XOXO, This is my Family Darling

di Zomi
(/viewuser.php?uid=126102)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A.A.A. ragazzo cercasi disperatamente ***
Capitolo 2: *** Albero genealogico by Train ***
Capitolo 3: *** Ordine 1235 ***
Capitolo 4: *** Hotel Washy Mikan... e tette-boa ***
Capitolo 5: *** Nonna Tsuru ***
Capitolo 6: *** Centoventi minuti ***
Capitolo 7: *** E che divano sia... ***
Capitolo 8: *** Disperata? Io? Si, abbastanza ***
Capitolo 9: *** Teoria del magnetismo: ginocchio-gioielli ***
Capitolo 10: *** Il ricordo di un buffo cappello ***
Capitolo 11: *** Whisky, soda and water close ***
Capitolo 12: *** Un bacio risolve tutto ***
Capitolo 13: *** Buonanotte ***
Capitolo 14: *** Soli, purtroppo ***
Capitolo 15: *** Il piano, l'ascensore, la neve ***
Capitolo 16: *** Gli occhi di Bellmere ***
Capitolo 17: *** XOXO, This is my Family Darling ***



Capitolo 1
*** A.A.A. ragazzo cercasi disperatamente ***




Per ogni spadaccino senza orientamento, c'è sempre una cartografa al mandarino, pronta per riportarlo a casa


 
XOXO, THIS IS MY FAMILY, DARLING…

 
Image and video hosting by TinyPic
Fan Art appartenente a Rolochan105
 
 
 
 
Capitolo 1: A.A.A. ragazzo cercasi disperatamente
 
Negli anni cinquanta questa stazione doveva essere il regno magico del vapore e delle gonne lisce come tulipani.
Grandi fumate bianche e dense, si alzavano dai binari, facendo apparire dal nulla vagoni e motrici nere come carbone, appesantite dai sogni e dai viaggi dei mille loro passeggeri.
Chissà quanti lunghi addii, baci e promesse sono state scambiate proprio lungo questo binario, quanti pianti anneganti nei fazzoletti di flanella ingialliti e profumati alla naftalina.
Me li immagino: Lui, grande uomo d’affari, che deve partire per un lungo viaggio oltre confine, in zona di guerra naturalmente, e Lei, donna dai lunghi capelli cotonati raccolti sotto un cappellino stretto e a cupola, come una cuffietta da piscina, che piange stringendo la mano a Lui, divisi dal finestrino di plastica rigida del treno in partenza, macchiando la pelle e liscia pelle d’avorio con i mascara sciolto dalle lacrime
-Oh Jack-
Si, di sicuro si sarebbe chiamato Jack il Lui.
-Non andare ti prego… è così pericoloso-
-Non temere Mary- quale donna degli anni cinquanta non si chiamava Mary?
-Torneò sano e salvo…-
Lei, annuisce sconsolata, e si alza sulle punte dei tacchi chiusi in punta.
Lui si affaccia dal finestrino del treno, mentre il vapore della motrice corre attorno a  loro, scaldando il motore a carbone, pronto a partire, mentre il capo treno fischia la partenza.
Le labbra sempre più vicine, i sospiri, sempre più pesanti, gli occhi incollati tra loro.
-Jack-
-Mary-
-Jack…-
-Mary…-
-Oh Jack…-
-Oh…-
-NAMI!!!!-
Sussulto, scuotendo il capo e riportando la mia attenzione al cellulare, che mi sta friggendo l’orecchio sinistro.
-Eh?!?- lo squadrò, dimenticandomi di Jack e Mary, e al loro melodramma strappa lacrime.
-Ma riascolti?-
No, non ti ascolto cara sorellona, ero negli anni cinquanta a immaginarmi questa pullulante e stracolma stazione ai suoi tempi d’oro, quando era romantica e piena di vapore, e non demenziale e frenetica come lo è ora, piena di persone stressate e nervose per i ritardi dei treni, e colorata solo dalle gomme masticate e sputate a terra.
-Scusa Nojiko- arriccio il naso, accavallando le gambe tra loro, guardandomi attorno e sentendomi, sulle natiche, la forma della panchina su cui sto aspettando il mio treno.
-Sei sempre la solita- mi sgrida, mentre un leggero pianto risuona da sottofondo.
Vorrei sapere se è Bells o Rex, ma mi trattengo dall’interrompere mia sorella nel suo sport preferito: torturarmi.
-Uff…- sospiro, sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio -… non possiamo parlare di qualcosa di meno traumatico, tipo perché il nero è sempre di moda?-
-Non ci provare sorellina- sghignazza dall’altra parte della cornetta –Sappi che sarò in prima fila al tuo arrivo all’hotel, quando la nonna ti accoglierà…-
Sospiro, abbandonando il capo sul sedile della panchina, sentendomi le ossa diventare budino.
-Nojiko…- piagnucolò -… ti prego, risparmiami almeno tu. Tanto tra un paio d’ore ci penserà qualcun’altro a mortificarmi…-
La sento ridacchiare, di certo pregustandosi la mia sorte avversa e maligna.
Si, perchè lei non c’è mai dovuta passare su questo binario dissestato, su cui io transito per la terza volta.
Perché lei non deve farsi altre due ore di treno per arrivare al patibolo.
Perché lei è sposata e ha dei figli, e non è single e senza uno straccio di ragazzo per le mani.
Perchè lei non dovrà subire la solita pesante, petulante e paranoica paternale di Nonna Tsuru sul mio stato di “zitella” a soli vent’anni.
Scuoto il capo, gettandolo all’indietro e premendo la coda di cavallo di capelli rossi sul sedie duro e per nulla aerodinamico della panchina, che mi sta mal formando il sedere.
Ho ventiquattro anni, un lavoro fisso come fotografa di grandi eventi e per un paio di giornali della nazione, abito da sola nel mio appartamento a Weatheria, guadagno abbastanza e ho una buona vita sociale.
La cara nonnina dovrebbe accontentarsi, no?
E invece no, perché le donne Cocoyashi posso fare di tutto, dal scalare la montagna più alta e pericoloso del mondo con un dito solo e ad occhi chiusi, al nuotare nella lava di un vulcano in top less, ma mai e poi mia devono essere single.
Soprattutto all’annuale riunione di famiglia a Raftel.
Soprattutto se sei l’unica tra le cugine ad non avere un uomo.
Soprattutto se la tua famiglia è matriarcale e inizi a considerare, una ragazza di ventiquattro anni che non abbia né un uomo né accenni a una vocazione religiosa, lesbica.
Mi sciolgo di disperazione contro la panchina.
-Nojiko!!!- invoco aiuto –Non posso assentarmi? Solo per questa volta!!!-
-Scherzi?!?- strilla, facendo piangere anche il mio timpano.
-Non puoi mancare, Bells e Rex muoiono dalla voglia di vederti, e poi anche papà, zio Garp e Rufy…-
Oscillo le labbra, ammettendo con me stessa che anch’io voglio rivedere tanto la mia famiglia, i miei cari nipotini e tutti i cugini matti che ho.
Ma la paura di nonna Tsuru, è maggiore?
Oh, si…
-Ti ricordi che mi ha fatto alla rimpatriata dell’anno scorso?- digrigno i denti, fulminando il cellulare, cercando un minimo di compassione in mia sorella
-Mmh, quando non hai portato Law perché ti aveva tradito con non-mi-ricordo-più-chi?- borbotta indifferente, quasi non si ricordi che sbavava litri di bava quando lo vedeva.
-Esatto- sibilo –Mi ha confinato in camera e mi ha vietato di avvicinarmi al bar dell’hotel con la scusa che…-
-“… le donne sobrie riescono ad accorgersi che il proprio uomo le tradisce mesi prima che lui anche solo pensi di farlo”- imita la stridula e pesante voce della nonna, ridacchiando –E l’anno prima, quando ti eri appena lasciata con Kid?-
Un fantasimo inizia a girarmi attorno, usando la mia aura di disperazione come punto di riferimento per la sua gravitazione.
Oh Kami, Kid.
Un rosso focoso, a letto non mi dava tregua, con un’innata passione per l’hard rock e la musica metal dura, di quella che ti fa venir mal di testa solo nel infilare il cd nello stereo, e che avevo dovuto lasciare dopo le innumerevoli lamentele dei vicini.
Come biasimarli poi, se lui ogni volta che veniva a trovarmi accendeva lo stereo con la musica a tutto volume, mentre mi faceva urlare di piacere, contro le pareti di casa?
E poi era una storia senza lieto fine, bastata solo sull’attrazione fisica e sul distruggere materassi copulandoci sopra. Kid non se l’era presa, aveva scrollato le spalle e aveva lasciato il mio appartamento urlando :”Sai dove trovarmi se vuoi qualcuno che ti faccia gridare di piacere”.
Mugugno, premendomi le mani al viso.
Se solo lo avessi lasciato una settimana dopo, sarei stata accompagnata da qualcuno davanti al giudizio di nonna Tsuru, e avrei evitato la sua filippica martoriante e massacrante di autostima.
-Ti ha imposto di starle sempre vicina per tutta la settimana…- ride mia sorella, al mio orecchio -… imparando, finalmente, come si comporta con gli uomini una vera donna Cocoiashy-
Grugnisco, rabbiosa per quanto si stia divertendo la mia sorellona.
-Sai, dovresti aiutarmi, e non ricordarmi i miei precedenti fallimenti!!!- strillò contro il telefonino.
-Oh suvvia, sai come si dice, no?- cerca di darmi l’accontentino –Non c’è due senza tre!!!-
-Nojiko!!!!- urlò, pesano i piedi a terra –Sei…- fermo la mia ira, tendendo l’orecchio all’altoparlante della stazione.
-Nami?-
-Il mio treno- parlo in fretta, afferrando con la mano libera il mio trolley, fermo sotto la panchina –Mi pare abbia una guasto-
Sbuffando, inizio ad incamminarmi verso la biglietteria, tirando la mia valigia sulle piastrelle sconnesse della stazione.
-Dovrò prendere un altro treno- borbotto, alzando gli occhi al cielo.
-Capisco… guarda se il bigliettaio è carino-
Mi fermo, scostando il cellulare all’orecchio e fissandolo stranita: che vuole dire?
-Perché?- domando.
-Perché se è libero puoi portalo alla nonna e salvarti le chiappe- sghignazza.
Ringhio e chiudo la chiamata, infilandomi furiosa il telefonino in tasca.
Ottimo, davvero ottimo.
Devo andare all’annuale riunione di famiglia, che durerà una settimana, senza fidanzato, sorbirmi la paternale di mia nonna, le occhiatacce del suo aiutante servile e i piagnistei dei miei nipoti, circondata da coppiette innamorate.
In più mia sorella ci gode da morire, e sghignazza contro di me.
Cosa può andare peggio?
-Il treno per Raftel oggi non può partire- sorrise l’angelica signorina alla biglietteria –Le rotaie di partenza sono ostruite dalla neve. Se vuole raggiungere la cittadina, dovrà prendere almeno altri due treni con reciprochi scambi…-
Sbatto la testa contro il vetro rigido della bancone, maledicendo la neve della stagione, che sembra godere nel peggiorare sempre più la mia situazione.
-Per che ora arriverò a Raftel, con questi due treni?- borbotto sconfitta.
La signorina ticchetta secca sulla tastiera del computer, fissando la schermata cambiare colore e illuminarle il volto di un pallido blu.
-Circa tra cinque ore e mezza- mi sorride celestiale.
La fisso diventando paonazza.
Sono condannata all’inferno, ora lo so: senza fidanzato, nonna Tsuzu mi bacchetterà ferocemente, nevica e il mio sedere dovrà sopportare altre cinque ore e mezza di scomodi e distruttivi sedili ferroviari?!?
-Sta scherzando spero!!!- strillo, picchiando un pungo contro il bancone –Sono solo cento chilometri da qui a Raftel, non possono volerci cinque ore per arrivarci!!!!-
La signorina, il cui piccolo caschetto verdolino oscilla spaventato, alza le mani, balbettando leggermente.
-Mi-mi spiace, ma la neve ra-rallenta i tre-treni e io…-
-Oh andiamo!!!- porto le mani ai fianchi, strillando davanti alla lunga fila di persone, nervose e ringhianti come me, che dovranno cambiare migliaia di stazioni prima di arrivare alla loro meta.
-Possibile che non ci sia un treno più veloce?- domando, illuminata da un ‘ultima luce di speranza.
Sbatto le lunghe ciglia, e arriccio le labbra, cercando di impietosirla, e sembra funzionare, perchè alza gli occhi al cielo, pensando intensamente, prima di scrutare il monitor colorato davanti a lei.
-Ehm, ecco io…-
Mi si illuminano gli occhi, nel vedere la ragazza –Kayme, dalla targhetta che traballa sulla sua divisa composta ed elegante- ticchettare con le affusolate dita sul computer, in ceca di una soluzione.
-Ci sarebbe…- si morde un labbro.
-Un biglietto per Kuraigana-
Mi volto alle mie spalle, fissando il maleducato idiota che ha spiaccicato la sua grande mano contro il vetro della biglietteria, osando passarmi avanti.
Kayme fissa il nuovo arrivato con sguardo confuso, mentre io lo fulmino con rabbia funesta.
Eh no, anche questa no!!!-
-Ehi- lo spintono su una spalla con il palmo aperto –Ci sono prima io-
Lui, ruota lentamente il capo, quasi si fosse appena accorto della mia presenza, e mi squadra. I suoi occhi neri e imperturbabili corrono dai miei occhi fiammeggianti d’ira ai capelli rossi e raccolti in una alta coda di cavallo, poi ai fianchi, e infine sulle gambe, tese e longilinee sotto la mini gonna.
Sciocca le labbra, tra di loro, per poi tornare a fissare Kayme.
-Un biglietto per Kuraigana- ripete senza degnarmi di risposta.
Grugnisco.
-Razza di babbeo- lo picchio sul cranio con un pugno –La signorina sta servendo me-
Quello, massaggiandosi la zazzera verde, mi ringhia contro, gonfiando il petto, che si espande muscoloso sotto il giubbotto.
-Senti mocciosa…- sbotta villano -… ho fretta e non ho tempo da perdere-
-Qui tutti abbiamo fretta- allargo le braccia a indicare la fila che ci segue davanti la biglietteria –E non t’azzardare a chiamarmi mocciosa sai-
Gonfio anch’io il petto, mettendo il risalto il mio seno prosperoso e florido.
Ghigno, nel vederlo fissare il mio petto, invitante e stordente.
-Come vedi non sono una mocciosa…- sbatto le lunghe ciglia -… e ora vedi di tornare in fila se no…-
-Ascoltami un po’, tu, mocciosa siliconata- pesta un piede contro di me.
Strabuzzo gli occhi: come ha osato chiamarmi?!?
-A Kuraigana ho un incontro importante, e farò di tutto per raggiungerlo in tempo, ergo levati dalle scatole e fammi perdere il mio biglietto, altrimenti io…-
-MOCCIOSA SILICONATA?!?!?- strillo, stringendo i pugni davanti allo sportello, facendo saltare sulla sedia la povera bigliettaia –CREDI CHE SIA TUTTA PLASTICA QUESTA?!?- mi indico le tette –E’ TUTTA ROBA VERA, RAZZA DI DEFICINTE!!!!-
-MA CHE TI STRILLI, ARPIA!!!-
-DEMENTE-
-STREGA-
-ROZZO-
-RAGAZZINA-
-BUZZURRO-
-MOCCIOSA-
-Signori!!!!-
La voce ferma e autoritaria di un capostazione ci trattiene dal saltarci alla gola, ammazzandoci a vicenda, apparendo oltre il vetro dello sportello, richiamato di certo, a riportare la calma, da Kayme, tremante e terrorizzata sulla sua sedia.
-Vi prego di comportarvi da adulti… barbon- tuona, puntandosi le mani ai piccoli fianchi che reggono il suo enorme busto.
-È colpa di questo idiota!!!- indico il buzzurro dal cranio algato che mi fulmina ringhiando –Mi è passato avanti, pretendendo di avere chissà che biglietto per tontolandia-
-Kuraigana- ringhia quello, picchiando un pugno sullo sportello.
-Sai quanto me ne frega?- gli tiro una linguaccia.
Ok, è poco maturo, ma ci sta.
-Signori- ci richiama il capostazione –Vi prego…-
Si abbassa al computer, e in pochi attimi ticchetta sulla tastiera.
-C’è un treno per Kuraigana che parte tra mezz’ora- afferma serio, alzando gli occhi cerulei sul babbeo maleducato.
Il buzzurro ghigna, mentre io sbuffo: perché diamine ha servito prima questo deficiente?
Io sono messa di gran lunga peggio, e non posso permettermi di perdere tempo lasciando passare tutte le persone che ci sono in fila prima di me.
-Lo prendo- mi spintona il maleducato, addossandosi alla biglietteria e urtandomi in là.
Mi addosso alla parete della stazione, incrociando le braccia al petto, fulminando questo babbo maleducato, imbronciata e arricciando le labbra in una smorfia capricciosa.
-Ottimo- annuisce il capostazione, lisciandosi la lunga e riccioluta barba rossa –Sono duecento venticinque Berry-
-C-come?- balbetta il ragazzo.
Allungo l’orecchio, ascoltando al conversazione, fattesi più interessante.
-Io non ho tutti quei soldi con me- sbotta il buzzurro.
-Mi spiace ma è l’unico treno per Kuraigana- lo fissa il capostazione –Niente soldi, niente biglietto-
-Ma io devo arrivare a Kuraigana- ringhia –Se non oggi, almeno entro una settimana-
-Siamo spiacenti- interviene serafica Kayme –Ma i biglietti hanno tutti lo stesso prezzo…-
-COSA?!?- strabuzza gli occhi, dilatandoli.
Si distanzia un po’ dallo sportello, e ne approfitto per scivolare davanti a lui, passandogli davanti.
-Problemi?- ridacchio, fissandolo di striscio, mentre sgambetto appoggiata al bancone.
Lui ringhia e mi fulmina con lo sguardo, ma gli volto le spalle, ignorandolo mentre estraggo dalla tracolla, la mia fornita carta di credito.
-Raftel- sorrido al rosso capostazione –Qualsiasi treno, basta che mi porti a Raftel… non ho problemi per pagare-
Un grugnito si alza dalle mie spalle, proveniente dal buzzurro maleducato.
Finalmente la buona sorte sembra essermi tornata amica.
In pochi attimi stringo in mano il mio biglietto, e, sorridendo beffarda al ragazzo dalla zazzera verde, mi allontano pronta a raggiungere l’hotel della nonna, e la sua inesorabile paternale.
Solo ora, torna a pesarmi il fatto che sarò sola in mezzo a tutte le coppie della mia famiglia, e che nonna Tsuru non me la farà passare liscia per essermi presentata, per la terza volta di seguito, senza accompagnatore.
Sbuffo, mentre sento ancora il maleducato di prima, implorare il capostazione per il suo biglietto, ringhiando e sbottando con tutta la sua baritonale e roca voce.
-Mi serve-
Si, anche a me serve, un ragazzo però.
-… è l’occasione della mia vita…-
L’occasione di non sembrare sempre la pecora nera single della famiglia, di non venir trattata da appestata da tutti, mio padre compreso.
-… sono di sposto a fare di tutto-
Anch’io, e non scherzo.
Mi fermo a pochi metri dalla biglietteria, trolley in mano e pronta a partire, voltandomi di tre quarti verso quel buzzurro disparato che ringhia contro la bigliettaia e il capostazione, irremovibile.
Lo fisso, con quelle sue spalle grandi e possenti, le gambe che riempiono perfettamente i jeans e la giacca scura che nasconde il torace forte e ben delineato.
Le mani sono strette a pungo sul bancone, la mascella digrignata a ringhiare e gli occhi, neri e profondi come pozzi, fissi sul capostazione, che nega con il capo ogni speranza per lui.
Smuovo le labbra.
Se solo fosse più gentile e meno idiota, sarebbe anche carino.
Sono ferma a fissarlo, quando anche lui, picchiando un ultimo pugno sul marmo dello sportello, si allontana dalla biglietteria lasciando il posto ad una latro disperato dei treni.
Ringhia e bestemmia a denti stretti, muovendo pochi passi verso i binari, e solo in allora, denti digrignati e pugni stretti, alza il viso, sollevando lo sguardo su di me, incrociando i miei occhi.
Sospiro, e non so perchè gli vado in contro.

 



 

 





MIDORI MIKAN.

MIDORI= verde.

MIKAN= mandarino.

MIDORI MIKAN= mandarino verde.

Mandarino verde.

Verde= Zoro.

Mandarino= Nami.

Mandarino verde= Zoro & Nami.

Zoro & Nami.

Zoro= si perde sempre.

Nami= è una navigatrice.

Zoro & Nami= coppia perfetta.

Il ragionamento fila, e perchè tu non fili a visitare il MIDORI MIKAN?!?!?!?


 




 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Albero genealogico by Train ***


Image and video hosting by TinyPic
Fan Art appartenente a Rolochan105



Capitolo 2: Albero genealogico by Train

 
-… mia sorella Nojiko con Bells, di cinque anni, e il piccolo Rex, di uno e mezzo…- striscio il polpastrello sullo schermo piatto del cellulare, slittando con le foto.
-Ci sarebbe anche mio cognato Drake, ma non è molto fotogenico… ah- m’illumino, trovando l’ultima istantanea di mio cugino.
-Questo è Rufy, un pozzo senza fondo e senza cervello formato uomo. È sposato con Robin, hanno un maschietto di sei anni di nome Ace, e la sorellona è in dolce attesa della piccola Ann, prossimamente su questo schermo tra cinque mesi… più o meno Maggio dell’anno prossimo. Poi c’è Sabo, fratello di Rufy, con la sua fidanzata Koala, Bonney, con il piccolo Roger, lo prozio Garp, la cugina Kaya con Usopp e la dolce Merry, Sanji, che anche se non è un mio cugino è come se fosse di famiglia, lo zio Doflamingo, ma credo sia nel Sahara a divertirsi con lo zio Crocodile, e infine…- do un colpo di indice allo schermo, su cui compare il primo piano della mi cara e rugosa nonnina -… nonna Tsuru. Tutto chiaro?-
Lo fisso con estrema attenzione, sempre con il braccio teso a reggere il telefonino sotto il suo naso, mostrandogli le più recenti foto della mia famiglia.
Lui corruga un po’ il naso, storce le labbra e, serrando le braccia incrociate al petto, sbuffa.
-Rex?- tuona sollevando un sopracciglio –Tuo nipote ha il nome del commissario pulcioso della tele?!?-
Ringhio, e gli mollo un calcio da sotto il tavolino della carrozza in cui traballiamo, ondeggiando per i binari sconnessi per la neve.
-No- strillo, azzannando l’aria con i miei denti squalini da rabbia furiosa.
-Rex come il T-Rex, il dinosauro, non il cane investigatore…- picchio un pungo sul tavolino che ci separa, spazientita.
-Dannazione!! Della mia famiglia ricordi solo il ridicolo nome di mio nipote?!?-
-A-Ah- solleva il mento verso di me, ghignando –Allora lo ammetti che ha un nome stupido!!!-
Un secondo calcio lo fa bestemmiare, colpendolo sullo stinco già dolorante.
-Non è colpa mia se mio cognato è un fissato con i dinosauri, e ha ritenuto “carino”- mimo le virgolette con sarcasmo –Dare a suo figlio il nome di una bestia carnivora, alta due piani e con delle zampette cortissime e inutili al posto delle braccia, morta più di tre miliardi di anni fa!!!-
Sbuffo, cadendo all’indietro con la schiena, e sprofondando a braccia conserte nel sedile imbottito del treno.
Lo fulmino mentre sghignazza divertito, piegando le braccia dietro il capo e abbandonandosi, come me, allo scomodo e duro sedile, dall’ambigua copertura rosa marroncino.
-Sei un buzzurro idiota- sibilo, urtata dal suo sghignazzare.
Lui socchiude gli occhi, alzando le spalle, sempre con quel suo ghigno in faccia, rilassando la muscolatura.
No. Ancora?
Vuole di nuovo provare a dormire nonostante tutti questi scossoni spezzati del treno, gli spifferi freddi che scivolano dai finestrini chiusi male e i fischi dei freni contro le rotaie coperte di neve, che mi fanno agitare credendo sempre, che la prossima curva sarà quella decisiva per farci deragliare?!?
-Oh andiamo!!!- urlo, saltando sul mio posto e stringendo i pugni lungo i fianchi –Zoro!!!!-
Lui sghignazza, non provando nemmeno a fermarmi nel mio urlargli contro, isterica per questo lungo viaggio e per la sua insopportabile compagnia.
-Non puoi dormire!!!- strillo -È una cosa seria questa!!! Ehi, ma mi ascolti?!?-
Non accenna a nessun quanto minimo movimento, continuando a mantenere chiusi gli occhi e la muscolatura rilassata contro lo schienale del sedile.
Sbuffo, lasciandomi cadere all’indietro sul mio posto, mantenendo lo sguardo fisso su di lui, a fulminarlo.
Mi domando ancora come possa essere successo.
Come, come è possibile che da sola e pronta a sorbirmi cinque ore di treno, tra sobbalzi e fischi paurosi, sia finita a spiegare il mio albero genealogico a un ragazzo rozzo, scorbutico e maleducato come Zoro.
Zoro.
Zoro, l’idiota maleducato e buzzurro che voleva a tutti i costi andare a Kuraigana, ma che invece ho convinto a seguirmi fino a Raftel.
 
 
-… ti fingerai il mio ragazzo, e alla fine della settimana, torneremo in stazione e ti pagherò il biglietto per tontolandia-
- Kuraigana!!!- aveva ringhiato con furia, pestando un piede a terra e calpestando quasi la sua sacca, buttata, sul pavimento della stazione, a dividerci assieme al mio trolley.
-Si, si, quello che è…- avevo storto il naso, rivolto all’insù, muovendo una mano verso di lui quasi a dissolvere le sue parole -…accetti?-
Aveva sbuffato, storcendo le labbra e squadrandomi da capo a piedi, quasi a soppesare più me che le mie parole.
-Fidanzato in affitto…- borbottò, inclinando le sottili labbra in obliquo sul viso -… sai me lo aspettavo che una mocciosa, siliconata come te, non avesse uno straccio di uomo tra le mani!!!-
La tentazione di picchiarlo e ridurlo a un cumulo di melma scomposta sul pavimento della stazione, era stata enorme, ma mi ero trattenuta solo per sapere la sua risposta, barcollando in un minimo di bagliore di speranza.
-Non è che non c’è l’abbia…- sbuffai irritata -.. è che non ho tempo per trovarne uno-
-Si certo… e Babbo Natale non te l’ha invito come dono? O sei stata una mocciosa cattiva?-
Ringhiai, fremente di rabbia.
-Ci tieni ad andare a quel tuo stupidissimo incontro si o no?!?- strillai in mezzo al caos della stazione, guadagnandomi le occhiatacce di parecchi passeggeri e del personale al lavoro.
Il buzzurro mi aveva squadrato di nuovo, per poi afferrare con una mano il suo borsone e, buttato su una spalla, fissarmi dritta negli occhi.
-Ok, affare fatto- aveva grugnito, inclinando il capo s un lato, continuando a fissarmi -Ma niente smancerie da piccioncini diabetici e rincoglioniti-
Il sorriso che mi si era allargato sul viso, lo aveva fatto leggermente arrossire mentre ci avviavamo alla biglietteria per prendere un biglietto anche per lui per Raftel.
 
 
Lo fisso, mentre sonnecchia, alzando e abbassando ritmicamente il petto.
Ci siamo scambiati i nomi tra insulti e offese, caricando i nostri bagagli tra uno spintone e l’altro, entrando nella nostra carrozza spingendoci l’un con l’altro attraverso al porta, toppo stretta per farci passare insieme; ma del motivo per il quale vuole andare a Kuraigana a tutti i costi, non me ne ha fatto parola.
-È così importante questo incontro per te?- chiedo continuando a fissarlo, ricordando le sue urla contro il capo stazione dalla barba rossa.
Zoro ghigna, e senza aprire mezzo occhio, dischiude le labbra.
-È da tutta la vita che lo aspetto- afferma serio –E nulla al mondo mi impedirà di andare a Kuraigana e vincerlo- ghigna con maggior divertimento, mostrando i denti sghignazzanti oltre le labbra.
-Nemmeno una mocciosa sena uno straccio di ragazzo come te…-
Non raccolgo la provocazione, troppo curiosa di sapere, e mi poso con i gomiti sul tavolino traballante che ci divide, arricciandomi tra le dita una ciocca di capelli.
-Calcio?- domando.
Apre un occhio, fulminandomi.
-Kendo, mocciosa. Uno sport vero, non un orgia di ventidue uomini che rincorrono una palla senza sosta ne motivo-
Alzo gli occhi al cielo, sbuffando.
-Ok Kendo- oscillo il capo –Ma se l’incontro è tra una settimana perché vuoi arrivare così presto a Kuraigana?-
Finalmente scrolla le spalle, spezzando la sua posizione da bonzo del sonno, aprendo entrambi gli occhi e avvicinandosi al tavolo.
-L’incontro è tra due settimane- ghigna strafottente, alzando due dita di una sua grande mano, verso di me –Ma un bravo spadaccino sa, che prima di affrontare un avversario, deve studiare il suo habitat e ambientarsi ad esso-
Si alza dal ripiano, tornando nella sua posa originale, ghignando soddisfatto.
Alzo un sopraciglio, arricciando le labbra ridacchiando.
-Vuoi andare a Kuraigana, quindici giorni prima del tuo incontro, per ambientarti nella palestra del tuo avversario…- riassumo le sue ragione, riflettendoci sopra.
Una risata cristallina e incontrollata mi arriccia le labbra, scuotendo zoro nella sua posizione rilassata.
-…sai sa molto da maschio alfa da spodestare- sghignazzo, chiudendo gli occhi e premendo le mani attorno al viso.
Zoro storce le labbra, mugugnando qualcosa di incomprensibile, scuotendo il capo..
-Ragazzina- sbotta.
-Oh andiamo…- accavallo le gambe -… è ridicolo. E ora? Ora perderai una settimana intera a Raftel: come farai a prepararti?-
Alza le spalle, scrollandole menefreghista.
-Hai detto che l’hotel della tua vecchi ha tutti i confort del mondo, vero?-
Grugnisco, aggrottando la fronte.
-Ehi, stai parlando di mia nonna: un po’ di rispetto, bifolco allevato dai macachi-
-Mi allenerò comunque durante la settimana,a e in quella rimanente mi ambienterò nella palestra del mio avversario- continua come se non avessi parlato.
Alzo di nuovo gli occhi al cielo, chiedendomi perché mai ho avuto questa pazza idea.
Portare questo idiota palestrato con me, presentandolo come mio fidanzato a tutta la famiglia, è davvero una prospettiva migliore di una paternale da parte di nonna Tsuru?
Tremo all’idea del rugoso viso della nonna, sbancare per poi tingersi di rosso nel urlarmi contro, sentendomi dietro le spalle, la sua presenza focosa e iraconda.
-Oh si, mille volte meglio- annuisco tra me.
-Come?- solleva mezza palpebra Zoro, rivolgendosi a me.
Scuoto il capo, afferrando nuovamente il mio cellulare, traballante sul ripiano.
-Su, ripassiamo la mia famiglia: questo è…-
-Mocciosa, non mi serve- grugnisce –Tanto il primo incontro fidanzato-genitori, è sempre un disastro-
-Non il mio- sbotto –Se non piaci alla nonna, quella è capace anche di dissezionarti e studiarti come cavia, elencando i tuoi difetti… il tutto senza anestesia-
Inarca un sopraciglio, fissandomi leggermente preoccupato.
-È così terribile tua nonna?- domanda.
Deglutisco, sentendo i freni del treno fischiare più acutamente del solito, in queste cinque lunghe ore, mentre un’acuta e stridula voce crocchia da una altoparlante, annunciando il nome della stazione.
-Presto lo saprai…- ansimo -… siamo arrivati a Raftel-
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ordine 1235 ***


Image and video hosting by TinyPic


Fan Art appartenente a Rolochan105









 
Capitolo 3: Ordine 1235

 
Il vento sferza ogni ramo secco dei poveri e tristi alberi che circondano la stazione, piantati lì con il magro e infausto compito di rallegrare il grigiore della sede ferroviaria, nonché magari per distogliere l’attenzione dai taxista assassini che sfrecciano davanti alla porta scorrevole della Hall.
La vista di una albero in fiore, di sicuro è meglio del paraurti di un taxi giallo e nero, prima di essere investiti.
Sbuffo, stringendomi nel mio capottino, chiudendo il colletto con una mano, mentre con l’altra tengo ben stretta la mia valigia, vagliando la strada, con le palpebre leggermente congelate, per il vento tagliente che stride nel porticato della stazione in cui siamo fermi.
Saltello sui piedi per scaldarmi, mentre fisso il cielo diventare sempre più grigio e carico di nuvole vogliose di nevicare, storcendo le labbra tristemente.
Odio l’inverno, se non si fosse capito.
-Mocciosa- sbotta il mio allegro e cordiale accompagnatore –Che diamine facciamo ora?-
Smuovo le labbra, arricciandole leggermente.
Oh bhè, un ‘idea ce l’avrei: saltare sul primo treno per le Canarie e non tornare mai più.
Sospiro, certa che non ci sono diretti che collegano Raftle direttamente alle belle isole calde e accoglienti, e che, nonostante l’enorme distanza, nonna Tzuru mi troverebbe anche laggiù, pronta a riportarmi a forza qui, per armi partecipare alla riunione di famiglia e umiliarmi davanti a tutto il parentame.
-Mmm- mugugno, stingendomi nelle spalle –Dobbiamo aspettare l’assistente di mia nonna-
-Assistente?- inarca un sopracciglio, fissandomi di striscio quasi avessi detto che tra un po’ arriverà l’amante segreto  e nudo, di mia nonna.
-Si, l’assistente- ribatto, distogliendo lo sguardo dal suo muso duro e irremovibile, nonostante il vento tagliente che ci investe.
-Assistente sanitario?- borbotta, con un tono più stupido che confuso.
-Mia nonna non ha bisogno di un assistente sanitario- sbotto, stingendo le braccia al petto per scaldarmi, fulminandolo con lo sguardo.
Zoro abbassa lievemente il capo su di me, scrutandomi smuovendo le labbra sottili e scure.
Le fisso per un breve istante, studiandole nella loro forma sottile e mascolina, leggermente cotte dal sole e scure come il bronzo della pelle del buzzurro.
Se non fossero aperte per dire solo scemenze, sarebbero invitanti.
-Che razza di assistete ha, allora, la tua vecchia?- mugugna, inclinando il capo.
-È una specie di assistente tutto fare- muovo la mano nel breve spazio che ci separa –L’aiuta in ufficio, ma anche a casa come colf domestica, da fattorino e guardia del corpo…- alzo le spalle, tornando a fissare la strada, cercando l’auto che dovrebbe accompagnarmi all’Hotel -… è una specie di segretario, sottoposto, lecchino tutto fare-
-E che aspetto ha?- si guarda intorno anche lui.
Eh, bella domanda.
Non è semplice da spiegare. Insomma, l’assistente di nonna è… è…è…
-… particolare- giro la lingua sui denti, non trovando altre parole per definirlo.
Il sopraciglio di Zoro torna ad inarcarsi scrutandomi, dubbioso.
-Particolare?- schiocca la lingua -È come dire che ha due braccia e una testa, mocciosa-
-Bhè, ma Gladius ce le ha due braccia e una testa- immergo il collo tra le spalle.
-Gladius?- si mette di tre quarti verso di me, sgranando gli occhi –Si chiama Galdius? Che razza di nome è?!?-
-Oh senti un po’- sbuffo, portando le mani ai fianchi e ancheggiando di fronte a lui.
Sono mezza congelata, stressata per questa assurda situazione, stanca per i continui sbalzi che il mio povero fondo schiena ha dovuto sopportare durante il lungo viaggio in treno fino a qui, e arci stramaledettamente irritabile per la sua presenza poco cordiale e altamente irritabile.
–Ci tieni al tuo incontro a Kuraigana?- ringhio, digrignando i denti e fulminandolo con lo sguardo -E allora sta zitto e non rompere!!!-
-Ehi ragazzina, credi di potermi ricattare?!?- digrigna i denti, sbuffandomi contro il viso.
 -E tu credi che io non possa?- inarco la schiena, portando il viso a pochi millimetri dal suo, così vicino e scontroso che potrei ferirmi per quanto sembra duro e spigoloso.
-Ti ricordo, che il tuo incontro a Tontolandia dipende da me- mi indico il petto, premendo un pollice tra i seni –E se non fai quello che ti dico, ti mollo qui, in questa stazione fredda e pateticamente triste, senza il becco di un quattrino ad elemosinare i Berry per un cavolo di biglietto di sola andata per Scemolandia-
Stringe i denti, serrando maggiormente la mascella, infilzandomi con lo sguardo nero e profondo che mi inchioda quasi a terra, facendomi tremare le gambe.
-Stai cercando di ricattarmi?- sibila a denti stretti, sollevando appena un angolo della bocca.
Deglutisco, persa in quei pozzi di pece che mi stanno trapassando il petto, facendomi martellare a mille il cuore nella cassa toracica, mentre il cervello si perde nel buio più nero e senza fine, e la gola si secca, priva di parole con cui controbatterlo.
-Allora?- m’incalza, avanzando di un passo verso di me, premendo la fronte calda sulla mia, schiacciandomi la frangia, ora unica frontiera tra le nostre pelli.
-I-io…- balbetto.
Che diavolo mi prende?
Perché non riesco a replicargli?
Perché quei suoi dannanti occhi mi fanno sentire così maledettamente storidt…
STRANGHTEN
Non so dove, non so come, non so chi, ma senza preavviso e improvviso come un fulmine, un pugno guantato di nero e dal metallico rimbombo, si schianta contro la mascella di Zoro, distanziandolo dal mio viso e facendolo cadere all’indietro.
-Oddio!!!!!- strillo, portandomi le mani alla bocca –Zoro!!!!!-
Scatto verso di lui, steso a terra che ringhia massaggiandosi il volto rosso, ma una figura alta e coperta da un impermeabile nero, e una bombetta scura, si frappone tra me e lui, riportando il braccio, ancora teso per il colpo sferrato, al fianco del lungo soprabito, mentre la mano opposta sistema meglio gli occhialini borchiati di nero sul viso, sopra la sciarpa stretta sul mento.
Sbianco, spalancando la bocca.
Oh Kami, non è possibile, non è…
-Ordine numero 1235, del ventitre marzo, ore quindici e quarantadue- ripete a memoria, mentre Zoro lo fulmina rabbioso –“In ogni caso, sempre e comunque, a costo della propria vita, la famiglia Cocoyashi va protetta”… ordine tutt’ora vigente-
Una mia mano si spiaccica in automatico sul viso.
Alla fine, eccolo qui, l’assistente di mia nonna: Gladius.
Impermeabile nero da pervertito sessuale, bombetta anni cinquanta, guanti neri in pelle, occhiali borchiati dalle spesse lenti che, nonostante tutto, non riescono a celare l’inquietante e color ghiaccio dei suoi occhi.
Una perenne sciarpa stretta sul viso, a coprire bocca e mento, anfibi neri con punta in acciaio e un senso dell’onore e del rispetto verso i superiori, in questo caso mia nonna Tsuru e tutta la famiglia, da emettere i brividi.
Ammetto che fino agli otto anni lo trovavo intrigante e affascinante, con il suo lato misterioso e da bad boy, ma ad oggi, ai miei occhi, è solamente l’assistente tutto fare di mia nonna, presubilmente privo di bocca e con una segreta passione per il fetish e il bondage.
-Gladius!!!- strillo, spalancando due file di denti squalini –Ma che diamine fai?!?! Sei un imbecille-
Ruota leggermente il capo verso di me, fissandomi con un occhio chiaro e spettrale, togliendosi la bombetta dal capo, liberando la folta e bionda chioma, salutandomi con un lieve inchino.
Rabbrividisco, indietreggiando di un passo dalla sua chioma alla super sayan punkettona, che tocca terra.
-Ben arrivata signorina Nami, e scusi il mio arrivo turbolento- porta il braccio destro, che regge il copricapo, a piegarsi sul petto, incurvando la schiena verso di me –Spero che il lungo viaggio non l’abbia stancata-
-Bhè…-
Un poderoso gancio si lancia contro il lato destro del viso del biondo, facendolo tentennare e traballare davanti a me, incespicando tra i suoi stessi passi.
Sbianco del tutto, risparmiando alle mie corde vocali un altro strillo, mentre sussulto.
Inclino leggermente il capo, sbiancando stupita, fissando Zoro teso al mio fianco, massaggiandosi, con la mano con cui ha appena steso l’assistente della nonna, la ganascia palpitante, e ringhiare contro Gladius, il cui sguardo di ghiaccio scivola leggermente da me, a lui, squadrandolo da capo a piedi.
Deglutisco, indecisa tra il piangere di disperazione per l’assurda situazione o lo scappare verso le Canarie.
Perché, diciamocelo, un cavolo di treno che mi proti lontano da qui ci sarà no?!?
-Tutto bene?- grugnisce Zoro, mantenendo lo sguardo fisso su Gladius.
Annuisco, osservando la sua macella tingersi leggermente di viola.
Devi fargli un male cane, e dalla sua espressione rabbiosa e ringhiante, anche il suo orgoglio dev’essere stato ferito, da quel colpo improvviso e vigoroso.
-Tu stai bene?- gli sfioro un braccio con le punte delle dita.
Mi guarda si sbieco, soffiando dal naso e annuendo leggermente.
-Signorina Nami-
Sobbalzo, riportando l’attenzione su Gladius, vicino a me, che studia a braccia conserte la mia vicinanza a Zoro.
-Le chiedo di allontanarsi da questo individuo pericoloso e bellicoso- ringhia da dietro la sciarpa nera.
Mi stringo nelle spalle, avvicinandomi maggiormente a Zoro, premendo il mio braccio contro il suo, arricciando le labbra.
-Non è un individuo pericoloso e bellicoso- sbotto, prendo le sue difese.
In fin dei conti, ci sconosciamo da poco più di sei ore, ma non mi ha ancora torto un capello, e di ragioni per farlo ne avrebbe avute una montagna, dato che non abbiamo mai smesso un attimo di litigare.
Gladius corruga l’ampia fronte, aggrottando il seto nasale.
-Lo conoscete?-
Arrossisco, deglutendo imbarazzata.
Si può dire di “conoscere” una persona se la si ricatta, in un modo alquanto discutibile, per farla essere il proprio fidanzato per una settimana.
-Si- squittisco piano, per poi scaldarmi la gola con un colpo di tosse –Si… insomma lui è… è…-
Alzo gli occhi su Zoro, che mi scruta quasi stessi dicendo una balla pazzesca, il che è vero, ma dovrebbe quanto meno collaborare se ci tiene a quel cavolo di biglietto per Kucciolandia.
-… è… è il mio ragazzo- parlo in fretta, annuendo per convincere anche me stessa.
-Il suo ragazzo?- ripete atono Gladius.
-Il tuo ragazzo?- fa il pappagallo Zoro.
Gli pesto un piede fulminandolo con lo sguardo, conficcandogli un gomito tra le costole.
-Si- ringhio –Vero tesoro?-
Zoro deglutisce, più spaventato dal mio “tesoro” che dalla mano che gli prendo nella mia, per completare la recita.
-Ah… si- annuisce –Vero… ehm… tes… picc… pulce-
Un calcio lo colpisce allo stinco, facendolo bestemmiare a denti stretti.
Pulce?!?
Ma che razza di nomignolo affettivo sarebbe, pulce?!?
-Uhm… interessante- borbotta Gladius, frenando un mio ringhio rabbioso –Madame Tsuru ne sarà felice-
Raccoglie da terra la mia valigia e la sacca da viaggio di Zoro, avviandosi lungo il porticato della stazione.
-Vogliamo raggiungerla all’Hotel?- propone, e mi chiedo se ci sia veramente la possibilità di scelta.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Hotel Washy Mikan... e tette-boa ***


