Anche un cuore di ghiaccio può amare

di world_magic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The choice ***
Capitolo 2: *** Just jump ***
Capitolo 3: *** Clear enough? ***
Capitolo 4: *** New friends and first aid kit ***
Capitolo 5: *** You, idiot ***
Capitolo 6: *** Confessions ***
Capitolo 7: *** First fighitings and unexpected kindness ***
Capitolo 8: *** Did you do that? ***
Capitolo 9: *** Tell me the truth ***
Capitolo 10: *** Midnight ***
Capitolo 11: *** Secrets ***
Capitolo 12: *** You're so sweet ***
Capitolo 13: *** Do you want to have dinner with me? ***
Capitolo 14: *** Finally me ***
Capitolo 15: *** Nerves and jealousy ***
Capitolo 16: *** He’s gonna pay ***
Capitolo 17: *** Simulations and a bleeding nose ***
Capitolo 18: *** You must come with us ***
Capitolo 19: *** Factionless ***
Capitolo 20: *** Death list ***
Capitolo 21: *** I really hope you agree with me ***
Capitolo 22: *** Old friends and discussions ***
Capitolo 23: *** Safe ***
Capitolo 24: *** Final test ***
Capitolo 25: *** Finale ***



Capitolo 1
*** The choice ***


CAPITOLO 1
The choice

 
-Elizabeth, scendi! È ora di fare colazione! –
Come ogni mattina, mia mamma si sgola dal piano di sotto per convincermi ad alzarmi e ad andare a fare colazione. E io, come ogni mattina, rispondo con un mugugno che dovrebbe significare “arrivo” e mi giro dall’altra parte del letto solo per tornare a dormire.
-Elizabeth, forza! È il giorno della scelta! Oggi non puoi assolutamente arrivare in ritardo! –
Già, il giorno della scelta. Sono stata tormentata tutta la notte da questo pensiero.
Al test attitudinale ho avuto l’unico risultato che non mi sarei mai e poi mai aspettata di ottenere: Intrepidi. Insomma, chi mai si sarebbe aspettato che una ragazza Pacifica in tutto e per tutto, dalla radice dei capelli fino alla punta dei piedi, i cui parenti sono Pacifici da almeno tre generazioni, avrebbe ottenuto come risultato del test attitudinale la fazione dai valori completamente opposti a quelli della sua fazione di origine?
E ho pensato per tutta la notte alla mia scelta: non voglio lasciare la mia famiglia, perché la adoro, ma al tempo stesso sento che non sarebbe giusto scegliere i Pacifici e negare ciò che il test attitudinale aveva messo in luce. La mia personalità è adatta agli Intrepidi.
Cercando di ignorare il nodo allo stomaco che mi tormenta da quando sono andata a dormire ieri sera, scendo e mi siedo a tavola con la mia famiglia: mio padre, mia madre, e i miei due fratellini gemelli, Ben e Douglas.
Dopo un paio di minuti di silenzio, mio padre prende la parola.
-Sei pronta per la tua scelta, Elizabeth? -
-Non so, papà. Credo di non aver ancora realizzato che è già arrivato il giorno della scelta. –
-Devi decidere con saggezza. Quello che sceglierai oggi determinerà tutto il tuo futuro, quindi pensaci bene e non fare scelte avventate. –
-Scegli con il cuore – interviene mia madre – non ti devi preoccupare per noi. Continueremo ad amarti, anche se decidi di cambiare fazione. –
Guardo mia madre negli occhi: le sue iridi, verdi come le foglie estivi proprio come le mie, mi stanno fissando con tutto l’amore che una madre può provare per una figlia.
Rimango in silenzio: come faccio a lasciare una famiglia che mi ama così tanto? Ma, al tempo stesso, come posso ignorare la sensazione di felicità che mi pervade ogni volta che mi immagino a vivere tra gli Intrepidi?
Fin da piccola sono stata una ragazzina intraprendente, che si avventurava vicino alla recinzione nonostante fosse espressamente proibito farlo, che non esitava a tirare un pugno ai bulli che infastidivano i più deboli. La mia personalità “vivace” – com’era stata definita più volte – mi era costata non poche punizioni, ma le avevo sempre accettate di buon grado perché in cuor mio sapevo di aver fatto la cosa giusta disobbedendo alle regole. Il mio motto era: meglio essere punita che ignorare le ingiustizie.
Senza una parola, mi alzo e torno in camera mia per prepararmi: mi vesto lentamente, come se questo potesse rallentare il tempo e darmi qualche minuto in più per pensare, ma quando sento mio padre chiamarmi per prendere il treno e andare in città, capisco che il tempo per pensare è finito.
 
 Quando entro nella sala della cerimonia, rimango abbagliata da tutti i colori degli abiti delle fazioni. Il blu sgargiante degli Eruditi, il grigio degli Abneganti, il bianco misto a nero dei Candidi, e il nero e il rosso degli Intrepidi. In lontananza, in fondo alla sala, posso anche scorgere il giallo e l’arancione, i colori della mia fazione: infatti, tutti i Pacifici, me inclusa, si stanno dirigendo verso il proprio settore per prendere posto in attesa dell’inizio della cerimonia.
Poco dopo, una donna Erudita e un uomo Abnegante prendono la parola dando così il via alle scelte: dopo un breve discorso, iniziano a chiamare i nomi di tutti i sedicenni che oggi dovranno giurare fedeltà a una delle cinque fazioni. E, ovviamente, partono a chiamare dall’ultimo nome della lista. Questo significa che sarò tra i primi ad avviarmi verso quel podio.
Come previsto, vengo chiamata per terza.
-Elizabeth Taylor.
Mi alzo lentamente e mi dirigo verso il tavolo dove sono state posizionate le coppe. Tra pochi secondi dovrò versare una goccia del mio sangue in uno di quei recipienti.
Sicuramente non andrà nell’acqua degli Eruditi. Non sono di certo una ragazza che vive solo di studio.
Non finirà nemmeno tra le pietre degli Abneganti. Non sono un’egoista, ma non riesco a mettere gli altri al primo posto come fanno loro.
Anche il vetro dei Candidi è fuori questione. Sono una bugiarda troppo brava quando serve.
Finirà tra la terra dei Pacifici? Oppure tra i carboni ardenti degli Intrepidi?
Prendo il coltello in mano e mi faccio un piccolo taglietto nella parte bassa della mano, come da tradizione. Sono ancora tormentata dai dubbi quando, stanca di farmi problemi, sollevo la mano e lascio che il mio sangue cada nella coppa.
Tra i carboni ardenti degli Intrepidi.
 
Spazio autrice
Ciao a tutti! Innanzitutto, grazie a chiunque sia arrivato fin quaggiù, perché vuol dire che avete letto tutto il capitolo. Spero vi sia piaciuto! È da un po’ di tempo che non scrivo più perciò vi chiedo scusa se il capitolo non è dei migliori. È la prima fan fiction che scrivo su Divergent, quindi se avete dei consigli da darmi o se semplicemente volete scrivermi qualcosa recensite pure.
Cercherò di aggiornare regolarmente ogni domenica, ma se ci saranno problemi ve lo comunicherò.
A presto!
 
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Capitolo 2
*** Just jump ***


CAPITOLO 2
Just jump

 
Ancora non ci credo. Ho davvero scelto gli Intrepidi.
Nelle orecchie sento ancora il suono del mio sangue che sfrigola appena entra in contatto con i carboni ardenti. E credo che sia il suono più bello che abbia mai sentito in tutta la mia vita.
Mi volto verso i miei genitori e, anche se riesco a scorgere un velo di tristezza nei loro volti, li vedo sorridere. Sono contenti che abbia scelto quello che mi rende felice.
Vado a sedermi nella parte della sala riservata alla mia nuova fazione mentre tutti gli Intrepidi stanno ancora battendo le mani urlando per la mia scelta. Mi avevano sempre detto che i membri di questa fazione sono esuberanti e rumorosi, ma non avrei mai immaginato che lo fossero a tal punto.
Passa circa mezz’ora o poco più e tutti hanno scelto; mi guardo intorno e noto che tra gli Intrepidi siamo solo otto trasfazione: un Abnegante, tre Candidi, tre Eruditi e io, l’unica Pacifica.
Appena l’uomo Abnegante che aveva chiamato i nomi dei sedicenni dichiara la cerimonia conclusa, tutti gli Intrepidi si alzano e iniziano a correre verso l’uscita. Temendo di rimanere indietro, mi alzo anch’io e corro più che posso, tentando di mantenere il loro passo.
Corriamo per le vie della città e finalmente mi sento libera. Sono felice di essermi fidata del test: questo è veramente il mio posto, perché anche se le gambe mi fanno male per lo sforzo della corsa, anche se ho il fiato corto e sento che potrei svenire in questo preciso momento, non mi sono mai sentita così viva.
A un certo punto rallentiamo e mi accorgo che i ragazzi in testa al gruppo hanno iniziato a salire su dei pilastri di metallo, quelli che sorreggono la ferrovia. Senza pensare a quanto possa essere strano arrampicarsi su quei mostri arrugginiti per prendere il treno, salgo e cerco di raggiungere la cima sperando di non cadere di sotto. Riesco nell’impresa e arrivo sulla piattaforma proprio mentre sta arrivando il treno, che sento fischiare in lontananza. Lo vedo, sta svoltando e si dirige verso di noi. Ma non rallenta.
Mi volto, sperando di riuscire a chiedere delle spiegazioni a uno degli interni, ma noto che tutti hanno iniziato a correre. Quando capisco che stanno correndo per prendere lo slancio e salire sul treno, che non si fermerà, mi metto a correre come se non ci fosse un domani. Il ragazzo Intrepido davanti a me sale su uno spuntone attaccato al treno e, rimanendo in equilibrio su quel sostegno precario, apre la porta del vagone ed entra. Temendo che la pista possa finire da un momento all’altro, appoggio – grazie a un aiuto inaspettato della fortuna – un piede sullo spuntone e, aggrappandomi a una maniglia del vagone, mi lancio dentro.
Ce l’ho fatta. Sono salita su un treno in corsa. Ora posso fare di tutto.
Noto che il ragazzino Abnegante è riuscito a salire per pura fortuna e si è seduto attaccato alla parete per riprendere fiato. Mi siedo accanto a lui, sperando di riuscire a fare un po’ di conversazione.
-Ti senti bene? – chiedo, preoccupata dal pallore mortale che aveva preso possesso del suo volto.
-Sì … è solo che … non ero preparato … a salire su un treno … in corsa! – dice mentre ansima cercando di normalizzare il ritmo del suo respiro.
-Come ti chiami? – gli chiedo.
-Joshua. E tu? –
-Elizabeth. –
Mentre Joshua continua a respirare profondamente, io mi guardo intorno: nel vagone ci sono due dei tre trasfazione Eruditi, alcuni interni e altri membri adulti. Mentre gli Eruditi parlottano tra loro a bassa voce, gli Intrepidi, iniziati e non, chiacchierano allegramente e ad alta voce. Poso il mio sguardo su un gruppetto di iniziati interni: stanno adocchiando gli Eruditi e ridono sotto i baffi, come se stessero architettando qualcosa contro di loro. Uno di quei ragazzi si volta verso me e Joshua. Ha i capelli corti e biondi, occhi scuri e profondi, che sembravano nascondere centinaia di segreti ma che in questo momento mi stanno guardando in modo amichevole. Anche se, pensandoci bene, potrebbe anche essere compassione. Mi volto, sentendomi a disagio, poi una donna Intrepida grida: - Preparatevi! –
Joshua alza lo sguardo preoccupato: - Per cosa dovremmo prepararci? –
Non sapendo cosa aspettarmi, mi alzo e vado verso il portellone del treno – che era rimasto aperto per tutta la corsa, cosa che probabilmente aveva senso nella logica intrepida: sporgendomi, noto che ci stiamo avvicinando a un edificio e che quelli nei primi vagoni hanno iniziato a saltare. Nel vuoto. Per atterrare sul tetto.
-Joshua, alzati.  – dico tornando al sicuro lontano dal portellone. – Dobbiamo saltare su un tetto. –
-COSA?! –
Non gli do’ la possibilità di chiedermi altro, perché nel frattempo il nostro vagone si è avvicinato all’edificio e voglio prendere uno slancio buono ed essere sicura di atterrare su quel tetto.  Non ho intenzione di finire spiaccicata al suolo che, giusto per essere precisi, si trova ad almeno un centinaio di metri sotto di noi.
Joshua mi imita e si prepara a saltare.
-Sicura che dobbiamo farlo? – mi chiede con la faccia di un cucciolo spaurito.
-Vuoi diventare un Escluso? – gli dico. Poi, senza pensarci due volte, salto. Chiudo gli occhi, così, se manco il tetto, non sarò costretta a guardare mentre precipito al suolo.
Poi colpisco una superficie dura e piena di sassolini che mi graffiano i gomiti e le ginocchia. Sono atterrata sul tetto. Sono viva.
Ringrazio mentalmente la buona stella che mi ha protetto e mi alzo, mentre Joshua atterra con un gemito di dolore.
Vado verso di lui per aiutarlo ad alzarsi, quando sento una voce profonda e minacciosa che sbraita: - Ascoltatemi tutti! –
Il buonsenso mi dice che è meglio fare come vuole, quindi mi fermo e mi volto verso l’uomo che ha parlato un istante fa.
Non è un uomo, è un ragazzo. Avrà al massimo un paio di anni in più rispetto a me, ha vari tatuaggi sul collo e sulle braccia – ma non riesco a distinguerli bene da qui – e un piercing sul sopracciglio. La sua espressione è tutt’altro che amichevole, anzi, sembra volerci uccidere con lo sguardo uno dopo l’altro. I suoi occhi sono grigi e chiarissimi, glaciali, e sembrano riuscire a intimorire ogni ragazzo presente su questo tetto, non solo gli iniziati ma anche gli altri Intrepidi che ci stavano aspettando lì con lui.
-Io sono Eric, uno dei vostri Capofazione. Se volete entrare negli intrepidi, questo è l’ingresso, - e con un gesto teatrale della mano, ci mostra il vuoto che si apre dietro il cornicione dell’edificio. – Qualcuno deve saltare per primo, perciò chi vuole aprire le danze? –
Vedo che tutti abbassano lo sguardo e fanno un timido passo indietro, proprio come faccio io. Vedo che anche gli interni sono restii a saltare. Aspetto qualche minuto, nella speranza che qualcuno si faccia avanti: quando alzo lo sguardo sul ragazzo Eric, vedo che ci sta scrutando e che la sua espressione sta diventando sempre più minacciosa. Ho l’impressione che se nessuno si offre entro poco, ci prenderà uno a uno e ci butterà personalmente giù da questo tetto.
-Vado io – dico rompendo il silenzio di tomba che si era creato.
Eric si volta verso di me e noto che i suoi occhi glaciali tradiscono una leggera sorpresa quando vedono che indosso i colori dei Pacifici.
Si sposta, lasciandomi tutto lo spazio per salire sul cornicione. Non appena riesco a issarmi noto che sul fondo dell’edificio c’è un buco, e che non si vede cosa c’è sotto. Cerco di rassicurarmi, penso che non ci ucciderebbero tutti subito, altrimenti la nostra città rimarrebbe sguarnita di soldati, chiudo gli occhi e dico tra me e me: - Salta e basta. –
E mi lascio cadere nel vuoto.
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Ho aggiornato con un giorno di anticipo, dato che domani probabilmente non potrò connettermi.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Ho cercato di scriverlo meglio che potevo, nonostante il mal di testa mi stia aprendo in due il cranio.
Comunque Elizabeth non sarà sempre così remissiva con Eric, anzi nei prossimi capitoli si farà valere.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto il primi capitolo, ringrazio che lo hanno recensito e ringrazio in anticipo tutti quelli che leggeranno (e recensiranno) anche questo capitolo!
Il prossimo aggiornamento sarà giovedì o venerdì!
Alla prossima! 

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Capitolo 3
*** Clear enough? ***


CAPITOLO 3
Clear enough?
 
Atterro su una rete dopo un tempo che sembra eterno, anche se probabilmente erano passati solo pochi secondi. Un ragazzo, alto, moro, con gli occhi azzurri e il fisico asciutto, mi aiuta a scendere.
La sua espressione è neutra, anche i suoi occhi lasciano intendere che è un po’ scocciato, impaziente, come se stare qui, sotto questa rete, fosse l’ultimo tra i suoi desideri. Mi viene automatico pensare all’iniziazione dei Pacifici, dove gli iniziati vengono accolti con musica e canti e tutti si sorridono amichevolmente. Qui le cose sembrano essere molto diverse.
-Qual è il tuo nome? Puoi anche sceglierne uno nuovo, ma non potrai più cambiarlo. – mi chiede dopo che ho riacquistato l’equilibrio.
Sto per dire “ mi chiamo Elizabeth”, ma poi penso che potrei cambiare nome: potrei crearmi una nuova identità, con un nome che segni il mio passaggio dai Pacifici agli Intrepidi. Tuttavia, al tempo stesso, non voglio rinunciare al nome che mi ha dato la mia famiglia, all’ultima cosa che mi lega ancora all’armonia dei Pacifici.
-Sono Liz – rispondo. Un’abbreviazione del mio nome natale, mi sembra un buon compromesso tra le due alternative.
-Prima a saltare, Liz! – urla il ragazzo della rete.
Mentre tutti quelli che sono lì intorno iniziano ad applaudire, io mi apparto e lascio spazio al prossimo ragazzo o ragazza che salterà.
Il piccolo recital si ripete per altre diciannove volte: un iniziato salta, occhi-blu lo tira giù, gli chiede il nome e con uno scroscio di applausi il ragazzo viene accolto dagli altri Intrepidi. Joshua è il decimo a lasciarsi cadere dal cornicione del tetto.
Dopo che tutti, compresi Eric e gli altri Intrepidi che erano sul tetto, sono saltati, il ragazzo dagli occhi blu si para davanti a noi e dice: - Gli iniziati interni seguano Lauren, i trasfazione rimangono qua con me. –
I dodici interni se ne vanno e noi otto rimaniamo soli. – Mi chiamo Quattro e sarò il vostro istruttore, anche se di solito lavoro al centro di controllo. Ora, seguitemi. –
 
Dopo averci mostrato la residenza degli Intrepidi, Quattro ci ha portato nel dormitorio – che abbiamo scoperto essere in comune per uomini e donne, con sommo disappunto della maggior parte di noi – e ci ha dato cinque minuti per cambiarci e gettare i nostri vecchi vestiti nell’inceneritore. Vedere i miei vestiti da Pacifica bruciare è più dura di quanto pensassi, ma credo che sia un gesto simbolico necessario per prendere le distanze dalle usanze e dalle abitudini della mia vecchia fazione. È ora di iniziare una nuova vita.
Entriamo in mensa accompagnati da Quattro e noto che gli iniziati interni sono già seduti ai vari tavoli e stanno chiacchierando amichevolmente tra loro. Mi avrebbe ricordato molto una cena tra Pacifici, se non fosse stato per un piccolo particolare: mentre nella mia vecchia fazione si parla a bassa voce, educatamente, lasciando a tutti la possibilità di esprimere il proprio pensiero, qui tutti parlano – o meglio, urlano - contemporaneamente, interrompendosi più volte a vicenda.
Sentendomi un pesce fuor d’acqua in mezzo a questo baccano, vado verso il bancone con la cena, prendo un vassoio e ci metto sopra le prime cose che mi capitano alla mano: un pezzo di pane, un hamburger e un po’ delle verdure che riesco a trovare. Non sono cucinate bene come quelle che prepara mia madre, ma mi devo accontentare.  Quando mi volto verso Joshua, lo vedo impacciato quanto me, così lo aspetto e andiamo a sederci insieme all’unico tavolo dove ci sono ancora posti liberi.
-Certo che qua hanno l’imbarazzo della scelta, eh? Non ho mai visto così tanto cibo insieme! – chiede Joshua squadrando l’hamburger che aveva preso come se fosse qualcosa di alieno.
-A quanto pare, ma stai tranquillo, sono quasi certa che quell’hamburger non ti farà del male. – dico sorridendo, quando vedo che lo sta allontanando come se ne fosse terrorizzato.
-Non ne ho mai mangiato uno, non so che sapore abbia. – si giustifica.
- Prova a mangiarne un pezzettino e se non ti piace lo lasci lì – rispondo risoluta. Sono convinta che chiunque altro gli avrebbe detto di mangiare e stare zitto, ma io non ero “chiunque altro”. Capisco quanto si senta spaesato in questa nuova fazione così diversa dalla precedente: è quello che sentivo anch’io. Perciò che male c’è a dimostrarsi gentile?
Sorrido, poi mi guardo intorno per osservare la mensa: se voglio diventare un’Intrepida a tutti gli effetti, devo imparare a comportarmi come loro. Tuttavia, quello che scorgo in mezzo alla folla mi gela il sangue nelle vene. Sento che Joshua mi sta parlando, ma il mio cervello non registra più quello che mi dice. È bastato un secondo per disconnettermi dal mondo che mi circonda: in mezzo alla calca ho scorto quelle spalle, quella schiena, quei capelli, quel profilo che ha tormentato i miei incubi per anni e che ogni tanto torna a farlo. Non può essere lui. Ho saputo che ha cambiato fazione sei anni fa, ma non può aver scelto la mia stessa fazione.
Sento che mi manca l’aria, non riesco a respirare. Sono come paralizzata.
Devo uscire da qui.
-Scusami, Joshua. Non mi sento bene, devo andare a prendere una boccata d’aria. – dico e, senza aspettare una risposta, mi alzo da tavola ed esco dalla mensa.
Mi accerto che lui non mi stia seguendo e inizio a camminare a caso per la residenza, in cerca di un posto nascosto. Arrivo allo Strapiombo e penso di fermarmi lì, ma quando sento il vociare delle persone nella mensa capisco che non sono molto lontana, così continuo a camminare.  Trovo delle scale e scendo di un paio di piani. Arrivo su un pianerottolo spoglio, buio, dalle pareti grigie: l’unica cosa che vedo è una porta socchiusa da cui esce un piccolo raggio della luce. Quattro non ci ha mostrato questa zona, ma decido comunque di entrare, curiosa di sapere cosa c’è dentro.
La stanza è semibuia, illuminata solo da una lampadina che pende dal centro del soffitto; sulla parete a sinistra sono posti una decina di bersagli, mentre a destra scorgo due tavoli su cui poggiano delle armi: su uno ci sono delle pistole e quelli che sembrano dei caricatori, sull’altro sono disposti in fila almeno una ventina di coltelli. Deve essere il poligono.
Mi avvicino al tavolo delle pistole: ero sempre stata curiosa di vederne una, ma ovviamente tra i Pacifici era proibito possederne. La parte di me che è stata plasmata dagli ideali dei Pacifici prova repulsione alla sola vista di un’arma, ma c’è un’altra parte di me che è curiosa di sentire che emozione si prova brandendo uno strumento potenzialmente mortale. Sto per impugnare una delle pistole scariche in mano quando una voce profonda e minacciosa mi fa saltare dalla paura.
-Che ci fai qua? Nessuno ti ha dato il permesso di entrare! –
Mi volto solo per vedere Eric, freddo e ostile, uscire da un angolo buio della stanza. Da quanto è lì? Non l’ho visto entrando.
-Sono arrivata qui per sbaglio, stavo solo cercando … - sto per dire “un posto dove nascondermi”, ma mi blocco appena in tempo. Non sarebbe molto appropriato ammettere davanti a uno dei Capofazione che sto scappando dal passato per paura. Mi caccerebbe seduta stante.
-Sì? – mi incita a continuare inarcando un sopracciglio.
-Avevo bisogno di prendere un po’ d’aria, sono uscita dalla mensa ma poi mi sono persa. – non è completamente una bugia. Ho solo omesso un piccolo dettaglio.
-Ma davvero? Ti sei persa? – dice con tono ironico. – Come mai ho l’impressione che tu stia mentendo spudoratamente? –
Il suo tono mi fa saltare i nervi, che erano già stati messi duramente alla prova in mensa quando avevo visto il mio peggiore incubo. Non sopporto chi tratta le persone in così malo modo, chi si considera superiore agli altri e usa il suo potere per ribadire la sua superiorità. Le buone maniere e la gentilezza dei Pacifici scompaiono immediatamente dal mio cervello: non riesco a frenare la lingua e gli rispondo a tono.
-Beh, se non mi credi è un tuo problema. Io mi sono persa, e ora vorrei tornare in mensa. Se hai voglia di dirmi dov’è, tanto meglio, altrimenti farò da sola. –
Mi volto verso la porta e sto per andarmene, quando sento una mano afferrarmi il braccio e strattonarmi con forza. Eric mi tira verso di sé con una tale forza che mi trovo praticamente spalmata su di lui: i suoi occhi si inchiodano nei miei e sembra volermi incenerire con lo sguardo.
-Stammi bene a sentire: non so come funzionano le cose al di là della recinzione, ma qui sono io quello che comanda. Nessuno si deve permettere di rivolgersi a me con questo tono. – stringe ancora di più il mio braccio e mi lascerei sfuggire un gemito di dolore se non fossi troppo orgogliosa per mostrarmi debole e vulnerabile.  –Sono stato abbastanza chiaro? –
Non rispondo. Per me Eric incarna lo stereotipo dell’Intrepido tutto muscoli e niente cervello, perciò non mi prendo neanche la briga di pensare a una risposta sarcastica: mi libero dalla sua presa, mi volto ed esco dalla stanza. Risalgo le scale che mi hanno portato fino al poligono e vado verso il dormitorio, sperando di non avere altri incontri indesiderati.
 


Spazio autrice
Salve a tutti! Come promesso ecco il nuovo capitolo! Spero davvero che vi piaccia. Ho riletto e riscritto il capitolo non so quante volte, spero di averlo scritto bene!
Ringrazio emmEmme per i suoi consigli! Spero di averli seguiti bene!
Ringrazio tutti quelli che hanno letto la mia storia, quelli che la leggeranno e quelli che la recensiranno!
Il prossimo capitolo dovrebbe essere pronto per venerdì prossimo.
A presto!

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Capitolo 4
*** New friends and first aid kit ***


CAPITOLO 4
New friends and first aid kit


Questa notte ho faticato a chiudere occhio: per aver rivisto lui in mensa ieri sera, per il nervosismo per il primo giorno di addestramento, perché le brande su cui dobbiamo dormire sono talmente dure da sembrare sassi, ma anche perché l’incontro con Eric mi ha scombussolato. Quando ho scelto gli Intrepidi, sapevo benissimo che le loro abitudini e il loro comportamento erano completamente diversi da quelli cui ero abituata, ma non mi sarei mai aspettata tanta rudezza e maleducazione. A mio parere c’è differenza tra essere uomini coraggiosi ed essere uomini duri di comprendonio che mascherano la loro mancanza di tatto ed empatia chiamandola coraggio.
Prima ci farai l’abitudine, meglio sarà, suggerisce una vocina nella mia testa. Probabilmente ha ragione.
Sto per riprendere sonno dopo essermi svegliata per l’ennesima volta, quando sento un rumore metallico che mi martella i timpani. Apro gli occhi e vedo Quattro in piedi vicino alla ringhiera delle scale che sbatte un bicchiere contro il ferro.
Che sveglia delicata, penso sarcastica.
-Avete due minuti per vestirvi e farvi trovare svegli e pimpanti al Pozzo. – dice, poi se ne va.
Terrorizzata all’idea che lui o peggio, Eric, possano farci uscire seminudi se non siamo pronti in tempo, mi alzo di scatto e mi vesto più in fretta che posso, senza badare al fatto che ci siano anche dei ragazzi nella camerata. Nel giro di un minuto sono già pronta, e noto che anche Joshua ha finito di vestirsi e si sta allacciando le scarpe. Prima che scadano i due minuti, tutti noi trasfazione arriviamo al Pozzo.
Quattro ci guarda e annuisce, come se fosse grato di non dover linciare qualche ritardatario, mentre Eric, dietro di lui, indossa la sua solita espressione indifferente e ci squadra con i suoi occhi glaciali. Quando il suo sguardo si sofferma su di me, sento un brivido di paura percorrermi la spina dorsale, ma mantengo la testa alta come se il suo atteggiamento indagatore non m’infastidisse neanche un po’ e aspetto che Quattro ci spieghi cosa fare.
-Bene, prima di andare a fare colazione vi spiegherò in cosa consiste il vostro addestramento. Il primo modulo è fisico, imparerete a combattere, a difendervi e a usare le varie armi. Il secondo, invece, è mentale: dovrete affrontare le vostre peggiori paure e vincerle. Sarete addestrati separatamente dagli iniziati interni ma sarete valutati insieme. Ogni volta che svolgerete un’attività vi verranno assegnati o tolti dei punti che determineranno la vostra posizione nella classifica. Alla fine dell’addestramento, potrete scegliere un posto di lavoro in base alla vostra posizione. –
Quattro sembra sul punto di dire qualcos’altro, ma Eric lo interrompe: -Inoltre, alla fine di ogni modulo, gli iniziati con il punteggio più basso se ne dovranno andare. –
-E cosa faranno? – chiede preoccupata la ragazza di fianco a me. Ricordo di averla vista durante la cerimonia della scelta, era una Candida.
-Beh, mi sembra chiaro che dovranno vivere da Esclusi. – risponde Eric inarcando un sopracciglio, come a voler dire ci arrivi o ti devo fare un disegnino per spiegartelo?
La cosa mi preoccupa e non poco: e se il mio lato da Pacifica prevalesse e non riuscissi a superare l’iniziazione? Dovrei davvero vivere per le strade con gli Esclusi? Tutti gli altri iniziati sembrano presi dal mio stesso terrore, si può capire dai loro occhi sbarrati e dalla loro postura rigida. Perché nessuno ci aveva avvisato di questa classifica prima della scelta? Non avrei scelto diversamente, ma mi sarei preparata psicologicamente all’eventualità di diventare un’Esclusa!
Devo interrompere le mie riflessioni, perché Quattro ci ha appena dato mezz’ora per fare colazione e non intendo sprecare neanche un minuto.
 
Io e Joshua stiamo cercando un tavolo per mangiare quando ne vedo uno libero in fondo alla sala. Cerco di farmi largo in mezzo alla calca senza urtare nessuno ma l’impresa è più ardua del previsto. Riesco a raggiungere il tavolo proprio nello stesso momento di un’altra ragazza: la riconosco, è l’ex Candida che ha parlato poco fa.
-Ti va di sederci insieme? – chiedo gentilmente.
-Sì, grazie mille! Sembra che tutti quelli agli altri tavoli stiano tenendo il posto ai loro amici e non si riesce a trovare neanche una sedia libera! – risponde sollevata.
-Già, comunque io sono Liz, e lui è Joshua. – dico indicando il mio amico, che sta prendendo posto di fianco a me.
-Io sono Bree, mentre questi due trogloditi sono Diego e Jason. – risponde, presentandoci anche i due ragazzi che erano con lei.
-Venite tutti e tre dai Candidi? – chiedo per cortesia. Ricordo di averli visti scegliere alla cerimonia, so benissimo da che fazione provengono, ma chiedo comunque per fare conversazione e conoscerci un po’. Mi è sempre stato insegnato che è buona educazione porre delle domande per fare amicizia con le altre persone, anche se si conosce già la risposta.
-Sì, tu invece sei la ragazza Pacifica, vero? – mi chiede uno dei due ragazzi: credo sia Diego.
-Sì, esatto. –
-Tu invece sei l’Abnegante, giusto? – chiede Bree, alludendo a Joshua.
-S-sì. – risponde Joshua diventando rosso come un pomodoro e abbassando lo sguardo sulla sua torta, come se fosse la cosa più interessante del mondo. Non capisco se il suo sia imbarazzo oppure disagio.
Sto per chiedere qualcosa ai ragazzi per togliere il mio amico da quella situazione, quando nella folla lo rivedo. E ora che faccio?, penso. Non posso scappare di nuovo come ho fatto ieri sera, Joshua si insospettirebbe, così mi sciolgo i capelli – che avevo raccolto in una coda prima di uscire – e abbasso lo sguardo sul mio panino con la marmellata.
-Liz, tutto okay? – mi chiede Bree, forse notando il mio cambiamento improvviso.
-Sì, solo che… ho molta fame, il mio stomaco sta brontolando come un matto. Avevo paura che l’aveste sentito. – mentire a dei Candidi è rischioso, riescono sempre a capire se qualcuno mente, ma Bree sembra accontentarsi della mia spiegazione e si tuffa sulla sua colazione. Un secondo dopo, la imitiamo tutti.
Mentre addento il mio panino, alzo gli occhi per guardarmi intorno, cercandolo, ma non lo vedo più. Sembra se ne sia andato, per fortuna. Finisco la colazione in pace e, poco dopo, vado in palestra insieme ai miei nuovi amici.
Quattro ci sta già aspettando vicino a un tappetino: accanto a lui c’è un ragazzo, sembra avere la sua stessa età, mentre Eric se ne sta comodamente appoggiato a una parete, nella penombra, col suo cipiglio da superiore come sempre.
Il nostro istruttore ci spiega che prima di iniziare l’allenamento ci avrebbe mostrato cosa avremmo dovuto imparare nel corso di quel modulo. Sale su quel tappetino insieme al ragazzo che era al suo fianco ed entrambi si mettono in una strana posizione: mi servono un paio di secondi per capire che è una forma di difesa e che stanno per combattere.
Proprio nel momento in cui capisco a cosa stiamo assistendo, Quattro attacca l’altro ragazzo e la lotta comincia: in meno di un minuto, l’istruttore ha messo al tappeto l’avversario, che non sembra aver riportato ferite gravi ma che ha comunque un labbro sanguinante e un occhio gonfio.
Okay, è meglio preparare un kit di pronto soccorso sotto il letto.
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Come promesso, ecco il nuovo capitolo. Spero sia venuto bene! Perdonatemi eventuali errori grammaticali.
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito e anche tutti quelli che hanno letto la storia!
Nel prossimo capitolo si scoprirà chi è il ragazzo misterioso, ma per svelare tutto il segreto ci vorrà un po’… e dal prossimo capitolo mi concentrerò di più anche su Eric!
Il prossimo capitolo arriverà venerdì prossimo, salvo imprevisti!
Un mega-grazie a tutti quelli che leggeranno e recensiranno la storia!
A presto!

