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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** John ***
Capitolo 2: *** Harold ***
Capitolo 3: *** Carter ***
Capitolo 4: *** Fusco ***
Capitolo 1 *** John ***
2006
“John! Non
sapevo che fossi tornato. Ti ho aspettato tanto”
“Non te
l'avevo chiesto”
“Dimmelo e lo
farò” dimmelo John, forza, corri il rischio.
I secondi passarono, i
voli furono annunciati, anche quello di Jessica. La donna fece per
parlare quando lui l'anticipò.
“Aspettami
Jessica” quasi un sussurro la sua voce coperta dai rumori
dell'aeroporto, ma Jessica capì benissimo quelle parole e un
sorriso le illuminò il viso.
“Ti
aspetterò John”
2011
Nonostante fosse ancora febbraio il sole faceva capolino oltre le
nuvole e riscaldava la giornata con tepore primaverile, le stagioni
stavano cambiando, ormai non era più solo un modo di dire.
Questi erano i pensieri di James Jenkins, un anziano signore che
nonostante ribadisse più volte alla moglie che era andato in
pensione troppo presto, qualche volta si concedeva dei momenti in
panciolle sulla veranda di casa sua.
Il signor Jenkins si portò il giornale fuori e si sedette
aprendo la prima pagina, da tempo gli sembrava che i crimini che nelle
grandi città fossero aumentati, troppe notizie di omicidi,
incidenti, violenze; ogni giorno ne leggeva qualcuna e pensava
che se anche il loro quartiere fosse tranquillo non sapevi mai cosa
potesse accedere, purtroppo i supereroi di cui leggeva da bambino non
esistono, ma sarebbe stato bello sapere che ci fosse qualcuno che ti
avrebbe salvato.
Per fortuna il loro era un quartiere tranquillo, non c'era mai molto
movimento se non dato da qualche famiglia che si trasferiva e a cui
subentrava subito un'altra. Come oggi, a quanto pare i suoi vicini
avrebbero presto traslocato a giudicare dalla quantità di
valigie messe in macchina.
“Dorothy!” chiamò signor Jenkins
“Sai dove vanno John e Jessica?” chiese l'uomo alla
moglie che si era appena affacciata ad annaffiare i fiori sulla veranda.
“Ma James! Te l'ho detto! È da una settimana che
te ne parlo! Si trasferiscono a New York! Jessica ha ricevuto un'ottima
offerta dal Mercy Hospital. Ha deciso di accettarla e John ovviamente
va con lei. È un uomo straordinario!” la donna
rimproverò inizialmente il marito per la poca considerazione
dimostratela mentre parlava e concluse con tono adorante quando
parlò del bel vicino, spesso le capitava di pensare che se
fosse stata più giovane, forse …. d'altronde da
ragazza non era poi così male.
“Già! John è un brav'uomo e un ottimo
compagno di partite, anche se con gusti discutibili ...”
“Lo tratti fin troppo bene per essere uno che non tifa la tua
stessa squadra di baseball ...”
“È tutto in macchina Jessica?” chiese
John pronto a chiudere il bagagliaio della macchina.
“Sì, John. Siamo pronti!” gli rispose la
donna bionda controllando per l'ultima volta l'interno della villetta e
chiudendo la porta. Con essa si chiudeva un capitolo della loro vita e
ne iniziava un altro, a New York.
“Arrivederci Signori Jenkins!” Jessica
salutò i vicini dirimpettai con un gran sorriso, John si
limitò a un cenno del capo, ed entrambi quindi salirono in
macchina e partirono.
In macchina Jessica ripensò ai due anni precedenti, due anni
di splendido matrimonio con l'uomo che amava, l'uomo che le aveva
chiesto di aspettarlo, solo un uomo ora e non più soldato,
certo alcuni tratti del soldato che era c'erano ancora ma in fin dei
conti facevano parte di lui e lei lo amava così. Jessica non
pensò solo al passato ma anche al futuro, chissà
cosa li avrebbe attesi in una grande metropoli come Ney York, loro che
all'inizio avevano scelto una cittadina di periferia per scappare dalla
vita frenetica che li aveva accompagnati precedentemente, ora ci
tornavano, ma nessuno dei due rimpiangeva quella scelta. Erano insieme
e tanto le bastava.
