -
- No. - un sorriso dolce: - Quindi si convince di crederci. -
- Farebbe prima ad ammettere la verità. -
- Una volta convinta, per lei diventa verità. -
- Mh... - guardò il Re qualche passo davanti a loro, immobile, a regolare il respiro in modo che non sembrasse starsi spompando: - Deve essere dura lavorare per una persona del gen- così poco tranquilla. - stava comunque parlando di una sovrana, non poteva lasciarsi andare troppo.
- La mia precedente datrice di lavoro era molto peggio. - sospirò Alys.
- Ah, sì? - si voltò verso di lei: "Come può esserci una datrice di lavoro peggio di Neru?" - E, se posso osare chiedere, di chi si trattava? -
- Della Regina Rin del Paese del Giallo. -
Il cuore mancò un battito.
- ... la Regina...? -
- Il Re Neru è sucre, al confronto. -
"... Alys ha lavorato per Rin...?" si sentiva troppo pesante, talmente tanto da faticare a respirare: - ... oh. - abbozzò un sorriso: - Ecco perché sei così brava a tenerla a bada! -
- Merci beaucoup. -
Un groppo alla gola. Deglutì. Ma non se ne andò: - Ecco... -
- Oui? -
- ... dopo, potrei... - distolse lo sguardo. Non sapeva perché, ma non riusciva a parlare con quegli occhi viola nei suoi. Si sentiva in qualche modo scoperta: - ... chiederti alcune cose sulla Regina Rin? -
- Certamente. - il tono era un po' perplesso; quando tornò a guardarla, la sua espressione, in effetti, era a metà tra il confuso e l'incuriosito.
"Bene. Almeno non è restìa a parlarne..."
- Aquí estás! -
Un trillo la strappò ai suoi pensieri, riportandola a Città: una ragazza si stava avvicinando a gran velocità.
Era piuttosto sicura si trattasse di Maika: abito bianco aderente, con inserti fucsia, terza abbondante, grandi occhi rosa, capelli bianchi, lunghissimi, e-
"Cosa sono quei cosi."
-due enormi boccoli di almeno mezzo metro ciascuno. E il loro colore rosso-fucsia non era dovuto ad uno shatush, ma alla loro intrinseca natura di predatori: era certa che quella ragazza potesse muoverli a piacimento, srotolandoli verso il nemico, per poi catturarlo e farne ciò che voleva.
- Finalmente! Pensavo vi foste perse! - Maika si avvicinò a braccia spalancate, muovendole come se stesse disegnando un semicerchio nell'aria.
- Dove sono? - Neru quasi ringhiò.
- Aquì! - indicò la direzione con un ampio movimento delle mani: - Seguite il polverone e li troverete, Su Majestad! -
- Chi sta vincendo? -
- Aaaaah! - si portò le mani alle guance, un sorriso grandissimo, sognante: - León era in vantaggio, ma Unicornio è oltre la sua portata! -
- Come gesticola... - Miku non potè non notarlo. C'era qualcos'altro, poi, ma non riusciva a capire cosa...
- Oh, è gesticolazione italospagnola. - spiegò Alys.
- Ma italiani e spagnoli non sono la stessa- -
- Il resto è perché è una fangirl. -
"Oh." era alquanto sicura di essersi illuminata: "Allora... allora... è una mia simile!"
Credeva di essere sola, lì, e invece aveva trovato un'altra della sua stessa specie!
- Adesso mi sentono! - riuscì a malapena a sentire Neru pronunciare quella frase, prima di vederla sparire nella folla poco distante.
"... ma se erano così vicini, perché si è fatta dare indicazioni-"
- Alys, cara... - Maika e i suoi tentacoli tricotici si avvicinarono a loro: - Chi è la chica con te? - si chinò appena per guardarla negli occhi: - Una povera vittima della tsundericità del Re? -
Entrambe le Messaggere avevano una graziosa scollatura a cuore, ma Miku cercò di concentrarsi sulle parole della ragazza: - Sono Michelyne Alice Lydia Fairsound. - si presentò, con una piccola riverenza.
- Oh, si chiama quasi como tì! - cinguettò Maika, ovviamente rivolta ad Alys.
- Oh, ma tu... - l'altra parve ricordare qualcosa: - ... sei forse colei che ha salvato la notre princesse? -
"Come corrono le notizie..." anche se, a ben pensarci, era logico che le Messaggere Reali sapessero chi avesse salvato una delle loro datrici di lavoro.
- Ehm... sì. -
- Waaaaaaaaaaaah, kawaiiiiiiiiiiiii!!!! -
E si ritrovò ad annaspare contro Maika. Ma era sopravvissuta ad Haku, non sarebbe morta per una terza!
- Credo tu la stia soffocando. -
- Oh, lo siento! -
E Miku tornò a vivere.
- Perdonala. - un sorriso di scuse da parte di Alys: - E' stata in prigione per anni e ora si sta rifacendo del tempo perduto. -
- Oh... - Miku si torse le dita, a disagio: - Mi dispiace... -
- Ma di che, ma di che! - Maika sventolò le mani: - C'era il wifi gratis! -
"..."
- Oui. In teoria, la sua condanna era di molti mesi in meno, ma è voluta rimanere in cella più del dovuto per il wifi gratis. -
- Ti capisco. - "Anch'io avrei fatto lo stesso."
Soltanto...
- Ecco... - doveva osare: - ... per caso, sei stata messa in prigione dalla Regina Rin? -
Maika sgranò gli occhi: - Come lo sai? -
"Alys mi ha detto che-" - Che io sappia, sono le uniche prigioni con wifi gratis. -
- Oh. Giusto! - ridacchiò: - All'epoca della Regina Rin si stava molto meglio in cella che fuori! -
"..."
- Anche se pare che la Regina Meiko sia ancora più terribile. - Maika si portò le mani ai fianchi con un ampio movimento delle braccia.
- Almeno non ha idee bizzarre circa nuove leggi dal dubbio senso logico. - Alys sospirò, una mano alla guancia.
"Beh, visto che ci siamo..." - Posso farle ora, le domande sulla Regina Rin? -
La Messaggera dai capelli blu gettò un'occhiata alla folla, poi tornò a guardarla e annuì: - Credo ne avranno ancora per un po', quindi direi di sì. -
- Domande sulla ex-Reina? - Maika parve farsi più attenta.
- Non vi tratterrò a lungo. - in effetti, doveva fare una sola domanda.
- No te preocupes. - la rassicurò la Messaggera coi tentacoli.
- Dites nous. -
Miku inspirò a fondo: "... perché sono così agitata?" le braccia tremavano. Le mani tremavano. Il cuore batteva troppo forte.
Da quella risposta avrebbe potuto far luce sul mistero della Regina di Cuori.
Ma, non sapeva perché, aveva un po' paura.
Serrò i pugni, raccolse tutto il suo coraggio e chiese: - La Regina Rin è sempre stata così? -
