Il vento che ti porti dentro

di Susy07
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro. Il bacio. La negazione. ***
Capitolo 2: *** Il matrimonio. L'incidente. L'amore. ***



Capitolo 1
*** L'incontro. Il bacio. La negazione. ***


Note dell’autrice: 

Ciao ragazze! Allora, come state? E’ una vita che non ci sentivamo. Ebbene, oggi sono tornata. E’ da un po’ che volevo postare questa storia ed alla fine mi sono decisa. Questa è nata in realtà come una OS, ma essendo uscita davvero TROPPO lunga, ho deciso di tagliarla e di dividerla in due. Perciò questo è il primo capitolo, il secondo (che ho già scritto) arriverà in seguito, penso venerdì.

Per quanto riguarda le altre storie, sto prima cercando di finirle e poi posterò i restanti capitoli, in modo da non farvi aspettare troppo. Dunque, detto questo vi lascio alla storia, ricordatevi di dirmi cosa ne pensate che, come già sapete, mi fa sempre piacere leggere i vostri commenti e i vostri pensieri. 

Non so più cosa dire, perciò evito di dilungarmi, vi mando un grosso bacio, ci leggiamo più avanti! 

Susy

Il vento che ti porti dentro

 

L’incontro. Il bacio. La negazione. 

 

Dling. 

Il campanello mi avverte che un nuovo cliente è appena entrato nel negozio. E’ una donna sulla quarantina d’anni, molto alta e particolarmente bella per la sua età. E’ sola, e si stringe la borsetta al fianco destro come se in quel misero pezzo di stoffa fosse racchiusa tutta la sua vita. 

“Buongiorno” dico, con il mio miglior sorriso. “Vuole qualcosa?” le chiedo, stranita dal fatto che non mi abbia già dato l’ordine, per poi sparire dietro alla porta e divenire un’altra, banalissima cliente della quale, trascorsa una settimana, mi sarò scordata. 

“Oh, sì” esclama, come se tutto ad un tratto si fosse ricordata di essere in questo posto “Volevo ordinare una torta.” 

‘Ma no, non l’avrei mai detto!’ penso, chiedendomi mentalmente se la donna si sia resa conto di trovarsi in una pasticceria. 

Prendo il taccuino che custodisco nella tasca davanti del grembiule ed afferrata una penna dal bancone mi preparo a scrivere 

“Mi dica pure” la incito, già stanca della lentezza che sembra caratterizzarla. “Allora, vorrei una torta di compleanno, abbastanza grande. Solo che ancora non so come…” non le lascio terminare la frase. Le porgo un libro, che la donna inizia a sfogliare eccitata. 

Ogni tanto la vedo emozionarsi particolarmente per una delle immagini, ma continuare imperterrita alla ricerca della torta perfetta. La osservo attentamente, chiedendomi mentalmente per chi possa essere la sorpresa che la donna probabilmente sta cercando di organizzare.

Escludo l’idea di un bambino. Da quello che ho capito vuole una torta che sia almeno per una quindicina di persone. Che sia suo marito? Possibile. 

“Oh, questa è perfetta!” mi indica una torta, interamente fatta di panna e fragole. Devo ammettere che la donna ha buon gusto, dato che secondo il mio modesto parere quella che ha scelto è una delle migliori torte che prepariamo. 

“Okay, mi dica un indirizzo, o se preferisce venire lei…” scuote il capo “No, no, dovete consegnarmela voi. Venga giovedì, prima delle sei” mi porge un biglietto da visita. Lo guardo attentamente

“Chi compie gli anni?” forse sono stata troppo sfacciata, ma lei non sembra darci troppo peso “Mio figlio, Tomas. Compie 27 anni giovedì e dopo un anno finalmente torna a casa a trovare la sua famiglia. Sa, lui è un atleta. Gioca in un’importantissima squadra a livello internazionale. Non mi chieda che genere di ruolo abbia perché non ne ho la minima idea. So solo che il suo lavoro deve essere davvero molto importante per lui perché lo tiene impegnato 365 giorni l’anno. Ormai non ha neanche più tempo per tornare a casa. ” la sua voce è macchiata di malinconia ed i suoi occhi trasmettono tutta la tristezza che il resto del corpo cerca di nascondere. 

Si vede che vuole bene a suo figlio, che non riesce a capirlo, ma che nonostante ciò lo ami più della sua stessa vita. “Mi piacerebbe fargli una sorpresa, per fargli capire che ci manca e che ci piacerebbe averlo fra noi un po’ più spesso. Capisco che il suo lavoro sia importante, ma la famiglia non lo è forse di più?” mi domanda. 

“Già” rispondo solamente. La mia mente torna alla mia famiglia, al giorno in cui decisi di abbandonarla per inseguire il mio sogno di diventare una pasticciera professionista. 

Ci sentiamo spesso, al telefono, ma sono circa tre anni che non li vedo di persona. Questo perché loro sono troppo occupati per venire da me, ed io non ho ancora abbastanza soldi per poter tornare da loro definitivamente. Ho troppa paura di andare là in vacanza, perché è stata già dura una volta andarsene, probabilmente la seconda non la reggerei.  

A volte mi chiedo se loro sentano la mia mancanza e devo ammettere che spesso ho pensato che in realtà di me non gliene importi poi molto. E’ brutto, lo so, ma se davvero mi volessero bene adesso probabilmente sarebbero qui, no? Anzi, forse non mi avrebbero nemmeno lasciato partire. Tutto per colpa di uno sbaglio…

“Comunque so che ci vuole bene. Anche se è sempre via e non ce lo dimostra, tutti noi sappiamo che ci ama e che sarebbe perfino disposto a rinunciare alla sua squadra per renderci felici” mi dice, stavolta con un pizzico di orgoglio negli occhi. 

“Deve essere davvero una brava persona” le rispondo, non sapendo più come mettere fine a questa conversazione “Lo è, si fidi. Lo è” 

 

“Quindi, 30 cupcakes e 15 muffin. Perfetto, l’aspettiamo” riattacco al telefono, controllando con una fugace occhiata l’orologio, che segna le diciassette. 

Fra un’ ora dovrò consegnare la torta a casa Evans. 

Il telefono suona nuovamente e quando rispondo riconosco la voce della donna con la quale ho parlato una settimana fa. 

“Oh, va bene” dico, quando lei mi comunica che c’è stato un cambio di programma e che, di conseguenza, sarà il figlio a venire a ritirare la torta. 

Inizialmente trovo la cosa molto strana, dato che la festa a sorpresa in teoria è proprio per… Com’è che l’aveva chiamato? Toby? No, forse Tomas. Mi dico che in fondo non mi importa molto di quello che la donna sta progettando di fare, avendo già qualche problema mio da risolvere. 

Sono sola in negozio, con ben quattro torte da preparare entro la fine della giornata. Mi maledico per avere così tanto successo, ma poi mi pento anche solo di averci pensato, ricordandomi che moltissima gente spera di poter realizzare il proprio sogno e che di conseguenza non dovrei lamentarmi del fatto di esserci riuscita. 

Ripenso a tutto quello che ho passato per poter aprire questo piccolo negozio, che a poco a poco ha cominciato a crescere e a divenire conosciuto. Ora siamo i più famosi di New York, per quanto riguarda torte e dolciumi vari. 

Ho fatto tutto da sola. Avevo il mondo contro, ma ho stretto i denti e sono andata avanti, nonostante nessuno credesse in me. Adesso, guardandomi indietro, posso dire con orgoglio che io, Sara Martina Capitini ce l’ho fatta. Avevo un sogno, e l’ho realizzato, lavorando duramente e costruendo, giorno per giorno, quella che adesso è la mia vita. La mia bellissima e soddisfacente vita. 

Sono presa dai miei pensieri, quando qualcuno apre la porta d’ingresso, accompagnato dal solito “dling”. Alzo lo sguardo e il sorriso che nasce sulle mie labbra è totalmente naturale. 

“Tesoro, che ci fai qui?” le chiedo, sorpresa di vederla “E me lo chiedi pure? Sono venuta ad aiutarti. Mi spieghi cosa ti è saltato in mente? Perché hai mandato tutti a casa?” mi domanda, non capendo il mio bizzarro gesto. 

“Sono le cinque del pomeriggio, alle sei chiudiamo e non avevamo ordini. Pensavo che ormai nessuno si sarebbe più fatto vivo, invece…” sussurro, ammettendo il mio errore e chiedendole aiuto con lo sguardo.

“Invece?” mi sprona a continuare. Io alzo il taccuino e mostro i quattro ordini che nell’ultima mezz’ora sono stati fatti. “Accidenti, sei sicura che riusciremo a finire tutto?” mi domanda. 

“Sì, questi due…” glieli indico sul foglio “ Sono per domani mattina, perciò se non dovessimo riuscire a finire tutto, rimango io in negozio fino a stasera e completo ogni cosa.” la rassicuro.

Lei annuisce e dopo essersi legata i folti capelli rossi mi incita ad iniziare a metterci all’opera.

Martha, la migliore amica che io potessi mai sperare di avere. E’ l’unica che mi è sempre stata vicina, da quando vivo a New York. Lei ha trasformato parte del mio negozio e della mia vita, aggiungendo quel pizzico di follia e magia che cercavo. 

Alcune delle torte che più vendiamo sono opera sua, frutti delle idee improvvise di quella pazza streghetta che la notte, anziché dormire, era al lavoro in cucina, alla ricerca del dolce perfetto. 

La vedo stringere, con tutta la forza che possiede, le corde del grembiule attorno al suo esile corpo e non posso fare a meno di invidiarla un poco per l’enorme bellezza che la caratterizza. 

