Sottopelle

di Humble_Narcissist
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le parole che non vi ho detto ***
Capitolo 2: *** La confidenza che ho rinnegato ***
Capitolo 3: *** La mia principessa sui pattini a rotelle ***
Capitolo 4: *** Un assaggio della sua morale ***
Capitolo 5: *** Questione di fiducia ***
Capitolo 6: *** Le parole che lei non mi aveva detto ***
Capitolo 7: *** Come la prima neve dell'inverno ***
Capitolo 8: *** Helter Skelter ***
Capitolo 9: *** Per il lunedì è sempre troppo presto ***
Capitolo 10: *** Legami allo specchio ***



Capitolo 1
*** Le parole che non vi ho detto ***


Sottopelle

 

 

Primo strato:

 

 

Le parole che non vi ho detto.

 

 


Kotaro faceva roteare la palla da basket sui polpastrelli, trasferendola fluidamente da un dito all'altro con lo sguardo leggermente increspato e la lingua penzoloni ad un angolo della bocca. Quella era senz'altro la sua espressione più assorta e concentrata. Eikichi camminava accanto a lui, fischiettando un motivetto sentito poco prima alla radio, ma la sua mente non faceva che arrovellarsi su un'unica, spinosa, questione...

<< Ancora non riesco a credere che Reo ci abbia dato buca alla serata NBA! >>

La serata NBA era sempre di mercoledì. Ogni benedetto mercoledì, alle sei in punto, senza saltare mai un appuntamento, Eikichi, Reo e Kotaro si riunivano a casa Hayama per guardare vecchie partite delle loro squadre di basket americane preferite, mangiando schifezze e commentando le mosse di quei prodigi con gli occhi pieni di meraviglia ed ammirazione. Era una dimensione tutta loro, una confortevole consuetudine settimanale che, nel tempo, aveva contribuito a cementare un legame ormai ben più profondo della semplice cortesia tra compagni di squadra. Persino Seijuro non ne sapeva nulla e, invero, i ragazzi speravano continuasse ad ignorare a tempo indeterminato l'esistenza di quegli incontri. La ragione ufficiale e comunemente riconosciuta alla bese dell'ostracismo del capitano era l'anno di differenza che lo separava dal resto del gruppo, ma in realtà, tutti si sentivano sempre un po' a disagio in sua compagnia e preferivano frequentarlo solo durante l'orario scolastico. Quanto a Chihiro, lui passava inosservato praticamente sempre ed era, quindi, fin troppo facile dimenticarsi della sua esistenza.

Kotaro sbuffò, sentendo che l'amico aveva dato voce ai suoi stessi pensieri, e gli passò di scatto la palla.

<< Gorilla, a questo punto anche tu dovresti essertene accorto! Ultimamente la sorellona si comporta in modo davvero strano. Viene più tardi agli allenamenti e va via sempre un po' prima, non sembra iper-protettivo come al solito ed ha spessissimo la testa fra le nuvole. In più, ho notato una cosa ancora più preoccupante: Reo ha iniziato a chiamare Akashi... Solo Akashi! Addio Sei-chan! >>

Eikichi sgranò gli occhi, bloccandosi di colpo e boccheggiando come se avesse appena ascoltato la descrizione dettagliata di una tragedia di proporzioni epocali.

<< C'è qualcosa che non va, dobbiamo assolutamente intervenire... >> asserì poi, passandosi i palmi delle mani sulle braccia per scacciare un'invisibile morsa gelata. << ...Però prima, mangiamo qualcosa! >>

<< Ma come diavolo fai?! Hai divorato un hamburger grande quanto un intero quarto di bue neppure dieci minuti fa!! Se ci fosse stato Reo, avrebbe detto che sei un maiale e, poi, si sarebbe messo a descrivere punto per punto gli effetti benefici del crudismo o chissà quale altra strampalata dieta da top model. >> piagnucolò Kotaro, indossando un'espressione esageratamente melodrammatica.

<< Devo sfamare i miei muscoli se voglio che crescano! E comunque, smettila con quel tono! Reo non è mica morto! >>

<< Se non vieni alla serata NBA, sei come morto per me... >>

<< Smettila di dire stronzate! >>

 

I due ragazzi imboccarono una traversa, poi un'altra ed un'altra ancora, deviando sempre più dal loro solito percorso verso casa. Eikichi aveva un certo sesto senso quando si trattava di trovare del cibo, quindi in quelle circostanze bastava seguire le direttive del suo stomaco e in men che non si dica sarebbe apparso dal nulla un punto di ristoro.

Dopo circa un quarto d'ora di cammino attraverso incerte stradine incassate fra enormi palazzi di periferia, all'angolo tra l'ennesima deviazione e la strada principale si aprì alla loro vista, come manna precipitata improvvisamente dal cielo, un locale dall'aspetto molto sofisticato che non avevano mai notato prima. L'insegna sulla facciata in stile occidentale recava un'arzigogolata scritta in francese che né Kotaro, né tanto meno Eikichi sapevano leggere.

<< Un posto del genere sarà carissimo, meglio sparire prima che ci facciano pagare anche l'aria che respiriamo! >> esclamò Kotaro, schiacciando il naso contro la porta vetrata per guardare meglio all'interno. L'ambiente non era molto grande, ma l'atmosfera che lo avvolgeva era permeata di eleganza e raffinatezza. Pochi tavoli in legno cesellato, quasi tutti per due, venivano rischiarati ed impreziositi da candelabri in stile country francese. Un grosso lampadario circolare con dettagli in cristallo colorato pendeva dal soffitto, inondando di riflessi variopinti le coppiette di clienti intente a cenare.

<< Già, credo che qui non riuscirei mai a sfamarimi e comunque sarebbe un suicidio per il portafogli, meglio anda... Ehi, aspetta un attimo! Guarda un po' quella bionda seduta tutta sola! Magari il fidanzato l'ha piantata, poverina! Che dici, andiamo a farle compagnia noi? >>

Kotaro dovette fare appello a tutte le sue doti atletiche per non cadere sotto le possenti ed implacabili gomitate allusive, da diciassettenne in piena tempesta ormonale, che l'amico gli piantava a ripetizione nel fianco. La biondina, però, l'aveva notata subito anche lui, visto che si trattava effettivamente di una bellezza fuori dal comune: occhi grandi e castani, da cerbiatta, capelli color del grano lunghi fino alla schiena, nasino principesco leggermente spruzzato di efelidi e labbra dai contorni talmente perfetti da sembrare disegnati. Eppure c'era qualcosa, in lei, che gli sembrava un po' fuori posto, anche se stranamente familiare, come un chè di già visto, incrostato in qualche piega abbandonata della memoria. Decise di non pensarci troppo; lo annoiavano i pensieri ingarbugliati che non riusciva a riordinare subito e raramente s'impegnava per approfondire.

<< Fidati, una tipa così è impossibile che sia da sola, magari il suo accompagnatore è andato un attimo al bagno e ci sta facendo fessi. Poi guardala bene, dai, non è proprio al nostro livello! Lei sarà di sicuro una di quelle che la danno solo a gente di classe, con stile, soldi, fascino e un'aura da vero uo... >> Kotaro si interruppe di colpo, portandosi una mano sopra la bocca ed inspirando quanta più aria poteva dalle narici.

<< Ehi, che ti prende? >> gli chiese sorpreso ed un po' seccato Eikichi, che a causa della fame aveva perso interesse nella ragazza praticamente un attimo dopo averla individuata ed ora voleva solo trovare un altro posto per mangiare.

<< Stavo giusto dicendo che, secondo me, la bionda vorrebbe vicino un vero uomo... Guarda un po' chi si è appena seduto al suo tavolo, invece. >>

Eikichi fece capannello con le dita per vedere più chiaramente attraverso il vetro e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.

<< No, non è possibile! É uno scherzo! >>

Tra tutte le persone possibili, perché proprio lui?

Reo Mibuchi, guardia tiratrice, settantotto chilogrammi per centottantotto centimetri di pura grazia, sorrideva dolcemente alla ragazza misteriosa, carezzandone il profilo con lo sguardo. Sembravano decisamente intimi.

<< Cazzo se è strano, haha... >> sghignazzò Eikichi, posando il suo braccio enorme sulla spalla di Kotaro. << ...Però adesso è tutto più chiaro, il comportamento di Reo è giustificato. Si sa che la figa viene prima degli amici! >>

Kotaro si ritrasse dalla morsa del gorilla, quasi disgustato da quella sua oltraggiosa affermazione.

<< Come puoi dire una cosa del genere?! Gli amici sono importanti tanto quanto la ragazza! >>

<< Haha, dici così solo perché non ne hai una! >>

Kotaro rifletté seriamente sull'argomentazione dell'amico e fu costretto ad ammettere, seppur malvolentieri, che non era del tutto insensata. In ogni caso, non si sarebbe arreso facilmente.

<< E va bene, hai ragione, ma solo in parte! Reo avrebbe dovuto dirci la verità, non fare le cose di nascosto come un ladro! >>

<< Hum... Forse si preoccupava che lo mettessimo in imbarazzo, come succede praticamente tutte le volte. >>

Gli occhi di Kotaro dardeggiarono per un istante e le labbra, come sospinte da un repentino guizzo d'ilarità, si schiusero in un sorriso più simile ad un ghigno, con il canino appuntito che faceva capolino fra gli altri denti in tutta la sua inusuale lunghezza. Eikichi – che aveva sperimentato in prima persona e molto spesso le disastrose conseguenze di quell'improvviso mutamento d'espressione - si chiese quali delle proprie parole potessero esserne state la causa, ma non dovette attendere a lungo per sapere la risposta.

<< Sì, Eikichi, sono d'accordo. Mi sa proprio che la cara sorellona vuole tenerci fuori da questa storia perché pensa che potremmo combinarne una delle nostre. Davvero poco carino da parte sua... Dovremmo fare un salto a salutarlo, che dici? >>

<< Non ci pensare neanche! >> implorò Eikichi, ma prima che potesse anche solo provare a tendere una mano per fermare Kotaro, quello si era già fiondato dentro grazie alla sua animalesca agilità.

 

Tutti gli avventori della “Maison du Monde”, colti di sorpresa dalla strana coincitazione all'ingresso del ristorante, iniziarono a fissare i due nuovi ed improbabili arrivati che ne erano responsabili - un ragazzone nerboruto e dalla carnagione decisamente troppo scura per la sua nazionalità, incapace di compiere due passi senza urtare un cameriere, ed un biondo ossigenato con lo sguardo da esaltato che puntava dritto verso il tavolo di una deliziosa coppietta in fondo al locale - con l'aria di chi si accorge improvvisamente essere finito in una Candid Camera.

 

<< Ma guarda chi c'è, la sorellona! >>

Reo percepì distintamente un brivido di terrore lungo la spina dorsale. Suo malgrado, sarebbe riuscito a riconoscere fra mille il suono di quella voce e la cadenza di quei passi rozzi e maldestri.

<< Kotaro, Eikichi... >> esalò, voltandosi con tragica lentezza. << ...Che cosa ci fate, voi, qui? >>

Eikichi si erse in tutte le sue gigantiche proporzioni e cercò di giustificare alla bell'e meglio la loro presenza.

<< Stavamo cercando un posto dove mangiare e, quindi, sai, per coincidenza... M-ma siamo solo di passaggio, tranquillo! Non abbiamo intenzione di fermarci qui, vi lasciamo subito soli. >>

<< Veramente io vorrei restare un po' per fare due chiacchiere, dai, possiamo? >> chiese, piuttosto ipocritamente, Kotaro che già aveva sottratto una sedia al tavolo vicino per posizionarla tra la ragazza e Reo. Quest'ultimo stava giusto per augurargli, naturalmente con il massimo garbo, qualche brutto accidente quando la sua commensale decise di intromettersi nella discussione.

<< Ma che incontro fortunato! Spero proprio che loro siano quegli amici di cui mi parli sempre, vediamo... Hayama-san e Nebuya-san, giusto? >>

<< Sì, ora vi presento, scusami se non ci ho pensato subito, ma il loro ingresso turbolento mi ha distratto. Ragazzi, questa splendida creatura è la mia ragazza, Rumiko Natsumi. Rumi-chan, questi due soggetti alquanto irritanti e rumorosi che non ti hanno ancora salutato - perdonali, a volte dimenticano completamente le buone maniere - sono i miei migliori amici, nonché compagni di squadra nel Rakuzan da due anni, Hayama Kotaro e Nebuya Eikichi. >>

<< Sono davvero molto lieta di conoscervi e, finalmente, incontrarvi dal vivo. Sembrate così simpatici e pieni di energie! >>

<< Aehm... I-il piacere è tutto nostro, Natsumi-san! >> balbettarono in contemporanea gli intrusi, quasi storditi dal sorriso gentile e meravigliosamente perlaceo di Rumiko.

 

Alla fine, rimasero tutti insieme a cenare e Reo dovette, “per punizione”, pagare anche il conto di Eikichi e Kotaro, rimanendo a secco praticamente per tutte le future uscite della sua vita.

 

Sulla strada del ritorno, dopo aver accompagnato a casa Rumiko ed averla salutata con un timido bacio a stampo, Reo dovette sorbirsi la valanga di domande che gli amici, assolutamente poco avvezzi ai concetti di riservatezza e spazio personale, gli riversarono addosso.

<< Wooow! Natsu-chan è fantastica! Ma come l'hai conosciuta, si può sapere? >> chiese per primo Kotaro, saltellandogli intorno.

<< Ehi, da dove viene quel “chan” così presto! É del tutto inappropriato! Comunque, Rumiko e mia cugina Chiyo sono compagne di scuola. Un pomeriggio sono andato a casa di zia per prendere delle cose che mamma aveva dimenticato da lei e Rumi-chan era lì a studiare. Ci siamo subito piaciuti, anche se ho come l'impressione che Chiyo e mia madre si fossero già messe d'accordo per organizzare l'incontro. >>

<< Magari i miei si impegnassero per trovarmi la ragazza! >> commentò Eikichi. << ...Certo che sei proprio fortunato! >>

<< Hahaha, è vero, sorellona! Gli dei sono dalla tua parte quando una bellezza del genere si innamora di te, non ci sono altre spiegazioni! Sinceramente, credevo che non ti avrei mai visto con una don... >>

Prima che potesse terminare la frase, Kotaro ricevette un pugno nello stomaco da parte di Eikichi, che lo guardava dall'alto implorandogli tacitamente non proseguire su quella falsariga.

<< Ahi! Fai male, gorilla! Che ho detto di sbagliato?! Se mi avessi lasciato finire, avrei semplicemente sottolineato che una ragazza come Natsu-chan è fin troppo per Reo! >>

<< Oh, ma grazie mille! >>

<< Non lamentarti, sai che ho ragione! Natsu-chan non è mica una che trovi coi punti delle merendine! É bellissima, simpatica, intelligente e raffinata, insomma una vera signora! >>

<< Già, è proprio la fidanzata perfetta. >> riconobbe Reo, con un tono molto basso, quasi difficile da udire.

<< Ed ora passiamo all'argomento che ci interessa di più! >> disse Eikichi, sorridendo sornione ed afferrando la testa di Reo tra le mani. << ...Allora, lo avete fatto, vero? >>

Reo piantò i piedi sull'asfalto, completamente paralizzato e col viso in fiamme per l'imbarazzo.

<< T-ti sembrano domande da farsi?!! Sei veramente impudente, sfacciato, villano... >>

A mano a mano che gli improperi all'indirizzo di Eikichi si moltiplicavano, la voce di Reo saliva di un'ottava, raggiungendo quasi il limite dell'ultrasuono.

<< E dai, sorellona, non fare così! Non c'è bisogno di essere timidi, sono cose normali per i ragazzi della nos... >>

<< No!! No, va bene!? Non l'ho fatto, ci siamo solo baciati, siete contenti adesso?!! >>

<< In realtà mi aspettavo qualcosina di più, sono un po' deluso... >> scherzò ancora Eikichi. <<...Se avessi io per le mani una fata del genere, non uscirei mai da sotto le coperte! >>

<< Ehi, Ei-cchan, ora stai esagerando sul serio, me ne rendo conto perfino io! >> lo rimproverò Kotaro che, tuttavia, non mancò di rincarare a sua volta la dose. << ...Però, effettivamente, devi avere una bella resistenza, sorellona. Da quant'è che state insieme? Circa due mesi e mezzo, giusto? E in tutto questo tempo, non l'hai sfiorata nemmeno con un dito. Sei proprio un gentiluomo! Un cavaliere d'altri tempi! Un... >>

<< Omosessuale. >>

I ragazzi si voltarono di scatto verso Reo che si era nuovamente fermato in mezzo alla strada, con lo sguardo basso e le braccia strette al petto.

<< Cos'hai detto, sorellona? Non... Non ho sentito bene, haha...>>

<< Invece hai capito benissimo. So che vi potrà sembrere assurdo ed impossibile da credere, ma io, ecco... Sono gay. Le ragazze non mi piacciono e non mi sono mai piaciute. >>

Reo non riusciva a spiegarsi perché, proprio in quel momento dopo una vita intera trascorsa a nasconderli, i suoi pensieri gli fossero sfuggiti dalle labbra senza controllo. Forse, semplicemente, non ce la faceva più a tenerseli dentro ed aveva agito d'istinto, alla ricerca di qualcuno con cui condividerne il peso. Non sperava, comunque, in un lieto epilogo ed era, anzi, certo che i suoi amici avrebbero reagito ad una simile rivelazione in maniera plateale, magari addirittura insultandolo e condannandolo alla solitudine. Furono loro, invece, a stupirlo, dimostrandogli concretamente quanto poco si possa conoscere anche delle persone che si danno per scontate.

<< Ah, ok, poco male. A quanto pare gorilla, mi devi una pizza! >>

<< É giusto, te la sei guadagnata, hai vinto tu. >>

Reo era agitatissimo e sperava che la bomba esplodesse quanto prima per togliergli l'incomodo di quella snervante attesa, ma sembrava che nessuno fosse intenzionato ad innescarla. Nessun attacco, nessuna ostentazione di disgusto, nessun rifiuto.

<< R-ragazzi, scusatemi, ma... Vi ho appena confessato il mio più intimo e scabroso segreto e voi... Voi non avete proprio nulla da dirmi?! >>

<< Beh, sorellona, io non lo chiamerei proprio segreto. Insomma, senza offesa, ma il tuo modo di parlare e muoverti lascia poco spazio a fraintendimenti. Eikichi credeva fosse solo una questione di carattere, mentre io ho sempre pensato che tu... Insomma, ci siamo capiti. Facemmo anche una piccola scommessa tempo fa e, a quanto pare, ho stravinto! >>

Kotaro prese nuovamente a saltellare, stavolta intorno ad Eikichi per rimarcare il proprio trionfo, mentre Reo osservava entrambi in uno stato semi-allucinatorio, chiedendosi se stesse sognando o fosse finito in una sorta di dimensione parallela senza avvedersene. Non poteva filare tutto così liscio! Ogni volta che aveva provato ad immaginare la sua confessione, si era sempre ritrovato con un pesante groppo in fondo alla gola. Anche se, in genere, non gli importava granché del giudizio altrui, con Eikichi, Kotaro e Seijuro non riusciva a mantenersi distaccato. La paura del rifiuto aveva un effetto paralizzante su di lui e smorzava qualsiasi intento all'azione, troppo debole per sbocciare a dispetto di ogni cautela.

<< Dai, Reo, non facciamola più grossa di quello che è. Ognuno ha i suoi gusti. Tipo, a me piacciono i karubi*, a Kotaro i kappamaki* ed anche se non saremo mai d'accordo su questo, io lo rispetto lo stesso! >> esclamò Eikichi con decisione, assolutamente certo di aver usato una metafora perfetta ed appropriata al contesto.

<< Grazie per aver paragonato al cibo il dramma dei miei gusti sessuali! >> ribatté Reo, con un accenno di sorriso sulle labbra e lo sguardo finalmente sollevato verso l'alto.

Kotaro rise e gli saltò al collo, stringendolo in un abbraccio soffocante.

<< Ehi, sorellona, però adesso non eccitarti! >>

<< Kotarooo!! >>

Presto si unì alla stretta anche Eikichi che schiacciò tutti con i suoi ben noti muscoli. Quel gesto così semplice e spontaneo rappresentava, per Reo, molto più di quanto avesse mai osato sperare nelle sue più rosee fantasie. Sentirsi accettato, per altro senza sforzo alcuno, dalle persone che aveva scelto spontaneamente di tenersi accanto era la cosa migliore che potesse capitargli, soprattutto in un periodo difficile come quello che stava attraversando. Il cuore sembrava esplodergli nel petto per la gioia, al punto che dovette invocare tutto il suo contegno per evitare di scoppiare in lacrime.

 

Dopo aver sciolto l'abbraccio, i tre ragazzi camminarono per un buon tratto in completo silenzio, beandosi della tenue brezza serale che sibilava tra alberi e case, portando via con sé la stanchezza e gli affanni del giorno trascorso.
Il primo a parlare di nuovo fu, come sempre, Kotaro, intenzionato a chiarire un dubbio che lo pungolava senza lasciargli tregua.
<< Sorellona, scusa se ti chiedo questa cosa, ma sono abbastanza confuso. Tu sei sicuro di essere gay, no? Allora perché stai con Natsu-chan? >>
<< Già, è vero! Non ti sembra di essere un po' ingordo? Haha.. >> aggiunse subito Eikichi, cavalcando l'onda.
Reo si scostò una ciocca di capelli dal mento con un gesto indolente e strascicato. I suoi occhi ostentavano una profonda tristezza, un malessere talmente radicato nell'anima da riuscire ad incrinare persino la maschera di imperturbabile serenità che solitamente gli decorava il viso. Kotaro ed Eikichi - che non lo avevano mai visto in un simile stato - avvertirono una forte stretta allo stomaco, accompagnata dall'immediato impulso a scusarsi per qualcosa che loro stessi ignoravano.

<< Avete perfettamente ragione a pormi questa domanda e, credetemi, non c'é giorno che passi senza che mi senta un verme. Rumiko è davvero una splendida ragazza e per un po' ho anche sperato, in un angolo remoto del mio cuore, di innamorarmi sul serio di lei. Sarebbe tutto così semplice, se solo riuscissi a stare con una donna! I miei genitori sono terribilmente preoccupati, temono che il loro unico figlio sia una checca e non possono in alcun modo accettarlo. Da quando è iniziato il nuovo anno scolastico, non fanno che chiedermi perché non porto mai ragazze a casa. In più, mio padre si è presentato diverse volte in camera mia con discutibili giornaletti sotto il braccio, dicendomi che é normale per un adolescente maschio apprezzare il corpo femminile e che mi avrebbe "rifornito" ogni qual volta glielo avessi chiesto, "mantenendo il segreto" con la mamma. In realtà, sono certo sappia fin troppo bene che quelle cose non le ho sfogliate mai, neppure per sbaglio. Probabilmente vuole studiare la mia reazione, nella vana speranza che, prima o poi, gli dia prova della mia eterosessualità ringraziandolo con entusiasmo per il "fantastico" dono. Le frecciatine a tavola non finiscono mai, né i miei si risparmiano commenti acidi e sarcastici ogni volta che siamo insieme e, per qualche motivo, salta fuori l'argomento gay. Credo proprio vogliano rendermi inequivocabilmente chiaro il loro punto di vista. Proprio ieri pomeriggio, tanto per dirvene un'altra, la mamma si è perfezionata nella tecnica persuasiva andando a ripescare i miei vecchi completini da neonato, tutti ricamati a mano durante la gravidanza. "Non vedo l'ora di farne degli altri per i miei nipotini! Purtroppo ho potuto avere un unico figlio, ma mi è sempre piaciuta l'idea di una famiglia numerosa, perciò mi raccomando, regalami tanti bei Mibuchi dopo il matrimonio!" >>
<< Cavolo, quando si dice mettere sotto pressione... >> bisbigliò Eikichi, incapace di aggiungere altro. L'irruenza di Kotaro, fortunatamente, gli venne in soccorso, scampando il pericolo di un silenzio imbarazzante.

<< Che situazione del cazzo! Però te lo dico, voglio essere sincero, anche a costo di passare per maleducato come sempre! Questa è la tua vita ed hai il diritto di viverla come vuoi! Non devi per forza obbedire ai tuoi genitori, soprattutto se questo significa andare contro la tua natura! Da quando ti conosco, non ti ho mai visto fare qualcosa in cui non credessi! Capisco che loro ti hanno cresciuto, sono la tua famiglia e ti spiace contraddirli, ma se provassi a spiegare con calma quello che stai passando, magari... >>
<< Non è così semplice, Kotaro! >> esclamò Reo, esasperato. << ...Quando ero all'ultimo anno delle medie, mio padre ha avuto un mezzo infarto. Per fortuna non gli è successo nulla di irreparabile perché è stato curato in tempo, ma un uomo della sua età, con questi trascorsi, fa comunque parte di una categoria ad alto rischio di recidive e deve evitare moltissime cose, prima fra tutte lo stress eccessivo. Se mi presentassi da lui e gli dicessi, così, dal nulla, di dimenticare pure le riviste porno e farmi un abbonamento a gay.tv, morirebbe sul colpo! Sarebbe una catastrofe ed io non voglio far soffrire nessuno. >>
<< Ma così a soffrire sarai tu, sorellona... >>
Reo sospirò profondamente e quando si volse a guardare gli amici dritto negli occhi, i suoi erano colmi di lacrime.
<< Non importa. In fondo, sono felice anche così. La mia famiglia è serena, Rumiko ha un carattere stupendo e a me può benissimo bastare. Anche se il destino è stato piuttosto crudele a farmi innamorare in un momento come questo. >>
Eikichi e Kotaro si scambiarono uno sguardo interrogativo, ma fu il gorilla, stavolta, a parlare per entrambi.
<< Che vuoi dire? >>
Il viso di Reo, illuminato dalla pallida luce di un lampione al neon, non mostrava particolari emozioni, né vi era più su di esso alcuna traccia del dolore che lo aveva sfigurato fino ad un attimo prima. Il solo pensiero di quell'amore aveva contribuito a confinare di nuovo tutte le emozioni in profondità, in un luogo sicuro e lontano da occhi indiscreti.
<< Se-gre-to! >>

A quel punto, chiunque con un minimo di tatto si sarebbe astenuto dal ribattere ed annientare l'atmosfera di velato romanticismo che si era venuta a creare. Ma Kotaro, ovviamente, non era chiunque, né mai aveva finto o si era sforzato di esserlo.

<< Gorilla, scommettiamo che la sorellona ha una cotta per Akashi? >>

Reo inciampò praticamente da fermo ed ebbe uno spasmo simile ad una breve crisi epilettica.

<< Spiacente amico, stavolta non ci casco! Mi sa proprio che sei riuscito a fare centro al primo colpo! >>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

 

 

  1. kappamaki=involtini di sushi

  2. karubi=costolette disossate

 

Salve a tutti, questa è la mia prima storia su questo forum. Spero vi piaccia. Il rating dovrebbe mantenersi sempre sul giallo, ma mi riservo la possibilità di modificarlo in futuro. A presto!

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** La confidenza che ho rinnegato ***


Sottopelle

 

 

 

Secondo strato

 

 

 

 

 

La confidenza che ho rinnegato.

 

 

 

Per quanto si sforzasse di rallentare il respiro e rilassare i muscoli, Reo era teso come una corda di violino e non riusciva ad ad addormentarsi. Gli scrupolosi avvertimenti con cui aveva tentato di ammaestrare Eikichi e Kotaro continuavano a ronzargli impietosamente nelle orecchie, sembrando tutt'altro che efficaci e rassicuranti come, invece, avrebbero dovuto essere. Davvero si era illuso che dei semplici, non violenti, inviti al silenzio fossero sufficienti a tenerli a bada? In fin dei conti, sforzarsi di architettare strategie per scampare al disastro quando quei due erano coinvolti non aveva alcun senso, giacché, insieme, sarebbero sempre riusciti ad aggirare le misure di sicurezza, magari in qualche modo assurdo ed imprevedibile.

 

<< Ragazzi, mi raccomando, ve lo ripeto ancora una volta: non lasciatevi sfuggire assolutamente nulla di ciò che ci siamo detti e mi riferisco specialmente alla parte riguardante una certa persona! >>

<< Basta, ma che palle con 'sta storia! Ti abbiamo già promesso che non faremo cazzate, cos'è, non ti fidi di noi? >>

<< Neanche un po' e dovresti già saperlo, Eikichi! >>

<< Questa è una cosa crudele da dire, sorellona. Comunque smettila di preoccuparti, non siamo mica tanto imbranati da tirare fuori argomenti del genere all'improvviso e senza pensarci due volte! >>

<< Se proprio vuoi sapere la verità, la mia principale preoccupazione sei proprio tu, Kotaro! Te lo chiedo per favore, anzi ti supplico, non fare battutine, allusioni, riferimenti o qualsivoglia altro tipo di intervento quando ci siamo io ed Akashi nella stessa stanza! >>

<< Che esagerato! Magari potrei anche farti un piacere se gli dicessi qualcosina, così, giusto per tastare il terreno. >>

<< Lo sapevo, è la fine! Sono spacciato! >>

<< Hahaha... Va bene, dai, basta con le scemenze, mi sembra quasi di torturare un cucciolo di foca. Ri-la-ssa-ti! Guarda che lo capisco, sai? So bene che per la tua sopravvivenza è indispensabile nascondere ad Akashi le fantasie che ti fai su di lui. >>

<< F-f-fant... Che assurdità vai dicendo?! Io non sono il tipo! >>

<< Sì, ceeerto. >>

<< Vi prego, siate seri e comprensivi! Ho assolutamente bisogno che tutto resti così com'è adesso, niente scherzi! >>

<< Huuum... Tutto così com'è adesso... Vuoi dire con te che ti torturi e lo adori da lontano? >>

 

Reo sbuffò, cambiò lato del letto e nascose la testa sotto le coperte, nella vana speranza di mettere a tacere tutto quel marasma interiore.

 

Si era addormentato da appena cinque minuti quando la sveglia suonò alle 6:30 in punto, come ogni maledetta mattina, ricordandogli impietosamente che il mondo completa sempre il suo giro su se stesso, fregandosene di chiunque voglia riposare - o riordinare le idee - ancora per un po'.

La giornata, tuttavia, non si prospettava completamente grigia. Il coach Shirogane ed i manager dovevano valutare i candidati per la seconda e la terza squadra e dal momento che si presentavano al provino sempre moltissimi ragazzi, era praticamente impossibile svolgere in contemporanea l'allenamento dei titolari. Reo si sentiva al sicuro, almeno per quel giovedì, e quindi decise di affrontare le lezioni con il sorriso sulle labbra, mascherando abilmente i cerchi neri che gli imbruttivano gli occhi con una punta di correttore trafugato dal beauty-case della madre.

 

<< Che giornata di merda sorellona! La professoressa Yukino ci ha assegnato quarantacinque pagine di letteratura da studiare e quella mummia del professor Kageyama pretende, sempre per domani, una relazione dettagliata sul Periodo Muromachi. Probabilmente credono che siamo sfigati senza niente di meglio da fare che sgobbare sui libri! E come se non bastasse, gli allenamenti sono sospesi! Peggio di così... >>

<< Infatti, che disdetta! >>

<< Ehi, ma perché stai sorridendo? Non c'è proprio niente di cui essere contenti! >>

<< Haha, nessuna ragione particolare, davvero. >>

<< Beh, almeno sembri molto più in forma di ieri sera. >>

<< Hai ragione, in effetti è così, mi sento meglio e credo proprio che, nonostante la mole spropositata di studio, il mio umore rimarrà alto almeno fino a domattina. >>

<< Bene! Sono contento di... Ehi, ti sta squillando il cellulare! >>

<< Uh, accidenti! Figurati se adesso riesco a tirarlo fuori da questo casino! E se non mi sbrigo perderò anche il bus. Kotaro, devo proprio scappare, ci vediamo domani! >>

<< A domani! E, mi raccomando, scrivi chiaro che avrò senz'altro bisogno di copiare un po' della tua relazione! >>

<< Va bene, parassita! >>

 

Salutato Kotaro, Reo iniziò ad armeggiare con la cartella alla ricerca del suo Nokia 33-10 che, a dispetto della veneranda età, sarebbe potuto benissimo sopravvivere ad un olocausto nucleare, tanto era resistente, e lo trovò proprio in fondo alla tasca più interna. Tipico.

Che strano, una chiamata anonima...

<< Pronto, qui è Mibuchi Reo, con chi parlo? >>

<< Reo-chaaaan, finalmente!! Come stai? >>

<< Chiyo-chan, ma che sorpresa... >>

Seibei Chiyo, diciassette anni, studentessa del collegio femminile Akitaki, cugina di Reo e migliore amica di Rumiko. Una combinazione potenzialmente letale di sindrome premestruale perenne, zuccherosità e desiderio spasmodico di intromettersi nella vita altrui.

<< Cuginetto, mi fai proprio arrabbiare! Quando ti chiamo col mio numero non rispondi mai e vieni a trovarmi solo quando ti obbliga zia Sakura! Meno male che riesco ad avere tue notizie grazie a Rumi-chan! Perché voi, beh, ora state insieme grazie a me e allora, sai, hahaha... >>

<< Sì, lo so. >> disse Reo tra i denti, reprimendo a stento l'impulso di mandare a quel paese Chiyo. Se c'era qualcosa che davvero lo faceva irritare, quella era proprio il risolino malizioso abusato dalla cugina ogni qual volta si compiaceva di aver adempiuto al proprio ruolo di Cupido sulla Terra. Chi l'avesse investita di una simile missione, non era dato sapere.

<< Chiyo-chan, perdonami, ma sto tornando a casa proprio in questo momento e dovrei prendere il pullman, quindi se non hai qualcosa di importante da dirmi... >>

<< Nessun problema, farò subito! Stasera sono a cena da voi e, indovina un po'? Con me verrà anche Rumi-chan! Non sei contento? >>

<< C-come scusa? >>

<< Tranquillo, ho già parlato con la zia e lei sembrava felicissima, quasi non stesse aspettando altro! Hai visto che brava cugina hai? Prima ti ho organizzato l'incontro del destino e poi ti ho anche spianato la strada per accogliere Rumiko nella nostra famiglia! Sarà una serata fantastica, non vedo l'ora! >>

<< Già, anch'io non vedo l'ora, grazie... >> “ Sepotessitiammazzereiinquestoistante ” << ...Cuginetta. >>

<< Bene, allora a più tardi, ciaooo! >>

Muori, muori, muori, muori maledettissima idiota!