Alys e Maika si scambiarono uno sguardo confuso.
- Così dispotica. - si affrettò a spiegare: - O magari prima era più gentile, più tranquilla...? -
- La Regina Rin non è mai stata gentile e tranquilla. - rispose Maika, lapidaria.
- Anche se... - Alys si fece pensierosa: - ... negli ultimi tempi si era fatta più cattiva del solito. -
- C'è una leggera differenza tra l'essere una niña caprichosa e l'essere una asesina. -
Un brivido gelido lungo la schiena. Come se non stesse tremando abbastanza.
- La Regina Rin, fin da quando siamo state assunte, è sempre stata particolarmente viziata. - spiegò Alys, seria: - Ma abbiamo sempre pensato fosse solo il risultato di un'educazione troppo permissiva. Non immaginavamo potesse... - la voce si spense.
Cadde un silenzio fin troppo pesante, tra loro, nonostante la confusione a pochi metri di distanza.
"... Rin è sempre stata così. Non è cambiata." sentiva gli occhi umidi. Avrebbe davvero voluto le rispondessero: "Prima era adorabile, gentilissima e dolcissima poi, all'improvviso, senza alcuna spiegazione, è diventata una psicopatica!".
Si torse le dita: "Allora... allora Meiko non è impazzita perché è diventata Regina...?"
- Se poi prima fosse più buona e cara, non sappiamo. - confessò Maika: - Noi siamo state solo sue dipendenti quando era già Reina. Forse solo il suo servo personale saprebbe darti una risposta più precisa. -
Un tuffo al cuore. Le sembrò che qualcuno avesse scacciato, con un solo soffio, una pesante nebbia nera che la circondava: "Loro l'hanno vista solo quando era già Regina?" un pensiero improvviso: "E poi... e poi hanno detto che è andata peggiorando!" forse la sua pista non era poi così sbagliata.
- Sì! - annuì, con forza. Nel farlo, qualcosa le cadde dagli occhi.
"Ah..." si affrettò a strofinarli.
- Hai altro da chiedere? - domandò Alys, gentile.
Miku scosse la testa: - No... no. - sorrise, un sorriso grande e spontaneo: - Grazie! Grazie davvero! Mi siete state molto utili! -
- De nada. - - De rien. -
"Bene. Quindi devo decisamente trovare Len!".
- Se va bene così, basta parlare di queste cose tristi. - Alys cambiò discorso: - Anche perché credo che là abbiano finito. - indicò la folla e Miku guardò da quella parte.
Il Re Neru stava davanti a due figure, le mani ai fianchi, le gambe divaricate e, ne era sicura, un'espressione furiosa.
- E' del tutto inutile che vi battiate! - stava urlando: - Non avrete mai la mia corona! Tutti i vostri sforzi sono inutili! Non- -
- I'm hungry. - una vocina adorabile riuscì a sovrastare la voce del Re senza neppure urlare. Un istante dopo, una delle due figure passò accanto a Neru e trotterellò nella loro direzione: - Maika! Do you have any pumpkin? -
La figura aveva un lungo corno al centro della fronte e, soprattutto-
- OMMIODDIO CHE PUCCIO! -
-era uno shota.
Uno shota con degli aborabili capelli biondi dall'aria morbidissima, un lungo mantello blu, un occhio azzurro come il cielo e l'altro bendato. Aveva parecchie bende, in effetti. Ma non toglievano nulla alla sua tenera pucciosità.
- Oh. - lo shota incrociò il suo sguardo. Miku dovette usare tutto il suo autocontrollo per non saltargli addosso. L'unicorno shota parlò di nuovo: - Another pervert like you. -
- No soy una pervertida! - protestò Maika: - Sono solo sicura che tu e Fukase siate una coppia adorabile! -
- Ciao, piccolo shota cornomunito, posso abbracciarti? -
- Only if you want to die. -
- Cattivo. - "Perché tutti gli shota sono così restii a farsi abbracciare?"
- Maikaaaa... - l'Unicorno tornò a guardare la Messaggera tentacoluta: - I'm hungry... -
- Non ho nessuna zucca, mi querido. - Maika sorrise: - Però abbiamo la specialità della casa! -
- Che tipo di specialità? - chiese Miku. Erano ore che non mangiava, in effetti.
Fu la voce morbida e tenera dell'Unicorno a risponderle: - Tarantula. -
Si voltò verso di lui: - ... eh? -
- Non hai mai mangiato una tarantola? - lo shota sorrise, in tutta la sua innocente pucciosità: - Silently, you creep along the tangent to my tongue... -
- Non stai dicendo sul serio, vero? -
- Your tracks tingle and force me to scratch... -
- Ehi, non sta dicendo sul serio, vero? -
- Your thatch bends to the shape of my wavelength... -
- Oliver, non spaventare gli ospiti! - lo riprese Maika, senza la benché minima traccia di rabbia: - Soprattutto se hanno salvato la nuestra princesa! -
- She looks so cute with that expression! -
"Questo shotino mi sta bullando." ma era troppo puccio per potersi arrabbiare con lui.
- Hai lasciato Hio a sorbirsi il Re? - quella di Alys non era neppure una domanda.
"Povero Hio. Chiunque egli sia." non potè non pensarlo.
- Tula Littata Luppashah, Palila Tufeepah Tilatu Lakkah... - Oliver, a giudicare da come canticchiava, non sembrava minimamente dispiaciuto.
- Ecco qui la specialità della casa! -
Non si era neppure accorta che Maika si era allontanata - l'Unicorno aveva assorbito tutta la sua attenzione.
Tuttavia, la Messaggera era tornata con una torta capace di far ingrassare di dieci chili solo a guardarla, quindi i suoi occhi riuscirono a distogliersi da Oliver e posarsi su quella massa di crema rosata di forma vagamente rettangolare.
- Oooh... - Miku si avvicinò, interessata: - Cos'è? -
- A cake. -
- Sì, lo vedo- -
- With leeches. -
- ... -
- A lot of leeches. -
- No, non ci sono sanguisughe. - le parole di Maika la tirarono su di morale e rimisero in sesto il suo stomaco, già prossimo alla centrifuga: - E' solo panna, fragole, cioccolato, crema, marmellata e frutta. -
Miku inarcò un sopracciglio: - Frutta? -
- La frutta fa bene. -
- Sipping my pumpkin spice with pumpkin pie, all the flavours warm and nice... -
"Però Oliver sembrava volere davvero tanto delle zucche..." si dispiacque un po'.
- Caramel cheesecake stuffed peanut dynamite... -
"..."
- Ci serve un posto dove posare la torta. - Alys, lì in mezzo, sembrava la voce della ragione.
- Non possiamo permettere che vada sprecata! - annuirono Miku e il suo stomaco.
