Ho sentito parlare di te

di luley0
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** avviso ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
‘Hai mai pensato che un secondo può cambiarti la vita? Un solo secondo. Guardare verso una direzione anziché un’altra, essere concentrati su di un particolare e non riuscire a percepirne un altro. Basta così poco per intraprendere una strada ad un incrocio dalle mille possibilità, ma allora ognuno, inconsapevolmente, è artefice del proprio destino oppure è quest’ultimo a riproporti combinazioni e combinazioni fino al suo corretto compimento? ’
 
Mi fermai, in quel corridoio bianco e asettico le cui pareti sembravano stessero per soffocarmi con l’eco dei pianti e delle urla di persone che conoscevo ma la cui presenza in quel momento mi infastidiva.
Corsi verso la porta che mi venne indicata da quella che doveva essere un’infermiera e appena ti vidi rallentai il passo quasi con paura di avvicinarmi troppo.
I fili dei macchinari che permettevano di farti respirare e tu, con quel viso d’angelo che avevi sempre avuto. Così rilassato che avrei potuto giurare – o sperare, quantomeno – che stessi facendo uno di quei sogni per cui non vorresti mai svegliarti.
Passai i primi dieci minuti in catalessi, piangevo ma era come se la mia mente non fosse più legata al corpo. Volevo solo che ti svegliassi e che parlassi con me, perché in quel momento mi sentivo totalmente persa.
Se in quell’istante avessi dovuto voltarmi indietro e guardare all’ultimo anno non so se sarei stata in grado di estrapolare qualcosa di sensato in quello che mi era successo.
Tutto ciò che si ripeteva nella mia testa era una serie infinita di flash accecanti. Immagini che mi scorrevano davanti come se fossero déjà-vu di qualche vita passata, o addirittura vissuta da qualcun altro. Era l’unica spiegazione plausibile in quel momento, perché a tratti non mi riconoscevo in quella persona.
 
Prima del mio ultimo incontro con Zayn non credevo nel destino, anzi non mi ero mai interrogata sull’esistenza di qualche entità ultraterrena – o qualsivoglia cosa sia – che regolasse le nostre vite.
Onestamente avevo sempre avuto un’idea tutta mia della questione, sostenendo che la vita fosse una corsa senza sosta lungo un unico stradone. Come se ognuno alla nascita fosse stato indirizzato per una via, senza opportunità di deviazione. C’è chi è più fortunato e può correre su di una strada asfaltata e chi invece è stato destinato a scansare fosse e crepe ogni dove.
Ero sicura del fatto che ad una persona così sfacciatamente ordinaria come me non sarebbe potuto accadere nulla di straordinario. Tu, però, te la prendevi ribadendo che ero solo una pessimista senza speranza, che l’inaspettato era sempre dietro l’angolo e l’unica cosa da fare era avere il coraggio di cogliere l’attimo.
Dicevi che era inutile aspettare di vivere un sogno ai confini della realtà perché prima o poi ci saremmo svegliati sudaticci e – con buona probabilità – sul più bello nel letto della realtà.
Il mio risveglio è stato in quell’ospedale, tragico e preceduto da un dormiveglia agitato.
Se solo avessi parafrasato prima quello che mi dicevi quando mi rimproveravi forse avrei fatto scelte diverse, forse avrei dato una degna conclusione alla bolla di sapone in cui ero piombata, poco prima che scoppiasse. Forse se avessi avuto il coraggio di prendere più decisioni, o se ne avessi preso solo una diversa. Chissà. Forse saremmo insieme a ridere da qualche altra parte.
 
La mia vita e quella di Zayn si era intrecciata più volte nel corso degli anni e l’ultima fu ancora più casuale delle altre da sfiorare il paradossale, motivo per cui mi convinsi che ciò che mi legava a lui fosse una sorta di predestinazione.
Mi illusi, quindi, a pensare che il destino fosse qualcosa di semplice, naturale, che ti accade senza che tu possa fare un granché in merito. In realtà dopo tutto quello che mi è successo posso solo pensare quanto sia stato beffardo, perché non si può neanche sperare di intravederlo; il fato ricama sulla tua vita mentre non stai prestando attenzione.
 
 Accasciandomi sul letto ti tenni la mano e con un filo di voce, rotta dal pianto, ti chiesi: «Allora, chi aveva ragione tra noi due? Siamo noi che decidiamo come far andare le nostre vite, basta cogliere l’attimo? Oppure è tutta un’illusione? Io non lo so, ma se avevi ragione tu, te lo devo dire. Sento questo peso al petto, la terribile sensazione che sia stata io a portarti in questo letto d’ospedale.»

 

Ciao!!
Questa è la prima storia che scrivo 'servendomi' degli One Direction. 
Dal prologo non capirete molto, ne sono consapevole! Però magari il trailer e la trama possono darvi un'idea. Dai prossimi capitoli si tornerà indietro nel tempo e capirete come Sophie è arrivata a quel punto, chi è Zayn, come i due si sono incontrati e persi nel tempo e soprattutto chi è la persona nel letto d'ospedale. Spero di avervi incuriosite :)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 
Quando Louis ci invitò all'ennesimo evento mondano a cui avrebbe dovuto partecipare quel mese guardai Emma con aria incredula, alzando un sopracciglio nella sua direzione come a chiederle se lei avesse colto una punta di ironia nella proposta del nostro amico.
Da otto mesi ci eravamo stabilite in un appartamentino nella periferia di Londra, e ogni volta che Louis riceveva un invito per qualche after party, cena di beneficenza o sfilate di alta moda nei posti più esclusivi della capitale britannica lo pregavamo di portarci con lui dimenticandoci anche di avere una dignità.
Ogni volta, però, la stessa storia. Sviava il discorso con frasi della serie 'Sono posti noiosi', 'devo andare per lavoro' e 'non è così divertente come immaginate'.
Sebbene fosse vero che dovesse andarci per dovere e non per piacere, non capivano come fosse possibile non divertirsi nel mentre con tutta la musica, l’alcool, le celebrità e il cibo da cinque stelle Michelin.
Louis lavorava come produttore nella Dreamusic, casa discografica fondata dal nonno negli anni quaranta, motivo per cui tutto questo mondo non gli aveva mai fatto gola. Semplicemente ne faceva parte ed era tra quelli che nutriva di sogni e speranze noi comuni mortali.
«Per caso hai preso una botta in testa?»
Fu la prima cosa che disse Emma sotto lo sguardo perplesso di Louis che solo in quel momento alzò gli occhi dal suo telefono, il quale, a giudicare dal design e soprattutto dall’assenza di graffi o ammaccature, doveva da poco essere uscito dalla confezione. Louis e i telefoni non riuscivano a coesistere indenni nello stesso universo, cioè Louis e qualsiasi oggetto con un grado di vulnerabilità superiore allo zero percento.
«Vi ho appena invitato ad uno degli eventi più attesi della stagione e mi chiedi se ho preso una botta in testa? Voi mi manderete al manicomio prima o poi." Sbuffò per poi ritornare a digitare spasmodicamente Dio sa cosa su quello schermo.
«Scusaci se ci preoccupiamo del tuo fulminante bipolarismo! – fece con fare drammatico la mia amica – Sono mesi che ti imploriamo di procurarci un invito ad uno straccio di festa e ora ci chiedi di venire con te al party di Marc Yoogh, che è in assoluto il mio stilista preferito, con lo stesso tono che useresti per chiederci di accompagnarti a fare la spesa»
«Beh, allora perdonatemi! – sbottò lasciando finalmente perdere il telefono e lanciandolo sul ripiano in marmo della nostra cucina, guadagnandosi un'occhiataccia da parte mia – la prossima volta lavorerò sul tono per renderlo più piacevole alle vostre orecchie!»
«È il minimo che tu possa fare!»
«Vuoi spiegarci?» presi parola, mettendo fine al botta e risposta tra i due.
«Perché voi due pazze psicotiche non sapete cogliere un’occasione irripetibile senza fare domande? – si mise le mani nei capelli castani e sgranò gli occhi azzurri con fare esasperato – vi rendete conto che non è affatto facile essere inseriti nella lista degli invitati? – fece finta di ripensarci, grattandosi l’accenno di barba che gli incorniciava la mascella –Mi correggo…per la gente normale non è affatto facile, per me è una cazzata»
Louis era arrivato da mezz'ora, vestito come al solito con un pantalone scuro e una camicia di jeans, arrotolata ai gomiti, che lo fasciava perfettamente mettendo in risalto il fisico non eccessivamente allenato ma non per questo spiacevole alla vista. Ovviamente non potevano mancare le sneakers scure ai piedi.
Per lui non era rilevante quale importante appuntamento di lavoro avesse, non prestava affatto attenzione al vestiario - con grande disappunto da parte del padre - perché sapeva di poter contare sul suo carisma. Riusciva a farti pendere dalle sue labbra qualsiasi cosa dicesse, facendosi forza sull’innata capacità di avere sempre la battuta pronta. Anche in quel momento, con noi, stava straparlando per nascondere le sue reali intenzioni, distraendoci dalla questione centrale.
Purtroppo per lui, Emma lo conosceva troppo bene e il suo giochetto non avrebbe retto a lungo. Infatti lo bloccò quasi subito.
«Ti conosciamo Tomlinson, sappiamo che non fai mai niente per niente»
Emma assottigliando gli occhi in modo così buffo da sembrare una caricatura di se stessa con l’intento di metterlo alle strette e, rigettando indietro i suoi lunghi capelli mossi, si mise a pochi centimetri di distanza da un Louis che fingeva di essere irritato ma che in realtà si stava divertendo da morire a tenerci sulle spine.
«Così mi offende, signorina» Si avvicinò ancora di più alla mia amica con la sua faccia da schiaffi, sporgendosi dal bancone, proprio nel momento in cui sentimmo la porta di casa sbattere.
«Louis ha bisogno di una ragazza che l'accompagni»
Reese Tomlinson diede la risposta al grande interrogativo, sorpassando il piccolo ingresso arredato da un solo portombrelli e un mobiletto bianco in perfetto stile inglese, per poi entrare nella cucina-soggiorno e lanciare in malo modo le chiavi che le avevo prestato sull'isola. Mi chiesi cosa avesse fatto di male quel ripiano, tuttavia considerai il fatto che per la famiglia Tomlinson l'avere cura delle cose non era di certo una priorità.
«E' tornata la Stronza.» Cantilenò Louis, alzando gli occhi al cielo.
«Mentre vedo che tu da bravo coglione quale sei non ti sei mosso di un centimetro!» rispose Reese, sedendosi accanto al fratello e di fronte a me che con un mestolo di legno cercavo disperatamente di non far attaccare la pasta.
Doveva essere una serata tranquilla tra amici, tanto vino e una buona cena. Tuttavia conoscendoci, avrei dovuto aspettarmi tutto quel trambusto che stava mettendo a dura prova le mie già pessime qualità di cuoca.
«Uh, mi rincresce che i nostri genitori abbiano educato solo il loro primogenito lasciando crescere la seconda in una tribù di streghe non civilizzate»
«Scusami se ti ignoro, ma tante cazzate tutte in una volta non le reggo!»
Louis e Reese erano i fratelli perfetti. Complici, affiatati e con il giusto pizzico di insofferenza nel sopportarsi.
Nonostante gli svariati battibecchi, noi quattro eravamo un gruppo molto unito sebbene nessuno l'avrebbe mai detto, considerato quanto fossimo diversi.
Louis e Reese, praticamente gli unici eredi del patrimonio milionario dei Tomlinson, appartenevano ad una delle famiglie più ricche dell'intera Europa. Nonostante ciò, quando conobbi Reese tra i banchi di scuola lei non sembrò minimamente guardare i miei vestiti da grandi magazzini e scrollando i suoi capelli lunghissimi color cenere iniziò a parlarmi di quanto fossero ridicole le uniformi da cheerleaders e di quanto fosse un'usanza così americana da sembrare un patetico scimmiottamento. Avevamo tredici anni, e solo un anno più tardi conoscemmo Emma. I suoi ricci color mogano e il suo grande sorriso ci conquistarono non appena si avvicinò a noi per chiederci di entrare a far parte di un gruppo che si occupava del sostegno di ragazze vittime di violenze domestiche. Emma era senza ombra di dubbio la ragazza più dolce e sensibile che avessi mai conosciuto, solo qualche anno dopo scoprimmo l'impensabile, ciò che i suoi, non sempre così sinceri, sorrisi avevano celato in modo eccelso.
Se io e Emma avevamo sempre vissuto a Stockport, vicino Manchester city, per Louis e Reese le cose erano andate diversamente.
A Stockport viveva la loro nonna paterna, Ronda, dalla quale si trasferirono per tutto il periodo della loro adolescenza. Per quanto riuscii a capire, da alcuni discorsi di Ronda, i Tomlinson erano troppo impegnati col lavoro e i continui viaggi all’estero per poter prendersi cura dei figli.
Il primo a lasciare la piccola cittadina fu Louis che andò a studiare all’università di Manchester, perché noi ragazze avevamo davanti ancora qualche anno del liceo. Successivamente Reese seguì il fratello, mentre io e Emma frequentammo l’università di Stockport.
Nel corso degli anni, però, non ci eravamo mai persi di vista; i viaggi tra Manchester e Stockport erano frequenti ed infine, per caso, ci ritrovammo nuovamente insieme a Londra. Reese e Louis abitavano nella zona di Hampstead, uno dei quartieri più ricchi della città, in un loft di cento metri quadri all’incirca, mentre io e Emma condividevamo un appartamento di neanche cinquanta metri quadri a Whitechapel, nell'area orientale.
«Parliamo del fatto che ti serve un accompagnatrice. Cos'è questa storia?» chiesi, bloccando Louis a bocca aperta prima che emettesse qualsiasi suono per controbattere la sorella.
«Devo agganciare il manager di un cantante che vale miliardi di sterline. Il quindici di Novembre scade il contratto con la casa discografica che lo ha lanciato e io devo evitare che lo rinnovino.»
«Perché vuoi che firmi il contratto con la Dreamusic?» chiese Emma.
«Esatto piccola.» Confermò Louis, alzandosi velocemente dallo sgabello da bar su cui sedeva per raggiungerla dall'altra parte dell’alto banco ed intrappolarla da dietro in un abbraccio, con non poche lamentele da parte della ragazza.
«E per la cronaca, a cosa ti servirebbe una accompagnatrice?» chiesi non riuscendo ancora ad arrivare al punto.
«La moglie di Keith Norton, il tizio che devo corteggiare, è un'impicciona di prima categoria e, purtroppo, fonti certe mi hanno avvertito che può avere un'enorme influenza sul marito. Ho bisogno di una falsa fidanzata, qualcuno che la conquisti e che la induca a pensare che Louis Tomlinson è l'uomo giusto con cui fare affari»
«Per farle pensare una cosa del genere ci vorrà molto alcool e l'ausilio di droghe pesanti» scherzò Emma, meritandosi un pizzico sulla pancia dal ragazzo.
«Per questo gli serve una delle due, le modelle di cui si circonda di solito non sanno neanche formulare una frase di senso compiuto», puntualizzò Reese, sottolineando le abitudini del fratello.
«Infatti non le scelgo in base alla loro conoscenza della lingua, mi basta che la sappiano usare bene quando serve!»
Emma gli diede una gomitata nello stomaco approfittando del fatto di essere ancora stretta a lui e non si risparmiò un verso di disgusto.
«Quindi vuoi ingaggiare una di noi e scaricare l'altra?» asserii con tono di rimprovero e intrecciando le braccia sotto al seno.
Era così da Louis.
«Il piano sarebbe questo, ma davvero non ho voglia di passare i prossimi vent’anni a farmelo rinfacciare ad ogni occasione… infatti mi sono procurato due inviti.»
«C'è sotto qualcosa» constatò Emma, alzando gli occhi verso il ragazzo e girandosi lievemente per guardarlo in faccia.
«C'è sicuramente sotto qualcosa» confermai io e Reese mi seguì a ruota, «Puoi giurarci.»
«Ovviamente l'altra sarà il più uno di Oliver» Louis se la rise sotto i baffi lasciando la presa su Emma e attendendo le nostre lamentale, che non tardarono ad arrivare.
Oliver era l'amico storico di Louis.
Un idiota senza precedenti, per essere gentili.
Aveva la stessa età di Louis, cioè tre anni in più di me, Emma e Reese. Peccato che Oliver non dimostrasse per nulla i suoi ventisei anni.
Era un pel di carota, smilzo ed anche antipatico.
Per non parlare del fatto che andava girando vestito di tutto punto, come se fosse perennemente reduce della settimana della moda di Londra, e in modo talmente ridicolo da palesare tutto il suo egocentrismo. Aveva fatto del frequentare locali notturni la sua missione terrena e, purtroppo, Louis gli aveva procurato anche un lavoro alla Dreamusic. Ero convinta del fatto che anche l'addetta alle fotocopie avesse un incarico più importante del suo e per quanto Louis gli volesse bene e non lo ammettesse, in fondo sapeva che avevo ragione. Oliver rappresentava tutto ciò che più odiavo: smania di apparire, ignoranza e presunzione.
E chi sarebbe stato il suo più uno?
«Tu Soph.»
Ovviamente.
Louis aveva un debole per Emma, non nel senso romantico del termine, ma, letteralmente, stravedeva per lei. Le era stato molto vicino negli ultimi anni. Per Emma era un porto sicuro dove potersi nascondere da quella parte della sua vita che aveva cura di non mostrare a nessuno. Lui custodiva tutti i suoi segreti, cose che probabilmente neanche io e Reese sapevamo.
C'era una chimica tra loro, un legame più unico che raro. Louis avrebbe fatto di tutto per Emma, e lo stesso valeva a parti invertite. Forse dall'esterno la cosa avrebbe fatto storcere il naso agli scettici, ma per quanto incredibile sembrasse, anche ai miei occhi e a quelli di Reese, non c'erano doppi fini da ambo i lati.
Negli anni entrambi avevano intrapreso relazioni con altre persone, ma la cosa non sembrava turbare nessuno dei due.
Sapevo che ogni sistema in natura cercasse di stabilizzassi in modo che tutte le parti giungessero ad un unico equilibrio, e in qualche modo era quello che facevano anche Louis e Emma. Il loro equilibrio però era instabile, camminavano in punta di piedi sul filo che faceva da confine tra l'amicizia e l'amore senza rendersene davvero conto.
Tuttavia di lì a poco ci sarebbe stato uno scossone che avrebbe messo tutto in discussione.
Con tale premessa, quindi, era stato fin troppo semplice capire subito che sarei stata io l'accompagnatrice di Oliver. Louis sapeva perfettamente che il suo caro amico fosse un porco e, per l'istinto di protezione nei confronti di Emma non l'avrebbe mai abbandonata a tale viscida compagnia.
In quanto a me, sapeva che me la sarei cavata.
«Reese, tu non vieni?» le chiesi, sperando almeno nel suo appoggio.
«No, ho già un impegno purtroppo… sai che non perderei per nulla al mondo l’occasione di guardare il mio fratellone leccare il culo di qualche potenziale cliente, ma non posso proprio.»
«Almeno io lavoro!»
«Sai che mi occupo solo del lato economico, lascio a te il privilegio da fare da tappetino a quei fanatici arricchiti.»
 
La sera del grande evento arrivò, senza non pochi drammi sul cosa indossare e come sistemare i capelli, ma quando ci sedemmo al tavolo assegnato Emma ed io non riuscivamo quasi a crederci di essere proprio lì.
Quando, insieme nella soffitta della casa dei miei genitori a Stockport, sognavamo la nostra vita da ‘adulte’ ciò che la nostra mente trasmetteva erano immagini di noi vestite con abiti firmati, tacchi altissimi che chiamavamo un taxi per raggiungere il nostro posto di lavoro. Rigorosamente la redazione di una rivista di moda, o l’aula di tribunale in cui avremmo recitato la nostra arringa vincente per il processo evento dell’anno; ma ad ogni unità che si aggiungeva alla nostra età anagrafica le aspettative si facevano più piccole, più grandi le rinunce e maggiore il numero di compromessi. E così mi ero ritrovata a non essere esattamente la protagonista di un romanzo o di una commedia romantica in onda la sera in tv, non correvo nel vento su di un paio di Jimmy Choo. A stento avevo i soldi per arrivare a fine mese e se, per qualche strano allineamento delle costellazioni, avessi posseduto delle scarpe più costose di due dei miei miseri stipendi di certo non le avrei messe per correre.
Piuttosto le avrei esposte nel mio salottino come oggetto di culto.
Il mio sogno di lavorare nel campo della moda, in qualche modo contorto, si era avverato. Peccato che non fosse una rivista di moda, bensì il dépliant delle offerte del supermercato, e che non fossi la redattrice ma soltanto l’addetta alla revisione.
Un lavoro di grandi responsabilità, insomma.
Un solo errore avrebbe causato l’ira di qualche signora, che non si sarebbe vista scontare del trenta percento il pacco di biscotti come promesso dal volantino. A parte gli scherzi, era un lavoro tanto minuzioso quanto noioso e il mio capo era sempre lì ad aspettare che qualcuno facesse un solo piccolo movimento sbagliato per scaricarci addosso le sue frustrazioni.
La laurea in Marketing della moda non aveva fruttato un granché, ma di certo non avevo intenzione di rimanere in quella situazione per troppo tempo. Motivo per cui non facevo altro che andare da una parte all’altra di Londra per sostenere colloqui per qualsiasi lavoro sembrasse anche solo vagamente attinente con ciò che avevo studiato.
Purtroppo le ricerche si rivelarono vane e inconcludenti, era sempre un ‘cerchiamo più esperienza’ o ‘dovresti avere come minimo un master’ e ancora ‘Prendiamo in considerazione il tuo curriculum solo dopo un anno di corsi di formazione a tue spese’.
A quel punto avevo seriamente perso l’entusiasmo iniziale.
Emma invece lavorava in un’agenzia pubblicitaria, mentre studiava per dare l’esame di avvocatura.
La situazione era diventata insostenibile negli ultimi mesi perché i soldi non bastavano più e stavo iniziando ad abituarmi al fatto che di lì a poco sarei dovuta tornare nella mia città Natale.
La sera del party decisi di lasciare da parte i cattivi pensieri e rimandare al giorno successivo la decisione che tanto mi premeva nell’ultimo periodo, se avessi dovuto rinunciare ai miei sogni non avrei sprecato l’ultima occasione per godermi la parte folle di Londra.
Seduta al tavolo che portava il nome ‘Tomlinson’, mi persi ad osservare l’immensità della sala. I tavoli rotondi erano ricoperti da tovaglie color panna e al centro esibivano un grande secchiello pieno di ghiaccio con numerose bottiglie di vino incastrate dentro, contornato a sua volta da fiori blu di cui non avrei saputo indovinare il nome.
Il party era stato concepito come una celebrazione della carriera di Marc Yoogh, infatti la cena prevedeva una sfilata con i capi che avevano riscosso più successo dalle collezioni degli ultimi vent’anni.  Tra un blocco di tavoli e l’altro era stato lasciato uno spazio per far passare le modelle, in modo che queste si muovessero per tutta la sala e fossero visibili a qualsiasi ospite, sotto le luci bianche installate in punti strategici del percorso. La musica era altissima durante la sfilata, quindi approfittavamo delle pause in cui venivano serviti stuzzichini e aperitivi vari.
Louis non si lasciava sfuggire nessuna occasione, bombardando di chiacchiere il povero Norton, mentre con una mano teneva un bicchiere quasi vuoto di vino bianco e l’altra era poggiata sul tavolo stretta a quella di Emma.
Ad essere sincera, Keith Norton era ben diverso da come lo immaginavo. Da uno che aveva scoperto una macchina per far soldi come Niall Horan – per inciso, nella classifica degli artisti più ricchi al mondo – mi aspettavo come minimo un uomo di polso e pieno di sé. Invece mi si presentò davanti un omino sulla cinquantina, con pochi capelli, dimesso, quasi pauroso nel dire anche mezza parola.
Con Louis nei paraggi non aveva scampo. Niall Horan avrebbe firmato per la Dreamusic ancor prima della fine del contratto in corso.
Nadine, la moglie di Norton, aveva una personalità molto più prorompente. Una signora in carne, con dei capelli biondi e ricci raccolti in un’acconciatura abbastanza appariscente.  Forse il lavoro maggiore sarebbe spettato ad Emma, ma per fortuna la donna sembrava gradire la compagnia della falsa fidanzata di Louis.
La serata per me, invece, non aveva preso una buona piega. Oliver non aveva fatto altro che parlarmi per tutto il tempo di quanto fosse stato bravo a organizzare questo incontro con il signor Norton.
Dai suoi racconti, era andato direttamente a casa sua per invitarlo all’evento. In effetti, non mi dava l’impressione di una persona che frequentasse assiduamente questo ambiente.
«Capisci? – rise sguaiatamente – Non era neanche in lista!»
Cercai di fargli segno di abbassare la voce, ma non mi considerò minimamente. Dall’altra parte del tavolo, Louis avendo ascoltato tutto ci fulminò con lo sguardo e prontamente iniziò a parlare con tono molto più alto del normale.
«Insomma, mi sembra un'assurdità. Quel tipo, Niall.. Neil… come si chiama lui, è anche stato testimonial di collezione di biancheria intima disegnata da Marc Yoogh, e quando l’ho nominato Keith non sapeva neanche chi fosse!»
«Che disdetta» lo assecondai, coprendomi la bocca con una mano mentre sbadigliavo.
«Cos’ha Louis? Perché mi guarda male?»
Forse ti guarda perché sei un imbecille, ma questo lo pensai solo.
Quando si concluse la seconda parte della sfilata mi alzai dal tavolo e, cercai con tutta me stessa di non sembrare una pinguino mentre camminavo nel vestito rosso, lungo almeno cinque centimetri sotto il ginocchio, così aderente da non riuscire neanche a fare un passo decente.
Tra gli invitati c’erano molti personaggi famosi, altrettanti volti poco noti e personaggi celebri del panorama londinese che non spiccavano per altri meriti se non la ricchezza o qualche paparazzata su di un giornale scandalistico.
Notai che Oliver si era alzato dalla sedia poco dopo e che con lo sguardo, muovendosi in modo spavaldo, mi cercava tra la folla.
Forse erano passati più di dieci minuti da quando avevo detto di dover andare in bagno.
Per mia sfortuna, la maggior parte degli invitati riprese posto dopo che una voce annunciò che di lì a poco sarebbe ricominciato lo show.
Mi mossi velocemente verso uno dei lati della sala, in modo da sfruttare la poca luce e non farmi riconoscere, ma quando mi trovai con le spalle al muro, Oliver nella mia direzione e ancora meno persone a coprirmi feci la prima cosa che mi venne in mente.
«Scusa, che stai facendo?» una voce calda, leggermente roca mi fece sobbalzare.
«Non muoverti!» sibilai, nascosta dietro al ragazzo più alto che mi ero trovata davanti «sto cercando di scappare da una persona»
Il povero mal capitato si girò verso di me, così ebbi modo di vederlo meglio. Era molto alto. Sebbene io potessi vantare un metro e settanta di altezza e l’aiuto di un paio di scarpe da dieci centimetri, il ragazzo mi sovrastava senza troppi problemi.
Capelli mossi che gli sfioravano il collo, di un colore che non riuscii a definire bene immediatamente data la scarsa illuminazione. Il fisico invece era ben visibile, anzi la penombra ne delineava meglio la sagoma. Ampie spalle e corporatura asciutta, avvolta da una camicia bianca e un completo nero. I primi tre bottoni erano aperti e non potei fare a meno di osservare come dell’inchiostro nero si diramasse in qualche disegno non ben identificato sul suo torace scoperto.
«Per caso soffri di schizofrenia?» mi domandò dopo qualche secondo.
«Eh? Cosa?» alzai di nuovo lo sguardo sui suoi occhi e confusa aspettai una risposta.
«Ti sei lanciata dietro di me con la stessa leggiadria di un ippopotamo, dicendomi di stare fermo e poi ti sei incantata a fissarmi» si portò tre dita sul mento, scrutandomi in modo divertito.
«Prima di tutto io non sono un ippopotamo! E poi non sono una pazza!» dissi alzando la voce di qualche ottava, guardandomi poi intorno per assicurarmi che non avessi dato spettacolo.
«Lo dicono tutti i pazzi»
«Si può sapere chi sei?» alzai gli occhi al cielo frustrata.
Lui mutò la sua espressione da divertita a confusa, poi tornò a ridere strizzando gli occhi contro il pollice e l’indice e notai delle fossette prendere forma al curvarsi delle labbra.
«Tu prima mi aggredisci e poi vuoi sapere chi sono, e ti offendi se ti do della pazza!»
Sorrisi imbarazzata, non sapendo esattamente cosa dire. Infine scelsi di fare la cosa più semplice tra tutte.
«Piacere, Sophia Mills» allungai la mano verso di lui, che prontamente l’afferrò nella sua mettendo ancor più in evidenza la differenza di grandezza. Le sue dita affusolate si trattennero un secondo in più del dovuto sul dorso della mia mano e mi sentii ad un tratto troppo esposta al suo sguardo.
«Il piacere è tutto mio Sophia – lasciò la presa, e in un attimo le luci di scena si accesero riflettendosi nei suoi occhi che finalmente presero colore – Harry Styles»
Lui era Harry.
E mai avrei immaginato che quel verde, da sempre colore della stabilità e dell’equilibrio, rappresentasse solo due degli infiniti pregi che quel ragazzo aveva.
 

Primo capitolo! Ancora nulla di interessante, ma è fondamentale per conoscere bene i personaggi e le loro storie. 
Come avrete ben capito la storia è ambientata in un universo parallelo... dove Louis è un produttore discografico, ha solo una sorella, Reese, e Niall è un cantante molto famoso! Ah, lo stilista che ha organizzato il party non esiste :P
Soph ha conosciuto anche Harry e nel prossimo capitolo si scopriranno molte più cose. Spero di avervi incuriosito un po' di più, se vi va fatemi sapere con un commento :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


 
«Harry!»
Una voce femminile interruppe il contatto visivo tra me ed il ragazzo che avevo appena conosciuto.
Harry lasciò i miei occhi con qualche secondo di ritardo e si girò in direzione della donna.
Lo vidi trasalire impercettibilmente per poi ricomporsi subito dopo.
Tardai ad abbandonare i suoi occhi e appena mi voltai per vedere a chi appartenesse quella voce trovai una ragazza esile, non molto alta, con un viso a forma di cuore incorniciato in un caschetto biondo cenere.
«Ehi – Non lo conoscevo da neanche cinque minuti, ma appena aprì bocca mi parve titubante - …come va?»
«Ti ricordi di me?» chiese impicciata lei.
Dopo una manciata di secondi che mi parvero un’infinità, dato l’imbarazzo che aleggiava tra i due e il fatto che io fossi diventata la persona di troppo, il taglio di occhi delicato di lei si contrasse in un’espressione corrucciata dopo aver notato l’espressione forse troppo eloquente di lui.
Il ragazzo non doveva essere molto bravo a dissimulare.
«Certo che mi ricordo – Harry si aprì in un sorriso leggermente tirato – La splendida figlia del signor Finch»
Sebbene il suo cervello avesse recuperato le informazioni essenziali per non fare una gaffe epocale, avevo intuito che non si ricordasse del nome della ragazza o di qualsiasi altra informazione che non fosse il riconoscimento della sua faccia e l’associazione ad un certo signor Finch.
Il silenzio ripiombò in quell’angolino di sala, Harry riaprì bocca e potevo scommettere che avrebbe fatto qualche domanda o detto qualsiasi frase di cortesia completamente spersonalizzata per uscire da quella situazione. In realtà in quel momento non avevo la minima intenzione di continuare a stare lì a far parte della tappezzeria e assistere a ‘l’indovina chi’ che avevano messo in scena, quindi mi intromisi.
«È lei la ragazza di cui mi hai parlato?! – esclamai, con troppa esuberanza. Tuttavia nessuno dei due mi conosceva abbastanza per capire che tutto quell’entusiasmo gratuito non faceva parte di me. Le presi la mano per presentarmi – io sono Sophia, un’amica di Harry. Oh, mio Dio non riesco a ricordare il nome. Iniziava con la M… Ma, Me..»
«Meredith» rispose con un sorriso tra l’imbarazzato e il lusingato.
«Sì, Meredith! – dissi squillante, voltandomi poi verso Harry – Allora è davvero bellissima come dicevi»
«E….ebbene sì!» - dapprima spaesato, Harry riconquistò sicurezza. Mi rivolse un sorriso veloce che interpretai come gratitudine e poi si voltò verso di lei «Meredith, cosa ci fai qui? Tuo padre come sta?»
I due chiacchierarono per un paio di minuti, fin quando una voce metallica al microfono pregò tutti gli invitati di accomodarsi ai propri posti. Harry si congedò dalla ragazza dal visino d’angelo che lo scrutava con lo stesso sguardo da depravata sessuale che riservavo ad una scena qualsiasi di Ryan Gosling senza maglietta, ma lui non sembrava esserne infastidito.
Notai a malincuore che Oliver mi aveva individuata, ma, prima che riuscisse a raggiungermi, una signorina gli intimò di sedersi al proprio tavolo.
Harry, invece, sorprendentemente mi prese per mano e mi trascinò con sé.
«Dove mi stai portando?» chiesi, opponendomi ma senza troppa resistenza. Qualsiasi risposta avesse dato sarebbe stata senza ombra di dubbio un’alternativa più entusiasmante dello stare seduti accanto ad Oliver.
«Non stavi scappando da quel ragazzo tu? Ti sto dando una mano»
Harry si fermò davanti uno dei tavoli e con inaspettata galanteria spostò la sedia facendomi segno con la testa di sedermi.
«Forza, siediti – mi incoraggiò, notando la mia titubanza – un mio amico ha appena lasciato la festa. Il posto è libero.»
Mi sedetti, guardandomi appena attorno impicciata. Un uomo magro e di bella presenza, forse sui quaranta, mi guardò lascivamente. Non mi trattenni ad osservarlo più attentamente in quanto la sua sfrontatezza non me lo permise. Oltre lui ed Harry, il tavolo era composto da sole donne.
Donne bellissime, biondissime e slanciatissime.
 Il che mi rendeva la rappresentazione perfetta di ciò che si suole chiamare ‘pesce fuor d’acqua’.
Solitamente non mi lamentavo dei miei capelli castani o del mio fisico. Ero sempre stata abbastanza magra – forse un po’ di flaccidità dovuta al fatto che l’unico sport che praticassi fosse il ‘cercare la posizione comoda’ sul divano – non potevo lamentarmi. Mia madre mi ricordava sempre di esserle riconoscente per avermi donato un buon metabolismo…. E ciò la diceva lunga su di lei.
Non ero, dunque, una persona che doveva convivere con particolari complessi legati al proprio corpo. Una volta avevo addirittura vinto il concorso di bellezza di Stockport, anche se pensandoci non valeva un granché siccome le concorrenti in gara erano dieci e tra queste c’era anche mia cugina di undici anni e l’amica di nove.
A quel punto, però, anche se avessi conquistato la fascia di miss Manchester non penso sarebbe valso a qualcosa. Le ragazze sedute al tavolo erano chiaramente delle aspiranti alla corona di Miss Universo, di quelle che non capisci se stanno sorridendo o se hanno una paresi facciale.
«Non badare a loro – Harry si chinò leggermente verso di me e afferrò una delle gambe della mia sedia per avvicinarmi a sé in modo da farsi sentire, nonostante la musica che si diffondeva attraverso le casse in tutta la sala – Sono noiosissime e guardano chiunque dall’alto in basso. Sono solo le modelle che frequenta il mio cliente»
Mi chiesi di chi stesse parlando. Il quarantenne era l’unico uomo seduto al tavolo oltre Harry. Non riuscivo a capire quale lavoro potesse fare un ragazzo giovane come lui per un signore che aveva come minimo quindici anni in più.
Non mi diede neanche il tempo di pensare se fosse il caso o meno di farmi i fatti suoi e chiedergli del suo lavoro perché sbottò con un: «Come diavolo hai fatto?»
«A fare cosa?» chiesi confusa.
«Come facevi a sapere che il nome di quella ragazza iniziava con la M?»
Harry sgranò gli occhi in attesa di una risposta e io risi di rimando.
«Ho un quinto senso» gli sussurrai all’orecchio, tornando estremamente seria in un istante, come se gli stessi dando qualche informazione riservata.
«Un quinto… – Harry lasciò appesa la frase e ci pensò su una manciata di secondi, poi dalla sua posizione piegata con i gomiti che premevano sulle ginocchia e le mani che gli reggevano il mento alzò i suoi occhi verdi su di me – Mi stai prendendo in giro? Tutti abbiamo cinque sensi!»
«Sei una persona arguta!» scherzai, mettendomi a ridere, lui mi guardò imbronciato ma la sua presa di posizione non durò molto perché mi mostrò un sorriso aperto e sincero. Diverso da quelli che aveva riservato alla ragazza di poco prima. In quel momento notai per la prima volta la sua bellezza, grazie alle luci forti della sfilata che mi permisero di osservalo meglio. Non era di quelle bellezze stereotipate, da modello di Calvin Klein per intenderci. Non un palestrato col bicipite o pettorale che minacciava di scoppiare da un momento all’altro al di sotto della camicia. Tuttavia aveva un bel fisico e un’altezza che lo slanciavano non poco. Le labbra non oltremodo carnose contornavano un sorriso molto dolce che si accordava in perfetta armonia con i lineamenti non eccessivamente marcati. C’era qualcosa, però, nel suo modo di fare che mi incantava, imprigionava il mio sguardo nel suo. E non era neanche il verde dei suoi occhi ad affascinarmi, ma il modo in cui mi guardavano. Come se fossi l’unica persona in tutta la sala.
«Ho davvero usato uno dei cinque sensi, – spiegai – la vista!»
Harry, perplesso, mi invitò a continuare alzando le spalle.
«Aveva una collanina con tre piccoli ciondoli. Un cuore, un brillantino e la lettera M»
«Non ci credo! – esclamò entusiasta – ma se non ti avesse detto come si chiamava a quel punto avrei dovuto dirtelo io, quindi siamo stati fortunati»
«Oh, andiamo! Quella ragazza è troppo ben educata e preoccupata di avere i consensi delle persone per non rispondere. Infatti mi sono presentata e poi le ho allungato la mano. Le probabilità di non ricevere risposta erano quasi nulle!»
«La tua tesi è magistrale»
«A volte basta solo un po’ di spirito di osservazione» mi chiusi nelle spalle.
«Devo ringraziarti…mi hai salvato. Meredith è la figlia di Eric Finch, una persona molto importante con cui devo chiudere un affare. Sai quanto può essere determinante una buona o cattiva parola da parte della sua adorata figliola?  - disse, poi si fermò e pensandoci un po’ su continuò – L’unico problema che rimane è che ora lei pensa che io parli di lei con le mie amiche!»
«Oh, beh, un piccolo prezzo da pagare per entrare nelle grazie del signor Finch! – allargai le braccia – Quindi mi sono già sdebitata con te. Siamo pari, tu hai aiutato me e io ti ho restituito il favore!»
«Direi di sì»
Ci fissammo per qualche secondo, poi lui si allontanò da me appena la musica si abbassò e lo stilista uscì da dietro le quinte per godersi gli applausi.
Ispezionai la sala con lo sguardo, mentre battevo le mani, alla ricerca del mio tavolo. Da una parte ero proprio curiosa di vedere la faccia scocciata di Oliver, dall’altra mi chiedevo se Em e Louis si fossero accorti della mia assenza. Mi persi tra i volti delle persone, cosa che mi capitava con una certa frequenza. In quel contesto immaginai quanto fosse facile la vita per la maggior parte di quegli individui rispetto alla mia, e il lato malinconico di me riprese il sopravvento. Il solo pensiero di dover tornare a Stockport mi faceva sentire di aver fallito.
Mi incantai ad immaginare i mille scenari possibili che avrebbero potuto verificarsi nei prossimi mesi e ancora sovrappensiero vidi qualcosa che mi fece sbarrare gli occhi, o meglio, vidi qualcuno.
Non ne fui sicura, fu un istante così veloce che mi convinsi seriamente di essermelo sognato.
Non poteva essere lui.
 
15 Dicembre 2005
Avevo all’incirca tredici anni quando incontrai Zayn per la prima volta, e senza ombra di dubbio fu uno di quei momenti che ricorderò per tutta la vita. Forse perché fu completamente inaspettato e forse perché appena lo vidi capii che non sarebbe stato tra quelle persone che escono dalla tua vita con la stessa velocità con cui sono entrati.
In un certo senso non mi sbagliavo. 
«Ti prego Louis»
«Non esiste, non vi porterò con me. Siete ancora delle bimbe!»
Reese aveva da poco compiuto quattordici anni ed era ancora molto lontana dal pensare che il taglio corto sulle spalle donasse al suo viso ovale ed infatti raccoglieva sempre i suoi lunghi e folti capelli in code alte, come quel giorno.
«Non siamo delle bimbe! Portaci con te alla festa!»
Io davo man forte alla mia amica e solo al ripensare alle cavolate che dicevo, e soprattutto al modo in cui mi conciavo. Beh, per ovvi motivi taglierò questa parte della storia.
Emma, dal suo canto, se ne stava ferma sul letto a fissare Reese che si dimenava come una pazza e me che pregavo in ginocchio Louis.
Letteralmente.
«Tu sei?»

Louis squadrò la nostra amica, incuriosito dal fatto che sembrasse così diversa da noi, cioè... una persona normale.
«Lou è Emmaquesta sarà la millesima volta che viene a casa nostra!» esclamò Reese.
«Ah, già. La nuova arrivta — disse Louis — mica è colpa mia se vi fanno con lo stampino?»
Emma rise abbassando lo sguardo sui suoi piedi. Non conosceva ancora bene Louis e la sua timidezza non le permetteva di uscire fuori come la Em che ora conosciamo.
«Louis – Reese intrecciò le braccia e, con espressione furba, iniziò a sghignazzare in modo imbarazzante – per caso ti ricordi quando ti ho trovato a letto con Janette? Potrei dirlo a mamma quando arriva per passare qui le vacanze di Natale… oh, che caso. Arriva proprio la sera della festa!»
«Reese, non permetterti neanche solo…»
«Potrei essere così arrabbiata con te da decidere di raccontare tutto!»
«Dio, siete delle rompipalle. Ora mi toccherà anche fare da babysitter»
Louis si mise le mani nei capelli che portava schiacciati e lunghi sulla faccia come uno dei Beatles. La moda di quegli anni non aveva risparmiato proprio nessuno.
«Siamo capaci di cavarcela da sole» dissi fiera.
«Dovete starmi vicino, nel raggio di un metro e non oltre. Non potete bere nulla e, soprattutto, non dovete dare confidenza a nessuno – Louis ci puntò l’indice contro con fare severo – E le regole valgono anche per te, nuova arrivata!»
Inutile dire che ignorammo tutte le regole di Louis, soprattutto quella del non dare confidenza a nessuno. E così facendo, quella sera, incontrai Zayn.

 
«Tutto ok?» la mano di Harry sulla mia spalla mi risvegliò dallo stato di catalessi in cui ero caduta.
Mi era sembrato lui, muoversi verso una delle uscite, ma in fondo non potevo esserne sicura. Ero certa di aver visto una capigliatura scura e una carnagione olivastra, tuttavia non erano elementi caratterizzanti per affermare che si trattasse proprio di lui.
No, mi convinsi, non è Zayn.
«E’ finalmente finita questa noia mortale?» 
Parlò un ragazzo che si sedette proprio accanto a me. Portava i capelli abbastanza corti sui lati, scuri, mentre il ciuffo davanti si diramava in striature bionde, risultato di qualche tinta o semplice decolorazione, che portava alzato verso l’alto così rigidamente da dubitare che su di lui la forza di gravità avesse effetto.
L’avevo già visto da qualche parte, era una faccia conosciuta, ma non riuscivo proprio a ricordarmi dove l’avessi già incontrato.
«Scusa, sei per caso una fan?»
«Cosa?»
«Mi stai fissando»
«Oh, non farci caso – intervenne Harry – lo fa con tutti, Niall.»
Mi pietrificai.
Niall Horan.
Non vantavo di essere una conoscitrice dell’attuale cultura popolare, eppure, sebbene non ascoltassi la sua musica, era quasi impossibile non riconoscere la faccia che tappezzava riviste di ogni genere e appariva continuamente in televisione.
Come se non bastasse, Louis la sera della cena a casa mia ci aveva mostrato una foto poco prima che si dilungasse a parlare di quanto sarebbe stato fantastico lavorare con un’artista con tale impatto mediatico e conto in banca stellare.
«Niall Horan? Il cantante?»
«Beh, sì. Tu e Harry non vi conoscete molto bene a quanto pare»
«Perché?» domandai.
«Se lo conoscessi bene sapresti che questa testa di cazzo è diventato ricco grazie a me!»
«Cazzate – lo riprese Harry, sistemandosi sulla sedia e poggiando il suo braccio sullo schienale - Forse volevi dire che tu sei diventato ricco grazie a me!»
Iniziai ad essere confusa. Chi diavolo era Harry? E come aveva a che fare con Niall Horan?
«Smettetela voi due. – l’uomo inquietante di prima parlò, dopo aver ascoltato l’intera conversazione – Se ora siete qui a bere champagne circondati da modelle è solo grazie a me. Tienilo in mente Harry.»
Mi voltai verso il riccio, confusa.
«Perché a quest’ora non sono ancora strafatto? Così eviterei di sentire le solite merdate – Niall scattò dalla sedia, porgendo una mano ad una delle modelle e prendendo con l’altra un bicchiere di vino bianco – Vieni Annalise, andiamo in qualche posto più tranquillo.»
«Niall – lo chiamò Harry, e dal tono potei intuire non fosse per nulla sereno – Non fare stronzate, domani è domenica e non ho voglia di dover sistemare i tuoi casini»
«Pensa ai tuoi di casini! – rispose il biondo, già un paio di passi lontano da noi – Ce n’è uno in arrivo, ore nove»
 «Guarda chi si vede» l’ennesima bella donna della serata si avvicinò al tavolo neanche trenta secondi dopo.
Se avessi voluto uccidere la mia autostima, l’avrei fatto comodamente dal mio divano sparandomi la maratona di tutti i fashion show di Victoria’s Secrets dal 1998 in poi, non di certo venendo ad una festa.
«Sam, che sorpresa» esclamò Harry con un po’ troppo entusiasmo per essere genuino.
«Non fare lo stronzo lecca culo con me – lo aggredì lei – e non trattarmi come la tua scopata della settimana scorsa»
Le cose si facevano interessanti, ma quella era già la terza volta in cui percepivo di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Il tipo ignoto che stava al tavolo con noi alzò gli occhi al cielo con aria parecchio scocciata e poi si alzò dalla sedia facendo cenno ad una a caso delle modelle di seguirlo.
«Non fare scenate, per favore» Harry era infastidito e, a differenza di come si era comportato con Meredith, non si sforzava affatto di essere gentile.
Nessuno si era accorto della piazzata che aveva fatto la donna per la musica di sottofondo e la confusione generale dovuta alle centinaia di persone presenti. In più lei si era preoccupata di non alzare troppo i toni.
Stavo per congedarmi, pensando che a quel punto almeno Em fosse preoccupata della mia sparizione. Per giunta avevo anche lasciato borsa e telefono sul mio tavolo.
Mi alzai, sotto lo sguardo sorpreso di Harry che discuteva con quella donna, ma notai un particolare che mi costrinse a non andarmene senza prima aver detto la mia.
«Perché non torna da suo marito? Probabilmente la starà cercando da qualche parte qui in giro.»
Mi allontanai dal tavolo di Harry salutandolo con un cenno, ma lui mi seguì.
«Aspetta, Sophia – mi prese per un braccio e mi fece fermare – dove vai?»
«Torno dai miei amici, penso che a questo punto abbiano già chiamato quel programma televisivo che parla di gente scomparsa» scherzai.
«Scusami per… - si portò una mano nei suoi capelli incasinati, di cui finalmente distinguevo il colore castano chiaro con qualche riflesso sul dorato dato dalla luce – Avrei voluto parlare di più con te. Sei una ragazza simpatica»
«Sarà per la prossima festa» feci spallucce, sorridendogli, cosciente del fatto che non ci sarebbe stata più nessun’altra occasione del genere per me.
«Posso chiederti una cosa?»
«Tutto quello che vuoi»
«Come facevi a sapere che era sposata? Io non ne avevo idea!»
«Te l’ho detto… spirito di osservazione. Aveva le mani gonfie e sull’anulare il segno della fede che probabilmente le stringeva troppo»
Data l’espressività del suo viso, capii che era rimasto impressionato. Neanche avessi fatto chissà quale magia.
«Sai – iniziò, incrociando le braccia al petto e scrutandomi come se fossi un caso umano da studiare – Sei una ragazza sorprendente»
«Ho solo notato un particolare – risi per quanto percepii che ancora non se ne capacitasse – te ne saresti accorto anche tu lei non ti avesse stordito con quella serie di insulti»
«No, dico sul serio. Noti cose che alla maggior parte delle persone sfuggono»
Arrossii, aveva tutta l’aria di essere un complimento. Ma mi bacchettai mentalmente per aver abbassato la guardia.
Harry Styles era di sicuro un ragazzo molto affascinante, ma da quel che avevo potuto vedere stando con lui neanche mezz’ora era che a circondarlo vantava un harem di ragazze non irrilevante. E io, per quel che riguarda la vita sentimentale, non mi ritenevo un tipo da ‘gioco di squadra’.
«Harry, – se non l’avrei più visto, tanto valeva togliermi la curiosità – posso chiederti anche io una cosa?»
«Tutto quello che vuoi» rispose, ripetendo le mie stesse parole di prima.
«Sembri una persona importante – portai le labbra verso l’interno per mordicchiarle, poi continuai – chi sei?»
«Mi stai chiedendo che legame ho con Niall Horan? – sorrise, alzando un sopracciglio – Non sono perspicace come te, ma questo non vuol dire che sono stupido!»
«Veramente io… - tentai di giustificarmi, ma poi lasciai perdere – Beh, sì. Me lo sono chiesta, in realtà»
«È un amico.»