 

Proprio quando Reo stava per ricacciare il cellulare nella borsa, quello squillò di nuovo, facendogli rimpiangere di non averlo frantumato al suolo - sempre ammesso che fosse possibile distruggere una diavoleria del genere - subito dopo aver attaccato con Chiyo.

<< Rumi-chan, sei tu. >>

<< Oh, Reo-kun, mi dispiace tantissimo! Non volevo che Chiyo organizzasse questa cena, ma sai com'è fatta! Prima ancora che potessi dirle qualcosa, aveva già avvisato tua madre e se mi fossi tirata indietro, sarebbe stato scortese! Non preoccuparti comunque, possiamo benissimo fingere di essere solo amici, mi dispiacerebbe metterti a disagio! >>

Fingere... Per lei sarebbe solo fingere, ovviamente...

<< Tranquilla, non faremo niente del genere. Ti presenterò come mia fidanzata, senza raccontare bugie. >>

<< É proprio necessario? >>

<< Sì, certo. Non voglio declassarti ad amica mentendo sul nostro rapporto. >>

<< Oh... Capisco. >>

Era forse delusione quella nota bassa che Reo aveva colto nella voce di Rumiko?

<< Rumi-chan, a te questa cosa sta bene, vero? >>

<< S-sì, ovviamente! Perdonami, è solo che sono un po' in ansia perché potrei non piacere ai tuoi genitori. >>

Non piacere ai miei genitori? Povera ingenua... A loro basta che tu abbia una vagina.

<< Ma di cosa può mai preoccuparsi una ragazza fantastica come te! Vedrai che ti adoreranno. >>

<< Lo spero, fra poco vado a prendere il treno. Tu, invece, sei già al terminal? >>

<< Sì, ci sentiamo dopo. Ora arrivo a casa e mi metto subito a studiare. Ho una marea di compiti di storia e letteratura e dovrò impegnarmi al massimo per finirli tutti in tempo. >>

<< Non stancarti troppo, buono studio! >>

<< Anche a te! >>

 

Interrotta la comunicazione, Reo sgusciò nel bus appena in tempo, infilando un piede fra le porte automatiche con la grazia di uno zombie affamato di carne umana. Durante il tragitto non fece che augurare ripetutamente gioia e prosperità ai suoi insegnanti per avergli occupato l'intero pomeriggio, impedendogli di rimuginare troppo sulla cena meno attesa di tutta la sua vita.

 

 

 

 

Reo fissava alternativamente, ormai da più di mezz'ora, l'orologio a forma di goccia che gli aveva regalato, anni prima, sua cugina e lo specchio a parete di fianco all'armadio; mentre il primo si prendeva gioco di lui muovendo le lancette a passo di lumanca, il secondo gli restituiva un'immagine gradevole, ma allo stesso tempo aliena e, in qualche modo, sbagliata. Era l'immagine di un ragazzo carino, solitamente serafico ed assennato che, tuttavia, aveva compiuto scelte importanti sulla base di desideri altrui ed ora ne stava pagando le conseguenze, perdendo confidenza con la propria pelle. La presentazione in famiglia di un amore fantoccio rappresentava, probabilmente, solo l'inizio di un ciclo interminabile di falsità che lasciava ampi margini di riflessione sul dopo... Cosa sarebbe accaduto, dopo? Quali altre bugie dovevano ancora essere raccontate, quali finizioni orchestrate, e soprattutto quanto gravi, pur di preservare la tranquillità domestica?

 

Le 19 e 45 giunsero a ritmo dolorosamente rallentato, quasi volessero esasperare lo strazio prolungandone l'attesa, ticchettio dopo ticchettio...

Quando il campanello suonò per tre volte, squarciando il silenzio, Reo comprese che, ormai, non aveva più scampo. I personaggi della sua squallida recita stavano per salire tutti sul palco ed anche se non c'era stata alcuna prova generale, bisognava ugualmente dirigere uno spettacolo di tutto rispetto, per il benestare della madre apprensiva, del padre cardiopatico e dell'intera società bigotta al contorno.

<< Reo, hanno bussato! Saranno le nostre ospiti, sbrigati a scendere! >>

Perfetto, si comincia...

Le scale a chiocciola che collegavano la mansarda al piano-giorno sembravano più lunghe di almeno un centinaio di pioli ed il rumore dei passi su di esse ricordava quasi una marcia funebre.

Oltre la porta d'ingresso, Chiyo e Rumiko attendevano che qualcuno le accogliesse in casa e quel qualcuno era proprio colui che meno di tutti avrebbe voluto farlo. Un lucido senso di ineluttabile fatalità gli anneriva lo spirito, eppure, a dispetto della piena consapevolezza delle circostanze e degli ostacoli, Reo non aveva ancora abbandonato del tutto la speranza di poter dire addio per sempre alle menzogne e vivere serenamente la propria sessualità.

 

<< Buonaseeeraaaa Reo-chaaaan!! >>

Chiyo irruppe in casa con tanto impeto da far pensare che avesse preso la rincorsa, rischiando quasi di mandare per aria la grossa scatola che teneva, malferma, sul palmo della mano destra. I suoi fitti boccoli neri, un po' esosi, ma perfettamente a tono con il completo giacca e gonna rosa antico che aveva indossato per la serata, la facevano apparire piuttosto carina, forse addirittura interessante. In effetti, non era raro che Chiyo, grazie al proprio aspetto ben curato, riuscisse a suscitare nelle persone e, soprattutto nel genere maschile, una prima impressione positiva. I problemi cominciavano a manifestarsi non appena decideva di aprir bocca e si sforzava di conversare su un qualsiasi argomento che non includesse gossip o vestiti. Forse, proprio a causa di queste sue sostanziali difficoltà comunicative, anche se gli inviti ad uscire non le mancavano, non riusciva mai a tenersi uno straccio di ragazzo per più di una settimana. Dopo la rottura, piangeva per un giorno intero, chiedendosi dove avesse sbagliato, e poi ripartiva da zero, occasionalmente dispensando i propri consigli sull'amore ad amici e parenti che non ne avevano alcun bisogno.

<< Buonasera Chiyo-chan, che eleganza! >>

<< Ovviamente, non potevo evitarlo! Queste occasioni non capitano tutti i giorni! >>

<< Già, quant'è vero... >>

 

Mentre Chiyo sgomberava l'ingresso, continuando a manifestare con gridolini e saltelli la propria eccitazione, Reo si soffermò ad osservare Rumiko che era rimasta qualche passo indietro, probabilmente per non essere travolta dall'esuberanza dell'amica. Uno chemisier bianco, lungo fino alle ginocchia, le fasciava perfettamente il fisico asciutto e slanciato, senza involgarirlo. Un paio di fiorellini di stoffa vinaccia decoravano i suoi lunghi capelli biondi, lasciati cadere morbidi sulle spalle, e richiamavano il colore dei fiori veri, profumatissimi, che aveva portato in dono alla padrona di casa. Era uno spettacolo, un trionfo di bellezza, per questo Reo fu assolutamente sincero quando le sussurrò, all'orecchio << Wow, Rumi-chan, stasera sei meravigliosa, da spezzare il fiato. >>

Rumiko arrossì fino al bianco degli occhi e bisbigliò un leggerissimo, quasi ineffabile, grazie a fior di labbra.

 

Quando sentì l'allegro chiacchiericcio di sua nipote in corridoio, Mibuchi Sakura si sfilò all'istante il grembiule dalla vita, accese le candele del centrotavola e tirò un eloquente buffetto sulla coscia del marito, Mibuchi Gori, impegnato a trasgredire il veto categorico del fumo soffiando nuvolette mefitiche con la testa e metà del busto fuori dalla finestra, per non impestare la cucina. Gori non era uno sprovveduto, anzi, generalmente si teneva alla larga da tutti i vizi e gli eccessi che avrebbero potuto gravare sulla sua salute già precaria, tuttavia le aspettative che nutriva per quella cena lo rendevano molto nervoso e l'unico metodo che conosceva per rilassarsi era una bella dose di nicotina.

<< Benvenute ragazze, mettetevi comode, la scarpiera è lì nell'angolo! >>

<< Ciao zia Sakura! La mamma ti manda i saluti ed anche la sua “foresta rossa speciale” alle fragole! >>

<< Buonissima! La mia sorellina è una pasticcera provetta, deve aver trasmesso lei questa passione a Reo... Sì cara, poggia pure la torta in frigorifero, sul ripiano più in alto! Ed ora veniamo a te, finalmente! Non sai quanto sono lieta di conoscerti, Na-tsu-mi-chan <3! >>

Mamma Mibuchi scrutava intensamente, senza mai sbattere le palpebre, la povera Rumiko, già al culmine dell'imbarazzo, e nel frattempo estrapolava ogni singolo particolare dalla sua figura, inserendolo in precisi schemi mentali dalla dubbia logica. Era a caccia della nuora perfetta e non si curava di farne mistero.

Quanto sarà alta? Hum, vediamo... Un metro e settantatré-settantaquattro? Mi sembra una coppa B, ma non ne sono proprio sicura, dovrebbe mangiare un po' di più! Però che belle gambe dritte che ha e guarda che fianchi ampi! Una culla perfetta per i miei nipotini!

<< Mamma, smettila di fissare Rumiko con gli occhi allucinati, sei inquietante e la stai spaventando! >>

Reo intervenne per porre fine a quell'imbarazzante ispezione, riuscendo a contenere, anche se solo momentaneamente, le deliranti elucubrazioni di sua madre.

<< Ops, perdonami cara! Mi sono lasciata un tantino trascinare, hahaha... >>

<< Si figuri signora Mibuchi, la sua accoglienza calorosa mi lusinga. Prego, questi sono per lei. >> disse Rumiko, leggermente più serena, offrendo a Sakura il mazzo di fiori che le aveva comprato. La donna accolse quel dono con gli occhi luccicanti come fari al neon, rendendo palese a tutti che Rumiko aveva superato il “test della suocera” ancor prima di entrare in partita.

<< Natsumi-san, io sono Gori, il padre di Reo, anche ricordato come la persona meno importante di questa famiglia. Piacere di conoscerti! >>

<< Il piacere è mio, Mibuchi-san! >>

Gori aveva un carattere spiritoso che spesso sfoggiava per intrattenere amici e colleghi di lavoro, ma il suo aspetto piuttosto anonimo non lo rispecchiava affatto. Portava i capelli decisamente troppo corti, forse a causa di un incipit di calvizie, e la sua figura rotondetta non si discostava molto da quella di un qualsiasi altro, comunissimo, colletto bianco del ceto medio giapponese. Gli occhi, però, erano verde smeraldo e sembravano quasi una copia perfetta di quelli del figlio. Rumiko sorrise a quella somiglianza, non improbabile ma, per certi versi, ugualmente sorprendente, e fece un piccolo inchino in segno di saluto.

<< Bene, tutti a tavola! >>

 

La cena comprendeva innumerevoli portate, fra primi piatti, secondi e contorni, al punto che Reo ipotizzò vi fosse una sorta di fraintendimento di base. Forse i suoi genitori si erano confusi e pensavano che quello fosse già il rinfresco del matrimonio.

<< Allora, Natsumi-chan, parlaci un po' di te! >> esordì all'improvviso Sakura, mentre porgeva un hosomaki* alla sua ospite.

<< Ehm, ecco... Non credo di avere molto da raccontare, mi sento una persona estremamente comune. >> rispose esitante Rumiko, accettando l'involtino come un'ancora di salvataggio che le avrebbe impedito di parlare, almeno per un po'.

<< Una persona comune, ma stai scherzando?! >> s'intromise bruscamente Chiyo, quasi scattando in piedi. << ...A scuola i tuoi voti in matematica sono altissimi! Hai una voce stupenda e poi... >>

<< Chiyo-chan, perdonami, ma forse sarebbe il caso che lasciassi parlare Natsumi-san. >> la redarguì Gori, sorridendo conciliante all'indirizzo di Rumiko.

<< Oooh, ma è fantastico! Rumiko-chan è bravissima in matematica, mentre il nostro Reo in letteratura. Gli opposti formano coppie eccezionali di solito, vero? >> cinguettò Sakura, stabilendo arbitrariamente che l'invito del marito al silenzio valesse solo per chiunque avesse meno di trent'anni.

Ma che diavolo stai dicendo, mamma!? “ pensò Reo, passandosi una mano sulla fronte “...Ti sembrano affermazioni da farsi? E poi, da dove viene quel Rumiko-chan?! Siamo già arrivati ad omettere il nome di famiglia?!”

Solitamente, Reo non si poneva grossi problemi nell'uso libero - e talvolta inopportuno - degli onorifici. Il suo stesso modo di parlare, in effetti, tendeva sempre più al vezzeggiativo che al formale, ma con Rumiko le sfumature avevano acquisito un peso del tutto nuovo e la ragione era molto semplice: se genitori ed amici si sentivano talmente a loro agio da mettere da parte le formalità, voleva dire che il nodo di bugie in cui lui si era deliberatamente inserito aveva già superato il limite massimo di tensione, divenedo inesorabile. Almeno per quanto riguardava gli amici, comunque, il problema si era parzialmente risolto. L'indomani li avrebbe rivisti e la loro presenza, per quanto a volte difficile da gestire, lo avebbe fatto sentire più a casa che a quel tavolo, gremito di persone che ignoravano i suoi più intimi pensieri.

<< É una cosa molto carina da dire, signora Mibuchi. Forse davvero io e Reo-kun siamo anime gemelle e mi auguro che il nostro rapporto si rinforzi sempre più. >>

Sakura sorrise ed intrecciò le dita sotto il mento, bloccandosi in quella posa con lo sguardo perso nel nulla. Reo riusciva perfettamente ad immaginare il turbine di fantasie romantiche che le stava vorticando in testa, ma sua madre ritenne ugualmente opportuno esternarlo a tutti i commensali.

<< Rumiko-chan, sei davvero una ragazza compita e sono certa che sarai una sposa perfetta! >>

Rumiko iniziò a tossire senza controllo, forse per colpa del wasabi*, e nascose il viso dietro il tovagliolo.

<< Tutto a posto? >> le chiese gentilmente Gori e lei annuì, con le lacrime agli occhi ed il viso arrossato.

<< Quasi quasi viene da piangere anche a me. >> bisbigliò Reo a voce estremamente bassa, ma le orecchie di qualcuno, iper-allenate ad origliare, non gli lasciarono scampo.

<< Ma che tenero! Il mio cuginetto si commuove al pensiero di sposare Rumi-chan! >>

Un'arteria sulla tempia di Reo iniziò a pulsare minacciosamente, ma il ragazzo era un esperto nel mantenere la calma, quindi decise di deviare la conversazione. O almeno, si illuse di potervi riuscire.

<< Davvero buona questa tempura* di gamberi, mamma! >>

<< Sì, grazie caro. E sentiamo, Rumiko-chan, hai una famiglia numerosa? >>

Oh no! No, no, no, no! So già dove vuole arrivare, ti prego Rumiko non cascarci, non rispon...

<< Beh, in realtà... >>

Troppo tardi.

<< ...In realtà, siamo in pochi. Vivo con i miei genitori e mio fratello maggiore Tomomi, con cui ho un bellissimo rapporto. Adesso, però, lui è partito per l'università e ... >>

<< Oh, quindi hai un solo fratello? >>

<< S-sì, uno solo. >>

Rumiko abbassò lo sguardo, lievemente turbata dall'essere stata interrotta in quel modo proprio quando aveva finalmente raccolto il coraggio per accontentare i suoi ospiti e raccontare qualcosa di più personale. La poverina non aveva ancora intuito il punto focale del discorso di Sakura.

<< E non ti sarebbe piaciuto avere altri fratelli? Una casa piena di tanti bambini, risate, giochi... >>

<< Non ci ho mai pensato, più che altro credo che avere Tomomi sia già più che sufficiente. Lui è anche il mio migliore amico, perciò... >>

<< Ti sbagli di grosso, mia cara! >>

Le bacchette tra le dita di Sakura scricchiolarono, chiaro segnale che la donna non si sarebbe fermata fino a quando non avesse ottenuto le risposte che desiderava.

<< ...Ti sbagli, perché le famiglie numerose sono le migliori! Ci si aiuta a vicenda e si cresce tutti insieme! Purtroppo, a causa di complicazioni legate al parto, non ho più potuto avere altri figli e, sebbene ami Reo con tutto il cuore, la gioia di diventare di nuovo madre mi è mancata come l'aria. Reo, del resto, era sempre solo da bambino, non aveva nessuno con cui giocare ed io e suo padre non potevamo stargli vicino tutto il giorno perché dovevamo pur portare il piatto in tavola. Se solo fossi stata in grado di donargli una compagnia, una persona su cui contare sempre... >>

Sakura non aveva mai davvero superato ciò che le era accaduto diciassette anni prima. La grossa cicatrice sul suo ventre, lascito di un'isterectomia d'urgenza, la disgustava a tal punto che non riusciva neppure a sfiorarla quando faceva la doccia. Quella libbra di carne mancante la faceva sentire una donna a metà, un involucro vuoto ed inospitale che aveva già esaurito ogni scopo. Per lei diventare nonna non era soltanto un'eventualità genuinamente auspicata, era piuttosto una necessità, poiché rappresentava la sua ultima speranza di sentirsi ancora utile per qualcuno.

Reo era consapevole della sofferenza di sua madre e si sentiva terribilmente in colpa, soprattutto quando gli capitava di coglierla involontariamente senza difese, certa di essere sola con se stessa. In quei momenti, le mani strette al grembo e lo sguardo privo di vita non lasciavano molti dubbi sui sui pensieri.

Prima che arrivassi io, la mamma scoppiava di salute. Avrebbe potuto circondarsi di un mare d'amore, ma il destino ha preferito farsi beffe di lei donandole un unico figlio, per di più finocchio fino al midollo! Che triste ironia...

<< Mamma, non essere sciocca... >> le disse dolcemente, pizzicandole lo zigomo per stemperare la tristezza che, all'improvviso, aveva appesantito l'aria. << ...Io ce l'ho una persona su cui contare sempre, anzi, ne ho due e siete proprio tu e papà. Non mi avete mai fatto mancare nulla, sono stato educato nel rispetto degli altri e della vita in generale, l'unica cosa di cui devo preoccuparmi è portare a casa voti decenti e non finire nei guai. Sono consapevole di quanto mi vogliate bene ed anche io ve ne voglio, infinitamente. >>

Già, nonostante, a volte, mi facciate impazzire... “

<< Oh, Reo-chan... >> esalò Chiyo, con gli occhi lucidi. << ...Tu sì che sai sempre cosa dire per consolare le persone. Non è vero, Rumi-chan? >>

<< Sì, Reo-kun è una persona molto spaciale. >> affermò con sicurezza, senza un'ombra di imbarazzo, Rumiko, mentre la sua mano scivolava sotto il tavolo, sul ginocchio del fidanzato. Reo sussultò a quel tocco, ma si rese subito conto di quanto fosse innocente e, per questo, sorrise.

Gori si occupò di dare il colpo di grazia alla malinconia facendo ciò in cui riusciva meglio, canzonare il figlio.

<< Non esageriamo con i complimenti, altrimenti il ragazzo si potrebbe montare la testa e, siccome è già piuttosto portato per il melodramma, credo che non ne saremmo entusiasti. >>

Una risata liberatoria percorse il tavolo e pose fine alle domande eccessivamente personali, con somma gioia di Reo e Rumiko.

 

La cena si concluse senza grossi intoppi a parte, forse, un commento di Sakura circa l'inutilità, per una donna intenzionata a mettere su famiglia, di proseguire gli studi.

<< Meglio sposarsi giovani e senza perdere tempo, no? La vita matrimoniale, da vecchi, diventa così noiosa! >>

Dopo i saluti e la promessa di riorganizzare in tempi brevi, Gori e Reo presero l'automobile per accompagnare a casa le due ospiti, mentre Sakura rimase a sistemare la cucina.

Prima di sparire oltre il proprio uscio, Chiyo stritolò il cugino in un abbraccio spezza-collo per un tempo interminabile; Rumiko, invece, si congedò in maniera molto più discreta, sorridendo ed augurando a tutti la buonanotte.

Rimasti soli, padre e figlio mantennero il silenzio per un bel pezzo di strada. Non era molto tardi, ma trattandosi di un giorno infrasettimanale, si vedevano in giro pochissime persone. L'atmosfera nell'abitacolo era sonnolenta e rilassata, al punto che Reo stava quasi per addormentarsi, vinto dalla stanchezza accumulata, quando Gori decise, finalmente, di esternare i propri pensieri.

<< Sai, sono rimasto molto ben impressionato da Natsumi-san. Sembra una ragazza di sani principi e con la testa sulle spalle. >>

<< Eh? Oh, sì, certo, assolutamen... Yaaawn. >>

<< Non sbadigliare in quel modo, Reo! E va bene, lo vedo che sei distrutto, ti lascerò riposare, ma prima c'è una cosa molto importante che voglio dirti... Sono orgoglioso di te. >>

Reo, fortemente scosso da quell'esternazione così atipica, sobbalzò sul sedile e puntò il gomito contro il finestrino, per reggersi meglio. Suo padre non era un tipo di molte parole e, soprattutto, raramente concedeva simili riconoscimenti. La famiglia era tutto per lui, ma non riusciva mai ad esprimere questa sua sconfinata devozione in maniera tangibile a causa di un retaggio culturale tradizionalista, duro a morire, che gli imponeva di “dispensare baci e carezze solo di notte”.

<< G-grazie papà, ma, in verità, non credo di aver fatto nulla di speciale. >>

Alle medie vincevo tornei di basket a tutto spiano, da quando sono nel Rakuzan la situazione da quel punto di vista è persino migliorata, ho concluso lo scorso anno scolastico con la sufficienza in tutte le materie ed uno spettacolare 9 in letteratura classica e tu, solo adesso, mi dici che sei orgoglioso di me?!

<< Non far finta di non capire. Lo sai benissimo che, portando a casa Natsumi-san, hai dimostrato molto sia a me che a tua madre. >>

<< Hum... E cosa avrei dimostrato, esattamente? >>

<< Beh, ecco... >>

Gori strinse nervosamente le mani attorno al volante. Si sentiva spiazzato da quella domanda e non sapeva come e se fosse possibile rispondere senza innescare qualcosa di terribile.

<< ...Reo, quello che sto per dirti non deve farti pensare che la mamma ed io, insomma, ci fossimo fatti un'idea sbagliata sul tuo conto. É solo che, sai, prima di stasera, a volte abbiamo temuto che... Che tu fossi... >>

<< Temuto che io fossi... Cosa? >>

Lo sguardo di Reo era duro come l'acciaio ed il suo tono, mortalmente tranquillo, sfidava il padre a proseguire, a dire la verità, una volta per tutte, cosicché la tensione sarebbe finalmente deflagrata e non ci sarebbe più stata salvezza per nessuno.

<< No, nulla, haha... Non farci caso! Stavo dicendo una sciocchezza e, comunque, adesso non ha più importanza. >>

Con un profondo sospiro di sollievo, Gori pose fine a quella pericolosa conversazione e rimase in silenzio fino a quando i fari non illuminarono il profilo del cancello di casa.

 

<< 'Notte a tutti! >>

Reo salutò velocemente i genitori e salì, quasi di corsa, le scale che conducevano alla sua camera. Chiuse la porta a chiave e si gettò con il viso sul cuscino, per soffocare i singhiozzi. Forse erano stati la mancanza di sonno ed il conseguente nervosismo, o forse, il ricordo degli occhi colmi di felicità di sua madre e suo padre mentre guardavano Rumiko a scatenare quella reazione, quel pianto isterico che sembrava non volersi più fermare.

 

All'improvviso, nel bel mezzo della notte, un noto tintinnio riecheggiò fra le pareti, risultando quasi più insopportabile della risata di Chiyo.

<< Mhmf... No! Ma... Ma che diavolo?! >> biascicò Reo, la bocca completamente impastata, procedendo a tentoni nell'oscurità per trovare il cellulare, scivolato chissà dove.

“ Un messaggio a quest'ora?! Sono quasi le due! Chi potrebbe mai... “

Quando lesse il nome del mittente sul display, il suo cuore perse un battito.

 

Sei-chan <3: Reo, ricorda che domani devi fermarti con me dopo l'allenamento per discutere le nuove direttive del coach.

 

Reo non aveva idea di cosa l'altro stesse parlando, ma non gli importava. Sapere di dover trascorrere tempo extra insieme a lui lo rendeva sempre felice, per questo aveva accettato senza obiezioni il ruolo di vice-capitano, pur sentendolo piuttosto distante dalla propria indole.

 

Me: Tranquillo, non me ne ero dimenticato. Piuttosto, sei sicuro che restare sveglio fino a tardi ti faccia bene?

 

La risposta di Seijuro arrivò dopo esattamente centoventuno secondi di snervante attesa.

 

Sei-chan <3: In realtà, non mi ero reso conto che fossero già le due... Stavo preparando dei grafici per la classe avanzata di statistica ed il tempo è volato.

 

Come può volare il tempo facendo una cosa tanto noiosa? E poi, in quante accidenti di classi avanzate è stato inserito!? Che io sappia, frequenta anche quelle di geopolitica, calcolo, inglese e chimica! Dove trova il tempo per vestirsi, nutrirsi e dormire? Beh, a quanto pare, non dorme.

 

Sei-chan <3: quindi posso contare su di te?

 

Reo avrebbe tanto voluto rispondergli “Sei-chan, neppure in un universo parallelo credo possa esistere una versione di me che non sia sempre, comunque e a prescindere a tua completa disposizione“, ma sarebbe stato un tantino eccessivo, per non dire strambo, dunque si limitò a digitare un sms molto più diplomatico.

 

Me: Sono il tuo vice, no? Il mio ruolo è supportarti ed essere pronto a gestire insieme a te ogni problema della squadra. It's not a big deal, ya know? ;) :)

 

E con questa assurda sparata in inglese, ogni futuro tentativo di poter risultare figo, anche lontanamente, anche per sbaglio, va a farsi benedire...

 

Sei-chan <3: Bene, siamo d'accordo. Buonanotte e a domani.

 

Me: Vorrai dire a tra qualche ora :D! Buonanotte anche a te, Akashi.

 

<< Dormi bene, Sei-chan... >> mormorò Reo, con le labbra piegate in un sorriso un po' stupido, ma genuino. Nella sua recente professione di bugiardo patentato, aveva sperimentato l'arte del mentire agli altri in quasi tutte le sue forme, ma non quella del mentire a se stessi, purtroppo. Non ci riusciva, forse gli mancava il gene per farlo e, infatti, nonostante si sforzasse di opporre resistenza ai sentimenti non necessari, questi puntualmente tornavano a tormentarlo tutte le volte che abbassava la guardia, anche solo di un pochino. E così Akashi tornava ad essere semplicemente, teneramente, “Sei-chan” e quel freddo nome di famiglia si mostrava per ciò che era in realtà, un aborto di autoinganno dalle eccessive pretese.

Onorifici, uso formale del linguaggio, mille accortezze per delimitare confini che, ormai, non esistono più da tempo. Nel mio cuore, prima di tutto. Come possono delle convenzioni tanto stupide rendere Rumiko soltanto Rumiko e Sei-chan... Tutto? Vorrei tanto sognarti, stanotte...

Reo sollevò un braccio a mezz'aria e finse di percorrere delicatamente, con le dita, il profilo elegante di Seijuro, il naso sottile, gli occhi magnetici eppure, a tratti, inquieti, come quelli dei gatti, la pelle del viso pallida, alabastrina, tesa nello sfrozo di un'espressione quasi sempre severa... Era perfetto, assolutamente perfetto.

Non sognò nulla, ma al risveglio, le sue labbra erano ancora piegate in quello stupido sorriso.




 

 

NOTE:

 

 

  1. Hosomaki = piccolo involtino di alga nori, ripieno di riso ed un terzo ingrediente a scelta, solitamente costituito da pesce crudo (sushi ^^”).

  2. Wasabi = salsa piccante a base di rafano giapponese.

  3. Tempura = verdura e pesce fritti in pastella.

 

 

Rieccomi ^^

Spero che questo secondo capitolo sia stato di vostro gradimento. Mi sono molto divertita col nome dei cibi, credo si sia notato haha...

A presto e grazie per la lettura!

 

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Capitolo 3
*** La mia principessa sui pattini a rotelle ***


Sottopelle

 

 


 

terzo strato:

 

 

 



La mia principessa sui pattini a rotelle.

 


La palestra del Rakuzan era abbastanza affollata. Il coach Shirogane doveva comunicare i nominativi dei membri della seconda squadra che avevano superato le selezioni del giorno precedente e, per tale ragione, una schiera di ragazzi speranzosi sgomitava tra l'ingresso dello stabile ed il bordocampo, in attesa di ricevere la fatidica chiamata.

Seijuro li osservava uno ad uno senza perdersi il minimo particolare. Fra di loro poteva celarsi un prezioso gioiellino, considerato incautamente spazzatura da occhi che non erano quelli dell'imperatore. Si era imbattuto in un simile spreco di talento per ben due volte nel corso della sua giovane vita e, in entrambi i casi, aveva saputo immediatamente come sfruttare il potenziale nascosto, immolandolo sul sacro altare della vittoria.

Sfortunatamente, sembrava che nessuna delle nuove potenziali leve avesse qualcosa di utile da offrire, quindi il capitano si concesse una breve distrazione. Da qualche minuto aveva notato una ragazza bionda che si era fatta un varco tra la calca, raggiungendo di corsa Reo. Quest'ultimo non sembrava, in realtà, molto felice di vederla. Aveva un'espressione piuttosto ambigua, a metà strada tra la sorpresa e lo smarrimento.

 

<< Rumi-chan... Come mai da queste parti? >>

<< Stanotte all'Akitaki si è verificato un grosso guasto idraulico che ha fatto allagare tutto il piano superiore e parte delle aule del secondo, quindi il preside ha dirmato l'avviso che la scuola resterà chiusa per poter effettuare le dovute riparazioni. Reo-kun, so che siamo stati insieme anche ieri sera, ma avendo la giornata libera non potevo lasciarmi sfuggire l'occasione di assistere agli allenamenti! Certo, ci ho messo un po' ad arrivare, ma ne è valsa la pena, perché ora posso finalmente vedere dal vivo le tue famose triple! >>

Gli occhi di Rumiko luccicavano di aspettativa e le sue guance si erano imporporate per l'imbarazzo di aver ostentato fin troppo zelo. Era sempre impeccabile ed estremamente dolce, in ogni luogo e circostanza. Si era persino sorbita due viaggi in pullman nell'ora di punta della pausa-pranzo, con decine e decine di impiegati sudaticci ammassati l'uno addosso all'altro in uno spazio irrisorio. Chissà quanti di loro avevano anche tentato di allungarle le mani addosso con la scusa degli sbandamenti in curva! Quel genere di cose accadeva spessissimo, soprattutto durante la “terribile calata delle 12:00”, ciò nondimeno lei, che pure doveva esserne ben consapevole vivendo a Kyoto praticamente da sempre, aveva preso i mezzi pubblici da sola, senza pensarci una volta di troppo. Reo la guardava dall'alto del suo metro e ottantotto, ma si sentiva piccolo come un granello di sabbia. Detestava che la compagnia di quella ragazza fin troppo perfetta distruggesse le basi, una volta solide, del suo amor proprio, infliggendo colpi mortali ad una coscienza già oltremodo provata da un perenne conflitto senza via d'uscita. Avrebbe fatto qualunque cosa per scovare una minima impurità, uno sfregio sottile sulle spoglie di quell'esistenza insopportabilmente polita...

 

<< Grazie di esserti presa tutto questo disturbo solo per assistere agli allenamenti. Sono molto felice di averti qui. >>

Rumiko arrossì e tese la mano a Reo in un gesto piuttosto ardito per la sua consueta personalità. Lui la accolse, insieme ad una sgradevole ed ormai canonica fitta di diniego alla bocca dello stomaco.

Quella scena non sfuggì agli occhi sempre vigili di Seijuro che si avvicinò alla coppia con incedere lento e sicuro.

<< Reo, in qualità di mio vice, tu più di tutti dovresti sapere che gli allenamenti del Rakuzan si svolgono sempre a porte chiuse, per preservare la concentrazione dei giocatori. É una delle nostre regole fondamentali, oltre che una buona norma di comportamento. >>

<< Akashi, in real... >>

<< Tuttavia, oggi è un giorno piuttosto particolare e pieno di fermento a causa delle nomine, quindi non sarà certo una persona in più a compromettere la pratica. Anzi, mi assicurerò personalmente che la nostra ospite sia trattata da tutti con il massimo riguardo. Piacere di conoscerti, io sono il capitano della squadra, Akashi Seijuro. >>

Il tono del ragazzo era mutato drasticamente, trasformandosi da gelido rimprovero a cordiale accoglienza nello spazio di un battito di ciglia. Reo era perplesso, ma come al solito tentò di non scomporsi.

<< S-salve, il mio nome è Natsumi Rumiko, molto lieta! >> balbettò Rumiko, facendo un piccolo inchino. Non era affatto abituata a sentirsi in difetto pur non avendo reali colpe, né era solita utilizzare un linguaggio così esageratamente formale con un ragazzo più giovane di lei, eppure non riusciva ad evitarlo. << ...Mi spiace di essermi presentata così all'improvviso, senza prima accertarmi se fosse possibile o meno assistere, è solo che desideravo da molto tempo vedere la squadra di cui mi parla tanto Reo-kun. Lui è così entusiasta del basket e... E anche di tutti voi! Perciò, io... >>

Kotaro si fiondò a tutta velocità verso Rumiko, salvandola da quell'imbarazzante apologia.

<< Ma guarda chi è venuta a trovarci! Ciao, Natsu-chan! >>

<< Natsumi-san. >> precisò Reo, mentre tutti i peli corti sulla sua nuca cominciavano a drizzarsi per la tensione. L'adunata di Seijuro, Rumiko e Kotaro nello stesso posto, in un'area di tre metri quadrati e ad un raggio di distanza reciproca minore di dieci metri, non poteva condurre a nulla di buono.

