No Light Without Darkness

di cinquedimattina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***
Capitolo 15: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


No Light Without Dark
Prologo

Il Monte Olimpo era in gran subbuglio, per non dire caos, quel giorno.
Tutti -ma proprio tutti- gli dèi erano seduti sui rispettivi troni, disposti in una specie di “u” e discutevano.
Chi animatamente e con voce troppo alta, non dicendo niente di razionale o comunque di senso compiuto, giusto per il piacere di fare confusione, come Ares ed Eris, chi invece pacatamente e con razionalità, soppesando quanto da dire e cercando di trovare una soluzione plausibile e ragionevole, come Atena.
Altri, invece, si facevano semplicemente i fatti loro o parlavano d'altro, guardando il loro riflesso in uno specchietto tempestato di rubini o battibeccando con il proprio fratello gemello sul “perché non devi avvicinarti alle mie cacciatrici” per esempio, comportandosi come se la cosa non li riguardasse.
Oh, li riguardava eccome.
«Silenzio! -la voce profonda e dura di Zeus riecheggiò nella sala, riuscendo a mettere a tacere tutte le altre- So, che quanto sta accadendo laggiù getta tutti in grande confusione..»
«Confusione, fratello? -controbatté Ade, puntando i gomiti sulle ginocchia e ridacchiando sarcastico, scuotendo i neri capelli ricci -Come potrebbe, qualcosa di cui non siamo a conoscenza, mandarci in confusione? Il nostro è oblio, tutti noi siamo nel più completo oblio!» sbraitò il Signore degli Inferi mentre delle fiamme nere ardevano dietro di lui.
«Placati, Ade. Ora come ora dobbiamo restare calmi, mettersi l'uno contro l'altro è la cosa peggiore da fare» la voce cristallina di Atena riuscì a mitigare l'ira del dio, che unì le mani davanti alla faccia e le poggiò sulle labbra, costringendosi a non evocare nessuno dei mostri che comandava.
«Cadavere ha ragione» ammise Ares, battendo le dita sul bracciolo del trono di marmo bianco.
Ade aprì le braccia, sollevò entrambe le sopracciglia e spalancò leggermente gli occhi, in segno di ringraziamento.
Zeus si alzò e si fece avanti nella sala, prendendosi la base del naso tra le dita: «Lo capisco, capisco le vostre preoccupazioni ma..»
Un bussare forte e insistente interruppe il discorso del dio, che aggrottò le sopracciglia e iniziò a fissare intensamente la porta, così come facevano gli altri dèi.
Alcuni di loro si erano alzati dai propri troni e avevano impugnato le armi pronti ad un'eventuale lotta, quando il rumore cessò.
Fu un attimo.
I cardini della porta saltarono in aria, così come la porta stessa, con un norme frastuono mentre tutti gli dèi si alzavano e si preparavano a combattere.
«Non può essere! -urlò Zeus alla vista del Titano, facendosi avanti e stringendo tra le dita una folgore- Tu dovresti essere rinchiuso nel Tartaro!»
«Hai detto bene, Zeus, io dovrei essere rinchiuso nel Tartaro -il Titano sorrise maligno- Ma credo che sia giunto il momento di pareggiare i conti, non credi anche tu?»
Disse così e istantaneamente una tempesta iniziò ad infuriare, afferrando gli dèi che provavano inutilmente a combattere e rinchiudendoli in gabbie d'aria nera.
«Tu non puoi farlo! Io sono l'onnipotente Zeus, Re degli dèi e sono il Signore dell'Olimpo!» urlò arrabbiato il dio, mentre veniva anche lui imprigionato in una delle gabbie.
Il Titano sorrise di nuovo, compiendo un movimento circolare con la mano, sul cui palmo si creò un mini-tornado che andò pian piano crescendo fino a diventare di dimensioni enormi.
«Sbagli, caro Zeus, tu eri il Signore dell'Olimpo» e detto questo, scagliò il tornado verso il dio, che venne risucchiato insieme agli altri suoi simili.
L'era degli Olimpi era finita.
 

Heylà!

Benvenuti nella mia prima fanfiction interattiva, quindi, iniziamo con ordine!
Il Prologo!, nel quale troviamo cari deucci(?) attaccati da un Titano (avete capito tutti chi è, sono prevedibile, vero? Vero)
Ora, veniamo alla parte che vi interessa (spero).
Per questa fanfiction mi servono 7 semidei, che voi creerete, 4 ragazzi e 3 ragazze.
Accetto un solo OC per partecipante e un solo semidio/semidea per dio/dea.
Gli dèi sono tanti, tantissimi, perciò trovate la divinità, maggiore o minore che sia e sbizzarritevi!
Avrei solo un minuuuscolo favore da chiedere: mi servirebbe davvero che qualcuno creasse un figlio di Ares, gli spiegherò poi le motivazioni, magari per messaggio privato.
Quindi se qualcuno fosse così gentile.. FATTI AVANTI E SII UOMO! Tiprego :3
Avete tre giorni dal mio okay per mandarmi la scheda, se non mi arriverà al termine di questi vi eliminerò dalla storia e darò spazio ad altre persone (sempre che ci siano).
Inoltre, siete pregati di non mollarmi la vostra creazione e sparire, PENA LA MORTE!, (del pg, ovviamente).
Dii immortales, sembro la mia professoressa di Storia e Greco XD
Comunque, detto questo, vi lascio la scheda per i personaggi ^.^ (i punti segnati con * sono facoltativi).

 
Nome:
Secondo Nome*:
Cognome:
Età:
Carattere:
Aspetto fisico:
Genitore divino e rapporti con esso:
Famiglia non divina e rapporti con essa:
Relazioni (amicizia e/o amore) con atri OC*:
Arma:
Abilità:
Poteri (non esagerate please):
Ama:
Odia:
Andrebbe d'accordo con*:
Non andrebbe d'accordo con*:
Storia:
Altro/Curiosità*:
Prestavolto:

Grazie in anticipo a chi parteciperà, bacioni.
Diana 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


(1)

 

Kahlen Reed era lo stereotipo perfetto della figlia di Nemesi, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Vendicativa quasi come la madre (per non parlare poi di quanto fosse arrogante, in alcuni casi), amava cimentarsi nell'invenzione di metodi di rivalsa sempre nuovi, dando sfogo ogni volta alla sua immaginazione.
La vittima di quel giorno era una tra le sue preferite, se non l'unica, e probabilmente quella che avrebbe tormentato per tutta la vita (forse anche dopo quella): Jordan Ivanov, figlio di Ares.
Nascosta dietro una postazione del Poligono di Tiro con l'arco, Kahlen aspettava impaziente che la vendetta del giorno si compisse.
Ignari di quanto stava accadendo, Jordan Ivanov e Jesse Studridge, figlio di Afrodite, discutevano sul perché il primo avrebbe dovuto migliorare il tiro con l'arco.
«Dai, Jesse. Lo sai che io preferisco le armi da combattimento ravvicinato» iniziò Jordan, indicando con un cenno del capo la sua spada a lama larga di bronzo celeste, Dunamis, e facendola ruotare al lato del corpo per puro senso dello sport «Perché dovrei allenarmi ad usare l'arco?» continuò poi.
Jesse ridacchiò, scuotendo la testa:«Esibizionista. Tu devi imparare ad usarlo, perché potrebbe salvarti la vita.» disse, allontanandosi dall'amico e andando a prendere un arco e una faretra piena di frecce.
«Voi stupidi figli di Ares, se non rischiate la vita almeno dieci volte al giorno, non siete contenti » continuò poi il figlio di Afrodite, porgendo l'arco al figlio del dio della guerra.
A ridere, questa volta, fu Jordan che si passò una mano tra i ricci biondi e la lingua sulle labbra, per poi afferrare l'arma che l'amico gli tendeva e girarsi verso il bersaglio.
«Piega di più il gomito» gli suggerì Jesse, incrociando le braccia al petto e aggrottando le sopracciglia, mentre osservava l'amico incoccare la freccia e tendere l'arco con un movimento fluido delle braccia, «Ricorda: incocca, tendi, scaglia».
Jordan ripeté mentalmente queste parole, immaginando i movimenti per poi eseguirli, scagliando la freccia che c'entrò il bersaglio perfettamente.
Kahlen alzò di scatto la testa e aggrottò le sopracciglia: perché il suo piano non stava funzionando?
Pensò seriamente di picchiare Zara, la sua migliore amica e figlia di Ecate che l'aveva aiutata a preparare la sua vendetta, manomettendo attraverso la magia una le frecce.
Tirane un'altra, tirane un'altra!
«Tirane un'altra, Jo» gli ordinò Jesse facendo un movimento di lato con la testa, scostandosi la frangia scura dagli occhi e causando l'esultanza di Kahlen che rischiò anche di farsi scoprire dai due.
Jordan fece come gli aveva detto l'amico, afferrando un'altra freccia dalla faretra e incoccandola nell'arco ma, quando tese la corda, accadde qualcosa che probabilmente avrebbe dovuto aspettarsi.
La freccia esplose in una nube nera che avvolse la testa del figlio di Ares che, a sua volta, lasciò cadere l'arco a terra e iniziò ad agitare le mani cercando di allontanare la nube nera.
Quando questa si dissolse, Jordan aveva le labbra serrate in una linea dura, così me era la sua espressione, e guardava Jesse ridere, come se avesse voluto ucciderlo con lo sguardo.
Una risata fragorosa e puramente divertita lo fece girare: Kahlen era in piedi, uscita dal suo “nascondiglio”, che rideva a crepapelle tenendosi la pancia.
Jordan respirò profondamente, per poi afferrare Dunamis conficcata nel terreno e dirigersi verso la ragazza.
Normalmente il ragazzo era un tipo riflessivo e ragionatore (a volte anche troppo), ma quando si trattava di Kahlen e delle sue vendette, insensate a detta del figlio di Ares, perdeva completamente la testa.
Kahlen, dopo essersi ripresa, incrociò le braccia al petto e sollevò un sopracciglio, alzando il mento e guardando il biondo con uno sguardo fiero.
Jordan le arrivò davanti, alzò la spada e.. la piantò a terra, mentre veniva raggiunto da Jesse, che temeva davvero che l'amico potesse fare qualcosa di avventato.
«Tu, -iniziò Jordan, passandosi una mano sui ricci sporchi di nero- la devi piantare, okay? Sono passati mesi e..»
«E' inutile che sprechi la voce, non ti sto neanche a sentire» tagliò corto la ragazza sorridendo smielata, cosa che fece innervosire il figlio di Ares più di quanto non fosse già «E poi, dovresti ringraziarmi. Ti lamentavi sempre del fatto di essere albino e di non riuscire ad abbronzarti, ora invece un po' di colore ce l'hai» concluse sarcastica poi, arrotolandosi innocentemente una ciocca di capelli bionda intorno al dito.
«La tensione sessuale che c'è tra voi, è più che palpabile. Mi sembra anche di riuscire vederla» s'intromise Jesse «Uh, sì. Eccola lì»
«Va all'Inferno, Jesse» sbottò con un sorriso Kahlen, ruotando gli occhi al cielo.
Jordan aprì la bocca per ribattere quando un boato si liberò nell'aria, costringendo i semidei a voltare la testa nella sua direzione.
Stava accadendo qualcosa alla barriera.

Eileen Faith Lorence si stava dando più che da fare per realizzare le decorazioni in ghiaccio per la festa del Solstizio d'Estate.
Con un fluido movimento delle mani modellò, intorno ai petali di fiori rosa datigli da alcuni figli di Persefone, la forma di una ciotola, per poi poggiarla sul tavolo fuori dalla cabina, insieme alle altre una volta finita.
Eileen sospirò rumorosamente, prese l'elastico rosso portato intorno al posto e raccolse i capelli castani in una coda alta, per poi tornare alla sua occupazione.
Aveva appena finito di creare un'altra ciotola quando un «Hey hey hey!», la fece sobbalzare facendole cadere la ciotola di ghiaccio.
Emma Mellington, figlia di Dioniso, era dietro di lei, pimpante come sempre e con un enorme sorriso sulle labbra.
La figlia di Chione sospirò di nuovo, fissando la sua creazione in pezzi sul pavimento e «Ciao, Em» salutò.
La figlia di Dioniso sorrise ancora di più, inclinando leggermente la testa e sporgendosi di lato: «Che roba sono?» chiese poi, indicando con un dito le ciotole appoggiate sul tavolo dietro l'amica.
Eileen si voltò seguendo lo sguardo della ragazza, sorrise leggermente e «Oh, le decorazioni per la festa del Solstizio d'Estate.» spiegò poi.
Emma la guardò scettica, alzando un sopracciglio: «Sono di ghiaccio» osservò.
«Uhm, sì»
«Ma è estate, si scioglieranno»
«Oh, no. I figli di Ecate faranno qualcosa per impedirlo. Una delle loro magie super» spiegò Eileen, prima di riprendere a creare le ciotole «Te non fai niente? Per la festa intendo»
Emma si sedette davanti all'amica, appoggiando un gomito sul tavolo di legno e poggiandovi la testa sopra, annoiata: «Io e i miei fratelli portiamo il vino» ridacchiò poi.
Eileen si unì all'amica, ridacchiando e scuotendo leggermente la testa, poi borbottò un «Ovviamente».
Gli occhi di Emma caddero involontariamente sulle braccia scoperte dell'amica, la figlia di Dioniso si morse il labbro inferiore e strinse le mani a pugno: «Lee, ti..ti fanno male?» chiese poi titubante.
Eileen aggrottò le sopracciglia, non capendo, poi abbassò lo sguardo e tu le fu chiaro: «No, ormai ci sono abituata. Ma non preoccuparti, so difendermi» sorrise leggermente poi.
Emma annuì, seppur poco convinta, cosa che non sfuggì affatto all'occhio vigile di Eileen.
Conosceva Emma da quando era arrivata al Campo, tanto che ormai la figlia di Dioniso era diventata quella che poteva definirsi la sua migliore amica.
Eileen aveva detto di quanto successo prima dell'arrivo al Campo Mezzosangue, solo a lei, essendo Emma un'ottima ascoltatrice e un'ottima amica.
E il fatto che la figlia di Dioniso fosse una persona parecchio empatica, aveva reso tutto più semplice.
Ad Emma bastava sempre e solo uno sguardo, per capire lo stato d'animo delle persone, specialmente quello della migliore amica.
La figlia di Chione, in più, essendo di un anno più grande, si sentiva come una sorella maggiore per lei, cosa che la spinse a lasciare l'ennesima ciotola sul tavolo e ad andarsi a sedere accanto l'amica.
Eileen le posò una mano sulla spalla come per rassicurarla:«Hey, dico davvero. Sto bene»
Emma sorrise e annuì, portandosi dietro un orecchio una ciocca di capelli castano.
Le due amiche si sarebbero abbracciate, se solo un grande frastuono non le avesse costretta ad alzare lo sguardo verso la barriera.
«Cosa Ade sta..» iniziò Emma alzandosi in piedi, prima di essere interrotta da un altro boato, che fece tremare anche la terra sotto di loro.
A quel puntò si alzò anche Eileen, con la mano già stretta intorno al manico di Spìti, il suo pugnale: «Sta succedendo qualcosa alla barriera!» esclamò poi, iniziando a correre verso la Casa Grande: «Vieni, Em!».


 


Uuun Buon Sìcompleanno(?) a me!
Sono tornata con il primo capitolo, people! 
Come potete vedere(?), non sono presentati tutti i personaggi perché se li avessi messi tutti insieme il capitolo sarebbe diventato di dimensioni impressionanti!
Quindi ho deciso di dividerlo in due (il secondo capitolo arriverà a breve, probabilmente oggi pomeriggio), per agevolare la lettura!
Spero davvero di aver rappresentato al meglio i personaggi!
Inoltre vorrei che tuuutti ringraziassero quella santa di Ellie, aka O m e g a, che non solo ha creato Jordan, il fighissimo figlio di Ares, ma ha anche avuto la santa pazienza di leggere il capitolo (in quanto beta reader) e di aiutarmi a renderlo un po' meno uno schifo.
GOD BLESS ELLIE
Vi ho detto tutto? Vi ho detto tutto.
E quindi.. niente, io mi dileguo e grazie di aver partecipato!
Bacioni,
Diana.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


No Dark Without Freedom

(2)

Ashton Aster Vause, figlio di Persefone, era sempre più convinto che l'idea del suo amico Todd Rook, fosse una pessima idea.
Non si ricordava neanche il perché avesse accettato di partecipare a quella folle prova.
Avrebbe potuto benissimo passare la giornata in mezzo al prato, a godersi la bellissima sensazione dei raggi del sole sul volto pallido (cosa che era solito fare e che lo rilassava sempre parecchio) e invece si trovava nell'arena, con un pallone da basket in testa che si reggeva per miracolo (o per magia) e il rischio quasi certo di morire.
«Ti ho già detto che è una pessima idea?» chiese Ashton a Todd che, a qualche metro da lui, provava maldestramente ad infilare una freccia in una balestra.
«Almeno una cinquantina di volte, ma chi ti sta più a sentire» sorrise innocente il figlio di Tiche, puntando la balestra verso l'amico «Pronto?»
«Se mi uccidi e finisco nell'Ade, Todd, io ti ammazzo!» tenne a precisare Ashton, prima di unire le mani dietro la schiena.
«Okay, ho capito, sei stressato. Ci serve solo una battuta» iniziò, schiarendosi la voce «Dunque, se le mucche fanno 'mu', perché una fa 'mumu'?» continuò poi, abbassando la balestra.
Ashton ruotò gli occhi al cielo, con aria sofferente e «Uccidimi ora» mormorò.
«Perché è balbuziente!» finì il figlio di Tiche, sorridendo ampiamente, per poi scoppiare a ridere alla sua stessa battuta.
«Sai cosa, sono pronto» fece invece Ashton, con quel fare drammatico che in realtà non gli si addiceva per niente «Uccidimi».
Seppur figlio della dea della Morte, il ragazzo aveva un carattere allegro e spontaneo, forse troppo schietto ma comunque per niente simile agli altri suoi fratelli.
Todd rialzò la balestra, chiuse un occhio e infilò la lingua tra le labbra, come faceva sempre quando si concentrava e fece per premere il grilletto, quando la freccia già incastrata nell'arma, saltò e finì a terra.
Il figlio di Persefone fece un sospiro di sollievo, per poi puntare lo sguardo sullo sfortunato figlio di Tiche che si abbassava a raccogliere la freccia e l'infilava di nuovo nella balestra: «Okay, sta volta ci sono. Te lo richiedo: pronto?»
Questa volta Ashton scosse animatamente la testa e spalancò gli occhi, facendo cadere il pallone in bilico sulla testa.
Todd sbuffò e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, per poi avvicinarsi all'amico e provare a rimettere in equilibrio la palla da basket sulla sua testa: «Hai idea di quanto mi ci sia voluto per farla stare ferma?»
«Sì, visto che quella sopra cui la stai mettendo è la mia testa!» Ashton aprì le braccia, rischiando di nuovo di far cadere di nuovo la palla, enfatizzando la parola 'testa'.
«Oh, andiamo! Possibile che tu abbia così poca fiducia in me?» sbottò poi il figlio di Tiche.
Ashton fece cadere la palla, di proposito questa volta, e se l'infilò sotto il braccio e «Non è che non mi fidi, è solo che è risaputo che tu e la fortuna non andate propriamente d'accordo, anche se sei un figlio di Tiche».
Il che era anche vero, dato che la dea della Fortuna probabilmente avrebbe preferito qualsiasi altro essere a Todd, come figlio.
«Appunto! Proprio perché non sono fortunato, devo allenarmi nel combattimento» spiegò a sua volta il moro figlio di Tiche, abbassando la testa sconsolato.
Ashton si avvicinò all'amico, mettendogli una mano sulla spalla, cosa che comunque gli costò parecchio dato il suo scarso amore per il contatto fisico, e abbassandosi leggermente, data la sua altezza: «Per quello ci sono i manichini che, giusto perché tu lo sappia, non hanno paura, non scappano e non muoiono! E poi dovresti esercitarti con il pugnale, fai davvero schifo con quello»
Todd lo guardò male, per poi annuire e dirigersi verso i manichini.
«Ad ogni modo, perché vuoi allenarti proprio adesso? Non te ne è mai importato praticamente nulla» osservò poi, levando di mano all'amico la balestra.
Non che lui fosse migliore, comunque.
Ashton non amava per niente gli scontri fisici e non essendo molto abile in quelli e possedendo comunque solo un pugnale, era parecchio raro che partecipasse agli allenamenti nell'Arena.
Avendo però passato molti estati al Campo, aveva seguito gli allenamenti di atletica e per questo aveva una forma fisica eccellente, sebbene non fosse provvisto di muscoli sviluppati.
Todd alzò le spalle: «Ci pensavo ieri: metti che qualcuno, un giorno, decide di attaccare il Campo, sarei il primo a morire».
Neanche a dirlo, quella frase portò sfortuna a tutto il Campo Mezzosangue.
E ti pareva.