Image and video hosting by TinyPic
Fan Art appartiene a Rolochan105
 
Capitolo 4: Hotel Washy Mikan… e tette-boa

 
a Piper_Parker

 
Arriccio il naso, mentre poso con cautela il ghiaccio secco sulla mascella di Zoro.
Lui si ritrae un po’, ancora dolente per il colpo di Gladius, ma si lascia medicare senza proteste, limitandosi a mugugnare a denti stretti e a guardarsi intorno.
Siamo nella Hall dell’Hotel di nonna, e mentre Gladius, oscillando la sua chioma da Raperonzolo punk, porta le nostre valigie nella nostra camera e avverte la nonna, del mio arrivo, noi l’aspettiamo nel salottino accogliente.
Non mi serve guardarmi attorno per sapere che la reception è alla nostra destra, e che il Direttore Magellan, braccia incrociate dietro al schiena, osserva l‘andirivieni degli ospiti, mentre i suoi sottoposti eseguono e soddisfano ogni capricciosa richiesta che esce dalle bocche mai sazie dei clienti.
So benissimo che l’entrata dell’edificio risplende su tutto il promontorio su cui si ritrova, come un faro in mezzo alla neve che ha iniziato a scendere durante il breve tragitto dalla stazione fin a qui.
Conosco a prefezione il fascino che l’insegna, elegante e incantatrice, ha su ogni passante che posa per sbaglio gli occhi su di lei.
Ricordo a mena dito ogni singolo piano dell’Hotel, e potrei orientarmi a occhi chiusi in ogni sua sala per lo svago degli sopiti, senza mai perdermi.
Conosco l’Hotel Washy Mikan di nonna Tsuru.
Sono cresciuta in questo hotel, anno dopo anno.
Nelle estati calde, e negli inverni freddi.
Nelle vacanze estive e durante le riunioni annuali della famiglia.
Sono cresciuta in questo Hotel.
Per questo, non mi serve voltarmi, per conoscere l’identità del pungente seccatore che continua a gironzolarmi attorno, mentre premo il ghiaccio sul muso spigoloso di Zoro.
-Hannyabal- ringhio, storcendo al naso –Ti serve qualcosa?-
Il vece direttore, nella sua goffa e secca figura, saltella a piè pari, scivolandomi vicino, quasi a spiaccicare il suo mento spigoloso e squadrato sul mio volto.
-Miss Nami, le ho sentito nominare il mio nome: serve niente? Acqua? Asciugamano? Una sedia comoda? Oppure…- si sfrega le mani, assottigliando gli occhi scuri, illuminati da un bagliore accecante -… vuole nominarmi Direttore dell’Hotel?!?-
Un pungo lo colpisce in pieno volto, mandandolo a terra senza tanti convenevoli.
-Voglio che mi lasci in pace!!!- strillo, fulminandolo con lo sguardo –Non sopporto averti sempre attorno!!!-
Forse non lo fa apposta, forse, ma Hannyabal è perennemente attaccato al culo di ogni membro della famiglia Cocoyashi, sperando in un aumento di grado nel suo lavoro.
Purtroppo per lui, fin quando Magella non tirerà le cuoia, il posto da Direttore potrà solamente sognarselo nelle sue più rosee fantasie.
-Va a leccare i piedi a qualcun altro- sbotto, tornando a inclinare la schiena verso il buzzurro, e riportando al fianco il pugno ancora pulsante per il colpo.
-Certo Miss Nami!!!- salta sull’attenti –Corro!!!!!-
Non riesco a trattenere un sospiro, mentre socchiudo gli occhi e scuoto il capo.
Il mio inferno non poteva essere composto solo da nonna Tsuru, con la sua politica matrimoniale, e basta?
Anche quella specie di lecchino spigoloso doveva essere compreso?
Sul serio, inizio a chiedermi se nella mia vita precedente non sia stata un assassina o una criminale incallita, per meritarmi tanto…
Scuoto il capo e riapro gli occhi, puntandoli su quelli neri e fissi, oltre le mie spalle, di Zoro.
-Co-co-ya-shi- scandisce, schioccando la lingua, il mio cognome.
Inarco un sopracciglio, aggrottando la fronte.
Che il colpo di Gladius sia stato così forte, da compromettere il delicato e  già precario equilibrio mentale del buzzurro?
Che mi si sia rincretinito del tutto?
-Mmm… Cocoyashi…- borbotta ancora, annuendo piano.
-Si- sorriso ironica, cerando di usare parole elementari e semplici per il suo neurone di cinque anni -È il mio cognome-
-Quei Cocoyashi?- domanda secco, abbassando gli occhi, da dietro le mie spalle, forse dall’insegna dell’Hotel dove appunto è riportato il cognome della Famiglia, al mio viso.
Alzo le spalle, fissandolo perplessa.
-Che vuoi dire?-
-I Cocoyashi ricchi e proprietari di una catena intera di Hotel, aziende e fondi fiduciari in tutto il Mondo?-
Mi mordo un labbro, soffiando piano.
Vorrei rispondergli “Si e no”.
Si, perché è vero: mia Nonna e il pro Zio Garp sono a capo di tutto l’impero economico della famiglia, con Hotel e aziende varie.
No, perché il resto della famiglia, i miei genitori e gli zii, si sono fatti con le loro mani, senza aiuti  privilegi per il loro cognome.
E non sempre per loro scelta, ma per scelta di nonna Tsuru.
Porto le mani ai fianchi, poggiando la sacca del ghiaccio su una mia anca scoscesa, fissando stizzita Zoro.
Non voglio parlare di soldi e della finanza dei miei parenti, è un argomento che non mi mette a mio agio.
-Non dovresti prendere per vero ogni cosa che leggi sui giornali- lo sgrido, fissandolo truce, sperando di farlo tacere, lui, e tutte le voci sulla ricchezza della famiglia.
Ma lui ghigna.
Si, ghigna.
Ghigna mettendo di sghembo le labbra, piegandole all’insù per metà, e lasciando il labbro inferiore, e metà del superiore, verso il basso, a formare un sorriso straffotente e bastardo senza eguali.
Ghigna, irritandomi e facendomi arrossire senza un perchè.
Ghigna, e dice un'altra delle sue stupidate.
-Fai parte di una delle famiglie più potenti di questa metà del globo- ruota un dito in aria, a formare un cerchio, mentre si addossa con le spalle e la schiena al divanetto in pelle nera su cui siede –Ma non riesci a trovare uno straccio di ragazzo?-
Una vena inizia a pulsarmi sulla fronte.
-È proprio vero che i soldi non danno la felicità…-
Grugnisco, e gli prendo il naso tra il pollice e l’indice della mano, strattonandogli quel brutto muso da buzzurro scemo verso il basso, facendolo imprecare.
-Bada a come parli, idiota- ringhio, stringendo la presa sulle sue narici, tirando quella specie di vela enorme che si torva al posto del naso –Non credere che mi faccia il bagno in una vasca stracolma di banconote da cinquecento Berry: io mi faccio il culo per vivere!!! E la mia vita privata, poi, non ti deve interessate: capito?!?- strattono il suo anso, facendogli scuotere il capo verde.
-Sgrighhh… mollami il naso, mocciosa- ringhia, digrignando i denti e brontolando con una voce poco virile -… mollami!!!-
-Non osare mai più pensare che vivo nella bambagia e alla mia vita privata- sbotto, tirandogli il naso verso di me, costringendolo a piegare la schiena fino a portare il viso all’altezza del mio petto –Capito?!?!-
Mantengo fissa gli occhi su di lui, scrutando le sue iridi nere e profonde, mantenendo ben salda la mia presa sul suo anso.
Lui storce le labbra, deglutendo piano, sostenendo il mio sguardo per un lungo attimo.
Spero che abbia capito che non ho mai e poi mia usato il mio cognome per farmi strada nella vita in modo facile, ma che ho lavorato con costanza e serietà e che la mia attuale situazione da “single”, non gli deve affatto interessare.
Diamine, sono affari miei perché cavolo non ho uno straccio di fidanzato, e poi…
-Ma mi sta fissando le tette?!?!?-
Strabuzzo gli occhi non appena noto che il suo sguardo è catalizzato non dal mio, o dalle mie parole, ma dalla scollatura della mia maglia.
-Me le hai sbattute sotto gli occhi- ghigna, ruotando gli occhi su di me e inarcando un sopracciglio –Se vuoi che nessuno guardi, non mostrarle-
Ricordate la vena che mi pulsava sulla fronte, pochi secondi fa?
È esplosa.
Lascio la presa sul suo anso, e lo picchio su quel cranio verde muffa che si ritrova tra le orecchie, facendogli sprofondare il viso sul pavimento.
-Sei un idiota!!!!!- sgauino due file di denti squalini –Come diamine ragioni?!? Ti stavo parlando seriamente, e tu preferisci guardarmi le tette?!?-
-Sono più interessanti di una mocciosa viziata e isterica come te- ringhia, alzandosi in piedi e fronteggiandomi.
-Come mi hai chiamato?!?- sbatto i piedi a terra, stringendo i pugni lungo i fianchi.
-Mocciosa viziata e isterica- soffia dal naso, digrignando i denti –Sorda aggiungerei-
-Razza di buzzurro screanzato!!! Sei solo un idiota che prima, bistratta il mio seno perché lo crede di plastica, e poi ci sbava sopra: maniaco!!!!-
-Io non sbavavo sopra a niente!!!- s’indica il petto, quasi possa salvarlo dal suo destino di depravato –Sei stata tu a mettermi quelle tue boe siliconate sotto il naso!!!-
-Boe siliconate?!? Come osi?!? Credi di essere su una spiaggia di Bay Watch?!?-
-Magari, almeno non ci sarebbero mocciose urlanti e dai capelli rossi come te: c’è il divieto di portare in spiaggia bestie feroci e ululanti-
Un ringhio sale dalla mia gola, fin sulle labbra, facendomi avvampare d’ira, colorandomi il viso di bordò e infiammandomi le pupille.
-Buzzurro-
-Strega-
-Idiota-
-Mocciosa-
-Razza di babb…-
-Nami- una voce delicata come la carta di riso, ma tagliente come una lama –Non è così che si comporta una Cocoyashi… con il suo uomo poi-
Un brivido gelido mi corre sulla spina dorsale, scendendo dalla nuca e introfulandosi sotto la cintura degli short che indosso, nascondendosi spaventato come non mia.
Ho paura a voltarmi, e non riesco a far altro che deglutire, perdendo lo sguardo sugli occhi stupiti e confusi di Zoro.
-Oh Kami- ansimo, ruotando su me stessa per non so che forza di gravità –Nonna Tsuru?!?-
 








ANGOLO DELL’AUTORE:
Oggi come oggi, da me piove OOC, e Zoro ne è la dimostrazione, anche se, a mio avviso, davanti a tanta grazia Made in Nami, dubito che la sua reazione sarebbe del tutto indifferente.
Apro una piccola parentesi, per fornirvi alcuni dati:
Uno: sebbene tra i “Personaggi” della storia compaia anche Z, lui non è presente: è semplicemente un bug di EFP.
Se si clicca nella lista dei personaggi della propria Fan Fiction, anche il nome “Un po’ tutti” in automatico viene compreso anche Z, senza che esso sia stato evidenziato (anche altre FF hanno questo errore, ma non tutte).
Due: per quante se lo sono chieste dal precedete capitolo: si, io sbavo per Gladius, e il suo bel stile bondege sayan.
Tre: il nome dell’hotel Washy Mikan, tecnicamente non ha significato. È l’unione del nome del potere del Frutto del Diavolo di Tsuru nel manga (Wash Wash) e la traduzione giapponese di mandarino (Mikan).
Lanciando infiniti saluti, e ringraziamenti per le vostre recensioni, vi lascio alla vita… ciao
Zomi

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Nonna Tsuru ***


Image and video hosting by TinyPic
Fan Art appartiene a Rolochan105
Capitolo 5: Nonna Tsuru

 
Quando penso a una nonna, subito nella mia mente si crea l’immagine idilliaca e dolce della nonna di Cappuccetto Rosso. La simpatica e fragile nonnina che viene mangiata in un sol boccone dal lupo, urlando, prima di scomparire nella fauci della fiera, :” Oh giusto cielo!!!”.
Il clou della scompostezza e della paura.
Credo che ogni essere vivente sulla faccia del Mondo abbia una nonna così, o pressappoco: dolce, tenera, con le guanciotte piene, gli occhiali a mezzaluna sul naso, sempre sorridente e con i boccoli bianchi, con in mano, o in una delle tasche della onnipresente gonna di flanella, qualche biscottino al cioccolato per i suoi adorati nipotini.
Tutti, si, tutti ne hanno una.
Tutti tranne me.
Perché la mia di nonna, nonna Tsuru, non si sarebbe fatta mangiare dal lupo ne si sarebbe scomposta tanto alla vista dei suoi acuminati denti: l’avrebbe preso a calci sul sedere, imprecando coloratamente, messo in pentola e, presa un boccata di tabacco dalla sua Malbaro White, aspirando si sarebbe messa ad urlare che la cena sarebbe stata subito pronta.
E guai a chi non gradiva lo stufato di lupo.
Per quanto riguarda i biscotti al cioccolato, bhè, nonna Tsuru ha sempre reputato che la sana attività fisica, e lo studio diligente, fosse nettamente migliore. Per questo, invece che rimpinzarmi di biscotti e rincretinirmi davanti alla Tv, i pomeriggi della mia infanzia sono stati colorati da libri e nuotate in piscina.
Se si aggiunge che nonna, per insegnarmi a nuotare, mi ha buttato in acqua senza tanti preamboli all’età di cinque anni, si capisce perché la tema così tanto.
Ma nonna Tsuru non è solo regole rigide e severità.
È anche la dolce e cara donna di cento anni per gamba che sorride di sghembo, studiandoti in ogni centimetro, gonfiandosi nella sua piccola e raggrinzita figura, orgogliosa di ciò che sei diventata, che telefona a ogni tuo compleanno, inviandoti un regalino speciale tramite Vettore –spesso firmato Tiffany o Ivankov’s mode-, e che sa in anticipo quando verrai promossa nel lavoro o se avrai un bambino.
Sa sempre tutto, e sempre prima di te.
Peccato che questo suo lato apprensivo e famigliare, sia sempre molto duro e severo, pronto a rimetterti in riga con poche semplici parole, che gambizzano la tua autostima e fucilano al muro il tuo orgoglio.
Ma nonostante tutto, voglio bene a nonna Tsuru.
Le voglio bene, per questo non rimango pietrificata alla sua apparizione, dal nulla dietro le mie spalle, e superata la prima fase di shock, le vado in contro, sorridendo  come la bambina di cinque anni, piena di se nel nuotare in una piscina enorme, con lei che la fissa ghignante e orgogliosa.
-Nonna!!!- sorrido, e le poso un leggero bacio sulla guancia di rughe, piegandomi alla sua altezza -È bello rivederti-
Alza una mano, sollevandola dalla gemella ben salda sul bastone che l’aiuta a camminare -e malmenare-, posandola con una carezza sul mio viso.
Fa scorrere le dita sulla guancia, scaldandola un po’, mentre sorride fissandomi negli occhi, annuendo lievemente, muovendo la crocchia bianca e liscia.
-Nami- sussurra, spostando la mano dalla guancia, al mio orecchio –Mia piccola Nami…-
Sorrido, non rendendomi conto della presa, ora più salda e decisa, della mano della nonna sul mio viso.
Me ne accorgo tropo tardi, quando, in un solo attimo, la carezza dolce e tenere si trasforma in un artiglio feroce e vigoroso sul mio lobo sinistro, strattonandomi l’orecchio con crudeltà.
-Cos’è questa storia che hai un ragazzo?!?- mi sgrida con asprezza, strattonandomi alla sua altezza, facendomi lacrimare.
-Gladius mi ha appena avvertito del tuo arrivo e del tuo “ragazzo”- bacchetta il bastone a terra, sottolineando la sua colera nell’ignorare la mia attuale situazione sentimentale.
-Credevo avessi smesso di frequentare uomini smidollati e del tutto inadatti a te- scuote il capo, sospirando.
Una zaffata di acre e dolciastro odore di tabacco mi arriccia le narici, facendomi storce le labbra.
-Nonna ti prego- sussurro, imbarazzata, rossa in viso peggio di un pomodoro.
Sono certa che quel buzzurro rincretinito di Zoro, starà sghignazzando dietro le mie spalle, godendo di questa bella scenetta in cui faccio la figura della mocciosa che viene ripresa dalla nonna.
Quell’idiota!!!
Tento di divincolarmi dalla presa della nonna, ma nonostante il suo metro scarso di altezza e le braccine ossute e raggrinzite, lei riesce perfettamente a tenermi in giogo.
-Suppongo che le scorse esperienze, pessime tra l’altro, con i tuoi uomini non ti abbiano insegnato nulla- sbotta, scuotendo il capo –Gli uomini che frequenti non sono alla tua altezza, mia piccola Nami-
-Nonna ti prego- piagnucolo, sentendomi il lobo in fiamme -È imbarazzante- sussurro.
Nonna ruota gli occhi al cielo e, lasciata la presa sul mio orecchio, immerge la mano in una tasca del soprabito, rovistando in cerca di una sigaretta, che estrae, bianca e dritta, dal pacchetto, infilandosela tra le labbra secche.
-*smoke* Credevo che Kid ti avesse insegnato quanto vili e lussuriosi siano i mammalucchi che ti ronzano attorno- una piccola fiammella, retta da Gladius, accende la pagliuzza, non interrompendo mai le parole della nonna –Il tradimento di Law non ti è bastato?-
Già dimenticavo.
Nonostante non abbia mai presentato i miei ex alla nonna, lei sa tutto di loro.
Nome, cognome, data di nascita, codice fiscale e denuncia dei redditi.
A volte sospetto che paghi degli agenti segreti per spiarmi e conoscere ogni dettaglio della mia vita privata, e che nel suo ufficio abbia una cartellina arancione con su scritto il mio nome, contenete ogni tipo di dato e foto correlate.
Poi mi ricordo che ho una sorella maggiore, a cui racconto tutto, e che nessuno può mentire a nonna o rifiutarsi di rispondere a una sua domanda.
D’altra parte, nonna ha un trascorso in non so che agenzia segreta, e presumo che il KGB si sia sciolto per paura di lei.
-Hai bisogno di un vero uomo al tuo fianco- sbuffa nuvolette bianche di tabacco nell’aria del salottino, dove campeggia, gigantesco e severo, il cartello di divieto di fumare.
-Un uomo che sappia proteggerti, di buona prestanza fisica e carattere duro…-
Alzo gli occhi al cielo, sorda ormai a questa cantilena che da due anni mi sorbisco.
-… un uomo vero, in grado di tenerti testa…- continua -… ma anche di spalleggiarti nel momento del bisogno-
Batte il bastone nuovamente a terra, pestandomi quasi un piede, fissandomi con i suoi chiari e cerulei occhi.
-Tu hai bisogno …-
-… dell’uomo Cocoyashi- finisco la frase per lei, sbuffando -Nonna ti prego- la guardo con i miei occhioni da cerbiatta supplichevole –Vedrai che Zoro ti piacerà…-
O almeno lo spero.
Lo spero con tutta me stessa.
Nonna sbuffa una nuova zaffata si tabacco, storcendo il naso e, reclinando leggermente il capo all’indietro, sbatte la cenere della sigaretta sul palmo aperto di Gladius, che raccoglie, senza un mezzo fremito, il cenerino incandescente.
Deglutisco, vietandomi di aggiungere questo dettagli alla lunga lista di indizi sulla passione sadomaso dell’assistente di mia nonna, facendo un passo indietro e, alzato un braccio, indico il buzzurro, ancora ghignate e divertito dall’apparizione della nonna.
Gli schioccò un’occhiataccia terribile, intimandogli di avanzare verso di me, venendomi accanto.
Lì per lì, lui non capisce, figuriamoci, ma al mio finto colpo di tosse, sussulta e percorre quei benedetti cinque passi che ci dividono, fermandosi al mio fianco.
-Roronoa Zoro- si presenta, porgendo una mano alla nonna -È un piacere conoscerla Tsuru, io…-
Il bastone di nonna bacchetta le nocche protese del buzzurro, facendogliele ritrarre scottato, mentre uno sbuffo di fumo circonda la figura scontrosa della mia nonnina.
Sogghigno.
Fin ora il buzzurro si è divertito, ma ora mi diverto io.
Perché, come ho detto, la mia nonna non è una vecchietta normale.
E nemmeno il suo modo di valutare un possibile fidanzato di una sua nipote lo è.
Oh, no, proprio per niente.
-Signora Cocoyashi, per te, muschio con le gambe- ringhia nonna, iniziando a camminare attorno a Zoro.
Assottiglio lo sguardo, divertita,  seguendo con lo sguardo nonna studiare il corpo del buzzurro, sbuffando e storcendo le labbra sempre più.
Ok, non dovrei godere nel “non apprezzamento” del mio ragazzo da parte di nonna, ma la merda va divisa in due, e io mi sono già salvata portando un esemplare maschio, palle munito, alla riunione di famiglia. Il resto, ora, lo deve fare lui, cercando di salvare il salvabile.
È quello da salvare è lui.
-Uhm…- borbotta nonna -… uhm uhm…-
Zoro inarca un sopracciglio, fissando stranito la nonna camminargli attorno.
Mi lancia un’occhiataccia, scuotendo il capo, ma non posso intervenire: ogni mia parola sarà poi usata contro di me.
-Flaccido- sbotta nonna, d’un tratto, tornando davanti a me e a Zoro.
-Come scusa?- domanda schioccato il buzzurro.
-Flaccido e non presentabile- si prende dalle labbra la sigaretta nonna, scuotendo il capo.
-Che hai detto vecchia?!?- ringhia Zoro –Ma ci vedi o hai le cataratte sull’occhio di vetro?!?-
Gli mollo un calcio, cercando di zittirlo, ma lui nemmeno mi degna di risposata, continuando a ringhiare contro nonna.
Ottimo.
Il salvabile è appena caduto nel cesso, e la catena è stata tirata.
Davvero ottimo.
-Zoro!!!- digrigno i denti –Sta zitto!!!-
-Zitta tu, mocciosa, la tua vecchia mi ha appena dato del budino- indica nonna con entrambe le mani, aspettandosi quasi che la fulmini e le dica “cattiva nonna: a letto senza cena”.
Cosa che ovviamente non oso nemmeno pensare, data a quanto tengo alla mia vita.
-Madame- interviene Gladius –Vuole che me ne occupi io?-
-No, tranquillo Gladius, so badare a certi galletti- ghigna la nonna, consumando con una boccata la sigaretta.
-Roronoa- chiama il buzzurro, che ringhia in risposta –Credi davvero di non essere flaccido e impresentabile? Togliti la felpa, allora, e vediamo dove nascondi il tuo essere uomo…-
Arriccio le labbra, inarcando entrambe le sopracciglia.
Frena tutto nonna: sta chiedendo a Zoro di spogliarsi?
Sul serio?
Ho il tempo di prendere una macchina fotografica?
No perché, da quanto ho potuto intravedere dal nostro viaggio in treno, e sapendo che è uno sportivo, la tartaruga non dovrebbe mancargli e nemmeno gli addominali parlanti.
E infatti, eccoli lì.
Dopo un ghigno, e un lancio di felpa sul pavimento, mi ritrovo Zoro a dorso nudo davanti alle pupille dilatate, mentre sfoggia due, dico due, pettorali scolpiti, addominali piatti su cui si potrebbe ballare il tango e una tartaruga che il WWF vorrebbe proteggere solo per potersi strusciare ogni santo giorno su di essa.
E io… io, io ho un’innata vena naturalistica ora, fissando quella tartaruga buttarsi a capo fitto sul pube ancora coperto del buzzurro, e anche un certo calore, all’equatore, da far sciogliere la neve che cade giù dal cielo da ore.
Deglutisco, arricciando le labbra, compiaciuta da ciò che vedo.
-Ehm, nonna... come vedi, tanto flaccido non lo è…- borbotto, stringendo le gambe tra loro.
Zoro sghignazza, guardandomi di striscio, gonfiandosi per il mio rossore, che se prima era di piacere, ora è di collera.
Stringo le nocche lungo i fianchi, sbuffando a denti stretti, fissando quel suo ghigno da sberle.
Vorrei spaccagli quel sorrisetto strafottente a suon di pugni.
Diamine, che pretende?
È un anno, un mese e quattro giorni che non faccio sesso, e la visione di certe mercanzie umane e maschili, hanno il loro effetto su di me.
Lo avrebbero su qualunque portatrice di tette, più qualche gay di mia conoscenza.
-Nami, si vede che non te ne intendi- sbotta nonna, interrompendo la scalata dei miei ormoni –Gladius: Procedi-
In uno sciocco di dita, Gladius si spoglia di impermeabile e maglia sottostante, sfoggiando anche lui, con la onnipresente sciarpa sulla bocca, un fisico scolpito nel marmo e scalpellato da un Dio.
Ho già detto che è da un anno, un mese e quattro giorni che non faccio sesso?
Bene, perché non vorrei essere ripetitiva nel confermare che i miei ormoni stanno ballando la conga nel vedere tutto questo ben di Dio formato uomo.
-Ora capisco perché ti serve un assistente, nonna- annuisco, fissando Gladius, mentre nonna sogghigna.
-In più lui è presentabile- parla Tsuru, bacchettando con il suo bastone la figura del biondo –Ha buone maniere, sa come rivolgersi a una signora, buon portamento e una capigliatura normale-
Potrei dissentire sull’ultima affermazione, ma mi basta guardare in faccia Zoro, incrociando i nostri sguardi, per capire che anche lu la pensa come me, e che esprimere ad alta voce questo pensiero sarebbe inutile.
-Senti vecchia- sbotta il buzzurro, battendosi una mano sul petto –Qui di flaccido non troverai un bel niente – annuisco fissandogli i pettorali, confermando convintissima.
Gli credo sulla parola, mano sul fuoco.
-E sul fatto di essere presentabile o meno, è una questione tutta da dibattere-
-Ne sei sicuro Roronoa?- sogghigna nonna –Bene allora lo verificheremo a cena… per di qua-
Nonna ci da le spalle facendoci strada, ma restiamo un attimo indietro.
Zoro a rivestirsi, io a contemplarlo ancora per un po’.
-Brutta vecchiaccia- ringhia ancora offeso.
-Dai- stringo le spalle, guardando nonna camminare con al fianco Gladius –Credo che sia andata abbastanza bene…-
-Credi?- sbotta, soffiando dal naso –Ma ha dato del flaccido impresentabile!!!-
-Sei ancora vivo- gli faccio notare –Il che è già una grande cosa-
-Umpf- arriccia il naso, seccato.
Vorrei ringraziarlo, perchè solo con la sua presenza ho già schivato una paternale insostenibile. Senza di lui, sarei realmente persa.
-Forza- gli accarezzo un braccio, attirando la sua attenzione –Ora si mangia… dovresti essere contento: il Washy Mikan ha i più bravi chef del paese-
Ghigna, annuendo convinto.
-E poi, ora che hai conosciuto mia nonna- ridacchiò camminandogli avanti, distanziandolo -Conoscere mio padre sarà una passeggiata-
-CHE COSA?!?!?!?-

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Centoventi minuti ***


Image and video hosting by TinyPic

 

La Fan Art appartiene a Rolochan105


 
Capitolo 6: Centoventi minuti
 


La tavola imbandita brillava sotto le luci calde e ovattate della sala ristorante.
Tronfia nella sua abbondanza di cibarie e centrotavola luccicanti, la tavolata si apre nel centro del locale, costringendo tutti gli altri commensali, seduti alle loro tavole ben imbandite, ma misere al confronto, ad alzare gli occhi dal loro piatto e boccheggiare per tanta bellezza di stoviglie e posate scintillanti.
Sospiro, per la boriosa mania di mia nonna nel mostrarsi superiore anche tra i suoi clienti.
Zampettando veloce per la sala, corro dietro a nonna Tsuru e a Gladius, trascinando per un braccio Zoro, approdando a grandi falcate alla già rumoregginate tavola dei Cocoyashi.
Non oso nemmeno sollevare lo sguardo dal mio piatto, sedendomi pesantemente sulla sedia imbottita e in tessuto morbido rosso, schiacciando il buzzurro alla mia destra, pestandogli un piede affinché atterri con le sue chiappe sulla sedia che dondola al  mio fianco.
Il tutto in cinque secondi netti.
Il tutto per evitare lespressione shockata e visibilmente impreparata di mia sorella Nojiko, alla vista del mio accompagnatore.
Il tintinnare ferroso della sua forchetta, contro il pattino in porcellana di Rex da cui lo stava imboccando, sottolinea il mio arrivo, facendo sollevare a tutto il parentame  gli occhi su di me.
Una scia di freddo gelido mi corre sulla colonna vertebrale, e ho lorribile sensazione di essere al centro dellattenzione del mondo.
Tossicchiando piano, mi siedo composta alla tavola ben agghindata, sorridendo educata e stirando alla perfezione le pieghe del tovagliolo sulle cosce, fissando con estrema scrupolosità la tovaglia e tutto il servizio coordinato che larreda.
Ora come ora, preferirei essere in una savana circondata da condor e avvoltoi, e pagherei milioni pur di sapere che gli occhi che sviscerano, il mio accompagnatore e me, sono quelli degli uccelli spazzini, e non dei miei zii e cugini.
Perché, se è vero che sono la pecora nera singole della famiglia, è anche vero che vedermi accompagnata da qualcuno -da un qualcuno decente per di più, perché, per quanto nonna voglia dirlo, Zoro decente lo è eccome- può essere solo un nefasto presagio simile allarrivo al galoppo dei Quattro Cavalieri dellApocalisse.
Con il sottofondo della Valchirie.
Cantato da angioletti stonati e brutti.
Angioletti stonati, brutti e dalle ambigue tendenze sessuali alla Gladius.
E la mia famigli lo sa, lo sa perfettamente, e la paura dipinta sui loro volti ne è la prova.
Deglutisco piano, guardando di sfuggita Zoro, sbuffante di noia alla mia destra, che abbozza un ghigno che sembra più un rigurgito gastrico che un sorriso di saluto per i miei parenti.
Mi passo una mano sugli occhi: iniziamo bene
-Ora che siamo tutti riuniti- spezza il silenzio della tavola nonna, portando entrambe le mani sulla cima del bastone da passeggio - possiamo anche iniziare la nostra annuale cena di famiglia-
Si siede sulla tronfia e morbida poltrona che usa in queste occasioni, su cui sempre si è seduta per raccontare storie da brividi a me e a mia sorella da piccole, o per sgridarci. Porta una fragile e grinzosa mano ad afferrare un campanellino che, sussultando, richiama i camerieri dellhotel, che subito iniziano a portare in tavola le prime portate.
Il via vai di camerieri e piatti, leggeri e scivolosi tra le altre tavole occupate dagli ospiti dellhotel, mi da loccasione per sorride a Nojiko, il cui infarto sembra ormai imminente, annuendo velocemente.
Ti spiegherò provo a inviare un messaggio telepatico, che lei sembra cogliere, annuendo convinta e, tornando ad imboccare il piccolo Rex con una poltiglia giallognola e per niente opera di Sanji, sorride a suo marito.
Sospiro, deglutendo piano.
La cena non durerà molto, appena due orette.
Due orette in cui dovrò solamente mantenere i nervi saldi e lo stress sotto il livello critico, sopravvivendo a questa tortura.
Due orette.
Solo due orette.
Che vuoi che accada in due orette?
Insomma, centoventi minuti, cosa può mai accadere in così poco tempo di così gravemente disastroso?!?
Mi guardo attorno, rabbrividendo incrociando i sorrisi dei miei famigliari, ricordando che, in centoventi minuti:
1- Nojiko ha messo al Mondo Bell, con urla strazianti e doglie da torci budella.
2- Rufy ha sposato Robin e divorato tutto il ricevimento di nozze, lasciando a digiuno gli invitati. Bonney non ne era stata entusiasta
3- Mio padre ha giustiziato psicologicamente tutti i miei ex fidanzatini delle medie.
4 -Nonna Tsuru ha demolito la mia autostima in due round da sessanta minuti ciascuno, e differiti in due differenti anni.
5- Zio Garp ha semi ucciso i suoi nuovi cadetti, con una massacrante marcia sui calderoni ardenti e zaini imbottiti di pietre.
6- Ace, il piccolo dolce Ace, ha dato fuoco a Sabo, mezzo addormentato sul divano al cenone natalizio. Sabo non ne era stato contento, Koala un po di meno, visto il pessimo regalo ricevuto dal fidanzato.
7- Lo zio Croco ha spiumato e impalinato zio Dofla per ben tre volte di fila e non in senso figurato o metaforico: in senso carnale.
Mi bastano questi piccoli, sette, minuscoli pensieri, per farmi impallidire e pregare qualsiasi divinità di salvarmi dai prossimi lunghi, devastanti e mortali centoventi minuti.
Perché, si, qualcuno Babbo Natale, Batman, lomino della Michelin, Chopperman- verrà  a salvarmi, vero?
-Mocciosa- mi spintona sulle costole con una gomitata il buzzurro, facendomi sussultare.
Sollevo gli occhi sgranati di terrore su di lui, incrociando il suo sguardo leggermente confuso e irritato.
Irritato ancora per le critiche di nonna, ne sono certa, confuso per labbondare di facce nuove sedute alla nostra tavola.
Approfittando della confusione di piatti e cibarie che volano sulla tavola, mi sporgo verso di lui, sussurrandogli piano per non farmi sentire.
-Quello vicino a nonna - bisbiglio, indicando con un cenno del capo limmensa figura barbuta e dalla risata grossolana che malmena Gladius a suon di pacche sulla schiena - è il pro zio Garp, vice ammiraglio della Marina Nazionale-
Ruoto il capo alla sinistra dello zio, accertandomi che Zoro segua quanto gli dico e le persone che indico con lo sguardo.
-Sabo con la fidanzata Koala, seguiti da Rufy e la moglie Robin, in cinta di Ann, in mezzo a loro Ace, il demoniettladorabile piromane-
-Quel babbeo con il dito nel naso è padre?!?- sbotta incredulo, alzando un po troppo la voce.
Gli do una gomitata sul fianco, mozzandogli il respiro e fulminandolo con lo sguardo.
-Non urlare- sibilo a denti stretti Altrimenti tu di figli non ne avrai proprio-
Lui digrigna i denti, sbuffando e storcendo le labbra, imprecando a denti stretti.
Sbuffo, tornando ad elencare lalbero genealogico della mia famiglia.
-Vicino a Ace, come vedi, cè Bells, la mia nipotina, accanto mia sorella Nojiko con Rex-
-Il cane detectiv ouch!!!-
-Mio nipote- ringhio pestando ben bene un suo alluce con il tacco degli stivali e fulminandolo con lo sguardo E quello con il mento a punta è Drake, mio cognato-
-Uhm- si liscia il mento Zoro, fissandolo Che lavoro fa?-
-Marine, nello stesso distretto di papà- snocciolo informazioni, indicando il mio babbo seduto alla destra di nonna Perché?-
-Pensavo barista: con quel mento a punta ci puoi stappare le bottiglie di birra-
Non oso picchiarlo di nuovo, perché in fondo un po di ragione ce lha, e sorridendo sorvolo sulla sua frecciatina.
-Usopp è quello con il nasone, vicino cè sua moglie Kaya e la piccola Merry che giocattola con Roger, figlio di Bonney e Ace- sospiro abbassando gli occhi Ace era il fratello di Sabo e Rufy, ma è morto in un incidente lanno scorso- mi mordo un labbro Bonney non ne è ancora uscita-
Zoro annuisce piano, fissando per un lungo attimo la rosa che accarezza materna il piccolo ritratto vivente del suo amato.
-Mi dispiace- sussurra, inclinando le spalle verso di me, permettendo al cameriere di posare la prima portata davanti a lui.
Annuisco, e non appena il cameriere serve anche me e si allontana, torno a sussurrargli allorecchio.
-Il posto vuoto accanto a me- indico lunica sedia libera della tavola - è per Sanji-
Sollevo leggermente lo sguardo, assicurandomi che non sia nei paraggi, portando poi una mano davanti alla bocca nel parlottare con il buzzurro.
-Non è un mio aprente, è il capo chef dellHotel, nonché cuoco ufficiale della nonna: lei non mangia niente che non sia preparato a regalo darte da lui- annuisco, fissando dritta negli occhi  Zoro.
-È il miglior cuoco al mondo- affermo senza paura Ed è come se facesse parte della famiglia, e sarebbe anche un caro ragazzo se non fosse per-
-OH NAMI SWANNNNNNNN: SEI ARRIVATA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!-
Deglutisco amaramente, trattenendo il respiro mentre due forti e muscolose braccia mi stritolano il costato, alzandomi a forza dalla sedia.
-Oh mia dorata!!!!- ulula Sanji, premendo il suo ciuffo biondo contro la mia faccia, facendomi sbuffare.
-Sanji!!!- mi dimeno, cercando di allontanarlo da me spingendolo sul petto con entrambe le mani Mollami!!!-
-Oh Nami swan, quanto tempo: come sei diventata morbida!!!!- sanguina dal naso, strusciando il viso sul mio petto, piroettando ed emanando cuori in ogni dove.
-Dannazione!!!- strillo Sanji mollami, così mi insanguini la maglia!!!-
-Oh Nami swannnnnn!!!!-
Roteo gli occhi al cielo, imprecando a denti stretti e, sbuffando, fulmino Zoro, comodamente seduto a tavola a mangiare senza tanti problemi.
-Zoro!!!- strillo, scalciando contro lo schienale della sua sedia Aiutami!!!-
Il buzzurro alza gli occhi dal suo piatto, ghignandomi in faccia divertito.
-Io?- si indica il petto, abbandonando la schiena sulla sedia e lasciando, dondolante e rilassato, il braccio destro contro la spalliera.
-Perché dovrei? Hai detto che Sanji- abbozza un ghigno più accentuato, indicando il biondo che mi stritola -è un così caro ragazzo-
Ringhio al suo farmi il verso, e scalciando su un anca del cuoco sanguinante, allento un po la sua presa, liberando un braccio e colpendo con un pugno il suo già sanguinante naso.
-Mollami babbeo!!!- sbraito, atterrando a piè pari a terra.
Come stavo dicendo, Sanji sarebbe un caro ragazzo se non avesse questa orribile mania per le ragazze, ogni tipo di ragazze, senza discriminazione alcuna.
È una specie di Casanova chef con lepistassi perenne al naso.
Un abbondante e infornabile epistassi perenne al naso.
Lancio unocchiataccia a Sanji, ora a terra che canticchia un non so che sulla mia bellezza, premendo tra loro le nocche delle mie mani mentre mi avvicino a Zoro.
Quel doppio babbeo!!!
Non ci giro tanto attorno, e sferro anche a lui un pugno, sul cranio, facendogli sbattere la testa nel centro del piatto, che risuona come un Gong di guerra al contatto con il suo granitico cranio.
-Grazie per laiuto, tesoro- serro la mascella, spolverando le mani in un battere di palmi.
-Razza di mocciosa violenta- ringhia, fulminandomi in cagnesco mentre mi risiedo a tavola accanto a lui.
A queste scene, allarrivo di Sanji e ai suoi calorosi saluti, la mia famiglia è ben abituata, per questo non si scompongono granché per la mia reazione e per luso forse eccessivo della violenza.
Violenza che, anche usata su presunti miei fidanzati, non fanno inorridire nessuno dei miei parenti.
È il dogma Cocoyashi: la donna forte comanda, e tu obbedisci.
-Avresti dovuto aiutarmi- sbotto, prendendo in mano le posate Sei il mio ragazzo, ricordi?- sibilo sottovoce.
-Te la sei cavata comunque- azzanna un pezzo di bistecca Zoro, soffiando dal naso E poi io devo essere solo il tuo ragazzo, non la tua guardia del corpo-
-E i ragazzi non difendono le proprie donne?- sussurro irritata.
-Hai detto bene- ghigna Le proprie donne- mi guarda di striscio, per poi serrare la mascella e ghignare divertito, molto divertito.
-Le mocciose non sono comprese-
Un calcio gli mozza il fiato e gli rende scarlatta una caviglia, mentre bevo elegantemente dal mi bicchiere.
-Idiota- lo ammonisco, socchiudendo gli occhi.
-Bene Nami- interrompe la nostra sommessaì litigata, nonna.
Mi volto verso di lei al richiamo, sporgendomi sul tavolo per poterla osservare dopo Sanji e mio padre.
Sorrido felice al mio papà, inviandogli un bacio a fior di labbra, facendolo arrossire e traballare i suoi baffetti neri e perfetti.
Lo fisso, mentre mi scruta in viso, passando poi a studiare, con maggior attenzione e disappunto, Zoro, facendo oscillare nervosamente i baffi.
Sospiro, ben conscia che, oltre alla ramanzina di nonna sul non aver informato nessuno del mio presunto fidanzato, dovrò sopportare anche la sua. Meno dura magari, ma pur sempre pesante.
-Raccontami Nami- parla nonna, leccandosi il profilo delle labbra sporche di vino roso Come va il lavoro?-
Annuisco, sorridendo felice di conoscere perfettamente la risposta alla domanda.
Perché ogni domanda di nonna, anche la più semplice e innocua, nasconde in realtà un trabocchetto.
-Bene nonna- rispondo Ho concluso il servizio a Skypea proprio un giorno prima di partire per venire qui-
Nonna annuisce soddisfatta della risposta, mentre Gladius appunta tutto su un tatuino rosso.
-Skypea- mormora Sanji, socchiudendo un occhio nellassaporare un bicchiere di vino Ho sentito dire che le sue spiagge sono simili alla polvere di diamante, e che lacqua dei suoi oceani cristallina come zaffiri- apre del tutto locchio e lo punta su di me.
-Dimmi Nami- sussurra - hai preso il sole in bikini o in top less?!?-
Un pugno lo zittisce, da parte di mio padre però, che lo prende per il collo e lo scuote, minacciandolo di non so che tortura.
Visto?
Sanji non è un cattivo ragazzo, e solo impossessato dal fantasma di Rocco Siffredi.
-Ivankov mi ha detto che ben presto partirai per Dressrosa, per la fiera annuale dei fiori- continua a parlare nonna, nominando il mio capo, noncurante del fatto che mio padre sta minacciando ancora Sanji con un cucchiaino da thè.
-Si, parto a fine mese- mantengo fisso lo sguardo su di lei, concentrata a non lasciarmi ingannare Dovrò fare un reportage fotografico sulle bellezze della città e le maggiori attrazioni della fiera-
-Uhm, bene, bene- annuisce, sorridendo compiaciuta.
Arrossisco e mi emoziono per la sua espressione compiaciuta del volto, compiaciuta di me, di ciò che faccio.
Ed è qui che scatta la trappola, che scivolo nellinganno
Perché basta quel sorrisetto tirato e rugoso, per farmi vacillare e abbassare la guardia, permettendo a nonna di parlare, ma non più a me, bensì a
-E tu, Roronoa, di cosa ti occupi?-
Mi congelo, sussultando sulla sedia.
Oddio, no!!!
Noooooo!!!
Zoro non sa dei tranelli di nonna, Zoro non sa dire il minimo indispensabile per non fare una brutta figura, Zoro non sa è su un patibolo di carta di riso dannazione!!!
Zoro non sa un cavolo!!!
Provo a parlare per prima, evitando ogni pericolo, ma il buzzurro ha già aperto bocca e sta già rispondendo alla domanda.
-Sono uno sportivo- mormora, seccato.
-Uno sportivo?- ghigna nonna, facendomi raggelare Che genere di sport pratichi?-
-Kendo- scandisce la parola con orgoglio Presto sosterrò lincontro per entrare a far parte della formazione ufficiale del paese-
-Shh- cerco di zittirlo, strattonandolo per un braccio Non dire mai a nonna che-
-Oh ma è ancora tutto da vedere allora- prende al balzo lo scivolone del buzzurro nonna Non sai se supererai o meno la prova-
Il braccio di Zoro si irrigidisce sotto la mia presa, e la mascella si contrae irritata.
Parecchio irritata.
Nonna Tsuru sa usare perfettamente le aspettative di chiunque, riducendole a poltiglia organica e maleodorante comunemente chiamata merda, massacrando lautostima personale con uno schiocco di labbra o anche meno.
Risponderle a tono, può costare caro, non rispondere affatto anche peggio.
-Io entrerò a fra parte della nazionale di Kendo- afferma senza paura Zoro, con un tono di voce che non ammette nessuna replica o dubbio sulle sue capacità.
Lo fisso senza parole.
È la prima persona al mondo che fronteggia con tanto coraggio e sprezzo del terrore nonna. Nessuno, nessuno mai ha osato rispondere con questo tono.
Lo ammiro per la sua forza, per il suo coraggio a difendere il suo sogno.
Lo ammiro perché non teme nonna, né ciò che gli farà.
Io non avrei mai avuto questo coraggio. Non tanto nel difendere i miei sogni, quanto nel rispondere con un tono così feroce e imbestialito.
Nonna socchiude gli occhi, annuisce piano e poi sorride.
È una cosa che non ha mia fatto, e mi lascia spiazzata, costringendomi a fissarla mentre sussurra qualcosa a Gladius, che subito si affretta a scribacchiare sul suo tatuino rosso.
È incredibile.
Non che nonna sia rimasta senza parole dal tono del buzzurro, questo non potrebbe accadere nemmeno se le cadesse la lingua nel piatto, ma credo piuttosto che abbia scelto il silenzio, come a concedere a Zoro un po di fiducia.
Deglutisco piano, tornando a fissare il buzzurro, stringendo piano la presa sul suo braccio.
-Zoro- lo chiamo piano, e lui abbassa gli occhi su di me, magnetizzando nuovamente il mio sguardo al suo, vietandomi di distoglierlo.
Mi vedo riflessa nelle sue iridi nere e profonde, percepisco il suo respiro pesante a pochi centimetri dal mio viso, e la tensione dei suoi muscoli sotto la mia mano, ferma a sfiorarlo sullavambraccio.
Vorrei vorrei vorrei quasi
-Ehi, aspettate un attimo- una voce infrange latmosfera, facendomi sbattere ripetutamente le palpebre E tu chi diamine saresti?!?-
Mi volto a fissare Sanji, in piedi dietro di me, che sbraita contro il buzzurro, quasi si fosse accorto solo ora della sua presenza.
Ragionando, credo che se ne sia accorto veramente solo ora.
-Che diamine saresti tu?!? Un Marimo con le gambe?!? E perché diamine sei seduto accanto alla mia dolce Nami?!? Eh? Su parla, idiota algato!!!-
-Idiota algato?!?- ringhia Zoro, piegando una forchetta tra pollice e indice A chi hai dato dellidiota algato, razza di cretino con le sopracciglia a rotolo di carta igienica? Ma ti sei visto allo specchio?!?-
-Razza di babbo, come osi?- sfodera i denti squalini Sanji, alzando un piede sulla sedia Ti cucino con i tagliolini, chi ti credi di essere?!? Eh?-
-Sanji- tossicchio piano - lui è il mio ragazzo-
-Che cosa?!?!?- sbianca, e dalla rocciosa posizione offensiva, si raggomitola in posizione fatale sotto la sua sedia, piangendo e stringendo tra i denti un fazzolettino di carta.
Borbotta un qualcosa del tipo che un Marimo come lui non mi merita, e che anche lui un giorno troverà una ballerina dai riccioli di mora che lo chiamerà Sanji chan.
Una gocciolina di disperazione mi cola dalla tempia, e non riesco a deglutire a disagio, tra una portata e laltra, fissando il mio amico.
Povero Sanji.
Se solo sapesse la verità
-Comunque sia- tossicchia papà, catturando al mia attenzione, mentre i camerieri servono la nuova portata - come vi siete conosciuti tu e Zoccolo?-
-Zoro- sbotta il buzzurro, mentre sto ancora fissando Sanji deprimersi Ci siamo conosciuti un paio dore f.. MMMMFFHHH!!!!-
Gli tappo la bocca con una pagnotta, soffocandolo.
Bravo, bravo davvero idiota deficiente.
Di pure che ci conosciamo da meno di dieci ore, così capiranno tutti che non sei affatto il mio vero ragazzo.
-Sta zitto cretino- lo prendo per il bavero della maglia, portandolo a un soffio dal mio viso incarognito.
Lo mollo, tornando sorridente e cordiale, rivolgendomi a papà.
-Zoro diceva che sembrano solo un paio dore, che ci conosciamo, ma in verità usciamo assieme da almeno tre mesi vero tesoro?- ringhio, rivolgendomi al buzzurro.
Lui annuisce, massaggiandosi la gola mentre ancora è bluastro sul viso.
-Tre mesi- si liscia il mento, senza barba Genzo Tre mesi.. mm Drake!!!-
Mio cognato, dallaltra parte della tavolata, scatta in piedi, e allo schiocco di dita di mio padre, si butta a terra, iniziando una serie di flessioni.
-Tre mesi che escono insieme e tu non ne sapevi nulla? Imbranato!!!- strilla papà, mentre Nojiko scuote il capo disperatamente.
Ve lho detto no? Nella mia famiglia tutti sanno tutto prima di tutti.
E sapere che forse mio cognato, per la grazia di aver sposato mia sorella, deve obbedire a ogni sorta di rodine di mio padre, per fino informarsi della mia vita privata e intima, non mi stupisce più di tanto.
Proprio per niente.
-Suvvia papà- oscillo la mano verso di lui, per tranquillizzarlo - non è poi così tanto-
-Si invece- mi fissa scuro in volto, per poi far spuntare due lacrimoni enormi ai lati del viso Tre mesi- singhiozza Tre mesi che la mia bambina è in mano a uno Zoccolo-
-Zoro- sbotta ancora il buzzurro.
-Tre mesi!!!- ulula, ignorando il buzzurro -Io e tua madre in tre mesi ci siamo sposati e abbiamo concepito Nojiko-
-Si, ok certi dettagli risparmiameli ti prego- sudo freddo Anche perché non si ripeteranno con me-
-Davvero?!?-
Mi ritrovo mio padre contro di me, le sue mani sulle mie e i suoi occhioni scuri brillanti come stelle.
-Vuoi dirmi che sei ancora intoccata, piccola mia?-
Perfetto, eccomi davanti al dilemma di ogni figlia: mentire e dire al proprio padre che non si ha perso la verginità in quinta superiore, in gita a Sabaudy con il ragazzo di allora, o dire la verità e procurargli un infarto?
-P-papà-
-Signore, le assicuro che non ho ancora toccato sua figlia- parla serio Zoro, accarezzandomi una spalla.
Per la seconda volta in poco meno di due ore, Zoro mi coglie alla sprovvista nuovamente.
Mi sorprende il suo tono serio e pacato, quasi perfetto se non ci fosse quel leggero tik sulla ruga sotto il suo occhio sinistro, tipico segno di chi mente. Sorrido, rincuorata che è dalla mia parte nel coprirmi.
Non lo facevo così gentile e
-Insomma, con che coraggio si può andare a letto con una strega come lei?- sbotta ghignate.
 e coglione.
Una mia gomitata la piega in due, mentre torno a ringhiargli contro.
-Tre mesi o più sono comunque pochi, per invitare una persona alla riunione di famiglia- spara ad altezza Nami nonna, e non posso far altro che abbassare lo sguardo alle stoviglie, mentre papà lucida due coltelli, mirando alla giugulare di Zoro.
-Nemmeno Law o Kid hanno raggiunto questo traguardo- continua nonna, sorseggiando champagne e spiluccando un po duva Le tue ex invece, Roronoa?-
Guardo di sottecchi Zoro, studiando la sua reazione.
Con calma, si pulisce la bocca sul tovagliolo, alzando poi gli occhi su nonna, reggendo il suo sguardo indagatore.
-Tutte storie di poco conto- afferma serio, e non noto alcuna traccia di finzione o probabile bugia Nessuna è stata realmente una storia seria-
Abbozzo un sorriso, sollevata dalla sua sobria e soddisfacente risposta, ma prima di posare lo sguardo su nonna, un improvviso dubbio mi assale.
Tremo, e senza pensarci, getto a terra una forchetta, afferrando poi il buzzurro per un polso.
-Oh la forchetta- quasi strillo Tesoro aiutami a cercarla-
Mi immergo sotto il tavolo, trascinando giù a raso terra anche Zoro, afferrandolo poi per il colletto della maglia.
-Ma che diamine-
-Tu non hai una ragazza vero?- sibilo a denti stretti, fissandolo negli occhi.
-Che?- inarca un sopracciglio Ma che cavolo farnetichi?-
-Tu, attualmente- bacchetto un dito allin giù, per sottolineare il periodo temporale Non hai una ragazza che ti aspetta da qualche parte, vero?-
Deglutisco piano, piena di paura.
-Non sto facendo la parte dellamante, giusto?-
Zoro mi scruta, la fronte rilassata e le ciglia scure unite in un'unica linea. Alza una mano e la posa, con alquanta forza e pesantezza, sulla mia fronte, schiacciandomi la frangia.
-Tu non stai bene- decreta.
-Stupido- scuoto il capo, cercando di liberarmi di lui.
-Credi che tradirei mai la mia donna con te? Una mocciosa?-
Ringhio.
-Giuro che se non la pianti con questa storia della mocciosa, al tuo incontro ci va a calci in culo express- minaccio con pungo alzato.
-Ehm, Nami swan adorata?-
Mi volto, e fisso Sanji, ora ricostituito da lumaca piangente a essere umano, scrutarmi da sopra il tavolo, studiano la mia posizione accucciata e i volti, mio e di Zoro, vicinissimi.
-Tutto bene?-
-Certo- trillo, saltando sulla sedia e tornando a tavola ben composta Abbiamo ritrovato la forchetta- ridacchio, cercando di tranquillizzare il biondo.
Sanji annuisce e distoglie lo sguardo da me a Koala, elogiandolo per il suo bel vestito.
Tiro un sospiro di sollievo, beandomi del momentaneo attimo di respiro da parte di nonna e del suo tribunale dellInquisizione.
Siamo solo a metà cena e ho già il cardiopalma: riuscirò ad arrivare alla fine almeno semi viva?
-E poi- continua a borbottare Zoro al mio fianco, ghignando - per definirti amante, dovresti almeno sedurmi, e con cosa lo faresti tu? Con le tue tette di gomma?-
Ringhio ancora, ancora e ancora.
Se questi maledetti centoventi minuti non passano in fretta, al mio elenco de Le cose che si possono fare in due ore si aggiungerà una nuova voce:
8- Squartare vivo un buzzurro cretino dal cranio verde.
 