<< Kotaro, cerca di non essere irruente come tuo solito, potresti trasmettere la falsa impressione che il Rakuzan sia pieno di gente sgarbata. >> ammonì dignitosamente Seijuro, tralasciando, però, il fatto di essere stato il primo a porsi in maniera tutt'altro che garbata. << ...Ad ogni modo, sembra proprio che vi conosciate già, giusto? >>

Kotaro impallidì e con lui anche Reo che, ormai, non sperava più di riuscire ad arrivare senza traumi alla fine di quella giornata.

<< Ehm, s-sì! Mercoledì sera, io ed Eikichi stavamo facendo un giro e, assolutamente per caso, abbiamo incontrato la sorellona e Natsu-chan. >>

<< Oh, quindi desumo che la signorina Natsumi sia un'amica intima di Reo? >>

L'occhiata inquisitoria di Seijuro non permetteva risposte evasive. Reo pensò, per un istante soltanto, che forse avrebbe anche potuto mentire, ma poi come si sarebbe giustificato con Rumiko? E soprattutto, avrebbe cambiato qualcosa preservare la propria “disponibilità” agli occhi di Seijuro? Molto probabilmente, anzi sicuramente, no.

<< Sì, Rumiko è la mia fidanzata. >>

Un silenzio teso ed imbarazzato s'impose sui quattro ragazzi, incapaci di trovare argomenti per proseguire quella conversazione. Non ci volle molto, tuttavia, perché Seijuro decidesse di affondare come una lama nella questione più privata in assoluto.

<< Avere una relazione sentimentale è una cosa naturale e suppongo sia anche piacevole, ma l'entusiasmo può giocare brutti scherzi. Ricordate di fare molta attenzione, siete ancora così giovani. >>

Reo ebbe un improvviso tic all'occhio sinistro che iniziò ad aprirsi e chiudersi senza controllo.

Stiamo scherzando? Ho sentito bene?!

<< N-n... Non c'è pericolo riguardo a quello! >> si affrettò a precisare Rumiko, mentre le guance le andavano a fuoco, più per collera che per imbarazzo.

<< Eeeh? Spiegate anche a me per piacere! Non capisco, a cosa dovrebbero stare attent... >>

Lo bocca di Kotaro, intenta ad articolare senza remore i dubbi del proprio padrone, venne prontamente sigillata dalla mano di Reo. Il movimento fu così rapido e disperato che sarebbe stato impossibile distinguerlo da un ceffone con tutti i sacramenti.

<< Ma perché fai così sorellona? Che ho chiesto di male? >>

<< Hayama, a volte la tua ingenuità è quasi irritante. Akashi stava, in maniera del tutto inopportuna tra l'altro, consigliando ai piccioncini di fare sesso col cappello, onde evitare lo scempio di un altro Mibuchi in circolazione. >>

Chihiro, sbucato chissà da dove, aveva deciso di dire la sua in merito al “criptico” discorso di Akashi. Vedere Rumiko, o più nello specifico, una come Rumiko accanto ad uno come Reo, era stato un evento talmente sorprendente da convincerlo ad uscire dal suo letargico mondo di Light Novel per dispensare saggezza in quello reale.

<< Mayuzumi, eclissati come fai sempre, che qui non ti vuole nessuno! >> disse Reo, senza peli sulla lingua.

Questo idiota non parla mai, proprio oggi doveva decidere di mettersi in mezzo?!

<< Sesso con il cappello? Che c'entra tenere un cappello in testa oppure no? >> chiese ancora Kotaro, ormai del tutto confuso.

<< Ma che diavolo, Hayama! Allora sei proprio stupido! >> esclamò Chihiro, mostrando un'espressione quasi sdegnata che, comunque, rappresentava il massimo delle sue possibilità mimiche.

Kotaro emise un verso gutturale che ricordava pericolosamente un ringhio d'avvertimento e, in effetti, dai muscoli delle gambe contratti sotto il jersey della tuta, sembrava pronto a scattare al minimo passo falso del suo senpai per azzannarlo alla gola. Essere preso in giro lo mandava in bestia e, soprattutto, mal sopportava chiunque facesse ironia sulla sua intelligenza.

<< Scusate, posso interrompervi? >> intervenne in extremis Reo, prima che Chihiro venisse decapitato e Seijuro potesse esprimere altri pareri imbarazzanti. << ...Ora che abbiamo fatto le dovute presentazioni, non sarebbe il caso di iniziare gli allenamenti? Si sta già facendo piuttosto tardi. >>

<< Hai perfettamente ragione, il tempo fugge. >> convenne Seijuro. << ...Ma credo sia opportuno attendere prima Eikichi. A proposito, qualcuno sa che fine ha fatto? >>

Una manciata di secondi dopo, sei dei ragazzi in fila all'ingresso capitolarono come birilli, sospinti da una forza sovrumana.

<< Ooh, accidenti, mi dispiace! >> gridò Eikichi, sorridendo innocentemente. << ...Permesso, fatemi passare, devo solo raggiun... Ehi, inutile che mi guardi così, se non ti levi da mezzo non è mica colpa mia! Permesso, permessooo! >>

Kotaro e Reo si scambiarono uno sguardo d'intesa.

É arrivato.

 

L'allenamento sotto la diretta ed unica supervisione di Seijuro non era mai una passeggiata. Quando il coach si assentava per qualche motivo o era alle prese con incombenze varie, il testimone passava nelle mani del capitano, con sommo rammarico di tutti i membri della squadra. Seijuro non pretendeva solo che gli esercizi sui fondamentali fossero eseguiti alla perferzione, ma escogitava anche sequenze di scatto, passaggio, dribbling e tiro estremamente articolate e praticamente impossibili da ricordare, dal momento che provvedeva a dispensarne un'unica dimostrazione preliminare. Eikichi sospettava lo facesse semplicemente per il gusto sadico di vederli sbattere l'uno contro l'altro, come palline di un flipper impazzito. Di solito, era proprio il gorilla ad incontrare maggiori difficoltà nell'apprendere gli schemi di gioco, ma quel pomeriggio qualcun altro sembrava impegnarsi al massimo per spezzare l'armonia e distruggere ogni singola azione sotto canestro.

 

<< Sorellona, se non ti decidi a tirare, almeno passami la palla! >>

<< Reo, che cazzo ci fai lì in mezzo?! Non è la tua posizione! >>

I continui richiami di Kotaro ed Eikichi non serivivano a nulla. Reo aveva la testa altrove e tutti i suoi movimenti risultavano fuori ritmo e scoordinati. In pochi minuti riuscì a fallire due triple, un double-clutch e persino semplice un lay-up.

Seijuro analizzava, allibito, la pietosa performance del suo vice quasi senza respirare. Quel tracollo rappresentava, per lui, qualcosa di pericolosamente ed inconcepibilmente vicino ad un insuccesso personale e non poteva tollerarlo. Reo aveva soddisfatto le sue aspettative più di chiunque altro membro della squadra, eppure, da qualche tempo non sembrava più lo stesso affidabile tiratore di sempre, ma una persona completamente diversa, insicura e poco reattiva. Di quel passo, la stabilità dell'intera squadra ne sarebbe stata compromessa.

Questa sequela di imperdonabili errori da principiante può essere forse considerata la dimostrazione che ho commesso un errore di giudizio? Possibile che io, proprio io, abbia scelto incautamente di impugnare un'arma difettosa? Beh, non le permetterò di esplodermi tra le mani!

<< Mibuchi! >>

Il tempo si congelò. Eikichi, per lo shock, perse anche la palla e la lasciò rotolare, dimenticata, oltre il limite del pitturato. Se Seijuro chiamava qualcuno col nome di famiglia, significava solo una cosa: guai in vista per il diretto interessato e per chiunque si trovasse con lui in quel momento.

<< Mibuchi, tu hai finito, va' pure alle docce. >>

Reo si irrigidì sul posto e provò a chiedere spiegazioni, anche se era perfettamente consapevole dei propri sbagli.

<< Akashi, ma io... >>

<< Niente ma! Sono già stato fin troppo tollerante perché si tratta di te, quindi non costringermi a farti cacciare dal coach! Lo scempio che stai combinando oggi sul campo è inguardabile e deve finire all'istante! >>

<< Tollerante? Tollerante!? E perché si tratta di me?! Hahaha... >> Reo scoppiò in una risatina isterica che non presagiva nulla di buono. Stava rispondendo all'imperatore e, soprattutto, stava perdendo la calma, due eventi cui era rarissimo, se non addirittura impossibile, assistere. << ...Non dire stupidaggini, capitano! Tu non sei tollerante con nessuno, neppure con te stesso! E la sai una cosa? Mi sono stancato di sopportare in silenzio il tuo atteggiamento costantemente critico e le tue manie di perfezionismo! Sono stanco della gente che mi ordina cosa fare, che mi guarda dall'alto in basso pensando di poter decidere della mia vita, pensando di saper distinguere in maniera infallibile ciò che è lecito da ciò che non lo è... >>

Kotaro ed Eikichi osservavano, impietriti, lo sfogo del loro amico e si chiedevano perché proprio lui, il principale supporto psicologico della squadra che sapeva sempre cosa dire e cosa fare per rimettere tutti in riga, stesse franando come una montagna scossa da un fortissimo terremoto, spaccata dall'interno. Sembrava che l'anima di Reo volesse urlare al mondo, attraverso la trama concreta del corpo, tutta la rabbia e la frustrazione di aver negato se stessa. Gli occhi smeraldini, solitamente pozze d'acqua placida, ardevano di sentimenti repressi e le braccia, tese sino allo spasimo lungo i fianchi, terminavano con un paio di pugni talmente serrati da far sbiancare le nocche.

<< ...Sono stanco di vedere le stesse facce ipocrite tutti i giorni e, soprattutto, sono staco di essere una persona perbene! Non lo sopporto più! >>

<< Allora, hai finito? >>

Una semplice, irritante, domanda. Solo quella bastò a Seijuro per ottenere ciò a cui mirava. Reo si raffreddò di colpo, riacquisendo la propria compostezza.

Non gli interessa... Per lui non significa proprio nulla ciò che sento, del resto, il mio umore e la mia vita privata non hanno alcuna correlazione con i progetti di vittoria del Rakuzan, o meglio ce l'hanno, ma solo nella misura in cui possono arrivare a compromettere l'equilibrio generale della squadra. Patetico! Anche se restassi qui a piagnucolare in eterno, nessuno verrebbe a consolarmi. Patetico...

<< A dire il vero, no, non ho finito. Domattina ti darò le mie dimissioni dal team. Ho chiuso con il basket. >>

Detto questo, Reo si avviò agli spogliatoi per recuperare il borsone e l'uniforme scolastica, mentre il suono dei suoi passi veniva inghiottito dal silenzio attonito dei compagni. Sembrava che persino i ragazzi in attesa di essere nominati dal coach avessero smesso all'improvviso di chiacchierare per poter assistere meglio a quello sconvolgente scambio di battute.

<< Sorprendente... Con la fata madrina fate sempre comunella, nel vostro circolo super esclusivo di generali, eppure adesso che è in difficoltà, ve ne state lì imbambolati a guardarlo implodere! Non vi capirò mai. >>

Eikichi e Kotaro sobbalzarono alle parole di Chihiro, sia perché avevano completamente dimenticato che il fantasma fosse stato insieme a loro fin dall'inizio dell'allenamento, sia perché si erano resi conto solo in quell'istante di quanto fosse realmente degenerata la situazione.

<< Non pensateci neanche a raggiungere Reo. Restate al vostro posto. >>

La voce di Seijuro era così profonda e minacciosa da spezzare il fiato. Eikichi provò ad ignorare quell'ordine, ma scoprì di non riuscire a muovere un muscolo. Era paralizzato dall'aura di pericolo che circondava il suo capitano e non poteva ribellarsi all'influsso destabilizzante che essa esercitava.

Nel Rakuzan, tutti temevano Seijuro, nonostante fosse fisicamente minuto ed anche più piccolo degli altri di un anno o due. Circolavano parecchie voci sul suo conto, storie inquietanti di violenza, quasi sempre psicologica, che si concludevano con il malcapitato di turno terrorizzato a vita.

Kotaro non sopportava di vedersi soccombere così facilmente al volere di un'altra persona. Anche se sul campo era una bestia selvatica, sapeva fin troppo bene che Seijuro lo aveva addomesticato senza il minimo sforzo. Ogni giorno tentava di edulcorare l'umiliazione pensando che, grazie a quel ragazzo strampalato, le percentuali di ogni membro della squadra erano aumentate e la vittoria si era trasformata praticamente in una certezza. Vincere nello sport che più amava lo rendeva davvero felice e l'euforia di essere ammirato come un giocatore professionista contribuiva a colmare tutte le piccole crepe che, giorno per giorno, si aprivano nel suo orgoglio di “generale senza corona” tenuto al guinzaglio da un nanerottolo. Quella volta, però, in ballo c'era qualcosa di molto più prezioso del suo orgoglio, qualcosa che non poteva rinnegare tanto alla leggera, altrimenti non sarebbe più riuscito a guardarsi allo specchio senza vomitare. Conosceva Reo fin dalle elementari, molto prima che entrambi si scontrassero con Eikichi in manches successive durante lo stesso torneo di basket delle medie. Aveva iniziato chiamarlo “sorellona” praticamente da subito e se quel nomignolo affettuoso significava davvero qualcosa, avrebbe dovuto dimostrarlo seduta stante, a se stesso prima che agli altri.

<< Akashi, mi dispiace, ma vado da Reo. >>

Seguendo la determinazione di Kotaro, anche Eikichi riuscì a sbloccarsi e voltò le spalle al capitano.

 

Hum... Sembra proprio un dejà-vu... Senza che te lo dica io, sai già come andrà a finire, non è così? Se Reo dovesse davvero lasciare la squadra, è probabile che anche Hayama e Nebuya lo seguiranno e allora, con i tuoi preziosi generali fuori gioco, che ne sarà degli ambiziosi progetti di gloria per cui hai sacrificato tutto?

 

Se anche accadesse una cosa del genere, saprei cavarmela benissimo con le mie sole forze.

 

Ne sei proprio sicuro?

 

Certo che sì! E comunque, li tengo tutti in palmo di mano.

 

Davvero? Allora vediamo cose diverse. Si stanno ribellando e sappi che sceglieranno di proteggere il loro amico, non te.

 

Sta' zitto.

 

Che succede, il fratellino si è innervosito e non vuole ascoltare?

 

Basta così!

 

Non fai più tanta paura, vero?

 

Continua pure ad infierire, ma ti ricordo che ci vuole ben altro per scalfirmi. A differenza tua, io sono assoluto e so benissimo come farmi rispettare dai miei sottoposti. Tu eri debole e stupido ed hai perso il controllo in un momento cruciale, quindi taci!

 

<< Per favore, aspettate tutti! >>

La voce alterata di Rumiko risuonò fra le pareti della palestra come uno squillo cristallino di campana, catturando più orecchie di quante la ragazza avrebbe saputo e voluto tollerare.

<< ...Reo è sempre stato un giocatore fenomenale ed ama il basket con ogni fibra del suo essere. Non lo abbandonerebbe mai così su due piedi. A questo punto, credo che la sua reazione di oggi sia in qualche modo collegata alla mia presenza, quindi spetta a me parlare con lui. >>

<< Ma, Natsu-chan! >> proruppe Kotaro, senza sapere esattamente cosa dire, ma intenzionato a dissuadere Rumiko dai suoi propositi, perché il basket era area di competenza degli amici, non della findanzata.

<< Hayama-kun, lascia che me ne occupi io, ti prego. >>

Rumiko non aveva mai supplicato nessuno prima di allora, ma se fosse stato necessario, in quell'oscura giornata che affacciava all'autunno, si sarebbe persino messa in ginocchio, al centro di una palestra brulicante di ragazzi, solo per imprimere alle parole la forza di un gesto eclatante. Soffriva da troppi giorni e la sua spensierata giovinezza era un prezzo troppo salato da pagare per nascondere la verità. Non ne poteva più, proprio come Reo.

Kotaro si ritrovò completamente spiazzato. Gli occhi di Rumiko, colmi di lacrime, e quell'invocazione, “ti prego”, talmente accorata da annichilire qualsiasi obiezione, lo lasciarono senza forze. Non poteva interferire e, soprattutto, non poteva aiutare il suo amico, perché qualsiasi cosa gli avesse detto sarebbe scaturita da una comprensione parziale e frammentaria dei fatti, mentre Rumiko sembrava conscia di tutto, padrona di se stessa e persino del futuro di Reo.

<< D'accordo, Natsumi. Pensaci tu, ma fallo tornare, intesi? >>

<< Non temere. >>

 

Eikichi e Kotaro rimasero a fissare per qualche secondo la schiena di Rumiko che scivolava verso gli spogliatoi, sospinta dalla potenza invisibile della sua determinazione. Pochi passi dietro di loro, Chihiro era preso da tutt'altri pensieri. Non gli interessava davvero ciò che stava accedendo a Reo, nei confronti del quale nutriva, anzi, anche un po' di risentimento, piuttosto si chiedeva quale sarebbe stata la reazione del suo capitano, tradito dalla diserzione di Kotaro - il fatto che questa non si fosse verificata, alla fine, contava ben poco, poiché già il solo proposito costituiva un'offesa intollerabile alla maestà dell'imperatore -. Il “nuovo sesto uomo fantasma” - che di questo aggettivo, “nuovo”, ancora non aveva colto pienamente il senso, ma prima o poi se lo sarebbe fatto spiegare - era rimasto incuriosito dalla personalità di Seijuro sin dal giorno del loro primo, insolito, incontro sul terrazzo del liceo. Quel ragazzo celava senza dubbio qualche bizzarra peculiarità, tuttavia così com'era facile notare l'anomalia dei suoi atteggiamenti, era altrettanto difficile, se non impossibile, decifrarla. Dopo un'attenta e minuziosa osservazione, Chihiro doveva ancora decidere se temerlo o compatirlo, ma attendeva che fosse lo scorrere lento dei giorni a discriminare fra quei due estremi e, nel frattempo, si godeva il singolare spettacolo del suo oggetto di studio all'opera, sempre un po' fuori di testa e mai prevedibile.

 

<< Kotaro, Eikichi, Chihiro! Iniziate il defaticamento, oggi ci ritireremo tutti in anticipo. >> sentenziò Seijuro, le dita serrate sulla stoffa dei pantoloncini.

<< Akashi, ne sei sicuro? >> chiese Eikichi, consapevole che saltare due allenamenti di fila era un'eventualità impossibile da accettare per il suo autorevole kohai, estremamente preciso e ligio al dovere.

<< Sì, ne sono sicuro, vuoi forse mettermi in discussione anche tu?! >>

<< No, io stavo solo... >>

<< Irrilevante, qualsiasi cosa volessi dire. In questo disordine generale nessuno sarebbe abbastanza concentrato, per cui insistere non ha alcun senso. Era già previsto che dopo l'allenamento mi fermassi a discutere con Reo e non ho intenzione di modificare il programma. Se mantengo la calma anche di fronte a situazioni apparentemente critiche è solo perché sono sicuro dei miei mezzi ed ho sempre qualche mossa di riserva, pronta per essere utilizzata.Voglio che vi imprimiate questa semplice realtà a lettere di fuoco nel cervello, altrimenti non andremo da nessuna parte insieme. >>

Il tono di Seijuro si fece più mite, i muscoli delle braccia si rilassarono ed uno strano sorriso bonario comparve sul suo volto, appena arrossato.

<< ...Del resto, nessun capitano può sbarazzarsi di un pezzo della sua nave senza che tutta la struttura coli a picco. Non permetterò alcuna deiezione tra le nostre fila. >>

Quel “non permetterò alcuna deiezione”, un imperativo travestito da preghiera, quasi dolce nel suo serpeggiare morbido tra le labbra, a filo di fiato, e l'accento, sapientemente calibrato, sul “nostre”, fece insinuare un brivido tra le scapole di Eikichi e Kotaro.

 

Rumiko si chiuse la porta alle spalle, prima di addentrarsi maggiormente negli spogliatoi. Ebbe anche l'accortezza, presagendo i particolari che avrebbero potuto saltar fuori senza la protezione di filtri e censure, di incastrare una sedia tra la maniglia e l'anta, bloccando in tal modo l'ingresso a spettatori inopportuni.

Reo aveva la fronte ed i palmi delle mani schiacciati contro le fredde piastrelle del muro e non sembrava progettasse di spostarsi in tempi brevi. Sul capo, a mo' di velo, giaceva abbandonato un asciugamani bianco che sapeva di lillà.

<< Reo... >>

Nessuna risposta. Rumiko provò a chiamarlo più forte, ma ottenne lo stesso risultato, così gli si avvicinò, lentamente, come avrebbe fatto con un cane randagio pronto a scattare, e pose tre dita, solo tre, sulla sua schiena ampia e drittissima.

<< Rumiko, va' via. >>

<< No, non posso. >>

<< Va' via, ho detto! >>

<< Non posso, ho detto. >>

L'ostinazione della ragazza accendeva in Reo una rabbia sempre più cocente, ma forse la vera ragione di quel bruciore sordo in fondo al petto, che quasi gli toglieva il respiro, non era tanto il comportamento di lei, quanto, piuttosto, le numerose rinunce che il futuro avrebbe inevitabilmente portato con sé, se la loro relazione fosse andata ancora oltre.

<< Rumiko, togliti di mezzo. Non voglio più ripeterlo! >>

Reo si girò con un colpo di reni per fronteggiare Rumiko, ma quando la vide in lacrime non riuscì più a trattenersi e pianse anche lui. La abbracciò stretta, cercando parole di scusa che rimanevano incastrate tra la gola e le labbra.

<< S-sono... Una... -rsona... O... ribile! >>

<< Non è vero. >>

<< Non difen... Difendermi... I-io ti... Mentito. >>

<< Anche io. >>

Reo, scosso dai singhiozzi, sciolse l'abbraccio e si allontanò da Rumiko quel tanto che bastava perché potesse guardarla in viso. Lei abbassò lo sguardo sotto il peso della sua imperscrutabile colpa e, sospirando avvilita, si accasciò su una panca addossata alla parete di fronte alle docce; con un cenno della mano, invitò Reo a fare lo stesso.

<< Ultimamente, sembra che il mio unico obiettivo sia insinuarmi in ogni aspetto della tua vita. Prima la serata alla Maison du Monde, durante la quale conosco i tuoi migliori amici, poi la cena con i tuoi genitori e Chiyo, organizzata senza che tu potessi muovere alcuna obiezione ed oggi, come se la mia presenza non avesse già abbondantemente colmato la misura, mi presento agli allenamenti, invadendo anche l'ultimo brandello di spazio personale che ti era rimasto. Mi dispiace tanto, Reo. >>

Se possibile, Reo si sentì ancora peggio. La sua fidanzata si stava scusando per delle cose che, alla fine dei conti, in una coppia sono all'ordine del giorno e dovrebbero, anzi, essere accolte con gioia da ambo le parti. Provò a dirle che non doveva parlare in quei termini della loro storia, che le sue preoccupazioni non avevano fondamento e che era lui il vero problema, ma non ci riuscì. Il suo vocabolario sembrava essersi ridotto alle frasi più egoiste e convenienti.

<< Se non vuoi comportarti così, allora perché lo fai comunque? >>

<< Non prenderla troppo sul personale. In realtà, ho un obiettivo da raggiungere e tu, per una serie di circostanze, sei finito col farne parte. >>

<< Mi sa che ho smesso di seguirti, Rumiko. >>

<< Ascoltami fino alla fine, senza interrompere, e poi decideremo insieme chi di noi due è la persona più orribile. >>

Rumiko si lisciò la gonna con le mani e ripeté meccanicamente quel gesto più e più volte, nel vano tentativo di esorcizzare il nervosismo che le stava attorcigliando lo stomaco.

<< Come ben sai, io e mio fratello Tomomi abbiamo solo due anni di differenza, quindi siamo cresciuti insieme. Da bambina giocavo sempre con lui e mai una volta mi sono sognata di toccare una bambola, preferivo dinosauri e trattori. Ero un maschiaccio a cinque anni, lo ero anche dieci e ti assicuro che lo sono ancora a diciassette. >>

<< Tu, un maschiaccio?! >>

Reo non poté trattenersi dall'esternare il proprio stupore. Rumiko, l'incarnazione della dolcezza e della grazia, poteva essere un mucchio di cose, ma di certo non un maschiaccio.

<< So che ciò che ti sto dicendo sembra senza senso e soprattutto lontanissimo dalla nostra situazione, ma credimi, non è così. I miei interessi si sono sviluppati parallelamente a quelli di Tomomi, ho sempre amato i giochi più azzardati e pericolosi, al punto che i miei genitori, per disperazione dopo l'ennesima nottata al pronto soccorso, decisero che, finite le medie, avrei frequentato un collegio femminile. Secondo loro, dovevo assolutamente cambiare il mio modo di fare, perché una “ragazza per bene”, educata ed elegante, può ambire ad elevare il proprio status sociale, magari con un matrimonio fortunato ed un'istruzione adeguata, mentre per una “teppista di strada” le possibilità sono pressoché nulle e il suo destino è rimanere confinata per sempre nella melma di cui si è ricoperta da sola. Non sto esagerando, mi dissero esattamente queste parole. Tomomi tentò per settimane di persuaderli a lasciarmi libera di scegliere, ma non ci fu verso, così due anni fa mi sono iscritta all'Akitaki, anche se avrei di gran lunga preferito il liceo Rakuzan, se non altro per stare vicina a mio fratello. >>

<< Tomomi ha studiato qui? >> chiese Reo, sorpreso, ma non troppo, dalla piega che stava prendendo il discorso di Rumiko.

<< Sì, non a caso ho scelto un ragazzo del Rakuzan. >> rispose lei, per nulla affetta dalla propria schiettezza. << ...Una volta entrata in collegio, con il morale più a terra che mai, ho scoperto che nessuna attività extracurricolare era adatta a me, perché rientravano tutte nel campo del bon ton o dell'economia domestica. L'Akitaki, del resto, nacque negli anni '50 come scuola di preparazione per future mogli di dirigenti e pezzi grossi; non c'è da stupirsi che il suo incrollabile spirito tradizionalista si sia preservato intatto fino ad oggi. In quell'ambiente bigotto mi sentivo più sola che mai, non avevo amici, né uno sport che mi permettesse di distrarmi, finché un giorno, al parco, ho incontrato un gruppo di cinque ragazze che facevano Roller Derby. Ci siamo trovate subito in sintonia e neppure una settimana dopo, partecipavo già alle gare insieme a loro. >>

<< Roller Derby!? Stiamo proprio parlando di quelle corse in tondo sui pattini a rotelle in cui ci si riempie di botte? >>

Reo era davvero preso dal racconto, lo si poteva percepire dal vivo entusiasmo che colorava la sua voce, tuttavia aveva commesso un errore decisamente grossolano banalizzando lo sport di cui Rumiko sembrava essere follemente innamorata. La ragazza, infatti, storse il naso e, offesa, gli rese pan per focaccia sostenendo che “anche cinque idioti impegnati a buttare una palla in un cesto non sono poi 'sta gran cosa”.

Reo rise per l'improvvisa trasformazione dei toni e del lessico, ma subito dopo si scusò con Rumiko e la invitò a proseguire.

<< Ho superato il mio primo anno di liceo senza impazzire per la noia solo grazie alla squadra di Derby. Mio fratello a casa mi copriva tutte le volte che uscivo per fare Derby, così ho potuto allenarmi tranquillamente ed anche gareggiare, conquistando insieme alle ragazze il terzo posto nel torneo autunnale. Quest'anno, però, Tomomi è partito per l'università e sebbene sia davvero felice per lui, senza il suo supporto ho dovuto inventare la scusa di un corso di ricamo per giustificare tutte le mie assenze. Prevedibilmente, mamma e papà non hanno creduto alla storia del ricamo neppure per un secondo. Quando hanno scoperto la verità, si sono infuriati ed hanno iniziato a tenere sotto controllo tutte le mie uscite, impedendomi di vedere la squadra. A quel punto, ho capito che per riottenere la libertà dovevo convincerli di essere cambiata, di essere diventata come loro mi hanno sempre voluta, così ho iniziato a vestirmi e comportarmi in maniera più femminile, ho fatto amicizia con Chiyo, mi sono sforzata di studiare di più e, alla fine... >>

<< Alla fine ti sei fatta pure il fidanzato. >>

L'affermazione di Reo non aveva alcun intento accusatorio, solo un retrogusto di rassegnazione. Rumiko annuì di fronte alla logica ed ovvia conclusione del suo lungo preambolo.

<< Sapevo che portando a casa un ragazzo intelligente, assennato e di buona famiglia come te sarei riuscita ad ingannare alla grande mamma e papà, così da poter uscire da sola con la scusa di frequentarti e, invece, ritornare a fare Derby con le mie amiche. Certo, avrei dovuto capire che questo piano era imperfetto ancora prima di metterlo in atto, perché è impossibile innamorarsi a comando e, infatti, io non ci sono riuscita. >>

Rumiko si prese una breve pausa per osservare la reazione di Reo, ma quando realizzò, non senza una punta di rammarico dettata dalla vanità, che il ragazzo era rimasto completamente indifferente al suo palese rifiuto, decise di passare subito alla parte delle scuse, quelle vere.

<< Sono stata troppo avventata, non ho calcolato i sensi di colpa e l'eventualità che fossi prima io a dovermi presentare ai tuoi genitori, mettendoti in una posizione decisamente scomoda. Sono mortificata e non so proprio cosa aggiungere per addolcire le cose. Immagino che, a questo punto, ti sentirai usato. >>

<< Onestamente sì, ma solo un pochino. Dopotutto, anche io ho usato te. >>

Reo assaporò l'espressione sorpresa di Rumiko con un guizzo di fierezza nello sguardo. Dopo quella slavina di parole, anche lui aveva una patata bollente da tirare ed era stufo di essere rimasto il solo a scottarsi le mani.

<< Adesso sono io che non capisco più... >>

<< Tranquilla, ti spiego subito: sono omosessuale e mi serviva una bella fidanzata per ingannare i miei genitori. >>

<< Oh... >> Rumiko si premette una mano sulle labbra, tentando di contenere la risata che, a poco a poco, le stava scalando la gola. Sapeva di aver fatto bene a bloccare la porta. << ...Sembra proprio che io e te siamo entrambi delle persone orribili. >>

<< Puoi dirlo forte, Rumi-chan... >> convenne Reo, il respiro finalmente disteso, la tristezza ed il rammarico che sfumavano lentamente in un piacevole tepore. Per la prima volta, dopo due mesi di frequentazione forzata, aveva davvero voglia di stare con Rumiko, di osservarla da vicino, con occhi nuovi, come se nulla fra di loro fosse mai accaduto, svelando a poco a poco, con la calma di chi sa attendere, il suo profilo più autentico dietro la maschera di zucchero e tulle. << ...Però devo ammettere che sei stata davvero grande. I tuoi occhioni dolci e tutte le premure hanno convinto anche me. Mi hai fatto sentire un mostro che si approfitta dell'amore di una fanciulla innocente! >>

<< Hahaha, beh, se non fossi riuscita a convincere almeno il ragazzo che mi ero scelta per fidanzato, come avrei potuto anche solo sperare di spuntarla con gli altri? Ma comunque non è stato tanto difficile fingere, in fondo mi piaci davvero, sei simpatico, a modo tuo. >>

<< A modo mio? E questo cosa vorrebbe dire?! >>

La risata limpida di Rumiko spazzò via ogni residuo malumore come un apologetico colpo di spugna e Reo ne fu subito trascinato. Risero tanto da farsi venire male alla pancia e quando finalmente riuscirono a smettere, i loro occhi erano di nuovo umidi, ma di un pianto che portava leggerezza nei cuori.

<< Rumi-chan, fatti chiedere ancora una cosa. >>

<< Certo, dimmi. >>

<< Se non sei davvero innamorata di me ed il tuo scopo è semplicemente comportarti da pessima figlia, perché oggi sei voluta venire agli allenamenti? Forse per rendere la farsa ancora più credibile? >>

<< Beh, in realtà... >>

Rumiko arrossì violentemente e riprese a lisciarsi la gonna come un'ossessa.

<< Rumiko, ormai abbiamo abbondantemente superato la fase della vergogna, non ti pare? >>

<< Già, hai ragione, basta vergogna. Diciamo che forse, probabilmente... Non è una cosa sicura! Magari, ecco... Può darsi che mi piaccia una persona, della tua squadra. >>

<< Cooosa?! >>

L'urletto drammatico di Reo fu una sorta di rivelazione per Rumiko: come aveva fatto ad ignorare certi, chiarissimi, segnali per tutto quel tempo?

<< Rumiko, ti prego, dimmi che non è Eikichi! >>

<< No, non è lui. Perché, piace a te? >>

<< Non essere sciocca! Ma allora, se non è Eikichi, chi può mai...? Oh... Oh no! No! No, no, no! Kotaro!? >>

<< Esatto. >>

Rumiko aveva smesso di tormentare la gonna ed ora si strofinava goffamente la testa, sorridendo a trentadue denti per portare le sue parole su un piano scherzoso, quasi da barzelletta, ma Reo non le avrebbe permesso di svicolare.

<< Rumi-chan, sul serio, adesso mi spieghi per filo e per segno com'è possibile che ti piaccia Kotaro dopo averlo visto solo una volta! Conosco quel ragazzo da una vita e, credimi, non è tipo da prime impressioni spettacolari, pochissime persone hanno il coraggio di chiedere il bis. >>

<< Non è stato proprio un colpo di fulmine, perché, in effetti, conosco Kotaro da più tempo di quanto non conosca te. Sai che è bravissimo con lo skateboard? Nei fine settimana di riposo, viene sempre a provare la sbarra nel parco dove io le ragazze ci alleniamo. In giro non ci sono molti skater come lui e quando ho assistito dal vivo ai suoi salti, ho capito che doveva essere mio. Però non ho mai avuto il coraggio di parlargli, haha, tranne quando ci siamo presentati alla Maison e devo dire che quell'incontro casuale mi è sembrato un chiaro segnale del Karma. >>

Reo si prese qualche istante per immagazzinare le informazioni ricevute. Alcuni dubbi persistevano, ma prevaleva l'eccitazione all'idea delle numerose possibilità che gli si aprivano davanti, ora che lui e la sua “fidanzata” avevano scoperto le carte e potevano giocare, insieme, senza bluff.

