You're crazy about him

di germangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 – Hey, you’ve reached Richard Castle… Lucky you! ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Was that supposed to be some big secret? ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - You're not alone in this ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Always ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 – Hey, you’ve reached Richard Castle… Lucky you! ***


Capitolo 1 – Hey, you’ve reached Richard Castle… Lucky you!

Apre gli occhi a fatica, sentendosi ancora più spossato di quando si è coricato solo poche ore prima. Una telefonata in tarda serata lo ha fatto fiondare sulla scena di un crimine, nonostante le temperature rigide e il fatto che il loft, con il caminetto acceso, fosse un luogo decisamente più invitante. Ma del resto, quando Beckett chiama, Castle risponde. Punto.

Questa volta il cadavere è stato trovato in un vicolo non distante da Central Park, nel cuore di Manhattan. E naturalmente l’analisi della scena del crimine non ha richiesto solo pochi minuti. Poi Beckett non aveva né sciarpa né guanti e lui non poteva certo esimersi dal prestarle la propria stola di cashmere per evitare che si ammalasse. E già che c’era le ha passato pure i guanti, anche se le vanno grandi, assicurandola che a lui non servivano. E’ pur sempre la sua musa e si è beccata una pallottola in pieno petto solo pochi mesi prima. Come dire, è suo dovere prendersi cura di lei. Quella sera i programmi del detective Beckett prevedevano un’uscita con Lanie, a bere qualcosa e a parlare di uomini, non certo una passeggiata sulla neve a cercare indizi, e si era abbigliata di conseguenza. Ovvero un maglioncino leggero scollato, un paio di jeans e il suo cappotto rosso. Peccato che il destino avesse piani diversi per quel povero cadavere senza nome.

Gonfiando il petto, le ha detto che lui è uno che non si ammala mai, quindi che non aveva bisogno di tutti quegli strati di lana. Il solito sbruffone.

Non si è accorto che, appena ha voltato le spalle, Kate si è avvolta la sciarpa al collo e l’ha annusata, affondando il naso nel suo profumo e mordendosi il labbro inferiore. Poi però la risoluta detective ha ripreso il posto della ragazzina e si è messa al lavoro.

Le conseguenze di quella serata in cui ha fatto lo splendido, però, non sono mancate. Questa volta Castle teme di aver beccato una sonora influenza.

Sarà il bagno nell’Hudson di qualche tempo fa, per il quale deve ringraziare Sophia Turner.

Sarà tutta la faccenda legata a quella donna, il tuffo nel passato (accidenti, meglio non usare metafore acquatiche…), quando faceva ricerche per il personaggio di Clara Strike, quell’accenno al ruolo che suo padre avrebbe avuto nell’aprirgli le porte della CIA.

Sarà che negli ultimi giorni non ha dormito molto, vuoi per le parole di Sophia, vuoi per il messaggio minatorio di Gina che aspetta i capitoli del suo nuovo romanzo e lui, tanto per cambiare, è indietro con la consegna, troppo impegnato a giocare al poliziotto.

O forse sarà per quel patto che ha stipulato in quel garage, con quella voce al telefono.

Insomma, per farla breve, quella mattina lo scrittore si sente uno zombie: il suo corpo è scosso dai brividi, un bruciore gli incendia le vie respiratorie e gli occhi sono ancora abbottonati. L’immagine che gli rimanda lo specchio del bagno non corrisponde a ruggedly handsome, nemmeno lontanamente. Ma tutto questo non conta. Se solo il loft smettesse di girare all’impazzata, Castle potrebbe apprestarsi a dare inizio alla sua missione: deve portare il caffè alla sua musa, solo per vedere un sorriso aprirsi sul suo volto, come ormai fa da tempo. E non saranno un mal di testa martellante, un naso colante, la carta vetrata in gola o qualche brivido di freddo a fermarlo. Lo consola il fatto che né Alexis né Martha siano a casa: sua figlia è in viaggio con la scuola e sua madre è in ritiro spirituale in un resort a cinque stelle per lavorare su un progetto teatrale top secret, forse un monologo, di cui Rick ha preferito non sapere nulla, terrorizzato fin nel profondo dall’entusiasmo della Grande Diva. Se non altro, non attaccherà l’influenza anche a loro. Quindi, ingoia un’aspirina al volo, indossa giaccone pesante, sciarpa di lana, guanti e via, verso nuove e scintillanti avventure. Che al momento si limitano a trovare la forza per raggiungere la caffetteria preferita di Beckett.

Giungendo al Dodicesimo, gli pare di aver compiuto uno sforzo sovrumano e il suo aspetto non deve essere migliorato nemmeno un pochino da quando si è alzato dal letto, tanto che persino Ryan, che di solito ci va giù meno pesante di Espo, lo apostrofa con un “you look like you got hit by the milk truck”.

Però poi vede lei, appoggiata sulla scrivania di fronte alla lavagna sulla quale ha già cominciato ad appendere foto e ad annotare le informazioni raccolte. La osserva per qualche attimo, mentre è intenta a studiare con attenzione gli indizi e le immagini, come dimostra quella ruga che le si forma sulla fronte quando è concentrata su qualcosa. E gli sembra quasi che l’influenza sia solo un lontano ricordo. Ma l’ennesimo brivido, seguito da un capogiro, gli fanno comprendere che le virtù taumaturgiche del detective Beckett non arrivano a tanto. Fa finta di niente e si lascia scivolare con nonchalance sulla sedia vicino alla scrivania, giusto in tempo per evitare di collassare rovinosamente sul pavimento, porgendole il suo caffè e chiedendole gli sviluppi del caso.

A sua volta, Beckett pretende di non aver visto in quale stato sia il suo scrittore, troppo felice di averlo vicino anche stamani. E non certo perché le ha portato la sua dose quotidiana di caffeina. Da quando ha cominciato la terapia con il dottor Burke, per essere precisi da quando l’ha cominciata di sua spontanea volontà e non solo allo scopo di rientrare in servizio a tempo record, ha fatto dei notevoli passi avanti nel comprendere cosa prova per Castle.

Stronzate.

Sa perfettamente cosa prova per Rick, anche senza l’intervento dello strizzacervelli. E’ pazza di lui. Lo ama con la stessa intensità che ha percepito nelle parole di lui quel maledetto giorno al cimitero, ma è fottutamente spaventata ed è ancora prigioniera, almeno in parte, di quel muro che ha tirato su con tanta determinazione in tutti questi anni.

Per adesso si limita a sorridergli, con uno di quei sorrisi che a lui scaldano il cuore, e a ringraziarlo, poi lo aggiorna su ciò che hanno scoperto: si tratta di Lizzie Donaldson, 17 anni, studentessa presso una prestigiosa scuola privata. Dalle prime informazioni raccolte, dietro la facciata da brava ragazza pare nascondesse una brutta storia di tossicodipendenza. Figlia unica, le sue amiche hanno confermato che non aveva un bel rapporto con i propri genitori, totalmente anaffettivi, e che negli ultimi tempi aveva cominciato a frequentare un gruppo di balordi. Il padre pare fosse sempre impegnato a fare soldi, mentre la madre era altrettanto impegnata a farsi il giardiniere. E il massaggiatore. E probabilmente anche un collega del padre.

Le tragedie che colpiscono delle ragazzine hanno sempre un effetto amplificato su Rick: anche in questo caso, Kate lo vede armeggiare con il cellulare, pronto a mandare un messaggio alla sua Alexis, ansioso di sapere se stia bene. Adora il suo essere un padre affettuoso, una caratteristica che l’ha affascinata sin da subito.

Ri-stronzate.

Sin da subito è stata affascinata da lui in quanto è il suo scrittore preferito ed è uno degli uomini più fighi che abbia mai incontrato. Punto. Ma questo naturalmente non glielo può confessare, non sia mai.