Occhi blu profondi, capelli ondulati e rossi, che vanno da tutte le parti, incontenibili, come in fondo anche lei stessa è. Martha è una forza della natura, un insieme di contraddizioni stranamente perfette che si incastrano per creare qualcosa di meraviglioso quale è il suo carattere. Forte, ma docile allo stesso tempo. Con il sorriso sempre sulle labbra, e quella voglia di fare che la caratterizza da sempre. 

E’ conosciuta per la fila di uomini che ogni giorno provano ad attirare le sue attenzioni con fiori, cioccolatini e chi più ne ha più ne metta. Ma lei non vuole nessuno, tranne lui. Jack. 

E’ perdutamente, follemente innamorata di lui. 

Quel genere di amore che ti spinge a fare qualsiasi cosa, pur di rendere felice l’altro. Quel genere di amore che ti fa mettere da parte te stessa, per donarti all’altro. Ed il fatto più incredibile è che lui non la degna di uno sguardo. 

Martha potrebbe decidere di avere al suo fianco chiunque, eppure vuole l’unico che non sembra degnarla di particolari attenzioni. Chissà, forse è proprio questo suo non desiderarla, che la attrae in questo modo. L’unica cosa certa è che lei sta facendo di tutto per dimenticarselo, perché è stufa di soffrire e di stare male. 

 

Dopo un’ora in cui abbiamo fatto di tutto per finire in tempo le torte che avevamo in programma, posso dire di essere finalmente soddisfatta. 

Sono seduta al bancone, che mi riposo. Martha è già andata a casa, anche perché in teoria questo doveva essere il suo giorno libero e mi pento di essere stata così imprudente da mandare a casa Rose e Nick questo pomeriggio e di averle, di conseguenza, rovinato la mini vacanza che si era guadagnata. Mi riprometto di darle altre ferie più avanti, per farmi perdonare, quando un’illuminazione mi fa ricordare della torta dei signori Evans. 

Osservo l’orologio. Sono già le sei, fra pochi minuti sarò costretta a chiudere il locale ed il figlio non è ancora stato qui per ritirare la gigantesca torta, per la quale ho sudato sangue e sudore. Se il ragazzo non verrà a ritirarla, tutto il mio lavoro, il tempo che avrò impiegato nel fare quella meraviglia sarà stato sprecato e la cosa mi fa più che imbestialire. 

Decido di aspettare altri venti minuti, prima di chiudere il negozio. Ma quando cominciano ad avvicinarsi le diciotto e trenta, penso di mandare tutto a fare in culo e di tornarmene finalmente a casa. 

Spengo tutte le luci, dò un’ultima controllata in giro e finalmente mi infilo il cappotto, giro il cartello su “chiuso” ed esco. 

Comincio a cercare le chiavi della porta nella più totale confusione quale è la mia borsa, quando qualcuno mi ferma 

“No, aspetta. Ti prego, so che sono in tremendo ritardo, ma ti prego, dammi la torta” le parole arrivano al mio cervello in maniera confusa e forse anche leggermente distorta. 

Insomma, non ho capito un accidenti di quello che abbia detto. Alzo il viso e lo guardo, alto ed imponente, con il terrore negli occhi, di un azzurro molto simile al colore del cielo. 

“Scusi?” chiedo “La torta” dice solamente, stavolta un po’ più calmo ed in modo che io possa capire. 

“Il negozio è chiuso. Ma a quale torta si riferisce?” gli domanda. 

“Mia madre è stata qui qualche giorno fa per ordinare una torta… Che io abbia sbagliato negozio?” le sue guance cominciano ad imporporarsi leggermente, rendendolo buffo e … Carino(?).

All’improvviso mi ricordo tutto “La signora Evans, intende?” 

“Sì, proprio lei” mi risponde e riconosco la stessa emozione della madre nel figlio. “Ha idea di che ore siano? L’ho aspettata mezz’ora, signor Evans!” lo rimprovero. 

“Mi scusi, ma ho avuto un problema con l’aereo e… Non ho giustificazione, ha ragione, ma sono disposto a pagarla il doppio, la prego.” assottiglio lo sguardo e saranno stati i suoi bellissimi occhi, la sua altura imponente, oppure quel dolce e buffo broncio che mette in scena, ma decido di aprire la porta e farlo entrare. 

“Grazie mille, non ha idea di che favore mi stia facendo!” 

“La smetta di ringraziarmi, lo faccio solo perché non mi va di sprecare quella fantastica torta” dico forse un po’ troppo stronza nei suoi riguardanti. Infondo non mi ha fatto niente questo poveretto! 

Lo faccio accomodare ad un dei tavolini, nel frattempo accendo nuovamente tutte le luci del negozio e, dopo essermi velocemente spogliata del cappotto, mi dirigo verso il frigorifero, dal quale estraggo, con molta fatica la torta. La appoggio sul tavolo e, dopo aver preso tutto l’occorrente, inizio ad incartarla. 

Sento dei passi avvicinarsi, e quando alzo lo sguardo Tomas è lì che mi fissa, appoggiato allo stipite della porta, fiero nella sua potente ma elegante altura. I capelli castani, non troppo lunghi, ma abbastanza da decidere da soli dove andare, leggermente più corti ai lati. Gli occhi azzurrissimi, talmente limpidi che mi ci potrei perdere. 

Il mio sguardo scorre su tutto il suo corpo e mi ritrovo a chiedermi cosa possa nascondersi sotto quel maglione di lana e quei jeans troppo costosi per essere anche solo lontanamente guardati. Deve guadagnare molto per poterseli permettere. 

“Wow, è quella la torta?” mi domanda. Annuisco solamente, rendendomi conto di essere stata abbastanza maleducata nei suoi confronti. Lui mi si avvicina “Ti serve una mano?” mi chiede, indicando il fiocco che è ormai una buona decina di minuti che tento di realizzare. Mi mordicchio il labbro “Sai, di solito è la mia collega che si occupa di…” tento di dire. Lui mi rivolge un ampio sorriso ed io arrossisco leggermente sotto la potenza del suo sguardo. 

Mi si avvicina ed io mi sposto per lasciargli tutto lo spazio di cui necessita per poter finire di confezionare la torta. L’ atmosfera tra di noi sta lentamente cambiando ed io posso percepire l’attrazione che aleggia nell’aria. 

“Fatto!” esclama, come se avesse appena concluso di costruire la Torre Eiffel. Il lato destro delle mia labbra si incurva leggermente e quando Tomas si volta posso sentire il suo sguardo posarsi sulla mia guancia “Hai le fossette…” sussurra, come se fosse un segreto. 

Rimaniamo per qualche secondo a fissarci, in silenzio. Sono io a spezzare il ghiaccio e di conseguenza il momento di leggera intimità che si stava venendo a creare “Ora è meglio che tu vada, è tardi e sinceramente voglio tornare a casa” dico, mentre la mia testa non fa altro che urlarmi il contrario. 

Sembra dispiaciuto, o forse deluso “Certo” sussurra appena, ma proprio come ho fatto con la madre, posso vedere un velo di leggera tristezza nei suoi occhi, un po’ più spenti rispetto a quelli che fino a poco fa brillavano di luce propria. 

Torniamo nella sala d’ingresso ed io mi dirigo al bancone, per segnare sulla cassa il costo della torta “Quanto è?” mi domanda “$20”.

Me ne porge 40 “Ma…” non mi lascia terminare “Ti avevo promesso che ti avrei pagato il doppio, se mi avessi lasciato entrare” mi ricorda. Scuotendo il capo prendo i soldi, faccio lo scontrino e gli torno il resto “Stai solo sprecando soldi” gli dico, rifiutandomi categoricamente di prenderli. Sembra che stia per ribattere, ma lo precedo “Non serve, davvero.” la rassicuro, col tono più dolce che riesca a fare. Tomas si lascia convincere, prende la torta e se ne va, salutandomi con un “Arrivederci” appena sussurrato, ma che percepisco chiaramente. 

 

2 mesi dopo…

 

Guardo soddisfatta il negozio, che da oggi in poi sarà anche bar e gelateria ed un pizzico di orgoglio mi fa brillare gli occhi. Finalmente ho ciò che volevo, ciò per cui ho lottato con tutte le mie forze. Il mio negozio è fantastico, è tutto ciò che desideravo… Mi viene quasi da piangere se penso che finalmente ho realizzato il mio sogno. 

Dling. 

Il primo cliente della giornata. E’ una donna che avrà più o meno 24 anni, che stringe la mano di un bambino. Si accomoda al prima tavolino che vede e fa sedere accanto a sé quello che presumo essere suo figlio, raccomandandogli di stare calmo e tranquillo. 

Chiamo Rose, la quale, armatasi di taccuino e penna si dirige verso di loro e prende le ordinazioni. Osservo attentamente il bambino, dai biondissimi capelli ricci, che si diverte a giocare con la cerniera della borsa della mamma e mi fa moltissima tenerezza. Rose torna da me e si mette immediatamente all’opera. Prepara un cappuccino, poi prende due brioche alla crema e torna dall’allegra famigliola. 

Appena la donna dà un morso alla sua brioche, un altro cliente entra nel negozio, che poco a poco va sempre più riempiendosi. 

Sono le dieci quando decido di dare a Rose una pausa. Lei esce dalla porta sul retro, per andare a fumare una sigaretta ed io rimango solo con Nick. 

Nick è simpatico, bassino, magro e con i capelli neri cortissimi. E’ dolce, ha un bel viso e penso che qualsiasi donna lo verrebbe al suo fianco, se non fosse per il fatto che è gay. Anzi, super gay. E non si fa problemi nel nasconderlo. Questa è una delle tante cose che mi piacciono di lui. Non gliene importa niente di quello che pensano gli altri, l’unica cosa che lo preoccupa è piacere a sé stesso. E sì, direi che si piace abbastanza, considerando come ogni giorno si specchi e si dia un bacio da solo. 