<< Rumi-chan, allora, quand'è che mi farai conoscere i tuoi genitori? >>

Ben poco elegantemente, Rumiko strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca, convinta di essersi persa qualcosa. Sembrava un enorme pesce vestito di seta.

<< Ma che cazzo stai dicendo? Sei impazzito?! >>

Per Reo, saggiare il totale cambiamento dei modi della ragazza, che ci aveva messo davvero poco ad assassinare la signorina per bene per rimpiazzarla con la teppista di strada, era un'esperienza straniante almeno quanto le uscite di Seijuro in versione tiranno. Si sentiva accerchiato da personalità borderline.

<< Pensaci, Rumi-chan! Ora che siamo entrambi consapevoli dei reciproci imbrogli, potremmo sfruttare la cosa a nostro vantaggio e fare tutto ciò che vogliamo senza restrizioni, come avevi progettato tu stessa! >>

<< In effetti, hai ragione. E poi ci sarebbe il torneo regionale di Roller Derby in inverno... Se non mi alleno con la squadra, non potrò partecipare. >>

<< Immagina di stare già sul podio, con la folla adorante che fa a gara per lanciarti garze e cerotti! Quel trofeo non te lo toglie nessuno, mia piccola scaricatrice di porto. >>

E Rumiko immaginò, fomentandosi come una volpe alla fiera del pollame.

Tra i due novelli alleati si distese un'atmosfera maligna, da associazione a deliquere, e non sarebbe stato tanto assurdo veder spuntare sulle loro teste un paio di corna appuntite.

<< Perfetto, allora è deciso, ti informerò meglio sulla data della cena dopo che l'avrò comunicato ai miei vecchi. >>

<< Vedrai che sarò un perfetto gentiluomo. >>

<< Ovvio che lo sarai. Il tuo potenziale mi è stato chiaro fin dalla prima volta che ti ho sentito discutere con Chiyo su quale fosse il miglior servizio da tè. >>

<< Quella ragazza non ha il minimo gusto, non è colpa mia. >>

<< Sono d'accordo. Ora andiamo, altrimenti qualcuno potrebbe pensare che stiamo combinando cose strane. >>

Rumiko fece per alzarsi, ma Reo la trattenne afferrando timidamente la sua camicetta.

<< Rumi-chan, aspetta un secondo. >>

<< Cos... >>

Ogni protesta venne soffocata da un bacio, intenso come il profumo di lillà che, improvvisamente, invase le narici di Rumiko. La ragazza, sorpresa ed anche un po' instabile sulle ginocchia, accettò passivamente quel gesto inatteso, godendone appieno, senza pregiudizio.

<< Perché? >> chiese poi, quando tutto fu finito.

<< Volevo essere sicuro di non perdere l'occasione della vita lasciando andare una ragazza come te. Ma purtroppo sono proprio gay, niente da fare. >>

<< Beh, che io sappia ci sono dei campi estivi per risolvere questo problema... >> disse Rumiko, con la voce che vibrava di risate. << ...Però sarebbe inutile, considerato che a me piacciono i biondi con i denti a sciabola. >>

<< Potrei sempre tingermi i capelli e limare il canino. Una volta, in un reality, ho visto un tizio che si è fatto affilare tutti i denti per assomigliare al suo gattino. >>

<< Sììì! Ho capito a quale programma ti riferisci, lo seguo anche io! Se non sbaglio, quel pazzo degenerato si era fatto inserire anche gli impianti per i baffi nelle guance. Da uno così ti aspetti che ci faccia sesso, con il gattino. >>

<< Rumi-chan! Sei inoppurtuna come Kotaro! >>

<< Visto? Una coppia perfetta. >>

 

Il momento d'ilarità che si era venuto a creare grazie all'aneddoto dell'uomo-gatto fu bruscamente interrotto da un forte rumore metallico: la maniglia della porta girava a vuoto, sbattendo contro lo schienale d'acciaio della sedia posta di traverso per tenere alla larga gli invasori. Qualcuno stava cercando di entrare, evidentemente, ma la sua veemenza tradiva una certa fretta, fretta che avrebbe abbattuto porta, battenti e sedia compresa nell'arco di pochi minuti, se qualcuno non si fosse deciso ad aprire.

<< Reo, perché la porta è bloccata?! >>

Oh, merda.

<< Reo, allora?! I ragazzi devono fare la doccia ed andare via, per quanto ancora pensi di monopolizzare gli spogliatoi? Inoltre noi due abbiamo una riunione da fare, quindi basta sciocchezze! >>

Rumiko guardò il volto di Reo diventare pallido come un cencio, mentre tutto il sangue lo abbandonava per precipitare in un punto imprecisato del suo corpo.

<< Senti, te lo devo proprio dire, il tuo capitano è inquietante. Sarà anche un giocatore straordinario, ma a me ricorda troppo Chucky, la bambola assassina! Ha pure i capelli rossi... >>

Riconoscendo, a malincuore, quanto quel paragone fosse calzante, Reo si appoggiò a Rumiko e le sussurrò le proprie ultime volontà : << Rumi-chan, sarei davvero molto felice se tu e Kotaro chiamaste Reo il vostro primogenito, in memoria di me che su questa terra ho potuto vivere solo diciassette anni. Tutto sommato, sono stato felice e... >>

<< Mibuchi! >>

<< Addio... >>

Con l'aria di chi sta percorrendo la strada verso il patibolo, Reo si trascinò tragicamente fino all'entrata e la liberò.

<< Ehi, Akashi... >>

 



Continua...

 




NOTE:

Salve, rieccomi col il terzo capitolo! Spero che questa storia stia piacendo a qualcuno haha... Non ho molto da aggiungere, a parte il consueto ringraziamento a chiunque sia arrivato a leggere fino a qui! Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Un assaggio della sua morale ***


Sottopelle

 

 

quarto strato:

 

 

 


Un assaggio della sua morale.

 

 

 

<< Sorellona, tutto bene?! >>
La voce preoccupata di Kotaro rimbalzava fra le pareti degli spogliatoi, accompagnata dallo scalpiccìo delle suole di gomma che slittavano rumorosamente sul pavimento tirato a lucido.

Eikichi sembrava altrettanto in ansia, ma non riusciva a manifestare particolare premura perché non era abituato a prendersi cura degli altri. Sorrideva senza dire nulla, quasi sperando che fosse Reo stesso a spiegare loro come avrebbero dovuto comportarsi.

Chihiro, dal canto suo, preferiva mantenersi a debita distanza da quella faccenda - troppe rogne e, tra l'altro, per il bene di chi? -, così entrò subito in doccia sorpassando i compagni stipati all'ingresso, senza degnare Reo neppure di uno sguardo. In verità, non gli sarebbe dispiaciuto poi tanto se quel tipo assurdo avesse appeso sul serio la palla da basket al chiodo, risparmiandogli lo strazio di trovarselo tra i piedi ogni santo giorno, con i suoi modi da diva e la pretesa di impartire a tutti lezioni di buone maniere.
Seijuro - che pure aveva preteso piuttosto insistentemente di entrare, ma non lo aveva ancora fatto per carenza di slancio emotivo - se ne stava immobile contro lo stipite della porta, la giacca bianca del Rakuzan abbandonata sulle spalle con finta negligenza. La sua espressione era impenetrabile, priva di qualsiasi colore.
Reo lo osservava di sottecchi dal cantuccio sicuro in cui si era infilato, rimuginando sull'impossibilità di servirsi dell'empatia - che da sempre lo soccorreva nelle situazioni più disparate - per sfondare quel muro di esasperante stoicismo.

Che il miglior tiratore del Rakuzan fosse anche un ragazzo sensibile ed estremamente percettivo era una condizione ormai universalmente riconosciuta, tuttavia la sua effettiva abilità nel leggere il cuore delle persone aveva quasi dell'incredibile ed andava ben oltre ciò che il senso comune sarebbe stato in grado di cogliere, vantando un'accuratezza al limite della divinazione. Sfortunatamente, il “dono” di Reo sembrava non sortire alcun effetto su Seijuro e, infatti, ogni tentativo di scavare più a fondo in quei suoi occhi tanto preziosi veniva puntualmente sventato da un letale sguardo di sfida, capace di vanificare le precedenti conquiste ed invertire repentinamente i ruoli nel gioco delle parti. L'osservatore diveniva osservato senza poter opporre resistenza e quando ciò accadeva, a Reo non restava che fare subito marcia indietro, per evitare che tutti i suoi segreti, compreso il più inconfessabile, fossero dissotterrati con lucida brutalità. Se Seijuro intendeva davvero sviscerare qualcosa - che si trattasse di un problema di matematica, di uno schema tattico avversario o dell'intima verità di una persona, non faceva molta differenza - c'era da star sicuri che sarebbe arrivato, implacabile, fino all'osso, a dispetto di ogni ragionevole pudore e senza alcuno scrupolo. Per la sua indole volitiva non esistevano alternative, era semplicemente il corso naturale delle cose, la legge del più forte che, giorno dopo giorno, mieteva nuove vittime sacrificali, prosciugate anche dell'ultima goccia di sangue.
 

<< Andate anche voi, seguite l'esempio di Chihiro. Adesso spetta a me fare due chiacchiere con Reo, da capitano a vice. >> ordinò Seijuro, chiarendo in quel modo che non avrebbe tollerato alcuna interferenza.

Eikichi e Kotaro, incerti sul da farsi, tantavano d'intercettare lo sguardo di Reo, ma il ragazzo era immerso quasi completamente in un cono d'ombra che ne oscurava le fattezze. Non disponendo d'altro, scelsero di affidarsi ciecamente alle sue parole, emerse dal buio senza la benché minima traccia d'esitazione.

<< Avete sentito il capitano, no? Andate a lavarvi, ci vediamo dopo. >>

E loro obbedirono, seppur a malincuore e col respiro lievemente appesantito.

<< Rumi-chan, gli spogliatoi maschili non sono un posto molto adatto ad una signorina per bene. Mi aspetti nel giardino qui fuori? >>

Rumiko - che nella vana speranza di non essere interpellata, aveva alacremente tentato di confondersi con lo sfondo - dovette purtroppo constatare l'inadeguatezza delle proprie tecniche mimetiche, neppure lontanamente paragonabili a quelle di Chihiro. Riconoscendo di non poter più fare nulla, annuì con un impercettibile cenno del capo e si apprestò ad uscire, ma prima scoccò un'ultima occhiata a Reo. Non si sentiva tranquilla a lasciarlo da solo in balia di Seijuro, se non altro perché quel tipo le sembrava capace di portare ogni cosa all'estremo e più lo vedeva impartire ordini a destra e a manca come un despota consumato, più si convinceva di non avere di fronte un adolescente come tutti gli altri, ma qualcosa di molto diverso.

 

Rimasti soli, Reo e Seijuro uscirono dagli spogliatoi e raggiunsero in silenzio la postazione che sfruttavano di solito per le loro riunioni, un banchetto con due sedie situato in un angolo della palestra. Le nomine erano state espletate molto rapidamente in quanto solo dieci candidati su cinquantacinque avevano superato il provino del giorno precedente con il punteggio necessario per essere ammessi tra le riserve del Rakuzan. Il coach era già andato via e così tutti gli aspiranti giocatori, tranne uno che stava ancora raccattando le sue cose e che, molto probabilmente, apparteneva al gruppo degli esclusi del primo anno. Sembrava deboluccio ed anche piuttosto svampito. Aveva dimenticato di chiudere la cartella e, nel sollevarla da terra, tutto il suo contenuto si era prevedibilmente riversato sul pavimento, rotolando con estrema facilità lungo il liscio parquet appena pulito e sparpagliandosi ovunque, anche vicino al banchetto.

<< Ehi, tu, hai bisogno d'aiuto? >> gli chiese Seijuro, sorprendendo Reo che non si aspettava, in un momento teso come quello, una simile manifestazione di gentilezza.

Il ragazzo bisbigliò un timidissimo “ no, ma grazie lo stesso “, con la vergogna che gli imporporava terribilmente il viso. Era mortificato e si capiva lontano un miglio quanto lo sguardo fisso del capitano lo mettesse a disagio, tuttavia quello non sembrava affatto intenzionato a smettere, come stesse cercando di verificare qualcosa.

<< Akashi, che...? >> iniziò a chiedere Reo, piuttosto confuso, ma la sua domanda fu zittita da un'altra di Seijuro, rivolta ancora alla matricola.

<< Qual è il tuo nome? >>

<< Ot-Otonashi. >>

<< Otonashi... E poi? Presentati come si deve. >>

<< C-certo, giusto! Mi chiamo Otonashi Shunsui. >>

<< Bene, così va meglio, Shunsui. Mi ricorderò di te. Un giorno, non molto lontano, potresti tornare utile alla squadra. >>

Eeeh? Quest'imbranato, utile alla squadra?!

<< Dice sul serio, Akashi-sama? >>

Akashi... Sama?! Certo, la potenza e la notorietà dell'Akashi Group sono indiscutibili e questo rende Sei-chan una specie di star a scuola, ma anche così, mi sembra un tantino eccessivo!

<< Io non parlo mai a vanvera. Nel frattempo, però, continua ad allenarti al meglio delle tue possibilità. >>

<< Lo farò sicuramente! Grazie infinite! >>

Proprio quando Shunsui, al colmo della felicità, stava per congedarsi definitivamente, Seijuro lo chiamò di nuovo.

<< Aspetta. >>

<< Si? >>

<< Hai una scarpa slacciata. >>

Che spettacolo indegno...

<< Accidenti, la sistemo subito, g-grazie anche per questo! >>

 

Dopo qualche ultimo secondo d'imbarazzante sbandamento, il primino riuscì finalmente a mettere insieme un po' di dignità ed incamminarsi verso l'uscita. Reo, però, non poteva permettergli di andar via tanto facilmente, non ora che la preziosissima calma prima della tempesta era stata irrimediabilmente distrutta, così gli teneva gli occhi incollati addosso, come aveva fatto Seijuro poco prima. La sua speranza era che quella caricatura moe* di un giocatore di basket si sentisse talmente sotto pressione da commettere qualche altro pasticcio – un capitombolo a viso in avanti, per esempio, sarebbe stato perfetto – attirando l'attenzione su di sé. Ma si sa, ci sono sguardi e sguardi, e quello di Reo non aveva abbastanza mordente, pertanto Shunsui se ne tornò tranquillamente a casa, senza farsi del male e senza seminare oggetti personali lungo il tragitto.

 

<< Molto interessante, non trovi? >> chiese Seijuro, lanciando uno sguardo allusivo all'ingresso appena sgombrato.

<< Non saprei. >> rispose sinceramente Reo, incapace di cogliere a prima vista talenti particolari.

<< Ci sono abilità nascoste che fioriscono solo se viene loro offerta un'occasione. Adesso è effettivamente prematuro parlarne, perché questo ragazzo ha ancora bisogno di tempo per capire in cosa sia davvero portato... >> spiegò Seijuro, gli occhi leggermente socchiusi, persi in un ricordo lontano. << ...ma sono ottimista. Tra un anno, Otonashi Shunsui sostituirà Mayuzumi Chihiro. >>

Allora è così! Abbiamo iniziato a giocare da pochissimo con Mayuzumi eppure sta già pensando a come rimpiazzarlo quando dovrà diplomarsi. Qui non si tratta di semplice buon senso da capitano, per lui noi tutti siamo solo...

Reo deglutì a vuoto, scacciando un pensiero fastidioso. Non voleva credere di essersi innamorato di una persona tanto cinica e calcolatrice, ma forse “amore” era una parola un po' troppo pretenziosa - e, sicuramente, fin troppo inflazionata - per descrivere i suoi reali sentimenti. Si era aggrappato ad una passione impossibile in un momento di debolezza – perché paradossalmente, a volte, quando già si sta male per qualcosa, non si desidera altro che stare ancora peggio – ma, volendo quantificare oggettivamente, cosa sapeva davvero di Akashi Seijuro? Che fosse ricchissimo, intelligente, caparbio ed austero avrebbe potuto dirlo chiunque. E invece lui? Una persona presumibilmente innamorata, come avrebbe descritto Akashi Seijuro? “ Sexy, da morire. “ Fu la prima cosa a venirgli in mente, ma non era abbastanza. Troppo grossolana e, per di più, anche un tantino triviale.

Se si parte dal sesso per dipingere l'amore, qualcosa non funziona. O no?

Reo non sapeva darsi una risposta accettabile, ma, per il momento, gli importava poco. Aveva una faccenda più urgente da sistemare e Seijuro glielo ricordò senza perdere tempo.

 

<< Comunque, abbandoniamo i discorsi sul futuro del Rakuzan e pensiamo al presente. Reo, la tua reazione di prima è stata decisamente... >>

<< Fuori luogo, lo so, me ne rendo conto. >>

<< Veramente stavo per dire insolita. Ascolta, ti sei mai chiesto perché abbia scelto proprio te come mio vice?>>

Sì, Reo se lo era chiesto, un mucchio di volte anche, ma senza riuscire a capirlo. Era convinto di non essere tagliato per i ruoli di responsabilità e, alla fine, aveva arbitrariamente stabilito che la sua selezione fosse stata una pura formalità, dettata dalle regole del basket liceale. Seijuro, del resto, poteva benissimo gestire la squadra da solo e meglio di qualunque accoppiata capitano\vice.

<< In realtà, ancora oggi non me lo spiego. >>

<< Beh, è molto semplice. Ti ho scelto innanzitutto perché sei un perfezionista, lo si nota chiaramente dai tre stili di tiro che hai elaborato negli anni e ti hanno portato dove sei adesso. Ma c'è anche un'altra ragione, forse la più importante. >>

<< Cioè? >>

Seijuro intrecciò le dita sul banchetto ed esalò un sospiro sottile, dal significato incerto. Stava forse rimuginando su qualcosa?

<< É questo tuo essere sempre così limpido. >>

<< Limpido? >>

<< Esatto. Probabilmente non te ne rendi conto, ma sei incapace di mentire... >>

Incapace di mentire? Su questo, avrei qualcosina da ridire, Sei-chan.

<< ...sei trasparente, ti si può guardare attraverso senza problemi durante i momenti cruciali. Gli altri si sentono rassicurati dalla tua calma e capiscono che la situazione è sotto controllo, un po' come i passeggeri di un aereo che, per comprendere la reale gravità di una turbolenza, osservano di continuo le espressioni del personale di volo. >>

<< In pratica, mi stai paragonando ad una hostess? >>

<< Sarebbe più corretto dire ad uno stewart. >>

<< Già, può darsi. >>

<< Ma c'è anche il rovescio della medaglia: proprio perché lo stewart è addestrato a mantenere sempre il sangue freddo, qualora i passeggeri dovessero scorgere in lui anche un minimo turbamento, si allarmerebbero subito, immaginando chissà quale sciagura. Il panico dilagherebbe in pochi istanti, compromettendo la realizzazione di qualsiasi operazione, persino quelle di salvataggio. Pericoloso, non credi? >>

<< Ehm... Sì, certo. >>

In tutta onestà, Reo considerava quel discorso alquanto esagerato e non riusciva a coglierne la morale, ma forse, lasciando a Seijuro ancora un po' di tempo per chiarirsi, avrebbe finalmente capito anche lui.

<< Devi renderti conto il prima possibile che la stabilità della squadra è strettamente correlata al tuo stato d'animo e che questo potrebbe crearci non pochi fastidi... >> La voce di Seijuro perse all'improvviso la sua solita inflessione monocorde e si sporcò d'impazienza. << …hai sempre svolto il tuo dovere con il massimo impegno, sfoggiando orgoglio e determinazione nel vero spirito di questo istituto, eppure adesso sei una persona completamente diversa. Che cosa ti è successo? >>

Mi è successa la vita “ avrebbe voluto rispondere Reo, ma sarebbe stato troppo un cliché.

<< Niente di importante. Sono solo un po' sotto pressione in questo periodo, ma ti assicuro che già dal prossimo allenamento tornerà tutto come prima. Anzi, se me ne darai la possibilità, te lo mostrerò subito. Che ne dici di un uno contro uno? >>

Reo si alzò sentendo scricchiolare le ginocchia - forse stava invecchiando prematuramente a causa dello stress - e procedette a passo sicuro verso il carrello che conteneva le palle da basket. Ne afferrò una sforzandosi di sorridere con disinvoltura ed iniziò a palleggiarla senza guardare in viso Seijuro. Ora che aveva chiarito molte cose con Rumiko, si sentiva più leggero e poteva addirittura azzardare un atteggiamento noncurante, a patto di non abbassare troppo la soglia d'attenzione.

<< Neppure un'ora fa eri completamente stravolto e adesso mi chiedi un uno contro uno? >> obiettò giustamente Seijuro, ma Reo aveva premura di riscattarsi dopo la magra prestazione e un piccolo “duello” gli sembrava il modo più romantico di appianare i dissapori.

<< Dai, accontentami. Il primo che arriva a cinque canestri vince. >>

<< Canestri? Non punti? >>

<< No, le triple varranno quanto tutti gli altri tiri. Sai com'è, vorrei che giocassimo alla pari. >>

Seijuro, ignorando la provocazione sul “giocare alla pari”, inarcò un sopracciglio per palesare il proprio scetticismo, ma in realtà l'idea di scontrarsi direttamente con Reo, il miglior tiratore dopo Shintaro, lo incuriosiva parecchio, perchè ancora non ci aveva mai provato. In più, c'era sempre quella strana, arcaica ed inquietante frenesia che lo spingeva ad accettare qualunque tipo di competizione, anche le più futili. Per uno come lui, tirarsi idietro era impensabile, a prescindere dalle circostanze e persino dalla volontà.


Scelsero la metà campo più vicina al banchetto e dopo qualche passaggio di riscaldamento, si gettarono a capo fitto nella sfida. Reo infilò subito due triple perfette senza neppure sfiorare il bordo del canestro, in sostituzione di quelle che aveva sbagliato durante l'allenamento. Seijuro sorrise tra sé e sé, gli fece segnare un altro punto, l'ultimo, e poi lo stracciò nel giro di pochi minuti.

 

<< Ah... Ah... Ac... Accidenti, Sei-c... Akashi! >> ansimò Reo, sfinito, mentre si accasciava sul parquet per riprendere fiato.

<< Bell'incontro, devo ammettere che finalmente hai giocato come al solito... >> gli concesse Seijuro. << ...Ma davvero è bastata qualche parola di quella ragazza per farti rinsavire? >>

Sentendo nominare Rumiko, Reo si irrigidì.

<< Direi di sì. >>

<< Hum... Capisco. Dev'essere una persona che sa bene quali corde far vibrare... >>

Questo è una specie di commento malizioso o sbaglio?

<< …però, sinceramente, non credo sia tutto qui. >>

<< Che significa? >> chiese Reo, pentendosene subito dopo.

<< Mettiamola così... >> esordì Seijuro, la mano sotto il mento come a fingere una meditazione, ma gli occhi puntati in basso, sul viso di Reo. << ...non c'è niente di più inspiegabile di te e lei insieme. >>

<< Haha, immagino sia vero, dopotutto Rumiko è decisamente troppo carina per stare con me. >>

<< Rumiko è senza dubbio una ragazza di rara bellezza, ma sai benissimo che il senso della mia affermazione era diverso. >>

Reo presentì un'avvisaglia di pericolo che non riusciva a mettere a fuoco del tutto e gli venne la pelle d'oca. Doveva assolutamente rimettersi in piedi, così fece leva sulle caviglie ancora molli e pose una certa distanza tra sé e Sejuro.

<< Invece non l'ho colto il senso della tua affermazione, ma va bene lo stesso. Rumiko è la mia fidanzata e, per quanto assurdo agli altri possa sembrare, insieme stiamo benissimo. >>

<< Balle. >>

La fredda e perentoria replica di Seijuro fu come uno schiaffo in pieno viso.

<< Smettila con questa recita assurda. >>

<< No, smettila tu di intrometterti in cose che non ti riguardano! >>

Reo iniziò a camminare spedito verso la porta. Non voleva più ascoltare Seijuro, ma le sue parole lo raggiungevano comunque, perforanti come spilli nelle orecchie.

<< Che pensi di concludere portandoti in giro quella ragazza? >>

<< E a te cosa cazzo importa?! >>

<< Ho toccato un nervo scoperto, a quanto pare. >>

Maledizione!

Se avesse potuto, Reo si sarebbe preso a schiaffi da solo. Dire parolacce era una cosa che detestava, tuttavia perdere il controllo e lasciarsi leggere così facilmente costituiva un'imperdonabile aggravante alla semplice volgarità.

<< Scusami... >> mormorò voltandosi verso Seijuro, ma senza avvicinarlo direttamente. << ...non avrei dovuto alterarmi solo perché ti sei preoccupato per me. >>

Seijuro avanzò dritto verso di lui, con la consapevolezza che, tanto, non sarebbe più scappato.

<< In definitiva, il mio pensiero va sempre all'intera squadra... >>

Era davvero così necessario precisarlo?!

<< ...tuttavia devo ammettere che guardarti cambiare gradualmente carattere e modi di fare sia stato strano e tutt'altro che piacevole. Mi chiedo se anche loro abbiano provato lo stesso con... >>

Seijuro smise all'improvviso di parlare. Sembrava assorto nella ricostruzione di qualche dettaglio importante, ma sarebbe stato impossibile indovinare di più senza chiedere, così Reo decise di prendere il coltello dalla parte del manico.

<< Loro chi, Akashi? Ti riferisci forse a qualche tuo vecchio compagno di squadra alla Teiko? >>

<< Nessuno di cui valga la pena raccontare. >> tagliò corto lui, asserragliandosi nuovamente dietro il solito piglio aristocratico che non lasciava trasparire alcuna emozione.

<< Non ti scuci mai, eh, capitano? >>

<< Beh, a quanto sembra, il desiderio di tenersi ben stretti i propri scheletri nell'armadio è piuttosto comune, giusto, vice-capitano? >>

<< Touché. >>

<< Ovviamente, però, come in tutte le cose, anche in questo particolare frangente qualcuno riesce meglio e qualcun altro, invece, fallisce del tutto. >>

Ormai Seijuro aveva consumato anche gli ultimi passi che ancora lo separavano da Reo ed i loro toraci si trovavano ad un palmo di distanza.

<< Ak-Akashi... >>

Reo era molto turbato da quell'insolita propinquità e riteneva superfluo tentare di nasconderlo impostando un tono di voce risoluto. L'istinto gli suggeriva di correre alla svelta per nascondersi da qualche parte, ma se lo avesse fatto davvero, che ne sarebbe stato del suo onore? Era un uomo alle prese con un altro uomo, non un agnello dato in pasto ai lupi! Eppure, chissà per quale ragione, la metafora dell'agnello gli sembrava molto più calzante.

<< Ecco, vedi? Anche questo tuo continuo chiamarmi Akashi... Da dove viene? É una novità dell'ultimo periodo. >>

<< Se non ricordo male, mi sembra sia il tuo nome. >>

<< Molto divertente... >> Ma Seijuro, in quel momento, non stava neppure sorridendo. << ...e te lo sei ricordato solo nelle ultime settimane? Ci conosciamo da aprile. >>

Reo non sapeva come uscire da quel vicolo cieco, però era certo che attaccare fosse sempre il miglior modo per difendersi.

<< Cos'è? Non dirmi che ti piaceva di più quando ti chiamavo Sei-chan! >>

<< Mi è del tutto indifferente, finché le tue percentuali si mantengono alte puoi fare quello che vuoi. >>

<< Glaciale, come sempre. >>

<< Sincero, direi. E tu? >>

Reo stava per rispondere, ma Seijuro gli impose il silenzio sollevando l'indice davanti al suo viso. Era vicino, fin troppo vicino alle labbra, e Reo sentì il bisogno impellente di inumidirsele.

<< Non tormentarti troppo, ormai è del tutto inutile. Io so perché hai iniziato a pranzare da solo, perché non ti attardi più dopo gli allenamenti, perché la mattina corri in classe quasi senza salutare e, sì, so anche perché hai smesso di chiamarmi Sei-chan. Spesso, pur volendo, ci sono gesti che non compiamo perché gli altri non intuiscano ciò che realmente desideriamo*. >>

<< Quindi tu... Avresti scoperto il mio desiderio? >>

Seijuro sospirò condiscendente, poi, senza imbarazzo, quasi fosse una mossa consueta già ripetuta all'infinito, adagiò il palmo della mano sulla guancia di Reo ed iniziò a percorrerla piano, dallo zigomo verso la mandibola. Non si trattava di una vera carezza, le dita scivolavano leggere, raso sulla pelle, cospargendola di brividi.

Reo fu sopraffatto dallo stupore ed il suo corpo reagì d'istinto, incapace di opporre resistenza, stregato da quel tocco ammaliante, per quanto ineffabile e discreto. Si lasciò lusingare, senza porsi angosciose domande e senza cercare inutili risposte, mugolando come un gatto vezzeggiato dal suo padrone dopo un lungo sciopero d'amore. Fare le fusa non era certo un comportamento molto dignitoso, ma non gli importava, perché ormai si era perso in quell'istante di assoluta follia.
Goderne a pieno non era forse la scelta meno folle, in definitiva?

 

<< Ma guardati... >> disse Seijuro, all'improvviso, rapido e violento. La sua voce era lontana, mentre col pollice premeva sul labbro inferiore di Reo, trasformando il piacere in fastidio.<< ...Dovresti proprio guardarti, in questo momento. >>

Reo riaprì gli occhi – neppure ricordava di averli chiusi – e quel che vide gli mozzò il fiato. Seijuro ghignava impietosamente davanti a lui, fiero di aver dimostrato la propria tesi, di aver vinto, secondo la più banale delle consuetudini. Nel suo sguardo non c'era nulla.

<< M-ma... >>

<< Te l'ho detto, Reo, che tu non sai mentire. >>

 

Seijuro si allontanò, infilò le mani nelle tasche della tuta ed estrasse da quella di destra le chiavi della palestra.

<< Ci pensi tu a chiudere qui quando i ragazzi avranno finito? >>

Incapace di dire qualsiasi cosa, Reo si limitò ad annuire. Afferrò alla cieca le chiavi che gli furono lanciate e le strinse forte nel pugno, sentendo i denti di metallo che, a poco a poco, gli si conficcavano nella carne. Sperava che un po' di dolore lo aiutasse a svegliarsi, a trovare la forza per parlare o, al limite, per urlare, ma la vergogna lo atterriva al punto che avrebbe potuto anche mettersi a piangere se gli ultimi brandelli della sua autostima non gli fossero giunti in soccorso.

Seijuro raccolse il borsone che aveva lasciato vicino al banchetto e si avviò all'uscita, camminando imperioso, ma senza baldanza, perché non sta bene gioire troppo dei successi, glielo aveva isegnato suo padre fin dalla più tenera età. “Conquistare è semplicemente la tua natura, seguila e non voltarti mai indietro” questo, gli diceva. Ma proprio sull'ultima parte, Seijuro aveva ancora qualche dubbio, perciò...

<< Reo, cerca di evitare che questa... Cosa ti condizioni troppo... >> aveva un piede già all'esterno, esposto all'aria fresca della sera, mentre l'altro era ancora ben piantato sul parquet della palestra, nella direzione verso cui non avrebbe più dovuto guardare. << ...Evita di perderti in futilità, sarebbe uno grosso spreco di tempo ed energie.>>

La porta si chiuse con uno scatto sonoro della serratura e l'eco si propagò nell'ambiente vuoto, come a rimarcare che era davvero tutto finito. Un senso di pesantezza fiacchì le gambe e la schiena di Reo, costringendolo a sedersi di nuovo a terra. Il sottotesto di quell'avvertimento, appaentemente bonario, era piuttosto chiaro: non avvicinarti di più, altrimenti saranno guai per tutti. Rispetta le distanze ed ingoia il rospo, finchè puoi.

 

Sei davvero un bastardo egoista, Sei-chan.

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

 

Eeee salve di nuovo! Mi auguro che anche questo aggiornamento sia stato di vostro gradimento. Ringrazio le gentilissime ragazze che mi hanno recensito e chiunque abbia letto silenziosamente sin qui. Vi lascio alle note, un abbraccio e buon caldo asfissiante a tutti!

 

  1. Moe = aggettivo dello slang giapponese utilizzato di solito per indicare un amore o una passione per qualcosa e\o qualcuno non necessariamente “reale” (ad es. attaccamento nei confronti di personaggi di anime e manga). Fra gli otaku, però, questo termine viene spesso associato ad uno stereotipo di ragazza timida, imbranata ed inesperta nei rapporti con l'altro sesso, inconsapevolmente attraente ( nel testo il paragone si basa proprio su questo significato aggiuntivo. Tutte le informazioni possono essere verificate su Wikipedia ^^” )

  2. Spesso, pur volendo, ci sono gesti che non compiamo perché gli altri non intuiscano ciò che realmente desideriamo” = citazione “quasi” letterale tratta dal film “The Village”di M. Night Shyamalan. Adoro inserire citazioni nelle mie storie e questa sarà solo la prima, spero :) !

 

 

 

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Capitolo 5
*** Questione di fiducia ***


Sottopelle

 

 

 

 

 

quinto strato:

 

 

 

 

Questione di fiducia.

 

 

 

Vie silenziose, semideserte, pochi passanti. Negozi in chiusura, saracinesche già parzialmente addormentate, cucine di ristoranti e take-away foriere di profumi sempre più intensi.

Era quasi ora di cena.

Reo e Rumiko, soli nell'intervallo placido della sera, passeggiavano senza guardarsi, l'uno accanto all'altra. A differenza della maggior parte dei giovani, non avrebbero partecipato allo spettacolo della notte, perchè il ritmico succedersi dei loro passi, un po' indolenti, li spingeva dritti verso casa.

Eppure era venerdì.

Il terminal degli autobus, comodamente situato alla fine di una strada rettilinea che partiva proprio dall'incrocio del liceo Rakuzan, occhieggiava ormai a pochi metri di distanza, spezzando la luce bianca dei lampioni con le sue enormi tettoie. Gli studenti lo raggiungevano facilmente a piedi ed i trasporti erano puntualissimi, mai una corsa cancellata senza preavviso. Quel mostro di cemento e lamiera faceva bene il suo dovere, ma proprio per questo, Rumiko sapeva che le restavano davvero pochi minuti per iniziare - e concludere - una conversazione soddisfacente con Reo.

 

<< Beh, eccoci qua. Il mio bus dovrebbe arrivare a breve. Tu, invece, prenderai la linea 7? >>

Reo non aveva molte altre opzioni per raggiungere casa propria, quindi quella domanda era assolutamente retorica, tanto per dire qualcosa e rompere il ghiaccio.