 








ANGOLO DELLAUTORE:
Piccole news di servizio:
Fino al prossimo primo di settembre non potrò aggiornare ne pubblicare niente di nuovo, causa lavoro intenso e omicida e internet tuttora assente.
So bene che ho un sacco di recensioni a cui rispondere, e chiedo venia a tutti coloro che attendono una mia benedetta risposta, ma mi sarà davvero difficile accedere a EFP in questi giorni. Spero, spero davvero, che a Settembre torni tutti alla norma.
Per quanto riguarda Spada & Mandarino il capitolo 33 sarà molto corposo, e oltre allassenza di connessione, mi prenderò questo periodo per scriverlo e rileggerlo al meglio, per  tutti voi che lo seguite, leggete, commentate.
Mi scuso per questi continui ritardi, ma davvero il lavoro mi lascia poco tempo e con pochissime energie. Vi prego di pazientare, per favore, ma se volete comunque dirmi la vostra, contattatemi pure via mail privata: farò di tutto per rispondervi.
Grazie infinite per lattenzione, a Settembre, con una succosa e rossa sorpresa <3
Zomi

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** E che divano sia... ***




Image and video hosting by TinyPic
 
 

La Fan Art appartiene  a Rolochan105



 
Capitolo 7: E che divano sia…
 

 
a Milly
 
 
Affondo il viso nel copri materasso color crema del letto matrimoniale, mugugnando sfinita.
I capelli sciolti attorno al capo rivolto all’in giù, gambe penzoloni dal letto, braccia aperte da morto.
Stato mentale? Un lombrico avrebbe maggior capacità di ragionare di me a momento.
La cena è durata più di due ore, e dopo la sesta portata avevo già terminato le balle più plausibili per la mia relazione con Zoro, e non so davvero come sono riuscita a reggere la messa in scena con il buzzurro come pater che più che aiutarmi, mi ha messo in ulteriore difficoltà con i suoi rozzi modi da uomo delle caverne e la scarsa capacità di mentire.
E il susseguirsi di figuracce e sotterfugi alle domande dei parenti non hanno dato nessun aiuto.
 
Com’è stato il primo bacio?
La prima volta dove?
L’ultima?
Ma sono tutti veri quegli addominali che ha sotto la maglia?
Me lo presti per togliere le ragnatela dal soffitto? Sai Usopp ha paura dei ragni…
 
Sono distrutta.
Mi volto a pancia in su, mantenendo gli occhi chiusi e ignorando i rumori del cavernicolo in bagno, mentre litiga con il tubetto del dentifricio lasciando scorrere l’acqua del lavandino.
Non ho voglia di soccorrerlo, e poi è solo dentifricio, saprà cavarsela.
Corrugo la fronte, aprendo le braccia ad occupare l’intero materasso a due piazze e mezza, stiracchiandomi e pronta a rilassarmi, sprofondando tra le coperte.
Ho un disperato bisogno di dormire.
Una bella dormita rilassante ed energizante in uno dei meravigliosi letti del Midori Wash.
Arriccio le labbra come un gatto in vena di fusa, accoccolandomi su un fianco sul copri materasso caldo e morbido, accarezzandolo dolcemente a mano aperta e isolandomi dalle imprecazioni di Zoro contro il dentifricio, che pare abbia preso vita e cerchi di soffocarlo.
Sospiro, strusciando una guancia sul ricamo della coperta.
Tutti i letti dell’Hotel sono stati esclusivamente scelti dalla nonna, e lei vuole solo il meglio per i suoi clienti.
I materassi sono imbottiti di penne d’Oca allevate a terra, le cuciture fatte a mano, i piumini riscaldati e i cuscini ammorbiditi da cento colpetti ogni giorno dalle cameriere dell’Hotel, le lenzuola sempre profumate di fresco… cosa si può desiderare di più per il proprio riposo?!?
TONF
Sobbalzo, venendo malamente urtata sulla schiena da qualcosa di grosso e pesante, che fa traballare tutto il letto per la forza con cui ci si è buttato sopra.
-Ma che modi sono?!?- sbotto, sollevandomi col busto a fulminare quell’odioso buzzurro che si sta spaparanzando sul corpi materasso, allargando le braccia e rubandomi tutto il posto che mi ero guadagnata con tanta fatica a suon di fusa mentali.
Zoro non apre nemmeno mezzo occhio, ghigna e si struscia sulle coperte, sfilandosi con la punta dei piedi le scarpe, che vanno ad abbattersi come delle bombe contro la parete chiara della stanza, facendo vibrare l’intonaco.
Grugnisco, venendo spinta fin sul bordo del letto, contro la sponda finale leggermente rialzata, ritrovandomi i suoi calzini maleodoranti a poca distanza dal viso e a rischio di caduta dal materasso.
E che cavolo: no!!!
Traballo sul bordo del letto, ma riesco a rimanerci sopra, e non appena sono certa di avere un buon equilibrio, ballonzolo di nuovo vicino al buzzurro, schiaffeggiandogli quei cosi radioattivi che osa chiamare piedi, puntandomi poi con i miei delicati piedini sulle sue gambe, spingendole verso la tastiera del letto e recuperando mezzo metro su cui gattono per poter raggiungere il busto di questo maleducato.
Mi metto in ginocchio, puntando le mani sui fianchi e fulminandolo dall’alto della mia figura.
-Ehi!!- sbotto, richiamandolo –Che diamine hai in mente?-
Apre un occhio, pigramente e in un irritabile modo da bradipo scemo, non provando nemmeno a sollevare il capo dalle braccia piegate a reggerlo sopra il copri materasso.
Mi fissa, stendo le labbra prima di richiudere l’occhio senza degnarmi di risposta.
-Allora?- sbuffo, incurvando la schiena sopra di lui e colpendogli un ginocchio con un pugno, per svegliarlo.
Sciocca la lingua sul palato, riaprendo l’occhio e ripuntandolo su di me, mugugnando.
Oh bhè almeno è un progresso: dal mutismo ai mugugni infantili.
-Scendi subito dal letto!!!- ordino, indicandogli il pavimento tappezzato di parquet.
Lui lo fissa, o almeno ci prova buttando lo sguardo oltre le sue ginocchia, per poi riportarlo su di me indagatore.
-Come?- sbotta, aprendo anche l’altro occhio.
-Qui ci dormo io- incrocio le braccia sotto i seni, ghignando.
Ho io il coltello dalla parte del manico: lui vuole andare a Kukù-landia? Bene e allora dovrà stare alle mie regole.
Lo fisso alzare il busto, puntandosi con i gomiti contro il materasso, fissandomi con un ghigno che non promette nulla di buono.
-Dov’è che vorresti dormire tu, mocciosa?- sghignazza.
Gonfio le guance, irritata per quel suo sorrisetto beffardo che mi fa, nonostante la stanchezza e la rabbia crescente, attorcigliare lo stomaco, facendolo volteggiare su se stesso.
Scuoto il capo, serrando gli occhi giusto l’attimo in cui il buzzurro si mette a sedere accanto a me, sghignazzando divertito.
-Su, ripeti un po’…- ridacchia.
Serro gli occhi, prima di puntarglieli contro, afferrandolo per la maglia e strattonandolo verso di me.
-Tu- gli punto un dito contro i pettorali di acciaio –Non dormi sul letto: io dormo sul letto- mi indico, quasi stessi parlando a un deficiente.
Che, a dire il vero, come ipotesi non è poi così distante dalla mia situazione attuale.
-E io dove dovrei dormire?- solleva un sopracciglio, annullando il ghigno, che magicamente si trasferisce sul mio viso.
-Sul divano- ridacchio, puntando le mani ai fianchi.
Zoro inarca ulteriormente il sopracciglio, allungando il collo oltre di me, a fissare il bianco e in pelle divano che affianca la parete finale della camera, esattamente dalla parte opposta del letto e del bagno, lontana chilometri dalla comodità del gabinetto e dal calore del piumone riscaldato.
Ma soprattutto, vicino, troppo vicino, al muro, che di certo fa da eco a ogni tipo di rumore proveniente dalla camera adiacente, facendolo ribalzare sul tessuto liscio e scomodo del sofa, impedendo il riposo anche a un ghiro.
Il buzzurro aggrotta la fronte, corruga il naso e mi fulmina riportando lo sguardo su di me.
-Scherzi vero?- sbotta.
-Assolutamente no!!!- gli tiro la lingua, ridacchiando.
Si lo so che sono perfida, ma lui e il suo ghigno-volta-stomaci mi fanno provare delle sensazioni nuove, che non ho mai provato e che, ammetto, se da una parte mi piacciono dall’altra mi spaventano.
-Dannazione, mocciosa!!!- batte un pugno sul materasso –Siamo adulti: anche se dormiamo assieme non vuol certo dire che deve succedere qualcosa!!!-
Sgrano gli occhi, fissandolo stupita.
-Credi che sia normale, per me, dividere il mio letto con uno sconosciuto?!?-
-Il tuo letto?!?- spalanca la bocca –Mica l’hai comprato!!!-
-Dettagli- piego di lato il viso, sventolando una mano contro il suo respiro grave e rabbioso.
-Nami!!!- ringhia, premendo le mani nuovamente sul corpi letto –Io su quel divano non ci dormo-
-E dovrei dormirci io?!?- lo fulmino nuovamente.
-Puoi sempre dividere il letto con me- ghigna, con una punta di malizia che mi fa arrossare le gote e scaldare le budella.
-Mai- sibilo secca –E se mentre dormo mi salti addosso?-
-E se mi salti addosso tu, mentre io dormo?- sghignazza.
Inclino il capo, incrociando le braccia sotto i seni e guardandolo con aria saccente e divertita.
Perché si, sono astinente dal sesso da tanto, ma non sono così disperata.
-Zoro…- lo chiamo piano -… ti assicuro…- sussurro, incurvandomi verso di lui e premendo le braccia sui seni per risaltarli -… che tra noi due, quello che difficilmente può resistere la fascino dell’altro sei di sicuro tu- lo provoco, accarezzandogli il petto.
Lo vedo fissare la mia mano scivolare, su e giù, per lo sterno, e deglutire prima di ghignare.
-Sarà…- inclina le sue sottili e invitanti labbra -… ma io di certo non dormirò su quel divano di mucca morta- si alza dal letto, avvicinandosi alla sua sacca e, sfilata la maglia, abbandonarla su di essa.
La rabbia mi monta nel petto, e mentre sbuffo e ringhio, non riesco nemmeno a godermi al meglio il suo sedere semi nudo mentre si sfila i pantaloni, per quanto nervoso mi circola in corpo.
-Andiamo buzzurro!!!- pesto i piedi a terra, alzandomi anch’io –Come puoi pretendere che dorma con te: non ci conosciamo nemmeno!!-
-Dormi sul divano allora- scrolla le spalle, piegando i jeans.
-E la cavalleria?- sbotto, giocandomi la carta del “sono una fragile e innocente fanciulla” con tanto di sbatte di ciglia supplichevole.
-È morta- si volta sghignazzante, ma soprattutto in boxer –E anche i cavalli sono scappati-
Senza esitazione si infila sotto le coperte del letto, occupandolo interamente con le braccia, emettendo un lungo gemito di piacere.
-Giuro Roronoa- sbotto –Se non mi cedi il letto il biglietto per il tuo incontro te lo sogni-
Lo fisso, certa che la mia minaccia funzioni, ma lui ghigna e a occhi chiusi ridacchia.
-Quella carta te la puoi giocare di giorno- ride, alzando e abbassando velocemente lo sterno ricoperto di sexy muscoli –Ma di notte no, e sai perchè?-
-Perché i tuoi neuroni escono dal nascondigli in cui si riparano dal sole?- sbotto acida.
-No- piega le braccia dietro il capo, rilassandosi del tutto –Perché il sonno per me è sacro, e se tu non mi fai dormire qui, in questo comodo e caldo letto,  io prendo e me ne vado e tu puoi dire addio al tuo finto ragazzo…- solleva un palpebra, fissandomi divertito -… capito mocciosa?-
Sbianco, spalanco la bocca e ammutolisco.
Cazzo.
Cazzo, cazzo, cazzo.
Ecco, lo sapevo che anche Zoro ha i suoi cinque minuti di intelligenza ogni rotazione terrestre, ma cavolo proprio contro di me deve usarli?!?
-Io… io… io… ahhh!!!- pesto i piedi a terra, avventandomi sul letto e, incurante dell’ombra di paura del buzzurro per il mio gesto improvviso, afferro un cuscino e una coperta, avviandomi ringhiante verso il divano.
-Buona notte- lo sento sghignazzare, mentre con uno schiocco spegne la luce della camera.
-Crepa nel sonno strozzato dalla tua saliva!!!- mi spoglio nel buio, augurandogli la buona notte.
E che divano sia, cavolo, infosso il capo sotto la coperta felpata, ma giuro che me la paga, quell’odioso e sexy idiota.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Disperata? Io? Si, abbastanza ***


Image and video hosting by TinyPic
 
 
La Fan Art appartiene  a Rolochan105

 


Capitolo 8: Disperata? Io? Si, abbastanza…


 
Il bello del Washy Mikan non sono le camere da letto stracolme di comfort, dai letti morbidissimi, divini e dai materassi che mai vorresti abbandonare.
Non sono nemmeno i mini bar forniti di ogni ben di Dio, o le mille pietanze offerte dal ristornate interno o dalle zone bar sparse per tutto l’edificio.
No, il bello dell’Hotel Washy Mikan è che, sebbene sia situato nel bel mezzo di una montagna, circondato da piste da sci di ogni livello, impianti di risalita e pupazzi di neve sorridenti e coccolosi, possieda una piscina all’interno dello stabile con una temperatura media di ventotto gradi.
Sembra di stare ai Carabi, immersi nel caldo umido, circondati da palme e cocktail tropicali, abbelliti da colorati ombrellini di carta, che si possono tranquillamente sorseggiare sdraiati su una sdraio o a bordo piscina con i piedi a mollo, mentre si nuota nell’enorme piscina, urlando di gioia lungo gli immensi scivoli d’acqua o fissando i bei Bagnini, biondi e muscolosi, stare di vedetta a pochi passi da te.
Si, questo è il bello dell’Hotel di nonna.
Ed è su questo che mi sto concentrando con tutta me stessa in questa nuova mattina, cercando di sorridere nel vedere Rufy e Ace, braccioli muniti, sguazzare nella vasca dei bambini, Bells ridacchiare inseguita da Drake e Merry arrossire sulle guance mentre indica a Usopp la neve che scende, furori dal muro a vetro di un lato della piscina coperta, innevando la montagna, incredula che spiaggia e neve possano convivere nello stesso ambiente e nello stesso giorno.
Provo con tutte le mie forze a seguire ogni mio nipote con lo sguardo, sorridendo e salutandoli a fior di dita, accavallando le gambe tra loro e cercando di rilassarmi sorseggiando il mio drink, ma non è così semplice.
Non lo è proprio per niente se mia sorella e le mie cugine continuano a sommergermi di domande.
-Nami davvero io non riesco a capire…- scuote il capo Koala, posando la fronte sulla punta delle dita, all’ombra dell’ombrellone colorato del tavolino a cui sediamo.
Sospira, addossandosi allo schienale della sua sdraio, sottolineando il suo disappunto contro di me.
Sbuffo, ruotando il capo al soffitto luminoso sopra di noi.
I raggi caldi e luminosi che ci scaldano provengono dall’impianto di pannelli solari dell’hotel, che non solo utilizzano al massimo i deboli raggi del sole di montagna, ma lo rifrangono nella piscina creando un effetto Sol Leone eccezionale.
Effetto, che vorrei mi facesse sciogliere nel mio striminzito bikini bianco, permettendomi di scomparire e fuggire a questo interrogatorio.
-… come ti è saltato in mente di adescare un ragazzo in una stazione ferroviaria?-
Distolgo gli occhi dal soffitto iridescente, con cui ho tentato di accecarmi, fulminando offesa la fidanzata di mio cugino Sabo.
-Io non ho adescato proprio nessuno!!!- sbotto.
Un risolino sadico e canzonatorio mi fa accapponare la pelle per la rabbia, e in un attimo sto incenerendo anche Bonney, tranquillamente seduta alla mia destra.
-Oh no, non hai adescato nessuno- imbocca Roger con un’abbondante cucchiaiata di panna montata –Si vede che ti segue per sua spontanea volontà e profondo desiderio di aiutare il Mondo-
Robin, accarezzandosi il pancione facendo frusciare il pareo rosato, sorride bonaria, accarezzandomi la schiena, protesa in avanti come le braccia, tese nel tentativo di strangolare la rosa.
-La fate semplice voi!!!- strillo, diventando paonazza.
Perché?
Perché continuo a commettere sempre questo tremendo errore?
Perché mi confido con mia sorella, le mie cognate e cugine, se so con assoluta certezza che non mi spalleggeranno?
Perché ho raccontato loro la verità sul rapporto che mi lega a Zoro, invece che mentire e spacciarlo per il mio ragazzo anche con loro e non solo con la nonna?
Perché ho confessato tutto?
Perché?
-Mi chiedo come ti sia venuto in mente di chiedere a uno sconosciuto di accompagnarti alla riunione di famiglia…- mi guarda severa Nojiko, posando a terra Rex, cosparso di crema solare, che subito corre verso la sorella e il padre, ruggendo come un plantigrado estinto da millenni.
Scuoto il capo con violenza.
Eh no, non posso mettermi anch’io a denigrare il mio nipotino, definendolo un dinosauro come quel dannato buzzurro!!!
No, no, no!!!
Cerco di tornare seria, riconcentrandomi sul nocciolo della faccenda.
Dov’eravamo rimastre? Ah già…
-La colpa è tua!!!- sbottò, battendo un pugno sul tavolino a cui sediamo, incenerendolo mia sorella.
Nojiko mi fissa stranita, incrociando le braccia sotto i seni e facendoli risaltare insieme al tatuaggio che li colora.
-Mia?- aggrotta la fronte.
-Sei stata tu a consigliarmi di chiedere al bigliettaio di aiutarmi!!!- mi accaglio, ignorando la vocina nel mio cranio che mi sussurra che sto facendo la figura della donna disperata.
-Zoro è un bigliettaio?- domanda Robin –Avevo capito fosse un giocatore di Kendo-
-Il buzzurro non è un bigliettaio- sbotto –Il bigliettaio era una donna e….-
-…e perché hai chiesto a Zoro di accompagnarti se non era il bigliettaio?!?- ridacchia Bonney, con quel suo ghigno sadico che fa tintinnare i piercing che ha su una gota.
-Perché il bigliettaio era una donna!!!- sollevo le mani al cielo, rossa di rabbia.
Dannazione, ma perché nessuno capisce che ero disperata, che sono stata costretta a chiedere al buzzurro di aiutarmi, che senza di lui avrei fatto l’ennesima figura di pecora nera con la nonna: perché?!?
-Avresti dovuto chiedere a lei allora- sorseggia il suo drink Nojiko, facendomi ruotare demonicamente il volto su di lei –Forse nonna avrebbe provato un po’ di compassione per te, se ti fossi finta gay…-
-Nojiko!!!- urlo e le salto addosso, cercando di strozzarla, ma lei si lancia di lato e Robin, saggia e buona, mi afferra in tempo per l’elastico degli slip prima che mi sfracelli al suolo.
-Sei la sorella peggiore al Mondo!!- la incorono, battendo i pugni sul tavolino.
Lei ride, come ridono tutte le mie cugine, acquisite, prendendomi in giro e divertendosi di me.
-Oh suvvia sorellina- mi abbraccia per le spalle, baciandomi una guancia mentre mordicchio la cannuccia del mio cocktail, rabbiosa.
-Stiamo solo scherzando… puoi forse biasimarci?- mi fa l’occhiolino, portandomi dietro un orecchio una ciocca di capelli.
Sospiro, abbandonando il capo su una sua materna spalla, lasciandomi coccolare da lei e Robin.
-Ero disperata- borbotto –Non potevo presentarmi per il terzo anno consecutivo dalla nonna single: mi avrebbe messa al muro e usata come bersaglio per le freccette-
-Probabile- sorride Koala, sporgendosi verso Bonney e accarezzando il piccolo Roger.
Mi stingo a Nojiko gonfiando le guance offesa portandomi alle labbra il mio bicchiere.
-Non avresti comunque dovuto stringere un contratto di prostituzione con Zoro…- continua la castana, prendendomi alla sorpresa e facendomi soffocare con la mia bevanda.
Tossicchio e sputo qua e là il drink, ricevendo qualche pacca sulla schiena da Robin, abituata a certe scene con Rufy immagino.
-Io non ho stretto alcun contratto di prostituzione!!!- strillò, alzandomi in piedi e facendo sbattere a terra la sedia.
-A davvero?- socchiude un occhio Bonney, lanciando un’occhiata furtiva a mia sorella, che sghignazza alle mie spalle.
Mi volto a fulminarla, ringhiando.
-Insomma...- borbotta la violina -…come chiameresti un accorto lavorativo, in cui tu prometti una qual certa cosa…- ruota il polso, muovendo la mano in aria e sfregando tra loro pollice e indice, in un chiaro riferimento monetario -... in cambio di una prestazione accompagnatoria da parte di un aitante e sensuale ragazzo?-
-Io… io…- balbetto -… io non ho chiesto nessuna prestazione accompagnatoria… e poi chi sarebbe il ragazzo sensuale e aitante?!? Insomma io…-
-Avete di nuovo visto “American Gigolo”?-
Scatto a fissare, bianca in volo, Kaya dietro di me, con la dolce Merry in braccio, che squadra da capo a piedi me e le mie cugine.
-C-come?- balbetto.
-Prestazioni accompagnatorie, ragazzi sensuali, accordi lavorativi: non parlavate del film “American Gigolo”?-
Mi accascio a terra, piegata sulle ginocchia, mentre le mie amiche scoppiano a ridere, dando ragione alle sfrecciatine di Bonney e Nojiko.
Non è possibile.
No, no, no… come sono finita in questa situazione? Come?
Come sono finita ad ingaggiare il peggior buzzurro del mondo, in una stazione, come finto ragazzo, risultando poi un’adescatrice?
Perché non ho chiesto a Kayme di accompagnarmi?
Forse sarebbe stato meglio…
-Non abbatterti Nami- mi sorride Robin, accarezzandomi il capo.
Sollevo gli occhi su di lei, al limite dello sconforto umano.
-Poteva andare peggio…- mi sorride, chiudendo a mezza luna gli occhi limpidi e cristallini.
-E come?- borbotto, tornando seduta e spingendo un gomito a colpire una costola di Nojiko, come punizione.
-Bhè…- sghignazza Bonney, facendomi l’occhiolino -… Zoro poteva essere gay, e invece che fissarti le tette con interesse, poteva fissartele per invidia-
Arrossisco alla sua affermazione, portandomi istintivamente un braccio al petto.
-Che… che diamine dici?!?- sbotto –Zoro non mi guarda le tet… il seno- mi correggo, fissando Merry e Roger pendere dalle nostre labbra sboccate.
-Ti spogliava con gli occhi, ieri sera a cena- muove una mano verso di me Koala, agitandola per dissolvere le mie parole.
Sgrano gli occhi: davvero?
-E quando vi siete alzati per andare nella vostra stanza, ha dato una profonda studiata al tuo sedere…- annuisce Nojiko, convinta.
Ghigno, archiviando tutte queste interessanti informazioni.
E così il buzzurro mi spoglia con gli occhi, eh?
Uhm, vedremo stanotte chi dormirà su quel scomodissimo divano in pell…
-… d’altra parte tu fai lo stesso-
-CHE COSA?!?- strillo, sguainando i denti squalini contro Kaya.
Mi fissa con le sue enormi iridi verdi, sorridente e innocente come un fiocco di neve.
-È la verità- inclina il capo su un lato –Ieri sera continuavi a fissarlo, studiando ogni suo gesto e soppesando ogni sua parola-
-Ti sbagli!!!- mi agito, diventando paonazza.
Non l’ho fatto!!!
Non ho squadrato da capo a piedi Zoro, e non lo prendevo affatto in considerazione… insomma, l’ho fatto?
No, ovvio che no.
Ho solo studiato con attenzione i suoi addominali, quando nonna gli ha chiesto di spogliarsi, e poi il suo sedere quando è rimasto in mutande in camera ma… l’ho squadrato?
No, io… oddio, l’ho fatto?
L’ho fatto?
Degluto, cercando di ragionare in fretta.
Sono disparata, vero, non faccio l’amore da un anno, vero, ma non ho ancora toccato il fondo: non mi sono abbassata a tanto!!!
Non sono così disperata, no davvero: io non sono disperata fino al punto di squadrare, con ogni mia attenzione, il corpo scultoreo e ormonalmente eccitante di quel buzzurro di Zoro.
Non sono così disperata.
Davvero, io non lo sono.
Scuoto il capo con decisione, chiudendo e aprendo gli occhi un paio di volte.
-Ti sbagli Kaya!!!- affermo, ruotando lo sguardo su tutte le mie cugine sedute al tavolino da bar, zittendo ogni loro replica.
-Non ci vedo nulla di male- sorride Robin, facendomi rabbrividire la schiena.
-Vero, potresti anche divertirti con lui…- la spalleggia Nojiko -… e con divertirti intendo…-
-NOJIKO!!!- urlo –NON CI PENSARE NEMMENO!!!-
Sento il viso in fiamme, la gola secca e gli occhi che dardeggiano.
-Come potete pensare che io e lui… che noi… oh insomma, è solo il mio finto ragazzo, non... non … non…-
-… non un sexy e muscoloso bronzo di Riace, con gli addominali scolpiti nel marmo e gli occhi d’ebano?- ghigna Bonney.
-Uh, non ti dimenticare del ghigno alla “ti strappo i vestiti con un morso”!!!- aggiunge Koala.
-Io direi più un ghigno alla “I’m sexy and you know it”…- propone Nojiko.
-“Vule vu coucher avec moi” è più romantico e sottile- arrossisce in viso Kaya, tappando le orecchie a Merry, come se a tre anni conoscesse il francese.
-… “Too sexy for my shirt”….- spinge su una spalla Bonney Koala, che ridacchia ribattendo abile.
-“Whos you daddy, baby?”-
Tutte scoppiano a ridere, divertite per le loro sconciaggini discografiche e per le prese in giro che mi servono, senza che io possa ribattere a giusto tono.
Un ringhio mi sale la gola, facendomi perdere le staffe.
Non ce la facci più.
Cosa credano, che vado con il primo che capita? Che non sappia trattenermi?
-Io non andrò a letto con Zoro!!!- sbotto decisa e arrabbiata.
-È vero, non sto con un uomo da tempo, ma non sono così disperata, e poi Zoro è… è…è… solo Zoro, e nulla di più, per cui smettetela di prendermi in giro e di farvi tutti questi filmini mentali… porno per di più!!! Voi fate troppo poco sport di coppia!!!- bercio, alzandomi dalla sedia e sbattendo le mani sul tavolino.
Robin si guarda il pancione, testimone che lei di sport di coppia a suo tempo ne ha fatto, e parecchio, ma la ignoro dando le spalle alle altre e cercando di allontanarmi in fretta da loro e dai loro pensieri pervertiti da donne allupate.
Cerco, appunto, provo davvero ad allontanarmi dalle linguacce biforcute delle mie cugine e dai loro pensieri maliziosi e canzonatori, ma non ci riesco.
Riesco a percorrere pochi miseri metri, ma non appena alzo lo sguardo dinanzi a me, pronta a percorrere sicura i pochi metri che mi dividono dal bordo piscina, mi si secca la gola e i muscoli si atrofizzano, mentre gli occhi si posano su di lui.
Si lui: Zoro.
Con i soli bermuda indosso, neri e attillati, con le rifiniture in un smagliante rosso, che sottolineano a perfezione le sode natiche che gli caratterizzano il sedere, e che hanno una cadenza ipnotica con la sua camminata, gli addominali perfetti e leggermente lucidi di sole e sudore, i capelli scompigliati e una mano a spettinarli ancor di più, rendendo impossibile resistere alle tentazione di passare una mano in essi, tastandone la morbidezza e la setosità.
Si, proprio Zoro che, avanza verso di me, guardandosi attorno spaesato.
Il cuore inizia a martellarmi nel petto, la gola arida, gli occhi sgranati al massimo e le gambe molli, non riesco a distogliere lo sguardo su di lui, sui suoi addominali perfetti e sulla pelle bronzea e dorata.
Non riesco a muovere un solo muscolo, uno solo, finché non mi è a un metro di distanza e, con il suo strafottente ghigno, mi vede, salutandomi con un cenno del capo.
-Ohi mocciosa-
Abbasso gli occhi, imponendomi di ritrovare il mio carattere duro e fiero, stringendo i pugni nei palmi e incrociando poi le braccia la petto sotto i seni.
Mi schiarisco la voce, rialzando gli occhi e fulminandolo, ignorando le risatine dietro le mie spalle.
-Che cavolo ci fai qui?- sibilo a denti stretti, stringendo le mani sui gomiti, quando è a un soffio da me –Non dovresti essere nella palestra dell’Hotel?
Lui mi guarda stranito, sollevando un sopracciglio e sbuffando spazientito.
-Dovrei, appunto- ringhia –Ma una mocciosa simpatica e gentile mi ha indicato la strada sbagliata!!!-
Sgrano gli occhi fissandolo sbigottita.
-Scherzi, vero?- sbotto.
Lui soffia dal naso scocciato, piegando le bracci al petto e assottigliando lo sguardo su di me, guadandomi con severità.
Infosso la fonte, aggrottandola e imbestialendomi ancor di più.
No, non può guardarmi in quel modo come se fossi una bambina sciocca: e che cavolo!!!-
-Razza di stupido con le gambe: io ti ho accompagnato fin davanti la palestra… come hai fatto a perderti?!?- ringhio, alzando le braccia attorno al mio viso, enfatizzando le mie parole e il mio nervosismo.
Perché?
Perché, oltre a i filmini porno delle mie cugine, ci si deve mettere anche il buzzurro e il suo orientamento da particella di sodio, a innervosirmi?!?
Perché?
-Ah- sbotta Zoro, riportando la mia attenzione su di lui.
Lo squadro, furiosa e vogliosa di prenderlo a sberle.
-Bhe si vede che la scorciatoia che ho preso era sbagliata… le stanze dell’Hotel sono tutte uguali…- borbotta, guardandosi in giro con aria saccente.
Scorciatoia?!? Quale scorciatoia?!?
-Ma come fai a conoscere una scorciatoia in un Hotel in cui hai messo piede da meno di dieci ore?!?- strillo, prendendolo per il collo e strangolandolo, facendolo cadere in ginocchio davanti a me, mentre il suo volto assume una colorazione bluastra.
-Se lo fai apposta, a farmi imbestialire, ti avverto che non è mattinata- ringhio a un soffio dal suo naso –E giuro che ti ammazzo se non la pianti con le tue scemenze!!!-
Zoro annuisce lentamente, graffiando la pavimentazione umidiccia della piscina.
Sospirando, allento la presa sul suo collo, tornando eretta con la schiena.
Sbuffando, mi passo una mano sui capelli, socchiudendo gli occhi e oscillando con il seno sottolineando la mia frustrazione.
Lo sento tossicchiare ringhiano, borbottando un non so che sul mio caratteraccio.
-… che hai stamattina?- grugnisce, avvicinandosi a me e massaggiandosi la gola.
Sbuffo, riportando un occhio su di lui.
Mi ritrovo i suoi pettorali sudati e palpitanti premuti contro il mio petto, il suo volto bronzeo e accigliato che mi guarda, e quelle sue iridi nere e penetranti che mi scrutano nel profondo.
Non riesco a sostenere lo sguardo, e lo abbasso, sentendomi le guance in fiamme non appena poso gli occhi sulla mano calda e bruciante del buzzurro su un mio fianco.
Il cuore riprende a battermi indemoniato nel petto, mentre il respiro si strozza in gola.
-Allora?- accentua appena la presa su di me –Si può sapere che hai?-
Apro la bocca, ritrovandomi però a corto di parole.
Dannazione, Nami!!!
Che cavolo hai?
Sei così disperata, che sentirti un ragazzo vicino ti rimbambisce del tutto?!?
Dati una mossa, mocciosa!!!
-Io… le mie cugine e mia sorella sanno del nostro accordo- soffio tutto d’un fiato.
Inarca un sopracciglio, studiandomi.
-E con ciò?-
-E con ciò- buffo, ruotando gli occhi al cielo –E con ciò dicono che è stata una mossa da disperata!!!- tergiverso la discussione che ho avuto con la mia famiglia.
Zoro solleva una mano, accarezzandomi con attenzione una guancia, scaldandola dolcemente e facendomi sentire bene, nonostante il suo ghigno strafottente che proprio ora gli solca le labbra.
-Mocciosa…- ghigna -… tu sei disperata-
Ringhio, e posate le mani sul suo petto, lo spingo verso la piscina, facendocelo cadere dentro con un fragoroso boato.
-Idiota!!!- strillo, andandomene a passo di marcia.
Buzzurro idiota.
Disperata? Io?
Si, abbastanza, ma non lo ammetterò mai e poi mai.
Soprattutto con lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Teoria del magnetismo: ginocchio-gioielli ***



