Segui il tuo impasto

di sallythecountess
(/viewuser.php?uid=156857)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capotolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I


“Le cose belle arrivano quando hai smesso di aspettare” così si dice, no? Beh ma quando ci rendiamo conto che una cosa bella è realmente bella? Quando realizziamo che chi abbiamo di fronte non è semplicemente un incontro qualsiasi ma una specie di ancora di salvataggio che ci ha inviato il destino?
Beh a voler essere sinceri, esistono dei segnali, delle indicazioni molto precise che ci fanno capire quando siamo ad un punto di svolta, è solo che molto spesso noi ce ne freghiamo altamente, o comunque siamo troppo distratti per accorgercene. Però ci sono, veramente. Diciamo che ad un certo punto della cosa, sulla testa dell’altra persona si accende una specie di enorme freccia luminosa, eppure molto spesso noi continuiamo a dormire beatamente col prosciutto sugli occhi. E Chiara era una sorta di campionessa olimpionica del “dormire col prosciutto sugli occhi”. Lei, infatti, non si era minimamente resa conto di chi avesse davanti. E Luca…beh lui lo sapeva da sempre, ma essendo un insicuro cronico, un ansioso e anche disperatamente pessimista non ci aveva mai creduto. E quando mai ci credeva uno così?
Sì, Luca aveva una cotta per lei da circa cinque anni. Non che la conoscesse, eh. Era una cotta platonica, nata da ciò che sentiva raccontare di lei, dai suoi occhi verdi e da quell’enorme sorriso che aveva visto solo una volta o due. Beh detta così sembra folle, ok, ma a quanti di noi è capitato di prendersi una cotta per la sorella, il fratello o il cugino figo del nostro amico? Beh quello era successo al povero Luca.
Chiara era la migliore amica, nonché cugina, di una delle sue più care amiche e confidenti e lui era cresciuto col mito della ragazza dagli enormi occhi verdi che ride e fa casino con chiunque ma sembra sempre avere uno strano alone di mistero. Chiara era quella che ascoltava musica strana, che aveva insegnato a sua cugina Alessandra a portare i capelli in un certo modo perché “lo aveva visto in una certa zona di Londra o di New York”. Chiara era quella che macinava libri che poi passava ad Ale, che poi, conseguentemente arrivavano a lui perché “non poteva non leggere una certa cosa”. Eppure lui, di Chiara, non è che sapeva molto. Quelle poche e confuse idee che aveva su di lei lo avevano spinto a formulare una serie di ipotesi, che però erano tutte, completamente sbagliate.
Ok, l’ho fatto e non dovevo farlo…non dovevo parlarvi di loro senza cominciare per ordine. E allora…ok, mettiamo le cose in ordine, seguiamo gli schemi narrativi.
Dove comincia questa storia? Beh diciamo in un luogo non molto convenzionale, soprattutto se teniamo conto dell’età dei suoi protagonisti che non sono esattamente due adolescenti. L’incontro fatidico quella sera ebbe luogo in una sala per il lasergame e, per chi di voi non sapesse di cosa si tratta, vi dico subito che non è un posto romantico. Ok, ok c’è il buio, ve lo concedo, ma ci sono anche un sacco di omoni che si insultano e parecchie botte. Eppure Chiara desiderava da una vita andarci, e non aveva mai trovato la compagnia adatta.
Alessandra aveva insistito fino allo sfinimento per spingere Chiara fuori da casa sua e da quel letto nel quale aveva ormai lasciato una specie di impronta fatta di lacrime, briciole di patatine e mascara colato. Tutti pensavano che fosse dura per Chiara perché rompere con l’uomo con cui sei stata per dieci anni di certo è un trauma, ma la verità non la conosceva proprio nessuno. Neanche la sua cuginetta di un anno e mezzo più giovane, che le aveva sempre fatto da confidente. Non era una verità semplice da confessare a qualcuno, soprattutto perché lei non la aveva ancora completamente metabolizzata, o meglio, come Luca le disse molto tempo dopo, non era ancora stata in grado di “perdonare se stessa per quella sua stupida colpa…essere umana”.