Malia Sugg, figlia di Eos, era piacevolmente impegnata a leggere uno dei suoi libri preferiti sul portico della cabina diciotto, con una tazza di tea stretta tra le gambe magre e una coroncina di fiori, da lei fatta, sulla testa.
«Posso assicurarti che è originale. Non ti venderei mai un falso! Non sono mica un figlio di Hermes, io!»
Malia ridacchiò silenziosamente, scuotendo la testa e girando la pagina del suo libro, con fare disinvolto.
Sul portico, dietro di lei, Quinn Richards, figlio di Ebe, prese in mano i soldi del povero figlio di Apollo che era stato tanto ingenuo da credergli, per poi sorridere e «E' un piacere fare affari con te!»
Quando il figlio di Apollo se ne fu andato, Quinn infilò i soldi in tasca, borbottando un «Idiota», per poi salire sulla scala appoggiata alle colonne del portico e provare ad attaccare i festoni per la festa dell'Equinozio d'Estate.
«Lia?» la chiamò, alzandosi sulle punte e attaccando il festone alla colonna «Mi daresti una mano con le luci?»
Inutile a dire che Malia, ancora impegnata nella sua lettura, lo ignorò completamente.
«Lia?» la richiamò Quinn, allungando la 'i', non ottenendo però nessuna risposta.
Il castano sospirò sconsolato, appoggiando la testa sul braccio ancora alzato e pregando gli dèi di dargli una mano con la sua amica.
«Oh miei dèi, Lia! Bradley James è qui!» esclamò poi, come ultimo ed estremo tentativo.
Miracolosamente e anche parecchio ingenuamente, Malia alzò lo sguardo dal suo libro, per poi sbuffare e chiuderlo con uno movimento brusco delle mani.
Quando si girò verso Quinn, lui si dipinse sul volto un sorriso furbo, mandandole un bacio volante al suo «Ti detesto».
Malia prese un profondo respiro e unì le mani, riaprendole pochi secondi dopo e tenendo tra di esse una sfera di luce.
Alzò le braccia e fece levitare la sfera, per poi fare la stessa cosa con molte altre sfere: «Contento ora?».
Quinn annuì, sorridendo e scendendo dalla scala, per poi raggiungere l'amica: «Ancora con questo libro? Quante volte l'hai letto, venticinque?» chiese, afferrando il libro e osservando la copertina.
«Sedici» lo corresse Malia, prima di afferrargli il libro di mano e rimettersi seduta.
Il figlio di Ebe le prese una ciocca di capelli rossi tra le dita e gliela tirò leggermente, continuando a borbottare un «Facciamo qualcosa di divertente, Lia. Dai Lia!».
La rossa sbuffò, richiamando a se tutta la pazienza di cui disponeva, cosa comunque non insolita quando era con il figlio di Ebe.
«E sentiamo, cosa vorresti fare?» domandò la figlia di Eos, girando lo sguardo verso il ragazzo.
Lui sorrise furbo, facendo traballare le sopracciglia e facendo camminare le dita sulla spalla della ragazza: «Beh, qualcosa che vorrei fare ci sarebbe ma...».
Malia lo spinse con forza, facendolo cadere indietro: «Zeus, Quinn! Fai schifo!».
Quinn scoppiò a ridere, con gli occhi chiusi, la bocca spalancata e la mano a stringersi la pancia: «Lo sai che scherzo, Lia! Sei la mia migliore amica, insomma!» disse, mettendole un braccio intorno alle spalle.
Risero entrambi e alzarono la testa contemporaneamente quando davanti a loro si fermò un figlio di Dioniso.
«Uh, vino!» esclamò il figlio di Ebe, alzandosi e levando le bottiglie di mano al ragazzo: «Merci!» sorrise poi.
Malia sorrise, scuotendo la testa e riaprendo il libro, quando il rumore di qualcosa che si spaccava le fece alzare di scatto la testa: «Hai sentito?».
Quinn annuì con le sopracciglia leggermente aggrottate e «La barriera!» urlò, iniziando a correre in direzione delle cupola.
«Quinn, dova stai andando?» lo chiamò Malia, alzandosi e iniziano a correre vero si lui.
Il figlio di Ebe si girò, allargò le braccia e piegò leggermente la testa, alzando le spalle: «Azione sconsiderata del giorno!».

 


Heylà!
Prima di tutto volevo scusarmi.
Ieri avevo detto che avrei pubblicato il capitolo nel pomeriggio, ma EFP non mi faceva pubblicare!
Cattivo.
E' stato davvero un parto riuscire nell'impresa, altro che salvare l'Olimpo! 
Dopo un travaglio durato praticamente un giorno, ce l'ho fatta!
E' maschio....
Will: Ritirati.
Gne.
Ora, a parte scherzi, parliamo un po' del capitolo, shall we?
Dunque, finalmente tutti i protagonisti sono stati presentati!
Quindi ci sono Malia, Quinn, Todd e Ashton (che mannaggia a te Tsookie, è stato uno tra i più difficili da rappresentare, se non 'il' <3).
Inoltre ci tengo a precisare che la battuta di Todd sulla mucca balbuziente, non è mia, l'ho copiata a mio fratello!
Come per l'altro capitolo spero davvero di essere riuscita a rappresentare i vostri OC come ve li eravate immaginati!
Di nuvo grazie a O m e g a, che tanto già sa che non sono per niente convinta di come abbia presentato gli OC (amami, Ellie)
E quindi.. credo di avervi detto tutto.
Will: Sicura?
No, ovviamente.
A presto!
Diana <3

P.s: la presenza nel capitolo di Bradley James, è stata gentilmente ispirata dalla foto profilo di Pendragon.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


(3)

Chirone camminava avanti e indietro per stanza, con le mani incrociate dietro la schiena e le sopracciglia aggrottate.
«Sono passati giorni. Ormai Dioniso dovrebbe essere tornato. Le riunioni degli dèi non durano mai così tanto -borbottò, fermandosi poi davanti alla ragazza bionda seduta su un divanetto- Non hai avuto nessun avvertimento che potesse essere successo qualcosa?»
Gabriela Suarez, il nuovo Oracolo, era seduta con le mani unite sulle ginocchia, che faceva traballare nervosamente mentre si mordeva le labbra a sangue.
Scosse la testa alla domanda di Chirone, portandosi una ciocca di capelli biondo platino dietro l'orecchio: «No, non fino ad adesso almeno -iniziò, posando lo sguardo sul centauro che continuava a camminare instancabilmente- Non un sogno, una visione, una profe..»
Non riuscì neanche a finire il suo discorso, che gli occhi normalmente azzurri diventarono completamente bianchi e i capelli iniziarono a fluttuare, mentre tirava leggermente indietro la testa.
«Gabriela?» la chiamò Chirone, quando si accorse che aveva improvvisamente smesso di parlare, girandosi verso di lei.

«La minaccia che sull'Olimpo incombeva,
era quella che lui più temeva.
Gli dèi sono stati imprigionati,
non più regnano indisturbati.
Ora hanno poco potere,
rinchiusi dove nessuno può vedere.
I Prescelti i più valorosi saranno,
scelti dal Fato a cui la loro vita affideranno.
Questo i Semidei dovranno fare,
se l'Olimpo vorranno salvare.
Uniti il nuovo Re combatteranno,
la caduta del grande potere impediranno.»


Pronunciò queste parole con una voce leggermente più roca del normale e quando la profezia finì, Gabriela si lasciò cadere sul divano, con gli occhi chiusi.
Chirone le fu subito accanto, la prese per le spalle e la mise a sedere, scuotendola leggermente e chiamandola.
Quando lei riaprì gli occhi, il centauro fece un grosso sospiro di sollievo:«Stai bene?»
Gabriela annuì, seppur debolmente e Chirone la guardò pensieroso, per poi farla stendere di nuovo sul divanetto in pelle.
«Vado a chiamare uno dei figli di Apollo, ti daranno qualcosa per farti stare meglio» disse, avviandosi verso la porta, ma proprio quando stava per uscire dalla Casa Grande, la terrà tremò sotto di lui.
Chirone aggrottò le sopracciglia poi realizzò quanto stava succedendo.
«Qualunque cosa succeda, tu rimani qui!» ordinò all'Oracolo, prima di correre fuori dall'edificio.
Doveva raggiungere la barriera il prima possibile.

Quando Ashton raggiunse la barriera, oltre ad aver perso di vista Todd già da un po', si rese conto di quanto effettivamente critica fosse la situazione.
Qualcosa, o forse qualcuno?, stava sbattendo pugni e quelle che sembravano clave sulla cupola, che iniziava a creparsi.
All'inizio non se ne preoccupò, non era di certo strano che il Campo venisse attaccato.
Ma quando la barriera si frantumò completamente, lasciando ai nuovi nemici la possibilità di entrare nel Campo Mezzosangue, Ashton non poté fare niente, se non sguainare il suo pugnale di bronzo e prepararsi a combattere.

Malia faceva ancora fatica a capire cosa stesse succedendo.
Dopo che uno di quegli esseri l'aveva sbattuta contro il muro della casa sei, era rimasta stesa alcuni minuti, incosciente, finché Quinn non le era corso accanto e l'aveva aiutata a rialzarsi, per poi sparire tra le file di semidei che combattevano senza sosta.
Decisa a non essere da meno quindi afferrò il suo arco e iniziò a correre verso un albero, con l'intento di arrampicarsi e lanciare frecce dall'alto.
Si abbassò appena in tempo per evitare la clava di uno di quei mostri, che identificò come Troll, e riuscì a colpirlo sul volto con il suo arco.
Quando trovò l'albero che corrispondeva alle sue esigenze, si caricò l'arco in spalla e iniziò la sua scalata.
Non le fu difficile raggiungere un punto abbastanza alto che le permettesse di avere un'ampia visuale del campo quindi camminò in equilibrio sopra un ramo, afferrò arco e frecce e iniziò la sua strage dall'alto.

Caos.
Era l'unica parola che Kahlen riteneva adatta per descrivere quanto stava accadendo intorno a lei.
Semidei e semidee le correvano davanti, brandendo armi e infilzando nemici, mentre nell'aria si liberavano grida di lotta.
E lei, comunque, non era da meno: lanciava senza sosta i suoi coltelli di bronzo celeste, per poi andare a recuperarli con riluttanza e un pizzico di disgusto nel corpo ormai diventato argilla dei Troll.
Un grido troppo familiare le risuonò nelle orecchie, costringendola a voltare lo sguardo e puntarlo su Zara che, stesa a terra sotto un Troll, si teneva la spalla con fare sofferente.
Kahlen afferrò istintivamente uno dei suoi coltelli, piegò il braccio all'indietro e scagliò la sua arma contro il mostro, colpendolo esattamente in mezzo alla fronte.
Zara fece appena in tempo a rotolare su un fianco e ad evitare che il mostro le cadesse addosso, prima che la figlia di Nemesi le fosse accanto e l'aiutasse ad alzarsi, tendendole la mano.
«Che cosa sono? Orchi?» le chiese, levandole la mano dalla spalla per controllare la ferita dell'amica, ansimando leggermente per la fatica.
«In realtà sono Troll. Gli orchi sono molto più grandi» precisò la figlia di Ecate, premendo di nuovo la mano sulla spalla, per fermare il sangue che usciva.
Kahlen spalancò leggermente gli occhi e inarcò un sopracciglio con aria scettica: «E un Chupacabra no?»

Todd stava correndo, 'ché di combattere proprio non se ne parlava.
Voltò la testa verso i Troll che lo inseguivano, seppur goffi e lenti.
Il figlio di Tiche evitò appena in tempo l'ascia di un figlio di Ares, che andò a conficcarsi nella pancia di uno dei mostri.
Si fermò a riprendere fiato, poggiando le mani sulle ginocchia leggermente piegate e ansimando pesantemente.
Todd alzò lentamente lo sguardo quando sentì un ringhio fin troppo vicino, per i suoi gusti, spalancò gli occhi e fece alcuni passi indietro, per poi iniziare di nuovo a correre.
Si rese conto, però, che non avrebbe potuto continuare ancora per molto la sua corsa, sentendo già male alla milza e le gambe che si facevano sempre più pesanti.
Cosa sapeva dei Troll? Erano grossi, certo, ma non veloci e sicuramente non potevano essere considerati creature intelligenti.
Pensa, Todd. Pensa.
Quando davvero credeva di non potercela fare, la vista della parete d'arrampicata gli fece venire in mente un'idea a dir poco geniale.
Facendo appello alle sue ultime forze, iniziò la scalata, controllando un paio di volte che il Troll lo stesse seguendo e che il suo piano stesse funzionando.
Contò mentalmente fino a tre, per poi invocare la protezione di sua madre (o quanto meno un po' di fortuna) e saltare dalla parete d'arrampicata, prima che questa vennisse completamente sommersa dalla lava che come aveva previsto, e sopratutto sperato, si riversò sul mostro che fino a quel momento l'aveva inseguito.
Che botta di culo.

Emma ci stava prendendo gusto ad entrare nelle menti di quei bestioni, a confonderle e manovrarle a suo piacimento.
E il fatto che non le stesse neanche stancando, non faceva altro che divertirla ancora di più.
Entrò con facilità nella mente dell'ennesimo Troll, costringendolo ad auto-colpirsi con la clava, per poi scoppiare a ridere per la scena.
Era talmente concentrata ad imporre al mostro di auto-distruggersi, che non si accorse di un secondo Troll che le si stava avvicinando, già con il braccio alzato pronto a colpirla.
E sicuramente l'avrebbe fatto, se non fosse arrivato un figlio di Atena, un carinissimo figlio di Atena, che trafisse da parte a parte il mostro con la sua lancia.
Emma lo guardò con gli occhi leggermente spalancati, non se l'era proprio aspettato.
«Tutto bene?» le chiese, avvicinandosi e poggiandole una mano sul braccio.
Emma abbassò lo sguardo sulla mano del ragazzo, per poi rialzarlo sul suo volto, scosse la testa e si riprese da qual piccolo momento di trans: «Sì, sì. Grazie...»
«Matt, figlio di Atena» si presentò il castano, sorridendole.
Emma annuì, sorridendo appena: «Beh, allora grazie, Matt. Figlio di Atena».
Il ragazzo le fece l'occhiolino, prima di allontanarsi e correre verso i Troll rimanenti, mentre la figlia di Dioniso continuava a guardarlo, come incantata.
Matt.

Jordan aveva ragionato, prima di sguainare Dunamis e iniziare a fare a pezzi i Troll.
Aveva osservato, analizzato e ragionato, ma non avendo trovato alcuna soluzione che quanto meno gli piacesse, aveva deciso che usare la spada era la soluzione migliore.
Non che per lui fosse un problema, comunque.
Certo, era molto più riflessivo e ragionatore degli altri suoi fratelli, ma non disdegnava di certo l'uso della spada, senza contare che la usava come un prolungamento delle braccia senza problemi.
Jordan ruotò su se stesso, evitando la clava del Troll, allungò il braccio e tagliò di netto la testa al mostro, che si dissolse sotto forma di argilla.
Sollevò un angolo della bocca e fece roteare la spada sopra la testa, per poi affondare la lama larga nell'addome di un altro Troll, senza neanche guardare.
Alzò lo sguardo sullo scenario intorno a lui: i semidei combattevano senza sosta mentre i Troll sventolavano le loro clave al vento.
Improvvisamente e in modo del tutto involontario, in realtà, l'occhio gli cadde su una ragazza bionda che si dimenava sotto uno di quei mostri e cercava inutilmente di raggiungere uno dei suoi pugnali, caduti poco più in la: Kahlen.
Jordan corse verso di lei, saltò sulla schiena del Troll e lo trafisse con la spada, cadendo con i piedi ai lati dei fianchi di Kaheln quando il mostro si trasformò in argilla.
La figlia di Nemesi si pulì la faccia dall'argilla che l'aveva ricoperta, spalancò gli occhi e serrò le labbra in una linea sottile.
Fece per dire qualcosa ma Jordan la precedette con un «Mi ringrazi poi».