La linea 7 costituiva praticamente un collegamento diretto tra il liceo ed il quartiere dove vivevano i Mibuchi. Bastavano venti minuti per compiere tutta la tratta e tornare indietro, mentre il trasporto che avrebbe preso Rumiko ci impiegava un'ora buona, ma almeno non prevedeva cambi e coincidenze, a differenza di quello della mattina.

<< Rumi-chan, so che muori dalla voglia di chiedermi di Akashi, quindi, per favore, non girarci troppo attorno. >>

<< Ma per chi mi hai preso?! >> si lamentò Rumiko, tentando di sembrare realmente scandalizzata. << ...non sono mica una pettegola! Sai che mi importa degli affari tuoi! >>

<< Va bene, va bene. >> tagliò corto Reo, agitando il polso come se stesse scacciando una mosca fastidiosa.

<< Certo che sei proprio un bel tipo! Peggio di una zitella in menopausa! >> sbottò quindi Rumiko, indispettita da quell'atteggiamento scostante. << ...Vuoi tenere il muso? Fa' pure! Ma almeno mostra un po' di rispetto per chi cerca solo di aiutarti, come Kotaro ed Eikichi. Se ripenso ai loro sguardi preoccupati e a come li hai ignorati brutalmente, mi sale un nervoso! Ti è sembrato giusto mandarli via senza neppure una parola?! >>

No, non gli era sembrato affatto giusto, ma agire secondo coscienza avrebbe significato mettere in pericolo l'equilibrio della squadra. Se avesse raccontato del colpo basso di Seijuro ai suoi fedelissimi amici, quelli sarebbero sicuramente andati su tutte le furie, perché erano fatti così, teste calde. Pur chinandosi spesso dinnanzi all'imperatore a causa del suo ruolo e della sua innegabile importanza, vivevano di altre priorità oltre alla vittoria e non si risparmiavano mai se si trattava di difendere un membro del trio. Solo del trio, chiaramente. Con gli altri, potevano raggiugere anche discreti picchi di spietatezza ed era proprio quello il problema.

Seijuro, inutile negarlo, aveva sempre ragione. L'umore dei compagni, la salute del gruppo, la coesione e la giusta dose di superficialità, tutte queste cose pesavano quasi completamente sulle spalle di Reo ed erano condizionate dal suo comportamento.

Quindi che fare?

 

<< Rumiko, ho dovuto tenere la bocca chiusa. Non è stato facile neanche per me. >>

<< Ma si può sapere cosa diavolo è successo da giustificare tutto questo mistero?! >>

Reo si fermò dietro Rumiko, la testa incassata nelle spalle e gli occhi puntati verso il cielo spruzzato delle prime stelle, poco luminose, ma in qualche modo rassicuranti. L'unica persona con cui poteva ancora parlare gli stava ripetutamente chiedendo di farlo e, forse, avrebbe dovuto in parte assecondarla, se non altro per alleggerirsi un po' lo spirito.

<< Akashi ha capito che sono gay e, molto probabilmente, anche che mi sento attratto da lui. >>

<< Cosa?!! Ma come...? >>

Rumiko si girò di scatto e quasi finì addosso all'amico. Non la sorprendeva che il reale orientamento sessuale di Reo fosse stato scoperto, del resto, era quasi scontato - per tutti tranne che per lei - , ma non riusciva proprio ad immaginare come si potesse considerare desiderabile Akashi Seijuro. Lo aveva conosciuto appena poche ore prima e già sperava di non doverlo rincontrare in futuro. Il suo aspetto era senza dubbio molto gradevole, ma l'alterigia con cui si imponeva sugli altri glielo aveva reso immediatamente odioso.

<< ...proprio con Chucky, la bambola assassina? E pensare che hai fatto tanta scena solo perché a me piace Kotaro! Credo che la mia scelta sia molto più comprensibile delle tua. >>

<< Non posso darti torto. Akashi è... una persona fuori dal comune. >> mormorò tristemente Reo. Le conseguenze di quella giornata così densa di cambiamenti cominciavano a farsi sentire. Desiderava solo buttarsi a letto e dormire fino al diploma.

<< Fuori dal comune mi sembra un tantino riduttivo! >> esclamò Rumiko, il petto gonfio e le mani sui fianchi, chiuse a pugno. << ...Ho visto come vi comanda a bacchetta e quanto riesce ad essere intimidatorio anche solo con le parole! Mette i brividi, ha qualcosa di anormale. >>

Anormale... Quella parola, per Reo, era una specie di taboo fin da quando si era reso conto di essere gay e di appartenere, quindi, ad una realtà che veniva ancora considerata “anormale” in molti ambienti e famiglie, compresa la sua, nonostante il progresso e la modernità tanto osannati nel ventunesimo secolo. Era molto arrabbiato con Seijuro, ma di certo non sopportava che venisse tacciato di anormalità così su due piedi, soprattutto da qualcuno che, in fin dei conti,non sapeva nulla di lui.

<< Rumiko, ho deciso che con te voglio ricominciare dal principio, per conoscere la persona che sei davvero e non quella che mi hai mostrato finora, ma ti avverto, se sentirò di nuovo uscire dalla tua bocca giudizi sulla presunta normalità od anormalità degli altri, non vorrò più vederti e al diavolo i bei programmi che ci siamo fatti. >>

Rumiko rimase un po' interdetta dalla severa reazione di Reo, ma ne comprese le motivazioni e non esitò a chiedere scusa.

<< Hai ragione, ho sbagliato ad esprimermi in quel modo. Sono solo un po' confusa e parlo senza pensare. Oggi mi sembra di stare su una giostra che gira troppo veloce. >>

<< A chi lo dici, Rumi-chan... >> sospirò Reo, rabbonito e sollevato dalla resa di Rumiko. << ...comunque, ho voluto solo darti una piccola strigliata, so che sei una signorina per bene. >>

<< No, ti prego, non chiamarmi in quel modo, uccidimi piuttosto! >> esclamò subito lei, fingendo di pugnalarsi. << ...La signorina per bene non vincerà mai! Resterò una felicissima zoticona fino a quando non mi infileranno in una bara! >>

Per quanto non ne avesse le forze e neppure la voglia, Reo si sentì sul punto di ridere. Quella Rumiko così spontanea ed autoironica sembrava fargli davvero bene, peccato averla conosciuta dopo più di due mesi.

 

<< Rumi-chan, il tuo pullman. >>

<< Aspetta un secondo, prima devo dirti una cosa seria! >>

<< Ok, se vuoi restare a dormire qui... >>

<< Accidenti! Tieni il telefono acceso, ti chiamo subito! >>

 

Neppure il tempo di far chiudere le porte automatiche che il “Nokia tune” già reclamava attenzioni da qualche punto imprecisato della cartella di Reo. Come al solito, il recupero del mitico cimelio richiese un po' di tempo e molta perizia.

 

<< Pronto, Rumi-chan, sono secoli che non ci sentiamo! >>

<< Spiritoso! Ora sta' zitto e lasciami parlare... So che probabilmente vorresti soltanto essere lasciato in pace, ma credo che a tutti serva qualcuno su cui poter contare. Quando l'anno scorso non avevo amici stavo malissimo, riuscivo a pensare solo alle cose che non mi piacevano, sia a casa che a scuola. Le ragazze del Derby sono state un'ancora di salvezza, mi hanno restituito l'allegria, ecco perché faccio di tutto, persino ingannare gli altri, pur di tornare con loro. Adesso, io... >>

Rumiko si prese una piccola pausa. Era imbarazzata e non le sembrava completamente giusto offrirsi senza sapere di cosa l'altro avesse davvero bisogno. Ormai, comunque, stava ballando, tanto valeva andare fino in fondo.

<< ...io non pretendo di essere un'ancora per te e so benissimo che hai già i tuoi compagni, però... Insomma, conta pure su di me, per qualsiasi cosa. >>

Reo si sentì coccolato e protetto da quella maldestra premura che prometteva molto più di quanto richiesto. Con che coraggio avrebbe potuto rifiutarla?

<< Conterò su di te, Rumi-chan. A questo proposito... >>

 

Il resoconto dello sfortunato dialogo con Seijuro fu breve, ma molto sofferto.

Rumiko lo ascoltò in silenzio, mentre gli ammortizzatori dell'autobus la facevano saltellare ad ogni dosso - odiava star seduta sui mezzi - e, alla fine, si soffermò a riflettere soprattutto su quanto accaduto dopo l' uno contro uno.

Non riusciva a comprendere perché il nano infame - pseudonimo che aveva amorevolmente affibbiato a Seijuro - si fosse spinto ad umiliare Reo senza alcuna ragione apparente, ma poi le sovvenne una possibile interpretazione dei fatti. Niente di più facile che quel tiranno avesse mirato dritto all'orgoglio di Reo solo per servirsene a proprio vantaggio, sapendo che un ragazzo dignitoso come lui, dopo lo smacco subito, non si sarebbe mai più permesso alcuna défaillance, anzi, avrebbe giocato con più grinta di prima, anche e soprattutto per ostentare indifferenza.

<< Akashi è un bastardo e, Reo, questo giudizio sono liberissima di esprimerlo! Ti ha trattato di merda perché così può tenerti meglio in pugno. >>

<< Sicuramente, ma non mi resta che far finta di nulla e andare avanti. Non posso lasciare la squadra, sia perché giocare a basket mi appassiona troppo, sia perché se lo facessi, creerei un sacco di problemi anche agli altri. Quindi zero piagnistei, massimo impegno. >>

<< Tutto secondo i suoi piani... >>

<< Beh, in fondo succede sempre così e la maggior parte delle volte è una fortuna. Comunque sta arrivando anche il mio pullman, ci sentiamo più tardi? Mi voglio schiacciare con la testa contro il finestrino e non pensare a nulla. >>

<< Va bene, tranquillo. Ciao! >>

<< Ciao. >>

 

 

La radio mandava un motivetto disgustosamente melenso, partorito probabilmente da una idol del momento un po' più oca delle altre. Reo avrebbe voluto chiedere all'autista di cambiare, ma quello sembrava gradire molto la canzone: smozzicava le parole del ritornello e tamburellava persino con le dita a tempo sul volante.

“I gusti delle persone, a volte, sono assurdi”, considerazione che spinse automaticamente Reo a meditare sui propri. Con Rumiko aveva ammesso solo di essere attratto da Seijuro e, probabilmente, non lo aveva fatto per errore, né per volontaria omissione.

É davvero possibile amare qualcuno di cui si ignorano le cose più importanti, qualcuno perennemente distante e chiuso in se stesso? Qualcuno che ti mortifica... La risposta a queste domande, che pure si poneva da tempo, alla fine gli era giunta da sola, senza pensarci troppo. Parlando di getto, aveva dato voce ai suoi reali pensieri. Non si trattava d'amore, bensì di banale desiderio carnale abbellito con qualche fronzolo romantico.

E allora perché continuava ad avvertire un terribile senso d'oppressione? Avrebbe dovuto gioire della nuova consapevolezza e tirare un sospiro di sollievo, non indulgere ancora in un sentimento artificiale. Cosa gli impediva di lasciarlo andare? Forse la mancanza di un diversivo, di un'attrazione equivalente?

No... Non era così semplice. In realtà, il suo attaccamento per Seijuro metteva radici su un capriccio, un puntiglio personale in cerca di soddisfazione. Si era messo in testa che doveva esserci dell'altro, o meglio, qualcun altro, ben nascosto dietro la facciata del ragazzo sempre perfetto, e nessuno avrebbe potuto fargli cambiare idea se non il diretto interessato.

Cerca che ti ricerca, all'inizio quasi per gioco, l'osservazione distaccata si era trasformata in attenzione ossessiva per ogni minimo particolare del viso, ogni gesto distrattamente eseguito senza controllo, ogni intonazione alterata rispetto al solito, arido, eloquio formale.

 

<< Mi sono fregato con le mie mani, pazzesco. >> bisbigliò Reo tra sé e sé. L'abitacolo vuoto gli sembrava adatto ai monologhi e comunque parlava spesso da solo senza farsene un problema.

Le strade che gli sfrecciavano accanto cominciavano già a ripopolarsi di comitive ridenti, mentre la luna si specchiava placida sui tombini di metallo. Chissà cosa stavano combinando quei due... Solitamente, il venerdì sera, c'era il ritrovo al B.B.Q.

Avendo riposto il telefono in tasca, afferrarlo e cercare un numero in rubrica era fin troppo facile per accampare scuse, quindi agì, anche se con un po' d'ansia.

 

<< Pronto? >>

<< Ciao, Eikichi. >>

<< Reo, sei tu?! Perché mi hai chiamato con l'anonimo? >>

<< Temevo che altrimenti non mi avresti risposto... >>

Pur ritenendo di non aver sbagliato, Reo si sentiva ugualmente in difetto e temeva che i suoi amici potessero respingerlo come lui aveva fatto con loro.

<< Ma no, dai, lasciamo perdere. Oggi eri fuori di testa e non volevi altre rotture, lo capisco. >>

<< Voi non siete una rottura, è solo che... >>

<< Ehi, t'ho detto lascia perdere! Non ci pensare. >>

<< Va bene, grazie della pazienza. Kotaro è lì con te, vero? State andando al B.B.Q? >>

<< Ehm... >>

<< Eikichi? >>

<< Sì, è qui con me e siamo all'ingresso. >>

<< Ok, vi rubo solo un attimo, me lo passeresti? >>

<< Non posso. >>

<< E perché scusa? >>

<< Senti, Kotaro non l'ha presa bene come me e non vuole parlarti. Sai quanto è permaloso, ma tra poco gli passa la scimmia, sta' tranquillo. >>

In effetti, Reo se lo aspettava, per quello non aveva chiamato direttamente Kotaro. Litigavano sul serio molto raramente, ma quando capitava potevano passare anche giorni prima che si scambiassero di nuovo qualche parola.

<< In effetti non ha torto, però devi assolutamente convincerlo a venire al telefono. >>

<< E come? Credimi, ora è proprio nero. Appena ha capito che stavo parlando con te si è buttato dentro e non mi ha neppure aspettato! >>

<< Digli “Nyan-san*”. >>

<< Cosa?! >>

<< “Nyan-san”, fidati! >>

Reo sentì la voce di Eikichi allontanarsi dall'apparecchio, mentre borbottava frasi sconnesse sul fare da balia ai mocciosi che bisticciano.

 

“Nyan-san” era una specie di codice di sicurezza segreto, da usare solo nelle emergenze. La storia che c'era dietro aveva ormai molti anni. Un giorno, in quarta elementare, Reo e Kotaro litigarono per chi avesse diritto all'ultimo dolcetto a forma di palla da basket servito dal mini-club. Kotaro sosteneva che spettasse a lui per il fattore età, mentre Reo diceva di averne mangiati di meno. Alla fine, lo prese l'allenatore, ma i due bambini non si parlarono lo stesso per una settimana e, forse, avrebbero prolungato il silenzio ad oltranza se Nyan-san, il gattino di Kotaro, non fosse stato investito da un tram. Quell'evento rappresentava una causa di forza maggiore e le ostilità furono subito interrotte. Kotaro stette tutto il pomeriggio a casa di Reo a disperarsi, ma poi la sera, i suoi genitori vennero a prenderlo con un gatto identico a Nyan-san ed in perfetto stato di salute, dicendogli che gli dei erano stati buoni e lo avevano salvato. Reo capì subito che si trattava di una menzogna bella e buona, ma si guardò bene dal dirlo a Kotaro, feliccissimo di stringere ancora tra le braccia il suo amico peloso - Nyan-san 2.0, comunque, era ancora vivo, grasso e pigro. -

Da quel giorno, ogni volta che durante un litigio si verificava qualche evento prioritario, bastava dire “Nyan-san” per far tornare la pace o, almeno, per impostare una tregua momentanea.

 

<< Adesso devi ascoltarmi per forza, sono le regole. >>

<< Già, sei stato proprio meschino a giocarti la carta di Nyan-san. >>

<< Dovevo chiederti scusa per il mio comportamento. Ti ho mandato via in malo modo e senza spiegarti nulla, mi dispiace molto. Purtroppo, anche adesso non posso dirti cosa sia successo con Akashi, ma ti assicuro che c'è un valido motivo. >>

<< Non mi interessa... >> Kotaro aveva un tono freddo e risoluto, estremamente raro per una persona esuberante come lui. << ...e sai perché? Ogni volta è la stessa storia. Credevo che ultimamente le cose fossero cambiate, ma mi sbagliavo. Io ti ho sempre raccontato tutto, mentre tu mi nascondi anche le stupidaggini. >>

<< Ma cosa dici?! Ti ho confessato il mio segreto più... >>

<< Eh, no, qui devo contraddirti. Andiamo, ti sei mai davvero impegnato per mascherare quel segreto? Credo che il tuo modo di essere così eccentrico sia soltanto una scusa comoda per toglierti l'obbligo di dichiarare certe cose ad alta voce. >>

Reo ascoltava incredulo le dure parole di Kotaro, mentre le lacrime incominciavano a pizzicargli gli occhi. Possibile che il suo più caro amico pensasse questo di lui? E se avesse avuto ragione? Davvero tutto ciò che lo caratterizzava, la sua stessa personalità, era una farsa, un'esagerazione negli atteggiamenti con un vile scopo, ben preciso?

<< I-io non... Non sono come dici. Il mio carattere non sarà certo perfetto, ma almeno è autentico. Fingere qualcosa che può metterti in situazioni sgradevoli sarebbe da stupidi. >>

<< Beh, sicuramente fingi di essermi amico. >>

<< Non è vero! Maledizione Kotaro, perché stai mettendo in discussione tutto quello che noi... >

<< Perché sono stanco di essere trattato come un imbecille che non merita considerazione! >>

I clienti del B.B.Q cominciarono a fissare Kotaro che, ormai, stava praticamente urlando contro il telefono senza considerare dove si trovasse. Eikichi capì l'antifona e lo trascinò per il braccio verso l'uscita, rimpiangendo amaramente la porzione gigante di ali di pollo che aveva appena fatto in tempo ad ordinare.

<< E lasciami, gorilla! >>

<< Cosa? >>

<< Non ce l'avevo con te, Eikichi sta facendo l'idiota! Smettila di tirare! >>

 

Una volta fuori dal locale, Kotaro tentò di tranquillizzarsi, ma ormai aveva già oltrepassato il punto di non ritorno.

<< Kotaro, ascolta... >>

<< No, per una volta parlo io! So di non essere intelligente come Akashi, ma per te ci sono sempre stato! >>

<< Ed io lo apprezzo moltissimo! >>

<< Come se me ne fregasse qualcosa della gratitudine, volevo solo che mi considerassi all'altezza dei tuoi problemi! >>

<< Ma lo faccio! >>

<< Ah si? Smettila di sparare stronzate! Mi consideravi all'altezza quando non mi haidetto di Natsu-chan? Ho dovuto scoprirlo per caso! E soprattutto, mi consideravi all’all'altezza quando non mi hai detto dell'infarto di tuo padre?! >>

Già, era vero. In quell'occasione, Reo non aveva parlato con nessuno, ma non per mancanza di fiducia. Semplicemente, si era illuso che tacere avrebbe reso l'incubo meno reale.

<< ...La mia prima reazione è stata giustificarti, perché dovevi aver avuto sicuramente un buon motivo per non dirmi di Gori-san, così mercoledì ho fatto finta di niente e ci sono passato sopra. Ma poi, ragionando con più calma, mi sono reso conto che ad un vero amico non si può nascondere una cosa tanto importante per più di due anni! Stasera hai di nuovo un segreto e, magari, domani ce ne sarà un altro. >>

<< Kotaro, hai ragione su papà, ma devi credermi, non ti ho raccontato nulla prima solo perché ero troppo spaventato per affrontare la situazione. >>

<< E allora con Akashi? Che problema c'è? >>

<< Ecco, io... >>

Reo chiuse gli occhi e trattenne il respiro. Dal modo in cui avrebbe continuato la frase sarebbe stato deciso il futuro della sua amicizia con Kotaro. Doveva scegliere: farsi odiare, o far odiare Seijuro.

<< ...non posso dirtelo. >>

<< Benissimo, allora neanche io ho più nulla da dirti. >>

 

La linea cadde in una frazione di secondo, lasciando Reo completamente solo. Aveva scelto di sacrificarsi perché temeva troppo uno scontro diretto fra Kotaro e Seijuro. Non voleva che il suo amico venisse coinvolto o addirittura danneggiato da una faccenda che non lo riguardava direttamente. Con un po' di buon senso, sarebbe riuscito a farsi perdonare e contemporaneamente a non compromettere la squadra. Certo, in quel momento, si sentiva più distrutto e triste che mai. Fare la cosa giusta poteva essere davvero molto difficile.

 

<< Ragazzo, questa è l'ultima fermata, devi scendere! >>

<< Sì, mi scusi... >>

 

Distratto dai propri pensieri, Reo non si accorse subito di essere arrivato a destinazione. Scese dalle scalette spaesato ed esitante, come se avesse compiuto un viaggio di cent'anni e non ricordasse più la strada di casa. Il cancello era già aperto e l'erba fresca del giardino luccicava per l'umidità della sera. Nell'aria il tipico odore di terra bagnata.

Sakura stava finendo di scaldare il riso, mentre Gori, come al solito, guardava il telegiornale in soggiorno e, di tanto in tanto, chiedeva alla moglie quando sarebbe stata servita la cena.

 

<< Reo, tesoro! Non ti aspettavamo a casa stasera. >>

<< Sei dispiaciuta? >>

<< Ma che dici, sciocchino! É solo che, di solito, il venerdì ceni fuori con gli amici. >>

<< A volte bisogna cambiare. >>

<< Sì, hai ragione. Com'è andata oggi a scuola? >>

<< Bene. >>

<< E gli allenamenti? >>

<< Anche. >>

<< Siamo di poche parole a quanto pare. Va' a lavarti le mani, è quasi pronto. >>

<< Veramente non ho molta fame, vado a letto. >>

<>

<< Fa niente, per oggi passo. >>

 

Sakura vide le spalle di Reo sparire gradualmente in cima alle scale e capì che quei maledetti cavoli avrebbe dovuto mangiarseli tutti lei, perché a Gori non piacevano.

 

<< Caro, hai visto come si comporta tuo figlio? >>

<< Cara, perché ogni volta che fa qualcosa di male è solo mio figlio? >>

<< Sii serio, mi rispondeva a stento! >>

<< Non farci caso, probabilmente ha litigato con Natsumi-san. Sai come sono emotivi i ragazzi a quell'età. >>

<< Sì, sarà questo. Il nostro piccolo Reo, alle prese con l'amore... >>

<< Beh, non è più tanto piccolo, a quanto pare. >>

<< Già, come passa in fretta il tempo... Ma comunque, anche se è cresciuto, deve sempre portarmi rispetto! >>

<< Questo è fuori discussione. >>

<< E i cavoli glieli lascio per domani! >>

<< Certo, certo. >>

 

 

 

 

 

 

La stanza di Reo era completamente immersa nell'oscurità; anche la veneziana della finestra era stata sbarrata per non permettere al minimo barlume di penetrare. La sveglia sul comodino segnava ancora le 21 e 30. Troppo presto per dormire, troppo tardi per riavvolgere e tornare indietro.

Reo era davvero esausto, ma proprio per questo, non riusciva a riposare e si rigirava nel letto da quasi due ore. Gli stava capitando un po' troppo spesso il paradosso di voler recuperare le energie e di possederne ancora troppe, o almeno, quante bastavano per tenergli occupata la mente. Uno squillo del cellulare lo distrasse dalle sue elucubrazioni e, per un attimo, sperò si trattasse di Kotaro; invece, era un sms di Rumiko.

 

 

Rumi-chan: Ehi, devi farti 1 smartphone ed installare ChitChat*, xkè altrimenti costringi le xsone a farsi la ricarica! >:(

 

Me: Non è detto che le persone debbano per forza parlare con me.

 

Rumi-chan: Ancora nervosetto?

 

Sì, decisamente, Reo era ancora nervosetto e non sapeva quando gli sarebbe passata. Nel giro di pochi giorni la sua vita aveva subito una strana deviazione e la maggior parte delle fermate non era stata affatto piacevole.

 

Me: Ho litigato con il tuo moroso.

 

Rumi-chan: Kotaro??

 

Me: Ovvio, quanti morosi hai?! Ah, giusto, in teoria ci sarei anche io.

 

Rumi-chan: Ma qndo sarebbe successo? E xkè?

 

Reo: Mentre stavo sul pullman gli ho telefonato per chiedere scusa e la conversazione è degenerata. Ce l'ha con me perché dice che non gli racconto niente della mia vita e che, quindi, non lo considero davvero un amico.

 

Rumi-chan: Forse nn ha tt i torti...

 

Me: Non sei di aiuto.

 

Rumi-chan: Scusa ^^”. Cmq, sono sicura ke si aggiusterà tt. Tu e Kotaro siete amici da tnt tempo, no?

 

Me: Fin dalle elementari. E anche se alle medie siamo stati 3 anni separati, non ci siamo mai persi di vista.

 

Rumi-chan: Deve sl calmarsi, vedrai. Ora, nn x fare l'insensibile, ma devo x forza cambiare discorso. Stasera ho kiesto ai miei dell'invito a pranzo e loro hanno detto di sì. Ti andrebbe di venire dmn? Visto ke è sabato...

 

Me: Va bene, ci sarò, a patto che tu smetta di scrivere abbreviato. Leggerti è cancerogeno.

 

Rumi-chan: Dimenticavo di avere a Ke fare cn un grande letterato! Installa ChitChat e poi ne parliamo! Cerca di dormire... A dmn!

 

Me: Notte, a DOMANI.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Salve! Questo capitolo è un po' strano, mi rendo conto, ma anche il precedente non era poi così scorrevole. Purtroppo ho una vera e propria passione per i dialoghi e ne scrivo di lunghissimi, forse perché leggo spesso copioni e canovacci di spettacoli teatrali ^^”

Spero di non avervi annoiato, grazie di essere arrivati fino a qui e grazie alle ragazze che hanno recensito il precedente capitolo.

 

  1. Nyan-san = signor Miao o qualcosa del genere .-. --- Una piccola curiosità: Nyan-san è il nome del gatto di Hiroshi Kamiya, doppiatore di Akashi nell'anime di Knb ( e di tanti altri personaggi fighissimi come Levi di Snk :o... ).

  2. involtini di cavolo = paradossalmente, dovrebbero essere il piatto preferito di Reo, stando alla character guide dell’autore.

3) ChitChat = un nome idiota e ridicolo per un'applicazione equivalente a Whatsapp, ma la mia versione è migliore, perché le telefonate si sentono e le chat non crashano mai u.u

 

Un abbraccio e alla prossima!

 

 

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Capitolo 6
*** Le parole che lei non mi aveva detto ***


Sottopelle

 

 

 

sesto strato:

 

 

 

Le parole che lei non mi aveva detto.

 

 

 


Casa Natsumi si sviluppava su un unico piano, secondo il più puro stile giapponese. Dall'esterno sembrava comunque piuttosto spaziosa ed il perimetro era circondato da un bellissimo giardinetto, con tanto di vasca in pietra per i pesci. Si capiva dalla cura nei particolari che quella famiglia teneva molto alle apparenze ed era determinata a far risaltare la propria abitazione rispetto alle altre del circondario.

Reo attendeva sul patio, con un involto di carta luccicante e due mazzi di fiori di diverse dimensioni fra le mani. Non aveva idea di come si fosse caricato tutto senza perdere pezzi per strada ma, alla fine, l'importante era esserci riuscito. L'involto conteneva la sua specialità: una torta millefoglie ai frutti di bosco. Si era svegliato alle 6 per impastare – in realtà, aveva dormito a stento un paio d'ore – e già sapeva, con incrollabile certezza, che quella delizia sbriciolosa gli avrebbe spalancato le porte del cuore dei suoi ospiti. Del resto, preparare dolci gli riusciva meglio che giocare a basket e solo questo bastava come garanzia di successo.

 

<< Ehi, Reo! B-benvenuto! >>

Rumiko, accorsa ad accogliere il suo “fidanzato”, sembrava piuttosto nervosa, non riusciva a stare ferma ed aveva gli occhi contornati da un malsano ed inquietante alone violaceo. Comunque, a patto di non considerare i tic e l'aria vagamente da tossicomane, era bella come al solito. Per il pranzo aveva scelto una camicia color ghiaccio ed una minigonna antracite; i capelli erano legati in uno chignon semplice sulla nuca, fermato con un nastro in tinta con la gonna.

<< Rumi-chan, respira! >> la esortò Reo, cercando di essere il più conciliante possibile. << ...Guarda che non stiamo andando ad un'esecuzione! >>

<< Lo so, è solo che... Forse è meglio lasciar perdere, e se stessimo sbagliando tutto? >> mugolò lei, per nulla rassicurata, anzi, forse più in panico di prima. Reo non l'aveva mai vista in quello stato.

<< Ormai non possiamo tornare indietro, sarebbe uno spreco. Tranquillizzati, sei un incanto. >>

<< Bleah! Piuttosto che questa roba, preferirei di gran lunga indossare una delle mie tutone slabbrate. >>

<< Sappi che se dici così, sei proprio l'antises... Oh, s-salve! >>

Reo sbiancò quando vide comparire un uomo sulla cinquantina alle spalle di Rumiko. Presumibilmente, si trattava di suo padre. Pessimo tempismo.

 

<< Rumiko, che ci fate qui fermi sulla porta? Coraggio, venite dentro! >>

 

I ragazzi, rigidi come pezzi di legno, varcarono la soglia e furono invasi dal tepore domestico del corridoio. Rumiko tentò goffamente di iniziare le presentazioni, ma il suo impegno non fu neccessario.

<< Bene, ora che siamo al caldo, possiamo conoscerci un po'. Io sono Takahiro, il padre di Rumiko e tu, invece, sei il Mibuchi-kun che vuole portarmela via. >>

<< Sì, credo, ma a patto che lei mi dia la sua benedizione, Natsumi-san. >>

<< Staremo a vedere... >>

<< Ehm, comunque, mi sono permesso di portare dei fiori e una... >>

<< Oh, vedo vedo, che belli questi fiori, sono per me? >>

<< B-beh, ecco, veramente sarebbero per la signora, ma se li preferisce, io posso... >>

<< Hahaha! Sta' tranquillo, scherzavo! Vieni, ti faccio strada. Kaori sarà molto contenta. >>

 

Prima di proseguire dietro Takahiro, Reo, incerto e confuso, tentò di catturare qualche cenno da parte di Rumiko.

<< Perdonalo, papà ha un senso dell'umorismo tutto particolare... >> gli sussurrò lei all'orecchio. << ...ma è innocuo. Il vero sovrano di questa casa è... Lei. >>

 

Natsumi Kaori, dritta come un fuso, supervisionava l'ingresso di Reo dalla fine del corridoio, con le braccia conserte e lo sguardo leggermente spento. Sembrava una versione matura di Rumiko, ma al di fuori della somiglianza fisica, tra le due donne non c'era altro in comune. La madre, infatti, si presentava esageratamente composta; gli abiti stucchevoli, l'esosa collana di perle e la crocchia piena di lacca contribuivano a conferirle un aspetto quasi ridicolo, nella sua eccessiva e forzata formalità.

<< Finalmente riusciamo ad incontrarci, Mibuchi-kun! >>

<< Sì, finalmente, signora Natsumi. Mi sono preso la libertà di portarle questo semplice dono per ringraziarla dell'ospitalità. >>

Hum... A quanto pare, oltre ad essere un bel ragazzo, conosce anche le buone maniere. “ pensò Kaori, abbastanza soddisfatta, mentre accettava il mazzo di fiori che le veniva offerto .

<< Ti ringrazio del pensiero! Oh, ma guarda, ce ne sono due? >>

<< Certo, quasi dimenticavo... >> farfugliò Reo, porgendo il fascio più piccolo a Rumiko. << ...questi sono per te, Rumi-chan. >>

<< Che galanteria! >> commentò lei, non senza farsi sfuggire l'espressione superbamente compiaciuta di Reo.

<< In realtà, avrei portato anche una torta, se alla signora non dispiace... >>

<< Io adoro tutto ciò che è dolce! Takahiro, infatti, mi dice sempre che dovrei essere meno golosa... Ma non era necessario prendersi tanto disturbo! >>

<< Nessun disturbo, è fatta in casa. >>

<< Allora deve essere davvero una prelibatezza, vado subito a portarla in cucina. Bene, tra poco sarà tutto pronto. Rumiko, dammi anche i tuoi fiori, così li sistemo in un bel vaso. Nel frattempo che finisco gli ultimi preparativi, perché non accompagni Reo a fare il giro della casa? >>

La richiesta di Kaori somigliava più ad un bisogno viscerale e, in effetti, quando Rumiko provò ad obiettare che il tour esplorativo non era necessario, ricevette in risposta uno sguardo talmente supplice che le fu impossibile sottrarsi, nonostante le proprie remore.

 

Attraverso il corridoio si aprivano tre porte scorrevoli di carta di riso: quella in fondo, presieduta da Kaori, conduceva a cucina e tinello, la centrale al salone e l'ultima ai sanitari. Dal salone, poi, si poteva accedere alle camere da letto.

 

<< Reo, devi capire che la mamma è fin troppo orgogliosa di come ha arredato casa e sbroccherebbe se non te la mostrassi. Perciò, per favore, dopo a tavola falle i complimenti. >>

<< Figurati, Rumi-chan! A me piace molto osservare le case degli altri, è un po' come entrare nella loro intimità. >>

<< Sei consapevole di aver appena detto una cosa tremendamente inquietante? >>

Rumiko afferrò Reo per la manica della camicia e si avviò verso l'altro estremo del corridoio, ma prima che potessero sparire dal campo visivo di Takahiro, questi non mancò di elargire un'altra dose del suo humor.

<< Mi raccomando, non portarlo nella tua camera da letto, sono pur sempre un papà geloso! >>

<< Non si preoccupi, Natsumi-san, con me Rumiko non corre alcun pericolo! >>

Anche Reo credeva di essere stato molto spiritoso, ma Rumiko gli piantò una gomitata nello stomaco per chiarire il proprio punto di vista.