Nel corso della mattinata, mentre Esposito e Ryan sono fuori in cerca di quella banda di ragazzi per bene che paiono aver trascinato Lizzie sulla cattiva strada, Rick si limita a ciondolare sulla sedia, cercando disperatamente di non addormentarsi fra uno starnuto e l’altro.

All’ennesima manifestazione sonora di quel raffreddore, il capitano Gates esce dal proprio ufficio. Ha le mani sui fianchi e gli occhiali sono in bilico sulla punta del naso, contro ogni legge della gravità. “SIGNOR CASTLE, credo che il suo maggior contributo oggi sia di aver diffuso germi e microbi nell’intero distretto. Non voglio correre il rischio di avere metà dei miei uomini a letto con la febbre domani, per cui mi faccia il piacere di andarsene a casa. SUBITO. E non osi rimettere piede nel MIO distretto prima di essersi ristabilito del tutto, sono stata chiara?”

Quella donna decisamente non lo adora.

Rick non ha nemmeno la forza di ribattere a quell’ordine perché, in cuor suo, sa perfettamente che Iron Gates ha ragione da vendere. Gli dispiace solo allontanarsi da Beckett, perché… beh, è facile immaginarsi il perché. Ma questa influenza lo sta davvero mettendo KO e tutto sommato l’idea di sdraiarsi per qualche ora non gli pare poi tanto malvagia.

“Ci vediamo domani, detective” le dice con voce roca.

“Ciao Castle, riguardati” gli risponde, mentre la sindrome da crocerossina, da cui nemmeno l’integerrimo detective Beckett è immune, le suggerirebbe di prendersi cura lei in prima persona del suo scrittore. Ma il dovere la chiama e la tiene incollata alla scrivania.

Da quel momento, Rick è come se fosse sparito, ingoiato dalla Grande Mela.

36.

Trentasei.

T-R-E-N-T-A-S-E-I ore e nessuna notizia da parte sua. Non risponde ai messaggi né alle chiamate. Beckett non ne può più di sentire “Hey, you’ve reached Richard Castle… Lucky you”. Lucky you un cavolo! Ha telefonato anche a Martha e Alexis, ma nemmeno loro sono riuscite a mettersi in contatto con lui e le hanno chiesto di verificare di persona.

Avendo risolto velocemente il caso – la povera Lizzie si era trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato ed era finita in un regolamento di conti fra bande per la spartizione dei territori per lo spaccio di droga – Beckett si concede il lusso di uscire puntualmente al termine del proprio turno, lasciando le scartoffie al turno successivo, che per sua fortuna non sarà prima di lunedì. Da 36 ore un tarlo le sta consumando il cervello e comprende che non c’è altro modo per avere un po’ di pace. Deve sapere come sta Castle, e non certo perché gliel’hanno chiesto le due rosse.

Una vocina continua a dirle che probabilmente lo scrittore se la sta spassando con qualche biondona, magari con una hostess, che sia fun and uncomplicated, quindi la sua preoccupazione è del tutto fuori luogo. Ma considerando che nemmeno sua figlia ha sue notizie, un’altra vocina le dice che è il caso di intervenire.

Arrivando al 595 di Broome Street, Kate saluta cordialmente Miguel Hernandez, il portiere che presidia la hall, impegnato in una telefonata con la signora Taylor del terzo piano. La riconosce al volo, quella graziosa detective che da tempo frequenta il signor Castle. E gli piace assai di più di tutte quelle hundreds of super hot girlfriends che negli anni hanno avuto accesso al loft dello scrittore. Per carità, non si può certo lamentare di quelle frequentazioni: in fin dei conti, gli hanno dato modo di bearsi della vista di un discreto numero di belle donne. Ma il detective Beckett ha qualcosa di speciale. Non è artificiale come le altre: la sua è una bellezza autentica, pura.

“Buonasera detective Beckett, cosa posso fare per lei?” le chiede il signor Hernandez appena mette fine a quella interminabile chiamata.

“Buonasera Miguel, mi dispiace disturbarla, ma non riesco a mettermi in contatto con il signor Castle da due giorni. Sa se è in casa?”

“Credo di sì, non mi pare di averlo visto uscire. In effetti, non aveva una bella cera quando è rientrato ieri all’ora di pranzo” risponde, non celando un accenno di preoccupazione nella voce. Il signor Castle è sempre stato generoso con lui, non soltanto con le mance ma chiedendogli spesso della famiglia rimasta in Messico e preparando una raccomandazione per suo figlio, permettendogli così di accedere a una borsa di studio per il college. Sono cose che non si dimenticano. “Provo a cercarlo con l’interfono”

Niente. Anche quello squilla a vuoto.

“Sarebbe così gentile da aprirmi il loft? Comincio ad essere un po’ in ansia. Non è da Rick… voglio dire, non è dal signor Castle non rispondere alle chiamate o ai messaggi. Quell’uomo vive appiccicato al suo cellulare! E anche Alexis non lo sente da un paio di giorni”

“Tutto questo è decisamente strano. Venga, detective, la accompagno all’ultimo piano”

Il viaggio in ascensore si svolge in silenzio, vuoi per la riservatezza del portiere, vuoi per l’ansia di Kate.

Giunti davanti al loft, Miguel utilizza la sua tessera magnetica e sblocca la porta, lasciando entrare la detective che accende la luce. A una prima occhiata non c’è assolutamente niente di insolito. A parte il silenzio. La zona giorno è ordinata e tutti gli aggeggi elettronici di ultimissima generazione sono al loro posto.

Anche se ha vissuto in quella casa per qualche giorno, quando il proprio appartamento era saltato in aria per gentile concessione di Scott Dunn, Kate prova un certo disagio ad aggirarsi lì dentro senza gli effettivi inquilini. Ma è un pensiero che dura lo spazio di un respiro, perché ha una missione da compiere: scovare lo scrittore. Si reca a passo deciso verso la sua stanza, mentre il signor Hernandez rimane impalato sull’uscio, quasi a non voler infrangere un codice etico.

La camera è in penombra, ma la luce proveniente dal corridoio le permette di distinguere che nel letto c’è qualcuno. Una massa aggrovigliata di coperte che potrebbe ricordare vagamente uno scrittore di gialli di successo.

Si avvicina a lui e un senso di terrore le attanaglia le viscere. Del resto, di mestiere fa la detective della squadra omicidi ed è abituata ad avere a che fare con scene del crimine il cui contenuto è spesso cruento.

“Dio, fa che stia bene” è il pensiero che si forma nella sua mente e nel suo cuore.

Lo chiama ma non ottiene alcuna risposta e quella sensazione terribile si rafforza, fin quasi a chiuderle la gola.

Si china sul letto e gli mette una mano sulla fronte.

E’ bollente.

Ma almeno è vivo.

Rilascia un respiro che non si era accorta di aver trattenuto e prova a scuoterlo.

Lo scrittore le sussurra: “Don’t get up yet, stay in bed

Ok, questo conferma che è vivo. Forse non del tutto lucido, ma almeno parla.

“Castle” lo chiama di nuovo, toccandogli un braccio, finché lui apre gli occhi, li chiude, poi li riapre quasi a voler mettere a fuoco ciò che vede. “Kate… Hi” le dice e prova anche a sorridere.

“Ehy, come stai? Dove sei finito in tutto questo tempo?” gli chiede.

“Detective… non mi vedi da un paio d’ore… e senti già la mia mancanza?” le risponde a fatica.

“Castle, non rispondi alle chiamate né ai messaggi da quasi due giorni, non da due ore. Io… ero preoccupata” gli confessa.

“D-due giorni? Oh, credo…credo di aver dormito… e ho mal di testa” annuncia, toccandosi la tempia. Nel frattempo, Kate si abbassa e posa le labbra sulla sua fronte, lasciandolo quasi congelato davanti a quel gesto così intimo. O forse sta avendo un’allucinazione, questo non è il comportamento di Beckett.

“C-cosa s-stai facendo?” le chiede.