“Perchè sorridi Jessica?” le chiese John
che l'aveva notata con la coda dell'occhio nonostante avesse gli occhi
sulla strada, osservare tutto, le vecchie abitudini erano dure a morire.
“Perchè sono felice di averti qui con
me” gli rispose lei con un sorriso e accarezzandogli il viso
per non distrarlo troppo dalla guida.
“Credi che la ditta di traslochi abbia combinato qualche
danno John?” finalmente erano arrivati e Jessica si
fermò ad ammirare l'esterno della villetta a schiera in cui
avrebbero abitato d'ora in poi.
I fiori sul balcone, i mattoni rossi a vista, una tipica casa borghese,
una casa normale.
“Questo lo vedremo subito Jessica. A te l'onore” le
rispose John porgendole le chiavi della loro nuova casa.
Jessica sorrise e prese il mazzo dalle mani del marito e si avvio lungo
i gradini che portavano all'ingresso. John rimase a guardarla e
pensò a come era bello il suo sorriso e non si
pentì della sua scelta di 5 anni prima. Finì di
scaricare le borse dalla macchina e raggiunse la moglie dentro casa.
“A quanto pare hanno seguito alla lettera le tue
istruzioni” disse l'uomo poggiando le borse accanto alle
scale che conducevano al piano superiore e raggiungendo la moglie in
cucina “Però adesso che dici di concedere le tua
attenzioni anche alla camera di letto di sopra?” chiese John
alzando lo sguardo al soffitto mentre parlava e stringendo la moglie in
un abbraccio.
Jessica si girò fra le sue braccia e avvicinandosi al suo
viso gli sussurrò “Non vedo l'ora” e lo
baciò.
La loro prima notte nella nuova casa fu molto movimentata per i due
giovani, John avrebbe preferito mille volte restare lì nel
letto piuttosto che andare al lavoro ma il trillare della sveglia
continuava insistentemente anche se lui continuava ad ignorarla.
John si decise ad alzarsi, allungò la mano a spegnere
l'apparecchio sul comodino e si girò a guardare la moglie
accanto a lui.
Talvolta pensava a come sarebbe stata la sua vita senza Jessica, se
fosse stato in silenzio quel giorno in aeroporto, cosa sarebbe stato di
lui ora? Cosa avrebbe fatto se l'avesse persa per sempre?
Non sarebbe sopravvissuto, sarebbe sempre stato pronto a farla finita,
avrebbe viaggiato con un proiettile così da poterla
raggiungere sempre.
“Sono le sette” momorò Jessica
stiracchiandosi e abbracciando John “Dobbiamo alzarci
… O faremo tardi il nostro primo giorno di lavoro e ci
licenzieranno ancor prima di aver iniziato”
“Non sei un po' troppo pessimista?”
“Non conosci ancora il tuo capo. E se fosse uno fissato con
la puntualità?”
“D'accordo. Io scendo a preparare la colazione nel frattempo
che tu ti prepari”
“Grazie John!” e così mentre Jessica si
dileguava in bagno, lui scese in cucina a svuotare gli scatoloni alla
ricerca delle stoviglie.
John parcheggiò l'auto nel garage sotterraneo dell'azienda
per cui avrebbe lavorato e sali con l'ascensore fino all'ingresso.
Quando le porte si aprirono notò subito due persone che lo
stavano guardando e si diresse verso loro, lungo il breve tragitto che
lo separava dal desk d'accoglienza, notò con la coda
dell'occhio, in quell'ambiente scarno e minimalista, il busto di un
uomo.
“Salve. Io sono ...”
“Tu sei quello nuovo. Io sono Martin, il capo della
sicurezza, e lui è Frank, dividerete il turno per i prossimi
giorni. Vedo che sei puntuale, ottimo inizio” fu
così che si presentò uno dei due uomini al desk.