<< Che ti salta in mente di dire?! Cretino! >>

<< Haha... Natsumi-san è veramente una sagoma! >>

<< Se non vuoi vedere la tua di sagoma spalmata sul pavimento, ti consiglio di evitare altre battutine allusive! Papà sarà pure un tipo alla buona, ma non è stupido. >>

<< D'accordo, calmati. Se continui ad agitarti così, ti verranno le rughe. >>

<< Oggi sei un po' troppo allegro per i miei gusti! Cos'è, ti è già passata la scazzatura di ieri? >>

<< Dammi tregua, voglio solo assistere in pace al tuo personale calvario. Io ci sono già passato, ricordi? Una volta ciascuno.>>

<< Vero... purtroppo. >>

 

Dato che in cucina, prima di pranzo, vigeva il divieto assoluto d'accesso ed il bagno non poteva esercitare alcuna attrattiva, Rumiko, sbuffando ad intervalli regolari di dieci secondi, intraprese il giro turistico a partire dal salone.

 

Era un ambiente molto vasto, abbellito con numerose riproduzioni fedeli di famosi dipinti di maestri giapponesi vissuti in varie epoche. Mancava del tutto l'arte moderna, ma nel complesso, l'effetto visivo era decisamente gradevole, come un viaggio sintetico nella storia della pittura nipponica.

<< Tua madre è un'appassionata d'arte? >>

<< No, le pareti sono state decorate con quadri scelti tutti da mio fratello che, per queste cose, ha un gusto molto raffinato. Sta studiando architettura e design non a caso! >>

Al centro della stanza, di fronte ad un tipico, quasi banale, divano rosso formato-famiglia, risaltava un bel televisiore al plasma da 42 pollici, con tanto di impianto dolby surruond e lettore DVD.

<< Questo, invece, è il giocattolino di mio padre. Ci ha messo più di mezzo stipendio per comprarlo, ma dice che ne è valsa la pena. >>

<< Confermo! Guardare il basket qui sopra sarebbe pazzesco! >>

Alla fine, abbandonata in un angolo, giaceva una cristalliera dal sapore antico, piena di oggettini in argento e foto di famiglia.

<< La cristalliera mi interessa parecchio. >>

<< Dì la verità, vuoi solo spiare le foto che ci sono dentro! >>

<< Colpito... Haha! Più che altro, sono curioso di vedere Tomomi. >>

Rumiko esitò per un attimo, ma poi decise di accontentare Reo. Prese da un cassetto la chiave della vetrina e, dopo averla aperta, afferrò la sua foto preferita.

<< Wow, è davvero un figo pazzesco! >>

<< Ehi, ti ricordo che è del mio frattellino che stai parlando! >>

<< Mmm... Qui di “ino” non vedo proprio nulla! >>

<< Reo!!! >>

 

Natsumi Tomomi era un ragazzo abbastanza alto, ben piazzato e biondo come la sorella, anche se di un tono più scuro. A giudicare dal suo sorriso smagliante mentre, in abiti tradizionali, impugnava uno shinai*, doveva aver militato nel club di Kendō* del Rakuzan, vincendo anche diverse medaglie, messe tutte in bella mostra su un espositore di velluto bordeaux.

<< Aaah... I kenshi*... >> sospirò Reo, affascinato dalla corporatura atletica e possente del giovane schermidore. Però, era sicuro di averlo già visto da qualche parte... Forse alla festa dello sport? No, un tipo come quello se lo sarebbe ricordato. Ma allora dove?

In un lampo, gli sovvenne l'immagine nebulosa dell'aula magna del liceo, piena di gente bardata di nero, singhiozzi sommessi, candele accese ovunque... Ed un enorme poster con quello stesso, magnifico sorriso.

No... Non è possibile!

<< R-Ru... Rumi-chan... Tuo fratello è davvero... all'unversità? >>

Rumiko strappò la foto dalle mani di Reo ed indietreggiò di qualche passo.

<< Certo che è all'uninversità! Dove, sennò? >>

<< Perché io, ecco, l-l'anno scorso, a scuo... >>

<< Smettila! Smettila, ti prego! >>

Reo afferrò Rumiko al volo, impedendole di scontrarsi con la cristalliera, e la strinse forte a sé. Ormai non aveva più bisogno di chiedere nulla, ricordava tutto...

 

Frequentava la nuova scuola solo da pochi giorni. Un ragazzo più grande era morto e quasi tutti, studenti ed insegnanti, sembravano molto scossi dall'accaduto. Ma lui era appena arrivato e non ne sapeva pressoché nulla, come il resto delle matricole. Si era ritrovato a posare un fiore sotto l'altare di un volto sconsciuto e per quanto, sul momento, ne fosse rimasto anche profondamente colpito, a poco a poco lo sgomento per la tragedia era sfumato in un pensiero sempre più labile e sporadico, surclassato dalle emozioni dirompenti della vita da liceale ancora tutta da scoprire.

Succede che ci si dimentichi anche di cose del genere; fa parte della natura umana andare avanti, a prescindere.

 

<< Rumi-chan, sono mortificato. >>

<< No, tranquillo, non hai fatto nulla di male, è colpa mia! Sono io che continuo a ripetermi che Tomomi è all'università, perché spero di vederlo tornare sul serio. E lo dico anche agli altri! Sono una fottuta psicopatica! >>

<< Non ti avevo detto che al prossimo giudizio velenoso ci saremmo salutati? Vale anche se lo rivolgi a te stessa. >>

Rumiko non piangeva, ma un freddo tanto pungente quanto irreale gelava il suo corpo, facendolo tremare senza controllo.

<< É successo tutto così in fretta... Io e Tomomi stavamo facendo colazione, quando all'improvviso, lui è caduto dalla sedia e non si è più rialzato. Una malformazione che abbiamo scoperto troppo tardi gli ha causato un'emorragia cerebrale. Sapevo che quella mattina si era svegliato con un po' di mal di testa, ma sono stata superficiale e non ci ho dato peso! Se avessi fatto qualcosa prima... >>

<< Non sarebbe ugualmente cambiato nulla, Rumi-chan... >> le disse dolcemente Reo, carezzandole la schiena << ...credimi, presto spesso servizio volontario sulle ambulanze visto che ho scelto infermieristica come attività extra. Ho assistito a diverse emergenze del genere e, purtroppo, non c'è stato mai niente da fare. >>

In realtà, con un soccorso immediato, a volte qualcuno riusciva a sopravvivere, ma si trattava comunque di casi estremamente rari e non c'era motivo di appesantire ulteriormente l'animo già provato di Rumiko. Reo avrebbe tanto voluto continuare ad ignorare quella terribile disgrazia, ma ormai non poteva più chiudere occhi ed orecchie e far finta di nulla. Gli era stata affidata una nuova responsabilità e doveva adiempiervi senza indugio, stando accanto a Rumiko più e meglio di prima.

<< Lo pensi davvero, che qualunque tentativo sarebbe stato inutile? >>

<< Sì, senza ombra di dubbio. >>

<< Sei un bugiardo! Ma grazie lo stesso... >>

Rumiko si abbandonò senza forze contro il petto di Reo, inspirandone a pieni polmoni il profumo, rigorosamente di lillà. Poi si sollevò sulle punte ed avvicinò il viso al suo.

<< Se Tomomi fosse ancora qui, ti adorerebbe. Lui aveva un debole per le persone sensibili... >>

Lo spazio fra le loro labbra scomparve senza farsi notare. Reo non oppose resistenza e lasciò che quel bacio denso di tenerezza arrivasse laddove le parole non avrebbero mai potuto. Forse era un errore assecondare Rumiko, ma il confine tra giusto e sbagliato sono solo le persone a stabilirlo, con le loro vite e le loro morali contorte. In quel momento, comunque, non aveva alcuna importanza.

 

<< Guarda un po' cosa succede quando il guardiano si prende un attimo di riposo! >>

<< N-Natsumi-san! >>

<< E meno male che di te non avrei dovuto preoccuparmi. >>

<< Mi scusi, m-ma non è come... >>

Takahiro fece cenno a Reo di lasciar perdere. Aveva visto la foto di Tomomi stretta al grembo di sua figlia e poteva facilmente immaginare cosa fosse accaduto. La vita era stata spesso matrigna con lui e gli aveva insegnato, talvolta lasciandosi dietro qualche segno un po' troppo profondo, che il calore umano è la sola vera medicina per le ferite del cuore. Non ne esistono di migliori.

<< Il pranzo è praticamente in tavola, vi lascio ancora due minuti. Rùrù, piccola, prima di venire in cucina, sciacquati un po' il viso. >>

<< Sì, papà. >>

 

Rumiko sedette imbarazzata sul bordo del divano e sospirò profondamente.

<< Scusami, Reo. >>

<< E di cosa? Se non sbaglio, ci siamo già baciati altre volte e questa è stata la migliore. Sei piuttosto brava, devo riferire a Kotaro. >>

<< Non pensarci nemmeno, cretino! >>

<< E siamo al secondo cretino della giornata... >>

<< Pensa che è ancora lunga! Dai, andiamo a darci un'aggiustata. >>

 

Reo e Rumiko uscirono dal salone e, dopo che la ragazza ebbe rimosso i segni del turbamento con qualche schizzo d'acqua ghiacciata, raggiunsero la cucina, dove sulla tavola perfettamente imbandita campeggiavano numerose portate dalla foggia occidentale.

<< Signora Nastumi, questo pranzo sembra delizioso anche solo a guardarlo! >> disse Reo, sinceramente impressionato dagli accostamenti di colore e dalle numerose decorazioni con nidi di radicchio.

<< Grazie mille, Mibuchi-kun! Ho voluto tentare qualcosa di diverso dal solito, speriamo che il sapore sia degno dell'aspetto. >>

 

A differenza della cena a casa Mibuchi, il pranzo a casa Natsumi fu un tantino meno imbarazzante. Reo ricevette le solite domande di rito: ti piace studiare? Che vorresti fare dopo il liceo? Quali sono i tuoi passatempi? Ed altre cose del genere... Inutile dire che rispose a tutte in maniera più che impeccabilie, d'altronde era arrivato preparato. Ci tenea davvero a fare una buona impressione, soprattutto per rendere a Rumiko le cose più semplici.

Il momento della torta fu il più piacevole, sia per l'effettiva bontà del prodotto, sia per la genuina allegria con cui i Natsumi ne apprezzarono la realizzazione artigianale.

<< Mibuchi-kun, hai le mani d'oro! Dovresti proprio dare due lezioni alla mia consorte! >> disse Takahiro, trangugiando voracemente un altro pezzo di dolce.

<< Se la mia cucina non ti aggrada, puoi benissimo mangiare fuori a pranzo e cena ogni giorno. >> finse di rimproverarlo Kaori, mentre con un fazzoletto si premurava di ripulirgli il mento, un po' sporco di confettura ai frutti di bosco.

<< Sono lusingato, ma direi proprio che la signora Natsumi non abbia bisogno di alcuna lezione, è già una cuoca sopraffina! >> ci tenne a precisare Reo.

<< Tu sì che sai come arruffianarti le fanciulle, eh, Mibuchi-kun? >>

Lo sguardo allusivo e furbetto di Takahiro non poté che strappare a Reo un ampio sorriso.

<< Haha.. forse ho questa dote nascosta, ma per favore, non lo dica a sua figlia, potrebbe ingelosirsi! >>

<< Tzè! Figuriamoci, ingelosirmi per una cosa del genere! >>

Anche Rumiko sorrideva e Reo le prese la mano, sollevato che il suo umore fosse gradualmente tornato normale.

 

Nonostante le numerose richieste, Kaori non permise a Reo di aiutarla a rigovernare la cucina. I ragazzi furono, quindi, scortati in giardino da Takahiro che praticamente li obbligò ad andare a divertirsi da qualche parte.

<< É sabato pomeriggio, no? Fate i giovani! >>

E loro non rifiutarono, anche perché sapevano di averne proprio bisogno.

 

<< E adesso cosa dovremmo fare? >> chiese, annoiata, Rumiko, mentre uscivano dal suo quartiere per raggiungere il sottopassaggio della metropolitana.

<< Ovvio, Rumi-chan, quello che fanno tutte le coppiette il sabato pomeriggio, shopping sfrenato a Shijo e Kawaramachi*! >> cinguettò Reo, evidentemente gasato dalla prospettiva.

<< Non vedi l'ora, vero? Ma a me lo shopping scoccia da morire, spiacente. >> ribatté Rumiko, beandosi dell'istantanea trasformazione di Reo da fringuello giulivo a cane bastonato. << ...Penso che ti porterò in un posto migliore e molto più vicino, a solo una fermata di metro da qui. >>

<< Quale ragazza sulla faccia della terra rifiuterebbe una full immersion fra le griffes più belle?! Sei proprio un maschiaccio, Rumi-chan! >> borbottò Reo, infilando un braccio sotto quello di Rumiko. << ...Fa nulla, vuol dire che per stavolta mi farai da cavaliere e ti seguirò. >>

Rumiko annuì soddisfatta.

 

 

 

 

 

 

Il tempio shinto si ergeva sulla cima di una piccola collina immersa in un bosco di faggi e ciliegi. Nonostante le modeste dimensioni, era molto ben allestito ed aveva un aspetto solenne. Per raggiungerlo, bisognava risalire un ripido sentiero acciottolato che, con la pioggia, diveniva scivoloso come una saponetta. Fortunatamente, quel giorno, c'era il sole.

La statua del dio Bishamon* torreggiava imponente su un altare, tra sei lanterne colorate e due gong di bronzo placcati in oro. Il suo sguardo severo incuteva timore e devozione, costringendo chiunque gli si avvicinasse a chinare il capo. Nella mano destra, reggeva la pagoda simbolo del forziere divino, nella sinistra, una lancia appuntita.

 

<< Non sapevo che da queste parti ci fosse un tempio così bello. >> bisbigliò Reo.

<< É stato costruito una trentina d'anni fa, parallelamente ai nuovi quartieri residenziali... >> spiegò Rumiko, mentre si guardava intorno alla ricerca di qualche candela. << ...Mio fratello veniva sempre a pregare qui prima di un incontro. >>

Reo avvertì una forte stretta d'ansia allo stomaco. Pur avendo intuito fin da subito le ragioni di Rumiko, il perché dietro la strana scalata verso quel luogo tanto riservato e tranquillo, non sapeva se sarebbe riuscito a sopportarlo.

É difficile discutere di certi argomenti, abbassare tutte le barriere, mentali ed emotive. Qual è il modo migliore di consolare una persona che soffre? E soprattutto, ne esiste davvero uno? Si possono comprendere i sentimenti altrui senza aver vissuto esperienze simili?

Reo ignorava troppe cose e si sentiva inutile. Ma era un ragazzo sensibile, giusto? Glielo aveva detto anche Rumiko...

Per mantenere viva la conversazione, scelse un argomento abbastanza tranquillo, senza tuttavia deviare da quello principale. Come inizio, poteva andar bene.

<< Bishamon protegge i guerrieri. Di sicuro Tomomi aveva scelto la divinità migliore a cui affidare i propri sogni. >>

Rumiko sorrise appena, facendo intendere di aver sentito ed anche di essere grata che Reo non si fosse tirato indietro. Le candele non le aveva trovate, ma in compenso qualcuno aveva lasciato un pacco intero di bastoncini d'incenso. Ne scelse due e li accese vicino ad una lanterna.

<< Ecco a te. >>

<< Grazie, Rumi-chan... >>

Reo non meditava molto, né si appellava di frequente alle divinità, però ogni volta che decideva di farlo, uno strano e piacevole senso d'intorpidimento gli annebbiava la mente, cancellando, anche se solo per poco, tutti i pensieri negativi.

Il profumo dell'incenso si spandeva lentamente nell'aria, saturandola delle sue virtù terapeutiche e purificatrici. Era rilassante, cullava senza stordire, rendendo quel momento una parentesi leggera, sospesa nel tempo.

<< Mi piaceva molto osservare il viso sereno e concentrato di Tomomi durante la preghiera, per questo lo accompagnavo quasi sempre. A differenza sua, io non mi soffermo troppo a riflettere sulle cose e non so dare alle piccole gioie quotidiane il giusto peso, ma mi ero messa in testa che ci avrei provato, prima o poi, almeno per farlo contento. Ora, invece, chi ci pensa più... >>

<< Immagino fosse un punto di riferimento importantissimo per te. >>

<< Sì, ma non solo per me, anche per mamma e papà. Stavano quasi per divorziare, l'anno scorso. >>

Questo, invece, Reo non lo immaginava, né avrebbe potuto.

<< É quasi difficile da credere, oggi li ho visti così uniti! >>

<< Dopo il massimo punto di rottura, hanno deciso di continuare a tirare avanti per me ed è stato un bene, anche se adesso non capisco mai se fingano certi gesti solo in mia presenza o se facciano sul serio. Come avrai capito, mio fratello non c'era più già da prima che io iniziassi a fare Derby. Nel raccontarti come sono andate le cose, ho mentito più volte. Forse speravo che non scoprissi mai la verità, che non collegassi Tomomi a quel ragazzo del Rakuzan morto poco prima del tuo arrivo. Oppure, non volevo che mi considerassi una persona ancor più senza cuore di come già dovevo apparirti, una figlia che se ne infischia del momento di crisi familiare e fa ugualmente quello che le pare. >>

Reo sospirò, o meglio, buttò lentamente fuori l'aria che aveva trattenuto per troppo tempo, quasi annaspando.

<< Rumi-chan, non mi devi alcuna giustificazione. Non ero con te in quei momenti terribili e, di sicuro, non posso comprendere cosa significhi vedere le persone che più ami andare alla deriva. Il tuo senso di colpa è plausibile, ma non credo avessi molte alternative. Ti era stato tolto un fratello che amavi con tutto il cuore ed anche i tuoi genitori sembravano sul punto di allontanarsi per sempre. É umano cercare di evadere, desiderare ardentemente un posto in cui trovare consolazione. Allora ben vengano il Derby e le amiche che ti hanno restituito il sorriso. Quello che sto per dirti è davvero meschino, ma lo penso e non posso farci nulla: hai diritto di rincorrere i tuoi sogni, non mollare. L'importante è non farti scoprire. Occhio non vede... sai come continua, no? >>

<< Cuore non duole. >>

<< Esatto. >>

Rumiko poggiò la testa sulla spalla di Reo e chiuse gli occhi. L'essenza di lillà e quella d'incenso si mescolavano perfettamente, esaltandosi a vicenda.

<< Neh, Reo-kun... Alla fine, sei davvero molto più buono di me. >>

<< Non credo proprio. Mio padre è cardiopatico, ha avuto un infarto quando ero in terza media. Se scoprisse che la nostra relazione mi serve solo per mascherare il fatto che sono gay, probabilmente accadrebbe il peggio. É per questa ragione, essenzialmente, che Kotaro è infuriato con me. Non gli avevo detto nulla. >>

<< Come ti ho anche scritto per messaggio, Kotaro ha ragione, ma sicuramente gli passerà. Quanto a Gori-san, mi spiace che sia stato male, ma è ancora vivo e questo è un dono. Significa che hai ancora modo e tempo di fargli capire cosa provi. Mi sa che ho fatto proprio bene a portarti da Bishamon. >>

<< Già... Fra l'altro, oltre a portare fortuna, Bishamon è anche il sovrano degli Yaksha*. >>

<< Sì, lo so, ma questo cosa c'entra? >>

<< Yaksha è il mio soprannome. Sono “il generale dalle triple divine”, lo Yaksha del basket. >>

<< Pft... che fanatico! >>

<< Non lo nego. >>

 

Rimasero ancora qualche minuto in silenzio, persi ciascuno nei propri pensieri. Poi, fu Rumiko ad alzarsi per prima, dedicando due ultimi inchini alla silenziosa divinità. Reo la imitò nel congedo e decise che avrebbe pregato un po' più spesso, in futuro.

Il sentiero a ritroso era difficile da percorrere senza cadere, soprattutto a causa della pendenza. Dopo diversi scivoloni - imbarazzanti, ma privi di conseguenze - , i ragazzi riuscirono finalmente a raggiungere la fine del declivio.

Il sole al tramonto era una ferita aperta nel cielo. Faceva male anche a guardarlo tra le dita, ma era bellissimo.

<< Rumi-chan, forse è per momenti come questi che viviamo... >>

<< O forse è per essere schiavi del cellulare. Ti sta squillando, non senti? >>

Reo soffocò un'imprecazione - odiava che gli si rovinassero gli scatti poetici - ed afferrò di malavoglia il suo Nokia.

<< Quel coso è un pezzo d'antiquariato, cambialo per l'amor del cielo! Non costa tanto uno smartphone di fascia media, sai? >>

<< Gli oggetti hanno anche un valore sentimentale, sai? Comunque è solo un messaggio, speriamo sia di Kotaro. >>

E invece no, non era di Kotaro.



 

Unknown number: hey, Reo-chan! Come stai? Spero che questo sia ancora il tuo numero, è passato davvero tanto tempo, troppo. Sono cambiate un mucchio cose, ma spero di poterti parlare presto di persona! Domani mattina tornerò a Kyoto e mi tratterrò in hotel per una settimana. Fammi sapere quando e se sei disponibile per un thè. Ci conto davvero molto...

Ryū

 

 

Reo rimase a fissare il display come in stato di shock e Rumiko, dopo avergli lasciato un margine di trenta secondi per la lettura del sms, cominciò a preoccuparsi.

 

<< Sveglia! Ehi! Tutto bene? >>

 

No, per niente.

 

 

 

Continua...

 

 




NOTE:

 

E rieccomi! Dopo questo capitolo immagino che non ci sia più nessuno intenzionato a seguirmi ancora, haha... É davvero pesante, mi rendo conto, ma che ci posso fare? Io e l'angst siamo una cosa sola, ammesso e non concesso che sia davvero riuscita a “sconvolgere” qualcuno. Bene, passo alla solita ed indispensabile fase dei ringraziamenti, augurandomi di riuscire a catturare ancora il vostro interesse.

 

 

 

  1. Kendō, shinai, kenshi = il Kendō, letteralmente “via della spada”, è un'antica arte marziale giapponese specializzata nell'uso della spada o katana. Durante gli allenamenti ed, oggi, anche nelle cerimonie ufficiali, la katana viene sostituita dal bokken, una riproduzione in legno di una spada vera, e dallo shinai, composto da quattro bastoni di bambù assemblati insieme. Il Kendō non è una semplice disciplina sportiva: i suoi praticanti, chiamati kendoka (alla occidentale) o kenshi (alla orientale), decidono di intraprendere un vero e proprio percorso di elevazione spirituale, alla ricerca dell'equilibrio perfetto tra mente e corpo.

  2. Shijo e Kawaramachi = queste due strade che si intersecano costituiscono il centro vibrante della metropoli di Kyoto.

  3. Bishamon = anche detto Bishamonten, è il corrispettivo giapponese della divinità tibetana Vaiśravana, sovrana del Nord. Tradizionalmente, la sua dimora è situata a metà del monte Sumeru. Oltre a governare il popolo silvano degli Yaksha*, rappresenta la guerra ed i guerrieri, punisce i malvagi, dispensa fortuna e protegge tutti i luoghi ove il Buddah abbia predicato. Suoi simulacri si trovano quasi sempre all'ingresso principale dei tempi shinto. La descrizione fornita nel testo è ispirata alla statua di Bishamon alloggiata nel tempio di Seisho-ji.

  4. Yaksha = divinità protettrici delle foreste, della natura selvaggia, dei villaggi e dei tesori sepolti. Servono il dio Bishamon e sono generalmente entità benevole, anche se non mancano descrizioni di Yaksha malvagi, simili a demoni e portatori di disgrazie. Si chiamano Yaksha anche i 12 generali celesti protettori del Buddha della Medicina.

 

 

 

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Capitolo 7
*** Come la prima neve dell'inverno ***


Sottopelle

 

 

 

settimo strato:

 

 

 

 

 

Come la prima neve dell'inverno.

 

 

 

<< Reo, ehi, dammi retta maledizione! Cosa succede?! >>

Rumiko gli scuoteva il braccio senza un minimo di delicatezza. Evidentemente, essere ignorata la infastidiva parecchio.

<< Niente di straordinario, ho solo ricevuto un messaggio di cui avrei fatto volentieri a meno da una persona di cui avrei fatto altrettanto volentieri a meno, soprattutto in questo periodo. >>

<< Cioè? Chi sarebbe? >>

<< Chi sarebbe... >>

 

<< Reo, l'anno scolastico è appena iniziato e già i tuoi voti in matematica sono pessimi! Cosa pensi di fare per migliorarli?! >>

La voce di Gori era talmente alta da far fischiare le orecchie. Reo già sapeva cosa aspettarsi se avesse risposto in maniera insoddisfacente: totale sospensione della vita sociale e persino del basket fino a nuovo ordine.

<< Studiare un po' di più? >>

Pessima idea tentare di minimizzare.

<< É la stessa identica cosa che ci hai detto l'anno scorso e ti sei salvato solo per il rotto della cuffia! Ti piace farci preoccupare così tanto per il tuo rendimento scolastico? Non pensi un po' anche a noi che facciamo un sacco di sacrifici per pagarti la retta!? >>

Eccola lì, mamma Sakura, che come al solito si giocava la carta del senso di colpa.

<< Lo so, ma non posso farci nulla! La matematica proprio non la capisco! Ci provo e ci riprovo a farmela entrare in testa, ma è tutto inutile! Forse sono stupido e basta... >>

<< Bene, se le cose stanno davvero così... >> Gori sembrava estremamente serio. Il suo tono si era ridimensionato, ma questo significava soltanto che la riflessione aveva momentaneamente sostituito la rabbia, consentendo lo sviluppo delle premesse perfette per il peggiore degli scenari. << ...vuol dire che prenderai lezioni private. >>

<< Cosa?!! No, dai, papà, per favore! >>

<< Niente lamentele. Vuoi impegnarti per colmare le tue lacune o preferisci davvero ammettere di essere stupido? >>

<< Ma già così ho pochissimo tempo a disposizione! >>

<< Beh, vorrà dire che eliminerai il superfuo. >>

Toglietemi tutto, ma non il superfluo”, diceva qualcuno...*

<< E va bene! Farò ripetizioni e porterò a termine anche tutti i miei altri impegni. >>

<< Volevo proprio che mi dicessi questo. Nella vita bisogna essere determinati, sono certo che non ci deluderai. >>

 

Nella vita, è giusto, bisogna essere determinati, ma Reo frequentava la seconda media, aveva appena compiuto quattordici anni e, come la stragrande maggioranza dei ragazzi di quell'età, stava sperimentando una vasta gamma di cambiamenti fisici, emotivi e psicologici cui non riusciva ad adattarsi molto rapidamente. L'ansia di comprendere i dettami del mondo degli adulti, ma al contempo il puerile desiderio di dimenticarli, quando scomodi; la confusione sui progetti a lungo termine e la paura di non averne affatto; il divario fra l'intima percezione di se stessi, restia a superare la fase della fanciullezza, e la necessità di apparire sempre forti e sicuri per poter essere presi sul serio; i brividi sconosciuti nei momenti meno opportuni, la frenesia di voler svelare al più presto i loro segreti, percorrendo alla cieca, tra le lenzuola sottili, sentieri di pelle sempre più audaci, vertiginosi se lambiti con ostinazione nei loro punti nevralgici, indicibili agli occhi della vergogna, sensuali oltre ogni immaginazione.

E in questo marasma chiamato “pubertà”, Reo dovette finalmente dare un nome anche alle proprie idee confuse, al senso d'inquietudine che, di tanto in tanto, lo coglieva di sorpresa in mezzo agli altri, sussurrandogli che non era come loro; sebbene si trattasse di un disagio di vecchia data, la banale giustificazione che poteva benissimo avere molte origini diverse, non per forza preoccupanti, concesse a Reo di cullarsi nell'oblio del dubbio, fino a quando gli divenne praticamente impossibile continuare a farlo. Forse, da solo non ce l'avrebbe mai fatta ad abbandonare le ipocrisie, soprattutto a causa dell'educazione omofoba ricevuta dai genitori; gli ci volle un aiuto esterno, una spintarella.

La spintarella bussò a casa Mibuchi una fredda domenica di ottobre.

Pioveva a dirotto, Ryūji Saito era bagnato dalla testa ai piedi. I capelli castani e ricci gli si erano completamente incollati al viso, facendolo somigliare ad un barbocino appena uscito dalla centrifuga. Non aveva una bellezza canonica, ma era attraente, in un suo modo tutto particolare che fece arrossire Reo fin quasi al bianco degli occhi.

Ryūji Saito, diciassette anni e undici mesi, studente modello in cerca di un impiego per pagarsi il corso di preparazione che, auspicabilmente, gli avrebbe reso meno impossibile superare il test d'ammissione alla Tōdai*.

<< Buongiorno, signori Mibuchi, vogliano scusarmi se mi presento in questo stato pietoso, ma il bus mi ha lasciato a piedi e il vento ha neutralizzato in pochi secondi il mio ombrello. >>

<< Sta' tranquillo, povero caro! Se non ti asciughi subito prenderai un malanno! Reo, non rimanere lì impalato, va' subito a prendere degli asciugamani! >>

Reo sentì solo in parte, anzi per niente, le parole di sua madre. Era troppo concentrato a fissare le labbra di Ryūji, rese lucide dalla pioggia sferzante che non smetteva di cadere.

 

 

<< Davvero alle medie avevi difficoltà con la matematica? Pazzesco... >>

<< Rumi-chan, non credo sia questo il fulcro del discorso! E comunque adesso me la cavo abbastanza bene. >>

<< Ah sì? E che voti hai? >>

<< Non sono affari tuoi! >>

 

 

Ryūji aveva uno strano modo di spiegare le cose. Lavorava per immagini, talvolta evocando veri e propri scenari, con lo scopo di rendere più facile la memorizzazione e la comprensione dei concetti. E funzionava, anche se Reo era spesso costretto a prendersi a pizzicotti le braccia per tornare alla realtà. Quando le rappresentazioni si facevano troppo vivide, infatti, poteva capitare che, ad esempio, il punto di flesso di una funzione ricordasse da vicino la curva pericolosa tra il dorso di Ryūji, incautamente proteso lungo la scrivania, ed il suo fondoschiena, spinto in alto dalle gambe rigide.

 

<< Dunque, Reo-chan, cosa otteniamo facendo ruotare un trapezio rettangolo attorno alla sua altezza? >>

<< Ehm... >>

Reo-chan... Ryūji aveva sempre quel modo così informale di rivolgersi a lui. D'accordo che lo sopravanzava di quasi quattro anni, ma utilizzare gli onorifici tanto liberamente non stava bene.

Il “chan” era proprio fuoriluogo, sì, fuoriluogo.

Allora perché gli veniva la pelle d'oca tutte le volte?

<< Dai, Reo-chan, se indovini, ti do' una caramella. >>

<< Saito-senpai, non sono mica un cane! Non servono questi mezzucci per motivarmi! >>

<< Haha, mi hai frainteso! >> La risata di Ryūji era luminosa, la sua voce tersa come un cielo d'estate. << ...Non volevo certo paragonarti ad un cane, anche se credo saresti adorabile a quattro zampe, con la coda e le orecchiette pelose. >>

<< M-ma che... che cosa...?! Comunque... >> Il viso di Reo era color aragosta. << ...la risposta è un tronco di cono. >>

<< Sì, esatto, Reo-chan. Ed eccoti il tuo premio, come promesso. >>

Ryūji prese un konpetto* da una scatolina di plastica che teneva nello zaino e lo pose direttamente fra i denti di Reo. Strano, ma cose del genere, più o meno imbarazzanti, succedevano di frequente. Il passo fra il trovarle inopportune ed il sentirne la mancanza, quando si facevano più rare, fu molto breve.

 

 

<< Quindi ti eri preso una bella sbandata per quel tipo... >>

<< Sì, ma considera che per me si trattava di sentimenti mai provati prima. In quel periodo, tremavo all'idea che le mie tendenze venissero alla luce. Non volevo rischiare di essere allontanato dagli amici e, soprattutto, da Ryūji. >>

 

 

Reo, in verità, non ci aveva mai voluto pensare troppo. Da bambino gli piaceva rubare i vestiti e le scarpe col tacco di sua madre, mascherarsi da principessa al Setsubun* piuttosto che da samurai, giocare con la nouvelle cuisine di Chiyo e incollare stelline colorate praticamente ovunque. Ma non era poi così insolito, anche altri maschietti della sua stessa età si divertivano ad imitare le femminucce e nessun genitore ne faceva un dramma. La situazione cominciò a divenire meno chiara quando, crescendo, certe inclinazioni non scomparvero, anzi, si intensificarono, accompagnandosi ad altre ben più particolari.

Forse era la quinta elementare... Kotaro aveva rubato a suo fratello maggiore una rivista osè e l'aveva portata a scuola. Durante l'intervallo, tutti i ragazzini si erano accalcati attorno al suo banco per riuscire a dare almeno una sbirciatina, ma non Reo. Lui aveva preferito starsene solo in un angolo a consumare il pranzo, senza dare nell'occhio. Da quel momento, la consapevolezza di provare attrazione per altro si insinuò a poco a poco, ma inesorabilmente, nel suo subconscio, senza tuttavia avere il coraggio di risalire in superficie, ove sarebbe stato molto facile - e spaventoso - metterla a fuoco. Chiaramente, scansare le questioni fastidiose non avrebbe potuto proteggerlo in eterno e, difatti, ci pensò l'adolescenza a sviscerarle tutte, incurante delle ripulse dettate dalla paura.

Il primo passo verso l'accettazione si mosse sul terreno scosceso della gelosia.

 

<< Senpai, mi sembri un po' giù di morale. >>

<< Beh... >> Ryūji aveva gli occhi gonfi, irritati, e lo sguardo smorto. << ...sarà che sto pensando un po' troppo. Oggi fanno due mesi da quando la persona con cui sono stato per oltre tre anni mi ha lasciato. Con un sms, per di più. Il suo trasferimento a Tokyo ha complicato tutto e credo ci sia stato anche lo zampino di qualcun altro, ma non posso esserne certo. Comunque, ormai, non ha alcuna importanza. >>

<< E ne senti ancora la mancanza nonostante, forse, ti abbia tradito?! >> Reo si morse la guancia per evitare di spingersi troppo oltre, ma era furioso. Qualcuno aveva osato ferire Ryūji, il suo Ryūji.