- Oliveeeeeeeeer! - una voce lamentosa, poi qualcosa si appolipò all'Unicorno - e non erano i capelli di Maika: - Why you left me behind? -
- Because I needed a sacrificial victim. -
- Cattivo! -
Ad essere arrivato era quello che Miku intuì essere il Leone: aveva un pellicciotto fulvo sulle spalle, dei capelli biondi stranamente simili a quelli di Oliver, occhi rossi e-
"OMMIODDIO E' UNO SHOTA CRESCIUTO!"
-era uno Shota Cresciuto.
Miku sapeva che anche gli shota, un giorno, crescevano, ma non aveva mai visto uno Shota Cresciuto dal vivo.
- Oh? - il Leone si accorse di lei: - Chi è questa ragazza? -
- Sono Michelyne Alice Lydia Fairsound. - si presentò subito, il cuore fuori di sé: aveva davanti due shota. Due!
- E' la ragazza che ha salvato la principessa. - spiegò Alys.
- Una celebrità! - gli occhi rossi del Leone parvero brillare: - Hai sentito, Oliver? E' una celebrità! -
- Voglio la torta. -
- Io sono Hio, lui è Oliver. - presentò il Leone, con un gran sorriso.
"Oh, lui è il poverino finito tra le grinfie di Neru!" - Posso abbracciarti? -
- No. -
- Eccheddiamine. -
- Hio è promesso sposo ad un qualche gnocco! - fece Maika, sognante: - Un giorno si sposerà con un bellissimo gnocco, magari subito dopo o subito prima di Oliver e Fukase! -
- Ma chi è questo Fukase? -
- Un amico di Oliver. - spiegò Alys: - Si fa vedere ogni tanto. Maika è convinta siano fidanzati. -
"Oh. Quindi Maika è una fangirl del tipo fujoshi." capì Miku. Lei era più di ampie vedute: chiunque stava bene con chiunque e gli shota erano qualcosa di adorabile e di necessario abbraccio.
- Suppongo speri di accasare Hio con un altro ragazzo. - come se le parole della diretta interessata non fossero state abbastanza chiare.
- In realtà Hio vorrebbe accasarsi con lei, ma Maika è troppo presa a trovargli un fidanzato per accorgersene. -
"..." il Leone le fece all'istante una pena infinita: - Credo che la prima fetta di torta spetti ad Hio. -
- Grazie! - sorrise lui: - Ma perché? -
- Perché hai sopportato Neru. -
- Ottima risposta. -
- A proposito, dov'è il Re? -
- Qui, cretina. -
Miku fece un salto di mezzo metro quando se la ritrovò alle spalle: "Da quanto era lì? Perché era lì? Cosa vuole da me?"
- Candy marshmallow toffee crème brûlée keeps me awake. Sweet darling my little dummy, do you have to be such a fool? -
La canzoncina di Oliver le fece intuire che l'Unicorno voleva quella torta e che non approvava tutto quel ritardo. Dato che non aveva voglia di mettersi contro uno shota malvagio, decise di mettere da parte tutte le sue domande e di concentrarsi sulla valanga di calorie che Maika sorreggeva.
- Mangiamo a terra. -
La proposta di Alys fu accettata e tutti si sedettero a terra. Se non altro, la torta era protetta da uno spesso strato di piatto di ceramica.
- Chi taglia? - chiese Neru.
- Que decida el corazón! -
- Taglia tu! -
- Eh? - Miku trasalì quando il Re indicò lei.
- Non si fanno faticare gli ospiti. - disse Alys, semplicemente.
- Allora taglio io! - senza aspettare alcuna risposta, Maika tirò fuori dal nulla un grissino e lo strofinò sulla torta: - En tus manos me levanto me siento muy feliz... -
Mentre la Messaggera canticchiava e tagliava la torta con un grissino, Miku incrociò lo sguardo azzurro di Oliver.
Con sua somma sorpresa, lo shota non disse nulla di cattivo. In effetti, non disse nulla.
Tuttavia era un crimine avere davanti uno shota e non parlargli, quindi fu lei stessa a prendere la parola: - Sai, sono davvero onorata di incontrare un Unicorno! - sorrise: - Non ne avevo mai incontrato uno! -
- Ah, no? - Oliver parve leggermente stupito.
- E un Leone? - s'intromise Hio: - Un Leone l'hai mai incontrato? -
- In effetti no. - ammise Miku, con un sorriso di scuse: - Però ho visto delle foto! -
- De tu boca alimento mi alma y comienzo a vivir... -
- E non hai mai visto la foto di un Unicorno? - si stupì Hio, abbracciando Oliver. Lui poteva, a quanto sembrava. Una grande fortuna nella generica sfortuna.
- No. Da me non esistono. -
- En tus ojos me- -
Silenzio.
Miku sentì chiaramente ogni singolo paio di occhi piantarsi nella sua pelle.
- ... lo dicevo che venivi da un Paese di me- -
- Mon roi! -
- Oh. - Oliver piegò appena la testa di lato - e quasi accecò Hio con il corno: - Quindi sono un mostro leggendario? -
- Beh... - ci pensò: - ... sì. In effetti, sì. -
L'Unicorno ridacchiò. Pessimo segno.
- If I’m still a monster, then so are you too. -
- Eh? -
- Io non sapevo tu esistessi. Quindi, per me, non esistevi. Eppure sei qui. - il sorriso si fece più ampio e inquietante: - Per me, sei un mostro leggendario. -
- Oh. - sbattè le palpebre. Era seduta, ma si sentiva come se faticasse a stare in piedi. Era un controsenso, ma era quello che sentiva.
- Look, the reflection in my eyes... - canticchiò l'Unicorno: - Don't you see the monster live inside? -
C'era lei, nel riflesso del suo unico occhio visibile.
Lei, che era lì, concreta, nel Paese delle Meraviglie. Non nel sogno di qualcuno. Era lì per sua volontà, non per un disegno superiore. Si era immischiata in una situazione in cui, in fondo, non c'entrava niente, ma era ciò che aveva voluto.
Aveva sognato la ragazza che aveva dato il via al picco di follia di Rin. Forse, un pochino, era sempre stata coinvolta.
Ma avrebbe potuto andarsene quando voleva, lasciando la ragazza nei suoi sogni e Rin, Len, Kaito, Meiko, tutti quanti al loro destino. Non avevano niente a che vedere con lei.
Però era lì e voleva andare fino in fondo.
Era reale. Tutto ciò che la circondava era reale.
Ne era sicura.
- I mostri leggendari sono reali e non sogni. - sentì le guance tirare, lasciò andare il sorriso: - Quindi sì. Sono un mostro anch'io. - ridacchiò.
Qualcosa di strano nello sguardo di Oliver. Ma, una volta tanto, forse non era così negativo.
- Bene. Possiamo tornare alla torta? - anche Neru sembrava piuttosto impaziente.
- Oui, oui! -
- En tus ojos me hipnotizo y no puedo con esta obsesión, con un beso, bastará volaremos tú y yo... -.