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Capitolo 5
*** You, idiot ***


CAPITOLO 5
You, idiot
 
(LIZ P.o.v)
Un’ora  di corsa, altre due a tirare pugni contro un sacco da boxe e, per concludere in bellezza, un’ultima ora di addominali e flessioni. Quando Quattro ci ritiene abbastanza provati, anche se a parer suo l’allenamento di questa mattina è stata una zolletta di zucchero – parole sue, non mie – ci lascia un paio d’ore di pausa per riprendere fiato e pranzare.
Lungo il tragitto verso la mensa rimango tutto il tempo con Bree, mentre Joshua sembra godersi qualche chiacchiera maschile con Diego e Jason. Mi fa piacere che Joshua si stia integrando, il suo atteggiamento chiuso e … beh … rigido sta lentamente lasciando posto a un comportamento più aperto e amichevole, e questo non può che rendermi felice. Io e Bree, nel frattempo, stiamo catalogando tutte le parti del corpo che ci fanno male e cerchiamo di identificarle con quel poco di conoscenze anatomiche che avevamo.
-Ho le braccia completamente doloranti … e anche le gambe … non pensavo che avessimo così tanti muscoli nel corpo! Credi che oggi pomeriggio andrà meglio? – mi chiede sfinita.
-Credo che oggi pomeriggio faremo amicizia con altri muscoli che nemmeno sapevamo di avere. – dico risoluta.
-Non possono esistere altri muscoli! Dai, non scherziamo! –
Bree continua a lamentarsi mentre facciamo la fila, mentre prendiamo da mangiare e mentre cerchiamo un tavolo.
-Bree, - la interrompo quando ormai la testa mi sta scoppiando – è che non siamo abituate ad allenarci così tanto. Dai tempo al tempo e vedrai che in un paio di settimane ci alleneremo per ore e ore senza neanche avere un muscolo dolorante. Dobbiamo solo abituarci. –
Mia madre mi avrebbe ripreso per aver interrotto una persona mentre parlava, ma tra gli Intrepidi interrompere non è maleducazione, è la normalità. Perciò cerco di reprimere il senso di colpa che mi attanaglia lo stomaco e mi siedo, anche se mi sento veramente male per il modo in cui le ho risposto.
-Scusa, non volevo essere scortese. – le dico poi senza riuscire a trattenermi. – Il fatto è che credo che prima scendiamo a patti con il dolore meglio sarà. Quando abbiamo scelto gli Intrepidi, sapevamo benissimo che l’addestramento fisico sarebbe stato duro, perciò … -
-Hai ragione, meglio abituarsi. – dice, e si mette a mangiare il suo hamburger.
Sento qualcuno sedersi vicino a me e, dando per scontato che sia Joshua, non alzo neanche lo sguardo per controllare. Tuttavia, quando noto che Bree sta guardando sbigottita chiunque sia seduto accanto a me, mi decido a controllare.
E mi si gela il sangue nelle vene.
-Bene bene, sapevo che quest’anno c’era una trasfazione Pacifica, ma non mi sarei mai aspettato di vedere proprio te. –
-Invece eccomi qua, Axel. – ribatto cercando di mantenere la calma, anche se ogni fibra del mio corpo sta lottando per scappare a gambe levate. –E se non ti dispiace, questi posti sono occupati, quindi levati di torno. –
-Oh, ma tu guarda, allora sei in grado di opporre un po’ di resistenza. Non l’avrei mai detto. –
Lo odio. Lo odio. Gli spacco la faccia. Subito.
Sento le lacrime, lacrime cariche di rabbia, premere per uscire, ma non mi dimostrerò debole, non stavolta.
-Non te lo ripeterò, Axel. Levati. Di. Torno. Subito. –
-Peccato, tutti gli altri tavoli sono occupati. Credo che rimarrò qui. –
Mi alzo: non ho intenzione di restarmene qui e sorbirmi le frecciatine di quest’idiota. In più, ho paura che racconti davanti a tutto quello che è successo tanti anni fa. Faccio per andarmene, ma m’immobilizzo quando risento la sua voce.
-Brava, principessina, scappa. -
Non ci vedo più dalla rabbia: improvvisamente, tutti i dolori muscolari dell’allenamento spariscono. Voglio solo colpirlo e levargli dalla faccia quel sorrisetto beota.
Alzo il pugno e miro alla sua faccia, ma sento una mano prendermi il polso delicatamente e fermarmi dal colpirlo. Mi volto e vedo Bree: si è alzata e mi ha fermato proprio nel momento in cui la mia mano stava per rovinargli la faccia.
-Vedo che non sei cambiata così tanto. Non riesci a colpirmi, non è vero? – chiede Axel con un sorriso divertito.
Non ce la faccio più, mi è anche passata la fame. Mi volto e faccio per andarmene, poi un impulso mi ferma: voglio dimostrare a quell’idiota che non sono più la ragazzina che conosceva. Voglio dimostrargli che ora sono un’Intrepida e che non può più trattarmi come un oggetto, non come faceva una volta. Così mi giro e in un nanosecondo gli tiro un pugno sul naso.
Mi volto ed esco orgogliosa, mentre lo sento lamentarsi per il dolore.
 
(ERIC P.o.v.)
Quando Max mi ha nominato Capofazione, mi sarei aspettato qualunque incarico, tranne quello di fare la balia dei nuovi iniziati. Li ho sempre ritenuti dei poppanti, dei frignoni e la mia voglia di inserirli nella fazione è pari a zero. Tuttavia, ci sono dei vantaggi che non avevo considerato.
Dopotutto, io sono il Capofazione, loro sono le reclute: sono costretti a obbedire ai miei ordini, e questa cosa mi ha fatto scendere a patti con la situazione. Non sono felice dell’incarico, ma almeno ci sono dei lati positivi della cosa.
È divertente vedere come quei poveri ragazzi si sforzino per non rimanere indietro, per dimostrarsi all’altezza se non superiori agli altri. Ed è troppo divertente rimproverarli quando sbagliano. Non vedo l’ora che inizino i combattimenti, ci sarà da divertirsi.
Sono immerso in questi pensieri quando sento un gran putiferio provenire da un angolo della mensa: vedo un ragazzo, Axel se non sbaglio, cadere dalla sedia tenendosi il naso sanguinante, il suo amico che lo afferra per le spalle prima che sbatta la testa per terra, una delle trasfazione che guarda la scena con una mano sulla bocca, mentre un’altra ragazza, la trasfazione Pacifica, se non sbaglio, se ne sta andando dalla mensa, uscendo come una furia.
La scenetta teatrale mi fa sorridere – non ho mai sopportato quel ragazzo, se la Pacifica l’ha colpito non posso che complimentarmi con lei – ma ho voglia di far prendere uno spauracchio alla ragazzina, perciò senza farmi notare mi alzo ed esco, in cerca della trasfazione.
La trovo poco dopo: è appoggiata alla ringhiera dello Strapiombo e sta guardando giù, pensierosa.
-Sai, non è proprio consigliabile colpire uno dei membri della fazione durante l’iniziazione. Potresti essere presa di mira dagli altri. – le dico di punto in bianco. Sicuramente non si è accorta del mio arrivo, perché appena sente la mia voce trasale e si volta impaurita.
-Ah sì? E chi potrebbe prendermi di mira? Tu? – mi chiede arrogante.
-Io come chiunque altro degli Intrepidi. Axel gode di una certa reputazione … -
-Non me ne può importare di meno. – risponde guardandosi la mano destra, su cui si potevano scorgere alcune macchie di sangue, un piccolo souvenir del colpo che aveva regalato a quel bamboccio.
-Invece dovrebbe, perché se Axel fa rapporto potresti essere buttata fuori. – le dico sollevando un sopracciglio. So benissimo che il massimo che potrebbe ottenere sono un paio di ore di punizione, magari a pulire una delle palestre, ma lei no.
-COSA?! – mi chiede terrorizzata. Ha gli occhi spalancati e la sua carnagione diventa di un pallore mortale. Cerco di rimanere serio, ma un sorrisetto arrogante mi tradisce.
-Tranquilla, scherzavo. – dico altezzoso.
-Idiota. – borbotta sottovoce, voltandosi di nuovo verso lo Strapiombo.
Mi ha davvero chiamato “idiota”? Come osa rivolgersi così a me, a uno dei Capofazione!
-Ehi – dicco afferrandola per un braccio e costringendola a voltarsi verso di me. –Una cosa è tirare un pugno a un buffone come Axel, un’altra è dare a me dell’idiota. Cerca di tenere la bocca chiusa e le mani a posto, oppure … -
-Oppure? – mi chiede.
Mi sta sfidando, non ci credo. Sento le mani prudermi, questa ragazzina vuole proprio farmi saltare i nervi.
Senza aggiungere altro, troppo irritato per continuare la mia minaccia, me ne vado lasciandola da sola nel buio.
 
 
 
 
Spazio autrice
Buongiorno! Ecco qua il nuovo capitolo, come promesso! Spero davvero che vi piaccia.
In questo capitolo ho deciso di inserire anche il punto di vista di Eric, così da fare emergere anche i suoi pensieri. 
Ringrazio tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, chi l’ha recensita e tutti quelli che hanno letto la storia.
Il prossimo capitolo lo pubblicherò domenica prossima, dato che per vari impegni non riuscirò a scriverlo prima!
A presto! 

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Capitolo 6
*** Confessions ***


CAPITOLO 6
Confessions
 
(ERIC p.o.v.)
Sto tornando nel mio appartamento a passo di marcia. Quella trasfazione ha davvero avuto il coraggio di darmi dell’idiota?! Gliela farò pagare per la sua insolenza, questo è poco ma sicuro.
Apro la porta e la richiudo con un calcio, pieno di rabbia: non sopporto gli insolenti, non sopporto chi mi manca di rispetto e sfida la mia autorità, soprattutto se questo “chi” è una ragazzina Pacifica che è qui solo da un paio di giorni.
Mi siedo sul letto, cercando di mantenere la calma: devo restare freddo e impassibile come sempre, così da poter avere la mia rivincita su quella piccola insolente. Se non sbaglio, domani inizieranno i combattimenti, potrebbe casualmente finire contro il più forte … oppure contro il suo amichetto Abnegante … chissà se lo lascerebbe vincere … in ogni caso, sono sicuro che il suo animo da Pacifica buonista la farà perdere.
Anche se il pugno che ha tirato ad Axel non era male …
Perché la mia coscienza decideva di rifarsi viva proprio nei momenti peggiori?!
I pensieri di vendetta erano riusciti a calmarmi, ma la vocina della mia coscienza ha fatto riemergere tutta la rabbia. Devo prendere a pugni qualcosa, o sparare contro qualcosa. In ogni caso, devo sfogarmi.
Di nuovo a passo di marcia, esco dall’appartamento e mi dirigo verso il poligono: purtroppo, per arrivare alla mia meta devo passare davanti al dormitorio dei trasfazione. È tardi, dovrebbero essere tutti a dormire ormai, ma dalla porta socchiusa sento delle voci sussurrare: se non sbaglio, una di loro è la Pacifica.
Sto per fare irruzione nella stanza e spaventarli a morte, minacciando di farli correre per tre ore all’alba perché erano alzati fuori orario, ma, quando sento un ragazzo dire: - Insomma, ci vuoi dire perché l’hai colpito? –, la curiosità ha il sopravvento, dato che anch’io mi sono posto più volte quella domanda, e mi nascondo per ascoltare.
 
(LIZ p.o.v.)
Dopo il teatrino di Eric, in cui mi aveva minacciato di nuovo solo perché non avevo tremato di paura in sua presenza, ero tornata direttamente nel dormitorio: non avrei sopportato né la vista di Axel – anche se vederlo dolorante e col naso sanguinante avrebbe potuto risollevarmi il morale -, né lo sguardo degli altri Intrepidi addosso, né le domande dei miei amici. Purtroppo, non riesco a evitare l’interrogatorio di Bree, Joshua, Diego e Jason: infatti, appena aprono la porta del dormitorio e mi vedono sdraiata sulla mia branda a fissare i buchi sul soffitto, si fiondano vicino a me e iniziano a tartassarmi di domande.
-Come posso capire quello che dite se parlate tutti insieme?! – sbraito sfinita dalle loro voci che si sovrappongono.
È Bree a prendere la parola: - Che è successo? –
-Mi sono arrabbiata e ho tirato un pugno a quell’idiota. Una domanda meno ovvia? – mi sento uno schifo per averle risposto così ma, quando sono infuriata, divento sarcastica.
-Beh, grazie per la risposta illuminante, signorina capitan ovvio. Perché hai fatto una cosa simile? Conosci quel ragazzo? –
-Sì, lo conosco. –
-E … - Bree m’incita a continuare.
-E niente. Lo conosco e mi da’ sui nervi. –
-Andiamo, non prendi a pugni una persona nel modo in cui hai fatto solo perché ti da’ sui nervi! – dice Diego ridendo. – Ci deve essere una ragione! –
-Non mi va di parlarne. – dico coprendomi gli occhi con un braccio.
Bree mi prende il braccio, e con poca grazia me lo scosta dagli occhi, poi m’impone di sedermi composta e di vuotare il sacco.
-Ragazzi – dico esasperata, - vi ringrazio per l’interessamento, davvero, ma ci sono cose del mio passato che devono rimanere al di là della recinzione. –
-Se non ci spieghi che cosa ti passa per la testa, come faremo ad aiutarti? Se quel tizio si ripresenta, come faremo a difenderti, senza sapere perché dobbiamo proteggerti da lui? – chiede Jason comprensivo.
-Non mi serve protezione, ho scelto gli Intrepidi proprio per imparare a difendermi da sola. – dico sulla difensiva.
-Sappiamo che sei in grado di proteggerti da sola, ma siamo tuoi amici e vogliamo aiutarti. Insomma, ci vuoi dire perché l’hai colpito? – chiede Joshua sedendosi di fianco a me.
Non voglio rivelare quella parte del mio passato: dopo che Axel se n’era andato, avevo deciso di non ripensare più a quell’anno terribile, di fare tutto il possibile per dimenticarlo e di non dire mai nulla a nessuno. Tuttavia, vedere le facce preoccupate dei miei amici mi fa riconsiderare l’idea di confidarmi con qualcuno: forse mi sarei sentita meglio se avessi rivelato a qualcuno i segreti di quell’anno con Axel … ma sono troppo intimi, imbarazzanti, forse anche troppo inquietanti, …
Decido che è meglio dire solo parte di quello che era successo, così loro saranno soddisfatti per aver ottenuto una risposta e io sarò tranquilla, perché le parti più imbarazzanti del mio passato resteranno segrete.
-Axel era un Pacifico prima di scegliere gli Intrepidi. Le nostre famiglie erano molto amiche, così siamo cresciuti insieme: eravamo veramente grandi amici, finché un giorno non scoprimmo, origliando una conversazione tra i nostri genitori, che stavano pianificando il nostro matrimonio, in caso entrambi avessimo scelto di rimanere tra i Pacifici. Erano tutti sicuri al novanta percento che sia io sia Axel saremmo rimasti con le nostre famiglie, eravamo i membri modello della fazione. Dopo quel giorno, abbiamo deciso di provare a stare insieme, così se le cose tra noi avessero funzionato, avremmo potuto esaudire il desiderio dei nostri genitori. Ma le cose si sono … complicate. –
Complicate è veramente dire poco, ma non voglio spiegare per filo e per segno quello che ho dovuto passare, così lascio cadere il discorso, sperando che la mia spiegazione possa bastare.
-Cos’è successo? – chiede Bree. Accidenti ai Candidi e al loro voler sapere tutto nei minimi dettagli.
-Una sera c’era stata una festa, dei ragazzi erano riusciti a sgraffignare del siero dell’armonia dalle scorte e se l’erano iniettato tutti per “passare una serata da sballo”, per usare le loro parole testuali. Axel è venuto a casa mia, a tarda notte: diceva di essere stato alla festa, ma che gli mancavo, così era passato a salutarmi. Si era iniettato troppo siero, era completamente fatto, ma era comunque consapevole di quello che faceva. Era soltanto … più audace del solito, e ha tentato … ha tentato … - faccio fatica a trattenere le lacrime, non riesco a completare la frase.
Joshua sembra aver capito, così mi mette un braccio sulle spalle per confortarmi e rimane in silenzio. Credo che anche Bree abbia intuito, perché sbarra gli occhi per la sorpresa e si mette una mano sulla bocca, shoccata. Diego e Jason si guardano, poi quest’ultimo mi fa la fatidica domanda.
-Ha cercato di approfittarsi di te? –
Riesco solo a sussurrare un – sì – prima di scoppiare in lacrime.
 
La mattina mi sento più leggera: anche se non ho raccontato agli altri tutta la storia, avere il loro appoggio e la loro comprensione mi fa sentire meglio.
Abbiamo fatto colazione insieme, stando ben attenti a evitare Axel, poi ci siamo diretti alle palestre, per il nostro allenamento. Se non ricordo male, oggi dovremo combattere per la prima volta: spero solo di non finire contro Bree, o contro un altro dei miei amici.
Vedo Quattro ed Eric confabulare sottovoce in un angolo della stanza, davanti a una lavagna su cui troneggiano i nostri nomi: probabilmente stanno scegliendo le coppie per combattere. Vedo Quattro teso, come se solo la vicinanza di Eric gli facesse saltare i nervi; quest’ultimo, invece, ha il solito sguardo glaciale e la solita postura da super-macho ma la sua bocca, invece di disegnare la solita linea piatta e dura, era piegata all’insù, in quello che poteva essere l’accenno di un sorriso.
Sentiamo una delle porte della palestra aprirsi con un terribile cigolio metallico: mi volto e vedo Axel entrare insieme alla sua cricca. Ha qualcosa di diverso, e non mi riferisco solo al cerotto sul naso che testimonia la mia aggressione. Ha l’occhio destro nero e gonfio, il labbro inferiore rotto e un impacco di ghiaccio sulla guancia sinistra.
Qualcuno l’aveva sistemato per bene, e non ero stata io.
 
 
 
Spazio autrice
Ta da! Sono riuscita a connettermi prima ed ecco qua il nuovo capitolo! Che ne pensate? Spero davvero che vi piaccia!
Non so davvero come ringraziarvi, leggere le vostre recensioni e vedere quante persone leggono/seguono la storia mi rende davvero felicissima!
Probabilmente il prossimo capitolo sarà pronto per domenica prossima.
A presto!

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Capitolo 7
*** First fighitings and unexpected kindness ***


CAPITOLO 7
First fighitings and unexpected kindness
 
(LIZ p.o.v.)
Non riesco a staccare lo sguardo da Axel: sembra ridotto veramente male. Resto lì a guardarlo impalata, senza riuscire a muovere un solo muscolo: non che vederlo pestato a sangue mi disgusti – anzi, mi fa sentire stranamente meglio – ma c’è una domanda che mi tormenta, cioè chi l’aveva ridotto così?
Bree sembra leggermi nella mente, perché mi risveglia dal torpore in cui sono caduta chiedendomi: - Chi l’avrà picchiato in quel modo? –
-Bella domanda – rispondo – ma credo che sarebbe più interessante sapere perché l’hanno picchiato in quel modo. –
-Beh, chiunque sia stato ha tutta la mia stima – dice Diego ghignando. – Questo dimostra che il karma esiste. –
-Cioè? – chiedo ancora intontita.
-Lui ti ha fatto … beh, quel che ha fatto, ed è stato conciato per le feste per le sue azioni. È il karma. – risponde Jason calmo.
Axel alza lo sguardo verso di me e la cosa, come al solito, riesce a congelarmi sul posto: non ha il suo solito ghigno strafottente, ma i suoi occhi mi lasciano intendere che la sua vendetta arriverà presto. La domanda da un milione di dollari è: contro chi sarà diretta la sua ira e la sua sete di vendetta? Non so perché, ma l’istinto mi suggerisce che il bersaglio sarò io.
-Venite tutti qui, subito! – la voce di Eric risuona per tutta la palestra mentre ci chiama per radunarci intorno a un ring improvvisato. Quando vede che tutti noi ci siamo schierati di fronte a lui e Quattro, riprende a parlare: - Oggi inizieranno i combattimenti, le coppie sono state estratte in modo casuale, per essere equi – e dicendo questo, si volta verso Quattro e gli rivolge uno sguardo carico di disprezzo – e dovrete combattere fino a quando uno dei due non riesce più ad alzarsi. Ovviamente vi verrà dato un punteggio, quindi niente piagnistei e mettetevi al lavoro. –
Così dicendo, ci dà le spalle e va a rifugiarsi in un angolo buio. Probabilmente il buio è il suo ambiente naturale, rispecchia il suo carattere burbero alla perfezione, penso sarcastica.
Quattro si sposta per lasciarci passare e guardare i nomi sulla lavagna: Bree è finita contro un ragazzo che non conosco, Jason è contro Joshua, Diego contro una ragazza di cui non ricordo il volto. Ed io … io sono finita contro l’Erudito che, se non sbaglio, è alto come un palazzo di trenta piani e con le spalle larghe come un armadio. La fortuna, come al solito, fa di tutto per mettersi contro di me. Per grazia del destino, sono l’ultima a dover combattere, quindi la mia speranza è che gli altri riescano a resistere così a lungo da rimandare il mio incontro a domani mattina.
Le mie speranze vanno in fumo presto: Bree soccombe all’avversario, anche se lotta con tutte le sue forze, ed esce dal ring perdendo sangue dal naso a più non posso, Jason cerca di andarci piano con Joshua, ma la mente da Abnegante di quest’ultimo ha il sopravvento e alla fine lascia vincere l’avversario/amico – anche se, se solo avesse provato a resistere un po’ di più invece di fare l’altruista, forse avrebbe potuto vincere - e Diego fa fuori l’Erudita in cinque minuti netti.
-Ultimo combattimento: Liz contro Ted! – urla Quattro mentre fa un cerchio intorno al nome di Diego per dichiararlo vincitore.
Salgo sul ring cercando di apparire sicura di me, anche se in realtà mi sudano terribilmente le mani. Sento il mio lato del cervello plasmato dai Pacifici ribellarsi alla violenza gratuita cui devo prendere parte, ma non appena ripenso al pugno che ho tirato ad Axel la sera scorsa, mi dico che solo combattendo posso imparare a difendermi, quindi decido di spegnere il senso di colpa che mi attanaglia lo stomaco e mi preparo ad affrontare quell’energumeno che mi si para davanti.
Lo vedo assumere la posizione di guardia, così lo imito, e aspetto che attacchi. Ammetto di essere un po’ troppo fifona per attaccare per prima; lui, invece, sembra contento di avere la possibilità di sferrare il primo colpo, che – sia ringraziata la sorte – non va a segno. Sono abbastanza veloce da schivare i suoi pugni e dopo aver capito la sua tecnica, riesco a colpirlo un paio di volte allo stomaco e una volta in faccia. È a questo punto del combattimento che manda a segno il suo primo colpo: mi colpisce in pieno viso, su una guancia, vicino alle labbra. Sento qualcosa di caldo e appiccicoso colarmi dall’angolo della bocca e, inoltre, sento qualcosa di salato e dal sapore di ruggine sulla lingua. Sangue. Mi distraggo solo un secondo, ma questo è sufficiente perché Ted mi colpisca di nuovo. Il suo pugno mi fa cadere a terra e, per caso, mi trovo rivolta verso l’angolo da cui, con il suo ghigno malefico, Eric mi sta osservando. Il suo sguardo altezzoso e superiore mi manda su tutte le furie. Non m’importa di essere pestata a sangue, ma non ho intenzione di perdere quest’incontro, di dare a quell’odioso Capofazione questa soddisfazione. Mi rialzo e mi avvento su Ted, colpendolo più e più volte. Lui continua a sferrare pugni al mio stomaco, ma è come se fossi completamente insensibile al dolore: l’unica cosa che m’interessa è vincere. Poco dopo, Ted alza le mani, come a chiedermi una tregua: smetto di colpirlo ma lui, nonostante sia ancora vigile, non ha la forza per rialzarsi.
-La vincitrice è Liz! – dice Quattro, cerchiando il mio nome sulla lavagna. – Qualcuno accompagni Ted in infermeria, gli altri possono andare a pranzo. –
Vedo il ragazzo che ha battuto Bree prendere il mio avversario sottobraccio e trascinarlo verso un corridoio buio, mentre io scendo lentamente dal ring e faccio l’inventario dei danni che ho subito: il labbro sanguina abbondantemente, il fianco destro mi dà delle fitte tremende e sento una caviglia pulsarmi debolmente, ma per il resto sono tutta intera.
-Complimenti! – mi dice Bree sorridendo. – Andiamo a pranzare? –
-Voi andate pure avanti, io vado un attimo in dormitorio a curarmi il labbro. – dico tranquilla.
-Non sarebbe meglio andare in infermeria? – chiede Joshua preoccupato.
-No, è solo un taglietto, mi ci vorranno cinque minuti. –
Non aspetto una risposta: mi volto verso l’uscita e lascio la palestra. Raggiungo il dormitorio in meno di un minuto – ormai mi so orientare, almeno un pochino: è completamente vuoto, segno che i miei compagni sono tutti a pranzo. O in infermeria, rettifica una vocina nella mia testa. Cerco di ignorare il dolore che mi attraversa tutta la parte destra del busto e vado in bagno, dove con un po’ d’acqua e un pezzo di garza fermo il sangue che mi esce dal labbro. Come avevo previsto, bastano un paio di minuti per tornare come nuova: rimangono solo un po’ di lividi a testimoniare il combattimento.
Faccio per uscire e dirigermi verso la mensa, quando sento una mano afferrarmi per un braccio e trascinarmi in un corridoio laterale, buio e sinistro.
-Complimenti, bel combattimento. –
-Grazie, Axel. Sai, immaginare che stavo picchiando te mi ha aiutato a vincere. – dico cercando di mantenere un tono arrogante e sarcastico.
-Accipicchia, qualcuno qua ha messo su una bella arroganza. –
-E qualcuno ha messo un freno alla tua, di arroganza. – dico. – Mi pare che qualcuno ti abbia ridotto abbastanza male. –
Il mio ultimo commento lo infastidisce parecchio, perché con una mano stringe la presa sul mio braccio, mentre con l’altra mano mi afferra il fianco malandato e sento un dolore lancinante paralizzarmi. Cerco di resistere ma il male al fianco è troppo forte e sento che sto per svenire.
-Ehi! Che succede qui? –
Per la prima volta da quando sono arrivata tra gli Intrepidi sono felice di sentire quella voce.
Eric.
 
(ERIC p.o.v.)
Sto camminando tranquillo per I corridoi della residenza – non ho assolutamente voglia di andare a pranzare in mensa, dove tutti gli iniziati staranno starnazzando come anatre, elogiando le loro prodezze nei  combattimenti – quando sento qualcosa provenire dal corridoio che porta alla vecchia palestra. Non dovrebbe esserci nessuno, quella zona era chiusa già l’anno scorso, quando ho affrontato l’iniziazione. Penso che sia una coppietta che si è rifugiata lì per avere un po’ d’intimità, così decido di avvicinarmi di soppiatto per sorprenderli e metterli in imbarazzo, ma quando sento un lamento, femminile e debole, di dolore, capisco che c’è qualcosa che non va.
Appena svolto nel corridoio nascosto, vedo quell’imbecille di Axel mentre sta tenendo in modo poco amichevole la ragazzina Pacifica.
Sento qualcosa di strano nel mio petto, anche se non so definire cosa sia esattamente – non sarà per caso pietà per la ragazzina, vero? – così mi avvicino e interrompo qualsiasi cosa stessero facendo.
-Ehi! Che succede qui? – grido.
Vedo la Pacifica – Liz, se non sbaglio – voltarsi verso di me e nei suoi occhi leggo quello che sembra sollievo.
-Eric, per una volta nella tua vita, non immischiarti in affari che non ti riguardano. – mi dice Axel con sguardo rabbioso.
-A dire la verità, la cosa mi riguarda eccome, dato che tu stai maltrattando una delle iniziate che, guarda caso, sono sotto la mia responsabilità. Quindi o ti allontani subito, oppure continueremo la discussione al poligono. Sai, ho dei coltelli nuovi e mi servirebbe un bersaglio mobile per provarli. –
Axel sembra capire che non sto scherzando, perché si volta e se ne va senza ribattere. Liz mi guarda e sono sorpreso di due cose: primo, mi sta guardando negli occhi, cosa che neanche gli altri Intrepidi, ad eccezione di Max e Quattro, riescono a fare senza rabbrividire; secondo, non sta piangendo. Ho sempre pensato che i Pacifici fossero delle pappamolle, ma questa ragazzina mi sta facendo ricredere.
-Grazie. – mi dice con voce sicura e per nulla scossa.
La sua voce mi riporta alla realtà e realizzo che ho appena aiutato una persona: ho davvero fatto un gesto altruista. Io, Eric, il Capofazione di ghiaccio, come mi aveva definito Quattro durante una riunione con Max.
Senza dire una parola – anche perché non saprei cosa dire – mi volto e lascio la ragazzina sola nel corridoio.
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Scusate il ritardo, so che è veramente molto tardi, ma da me oggi c’è stato un temporale terribile e la linea internet è tornata adesso. Spero davvero che il capitolo vi piaccia, ho dovuto riscriverlo non so quante volte perché mi convincesse almeno un po’.
In questo capitolo ho deciso di far iniziare la “metamorfosi” di Eric, ma è solo l’inizio, ci vorrà un po’ prima che cambi sul serio.
Un grazie enorme a tutti quelli che hanno letto la storia, l’hanno inserita tra le preferite/seguite/ricordate e un grazie a tutti quelli che hanno recensito!
Il prossimo capitolo sarà pronto per domenica prossima, perché tra studiare per il test di ammissione all’università e il lavoro non ho un attimo di respiro.
Un bacio a tutti e a presto!   

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Capitolo 8
*** Did you do that? ***


CAPITOLO 8
Did you do that?
 
(LIZ p.o.v.)
Eric se ne va a passo di marcia, lasciandomi sola in quel corridoio buio, con molti dubbi e poche risposte. Mentre mi avvio verso la mensa, continuo a tornare con la mente al momento in cui Eric ha minacciato Axel perché mi lasciasse stare: fino a questa mattina credevo che Eric mi detestasse, eppure quello che ha appena fatto sembrerebbe … un atto di gentilezza. Un attimo: Eric e la parola gentilezza nella stessa frase?! Impossibile.  Sicuramente mi ha aiutato perché, se succedesse qualcosa a uno degli iniziati sotto la sua responsabilità, perderebbe il posto da Capofazione, forse lo sbatterebbero addirittura fuori dagli Intrepidi. L’ha fatto per salvarsi. Sì, sicuramente è andata così.
Stranamente rassicurata dal fatto che Eric mi abbia difeso per motivi puramente egoistici, apro la porta della mensa e, dopo aver preso il solito pranzo vado a sedermi con i miei amici, che hanno già preso posto al solito tavolo – tutti tranne Jason, di cui non si vede neanche l’ombra.
-Ehi, come va il labbro? – mi chiede Bree quando mi vede raggiungere il tavolo.
-Come nuovo. C’è solo un piccolo taglietto ora. Voi come state? – chiedo preoccupata.
-Il naso ora non sanguina più, ma probabilmente domani sarà gonfio come un melone! Per il resto sono solo un po’ acciaccata. Tu, Joshua, stai bene? – Bree si rivolge al ragazzo che se ne sta seduto in silenzio con le spalle curve. È da un po’ che ho notato che sta nascendo qualcosa tra Bree e Joshua. Bree e io dobbiamo farci una chiacchierata tra ragazze il prima possibile.
-Sì, Jason per fortuna ci è andato piano. A proposito, grazie. – dice guardando Jason che ci ha appena raggiunti.
Chiacchieriamo un po’ del più e del meno per un bel po’, ma non riesco a concentrarmi completamente sulla conversazione: nella mia mente le immagini di Eric che mi difende e poi se ne va lasciandomi lì come un pesce lesso si continuano a ripetere, e nonostante tenti più e più volte di smettere di pensarci, è tutto inutile.
Perché nonostante Eric sia un troglodita arrogante incapace di provare anche il più piccolo briciolo di empatia e con un modo di fare estremamente superbo e arrogante, ha qualcosa che mi attira, che mi affascina. Ho la sensazione che il suo atteggiamento spavaldo sia solo una copertura … chissà che cosa nasconde dietro quegli occhi di ghiaccio …
-Ehi, Liz, sei ancora con noi? – chiede Diego a un certo punto, schioccando le dita di fronte ai miei occhi, come per riportarmi alla realtà.
-Sì, scusate, ero sovrappensiero. – dico cercando di apparire normale, anche se mi sento tremendamente in imbarazzo. Per fortuna non potevano leggermi la mente, altrimenti …
-Sei sicura di non aver battuto la testa? Forse dovremmo portarti in infermeria .. – dice Diego preoccupato.
-No, tranquillo, stavo solo pensando a una cosa. –
-Axel? – chiede Bree, come se mi leggesse nel pensiero.
-Sì. Ho paura della sua vendetta. Non la farà di certo passare liscia a chiunque l’abbia ridotto così. E temo che la cosa si ripercuoterà anche su di me.  –
-A proposito, si sa chi è stato il gran maestro che ha dipinto quell’opera d’arte sulla sua faccia? –
-No, nessuno si è preso il merito di quel capolavoro. – dico sorridendo.
Poi non riesco a fermare la mia mente: ritorno agli istanti in cui Axel mi minaccia nel corridoio buio, poi compare Eric … e il mio corpo percepisce un tremito in Axel, come se la sola vista del Capofazione lo abbia terrorizzato.
Che sia stato Eric l’artefice dell’aggressione contro Axel?
Mi alzo ed esco dalla mensa, senza dare spiegazioni. Perché nessuno mi crederebbe se dicessi dove sto andando.
 