Martin era un uomo sulla cinquantina, portava i baffi e aveva una
stretta di mano di tutto rispetto, forse un passato nell'esercito.
“Piacere John” e anche il secondo uomo gli strinse
la mano. Frank era invece più giovane, alto e snello, e gli
sorrise cordiale mentre il capo parlava.
Martin guardò l'orologio “Noto che Susan
è ancora in ritardo, quella donna non cambierà
mai. Vedi John di solito noi non siamo qui ad accogliere il personale e
non, è la segretaria, Susan, che se ne occupa, brava persona
e efficiente, ma con un problema di puntualità. Ok, ora ti
spiego in cosa consiste il tuo lavoro: tu e Frank vi occupate della
zona ingresso e ascensori, controllate, riferite le persone sospette
che verranno sorvegliate dalle telecamere e provvedete a calmare
eventuali dissapori che si verranno a creare, anche se finora non se ne
sono mai verificati. Qui è quasi tutto personale, e vanno
tutti molto d'accordo o perlomeno si sopportano, e le persone
estranee sono per lo più fornitori che si
conoscono da anni. Ah! E come hai potuto notare c'è questo
piccolo extra, aspettare Susan, ma non è niente di che,
anche se arriva in ritardo nessun altro arriva prima di lei. Mi sembra
di averti detto tutto per il momento. Ci rivediamo alla fine del turno
per discutere di altri dettagli. Ciò che ti serve
è tutto nella busta, eccola. Buon lavoro ragazzi”
e detto questo Martin si congedò e sparì dentro
uno degli ascensori.
“Rilassati John” disse Frank notando
l'atteggiamento rigido del suo nuovo partner “Qui
è sempre molto tranquillo, non siamo un'azienda che produce
software importanti e non abbiamo denaro in contanti”
John stava per ribattere quando un uomo entrò dalla porta
principale, zoppicava.
“Oh. Signor Wren, buongiorno” Frank
salutò il nuovo arrivato e prese il tesserino che lui gli
stava porgendo “Questo è il mio nuovo partener,
John. Oggi è il suo primo giorno”
“Buongiorno Signor Wren. Il mio nome è
John”
“Buongiorno John, il mio nome è Harold
Wren”
I due uomini si guardarono negli occhi, ognuno di loro
sembrò scorgere negli occhi dell'altro qualcosa di
familiare. Avevano lo stesso sguardo di chi ha sofferto, di chi ha
lasciato tutto, di chi è morto in passato.
Note Autore:
Un'altra storia, in tutti i sensi. Direi che il titolo dice tutto: come
avrebbero potuto essere le vite di John, Harold se avessero cambiato
quel piccolo avvenimento che li ha portati, l'uno a essere un
senzatetto nella grande mela, l'altro a essere un miliardario
misantropo e paranoico (come lo definì all'inizio Reese).
Non sarà una storia lunga, semplicemente tre capitoli dal
punto di vista dei personaggi: John, Harold e la Carter. Probabilmente
l'allungherò anche con altri capitoli dal punto di vista di
Root e Shaw, appena riuscirò a smaltire un po' di lavori.
Grazie a chi passerà di qui, leggerà e/o
commenterà! ^__^
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Capitolo 2 *** Harold ***
2010
“Mi
scusi sto cercando il mio fidanzato”
“Grace
… Grace sono qui”
2011
L'odore di caffè si sparse nell'aria proprio mentre Harold
finiva di annodarsi la cravatta. Guardò la sua immagine allo
specchio e sorrise. Un sorriso però stanco e forzato, questo
perchè l'uomo quando è solo, volge sempre i suoi
pensieri al passato e il suo animo resta tormentato da ciò
che vede nella sua testa.
Sa che i sensi di colpa non l'abbandoneranno mai: ogni giorno quando si
guarda allo specchio, quando gira per la città e rivede i
luoghi, adesso ricostruiti, ma che portano ancora i segni delle ferite
infertegli quel maledetto 11 settembre e dell'attentato ben
più recente dell'anno scorso, in cui anche lui fu ferito e
perse il suo più caro amico. Ogni giorno non riesce a non
pensare a tutte quelle …. tutti quei numeri che vengono
cancellati, dimenticati, numeri di cui solo lui e a conoscenza.