Eileen continuava a congelare Troll su Troll, senza sosta.
Si abbassò appena in tempo per evitare un affondo di uno di loro, si girò verso di lui e lo congelò.
Si piegò su se stessa per la fatica e abbassò lo sguardo sulle gambe che tremavano ma lo rialzò appena in tempo per riuscire ad evitare un troll che veniva spedito contro la casa dietro di lei.
Si fermò un po' troppo a fissare il mostro svenuto dietro di lei e quando si sentì afferrare per la vita, non poté fare a meno di gridare.
Quello che l'aveva afferrata, però, non era affatto un Troll; quando abbassò lo sguardo infatti si rese conto che quanto aveva attorcigliato intorno alla vita, era una pianta.
La guardò confusa, aggrottò le sopracciglia e provò a congelarla ma fu tutto inutile.
Improvvisamente, la pianta intorno al suo corpo si ritirò mentre la figlia di Chione era ancora sospesa a mezz'aria, facendola cadere nel vuoto.
E sicuramente si sarebbe rotta qualcosa dopo essere caduta a terra, se non fosse stato per due braccia che l'afferrarono prima che potesse toccare il suolo.
A salvarla era stato niente di meno che Ashton Vause, figlio di Persefone.
Eileen sapeva che sarebbe stata buona educazione ( e come minimo sarebbe stato il minimo) ringraziarlo, ma l'unica cosa che riuscì a pronunciare fu un acido e parecchio seccato: «Cosa Ade credi di fare?»
«Wow e io che mi aspettavo un “grazie, mi hai salvato la vita”.. O come minimo un “grazie”» disse invece Ash, facendola scendere dalle sue braccia.
«Avevo tutto sotto controllo»
«Sì, immagino. Se non ti avessi spostata di lì, quel Troll ti avrebbe uccisa»
«Non è affatto..» Eileen provò a iniziare l'ennesima frase acida ma il ruggito del mostro svenuto accanto a lei che si alzava e spediva un semidio contro un albero, glielo impedì.
Ashton aprì le braccia e sollevò leggermente le sopracciglia, come se volesse dirle “te lo avevo detto”.
Eileen serrò la mandibola.
(Forse) Lo odiava già.

Quinn aveva seguito l'esempio di Malia ed era salito su un albero.
Non che avesse un arco con cui lanciare dardi mortali, non ne era pratico, ma aveva comunque una spada e parecchia inventiva dalla sua parte.
Canticchiò con un filo di voce il ritornello della canzone anni '80 che la riproduzione casuale del suo MP3 stava dando in quel momento.
E' strano, direte voi, il Campo viene attaccato e lui si mette ad ascoltare musica.
In realtà, per Quinn, non c'era niente di più normale.
La musica lo aiutava a calmarsi, a concentrarsi e al contempo aumentava la sua voglia di vivere, di avventura e attività.
E quale modo migliore per esternare queste sue sensazioni, se non quello di annientare qualche mostro.
Il figlio di Ebe aspettò pazientemente che il Troll sotto il suo albero si girasse poi gli piombò sulla schiena, alzò la spada e lo colpì.
Quando il mostro si dissolse sotto di lui, vedendo le macchie di argilla sui suoi amatissimi jeans e sul bordo della camicia a scacchi che indossava, si maledì.
Erano i suoi jeans preferiti.
«Questo era molto alla “You can't see me”!» esclamò, ansimando leggermente, per poi aggiunger un «Uh uh», alzando e abbassando le braccia piegate a tempo.
Quinn lasciò involontariamente cadere la spada a terra, quando un Troll lo afferrò per le braccia e se lo portò davanti.
Il mostro fece una smorfia con la faccia, prese due respiri in modo veloce e starnutì addosso al ragazzo, che serrò gli occhi e la bocca e si pulì la faccia con una mano.
«Era la mia camicia preferita, razza di idiota».

 


Hey people!
Quindi.. Siamo arrivati al terzoo capitolo di NLWD *soddisfazioni della vita*
Finalmente si sa chi attacca il campo, i Troll! 
Wow, fantasia portami via!
Eh vabbe', ma che volete farci, c'è chi ce l'ha e chi non ce l'ha.
Will: Tu non ce l'hai!
Perspicace.
Comunque data la lunghezza del capitolo sarò breve e coincisa:
-Non sono per niente soddisfatta di quello che ho scritto (ma va!) 
  -Ringrazio come sempre Ellie perché mi aiuta a rendere i capitoli un po' meno un aborto
-Per il prossimo capitolo dovrete aspettare un po' perché sono al mare e l'unico ad avere le Wi-Fi qui è mio Zio (quindi quando pubblico è perché sono da lui) che mi ha praticamente dato un numero massimo di entrate in casa sua ('sto infame)
Btw, parliamo un po' del capitolo!
Will: Avevi detto che volevi essere breve e coincisa..
Lo so cosa ho detto, Will!

Toh!, un nuovo Oracoloooo!
All'inizio in realtà avevo intenzione di mantenere Rachel, però poi si è presentata questa ragazza (ChicaCate94) con questa proposta e, boh, mi intrigava troppo. 
Io spero davvero che l'idea vi piaccia quanto è piaciuta a me, e che naturalmente vi piaccia anche il capitolo!
E poi c'è Matt, il caro figlio di Atena, di _little_sweet_things_. Io lo adoro, sinceramente, e poi boh, lo shippo troppo con Emma
Will: Ma sì!. Spoileriamo le cose così, a sto punto dì pure che il ti..
WILLIAM CHIUDI LA BOCCA!

Comuunque, io vi ringrazio davvero per aver partecipato e per le dolcissime recensioni!
Siete l'amore!
Al prossimo capitolo!
Bacioni,
Diana<3

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


(4)

Intorno al falò, il clima non era certamente dei più allegri.
Mentre i semidei parlavano ad alta voce tra loro, creando quindi un grande brusio, Chirone parlottava con Gabriela riguardo la profezia.
Sotto gli stendardi delle loro Case, tutti i Mezzosangue compivano le stesse medesime azioni: facevano traballare le gambe su e giù, si mordevano le labbra a sangue, cercavano gli occhi del loro protettore sperando di trovare conforto.
Il centauro annuì alla proposta silenziosa della ragazza, prese il cofanetto nero che lei teneva in mano e si avviò al centro dell'anfiteatro.
«Fate silenzio, per favore! -urlò per sovrastare le voci dei semidei, riuscendo ad ottenere il silenzio totale- L'attacco di oggi al campo, ha colto tutti di sorpresa ovviamente, ma sono felice e, devo ammettere, molto orgoglioso di poter dire che ve la siate cavata senza troppe difficoltà ! Naturalmente vi starete chiedendo come è possibile, che dei mostri siano riusciti a superare la barriera..- Chirone sospirò, abbassando lo sguardo sulla scatoletta che teneva tra le mani e tacendo per qualche minuto- Gabriela?» la chiamò, facendole cenno di farsi avanti e di raggiungerlo in mezzo all'anfiteatro.
L'Oracolo camminò verso il centauro, si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e prese un grosso respiro: «Ho avuto una visione» disse semplicemente, guardando i semidei davanti a lei.
Quando poi Chirone le chiese di annunciare la profezia, Gabriela fece come le era stato detto, seppur con un po' di incertezza.
Di nuovo, il grande brusio provocato dalle voci di dei semidei riempì l'aria, costringendo il centauro ad alzare una seconda volta la voce per riuscire a parlare.
Chirone aprì la scatoletta che teneva tra le mani e disse:«La profezia dice che gli eroi saranno scelti dal Fato e noi ci affideremo alla sua decisione!».
Dei sottilissimi fili d'argento uscirono dal cofanetto nero e iniziarono a volare sopra la testa dei semidei, per poi avvinghiarsi intorno al polso di otto di loro e decretare il loro destino.


Gli addii non erano mai piaciuti a nessuno.
Chirone stava dando le ultime raccomandazioni ai Prescelti e gli stava ricordando cosa avrebbero dovuto portare di essenziale: l'ambrosia, il nettare, «La testa, dovrete fare molta attenzione».
Pronunciò queste parola guardando intensamente Kahlen e Quinn, che ebbero due reazioni completamente diverse.
La prima aprì le braccia con fare teatrale e spalancò leggermente la bocca: non era poi così impulsiva, in fondo.
Il secondo, invece, fece l'occhiolino e alzò il pollice della mano in direzione del centauro, sorridendo furbo per poi voltare lo sguardo verso Malia e indicarsi con un dito, orgoglioso.
«Parlo seriamente. La vostra sarà una missione pericolosa -Chirone parlò lentamente e scandendo bene ogni parola- E poiché so a cosa state andando incontro, voglio darvi un piccolo aiuto.. O meglio, Gabriela vuole farlo»
La ragazza in questione si fece avanti, stringendo tra le mani un oggetto di forma sferica:«Prendete -disse, ponendo quello che si scoprì essere una piccola sfera, nelle mani di Jordan- Vi indicherà dove andare per portare a termine l'impresa!»
«Cos'è? Una sfera per predire il futuro?» chiese Eileen con fare scettico, avvicinando il volto all'oggetto per osservarlo meglio.
«In realtà, serve ad indicare a chi ha bisogno i luoghi della giustizia» spiegò Gabriela.
«E come funziona?»
«Dovete semplicemente concentravi sulla sfera, il resto lo farà lei -sorrise il nuovo Oracolo, eccitata- Provate, avanti!» li incitò poi.
I semidei fecero come gli era stato detto, avvicinandosi tutti alle mani del figlio di Ares che reggeva ancora la sfera.
«Io non vedo niente» commentò Todd, che venne appoggiato da Emma ed Ashton che annuirono.
«Qualcosa io la vedo» borbottò invece Kahlen, strizzando gli occhi e avvicinandosi ancora di più.
«Davvero, cosa?» fu la domanda generale che uscì dalle bocche degli altri semidei.
«Vedo.. Vedo.. Il minuscolo cervello di Jordan che corre lontano dal suo stupido proprietario» la figlia i Nemesi sorrise smielata, per poi poggiare le mani sulle ginocchia e ripiegarsi sulla sfera.
Jordan le rifilò un'occhiata gelida sapendo che assecondandola arrabbiandosi, avrebbe fatto soltanto il suo gioco.
Gli altri semidei ridacchiarono, smettendo poi quando il biondo figlio di Ares pose il vero primo problema per quella missione: «Molto divertente. Chirone, come facciamo a partire? Intendo dire, con quale mezzo?»
Il centauro sembrò pensarci su, poi si illuminò: «Potreste usare la jeep della Casa dei Figli di Ares. Vostro padre ve l'ha regalata per un motivo».
I prescelti si guardarono tra loro e annuirono.
«Okay, sappiamo come andare, ma non dove» fece notare Malia, legando i capelli rossi in una coda.
I semidei rimasero zitti fissandosi l'un l'altro, tutti tranne Ashton che continuava a fissare la sfera tra le mani di Jordan, come se quanto gli stessa accadendo intorno, lui non lo percepisse neanche.
L' immagine soffusa e parecchio sbiadita di un palazzo con una grande insegna al neon comparì nella sfera davanti a lui e guardandola meglio, il figlio di Persefone riuscì a distinguere due lettere in modo molto chiaro: NY.
Ashton si alzò e si mise dritto sulla schiena, per poi incrociare le braccia al petto:«New York» disse poi.
Gli altri lo fissarono con facce perplesse.
«Come fai a saperlo?» gli chiese Emma, avvicinandosi.
Il ragazzo indicò la sfera con un braccio e alzò le spalle.
«Eroi! -urlò Chirone- Siete pronti per il vostro destino!»
E Todd dovette ammettere che quel “per il vostro destino” non aveva affatto un suono piacevole.


 


Heylà gente!
Come vanno queste vacanze, a parte il caldo bestiale?
Prima di tutto vorrei scusarmi con Ellie!
Scusa, Ellie ma il mio computer a quanto pare ha deciso che non potevo inviarti questo capitolo da betare.
Will:A morte!
Eh va.
Oggi sarò rapida e indolore (davvero questa volta)

Come sempre, anche questa volta non sono per niente soddisfatta di quello che ho scritto, ma questa volta ho le mie buone ragioni!
Trovo sia incredibilmente insipido, privo di vita e per niente coinvolgente!
Ho carcato davvero in tutti i modi di migliorarlo ma ogni volta era anche peggio, e okay che è solo un capitolo di passaggio e che la vera avventura inizierà dal prossimo capitolo, però comunque mi dispiace davvero che, nonostante tutto, uscita fuori sta cosa.
Quindi niente, me ne vado a testa bassa because yay(?) e ci vediamo il prossimo capitolo!
Bacioni,
Diana<3

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


(5)

 

Erano in quella Jeep da almeno due ore e dopo una lunga discussione tra Quinn, Ashton e Jordan su chi dovesse guidare, l'aveva spuntata il primo di loro sostenendo che: «Ho diciotto anni e sono l'unico abbastanza maturo per assumersi la responsabilità delle vostre vite!».
E a quel punto c'era stato uno «Scordatelo, preferisco andare a piedi» generale perché, sì, affidare la propria vita a Quinn Richards non era affatto la cosa migliore da fare.
Nonostante questo, probabilmente anche grazie alla sua incredibile capacità di persuasione (leggi: ingannare), il figlio di Ebe era riuscito a farli salire sulla macchina.
E quindi si trovavano tutti e otto lì, stretti tra i sedili dell'auto, pregando i propri genitori divini di non lasciarli morire in quel modo e sopratutto per mano di Quinn.
Il figlio di Ebe batté a ritmo della musica della radio la mano sul volante, muovendo la testa avanti e indietro e canticchiando qualche parola del ritornello, spensierato.
«La sfera di cristallo dice niente, Kahlen?» chiese alla ragazza seduta vicino a lui, sui tre posti davanti.
La figlia di Nemesi scosse la testa, per poi iniziare ad agitare freneticamente la sfera sperando di ricevere qualche altra indicazione oltre al “NY” di Ashton.
Jordan, che occupava il terzo e ultimo posto davanti , le afferrò i polsi e la bloccò, levandole l'oggetto magico dalle le mani: «Così la rompi, genio».
La bionda gli fece il verso e si sporse verso di lui per riprendere l'oggetto che gli era stato sottratto, mentre il figlio di Ares continuava a buttare indietro la schiena per impedirle di afferrare la sfera.
«Ragazzi -li chiamò Malia dai sedili posteriori, sporgendosi in avanti e appoggiando le braccia sullo schienale del sedile di Quinn- Dai, finitela, non fate i bambini!»
I semidei “bambini” si difesero dando reciprocamente la colpa all'altro, cosa che fece sospirare la rossa, che poggiò stanca la testa sulle braccia.
Todd si schiarì la voce, dagli ultimi sedili in fondo la macchina, dove era seduto con Eileen: «Malia, non per metterti ansia o robe così, ma hai un enorme ragno che ti cammina sulla spalla» l'avvertì, sprofondando poi la schiena sul suo sedile.
La figlia di Eos alzò lentamente la testa e si girò verso la sua spalla con gli occhi sbarrati.
Se c'era una cosa che davvero odiava, oltre agli spazi chiusi, erano i ragni e purtroppo dovette rendersi conto che Todd aveva ragione.
Uno schifosissimo, grandissimo (almeno per i suoi standard) e per niente amichevole ragno nero le camminava addosso e sembrava proprio che avesse intenzione di proseguire il suo cammino su tutto il corpo della semidea.
Eileen fece appena in tempo a sussurrare un: «Malia, stai calma», che la rossa in questione lanciò un urlo e scacciò con un movimento rapido della mano l'animale che andò a finire sulle gambe di Ashton, seduto accanto a lei.
Quello che successe dopo, può essere riassunto semplicemente con una frase: «Non lo voglio io!».
E quindi il viaggio di Memphis il ragnetto (così lo aveva soprannominato Quinn), proseguì da semidio a semidio, fino ad arrivare appunto al figlio di Ebe.
«Memphis! No, a cuccia! -urlò quando si accorse che l'animaletto tra le sue gambe stava flettendo visibilmente la zampette lunghe- Memphis, non farlo!».
E naturalmente fu tutto inutile, il ragno fece un salto ma invece di cadere sopra Quinn, cadde sopra a Kahlen che urlo e lanciò il ragno di nuovo al figlio di Ebe, allontanandosi dall'animaletto fino a finire seduta sopra Jordan, che guardava la scena con gli occhi spalancati e le sopracciglia alzate.
Nel frattempo Memphis si era attaccato con una ragnatela ai capelli ribelli di Quinn e gli dondolava davanti agli occhi, non avendo intenzione di lasciarlo guidare in pace.
Il figlio di Ebe continuò a gridare qualcosa che sembrava molto un «Memphis, per l'amor di Zeus, non fare il ragno cattivo!».
E senza che se ne accorgessero, la Jeep dei semidei sbandava a destra e a sinistra e Quinn ne aveva assolutamente perso il controllo.
Quando finalmente Memphis decise di smettere di creare scompiglio, la situazione era ormai critica.
L'ultima cosa prima che sentirono prima di cadere nel burrone, fu la voce di Emma che urlava: «Quinn, attento!»


Jordan fissava i rottami della Jeep della Casa di Ares, finita in quella specie di burrone, con le braccia incrociate al petto e le sopracciglia alzate:«Sono fottuto» sussurrò poi.
«”Fidatevi”, dicevi. “Guido io, non accadrà niente”, dicevi. “Sono il più maturo per assumermi la responsabilità della vostra vita”.» era quello che continuava a borbottare Kahlen a Quinn, mentre continuava a camminare avanti e indietro davanti al figlio di Ebe.
Quinn si girò leggermente verso di lei: «E' stata colpa di Memphis, io lo amavo e lui si è rivelato solo un ragno approfittatore»
La figlia di Nemesi alzò un sopracciglio, borbottando un «Ma sei serio?» piuttosto arrogante.
Nel frattempo Emma, seduta ai piedi di un albero, si stava massaggiando le tempie provando a concentrarsi per trovare una soluzione al loro evidente ed enorme problema.
«La volete finire?!» sbottò poi, alzandosi in piedi di scatto, all'ennesima discussione tra i suoi compagni «Abbiamo problemi più grandi! Dobbiamo trovare un modo per raggiungere New York!»
Il silenzio degli altri semidei le fece intuire che probabilmente aveva ottenuto la loro attenzione quindi la figlia di Dioniso sospirò e prese un respiro profondo: «Quindi, idee?»
Di nuovo, il silenzio avvolse i Prescelti e, no, non era affatto una cosa buona.
Eillen borbottò silenziosamente un «Fantastico», per poi lasciarsi cadere a terra ed incrociare le gambe.
Molti dei suoi compagni la imitarono, alcuni si sdraiarono persino, come Ashton, con le braccia dietro la testa.
Todd fu uno dei pochi che rimase in piedi a cercare di trovare una soluzione, quando il suo sguardo si focalizzò sul cielo, su un oggetto che stava scendendo in picchiata e puntava dritto su di loro.
«Ra...ragazzi!» li chiamò piuttosto allarmato.
I semidei si girarono all'unisono e appena si accorsero dell'oggetto sconosciuto, si alzarono e si allontanarono, sguainando le armi nel caso dovessero combattere.
Quando l'oggetto misterioso atterrò accanto a loro con un grande frastuono e sollevando molta polvere, i semidei realizzarono cosa realmente era: un carro.