(ERIC p.o.v.)
Dopo aver lasciato la Pacifica – Liz, mi corregge una vocina nella mia testa -  da sola in quel corridoio, torno nel mio appartamento, apro la porta e la richiudo sbattendola talmente forte che, a un certo punto, credo che mi crollerà il soffitto in testa. Non so perché, ma la scena mi sembra familiare … ah già, l’ultima volta che ho sbattuto così la porta è stato quando la Paci.. Liz mi ha dato dell’idiota.
Perché quella ragazza riesce a darmi sempre sui nervi?! Di solito, i Pacifici sono quelli che fanno di tutto per mantenere l’armonia, per mettere tutti a proprio agio, invece questa ragazza sembra voler fare tutto il contrario: sembra che l’obiettivo della sua vita sia farmi perdere la pazienza.
Ancora infuriato, prendo il cuscino e inizio a prenderlo a pugni, dato che non ho sacchi da boxe disponibili al momento: dopo un po’, la tensione si allenta e mi sento un po’ meglio. Lancio con poca grazia il cuscino sul letto e mi dirigo verso quella che dovrebbe essere una cucina – ma che in realtà assomiglia di più a un campo di battaglia dove piatti e pentole si sono scontrati con sugo e vari resti di cibo.
Apro il frigo e noto che le uniche cose rimaste sono un paio di fette di pane, un po’ di prosciutto e una fettina di formaggio. Dovevo assolutamente andare nelle cucine e rifornirmi.
Mi faccio un panino improvvisato, sposto una sedia, che strisciando sul pavimento produce uno stridio terribile, e mi siedo per mangiare comodo.
Il panino è piccolo e non soddisfa neanche un decimo della mia fame, ma mi accontento, dato che preferisco patire la fame piuttosto che andare in mensa: oggi proprio non sono dell’umore per stare in mezzo a una banda di mocciosi urlanti. Per fortuna questo pomeriggio c’è una riunione tra Capofazione e non dovrò assistere agli allenamenti. Perché agli allenamenti non ci sono solo quei bambinetti urlanti, ma c’è anche quel rigido di Quattro.
La mia mente sta ancora formulando pensieri non proprio carini ed educati su Quattro quando sento qualcuno bussare alla porta. Nessuno sa dove si trova il mio appartamento, ad eccezione di Max e degli altri Capofazione, perciò quando apro la porta e vedo una ragazzina minuta e con profondi occhi verdi non posso che rimanere a bocca aperta.
-Che ci fai tu qui? – chiedo con poco garbo.
Liz non oltrepassa la soglia: rimane lì impalata, spostando il peso da una gamba all’altra e tenendo le braccia conserte, ma i suoi occhi sono puntati nei miei. La sua capacità di fissarmi direttamente negli occhi senza rabbrividire mi affascina e al tempo stesso mi dà sui nervi, perché questo significa che non le incuto timore a sufficienza.
La ragazzina inizia a parlare con voce bassa ma sicura.
-So che non dovrei essere qui, ma avevo bisogno di chiederti una cosa. –
Non la lascio continuare: - Prima di tutto, come hai fatto a sapere dov’è il mio appartamento? Secondo, cosa ti fa pensare che io abbia voglia di stare qui a sentire le tue stupide domande? –
Non so perché, ma parlarle così, in modo arrogante e maleducato, mi fa sentire uno strano malessere all’altezza dello stomaco, quindi cerco di frenare la lingua.
-Posso continuare? – chiede inarcando un sopracciglio.
Le faccio un cenno del capo per incitarla a continuare.
-Credo che anche tu abbia notato che qualcuno ha pestato Axel per bene. Io … ecco, io e lui abbiamo un passato, e  non è molto felice … -
Noto che parlare di questo argomento la mette a disagio – come biasimarla - e non voglio peggiorare la situazione, perciò resto in silenzio.
-Vorrei solo sapere chi è stato. E ragionandoci sono arrivata a una conclusione. –
- E sarebbe? – le chiedo.
-Sei stato tu, vero? –
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Chiedo scusa se il capitolo è un po’ corto, ma diciamo che è un’introduzione al prossimo, quindi mi rifarò la prossima settimana.  Chiedo anche scusa per aver postato così tardi, ma oggi c’è stato il matrimonio di mia cugina e sono appena tornata dal ristorante … sono distrutta!
Il prossimo aggiornamento dovrebbe arrivare venerdì, e dato che è un giorno infrasettimanale dovrei riuscire a postare a un orario decente.
Alla prossima!
 
Ps grazie a tutti quelli che seguono la storia e recensiscono! 

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Capitolo 9
*** Tell me the truth ***


CAPITOLO 9
Tell me the truth
 
(LIZ p.o.v.)
-Sei stato tu, vero? –
Quelle quattro parole sembrano lasciare Eric completamente di stucco: non dice una parola, neanche per insultarmi come suo solito, e resta a fissarmi per almeno un minuto prima di riprendere l’uso della lingua.
-E cosa te lo fa pensare? – dice cercando di mantenere la sua aria da duro.
-Prima di tutto, sapevi del mio risentimento per Axel, perché dopo che gli ho tirato un pugno, sei venuto a farmi la ramanzina sul fatto che dovessi stare attenta a non farmi nemici tra gli Intrepidi. In più… -
Non mi lascia continuare.
-Sono convinto che anche i tuoi amichetti sapessero dei tuoi trascorsi con Axel, perché non potrebbe essere stato uno di loro? –
-Se mi lasciassi finire il discorso, ti spiegherei tutto! – sbraito spazientita. So che devo mantenere la calma, perché lui è uno dei Capofazione e può sbattermi fuori in un battito di ciglia, ma non ci riesco se lui continua a trattarmi come se fossi una bambina che spiega perché secondo lei Babbo Natale esiste. –i miei amici, quando hanno visto Axel conciato per le feste, erano sorpresi quanto me, quindi non possono essere stati loro. Invece tu avevi un insolito sorriso stampato in faccia e, se ti ho inquadrato bene, questo significa che hai sfogato la tua rabbia prendendo a pugni qualcuno. E l’unico che mostrava segni di aggressione era quell’idiota. Inoltre, quando mi hai difeso poco fa, Axel ti ha ascoltato senza battere ciglio: non l’avrebbe mai fatto, se non avesse saputo che avresti potuto veramente fargli del male. –
Eric rimane immobile per vari minuti dopo che ho finito il mio brillante discorso deduttivo: non conferma né smentisce la mia teoria, e questo mi fa saltare i nervi.
-D’accordo, - dico cercando di mascherare l’irritazione per non aver ottenuto delle risposte – non resterò qui come un imbecille a farmi prendere in giro. Ti saluto Eric. –
Mi volto e ho già fatto un paio di passi per tornare in mensa, quando sento una mano afferrarmi saldamente il braccio e trattenermi. Quando mi giro, Eric mi sta fissando con uno sguardo talmente intenso che, per la prima volta da quando sono qui, riesce a mettermi a disagio.
-Se io rispondo alla tua domanda – dice, - tu mi racconterai che cos’è successo tra te e quell’idiota? –
Il fatto che definisca Axel un idiota mi fa sorridere, poi mi dico che se voglio che Eric si apra e mi dica cos’è successo ad Axel, forse anch’io devo aprirmi con lui.
-Va bene. Ma è una storia piuttosto lunga. – lo avverto.
-Nessun problema! – risponde con il suo solito ghigno. – Per fortuna ho un divano molto comodo. –
Mi sta davvero invitando nel suo appartamento? Quando mi lascia il braccio, rimango interdetta: non capisco se mi sta prendendo in giro o se vuole sul serio che entri in casa sua e gli racconti la mia triste storia mentre lui finisce la birra che vedo sul tavolo.
Capisco che non sta scherzando quando vedo che sta tenendo la porta aperta per lasciarmi passare.
Entro cercando di mascherare l’imbarazzo e aspetto che lui si sieda sul sopracitato divano prima di sedermi cautamente anch’io. La mia parte razionale in questo momento mi sta deridendo per la prudenza che metto in ogni gesto. Cosa pensi?, mi dico, che abbia nascosto una bomba sotto il divano?
-Su, racconta. – m’incita.
-No, prima tu rispondi alla domanda. – dico stizzita.
-Senti, qui le regole le faccio io. O mi racconti tutto prima che io ti risponda, oppure puoi alzarti e uscire da quella porta. –
Mi lascio sfuggire un sospiro frustrato e inizio a raccontare.
 
Flashback
Sono quasi le undici di sera: in casa tutti dormono, ma io non ci riesco. Sono troppo preoccupata. Axel è voluto andare a tutti i costi a quella stupida festa: mi ha promesso di stare attento e di non esagerare, ma conoscendolo domattina non ricorderà nulla di quello che ha fatto.
Conosco Evan e conosco il tipo di feste che organizza: fiumi di alcool, musica alta e, per questa serata in particolare, è anche riuscito a fregare del siero dell’armonia dalle scorte di suo padre. Tutti noi sappiamo che il siero dell’armonia viene usato per mantenere la pace nella nostra piccola società, ma sappiamo anche che in quantità eccessive si trasforma in una sostanza stupefacente. Troppo siero ti fa andare in pappa il cervello, e anche se sei consapevole di quello che fai, non puoi controllare le tue azioni. È come se il filtro cervello-gesti si scollegasse.
Sento qualcosa battere sul vetro della finestra della mia camera, così mi affaccio per vedere: Axel sta lanciando dei sassolini dall’albero di fronte alla mia stanza per attirare la mia attenzione.
-Che ci fai qui? – bisbiglio per non farmi sentire.
-Sono venuto a trovarti. Mi sei mancata alla festa, volevo stare un po’ con te. –
Il suo tono impastato e melenso non mi convince per niente.
-Axel, ti sei fatto? –
-No. Forse. Un po’. Dai fammi entrare. –
Non voglio avere la sua salute sulla coscienza, quindi apro per bene la finestra e lo lascio entrare. Entro domattina gli effetti del siero saranno svaniti e allora gli farò una ramanzina con i fiocchi.
-Avevi promesso di stare attento. – gli faccio notare mentre lo aiuto a stendersi sul mio letto.
-Sono stato attento, ma Evan aveva messo il siero in tutto il mangiare, così … -
Sbuffo contrariata, sapevo che sarebbe andata a finire male.
-Vieni qui. – mi dice.
Mi sdraio accanto a lui, sperando che si addormenti in fretta, ma le sue intenzioni sono altre. Comincia a baciarmi insistentemente e le sue mani, poco dopo, iniziano a palpare dove non dovrebbero.
-Axel, smettila subito! – sibilo.
-Eh, dai, non fare la Rigida. – mi dice.
Tento invano di allontanarlo, ma lui è troppo forte e molto più grosso di me. E non riesco a evitare che lui si approfitti della situazione.
 
La mattina, quando mi sveglio, il cuscino è ancora bagnato delle mie lacrime, ma Axel non è più lì. Forse ho sognato tutto, forse è stato solo un terribile incubo. Ma la macchia di sangue sul lenzuolo mi conferma che è stato tutto reale. Cerco di comportarmi normalmente con la mia famiglia, non voglio che si insospettiscano, ma mia mamma fiuta qualcosa, perché mi chiede di punto in bianco: -Tutto ok, Elizabeth?-
-Sì, certo, perché? –
-Non so, sei pallidissima. Forse ti sta venendo l’influenza. –
-Non so, forse. Io mi sento bene. Ora vado o farò tardi. –
Esco di casa per evitare altre domande a cui non saprei come rispondere e vado verso il campo di fragole: stamattina dobbiamo iniziare la raccolta.
Passano le ore e continuo il mio lavoro tranquilla: lentamente, i ricordi della notte precedente iniziano a svanire, rimpiazzati dalla serenità che provo in mezzo alla natura e ai campi. Provo un senso di pace assoluta.
Pace che viene interrotta da qualcuno che bussa insistentemente sulla mia spalla. Mi volto e vedo Axel.
-Che cosa vuoi? – dico a bassa voce alzandomi e allontanandomi il più possibile da lui.
-Hai detto a qualcuno di ieri sera? – chiede con un tono che mi mette i brividi.
-No, ma lo farò presto, puoi starne tranquillo. Andrò da Johanna questo pomeriggio a denunciare l’accaduto. Non la passerai liscia. – dico cercando di apparire spavalda. Dentro di me sto tremando.
-Invece andrà tutto bene. Nessuno saprà niente, tu non parlerai. –
Così dicendo, mi afferra per un braccio e mi trascina nel capanno degli attrezzi, che al momento è vuoto. Una volta chiusa la porta, mi tira uno schiaffo in faccia e mi tira un paio pi pugni nello stomaco, poi mi afferra il mento e mi costringe a guardarlo negli occhi. Prima di uscire dice solo: - Tu parla e per te è finita. -
È la prima volta che mi mette le mani addosso, ma non so che sarebbe stata la prima volta di una lunga lista.
 
Per un anno sono la vittima di quell’idiota, che mi usa a suo piacimento. Più volte tento di parlare con qualcuno, dai miei genitori ai miei amici, ma tutte le volte Axel si presenta e, dopo avermi allontanato dagli altri con una scusa, mi concia per le feste. Ho perso il conto dei lividi che ho sulle braccia e sul torace. Per fortuna riesco a evitare che si approfitti di me di nuovo.
Arriva il giorno della sua scelta e tremo al solo pensiero che scelga di rimanere tra i Pacifici. La sera prima della cerimonia vuole che vada a casa sua, e ovviamente sono costretta ad accontentarlo.
-Allora, sai già cosa scegliere domani? – chiedo cercando di capire le sue intenzioni.
-Sai che è vietato parlarne. –
-Lo so, volevo solo sapere se sei sicuro della tua scelta. –
-Sì, so già cosa scegliere. E credo che tu sappia quale sarà la mia decisione. –
-Resterai qui? –
-No, me ne andrò. Una vita fatta di falsa armonia non fa per me. –
Mi sento forte, sapendo che domani non sarà più qui a tormentarmi. Non potrà più mettere in atto le sue minacce se se ne andrà dalla fazione. Posso finalmente denunciarlo: ho una notte per farlo incriminare, altrimenti sarà troppo tardi. Quando avrà cambiato fazione, il nostro tribunale non potrà più giudicarlo.
Mi alzo e scatto verso la porta, sperando di riuscire a fuggire, ma Axel è più veloce di me e mi blocca prima che riesca a uscire. Mi strattona così forte che sbatto la testa contro l’angolo del comò e svengo.
 
Mi risveglio in ospedale: i miei genitori sono di fianco a me, e appena mi sveglio iniziano a chiedermi spiegazioni. Prima di scegliere come rispondere, devo sapere.
-Axel? – chiedo semplicemente.
I miei genitori si guardano negli occhi, poi dicono: - Ha lasciato la fazione. –
Il mio incubo è finito: è inutile denunciare tutto, perché se ha cambiato fazione noi Pacifici non possiamo più condannarlo a niente. Ha comunque vinto.
Così scelgo di mentire.
 
Fine flashback
 
Non mi sono resa conto di aver chiuso gli occhi mentre raccontavo la storia, lo capisco solo quando li riapro a fine racconto per guardare la faccia di Eric. La sua bocca è serrata in una linea sottile e i suoi occhi, di solito inespressivi, sono carichi di una rabbia che non avevo mai visto in nessuno. Senza una parola, si alza dal divano e apre la porta. Lo interpreto come un muto invito ad andarmene, così mi alzo e mi dirigo verso la porta.
-Prima di andarmene, voglio una risposta. – dico risoluta. – Sei stato tu o no? –
Mi mette una mano sulla schiena e mi spinge fuori dalla stanza. Mi rassegno al fatto che non avrò una risposta, ma lo sento dire –Sì. – prima di chiudere la porta dietro di me.
 
La pausa pranzo è finita, così dopo aver lasciato l’appartamento di Eric, me ne vado direttamente in palestra. I miei amici mi stanno aspettando in un angolo.
-Dov’eri finita? – mi chiede Diego preoccupato.
-Ho scoperto chi ha picchiato Axel. – dico senza girarci intorno.
Sto per confessare che è stato Eric a conciare così il mio incubo, quando si sente uno sparo.
Un secondo di silenzio assoluto, poi scoppia il caos.
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Finalmente oggi sono riuscita ad aggiornare a un orario decente!
Spero davvero che il capitolo vi piaccia, e dato che è uno dei capitoli più importanti l’ho fatto un po’ più lungo – così spero di farmi perdonare anche per l’altro capitolo, che era un po’ più corto.
Grazie a tutti quelli che seguono la storia, spero di leggere i vostri commenti.
A presto!
 
P.S. il prossimo aggiornamento arriverà venerdì prossimo, dato che mercoledì ho il test d’ingresso all’università ed è ora che mi metta a studiare qualcosa.

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Capitolo 10
*** Midnight ***


CAPITOLO 10
Midnight
 
(ERIC p.o.v.)
Dopo che Liz ha lasciato il mio appartamento, aspetto qualche secondo e tiro un calcio al comò, facendo cadere a terra tutto quello che avevo appoggiato sopra. Non so perché, ma sapere cosa quell’idiota di Axel ha fatto a quella povera ragazzina mi fa imbestialire. La parte di me che s’impone di mantenere costantemente un atteggiamento freddo e distaccato è improvvisamente scomparsa ed è stata rimpiazzata da una rabbia spropositata contro quella sottospecie di scimmia poco evoluta che si fa chiamare Axel. Adesso che so tutta la storia, averlo pestato come ho fatto mi sembra una cosa veramente da poco. Quel verme si merita di peggio. Non riesco più a capirmi: mi sono sempre ritenuto un tipo duro, freddo e distaccato, ma da quando quella ragazzina ha messo piede tra gli Intrepidi, qualche parte indefinita del mio cervello è andata a farsi friggere. Per quanto ci provi, non riesco a essere indifferente nei suoi confronti. Mandando la mia parte razionale, che m’imponeva di lasciar perdere tutto e continuare la mia vita come se nulla fosse, a farsi benedire, infilo la mia pistola nella fondina e lascio il mio appartamento.
Voglio trovare Axel e finire quello che ho iniziato.
Lo trovo mentre si comporta in modo naturale – cioè, fa lo stupido con i suoi amici – vicino allo Strapiombo.
-Tu – sibilo indicandolo – non ti muovere da lì. Voi altri sparite. –
Anche se sono tutti qualche anno più grandi di me, mi ascoltano senza battere ciglio: conoscono la mia reputazione e sanno che è meglio ascoltarmi se non si vuole diventare il mio bersaglio al poligono.
-Che vuoi, Eric? Ti ho già detto di lasciarmi in pace. –
Lo osservo mentre mi parla: anche se il suo tono è deciso e arrogante, il suo corpo tradisce una certa tensione. Liz aveva ragione.
-Ho appena saputo dei tuoi trascorsi tra i Pacifici, e devo dire che la cosa mi ha innervosito un bel po’. Come possiamo fidarci di un soldato che molesta delle ragazzine indifese? – cerco di restare calmo, ma ho una tale voglia di prenderlo a pugni che mi prudono le mani.
-Eric, devi imparare a farti gli affari tuoi. In più, chi ti avrebbe raccontato del mio presunto passato losco nella mia vecchia fazione? –
-Il nome Liz ti dice niente? –
Vedo il suo volto sbiancare: - Non avrebbe osato … -
-Invece ha osato e, credimi, sta per ripetere ogni parola davanti a Max. –
Vedo una luce folle balenargli negli occhi prima che scenda dalla ringhiera dello Strapiombo e inizi a prendermi a pugni.
La sorpresa m’impedisce di reagire subito, ma dopo un secondo mi riprendo e inizio a contrattaccare. Nella zuffa non capisco più chi sta picchiando chi, quando a un certo punto non sento più la pistola nella fondina. Un attimo dopo, lui si è alzato e me la sta puntando contro.
-Scusami, Eric, ma non posso lasciarti denunciare la cosa. –
Resto immobile e cerco un modo per levargli l’arma dalle mani: vedo la pistola tremare, non ha una presa salda. È veramente terrorizzato dall’idea che io possa spifferare tutto agli altri Capofazione.
Lo vedo rilassarsi un attimo quando nota che non sto reagendo, quindi approfitto del momento per tirargli un calcio nello stomaco. Si piega in due per il dolore e il suo dito preme il grilletto. Il problema è che nel piegarsi, ha finito per puntare la pistola verso il suo piede. Quindi, a conti fatti, l’idiota si è sparato al piede completamente da solo.
C’è un momento di totale silenzio, poi si sentono le urla di Axel riempire lo Strapiombo e una quantità enormi di passi nel corridoio che collegava questo posto alla palestra. Vedo Quattro farsi largo tra gli iniziati, raggiungere Axel e portarlo in infermeria, mentre tutti gli altri ragazzini restano fermi come statue a fissarmi.
-Beh, che state facendo lì impalati? Tornate in palestra! – sbraito. Il mio lato da Capofazione arrogante è riemerso dopo che quell’idiota è sparito dalla mia vista.
Tutti gli iniziati fanno retromarcia e tornano in palestra, ma noto con la coda dell’occhio che qualcuno è rimasto dov’era. Non mi serve voltarmi per sapere chi è. Liz.
-Che cosa hai fatto? – mi chiede.
 
(LIZ p.o.v.)
Non riesco a credere ai miei occhi: vedo Eric in piedi davanti ad Axel, che si sta tenendo il piede sanguinante e si contorce dal dolore. Noto anche una pistola sul pavimento, vicino a dove Axel sta mettendo in scena tutto il male che sente.
Per un minuto perdo contatto con il mondo che mi circonda: sento Bree che mi parla e sento Eric sbraitare qualcosa con il suo solito tono strafottente, ma il mio cervello non riesce a rielaborare le loro parole.
Vedo che tutti tornano in palestra, ma io sono decisa a non muovermi di lì. Questa volta voglio ottenere delle risposte, e non permetterò a Eric di andarsene senza avermele date.
-Che cosa hai fatto? – gli chiedo con la poca voce che riesco a tirare fuori.
-Non credo di doverti spiegazioni, e ora, se vuoi scusarmi … - lo vedo voltarsi per andarsene, ma gli corro dietro e lo afferro per un braccio.
-Eh no, questa volta non mi lascerai qui come una tonta senza risposte. Ora mi devi spiegare che cos’è successo e, soprattutto, perché è successo. E non guardarmi con quella faccia del tipo lasciami seduta stante o ti stacco quel braccio a morsi. – dico notando lo sguardo truce che mi sta rivolgendo. – Io ti ho raccontato tutta la mia storia, credo che merito almeno di sapere perché mi difendi da quell’imbecille. –
Lo vedo irrigidirsi, come se stesse decidendo se rispondermi o no, poi si libera dalla mia esile stretta e dice: - Non qui. –
Poi prende e se ne va.
 
Il resto della giornata passa in modo relativamente tranquillo. Durante gli allenamenti i miei amici ed io non riusciamo a rivolgerci la parola, ma nei loro volti riesco a leggere la curiosità di sapere quello che è appena successo. So che non riuscirò a evitare le loro domande per sempre, ma come posso dare loro delle risposte se neanche io so come stanno veramente le cose?
Arriva l’ora della cena ed è in questo momento che Bree, Jason, Diego e Joshua iniziano il loro interrogatorio su Axel.
-Allora, chi è stato a conciare così Axel? – mi chiede Bree curiosa.
-Eric. – dico cercando di mantenere un tono di voce basso.
-COSA?! – esclamano in coro.
-Shhh! – dico loro cercando di non attirare l’attenzione di ogni Intrepido nella mensa.
-Come lo sai? – mi chiede Diego sottovoce.
-Nella pausa pranzo sono andata a parlare con lui: avevo qualche sospetto e volevo avere qualche risposta, quindi sono andata a cercarlo nel suo appartamento e l’ho costretto a dirmi la verità. –
-E perché l’avrebbe fatto? Intendo, perché picchiare Axel? Che motivo aveva? –
-Questo non lo so. Ho cercato di ottenere informazioni in tutti i modi possibili, ma chiedere qualcosa che richieda una risposta più lunga di una sillaba a quello lì è come chiedere a una scimmia di fare le addizioni. –
-Forse gli piaci. Per questo ha preso di mira Axel. È una spiegazione plausibile, no? – dice Bree con sguardo malizioso.
-Bree, non dire stupidaggini. L’unica persona che piace a Eric è il suo riflesso nello specchio. Vado a prendere un’altra fetta di torta. – dico nel tentativo di sottrarmi a quella conversazione che stava prendendo una brutta piega.
Mi metto in fila per prendere un pezzo di torta di mele, quando noto che Eric si è messo al mio fianco e sta aspettando come me di ricevere una porzione di dessert. Non mi rivolge la parola, così anch’io rimango nel silenzio più assoluto e aspetto pazientemente il mio turno. Quando prendo il piatto con la torta, vedo il Capofazione estrarre qualcosa dalla tasca della giacca di pelle e appoggiarlo sul mio piatto. È un semplice pezzo di carta.
Non sapendo che fare, prendo il bigliettino e lo nascondo nella tasca dei pantaloni, poi torno al mio tavolo. Per fortuna, durante la mia assenza si è avviata una discussione tra Bree e Diego su cosa sia meglio tra le pistole e i coltelli, così non si parla più di Axel.
Mentre tutti erano impegnati a discutere, tiro fuori di nascosto il biglietto di Eric e lo leggo da sotto il tavolo. C’era solo scritto:
A mezzanotte nel mio appartamento. Ti dirò tutto.
 
 
 
 
 
Spazio autrice
Buon pomeriggio a tutti! Eccomi qua con il nuovo capitolo! Innanzitutto vi chiedo scusa per eventuali errori ortografici, ma sono bloccata sul divano con il collare a causa di un incidente stradale, quindi faccio un po’ fatica a mettere a fuoco i pixel del computer …
Spero davvero che vi piaccia!
Ringrazio tutti quelli che leggono la storia e anche tutti quelli che la recensiscono! Spero di leggere i vostri commenti!
A venerdì prossimo con il nuovo capitolo! 

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Capitolo 11
*** Secrets ***


CAPITOLO 11
Secrets
 
(LIZ p.o.v.)
Il resto della cena lo passo mangiando in silenzio e prendendo parola solo se sono interpellata direttamente. Il bigliettino di Eric mi ha messo una certa agitazione: cosa devo aspettarmi da lui? Mi darà veramente delle risposte, o mi sbatterà la sua faccia con quel suo ghigno odioso, contento di essersi preso gioco di me?
Diego nota che qualcosa non va in me, perché quando ci alziamo per tornare nel dormitorio mi chiede: -Tutto bene? –
Non riesco a parlare, temo che nella mia voce si potrebbe avvertire il nervosismo che mi tormenta, perciò mi limito a fargli un sorriso e ad annuire: Diego sembra intuire che sto mentendo, ma rinuncia a chiedermi altro con un sospiro rassegnato.
Sono solo le dieci quando decidiamo di metterci a letto e provare a riposare, considerato che la giornata è stata pesantissima e domani probabilmente sarà anche peggio, tuttavia non riesco a chiudere occhio per l’ansia, così le due ore che mi separano dall’incontro con Eric sembrano ancora più lunghe.
Quando sono le undici e mezza, il più silenziosamente possibile, mi infilo gli scarponi ed esco dal dormitorio. È tutto così silenzioso di notte nella residenza che il mio respiro mi sembra un rumore assordante e i miei passi sembrano rimbombare tra le pareti, nonostante stia camminando come se il pavimento fosse fatto di uova ed io non dovessi romperle. Terrorizzata dall’idea di essere beccata fuori orario dal dormitorio, presto attenzione a ogni rumore intorno a me ma, per fortuna, non sento nulla.
Arrivo all’appartamento di Eric con dieci minuti di anticipo e sono indecisa se bussare o no. La vocina nella mia testa si prende gioco di me e del mio terrore di bussare alla porta del Capofazione: Che cosa aspetti? Bussa! Mica ti mangia!
Prendo tutto il coraggio che ho in corpo e busso: sento dei rumori provenire dall’interno poi la porta si spalanca, mettendo in mostra un Eric con solo indosso i pantaloni e a torso nudo. Se prima ero in ansia per l’incontro con il Capofazione, ora sono divisa tra il terrore e l’imbarazzo.
Eric sembra intuire il mio disagio perché, dopo avermi invitato a entrare con un lieve cenno del capo, va verso la cassettiera, prende una maglietta a maniche corte e se la infila. Nel frattempo io, per cercare di rilassarmi, mi siedo sul divano e lui mi raggiunge subito dopo.
Visto che non apre bocca, decido di mettere fine a quel silenzio imbarazzante chiedendo: -Perché mi hai fatto venire qui? –
-Volevi delle risposte e sono disposto a dartele, ma alle mie condizioni. –
-In che senso? – chiedo un po’ spaventata.
-Nel senso che non dovrai mai e poi mai parlare a nessuno di quello che sto per dirti. Diciamo che non è mia … abitudine assecondare qualcuno, ma credo che tu abbia ragione: meriti di sapere perché ho fatto quel che ho fatto, ma non voglio che qualcun altro ne venga a conoscenza. Chiaro? –
-Chiaro. – dico cercando di mantenere un atteggiamento calmo e tranquillo, mentre dentro sto tremando come una foglia.
Vedo Eric aprire la bocca per iniziare a parlare, ma la richiude subito, come se non sapesse cosa dire esattamente. Si alza e inizia a camminare nervosamente su e giù per l’appartamento. Si passa una mano tra i capelli, nervoso, poi torna verso il divano e si siede con uno sbuffo.
-Non so da dove cominciare. – dice e, per la prima volta, appare nervoso, quasi … insicuro.
-Perché non parti dall’inizio? –
Eric alza lo sguardo su di me ed è talmente intenso che non so esattamente dire se voglia ringraziarmi per avergli dato un suggerimento e se voglia più semplicemente incenerirmi per aver aperto bocca.
-Dunque … -
 
(ERIC p.o.v.)
-Perché non parti dall’inizio? –
Perché non so come dirti quel che devo dire!, vorrei gridarle. Devo calmarmi, perché sento che sono sul punto di esplodere come un vulcano e, ciliegina sulla torta, non so neanche perché. Mi prendo la testa tra le mani e chiudo gli occhi nel tentativo di trovare le parole giuste per raccontarle tutto, ma saperla lì, seduta accanto a me, non è molto di aiuto. Credo che lei sia l’unica persona in tutta la Residenza in grado di mettermi in difficoltà.
-Dunque … anno scorso, mentre affrontavo l’iniziazione … -
-Aspetta – mi interrompe lei. – Tu hai solo un anno in più di me? –
-Sì – rispondo sentendo che quel poco di pazienza che riesco a trovare solo per lei sta già scivolando via. –Hai finito con le domande ovvie? –
-Scusami, non aprirò più bocca finché non avrai finito. – dice tornando seria e aspettando pazientemente che io continui il mio racconto.
-Dicevo, anno scorso Axel e la sua cricca di amichetti hanno aiutato uno degli istruttori con gli iniziati. Lui mi ha … preso di mira, ha tentato più volte di farmi cacciare dagli Intrepidi: il fatto è che lui sapeva che Max cercava un nuovo Capofazione e, quando ha capito che io ero uno dei candidati al posto, così come Quattro, ha iniziato a tormentarci. Tuttavia, Quattro aveva messo in chiaro che non era interessato alla carica, quindi il tuo amichetto ha smesso in fretta di stargli addosso. Io invece … non intendevo rinunciare alla possibilità che la fazione mi stava dando, così lui continuò a tentare di farmi desistere. È stato un incubo … anche se ovviamente non è paragonabile a quello che hai passato tu. Quando Max mi ha proposto di diventare Capofazione e ho accettato l’incarico, ho promesso a me stesso che non avrei più permesso a quell’imbecille di rovinare la vita a me o ad altri. E che, prima o poi, gliel’avrei fatta pagare. Quando l’ho visto comportarsi male con te, quell’odio per lui che credevo di aver represso in attesa del momento perfetto per scatenare la mia furia è tornato a galla e … gli ho presentato il conto per tutte le cattive azioni che aveva commesso. –
Non ho mai raccontato a nessuno questa storia: l’ho sempre ritenuta il mio punto debole, il mio tallone d’Achille. Ho lottato con le unghie e con i denti per guadagnarmi il mio ruolo di Capofazione e non lascerò che questo scheletro nell’armadio diventi di dominio pubblico: chiunque potrebbe usarlo per ricattarmi, o per coprirmi di ridicolo. Non ho intenzione di diventare la finocchietta derisa da tutta la fazione.
Quando rialzo lo sguardo verso Liz, noto che il suo volto è indecifrabile: è come se dentro di lei stessero lottando cento emozioni diverse e nessuna riuscisse a prendere il sopravvento sull’altra.
Non riesco a trattenermi e le chiedo: - A cosa stai pensando? –
-A tante cose: a quanto vorrei picchiare quell’imbecille, a quanto vorrei averlo denunciato prima, a quanto vorrei averlo colpito più forte la prima volta che l’ho visto tra gli Intrepidi … -
-Devo ammettere che quella volta hai fatto proprio un bel lavoro. Gli urli di dolore di quell’idiota dopo che l’hai colpito erano qualcosa d’impagabile. – dico con un ghigno malefico stampato sul volto.
La vedo aprire la bocca per rispondere, quando la sveglia sul mio comodino interrompe la conversazione.
-Accidenti, me n’ero dimenticato! – dico spegnendo la sveglia, mentre nella mia testa sta passando in rassegna tutto il repertorio di parolacce che conosco.
-Che succede? – chiede Liz un po’ preoccupata.
-Mi sono scordato che stasera c’è lo Strappabandiera. Torna nel tuo dormitorio entro due minuti, e fingi di dormire. –
-Ma che … ? – Liz sembra alquanto confusa, ma quando vede la mia espressione, che non ammette repliche, si fionda fuori dal mio appartamento e, silenziosa più di quanto mi aspettassi, si dirige alla sua camerata.
Mentre mi preparo, mettendomi il giubbotto di pelle e allacciandomi la cintura con la pistola (ovviamente, con la sicura inserita – non volevo fare la fine di Axel e del suo povero piede), provo una strana sensazione: mi sento più leggero, come se rivelando a Liz il mio segreto mi fossi tolto un enorme masso che soggiornava tranquillo tranquillo sulla bocca del mio stomaco.
Liz. Mi ritrovo a sorridere pensando a lei.
Ma che cosa stai facendo?! Ti stai rammollendo? Svegliati, Eric, e vedi di ritornare in te  nel giro di due minuti. O perderai contro Quattro allo Strappabandiera, e questo non può accadere.
La voce della mia coscienza mi fa rinsavire e, relegando Liz in un angolino del mio cervello, esco dal mio appartamento per andare a dare una dolce sveglia nel cuore della notte a quei ragazzini.
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Speravo di riuscire a postare prima ma i nuovi impegni universitari me l’hanno impedito. Come sempre, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Ho cambiato un po’ la storia di Eric per poterla “intrecciare” a quella di Liz, cosa che è funzionale anche ai prossimi capitoli
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, che seguono la storia e anche tutti quelli che leggono silenziosamente. Il vostro sostegno è importantissimo per me.
Spero di leggere le vostre recensioni, e preparatevi per il prossimo capitolo … ci sarà una svolta!
A venerdì prossimo (salvo imprevisti)!