Talvolta resto sveglio a guardare l'orologio accanto al letto fino a
che non scatta la mezzanotte.
La sua coscienza lo rimprovera ogni giorno, non smetterà mai
di pensarci, né di rimproverarsi per la scelta che ha
compiuto un anno fa, ma se tornasse indietro davvero rinuncerebbe a
tutto quello che ha ora?
“Harold! Cosa
fai ancora di sopra!?”
“Sto scendendo Grace!” no, ora che conosce cosa
possiede, non rinuncerebbe mai a questo briciolo di felicità.
Harold scende con leggera fatica le scale, i postumi dell'incidente si
avvertono ancora ma sono in miglioramento anche grazie alle cure di
Grace. Lei non l'ha mai abbandonato, lui invece però stava
per farlo. Quando l'uomo entra in cucina, trova Grace che sta versando
il caffè in due tazze sul tavolo dove è tutto
pronto per la colazione.
“Eccoti! Credevo avessi avuto dei problemi” disse
la donna con una leggera nota di preoccupazione nella voce.
“Scusa Grace, stavo riflettendo un po' troppo” le
rispose lui con un sorriso, sedendosi al tavolo.
“Mi auguro che non fossero pensieri di lavoro, non vale la
pena stressarsi così tanto” Grace si
avvicinò all'uomo e posò la sua mano sopra la sua
mentre parlava, talvolta avvertiva il marito distante, e temeva che gli
eventi del passato potessero portarglielo via.
“Non ti preoccupare Grace” le rispose Harold
stringendo la mano di lei nella sua “Mangiamo ora, o
arriverò tardi al lavoro”
“Vedi che stavi pensando al lavoro!” lo riprese
scherzosamente la moglie mentre gli si sedeva di fronte.
Entrambi mangiarono in silenzio, in cucina, vicino alla finestra che
dava sul piccolo giardino sul retro della loro casa a New York.
Finirono in silenzio la loro colazione e prima che Harold uscisse per
andare al lavoro, Grace lo fermò.
“Harold. Sai stavo pensando che questo sabato potremmo andare
in riva al fiume, al nostro solito posto, dicono che sarà
una bella giornata e io avrei bisogno anche di una nuova ispirazione
per il mio prossimo quadro. Che ne dici?”
“Dico che è una splendida idea. Ci vediamo stasera
Grace” e Harold salutò la moglie con un leggero
bacio per poi avviarsi lungo la strada.
Grace restò lì a guardarlo per un po', la donna
non riusciva a cancellare il timore di perderlo, non riusciva a
immaginare di provare un'altra volta il dolore che aveva provato quella
volta alla notizia dell'attentato al traghetto; quando il marito fu
scomparso alla sua vista, lei rientro, doveva ancora finire il lavoro
che le avevano commissionato e la data della consegna si avvicinava,
doveva sbrigarsi.
“Altri
inquilini del palazzo, dopo aver sentito colpi di pistola rimbombare
per il palazzo, hanno chiamato la polizia. All'arrivo degli agenti per
il procuratore Willer non c'era più niente da fare. Tre
colpi fatali, accerterà poi questa mattina, il medico legale.
Con l'uomo era presente
anche il figlio che fortunatamente è illeso, seguito nel
frattempo dai servizi sociali, la polizia attende di poterlo
interrogare sui fatti, sperando che possa far luce sui
responsabili”
Harold non impiegò molto ad arrivare all'edificio che
ospitava l'azienda che avevano fondato lui e Nathan qualche anno fa.
Quando entrò attraverso le porte principali gettò
uno sguardo alla sua destra dove si trovava il busto del fondatore e i
pensieri volarono ancora all'amico deceduto, solo Nathan sapeva,
nessun'altro era conoscenza della presenza e partecipazione, aveva
sempre voluto così ed ora che il suo amico era scomparso,
nessuno conosceva il suo ruolo e soprattutto ora era fondamentale che
nessuno scoprisse di lui, non poteva permettere che accadesse qualcosa
anche a Grace.