 


Lo ammetto, i primi capitoli sono un po' noiosi ma sono anche necessari per introdurre cosa accadrà...
in un piccolo flashback appare Zayn, ma le informazioni su di lui sono ancora poche per capire come è legato alla protagonista.
Sophia ha lasciato il tavolo di Louis e in quello di Harry ha incontrato Niall... questo l'ha mandata in confusione. 
Perché Niall non è con il suo agente?
Si chiarirà tutto con i prossimi capitoli, promesso.
Se la storia vi piace fatemelo sapere, per me è importante :)
E se solitamente leggete dal telefono volevo dirvi che la sto pubblicando anche su wattpad
Alla prossima!


 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Trailer della storia

Capitolo 3
 
«Non posso crederci, - Louis era fuori di sé - ho passato l'intera serata a leccare il culo del commercialista rincoglionito di quel poppante miliardario!»
«Non lo dire a me - mormorò Em, dopo essersi spalmata, strusciando con i gomiti, sul bancone in legno - mi sono sorbita tutte le chiacchiere della signora Norton per nulla. E come se non bastasse alla sfilata c'era anche quel gran fico di Adam Levine. E io dov'ero? A fingere di essere la tua fidanzata! Speriamo che non se ne sia accorto! Non voglio che pensi che sia realmente impegnata!»
«Certo, Em. Si sarà di sicuro struggendo in questo momento dopo aver scoperto di noi due – scherzò Louis alzando gli occhi al cielo – è sposato con una supermodella… ma il problema è che sei stata vista in compagnia di un altro uomo. Sì, credibile»
«Cosa vorresti insinuare? – disse offesa Emma, mettendosi dritta e puntando la sua Beck’s contro Louis – Ero favolosa stasera e questo abito finirò di pagarlo l’anno prossimo!»
L’abito che aveva indossato la rendeva sul serio meravigliosa. Lungo, rosa cipria, scendeva morbido in una gonna in chiffon con uno spacco abbastanza profondo. Non era davvero così costoso come diceva perché lo stilista non era molto conosciuto e io avevo avuto la possibilità di lavorarci quando ancora frequentavo l’università, quindi ci aveva fatto un buon prezzo.
Louis la guardò male.
«Ecco uno dei motivi per cui non vi porto mai con me, non avresti dovuto spendere così tanto. Te l’avrei comprato io»
«Piuttosto la morte» Em si sarebbe fatta sul serio sparare prima di cedere e farsi comprare qualcosa da Louis, o da qualsiasi altra persona.
Dopo essere praticamente scappata da Harry e il suo fascino avevo raggiunto il mio tavolo con l’intenzione di raccontare a Louis di aver visto Niall Horan alla festa. Il fatto che non fosse allo stesso tavolo, o almeno vicino, al suo manager mi aveva insospettito.
Infatti, appena tornata al mio posto, non feci in tempo a dire nulla che Louis mi fece cenno di lasciare la festa. Aveva – dopo solo un’ora e tre quarti di cena –scoperto che quel fantomatico Keith Norton non era il manager di Horan, bensì il suo commercialista.
Louis liquidò quel pover uomo e, con una serie di imprecazioni che silenziosamente mandò a lui e meno silenziosamente ad Oliver, ci trascinò fuori dall’hotel.
Per la strada, all'unanimità avevamo deciso di fermarci al nostro bar di fiducia, il Dean's. Un posto piccolino, rustico, vicino l'appartamento che io ed Em condividevamo. L'ambiente poco illuminato e l'arredamento completamente in legno di noce - a cominciare dal bancone e i tavoli e finendo con il parquet - davano al locale un'aria cupa. Per noi, però, era più di un bar di periferia, era un luogo di ritrovo, aveva un odore familiare di quelli che quando li senti ti rassicurano come se fossi a casa. Inoltre era l'unico posto dove saremmo potuti andare con i nostri abiti di gran gala senza che le persone iniziassero a guardarci come se fossimo dei pazzi.
Sia i proprietari che i soliti clienti erano abituati alle nostre stramberie.
«Louis, ti giuro, non è stata colpa mia. Quel Norton era..»
Oliver cercò di giustificarsi per l'ennesima volta.
«Ho detto che non ti voglio parlare - disse Louis a denti stretti, prendendosi una pausa per dare un sorso alla sua seconda birra della serata - ho fatto la figura del coglione. Dico solo.. io dico, come cazzo hai fatto a non renderti conto di star parlando con il commercialista di Niall Horan, e non con il suo manager?»
La faccia di Louis era da fotografare ed incorniciare, rosso in viso e nervoso tanto da non smettere di torturarsi i capelli che ormai erano una massa informe e senza senso.
Io ed Em non riuscivamo a smettere di ridere. Avevamo quasi le lacrime agli occhi.
«Soph, ti sei persa anche la parte più esilarante – cercò di dirmi Emma tra una risata e l’altra – Il signor Norton era diventato un peperone dalla vergogna, ha iniziato a balbettare e giustificarsi come se fosse stato lui a fraintendere tutto! Mentre era solo Louis a doversi scavare la fossa»
«Grazie Em, tu sì che sai come farmi sentire meglio!»
«Amico, ti giuro, la segretaria che mi sono scopato mi ha riferito che era lui ad occuparsi degli affari amministrativi» ci provò nuovamente Oliver.
Io alzai gli occhi al cielo, Em si girò nella direzione del Viscido con una smorfia di disgusto.
«Oliver, - iniziò Louis cacciando un lungo sospiro, preludio di una sfuriata – sai quante fottute figure ci sono dietro ad un cantante di quel calibro?! E sai quante sfumature si possono dare all’espressione ‘affari amministrativi’? C’è il commercialista, l’avvocato tributarista, l’assistente personale, il consulente d’immagine, chi gli porta le borse e non mi scandalizzerei se esistesse anche la figura professionale del soffiatore di naso!»
«Buonasera ragazzi, - Reese apparì magicamente nel locale sedendosi accanto a me – come è andata la serata col commercialista?»
«Perché ho detto che peggio di così non poteva andare? – disse Louis in modo drammatico, per poi voltarsi verso di me ed Em – siete state voi vero? Già avete raccontato la storia a tutti i vostri gruppi di Whatsapp?»
«Ci dichiariamo innocenti» dichiarai.
«Caro fratellino, non disperarti. Ho già chiamato il manager di Niall Horan - quello vero - e lunedì ho un appuntamento per le diciannove»
«Che cosa?»
«Secondo te chi è stato a dire alla segretaria, che per inciso non ti sei scopato - disse indicando Oliver - di darti l’informazione sbagliata?»
«Chi?» chiese il rosso.
«Sei stata tu» esclamò Louis verso la sorella.
«Sì, ma devo dire che Oliver mi ha semplificato di molto il lavoro!»
«Che cosa significa tutto questo?» sbottò il fratello.
«Ci hai provato Louis. A tenermi nascosto il fatto che nostro padre avrebbe concesso il posto di direttore nella sede di New York a chi sarebbe riuscito a far firmare per primo il contratto a Horan. Peccato che io sia sempre un passo avanti a te!»
«La sede di New York?» guardai Emma nella speranza di capirne qualcosa di più, ma neanche lei sembrava avere la più pallida idea di ciò che Reese stesse dicendo.
Perché Louis avrebbe voluto trasferirsi in America? E senza mai parlarcene.
«Di cosa stai parlando? – lui stesso sembrò interdetto – è la prima volta che sento questa storia»
«Non prendermi per il culo – Reese roteò gli occhi – Ho sentito papà parlarne al telefono»
«Vuoi trasferirti in America?» chiese Em a Louis.
«No! Non ne ho mai avuto intenzione – Lou era così serio che non dubitai neanche per un secondo del fatto che dicesse la verità – Non so cosa abbia in mente nostro padre, ma io non voglio trasferirmi»
Che il padre di Louis e Reese stesse architettando qualcosa era una ipotesi fin troppo verosimile. Non avevo mai avuto modo di averci a che fare e consideravo la cosa una vera fortuna.
Il signor Tomlinson non avrebbe mai potuto costruire il suo impero se non avesse avuto quell’aspetto austero tale da incutere timore a chiunque, o i modi di agire sicuramene poco ortodossi. Cosa macchinasse era sempre un’incognita, e soprattutto chi aveva a che fare con lui doveva aver ben chiaro che un suo favore avrebbe avuto un caro prezzo.
Il fatto che Louis non sapesse niente di questo trasferimento a New York non mi tranquillizzava affatto, ciò poteva solo significare che il padre stava agendo nell’ombra.
++
«Tu pensi che Louis andrà a New York?» mi chiese Em quando ci ritrovammo da sole nel nostro appartamento.
«Dalla sua espressione quando Reese ne parlava, direi proprio di no»
La festa era finita e da brave Cenerentole quali eravamo, avevamo messo apposto le scarpette tacco dodici e quegli abiti così eleganti che probabilmente sarebbero rimasti nell’armadio senza essere più utilizzati.
Em si stava struccando e nel suo pigiama di cotone rosa - perfetto per quel Novembre così rigido - si era accovacciata sul mio letto.
«Infatti io non ti ho chiesto se Louis voglia andare o meno. Ti ho chiesto se andrà – sciolse la cipolla in cui erano raccolti i suoi capelli, che aveva lisciato per la serata – lo sai che al signor Tomlinson non importa cosa vogliano gli altri, importa solo ciò che vuole lui.»
Chiusi l’anta dell’armadio, appena finii di riordinare la mia roba, e mi voltai verso di lei per poi avvicinarmi e sedermi accanto.
«Louis è adulto, e il suo obiettivo ora come ora è diventare il produttore di Niall Horan. E ciò non sarebbe possibile seduto dietro la scrivania di un ufficio di New York. Per non parlare del fatto che Reese invece vuole quel posto e non si fermerà per nulla al mondo.»
Em rise non troppo di gusto, «La determinazione di Reese è la garanzia che Louis rimarrà qui».
Il silenzio si sprigionò nuovamente nella stanza fin quando la mora non parlò di nuovo.
«Ho una paura – mi confidò – ho paura che Louis e Reese partano entrambi per New York e che tu torni a Stockport.»
«Lunedì chiederò un aumento al mio capo – confessai – e se non me lo dovesse concedere penso che per fine mese dovrò lasciare Londra»
Trovai il coraggio di dirglielo, stavo aspettando il momento più adatto ma nel momento in cui avevo lasciato andare quel segreto che mi stava torturando capii che nessun momento al mondo sarebbe stato adatto se la notizia da dare era così poco felice.
«Immaginavo, – sospirò, abbassando lo sguardo – avevo notato che eri piuttosto silenziosa quest’ultimo periodo»
«Se le cose non dovessero andare bene, troverai qualcun altro con cui condividere la casa – la rassicurai – lo sceglierò personalmente io»
Emma purtroppo era sola al mondo, nessuno su cui contare a parte noi, e il passato violento che cercava di lasciarsi alle spalle emergeva sotto forma di insicurezze e poca fiducia nei confronti delle persone che non conosceva.
«Non voglio pensarci in questo momento – disse, alzandosi dal letto e andando verso la porta – Ora vado a dormire, a domani Soph»
«Buona notte, Em» la salutai e dopo essersi sforzata in un sorriso uscì dalla camera.
Spensi tutte le luci, lasciando accesa solo quella della abat-jour sul comodino, e mi misi sotto le coperte. Quella notte prendere sonno non fu facile, i pensieri mi attanagliavano e mi sembrava impossibile non ripensare a quando avevo lasciato casa, l’odore di indipendenza – e di muffa – appena entrata nell’appartamento in cui ora vivevo, i sogni che avevo rincorso fino a quel momento e che, quando presi il treno per raggiungere Londra, mi erano parsi così vicini. Quasi arrivabili.
++
«E’ stato un disastro – dissi, coprendomi la faccia e accasciandomi sulla poltrona dello studio di Reese – mi ha licenziato prima ancora che gli chiedessi un aumento»
«Cosa?!» Reese lasciò perdere le carte che stava consultando ed alzò lo sguardo verso di me.
In ufficio Ree non scadeva mai sul classico tailleur nero o blu – che lei stessa definiva ‘da sfigata’ – ma si sbizzarriva con gonne a vita alta, al ginocchio o più corte se quel giorno voleva osare, camicette o top di ogni colore e giacche fatte dalla sarta su misura per il suo fisico perfetto.
Il rapporto d’amicizia era troppo stretto da poter arrivare ad invidiarla e lei era una di quelle persone che poteva anche possedere una casa completamente d’oro ma non te lo avrebbe mai fatto pesare. Potevo dire lo stesso di Louis, ed ero fermamente convinta che l’aver vissuto con la nonna, una persona buona ed umile, avesse reso quelle due persone così splendide.
«Hai sentito bene, mi ha licenziato. Non ho fatto neanche in tempo ad arrivare che mi ha convocato nel suo ufficio per dirmi che l’ultimo periodo è stato duro per l’azienda e che avrebbero dovuto fare dei tagli…»
«E vogliono tagliare proprio te?!» sbottò lei.
«Sono stata l’ultima ad essere stata assunta» spiegai.
«Perché non hanno licenziato quel cesso di Lyn?» Reese gesticolò drammaticamente, e poi si avvicinò alla poltrona dov’ero seduta poggiandosi sulla sua scrivania in vetro bianco.
«Ree non iniziare» risi.
«Invece, ti prego, parliamone. Quei capelli che porta sono da denuncia ed un’orticaria fulminante è di gran lunga più simpatica di lei…»
Reese si interruppe appena notò l’orario.
«Cavolo, sono già le diciotto e trenta»
«Stasera è ancora valida quella pizza a casa tua?» chiesi, ricordandomi della serata che lei stessa aveva organizzato, approfittando del fatto che proprio a di fronte il suo palazzo avesse aperto una pizzeria italiana.
«Sì certo, ma prima devo vedermi con il manager di Niall Horan. Hanno spostato l’appuntamento già tre volte e ora siamo rimasti per vederci al Shangri-La Hotel alle 18.45»
«Allora io torno a casa e vengo con Em stas…»
«Emma viene con Louis, comunque è inutile che fai avanti e indietro… vieni con me, è solo un appuntamento informale»
Non le ci volle molto per convincermi siccome l’idea di prendere un taxi e poi prendere la macchina, nell’orario in cui a Londra tutti stavano tornando a casa dai propri uffici, non mi entusiasmava particolarmente.
++
«Sta alloggiando qui, insieme alla sua troupe. Hanno prenotato almeno la metà delle camere disponibili» spiegò Reese mentre la seguivo nell'ingresso del hotel.
«La folla lì fuori è spaventosa - dissi, non capacitandomi ancora di come fossimo riuscite a passare in mezzo a tutte quelle ragazzine urlanti - avevo capito che era famoso, ma non pensavo fino a questi livelli!»
«Se quelle ragazze lì fuori sapessero che l'hai incontrato senza averlo neanche riconosciuto penso che trascinerebbero il tuo cadavere per tutta Londra»
Feci finta di rabbrividire e risi insieme a Reese.
«Ti aspetto qui» dissi guardandomi intorno alla ricerca di una sedia o di un posto in cui poter aspettare.
«Come ti pare – mi disse sventolando una mano in aria e sculettando nel suo vestito di Valentino (che aveva portato come cambio) – se vuoi qualcosa al bar serviti pure a mio nome»
L’hotel era indescrivibile, mi trovavo nell’atrio dedicato agli eventi per quello che avevo potuto capire dalle mille divagazioni di Reese. Purtroppo un suo difetto era parlare senza seguire un vero e proprio nesso logico, partiva con premesse risalenti all’età della pietra per poi dimenticarsi di ciò che stava dicendo.
Alcuni signori in giacca e cravatta sedevano su delle poltrone in pelle bianca, assorti in chissà quale noiosissimo discorso, ma ben presto mi dimenticai di chiunque mi stesse intorno perché fui catturata della vista mozzafiato di Londra che si apriva attraverso le enormi vetrate che circondavano la struttura al posto delle mura. Potevo vedere nitidamente il London Bridge, le luci delle macchine creare dei segmenti luminosi e fondersi con quelle fisse delle strade. Le persone erano indistinguibili puntini in movimento, apparentemente lenti ma in realtà tutti di fretta. Ogni puntino aveva una storia, e spesso la frenetica corsa di ciascuno non ne permetteva l’incrocio con altre. Mi sarebbe mancata questa Londra, ipnotica e caotica, custode di mille storie e piena di vita.
Mi resi conto di aver poggiato le mani su uno di quei finestroni, le staccai bruscamente per paura che qualcuno potesse riprendermi. Indietreggiai di qualche passo e in un attimo sentii un tonfo che mi fece perdere un battito dalla paura.
Avevo fatto cadere qualcosa, qualcosa di molto pesante.
Mi girai titubante con la triste realizzazione che chiunque in quella stanza mi stesse guardando, ma ciò che mi trovai davanti – o meglio chi – mi fece dimenticare di avere una ventina di occhi puntati addosso.
«Mio Dio, che sbadato»
Harry.
Harry che avevo conosciuto appena due sere prima.
«Signor Styles, va tutto bene?»
Harry.
Ok, il mio cervello si era incantato alla vista di quel ragazzo dai capelli disordinati ed il sorriso da cane bastonato che aveva indossato in quella circostanza. Era diverso dalla prima volta che lo avevo incontrato, indossava una semplice maglietta bianca a mezze maniche (eccessivamente fuori stagione, nonostante i riscaldamenti a palla) che ne metteva in risalto il fisico statuario che la prima volta avevo solo potuto immaginare e un jeans nero abbastanza stretto.
Ovviamente mi ero soffermata un po’ troppo su particolari inutili per capire cosa stesse succedendo nel mondo reale.
Solo quando vidi la statua di un tipo losco con i baffi frantumata per terra, mi resi conto di essere stata io a distruggerla.
«Sono così dispiaciuto – Harry iniziò a scusarsi con un ragazzo che probabilmente apparteneva al personale dell’albergo – davvero, ero sovrappensiero… ma rimedierò subito. Farò recapitare un assegno al suo titolare.»
«Signor Styles, io….» il povero ragazzo sembrava in seria difficoltà. Chiamava Harry per cognome, questo stava a significare che lo conosceva piuttosto bene.
Cercai di dire qualcosa ma Harry non me lo permise, «Phil, non preoccuparti va bene? Vai dal tuo superiore e dì che non ti ho dato la possibilità di parlare»
Quel tipo, Phil, annuì ancora non del tutto convinto e abbastanza timoroso, ma poi si decise e si allontanò dal posto dopo aver dato ordine ad un altro paio di ragazzi, con la sua stessa uniforme, di ripulire il tutto.
«Cosa diavolo ci fai tu qui?» non riuscii a reprimere le parole sul nascere, lui alzò un sopracciglio assumendo un'espressione di incredulità che per poco non mi fece scoppiare a ridere.
«Tu sei proprio matta da legare, te ne vai in giro in posti chic rompendo in mille pezzi statue che probabilmente sono più vecchie di te e mi domandi cosa diavolo ci faccio qui? Sto iniziando a pensare che l'altra sera era quel tipo a scappare da te, non tu da lui!»
Mi sfuggì una risata, poi scossi la testa con veemenza «E io sto iniziando a pensare che tu mi stia pedinando!»
«Che cosa?! - sbottò - io sono qui per lavoro. Passavo per l'atrio quando ho visto la tua faccia spiaccicata sul vetro della finestra stile ventosa. Ma ehi non devo darti spiegazioni!»
«Non sono una ventosa e .. Sono qui per accompagnare un'amica ad un incontro di lavoro. Ma ehi! Neanche io devo dare spiegazioni a te!»
«Bene»
«Perfetto»
«Neanche un ringraziamento per averti salvato il culo!» si lamentò.
Spalancai la bocca, di certo nessuno gli aveva chiesto di fare l'eroe!
«Non ho mai preteso il tuo aiuto!» dissi con fierezza alzando leggermente il mento e incrociando le braccia.
«Sai quanto vale quella merda in ceramica?»
«No - esitai, pensando che effettivamente mi aveva appena salvato da un bel casino - ma posso ripagare le spese, cioè .. Si posso, si.. Ma quanto vale?»
«Un mucchio di soldi - rispose sogghignando appena vide la mia espressione afflitta - ma non ti preoccupare, mi conoscono bene qui. Potrei avere lo sconto della pena»
«Fammi sapere a quanto ammontano le spese, ti ripagherò»
Mi ci mancava solo questa, oltre ad essere disoccupata e quasi senza più un appartamento in cui vivere avevo aggiunto alla lista delle mie sventure un debito abbastanza consistente da pagare.
«Sono troppo un gentleman per farti pagare»
«Io ho combinato il casino e io pago. Dammi il telefono.»
Allungai la mano verso di lui ed attesi.
«Cosa?»
«Il tuo telefono» sbuffai.
«Oh no, sei un soggetto pericoloso»
«Dammi il tuo telefono»
Alzò gli occhi al cielo e poi mi porse il suo i-phone ultimo modello.
«Ti memorizzo il mio numero – gli dissi, digitando velocemente i numeri sullo schermo – quando saprai a quanto ammonta il danno mandami un messaggio con le tue coordinate bancarie»
Gli restituii il telefono e lui mi lanciò uno sguardo che non seppi ben interpretare, semplicemente mi squadrava.
«Se volevi darmi il tuo numero di telefono non era necessario tutto questo casino! – mi prese in giro – Insomma pedinarmi e distruggere un albergo. Se me l’avessi chiest…»
«Oh Dio – roteai gli occhi – come fai a stare in un posto chiuso come questo?»
«Cosa?»
«No, dico, non rischi di soffocare nel tuo ego?»
Harry rise, passando le dita nei capelli per portarseli all’indietro.
«Grazie, comunque»
Misi da parte per un attimo l’orgoglio sentendo il bisogno di ringraziarlo. In fondo, nonostante il suo tono da presa in giro e i suoi modi un tantino strafottenti si era addossato una colpa non sua per non farmi passare dei guai.
«Tu sei proprio buffa Sophia – si guardò intorno, poi continuò – dov’è la tua…»
«Harry!» un uomo chiamò il riccio, avvicinandosi a noi e rimasi stupita dal vedere spuntare dietro la sua figura alta quella di Reese.
Ree per poco non si mise ad urlarmi in faccia qualcosa del tipo ‘Che strafigo è mai questo’, la conoscevo troppo bene e i suoi grandi occhioni azzurri sgranati che rimbalzavano da me ad Harry come una pallina da tennis impazzita mi fecero chiaramente comprendere che dentro di sé stava soffocando una serie di frasi abbastanza sconce ed imbarazzanti.
L’uomo, che scoprii chiamarsi Mark, era il manager di Niall Horan e quindi la persona con cui Reese aveva appuntamento. Mi diede la sensazione di essere stato colpito positivamente dalla mia amica perché quando la presentò ad Harry - che di lì a poco avrei scoperto che tipo di legame avesse con lui – non smetteva di elogiarla.
«Signorina Tomlinson, lui è Harry Styles. Lavora per me, segue personalmente Niall e scrive la maggior parte delle canzoni –   ecco svelato l’arcano. Niall e Harry non erano semplici amici   – Quindi può ben capire che non solo dovrà convincere me, ma anche lui»
«Il signor Styles non potrà rifiutare nessuna delle mie offerte» Ree sorrise in modo ammaliante verso Harry.
Dal canto suo, il ragazzo catalizzò tutta l’attenzione sulla mia amica sorridendole a sua volta.
Stavano per caso flirtando?
La cosa mi fece storcere il naso e, in quel momento, mi convinsi del fatto che la sensazione di fastidio che provavo era dovuta al fatto che non volevo che Reese diventasse una delle vittime del fascino di quel riccio.
«Signorina Tomlinson, dovremmo discutere dei dettagli a questo punto» quando ascoltai la risposta di Harry pensai fosse una frase come un’altra per riempire i silenzi tra uno sguardo ammiccante e l’altro. Solo qualche ora dopo scoprii quali fossero i dettagli a cui si riferiva. 

 

Sera :)
Posso dire che la storia è iniziata ufficialmente con la fine di questo capitolo, questi primi tre sono stati un 'preludio' necessario per raccogliere tutte le informazioni importanti per introdurre gli avvenimenti stessi. 
Ringrazio chi ha inserito nei preferiti e tra le seguite la storia.
E vi invito a farmi sapere cosa ne pensate... perché è importante sapere se sto scrivendo per me o se c'è qualcuno a leggere dall'altra parte.
Alla prossima!


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Trailer della storia

Capitolo 4
 
«Louis, per favore!»
La voce di Em era ben udibile appena arrivate sul pianerottolo. Reese aprì la porta del suo appartamento rivelando il magnifico soggiorno che le invidiavo dal primo momento in cui ci avevo messo piede. Lo stile New York predominava all’interno del loft, trovando la sua perfetta rappresentazione in quella stanza, adibita anche a sala da pranzo. Era la più grande della casa, praticamente il fulcro dell’intero appartamento.
Il parquet chiaro richiamava il colore pescato delle pareti in mattoni finti e al contempo creava un contrasto piacevole alla vista. I faretti contornavano strategicamente il perimetro della camera correndo lungo la controsoffittatura e – grazie agli interruttori regolabili – concretizzavano un ambiente di luci soffuse sul giallo, ideale per creare l’atmosfera perfetta per una cenetta o per guardare un film in compagnia.
Emma si dimenava ed urlava sul divano bianco angolare che dominava al centro della sala. Sembrava che Louis la stesse torturando: con una mano le teneva fermi i polsi mentre con l’altra le faceva il solletico sui fianchi.
«Ah, ecco come passavi il tuo tempo mentre io facevo ciò che mi riesce meglio in assoluto!» Reese si avvicinò al fratello togliendo i tacchi lungo il tragitto e lasciandoli sparsi sull’enorme tappeto in pelo. Non potei far a meno di immaginare le fatiche della povera domestica per tenerlo così pulito e immacolato nonostante i continui attentati dei due Tomlinson.
«Spaventare i bambini al parco?» rispose prontamente Louis, dando un attimo di respiro ad Em.
«No idiota. Fare soldi! – Reese si lanciò sul divano – ho quasi in pugno Mark, ora c’è bisogno che tu lo convinca dicendo che farete dei pezzi favolosi, sound rivoluzionari e tutte quelle cavolate che racconti»
«Nessuna cavolata! con me in studio si fanno magie! - Louis alzò un sopracciglio fiero poi prese per mano Em e la face alzare, lei tirò un sospiro di sollievo finalmente libera dalla tortura cinese e solo allora notai che indossava una felpa grigia più grande della sua taglia e coordinata al pantalone della tuta di Lou. Mentre quei due discutevano le chiesi come faceva ad avere freddo con i termosifoni a quasi trenta gradi.
«Non mi sento molto bene» mi rispose.
Louis diede nuovamente attenzione ad Em «Dopo la pizza prendi una tachipirina», mentre Reese andò nella sua camera a spogliarsi. Intanto io ne approfittai per togliermi di dosso il parka verde militare e la mega sciarpa che mi avvolgeva il collo.
 
«Quindi tu hai conosciuto Harry Styles?!» Louis per poco non si strozzò con la pizza.   
«Non è stato un incontro così illuminante, mi sono semplicemente dimenticata di dirvelo – mi giustificai prima di addentare un’altra fetta della mia patate e salsiccia, poi dopo aver masticato un po’ aggiunsi – E poi non sapevo fosse così famoso!»
«Scherzi? – esclamò Em, chiudendosi nella felpa di Louis – sulle riviste scandalistiche non si parla di altro che della sua vita privata, con chi esce, i locali che frequenta. E poi devi ammetterlo, è un gran figo!»
«Vi prego di non iniziare con questi discorsi – sbuffò Lou – potrei decidere di raggiungere Oliver in discoteca prima del previsto. E poi Harry Styles ha partecipato alla produzione degli album di maggior successo degli ultimi due anni, ditemi ora cosa c’entrano le donne con cui esce o i party a cui partecipa?»
«Oh su andiamo fratellone! – Ree gli diede una pacca sulla schiena, stuzzicandolo – Emma stava solo dicendo che Styles è il classico ragazzo che ti fa sesso!»
«Oh santo cielo, le mie orecchie stanno bruciando – Louis proruppe inorridito – Non voglio più sentire quella parola uscire dalla tua bocca! Voi per me siete asessuate!»
«Beh sì lo comprendo, anche tu per me non sei dotato dell’apparato genitale – rispose lei, guardandosi le unghie con falsa indifferenza, ricevendo un’occhiataccia dal ragazzo, alquanto offeso – ma sei sicuro che per te siamo tutte asessuate?!»
Avevo detto che Reese si era rassegnata allo strano rapporto tra Louis ed Emma, giusto?
Sì, ma avevo omesso il fatto che non perdesse mai occasione di provocare il fratello – che considerava l’anello debole di quella che definiva ‘la strana storia d’amore senza sesso’ – quando Emma non era nei paraggi. Infatti aveva approfittato del fatto che si fosse alzata per prendere altre birre in cucina.
«Sì, tutte – rispose Louis imperturbabile – quindi sarà meglio che non parliate di ragazzi, sesso e cose di questo genere. Potreste turbarmi psicologicamente. Per me sarete sempre le dolci e bruttine tredicenni che mi rompevano le palle tutto il giorno»
 
20 Dicembre 2005
«Sophia, Reese e Nuova arrivata… - Louis ci fece fermare davanti casa di Noal Smith per farci le ultime raccomandazioni con tono solenne – Non sono venuto qui per fare da babysitter a voi bambine, ma per farmi Deb Mclaw. Quindi statemi sempre accanto, non rivolgetemi la parola e quando vi farò il segno che abbiamo prestabilito evaporate da questa casa!»
Questi erano i piani. Potevamo stare al massimo un’oretta, dovevamo far finta di non conoscerlo e poi tornarcene a casa della nonna di Reese che distava pochi metri da quella di Noal.
Appena Louis mise tra noi e lui una distanza tale da non sentire più le rispettive voci, Reese partì all’attacco. «Oh mio Dio, secondo te Ben è già arrivato?» Era completamente schizzata, aveva una cotta per lui dalla prima media e poiché Noel, il padrone di casa, era il suo migliore amico contava che lo avrebbe trovato lì.
«Non lo so Ree - le risposi - ma tu stai calma e ripassa quello che abbiamo letto su Cosmogirl»
Da brave adolescenti quali eravamo, nei giorni che precedettero il grande evento ci facemmo una cultura su 'Come dare il primo bacio' e 'Quali sono le zone erogene in un ragazzo'.

In realtà la festa inizialmente si rivelò essere una noia mortale e, a ripensarci ora, sarebbe stato meglio se fosse rimasta tale.
La prima oretta passò sul divano, dove Louis riusciva a tenerci sottocchio tra un bicchiere d'alcool e una sbirciatina nella scollatura di quella Deb.
Reese dalla sua postazione perlustrava l'intera stanza alla ricerca del suo amato Ben, mentre io e Em discutevamo su chi fossero i più carini.
La serata finalmente svoltò quando Louis riuscì a portare Deb in una delle camere al piano di sopra e, allontanandosi, ci fece segno (o dovrei dire gestaccio) di lasciare la festa.
Ovviamente noi non abbandonammo la casa così velocemente come promesso. Dopo aver fatto la finta di dirigerci verso l'uscita, Reese esultò cercando però di non dare troppo nell'occhio.
«Dio, finalmente. Stavo iniziando a pensare seriamente che sarebbe andato in bianco stanotte.»
«A quel punto avremmo pagato qualche ragazza per distrarlo – dissi – stiamo sognando questa sera da troppo tempo per farcela rovinare!»
Reese asserì e dopo poco scomparve dalla nostra vista, per lanciarsi nella sua missione di abbordaggio Ben.
Io ed Em vagammo per un tempo indefinito per le varie stanza della casa. Ma tra il soggiorno e la cucina il caos regnava sovrano: coppie che pomiciavano in ogni angolo libero, ragazzi completamente ubriachi che urlavano e gridavano coprendo talvolta addirittura la musica ad alto volume e gruppetti di persone che si esibivano in show improvvisati e si lanciavano in giochi alcolici.
In mezzo questa confusione, non seppi bene come, persi Emma.
Mi girai e rigirai, ripercorsi i passi che avevo mosso dall’entrata… ma nulla.
Era sparita.
Io non ero mai stata un tipo esageratamente timido, ma mi mancava la sfrontatezza di Reese e soprattutto in quel contesto sentivo che stare separate fosse sbagliato.
Cercai molto a lungo Em, salii addirittura al piano di sopra, sperando di non incontrare Louis, ma sembrava essere sparita nel nulla.
Fu allora che lo incontrai.
Il momento cruciale in cui le nostre vite si incrociarono.
«Piccolina – la sua voce calda mi fece pietrificare in mezzo al corridoio – hai qualche problema?»
Quello che notai subito furono due occhi scurissimi che mi fissavano, la cui intensità era marcata da delle folte sopracciglia, mentre le ciglia lunghe ne addolcivano lo sguardo.
«Io… veramente – balbettai, imbarazzata, senza sapere cosa dire. Era uno dei ragazzi più belli che avessi mai visto – non trovo più la mia amica»
Mi accorsi subito che era più grande di me, indossava una giacca di jeans sopra una t-shirt bianca e portava i capelli in un ciuffo scuro anch’esso molto folto e più o meno mosso.
Continuava a guardarmi e sembrava sul serio preoccupato che tutto andasse bene.
«Non preoccuparti, ora ti aiuto a cercarla»
Mi sorrise dolcemente, e quello mi bastò per tranquillizzarmi.
Mi colpì, non solo per il suo viso dai lineamenti di un angelo e la sua fisicità difficile da ignorare, piuttosto per il modo di fare gentile e pacato e il fatto che mi ispirasse così tanta sicurezza.
Non gli parlai quasi per niente. Quel primo incontro fu così silenzioso, tuttavia molti anni dopo scoprii che quello era un lato predominante del suo carattere, ma nonostante ciò si instaurò una confidenza tale che ancora oggi mi stupisco. Quel legame così raro che non porta imbarazzo se si rimane in silenzio per più di qualche minuto. Infatti a parte spiegare in grandi linee come fosse fatta Emma, mi lasciai semplicemente guidare da lui.
«Non sei un po’ troppo piccolina per venire a questo genere di feste?» mi chiese delicatamente, senza farmi pesare più di tanto il fatto che mi avesse praticamente dato della bambina. Il che, oltretutto, era vero.
«Ecco, io ero qui con il fratello di una mia amica… - chiarii – poi ci siamo divise e… lui non sa che siamo ancora qui»

«Va bene – mi rassicuro nuovamente – troviamo la tua amica e poi vi riaccompagno a casa»
Nonostante gli avessi dato uno spiegazione pessima e sconclusionata, lui sembrò capire perfettamente la mia situazione. O semplicemente decise di non indagare ulteriormente.
«Come ti chiami?» domandò intanto che percorrevamo per l’ennesima volta l’intero salone mentre mi indicava una serie di ragazze che potevano rispecchiare la descrizione di Em.
«Sophia» risposi e solo in quel momento mi resi conto che non conoscevo neanche il suo nome. «Tu?» chiesi poi.
«Zayn» disse, quasi intenerito dal mio essere così impacciata.
Passarono molti minuti, e dopo aver perlustrato tutto il piano di sotto ritornammo a salire sopra.
Iniziai a sentire un peso al petto, mi chiedevo come poteva essersi volatilizzata così?
Avevo paura che le fosse successo qualcosa e Zayn percepì la mia agitazione perché iniziò a fermare chiunque per cercare di raccogliere almeno qualche informazione.
Un urlo, all’improvviso, mi fece perdere un battito.
«È lei» afferrai il giubbotto di Zayn allarmata e lui non perse tempo, iniziò a correre nella direzione in cui avevamo sentito le grida.
Era una delle ultime camere del lungo corridoio, la porta era spalancata e appena raggiunsi la soglia non vidi solo la figura di Em ma anche quella di Louis che stava addosso ad un altro ragazzo che non avevo mai visto in giro.
Zayn afferrò velocemente Louis per la maglia per staccarlo da quel tipo, allarmato dal fatto che lo stesse picchiando.
«Solo un coglione senza palle come te potrebbe approfittarsi di una ragazzina di tredici anni!» Lou strattonò Zayn e poi espirò rumorosamente allargando le narici.
Quella fu l'unica volta che lo vidi così serio e accecato dalla rabbia. Solitamente nulla lo smuoveva più di tanto, era sempre lui che sdrammatizzava ogni situazione, ma in quell'occasione purtroppo vidi uno dei lati più reconditi del suo carattere. Con Emma in lacrime in un angolo buio della stanza, la sua reazione rendeva palese il fatto che nulla di buono fosse successo lì dentro.
«Io.. Non sapevo che avesse tredici anni» il ragazzo si giustificò, ancora steso per terra.
Percepii una brutta sensazione alla bocca dello stomaco, come se questo fosse stato chiuso e stretto in un pugno. Avrei voluto vomitare al solo pensiero di ciò che pensavo fosse successo. Mi precipitai verso Emma e la tirai con tutta la forza che avevo in corpo verso di me e poi fuori la stanza. Solo in quell’attimo mi accorsi che nella stanza c'era anche la bionda conquista di Louis, priva della giacca blu che indossava l'ultima volta che l'avevo vista.
«Non sapevi che avesse tredici anni? Davvero!? E a quanto pare hai perso anche l'udito perché non la sentivi mentre ti diceva di smetterla!» gridò Louis ancora più forte, se possibile.
Zayn mi lanciò un'occhiata quasi a dirmi di stare tranquilla, o forse per cercare di capire se conoscessi Louis e se poteva fidarsi di lui. Emma tremava letteralmente, allora il moro si avvicinò a noi e si tolse la sua giacca per poi poggiarla sulle spalle della mia amica.
Louis diede un altro spintone a quell'essere che non riuscivo neanche a guardare in faccia, poi prese me e Emma per una mano ciascuna e ci guidò verso l'uscita, non dandomi neanche il tempo di ringraziare Zayn per il suo aiuto.
«Dov'è mia sorella?» chiese Louis, non riuscendo a nascondere una nota di preoccupazione nella voce.
Fortunatamente Reese non si era mossa di un millimetro per tutta la serata rimanendo incollata sullo stesso divano di Ben aspettando, invano, che questo gli concedesse almeno un pizzico di attenzione.
Louis allora prese anche lei di forza e ci trascinò fuori la casa.
«Mai più - esclamò lasciando che la voce gli tremasse - non vi porterò mai più con me. Avreste dovuto starmi a sentire, in più quel coglione di Oliver che avrebbe dovuto controllare che tornaste a casa si è distratto. E io stesso sono un coglione per essermi fatto distrarre da quell’oca!»
Era delirante, sotto gli occhi confusi di Reese che ancora era all'oscuro di tutto e quelli assenti e colpevoli di Emma. Dal mio canto non potevo fare a meno che sentirmi responsabile. Avrei dovuto tenerle la mano, non permetterle di scomparire.
«Tutto bene Emma? – le chiese appena riuscì a calmarsi e fu la prima volta che Louis la chiamò per nome. Si abbassò leggermente per raggiungere l’altezza di lei e le strinse le spalle – è successo qualcosa prima?»
Emma scosse la testa e si scusò in lacrime. Louis le sorrise, stava iniziando a tranquillizzarsi, poi la confortò dicendole che non era colpa sua.
E quello fu il momento.
Fui testimone dell’attimo in cui Em e Lou divennero inseparabili.
Solo il giorno seguente scoprimmo che cosa esattamente fosse successo, Em aveva conosciuto quel ragazzo in giardino. Lui l’aveva portata poco dopo al piano di sopra. Emma inizialmente si lusingò del fatto che un ragazzo di cinque anni più grande di lei provasse dell’interesse nei suoi confronti, ma quando lui aveva iniziato a spingersi un po’ troppo oltre Em aveva cercato di fermarlo. Fortunatamente, la camera in cui lui l’aveva spinta era quella già occupata da Louis. E da lì, il resto è storia.
Quella che doveva essere una delle serata più emozionanti della nostra vita si era trasformata in un incubo, e anche a distanza di dieci anni pensarci mi trasmetteva tutte le sensazioni negative che avevo provato. Proprio per questo motivo mi ero sempre sentita maledettamente in colpa nel provare un pizzico di eccitazione e felicità ripensando all’incontro con Zayn.
Da quel momento non riuscii a smettere di pensare a lui.
Fu il mio pensiero fisso per molto, molto tempo.
Finché non lo incontrai ancora.
+++
Le mie giornate londinesi si susseguivano pigramente da quando avevo perso il lavoro. Per fortuna il licenziamento era avvenuto i primi del mese quindi mancavano ancora parecchi giorni alla scadenza del prossimo affitto. Vagavo alla ricerca disperata di un impiego, anche non inerente con quello per cui avevo studiato, almeno per mantenermi un altro mese o due e darmi un’ultima possibilità.
Fissai il cellulare, dopo aver composto il numero del supermercato a cui avevo inviato il curriculum qualche giorno prima, in bilico tra l’accettare il part-time che mi avevano proposto o iniziare a fare le valige per Stockport, quando all’improvviso lo schermo si illuminò segnando il numero di Reese.
Trasalii appena vidi il nome sotto cui era stato salvato. Non il solito ‘Rees’ accompagnato dall’emoticon del tacco a spillo, bensì ‘Crudelia Demon’.
Oh Louis, sospirai.
«Soph» il tono di Reese non era squillante come al solito, segno che qualcosa non andava.
«Ehi, tutto bene?» chiesi.
«In realtà… io…» non era assolutamente da lei. Reese era la persona più sicura e schietta che conoscessi. Quando doveva dire qualcosa te lo diceva senza troppi preamboli.
Pensai al peggio.
«Oh mio Dio, sei incinta!» esclamai
«Che cosa?!» mi stonò un orecchio.
«Reese stai calma per favore – le dissi istericamente – per favore, stai calma!! Sei proprio sicura che sia tuo?!.. Oddio, certo che è tuo. Ma lui chi è?»
«Ma lui chi?!»
«Sei incinta?!» sentii la voce di Louis, probabilmente in vivavoce.
Mi chiesi se avessi appena combinato un casino.
«Cosa… Lo... ma… ma siete tutti impazziti? – Ree strillava dall’altro capo del telefono – Non sono incinta!»
«A no?»
«No!»
Tirai un sospiro di sollievo, «Meno male, scusami Ree ma non sei ancora pronta per un figlio! Sei stata capace di far morire una pianta grassa! Cioè… come si fa ad un uccidere una pianta grassa?»
«Riposa in pace!» squillò Louis, anche se doveva trovarsi lontano dal ricevitore dato che non lo sentivo molto bene.
«Ma come ti è venuto in mente?!» chiese lei.
«L’ultima volta che mi hai chiamato e avevi questo tono pensavi di esserlo!»
«Cosa?!» ancora Lou.
«Dannato vivavoce – sentii dei movimenti e fruscii di sottofondo che mi fecero capire che stava rendendo privata la nostra conversazione – Non ti ho chiamato per dirti niente del genere, piuttosto stammi bene a sentire»
«Dimmi»
«Sei una disoccupata senza soldi e tra poco senza un tetto sulla testa, vero
«Se il tuo intento era consolarmi non ci stai riuscendo» indossai la mia espressione più indignata, peccato che non potesse vederla.
«Sto per farti una proposta che non potrai rifiutare – annunciò Reese – potrai risolvere i tuoi problemi, rimanere a Londra, guadagnare un sacco di soldi, permettere a me di partire per New York e a Louis di restare qui a fare il lavoro dei suoi sogni. Senza parlare del fatto che renderesti felicissima Emma»
«Uhm… non ho sognato nessun numero da poter giocare alla lotteria se è questo che mi volevi chiedere»
«Sii seria Soph – si lamentò – il manager di Niall Horan è pronto a firmare con noi, ma Harry Styles ha preteso che aggiungessimo una clausola…»
«Cosa?»
«Firmerà il contratto solo se tu diventerai la sua assistente personale.»


Ho aggiornato in tempi record, per i prossimi capitoli però mi sa che sarà più difficile per me aggiornare presto.
Finalmente appare Zayn, ma solo in un flashback con il primo incontro tra i due!
Se la storia vi piace fatemelo sapere, alla prossima :)


 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


 
14 Settembre 2008
«Soph, penso seriamente che la mia vagina abbia dei problemi»
«Ma tu che vedi?»
«Non lo so ... Qui è così tutto incasinato! Vuoi venire a guardarmela tu?!»
«Ma non ci pensare neanche!»
Aprii la porta del bagno trovando Reese in una posizione che avrebbe fatto intimidire anche la contorsionista più snodata. Mi coprii gli occhi, spiando attraverso la fessura delle dita quel tanto che bastava per toglierle di mano lo specchietto.
«Grazie, stai usando uno specchio con ingrandimento 10x. È ovvio che non vedi niente!»
«Che diavolo stanno combinando quelle due da mezz'ora?!» sentimmo Louis che si lamentava fuori dalla stanza di Reese.
«Cose da donna» rispose Emma vaga.
«Muoviti! - urlò Lou - il mio cesso si è intasato. Mi serve il tuo!»
«Fottiti!» urlò Reese dopo essersi infilata nuovamente le mutandine.
I tredici anni finalmente erano passati e i sedici erano alle porte. Avevamo scoperto la ceretta, la piastra per capelli e addirittura i reggiseni imbottiti – a parte Emma, lei aveva fatto uno sviluppo invidiabile.
A quel tempo io aspettavo ancora il mio, di sviluppo. Si vede che ero ottimista.
Peccato che i miei sogni si sarebbero poi infranti a vent'anni con una seconda scarsa di reggiseno.