<< Non è così immediato passare sopra i sentimenti, Reo-chan. Se bastasse solo la rabbia a cancellarli, sarebbe tutto molto più semplice, ma anche meno significativo. >>

<< Perché bisogna sempre prendere le cose tanto seriamente!? Senpai, io non penso che il dolore renda la vita più più densa di significato, anzi, forse è proprio il contrario! Vederti così, fa... ecco... fa star male anche me, quindi la sofferenza non solo è brutta, ma si propaga! >>

<< Sei davvero un bell'idealista naïf, Reo-chan... >> Ryūji si chinò leggermente verso di lui, attorcigliando l'indice fra i suoi capelli d'ebano. << ...ma hai ancora qualche anno per renderti conto che la vita non può essere solo amore e zucchero filato. Nel frattempo, resta così, puro come la prima neve dell'inverno. >>

 

 

<< Paradossalmente, l'amaro sarebbe stato proprio lui a farmelo assaggiare. >>

<< In tutti i sensi, scommetto. >>

<< Rumiko!!! >>

<< Scusa, ma è colpa tua, mi hai servito la battuta su un piatto d'argento! Comunque, con tutti quei comportamenti ambigui, come caspita hai fatto a non capire?! >>

<< Te l'ho detto, la mia testa era in tilt! Mi sembrava assurdo già soltanto provare una chiara ed innegabile attrazione per un ragazzo, figuriamoci se avrei potuto anche lontanamente immaginare di essere ricambiato. In più, c'era lo spettro di quella persona tra di noi e credevo si trattasse di una donna, visto che anche lo sfondo sul cellulare di Ryūji era una bella ragazza mora.>>

<< Davvero? E come si spiega? >>

<< Quando finalmente mi è venuto il coraggio di chiedere, ho scoperto che si trattava di sua sorella gemella, Sayoko. Tra i due c'è un rapporto molto particolare, forse proprio perché sono gemelli, chissà. I genitori non se la sono mai passata molto bene economicamente, per cui hanno potuto puntare sull'istruzione di uno solo dei figli. Sayoko, essendo donna, ha lasciato che fosse Ryūji a prendere tutti i soldi disponibili per l'università, rafforzando ancora di più il loro legame. >>

<< Che diavolo vorrebbe dire?! Una donna non ha forse lo stesso diritto di... >>

<< Ehi, calma, ti fermo subito, sono d'accordo con te, ma il modo di ragionare di Sayoko è diverso dal nostro. O forse, semplicemente, non ha mai avuto molta voglia di studiare. Fatto sta che Ryūji si è caricato le aspettative di tutti impegnandosi al massimo e lavorando come un forsennato per mettere da parte qualcosina in più. >>

<< Encomiabile... E poi, cos'è successo? >>

<< E poi... >>

 

 

<< Reo-chan, lo sai che il colore dei tuoi occhi ha le stesse sfumature delle acque del lago Biwa*? Ci sprofonderei dentro, senza più tornare a galla... E queste ciglia lunghe all'infinito, ricordano le tife che ne baciano dolcemente la superficie, sospinte dal vento fresco del Nord-Est. >>

 

 

 

 

<< Reo-chan, lo sai che i tuoi capelli sono più lisci della seta? Se ci si passano le dita, sembra di sfiorare una nuvola. >>

 

 

 

 

<< Reo-chan, lo sai che la tua pelle è così diafana che riesco a guardarti dentro? Vedo solo cose belle e luminose, sai? >>

 

 

 

 

<< Reo-chan, lo sai che le tue labbra... >>

Il giorno delle labbra, fu l'orizzonte degli eventi.

<< ...oh, le tue labbra... con questa forma che allude alle ali spiegate di un gabbiano. Se solo potessi farle mie. >>

<< S-Saito-san, cosa..? >>

<< Ryū. >>

<< Ma... >>

<< Chiamami Ryū e basta, d'accordo? >>

<< Sì, Ryū... >>

Solo il semplice scivolare languido, sotto il palato, di quel diminutivo dal suono infantile, fece esplodere un putiferio nel cuore di Reo. E Ryūji era vicino, quasi al limite del baratro. Il suo respiro gli solleticava il mento, un intenso profumo di lillà a coronare la nuova immagine perfetta.

<< Reo-chan, mi sembra di impazzire. Trascorrere tutto questo tempo spalla a spalla, giorno dopo giorno, sta diventando una tortura. >>

<< Perché? Ho fatto qualcosa di male? >>

<< No, tutt'altro. Ormai dovresti aver capito cosa voglio dire e cosa provo. Ma se così non fosse, ti prego, facciamo finta che non abbia mai aperto il discorso. Preferirei la pubblica gogna piuttosto che essere disprezzato da te. >>

Reo deglutì a vuoto. Aveva la gola secca e le mani gelide.

<< Non potrei mai disprezzarti, Ryū... >> E, nel frattempo, gli si avvicinò un pochino di più.

<< Reo-chan, non è appropriato che io... >> Anche Ryūji deglutì, distogliendo lo sguardo. << ...sono più grande, ho una certa responsabilità e non dovrei... non dovrei approfittare di... >> Ancora una pausa, mentre la tensione saliva verso picchi insostenibili.

<< Che brutta parola, approfittare. I sceglierei piuttosto... condividere. >>

Una sorprendente intraprendenza, come un fulmine a ciel sereno.

<< Reo-chan! Allora, anche tu vuoi... vuoi davvero che io... >> Era troppo bello per essere vero, come tutto ciò che di pericoloso affascina e rapisce, indipendentemente dalla ragione. << ...e se ti turbassi? Se ti facessi un male irreparabile? Sei ancora poco più che un ragazzino. >>

<< Credo che per scoprire le conseguenze di determinate azioni, l'unica strada possibile sia prima compierle. >>

Non c'era incertezza nella sua voce, né nelle sue labbra che andarono a posarsi su quelle di Ryūji proprio con la stessa delicatezza di un gabbiano che, dopo la tempesta, trovi finalmente sollievo su un piedistallo di solida roccia marina.

 

 

<< Romantico... questo Ryūji ci sapeva proprio fare con le parole. >>

<< Beh, sì, più o meno. Le sue lusinghe sortivano il massimo effetto principalmente perché ero un moccioso alla prima cotta. Avrebbe potuto parlarmi anche del meteo, l'avrei trovato ugualmente seducente ed irresistibile. >>

<< Facile giungere a conclusioni, col senno di poi. Comunque, quel profumo di lillà? >>

<< Era il suo preferito. >>

<< Adesso si spiega perché anche tu... >>

<< Già. >>

 

 

L'orologio a goccia contro il muro ticchettava senza sosta, scandendo il tempo inutilmente. I vetri della finestra si erano annebbiati per la condensa e fuori nevicava piano: fragili fiocchi di ghiaccio ad attutire i suoni della strada, la chiave girata nella serratura d'ottone.

Reo era in ginocchio già da un po'; le gambe cominciavano a fargli male, ma non se ne curava. Sarebbe rimasto in quel modo, genuflesso e immobile, anche per una vita intera, nutrendosi soltanto di Ryūji che respirava forte, in piedi di fronte a lui, la mano ancora adagiata fra i suoi capelli, i sensi intorpiditi dall'onda di piacere che li aveva sconvolti tutti, solo un attimo prima.

 

<< Reo-chan... non sta... non sta bene fare certe cose con il... tuo tutor. >>

<< Non mi interessa. >>

<< Tu sei puro come la neve... ed io ho... >>

<< Semmai, noi abbiamo, e comunque, non mi interessa essere puro come la stupida neve. É fredda e soffoca la natura. Piuttosto, tutor... sporcami ancora di più. >>

La resistenza di Ryūji subì un duro colpo, tuttavia rimase integra.

<< Non immagini quanto anche io lo desideri. E succederà, in un'occasione speciale che custodirai per sempre nei tuoi ricordi. Ti guiderò attraverso questo passo con tutta la premura di cui sono capace, ma adesso credo sia troppo presto. Meglio aspettare, dev'essere assolutamente perfetto, non ti offrirei nulla di meno, perché ti amo, Reo-chan. >>

Reo si sentì vacillare. La felicità estrema che stava provando in quel momento avrebbe potuto quasi condurlo alla follia. Voleva lanciarsi fuori, correre come un forsennato per gridare a tutti quanto la fortuna fosse stata benevola con lui. Invece disse solo, con la voce rotta dalla commozione:

<< Ti amo anche io, Ryū-chan. >>

 

 

<< Wow... e, alla fine, Ryūji è riuscito a mantenere la promessa senza sembrare un perfetto idiota? >>

<< Ottima diagnosi, Rumi-chan. >>

 

 

<< Ryū, l'anno scolastico è finito per entrambi ed i miei voti sono migliorati. Adesso come faremo a vederci? Non abbiamo più scuse! Forse avrei dovuto farmi bocciare... >>

<< Non dirlo neanche per scherzo, testone! Tanto per cominciare, sarebbe stato inutile, perché i tuoi mi avrebbero licenziato in tronco e, poi, devi assolutamente pensare al tuo futuro, quello viene prima di tutto. Sei un ragazzo intelligente e pieno di prospettive, hai il dovere di valorizzare le tue doti. >>

<< Ferma, ferma! Sembri mia madre! Come posso pensare al futuro? Dai, ho appena finito la seconda media, non so neppure che liceo frequenterò! >>

<< Già, è vero. Hai appena finito la seconda media... >> Ryūji si rabbuiò all'istante. Sul suo viso comparve un'espressione rassegnata. << ...io, invece, ho già diciotto anni e mi sto preparando per affrontare la prova più difficile della mia vita. >>

<< Andiamo, non esagerare, Ryū. Se anche non dovessero ammetterti, ci sono altre università oltre alla Tōdai. >>

<< Esiste solo la Tōdai, invece! Non mi accontenterei mai di un posto più scadente, dopo tutto il sangue che ho versato sui libri! Ho sudato per conquistarmi ogni singolo risultato e adesso voglio riscuotere il premio che mi spetta! Ma cosa te ne parlo a fare, tanto tu non puoi capire! >>

<< Hai ragione, Ryū-chan. Probabilmente, non posso capire, però una cosa la so per certa... non riesco più a vivere senza di te. Farei di tutto per seguirti anche in capo al mondo. Voglio solo starti vicino, per me non chiedo altro. >>

Tutto quel discorso, per quanto pregno di sincera devozione, era sbagliato ed esagerato sotto molti punti di vista. Ma Reo, dopotutto, aveva solo quattordici anni ed aveva appena finito la seconda media. In quel momento, non gli si poteva chiedere maggiore giudizio.

Alla fine, Ryūji superò il test.

 

 

 

 

<< Ryū, prometti che mi scriverai e mi chiamerai tutti i giorni da Tokyo! >> I lacrimoni ed il naso arrossato conferivano a Reo un aspetto tremendamente indifeso, dolce più del miele. Per un attimo, Ryūji stette quasi sul punto di scagliare via le valigie e portare il suo giovanissimo fidanzato nella prima camera d'albergo disponibile. Per un attimo, appunto. Poi il buon senso, con la sua arida logica, si fece nuovamente avanti.

<< Lo prometto, Reo-chan. Sta' tranquillo, nulla potrà impedirmi di farti sentire la mia vicinanza nonostante i chilometri che ci separano. >>

 

E, invece, qualcosa c'era, a cominciare dalle lezioni pesantissime e dagli orari impossibili.

 

<< Ryū, questa settimana ci siamo sentiti solo per cinque minuti! >>

<< Lo so, scusami, è che sono completamente sommerso. >>

<< Tranquillo, fa niente, so quanto ti impegni. Però mi manchi tanto... è tristissimo non vederti gironzolare nella mia camera. >>

<< Sei un tesoro, Reo-chan, sopporti tutto e comprendi le mie difficoltà. Non so cosa farei senza di te. Questo weekend tornerò a Kyoto e... beh... avremo modo finalmente di portare la nostra relazione al livello successivo. Non vedo l'ora. >>

 

Ma quell'ora non arrivò.

 

<< Reo... >>

<< Ryū, perché mi chiami così presto? Sei già partito? Io sto finendo di prepararmi per... ehm... >> Ancora non riusciva a dirlo senza arrossire. << ...la nostra serata speciale. >>

<< Ecco, a questo proposito, sono sorti dei problemi. >>

<< Che genere... di problemi? >>

<< A breve avremo un importante test d'analisi ed il professore mi ha messo a capo di un gruppo di approfondimento. Abbiamo solo pochi giorni per impostare un progetto molto difficile e così... >>

<< E così, non torni neanche questo venerdì. Niente serata speciale. >>

<< Mi dispiace tantissimo, Reo-chan! Ma è solo rimandata, te lo prometto, anzi, lo giuro! >>

<< Non giurare, potresti pentirtene. >>

<< Che significa? Stai forse dubitando di me? >>

<< No, è solo che... >>

<< Reo, io ce la metto tutta! >>

<< Lo so. >>

<< Non è facile neanche per me! >>

<< Lo so. >>

<< Adesso devo andare... >>

<< Ok. >>

<< E dai, smettila di essere arrabbiato con un povero universitario sull'orlo di una crisi di nervi!>>

<< Tranquillo, non farti venire crisi, ti ho già perdonato. Spero che in quel gruppo di studio ci siano solo persone serie e consapevoli che sei fidanzatissimo. >>

<< Haha... Che tenero, adesso fai il geloso? Non preoccuparti, ti garantisco che nel mio cuore ci sei solo tu.>>

 

E forse, all'inizio, era anche vero. Almeno fino a quando non ricomparve sulla scena una vecchia conoscenza.

 

 

<< Kaede Matsumoto? >>

<< Già, l'ex di Ryūji. >>

 

 

<< Reo-chan, mi raccomando, non allarmarti inutilmente, ok? >>

<< Se prima non mi dici di che si tratta... >>

<< No, me lo devi promettere a prescindere. Non farti venire inutili paranoie, fidati di me. >>

<< Io mi fido sempre di te, lo sai. >>

<< Benissimo, tienilo a mente. Ti racconto questa cosa solo perché tra noi non devono esserci segreti, ma non è nulla di significativo. Qualche giorno fa ho incrociato Kaede all'università. >>

<< Cooosaa?!!! >>

<< Ehi, ricorda che hai promesso! >>

<< Sì, ma... >>

<< Reo! >>

<< Va' avanti. >>

<< Non sapevo che fosse riuscito anche lui ad entrare alla Tōdai, quindi trovarmelo di fronte in caffetteria è stato un mezzo shock. Speravo non mi riconoscesse, ma ovviamente era impossibile visto che... >>

<< Visto che siete andati a letto per tre anni. >>

Reo era davvero infuriato. Stritolava convulsamente la cornetta del telefono pubblico immaginando che fosse la gola di un certo terzo in comodo sbucato dal nulla senza invito.

<< Reo, lo sai che è acqua passata e sai anche quanto ci sono stato male. Non tornerei mai con uno come Kaede, però... >>

<< Però?! >>

<< Quando mi ha chiesto di parlare l'ho accontentato. Voleva scusarsi per il modo barbaro in cui aveva chiuso con me e tentare di ricominciare da capo come amici. >>

<< E tu cosa gli hai risposto? >>

<< Che mi sta bene. Ci conosciamo fin dall'infazia, prima di metterci assieme siamo stati amici per moltissimo tempo e ammetto che le chiacchierate tranquille con lui mi mancano. >>

<< E non ti basto più io? Non ti basta parlare con me, confidarti con me!? >>

La voce di Reo cominciava ad incrinarsi pericolosamente. Non voleva mettersi a frignare, ma aveva una bruttissima sensazione.

<< Reo, io adoro parlare con te, lo sai, ma con Kaede è diverso... Lui ha la mia stessa età, fa parte del mio stesso mondo e può comprendere cose che, purtroppo e per fortuna, tu non devi ancora affrontare. >>

<< Di nuovo questa storia?! A quanto pare, sono troppo piccolo per capire i tuoi profondi dilemmi, ma abbastanza grande per... >>

<< Fermati, prima di dire quello che penso e farmi incazzare di brutto. >>

<< Tch... >>

<< Reo, non piangere adesso. >>

<< Non sto pian... gen... >>

<< Io e Kaede vogliamo solo recuperare un sincero rapporto d'amicizia, non c'è altro fra noi, te lo assicuro. Non angosciarti inutilmente. >>

<< Va ben... e. Mih... fide... rò >>

<< Bravo il mio piccolo cristallo di neve. Ora devo andare a lezione, ci sentiamo più tardi? >>

<< Sì. >>

<< Ciao e studia anche tu, che poi ti interrogo! >>

<< Sì... ti amo, Ryū. >>

 

Ma la linea era già caduta e quel “ti amo”, l'ultimo, rimase perso nell'etere silenzioso.

Circa tre settimane più tardi, Reo ricevette un sms:

 

 

Ryū-chan<3: Reo, senti, ci ho pensato molto e credo sia meglio prenderci una pausa. Le cose qui diventano sempre più frenetiche e non ho il tempo, né le energie per una relazione a distanza. Tu mi piaci tanto, ma sapevamo entrambi che, prima o poi, sarebbe finita così.

 

Dopo aver letto il testo, gli venne quasi da ridere.

 

Me: Io ti piaccio tanto, eh? E pensare che pochi mesi fa giuravi di amarmi steso sul mio letto. Sei solo un codardo ipocrita. Ti costava tanto lasciarmi di persona? Senza dubbio, era più facile con un messaggino del cazzo, come fece Matsumoto con te. Cos'è? Te lo sei fatto dettare da lui?

 

Ryū-chan<3: Kaede non c'entra nulla. Ho deciso di chiudere così perché pensavo sarebbe stato meno doloroso per entrambi.

 

Me: Mi sa che pensare non fa per te, che che ne dicano i tuoi voti universitari. Goditi la tua squallida minestra riscaldata con Matsumoto e spero ti rimanga sullo stomaco, anzi strozzatici.

 

Ryū-chan<3: Immaginavo che avresti reagito male, dopotutto, sei solo un ragazzino. Stammi bene e cresci un po', Reo.

 

Me: Vaffanculo. Ringrazio solo di non aver perso la mia verginità con te, altrimenti sul serio sarebbe stato indimenticabile. Ti odio!

 

 

<< Accidenti, che stronzo! >>

<< Già, e non è ancora finita. Dopo la rottora, stetti malissimo. Cominciai a saltare gli allenamenti di basket ed anche la scuola, facendo preoccupare i miei genitori che non capivano cosa mi fosse preso, così all'improvviso. A metà anno scolastico, quando la mia situazione era più critica che mai, papà si sentì male. So che probabilmente gli sarebbe accaduto lo stesso, per tutta una serie di combinazioni cliniche e genetiche sfavorevoli, ma lo stress di sicuro contribuì a premere il grilletto. Mi sento dannatamente responsabile ed anche per questo l'idea di parlare in famiglia dei miei sentimenti non mi ha più sfiorato, neanche lontanamente. Preferisco fingere, impostare una facciata convincente e cercare di andare avanti lo stesso, piuttosto che anteporre il mio egoistico bisogno d'accettazione alla salute di papà ed alla serenità di mamma. >>

Rumiko sospirò e pose la mano sulla spalla di Reo, premendo leggermente con le dita come per infodergli forza.

Il fato, a volte, opera attraverso vie all'apparenza incomprensibili, ma ci sono momenti in cui tutto appare terribilmente chiaro. Il loro incontro, per esempio. Forse non c'era mai stata coincidenza più favorevole e confortante per due persone tanto diverse.

 

<< Reo, io e te formeremmo proprio una coppia perfetta, se solo fossimo innamorati l'uno dell'altra. >>

<< Lo penso anch'io, Rumi-chan. Facciamo un patto: se a trentotto anni saremo ancora soli ed incasinati, ci sposeremo e faremo pure un figlio. >>

<< Hahaha, povero innocente! Sai che confusione gli metteremmo in testa, tra te che gli insegneresti la gentilezza e le buone maniere, mentre io gli sport pericolosi! >>

<< Scommetto che verrebbe su bene lo stesso. Non gli imporremmo mai il nostro pensiero, sarebbe uno spirito libero. >>

<< Non esistono gli spiriti davvero liberi, purtroppo. É solo un'astrazione. Tutti noi siamo come automi programmati da società, famiglia, costumi, ideali astratti, natura... >>

<< Oh, che noia! Sei troppo razionale e fredda! Lasciami sognare! >>

<< E va bene, sogna pure. Tanto per rimanere in tema, perché proprio a trentotto anni? >>

<< Trentotto è il numero atomico dello stronzio*. >>

<< Hahahaha... che idiota! >>

<< Appunto! >>

 

Si era già fatta sera. L'aria diventava a poco a poco più fresca e la pelle cominciava ad accapponarsi sotto le carezze del vento di terra.

 

<< Reo, mi sa che è meglio se ci avviamo alla metro. Io scendo subito alla prima fermata, tu resta pure dentro.>>

<< Stai scherzando?! Ti riporto fin sotto casa e poi prendo un'altra corsa. Sono un gentleman. >>

<< Non mi rubano, sta' tranquillo! >>

<< Confermo che sarebbe un furto poco conveniente... >>

<< Ehi! >>

<< ...però meglio non correre il rischio. >>

<< Fa' come ti pare, posso sopportarti ancora qualche minuto. Comunque, Reo... >>

<< Sì? >>

<< So che è superfluo chiedere, ma che hai intenzione di fare per quel messaggio? Non vorrai mica...? >>

<< Certo che sì, Rumi-chan! Andrò all'appuntamento. >>

<< Mi stai prendendo per culo? >>

<< Nah, ho le pile scariche. >>

Rumiko lanciò a Reo uno sguardo allarmato. Non c'era bisogno che gli esprimesse a parole le proprie perplessità.

<< Non temere, sono solo curioso. Voglio scoprire cosa può mai avere da dirmi Ryūji dopo tutto questo tempo. >>

<< Di' un po', hai forse istinti autolesionisti? Ti vai a scegliere sempre la gente più bastarda sul mercato. >>

<< Chissà... >>

Reo socchiuse gli occhi ed infilò le mani in tasca. Forse aveva proprio bisogno di un bel diversivo...

 

 



 

 

 

NOTE:

 

Salve a tutti! Mi ripresento a distanza di pochissimo con questo aggiornamento-lampo perché sto per abbandonare l'Italia ( eh già, espatrio XD ) e quindi non so quando potrò aggiornare di nuovo. Spero quanto prima, anche perché odio lasciare troppo le cose in sospeso.

Ho notato che i miei capitoli superano tutti le 60-70 visualizzazioni e non posso che esserne veramente felice. Grazie per il supporto e l'interesse, vi assicuro che per uno “scrittore” (lasciatemi passare il termine, non sono così presuntuosa da ritenermi davvero tale) ricevere commenti ed ogni altro tipo di riconoscimento è estremamente importante. Dà coraggio e voglia di proseguire, nonostante gli impegni frenetici. Beh, insomma... cosa posso aggiungere ancora? Se la gratitudine potesse trasmettersi concretamente nell'etere, farei schizzare fuori dagli schermi dei vostri pc tonnellate di konpetti colorati ^.^

Ok, la smetto con le cazzate e vi lascio alle noticine ;)

 

 

  1. Toglietemi tutto, ma non il superfluo” = Oscar Wilde. La mia mania per le citazioni ha preso nuovamente il sopravvento.

  2. Tōdai = altro nome della prestigiosa università di Tokyo. In effetti, sarebbe una specie di diminutivo.

  3. Konpetto = semplici cristalli di zucchero colorati o mandorle glassate. Sono proprio ciò che sembrano, l'equivalente giapponese dei confetti da cui hanno tratto anche il nome quando i mercanti portoghesi li importarono per la prima volta nella terra del Sol Levante.

  4. Setsubun = letteralmente “cerimonia del lancio dei fagioli”, è una festività particolare che scandisce tutti i cambi di stagione, ma la manifestazione più importante è il Setsubun di primavera che si svolge ogni 3 Febbraio per celebrare il nuovo anno lunare. Durante questa ricorrenza si lanciano fagioli per strada dagli usci delle case, simboleggiando l'allontanamento degli spiriti e delle influenze negative. É consuetudione anche darsi agli eccessi e mascherarsi, per cui il Setsubun può essere considerato una sorta di carnevale giapponese.

  5. Lago Biwa = lago d'acqua dolce più antico e vasto del Giappone, situato a Nord-Est di Kyoto, nella prefettura di Shiga.

  6. Trentotto è il numero atomico dello stronzio” = so bene che la battuta funziona solo se si immagina una conversazione in italiano, ma non sono abbastanza avanti per trovare il coraggio di inserire giochi di parole basati sull'idioma giapponese. Avrei bisogno del supporto di Izuki...

 

 

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Capitolo 8
*** Helter Skelter ***


Sottopelle

 

 


ottavo strato:

 

 

Helter Skelter*.

 

 

La stanza d'albergo veniva rischiarata dalla luce soffusa di un abat-jour color mandorla. L'arredamento - spartano e di pessima fattura, a testimonianza del servizio a buon mercato - comprendeva un letto matrimoniale piuttosto basso, un piccolo armadio a due ante ed un comodino che si fingeva scrivania.

In quello scenario a tratti patetico, a tratti affascinante per la sua aria vissuta, quasi bohémien, Ryūji sembrava perfettamente a proprio agio. Era poggiato con le spalle contro il muro, le mani in tasca e lo sguardo aperto, privo di difese. I capelli ricci, un po' più corti che in passato, ostentavano il medesimo disordine di sempre, ricreando l'effetto-barboncino responsabile di molte risate di Reo. Quest'ultimo se ne stava immobile sull'uscio già da qualche minuto, corteggiando il confine sottile tra la fuga e la sfida ad entrare definitivamente, incapace di scegliere. La sua determinazione a trovarsi proprio lì non aveva basi solide, tanto per cominciare. Neanche ricordava cosa lo avesse spinto ad intraprendere un cammino così poco ragionevole. Era davvero curioso di ascoltare le parole di Ryūji? O forse custodiva, soffocata dal buon senso, una motivazione meno generica e decisamente più illecita?

Sì, effettivamente, gli era rimasta nello stomaco una punta di fastidio, un appetito inappagato, e sulla pelle un prurito, difficile da grattar via in solitaria. Non che avesse molta scelta, da diverso tempo a quella parte.

 

<< Reo-chan, o entri o vai via, ma ti confesso che a me farebbe molto più piacere la prima alternativa. >>

La voce di Ryūji si era fatta un po' più profonda e nascondeva una nota rauca. Questi particolari la rendevano una formidabile calamita ed i piedi di Reo si mossero in avanti quasi senza che lui se ne rendesse conto.

<< Non siamo più in confidenza, Saito. Evita di prenderti troppe libertà nel linguaggio. >>

<< Oh... d'accordo, tranquillo. >>

<< É stato difficile decidere se valesse la pena raggiungere questo postaccio solo per parlare con te. All'inizio, infatti, non volevo neppure rispondere al tuo messaggio, ma poi ho pensato che un discorso di commiato si concede anche ai condannati a morte. >>

Ryūji rise nervosamente. Non si aspettava certo di essere accolto con baci e abbracci, ma quell'attitudine così dura e velenosa era comunque troppo singolare per non restarne sorpresi.

<< Sei molto cambiato, Reo. Hai tirato fuori gli artigli? >>

<< In realtà, li ho sempre avuti, ma tu non puoi saperlo perché in passato non te li avrei puntati contro per nessuna ragione al mondo. Ovviamente, adesso le cose sono molto diverse. >>

<< Capisco, bella risposta. >>

<< Ti arrendi subito? Non ribatti? E pensare che mi ero portato dietro i guantoni! >>

<< Puoi anche gettarli via, vengo in pace. >>

<< Questo è tutto da vedere. >>

Ryūji sospirò, prima di mandar giù la bile e cercare di ricominciare con calma. Non poteva permettersi altri sbagli, soprattutto con la persona che aveva desiderato così intensamente di rivedere e per tutto quel tempo.

<< Reo, mi spieghi perché non hai lasciato che passassi a prenderti? Avremmo potuto discutere davanti ad un caffé caldo, magari al Blizzard. >>

<< Qui va benissimo. Preferisco un territorio neutrale ed anonimo, dove non sono mai stato prima. E adesso aggiungerei per fortuna, visto che è una topaia. >>

<< Già, fa abbastanza schifo, ma purtroppo non avevo molta liquidità a disposizione. Anche per questo avrei preferito il Blizzard. >>

<< Hai casa a Kyoto, perché non ti sei fermato dai tuoi? >>

La domanda cadde nel vuoto, quindi Reo, incuriosito dall'improvvisa reticenza di Ryūji, si addentrò un po' di più nella stanza per poterlo osservare meglio, mantenendo comunque un atteggiamento circospetto. Si rese conto che aveva perso molto peso, forse troppo. La vita da universitario era davvero così traumatica?

<< Hai proprio una brutta cera. >>

<< Ti ringrazio per la premura. Tu, invece, sei in gran forma. Hai guadagnato almeno altri dieci centimetri e massa muscolare. Giochi ancora a basket? >>

<< Ovviamente. >>

<< E sei sempre un generale senza trono? >>

<< Senza corona, Saito. Ma non mi stupisco che non te lo ricordi, i miei discorsi da ragazzino dovevano essere estremamente noiosi per un uomo colto e maturo come te. >>

<< Possiamo sforzarci di parlare un secondo normalmente e non come se ci stessimo lanciando coltelli? Per favore, prometto che sarò breve. >>

<< Le tue promesse, ormai, non contano più niente per me. >>

<< Va bene... >> Ryūji mosse qualche ulteriore passo verso Reo. << ...ma se non vuoi parlarmi, allora perché sei venuto? >>

<< Bella domanda. >> Reo fece per allontanarsi, ma Ryūji commise l'azzardo di afferrargli un polso.

<< Lasciami! Non toccarmi! >>

<< Ti prego, non facciamo drammi, voglio solo cinque minuti del tuo tempo e un po' di attenzione. Poi potrai tornare a detestarmi. >>

Reo si liberò con uno strattone deciso, facendo intendere a Ryūji che era abbastanza forte da fargli saltare tutti i denti, se solo avesse voluto. Sedette sul letto con aria disgustata - non osava immaginare quanta gente vi avesse dormito e quali oscenità avesse ospitato - e, suo malgrado, fu costretto a condividere quella posizione con Ryūji, adagiatosi accanto a lui, ma a debita distanza. Lo scricchiolare impietoso delle molle gli rievocò immagini e sensazioni che avrebbe di gran lunga preferito dimenticare, soprattutto in un momento simile. Non si sentiva abbastanza fermo, su quel materasso disastrato come nella mente, e temeva che al minimo passo falso, l'appetito ed il prurito divenissero troppo insistenti per poterli ignorare.

<< Ho sbagliato tutto con te, Reo. Mi sono comportato da vero idiota, ma col senno di poi, credo sia stato meglio per te non rimanermi accanto. >>

<< E questo cosa vorrebbe dire? Stai scadendo nel patetico “io non ti meritavo” per rabbonirmi? >>

<< No, è solo che ho passato davvero un bruttissimo periodo. Adesso, non vado neanche più all'università. >>

<< Che cosa?! Dici sul serio? >>

Reo non poteva crederci. Com'era possibile che Ryūji, proprio Ryūji, avesse rinunciato all'obiettivo per cui si era impegnato fino allo spasimo?

<< Purtroppo sì... >> La sua espressione, solitamente ironica e tranquilla, era deformata dal disagio. Sembrava estremamente provato, fragile come Reo non lo aveva mai visto. << ...Onestamente, ancora stento a capire cosa mi sia successo. Tutto ad un tratto, ho perso la voglia di fare qualsiasi cosa. Mi sono lasciato andare, forse ho avuto una specie di esaurimento nervoso. Ne è conseguito che fallissi tutti i test e, nel giro di un semestre, sono stato espulso senza possibilità di recupero. >>

<< Mi dispiace, Saito. Non meritavi una cosa del genere. >> E Reo lo pensava davvero, perché sapeva fin troppo bene quanto l'altro avesse lavorato sodo.

<< Invece, forse, me lo sono proprio meritato. Non ho mai creduto nel Karma, ma tutto ciò che mi è successo sembra quasi una punzione per il modo in cui ti ho trattato. I tuoi sentimenti erano sinceri ed io ci sono passato sopra senza ritegno, troppo preso dal mio ego, dall'ambizione e... >>

<< E da Matsumoto. A proposito, come mai non è anche lui qui? >>

<< Ci siamo lasciati di nuovo. É stato un fuoco di paglia, un altro fallimento. Dopo la mia espulsione è sparito nel nulla, ha smesso di chiamare e farsi sentire. >>

<< Oh, ma che peccato! >> Il tono di Reo era tornato caustico e derisorio. Ryūji chinò il capo, accettando in silenzio quella vendetta passivo-aggressiva che era consapevole di meritare al cento per cento. Faceva male, ma non poteva evitarla. Il suo ritorno a Kyoto si prestava proprio allo scopo di ricostruire tutto a piccole riprese, cominciando dai detriti e dalle schegge più sottili; non gli importava di ferirsi in corso d'opera.

<< Personalmente, non mi spiace un granché. Come dicevi anche tu in tempi non sospetti, la minestra riscaldata non è nutriente, appesantisce e ti lascia comuque insoddisfatto. >>

<< Ho abbastanza classe da non rimarcare la mia lungimiranza. Ad ogni modo, ora cosa stai facendo nella vita? >>

Ryūji intrecciò le dita sulla nuca e si lasciò andare con la schiena all'indietro, lungo disteso. La maglietta di cotone leggero che aveva addosso salì di qualche centimentro, scoprendo una parte di addome sopra il bordo dei jeans scuri. Si trattava di un lembo di pelle davvero trascurabile, ma in quella stanza mezzo ammuffita e pregna di storie, le sensazioni venivano amplificate a dismisura. Reo si costrinse a fissare l'abat-jour sul comodino, ma ormai era già troppo tardi. I suoi pensieri pescavano a ruota libera nel torbido, carezzando un'unica, inquietante certezza: se si fosse lasciato andare, se avesse provato a spegnere il cervello per un'oretta o due, a nessuno sarebbe importato, anzi, era proprio nello stile dei clienti di Motel dedicarsi a certe, particolari, occupazioni ignorando il consueto corso delle loro vite “fuori”...

Un sospiro pesante ed una stiracchiata fecero scricchiolare ancora le molle.