 

Alla fine avevano capito che il carro era niente meno che il carro del divino Apollo.
A differenza delle loro aspettative, quando vi erano saliti sopra, il carro non si era trasformato né in una Ferrari rossa fiammante, né in un bus spazioso, era semplicemente rimasto lo stesso..
In quel momento stavano sorvolando il mare intorno a Long Island e con il vento a favore, stavano andando anche piuttosto veloci.
La scena che si presentava sul veicolo era da film comico, secondo quanto borbottava Ashton, seduto con la schiena appoggiata ad sedile e con le braccia conserte mentre provava a schiacciare un riposino, seppur senza successo.
Kahlen era appoggiata al bordo e si sporgeva, di tanto in tanto, in avanti per osservare sotto di lei, pentendosene quando dei brividi le percorrevano la schiena.
La figlia di Nemesi si rimise seduta sul fondo del carro per l'ennesima volta, trattenendo un conato e chiudendo gli occhi.
«Stai bene, Kahlen?» le chiese Malia, alzando lo sguardo dal fumetto che, prevedibilmente, si era portata dietro e che stava leggendo.
La bionda annuì debolmente, per poi sorridere e far cenno alla rossa di tornare a leggere con un veloce gesto della mano.
Malia riprese la sua occupazione, per poi interromperla di nuovo, seppur non di sua spontanea volontà, quando Quinn si sedette accanto a lei e le levò il fumetto dalle mani.
«Mh, questo è nuovo» osservò il figlio di Ebe, chiudendo il fumetto per controllare la copertina.
La figlia di Eos glielo strappò dalle mani, incrociò le gambe e riprese la sua lettura, interrotta di nuovo quando il suo migliore amico le si buttò addosso, coprendo con il corpo il fumetto.
Eileen, appoggiata al bordo del carro, ridacchiò alla scena per poi tornare a giocare con le sue sfere di ghiaccio, facendole levitare in aria per poi farle esplodere in tanti piccoli brillanti luccicanti.
La ragazza guardò Emma che, appoggiata sul bordo anteriore del carro, continuava ad agitare la mano nell'aria e a borbottare: «Io non capisco cosa lo stia trainando»
La risposta ai suoi dubbi venne timidamente da Todd, che si sedette accanto a lei e «E' un carro divino, non credo abbia bisogno di qualcosa per essere trainato»
Emma sospirò, borbottando un «Speravo fossero unicorni invisibili»
«Ragazzi, quello non è l'East River?» chiese Ashton, interrompendo gli altro semidei e indicando la distesa d'acqua sotto di loro.
Jordan e Quinn si sporsero in contemporanea, per poi annuire al figlio di Persefone e dirgli di fermare il carro.
«E come faccio?» fu la domanda che segnò l'inizio della fine.
Immediatamente tutti i semidei si precipitarono nella parte davanti del carro, cercando in tutti i modi di fermarlo.
«Ragazzi, dobbiamo muoverci!» urlò Emma, allarmata.
«Non mettere fretta, Emma. Siamo già abbastanza incasinati, ti prego» fu quello che disse Eileen all'amica, in preda all'agitazione.
La figlia di Dioniso, irritata, afferrò il viso della figlia di Chione e lo alzò, permettendole di vedere la torre del Ponte di Brooklyn sulla quale si sarebbero schiantati se non avessero fermato il carro: «Dobbiamo saltare!».
Quando tutti i semidei convennero che quella era l'unica soluzione, uno ad uno si decisero a saltare, finendo tutti nel fiume sotto di loro.


Heylà gente!
Dopo tempo immemore sono tornata con il quinto capitolo di NLWD!
Will: Non frega niente a nessuno
Antipatico.
Vi prego di perdonare sia il mio ritardo che la fretta momentanea, ma ho davvero poco tempo.
Chiedo scusa ad Ellie per non averle fatto betare (di nuovo) il Capitolo, c'è una combutta contro di te!
Inoltre chiedo scusa a voi perché questo capitolo è davvero un aborto e probabilmente ci saranno anche degli errori, ma è colpa di Memphis.
Quinn: sempre colpa sua...
Ora, davvero, scusatemi, ma il babysitteraggio(?) mi attende!
Che gli dèi siano con me!
Come sempre, grazie mille per aver partecipato e per le dolcissime recensioni, siete l'amore!
Bacioni,
Diana <3

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


(6)

Eileen respirò a pieni polmoni, una volta uscita dall'acqua.
Si trascinò a fatica sulla riva del fiume, per poi lasciarsi cadere a pancia all'aria e chiudere gli occhi.
Girò appena la testa verso Emma che, nelle sue stesse condizioni, respirava velocemente stringendo tra i pugni la sabbia.
La figlia di Chione si alzò lentamente, per poi avvicinarsi alla sua amica e aiutarla a fare lo stesso.
Quando entrambe furono sicure di riuscire a reggersi in piedi, senza il rischio di cadere rovinosamente a terra, si incamminarono verso gli altri semidei.
Come loro, anche gli altri non rasentavano esattamente la forza, ridotti in quelle condizioni.
Kahlen era accucciata accanto a Malia che, seduta a terra con gli occhi chiusi, sputacchiava acqua, tenendosi la pancia.
Poco più in là, Quinn e Jordan aiutavano Ashton ad alzarsi mentre Todd, sdraiato sulla sabbia con le braccia aperte, sembrava aver rinunciato anche a provare.
Le due ragazze si avvicinarono al figlio di Tiche, per poi afferrarlo ognuna per un braccio e tirarlo su.
«State tutti bene?» chiese Jordan, quando tutti i semidei si riunirono in un cerchio.
La risposta fu unanime: sì.. più o meno.
Un po' ammaccati, forse, sicuramente stanchi, ma tutto sommato potevano dire di star bene.
Un fischio nell'aria li costrinse ad alzare lo sguardo, facendo temere a tutti il peggio, ma quando si accorsero che era solo il carro che, evitata la colonna, si allontanava tra la nebbia, gli animi di tutti si calmarono.
Eileen aggrottò le sopracciglia: nebbia?
Non c'era la nebbia fino a poco tempo fa” si ritrovò a pensare, mentre portava la mano sull'elsa del suo pugnale.
Ashton aggrottò le sopracciglia, fissandola, quando un canto melodioso gli arrivò alle orecchie, entrandogli nella mente e, poteva giurarlo, persino nelle vene.
Iniziò a sentire le palpebre più pesanti e l'irresistibile voglia di avvicinarsi al fiume.
Non riuscì a fare niente, quando le sue gambe si mossero in automatico e iniziarono ad avanzare verso l'acqua, ancora con quelle voci melodiose che gli riempivano la testa, allontanando i suoi pensieri da tutto e da tutti.
Non si accorse neanche di quando Malia lo afferrò per un polso e gli chiese dove stesse andando, lui si liberò con uno strattone e proseguì la sua camminata.
Era ormai arrivato dove l'acqua gli arrivava alle ginocchia, quando la vide.
Un ragazza era in mezzo al fiume, cantava e gli diceva di avvicinarsi, che si sarebbero amati per sempre e che lui sarebbe stato felice.
Kahlen che l'aveva osservato fino a quel punto, spalancò gli occhi riconoscendo la creatura: sirena.
Non fece in tempo ad aprire bocca, che anche Quinn iniziò a camminare verso l'acqua dove un'altra sirena era comparsa.
La figlia di Nemesi urlò un «Quinn fermati!» che risultò del tutto inutile, prima di sguainare un coltello e lanciarlo verso la creatura.
La lama colpì la sirena sul braccio, ferendola e quando questa urlò dal dolore, i semidei furono costretti a tapparsi le orecchie.
«Dobbiamo fermarli!» urlò Emma, disperata.
Senza neanche accorgersene, Malia correva verso Quinn urlando il suo nome, nel tentativo di distogliere la sua mente dal canto della sirena e di salvare il suo migliore amico.


La situazione, già critica di suo, stava diventando anche peggio.
Il canto delle sirene era molto più forte di quanto pensassero, Quinn e Ashton erano ancora sotto il suo controllo e non sembravano neanche accorgersi delle grida dei compagni che, invano e disperati, cercavano di distogliere le loro menti dalle voci melodiose e mortali.
Jordan tranciò di netto il petto di una sirena che si era avvicinata troppo, respirò a pieni polmoni, affannato, e si scostò i capelli biondi dalla fronte: «Todd! Come facciamo ad aiutare Ash e Quinn?!» urlò, prima di afferrare Emma per il polso e tirarla verso di sé, evitando così che una sirena le piombasse addosso.
Todd, che sicuramente avrebbe preferito schiantarsi su una torre del ponte di Brooklyn piuttosto che avere a che fare con delle creature come le sirene, urlò qualcosa che sembrava molto un «Dobbiamo riuscire a distrarre le loro menti!»
Ma certo, un gioco da ragazzi!
Nel frattempo, poco più in là, nell'acqua, Malia e Eileen cercavano in tutti i modi di distrarre i due ragazzi.
La prima era praticamente saltata sulla schiena del migliore amico, ma questo non sembrava neanche accorgersene.
La seconda, invece, era davanti al ragazzo, le mani sul petto e provava a spingerlo indietro, inutilmente data la forza maggiore del ragazzo, rispetto alla sua.
«Perché tu e Todd non siete attratti dal canto delle sirene?» chiese improvvisamente Emma a Jordan, attirando l'attenzione di Kahlen che, accanto a loro, continuava imperterrita con il suo lancio di coltelli.
Il figlio di Ares rimase zitto, arrossì e poi riprese ad allontanare le sirene che si avvicinavano troppo con la sua spada, come se nulla fosse successo.
Kahlen aggrottò leggermente le sopracciglia, poi spalancò leggermente gli occhi e la bocca e abbassò i coltelli: «Oh mio Zeus!- esclamò poi la bionda- Sei gay
«Cosa?! No! Ovvio che no!» Jordan scosse la testa vigorosamente, per poi aprire le braccia con fare teatrale.
Ma avrebbe dovuto immaginare che a Kahlen non sarebbe bastato un 'no' per smettere con le domande e cercare in qualche modo di farlo sentire più in imbarazzo di quanto già non fosse, e quindi: «Eri gay anche quando stavamo insieme?»
«Kahlen.» la chiamò il ragazzo, ormai sul punto dell'esasperazione.
«Guarda che non brutta cosa essere gay, eh. Anzi, i gay son..»
«Non sono gay, Kahlen!» urlò esasperato Jordan alla fine, uccidendo una sirena che gli stava per saltare addosso.
La figlia di Nemesi alzò le mani in segno di resa, borbottò un «Se lo dici tu» non troppo convinto e poi tornò alla sua occupazione ma, improvvisamente, l'occhio le cadde sulle figura di Malia e d Eileen in mezzo al mare.
Le sirene al contrario di ogni aspettativa, non si avvicinavano alle due semidee, rimanevano lontane e continuava a cantare.
Quinn si stava avvicinando troppo e Malia era sul punto di piangere.
Non poteva perdere il suo migliore amico, non poteva!
Si prese la testa tra le mani e strinse gli occhi, cercando di trovare una soluzione.
Quando finalmente riuscì a trovarla, non si fermò neanche a fermare a quanto quella soluzione potesse risultare imbarazzante e assurda; Malia iniziò a correre verso Quinn, gli si mise davanti e sospirò.
Gli prese il viso tra le mani, chiuse gli occhi e, senza pensarci un momento, lo baciò.
E se all'inizio Quinn non dava nessun segno di miglioramento, dopo qualche secondo Malia lo sentì cingerle la vita con le braccia e sorridere.
La figlia di Eos allontanò leggermente il volto da quello del migliore amico, lasciando però che le loro fronti continuassero a toccarsi e sorrise a quel «Grazie, Lia» che il figlio di Ebe le sussurrò sulle le labbra.
Poco più in là, Eileen continuava a tirare per le braccia Ashton, puntando i piedi per terra e buttando il peso all'indietro.
«Eileen!» la voce di Emma le arrivò chiara alle orecchie, facendola voltare verso l'amica «Devi baciarlo!» esclamò poi, imitando il gesto (giusto per essere più chiara) con le mani.
La figlia di Chione spalancò gli occhi e poi scosse la testa, ma quel «E' l'unico modo» urlato da Kahlen, le fece capire che sì, quello era davvero l'unico modo.
Eileen si avvicinò al ragazzo, lo girò verso di se e gli tirò un pugno.
Un pugno talmente forte da far cadere il ragazzo all'indietro, svenuto.
E l'aria si riempì non solo delle grida delle sirene che se ne andavano, sconfitte, ma anche dell' «Aww» di Emma che probabilmente, considerava il gesto dell'amica, la cosa più romantica che lei potesse fare..
Ah, le donne.

 


Heylà gente!
Sono tornata dopo anni e anni e..
Will: Dritta al punto, donna!
...anni.
Dicevo, here I am!
Dunque, in questo capitolo i nostri cari sfigati semidei devono affrontare un nuovo ostacolo.
Sirene!
E sì, anche qui la fantasia mi porta via...
Eh vabbe'.
Ringrazio come sempre Ellie perché dopo giorni di ansia sono riuscita ad inviarle il capitolo, lei lo ha betato e sapete già quello che voglio dire!
Comunque, visto che non voglio essere monotona, a te la parola Will!
Will: Il capitolo non mi piace e blablabla, è scritto male e blablabla
Bene, ora scusate ma devo dileguarmi!
Buon ferragosto a tutti!<3
Come sono diventata noiosa negli spazi autrice, ew!
Alla prossima, (se mi vorrete ancora)
Diana<3

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


(7)

 

Todd era sempre più convinto che la sfiga stesse seguendo lui e i suoi amici, con un cartello al neon “colpire qui” alzato in aria e una telecamera per riprendere le loro disfatte.
Giusto per completare al meglio l'operazione 'Mezzosangue ovviamente sfigati'.
E che no?
Scosse la testa, scacciando dalla mente i pensieri e avvicinandosi alla riva del fiume dove Ashton era seduto e si premeva del ghiaccio, fornitogli da Eileen, sulla fronte.
«Allora, amico, come stai?» gli chiese, mettendogli una mano sulla spalla e avvicinandosi alla figlia di Chione che, con un braccio sul fianco, continuava a fabbricare cubetti di ghiaccio.
«Secondo te? La sclerotica qui davanti mi ha dato un pugno con la mano ricoperta di ghiaccio!» esclamò, indicando la ragazza davanti a lui.
«Ti ho già chiesto scusa» borbottò Eileen, ruotando gli occhi.
«Ci mancava solo che non lo facessi... sociopatica»
E probabilmente, Ashton avrebbe fatto meglio a non borbottare quel 'sociopatica', perché lo sguardo furioso e di fuoco che gli riservò la ragazza, gridava una sola parola: morte.
O almeno, era quello che faceva intuire a Todd.
Il figlio di Tiche spalancò gli occhi e si affrettò, in un gesto più che eroico da parte sua, a posizionarsi davanti all'amico con le braccia aperte per evitare che la figlia di Chione, in un momento d'ira più che dovuto, congelasse Ashton.
Fortunatamente, in suo aiuto arrivò Quinn che, ancora leggermente scosso da quanto successo poco prima con la migliore amica, calmò gli animi di tutti con quel «Ragazzi, ragazzi! Andiamo, non conoscete la frase 'fate l'amore, non fate la guerra'?»
Frase più che adatta ad un hipster molto alla 'take it easy' come lui, riuscì effettivamente a calmare gli animi di tutti, anche quelli più irrequieti.
Il figlio di Ebe alzò un angolo della bocca e annuì con la testa, elogiando mentalmente la sua straordinaria bravura: «Bene e ora, fiesta!» urlò poi, alzando le braccia al cielo.
Ovviamente si era aspettato il 'no' generale dei suoi amici e aveva pensato anche a come convincerli: «Sapevo che lo avreste detto! Però, andiamo, la pallina del futuro non da segni di vita, senza pallina non possiamo fare nulla, né andare da nessuna parte, quindi... oh, andiamo!»
Quello che probabilmente non si era aspettato era Jordan che si alzò da terra, infilò Dunamis nel fodero e gli si avvicinò; gli poggiò una mano sulla spalla e «Io ci sto».

 

A Kahlen era sempre piaciuto divertirsi.
Alle feste dei figli di Ebe era sempre la prima a lanciarsi nelle danze, non ad arrivare però perché, si sa, l'attesa aumenta il piacere.
E fu così anche quando entrarono alla Blue Moon, la discoteca che avevano trovato, per puro caso in realtà, girovagando per New York.
Quinn aveva deciso di 'fare il figo' quindi aveva messo le braccia intorno alle spalle di Malia ed era entrato salutando i buttafuori con un «Hey, amico! Da quanto tempo!».
Al contrario delle aspettative di tutti, Jordan alla fine aveva deciso che la discoteca non faceva per lui, probabilmente perché sotto tutta quella forza, quella voglia di combattere e quel suo essere impavido, in realtà si celava un carattere timido e riservato.
Il figlio di Ares aveva quindi incrociato le braccia e puntato i piedi per terra e a quel punto era toccato a Kahlen convincerlo.
La bionda si era avvicinata e, a malavoglia eh!, aveva preso a braccetto il ragazzo e lo aveva trascinato nel locale, ignorando ogni sua protesta e minaccia.
A parte piccoli inconvenienti, la serata fino a quel momento era proceduta nel migliore dei modi, tra qualche ballo e un salto al bar.
In quel momento i semidei erano tutti seduti sui divanetti intorno ad un tavolino basso, con i drink in mano e la musica nelle orecchie.
Kahlen era seduta tra Ashton e Malia e quest'ultima, in preda ad un'assurda voglia d'alcol, continuava a bere drink su drink, ignorando completamente gli avvertimenti di Quinn che continuava ad informarla, o quanto meno ci provava, riguardo i postumi della quasi sicura sbornia dell'amica.
«Hey, lucciolina, non credi di star esagerando?» le chiese la figlia di Nemesi, poggiando una mano sul bicchiere che l'amica stava portando alla bocca e costringendola a posarlo sul tavolo.
Malia rispose con un biascicatissimo e debolissimo: «Mh, no. E chichebumbumbum»
Kahlen rise perché, andiamo, come si fa a non ridere ad una semidea quasi ubriaca che si mette a cantare?, si alzò e afferrò Malia per un polso: «Avanti, lucciolina. Accompagnami in bagno».
A loro si unì anche Emma mentre Eileen le liquidò con un veloce gesto della mano, preferendo evidentemente rimanere insieme ad Ashton.
E ci credo!