Era soddisfatta.
Probabilmente aveva guadagnato cinque chili, ma era certa li avrebbe persi alla prossima corsa - perché sapeva ci sarebbe stata una prossima corsa. Si sarebbe profondamente stupita del contrario.
- Cos'era quella cosa del mostro negli occhi? - la voce contrariata di Hio raggiunse le sue orecchie, costringendola a guardare nella sua direzione: il Leone sembrava star rimproverando l'Unicorno - Oliver forse troppo preso dalla terza fetta di torta consecutiva per prestargli davvero attenzione.
- Non puoi andare da una ragazza e dirle che hai dei mostri negli occhi! - scosse la testa: - Quando si parla di queste cose, bisogna essere poetici! Dovresti dire, non so... che, nei suoi occhi, ci sono dei girasoli! -
- Ecco perché sei single. -
- Cattivo! -
Miku soffocò un sorriso e distolse lo sguardo - se l'avessero notata, sarebbe stato fin troppo ovvio che stava ridendo di quella scena.
- Ed ecco perché Yuki non ti si fila! -
"Yuki?" quel nome non potè che riportare la sua attenzione ai due.
- A Yuki non interessano frasi del genere. - Oliver fece sparire l'ultimo pezzo di torta: - E a me non interessa Yuki nel senso che pensi tu. -
- Tu e quella bambina siete assurdi. - Hio sospirò: - Di che parlavate l'ultima volta? Di quel Lavender Tone... -
- Lavender Town. -
"Non di nuovo!" sperò davvero che il più piccolo non si mettesse a parlare di creepypasta et similia. Le tornò in mente Ryuuto: "... se Oliver conosce Yuki, è quasi certo conosca anche lui. Quindi, Ryuuto si ritrova tra Yuki e Oliver." ci pensò bene: "... poverino.". Aveva tutta la sua compassione.
Il dialogo doveva essere degenerato, perché sentì il Leone dire: - Se le cose stanno così, torniamo a batterci per la corona! -
- D'accordo. -
- Non fingete che io non ci sia! - prima che Neru potesse fare qualsiasi cosa, però, due grossi tentacoli fucsia si avvolsero intorno ai due contendenti, ricoprendoli quasi del tutto, per poi sollevarli a qualche centimetro da terra.
- Avete già combattuto prima! - Maika si fece avanti, le mani ai fianchi: - E anche due ore fa! Per oggi avete esaurito i vostri buoni-combattimento! -
"I vostri cosa?" neppure si stupì del fatto che quegli affari fossero effettivamente tentacoli. Era ovvio.
- But- -
- Niente but-! -
- Ah, ma... - Miku notò quel particolare solo in quel momento. Si rivolse ad Alys, accanto a lei: - Come stavano combattendo, esattamente? Non sono feriti... -
La Messaggera le rivolse un gran sorriso.
Ma non rispose.
"...?"
- Tanto non vi darò mai la mia corona! - le urla di Neru erano più forti dei suoi pensieri: - Potete battervi quanto volete, ma sarà sempre del tutto inutile! -
- Il tuo parere è irrilevante. - disse Oliver, con la sua voce adorabile.
- Come osi? -
- Farebbero prima a sposare Lily. - sospirò Miku.
- No. - Alys scosse la testa: - Le corone sono personalizzate. Non avrebbero quella corona a prescindere. E' del Re Neru e basta. -
"..." - Vuoi dire che si stanno battendo per la corona come oggetto in sé? -
La Messaggera sbattè le palpebre: - Per cos'altro, altrimenti? -
"..." - E perché fanno una cosa simile? -
- Stando alle loro parole... - ricordò Alys: - Because it's cute and shiny. -
- ... oh. - lei non ci vedeva nulla di cute in un cuscino in una gabbia, ma i gusti non si discutevano.
- Ora potresti lasciarci, Maika? Per favore? -
- No. -
- Ho anche chiesto "per favore"! -
- Ehi! Io sono ancora qui! -
- Lattatulee paleela, Tuleepalle looleellappapa... -
Lasciò andare il sorriso che aveva trattenuto prima.
Le piaceva il Paese delle Meraviglie, e quella compagnia - e le piaceva il Paese dello Specchio, e quell'altra compagnia.
Avrebbe davvero voluto passare le giornate in quel modo, corse o non corse, pericoli mortali o meno.
Voleva che ogni giorno fosse così. Senza nessuna minaccia, senza nessuna famiglia separata, senza nessun legame spezzato.
Era ora di andare.
Si alzò e si spolverò la gonna: - Io dovrei- -
- Michelyne Alice Lydia Fairsound. -
Una scarica lungo il corpo. Una voce alle sue spalle.
Una voce che conosceva benissimo.
Si voltò, il cuore che martellava contro i timpani.
E incontrò un familiare sguardo azzurro.
- Len... -
Tic Tac Tic Tac
- Vostra Grazia Maestà Illustrissima Magnificenza la Regina di Cuori vi invita a prendere visione del suo invito. -
Una busta di carta bianca, con un sigillo rosso a forma di cuore. A tastarla, dentro sembrava esserci soltanto una lettera.
- ... la Regina di Cuori mi manda un invito? - rialzò lo sguardo: - Spero non mi stia invitando alla mia esecuzione. -
- Buona giornata. -
"No!" il cuore sobbalzò con violenza, fece male: non poteva permettere che Len se ne andasse.
- Aspetta! -
Un'occhiata delle sue: - Avete dubbi circa il contenuto della lettera? -
"Com'è formale..." - Tanti, in verità. - confessò: - Ma non è questo. Ho bisogno di parlarti. -
- Arrivederci. - lo vide voltarsi e sapeva che, se avesse iniziato a correre, non sarebbe più stata in grado di raggiungerlo.
- Si tratta di Rin! - la prima cosa che le era venuta in mente.
Ma bastò a fermare Len.
Lui tornò a guardarla, i movimenti lenti, ma lo sguardo attento.
"Oh. Basta nominare Rin per fermarlo?" cercò di non sorridere: "E se nominassi Rin e gli saltassi addosso per abbracciarlo mentre è distratto da quel nome-" no, sarebbe stato troppo anche per lei.
- Devo chiederti- -
- Un messaggero non può dire svolto il suo compito finché il destinatario non ha preso coscienza del messaggio. -
"Oh." guardò di nuovo la lettera. La mise in tasca: - Prendo coscienza dell'esistenza di questo invito a me diretto. Lo leggerò dopo. -
Len parve rilassarsi: - Sono in ritardo. - esordì, senza troppa preoccupazione: - Quindi non ho molto tempo da dedicarti. Qualsiasi cosa tu debba chiedermi, sii breve e diretta. -
Miku annuì. Si voltò verso gli altri, fece un cenno di scuse e si allontanò un pochino con Len: - Sarò diretta, allora. -
- E' quel che ti ho chiesto. -
- Rin è sempre stata così? -
- ... eh? -
- A parte l'aver- - si bloccò. Doveva essere diretta ma, con Len, non poteva essere così esplicita. Lui, del resto, aveva vissuto tutto quello in prima persona: - A parte com'è finito tutto. Prima di... - cercò le parole adatte: - ... diventare Regina, era come sarebbe poi stata da Regina? -
Len non rispose subito. Miku non capì se stesse ripensando al passato o se stesse cercando le parole da dirle.
O se dirle la verità.
- ... Rin è sempre stata molto viziata. - parlava piano, dosando ogni singola lettera: - Dopo la sua incoronazione, si è fatta più prepotente. Da lì è andata peggiorando. -
Miku giunse le mani, si torse le dita: "Quindi l'incoronazione ha portato ad un peggioramento." trasse un profondo respiro: "E Rin non può essere rimasta soggiogata dall'ebbrezza del potere, dato che è nata come principessa ed è sempre stata conscia del fatto che, un giorno, sarebbe stata lei la sovrana. Si è sempre trovata in una situazione di superiorità.".
- Perché me lo chiedi? -
Fu il suo turno a non rispondere subito. Tuttavia, se voleva l'aiuto di Len - in qualche modo - non poteva nascondergli una cosa simile: - ... voglio riportare indietro Meiko. - mormorò: - Forse... lei potrà aiutarci a sconfiggere la Regina di Cuori. -.
Len la squadrò dall'alto in basso. Il suo volto era impassibile: - Continuo a chiedermi perché tu lo stia facendo. -
- Ho le mie motivazioni. -
- Chiunque vada così a fondo è mosso da delle motivazioni. -
Lasciò in pace le dita. Quando separò le mani, le sentì un po' doloranti.
- Len... -
- Sì? -
- Cosa c'è scritto in quell'invito? -
- E' indirizzato a te. Leggilo. -
Non che potesse fare altrimenti. Mise una mano in tasca. C'era anche l'invito di Luka.
Il cuore risalì lungo il petto, lungo il collo, fino ad incastrarsi nella gola, pesante, rovente e ingombrante.
Tirò fuori l'invito della Regina di Cuori.
Il sigillo bastava a chiarire chi fosse il mittente. L'unica traccia dell'identità del destinatario era la scritta sul retro, in grandi svolazzi: Per Miku.
La lettera non voleva stare ferma. Continuava a tremare, e a gelarle le dita.
No, non era la lettera a tremare.
La aprì - i movimenti delle sue dita erano quasi meccanici - ed estrasse l'invito: un rettangolo di una qualche carta pregiata, scritta con una calligrafia tutta svolazzi, le lettere tracciate con inchiostro rosso acceso.