 
Image and video hosting by TinyPic
 
 
nt-size:14px"> La Fan Art appartiene  a Rolochan105



Capitolo 9:Teoria del magnetismo: ginocchio-gioielli


 
Mi sistemo il vestito, lisciando una piccola piega sulla mini gonna.
Davanti lo specchio, faccio una giravolta, controllando che i tacchi non siano strisciati e che la maglia sia ben messa.
Mi volto di spalle verso lo specchio, controllando la lunghezza dei capelli, sorridendo per l’effetto che il mio tatuaggio ha sulla mia pelle chiara della spalla nuda.
Mi faccio l’occhiolino, sicura di me, ancheggiando e quasi pronta per la serata in discoteca con la famiglia.
Quasi pronta, perché in effetti la matita sugli occhi non è perfetta e forse…
-Mocciosa ti muovi?!?-
Fulmino Zoro, spaparanzato a gambe divaricate sul divano della nostra camera, che sbuffa e si lamenta nei suoi jeans chiari e nella maglia nera che indossa.
Sta bene.
Sta veramente bene, ma se continua a sbuffare e sconcertarmi nel mio auto controllo pre serata, non starà tanto bene da qui al resto della sua vita.
-Ho subito finito- sbuffo, sistemandomi le spalline larghe della maglia sugli avambracci, controllando che mi coprano dal livello del seno in giù, lasciando scoperto il tatuaggio.
Ghignate, faccio un’ultima giravolta, creando una ruota con le balze del vestito verde acqua, prima di annuire e avviarmi decisa alla porta.
-Andiamo!!!- alzo un pugno al cielo, entusiasta.
Zoro mi segue, e chiusa la porta ci dirigiamo all’ascensore.
La musichetta d’attesa del vano risuona leggera, mentre scendiamo lentamente i vari piani dell’Hotel.
La canticchio a labbra chiuse, allegra e leggera, saltellando da un piede all’altro.
Uno sbuffo del buzzurro mi costringe a fissarlo, scoprendolo ghignate nel fissarmi.
-Che c’è?- sorrido, troppo felice per arrabbiarmi.
-Sembri una bambina che sta andando allo zoo- sghignazza.
Sbuffo, allontanando la sua frecciatina aggrottando il naso.
-La serata in discoteca della nonna è la mia serata preferita- sorrido, fissando la lancetta dei piani abbassarsi.
-Perché?- domanda, addossato alla parete mobile dietro di me.
-Perché… perché si- rido, piegando il capo verso di lui, e facendogli una linguaccia.
Ghigna ancora, scuotendo il capo.
Non so perchè mi piaccia tanto la serata in discoteca organizzata dalla nonna.
Si ripete ogni anno, nella settimana di adunanza della famiglia, esattamente la terza sera, dopo la cena di famiglia e una di relax, e ogni anno la discoteca dell’Hotel diventa la nostra discoteca, tra musiche balli e luci stratosferiche.
Gli altri ospiti del residence sono anch’essi invitati, ma per me è come se non ci fossero.
Forse mi piace tanto perchè vedo un lato festaiolo e allegro di ogni componente della mia famiglia, e a ben pensarci ora mi spiace un po’ che zio Doflamingo sia nel Shaara con zio Crocodile: dovrò rinunciare al suo ballo del boa di penne di struzzo quest’anno.
Ridacchio, nel ripensare all’imbarazzo di papà nel vedersi avvolgere dal boa fucsia dello zio, mentre questo balla e salta come un pazzo.
Forse è proprio questa ilarità incontrollata e viscerale, che mi fa tanto amare la serata discoteca.
Perché per una sola notte, siamo tutti liberamente pazzi.
Possiamo ballare e cantare, prendere in giro la nonna, agghindata anche lei per la sera, danzare in gruppo e ancheggiare con i nostri patner.
Possiamo dimenticarci che nonna ci sta valutando e giudicando, possiamo sentirci liberi e lontani dai pensieri quotidiano che ci appesantiscono.
Possiamo essere solo musica, e volare nella notte.
Possiamo correre per la pista come i nostri nipoti, o nasconderci in un angolo buio a baciare la persona che amiamo con passione e malizia crescente.
Possiamo ridere del pro zio Garp e del suo ballare a gambe piegate e braccia alzate al cielo, o accoccolarci a papà, stanco e semi addormentato al tavolo della famiglia, facendoci cullare da Lady Gaga, assopendoci con i baffi morbidi di papà premute sulla fronte.
Per questo adoro la serata in discoteca della nonna: perché possiamo rivelare la nostra natura pazza di famiglia allargata e fuori controllo.
Il trillo dell’ascensore suona, e con un passo sono già fuori dal vano, con Zoro dietro di me, che trascino strattonandolo per un polso, per non perderlo, avviandomi alla discoteca interna dell’Hotel.
Supero le porte a sbuffo, entrando con un’ampia falcata, e subito mi ritrovo immersa nel buio ovattata da luci psichedeliche della sala, mentre la musica rimbalza dalle casse, facendo tremare ogni tavolino, disposto lungo le pareti dell’immensa sala da ballo, lasciandone il centro libero.
Saltello sui piedi, proprio come una bambina, allungando il collo sulla piccola folla che già occupa la pista, cercando mia sorella o qualche cugina.
-Ehi!!!-
Ruoto il capo e intravedo Kaya salutarmi con braccio teso da un piccolo tavolino sulla mia sinistra.
-Ehi…- mi avvicino, sedendomi insieme a lei.
-Dove sono le altre?- domando, setacciando la discoteca in cerca del mio cognato spilungone o dell’immensa stazza di zio Garp.
-Oh un po’ qua un po’ là…- sorride eterea, sorseggiando una lattina di aranciata.
-Tuo padre è già nella zona bimbi con Merry e tutti gli altri…- mi indica una piccola zona dietro le quinte della postazione del deejay, dove intravedo papà, con Roger sopra le spalle, ancheggiare e ballonzolare con Bells per mano e Ace che scorrazza intorno a lui.
-La baby dance gli da sempre alla testa- sghignazzo, divertita nel vedere mio padre, il serioso e autoritario comandante di una caserma militare, scomporsi e lasciarsi strattonare da ogni lembo di camicia hawaiana dai suoi nipoti.
 -Sei arrivata!!!-
Le braccia di Bonney e il sorriso di Nojiko mi salutano, aggregandosi a Kaya e me al tavolo.
-Koala e Robin?- donando non notandole.
-Robin è al bar con Rufy- indica un punto non ben definito tra la folla, dietro le sue spalle, Bonney –Con quel pancione non vuole muoversi tanto è Rufy le fa compagnia al bancone, approfittandone del babisitteraggio di tuo padre del demonietto Ace…- sghignazza.
-Koala invece è con Sabo e… bhè…- si guarda attorno Nojiko, prima di abbassarsi con le spalle sul tavolino, portando una mano a coprire la bocca e sussurrare piano, sovrastata dalla musica.
-Avete presente quell’angolino buio tra il bagno delle signore e il retro del bar?- borbotta.
Annuisco, non capendo bene dove voglia parare.
-Diciamo che è momentaneamente occupato  dalla coppia…- ghigna, lasciando la  frase a metà.
-Che vuoi dire?- piega il capo Kaya, ingenua e troppo innocente.
-Intende che Koala e Sabo stanno dando una mano di intonaco al muro!!!- posa le braccia sul dorso della sedia Bonney, ghignando sorniona.
-Come?- sbattè le ciglia la bionda.
La rosa sospira, abbassando il capo e scuotendolo, prima di rialzarlo divertita.
-Stanno ancheggiando col bacino, confermano la teoria della trasmissione del calore dei corpi, scoprono come si fanno i bambini, giocano al piccolo ginecologo, danno una shakerata alle mutande… capito ora?-
Kaya ammutolisce, e le sue diafane gote s’imporporano, diventando scarlatte in un secondo.
-Bonney!!!!- sgrida la ragazza, ma quella sghignazza, e nemmeno io riesco a trattenermi dal ridere, scuotendo il capo divertita.
-Oh andiamo Kaya…- le da una lieve gomitata al braccio Nojiko, alzandosi dal tavolo -… sei una dottoressa, dovresti sapere certi “termini medici”- ridacchia, virgolettando con le dita le sue parole.
-Sono sconcezze!!!- ribatte, fulminandola con il suo dolce sguardo.
Mia sorella ride, facendole una linguaccia e allontanandosi nella mischia.
-Ehi, dove vai?- cerco di richiamarla, alzando la voce sopra il caos.
-Vado a farmi shakerare le mutande da Drake!!!- ride, ancheggiando a tempo di musica.
Scoppiamo a ridere, e anche Kaya si lascia andare a una lieve risata.
Mi guardo un po’ attorno, notando Zoro che parla con Usopp accanto al bancone del bar.
Di certo il nasone gli starà facendo il lavaggio del cervello con una delle sue panzanate, ma il buzzurro sembra divertirsi, sghignazzando a braccia incrociate sul busto, addossato al bancone e con affianco una bottiglia di birra.
L’osservo, a suo agio nel caos della discoteca, illuminato dalla lieve illuminazione della zona bar, mentre il buio della sala ne risalta il profilo netto e regolare.
I muscoli, allenati e tesi delle braccia, ora sono maggiormente evidenti.
Le gambe, una piegata sull’altra nella posizione eretta, riempiono perfettamente i jeans, che scivolano sensuali sui polpacci muscolosi.
Questa mattina, quando l’ho accompagnato in palestra, scortandolo fin sulla porta a vetri come con un bambino al suo primo giorno d’asilo, ho avuto la tentazione di indugiare nella zona fitness, spiando i suoi allenamenti e approfittarne per potermi godere la sua visione in calzoncini e canottiera.
Solo le frecciatine delle mie cugine, della mattina precedente, mi hanno frenata, vietandomi di fermarmi lì e imponendomi di raggiungerle nel beauty farm dell’hotel, ma avrei veramente voluto starmene a guadare Zoro fuori dalla palestra, dietro a un semplice vetro, assaporandolo.
Mi mordo un labbro, sorda all’incessante e stordente musica che rimbomba nella sala, ferma con lo sguardo su Zoro.
Non so perché, in fondo non è nulla di speciale come ragazzo, anzi è rozzo e maleducato come pochi, ma ha quel che di… di… di magnetico, ecco!!!
Non saprei come altro definire l’attrazione che ha su di me, sul mio sguardo che non riesco a distogliere da lui.
Magnetismo, come la sensazione che mi attraversa la pelle quando mi guarda. La stessa sensazione che mi fa attorcigliare le budella, scioglie le gambe e imporporare le gote.
Zoro non è un granché, ma ha magnetismo, è un magnete e forse io una scheggia di metallo che è entrata nel suo raggio di azione.
Lo sto ancora studiando con gli occhi, quando lui ruota il capo sulla pista, distraendosi dai racconti di Usopp, posando casualmente lo sguardo su di me.
Aggrotta la fronte, salutandomi con un cenno del viso.
Sorrido piano, alzando una mano, per poi riportare l’attenzione sulle chiacchiere di Kaya e Bonney, ignorando la scia di elettricità magnetica che mi solca la schiena.
-… e io gli ho detto “Non mi importa se hai le dispense vuote: io e mio figlio abbiamo fame!!!”- finisce il racconto del suo ultimo pranzo all’Hotel Bonney, facendo ridere Kaya.
Sorrido anch’io, cercando di partecipare, ma gli occhi sgranati di Kaya, puntati dietro di me, mi fanno agitare.
-Che c’è?- domando.
-Non voltarti- mi blocca il braccio sul tavolo Bonney, prendendomi il polso con una mano.
Mi pietrifico, deglutendo.
-Tranquilla- mi suggerisce la bionda, ma non riesco a calmarmi.
-Che succede?!?- fingo di giocherellare con il tovagliolo del tavolo.
-Nonna ti sta fissando…- borbotta Bonney, setacciando con una rapida occhiata un tavolino dietro di me -… ti studia come un falco un cucciolo di lepre!!!-
Sgrano gli occhi, puntandoli sulla rosa.
-Eh?!?-
-Si hai presente quello sguardo assassino e affamato di una fiera…- muove la mano a dissolvere la mia espressione spaventata.
-Oh, si grazie tante: ora si che sono tranquilla!!!- ironizzo, sottraendo il polso alla sua presa
-Ora sta fissando Zoro- segue lo sguardo di nonna Kaya, individuando il punto esatto dove, fino a pochi secondi fa, i miei occhi erano catalizzati.
-Oh cavolo!!!- sobbalza Bonney –Sta borbottando qualcosa a Gladius e lui sta appuntando tutto sul taccuino!!!-
Sbianco, percependo il cuore battermi all’impazzata.
Oddio, il taccuino no, cavolo!!!
Senza pensarci mi volto verso la nonna, sgranando gli occhi al massimo e sentendomi meno, nel vederla dettare, tagliente e rapida, mille parole a Gladius, che le trascrive nel piccolo libricino dalla copertina di cuoio della patriarca della famiglia.
Il taccino della nonna è una raccolta, dettagliata e funesta, di ogni singolo particolare del rapporto di coppia di noi tutti, e che non aggrada la cara nonna Tsuru.
Ricordo ancora le lacrime di Nojiko quando nonna, alla fine della settimana di riunione famigliare, in cui aveva presentato a tutti Drake, le aveva elencato i difetti del suo futuro marito e le innumerevoli ragioni per il quale le vietava di sposarlo, se non fosse cambiato.
La paura di Usopp che, per evitare ramanzine e infarti di puro terrore, aveva personalmente consegnato a nonna un fascicolo su Kaya, con tutti gli annessi e connessi, ignorando la sua fortuna di avere accanto una ragazza dolce e gentile come la biondina, e quindi perfetta.
La rabbia di Bonney nel saper di essere stata definita un “pozzo senza fondo”, con annesse risate di Ace, il menefreghismo di Rufy nel sapere che, per la nonna, era lui l’inadatto per Robin… e ora è il mio turno!!!
Ma vi è una grande, enorme differenza tra me e tutti i precedenti dei miei cugini: io non posso finire in quel taccuino!!!
Sono già nella lista nera di nonna a causa dei miei fallimenti amorosi, e venir inserita anche nel famoso taccuino, nonostante tutto il mio impegno nel venir accompagnata alla riunione di famiglia, è ingiusto e impensabile.
Devo fare qualcosa!!!
So che Zoro non è perfetto, so che ha mille difetti come me e tutti i miei cugini, ma diamine, non voglio finire con lui nel taccuino della nonna, perché non riuscirei a sopportarlo. Non voglio che nonna veda quanto è imperfetto: voglio che lo veda come il ragazzo che, senza un valido motivo, ha accettato di accompagnare una folle sconosciuta a questo suicidio formato riunione di famiglia.
Il ragazzo che, nonostante i miei sbalzi di umore e crisi isteriche, mi sta vicino e mi sopporta, e che in tre giorni di permanenza all’Hotel non mi ha tormentato per il suo dannatissimo biglietto ferroviario.
Sono io che lo tormento e lo stresso e, apparte la questione dell’uso del letto, Zoro non ha mai cercato di strozzarmi in questi pochi giorni, e so quanto il mio carattere sia difficile.
Non è giusto che nonna pensi che il buzzurro sia rozzo, maleducato e insopportabile: solo io posso!!!
Decisa mi alzo dal tavolino, e parto a passo di marcia vero la zona bar.
-Dove vai?!?- mi urla dietro Bonney, ma non le riposando, scansando le coppie che ballano, riuscendo a raggiungere Zoro dall’altro lato della pista.
-Ehi…- mi saluta con un leggero movimento del capo, squadrandomi.
Senza dargli una spiegazione, lo afferro per un polso e lo strascino nel mezzo della pista, cercando un buon punto dove nonna ci possa vedere, ma che io possa scorgere ogni suo movimento o sussurro sibilato all’orecchio di Gladius.
-Mocciosa!!!- protesta Zoro, seguendomi malamente e urtando parecchie persone.
-Si può sapere che diamine ti prende?!?- sbotta, una volta che mi fermo e mi assicuro che il posto sia perfetto.
Gli circondo le spalle con le braccia, allacciando le mani dietro alla sua nuca e, nonostante il rosso imbarazzo che colora il viso del buzzurro, mi schiaccio su di lui, premendo le mie curve sulla sua maglia.
-Balliamo- ordino, fulminandolo con gli occhi per convincerlo.
Mi fissa stranito, quasi si sorprendesse a scoprire che in una discoteca si balli e, posate le mani sulle mie braccia tese, cerca di allontanarmi.
-Avevamo detto niente cretinate da ragazzini diabetici…- ringhia, svincolandosi dalla mia presa.
Per fortuna riesco a trattenerlo e, con un balzo, agganciarmi a lui, premendomi contro il suo petto.
Si irrigidisce, sentendo le mie curve schiacciate su di lui, o forse sono le sue mani che, ora, sono sui miei fianchi a imbarazzarlo, saggiandone la morbidezza. Mi vieto di arrossire e sorridere compiaciuta per gli effetti che gli provoco, e mi alzo sui tacchi, portando la bocca al suo orecchio.
-Nonna ci sta giudicando- bisbiglio, cercando di farmi sentire nonostante la musica alta e frastornante.
Gli occhi di Zoro zigzagano fino a posarsi sulla figura di nonna Tsuru, intenta a studiarci.
-Che intendi con “giudicarci”?- borbotta, premendomi contro di lui.
Annaspo, immersa nel suo stordente profumo, e impiego qualche minuto per riprendermi.
-Il taccuino che regge Gladius contiene tutti i giudizi che la nonna ha su una coppia della famiglia, e che userà per imporsi su di essa- alzo la voce sopra la musica, cercando di ancheggiare e fingere di ballare.
-Non mi avevi detto questo!!!- sbotta, incenerendomi con lo sguardo.
Mi stringo nelle spalle, colpevole.
-Credevo non lo avrebbe usato con noi: credevo non avrebbe funzionato e che nonna non…-
-Perché dobbiamo ballare?!?- ringhia, mentre la musica inizia a scemare.
-Oh buzzurro, guardati attorno!!!- sbotto, portando una mano ad indicare le coppie che ci circondano –Tutte le copie qui ballano, e se noi non le imitiamo, nonna capirà che non lo siamo e io sarò spacciata!!!-
Lo prendo per il colletto e lo strattono verso di me, digrignando i denti.
-E tu non potrai partecipare al tuo incontro!!!- intimo, certa di convincerlo.
Lui sbuffa, mostrandomi i denti minaccioso, per poi soffiare dal naso e arrendersi.
-Prima classe- sbotta, mentre una melodia più lenta e dolce riempie la discoteca, cancellando la precedente caotica e frastornante.
-Eh?- inarco un sopraciglio.
-Voglio un biglietto di prima classe per Kuraigana- contratta, mettendomi alle strette.
-Ok ok- sollevo le mani, in segno di resa.
Non posso perdermi in contrattazioni sotto l’occhio vigile e indagatore di nonna e così, gettando un’occhiata per controllare che Tsuru stia ancora rimuginando su me e Zoro nel centro della pista, riporto le mani ad incrociarsi sulla nuca del buzzurro, premendomi al suo busto.
È caldo e accogliente, e poso senza dubbi i capo sulla spalla di Zoro, non appena le note di un lento riempiono la sala, rallentando il ritmo dei balli e facendo stringere tutte le coppie.
Non ho mai ballato un lento, nessuno dei miei ex mi ha mai portato a ballare in un luogo dove suonassero certe melodie lente e gentili: Kidd mi portava ai rave, Law ai convegni di chirurgia cardiaca.
Sospiro, limitando i movimenti a leggere onde di gambe e bacino, permettendo a Zoro di seguirmi e abbandonare le mani sui miei fianchi. Non dice una parola, ma va bene così.
Stiamo fermi per un po’, immobili nel centro pista, per poi ruotare su noi stessi con fare naturale, portando così le spalle di Zoro verso il tavolo dove siede nonna, e i miei occhi su di lei, anche se la muscolosa mole del buzzurro mi limita un po’ la visuale.
Riluttante a voler alzare il viso dal pettorale caldo e morbido di Zoro, sollevo il capo, controllando la nonna e trovandola ancora intenta a dettare a Gladius chissà che mal giudizio su me e Zoro.
Mi mordo un labbro, nervosa.
-Che succede?- mi accarezza la frangia con le labbra Zoro.
Chiudo un attimo gli occhi, godendomi questo contatto, posando poi la fonte sulla sua, fingendo intimità.
-La vecchia continua a scrivere!!!- ringhio, facendolo sghignazzare e roteare su se stesso, dando anche lui una controllata alla nonna.
Torno a crogiolarmi, immersa nel suo profumo, posando le mani su entrambi i pettorali e respirando piano, riempiendomi i polmoni della sua fragranza, magnetica anch’essa, che mi impedisce di allontanarmi, catturandomi nel suo campo di forza e trattenendomi lì, stretta su quel petto, con gli occhi socchiusi e le labbra arricciate dolcemente.
“Sto fingendo” mi dico, mi convinco che sto solo recitando per darla a bere a nonna, ma il benessere che provo in questo momento, nello stare così vicina a Zoro, è troppo lampante per ignorarla o sminuirla.
È magnetismo: lui la calamita, io la microscopica lamella di ferro che non può opporsi.
Struscio piano il capo contro la maglietta intrisa di questo profumo così stordente, trattenendo a stento le fusa quando Zoro posa le labbra su una mia tempia, scostandomi un ciuffo dal viso.
-Siamo poco convincenti…- sussurra, costringendomi ad aprire pigramente un occhio, studiando cosa, le altre coppie, hanno più di noi.
Lo sguardo mi cade su Usopp e Kaya, teneramente stretti l’un l’altre mentre volteggiano leggeri, su Robin e Rufy, che nonostante il pancione si abbracciano annullando ogni distanza, su Koala e Sabo che si baciano, scambiandosi ogni tanto qualche mezza parola.
Alzo di scatto il capo dal torace di Zoro nell’osservare meglio mio cugino e la sua ragazza, colta da un’improvvisa illuminazione.
-Baciami- parlo sicura e senza dubbi, ruotando lo sguardo da Koala al buzzurro.
-C-cosa?!?- si strozza, fissandomi schioccato.
-Le coppie, con un lento, si baciano- affermo, indicando con un cenno del capo le coppiette che ci circondando –Dobbiamo farlo anche noi!!!-
Impacciato, si guarda attorno notando il romanticismo dilagare nella discoteca.
Tentenna, e capisco perfettamente il suo disagio a volermi baciare: siamo pur sempre degli sconosciuti che si sono incontrati per un brutto scherzo del destino.
-Niente lingua- premo le mani sul suo petto, attirando la sua attenzione –Solo un bacio a stampo, come quelli che si davano all’asilo-
-Io all’asilo non andavo in giro a limonarmi le bambine!!!- sbotta, assottigliando lo sguardo.
-Ohhh Zoro!!!- mi impunto, testarda -È solo un bacio!!!-
Ruota gli occhi al cielo, digrignando i denti, ma quando li riporta su di me, abbassa anche il capo, accostando le nostre fronti.
Le sue mani mi cingono i fianchi con forza, mentre le mie si aggrappano alla stoffa della sua maglia con decisione.
Deglutisco, quando i nostri occhi si specchiano, trattenendo quasi il fiato.
Lo vedo avvicinarsi piano, scivolando con il dorso del naso sul mio, inclinando di lato il viso per poi posare castamente le labbra sulle mie.
Cerco di non iper ventilare, di restare calma, e di oppormi al magnetismo che nuovamente mi attrae verso di lui.
Chiudo gli occhi, rilassandomi, alzandomi sulle punte dei tacchi e cercando di rendere il più naturale possibile il contatto tra le nostre labbra.
È come un primo bacio tra ragazzini impacciati.
Le labbra ferme, appena posate tra loro.
Tratteniamo il respiro, assimilando ogni dettagli della bocca dell’altro: le labbra sottili di Zoro, le mie carnose, la piccola O che si forma tra di esse, e che permette a un soffio di fiato di entrambi di mischiarsi.
Mi alieno da tutto ciò che mi circonda: la musica, il caos della discoteca, lo sguardo di nonna Tsuru che trapassa la schiena di Zoro per conficcarsi micidiale sulla mia gola.
Smetto di muovermi con le gambe, di ancheggiare, di ballare le brevi note della canzone, concedendomi un lungo fremito di piacere, che mi attraversa la schiena.
Piacere?
Perché provo piacere?
È un bacio a stampo, con il più rozzo dei cavernicoli al mondo. Non vi è romanticismo ne dolcezza… eppure è magnetico.
Ancora quell’aggettivo.
Respiro piano, piegando il capo sul lato opposto a quello di Zoro, le cui mani scivolano con forza su di me, intensificando la stretta tra i nostri corpi.
Muovo appena le labbra sulle sue, solo per provare, e mi sorprendo nel sentirlo muoversi a ritmo con me, spostando piano il labbro inferiore sul mio, intrappolandolo nella sua bocca e succhiandolo piano.
Mi sfugge un gemito, che anniento nella mia mente aggrappandomi con forza alla maglia del buzzurro, sollevandomi maggiormente sulle punte.
Zoro mi sta baciando, io sto baciando Zoro.
È così strano, anomalo, del tutto irragionevole, eppure è stata una mia idea, per convincere nonna a non aggiungere altri giudizi sul suo taccuino, per non farle pensare male di Zoro.
Questo bacio non dovrebbe piacermi, non dovrebbe attrarmi così, e invece lo fa, come una lamella con il magnete, che se anche si oppone non può far nulla e resta intrappolata nel suo campo di forza.
Premo con maggior vigore la bocca su quella di Zoro, cercando di allontanare tutti questi dannati pensieri, e mi solevo ancor di più sui tacchi, facendo scivolare le mani del buzzurro su di me.
Calde, callose, si spingono sulle pieghe del mio vestito, fino a sfiorarne la cintura, ma lì non si fermano e in men che non si dica le sento stringersi sulle mie natiche.
Ed è qui che l’incantesimo si spezza…
Perché se c’è solo una cosa al mondo che non sopporto, e che qualcuno mi palpeggi senza il mio permesso. Non sopporto di non avere la situazione in mano.
 E mentre il magnetismo delle nostre bocche si spezza, se ne crea un altro, più fisico e doloroso.
Perché si sa, i corpi sono magnetici, e le ginocchia sono attratte solo da due altri corpi magnetici: o un altro ginocchio, o i gioielli di famiglia di un uomo.
Le mie ginocchia, in particolare, sono attratte da quest’ultimo tipo di corpi magnetici, e senza ripensamenti il mio ginocchio destro si schianta sul cavallo di Zoro, spezzandogli il respiro e facendogli togliere le mani dal mio sedere.
Perché le lamelle non possono opporsi alla forza magnetica di una calamita, ma io non sono una semplice lima di ferro.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Il ricordo di un buffo cappello ***


Image and video hosting by TinyPic
Fan Art di proprietà di Rolochan105




Capitolo 10: Il ricordo di un buffo cappello

 
È uno strano dejavù: io, Zoro e una sacca di ghiaccio secco.
Solo alcuni piccoli dettagli cambiano.
Non siamo nella Hall dell’Hotell, ma nella nostra stanza, la borsa del ghiaccio non è sul viso di Zoro ma sui suoi gioielli di famiglia, non c’è Hannyabal a seccarmi, ma al massimo mio padre dall’altra parte della parete, nella sua stanza, impegnato nel vano tentativo di origliarci con un bicchiere di vetro posato sul muro; e non siamo appena arrivati, ma siamo appena tornati dalla serata in discoteca, che ammetto sia stata un vero disastro.
Dopo la mano morta del buzzurro, ho incolpato un suo malessere allo stomaco per quell’improvvisa colorazione bluastra sul volto, e l’apnea di cui era preda.
Nessuno sembrava essersi accorto della mia ginocchiata, nemmeno nonna, o almeno ci spero.
Forse la mischia della pista è riuscita a nascondere il mio ginocchio violento, forse i nostri corpi erano così stretti l’un l’altro, appiccicati come ventose, da non permettere di poter intuire niente di quello che è accaduto, forse non è poi così strano che in una coppia, mentre balla, la Lei di turno strusci il ginocchio contro i gioielli di famiglia del suo Lui, e certi “incidenti” possono essere più frequenti di quello che posso immaginare.
Ci spero, ci spero davvero, perché voglio che almeno una cosa positiva ci sia in questa serata orribile.
Orribile non per il taccuino, o per le  innumerevoli pagine stracolme di giudizi su di me e Zoro, quanto alle mani marpioni del buzzurro.
Sbuffò, infossando gli occhi al pavimento lucido e illuminato dalle lampade accese della stanza.
Ha rovinato tutto!!!
Perché mi ha palpeggiato? Stava andando tutto bene.
Il bacio si stava intensificando, era dolce e casto, non stavamo bisticciando e per una volta il silenzio ci stava mettendo d’accordo… e lui che fa?
Mi arpiona una chiappa, ovvio!!!
Mi sfilo i tacchi, gettandoli malamente alle mie spalle, ai piedi del letto, dando le spalle a Zoro che ringhia, mantenendo la sacca del ghiaccio sul cavallo.
Gli do le spalle, cercando di sistemare la vaglia, quasi fosse un bisogno vitale in questo momento.
Tutto è vitale, piuttosto che guardarlo e ripensare a ciò che ha fatto.
Ma è inutile pensarci, perché è lui a dar fuoco alle polveri, accendendo la discussione.
-Si può sapere che ti è preso?!?- sbraita, latrando.
Mi volto di scatto a fissarlo in cagnesco, le mani posate sui fianchi e gli occhi dardeggianti.
-A me? A me che mi è preso?!?- bercio –Sei stato tu a mettermi le mani sul culo, che dovevo fare? Dirti “grazie, continua pure: fa come se sia roba tua”?!?-
Boccheggia, con un sopracciglio traballante per la rabbia.
-Ma se è stata colpa tua!!!- sbotta, picchiando con un pugno il copri letto.
-Ti sei alzata sui tacchi e mi hai messo tu…- mi indica con un dito teso della mano libera dal reggere il ghiaccio –…il tuo culo sotto le mani!!!-
-Come sarebbe che è colpa mia?!?- avanzo di un passo fronteggiandolo faccia a faccia –Non ti è venuta la malsana idea di spostare quelle tue manacce da maniaco?-
-Non sono un maniaco!!!- sbraita.
-Oh no certo!!- mi volto, alzando le braccia in aria e tornando a rovistare nella mia vaglia –Ti sei trovato solo un paio di chiappe tra le mani e hai detto “Ehi perché non approfittarne?”- mi volto nuovamente, strillando inviperita –MANIACO!!!! Che poi non è vero che è colpa mia: sei tu che hai allungato le mani!!!-
Incrocio le braccia al petto, assottigliando lo sguardo su di lui, che lo sostiene convinto di aver ragione.
-Io non ti ho palpeggiato- afferma duro e sicuro di se –Per cui mi aspetto delle scuse…-
Arricciò il naso.
Delle scuse?
Sa dove se le può infilare le sue adorate scuse?!?
-Scusa tanto…- sbottò, dandogli le spalle e piegandomi sulla valigia -… scusa tanto se ho un bel culo!!!- me lo sculaccio, immergendo poi entrambe le mani alla ricerca di una maglia come pigiama.
Lo sento sghignazzare, e non riesco a trattenere un sorriso divertito.
In fondo non lo so se davvero mi ha infastidito il suo tocco.
Era gentile, appena accentuato e non violento o manesco, come certe mani morte che ho subito in metropolitana.
Forse, ciò che mi ha davvero dato fastidio, è il fatto che mi sia piaciuto.
Zoro è il mio FINTO ragazzo, e ciò che mi lega a lui è solo il biglietto di un treno e non vero amore.
Perché allora mi è piaciuto baciarlo, stringermi a lui, sentire la sua pelle sul viso, le sue mani sul mio corpo, e il suo sguardo navigare nella mia scollatura?
Mi sollevò con la schiena, sospirando.
Perché?
-Nami…-
Sorriso piano, piegando il capo all’indietro, fissandolo.
-Ti serve altro ghiaccio?- domando.
I suoi occhi neri e profondi mi fissano, la schiena leggermente protesa in avanti, un mano sul cavallo a reggere la borsa di ghiaccio, l’altra abbandonata con il braccio sul ginocchio sinistro.
-Dov’è tua madre?- chiede secco, deciso, senza tentennamento.
Apro bocca, la richiudo e la riapro di nuovo, incapace di proferire una sola sillaba.
Mia madre.
La mia mamma.
Non è difficile notare la sua assenza, come non lo è notare l’assenza della mamma di Rufy e Sabo.
Ma è della mia che si parla ora, è per me è davvero difficile.
Stringo fra le mani una maglia gialla, rigirandomela tra le dita, finché non trovo la forza necessaria per posarla sopra la valigia aperta, voltandomi sorridendo a forza verso Zoro.
-Mia madre…- parlò decisa, veloce, per poi rallentare, tornando ad annaspare con le vocali -… mia madre… lei è…-
Gli occhi di Zoro sono fissi su di me, ma non riesco a lasciarmi magnetizzare questa volta, persa in un remoto angolo della mia mente, dove è evidente che il campo magnetico non funzioni.
Non so cosa mi blocchi.
Eppure è passato così tanto tempo, che parlarne non dovrebbe più esserne un problema, non dovrei più bloccarmi come una bambina al primo giorno di scuola dopo un’estate orribile e piena di lacrime.
Non sono più la ragazzina che ai primi cenni ormonali, non sa a chi rivolgersi.
Non sono più la donna che al primo amore, non sa a chi confidarlo con tenerezza.
-Non importa- solleva un angolo della bocca Zoro, fissandomi dritta e ferma dinanzi a lui –Non volevo farmi gli affari tuoi-
Ghigna, e mi sento in colpa per il mio impaccio causato dal mio mutismo.
-No…- sussurro piano, sorridendo con un po’ più di facilità, muovendomi verso il letto -… hai conosciuto mia nonna, mio prozio Garp, i miei cugini, mia sorella e mio padre…-
-… che mi ha minacciato ancora di evirarmi, se ti tocco…- sghignazza, per farmi ridere.
-… è giusto che tu sappia di mia madre- ridacchiò piano, sedendomi accanto a lui sul materasso.
Non so da dove iniziare, forse dalla fine, ma non mi piace, per cui prendo un respiro profondo prima di riaprire bocca.
-Mamma e papà si sono conosciuti in accademia- esordisco, sollevando gli occhi a concentrare lo sguardo sul viso di Zoro –Si sono innamorati subito, e subito si sono sposati-
Il buzzurro ghigna un po’, non aprendo bocca e lasciandomi parlare.
-Nessuno dei due ha voluto lasciare la carriera, nonostante volessero con altrettanto desiderio una famiglia- giocherello con il bordo della gonna, abbassando il capo e lasciando che i ricci mi cadano sul viso –A papà è stato dato il compito di addestrare i cadetti su una nave militare, sempre in viaggio per il Mondo, e mamma invece era a istanza vicino a casa: faceva la pendolare come una mamma come tante…-
Deglutisco, cacciando in fondo allo stomaco il nodo in gola che si stringe.
Lo caccio il più lontano possibile, perché non voglio piangere.
Non di nuovo.
-Avevo dieci anni, e quella sera io e Nojiko stavamo dormendo dallo zio Dragon, assieme a Sabo, Ace e Rufy, perché mamma era di turno di notte alla caserma navale- punto gli occhi sulle mie dita intrecciate al ricamo della gonna, evitando di deglutire.
-Non so perchè ho aperto gli occhi, era notte e non c’era alcun pericolo, ma li ho aperti lo stesso e li ho puntati sulla porta socchiusa della cameretta, fissando il corridoio illuminato- apro bocca, la richiudo.
Perché racconto tutto, perchè non mi limito a dire, in una sola parola, dov’è mia madre?
-Forse era stato lo squillo del telefono, forse la voce concitata dello zio o forse un sogno… non lo so. So solo che quando ho riaperto gli occhi la mia mamma era morta e che non c’era più nessun sogno o voci felici-
Mi stringo nelle spalle, ignorando il malessere che ho in gola, gli occhi lucidi e le labbra arricciate in una smorfia contrariate per il desiderio di piangere-
È passato tanto tempo, perché fa ancora così male?
Non dovrebbe, non dovrebbe davvero. Sono un’adulta, e gli adulti non piangono, solo i marmocchi lo fanno.
Annaspo, trattenendo le lacrime, sforzandomi di sorridere.
-Scusa- scuoto il petto con una falsa risata, che ha il sapore di un singhiozzo –Avrei potuto riassumerti tutto dicendo “è morta” invece che raccontarti tutta questa pappardella… sono una lingua lunga!!!- faccio una linguaccia al tappeto, scostandomi con una mano una ciocca giù per il viso, ma passandomi con lo stesso movimento il palmo su un occhio bagnato.
-Certe cose non si possono riassumere- sussurra Zoro, e posa con una gentilezza sorprendente un dito su una mia guancia, raccogliendo con il dorso una lacrima.
Alzo il capo a fissarlo, confusa dal piacere della sua carezza e delle sue parole, sorridendo con davvero più facilità ora.
Annuisco e lascio che le nostre spalle si sfiorino, posandosi una contro l’altra.
Sto bene così, con la testa pesante di pianto ma gli occhi lucidi.
Schiocco la lingua, ridacchiando un po’, senza un motivo.
-Che c’è ora?- ghigna, spingendomi con una spallata.
-Niente…- ridacchio -… solo mi sono ricordata il cappello buffo con cui nonna è venuta a prenderci circa due minuti dopo la telefonata che aveva ricevuto lo zio Dragon- rido con un po’ più di forza, scoppiando proprio a ridere con gusto poi.
-Sembrava che avesse un procione morto in testa!!!- sghignazzo, reggendomi la pancia con una mano –E il fumo della sigaretta della nonna sembrava infastidirlo per fino!!!-
Zoro sghignazza con me, ridiamo senza un perché, e senza motivo appoggio il capo sulla sua spalla, facendomi cullare dal suo respiro.
-Ci ha tenuto con lei per diverse settimane, prima che papà potesse tornare a casa- sussurro ridacchiando ancora –E poi si è presa cura anche di lui- sorrido, socchiudendo gli occhi mentre Zoro mi passa un braccio dietro la schiena, non abbracciandomi, ma puntandolo al materasso e facendo aderire tra loro i nostri fianchi.
-Non l’ho ami vista piangere in quel periodo, e io e Nojiko abbiamo vissuto con lei per quasi tutto un anno dopo il funerale- sospiro, premendo il naso contro la sua gola –Piangevamo quasi ogni giorno noi, ma lei non ha mai versato una sola lacrima… eppure mamma era sua figlia, e non c’è legame più forte di quello tra madre e figlia-
Sento il mento di Zoro strusciarsi su una mia fronte, e riapro piano gli occhi, puntandoli sui suoi.
-Forse, in quel momento aveva altre due figlie di cui prendersi cura…- sussurra, abbassando il capo fino a posare la fronte sulla mia.
Abbozzo un sorriso, annuendo.
Voglio bene a nonna, tengo a lei ed è per questo che non voglio deluderla su nessun fronte.
So che è orgogliosa di me per il mio lavoro, la mia indipendenza, la mia vita, ma voglio che lo sia anche per i compagni che scelgo per me, come Zoro.
Voglio che sia orgogliosa anche di lui.
Fisso il mio riflesso nelle iridi nere del buzzurro, non infastidita dalla vicinanza dei nostri corpi, anzi, mi accoccolo meglio contro di lui, permettendogli di passarmi una mano sul viso, spostandomi qualche ciocca dagli occhi.
-Mi spiace per la ginocchiata…- sussurro piano, sfiorandogli le labbra mentre parlo.
-Mi spiace di aver lasciato le mani sul tuo sedere…- mette di sghembo le labbra, in un sorriso così strafottente e sensuale che mi è difficile non sorridere in risposta.
Lascia la sua mano sul mio viso ad accarezzarmelo, mentre il magnetismo torna ad unirci.
Non riuscirei a distogliere lo sguardo dai suoi occhi nemmeno se volessi, e senza pensarci mi muovo verso di lui, quasi in contemporanea con il corpo di Zoro.
Solo un soffio separa le nostre bocche, di nuovo.
La mano libera dal reggermi il viso mi stringe un fianco, le mie sono aggrappate alla sua maglia, le gambe si sfiorano appena, mentre i nasi scivolano tra loro, piegando in un muto ordine i nostri volti per…
-NAMI APRI SUBITO!!!!!!-
Sobbalzo, con il cuore in gola, distanziandomi subito da Zoro, spaventata a morte.
Ma era la voce di papà quella?!?
-NAMI!!! APRI QUESTA PORTA!!!- batte un pugno sulla porta, e corro ad aprirgli, attraversando la camera in un balzo.
-Papà che succede?!?- spalanco la porta, che lui attraversa a pass di carica, sbuffando come un toro con i suoi baffi neri.
Si aggira per la camera, fino a fermarsi davanti a Zoro, diventando paonazzo.
-A-AHHH!!!- lo  indica con braccio teso –LO SAPEVO: ALTRO CHE MALORE!!! VUOI DEFLORARE LA MIA BAMBINA, RAZZA DI PORCO!!!-
-Eh?!?- inarca un sopracciglio Zoro, ruotando il capo a fissarmi in cerca di una delucidazione.
Mi stringo nelle spalle alzando le mani, non sapendo davvero che gli prende a papà.
-Papà…- lo richiamo, andandogli vicino e abbracciandolo per la vita -… ma di che parli? Zoro si è sentito male in discoteca e…-
-E siete venuti in camera!!!- smuove i baffetti, fumando rabbia, guardandomi –Avete parlato e poi… silenzio!!!-
Ruota il capo verso il buzzurro, ringhiando.
-So bene che è stato tutto un trucco di Zoccolo per metterti le mani addosso: tu…- mi prende le mani nelle sue, fissandomi con occhio colmi di lacrime di orgoglio -…gentile, che cerchi di prestargli soccorso e lui che ti salta addosso zittendo ogni rumore!!!- ringhia, voltandosi a urlare contro a Zoro.
Mi stringe le mano con una delle sue, usando l’altra per additarlo, minacciandolo.
-Sono undici minuti e trentadue secondi che non fate rumore, e so perfettamente che è tutto calcolato per il tuo piano, razza di pervertito- fulmina Zoro, che soffia dal naso irritato - Cosa credi, che abbia chiesto la stanza vicino mia figlia solo per tenerti d’occhio?!? Ovvio che no: anche per fermarti!!!-
A volte mi stupisco che io e Nojiko siamo così normali: mio padre ci stava davvero origliando, e con una qual certa attenzione anche.
-Papà, noi non…-
-Oh Nami non temere!!!- mi abbraccia con forza, stringendomi a lui –Nessuno ti toccherà, bambina di papà: nessun uomo sciuperà il tuo fiore…-
-Arrivi tardi, vecchio…- sbotta Zoro, ghignando.
-Sta zitto tu!!!- lo incendio con lo sguardo, cercando di allentare la presa di papà.
-Papà davvero, io e Zoro non stavamo facendo nulla: lui sta per fino male…- lancio un’occhiata al buzzurro, affinché mi regga il gioco, ma lui si sdraia sul letto sghignazzando.
Ottimo, ruoto gli occhi al cielo.
-… e poi lo vedi? Non ha un briciolo di sex appeal: come potrei andare a letto con lui?- cerco di tranquillizzarlo, riscendo a liberarmi della sua stretta e a trascinarlo, per un braccio, fuori dalla camera.
-Davvero?- sbotta Zoro, con tono infastidito.
-Davvero?- piagnucola papà, stringendo un fazzoletto tra i denti.
-Si- sbuffo, socchiudendo la porta –E ora va a letto papà…- cerco di chiuderla, ma mi fermo un attimo e, sporgendomi, scocco un bacio sulla guancia di papà, facendolo arrossire.
Lo fisso, ridacchiante, mentre borbotta sotto i baffi, reggendosi con la mano la guancia che ho baciato.
-Buona notte papà, e tranquillo…- sorrido, chiudendo la porta -… sono in buone mani-

