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di ayame90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** John ***
Capitolo 2: *** Harold ***
Capitolo 3: *** Carter ***
Capitolo 4: *** Fusco ***



Capitolo 1
*** John ***


2006

“John! Non sapevo che fossi tornato. Ti ho aspettato tanto”
“Non te l'avevo chiesto”
“Dimmelo e lo farò” dimmelo John, forza, corri il rischio.
I secondi passarono, i voli furono annunciati, anche quello di Jessica. La donna fece per parlare quando lui l'anticipò.
“Aspettami Jessica” quasi un sussurro la sua voce coperta dai rumori dell'aeroporto, ma Jessica capì benissimo quelle parole e un sorriso le illuminò il viso.
“Ti aspetterò John”


2011

Nonostante fosse ancora febbraio il sole faceva capolino oltre le nuvole e riscaldava la giornata con tepore primaverile, le stagioni stavano cambiando, ormai non era più solo un modo di dire.
Questi erano i pensieri di James Jenkins, un anziano signore che nonostante ribadisse più volte alla moglie che era andato in pensione troppo presto, qualche volta si concedeva dei momenti in panciolle sulla veranda di casa sua.
Il signor Jenkins si portò il giornale fuori e si sedette aprendo la prima pagina, da tempo gli sembrava che i crimini che nelle grandi città fossero aumentati, troppe notizie di omicidi, incidenti, violenze; ogni giorno ne leggeva qualcuna e pensava che se anche il loro quartiere fosse tranquillo non sapevi mai cosa potesse accedere, purtroppo i supereroi di cui leggeva da bambino non esistono, ma sarebbe stato bello sapere che ci fosse qualcuno che ti avrebbe salvato.
Per fortuna il loro era un quartiere tranquillo, non c'era mai molto movimento se non dato da qualche famiglia che si trasferiva e a cui subentrava subito un'altra. Come oggi, a quanto pare i suoi vicini avrebbero presto traslocato a giudicare dalla quantità di valigie messe in macchina.

“Dorothy!” chiamò signor Jenkins “Sai dove vanno John e Jessica?” chiese l'uomo alla moglie che si era appena affacciata ad annaffiare i fiori sulla veranda.
“Ma James! Te l'ho detto! È da una settimana che te ne parlo! Si trasferiscono a New York! Jessica ha ricevuto un'ottima offerta dal Mercy Hospital. Ha deciso di accettarla e John ovviamente va con lei. È un uomo straordinario!” la donna rimproverò inizialmente il marito per la poca considerazione dimostratela mentre parlava e concluse con tono adorante quando parlò del bel vicino, spesso le capitava di pensare che se fosse stata più giovane, forse …. d'altronde da ragazza non era poi così male.
“Già! John è un brav'uomo e un ottimo compagno di partite, anche se con gusti discutibili ...”
“Lo tratti fin troppo bene per essere uno che non tifa la tua stessa squadra di baseball ...”


“È tutto in macchina Jessica?” chiese John pronto a chiudere il bagagliaio della macchina.
“Sì, John. Siamo pronti!” gli rispose la donna bionda controllando per l'ultima volta l'interno della villetta e chiudendo la porta. Con essa si chiudeva un capitolo della loro vita e ne iniziava un altro, a New York.
“Arrivederci Signori Jenkins!” Jessica salutò i vicini dirimpettai con un gran sorriso, John si limitò a un cenno del capo, ed entrambi quindi salirono in macchina e partirono.

In macchina Jessica ripensò ai due anni precedenti, due anni di splendido matrimonio con l'uomo che amava, l'uomo che le aveva chiesto di aspettarlo, solo un uomo ora e non più soldato, certo alcuni tratti del soldato che era c'erano ancora ma in fin dei conti facevano parte di lui e lei lo amava così. Jessica non pensò solo al passato ma anche al futuro, chissà cosa li avrebbe attesi in una grande metropoli come Ney York, loro che all'inizio avevano scelto una cittadina di periferia per scappare dalla vita frenetica che li aveva accompagnati precedentemente, ora ci tornavano, ma nessuno dei due rimpiangeva quella scelta. Erano insieme e tanto le bastava.

“Perchè sorridi Jessica?” le chiese John che l'aveva notata con la coda dell'occhio nonostante avesse gli occhi sulla strada, osservare tutto, le vecchie abitudini erano dure a morire.
“Perchè sono felice di averti qui con me” gli rispose lei con un sorriso e accarezzandogli il viso per non distrarlo troppo dalla guida.