“Ti provo la febbre. Lo faceva sempre mia mamma quando ero piccola. Accidenti, Castle, scotti. Hai un antipiretico da qualche parte? Dobbiamo assolutamente far scendere la temperatura”

“Armadietto del bagno” le dice, stremato dall’influenza, dalla disidratazione e dalla sorpresa di vederla impegnata a prendersi cura di lui.

No, un momento. Proviamo a riformulare questo pensiero.

Kate Beckett è venuta a cercarlo nel suo appartamento perché non lo sente da un giorno e mezzo e adesso sta cercando l’aspirina nel mobiletto del suo bagno. Ah, e gli ha provato la febbre poggiandogli le labbra sulla fronte. Wow, quest’influenza non è poi così male se gli provoca queste allucinazioni! Non c’è altra spiegazione. Ora gli basterà sbattere gli occhi e tutto tornerà normale.

Lo fa, ma ciò che vede invece è la sua musa che gli porge delle pillole e un bicchier d’acqua e gli sorride, incoraggiandolo anche con lo sguardo. Inghiottisce la medicina e gli pare che gli abbiano strofinato la lana d’acciaio lungo trachea ed esofago.

“Devi bere, Castle. Tutto il bicchiere, forza” gli ordina.

“Ma mi fa male la gola” piagnucola.

“Non fare il bambino, Rick. Le tue labbra secche sono un sintomo di disidratazione. Adesso fai il bravo e riposati, intanto io saluto Miguel, poi chiamo Alexis e Martha e le avverto che sei un po’ accoppato ma stai bene”.

Annuisce a fatica e sente le palpebre farsi di nuovo pesanti. Prima però trova la forza di chiederle: “Kate? Ti troverò qui quando mi sveglio? E non ci saranno manette? O una tigre?”

Gli sorride in risposta: “Tranquillo, non vado da nessuna parte”

 

Nota dell’autrice

Dopo aver fatto qualche viaggio lungo il viale dei ricordi con JAG, torno a scrivere sui Caskett… mamma mia, da quanto non li portavo a fare un giro!

Spero che mi seguirete in questa breve rivisitazione della quarta stagione, quando i nostri tontoloni erano, appunto, ancora dei deliziosi tontoloni.

Grazie come sempre al mio angelo custode e alla sua preziosa penna verde.

E a tutti voi, per avermi regalato il vostro tempo ed essere arrivati fino qui.

Un abbraccio,

Deb

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Was that supposed to be some big secret? ***


Capitolo 2 – Was that supposed to be some big secret?

Una volta rassicurato e congedato Miguel, che si è fatto promettere di non esitare a contattarlo per qualsiasi necessità, Beckett si ferma nella zona giorno, recupera il proprio cellulare dalla tasca del cappotto che aveva abbandonato sul divano e cerca il numero di Alexis.

Dal funerale di Montgomery le sembra che la giovane Castle sia diventata più fredda con lei e teme di conoscerne la ragione. In fin dei conti, da quando ha deciso di nominarla sua musa e di seguirla sul campo, anche la vita di Rick viene messa in pericolo costantemente e questo non può andare giù ad Alexis, visto il profondo legame che la unisce al suo papà. Quella sensazione di gelo è leggermente diminuita dopo l’episodio della banca, ma ancora non è riuscita a recuperare appieno il rapporto con lei. E non sa come reagirà nel sapere che Castle si è ammalato perché era sulla scena di un crimine con lei, a notte fonda e con tanto di neve e temperature rigide. Prende un respiro profondo e aspetta che la ragazza le risponda.

“Pronto, Kate? Hai trovato papà?” il tono di voce tradisce immediatamente la sua angoscia.

“Ciao Alexis, sì, è a casa e ha una bella influenza. Non ha fatto altro che dormire da ieri, è per questo che non ha mai risposto al telefono” le spiega, cercando di minimizzare.

“Come ha fatto ad ammalarsi? A papà capita di rado…”

“Beh, due sere fa è stato scoperto un cadavere vicino a Central Park e forse ha preso freddo lì…”

“OK, prendo il primo volo e arrivo” taglia corto la ragazza, come se fosse stufa di quanto la nuova scelta di vita di suo padre sconvolga l’esistenza di tutti e attenti alla sua salute.

“No, aspetta Alexis, so che sei abituata a fare l’adulto nella vostra famiglia, ma non è necessario che tu rinunci al tuo viaggio con la scuola, sei all’ultimo anno… qui ci sono io e posso… voglio prendermi cura di tuo padre.”

Per alcuni secondi non c’è nessuna reazione dall’altro capo della linea, anche se a Beckett pare di sentire gli ingranaggi del cervello di Alexis lavorare a pieno regime, soppesando scrupolosamente i pro e i contro di quella proposta. Finché con un sospiro la sente dire: “Ok, ma sappi che quando è malato si comporta come un bambino.”

“Quindi esattamente come quando sta bene. So come tenerlo a bada” commenta con un tono di voce leggero, sperando di farla sorridere.

“Sì, hai ragione” risponde con un risolino. OK, missione compiuta! Poi Alexis aggiunge: “Penso io ad avvertire la nonna. Ah, Kate?”

“Dimmi.”

“Se succedesse qualcosa chiamami subito, d’accordo?”

“Non mancherò. Per ogni evenienza puoi darmi il numero del vostro medico?”

“Ti mando il contatto via sms. Senti, Kate... Occupati di lui, ok? Papà è… è la mia famiglia. E… lui… ci tiene a te. Molto.”

“Lo so. Stai serena, Alexis, anch’io tengo molto a lui. E’ il mio partner. E ora pensa solo a divertirti, me lo prometti?”

“D’accordo. Abbraccialo da parte mia.”

Anche se non stanno facendo una videochiamata, le sorride e la rassicura: “Lo faccio subito, se non si è addormentato di nuovo. Gli ho fatto prendere un antipiretico per abbassare la temperatura e credo sia crollato un’altra volta.”

“E ha assunto la medicina senza lamentarsi? Senza che tu lo abbia minacciato o senza che tu gli abbia dato un cucchiaino di miele subito dopo?” le chiede sorpresa, tanto che le pare di vederla con gli occhioni spalancati dallo stupore, con quegli stessi fari azzurri che ha suo padre.

“Oh, naturalmente ha piagnucolato” le risponde, alzando gli occhi al cielo.

“Ah, ecco, mi sembrava strano. Anche se stravede per te non era pensabile che fosse cresciuto di colpo!” commenta ridendo.

“Già, anche i miei superpoteri non arrivano a tanto. Adesso ti saluto, Alexis, torna dai tuoi compagni che a tuo padre ci penso io. Ti chiamo domani, ok?”

“Grazie, Kate. Ci sentiamo.”

Chiude la telefonata e si dirige di nuovo verso la camera di Rick, per portargli i saluti della figlia. Lo sente russare dallo studio, quindi non ci sarebbe bisogno di affacciarsi per verificare le sue condizioni, ma è più forte di lei. Apre piano la porta e lo osserva: sta dormendo di traverso sul letto, messo del tutto KO dall’influenza e probabilmente dagli effetti soporiferi del medicinale che gli ha fatto assumere poco fa. Ne segue con lo sguardo i lineamenti del viso: la fronte distesa, il profilo del naso, le labbra un po’ screpolate, quel filo di barba che gli sta oscurando le guance. E’ un bell’uomo, forte, solido e accogliente. Lo ha sempre saputo, sin da quando faceva la fila per ottenere un suo autografo, ma non si è mai concessa il lusso di guardarlo a lungo senza che lui se ne accorgesse. Senza volerlo, si ritrova a sorridere al pensiero di quanto questo suo atteggiamento sia inquietante e, al tempo stesso, divertente. Ecco cosa deve provare lui quando lo becca a parti inverse!