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Capitolo 12
*** You're so sweet ***


CAPITOLO 12
You’re so sweet
 
(LIZ p.o.v.)
La sorte deve essere dalla mia parte, perché non appena m’infilo sotto le coperte, come se fossi sempre rimasta lì, Quattro apre senza troppa grazia la porta del dormitorio e ci dà la sveglia sbattendo il solito bicchiere metallico contro la ringhiera.
-Avete cinque minuti per prepararvi e farvi trovare alla stazione. – e, senza aggiungere altro, se ne va.
Vedo Bree con il cervello ancora perso nel mondo dei sogni alzarsi e infilarsi vestiti e scarponi. Joshua, Diego e Jason sembrano un po’ più svegli e finiscono di prepararsi molto prima di Bree. Io, invece, non sono neanche riuscita a togliermi i vestiti dopo essere tornata dall’appartamento di Eric, quindi mi basta semplicemente infilare gli scarponi per essere pronta.
Quando raggiungiamo la stazione, notiamo che ci sono anche tutti gli iniziati interni.
-Secondo te, perché ci hanno svegliato nel cuore della notte? – mi chiede Diego, che nel frattempo si è avvicinato a me. A quanto pare, è l’unico il cui cervello sia in grado di elaborare parole coerenti e fare conversazione.
-Non ne ho idea. Sarà un’esercitazione. – dico, il che è vero. So che dobbiamo fare una cosa chiamata “Strappabandiera”, ma non ho la benché minima idea di che cosa sia.
Eric e Quattro ci stanno già aspettando e noto che sul volto del primo è già tornata la solita espressione di superiorità e arroganza. Il suo umore ballerino non finisce mai di sorprendermi.
Senza che nessuno dica una parola, prendiamo un treno diretto non si sa dove: noto che Eric ha sulle spalle, così come Quattro, delle borse piene di aggeggi strani che non riesco a identificare.
Quando il treno è già in viaggio da un paio di minuti, Eric prende la parola: - Bene, questa sera giocheremo allo Strappabandiera. Per voi è un’esercitazione, quindi guadagnerete punti, o li perderete … questo dipende solo da voi. – dice con un ghigno malefico disegnato in faccia. – Ci divideremo in due squadre, io e Quattro saremo i capitani. Ogni squadra dovrà nascondere la propria bandiera e cercare quella avversaria. Come arma, - dice prendendo uno di quegli strani affari da una delle sue borse, - useremo queste pistole. I proiettili sono neurostimulatori che simulano le ferite da arma da fuoco. Bene, ora facciamo le squadre. Inizia tu, Quattro. – dice, anche se dall’espressione disgustata sulla sua faccia posso dedurre che dare la precedenza al compagno gli costa molto. Non posso fare a meno di chiedermi che cosa sia successo tra quei due.
Quattro fa un ghigno prima di chiamare il primo membro della sua squadra: -Liz. –
 
(ERIC p.o.v.)
Quando Quattro chiama Liz nella sua squadra, non posso evitare di sentire qualcosa stringermi lo stomaco e divertirsi a contorcerlo fino a farmi sentire male: perché l’aveva scelta lui?! Lo sapevo, dovevo iniziare io! Questo conferma solo che essere gentili è completamente inutile!
Cerco di rimanere freddo e calmo, ma dentro di me sono peggio di un vulcano in eruzione. Mentre continuiamo a dividerci gli iniziati, elimino il risentimento per Quattro e la voglia di avere Liz nella mia squadra dalla mia mente e mi concentro solo su una cosa: battere quel Rigido.
La squadra di Quattro scende per prima, addentrandosi nel buio del vecchio luna park, e noi li seguiamo poco dopo. Senza Liz nei paraggi, la mia sopportazione per quei ragazzini torna ai livelli minimi e quando sento i loro passi allontanarsi sempre di più da me, non posso evitare di sbottare: -Avanti, non abbiamo tutta la notte! Muovetevi! –
Ci fermiamo nei pressi della malconcia ruota panoramica ed è lì che chiedo: - Allora, dove nascondiamo la bandiera? –
I ragazzini iniziano a litigare tra loro per decidere quale sia il miglior nascondiglio per la bandiera, e i loro schiamazzi riescono a mandarmi fuori di testa nel giro di pochi minuti.
Pensa positivo, pensa positivo, non pensare a quanto vorresti picchiare queste finocchiette … , mi continuo a ripetere.
Alla fine riescono ad accordarsi sul nascondiglio: la scatola in cima alla ruota panoramica. Salendo dalle scale dietro, nessuno ci avrebbe visto nasconderla, ed è sufficiente che restino pochi di noi a badare alla bandiera, mentre gli altri possono andare a cercare la squadra di Quattro. Non sono pienamente d’accordo, ma nel punto in cui ci troviamo non ci sono nascondigli migliori, perciò ci accontentiamo. Lascio tre ragazzi a guardia della bandiera, mentre io mi metto a capo della squadra d’attacco. Ogni tanto il pensiero di Liz torna a fare capolino nella mia mente, ma cerco di metterlo subito da parte.
Devo restare concentrato.
Individuo la bandiera di Quattro: quel Rigido non l’ha nascosta molto bene. Iniziamo ad avanzare, ma non facciamo in tempo ad avanzare di pochi passi che inizia la sparatoria. Era una trappola: sembrava che il premio fosse incustodito e ben in vista, ma in realtà c’era una bella difesa a separarci dal nostro obiettivo.
Siamo sempre più vicini alla bandiera quando sento degli spari provenire da lontano. A quanto pare, anche Quattro ha avuto la mia stessa idea di dividersi in due gruppi, e dovevano aver trovato il nostro nascondiglio.
Continuo a sparare, quando in lontananza sento un urlo che mi fa gelare il sangue.
Lo scontro si interrompe immediatamente e, quando tutti capiamo che l’urlo proveniva dalla ruota panoramica, ci precipitiamo là.
C’è qualcosa che mi chiude la bocca dello stomaco, un brutto presentimento che m’impedisce di pensare lucidamente. Sento che è successo qualcosa di brutto, di molto brutto.
E, quando arrivo ai piedi della ruota panoramica, i miei timori trovano conferma: Liz è stesa per terra, priva di sensi.
-Che cos’è successo? – ringhio. Sento che tra pochi secondi non risponderò più delle mie azioni.
-Ha tentato di arrampicarsi sulla ruota, io l’ho inseguita – risponde un ragazzino di cui non ricordo il nome, ma che riconosco come un interno, - ma a un certo punto qualcosa si è rotto e lei è caduta. –
Guardo in alto e noto che il punto dove si è rotta la scala non è così elevato: se Liz ha la sorte dalla sua parte, non ha niente di rotto.
Ma non c’è neanche un secondo da perdere.
-Voi restate con Quattro, seguite le sue istruzioni. Io porto Liz in infermeria. –
La prendo in braccio e, senza aspettare il consenso di Quattro, mi precipito verso la ferrovia: se non sbaglio, dovrebbe arrivare un treno in meno di un minuto.
Sento gli occhi di tutti puntati su di me: so che non mi sto comportando come mio solito, so che probabilmente il Rigido mi prenderà in giro per questa premura per tutta la vita, ma per la prima volta, non m’importa.
Non m’importa di dover nascondere la mia preoccupazione per quella ragazzina  così da mantenere la mia aria da duro. Non m’importa se la vocina nella mia testa mi sta gridando di smetterla con questi pensieri melensi su quella Pacifica.
M’importa solo di Liz. Voglio solo sapere che starà bene.
 
(LIZ p.o.v.)
 Non so dove sono, l’ultima cosa che ricordo è che precipitavo al suolo dopo aver tentato di arrivare alla bandiera.
Non ho la forza di aprire gli occhi, soprattutto perché a mano a mano che mi sveglio, sento delle fitte di dolore lancinanti: ho male alle costole e a una caviglia, e anche la testa mi pulsa continuamente. Ma perlomeno sono ancora viva.
Percepisco un vociare in lontananza, poi sento una voce possente – che poi riconosco come quella di Eric – intimare tutti i disturbatori di andarsene e di lasciarmi riposare, anche se usa parole un po’ troppo … colorite nel dirlo.
Sento dei passi avvicinarsi al mio letto, una sedia spostarsi e qualcuno sedersi con un sospiro.
-Si riprenderà. – dice una voce femminile che non riconosco. – Per fortuna non ha nulla di rotto, ha solo preso una brutta botta. Tornerà ad allenarsi presto. –
Anche se ancora non ho la forza di muovermi, dentro di me inizio a ballare come una pazza: sto bene, sono solo un po’ ammaccata e non diventerò un’Esclusa. Nella sfortuna, mi è andata bene.
-Ne sei sicura? – chiede Eric. Da come mi arriva la sua voce, capisco che è lui che si è seduto sulla sedia accanto al letto. Realizzo che probabilmente mi trovo nell’infermeria della Residenza, anche se non ricordo come ci sono arrivata …
Un momento, perché Eric è seduto vicino a me mentre sono incosciente?
Sento la donna – probabilmente l’infermiera – allontanarsi, così provo ad aprire gli occhi ma mi blocco quando Eric mi prende la mano. Sono troppo stupita per muovere un solo muscolo, così lascio che continui a credere che sono ancora svenuta e aspetto. Voglio proprio vedere dove va a parare.
-Mi hai fatto prendere un bello spavento. Per fortuna tra un paio di giorni tornerai come nuova. Se qualcuno mi vedesse in questo momento, probabilmente penserebbe che sono impazzito: io, il Capofazione dal cuore di ghiaccio, che perde la testa per un’iniziata ferita … non so come, ma tu hai tirato fuori il lato migliore di me. E anche se ho combattuto come un pazzo per reprimerlo, quando tu sei nei paraggi non ci riesco. Non ripeterò mai questa cosa quando sarai cosciente, ma volevo che sapessi che con te, per la prima volta in tutta la mia vita, ho abbassato le mie difese. Sei l’unica che ha visto il vero me, anche se per poco, e ti chiedo scusa se a volte sono stato sgarbato … un idiota, come mi diresti tu, perciò … -
Non riesce a proseguire il discorso e mi lascia la mano delicatamente. Sento un lieve spostamento d’aria e un fruscio, probabilmente si è passato la mano tra i capelli – ho notato che lo fa quando è nervoso o a disagio – poi si alza e lo sento parlare in lontananza con l’infermiera.
Prima di far capire che sono sveglia, devo combattere per una decina di minuti contro un fiume di lacrime che minaccia di uscire dai miei occhi per le parole di Eric.
 
 
 
 
Spazio autrice
Ta-da! Eccomi qua! Che ne pensate di questo capitolo? Spero davvero che vi piaccia! Ho cercato di aprire una breccia nel cuore di Eric e spero di esserci riuscita.
Un ringraziamento a tutti quelli che leggono la storia! E un ringraziamento speciale a tutti coloro che l’hanno aggiunta tra le preferite (7), tra le seguite (5), e tra le ricordate (9).
Un super ringraziamento a chi ha recensito: leggere i vostri commenti mi rende davvero felice e spesso mi date anche qualche spunto per lo sviluppo della storia.
A venerdì prossimo con il nuovo capitolo!
Un bacio a tutti! 

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Capitolo 13
*** Do you want to have dinner with me? ***


CAPITOLO 13
Do you want to have dinner with me?
 
(LIZ p.o.v.)
Dopo due giorni sono quasi come nuova: la caviglia non mi fa quasi più male, la testa ha smesso di pulsare dopo appena un paio d’ore dal mio risveglio e il dolore alle costole sta diventando solo un leggero indolenzimento. Tuttavia, l’infermiera mi ha detto che devo stare altri due giorni senza combattere: posso allenarmi, ma il corpo a corpo è escluso. Max, che è venuto a informarsi delle mie condizioni prima che mi dimettessero, mi ha concesso quei giorni necessari per riprendermi, ma ha messo in chiaro che se dopo questo periodo di convalescenza non sarò in grado di allenarmi, mi caccerà dalla Fazione.
Dopo la sera dell’incidente, Eric non è più venuto a trovarmi: la cosa non mi è dispiaciuta più di tanto, perché sinceramente non avrei saputo come comportarmi dopo la sua strana confessione. Lui non avrebbe provato nessun imbarazzo, perché mi credeva incosciente mentre mi confessava i suoi sentimenti, mentre io probabilmente non sarei riuscita a guardarlo in faccia o a dire una frase di senso compiuto.
Mi dimettono la mattina, perciò mi dirigo direttamente in mensa senza passare per il dormitorio: ho una fame da lupi. Quando entro, vedo i miei amici già seduti al solito tavolo, così prendo qualcosa di leggero come colazione, seguendo le istruzioni dell’infermiera, poi li raggiungo.
-Ehi! Come stai? – esclama Diego quando mi vede arrivare. Si alza e mi abbraccia, ma quando mi stringe le braccia intorno al busto un po’ troppo forte, non posso trattenere una smorfia per la fitta di dolore. Anche gli altri mi abbracciano a turno, poi ci sediamo tutti insieme.
-Sto meglio, ancora un po’ dolorante, ma sono viva. – dico sorridendo.
-Ci hai fatto prendere un bello spavento! – esclama Bree.
A quelle parole non posso evitare di trasalire, perché sono le stesse che ha usato Eric.
-Tutto bene? – chiede Diego notando la mia reazione.
-Sì, tutto okay. Che cosa c’è in programma per oggi? – dico tentando di cambiare argomento.
-Lancio dei coltelli. – risponde Jason con il suo solito sorriso. – Non so perché, ma Eric ha sospeso i combattimenti a corpo a corpo per quattro giorni. Dice che dobbiamo prendere confidenza anche con le armi per poterle usare al meglio, quindi per un po’ ci alleneremo al poligono. –
Eric aveva sospeso i combattimenti? Lo stesso Eric che adorava vedere noi iniziati prenderci a pugni come pazzi? Non aveva senso.
Poi un’illuminazione: io non posso combattere per due giorni o le mie ferite potrebbero peggiorare. Sono sicura che Max gliel’ha detto, è impossibile che non abbiano parlato del mio incidente. Che abbia sospeso il corpo a corpo perché così potrò riprendermi completamente e tornare ad allenarmi come prima?
-A cosa stai pensando? – chiede Bree.
-Oh, a niente. Stavo pensando che non sono aggiornata su quello che è successo mentre ero in infermeria. Qualche novità? – chiedo, sviando subito il discorso.
I quattro si guardano negli occhi prima di abbassare lo sguardo, improvvisamente rattristati.
-Ti ricordi Ted? Il ragazzo contro cui ti sei battuta? – dice Diego.
-Sì, certo. –
-Ecco, è stato buttato fuori. –
-Cosa?! Perché?-
-Dopo che tu ti sei fatta male durante lo Strappabandiera, Eric sembrava aver perso la testa. Non so, sembrava … spiritato. Ti ha portato subito via, senza dare spiegazioni. Noi siamo tornati indietro con Quattro e Ted ha iniziato a prendersi gioco di Eric, dicendo che faceva tanto il duro ma che in realtà era una … come ha detto? – chiede a Jason.
-Finocchietta, o qualcosa di simile. –
-Giusto. Insomma, Eric è venuto a saperlo e, ovviamente, l’ha affrontato. Si vedeva che faceva fatica a mantenere la calma, ma è un Capofazione, non può aggredire gli iniziati. A un certo punto, Ted è passato alle mani: a quel punto Eric non ci ha visto più, l’ha bloccato e l’ha portato nell’ufficio di Max; il giorno dopo era fuori. –
-Non posso crederci. Quindi siamo rimasti solo in sette? – chiedo.
-Sì, escludendo gli interni. –
Finiamo la colazione chiacchierando del più e del meno, evitando di accennare al mio incidente o a qualsiasi cosa avesse a che fare con esso, incluso Eric, dopodiché ci dirigiamo insieme al poligono. Lungo la strada incrociamo Axel e la sua cricca e, stranamente, non ci rivolgono né un insulto né uno sguardo. Vedo che gli altri sono scioccati quanto me, ma decidiamo di considerarlo come un segno dell’inizio di un cambiamento e raggiungiamo la nostra destinazione.
Quattro ci sta già aspettando vicino a un tavolo pieno di coltelli e noto che Eric ci sta osservando appoggiato alla parete in fondo alla stanza: ha il suo solito sguardo glaciale e la sua espressione arrogante, ma noto una strana scintilla nei suoi occhi quando mi vede entrare nella stanza. Non posso fare a meno di arrossire, così abbasso lo sguardo e mi dirigo con i miei amici verso il tavolo dove Quattro ci sta aspettando.
-Bene, come sapete, abbiamo deciso di mettere da parte il corpo a corpo per un po’ e di concentrarci sulle armi. Oggi ci concentreremo sul lancio dei coltelli. Osservate come faccio, poi prendete tre coltelli e posizionatevi davanti a un bersaglio. –
Facciamo esattamente quello che ci dice e, dopo averci mostrato il modo corretto di lanciare i coltelli, ci lascia lo spazio per provare.
All’inizio riesco a lanciare piuttosto bene, faccio anche centro perfetto un paio di volte, ma dopo un po’ inizio a sentire male alle costole e i miei lanci diventano a mano a mano più penosi. Mi avvio verso il bersaglio per raccogliere i coltelli per l’ennesima volta e, quando torno indietro, vedo Eric dirigersi verso di me.
Cerco di ignorarlo e continuo a lanciare, ma la fitta che sento alle costole dopo il secondo lancio mi costringe a fermami.
-Tutto bene? – sento dire a Eric dietro di me.
-Sì – mento, ma lui se ne accorge.
-Non è vero. –
-E allora? – chiedo, cercando di mantenere un atteggiamento distaccato.
-Sai che c’è un modo per non sentire male quando lanci? – mi dice con il suo solito ghigno da superiore, che oggi però ha una sfumatura diversa, sembra più … dolce.
A questo punto non posso più ignorarlo: - E quale sarebbe? – chiedo.
Si posiziona davanti al mio bersaglio e mi prende un coltello dalle mani: lo vedo prendere la stessa posizione che ci ha mostrato Quattro, ma quando lancia lo vedo far leva sulle gambe, non sul busto, e il suo coltello finisce nel centro esatto del bersaglio.
-Avanti, provaci. – dice porgendomi i coltelli che era andato a riprendere.
Sono senza parole per la sua gentilezza, ma cerco di comportarmi come sempre: imito i suoi movimenti e lancio i tre coltelli. Faccio tre centri perfetti e non sento neanche una fitta. Mi volto verso di lui e noto che mi sta osservando con una strana luce negli occhi.
-Grazie. – dico cercando di ignorare l’imbarazzo che mi ha chiuso la bocca dello stomaco. Che mi sta succedendo?
-Di niente. È il mio lavoro. – dice sorridendo. Eric che sorride? Devo avere le allucinazioni, sì, è sicuramente una conseguenza dell’incidente.
-Posso chiederti una cosa? – chiedo di punto in bianco. È troppo strano vedere Eric nella versione gentile e premurosa.
-Puoi chiedere, ma non garantisco che ti risponderò. –
-Jason mi ha detto che sei stato tu a sospendere i combattimenti. Perché? –
Lo vedo aggrottare le sopracciglia e riflettere sulla risposta.
-Dovevate imparare anche a usare le armi, non potete sempre combattere corpo a corpo, dovete sapervela cavare anche con le armi. Soprattutto con le armi. -
-Non ci sono altri motivi? – chiedo speranzosa.
-Dovrebbero esserci? –
Che nervi! Perché deve rispondere alla mia domanda con un’altra domanda?
-Non so, sei tu quello che deve dirmelo. – dico voltandomi di nuovo verso il bersaglio e riprendendo a lanciare i coltelli.
Eric mi afferra un braccio e avvicina le labbra al mio orecchio sinistro: - Se anche avessi sospeso i combattimenti per te, per darti il tempo di guarire, non potrei di certo ammetterlo davanti a tutti gli altri. – mi sussurra prima di lasciarmi e tornare da Quattro.
 
Gli allenamenti proseguono per tutta la mattina come se niente fosse: Eric non si avvicina più a me, continua a squadrare gli altri con attenzione e a esaminare ogni loro movimento.
Anche a pomeriggio continuiamo a lanciare i coltelli, solo che questa volta dobbiamo centrare dei bersagli in movimento. Riesco ad allenarmi senza farmi troppo male grazie ai consigli di Eric e, quando arriva l’ora di cena, mi offro di restare con Quattro per aiutarlo a mettere via i coltelli. Non ho molta voglia di compagnia questa sera, così non vedo perché non dovrei aiutare il nostro istruttore a sistemare tutto.
Lavoriamo in silenzio, Quattro è una persona molto taciturna e riesce a intavolare una conversazione solo dopo dieci minuti di silenzio imbarazzante.
-Come stai? Ti sei ripresa dalla caduta? – mi chiede.
-Sì, sto meglio, anche se ogni tanto ho ancora qualche fitta alle costole. –
-Sei stata fortunata. – mi dice.
-È vero che è stato Eric a portarmi in infermeria? – chiedo senza riuscire a trattenermi. Mi mordo la lingua subito dopo averlo detto.
-Sì, sembrava molto preoccupato. In tutta onestà, è stata la prima volta in cui l’ho visto mostrare sentimenti per qualcuno che non sia se stesso. –
-Lo conosci bene? –
-Abbiamo affrontato l’iniziazione insieme, lo scorso anno. –
-Sul serio? –
Quattro sta per rispondermi, quando Eric piomba nella stanza aprendo la porta con ben poca grazia.
-Cosa state facendo? – chiede con uno sguardo glaciale. Sembra voler uccidere Quattro con lo sguardo.
-Liz si è offerta di aiutarmi a mettere a posto. – spiega l’istruttore prima che io abbia tempo di aprire bocca.
-Molto gentile da parte sua, ma ora ho bisogno di parlare con lei. Ti dispiace se te la porto via? –
Quattro mi lancia uno sguardo malizioso prima di dire: - No, prego è tutta tua. –
Seguo Eric con una certa preoccupazione: che cosa avrà ancora da dirmi? Mi sento sempre più a disagio, ma continuo a seguirlo il silenzio finchè non raggiungiamo il suo appartamento.
-Di cosa volevi parlarmi? – chiedo prima di entrare.
-Vuoi la verità? Non devo parlarti di nulla, ma non riuscivo a sopportare di vederti insieme a quel Rigido. Diciamo che quella di parlarti è stata la prima scusa che mi è venuta in mente. –
Rimango completamente a bocca aperta: ma che cosa sta succedendo?
-E perché mi hai portato qui? – riesco a chiedergli.
Si passa una mano tra i capelli prima di dire: -Ti andrebbe di cenare con me? –
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Che ne pensate del capitolo? So che non ho inserito il punto di vista di Eric, ma il prossimo capitolo sarà tutto dal suo punto di vista, quindi ho lasciato che qui parlasse Liz.
Spero di leggere i vostri commenti, e grazie di cuore a tutti quelli che seguono la storia!
Un bacio!
 
Ps siccome la prossima settimana inizio l’università, non so bene come siano gli orari. Il prossimo aggiornamento sarà pronto per venerdì prossimo o, nel peggiore dei casi, sabato.

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Capitolo 14
*** Finally me ***


CAPITOLO 14
Finally me
 
(ERIC p.o.v.)
Finiti gli allenamenti pomeridiani, tutti i ragazzini se ne vanno di corsa verso la mensa ed io mi avvio dietro di loro: non ho assolutamente intenzione di condividere la stanza con Quattro più dello stretto necessario e non ho voglia di passare del tempo da solo con lui sentendolo blaterare sui miei metodi troppo duri, così lo lascio solo nella stanza a mettere via e seguo gli iniziati.
Varco la porta della mensa e mi dirigo a grandi falcate verso la fila per prendere la cena mentre scruto la mensa in cerca di qualcosa … okay, di qualcuno … okay, di Liz. Ma non la trovo. Vedo i suoi amici seduti al solito tavolo, ma di lei non c’è traccia.
Un senso di panico mi chiude la bocca dello stomaco, così lascio immediatamente il vassoio che avevo preso e mi precipito fuori.
Pensa, Eric, pensa! Dove può essere?
Per la prima volta la vocina nella mia testa è d’accordo con il resto di me. Il primo posto che mi viene in mente è il dormitorio, così provo ad andarci ma non la trovo. Poi penso all’infermeria, magari si è sentita poco bene ed è andata a farsi vedere, ma non la trovo neanche lì. Non so più dove possa essere così inizio a girare a vuoto per la residenza: a un certo punto passo davanti al poligono e la vedo, attraverso una fessura nella porta, mentre sta aiutando il Rigido a mettere via le armi.
Sento il sangue ribollire nelle vene ed entro nella stanza come una furia: non so esattamente cosa voglio, so solo che non voglio lei e lui nella stessa stanza da soli.
-Cosa state facendo? – sbraito cercando di mantenere un minimo di contegno, anche se dentro di me sto immaginando mille modi diversi per strangolare quel Rigido.
-Liz si è offerta di aiutarmi a mettere a posto. – si giustifica lui con un’alzata di spalle, come se nulla fosse.
-Molto gentile da parte sua, ma ora ho bisogno di parlare con lei. Ti dispiace se te la porto via? – dico mantenendo un tono stranamente calmo.
- No, prego è tutta tua. – risponde Quattro. Nei suoi occhi vedo qualcosa di strano, una specie di scintilla, come se avesse intuito qualcosa.
Liz sembra alquanto terrorizzata e mi segue senza battere ciglio. Non appena lasciamo la stanza, mi sento subito meglio e riesco a riassumere il solito e caratteristico cipiglio indifferente.
Ora che l’ho portata via dalle grinfie di Quattro, mi rendo contro che non ho una meta precisa, così decido di andare verso il mio appartamento.
E una volta lì cosa farai?
Perché quella stupida vocina deve sempre farsi beffe di me quando mi vede in difficoltà?!
Arriviamo fin troppo in fretta a casa mia e non posso più evitarlo: dopo aver aperto la porta, mi volto verso Liz.
Sembra che sia nervosa e curiosa al tempo stesso, e nei suoi occhi posso leggere l’indecisione riguardo se accettare o no il mio muto invito a entrare.
-Di cosa volevi parlarmi? – chiede con voce bassa e leggermente tremante.
In cuor mio sapevo fin dall’inizio che quella sarebbe stata la sua prima domanda, ma quando me lo chiede, rimango paralizzato: cosa dovrei dirle? Dovrei inventarmi una bugia per giustificare il mio comportamento sicuramente bizzarro? Dovrei dirle che l’ho portata via perché non vorrei che si affaticasse troppo e si facesse ancora più male?
No. Basta bugie. Basta maschere. Almeno per questa sera, voglio essere me stesso con lei.
-Vuoi la verità? Non devo parlarti di nulla, ma non riuscivo a sopportare di vederti insieme a quel Rigido. Diciamo che quella di parlarti è stata la prima scusa che mi è venuta in mente. –
-E perché mi hai portato qui? –
Di nuovo mi fa una domanda a cui non so come rispondere. Mi passo una mano tra i capelli e sospiro nervoso, poi le chiedo tutto d’un fiato: -Ti andrebbe di cenare con me? –
La vedo irrigidirsi e spalancare gli occhi per la sorpresa: non riesco a interpretare la sua reazione. È sorpresa? Se sì, è un bene o un male? Forse mi devo aspettare uno schiaffo in faccia?
-Va bene. – risponde lei, anche se nella sua voce riesco a cogliere ancora qualche dubbio. Posso comprendere il suo stupore, anch’io non riesco a capire che cosa sto facendo.
Entra e si siede sul divano a braccia conserte, osservandosi intorno come se si aspettasse di veder sbucare fuori una brutta sorpresa da un momento all’altro.
-Solo una cosa. – le dico prima di avvicinarmi ai fornelli. –Nessuno dovrà sapere di quest’incontro. Iniziati e istruttori non dovrebbero avere … relazioni che vanno oltre a quelle formali. Chiaro? –
-Chiaro. – risponde lei, un po’ più sicura di prima.
Vado verso il frigo e tiro fuori qualche verdura e due bistecche.
-Che stai facendo? – chiede lei avvicinandosi.
-Cucino? – dico io senza poter trattenere una punta di sarcasmo.
-Tu sai cucinare?! –
-Perché la cosa ti sorprende tanto? – dico, rimanendo leggermente offeso.
Lei sembra notarlo perché si affretta a scusarsi: -Scusa, non intendevo dire che non ti ritengo in grado di preparare da mangiare, è solo che … non so, sei sempre così autoritario e non riesco ad associare l’immagine che dai di solito di te a quella di un cuoco. Ecco tutto. –
-Beh, ti sorprenderò. – dico sorridendo.
Ormai non mi sorprendo più dell’effetto che Liz esercita su di me, del suo potere di farmi sorridere e di farmi stare bene: sono deciso a godermi il momento.
-Che cosa vuoi preparare? – chiede curiosa.
-Bistecche e, come contorno, insalata con pomodorini e carote. –
-Serve una mano? –
Vorrei dirle di no, non sono abituato a farmi aiutare, che si tratti dei combattimenti o della cucina, perché temo che gli altri poi mi rinfaccino il favore che mi hanno fatto, ma nei suoi occhi leggo che vuole solo essere gentile con me, perciò non vedo niente di male nell’accettare la sua proposta.
-Se vuoi puoi tagliare le verdure. I coltelli sono nel primo cassetto. –
Lei s’illumina e corre a prendere il coltello, poi si mette al lavoro. Taglia carote e pomodori con calma e precisione, li unisce all’insalata e porta la ciotola a tavola insieme a olio, aceto e sale, poi apparecchia per noi due. Nel frattempo, io cuocio le bistecche come mio solito, ma mi rendo conto che non so che tipo di cottura preferisce.
-Come ti piace la carne? Al sangue o ben cotta? – le chiedo mentre lei sistema i piatti.
-Ben cotta va benissimo, grazie. –
Per fortuna, perché anch’io la mangio ben cotta e diciamo che se l’avesse voluta al sangue … sarebbe stato troppo tardi.
La vocina dentro di me è rinsavita e mi sta prendendo in giro a più non posso per mostrarmi così debole e sentimentale, ma questa sera sono deciso a comportarmi in maniera cordiale e gentile, non scorbutica come mio solito.
La prima parte della cena la passiamo chiacchierando del più e del meno.
-Ti posso chiedere una cosa? – dice a un certo punto.
-Certo. –
-Sei nato Intrepido o sei un trasfazione? –
Non voglio rispondere, avevo cambiato fazione proprio per cancellare il mio passato, ma so che con lei posso essere sincero senza temere che mi giudichi, perciò rispondo, anche se un po’ titubante.
-Ero un Erudito. –
-Davvero? –
-Già, ma non mi piace parlare di quella parte della mia vita. –
Lei sembra capire che l’argomento mi rende nervoso, perché dice subito: - Tranquillo, era solo una curiosità. – poi cambia argomento.
Andiamo avanti a parlare di tutto e di niente per un paio d’ore, ma non posso evitare di chiederle come sia successo l’incidente, quindi dopo un po’ tiro fuori la questione.
-Avevo visto la vostra bandiera, - inizia a spiegarmi - così ho provato a salire. Poi ho sentito qualcuno venirmi dietro, così ho provato a salire più in fretta ma a un certo punto chiunque fosse mi ha afferrato la gamba e mi ha strattonato giù. Sono riuscita a liberarmi ma il piolo successivo era poco stabile, così si è rotto e sono caduta di sotto. –
Stringo i pugni per trattenermi dal distruggere il tavolo: so che è stato un incidente, ma non so perché ritengo responsabile il ragazzo dietro di lei che non è riuscito ad afferrarla in tempo.
All’improvviso vedo la sua mano posarsi sul mio pugno chiuso e sento che il mio cuore perde un battito prima di accelerare all’impazzata.
Calma, calma, calma, calma, calma, continuo a ripetermi.
-So che devo ringraziare te per essere ancora tutta intera: mi hanno detto che sei stato tu a portarmi in infermeria. –
-Ho fatto solo il mio dovere. – dico cercando di restare impossibile, anche se mi riesce difficile anche solo mettere insieme quelle sei parole e dare loro un senso compiuto. Come riesce a mandarmi in tilt così?
-Posso dirti una cosa? –
-Spara. – dico, sperando di recuperare un minimo le mie facoltà mentali mentre parla.
-Credo che tutto il tuo essere arrogante e il tuo atteggiamento freddo siano solo una farsa. Credo che tu abbia un cuore d’oro ma che tu sia stato ferito troppe volte per poter lasciare vedere questa bontà a qualcun altro. Credo che se provassi ad abbassare un po’ la guardia di tanto in tanto potresti essere molto più felice di quanto tu lo sia adesso. –
È incredibile come questa ragazza mi abbia smascherato in poco tempo: le sono bastati pochi momenti insieme per capirmi come nessun altro aveva mai fatto. Mi ha messo a nudo, ha visto il vero me, e non mi ha né compatito né deriso – le due cose che temo di più al mondo.
Non posso trattenermi, così senza pensarci un secondo di più poso le mie labbra sulle sue.
 