Mia cara Michelyne Alice Lydia Fairsound,
mi rincresce tu abbia dovuto assistere ad incresciosi incidenti a cui io stessa, mio malgrado, ho preso parte
e comprendo le motivazioni dietro il tuo ritiro al di fuori dei confini del Paese dello Specchio.
Per rimediare a questa triste vicenda,
mi piacerebbe molto se tu accettassi questo mio invito alla mia Villa privata nel Paese dell'Indaco.
Troverai la tua accompagnatrice al vertice, nel confine tra il Paese del Verde e il Paese del Giallo.
Sperando di accoglierti nella mia dimora il più presto possibile,
Regina di Cuori, sovrana del Paese del Giallo e del Paese dello Specchio tutto


"... nella firma neppure figura il nome di Meiko."
Le dita tremavano di meno: il tono era pericolosamente gentile ma, se non altro, non le annunciava la sua condanna a morte.
Non esplicitamente, almeno.
- Quand'è che dovrei andare? -
- Il prima possibile. Lei è già lì. -
Deglutì, ma il cuore continuava a soffocarla: - Sarà pericoloso? -
- Ovvio. -
Miku chiuse gli occhi. Erano troppo umidi.
Tic Tac Tic Tac
- ... saremo solo io e lei? -
- No. -
Riaprì gli occhi, il cuore di colpo più leggero: - No...? -
- Ci sono altre persone. - ripetè Len, freddo: - Non sarai sola. -
"... persone dalla mia parte, quindi?" portò la lettera al petto: - ... dovrei accettare? -
Le labbra dell'altro si curvarono in un sorriso sinistro: - Perché parli come se avessi possibilità di scelta? -
- Voglio illudermi. -
- Non ti servirà a nulla. -
- Lasciami illudere. -
- Idiota. -
- Posso abbracciarti? -
- Preferirei abbracciare un cactus. -
- Cattivo. - doveva essere una parola che gli shota si sentivano rivolgere spesso.
"... un attimo!" si voltò: Oliver e Hio, liberati dai tentacoli tricotici. Tornò a guardare Len.
Si trattenne dal fare un quadruplo salto mortale all'indietro - anche perché non sarebbe finito bene: - Uno shota... - contò: - ... due shota... uno shota cresciuto... - sentì un gran sorriso sulle labbra: - Tre shota! Tre! TRE! -
- Direi che posso andare. -
- Tutta questa shotaggine mi ha ridato la forza di credere nel domani! -
- Ecco, brava, credici. - Len sventolò una mano: - Ci si vede. - abbassò la voce: - Purtroppo. -
- Ciao, Shota Usamimi! -
Ma lo Shota Usamimi era già lontano - correva proprio veloce, soprattutto quando lo chiamava in quel modo!
Sventolò una mano anche lei.
Non aveva paura.
Era terrorizzata.
Ma era quello che aveva deciso di fare.
Non sarai sola.
"Io..."
Tic Tac Tic Tac
"... devo andare.".