Scuote la testa e si decide a lasciarlo riposare: il sonno al momento pare la migliore medicina. Anche perché cos’altro potrebbe fare per lui? Nelle sue relazioni precedenti non si è mai trovata a doversi prendere cura di un fidanzato malato. Che poi Castle non è nemmeno il suo fidanzato, ma che le viene in mente? Scaccia quel pensiero e lascia che la sua mente vaghi verso il ricordo di ciò che sua madre faceva quando lei era piccola e aveva la febbre. Dunque… contro le malattie da raffreddamento è fondamentale la vitamina C. Agrumi! Ecco, gli può preparare una bella spremuta d’arancia, quella gli farà sicuramente bene. Poi… brodo di pollo, sì, anche quello è un toccasana, un conforto per il corpo e per lo spirito. Si reca in cucina e apre frigorifero, congelatore, pensili, armadietti finché non trova tutti gli ingredienti e gli attrezzi necessari. Scongela la carne al volo nel microonde e si mette all’opera. Mentre è intenta nel suo lavoro, le viene in mente un’altra cosa che lei e sua madre avevano fatto insieme quando aveva 9 anni e doveva togliersi le tonsille: una maratona di Temptation Lane! Sorride al ricordo, sia del tempo trascorso con Johanna sotto quella coperta, sia della reazione di Rick quando aveva scoperto questo lato so delightfully not you, le aveva detto. Che poi, diciamocelo, visto lo stato attuale di Castle non riuscirebbe a stare sveglio oltre la sigla iniziale e lei potrebbe godersi gli episodi in santa pace, senza che lui la prenda in giro perché shippa le coppie di quella soap opera.

Un’occhiata all’orologio la informa che si sta facendo tardi. Non può abbandonarlo in queste condizioni, ma non ha un cambio con sé e non le va di dormire vestita. Non vuole nemmeno rovistare nell’armadio di Rick e o di una delle donne di casa in cerca di qualcosa da mettere per la notte, pertanto non le resta che una soluzione: rivolgersi a Lanie. Si assicura di aver acceso correttamente il piano cottura, vi deposita la casseruola con il brodo e poi recupera di nuovo il cellulare.

Dopo pochi squilli, la dottoressa Parish risponde sospirando: “Tesoro, non dirmi che c’è un altro cadavere perché non ne posso più questa settimana.”

“Tranquilla, Lanie, non ti chiamo per lavoro. Avrei bisogno di un favore…”

“Spara, ragazza” la invita, con un tono assai più sollevato di quello utilizzato poco prima.

“Senti, Castle ha una brutta influenza ed è solo a casa, non mi sembra il caso di abbandonarlo ma mi serve qualcosa per la notte… potresti passare dal mio appartamento e poi venire qui?”

“Wow wow wow, mi stai dicendo che stai giocando al dottore con Castle?” sghignazza dall’altro lato della linea.

“No, Lanie, non è così… è solo il mio partner” si giustifica Kate, anche se sa perfettamente che la sua amica dottoressa non se la berrà mai. Del resto, è lei la prima a non credere alle proprie parole!

“Sì, certo, Kate” le dice con tono accondiscendente. Poi riprende con maggior enfasi: “That guy is crazy about you and despite your little act you’re crazy about him. E anche se non ti vedo, so perfettamente che stai alzando gli occhi al cielo, tesoro. Ma è del tutto inutile con me, lo sai bene. Oh, what, was that supposed to be some big secret?”

Per un paio di secondi nessuna delle due parla, poi Kate trova il coraggio di chiederle: “Do you think he knows?”

Il medico legale sospira e pensa che, santo cielo, questi due la manderanno al manicomio: ormai non sa più dove sbattere la testa per farsi comprendere. Poi si accinge a spiegare alla sua amica ciò che hanno capito anche i muri del Dodicesimo:  “Guarda quanto è cambiato in questi anni… E lo so che hai le tue cose da sistemare, però se vuoi un consiglio approfitta di questa occasione in cui siete da soli e al di fuori del distretto. Strapazzalo un po’, tesoro, vedrai che gli passa persino l’influenza!”

“Oh, Lanie, it’s complicated… intanto puoi recuperarmi un cambio per stasera?” cerca di riportare la conversazione su un terreno più sicuro.

“Certo, Kate, in meno di un’ora sono lì” le promette, scuotendo la testa perché quei due sono un caso perso.

“Grazie, ci vediamo fra poco” la saluta e chiude la conversazione.

Fedele alle sue parole, 45 minuti più tardi l’anatomopatologa bussa alla porta del loft, portando un borsone. Kate le apre e la invita a entrare.

“Lanie, ciao, grazie ancora. Senti, visto che sei qui, potresti dargli un’occhiata?”

You do know living patients are not my thing, right?” controbatte la dottoressa Parish. A ben pensare, fra persone normali un’uscita del genere suonerebbe assurda, ma non quando a pronunciarla è Lanie. Infatti nessuna delle due è turbata.

“Lo so, scusa, fai conto che non te l’abbia chiesto. Ti offro qualcosa?”

“Ti senti proprio a casa qui, vero? Comunque non ti preoccupare, ti ho portato quello che mi avevi chiesto e ci ho aggiunto qualcosa di extra. Prendilo come un incoraggiamento. E adesso scappo che ho un appuntamento per cena. Domani mi racconti tutti i dettagli, Kate. E per tutti i dettagli intendo TUTTI, compreso quelli più piccanti, anzi, SOPRATTUTTO quelli più piccanti!”

“Oh Lanie, shut uuuuuuuuup!”

L’uragano Parish abbraccia Beckett e la lascia di nuovo da sola nel loft, con Rick che sta ancora dormendo. Ripensando alle parole della sua amica, Kate non resiste alla curiosità di vedere cosa ha aggiunto ai suoi effetti personali, così solleva il borsone, lo appoggia sul divano e apre la zip. La prima cosa che nota è un completino intimo super sexy, che non ricordava nemmeno di aver acquistato. Lanie è un segugio quando si tratta di sesso! Scuote la testa e ripone quel trionfo di seta e pizzo in fondo alla borsa, confidando che ci sia anche qualcosa di più neutro da indossare. Per fortuna, il buonsenso non ha abbandonato del tutto il medico legale: un paio di confortevoli leggins e una rassicurante maxi t-shirt spuntano fuori, calmando il batticuore di Beckett. E naturalmente anche i calzettoni che usa per dormire, ché se ha i piedi freddi non riesce a prendere sonno.

Controlla che il brodo stia cuocendo correttamente, poi prende il bicchiere con la spremuta e si reca di nuovo nella stanza di Rick, che continua a dormire in modo profondo. Questa volta non resiste e gli accarezza delicatamente la fronte, ancora molto calda. Il suo tocco lo sveglia.

“Hey, Kate… sei ancora qui…” constata sorpreso, regalandole un sorriso stanco.

“Certo, Castle. Come stai?” gli chiede

“Sono arrabbiato” ammette, facendo persino il broncio.

“Arrabbiato? E perché?” gli domanda. Questa poi non se l’aspettava. Era preparata a sentirlo lamentarsi per le sue indicibili sofferenze, ma non certo a questo.

“Perché tu sei a casa mia e io non faccio altro che dormire. Potremmo fare un sacco di altre cose, molto più divertenti, specialmente in questo letto” risponde.

Beckett si limita ad alzare gli occhi al cielo, poi commenta: “Darò la colpa alla febbre per questa tua uscita. Ti ho portato un po’ di vitamina. Su, bevi.”

“Non mi va. E’ amara” piagnucola.

“Alexis aveva ragione, sei davvero un bambino. Castle, I have a gun and you don’t really have a choice” dichiara Beckett con un tono che non ammette repliche e assottigliando lo sguardo. E infatti Rick obbedisce immediatamente e butta giù tutto il contenuto, senza ulteriori lamentele.

“Bravo Castle, così sì che andiamo d’accordo. E ora lascia che vada a controllare il brodo.”

Gli regala un’altra carezza – giusto per verificare che la febbre non sia salita – ed esce dalla camera per recarsi nella zona giorno. Ha preso proprio sul serio il suo compito di crocerossina.

Dunque, ricapitoliamo.