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Whisky, soda and water close ***


Image and video hosting by TinyPic
Fan Art di proprietà di Rolochan105
 
 
Capitolo 11: Whisky soda and water close

 
Le porte dell’ascensore si aprono con un crepitio musicale, al quale non riesco a trattenermi e scoppio a ridere come una scema, addossandomi con le spalle alla porta aperta della cabina.
-Hahahahaha!!!!- scivolo fino a terra, sgambettando, tenendomi la pancia con le mani –Hai… hai sentito?!?- annaspo tra le risate, roteando gli occhi su di lui.
Incespicando sui passi, e superandomi con fatica dato il polpo che gli attorciglia le gambe, Zoro sghignazza, traballando e finendo con il sedere a terra sul pavimento rivestito del piano.
-… si… ah ah ah…- spalanca la bocca, da cui escono strane bolle, tenendosi eretto con la schiena posando le mani al pavimento -… l’ascensore ha ruttato…-
Non riesco a stare seria e rido anch’io, rialzandomi e traballando sui tacchi, venendo quasi investita da una giraffa sui pattini.
-Venivo da destra!!!- le urlo dietro, alzando un braccio in aria.
-Che?- mugugna Zoro, attirando la mia attenzione.
È disteso a pancia in su, accarezza un gatto invisibile ronfante sulla sua camicia, mentre sghignazza chissà per quale motivo.
Uno strano rossore mi imporpora le guance e, chinandomi malamente su di lui, a piccoli passi per la minigonna, arrivando ad accarezzargli la zazzera verde.
Passo la mano tra le ciocche verdi, accarezzandogli le basette e le guance quando discendo, perdendomi nelle sue iridi nere, offuscate a qualche onda argentea che solo ora riesco a notare.
Mi viene naturale sorridere, accarezzarlo ancora e sfregare a volte i polpastrelli sulle sue labbra, saggiandone la sottile consistenza e respirando a pieni polmoni il suo respiro caldo, misto a qualche ghirigoro di whisky.
Gli accarezzo la fronte, scivolando con l’indice sulla linea del naso, fermandomi con il polpastrello sulla sua punta.
Zoro solleva gli occhi su di me, distogliendoli dal suo gatto invisibile, mi sorride e alza una mano ad accarezzarmi i capelli.
Socchiudo gi occhi, godendomi la sua carezza veloce e calda, prima che sollevi ancora la mano, scacchiando qualcosa che svolazza attorno ai miei capelli.
-… stupide farfalle…- borbotta.
Abbozzo un sorriso e lo aiuto ad alzarsi, ma non appena è in piedi lui, perdo l’equilibrio io, e mi ritrovo le gambe molli, così molli da fondersi e farmi cadere a terra, sul prato di margherite che avanza sul parquet del corridoio del piano.
-Ehi…- protesto contro le mie gambe, reggendomi sulle braccia di Zoro, che mi stinge a lui.
-Stupide farfalle: sciò via…- muove la mano intorno a me, agitandola prima attorno al mio capo e poi sulle gambe.
-Farfalle?- ridacchiò –Ma dove?-
Sento la bocca impastata, le mani strette attorno ai polsi del buzzurro calde e le guance rosse come pomodori.
-Ovunque!!!- ribatte lui, agitandosi e schiaffeggiando un gorilla, per poi sbuffare, prendermi a peso morto su una spalla e correre verso la nostra stanza.
Rido, rido come una bambina sull’altalena.
Rido da quando eravamo seduti al tavolo della famiglia nel ristornate.
Rido da quando abbiamo iniziato l’annuale gara di bevute della famiglia Cocoyashi.
Rido da quando io e Zoro abbiamo vinto su tutti i componenti della mia famiglia, e abbiamo comunque continuato a bere finché Sanji, uscito dalla cucina, non ha iniziato a molestarmi e io, sempre ridendo, sono corsa fino agli ascensori, strattonando Zoro, intento ad urlare contro al povero cuoco.
Rido, rido, rido.
Rido e non so più se sono solo ubriaca o anche felice.
Rido così forte che gli elefanti che ballano in corridoio si portano una zampa alla bocca, imponendomi di far silenzio, riprendendo poi a piroettare tra le farfalle, che ora vedo anch’io.
La porta della stanza si apre, e il tonfo che echeggia, mi avverte che Zoro non è riuscito a posarmi sul letto, inciampando nelle ranocchie ubriache che escono dalla nostra stanza,  rovinando a terra, con me ancora in braccio.
-Ah ah ah ah!!!!- scuoto il capo, spostando i ricci rossi dalla mia vista, puntandola al soffitto che cambia colore a ogni battito di ciglia.
Non riesco a smettere di ridere, nemmeno ora che sono stesa a terra, con la faccia del buzzurro sul ventre, le sue mani strette ai miei fianchi e la porta che si chiude cantando.
Lo sento sghignazzare, sfregare il capo sulla mia gonna e mugugnare qualcosa, mentre punta le mani a terra e si soleva sopra di me.
-Siamo… ubriachi- decreta, ridendo e scuotendo il capo.
-Troppo whisky e soda…- sospiro, passando la mano nella sua zazzera, fissando le sue palpebre chiudersi e tremare quando tolgo la mano.
Riapre gli occhi, puntandoli su di me, facendomi annegare nel mare nero che ha nel fondo di quei pozzi di petrolio.
Trattengo un po’ il respiro, allienandomi dalle canzoncine che risuonano dal corridoio del piano, cantate da ranocchie ed elefanti, perdendomi piacevolmente nel suo sguardo.
Mi fissa in silenzio, zitto e impassibile, gli occhi fissi su di me, sul mio viso, non nella scolatura del vestito o sulle gambe lisce e tremanti sotto di lui.
Su di me, sui miei occhi, sulle mie labbra, sul mio viso.
Sento l’alcol ingerito mandarmi a fuoco la faccia, inondandomela di sangue che rende scarlatte le guance e languido lo sguardo.
Sollevo una mano, scacciando anche l’ultima farfalla rimasta nella stanza, posando poi le dita sulla guancia di Zoro, accarezzandola.
Chiude di nuovo gli occhi, sorridendo piano, posando completamente il viso sul mio palmo, stringendo le primule fiorite attorno a noi nei pugni, tesi a terra nel reggerlo.
Lo accarezzo ancora, fin quando non inizia a calare su di me, arrivando a sfiorarmi una guancia con la punta del naso.
-Sai di mandarini…- sussurra, premendo il naso sulla guancia, scendendo poi anche con le labbra, respirando piano.
-… di mandarini e soda-
Sorrido, allargando le braccia a stringermelo contro, infossando il capo contro la sua gola calda, ignorando le risatine delle ranocchie, maliziose e dalla lingua lunga.
Che male c’è se lo abbraccio, se lo stingo forte e annaspo nel suo profumo?
È il mio ragazzo, il mio finto ragazzo, e lo abbraccio quanto mi pare.
Soprattutto se sono ubriaca , conscia che domani mattina non ricorderò nulla di tutto questo.
Mi premo su di lui, gonfiando il petto e strusciandomi come una gatta, stringendo la presa delle mani sulle sue spalle, appiattendo il respiro contro il suo, infossando il naso nei capelli, restando in apnea per godere della loro morbidezza.
Zoro struscia il naso sulla mia gola, la bagna con il respiro, posa le labbra tra i miei capelli saggiandoli.
Se non fosse per i piccoli ippopotami nani che volano sopra di noi, attorno ai fasci di luce del lampadario, potrei essere certa che tutto questo sia un sogno.
Ma siamo solo ubriachi, e domani non ricorderemo nulla di tutto questo, come non ricorderemo quanto whisky, della buona e infinita cantina di nonna, abbiamo bevuto, mischiato alla soda, frizzante e fresca.
-… siamo ubriachi…- sospiro, scostando il volto dal suo, e passandogli un’ultima carezza.
Zoro solleva il mento, scaccia l’ennesima farfalla, e ghigna.
-… ho voglia…- sghignazza.
-Di cosa?- sbatto le palpebre.
Di altra soda? Di gelato alla panna? Di rincorrere gli ippopotami e sfilargli quei strani tutù viola che indossano?
-… di… di…- schiocca la lingua sul palato, rigirandosi le parole in bocca in cerca di quella giusta.
-… non so…- mugugna, riportando il capo contro la mia spalla e la mia gola, posando però le labbra sulla pelle del mio viso, saggiandola appena.
Fremo, in modo convulso e violento, facendomi minuscola sotto di lui e premendomi per rientrare tra le sue braccia, ora tese attorno a me, sollevando Zoro sopra il mio corpo.
-… di cosa Zoro?- miagolo piano, sostenendo il suo sguardo malizioso e sensuale.
Quello sguardo nero e penetrante, magnetico, che mi stringe a lui, attanagliandomi lo stomaco e facendo volare le farfalle in esso, e non solo intorno a noi.
Lo guardo, lo fisso, lo studio e piano, lentamente, più per l’alcol nelle mie vene che per la tensione del momento, mi solevo con il busto verso di lui, schioccando le labbra quando sono a un soffio dalle sue.
-Di cosa hai voglia, Zoro?- mi lecco le labbra.
Anch’io ho una voglia, strana, dolce, pericolosa e lussuriosa.
Un bacio.
Un bacio al whisky e soda.
-... allora?- sussurro, lasciandogli sfiorarmi la guancia con la punta del naso –Di cosa hai voglia Zo…-
Con uno slancio incredibile lo vedo sollevarsi da me e sfrecciare nel bagno della camera, fiondandosi al suo interno, facendo sbattere la porta contro a una giraffa, che stava uscendo dalla toilette.
Dai rumori che sento, e da come la giraffa sogghigna soddisfatta, il buzzurro sta vomitando, e non riesco a rattenermi dal ridere mentre, lanciando i tacchi nella stanza, gli corro dietro, incespicando tra le rane che sono tornate a farci compagnia.
Mi aggrappo agli stipiti della porta del bagno, sporgendomi con il busto e il viso, entrando in punta di piedi e seguendo il ritmo degli ippopotami danzanti sulla lampada, avvicinandomi a Zoro, piegato sul water a rimettere l’anima e la riserva di whisky e soda.
-Hai voglia di vomitare?- sghignazzo, posando una mano sulla sua nuca e l’altra sulla sua fronte, sorreggendogli il viso.
Mugugna un qualcosa d indefinito e volgare, non sollevando nemmeno il capo e continuando a sputare nella tazza.
Ma quanto abbiamo bevuto per ridurci così?
Tanto? Troppo?
Non lo so, so solo che non mi dispiace sorreggere il capo vomitante del buzzurro.
E non mi dispiace ridere, dolcemente, di lui.
Rido, aiutandolo a ripulirsi con un asciugamano zuppo d’acqua, perché di inumidirlo e basta proprio non riesco, passandolo sulla bocca, spalancata a respirare a fondo, mentre si aggrappa a me per le spalle, premendo le mani sulle spalline del vestito e scuotendo il capo di tanto in tanto.
-… stupide farfalle…- grugnisce, scivolando con una mano dalla spalla al mio fianco, accarezzandomelo.
-Sempre colpa delle farfalle… mai delle giraffe?!?- ridacchio, fissandolo sfilarsi la giacca nera e gettarla a terra.
Scuote il capo, ringhiando contro chissà che, e dopo pochi attimi si stende a terra, togliendo le mani dal mio corpo, sdraiandosi e striando le gambe verso la porta, il capo rivoto alla finestra che da sulle piste da sci, illuminate da piccole luci danzerine, circondate da lucciole colorate.
Mi fa ridere, la sua posa a gambe spalancate e braccia piegate dietro la nuca, e anch’io mi stendo a terra, stendendomi però con le gambe verso la finestra, al suo contrario.
Accosto il viso al suo, posando la punta del naso alla sua e, imitandolo, piego le braccia, usandole come cuscino.
-Hai nuotato troppo stamattina in piscina: per questo hai vomitato- borbotto, incolpando la mattinata spesa tra scivoli d’acqua e nipoti con i braccioli nella piscina dell’Hotel, mentre di tanto in tanto fissavo il buzzurro volare nell’acqua al cloro, sbracciandosi bracciata dopo bracciata.
-Dici?- domanda in un sussurro, mantenendo gli occhi chiusi –Non è colpa dell’alcol?-
Ci penso un po’, ma poi nego, premendo i ricci contro le piastrelle fredde del bagno.
-No- sorrido, posando la fonte sulla sua gola –No, non è colpa dell’alcol…-
Le piastrelle fredde del bagno hanno un effetto calmante su di me, sulla mia risata convulsa e sciocca, sugli animaletti strampalati che vedo e mi tormentano.
È come riemergere da un tuffo: l’aria gelida che ti riempie i polmoni e restituisce la lucidità, facendoti sorridere di piacere.
E come posso non sorridere di piacere nel sentire il respiro caldo e tranquillo di Zoro contro il mio viso, sulle mie ciglia, sulla mia pelle?
-Ho voglia…- sussurro, premendomi su di lui.
-Di cosa?- socchiude gli occhi, fissandomi.
Sorrido piano, arricciando due dita a scostare un ciuffo dalla fronte calda di Zoro, avvicinandomi maggiormente a lui, sollevando il capo ad affiancare le labbra alle sue.
E forse è l’alcol.
Forse è il whisky, forse la soda, forse il water a lume di candela, ma poso le labbra su quelle del buzzurro, baciandolo.
-… ho voglia di baciarti…- soffia Zoro,, rubandomi le parole dalle labbra, che torna a baciare, allungando un braccio e attirandomi a lui.
Si volta su un fianco come me e mi abbraccia, dandomi un ultimo bacio prima di chiudere del tutto gli occhi ed addormentarsi, mentre le mie palpebre si fanno pesanti e il suo torace caldo, a cui sono accoccolata, mi culla nelle braccia di un Morfeo alquanto gaio.
Forse, dopo tutto, sarà un peccato dimenticare tutto questo domani mattina.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Un bacio risolve tutto ***


Image and video hosting by TinyPic
Fan Art di proprietà di Rolochan105




Capitolo 12: Un bacio risolve tutto

 
Struscio il capo contro la sua gola, accavallando le gambe sopra le sue e schiacciandomi, senza ritegno, contro il suo  petto.
Il suo grande, caldo, morbido, accogliente petto.
Mmm… come ho fatto a restare lontana dai suoi addominali e da questi pettorali caldi e accoglienti?
Come?
Mugugno soddisfatta, premendo la guancia contro un suo pettorale, raggomitolandomi meglio sulla panchina a bordo di una pista da sci, vicino agli impianti di risalita dell'hotel.
Il capo mi pulsa ancora per via della sbornia di ieri sera, ma cerco di ignorarlo, strusciando il nasino contro il suo giubbotto imbottito, respirando a pieni polmoni il suo buon profumo.
Socchiudo un occhio, giusto per guardare di striscio Ace e Rufy correre come due diavoli nella neve, arrotolando enormi quantità di neve in scomposti pupazzi, su cui Bells e Merry stanno infilando guanti e berretti, proteggerli dal freddo, mentre Roger e Rex calpestano per la prima volta la neve, sghignazzando a ogni passo che affonda nella coltre candida.
Sorrido, infossando il viso nella sciarpa, crogiolandomi sotto i raggi caldi del sole di montagna, guardandomi intorno e appallottolandomi come una micia su di lui, costringendolo ad aprire le braccia, permettendomi così di appiattirmi sul suo petto e accoccolarmi al meglio, per poi riabbassarle su di me e, con un lieve risolino in viso, abbracciarmi e stringermi forte a lui.
Le sue mani calde e grandi mi accarezzando la schiena, giocherellando a volte con alcuni riccioli della coda, mentre preme le labbra sulla mia fronte, baciandomi piano e sghignazzando con le labbra premute sulla mia pelle.
Come?
Come, mi chiedo io, come ho fatto a resistere a tutto questo?
Al suo calore, alla sua presenza forte e rassicurante, al suo ghigno premuroso e alle labbra premute con affetto sulla mia fronte.
-Mmm…- mugugno un po’, infossando il viso contro la sua gola, sentendolo borbottare impacciato, prima di premere con maggior forza le mani su di me.
Abbassa il capo, sfregando una guancia sul mio capo, che sollevo appena, permettendogli di premere le labbra sulla mia fronte, perdendo lo sguardo nelle sue iridi nere.
Scivolo sulla mascella squadrata, sul ghigno sghembo, su alcune piccole cicatrici sul mento, che deve aver guadagnato con il suo impiego, prima di sorridere come una bambina, posando gli occhi sul suo buffo e scuro baffone.
Sorrido, allargando le braccia a stringendomi a lui, mentre le sue mani mi accarezzano morbide.
Caldo, caldo, caldo e rassicurante.
Lui è questo, lui è…
-Ehi!!!- una voce rotta dalle risate ci costringe a volgere il capo dietro di noi –Nami non monopolizzare papà!!!- mi bacchetta Nojiko, posando Rex tra la neve e correndo a sedersi accanto a noi, posando subito il capo lilla sulla spalla libera di papà.
-Oh dai…- mugugno, scivolando giù dalle gambe di Genzo e accoccolandomi, come mia sorella, al suo fianco -… è da mesi che non lo vedo…-
Nojiko ridacchia, si stringe al fianco di papà e, insieme a me, si lascia accarezzare da Genzo, che ancheggia sulla panchina, stritolandoci con le braccia muscolose per i lunghi anni di servizio in Marina, mentre sento gli schiamazzi dei miei nipoti, che saltano addosso a Drake, insieme a Rufy, in testa al brano di urlanti mocciosi.
-Drake: usa quei bicipiti che ti ritrovi e fa giocare la mia bellissima Bells!!!- urla papà, inarcando leggermente la schiena, ma io e Nojiko lo riportiamo contro lo schienale della panchina, facendolo uggiolare di piacere per la nostra vicina presenza, lasciando a mio cognato il dovere di badare ai demonietti.
A volte papà mi ricorda Sanji, con il suo imbarazzo quando ci accoccoliamo su di lui, o quando gongola per la nostra bellezza, arrabbiandosi poi come un demonio se qualcuno ci fa qualche avance.
Ridacchio, ripensando alla prima volta che Nojiko ha presentato Drake a papà, e al suo urlo iracondo contro il rosso, quando l’ha riconosciuto come un suo cadetto.
Respirando a pieni polmoni il profumo di Genzo, mi rilasso su di lui, perdendo la cognizione del tempo, che sembra scappare a ritmo con le carezze che papà fa scivolare sulle mie spalle, beandomi nuovamente del suo tepore.
È da tanto che noi tre, io, Nojiko e papà, non passiamo un intero giorno tra di noi, anche solo in silenzio, senza chiacchiere o altro.
Nojiko, con Drake, Bells e Rex vivono a Marijoa, papà è sempre a bordo di qualche nave militare ad addestrare –e torturare- cadetti inermi e spensierati, facendoli rimpiangere la loro scelta, e io, con il mio lavoro, posso definire casa gli alberghi che mi ospitano e non il mio piccolo appartamento a Weatheria, che è diventato un rifugio in cui tornare, piuttosto che un luogo in cui vivere.
Certo, io papà e Nojiko ci sentiamo spesso tramite Skype, chiamate, mail e lettere che sanno di carta ed inchiostro, ma cosa sono mute parole scritte su un pezzo di carta bianca, o lampeggianti sullo schermo di un pc, in confronto alle carezze tenere e calde del proprio padre, della voce vibrante di Nojiko che ride e mi prende in giro, mentre mi bacia una guancia?
Niente, e poter dormicchiare su papà, con Nojiko, come da bambine, è il regalo più bello che possa ricevere da nonna, in queste sue riunioni di famiglia strampalate.
Sospiro, percependo papà muoversi sotto di me e Nojiko, la cui mano cerca la mia per allacciarsi sopra il petto di papà per trattenerlo lì.
-Piccole…- mugugna capriccioso.
-Non siamo più piccole papà- borbotta Nojiko, muovendo il capo sul petto di Genzo, mentre io mantengo gli occhi chiusi, crogiolandomi tra il sole e il calore di papà.
-Siamo grandi…- continua la sorellona, ridacchiando -… adulte e vaccinate: io mi sono sposata, ho dei figli…-
-NON ME LO RICCORDARE!!!- piagnucola papà, pestando i piedi a terra –Quel Drake non mi piace…
-Lo hai detto anche al loro matrimonio…- sghignazzo.
-E quando è nata Bells, e Rex… ma tu adori i tuoi nipotini vero?- si struscia su di lui Nojiko, e non riesco a mantenere gli occhi chiusi, ridacchiante nel vedere papà gongolare e arrossire nel strusciare il capo contro quello di mia sorella.
Gatte, siamo due gatte, in tutti i sensi.
-Si, si adoro i miei nipotini che… REX!!!-
Saltando in piedi papà scivola da noi due, correndo come un Bersagliere sulla pista.
-Rex non devi lanciare le palle di neve a tuo padre…- corre verso il piccolo dalla zazzera lilla, che lo fissa confuso.
-Ecco tieni- gli passa una piccola paletta, riempiendola di neve –Usa questa, bello di nonno: e mira alla faccia!!-
Scoppio a ridere, prendendomi la pancia tra le mani, più per i postumi della sbronza, che per l’espressione vittoriosa di papà nel vedere Rex sommergere il genitore di neve.
-Vado a fermarlo, prima che mio marito diventi l’uomo delle nevi…- sospira Nojiko, non celando però un sorriso divertito.
Annuisco, fissandola sgambettare sulla pista, ma dopo pochi passi torna da me e mi schiocca un bacio sulla fronte, accarezzandomi il viso.
Ricambio il suo sorriso, posando le spalle contro lo schienale della panchina, guardando papà incitare Rex a sommergere Drake di neve, che invece fissa ghignate il piccolo, non più incline a lanciare palettate di neve al padre, preferendo le braccia calde di Nojiko, in cui si ripara mentre lei sgrida papà.
Sghignazzo, stiracchiandomi e ruotando il capo verso il sole, scaldandomi.
Ho sciato parecchio, per togliermi di dosso la pesantezza della sbornia di ieri sera, ma ora ho bisogno di riposarmi.
Di riposare con il corpo e con la mente, soprattutto con la mente, cercando così di ritrovare qualche dettaglio di ieri sera.
Con la memoria riesco ad arrivare a metà dell’annuale gara di bevuta, in coppia con Zoro.
Ricordo il suo ghigno, le iridi nere che mi magnetizzavano, il profumo intenso d’alcol che emanava, stordendomi più di quello che ingerivo… ma più di così non ricordo.
Non ricordo perché ho dormito in bagno, per terra con il capo sul petto del buzzurro, perché i miei tacchi erano uno sul letto e l’altro appeso al lampadario.
Non ricordo perché ho quest’odio inspiegabile contro le giraffe.
Non ricordo, e ho una strana sensazione di tristezza per questi ricordi perduti.
Cosa ho perso ieri notte?
Quale attimo, frase, sguardo ho dimenticato?
Provo ad interrogarmi, ma un gruppo di snow border scende in fretta dalla pista, derapando davanti alla mia panchina, accumulando una montagnetta di neve contro i miei dopo sci.
I miei nuovi, bellissimi e costosissimi dopo sci!!!
-EHI!!!- protesto, fissando Sabo togliersi il casco, scuotendo il capo con i suoi capelli dorati.
-Ciao Nami!!!- sorride, ruotando il capo verso Koala, intenta a staccarsi lo snowbord dai piedi, porgendole una mano per avvicinarla la suo fianco.
-Sabo ti avevo detto di stare attento…- gli passa una mano tra le ciocche dorate, ma lui nemmeno la sente, ridacchiante com’è, socchiudendo gli occhi e crogiolando per la carezza della sua ragazza.
Una strana presa allo stomaco mi attanaglia, quasi che una carezza così l’abbia vissuta anch’io, e che, come l’abbia provata, l’abbia anche persa.
-... è solo neve…- sbotta il terzo sciatore, che fulmino con lo sguardo piegandomi con il busto, incenerendolo definitivamente quando lo vedo senza casco.
-Neve fresca come quella che hai tu nel cranio, buzzurro!!- sbotto, facendo ridacchiare Sabo e Koala.
-Oh andiamo…- ridacchia il biondo -.. una coppietta innamorata come voi non dovrebbe bisticciare per queste sciocchezze…-
Koala ruota gli occhi alla baita, ignorando Sabo e zittendo il fatto che io e Zoro non siamo una coppia, alzando una mano non appena vede Kaya e Usopp.
-Coppietta innamorata?- ghigna Zoro, posando lo snowbord alla panchina e stravaccandosi sopra, costringendomi a rannicchiarmi in un angolino –Ti assicuro che coppia non è il miglior termine per definirci: schiavista e schiavo forse, strozzina e mal capitato… ma di sicuro non innamorati in nessun senso!!!-
Lo fulmino, incrociando le braccia sotto i seni, racchiusi nel giubbotto arancione.
-Vuoi forse dirmi che non mi ami?- sbotto, accigliandomi.
Lui ghigna, sistemandosi il berretto in testa, e prima che apra quella sua boccaccia, la riempio di neve, zittendolo.
Idiota: vuole forse far saltare tutto?
E poi che vuole intendere con quel “schiavista” e “strozzina”?!?!?
-Oh crudele!!!- mi corpo il viso con le mani, singhiozzando –Q-quinid non mi a-ami? Oh… sigh, sigh!!!-
-No Nami, non fare così!!!- si agita Sabo, ringhiando contro Zoro, intento a sputacchiare neve qua e là –Zoro intende che… si… insomma… una battuta… voi due state bene insieme… e lui…-
-Ti va una cioccolata?- interviene Koala, strattonando Sabo verso la baita, salvandolo dal suo discorso senza senso e lasciandoci soli.
Aspetto che si siano allontananti abbastanza, prima di mollare uno scappellotto a Zoro.
-Hai preso troppo freddo e ti si è ibernato il neurone o cosa?!? Devo forse ricordarti che noi due dovremmo sembrare una coppia?!?-
-Non urlare…- sbotta, allargando le braccia sulla panchina -… ho ancora male per la sbornia…-
-Già...- sbuffo, accigliata -… colpa della sbornia se non ragioni…-
Mantengo gli occhi fissi su Bells e Ace, intenti in una guerra di palle di neve con Rufy, ignorando lo sbuffare spazientito di Zoro.
-Se tu fossi più gentile e dolce, sarebbe più facile…- batte un colpo sullo schienale della panchina.
-E se tu ragionassi di più sarebbe ancor più facile…- sbotto acida, stringendomi nelle spalle.
-Che avrei dovuto dire?!?!- ringhia –Ho detto la verità!!!-
-Avresti potuto dire che anche se battibecchiamo mi vuoi bene lo stesso!!!- mi volto a urlargli in faccia.
-Avresti potuto dirlo anche tu, invece di dire che ho il cranio pieno di neve!!!- infossa gli occhi su di me.
-E tu… tu… OHHH!!!- mi volto di nuovo, zittita con le mie stesse parole.
Che rabbia!!!
Perché è così difficile andare d’accordo con lui?
Mai una volta che si possa ridere e scherzare senza arrivare ad urlarsi in faccia.
Una lacrima mi scivola sulla guancia, ma l’asciugo in fretta, cancellandola.
Non voglio mi veda piangere, senza un motivo poi!!!
Sembro una mocciosa…
Scuoto il capo, sospirando piano.
Perché dev’essere tutto così difficile?
Ha ragione –almeno un pochino- avrei potuto accoglierlo con maggior gentilezza, ma mi è venuto spontaneo attaccarlo senza un perché.
Già, senza un perché… perché?
-Tia…-
Mi ricompongo, voltandomi verso Roger, che corre fino a posare le mani guantate sulle mie ginocchia.
-Ehi piccolo demonietto mio!!!- gli accarezzo le ciocche more, che escono da sotto il cappellino.
Lui ride, si punta con le mani sulle mie gambe e si issa su di loro, fino ad arrivarmi in braccio, premendosi contro il mio petto.
-Pecchè sei tiste?- inclina il capo, sbattendo le ciglia su quegli occhi violacei che ha presa da Bonney.
-Non sono triste…- sorrido, accarezzandogli il visino infreddolito.
-Ci che lo sei…- s’impunta, ruotando poi il capo su Zoro, intento a prendere il sole con gli occhi chiusi, rivolgendo il viso all’in su.
-Pecchè la mia tia è tiste?- gli domanda strattonandolo per la giacca.
-Perché abbiamo litigato…- sbotta infastidito, non aprendo nemmeno mezzo occhio.
Vorrei dirgli che non è vero, che non abbiamo litigato, ma è così, e riesco solo a ruotare nuovamente il capo dall’altra parte, offesa.
-E pecchè avete litigato?- domanda il piccolo, posando la testa sulla mia spalla.
-Perché tua zia mi ha offeso e io le ho detto che non le voglio bene…- semplifica con mezzo sbuffo.
-E pecchè non fate pace oa?- si dondola.
Oh fosse così semplice piccola mia: ma non lo è… non lo è per niente.
-Perché di no- sbotta, piegando il capo verde sotto il cappello, per non vederla.
Roger ruota gli occhietti su di me, in una nuova muta domanda, a cui rispondo con una carezza sul viso.
-Batta un bacio- si stringe nelle spalle, studiandomi con i suoi occhietti da Bambi.
Sorrido, scuotendo il capo.
-Non sempre un bacio risolve tutto…- gli sistemo la sciarpa.
-Ci invece!!!- annuisce convinta -Io e Rouge quando litiamo poi pee faee pace ci diamo un bacio sulla guanca…- si indica la faccina, storpiando le parole.
Mi strappa un nuovo sorriso, tenero e dolce.
-Tolo…- chiama il buzzurro -… da un bacio alla tia… dai… ti pegoooo…- unisce le manine, supplichevole.
Zoro sbuffa, ruotando il capo e, voltandosi di tre quarti su di noi, affrontando Roger faccia a faccia.
-Un bacio non basta- sbotta.
-Alloa due…- alza due ditini, mostrandoglieli -… daiiii….-
Zoro si passa una mano sul viso, ringhiante, non abituato alle continue domande dei miei nipoti e alla loro innocente logica.
Ma io si, e un po’ ne sono contagiata perché, sporgendomi con il busto, poso le labbra sulla guancia destra di Zoro, baciandola piano.
Mi ritraggo, sorridendo debolmente e impacciata, mentre Roger ridacchia con le manine davanti alla bocca per attutire la sua felicità, reggendo il suo sguardo nero e penetrante.
È più semplice che chiedere scusa, è più facile di ammettere una colpa.
Un bacio.
Semplice, gentile, onesto: è solo un bacio, ma ha un suo peso, una sua importanza, un suo significato.
Voglio fare pace con Zoro, voglio vederlo  sghignazzare e ridere con le labbra sghembe, e non sbuffare incarognito e arrabbiato con me.
Voglio fare la pace.
-Pace…?- mi stringo nelle spalle.
Lui allunga il collo verso di me, e posa le labbra sulla mia guancia, baciandola piano, scaldandola e facendomi chiude gli occhi per un breve attimo, riaprendoli non appena torna davanti a me.
-Pace…- ghigna.
Sorrido, piegando poi lo guardo su Roger, per non far notare al buzzurro le mie gotte in fiamme, trovandolo ridacchiante e felice.
–Contento ora?- gli faccio il solletico.
-No- ride –Mi dai i soldini per i gelato, tia? Ti pegoooo…-
-Oh quella tecnica l’ho inventata io!!!- sghignazzo –Come me non funziona, ma con il pro zio Garp forse…-
Roger ridacchia, e scivolando via corre verso la baita, chiamando Bonney a gran voce.
-Quella peste è un doppio giochista come te…- sghignazza Zoro.
-Ehi- lo colpisco lievemente con un pugno sul petto, ridacchiando nel guardarlo -È mio nipote!!!-
-Si vede, tranquilla…- scuote il capo ridendo, facendo ridere anche me.
Ci appoggiamo l’un l’altro con le spalle, fissando Ace e Rufy giocare nella neve con Bells e Merry, mentre altri schiamazzi provengono dalla baita.
Stiamo bene così, noi due.
So che vale anche per lui perché non ringhia o sbuffa, ma sta in silenzio, sorridente al mio fianco come lo sono io con lui. Le mani guantate che si sfiorano con la lana, le spalle che si scaldano l’un l’altra, il mio capo che si abbassa su di lui, e il suo che si appoggia alla mia coda di cavallo.
-Hai una bella famiglia- sospira d’un tratto.
-La tua com’è?- sollevo gli occhi a incrociarsi con i suoi, curiosa.
Non so niente della sua famiglia, quando lui invece ha conosciuto quasi tutta la mia, e un po’ di curiosità mi stuzzica.
-Mmm… complicata…- borbotta.
-Più della mia?- ridacchio.
-Più o meno…- sorride, prendendo una pausa prima di riprendere -… i miei si amano, ma lo dimostrano raramente. Pur stando insieme vivono in città diverse. Mia madre, Hankok, vive ad Amazon Lilly, dove ha sede la sua linea di lingerie…-
-Boa Hankok?- domando stupita –Ho qualche suo completo: tutti molto belli e… con poca stoffa…-
-Immagino…- ghigna, scivolando con lo sguardo sul mio petto, prima di riportarlo sul viso -… mio padre, Drakul Mihawk, invece sta a Kuraigana, sempre per lavoro, dove ha una palestra di Kerndo…-
Sospira, abbassando gli occhi, e devo strusciare il capo contro il suo, in una muta carezza, per farlo continuare.
-È lui che devo battere per entrare nella squadra nazionale di Kendo- spiega.
-E non vuoi? Hai paura che…-
-Voglio batterlo- si solleva con il busto, guardandomi dritto negli occhi –Voglio che sia orgoglioso dei miei progressi nel Kendo, e che capisca che sono cresciuto e sono all’altezza di un posto nella squadra nazionale-
Sorrido, posando una mano contro il suo viso, accarezzandolo, dispiaciuta che il tessuto del guanto attutisca il calore della sua pelle.
-Lo renderai orgoglioso, lo so…- sorrido -… può essere difficile, ma alla fine ci si riesce. Ma non ti aspettare che te lo dica –oh no- quello mai, ma te lo dimostrerà con uno sguardo, una frase, un mezzo sorriso…-
Posa il capo sul mio palmo, sostenendo il mio sguardo.
-Tua nonna?- domanda, ben conscio che anch’io ho passato ciò che sta passando lui.
Annuisco, non dicendogli però che nemmeno tutt’ora ho la certezza che lei sia orgogliosa di me.
Inizia a fare freddo, il sole cala oltre le montagne, e Gladius sta già richiamando tutti all’Hotel.
-Meglio che andiamo…- si alzo dalla panchina, porgendoli la mano.
L’afferra con forza, stringendomela mentre attraversiamo la pista da sci, avvicinandoci alla baita.
Mancano pochi metri quando si blocca, strattonandomi verso di lui.
-Hai dimenticato qualcosa?- l’osservo, controllando che abbia lo snowbord sotto il braccio.
-Ricordi qualcosa di ieri notte?- domanda a brucia pelo.
-No… tu?- l’osservo con attenzione, cercando di scorgere delusione o sorpresa in lui, ma si limita a grattarsi il capo, sciogliendo le nostre mani per un breve attimo, prima di riallacciarle.
-Macchè, so solo che se vedo una farfalla l’affetto…- sbotta mentre entriamo in hotel.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Buonanotte ***


Image and video hosting by TinyPic
Fan Art di proprietà di Rolochan105


 
 