 

Per essere il bagno di una discoteca, era uno dei migliori che avessero mai visto.
Non ebbero nessun tipo di problema a far sgombrare le altre ragazze, non dopo che Kahlen aveva estratto uno dei suoi pugnali di bronzo comunque.
«Questo posto sta diventando di una noia mortale -borbottò la figlia di Nemesi, avvicinando il volto allo specchio e lisciandosi un sopracciglio- Dov'è Lia?» chiese poi ad Emma.
La figlia di Dioniso indicò con un dito la ragazza appoggiata allo stipite della porta del bagno, con le braccia al petto e la testa piegata su un lato.
Kahlen annuì, per poi fare cenno ad Emma di uscire e di prendere la figlia di Eos che non riusciva neanche a reggersi in piedi e seguirli anche lei.
Ma appena le altre due semidee uscirono dal bagno, la porta si chiuse davanti a lei a chiave.
La bionda poggiò le mani sulla superficie gialla e spinse in avanti, provando ad uscire: «Em finiscila -ordinò, facendo di nuovo pressione- Non è divertente, Emma!»
«Non sto facendo niente, Kahl! La porta si è chiusa da sola! Non riesco ad aprirla!»
Kahlen provò a dire qualcosa, ma un freddo glaciale le penetrò nelle ossa, facendola rabbrividire.
Si girò lentamente, alzò la testa e si accorse che dal pannello dell'aria condizionata sul soffitto, usciva una nebbiolina che andava pian piano espandendosi per tutto la stanza.
Poco dopo la nebbiolina prese la forma di un uomo, seppur rimanendo sempre di nebbia e allora Kahlen iniziò ad avere paura, capendo cosa fosse: uno spirito della tempesta.
«Emma! Emma, vai a chiedere aiuto! -urlò, correndo verso la porta del bagno- Corri Emma!»
Quando sentì il “corro” dell'amica, si girò ed estrasse il pugnale, pronta a combattere.
Ma fu tutto inutile.

 

Emma non sapeva il motivo del perché fosse corsa subito da Jordan, invece che da Quinn o Ashton o Todd.
Lo condusse davanti la porta del bagno, continuando a ripetergli di muoversi.
Quando finalmente arrivarono, Jordan appoggiò l'orecchio sulla porta e chiamò il nome di Kahlen.
Non ricevendo nessuna risposta, provò a forzare la porta ma quando poggiò la mano sulla maniglia, questa si aprì all'istante, permettendo al semidio di vedere all'interno del bagno.
La figlia di Nemesi era accasciata sul pavimento, immobile con un braccio sul ventre e l'altro steso a terra, gli occhi spalancati e interamente coperta di ghiaccio.
Jordan si precipitò accanto a lei e la prese in braccio, per poi correre ai divanetti e sedersi con la ragazza ancora tra le braccia.
«Cosa Ade è successo?» gli chiese Todd, accorso non appena aveva visto la situazione dell'amico.
«Non lo so, era stesa nel bagno così, ma non ho idea di cosa le sia successo!»
Il figlio di Tiche si passò una mano fra i capelli, mettendo una mano sulla fronte della ragazza: «E' gelata».
Jordan fece cenno al ragazzo di allontanarsi, per poi far stendere Kahlen sulle sue gambe, togliersi la giacca di pelle e posizionarla sul corpo della ragazza.
«Oh, avanti Kay» sussurrò, passandole una mano sulla fronte, sulla quale il ghiaccio cominciava a sciogliersi.
Il figlio di Ares sospirò rumorosamente, si passò una mano tra i ricci biondi e chiuse gli occhi, per poi poggiare la testa all'indietro sullo schienale del divano.
«Jo?»
Un minuscolo, flebile lamento arrivò alle orecchie di Jordan, facendogli aprire di scatto gli occhi e chinare la testa sulla ragazza stesa sulle sue gambe.
Kahlen aveva la faccia e il collo bagnati a causa del ghiaccio sciolto, gli occhi leggermente chiusi e il respiro pesante.
Il figlio Ares l'aiutò a mettersi seduta, le mise il giacchino intorno alle spalle e le fece poggiare la testa sul suo petto, stringendola.
«Grazie, Jo» sentì sussurrare, mentre una mano della ragazza finiva sul petto vicino alla sua faccia.
Jordan sorrise, mise la mano su quella della ragazza stringendola e le lasciò un bacio sulla fronte.

 

Malia era finalmente uscita da quell'orrendo stato di quasi-sbornia appena passato.
Era seduta su un divanetto, da sola, mentre osservava quello che succedeva accanto a lei.
Quinn e Ashton ballavano circondati da una miriade di ragazze.
«Prevedibilmente» sussurrò, ruotando gli occhi.
Poco più in là, Todd e Emma ballavano insieme... sempre che quello che stavano facendo potesse essere definito “ballare”.
Malia ridacchiò, scuotendo la testa: «Goffamente».
Davanti a lei, invece, Jordan e Kahlen erano abbracciati, lei con il viso sul suo collo e lui con il suo tra i capelli della ragazza.
La figlia di Eos sorrise: «Finalmente».
Improvvisamente, si sentì afferrare per un braccio e quando si voltò vide Quinn.
Lui la trascinò in mezzo alla pista e nel percorso afferrò anche Eileen, portandole con lui e Ashton a ballare.
E a Malia venne in mente solo una parola per descrivere quello che stava accadendo.
Parola che neanche esisteva, tra l'altro.
Quinnamente.



 


*Si ripara dietro Jordan per evitare quello che tutti vorrebbero lanciarle perché sa che nessuno colpirebbe mai Jordan*
Saaalve!
Lo so, sono in un ritardo pazzesco e non ci sono scusanti ma, capitemi!, manca poco meno di un mese all'inizio della scuola e io. non ho. ancora. aperto. libro.
Aiut...
Dunque, oggi sarò un pochino più lunga del solito perché mi va e perché mi sento in colpa, quindi!
Il capitolo è molto lungo e pieno di avvenimenti e forse risulterà anche un po' pesante da leggere, me ne rendo conto e mi scuso.
Perdonatemi!
In questo caro capitolo abbiamo: dei semidei sempre più sfigati, un salto in discoteca finito nel peggio che poi però è diventato il meglio(?).
Happy ending...
E infine c'è il piccolo spazio di Malia reduce da una quasi-prima-sbronza, che sì è palesemente copiato da Teen Wolf ma mi piaceva troppo come pezzo e sinceramente trovo ci stia bene.
Will: Se lo dici tu...
Aw, sai, mi mancavi! <3
Will: Davvero?
No :)
Vorrei inoltre chiedere scusa ad Angy perché ho contato male i capitoli e mi sono resa conto che il caro Matt arriverà nel prossimo capitolo...Non odiarmi, perdonami
Ora scusatemi ma il nipotinoquattromesi reclama la mia presenza, che gli dèi siano con me!
Grazie mille per aver partecipato a questa folle avventura e per le dolcissime recenzioni, siete l'amore<3
Bacioni, 
Diana<3

P.s: oh mio Zeus quanto sono peggiorata negli spazi autore..

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


(8)

Emma era seduta ad un tavolo del bar in cui lei e i suoi amici si trovavano in quel momento.
Aveva le braccia incrociate sul piccolo cerchio grigio e il mento sopra quelle.
Davanti a lei, la sfera che Gabriela aveva dato loro continuava a non dare alcun segno di vita.
«Oh, andiamo!» borbottò la figlia di Dioniso, battendo il dito indice sulla sfera di vetro.
Emma sbuffò, appoggiò la fronte sulle braccia e iniziò a battere i piedi per terra, come una bambina.
«Emma?»
La figlia di Dioniso, sentendo il suo nome, alzò la testa e si trovò davanti Todd che, con in mano due caffè, la guardava con un sopracciglio alzato.
«Stai bene? -le chiese, sedendosi sulla sedia davanti a lei- Vuoi un po' di caffè?»
Emma annuì, allungò la mano e afferrò il contenitore di cartone dalle mani del ragazzo, lo portò alla bocca e prese un sorso: «Sono solo un po' frustrata».
E di sicuro non le sfuggì il “Hai capito, Todd? E' frustrata! Frustrata!” di Ashton che passava accanto a loro per dirigersi all'interno del bar.
La ragazza ridacchiò, notando il rossore sulle guance del semidio e prese un altro sorso di caffè.
Quasi si strozzò quando, poggiando il bicchiere sul tavolo, vide una nebbiolina viola espandersi all'interno della sfera.
L'afferrò tra le mani e l'avvicinò alla faccia, aspettando di vedere cosa si stava per creare al suo interno.
Poteva già intravedere qualcosa di marroncino formarsi ma non poteva essere sicura di cosa fosse.
Quando finalmente l'immagine si fece chiara e nitida, Emma si rese conto di cosa avessero bisogno i semidei, così spostò l'oggetto davanti la faccia di Todd, a un centimetro dal suo naso.
«E' un arco» osservò Todd, allontanando l'oggetto dalla faccia e alzando un sopracciglio, per poi guardare Emma come se fossa la cosa più ovvia del mondo.
Cosa che poi, effettivamente, era.
La figlia di Dioniso sospirò sconsolata: «Grazie, Capitan Ovvio, a quello c'ero arrivata anche io. Quello che mi chiedo è: cos'ha di speciale questo arco?»
«Cos'ha di speciale quest'arco?» ripeté il ragazzo, non capendo a cosa l'amica si riferisse: a lui sembrava un arco come tutti e, comunque, non sembrava avere niente di speciale.
«Oh, andiamo Todd! Sei un ragazzo intelligente, applicati!» urlò esausta, per poi poggiare la sfera sul tavolo e mettere le mani sulle tempie, iniziando a massaggiarle.
Poco dopo aprì di scatto gli occhi e sorrise ampiamente: «So chi ci serve!» esclamò, tirando fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni il telefono.
Dopo aver aperto Skype, cercò tra i suoi contatti con velocità assurda, facendo scorrere il dito su e giù sullo schermo e borbottando continui «Andiamo, andiamo!»
Il volto si illuminò quando il nome “Matt Johnson” apparì sullo schermo, vi cliccò sopra e pregò con tutta se stessa che il ragazzo rispondesse alla chiamata.
Sorrise a quel “Emma, ciao!” che pronunciò il figlio di Atena una volta aver risposto, afferrò la sfera e la posizionò davanti al telefono: «Vedi la figura nella sfera? E' un arco, sì, ma ecco, io pensavo: se è nella sfera, se serve a noi per quest'impresa, deve pur avere qualcosa di speciale. Deve essere diverso dagli
altri archi.»
«Beh, pensavi bene! Quello è l'arco grazie al quale Paride riuscì a colpire Achille sul tallone. Guarda sull'impugnatura, non vedi la 'π' incisa?»
Emma arrossì di colpo, la 'π' era davvero tanto evidente, come aveva fatto a non accorgersene?
Un'esplosione dall'altra parte del telefono la fece sobbalzare e la costrinse a riportare lo sguardo sullo schermo:«Tutto bene?»
«Si, sono solo i figli di Hermes che fanno esplodere le invenzioni dei figli di Efesto. Scusami, Emma, ma devo proprio andare: i figli di Ares hanno deciso di unirsi alla festa» fu la spiegazione di Matt, seguita poi da un'altra esplosione.
Emma annuì e lo salutò con la mano, per poi chiudere la chiamata e rinfilare il cellulare in tasca, alzandosi dal tavolo per andare a cercare i compagni.

 

«E quindi..».
«Già».
«E' lì».
«L'arco di Paride..».
«Nel museo».
«Fino a domani».
«Con due, tre, quattro!, guardie della sicurezza a controllarlo..».
«Non ce la faremo mai».
Sette paia di occhi si posarono su Ashton che, con le braccia incrociate al petto e in fondo al gruppo, osservava l'entrata del museo con aria scettica: «Che c'è? -iniziò aprendo le braccia- Sono solo realista».
«Allora, Mr. Realista, a te l'onore di essere il primo.» annunciò Quinn, inchinandosi e allungando il braccio verso il museo.
Ashton ruotò gli occhi, si incamminò verso il posto indicato e nel mentre afferrò per un braccio Eileen, trascinandosela dietro con un: «Reggimi il gioco».
Quando arrivarono davanti all'entrata dell'edificio, Ashton si stampò un sorriso smagliante sulle labbra e cinse la vita di Eileen con un braccio: «Salve, io e la mia ragazza vorremmo entrare a vedere il museo» disse alla guardia.
L'uomo, con le braccia muscolose incrociate al petto, squadrò i due ragazzi da capo a piedi e alzò un sopracciglio: «Senza biglietto non si entra»
Il sorriso di Ashton svanì in quel preciso instante, per poi ricomparire più falso di prima: «Noi torniamo subito».
E detto questo, i due tornarono indietro dai compagni, seppur Ashton aveva immaginato in realtà, che il loro piano non avrebbe mai funzionato.
«Serve il biglietto per entrare» annunciò Eileen incrociando le braccia al petto e voltando lo sguardo verso il ragazzo accanto a lei.
Dopo alcuni minuti di silenzio da parte dei semidei, durante i quali avevano tutti pensato ad una possibile soluzione, Kahlen sorrise furba, afferrò la mano di Jordan e, come avevano fatto Ashton e Eileen, lo trascinò fino davanti l'entrata del museo.
«Fatemi indovinare: siete fidanzati e volete entrare a vedere l'arco, giusto?» domandò ironicamente la guardia.
Il sorriso che si aprì sul volto di Kahlen non era affatto rassicurante, pensava Jordan, e non furono rassicuranti neanche i suoi occhi, quando diventarono completamente neri.
«Facci entrare» ordinò la figlia di Nemesi all'uomo che come lei aveva gli occhi completamente neri.
La guardia fece come la ragazza aveva ordinato e aprì la porta; non appena lo fece, i suoi occhi e quelli di Kahlen tornarono normali.
I semidei girarono per il museo finché, per un vero e proprio colpo di fortuna, trovarono la sala dedicata esclusivamente all'arco di Paride.
L'oggetto dei loro pensieri si trovava in una teca di vetro, nel centro della sala.
Ai suoi lati, invece, quattro altre guardie sorvegliavano l'arma, tutte nella medesima posizione.
Sarebbe stato molto più difficile di quanto avessero creduto fino a quel momento.

 

I semidei, dopo “l'ispezione” al museo, erano tornati al bar ed erano tutti seduti intorno ad un tavolo.
«Riuscire a prenderlo è praticamente impossibile- stava dicendo Kahlen- E' sorvegliato da quattro tizi enormi, un incrocio tra Hulk e.. qualcuno di grosso»
«Thor. Thor è un tipo grosso- tenne a precisare Malia- E' anche bello»
Todd annuì vigorosamente, ma precisò che era d'accordo solo sulla stazza e «non sull'altra cosa».
«Comunque, ho ideato un piano: prenderemo l'arco, stanotte» annunciò Quinn, sbattendo piano un pugno sul tavolo e sorridendo orgoglioso.
«Stanotte?».
«Sì».
«Come i ladri?».
«Precisamente».
«Tu sei strano».
«Io sono incompreso. Un genio, incompreso».

 


Hello everybody!
Chi ha due pollici, un gatto grasso e sociopatico ed è riuscita ad aggiornare in anticipo (perché sì, aggiornare un giorno prima del previsto, per me vuol dire aggiornare con moolto anticipo).
Will: TU!
SII! Festeggia con me, Will!
*afferra Will, sale su un tavolo e inizia ballare*
Lasciando da parte le azioni demenziali, parliamo un po' del capitolo, shall we?
Dunque, il capitolo è un po' lungo, me ne rendo conto però in realtà credo sia abbastanza scorrevole.
I nostri cari semidei hanno un meritato momento di pausa, senza mostri, ne spiriti della tempesta ad inseguirli.
Ora mi amano molto di più!
Come avrete notato, questo capitolo è incentrato soprattutto su Emma, Todd, Eileen e Ashton, perché mi sono resa conto che negli altri capitoli li trascuro un pochino e questo non va affatto bene.
Quindi questo capitolo è, sì, dedicato a loro.
E poi chi c'è?
Matt Johnson, ladies and gentleman!
Aah, il mio figlio di Atena preferito *_*
Visto, Angy, te lo avevo detto che il tuo pargoletto sarebbe stato molto importante per la missione dei semidei!
Un applauso a Matt, prego!
E tra tentativi di persuasione prima riusciti male e poi culminati in un inquietante e oscuro successo, scopriamo che la missione sarà molto più difficile del previsto (perché sennò che divertimenti c'è?) e che Quinn è un genio incompreso.
Ora, dato che mi sono dilungata fin troppo, per i miei standard almeno, me ne vado e vi lascio in santa pace.
Come sempre (lo so, sono ripetitiva ma non posso farci niente), grazie mille per aver partecipato e per le dolcissime recensioni, leggerle mi fa sempre sorridere.
Alla prossima!
Baci,
Diana<3

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


(9)

La città si estendeva ai loro piedi.
Il nero della sua skyline era punteggiato da una miriade di luci e un aereo stava atterrando in quel momento all'aeroporto.
La luna era alta nel cielo, bianca.
Il suo riflesso si estendeva limpido sulla superficie dell'East River, la sua luce illuminava i volti dei semidei che, sul tetto del museo, erano intenti a trovare un modo per entrare nell'edificio, eludere la sorveglianza e prendere “quel benedetto arco del Tartaro!”.
Quinn fece battere le mani tra di loro e sorrise: «Bene, proposte?».
Gli occhi degli altri Mezzosangue si spostarono confusi sul ragazzo.
«In realtà credevamo che tu avessi un piano» annunciò Jordan, incrociando le braccia al petto.
Quinn spalancò leggermente gli occhi, chiuse le labbra in una linea sottile che andò a curvarsi in un sorrisino nervoso e «Infatti, è così. Volevo solo.. solo vedere se le vostre proposte erano migliori della mia, cosa comunque impossibile perc..» iniziò a dire, prima che il figlio di Ares lo interrompesse con quel «Oh, ma falla finita, Richards. Non hai uno straccio di idea, ammettilo!»
Il figlio di Ebe ridusse gli occhi a due fessure e si avvicinò al biondo, fronteggiandolo in tutta la sua altezza: «E tu, Ivanov, hai qualche idea da proporre? Perché non mi sembra che tu abbia fatto molto, fino adesso»
«Smettetela!» li interruppe Malia, mettendosi in mezzo ai due e fissando il migliore amico con il migliore sguardo di rimprovero del suo repertorio.
I due ragazzi si allontanarono l'uno dall'altro, ascoltando la figlia di Eos che sospirò e si sedette per terra «Dobbiamo trovare un modo per prendere l'arco e in fretta, non mi piacciono quelle nuvole» continuò, indicando il cielo.
Delle nuvole nere, del tutto innaturali, stavano coprendo la luna e si stagliavano minacciose sopra New York.
Jordan incrociò le braccia al petto e abbassò lo sguardo, per poi puntarlo sull'entrata o uscita che fosse del condotto dell'aria: «Malia, vieni un momento qui».
La rossa si avvicinò al ragazzo, seguì il suo sguardo e alzò un sopracciglio: non sarebbe mai entrata lì dentro, quindi: «No, scordatelo. Non entro in quel coso, soffro di claustrofobia e poi pensa ai ragni! 
Assolutamente, Jordan, mi rifiuto categoricamente.» annunciò ferma.