Il vociare all'ingresso però lo distolse dai suoi pensieri,
volse lo sguardo e al desk d'accoglienza notò una faccia
nuova, ma la cosa che più lo colpì mentre si
avvicinava erano gli occhi.
Lo sguardo del nuovo arrivato era così simile al suo,
rifletteva lo stesso sguardo che vedeva ogni mattina allo specchio.
“Oh. Signor Wren, buongiorno” lo salutò
Frank “Questo è il mio nuovo partener, John. Oggi
è il suo primo giorno”
“Buongiorno Signor Wren. Il mio nome è
John”
“Buongiorno John, il mio nome è Harold
Wren” gli strinse la mano, senza smettere di guardarlo negli
occhi, nascondevano una lunga sofferenza dietro, poteva vederla
benissimo.
Durante il tragitto in ascensore Harold non smise di pensare all'uomo
appena conosciuto, aveva non so che di strano, avrebbe cercato il suo
file più tardi.
Quando arrivò al piano, l'ufficio era ancora deserto, lui
era sempre il primo ad arrivare, lo aveva sempre fatto, anche ai tempi
di Nathan.
Camminò zoppicando alla sua scrivania e accese il computer,
avrebbe dato un'occhiata al file del nuovo arrivato prima che
arrivassero gli altri.
Non passò molto tempo che le porte dell'ascensore si
aprirono di nuovo rivelando gli altri dipendenti che arrivavano uno
dopo l'altro.
“Buongiorno Harold! Sempre puntuale vedo” una donna
bionda lo salutò mentre passava.
“Buongiorno Gabrielle” Harold non
prolungò a lungo quella conversazione, e tornò al
suo lavoro, non voleva stringere nuovi legami.
Le giornate di Harold proseguivano sempre alla stessa maniera,
arrivava, faceva il suo lavoro e se ne andava la sera. Non stringeva
legami, non dava confidenza a nessuno, non si perdeva in chiacchiere
inutili come la maggior parte di loro, era invisibile.
“Hai sentito il notiziario stamattina? Sembra che la polizia
non sia più in grado di contrastare la
criminalità in città ...”
“Mia figlia vuole assolutamente quel nuovo cellulare appena
uscito, dice che tutti i suoi amici lo hanno, ma hai visto il prezzo?
...”
“Questa sera mia moglie mi ha costretto ad una cena con i
suoi. Peccato che suo padre non mi sopporti ...”
La maggior parte di loro ignorava Harold seduto alla sua scrivania e
con lo sguardo fisso al computer; Harold era invisibile e avrebbe
continuato ad esserlo per tutti, non poteva rivelarsi, aveva
già rischiato troppo un anno fa a non lasciar andare Grace,
doveva continuare a nascondersi ma ne valeva pena.
Harold abbassò la sguardo sulla sua mano, guardò
l'anello al suo dito e sorrise. Sì, ne valeva la pena.
Note Autore:
Secondo capitolo incentrato su Harold. La sua storia fra tutte quelle
raccontate nella serie tv è sicuramente quella che
più mi ha colpito, e gli ho voluto dare un po' di
felicità.
Molto probabilmente sono finita un po' OOC col personaggio di Finch, ma
essendo un'altra storia credo di potermi concedere qualche strappo alla
regola ;)
Grazie a chiunque passerà di qui, leggerà e/o
commenterà! ^__^
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Capitolo 3 *** Carter ***
CARTER
'Mattinata pesante'.
Questo pensava il detective Carter quando il suo telefono squillo alle
sette del mattino. Lei era ancora a casa, si apprestava a fare
colazione con suo figlio Taylor, quando alla fine fu costretta a
scrivere un bigliettino per il figlio, bere velocemente una tazza di
caffè e uscire di corsa.