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Chiedo scusa se ho aggiornato tardi ma ho studiato fino a poco fa. Che ne dite del capitolo? Ho deciso di fare avvenire la metamorfosi di Eric, che si è finalmente aperto, ma che non si lascerà andare tutto in una volta.
Fatemi sapere che ne pensate!
Il prossimo aggiornamento arriverà domenica prossima, perché con l’università faccio fatica ad aggiornare durante la settimana …
A presto! Un bacio a tutti! 

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Capitolo 15
*** Nerves and jealousy ***


CAPITOLO 15
Nerves and jealousy
 
(LIZ p.o.v.)
Quando realizzo che Eric mi sta baciando, che mi sta baciando sul serio, rimango paralizzata dalla sorpresa. Da questa serata mi sarei aspettata di tutto meno che questo. Mi ci vuole qualche secondo prima di riprendere il controllo di me stessa e ricambiare il bacio.
Presto, troppo presto, Eric mi lascia andare: quando lo guardo negli occhi, credo di vederlo veramente per la prima volta. Nel suo sguardo c’è una strana luce e il suo sorriso, sincero come non mai, lascia intendere perfettamente che in questo momento si sente come me: agitato, un po’ confuso, ma immensamente felice. Per la prima volta sembra un normale ragazzo della sua età, non il Capofazione apparentemente dal cuore di ghiaccio che finge di essere tutto il tempo.
Rimaniamo in silenzio per alcuni minuti, e dopo un po’ la cosa inizia a diventare imbarazzante: non so cosa dire, e lui dal canto suo non sembrava fare il benché minimo sforzo per trovare un argomento di conversazione. Inizio a pensare che si sia pentito di quello che ha fatto e che il suo silenzio sia un invito ad andarmene, ma quando mi prende la mano mi rilasso completamente.
-Non serve dirti che questo deve restare tra noi, vero? – dice sorridendo mentre giocherella con le mie dita intrecciate alle sue.
-No, non serve. Non lo direi a nessuno in ogni caso. –
Lo sento irrigidirsi. Cavolo, che ho detto?
-Perché? –
-Perché altrimenti gli altri penserebbero che tu mi favorisca e alzi il mio punteggio. –
Si rilassa evidentemente e si lascia sfuggire un sospiro di sollievo.
-Pensavi ci fosse un altro motivo? – chiedo curiosa.
Lui sembra restio a rispondere e abbassa gli occhi, poi scuote la testa e torna a sorridere come prima: - Lascia stare. – dice, poi guarda l’orologio e riprende a parlare. – Forse è meglio se torni al dormitorio, qualcuno potrebbe chiedersi che fine hai fatto. –
Guardo l’ora anch’io e mi rendo conto che effettivamente è più tardi di quanto pensassi, quindi mi alzo e mi avvio verso la porta, seguita da Eric che, prima di aprire l’uscio, mi lascia un rapido bacio a stampo.
Quando sono uscita e lui richiude la porta alle mie spalle, sulla mia faccia si stampa un sorriso a trentadue denti che probabilmente non riuscirò a nascondere per almeno un paio di giorni. Mi sento stranamente euforica, felice, e se qualcuno mi avesse detto il giorno che sono arrivata qui che a rendermi così felice sarebbe stato quel testone di Capofazione, gli avrei probabilmente riso in faccia.
Cerco di assumere un’espressione normale, come se fossi rimasta tutta la sera a pulire le armi con Quattro, ed entro nel dormitorio: i miei amici sono già lì ad aspettarmi.
-Dove sei stata? – mi chiede Bree leggermente preoccupata. –Hai saltato la cena! –
-Lo so, non avevo molta fame, così sono rimasta con Quattro a sistemare le armi. –
-Ma Quattro è arrivato in mensa poco dopo e ha detto che tu te n’eri andata con Eric! – dice Diego, stranamente alterato. Sembra quasi … arrabbiato.
Inizio a capire l’irritazione di Eric nei confronti di Quattro, perché se in questo momento me lo trovassi davanti gli tirerei un pugno in faccia: credo sia una persona fantastica e un bravissimo istruttore, ma a quanto pare non sa tenere la bocca chiusa.
-Sì, Eric è venuto a cercarmi perché voleva accertarsi che stessi bene. Per l’incidente. – è la prima cosa che mi viene in mente, anche se mi rendo conto che come alibi fa acqua da tutte le parti.
-E dove ti ha portato, in infermeria? – chiede Diego con la voce colma di rabbia. È strano, troppo, e non mi sento esattamente a mio agio in questo momento.
-Ehi, perché le parli così? Non ha fatto niente di male! Sta cercando di spiegare, ma tu non la lasci parlare! – esclama Jason.
Diego non risponde, semplicemente si alza e se ne va.
-Lascialo perdere. – mi dice Joshua, con il suo solito tono calmo. –Continua pure. –
-Beh, durante gli allenamenti Eric ha visto che avevo ancora un po’ male alle costole, così quando tutti eravate in mensa è venuto a cercarmi per darmi una pomata antidolorifica. Mi ha dato il tubetto di crema, mi ha dato qualche consiglio per allenarmi senza farmi troppo male, e basta. Tutto qui. –
I miei amici sembrano convincersi, perché iniziano a parlare degli allenamenti e della prova di fine modulo di fine settimana, e dopo un’oretta di chiacchiere decidiamo di andare a dormire.
 
L’ultima settimana del primo modulo passa in fretta: ci alleniamo tutti come non mai, usando tutte le nostre energie per migliorare al massimo e riuscire a restare negli Intrepidi. Non vedo più Eric in situazioni … intime, ma quando incrocio il suo sguardo durante gli allenamenti, lo vedo sorridermi e comunicarmi con gli occhi tutto quello che non può dirmi a parole, almeno per il momento.
Guarisco completamente dall’incidente in un paio di giorni, così quando riprendiamo il corpo a corpo sono di nuovo in forma e scattante.
Arriva il giorno dei combattimenti finali e siamo tutti molto agitati: la mattina, quando ci svegliamo, riusciamo a malapena a darci il buongiorno per i nervi tesi e la tensione si può tagliare con un coltello.
Andiamo a fare colazione in silenzio e restiamo completamente muti per un bel po’, finché non sento una mano toccarmi una spalla: quello che vedo mi paralizza sul posto. Axel è lì, in piedi dietro di me.
-Serve qualcosa? – chiedo cercando di mantenere la calma.
-No, volevo solo augurarti buona fortuna per oggi. E anche chiederti scusa per come mi sono comportato. Non ti darò più fastidio. –
Sono più che sorpresa da questo suo comportamento, ma resto impassibile e dico solamente: -Grazie. Vediamo se manterrai la parola. – poi torno a dedicarmi alla mia colazione.
-Ma è successo davvero? Ti ha chiesto scusa? – chiede Bree con la forchetta sospesa a metà strada tra il piatto e la sua bocca.
-A quanto pare. Sarà rinsavito. –
-Allora i miracoli esistono! – esclama ridendo e tornando a dedicarsi al suo cibo.
-Siete nervosi per oggi? – chiede Joshua.
-E chi non lo sarebbe? Corriamo il rischio di diventare Esclusi. – dice Diego acido.
Vedo il volto di Joshua rabbuiarsi e smette di mangiare, chiudendosi in un silenzio pieno di paura.
Questo è decisamente troppo.
-Diego, posso parlarti un secondo? Da soli? –
Senza aspettare una risposta, mi alzo e vedo che lui mi segue nel corridoio.
Quando usciamo dalla mensa, non riesco a trattenermi ed esplodo: è da un po’ che si comporta in maniera strana, ed è ora di farla finita.
-Si può sapere che cosa ti prende? – gli dico.
-Che cosa intendi? –
-L’altra sera, quando sono tornata da sola in dormitorio perché Eric mi aveva solamente dato una pomata, mi sei saltato addosso come se avessi sterminato un’intera famiglia. Sei stato taciturno tutta la settimana e adesso tratti così Joshua. Sai che per lui è più difficile che per tutti noi qua, perché lui viene da una fazione con abitudini completamente opposti a quelle degli Intrepidi, e tu gli parli in quel modo?! –
-Qual è il punto di questo discorso? –
-Non so cosa ti sia preso, ma vedi di fartelo passare. Adesso torni di là e ti scusi: sinceramente, a me non importa un fico secco se mi parli con questo tono, ma almeno a Joshua devi chiedere scusa. –
Vedo Diego passare dall’essere arrabbiato a essere depresso in un nanosecondo, poi parla di nuovo, ma con più calma.
-Hai ragione. Devo delle scuse sia a Joshua che a te. È solo che … non so, sento che c’è qualcosa tra te ed Eric e la cosa mi ha fatto andare in bestia. Io … -
-Ehi! Che cosa sta succedendo qui? –
Porca paletta, riesco solo a pensare. Da quanto tempo Eric è lì?  Ha sentito tutto?
-Niente, stavamo solo parlando. – dice Diego, sulla difensiva
-Non dovreste essere a fare colazione? Tra poco ci sono i combattimenti finali. – il suo tono è gelido e tagliente. Probabilmente sta pensando al modo migliore per tagliare il mio amico in tanti piccoli pezzi.
-Sì, stavamo proprio tornando in mensa. – dico avviandomi verso la mensa.
Diego mi supera ed entra nella stanza, ed io sto per fare lo stesso quando Eric mi ferma.
-Tutto ok? – mi chiede con un tono un po’ più dolce.
-Sì, è solo che Diego ultimamente si sta comportando da stupido e qualcuno doveva farglielo notare. – dico tranquilla.
-Ti ha dato fastidio? – ha uno strano sguardo omicida negli occhi.
-No, ha avuto solo un atteggiamento scorretto nei nostri confronti ed era ora che la smettesse. Perché hai quello sguardo? Sembra che vuoi incenerire Diego col pensiero! –
 -Non so, il mio istinto mi dice che c’è qualcosa che non va in quel ragazzo. Ti sta troppo addosso. –
Un momento, Eric è … -Aspetta, non è che sei geloso? –
-Dovrei esserlo? – mi chiede.
Che nervi! Risponde sempre con un’altra domanda!
-No, non devi. Ora torno dentro, o s’insospettiranno. –
-D’accordo. Buona fortuna per oggi. – dice, dandomi un bacio veloce sulla guancia e tornando da dov’è venuto.
Gli sbalzi d’umore di Diego e di Eric mi hanno fatto dimenticare dell’esame. Devo restare calma e concentrarmi, non voglio finire tra gli Esclusi.
Mentre torno al tavolo, continuo a ripetermi:
Concentrati sul combattimento, o questi drammi adolescenziali saranno gli ultimi che vivrai prima di trasferirti negli edifici abbandonati con gli Esclusi. 
 
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Sono riuscita a mantenere la parola, anche se non ne ero così sicura, e ho aggiornato!
Che ne pensate del capitolo? Vi è piaciuto?
Avviso che la storia sta volgendo a termine … avevo programmato di scrivere 20 capitoli, ma non so potrei allungare un po’.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e spero di leggere i vostri commenti.
A domenica prossima con il nuovo capitolo!
Un bacio! 

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Capitolo 16
*** He’s gonna pay ***


CAPITOLO 16
He’s gonna pay
 
(LIZ p.o.v.)
Andiamo tutti nella sala degli allenamenti appena finiamo la colazione e aspettiamo che arrivino gli istruttori, ma nell’attesa nessuno di noi riesce a stare fermo: c’è chi si mangia le unghie, chi batte un piede a terra, chi cammina avanti e indietro.
La situazione è diversa per gli iniziati interni, che chiacchierano tranquilli, per niente nervosi. Probabilmente uno di loro si sente il mio sguardo addosso perché si volta verso di me e mi rivolge un cenno di saluto con la testa. Sto per replicare al saluto quando le porte si aprono sbattendo contro le pareti e attirando l’attenzione di tutti: per primo entra uno dei Capofazione, Max, seguito da Eric, da Quattro e da una ragazza. Mi serve qualche secondo per ricordarmi dove l’ho già vista: lei è l’istruttrice degli interni, Lauren, se non ricordo male.
-Molto bene, iniziati. – prende la parola Max. – Oggi termina il primo modulo e alcuni di voi ci lasceranno. Le coppie per i combattimenti saranno estratte a sorte e sappiate che non sarete divisi come negli allenamenti: i trasfazione potrebbero combattere contro gli interni. Aspettate qui finché non chiameremo il vostro nome. –
Ci appiattiamo tutti contro una parete, aspettando che la sorte decida il nostro destino. Vedo Eric e Lauren estrarre i nomi da una boccia mentre Quattro segna sulla lavagna i nomi. Vedo Quattro scrivere il mio nome per primo nel terzo combattimento e non posso trattenermi dall’allungare la vista per scoprire chi dovrò affrontare. Vedo lo sguardo truce di Eric quando legge il nome di chi combatterà contro di me: non è un buon segno. Quattro scrive il nome di un ragazzo che mi è completamente sconosciuto: probabilmente è un iniziato interno.
La cosa mi agita molto, perché sicuramente lui ha anni e anni di esperienza nel combattimento, mentre io non più di una decina di giorni. Cerco di restare calma ma dentro di me sto tremando come una foglia. 
Arriva troppo presto il mio turno di combattere e non posso evitare di lanciare uno sguardo preoccupato a Eric prima di salire sul ring. Lui se ne sta a braccia conserte, con la sua solita postura da duro ma nei suoi occhi riesco a leggere la fiducia che ha in me. Pensa che io ce la possa fare.
Non voglio assolutamente deludere le sue aspettative, quindi prendo un respiro profondo e salgo sul ring.
 
(ERIC p.o.v.)
Vedo Liz salire sul ring con una certa agitazione. Posso capirla, in fondo la sorte l’ha fatta finire contro un intrepido di nascita. Conosco il tipo contro cui deve combattere, anche se non ricordo il suo nome: è bravo a combattere ma non è molto sveglio. Spero davvero che Liz sfrutti la sua intelligenza per batterlo.
So che Liz ce la può fare e l’esito del combattimento non mi delude: anche se all’inizio la mia ragazza non riesce a schivare qualche colpo, alla fine sfrutta la sua agilità per disorientare l’avversario e metterlo al tappeto.
Un momento … ho appena pensato a Liz come la mia ragazza?
Non riesco a continuare a pensare, perché scendendo dal ring Liz mi rivolge un sorriso molto compiaciuto che mi manda completamente in pappa il cervello.
Cerco di riprendere il controllo di me stesso e continuo a seguire i combattimenti, ma ormai la mia attenzione è calata: sono sicuro che Liz sia passata, quindi non m’importa molto di seguire con attenzione tutti gli altri scontri.
Quando esce la classifica a fine incontri, non mi sorprende vedere il nome di Liz nella top 10: è arrivata ottava. Secondo me sarebbe arrivata anche tra i primi tre, se non fosse stato per l’incidente della ruota panoramica. Anche i suoi amici sono riusciti a passare il modulo, ma il Rigido – Joshua, mi rimprovera una vocina nella mia testa – non si è classificato molto bene: è arrivato quartultimo o terzultimo.
-Bene, congratulazioni a tutti quelli che sono passati! – esordisce Max appena tutti hanno finito di leggere la classifica. – Oggi prendevi il pomeriggio libero, domattina inizieremo con il secondo modulo. –
Tutti gli iniziati si avviano verso il Pozzo, probabilmente per festeggiare, o per fare le valigie e raggiungere gli Esclusi – nel caso di quegli sfortunati che  non sono passati. Vedo che Liz è tra gli ultimi della fila che sta lasciando la palestra, quindi mi avvicino a lei con nonchalance e le sussurro senza farmi notare: - Dopo cena raggiungimi nel mio appartamento. –
Annuisce impercettibilmente e raggiunge i suoi amici pronti a festeggiare.
 
Preparo tutto nei minimi dettagli: voglio fare una bella sorpresa a Liz e deve essere tutto perfetto. Dentro di me c’è ancora quella vocina fastidiosa che continua a tirarmi insulti non proprio carini per essermi rimbambito per una ragazza, ma la ignoro completamente. Liz è la prima persona che ha saputo tenermi testa e che ha fatto riemergere quei sentimenti che avevo represso così a lungo e si merita la versione migliore di me.
Sento un debole bussare alla porta e, quando apro, vedo Liz con una felpa nera e il cappuccio in testa.
La faccio entrare prima di chiederle senza riuscire a trattenere un sorriso: - Perché ti stai nascondendo sotto quel cappuccio? –
-Quegli idioti dei miei compagni per festeggiare il passaggio al secondo modulo hanno avuto la brillante idea di ubriacarsi vicino allo Strapiombo e ora tutti gli Intrepidi con un po’ di senno, Max incluso, sono allo Strapiombo o in giro per i corridoi per controllare che non ci siano altri iniziati ubriachi in giro che potrebbero fare qualche sciocchezza. Mi sono dovuta coprire con il cappuccio per non farmi notare e arrivare qua senza destare sospetti. –
Non riesco a trattenere una risata quando immagino la scena che Liz mi ha appena descritto. Le lascio un leggero bacio a fior di labbra prima di aprirle la sedia e invitarla ad accomodarsi a tavola.
Lei pare stupita da quello che si trova davanti: ho preparato una cena coi fiocchi – carne, patate al forno, insalata e vino bianco – e ho reso il tutto ancora più romantico mettendo una candela in mezzo alla tavola. Vedo gli occhi di Liz riempirsi di lacrime e per un attimo mi si gela il sangue nelle vene: ho sbagliato qualcosa? Ho esagerato? Ho dimenticato qualche elemento essenziale?
Tuttavia, quando lei mi abbraccia così forte da togliermi il respiro, capisco che sono lacrime di gioia e mi rilasso visibilmente, tornando a respirare normalmente.
La cena la passiamo tranquillamente, ridendo e scherzando e cercando di conoscerci meglio. Scopro che il colore preferito di Liz è il rosso, che ama la musica e che nonostante fosse cresciuta in una famiglia dai sani ideali Pacifici era finita più volte nei guai per aver picchiato qualche compagno per difendere un amico. È evidente che è stata da sempre destinata agli Intrepidi.
Io le racconto della mia famiglia, del perché ho lasciato gli Eruditi e, quando mi chiede perché ho tanto risentimento verso Quattro, le racconto della nostra iniziazione.
-Cosa mi aspetta nel secondo modulo? – chiede lei alla fine.
-Non potrei dirtelo … - dico, pur sapendo che in un modo o nell’altro riuscirà a farmi parlare.
-Eddai … - dice aggrappandosi a un mio braccio e imitando un gatto che fa le fusa. – Non lo dirò a nessuno, voglio solo sapere che cosa dovrò fare. –
Cerco di rimanere fermo e saldo, ma quando guardo i suoi occhi implorarmi non resisto: - Sappi solo che è un modulo mentale in cui dovrai affrontare le tue paure … non posso dirti altro. –
Sembra soddisfatta della risposta perché si accoccola contro il mio petto e restiamo così, a coccolarci, dimenticandoci del mondo esterno. Proprio nel momento in cui mi piego verso di lei per baciarla, qualcuno bussa alla porta.
Non riesco a trattenere un verso che assomiglia a un ringhio: potrei staccare la testa a chiunque sia venuto a disturbarmi a quest’ora. Lo sguardo terrorizzato di Liz, però, mi fa rinsavire lo stretto necessario per dirle: -Vai in bagno e resta chiusa lì. – prima di andare ad aprire la porta.
Quello, o meglio chi, mi trovo davanti mi fa tornare alla versione gelida e arrogante di me in un nanosecondo.
-Axel, che cosa ci fai qui? –
-Volevo parlarti. – dice lui come se fossimo amici di vecchia data e avesse bisogno di un mio consiglio. – Posso entrare? –
-Sì, ma non ti accomodare. Ho altro da fare, quindi sbrigati. – spero che nel mio tono non si avverta l’urgenza di buttarlo fuori a calci nel didietro per riprendere la serata con Liz … la mia ragazza da dove l’avevo interrotta.
-Beh, da quando Liz è qui tra gli Intrepidi ho avuto modo di pensare a tutto quello che le ho fatto, e mi sono reso conto che ho sbagliato. Io … le volevo bene davvero, e ho rovinato tutto come uno stupido. Vorrei avere la possibilità di rimediare. Pensi di poter … lasciare che sia io a controllare le sue simulazioni nel secondo modulo? Potrebbe essere un’occasione per riavvicinarci. –
Non ci vedo più: la mia parte gentile e buona è scomparsa e quella vendicativa e incline alla violenza ha preso il controllo del mio corpo. Quest’idiota mi sta davvero chiedendo di aiutarlo a riconquistare la sua ex che ora sta con me? !
Non riesco a trattenermi, lo prendo per il colletto della giacca e lo inchiodo al muro.
-Mettiamo le cose in chiaro – dico cercando di tenere sotto controllo la furia omicida che mi ha annebbiato il cervello. –Punto primo, tu ed io non siamo amici, quindi non vedo perché dovrei farti un favore. Punto secondo, non sei qualificato per fare l’istruttore, quindi non potrei aiutarti in ogni caso. Punto terzo, dopo tutto quello che hai fatto a Liz lei è off-limits per te. Se vuoi provare a essere gentile con lei per rimediare a tutte le stupidaggini che hai fatto è una tua scelta, ma se vengo a sapere che tenti di riavvicinarti a lei in quel senso farai una brutta fine. –
Vedo Axel fare un sorrisino beffardo, poi dice: - Come immaginavo. Ti piace davvero, eh? –
Porca paletta. Mi sono tradito.
-Se anche fosse, non sono affari tuoi. – dico cercando di mantenere il mio solito tono glaciale.
-Beh, non saranno affari miei, ma di Max sì. Cosa pensi che farebbe se sapesse che uno dei Capofazione se la fa con un’iniziata? –
-Che cosa vuoi? – chiedo quando capisco dove vuole arrivare.
-Al momento niente. Tu lasciami fare con Liz e io non dirò a Max che ci stai provando con un’iniziata. – dice prima di liberarsi dalla mia presa e andarsene.
Non appena la porta d’ingresso si chiude, Liz esce dal bagno e corre ad abbracciarmi.
La sento dire contro il mio petto: - Quell’idiota la pagherà. –
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Che ne dite del capitolo? Vi è piaciuto?
Ringrazio tutti quelli che leggono la storia, che l’hanno inserita tra le preferite/seguite/ricordate e che hanno recensito.
Spero di leggere i vostri commenti!
A domenica prossima! 

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Capitolo 17
*** Simulations and a bleeding nose ***


CAPITOLO 17
Simulations and a bleeding nose
 
(LIZ p.o.v.)
Dopo la visita di Axel, Eric ed io decidiamo di andarci piano e di essere dieci volte più prudenti di prima: lui ha intuito i sentimenti di Eric e se non stiamo attenti, potrebbe capire che non solo io ricambio quei sentimenti, ma anche che siamo già andati oltre il semplice flirt.
Decidiamo di comune accordo di non vederci più nell’appartamento di Eric fino alla fine del secondo modulo e di cercare di evitarci il più possibile, anche se la cosa non ci fa molto piacere.
La mattina successiva, quando mi sveglio, non sono esattamente di buon umore: l’idea di dover affrontare le mie paure non mi entusiasma, e non sapere in che modo saremo messi alla prova mi agita ancora di più.
A colazione i miei amici sono tutti molto allegri, ignari di ciò che li aspetta, e chiacchierano allegramente: cerco di sembrare normale, rido e scherzo con loro, anche se in realtà mi tremano le gambe.
-Stasera che ne dite di andare a farci un tatuaggio? Per festeggiare la fine del primo modulo e l’inizio del secondo. – propone Jason.
-Io ci sto! – urla Diego su di giri. Da quando abbiamo parlato e abbiamo messo in chiaro che doveva piantarsela di fare il cafone, è migliorato molto, è tornato il Diego che ho conosciuto all’inizio dell’addestramento.
-Anch’io! – esclama Bree.
-Per me va bene. – dico sorridente. Un tatuaggio è proprio quello che mi ci vuole per dimenticarmi di tutti i problemi.
-Joshua? – chiede Jason, dato che è l’unico che non ha risposto.
-Vi accompagno volentieri, ma non so se mi farò un tatuaggio. Insomma, dalle mie parti non … -
-Oh, andiamo Joshua! – lo interrompe Bree. – Smetti di essere così Rigido! Se non vuoi farti un tatuaggio, fatti un piercing, o fatti mettere un orecchino. –
-Ci penserò. – dice lui prima di tornare alla sua colazione.
In quel momento qualcuno si siede nel tavolo di fianco al nostro e sento una voce fin troppo famigliare cercare di attirare la mia attenzione.
-Ehi, Liz! –
-Axel. – dico rimanendo fredda e impassibile anche se dentro di me ho una voglia matta di alzarmi dalla panca e prenderlo a pugni finché non mi sanguinano le nocche. Oh mamma, sto diventando come Eric.
-Congratulazioni per aver superato il primo modulo, so che sei stata bravissima. –
-Ho fatto del mio meglio. – dico con tono tagliente, sperando che legga tra le righe e capisca che voglio essere lasciata in pace.
-Sai, ti sono venuto a cercare durante la festa, ma non ti ho trovato. Dov’eri? –
Accidenti. Non mi ha visto ieri sera nell’appartamento di Eric, ne sono sicura. Cosa sta cercando di fare? Non riuscirà a smascherarmi, se è questo che vuole.
Mantengo un’espressione fredda e indecifrabile – Eric è stato proprio un ottimo maestro – e penso a una scusa abbastanza credibile.
-Lo Strapiombo era troppo affollato per me e non avevo voglia di bere. Ho fatto un giro per la Residenza poi sono tornata al dormitorio. –
Sembra convincersi della mia risposta e cambia argomento.
-Sei pronta per il secondo modulo? –
-Sì. Ora, se non ti dispiace, devo andare a prepararmi. –
Senza aspettare una risposta, mi alzo dicendo agli altri che li avrei aspettati in dormitorio e lascio la mensa. Proprio nel momento in cui mi avvicino alla porta, qualcun altro la spalanca e mi sbatte un’anta dritta nel naso.
-E che cavolo! Perché non guardi dove vai la prossima vol… - inizio a sbraitare portandomi la mano al naso, ma non posso continuare quanto metto a fuoco chi mi ha sbattuto la porta in faccia con così poca grazia.
Eric.
-Stai bene? – mi sussurra.
Mi tolgo la mano dal naso e noto che è sporca di sangue: - Sì, è solo un po’ di sangue. Vado a medicarmi in dormitorio. –
Eric mi sorpassa come se nulla fosse, ma dalla sua postura capisco che è preoccupato.
Corro verso il dormitorio e, appena entro, vado verso i lavandini per bagnarmi le mani e tentare di fermare l’emorragia. Eric deve essere veramente di malumore per aver aperto con così tanta forza la porta.
Sento qualcuno aprire la porta del dormitorio e vedo Bree precipitarsi verso il bagno di corsa.
-Tutto okay? – mi chiede.
-Sì, solo che Eric ha usato le sue solite dolci maniere per darmi il buongiorno. – dico cercando di apparire sarcastica.
-Sanguina molto? –
Controllo e noto che ormai non perdo più sangue.
-No, ha quasi smesso. Gli altri? – chiedo notando che è da sola.
-Sono con Axel. – dice Bree con tono grave, come se la cosa facesse saltare i nervi anche a lei.
-COSA?! –
-Lui li ha fermati e ha iniziato a fare domande su di te, tipo come ti trovi tra gli Intrepidi, che dolci ti piacciono … -
-Non gli diranno niente, vero? – chiedo con gli occhi fuori dalle orbite per la paura.
-Non credo, nessuno di noi nutre abbastanza simpatia per quello stupido da dargli delle risposte. –
Faccio un sospiro di sollievo e finisco di lavare via il sangue dalle mani, poi esco con Bree dal dormitorio proprio quando gli altri ci stavano raggiungendo.
-Che voleva Axel? – chiedo senza tanti preamboli.
-Voleva sapere delle cose su di te. Ovviamente non gli abbiamo detto niente. Non so cos’abbia in mente, ma di certo noi non lo aiuteremo. – dice Joshua.
Detto questo, ci avviamo in silenzio verso la stanza che ci aveva indicato Quattro e, quando arriviamo in una specie di sala di aspetto, ci sediamo pazienti. Alcuni iniziati sono già lì, gli altri arrivano nell’arco di dieci minuti.
Quattro ed Eric arrivano con calma dopo circa mezz’ora e iniziano a chiamarci per nome. Ogni persona sta dentro dai quindici ai venticinque minuti e, quando esce, sembra abbastanza scossa: più il tempo passa, più il nervosismo cresce e inizio a mangiarmi le unghie per la tensione.
Dopo circa due ore, Quattro esce dalla stanza e chiama: -Liz. –
Non voglio mostrarmi nervosa, quindi cerco di camminare in linea retta e di fermare il tremore alle gambe. Appena varco la soglia della stanza, Quattro chiude la porta.
La stanza è piccola e spoglia: le pareti sono bianche e a parte una poltrona e un computer, è completamente vuota. Somiglia molto alla stanza dove abbiamo fatto il test attitudinale.
-Siediti. – mi dice Quattro tranquillo mentre cerca qualcosa vicino al computer. Inarca un sopracciglio quando non trova quello che stava cercando e si avvicina alla porta.
-Eric! – chiama prima di uscire, scambiare poche parole con il Capofazione e allontanarsi. Eric, invece, entra nella stanza e si siede accanto al computer con il corpo girato verso di me.
-Cosa succede? – chiedo preoccupata.
Lui mi prende una mano e cerca di tranquillizzarmi: - Niente, è solo finito il siero e Quattro è andato a prenderlo. –
-Siero?! – sento la mia voce alzarsi di un’ottava.
-Shh! Ti verrà iniettato un siero che stimolerà il tuo cervello e ti farà entrare in uno scenario in cui affronterai le tue paure. Ti sembrerà reale, ma non lo è. –
Okay, ora sono ufficialmente terrorizzata. Eric sembra capirlo perché si avvicina alla poltrona e inizia ad accarezzarmi i capelli per tranquillizzarmi. A un certo punto, inizia a ridere sotto i baffi e, anche se cerca di nasconderlo, non ci riesce.
-Che c’è? – chiedo curiosa.
-Scusami per il naso. – dice ridendo come un pazzo.
-Ma sì, è ancora qui sulla mia faccia, quindi è tutto a posto. –
Ridacchiamo insieme ma poco dopo sentiamo dei passi avvicinarsi alla porta: Quattro sta tornando. Eric mi lascia un veloce bacio sulle labbra prima di alzarsi e mettersi in piedi davanti al computer a pigiare tasti, come se non avesse fatto altro per tutto il tempo.
Quando Quattro rientra, Eric chiede con tono monocorde: - A posto? –
-Sì, se non vuoi rimanere puoi andare.  –
Eric mi lancia un’occhiata veloce, poi va a passo di marcia vero la porta ed esce, mentre Quattro riprende a lavorare col computer con un sorrisino sulle labbra.
-Perché hai quel sorriso? – chiedo senza potermi trattenere.
-Perché lo spettacolino in cui tu ed Eric che tentate di nascondere quello che provate è troppo comico. –
Ma che cavolo … ?! Per caso avevamo una scritta a neon lampeggiante sulla fronte che diceva Noi stiamo insieme?!  Come l’aveva capito?
-Di cosa stai parlando? –
-Si vede lontano un miglio che voi due vi piacete. E, secondo me, vi siete anche già dichiarati. –
Non posso evitare di arrossire e probabilmente Quattro lo nota, perché sulla sua faccia scompare quel sorrisino fastidioso e compare un sorriso trionfante a trentadue denti.
-Tranquilla, non dirò niente. Da quando ti conosce, Eric è diventato quasi sopportabile, perciò non posso che esserne felice. – dice, poi torna serio e prende una siringa pericolosamente grande. –Ora t’inietterò questo siero. Contiene dei neurotrasmettitori che creeranno uno scenario della paura. Pronta? –
-Pronta. – dico, anche se in realtà non lo sono per niente.
Chiudo gli occhi mentre Quattro infila la siringa nel mio collo e spinge lo stantuffo. Quando li riapro, sono completamente sotto shock.
La stanza delle simulazioni è sparita.
E sono finita nella mia vecchia camera.
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Che ne dite del capitolo? Spero davvero che vi sia piaciuto.
In questo capitolo ho segnato il passaggio dal primo al secondo modulo e nel prossimo vedremo lo scenario della paura di Liz, sia dal suo punto di vista che da quello di Eric.
Spero di leggere i vostri commenti, e grazie a tutti quelli che seguono la storia e recensiscono.
Un bacio, a domenica prossima con il nuovo capitolo!