Il detective Beckett sta dedicando il suo tempo libero a prendersi cura di lui, gli ha preparato una spremuta d’arancia e adesso sta facendo il brodo di pollo. Che meraviglia essere malati…

 

Nota dell’autrice

Il ruolo della crocerossina va affrontato con serietà e il detective Beckett non si tira certo indietro: eccola intenta a preparare spremute e brodi. Del resto, lo ha detto anche ad Alexis: vuole prendersi cura di Rick. Perché è il suo partner, naturalmente. Quale altro motivo potrebbe spingerla a occuparsi di lui?!?!?

La prossima settimana scopriremo cosa succederà durante la notte… che Kate metta in pratica la cura Parish?

Grazie per l’affetto con cui avete accolto la storia!

Un abbraccio,

Deb

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - You're not alone in this ***


Capitolo 3 – You’re not alone in this

Con un paio di minacce ben formulate e supportate dalle occhiatacce alla Beckett, quelle che sarebbero in grado di incenerire anche un ghiacciaio eterno, Kate costringe Rick ad ingoiare qualche cucchiaiata di brodo di pollo e a sgranocchiare un paio di cracker, così da poter assumere un altro antipiretico visto che la febbre non vuole dargli tregua. Quest’influenza sembra non volerne sapere di lasciarlo in pace. Se continua così, domani dovrà rivolgersi al medico curante.

Nel giro di pochi minuti Castle ronfa di nuovo e Beckett, dopo aver sistemato la cucina, si ritrova a pensare a come organizzarsi per la notte. La camera degli ospiti, così come le stanze di Alexis e Martha sono al piano di sopra e teme di essere troppo lontana da lui, tanto da rischiare di non sentirlo qualora avesse bisogno di aiuto. Decide pertanto di sistemarsi sul divano nel soggiorno. Il loft è caldo e confortevole e le basterà una coperta per stare bene.

Si toglie gli abiti, indossa la sua mise notturna – quella rassicurante, non certo il completino aggressivo proposto dalla sua amica Lanie –, si lega i capelli in una treccia morbida e dopo aver fatto un passaggio nel bagno del piano superiore, per non attraversare di nuovo la stanza di Rick, si mette comoda sul sofà, si avvolge nel plaid e accende la tv. Le è anche venuto in mente di leggere qualcosa, ma la libreria si trova nello studio di Castle e le parrebbe di invadere il suo spazio, quindi quel pensiero è stato subito accantonato. La fatica della settimana e la mancanza di programmi interessanti (ma non c’è mai una maratona di film? Magari di John Woo? The bloodier, the better?) la fanno piombare presto in uno stato di sonnolenza, così che afferra il telecomando e spenge il televisore, addormentandosi quasi subito.

Poche ore più tardi, un mugolio sofferente la sveglia. E’ un suono appena percettibile, ma il detective Beckett è un poliziotto: è sempre in allerta, 24 ore su 24. Aprendo gli occhi, ha bisogno di qualche secondo per realizzare dove si trova, però poi riconosce la voce e parte a razzo, in direzione della stanza di Rick.

Entra nella camera e lo vede che si sta agitando: ha la fronte imperlata di sudore, le mani stringono con forza il lenzuolo, mentre gira la testa a destra e a sinistra e ripete frasi sconnesse, di cui Kate riesce solo a percepire brandelli: “Io… ho provato a fermarla… ma non ci sono riuscito… lo so, l’accordo era chiaro… niente più indagini… ma no… vi prego… non uccidetela… NOOOOO… Kate… Don’t leave me, please. Stay with me. Ok. Kate, I love you. I love you Kate.”

Eccole, quelle parole.

Quelle parole che la riportano a un momento terribile e meraviglioso.

Quelle parole che, paradossalmente, l’hanno spaventata a morte e le hanno dato la forza di continuare a vivere.

In questo momento la inchiodano sulla porta, mentre Rick continua a dimenarsi e a respirare in modo sempre più affannato, finché Beckett si scuote dal suo torpore e si avvicina a lui.

“Rick” prova a chiamarlo, ma dalla gola le esce solo un flebile sussurro, ancora sconvolta dalla portata di quella dichiarazione.

Si siede sul letto e gli afferra le mani, ripetendo il suo nome: “Rick, you’re not alone in this, I’m here. Svegliati…”

Castle apre gli occhi a fatica e le rivolge uno sguardo confuso. “Kate? Stai bene?”

“Dovrei essere io a chiederlo a te, non pensi?” gli domanda, stupita ancora una volta dal modo in cui lui la mette sempre al primo posto.

“Perché?” replica perplesso.

“Castle, non ero io a lamentarmi. Hai avuto un incubo?” prova a indagare, ma lo vede assumere subito una posizione di difesa.

“Sssssì” risponde a fatica.

“Ti va di parlarne?” gli domanda, accarezzandogli il volto. Per verificare che la febbre non sia salita troppo. Certo, Kate, continua pure a raccontarti delle balle.

“Magari un’altra volta… ehy, stai rabbrividendo. Perché non entri qui sotto?” la invita, sollevando la coperta. Gesto di fronte al quale Kate, invece, solleva un sopracciglio. “Non fraintendere, Beckett, è solo che fuori fa freddo e non vorrei che poi ti ammalassi anche tu. Non riesco a spiegarmi il motivo ma stranamente non vado a genio al capitano Gates. E se dovesse anche rinunciare alla sua migliore detective per colpa mia, Iron non me lo perdonerebbe!” Ottimo, Rick, grande mossa: mettere di mezzo il suo capo. E’ scritto su tutti i manuali del corteggiamento.

Resta indecisa per qualche secondo, poi fa il giro del letto e scivola sotto il piumone, tenendosi a debita distanza da Castle, ma voltandosi verso di lui. Rick si mette su un fianco e la guarda intensamente, per quanto glielo permetta la penombra della stanza, rischiarata solo dalla luce proveniente dallo studio.

“Sai Kate, sei una continua sorpresa.”

Lei aggrotta la fronte davanti a questa affermazione, così Rick si affretta ad aggiungere: “Ti stai occupando di me, mi fai prendere delle medicine cattivissime e per compensare mi hai persino preparato uno squisito brodo di pollo. Te l’ho già detto, ma te lo ripeto. Penso che non riuscirò mai a svelare il tuo mistero, a scoprire tutti i so many layers to the Beckett onion” le sussurra con voce dolce.

You’re not so bad yourself, Castle, nemmeno in queste condizioni” gli risponde sorridendo. “E adesso perché non provi a dormire? Ti ricordo che hai un febbrone da cavallo.”

Annuisce e risponde, con le palpebre già cariche di sonno: “Until tomorrow, detective Beckett.

Until tomorrow is more hopeful, le ha detto anni fa, spiegandole il motivo per cui preferisce quel saluto. Ha sempre adorato la sua smisurata fiducia nel futuro, il suo approccio fanciullesco alla vita. Una volta ce lo aveva anche lei.

Ma questo era prima.

Prima di Johanna.

Prima del muro.

Anche se… quel muro si sta sgretolando, giorno dopo giorno. Grazie proprio all’uomo che sta dormendo accanto a lei. Un momento, è nel letto di Castle? E perché non si sente a disagio? Anzi, perché si sente sicura, accolta, insomma… a casa? Come se lei appartenesse a quel luogo e a quell’uomo? Come se fosse finalmente nel posto giusto e accanto alla persona giusta? Troppe domande per quest’ora della notte. Meglio godersi questa sensazione confortevole e dormirci su.

Qualche ora più tardi, quando Kate si sveglia, la prima cosa che vede sono due occhi sorridenti che la osservano. Da vicino. Molto vicino. Eppure le sembrava di essersi addormentata assai più distante, tanto al limite da rischiare di ruzzolare giù dal letto. E invece adesso il suo volto è a pochi centimetri da quello dello scrittore e la sua mano è appoggiata sul suo petto. Un momento, che ci fa la sua mano sul petto di Rick? Non riesce a formulare una spiegazione razionale per questo avvicinamento perché il suo ragionamento mentale viene interrotto dal proprietario di quelle due iridi azzurre che afferma: “Beckett, continuiamo a dormire insieme ma non facciamo mai sesso. Dobbiamo rimediare!”