“Ehi, bellissima” mi viene a chiamare, mentre io sono intenta a ricoprire una torta margherita con la pasta di zucchero “Non posso Nick, non adesso” dico. 

“Non potresti neanche se ti dicessi che è appena entrato un bel pezzo di manzo?”  domanda “No, neanche in quel caso” 

“Nemmeno se quest’ultimo chiedesse di te?” sbuffo, ben sapendo che solo nei miei sogni un bel ragazzo viene a chiedere di me “No” dico, secca. 

“Oh, beh, allora gli dico che non puoi, ma poi non venire a lamentarti da me se perdi l’occasione” alzo immediatamente lo sguardo “Nick!” lo chiamo e lui si volta con un sorriso che di casto non ha proprio nulla. 

“Sì, tesoro?” 

“Davvero qualcuno sta chiedendo di me, o mi stavi prendendo per il culo?” lui mi fa segno di dargli la pasta di zucchero che tengo tra le mani ed io, dopo essermi pulita le mani nel grembiule mi accingo ad uscire dalla cucina, per andare a vedere chi sia questo presunto figo che quest’oggi sta chiedendo di me. 

La mia mante vola a quella fredda sera di due mesi fa, nella quale ho incontrato Tomas. Che sia lui? Ammetto che una parte di me spera, anzi prega che sia Tomas il ragazzo che è entrato e che ha chiesto di me. Aspettativa che mi lascia alquanto con l’amaro in bocca, quando, varcata la soglia, mi rendo conto che in realtà colui che mi sta cercando è Chris. 

“Ciao Chris, che c’è?” gli dico, abbastanza isterica. 

“Ti volevo solo ricordare che stasera c’è la riunione dei condomini. Te lo scordi tutte le volte, così ho preferito venire di persona per assicurarmi del fatto che tu ci sia.” annuisco. Lui fa per andarsene, ma alla fine si volta, mi guarda e dice tutto d’un fiato “Ti va di uscire con me, domani?” rimango un attimo a fissarlo. 

Non è una sorpresa questo suo invito, dato che è da almeno sei mesi che Chris mi giro intorno, ma sinceramente non ho mai neanche provato ad immaginare cosa avrei potuto rispondergli se mai davvero si fosse deciso ad invitarmi. Sì, è un bel ragazzo, ma… Non lo so, non ha quel qualcosa che di solito mi spinge a voler conoscere maggiormente una persona. 

“Io…” sto per rispondergli, quando il solito, classico “dling” mi fa alzare lo sguardo e la visione che mi compare davanti mi fa pensare che infondo ne è valsa la pena, di aspettare 2 mesi per rivederlo “Scusa, ma non posso” lo liquido in fretta. 

Lui, deluso, si volta e se ne va. Tomas si fa avanti “Ehi, sei tu” dice. Gli sorrido emozionata, ma cercando di non far trasparire tutta la felicità che provo nel rivederlo qui “Allora, vorrei una brioche alla crema e un caffè. Mi siedo lì, va bene?” mi domanda, indicandomi un tavolino poco lontano dal bancone “Certo, arrivo subito”. 

E’ ancora più bello di quello che mi ricordavo, con le gambe fasciate dai pantaloni neri e la camicia bianca, lasciata leggermente aperta sul davanti. Da lì posso intravedere un accenno di pettorali, ed in questo momento sarei disposta a tutto pur di vederlo senza quel tessuto. Magari soli, magari nella mia camera da letto. 

Okay, basta Sara. Stai esagerando. 

Preparo il caffè, prendo la brioche e mi avvicino al suo tavolo, dove lui mi aspetta sornione. Gli porgo la colazione, ma quando provo ad allontanarmi lui prende il mio polso e mi chiede “Tu non fai mai una pausa?” l’osservo, quasi incantata, poi d’un tratto mi sveglio e mi ricordo che mi ha fatto una domanda. Mi volto per guardare l’orologio, controlla la clientela e mi dico che sì, una pausetta me la merito. 

“Hai ragione. E’ da un po’ che lavoro, posso anche riposarmi per dieci minuti” mi volto, a malincuore, e mi dirigo verso la cucina, dove dico a Nick ed al resto dello staff che mi prendo un po’ di tempo. 

A quel punto mi sorge un dubbio, vado da lui? Oppure esco dal retro e sto lì un po’. Non so più cosa fare, sono in completa confusione. Poi mi ricordo che sono una donna, che ho 26 anni e non 13 e che di conseguenza non dovrei farmi prendere così tanto! 

Torno in sala e mi dirigo verso Tomas, con passo svelto e deciso. Lui mi rivolge uno dei sorrisi più belli che abbia mai visto e mi fa segno di sedermi. 

“Allora, com’è possibile che in due mesi tu abbia trasformato una pasticceria in un bar?” mi domanda. Io mi sbrigo a correggerlo “Ti sbagli, il mio non è solo un bar, è anche una gelateria ed una pasticceria. Perciò se mai avessi voglia di torta, sai a chi rivolgerti” scoppia a ridere, e quasi senza volerlo mi ritrovo a pensare di non aver mai visto una cosa più bella. “Hai ragione, scusa” dice, alzando le mani in segno di pace. 

“Con tutto quello che hai da fare qui…” continua “Il tuo ragazzo sarà super geloso” glielo dico subito che sono single? 

“Perché dovrebbe?” decido di vedere come risponde, per poi dirgli che effettivamente un fidanzato ancora non ce l’ho “Beh, sai… Sei una bella ragazza, hai successo, sei…” si ferma e sembra quasi che stia trattenendo il respiro. Alla fine butta fuori tutto “Sei molto bella” sussurra. 

“Grazie” rispondo solamente e di nuovo cala quel silenzio in cui non facciamo altro che guardarci. Questa volta, al contrario della prima, è lui a spezzare il ghiaccio “La tua famiglia sarà molto orgogliosa di te” constata. 

Un sorriso malinconico prende forma sul mio viso “Hai detto due cose nell’arco di due minuti, ed entrambe sbagliate. Non devi essere un grande indovino” si poggia teatralmente una mano sul cuore “Mi sento offeso” dice, facendomi ridere. 

“Allora, illuminami. Perché la tua famiglia non dovrebbe essere orgogliosa ed il tuo ragazzo geloso?” sospiro leggermente e abbasso lo sguardo, per evitare di incontrare il suo “Sul ragazzo hai sbagliato proprio tutto” inarca un sopracciglio, curioso. 

“Come fa una persona ad essere gelosa se non esiste?” gli domando. Sembra sorpreso da questa mia spiegazione, ma allo stesso tempo quasi… Felice, oserei dire. “Per quanto riguarda la famiglia, è una storia lunga.” gli dico solamente. 

“Del genere, sono orgogliosi ma ti rimproverano di non tornare mai a casa? Ne so qualcosa di situazione difficili in casa, fidati.” 

“Oh, lo so. Tua madre me ne ha parlato” lui sbuffa, quasi innervosito 

“Sì, non fa altro che raccontare in giro questa storia” mi dispiace del fatto che si stia arrabbiando con la madre, anche perché lei infondo non ha fatto nulla di sbagliato.

“Perché la prendi in modo così negativo?” 

“Mi dà un po’ fastidio il fatto di non essere libero di fare ciò che voglio.” spiega, non aggiungendo altro. 

“Per questo te ne sei andato?” gli domando, forse un po’ troppo impertinente. 

“No. Me ne sono andato perché amavo ciò che facevo, me ne sono andato per un sogno e ora che l’ho realizzato vorrei solo che loro fossero un po’ più orgogliosi” l’ho toccato, lo sento. E’ come se avessi smosso un qualcosa dentro di lui. Probabilmente ho rispolverato un vecchio libro che se ne stava a riposo da troppo tempo. 

“Sai, tua madre mi piace” dico così, all’improvviso. Lui inarca un sopracciglio, cosa che, ho notato, fa spesso. 

“Si vede che ti vuole bene, anche se tu non lo capisci” i suoi occhi si fissano nei miei, come se potessero leggere nella mia anima. Mi guarda e basta e mai, nella mia vita, mi sono sentita così nuda e alla mercé di qualcuno. E’ meraviglioso e terribile allo stesso tempo. 

“Tu non mi hai detto nulla di te, però…” dice, ad un tratto. “Non c’è molto da dire” spiego immediatamente “Qualcosa invece mi urla che tu avresti molte cose da dire, ma che preferisci tacere”. Mi mordo l’interno della guancia “Devo riprendere a lavorare” e mi alzo, senza aspettare una sua risposta. Mi alzo, con la consapevolezza che Tomas, se volesse, potrebbe farmi sua, in tutti i sensi. 

Mi fa paura, perché non mi è mai capitato di non avere il controllo della situazione. Mi spaventa, perché una relazione adesso è l’ultima cosa che mi serve. 

 

“Vai pure Nick. Fra poco chiudo e me ne torno a casa” gli dico con un sorriso “Sicura? Se vuoi finisco io di pulire” prova a convincermi, ma io non demordo “Ho detto che puoi andare, non c’è bisogno che ti rovini la serata solo per farmi un favore. Tanto io non ho niente da fare” dico, con un po’ di tristezza nella voce. E’ brutto stare sempre da soli, non avere mai qualcuno che guarda un film con te la sera, quando sei troppo stanca per uscire, o che ti fa le coccole quando sei malata. 