“Insomma se questo non ti convince non so davvero più cosa provare…” sussurrò Alessandra sconsolata e Chiara sbuffò e accettò ad una sola condizione “non le fregava niente di conoscere uomini e se Alessandra avesse soltanto provato a presentarle qualcuno dei suoi sgangherati amici avrebbe scatenato l’inferno…”
Ale la guardò con un sorriso, perché in realtà era proprio quello il motivo per cui voleva spingerla ad uscire: era convinta che dopo tanto tempo con lo stesso uomo la cugina avesse una specie di necessità organica di flirtare con uno o più ragazzi carini. Ma Chiara non ne aveva nessunissima intenzione, visto dove l’aveva portata l’amicizia “innocente” con l’ultimo uomo.
Ovviamente conosceva di vista e di nome tutti gli stravaganti amici pazzoidi di Alessandra. Con qualcuno aveva preso un caffè di tanto in tanto, ma non aveva mai provato ad interagire con loro in modo significativo. Conosceva anche Luca di vista, e sapeva che al liceo aveva avuto una cotta per lei perché Alessandra aveva provato per circa tre anni a convincerla ad uscire con lui, ma lei non ci aveva mai pensato.
Non finirono in squadra insieme, e neanche interagirono più di tanto per la prima parte della serata. Chiara fu amichevole con tutti, come suo solito, e fece un gran casino, come suo solito, sforzandosi di divertirsi il più possibile, ma con tutte quelle cicatrici nel cuore era piuttosto difficile. Anche se all’esterno sembrava una che se la sta davvero spassando. E poi successe una cosa strana, una di quelle cose che sembrano davvero insignificanti ma che cambiano il corso degli eventi.
Vedete, gli amici di Luca erano abituati alle sue continue e incessanti citazioni di film e telefilm. Studiava regia, era laureato alla school of comics…non era un ragazzino normale, non lo era mai stato. I suoi genitori erano letteralmente disperati per questo. Il mondo intero aveva difficoltà a capire la quasi totalità delle sue battute e citazioni, e spesso Luca ci restava male e lasciava correre ridendo tra sé e sé, ma quando andava male si metteva a fare simposi per spiegare le citazioni che nessuno aveva colto, e puntualmente finiva col diventare lo zimbello della serata. Dopo qualche tempo, qualche amico che lo teneva particolarmente a cuore e che non voleva che lo prendessero in giro, aveva cominciato ad assecondare le sue farneticazioni ridacchiando. Molti avevano cominciato a credere che certe espressioni fossero suoi “marchi di fabbrica” e dunque lo assecondavano anche se non capivano quasi mai dove volesse andare a parare.
Così, quando si fece uscire di bocca un “Allons-y…Geronimo…” nessuno pensò che potesse esserci un riferimento ad un qualche personaggio…solo Chiara capì e sorrise. Ok, poteva essere un caso-si disse quasi entusiasta all’idea di aver finalmente trovato qualcuno con cui parlare della sua serie tv preferita- ma doveva assolutamente provare a introdurre l’argomento.”
Com’era prevedibile, la squadra di Alessandra e Chiara fu la prima ad essere eliminata, e mentre Ale faceva i capricci per farsi consolare da quel povero santo di Francesco, che l’amava troppo per non assecondare ogni suo desiderio, Chiara si andò a prendere una birra e cominciò a sorseggiarla.
Vedere le coppie felici le faceva sempre provare una strana malinconia, anche se voleva molto bene a quei due. Le vennero in mente per un istante alcuni frammenti di quel futuro utopico e folle che si era immaginata e sorrise malinconicamente scacciando quelle stupide idee. Non doveva pensarci, doveva farsene una ragione e se si fosse finalmente decisa a smettere di pensarci sarebbe passato. Tutto passa, no? A volte no.
E mentre mille pensieri tristi le offuscavano la mente e gli occhi, improvvisamente la sua attenzione fu attratta da altro. Anche la seconda squadra era emersa, e sembrava particolarmente allegra e in vena di far festa. Per un attimo Chiara alzò lo sguardo verso Luca e si dimenticò di rimettere la sua maschera. Fu un istante, solo un secondo, ma il gelo scese nella sala, perché Chiara aveva un’espressione talmente triste da contagiare chiunque nel raggio di circa 100 metri. E Luca in seguito le aveva spesso confessato che quello era il suo super potere e che “beh chiamalo un potere da niente…puoi trasmettere quello che provi al mondo. E’ una cosa seria. Hai il dovere di essere sempre felice per il bene dell’umanità.”