In your dreams, Castle. Magari facciamo una cosa a tre come sognavi qualche tempo fa?” ormai è talmente abituata alle sue uscite svalvolate che non le prende nemmeno più sul serio. Un po’ come si fa con gli psicopatici, quando li si lascia blaterare senza interromperli e anzi si dà loro corda perché alla fine sono divertenti. Senza considerare che da tempo non riposava così bene e adesso si sente piena di energia. Che lo scrittore funga da sonnifero? Meglio non dirglielo, sarebbe un colpo troppo duro per la sua virilità.

“No, nei miei sogni siamo solo noi due. Ci svegliamo nudi e facciamo l’amore. Nel sesso mattutino sono imbattibile! Oppure alcune volte sogno che veniamo destati dai nostri figli che saltano sul letto. Tre, per la precisione. Non ho ancora pensato ai nomi, ma non mi dispiacerebbe che uno dei maschietti si chiamasse Cosmo. E la bambina sicuramente avrà il nome di tua madre” dichiara serio.

Di fronte a queste parole Beckett rimane totalmente senza fiato e riesce solo a sussurrare: “Rick…”

“Ehy, è l’influenza. Sto delirando. Non sono in grado di intendere e di volere, pertanto ciò che dico non potrà essere usato contro di me” minimizza Castle.

Kate si poggia sul gomito, solleva la mano dal suo petto e gliela pone sulla fronte per verificare se sia ancora caldissima come la sera precedente, lasciandola scivolare lungo la sua guancia e indugiando forse più a lungo del dovuto.

E’ il suo modo per dirgli grazie.

Grazie per esserle sempre stato accanto, rispettando i suoi tempi e i suoi spazi, e regalandole dei momenti di assoluta e impagabile serenità.

Grazie per averle permesso di dormire senza incubi e senza nemmeno ricorrere a qualche medicinale.

Grazie per essersi gettato su di lei, quel giorno, rischiando di beccarsi una pallottola al suo posto.

Ma a parlare non sono mai stati bravi. Nemmeno lui che con le parole ci lavora. Così si limita a guardarlo dritto negli occhi per qualche secondo. Finché, scuotendo la testa, commenta: “Spiacente, scrittore, la febbre è passata. Forse hai bisogno di una doccia per schiarirti le idee e… frenare i bollenti spiriti?”

“Vieni con me?” le chiede, con un misto di sfrontatezza, speranza e dolcezza. Proposta davanti alla quale lei solleva gli occhi al cielo, anche se dentro di sé sente l’ennesimo mattone del muro crollare. Anzi, le pare quasi di udire il tonfo della terracotta che si sgretola a terra. Ma non è ancora completamente pronta a donarsi a lui. Lui si merita una donna migliore.

Un momento, precisiamo.

Lui si merita una versione migliore del detective Beckett, non qualcun’altra. Non ha alcuna intenzione di farselo portare via da una Serena Kaye. O da un’altra musa, stile Sophia Turner, tanto per citarne due. O da qualunque altra donna affascinante o semplicemente disposta a farlo divertire senza drammi.

E’ per questo che sta continuando le sedute con il dottor Burke. Ed è sempre per questa ragione che non ha interrotto nemmeno la fisioterapia. Vuole essere in forma, nel corpo e nello spirito. Per lui e per sé stessa. Per loro due, insomma.

“Vediamo se riesci a stare in piedi da solo, altrimenti ti preparo un bagno. E ti lascio in ammollo nella vasca mentre mi dedico alla colazione, ok?” gli domanda. Naturalmente lui le fa il broncio per trasmetterle la sua profonda delusione ma prova ad alzarsi, mettendosi dapprima seduto sul letto e poi cercando di assumere la posizione verticale, con l’aiuto di Kate che si è precipitata al suo fianco, pronta a sorreggerlo. Gli gira un po’ la testa, ma tutto sommato non sta male. Anzi, rispetto a due giorni prima, gli pare di essere fresco come una rosa. Sì, la detective Beckett ha delle indubbie qualità taumaturgiche. Dovrà inserire una scena simile anche nel prossimo romanzo di Nikki Heat. Con un risvolto assai più piccante, that goes without saying. Il pensiero gli fa comparire un sorrisino malizioso sul volto. Rassicura Kate sulle sue condizioni e si avvia verso la doccia.

Lei invece si reca in cucina, con la ferma intenzione di preparargli una colazione sostanziosa. Mentre sta armeggiando con lo spremiagrumi e le padelle, lo sente canticchiare. Drizza le orecchie, cercando di riconoscere la melodia e sorride: Frank Sinatra, “I’ve got you under my skin”. Solo ora si accorge di quanto quel testo rispecchi la sua vita:

I said to myself: this affair never will go so well.

But why should I try to resist when, baby,

I know so well I’ve got you under my skin?

Ha provato a resistergli, Dio solo sa con quale cocciuta tenacia si sia impegnata a negare di provare un sentimento profondo per lui, ma ormai lui le è entrato nel cuore, è diventato una parte di lei.

A sua volta, sotto la doccia, mentre canta la strofa centrale, Rick ripensa al suo legame con Kate e a quel patto che ha stipulato con Smith:

I’d sacrifice anything come what might

For the sake of havin’ you near

In spite of a warnin’ voice that comes in the night

And repeats, repeats in my ear:

Don’t you know, little fool, you never can win?

Già, nell’incubo che ha avuto la notte precedente, un sogno terribile che gli ha avvelenato il sonno più di una volta negli ultimi mesi, quella voce nell’oscurità gli ha ribadito che non ha vinto. Non vince mai. Anche stanotte non è riuscito a salvarla dall’ennesimo cecchino. E ancora una volta, in punto di morte, le ha ripetuto quanto la amasse.

Un momento, stanotte c’era anche lei quando si è svegliato.

Chiude il rubinetto della doccia e si rende conto che questa volta deve averlo sentito.

E non può averlo dimenticato.

Questa volta non c’è stato alcun evento traumatico che possa giustificare l’amnesia. Allora perché non gli ha detto niente? Forse perché non ricambia i suoi sentimenti? Eppure eccola qui che ha rinunciato al suo tempo libero per curarlo. Benedetta donna, è the most challenging, maddening, frustrating person che abbia mai incontrato! Si avvolge nell’accappatoio e guardando la propria immagine nello specchio, offuscata dall’alone del vapore, si dice: “A noi due, detective Beckett: è il momento della verità.”

 

 

Nota dell’autrice

Un incubo nel cuore della notte fa sentire di nuovo a Kate quella straziante dichiarazione d’amore, mentre Rick, dopo un piacevole risveglio in compagnia della sua musa, si rende conto che questa volta non può non aver udito le sue parole.

Ahi ahi ahi, è giunto il momento della verità!

Grazie per aver letto anche questo e a giovedì prossimo per la resa dei conti!

Deb

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Always ***


Capitolo 4 – Always

Lo vede arrivare in cucina coperto solo dall’accappatoio, con i capelli ancora bagnati e sparati in tutte le direzioni. Un filo di barba gli tinge le guance e gli conferisce un’aria ancora più affascinante, tipo bello e dannato. In una parola: irresistibile. La prima reazione di Kate, infatti, sarebbe quella di andargli incontro, passargli la mano fra i capelli, tentando inutilmente di dare una forma a quel ciuffo ribelle, e baciare quel triangolo di pelle del petto lasciata scoperta. E’ un pensiero così inebriante che non riesce a trattenersi dal mordersi il labbro inferiore. Ma mentre è ancora intenta nel godersi quella visione, il suo sguardo viene attirato dalla determinazione che gli legge negli occhi.

“Mi hai sentito, vero?” le chiede.