Lo cotta di Reese per Ben non era passata, ma un repentino e buffo epilogo li aveva visti nel letto di lei impossibilitati a fare l'amore.
A detta di Reese la sua ‘amica’ non funzionava, era serrata. Ecco perché in quel momento si trovava a terra ad ispezionarsela.
«Sgorbio! Ti giuro che se non apri sfondo la porta!»
Insomma le cose andavano alla grande.
A parte per Reese, si intende.
«Vai a pisciare a casa di quell'idiota di Oliver! Almeno sarebbe utile a qualcosa!»
Era un tantino irascibile. Soprattutto dopo che Ben l'aveva piantata in asso in seguito a quel piccolo intoppo.
Per quanto riguardava me ed Em, noi ancora non avevamo di quei problemi. Louis seguiva Em come un segugio. Dopo quella spiacevole sera Lou aveva preso a cuore la ragazza...un po' troppo a cuore. Ogni volta che usciva con qualcuno doveva presentargli tutti i dati sensibili dei malcapitati e di lì a poco avrebbe probabilmente iniziato a richiedere delle referenze scritte ad eventuali ex fidanzate.
Spesso le presentava dei candidati approvati e certificati da lui stesso ed Em non faceva altro che mandarlo allegramente a quel paese.

Io avevo avuto qualche storia. Niente di serio. In verità non avevo mai dimenticato l'incontro con Zayn. Le avevo provate tutte per ritrovarlo: cercato tra i blog dei miei amici il suo nome, chiesto a chi avrebbe potuto conoscerlo.
Quel ragazzo sembrava essere uscito dal nulla.
Emma era l'unica che poteva aiutarmi nella ricerca perché solo lei, a parte me, lo aveva intravisto quella sera. Lui era stato molto gentile, l'aveva coperta con il suo giubbino. E quando lei aveva tentato di ridarglielo, mentre Louis ci stava spingendo per andarcene, Zayn gliel'aveva tornato indietro.
 Quella era l'unica cosa che avevo di lui.
Nonostante ci tenessi a rincontrarlo, dopo un anno e più mi decisi e, mettendomi l’anima in pace, smisi di cercarlo.
 
«Cos'è questa storia!?» sbottai appena la testa riccia di Styles spuntò all'orizzonte.
Reese mi aveva letteralmente trascinata all'incontro, fissato nuovamente al Shangri-La Hotel dove ormai Niall Horan con il suo intero staff si nascondeva da giorni.
Alla fine mi arresi alla sua testardaggine, ma avanzai la pretesa di incontrarlo da sola.
«Si può sapere perché il novanta percento delle volte che parliamo sei infuriata?»
«E me lo chiedi?»
Harry aveva nuovamente cambiato stile. Quella volta indossava un jeans chiaro e una camicia tartan rossa, lasciata aperta, attraverso cui si intravedeva un maglietta bianca di tessuto leggero. Mi ripromisi di non perdermi nei suoi occhi chiari – o nei pettorali, dipendeva dal punto di vista – o lasciarmi incantare dai suoi sorrisi dolci. Lui era chiaramente un diavolo travestito da angioletto.
«Perché hai offerto un lavoro proprio a me? Non sai neanche se ho la preparazione adatta!» aprii le braccia.
Lui mi fece accomodare sulla poltrona di fronte la sua, nello stesso posto in cui ci eravamo ‘scontrati’ l’ultima volta.
«Laureata in economia e marketing, università di Stockport» disse semplicemente.
«Bravo, hai studiato. Precisamente marketing della moda» commentai.
«Non capisco, ti offro un lavoro e tu mi aggredisci. Sei strana te l'hanno mai detto?» Harry fece una strana smorfia, tirando indietro le labbra. Ma come al solito, inspiegabilmente, sembrava divertito da me.
«Oh andiamo, non sono nata ieri. Come minimo riceverete un centinaio di curriculum al giorno, e vuoi assumere proprio me che ho frequentato un'università statale? - alzai gli occhi al cielo - non navigo in buone acque al momento, ma questo non significa che sono disposta a vendermi»
«Ehi rallenta! - Harry mi fermò bloccandomi i polsi per farmi smettere di gesticolare, chinandosi verso la mia poltrona. Le sue mani che mi tenevano senza stringere mi fecero bloccare, sentivo una strana sensazione prendermi alla sprovvista - non so cosa tu stia pensando ma sei fuori strada»
Mi lasciò andare e io portai giù le braccia - e in parte anche lo sguardo - sistemandole sulle mie ginocchia. «Se avessi voluto provarci con te, avrei chiesto il tuo numero. Per chi mi hai preso? - incrociò le braccia al petto – anzi tu mi hai dato anche il tuo! E poi non ho guardato in che università hai studiato perché il motivo per cui ho chiesto se volevi lavorare per me è un altro»
«Quale?» chiesi, iniziando a sentirmi un po' in colpa per essere partita in quarta come mio solito. Non potevo vedermi, ma sicuramente mi ero accesa come un semaforo rosso, in fin dei conti mi ero data fin troppa importanza presupponendo che lui ci provasse con me.
«La sera della sfilata... Tu sei stata... Beh, sei molto intelligente. Capisci le persone solo guardandole o sentendole parlare... E io, che non sono molto bravo con i rapporti interpersonali ho bisogno di qualcuno come te. Sai, non so mai di chi fidarmi e questo mondo in cui lavoro di gente che vuole fotterti ce n'è parecchia»
Rimasi semplicemente senza parole. Forse lui si accorse del mio imbarazzo perché sghignazzò, mostrandomi per un attimo le sue fossette.
Non era da me aggredire le persone o avere dei pregiudizi, ma la mia insicurezza aveva portato a farmi pensare che uno come lui non avrebbe mai potuto offrire un lavoro ad una come me.
«Ovviamente non vorrei mai offendere la tua persona e il tuo orgoglio di donna - mi disse con tono più grave per prendermi in giro - quindi sentiti libera di rifiutare l'offerta»
Stetti in silenzio qualche secondo, lui approfittò per continuare rilassandosi sullo schienale della poltrona e poggiando la caviglia destra sul suo ginocchio sinistro.
Iniziai a preoccuparmi quando lo vidi sorridere sbieco, fissandomi con uno sguardo fin troppo furbetto per i miei gusti.
«Certo che... senza questo lavoro, a meno che tu non abbia già uno stipendio molto alto... Sarà impossibile per te restituirmi i soldi della statua rotta che ho dovuto pagare all'hotel»
Dannazione.
Avevo del tutto rimosso il piccolo incidente di qualche giorno prima.
«Per un attimo mi sei sembrata una persona corretta e pulita! - dissi scuotendo la testa rassegnata - ma non preoccuparti, è durato poco!»
«Allora, sei dentro o fuori?»
 
«Sei dentro o fuori?»
«Fuori»
«Santo cielo, Em. Il piano è perfetto – Reese iniziò a scarabocchiare sulla lavagnetta della cucina (quella con la cornice a forma di casa della prateria) disegni di dubbia origine, probabilmente convinta di essere dentro ad un film di azione – arriviamo a Manchester con il treno successivo a quello che prenderà Louis, ci presentiamo davanti la porta del suo dormitorio e, a quel punto, non potrà mandarci via perché sarà già troppo tardi per prendere un altro treno! Il giorno dopo inizia l'orientamento e i nostri genitori sanno che saremo lì. Potremo quindi andare alla festa delle matricole!»
«Louis questa volta ci ammazza - commentai - ma concordo, il piano è perfetto!»
«No, non se ne parla. Preferisco di gran lunga restare qui a guardare le repliche di Cuori in tempesta con tua nonna, Ree - Emma non sembrava voler desistere - Louis inizierebbe a seguirmi ovunque, e non voglio rovinare la festa a lui e Brooklyn»
«Oh per favore! - esclamò la bionda - gli faresti solo un favore a dividerli! Lui e quella racchia sono la coppia più brutta del secolo!»
«Louis sembra molto preso però» constatai.
«Sì molto preso dal suo culo di marmo - disse Reese schifata - dopo tutto la tizia passa la sua vita a contare le calorie e sfilare in palestra. Ma cosa volevamo aspettarci da una che si chiama come il ponte di Brooklyn?!»
«Ree, Brooklyn è una zona di New York da cui il ponte prende il nome» sottolineò Em.
«Sì, come ti pare»
 
«Mettimi alla prova» gli dissi all'improvviso.
«Cosa?» Harry mi osservò con una seria espressione di preoccupazione.
«Non voglio essere assunta solo perché hai pensato che forse potrei esserti utile, senza uno straccio di colloquio o delle referenze»
«Tu sei completamente fuori di testa - rise quasi istericamente - sei disoccupata al momento, giusto?»
«Sì» risposi chiedendomi se quella informazione gliel'avessi data io, inconsciamente, parlando o se ci avesse pensato già Reese a fargli sapere tutto di me. Evitai di prendere in considerazione la seconda ipotesi.
«E ci credo! Non mi verrebbe difficile pensare a te ad un colloquio che ti arrabbi perché ti vogliono assumere!»
Gli feci una smorfia, riunendo ancora di più le ginocchia come se il mio corpo cercasse di difendermi da lui.
La verità era che - sebbene non volessi ammetterlo - Harry aveva un atteggiamento che lo rendeva quasi magnetico. Non riuscivo a non guardarlo. Era bello, non c'erano dubbi, ma io non volevo per nulla al mondo incasinarmi con lui. A maggior ragione se fosse diventato il mio capo. Ecco, quello era un buon motivo per non accettare la proposta.
Ok Sophia, stai diventando pazza, mi dissi, ti ha offerto un lavoro e stai pensando ad una ipotetica relazione con lui. Stupida, stupida, stupida.
«Va bene signorina Giovanna D'arco. La metto in prova per una settimana. Sei stata fortunata – disse – o sfortunata, dipende dai punti di vista. I prossimi giorni saranno molto pieni, e Niall si esibirà in una delle tre date fissate al Webley Stadium»
Sorrisi soddisfatta.
«Affare fatto» risposi, ma poi mi sentii leggermente stupida per l'entusiasmo messo.
«Se passi il test, firmerai per un contratto a tempo determinato»
Harry mi porse la sua mano destra, la guardai per una frazione di secondo e poi mi decisi a stringergliela.
Con la mia mano stretta nella sua sancimmo un accordo non scritto, e non potevo immaginare che quello fu solo il primo di una lunga serie.
 
18 Settembre 2008
«Poi si chiedono il perché degli omicidi domestici – Louis faceva avanti e indietro per la sua camera all’interno del campus dell’università di Manchester – beh, vorrei presentarti a quegli opinionisti inutili della televisione. Con te commettere un sorellicidio sarebbe quasi un dovere morale!»
«Fratellone non fare così - lo beffeggiò Reese - ormai siamo qui, divertiamoci!»
«Col cavolo, voi restate in camera!»
«Ma Lou!» ci lamentammo all'unisono io e Reese.
«Io penso che andrò a cercarmi una stanza in una pensione e mi metterò a dormire» disse Em.
Sì, alla fine la convincemmo. Più che altro perché anche nonna Tomlinson aveva lasciato le repliche di Cuori in tempesta a casa per andare alle terme con le sue amiche.
«Cosa? Non se ne parla - esclamò Louis - dormirete qui. Il mio coinquilino è ancora a casa dalla famiglia. Ci arrangeremo con il divano letto»
«Ma la tua ragazza? Probabilmente vorrete stare in pace da soli» continuò ad insistere Emma.
«Piccola, ci vediamo tutti i giorni, per una sera non crolla il mondo»
**
Dopo molte lamentele e urla, riuscimmo a convincere Louis a portarci alla festa delle matricole dell'università. Questa si svolgeva nella piazza esterna al campus, ragazzi che saltavano e si dimenavano a ritmo della musica da discoteca che il dj faceva passare.
Risparmiando i dettagli sulle occhiatacce che Louis ci lanciava e su Reese che si esibiva in (imbarazzanti) passi di danza, la serata divenne decisamente più confusa quando iniziammo a scolarci un bicchiere dopo l'altro di drink alcolici di cui a stento conoscevo il nome. Le forme divennero man mano meno definite, le luci colorate aiutavano a sfocarne i bordi. Reese si addormentò sul bordo della fontana al centro della piazza, mentre Emma era in preda ad un attacco di ridarella acuta.
Ah, le varie tipologie di ubriachi.
Le rappresentavano tutte.
Io ero una ubriaca composta, che cercava di preservare almeno una parvenza di decenza, ma dannatamente priva di senso dell'equilibrio. Infatti andai a sbattere addosso a qualcuno, nell'inutile tentativo di raggiungere i miei amici.
«Piccolina, hai qualche problema?»
Sebbene non fossi nel meglio delle mie capacità logico-deduttive ci misi veramente niente a riconoscere quella voce che a lungo avevo sperato di riascoltare e soprattutto non potei fare a meno di notare che quelle fossero le stesse identiche parole che aveva pronunciato la prima volta che ci eravamo incontrati. Ciò mi fece interrogare – nei giorni successi, a dir la verità – sulla possibilità che utilizzasse sempre la stessa frase di abbordaggio con qualsiasi ragazza conoscesse.
Zayn mi teneva per un fianco, per evitare che cadessi per terra, e tra i nostri corpi lo spazio era quasi inesistente. Aveva i capelli più corti, sistemati impeccabilmente, e la barba leggermente incolta che gli dava un’aria più matura.  Indubbiamente era cresciuto dall’ultima volta che l’avevo visto.
«Ti ricordi di me?» mi chiese, ponendo fine alle mie paure silenziose.
Ero decisamente cambiata negli ultimi anni, ero cresciuta in altezza e i capelli erano più lunghi. Oltretutto quello che mi spaventava di più era la possibilità che il nostro primo incontro non fosse stato per lui così importante come lo era stato per me.
«Ah sì, beh... È passato un bel po' di tempo... Forse non ti ricordi, cioè è comprensibile...»
«Mi ricordo» lo bloccai, fermando il flusso di parole con cui stava tentando di nascondere il suo imbarazzo.
Le labbra carnose scoprirono un sorriso mozzafiato e quasi non potevo credere di averlo lì proprio a pochi centimetri, dopo aver desiderato di rivederlo per tanto tempo.
 
«Questa storia è surreale! - esclamò Em mentre girava e rigirava il menù del Dean's. Lo conosceva come le sue tasche e comunque impararlo a memoria non sarebbe servito a niente, avrebbe ordinato sempre la solita Beck's – cioè avrai a che fare con una star di livello mondiale»
«In realtà non avrò a che fare direttamente con lui»
«E percepirai uno stipendio con cifre da capogiro» continuò.
«Questa prima settimana di prova non è pagata»
«Va bene, ma chi se ne frega. Appena avrai il posto sarai pagata alla grande!»
«Non è detto che mi prendano»
Emma mi guardò esterrefatta, con la bocca aperta.
«Se vuoi uccidermi l'entusiasmo ci stai riuscendo alla grande!» si lamentò.
«Scusa, ma non ci credo neanche io. Sembra troppo bello per essere vero. È un sogno, ma ho paura di risvegliarmi da un momento all'altro – spiegai – in fondo non conosco affatto Harry e lui non conosce me. Potrebbe capire di aver preso un grande abbaglio e rendersi conto che gli potrei essere di poco aiuto»
«Ok, comprendo le tue paure – mi rispose Em, mettendo avanti le mani come a dirmi di rallentare – ma i motivi che l'hanno spinto ad assumerti sono senz'altro validi e obiettivi. Ti conosco da una vita ormai e posso confermare che non esiste persona più attenta e intuitiva di te»
Le sorrisi, ringraziandola tacitamente per avermi rassicurato, e poi mi limitai ad annuire. Controbattere, ad ogni modo, sarebbe stato inutile.
«Qui bisogna festeggiare!» Louis si sedette con poca delicatezza sullo sgabello accanto il mio, poggiando al centro del tavolo una bottiglia di vino da quattro soldi e dei bicchieri di carta improvvisati. L'improbabile e poco raffinata accoppiata non mi scandalizzò, sia perché non ci tenevo particolarmente al galateo ma soprattutto perché il Dean's non era affatto un posto ricercato - e ci piaceva per questo.
«È proprio il caso di brindare a me… cioè a noi, ma soprattutto a me!» proclamò Reese versando goffamente il liquido rosso nei bicchieri trasparenti.
«Brindiamo ad un nuovo inizio» tagliai corto, alzando il bicchiere.
«E alla ruota che finalmente sta girando per tutti e quattro» mi seguì Emma.
«E a tutte le ragazze che mi farò sfruttando la popolarità di Niall Horan!»
«Louis!»
«Sei il solito porco»
«Dacci un taglio! Neanche Niall Horan riuscirà a farti scopare Louis» zittì tutti, con finezza, Reese.

 


Salve :D
Che posso dire in quest'angolo?
Soph dopo un'opera di convincimento in aramaico e una serie di compromessi, finalmente accetta il lavoro.. cioè la settimana di prova! eh lo so che se ci fosse stata qualcun'altra al suo posto avrebbe accettato l'incarico anche gratis :P ma lei è volutamente testarda ed orgogliosa e non si lascia incantare dal fascino di Harry (cioè, almeno ci prova!).
Zayn riappare con un altro flashback che continuerà nel prossimo capitolo e il loro nuovo incontro sarà sicuramente più lungo e meno silenzioso dell'ultimo. Per ora ci sono notizie di lui solo dal passato ma, a parte nominarlo, non si sa in che rapporti si trova con Sophia e cosa tra i due ci sia. 
Con i flashback ho intenzione di raccontare alcuni spezzoni della vita di Soph, soprattutto il suo passato con Zayn, ma questo è anche un modo per farvi conoscere meglio le storie e le evoluzioni dei vari personaggi. Che cosa ne pensate?
E che pensate di Harry? Sophia si farà valere? 

Ho parlato già abbastanza quindi... se il capitolo vi è piaciuto fatemelo sapere, anche se avete delle critiche da fare
Un bacio, alla prossima!

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Trailer della storia

Capitolo 6
 
Il management di Niall Horan non aveva sede a Londra, bensì in una cittadina vicino Manchester. Tuttavia il lavoro d'ufficio non riguardava in alcun modo quello che erano le mansioni di Harry, né tantomeno le mie. Lui e Mark seguivano Niall durante i tour, la realizzazione e la produzione del cd. Alla fine avevo firmato il pre-contratto – come lo chiamava il legale di Harry – ovviamente dopo essermelo riletto un paio di volte e aver chiesto l'aiuto di Emma che di materia giuridica se ne intendeva egregiamente. Cento e più pagine di clausole, postille e divieti. Non osavo immaginare come sarebbe stato il contratto vero e proprio semmai avessi ottenuto l’incarico, qualcosa delle dimensioni de il Vecchio e Nuovo testamento messi insieme.
Tuttavia, prima di allora, non mi ero mai soffermata a pensare quanto la figura di un artista di fama internazionale venisse tutelata.
Non avrei potuto divulgare nessuna informazione su Niall Horan, né avere contatti con la stampa. La conseguenza sarebbe stata finire in un’aula di tribunale e logicamente pagare delle esorbitanti parcelle per un avvocato difensore.
Avevano addirittura preteso di conoscere la mia lista di amici su Facebook e i nomi dei miei genitori e delle persone che frequentavo, per assicurarsi che nessuno di questi lavorasse nel settore giornalistico o potesse in qualche modo essere reputato un individuo ‘scomodo’ per la carriera di Niall. Mi sentivo fastidiosamente controllata, anche se non avevo nulla da nascondere.
Appena avevo annunciato ai miei genitori che avrei iniziato a lavorare per Niall Horan, mio padre se n’era uscito con “Ah sì! è quella azienda che si occupa della riparazione di parabrezza?”. Ovviamente avevo perso buoni dieci minuti a spiegargli che Horan era un cantante, mentre Horaglass una ditta.
Mia sorella dodicenne, invece, aveva iniziato ad urlare come un’indemoniata in sottofondo rendendo ogni tentativo di comunicazione successiva fin troppo complicato.
Pensandoci, sì… lei era potenzialmente un personaggio pericoloso per Niall. Ma questo il management non lo poteva sapere.
Avevo tentato di spiegarle che non ero l’assistente personale di Niall, ma solo una che lavorava indirettamente per lui. Anzi, per quel che ne potevo sapere, ero abbastanza sicura che non lo avrei mai più incontrato personalmente.
«Chi si rivede. L’autoinvitata al nostro tavolo»
Beh, in realtà, dovetti ricredermi velocemente.
Salutai Niall quasi con un filo di voce, non sapevo come comportarmi e la sua presenza mi intimidiva quasi. Non era un soggetto asociale o antipatico, eppure riusciva sempre a mettermi a disagio.
«Scusalo, sembra un po’ stronzo all’inizio ma in realtà è solo stupido» disse Harry, beccandosi un dito medio da parte del biondo.
Era già il quarto giorno di prova ed Harry non aveva mentito quando mi aveva detto che quella settimana sarebbe stata piena di impegni. Così, quel giorno, ero stata catapultata sul set di un video musicale.
«Signor Styles – un uomo bassino, decisamente in carne si avvicinò a noi due – ho parlato con Mark al telefono giusto ieri sera»
«Lo so, - rispose il riccio, incrociando le braccia e guardandosi intorno – non è potuto venire oggi»
Il capannone in cui si sarebbe registrato il video-clip era immenso, il soffitto alto almeno sei metri e l’assenza di altri muri al di fuori di quelli portanti amplificava qualsiasi rumore. La maggior parte del pavimento era occupata da cavi e fili, mentre una decina di metri quadri era adibita alla scenografia.
«È stato risolto quel problema? – chiese Harry all’uomo, che immaginai ricoprisse il ruolo di coordinatore.
«Sì, non si preoccupi – rispose l’uomo – è tutto sotto la nostra supervisione»
La mia presenza non sembrava essere di vitale importanza, mi limitavo a seguire una ragazza di nome Rosie, collaboratrice di Mark ed Harry sin dall’inizio della carriera di Niall per imparare il più possibile.
Era biondina e portava sempre una coda bassa, probabilmente aveva qualche anno in più di me, e avevo la vaga impressione che pendesse dalle labbra di Harry.
«Rosie, per favore, vuoi spiegare alla costumista che a queste ballerine servono dei pantaloncini?!» Clark, il consulente di immagine, si lamentava continuamente. Costantemente. E di ogni cosa.
«È perché le fans di Niall non reagiscono bene quando ci sono troppe ragazze mezze nude nei video – mi spiegò Harry – cerchiamo di mantenere la sua immagine il più lontano possibile da quella di qualsiasi modella o ragazza…»
Alzai lo sguardo verso Niall, che proprio in quell’istante era completamente proteso verso una delle ballerine. Rideva e intanto lasciava cadere le mani sui fianchi della bella moretta. Lei, tuttavia, dava l’impressione di essere molto aperta… alla conoscenza.
«Lui ovviamente ci rende difficile il lavoro» precisò Harry.
La giornata passò abbastanza velocemente, Niall era stato costretto a girare l'intero video in un giorno perché nei seguenti, con l'inizio del tour e la registrazione del nuovo album, non avrebbe avuto tempo.
 «Harry… - mi avvicinai a lui, malgrado fosse fin troppo impegnato a conversare con un’altra delle ballerine. Ormai le riprese erano finite – ehm… ecco posso parlarti?»
Harry cortesemente congedò la ragazza, il che mi sembrò abbastanza inusuale siccome avrei scommesso che stesse facendo tutto tranne che parlarci senza doppi fini.
«Scusa, non volevo disturbarti… ma, ti servo ancora qui? Devo regolarmi per chiamare il taxi»
Mi sentivo una bambina in quel momento, come se non fossi all'altezza del lavoro. Avevo arrancato per tutte le sedici ore di registrazione del video, cercando di capire i meccanismi e le dinamiche che di lì a poco sarebbero diventate a tutti gli effetti i miei incarichi. Ero così estranea a quel mondo, e dubitavo che sarei riuscita ad entrarci presto.
Chiedere il 'permesso di uscita' mi faceva sentire ancora di più una dilettante; era come se dicessi 'Ehi senti, posso finire di far finta di fare qualcosa e andarmene?'
«Quale taxi? Una delle nostre macchine ti riporterà a casa»
«Cosa?!» esclamai «no, grazie. Non è necessario»
«Si che lo è - Harry indossò la sua migliore espressione di disappunto - hai presente dove stiamo ora? In una zona spersa lontana da Londra un bel po' di chilometri. Non è sicuro per te aspettare qui un taxi che probabilmente non arriverà mai»
«Ma...»
«Ma la troupe si muove insieme – Harry poggiò una mano sulla mia schiena spingendomi verso l'uscita - andiamo, signorina Faccio Tutto Da Sola»
 
Dovetti ammettere a me stessa che il viaggio di ritorno non fu affatto breve. All'andata il tempo era volato parlando con Rosie, ma al ritorno non potei non concentrarmi sulla strada. Ci mettemmo in viaggio all'una passata di notte, il cui buio rendeva la foresta lungo cui stavamo passando ancora più fitta, le stradine erano deserte e sgarrupate… per non parlare dei fiocchi di neve che venivano incontro al paraurti tanto forte era il vento; quel novembre in Gran Bretagna aveva preso le sembianze di un gennaio molto rigido.
Solo le luci dei fari delle Range Rover illuminavano la strada. Erano una decina, inclusa la nostra, tutte rigorosamente nere, e viaggiavano in processione per riportare l’intero staff a casa.
«Come hai fatto a fare così tanta carriera in poco tempo - chiesi d'improvviso ad Harry. Eravamo solo noi due in auto perché Rosie era nel veicolo di Niall per controllarlo. La cosa mi sembrava esagerata, tempo dopo scoprii la motivazione - Insomma sembri abbastanza giovane... Come hai fatto?»
«Mi stai chiedendo se sono stato raccomandato?» rise.
«No, io... Non mi permetterei mai! Louis mi ha detto che sei molto bravo a scrivere canzoni e musica. Dico solo che spesso il talento non ripaga»
«La fortuna sì. Ero nel momento giusto al posto giusto» liquidò la questione.
Prima che riuscissi a chiedergli altro, Jeff, il conducente, fermò la macchina. Quella che sembrava una passeggera nevicata aveva mutato in una tempesta di neve.
I fiocchi iniziarono a posarsi sull’asfalto, presumibilmente perché ci trovavamo in zone montane più alte. Jeff si era fermato in un piccolo spazio a bordo strada per montare le catene da neve alle ruote.
«Ti aiuto io» scese anche Harry.
Nonostante l'atteggiamento strafottente, non si poteva dire di lui che fosse una persona insensibile, anzi.
Per quel poco che avevo avuto a che farci avevo notato quanto fosse di buon cuore. Per tutto il giorno non aveva fatto altro che assecondare sia le richieste del management sia quelle di Niall. Anche con Rosie si comportava splendidamente nonostante lei balbettasse e non riuscisse a guardarlo negli occhi, Harry cercava di metterla a suo agio in tutti i modi. In realtà iniziai a pensare che - nonostante anche con me fosse sempre gentile - io ero l'unica a tiragli fuori tutto il suo lato spiritoso e arrogante, il che non pensavo fosse qualcosa di cui potersi vantare.
Una volta rientrati in macchina, Harry e Jeff erano totalmente infreddoliti. Harry tentava di riscaldarsi le mani strusciandole tra di loro, mentre Jeff indossava i guanti di pelle appartenenti al suo completo da lavoro.
«Conviene fermarci finché non smette, queste strade sono troppo dissestate. Sarebbe pericoloso» disse Jeff.
«Sì, assolutamente – concordò Harry – ecco il tuo primo incarico Sophia, chiama le altre macchine e accertati che sia tutto a posto. Io chiamo Rosie»
Obbedii scorrendo e chiamando tutti i numeri in rubrica del telefono che Harry mi aveva consegnato.
Per fortuna stavano tutti bene, e anche loro avevano trovato rifugio in qualche posto o piazzola.
Una volta finito il giro di telefonate mi guardai intorno. Dai finestrini non si riusciva a vedere nulla, tutto era buio fuori e l'incessante tempesta di neve non sembrava volersi calmare; a parte il lampeggiare delle quattro frecce, nessuna luce faceva capolino sulla strada.
«Jeff, perché non ti fai una dormita? – parlò Harry – stai facendo avanti e indietro da oggi. Ti chiamiamo quando smette di nevicare»
Dopo un mezzo minuto di storie, Jeff si decise ad ascoltare il consiglio e sistemò al meglio il seggiolino del guidatore - nonostante le nostra proposta di scambiarci i posti in modo da farlo stare più comodo dietro - e poi chiuse il separé facendo scorrere la finestrella.
«Hai freddo?» mi chiese Harry, seriamente interessato.
«Mh, no» mentii spudoratamente. Avevo indossato un cappottino lungo, non troppo pesante, e nella macchina stava scendendo man mano la temperatura. Non essendo in moto, se avessimo acceso il riscaldamento un'ondata di aria gelida proveniente dall'esterno ci avrebbe investito. E non era il caso.
«Sul serio? - mi rise in faccia, iniziando a sbottonarsi il parka nero che indossava - stai letteralmente tremando»
«No, io...mi sto abituando all'ambiente» risposi, cercando di fare l’indifferente e nascondendo le mani gelide sotto la stoffa del cappotto.
Harry mosse il capo roteando gli occhi e scrollò le spalle in modo da far scivolare il giubbino lungo la schiena. Infine, dopo aver sfilato le maniche, me lo porse.
«No grazie, sto bene così»
«Sì, come no – brontolò, prendendo una delle mie mani tra le sue – sei congelata, prendilo!»
Lo spinse verso di me.
«Ti ho detto che non ne ho bisogno!»
Lo spinsi nuovamente nella sua direzione.
«È possibile che tu debba sempre controbattere tutto ciò che dico?!»
In effetti Harry non aveva tutti i torti. Mi ero ripromessa di comportarmi in modo normale con lui, cioè di non sbavargli dietro o idolatrarlo. Tuttavia non avrei dovuto neanche comportarmi da acida zitella, piuttosto mantenere un rapporto professionale e maturo.
Professionale e maturo, mi ripetei mentalmente.
«Sei impossibile»
«Io impossibile?! - sbottai - tu pretendi che tutti facciamo quello che dici tu!»
Ok, avevo molti buoni propositi. Ma era colpa mia se Harry mi faceva saltare i nervi ogni tre per due?!
«Sto cercando solo di essere gentile, ma dimenticavo di aver a che fare con la donna di ghiaccio!»
Afferrai il parka in modo brusco, sotto il suo sguardo vittorioso. Lo aprii e mi avvicinai a lui, scivolando sul sedile in pelle nera, poi stesi il capo su di noi a mo' di coperta. Apprezzavo la sua cortesia sebbene non lo dimostrassi, ma in quel veicolo faceva davvero molto freddo e non avrei mai voluto che si prendesse un malanno per colpa mia.
«Le inventi tutte per starmi vicino, eh?» mi prese in giro sorridendo fastidiosamente.
«Taci, prima che cambi idea!»
Un fortissimo rumore e una botta violenta non permisero ad Harry di replicare, perché entrambi sussultammo per lo spavento. Istintivamente Harry mi coprì la testa con la sua mano e mi avvicinò ancora di più a sé portandola sotto il suo mento.
Qualcosa aveva urtato il tetto dell'auto. Il cuore iniziò a battermi a mille, tanto che quell'inaspettato avvicinamento ad Harry passò del tutto inosservato.
«Ti sei spaventata?» Harry posò lo sguardo su di me che ancora cercavo di riprendere fiato.
«É tutto ok» risposi.
La botta era stata così forte da far vibrare l'intera auto. Solo qualche minuto più tardi appurammo che a provocare quel boato era stato un ramo che si era spezzato. La macchina si trovava parcheggiata proprio sotto un grande albero. Jeff, che nel mentre si era svegliato dal breve sonno, uscì a controllare la situazione poi mise in moto la macchina per cercare un posto più sicuro dove fermarsi.
«Sei di Stockport?» mi chiese Harry. Aveva allentato la presa e allontanato il suo braccio dalle mie spalle ma la distanza tra noi rimaneva ancora minima.
«Esatto» risposi non sapendo bene che dire. Ci pensò lui a togliermi da ogni imbarazzo.
«Mio padre biologico è originario di Stockport»
«Ah sì? - domandai sorpresa - tu ci sei mai stato?»
«Non più di una volta»
«Strano, non mi sembra di aver mai sentito il cognome Styles. Più o meno ci conosciamo tutti» dissi soprappensiero.
Harry alzò le spalle, facendo cadere la discussione che aveva probabilmente intavolato per farmi distrarre.
«E come mai sei qui a Londra? – chiese, poi sfacciatamente proseguì – guardandoti mi sembri proprio il tipo di ragazza che sposa l'ex giocatore di football con cui è stata fidanzata per tutti gli anni delle superiori e rimane nella propria città natale per tutta la vita»
«Grazie tante» lo guardai male, prendendo le distanze anche se in modo irrilevante.
«Scusa, - mi afferrò il braccio all’altezza del gomito – mi è uscita male. Volevo dire che mi sembri una ragazza dai sani principi»
«Ti è venuta veramente male - commentai scocciata - avere dei sani principi non significa contemplare la mentalità di una donna dell'Ottocento»
«Sì ho sbagliato - ammise - una peperina come te non potrebbe mai essere la mogliettina perfetta di un ex giocatore di football!»
«Lo prenderò come un complimento, e tu... Sei il classico giocatore di football della scuola che è stato con tutta la squadra di cheerleaders?»
«È venuta male anche a te?» alzò un sopracciglio.
«Oh no, era proprio quello che volevo dire» risi, sistemandomi meglio sotto il parka.
«No, facevo schifo a football. Però mi sono fatto ugualmente tutta la squadra di cheerleaders - sogghignò quando mi vide alzare gli occhi al cielo - non fare quella faccia! Qui non tutti sognano il vero amore come te, esistono anche le persone realiste!»
«Stai per caso dicendo che l'amore non esiste?»
«Sto dicendo che l'essere umano risponde solo ai suoi istinti primordiali, l'amore è solo una bugia che ci raccontiamo per giustificarli»
Lo fissai interdetta.
«Probabilmente non sei mai stato innamorato»
«Probabilmente non sei mai stata sincera con te stessa»
Harry assunse un'espressione fin troppo seria, che mi fece capire quanto credesse in ciò che stava dicendo.
«Ad ogni modo, non pensare che sia così ingenua - gli dissi - anche io ho una visione disillusa dell'amore, ma in fondo credo che ci sia molto di più del mero istinto sessuale. Esiste qualcosa che lega due persone più profondamente di un rapporto carnale... Ma devo ancora capire cos'è»
«Ti hanno spezzato il cuore per caso?» chiese, mantenendo la serietà nel tono e nello sguardo.
«Perché... Cioè, cosa... Cosa te lo fa pensare?» balbettai. Quella fu la prima volta che Harry mi lesse dentro come se fossi un libro letto e riletto per lui. Non aveva propriamente indovinato cosa mi fosse successo in passato, ma la sua abilità era quella di percepire ogni piccolo turbamento, ogni piccola esitazione nel mio volto. Ma l'avrei capito solo più avanti.
«Mi hai accusato di non capire perché non sono mai stato innamorato... Suppongo che tu lo sia stata, o che stai cercando di capire se lo sei»
«Ho avuto un fidanzato... Ma, se devo essere sincera, c'è stato un ragazzo per lungo tempo nella mia vita che mi ha fatto domandare costantemente cosa provassi per lui»
«Lui cosa provava per te?»
Mi fece la domanda che meno mi aspettavo. Pensavo mi chiedesse se avessi amato il mio fidanzato, o se lo avessi tradito con l’altro ragazzo. Ma il bello di Harry era che i suoi ragionamenti viaggiavano su corsie opposte in senso e direzione rispetto le mie.
«Onestamente - sospirai - ancora non so rispondere»
 
«Sai, ti ho cercato dopo quella sera... Ma nessuno ti conosceva» il fatto che fossi brilla mi rese molto più disinibita di quanto non lo fossi normalmente.
Zayn mi aveva portato via dalla confusione, ed sinceramente gli ero grata per il fatto che non dovessi sentire tutti quei corpi sudati dimenarsi accanto a me ed urtarmi. Mi tenne per mano fino a quando si fermò per farmi sedere proprio sotto ad uno dei gazebi che avevano allestito per l’orientamento del giorno dopo.
Pensai di essere entrata nella topfive dei peggiori studenti di sempre, già ubriaca ancor prima di entrare all’università.
«Mi trovavo lì per caso, a dire il vero... Stavo cercando questo mio amico per andare via e ho visto te che ti guardavi intorno spaventata»
«Ecco - portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio - non sono riuscita a dirtelo quella sera ma... Grazie»
«Per cosa?» mi chiese, realmente confuso sul perché lo stessi ringraziando.
«Per avermi aiutato. Ad un certo punto ho pensato il peggio, e avere avuto te al mio fianco mi ha rassicurata molto»
«Beh… - iniziò a toccarsi i capelli, fissandomi con quei due occhi che si ritrovava – non ho fatto chissà cosa, ma sono contento di averti fatto sentire meglio»
Oh sì, solo guardarti mi fa sentire meglio, pensai ma dissi: «Ho ancora il tuo giubbino di jeans, dovrei ridartelo»
«No – rise – mi fa piacere che lo tieni tu. Potrei usarla come scusa per rivederti»
Mi fece l’occhiolino e io per poco non mi buttai tra le sue braccia. Era di una bellezza sconvolgente, e tutt’ora posso affermare di non aver mai visto un ragazzo più bello di lui.
La mia ‘me sedicenne’ stava già gridando mentalmente di essere innamorata pazza di lui. Insomma, mi guardava con quegli occhi così scuri e intensi che mi ci potevo perdere e poi il modo in cui rideva o si tirava il labbro inferiore tra i denti mi rendeva completamente pazza.
Mi osservava come se fossi l'opera d'arte esposta al centro di una mostra. Potevo percepire che fosse affascinato da me, il che mi rendeva euforica ma allo stesso tempo confusa. Ero solo una comune sedicenne poco appariscente, a quel tempo non conoscevo neanche metà dei miei pregi e contavo un paio di insicurezze in più di ora. Eppure lui sembrava realmente incuriosito, e allo stesso modo io ero su di giri al solo pensiero di poterlo conoscere. Dopotutto lo avevo idealizzato per troppo tempo, la paura che tutto il frutto della mia fantasia fosse solo una bolla d'aria stava iniziando a brulicare per la mia testa.
«Io sono qui per il weekend, poi tornerò a Londra. Ti andrebbe di... passare la giornata insieme, domani?»
Gli sorrisi come risposta… forse un po' troppo, ma lui non sembrò dispiaciuto.
 
«Mi informi quando inizia il primo tempo? Devo andare a vomitare» commentò Harry, aggrottando le sopracciglia dopo avermi mostrato la sua miglior faccia disgustata.
«Sei stato tu a chiedermi di raccontarti la storia!» mi lamentai. Poi incrociando le braccia al petto mi girai nella direzione opposta alla sua.
Harry fece scontrare le nostre spalle, per poi ridere del mio broncio.
«Avanti, continua. È solo che questo tipo mi sembra frocio…. Insomma, neanche una mano sul…»
«Va bene, continuo! – esclamai – ma tu taci!»
 
Non avrei potuto chiedere di meglio il giorno dell'appuntamento con Zayn. A Manchester c'era un sole che spaccava le pietre, le temperature erano salite fino a ventotto gradi, che neanche ad agosto probabilmente aveva fatto una giornata così bella.
L'orientamento era stato organizzato egregiamente. La zona esterna al campus era divisa in aree tematiche e tantissimi degli studenti veterani si erano messi a disposizione per spiegare cosa offrisse ciascuna facoltà o risolvere qualsiasi dubbio. Avevo scoperto che Zayn era appassionato di fotografia e che proprio quello stesso anno avrebbe iniziato a frequentare la facoltà di Comunicazione e grafica. Scoprii anche che era nato e cresciuto a Londra, ma che i suoi nonni avevano origini asiatiche, il che spiegava lo splendido taglio di occhi che da subito mi aveva ammaliato.
«Quindi... Zayn - parlò Louis. Lui e Emma si erano ‘amabilmente’ autoinvitati al nostro appuntamento, mentre Reese era rimasta in camera a smaltire i postumi della sera prima - Sophia ha parlato così tanto di te che non la sopport...»
Emma diede una gomitata nello stomaco a Louis, quest'ultimo fece un verso di dolore e iniziò a tossire. L'avrei ucciso a mani nude, ma stavo cercando di comportarmi come una ragazza pacata e di classe quindi mi costrinsi in un sorriso tirato e nervoso.
«Louis voleva dire che io e Sophia non abbiamo fatto altro che parlare di quanto tu sia stato gentile quella sera – intervenne Emma – Davvero, non so come ringraziarti»
Zayn sorrise. Non capii se per quello che aveva detto Louis o per il goffo tentativo di Em di salvare la situazione.
«Ma io veramente...» tentò Louis.
«Lou smettila! Non c'è motivo di essere geloso di Zayn. Abbiamo ringraziato anche te abbastanza!»
Louis sbuffò e poi prese Emma portando un braccio intorno alle sue spalle.
«Va bene, ho capito... Andiamo Em. L'area di legge è da questa parte»
«Sono una bella coppia quei due» commentò Zayn, dopo averli fotografati, con la macchina fotografica professionale che portava al collo, mentre si allontanavano.
«Veramente non stanno insieme» precisai, ridendo quasi per quel malinteso.
«Ah no? - si girò verso di me stupito - avrei scommesso il contrario»
Continuammo il giro di perlustrazione mettendo da parte l’argomento. Parlammo del più e del meno come se fossimo stati amici di vecchia data. L’imbarazzo iniziale era diventato ormai un lontano ricordo e, tra battute e discorsi più impegnati, la giornata volse al termine.
Zayn aveva il treno per Londra alle otto, quindi lo accompagnai in stazione; io e le ragazze saremmo ritornate a casa solamente il giorno dopo.
«Vorrei rimanere, ma devo proprio tornare» si scusò, abbassando lo sguardo sulle sue scarpe e leccandosi impercettibilmente le labbra.
«Mi ha fatto piacere ricontrarti» dissi solo.
«Anche a me – rispose, portando nuovamente gli occhi nei miei e sorridendomi – Sophia, tu sei stata una splendida sorpresa. Questo viaggio a Manchester non era in programma, è stato un vero e proprio caso che mi trovassi lì ieri sera»
«Era un caso anche che ti trovassi nel corridoio del primo piano il giorno della festa, tre anni fa»
Rise, annuendo.
«Dici che il terzo caso faccia un segno del destino?» mi domandò aprendo le braccia.
«Potremmo stare a vedere»
«Potremmo – si fermò a riflettere per poi continuare – oppure no»
Rimasi lì, quasi col fiato sospeso, ad osservare la sua mossa successiva. Lui strappò un foglietto da un quaderno che portava nel borsone  da viaggio; prese una penna e con i denti ne afferrò il tappo, poi velocemente iniziò a scrivere una serie di numeri.
«Chiamami, o mandami un messaggio»
Una voce femminile annunciò l’arrivo sul binario sette del treno diretto a Londra, Zayn mi porse il foglietto e poi riprese da terra il borsone per metterselo in spalla.
«Sono contento di averti incontrato di nuovo ora – disse prima di andarsene, avvicinandosi di più a me – tre anni fa eri ancora una bimba, ma ora penso proprio che tu sia grande abbastanza per fare questo...»
Zayn portò entrambe le mani sul mio volto ed aiutandosi con l'indice ed il medio spostò dietro l'orecchio una ciocca che mi era caduta in viso. Rimasi completamente paralizzata da quel gesto e tutto ciò che venne dopo è ancora piuttosto confuso nella mia mente. Zayn fece scontrare le nostre labbra dolcemente, mentre con una mano dietro il collo e un'altra sul mio fianco mi spingeva di più verso di lui. Lo lasciai fare, mentre ero in preda alle farfalle che mi svolazzavano impazzite nello stomaco. Lui succhiò il mio labbro inferiore e quasi chiedendo il permesso spinse la sua lingua sulle mie labbra dischiuse. Continuammo per una manciata di minuti, troppo poco per averne abbastanza, ma ebbi l’impressione che lui non avesse voluto approfondire quel bacio ulteriormente di proposito. Quando staccò le sue labbra dalle mie non si allontanò del tutto, mi rimase vicino poggiando la sua fronte sulla mia.
 
«E poi?»
«E poi, cosa?»
«Avete scopato?»
«Harry!» lo ripresi.
«Signor Styles!» anche Jeff mi seguì, e non nascosi affatto il sorriso di compiacimento che nacque sul mio viso.
Durante tutto il mio racconto, Jeff aveva ripreso a guidare verso casa approfittando del fatto che la tempesta di neve si fosse acquietata. E senza che me ne rendessi conto ci eravamo fermati sotto casa mia.
Harry aveva insistito per sapere di più su questo ragazzo misterioso di cui avevo fatto cenno e, stranamente per me - che non ero un tipo che si lasciava andare a confessioni spassionate sulla propria vita sentimentale - avevo iniziato a parlarne senza pensare troppo. Nonostante Harry si comportasse per la maggior parte del tempo come uno stronzetto sfacciato, parlare con lui si era rivelata la cosa più naturale del mondo. Semplicemente una parola aveva tirato l'altra e lui, come un bambino all'ora della nanna, si era messo lì ad ascoltare la storia senza emettere fiato e con gli occhi pieni di curiosità - salvo poi uscirsene saltuariamente con dei commenti poco consoni.
Ovviamente non mi ero dilungata in descrizioni piene di sentimentalismi, e avevo volutamente trascurato alcuni dettagli come ad esempio il nome di Zayn o le informazioni precise sui luoghi dove ci eravamo incontrati per ovvi motivi che saranno più chiari in seguito. Pensai inoltre che non sarebbero state significative per il racconto. Ripensandoci, se gli avessi detto tutto, i successivi avvenimenti della mia vita sarebbero stati diversi, ma di questo non potrò mai esserne sicura.
Harry mi accompagnò fino alla porta del mio appartamento, dal quale era udibile un baccano non indifferente che mi fece roteare gli occhi. Sapevo perfettamente di chi si trattasse.
«Louis vattene via! - Emma aprì la porta prima che potessi anche solo cacciare le chiavi -  per l'ennesima volta, non venire da me quando sei ubriaco fradicio! E poi sono le quattro di notte, voglio dormire per la miseria!»
La mora si colorò di rosso appena vide me ed Harry sul pianerottolo intenti a fissarli.
«Emma! – un Louis scoordinato e rumoroso cercò di afferrarla per il braccio – ti prego, fammi restare! Giuro che sarò silenzioso e mi accovaccerò ai piedi del tuo letto piccolo piccolo come un Volpino di Pomerania!»
«Louis, o mio Dio! Ma quale Volpino di Pomerania! Tu sei chiassoso, sporchi e sbavi come un Bulldog Inglese!» gridò Emma, tanto che la vicina settantenne iniziò a battere sul muro con la scopa urlando di fare silenzio.
«Così spezzi il mio cuore canino… - il castano si posò una mano sul cuore, o meglio era quello che pensava… peccato che fosse la parte destra del torace quella che si stava toccando – potrei essere giocoso e affettuoso se solo tu lo volessi!»
«Va bene, ragazzi. È tardi – Harry riportò l’ordine, afferrando Louis per la giacca – Tu vieni con me, ti accompagno a casa. E tu Sophia, domani una macchina verrà a prenderti per le dieci»
Emma diede una buonanotte generale, visibilmente esausta, mentre Louis finalmente si era arreso e – sbattendo da una parte all’altra – si stava avviando verso le scale.
«Che coppia singolare»
«Non stanno insieme» mi portai la mano sulla fronte, quante altre volte avrei dovuto ripeterlo?
«Ah no?»
Harry si riprese il parka, che fino a quel momento avevo tenuto io indosso (ovviamente dietro sua costrizione). Lo salutai con la mano, ma prima che riuscissi a chiudere la porta dietro di me mi disse: «Ma allora come è finita con quel tipo? Vi siete rivisti?»
«La storia è ancora lunga – risposi, facendogli un occhiolino – te la racconterò la prossima volta»
«Mio Dio, è peggio di una fottuta telenovela a puntate» brontolò, prendendo le scale, ma mentre si girava riuscii ad intravedere il sorriso che sfuggì dalle sue labbra.