Chiara si accorse immediatamente dell’errore e pensò solo “O cazzo” ma sorridendo sussurrò “e così siete vincitori…che invidia…”
“Allora dedico la mia vittoria a mia madre, al cane, alla bella ragazza depressa con la Corona tra le dita che ho di fronte, a Bad Wolf…”
Luca stava facendo il solito ragazzino immaturo, e ci stava spudoratamente provando e quasi sicuramente non avrebbe avuto la minima chance se non avesse detto quelle due parole finali. Chiara ridacchiando ribattè “…alla regina Elisabetta I, a Amy e Rory e soprattutto direi, a River…no?”
In quell’istante venne fuori l’insegna luminosa. In quell’istante ci fu un attimo di pausa, come quello che segue una terribile esplosione o un crollo. Ogni cosa in Luca si arrestò, e fu quasi come una specie di rivelazione divina. Chiara continuò a ridacchiare sorseggiando la birra, senza dare molto penso alla cosa, ma Luca…oh quasi smise di respirare per circa dieci secondi. Ora avevano scoperto di avere qualcosa in comune, ma quella fu solo la scintilla. Dovevano andare oltre le apparenze e una volta accaduto…nulla fu più come prima.
Nota:
Salve a tutti. E' ufficiale, sì ho ricominciato a scrivere. E non lo so com'è questa storiella, ma abbiate pietà di me: devo rifarci la mano. Spero che vi sia piaciuta e che decidiate di farmi un salutino, ma in ogni caso, vi ringrazio per avermi letto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capotolo II ***


Capitolo II
“ no, no, no, no ti prego. Tu non puoi sapere quello che hai detto…ti prego, deve essere una casualità…”
“Va bene, faccio finta di non aver visto tutte le serie circa cinque volte, e di non rivedere il finale tra il dottore e Rose ogni volta che sono triste e, soprattutto, di non avere un’agenda a forma di Tardis…va bene? Beh ammetto di aver visto l’ultima serie una volta sola, quindi effettivamente non sono molto preparata. E’ che non sopporto…”
“…Clara? Neanche io!”
Gridò Luca incredulo. Nessuno degli altri presenti aveva la minima idea di cosa si stessero dicendo, ma non sembrava importare. Chiara e Luca si capivano perfettamente e per quanto bizzarro fosse il loro linguaggio, furono tutti francamente sollevati all’idea che lui avesse trovato qualcuno con cui parlare delle sue cose strane.
Chiara, dal canto suo, era incredula. Era single da circa due mesi ed aveva incontrato parecchi uomini e per quanto carini e sexy potessero essere, generalmente erano noiosi da morire e la spingevano a stufarsi in un nanosecondo. Ad essere onesti, non erano loro ad essere noiosi, ma lei ad essere perdutamente innamorata di un altro e dunque a paragonare sempre chiunque all’uomo impossibile, eppure con Luca non successe. Probabilmente perché non lo trovava un bel ragazzo, o forse perché le sembrava troppo simile a lei, eppure Luca fu l’unico ragazzo in tanti mesi a non subire il confronto immediato con quello che lei aveva ribattezzato “Il gigante di ghiaccio”. Era strano e divertente parlare con lui, aveva un che di surreale. Sapeva di aver trovato qualcosa di estremamente raro e prezioso: qualcuno che amava le sue stesse cose, eppure non aveva ancora capito quanto prezioso fosse il dono che le era stato mandato. C’era uno strano feeling tra lei e Luca, e sembravano costantemente finire l’uno le parole dell’altro.
Luca, invece, era letteralmente sconvolto. Ok, già solo parlare con la ragazza per cui aveva una cotta “dal tardo Settecento” per usare le sue parole era sconvolgente, ma Chiara era oltre ogni previsione. Le sapeva tutte, le capiva tutte e aveva una conoscenza quasi enciclopedica dei suoi film e telefilm di fantascienza preferiti. Se avesse potuto costruirsi una donna al computer, l’avrebbe creata esattamente così, e questo gli trasmetteva un terribile senso di euforia misto a un miliardo di altre sensazioni. Voleva parlarle di tutto, scoprire tutto, ma più andava a fondo più lei sembrava essere simile a lui e questo in un certo senso era francamente terrificante.