“Credi che la ditta di traslochi abbia combinato qualche danno John?” finalmente erano arrivati e Jessica si fermò ad ammirare l'esterno della villetta a schiera in cui avrebbero abitato d'ora in poi.
I fiori sul balcone, i mattoni rossi a vista, una tipica casa borghese, una casa normale.
“Questo lo vedremo subito Jessica. A te l'onore” le rispose John porgendole le chiavi della loro nuova casa.
Jessica sorrise e prese il mazzo dalle mani del marito e si avvio lungo i gradini che portavano all'ingresso. John rimase a guardarla e pensò a come era bello il suo sorriso e non si pentì della sua scelta di 5 anni prima. Finì di scaricare le borse dalla macchina e raggiunse la moglie dentro casa.
“A quanto pare hanno seguito alla lettera le tue istruzioni” disse l'uomo poggiando le borse accanto alle scale che conducevano al piano superiore e raggiungendo la moglie in cucina “Però adesso che dici di concedere le tua attenzioni anche alla camera di letto di sopra?” chiese John alzando lo sguardo al soffitto mentre parlava e stringendo la moglie in un abbraccio.
Jessica si girò fra le sue braccia e avvicinandosi al suo viso gli sussurrò “Non vedo l'ora” e lo baciò.

La loro prima notte nella nuova casa fu molto movimentata per i due giovani, John avrebbe preferito mille volte restare lì nel letto piuttosto che andare al lavoro ma il trillare della sveglia continuava insistentemente anche se lui continuava ad ignorarla.
John si decise ad alzarsi, allungò la mano a spegnere l'apparecchio sul comodino e si girò a guardare la moglie accanto a lui.
Talvolta pensava a come sarebbe stata la sua vita senza Jessica, se fosse stato in silenzio quel giorno in aeroporto, cosa sarebbe stato di lui ora? Cosa avrebbe fatto se l'avesse persa per sempre?
Non sarebbe sopravvissuto, sarebbe sempre stato pronto a farla finita, avrebbe viaggiato con un proiettile così da poterla raggiungere sempre.

“Sono le sette” momorò Jessica stiracchiandosi e abbracciando John “Dobbiamo alzarci … O faremo tardi il nostro primo giorno di lavoro e ci licenzieranno ancor prima di aver iniziato”
“Non sei un po' troppo pessimista?”
“Non conosci ancora il tuo capo. E se fosse uno fissato con la puntualità?”
“D'accordo. Io scendo a preparare la colazione nel frattempo che tu ti prepari”
“Grazie John!” e così mentre Jessica si dileguava in bagno, lui scese in cucina a svuotare gli scatoloni alla ricerca delle stoviglie.


John parcheggiò l'auto nel garage sotterraneo dell'azienda per cui avrebbe lavorato e sali con l'ascensore fino all'ingresso.
Quando le porte si aprirono notò subito due persone che lo stavano guardando e si diresse verso loro, lungo il breve tragitto che lo separava dal desk d'accoglienza, notò con la coda dell'occhio, in quell'ambiente scarno e minimalista, il busto di un uomo.