 

Capitolo più lungo del solito... mi dispiace, ma dividerlo in due non avrebbe avuto senso! spero vi faccia piacere.
Grazie a chi ha aggiunto la storia alle seguite o ai preferiti e a chi spende due minuti del proprio tempo per commentare... davvero, per me significa molto perché mi impegno a scrivere e a rendere il capitolo decente per la lettura e vedere che c'è qualcuno che apprezza mi riesce a dare quella motivazione in più.
Quindi... fatemi sapere cosa ne pensate e buona lettura :)

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Trailer della storia

Capitolo 7
 
«Sei sicura che vada bene che sia qui?»
«Em, è tutto ok. Harry mi ha detto esplicitamente di portarti con me nel backstage, se ti andava»
«C'e anche Louis?» mi chiese mentre scavalcavano l'ennesima transenna che ci separava dal palco in allestimento.
«Sì, è qui da qualche parte» risposi, notando subito la faccia contrariata che aveva fatto. Non indagai oltre perché, quando finalmente riuscimmo a salire sulla lunga passerella, rimasi senza fiato. La vista da lì era indescrivibile, avevamo lo stadio ai nostri piedi e solo al pensiero che, in poche ore, quei posti vuoti si sarebbero riempiti fui investita da una scossa di adrenalina. E non ero neanche io a dovermi esibire!
«Sophia, non mi presenti la tua amica?» Niall posò la chitarra elettrica che stava strimpellando distrattamente per avvicinarsi a me ed Emma, inciampando quasi nel mucchio di fili che si trovavano a terra ancora da sistemare. Alcuni tecnici stavano cercando di risolvere qualche, a me sconosciuto, problema che era sorto all’impianto audio. Il biondo si diede una blanda sistemata alla polo azzurra che portava e poi sorrise nella nostra direzione.
«Ho come l'impressione che non ti serva io per presentarti» commentai, alzando un sopracciglio.
Niall afferrò la mano di Em, portandosela alla bocca e sfiorandone appena il palmo come un perfetto gentiluomo inglese.
«Non mi avevi detto di avere un’amica così bella» disse alzando poi gli occhi blu verso la mora, senza staccare un attimo lo sguardo dal suo.
Emma non era una fan sfegatata di Niall - sebbene sapessi che conosceva due o tre canzoni a memoria e che come ragazzo non le dispiacesse affatto - tuttavia la vidi arrossire vistosamente. Quando si trattava di ragazzi era molto timida, figurarsi se a darle attenzione era un artista di fama mondiale.
Niall non lasciò la mano della mia amica neanche quando questa ritornò al suo posto, ossia all’altezza del fianco di Em. I sorrisi tra i due si sprecavano – notai - facendo balzare lo sguardo su l’una e l’altro.
Fui tratta in inganno dall’aver osservato troppo superficialmente Niall quei sei giorni iniziali in cui avevo iniziato a lavorare per Harry. All’apparenza, il cantante passava da una ragazza all’altra con la stessa facilità con cui si cambiava le mutande e ciò – ammetto – mi fece accantonare la prima impressione che davano. Chiunque avrebbe percepito, guardandoli, di star assistendo al cosiddetto colpo di fulmine.
«Come ti chiami?» le chiese Niall, dopo che impiegarono qualche secondo di troppo a mangiarsi con gli occhi.
«Si chiama SmettilaDiFareLoStronzoSvenevole» Louis sopraggiunse alle mie spalle, afferrando la mano di Emma tutt’altro che delicatamente e trascinandosela via per pochi metri.
«Andiamo, Tomlinson! Stavo cercando ispirazione per il nuovo album» si difese Niall facendo l'occhiolino ad Emma e recuperando l’arroganza e la spavalderia che sembrava aver perso poco prima.
«Pensa al concerto di stasera, all'album ci pensiamo domani» rispose secco Louis.
Emma si divincolò dalla presa del castano strattonandolo, prova che mi bastò per dedurre che ce l'avesse ancora con lui per la storia dell'altra sera.
«È per caso la fidanzata di Louis?» mi chiese sottovoce Niall, quando i due furono sufficientemente lontani.
Ok, mi dissi, devo iniziare a girare con un cartello con su scritto 'non stanno insieme'.
Anzi.
'Non sono la loro portavoce'
«No» risposi infine.
«Bene, ci sarebbe stato un conflitto di interesse in caso contrario»
Al momento non afferrai immediatamente il senso della frase, nonostante fosse alquanto chiaro, ma sicuramente non apprezzai il tipo di sguardi che lanciava verso la mia amica.
Emma era una ragazza d'oro, e Niall – per ciò che avevo visto – non sapeva tenerselo nei pantaloni. E le due cose, nella mia testa, stridevano come i denti di una forchetta su di un piatto di ceramica.
In nessun modo li avrei fatti nuovamente avvicinare.
Già mi stavo pentendo di averla portata con me.
«Soph – Harry mi chiamò, facendomi perdere di vista i movimenti di quei due. Dannazione – hai contattato la mia banca?»
«Certamente, signor Styles – scherzai, mettendomi sull'attenti ho fatto trasferire il denaro da lei richiesto su quel conto»
«Eccellente signorina, ottimo lavoro. Non pensavo sapesse usare anche il telefono, mi complimento con lei» mi derise lui.
Gli feci una smorfia e lui rise. La settimana di prova era quasi giunta al termine, e io non avevo idea se avesse intenzione di assumermi o meno. Ammisi a me stessa, però, che quel lavoro non mi dispiaceva affatto. Nonostante le remore iniziali, legate al mio orgoglio, dovetti arrendermi al fatto di avere un lavoro da sogno.
Soprattutto dopo che iniziai ad ingranare e a sentirmi davvero utile. Per di più il rapporto che io ed Harry avevamo instaurato era la parte migliore. In pochissimo tempo avevamo preso la confidenza di due amici di vecchia data, ed era sempre una gara a chi prendesse più in giro l'altro.
Il concerto di quella sera avrebbe decretato il debutto del primo tour mondiale negli stadi di Niall. Si trattava della prima delle tre date al Wembley, e anche se nessuno lo dava a vedere si respirava un clima di eccitazione mista a nervosismo nell'aria. Harry correva avanti e indietro all'interno dello stadio dannandosi affinché tutto fosse perfetto. Il numero di cose da fare era esorbitante ed era difficile aiutarlo perché aveva il brutto vizio di voler curare personalmente ogni minimo dettaglio.
«Mi sembri una checca isterica» scherzai quando lo andai a ripescare dentro una delle botole da dove usciva il fumo di scena.
«Sto cercando di capire perché non funziona» mi spiegò frettolosamente, aggiungendo una serie di imprecazioni.
«Harry - lo chiamai, tirandolo per la T-shirt bianca - ferm... fermati! Ho già chiamato il tecnico»
Quando finalmente si decise a lasciar fare a qualcuno di più competente, mi accorsi che si era completamente macchiato di una non identificata roba nera. Risi di gusto nel vederlo imbrattato di cenere e chissà che altro, poi quando mi accorsi della sua espressione da ‘hai finito? ’, lo trascinai in uno degli stanzoni del backstage adibiti a guardaroba.
 
«Non c'è bisogno»
«Sì che ce n'è! Togliti la maglietta!» dissi, cacciando da una busta una delle maglie di ricambio che gli avevo comprato.
Sì, avevo comprato delle magliette di ricambio, e anche tanta altra roba per quello che chiamavo ‘kit d’emergenza’. Harry era come un bambino di tre anni, non riusciva a fare un passo senza sporcarsi.
«E io che ho sempre pensato che fossi un tipo da preliminari»
Mi massaggiai le tempie ripetendomi di non rispondergli. Tanto non avrei mai vinto una battaglia verbale contro di lui.
Harry ridacchiò fastidiosamente e poi seguì il mio consiglio. Si girò dandomi le spalle per sfilarsi la maglia sporca, fingendo di vergognarsi ma ridacchiando quando iniziai ad agitarmi dall’imbarazzo. Sapevo che poteva percepire il mio rossore anche senza vedermi, infatti iniziò a canticchiare la musichetta da spogliarello improvvisandone uno alquanto buffo.
Sebbene mi fossi abituata a vedere girare ovunque ragazzi a torso nudo - Niall, la band e il gruppo di supporto sembravano aver dimenticato l'esistenza delle maglie siccome giravano sempre sprovvisti - quando vidi la schiena di Harry contrarre i muscoli nel togliere l'indumento avvampai leggermente. 
Astinenza sessuale, mi convinsi, in fondo la carne era carne!
Harry aveva davvero un fisico mozzafiato, quasi sempre trascorreva il suo tempo libero – che in realtà non era molto - in palestra. E dovetti ammettere a me stessa, davanti quella visione, che probabilmente il dorso era la parte inaspettatamente più sexy del suo corpo.
«Distraimi» disse, risvegliandomi dal mio stato comatoso.
Sfortunatamente rivestito.
«Cosa?»
«Sono un fascio di nervi, questo è il primo spettacolo senza Mark» rispose mentre si sistemava i capelli spostandoli indietro. Stavo imparando a conoscerlo, e quando si tormentava i capelli in quel modo era perché qualcosa lo preoccupava molto.
«Harry – lo ripresi – non devi sentirti responsabile di ogni cosa. Il tuo compito principale è quello di far sì che Niall faccia quello che deve fare, cioè cantare, e che sia scortato all’entrata e all’uscita dello stadio in sicurezza»
«Allora mi distrai?» ripeté, ignorandomi di proposito.
«Come?» sospirai, alzando gli occhi al cielo.
«Continua a raccontarmi come è andata a finire con quel ragazzo»
 
«È un gran figo!» esclamò Emma.
«Non esageriamo ora...» si intromise Louis.
«Cavolo! questa è la seconda volta che me lo perdo!» Reese si dimenò sul letto come segno di protesta. Mentre Louis continuava il suo monologo senza essere nemmeno ascoltato «Non ti sei persa nulla...è un tipo con due occhi, una bocca...»
«Ha un braccio completamente ricoperto di tatuaggi e fisicamente è messo proprio bene. Poi ha degli occhi così profondi...»
«Em, vedi che potrei essere gelosa!» scherzai, dopo aver annuito a tutto ciò che aveva detto mentre Reese ci osservava con aria sognante.
«Ma ti devi fidanzare tu con lui o Sophia?!» esclamò Louis.
«Oh smettila Lou - Ree gli tirò un cuscino - un potenziale fidanzato deve essere approvato prima di tutto dalle amiche!»
«Neanche alla CIA sono così selettivi»
«Perché non te ne vai da qualche altra parte e ci fai parlare un po' con calma?!» domandò sbuffando Ree.
«Perché forse è la mia stanza questa?!»
 
«E.... questo come dovrebbe avere a che fare con il resto della storia?» mi chiese Harry dopo essersi sciacquato la faccia ancora sporca di ciò che supposi fosse cenere.
«Oh niente – mi avvicinai a lui con il primo asciugamano pulito che mi trovai sotto mano, e – alzandomi sulle punte - dopo averne bagnato un lembo iniziai a strofinare sulla sua guancia non del tutto pulita – volevo solo rimarcare il concetto che fosse un figo da paura e tenerti un altro po' sulle spine!»
Lui rimase spiazzato per una frazione di secondo, poi scosse la testa brontolando.
«Non sono un tipo da storie d'amore, figurati se voglio sapere questo tipo di dettagli»
«Harry, il soundcheck è finito. Niall vuole parlarti a proposito di una canzone» Rosie spuntò dal nulla. La ragazza si muoveva silenziosa, sempre dietro una porta ad ascoltare conversazioni… neanche fosse un personaggio di Beautiful!
«Arrivo subito» Harry mi lanciò uno sguardo di scuse e poi imboccò il lungo corridoio per raggiungere Niall.
 
Erano ormai le nove passate di sera quando le luci si abbassarono e un boato riecheggiò all'interno dello stadio. Il concerto di quella sera - come i successivi due che lo avrebbero seguito - aveva fatto il tutto esaurito. E da dove stavamo io ed Emma - esattamente sotto il palco - non era visibile neanche tutta l'arena.
«Spettacolare – sospirò estasiata Emma – ti rendi conto che per i prossimi cinque mesi almeno questa sarà la tua vita?»
«Ad essere sincera... No! E poi ancora non sono stata assunta»
«Oh, lo sarai presto! - alzò la voce per farsi sentire meglio, le urla delle fans impazzite erano talmente forti da coprire qualsiasi altro suono che non fosse la musica che risuonava dalle casse - ho visto che formate una bella squadra voi due!»
Sorrisi, ma non mi diede il tempo di rispondere che continuò a parlare.
«Hai mai pensato… cioè ora lavori in questo campo. Hai pensato che potresti incontrare Zayn?»
Non mi aspettavo una domanda del genere.
«Sì, ci ho pensato – confessai – non smetto di pensarci da quando Harry mi ha offerto il lavoro. Questo era uno dei motivi per cui inizialmente non volevo accettare»
«Oh, beh – Emma farfugliò – insomma, non è detto. Se non sbaglio dovrebbe vivere in America… quindi…»
Mi strinsi nelle spalle ed il discorso cadde lì, quando alzai la testa verso il palco. Giusto in tempo per assistere all'entrata in scena di Niall.
Luci psichedeliche e il suono della chitarra elettrica che rimbombava dalle casse fino a trasmettersi in vibrazioni sotto i nostri piedi, prepararono il pubblico a quello che sarebbe stato uno dei concerti più indimenticabili della stagione.
Harry mi raggiunse quando già le prime note della terza canzone si stavano diffondendo per lo stadio, se ne stette calmo e tranquillo - contro ogni mia previsione - accanto a me. Ogni tanto mi lanciava uno sguardo, forse per capire se mi stessi divertendo o se non gradissi le canzoni. Con la coda dell’occhio lo vidi sorridere, finalmente più rilassato.
Quando il concerto giunse al termine, scappai insieme ad Harry, Emma, Niall e Rosie velocemente da una delle uscite meno in vista dello stadio. In modo da evitare che si creassero situazioni di disagio o pericolose legate al fatto che Niall uscisse in contemporanea con i fans. D'altra parte aspettare che lo stadio si svuotasse completamente per poi far uscire l'artista non era neanche la soluzione più pratica.
Emma, Louis e alcuni della band ci raggiunsero un'oretta più tardi al locale dove si sarebbe festeggiato l’esordio del tour di Niall.
Non conoscevo quel posto, e ben presto capii il perché. Si trattava di un locale molto in di Londra, frequentato per la maggior parte da personaggi famosi o persone di una certa estrazione sociale. Lì era ricaduta la scelta di Rosie, che si era occupata personalmente di organizzare tutto, proprio per far sì che Niall passasse una serata tranquilla, senza che le prime ragazze desiderose di incontrarlo potessero raggiungerlo dentro. Infatti la festa si tenne in una sala privata al secondo piano, munita di dj personale e angolo bar, che affacciava su quella del piano terra dove la maggior parte dei personaggi che ballavano e si divertivano erano lì sotto invito o per aver sborsato una somma considerevole di denaro.
In gran velocità io ed Emma ci eravamo cambiate dietro il backstage prima di lasciare lo stadio. Non sarebbe stato l'ideale presentarsi alla mia prima festa nel mondo dei vip con un jeans e una maglietta nera arrotolata sui gomiti.
«Ti preferivo prima» Harry comparì dal nulla davanti a me e per poco non mi venne un infarto.
Mi guardai la tuta elegante blu elettrico che indossavo per accertarmi che non ci fosse niente che non andasse. Ed infatti era tutto a posto. Era semplice, forse un po’ scollata, ma elegante.
«Non pensavo fossi un sostenitore delle ragazze acqua e sapone» commentai sarcastica, facendo segno alla donna con la gonna inguinale che lo aspettava sul divanetto in fondo alla sala.
Harry rise, manteneva due bicchieri di cui uno probabilmente destinato alla sua ‘dolce’ accompagnatrice.
«Dipende - sogghignò - tu sei molto carina acqua e sapone. Per Giulia... – capii si stesse riferendo a capelli di extension lì in fondo – non so cosa si possa nascondere sotto tutto quel trucco»
Harry mi sorpassò, soddisfatto di avermi lasciato senza parole. Lui era venuto direttamente vestito come prima. La stessa maglietta che gli avevo dato come cambio.
Mi sembrò logico che non avrebbe avuto l’ultima parola.
«Ehi! - lo richiamai prima che fosse troppo lontano per sentirmi - dì alla tua ragazza stare più attenta»
«Perché?»
«Ha scambiato quel top a fascia per un pantalone» sorrisi falsamente, facendogli poi una linguaccia. Harry mi fece una boccaccia mentre fingeva una risata, ma sapevo che dentro di sé stava cercando di trattenersi in tutti i modi.
 
«Sophia?!» la voce di Louis a stento raggiunse il mio orecchio considerato il baccano che c'era all'interno del locale. Quando riuscii a individuare la sua figura nel mezzo del gioco creato da quelle luci intermittenti, ebbi la conferma che si trattasse proprio di lui.
«Che ci fai da sola? dov'è Emma?» si sedette nel posto libero accanto al mio – intanto avevo raggiunto l’amato piano bar – maglietta nera e pantaloni scuri, Louis era vestito come poche ore prima.
Risposi con un segno della testa, indicandogli il divanetto dove lei e Niall stavano ancora parlando. Lui aveva il gomito poggiato sulla spalliera, dietro la schiena di Emma ed era totalmente assorto ad ascoltare cosa lei stesse dicendo.
«Che cazzo ci fa Emma con Niall?» sbottò Louis, così forte che lo sentii perfettamente nonostante la musica.
«Stanno parlando - constatai alzando un sopracciglio - non vedi?»
«Le ho detto di stargli lontano»
«Emma è grande abbastanza per sapere con chi parlare» gli dissi dopo aver dato un piccolo sorso al mio drink.
«Non capisci - si agitò sulla sedia e poi fece cenno al cameriere di portargli lo stesso mio cocktail - non conosci Niall!»
«Non era il tuo pupillo?»
«Sì, finché si tratta di fare soldi. Ma non mi interessa né del suo conto in banca né del suo successo se di mezzo c'è qualcuno a cui tengo»
«Louis – poggiai una mano sulla sua – Basta. Emma non è più la ragazza triste ed indifesa di un tempo. Non ha bisogno di una guardia del corpo che le stia col fiato addosso»
«Io voglio solo che lei non soffra»
Sorrisi sinceramente a quella confessione, Louis era il ragazzo più cocciuto e senza scrupoli che conoscessi quando si trattava di lavoro ma neanche tutti i soldi e il successo del mondo sarebbero riusciti a corrompere il suo cuore d'oro.
«Neanche io voglio che quei due si frequentino – ammisi – ma sai Emma come è fatta, vero?  Non vuole sentirsi dire cosa fare o non fare. E soprattutto odia quando la tratti da bambina»
«Soph, forse non ti rendi conto. Non le ho mai detto niente su chi frequentare – lo guardai scettico ma mi stetti zitta, la mia faccia valeva più di mille parole – ok, va bene... forse su Luke, ma anche tu pensavi fosse un emerito imbecille! – roteai la mano per fargli capire di andare avanti – hai mai letto qualcosa su Niall nell'ultimo anno? Non penso, perché se l'avessi fatto ora saresti su quel cazzo di divanetto a tirarla via di lì»
«Cosa dovrei sapere sul suo conto?» posai il drink, girandomi completamente verso di lui e dandogli tutta la mia attenzione.
«Ha un problema con l’alcool»
 
15 Ottobre 2008
«Louis mi ha chiamato - Reese entrò nella cucina di sua nonna come un treno, mentre io ero ancora impegnata a contattare qualsiasi numero della mia rubrica - ha detto che Emma è da lui»
Balzai dalla sedia, aggrappando ai lembi del tavolo in legno chiaro. Immediatamente mi liberai dall'ansia che per quelle trenta ore mi aveva angosciato tanto da chiudermi lo stomaco e tenermi sveglia.
«È andata fino a Manchester? – Emma quella volta ci aveva fatto preoccupare sul serio – cosa ti ha detto?»
«Mi ha detto che ha bussato alla sua porta in lacrime e con un enorme livido vicino l'occhio»
«O mio Dio» mi portai una mano alla bocca come per bloccare il senso di disgusto.
«Spero non ci sia dell'altro... – sussurrò Reese – è stato lui a farle del male»
«Quel figlio di...»
«Louis vuole denunciarlo» continuò precipitosamente.
«Emma non sarà mai d'accordo»
Attraversai l'intera cucina in pochi e lunghi passi, fissando in contemplazione le mattonelle romboidali gialle e marroni che si alternavano al mio passaggio. La mia mente, però, era altrove.
Il compagno di Anita, la madre di Emma, era un concentrato di ambiguità; a primo impatto sembrava un uomo serio, anche abbastanza affascinante, in più era giovane. Neanche trentacinque anni a quel tempo. Era, però, molto abile a nascondere l'altra faccia della medaglia, quella nera come la pece. Beveva, appena usciva da lavoro e ovunque ne avesse l'opportunità, ma solo quando ritornava a casa di Emma - dove neanche abitava - rivelava tutto il marcio che aveva dentro.

«Lo so, ma dovevi sentire Louis al telefono... Questa volta non penso che le darà ascolto. È completamente impazzito dalla rabbia... e ha ragione»
«Anita?» chiesi, ma già conoscevo la risposta.
«Nulla, mi ha solo pregato di ritrovarla - Reese si massaggiò la fronte, fu una delle poche volte in cui la vidi seriamente preoccupata. Proprio lei che non permetteva a niente e nessuno di compromettere il suo umore - Lei lo difende... Anche se non apertamente, ma lo fa. Emma è completamente sola in quella casa»
 
«Ti rendi conto? - brontolò Louis - Ce l'ha ancora con me per essere andato a casa vostra mezzo brillo l'altra sera, neanche me lo ricordo! e ora sta flirtando senza troppo indugio con uno che, se ha ancora la patente, deve solo ringraziare i soldi che ha sborsato per non farsela ritirare quando l'hanno beccato a guidare in stato di ebrezza»
«Si era capito che ce l'avesse ancora con te. Quando ha sentito che anche tu saresti stato al concerto ha fatto una faccia...» risi per l'espressione buffa di Louis, realmente offeso da quello che gli avevo raccontato.
Emma non sopportava di avere a che fare con persone ubriache, a causa di quello che aveva passato… e noi potevamo capirla perfettamente.
Non che lei non si concedesse di bere qualcosa di alcolico, anzi... ma solo quando eravamo tutti quanti brilli e soprattutto se quei ‘tutti quanti’ erano persone fidate.
«Ok, lo so... Posso capire di aver sbagliato, però...»
«Non te la prendere Louis – lo confortai – è normale pretendere di più da chi vogliamo bene, e poi tu sai bene cosa ha passato, Niall no... Forse è stato questo che l'ha delusa. Probabilmente vedendoti così, l’altra sera, le sono tornate in mente scene che non vuole ricordare»
Stranamente Louis non replicò, facendomi capire come le mie parole l'avessero fatto riflettere. 
Far riflettere un Tomlinson non era cosa da poco, zittirlo poi… era qualcosa di mistico che accadeva una volta ogni cento anni, se Marte era in Vergine e la terra diventava piatta... forse.
In ogni caso non sentirlo replicare e guardarlo fissare il fondo del bicchiere con i sui occhi così celesti quanto lucidi - forse per il paio di cocktail bevuti o per il fatto che fosse effettivamente scosso dal litigio con Em - mi fecero pentire quasi di aver parlato. Emma voleva bene a Louis e sapeva che anche lui gliene voleva, l'arrabbiatura sarebbe presto svanita e tutto sarebbe ritornato come prima.
«Emma sa che tu non le avresti mai fatto del male... anzi quando bevi diventi ancora più innocuo – risi – va' da lei a scusarti, senza aggredirla con quello che pensi su Niall, di questo me ne occupo io... Sii discreto e paziente»
«Sì – esclamò quando sembrò riprendere fiducia in se stesso, saltando giù dalla sedia da bar e sistemandosi il ciuffo distrattamente – sarò discreto e.... quello che hai detto tu»
Andiamo bene, pensai.
 
«E ora abbiamo una dedica da fare - annunciò il dj, dopo aver abbassato relativamente il volume della canzone da discoteca che risuonava nel locale da buoni cinque minuti - questa è Look afer you, da Louis ad Emma con la speranza che lei lo perdoni!»
Mi spalmai una mano in faccia.
E per fortuna che gli avevo raccomandato di essere discreto!
Fischi e urla di incoraggiamento riempirono la sala. Vidi Emma, ancora sul divanetto, con indosso uno sguardo omicida, che muovendo orizzontalmente una mano alla gola gli faceva segno di smettere di fare qualsiasi cosa stesse facendo. Niall, accanto a lei, non dava l'idea di essere entusiasta.
Louis – incurante dei gestacci di Emma – avanzò verso la mia amica e, sebbene lei avesse provato a divincolarsi, la prese di forza per farla ballare facendola scontrare contro il suo petto; poi, incrociando le braccia dietro la schiena di lei, la avvicinò a sé. Già la immaginavo lamentarsi con parole poco carine all'orecchio di Louis.
«Quando si deciderà a farsela non sarà mai troppo tardi»
Quella voce insopportabile e fin troppo stridente per le mie orecchie l'avrei riconosciuta ovunque. Purtroppo.
«Oliver – constatai con l'entusiasmo di chi stava andando alla gogna ed iniziai a prendere le distanze, senza neanche troppa discrezione, facendo strusciare la sedia sotto di me sul pavimento – quando ti deciderai a bearci della tua assenza, sarà troppo tardi!»
La linea della sua bocca sottile, in perfetta armonia con il resto dei lineamenti spigolosi, si increspò.
«Non devo starti molto simpatico – la sua sagacia quasi mi sconvolse! – perché non mi concedi questo ballo? Potrei farti cambiare idea»
Scesi dallo sgabello, decisa a mettere più metri possibili tra me e lui, ma il rosso mi afferrò un braccio costringendoci ad una distanza più corta.
«Non fare la preziosa – sputò e potei sentire perfettamente il suo alito d'alcool sulla mia faccia – per essere stata la puttana di Zayn Malik quando ancora non era chi è ora, non devi essere una che se la conserva»
Non ero mai stata una persona violenta, ma in quel momento la rabbia mi fece crescere dentro una forza che non pensavo di avere perché gli tirai uno schiaffo così violento da sentire l'intero palmo della mano andarmi a fuoco. Oliver perse l'equilibrio - tuttavia già precario - cadendo dalla sedia. Molte delle persone intorno a noi si fermarono, qualunque cosa stessero facendo, per fissarci confuse.
Dopo un tempo troppo lungo da sopportare sentii una mano, quella ancora dolorante, afferrare la mia.
«Cosa succede qui? - la voce calda di Harry riuscì a sedare almeno in parte la rabbia mescolata a vergogna che stavo provando - Soph, tutto bene?»
Non riuscii a pronunciare neanche una parola, un groppo alla gola me lo rendeva impossibile. Alzai gli occhi leggermente annebbiati da una patina bagnata verso quelli sinceramente preoccupati di Harry. Non ci fu bisogno di dire nulla, perché accarezzò con le sue dita la mia mano e poi fece segno ad uno dei bodyguard che stavano in sala di avvicinarsi.
«Devo chiederti di lasciare la festa – disse verso Oliver, che intanto si era rialzato da terra e aveva preso ad aggiustarsi la giacca – volontariamente»
 
«Stai bene?» avevo perso il conto delle volte che Harry me l’aveva chiesto. Io continuai ad annuire finché non uscimmo fuori dal locale. Faceva molto freddo quella sera e la giacca che avevo portato, benché si abbinasse perfettamente al completo che indossavo, era troppo leggera per quel clima.
«Non so cosa mi sia preso» mentii, cercando di nascondere l’imbarazzo che provavo. Avevo fatto una scenata, e non era affatto passata inosservata. Nonostante non avessi una buona opinione riguardo Oliver, le sue parole mi avevano ferito più di quanto pensassi. C'erano cose che semplicemente non volevo ricordare.
«Che ne dici di mangiare qualcosa?» se ne uscì dal nulla, Harry, quando capì che se avessi parlato davvero di ciò che mi aveva fatto reagire in quel modo mi sarei messa a piangere.
 
La sua idea di mangiare qualcosa non si discostava di molto dalla mia. Quattro hamburger, tre confezioni di patatine fritte e una porzione di alette di pollo strabordavano dal sacchetto del MacDrive.
«Ti dispiace se andiamo da me? - chiese di punto in bianco Harry, mentre era intento a mettere la prima e a fare manovra per rimettersi sulla strada principale - È qui vicino... non ho voglia di scappare dai paparazzi, e non avevo voglia neanche di prenotare in chissà quale posto elegante e privato»
Le sue motivazioni non facevano una piega, ma improvvisamente sentii lo stomaco chiudersi. L'unica cosa di cui ero sicura – non avrei saputo dire esattamente perché – era che Harry non mi avrebbe mai mancato di rispetto e soprattutto non aveva nessun doppio fine. L’avevo capito dalla spontaneità con cui mi aveva chiesto di andare da lui.
Per tutto il tragitto in macchina, non avevo fatto altro che spiare Harry con la coda dell'occhio.
Lui, al contrario di quanto pensassi, non abitava affatto in una delle zone più ricche della città. Il suo appartamento si trovava al terzo piano di un palazzo non in periferia ma neanche al centro di Londra.
Quando scattò la serratura, Harry spinse la porta blindata e mi fece segno di entrare. Appena accese le luci riuscii ad ammirare il lungo corridoio che apriva la casa.
Posò le chiavi su di un mobiletto accanto alla porta e poi si tolse subito il cappotto. Prese anche la mia giacca, aiutandomi a sfilarla, e poi ripose entrambe dentro ad un piccolo armadio a muro proprio all'ingresso. L’appartamento era enorme, eccessivamente per una sola persona, uno stile minimale tutto improntato su mobili bianchi che si specchiavano in un parquet scurissimo e lucido, notai inoltre molte foto a riempire le pareti.
 
«Ho letto su di una rivista che sei nella classifica degli scapoli d'oro di Inghilterra» dissi, addentando il panino che ormai era diventato freddo. Harry aveva sistemato la roba da mangiare che avevamo preso su un tavolinetto basso in cristallo, poi si era buttato a peso morto sul divano che si trovava affianco trascinandomi con sé. Contestai un po’, preoccupata del fatto che quel divano così immacolato potesse essere profanato da qualche salsa di chissà quale provenienza.
In ogni caso, non era vero… non avevo letto nessuna rivista. Semplicemente avevo googlato il suo nome e, oltre ad una sfilza di foto, la maggior parte in compagnia di modelle stupende, avevo letto quell'articolo.
Ma questo non potevo dirlo, o avrebbe compromesso la mia immagine di donna emancipata che non tentenna davanti al fascino di Harry Styles. In fondo era solo un ragazzo bellissimo, giovanissimo, ricchissimo e, rivelazione degli ultimi giorni, di una gentilezza e dolcezza immane. Tentennare davanti al suo fascino… cosa? chi? io?
«Hai googlato il mio nome, non è vero? - fece un sorriso sghembo, e se fosse stato fisicamente possibile la mia mascella sarebbe caduta sul pavimento. Come facesse a leggermi nel pensiero… era un mistero - comunque sono una marea di cazzate»
«Non ho googlato il tuo… oh, cavolo! È che non so niente su di te – mi lagnai, muovendomi per trovare la posizione giusta - alquanto difficile se hai una tutina in seta che stai cercando disperatamente e invano di non far stropicciare (sempre per la questione di essere una donna emancipata bla bla) e un tacco dieci da gestire alla stregua di un carrarmato – io ti sto raccontando la storia della mia vita e tu invece mantieni il segreto di stato su tutto ciò che ti riguarda»
«Va bene – emise un sospiro, portandosi dietro una ciocca mossa di capelli – tu mi dici come è andata a finire la tua storia e io ti racconto un po’ di me»
«Affare fatto»
Non era un granché come compromesso, ma lui era Harry e quello che avevo ottenuto era già abbastanza.
«Sono tutt’orecchi – sprofondò un po’ di più sul divano, dopo aver posato i nostri piatti ripuliti – e non ti soffermare sui particolari sdolcinati! Alla fine lo chiamasti?»
Feci mente locale su dove mi fossi fermata con il racconto, poi ricordai. Zayn mi aveva lasciato il suo numero di telefono.
«Sì, ma non mi rispose lui» spiegai.
«E chi?»
«La sua ragazza»
«Che cosa?! – esclamò Harry – questo sì che è un colpo di scena»
«Si può sapere come si chiama questo coglione?» mi chiese impaziente.
«No, ti ho detto che non posso dirtelo!» cantilenai.
«Andiamo Soph! È così famoso che potrei conoscerlo?»
«Non è esattamente famoso, ma il mondo è piccolo e l’ambiente in cui lavora è il tuo stesso – fui irremissibile – tocca a te ora raccontare»
«Cosa?! Tutto qui?»
«Per ora sì… un’informazione per un’altra informazione» sogghignai.
«Non c'è molto da sapere ad essere sincero, ho vissuto con mio zio e mio cugino fino a qualche anno fa... Poi la svolta, mi sono trasferito qui»
«I tuoi genitori?» mi venne spontaneo chiedere, ma poi capii di essere stata forse troppo invadente.
«Mia madre è morta quando avevo un anno, e mio padre... – si mosse a disagio sul divano, abbassando lo sguardo in un punto a caso sul tappeto – non ha voluto mai fare il padre… cioè il mio. Si è rifatto una famiglia»
«Mi dispiace – mi sentivo veramente male per lui, e per avergli fatto confessare una cosa così privata e dolorosa – ma... ma perché? Come si può abbandonare un figlio?»
«Oh sì, beh, poi è tornato... – aggiunse – quando ho iniziato a fare soldi... ma è risaputo, no? I soldi sono capaci di riunire anche le famiglie più disastrate»
Harry non aveva perso l'ironia durante il breve riassunto sulla sua infanzia, ma glielo potevo leggere negli occhi: portava con sé una tristezza tale che mi si formò un nodo alla gola.
Le sue iridi solitamente verde smeraldo si incupirono, nonostante forzasse un sorriso.
«Sto dicendo che l'essere umano risponde solo ai suoi istinti primordiali, l'amore è solamente una bugia che ci raccontiamo per giustificarli»
Le sue parole mi si erano impresse dentro, ma solo in quell’istante iniziai a capirle sul serio. Fu la prima avvisaglia.
Come poteva qualcuno che non era mai stato amato credere nell’amore?
Potevo lamentarmi quanto volevo della mia famiglia, erano chiassosi, imbarazzanti e strani, e potevo lamentarmi altrettanto del fatto che la mia vita sentimentale avesse preso tutte le strade più sbagliate, ma alla fine della giornata - non importava quanto questa fosse andata male - avrei trovato sempre conforto nella mia famiglia.
Istintivamente posai una mano sulla sua.
«Non merita un figlio come te» non riuscii a frenare la lingua.
Harry mi guardò così dolcemente che temetti di sciogliermi proprio lì, sul divano. Le labbra rosee si curvarono in un accenno di sorriso e finalmente dopo molto tempo mi mostrò quelle fossette così marcate che gli ammorbidivano ancora di più, se possibile, i lineamenti tanto delicati. Poi girò la testa, e guardando sempre altrove mormorò un «Non ne sono sicuro».
Avrei voluto tanto fargli altre domande, sapere di più, chiedergli che rapporto avesse con lo zio e se fosse cresciuto almeno in parte sereno, ma ritenni di aver già tirato troppo la corda per quella sera.
Harry era sempre un mistero, complicato, criptico, ma a sorprendermi ogni volta era la sua abilità a capovolgere il mio umore. Tutta la tristezza che avevo portato con me fino a quel momento, riguardo l’episodio di un’oretta prima e – in generale – riguardo a Zayn, sembrò essersi dissolta.
Un’assordante silenzio era caduto tra noi, tale da poter sentire far eco nelle orecchie un fastidioso ronzio. Neanche un rumore esterno a frantumarne l’irrealtà.
Se potessi scegliere un attimo da fermare e analizzare, sceglierei quello. Decisamente.
Avrei dovuto capire che stava per succedere qualcosa. Non come l’esplosione di un vulcano, un fenomeno di questo tipo non si può prevedere, piuttosto uno di quegli eventi che prima di manifestarsi inviano dei segnali. Quel qualcosa era più un temporale che scoppia dopo un’intera mattinata di cielo coperto da nuvoloni. Ecco, gli occhi chiari ed esitanti di Harry erano quei nuvoloni ma io, quella mattina, avevo deciso di scendere di casa non guardando fuori dalla finestra.
Non si trattava di non aver capito cosa stesse per succedere tra noi due in quel preciso istante, ma di aver del tutto ignorato ciò che lui si teneva dentro.
Harry appoggiò la testa sullo schienale del divano e io l’imitai. Si raddrizzò poi piano, quasi impercettibilmente, avvicinandosi quel giusto che bastava per mettere pochi centimetri tra i nostri volti. Poggiò le sue iridi verdi sulle mie labbra e indugiò per un tempo indefinito, poi tornò nuovamente ai miei occhi. Lentamente prese ad accarezzare la mia guancia con le nocche della mano, mentre teneva ancora stretta a sé quella che gli avevo preso poco prima. Lo stomaco mi si chiuse piacevolmente quando arrivò a stuzzicarmi il labbro inferiore con il pollice. Neanche il freddo metallo dell’anello che portava mi aiutò a non perdermi nel suo sguardo così desideroso. Chiuse gli occhi e io rimasi immobile, le sue dita si allontanarono dalle mie labbra per incastrarsi tra i capelli mossi, afferrandomi delicatamente il collo. Sentii le palpebre cedere a quel momento, lo stomaco contorcersi e il suo respiro delicato soffiare sul mio labbro superiore. Aspettai che le nostre bocche si unissero ma, quando la distanza tra noi divenne solo un soffio d’aria, il rumore - che poi riconobbi come lo sbattere della porta - ci portò a staccarci bruscamente.
Abbassai lo sguardo per non incontrare quello di Harry, ma quando lo rialzai girandomi in direzione della porta ciò che vidi mi fece letteralmente perdere un battito.
Zayn.

 
 

Ormai scrivo capitoli sempre più lunghi... spero di non avervi annoiato! In realtà non mi convince particolarmente, e mi scuso per eventuali errori.

Finalmente 'Zayn del presente' :D... da qui le cose si movimenteranno molto.

Non so quando potrò aggiornare di nuovo perché al momento non riesco a trovare del tempo per scrivere. In ogni caso, se la storia vi piace fatemelo sapere!

Ho una domanda per voi.... come avrete notato la storia non parla solo di Sophia-Harry-Zayn, ma in parallelo racconto anche quella degli altri personaggi. Per la trama mi è necessario (oltre a volerlo io)... volevo conoscere le vostre opinioni, e cioè se vi annoia che dia così tanto spazio anche alle storylines secondarie... ditemi la vostra.

Un bacio, a presto!


 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Trailer della storia

Capitolo 8
 
«Senti amico, c’è quella fottuta bolletta della luce sul mobile all’ingresso che saranno dieci giorni… Sai che non si pagherà da sola vero?»
Graffiata, roca. La voce di Zayn era sempre la stessa, se non un pizzico più matura.
Harry sospirò rumorosamente, la sua mano ancora stretta alla mia sul divano.
Fu così veloce che a stento mi resi conto di cosa stesse succedendo. Zayn spuntò dal buio del corridoio, puntò i suoi occhi nella nostra direzione e poi semplicemente si inchiodò al pavimento.
«Ah no? Eppure dicono che se vuoi una cosa intensamente si avvera» disse Harry con un sorrisetto sulle labbra che gli morì poco dopo, appena ritirai bruscamente la mano dalla sua portandomela in grembo. Si girò verso il mio lato con aria confusa, quasi dispiaciuta, ma in quel momento la mia mente non riusciva a formulare neanche il più semplice dei pensieri.
Ero inerme.
Quando si accorse dello strano e ambiguo gioco di sguardi tra me e Zayn, lo sentii agitarsi sul divano, ma – ancora – non me ne curai.
«Sophia» Il nome tra le labbra di Zayn sembrava così giusto, e così ingiusto il tempo che era passato prima che lo pronunciasse di nuovo.
Erano tre anni. Tre anni da quando ci eravamo detti addio.

Conoscemmo Liam in circostanze alquanto buffe. Con Reese, nell'estate del 2012, volai fino a New York. Per meglio intenderci, quando il signor Tomlinson prenotò per entrambi i suoi figli dieci giorni al Gansevoort Meatpacking NYC - hotel a cinque stelle sulla diciannovesima strada - presumibilmente per porre rimedio alla sua assenza e mancanza di affetto.
Ma, essendo Louis impegnato con la tesi di laurea ed Emma a qualche festival hippie anticonformista con il fidanzato del tempo - io fui l'unica ad accompagnarla.
Chiaramente Reese impiegò cinque lunghissimi ed estenuanti secondi per convincermi ad andare con lei. Insomma, giusto il tempo di fare la parte della ragazza che non vuole approfitt...
Vabeh, chi avrebbe detto di no a dieci giorni pagati di puro relax e lusso?
Non io di certo.
«Shhhhhh, shh, sh.» Reese scattò dal lettino sistemando sulla testa gli occhiali da sole di Prada, quelli enormi che tanto andavano di moda quell’anno.
«Li senti?! - non ebbi neanche il tempo di dire 'cosa' che lei mi precedette - Quegli addominali laggiù mi stanno parlando!»
Risi di gusto dopo aver visto il ragazzo palestrato a cui aveva messo gli occhi addosso. Era seduto a bordo piscina godendosi il sole che picchiava sul tetto dell’hotel.
«Fossi in te non punterei su di lui» un ragazzo con i capelli quasi rasati di un castano molto chiaro, fisico curato e dal sorriso dolce, si sedette sul lettino affianco ai nostri. Il suo accento era molto forte, perciò capimmo subito che era anche lui inglese.
Prima che Reese ebbe il tempo di replicare, il tipo con l'addominale parlante iniziò una lunga ed appassionata sessione di limonamento con un altro portatore sano di muscoli pettorali del luogo che l’aveva raggiunto proprio in quel momento.
Io e Reese ci voltammo a bocca aperta in sincrono verso il ragazzo accanto a noi.
«Io ve l'avevo detto»
Quel ragazzo era Liam e da subito instaurammo un buon rapporto. I primi tre giorni passammo tutte le mattinate in piscina con lui. Veniva sempre da solo, anche se in realtà era in vacanza con un gruppo di amici. Si lamentava del fatto che non facessero altro che rovinargli i suoi itinerari turistici svegliandosi tardi e lasciandolo solo per la maggior parte della mattinata.
Tra lui e Reese era nata una buona intesa, spesso si stuzzicavamo, e talvolta mi sentivo quasi colpevole di fare da terzo incomodo.
Poi il problema si risolse.
«Devo presentarti uno dei miei amici! - esclamò la quarta mattina Liam - sarebbe perfetto per te! Davvero... Sei il tipo di ragazza che gli farebbe perdere la testa»
«In realtà sono fidanzata» io e Jake ci eravamo messi insieme solo nell'aprile del 2012 dopo due mesi di assidua frequentazione.
«Sì lei ha la vagina occupata, mi dispiace – disse Reese, con un tono di voce abbastanza alto per far girare la vecchia signora dall’altro lato della piscina. Io le diedi una gomitata dicendole di tacere mentre Liam ridacchiò scusandosi della proposta. Ree di tutta risposta continuò: - ma che hai capito? Mi dispiace per lei... Quello è tutto moscio, non farà eccezione...»
«Reese smettila! - poi guardai Liam con le gote in fiamme e cambiai velocemente discorso - se vuoi possiamo organizzare lo stesso un’uscita stasera... ma in amicizia»
In effetti ero proprio curiosa di conoscere questi fantomatici amici, non ne parlava tantissimo però per quel poco che avevo sentito dovevano essere simpatici.
«Mi sembra perfetto!» esclamò Liam mostrandoci il suo sorriso a trentadue denti. Era piacevole passare del tempo con lui, quando rideva sembrava lo facesse con ogni fibra del suo corpo tanto che era impossibile non farsi contagiare.