  Rimasero in piedi, uno di fronte all’altro a parlare e ridacchiare per circa dieci minuti e fu assurdo. Luca pensò che non potesse essere reale, perché lei sembrava essere troppo preparata su certe cose, ma non solo. Chiara condivideva la sua opinione su quasi ogni cosa e per quelle poche cose in cui non erano d’accordo sorrideva e diceva “ok, ascolta… spiegami la tua opinione ed io ti spiegherò la mia. Vediamo chi ha ragione insomma…sembra che abbiamo lo stesso cervello, quindi è strano che possiamo permetterci opinioni differenti.”
Era esattamente quella la sensazione che Luca provava. Sì. Sembrava che condividessero gli stessi pensieri e le stesse sensazioni e molto spesso, anche se non si erano detti certe cose, le davano per scontato, sapevano che se per loro era così doveva essere così anche per l’altro. E si conoscevano da circa un quarto d’ora.
“Sì, ok, non è che possiamo continuare il cineforum da qualche altra parte? No perché mi sto annoiando a morte…”
Ringhiò Alessandra dopo quindici minuti di conversazione e solo allora i due si accorsero del tempo trascorso e con un po’ d’imbarazzo Chiara sorrise e tornò accanto a sua cugina, lasciando il povero Luca quasi disperato. Non poteva assolutamente lasciarla andare e quei suoi stupidi amici volevano andare al discopub e…oh andiamo come avrebbe potuto parlarle al discopub? Come poteva scoprire cosa lei pensasse di Silente o del quarto transformers, o della versione cinematografica de Lo Hobbit in un discopub? Andiamo! Doveva trovare qualcosa…qualunque cosa.
Ok, ad essere sinceri Luca ormai si immaginava già sposato con lei e con cinque figli di nome Matt, David, Ginny, Fred e Arya. Dispettosi pargoletti con il meraviglioso aspetto da fotomodella di Chiara e il suo esuberante carattere. E immaginava di poterla stringere a sé tutte le sere, al ritorno da lavoro, quando costringevano i ragazzi a guardare Doctor Who o a giocare al gioco preferito di Chiara che, contro ogni aspettativa, si era scoperto essere Street fighter. Capito? No una roba stile Candy Crush o Ruzzle o queste cose da signorina, eh no. Lei non era una donna comune, per la miseria. Insomma quello che Luca aveva in mente era una grossa famiglia nerd con la donna più bella del mondo, eppure a guardarla da lontano si accorse che aveva di nuovo lo sguardo spento e si chiese dove diavolo andasse di tanto in tanto.
Sapeva della sua rottura col fidanzato e conosceva anche Davide. Era un gran bel ragazzo, decisamente più bello di lui, e poi…aveva un certo carisma. Tutti amavano Davide al mondo, e per un istante, pensando a questo, Luca si avvilì e tutti i meravigliosi piani di una famiglia andarono a farsi friggere, ma poi Chiara alzò lo sguardo e ridacchiando gli fece sentire da lontano la sua suoneria del cellulare. Così, Luca tornò determinato.
Per Chiara era stato bello chiacchierare finalmente con qualcuno che avesse i suoi stessi gusti, ma Alessandra era possessiva nei suoi confronti, e una volta tornata sola i suoi mille pensieri tristi erano ritornati. Il gigante di ghiaccio l’aveva conquistata così, con due chiacchiere, eppure loro non avevano in comune le stesse cose che lei aveva con Luca. E poi qualcosa di strano era nato in lei, si era accorta di una cosa: per quindici minuti lei non aveva pensato a lui, si era distratta. Così una parte di lei le intimò di continuare quell’esperimento e…non sapendo come fare si era giocata la carta della suoneria. Come una ragazzina di tredici anni. Eppure aveva funzionato.