“Okay, allora ciao. Ci vediamo domani” e mi fa l’occhiolino, prima di scomparire dietro la porta. 

Finisco di pulire il piano di lavoro e poi mi siedo vicino al bancone, ad osservare il mio negozio. Questo è il posto che preferisco in assoluto, questa è veramente casa mia, il luogo dove posso essere me stessa senza paura di essere giudicata. L’ unica cosa che mi rende triste è il fatto che per realizzarlo ho dovuto pagare un prezzo forse troppo alto. Ho perso tutto ciò che avevo, per buttarmi come una pazza in un mare forse troppo immenso e che probabilmente mi avrebbe ingoiato. E invece ce l’ho fatta, a stare a galla e non c’è cosa che mi renda più orgogliosa. 

“Permesso” appena sento la sua voce alzo lo sguardo, quasi spaventata. Il cuore comincia a battere fortissimo e sono sicura di essere diventata rossa come un pomodoro “E tu che ci fai qui?” gli domando, con un tono quasi accusatorio. 

“Nulla, volevo chiederti se ti andava di bere qualcosa con me” scuoto il capo “Sono troppo stanca, Tomas.” sussurro “Allora rimaniamo qui” dice, fissandomi speranzoso. Mi guarda con quegli occhi così azzurri e non posso fare altro che sciogliermi e dimenticare tutto ciò che mi ero prefissata “Va bene” dico, facendogli segno di avvicinarsi.

“Comunque a me sembra ingiusto” esclama all’improvviso. “Cosa?” 

“Il fatto che tu sappia il mio nome, mentre io ancora non conosco il tuo” 

“Sara” dico, allungando la mia mano per stringere la sua. Quando la mia pelle tocca la sua, una scarica di brividi si propaga per tutto il mio corpo. 

“Bel nome” sussurra “Italiano?” io annuisco “Sì. Mia madre è originaria dell’Italia, loro vivono là” 

“E perché sei venuta qui, tu?” 

“In Italia probabilmente non avrei mai avuto lo stesso successo che ho qua. E poi non mi avrebbero aiutata comunque, perciò…” 

“Perché dici questo?” mi chiede. 

“Perché ti importa?” abbassa lo sguardo, quasi dispiaciuto. Forse sono stata troppo cattiva. “Scusa” dice solo, per poi riprendere la conversazione come se niente fosse “Non hai qualcosa da mangiare? Sto morendo di fame” 

“Non lo so, forse mi è avanzata un po’ di torta” mi alzo, dirigendomi al frigorifero nell’altra sala. Quando mi volto, dispiaciuta del fatto che non ci sia niente, me lo ritrovo appiccicato. 

Mi ha praticamente rinchiusa tra lui ed il frigorifero. Le sue braccia sono poggiate ai lati della mia testa ed il suo viso è incredibilmente vicino al mio. Troppo vicino. 

“Che fai?” sussurro. Tomas poggia un dito sulle mie labbra, seguendo il contorno di quest’ultime. 

“Che mi hai fatto?” non capisco se la sua domanda sia rivolta a me, oppure a chissà chi. “Non ho fatto nulla” rispondo, come un stupida, non sapendo più cosa fare. 

“Non è vero. Mi hai incantato Sara, mi hai soggiogato. Non riesco più a smettere di pensarti.” ed in un attimo le sue labbra sono sulle mie. 

Sono delicate, per nulla violente. Sembra che stia aspettando che io mi sposti e gli dia uno schiaffo, ma in realtà la ninfomane che c’è in me ha aspettato questo momento dal primo istante in cui l’ha visto. Le mie mani volano ai suoi capelli e lo spingono maggiormente contro di me. Sono io ad approfondire il bacio, sono io a volere di più. E lui mi dà tutto se stesso in questo bacio, lo so, lo sento. Sento le nostre anime incontrarsi, accarezzarsi, amarsi. Non mi è mai capitato con nessuno e la cosa mi spaventa molto. 

Sono io a staccarmi “Fermo Tomas” quasi lo imploro “Non possiamo” 

“Cosa? Perché?” domanda, devastato. Io abbasso il capo, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi e dirgli la verità “Vai via, Tomas” sono una codarda, lo so, ma non posso fare altrimenti. Ho paura, non ho voglia di soffrire. 

“No, Sara. Voglio capire che cos’è successo” dice, quasi autoritario “Dimmi la verità, adesso!” il tono della sua voce è freddo, spietato. Vuole sapere cosa mi passa per la testa, ma io sono davvero pronto ad aprirmi? 

“E’ semplice, non ti voglio” dico, cattiva. Ed è un’enorme bugia, di cui probabilmente mi pentirò per tutta la vita. 

“Menti” lo capisce ovviamente, e mi dò della stupida anche solo per aver provato a mentirgli così spudoratamente. Lui mi afferra il mento e lo alza. Costringe il mio sguardo ad immergersi nel suo “Voglio la verità, adesso…” sussurra, più dolce, più delicato. 

“La verità è che non sono la ragazza giusta per te” dico e stavolta lo penso davvero. 

“Perché?” non capisce, ma come potrebbe? Nemmeno mia madre è mai riuscita a capirmi, come può farlo lui? 

“Perché è così. Io sono fatta per stare da sola, Tomas. E tu sei tanto dolce, quanto romantico. Siamo due caratteri troppo diversi, siamo incompatibili. Io non la voglio una relazione, Tomas.” 

“Neanche io!” si affretta a dire, ma non ci crede nemmeno lui probabilmente. Scuoto il capo “Andiamo, sai pure tu che non è vero” lui mi lascia. 

“Beh, sì. Io voglio una relazione, ma se non è quello che desideri in questo momento, sono disposto ad aspettarti” 

“E’ questo il problema. Non la voglio adesso, come non la vorrò mai. C’è un motivo se me ne sono andata, c’è un motivo se vivo sola. Io sto bene così e sì, c’è una parte di me che desidera avere una vita normale, con un marito perfetto e dei figli che giocano per casa. Ma la verità è che quella vita non fa per me. Tu non fai per me. E non voglio illuderti, dirti che oltre al sesso posso darti di più, perché non è così. Io sono fatta così e, fidati, ho desiderato spesso di essere diversa, ma purtroppo…” una lacrima solca il mio viso.

“A me piace come sei fatta” dice “E a me piace come sei fatto tu, ma dobbiamo essere realisti e capire che non siamo fatti l’uno per l’altra. Soffriremmo solamente.” 

“Ma io sto male senza di te” 

“Troverai qualcuno che trasformerà quel dolore in gioia e quel giorno, fidati, mi ringrazierai” 

“Va bene, però ti prego, restiamo almeno amici.” 

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Capitolo 2
*** Il matrimonio. L'incidente. L'amore. ***


Note dell’autrice…

Ed eccomi qua! Ebbene, questo è l’altro pezzo della storia. Che ne pensate? 

Mi dispiace che il primo capitolo non abbia riscosso molto successo, forse sono stata io che non sono stata abbastanza brava ad attirare la vostra attenzione, ma non importa. Spero solo che quest’ultimo capitolo possa piacere a chi ha avuto la pazienza di leggere il primo. 

Voglio ringraziare Young50 e Mugiwara_no_Tales, le ragazze che hanno recensito. Non avete idea di quanto mi abbia fatto piacere:) 

Adesso vi lascio, chiedendovi, se mai leggerete questa storia, di farmelo sapere con una recensione. Accetto anche consigli e critiche. Un bacione,

Susy

Il vento che ti porti dentro

Il matrimonio. L’incidente. L’amore. 


3 anni dopo…

“Forza, sbrigati” lo incito “Siamo in ritardo, quello è perso senza di me!” esclamo. Nick mi segue, ma quando arriviamo al suo piano, lui si ferma e mi guarda. Ed io capisco, capisco di doverlo fare da sola. 

Cammino lungo il corridoio, arrivo alla sua stanza. 345. Busso, la sua voce che dice di farmi avanti. Apro la porta ed eccolo lì, bello come nessun altro, nel fantastico smoking nero. 

Mi viene incontro e mi abbraccia “Sono felice che tu sia arrivata” è agitato, lo capisco dalla sua voce “All’inizio pensavo volessi abbandonarmi proprio adesso” e ride, forse un po’ troppo isterico. 

“No, non lo farei mai” lui mi guarda da capo a piedi “Sei bellissima così” e mi sorride. 

E’ bellissimo, specialmente in questo momento, con gli occhi lucidi e la confusione nella testa. 

“Sei pronto?” gli chiedo, prendendogli le mani. Lui annuisce “Sì. Sono pronto, perché sono sicuro della mia scelta.” gli sorrido col cuore “Allora io vado, ci vediamo dopo” sto per andare, ma lui mi afferra il polso e mi stampa un bacio sulla guancia. 

Chiudo la porta alla mie spalle e sospiro. 




I fiori, il profumo di arancio che aleggia nell’aria, gli invitati, le mamme e le nonne con gli occhi lucidi ed i bambini che corrono e saltano ovunque. Mi piacciono i matrimoni, non particolarmente ma sì, direi che vanno bene. L’ agitazione si percepisce nell’aria e quando entro nell’immensa chiesa e vedo gli occhi di Tomas, capisco che non ce la fa più. Vuole sposarsi e andarsene, scappare via e vivere una nuova vita. 

Poi la classica musica del piano che segna l’entrata della sposa ed eccola lì, bellissima, con i suoi capelli rossi e svolazzanti. 

Per un attimo mi viene da pensare che in questo momento potrei esserci io lì, emozionata, che va incontro al suo fantastico futuro con una persona meravigliosa come Tomas. 

Ma io gli ho detto di no. Io l’ho rifiutato e lui è andato avanti. Poi ha conosciuto Martha e si sono innamorati. 