Tornò da Neru, Alys, Maika, Hio e Oliver, l'invito di nuovo nella tasca.
- Quello non era il messaggero de- -
- Mi ha fatto molto piacere passare del tempo in vostra compagnia! - Miku interruppe Neru - non era sicura che gli altri avrebbero preso bene il sentire il nome della Regina di Cuori: - Ora devo proprio andare. -
- Piacere nostro! - trillò Maika.
- Torna quando vuoi. - sorrise Alys.
Miku annuì: - Grazie a tutti. - si rivolse al Leone e all'Unicorno: - E buona fortuna! -
- Thank you! -
- Un attimo, "buona fortuna" per cosa? -
- Anche voi, Vostra Maestà. - fece una piccola riverenza: - Auguro a tutti voi una buona giornata. - ci pensò un istante: - Per caso... -
- Oui? -
- ... sapete da che parte è l'uscita per il Paese delle Meraviglie? -
I presenti si scambiarono delle occhiate.
- Dove devi andare? - domandò Maika.
- Nel Paese del Verde, nel Paese dello Specchio. -
Altre occhiate.
- Sei a piedi? - chiese Alys. Miku annuì.
- Ci metterà un sacco, così! - fece Hio, le braccia conserte: - E se prendesse il treno? -
- Il treno? -
- Giusto, il treno! - la Messaggera dalla lunga treccia blu tornò a guardarla: - Il treno è molto veloce. Sarai nel Paese del Verde entro stasera! -
"E' così lontano?" in effetti, lei aveva percorso il viaggio d'andata con delle gambe estremamente più lunghe.
- Oh! Grazie dell'informazione! -
- Sai dov'è il treno? -
- No! -
- Why are you smiling...? -
- Oh, sei proprio un'ignorante! -
- Mon roi! - Alys socchiuse gli occhi, con disappunto: - E' legittimo che un'ospite non conosca questo posto! -
Ma Neru non sembrava starla ad ascoltare: aveva tirato fuori il suo coso-boh-forse-cellulare e stava digitando tasti a caso.
Dopo qualche secondo, rialzò la testa, le guance tinte di pomodoro maturo: - Vai al Colle PiùOMenoRotondo. Ti ho mandato una scorta. -
"..." trattenne una risata: "... che razza di tsundere." - Vi ringrazio immensamente, Re Neru! -
- Sì, va bene, ora fila! -
- ... dov'è il Colle PiùOMenoRotondo? -
- Ma sei proprio- -
- Mon roi! -
- Segui la via principale di Città. - Oliver s'intromise, indicando la suddetta: - Arrivata dal venditore di ombrelli, gira a destra, fino alla casa della figlia del becchino - la riconoscerai, credimi. Prima di quella casa, svolta a sinistra, aggira la montagnola di rottami in senso antiorario e poi vai sempre dritta. Riconoscerai il CollePiùOMenoRotondo perché è meno rotondo degli altri. -
- Oh! - giunse le mani: - Grazie! Posso sdebitarmi abbracciandoti? -
- No. -
- E tu, Hio, che hai suggerito il treno? -
- Preferirei davvero di no. -
- Ma non è un no netto! -
- E' un modo gentile per dire un no netto. -
Miku sospirò, affranta: "Non ho proprio fortuna con gli shota...". Aveva più successo con le loli. Rin era stata proprio una brava ragazza, si era fatta abbracciare senza fare nessuna storia!
Salutò tutti ancora una volta - Maika si sbracciava con la sua gesticolazione italospagnola, Hio le fece un cenno, Alys e persino Oliver sventolavano appena una mano e Neru le faceva il gesto di allontanarsi il più in fretta possibile.
"Che ameno quadretto." con un sorriso, saltellò lungo la via indicatale dall'Unicorno.
Sperava che, colpendo il suolo a ritmo, tutta la tensione che sentiva si scaricasse nel terreno.