“Salve. Io sono ...”
“Tu sei quello nuovo. Io sono Martin, il capo della sicurezza, e lui è Frank, dividerete il turno per i prossimi giorni. Vedo che sei puntuale, ottimo inizio” fu così che si presentò uno dei due uomini al desk. Martin era un uomo sulla cinquantina, portava i baffi e aveva una stretta di mano di tutto rispetto, forse un passato nell'esercito.
“Piacere John” e anche il secondo uomo gli strinse la mano. Frank era invece più giovane, alto e snello, e gli sorrise cordiale mentre il capo parlava.
Martin guardò l'orologio “Noto che Susan è ancora in ritardo, quella donna non cambierà mai. Vedi John di solito noi non siamo qui ad accogliere il personale e non, è la segretaria, Susan, che se ne occupa, brava persona e efficiente, ma con un problema di puntualità. Ok, ora ti spiego in cosa consiste il tuo lavoro: tu e Frank vi occupate della zona ingresso e ascensori, controllate, riferite le persone sospette che verranno sorvegliate dalle telecamere e provvedete a calmare eventuali dissapori che si verranno a creare, anche se finora non se ne sono mai verificati. Qui è quasi tutto personale, e vanno tutti molto d'accordo o perlomeno si sopportano, e le persone estranee  sono per lo più fornitori che si conoscono da anni. Ah! E come hai potuto notare c'è questo piccolo extra, aspettare Susan, ma non è niente di che, anche se arriva in ritardo nessun altro arriva prima di lei. Mi sembra di averti detto tutto per il momento. Ci rivediamo alla fine del turno per discutere di altri dettagli. Ciò che ti serve è tutto nella busta, eccola. Buon lavoro ragazzi” e detto questo Martin si congedò e sparì dentro uno degli ascensori.
“Rilassati John” disse Frank notando l'atteggiamento rigido del suo nuovo partner “Qui è sempre molto tranquillo, non siamo un'azienda che produce software importanti e non abbiamo denaro in contanti”
John stava per ribattere quando un uomo entrò dalla porta principale, zoppicava.
“Oh. Signor Wren, buongiorno” Frank salutò il nuovo arrivato e prese il tesserino che lui gli stava porgendo “Questo è il mio nuovo partener, John. Oggi è il suo primo giorno”
“Buongiorno Signor Wren. Il mio nome è John”
“Buongiorno John, il mio nome è Harold Wren”
I due uomini si guardarono negli occhi, ognuno di loro sembrò scorgere negli occhi dell'altro qualcosa di familiare. Avevano lo stesso sguardo di chi ha sofferto, di chi ha lasciato tutto, di chi è morto in passato.



Note Autore:
Un'altra storia, in tutti i sensi. Direi che il titolo dice tutto: come avrebbero potuto essere le vite di John, Harold se avessero cambiato quel piccolo avvenimento che li ha portati, l'uno a essere un senzatetto nella grande mela, l'altro a essere un miliardario misantropo e paranoico (come lo definì all'inizio Reese).

Non sarà una storia lunga, semplicemente tre capitoli dal punto di vista dei personaggi: John, Harold e la Carter. Probabilmente l'allungherò anche con altri capitoli dal punto di vista di Root e Shaw, appena riuscirò a smaltire un po' di lavori.

Grazie a chi passerà di qui, leggerà e/o commenterà! ^__^

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Capitolo 2
*** Harold ***


2010

“Mi scusi sto cercando il mio fidanzato”
“Grace … Grace sono qui”



2011

L'odore di caffè si sparse nell'aria proprio mentre Harold finiva di annodarsi la cravatta. Guardò la sua immagine allo specchio e sorrise. Un sorriso però stanco e forzato, questo perchè l'uomo quando è solo, volge sempre i suoi pensieri al passato e il suo animo resta tormentato da ciò che vede nella sua testa.
Sa che i sensi di colpa non l'abbandoneranno mai: ogni giorno quando si guarda allo specchio, quando gira per la città e rivede i luoghi, adesso ricostruiti, ma che portano ancora i segni delle ferite infertegli quel maledetto 11 settembre e dell'attentato ben più recente dell'anno scorso, in cui anche lui fu ferito e perse il suo più caro amico. Ogni giorno non riesce a non pensare a tutte quelle …. tutti quei numeri che vengono cancellati, dimenticati, numeri di cui solo lui e a conoscenza. Talvolta resto sveglio a guardare l'orologio accanto al letto fino a che non scatta la mezzanotte.
La sua coscienza lo rimprovera ogni giorno, non smetterà mai di pensarci, né di rimproverarsi per la scelta che ha compiuto un anno fa, ma se tornasse indietro davvero rinuncerebbe a tutto quello che ha ora?

“Harold! Cosa fai ancora di sopra!?”
“Sto scendendo Grace!” no, ora che conosce cosa possiede, non rinuncerebbe mai a questo briciolo di felicità.

Harold scende con leggera fatica le scale, i postumi dell'incidente si avvertono ancora ma sono in miglioramento anche grazie alle cure di Grace. Lei non l'ha mai abbandonato, lui invece però stava per farlo. Quando l'uomo entra in cucina, trova Grace che sta versando il caffè in due tazze sul tavolo dove è tutto pronto per la colazione.