La guardo, meravigliosa, che appena arriva davanti all’altare stringe le mani di Tomas e gli sorride. Nick, alle mie spalle, posa una sua mano sulla mia, quasi volesse darmi coraggio. 

“Sono felice per loro” gli sussurro in un orecchio “Sì, e io ci credo. So che stai soffrendo, ma passerà anche questa” già, il tempo guarisce le ferite, ma le cicatrici no. E Tomas è un’enorme, dolorosa cicatrice. 

Ripenso a quel giorno, in cui mi baciò ed io lo rifiutai. L’ho fatto per lui, perché tutt’ora penso che siamo davvero incompatibili. Però c’è una parte del mio cuore che un po’ ci spera ancora, in un nostro futuro insieme. Impossibile, dal momento che proprio in questo instante si sta sposando. Eppure quella scintilla, quella piccola ed innocente speranza non muore mai. Rimane sempre lì, in attesa che qualcosa la faccia esplodere. 

Qualcosa che mai arriverà. 




“Vorrei proporre un brindisi per Tomas e Martha. Ragazzi, siete la coppia più bella del mondo” urla Anthony, un amico di vecchia data di Tomas, alzando in aria un bicchiere di champagne. Tutti lo imitano e poi partono le risate, le chiacchiere. Il mangiare insieme e il volersi divertire, per una sera, dopo tanto tempo. 

Io sono seduta vicino a Nick, che divora la torta “Come sempre, siamo i migliori in fatto di dolci” gli sorrido, ma deve capire che non sono in vena di divertirmi perché mi guarda e l’unica cosa che fa è appoggiarmi una mano sulla spalla.

“Vado un attimo in bagno” sussurro, non potendone più di tutta questa gente che si diverte, mentre io sto morendo dentro. Mi chiudo in bagno ed inizio a piangere, senza neanche tentare di trattenermi. Alla fine mi sciacquo il viso, rifaccio il trucco e poi torno in sala. Mi risiedo al mio posto e mi accorgo che gli altri invitati sono ormai tutti in pista. 

Ma io non ho voglia di ballare, non adesso. 

Sono stata così sciocca, a buttare via in questo modo la mia vita. Non volevi una relazione e guardati, ora sei sola come non mai. Sola come nessuno meriterebbe di stare. Ma ce la farai, è dura, certo, ma di muri ne hai scavalcati tanti, questo non è altro che l’ennesimo. Toccherò il fondo, pensando che non riuscirò mai più a tornare come prima, poi risorgerò dalle ceneri, mi darò coraggio da sola, mi asciugherò le lacrime e continuerò con la mia solita e forse un po’ monotona vita. 

La vita che hai voluto tu, che ti ha dato così tante soddisfazioni, ma anche così tanto dolore. 

“Ehi” Tomas si siede accanto a me “Che hai? Pensavo saresti stata più felice” gli sorrido “Oh, lo sono. Ho solo un po’ di sonno, tutto qua. Sai che non sono abituata a stare alzata così tante ore” lui ride “Già, sei una pigrona” io annuisco e lui capisce. Capisce che c’è qualcosa che non va. 

“Sara” mi chiama “So che non mi dirai mai ciò che hai veramente e non ti chiedo di farlo, perché sarebbe inutile. L’unica cosa che ti domando è di lottare, di non farti abbattere perché tu sei forte e lo supererai.” annuisco nuovamente “Lo so, ma stavolta è più dura di quanto pensassi” mi si avvicina un po’. 

“Non ti capirò mai, vero?” gli sorrido, tirandogli una guancia “Probabile, sì” 

“Eppure mi piacerebbe” 

“Cosa?”

“Comprendere la tempesta che hai dentro. Quel vento che ti smuove ogni cosa. So che non hai mai permesso a nessuno di farlo, di vedere cosa c’è oltre la tua maschera di freddezza. Ma a volte mi piacerebbe che quel vento che ti porti dentro si liberasse. Saresti molto più felice e tranquilla” 

“Lo so, ma tu sai meglio di me che sono masochista come pochi” sorride leggermente. 

“Sì, lo so. Ma ti prego, Sara, ti scongiuro, dai la possibilità a qualcuno di conoscerti per quello che sei veramente. Basta scappare, basta nascondersi. Tu hai molto da donare ed il mondo è pieno di bravi ragazzi. Prova ad aprirti un po’ di più, sono stanco di vederti sola e triste.” 

Sola e triste. E’ così che appaio? Sto per rispondergli, ma Martha si intromette “Tomas, vieni a ballare!” lo chiama dalla pista. Lui le annuisce “Adesso vado, la mia signora mi chiama” si alza e scompare tra la folla. 

Ed eccomi qua, dopo una vita di soddisfazioni lavorative mi ritrovo al matrimonio del mio migliore amico, del quale sono innamorata e che si è appena sposato con la mia migliore amica, sola e triste. Triste come poche volte nella vita sono stata. Era davvero questo che sognavo per me?

No, ma ho messo da parte tutto per avere successo nel campo della pasticceria. Ho messo da parte anche me stessa, pur di arrivare all’obiettivo che mi ero prefissata. Ed adesso questo è ciò che mi merito. 

Tomas ha ragione, devo smetterla di chiudermi. Voglio un uomo nella mia vita e lo troverò, costi quel che costi. 


2 anni dopo…



 

“No, dai, smettila” urlo, mentre John tenta di sporcarmi la faccia di panna, cosa che alla fine riesce a fare. “Che brutto bastardo!” lo rimprovero, ma lui mi afferra per la vita, avvicinandomi a sé e mi schiocca un sonoro bacio sulla guancia. 

Io gli prendo il viso e mi specchio nei suoi profondissimi occhi neri. Sono così belli… Magnetici. 

“Ti amo” due parole che scombussolano tutto il mio mondo. 

5 lettere che mi cambiano la vita, forse in modo radicale. Non ho mai detto “ti amo” a nessuno e non penso di essere pronta a farlo. 

“Ehi, che hai?” mi domanda, quando vede la mia insicurezza. Mi ha toccato in un punto troppo fragile per pretendere che non mi rompessi. Mi stacco da lui “Nulla, tranquillo.” scuote il capo “Sei la solita. Non dici mai niente, ma pretendi di essere capita. Non fai trasparire mai nulla, ma vuoi che io trovi le soluzioni ai tuoi problemi impossibili” lo guardo acida

“Se non ti piaccio che ci fai qui, eh?” 

“Ti rendi conto, Sara, che ti ho appena detto di amarti?” 

“E tu ti rendi conto di pretendere un po’ troppo?” 

E rimane spiazzato. Fermo, immobile, che mi guarda e non capisce. Ci prova, certo, ma non ce la fa. Non riesce a capirmi. 

“Qual è il tuo problema, Sara? Che cos’ho che non ti va bene?” adesso pensa pure che la colpa sia sua. 

“Tu non hai niente, John. Sono io. Io ho qualcosa che non va” 

“Cosa, Sara. Che cos’hai?” mi guarda, punta i suoi occhioni nei miei e pretende la verità. Pretende di conoscere. Come posso spiegargli una cosa che pure io fatico a comprendere? 

Driiiiing. 

Il campanello arriva in mio soccorso e quando mi affaccio alla porta, Tomas mi abbraccia “Siete arrivati finalmente” dico, pensando che, forse, se fossero arrivati prima avrei anche potuto evitare la conversazione. Ma la verità è che scappo da troppo tempo ormai, e prima o poi mi toccherà affrontare le mie paure. Le mie terribili ed ansiose paure, che probabilmente esistono solo nella mia testa. 

Ci sediamo al tavolo e passiamo la serata a mangiare, ridere e scherzare. John sembra aver dimenticato la nostra conversazione, ma io no. Già so come andrà a finire. Litigheremo, lui se ne andrà. Forse per sempre, o forse per una notte. Questo nessuno può saperlo. 

A fine serata decido di voler restare un po’ da sola, perciò prendo la scusa della busta della spazzatura da buttare e mi dirigo alla porta. Ma Tomas mi ferma “Vengo anche io” mi dice ed in questo momento non me la sento di negarglielo.

Appena usciamo dall’appartamento lui inizia a parlare “E’ successo qualcosa, vero?” lo guardo “Sì” a lui non posso mentire, non dopo tutto il tempo che abbiamo passato insieme. “E non me lo racconterai” stavolta decido di non rispondere, non sapendo neanche io bene cosa fare. 

“Sai, pensavo di iniziare ad allenare i nuovi atleti” mi dice, riferendosi al nuovo lavoro che è riuscito a trovare. Deve entusiasmarlo davvero molto, perché solitamente non parla delle faccende lavorative durante il fine settimana. 

“Okay, te lo dico” me ne esco io, ad un tratto. Tomas mi guarda, forse un po’ incredulo. Non si aspettava neanche lui che cedessi con così tanta facilità.

“John mi ha detto di amarmi” mi basta dire questo e lui capisce. “Oh” sembra essere stupito quanto me “E tu?” abbasso il capo. 

“Tu non lo ami…” sussurra. E’ inutile negare, ormai mi conosce meglio di chiunque altro. “Io non so neanche che cos’è l’amore, Tomas. Tu lo sai, non ho provato mai niente di simile per nessuno” lo sento deglutire “Io ti conosco molto bene, Sara” dice “Ed in questo momento sento che mi stai mentendo. Non chiedermi il perché, non lo so, e non so nemmeno a quale frase io mi stia riferendo, ma sento che stai omettendo qualcosa. Qualcosa che magari tu stessa non vuoi ammettere” 

Ora basta, voglio dirgli tutto e mettere fine a questa ridicola faccenda. 