«O mio Dio»
Lo so, non è il massimo da dire al ragazzo che consideravo l’amore – purtroppo mai vissuto – della mia vita.
Ecco sì, l’avevo pensato.
Vederlo lì, così radioso, così familiare, con un jeans che gli cadeva perfetto e una semplice camicia tartan rossa – la stessa che indossava Harry quando ci eravamo scontrati la prima volta in albergo – mi aveva portato a confessare per me una verità che mai avevo avuto il coraggio di dire ad alta voce e il cui pensiero avevo spesso cacciato via.
Quando pensavo all’amore, Zayn era sempre la prima immagine che mi si parava davanti e l’ultima a dissolversi.
«Voi due vi conoscete?» domandò Harry.
Volevo morire in quel momento, scavarmi una fossa e scappare via. Non riuscii a mantenere a lungo il contatto visivo, né con lui né tanto meno con Zayn.
Che vaso con fiori finti interessante lì in fondo alla stanza.
Sbiascicai una risposta incomprensibile condita di ‘mmm’, ‘sì’, ‘ecco’ e ci misi in mezzo anche un ‘quanto tempo è passato’ di circostanza che non fa mai male! In tutto ciò, sotto lo sguardo inebetito di Harry e senza guardare in faccia Zayn per più di un secondo.
Per di più Harry sapeva anche metà della storia, ignaro che il protagonista era proprio quello splendido e sexy ragazzo che se ne stava là di fronte a noi senza aver spiccicato più di mezza parola.
Non sapevo come quei due si conoscessero, ma non ci voleva un genio per capire che se Zayn era entrato in casa di Harry usando delle chiavi, e si scambiavano addirittura i vestiti, i due vivessero insieme o come minimo avessero un rapporto decisamente stretto.
Mi sforzai di elaborare un piano di fuga. Ovviamente non potevo dire “Ehi Harry ti ricordi del ragazzo di cui esco pazza? Sì quello di cui ti stavo parlando prima che ci – quasi – baciassimo! Eccolo, è proprio Zayn!”.
Però avrei potuto comportarmi come una persona sana di mente, dissimulare ogni tipo di tensione, conversare mantenendomi sul vago e poi cercare di uscire quanto prima da quella casa.
Ah, e poi scappare in Alaska.
Ma se avete imparato a conoscermi, avrete già capito che feci il perfetto contrario.
Harry fissava Zayn e Zayn fissava me e io….
«Devo proprio andare!» balzai dal divano.
Ero stata attenta a non passare vicino a Zayn, a non posare i miei occhi sul suo volto per la paura di riconoscere la linea dritta del suo naso o la mascella definita che più volte avevo baciato.
Fu tutto inutile. Si avvicinò a me velocemente e afferrandomi per un braccio mi costrinse a guardarlo negli occhi. Non disse nulla, aprì la bocca e poi la richiuse. La storia della nostra vita praticamente. Con lui mi sembrava di tornare sempre sugli stessi passi.
«Si può sapere che sta succedendo qui?» la voce di Harry mi distrasse un attimo per poi divenire un lontano ricordo quando Zayn si aprì in un sorriso sincero e mi prese tirandomi verso di sé per abbracciarmi.
Ad un tratto tutti i miei sforzi furono inutili, ispirai nuovamente il suo profumo. Non l’aveva cambiato. E la sua barba, che portava sempre ben curata, mi pizzicò la guancia. Sentivo il suo respiro regolare vicino al mio orecchio. Era diventato un uomo, così bello da sembrare irreale.
Mi stringeva tenendomi stretta per le spalle, avvolgendomi, e io avevo infilato le mie braccia sotto le sue per tenerlo più vicino a me. Mi era scappato troppe volte.
Mi chiesi perché era così difficile nascondere un sentimento in qualche posto recondito della propria testa se poi bastava un nonnulla per farlo rispuntare fuori più forte e doloroso di prima.
«Non posso crederci» le sue parole mi solleticarono l’orecchio quando le sussurrò ad una distanza ravvicinata.
Quando sciogliemmo l’abbraccio, non riuscii a guardarlo troppo a lungo negli occhi. I ricordi che condividevamo erano troppo lontani, ma allo stesso tempo ancora vivi da intimidirmi.
La magia, però, finì quando il telefono del moro iniziò a squillare insistentemente. Guardò il display e dopo averci pensato decise di rispondere.
«Sì, lo so – disse al suo interlocutore – Dai, sali. Ti apro la porta»
Appena chiuse la chiamata, si girò verso Harry.
«Voi due come vi conoscete?» chiese e il riccio sembrò scocciato. In fondo era da tre ore che stava aspettando che qualcuno gli spiegasse qualcosa.
«Lei è… - iniziò Harry, voltandosi verso di me e lanciandomi un’occhiata incerta – la mia assistente… sai te ne avevo parlato»
«Lei è la tua assistente?!» esclamò Zayn incredulo. Harry annuì ancora imbronciato, cercò di dire qualcosa ma si vide costretto a rispondere al telefono quando questo iniziò a suonare con la suoneria ‘speciale’.
La suoneria ‘Niall chiamata di emergenza’.
Zayn allora si rivolse a me avvicinandosi di qualche passo e abbassando la voce
«Stanno salendo dei miei amici, ma voglio parlarti con calma Sophie. So che forse non vuoi avere niente a che fare con me… ma ci siamo incontrati di nuovo, per caso. Deve significare per forza qualcosa»
Sentii le farfalle nello stomaco quando pronunciò quel soprannome.
Mi chiamava sempre così, perché diceva che era più adatto ad una ragazza fine ed elegante come me.


«Che cosa è stato quello?» seguii Harry nell’ascensore, lui non mi guardò trovando nettamente più interessante la tastiera con i numeri dei piani.
Per una volta Niall si era rivelato utile.
Una sua chiamata improvvisa aveva interrotto quella strana conversazione a tre che si era creata. Forse fu uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita.
Harry aveva aggrottato le sopracciglia, dopo aver chiuso la chiamata, guardandomi quasi storto, poi farfugliando riguardo ad ‘un’emergenza’ mi aveva chiesto se volessi andare con lui. Ovviamente avevo accettato.
«Harry…»
«Sali» aprì la portiera dell’auto per farmi salire quando questa arrivò sotto il portone. Strisciai sul sediolino e salutai Jeff che mi fece un segno con la mano sorridendomi dallo specchietto retrovisore.
Harry mi raggiunse un secondo dopo, sbattendo la portiera e sistemandosi accanto a me. Ancora non mi guardava in faccia.
«Harry… io devo»
«Sì, devi – smorzò la mia intraprendenza – Insomma, l’ultimo quarto d’ora è stato senza senso – poi si rivolse a Jeff – Per favore, vai a casa di Sophia»
«No, da Niall al Gallery – rettificai, così Jeff sterzò per prendere la strada opposta – come conosci Zayn?»
«Non dovrei essere io a fare le domande qui? Un attimo prima ci stavamo per baciare e quello dopo tu e il mio migliore amico vi stavate strusciando come se io non ci fossi – puntò i suoi occhi fiammanti nei miei, poi cambiò bersaglio rivolgendosi al povero Jeff – non l’ascoltare. Riprendi la via per Whitechapel»
Jeff svoltò prendendo una traversina e beccandosi anche una suonata di clacson poco amichevole per non aver messo la freccia. Per fortuna erano le due passate di notte di un Novembre troppo freddo anche per gli standard di Londra e le vie erano deserte.
«Il tuo migliore amico?! E… io… comunque… strusciata? Ma cosa dici? – quasi urlai alla fine e continuai a farlo per dire – Jeff, ti giuro che se non ci porti al Gallery io…io…»
«Tu un accidente, lavori per me e decido io quando finisce il tuo turno!» finì Harry, gridando a sua volta.
«Ora basta – vedere Jeff alterato era insolito. Frenò bruscamente facendoci zittire. Come due bambini che erano stati appena sgridati dai genitori, non fiatammo e ci mettemmo dritti a sedere – volete mandarmi al manicomio per caso? Dove devo andare?»
Harry sbuffò, poi con la coda dell’occhio osservai che mi stava scrutando pensieroso. Mantenni le braccia incrociate per fargli intendere tutto il mio disappunto. Alla fine fece cenno a Jeff di procedere secondo quanto detto da me. Si rilassò sul sediolino, massaggiandosi gli occhi con i polpastrelli.
«Come conosci Zayn?» mi chiese.
«Zayn è… ­- mi bloccai. Non avevo alcun desiderio di confessargli tutto, ma dopo averci riflettuto su e aver esaminato tutti i probabili scenari apocalittici che avrebbero potuto verificarsi se avessi deciso di mentirgli, presi coraggio.
In fondo ero una pessima bugiarda e Zayn avrebbe potuto dirgli troppo. Harry poi non era stupido, avrebbe fatto due più due senza troppi sforzi.
«Zayn è il ragazzo di cui ti ho parlato»
Lui inizialmente sembrò non capire, poi dopo un po’ realizzò.
I suoi occhi si aprirono di scatto.
«Sophie» disse solamente, dopo un’interminabile pausa.
Come faceva a conoscere anche lui quel soprannome?
«Tu sei…. La Sophie di Zayn» la realizzazione sul suo volto mi incuriosì. Mi guardava come se mi stesse conoscendo di nuovo o come se mi avesse conosciuta già, non avrei saputo dirlo con certezza.
«Io… cosa?!» esclamai.
«Non posso crederci – si passò una mano tra i capelli nervosamente, sembravano quasi neri nell’oscurità della notte – tu sei… e lui….»
«Sai chi sono?» gli chiesi, forse la mia voce tradì l’emozione che provai nel pensare che Zayn in qualche modo avesse accennato a qualcuno della mia esistenza.
«Io… – si mosse appoggiando il braccio sul sedile, e mordicchiandosi il labbro – diciamo che… ho sentito parlare di te»
«Come… e come hai fatto a non capire che parlavo di Zayn quando ti raccontavo?»
«Come diavolo avrei fatto a capirlo? Non mi hai detto il nome, né come era fatto… e mantenevi il segreto anche sui luoghi dove vi siete incontrati!» si lamentò alzando i toni.
«Per evitare situazioni imbarazzanti nel caso lo conoscessi!» sbottai.
«Oh sì, perché quello che poi è successo non è stato per nulla imbarazzante!» mi prese in giro, sogghignando, ma capii che non aveva nessuna intenzione di ridere.
Per me era molto meglio urlare contro Harry che fermarmi a pensare in che situazione del cavolo mi ero invischiata. Poteva non conoscere i dettagli sui luoghi o i nomi, ma mi aveva vista letteralmente raccontare tutto con occhi appassionati. Per quanto lo volessi nascondere ciò che c’era tra me e Zayn non era mai finito, neanche dopo tutto quello che avevamo passato.
Il nostro scambio di battute cessò appena la macchina iniziò a rallentare affiancando il marciapiede di fronte all’uscita del retro del locale.
La figura di Niall era poco visibile, coperta dalle tre montagne che erano i suoi bodyguards. Una tempesta di flash accecanti resero ai miei occhi i suoi movimenti a scatti ancora più traballanti di quanto fossero in realtà. Il biondo non si reggeva in piedi e quando finalmente riuscì a salire nella macchina si buttò a peso morto su Harry. Uno dei bodyguard chiuse di prepotenza lo sportello e anche se i paparazzi continuavano a scattare ormai eravamo lontani da occhi indiscreti perché Jeff era ripartito velocemente.
«Harry, cazzo amico. Cos'è questa faccia da funerale?» disse Niall, alzando la voce come se stesse parlando con qualcuno con gravi problemi di udito. Probabilmente era lui ad aver rischiato la sordità con la musica a palla della discoteca.
«È la faccia di quando devo venire a prenderti perché non sai rimanere sobrio - rispose acidamente Harry - non potevi direttamente dire a Rosie di farti portare a casa?»
«No Harry, cazzo - farfugliò - devo parlarti, cazzo»
Alzai un sopracciglio, Niall non sembrava totalmente ubriaco ma di certo lo era abbastanza per iniziare a dire cose senza senso e soprattutto una montagna di parolacce.
«Ho conosciuto questa ragazza, mio dio ha delle labbra favolose e degli occhi così chiari e belli e....»
Pausa.
«E?!» lo incitò l’altro.
Niall lo fissava imbambolato.
«Ah sì, stavo parlando» disse e io mi sbattei una mano in faccia.
Harry si portò per l’ennesima volta quella sera le dita sugli occhi come se trovasse sollievo.
«E un cazzo di niente, quello stronzo l’ha riaccompagnata a casa – si lamentò Niall – lei è fantastica… quello che dice, è così intelligente…»
«No, scusa – lo interruppe Harry – tu hai ascoltato una ragazza, nel senso che veramente hai sentito che diceva? In discoteca?! – Niall annuì, Harry lo prese per il volto e poi lo fissò negli occhi – cazzo Niall, non so quante volte ti ho detto di non farti! Cocaina?»
«Ma sei coglione?! – sbottò lui, scacciandolo con una manata e liberandosi la faccia dalla presa dell’amico – sono serio, ho solo bevuto!»
«Ma chi è?» chiese Harry divertito, era bello rivedere il suo sorriso.
«Emma – mi paralizzai. Cooosa?! – è meravigliosa»
Harry rise, «Sì, è molto carina»
Lanciai uno sguardo infastidito anche ad Harry.
Stavano parlando della mia amica come se non fossi lì!
«Cosa mi è successo?! – continuò col melodramma – Me la devo scopare, basta… non vedo altra soluzione. Solo così non penserò più a lei»
«Cosa?!» non ce la feci più a starmi zitta.
Niall si zittì, poi mi fissò e infine… urlò.
E anche io urlai.
«Sophia!! Quando sei arrivata?!»
A quel punto capii che non gli avrei potuto dire niente, era troppo ubriaco. Qualunque ramanzina gli avessi fatto sarebbe stata dimenticata nel giro di cinque minuti.
«Senti questa frase Styles… per il nuovo album – Niall si schiarì la voce – ‘sei come una padella per la mia scodella’, che dici se la facciamo rappare a Chris Brown?!»
Infatti si era già dimenticato della mia presenza.
A dir la verità, incrociai le dita che la mattina dopo dimenticasse anche Emma.
«Sì – Harry iniziò a ridere di gusto – Chris Brown ne sarebbe entusiasta»


«Harry... Riguardo a stasera...»
Mi aveva accompagnato fino al mio palazzo. Il quartiere dove abitavo non era dei più sicuri e con la macchina era impossibile arrivare fin sotto il portone.
«Sì, scusami... Non avrei dovuto aggredirti prima» continuava a tenere lo sguardo basso, distratto.
«Scusami tu, ti ho confuso - mi sentivo così in colpa, senza sapere bene per cosa - se tu vuoi... Ecco, potrei rimanere fin quando non trovi un'altra assistente, poi...»
Non era per nulla professionale quello che era quasi successo tra noi, e io non ero il tipo di persona che riusciva a sentirsi a suo agio in situazioni del genere.
«Non scherziamo - mi fermò - è stato il momento...»
Harry lasciò in sospeso la frase, il freddo gelido e umido di quella notte gli aveva completamente screpolato le labbra e lui non faceva altro che torturarsele con i denti. Trattenni il fiato nell'attesa che continuasse, cercando di non cedere ai brividi che mi stavano letteralmente facendo tremare, ma ogni tentativo fu inutile.
Harry alla fine mosse velocemente gli occhi abbandonando i miei, come a disagio.
«È stato un momento di debolezza - disse infine - non ha significato niente, quindi non vedo perché dovrei licenziarti»
Annuii, non molto convinta. Le sue parole non mi avevano alleggerito, anzi mi prese un groviglio allo stomaco. Non sapevo perché, ma ero rimasta male del fatto che per lui non fosse contato niente. Era vero, non lo conoscevo da molto, anzi potevo dire di non sapere niente di lui, ma quegli ultimi giorni ci eravamo avvicinati così tanto che la nostra complicità poteva benissimo fare invidia a coppie che stavano insieme da dieci anni. Non mi aspettavo di ricevere una dichiarazione d'amore inverosimile, e neanche l'avrei voluto, ma quelle parole mi avevano fatto pensare che allora solamente io avevo percepito una buona intesa tra di noi?
Cioè, per arrivare quasi a baciarsi qualcosa tra di noi doveva pur esserci stato. Come la forte intesa che avevo sentito quando si era aperto a me, raccontandomi della sua famiglia.
Alla fine mi convinsi che era tutto un film che stavo girando nella mia testa - in questo ero la migliore - e che con buone probabilità mi ero lasciata prendere dal momento proprio come aveva detto Harry.
Allora perché il groviglio allo stomaco non passava?
«Forza entra che stai congelando» mi spronò. Aspettò che trovassi le chiavi nella borsa e aprissi il portone. Dopo mi salutò con un sorriso impacciato e io feci lo stesso.
Quella sera mi sentivo strana, ma non indagai più di tanto sulle cause. Ormai la mia mente era completamente proiettata su Zayn. E le farfalle allo stomaco erano così rumorose da non farmi sentire quella vocina nella mia testa che mi spingeva a pensare a quello che era successo tra me e Harry.

Quando entrai nel mio appartamento trovai Emma, Louis e Reese sul divano a guardare per la milionesima volta Dirty Dancing.
In altre condizioni mi sarei lamentata per non essere stata invitata, ma appena chiusi la porta alle mie spalle feci cadere la borsa per terra e poi strappai velocemente il cerotto dicendo «Ho incontrato Zayn».
«Che cosa?!» l’urlo di Reese si contrappose alla reazione di Emma che era rimasta a bocca aperta facendo cadere da mano il pugno di popcorn che aveva appena agguantato dalla ciotola.
«Chi è Zayn?» e poi c’era Louis, che aveva la memoria di un lombrico.
 

Il capitolo mi fa un po' schifo, sono sincera, ma ho deciso comunque di aggiornare... migliore di questo non mi usciva -.-'
Piiiccolissimo flashback dove conosciamo Liam... che chissà, chissà...
Questo angolo autrice non mi sta venendo meglio del capitolo stesso... quindi chiudo qui.
Spero che la storia vi stia piacendo
Un bacio!

 

 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Trailer della storia

Capitolo 9
 

30 Luglio 2012

«Ce l'avete fatta!»

Liam ci stava aspettando seduto al tavolo del ristorante dell'albergo. Appena ci vide arrivare si alzò venendoci incontro. Mi scambiai un'occhiata di intesa veloce con Reese quando notammo com'era vestito. Eravamo abituate a vederlo sempre in costume da bagno – che non era affatto una brutta visione – ma quei jeans stretti e la camicia bianca gli davano un'aria molto più matura e interessante.

Reese e Liam si abbracciarono, mentre io mi limitai a appoggiare una mano sulla sua spalla e posargli un bacio sulla guancia.

«Quel tuo amico? – chiese Ree – il tipo adatto per Sophia»

«Cosa?!» pensavo fosse un'uscita con gli amici di Liam e Liam, non un appuntamento a quattro. O almeno quelle erano le condizioni che avevo posto.

«In realtà lui... non...»

«Payne» una voce che avevo già sentito risuonò alle nostre spalle.

Ed erano tre.

Il terzo incontro con Zayn.

25 Novembre 2015

«Mi dispiace signorina, ma io mi limito a fare il mio lavoro - il fattorino aprì le braccia provando a discolparsi, e in fondo lo sapevo bene che lui non centrava nulla in questa storia – ora possono entrare i ragazzi?»

Una squadra di sei persone entrò in casa appena con una mano feci segno di accomodarsi, mentre con l'altra mi mantenevo la fronte sconvolta.

In tutto ciò, Emma era rimasta paralizzata. Non si era mossa dal suo mezzo metro quadrato di mattonella accanto al divano neanche quando quei ragazzi con la divisa verde che recitava 'Flowers&Co' iniziarono a sistemare i vasi in ogni spazio disponibile della casa. Rose di un rosso così brillante non ne avevo mai viste, tanto da farmi sospettare che quell'aspetto così curato e radioso fosse frutto di qualche operazione chimica. Poco importava in fondo, l'appartamento si stava colorando e profumando tra un via vai di mazzi tanto meravigliosi quanto ingombranti.

«Non posso crederci» dissi tra me e me.

«E questa è per lei» uno dei ragazzi si avvicinò ad Emma con una rosa bianca e un bigliettino in carta di riso.

«Allora che c'è scritto?» chiesi ad Em, facendo lo slalom per avvicinarmi a lei appena rimanemmo sole nell'appartamento. Vasi di rose rosse sparsi per il salone rendevano impossibile qualsiasi movimento.

«Sono da parte di Niall - sussurrò lei - dice che...»

«Che?»

«Che... Vuole rivedermi»

Emma crucciò lo sguardo, ma non riuscii a decifrarlo.

«Em.. - iniziai – non-»

«So cosa vuoi dirmi... stargli lontana, lui non va bene per me, conduce uno stile di vita troppo diverso – cantilenò alzando gli occhi al cielo, poi prese a sistemare meglio il casino floreale nella stanza – Louis mi ha già detto tutto, non ho bisogno di un'altra predica»

«Lo sai, ho sempre sostenuto il 'vivi e lascia vivere', ma ho avuto a che fare con Niall, e Louis ha ragione... meriti di meglio»

Emma continuò a affaccendarsi per casa, non guardandomi direttamente in faccia ma si limitò a borbottare qualcosa di cui capii solamente: «Non ho intenzione di uscirci, so che Niall appartiene ad un mondo totalmente diverso dal mio e non saranno mille rose consegnate a casa a farmi cambiare idea»

«Non ci posso credere!» esclamò Liam, dopo aver posato il menù sul tavolo.

Ne approfittai per afferrarlo e buttarmici con la testa dentro. Il famigerato amico di Liam – quello perfetto per me, a detta sua – era Zayn.

Zayn non aveva smesso per un attimo di fissarmi, ma dai suoi occhi sembrava tutto tranne che felice di vedermi.

Reese quando aveva capito chi fosse il bel ragazzo moro era rimasta con la bocca aperta troppo a lungo per passare inosservata, e dopo di ché non si era lasciata andare a nessun tipo di commento o battuta. Era rimasta semplicemente zitta, in contemplazione di Zayn.

«Si può sapere come vi siete conosciuti?!» Liam sembrava essere l'unico contento di stare a quel tavolo, a parte forse Reese ma lei era ancora troppo sconvolta per provare qualsiasi altro stato d'animo.

«Sai... - parlò Zayn – hai presente quelle persone che conosci e poi spariscono dalla tua vita tanto velocemente come sono entrate?»

Le sue parole erano pregne di rancore e appena giunsero alle mie orecchie non potei fare a meno di sbattere ripetutamente le palpebre al di sopra del menù che ancora fungeva da scudo.

Portava i capelli più lunghi rispetto all'ultima volta in cui l'avevo visto, erano sistemati indietro dalla cera sebbene tendessero a cadere sbarazzini sulla fronte.

Cosa aveva da fare l'offeso?

Se c'era qualcuno lì a dover essere arrabbiata, quella ero proprio io. Mi aveva lasciato il suo numero quattro anni prima, ma a mie spese avevo scoperto che non era così libero come pensavo.

«Sì – allora mi decisi a rispondergli a tono – hai presente quando qualcuno ci prova con te e ti bacia, omettendo il piccolo particolare di essere fidanzato?»

4 Dicembre 2015

«Cazzo Horan, non puoi inserire una canzone del genere nell'album»

Louis quella mattina non faceva altro che punzecchiarsi con Niall. Teneva in mano la scaletta delle canzoni da incidere per il nuovo album e i vari testi. La sessione di registrazione non era ancora cominciata, a stento Niall era riuscito ad indossare le cuffie e a iniziare a registrare la 'track 1', che Louis aveva fatto fermare tutto.
L'aria che si respirava a lavoro non era delle migliori in quei giorni, non solo tra artista e produttore ma anche per la parete di ghiaccio che con Harry stavo scolpendo tacitamente. Era passata più di una settimana da quella sera e lui continuava a comportarsi come se nulla fosse successo.

In realtà era il solito Harry di sempre con tutti, tranne che con me. La complicità che alleggeriva le lunghe ed estenuanti giornate di lavoro era ormai un lontano ricordo, come se l'avessi solo sognata.

Avevo intenzione di chiedere ad Harry del mio periodo di prova. Lui non si era più espresso in merito, ma continuava a portarmi con sé ovunque andasse. Di Zayn non aveva più fatto parola, né tantomeno io. Anzi da quella sera non l'avevo neanche più rivisto. E alla sua domanda di rivederci non avevo avuto il coraggio di rispondere. Avevo bisogno di tempo.

«Qual è il tuo problema?!» sbottò Niall, appoggiando le cuffie al collo e imprecando contro il vetro che lo separava da Louis.

«Il problema è che non puoi inserire un brano che parla di come lecchi-»

«Va bene così» uno dei tecnici del suono tolse la mano di Louis dal pulsante che serviva per comunicare con la sala insonorizzata e, facendolo zittire, si mise a ridere.

«Senti Tomlinson, forse sei abituato a lavorare con i cori della chiesa sotto casa tua... Ma qui funziona diversamente e le mie decisioni contano quanto le tue, se non di più»

Niall ripose la chitarra uscendo e raggiungendoci nella regia. Si avvicinò pericolosamente a Louis e si accese una sigaretta proprio davanti la sua faccia, incurante dei cartelli di divieto, studiandolo con aria di sfida.

Harry in quel momento si girò nella mia direzione lanciandomi uno sguardo preoccupato, come se si aspettasse che lo rassicurassi su una non-reazione da parte di Louis.

Ricambiai lo sguardo con uno perplesso.

Conoscevo bene Louis, non era tipo di persona che lasciava correre. Al contrario, era un vero e proprio attaccabrighe. Un provocatore, ma allo stesso tempo era facile provocarlo. Bastava un nonnulla per farlo scattare.

Iniziai a preoccuparmi quando puntò i suoi occhi azzurri in quelli blu di Niall. Louis era leggermente più basso del biondino, ma ciò non sembrava intimorirlo affatto.

Fu tutto molto veloce, appena notai la fronte corrugata di Louis e la risata stizzita che si lasciò scappare tra le labbra afferrai la mano di Harry e mi girai di scatto verso di lui.

Harry capì perfettamente e in pochi passi veloci mise una mano sul petto di Louis e lo fece indietreggiare di poco.

«Niall, dacci un taglio. Louis sa cosa è meglio per la tua carriera - Lou si allontanò da Harry mentre quest'ultimo parlava, alzando le mani ad altezza faccia come in segno di resa - ci stiamo introducendo pian piano nel mercato Americano e verso un target più maturo... ma deve essere un processo naturale»

«Esatto - per la prima volta presi parola; solitamente rimanevo zitta con la paura di non dire troppo per non fare qualche figuraccia, avendo una scarsa cultura in materia. Ma non ero stupida, e le dinamiche del marketing erano applicabili a qualsiasi prodotto, dunque anche in campo musicale - non puoi uscirtene con un testo esplicito a sfondo sessuale se la maggior parte delle persone che compra il tuo cd non supera i diciassette anni»

«Cos'è... - obiettò Niall, dopo una risata fastidiosa - anche le portaborse ora possono parlare?»

«Ora basta - scoppiò Harry, avvicinandosi a lui e spingendolo per le spalle verso la porta - va' a prendere un po' d'aria e ritorna quando il tuo cervello avrà ossigeno necessario per concepire un pensiero coerente»

Ero rimasta a bocca aperta, non era da me farmi attaccare così gratuitamente. Tuttavia non mi aspettavo una risposta del genere, da prima donna egoista. E a sorprendermi era stato anche la reazione di Harry, che non ci aveva pensato due secondi prima di rispondere per me.

«Scusami. Niall non è sul serio così stronzo...» Parlò finalmente Harry. Mi aveva chiesto di seguirlo fuori uno dei balconcini dell'edificio. Aveva preso a fumare, senza un'apparente ragione, il che - dovevo ammettere - mi faceva strano. Dicembre era appena arrivato e in quei giorni la temperatura era scesa così tanto che avevo comprato uno di quei parka imbottiti con lana, lungo fino metà coscia, che era un po' la mia divisa da battaglia.

Lasciai parlare Harry, soprattutto perché negli ultimi tempi non aveva fatto altro che ignorarmi e sentirlo rivolgere di nuovo le sue attenzioni verso di me mi sollevava quasi.

Mi appoggiai alla ringhiera, riparando le mani gelide all'interno delle tasche del giubbotto. La veduta da lì era pessima, l'affaccio consisteva nel muro in cemento del palazzo di fronte. Tuttavia era un buon posto per fare pausa tra una registrazione e l'altra senza che paparazzi o fans urlanti potessero rovinartela.

«Mi dispiace per come si è rivolto nei tuoi confronti - Continuò Harry dopo aver aspirato un lungo tiro, lasciando che il fumo gli uscisse lentamente dalle labbra e riportandomi alla mente l'immagine della sua bocca vicina alla mia, scacciai velocemente l'immagine – ma quello che hai conosciuto tu, non è il vero Niall. È molto stressato... ed in più sta provando a smettere di...lui, non è un alcolizzato ma quest'ultimo periodo... L'hai visto, si ubriacava ogni sera»

Annuii, Louis me l'aveva accennato e Harry me ne stava dando conferma.

«Forse... dovrebbe rallentare un po'» provai. Mi strinsi nel parka, infreddolita.

«Non è così facile, Soph, combattere una dipendenza...»

Abbassai lo sguardo ai nostri piedi, i miei stivaletti grigi usati erano in netto contrasto con i suoi neri, lucidi e costosissimi.

«Non stare a sentire quello che dice, non lo pensa e non è vero» Harry mi sorrise e mi diede un leggerissimo pizzico sulla guancia. Poi mi fece segno di entrare, dopo aver notato che stavo praticamente tremando. Buttò la sigaretta che non era arrivata neanche a metà, apprezzai il gesto e gli sorrisi istintivamente.

Appena rientrammo all'interno lo sbalzo di temperatura mi portò una fitta alla tempia. I riscaldamenti lì dentro erano micidiali.

«Zayn mi ha chiesto di te» disse di punto in bianco Harry, quando ormai avevo creduto che quella poca considerazione che mi aveva dato fosse già un ricordo lontano.

A quel nome sussultai.

L'incontro con Zayn mi aveva scombussolato e non c'era stato giorno in cui non avessi avuto il suo pensiero in fissa dimora nella mia testa.

«Tu.. Tu gli hai detto qualcosa?»

«Non ho detto niente – il suoi occhi sfuggirono ai miei – sono stato molto vago... e lui altrettanto nel farmi domande»

«Che effetto ti ha fatto rivederlo? - mi chiese poi - insomma... Mi hai raccontato molto ma... Non mi hai mai detto se tra di voi... cioè... se l'hai mai amato»

Harry era il migliore amico di Zayn, ma sapevo di potermi fidare di lui. Quegli occhi verde smeraldo non potevano mentire, erano più sinceri di quelli di un bambino.

«Io...» dentro di me volevo urlarlo. Sentivo che quello che avevo provato era amore. Al solo pensiero dei suoi occhi, tutti i baci rubati e quelli voluti, rivederlo aveva riportato a galla emozioni che avevo addirittura dimenticato di aver provato.

«Ci sono state troppe cose che sono andate storte - ammisi infine - penso che non abbiamo mai avuto una vera e propria occasione»

Harry riprese a fissarmi, dopo aver buttato il giubbotto sul primo divanetto libero, mettendomi a disagio come solo lui sapeva fare.

«Che stronzata - disse poi, avvicinandosi a me. Il suo naso rosso dal freddo non l'abbruttiva, al contrario quell'immagine sposava perfettamente la sua carnagione candida e rosa - io non ne saprò molto, ma non credo che l'amore rispetti scadenze e tempi prestabiliti»

«Infatti i tempi sono stati tutti sbagliati - risposi leggermente infastidita - è che tra me e Zayn c'era sempre qualcosa o qualcuno... E alla fine ci siamo allontanati del tutto. Ma ora...»

«Ora?» domandò Harry.

«Ora che l'ho ritrovato per la quarta volta... Sto iniziando a pensare che non sia solo un caso»

Proprio quella discussione con Harry, infatti, mi portò a pensare che forse – per qualche assurdo motivo – io e Zayn fossimo legati da uno di quei fili rossi narrati nelle leggende giapponesi. Sì, uno di quei fili lunghissimi e indistruttibili che tengono legate due persone che sono destinate a stare insieme.

Ecco, in quel preciso momento, sotto lo sguardo terso e altrettanto pensieroso di Harry mi venne in mente di questa storia che avevo letto chissà dove. Fu strano, perché non avevo mai viaggiato sulla linea di pensiero del fatalismo. Al contrario mi piaceva definirmi realista e poco sentimentale.

Nonostante ciò forse non sbagliai a pensare alla metafora del filo rosso, ma quello che non considerai fu che talvolta, questo filo, è così lungo e sottile da attorcigliarsi e sfilacciarsi lungo il suo viaggio e spesso le estremità non sono facilmente determinabili.

«Che dici, questo?» Reese fissò assorta il vestito lungo di Versace, che aveva liberato dal cellofan alzandone il lembo quanto bastava per scoprirne il tessuto in seta nero.

«Mm, provocante» esclamò Emma, testandone la consistenza con i polpastrelli e fissando l'attenzione sullo spacco profondissimo e drappeggiato da una zip dorata.

«Da battona» tradussi, ridendo, il commento di Em, meritandomi un'occhiataccia da parte di Reese.

«Sapete chi è il mio accompagnatore? – chiese retorica Ree con una faccia disgustata – Lo stagista del quarto piano, appuntamento combinato da mio padre. Quando a fine serata mi ubriacherò con lo champagne e vomiterò sulle piastrelle immacolate del bagno vorrò farlo nella morbidezza del mio Versace, se permetti!»

«Pensa che io sarò lì per lavoro! Altro che la cena con delitto in coppia... Harry deve fare pubbliche relazioni e io ho dovuto imparare i nomi di tutti gli invitati per fargli da spalla»

«E tu Em? Chi è il tuo accompagnatore?» le chiesi mentre lei dava un'altra occhiata alla cabina armadio di Reese, posando la sua attenzione su un abito verde scuro.

«Non lo sai?! - chiese sorpresa la bionda, dopo essersi infilata il vestito di Versace - ha spezzato il cuore di Louis praticamente»

«Non ho spezzato il cuore a nessuno - sbuffò la diretta interessata - Louis ha chiesto a me perché come al solito non sapeva con chi andare»

«Insomma Emma! - Reese si girò di scatto verso di lei. Aveva appena sistemato i capelli tirandoli fuori dal vestito, un'altra zip dorata impreziosiva la schiena lasciandone una buona parte scoperta -Louis è pazzo di te, quando inizierai a capirlo?»

Un silenzio imbarazzante cadde nella stanza.

«Ecco, credo che..» bofonchiai qualche parola senza sapere esattamente che dire. Emma era rossa in viso e Reese aspettava non so cosa a braccia conserte.

«Tra me e Louis non c'è niente, lui mi vede come una sorella - disse infine Em, molto risoluta - sono sicura che ha già trovato un'altra ragazza con cui andare»

«Perché, tu con chi vai?» chiesi confusa.

«Con mister celebrità mondiale» rispose prontamente la bionda.

«Niall» la corresse Em, infastidita.

«Che cosa?» esclamai.

«Ecco perché ha spezzato il cuore di Louis. Avresti dovuto vederlo quando è tornato a casa»

«Ancora? - si lamentò - Louis è solo incazzato perché lui e Niall non vanno d'accordo ultimamente»

«Non penso che andranno mai d'accordo se tu continui ad uscire con il biondino»

«Cosa? - ripetei - Vieni con Niall!?»

E dov'era il 'siamo troppo diversi', 'lo so che non può funzionare'?

«Non mi guardare con quella faccia... Ultimamente ci sentiamo e lui sta passando un periodo difficile - sì come no, difficile è guardare oltre il suo stesso naso - siamo solo amici»

«Anche Brad Pitt disse lo stesso di Angelina Jolie a Jennifer Aniston... Vedi come è andata a finire» intervenne Reese.

«Sei sicura che sia una buona idea? – le domandai – il gioco durerà una notte... significa anche condividere in parte la stessa stanza. Scusami, ma fossi in te non avrei tutta questa fiducia in Niall»

«Ecco il motivo per cui mio padre ha scelto il mio accompagnatore. Quel leccaculo è troppo leccaculo per provarci con me» lamentò Reese.

«Beh, anche tu dovrai condividere la stanza con Harry... e ti ricordo che voi due vi siete quasi baciati!»

«Probabilmente io e Harry non giocheremo neanche!»

Ricordate Meredith?

La ragazza di cui Harry non ricordava il nome.

Oh beh, certo, se non la ricordava Harry perché dovreste?

Ad ogni modo lei era la figlia di un importante nome nel mondo musicale, Eric Finch.

Il signor Finch era un uomo estremamente fuori dalle righe e a cavallo della seconda settimana del mese di dicembre organizzò, nella sua tenuta nello Yorkshire, una cena con delitto. Un gioco con alla base una trama di un giallo dove ognuno interpretava un personaggio per poi scoprire alla fine il colpevole o i colpevoli. Ogni invitato ricopriva un ruolo preciso e doveva far attenzione a non essere scoperto o indagare su chi possa essere il colpevole.

Ovviamente però Finch non si accontentava di una semplice cena con delitto, aveva organizzato una vera e propria nottata con delitto e gli invitati erano più di cinquanta, divisi in coppie.

«Quello alla destra di Finch, chi è?»

«Seth Gautier, investitore della Sony – sussurrai all'orecchio di Harry alzandomi sulle punte – lui e Finch sono inseparabili, giocano a golf nel weekend e pranzano insieme almeno una volta a settimana al Club»

Il mio braccio era appeso a quello di Harry che mi accompagnava in giro per l'enorme salone della villa in cui eravamo ospiti.

Harry portava un completo di Valentino nero e una camicia bianca lasciata aperta di tre bottoni. I capelli lasciati ribelli gli sfioravano appena le spalle. Io invece portavo un vestito rosso , stretto in vita, e che cadeva ben tagliato sui fianchi fino a poco sopra il ginocchio. Accollato davanti, ma lasciato molto più aperto sulla schiena.

«Hai intenzione di giocare?» gli chiesi, mentre lui appuntava mentalmente tutti i nomi che gli dicevo.

«In realtà...»

«Harry! – Meredith avanzò sorridente verso di noi appena ci vide, o meglio appena vide Harry – Ciao, sono contenta di rivederti» si rivolse poi a me quando fummo abbastanza vicine.

I capelli cenere erano sistemati in onde morbide, corti abbastanza da lasciarle il lungo collo scoperto. Indossava un vestito color argento corto, sfrangiato stile anni venti.

«Ho sentito che stiamo in coppia insieme» si rivolse ad Harry.

Rimasi spiazzata, mi girai verso quello che pensavo fosse il mio accompagnatore – anche se solo per lavoro – della serata, cercando tuttavia di non far trapelare quanto ci fossi rimasta male.

«Soph» pronunciò Harry, il suo tono mi sembrava dispiaciuto e a confermarmelo fu il suo modo di esaminarmi preoccupato come se stessi per scoppiare in lacrime.

No, non stavo per scoppiare in lacrime.

O sì.

Va bene, forse un po'.

Non tanto perché mi sentissi offesa, cioè non era il mio fidanzato. Non ero mica gelosa o cosa!

Non mi stava tradendo, o... ma insomma, sarei rimasta una nottata intera da sola!

«Vado a prendermi da bere» sorrisi, lasciando il braccio di Harry.

La casa era stupenda, enorme, ma con uno stile fin troppo pacchiano per i miei gusti. Il colore predominante era l'oro, e una squadra di camerieri in divisa si aggirava dappertutto per servire tartine e bicchieri di champagne.

Reese era seduta su uno dei divani, profondamente seccata, mentre quel tipo, lo stagista, le parlava di qualcosa di probabilmente molto noioso.

Emma, invece, in uno splendido vestito panna stile impero, chiacchierava sul divano accanto con Niall. Per quanto fossi insofferente alla sua presenza, dovevo ammettere che quando era con lei il biondo si trasformava in tutt'altra persona. La guardava incantato mentre con un una mano le accarezzava i ricci scuri che incorniciavano il viso.

Mentre giravo alla ricerca di Louis inciampai in qualcuno. Un qualcuno con i capelli scuri e gli occhi color caramello.

«Sophie»

Cavolo.

Zayn era lì, davanti a me, meravigliato almeno quanto me nel vedermi.

Tempo alcuni secondi e mi accorsi che non era solo.

«Non ci presenti?» una ragazza bionda riccia mi squadrava dall'alto in basso, inizialmente non la riconobbi subito ma quella voce stridente poteva appartenere ad una sola persona.

«Giselle, lei è Sophia» Zayn era imbarazzatissimo, sapeva che io avevo capito.

Ci stringemmo la mano di sfuggita e solo in quel momento potei ammirare la bellezza della ragazza. Non molto alta, ma con delle forme ben in vista e invidiabili da qualsiasi essere vedente. Gli occhi azzurri un po' da gatta e il nasino sottile erano abbastanza per stroncare la mia già scarsa autostima.

La voce al microfono del presentatore del gioco annunciò che il gioco sarebbe iniziato nel giro di venti minuti e di iniziare a ricongiungerci con il proprio partner.

In quel momento volevo solo andarmene da lì. Scappare e chiudermi in qualche bagno.

E io c he avevo addirittura preso in considerazione l'idea di riavvicinarmi a Zayn!

Che stupida che ero stata, pensare che fosse opera del destino.

«Non hai un partner?» mi chiese fastidiosamente Giselle, avvicinandosi a Zayn per abbracciarlo.

Non seppi che dire, rimasi senza parole sia per l'immagine che mi si era parata davanti, sia perché non sapevo come uscirmene senza fare la figura dell'idiota.

«Soph – improvvisamente sentii un braccio cingermi la vita e un profumo invadermi le narici che avrei riconosciuto tra mille – dove ti eri cacciata?»

Il cuore smise di battermi per la seconda volta nel giro di qualche minuto.

«Harry»

«Zayn, non sapevo saresti venuto» il riccio mi ignorò per rivolgersi al migliore amico.

«Neanche io pensavo di trovarti qui»

Il tono di voce che avevano usato entrambi aveva qualcosa di strano. La tensione sembrava tagliarsi a fette.

«Allora Sophia – esclamò con fin troppo entusiasmo Giselle – tu ed Harry state insieme?»

Aprii la bocca per rispondere negativamente, ma Harry mi anticipò.

«E' così evidente?» mi strinse a sé ancora di più. Sentire il palmo della sua mano sul fianco mi portò una stretta allo stomaco. Mi pietrificai quando vidi Harry sorridermi e avvicinarsi al mio viso.

Cosa diavolo stava facendo?!

Quando mi voltai verso Zayn lo trovai a guardarmi duro, la sua mascella si era serrata e gli occhi sembravano più scuri di prima.

«Pensavo fosse la tua assistente» disse seccato, spostando lo sguardo su Harry.

«Sì, lo è... ma sai, è impossibile rimanere indifferenze ad una ragazza speciale come lei»

L'ultima frase di Harry mi fece arrossire. Forse fu il modo in cui lo disse, doveva essere proprio un bravo attore – pensai – perché sembrava averlo detto credendoci davvero.


Questi ultimi capitoli mi stanno facendo un po' schifo.. ma volevo aggiornare... quindii..

Harry vi ha sorprese? 

Cosa ha in mente?

Da qui la storia prenderà un'altra piega....

E di Niall ed Emma cosa ne pensate?

La notte è ancora lunga... succederanno altre cose... e il prossimo capitolo darà più spazio a Zayn, promesso ;)

Un bacio

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Trailer della storia

Capitolo 10
 
«Cosa diavolo era quello?» sbottai alterata quando ci allontanammo da Zayn e miss copertina di Vogue.
«È tornato con quella arpia» disse lui, non rispondendo alla mia domanda, tenendosi ancora stretto a me perché non eravamo abbastanza lontano da quei due.
Per quanto fosse ovvio che formassero una coppia, l’affermazione di Harry me ne diede gelida conferma. Mi incupii talmente che non replicai, lui se ne accorse e, a modo suo, tentò di farmi sorridere.
«Ti ho vista lì, patetica, fissare le tette di Giselle come se gliele volessi staccare... E sono intervenuto»
«Grazie tante per avermi dato della patetica, eh!» mi lamentai, ma iniziai a ridere capendo che era solo il suo modo per sdrammatizzare.
Era abbastanza evidente che non la sopportasse, e su questo eravamo estremamente in accordo.
«Seriamente, non hai niente da invidiarle... piuttosto direi che lei ti voleva strangolare per come ti guardava Zayn»
«Non nominarlo più – affermai – Zayn è solo un…»
«Calma» Harry mi tappò la bocca con una mano e io provai a divincolarmi.
«Ma perché hai detto che stavamo insieme?!» gli chiesi, quando finalmente dopo un morso e svariate gomitate dopo riuscii a proferire parola.
«Perché conosco Zayn» rispose, lasciandomi abbastanza confusa.
«Che significa?»
«So quali sono i suoi punti deboli... È molto competitivo»
«Continuo a non capirti»
Odiavo quando Harry iniziava a parlare come un bigliettino appena uscito da un biscotto della fortuna cinese.
«Ascolta - si fermò d'improvviso, e mi prese per le spalle - non sono fatti miei, lo so. Ma è palese che provi qualcosa per lui. Quando abbiamo parlato dell'amore non mi hai detto una sola parola del tuo ex... Mi hai raccontato sempre e solo di Zayn»
«Che cosa importa? - incrociai le braccia e mi morsicai l'interno della guancia per l'imbarazzo, non era il tipo di conversazione che volevo avere con il migliore amico di Zayn - mi sembra ovvio che devo farmi passare questa cotta adolescenziale»
«È per Giselle?»
«Sì - ammisi - è la sua fidanzata storica, mi sembra inutile competere, mi sembra di muovermi in cerchio»
Già.
Giselle era la ragazza di Zayn. E a quanto avevo visto il loro era il tipo di amore che sopravviveva nel corso degli anni.
Giselle - a carattere informativo - era la stessa ragazza che mi aveva risposto al telefono di Zayn anni prima portandomi a non richiamarlo mai più.
 
«Fammi capire - Zayn fece una pausa, mentre nervosamente sfregò il pollice sulla ruota zigrinata dell'accendino ottenendo tuttavia solo scintille e nessuna fiamma. Buffo, pensai, la rappresentazione del nostro rapporto praticamente. - sei tu ad essere arrabbiata con me? Ti ho lasciato il mio numero e non ti sei fatta più sentire»
«Eri fidanzato» ripetei, fissando la strada.
«Ancora con questa storia? - sospirò rumorosamente, il suo braccio era più affollato dell'ultima volta che l'avevo visto. Notai dei nuovi tatuaggi quando lo alzò e tese i muscoli nell'atto di portare i capelli indietro - non ti ho presa in giro, non avevo nessuna ragazza»
«Ti ho chiamato, Zayn! - esclamai - mi ha risposto una ragazza e mi ha detto di essere la tua fidanzata»
«Non è possibile»
«Ha detto di chiamarsi Giselle»
«Porca.. - Zayn sembrò essere arrivato ad una realizzazione - Giselle.. Si, lei.. o dio non è come credi»
«Non credo niente, e sono passati quattro anni... quindi non è poi così importante, non mi devi nessuna spiegazione» mi girai per ritornare dentro l'albergo ma Zayn mi bloccò per un braccio.
«Sì che è importante - mi si avvicinò pericolosamente, il solo suono della sua voce più da uomo di quanto ricordassi mi faceva battere il cuore all'impazzata, figurarsi averlo così vicino - ho aspettato che mi chiamassi per non so quanto tempo, sono tornato anche all'università di Manchester ma non studiavi lì»
«La prossima volta, allora, devi stare più attento a non lasciare il tuo telefono nelle mani della tua ragazza… se non vuoi farti scoprire» risposi dura.
«È vero, io e Giselle siamo stati insieme... ma ai tempi della scuola. Quando io e te ci siamo rincontrati a Manchester avevo già chiuso con lei»
«Allora perché ha risposto al tuo telefono?»
«Eravamo rimasti in buoni rapporti, lei aveva dei problemi e io non me la sentivo di lasciarla sola»
Zayn afferrò la mia mano, intrecciando le sue dita tra le mie. Non sapevo se potermi fidare, non lo conoscevo per nulla, ma i suoi occhi così dolci ed espressivi mi stavano pregando di dargli fiducia. Era sempre stato così, diventavo così fragile di fronte a lui ma allo stesso tempo così ingenua da iniziare a credere ad ogni cosa che diceva. E questo era uno dei sintomi dell'amore.
In realtà, lui non mi aveva mai mentito.
Ci credeva sul serio, di poter gestire tutto… anche terze persone.
Tuttavia non poteva pensare niente di più sbagliato.
 