"Bene. Sono arrivata."
Non era stato poi così difficile arrivare sulla cima del Colle PiùOMenoRotondo - non che fosse poi tanto alto, visto che non era poi così rotondo.
"Ora..." si portò le mani ai fianchi: "... dovrei aspettare, tipo...?".
Era lì, da sola, a non fare niente. Quale miglior momento per vedersi piombare addosso un qualche imprevisto?
- Scacco! -
"... e ora cosa succede?".






Note:
* "Cioccolato, biscotti, crostate di lamponi / Apri bene la bocca, ti imboccherò / Fino a quando i tuoi denti marciranno": Pumpkin March
* "Nelle tenebre ghiacciate di quest'immensità, vorresti rompere questa gabbia di cristallo...": Avenir
* "Silently, you creep along the tangent to my tongue...": Tarantula
* "Tula Littata Luppashah, Palila Tufeepah Tilatu Lakkah": Pumpkin March
* "Leeches": Riferimento a Leech Boy.
* "Sipping my pumpkin spice with pumpkin pie [...]": Pumpkin Spice Dummy
* "Candy marshmallow toffee crème brûlée keeps me awake [...]": Pumpkin Spice Dummy
* "Que decida el corazón!": Dalla canzone omonima.
* "En tus manos me levanto me siento muy feliz... [...]": En tu mirar
* "If I’m still a monster, then so are you too.": Pumpkin Spice Dummy
* "Look, the reflection in my eyes... / Don't you see the monster live inside?": Pumpkin March
* I girasoli negli occhi sono un riferimento a Sunflowers in your eyes.
* Di che parlavate l'ultima volta? Di quel Lavender Tone... / Lavender Town.: Riferimenti a Lavender Town Syndrome e Lavender Tone.
* "Lattatulee paleela, Tuleepalle looleellappapa": Pumpkin Spice Dummy
* Le indicazioni di Oliver sono riferimenti a The Umbrella Salesman, The Undertaker's Daughter e The Scrap Boy.