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Capitolo 18
*** You must come with us ***


CAPITOLO 18
You must come with us
 
(LIZ p.o.v.)
Mi guardo intorno: è tutto esattamente come ricordo, tutto è al suo posto, ogni quadro, ogni penna, ogni singolo granello di polvere sui miei libri. Guardo i miei abiti e non mi sorprende vedere che indosso la solita divisa da Pacifica: una piccola parte di me è in allarme, mi urla di scappare da lì perché non è il posto dove dovrei essere, ma la ignoro prontamente. È la mia camera, perché non dovrei stare qui?
Guardo fuori dalla finestra: è molto buio, deve essere tardissimo. Guardo la sveglia per sapere che ore sono: mancano pochi minuti alle undici.  
Sento qualcosa battere contro la finestra chiusa, mi affaccio per controllare cosa sia: Axel è sull’albero di fronte alla mia camera e sta lanciando dei sassolini per farsi sentire.
-Che ci fai qui? – bisbiglio meccanicamente.
-Sono venuto a trovarti. Mi sei mancata alla festa, volevo stare un po’ con te. –
Festa? Ma di cosa sta parlando? Ha la voce impastata, dagli occhi si capisce che è completamente fuori.
-Axel, ti sei fatto? – chiedo un po’ scocciata. Non riesco a capire il mio atteggiamento scorbutico nei suoi confronti: stiamo insieme, no?
-No. Forse. Un po’. Dai fammi entrare. –
Apro per bene la finestra e lo lascio entrare. Non so perché, ma sento che tutto questo è sbagliato: c’è qualcosa che non va in questa situazione. E il panico che avverto alla bocca dello stomaco non fa che aumentare i miei timori.
Axel si sdraia sul mio letto e mi afferra per farmi stendere accanto a lui. Il panico aumenta: c’è qualcosa che mi urla di scappare, di alzarmi e di allontanarmi da quell’idiota.
Un momento, perché ho definito il mio ragazzo un idiota?
Mentre sono tormentata da questi pensieri, sento le mani di Axel avventurarsi in zone off-limits.
-Axel, smettila subito! – sibilo.
-Eh, dai, non fare la Rigida. – mi dice.
Rigida.
Quel nome mi fa pensare automaticamente a qualcun altro, qualcuno che ama usare quella parola ogni volta che può.
Eric.
Improvvisamente ricordo che tutto questo è solo una simulazione, che è una prova.
Non è reale.
E mi sveglio.
 
Mi alzo di scatto dal lettino e vedo Quattro fissarmi con un cipiglio preoccupato.
-Che cosa è successo? – chiedo disorientata.
-Sei riuscita a uscire dalla simulazione. E devo dire che sei stata anche brava, ci hai messo solo nove minuti. –
-Sono passati solo nove minuti? – a me è sembrata un’eternità.
-Già. È stato un tempo ottimo, considerato che era la prima volta. –
-La prima volta?! Vuoi dire che lo devo rifare? –
Sta scherzando vero?
-Sì, devi prepararti alla prova finale. Ma non ti preoccupare: diventerà sempre più facile. -
All’improvviso noto che sullo schermo del computer troneggia l’ultima immagine che avevo visto prima di uscire dalla simulazione.
Non è possibile.
-Quattro, ti prego dimmi che non hai visto nulla. – il mio tono sembra implorante.
-Mi dispiace ma … ho visto tutto. È il mio compito guardare cosa succede nelle vostre simulazioni. –
Abbasso lo sguardo, non credo che riuscirei a guardarlo negli occhi senza scoppiare a piangere o sentirmi infinitamente in imbarazzo. Quella storia doveva restare segreta, e ora non solo Eric, ma anche Quattro la conosce.
-Quello che hai visto nello scenario, - parla Quattro dopo qualche secondo, o minuto, di silenzio, - è successo davvero? –
Non riesco a rispondere, perché sento gli occhi riempirsi di lacrime: quando ho raccontato la mia storia a Eric, ero riuscita a restare impassibile, a non farmi sopraffare dalle emozioni, forse perché volevo dimostrargli di non essere una fragile. Ma ora, con Quattro che mi chiede di dirgli la verità con lo sguardo colmo di sincera preoccupazione per quello che avevo vissuto, non riesco a fingermi forte.
Quattro sembra capire che il mio silenzio equivale a una risposta affermativa, quindi mi abbraccia forte e lascia che mi sfoghi, piangendo come una bambina sulla sua spalla.
Quando riprendo l’uso della lingua, chiedo al mio istruttore: - Lo dirai a Eric? Intendo, gli dirai del mio scenario della paura? –
-Non ce ne sarà bisogno, anche lui deve guardare le vostre simulazioni, dato che dovrà aiutarmi nella vostra valutazione finale prima dell’ultimo test, quindi lo scoprirà da solo. –
Annuisco prima di alzarmi, ringraziare Quattro e uscire per tornare al dormitorio.
 
Alla fine della giornata, quando pubblicano la classifica con i tempi, scopro di essere stata una dei migliori. L’unico che mi ha superato, impiegando solo cinque minuti, è stato Diego. Tuttavia, nessuno sembra apprezzare veramente i risultati: affrontare le nostre paure è stato più difficile e snervante di quanto pensassi e siamo tutti un po’ scossi. Quando andiamo in mensa per cenare, siamo quasi tornati quelli di sempre, ma le occhiaie dimostrano lo stress a cui eravamo stati sottoposti.
Parliamo del più e del meno quando le porte della mensa si spalancano: Max, seguito da Eric, Quattro e alcuni soldati armati si dirigono verso un tavolo in fondo alla sala. Ci alziamo tutti per osservare meglio la scena, curiosi.
Purtroppo né io né Bree siamo abbastanza alte da riuscire a vedere sopra le teste di tutti gli Intrepidi davanti a noi, quindi decidiamo di salire sopra la panca del tavolo e tentare di capire cosa cavolo sta succedendo.
Vedo Max parlare con Axel: quest’ultimo sbianca di colpo, mentre ascolta le parole di Max, poi lo segue riluttante. Mentre Max, Quattro e i soldati scortano Axel fuori dalla stanza, Eric si stacca dal gruppetto e raggiunge me e Bree.
-Che succede? – chiedo un po’ titubante.
-Devi venire con noi. – mi dice con il tono glaciale che usava quando sono arrivata tra gli Intrepidi.
Terrorizzata, non ho altra scelta se non seguirlo.
 
Poche ore prima …
(ERIC p.o.v.)
Ecco la parte più odiosa dell’iniziazione, almeno per noi supervisori: dover guardare ore di filmati in cui gli iniziati affrontano il loro scenario della paura.
Vorrei vedere subito quello di Liz, ma mi è stato detto di guardarli tutti in ordine, quindi aspetto con pazienza osservando tutte le paure di quelle pappemolli.
C’è qualcuno che ha paure banali, come i ragni o l’altezza, ma ci sono alcuni iniziati con timori più interessanti, come essere inseguiti da un branco di mucche imbufalite. Dopo circa due ore vedo il nome di Liz comparire sullo schermo prima che si materializzi il suo scenario.
Mi metto seduto dritto e guardo con attenzione il monitor: voglio proprio vedere di cosa ha paura la mia ragazza.
Forse avrei dovuto prevedere che la prima cosa che avrebbe affrontato nel suo scenario sarebbe stata Axel, ma quando lo vedo, non posso che rimanere shoccato. So come sono andate le cose, me l’ha raccontato lei stessa, ma vederlo con i miei occhi è tutta un’altra cosa.
Sento i muscoli irrigidirsi, non solo perché avverto l’improvviso bisogno di prendere a pugni quell’idiota tirandogli schiaffi a due a due finché non diventano dispari, ma perché quello scenario mi mette in una posizione scomoda.
Aveva già ricevuto più di un richiamo nel corso degli anni per la sua condotta scorretta, e ho saputo che Max gli aveva dato un’ultima chance: se avesse commesso un’altra bravata, o se ci fosse stata qualche prova del fatto che non era un individuo adatto alla vita nella fazione, sarebbe finito tra gli Esclusi. Tutti noi avevamo il compito – e il dovere – di informare Max se avessimo scoperto qualcosa di compromettente su di lui.
Il fatto che si sia approfittato di una ragazzina indifesa dimostra è l’ultima prova che serve a Max per cacciare quell’idiota.
Liz mi ha chiesto di mantenere segreta la sua storia, e vorrei poter rispettare la sua volontà, ma non posso più tacere, perché se Max vede questo filmato e si rende conto che non ho denunciato la cosa, anch’io finirò nei guai con l’accusa di aver coperto Axel.
Pregando che Liz mi possa perdonare, faccio una copia dello scenario della mia ragazza e mi dirigo nell’ufficio di Max per mostrarglielo.
Busso e subito sento: -Avanti! –
Quando mi vede entrare, Max chiede: - Hai già controllato tutti gli scenari? –
-No, ma c’è una cosa che dovresti vedere. – dico consegnandogli il filmato.
Lo inserisce nel computer e vedo la sua espressione diventare di pietra non appena si rende conto di quello che sta vedendo.
-Pensi che sia successo davvero? – mi chiede con tono inespressivo.
-Non ne sono sicuro, ma è possibile. Ho notato una certa tensione tra Axel e l’iniziata e più di una volta l’ho sentita accennare al fatto che lei e Axel si conoscevano tra i Pacifici e che i loro rapporti non erano dei migliori. In più, non penso che lei avrebbe una paura del genere se non ci fosse un fondo di verità.  –
-D’accordo. – dice alzandosi. – Andiamo. –
-Dove? – chiedo confuso.
-Dobbiamo interrogare Axel e l’iniziata. Se quello che si vede nello scenario è vero, quell’imbecille è fuori dagli Intrepidi. –
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Che ne pensate del capitolo? La questione Axel si chiuderà presto!
Ci stiamo avviando alla conclusione della storia … non è possibile che siamo già arrivati alla fine! Manca ancora qualche capitolo, ma ormai ci siamo.
Un ringraziamento a tutti quelli che seguono la storia e un grazie speciale a tutti quelli che recensiscono.
Spero di leggere i vostri commenti!
 
A domenica prossima!

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Capitolo 19
*** Factionless ***


CAPITOLO 19
Factionless
 
(LIZ p.o.v.)
Ho lasciato la mensa, cercando di apparire sicura di me anche se quando Eric mi ha chiesto di seguirli ho sentito la spina dorsale liquefarsi dalla paura. Cammino dietro al mio ragazzo, a testa bassa, sperando di non essere finita nei guai.
Appena siamo lontani da occhi indiscreti, per l’ansia e anche per la curiosità, affianco Eric e lo afferro per un braccio per fargli capire che voglio parlare.
-Che cosa sta succedendo? Perché siete venuti a prendere Axel? –
Lui si ferma e si volta verso di me spazientito. Per un attimo, mi sembra essere tornato il vecchio Eric, quello freddo, spietato, e che detestavo con ogni fibra del mio essere.
-Ho visto la tua simulazione. Ho visto … come quell’idiota si è comportato. È una storia lunga, ma ho dovuto mostrare la scena a Max. –
Mi congelo sul posto.
-Tu … tu hai mostrato a Max … ? –
-Ho dovuto. – taglia corto lui. – È una storia lunga che ti racconterò più tardi. In ogni caso, questa era l’ultima prova che serviva a Max per buttarlo fuori dagli Intrepidi. –
-Buttarlo fuori? –
-Serve la tua testimonianza per confermare quello che è registrato nella simulazione. Se sei convincente, diventerà un Escluso. –
Non aggiunge altro e riprende a camminare.
Non riesco a capire perché si stia comportando così, poi noto che non siamo soli: tre uomini ci stanno raggiungendo a passo spedito. Non li ho mai visti, hanno più piercing e tatuaggi che pelle, e sembrano molto più grandi di me ed Eric.
Mi volto e seguo Eric, che nel frattempo si è già allontanato un bel po’ grazie al suo passo lungo e veloce. Ci stiamo dirigendo verso una zona della Residenza dove non sono mai stata. Arriviamo in fondo a un corridoio, dove c’è una porta aperta: riesco a vedere la schiena di Max, un paio di braccia di cui non riesco a identificare il proprietario e la faccia impassibile di Axel.
Entro nella stanza, seguendo Eric come un cagnolino; anche gli uomini che avevo visto prima in corridoio ci seguono e chiudono la porta dietro di sé.
Mi guardo intorno: la stanza è molto piccola – in effetti, con tutte queste persone è quasi claustrofobica, e dallo sguardo di Quattro, nascosto in un angolino, capisco che la cosa non gli piace – e spoglia; al centro, c’è una scrivania con una pila di documenti e un computer sopra. Max è seduto su una comoda sedia girevole dietro quella scrivania, mentre Axel gli sta di fronte, seduto su una sedia sgangherata e malconcia. Gli uomini armati, che hanno scortato Axel via dalla mensa, gli stanno dietro brandendo ancora i fucili. Quattro è vicino a me in fondo alla stanza mentre Eric e gli altri tre uomini sono in piedi, con le braccia conserte e le gambe divaricate, dietro a Max.
-Sai perché sei qui, Axel? – chiede Max con tono tranquillo.
-Non esattamente, saresti così gentile da illuminarmi? –
Vedo che il sarcasmo nella voce di quell’idiota fa spazientire Max in un nanosecondo, ma quest’ultimo mantiene un’espressione impassibile, si alza dalla sedia e si avvicina furtivamente – e minacciosamente – ad Axel.
-Sei qui, perché a quanto pare ti sei approfittato di quella ragazza non molto tempo fa. Ti avevamo avvertito: solo un’altra azione che dimostri la tua inadeguatezza alla vita nella fazione e sei fuori. Direi che questo fatto è una prova più che sufficiente per sbatterti tra gli Esclusi. –
-Sulla base di cosa mi accusate di queste azioni? – chiede Axel sorprendentemente calmo.
-Oggi Liz è stata sottoposta alla sua prima simulazione, e nel suo scenario ha dovuto affrontare una paura che prova le tue azioni deplorevoli. –
-Mi state accusando per la paura di un’iniziata?! –
Max guarda Eric, che alza il mento con arroganza prima di dire: - Le nostre paure si basano su eventi reali, non nascono dal nulla. È scientificamente dimostrato. –
Axel sbianca: ha capito che i Capofazione non stanno più giocando.
-Per questo lei è qui. – dice Max indicandomi. –Se confermerà che i fatti ripresi durante la simulazione sono accaduti realmente, prenderemo dei provvedimenti. –
Tutti si voltano verso di me e mi osservano in silenzio. Dovrei parlare davanti a tutte queste persone? Guardo Eric, in cerca di sostegno o di un cenno che mi suggerisca cosa fare, e quando lo vedo annuire leggermente, capisco che è il momento di confessare tutto.
-Quello che avete visto nello scenario è successo veramente. Axel si è … approfittato di me, circa un anno prima della sua Scelta. Mi ha anche … maltrattata in più di un’occasione, dopo gli avvenimenti di quella sera. –
-Perché non ha mai denunciato l’accaduto? – chiede uno degli uomini vicino a Eric.
-Ci ho provato più volte, ma ogni volta che iniziavo a parlare, lui spuntava fuori dal nulla e, dopo avermi presa da parte, mi picchiava. Dopo un po’ l’istinto di sopravvivenza mi ha suggerito di smetterla finché non avessi trovato il momento giusto per parlare. –
-C’è qualcosa che possa testimoniare le sue aggressioni? – chiede sempre quell’uomo.
Mi fermo a riflettere: non c’era nulla che potesse provare che ero stata veramente vittima di quel bulletto. Poi un flash: la sera prima della Scelta, ero finita in ospedale per colpa di Axel. Sicuramente c’erano delle cartelle cliniche.
-Ci deve essere una cartella clinica: prima della Scelta, Axel ed io abbiamo litigato perché ho tentato di ribellarmi e sono finita all’ospedale. –
Non riesco a continuare perché Axel si alza infuriato e inizia a sbraitare: -Andiamo, non crederete a questa ragazzina? È solo una stupida in cerca di attenzioni … -
Non continua perché uno degli uomini armati lo colpisce al volto con la canna del fucile. Non riesco a fare a meno di sussultare, più per la sorpresa che per dispiacere per Axel. Sento Quattro avvicinarsi a me e posarmi una mano sulla spalla, come se volesse trasmettermi calma e fiducia con quel semplice contatto.
-Silenzio, Axel! – urla Max. – Controllate se ci sono veramente queste cartelle cliniche. Intanto, mettete il sospettato nel sotterraneo. Se i documenti confermeranno l’aggressione, verrà accompagnato tra gli Esclusi. È tutto. –
Con un gesto, Max ci congeda. Prima le due guardie scortano Axel fuori dalla stanza, poi usciamo Quattro ed io. Max e gli altri ci chiudono la porta alle spalle e restano nella stanza a parlare.
-Stai bene? – mi chiede il mio istruttore preoccupato.
-Sì, sono solo un po’ … imbarazzata. Ammettere che non ho saputo difendermi da quell’idiota davanti ai Capofazione non era nella mia lista di cose da fare. –
-Hai fatto la cosa giusta. – mi rassicura Quattro. – Senza quello lì tra i piedi staremo tutti meglio. –
-Lo so ma … posso parlare liberamente? Non dirai nulla a nessuno, vero? – chiedo intimorita.
-Non sono mai stato amante dei pettegolezzi, quindi non dirò nulla. Dimmi. –
-Non sto così per Axel, ma per Eric. Ho paura della sua reazione. Questa sera mi è sembrato … freddo, distante. Temo che dopo questa sera tornerà a essere la versione maligna di se stesso e che non vorrà più avere a che fare con me. –
È strano come mi senta a mio agio con Quattro: sento che posso dirgli tutto e che lui non tradirà mai la mia fiducia. Spero solo di non sbagliarmi su di lui.
-Conosco Eric da un po’ e da quando sei arrivata tu, lui è diventato più … umano. Prima era il soldatino perfetto dal cuore di pietra, ora invece si sta comportando come un ragazzo della sua età. Sai benissimo che con te vuole essere dolce e protettivo, ma certi aspetti del suo carattere sono duri da smorzare. Dagli un po’ di tempo. –
Annuisco e torno in silenzio al dormitorio, mentre Quattro va al centro di controllo per aiutare gli altri nella ricerca delle mie cartelle cliniche.
Quando entro i miei amici sono già lì ad aspettarmi e pretendono di sapere nei minimi dettagli che cos’è successo. Prendo un respiro profondo e inizio a raccontare.
 
(ERIC p.o.v.)
-Che ne pensate? – chiede Max dopo aver chiuso la porta dietro a Quattro e Liz.
-Per me la ragazza dice la verità. – dico convinto, sapendo benissimo che quello che aveva detto Liz era completamente vero.
-Non so, - dice il Capofazione di cui non ricordo il nome che ha fatto il quarto grado a Liz poco fa. –Axel è un nostro membro da un po’, la ragazza è appena arrivata. Chi ci dice che non abbia inventato tutto? –
-Non può inventarsi una paura. Il nostro cervello elabora eventi reali traumatici e li trasforma in paura. Nessuno ha una paura del genere, con un soggetto così preciso, senza … -
-Dì un po’, Eric, - m’interrompe quell’altro, - non avevi lasciato gli Eruditi? Allora smetti di fare il saputello! –
Perché quell’idiota non se ne sta zitto?! Come può dubitare di Liz? Lui non la conosce come me, ma …
Eric, smettila!, mi impone la mia vocina interiore. O capiranno che sei innamorato di Liz.
Ho appena ammesso che amo Liz? L’ho fatto sul serio? Quando si inizia a parlare di amore non si torna più indietro, no? Dovrei dirle subito che la amo? In fondo, è l’unica al mondo che sia stata capace di farmi amare qualcuno oltre al mio ego … ma dovrei dirglielo in un momento romantico o … ?
-Smettetela! – interviene Max distogliendomi dai miei pensieri. – Eric ha ragione: se la ragazza ha quella paura, ci deve essere una base reale. Se troveremo quelle cartelle cliniche, vuol dire che ha detto la verità. Ora tutti nelle vostre abitazioni. –
Max ci congeda e usciamo tutti dall’ufficio. Vorrei andare da Liz ma so che ci sono anche i suoi compagni, non posso farmi beccare, quindi stringo i denti e, confidando che il karma spedirà quell’idiota tra gli Esclusi, vado nel mio appartamento.
 
(LIZ p.o.v.)
La mattina fingiamo di comune accordo che sia tutto a posto: non vogliamo più pensare a questa storia e finire l’iniziazione tranquilli. Mancano solo pochi giorni, poi diventeremo – se la sorte è dalla nostra parte – Intrepidi a tutti gli effetti e allora potremo occuparci di tutti i drammi. 
Quando arriviamo in mensa, sembra tutto tranquillo, ma riesco a sentire lo sguardo di varie persone posarsi su di me mentre vado verso il bancone per prendere la colazione.
Sto parlando con i miei amici quando vedo Eric entrare in mensa, cercarmi con lo sguardo prima di individuarmi in fondo alla sala e venire verso di noi.
Quando arriva al nostro tavolo, appoggia i palmi sul legno vicino a me e mi guarda intensamente, senza parlare.
-Allora? – chiedo per spezzare la tensione creata dal suo silenzio.
-Hanno trovato le tue cartelle cliniche che hanno confermato l’aggressione di Axel. Max ti ha creduto. Proprio ora alcuni uomini stanno scortando Axel fuori dalla fazione, tra gli Esclusi. –
 
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Volevo postare il capitolo in mattinata ma non ci sono riuscita … il sonno ha prevalso!
Chiedo perdono per eventuali errori, ma sono influenzata e non riesco a concentrarmi al meglio.
Che ne dite del capitolo? Vi è piaciuto? Se tutto va secondo i piani, questo è il terzultimo capitolo della storia….
Spero davvero di leggere i vostri commenti!
A domenica prossima! 

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Capitolo 20
*** Death list ***


CAPITOLO 20
Death list
 
(ERIC p.o.v.)
Appena comunico a Liz la notizia dell’espulsione di Axel, la vedo congelarsi sul posto per la sorpresa, ma non riesco a capire se questo è un buono o cattivo segno. Non posso trattenermi a lungo, Max mi sta aspettando per una riunione straordinaria, quindi appena ho riferito il messaggio me ne vado, ma lascio a Liz un bigliettino vicino al vassoio per dirle di raggiungermi dopo cena nel mio appartamento.
Mi dirigo verso l’ufficio di Max e, quando entro, noto che non siamo soli: oltre a noi Capofazione, ci sono anche alcuni Eruditi, tra cui riconosco Jeanine Matthews.
-Che succede? – chiedo con un sopracciglio alzato, abbastanza turbato dalla presenza di alcuni elementi della mia ex fazione.
-Dobbiamo parlare dei Divergenti. – risponde Jeanine con il suo solito tono da so-tutto-io. Non la sopportavo quando ero tra gli Eruditi, figuriamoci ora.
-Stiamo ancora parlando dei Divergenti?! – esclamo scocciato. Dal mio primo giorno da Capofazione, avevo sentito Jeanine parlare della pericolosità di questi individui in varie videoconferenze, ma non avevo mai prestato particolare attenzione, la ritenevo solo una sua paranoia.
-Eric. – mi riprende Max usando il tono da zitto, ascolta e basta.
-Ultimamente abbiamo notato nei test attitudinali una crescita pericolosa di questi individui. Quest’anno molti hanno dimostrato una tendenza alla divergenza, ma non sappiamo dire con certezza se tutti questi soggetti sono effettivamente divergenti o se c’è stato un errore nel sistema. –
-Quindi qual è il nocciolo di questa riunione? – chiedo incapace di controllare la lingua.
Jeanine mi fissa con sguardo tagliente prima di rispondere: - Abbiamo stilato una lista di tutti i sospetti. Ora chiediamo a voi Capofazione di tenere d’occhio questi soggetti e di segnalare qualsiasi attività o risultato sospetto a noi Eruditi. Verranno poi presi gli adeguati provvedimenti per arginare il problema. –
Tutti noi Capofazione riceviamo una copia della lista, poi gli Eruditi si congedano e lasciano l’ufficio.
-Da quando lasciamo che gli Eruditi si intromettano nei nostri affari? – chiedo non appena la porta si chiude.
-Da quando i Divergenti sono diventati una minaccia. Eric, dobbiamo stare attenti: questi soggetti possono distruggere la nostra società. È questo che vuoi? –
-No, ovviamente no, ma … -
-Allora non c’è nulla di cui discutere. Puoi andare. –
Esco dall’ufficio più infuriato che mai: personalmente questi Divergenti non mi hanno fatto niente, ma se sono una minaccia così terribile bisogna fare qualcosa per fermarli. Quello che mi fa andare completamente fuori di testa è che Jeanine Matthews e il suo squadrone di cervelloni  ficchino il naso nelle attività degli Intrepidi.
Guardo i nomi della lista, così, tanto per vedere chi secondo la geniale Jeanine Matthews è così pericoloso da minacciare l’intero sistema delle fazioni. Alcuni nomi non mi sono famigliari, altri sì, ma c’è un nome che attira la mia attenzione più degli altri: uno degli amici di Liz, Diego, è tra i primi nomi della lista. Questo significa che è uno dei maggiori sospettati.
 
(LIZ p.o.v.)
Sto raggiungendo Eric nel suo appartamento, come mi aveva chiesto. Questo pomeriggio sono stata fortunata: un iniziato interno, dopo che è uscito dallo scenario, è stato preso da un attacco di panico e ha messo fuori uso il computer, perciò le simulazioni sono state sospese mentre un tecnico riparava i danni.
Quando busso, Eric viene subito ad aprire e mi fa entrare di corsa, temendo che qualcuno possa vederci.
-Scusa, so che avevamo deciso di tenere le distanze fino alla fine dell’iniziazione, ma ... – inizia a parlare a macchinetta, senza prendere neanche un respiro.
-Non ti preoccupare. Di cosa volevi parlarmi? –
Lui mi guarda un po’ stranito, come se il mio atteggiamento calmo lo avesse completamente spiazzato.
-Non sei arrabbiata? –
-Perché dovrei esserlo? –
-Ho raccontato a Max di quello che è successo tra te e Axel … tu mi avevi chiesto di non dire niente, ma io ho dovuto … -
Capisco che è tormentato per aver denunciato Axel e teme che mi sia arrabbiata. La situazione è così comica che mi lascio sfuggire un sorriso.
-Perché ridi?- mi chiede ancora più confuso di prima.
-Sul serio pensi che sia arrabbiata perché hai denunciato Axel? È vero, ti avevo chiesto di non dirlo, ma non importa. Ti ho costretto a dirlo in un certo senso, dato che era nel mio scenario, altrimenti non l’avresti mai rivelato a nessuno. O mi sbaglio? –
Leggo il sollievo nei suoi occhi, poi si avvicina e mi dà un bacio leggero.
-Ero terrorizzato dall’idea che non mi avresti perdonato. – dice abbracciandomi e sorridendo un po’ timido, cosa completamente non nel suo stile. – Ho dovuto mostrare il formato a Max perché aveva dato un ultimatum ad Axel: un’altra bravata e l’avrebbe sbattuto tra gli Esclusi. La tua simulazione era l’ultima prova che serviva, e se non l’avessi mostrata, sarei finito nei guai anch’io … -
-Eric. – lo interrompo per fargli riprendere fiato. – Punto primo, ora che me l’hai spiegato, anche se fossi stata arrabbiata, e non lo ero, avrei capito e ti avrei perdonato. Punto secondo, sai che sei carino quando sei in preda al panico e all’imbarazzo e inizi a parlare a macchinetta? –
Lo sento irrigidirsi mentre mi abbraccia, poi si abbassa, mi prende all’altezza delle ginocchia e mi carica sulle sue spalle. Inizio a protestare battendo i pugni sulla sua schiena, ma è tutto inutile.
Mi butta sul letto e sempre sul punto di fare qualcosa quando qualcuno bussa alla porta. Eric sbuffa contrariato e si alza e senza che mi dica nulla io vado a nascondermi nel bagno.
Sono troppo curiosa, così appoggio l’orecchio alla porta del bagno e ascolto.
-Che ci fai qui, Quattro? – sento Eric dire mentre apre la porta.
-Sono qui per chiederti se hai visto Liz, non si trova da nessuna parte e i suoi amici mi hanno chiesto aiuto. Erano un po’ preoccupati perché aveva detto che tornava in dormitorio ma non è lì. –
Dovevo usare un’altra scusa, accidenti!
Sento Eric e Quattro continuare a parlare, ma la mia attenzione viene attirata da un foglio appoggiato sul lavello. Cercando di non fare nessun tipo di rumore, mi avvicino e guardo quel pezzo di carta. È una lista di nomi, tra i quali leggo quello di Diego. In fondo al foglio, ci sono solo due parole: SOSPETTI DIVERGENTI.
Non ho idea di che cosa voglia dire, ma ho intenzione di scoprirlo.
Riappoggio il foglio dove l’ho trovato e mi rimetto vicino alla porta, come se non mi fossi mai mossa da lì. Sento la porta d’ingresso chiudersi e subito dopo Eric apre quella del bagno.
-Cos’è successo? – chiedo, anche se conosco benissimo la risposta.
-I tuoi amici ti stanno cercando. Ho detto al Rigido di andarti a cercare al poligono, fossi in te, tornerei in dormitorio prima che Quattro si faccia venire una sincope e ti dichiari scomparsa. –
Non posso evitare di sorridere, immaginando Quattro che corre per la residenza come un pazzo urlando il mio nome in preda al panico. Eric ed io ci diamo un bacio veloce, poi esco e torno di corsa al dormitorio.
-Eccoti! Dov’eri finita? Eravamo preoccupati! – dice Diego quando mi vede entrare alzandosi e venendomi incontro per abbracciarmi.
-Sto bene, - dico per tranquillizzarli, - ero solo andata a fare un giro nella speranza che mi passasse il mal di testa. Come mai eravate così preoccupati? –
-Hai presente quell’iniziato interno che oggi ha fatto un tempo da record nella simulazione? – mi dice Bree con voce grave.
-Sì. –
-Ecco, prima sono venuti degli Eruditi in mensa e insieme ad alcuni soldati lo hanno portato via. Jason è uscito di nascosto, per vedere cosa stava succedendo, e ha visto i soldati picchiarlo fino a farlo svenire e portarlo fuori dalla residenza. Siamo tornati subito al dormitorio per dirtelo, e quando non ti abbiamo visto ci è preso il panico. –
Mentre Bree finisce di raccontare, sento il sangue gelarsi nelle vene: com’è possibile che qualcuno abbia fatto una cosa del genere senza che nessuno se ne accorgesse?
-Jason, tu hai detto a qualcuno quello che hai visto? – chiedo cercando di apparire calma.
-No, solo a voi. –
-Bene, non raccontarlo a nessun altro. Ho l’impressione che ci sia qualcosa sotto, qualcosa di molto grande.  Posso farvi una domanda? Sapete cosa sono i Divergenti? –
Vedo Joshua inarcare le sopracciglia, il che mi fa capire che non ne sa nulla, mentre gli altri si guardano negli occhi preoccupati.
-Che succede? – chiedo.
-Non è molto prudente parlare di queste cose. – sussurra Bree.
-Perché? –
-I Divergenti sono persone che al test attitudinale risultano adatte a più di una fazione. Sembra che gli Eruditi abbiano iniziato a dare loro la caccia perché li ritengono una minaccia al sistema delle fazioni. – mi spiega Jason.
-Quindi gli Eruditi hanno deciso di perseguitare queste persone solo perché sono un po’ diverse? – sono esterrefatta.
-Già, per questo è meglio non parlarne. Ci sono state delle sparizioni, alcuni ragazzi e adulti ritenuti Divergenti sono scomparsi da un giorno all’altro e nessuno ha più saputo niente di loro. C’è chi crede che siano finiti tra gli Esclusi, ma alcuni hanno ipotesi ben più macabre. –
Rimaniamo un minuto in silenzio. Sono completamente senza parole: com’è possibile ritenere qualcuno una minaccia solo perché è un po’ diverso?
Inizio a collegare i puntini: che la lista di Eric abbia a che fare con l’aggressione di questa sera?
-Sapete il nome del ragazzo? – chiedo, sperando di aver fatto male i conti.
-Chris, se non sbaglio. –
Chris.
È uno dei nomi nella lista.
Improvvisamente tutto è chiaro.
Quella è una lista di morte.
È uno dei miei migliori amici è segnato lì sopra.
 