Arrivò sul luogo del delitto nel momento di maggior
fermento: i giornalisti che cercavano di bloccare ogni persona che
oltrepassava il nastro giallo, i cameraman che alzavano le loro
telecamere nel tentativo di riprendere scene esclusive.
“Detective Carter!” un uomo bianco, calvo, sulla
quarantina bloccò la donna appena oltrepassato il portone
del palazzo.
“Detective Stills”
“Non immaginavo avessero chiamato anche lei. Non credo
sarà necessario l'intervento della task force. Una rapina
finita male, al procuratore mancano portafogli e orologio, ma abbiamo
già preso il video della sorveglianza in strada, avremo
presto il colpevole” continuò l'uomo, ponendosi di
fronte alla Carter e non facendola avvicinare alla scena del crimine.
“Ne è molto sicuro Stills” Joss
liquidò l'uomo e lo superò, dirigendosi verso il
medico legale che si stava allontanando.
“Vari colpi di pistola. Nessun segno di lotta, l'hanno
sorpreso e freddato. L'ora del decesso approssimativamente verso le
undici – mezzanotte. Per maggiori dettagli dovrà
aspettare il mio referto detective Carter”
La donna ringraziò il medico e si mise ad osservare meglio
la scena del delitto, era davvero una rapina finita male? Non era il
tipo da fermarsi alle apparenze. Inoltre cosa ci faceva Stills
così lontano dal suo distretto?
Carter tornò al distretto con mille domande, c'era qualcosa
che le tornava in questo caso, aveva una strana sensazione, e una volta
che si fu seduta alla sua scrivania, cercò di dare risposte
alle sue domande.
La distrasse poco più tardi solo lo squillo del telefono. Il
nome di suo figlio lampeggiava sul display.
“Ehi Taylor! Cosa succede? La nonna si è
dimenticata di lasciarti le chiavi?”
“No mamma. Niente. Volevo solo chiederti, so che non ami il
poco preavviso, ma Jake me l'ha appena detto. Nella sua squadra si
è infortunato un giocatore e mi ha chiesto se lo potevo
sostituire per la partita di stasera. Non farò tardi, la
partita è alle sette”
“Ma guarda, proprio la fine del mio turno, credo che
verrò anch'io alla partita Taylor, per svagarmi un
po'”
“Non è necessario mamma. Tu sarai stanca dal
lavoro, torna a casa e riposati, dirò alla nonna di lasciare
la cena in caldo. E al mio ritorno ti racconterò tutto per
filo e per segno, sarà come se fossi stata lì
...”
“Detective Carter? Le foto della scientifica” un
agente porse a Joss una busta gialla e si allontanò dopo un
sussurro di ringraziamento della donna.
Carter aprì la busta mentre stava ancora parlando con il
figlio e ordinò le foto davanti a sé. Ennesime
foto di violenza, sangue e morte. Il mondo non era perfetto ma
ultimamente sembrava che tutto si fosse inasprito.
“D'accorodo Taylor, puoi andare alla partita, ma non ti
assicuro la mia non presenza” guardando quelle foto Joss non
poteva chiedersi se suo figlio fosse al sicuro ogni giorno, ma
d'altronde lei era una madre, si sarebbe preoccupata comunque, anche se
non fosse stata un poliziotto. Chiuse la telefonata con Taylor
promettendogli che l'avrebbe richiamato quando sarebbe uscita dal
lavoro, e cominciò ad osservare minuziosamente le foto della
scena del crimine. L'omicidio di un procuratore era una patata bollente
in ogni caso, che si fosse trattato di semplice rapina o no, come il
suo sesto senso le faceva sospettare.
“Quel detective sta diventando un problema. Si sta occupando
del caso del procuratore con troppo interesse. Scoprirà
qualcosa! Dobbiamo fermarla!”
“Calmati Stills. La Carter è benvoluta da molte
persone, la sua morte attirerebbe troppe attenzioni da parte dei
poliziotti ancora puliti. Attenzioni che noi non vogliamo”
“Ma Simmons, se arriva troppo vicino ...”