In un attimo il giovane aspirante regista era scivolato accanto ad Alessandra e si era frapposto tra lei e Chiara, facendole tornare il sorriso e disse “ok e se invece di andare in quel posto squallido e per subnormali andassimo a mangiare una semplice pizza da Giovanni? E’ un posto carino, tranquillo e c’è l’orchestrina jazz…”
Chiara capì che stava decisamente tentando di provarci con lei e si disse che doveva immediatamente farlo smettere, eppure…le piaceva il jazz. Così decisero di cambiare piani e…Luca decise che doveva salire in auto con lei. Non aveva in programma di sedurla, ma sapeva che l’unico modo che avesse per affascinare una donna era parlarle, ed infatti fu un viaggio piacevole il loro. Fino a quando lui non decise di parlare davvero troppo.
Vedete, le persone che hanno delle ferite sono come tanti piccoli ricci: sono chiusi completamente al mondo, indossano una maschera per fingere di stare bene e di non avere nessun problema. Quando però incontrano qualcuno che sembra un po’ “riccio” come loro, decidono di allentare piano piano la presa. Questo stava facendo Chiara, stava allentando la presa, rilassando gli aculei. Con Luca non era necessario fingere, non era necessario neanche ridere forzatamente, era tutto naturale e spontaneo come se si conoscessero davvero. Sembrava che lui sapesse dei suoi aculei e di tutte le sue ferite e che sapesse esattamente come gestirli. E lui era convinto di aver capito tutto, ma questo lo spinse a sbagliare.
Aveva deciso di provare a parlare di qualcosa di “reale” che non fossero film, manga o musica. Non disse niente di particolarmente sbagliato, chiese soltanto a Chiara come mai quella fosse la prima volta in cui usciva con loro, eppure lei si richiuse immediatamente e gli ci vollero molte ore per farla aprire di nuovo e ci riuscì solo aprendo gli aculei e mostrando la parte fragile del suo corpo da riccio.
Nota:
Eccomi qua. Siete un po' curiosi di capire cosa sta succedendo? Vi interessano questi strani personaggi? Fatevi sentire, io vi aspetto.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo 3
E così si era allontanata. Ci aveva messo un attimo a farlo, involontariamente aveva tirato su una specie di muro di protezione e Luca era rimasto quasi mortificato da tutta quella storia. Ok ora aveva capito: non si poteva fare nessunissimo tipo di accenno alla sua relazione precedente. Neanche un vago e indiretto riferimento. Ora lo sapeva e non avrebbe fatto più lo stesso sbaglio. Dio, perché non ci aveva pensato prima? Insomma era ovvio che lei non volesse parlare del suo ex. Così ricominciò a provare a parlarci e Chiara rispose cortesemente, ma non era più loquace come prima.
Si era sentita ancora una volta sotto assedio e questa volta non aveva potuto sopportarlo perché aveva abbassato le difese. Vedete, la storia tra lei e Davide era epocale, tutti si aspettavano che si sarebbero sposati e dunque tutto il mondo da giorni si sentiva in diritto di chiederle cosa fosse successo tra loro, di darle consigli non richiesti e tutto il resto. Molti le dicevano con fare amichevole e quasi di superiorità “Oh ma vedrai che è solo un bisticcio tra ragazzi…” ma la verità era molto diversa. Chiara avrebbe dato qualunque cosa perché fosse così. Ovviamente tutti avevano dato la colpa a lei, perché Davide era troppo adorato e adorabile per essere accusato di qualcosa. Lui era il ragazzo bravo e dolce, sempre presente e sempre perfetto, quello che ogni madre vorrebbe sposasse le proprie figlie e non si potevano trovare difetti a uno così. Nessuno avrebbe mai più amato Chiara come faceva Davide, nessuno l’avrebbe mai più messa sempre al primo posto nella sua vita, e per questa ragione tutti accusavano Chiara per la loro rottura. E persino lei, che si rimproverava giorno e notte per quella sua stupida colpa, non riusciva a trovargli colpe nella fine della loro relazione, anche se oggettivamente Santo Davide ne aveva qualcuna.