“Hai ragione, ho mentito. E l’ho fatto perché ho una paura fottuta di quello che ho dentro e per tanti anni ho fatto finta che i sentimenti che provo non esistessero. Ma io non ce la faccio più, Tomas.

Mi hai chiesto di far vedere quello che c’è oltre le mie barriere e le mie fissazione. Oltre me. Beh, la verità è che non c’è molto, se non una donna che ha paura di amare, pensando che non potrà mai essere amata. E no, io non amo John, ma so cosa vuol dire dare il proprio cuore a qualcuno, perché il mio l’ho già dato e sto aspettando ancora che mi sia tornato indietro” per la prima vola in vita mia sto finalmente dicendo tutto ciò che penso, sto mostrando quella che è la vera Sara. 

“Il problema è che questa persona mi è entrata dentro, mi si è appiccicata alle budella e non vuole più andarsene. E mi fa male, Tomas. Perché si sta prendendo tutto ciò che c’è di bello in me. E la verità è che le uniche cose belle che ho le devo a lui, perché non sarei niente, Tomas, proprio niente senza di lui. 

Ma so che non sarà mai mio e che questa violenta e corrosiva voglia che ho di lui, finirà coll’uccidermi.”

“Perché non potrà mai essere tuo?” mi chiede. 

“Perché appartiene già a qualcun altro” ed una lacrima riga il mio volto. Scende lenta, mi bagna la guancia e le labbra. 

“Chi è…” deglutisce rumorosamente “Questa persona?” conclude la frase e mi guarda. Nei suoi occhi leggo paura ed ansia. 

Vorrei dirgli, urlargli in faccia tutto ciò che provo, ma come posso farlo? Come potrà reagire poi lui? Sono stata io, con il mio stupido ego, a non voler continuare quel qualcosa che era scattato tra di noi. Ed adesso è troppo tardi, perché se anche lui sapesse, non mi vorrebbe accanto a sé, perché ha trovato una persona che è cento volte meglio di me e che lo ama con tutta se stessa. Chi sono io per rovinare il loro matrimonio? Sono felici insieme e sinceramente non mi va di fare la guastafeste. E poi, se Tomas sapesse, probabilmente cercherebbe di allontanarmi, per non farmi soffrire. Ma io non ce la faccio a stare senza di lui, non ce la posso fare. 

Perciò decido di evitare categoricamente di rispondere alla sua domanda. Getto il sacchetto della spazzatura nel bidone, mi volto e me ne vado, per ritornare a quella che è la mia vita. 

Quando entro Martha e John sono seduti sul divano, che parlano come sempre. Mi siedo accanto al mio ragazzo, che non mi degna di uno sguardo. E’ arrabbiato probabilmente, e lo capisco, perciò decido di evitare di fargli notare il fatto che non mi abbia nemmeno salutata. Mi limito a guardarli, ad osservarli e qualcosa non mi torna. 

E’ una sensazione mia, infondata sì, ma se c’è una cosa che non si sbaglia mai è il mio intuito. Lui sa sempre prima di me ciò che è giusto e ciò che non lo è. Ho provato tante volte ad ignorarlo, ma alla fine aveva sempre ragione lui. 

Ed adesso il mio istinto mi sta dicendo che c’è qualcosa che non va. Guardo John e Martha, gli occhi di lei, il sorriso di lui e mi sento come se fossi un terzo incomodo. Sembrano più una coppia di segreti amanti, piuttosto che di amici. Che sia davvero così? 

No, non ci voglio credere. Mi ha appena detto di amarmi, e lei è la mia migliore amica. Non mi farebbe mai una cosa così… 

I miei pensieri contorti vengono interrotti dall’entrata in scena di Tomas, il quale, appena attraversata la soglia di casa, informa la moglie di volersene andare. 

“Perché? Sono solo le dieci” dice lei. 

“Domani devo svegliarmi presto, ho bisogno di dormire stanotte” si affretta a spiegare. 

“Oh, va bene.” Martha si alza e, dopo averci salutato e ringraziato, se ne vanno. 

Io e John siamo soli. Adesso è il momento di tirare fuori tutto, dopo una vita di silenzi, voglio finalmente parlare. 

“John, io…” lui mi blocca sul nascere “Non voglio saperlo, Sara. Anche se penso di averlo già capito” 

“Cosa?” gli chiedo. 

“Tu non mi ami, vero? Non mi hai mai amato. Ed adesso io mi sento così stupido, perché infondo ho sempre avuto questa sensazione, ma pensavo di essere io, mi dicevo che non avevo alcun motivo per crederlo, e invece… Chi è lui, Sara?” 

“Lui, chi?” 

“Oh, andiamo. Fingi ancora? Non sei stanca di continuare a mentire, sempre e comunque? Non sei stufa di dover nascondere i tuoi sentimenti, i tuoi pensieri?” una pugnalata allo stomaco, ecco cos’è la sua. L’ha detto con cattiveria, come se stesse parlando con il mostro più terribile e spietato di questo mondo. E’ questo che sei, Sara? E’ così che la gente ti vede? 

“Neanche tu mi ami” e so che è la verità. Lui si volta e mi punta un dito contro “Non provare a far ricadere la colpa su di me, non ti azzardare a farlo!” io scuoto il capo e mi siedo, sconsolata. 

“John, non sto dando la colpa a te. Dico solo che mi sembra tutto così strano. Fino a dieci minuti fa credevo di essere pazza, poi sono entrata da quella porta e la verità mi si è spiaccicata davanti. Ho visto te e Martha, seduti proprio qui, e mi sembravate una coppia di ragazzini al primo appuntamento. Vi guardavate come se esisteste solo voi al mondo. E se è così, John, ti prego di dirmelo perché non ti giudicherei, non l’ho mai fatto. E fidati, sono messa peggio di te” lo dico con sincerità e spero che lui mi risponda con altrettanta lealtà. 

Mi volto verso di lui, notando una sua mancata risposta, e quando vedo il suo viso macchiato dal dolore, capisco. Comprendo che ciò che dico non è altro che la pure e semplice verità. Lui non ama me, ama lei. E probabilmente lei ama lui, e non l’altro. Ed io? Io amo l’altro. 

E’ tutto un casino, io, lui, la mia vita. Il nostro stare insieme. 

Mi è sfuggito tutto dalle mani, mille occasioni di poter essere felice sono sfumate in pochi secondi e mi hanno lasciata vuota. Sola triste. E siamo di nuovo al punto d’inizio. 

Ho provato a rifarmi una vita, a cambiare tutto radicalmente. Ma ormai è fatta. “Io amo Martha” lo sussurra, ma lo percepisco chiaramente. 

“Lo so…” rispondo “E tu ami Tomas” continua “Sì” annuisco. 

“Sarebbe perfetto, se non fosse che Tomas ama Martha e che lei è innamorata di lui” scuoto il capo “Non è così. Martha è persa per te, non per Tomas” gli spiego. 

“E tu come lo sai?” gli rispondo con un’alzata di spalle “Così come sapevo che tu ami lei. Istinto.” 

“E se ti dovessi sbagliare?” 

“Lui non sbaglia mai.” e rimaniamo fermi, seduti sul divano di quello che fino a poco fa era il nostro nido d’amore. Confusi ed innamorati di due persone già sposate. 

“Che cosa faremo, adesso?” mi chiede. Già, cosa dobbiamo fare? La cosa più giusta sarebbe mollarci e lasciare che le nostre vite vadano avanti, ma ho trascorso la mia intera esistenza nel fare la cosa giusta, e guarda adesso come sto. 

“Beh, o facciamo finta di niente ed andiamo avanti, oppure diciamo loro la verità. O meglio, tu glielo dici. Tanto anche lei ti ama.” spiego. 

“Sei sicura di ciò?” 

“Sì, John. Fidati di me, per una volta.” lo supplico “Ma allora va bene. Io starò con Martha e tu con Tomas e finalmente saremo tutti davvero felici.” quanto mi piacerebbe che fosse così per davvero, ma la verità è un’altra. 

“John, Tomas non mi ama” e nell’esatto momento in cui lo dico, realizzo di aver passato cinque anni ad amare alla follia un persona che non potrà mai darmi altro che affetto. E’ frustante e triste, ma purtroppo è la vita e non sempre va’ come vorremmo. 



2 mesi dopo…



“Amore…” Martha stringe a sé John, il quale si perde nella massa indomabile dei suoi capelli. Da quando stanno insieme, non si son più separati. Avevo ragione io, quando dicevo che in realtà Martha ha sempre amato lui e non Tomas. Sono belli insieme e soprattutto si capisce chiaramente quanto siano felici. 

Tomas, dopo la separazione, è sparito. Non si è più fatto sentire ed io non lo vedo da circa un mese e mezzo. Nonostante lui non stia più con Martha, non ho avuto il coraggio di dirgli ciò che provo. 

Ammetto che lo stare senza di lui mi ha causato un dolore incredibile. Ho sofferto come non ho mai fatto prima d’ora, come quando una persona alla quale tieni particolarmente muore. E’ orribile, una sensazione che ti divora l’anima, lo stomaco, tutto. 

“Perché, Sara?” John mi si è avvicinato, notando, forse, il mio stato d’animo tutt’altro che allegro. “Cosa?” non capisco, o forse fingo di non capire. 

“Perché non glielo dici?” scuoto il capo “E’ difficile da spiegare, ma fidati, è meglio così. Pure tu sai che non sono brava nelle relazioni.”

“Hai ragione, non sei per niente in grado di reggere un rapporto. Ma secondo te io lo sono?” ripenso alla nostra storia e no, mi accorgo che neppure lui era un granché come fidanzato. 