“Non lo farà, anticiperemo le sue mosse”
“E come? Nessuno dei nostri uomini lavora a contatto con la
Carter”
“Da adesso sì”
“Detective Carter? Sono il detective Lionel Fusco, il suo
nuovo partner”
“Non mi avevano avvisato di un trasferimento”
“Nemmeno a me in realtà, ma a quanto pare stanno
spostando molti uomini per far fronte ai numerosi crimini violenti che
stanno avvenendo in città”
Il detective Fusco sistemò le sue cose sulla scrivania di
fronte a quella di Joss mentre parlava, si sentiva addosso gli occhi
della donna per tutto il tempo. Avevano ragione, non sarebbe stato
facile conquistare la sua fiducia.
Carter e il suo nuovo collega cominciarono subito ad indagare sul caso
del procuratore ucciso, alla fine tutto non sembrò una
rapina ma un tentativo di vendetta. Fu proprio Fusco a trovare indizi
che collegava l'uomo condannato dal procuratore, ma proprio quando
furono ad un passo ad arrestarlo, fu coinvolto in un incidente
autostradale e morì sul colpo. Il caso fu comunque
archiviato e la squadra omicidi ricevette i riconoscimenti del capo
della polizia.
“Ci siamo risparmiati qualche giorno in tribunale, eh
Carter?” Fusco aveva appena finito di stillare il suo ultimo
rapporto della giornata, ed era pronto a tornarsene a casa per
rilassarsi di fronte la tv.
Anche Carter aveva finito di ordinare le scartoffie della giornata,
tuttavia il rapporto del caso del procuratore giaceva ancora sulla sua
scrivania e non in una delle scatole dell'archivio, tuttavia lei non
poteva fare granchè in quella situazione, i piani alti
avevano decretato il caso chiuso e meno di prove di più che
valide non sarebbe stato riaperto.
“Quella donna deve sparire! E venuta al mio distretto l'altro
giorno. Non so cosa stesse facendo ma la sua presenza non mi
è piaciuta”
“Te l'ho già detto Stills. Presto della Carter non
dovremo più preoccuparcene, ma ogni cosa ha bisogna del suo
tempo”
“Devi stringere Simmons”
“Ogni cosa a suo tempo”
Il detective Molina sapeva che prima o poi avrebbe collaborato con la
omicidi, le rapine su cui stava indagando avevano alla fine mietuto una
vittima. Così quella mattina, l'uomo si era diretta dal
detective Carter per mostrargli il video dell'ultima rapina, e ci fu
una svolta, contra ogni sua aspettativa.
“La vedi questa? È una radio dell'esercito.
Inoltre si muovono come gente addestrata. Gli uomini che cerchi sono
professionisti. Con addestramento militare” Carter
fermò il video e zoomo sul particolare della radio.
“Ne sei sicura?”
“Sì”
“E le radio? Dove possono essersele procurate. Un uomo
all'interno dell'esercito?”
“Le attrezzature sono tutte controllate. Posso chiedere ad
alcuni dei miei contatti se sanno qualcosa. Ti farò
sapere”
“D'accordo. Allora ci riaggiorniamo detective”
La chiamata della rapina al magazzino prove arrivò alla
Carter appena prima che salisse in macchina, spingendo
sull'acceleratore, non impiegò molto ad arrivare sul luogo
della rapina. Si stava preparando ad entrare quando la banda
uscì dall'edificio sparando contro gli agenti appostati
fuori.
Joss rispose al fuoco riuscendone a ferire a uno; l'uomo a terra fu
abbandonato dai compagni che si allontanarono. Carter l'insegui,
girò l'angolo, e vide un furgone nero. Cominciò a
sparare, cercando di impedire ai rapinatori di scappare, questi
risposero al fuoco ma poco dopo caddero a terra. Il furgone nero invece
si allontanò a tutto gas. Carter si avvicinò
cautamente agli uomini a terra, allontanò le pistole da loro
e controllò se erano vivi.
“Detective!”
“Chiama un ambulanza e dirama una segnalazione per un furgone
nero targato ...” uno sparo interruppe Joss, in lontananza le
sirene delle auto della polizia.
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