E poi improvvisamente Chiara aveva intercettato uno sguardo di Luca e le era venuto da ridere: aveva l’espressione attenta di un cane che ha appena fatto un guaio e sta cercando di osservare il padrone per capire se verrà cacciato via o meno. Avete presente? Quando il cane ha quell’espressione seria, le orecchie dritte e gli occhioni spalancati a metà fra il triste e il curioso? Fu un attimo: a Chiara venne da ridere e lui paradossalmente trovò le parole giuste da dire e sussurrò “…insomma io non volevo mettere in mezzo argomenti tristi. Quello che volevo sapere è se…hai perso la ragione o se il tuo ingresso nel nostro gruppo è in qualche modo imputabile a un qualche tipo di lavaggio del cervello alieno…”
“Sì, in realtà ho l’ameba aliena in testa stile personaggio di Futurama…” rispose Chiara laconica, ma fu altro a riavvicinarli.
Luca voleva parlare della loro vita reale, ma Chiara lo conosceva appena e non se la sentiva di parlare dei suoi guai, malgrado la voglia di sfogarsi fosse davvero tanta. Ci aveva pensato, qualche volta. Aveva avuto la tentazione di parlargli, credeva che lui avrebbe potuto capirla ma poteva davvero fidarsi di uno sconosciuto che magari avrebbe rivelato gli affari suoi al mondo? No, no non poteva sbandierare i suoi guai. Questo, fino a quando lui non espose in prima persona i suoi.
Gli ci volle un attimo per smettere di essere amichevole e allegro e diventare malinconico quanto Chiara. Avevano parcheggiato l’auto in centro, così da poter fare due passi sul lungomare prima di arrivare al locale. Vivevano in una piccola cittadina di mare, di quelle che d’estate sono meravigliose ma d’inverno sembrano spettrali e deserte. Erano tranquilli quella sera, era marzo eppure si stava bene vicino al mare. Luca era perfettamente a suo agio e rilassato, e un tacito accordo di entrambi sembrava aver riportato le cose al loro posto: Chiara non voleva parlare della sua vita, e non lo aveva nascosto, così Luca aveva ricominciato a parlare di film e, malgrado una certa distanza, la loro conversazione era continuata tranquilla. Fino a quando, passando accanto ad un grande ristorante, Luca non sentì chiamare il suo nome e strinse gli occhi pensando solo “no, no…questo no.”
Aveva riconosciuto la voce e non era proprio il momento adatto per quello che lui chiamava “l’incontro mensile con l’umiliazione”, ovvero con suo padre.
Chiara si girò distrattamente a guardare dove fosse andato, e in un attimo lui attirò nuovamente la sua attenzione, aveva ancora una volta un atteggiamento da cane, stavolta bastonato. E poi, improvvisamente, aveva dato cenno di insofferenza e aveva voltato le spalle a suo padre senza neanche salutare i suoi amici e la sua compagna. Aveva solo fatto un gesto con la mano, di quelli scortesi ed era tornato dai suoi amici, che già sapevano tutto e non chiesero nulla. Solo Chiara non aveva idea di cosa fosse successo, e non aveva neanche capito che l’uomo scuro e quasi di colore fosse il padre di quel ragazzino dalla pelle chiara e dagli occhi color smeraldo. Aveva solo notato che lui era giù di corda ma non disse nulla, fino a quando, arrivati in pizzeria, decise di volersi sedere accanto a lui.
Luca si era sentito terribilmente umiliato e non aveva neanche il coraggio di guardarla. Non voleva che lei scoprisse che era un dannato morto di fame e non voleva che pensasse male di lui, ma suo padre come al solito lo aveva umiliato davanti ai suoi amici e lei certamente aveva sentito. Perché doveva sempre tirare in ballo i soldi ogni volta? Perché doveva sempre criticarlo pubblicamente, ovunque fosse e con chiunque andasse in giro?
Vedete, nessuno aveva in realtà sentito il loro discorso, ma Luca si sentiva  tanto umiliato perché pensava che la scenata di suo padre fosse stata pubblica, ma in realtà era stato un discorso tra loro due. E mentre duemila pensieri lo attanagliavano, Chiara si sedette accanto a lui con un sorriso e porgendogli il pane sussurrò solo “allora…pillola blu o pillola rossa?”