Capitolo 13: Buonanotte
 
Dopo una giornata sulle piste da sci, una buona dormita è tutto ciò di cui si ha bisogno.
Di cui io ho bisogno.
Tump tump.
Anche se su un scomodissimo divano in pelle, con un cuscino morbido e una soffice e calda coperta colorata, dieci ore di sonno nessuno me le può negare.
A-ahh ahhh.
Nessuno.
-A-ahhh… mmm… siii…-
Nessuno davvero.
Nessuno, nessuno, nessuno!!!
-Ah ah ah… siii…ah-ancora… ah!...-
Tump tump tump
E invece no!!!
Perché la sfortuna sembra divertirsi con me e, oltre a un buzzurro che russa come un elefante con il raffreddore che occupa il letto che mi spetta per diritto di nascita, la parete in comune con la stanza da letto di mio padre, che mi impedirebbe di uccidere Zoro solo per non finire in prigione, questo stupidissimo e scomodo divano, la dannata Dea non-bendata della Sfiga ha dato il meglio di sé affiancando alla mia camera quella di Sabo e Koala.
Quel Sabo e quella Koala.
Il mio cuginetto sorridente e spensierato e la sua ragazza, dolce e simpatica, che sta sera sembrano in vena di mettere in cantiere un bel nipotino per il pro zio Grap, data la dose inumana di sesso che mi stanno propinando da dietro la parete in comune.
Impedendomi di dormire, riposare, lasciarmi abbandonare tra le braccia di Morfeo, e facendo tremare questo dannato muro che sembra fatto di carta pesta, da come amplifica i loro mugugni e trema a ogni spinta di mio cugino!!!
-Dannazione!!!- digrigno i denti, sotterrando la testa sotto il cuscino, sperando di attenuare le spinte del letto contro il muro.
Come fanno?
Come?!?
Hanno sciato tutta oggi, giocato con Roger, Bells, Ace e Merry, rincorso Rufy per tutto l’Hotel, Sabo si è strafogato a cena, litigando con suo fratello per l’ultimo cosciotto… e ora hanno ancora la forza di mettere in pratica tutto il Kamasutra, andata e ritorno.
Come, come fanno?!?
-… basta… pietà!!!- mugugno da sotto il cuscino, ma sembra inutile qualsiasi protesta contro il porno in dolby surround a cui sono involontaria spettatrice sonora.
Mi stringo le gambe al petto, rannicchiandomi tutta sotto la coperta soffice e calda, tappandomi le orecchie con le mani come quando sentivo papà e mamma fare l’amore a notte fonda, contando i secondi e sperando che Sabo finisca in fretta, o ne abbia abbastanza… o faccia un infarto.
Tutto, purché smettano di mugugnare e ansimare come due atleti, lasciandomi dormire.
Setaccio la stanza con lo sguardo, concentrandomi sulle figure immerse nel buio.
Il profilo del divano, il tavolino basso, la Televisione, l’armadio, il comodo letto dove dorme Zoro, il cui petto si alza e abbassa a ritmo del respiro rilassato.
È distante dal muro, e può dormire beato lui, il buzzurro sfacciatamente fortunato!!!
Respiro profondamente, chiudendo e riprendo gi occhi, ascoltando il silenzio.
Mi sembra che il muro non tremi più e nessun mugugno mi giunge alle orecchie in forma attutita, grazie alle mani premute con forza sui padiglioni.
Sembra tutto tranquillo, e mi azzardo a sollevare appena i palmi dalle orecchie.
Hanno finito?
Si?
Era ora!!!
Stiracchio le gambe lungo il divano, sospirando, abbracciando forte il cuscino sotto i miei ricci rossi sciolti.
Finalmente.
Pace, silenzio, quiete e…
-AAAHHH!!!! SI SABO SIII!!! ANCORA!!!-
-E che diamine!!! No, Sabo basta!!!- scatto a sedere sul divano, mettendomi in ginocchio sul divano.
-BASTA!!!- batto i pugni sulla parete –Così sfondi Koala: BASTA, STOP!!!-
Ma non mi sentono e gli ansimi, i tump tump della tastiera del letto contro la parete in comune, e le richieste ad oltranza di Koala continuano indefesse, aumentando di volume attimo dopo attimo.
-Oh, ti prego!!!- piagnucolo, chiudendo gli occhi schifata, cancellando dalla mente l’immagine di mio cugino, con cui giocavo a mamma casetta e riempivo il cappello di sabbia, che cavalca la sua ragazza.
Mi tappo le orecchie, cadendo con la schiena contro il divano, spalancando gli occhi al soffitto.
Non posso dormire qui: rischio di diventare pazza entro domani mattina.
Potrei commettere un cuginicidio se non dormo, e l’attenuante di instabilità mentale sarebbe appropriata.
Oh cavolo: che posso fare?!?
Che faccio? Che faccio?
Con un movimento rapido, afferro il cuscino e la coperta, attraversando velocemente la stanza, arrivando a lato del letto.
Non aspetto un consenso, un invito, un ghigno derisorio, mi fiondo sotto le coperte, raggomitolandomi sul lato libero del materasso, strattonando le coperte per scaldarmi.
-Mmhh… uhm? Ma… ehi!!!-
Il materasso cigola, mentre Zoro si mette a sedere, strattonando le coperte per studiarmi nel buio della notte.
-Ma che diavolo…?-
-Solo per stanotte!!!- imploro, sbattendo le lunghe ciglia ed estraendo i miei occhioni da Bambi in versione notturna.
-Oh Nami!!!- si passa una mano sul viso, sbuffando, scuotendo il capo.
-Ti prego!!!- mi aggrappo alla canotta che indossa, sollevandomi con il busto –Sabo e Koala stanno scopando come ricci, e si sente tutto dal divano!!!-
Mi fissa per un lungo attimo con l’iride nera sinistra, studiandomi serio e scocciato.
-Farmi dormire con te- prego a fil di voce, unendo le mani –Solo per stanotte…-
Mi squadra, fermando lo sguardo sul mio viso prima di sbuffare ancora e, con un sospiro sconfitto, ricadere con le spalle all’indietro contro i cuscini.
-Solo per stanotte…- dichiara solenne, tirando le coperte.
Annuisco, sorridente come una bambina, stringendomi sotto le lenzuola e rilassando i muscoli.
-Grazie…- sussurro, chiudendo gli occhi.
Mi rilasso tra le meravigliose coperte calde profumate di lavanda, il materasso in piume d’oca e i cuscini imbottiti e coccolosi, mugugnando in estasi per il benessere che trasmettono.
Ma ho come l’impressione che sia anche la presenza di Zoro, tra le coperte, vicino a me, a rilassarmi e a farmi sentire bene.
Lo sento respirare a pochi centimetri di distanza, il suo profumo corre tra le pieghe del letto, il calore si propaga fino al mio corpo, elettrizzandolo.
Socchiudo un occhio, studiando le ombre notturne che filtrano dalla finestra, ondeggiando tra i fiocchi di neve che hanno iniziato a scendere prima di cena, che creano un strano gioco di luci sul profilo netto e mascolino del buzzurro.
Il petto che si alza e abbassa, sollevando le lenzuola, che ridiscendono disegnando il suo fisico: le gambe, le braccia, il petto, il collo taurino.
Vorrei accarezzarlo… e si, lo so che è un desiderio assurdo, ma vorrei proprio sfiorarlo a fior di dita.
Si gira su un fianco, e resto immobile mentre si sistema sul fianco sinistro.
Ora riesco a distinguere le palpebre chiuse, la linea del naso, e il contorno netto e sottile delle sue labbra, così invitanti e ben definite.
Capisco ora, che ha gli occhi chiusi, che il magnetismo che mi scuote quando sto con lui non è dovuto al suo sguardo nero e imperturbabile, ma a qualcosa di più profondo e mistico.
Qualcosa che non so spiegare, come non so spiegare il sorriso tenero che si allarga sulla mia bocca nel vederlo così beatamente addormentato, con la guancia premuta sul cuscino e i capelli spettinati.
Vorrei non riaprisse più gli occhi, che avesse sempre quest’aria beata e rilassata che ha ora, spontanea e non criptica.
Vorrei accarezzarlo, cullarlo sul mio petto, e –perché no?- baciarlo sul viso.
Già, sarà la stanchezza, la poca lucidità, sarà la neve che cade, ma come non mai, ora vorrei poterlo… …
-Davvero Sabo e Koala stanno giocando al dottore?- sbuffa in un sussurro.
Fremo un po’ nel sentire la sua voce roca e calda impastata dal sonno, e abbozzo un sorriso addolcito privo di perchè.
-Certo che si…- sussurro piano, quasi preoccupata di svegliarlo del tutto -… per quale altro motivo avrei voluto dormire qui se no?-
Ghigna.
Oh, lo so che sta ghignando, nonostante il buio della stanza, e il suo tono canzonatorio e fastidioso me lo conferma.
-Per un incubo- sghignazza –Le mocciose ne fanno sempre…-
-Idiota- gli pizzico il naso con due dita, sbuffando –Tu sei un incubo con il tuo russare da orso asmatico!!!-
Si divincola dalla mia presa tornando a pancia in su, sghignazzando divertito.
-Se non sbaglio eri tu che avevi detto che non avresti mai diviso il letto con me- sghignazza, socchiudendo un occhio e puntando l’iride nera su di me.
-Che fine ha fatto “potresti saltarmi addosso nel sonno”?!?- si burla delle mie parole, pronunciate la prima sera in albergo.
Sbuffo, scocciata e infastidita e, ballonzolando tra le coperte, gli do le spalle, premendo il capo sul cuscino.
-Oh fai pure, se proprio devi!!!- muovo nell’aria una mano, minimizzando le sue parole –Ma sappi che sono troppo stanca per prestare sufficiente attenzione per sentire il tuo microscopico amichetto…-
Lo sento muoversi, scivolando sul materasso e avvicinandosi a me, di certo per strozzarmi.
Sento il suo braccio scivolare tra le coperte, ma non scala rapido il busto, mirando alla gola, ma posa la mano, calda e premurosa, sul mio fianco, stringendolo appena.
-È un invito?- soffia al mio orecchio, per nulla offeso dalle mie parole.
Sento la colonna vertebrale elettrizzarsi, per poi sciogliersi in un dolce calore, mentre le labbra si piegano in un sorriso malizioso e compiaciuto.
Mi metto supina, facendolo scivolare con il palmo dal fianco al ventre, piegando un braccio per portarlo alla sua nuca, accarezzandogli la zazzera scompigliata.
Le nostre gambe si intrecciano, i pantaloni del mio pigiama strusciano contro le sue gambe nude, la mia canotta si preme contro la sua mentre i nostri petti si amalgamano, e un suo braccio scivola sotto il mio capo, mentre le mie mani gli circondano il suo.
-Te l’ho detto…- sussurro piano, strusciando la fronte sulla sua, socchiudendo gli occhi -… sono stanca: non potrei darti l’attenzione giusta…-
È vero: sono stanca.
E anche volendo, anche fingendo di non ragionare e di non avere un domani in cui vergognarsi e pentirsi, anche lasciandosi andare al magnetismo che ci allontana e avvicina, non potrei stare con lui così.
Voglio potergli dare il meglio di me, seppur solo fisicamente, appagandolo con tutte le carezze di cui ha bisogno, i migliori baci, le spinte più profonde e gli ansimi più veri, e ora come ora non potrei farlo.
Sono stanca, e non potrei concedermi a lui così.
Lo cerco con lo sguardo, trovando le sue iridi nere offuscate da un velo di stanchezza fisica.
-Anch’io- sospira, posando il capo contro il mio petto, sopra i seni, il viso infossato contro la mia gola.
Poso il capo sul suo, continuando ad accarezzarglielo, cullandolo mentre si rilassa su di me.
-Sai di mandarino…- borbotta, con la bocca impattata.
-Me l’hai già detto…- socchiudo gli occhi.
-Quando?-
-Mm… non ricordo…- sbadiglio -… ma me l’hai già detto…-
Annuisce, premendosi contro di me, respirando profondamente, quasi a voler riempire i polmoni del mio profumo.
Continuo ad accarezzargli il capo, scendendo con la mano opposta sulla schiena, massaggiandola piano.
La settimana si sta per concludere, e un pensiero ora mi balza tra tutti in mente.
-Zoro…- struscio la guancia sulla sua fronte, destandolo dal leggero torpore -… sei riuscito ad allenarti?-
Annuisce, premendo le labbra sulla pelle della gola.
-E sei pronto per la tua gara?- mi preoccupo, sperando di non essere diventata un ostacolo al suo sogno.
E se per badare a me e alla nonna, alla mia mania di essere una coppia ai suoi occhi, ha trascurato gli allenamenti?
E se ha perso tempo nelle cene, nei pranzi familiari, rubandone alle flessioni e addominali?
E se ho rovinato tutto?
E se…
-Tranquilla: sono pronto- mi accarezza la pancia, scendendo con la mano a posarla su un fianco.
Respiro profondamente, annuendo e rilassando le spalle contro i cuscini.
Gli credo, credo in lui.
Riprendo ad accarezzarlo, cedendo alla stanchezza e alle palpebre pesanti.
Apro e chiudo gli occhi un paio di volte, prima di schioccare la bocca, facendola suonare un’ultima volta.
-Zoro…- lo chiamo piano.
Mugugna contrariato, stringendosi a me, strusciando il capo contro la mia gola e bagnandola con il respiro.
-Nami, dormi…- mugugna.
-Volevo solo darti al buonanotte…- bisbiglio, zittendomi.
Ormai è tardi, meglio dormire e riposare. Non sarà un “Buonanotte” non detto che detterà la fine del mondo.
Chiudo le palpebre, rilasso le braccia e…
-… e allora?- mi scuote Zoro, facendomi sgranare gli occhi.
-Allora cosa?- sbotto.
-La mia buonanotte!!!- grugnisce, premendomi la zazzera spinosa contro il viso.
Ridacchio, abbracciandolo per le spalle e premendomi a lui, strattonando le coperte fin sulle sue basette, cambiando un paio di volte le posizioni delle nostre braccia.
-Buonanotte buzzurro…- sghignazzo, sbadigliando stanca.
Credo mi risponda con un “Buonanotte mocciosa”, ma mi addormento subito, e non ne sono certa.
Di una cosa sono certa però: prima di addormentarmi una mano di Zoro si è stretta alla mia.








 
Ehi tu!!!
Si proprio tu, che leggi e fangirli sulle FanFiciton scritte con sudore della fronte e sangue dal naso di decine di autori di EFP.
Si, tu!!!
Sei un lettore fantasma, uno di quei lettori che piange, ride, urla di gioia per una storia, ma non recensisce mai?
Bene, allora sappi che è anche colpa tua se gli autori muoiono in una valle di lacrime alla vista delle poche recensioni alle loro storie, non sapendo se la trama piace o no, se i personaggi sono IC oppure OOC, se il pairing piace o è odiato
A ogni recensione non lasciata, più di tre autori per due vanno in analisi da Chopper.
Che intendi fare?
Forza dai!!!
Dona il tuo 8%o alle storie che ti hanno regalato un'emozione, e lascia una recensione (rima *w*)

*copia incolla e partecipa al Life for Writers"

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Soli, purtroppo ***


Image and video hosting by TinyPic
Fan Art di proprietà di Rolochan105




Capitolo 14: Soli, purtroppo

 
Stringo le labbra in una O muta, passando un polpastrello sul rossetto rosa pesca, specchiandomi in un vassoio d’argento posato sul tavolo del buffet.
Controllo che entrambe le labbra siano ben coperte e le schiocco tra loro, amalgamando il trucco, per poi posare un pezzetto di carta tra di esse a togliere il rossetto in eccesso.
Mi passo una mano sulla frangetta, striandola e accertandomi che solamente una ciocca rossa dondoli libera, non costretta dal fermaglio che accerchia il mio chignon.
Ci sono due capelli ribelli, forse se li piego … ecco fatto!!!
Sono perfetta.
Sorrido soddisfatta, piegando le braccia sotto i seni, guardandomi con la coda dell’occhio: abito bianco senza spalline e lungo fin sopra il ginocchio, con un leggero strascico su un fianco che sfiora il polpaccio, capelli raccolti, scarpe con il tacco, trucco mozzafiato.
Passo una mano sulla gonna, lisciandone una leggera piega, soddisfatta per l’effetto avvolgente con cui mi fascia i fianchi, risollevando poi gli occhi ad osservare la mia famiglia divertirsi e gozzovigliare senza freni.
È la serata danzante della nonna.
Niente discoteca, niente solo famiglia: tutti gli ospiti dell’hotel sono invitati nella sala congressi dell’edificio, alla festa che nonna organizza per tutti noi.
Per tale occasione, ci vestiamo tutti bene, eleganti e agghindati a festa, per rendere felice nonna e passare un’altra notte tutti assieme.
La penultima notte.
Sospirò di già nostalgica, abbassando leggermente lo sguardo su Roger che gira attorno a Bonney in uno strano ballo, pensando che è già venerdì sera e che ben presto, tra poco più di trenta ore, mi ritroverò in una stazione fredda e chiassosa, ad aspettare un treno che mi porterà a Weatheria e che di sicuro sarà in ritardo per le abbondanti nevicate che hanno ripreso a scendere da ieri sera.
Giocherello con una ciocca di capelli, con le labbra storte e lo sguardo perso su Rufy e Robin che guardano amorevolmente Ace giocare con Bells e Rex, continuando a sospirare.
Tra trenta ore sarò a casa, da sola.
Nojiko e Drake con Bells e Rex dall’altra parte del Mondo.
Papà su una nave della Marina a fustigare cadetti piagnucolanti.
Nonna con Gladius nell’attico di Marijoa.
I miei cugini nelle rispettive case con famiglia a seguito.
Zoro a Kuraigana.
Tremo violentemente a questo ultimo pensiero, e non riesco a trattenermi dal cercare il mio cavaliere nel marasma di persone che occupano la sala convegni dell’Hotel.
Non è difficile trovarlo, perché mi basta scandagliare con un paio di battiti di ciglia la zona bar e lo trovo sghignazzante e con una birra in mano mentre conversa con Sabo.
Non è il fatto di sapere esattamente dove trovarlo a rendere facile la ricerca, ma quanto la luce che emana stasera con una naturalezza scioccante.
Abbiamo passato tutta la mattina a cercargli un abito elegante, dato che in quella sua sacca maleodorante non vi era traccia di una camicia o di un paio di jeans che non implorassero l’eutanasia, e il completo giacca cravatta scuro che ho scelto per lui lo rende... bellissimo.
Si, lo so lo so: non dovrei dirlo, nemmeno pensarlo!!!
Come non dovrei rattristarmi la pensiero che da qui a poche ore lui sarà in un altra città, lontano da me…. Ma non ci riesco!!!
Come posso ignorare la linea sexy che disegna sui suoi pettorali la cravatta nera, la giacca che cade come neve sulle sue possenti spalle e i pantaloni di tessuto, lisci ed eleganti, che accompagnano la sua camminata come se stesse scivolando su pavimento, e non marciando verso di me?
Come?
Come posso ignorare il suo ghigno e i tre orecchini che scintillano con lui?
Come posso ignorare che mi sorride e mi fissa con gli occhi neri, profondi, imperturbabili e… oh cavolo!!!
Ma quand’è che si è avvicinato così tanto a me?!?
-Tutto bene?- mi porge un bicchiere di spumante, inarcando un sopracciglio perplesso.
-Si, si- annuisco in fretta, bevendo avida e impedendogli di chiedermi altro.
Che diamine mi succede?
È un buzzurro, un buzzurro!!!
Rozzo, maleducato, strafottente e a cui le camice danno una dannata aria sexy e irresistibile, insieme al suo sorriso, alla sua voce calda e roca, i modi gentili con cui mi tratta quando non litighiamo come due mocciosi.
Oh cavolo: Nami!!!! Riprenditi!!!
-Sicura di stare bene?- mi passa il dorso di dell’indice su una gota, che si infiamma costringendomi a rialzare gli occhi dal suo fisico.
-Ho detto di si…- gonfio le guance, posando il bicchiere sul tavolino del buffet.
Scrolla le spalle, infossando le mani nelle tasche dei pantaloni, ruotando il capo a guardare la sala gremita di persone.
Siamo fianco a fianco, la pelle del mio braccio scivola contro la manica della sua giacca nera, e vorrei avere il coraggio di allungare le dita e intrecciarle alle sue, ma sono troppo orgogliosa per chiederglielo, anche se…
-Dovresti prendermi per mano!- affermo decisa.
-E Perché?- sghignazza, tornando a guardarmi, reggendo il mio sguardo furbo e voglioso –Hai paura di perderti tra la folla, mocciosa?-
-No- sorrido con semplicità, prendendolo sotto braccio e posando il capo contro la sua spalla, mentre lo prendo per mano, posando l’altra all’altezza del suo gomito.
–Perché le copie lo fanno, e noi dobbiamo essere credibili…- spiego con semplicità, lasciando che la ciocca dondoli fin davanti l’occhio, oscurando il mio capriccio.
Zoro ghigna, ghigna come non ha mai fatto, un misto tra accondiscendenza e desiderio, e stringe la presa delle nostre mani.
-E sia- sussurra, spostandomi la ciocca dal viso con due dita, attorcigliandola appena prima di lasciarla dondolare con un movimento leggero e sbarazzino.
Non riesco a togliergli gli occhi dai suoi, a distogliere lo sguardo, a non sorridere come una sciocca nel sentire le nostre mani allacciate.
Che cosa mi sta succedendo?
-Zoro Roronoa!!!-
La voce di nonna ci fa sobbalzare, e la presa di Zoro su di me si accentua.
-Mantieni le distanze da mia nipote, ragazzo…- lo bacchetta nonna, avvicinandosi con il suo fidato bastone e Gladius a pochi passi dietro di lei.
-Che novità!!!- sghignazza Zoro, fissando in segno di sfida la nonna –Mi hai chiamato per nome, vecchia: cos’è? È prevista la fine del mondo dopo tutta questa neve?-
Mi spiaccico una mano sulla fronte, nascondendo il volto imbarazzato nel palmo.
Ed eccolo di nuovo qui, Mr Simpatia: quanto mi era mancato!!!
-Zoro…- ringhio, ma nonna sghignazzando scuote il capo e mi accarezza un fianco, con una dolcezza incredibile.
La osservo nel suo abito elegante e rosato, con da sfondo Gladius, nell’inseparabile impermeabile nero e dalla loquacità ridotta a zero, quasi dovesse essere solo uno scenario stasera.
Un semplice prolungamento della nonna e nulla più.
-Noto che la tua spavalderia è aumentata in questa settimana- ribatte nonna, tornando ad accarezzare il pomolo del suo bastone, quasi fosse un gatto.
Zoro ghigna, infossando una mano nei pantaloni e stringendo la mia.
-Sarà la neve...- inclina il suo sorriso sghembo, sfidando la nonna -… mi avrà reso più simpatico-
Mi mordo un labbro, trattenendo un mezzo risolino, che non sfugge a Zoro che ghigna dandomi una lieve spinta sul capo con la spalla.
-Bhè almeno fai ridere la mia Nami…- mi scruta nonna, posando i suoi occhi di diamante su di me, che come la pietra preziosa tagliano tutto, arrivando al centro delle persone.
Mi sento attraversare da lei, e non arrossisco, contenta di ciò che vedrà: sono felice.
Lo sono davvero, qui, con lei, con la mia famiglia e con Zoro.
Soprattutto con Zoro.
-… spero solo…- solleva una mano di cartapesta nell’aria facendone schioccare le dita, al cui crepitio Gladius accorre, posando sulle labbra di Tsuru una sigaretta, accanendola -… che tu non la faccia ridere anche a letto, Roronoa…- emette un lungo sospiro, aspirando la nicotina che libera in una densa nuvola di fumo davanti a noi -… tu e la tua esile katana…-
Gli occhi di Zoro iniziano a dardeggiare, e nonostante cerchi di trattenermi, ridacchio, guadagnandomi una sua occhiataccia.
-Lo trovi divertente mocciosa?- sbotta.
-Tu no?- ridacchio, dandogli una lieve spinta bonaria.
Nonna sa dove colpire per ferire, e non ci vuole un genio per capre che Zoro ha un orgoglio fin troppo suscettibile, incandescente quasi.
-*smoke* Più che ridere mi da da pensare…- inspira nonna, richiamando la nostra attenzione.
-Cosa ti da da pensare nonna?- inclino il capo, posandolo nuovamente sulla spalla di Zoro.
-Che in tre mesi di frequentazione non abbiate ancora fatto sesso- afferma sicura e tagliente, e una lunga e gelante scia di terrore mi scivola sulla schiena.
Oh cavolo: abbiamo dato questa versione? Davvero?
È una bugia assurda, non potrebbe esistere frottola più grande. Insomma!!!
Come si può resistere tre mesi senza avere un qual certo istinto sessuale con Zoro vicino? E perché io lo sto pensando, senza un briciolo di vergogna o imbarazzo, dato che sul su detto Zoro io non dovrei pensare certe cose?
Ma soprattutto, cos’è quello sguardo da inquisitore del KGB con cui ora nonna attende una mia risposta?
Un nodo alla bocca dello stomaco mi fa ammutolire, mentre sgrano gli occhi e fisso nonna Tsuru.
Lo sa, lei lo sa.
Sa che Zoro non è il mio vero ragazzo, sa che l’ho incontrato in una stazione e che lo ricatto, sa che non faccio sesso da un anno e più: lo sa.
Il suo sguardo, il suo modo sornione di farmi ridere per poi zittirmi con una domanda fatale, il sorrisetto da spia, sono tutti piccoli segnali che mi incutono timore, facendomi pensare che nonna sappia tutto.
Ma non è possibile, no? Lei non può sapere di Zoro e del nostro accordo.
Quindi? Quindi è solo semplice curiosità di una nonna materna, anche se “nonna materna” e “semplice”, parlando di mia nonna Tsuru, non possono coesistere nella stessa frase: il “semplice” morirebbe estinto con lei.
-B-bhè…- balbetto, cercando di ritrovare un po’ di calma e di rallentare il cuore e i suoi battiti colmi di panico.
E ora? Come me la sbrigo?
Non posso tirar fuori la bugia che vogliamo conoscerci meglio, che preferiamo aspettare, che attendiamo la prima notte di nozze: non ci crede più nessuno!!!
Mi agito, iniziando a sorridere forzatamente, stringendo la mano sul gomito di Zoro in cerca di aiuto, ma lui fissa in silenzio nonna, perso a contare le sue rughe.
-Bhè nonna vedi…- balbetto, zigzagando con gi occhi da lei a Zoro -… noi… noi stiamo…-
-La nostra canzone-
Volto di scatto il capo verso il buzzurro, che sobrio e asciutto ricambia il mio sguardo.
Che ha detto?
-Eh?!?- lo studio, incapace di capire.
-Suonano la nostra canzone…- e senza dire altro mi strattona verso la pista, lasciando nonna e Gladius vicino al tavolo del buffet.
Stiamo davvero scappando dall’interrogatorio di nonna con una pessima scusa come questa?
Mi volto indietro, incredula che nonna ci lasci andar via così, ma prima di venir immersa nel marasma di famigliari e ospiti dell’Hotel, mi pare quasi di scorgerla ridacchiare.
-Godetevi la festa- ghigna con le labbra rugose e sottili, scomparendo dalla mia vista.
Non provo nemmeno ad allungare il collo per vederla ancora, e mi lascio guidare da Zoro che si ferma vicino alle porte finestra che danno sul balcone dell’Hotel, posando le mani sui miei fianchi e stringendomi al suo petto, iniziando a dondolare in uno strano ballo.
Mi ritrovo immersa nel suo profumo, il viso premuto contro la giacca e le mani posate con delicatezza sulle spalle, mentre le sue dita calde mi accarezzano i fianchi e il viso si sfrega con gentilezza sui miei capelli.
Ancora una volta mi perdo, e mi abbandono su di lui, lasciando che i nostri corpi si amalgamino con una naturalezza sconcertante: le mani trovano da sole dove posarsi, i respiri si regolano e sincronizzano, le gambe scivolano tra di loro e i piedi non si calpestano.
Solo gli occhi non sanno dove posarsi e preferiamo fissare punti diversi per non impacciarci.
Saluto con un cenno del capo Kaya e Usopp, e riesco a distinguere lo prozio Garp chiacchierare con papà prima di emettere un ultimo sospiro e seguire Zoro nel ballo.
Muoviamo i nostri passi lentamente, a ritmo con le note dolci e calme, che d’un tratto riconosco.
-Oh mamma…- ridacchio, sollevando gli occhi su Zoro –Un valzer viennese? È questa la nostra canzone?-
Lui si stringe nelle spalle, sbuffando e non riesco a non ridere, gettando il capo all’indietro divertita.
-Avrà due secoli di vita questa canzone…- rido.
-E allora?- mi stringe a lui, posando la fronte sulla mia –Non ti piace?-
Arrossisco appena, per il caldo della sala ovviante, e abbozzo un sorriso scuotendo il capo.
Ora anche gli occhi trovano il loro giusto posto, e si intrecciano, i miei con i suoi, permettendoci per una volta di studiarci a vicenda senza gioco di sguardi o occhiate furtive.
Ci guardiamo, osserviamo, studiamo.
È la prima volta, ma è un gioco conosciuto per i nostri sguardi che scivolano da angolo ad angolo del viso reciproco senza timore di farsi notare, con la voglia di farsi scoprire.
-Sai…- si avvicina con la punta del naso, sfiorandomi una guancia -… per essere più credibili come coppia…-
-M-mm?- annuisco, portando le braccia a circondargli il collo, premendo il corpo sul suo e lasciando un solo respiro a separare le nostre bocche.
-… dovremmo…- schiocca le labbra, sfiorando le mie -… bac…-
-OH NAMI SWANNNN!!! DOVE SEI?!?-
Rabbrividisco all’ululato che riecheggia nella sala, così stridulo e mieloso da sovrastare la musica suonata dal vivo.
Merda: Sanji kun!!!
-Che vuole ora quello?- ringhia Zoro, abbracciandomi con forza e guardandosi attorno, riuscendo a focalizzare il mio biondo amico saltellare tra la folla, emettendo cuori nella nostra direzione.
L’ho evitato tutta la settimana, apposta, per non dovermi subire le sue scenate di gelosia con Zoro e per non aggravare la mia attuale situazione incasinata di bugie con la nonna. Sapevo che non saprei riuscita ad evitarlo per sempre, ma cavolo proprio ora doveva spuntare fuori come una margherita?
-Andiamo- afferro sicura una mano di Zoro, decisa a non farmi trovare dal cuoco della nonna.
Correndo quel che riesco sui tacchi, strattono il buzzurro con me, sgattaiolando fino a raggiungere una porta finestra della sala.
-Nami swann, adorata? Dove sei? Ti ho visto, tesoro: non nasconderti!!- lo sento urlacchiare ancora –Uh vuoi giocare a nascondino, amore mio? Mr Prince viene a cercartiiii: mellorie!!!-
Un brivido di puro terrore di un attacco iper glicemico mi assale, facendomi tremare la mano già stretta sulla maniglia della porta.
E solo grazie a Zoro, e alla sua spinta forzuta, che riesco ad aprire la porta e mettere piede sulla balconata dell’Hotel, richiudendo dietro le nostre spalle la musica, nonna e Sanji, riempiendoci i polmoni di aria pura e fredda di montagna.
Al sicuro e soli, finalmente!!!
-Dovremmo essere al sicuro qui- sbotta Zoro, infossando le mani nei pantaloni e guardandosi attorno, perdendo lo sguardo sulle piste da neve innevate e leggermente illuminate dalle luci notturne.
-Lo spero- sospiro, sperando davvero che qualche altro mio parente non appaia sul balcone con domande o nasi emorragici.
Mi avvicino alla ringhiera, posando i palmi sulla neve gelida che bagna il terrazzino.
Ha smesso di nevicare più o meno a cena, ma le nubi nere e ammassate che riempiono il cielo promettono solo una breve pausa prima di una nuova precipitazione.
Sollevo gli occhi al firmamento coperto di nuvole, allungando il collo e godendomi questo attimo di pace.
Zoro è vicino a me, osserva le piste da sci e i boschi radi che, neri come la pece, spiccano ne bianco.
Un po’ come lui, che spicca nel mezzo della gente con il suo sguardo nero.
Rido, ritrovandomi a pensare ancora una volta al suo sguardo.
-Qualcosa non va?- mi guarda ridere.
-No… pensavo…- scuoto il capo, stringendomi nelle spalle e sfregando le mani sulle braccia, rabbrividendo leggermente.
Dopotutto indosso solo un vestito, leggero senza maniche e con una gonna lunga fino al ginocchio, e la neve ci circonda con il suo anidre gelido.
Mi accarezzo il tatuaggio sulla spalla sinistra, scaldandomi la pelle, quando due calde e possenti braccia mi circondano, abbracciandomi e stringendomi al petto di Zoro.
Allaccia le braccia sopra le mie, all’altezza dei seni, posando il mento sulla mia testa sfregandolo con forza con fare dispettoso, prima di scendere e accostare il viso al mio.
-Se vuoi torniamo dentro…- mi sussurra all’orecchio, premendo i tre orecchini sui miei capelli -… così non mi diventi una mocciosa surgelata…-
Scuoto il capo negando, ignorando la sua frecciatina.
Non ho voglia di litigare, mi piace stare così, tra le sue braccia e in silenzio.
Mi piace stare con lui.
Mi abbandono con le spalle sul suo petto, continuando a guardare il paesaggio innevato e accarezzando soprapensiero le sue mani che mi scaldano, lasciando che lui infossi il capo contro la mia gola, respirando piano.
Fremo un po’, di piacere quando sento la punta del suo naso accarezzarmi in una breve linea dalla base dei capelli alla clavicola, sorridendo felice.
-Stai tremando- mi stringe più forte –Dovremmo rientrare…-
-No- sussurro piano, piegando il capo e riunendo le nostre fronti come durante il ballo –Sto bene… tranquillo-
Mi rigiro tra le sue braccia, accoccolandomi meglio sulla camicia bianca e respirando a pieni polmoni il suo profumo.
Mi accarezza la schiena, passando le mani lungo la colonna vertebrale e risalendola lentamente. Vorrei non ci fosse la stoffa del vestito a dividere la mia pelle dalle sue dita, e vorrei che quest’attimo non finisse mai.
Ma purtroppo finisce.
-Signorina Nami-
Sollevo il capo oltre la spalla di Zoro, osservando gladius dinanzi alla porta del balcone.
-Gladius…- scivolo dalle braccia di Zoro, fissandolo stranita -… qualcosa non va?-
-Madame Tsuru vorrebbe conferire con Mr Roronoa- afferma secco e duro, con la sua voce attutita dalla sciarpa nera.
Zoro sbuffa roteando gli occhi al cielo per nulla invogliato di parlare con nonna.
Posta gli occhi su di me, che gli sorrido cercando di convincerlo: se nonna vuole verdello, un motivo ci sarà e vorrei che accontentasse il suo e mio capriccio di parlarle.
Lo vedo ghignare e, accarezzandomi un braccio, avanza verso la porta.
-Trono subito- mi assicura, guardandomi un’ultima volta ghignando, prima di rientrare.
Lo saluto con un sorriso per poi tornare a stringermi le spalle nelle mani, cercando di scaldarmi.
Senza Zoro fa ancora più freddo qui fuori, forse mi conviene rientrare in sala.
Muovo un solo passo, ma Gladius mi blocca la strada, frapponendosi fra me e la porta.
-Gladius?- lo fisso non capendo.
Perché mi blocca la strada?
I suoi occhi cerulei mi squadrano da capo a piedi, studiandomi per un lungo attimo prima di avanzare deciso verso di me.
L’osservo avvicinarsi, percorrendo con calma e passi calcolati i pochi metri che ci separano.
-Gladius vorrei rientrare- affermo, cercando di superarlo, ma nuovamente sposta la sua figura nera sulla mia strada bloccandomi.
-Gladius!!!- sbotto, stanca del suo compitamente. Vuole che congeli qui?
-Lasciami passare- ordino secca, furiosa.
Ed è solo allora che lo vedo.
Vedo il suo sguardo fisso su di me, minaccioso e pericoloso, uno sguardo che fa paura, che terrorizza.
Non è più il body gard con cui giocavo da bambina, non è più il biondo sayan di cui avevo una cotta alle media: è qualcosa di più minaccioso e spaventoso.
-Gl-gladius ora basta- indietreggio di un passo, verso la ringhiera, mentre lui avanza –Mi spaventi!!!-
Ma non cede di un sol passo e continua ad avanzare, lentamente, con calma, certo che nessuno verrà in mio aiuto o mi serenità urlare se solo ci provo: può fare tutto ciò che vuole.
Simo soli, io e lui, lui con il suo sguardo duro re minaccioso e io con gli occhi sgranati.
Siamo soli, purtroppo.
-Gladius fermati!!!- strillo, ormai con le spalle contro il balcone.
Gli occhi glaciali ancora su di me, a fissarmi minacciosi e duri, a dirmi che mi farà del male, e che non ha paura di farmene.
Ho il cuore che mi batte all’impazzata in gola, i brividi non più di freddo ma paura, la gola secca e la testa piena del suono pesante e forte del suo pazzo.
-Non ti avvicinare!!- ordino, ma lui solleva un braccio e con forza violenta mi afferra un polso, stringendomelo fino a farmi male.
-Gladius basta!! Mi fai male!!!-
Tento di liberarmi, agitandomi e strattonando il braccio che ha preso, ma è troppo forte.
Lo fisso muoversi ancora verso di me, sollevando l’altro braccio.
La gola si secca, il cuore batte così forte che non lo sento, le orecchie fischiano.
Mi farà del male, lo so, lo vedo nei suoi occhi. Stringe con forza il polso, torcendomelo e facendomi gemere di dolore.
Annaspo, cerco di colpirlo con un calcio ma sembra che non fargli alcun male.
Sono in panico, non so che fare, e mentre Gladius si avvicina ulteriormente, riesco solo a riempire i polmoni con tutta la gelida aria che riescono a contenere ed urlare: -AIUTO… ZORO!!!!-

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Il piano, l'ascensore, la neve ***