«Ascoltami - iniziò Harry - si sono rimessi insieme da pochissimo, non lo sapevo neanche io... L'ho scoperto solo ieri e non pensavo sarebbero venuti, te l'avrei detto»
«Non è questo il punto, Harry. Io non sono nessuno qui... Sono solo una stupida che ha pensato... ecco, mi sento stupida anche solo a dirlo…»
«Giselle non è la ragazza per Zayn, non l'ho mai sopportata e lui non la ama sul serio - Harry poggiò le mani ai lati del mio viso e mi si avvicinò curvando le sue labbra in un sorriso dolce e di conforto – ci sono molte cose che non sai ma… ti fidi di me?»
«Harry non..»
«Lo conosco da vent'anni... e so quando non è felice. Facciamo finta di essere fidanzati... si accorgerà presto di aver fatto un’enorme cazzata a non correre da te appena ti ha rivisto. Dovevi vedere come si è raffreddato nei miei confronti quando ci ha trovato a casa sul divano... Saperci insieme lo farà impazzire»
«Ma...»
«Ma tentare non nuoce ... se rimane con Giselle allora avrai la prova che non siete destinati a stare insieme»
In un primo momento non riuscii a spiegarmi perché Harry stesse facendo tutto quello per me.
Mi aveva praticamente proposto di far finta di essere fidanzati.
Ero scettica considerate le mie doti recitative e il fatto che Zayn fosse il migliore amico di Harry, cioè un libro aperto per lui.
«Non lo so Harry, mentire in questo modo... non so se ne sono capace»
«Lascia fare a me, ok? - la voce perennemente roca mi rassicurò - se lo conosco bene, non la porteremo per le lunghe»
Le ultime parole famose.
«Ora andiamo a giocare» Harry mi strinse forte la mano e mi trascinò con sé verso la sala da pranzo.
«Ma... Meredith?»
«Le ho detto che ti sei lasciata con il tuo ragazzo solo ieri e non me la sentivo di farti rimanere da sola o con chissà chi in coppia - Harry assottigliò la curva della bocca in un ghigno che voleva essere malefico ma che in realtà diventò la cosa più tenera che avevo visto negli ultimi giorni - il problema ora è far finta di non far finta di essere una coppia davanti a lei... Penso che abbia una cotta per me»
«Come se questa cosa non sia già abbastanza incasinata» sospirai.
Il fatto che Harry avesse proposto di aiutarmi mi rincuorò non poco. Avermi teso la mano, come avrebbe fatto un amico fidato, aveva consolidato l’idea che il quasi bacio che stava per esserci, in fondo, era stato solo un momento di debolezza da parte di entrambi.
 
 
«Per fortuna il nostro tavolo è nell'altra sala... Staremo, almeno per la cena, lontano da Meredith» disse Harry.
«Siamo stati assegnati al tavolo diciotto» feci presente mentre mi facevo largo tra le persone ben vestite in sala che come noi cercavano il loro posto.
Quasi tirai un sospiro di sollievo non vedendo più nei paraggi Zayn e Barbie, logicamente avevo cantato vittoria troppo presto.
«È questo» balbettai incredula verso Harry appena trovai seduti Zayn e Giselle proprio a quello che doveva essere il nostro tavolo.
«Facce conosciute» La voce di Niall irruppe in quel fastidioso silenzio. Emma mi sorrise da dietro la spalla del biondo, ma appena vide Zayn la sua espressione mutò in modo evidente. Lo stesso fece Reese quando ci raggiunse con il suo accompagnatore. Quando però arrivò Louis, tutta l'attenzione fu rivolta a lui ... O meglio alla sua accompagnatrice.
«Bene, non potevo desiderare compagni di gioco migliori» sogghignò avvicinandosi, tenendo per mano la ragazza dai capelli lunghi e ondulati. Erano di un colore davvero particolare, chiari con dei riflessi dorati. Il vestito verde acido che portava aveva tutta l’impressione di costare più del mio con me dentro.
Lei era Sarah Young, la perfetta cheerleader della nostra vecchia scuola che, ai tempi, se ne andava in giro per sbatterti in faccia quanto madre natura fosse stata magnanima con lei e crudele con il resto della popolazione femminile.
Era bello constatare che nulla era cambiato.
Per quanto fossimo cresciute, la sua faccia ci avrebbe sempre fatto sentire le sfigate con l'apparecchio e i capelli vaporosi.
Louis era uscito fuori di senno. Non c'erano altre spiegazioni.
Anche sua sorella, Reese, fissava la strana coppia alquanto disgustata e poi avvicinandosi al mio orecchio sussurrò: «Questo si è rimbambito completamente»
Non che ci volessimo comportare da ragazzine invidiose, ma lui sapeva benissimo quanto l’odiassimo!
 
 
Si giocava a tavoli, in quanto il numero di persone presenti alla festa non rendeva possibile portare avanti una sola linea di gioco per tutti. Ciò significava che tra di noi vi fosse un assassino. Qualcosa mi suggeriva, però, che di lì a poco di uccisioni e feriti ce ne sarebbero stati altri.
Ad esempio una barbie bionda che non faceva altro che fare la fusa da gatta in calore su Zayn. Così… un esempio a caso.
A turno avevamo pescato un biglietto da una di quelle ruote che si usano per il bingo, in miniatura, per conoscere quale sarebbe stato il nostro ruolo nel gruppo. Poi, ogni coppia, aveva scritto su di un foglio – la scheda del tavolo– i personaggi che interpretava.
L’informazione che però doveva rimanere segreta era il ruolo nella storia che ognuno avrebbe dovuto proteggere fino alla fine. Io ed Harry non eravamo i colpevoli, cioè gli assassini di un immaginario signor Foms, ma solo invitati inconsapevoli di una cena con delitto. Ovvero la parte più noiosa.
Perlomeno dopo la cena il gioco sarebbe diventato più interessante, cercando indizi sparsi in giro per la casa e provando a non essere uccisi anche noi!
Regole e dinamiche del gioco a parte…
«Conte e contessa Tomlinson?» Niall ridacchiò, mentre leggeva la scheda del nostro gruppo.
«E tu Horan? Sei il buffone di corte?»  Louis non perse tempo a rispondergli tagliente.
D'altra parte Niall sembrava immune a qualsiasi tipo di frecciatina, perché indisturbato aveva mantenuto un'espressione rilassata, versando da bere acqua liscia ad Emma.
«No, ti sbagli. Sono un industriale. Io e la mia bellissima fidanzata siamo amici della povera vittima – Niall si avvicinò ad Em, prendendole la mano sul tavolo, in bella mostra, e poi rivolgendosi a lei continuò – giusto... amore
Niall era uno stronzo patentato, nel senso che sapeva esattamente come e dove colpirti. Emma arrossì in imbarazzo mentre Louis si mosse sulla sedia nervoso, senza tuttavia bissare con le frecciatine.
Non eravamo neanche all’antipasto che già volavano sguardi omicidi da un lato all’altro.
Reese, come suo solito, riusciva a non risultare a disagio in nessuna situazione e prese a parlare con Zayn.
Mi voltai verso Harry che sedeva al mio fianco e lo trovai a fissare come imbambolato la ragazza del tavolo al fianco.
Andiamo bene, pensai, io e il mio finto fidanzato stiamo insieme da neanche venti minuti e lui già guarda le altre.
Gli diedi una gomitata da sotto al tavolo, «Ahi» esclamò attirando l’attenzione di tutti.
Assottigliai lo sguardo minacciosamente, lui sembrò capire perché si giustificò con un «Quel tavolo ha un centrotavola niente male, non credi?»
«Tu ed Harry state insieme da molto? – all’improvviso la voce di Giselle mi fece gelare il sangue nelle vene, non tanto per la sgradevolezza dovuta al fatto che un’onda sonora delle due stesse attraversando la mia stessa aria – di quello me ne stavo facendo una ragione, più o meno – piuttosto realizzai che Harry ed io non ci eravamo accordati su di un'unica storia credibile sulla nostra non credibile relazione – c’è un buona complicità tra di voi»
Reese fece cadere il bicchiere versando tutto lo champagne sulla tovaglia, il che portò il suo accompagnatore Senza Nome – sì lo chiamerò così perché non è importante ai fini della storia e poi, tra noi, chi se lo ricorda come si chiamava?! - mentre Emma iniziò a tossire stizzosamente.
In effetti, quello era un punto non abbastanza approfondito. Nessuno sapeva della finta relazione tra me e Harry per cui le loro reazioni erano state del tutto comprensibili.
Era semplicemente la peggiore idea del secolo.
E chi l’aveva avuta?
Harry, ovviamente.
E chi aveva accettato come un’idiota?
Io.
«Un mese»
«Una settimana»
Rispondemmo all'unisono per poi girarci e fulminarci con lo sguardo reciprocamente.
«Una settimana»
«Un mese»
Risi nervosamente, talmente tirata che temetti seriamente di aver superato il limite di elasticità del tessuto epidermico. Harry, dal canto suo, stava trattenendo una risata mordendosi il labbro inferiore.
«Quello che vogliono dire - si intromise Reese, e il mio respiro si bloccò in gola. Che cavolo stava per dire? - è un mese che non riescono a stare l'uno senza l'altra, ma si sono decisi ad uscire insieme ufficialmente da solo una settimana»
Harry sbarrò gli occhi curvando la coda della bocca totalmente esterrefatto dalla risposta, se non un pizzico compiaciuto.
Reese aveva capito tutto, quella ragazza aveva la capacità di stupirti in mille modi diversi e proprio quando dava l'impressione di non essere attenta se ne usciva con delle osservazioni su particolari che nessuno aveva percepito.
Emma in tutto ciò stava ancora riprendendosi dall'iperventilazione, mentre Niall la guardava divertito.
«Vi siete conosciuti per merito di Zayn?» continuò con l'interrogatorio Giselle, che neanche il tenente Colombo.
Lei sapeva che io e il suo non tanto perfetto fidanzato ci conoscevamo, non avrei saputo dire se avesse collegato la mia voce a quella a cui rispose ormai quattro anni prima. Pensai fosse improbabile. Eppure mi sembrò chiaro che per lei rappresentavo una minaccia e per questo le domande con cui mi bombardava non servivano ad altro se non a sondare il terreno.
«Hanno fatto tutto da soli» furono le uniche parole che disse Zayn, dopo le quali rimase muto per quasi tutta la cena.
 
«E io poi le ho detto... Piccola, stai benissimo anche con quell'orrendo cappello dell’aiutante di Babbo Natale» si innalzò un coro di 'Oh' sognanti. Harry aveva preso a raccontare una marea di cavolate sulla nostra fantomatica relazione e - con l'arrivo del dessert - una schiera di ragazze si era accalcata al nostro tavolo per ascoltare la storia di come ci eravamo innamorati. Alcune di loro mi guardava anche abbastanza male.
All'ennesima volta che tirò in ballo il cappello con i pompon, che avevo semplicemente messo un giorno per andare a lavoro e che lui poi aveva romanzato come 'il momento in cui ho capito che lei non era come tutte le altre', gli tirai un calcio sotto il tavolo.
Harry coprì la smorfia di dolore con un sorriso forzato e una mano a nascondersi la faccia. Poi si voltò verso di me e avvicinandosi al mio orecchio mi sussurrò un "porco caz...".
«Non ti ricordavo così romantico» disse Giselle.
«Neanche io – L'intervento di Zayn faceva trasparire un palese fastidio – Non sembri neanche tu, Harry... Non pensavo fossi il tipo da relazione stabile»
Forse a qualsiasi altra persona seduta a tavola quella non sembrava nulla di più che una normale conversazione tra due amici, ma per me che conoscevo Zayn più di quanto volessi ammettere non era passato inosservato lo scambio di battute del tutto poco naturale che seguì.
«Sì, neanche io l'avrei mai detto - Harry prese la mia mano che era appoggiata distrattamente a pugno sul tavolo e la chiuse nella sua provocandomi un brivido lungo la schiena; era un gesto inaspettato e ebbi quasi la sensazione che non fosse stato studiato - Avevi ragione quando dicevi che Sophia era una ragazza come poche»
La risposta di Harry aveva un tono di sfida, ma non ci feci molto caso dato che le sue parole mi si ripetevano in testa come una cantilena. Quando Zayn aveva detto una cosa del genere a Harry? E soprattutto perché Harry l’aveva detto davanti Giselle? Forse per allarmarla?
Calò un silenzio imbarazzante tra noi quattro, ben mascherato dal ronzio delle voci degli altri ospiti di fondo. Giselle fulminò con lo sguardo Zayn mentre io mi irrigidii ancora di più sotto il tocco di Harry.
 
Una volta arrivata nella camera di albergo sfilai i sandali aiutandomi con le caviglie, poi buttai la giacca sul letto notando come le coperte bianche ricamate fossero perfettamente tirate e sistemate. Il solito asciugamano piegato a forma di cigno, e i cioccolatini sparsi un po’ dappertutto.
Mi chiesi quando fosse entrata la cameriera a ordinare se erano appena le undici ed ero uscita piuttosto tardi.
Avevo lasciato il ristorante, pregando Reese di rimanere insieme a Liam e godersi la serata, ma io non potevo restare. Ero praticamente scappata da Zayn.
Avevo avuto paura.
Avevo un fidanzato, una vita quasi perfetta, e lui era rispuntato proprio quando la mia mente sembrava aver rimosso il ricordo.
Eppure il mio cuore aveva una memoria di ferro, perché il solo rivederlo mi aveva portato uno scompenso emozionale da tachicardia.
Sentivo il cuore scoppiarmi.
Improvvisamente sentii la porta aprirsi, ma invece della chioma bionda di Reese ritrovai due occhi color nocciola fissarmi.
Come avesse fatto a procurarsi le chiavi non volevo neanche saperlo.
Le sue spalle si alzano e abbassavano velocemente, aveva il fiato corto come se avesse corso per quindici piani a piedi. Cosa che non esclusi.
«Soph, questa volta non ti lascio andare – Zayn boccheggiò venendomi vicino – non mi interessa se pensi che ti abbia mentito, ti farò cambiare opinione. Ti dimostrerò che ti stavo aspettando da una vita»
Fu tutto troppo veloce per reagire.
Portò entrambe le mani dietro il mio collo, avvicinandomi a sé, scrutò le mie labbra per qualche secondo per poi fiondarcisi sopra.
Quel secondo bacio fu diverso. Più vorace, bisognoso. Più maturo. Senza alcun timore di essere troppo, di chiedere di più.
Avvertivo la necessità di Zayn di sentirmi sempre più vicina, e tra uno schiocco e l’altro cercavamo entrambi di approfondire il contatto.
Feci salire le mani dalle sue spalle fino al suo avambraccio, lo strinsi forte, quasi inconsciamente, per paura che se ne andasse di nuovo. Le sue labbra si posarono sul collo, lasciando una scia umida di baci alternati a leggeri morsi.
E per quanto sapessi fosse sbagliato, immorale, irrispettoso nei confronti del mio ragazzo e autolesionista per il mio cuore non riuscivo a far a meno di quelle labbra.
Poi, quando si staccò da me per fissarmi sotto quelle ciglia che sembravano dipinte, persi totalmente la ragione, le cosiddette farfalle nello stomaco non sembravano placarsi e fu allora che mi lasciai completamente andare a lui.
Zayn mi spinse senza fare troppa pressione verso il letto, non curandosi minimamente dei cioccolatini o dell’asciugamano a forma di cigno. Si stese sopra di me puntellando i gomiti sul materasso e tornando a riempire le mie labbra e il mio collo di attenzioni. 

 

Domanda: vi farebbe piacere se scrivessi dei sottocapitoli più brevi dal punto di vista di qualche altro personaggio secondario? (Non chiedetemi Zayn o Harry... loro non possono intervenire :P)

Scusate se il capitolo non è il massimo, ma non ho tempo di scrivere in questo periodo e volevo comunque aggiornare... 

cosa pensate dell'idea di Harry? A cosa porterà? 

E Zayn come reagirà?

E della quasi coppia Emma e Niall?

Fatemi sapere che ne pensate :)

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Trailer della storia

Capitolo 11

«Ricapitolando... Dobbiamo avvicinare Finch, provare a non essere uccisi nel gioco, far finta di essere fidanzati e far sì che Meredith non scopra che stiamo facendo finta di essere fidanzati per non distruggere tutte le tue possibilità di far affari con Finch» dissi tutto d'un fiato, tanto che giunsi all'ultima parola smorzandola.

«Esattamente»

Harry sorrise del tutto tranquillo, al contrario mio che ero un fascio di nervi.

«Questo non è un lavoro normale» decretai, sospirando.

«Povera Sophy - mi derise lui facendo labbruccio e sfiorandomi il naso con l'indice - dovresti tornare a fabbricare buste della spesa... quelli sì che erano tempi!»

«Hey! Non fabbricavo buste della spesa... Impaginavo volantini del supermercato» mi lamentai, mettendo un falso broncio.

«Ah, scusami... Posso solo immaginare quanto fosse eccitante»

Alzai gli occhi al cielo chiedendomi ad alta voce «Cosa ho fatto di così tremendo da meritarmi te?»

Harry fece finta di non sentire, ma non mi sfuggì come le pieghe all'estremità dei suoi occhi si diramassero accendendone le iridi verdi. Stava trattenendo un sorriso. Lo facevo divertire, ma non l'avrebbe mai ammesso.

Il corridoio del terzo piano era il campo da gioco del nostro gruppo, era allestito nel minimo dettaglio e non lasciava al caso neanche il più piccolo particolare, tanto che sembrava di essere entrati in un mondo parallelo.

I tacchi delle nostre scarpe producevano un rumore sordo sul pavimento in moquette. Sembrava una casa antica dall'esterno ma, appena all'interno, era chiaro fosse stata ristrutturata in tempi recenti.

Mi lasciò esterrefatta il modo in cui la villa fosse stata trasformata in un vero e proprio hotel dell'orrore. Le porte avevano le targhe in ottone laccato oro, con il numero sopra, e ogni coppia aveva ricevuto una chiave con un'etichetta in cuoio che recitava le cifre della stanza assegnata. Le luci, volutamente fioche, invece donavano all'ambiente un'atmosfera spettrale.

Alla ricerca della nostra camera ci accorgemmo della presenza di Niall ed Emma che, di fronte la stanza numero sei, parlavano e ridevano di gusto. Erano ancora troppo lontani per accorgersi del nostro arrivo, e sinceramente non sembravano molto interessati a ciò che stesse accadendo intorno, perché di colpo si zittirono e il biondo sospinse di poco la mia amica sull'asse della porta.

Nonostante la lontananza non mi sfuggì come il biondino prese ad accarezzare la guancia di lei, o come i suoi occhi blu fossero concentrati a studiare la linea perfetta delle labbra della ragazza. Dal canto suo, Em si tese come una corda di violino ma non girò la faccia neanche quando lui accarezzò con il pollice la sua guancia, e continuò a fissarlo affannata quando lo stesso dito scese a stuzzicarle il labbro inferiore.

Strinsi la mano di Harry, senza pensarci, mentre camminavamo fianco a fianco, bloccandomi di colpo una volta che mi fu chiara l'immagine di ciò che stava succedendo, e obbligando lui con me.

Niall infine si chinò sulle labbra di Emma e io per poco non lanciai un urlo.

Sapevo che non erano fatti miei e che Emma era abbastanza grande per decidere da sola, ma una popstar con problemi di alcool non era sicuramente ciò che definivo 'buon partito'!

I due presero a baciarsi appassionatamente nell'arco di pochi secondi, mentre Harry cercava di tirarmi verso il corridoio parallelo per evitare che intervenissi.

Tuttavia qualcuno lo fece per me siccome le porte dell'ascensore si aprirono proprio di fronte i due ragazzi, rivelando prima la figura di uno degli chaperon assunti da Finch e poi quella di quattro ragazzi che, solo dopo alcuni secondi, identificai come Louis, Reese e rispettivi accompagnatori.

Emma non sembrò accorgersi di nulla perché approfondì il bacio aggrappandosi alla giacca di Niall, il quale aveva il gomito appoggiato alla porta e con la mano libera le stringeva la vita.

Lei, ancora ignara dell'invadenza di occhi indiscreti, lo avvicinò a sé prendendogli il viso tra le mani e permettendogli di spingersi maggiormente contro il suo corpo.

Louis era immobile ad osservare la scena, e avrei potuto giurare di aver sentito il suo cuore frantumarsi in mille pezzi.

Reese aveva ragione, conosceva il fratello meglio di chiunque altro; Louis non odiava il fatto che Emma stesse con Niall perché non poteva sopportarlo ma non lo sopportava perché stava con Emma.

Quando il suono dei loro sospiri affannati scandì l'ennesimo bacio, Ree si schiarì la voce rumorosamente per attirare l'attenzione. Solo allora si accorsero della presenza di tutti noi.

Emma spalancò gli occhi per poi allontanarsi di un po' dal biondo; portandosi le dita sulle labbra, come se nascondendole avesse potuto celare ogni sua piccola colpa, non riuscì a sostenere gli occhi azzurri di Louis che la stavano praticamente consumando e li forzò sul pavimento.

«Numero sette, eh? - chiese Niall con fare provocatorio dopo essersi ricomposto, notando le chiavi che il castano aveva in mano. Era imperturbabile, forse solo un po' infastidito dall'interruzione - le nostre camere sono praticamente attaccate»

Il sorriso subdolo di Niall era la conferma che il riferimento alle camere vicine stesse ad alludere, sebbene velatamente, alle possibili rumorose attività notturne. Emma tuttavia era troppo scossa - e anche troppo ingenua - per afferrarne il significato.

Avrei voluto tirare un pugno a quel faccino di bronzo, ed Harry - con il quale, nel mentre, mi ero avvicinata di più al gruppo - lo capì, perché mi afferrò il braccio portandomi a fare un passo indietro.

Louis non lo ascoltò nemmeno, i suoi occhi erano ancora incastrati in quelli chiari quanto sfuggenti di Emma. Rividi me stessa in quello sguardo terso, sapevo come ci si sentiva ad essere nei panni di Lou.. E anche in quelli di Emma, sebbene non me ne facessi onore.

«È quasi mezzanotte - Ree ruppe il pesante silenzio che ci stava risucchiando tra le pareti di quello stretto corridoio - tra poco suonerà l'allarme di inizio gioco, dobbiamo entrare nelle nostre camere»

***

«Ok, io pensavo che a Louis piacesse Emma... Non che se ne fosse innamorato - Esclamò Reese sprofondando sul letto della stanza che condividevo con Harry, si era autoinvitata bellamente senza troppe cerimonie e aveva preso possesso della camera ancor prima che posassimo a terra i nostri bagagli - non penso di averlo mai visto così scosso»

«Sì, in effetti è sbiancato appena li ha visti» parlò il riccio, e nel mentre prese a spostare tutti i vestiti e gli accessori che avevo sistemato sui ripiani dell'armadio.

«Hey! - mi lamentai - avevamo detto tre ripiani per me e uno per te!»

«No, tu l'hai detto!»

«Ma tu hai solo due maglie, e per di più sono uguali!»

«Ho solo due maglie perché staremo qui dentro per soli due giorni» rispose esasperato come se il suo ragionamento fosse ovvio.

Ovvio che non lo era.

«E se una si sporca? E se devi vestirti più elegante domani? E se invece farà più freddo e hai bisogno di una felpa? - iniziai ad elencare, e lui provò a rispondere con un «sei fastidiosamente previdente» che sentii appena perché iniziai subito a spostare ad uno ad uno i suoi dannatissimi prodotti per capelli in un angolino recondito dell'armadio - piuttosto, perché diavolo hai portato tutte queste bottigliette inutili? Tanto tra qualche anno diventerai calvo»

Harry si toccò i capelli terrorizzato, come per controllare che stessero ancora tutti lì, poi scrollò la testa cambiando discorso «Quello che mi chiedo su Louis e su come ha reagito è... perché solo ora? Non siete amici da una vita, voi quattro? Solo ora si è reso conto che Emma gli piace?» chiese il riccio.

«Forse è una cosa recente» provai.

«O forse solo ora si sta accorgendo di poterla perdere - rispose Ree - in fondo Emma ha sempre avuto storielle di poco conto e che si contano sulle dita di una mano. Ed ho notato che è un periodo che si sta allontanando da lui, non so se sia dipeso dall'arrivo di Niall»

«Se è per questo la stiamo perdendo anche noi - riflettei ad alta voce - non le si può dire niente, soprattutto su Niall, che si mette sulla difensiva»

«Non ci voleva questa nuova frequentazione»

«Qual è il problema? Niall e Emma si stanno conoscendo... Se a lei lui piace perché dovrebbe rappresentare un problema?» si intromise Harry arrendendosi a lasciarmi tutto lo spazio e andando a prendere un paio di birre dal mini frigo.

«Tu davvero credi che Niall vada bene per Em?» chiesi retorica, con una palese punta di scetticismo sulla lingua.

«Perché non dovrebbe andare bene?»

«Niall non è una persona normale... Sempre in tour, sempre pieno di donne e sempre a qualche festa... Emma soffrirà solamente»

«Se è questa la base su cui lo giudichi... Ricorda che fino ad adesso è stato un ragazzo single, libero di fare quello che voleva - ormai era diventata una discussione tra me e Harry - ma in ogni caso, anche se lui non fosse adatto ad Emma... Cosa c'entra Louis in tutto ciò?»

«Louis è perfetto per lei»

«Se sono così perfetti, perché non stanno insieme?» mi provocò Harry.

«Beh... Cosa vuol dire? Solo perché non hanno mai avuto i tempi giusti non significa che non siano fatti l'uno per l'altro»

Harry sorrise furbo, abbassando lo sguardo alla sua bottiglia di birra.

«Allora lo vedi? Ciò che non ti permette di essere felice non è il fatto di essere insieme in un tempo sbagliato... Sei tu a non permetterti di essere felice»

Aprii la bocca senza emettere tuttavia nessun suono udibile. Harry mi aveva stuzzicato portandomi proprio dove voleva, cioè ad ammettere che tutto il discorso fatto prima su Zayn fosse solo una scusa con cui giustificavo il mio non volerci provare.

«Oppure essere insieme nei tempi giusti ma nei posti sbagliati» continuò, ma non badai molto alla sua ultima frase, perché ero già a fare avanti e indietro sul tappeto persiano al centro della stanza lamentando di come riuscisse ogni volta a rigirarmi come una frittata.

«Basta! D'ora in poi inizierò ad osservare il voto del silenzio con te! Come fai a farmi dire quello che vuoi?»

«Non voglio prendermi meriti che non ho - Harry iniziò a gongolare, ridacchiando in modo irritante - sei tu a rendermi tutto più semplice»

«Certo che per essere una falsa coppia... Siete abbastanza affiatati - prese la parola Reese che, sorridendo sorniona, per tutto il tempo non aveva fatto altro che osservarci - anzi spiegatemi un po' cos'è questa storia»

«È una pessima idea per rendermi ridicola con Zayn» sospirai affranta.

«Forse volevi dire che è la mia brillante idea per far ingelosire Zayn» ritrattò Harry.

«Attenti - disse Ree, ridendo - se continuate a battibeccare in questo modo... potreste rischiare di essere quasi credibili»

«Ma se siamo stati pessimi prima!» piagnucolai, imbarazzata anche solo al pensiero della cena.

Reese sembrò pensarci su, portando un paio di dita al mento, poi scattò in piedi dando un'occhiata all'orologio.

«Harry tu sei un pessimo attore e tu, Soph, dovresti evitare di guardarlo con quegli occhi da tivorreiuccidereora, piuttosto cercare di essere voi stessi... siete una coppia formidabile anche senza provarci. Comportatevi come quando siete a lavoro, però vi consiglio di essere un po' più affettuosi tra voi»

***

Una volta che Reese fu fuori, chiusi la porta dietro di me, appoggiandomi e lasciando che il mio corpo scivolasse lungo essa fino a raggiungere la moquette blu mare.

Mi servirono quei pochi minuti di calma apparente e silenzio per riordinare avvenimenti ed emozioni. E quello che ne era venuto fuori era soltanto un gran caos di sentimenti.

Mi sedetti e raccolsi la testa tra le mani, i capelli che avevo arricciato per l'occasione caddero a cascata sulle ginocchia, impedendomi di vedere oltre.

«Hey» dopo alcuni minuti i passi e il tono pacato, anche leggermente preoccupato, di Harry mi scossero dalla miriade di pensieri che si stavano affollando nella mia già dolorante testa. Si era cambiato, jeans neri e camicia verde scuro.

«Cosa c'è?»

«In che casino ci siamo messi? - gli dissi con voce spezzata - non ricordo di aver fatto nulla di più stupido... neanche alle elementari»

«Se non te la senti... ci penso io a sistemare tutto - Harry, inginocchiandosi, raccolse i miei capelli riportandoli indietro, liberandomi così la visuale ad uno dei suoi sorrisi dolci. Provava a trasmettermi un pizzico della sua tranquillità. Anche se, qualcosa mi diceva, che anche lui era turbato per qualche motivo - non è stata un'idea brillante, lo so...»

«Allora lo ammetti?» risi.

«Sì ma qui lo dico e qui lo nego - si sedette di fronte a me incrociando una gamba per terra e lasciando che l'altra piegata sfiorasse la mia spalla. Per fortuna, notai, aveva indossato un paio di scarpe da ginnastica e non le solite scarpe eleganti che tanto gli contestavo - senti Soph, è stata la prima cosa che mi è venuta in mente da fare... Tu mi sembravi a disagio davanti Zayn e Giselle, quasi umiliata dalla situazione e volevo fare qualcosa... Avevi quell'espressione...»

«Quale espressione?»

Aggrottai lo sguardo.

«Si dai, quell'espressione» tornò a ripetersi senza farmi capire, alzando un sopracciglio.

Stetti zitta, aspettando che si spiegasse meglio.

«Quella che metti su quando ti senti a disagio. Sgrani gli occhi e arricci il labbro superiore... Insomma, la solita - concluse come se avesse appena detto qualcosa di talmente palese da non richiedere spreco di fiato - ogni volta non so se stai per scoppiare a piangere o per fare una sfuriata. Ce l'avevi la sera che ci incontrammo, al tavolo con le modelle, o quando Niall ti ha dato della portaborse... ma questa volta, con Zayn, avrei giurato che saresti scoppiata a piangere da un momento all'altro»

Harry prese a toccarsi i capelli, probabilmente imbarazzato da quella piccola ma preziosa descrizione che aveva fatto di me. Era sempre distratto e con mille cose da fare, per non parlare della sua propensione a viaggiare sempre col pensiero su binari non convenzionali, non mi aspettavo di certo che si prendesse del tempo per osservarmi così attentamente. Eppure avevo da sempre vantato di essere una di quelle persone capaci di non far trasparire nessuna emozione, era difficile capire a cosa stessi pensando. E potevo affermarlo per esperienza personale.

«Lo so che eri in buona fede quando hai risposto che stavamo insieme - bisbigliai dopo qualche secondo, non volevo mettere Harry ulteriormente in imbarazzo - ed avevo quella espressione perché Giselle è stato uno dei motivi per cui tra me e Zayn non ha funzionato... ma hai pensato alle conseguenze? Non tanto per me, che non ho niente da perdere...»

«Che significa?»

«Significa che Zayn potrebbe fregarsene altamente oppure... Prendersela con te. Non voglio mettermi in mezzo alla vostra amicizia»

«Lui non potrebbe dirmi niente in ogni caso... sta con Giselle, fino a prova contraria. E poi se il piano funzionasse... potremmo anche decidere di rivelare la messinscena»

«Non so se sia una buona idea»

«Vuoi che mi inventi qualcosa per tirarci fuori da questa farsa? Possiamo lasciare la villa anche ora» propose poi, conscio della mia incertezza.

«No, dobbiamo ancora avvicinarci al signor Finch... Non possiamo abbandonare proprio ora»

«Parlavo anche del finto fidanzamento... Posso ritrattare facendoti uscire pulita»

Non so quale lampadina mi si accese in quell'istante, forse fu Harry che mettendosi in piedi mi prese con sé e mi tirò su accarezzandomi con il calore del suo tocco lungo il braccio, o forse i suoi occhi che trattenevano la tacita promessa di starmi accanto qualsiasi cosa fosse successa. O forse semplicemente parlare con lui mi aveva dato nuova forza. Qualsiasi fosse stata la causa, improvvisamente percepii una, nuova per me, determinazione. Pensai a tutti quelli che erano stati i miei limiti negli ultimi dieci anni. Avevo fatto delle rinunce, avevo assopito sogni e desideri per non dare fastidio, per non rappresentare un problema per nessuno.

Ma al diavolo.

Avevo da poco colto l'occasione della mia vita accettando un lavoro da sogno. Di certo non mi sarei fermata sul più bello.

Sarei diventata un problema, un fastidio. Per Giselle, e anche per Zayn, avrei fatto qualsiasi cosa, anche la meno ortodossa, pur di arrivare all'obiettivo.

Il mio scopo era chiudere una porta, una fase della mia vita. Quella dell'insicurezza. Rimaneva solo da chiedersi se Zayn sarebbe rimasto fuori o avrebbe varcato la soglia.

«Sai una cosa? - esclamai, gli occhi di Harry scattarono nei miei - dovremmo farlo invece, ho cambiato idea»

«Soph, sei sicura di star bene? - annuii con troppo entusiasmo perché lui continuò a guardami male - hai mai preso in considerazione di farti dare l'infermità mentale?»

«Ah, davvero simpatico! - sbuffai - piuttosto, la settimana di prova è finita da un pezzo... e non mi hai detto più nulla»

Harry si allontanò di qualche passo per avvicinarsi al letto dove aveva lasciato il telefono, ma mantenne di poco la testa girata verso di me rendendomi chiara la sua perplessità.

«Quale settimana di prova?» mi chiese come se fosse appena sceso dalle nuvole.

«La mia settimana di prova! - esclamai - come puoi essertene dimenticato»

«Ah sì, la settimana di prova - ritornò a pochi passi da me del tutto tranquillo - perché? Ci credi ancora?»

Spalancai la bocca, e incrociando le braccia attesi una risposta un po' più esaustiva. O meglio, attesi una risposta per poi urlargli contro indipendentemente da essa.

«Era una cazzata - spiegò con quella calma da prenderlo a schiaffi - tu continuavi a blaterare sulla moralità, la preparazione professionale e altre stronzate del genere e ti ho raccontato la prima cosa che mi è venuta in mente per farti stare zitta»

«Mio Dio, non posso crederci! - urlai - mi hai preso in giro! Io.. Io...»

«Lo stai facendo di nuovo - Harry portò le mani al petto come difesa appena io iniziai a dare in escandescenza, con l'espressione in volto di un bambino che ha combinato un guaio davanti alla mamma - stai sgranando gli occhi ... Ma questa volta penso che tu stia per fare una sfuriata»

«Oh sì, pensi bene!»

Quando l'allarme suonò capimmo che il gioco era appena iniziato. Ciò non ci permise di continuare la nostra discussione o per meglio dire, la sfuriata che stavo facendo ad Harry senza che lui avesse modo di replicare.

Il gioco era una sorta di Cluedo vivente in cui bisognava trovare arma del delitto, movente e colpevole. Se fossimo rimasti 'vivi' e avessimo trovato il colpevole, io ed Harry avremmo avuto più possibilità di avvicinarci a Finch e di parlare.

Quando andai a controllare con chi la sorte avesse deciso di farmi giocare la prima manche per poco non mi venne un mancamento.

Io e Zayn, nella biblioteca.

Perfetto.

***

«Sei qui»

La luce bassa della stanza non era l'unica causa della mia inquietudine, il vero responsabile era lui.

Si era cambiato, jeans dal lavaggio nero e maglioncino grigio. Niente avrebbe potuto pregiudicare la sua bellezza, neanche il tempo.

«Strano, vero? - rise, ma la sua risata non aveva nulla di spontaneo - siamo ancora io e te...»

«Zayn.. Ascolta»

«Sophie»

Parlammo in contemporanea, per poi abbassare lo sguardo imbarazzati.

«Parla tu» mi sollecitò.

«Vorrei... - iniziai con un filo di voce - vorrei che facessimo chiarezza»

Ecco, non mi sentivo credibile. Io stessa stavo mentendo spudoratamente sebbene non avessi detto ancora una parola.

Ma avevo bisogno di un vero confronto con lui, un momento di sincerità assoluta. Indipendentemente da come le nostre vite fossero andate avanti separatamente.

«È quello che vorrei anche io - Zayn era nervoso, si toccava la barba in continuazione sfregandoci contro i polpastrelli, e Dio solo da dove presi la forza per non guardare quelle labbra meravigliose - le cose non dovrebbero più andare così tra noi. Incontrarci casualmente e poi perderci. Soprattutto non avrei voluto sapere di te ed Harry in questo modo, avreste potuto dirmelo quella sera stessa in casa mia. Almeno non avrei fatto la figura dell'idiota»

Lo sentii inquietarsi dal tono di voce, nonostante la partenza diplomatica e pacata a cui si era costretto mandando giù un groppo alla gola.

Tra noi non era finita.

Ci veniva così facile dirci addio, ma non facevamo altro che dannarci nel dimostrare di poter andare avanti senza aver bisogno dell'altro.

«Anche tu avresti potuto dirmi di Giselle - lo attaccai, mi venne spontaneo - invece di chiedermi di rivederci e di riempirmi di cavolate sul quanto significasse qualcosa l'esserci incontrati di nuovo»

«Io e Giselle... - sospirò, frustrato - non è come pensi, non siamo tornati insieme dopo che io e te ci siamo lasciati tre anni fa...»

«Non mi importa» mentii, mettendo la distanza che reputavo più giusta tra di noi.

Quella del tavolo in cui erano stati sistemati casualmente i libri per riprodurre al meglio l'ambiente di una biblioteca.

«Sì che ti importa - Zayn però non la pensava come me, perché iniziò a seguirmi tracciando con una mano il perimetro del tavolo rettangolare fino ad arrivare ad afferrare il mio braccio - ti importa come a me importa di te ed Harry»

«A che gioco stai giocando, Zayn? È giusto che tu stia con Giselle, il tempo mi ha dato ragione... Non ero pazza quando mi facevo venire le crisi di gelosia perché tu non eri mai presente per me, ma sempre accanto a Giselle ogni cosa le accadesse!»

«Sai benissimo qual era la situazione da lei, non potevo abbandonarla» rispose innervosito.

«Certo, però potevi abbandonare me!»

«Non l'ho mai fatto perché...»

«Perché, cosa?»

«Perché... sai cosa provavo per te»

«No, non l'ho mai saputo»

Zayn era ad un centimetro da me, che respirava affannosamente, e non sapevo neanche come si fosse avvicinato così tanto.

«La tua era solo una cotta di poco conto - dissi prima che potesse aprire bocca - Ora stai con Giselle e lei, a quanto pare, non conosce neanche il mio nome»

«Giselle sa benissimo chi sei» commentò a denti stretti.

Strattonai il mio polso dalla sua presa, dirigendomi a passi svelti verso la porta.

«Aspetta -la sua voce però mi tirò indietro come un magnete - se non smettiamo di fare sempre gli stessi errori non riusciremo mai ad uscire da questo circolo vizioso»

Chiusi gli occhi, ancora dandogli le spalle, e presi quanto più ossigeno potessi. Mi imposi di non piangere, mordendomi il labbro inferiore.

Aveva ragione. Noi non riuscivamo a fare altrimenti, ci gridavamo contro. Parole mirate a ferirci.

Funzionava così tra noi. Non ne avevamo mai abbastanza. Mettevamo l'anima nel distruggerci.

«Volevi sincerità, vero? - dopo un silenzio doloroso, colmo di ricordi, parlò. Il suono delle sue parole era più dolce, quasi quanto il tocco della sua mano sul mio collo - sarò sincero con te, non sbaglierò più»

D'istinto portai la mano destra dietro il collo, per farla aderire alla sua. Lui la strinse, e questo bastò per farmi accelerare i battiti del mio cuore.

Non potevo vederlo, ma lo sentivo. Sentivo che, proprio come me, avrebbe voluto starmi più vicino. Affondare nell'incavo del mio collo e stringermi la vita.

Forse non eravamo mai stati bravi a comunicare con le parole, ma conoscevamo perfettamente l'uno il corpo dell'altro.

E una cosa era certa: stare lontani non era qualcosa che ci riusciva bene.

«Ho ripreso a frequentare Giselle qualche giorno prima che ci incontrassimo di nuovo, poco tempo fa - mi costrinse a girarmi verso di lui mettendo qualche centimetro in più tra i nostri volti, ma tenendomi per la vita- non stiamo insieme, ma ci stiamo riprovando. Sono successe delle cose che ci hanno avvicinato»

«Capisco» abbassai lo sguardo sul suo petto.

«E tu? Puoi essere sincera con me?» anche lui abbassò la testa, perché sentii appoggiarla contro la mia.

Che voleva che gli dicessi?

Si aspettava che gli parlassi di Harry?

«Non voglio le storielle che stava raccontando Harry a tavola... Voglio sapere cosa provi per lui»

Perché?, mi chiesi.

Perché non voleva sapere da quando stavamo insieme? O come ci eravamo conosciuti?

Perché dovevo dirgli cosa provavo se lui mi aveva detto di Giselle solo da quanto avevano iniziato a frequentarsi.

E io cosa avrei dovuto rispondere?

Non era una delle domande che avevo preparato.

«Harry mi piace - ed era vero, non volevo mentire più di quanto già stessi facendo - e ci frequentiamo da qualche settimana»

Zayn annuì ancora premendo sulla mia fronte, alzai gli occhi e vidi i suoi scuri spenti.

«Ora ho capito perché ci siamo rincontrati - si allontanò da me e io sentii freddo, ma la sensazione di distacco durò poco perché mi tirò verso di sé per abbracciarmi. E sul mio orecchio sentii il suo respiro caldo e la sua voce roca sussurrarmi - non avevamo avuto l'addio che meritavamo»

 


Hola!
Gioie e dolori per tutti i team della storia...
Harry e Sophia stanno consolidando sempre di più il loro legame, e infine lei ha deciso di portare avanti la farsa proposta da Harry. 
Mentre Zayn si chiarisce (a modo suo) su Giselle e... dice addio a Soph.
Di Emma che pensate? Si lascia baciare da Niall ma non riesce a reggere lo sguardo di Louis... come mai?
Fatemi sapere cosa ne pensate. Non sono molto soddisfatta di questi ultimi capitoli, per questo sono sempre in forse se pubblicare o meno..
Grazie a chi recensisce e a chi ha aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate <3
Ps. se siete dei lettori attenti... la trama è più fitta di quello che immaginate, e io ho disseminato qualche indizio qua e là (non parlo di questo capitolo, ma in generale)... occhio ;)

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Trailer della storia

Capitolo 12
 

 

Il ticchettio dell'orologio da muro in alluminio, alternato al rumore insistente e monotono delle scarpe di Harry che battevano sul pavimento, scandendo il secondo, mi resero più agitata del dovuto. Non sapevo come interpretare il silenzio dall'altra parte della cornetta. Era il buon segno da parte di un interlocutore che stava rassegnandosi alla mia richiesta o quell’usuale esitazione tipica di chi sta per dirti di no, ma fa finta di pensarci su?
Mi voltai verso il finestrone dell'ufficio di Louis, in modo da mantenere quest'ultimo ed Harry fuori dal mio campo visivo.
Non mi ci volevano le loro facce, ero fin troppo tesa anche senza farmi caricare d’ansia dalle loro espressioni apprensive.
In fondo avevo avuto una gran faccia tosta a fare quella chiamata.
Purtroppo, però, i loro sospiri e i loro movimenti nervosi potevano raggiungere ancora il mio orecchio.
Finalmente, una voce squillante e carica di entusiasmo mi rispose, permettendomi di sciogliere il nodo che mi si era formato in gola.
«Sì, esatto... Va bene. Non vedo l’ora!»
Chiusi la chiamata, dopo aver parlato per tre minuti esatti di orologio e aver atteso la risposta per quello che mi parve un tempo indefinibile benché si trattasse solo di qualche secondo.
«Allora?»
«Che ha detto?»
«Ci è cascata?» solo in quel momento mi accorsi che si era aggiunta anche Reese.
«È andata» esclamai vittoriosa, iniziando a saltellare in modo alquanto ridicolo e andando a sbattere contro la riproduzione in scala (quasi) naturale dell'Optimus Prime di Louis.
Esattamente.
Ne aveva una – molto discreta, a suo dire – nell'ufficio.
Come se il canestro montato a ridosso della libreria non fosse già abbastanza ridicolo.
«Cazzo Soph, tu sei un piccolo genio! — Harry mi si lanciò contro e mi prese in braccio, strattonandomi da un lato a l'altro e provocandomi una risata e qualche gridolino — ecco perché ti ho assunta»
Ma facciamo un passo indietro.
Dalla sera a casa di Finch il senso di colpa per non essere riuscita a curare gli interessi di Harry e della casa discografica era stato il mio unico pensiero.
Per cui, nei quattro giorni successivi, non feci altro che pensare ad un modo per avvicinarmi al signor Finch.
Fin quando, l'idea geniale non mi venne girovagando per i vari social. (E poi dicono che sono una perdita di tempo!)
Meredith Finch, che aveva una cotta incredibile per Harry (ma ciò era appurato da tempo), avrebbe compiuto vent'anni l'allora prossimo ventuno dicembre.
Ovviamente era prevista festa in pompa magna in uno dei locali più in voga della città: il Cirque le Soir, club frequentato principalmente da personaggi famosi. Lei, ovviamente, non era da meno e sulla passerella del mondo dello showbiz sfilava da quando aveva cinque anni.
Il signor Finch, il cui nome era diventato quasi un mantra negli uffici della Dreamusic – e in qualsiasi ambiente dove si masticasse almeno in minima parte di musica – era praticamente una divinità dell’industria musicale. Fautore della maggior parte degli artisti più pagati e famosi dell’ultimo millennio, aveva lanciato un paio di format di successo per la tv e fatto soldi in almeno altri mille modi possibili.
Ecco perché era l’uomo che cercavamo.
Niall aveva bisogno di essere lanciato – io l’avrei lanciato giù per le scale, ma questa era un’altra storia – e Finch era il nostro passe-partout per le porte del successo.
In realtà la mia determinazione nell’organizzare un incontro con l’Inarrivabile era motivata anche da fini non del tutto degni di stima.
Uno di questi – o per meglio dire, il principale – era Zayn.
Non solo il buttarmi a capofitto nel lavoro mi avrebbe aiutato a pensare di meno, ma ero venuta a conoscenza di un dettaglio abbastanza rilevante.
Zayn Malik non era estraneo al mondo di cui facevano parte Harry, Niall, Finch e compagnia dicendo, tuttavia era una figura poco chiacchierata e che lavorava nell’ombra.
Intendiamoci, non svolgeva nessuna attività illegale; ma l’astenersi dal passare di bocca in bocca lungo il fiume di chiacchiere sterili tipiche del mondo dello spettacolo era una delle prerogative del suo lavoro.
Zayn si era affermato, un paio d’anni prima, come pubblicista.
Non era una figura professionale molto conosciuta – a meno che non vi chiamate Kate Moss e l’ambiente in cui vivete non sia popolato da personaggi che usano le banconote da cinquanta sterline al posto della stagnola per farsi fare i colpi di sole.
Avete presente quando sfogliate le pagine di un giornale e vi salta all’occhio il vostro attore preferito a cena con l’ultima sua fiamma che, casualità, è proprio quella modella che da poco ha fatto il suo debutto sul grande schermo? Oppure quando, su internet, vengono divulgate foto di una tizia sconosciuta, ma che presto sarà conosciuta, che bacia il cantante di cui sapete tutte le canzoni a memoria?
Bene.
Nel settanta percento dei casi si tratta di trovate pubblicitarie che servono per dare visibilità alla celebrità o a terze persone, in modo positivo ma anche – inaspettatamente – in modo negativo.
Ciò a cui si punta è la tempestività della notizia, cioè la velocità con cui quel personaggio viene messo sotto i riflettori, che predomina sulla notizia stessa rendendo i mezzi, dunque, giustificati dal fine.
La gente – è risaputo – dimentica presto.
Direte, che c’entra Zayn in questa storia?
C’entra eccome, dato che il fatto che si trovasse all’assurda festa con delitto di Finch non poteva considerarsi per nulla una coincidenza.
Lui voleva collaborare con quell’omone dai baffi fin troppo lunghi e gli occhiali dalla montatura rossa; ma Finch non era quel tipo di persona che necessitava di collaborazioni, né con me, né con Zayn.
Ecco perché dovevo fare in modo che sentisse, improvvisamente, tale necessità.
E cosa fai quando professionalmente ti trovi davanti una barriera di acciaio invalicabile?
Semplice, cerchi di arrivare all’obiettivo per vie traverse e non esattamente ortodosse.
E la mia via traversa si chiamava Meredith Finch.
«Mi vedrò con lei domani pomeriggio per scegliere il vestito per la sua festa – annunciai, ancora euforica – ovviamente, le ho detto che avrei trascinato anche te!»
Harry annuì, già consapevole del suo ruolo in tutta quella faccenda.
Ok, stavo usando Meredith – fingendomi sua amica – per arrivare a Finch, ma anche lei mi stava usando per arrivare a Harry! Non era altro che un equo scambio alla pari!
«Harry mi raccomando, scopatela per bene – intervenne Reese e per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva – dipende tutto da te»
Harry si schiarì la voce, visibilmente imbarazzato «Usare qualche escamotage sì, ma non sono disposto ad arrivare fino a questo punto. Io e Sophia riusciremo ad arrivare a Finch anche senza giocare sporco…»
Ree sbuffò commentando a mezza bocca un «siete noiosamente corretti», mentre io sorrisi alle parole di quel ragazzo con i capelli incasinati che non faceva altro che ricordarmi quanto fosse buono.
«Per me potete pure prostituirvi, o legare Finch ad un sedia, o rapire Meredith e chiedere il riscatto – Louis raccolse il giubbino sportivo dal divanetto in pelle nero, infilandoselo – fate quello che vi pare, basta che per domani abbiate quel contatto. Il disco di Niall è in uscita a Gennaio e noi non abbiamo ancora uno straccio di collaborazione con un fottuto artista americano»
«Fratellone, non alterarti – Ree incrociò le braccia al petto seguendo con lo sguardo un Louis alquanto agitato. Parte del suo nervosismo era dovuto al fatto che se il nuovo album fosse stato un flop, la colpa sarebbe ricaduta in particolar modo sulla sua etichetta discografica con cui Niall aveva da poco firmato. In realtà di Finch ce ne stavamo occupando io e Harry, che lavoravamo direttamente per l’agenzia di Horan, ma effettivamente avevamo iniziato a lavorare fianco a fianco con i Tomlinson – Noi siamo in contatto già con qualche nome conosciuto, se Finch non dovesse prenderci in considerazione andremo avanti comunque»
***
«Sembra un gran bel casino»
Meredith aveva uno sguardo da cerbiatta incantevole, e forse era stato quello ad assuefarmi completamente. Non si spiegava, in caso contrario, come avessi deciso che parlare con lei dei miei fatti personali fosse una mossa intelligente. Ma Zayn mi incasinava la testa, e lei era lì all'apparenza disponibile ad ascoltarmi mentre provava l'intera collezione di Stella Mccartney per scartarne ad uno ad uno ogni capo.
«Come hai detto che si chiama lui?»
«Zayn» risposi senza pensarci troppo su, sistemandomi meglio sul divanetto del negozio dal quale stavo a poco a poco scivolando.
«Malik?»
Annuii con la testa, preoccupata solo in quel momento di non aver saputo mantenere la mia boccaccia chiusa.
«È in negoziazione con mio padre»
«Cosa?» sbottai.
«Sì... Ma non chiedermi di cosa si tratta, perché io di queste cose non capisco niente»
«Questo abito è stato disegnato su misura per Rihanna — si intromise la commessa, una ragazza molto più alta di me, con un biondo chignon e delle gambe chilometriche messe in evidenza da una gonna a tubino davvero molto stretta — sono grandi amiche»
Non me ne fregava nulla della sincera amicizia tra Stella e Rihanna in quel momento, il mio cervello era andato in loop dopo le parole ‘Zayn’ e ‘negoziazione’. Esattamente in quel momento sentii lo scatto della porta del negozio e vidi entrare Harry, tutto indaffarato a litigare con l'ombrello che non si chiudeva. Ridendo, mi avvicinai per aiutarlo con il goffo risultato di vederci entrambi incastrati nella porta tra il dentro e il fuori. Provai a prendergli di mano l'ombrello maledetto, bagnandomi con la pioggia anche parte del vestitino che indossavo, ma Harry mi spinse nuovamente verso l'interno.
«Non bagnarti. Ora non stai lavorando»
In realtà, sì.
Era una missione segreta, più o meno. E stava già capitolando, oltretutto.
Si, capitolava. Come stava capitolando Harry al sentore di così tanto feromone nella stanza.
Meredith si catapultò a salutarlo appena questo si tolse la giacca, e lui ricambiò il suo abbraccio posandole un bacio sulla guancia.
Anche la commessa lo accolse, quasi troppo euforica a mio avviso.
 