«Beh, allora direi che siamo fregati» fu quello che disse Kahlen, appoggiandosi alla porta dell'uscita d'emergenza, prima che questa si aprisse dietro di lei e la facesse cadere all'indietro.
La figlia di Nemesi strinse gli occhi e si massaggiò la schiena, borbottando un «Porco Crono nel Tartaro!», per poi alzarsi e voltarsi verso la porta spalancata: «Voglio una spada tempestata di diamanti, per questo» annunciò, indicando la soluzione al loro problema.
Jordan ridacchiò, passandole accanto e mettendole un braccio intorno alle spalle, entrando poi nel museo e facendo segno agli altri semidei di seguirlo.
A nessuno sfuggì il «Si, mio capitano!» che uscì, ovviamente, dalle labbra di Quinn, che si curvarono poi in un sorriso mellifluo, mentre anche lui entrava nel museo.
Raggiungere la sala dell'arco fu molto più semplice del previsto, quello che i ragazzi scoprirono non essere semplice, fu come levare l'arco dalla teca e sostituirlo con quello di Malia.
Todd aveva disattivato l'allarme attraverso tecniche tecnologiche che ad Eileen sembravano molto magia nera, Jordan e Ashton stavano levando la teca, facendola scorrere verso l'alto e pronti a sostituire l'arco di Paride.
«Hey, Richards -lo chiamò Ashton, la faccia attaccata al vetro della teca più grande di lui- Non è che ci daresti una mano? Così, giusto per passare il tempo.»
«Scusa, Vause, ma io sono la mente e, si sa, la mente non è il braccio» fu la scusa senza senso di Quinn, alla quale ricevette un «Tu devi farti controllare» da parte di Eileen che, affiancata da Emma, osservava i compagni divertita.
Se ripensava ai primi giorni passati con loro, mai avrebbe pensato che quei pazzi, -perché alla fine, questo erano-, avrebbero finito per contare così tanto, per lei.
Roba da matti.
Dall'altra parte della sala, Kahlen e Malia ridacchiavano osservando il figlio di Ares e quello di Persefone intenti a cercare di non far cadere a terra la teca di vetro, in maniera alquanto impacciata tra l'altro.
«Secondo te stiamo esagerando?» chiese ingenuamente la figlia di Eos all'amica, girando la testa verso di lei.
«Abbiamo esagerato sette ore fa con quell'assurda “ispezione”. -iniziò Kahlen, voltandosi anche lei verso Malia- Con questa finiamo direttamente in galera.. »
Todd le affiancò, con le braccia incrociate al petto e un sorrisetto ambiguo sulle labbra: «Solo se ci beccano».
Proprio in quel momento, le porte della sala si spalancarono, rivelando due uomini tozzi e robusti che non avevano affatto un'aria amichevole.
«Io ti odio, Todd».

 

Prima che la cosa degenerasse, Quinn si passò una mano tra i capelli e si schiarì la voce:«Lasciate fare a me -annunciò, facendosi avanti tra i semidei e schiarendosi la voce- Signori!, so che tutto questo può sembrare strano, insomma, otto adolescenti in un museo, di notte..in un museo..Ma, a tutto c'è una spiegazione: noi siamo addetti a verificare la reale provenienza degli oggetti in esposizione e...»
«Taci, semidio! Sappiamo chi siete e perché siete qui!» lo interruppero le due guardie, avvicinandosi tra loro.
«Questo è male» commentò il figlio di Ebe, facendo alcuni passi indietro mentre i suoi compagni impugnavano le armi.
Ma prima che potessero anche solo accorgersene, i due uomini si erano trasformati in un enorme cane nero a due teste.
Qualcuno tra loro sussurrò “Ortro”, il nome del mostro, ma nessuno fu in grado di stabilire chi, troppo impegnati ad osservare con terrore l'orrendo mostro davanti a loro.
L'unica cosa che riuscirono a stabilire, fu che  il 
«Chert» sussurrato da Jordan, non lasciava presagire niente di buono.
«Questo è molto male!»

 

Ortro ringhiò e abbaiò, prima di lanciarsi contro i semidei, con i denti affilati in bella vista.
Todd prese l'arco dalle mani di Jordan e corse verso il fondo della sala, con il compito specifico di proteggere l'arco a costo della vita.
Malia fu costretta dagli altri semidei a seguirlo, essendo l'arciere più esperto nel gruppo.
Gli altri, invece, si prepararono ad affrontare l'enorme cane a due teste.

 

Kahlen estrasse uno dei suoi coltelli e fece per correre verso il mostro ma Jordan l'afferrò per un braccio e la tirò indietro.
«Sei impazzita?» le chiese, voltandola verso di lui.
La figlia di Nemesi provò a liberarsi dalla presa ferrea del ragazzo ma quando si accorse che la sua era un'impresa impossibile, sbuffò e si fermò a fissare Jordan.
«Ho un piano, Jo» gli spiegò, rigirandosi il coltello tra le mani.
«Lanciarsi a capofitto verso una morta certa, sarebbe il tuo piano?» chiese lui scettico, alzando un sopracciglio.
«Veramente volevo lanciarmi a capofitto verso Fido e piantargli un coltello sotto la costola...- spiegò, fermando il coltello nella mano- Ma anche la morta certa ispira sai? Ha un non so che di poetico» sorrise smielata poi, cosa che fece ruotare gli occhi a Jordan.
Il figlio di Ares borbottò un «Tu sei completamente matta» scuotendo la testa, poi sospirò e fece roteare la sua spada Dunamis, accanto al corpo:«Come ti aiuto?» le chiese poi.
Kahlen sorrise.


«Emma!»
La ragazza si girò verso Quinn che la chiamava, correndo verso di lei.
Il figlio di Ebe batté le mani, si passò la lingua sulle labbra e sorrise: «Okay, dai, fai la tua magia. -la incitò, annuendo con fragore- Entra nella testa.. teste.. entra nelle teste del cane e fagli fare qualcosa».
«Tipo?»
«E che ne so, prova a costringerlo a prendersi la coda..» propose, aprendo le braccia teatralmente.
Emma alzò un sopracciglio e poi scosse la testa, prima di sfiorare l'anello che portava al dito, che si trasformò in una spada.
Doppialama, bianchissima, con il manico nero.
I diamantini sparsi qua e là sul manico e sulla punta, avrebbero di certo fatto invidia a Kahlen.

Quinn spalancò gli occhi, sorrise e prese la sua spada, prima di avvicinarsi lentamente al mostro.
Emma, davanti a lui, brandiva l'ascia con entrambe le mani mentre si avvicinava lentamente alla zampa posteriore del mostro.
Aveva visto Jordan tenere a bada una testa del mostro, mentre Kahlen provava ad infilarsi sotto di lui.
La figlia di Dioniso caricò il colpo e conficcò l'ascia nella zampa del cane, che ululò e girò le testa verso di lei, ringhiando e mostrando le zanne affilate.
«No, buono bello, a cuccia!» provò a calmarlo, facendo alcuni passi indietro.
Ortro ringhiò di nuovo, aprì la bocca e fece per divorare la semidea e probabilmente ci sarebbe anche riuscito, se solo sulla sua bocca non si fosse venuto a formare uno spesso strato di ghiaccio.
Emma voltò di scatto la testa, accorgendosi di Eileen che, con le sopracciglia corrucciate (si dice? Non credo) e i denti stretti, continuava a creare strati e strati di ghiaccio sul muso della bestia.

 

Eileen iniziò ad ansimare.
Usare i suoi poteri non le aveva mai creato troppi problemi, non l'aveva mai stancata, non fino a quel punto almeno.
Arretrò fino al muro, al quale si appoggiò con la schiena, stringendo gli occhi e respirando pesantemente.
«Eileen! -Ashton le si avvicinò con aria preoccupata, mettendole una mano sulla schiena- Stai bene?» le chiese.
«N..Non ce la faccio più. Sono sfinita» ammise, ansimando pesantemente.
Il figlio di Persefone si morse il labbro, poi fece passare le braccia dietro la schiena e sotto le ginocchia della ragazza e la sollevò, ignorando le sue proteste e portandola da Malia e Todd, rantolando un «Prendetevi cura di lei», prima di correre di nuovo verso Ortro e i suoi compagni.
«Emma!» la chiamò, facendole cenno di passargli l'ascia.
La figlia di Dioniso fece come le era stato detto, seppur con fatica enorme, e lanciò l'ascia ad Ashton, che, stupendosi di se stesso, la fece roteare sopra la testa e la lanciò verso il cane, colpendolo sopra la zampa destra.

 

La ferita che Ashton aveva inferto al mostro con l'ascia aveva dato l'opportunità a Kahlen di mettere in atto un nuovo “assurdo, Kahlen. Il tuo piano è semplicemente assurdo” piano.
«No, Kahlen, è escluso. Assolutamente, è troppo pericoloso» stava dicendo Jordan mentre scuoteva la testa con gli occhi chiusi.
«Jordan, andiamo! Fidati di me, per favore!»
«Non è che non mi fido di te, Kay, è solo che è troppo pericoloso» le spiegò il figlio di Ares, mettendole le mani sulle spalle e guardandola dispiaciuto.
«Qualcuno deve farlo» annunciò la figlia di Nemesi, gonfiando il petto.
Jordan sembrò pensarci, poi alzò la testa e «Lo faccio io» annunciò, alzando la testa e puntando lo sguardo verso Ortro.
Kahlen fece appena in tempo a pronunciare «Jordan, no fermati!», che il ragazzo era già partito in corsa verso il mostro.
Il figlio di Ares saltò sul dorso della bestia in un momento in cui quest'ultima era distratta da Ashton, alzò la spada e gliela conficcò nella schiena.
Ortro ululò dal dolore e cadde a terra, rivoli di sangue gli uscivano dalle ferite e la sua vista iniziava ad appannarsi.
Odiava i semidei.


 


♫We are the kings and the queens of the new broken scene!♫

Saaalve!
Prima di tutto, volevo scusarmi per il ritardo (anche se è piccolino piccolino) ma sono tornata ora dalle vacanze e sono un po' frastornata, in più domani parto per l'Expo e quindi in casa cinquedimattina si sta pianificando un po' tutto (e io sto cercando di convincere i miei genitori a portarmi da Abercrombie :)).
Dunque, giusto un paio di cosette prima di lasciarvi in pace e tornare a fare matematica #sadmoment:
- il capitolo è uno di quelli way too long, ma mi sono accorta che se lo avessi diviso non avrebbe funzionato con il resto della storia, quindi i siete beccate queste belle quattro pagine e mezzo di Word.
- non sono per niente soddisfatta di quanto ho scritto, proprio non mi piace. Però in realtà non so il motivo preciso.
- 'Chert' è una parola russa (perché, sì, il caro Ivanov una parolina in russo doveva pur lasciarsela scappare) che corrisponde più o meno all'italiano 'dannazione'
Prima di lasciarvi definitivamente, volevo solo dirvi che ho fatto due conti e ormai siamo giunti quasi agli sgoccioli di questa magnifica avventura (probabilmente 3/4 capitolo, epilogo incluso).
Bene, vi ho rotto le scatole abbastanza ahahah
Come sempre, grazie per aver partecipato e per le dolcissime recensioni che lasciate.
Alla prossima!
Bacioni,
Diana! <3





 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


(10)

 

Ashton era sul tetto del museo, poco distante dai suoi compagni.
Seduto a terra, con le braccia appoggiate alle ginocchia, teneva stretta in mano la sfera della Giustizia.
La osservava da più di quanto avrebbe mai ammesso, nella speranza di ricevere un segno, di qualsiasi tipo.
Come se le sue preghiere fossero state ascoltate, la sfera si alluminò ma a differenza di quanto si fosse aspettato, al posto della solita nebbiolina colorata, quella volta nella sfera si creò una vera e propria luce, che lo costrinse per un momento a chiudere gli occhi.
Quando riuscì a riaprirli, nella sfera c'era una sola nitida immagine: Gabriela.
Ashton alzò un sopracciglio, borbottando un «Ma che Ade?», prima di sbuffare rumorosamente, frustrato, e di lasciar cadere la sfera a terra quando questa diventò completamente nera.
Non avrebbe più dato nessun tipo di informazione.
Il semidio si passò entrambe le mani tra i capelli e strinse gli occhi, provando a ragionare.
Perché Gabriela? Come poteva essere loro d'aiuto?
Non che non l'apprezzasse, questo era ovvio, ma si chiedeva come un oracolo potesse aiutarli, fatta eccezione per le profezie.
Spalancò gli occhi e alzò leggermente la testa: ecco perché Gabriela!
Si sforzò di ricordare il verso della profezia che lo avrebbe sicuramente condotto alla risposta definitiva.
Ora hanno poco potere, rinchiusi dove nessuno può vedere.
«Forza, Ashton, pensa!» si ritrovò a dirsi sottovoce «Poco potere, poco potere».
Il figlio di Persefone si illuminò, sorridendo una volta essersi reso conto di aver trovato finalmente la risposta alla profezia.
Si alzò in piedi, barcollando leggermente all'indietro e rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi per la fretta, prima di correre dai suoi compagni.

 

I semidei non potevano crederci, sebbene la spiegazione più che dettagliata di Ashton fosse stata davvero esaudiente.
Come poteva essere l'Olimpo, la casa degli dèi, il luogo in cui loro stessi avevano pochi poteri?
Ma comunque, anche se scettici, i Mezzosangue avevano seguito il figlio di Persefone fino all'Empire State Building, porta d'accesso all'Olimpo.
In quel momento si trovavano nell'ascensore che li avrebbe condotti fino al punto da loro desiderato.
Erano in silenzio, nessuno osava parlare e probabilmente era meglio per tutti che fosse così.
Ognuno aveva un pensiero diverso per la testa ma che portava una stessa identica incognita: ce l'avrebbero fatta?
Se si basavano su quanto diceva la profezia, sì, sarebbero riusciti a salvare l'Olimpo, ma a che prezzo?
Nessuno di loro era pronto a quanto li attendeva al di là delle porte d'oro massiccio dell'ascensore.
E non importava che avessero avuto un addestramento per situazioni del genere, da quale dio discendessero o da quanto tempo passavano la vita al campo.
Nessuno di loro era disposto a rinunciare a quanto aveva ottenuto fin lì: degli amici, più fiducia in se stesso, una persona per cui valesse la pena lottare.
Erano solo dei ragazzi e seppure il sangue che scorreva loro nelle vene, avesse decretato fin dalla nascita il loro destino, non erano disposti a perdere tutto in quel modo.
Un boato, segno che l'ascensore era arrivato a destinazione, interruppe i loro pensieri e li riportò alla realtà, rendendoli di nuovo consci di quanto stava per accadere.
Quando le porte si aprirono, i semidei rimasero stupefatti di fronte allo scenario apocalittico che si presentava ai loro occhi.
L'Olimpo, un tempo non molto lontano doveva essere stato di una bellezza sconvolgente, ora non restavano altro che colonne a pezzi, archi trionfali in decadenza e statue di dèi distrutte.
Le fiaccole che prima illuminavano la via, erano a terra e lasciavano che il fuoco divagasse incontrastato per quel luogo.
Nuvole nere coprivano il cielo divino, il colle sul quale si trovavano le dimore degli dèi, era solo un arida distesa e i templi degli olimpi, un unico insieme di rovine.
Lo sfarzo e lo splendore che avevano caratterizzato quel posto, ormai erano solo un lontano ricordo.
Facendosi forza, i semidei impugnarono le armi e iniziarono a correre verso la dimora che si ergeva solitaria sulla cima del colle, l'unica che sembrava ancora intatta.
Gli otto ragazzi si fermarono davanti le scalinate d'ingresso, per riprendere fiato, si guardarono l'un l'altro, sperando ognuno di trovare negli occhi dei compagni un po' di coraggio, poi annuirono ed entrarono.
Quello che videro li lasciò senza parole, mai si sarebbero aspettati di vedere qualcosa del genere.
Gli dèi, quegli stessi dèi che tutti temevano, rispettavano e veneravano, i signori del cielo, del mare, della terra, del fuoco e padroni perfino della vita e della morte, ridotti in quello stato: rinchiusi in gabbie come cavie da laboratorio, deboli come comuni mortali, resi prigionieri nel loro stesso regno.
Alcuni di loro erano accasciati a terra, sul fondo delle loro celle d'aria nera, oppressi dalla pesantezza della loro debolezza.
Nelle menti dei Mezzosangue echeggiava una sola domanda: chi poteva essere stato a fare ciò?
E sopratutto, come potevano loro riuscire a fermare l'essere che era riuscito a rendere così indifesi, gli dèi stessi?
Stavano perdendo ogni speranza, ogni fiducia nella riuscita dell'impresa.
Nessuno sarebbe riuscito a salvare l'Olimpo.



 


Hello there!<3
Cinquedimattina is back with a new capitolo! Yee!
*cicale di sottofondo *
Will: Mooolto bene..
Mh, già.. Btw eccoci al decimo!, capitolo di NLWD *so proud *
Déi, e chi l'avrebbe mai detto che una mia storia sarebbe arrivata fin qui?
Ma bando alle ciance, visto che stavolta il capitolo è un po' meno way too long, mi dilungherò un po' di più nelle note autore, forse..
Dunque, questo capitolo è quasi interamente descrittivo, eccezion fatta per la parte di Ashton in cui però le parti “dialogiche” erano necessarie.
Non succedono grande cose nel capitolo, certo a parte per la soluzione del big deal, dei nostri amatissimi sfigatelli semidei.
E, guess what?, l'Olimpo è messo a soqquadro dopo un party hard durato non si sa quanto!
Della serie: anarchia!
Mh, sì...
Bene , a quanto pare non mi sono dilungata troppo neanche qui, direi che è un passo avanti verso.. qualcosa(?)
Prima che mi scordi, altre due cosine.
Ellie, mi dispiace per non averti inviato il capitolo da betare, ma EFP me l'ha impedito.
Niente, abbiamo appurato che EFP non vuole che beti questa storia, bastardo.