Anche se le canzoni vengono cantate comunque in inglese, dato che hanno un riscontro nella narrazione (al contrario di quella spagnola di Maika, che è solo un cantato sovrappensiero), eccone una traduzione (avvisatemi se ci sono errori!):

* "Silently, you creep along the tangent to my tongue / Your tracks tingle and force me to scratch / Your thatch bends to the shape of my wavelength"
Silenziosa, strisci lungo la (tangente della) mia lingua / Le tue impronte pizzicano e mi costringono a graffiarmi / Il tuo pelo si piega alla forma della mia lunghezza d'onda
* "Sipping my pumpkin spice with pumpkin pie, all the flavours warm and nice / Caramel cheesecake stuffed peanut dynamite"
Sorseggiando la spezia di zucca dalla torta di zucca, tutti i sapori (sono) caldi e piacevoli / Cheesecake al caramello ripiena di dinamite di arachidi
* "Candy marshmallow toffee crème brûlée keeps me awake. Sweet darling my little dummy, do you have to be such a fool?"
Le caramelle, i marshmallow, le caramelle mou, la crème brûlée mi tengono sveglio. Tesoro mio, mio piccolo manichino, devi proprio essere così stupido?
* "Look, the reflection in my eyes / Don't you see the monster live inside?"
Guarda, il riflesso nei miei occhi / Non vedi il mostro che ci vive dentro?

Credo che le frasi in francese/spagnolo/inglese siano abbastanza comprensibili; ho deciso di tradurre comunque questa perché più lunga - anche se credo sia piuttosto intuibile. (Se invece è il caso traduca un po' tutto, ditemelo °A°)

* "Why you left me behind? // Because I needed a sacrificial victim."
Perché mi hai lasciato indietro? // Perché avevo bisogno di una vittima sacrificale.




Oh. Aggiorno dopo solo tre mesi. Sto migliorando! *schiva ortaggi assortiti*

Questo capitolo è molto più internescional di quanto l'avessi pensato - ovviamente, se i personaggi parlano in francese/spagnolo/inglese troppo maccheronico, avvisatemi! \OAO/

E praticamente tutto si rifà ad Attraverso lo specchio, con valanghe di citazioni varie&eventuali.
C'è, tuttavia, una differenza piuttosto grossa: nel libro originale, i due messaggeri altri non erano che il Cappellaio e la Lepre Marzolina; capite, però, che non potevo far riapparire Rin e Len in un posto simile, in un momento simile e in un ruolo simile. U_U

Quanto ai personaggi presenti: io adoro Oliver (venuto più malvagio del previsto...) e Hio (venuto più vittima del previsto (!)), Maika mi piace molto (e dovrei approfondire di più circa le sue canzoni...) e Alys (che non è una Vocaloid o un'Utau o un derivato, ma dettagli) mi incuriosisce abbastanza.
Neru, in realtà, non mi dice niente, ma spero di averla comunque resa decentemente. °^° (Soprattutto, spero non sembri un personaggio negativo. E' buona, è soltanto una tsundere terribilmente orgogliosa!)
Mi sarebbe piaciuto metterci anche Fukase ma, quando concepii la storia, lui non era neppure stato ideato e di ruoli liberi non ce ne sono più, quindi... ç___ç *Citazione e basta.*
Aah, ho tutto un grosso headcanon sulla famigliola felice (?) Oliver-Hio-Maika-Fukase-Yuki-Ryuuto, mi piacerebbe scriverci qualche flash idiota. *Ahah, non succederà mai.*

Confesso che il relativamente poco spazio preso da Len mi ha stupita. Pensavo che il suo discorso con Miku sarebbe stato molto più lungo. Oh, beh. U__U

Forse alcuni dialoghi, in generale, possono sembrare insistenti e/o esagerati. Ma vi posso assicurare che, alla fine, tutto avrà senso.
Tipo.
Qualcosa nel genere.
Perché, in caso contrario, vorrebbe dire che ho fatto casino.

Grazie ad Alys, Maika e Len, Miku ha una nuova pista: riuscirà a fare ciò che si è prefissata? (Se ve lo dico, tanto vale vi spoileri il finale.)
Chi è che ha fatto scacco? Miku non può proprio starsene da sola a cazzeggiare per dieci secondi? Cosa succederà nella Villa nel Paese dell'Indaco? Il Paese dell'Indaco serve dunque a qualcosa? Chi sarà l'accompagnatrice di Miku? Come fa Miku ad avere tutte quelle energie se mangia e dorme a caso? Ma, soprattutto, in che modo si stavano battendo Oliver e Hio?
In via eccezionale, risponderò qui ed ora ad un'unica domanda e scelgo di rispondere all'ultima: boh.

In tutto ciò, voglio ringraziare Tayr, già mia beta e ora pure aiuto nel tradurre le frasi più arzigogolate. Grazie! çAç/

E dunque, come sempre, spero che questo capitolo vi sia stato di gradimento. ^^ Come sempre 2, se notate errori o avete qualcosa da consigliare, ditemi! ^^

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