 
«Quindi voi avete fatto finta di stare insieme?»
«Sì, con pessimi risultati» aggiunsi.
Beh se proprio dovevamo giocarci la carta 'Meredith', tanto valeva ingraziarcela per bene.
Se solo Reese avesse potuto vedermi in quel frangente.
Mi avrebbe dato della stronza psicopatica doppiogiochista, e il peggio è che si sarebbe complimentata con me.
«Ah, ecco perché… mi avevate dato quell'impressione»
«Impressione? Quale impressione?!» domandai schiarendomi la voce un po' imbarazzata, salvo poi camuffare il mio disagio per la conversazione fingendo di essere troppo interessata all'espositore di accessori per guardarla negli occhi.
«Di piacervi —rispose lei — ma ora che mi avete raccontato tutto, capisco che stavate facendo finta»
Harry sorrise, ma non troppo convinto, abbassando gli occhi proprio nel momento in cui i miei si alzarono dalla borsa in camoscio per studiare la sua espressione.
Stavamo facendo finta?
L'esitazione testimoniata nel cipiglio sulla fronte di lui – non mascherata neanche dai suoi capelli che ultimamente tendeva a spostare all’indietro – mi suggeriva altro.
No, non stavamo facendo finta. Questo era poco ma sicuro. Io ed Harry ci piacevamo, ma ciò non doveva stare a significare per forza che ci fosse qualcosa di più tra di noi.
Eravamo amici.
Tuttavia ciò mi aveva dato fin dall’inizio non poche preoccupazioni. Era Harry Styles per la miseria. Lo stesso Harry che mi aveva chiesto se esisteva un modo per ordinare i numeri femminili nella sua rubrica telefonica secondo il numero di taglia di reggiseno.
Non era per niente il tipo di ragazzo che riesce ad essere amico di una donna.
Però, perché quando poi passavamo del tempo insieme ci divertivamo e lui dimostrava di essere completamente rispettoso con me?
Questo suo doppio lato mi mandava in crisi. Sentivo perfettamente che quello che mostrava a me era sincero, ma saremmo stati in grado di mantenere questo equilibrio tra noi?
«Dovreste continuare» Meredith uscì dal camerino con i suoi abiti addosso, ma feci più caso a ciò che aveva appena detto.
«Continuare a fare cosa?» chiesi.
«Fingere di essere una coppia. Non dovresti rinunciare a Zayn così… tutto il discorso di addio che ti ha fatto, è chiaro che ci tiene ancora»
Mi girai verso Harry, non sapendo esattamente cosa volessi ottenere da lui. Infatti non riuscii a trovare nessuna risposta concreta.
A lui non avevo raccontato molto di ciò che Zayn mi aveva detto in biblioteca, mi aveva solamente trovata sul letto della camera a piangere come una disperata.
«No, davvero… abbiamo già percorso questa strada e non è servito a nulla – misi le mani davanti – non mi è sembrato che se ne importasse più di tanto»
«Non siete stati abbastanza credibili – Meredith incrociò le braccia al petto – alla cena di mio padre sembrava che vi piaceste, sì, ma non vi avrei mai preso per una coppia consolidata»
«Cosa avremmo dovuto fare?» chiesi quasi retoricamente.
«Camminare mano nella mano, abbracciarvi… e se necessario darvi qualche bacio»
Meredith impartiva consigli di falsa-coppia, completamente all’oscuro del fatto che, quella sera, cercavamo di nasconderci da lei. Harry infatti tentò di reprimere un sorriso un po’ troppo ovvio che mi fece capire che stavamo pensando la stessa cosa.
«Sentite – disse la biondina, andando verso la cassa per pagare i cinque o sei vestiti che aveva selezionato – stasera al party ci sarà anche Zayn. Provate a farlo ingelosire… sono sicura, Sophia, che tra voi non è finita. Anzi, deve ancora iniziare come si deve»
 
 
«Zayn al party?» mi domandò Harry appena recuperammo la sua auto, dopo aver salutato Meredith.
«Ma è il mio migliore amico o il tuo? – lo presi in giro – ho scoperto qualcosa, a tal proposito»
Harry inserì la quarta, sfrecciando appena la strada si fece più libera, e io continuai «Zayn è in trattativa con Finch. Non chiedermi per cosa o per chi, Meredith non sembrava molto interessata alla questione»
Harry girò la testa verso di me, quasi sconvolto da quella rivelazione.
«Cosa?! – esclamò – quel fottuto figlio…»
«Harry!»
«Ecco perché era così indaffarato»
«Non capisco, qual è il suo obiettivo? per chi lavora? E perché non ti ha detto nulla?»
«Lavora con… ricordi quelle modelle che si trovavano al mio tavolo quando ci siamo conosciuti alla sfilata? – domandò, e accennai ad un sì poco entusiasta – una di quelle, Kayla, lavora con la sua agenzia e sta cercando di lanciarla. Io e lui siamo sempre stati molto competitivi, ma lui gioca sporco»
Harry lasciò cadere il discorso, ignorandomi quando continuai a fargli domande, piuttosto mi chiese «Tu cosa hai combinato con Meredith? Parlerà con suo padre?»
«Non le ho nominato il padre… ma le ho parlato molto di me, di te…. E di Niall. E di quanto sarebbe importante per te portarlo in America. Penso che presto riceverai una telefonata…»
***
«Questo party è così schifosamente uguale agli ultimi trecento a cui sono stata, che ha vanificato tutto il senso di bere fino a non ricordare più niente» Reese lasciò perdere il Gin tonic sul tavolino, incrociando le gambe e abbandonandosi sul divanetto.
«Dallo a me» dissi io. Afferrando con una mano il bicchiere in vetro e tirando con l’altra l’orlo del vestitino più in giù che potessi.
La festa era iniziata da più di un’ora e il posto era già gremito di persone. Molte celebrità, altrettanti sconosciuti che non facevano altro che aggiornare il proprio snapchat sforzandosi di divertirsi. Zayn era anche lui lì, stranamente senza Giselle, e indovinate dove era seduto?
Di fronte a me.
Ed Harry.
Che non si capiva se dovevamo fingere di essere ancora una coppia o no.
«Cercate di non perdere i sensi… perché sarò io ad essere così ubriaco stasera da non riuscire a tornare a casa» disse Louis, che era già al suo quarto superalcolico.
«Dammi le chiavi della macchina» Emma stese il braccio verso di lui, tenendo il palmo aperto in attesa. Louis alzò un sopracciglio, in modo acido, dicendo solo «Le ho lasciate a Reese. Piuttosto, tu non hai un ragazzo da cui farti accompagnare a casa?»
Emma sollevò gli occhi al cielo, poi, scuotendo la testa, si alzò dal divano per perdersi nella folla in direzione del banco del bar.
«Poco geloso?» lo stuzzicò Reese.
«Stai zitta, Ree» la freddò Lou, appoggiando i gomiti sulle cosce e raccogliendo le mani iniziò a fissare un punto imprecisato del pavimento.
Fissai la scena per un po’, ma la pesantezza di uno sguardo scuro e impertinente su di me non riusciva a farmi rilassare.
Zayn, si era messo lì, con indosso ancora il suo giubbino di pelle, e mi fissava. A stento aveva detto due parole ad Harry.
«Al diavolo, andiamo» improvvisamente la voce di Harry risuonò chiara, nonostante la musica alta, ma prima che potessi darle un senso mi sentii trascinare verso la pista da ballo.
«Che fai?!» esclamai.
«Seguo il consiglio di Meredith»
«Che significa?»
Harry mi si avvicinò pericolosamente, non ebbi il tempo per capire cosa stesse succedendo che mi ritrovai seduta su una delle sedie da bar vicino al bancone, e non molto lontano da dove stavamo prima, facendomi abbandonare l’idea che volesse portarmi a ballare.
«Abbiamo iniziato questa storia della falsa coppia, non possiamo fermarci proprio ora – il riccio posò le mani sulle mie cosce, divaricandole leggermente. Avvampai a quel gesto così intimo, ringraziando me stessa mentalmente per non aver messo nessuna gonna inguinale, ma una a campana che copriva da occhi laterali indiscreti – Zayn sta guardando?»
«Tutti stanno guardando» boccheggiai, sottovoce.
Harry si morse il labbro, guardandosi intorno incerto. Era ancora in piedi, tra le mie gambe e non riuscivo a capire quali fossero le sue intenzioni.
«Andiamo a ballare» dissi d’impulso, scendendo dalla sedia. Le sue mani seguirono la mia discesa dalle gambe risalendo poi su per i fianchi e la vita.
«Baciami» la voce era ferma, intransigente e roca. Più roca del solito.
«Sei impazzito – esclamai – questa… tutta questa cosa… è una pazzia»
«No, è una pazzia se rinunci – rispose, mantenendomi stretta per la vita in modo che non scappassi, poi avvicinò la bocca al mio orecchio – Zayn è là che ci sta guardando, e ti guardava anche prima sul divano, e prima ancora mentre chiacchieravi con Reese. E quando ti sei tolta il cappotto, e anche quando sei arrivata e sei andata a salutare Meredith. Ti ha guardata per tutto il tempo, è frustante»
«Probabilmente c’è qualcosa che non va in lui» commentai, aggrottando la fronte.
«Probabilmente ha detto un mucchio di cazzate per allontanarti di proposito. Se fossi felice con la mia ragazza di certo non mi metterei a fissare le altre in modo inquietante»
«Non posso baciarti, Harry – sincerità per sincerità – lo sai. Ecco perché questa idea è stata sbagliata fin dall’inizio.»
«Hai paura di ferire i miei sentimenti? – mi chiese, quasi ridendo. Ma la risata non aveva nulla che suonasse divertente – io non ho sentimenti Soph. Non mi innamoro, e so scindere il lavoro dal piacere… e l’amore dall’amicizia»
Non sapevo come sentirmi a riguardo, forse la musica chiassosa e martellante non mi permetteva di pensare in modo appropriato, ma non potevo negarlo.
Avevo paura di ferire i sentimenti di Harry, ma anche i miei.
«Non puoi pensare che un bacio non porti a delle complicazioni»
«Se non ci sono sentimenti, non ci sono complicazioni – Harry puntò i suoi occhi verdi sulle mie labbra che in quel momento sentivo incandescenti, a causa del troppo calore – tu hai sentimenti verso di me?»
Incomprensibile era il tono con cui mi aveva posto quella domanda. Speranzoso, o ironico?
Risposi quasi di getto, senza pensare veramente, per non fargli notare che ci stessi pensando più del dovuto.
«No»
No, perché Zayn era il mio unico pensiero da sempre. Lui era l’amore che non avevo mai vissuto completamente. Harry… Harry era un bel ragazzo e un buon amico.
Portò le mani sulle mie guance, ebbi giusto il tempo di lanciare uno sguardo verso Zayn che era ancora del tutto interessato alla nostra conversazione. Ricordai la prima volta in cui Harry mi era stato così vicino, e la sensazione che provai fu esattamente la stessa. Annebbiamento di ogni senso, solo il battito accelerato del mio cuore in tilt. Il naso di Harry sfiorava appena il mio, e le nostre fronti calde si toccavano in attesa di ciò che sapevamo entrambi che sarebbe accaduto. Ciò che volevamo entrambi.
«Un bacio è solo un bacio» sussurrò sulle mie labbra dopo essersi staccato di una spanna e aver portato le sue mani sul mio collo.
«Nessuna complicazione» ansimai e smisi di crederci nel momento stesso in cui pronunciai quelle parole.
«Nessuna...» il respiro di Harry si fece affannato, così come il mio, e poi finalmente le sue labbra si chiusero nelle mie.
Lasciai condurre a lui. Dapprima il bacio fu lento, lui socchiudeva le sue labbra catturando prima il mio labbro superiore poi quello inferiore, alternando, senza approfondire. Avrei potuto anche continuare così all'infinito, ma il mio cuore perse un battito nell'instante in cui Harry fece spazio con la lingua per entrare trattenendomi e stringendo sulla stoffa del mio vestito all'altezza della vita. Sentii una stretta allo stomaco ed un formicolio piacevole che si diffondeva per tutto il corpo, quasi un fuoco... che non bruciava ma che me ne faceva volere ancora di più.
Il bacio divenne più appassionato; Harry portò una mano dietro la mia nuca, affondando tra i nodi e le onde dei miei capelli, premendo con il suo corpo e spingendomi all'indietro fino a che la mia schiena non toccò una superficie che riconobbi come la lastra di vetro che separava il privè da un'altra area indefinita del locale. La lingua di Harry si muoveva in cerchi, ogni tanto con uno schiocco si interrompeva un bacio per poi ricominciare subito l'attimo dopo. Il suo corpo premeva sul mio, e io afferrai i suoi ricci sentendo la sua bocca lasciarsi scappare un verso di piacere. Quando esposi leggermente il collo percepii le sue dita percorrerlo delicatamente e i suoi occhi attenti ad ogni piccola mia mossa.
«Harry... — fu allora che riacquistai un minimo di autocontrollo — può andare bene così»
Vidi Harry ingoiare un groppo alla gola, e i suoi occhi pieni di eccitazione ancora fissi sulle mie labbra.
Ero ancora aggrappata alle sue spalle da non riuscire a muovermi.
«Sì — annui, allontanandosi ma di pochi millimetri — meglio... meglio interrompere qui»
Tutto quello che vidi dopo fu lo sguardo torvo e incredulo di Zayn. Se gli occhi avessero potuto uccidere, non so in quel momento che fine avrei fatto. Ma non mi considerò molto, dato che si alzò velocemente dal tavolino dove si era appoggiato per poi allontanarsi con stizza.


 


Capitolo inizialmente di passaggio, in realtà continuerà nel prossimo... e ci sarà più Zayn. Ma serviva anche per spiegare il lavoro di quest'ultimo e del perché si trova sempre alle feste e alle cene di lavoro con Sophia.

Harry e Sophia hanno iniziato a giocare seriamente, promettendosi 'niente sentimenti'. Funzionerà? Zayn inizierà ad avere qualche rimorso dal prossimo capitolo?... piccolo spoiler: una conoscenza del passato tornerà e in arrivo qualche altro flashback tra Sophia e Zayn.

Mi raccomando, non fatevi sfuggire i piccoli indizi che sono disseminati per i capitoli ;)

Volevo dirvi che sto scrivendo un'altra storia... uno spin-off (non saprei come definirlo) che avrà come protagonisti Emma e Louis. La storia parlerà del rapporto tra i due dall'inizio fino ad arrivare alla storia raccontata in questa per poi procedere di pari passo. Le due storie saranno distinte e separate quindi potete decidere di leggere l'una o l'altra senza perdervi niente... fatemi sapere se vi interessa, perché quasi sicuramente la pubblicherò su wattpad ma sono ancora indecisa se pubblicarla qui su efp. 

Niente più, se recensite mi date un'immensa gioia.. adoro leggere quello che pensate! 

Un bacio xx


 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Trailer della storia

Capitolo 13

«Quello era un fottutissimo bacio! — Reese poggiò il suo braccio sinistro sulle mie spalle, pesandomi addosso più del dovuto e tenendo in mano il bicchiere quasi vuoto di Margarita — mi avete fatto eccitare così tanto che per poco non finivo per limonarmi il barista!»
«Ree ti prego, non dire una parol-»
«Dovevi vedere la faccia di Zayn quando vi ha visto... — esclamò. Onestamente, non riuscivo a pensare a ciò che avevo suscitato in Zayn, stavo cercando ancora di metabolizzare l’accaduto — Hai presente quando al terzo anno Emily Foster trovò il suo fidanzato che quasi si scopava Polly nel ripostiglio della palestra? Era diventata tutta rossa e per poco non le si seccava la lingua per quanto aveva spalancato la bocca... la sua faccia è ancora perfettamente impressa nella mia test-»
Reese si congelò, spalancando la bocca e sgranando gli occhi. Le diedi una piccola spinta con il braccio «Me la ricordo Ree, non c'è bisogno di imitarla»
Quando però mi accorsi che stava fissando un punto di fronte a lei, guardai meglio nella stessa direzione.
Lanciai un urlo, «Mio Dio, non posso crederci!»
Illuminato dalle luci colorate dei led stroboscopici, il motivo della mia incredulità corrugò la fronte dalla quale partiva il suo solito ciuffo impeccabile e si aprì in un sorriso a me familiare.
«Liam!»
«Sophia! Non ci credo!»
Corsi ad abbracciare il mio amico, arrancando sui tacchi per divorare quel mezzo metro che ci separava.  Lui mi accolse a braccia aperte e poi mi strinse ciondolando da una parte all’altra.
«Cavolo Soph, ma quanto tempo è che non ci vediamo?»
Per l’esattezza, erano passati quattro anni e cinque mesi dall'ultima volta che ci eravamo visti.
Che c’è?
Ricordare le date era una delle mie doti.
Soprattutto se la data in questione coincideva con l’ultima volta in cui avevo visto Zayn. O meglio, la penultima.
Cioè, non la penultima nel senso letterale del termine. Nel senso, prima di rincontrarlo dopo tanto tempo.
OH, insomma. Avete capito.
Mi ero sentita con Liam, qualche volta; per la maggior parte erano stati messaggi di auguri per feste comandate, ma nulla che fosse più recente dei due anni.
Si era fatto crescere la barba, rasato ai lati i capelli e di sicuro aveva acquistato un paio di centimetri in più.
Gli occhi color nocciola di Liam si posarono su Reese che ancora non aveva proferito parola, e che era immobilizzata nello stesso punto di prima.
I due si scambiarono un saluto timido e discreto, quasi silenzioso, ma i loro volti rivelavano tutte le parole non dette.
Liam e Reese avevano avuto una storia. Non molto lunga, ma decisamente intensa.
 
22 Settembre 2012
«Liam vuole sapere se per te e Zayn va bene vederci a Londra, questo weekend — Reese mordicchiò una malcapitata matita, girando velocemente le pagine del calendario da tavolo che teneva in mano — io sarò lì già da lunedì per i corsi all'università. Tu potresti prendere il treno venerdì, appena ti liberi.  La famiglia di Liam è fuori, quindi il posto per dormire c'è. A meno che tu e Zayn non abbiate qualche altro piano...»
La bionda lasciò la frase in sospeso, alzando e abbassando le sopracciglia in modo ridicolo. Alzai gli occhi al cielo e le diedi le spalle, dandomi la spinta per far muovere la poltrona girevole su cui ero seduta.
«Per me è ok»
«Em, vuoi venire? — Reese lanciò sulla scrivania matita e calendario, per poi sporgersi dal letto e cacciare fuori la valigia gialla che nascondeva sotto la rete — il divano nel soggiorno si apre. Non è il massimo in quanto a comodità ma... meglio di nulla!»
«No, grazie — Emma si tolse l'ennesima maglietta presa nel cesto di vestiti che Reese non metteva più e che - puntualmente - faceva indossare a noi perché ancora troppo nuovi per metterli via (alcuni avevano addirittura l’etichetta) — non voglio reggere la candela a nessuno. Godetevi il vostro weekend da luna di miele»
«Scema! Sai che non ti farei mai reggere la candela. Per inciso, quella maglia ti sta da paura. Avessi io le tue tette! — disse Reese, mentre Emma ancora in reggiseno storse la bocca indecisa su cosa provarsi dopo— comunque ho già pensato a tutto io, Liam ha un cugino... e si dia il caso che è libero»
«Com'è?» chiesi, ed Em rispose al posto della bionda «Sarà un mostro... – esclamò – no, Ree! L'ultima volta che ti sono stata a sentire ed ho accettato un appuntamento al buio, il tizio in questione era gay e ho passato tutta la serata a chiedermi cosa avessi che non andasse!»
«Questo non lo è, ne sono certa»
«Ne sei certa?»
«Beh, sì. Abbastanza»
«Abbastanza non è abbastanza per me!»
 
«È Liam? Liam, Liam?» Emma chiese sussurrando al mio orecchio, mentre osservava l’oggetto della nostra discussione bere un drink ad un paio di passi da noi.
«No, Emma, è una pollo allo spiedo con il ciuffo — si intromise Reese stizzosamente, posando sgraziatamente l’ennesimo bicchiere vuoto sul vassoio di un cameriere che passava di lì — certo che è lui! Secondo te avrei gli occhi fuori dalle orbite se non fosse lui!?»
«Nervosetta, eh?» rispose l'altra dopo aver mangiato la ciliegia che galleggiava nel suo drink, dello stesso rosso delle sue labbra tinte.
«No! Perché mai dovrei essere nervosa del fatto che il mio ex con cui mi sono lasciata in malo modo per telefono è proprio a pochi metri da me! — grugnì Ree, poi iniziò ad agitare la mano a mo’ di ventaglio — c'è troppo poco ossigeno in questo locale, sto andando in iperventilazione»
«Vado a salutarlo» annunciò Em, spostando i capelli ondulati dietro le spalle e puntando nella direzione di Liam.
«Cosa!? dove diavolo credi di andare? — Ree l’afferrò per la gonna del vestito in pizzo che portava — non dobbiamo dare nell’occhio!»
«Ree, Liam ci ha già viste e anche salutate» le ricordai.
«Sì, ed è stato già terribile così. Non ho intenzione di ripetere la scena»
Risi di fronte a quel concentrato di melodramma che era la mia amica, ma la risata mi si smorzò quando vidi Harry riapparire magicamente. Salutò Liam con una spallata amichevole - e fin là nulla di strano, in fondo Liam era amico di Zayn quindi non era difficile immaginare lo fosse anche di Harry.
Il colpo di scena inaspettato, però, arrivò ben presto.
«Hai conosciuto la nuova fidanzata di Harry? — fu Zayn a parlare, appena si avvicinarono di più a noi.
Liam trasalì, aggrottando le sopracciglia e oscillando, stranito, tra me e Harry.
Anche quello non mi parve strano, Liam sapeva bene che io e Zayn avevamo avuto una storia. Scoprire che fosse sopraggiunta una terza persona, loro amico per giunta, doveva avergli messo una certa confusione in testa.
Io, di certo, non ci stavo facendo una buona figura.
«Sophia... e Harry?» farfugliò.
«Suppongo che vi conosciate già — solo a quel punto prese parola Harry, che aggiunse al calderone un'informazione fondamentale — Soph, ricordi il cugino di cui ti ho parlato?»
Certo che mi ricordavo. Harry non parlava mai di se stesso, e l'unica volta che si era aperto mi aveva fatto intuire di aver passato un'infanzia poco serena. L'unica cosa certa che sapevo era che fosse cresciuto con suo zio e suo cugino.
«Liam è mio cugino»
Ah.
Per poco non mi affogai con la mia stessa saliva.
«Cosa?!»
 
«Mi sei mancata da morire»
Zayn mi abbracciò.
Non riuscivamo a vederci quasi mai, per colpa della lontananza e dei vari impegni che riempivano le nostre vite.
Io frequentavo l’università di Stockport, mentre Zayn lavorava in un’agenzia pubblicitaria come stagista. Ma conoscevo così poco di lui, della sua vita o delle sue abitudini. Non conoscevo la sua famiglia, con cui non aveva neanche un buon rapporto, né i suoi amici a parte Liam.
«Non ti mancavo così tanto» risposi dura.
Non riuscivo a definirci. Ci vedevamo poco, ci sentivamo poco e, come se non bastasse, l’ex fidanzata di Zayn era una costante nelle nostre vite.
«Sophie, sono qui… qual è il problema?»
«Il problema? Il problema è che questo weekend sono venuta per stare con te… con te, Zayn. Non con Reese e Liam. Ma ieri sono stata tutto il giorno in giro con loro, rovinandogli anche quei pochi momenti in cui riescono a vedersi… perché tu non potevi lasciare sola la tua ex!»
«Piccola – Zayn sospirò rumorosamente, provando a fare un passo verso di me ma vedendosi rifiutato nuovamente – lo sai cosa sta succedendo, te l’ho spiegato… il padre di Giselle è stato condannato a quindici anni di reclusione proprio ieri. Lei e la madre non hanno nessuno… e io le conosco da quando sono piccolo, ci sono cresciuto in quella famiglia»
«Sì, e non puoi abbandonarle… lo so»
Ma alla fine ero io a sentirmi abbandonata.
Cercavo di non essere egoista, di pensare che Zayn stesse facendo qualcosa che gli rendeva onore e che il mio essere comprensiva giovasse alla relazione. Tuttavia ogni volta che era con lei, e non con me, la gelosia mi divorava.
Zayn però mi implorava con il suo sguardo da cucciolo bastonato a cui proprio non sapevo resistere e come tutte le altre volte non riuscii a spingerlo via di nuovo.
«Giselle è una mia amica, niente di più. E giuro che per tutto il giorno non ho fatto altro che pensare a te – le sue mani scesero lungo la mia schiena – non avrei mai dovuto lasciarti da sola, lo so, ma in qualche modo mi sento in dovere di aiutare»
Stetti in silenzio, e l’unica cosa che feci fu quella di abbandonarmi alle attenzioni di quel ragazzo con gli occhi scuri e il sorriso mozzafiato.
Ma l’errore fu proprio lì.
Non aver parlato chiaramente sin dall’inizio.
«Se solo ci fosse un modo per farmi perdonare – rise, strofinando il naso nell’incavo del mio collo mentre prendeva a sbottonarmi la camicetta così lentamente da essere frustrante – sempre se per te vada bene… ovvio…»
«Liam e Reese sono in giro per Londra, la casa è tutta per noi… - sussurrai – potresti avere la tua occasione per riparare»
Lasciò cadere per terra la mia camicia, e poi si sfilò la sua maglia rivelando il fisico ben definito macchiato da quei tatuaggi che lo rendevano più sexy se possibile, poi mi prese in braccio e io incrociai le gambe intorno a lui.
«Non hai idea di quanto ti desideri… -  la sua voce roca al mio orecchio mi provocò un formicolio in mezzo alle gambe, e ad aiutare non era di certo la sua lingua che accarezzava il mio collo, o il fatto che si stesse liberando dei pantaloni – questa attesa è straziante»
Non avevamo ancora avuto la nostra prima volta.
Inizialmente non era nelle mie intenzioni correre troppo, ma la lontananza e delle intense sessioni di messaggi spinti non avevano fatto altro che aumentare la voglia che avevo di lui.
E anche lui era nelle mie stesse condizioni, a giudicare dalla protuberanza dei suoi boxer neri.
Pensai che la regola del ‘nero sfina’ non valesse in quel caso.
In quel caso, e nel caso di mia zia Beck.
Ma non roviniamo l’atmosfera.
Zayn si buttò sul divano del salone di Liam, e io sopra di lui.
«Potresti smetterla di essere così eccitante?»
Risi sulle sue labbra, continuando a baciarlo e a muovermi ritmicamente nel modo che lo faceva ansimare di più.
Zayn gettò la testa all’indietro sulla spalliera del divano, emettendo un sospiro di piacere, e fece scendere le sue mani fin sul bordo del mio pantalone.
Il momento era perfetto, l’eccitazione era a mille e sentivo il bisogno fisico di spingermi più in là mentre con la mano salivo sul mio petto e lui provava a far saltare i miei bottoni.
Gli unici a saltare, purtroppo, però fummo noi.
«Porca puttana – Zayn imprecò al rumore della porta e di alcune voci provenienti dall’ingresso – il padre e il cugino di Liam sono tornati»
Presi la mia camicetta per terra e Zayn la sua roba, poi mi afferrò la mano trascinandomi verso la porta di servizio.
Per fortuna, Liam non viveva al centro di Londra ma in una casa indipendente con tanto di giardino. E fu lì che ci nascondemmo, fin quando non sentimmo nuovamente lo sbattere della porta.
E quella fu la volta in cui quasi incontrai il cugino di Liam, ma che io ricordavo principalmente come la volta in cui avevo quasi fatto sesso con Zayn.
 
«Cosa sono queste facce da funerale» disse Niall nell'unico raro momento in cui le sue labbra non erano incollate a quelle di Emma.
Era arrivato per ultimo, seguito da una delle sue guardie del corpo – quella sera era di turno Derek – e spogliandosi della sua giacca di jeans semi-felpata, neanche troppo pesante per il gelo che c'era fuori, era rimasto con una semplice t-shirt blu mare. Gli metteva in risalto gli occhi, nonostante l'ambiente fosse illuminato a tratti.
Niall aveva sorpreso Emma da dietro, chiudendola fra le sue braccia muscolose e poggiando il mento sulla spalla scoperta di lei.
Stavano facendo sul serio – o almeno così appariva a chi li vedeva da fuori.
Su Emma non avevo alcun dubbio; anche se evitava di confidarsi con me, la conoscevo troppo bene. Lei non era mai stata il genere di ragazza da storielle senza impegno.
Niall, invece, mi stava sorprendendo.
Tirai un piccolissimo respiro di sollievo vedendo come lui non avesse problemi a baciarla e tenerla per mano in pubblico, in ogni caso ciò non rappresentava nessun patto di monogamia scritto e firmato dal diretto interessato. Motivo per cui evitai di esultare prematuramente.
Non potevo negare, però, di vedere Emma felice come non lo era da molti anni.
Quando sorrideva trasmetteva gioia e spensieratezza, e di sicuro nessuno più di lei poteva meritarselo.
Ecco perché ero così spaventata da Niall e le sue intenzioni.
«Vorrei commentare quanto siano schifosamente carini quei due, ma credimi... non ho ancora metabolizzato la presenza di Liam qui, e il fatto che lui sia il cugino di Harry»
«Non lo dire a me» risposi a Reese mentre da lontano osservavamo Liam e Harry discutere animatamente.
 
*  *  *
 
«Scusami se non ti ho fornito tutte le informazioni sulla mia famiglia quando abbiamo iniziato questa farsa!» Harry provò a contenere il tono di voce, senza tuttavia ottenere il risultato sperato. Per fortuna c'era troppo casino per attirare l'attenzione.
Benché ci fossimo appartati in un corridoio che - a quanto avevo capito - era riservato al personale, il rimbombo della musica ad alto volume rendeva impossibile qualsiasi conversazione o discussione.
«Sono stata insieme a Zayn, se te lo fossi dimenticato! — gli puntai un dito contro, gridando — era ovvio che conoscessi Liam. Come hai fatto a dimenticarti di dirmi che era tuo cugino»
«Non capisco quale sia il problema» si toccò i capelli, per l'ennesima volta da quando ce l'avevo davanti. Chiaramente innervosito dalla mia scenata, tanto da farmi domandare se fossi io ad essere esagerata o lui ad essere disumanamente impassibile a qualsiasi evento o contrattempo.
La seconda, senza dubbio.
«Dov'è il dramma, Soph? — Harry scrollò le spalle — sembri appena uscita da una di quelle soap argentine dove la protagonista dà di matto ad ogni cambio di scena»
«Cosa... ma… — mi bloccai… poi, pensandoci. Protagonista che dà di matto, soap argentina… — hey, aspetta... Per caso guardi Cuori in tempesta
«Cosa?! io… - iniziò a tossire in modo strano –  No, cosa? No.. io, cosa?»
«Oh, dai. Non ci credo! Tu guardi Cuori In Tempesta!» lo punzecchiai sul petto con l'indice, iniziando a ridergli in faccia.
Con garbo.
«Oh Dio, non ci credo»
Forse non con molto garbo.
«La nonna di Reese è una fan sfegatata... dovresti... Ah, dovresti conoscerla!»
Va bene, iniziai a ridere sguaiatamente.
«C-cosa? Hey... —Harry si guardò intorno quasi preoccupato che qualcuno stesse sentendo, come se fosse stato possibile con quel baccano! — la notte non riesco a dormire e… e ci sono sempre quelle dannate repliche in tv!»
Era strano come un secondo prima stessimo baciandoci per ‘finta’ a ridosso del bancone del bar, quello dopo litigando per il suo presunto cugino, quello dopo ancora a ridere per un motivo stupido qualsiasi.
«Ascolta Sophia, non è una tragedia. Spiegherò tutto a Liam... come stanno realmente le cose tra noi»
«Sì, così l’unico a non sapere la verità sarebbe Zayn! Già sono troppe le persone che sanno di noi, cioè non di noi… noi. Ma di noi nel senso che sanno che noi non siamo noi… hai capito no? — gesticolai mentre lui mi guardava con quel suo solito sguardo da ‘rinchiudetela in manicomio’ — ok, ho dato di matto. Il fatto è che io e Liam siamo amici... e.... non ci credo che è tuo cugino!»
«Piccolo il mondo, vero?» scherzò il riccio, sorridendo a mezza bocca mentre si guardava le mani.
«Noi...come è possibile che noi non ci siamo mai incontrati? Abbiamo frequentato Liam per un bel po' di tempo, e ora esce fuori che è tuo cugino»
Ok, in realtà anni prima aveva rischiato di trovare me e Zayn nudi sul divano di casa sua. Ma in quel momento non collegai realmente, avevo del tutto rimosso quell’episodio. O meglio, avevo rimosso il fatto che in casa, insieme al padre di Liam, era entrato anche il cugino. Cioè Harry.
Altro che Cuori in tempesta.
La mia storia poteva far intimidire qualsiasi copione di soap opere argentine.
Harry sorrise, e alzò le spalle per la seconda volta in quella conversazione.
«Immagino che non era destino»
L'ennesima risposta evasiva di Harry.
«Andiamo! potresti essere più vago!? Ogni volta che c'è in ballo il tuo passato svii con frasi senza senso»
«Tu pensi che non abbiano senso». Sospirò. – Cosa dovrei dirti del mio passato? Avevo cinque anni quando mi trasferii da mio zio a Londra...»
«Ragazzi — i riccioli cenere di Meredith spuntarono dalla porta di servizio da cui eravamo sgattaiolati — vi ho cercato ovunque»
Harry passò una mano sotto la mezza manica della sua maglietta bianca, poi alzò il sopracciglio attendendo cosa avesse da dire la ragazza.
In quel momento l’avrei uccisa.
Finalmente stavo ottenendo qualche informazione in più da quella faccia di bronzo riccioluta e…
«Mio padre è nella sala accanto, vuole parlarvi»
Trasalii, e anche se non stavo più guardando verso Harry immaginai che avesse fatto lo stesso.
 
«Signor Styles, signorina...»
«Mills. Signor Finch, per me è un onore rincontrala» gli strinsi la mano, sorridendo a trentasei denti. Finalmente mi trovavo faccia a faccia con lui.
Sebbene fossi stata ospite ad una delle sue feste, non avevo avuto occasione di presentarmi.
«Sì... Per me è lo stesso» Harry mi imitò e io tentai di trattenere una risata. Mi stava scimmiottando.
«Bene, siamo tutti – la voce grave di Finch e il suo gesto della mano, mi fecero intuire che in quella stanza appartata lontano da musica e festeggiamenti non eravamo solo noi tre – vieni pure Malik»
Non potevo crederci.
E a quanto sembrava, neanche lui.
«Che significa questo? – chiese il moro quasi innervosito – pensavo dovessimo parlare della mia cliente»
«Infatti, è quello che faremo – Finch si accomodò sul divanetto marrone, versandosi da sé ciò che riconobbi essere Whisky – voglio proporvi una collaborazione ragazzi. La modella che rappresenti, Zayn, è molto famosa in America, ma solo ultimamente si sta facendo conoscere in Europa – Zayn annuì confuso – mentre Styles… Meredith mi ha parlato di Niall Horan. Primo in classifica per venti settimane e un fanbase potentissimo, ma non ancora così famoso in America da garantire il sold-out ad un possibile tour»
«Cosa sta cercando di dirci? Pensavo stessimo per concludere l’accordo… tra noi due» Zayn si intromise nuovamente, in modo alquanto aggressivo.
«Vi propongo di collaborare, avete bisogno l’uno dell’altro – Finch spostò lo sguardo su di me, poi continuò – sapete quanto è potente un gossip? Più di una campagna pubblicitaria o di un album di venti successi»
«Con tutto il rispetto, Signore, ma di questi accordi non siamo nuovi – si intromise Harry, e io lo guardai come per chiedergli di che stesse parlando – la cliente di Zayn non è neanche così tanto famosa»
«Tu pensa al tuo di cliente che…» sbottò il moro, ma Finch fu più veloce.
«Non sei attento Styles…il curriculum di Kayla non raggiunge neanche i 200 caratteri in word, questo è vero – Finch prese tempo, diede un sorso al suo drink e poi continuò – ma ha qualcosa che Niall Horan, per ora, si sogna…»
A quel punto capii l’intero disegno.
«L’impatto mediatico su una diversa fetta di pubblico» dissi ad alta voce.
«La tua assistente è sveglia – commentò Finch – Kayla è molto seguita sui social, dunque non solo attira un target diverso da Horan, ma un pubblico oltreoceano. Lo stesso vale a parti invertite. Ognuno ha da guadagnare in questa storia»
Rimasi senza parole.
Fino a quel momento avevo avuto a che fare solo con la faccia luccicante del mio nuovo lavoro. Sentii lo stomaco ritorcersi, poi aspettai che Harry o Zayn parlassero.
«Cosa dobbiamo fare?» parlò il secondo.
«Una frequentazione, una frequentazione seria. Uscite, paparazzate, poi interviste, foto. Rapporto di esclusività, magari un reality… poi ci penseremo. I punti cardine sono nel contratto, venite domani nel mio ufficio e discuteremo i dettagli»
Zayn si girò a guardare Harry, che con un cenno di consenso – serio – gli fece capire di voler procedere. Rimasi immobile, ma tutto quello che avrei voluto in quell’istante era girare i tacchi e andarmene.
Harry però non era dello stesso avviso, nonostante continuassi a cercarlo con lo sguardo.
«Ah – disse Finch – mi raccomando di comunicare l’accordo ai diretti interessati già da stasera. Non dovranno farsi vedere in dolce compagnia di altre persone»
 
*  *  *
 
«Sophia, ascolta… non si tratta di questioni personali, è lavoro» Harry provò a parlarmi nuovamente.
«Non si tratta di questioni personali? – ripetei – seriamente? State per obbligare due persone a stare insieme per finta!»
Urlai e poi, arrossendo, mi resi conto di cosa avevo appena detto. Io e Harry stavamo facendo finta, ma eravamo entrambi consenzienti, soprattutto consapevoli del fatto che la nostra vita privata non sarebbe stata sbattuta su un qualsiasi tabloid. O almeno credevo.
«Non obbligheremo nessuno – sbuffò – il contratto dovrà essere firmato in primo luogo da loro due»
«Non pensavo fossi così Harry – sputai – pensavo avessi un’etica»
«Ti rendi conto che questa è la nostra unica possibilità di lavorare con Finch? Non è il tipo di persona che regala seconde occasioni – Harry mi si avvicinò, prendendomi una mano, ma io la scacciai tenendo lo sguardo fisso nel suo – Soph, non guardarmi così, l’ho fatto anche per Louis»
Reese e Louis erano entrambi presenti al nostro dibattito. Il secondo sembrava assorto nei suoi pensieri, salvo alzare la testa dopo aver sentito il suo nome.
«Che vuol dire?» chiesi, guardando prima Harry e poi voltandomi verso il mio amico.
«Vuol dire che l’uscita di quest’album sarà determinante anche per la mia carriera – rispose Louis – se Niall non riesce a raggiungere il successo sperato, getterei fango sull’etichetta discografica. E mio padre…»
«Nessuno pensa ad Emma?! – a quel punto non mi trattenni, ed aprii il vaso di pandora – Niall dovrebbe troncare con lei all’istante»
«Possiamo percorrere altre vie – a quel punto parlò Reese, mentre Louis rimase congelato con le mani nei capelli e lo sguardo vacuo – non è detto che la proposta di Finch sia infallibile. Abbiamo molti contatti in America, potremmo…»
«Andiamo Reese! Finch sguazza in questo mare da più di trent’anni, sappiamo entrambi che oltre l’idea lui possiede i mezzi – disse Harry – rifiutare l’offerta sarebbe un suicidio»
«Cazzo Louis! Dì qualcosa!» sbottai. Gli occhi azzurri del castano erano colmi di tensione. Non era difficile capirlo considerato che ormai lo conoscevo come le mie tasche. Non riuscivo a spiegarmi cosa gli prendesse. Louis voleva bene ad Emma, no? Si sarebbe opposto.
Doveva opporsi.  
«Cosa dovrei dirti?» si alzò di scatto dalla poltrona su cui sedeva.
«Che ti importa del tuo artista, — avanzai verso di lui — ma soprattutto che ti importa di Emma e di come ne uscirà distrutta dal vedere il ragazzo con cui si frequenta su tutte le copertine con una modella!»
«Soph, ora calmati» Reese poggiò una mano sulla mia spalla.
«Suppongo che tu sia d'accordo con loro» constatai, dopo un breve silenzio.
«Io… penso che la decisione spetti a Niall»
Annuii, sorridendo. Mi era tutto chiaro.
«Immagino che tutti qui dentro state sperando che Niall dica di sì. E sono sicura che farete di tutto per convincerlo»
Se poco prima mi ero sentita costretta a dover rimanere nella stanza di Finch, in quel momento mi sentii perfettamente libera di andarmene.
 