“Ascoltami Sara, non importa che tu sia orgogliosa, egoista, testarda, piagnucolosa, pigra…” lo fermo “Okay, ho capito” gli scappa un sorriso “Comunque, quello che cercavo di dirti è che quando ami una persona, te ne freghi di tutto il resto. Puoi avere tutti i difetti del mondo, ma se gli doni il tuo cuore e la tua anima, tutto passerà in secondo luogo.” 

“E’ facile parlare per te” gli dico. 

“Sì, ma il fatto è che sono stanco di vederti così, perciò alza il culo da quella sedia e vai da lui” mi obbliga “Non so nemmeno dove si trovi in questo momento” cerco di ribattere “Chiamalo, Sara. O te ne pentirai per sempre. Non sei stanca di stare sempre da sola?” sì, lo sono e penso che infondo lui abbia ragione. Ormai non ho più niente da perdere…

Prendo il cellulare e digito il suo numero. Non risponde. Riattacco e riprovo dopo due minuti. Al terzo squillo la sua voce si propaga dall’aggeggio che ho tra le mani e che odio infinitamente. 

“Sara?” 

“Sì, Tomas, sono io” sono agitata, sento il cuore che palpita e le farfalle nello stomaco.

“Cosa c’è?” il suo tono è freddo e distaccato, sembra che io gli stia rompendo le palle. “Ti va se ci vediamo?” gli domando. Lui sbuffa “Non lo so, io…” lo fermo “Ti prego, Tomas. Fallo per me” alla fine lo convinco “D’accordo, alle tre al tuo negozio” e chiude, senza neanche aspettare una mia risposta.




Sono qui da mezz’ora ormai, che lo aspetto. E’ in tremendo ritardo ed io comincio ad innervosirmi parecchio. 

Sono seduta ad un tavolino del mio negozio, deserto. Essendo domenica, questo luogo dovrebbe essere in teoria chiuso. Osservo di nuovo l’orologio e quando mi decido a chiamarlo lo vedo comparire. 

Alto, sempre bello, ma trascurato. Probabilmente ha indossato le prime cose che ha trovato nell’armadio. Gli è cresciuta la barba e porta anche un cappello verde, per nascondere i capelli che come al solito vanno da tutte le parti. 

Sembra stanco, con delle mostruose occhiaie sotto gli occhi, segno che non dorme da circa due notti. Ma i suoi occhi sono quelli che mi fanno rabbrividire di più. Spenti, vuoti, sembra che non gliene freghi più niente, né della sua vita, né del suo futuro.

Per il resto è sempre lui, bello da morire e soprattutto impossibile per una come me. 

“Sei venuto” mi lascio sfuggire. 

“Sì, ora dimmi cosa vuoi” come al telefono la sua voce è rude, menefreghista. 

“Volevo solo vederti, è da un po’ che non parliamo” gli spiego e la sua risposta mi lascia alquanto amareggiata “Bene, mi hai visto, posso andare ora?” sembra stufo di me, delle mie lagne.

“Chi sei, tu?” gli domando. Lui ride “Ma sei stupida, o cosa?” 

“Tu non sei il vero Tomas, non puoi essere lui.” dico, quasi schifata. 

“Ascolta, Sara. Non ho tempo per le tue moine. Impara a crescere” si volta e fa per andarsene 

“Non provare ad uscire da quella porta” lo minaccio “Altrimenti che mi fai?” chiede, con un sorrisino maligno dipinto sul volto. 

“Io ti amavo, Tomas” l’ho detto. Lui mi guarda e per un momento mi sembra di nuovo lui, ma quando apre bocca mi fa cadere le braccia “Sì, beh, io no”. 

“Cosa sei diventato? Mi fai quasi schifo.” dico, con una faccia davvero disgustata. “Se penso che sono stata male per te, per tutto questo tempo, mi viene quasi da vomitare” 

“Non te l’ho chiesto io, di stare male per me.” 

“No, non me l’hai chiesto. Ma io ti ho amato perché ne valeva la pena, Tomas. Ma adesso guardandoti, vedendo cosa ne stai facendo della tua vita, mi viene da dire che tutto il tempo che ho perso nel pensarti, nell’amarti, nel desiderarti al mio fianco è stato vano. Inutile e sprecato.” 

“Mi hai chiesto di vederti solo per potermi dire quanto faccio schifo? Lo so già di mio, grazie.” scuoto il capo ed una lacrima riga il mio viso 

“Tu non fai schifo, tu sei la cosa più bella che io abbia mai visto in vita mia. Solo che non capisco, Tomas. Cosa ti è successo? Perché fai così?” lui sospira

“Che cosa dovrei fare? Mi sono perso, Sara. Ho perso te, Martha, John, tutta la mia vita. Mi sono licenziato, non ho più un motivo per cui vivere. Voglio morire, sono stufo di questo schifo.” mi avvicino a lui e, stupendolo, lo abbraccio. Lo abbraccio e ci metto tutta me stessa, mi dono a lui, gli dò la mia anima ed il resto del mio cuore. 

“Tomas, io ti amo” gli dico, prendendogli il viso e perdendomi nell’azzurro dei suoi occhi. 

“Io non sono in grado di amare” ed eccola, la prima frattura nel mio cuore “Non è vero, tu sei fantastico” 

“Lo ero, Sara e se tu mi avessi detto prima di questo tuo sentimento probabilmente oggi saremmo insieme. Ma adesso, io mi sento di dirti che non ce la faccio a provare qualcosa nei tuoi confronti, perché le mie ultime capacità di amare le ho perse quando ho perso Martha. Io le volevo molto bene, Sara. Lei mi ha reso felice e poi, se n’è andata, come tutti. Dovevo aspettarmelo, giusto? Non l’amavo, quello no, ma le ho dato tutto ciò che avevo ed adesso non mi è rimasto niente.

E non voglio farti male, perché te ne farei. Tu staresti tutta la vita ad aspettarmi. Ad aspettare una persona che non potrà mai provare ciò che senti tu. Io ti voglio bene, ma nulla di più.” 

Tock. 

Il mio cuore che si spezza nelle sue mani.

“D’accordo” non posso dire altro, è l’unica cosa che mi passa per la mente “Se per caso dovessi cambiare idea, sai dove trovarmi” sì, sono stupida. Gli sto dando la possibilità di tornare indietro e di amarmi e farsi amare. Tutto solo perché ho bisogno di lui. 

Ha appena distrutto, anzi macellato il mio cuore, ma io, nonostante ciò, lo voglio con me. Perché niente può farmi più male che il non averlo accanto. 

Tomas mi guarda, mi prende il viso fra le mani e mi bacia la fronte. E poi se ne va’, forse per sempre, forse per un mese. Ciò che conta è che se n’è andato. 

Quando esce dalla porta, asciugo le lacrime che rigano il mio viso, prendo la borsa ed esco. Cerco le chiavi e chiudo il negozio, quando un rumore mi fa sobbalzare. 

Una specie di schianto. Inizio a correre e quando mi avvicino a ciò che ha causato quel terribile suono, vedo ciò che non avrei mai voluto guardare. 

Tomas è per terra, grondante di sangue, svenuto. Comincio a gridare, a chiedere aiuto ed una signora che passa di lì per caso mi sente e chiama l’ambulanza. 

Le persone cominciano ad avvicinarsi, in massa, per osservare ciò che è avvenuto. A pochi metri di distanza da Tomas c’è un macchina, con i finestrini in frantumi ed uomo dentro, che cerca di uscire. 

Quando arriva l’ambulanza, io sono disperata, chinata su Tomas che cerco un modo per farlo svegliare. Un tizio mi si avvicina e mi allontana da lui, lo prendono con una barella e salgono sull’ambulanza. Sono terrorizzata, non capisco più niente. 

Sento i rumori della gente che parla, dell’uomo al volante della macchina che soffre di dolore. Mi sento persa. Se muore lui, io che cosa faccio?

Non ci voglio nemmeno pensare. E’ un dolore troppo grande da sopportare, un peso che ingombra la mia anima troppo fragile e che rischia di spezzarsi. 

L’ ambulanza parte e più si allontana, più vedo la mia vita sfracellarsi al suolo, più mi sento sola e vuota. Sembra che il Destino si diverta nel vedermi soffrire, perché qualunque cosa io decida di fare, alla fine mi ritrovo sempre nelle stesse condizioni. Alla fine sono sempre io quella che soffre, che sta male, che rischia di morire. Sola e triste, vuota. Come sempre. 




Lo osservo dal finestrino, non riuscendo a trovare il coraggio di entrare. Lui è sdraiato sul letto, spento, non dà segni di vita. Ed insieme a lui, pure io sembro morta. 

Non ho voglia di fare niente, se non stare insieme a Tomas, perché se lo facessi mi sentirei meno sola, penserei che c’è ancora speranza. E non importa se lui non mi vuole, l’unica cosa che desidero è che stia bene e che sia felice. Perché se lo è lui, lo sono anche io. 

Afferro la maniglia, apro la porta ed entro. Mi avvicino a lui e mi siedo sulla sedia accanto al letto. Ho paura a toccarlo, non ci credo ancora che non può muoversi. Osservo il suo viso, gli occhi chiusi e mi fermo a pensare che darei qualsiasi cosa, anche la mia stessa vita, pur di rivedere l’azzurro troppo intenso delle sue iridi. 

Allungo una mano e tocca la sua, fredda, impassibile. Provo ad immaginare cosa potrei provare se all’improvviso si muovesse, ma ciò mi mette solamente tristezza. 

Sento dei rumori e quando mi volto John e Martha sono lì, che mi fissano. 