“Eccoti! Credevo avessi avuto dei problemi” disse la donna con una leggera nota di preoccupazione nella voce.
“Scusa Grace, stavo riflettendo un po' troppo” le rispose lui con un sorriso, sedendosi al tavolo.
“Mi auguro che non fossero pensieri di lavoro, non vale la pena stressarsi così tanto” Grace si avvicinò all'uomo e posò la sua mano sopra la sua mentre parlava, talvolta avvertiva il marito distante, e temeva che gli eventi del passato potessero portarglielo via.
“Non ti preoccupare Grace” le rispose Harold stringendo la mano di lei nella sua “Mangiamo ora, o arriverò tardi al lavoro”
“Vedi che stavi pensando al lavoro!” lo riprese scherzosamente la moglie mentre gli si sedeva di fronte.

Entrambi mangiarono in silenzio, in cucina, vicino alla finestra che dava sul piccolo giardino sul retro della loro casa a New York.
Finirono in silenzio la loro colazione e prima che Harold uscisse per andare al lavoro, Grace lo fermò.

“Harold. Sai stavo pensando che questo sabato potremmo andare in riva al fiume, al nostro solito posto, dicono che sarà una bella giornata e io avrei bisogno anche di una nuova ispirazione per il mio prossimo quadro. Che ne dici?”
“Dico che è una splendida idea. Ci vediamo stasera Grace” e Harold salutò la moglie con un leggero bacio per poi avviarsi lungo la strada.
Grace restò lì a guardarlo per un po', la donna non riusciva a cancellare il timore di perderlo, non riusciva a immaginare di provare un'altra volta il dolore che aveva provato quella volta alla notizia dell'attentato al traghetto; quando il marito fu scomparso alla sua vista, lei rientro, doveva ancora finire il lavoro che le avevano commissionato e la data della consegna si avvicinava, doveva sbrigarsi.


“Altri inquilini del palazzo, dopo aver sentito colpi di pistola rimbombare per il palazzo, hanno chiamato la polizia. All'arrivo degli agenti per il procuratore Willer non c'era più niente da fare. Tre colpi fatali, accerterà poi questa mattina, il medico legale.
Con l'uomo era presente anche il figlio che fortunatamente è illeso, seguito nel frattempo dai servizi sociali, la polizia attende di poterlo interrogare sui fatti, sperando che possa far luce sui responsabili”


Harold non impiegò molto ad arrivare all'edificio che ospitava l'azienda che avevano fondato lui e Nathan qualche anno fa.
Quando entrò attraverso le porte principali gettò uno sguardo alla sua destra dove si trovava il busto del fondatore e i pensieri volarono ancora all'amico deceduto, solo Nathan sapeva, nessun'altro era conoscenza della presenza e partecipazione, aveva sempre voluto così ed ora che il suo amico era scomparso, nessuno conosceva il suo ruolo e soprattutto ora era fondamentale che nessuno scoprisse di lui, non poteva permettere che accadesse qualcosa anche a Grace.
Il vociare all'ingresso però lo distolse dai suoi pensieri, volse lo sguardo e al desk d'accoglienza notò una faccia nuova, ma la cosa che più lo colpì mentre si avvicinava erano gli occhi.
Lo sguardo del nuovo arrivato era così simile al suo, rifletteva lo stesso sguardo che vedeva ogni mattina allo specchio.

“Oh. Signor Wren, buongiorno” lo salutò Frank “Questo è il mio nuovo partener, John. Oggi è il suo primo giorno”
“Buongiorno Signor Wren. Il mio nome è John”
“Buongiorno John, il mio nome è Harold Wren” gli strinse la mano, senza smettere di guardarlo negli occhi, nascondevano una lunga sofferenza dietro, poteva vederla benissimo.

Durante il tragitto in ascensore Harold non smise di pensare all'uomo appena conosciuto, aveva non so che di strano, avrebbe cercato il suo file più tardi.
Quando arrivò al piano, l'ufficio era ancora deserto, lui era sempre il primo ad arrivare, lo aveva sempre fatto, anche ai tempi di Nathan.
Camminò zoppicando alla sua scrivania e accese il computer, avrebbe dato un'occhiata al file del nuovo arrivato prima che arrivassero gli altri.
Non passò molto tempo che le porte dell'ascensore si aprirono di nuovo rivelando gli altri dipendenti che arrivavano uno dopo l'altro.

“Buongiorno Harold! Sempre puntuale vedo” una donna bionda lo salutò mentre passava.
“Buongiorno Gabrielle” Harold non prolungò a lungo quella conversazione, e tornò al suo lavoro, non voleva stringere nuovi legami.