Ora, non voglio essere moralista o scassa palle, però mi sono accorta che nell'ultimo periodo siete un po' assenti, vorrei davvero sapere cosa ne pensate dello sviluppo della storia e degli eventi che l'hanno caratterizzato.
Perché, sinceramente, sto entrando un po' in crisi.
Mi spiego meglio: in breve, le idee che all'inizio mi sembravano genialate pure, ora mi sembrano abbastanza mediocri, niente di che e ho paura che rendano mediocre e niente di che anche questa storia, alla quale personalmente tengo moltissimo.

Bene, direi che vi ho rotto le palle abbastanza ahahah
Perdonate davvero questa piccola parentesi odiosa!
Come sempre, grazie mille per aver partecipato e per le dolcissime recensioni!
Un bacione,
Diana<3

P.S: Raga, io domani inizio la scuola, cioè rendiamoci conto di quanto è critica la situazione, non ho manco il diario ahahah

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


(11)

 

Tyche: la fortuna scomparsa
Todd si guardò intorno, ritrovandosi improvvisamente solo.
Dei suoi amici non c'era più traccia, era come se si fossero volatilizzati tutti.
Davanti a lui, però, c'era una cella, sicuramente una di quelle in cui gli dèi erano tenuti prigionieri.
Non era poi così solo, alla fine.
Il ragazzo si fece coraggio, costringendo i piedi a muoversi, uno dietro l'altro, avanzando.
Si arrestò una volta arrivato alla distanza che riteneva opportuna e chiuse gli occhi, per poi prendere un profondo respiro e riaprirli.
Nella gabbia, accasciata a terra, c'era una donna: i lunghi capelli castani le ricoprivano parte del volto, ma Todd riusciva comunque ad intravedere gli occhi chiusi e la bocca semiaperta.
Un'assurda quanto paurosa consapevolezza gli attraversò la mente.
Il ragazzo mise una mano sulla gabbia e vi avvicinò il voltò: «Madre, sei tu?», chiese, sperando in una risposta.
Silenzio.
La dea non aveva detto niente, non accennava neanche a muoversi, sembrava morta.
Ma gli dèi non possono morire, si ritrovò a pensare.
Improvvisamente, una voce risuonò nella sua mente.
Una voce femminile, calda e tremendamente familiare.
Sono qui, diceva, rendimi fiera, per una volta.
Todd chiuse le labbra in una linea dura, annuendo più a se stesso che alla madre.

 

Persefone: il fiore appassito.
Ashton non riusciva a credere che la donna nella cella fosse Persefone, sua madre.
Gli occhi spenti, i capelli sbiaditi e l'espressione di dolore dipinta sul volto non ricordavano neanche minimamente la bellissima donna che, anni prima, il giorno del suo sedicesimo compleanno, gli aveva fatto visita.
E, sebbene il loro incontro fosse durato appena cinque minuti, Ashton aveva sentito tanto di quell'amore materno, da poter scoppiare.
«Non credi sia io, non è vero? -gli chiese sorridendo amaramente sua madre, seduta con la schiena appoggiata alla parete della cella -Come biasimarti, guardami: più che una dea, sembro una megera. E poi, non so se ci hai fatto caso, ma questa luce mi fa diventare ancora più brutta» finì enfatizzando quando stava dicendo con dei veloci gesti della mano.
«Sei sempre bellissima, madre» le disse, avvicinandosi alla gabbia.
«Se mi chiamassi 'mamma', sarei più contenta, sai? E non provare a prendermi in giro, so benissimo che dici così solo perché vuoi un aumento della paghetta che ti da tuo padre».
Ashton sapeva che sua madre stava solo cercando di tirargli su il morale ma ogni suo tentativo risultò inutile; il ragazzo aveva un solo pensiero nella testa.
Persefone sospirò, sconfitta: «Non essere avventato, Ashton. E' una forza molto più potente di noi, di tutti noi, devi essere molto prudente»
Il ragazzo annuì, per poi girarsi e iniziare a camminare, per poi arrestarsi quando sua madre pronunciò le parole che più aveva aspettato nella vita:
«Ashton- lo chiamò- sono molto fiera di te».

 

Ebe: la giovinezza rubata
Quinn girò su se stesso, una volta persi di vista i suoi amici.
Che poi, in realtà, non li aveva persi di vista, erano proprio spariti.
«Molto bene» sussurrò, unendo le mani dietro la schiena e iniziando a camminare in cerchio «Mh, ci si potrebbero organizzare delle feste mega-galattiche, quassù» osservò, guardandosi intorno.
«Vero? Lo avrò detto a Zeus miliardi di volta, ma a quanto dice lui, “divertirsi non è compito degli dèi”» queste parole lo fecero sussultare, dato che pensava di essere solo.
Dopo essersi girato ed essersi accorto dell'enorme ed evidente gabbia lì presente, non poté fare altro se non darsi dello stupido, poi si avvicinò alla cella.
Al suo interno, c'era una donna anziana.
I capelli grigi e ricci, avevano ancora qualche sottotono rosso e le ricadevano spettinati sulle spalle, gli occhi, che un tempo dovevano essere stati di un verde acceso, ora erano spenti e piccoli.
Il viso era ricoperto da rughe.
Quinn ridacchiò imbarazzato, infilò le mani in tasca e si avvicinò alla gabbia:«Già, immagino. So che Zeus è un vecchio matusa- borbottò, alzando lo sguardo sulla bambina- Chi sei tu?» le chiese poi.
«Sai, le madri mortali ci rimarrebbero parecchio male, se il figlio non le riconoscesse..ma non posso biasimarti, non ci siamo mai incontrati, dopotutto».
Quinn spalancò gli occhi, incredulo: quella donna, era Ebe, sua madre?
«M..madre? -borbottò- Cosa..Perché..Come è possibile che tu sia così vecchia?» chiese.
Ebe si alzò in piedi e si avvicinò al figlio: «Queste gabbie -gli disse, indicando la sue prigione- Rubano i nostri poteri e ci rendono deboli e vecchi»
«Chi vi ha imprigionato?» chiese ancora il ragazzo, sempre più curioso.
La dea lo guardò con un barlume di speranza negli occhi: «Un essere di forza e potenza straordinarie, superiori perfino alle nostre. Credevamo di averlo sconfitto, nel Tartaro, ma a quanto pare ci sbagliavamo. Tifone è molto più forte di quanto pensassimo».
Tifone, aveva sentito questo nome in una delle lezioni di Chirone, probabilmente una delle poche in cui era stato attento, per questo si illuminò e sorrise alla madre: «Ecco perché l'arco di Paride! -esclamò- Zeus sconfisse Tifone proprio con quell'arco!»
La dea della giovinezza sorrise orgogliosa, mentre osservava il figlio correre verso i compagni che finalmente vedeva.

 

Ares: il generale sconfitto.
Jordan aveva estratto dalla fodera Dunamis non appena i suoi amici erano scomparsi.
Si guardò intorno, attento e pronto ad ogni evenienza.
E si sarebbe aspettato di tutto ma di certo non si sarebbe mai immaginato di sentire quel «Jordan» proveniente dalla cella dinanzi a lui.
Il biondo si avvicinò, cauto, stringendo con forza Dunamis tra le mani.
La gabbia nera era sospesa in aria, a qualche centimetro dal terreno; al suo interno, un uomo sulla cinquantina, era seduto a terra e indossava un improbabile giubbotto di pelle nera.
Jordan alzò un sopracciglio e abbassò la spada: «Are..Padre?» domandò.
L'uomo annuì debolmente, per poi fare cenno al ragazzo di avvicinarsi di più.
«Ma guardati -iniziò, indicandolo con entrambe le mani- sei un uomo, ora. Dall'ultima volta che ti ho vis..».
«E' passato parecchio tempo, sì» tagliò corto il ragazzo, sorridendo appena.
Sapeva che Ares non era un dio subdolo e distaccato come tutti credevano, ma col passare degli anni e con la sua assenza, Jordan ormai se l'era figurato così e anche solo il semplice fatto che provasse ad essere migliore, gli faceva uno strano effetto.
«Già- concordò il dio, assottigliando gli occhi- ti ho lasciato che eri un soldatino, e ora, sei un generale. Al comando di una truppa, per giunta».
Il semidio scosse la testa, sorridendo amaro e «Io non sono un generale, padre. E quella non è una truppa, sono i miei amici».
Ares sorrise, la speranza era nei suoi occhi: «Anche meglio!»

 

Eos: la luce spenta
Malia non riusciva più a vedere nulla, intorno a lei c'era il buio più totale.
Fece per creare una palla di luce da usare come torcia quando si accorse che, in realtà, non ne aveva bisogno.
Non lontano da lei, un luce fioca brillava, chiusa in una gabbia.
Si avvicinò piano, con la bocca leggermente aperta e il labbro che tremava, intimorita dal non sapere cosa fosse quella luce.
Sul fondo della cella era rannicchiata una donna, le gambe erano strette al petto e i boccoli biondi le ricoprivano gran parte del volto.
Tremava.
«Ma..Mamma?» si ritrovò a chiedere con voce da bambina.
La donna per un momento rimase immobile, poi si scostò i capelli dal viso e posò lo sguardo sulla ragazza.
Un debole sorriso si aprì sulle labbra della dea: «Malia, bambina.» la salutò poi.
E a quel punto Malia sentì il cuore sprofondarle nel petto dalla felicità e le lacrime salirle agli occhi.
«Cos'è successo? Chi vi ha rinchiuso?» iniziò a chiederle la ragazza, avvicinandosi ancora di più alla gabbia.
Eos scosse leggermente la testa, poi sorrise alla figlia e allungò la mano verso di lei.
Malia credeva sarebbe riuscita a sentirla sfiorare la sua pelle eppure questo non accadde, la mano della dea era ferma ai confini della cella.
«Il tuo amico, il tuo caro amico, Quinn Richards sa già tutto -sua madre sorrise furba, provando a strappare un sorriso alla figlia- Ricongiungiti con lui e gli altri semidei e, per l'amor del Cielo, stai attenta!» finì poi, tornando seria.
La semidea annuì, si asciugò gli occhi con il dorso della mano e fece alcuni passi indietro, con un'altra luce, più forte di quella emanata dalla dea davanti a lei, che iniziava a rischiarare l'oscurità.
«Ti salverò, mamma» le promise.
Eos sorrise ancora: «Ne sono certa, bambina mia».

 

Chione: il ghiaccio sciolto.
Eileen sussultò, ritrovandosi improvvisamente sola.
Si guardò intorno, spaesata, per poi puntare lo sguardo su una cella di nebbia nera, come quelle che avevano visto poco prima all'entrata, davanti a lei.
A differenza delle altre gabbie, però, questa aveva un sottile strato di ghiaccio sulle sbarre e questo bastò a far capire alla semidea chi ci fosse lì dentro.
«Oh, no» si ritrovò involontariamente a sussurrare, spalancando leggermente gli occhi.
«Eileen.» una voce fredda e distaccata la richiamò.
Dall'interno della gabbia si fece avanti una donna, i lunghi capelli neri le scendevano sul petto, lo sguardo era freddo e calcolatore.
Sembrava non soffrire il potere della cella, a differenza degli altri dèi.
«Madre» Eileen incrociò le braccia al petto, stringendosi nelle spalle e provando a diventare il quanto più piccola riuscisse.
Quella donna la metteva in soggezione.
«Stai dritta con la schiena -le ordinò per prima cosa la dea, alzando un sopracciglio- Cosa ci fate voi, qui? Cosa credete di poter fare?»
La semidea si fece composta, assottigliò gli occhi e serrò la mascella: «Possiamo fare molto più di quanto credi tu, madre! Siamo molto più forti di quanto pensate tutti voi!»
«Siete solo dei semplici ragazzi, Eileen!» urlò la dea alla figlia, l'apprensione nei suoi occhi, per poi ricomporsi e tornare allo sguardo distaccato di prima.

«No, non è vero! Non siamo dei semplici ragazzi! I ragazzi “semplici” vanno a scuola, non passano la vita in un campo ad addestrarsi con armi e poteri assurdi!» la rabbia trapelava dalla voce della ragazza, che respirava pesantemente in quel momento, «Vi faremo vedere».
Fu l'ultima cosa che disse, prima di voltare le spalle alla cella ed andarsene.

 

Dioniso: l'uva appassita
«Papà, sei tu?», chiese Emma, facendo qualche passe in direzione dell'aria nera che rinchiudeva un uomo, seduto a terra.
La barba grigia era lunga e folta, gli occhi piccoli e circondati da alcune rughe.
«Gemma?»
«E' Emma, in realtà» lo corresse la ragazza, avvicinandosi ancora di più.
Dioniso alzò le spalle e fece una smorfia con la bocca: «Fa lo stesso. -disse poi- Ad ogni modo, cosa ci fai qui?» le chiese, alzando un sopracciglio.
«Beh, sono qui per salvarvi»
Il dio strinse le labbra in una linea sottile, per poi lasciare che una fragorosa risata uscisse da quelle e lo facesse addirittura piegare in avanti.
Giusto per rigirare il coltello nella piaga, poi, finse anche di asciugarsi una lacrima, meritandosi un'occhiata di fuoco da parte della figlia: «Non vedo cosa ci sia tanto da ridere» commentò con un'acidità che non avrebbe mai pensato di poter rivolgere a suo padre.
«Sai, i mortali hanno una specie di detto: “rido per non piangere” -commentò come se nulla fosse- In questo momento trovo sia adatto, per la mia situazione. E poi, Gemma, diciamocelo, non siamo riusciti noi dèi a fermare Tifone, come dovreste fare voi? Fatti un favore, prendi le tue cose e vattene, è meglio
così.»

La risposta del padre la lasciò di sasso.
Nutriva affetto per lui, nonostante non lo avesse mai incontrato e vedere che non aveva fiducia in lei e nelle sue capacità, le faceva male.
Quasi quanto le faceva male la consapevolezza che, probabilmente, aveva ragione.

 

Nemesi: la giustizia ignorata
Kahlen era immobile davanti ad una cella da diversi minuti.
Intorno a lei il tempo sembrava essersi fermato.
Guardava con sguardo vuoto la donna stesa all'interno della gabbia; i capelli neri e ricci le coprivano il volto e la semidea non riusciva a vederne i tratti ma sapeva che quella era Nemesi.
Avrebbe voluto poter dire di aver sentito il cuore spezzarsi, alla vista della madre in quelle condizioni, ma in realtà non sentiva niente.
La sua era un'assurda forma di apatia che neanche lei riusciva a spiegarsi.
Sospirò, per poi accucciarsi davanti la gabbia e osservare la dea al suo interno: «Madre?».
Nessuna risposta.
Kahlen deglutì e allungò la mano verso la donna, senza saperne il reale motivo; si stupì quando si rese conto che la cella non le aveva impedito di raggiungere il volto di Nemesi.
La semidea esitò un momento, prima di farsi coraggio e scostare dal volto della madre i capelli
Gli occhi erano chiusi, le labbra anche e Kahlen non riuscì a capire se stesse respirando o no.
Un tremito involontario delle labbra e un pizzicore agli occhi le fece ritirare la mano e la costrinse a strizzare le palpebre.
Tenne chiusi gli occhi finché le lacrime non si furono ritirate, per poi riaprirli e prendere un profondo respiro.
Si alzò in piedi e iniziò ad indietreggiare, per poi girarsi completamente di spalle e allontanarsi.
Una sola parole le rimbombava nella testa: εκδίκηση.



 


Heylà gente!
Lo so, lo so, sono in ritardo...
In realtà il capitolo era pronto già da un po' solo che ho avuto alcuni problemi personali e il tempo di pubblicare proprio non l'ho trovato.
In più, ho ripreso ad allenarmi ed è ri-iniziata la scuola (rendiamoci conto, io ho iniziato da una sattimana e mi sembra di aver fatto già tre mesi, aiuto) e quindi eccomi qui, ad un orario orrendo ed improponibile perché scommetto avrete di meglio da fare alle 22.15 che stare a leggere 'sto coso qui, con questo capitolo che, a dir la verità, non mi dispiace troppo.
Will: ZAN ZAN ZAAAAN!
Eh, sì XD
Ma passiamo brevemente al capitolo, shall we?
Dunque, i semidei incontrano i loro genitori sfigati (sì, perché mica possono essere solo i semidei sfigati eh) e, per questo incontro ho provato a rispettare il più possibile quanto mi avete scritto nella scheda personaggio.
Se c'è qualcosa che non va bene, non vi piace o non vi convince, non fatevi problemi a dirmelo!
Un'ultima cosa prima di andare: questo sarà il penultimo capitolo, epilogo escluso.
In giro ho visto che le altre interattive durano moolto di più rispetto alla mia e quindi...
Will: Shame on you! S H A M E O N Y O U !
Me lo merito, sì.
Bene, ora vi lascio (non vedevate l'ora eh?)
Grazie mille per aver partecipato e per le dolcissime recensioni! <3
Alla prossima!
Bacione,
Diana<3

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


(12)

And if we should die tonight,
then we should all die together.

 

Il Titano era lì, di fronte ai loro occhi, immenso.
Sul suo volto era dipinto un sorriso carico di sicurezza.
Sicurezza di riuscire a sconfiggere semidei e dei, di distruggere il Campo Mezzosangue e quello di Giove, di vincere.
E forse, fu proprio quella sicurezza così evidente che riuscì a scoraggiare l'animo dei semidei.

 

I semidei non leggevano solo sicurezza, sul volto di Tifone.
I suoi occhi, erano sicuri, erano carichi di disprezzo.
E sicuramente, fu quel disprezzo che li convinse a non mollare e che, paradossalmente, generò nuova forza, dentro di loro.

 

«Fatevi avanti, semidei! -li incitò il Titano, ridendo- Vi schiaccerò tutti!»
I giovani si guardarono fra loro.
Decisero che c'erano cose peggiori al mondo che morire combattendo al fianco di amici così.
Annuirono.
E attaccarono insieme.

 

Emma, Eileen e Quinn corsero alla destra di Tifone, dalla parte opposta andarono invece Todd e Jordan mentre Kahlen e Ashton rimasero di fronte a lui.
Solo Malia, iniziò a correre verso una scala in marmo, alle spalle del Titano.
Avevano un piano ben preciso.
Quello che probabilmente non si erano aspettati, fu la comparsa di un numero smisurato di spiriti della tempesta, donne-serpente e manticore.

 

Emma finì contro un muro, spazzata via dalla furia di uno spirito della tempesta.
Si rialzò in piedi, ridusse gli occhi a due fessure e puntò lo sguardo sullo spirito della tempesta che l'aveva scaraventata contro i mattoni.
Quando questo esplose, Emma rimase pressoché sconvolta.
E da quando lo sapeva fare?

 

Il pavimento sotto lo spirito si crepò quel tanto che bastò alle radici, sotto il comando di Ashton, per riuscire ad arrivare allo spirito della tempesta e avvolgerlo completamente.
Il figlio di Persefone chiuse a pugno le mani e, sotto la forza stritolatrice delle piante, lo spirito della tempesta si dissolse in una nuvola grigia.