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Che ne dite del capitolo? Vi è piaciuto?
Stiamo giungendo alla fine … nel prossimo capitolo ci sarà un happy ending … o forse no?
Come al solito ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito la storia, siete la ragione per cui scrivo.
Un bacio a tutti e a domenica prossima con l’ultimo aggiornamento.

 

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Capitolo 21
*** I really hope you agree with me ***


CAPITOLO 21
I really hope you agree with me
 
(LIZ p.o.v.)
Non posso restare a guardare senza fare niente: devo avvisare Diego del pericolo che sta correndo. Deve sapere che anche il suo nome è su quella lista, deve fare qualcosa per non farsi scoprire. Aspetto che tutti i miei amici si siano addormentati prima di avvicinarmi al letto di Diego e di scuoterlo leggermente per svegliarlo.
Quando mi mette a fuoco, lo vedo aprire la bocca per parlare, ma gli faccio subito cenno di stare zitto e di seguirmi fuori dal dormitorio. Non dovremmo uscire dalla camerata di notte, ma Eric mi ha mostrato un punto nascosto dalle telecamere e abbastanza lontano dal dormitorio, dove possiamo parlare indisturbati.
-Che succede? – mi chiede quando ci fermiamo.
-Parla piano. – lo avviso. – Ti devo dire una cosa, ma deve restare tra noi due. Nessuno deve saperlo, neanche Bree, Jason o Joshua. Chiaro? –
-Certo. Ora dimmi, mi stai facendo preoccupare. –
-Stasera, mentre ero allo Strapiombo, ho sentito degli uomini parlare e mi sono avvicinata. Erano dei Capofazione: hanno discusso per un po’, anche se non ho capito molto bene su cosa, ma li ho sentiti nominare gli Eruditi. Ho visto un foglio cadere dalla tasca del giubbotto di uno dei due, così quando se ne sono andati l’ho raccolto per vedere cosa fosse. – ovviamente non posso dire che ho trovato la lista nel bagno di Eric, quindi mi devo inventare una scusa. Mi rendo conto che non è proprio credibile, ma spero che Diego sia abbastanza intontito dal sonno da non accorgersene. – Era una lista di nomi, e alla fine della pagina c’era scritto “sospetti divergenti”. Ho letto tutta la lista e l’ho memorizzata bene prima di rimetterla dove l’avevo trovata, e sono sicura al cento percento che il nome di Chris fosse lì sopra. –
Diego sembra riscuotersi dal torpore del sonno e lo vedo elaborare tutto quello che gli avevo detto.
-Quindi pensi che quello che è successo stasera in mensa a Chris sia collegato a quella lista? –
-Non credo nelle coincidenze. Poi, Jason ha detto che c’erano anche degli Eruditi quando hanno portato via Chris, no? E guarda caso quelle persone stavano parlando di qualcosa in cui c’entrano gli Eruditi. Non può essere un caso. –
-E perché gli altri non possono saperlo? Perché lo stai dicendo solo a me? –
Mi sento male al pensiero di come reagirà quando gli dirò che anche lui sta correndo lo stesso pericolo.
-Ecco … c’è anche il tuo nome su quella lista. È uno dei primi. –
Lo vedo immobilizzarsi sul posto: ha capito che anche lui è un bersaglio.
-Diego, qual è stato il risultato al tuo test attitudinale? –
Lo vedo esitare prima di mimare con le labbra “inconcludente”.
Cioè Divergente.
-D’accordo. Non lo dire a nessun altro, troveremo un modo per tirarti fuori da questo pasticcio. Posso provare a parlare con Eric ... –
Mi congelo sul posto. Mannaggia alla mia lingua lunga.
-Perché dovresti parlarne con Eric? – mi chiede, con sguardo indagatore.
Abbasso gli occhi, a questo punto non posso più inventarmi scuse. Mi sono tradita.
-State insieme, vero? –
Io posso solo annuire, non riesco a trovare la voce per la paura e anche per l’imbarazzo.
Mentre ho ancora lo sguardo basso, Diego mi prende la mano e si avvicina.
-Tranquilla, non dirò niente. Avevo già capito che c’era qualcosa tra voi due, tu me l’hai solo confermato. E poi, chi sono io per giudicare? Magari quel troglodita con te si comporta in maniera più civile di come si comporta con noi agli allenamenti. –
Non riesco a trattenere una risata. È bello sapere che Diego è dalla mia parte, che non andrà a denunciare la cosa.
-Però – continua – non sono sicuro che parlare con Eric sia la cosa giusta. In fin dei conti, lui è un Capofazione. Ha dei doveri e degli obblighi cui non può mancare. Come ha denunciato la tua situazione con Axel perché era obbligato, potrebbe dover fare lo stesso con me. –
Non ci avevo pensato: Diego ha ragione. E se Eric non avesse scelta? Se fosse costretto a consegnarlo agli Eruditi, o peggio, a ucciderlo, se sapesse che è veramente un Divergente?
-Allora con chi possiamo parlare? – chiedo, non sapendo che fare. –Non possiamo restarcene con le mani in mano. –
-Forse con Quattro. Sembra averti preso in simpatia, magari se gli spiegassimo la situazione, potrebbe aiutarci. –
-Potrei aiutarvi a fare cosa? –
La voce di Quattro arriva da dietro l’angolo, è molto vicino. Da quanto tempo ci sta ascoltando?
-Quattro, scusaci, possiamo spiegare … - inizia Diego.
-Non servono spiegazioni. Farò finta di non avervi visto, per me non avete mai lasciato il dormitorio. Ma voglio la verità:perché dovrei aiutarvi? –
Diego ed io ci guardiamo un secondo negli occhi: deve decidere lui se dire tutta la verità a Quattro o no, il segreto e suo.
-C’è una lista di sospetti Divergenti che gira per la Fazione, e il mio nome è lì sopra. Vorrei sapere se c’è un modo per farlo sparire. – Diego sceglie la verità.
-Chi di voi ha trovato la lista? –
-Io. – sono costretta ad ammettere. Sa che Eric ed io stiamo insieme, quindi capirà senza tante spiegazioni come l’abbia trovata.
-Vi aiuterò, a una condizione – dice Quattro dopo qualche secondo di silenzio.
-Cioè? – chiede Diego preoccupato.
-Liz, devi dirmi se c’era un nome in particolare su quella lista. –
-D’accordo. – se tutto quello che vuole Quattro in cambio del suo aiuto è sapere se c’è un nome sulla lista, non posso che accontentarlo.
-Tobias Eaton. Era sulla lista? –
Passo in rassegna la lista nella mente, ma quel nome non mi dice niente, non era tra quelli scritti su quel foglio mortale.
-No, no, non c’era. – dico sicura.
-Bene. Ci vediamo domani mattina nella stanza delle simulazioni, e venite da soli. – e, così dicendo, se ne va nel buio da cui era sbucato.
 
La mattina andiamo tutti in mensa come se niente fosse, ma sia io che Diego abbiamo i nervi a fior di pelle: la situazione è grave, molto, e solamente noi due lo sappiamo. Quando Quattro ci vede entrare in mensa, ci rivolge un lieve cenno di saluto che ci ricorda l’appuntamento dopo colazione.
Dopo essere tornata in dormitorio ieri sera non sono riuscita a chiudere occhio: sapere che il nostro istruttore ci avrebbe aiutato mi aveva tranquillizzato, ma era subentrato qualcos’altro a darmi il tormento. Perché Eric non aveva fatto nulla per impedire la cattura di Chris o per fermare la diffusione della lista di morte?
Forse ha protestato con Max, mi sono detta per tutta la notte, forse ha provato a fermare questa pazzia ma non ci è riuscito. Eppure non sono riuscita a smettere di pensare che il fatto che abbia tenuto la lista vuol dire che in fondo non disapprova completamente la decisione di uccidere tutti i Divergenti.
Vado a fare la fila per prendere da mangiare, stanca e ancora tormentata dai pensieri, e poco dopo Eric si affianca a me.
-Come mai quello sguardo? Qualcosa non va? – mi chiede preoccupato senza distogliere però lo sguardo dalle varie torte davanti a lui.
Non riesco a trattenermi: devo sapere se anche lui è a favore dell’eliminazione dei Divergenti o se, come me, disapprova.
-Ieri sera ho trovato la lista sul lavandino del bagno. E non fingere di non sapere di cosa sto parlando. – dico cercando di mantenere un tono neutrale.
Lo vedo con la coda dell’occhio irrigidirsi e rimanere bloccato con una fetta di torta a mezz’aria.
-Non avresti dovuto vederla. –
-Ma l’ho vista. E so anche che Chris ieri sera è stato portato via e che nessuno da allora l’ha più visto. Hai qualcosa da dire al riguardo? –
-Posso spiegarti tutto, ma non qui e non ora. Nessuno deve sapere di quella lista, a parte noi Capofazione, quindi è di vitale importanza che tu mantenga il segreto. –
Troppo tardi, penso.
-Avrei voluto dirtelo, ma non potevo. Max ha specificatamente detto … - sta parlando a macchinetta, segno che è nervoso, e questo non va bene.
-Ne riparleremo stasera, dopo le esercitazioni nello scenario. Possiamo vederci nel tuo appartamento come ieri. Dimmi solo una cosa: tu approvi questa lista o no? –
Rimane un secondo in silenzio, sembra pensare a quale risposta dare, poi dice semplicemente: - Non è compito mio discutere quello che mi viene ordinato. –
Per me è abbastanza: come può eseguire degli ordini così sbagliati? Come può davvero pensare che qualcuno un po’ diverso da noi possa essere una minaccia?
-Ne riparliamo stasera. – dico a denti stretti prima di andare verso i miei amici.
Mentre facciamo colazione, resto in silenzio e mi sforzo di non piangere: so benissimo che lui non può disubbidire agli ordini, ma è un Capofazione, ci sarà qualcosa che può fare per impedire questa pazzia, no?
Spero davvero che Eric la pensi come me, o non so che farò.
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Scusate se posto solo a quest’ora, ma ho dovuto studiare a più non posso.
Come avrete capito, questo non è l’ultimo capitolo: ho deciso di arrivare a 25, e l’ultimo capitolo dovrebbe arrivare per Natale. Purtroppo dopo inizieranno gli esami, quindi non potrò più scrivere.
Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono e recensiscono la storia.
Un bacio e a domenica prossima! 

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Capitolo 22
*** Old friends and discussions ***


CAPITOLO 22
Old friends and discussions
 
(LIZ p.o.v.)
Dopo colazione, con la scusa di allenarci un po’ al poligono per scaricare la tensione per le simulazioni, Diego ed io ci dileguiamo dal dormitorio e ci dirigiamo di soppiatto verso la sala dove ci aspetta Quattro. Sinceramente mi sento di troppo, ma Diego ha piacere che vada anch’io, convinto com’è che Quattro sia più flessibile quando sono nei paraggi, perciò lo accompagno.
Quando entriamo nella stanza, notiamo che il nostro istruttore è già lì ad aspettarci, seduto su una sedia davanti al computer.
Quando ci sente entrare, si alza dalla sedia e picchietta con una mano sulla poltrona delle simulazioni: - Diego, siediti qui. Liz, puoi metterti sulla mia sedia. –
Diego fa un sorriso sghembo, come se volesse dirmi: Visto? Con te è sempre accomodante, ma lo ignoro e vado a sedermi come ha detto Quattro.
L’istruttore si piazza davanti a Diego nella sua solita posizione, cioè con le braccia conserte e le gambe divaricate, lo sguardo impenetrabile e l’espressione seria e inizia a porgli una serie di domande:
-Prima di tutto, voglio dirti una cosa: per aiutarti ho bisogno che tu mi risponda il più sinceramente possibile. Tutto quello che ci diremo non uscirà da questa stanza, perciò non ti preoccupare: dì semplicemente la verità. Dunque, qual è stato il tuo risultato al test attitudinale? –
Diego sembra esitare prima di rispondere: -Inconcludente. –
-Come immaginavo. Questo spiega i tuoi tempi nelle simulazioni e anche le tue … tecniche per uscirne. –
-Cosa? – chiedo io incuriosita: com’è possibile capire se qualcuno è divergente solo dalle simulazioni?
Quattro mi guarda e vedo comparire l’ombra di un sorriso; okay, forse Diego un po’ di ragione ce l’ha. Quattro sembra veramente molto accomodante nei miei confronti, anche se non capisco il perché.
-Un soggetto divergente è cosciente durante la simulazione: sa che non è reale. Questo gli permette di uscire dallo scenario in modi … inusuali e in tempi brevissimi, perlomeno rispetto alla media. –
-Quindi per far credere che non sono divergente devo cambiare il mio comportamento nelle simulazioni? – chiede Diego.
-Esattamente. –
Quattro continua a parlare con Diego, spiegandogli come ci si dovrebbe comportare nello scenario della paura, ma la mia attenzione viene attirata da un’immagine impressa sul monitor: probabilmente l’istruttore si è dimenticato di chiudere la simulazione precedente e, quindi, l’ultima immagine dello scenario è ancora ferma sullo schermo.
Riesco a distinguere la figura di un uomo, di cui non riesco a determinare l’età, con i capelli leggermente lunghi e brizzolati, con una cintura in mano, in procinto di colpire qualcuno. Fisso poi l’altra figura: è sfocata, ed è di schiena, ma riesco a distinguere un particolare molto importante. Sul collo, proprio sopra l’orlo della maglietta a maniche corte, spunta fuori un pezzetto di tatuaggio.
Fisso la nuca di Quattro e ho la conferma di quello che avevo intuito: il ragazzo nel monitor che sta per essere colpito dalla cintura è il mio istruttore. E quello che sto fissando è l’ultimo fotogramma del suo scenario.
Vengo colta all’improvviso da uno strano senso di familiarità: c’è qualcosa nell’uomo con la cintura che non mi è nuovo. I tratti del viso, la corporatura, il fatto che indossi vestiti da Abnegante e che stia picchiando il ragazzo … tutto è stranamente familiare. E tutto d’un tratto riconosco in quell’uomo Marcus Eaton, un vecchio amico di mio padre, che spesso veniva a trovarci con suo figlio, Tobias. Ricordo che una volta mi sono rivolta in maniera troppo impertinente a suo padre, già da piccola faticavo a tenere a freno la lingua, ed ero corsa sul mio albero preferito a piangere dopo che mio padre mi aveva sgridato. Tobias si era arrampicato e mi aveva consolato, poi aveva iniziato a fare delle battute per farmi  ridere. Da quel giorno eravamo diventati migliori amici. Dopo qualche anno non era più tornato tra i Pacifici con il padre perché, come mi aveva spiegato lui quando avevo chiesto dove fosse Tobias, era diventato abbastanza grande e doveva iniziare ad aiutare gli altri membri della società come fanno tutti gli Abneganti.
Un flash della conversazione di ieri sera conferma quello che avevo appena intuito:
-Liz, devi dirmi se c’era un nome in particolare su quella lista. –
-D’accordo. –
-Tobias Eaton. Era sulla lista? –
Quattro non mi ha chiesto se quel nome è sulla lista senza motivo. Quattro è Tobias Eaton, uno dei miei più vecchi amici, ed è un divergente.
 
Rimaniamo due ore in quella stanza mentre Diego cerca di evitare di mostrare la sua divergenza nelle simulazioni. I suoi tempi si allungano in maniera impressionante, ma Quattro sembra soddisfatto, perché questo significa che sta imparando a superare lo scenario come farebbe un Intrepido. Sfinito, Diego esce dalla stanza senza aspettarmi, probabilmente non si ricorda neanche che sono lì, mentre io resto ancora nella sala. Voglio chiedere a Quattro –Tobias, mi corregge una vocina nella mia testa – perché non mi ha detto subito chi è veramente.
-Che c’è, Liz? – mi chiede quando vede che lo sto guardando in modo abbastanza truce.
-Perché non mi hai detto subito chi sei, Tobias? –
Appena lo chiamo con il suo vero nome, lo vedo immobilizzarsi e sbiancare, poi i suoi occhi si fissano nei miei.
-Mi hai riconosciuto? Credevo non ti ricordassi di me. –
-Sei cambiato in questi anni, ed effettivamente non ti avevo riconosciuto all’inizio, ma prima ti sei dimenticato di chiudere il tuo scenario. Ho riconosciuto tuo padre che ti picchiava, e quando ho notato che il ragazzo nello scenario aveva il tuo stesso tatuaggio che spunta sulla nuca, ho capito di trovarmi davanti a quello che una volta era il mio migliore amico. –
-Perché, ora non lo sono più? – dice con il sorrisetto che usava quando voleva provocarmi.
-Certo che lo sei! – esclamo dandogli un pugno giocoso su un braccio. – Ma sono infuriata perché non mi hai detto subito di essere Tobias! Non è giusto, tu sapevi chi ero! –
Si rabbuia un attimo: - Non ti ho detto chi ero perché tu sai la verità sulla mia famiglia. Tu sai che mio padre mi picchiava, sai che non è l’Abnegante perfetto che tutti pensano che sia. Non volevo metterti nella posizione di dover mantenere questo segreto per me. –
All’improvviso capisco perfettamente perché non mi ha detto nulla, e non posso fare altro se non andare verso di lui e abbracciarlo. È strano ritrovarlo dopo tutto questo tempo, ma ne sono felice: ho sempre voluto rivederlo per sapere come stava, che fazione aveva scelto, se si trovava bene … e il destino ci aveva fatto ritrovare nella stessa fazione.
-Tranquillo, non dirò nulla a nessuno. – dico per tranquillizzarlo prima di lasciare la stanza.
 
(ERIC p.o.v.)
Non sono neanche andato in mensa per cenare. A dire la verità, non ho neanche pranzato, e la colazione che avevo preso stamattina è finita per buona parte nella spazzatura.
Liz sa tutto, sa che abbiamo l’incarico di scovare i divergenti, e sa che il nome del suo amico è su quella lista.
L’ansia derivata da tutto ciò e il terrore di perderla per qualcosa di cui neanche m’importa si stanno divertendo a torcere il mio stomaco come se fosse un pupazzo.
Guardo l’orologio e ogni secondo sembra infinito.
Quando sento bussare alla porta, scatto in piedi e corro ad aprire: Liz è lì davanti, con uno sguardo impenetrabile, e non mi guarda neanche direttamente negli occhi quando mi faccio da parte per lasciarla entrare.
-Forza, spiegami tutto quello che mi devi spiegare, e vedi di essere convincente. – dice sedendosi sul divano.
Nonostante il tono e la postura da dura, che sta palesemente copiando da me, riesco a percepire il suo dolore e la sua tristezza per la scoperta che aveva fatto. Mi siedo accanto a lei, pregando che capisca la situazione delicata.
-Quella lista ci è stata fornita dagli Eruditi che vogliono aprire la caccia ai divergenti: li ritengono un pericolo per la nostra società e vogliono eliminarli prima che diventino  una minaccia concreta. –
-D’accordo, ma non è questo che voglio sapere. Quello che m’interessa è: tu approvi questa lista? Perché non l’hai bruciata o buttata? Perché l’hai tenuta? –
Non posso credere che mi stia giudicando solo perché ho tenuto quella cavolo di lista!
-Anche se la buttassi, non cambierebbe assolutamente nulla! Max si limiterebbe a darmene un’altra copia! – non riesco a trattenermi, mi alzo e inizio a urlare. –Non puoi seriamente giudicarmi solo perché ho tenuto un foglio che mi hanno dato in orario di lavoro! È una stupidaggine! Non me ne frega niente di quella lista, non ho nulla contro i divergenti! E mi fa infuriare che tu pensi che io ucciderei degli innocenti solo per una piccola diversità! –
Liz mi sta fissando e nei suoi occhi leggo solo terrore: mi rendo conto che mi sto comportando come il vecchio Eric, quello che si limitava a sbraitare e non provava sentimenti per nessuno. 
-Scusami. – le dico sedendomi di nuovo. Le prendo una mano, nel tentativo di dimostrarle che non voglio più urlare come un pazzo e che sono più calmo e, quando non la ritrae, mi sento incoraggiato a continuare. – Non sono d’accordo con quella lista, okay? Credo che bisognerebbe prendere questo tipo di misure solo quando si ha la prova concreta e inconfutabile che i divergenti o chicchessia siano veramente una minaccia. Ma devi anche capire che non dipende da me. Domani mattina ci sarà un altro incontro con gli Eruditi e voteremo se applicare le misure contro i Divergenti suggerite o no. Non ti nascondo che io voterò no, ma se gli altri Capofazione voteranno sì, non mi resterà che eseguire gli ordini. Lo capisci? –
Liz sta fissando le nostre mani intrecciate: passano vari minuti e lei continua a rimanere in un ostinato silenzio.
-Ti prego, dì qualcosa. – dico non riuscendo a sopportare oltre.
-Capisco quello che sta succedendo, e credimi sono contenta che tu come me non approvi questa cosa, ma cosa succederà se la lista verrà approvata? Ucciderai degli innocenti solo perché ti viene ordinato? –
Vedo delle lacrime spuntare agli angoli dei suoi occhi e non resisto all’impulso di abbracciarla.
-Ti prometto questo: farò il possibile perché la lista non venga approvata. Ma, se questo succedesse, farò tutto quello che posso per salvare più vite possibili. –
La sento sciogliersi tra le mie braccia e capisco che mi ha perdonato, che non è più arrabbiata con me, e per il sollievo mi sfugge una lacrima che mi affretto a far sparire.
Dopo un tempo che pare infinito Liz scioglie il nostro abbraccio e mi sorride, finalmente.
-Scusa se mi sono arrabbiata, ma non potevo … -
-Non ti preoccupare, capisco che trovare quella lista ti abbia fatto venire dei dubbi. Ti va di restare un po’? O devi andare?  – chiedo nella speranza di passare un po’ di tempo da soli.
-Posso restare, ma non per molto; ho chiesto a Diego di coprirmi dato che mi doveva un favore ma non so per quanto riuscirà a nascondere la mia assenza. –
Restiamo sul divano accoccolati a chiacchierare e per un po’, purtroppo troppo poco, siamo una coppia normale che si sta godendo i momenti insieme. Ci raccontiamo la nostra giornata e quando lei mi racconta dei progressi che ha fatto con il suo scenario, non posso che esserne fiero.
Dopo un po’, prima di quanto sperassi, si alza e si avvia verso la porta per tornare al dormitorio: mi dà un bacio e sta per aprire l’uscio quando si blocca di colpo e si volta verso di me.
-Posso chiederti un favore? – mi chiede.
-Certo. –
-Nel caso in cui la lista fosse approvata, potresti proteggere Diego? –
Capisco la sua richiesta, vuole solo proteggere i suoi amici e anche se so che potrebbe diventare una missione impossibile, rispondo: - Certo. –
Non posso deluderla, perché significherebbe correre il rischio di perderla, quindi farò il possibile e l’impossibile per accontentarla.  
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua con il nuovo capitolo! Che ne pensate?
Liz ed Eric hanno appianato i loro problemi e sembra proprio che Liz abbia ritrovato un vecchio amico. Ora bisogna solo sperare che Diego riesca a nascondere la sua divergenza …
Ringrazio tutti quelli che leggono/recensiscono e spero di leggere i vostri commenti.
A domenica prossima con il terzultimo capitolo!
Un bacio!

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Capitolo 23
*** Safe ***


CAPITOLO 23
Safe
 
(ERIC p.o.v.)
Sento la sveglia suonare con insistenza e, anche se non ne ho la minima voglia, mi costringo ad alzarmi. Dopo che Liz se n’è andata ieri sera, ho sentito tutto lo stress e la stanchezza di questi giorni piombarmi addosso e mi sono addormentato come un sasso senza neanche farmi la doccia.
Sapere che Liz mi ha perdonato mi ha reso molto più calmo e mi ha permesso di riassumere il mio solito contegno, ma l’agitazione non è sparita del tutto, dato che questa mattina si deciderà se iniziare o no uno sterminio inutile. Personalmente odio avere a che fare con gli Eruditi e le loro teorie di complotto, ma forse il mio disprezzo nei loro confronti deriva dal mio passato in quella fazione, quindi cerco di ragionare in modo distaccato e di pensare alla cosa migliore da fare a prescindere dalle mie opinioni personali.
Dopo essermi fatto la doccia e aver fatto colazione velocemente nel mio appartamento, mi dirigo verso l’ufficio di Max con i nervi a fior di pelle. Ovviamente, sono l’ultimo ad arrivare: tutti gli altri Capofazione e Jeanine Matthews con i suoi fedeli scagnozzi sono già lì.
-Scusate per il ritardo. – dico semplicemente chiudendo la porta.
-Sei giusto in tempo. – risponde Jeanine con il suo solito tono saccente. Ho già voglia di spaccarle la faccia, direi che è un ottimo inizio di giornata.
-Sappiamo tutti perché siamo qui. – continua imperterrita Jeanine. – Dobbiamo decidere se attuare le misure preventive contro i Divergenti. Ognuno di voi Capofazione dovrà votare. Perché questo decreto sia approvato, almeno tre di voi devono votare sì, e non è permesso astenersi. –
-Bene. – interviene Max prima che Jeanine inizi a fare un discorso per corromperci tutti. – Eric, tu voti per primo. –
-Voto no. – dico senza la minima esitazione.
Vedo Jeanine rivolgermi uno sguardo d’odio prima di continuare a raccogliere i voti.
Altri tre Capofazione votano: siamo a due sì e due no. Manca il voto di Max, che sarà quello decisivo.
-Max, tocca a te. – dice uno degli Eruditi.
Vedo Max pensarci un po’, poi si alza e risponde con decisione: - Su quella lista ci sono i nomi di alcuni dei migliori membri della fazione e nessuno di loro si è mai dimostrato un pericolo. Non sono disposto a perdere buona parte dei miei ragazzi solo per una delle vostre teorie, quindi io voto no. –
Cerco di non scompormi, anche se dentro di me sto saltando dalla gioia come un ragazzino: non hanno approvato la lista. Sono tutti salvi.
In questo momento vorrei solo correre da Liz e abbracciarla, ma devo salvare le apparenze: resto nella mia solita posizione da duro, anche se non riesco a trattenere un ghigno di soddisfazione mentre Jeanine esce dall’ufficio di Max furente.
-Potete andare. – dice Max congedandoci. – Tu no, Eric. – mi ferma mentre sto per lasciare la stanza.
-Che succede? – chiedo chiudendo la porta dietro agli altri Capofazione.
-Ho bisogno che tu vada un paio di giorni alla Recinzione. Sembra ci siano stati dei disordini tra le guardie e ho bisogno di un uomo dal polso forte come il tuo per ripristinare l’ordine. –
Rimango di sasso: perché devo andare via proprio ora, quando mancano pochi giorni al test finale di Liz? Voglio essere lì con lei quando affronterà il suo scenario.
-Questo viaggio interferirà con l’iniziazione? Ho seguito le simulazioni, dovrei essere presente al test finale degli iniziati. – dico cercando di convincerlo a mandare qualcun altro.
-Non ti preoccupare, tornerai in tempo. Nel frattempo, penserà Quattro a monitorare tutte le simulazioni. –
Ovviamente, il grande Quattro può pensare a tutto, non c’è nessun bisogno del mio intervento se c’è lui nei paraggi. Quel Rigido riesce sempre a darmi sui nervi, soprattutto perché ultimamente ho notato che si prende un po’ troppe libertà con la mia ragazza.
Lascio l’ufficio di Max con un nodo alla gola: non voglio lasciare Liz, ma non ho scelta. Non posso neanche andare a salutarla perché adesso sarà sicuramente nella stanza delle simulazioni ad aspettare il suo turno.
Vado nel mio appartamento a preparare una sacca con lo stretto indispensabile per il viaggio, poi penso che non posso lasciare la fazione senza aggiornare Liz sulla questione della lista e senza spiegarle il motivo della mia assenza, così prendo carte e penna e le scrivo un biglietto:
                              
Liz,
non posso spiegarti tutto di persona, devo partire subito. Starò via un paio di giorni per risolvere un problema alla recinzione, ma tornerò in tempo per il test finale.
La lista non è stata approvata, per fortuna altri due Capofazione come me hanno votato no, ma comunque dì a Diego di continuare a stare attento e di impegnarsi nelle simulazioni come sta facendo. Per sicurezza.
A presto.
Ti amo.
                               -E
 
 
(LIZ p.o.v.)
I giorni passano e arriva il nostro ultimo giorno di allenamento prima della prova finale. Nelle simulazioni di questi giorni sono migliorata notevolmente e, anche se non impiego mai meno di sette o otto minuti per uscire dalla simulazione, a detta di Quattro sto facendo dei tempi molto buoni. In ogni scenario compaiono sempre le stesse cinque paure: Axel, l’abbandono, le cavallette – l’unico animale che mi fa veramente rabbrividire e scappare come una bambina di due anni - , gli spazi chiusi e i fantasmi – dato che gli altri bambini, quando ero piccola e d’estate andavamo a cenare tra i campi con i nostri genitori, si divertivano a raccontarmi storie dell’orrore sapendo che, credulona come sono, le avrei prese per vere.
Diego, invece, sta peggiorando progressivamente, segno che l’addestramento di Quattro sta funzionando. Non riesce più a uscire dalle simulazioni tanto facilmente come prima e sta affrontando una alla volta tutte le sue paure. Grazie ai suoi tempi da record che aveva fatto all’inizio, è ancora primo in classifica, ma con i miei progressi e il suo peggioramento non mi manca molto per superarlo.
Quando sono tornata al dormitorio dopo la consueta simulazione, un paio di giorni fa, ho trovato un biglietto di Eric sotto il cuscino in cui mi avvisava della sua assenza e che la lista non era più un problema. Sia Diego – che ha letto il biglietto con me - che io abbiamo tirato un sospiro di sollievo sapendo che non c’è più nessun pericolo, almeno per il momento. Quando ho letto le parole Ti amo alla fine del biglietto, devo essere arrossita parecchio perché Diego si è messo a ridere come un matto e ha mormorato è cotta a puntino prima di lasciarmi sola con i miei pensieri.
Devo ammettere che sento molto la mancanza di Eric, ma la sua assenza mi ha permesso di passare più tempo con Quattro e di riavere con lui il rapporto che avevamo un tempo. Tutti i giorni mi fa fare la simulazione per ultima così, dopo che sono uscita dallo scenario, rimaniamo per almeno un’ora a parlare del più e del meno, a raccontarci tutto quello che ci è successo in questi anni, mentre lui sistema l’attrezzatura. È in questi pochi momenti che l’istruttore smette di essere Quattro l’Intrepido e torna a essere Tobias, il mio vecchio amico.
Dopo le simulazioni, di solito, andiamo subito in mensa e Tobias ha preso l’abitudine di sedersi a mangiare con me e i miei amici: con loro non è disinvolto come quando siamo da soli, ma si sta aprendo lentamente e di questo sono contenta.
Ci ha presentato anche un suo amico, Zeke se non ricordo male: non fa altro che scherzare e fare battute e dopo che ha rovesciato una caraffa d’acqua in testa a Jason perché si stava lamentando della torta preferita di Zeke  si è guadagnato tutta la mia stima.
Ora sono vicina allo Strapiombo: Quattro ha sospeso le simulazioni questa mattina, ha detto che aveva un impegno al centro di controllo e che avrebbe svolto le simulazioni solo nel pomeriggio, così ho deciso di andare al poligono per allenarmi un po’, dato che non uso una pistola da troppo tempo.
Entro nel poligono e mi chiudo la porta alle spalle per far capire che la stanza è occupata; sparo per un po’, svuoto due caricatori in meno di venti minuti, e sono così sola e concentrata che faccio quasi tutti centri. Mentre riempio il caricatore per la terza volta, sento la porta aprirsi. Mi volto seccata per vedere chi ha voluto disturbarmi e rimango a bocca aperta: Eric mi sta fissando, appoggiato allo stipite, con un sorriso senza traccia di arroganza sul volto e gli occhi pieni di gioia.
-Sei tornato! – esclamo e mi slancio verso di lui, ma alza una mano per intimarmi a fermarmi e poi indica un angolo della stanza.
Sono un po’ confusa ma quando noto che c’è una telecamera capisco perché mi abbia fermato.
-Pensavo saresti stato via più a lungo! – dico abbassando la voce e continuando a occuparmi del caricatore come se non m’importasse della presenza del mio ragazzo e come se il cuore non mi stesse battendo a mille per la gioia.
-Sono riuscito a sistemare tutto in poco tempo. Max ha esagerato, le cose non erano messe così male come pensava. – dice lui tranquillo.
-Quindi è vero? Hanno bocciato la lista? – chiedo. Ho bisogno di sentirglielo dire, ho bisogno di sentire la sua voce dirmi che siamo tutti al sicuro.
-Sì, ma non è sicuro parlarne qui. Vediamoci dopo pranzo sul tetto. –
E così dicendo, se ne va.
Vorrei continuare a sparare, ad allenarmi, ma sono troppo agitata per il ritorno di Eric, così metto a posto pistola e munizioni e torno al dormitorio, sperando che queste poche ore che mi separano dal pranzo passino in fretta.
 