Le giornate di Harold proseguivano sempre alla stessa maniera, arrivava, faceva il suo lavoro e se ne andava la sera. Non stringeva legami, non dava confidenza a nessuno, non si perdeva in chiacchiere inutili come la maggior parte di loro, era invisibile.

“Hai sentito il notiziario stamattina? Sembra che la polizia non sia più in grado di contrastare la criminalità in città ...”
“Mia figlia vuole assolutamente quel nuovo cellulare appena uscito, dice che tutti i suoi amici lo hanno, ma hai visto il prezzo? ...”
“Questa sera mia moglie mi ha costretto ad una cena con i suoi. Peccato che suo padre non mi sopporti ...”

La maggior parte di loro ignorava Harold seduto alla sua scrivania e con lo sguardo fisso al computer; Harold era invisibile e avrebbe continuato ad esserlo per tutti, non poteva rivelarsi, aveva già rischiato troppo un anno fa a non lasciar andare Grace, doveva continuare a nascondersi ma ne valeva pena.
Harold abbassò la sguardo sulla sua mano, guardò l'anello al suo dito e sorrise. Sì, ne valeva la pena.




Note Autore:
Secondo capitolo incentrato su Harold. La sua storia fra tutte quelle raccontate nella serie tv è sicuramente quella che più mi ha colpito, e gli ho voluto dare un po' di felicità.
Molto probabilmente sono finita un po' OOC col personaggio di Finch, ma essendo un'altra storia credo di potermi concedere qualche strappo alla regola ;)

Grazie a chiunque passerà di qui, leggerà e/o commenterà! ^__^

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Capitolo 3
*** Carter ***


CARTER



'Mattinata pesante'. Questo pensava il detective Carter quando il suo telefono squillo alle sette del mattino. Lei era ancora a casa, si apprestava a fare colazione con suo figlio Taylor, quando alla fine fu costretta a scrivere un bigliettino per il figlio, bere velocemente una tazza di caffè e uscire di corsa.

Arrivò sul luogo del delitto nel momento di maggior fermento: i giornalisti che cercavano di bloccare ogni persona che oltrepassava il nastro giallo, i cameraman che alzavano le loro telecamere nel tentativo di riprendere scene esclusive.
“Detective Carter!” un uomo bianco, calvo, sulla quarantina bloccò la donna appena oltrepassato il portone del palazzo.
“Detective Stills”
“Non immaginavo avessero chiamato anche lei. Non credo sarà necessario l'intervento della task force. Una rapina finita male, al procuratore mancano portafogli e orologio, ma abbiamo già preso il video della sorveglianza in strada, avremo presto il colpevole” continuò l'uomo, ponendosi di fronte alla Carter e non facendola avvicinare alla scena del crimine.
“Ne è molto sicuro Stills” Joss liquidò l'uomo e lo superò, dirigendosi verso il medico legale che si stava allontanando.
“Vari colpi di pistola. Nessun segno di lotta, l'hanno sorpreso e freddato. L'ora del decesso approssimativamente verso le undici – mezzanotte. Per maggiori dettagli dovrà aspettare il mio referto detective Carter”