In tutta risposta Beckett aggrotta la fronte: non può certo riferirsi alla sua interpretazione di Sinatra. Non ci sarebbe certo da vergognarsi, sia perché ha una splendida voce baritonale, sia perché lei per prima si diverte a canticchiare sotto la doccia. Anche a ballare, se è per questo: ha persino inventato una shower routine, nella quale potrebbe inserire qualche passo a due, magari fra le braccia di uno scrittore, possibilmente di gialli. Però lui aggiunge: “Stanotte, quando sei venuta in camera mia… quando ho avuto l’incubo.”

Kate abbassa la testa e fa un sospiro profondo, scacciando l’immagine sensuale di loro due che danzano nudi. Prima o poi quel momento sarebbe arrivato, lo sa bene. Ma non è sicura di essere abbastanza forte per affrontare la portata e l’intensità di quel sentimento. Né ha idea di come spiegargli il fatto di saperlo da sempre e di avergli mentito al riguardo.

Poi solleva di nuovo gli occhi e annuisce, regalandogli un sorriso timido. “Sì, ti ho sentito. Eri così disperato, Rick… io… mi dispiace…”

“Ti dispiace perché ti ho detto che ti amo?” ora è il suo turno di aggrottare la fronte, perplesso.

“No, no, anzi, quello è stato bellissimo… mi dispiace perché stavi soffrendo. Io… non vorrei mai che tu stessi male. Mai. Tanto meno per causa mia.”

Con pochi passi Castle si trova davanti a Kate. Le accarezza il volto con un tocco leggero, assaporandone ogni singolo centimetro, quasi volesse imprimere l’immagine della donna sulle proprie dita, e lei si appoggia a quella mano, grande e calda, chiudendo gli occhi e godendo la sensazione di pace che quel gesto le trasmette.

“Io… ti avevo sentito anche allora, Rick. Ma ho avuto paura” confessa a bassa voce, quasi sussurrando.

“Paura? Perché non provi lo stesso per me?” indaga, terrorizzato dall’idea di poter ricevere una risposta affermativa.

Ma lei abbassa lo sguardo e scuote la testa. Poi posa la guancia sul petto dell’uomo e gli cinge la vita, chiudendo gli occhi e affidandosi a lui. E’ già successo in passato, più di una volta: quando si sono scambiati un abbraccio sudato dopo aver scavato in un cimitero alla ricerca di un tesoro sepolto, quando hanno salvato New York dallo scoppio di una bomba sporca, quando sono rimasti in quella cella frigorifera, rischiando di die frozen in each other’s arms. E tutte le volte che hanno ballato insieme, con o senza la scusa di essere sotto copertura. E al matrimonio di Kevin e Jenny, Richard era così elegante… E come dimenticare che si sono persino baciati in quel vicolo? Per ben due volte! That was amazing! Eppure mai come in questo istante Beckett sente le farfalle nello stomaco al solo stare fra le braccia dello scrittore, che l’hanno immediatamente avvolta, stringendola forte a sé quasi temesse di vederla sparire all’improvviso. Certo, a Rick piacerebbe sentirle pronunciare quelle stesse parole, ma al momento è più che felice di starsene così, in piedi nella sua cucina, avvinghiato alla sua Kate. E chi se ne frega se così facendo rischia di far salire di nuovo la febbre.

A questo punto, però, sta a lui essere sincero. Si scioglie dall’abbraccio, la bacia sulla fronte, la prende per mano e la conduce al divano. “Devo confessarti una cosa. Sappi che l’ho fatto perché volevo… voglio proteggerti. Perché non riesco a immaginare la mia vita senza di te. Perché quando penso a chi mi riempie sempre il cuore di gioia quando mi chiama al telefono, fosse anche per convocarmi su una scena del crimine quando fuori ci sono venti gradi sotto zero, vedo il tuo viso. Perché quando penso a chi vorrei accanto nei momenti di felicità, di solitudine o di dolore, vedo il tuo viso. Perché quando penso al mio futuro vedo solo te, Kate.”

Nonostante la splendida dichiarazione, l’istinto poliziesco di Beckett entra in allerta. Il tono accorato usato dall’uomo, infatti, grida a gran voce che sotto c’è qualcos’altro. “Cosa hai fatto, Castle?”

“Qualche mese dopo il funerale di Montgomery io…. Ecco… ho ricevuto una telefonata. Da un certo Smith che conosceva bene Roy. Insomma… mi ha detto che c’era un unico modo per salvarti la vita: dovevo impedirti di continuare a investigare su chi aveva ucciso tua madre. E io ci ho provato, lo faccio da tempo. Perché se non smetti di smuovere le acque loro ti uccideranno, Kate. Before Montgomery went into that hangar, he sent a package to someone, someone…he trusted. It contained information damaging to the person behind all this. Montgomery was trying to protect you. But the package didn’t arrive until after you’d been shot. Montgomery’s friend…struck a deal with them. If they left you alone, the package and the information inside would never see the light of day. But they made one condition — you had to back off. And that’s the reason you’re alive, Kate, because you stopped.” Dice tutto d’un fiato, come se temesse che, fermandosi, non sarebbe riuscito ad arrivare fino in fondo.

Per alcuni secondi Kate continua ad osservarlo incredula, senza parlare, mentre le guance le si imporporano e gli occhi le si riempiono di lacrime di rabbia. Poi sbotta, con voce tremante: “Castle, you cut a deal for my life like I was some kind of a child. My life. Mine. You don’t get to decide. Tu non hai nessun diritto. Nessuno. Mi hai mentito sulla cosa che per me contava più di tutto! Per tutto questo tempo! Come hai potuto? Dimmi almeno dove lo trovo.”

E’ come se il mondo le fosse crollato addosso, come se non avesse più punti fermi nella sua vita, nessuna Stella Polare cui affidarsi per trovare la rotta nell’oscurità della sua esistenza.

He’s a voice on the phone, a shadow on a parking garage” sussurra sconfitto.

“Lo hai persino incontrato?” non riesce a credere alle sue parole.

“Sì. Ma Kate, ti prego, ascoltami. Non ti voglio perdere. Permettimi almeno di aiutarti” le dice con voce implorante.

“Io… tutto questo è troppo per me” si alza dal divano e si avvia al piano di sopra, rinchiudendosi nel bagno.

Si ritrova da solo, in un loft paurosamente vuoto e silenzioso. Il calore che gli aveva inondato il cuore mentre stringeva Kate fra le braccia lo ha abbandonato, lasciandogli una sensazione di gelo nell’animo. Un freddo che supera di gran lunga quello provato poche sere fa quando si è trovato senza sciarpa e guanti in mezzo alla neve. Teme di averla perduta per sempre proprio adesso che lei gli aveva dato una possibilità. Si passa le mani sul viso, più volte, come se volesse scacciare il dolore che percepisce.

Dolore e senso di impotenza.

Farebbe qualsiasi cosa per proteggerla. Darebbe la sua vita per lei. Ed è per questo motivo che non si è tirato indietro quando quei tipi misteriosi lo hanno convocato in quel garage. Sarebbe sceso all’inferno e avrebbe fatto anche un patto con il diavolo se fosse servito per garantire la vita della sua Kate.

Quello che non è riuscito a dirle è che ha continuato a investigare per conto proprio perché lui per primo vuole rendere giustizia a Johanna. Gli sarebbe piaciuto conoscerla: doveva essere una donna straordinaria, proprio come sua figlia. E’ sicuro che sarebbero andati d’accordo.

Di Jim, invece, ha un po’ paura.

Stronzate.

Si sente un vero fallito nei suoi confronti. L’avvocato Beckett gli aveva chiesto di proteggere la sua bambina e il risultato è che le hanno sparato in pieno petto, a un soffio dal cuore. Senza considerare quella patetica scena all’ospedale, quando si è azzuffato con Josh come se fossero due balordi adolescenti, mentre Kate stava lottando fra la vita e la morte in sala operatoria. Come potrebbe volerlo accanto alla sua Katie? Al posto suo, non vorrebbe certo che Alexis frequentasse un tipo del genere. Ma è una domanda inutile. L’ha persa ancora prima di averla avuta.