«Sophia, aspetta»
«Che vuoi Harry?» tentai di prendere il telefono dalla borsa, senza guardare direttamente il mio interlocutore, ma il nervosismo mi portò soltanto a combinare un guaio più grosso. Tutto il contenuto di rovesciò sul marciapiede di fronte al locale da cui ero uscita.
Harry, senza giubbino né niente mi aveva seguito fino a fuori.
Mi chinai nel raccogliere gli oggetti sparpagliati per terra e il riccio mi imitò.
«I tuoi assorbenti con ali» ridacchiò porgendomi la confezione.
«Grazie» gliela strappai di mano, e velocemente recuperai anche il rossetto. O, dovrei dire, quello che era rimasto del rossetto.
«Possiamo parlare?» accovacciato di fronte a me, mi bloccò le mani.
«Non dobbiamo parlare di niente»
«Io credo di sì — la mano di Harry tremava sulla mia, chiaro segno che stesse per congelarsi — sto qui finché non mi concedi cinque minuti»
«Entra dentro, prenderai un malanno» alzai gli occhi al cielo, sfuffando.
«E tu sarai l'unica responsabile» la sua risata si confuse con un altro brivido.
Era così frustante avere a che fare con lui. Se ne stava lì in pieno Dicembre con una maglietta a maniche corte, i muscoli tesi dal freddo e neanche l'ombra di voler cedere.
«Sei..»
«Geniale?»
«Insopportabile»
«Entriamo dentro»
 
«Quando ho accettato questo lavoro... — mi fermai, consapevole di essere stata così ingenua —non pensavo di dover sottostare a certe condizioni. Non sono così, e lo so che non dovrò essere io a mentire a tutto il mondo riguardo chi frequento... ma sarò comunque una complice, e non posso accettarlo. E non posso accettare che Emma soffra, come oltretutto avevo previsto, e che venga fatta fuori perché qualcuno dai piani alti ha pensato che sia di troppo... Lei è una persona, come anche Niall. Trovo assurdo che Finch li consideri degli oggetti»
Tenevo lo sguardo fisso alle luminarie che impreziosivano Londra nel periodo natalizio, da una delle finestre del locale. Peccato tirasse un vento così forte da far sembrare che quelle stelle luminose appese lungo le strade potessero cadere da un momento all'altro.
«A volte penso che tu sia uscita da un libro di favole — commentò Harry — non ho nessuna intenzione di coinvolgerti, non direttamente almeno. Ma tu sei la mia assistente, e per quanto io ascolti i tuoi consigli... devo fare quello che è più giusto per Niall professionalmente»
«E a chi pensa a quello che è giusto umanamente?» alzai la voce d'istinto.
Non potevo credere che contasse solo la scalata verso il successo ad ogni costo.
«Parli come se lo stessi per costringere a prostituirsi. È solo una falsa relazione, devono fare delle uscite pubbliche e pubblicare foto sui social... Non la fare lunga. Io e te stiamo facendo praticamente la stessa cosa per raggiungere un fine… Quindi non venirmi a fare la predica»
«Ci sono dei sentimenti in mezzo, Harry!» sbottai.
«C'è la tua amica in mezzo, ecco perché ti interessa tanto. Se Emma non si stesse frequentando con Niall, questo discorso da moralista non ci sarebbe mai stato»
«Poteva essere Emma, come una qualsiasi altra ragazza. Non mi sta bene quando si gioca con i sentimenti delle persone, come fai a non capirlo?! — i miei toni si stavano scaldando — ma a quanto pare tu non sai che significa avere dei sentimenti, o tenere a qualcuno e non volere che soffra!»
«Forse no, ma tu sei molto brava a sputare sentenze senza sapere un cazzo di me – disse duro – volevo solo discuterne con te, non convincerti che il mio modo di agire fosse quello giusto… Fa quello che vuoi, se non ti sta bene come agisco sei libera di licenziarti»

 



Quasi un mese che non aggiorno (?!), sono stata davvero molto impegnata ed in più è un periodo che per questa storia mi sembra di aver perso un po' l'entusiasmo iniziale... talvolta mi sento bloccata e non mi piace ciò che scrivo. Spero che sia un momento, ma comunque cerco di mettercela tutta ogni volta per non pubblicare qualcosa che reputo una vera schifezza.

La trama si infittisce... Liam e Harry sono cugini... e per poco Emma non rischiava di avere un appuntamento al buio con Harry! Tutti i personaggi sono collegati gli uni agli altri, per questo bisogna stare molto attenti per non farsi sfuggire nulla!

Ho pubblicato lo spin-off su Emma e Louis anche qui su Efp.. se volete passare questo è il link -> Look after me

Buone Feste a tutti,  grazie a chi segue la storia e soprattutto a chi si ferma a recensire... mi riempite di gioia :*

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

Non sentivo Harry da almeno - senza esagerare - tre giorni. Il che era davvero troppo tempo se si teneva conto del fatto che praticamente vivevamo in simbiosi!
 
Era la mattina dell'antivigilia, il 23 Dicembre, e nel mio appartamento - grazie soprattutto alle decorazioni allestite da Em - si respirava aria natalizia.
 
Beh, la respirai fin quando non entrai nel salotto.
 
Appena l'immagine di due corpi mezzi nudi sul divano mi si parò davanti, tutto lo spirito di poco prima si trasformò in stupore.

E poi in orrore.
 
Lanciai un urlo.
 
E un urlo mi tornò indietro.
 
«Sophia!»
 
La voce di Emma era di rimprovero. Sebbene mi fossi coperta gli occhi con le mani, nella mia mente era limpida la faccia color peperone della mia coinquilina.
 
«Questa è un'area neutra! — le rimproverai, ancora con gli occhi chiusi, sperando che si stessero rivestendo — cavolo, Em! Il divano... Che schifo!»
 
«Puoi riaprirli» mi disse lei.
 
«Dovreste cambiarlo... Non è molto comodo... — alla vista di Niall in boxer e maglietta, rigorosamente bianche, sarei tornata volentieri al buio dei miei palmi — sai cosa intendo, no?!»
 
«Niall!» Emma lo richiamò.
 
«Andiamo, sto scherzando»
 
«Siamo rincasati alle otto di stamattina...— spiegò la mora — Ed eravamo così distrutti che ci siamo buttati direttamente sul divano»
 
«... E ora ci stavamo dando il buongiorno» concluse Niall con un occhiolino mentre Emma, sebbene ancora rossa in viso, scuoteva la testa divertita.
 
«Datevelo rinchiusi nelle vostre camere, per cortesia»
 
Circumnavigai l'isola della cucina con la lentezza di chi è stata appena spinta giù dal letto (ed era il mio caso) cercando di lasciarmi alle spalle quel risveglio indesiderato. Aprii il frigo con altrettanta apatia, e afferrai il cartone del latte.
 
«Ah, mi sono dimentica di chiedertelo. Ma l'altra sera che fine hai fatto?» mi chiese Em, con la camicia blu di Niall addosso, sedendosi accanto a me. E io che speravo accettassero sul serio il mio consiglio di rinchiudersi in camera.
 
«Ho preso un taxi per tornare» dissi evitando la parte del 'ho litigato con Harry e voi siete tra i motivi della discussione'.
 
«Ecco perché Harry sembrava un'anima in pena, ad un certo punto della serata» si intromise Niall, lasciandomi per un attimo senza parole. Incuriosita al cosa volesse alludere.
 
«Avete parlato con lui?» che, tradotto, significava 'Vi ha detto che Niall dovrà far finta di essere fidanzato con una supermodella Americana?'. Tuttavia mi finsi distratta mentre aprivo un pacco di biscotti al cioccolato.
 
«Io no» rispose Emma, guardando poi verso Niall. Lui abbassò la testa verso la tazza che si era riempito, dandomi l'idea di non essere del tutto tranquillo.
Nonostante ciò, il biondo scosse il capo e disse «ha lasciato il locale quasi subito dopo il taglio della torta di Meredith».
Una risposta non risposta.
Lui sapeva.
 
*
 
«Dove passerete la vigilia?» un Niall stranamente interessato pose la domanda ad entrambe, aspettando che Em riordinasse la propria borsa prima di lasciare l'appartamento insieme a lui.
 
«Da Louis» risposi.
 
Il biondo strinse le labbra coinvolgendo l'intero viso in una smorfia.
 
«Siamo sempre andati da lui ogni anno... La nonna prepara delle cene squisite — aggiunse Emma entusiasta come una bambina di tre anni che crede ancora in Babbo Natale — la vigilia in casa Tomlinson è uno dei giorni che più preferisco dell'anno»
 
«Non stare troppo appiccicata a Louis» rispose il ragazzo infastidito.
Emma lo guardò confusa, ma decisi di intromettermi e cambiare argomento.
«Tu cosa farai?» chiesi.
 
«Torno in Irlanda dalla mia famiglia... Almeno fino al 28»
 
Emma mise un broncio scherzoso, ma si poteva ben capire che fosse davvero dispiaciuta per quell'allontanamento momentaneo. Quando si è in una relazione, soprattutto se questa è all'inizio, non si vorrebbe mai separarsi dall'altra metà.
Davanti alla coppietta novella, la parte più coscienziosa e giusta di me faceva a pugni per uscire fuori.
Sapevo bene di dover parlare con Emma di quelli che erano i piani lavorativi di Niall con la modella americana, ma proprio non riuscivo a farmi forza.
Non potevo sapere con chi se la sarebbe presa, ma di sicuro sarebbe stato un duro colpo da incassare e non sapevo se Emma era in grado di sopportarlo. E soprattutto, non volevo rovinare il suo periodo di felicità.
 
*
 
«Soph»
 
Entrai a testa bassa nell'appartamento di Harry. Il rischio di incontrare anche Zayn era alto ma il riccio non rispondeva alle mie chiamate e l'unico modo di intercettarlo era stato quello di presentarmi alla porta di casa sua dopo le dieci di sera.
 
«Zayn non è in casa» disse lui, rispondendo ai miei taciti interrogativi.
 
«Posso parlarti?»
 
«Entra»
 
Indossava un pantalone grigio sportivo e una maglietta degli AB/CD nera a mezze maniche. L'aria sfatta, i capelli in disordine e gli occhi assonnati.
 
«Che ci fai qui?» mi chiese facendomi strada in quel corridoio che già custodiva un bel paio di ricordi piacevoli, ma soprattutto il ricordo di Zayn che lo varcava.
Mi guardai intorno, e un po' ci sperai che da un momento all'altro uscissero quegli occhioni caramello che sognavo ogni notte.
 
«Volevo parlarti. — spiegai, toccando il divano distrattamente — non rispondi al telefono»
 
«Sono in vacanza fino al 26, il telefono che ho per lavoro sarà spento fino a quel giorno»
 
Non era il solito Harry, ma non capii cosa c'era che non andasse.
O almeno, lo imputai alla discussione che avevamo avuto solo il giorno prima.
Tuttavia con lui - imparai nel tempo - non era tutto così facile come sembrava.
 
«Pensavo che quello che avevo era il tuo numero privato»
 
Harry non rispose, ma disse «Soph, è tardi. Cosa vuoi? Hai deciso di dare le dimissioni?»
La sua freddezza mi ferì, gli occhi sul tappeto e le mani nervosamente giocavano con il bordo della maglia.
 
«Volevo scusarmi con te — dissi con un filo di voce — l'altra sera sono stata poco professionale. Lo so che tu fai solamente il tuo lavoro... E lo fai bene. Io vorrei essere una brava assistente per te.. Ma allo stesso tempo anche una brava persona. E le due cose spesso non vanno di pari passo»
 
Harry curvò le labbra in un mezzo sorriso accennato, poi con le nocche mi sfiorò la guancia «Lo so. Tu sei troppo buona per fare questo tipo di lavoro»
 
«Ma io voglio lavorare con te! — esclamai nel modo più spontaneo che potesse esistere — cioè, quello che volevo dire è che ho deciso di lasciare le questioni personali fuori.. ma ad una sola condizione. Voglio essere corretta. Se non sarà Niall a dirlo ad Emma, allora me ne occuperò io»
 
«Va bene – gli occhi verdi erano più radiosi di pochi secondi prima — sei venuta solo per dirmi questo?»
 
«Ehm... Sì, io... Dovevo parlarti. Non potevo aspettare — risposi — poi, in realtà, ...»
 
Harry alzò un sopracciglio, «Poi in realtà...?» lasciò cadere la frase.
 
«Ecco, domani è la Vigilia di Natale»
 
«L'ho sentito dire in giro»
 
Roteai gli occhi «Come la passerai?»
 
«Io.. — sembrò pensarci su più del necessario — non festeggio questo tipo di feste»
 
«Questo tipo di feste?! — mi lasciai scappare una mezza risata — e cosa festeggi? Il giorno della filantropia?»
 
«No, non mi chiamo mica Sophia» ridacchiò.
 
«Beh, domani è anche il compleanno di Louis... E noi di solito lo festeggiamo con un cenone a casa della nonna, a Stockport. Se... Se non hai programmi in questi giorni, potresti venire con me»
 
Ecco, l'avevo detto. Forse ero fin troppo agitata, spaventata che lui potesse ridermi in faccia, che non mi accorsi immediatamente dello scintillio che apparse nei suoi occhi.
Non sorrideva, ma tutto il suo viso sembrava volerlo fare.
 
«Non è una cosa prettamente familiare?»
 
«No. Ci sono i genitori di Louis, la nonna, ogni tanto anche degli zii,amici e poi Emma»

«Sì, mi farebbe piacere»
 
Quasi non potevo credere alle mie orecchie.
 
Non c'era un motivo preciso sul perché l'avessi invitato, semplicemente sentivo di volerlo fare.
 
Harry era diventato di più che un semplice amico. Si stava instaurando un rapporto così forte che non ero in grado neanche di definirlo, sapevo solo che quando non c'era sentivo la sua mancanza.
 
Forse sbagliai a non farmi tante domande, eppure lasciai che il mio istinto mi dicesse cosa fare.
 
*
 
«Ho interrotto una serata romantica?»
 
Così assorti nella nostra conversazione, non ci eravamo accorti dell'arrivo di Zayn.
A disagio, sistemai la borsa sulla mia spalla e dopo aver indugiato un po' sugli occhi di Harry che quasi cercavano di discolparsi, dissi «No, stavo giusto andando»
 
«Da sola?» chiese il moro, ancora con le chiavi dell'auto tra le dita.
 
«Sì» risposi prima che il riccio potesse parlare.
 
«È tardi per prendere la metropolitana»
 
«Zayn ha ragione. Dormi qui»
 
«Cosa?» domandai con fin troppa enfasi per essere il mio fidanzato.
 
«Posso accompagnarla a casa, se non ti da fastidio» si propose Zayn, scandendo le ultime parole.
Harry, di tutta risposta, mi prese per mano avvicinandomi a sé.
«Rimani a dormire qui, amore — a quel nomignolo una stretta allo stomaco — così domani partiamo insieme per andare dai tuoi»
 
*
 
«Cosa ti è saltato in mente?» mi lamentai bisbigliando.
 
La camera di Harry e quella di Zayn condividevano una parete, e l'ultimo dei miei desideri era quello di farmi sentire da quest'ultimo.
 
«Solitamente i fidanzati dormono insieme — rispose ironico — qual è il problema?»
 
«Il problema è che noi non siamo davvero fidanzati» sbuffai.
 
«La smetti di lamentarti? Mi sembra un buon momento per iniziare a ringraziarmi»
 
«Di che?»
 
«Del fatto che stiamo per compiere il passo successivo» Harry mi si avvicinò pericolosamente, con il suo solito sorrisetto furbo che in realtà non era altro che adorabile.
 
Ok, adorabile sì... ma preoccupante lo era lo stesso.
 
«Il passo successivo?!»
 
«Sì, sai... — Harry fece un altro passo verso di me, e io un altro indietro verso la sua libreria di dischi in vinile — quando si è in una coppia... Da un po' di tempo...»
 
«D-Da un po' di tempo...c-cosa?»
 
«Beh... Mi sembra normale che si inizi a condividere un po' di intimità...»
 
Sussultai non tanto per lo spigolo della copertina di uno di quei maledetti dischi che mi si conficcò nella schiena, quanto per il fatto che tra le sue labbra era appena uscita fuori la parola 'intimità'.
 
Non mentirò.
Quello mi bastò per farmi avvampare.
 
«Rilassati Soph — mi sfiorò la punta del naso con il suo indice — guarderemo un film, e poi a dormire... ma intanto Zayn sarà dall'altra parte a immaginare l'impossibile»
 
«Ma dove dormiremo?»
 
Harry si stupì e sbattendo le palpebre un paio di volte più del normale, si girò in direzione del suo letto matrimoniale.
 
Oh no, pensai.
Per nulla al mondo, mai e poi mai.
 
Avevamo condiviso una stanza di albergo, sì. Ma non eravamo mai arrivati a dormire nello stesso letto!
 
Non esiste. Io ed Harry Styles non condivideremo, in nessun modo, mai nessuna superficie orizzontale.
 
Fuori discussione.
 
Fosse l'ultima cosa che faccio.
 
 
 
«Non è stato difficile convincerti» Harry sistemò il cuscino sotto di lui, puntellandoci il gomito sopra e mantenendo la testa con la mano.
 
«Ci credo! Hai minacciato di simulare un amplesso... rumoroso!» risposi stizzita, dopo essermi coperta con il piumone fino al naso.
 
«Sarebbe stato molto più realistico — con la sua mano libera iniziò a punzecchiarmi — hai deciso di fare la mummia stasera?»
 
«Gradirei se non invadessi il mio spazio» borbottai da sotto le coperte.
 
Ovviamente non c'era cosa più stupida che dire ad Harry cosa non fare. Potete stare certi che l'avrebbe fatto.
 
«Ti mette a disagio stare a letto con me?»
Il suo tono non era derisorio come mi aspettavo che fosse, al contrario. Sembrava una domanda seria.
 
«Secondo te?»
 
Quelle poche volte che metteva da parte la sua ironia, Harry era in grado di far calare le mie difese.
 
«Io penso che... tu sia a proprio agio con me, ma fai di tutto per evitarlo»
 
«Che diavolo stai dicendo?»
 
«Sono serio... — sentii il materasso spostarsi sotto il peso di Harry che si muoveva verso il mio lato del letto — tu non vuoi ammettere che stai bene con me... ma datti tregua, non stai tradendo Zayn»
 
«Io.. Ovvio che lo so! Ma dividere un letto è qualcosa di intimo!»
 
«Si e penso che tu ed io siamo abbastanza in confidenza da poterlo dividere per dormire — rispose lui, il tono di voce già basso impercettibilmente più rauco — di me puoi fidarti, non ti mancherei mai di rispetto»
 
«Harry... — lo chiamai, per poi arrendermi — lo so, non è questo»
 
A quel punto mi girai di lato anche io - il suo lato - e a metà tra la luce fioca della stanza e il buio del sotto le coperte, vidi nuovamente quell'espressione.
L'avevo già vista prima.
Sempre li, sempre a casa sua.

 
«Sì, mi farebbe piacere»
 
Quasi non potevo credere alle mie orecchie.
 
Non c'era un motivo preciso sul perché l'avessi invitato, semplicemente sentivo di volerlo fare.
 
Harry era diventato di più che un semplice amico. Si stava instaurando un rapporto così forte che non ero in grado neanche di definirlo, sapevo solo che quando non c'era sentivo la sua mancanza.
 
Forse sbagliai a non farmi tante domande, eppure lasciai che il mio istinto mi dicesse cosa fare.
 
*
 
«Ho interrotto una serata romantica?»
 
Così assorti nella nostra conversazione, non ci eravamo accorti dell'arrivo di Zayn.
A disagio, sistemai la borsa sulla mia spalla e dopo aver indugiato un po' sugli occhi di Harry che quasi cercavano di discolparsi, dissi «No, stavo giusto andando»
 
«Da sola?» chiese il moro, ancora con le chiavi dell'auto tra le dita.
 
«Sì» risposi prima che il riccio potesse parlare.
 
«È tardi per prendere la metropolitana»
 
«Zayn ha ragione. Dormi qui»
 
«Cosa?» domandai con fin troppa enfasi per essere il mio fidanzato.
 
«Posso accompagnarla a casa, se non ti da fastidio» si propose Zayn, scandendo le ultime parole.
Harry, di tutta risposta, mi prese per mano avvicinandomi a sé.
«Rimani a dormire qui, amore — a quel nomignolo una stretta allo stomaco — così domani partiamo insieme per andare dai tuoi»
 
*
 
«Cosa ti è saltato in mente?» mi lamentai bisbigliando.
 
La camera di Harry e quella di Zayn condividevano una parete, e l'ultimo dei miei desideri era quello di farmi sentire da quest'ultimo.
 
«Solitamente i fidanzati dormono insieme — rispose ironico — qual è il problema?»
 
«Il problema è che noi non siamo davvero fidanzati» sbuffai.
 
«La smetti di lamentarti? Mi sembra un buon momento per iniziare a ringraziarmi»
 
«Di che?»
 
«Del fatto che stiamo per compiere il passo successivo» Harry mi si avvicinò pericolosamente, con il suo solito sorrisetto furbo che in realtà non era altro che adorabile.
 
Ok, adorabile sì... ma preoccupante lo era lo stesso.
 
«Il passo successivo?!»
 
«Sì, sai... — Harry fece un altro passo verso di me, e io un altro indietro verso la sua libreria di dischi in vinile — quando si è in una coppia... Da un po' di tempo...»
 
«D-Da un po' di tempo...c-cosa?»
 
«Beh... Mi sembra normale che si inizi a condividere un po' di intimità...»
 
Sussultai non tanto per lo spigolo della copertina di uno di quei maledetti dischi che mi si conficcò nella schiena, quanto per il fatto che tra le sue labbra era appena uscita fuori la parola 'intimità'.
 
Non mentirò.
Quello mi bastò per farmi avvampare.
 
«Rilassati Soph — mi sfiorò la punta del naso con il suo indice — guarderemo un film, e poi a dormire... ma intanto Zayn sarà dall'altra parte a immaginare l'impossibile»
 
«Ma dove dormiremo?»
 
Harry si stupì e sbattendo le palpebre un paio di volte più del normale, si girò in direzione del suo letto matrimoniale.
 
Oh no, pensai.
Per nulla al mondo, mai e poi mai.
 
Avevamo condiviso una stanza di albergo, sì. Ma non eravamo mai arrivati a dormire nello stesso letto!
 
Non esiste. Io ed Harry Styles non condivideremo, in nessun modo, mai nessuna superficie orizzontale.
 
Fuori discussione.
 
Fosse l'ultima cosa che faccio.
 
 
 
«Non è stato difficile convincerti» Harry sistemò il cuscino sotto di lui, puntellandoci il gomito sopra e mantenendo la testa con la mano.
 
«Ci credo! Hai minacciato di simulare un amplesso... rumoroso!» risposi stizzita, dopo essermi coperta con il piumone fino al naso.
 
«Sarebbe stato molto più realistico — con la sua mano libera iniziò a punzecchiarmi — hai deciso di fare la mummia stasera?»
 
«Gradirei se non invadessi il mio spazio» borbottai da sotto le coperte.
 
Ovviamente non c'era cosa più stupida che dire ad Harry cosa non fare. Potete stare certi che l'avrebbe fatto.
 
«Ti mette a disagio stare a letto con me?»
Il suo tono non era derisorio come mi aspettavo che fosse, al contrario. Sembrava una domanda seria.
 
«Secondo te?»
 
Quelle poche volte che metteva da parte la sua ironia, Harry era in grado di far calare le mie difese.
 
«Io penso che... tu sia a proprio agio con me, ma fai di tutto per evitarlo»
 
«Che diavolo stai dicendo?»
 
«Sono serio... — sentii il materasso spostarsi sotto il peso di Harry che si muoveva verso il mio lato del letto — tu non vuoi ammettere che stai bene con me... ma datti tregua, non stai tradendo Zayn»
 
«Io.. Ovvio che lo so! Ma dividere un letto è qualcosa di intimo!»
 
«Si e penso che tu ed io siamo abbastanza in confidenza da poterlo dividere per dormire — rispose lui, il tono di voce già basso impercettibilmente più rauco — di me puoi fidarti, non ti mancherei mai di rispetto»
 
«Harry... — lo chiamai, per poi arrendermi — lo so, non è questo»
 
A quel punto mi girai di lato anche io - il suo lato - e a metà tra la luce fioca della stanza e il buio del sotto le coperte, vidi nuovamente quell'espressione.
L'avevo già vista prima.
Sempre li, sempre a casa sua.
Poco prima che ci non-baciassimo.
Mi stava dicendo qualcosa, ma per la seconda volta non lo capii.
 
«Ti va di giocare ad un gioco... Per conoscerci meglio?» propose.
 
«Cioè?»
 
«Una domanda ciascuno... Verità o pegno»
 
«Ci sto»
 
*
 
«Non posso crederci che la prima ragazza che hai sedotto e abbandonato aveva meno di dieci anni!»
 
«Ad essere precisi ne aveva tre, era la scuola materna»
 
«Non stai di certo migliorando la tua posizione!» Risi affondando la testa nel cuscino.
 
«Aveva iniziato ad usare i miei colori e stavamo insieme soltanto dalla pausa merenda — si giustificò — non c'erano i presupposti»
 
«Tutte scuse!» 
 
«Ultima volta che hai scaricato un ragazzo» chiese lui.
 
«Scaricato in che senso?»
 
«Due di picche»
 
«Ieri sera, al bar sotto casa»
 
«Chi era?» domandò incuriosito Harry.
 
«Non lo conoscevo... e non ero intenzionata a farlo — risposi — ora tocca a me... Ultima volta che hai fatto sesso?»
 
L'espressione stupita di Harry mi fece intendere che l'avevo colto alla sprovvista.
 
«Ieri sera»
 
«Cosa?!»
Il bruciore allo stomaco doveva essere un campanello d'allarme.
Effettivamente non riuscivo a capire cosa fosse a darmi così fastidio. Forse il fatto che mentre io stavo pensando alla nostra litigata lui stava chissà dove a divertirsi.
 
«Che c'è?»
 
Mi alzai leggermente facendo forza sul braccio sinistro, alquanto schifata.
 
«Non qui, rilassati — si spiegò — non porto nessuna a casa»
 
«Sì, beh... Se lo facessi salterebbe la nostra copertura»
 
Non era quello il problema - in fondo lo sapevo - ma raccontai a me stessa quella storiella perché non ero pronta a sentire altro. E, in ogni caso, era solo l'inizio di quella che si preannunciava la catastrofe dell'anno.
 
«Non le porto qui a prescindere... Non per le storie di una notte»
 
«Hai avuto delle storie importanti?»
 
«Lo sai che tocca a me farti domande» si lamentò.
 
«Si, ma sono curiosa»
 
«L'ultima volta che hai fatto sesso» Harry sorrise beffardo, ignorando la mia richiesta.
 
«Non vale rigirare le domande!» esclamai, e improvvisamente un calore si diramò per tutto il corpo.
 
«Non abbiamo dettato nessuna regola del genere»
 
«Non ho intenzione di rispondere»
 
«Se non rispondi devi pagare pegno, lo sai»
 
«Più di un anno fa — cedetti infine — fattelo bastare!»
 
«Un anno senza scopare?!»
Sembrava che gli avessi appena raccontato di avere dei poteri magici. Ancora rossa in viso mi girai di spalle, tirando con me buona parte della coperta.
 
«Hey... non te la prendere — afferrò il mio braccio e lo sentii avvicinarsi — avevo dimenticato come la pensi»
 
«Non lo dire come se fosse la cosa più infantile del mondo»
 
«Non è così».
 
Harry mi tirò contro il suo petto, mentre io gli davo ancora le spalle. Poi sporse la testa, e lo vidi scrutarmi al di sotto di quel casino che erano i suoi capelli.
«Fare l'amore è sicuramente più appagante di qualche sveltina nel retro di un bar»
 
«E tu che ne sai?» Chiesi con l'intento primario di stuzzicarlo. In fondo però volevo per davvero che mi rispondesse. Non potevo credere che non avesse mai provato nulla che somigliasse all'amore nei confronti di qualcuno.
 
«Tu che dici che l'amore è solo una scusa.Un fermo sostenitore del piacere fine a se stesso come te che si fa scappare delle dichiarazioni del genere...»
 
«Sarà che anche io, in fondo, ci spero che sia diverso» ammise.
 
Sapevo perfettamente che lo stare nello stesso letto sarebbe stato un problema, ma addirittura arrivare a quel punto. No, sinceramente non lo immaginavo.
 
Harry era rimasto in silenzio, i suoi occhi verdi che solo il buio della camera aveva reso più scuri mi fissavano. E io fissavo lui. Impossibilitata nell'abbassare lo sguardo o anche solo muovere un muscolo.
 
«ma mi accontento del sesso» concluse.
 
«Non dovresti»

Deglutii quando i suoi occhi iniziarono a pesare sulle mie labbra e la distanza tra i nostri nasi era troppo poca che iniziava a mancarmi l'aria.
 
«È meno doloroso così»
 
Perché voleva complicare le cose?
 
Le sue dita che mi accarezzavano la fronte lo stavano facendo.
 
Così come la voglia che si stava accendendo in me.
 
Non volevo neanche pensarlo.
 
«Ma tu fai bene ad aspettare» mi sorrise, poi accorciò definitivamente le distanze tra noi.
 
Chiusi gli occhi, il suo respiro si infranse sulle mie labbra che iniziavano quasi a pizzicarmi.
 
Ero in piena negazione. Ammettere di desiderare un suo bacio sarebbe stato il primo passo per la mia sanità mentale, per evitare che una catastrofe di dimensioni epocali si abbattesse sulla mia vita, ma - di nuovo - non ero stata abbastanza coraggiosa e lucida.
 
Ma la delusione la ricordo.
 
E sì, perché Harry quella sera non mi baciò.
 
Eppure... perché avrebbe dovuto farlo, mi chiesi.
 
Non c'era nessuno che ci guardava, nessuno a cui dimostrare niente ed era chiaro che io avessi in testa un altro ragazzo. Era chiaro a lui e a me.
 
Era chiaro, no?
 
  «Sogni d'oro, piccola Sophia» premette le labbra sull'angolo della mia bocca, esitando quell'attimo in più che mi portò a sentire le farfalle nello stomaco.
 
*
 
La gola mi bruciava e la lingua era così secca che se me la fossi morsicata non avrei avuto abbastanza sensibilità da accorgermene.
 
Necessitavo di un bicchiere d'acqua, ma il fatto che Harry mi fosse praticamente addosso rendeva quel desiderio un sogno quasi impossibile. Per non parlare del fatto che sarei dovuta uscire dalla stanza, cioè territorio neutro.
 
Tuttavia non mi dispiaceva che Harry mi tenesse vicino in quel modo, o che il suo respiro pesante mi solleticasse il braccio contro cui aveva schiacciato il proprio naso. Era dolce vederlo così tranquillo, in pace. Ancora di più averlo di fronte.
 
E mi sentivo sul serio sollevata dal fatto che avevamo messo da parte la nostra discussione.
 
Quando, però, l'orologio digitale sul comodino segnò le cinque del mattino fui costretta a fare qualcosa. Non volevo di certo morire disidratata.
 
Delicatamente spostai il braccio che Harry aveva poggiato su di me, e mi sottratti dalla sua morsa. Non prima di avergli accarezzato i capelli.
 
Feci piano, per non svegliarlo, ma lui sospirò continuando a dormire. Come se avesse avvertito il mio gesto.
 
Mi sistemai la maglietta che mi aveva prestato per dormire e con passo felpato tentai di raggiungere la porta e di aprirla senza fare troppo rumore.
 
Il corridoio era buio, quindi cercai di muovermi piano per non urtare nessun mobile.
 
Peccato che fu proprio quello che successe.
 
Un dannatissimo mobiletto che non avevo mai visto prima (forse si era materializzato lì appositamente per me) sbattette contro la parete e, contro ogni aspettativa e pronostico, riuscii a fermare il volo suicida del vaso di fiori che vi era sopra.
 
I miei riflessi non furono mai più così pronti.
 
 «Che succede qui?»   dal salone spuntò un ciuffo scuro e disordinato.
 
Era Zayn, che quando mi vide si immobilizzò sullo stipite della porta con quella che era l'espressione crucciata più dolce che avessi mai visto.
 
 
 
***
 
Boom... ed ecco che sbuca Zayn.
 
Volevo fare un unico capitolo, ma era troppo che non aggiornavo... quindi la seconda parte al prossimo :)
 
Ci sarà un confronto tra Zayn e Sophia.
 
Poi il Natale da Louis... pensate che Emma scoprirà cosa stanno architettando il management e l'etichetta discografica per Niall?
 
E Sophia con Harry?
 
Lasciate un commento se vi piace la storia... non leggerne mi avvilisce un po' e poi sono più lenta a pubblicare >.<
 
Se volete leggere l'altra storia che ho scritto legata a questa, è 'Look after me' sempre sul mio profilo
 
A presto!
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
 

«Che ci fai sveglia a quest'ora?»

Zayn era a torso nudo e indossava solo un pantaloncino - probabilmente appartenente alla tuta di quello che doveva essere un club di calcio o di basket, chi lo sa.
Si stropicciava l'occhio, quasi con fare nervoso; poi con la stessa stizza si tirò i capelli portandoseli indietro.

«Potrei chiedere lo stesso a te» risposi, evasiva, e soprattutto agitata. Quell'incontro inaspettato alle prime luci dell'alba mi metteva più ansia che altro. Mi sentivo quasi intrappolata.

«Non riuscivo a dormire... Stavo impazzendo nel letto» spiegò, e sembrò che gli fosse costata cara quella affermazione. Io annuii, fingendo di non averci fatto caso e abbassando lo sguardo.

Era ancora parecchio buio fuori, solo qualche luce dai lampioni della strada che attraversava i vetri delle finestre del salotto per correre lungo il pavimento e permettere a me e Zayn di guardarci a vicenda.
Se solo ne avessimo avuto il coraggio.

«Avevo sete» dissi.

«Vieni, ti verso dell'acqua»

Lo lasciai fare, seguendolo dietro il banco della cucina, sforzandomi di guardare nel buio dove mettessi i piedi e attenta a non urtare niente.
Mi porse il bicchiere di acqua minerale; ricordava ancora che preferivo quella.

Sapevo di dover stare zitta, di tornare nella stanza così come ero arrivata. Ma la curiosità e - perché no - la speranza mi spinsero a domandargli «Perché non riesci a dormire?»

Zayn chiuse l'anta del frigo, poi si voltò verso di me guardandomi bere «Penso che tu possa immaginarlo».

Una risposta sincera, che temevo tanto quanto la desideravo. Eppure non era chiaro, come al solito.

«No, non posso» volevo che me lo dicesse lui, ma Zayn sembrò spazientirsi perché sospirò come faceva ogni volta che c'era qualcosa che non riusciva a gestire.

«Che vuoi che ti dica?»

«Quello che ti passa per la testa»

«Non chiedermelo come se fosse la cosa più naturale del mondo»

«Non farla sembrare una cosa sbagliata»

Finalmente ci guardavamo, l'imbarazzo aveva ceduto il posto dalla voglia di avere a tutti i costi l'ultima parola in un botta e risposta poco sensato.

«Se tutti dicessimo cosa ci passa per la testa ci sarebbe il caos» Zayn distolse i suoi occhi dai miei. Prese a giocare con il bicchiere facendolo oscillare tra i suoi palmi.

«Al contrario, sarebbe tutto più limpido»

«Dimenticavo, non ti si può contraddire»
Scorsi il suo sorriso da sotto la barba incolta.
«Quindi Harry passerà il Natale con te?»

«Mh, sì ecco...» tentennai di fronte quella domanda. Mi ero quasi dimenticata della farsa.

«Mi fa piacere» disse e io sgranai un po' gli occhi «Harry non festeggia il Natale da anni. Significa molto che abbia accettato di venire con te. Poi in una famiglia unita come la tua non può che fargli bene..»
Le parole di Zayn mi colpirono come un tuono a ciel sereno. Fino a quel momento non avevo mai pensato seriamente a cosa questa commedia inscenata tra me ed Harry potesse significare per lui. 
Ecco, con le parole di Zayn una piccola lampadina fioca mi si accese nella mente, eppure peccava ancora di intensità. 
«ma penso tu conosca la storia di Harry. Quindi.. credo che non potesse essere più fortunato di così»

Rimasi senza parole, l'unica cosa che riuscii ad accennare fu un sorriso a mezza bocca per nascondere il mio disagio e cercare in tutti i modi di non tradirmi. Una piccola parte di me si chiedeva se Zayn fosse davvero contento per me ed il suo migliore amico insieme, ma il tutto fu oscurato da un pensiero fisso: Harry non era così felice come mostrava di essere? Andare avanti con le bugie avrebbe finito per ferire tutti i coinvolti della storia?

*

«Mi basta fare una chiamata - la voce petulante di Louis non dava segni di resa - il ristorante all'angolo è aperto per la vigilia. Ordino qualcosa ed è risolto... Nessuna intossicazione alimentare per noi e un buon compleanno per me»
«Lou smettila. Sono perfettamente in grado»
Lui ed Emma stavano battibeccando già da un'ora sotto lo sguardo di Anne, la nonna di Louis.
Io li guardavo divertiti, anche se non potevo far a meno di pensare alla storia di Niall. Dal sorriso radioso di Emma si intuiva perfettamente che il suo ragazzo - o quello che era - non le avesse detto proprio nulla.

«Nonna, io conosco bene questa ragazza e ti dico che sarebbe capace di far scuocere anche un panino»

«I panini non si scuociono Lou» alzò gli occhi al cielo Em.

«Appunto. Pensa tu che pessima cuoca sei!»

«Ma non si stancano mai?» Bisbigliò Harry al mio orecchio facendomi sussultare.

«Assolutamente no, si vede che non li conosci bene»

«Questa è la prima volta che li vedo così affiatati» commentò.

«Sai, ultimamente con Niall non hanno avuto modo di stare molto insieme...» tentai di spiegare ma l'improvviso squillare di un telefono mi fece fermare.

«È Niall!» esultò Emma entusiasta, prendendo poi il telefonino e uscendo dalla stanza facendomi segno di girare la pasta.

«Il fidanzato?» chiese nonna Anne.

«Si» Risposi io, mentre Louis freddò il discorso con un «Non sono fidanzati» il che seguì un ghigno da parte di Harry.

«E voi?»
Gli occhi chiari di Anne si chiudevano ed aprivano da me ad Harry, mentre con il dito si strofinava gli occhi da sotto gli occhiali da vista.
«Siete fidanzati?»

«Veramente siam-»

«Siete una coppia molto bella» non ci diede il tempo di rispondere.

«Ma noi non stiamo insieme» mi affrettai a dire.

«Sì è giusto non affrettare i tempi, capisco»

«Cosa?! Quali tempi?» iniziai ad agitarmi cercando di spiegare il malinteso.

«Signora, davvero non abbiamo nessun tipo di...» l'intervento coraggioso quanto inutile di Harry fu messo a tacere con l'arrivo della madre di Louis nella cucina.

«Kate, hai visto che bel giovanotto il fidanzato di Sophia?»

«C'è stato un malint-»
«Signora ha preso una svist-»

«Sophia! Non sapevo ti fossi fidanzata!» la signora Tomlinson mi aveva sempre un po' intimorito (ma mai quanto il marito, che in quell'occasione non era presente), ma stranamente con gli anni sembrava aver ammorbidito almeno in parte sia i suoi lineamenti spigolati che il suo modo di fare severo.

«Vuoi due non avete pace, eh?» Reese entrò in cucina sghignazzando e senza la minima intenzione di aiutarci iniziò a godersi la scena stuzzicando l'antipasto che era già pronto sul tavolo.

La casa in cui lei e Louis erano cresciuti non era cambiata di una virgola. Il legno del pavimento forse soltanto un po' più rovinato, ma tutti i mobili erano negli stessi identici posti in cui l'ultima volta li avevo lasciati. L'orribile orologio a pendolo ancora riempiva l'ingresso, suonando ad ogni ora. 
Ci ero cresciuta un po' anche io lì, ed il fatto di ritornarci ogni anno, con appuntamento fisso al 24 Dicembre, mi faceva sentire al sicuro. 
In fondo le persone vogliono avere qualche caposaldo a cui aggrapparsi, qualcosa che faccia sì di non allontanarli definitivamente dal passato. È questa cena era uno dei miei caposaldi.
Lo zio di Louis e Reese che si lamentava della politica, gli amici di famiglia che portavano due bottiglie di spumante ciascuno e litigavano su quale aprire prima.
Qualcosa però cambiava ogni anno, come era giusto che fosse. E quell'anno il cambiamento l'avevo portato io, con Harry.
Sembrava a suo agio e, come se conoscesse tutti da tempo, scambiava due chiacchiere con lo zio Richard e giocava con la bambina di una coppia di amici.

Rinunciammo a spiegare che noi non eravamo una vera coppia perché in verità non mi dispiaceva neanche che lo pensassero. Harry era un ragazzo speciale e ad averlo al mio fianco mi faceva sentire, in un certo senso, fiera.

«Zio Richard sta alzando un po' troppo il gomito — bofonchiai al suo orecchio — smettila di versargli da bere»

«Andiamo Soph, è una festa»

«Emma, potresti portare questi piatti in cucina?» disse Kate.

La mamma di Louis era sempre stata strana nei confronti di Em. Senza ombra di dubbio farmi paranoie gratuite era uno sport che praticavo al livello agonistico, ma questa sensazione non lo era. Ormai la conoscevo da anni e la signora Tomlinson ed era una donna a cui non interessava risultare gentile al prossimo - tratto caratteriale che la stessa Reese aveva ereditato - e la sua non simpatia verso Em si percepiva sia dal tono di voce che  dal fatto che non la guardasse neanche in faccia quando si rivolgeva a lei.

«Stai. Ci penso io» intervenne Louis prontamente, alzandosi da tavola e prendendo i piatti sporchi. 
Non ne avevo mai parlato con lui apertamente, ma ero sicura che l'avesse notato. In fin dei conti si trattava di sua madre.
Harry mi guardò per qualche istante, poi tornò a conversare con lo zio Richard.

La serata trascorse tra una chiacchiera e l'altra. E quando della torta di compleanno rimasero solo le briciole e l'ultima bottiglia di spumante fu stappata, gli invitati iniziarono a defluire sempre più velocemente.
Kate chiamò un taxi per farsi portare in aeroporto. 
La famiglia Tomlinson non aveva evidentemente ancora appreso in pieno il significato di vacanza, ma volevo apprezzare la buona volontà della madre di Louis che era riuscita ad esserci per il suo compleanno. Dell'assenza del padre non chiesi, e tuttavia non potei dire di aver sentito la mancanza.
La nonna si ritirò nella sua camera, mentre noi ragazzi ci offrimmo di lavare i piatti.

All'una passata eravamo ancora svegli a guardare per la centesima volta 'Mamma ho perso l'aereo'. Era una tradizione natalizia a cui non potevamo rinunciare.

«Che genitori terribili» commentò Reese, commentando una scena del film comodamente sdraiata sulla vecchia poltrona in pelle della nonna.

«È proprio così che ti immagino come madre» scherzò Louis inducendo una risata generale.

Ogni tanto lanciavo uno guardo verso Harry, per vedere se si stava divertendo. Mi sentivo quasi in dovere di farlo stare bene, sopratutto dopo quello che mi aveva detto Zayn. 
«Qualcosa non va?» puntò i suoi occhi verdi nei miei quando li colse in flagrante a scrutarlo.
«No, mi chiedevo se ti stessi annoiando»
«Scherzi? Non guardo questo film da quindici anni, questa sì che è una vera vigilia di Natale»
Sorrisi istantaneamente. Era vero, una vigilia di Natale così non era da tutti. Un film di Natale, le lucine dell'albero con tutti i regali sparsi sotto, le finestre appannate dal gelo che si respirava fuori e noi, seduti sul divano vicino al camino, con una coperta di lana addosso. Istintivamente poggiai la testa sulla spalla di Harry e sulla sua soffice camicia di tartan. Non disse nulla, ma continuò a guardare il film con un mezzo sorriso sulle labbra.

«Mi fai giocare a quel gioco sul tuo telefono?» Emma aveva la testa poggiata sul bracciolo del divano opposto a dove mi trovavo io, raggomitolata in una coperta e, con le gambe poggiate su quelle di Louis, lo spintonava un pochino per avere attenzione.

«Perché non te lo scarichi sul tuo? — si lamentò — la mia batteria è costantemente al tre percento da quando siamo arrivati, grazie a te»

«Ti prego Lou, lo sai che il mio telefono è troppo vecchio» tentò con una voce più dolce.

Louis emise qualche borbottio incomprensibile mentre staccava il telefono dalla presa per porgerlo ad Emma.
Quella fu l'ultima immagine impressa nella mia testa prima di addormentarmi.

*

«Ti prego calmati»
«Come faccio a calmarmi?!»
Non riuscivo a capire dove mi trovassi, e da dove provenissero quelle voci. I toni erano accesi, due persone discutevano. Aprii e chiusi gli occhi più volte, non riuscendo bene a mettere a fuoco l'ambiente che mi circondava. Quando la vista progressivamente divenne più vivida potei appurare che il litigio non provenisse dalla televisione che, diversamente da come ricordassi, era spenta.
«Cos'è questa storia? Dimmi che c'è una spiegazione» era Emma la voce femminile che poco prima avevo sentito. Era agitata e stava in piedi vicino alla libreria mentre fissava con occhi lucidi Louis. Anche Harry si era alzato, mentre Reese era immobile sulla poltrona.
«Conosci la ragazza nella foto con Niall?»
Di lì in poi iniziai a mettere insieme i pezzi, fin quando la discussione botta e risposta non mi diede la terribile conferma che Emma avesse scoperto dell'accordo con Finch nel modo peggiore possibile.
«La conosci, Louis?»
Harry mi si avvicinò «Emma ha trovato una foto di Niall che tiene in braccio Kayla, sul telefono di Louis»
«Cosa ci faceva questa foto sul suo telefono?»
«L'ha scattata Rosie con l'iPhone di Louis»
«Non riesco a capire» Emma si voltò nella nostra direzione «chi è questa ragazza?»
«Ascoltami — Harry si portò una mano sulle tempie — non è come credi. Questa foto è una trovata pubblicitaria, è stata scattata nello studio di registrazione l'altro giorno. La fotocamera di Rosie non aveva una buona risoluzione, così ha usato il telefono di Louis»
«Una trovata pubblicitaria?» Emma sembrava giustamente confusa.
«Kayla è una modella americana. Lei e Niall dovranno fingere una frequentazione per alcuni mesi, per focalizzare su di loro l'attenzione dei media e farsi pubblicità a vicenda»
Emma rimase immobile, poi alternò lo sguardo da Harry a Louis. Infine tra me e Reese.
«Ne eravate tutti a conoscenza?» domandò quasi senza voce, ma sembrò più un'affermazione. Nella stanza cadde un silenzio agghiacciante. Mi sentivo una traditrice. Non avevo mai avuto cattive intenzioni, e contavo che fosse Niall a dirle tutto, ma ero la sua migliore amica.
«Emma, non prendertela con loro — intervenne Harry — sono io che mi occupo della carriera di Niall e che prendo le decisioni»
Emma sembrava essere sull'orlo di una crisi di pianto.
«Non volevamo che lo venissi a sapere così» disse Reese, mentre io ero ancora pietrificata.
«Non ci posso credere, io mi fidavo di voi»
Louis tentò di avvicinarla ma lei lo scansò bruscamente.
«Ho bisogno di prendere un po' d'aria» disse infine, e prendendo il cappotto dall'appendiabiti si diresse verso la porta di casa. Nessuno ebbe il coraggio di rincorrerla.

«Non posso credere che sia venuto a saperlo così, avremmo dovuto metterla al corrente sin da subito. Che amiche siamo?» 
«Soph, calmati. Lo capirà, vi volete bene e sa che non l'avresti mai fatto con cattiveria» Harry tentava di calmarmi, di farmi sentire meno in colpa ma ero imperdonabile.
«Mando un messaggio a Niall» comunicò Reese. Louis invece non proferiva parola, aveva le mani in faccia, solo ogni tanto li portava nervosamente tra i capelli. 
«Devo parlarle»
Si alzò di scatto e senza neanche prendere il cappotto si precipitò fuori, in giardino. 
«Ci perdonerà mai?» alzai gli occhi verso Harry che ancora aveva lo sguardo alla porta.
«Ma certo» mi sorrise «capirà che non volevi darle un dispiacere»
«Sì, ma così facendo l'abbiamo distrutta»
La porta di casa si aprì nuovamente, rivelando un Louis ancora più agitato di prima.
«Non la trovo da nessuna parte. Se n'è andata»


 


Dopo un'eternità sono tornata... fatemi sapere se c'è ancora qualcuno che legge la storia e se vi piace :)


 

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Capitolo 17
*** avviso ***


Ciao, questo non è un capitolo.
Dopo una lunga riflessione ho preso in considerazione l'eventualità di eliminare la storia da efp. Sto continuando a scriverla e c'è un nuovo capitolo giù pubblicato su wattpad dove continuerò a postarla. Tuttavia mi sembra di non avere lettori su questa piattaforma, e in questo caso preferirei eliminare da qui la storia per alcuni motivi.
Se ci fosse qualcuno che non possiede wattpad o preferisce non usarlo e vuole continuare a leggere questa storia mi faccia sapere e mi regolerò.
Grazie dell'attenzione, baci :)

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