La donna ringraziò il medico e si mise ad osservare meglio la scena del delitto, era davvero una rapina finita male? Non era il tipo da fermarsi alle apparenze. Inoltre cosa ci faceva Stills così lontano dal suo distretto?
Carter tornò al distretto con mille domande, c'era qualcosa che le tornava in questo caso, aveva una strana sensazione, e una volta che si fu seduta alla sua scrivania, cercò di dare risposte alle sue domande.
La distrasse poco più tardi solo lo squillo del telefono. Il nome di suo figlio lampeggiava sul display.
“Ehi Taylor! Cosa succede? La nonna si è dimenticata di lasciarti le chiavi?”
“No mamma. Niente. Volevo solo chiederti, so che non ami il poco preavviso, ma Jake me l'ha appena detto. Nella sua squadra si è infortunato un giocatore e mi ha chiesto se lo potevo sostituire per la partita di stasera. Non farò tardi, la partita è alle sette”
“Ma guarda, proprio la fine del mio turno, credo che verrò anch'io alla partita Taylor, per svagarmi un po'”
“Non è necessario mamma. Tu sarai stanca dal lavoro, torna a casa e riposati, dirò alla nonna di lasciare la cena in caldo. E al mio ritorno ti racconterò tutto per filo e per segno, sarà come se fossi stata lì ...”
“Detective Carter? Le foto della scientifica” un agente porse a Joss una busta gialla e si allontanò dopo un sussurro di ringraziamento della donna.
Carter aprì la busta mentre stava ancora parlando con il figlio e ordinò le foto davanti a sé. Ennesime foto di violenza, sangue e morte. Il mondo non era perfetto ma ultimamente sembrava che tutto si fosse inasprito.
“D'accorodo Taylor, puoi andare alla partita, ma non ti assicuro la mia non presenza” guardando quelle foto Joss non poteva chiedersi se suo figlio fosse al sicuro ogni giorno, ma d'altronde lei era una madre, si sarebbe preoccupata comunque, anche se non fosse stata un poliziotto. Chiuse la telefonata con Taylor promettendogli che l'avrebbe richiamato quando sarebbe uscita dal lavoro, e cominciò ad osservare minuziosamente le foto della scena del crimine. L'omicidio di un procuratore era una patata bollente in ogni caso, che si fosse trattato di semplice rapina o no, come il suo sesto senso le faceva sospettare.


“Quel detective sta diventando un problema. Si sta occupando del caso del procuratore con troppo interesse. Scoprirà qualcosa! Dobbiamo fermarla!”
“Calmati Stills. La Carter è benvoluta da molte persone, la sua morte attirerebbe troppe attenzioni da parte dei poliziotti ancora puliti. Attenzioni che noi non vogliamo”
“Ma Simmons, se arriva troppo vicino ...”
“Non lo farà, anticiperemo le sue mosse”
“E come? Nessuno dei nostri uomini lavora a contatto con la Carter”
“Da adesso sì”


“Detective Carter? Sono il detective Lionel Fusco, il suo nuovo partner”
“Non mi avevano avvisato di un trasferimento”
“Nemmeno a me in realtà, ma a quanto pare stanno spostando molti uomini per far fronte ai numerosi crimini violenti che stanno avvenendo in città”
Il detective Fusco sistemò le sue cose sulla scrivania di fronte a quella di Joss mentre parlava, si sentiva addosso gli occhi della donna per tutto il tempo. Avevano ragione, non sarebbe stato facile conquistare la sua fiducia.
Carter e il suo nuovo collega cominciarono subito ad indagare sul caso del procuratore ucciso, alla fine tutto non sembrò una rapina ma un tentativo di vendetta. Fu proprio Fusco a trovare indizi che collegava l'uomo condannato dal procuratore, ma proprio quando furono ad un passo ad arrestarlo, fu coinvolto in un incidente autostradale e morì sul colpo. Il caso fu comunque archiviato e la squadra omicidi ricevette i riconoscimenti del capo della polizia.
“Ci siamo risparmiati qualche giorno in tribunale, eh Carter?” Fusco aveva appena finito di stillare il suo ultimo rapporto della giornata, ed era pronto a tornarsene a casa per rilassarsi di fronte la tv.
Anche Carter aveva finito di ordinare le scartoffie della giornata, tuttavia il rapporto del caso del procuratore giaceva ancora sulla sua scrivania e non in una delle scatole dell'archivio, tuttavia lei non poteva fare granchè in quella situazione, i piani alti avevano decretato il caso chiuso e meno di prove di più che valide non sarebbe stato riaperto.


“Quella donna deve sparire! E venuta al mio distretto l'altro giorno. Non so cosa stesse facendo ma la sua presenza non mi è piaciuta”
“Te l'ho già detto Stills. Presto della Carter non dovremo più preoccuparcene, ma ogni cosa ha bisogna del suo tempo”
“Devi stringere Simmons”
“Ogni cosa a suo tempo”


Il detective Molina sapeva che prima o poi avrebbe collaborato con la omicidi, le rapine su cui stava indagando avevano alla fine mietuto una vittima. Così quella mattina, l'uomo si era diretta dal detective Carter per mostrargli il video dell'ultima rapina, e ci fu una svolta, contra ogni sua aspettativa.
“La vedi questa? È una radio dell'esercito. Inoltre si muovono come gente addestrata. Gli uomini che cerchi sono professionisti. Con addestramento militare” Carter fermò il video e zoomo sul particolare della radio.
“Ne sei sicura?”
“Sì”
“E le radio? Dove possono essersele procurate. Un uomo all'interno dell'esercito?”
“Le attrezzature sono tutte controllate. Posso chiedere ad alcuni dei miei contatti se sanno qualcosa. Ti farò sapere”
“D'accordo. Allora ci riaggiorniamo detective”