Poggia la nuca sulla spalliera del divano e fissa il soffitto del loft, come se da lì potesse arrivare la risposta salvifica ai suoi dubbi e alle sue angosce.

Nel frattempo, qualche metro più su, Kate si è seduta per terra, appoggiando la schiena alla vasca da bagno, raccogliendo le gambe al petto e prendendosi la testa fra le mani. Percepisce il gelo delle piastrelle attraverso il tessuto leggero dei leggings e della maglietta. E dei calzettoni, visto che non ha pensato di infilarsi le ciabatte. Ma non le importa, è come se i suoi sensi fossero anestetizzati.

Si sente tradita.

Colpita alle spalle dall’uomo che le ha detto di amarla e per il quale ha rimesso insieme i pezzi della sua mente e del suo cuore. Dall’uomo per il quale si sta sbarazzando di quel muro. Un uomo che ha reso il suo duro lavoro un po’ più divertente. Un uomo che le ha permesso di compiere degli insperati passi da gigante nelle indagini per scovare il bastardo che ha pugnalato a morte sua madre. Che non ha esitato né a metterle a disposizione i propri soldi per comprare delle informazioni né tantomeno a gettarsi su di lei quel giorno al cimitero, rischiando la sua stessa vita. Ma le ha tenuto nascosto una pista fondamentale.

Kate ha dedicato ogni momento libero a rileggere gli appunti degli agenti che hanno investigato sull’assassinio di Johanna, a partire da quel sabato 9 gennaio 1999. Ha ricreato la sua personale lavagna sulle persiane di casa, annotando dettagli, informazioni, deduzioni.

E ora potrebbe dare un senso a tutta quella frenesia morbosa, potrebbe rendere giustizia a sua madre. Forse sarebbe già stata in grado di farlo se solo Rick non le avesse mentito.

Le ha detto di averlo fatto per proteggerla. Ma lei non ha bisogno di protezione. Diamine, è il detective Katherine Beckett della sezione omicidi del NYPD! Ha una pistola e sa bene come usarla. Senza che qualcuno si erga a sua guardia del corpo.

Ma le ha anche detto di amarla e di immaginare i loro figli. Oddio, sul nome Cosmo nutre qualche perplessità, ma il pensiero di una bambina chiamata Johanna le inonda il cuore di gioia. Gli ha sentito ripetere la sua disperata dichiarazione d’amore giusto poche ore prima. Ma con i fatti glielo sta dimostrando da sempre. Più o meno dal loro primo incontro. Ed è inutile che continui a raccontare delle balle a sé stessa: anche lei lo ama. Come non ha mai amato nessuno. Né Sorenson, né Demming, né tantomeno il dottor Davidson. Will e Josh in realtà erano la sua versione maschile: completamente concentrati sulla propria carriera, tanto da mettere il lavoro sempre al primo posto a scapito della vita sentimentale. Entrambe le storie erano destinate a finire, di questo è consapevole. Tom, invece, è un bravo ragazzo ed è convinta che alla fine, nonostante sia lui che Castle si siano comportati come capibranco pronti a marcare il proprio territorio quando hanno collaborato allo stesso caso, potrebbe persino diventare amico di Rick. Anzi, magari potrebbero anche fare un’uscita a quattro. Ha saputo che Demming frequenta una vice detective da qualche tempo ed è sinceramente contenta per lui.

No, un momento, ma che le viene in mente? Lei è furiosa con Castle, non deve pensare ad andare a cena con lui e con un’altra coppia. Meglio tornare a concentrarsi sulle cose serie.

Sua madre.

Johanna vorrebbe che lei fosse felice, di questo è più che sicura.

Prende un respiro profondo e si ritrova inspiegabilmente a sorridere. A sua madre Rick sarebbe piaciuto. Anzi, lo avrebbe adorato. Senza ombra di dubbio. E’ un uomo buono, sempre pronto ad aiutare gli altri e a rendere la vita di tutti più leggera. Ha anche voluto istituire una borsa di studio per onorare la memoria di Johanna Beckett, coinvolgendo tutti i suoi amici ricchi e famosi per raccogliere fondi. Del resto, è stato proprio lui a dirle che money doesn’t change who you are. It just magnifies your personality. E la sua è una personalità altruista. Un po’ folle, molto sopra le righe, ma ha un cuore grande come una casa. Si asciuga velocemente gli occhi dalle lacrime che non è riuscita a trattenere, poi stringe i pugni e si solleva da terra.

Ha preso la sua decisione.

Ha capito cosa vuole.

Con la coda dell’occhio, Rick la vede scendere dalle scale, con un passo risoluto. Gira la testa e incontra il suo sguardo. Intenso, fiero. Una delle prime cose che lo hanno affascinato di lei.

Stronzate.

La prima cosa che lo ha colpito sono le sue labbra e quel profumo di ciliegie che gli ha inebriato i sensi. Senza considerare il suo lato B, che è proprio da urlo, specialmente quando indossa quei jeans attillati che le accarezzano le forme. Poi, quando ha imparato a conoscerla, ha capito che ciò che c’era dentro il detective Beckett era addirittura più bello di quello che il suo esterno mostrava. E, intendiamoci, il fisico di Kate è stratosferico. Si ricorda ancora quando l’ha vista in bikini a Los Angeles, quando riemergeva dalla piscina come una novella Venere di Botticelli. Uno schianto. Tanto che ha rischiato di strozzarsi con quel drink che stava sorseggiando per non dare nell’occhio.

Si alza dal divano ed è quasi spaventato dalla determinazione che emana quella donna. “Beckett, what do you want?” le domanda, quando la vede avvicinarsi a lui.

“Stai fermo un secondo” gli ordina con quel tono autoritario che ha sempre trovato estremamente sexy. E poi le labbra di Kate si avventano sulle sue e lui non capisce più nulla. E’ come se fosse stato travolto da uno tsunami, scatenato dal mare che si fonde con il sottobosco*. Il suo cervello va in totale blackout e lascia spazio solo agli istinti.

Alla sensazione del corpo di lei incollato al suo, in un incastro perfetto.

Delle loro lingue che danzano come se non avessero fatto altro in tutta la loro vita.

Delle mani che scoprono pelle e incendiano sensi.

Ma, anche se i suoi ormoni gli direbbero di salutare il mondo e rotolarsi sul divano con quella donna meravigliosa, ha bisogno di capire. Con l’ultimo barlume di forza di volontà che gli è rimasto si stacca da lei e la allontana da sé, chiedendole: “What happened?”

“Voglio mettere questa storia da parte e concentrarmi sulla mia vita. Ho capito che mi merito di essere felice e so che solo accanto a te ho l’occasione di esserlo” gli spiega con un sorriso commosso e accarezzandogli il volto, questa volta senza raccontarsi la balla del volergli misurare la febbre. “E poi so che potrò sempre contare sul mio partner per trovare chi ha ucciso mia madre. Vero?” gli domanda speranzosa.

Always” le risponde deciso. Di poche cose è sicuro, ma sa per certo che lui per lei ci sarà. Sempre.

 

Nota dell’autrice

Cala il sipario sui tontoloni, che finalmente si sono chiariti e possono dare… il via alle danze. E, prendendo in prestito la dedica che arriverà qualche tempo dopo con “Deadly Heat”, ciò che gli auguriamo è may the dance never end and the music never stop!

Grazie a tutti voi per avermi fatto compagnia in queste settimane.

Grazie a chi ha messo la storia nelle seguite e nelle preferite.

Grazie a chi ha letto in silenzio e a chi mi ha regalato queste splendide recensioni, facendo il conto alla rovescia per arrivare al giovedì.

E grazie come sempre al mio angelo custode che trova sempre il tempo per me e per le sciocchezzuole che scrivo nonostante i suoi mille impegni professionali e familiari. *Il riferimento a thatswhatfriendsarefor non è casuale ;-)

Un abbraccio a tutti,

Deb

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