Image and video hosting by TinyPic
 
Fan Art di proprietà di Rolochan105




Capitolo 15: Il piano, l’ascensore, la neve
 
a Milly


-LASCIAMIIII!!!- strattono il braccio, ma a ogni tentativo di fuga la presa di Gladius diventa più dura e tenace sul mio polso, che inizia a pulsarmi scottandomi la pelle.
-Lasciami subito o io…-
Sollevo il braccio libero dalla sua morsa per colpirlo con uno schiaffo sul viso bardato, ma lui lo blocca, afferrandomi anche il polso libero, unendolo al gemello in un’unica morsa terribile.
-Gladius!!!- strillò –Lasciami, basta: mi spaventi!!! Basta!!!-
Sollevo gli occhi velati da una lieve ombra di paura su di lui, incapace di capire che diamine voglia, ma non appena noto la sua mano, libera dal costringermi i polsi sollevata in aria con fare minaccioso, mi irrigidisco, stringendomi nelle spalle e serrando gli occhi terrorizzata.
Mi farà del male, tanto e senza un motivo.
Kami del cielo: Zoro dove sei?
Quanto vorrei averlo qui, essere tra le sue braccia al sicuro e non tremante come una foglia e al freddo, incapace di oppormi all’imminente percossa di Gladius.
Serro con forza gli occhi, strattonando ancora i polsi nel palmo della guardia del corpo bionda di donna, scontrandomi con la schiena sulla balconata che da sulle piste da sci.
Non voglio, non voglio che mi faccia del male.
-Basta, basta!!! Lasciami, lasciamo… ZORO!!!-
Urlo con tutto il fiato che ho, spolmonandomi, strattonando con forza le braccia fino a segnarmele di rosso per la presa vigorosa di Gladius, cercando in tutti i modi di liberarmi e andarmene da qui.
-… ferma, miss Nami…- sono le prime parole che pronuncia ma non voglio sentirle -… io non potrei mai…-
Un tonfo.
Forte, assordante e secco, e poi caldo, un caldo abbraccio che mi cinge spalle e vita, attirandomi a un petto vestito di una fine camicia bianca, caldo e protettivo che iper ventilava di rabbia.
-AVVICINATI A LEI E’ SEI UN UOMO MORTO-
La voce forte e rotta dalla rabbia, il petto che si alza e abbassa iracondo, la sua presa sulla mia schiena vigorosa mentre il braccio libero è ancora teso verso Gladius, la mano chiusa in un pugno.
-Zo-zoro…?- affondo il viso nella sua camicia, respirando profondamente il suo profumo e stringendomi a lui.
È qui, è arrivato.
Mi aggrappo alla camicia, annaspando piano, sollevando gli occhi a incrociare le iridi nere di Zoro incenerire la guardia del corpo di nonna: il capo rivolto verso il biondo, la mascella contratta con rabbia, la mano che mi stringe a lui incandescente sulla mia schiena nuda.
-Zoro…- lo chiamo piano, ma lui mi stringe maggiormente, folgorando Gladius che si rialza da terra, dove il suo pungo lo aveva atterrato.
-Rialzati su!!!- gli ringhia contro, passandomi il braccio sulla vita e piegando l’altro a mostrare il pugno chiuso e le nocche sbancate –Ho giusto voglia di dartene un altro-
Gladius si rialza, si spolvera l’impermeabile e, sfilata la sciarpa, si tampona il naso sanguinolento, succhiandosi il labbro spaccato.
Mi faccio piccola contro il petto di Zoro, premendomi e non abbassando lo sguardo, reggendolo contro Gladius mentre il battito rabbioso di Zoro mi rimbomba nelle orecchie, martellandomi il cranio e, stranamente, tranquillizzandomi.
Rilasso la presa sulla sua camicia, accarezzandolo piano e socchiudendo gli occhi, sentendomi al sicuro e al riparo da ogni male.
Non sento nemmeno più il freddo pungente della neve che ha ripreso a scendere, e quando la mano del buzzurro si apre ad accarezzarmi la pelle delle spalle, premo il capo sul suo pettorale, sollevando gli occhi socchiusi su di lui.
-Stai bene?- soffia, abbassando il capo e stringendo l’abbraccio.
Ho solo la forza di annuire, annegando nei pozzi di pece dei suoi occhi che mi fissano, lasciando che la linea del mio naso si incontri con la sua, accarezzandosi piano e permettendo alle nostre fronti di unirsi, sfregandosi appena.
Respiro la sua aria, mi scaldo con il suo calore, scivolo con le mani su di lui e le poso sulle sue spalle, aggrappandomi come ad un’ancora di salvezza.
-… lo ammazzo…- ringhia, premendo il capo sul mio -… lo ammazzo io…-
-Realmente mi ammazzeresti?-
La voce di Gladius mi fa sussultare, facendo scattare gli occhi di Zoro da me a lui.
-Puoi giurarci!!!- latra, riempiendo l’aria fredda di piccole nuvolette di vapore.
Scioglie il nostro abbraccio e si para davanti a me, fronteggiando Gladius senza paura, ringhiando e digrignando i denti, producendo un suono secco e freddo
-Nami…- mi chiama, e mi stringo alla sua schiena, posando le mani su di lui -… entra in sala-
Strabuzzo gli occhi, fissando la sua nuca e i capelli sparpagliati per via del vento gelido che si è alzato con la bufera. Che ha in mente di fare?
-Ma…-
-Se lo ammazzo non voglio avere testimoni- ghigna, premendo la mano nel palmo opposto, facendone scricchiolare le nocche.
-No Zoro- mi aggrappo alla sua giacca scura –Non fare cavolate, non…-
-Hai urlato di paura- ringhia, non degnandomi di mezzo sguardo e mantenendo gli occhi fissi su Gladius, intento a bardarsi nuovamente il viso con la sciarpa insanguinata -Ti ha fatto male, io…-
-Mi permetto di dissentire- afferma lapidario il biondo, sistemandosi il colletto dell’impermeabile attorno al collo.
Lo fisso esterrefatta, sporgendomi lievemente da dietro le spalle di Zoro.
-L’ordine numero 1235 è tutt’ora valido- assottiglia lo sguardo su di noi, rendendo le sue iridi chiare fredde come ghiaccio, offeso dall’accusa di avermi fatto del male quasi fosse una menzogna.
Mi prendo il polso rosso nella mano sana, accarezzandolo lieve.
In realtà, avrebbe potuto farmi molto più male, e invece ho solo, si fa per dire, un polso rossastro… ma più per il mio ribellarmi alla sua forza.
Forse…
–Non oserei mai fare del male a miss Nami- afferma stoico e deciso, finendo di coprirsi il viso con la sciarpa, permettendo alla neve di macchiargli di bianco l’impermeabile nero.
-Ah no?- ringhia Zoro, avanzando di un passo, macchiando con un’impronta la neve che si è accumulata sul terrazzo –Allora scommetto che il polso rosso della mocciosa è frutto di una reazione allergica, eh?!?-
passo piano la mano sulla pelle irritata del polso, fissandola persa nei miei pensieri.
Non fa male, è semplicemente rosso per la presa di Gladius e per i miei continui, e inutili, tentativi di liberarmi di essa. Passo i polpastrelli sul polso, sentendolo pulsare lievemente, forse più per il freddo e per il battere accelerato del mio cuore che per il dolore.
Dovrebbe fare più male, dovrebbe essere stato più violento, dovrebbe essere stato più sconvolgente.
Non capisco: avrebbe potuto farmi del male con niente.
Avrebbe potuto zittirmi con uno schiaffo, farmi perdere conoscenza con poco e nuocermi maggiormente senza difficoltà, e invece non mi ha sfiorato con un sol dito se non si considera la presa spaventosa sul mio polso.
È come se il suo obiettivo fosse stato fin dall’inizio quello di spaventarmi, di farmi urlare di paura con tutto il fiato di miei polmoni. Ma perché? A quale scopo?
-Non hai risposto alla mia domanda- parla secco la guardia del corpo di nonna.
Le sue iridi reggono lo sguardo furioso di Zoro, i cui pungi stretti lungo i fianchi scricchiolano sempre più a ogni minuto che passa –Davvero mi uccideresti per aver fatto urlare miss Nami?-
La mascella di Zoro si contrae, un basso ringhio ne esce come riposta alla domanda posta.
Un brivido, non freddo non di paura, mi solca la schiena, scaldandola di una sensazione piacevole, costringendomi a premermi con il petto sul dorso del buzzurro, posando la fronte su una sua spalla.
Lo farebbe… per me?
-Madame Tsuru ne sarà lieta- afferma annuendo Gladius, estraendo dal suo impermeabile in un piccolo taccuino rosso di cuoio, aprendolo e iniziando ad appuntare varie note velocemente.
Strabuzzo gli occhi riconoscendo il taccuino, avanzando di un passo verso di lui.
Cosa diamine se ne fa le taccuino rosso durante un’aggressione?
Cosa sta succedendo?
Possibile che…
-Che… che vuol dire?- alzo la voce, in allarme.
Sgrano gli occhi, non sentendo la mano di Zoro sfiorarmi la vita, mentre pian piano ogni pezzo va al suo posto.
Nonna che vuole parlare con Zoro, Gladius che resta con me da solo nel terrazzo, lontani da ogni parente e membro della famiglia, la sua aggressione non violenta, gli occhi fissi sulle mie labbra a studiare le mie parole, il non volermi ferire e ora il taccuino.
Annaspo incredula: è stata tutta una specie di prova? Per me? Per Zoro? Per noi?
-Gladius che cosa vuoi dire dicendo che la nonna ne sarà felice?- avanzo ancora, sentendomi ribollire il sangue nelle vene.
Non è possibile, non è possibile: non può averlo fatto!!!
Gladius continua ad annotare nel taccuino, scribacchiando velocemente e senza mai sollevare gli occhi su di me, riguardando indietro di qualche pagina prima di ogni appunto.
Nonna non può essere arrivata a tanto!
Non può aver chiesto a Gladius di aggredirmi per verificare la reazione di Zoro, per controllare se si sarebbe comportato da bravo fidanzato venendo a soccorrermi.
La rabbia mi fa digrignare i denti, infiammandomi gli occhi: come può averlo fatto? Come?
Non può giocare così con lui!!! No, non glielo permetto!!!
-Gladius!!!- urlò esasperata, pestando i piedi a terra e riuscendo a fargli sollevare gli occhi su di me –Che diamine sta succedendo?!?-
Le sue iridi fredde mi squadrano con severità mista a dolcezza, per poi ruotarle verso Zoro, al mio fianco e con una mano attorno alla mia vita.
-Complimenti- afferma atono e quasi disinteressato rivolgendosi a lui –Mr Roronoa lei è stato il più veloce fin ora: solo sette secondi-
-Che diamine farnetichi idiota?- ringhia, tornando a coprirmi e proteggermi con il corpo, stagliandosi contro a Gladius, ormai a pochi passi di distanza.
Non risponde, semplicemente ripone il taccuino nella tasca dell’impermeabile e ci da le spalle, avviandosi verso la porta che da sul balcone.
-Ehi!!!- ringhia Zoro –Non crederai di filartela così vero?-
Allunga un braccio per afferralo per una spalla e poterlo colpire con un pugno, il braccio già piegato e carico all’indietro, ma lo fermo, strattonandolo per la manica della giacca.
-Fermo!!!- ansimo, trattenendogli il gomito in entrambe le mie mani.
Si volta a fissarmi stupito, chiedendomi con gli occhi se sono impazzita o meno, mentre Gladius rientra in Hotel lasciandoci soli sul terrazzo.
-Che diamine ti prende ora?- sbotta, voltandosi totalmente verso di me.
-Che voleva dirti nonna?- chiedo svelta, cercando conferma.
Aggrotta la fonte e arriccia il anso confuso, scuotendo il capo.
-Eh?-
-Nonna!!!- mi impunto –Voleva parlarti no?-
Annuisce ma ancora non comprende.
-Che doveva dirti?- stringo le mani sul suo braccio, rilassato ora sotto le mie dita.
-Ma che ne so!!!- sbotta, sollevando la mano libera dalla mia tenue presa nell’aria, esasperato e scocciato –Quando ti ho sentito urlare il mio nome sono tornato indietro… dannazione mocciosa, mi vuoi spiegare che diamine succede?!?-
Scuoto il capo, sospirando e passandomi una mano tra i capelli.
-Quella vecchia…- sghignazzo, puntando gi occhi al pavimento ormai ricoperto di neve.
Aveva programmato tutto, tutto!
L’improvvisa necessità di parlare con Zoro, Gladius, le mie grida, la reazione del buzzurro… possibile che siamo davvero così prevedibili per lei?
Scuoto nuovamente il capo, riportando la mano sul braccio di Zoro.
-Credo…- boccheggio ancora incredula -... credo sia stata una prova della nonna-
Mi sembra così stupida come frase, eppure è così: tutto un suo piano, una sua verifica per vedere se Zoro sarebbe arrivato a soccorrermi.
Ma come faceva a sapere che avrei invocato lui e non papà?
Spalanco la bocca,a accorgendomene io stessa solo ora: ho urlato il nome di Zoro, non quello di papà o di qualche mio cugino.
Ho invocato Zoro, Zoro, solo lui.
Perché? Perché l’ho fatto? Cosa…
-Stai bene, vero?- mi passa una mano su viso, sollevandomelo e scrutandomi con occhio indagatore.
-S-si- annuisco, scaldandomi al contatto della sua mano al mio viso.
Mi accerchia la vita con il braccio libero, tornando a far toccare le nostre fronti.
Lascio che le linee dei nostri volti si uniscano ancora, circondandogli il collo con le mani e lasciando che una sua mi accarezzi i capelli, scivolando poi sulla schiena, elettrizzandomela.
-Faccio ancora in tempo a ucciderlo, se vuoi- sussurra a un soffio dalle mie labbra, sfoggiando quel suo ghigno bastardo. Ridacchiò, negando col capo.
-Allora potrei rubare il bastone a tua nonna… giusto per vendetta- ghigna, rubando a me un risolino divertito.
Lo vedo tornare serio e accarezzarmi piano la schiena, mettendomi in soggezione con le sue iridi nere puntate su di me. Deglutisco, reggendo il suo sguardo e accarezzandogli la zazzera verde con la punta delle dita.
Vorrei ringraziarlo per essere accorso quando l’ho chiamato, ma le parole non mi escono di bocca e non so bene nemmeno quali usare. Sento le guance scarlatte, non di imbarazzo o di freddo, quanto più di un qualcosa di strano che non so cosa sia, o forse lo so ma ho paura a dargli un nome. La mano di Zoro si ferma sopra il mio sedere, l’altra accarezza il polso non più tanto rosso e che è fermo con la rispettiva mano ad accarezzargli il viso. Sta per dire qualcosa, lo sento, e un brivido di paura mi attraversa.
-Nami…- sussurra piano, facendomi sbatte le palpebre in segno di risposta, mentre deglutisco piano -… hai chiamato il mio nome-
Annuisco. Lo so, lo so buzzurro, ma non chiedermi, non chiedermi…
-… perché?-
Spalano la bocca, annaspando e vedendolo ghignare appena, in modo lieve, quasi fosse un sorriso... imbarazzato?
-Potevi chiamare tuo padre, Rufy, o Sabo…- smette di accarezzarmi la schiena -… quel damerino impomatata che vomita cuori quando ti vede-
-Lo so- ancora deglutisco, tartagliando appena.
-Perché hai chiamato me?-
Lo fisso negli occhi, respirando piano e non sapendo bene che rispondere.
Non lo so il perché, o forse lo so ma fa troppa paura.
Perché ci siamo incontrati in una stazione ferroviaria, perché non spaiamo molto l’una dell’altro, perchè è stupido il legame che ci unisce, perchè dopodomani le nostre strade si divideranno, perché…
-… per lo stesso motivo per cui tu sei accorso quando ti ho chiamato…- sussurro piano, sollevandomi sulle punte dei tacchi.
Lo vedo piegarsi su di me, piegare il capo sul lato opposto al lato dove lo piego io e poi, con una naturalezza disarmante e una scia calda che mi solca la schiena, le nostre labbra si uniscono, baciandosi.
La mia bocca si modella sulla sua, incastrando i nostri respiri e lasciando che le mani navighino per loro volontà sui nostri corpi. È caldo Zoro, caldo da morire.
La sua lingua entra nel mio palato, incontra la mia e si avvinghiamo mentre mi aggrappo a lui per le spalle, premendo il seno sul suo petto.
Una sua mano mi stringe le spalle, l’altra mi regge la schiena, mentre le bocche si mangiano, succhiano a tratti mordono con ferocia, leccandosi e strappandoci dei gemiti soffusi.
Ancora Zoro, ancora.
Gli circondo il capo con le mani, sollevandomi quanto più posso sui tacchi, premendo le labbra sulle sue e succhiandogli il labbro inferiore prima di leccargli il palato e giocare con la sua lingua. Le sue mani fremono prima di stringersi con forza su di me, premendo le dita su una mia natica e sollevandomi appena, facilitando il contatto delle nostre bocche.
Mi accarezza i capelli, giocandoci e scivolando con le dita tra i crini ma anche sulla pelle nuda della schiena, sfiorando volutamente le scapole e il tatuaggio sulla spalla sinistra.
Fremo, stringendomi a lui e premendo una coscia piegata sul suo cavallo, arricciando la gonna sulle gambe.
Il calore aumenta, la presa delle mie mani attorno a lui, il contatto dei nostri petti e le labbra premute con forza a scaldasi e scoprirsi.
Il mio labbro inferiore si piega contro quello di Zoro, permettendo alla sua lingua di leccarlo e portarselo in bocca, succhiandolo e mordendolo, mentre il mio organo del gusto assapora la pelle cotta dal sole del suo mento, deliziandomi col suo sapore forte e deciso.
Mi sfugge un gemito quando con una mano Zoro mi spinge su di lui, facendo cozzare i nostri bacini, e mi aggrappo alle sue spalle con maggior decisione, sfregandomi piano e permettendogli di toccarmi la pelle della coscia, sfruttando lo spacco della gonna.
Tramo, non di freddo, ma di caldo, un caldo avvolgente e lascivo che mi nasce dal basso ventre.
-Tremi- ansima, mordendomi un labbro, strattonandolo e succhiandolo, incalzando sempre più il bacio.
-… ah…-
È l’unica mia risposta, l’unica cosa che riesco a dire, gemere, ansimare.
Perché lo so, so che sto tremando di piacere, di desiderio di passione.
Lo so, e non e ho paura.
Un soffio gelido ci travolge, ricordandoci che sta nevicando e che la temperatura, nonostante i nostri corpi lo neghino, è calata drasticamente. Ci separiamo appena, un solo attimo, per prendere fiato e fissarci negli occhi, in cerca di una muta consapevolezza: è tardi per tornare indietro.
Tropo tardi, davvero troppo tardi… per fortuna.
Lo prendo per mano e, senza chiedergli nulla, lo trascino in sala, aprendo con velocità la porta della terrazza.
Sento le nostre dita intrecciarsi, stringersi con forza e rendere indissolubile il nostro contatto, mentre attraversiamo di corsa la sala, scansando parenti e clienti dell’intero Hotel.
Evito Hannyabal, evito Rufy, evito Koala, correndo sui tacchi e raggiungendo in fretta il lato opposto della sala, uscendone rapida con la mano di Zoro, calda e stordente, che mi accarezza il fianco.
I suoi passi rimbombano contro i miei ticchettati, susseguendosi ritmici fuori dalla sala gremita di persone, che sembrano non accorgersi di noi e della nostra corsa, che interrompo per potermi orientare per trovare gli ascensori più vicini.
Deglutisco, guardandomi attorno, faticando nell’individuare le porte dorate dei montacarichi.
E il buzzurro non aiuta il mio improvviso smarrimento, circondandomi la vita con una carezza e accostando la bocca al mio orecchio, mandando in tilt la poca lucidità che ho.
La suo mano risale il mio fianco, lo accarezza fin sotto i seni stringendo la mano opposta alla mia, mordendomi nel mentre la mandibola e baciandomi la guancia.
Mi abbandono al suo petto con le spalle, afferrando la sua mano sotto il mio seno sinistro e premendomela contro, gemendo piano contro la sua bocca ghignate che mi succhia il labbro inferiore.
Reclino il capo, mi lascio baciare, toccare, sfregando le natiche contro la sua patta che noto indurirsi e che gli provoca, ogni vota che la sfioro, un leggero ringhio di piacere.
Devo raggiungere gli ascensori, ora!
Io…
-Nami!!! Nami tesoro dove stai andando?-
Sobbalzo: cavolo, la voce di papà!!!
Senza aspettare un secondo di più prendo per mano Zoro e riprendo a correre nel corridoio che costeggia la sala congressi dell’Hotel, cercando freneticamente gli ascensori.
Dannazione, dove si sono cacciati?!?
-Oh Nami swaaan!!! Ti ho trovato finalmente!!!-
La presa del buzzurro sulla mia mano si accentua, e i suoi passi accelerano nel sentire le urla, sempre più vicino, di Sanji.
Dei passi pesanti mi avvertono che anche papà ci sta rincorrendo ed è con il cuore in gola che continuo a marciare sui tacchi, finché non sento un trillo leggero che mi fa sospirare: il campanello degli ascensori.
-Nami!!!- la voce di papà vicina, troppo vicina –Dove stai andando con Zoro? Nami!!!-
-Marimo!! Dove corri con la mia dorata Nami swan!!!-
Strattono Zoro e supero di gran lena la famigliola che sta uscendo dall’ascensore, premendo il pulsante del nostro paiano prima ancora di riuscire a mettere piede nella pedana della cabina, tuffandomici dentro con il fiatone.
Ruoto appena sui tacchi, cercando Zoro con gli occhi, ma mi ritrovo contro la parete finale dell’ascensore: le sue labbra sulle mie, le mie mani a circondarli il viso e immerse nei suoi capelli, le sue prepotentemente agganciate ai miei fianchi e il suo bacino scalpitante contro il mio, costringendomi a divaricare le gambe per far spazio alle sue, che premono con forza contro di me, strappandomi un gemito di piacere.
Riesco a scorgere i volti di papà e Sanji prima che le porte dell’ascensore si chiudano, basiti e pallidi nel vederci avvinghiati e ansimanti contro la cabina che inizia a salire i piani dell’Hotel.
Mi pare di sentire un urlo, o forse, è semplicemente un altro mio gemito di piacere.
 
 
***
 
Passi.
Veloci sulla moquette del piano al di fuori dell’ascensore, incespicati tra le gambe di lui, zoppicanti per le mutandine scese fino alle ginocchia, saltellati per le sue mani sulle mie natiche.
-… chiave…-
La mia lingua nella sua bocca, una mia mano nei suoi boxer, i pantaloni ormai aperti dal secondo piano, la camicia sbottonata dal primo.
-… c’è l’ho… mmm…- azzanna l’aria, mentre la mia mano continua ad accarezzargli l’asta dura del membro, mentre una sua mi penetra nella mia intimità.
È solo una percezione lontana quella che provo nel venir addossata allo stipite della porta della nostra stanza, premuta tra il legno freddo e il petto nudo e caldo di Zoro.
-… a-ah…-
Non ce la faccio, non ce la faccio più.
Lo voglio, lo voglio più dell’aria che manca nei polmoni e me li fa bruciare.
Voglio più pelle da mordere, più bocca da baciare, più peso su di me, più dita dentro di me, più ansimi meno vestiti, più occhi a guardarmi e meno imprecazioni contro la chiave che non si lascia prendere da lui dentro la sua tasca.
È costretto a interrompere il nostro bacio, per mandare a quel paese la chiave, ora ben salda tra due sue dita ma che ancora non vuole aiutarci, incespicando nella serratura della camera.
-E andiamo!!!- ringhia massacrandola tra le dita e schiacciandola nella serratura.
È così bello con gli occhi fissi a incenerire la chiave, la mandibola contratta dall’eros, la mano ferma a coppa sul mio cavallo, le gambe divaricate a permettermi di toccarlo, il petto che annaspa e si scontra con il mio.
Sorrido maliziosa e lo strattono per il colletto della giacca, premendomelo contro e mordicchiandogli il lobo destro, succhiandolo e lappandolo, continuando a pompare con la mano su di lui e a premermi con i seni contro il suo petto sudato.
Respira con maggiore difficoltà adesso, le gambe gli tremano contro le mie e gli occhi zigzagano tra la chiave dispettosa e il mio cavallo, stretto tra le sue dita, sempre più umido.
-Dannazione- ringhia, calciando la porta –Così non aiuti, mocciosa!!!-
-Ah no?- ansimò, risalendo il suo fallo e  stringendo nel palmo la cappella, bagnandomi del liquido lubrificante e strappandogli un roco gemito.
Mi sbatte sullo stipite, baciandomi con foga e riprendendo a pompare dentro di me con le dita, mentre con la mano libera mi massaggia un seno, lasciando che la chiave elettronica penda dalla serratura.
Ansimo, ansimo senza ritengo, e voglio che mi faccia sua ora, subito, qui nel corridoio e contro la porta.
Non mi importa che qualcuno ci veda, che le mie grida sveglino gli ospiti che si sono già coricati, non mi importa che ci conosciamo poco e che il più delle volte litighiamo.
Lo voglio.
Si stacca dalla mia bocca, iniziando a baciarmi la gola, succhiandola e facendomi gemere per tutto ciò che mi sta facendo: la sua mano dentro di me, la sua mano su di me, la sua lingua che mi lecca la gola e mi fa rabbrividire di piacere…
Piego il capo verso la porta, ansimando e aggrappandomi a lui con entrambe le mani, incapace di reggermi in piedi. Stringo le cosce attorno al suo polso, scendendo con una mano a spingergli il bacino più vicino al mio, percependo la punta del suo fallo contro il ventre, premuta tra i suoi addominali e il mio vestito.
Oh kami!!
Le pupille ruotano da sole verso l’alto, puntandosi sul numero della stanza e lasciando che il resto dei sensi mi facciano tremare di piacere, facendomi gemere per il suo profumo denso e forte, per la sua voce rotta dal piacere, per il gusto che i suoi baci mi hanno lasciato in bocca, per il tatto deciso ma delicato con cui mi penetra.
Gli occhi mi si riempiono di piacere, ed è a fatica che focalizzo il numero della stanza, riuscendo a…
-… è sbagliato…-
Si ferma.
Mano, bocca, gambe, ferma tutto e rimane immobile contro di me, ad assicurarsi di quanto ho detto.
Lo sento schioccare la lingua contro la mia gola, per poi parlare a tono basso, accarezzandomi appena le spalle con il respiro.
-Se non vuoi- mi sussurra, facendomi rabbrividire –Non ti toccherò nemmeno con un dito-
Cosa?
-Fingerò non si successo nulla e… e dormirò in corridoio per non…-
Gli mollo uno scappellotto sulla nuca, afferrando la chiave elettronica con una mano e, preso per il colletto, strattonarlo ad attraversa il corridoio del piano.
-Parlo del numero della stanza- ridacchio, raggiungendo la porta opposta a quella contro cui ansimavamo due secondi fa, inserendo la chiave nella serratura e aprendola senza difficoltà.
Mi volto a fissarlo stupito e abbastanza scocciato dall’accaduto, ma non gli permetto di replicare o sbottare qualche stupida scusa per la quale ha confuso la nostra camera, tappandogli la bocca con la mia.
Le sue mani tornano ad accerchiarmi e le mie a guidarlo sull’uscio della camera, mentre i vestiti cadono a terra.
I gemiti tornano ad essere l’unica forma di conversazione che abbiamo, le mai a testimoniare il nostro desiderio, i passi incespicati a dire quanto vogliamo stare uniti.
E io lo voglio!
Voglio stare con lui, in lui, non voglio più dividermi dal suo ghigno, non voglio stare da nessun’altra parte se non davanti ai suoi occhi, non voglio vivere lontana dalle sue braccia calde e forti che mi stringono.
Gli sfilo la giacca, getto a terra la camicia, lo aiuto con il reggiseno e non smetto un secondo di baciarlo.
Lo voglio… perché dovrebbe essere sbagliato?
-Per quanto riguarda questo…- lo strattono verso il letto, studiandolo con sguardo malizioso e voce sussurrata -… non è affatto sbagliato: io voglio-
Le coperte si gonfiano e sgualciscono non appena ci gettiamo sul letto, nudi e accaldati, stringendoci e baciandoci con foga, infischiandocene di occupare il materasso in obliquo, sfilandoci gli ultimi indumenti che ci impediscono i movimenti.
Non è sbagliato, nulla lo è.
Le sue mani sulle mie gambe, la sua bocca sulla mia, le nostre gambe intrecciate, le mie mani sulla sua schiena e tra i capelli verdi.
È giusto, è bello, è caldo, è…
-AH!-
… meraviglioso.
Inarco la schiena gettando il capo ramato tra le coperte spiegazzate non appena mi penetra, e non riesco a trattenere un grido di piacere nel sentirlo dentro di me.
Devo aspettare un paio di secondi prima di risollevare il capo, riprendendomi dal piacere che mi scuote, per poter incontrare i suoi occhi neri, fissi su di me, in cerca di un’approvazione per continuare.
Gli sorrido e, divaricando le gambe e allacciandole alla sua vita, gli do una leggera spinta, aiutandolo a sprofondare in me.
Grugnisce appena, ghignando e sporgendosi a baciarmi, tendendo le braccia a lato del mio viso, iniziando a muoversi lentamente, spingendo e ritraendosi con calma.
Mi rilasso sotto di lui, mantenendomi però sollevata con il busto, reggendolo con le braccia piegate lungo il costato e lo sguardo fisso sul suo, che indietreggia e  avanza verso di me a ogni spinta.
-Dimmi che sono vere…- ansima roco, dandomi una spinta più profonda e soffermandosi a premersi sul mio clitoride.
-Mmm… co-cosa?- stringo le cosce su di lui, unendo le nostre pelli sudate.
-Queste…-
Si abbassa con la bocca su un mio seno, inghiottendone la cima e succhiandola con vigore, costringendomi a gridare di piacere e a premergli il capo con una mano sulla coppa, implorandolo di continuare.
Oh andiamo: ancora con questa storia che ho il seno rifatto?
Mi mordo il labbro inferiore cercando di restare lucida, ma la sua lingua che lambisce l’anello scuro del seno e le labbra che lo poppano mi rendono difficile la concentrazione.
La sua bocca schiocca, geme, mi fa gemere accentuando il piacere che sento per i nostri corpi uniti.
Non ce la faccio, non posso farlo vincere così.
Non voglio ricevere piacere e basta: voglio donargliene.
Con un colpo di reni ribalto la mia posizione, ergendomi sopra di lui e spingendomi sulla sua asta, affondandola completamente in me. Mi passo una mano tra i capelli leccandomi la bocca per l’incredibile carica di piacere che il mio movimento mi ha provocato, aggrappandomi con la mano libera agli addominali di Zoro.
-V-vuoi sapere se sono vere..?- animo, piegando gli occhi a sfidarlo.
Lo vedo ghignate sotto di me, le mani tremanti sui miei fianchi e un rivolo di saliva a confermare che anche lui ha goduto con me nel sentirmi sopra di lui. Sobbalzo sul suo bacino, affondando e ritraendomi, strappandogli un gemito secco e una stretta di mani sui miei fianchi.
-Ti a-assicuro che…- inizio a pompare su di lui con velocità, muovendomi rapidamente in modo che i seni ballonzolino il più possibile per il coito -… che se fossero rifatte… mmm… non si muo-ah-verebbero cooosì… ah!-
Il piacere inizia ad essere incontenibile.
Le spinte di fanno sempre più vigorose, gli affondi più veloci e le mani di Zoro più forti su di me. La sua cappella si sfrega sulla mia parete finale, elettrizzandola e scaldandola, facendomi ansimare e gemere come mai ho fatto prima di stanotte.
Mi lascio andare, urlando e gemendo senza freni, non fermandomi nemmeno quando Zoro si solleva con il busto, afferrandomi le natiche e guidandomi su di lui, affondando il viso tra i miei seni e leccandoli con il respiro corto.
Su e giù, su e giù, sempre più veloce, sempre più forte.
Gli stringo il capo al mio petto con le mani, annaspando tra i suoi capelli e non protestando quando mi stende sul letto, bloccandomi i polsi con entrambe le mani sopra il capo, facendomi divaricare le gambe e spingendo con tutto se stesso in me.
Dentro fuori, dentro fuori.
Lento, veloce, forte, piano, gioca con la mia perla, la preme e la elettrizza, mentre lecca ancora i seni che si agitano e scalpita con il glande sulla cervice, gemendo a denti stretti o a bocca spalancata, ansimando su un capezzolo che regge tra le labbra.
Sto per venire, sento le mie pareti contrarsi e il calore aumentare nel centro del mio corpo, laddove il sesso di Zoro mi sta facendo impazzire, laddove le nostre intimità si stanno conoscendo più di quanto avessi mai immaginato a inizio settimana.
-… Zo-zoro… ah ah ah ah!!!-
Mi dimeno sotto di lui, rispondendo alle sue spinte, spingendo il bacino contro di lui e facendolo ringhiare di piacere quando i miei umori lo bagnano totalmente sull’asta e sulla pelle del pube, scivolando lenti tra le nostre pelli sudate.
Anche lui ormai è al limite, e sta scalpitando per raggiungere il piacere massimo della nostra unione, spingendosi con furia in me e facendosi sentire fino in fondo, con tuto se stesso e con tuta la sua forza.
-… Na-mi….-
Mi sforzo di mantenere gli occhi aperti, di non abbandonare l’ultima briciola di lucidità che mi resta, agganciando il mio sguardo al suo e stringendo le mani con le sue, che mi bloccano tra i cuscini.
Le sue iridi nere ancora una volta, perdutamente ancora una volta, mi intrappolano nel loro campo magnetico, inchiodandomi a lui e facendomi singhiozzare gli ultimi ansimi prima dell’orgasmo.
Il piacere mi travolge, scuotendomi da capo e piedi e facendomi inarcare la schiena verso Zoro, che si abbassa, liberandosi in me, facendo aderire i nostri petti e le nostre bocche.
Un bacio, dolce, tenero e carico di piacere che attutisce le nostre grida, permettendo solamente a noi due di godercele.
Mi sento bene, completa, al sicuro e voluta tra le mani di Zoro, e quando si accascia su di me, attento a non pesarmi troppo addosso, non riesco a scivolare da sotto di lui, e mi lascio coprire dalla sua mole, abbracciandolo con un braccio e mantenendo l’altro alzato sopra il mio capo, intrecciato al suo.
Ansimiamo piano, le fronti accostate e le bocche sperate da pochi centimetri ma gli occhi ancora incatenati.
Mi accarezza il viso, con una dolcezza che mi fa arrossire e chiudere gli occhi per un breve istante, rilassandomi contro di lui e abbandonando il capo vicino al suo.
Non so il perché di quanto appena successo, ma so che l’ho voluto dal primo all’ultimo tocco.
Non è sbagliato, non è stato sesso, non è privo di perché: è stato, e ciò mi basta.
La mano di Zoro scende ad accarezzarmi il fianco, il ventre, arrivando a posarsi sulla coscia e scivolando ancora fin sul sedere, strappandomi un sorriso malizioso.
-Nami…- posa le labbra sulle mie -… ti avviso: è da un po’ che non sto con una donna…- la mano si inoltra tra le natiche, arrivando a spingersi sulla mia entrata umida, giocherellandoci -… potrei desiderarti ancora stanotte-
Mi morde le labbra, premendo il membro non più molto morbido nel mio sesso, dove è rimato fin ora.
Ridacchio, baciandolo e sistemandomi meglio sotto di lui, piegando una gamba e portando la gemella sopra una sua spalla.
-Zoro ti avviso…- porto entrambe le mani sulle sue natiche, graffiandole con avidità -… è un po’ che non sto con un uomo…-
E con un po’ intendo un anno, un mese e nove giorni, ma tanto chi tiene il conto?
-… e potrei non accontentarmi tanto facilmente…- faccio schioccare le labbra, posandole sulle sue -… e la notte non potrebbe bastarmi-
Le bocche si uniscono, le lingue si rincontrano e i corpi ricominciano a fremere tra loro, mentre fuori dalla finestra della camera la neve continua a scendere.
 
 









ANGOLO DELL’AUTORE DISGRAZIATO E CHE NON AGGIORNA MAI:
Ma salve *evita con agilità (?) lancio di coltelli e pallottole*, come state? Tutto bene? Ottimo.
Ammetto che il qui presente capitolo doveva essere diviso in due… ma! e sottolineo MA! sono stata buna e l’ho lasciato unto: contenti?
Detto ciò siamo quasi alla fine, mancano due capitolini che pero di riuscire a postare entro fine mese (seh!! Whahahahaha!!!! Illusa me!!!), dopo di che spero di riuscire a dedicarmi a un’altra FF AU che ho abbandonato da Gennaio.
Ebbene, direte voi, un angolo dell’autore solo per campar scuse per aria?
Eh no! È un angolo dell’autore per ingraziare la mia Milly u.u
Lei è lì, nell’ombra della notte, che attende e minaccia, facendomi scrivere e punendomi aiutandomi con grande spirito a mandare aventi questa storia: a lei devo molto, a lei devo questa FF.
Questo è un angolo dell’autore per dirti grazie: grazie Milly, senza di te Nami sarebbe morta vergine e la FF sarebbe incompiuta.
Grazie davvero, di cuore, di spirito, di anima: grazie 
Zomi

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Gli occhi di Bellmere ***


Image and video hosting by TinyPic
Fan Art di proprietà di Rolochan105


Capitolo 16: Gli occhi di Bellmere
 

Toc toc.
Il chiarore del sole è amplificato nella camera grazie alla neve che si è accumulata sul balconcino della finestra.
Toc toc.
Il rumore della neve che imperterrita continua a cadere, sommergendo tutto e ovattando i contorni dell’Hotel con la sua fredda morbidezza, sigillando questa mattina in una bolla di puro sogno.
Toc toc.
Le lenzuola sono calde, il letto morbido, il materasso troppo invitante per lasciarlo solo.
Toc toc.
Il capo posato su un suo pettorale, che si alza e abbassa seguendo il respiro lento e il russare pesante.
Toc toc.
Le gambe intrecciate alle sue, la una mano sulla mia schiena, i seni premuti sugli addominali.
Toc toc.
Le nostre mani intrecciate…
Perché dovrei svegliarmi?
Perché dovrei rinunciare a tutto questo per scoprire cos’è questo continuo “Toc toc” che martella e spezza ogni mio pensiero?
Sbatto piano le palpebre, aprendole per la prima volta oggi, posando lo sguardo sul pettorale di Zoro, che continua a dormire, indisturbato dal fastidioso rumore che invece ha svegliato me.
Non ho bisogno di flesh o di guardarmi attorno e notare i vestiti sparsi ovunque o il letto sfatto, per ricordarmi quanto accaduto stanotte.
Mi sollevo con il busto, slacciando le dita da quelle di Zoro, fissandolo dormire e contando mentalmente i succhiotti che si intravedono sul suo petto. Un sorriso ebete mi si apre sulle labbra, costringendomi ad abbassare gli occhi sui miei seni, contornati da piccoli cerchietti violacei, morsi e leggeri graffi.
Scivolo con una mano sul mio fianco, mi accarezzo le gambe piegate e un brivido mi scuote, nel percepire un leggero ricordo dei tocchi, dei baci, della forza di Zoro in me.
Zoro.
Lui, io, il letto e la momentanea sazietà dei nostri desideri attraverso i nostri corpi.
Mi viene da ridere se penso che fino a ieri ci prendevamo a sberle, e invece stanotte le nostre mani sono servite a ben altro.
Mi tappo la bocca per non rischiare di svegliarlo con la mia risatina divertita e forse pazza, passandomi poi il palmo sul viso fino a posarlo all’altezza del cuore.
Lo abbiamo fatto per tutta la notte, finché le forze non ci sono venute meno, e poi ancora dopo, nel dormi veglia, in cui le nostre mani ancora si sono cercate e trovate, i corpi sfiorati incastrati, le bocche chiuse a vicenda con dei baci.
È folle, è stupido e insensato, ma potrei affermare senza difficoltà che è stata la più bella notte della mia vita.
E l’ho trascorsa con un ragazzo che conosco da meno di una settimana, che ricatto e a cui devo un biglietto ferroviario, che ama gli onigiri e non sopporta le verdure cotte, che ride a bocca aperta e occhi chiusi, che ghigna e ti fissa con le calamite che ha nelle iridi… russa nel mio letto in questo sabato mattina.
-Che ti succede Nami…?- mi interrogo sottovoce, muovendomi sopra di lui, arrivando a sovrastarlo ancora nuda e reggendomi con le braccia tese a lato del suo capo.
Dorme profondamente con le labbra socchiuse da cui esce un basso eco rozzo e bestiale, un braccio piegato sotto la nuca e l’altro fermo sul fianco a stringere l’aria che prima occupava la mia mano.
Mi abbasso su di lui con il viso, sfiorandogli la punta del naso con una ciocca rossa, osservandolo senza perché.
Sembro una stolker, una maniaca pervertita, una fissata… oddio sto diventando un Sanji kun in gonnella!!!
-Che diamine mi hai fatto buzzurro?- ridacchio e scuoto il capo, abbassandolo appena un po’, arrivando a soffiare sulle sue labbra –Mm?-
Non mi da risposta, e io sono una cretina ad aspettarmela dato che dorme, ma ciò non mi ferma ad accarezzargli il viso e a sorridere nel vederlo rilassare la mascella, piegandola a cercare la mia mano.
Addolcisco lo sguardo, e forse non sono del tutto lucida perché ho la folle idea di abusare di lui.
Oh, capiamoci!
Abusare in senso lato, appena un bacio, una carezza, in modo da svegliarlo e poter riprendere da dove ci siamo interrotti stanotte, approfondendo ogni lato di noi.
Oh dannazione: questo non è da me!!!!
Rido, scuoto il capo e poso la fronte sulla sua, avvicinandomi ancora, arrivando a sfiorare con il respiro le sue labbra.
-Che cosa mi hai fatto Zoro?- sussurrò di nuovo, accarezzandogli il profilo del naso con il mio, lasciando che qualche mia ciocca si arricci su se stessa sopra una sua guancia -Che mi hai fatto per ridurmi così?-
Voglio baciarlo.
È stupido e insensato, perchè per lui è stato solo sesso, e dovrebbe esserlo stato anche per me, ma non riesco a definirlo così il contatto dei nostri corpi stanotte.
Sarà la mancanza di amore di questo ultimo anno, sarà la nostalgia di affetto e calore, sarà la neve che continua a cadere e spero ci imprigioni qui... sarà lui e il suo sguardo nero, ma non posso chiare sesso ciò che ho fatto con lui stanotte.
No, non posso e non voglio.
-Sei un buzzurro…- sospiro, mordendomi poi le labbra prima di abbassarle ancora -… e io una mocciosa-
Un solo soffio separa la mia bocca dalla sua, che ancora russa, ancora respira cavernosa, quando il rumore che mi ha svegliato si ripresenta, più forte e cocciuto di prima.
Toc toc toc toc toc!!!
Sobbalzo, ritraendomi da sopra il corpo di Zoro, e masticando imprecazioni salto giù dal letto, gettandomi addosso la prima cosa che mi capita sotto mano mentre marcio verso la porta, pronta a spaccare la facci a chiunque ha osato bussare.
Dannazione, sto cercando di abusare del buzzurro: un po’ di privacy!!!
Afferro con forza la maniglia della porta, spalancandola e richiudendola dietro le mie spalle, mantenendo la mano sul pomello per non chiudermi fuori, riempiendo i polmoni d’aria e urlando rabbiosa.
-Si può sapere che diamine vuoi?!?- bercio, incenerendo con lo sguardo Sabo e il suo pugno proteso verso il legno della porta.
Assottiglio gli occhi su di lui, carbonizzandolo sul posto mentre deglute e apre il pugno in un segno di saluto
-M-ma buongiorno Nami- balbetta, ruotando in fretta gli occhi alla sua sinistra –Visto?- borbotta -È viva: ora possiamo andare prima che il morto lo diventi io?!?-
Un pugno su un fianco lo sposta, e sulla mia visuale si catapulta Koala, che mi abbraccia forte per la vita, stringendomi al petto.
-Oh grazie la cielo stai bene!!!-tira un sospiro di sollievo, massaggiandomi la schiena vestita.
Ma che cavolo…?
-Perché non hai aperto prima?!?- sbuffa, allontanandomi da lei e tendendo le braccia tra di noi, sostituendo l’aria materna a una severa e corrucciata.
-Stavo dormendo- gonfio le guance, incrociando le braccia sotto i seni –Ma si può sapere che succede??
-Lo vorrei sapere anch’io-
Spalanco gli occhi, e noto solo ora mia sorella, Bonney, Kaya, Rufy e Usopp, tutti davanti alla mia camera, tutti che mi squadrano con occhi pieni di curiosità, la parte femminile del mio parentado, chi con tenue paura mista a confusione, il resto del popolo portatore di cromosoma XY.
Inarco un sopracciglio confusa anch’io, passandomi una mano tra i capelli sciolti e stropicciati, schioccando le labbra.
Non capisco: che ci fanno tutti qui?
Perché hanno bussato per tutto questo tempo? Non è poi così strano che dorma fino a tardi: è una vacanza questa.
-Io…- farfuglio -… io… ma che ne so!!!- sbotto –Siete voi che spuntate come funghi davanti alla mia camera, mica io!!!-
-E vorrei vedere…- si punta i pugni ai fianchi Koala, sporgendosi verso di me e incutendomi un minimo di paura nonostante sia più bassa di qualche centimetro.
-… vedere cosa?- cerco di sorridere, celando il tic nervoso al labbro che mi sta assalendo.
-Cosa?!?- si aggiunge contro di me Nojiko –Cosa mi chiedi?!?-
-Eh…-  no, davvero crede che abbia la più pallida idea di che cosa stia parlando?
-Hai urlato tutta stanotte!!!- mi prende per le palle scuotendomi, spalancando gli occhioni marroni che ha ereditato da mamma, scompigliandomi ancor di più la chioma.
-Koala ha detto che ti ha sentito urlare tutta stanotte, e papà, oh povero papà, alle cinque di questa mattina era al bar dell’Hotel a bere dalla disperazione, parlando di “deflorazione” e “bambina innocente”- mi scuote di nuovo, mentre una vaga idea di quanto successo si dipana tra i miei pensieri –E tu mi chiedi cosa?!?-
-Ahhh, quello…- arriccio le labbra, distogliendo lo sguardo da lei, ricordando con fin troppo vigore le mie attività con Zoro d stanotte –Bhè sai…-
Devo dirle al verità?
Che per tutta stanotte io e Zoro siamo stati insieme, o è meglio dirle che abbiamo giocato a “collauda le molle del letto urlando di piacere”?
-… insomma… - ruoto le mani davanti a me -… è che… ma poi di che ti lamenti Koala?!?!?-
Fulmino mia cugina acquisita, cercando di direzionare a mio favore la faccenda.
-Tu e Sabo avete fatto sesso violento per tutta la settimana: che dovrei dire io delle vostre urla?!?-
-Ehi!!!- gonfia le gote rosse la castana –Non era sesso violento!!!-
-Bhè- sciocca la lingua Sabo –Un paio di volte forse…-
-Nami- le mani di Kaya si sostituiscono a quelle di mia sorella, accarezzandomi dolcemente il viso e non cercando di pettinarmi a suon di scrollate –Seriamente, stai bene?-
Mi rifletto nei suoi grandi occhi verdi, così limpidi e chiari, privi di ironia o perversione.
Abbasso piano lo sguardo, sorridendo timidamente, annuendo poi con sicurezza.
-Sto bene- sussurro –Sto davvero bene-
Un pesante silenzio cala nel corridoio, e non ho il coraggio di risollevare gli occhi ad incrociare quelli severi di Nojiko o carichi di giudizio degli altri, perché so a cosa stanno pensando: sono stata con uno sconosciuto, e sono stata bene… che cosa mi sta capitando?
-Andate via- ordina Bonney, avanzando verso di me e prendendomi una mano con forza –Usopp, Rufy Sabo: andate via!!!-
-Ma uffa!!- sbuffa Rufy, pestando i piedi a terra –Prima venite a chiamarci dicendo che Nami non risponde e che l’hanno ammazzata, poi risponde e rischiamo di farci ammazzare da lei, e ora ci mandate via?!?-
-Si- ruota il capo verso di lui mia sorella, assottigliando gli occhi –Hai altre domande?!?-
-Oh no no no no no no!!!!!- si affretta a rispondere Usopp, afferrando i due fratelli per un braccio e correndo verso gli ascensori –Noi andiamo da Drake ad aiutarlo coi bambini... ciao amore!!!- saluta Kaya correndo nel corridoio.
-Antipatiche!!!- sbotta Rufy –Non capisco che avete?!? Nami ha fatto solo l’amore con Zoro!!! Io lo faccio sempre con Robin, è così che si fa quando si sta con qualcun…-
Le mano si Usopp lo zittisce mentre Sabo lo trascina nell’ascensore, azzerando il suo vociare.
Mi passo una mano sul viso, tirandomi indietro i capelli e accorgendomi solo ora di indossare la camicia bianca di Zoro, che oltre ad essermi enorme, copre male le mie forme lasciando intravedere qualche succhiotto sul collo e sulla scollatura dei bottoni.
Abbozzo mezzo sorriso imbarazzato, cercando di abbottonami meglio, ma le maniche lunghe me lo impediscono e devo sovrapporre le braccia ai seni per celare qualcosa.
È imbarazzante.
Non è così che doveva andare, dovrei essere ancora  aletto con Zoro, tra le sue braccia, e non qui a giustificarmi con mia sorella e le mie cugine sul perché sia stata con lui.
Sul perché sia stata bene con lui!
L’ingenuità di Rufy poi, ignaro di tutto il gioco di ricatti che lega me e il buzzurro, mi fa attorcigliare lo stomaco, perchè in fondo ha ragione: due persone quando si vogliono bene fanno l’amore.
Ma io e Zoro ci vogliamo bene? Non lo so.
Perché mai dovremmo volercene? Nemmeno ci conosciamo.
Se non è stato sesso, almeno per me, cos’è stato?
-Nami-
Sollevo gli occhi su Bonney, sulla sua mano che mi accarezza il viso, incrociando le sue belle iridi chiare e serene.
Mi sorride e mi accarezza la spalla con forza, mentre Kaya mi liscia i capelli.
-Non c’è nulla di sbagliato- sussurra, lasciando il posto a Nojiko, che mi abbraccia e stringe al petto.
-Va tutto bene- mi bacia la tempia la mia sorellona.
-Io…- ma le parole mi muoiono in bocca. Che dovrei dire?
-Sai che ore sono?- sghignazza Bonney. Scuoto il capo.
-Le due del pomeriggio- mi fa l’occhiolino, e sento Koala ridacchiare.
-Certe attività stancano- mi tira una linguaccia la castana, facendo ridere con le gote paonazze Kaya.
Nojiko mi stringe un po’ più a sé, nascondendo il sorriso tra i miei ricci, baciandomi il capo e cullandomi piano.
Ridiamo un po’, rilassando i nervi prima di tornare all’argomento principale.
-Zoro…- domanda Koala.
-Dorme- mi affretto a dire –Sta ancora dormendo-
-Oh bhè dopo tutto quel sesso ci credo- ghigna Bonney, piegando il capo verso di me –Dimmi, Mr Sexy Lova è ben messo o…-
-Bonney!!!- strilla Kaya, arrossendo imbarazzata.
-Certi quesiti devono avere risposta- ridacchia la rosa facendo diventare paonazza la biondina.
-Ragazze…- le richiama Nojiko, lasciando il mio fianco e portandosi davanti a me.
Vedo le sue iridi cioccolata fissarmi e squadrarmi, mentre passa le mani sul mio viso.
-Ok- cerca di riassumere i pensieri –Ok… è… era inevitabile!-
Agretto la fronte, non capendo, fissandola confusa.
-Zoro è un tipo carismatico- continua, ruotando gli occhi al cielo e cercando chissà dove le parole –E tu avevi bisogno di qualcuno che ti facesse stare bene-
Riporta le mani sulle mie spalle, dandomi una leggera spinta.
-A tutti capita una notte di follia con uno sconosciuto e…-
-Non è stata una notte di follia!!!- strillo, sentendomi offesa da quanto ha appena detto.
Scrollo le spalle, liberandomi delle sue mani, affrontandola a faccia alta e occhi dardeggianti.
-Credi che sia così facile portarmi a letto?!?- sbotto –Lui non ha approfittato di me e io non l’ho fatto con lui- sento la rabbia montarmi dentro e gli occhi inumidirsi.
Perché non capisce, perchè?
È mia sorella, dovrebbe leggermi dentro e non fingere di non vedere quanto sto bene, quanto sono felice, quanto sorrido, e ricordarsi da quanto non lo facevo serenamente.
-Perché è così difficile da capire?- mi trattengo dall’urlare solo per non svegliare Zoro –Perché è così difficile da credere che sia stata bene con lui e che… che sono felice?!? Perché?-
-Ma Nami…- sussurra Kaya -…non lo conosci nemmeno…-
-Si invece!!!- bercio, rivolgendomi a lei e piegando il capo a fissarla –Lo conosco: so il suo sogno, so quando è felice oppure pensieroso… so che il suo piatto preferito è onigiri e birra!!!-
-Questo non vuol dire conoscere qualcuno…- cerca di rabbonirmi Nojiko -… fino a una settimana fa non sapevi nemmeno della sua esistenza…-
-Bhè ora si!- mi impunto.
-Nami una settimana non è sufficiente per conoscere qualcuno!- interviene Koala con tono materno.
-Perché no?- sbuffa Bonney –Io e Ace ci siamo sposati dopo tre giorni che ci conoscevamo-
Fisso Bonney, fisso il modo in cui regge il dolore con un sorriso nel ricordarsi del suo grande amore bruciato troppo in fretta, e di come lo porta a mia testimonianza con un misto di dolcezza e dolorosa nostalgia, mettendolo davanti a Koala come un tesoro.
-Il vostro era amore- l’accarezza con lo sguardo la castana, e il sorriso che Bonney le rivolge è il più dolce del Mondo.
-E non può esserlo anche per Nami?-
Mi sento sussultare, come se fossi sollevata per le spalle e poi lasciata scivolare giù, in un lento dondolio morbido e stordente.
È così?
Mi sono innamorata?
In una sola settimana?
Di Zoro?
È davvero possibile?
Non…
-Non mi importa quel che è!!!- sbotta Nojiko –A me importa che mia sorella stia bene…- torna a fissarmi negli occhi, stringendo la presa sulle mie spalle, dove le sue mani sono tornate ad appoggiarsi -… ti ricordi cosa ti ho detto in piscina?-
Si rivolge solo a me, e annuisco certa di sapere a cosa si riferisce.
-Divertiti- sussurro, ma non credo sia ormai più quello a cui si riferisce.
-Bene, ora invece ti dico sii felice- mi accarezza il viso –E attenta: se ti innamori sarà difficile…-
-E se è troppo tardi?- domando in un soffio –Se è come dice Bonney e io sono già…-
Le labbra di Nojiko si posano sulla mia fonte, baciandola con affetto e dicendomi tutto di cui ho bisogno.
Mi accarezza il viso, con entrambe le mani, come faceva mamma, e non riesco a non socchiudere gli occhi e a lasciar cadere una sola ed unica lacrima.
-Nonna ti aspetta nello studio di Magellan- fa scivolare i palmi sul mio viso fino a staccarli –Non rinunciare a ciò che ti rende così felicemente bella…-
 