La chiamata della rapina al magazzino prove arrivò alla Carter appena prima che salisse in macchina, spingendo sull'acceleratore, non impiegò molto ad arrivare sul luogo della rapina. Si stava preparando ad entrare quando la banda uscì dall'edificio sparando contro gli agenti appostati fuori.
Joss rispose al fuoco riuscendone a ferire a uno; l'uomo a terra fu abbandonato dai compagni che si allontanarono. Carter l'insegui, girò l'angolo, e vide un furgone nero. Cominciò a sparare, cercando di impedire ai rapinatori di scappare, questi risposero al fuoco ma poco dopo caddero a terra. Il furgone nero invece si allontanò a tutto gas. Carter si avvicinò cautamente agli uomini a terra, allontanò le pistole da loro e controllò se erano vivi.
“Detective!”
“Chiama un ambulanza e dirama una segnalazione per un furgone nero targato ...” uno sparo interruppe Joss, in lontananza le sirene delle auto della polizia.

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Capitolo 4
*** Fusco ***


FUSCO



“Assicurati che quella donna non esca dall'ospedale Fusco. Ha pestato i piedi a troppe persone”
Lionel chiuse la telefonata senza dire niente e mise in moto la macchina. Come era finito in quella situazione?
Mentre guidava lo sguardo gli cadde sulla foto di suo figlio. Cosa avrebbe pensato un giorno di suo padre? I poliziotti corrotti di basso livello, come lui, prima o poi vengono scoperti o vengono sacrificati per salvare la pelle a chi sta in alto, e quando sarebbe successo cosa avrebbe pensato quel ragazzo di suo padre?
Alcune volte pensava di voler lasciare l'HR, ma il pensiero così come era venuto, si diluegava immediatamente dalla sua testa, non si lascia l'HR se non in un sacco nero.



Le sirene dell'ambulanza cominciavano ad essere sempre più vicino, Jessica le avvertiva distintamente. Accanto a lei, medici e infermiere aspettavano il paziente, sapevano che era un poliziotto ed era in condizioni gravi.
Dopo pochi minuti i paramedici entrarono con la donna ferita, colpita alla schiena, forse non aveva nemmeno visto il suo assalitore.
Jessica aiutò a spostare il paziente dalla barella e seguiva le indicazioni dei medici, si fermò per un attimo ad osservarne il volto. Era giovane, forse della sua età.

“Il battito cardiaco sta scendendo”
“Il proiettile ha perforato il polmone sinistro, è ancora dentro. Avvisate la sala operatoria, stiamo salendo”
“Jessica prendi il defibrillatore”

Jessica, insieme ad un medico e ad un'altra infermiera, accompagnò la donna di sopra. Mentre erano in ascensore e lei controllava il battito cardiaco e la saturazione di ossigeno sul monitor, pregò che ce la facesse.
Certo, lei era un'infermiera, era abituata a tutto questo, ma quando si trovava davanti un poliziotto, un soldato, qualsiasi persona che nella vita portasse una divisa e che aveva scelto di mettere la sua vita al servizio degli altri, non poteva fare a meno di pensare a suo marito, il suo John.
I pensieri di Jessica furono ben presto interrotti dallo scampanellio dell'ascensore e dalle porte che si aprirono, davanti a loro gli infermieri della sala operatoria che presero in carico il paziente per prepararlo all'operazione.
Mentre loro si allontanavano, Jessica si ripromise di chiedere sue notizie più tardi, ora invece voleva solo chiamare John.