 

Le parole di sua madre continuavano a vorticargli nella testa.
Todd strinse i denti, aumentando la presa della mano sull'impugnatura del suo pugnale.
La donna-serpente di fronte a lui si muoveva ondeggiando, il sorriso folle lasciava in mostra i denti affilata e la lingua che si muoveva freneticamente su e giù.
A Todd non sfuggì il guizzo negli occhi del mostro così, quando questa lo attaccò, lanciandosi in avanti, al semidio bastò scostarsi di lato e piantare il pugnale nella schiena del mostro, per vincere la prima di una serie di altra battaglie.

 

A Quinn tutto sommato, dispiaceva dover uccidere quella manticora.
Per quanto sembrasse assurdo anche a lui ammetterlo, quell'essere gli ricordava terribilmente una maestra che aveva avuto, forse alle elementari.
Non era una bella maestra. Decisamente no.
La manticora caricò le gambe posteriori, pronta a saltare, ma il figlio di Ebe gli puntò la spada contro: «Non osare -l'ammonì, alzando un sopracciglio- Stai a cuccia».
E forse, il mostro avrebbe fatto meglio a dargli retta, poiché quando balzò verso il semidio, quello non esitò a trafiggerla con la sua spada.

 

Eileen congelò l'ennesimo spirito della tempesta.
La rabbia provocata dal discorso che aveva avuto con la madre, le scorreva ancora nelle vene, rendendola tutto, fuorché stanca.
Con la coda dell'occhio vide una donna-serpente strisciare velocemente verso Ashton che, girato di schiena, stava intrappolando nelle sue radici mostri su mostri.
La semidea allungò le mani, creando una lastra di ghiaccio sulla quale la creatura scivolò, finendo dritta sotto la lama di Jordan.
Ashton si voltò di scatto e puntò lo sguardo su Eileen; lei gli sorrise e gli fece l'occhiolino.
E forse, si ritrovò a pensare, se fossero rimasti in vita, avrebbe anche potuto provare a mettere da parte un po' di acidità, verso quel ragazzo.

 

Jordan estrasse Dunamis dal corpo ormai senza vita della donna-serpente.
La pulì velocemente del sangue rimasto e alzò lo sguardo appena in tempo da riuscire ad accorgersi della manticora che correa verso di lui.
Il figlio di Ares fece roteare la spada di fianco a lui, sorridendo come se volesse incitare la manticora ad attaccarlo.
La creatura accettò il suo invito,digrignando i denti e balzando verso di lui.
Il semidio si abbassò e rotolò in avanti, così da trovarsi alle spalle del mostro.
E proprio mentre la manticora si girò verso di lui, pronta ad attaccare di nuovo, Jordan le tagliò di netto la testa.

 

Kahlen si maledì per non aver portato con se una spada.
I suoi pugnali di bronzo celeste erano mortali, certo, ma la costringevano ad uno scontro fin troppo ravvicinato e pericoloso, dato che lanciarli non era la soluzione migliore in quel momento.
La ferita sulla spalla le dava noia e l'aveva costretta a spostare il coltello nella mano sinistra, il che complicava ancora di più le cose.
La donna-serpente che l'aveva ferita rideva compiaciuta, sibilando.
La figlia di Nemesi strinse i denti, fissando con odio la creatura di fronte a lei.
Concentrati, ripeteva una voce nella sua testa, soffoca i pensieri e focalizzati solo sulla missione.
La semidea prese un respiro profondo e chiuse gli occhi, per poi riaprirli quando il sibilare della donna-serpente di fece più vicino.
Kahlen ruotò su se stessa evitando l'attaccò della donna-serpente, ritrovandosi alle spalle di quest'ultima.
Le circondò il busto con un braccio e portò la mano che stringeva il pugnale, sul suo collo.
«Vedi, è così che deve finire», sussurrò all'orecchio della creatura.
Poi fece pressione col coltello e le tagliò la gola.

 

Malia era arrivata ad un punto della scalinata perfetto per attuare il piano.
In sostanza, mentre gli altri distraevano il Titano, lei avrebbe dovuto usare le sua abilità di arciere per scoccare una freccia dall'arco di Paride e colpire Tifone, uccidendolo.
Colpì con l'arco uno spirito della tempesta che si era avvicinato troppo, per i suoi gusti, poi incoccò la freccia, tese la corda e prese la mira.

 

«Io mollo, non ce la faccio più!»
Eileen si piegò su se stessa, puntando le mani sulle ginocchia, ansimando.
Ashton, accanto a lei nella medesima posizione, si tirò su di scatto: «Cosa?! No, non ora che siamo arrivati qui».
La figlia di Chione alzò leggermente lo sguardo su di lui, per poi scuotere leggermente la testa: «Quei cosi continuano ad arrivare, mentre noi siamo solo in otto. E' un suicidio, Ash».
Il ragazzo le si avvicinò leggermente, tendendole una mano: «Non puoi mollare, Eileen. Non vuoi dimostrare a tua madre che si sbagliava? Che tutti, si sbagliavano?»
Eileen si morse il labbro poi sospirò.
Ashton aveva centrato perfettamente il punto.
Afferrò la sua mano.
Raggiunsero gli altri semidei con non poche difficoltà.
Erano tutti provati, lo si leggeva benissimo dalle loro espressioni, il che era comprensibile.
Todd si appoggiò al muro dietro di lui, respirando affannosamente: «Non ce la faremo mai- constatò- Abbiamo bisogno di aiuto!»
Gli altri ragazzi annuirono, d'accordo con lui.
«Sì, ma chi potrebbe aiutarci?» Emma si avvicinò al ragazzo, appoggiandosi anche lei al muro.
Tutti rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Kahlen si vece avanti nel gruppo: «Todd, Eileen, venite con me. Voi altri dovete riuscire a tenere a bada Tifone e il suo esercito, ho un piano!».

 

Rallentarono la loro corsa una volta arrivati di fronte alle gabbie.
Todd e Eileen non avevano capito il motivo per cui erano lì, ma quello era il loro ultimo problema.
«Infilate la mano tra le sbarre» ordinò loro Kahlen.
Eileen scosse la testa:«Cosa vuoi fare, Kahlen? Credi davvero sia così semplice? Non..»
«Sta' zitta e fallo, Eileen! Fidati di me!»
La figlia di Chione sospirò e si avvicinò ad una gabbia, non aveva niente da perdere a quel punto.
Allungò la mano e, contro ogni sua aspettativa, questa oltrepassò le sbarre; girò la testa verso Kahlen che sorrideva, e sorrise a sua volta.
«Com'è possibile?» le chiese Todd, dopo aver imitato l'amica.
«Queste gabbie sono a prova di dio, non di semidio. E' tutto lì, nel 'semi', non siamo dèi completi, per questo le gabbie non riescono a respingerci».
E forse, c'era ancora speranza.

 

Quinn urlò il suo nome, quando Emma venne scaraventata contro un muro da una manticora.
Corse verso di lei e l'aiutò ad alzarsi, attento che nessuno gli si avvicinasse.
Jordan fu subito accanto a loro, allontanando con la spada qualunque cosa provasse ad attaccarli.
«Forza, Emma!» la incitò Quinn, circondandole la vita con un braccio e sostenendola.
«Non ce la faccio -pianse lei- La gamba.. io non, non ce la faccio».
«Jordan!» il figlio di Ebe lo chiamò, ma quando il biondo si girò verso di lui, la paura che lesse nei suoi occhi lo scoraggiò al tal punto, che fece cadere la spada a terra, sconfitto.
Intorno a loro, si stavano radunando donne-serpente, spiriti della tempesta e manticore, pronti ad attaccarli.
Jordan abbassò la spada, ormai non c'era più niente da fare.
E proprio quando vide la prima manticora caricarsi sulle zampe posteriori per balzare contro di loro, Jordan chiuse gli occhi, ripensando alla sua vita e pronto ad accogliere le braccia della morte.
Ma questo non accadde.
Un guizzò argenteo si interpose tra lui e la manticora, che cadde a terra trafitta da una spada.
Jordan spalancò gli occhi e la bocca, riconoscendo la figura davanti a lui.
«Padre?»

 

Eileen, Todd e Kahlen erano riusciti a liberare gli dèi, che in quel momento stavano combattendo senza sosta per riprendersi quello che era loro.
Zeus laciava fulmini e saette, Ade aveva richiamato a se tutte le anime a sua disposizione, Artemide scagliava con il suo arco, frecce su frecce.
Quando i tre semidei si riunirono al gruppo, la prima cosa che a tutti venne spontanea da fare fu abbracciarsi.
«Dov'é Lia?» chiese Todd, allontanandosi un poco dagli altri.
I semidei si guardarono intorno, in cerca della loro amica.
Malia era sulla scalinata e combatteva con una donna serpente, usando il suo arco per colpirla.
La figlia di Eos spinse la creatura con un calcio giù dalla scalinata, si girò verso Tifone, che sferrava colpi di giavellotto e rideva come un pazzo, probabilmente divertito da tutto quello scompiglio.
Incoccò la freccia, prese la mira e, dopo aver preso un altro profondo respiro, la scoccò verso il Titano.
La freccia andò a conficcarsi proprio sulla fronte del Titano, che urlò dal dolore e cadde a terra.
I semidei esultarono, osservando orgogliosi Malia che correva verso di loro, sorridendo.
Non si era accorta, della manticora che la inseguiva.
«Lia, corri!» la incitò Kahlen.
«Avanti, Malia sbrigati! Sbrigati!» urlò invece Ashton.
Malia si guardò le spalle, accorgendosi del mostro e accellerò il passo, inciampando però sul corpo di una donna-serpente e cadendo a terra.
Malia indietreggiò, spingendo con le gambe e aiutandosi con le mani, mentre la manticora alzava la coda da scorpione, pronta a colpire.
Quinn iniziò a correre disperato verso di lei.
«Lia!».


 


PRENOTE: scusate per il ritardo, ma la mia scusante è davvero davvero buona.
Il mio computer è letteralmente esploso.
Nel senso: stavo finendo di scrivere il capitolo e poi, puff, la schermata del computer nera.
E là, panico! 
E poi, disperazione, accettazione e di nuovo disperazione.
Fortunatamente, la mia cara mammina ha capito la mia disperazione e mi ha procurato un computerino nuovo, aww.
E quindi.. 


*si nasconde dietro a Zazu, il suo gatto, perché è sicura che Sarah è pronta a lanciarle qualcosa*
Heylàà!

Guess who is back with a new chapter?! Me, MARIO!
...
Anyway, come state? Come è andato questo ritorno a scuola?
Io vi dico solo che domani ho l'interrogazione di filosofia e ho un'anZia assurda.
Ma passiamo al capitolo!
Mi rendo conto che sia esageratamente lungo e probabilmente anche piuttosto pesante, solo che, avendo ritardato nel pubblicare, mi sono sentita in colpa e quindi ora vi beccate cinque pagine e tre quarti di Word! *boom*
Con questo capitolo la nostra avventura è quasi conclusa, manca solo l'epilogo che è un "work in progress", quindi non dovrete aspettare molto, sicuramente meno di quanto avete aspettato per questo.
Anche se metterò un capitolo interamente dedicato ai ringraziamenti, volevo farlo anche qui, seppur brevemente.
Quindi grazie, a tutte! Senza di voi questa storia sarebbe molto probabilmente rimasta nelle profondità del mio computer, incompiuta.
Inoltre vorrei ringraziarvi, come sempre, per aver partecipato alla storia e per le dolcissime recensioni che mi lasciate!
Non avete idea di quanto mi facciano piacere!<3
Ora mi dileguo, alla prossima!
Bacioni,
Diana<3


 

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


Epilogo

 

Un anno dopo, Los Angeles

Il sole stava tramontando, gettandosi nell'oceano come se volesse far posto alla luna il più velocemente possibile.
Il mare era calmo, le onde si infrangevano a riva e tornavano indietro con una lentezza pacifica, stanche, mentre il verso dei gabbiani riempiva l'aria dando una sensazione di pace.
Malia respirò a pieni polmoni, chiudendo gli occhi e beandosi di quella sensazione che non provava da tanto tempo.
E' già passato un anno, si ritrovò a pensare.
Come chiamate dalla sua mente, delle immagini si proiettarono nella sua testa: immagini felici, spensierate, ricche di serenità.
Immagini di lei e Quinn stesi su una barchetta in mezzo al lago delle canoe, che ridono e scherzano, ignari del loro futuro.
Malia strinse le ginocchia al petto, circondandole con le braccia e sorrise nostalgica.
Voleva ricordarlo così, Quinn.
Col sorriso stampato sul volto, gli occhi vispi e pieni di speranza.
Le sembrava fosse stato tutto solo un sogno, tutti i loro ricordi portati via dalla brezza estiva che le scompigliava i capelli rossi.

 

Avevano una canzone, lei e Quinn.
Non ricordava tutte le parole, ma la melodia era piantata perfettamente nella sua mente.
Tutto quel tempo, senza di lui, le faceva sembrare che non fossero mai esistiti, che tutto il tempo passato insieme fosse stato solo un ricordo confuso.
In quel momento c'erano solo lei e quella melodia.

 

Che cosa avrebbe dovuto fare?
Non riusciva a dare una risposta a quella domanda, non senza di lui almeno.
Perché tutti quei piani che avevano fatta sulla sabbia di Long Island, erano finiti.

 

Senza di lui era da sola.
E se si fosse ritrova sola con se stessa, sarebbe stata bene?
Così lontana da casa.
Non lo sapeva.


Sola.

 

«Ti ho detto che vanno bene così!».
La voce di Kahlen le fece riaprire gli occhi, riportandola alla realtà.
«Come fanno ad andare bene se, tra una pietra e l'altra, ci sono venticinque chilometri di sabbia?» stava dicendo Jordan, indicando il suolo.
Stavano preparando tutto l'occorrente per un falò e a quei due era spettato il compito di accendere il fuoco.
«Potrei sempre infilarci la tua testa, tra le pietre. Scommetto che sarebbe un ottimo conduttore per il fuoco!»
«Oh mio.. Sei proprio ir...»
Malia si ritrovò a ridacchiare, di fronte a quella scena.
Non erano proprio cambiati di una virgola.
Spostò lo sguardo su Emma e Todd che, uno vicino all'altra, si avvicinavano agli amici con le braccia cariche di rami da bruciare, sorridenti.
Per quanto fosse evidente che si piacessero, i due ragazzi avevano preferito aspettare, avendo ancora qualche dubbio.
Malia li trovava semplicemente adorabili.
Seduti a riva poco più in là, stretti l'uno all'altra, c'erano Eileen e Ashton.
Lei con la testa sulla sua spalla e lui che, di tanto in tanto, le lasciava qualche tenero bacio sulla fronte.
Dopo la battaglia con Tifone, avevano deciso che era finalmente l'ora di provare qualcosa di diverso.
Diverso, almeno per Eileen.
E, doveva ammettere, se la cavavano piuttosto bene.
Malia sentì un vuoto improvviso all'altezza del cuore, gli occhi le divennero lucidi e il labbro le iniziò a tremare.
Perché lui? Perché proprio Quinn?
In quel momento si sentiva ancora più sola.

 

Una mano sulla spalla la fece sobbalzare, costringendola a voltare lo sguardo.
Emma, Eileen e Kahlen erano lì e le sorridevano comprensive.
Si sedettero accanto all'amica, stringendola affettuosamente.
Subito dopo, arrivarono anche Jordan, Todd e Ashton, seguendo l'esempio delle ragazza.
Malia gli sorrise riconoscente, e quando le lacrime minacciarono di scendere sulle sue guance, lei non fece niente per fermarle.
La strinsero di più, infondendole tutto il loro affetto.
Riusciva anche ad immaginarselo in quel momento, Quinn.
Il solito sorriso ironico sul volto, le braccia incrociate al petto.
Lo vedeva sedersi accanto a lei, circondarle le spalle con un braccio e lasciarle un bacio sulla tempia.
Come se fosse davvero lì.

 

Malia si voltò a guardare i suoi amici e si ritrovò a pensare che, dopotutto, non era poi così sola.
Sorrise.
E Quinn sorrise con lei.

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Capitolo 15
*** Ringraziamenti ***


Ringraziamenti
 


Non so cosa dire,davvero.
Se torno a quel 7 luglio, mai avrei pensato di riuscire a portare a termine quest'interattiva.
E invece dopo 3 mesi, eccomi qui, a ringraziarvi perché, se sono arrivata a questo punto, è solo merito vostro e del vostro sostegno.
Eppure, se da un lato sono stata molto contenta dell'assiduità con cui alcuni mi hanno seguita, non posso non dirmi dispiaciuta per quelle persone che non si sono più fatte vive sopo i primi capitoli.
Non sto puntando il dito contro nessuno, assolutamente, ognuno ha i suoi impegni, certo, ma comunque mi avrebbe fatto piacere avere anche il loro parere.
Ma sono comunque contenta del risultato, è già di per se un bel traguardo essere riuscita a concludere la ff.
Detto ciò, volevo ringraziare alcune persone che sono state molto presenti e che mi hanno supportato a aiutato.

 

Grazie a Sarah, per avermi inviato una compagna di viaggio come Eileen, per le bellissime parole e il tempo che ha impiegato ad usarle e, sì, grazie anche per le minacce ;)

 

Grazie a Pendragon, che mi ha fatto morire con le sue recensioni e che mi ha sempre supportato.
Grazie anche per Malia, la rossa fangirl che incarna alla perfezione alla sottoscritta e senza la quale, probabilmente, la storia non sarebbe stata la stessa.

 

Grazie a Viola, che è stata una presenza fissa e costante (così sa tanto di stalking, oddio ahahah), che mi ha sempre supportato (anche lui) e che mi ha inviato un personaggio come Todd, lo sfortunato figlio di Tyche che, boh, io amo.

 

Grazie anche a Francesca, che ha sclerato con Sarah su un paio di cose di cui io non sono a conoscenza ;)
Grazie anche per le recensioni bellissime e anche per avermi praticamente pregato (ahahahah) di far finire insieme Emma e Todd.
Mi hai uccisa ahahah

 

Ultima ma non per importanza, Ellie!
Credo che a te vadano i ringraziamenti più grandi, non solo perché mi hai inviato Jordan e perché sei stata una beta reader fantastica.
Grazie anche per aver fangirlato con me su Teen Wolf e PJ e grazie anche per le dolcissime parole nelle recensioni.
E sappi che, comunque, io sto ancora aspettando la tua looong!

 

Detto questo, non so più che altro dire, se non che come mi sono affezionata ai vostri personaggi, così mi sono affezionata a voi!
Ci sentiamo presto!♥

Diana.

 

 

 

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