“Sara, io non…” la mia migliore amica prova a parlare, ma la frase muore sul nascere “Cosa?” le chiedo. “Non pensavo che l’amassi” spiega. 

Già, nemmeno lei l’aveva capito. Sono brava a nascondere i sentimenti, talmente tanto che alla fine ci ho creduto pure io. Anche io ho pensato di non amarlo veramente e che la mia fosse soltanto un’infatuazione leggera, invece… 

Ho sbagliato tutto, sin dalla prima volta in cui l’ho visto. Avrei dovuto aprirmi subito, farlo entrare nel mio mondo, costituito da stranezze e fissazione e chissà, forse adesso sarei una persona migliore e lui sarebbe ancora con me. Quanta confusione, quanto casino. 

Guardo il suo volto e ripenso a quel giorno, in cui mi ha baciata. Quell’immagine è rimasta dentro di me per tanto tempo, in attesa di quel momento in cui le sue labbra sarebbero state nuovamente sulle mie. Ho aspettato talmente tanto che alla fine è diventata un’abitudine. 

Poi lui ha conosciuto Martha e lei, grazie a Tomas, ha dimenticato Jack, che non sarebbe mai veramente riuscito ad amarla. Si sono sposati ed io ho perso le speranze e mi sono buttata a capofitto nelle braccia di John, pensando che lui avrebbe potuto darmi ciò che Tomas era in grado di donare. Che sciocca, sono stata! 

Se solo avessi avuto le palle di lottare per Tomas, se solo John avesse conosciuto prima Martha, adesso saremmo tutti felici. Ma la colpa non è del mio ex ragazzo, qui il colpevole sono io. Io e le mie fisse, le mie insicurezze. 

John mi si avvicina e mi posa una mano sulla spalla “Noi dobbiamo andare, tu stai tranquilla. Vedrai che andrà tutto bene” 

“Lui non mi ama” dico, mentre una lacrima riga il mio viso “Ma non mi importa, perché adesso l’unica cosa che desidero è che lui si svegli. Dopo sarà quel che sarà, andrò avanti come ho sempre fatto, da sola. L’importante è che lui si svegli, John. Lui deve svegliarsi, perché se dovesse andare male, ne morirei.” 

Mi lascio andare. Poggio la testa sul letto e piango, stringendo a me la mano di Tomas, che non dà segni di vita. Sento i passi di Martha e John che si allontanano e finalmente sono di nuovo sola con lui. 

Con l’amore della mia vita, con il ragazzo per il quale darei l’esistenza. 

“Tomas” sussurro “Ti amo” e non ricevo risposta. 




Una settimana e ancora niente. 

Sono seduta come sempre accanto a lui, gli accarezzo il viso, lo guardo, mi perdo nei lineamenti del suo volto. E’ così bello, passerei la vita ad ammirarlo. 

L’ infermiera entra nella stanza e mi guarda. Nei suoi occhi leggo un po’ di compassione.

“Perché non prova a parlarci?” mi domanda “Sono sicura che gli farebbe piacere” la guardo, osservo la sua pelle scura, i capelli ricci ed i suoi occhi, che stavolta mi trasmettono dolcezza. “Non saprei cosa dirgli” provo a spiegare. 

“Oh, quello che vuoi tesoro. Basta che ti venga da qui” e con il dito indice indica il cuore. Mi volto verso Tomas e quando tento di dire all’infermiera che non riesco a parlarci, lei non c’è già più. 

“Lei dice che parlarti ti farebbe bene.” sussurro “Tu sai meglio di me che quando si tratta di fare discorsi sentimentali faccio davvero pena. Non sono mai stata brava ad esternare quello che sento, ciò che provo, perciò ho sempre preferito stare da sola. Solo io riesco a capirmi, a comprendere quello che passa per la mia testa. 

Poi sei arrivato tu e tutti i miei piani sono andati a farsi fottere. Pensavo di non avere bisogno di nessuno, o almeno questo era ciò che la vita mi ha sempre insegnato. Sin dall’infanzia, non ho mai avuto nessuno al mio fianco. La mia famiglia mi vedeva come la pecora nera del gruppo, soprattutto dal momento in cui decisi di voler fare la pasticciera. 

In Italia non mi trovavo bene, mi sentivo sempre rinchiusa, costretta in una gabbia, perciò sono partita. Potrai immaginare le facce dei miei genitori quando glielo comunicai. Hanno pensato subito che lo stessi facendo di proposito, a farli stare male. Ma io non ce la facevo davvero più, per questo sono venuta qui, per vivere il mio sogno ed essere finalmente felice. Io non ci credevo nell’amore, Tomas, poi però ho visto il tuo sorriso. 

Sei entrato nella mia vita e mi hai da subito reso una persona migliore. Sei sempre stato il mio sole, sin dal primo momento. Tu sei quel genere di persona che si incontra quando la vita decide di farti un regalo ed io non ho saputo trattarti con cura. 

Quel bacio, che mi hai dato quel giorno, me lo ricorderò per sempre. Il momento in cui le nostre labbra si sono incontrate rimarrà nella mia testa fino alla fine dei miei giorni, e non puoi neanche immaginare quanto io abbia sperato che arrivasse nuovamente, ma non è mai successo. E’ colpa mia e lo so, ma davvero, darei qualsiasi cosa per ritornare indietro nel tempo e non lasciarmi frenare dalla paura. Perché di questo si tratta, Tomas. Ho avuto paura, una paura fottuta di quello che sentivo per te, perché per me si trattava di qualcosa di nuovo, completamente inesplorato. Non ho mai provato niente, nessuno era indispensabile nella mia vita, tranne te. 

Il resto della storia lo conosci, anche meglio di me. Tu ti sei sposato, io ho conosciuto John e, davvero, ho provato tante volte a farmelo andare bene e ci sono anche quasi riuscita, ma alla fine niente. Lui era fantastico, ma non era te. E sei tu quello che io ho sempre voluto, nessun altro.

Poi è successo tutto il resto, tutto quel casino. Tu ti sei allontanato da me e ti giuro, non so ancora come ho fatto a non morire di nostalgia. Mi mancava tutto di te, anche la più piccola sfaccettatura. Mi mancava il tuo sorriso, i tuoi capelli sempre e comunque in disordine, mi mancavi tu e le tue battutine che solo io riesco a capire. Mi mancava il tempo che trascorrevamo insieme e le nostre infinite chiacchiere. 

All’improvviso mi sono ritrovata veramente sola, non c’era nessuno ad aiutarmi con le mie fisse, o che guardava con me i film della Marvel il venerdì sera. Nessuno mi convinceva ad uscire, a ritrovarsi. Ero sola e triste ed ho pensato anche tante volte a … Ma non l’ho mai fatto, perché avevo un motivo per cui vivere. Tu, tu sei il motivo della mia esistenza. Ed anche se non ti avevo più accanto, sapevo che c’eri, dentro di me. Sapevo che i giorni trascorsi insieme erano troppo importanti per essere tralasciati così. 

Tu sei stato il mio più grande amore, quello che sognavo quando ero ragazzina. 

Ti penso sempre, anche quando non dovrei. Non ho idea di come si chiami lo spazio tra un secondo e l’altro, so solo che persino in quei momenti, quando il tempo si ferma, in quei piccoli istanti di eternità, io penso a te. Sempre e comunque. 

E so che è solo colpa mia, se adesso tu non mi vuoi, ma…” le lacrime rigano ormai il mio volto “Io ti amo, Tomas e ti amerò fino alla fine dei miei giorni, sia che tu mi voglia, sia che tu non mi voglia.” cerco di calmare il flusso di lacrime che scendono come se non ci fosse un domani. Sono stata completamente sincera e non m’importa se non lui non mi ha sentita. Lo amo ed avevo bisogno di dirglielo. 

“Il vento che hai dentro” un sussurro, appena percettibile, ma che percepisco. Alzo il viso ed eccoli lì, i suoi bellissimi occhi, che mi guardano con una dolcezza infinita. “Tomas” dico, quasi incredula “Devo chiamare qualcuno?” comincio ad agitarmi, ma lui mi ferma subito. 

“No, Sara. Tutto quello di cui ho bisogno, tutto ciò che ho da sempre sognato ce l’ho qui e mi basta.” mi inumidisco le labbra, non sapendo più cosa fare. “Io…” 

“Anche io ti amo e voglio passare il resto della mia vita con te. E non mi interessa niente se sarà difficile, se litigheremo sempre, non m’importa dei tuoi difetti e delle tue mille paranoie. Io amo e voglio solo te.” 

“Saprai sopportarmi, Tomas? Anche se sono un danno, un peso?” mi sorride “Ho attraversato gli oceani dello spazio e del tempo per trovarti, poi ti ho persa e ho pensato di morire. Adesso non ti lascio più.” 

Trascorriamo la notte a parlare, a fonderci ed a donarci l’uno all’altra. Le tre arrivano anche prima del previsto. 

“Sarei disposto a stare sveglio tutta la notte pur di ascoltarti e tenerti compagnia, e tu sai quanto mi piaccia dormire.” gli sorrido, poi però mi viene un dubbio. 

“Perché mi hai detto di non amarmi, prima?” 

“Chiamala paura, egoismo, come vuoi. Sono stato sciocco, pensavo che mi avresti fatto solo soffrire, come Martha. E sì, un po’ volevo anche vendicarmi per quella volta, in cui mi rifiutasti.” spiega. 

“Beh, me lo sono meritata” lui annuisce “Adesso però vieni qui e baciami, prima che muoia dalla voglia di farlo” un bacio e siamo di nuovo noi, un bacio e so con certezza di aver trovato ciò che ho sempre cercato. 




The end.  

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