 
***
 

La porta dello studio è di mogano nero.
Come piace alla nonna: seria, scura, dura e inflessibile.
Respiro a fondo, sfregando tra loro le gambe, cerando il coraggio di aprire la porta.
Sono scesa con Zoro, gli ho detto che dovevo parlare con nonna e lui mi ha consigliato di rubarle il bastone per ripicca al suo esame.
Ho riso, ho riso e l’ho baciato.
Le sue labbra si sono modellate alle mie, e non si sono staccate nemmeno quando il campanello dell’ascensore ha annunciato il nostro arrivo al piano terra.
Zoro ha continuato a baciarmi con forza, mordendomi le labbra e leccandomi il palato, accerchiandomi il viso fino a imprimerselo nei palmi.
-Vado in palestra da allenarmi per l’ultima volta- mi ha baciato a stampo ancora, ghignando strafottente –Se uccidi la vecchia vienimi a chiamare che ti do una mano a scavarle la fossa…-
Ha evitato il mio ceffone con una falcata delle sue, ampia e da buzzurro.
-Se ti perdi non ti vengo a cercare: ti arrangi!!!- gli ho urlato dietro, ridendo, e lui mi ha salutato sollevando una mano e muovendola mentre era di spalle.
Mi passo una mano tra i capelli.
Si può voler bene a una persona anche se è un buzzurro idiota?
È amore se qualcuno ti offre il suo aiuto per nascondere il cadavere di tua nonna?
-Troppe domande Nami…- sospiro, e con una forza non mia abbasso la maniglia dello studio, entrandovi con un sol passo.
L’arredamento è semplice ed essenziale, ben disposto nello spazio della stanza per far risaltare la balconata di vetro principale che da sulle piste.
Una lunga scrivania scura occupa il lato sinistro della stanza, dietro ad essa enormi scaffali stracolmi di libri.
A sinistra un mini bar e con i riconoscimenti illustri del Washy Mikan tra onorificenze e premi di stelle d’oro e gli attestati del direttore d’Hotel Magellan, assente come ogni volta che lascia lo studio alla nonna  
Nel centro, attorno a un basso tavolino di legno e vetro, due poltroncine si guardano l’un l’altra, accerchiando il tavolino su cui già fuma una teiera bianca e arancione.
Non è la prima volta che nonna mi convoca qui, nella luce mattutina –pardon- pomeridiana delle montagne che si riflette nello studio per li candore delle neve.
Avanzo di un passo, richiudendomi dietro le spalle la porto e annunciando la mia entrata.
Gladius mi da le spalle, e non appena si solleva con il busto, noto la figura grinzosa e severe di nonna occupare una delle due poltrone, quella di destra per l’esattezza.
La guardo mentre conclude di dare qualche ordine al suo body gard, che annuisce e con eleganza versa il thè nelle due tazzine rosate che risplendono sulla lastra di vetro del tavolino.
Mi avvicino lentamente, studiando Gladius e la sua chioma leonina costretta in un castigato chignon .
Non riesco a non fissarlo con rabbia mista a offesa, per il suo omertoso senso di rispetto per nonna, con il quale esegue ogni suo ordine, anche il più bieco e privo di senso.
Distolgo lo sguardo dal suo impermeabile nero, sotto cui mi nascondevo da piccola per giocare a nascondino con Nojiko e Rufy, fermandomi accanto alla poltrona libera e rivolgendo la mia attenzione alla nonna.
-Nonna...- la chiamo piano, ma lei mi zittisce sollevando una mano e mostrandomi il palmo aperto, piegando il capo da Gladius a me.
-Va pure Gladius- congeda il segretario, che con un lieve inchino sbatte i tacchi ed esce dallo studio, lasciandoci sole.
Lo seguo con gli occhi, stringendo i pugni lungo i fianchi, carica di rabbia contro la “prova” a cui nonna ha osato sottoporre me e Zoro.
Lei non può trattarmi così, non sono più una bambina e tutto quello che ha fatto è ridicolo.
Prendo fiato, formulando un discorso duro e dettagliato nella mia mente, aprendo bocca con decisione.
-Nonna io…-
-Siediti Nami-
Mi blocco.
Non è un ordine, non ha usato il suo tono duro e severo, quello con cui mi mortifica e sgrida.
È stata più una richiesta, gentile e delicata, il piccolo desiderio di una nonna che vuole che la nipote si sieda e prenda il thè con lei.
Mi siedo confusa sul sedile mordilo del sofà, che solo ora noto più vicino del solito al tavolino e all’altro divanetto. Se mi sporgo, riesco quasi a toccare con le ginocchia le gambe di nonna, e se mi piego ancora posso posarle il capo in grembo.
Non è mai successo, e questa vicinanza aggiunta al tono dolce della sua voce mi mette in allarme.
-Nonna…- la chiamo piano, fissandola perdere gli occhi oltre la vetrata, sulla neve che cade sulle piste da sci -… va tutto bene?-
La vedo sorridere, arcuando le labbra grinzose in una mezzaluna secca, portando una mano a posarsi sulle mie, raccolte sulle ginocchia, e l’altra a reggerle il capo mentre continua a godersi la visione delle montagne bianche come latte.
Stringo con forza le due dita piccole e fragili, ma così forti che mi fermano la circolazione sulle dita che mi stringe.
-Ah- sospira, facendomi incurvare verso di lei in risposta –Versami del latte nel thè Nami…-
Annuisco e le preparo il thè, porgendole poi la tazza che afferra sicura, portandosela alle labbra.
La imito, studiandola e preoccupandomi per la sua tranquillità e fragilità che appare senza freni oggi.
Sembra così dolce, ammorbidita e tenue, lontana dal suo carattere duro e roccioso di sempre.
Sembra sollevata, quasi felice, e se non la conoscessi bene giurerei che i suoi occhi sprizzano allegria.
Scuoto il capo, certa di sbagliarmi.
Mi ha chiamato qui per rimproverarmi dei mie schiamazzi notturni, che una vera Cocoyashi non si lascia andare così con un uomo, che non si fa l’amore fino alle tre del mattino e bla bla bla.
Sospiro, portandomi la tazzina alle labbra, aspirandone il denso e dolce profumo con rassegnazione.
Il profumo del thè mi inebria piano, lentamente, e lo riconosco come quello al mandarino che mamma mi preparava quando tornavo da scuola da piccola.
Non lo bevo da anni, e una piccola parte di me si scalda nell’assaporarlo mentre l’altra si riempie di malinconia.
Deglutisco, cacciando in fondo allo stomaco il nodo pesante e duro che mi lega la gola, posando con mano tremante la tazzina vuota sul tavolo.
-Questo…- cerco di mantenere la voce salda, ma è già incrinata -… qu-questo è..-
-Sei come tua madre…- scoppia a ridacchiare nonna, scuotendo il capo e sorseggiando lentamente dalla sua tazza -… bevi il thè tutto d’un sorso come un cavallo-
Sento una scarica di spilli elettrizzarmi la schiena, e gonfio le guance rosse d’imbarazzo nell’assottigliare gli occhi contro di lei.
E io che speravo si fosse addolcita!!!
Come no: addolcita come un cactus in pieno deserto!!!
Recupero la mia grinta e parlo spedita, pronta all’attacco.
-Gladius ha tentato di farmi del male ieri sera!!!- sbotto –Glielo hai ordinato tu!!! Tu hai…-
-Oh non agitarti!!!- mi sventola sotto il mento una mano posando la tazzina sul tavolo –L’ho fatto con tutti voi…-
-COSA?!?!?!?- strabuzzo gli occhi –Hai fatto aggredire anche Nojiko?!? Nonna!!!-
Ruota finalmente gli occhi su di me, almeno per un istante, sbuffando e storcendo le labbra.
-Cosa credi?- ringhia –Che permetta a tutti di frequentare i miei nipoti? Dovrò pur accertarmi che i vostri compagni siano quelli giusti-
-Ma non organizzando un’aggressione!!!- strillo sguainando dei denti squalini.
-Come la fai lunga…- sbuffa -… Roronoa è arrivato no? Di che ti lamenti?-
-Stavo per avere un infarto!!!- pesto i piedi a terra –E poi non è il modo!!! Chi ti da il permesso di fare certe cose?!? E se Zoro non mi avesse sentito? E se si fosse perso nel venirmi a soccorrere?- sbatto le mani sul tavolino, fissando con occhi dardeggianti nonna, ancora rivolta di profilo verso la finestra.
Ora mi sente, non posso tenermi dentro tutto e non voglio!
Non può immischiarsi così nella mia vita, e non può giocare con me e Zoro così, seppur la nostra relazione sia finta, seppur sia assurdo ciò che ci lega.
Non posso sopportare il fatto che abbia giocato con lui, con me… con noi!
-E poi è solo affar mio con chi scelgo di stare- affermo con decisione -E ti assicuro che Zoro va benissimo così com’è, con la sua testardaggine, il suo essere buzzurro e il senso dell’orientamento pessimo e…-
-Uguale a tua madre-
Mi blocco, e le guance tornano a gonfiarsi.
-Cosa?- sbotto, spostando gli occhi di lato –Strillo come una gallina ora?-
-Proprio uguale a tua madre…- ripete, e una sua mano arriva da accarezzarmi il mento, sollevandolo e costringendomi a reggere il suo sguardo chiaro -… pronta a tutto per difendere ciò che ami-
Sento la voce venirmi meno: è un complimento? Davvero?
Cosa…?
-Tua madre era una testa calda…- sposta la mano a sfiorarmi una ciocca di capelli che dondola a lato del viso -… proprio come te-
Increspa le labbra in un sorriso materno, addolcendo gli occhi nel guardarmi con nostalgico affetto.
-Non ha voluto andare al collegio femminile che io e suo padre le avevamo scelto, anzi si è arruolata in marina apposta- ridacchia, e anch’io incurvo le labbra, sentendomi il cuore battere piano -… è stato un anno terribile: averla così lontano da noi, e ogni volta che le telefonavo litigavamo e riattaccavamo con rabbia la cornetta… ma lei mi ha sempre risposto quando io la richiamavo dopo giorni-
Trattengo il respiro non riuscendo a chiudere la bocca, provando una pesantezza al cuore che non conosco.
Non ho mai saputo certe cose di mamma. Mai.
-E poi…- ridacchia ancora -… alla riunione di famiglia dell’anno dopo porta quel Genzo, con la sua goffaggine e i baffetti a spazzola, che continuava a inchinarsi e chiamare tutti “sama” e “sempai”, incespicando ogni tre passi… kami, quanto avrei voluto abbandonarlo nei boschi!-
Rido, e qualcosa di umido scende dai miei occhi, ma le dita di nonna mi asciugano la guancia in fretta.
-“Io lo sposo” mi ha urlato tua madre- ride anche lei con gli occhi, umidi e tristemente felici –“Lo sposo e lo amo” e non ha voluto ascoltar ragione, non ha ascoltato tuo zio Dragon che le diceva che sposare un uomo che conosceva solo da tre settimane era un azzardo, non ha ascoltato Garp che le diceva che una marine non può seguire il cuore ma gli ordini, non ha ascoltato nessuno!- prende un respiro profondo, prima di tornare a parlare –E dopo tre mesi mi telefona e in lacrime mi dice che è incinta e che avrà una figlia cazzutissima e con i miei occhi…-
-… Nojiko…- singhiozzo, mordendomi un labbro.
-Nojiko- annuisce lei, portando anche l’altra mano al mio viso, accarezzandolo –Nojiko ha i miei occhi… ma tu hai gli occhi della mia Bellmere-
Mi spinge a sé, e la seguo piagando il busto e il capo contro il suo petto, dove nascondo le mie lacrime e attutisco i singhiozzi misti a risate.
-Tutti dicono che è tua sorella ad avare gli occhi della mia bambina…- sospira nonna, accarezzandomi il capo -… ma io so che invece c’è li hai tu: tu hai quella fiamma di orgoglio e passione, solo tu hai quel colore che non è marrone né nocciola, solo tu hai gli occhi della mia Bellmere-
Mi soleva il capo con le mani, baciandomi la fronte e asciugandomi gli occhi umidi.
-Non abbassare mai gli occhi Nami- sussurra –Non lo fare mai, come non rinunciare mai alla tua felicità… a ciò che ami- sghignazza, scuotendo il capo.
-Nemmeno se è un idiota privo di orientamento che hai conosciuto solo una settimana fa in stazione e che stai ricattando per farti da finto ragazzo…- ghigna senza cattiveria.
Spalanco gli occhi, incredula.
-Tu…- boccheggio.
-Non puoi nascondere nulla a tua nonna: come hai anche solo potuto pensarlo?- vocia severa, mollandomi un leggero scappellotto sulla nuca, che subito poi va a coprire con una carezza.
-Non volevo deluderti- mi asciugo un occhio con il dorso del dito, sghignazzando.
-Non potresti mai- mi accarezza il viso, sorridendo si sbieco –Sono orgogliosa di te-
Mi mordo il labbro, annuendo con forza e non sapendo cosa dire.
Non ho parole, non voglio e non riesco a dire nulla.
Vorrei ringraziarla per tutto ciò che ha fatto per me e Nojiko da quando mamma è scomparsa, per ciò che mi ha appena raccontato, per l’amore severo e un po’ burbero con cui mi ha cresciuta e con cui ancora mi protegge.
Ma lei sa tutte queste cose, nonna Tsuru sa sempre tutto.
Appoggio di nuovo il capo sul suo grembo, lasciandomi accarezzare e cullare dalle sue mani violentemente materne, con cui mi accarezza i ricci rossi e le spalle.
-Non lasciartelo scappare- mi sussurra, tra una carezza e l’altra –Uomini con quegli addominali non si trovano a ogni stazione…-
Rido e annuisco, chiudendo piano gli occhi, rilassandomi sulle sue gambe piccole e forti.
-Farò del mio meglio… Nonna-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** XOXO, This is my Family Darling ***


Image and video hosting by TinyPic
FanARt di proprietà di Rolochan105





Capitolo 17: XOXO this is my Family, Darling
 

-… ecco a lei e buon viaggio!-
Abbozzo un sorriso tirato alla bigliettaia, afferrando con mano debole i due biglietti ferroviari.
Mi incammino sul lastricato duro della stazione, stringendomi nelle spalle e cercando calore nel giubbotto imbottito che indosso, ignorando la neve che non ha smesso di scendere sulle montagne che circondano Raftel e che imbianca senza pietà il paesaggio che si staglia oltre le vetrate della stazione.
Sospiro, stringendo tra le dita due biglietti ferroviari, sorridendo forzatamente e provando con tutta me stessa di continuare a camminare con passo deciso e ben saldo, guardando dritta dinanzi  a me e senza mai abbassare gli occhi su di loro.
Perchè sono due biglietti uguali.
Stesso orario di partenza.
Stesso osto vicino al finestrino.
Stesso numero di cabina.
Sono uguali, sono uguali... si dannatamente uguali!
Deglutisco, intravedendo Zoro con le nostre valigie vicino a un binario e, affrettato il passo, mi avvicino sforzandomi di sembrare naturale e felice.
Si, sono due biglietti uguali e devo esserne felice.
-Fatto?- piega il capo rivolgendomi un suo sorriso sghembo.
Annuisco con forza, facendo tintinnare la cerniera del giubbotto e ticchettando sui stivali bassi, sbattendoli tra loro quando gli arrivo davanti, sventolando i miei trofei di carta.
Sono biglietti ferroviari uguali.
Uguali.
-Eccoli qui!- glieli porgo, ritraendo il braccio dispettosa non appena cerca di afferrarli, facendolo ghignare divertito.
-Andiamo mocciosa!- mi richiama –Fa la brava o dovrò sculacciarti…-
-E una proposta?- piego il capo, facendo dondolare la coda di cavallo che mi lega i capelli in questa domenica mattina.
Lui chiude gli occhi e sghignazza, scuotendo il capo, e non riesco a non intenerire lo sguardo posandolo sul suo sorriso, sulla linea degli occhi scura e sulla zazzera verde, sorridendo appena e stringendo con forza i biglietti che reggo in mano.
Ieri, dopo aver parlato con nonna, io e Zoro abbiamo trascorso tutto il sabato pomeriggio a bisticciare preparando le valigie, lanciandoci addosso calzini sporchi e finendo a fare la lotta coi cuscini. Dopo cena abbiamo dormito assieme, solo dormito, stingendoci l’un l’altro e non aprendo bocca, lasciando che la stanchezza ci soprafacesse.
Non volevo che la giornata finisse, non volevo arrivare in stazione stamattina, e quando ho aperto gli occhi posandoli sulle valigie pronte, una grande tristezza mi ha colpito il petto, pugnalandolo nel centro.
Perché i biglietti sono uguali, le partenze dai binari e orario anche, perfino il vagone è lo stesso, ma la destinazione, per me e per Zoro, è diversa.
Lui Kuraigana.
Io Weatheria.
E la tristezza mi pugnala di nuovo il cuore, riaprendo la ferita che sgorga a cascata nei mie pensieri.
Nonostante nonna, nonostante il sentimento che ho per lui, nonostante la vicinanza che si è formata in questi giorni, nonostante tutto non sono riuscita a dire a Zoro ciò che provo, a dirgli che voglio stare con lui e che no, non mi basta una settimana per averlo come ragazzo, ma lo vorrei per sempre.
Non gliel’ho detto, e ora, in stazione a pochi minuti dalla partenza dei nostri treni, è troppo tardi.
Stropiccio appena i biglietti, fissandoli con le iridi ombrate di rimpianto.
Che dovrei fare? Che posso fare?
Dovrei calarmi nei panni della Mary anni ‘50 e digli che lo amo?
Così? Di punto in bianco?
Dovrei rincorrere la sua carrozza urlando che lo aspetterò e che lo rivoglio indietro con me?
Abbozzò un sorriso, celando la tristezza che mi appesantisce il corpo, scuotendo il capo.
No, non sono Mary e lui non è Jack, non siamo negli anni cinquanta e no, l’amore non può nascere in una settimana.
Non in due persone contemporaneamente almeno.
Deglutisco, sporgendo il braccio che regge i due biglietti oltre le nostre valigie, gettate malamente tra noi a dividerci, porgendogli il suo biglietto.
-Tieni- sussurro, tenendo lo sguardo basso al mio trolley –Con questo il nostro patto è concluso…- sollevo gli occhi, sorridendo a forza -… contento?-
I suoi occhi neri fissano atoni il pezzetto di carta che tremante gli offro, e con un movimento lento e duro lo afferra, riabbassando rapido il braccio.
Grugnisce qualcosa, distogliendo rapido gli occhi da me, infossando le mani nei pantaloni e spiegazzando così il suo giubbotto.
Un silenzio malinconico e duro scende tra di noi, e sono costretta a riabbassare gli occhi al trolley e alla sua sacca a terra per non cedere al pianto.
Perché? Perché non glielo dico ora?
Perché non mi butto tra le sue braccia e lo bacio, dicendogli che mi sono innamorata di lui e che, anche se è un buzzurro rozzo e balestrato, voglio stargli accanto?
Perché non lo faccio?
Mi mordo il labbro inferiore, aprendo e stringendo le dita nei palmi, accarezzando il mio biglietto in cerca delle parole giuste.
Non posso lasciarlo andare così, potrei non rivederlo mai più, potrei non riuscire più ad assaporare le sue labbra, perdermi nel suo sguardo, sbuffare spazientita da un suo “mocciosa” o addolcire lo sguardo per un suo ghigno.
Non posso perderlo, se lo faccio… come lo dirà a nonna?
Ho deciso: glielo dico, e glielo dico ora!
-Zoro…- lo chiamo piano, sistemandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio, sentendomi una quindicenne e non una donna di venti e fischia anni -… io…-
Rialzo gli occhi, osservandolo sgranare i suoi e fissarmi interrogativo, forse un po’ incurvato verso di me a pendere dalle mie labbra.
-… ecco…- deglutto -… i-io…-
L’altoparlante della stazione gracchia nell’aprire il microfono, vibrando nell’echeggiare nella stazione i vari treni in arrivo e in partenza.
Alzo la testa alla cassa sopra di noi, fulminandola e augurando una gastroenterite al capostazione che sta parlando proprio ora, che ero pronta a dichiarami al mio buzzurro.
E andiamo!!!
Cinque minuti, ti chiedo solo questo!!!
-Binario 3, in partenza per Kuraigana… Un deux trois! Affettatevi a salire… pliè!-
-È il mio treno!- afferma Zoro, facendomi voltare nuovamente su di lui, sgranando gli occhi presa dal panico.
No, non ora, non andartene.
-Zoro!- avanzo di un passo, incespicando su una briglia della  sua sacca, facendolo ridacchiare.
Si piega e l’afferra, caricandosela in spalla senza fatica e sistemandosi la giacca.
-Bhè…- ghigna, ruotando gli occhi su di me -… tutto sommato, è stato bello-
Mi mordo il labbro e annuisco con forza.
Non piangere, non puoi piangere così per lui Nami: non sei una mocciosa… o forse si? La sua?
-Si, molto bello- sorrido appena, vedendolo annuire a sua volta.
-Io…- ghigna, e avanzo ancora di un passo, calciando il trolley.
-Tu?- lo incalzo.
Parla ti prego, dimmi che…
-… spero di rivederti- afferma, rivolgendomi un sorriso caldo, dolce, immensamente e solamente mio.
-Si?- chiedo speranzosa.
-Si, e poi è probabile che accada- fa spallucce, voltandosi di tre quarti –Presto sarò nella squadra nazionale di Kendo e tu sei una fotografa professionista…- ruota il capo verso di me, immobile e ferma come una stupida a fissarlo.
-Perché non dovremmo rivederci?-
-G-già- balbetto –Perché non dovremmo?-
Forse perchè ci sono migliaia di fotografi sportivi e non chiameranno di certo me, forse perchè sarò a Dressrosa quando lui sarà annunciato ufficialmente nella squadra nazionale, forse perché non sempre la vita è come la vorremo noi.
Ci guardiamo per un altro lungo secondo, prima che lui pieghi il braccio, forse in saluto, facendomi scattare di un altro passo verso di lui, dando l’ennesimo calcio alla mia valigia, che cade a terra in un tonfo sordo, sordo come ogni mia speranza spezzata, nel fissare Zoro ripiegare la mano nei pantaloni e abbassare gli occhi sui suoi passi.
-Ciao mocciosa- alza un angolo della bocca, dandomi definitivamente le spalle e camminando ungo il binario, allontanandosi da me.
-Ciao buzzurro- sussurro piano, fissandolo sparire nel suo vagone e perdendolo di vista solo quando il treno esce dalla stazione in un lento brusio, circondato dai fiocchi di neve.
È finita.
È finita per sempre questa splendida settimana.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
No!
Finisce quando lo dico io!
Corro, corro come una disperata, scalpitando e spintonando la massa di pendolari e viaggiatori che occupano la stazione di Drum, sbattendo di qua e di là il trolley, che incespica in ogni crepa della pavimentazione, seguendomi in questa folle corsa.
Sono dovuta arrivare fino a Foosha per capire che mai e poi mai potrò dimenticarlo, e che una vera Cocoyashi non si lascia scappare così l’uomo che ama.
Ansimo e annaspo raggiungendo la biglietteria, sbattendo le mani sul vetro che mi separa dalla bigliettaia, rugosa e attaccata a una bottiglia di liquore come un’alcolista non molo anonima.
-Un biglietto per Kuraigana!!!- berciò, strizzando gli occhi e ansimando senza fiato.
Ho corso per tutta la stazione, saltando giù dal treno che da Foosha mi ha portato qui, praticamente a metà strada dalla mia meta.
Zoro aveva un diretto, e se sono fortunata troverò un locale che mi porti da lui.
Si, devo, voglio, posso essere fortunata!
-… neve- deglutta la bigliettaia, oscillando i ricci giallo-verdastri.
-COSA?!?- strillò, premendo le mani sul vetro.
Lei, nella sua divisa blusastra, da un altro sorso alla bottiglia, bagnandosi labbra e mento di vino, che si asciuga con una manica prima di emettere un strozzato “hic” e fissarmi con sguardo vacuo e arrossato.
-La neve- fa spallucce, allungando un dito rugosa alle vetrate della stazione imbiancate –Nessun treno parte causa neve…-
- NON È POSSIBILE!!!- sbianco, piegandomi sulle gambe, sbattendo con gli stivali la valigia.
-No, no, no, no…- scuoto il capo, tenendomelo tra le mani.
No, non può essere.
-… ma i terni…- borbotto.
-Solo quelli con partenza entro i prossimi cinque minuti partono, gli altri sono fermi fino a domani mattina: questa neve scenderà per tuuuuuutta stanotte!- torna attaccarsi alla bottiglia, parlando sbiascicata.
-E nessuno parte per Kuraigana?- domando speranzosa, risollevandomi e sporgendomi verso di lei.
-Uhm…- riflette, ruotando lo sguardo beone al soffitto della sua postazione -… si…-
Siii!!! C’è ancora una possibilità, una speranz…
-… ma è al completo e non ho altri biglietti-
Sbatto la fronte contro il vetro.
Fortuna fottiti!
-Dev’esserci un modo per raggiungere quella città!- sbotto, pestando i piedi a terra –La prego!-
La fisso con i miei miglior occhi da cucciola abbandonata e Kokoro, questo è il nome traslucido che riesco a leggere sulla sua divisa macchiata di liquore, si batte a ritmo le dita sul mento.
-Bhè…- schiocca la lingua, non guardando nemmeno per scherzo il computer che lampeggia davanti a lei -… prima è passato un tizio…-
Aggrotto la fronte, ma mi avvicino, sperando che la sua mente rimanga in questo sprazzo di lucidità tanto a lungo quanto mi serve.
-Un tipo strano, in gessato violaceo e con la coda di cavallo, i baffetti color… color Cabernet Sauvignon…- si tamburella le dita sulla pancia enorme, fissando innamorata la sua bottiglia di vino -… Momonga mi pare ci fosse scritto sul biglietto…-
-E con ciò?- cerco di metterle fretta.
Dove vuoi arrivare vecchia befana alcolizzata? Dove?
-Bhè, questo tizio aveva questo biglietto per Kura-cosa…- singhiozza, impestando l’aria tra di noi di fumi alcolici.
-Kuraigana- la correggo, sventolando una mano tra di noi per rinfrescare l’aria.
-Si, quella!- si esalta, battendo la bottiglia sulla sua parte di ripiano –Insomma, voleva cambiarlo, ma qui…- solleva un pollice ad indicare la targhetta “Biglietteria” posta sopra la sua posizione -… vendo biglietti, mica gli ambio-
-E allora?- sbotto spazientita –Nonna ho fretta: arriva al nocciolo!-
-E allora, l’ho inviato allo sportello “Cambio Biglietti”- fa spallucce, con aria logica quasi fossi io la sbronza.
-E cosa centra con me?!?- strillo ormai la limite.
Voglio solo ritrovare Zoro e dirgli che lo amo: è chiedere troppo?!?
-Bhè, se lo trovi e lo convinci a venderti il biglietto, puoi andare a Kukuilà…- si stacca con un rutto dalla bottiglia, ruotando gli occhi azzurri su di me -… capito cosa centra con te ora?-
Spalanco la bocca incredula, e mi trattengo dall’urla di gioia solo perché ho poco tempo, e afferro rapida il trolley, tornando a correre nella massa.
-Hai solo cinque minuti!!!- strilla la strega, e annuisco salutandola con una mano alzata, ringraziandola con ogni battito del mio cuore.
Ho ancora una speranza, ancora una possibilità!
Devo solo un tizio in gessato violaceo e con una coda da cavallo e baffetti color vino: che ci vuole?!?
Zigzago tra le gente irritata e furiosa per la neve, orientandomi verso lo sportello per i cambi di biglietti, dove è diretta la mia unica speranza di rincontrare Zoro il prima possibile.
Ignoro le proteste che mi circondano, gli spintoni, il trolley che cigola e le gambe che tremano, cercando con occhi vigili il mio salvatore, finché non li poso su una montagna formato uomo in gessato viola.
È lui!
È lui ne sono certa, e avanzando a passo rapido riesco a distinguere una coda di cavallo rossastra e due mani: una stringe una ventiquattrore, l’altra un biglietto ferroviario.
-Ehi!!!- inizio ad urlare –Ehi, Momonga!!!-
Il caos è troppo intorno a me, la mia voce si perde, fatico a tenere il suo passo spinta da tutti i viaggiatori, che mi ostruiscono la visuale per un secondo di tropo, facendomelo perdere di vista.
-No!!!- urlo, e mi spingo contro una coppia che mi intralcia, superandola maleducatamente e sbiancandomi in avanti, andando a sbattere contro uno zaino e la sua fibbia di ferro.
-Oh cavol… ouch!!!-
In un attimo sono gambe all’aria, ruzzolando sulla mia valigia e con il naso che esplode, mandandomi a fuoco la faccia.
Dannazione!
Strizzo gli occhi, cercando di riconoscere qualcosa intorno a me, mettendo a fuoco due figure piegate davanti alla mia visuale, che blaterano e agitano le mani impacciati.
-Mi spiace!!!- urlacchia un ragazzo moro e con degli occhiali scuri.
-Non ti ho vista, io…- balbetta il suo compare, rapato e con una cicca penzoloni sulle labbra.
-Si, il mio amico qui non l’ha fatto apposta- agita le mani il moro, grattandosi poi un tatuaggio sulla guancia sinistra -È distratto ma sai parlavano di ragazze…-
-Si, Johnny mi stava consigliando come fare colpo e…- si passa le mani sulla pelata -… e io…-
-E lui ha sbagliato!- lo colpisce sul petto con il dorso della mano, ruotando il capo su di lui –Non dovevi colpire una ragazza con lo zaino, imbecille!-
-Lo so, cosa credi?!!?- ribatte, mentre il nervoso cresce in me.
Mi stanno facendo perdere tempo!!!
-Le stavi staccando il naso dalla faccia Yosaku!-
-Mica l’ho fatto apposta!!!- ringhia –Io…-
-State zitti!!!- strillo, tamponandomi il naso rosso, dividendoli e liberando la visuale dinanzi a me e cercando disperatamente la mia montagna in gessato viola e capelli all’ultimo mohikano.
Ma non c’è!
Non è più qui, non c’è da nessuna parte e sento il corpo arrendersi all’evidenza che anche la mia ultima speranza è sparita tra la neve.
-Lui…- singhiozzo -… lui non c’è più…-
Sento le gambe cedermi del tutto sulla pavimentazione, le mani afflosciarsi sui jeans e la testa esplodere mentre le lacrime scendono lente e calde sulle guance.
-Lui… lui era la mia ultima speranza…-
Non rivedrò più Zoro, non potrò più dirgli che lo amo e che voglio stare con lui.
Se anche arrivassi domani a Kuraigana, come lo troverei?
Non mi ha detto dove si terrà la sua audizione, e non ho la più pallida idea di come trovarlo!!!
È finita, e ora lo è davvero.
Le lacrime continuano a scendermi giù per gli occhi, sulle guance e sulla pelle, cadendo sul giubbotto e bagnandomi le mani, che sfrego come una bambina sul viso, incapace di frenare la mia tristezza.
-Ehi, tr-tranquilla…- si alza Johnny, agitando le mani -… non-non abbiamo cattive intenzioni noi…-
-L’ho perso!- singhiozzo, non riuscendo a vedere nulla oltre le lacrima che mi inumidiscono lo sguardo –H-ho pe-erso Zoro…-
Scuto il capo, premendo le mani sul viso.
-Lo amo!- ansimo –Lo amo, e o-ora non potrò-potrò più dirglielo!-
Le spalle mi tremano, il respiro si spezza e le parole mi escono a fatica dalla bocca.
-Lui…- annaspo, infischiandomene delle facce confuse e sbigottite di questi due idioti -… lui e-era qu-quello giu-giusto!-
Perché? Perché l’ho lasciato andare?
Perché non ho fatto di tutto come ha detto nonna per tenerlo con me?
Perché?
-Zo-zoro…- singhiozzo -… io… io…-
Qualcuno mi prende un polso con forza, strattonandolo verso l’alto e sollevandomi di peso dal mio trolley, dove mi sono accasciata sconfitta, facendomi voltare
Non provo nemmeno a ribellarmi, ne a mandare al diavolo questo sconosciuto che cerca di riportarmi a galla dalle mie lacrime.
Non ci provo, ma non ne ho nemmeno il tempo, perché non appena riesco a mantenere un equilibrio precario sulle gambe, due labbra sottili e decise mi baciano, mordendomi le labbra con passione crescente, leccandomele e non lasciandomi respirare.
Mi stacco stordita, sbattendo ripetutamente le palpebre incredula nel riconoscere la figura che mi appare non appena lo sguardo mi si spanna dalle lacrime.
Occhi neri, labbra sottili, un sapore travolgente che mi invade ancora le labbra, mani forti e grezze che mi stringono la vita e una zazzera verde che si sfrega con la mia frangia rossa.
Lui…
Lui è…
-…Zoro…-
La mia bocca torna sulla sua, la mia lingua lo cerca e trova, le mani gli accerchiano il viso stringendolo mentre i nostri corpi si premono tra loro, ritrovando l’incastro perfetto che nelle ultime notti ci ha unito.
Una sua mano mi accarezza le guance, asciugandomele prima di immergersi tra i capelli e liberarli dall’elastico che li costringe nella coda di cavallo, passando le dita nelle ciocche e giocando con loro.
È qui, è lui, mi sta baciando e… e non ci sto capendo niente, ma non mi importa!
-Ehm… fratello- tossicchia Yosaku, cercando di attirare la nostra attenzione –Credo di capire che conosci questa rossa… o sbaglio?-
Nessuna risposta, ancora baci, ancora carezze, ancora mani che si cercano.
-Ehi Zoro! E andiamo fratello dicci…-
-Lascia stare Yosaku!- bette una mano sulla sua spalla Johnny ridacchiando –Andiamo a cercare un hotel per stanotte: Kuraigana può aspettare per ora!-
Sento solo passi lontani, spintoni leggeri, imprecazioni per un trolley lasciato in mezzo ai piedi e le mani di Zoro che giocano con il mio corpo, toccandolo e stringendolo mentre le nostre bocche non vogliono smettere di parlare tra loro.
Le labbra schioccano, le lingue si intrecciano, i respiri si perdono a ritmo dei battiti che perdiamo.
Ci stacchiamo a forza, per nulla inclini a smettere ma bisognosi d’aria, che entra svelta nelle bocche spalancate mentre sfreghiamo le nostre fronti tra loro.
-Cosa..- ansimo, aggrappandomi a lui per il collo -… cosa fai qui?-
-Umpf…- ghigna -… ho preso il treno sbagliato-
Sbatto le palpebre sbigottita, fissandolo scioccata: è un modo per dirmi che doveva venire con me sul mio treno, o si è perso davvero?
-Si è fermato qui, e non a Kuraigana- fa spallucce, baciandomi le guance e il naso ancora rosso per la botto contro lo zaino dello strano tipo di prima.
Si è perso, si è perso davvero!
-Ma…- balbetto.
-Per fortuna Johnny e Yosaku erano qui- mi bacia le labbra –E mi stavano accompagnando al cambio dei biglietti…-
-… come…?-
-Dovevo tornare a prenderti- mi solleva da terra, abbracciandomi e baciandomi –Non entro nella nazionale di Kendo senza che la mia ragazza mi veda- ghigna e con uno strattone mi carica in spalla come un sacco di patate.
-Ehi!!!- mi dimeno –Che stai dicendo?!? Spiegati!!!-
Non ci capisco niente: è qui perché si è perso, ma chi sono Johnny e Yosaku, che ci fanno qui e… e che vuol dire con “la mia ragazza”?!?
Lo sento sbuffare e ripormi a terra, non allentando però la presa sui miei fianchi.
-Johnny e Yosaku sono dei miei compagni di allenamento- spiega, sistemandomi con due dita una ciocca di capelli dietro un orecchio, mentre lo fisso attonita –Eravamo d’accordo che mi avrebbero aspettato a Kuraigana per gli ultimi allenamenti prima del mio provino… non sapevo fossero fermi a Drum a causa delle nave-
-Ma perché dovevi tornare a prendermi?- deglutisco, aggrappandomi alla sua giacca.
Dillo, ti prego dillo.
Non infrangere di nuovo le mie speranze.
Zoro ghigna, ghigna con il suo fare da strafottente, facendomi sciogliere le gambe e tremare le braccia. Ghigna e mi fa sorridere senza un perché.
-Per lo stesso motivo per cui tu sei qui e non a Weatheria- si abbassa con il viso, baciandomi ancora.
Oh andiamo!!!
Che ti costa dirmelo buzzurro scemo.
Mi divincolo dalle sue labbra, riluttante ma testarda.
-Dillo!- mi impongo –Dillo o ti riporto da nonna… e da papà!-
-Ahhh, quella tua famiglia!!!- sghignazza, ruotando gli occhi al cielo –Non so se l’anno prossimo resisterò tutta la settimana con loro: una solo notte di sesso non mi basterà, sappilo!-
Gli mollo un piccolo pugno sul petto, stringendo poi la stoffa del suo giubbotto, costringendolo ad abbassarsi su di me e a farsi baciare, mentre sorrido come una bambina felice.
-Oh quanto mi dispiace: xoxo, è la mia famiglia tesoro!- gli tirò una linguaccia, strattonandolo di nuovo sulla mia bocca e schioccando le labbra sulle sue –E tu ne fai parte…-
-Si?- mi bacia, aggiungendo alla sua presa sulla sua sacca anche il mio trolley.
-Certo…- affondo il viso contro il suo -… sei il mio fidanzato, ricordi?-
-No non ricordo- sfrega la fronte sulla mia, abbassando la voce –Ricordo solo una mocciosa che piange e che dice di amarmi-
-T-tu… ero momentaneamente disperata!!!- strillo, sentendo le guance andarmi a fuoco.
-Mm-m- annuisce, baciandomi una tempia –Per fortuna sono tornato indietro in tempo dallo sportello cambi, altrimenti il tuo momentaneamente sarebbe stato un permanente disperata…-
-Di sicuro sei tornato indietro perché ti eri perso!- sbuffo, gonfiando le guance rosse.
-Ehi!- sbotta, ghignando -È questo il modo di rivolgerti all’uomo che ti ama?-
-Si!- arriccio le labbra, sorridendo al limite dell’euforia.
L’ha detto, ha detto che mi ama, e lo ha detto ghignando con quel suo modo di fare che amo, con lo sguardo magnetico che amo, con una sua mano sul mio fianco come amo.
-E ora andiamo!- lo prendo per mano, strattonandolo verso l’uscita della stazione.
-Dove?- mi segue, sballottando le nostre valigie senza riguardo.
-In un hotel- piego il capo, assottigliando gli occhi con fare malizioso –La perturbazione di neve durerà tutta stanotte e nessun treno partirà fino a domani mattina-
Rallento il passo fino a posare il petto sul suo, sfregando i seni sul suo giubbotto.
-Kuraigana dovrà aspettare domani il nuovo componente della squadra nazionale di Kendo… ti spiace?- mi mordo il labbro, disegnando ghirigori sui suoi addominali.
Lo vedo ghignare, abbassare il viso fino a baciarmi e poi rialzarlo appena, soffiandomi sulle labbra bagnate del suo sapore.
-Per niente…- sussurra -… ho bisogno di una notte di allenamento con te-
Torniamo a baciarci, a stringerci e a intrecciare le nostre dita come venerdì mattina.
Torniamo ad essere l’ombra moderna di Jack e Mary, fermi nei loro adorati anni cinquanta a baciarsi in una stazione piena di vapore e calore al profumo di carbone.
Torniamo ad essere un buzzurro e una mocciosa, circondati dalla neve e reduci da una riunione di famiglia bella e brutta.
Torniamo ad essere noi, non più solo lui, non più solo io.
Torneremo a Raftel l’anno prossimo, e nonna Tsuru sarà fiera di noi… spero!
 
 














ANGOLO DELL’AUTORE:
E alla fine ce la fece!!!
Si sono l’autrice disgraziata di questa long che dopo un anno, tre mesi e tre giorni trova fine, finalmente! E che n’è voluta per arrivare fin a qui, ve lo dico io!
Dovrei ringraziare un miliardo e mezzo di persone, come Milly che mi ha spronato e minacciato capitolo dopo capitolo, Fedekira che mi ha implorato di finirla con occhioni da cucciola (come potevo dirti di no! Come?!?), Rolochan105 che mi ha concesso l'uso della sua bellissima FanArt e Eva che mi riempiva cuore e anima di belle parole.
Ma anche chi come akiralovemanga, andromaca14, Deliadeetedera,Eva98,EvelynChan,feffe99,giuggy 3, hikaru_angelic, Irca, Je_chan, kiko90, krystal86, Martina Malfoy, metaldolphin , missredy, mosa01, Pandiva, Resha_Stark,ShikaTema76, shivisdivis,TatianaRomanova , timetosaybyebye, _cercasinome_ che hanno preferito questa FF ad altre (un giorno mi spiegherete per quale assurdo motivo!!!)
Eva98, hikaru_angelic, shivisdivis che la vogliono ricordare.
AceDPortogas, allucinator_zona, arcadialife, arcangela87, AresEris, Bruli, cassie91 , Deliadeetedera, doragun hitomi, ele_u, Elisa8830, etreova, Eva98, fantasy90, fanzoro , FedeSerecanie, girosolomina, hikaru_angelic, Hurricane_X, Ice Star, IlCantoDiLorelei , JCMA, killer_joe, kokoswan, Kumiko__Chan, luciaasc, LuxLuxis,LysL_97, metaldolphin , michiru93, mimi95, miyuki90, Nami33, namine92,Nami_Roronoa96, nickreds, Piccola_Luna, RollyChwan, shiva84, shivisdivis, sonnysh, stefirobin, yasuko, yukii96 ,Yuko otaku powa,Zonami84, _cercasinome_ che l’han seguita fino a qui.
Vi adoro, e vi dedico questo capitolo finale che spero vi sia piaciuto... grazie per avermi accompagnato fin qui, e spero che non scendiate da questo treno in corsa su cui ancora scrivo.
Un bacio
Zomi
 
 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2637982