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Oggi sono stata mattiniera e ho già finito di scrivere il capitolo!
Che ne pensate? Ormai l’iniziazione sta volgendo al termine … nel prossimo capitolo ci sarà il test finale!
Ringrazio come sempre tutti quelli che hanno letto il capitolo e tutti quelli che hanno recensito/recensiranno.
A domenica prossima con il nuovo capitolo! 

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Capitolo 24
*** Final test ***


CAPITOLO 24
Final test
 
(ERIC p.o.v.)
Sono sul tetto da almeno mezz’ora, ma di Liz non c’è traccia: le ho detto di raggiungermi qui dopo pranzo, e lei aveva annuito prima di tornare a occuparsi del caricatore, ne sono sicuro. Beh … quasi sicuro. Ho parlato a voce molto bassa per non farmi sentire nelle registrazioni delle telecamere, e se neanche lei mi avesse sentito?
Sono troppo nervoso per restare fermo, quindi inizio a camminare avanti e indietro e a prendere calci la ghiaia del tetto, anche se la metà delle volte non centro neanche un sassolino.
Passa di sicuro un'altra mezz’ora prima che la porta si apra e Liz arrivi sul tetto.
-Che fine avevi fatto? – dico con tono più scorbutico di quanto volessi.
-Scusa, Bree ha avuto una crisi di panico per il test finale e non ho potuto lasciarla finché non si è calmata. – mi spiega tranquilla.
Tutta l’agitazione è sparita ora che lei è finalmente arrivata, quindi mi avvicino e faccio quello che avrei voluto fare appena l’ho vista al poligono: la bacio.
Vorrei rimanere così con lei tra le mie braccia per sempre, ma non abbiamo molto tempo, come al solito: tra poco devo andare nell’ufficio di Max a verbalizzare quello che è successo alla recinzione e Liz ha la simulazione, quindi dobbiamo approfittare di ogni minuto che abbiamo insieme.
La lascio un attimo ma solo per prenderla per mano e la porto in un punto del tetto dove nessuno può vederci.
-Allora? Cos’era successo alla recinzione? –
-Niente di particolare. Alcuni soldati avevano deciso di disertare e scappare oltre i campi dei pacifici, ma le altre guardie di turno li hanno beccati e, non sapendo chi era, hanno sparato. Un paio sono rimasti feriti, uno sembrava in pericolo di vita ma alla fine si è salvato. Max mi ha mandato là a sistemare le cose, ma non è che ci fosse poi tanto da fare. –
-E adesso cos’è successo a quei soldati? Sono finiti tra gli Esclusi? –
-Non so, li ho dovuti consegnare ai Candidi. Dato che hanno violato una delle regole più importanti della nostra società, non oltrepassare la recinzione, devono essere processati in un tribunale. Sinceramente non ho idea di cosa succederà loro. –
La vedo annuire con aria pensierosa: la conosco abbastanza bene da sapere che in questo momento si sta domandando cosa succederà ai quei ragazzi, preoccupata che qualcuno possa fare loro del male per quello che lei definirebbe “un semplice errore”.
Purtroppo imparerà che nella nostra città, e soprattutto nella nostra fazione, un semplice errore può costarti la vita.
-Non vuoi chiedermi qualcos’altro? – dico alzando un sopracciglio e facendo un lieve sorriso, sperando di distoglierla dai suoi pensieri.
Lei mi fissa con sguardo interrogativo, probabilmente non capendo a cosa mi stia riferendo.
-Magari … qualcosa sulla lista? – le do’ un altro suggerimento.
Vedo il suo sguardo illuminarsi quando capisce di cosa sto parlando.
-Giusto! Quindi è veramente finita? La lista è stata bocciata? – mi chiede agitata come un coniglietto impazzito.
-Sì, per fortuna Max ha votato no, altrimenti sarebbe stata approvata. Ma è meglio non abbassare la guardia, Jeanine non sembrava molto contenta quando se n’è andata e potrebbe trovare un altro modo per ottenere quello che vuole. –
-Jeanine? –
Incredibile ma vero, esiste qualcuno in tutta Chicago che non conosce Jeanine Matthews.
-Il capo degli Eruditi. Probabilmente l’hai vista: è una donna bionda, con i capelli un po’ corti, che gira sempre con una cartellina sotto il braccio per sentirsi importante … -
-Ho capito chi è! – dice all’improvviso. – Non l’ho mai sopportata, l’ho sempre ritenuta una con la puzza sotto il naso. –
Non posso trattenermi dal ridacchiare quando vedo che anche Liz, come me, non sopporta quella so-tutto-io.
-Comunque, come ti stavo dicendo, mantenete un profilo basso, tutti voi. Jeanine non ha ottenuto il nostro appoggio ma potrebbe usare i dati delle vostre simulazioni per capire chi è divergente o meno e trovare un modo tutto suo per “arginare la minaccia dei divergenti”, come dice lei. –
Guardo l’orologio e noto che è più tardi di quanto pensassi. Ci precipitiamo giù e, dopo aver sceso le scale, prendiamo strade diverse per essere sicuri che nessuno ci veda insieme. Sinceramente non ne posso più di dover stare attento a ogni mossa che faccio, a dover nascondere i miei sentimenti, a fingere che non m’importa niente di Liz. Voglio solo stare con lei, senza dover nasconderci per avere qualche momento insieme.
Solo qualche altro giorno, mi dico: dopo il test finale non dovremo più nascondere la nostra storia. Non vedo l’ora.
                                       
(LIZ p.o.v.)
È arrivato il giorno del test finale: sono entusiasta e al tempo stesso terrorizzata. E se non dovessi passare? Sono tra i migliori e sono quella che ha il minor numero di paure, ma non posso evitare di andare in ansia al pensiero di fallire e finire tra gli Esclusi.
I test inizieranno dopo pranzo: avrei voluto passare la mattinata con Eric, ma era impegnato a preparare la stanza per la nostra prova, quindi i miei amici ed io decidiamo di andare allo Strapiombo e chiacchierare senza però accennare neanche una volta al test. Vogliamo passare una mattinata normale, come se fossimo già membri degli Intrepidi e non iniziati che rischiano di finire tra gli Esclusi se non affrontano il loro scenario della paura in poco tempo.
Stiamo facendo un dibattito molto acceso su quale sia la torta migliore della fazione quando Quattro sbuca fuori da un corridoio e si avvicina.
-Che ci fate qui? – chiede sedendosi di fianco a me.
-Stavamo discutendo sulle torte della mensa. – spiega Diego ridendo.
-Ah sì? – chiede Quattro senza riuscire a trattenere un sorriso divertito.
-Già. Per me la torta al cioccolato è la migliore, ma Joshua preferisce quella alle mele, e non riusciamo a stabilire quale sia la migliore. –
Restiamo un secondo in silenzio, poi iniziamo a ridere come dei pazzi: sappiamo benissimo che questa discussione non ha senso, ma abbiamo bisogno di distrarci e al momento le torte sono l’argomento migliore che abbiamo.
-Mi dispiace interrompere questo dibattito così importante e vitale, ma è ora di andare. I test inizieranno tra poco e avete bisogno di mangiare. – dice Quattro tornando serio.
Torniamo improvvisamente con i piedi per terra: è già ora di andare a pranzo. E se questi fossero i nostri ultimi momenti insieme?
Cala un silenzio pesante mentre ci dirigiamo verso la mensa: non riusciamo più a parlare o a scherzare, siamo tutti concentrati sul test e sulle paure che dovremo affrontare.
Tobias mi afferra per un braccio e mi fa cenno di rallentare e di lasciare che gli altri vadano avanti; lui ed io continuiamo a camminare un po’ più indietro, uno di fianco all’altro.
-Sei pronta? – mi chiede quando è sicuro che gli altri non ci sentano.
-Sono terrorizzata, ma cerco di mantenere la calma. L’ansia peggiorerebbe solo la situazione ed io devo essere al massimo se voglio passare. –
-Bene. Devo dirti una cosa, e avvisa anche Diego quando potrai, ma non dirlo a nessun altro. –
Il suo sguardo mi dice che è qualcosa di serio, quindi sono tutta orecchi.
-Stamattina sono andato da Max, dovevo consegnare gli ultimi rapporti, e l’ho sentito parlare con un altro Capofazione … non Eric – si affretta ad aggiungere quando mi vede stringere i pugni. – Stavano parlando del test di oggi e li ho sentiti dire che ci saranno anche gli Eruditi a osservarvi. –
-Cosa?! – esclamo senza potermi trattenere. – La lista non è stata approvata! Eric me l’ha detto un paio di giorni fa! Che cosa vengono a fare gli Eruditi qui? –
-Probabilmente vogliono convincere Max che la fazione pullula di Divergenti e che le loro misure sono necessarie. Mi raccomando, state attenti. –
Non posso resistere e lo abbraccio: se veramente gli Eruditi stanno cercando di convincere Max del pericolo dei Divergenti, significa che anche Tobias è in pericolo, eppure lui si sta preoccupando prima di noi che di se stesso. È troppo buono.
-Forza, è ora di andare. – dice sciogliendo l’abbraccio e affrettandosi per raggiungere gli altri.
Ops, mi ero scordata che gli Abneganti non vanno pazzi per il contatto fisico.
 
Arriva il mio turno prima di quanto sperassi. Bree è stata la prima tra noi, seguita da Joshua e Jason, e tutti e tre sono stati bravi (anche se Joshua a un certo punto si è bloccato e sembrava non voler andare avanti). Purtroppo non sappiamo ancora se ce l’hanno fatta: la classifica uscirà una volta terminati i test e quelli con i tempi peggiori saranno eliminati dalla fazione.
Il ragazzo prima di me, un iniziato interno, riesce a uscire dallo scenario solo dopo venti minuti e, dallo sguardo di Max e Lauren, non sembra aver fatto un bel lavoro.
Quando chiamano il mio nome, sono tentata di scappare e di non tornare mai più, ma cerco di farmi forza ed entro nella sala: vedo Max parlare con Quattro e Lauren, una ragazza – Tori, se non sbaglio – con una siringa in mano e una fila di Eruditi, tra cui Jeanine Matthews, davanti a un paio di monitor. Cerco Eric con lo sguardo, ma non riesco a trovarlo: probabilmente è in una qualche sala a coordinare tutto.
Vado sulla poltrona a testa alta, evitando di pensare a qualsiasi cosa possa distrarmi e concentrandomi sui consigli che Quattro mi ha dato ieri per uscire dallo scenario in fretta e “con stile”. Cerco di non sussultare quando sento l’ago con il siero entrarmi nel collo: chiudo gli occhi, aspettando che il liquido ambrato faccia effetto e, quando li riapro, sono nella mia vecchia stanza.
Come mi aspettavo, la paura di Axel è stata la prima a presentarsi, e la supero velocemente, come ho ormai imparato a fare, spaccando il setto nasale a quell’idiota e correndo fuori dalla stanza.
Appena esco dalla mia camera, mi ritrovo in un luogo buio in cui riesco a distinguere solo una manciata di persone: mia madre, mio padre, Tobias, Eric, Bree, Jason, Diego e Joshua. Faccio per avvicinarmi, ma quando sto per toccarli, spariscono, lasciandomi da sola nel buio. Questa è una paura che ho da sempre: temo di restare sola, di essere abbandonata dalle persone che amo. Cerco di non farmi prendere dal panico e faccio come mi ha detto Quattro: immagino che una porta compaia in mezzo a quello spazio nero e, quando appare in lontananza, corro a più non posso per raggiungerla.
Quando esco da quell’orribile vuoto nero, mi trovo in un campo di lattuga, come quelli che c’erano vicino a casa mia tra i Pacifici: non c’è nessuno, intorno a me sento solo un silenzio inquietante. So già cosa mi aspetta, conosco troppo bene questo paesaggio dopo tutte le ore di simulazioni: l’invasione delle cavallette. Deglutisco a vuoto e poco dopo vedo il primo di quegli insetti schifosi saltare verso di me: lo scaccio con una mano, mentre mi guardo introno alla ricerca di qualcosa per difendermi da quelle bestiacce. Vedo una piccola casetta non lontano da dove mi trovo, ma appena mi muovo per raggiungerla arrivano migliaia di cavallette e mi si attaccano addosso. Mi agito come una matta nel tentativo di scacciarle ma non c’è modo, sembrano essersi attaccate con la colla. Ignoro il disgusto e le stacco una per una mentre corro verso la casa; quando entro, chiudo la porta con un colpo secco, impedendo alle bestiacce di raggiungermi, stacco le poche cavallette che mi erano rimaste addosso e le schiaccio con lo scarpone. 
Quando mi volto, noto che la casa è completamente vuota: non solo non c’è nessuno, ma non c’è neanche niente, né un mobile, né un letto. Non c’è assolutamente niente. Faccio un passo verso la porta finestra dall’altro lato della stanza, ma le pareti iniziano a stingersi intorno a me. Claustrofobia. Devo riuscire a uscire da qui o morirò schiacciata come quelle cavallette che ho ucciso poco fa: provo a rallentare le pareti spingendole a più non posso, ma non serve a niente. Noto un pezzo di legno a terra, sottile da un lato e più spesso dall’altro. Dato che è l’unica cosa disponibile al momento, cerco di capire come potrebbe aiutarmi, ma non ho molto tempo per pensare: le pareti si stanno avvicinando troppo velocemente. L’istinto di sopravvivenza ha la meglio sulla ragione e infilo il bastone sotto una delle pareti senza pensarci troppo. Funziona: le pareti si fermano.
Sentendo che potrei impazzire se restassi anche solo un altro minuto in quella trappola, corro verso la porta finestra, il mio obiettivo iniziale, e la apro. Speravo di trovare un giardino o un campo uscita da lì, invece mi ritrovo in una casa diroccata e malconcia. Non ci sono finestre, e anche la porta che ho appena varcato è sparita: la mia unica possibilità è salire le scale che sono sulla destra. Sono di legno e, a giudicare dall’aspetto, marce e invase dai tarli, ma cerco di non pensarci e vado avanti, pregando che non si rompano sotto il mio peso. Appena arrivo al piano superiore, le scale crollano, non lasciandomi altra scelta se non andare avanti. Continuo a camminare e sento una risata inquietante dietro di me: mi volto ma non vedo nessuno. Solo adesso mi rendo conto che questa è la mia ultima paura: i fantasmi. Come a voler confermare la mia intuizione, lo spettro dalla risata malvagia si materializza – per modo di dire – davanti a me e inizia a inseguirmi. Non posso evitarlo: inizio a correre come una pazza, ma ovunque vado trovo solo porte chiuse o vicoli ciechi, e non c’è neanche una finestra da cui possa saltare. Non so perché mi ritrovo a pensare a Quattro che spiega a Diego che le simulazioni non sono reali, ma il siero le fa sembrare assolutamente vere, per questo gli iniziati fanno così fatica ad affrontare le loro paure: loro credono che tutto sia reale, che siano veramente in pericolo.
Realizzo che tutto questo non è reale, che devo solo affrontare quest’ultima paura per uscire dallo scenario e tornare alla realtà. Ma ricordo anche gli avvertimenti del mio migliore amico: anche se sai che la simulazione non è reale, non devi lasciarlo vedere, comportati come se per te tutta la situazione fosse assolutamente e completamente reale. Quando giungo all’ennesimo vicolo cieco, spingo contro la parete, come se volessi tentare di sfondarla, e lascio che lo spettro mi raggiunga. Lo sento ridacchiare malefico dietro di me e mi volto. So benissimo che sono stata io a lasciare che mi raggiungesse, ma adesso me ne pento, perché non ho via di fuga. Mi faccio coraggio e gli grido contro: -Non ho paura di te! – prima di correre e passargli attraverso. Davanti a me vedo materializzarsi una porta: quando la apro, mi risveglio sulla poltrona.
Ho finito il test, sono uscita dalla simulazione.
Sento una voce, che poi riconosco appartenere a Eric, annunciare: -Cinque minuti e dodici secondi. –
È uno dei miei tempi migliori.
Vedo Max annuire e Jeanine serrare le labbra mentre esco dalla stanza. Raggiungo i miei amici e aspetto con ansia la classifica, pregando che tutti noi ce l’abbiamo fatta.
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua! Che ne dite del capitolo? Mi sono impegnata e l’ho scritto un po’ più lungo per farmi perdonare il capitolo della settimana scorsa, un po’ più corto (di cui mi scuso ma lo studio non mi ha permesso di scriverlo più lungo).
Questo è il penultimo capitolo, la settimana prossima posterò l’ultimo: preparatevi a un sacco di ringraziamenti sdolcinati ahahah J
Ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito la storia finora.
A domenica prossima con il finale!
Un bacio a tutti!

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Capitolo 25
*** Finale ***


CAPITOLO 25
Finale
 
(LIZ p.o.v.)
Appena esco dalla stanza, mi siedo tra Bree e Diego e lascio andare un sospiro di sollievo: indipendentemente dai risultati, sono fiera di me stessa per come ho affrontato le mie paure e per il tempo che ho fatto. Tuttavia, c’è qualcosa che mi tormenta: a un certo punto, nell’affrontare l’ultima paura, ero cosciente di essere in una simulazione, che tutto quello che stavo vedendo non era reale. Al test attitudinale sono risultata Intrepida, ne sono certa al cento percento.
Allora perché nella simulazione ero cosciente come capita a Diego, come capita ai divergenti?
Se passo l’iniziazione, devo parlare con Quattro il prima possibile.
All’improvviso mi viene in mente che devo avvertire Diego della presenza degli Eruditi, ma non posso prenderlo da parte per parlare, ci è stato vietato subito prima dell’inizio dei test – a quanto pare, parlare con gli altri iniziati minaccerebbe l’integrità del test o qualcosa del genere. Devo trovare un modo non verbale per fargli capire che deve stare attento.
Mi guardo le mani mentre continuo a pensare e osservo le guardie posizionate davanti alla stanza delle simulazioni: non sembrano molto attente, fissano solo il vuoto davanti a loro. Forse se sussurro non mi sentiranno. Sbatto il mio ginocchio contro quello di Diego per attirare le sua attenzione e, quando si volta verso di me, mimo con le labbra: - Eruditi. –
Lo vedo irrigidirsi e guardarsi intorno per controllare che nessuno abbia notato la nostra muta conversazione.
-Dove? – sussurra lui dopo essersi accertato che nessuno ci stia guardando.
Faccio un cenno del capo verso la stanza, per fargli capire che sono là dentro ad osservare le simulazioni. Lo vedo annuire leggermente e concentrarsi, probabilmente per prepararsi ad affrontare lo scenario senza farsi scoprire.
Dieci minuti dopo, quando è il suo turno, tutti noi lo vediamo superare le sue paure come un vero Intrepido, senza lasciar trapelare neanche per un istante la sua divergenza, e riesce a uscire dallo scenario in un tempo abbastanza buono – non vicino ai suoi primi tempi, ma comunque buono.
Dobbiamo aspettare un’altra ora abbondante perché le simulazioni finiscano e tutti i Capofazione, con gli istruttori, si riuniscano per stilare la classifica.
-Dici che ce l’abbiamo fatta? – chiede Bree avvicinandosi e aggrappandosi al mio braccio per farsi coraggio.
-Pensiamo positivo. – dico sorridendo per nascondere il nervosismo. – Voglio dire, ho i nervi a fior di pelle, ma abbiamo fatto tutti degli ottimi tempi, abbiamo delle buone possibilità di passare. –
A essere onesti, sono un po’ preoccupata per Joshua: ha superato lo scenario, ma ci ha messo parecchio tempo e si è bloccato più di una volta, e temo che possano penalizzarlo per questo.
Dopo quella che sembra un eternità, vero Eric uscire insieme a Lauren e Quattro e guardarci uno per uno con sguardo impenetrabile. Quando Eric m’individua tra tutti gli iniziati, vedo un sorrisino comparire sul suo volto e lo interpreto come un buon segno. Se non ce l’avessi fatta, non avrebbe sorriso così … o sbaglio?
Lauren e Quattro si posizionano rispettivamente a sinistra e a destra di un enorme tabellone ,mentre Eric si mette proprio di fronte.
-Iniziati – inizia Eric con il suo tono glaciale, - questo era la vostra ultima prova. Alcuni l’hanno superata brillantemente, altri un po’ meno, mentre alcuni, come potrete immaginare, non ce l’hanno fatta. – Eric cammina con calma avanti e indietro davanti al tabellone, probabilmente per far aumentare il nostro nervosismo e godersi l’ansia che traspira da tutti i nostri pori.
Se sono passata, stasera gliela farò pagare.
-Prima di farvi vedere la lista, - continua malefico – voglio, anzi devo fare alcune precisazioni. Come vi avevamo detto, la vostra posizione nella classifica determinerà il vostro lavoro nella Fazione. I primi cinque classificati potranno lavorare qui al centro di controllo, i classificati dal sesto al dodicesimo posto potranno lavorare alla recinzione, mentre i restanti saranno assegnati al servizio di sorveglianza degli Esclusi. –
Eric continua a camminare avanti e indietro e ci squadra un altro minuto prima di prendere in mano un telecomando.
-Ecco a voi la classifica. – dice premendo un tasto su quel telecomando, mentre il tabellone dietro di lui s’illumina e i nostri nomi compaiono lentamente.
Eric si sposta e si mette di fianco a Quattro per lasciarci vedere il tabellone.
Cerco il mio nome e quando lo individuo al primo posto della classifica, spalanco la bocca per lo stupore. Quattro mi ha detto che me la cavavo bene, ma non mi sarei mai immaginata di cavarmela così bene. Cerco anche i nomi dei miei amici e sono più che sollevata quando li vedo tutti sopra la linea rossa.
Siamo passati tutti!
Diego è terzo, Bree quinta, Jason nono e Joshua quattordicesimo.
Non possiamo evitarlo: esultiamo con tutto il fiato che abbiamo in corpo e ci abbracciamo con una gioia colma di sollievo. Sento delle lacrime bagnarmi la spalla destra e quando mi volto, vedo che Bree sta piangendo dalla felicità. E poco dopo la imito. 
Ora siamo dei veri Intrepidi. È fatta.
 
Siamo tutti in mensa a festeggiare, ma io non riesco a essere felice come gli altri.
Sì, sono contenta di essere passata, è ovvio, ma devo ancora parlare con Quattro di quello che è successo durante la simulazione. L’ho cercato subito dopo la pubblicazione della classifica, ma è misteriosamente sparito, insieme ad Eric e Lauren.
-Che cos’è che ti preoccupa tanto? – chiede Diego quando riusciamo a rimanere un secondo da soli. Ovviamente, lui ha notato la mia preoccupazione: mi conosce molto bene, e ci siamo avvicinati parecchio dopo la storia della lista. Siamo diventati come fratelli.
-Beh … è successa una cosa durante la simulazione. – dico cercando di non farmi sentire da tutti gli Intrepidi che ci stavano intorno, anche se con il baccano che fanno non mi sentirebbero neanche se urlassi a squarciagola.
-Cioè? –
-Mentre affrontavo l’ultima paura, ero … consapevole. – confesso sapendo che con quelle poche parole lui avrebbe capito.
-Cosa?! Ma tu … voglio dire, al test attitudinale … ? –
-Sono risultata Intrepida. – rispondo prima che lui possa finire di formulare la domanda. –Per questo non capisco cosa sia successo. Stavo cercando Quattro per parlargli, ma non l’ho più visto dopo la fine dei test. –
-L’ho visto poco fa, è venuto a congratularsi per come mi ero comportato nella simulazione, poi se n’è andato. Credo non ami molto questi festeggiamenti chiassosi. –
-Già. Potresti coprirmi mentre lo vado a cercare? –
-Esattamente con chi dovrei coprirti? – chiede lui con una nota di malizia nella voce.
-Con tutti, anche con Eric. Scatenerebbe il finimondo se sapesse che sono da sola con Quattro, non si sopportano molto. –
-L’ho notato, tutte le volte che sono vicini sembrano volersi uccidere con gli occhi. –
Entrambi scoppiamo a ridere, probabilmente perché entrambi stiamo pensando agli sguardi che Quattro ed Eric si rivolgevano durante il primo modulo, quando il Capofazione ed io non stavamo ancora insieme e lui aveva ancora il suo atteggiamento acido.
-Vai, cercherò di coprirti il più possibile. – mi dice Diego quando riesce a smettere di ridere.
-Grazie. –
Esco dalla mensa, cercando di passare inosservata. Mentre mi faccio strada in mezzo alla folla, non posso evitare di cercare Eric con lo sguardo e rimango di sasso quando non lo trovo. Dovrebbe essere lì a festeggiare con noi, a festeggiare con me, ma non c’è.
Ignoro il nodo che sento all’altezza dello stomaco e vado verso lo Strapiombo, sapendo che probabilmente Tobias è lì in cerca di tranquillità. E, come a voler confermare i miei sospetti, il mio migliore amico è lì, seduto sulla ringhiera che si affaccia sul fiume sotterraneo.
-Sei un istruttore, come mai non sei in mensa a fare baldoria? - chiedo mentre sono ancora un po’ lontana, temendo che se mi avvicinassi di soppiatto e gli parlassi da vicino prenderebbe paura e finirebbe giù nello Strapiombo.
Tobias si volta verso di me e mi sorride affettuoso, come fa sempre quando siamo da soli, poi mi fa segno di avvicinarmi.
-Sai benissimo che non amo le feste. –
-Già, ma pensavo che questa volta avresti fatto un’eccezione. È il tuo primo anno da istruttore, devi essere fiero del fatto che quasi tutti i trasfazione sotto la tua ala siano passati. –
-Non mi piace tutto il chiasso che fanno gli Intrepidi in festa. In più, tendono a ubriacarsi in fretta e quando l’alcool torna fuori non è un bello spettacolo. –
-Grazie per la dritta, mi terrò lontano da tutti quelli che sembrano anche solo un po’ ubriachi. – dico sorridendo. – Ho bisogno di parlarti di una cosa. –
-Dimmi. –
-Ehm … preferirei parlare in un posto più … tranquillo. –
Tobias capisce che è una cosa seria, quindi si alza dalla ringhiera e dice: - Seguimi. –
Inizia a camminare e ci dirigiamo verso una zona della Residenza in cui non sono mai stata. Poco dopo, arriviamo davanti a una porta che Quattro apre con una chiave.
Siamo nel suo appartamento. È spoglio, essenziale, esattamente quello che ti aspetti da un ex-Abnegante, ma c’è anche un’elegante collezione di coltelli disposti in ordine su un lungo tavolo che dimostra l’appartenenza del mio migliore amico agli Intrepidi.
Vorrei soffermarmi un po’ di più a guardare l’appartamento, ma Tobias mi richiama subito alla realtà: - Allora, di cosa dovevi parlarmi? –
Decido di non girarci intorno: - Durante la simulazione sono stata consapevole che tutto quello che stavo vivendo non era reale. –
Vedo Quattro irrigidirsi e iniziare a camminare avanti e indietro pensieroso.
-Quale risultato hai avuto al test attitudinale? –
-Intrepida. –
-Sei sicura? –
-Sì, sicurissima. –
-Non ci sono stati problemi durante il test? – chiede il mio amico pressante.
Mi sforzo per ricordare ogni particolare di quella giornata, e all’improvviso un ricordo riaffiora nella mia mente.
-Ho dovuto fare il test due volte. –
-Cosa?!? – Quattro si ferma e mi fissa sbigottito.
-Ho bevuto il siero una volta, sono entrata nello scenario del test, ma sono uscita subito. Anche il ragazzo che mi ha sottoposto al test è rimasto sorpreso, ma ha detto che probabilmente il siero non era stato dosato nella quantità giusta, così me ne ha dato ancora e a quel punto ho fatto il test normalmente. –
Tobias non dice nulla, ma riprende a camminare avanti e indietro, misurando la stanza a grandi passi, e grattandosi la nuca di tanto in tanto.
-Tobias, che significa? –
-Non lo so, se devo essere onesto. Probabilmente anche tu hai una leggera divergenza, non marcata come quella di Diego, ma comunque presente. Devi stare attenta. In ogni caso, oggi nessuno ha notato che non eri completamente sotto l’effetto del siero, nemmeno io, perciò non mi preoccuperei per ora. Ma sta attenta. –
-D’accordo. Grazie, Tobias. –
-Non c’è di che. Ora torna alla festa, prima che Eric noti la tua assenza e metta la fazione sottosopra per trovarti. –
Lascio l’appartamento di Quattro con un sorriso stampato in faccia e molto più rilassata di prima. Quando raggiungo lo Strapiombo, vedo Eric sbucare dal corridoio di fronte a me, quello che porta alla mensa.
-Eccoti! Ti ho cercato per tutta la mensa! Dov’eri? – dice abbracciandomi.
-Ecco … sono uscita per prendere un po’ d’aria. La mensa odorava troppo di alcool per i miei gusti. – beh, non è completamente una bugia.
Eppure Eric sembra notare che gli sto nascondendo qualcosa, perché si allontana di colpo e mi guarda sospettoso.
-Eri con il Rigido, vero? –
E lui come lo sa?!
-Cosa te lo fa pensare? – chiedo cercando di guadagnare tempo.
-Ho visto che vi siete avvicinati molto ultimamente, non sono stupido. Hai forse cambiato idea su di me? –
Il tono che usa, così pieno di preoccupazione e di dolore, mi fa salire le lacrime agli occhi e corro da lui per abbracciarlo.
-Eric, tra me e Quattro non c’è niente. Un po’ di tempo fa ho scoperto che Quattro in realtà è il mio più vecchio amico, siamo praticamente cresciuti insieme ed eravamo molto legati. Quando l’ho riconosciuto, quando ho capito chi era veramente, ho cercato di riavvicinarmi a lui per ripristinare la nostra amicizia, ma siamo solo amici, te lo giuro. –
Sento Eric rilassarsi e ricambiare il mio abbraccio.
-Scusa, non avrei dovuto dubitare di te, è solo che … -
-Non ti preoccupare. – lo interrompo. – Per tua fortuna, sei carino quando sei geloso. –
Lo sento ridere contro la mia spalla, poi si allontana impercettibilmente solo per fare quello che entrambi desideravamo da molto tempo.
Mi bacia, con passione, senza vergogna e senza paura che qualcuno ci veda.
Finalmente, siamo liberi di essere quello che siamo veramente.
 
(ERIC p.o.v.)
Sono passati due mesi dalla fine dell’iniziazione, e le cose non potrebbero andare meglio. Liz ha iniziato a lavorare al centro di controllo e spesso dobbiamo svolgere degli incarichi insieme, e devo dire che la cosa non mi dispiace affatto. Purtroppo, più volte di quanto vorrei si unisce a noi anche il Rigido, ma sto scoprendo che non è la finocchietta che ritenevo che fosse, e stiamo lentamente raggiungendo una sorta di tregua.
Diego e Bree, che sono diventati miei amici – con mia grande sorpresa : sono persone piacevoli e abbiamo più cose in comune di quanto pensassi. Anche loro lavorano al centro di controllo e stanno sviluppando una relazione che, a mio parere, va al di là della semplice amicizia.
Jason è stato assegnato alla Recinzione e Joshua alla sorveglianza degli Esclusi, ma tornano alla Residenza ogni tre/quattro giorni, quando cambiano i turni.
Liz si è trasferita nel mio appartamento subito dopo la fine dell’iniziazione e, nonostante debba convivere con i lati più spigolosi del mio carattere, mi ama ogni giorno di più, così come io amo lei ogni giorno di più. A volte litighiamo, spesso per cose banali come la cena o i peli della barba nel lavello del bagno, ma non riusciamo a tenerci il muso per più di dieci minuti e facciamo pace, fingendo che la discussione non sia mai avvenuta.
Finalmente, Liz ed io abbiamo ottenuto il nostro piccolo angolo di paradiso in cui possiamo amarci senza paura. Insomma, non è tutto perfetto, ma in fondo, niente in questo mondo è perfetto.
Io ho lei, e lei ha me, e questo ci basta per affrontare le sfide di ogni giorno uniti più che mai.
 
 
 
 
Spazio autrice
Eccomi qua, a salutarmi per l’ultima volta!
Questo è l’ultimo capitolo, siamo arrivati alla fine di quest’avventura e ringrazio ogni singolo lettore che ha seguito la storia. Siete stati tutti fantastici e non trovo veramente le parole per ringraziarvi come si deve.
Grazie a tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate, e un grazie speciale a tutti quelli che hanno recensito (e che recensiranno questo capitolo).
Spero di riuscire a scrivere presto il continuo di questa storia, ma fino ad allora, un bacio enorme a tutti e grazie ancora per tutto il sostegno che mi avete dato!
 
World_magic

 
 

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