Ecco, ora aveva la certezza matematica di averle fatto pena. Ma lei era carina e dolce così sorrise e prese il pane e poi successe una cosa che lui non poteva prevedere: Luca aveva detto tante cose che a Chiara piacevano, erano andati d’accordo su migliaia di affermazioni, ma niente toccò il cuore di lei come quelle due parole che si sarebbe fatta incidere nella carne se solo avesse potuto. Luca, con fare teatrale le disse “maledetti matematici…” e Chiara letteralmente si sentì colta nel vivo. Che sapesse? Beh no, non era possibile che lo avesse saputo anche perché lei non lo aveva detto a nessuno. Ma allora che significavano quelle parole? Perché lui aveva detto quelle cose e in quel momento? E poi lui continuò “sono persone fredde, fatte di calcoli. Noi umanisti, invece, siamo diversi. Abbiamo un cuore e…”
“…e non è fatto di numeri. Non funziona col codice binario e per noi le cose non sono solo giuste o sbagliate, noi percepiamo le sfumature…”
Non aveva idea di cosa la avesse spinta a dire quelle cose, che pensava da sempre, a Luca che però rimase senza fiato e rispose “no infatti. Loro sono dicotomici, in tutto. Una cosa o va bene oppure no…e non sentono ragioni! Per loro è sempre tutto semplice, è sempre un 2+2=4 ma non è così nella vita. A volte 2+2 non ha un risultato o…”
Chiara sorrise dolcemente, perché aveva appena dimostrato di avere tutte le carte in regola per vincere la sua amicizia, e così senza volerlo sussurrò “…o magari fa sei. Però loro trovano le loro certezze rassicuranti e chi siamo noi per mettergliele in discussione? Non sai quante volte avrei voluto vivere una vita in cui 2+2= 4. Infondo noi non possiamo capirli. Abbiamo proprio una ripulsione fisica per certe cose. Loro sono fatti di numeri e noi…beh non posso dire che siamo fatti di lettere, perché loro usano le lettere…”
“Sì, certo le usano…ma come? Privandole del loro valore più importante, ossia della loro capacità di veicolare i messaggi…sono capaci di rendere sterili anche cose così preziose…” ringhiò Luca, che da sempre aveva un odio particolare verso i numeri e quella sera sembrava aver trovato una degna compagna e Chiara  ridacchiando pensò tra sé e sé che aveva trovato un degno compagno nella sua lotta ai numeri, ma sorridendo sussurrò “ma vedi…è che siamo troppo diversi per capirci e per…volerci bene…” per un attimo aveva sussurrato quelle parole in modo così felpato e dolce da far capire a Luca che c’era un matematico dietro quei suoi occhi tristi, ma poi, parlando sempre a se stessa più che a Luca, aggiunse “…però non possiamo farcene una colpa. Noi siamo solo esseri umani di un tipo diverso…loro sono fatti di numeri e noi…beh di storie, di tutti i film e i quadri che abbiamo visto, delle canzoni che abbiamo urlato tra le lacrime, dell’odore della carta che abbiamo inspirato, del profumo della legna che arde misto a quello della cioccolata calda, e soprattutto di tutti i personaggi che abbiamo amato e di tutte le avventure che abbiamo vissuto in questo o quel libro. Noi…beh siamo fatti di favole. E se è vero che lettere e numeri possono convivere qualche volta, nelle loro equazioni o cose così, tu hai mai visto numeri e favole insieme?”
Luca sorrise dolcemente e sussurrò in risposta “beh credo che esista qualcosa per bambini ma…no, direi di no.”
“E allora è inutile colpevolizzarli. Accettiamo di essere troppo diversi per capirci e…prendiamo le nostre decisioni…” disse Chiara, che in realtà aveva fatto quel suo meraviglioso discorso a se stessa e non a Luca.
E così quella sera successe una cosa strana, involontariamente, senza sapere bene cosa stessero facendo, i due ricci si scontrarono tra loro, e nella collisione qualche aculeo andò perso e si ritrovarono entrambi doloranti, ma più esposti.
Nota:
Eccomi qui ancora una volta. Allora, che ne pensate? Voi siete fatte di numeri o di favole? O magari di entrambe le cose? Fatemi sapere.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3180655