“Prendo le scale per tornare di sotto” disse alla collega. Le scale dell'ospedale erano interne, avrebbe avuto un po' di tranquillità per la sua telefonata. Compose il numero e attese che lui rispondesse, non ci volle molto.
“Pronto?”
“Ciao John. Puoi parlare?”
“Jessica. Sì, aspetta un attimo …. Sono qui, Jessica, cosa succede?”
“Niente. Ero curiosa di sapere come andasse questo tuo primo giorno”

Non parlarono a lungo, ognuno dei due doveva tornare al proprio lavoro ma quei pochi minuti bastarono a Jessica per dimenticare lo stress della mattinata. Poco prima di rientrare in reparto si soffermò a pensare come sarebbe potuta essere la sua vita senza John, se non l'avesse incontrato quel giorno in aeroporto, se lui non le avesse chiesto di aspettarlo, come sarebbe andata? Avrebbe preso il volo per tornare da Peter, l'avrebbe sposato? Forse sì, e poi? Non riusciva ad andare oltre, non riusciva ad immaginare una vita senza l'unica persona che la connetteva con il mondo. *



Fusco arrivò in ospedale che la Carter era ancora in sala operatoria. Le infermiere gli dissero che era grave e che forse non ce l'avrebbe fatta. Lionel si mise così ad aspettare lì fuori, tormentato da mille pensieri e alla fine non aveva più niente a cui pensare.
Tutto sommato la Carter era un bravo detective, chissà se forse lui le avesse parlato non sarebbe stato necessaria ucciderla …. no, Carter non avrebbe mai chinato la testa all'HR e alla corruzione, sarebbe morta piuttosto. E forse accadrà proprio così.
Fusco si allontanò per qualche minuto e quando tornò vicino alla sala operatoria, vi trovò il giovane figlio della Carter.

“Ehi! Tu devi essere Taylor. Io sono il detective Fusco” si presentò l'uomo
“Sì. Sono io. Tu sei il partner di mia madre? Ha già avuto notizie su di lei? Come sta?”
“Calma ragazzo”

Lionel spiegò a grandi linee la situazione al giovane, la sua incertezza sulla sua vita aumentava sempre più mentre guardava quel ragazzo che cercava di essere forte ma al contempo non riusciva a nascondere la paura.
Il telefono del detective squillò per l'ennesima volta, si allontanò per rispondere.

“Allora?”
“È ancora in sala operatoria. Le ferite sono gravi, i medici non sono ottimisti”
“Ricorda Fusco, non deve sopravvivere”
“Sì, ma perché devo farlo io? Sono il suo partner, i sospetti potrebbero ricadere su di me se qualcuno si accorgesse di qualcosa” Lionel cercava di tirarsi fuori, ma le sue scuse non erano che foglie al vento. “Potrebbe occuparsene Stills ...”
“Stills sarebbe sospettato ancor prima di te. E non ti preoccupare Fusco, nessuno ti vedrà nella camera della Carter”

Simmons chiuse la telefonata senza dare il tempo a Fusco di replicare ancora, tanto sarebbe stato inutile. L'HR aveva già deciso. Lionel stava per ritornare dal figlio della Carter quando il telefono squillò di nuovo. Il nome di suo figlio lampeggiava sul display.

“Ehi campione!”
“Ciao papà! Ti ricordi che domani sera dobbiamo andare a vedere la partita?”
“Certo! Cosa credi? Sono vecchio ma non ancora smemorato! Domani sera ti vengo a prendere alle sette, facciamo scorta di schifezze e poi dritti allo stadio”
“Sì! Non vedo l'ora papà!”
“Anch'io campione. Senti ora devo andare, sto ancora lavorando. Ti chiamo più tardi, d'accordo?”
“Sì, papà. Ciao!”
Suo figlio concluse la telefonata prima che lui potesse premere il tasto di termine, rimase per qualche secondo a guardare il telefono, lo strinse con più forza, poi lo rimise nella giacca.
Cosa doveva fare!?

Dopo molte ore Carter uscì dalla sala operatoria, Taylor rimase con la madre fino a quando un'infermiera non lo mandò a casa. Di fronte la stanza della detective furono messi due agenti di scorta.

Il giorno successivo, un ragazzo piangeva sua madre e un altro rimase ad aspettare invano il padre che non arrivò mai per portarlo allo stadio come promesso. Qualche giorno dopo il fiume glielo restituì.





Note Autore:
Un finale non certo lieto per Lionel e la Carter ma senza l'uomo con la giacca probabilmente Elias avrebbe avuto la strada spianata nella conquista di New York.

Per ora la storia si conclude qui, sto scrivendo un quinto capitolo incentrato su Root e Grace ma non so quando sarà pronto, perchè sarò impegnata con esami e concorsi, e diaciamecelo, Root non è un personaggio semplice da trattare e dovrò lavorarci parecchio su.

Alla prossima!!! ^__^






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