<< Cosa faccio nella vita? Sentirmelo chiedere è davvero strano, mi ci devo ancora abituare, perché effettivamente non avrei mai immaginato di rispondere come sto per fare... Quando sono diventato un inutile scansafatiche, l'unica cosa che riuscivo a fare senza interruzione era armeggiare al pc. Ci passavo giornate intere e, alla fine, ho programmato un gdr*. Quasi per scherzo, l'ho rilasciato gratuitamente sul web e, prima che io stesso potessi rendermi conto del suo potenziale, una società di software piuttosto giovane ha deciso di comprarlo. Oltre a questo, mi è stato anche offerto un lavoro come concept designer. Non importa che non sia laureato, perché come dicevo è una società giovane con gente giovane che punta a farsi strada sfruttando i pochi mezzi che ha. Uno studente fallito di sicuro richiede meno spese di un professionista e, infatti, sono stato assunto al minimo sindacale. Attualmente, non posso proprio lamentarmi. Ho già avuto molta più fortuna di altri. >>

<< Non si è trattato di fortuna. In fondo, anche se non studi più alla Tōdai, non sei mica diventato stupido. Hai sempre avuto talento con i numeri e qualcuno lo ha riconosciuto. Questo è tutto. >>

Ryūji sorrise e si issò di nuovo a sedere. Era molto più sereno, adesso che si era liberato del peso che da mesi lo stava privando di ore ed ore di sonno. Per quanto Reo non fosse più il suo rifugio, sapeva sempre come trasmettergli un'immensa fiducia. La sua autostima sembrava gonfiarsi per il semplice fatto che quel ragazzo dagli occhi di lago credesse in lui incondizionatamente, a dispetto di tutte le debolezze.

<< Ti ringrazio, Reo. Hai sempre una parola buona da regalare agli altri. >>

Reo arrossì sentendosi osservato, ma cercò di non farlo notare. Stava anche iniziando a sudare ed era strano, visto che i riscaldamenti - sempre ammesso che ci fosse l'impianto - sembravano disattivati.

<< Veramente non ti ho regalato proprio nulla, mi sono basato soltanto sui fatti. Non pensare che ti abbia fatto un complimento gratuito o roba simile. >>

<< Lo so e ti voglio ringraziare lo stesso, va bene? >>

<< Mh... Comunque, non mi hai ancora risposto alla domanda di prima. Perché non sei a casa tua? >>

Il sorriso di Ryūji si trasformò da rilassato ad imbarazzato. In fondo, era solo un codardo, altra verità che gli era stata gentilmente suggerita sempre da Reo.

<< I miei e Sayoko non sanno che sono stato sbattuto fuori dall'università. Per loro sarà un duro colpo da digerire ed io sto ancora cercando il modo più indolore di comunicarglielo. >>

<< Beh, ti consiglio di sbrigarti. Più passa tempo, più la tua menzogna diventa grave. >>

<< Io non la chiamerei proprio menzogna... è un'omissione; inoltre, i soldi che mi mandano per la retta li sto rispedendo sempre indietro, per una questione di rispetto. >>

<< Guarda che di solito sono io quello che si appella sui termini e, poi, non puoi certo mettere in mezzo il rispetto quando la tua famiglia non sa neppure dove ti trovi adesso. A quanto pare, sei diventato proprio indulgente... è un segno di debolezza, lo sai, Ryū? >>

<< Ryū...? >>

Reo quasi balzò in piedi per lo shock. Aveva davvero detto quella maledetta parola e, ormai, non poteva più rimangiarsela. Ryūji si accostò alle sue spalle, in modo da potergli sussurrare all'orecchio.

<< Accidenti, avevo quasi dimenticato come suonasse bene fuori dalle tue labbra... perché non lo ripeti ancora? >>

<< Stammi lontano. >>

<< Dai, ripetilo ancora... >>

<< N-non avvicinarti, Ryū! >>

<< Sì... così... con la voce sottile, come facevi quando ti baciavo lentamente il collo... proprio qui... >>

La testa di Reo cominciò a girare non appena Ryūji ebbe posato le labbra su un punto particolarmente sensibile, tra la giugulare e la clavicola esposta. Si sentiva confuso ed aveva i brividi. Forse gli stava salendo la febbre, o forse...

Ma sì, al diavolo tutto, non mi importa più!

 

 

 

 

 

 

 

Rumiko fissava le rampe senza tuttavia vederle sul serio. Era troppo concentrata a dominare il proprio respiro, divenuto all'improvviso veloce e sconnesso, insufficiente ad ossigenare bene il cervello. Da quanto tempo non tornava in quel parco? E, soprattutto, da quanto tempo non infilava i pattini? L'emozione di rivivere l'adrenalina della corsa le faceva tendere tutti i muscoli delle spalle e del collo. Le sue amiche stavano per arrivare, quasi poteva sentire il rumore familiare delle rotelle sul linoleum della pista. Erano ancora folli ed incredibilmente splendide? L'avrebbero riaccolta senza imbarazzo, ora che i suoi genitori non controllavano più ossessivamente dove andasse a trascorrere i pomeriggi - dando per scontato, ovviamente, che stesse con quel gran bravo ragazzo di Reo - ?

Forse era stato un po' prematuro, troppo rischioso fiondarsi subito lì quella domenica, ma la smania di ricongiungersi con le compagne non le aveva concesso obiezioni.

Proprio quando l'ansia da anticipazione stava per raggiungere il culmine, il suo cellulare le notificò un messaggio.

Era di Mina, la punta di diamante del gruppo.

 

 

Mina: Ehi bella, scusaci tnt, ma oggi nn possiamo venire. Ql cretina di Kugi ha fatto a botte cn una tizia di almeno 100kg e dobbiamo portarla al pronto soccorso. Nn preoccuparti!

 

Rumiko lesse a stento le ultime righe e si affrettò a chiamare Mina.

 

<< Eccola qui, la signorina bel faccino col mestruo perenne! Non ti ho telefonato io solo perché, come sempre, non ho credito, ma lo sapevo che saresti subito andata in panico. >>

<< Mi sembra scontato! Kugirakawa è finita in una rissa e state addirittura andando in ospedale! >>

<< Sì, ma non è niente di che, ha solo un po' il labbro rotto e, forse, la caviglia slogata. >>

<< E ti sembra niente!? >>

<< Quante storie, in pista ci siam combinate peggio, lo sai. E poi, non hai idea di come sta messa l'altra... Neh, Kugi, dì a Rum che la vacca adesso ha il culo a strisce! Hahaha... >>

La risata di Mina era sguaiata e sadica come sempre. Certe cose non sarebbero mai cambiate. Kugirakawa, dal canto suo, aveva una voce melodiosa, che quasi stonava con la sua corporatura massiccia.

<< Sì 'um, 'o 'oprio 'essa a 'osto, 'uella 'iccioa i 'erda. >>

<< Oi, t'ha detto, Rum, l'ho proprio messa a posto quella cicciona di merda. >>

<< Grazie Mina, avevo intuito. Beh, tenetemi aggiornata su Kugi. Organizzeremo di nuovo la prossima volta.>>

<< Certo, sicuro! Ora però attacco, ché siamo quasi al pronto soccorso. Dovrebbero proprio farci una carta fedeltà! >>

<< Haha.. sono d'accordo! Ci sentiamo più tardi, abbracciami Kugi! >>

<< Col cazzo che lo farò! Preferirei abbracciare un'anaconda. A presto, Rum! >>

 

Rumiko sospirò e, poi, sorrise bonariamente, lasciandosi riscaldare il viso dal tenue sole autunnale. Quelle scalmanate la portavano sempre su di giri, sia che si trattasse di pura gioia che di estrema paura. La loro visione della vita era così semplice e spontanea... Un po', sinceramente, le invidiava. Ed ora, per colpa di Kugirakawa, non aveva più nulla da fare. Forse avrebbe provato giusto un secondo la nuova pista e poi sarebbe filata dritta a casa.

Sì, se rientro presto, almeno evito di farmi scoprire inutilmente. Ehi, ma... un momento! Quello non sarà mica...?

Uno skateboard verde acido tagliò bruscamente verso le rampe, schivando con estrema agilità tutti gli ostacoli che incontrava di volta in volta lungo la sua corsa forsennata. Lo skater, irresponsabile fin dentro al midollo, non indossava alcun indumento di protezione, per cui era facilissimo distinguerne i lineamenti ferini.

Kotaro...

Rumiko sentì il ritmo del suo cuore accelerare di colpo e sapeva di essere anche arrossita, perché le orecchie, sotto il casco, le bruciavano inequivocabilmente. Pensandoci bene, teneva in serbo la comoda scusa di dover aiutare Reo a far pace con il suo caro amico... Ignorare una simile contingenza favorevole sarebbe stato uno spreco imperdonabile.

<< Ehi, Hayama-kun! >>

Il ragazzo ci impiegò più di qualche secondo a mettere a fuco l'immagine assurda che aveva di fronte. Si trattava di Rumiko, quasi sicuramente, eppure non sembrava affatto lei. Indossava una magliona sdrucita che le arrivava fin quasi alle ginocchia, un pantalone di viscosa nero pieno di cuciture e, come se non bastasse, calzava un paio di rollerblade da urlo. Che diavolo stava succedendo? Era forse uno scherzo?

<< Natsu-chan! Non mi sarei mai aspettato di vederti qui... così. >>

<< Hahaha... ci credo! Se vuoi, adesso ti spiego. >>

<< Magari. >>

Rumiko gli raccontò pressappoco ogni cosa, di come lei e Reo avessero stipulato un'alleanza favorevole per entrambi, del Derby che le mancava da morire, dei suoi genitori preoccupati e severi, ma non di Tomomi... quello era ancora un argomento troppo difficile da affrontare.

<< Wow, incredibile! >> Kotaro si agitava tutto, in preda a chissà quali rapidissimi pensieri, all'apparenza, incoerenti. << ...quindi era per questo che mi sembrava di... ma sì, ma sì, pensa te, hahaha... Lo scoiattolo ce l'avevo, tipo, addosso! Hahaha... Le cose che saltano fuori all'improvviso... Però pure Reo, quello stupido! >>

<< Ehm, Hayama-kun? >> Rumiko lo guardava esterrefatta e faticava molto a stargli dietro, non essendo avvezza a simili picchi euforici. Per apprendere realmente come gestire Kotaro, infatti, servivano anni ed anni di dura gavetta sul campo che solo i suoi fratelli e Reo potevano vantare. << ...Parleresti più lentamente, così riesco a capire anche io? >>

<< Sì, sì, certo, certo! Scusa! >> Ma, intanto, continuava a girare a destra e a manca come una trottola.

<< ...Dicevo che già quando ti ho visto la prima volta, ho sentito che, forse, non era proprio la prima! C'era qualcosa di familiare in te, però non mi sarei mai aspettato di trovarmi faccia a faccia con lo “scoiattolo blu”! Ho visto un sacco delle tue gare! >>

<< Scoiattolo blu, eh? Ho sempre trovato quel soprannome davvero imbarazzante e speravo che dopo la mia “scomparsa” fosse scomparso anche lui, ma a quanto pare, resiste ancora. >>

Era nato innanzitutto perché Rumiko indossava sempre una parrucca blu durante le gare. Il paragone con lo scoiattolo dipendeva dalla sua capacità di sgusciare velocemente tra due avversarie allineate, come se stesse risalendo i rami frondosi di un albero. La gente del Derby sapeva essere piuttosto creativa, anche troppo, per i gusti di Rumiko.

<< Ma che dici? É un soprannome divertentissimo! Il mio, invece, è “Raijū”, chi pensi stia messo peggio? >>

<< Cioè, saresti il coniglio elettrico? >>

<< Già... >>

Rumiko scoppiò a ridere in faccia a Kotaro senza farsi troppi problemi e lui ne rimase positivamente impressionato. Per qualche strana ragione, non si sentiva preso in giro - come sarebbe facilmente accaduto se una qualsiasi altra persona avesse reagito in quel modo al suo alias sportivo - anzi, gli veniva quasi voglia di accompagnare Rumiko nella risata.

<< Natsu, che dici se ci facciamo qualche giro sulle rampe? Ormai sei qui... e, poi, sono troppo curioso di vedere da vicino come pattina lo scoiattolo blu! >>

<< D'accordo, ma ti prego, non chiamarmi così! >>

<< Hahaha.. roger! >>

 

 

 

 

 

 

L'odore di chiuso, stantìo, misto a sudore ed altro cominciava a divenire insopportabile. Reo teneva il viso premuto contro il cuscino, per non essere costretto ad inalare quel puzzo nauseabondo. Probabilmente erano le sue sensazioni ad avere qualcosa di distorto, perché non era possibile che l'aria fosse divenuta davvero così pesante, fumosa e mefitica come lui la percepiva.

Brividi di freddo avevano ormai ampiamente rimpiazzato gli spasmi dell'eccitazione, facendosi beffe di tutte le giustificazioni che soltanto poco prima gli erano sembrate tanto convincenti. I vestiti, lanciati senza mira nel bel mezzo della concitazione, non sapeva dove fossero andati a finire, ma di sicuro, giacevano a terra, in qualche punto imprecisato di quell'indegna e lercia moquet, insieme al cadavere muto che, una volta, doveva pur essere stato il suo senso del pudore.

Da un lato, si sentiva veramente deluso, quasi mortificato nei confronti di un'immagine ideale che gli sarebbe piaciuto preservare più o meno intatta più a lungo possibile; dall'altro, invece, avvertiva l'istinto destarsi nuovamente sotto la pelle nuda, cercando ancora una volta di accendere la miccia da cui tutto era cominciato.

Le mani di Ryūji fra i suoi capelli, un secondo dopo arpionate ai fianchi, lungo la schiena, fra le scapole, nell'incavo delle cosce, a tratti morbide, a tratti vigorose, in un gioco di velocità alternate davvero estenuante, non gli lasciavano tregua e cominciavano ad infastidirlo. Per quanto fosse un fastidio dal retrogusto piacevole e per quanto l'istinto sembrasse gradire molto, era giunto il momento di metterlo a tacere.

<< Ehi, dai, smettila. Se fai così non riesco a pensare! >>

Ryūji sorrise nel buio e Reo lo riconobbe anche se non poteva vederlo.

<< E a cosa dovresti pensare, Reo-chan~ ? >>

<< Prima di tutto, a dove diavolo hai fatto sparire i miei vistiti! >>

<< Hai così tanta fretta di indossarli? >> E di nuovo Ryūji si abbandonava su di lui, con movimenti fin troppo perfetti per essere casuali. Del resto, conosceva già abbastanza bene il suo corpo, anche se non gli era mai stato così vicino.

<< Sì, devo tornare a casa. >>

<< Dai, resta ancora un po'. Non andartene in questo modo, fa davvero una brutta impressione. >>

Un'impressione che, forse forse, non era poi così lontana dalla cruda realtà. Purtroppo, più tempo passava dall'orgasmo, più la mente di Reo tornava cinicamente lucida. In poche parole e senza inutili orpelli ad abbellire il quadro della situazione, lui e Ryūji avevano semplicemente scopato. Era stato bello, certo, perché Ryūji possedeva una discreta creatività e gli aveva riservato davvero l'immensa delicatezza promessa due anni e mezzo prima. Ma oltre a tutta una serie di violente scariche elettriche, precedute da una buona dose di dolore, non aveva sentito nulla. E avrebbe dovuto immaginarlo molto prima di finire a braghe calate, perché per Ryūji non sentiva più nulla. Una prima volta davvero squallida, rispetto al suo sogno romantico. Niente candele accese, niente Sinatra in sottofondo, niente rose sparse sul talamo, niente amore... però si dice che la vita è ciò che ti accade quando sei troppo impegnato a fare progetti o, nel suo caso, a fantasticare cliché smielati dimenticando che il desiderio sessuale non sempre combacia con quello mentale e non sempre ha la determinazione di attendere la coincidenza perfetta.

<< Ryūji, onestamente... >>

<< Non serve che tu vada avanti, ho capito benissimo. Oggi abbiamo fatto una follia e stai per dirmi che non si ripeterà. Ma a me piace pensare che, col tempo, se me ne darai la possibilità, riuscirò a farti innamorare di nuovo. >>

Reo prese a massaggiarsi le tempie con i polpastrelli, mentre la vista gli si offuscava sempre più a causa della stanchezza. Se si fosse trattenuto ancora, probabilmente avrebbe preso sonno e quell'eventualità lo terrorizzava. A prescindere da tutto, non avrebbe mai dormito accanto ad una persona che non amava.

<< Posso usare il bagno? Ho bisogno di una doccia. >>

<< Certo, prenditi il tempo che vuoi. Io resterò qui ad aspettarti, fingendo che tu non abbia comodamente evitato di rispondere al mio commento. >>

<< Saggia decisione. >>

Com'era possibile che riuscisse a mantenersi così distaccato anche dopo quello che aveva appena fatto? E addirittura durante... Reo sospettava fosse a causa di tutto il tempo trascorso con Seijuro.

Non importava quanto si sforzasse di evitarlo; indipendentemente dalla sua volontà, almeno due, tre volte al giorno - sì, adesso le contava per disperazione - finiva sempre col pensare a lui. L'umiliazione scottava ancora, era fin troppo recente, ma questo forse rendeva le sue elucubrazioni sul capitano ancora più interessanti. Chissà come sarebbe stato condividere l'intimità con una persona tanto spigolosa? Da un certo punto di vista, Ryūji era anche più temibile di Seijuro, perché vestendosi da angelo, era stato capace di conquistare assoluta fiducia, fallendo poi miseramente nel rispettarla. Seijuro, invece, almeno negli atteggiamenti, non riservava grosse sorprese. Era inquietante, imprevedibile, talvolta crudele, spietato con i nemici - e, occasionalmente, anche con gli amici - ma proprio in virtù di questo, nessuno osava avvicinarglisi troppo. Possedeva una sorta di scudo repellente, una misura precauzionale che serviva più agli altri che a lui; era come un leone in gabbia, si potrebbe dire, protetto dal mondo - ma magari era il mondo a proteggersi da lui - dietro solide sbarre di ferro. Chiunque si fosse permesso di violarle infilandoci dentro un braccio o qualcos'altro, avrebbe semplicemente dimostrato di essere un imbecille sprovveduto. E Reo, in tutta onestà, un po' da imbecille si era comportato, lasciando che le emozioni prendessero il sopravvento, sperando segretamente in chissà quali risvolti a tinte rosa. Con Seijuro, il rosa restava soltanto una pallida imitazione del rosso, senza ragion d'essere, priva di verve. Proprio non faceva al caso suo.

Andare d'accordo con il leone o, per lo meno, non rimanere invalidi, alla fine, era possibile... Bastava mantenersi sempre al di qua della sua prigione.

 

La doccia non fu rapida, perché Reo si crogiolò con tutta calma nell'acqua bollente, lasciandosi vincere dal suo tocco senza forma, capace di attenuare sia il dolore fisico che il senso di sporcizia morale.

Quando uscì dal bagno, trovò Ryūji addormentato e fu felice di non essere costretto a salutarlo.

Se non fosse stato per un residuo bruciore tra le natiche che, ad ogni scalino, gli ricordava come fossero realmente andate le cose, avrebbe potuto benissimo immaginare di essersi congedato indenne da una semplice chiacchierata fra vecchi conoscenti. La serenità che era certo di aver perso per sempre, infatti, si rinnovava sorprendentemente ad ogni ulteriore passo verso la Hall, suggerendogli che, alla fin fine, quando la psiche è isolata, al corpo si può chiedere di fare qualsiasi cosa, senza pagarne grosse conseguenze.

 

 

 

 

 

 

I primi tre percorsi filarono lisci, senza alcun intoppo. Rumiko era rilassata, allegra e spensierata come non le capitava ormai da molto tempo. Solo che strafare dopo una prolungata inattività era troppo anche per un fisico scattante come il suo. Cadde alla fine di una curva a gomito finendo con tutto il peso sul polso destro.

Kotaro si precipitò ad aiutarla e, nel mentre, poté bearsi della vasta gamma di improperi che, come un fiume in piena, abbandonavano liberamente le labbra perfette dello scoiattolo blu.

<< Maledizione, fa un cazzo di male assurdo! >>

<< Sta' tranquilla, sembra che non ci sia nulla di rotto. Forse, però, è meglio se ti porto al pronto soccorso. >>

Rumiko si ritrasse allarmata, sia perché l'idea di finire col gesso e doverlo poi giustificare a casa la terrorizzava, sia perché le mani calde di Kotaro attorno al suo polso la mettevano leggermente in difficoltà.

<< No, no, va benissimo così!Ci metterò un po' di ghiaccio e addio. >>

<< Ne sei sicura? Io non ho problemi a... >>

<< Assolutamente, niente ospedale. >>

E poi sarebbe troppo imbarazzante farmi beccare lì dalle ragazze per un errore così stupido...”

<< Mi dispiace tantissimo, Natsu-chan! Se non ti avessi chiesto di seguirmi... >>

Kotaro sembrava decisamente mortificato e Rumiko credette di sciogliersi sotto quello sguardo colmo di sincera apprensione.

<< Non dirlo neppure! Sono stata io ad esagerare e, comunque, non me ne pento. Pattinare è la mia droga, non posso farne a meno per troppo tempo, altrimenti vado in crisi d'astinenza e questi sono i risultati, haha.. >>

<< Capisco cosa intendi. Sai, Natsumi, conoscerti in questo modo è decisamente meglio. >>

Rumiko arrossì di nuovo, maledicendosi per avere sempre delle reazioni così immediate e palesi.

<< Davvero? Credevo che la mia versione più... femminile fosse anche più... ehm... at-attraente. >>

E adesso balbettava anche, perfetto.

<< Ma proprio per niente! Cioè, sì, sei molto... come dire... ed anche prima eri... uhm... p-però... >>

Beh, non che lui fosse messo tanto meglio.

<< ...non offenderti, a pelle mi sembravi un po' ipocrita ed io odio le tipe ipocrite. Insomma, davi l'impressione di non crederci più di tanto neanche tu, quindi meglio così, hehe... >>

Una faticaccia enorme, da buttarci il sudore.

<< Credo tu abbia ragione. >> Rumiko sorrise per stemperare l'imbarazzo e decise di deviare la conversazione verso un argomento che le stava molto a cuore. << ...Hayama-kun, ehm, va bene se ti chiamo per nome? >>

Quello fu il turno del ragazzo di arrossire.

<< S-sì, certo, nessun problema. >>

<< Bene, allora, Kotaro... per favore, rispondi ai messaggi di Reo, so che ieri notte te ne ha mandati in continuazione. É vero che, a volte, può essere un gran rompiscatole egocentrico con la voce troppo alta, ma tiene davvero molto a te e si è pentito di non averti coinvolto nella sua vita. >>

Kotaro fece spallucce e distolse lo sguardo da Rumiko. Non gli piaceva essere raggirato in quel modo. La storia del nome era servita solo ad ammorbidire il terreno per piantarci dentro la bomba. Davvero un bel caratterino, quella Natsumi, anzi...

<< Rumiko, mi spiace dovertelo dire, ma questi non sono affari tuoi. >>

<< In un certo senso, invece, sì. Ufficialmente, resto pur sempre la fidanzata di Reo. >>

<< Che fai, sfotti? E, poi, anche se vi amaste come Romeo e Giulietta, per me non cambierebbe nulla. Le faccende tra fidanzati sono separate da quelle tra amici. >>

<< Va bene, però sappi che Reo in questo periodo ha davvero bisogno di te. Oggi, ad esempio, è andato ad incontrarsi con il suo ex e non l'ho sentito molto... >>

<< Aspetta, aspetta, aspetta!! Ex?! Mi stai dicendo che aveva il ragazzo?! >>

<< Ehm... >>

Dannazione! Mi sa che ho fatto un casino! Però Reo, anche tu...!

<< Benissimo, aggiungiamo anche questa alle cose che ignoravo del mio presunto migliore amico. Che fenomeno, potrebbe fare la spia per com'è bravo a nascondersi! >>

<< B-beh, comunque in questo caso è comprensibile che non te ne avesse parlato! Temeva di essere giudicato male e... >>

<< Sì, d'accordo, ma dopo che mi ha confessato di essere gay?! >>

<< Probabilmente non ci ha pensato, il fidanzamento risale alla seconda media e negli ultimi giorni gli sono capitate molte cose difficili da digerire. >>

<< Alle medie non frequentavamo lo stesso istituto, forse anche per questo non mi sono accorto di nulla. Però, anche così... non mi sta bene! >>

<< Kotaro, cerca di perdonar... >>

<< No! E per me l'argomento si chiude qui. Ti accompagno alla metro? >>

Rumiko socchiuse gli occhi e si massaggiò il polso con la mano illesa. Il bilancio di quel pomeriggio pendeva decisamente verso il negativo: era caduta in curva come una principiante e, invece di aiutare Reo, gli aveva addirittura peggiorato le cose.

<< Grazie, ma non ne ho bisogno. Fre tre fermate mi aspetta Reo, visto che deve accompagnarmi a casa per farsi vedere dai miei. >>

<< Ok, allora... ciao. >>

<< Ciao. >>

Prima che Rumiko potesse sparire oltre il cancello del parco, Kotaro la raggiunse spingendo a più non posso sullo skate. Voleva parlarle ancora un secondo, perché credeva si fossero salutati troppo freddamente. Di solito se ne sarebbe infischiato, però Rumiko sembrava riuscire a sovvertire il suo ordine mentale. Ed anche fisico... gli metteva a soqqadro lo stomaco, però non era un malessere troppo spiacevole. Si portava dietro strani brividi ed una voglia irrefrenabile di rannicchiarsi in un posto caldo, magari con lei accanto.

<< Rumiko! >>

La ragazza si volse di scatto ed oscillò appena. Forse quel richiamo improvviso l'aveva spaventata. I capelli, ora liberi dal casco, le volarono intorno al capo formando una voluminosa raggiera dorata. Kotaro si fermò un istante ad osservarli, soffocando l'impulso di affondarvi le mani.

<< Kotaro? Cosa c'è? >>

<< Ehm... >>

Perché, all'improvviso, aveva la gola così secca?

<< Rumiko, senti, io... capisco la tua preoccupazione per Reo, ma... non posso fare finta di niente e buttare sempre tutto giù. Non credo di essere considerato davvero da lui e, anche se può sembrare un discorso da mocciosi, per me è importante. >>

Rumiko annuì e si riavviò qualche ciocca troppo fastidiosa portandola dietro le orecchie.

<< Hai ragione ad essere arrabbiato ed io, di certo, non posso convincerti a parlare con Reo se non te la senti ancora, però... almeno pensaci, ok? >>

<< Sì, ci penserò. Come va il polso? >>

<< Fa male e si è gonfiato, ma sui roller mi sono ammaccata molte volte peggio di così. >>

<< Quindi va meglio del previsto, credo, haha. >>

<< Decisamente! Comunque, adesso dovrei proprio andare, perciò... >>

<< Certo, ti lascio, ci vediamo! >>

<< Ciao. >>

<< E-ehi, no, aspetta un altro secondo! >>

<< Si? >>

<< Rumiko, mi... mi daresti il tuo numero? Così, magari, qualche volta... se vuoi... ci organizziamo per fare altre due rampe. Senza cadere, possibilmente! Haha.. >>

Rumiko immaginò di sentire i cori angelici e di volteggiare nell'aria con le alette da Cupido. Le venne da ridere, ma si sforzò di non farlo perché avrebbe potuto essere fraintesa.

<< Con molto piacere, Raijū! >>

 

 

 

 

 

 

NOTE:

 

Salve a tutti! Come state? Tristi per la fine delle vacanze? Io sì, tremendamente ;-;

Con questo capitolo la storia subisce un definitivo cambio di rating: rimarrò fissa sull'arancione, perché il giallo proprio non mi si addice e, poi, attira i moscerini. Scherzi a parte, inizierò a descrivere circostanze più intime, anche se non esattamente nel dettaglio, quindi mi è parso necessario alzare un pochino la sbarra... Potrebbe anche capitare, ma ne dubito fortemente, ora come ora, qualche capitolo quasi rosso. In tal caso, mi premurerò di specificare tutte le avvertenze all'inizio, per consentire una lettura consapevole e senza “rischi”. So che molti(?) di voi se lo stanno chiedendo: dove diavolo è finito Akashi? Vi assicuro che tornerà nel prossimo aggiornamento.

Ringrazio, come sempre, chiunque abbia letto fin qui, chi mi segue, chi ha inserito questa storia addirittura tra le preferite e, ovviamente, dedico una menzione speciale alle ragazze che hanno commentato i capitoli precedenti. Siete gentilissime a spendere tempo e parole per questa storia! Scrivetemi a fiotti, vi supplico! Hahaha... Meglio tagliar corto, prima che diventi patetico!

Alla prossima <3

 

  1. Helter Skelter = scivolo a spirale tipico dei parcogiochi inglesi. É anche il titolo di una canzone dei Beatles, tristemente nota per il massacro compiuto in suo nome da Manson e la sua “family”. Ho scelto questo titolo perché, da un lato, Rumiko si trova concretamente sulle rampe scoscese di un parco, dall'altro perché Reo si trova metaforicamente su uno scivolo da cui non riesce a scendere ed è costretto a completare la corsa fino in fondo.

  2. Gdr= Gioco di ruolo, ma suppongo lo sappiano anche le pietre ^^”

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Per il lunedì è sempre troppo presto ***


Sottopelle

 


nono strato:

 

 

 

Per il lunedì è sempre troppo presto.

 

 

 

 

Rumi-chan: Buongiornooo! cm va il sedere? :D

 

Me: Buongiorno anche a te, Rumiko.

 

Rumi-chan: Ce la farai ad allenarti?

 

Me: Certo che sì, non sono mica stato torturato!

 

Rumi-chan: Ok, ads parlo seriamente... cm stai?

 

Me: Non lo so.

 

Rumi-chan: Promette bn -.-” ... Vuoi parlarne?

 

Me: No, devo prendere il bus e poi non avrei comunque molto da dire. Grazie per il pensiero... A più tardi.

 

Rumi-chan: A + tardi... :\ ma fatti sentire, ok?

 

 

 

Rumiko, evidentemente, pensava di dovergli tirar su il morale, ma Reo non era molto propenso a lasciarglielo fare. Neanche fosse una vittima sedotta con l'inganno! In realtà, si sentiva più carnefice e questa cosa, sotto sotto, lo eccitava. Fino al giorno prima, infatti, era sempre stato una persona gentile, dolce e tranquilla da cui nessuno avrebbe potuto aspettarsi un colpo di testa o un'azione poco corretta. Eppure, a dispetto dell'autoimposta limpidezza, gli era capitato, o meglio, aveva voluto e consentito che capitasse, un incidente fatto apposta per macchiare un po' la sua candida coscienza.

In passato, proprio con Ryūji, aveva già avvertito il desiderio di lasciarsi corrompere, di abbandonare quell'ultima patina di fanciullezza che ancora lo costringeva a spiare i segreti del sesso tra gli spiragli di labili promesse, ma alla fine, tutta l'aspettativa si era tradotta in nient'altro che una profonda delusione. Il suo primo amore gli aveva donato un sentimento scadente, debole, bugiardo... e adesso Reo puntava solo a prendersi una gloriosa rivincita su di lui, strappando da quella stessa comoda sorgente fiumi piacere, nei modi e nei tempi che più lo avrebbero appagato. Certo, tra il meditare e l'agire, non sempre sussiste una connessione diretta...

 

 

 

 

Il lunedì mattina le lezioni sembravano sempre molto più estenuanti che nel resto della settimana, a causa del risaputo schock-da-post-bisboccia. Tutti i professori, inoltre, quasi solessero mettersi segretamente d'accordo tra loro, adoravano appesantire la gioranta spiegando con il tono di voce più monotono e noioso che avevano in repertorio ed assegnando una montagna di compiti.

Quello specifico lunedì, però, alla consueta sequela di tragicomiche routine, Reo doveva aggiungere anche un consistente carico di postumi extra da smaltire, una sovrabbondanza di rimasugli fastidiosi del week-end che gli impediva di indirizzare anche un minimo di concentrazione sui libri. Si trovava ad un bivio e doveva scegliere quale direzione prendere tra due opposte, ugualmente impervie; non era una situazione facile da gestire e, di sicuro, richiedeva un certo riguardo, per cui a nulla valsero, durante l'approfondimento di storia, gli insistenti richiami di Kageyama la mummia, armato di un simpaticissimo giornale modificato a bastone.

 

La sesta ora, in un modo o nell'altro, alla fine arrivò, allietando gli animi con la sua salvifica campanella spacca-timpani e trascinandosi dietro una fiumana di studenti diretti a casa o ai vari club sportivi.

Reo abbandonò l'aula a capo chino, forse anche per via delle ripetute giornalate; i passi strascicati e le mani cacciate in tasca gli conferivano un'aria indolente, quasi da gioventù bruciata. Doveva apparire molto strano agli occhi di chi era abituato a vederlo sempre pacioso e gioviale, ma non aveva alcuna intenzione di darsi un contegno diverso. Troppa fatica.

L'odore di gomma, legna e lucidante lo attirò nella palestra con il suo confortevole appello discreto. Il parquet chiaro sfavillava sotto la luce artificiale dei fari, i palloni erano già stati prelevati dal ripostiglio ed il manager Higuchi scribacchiava come sempre sul suo taccuino giallo. Cosa avesse, poi, da appuntarsi così ossessivamente tutte le volte, restava un mistero che dava adito, giorno dopo giorno, a nuove congetture, alcune delle quali sfociavano addirittura in leggenda metropolitana.

 

Seijuro, assestato in una perfetta triple treat, palleggiava da solo e non sembrava aver notato l'arrivo di Reo, ma poi, all'improvviso, proprio prima di andare a canestro, si volse verso di lui.

<< Bentrovato, Reo. >>

<< Ciao, Akashi. >>

<< Trascorso un buon fine settimana? >>

<< Un ottimo fine settimana, direi. >>

Quelle parole scatenarono in Seijuro tutta una serie di piccoli cambiamenti. Inclinò la testa di lato, lentamente, prendendosi tutto il tempo del mondo, ed i suoi occhi bicromatici si fissarono su quelli dell'altro con un'incidenza fin troppo ostinata, quasi sconveniente. Era il suo solito modo di fare, quando cercava di carpire informazioni senza porre domande. A che pro sprecare fiato, in fondo? Per lui - che riusciva a mettere in ginocchio le persone solo guardandole - gli scambi verbali rappresentavano, il più delle volte, una semplice formalità.

Reo, inane al pari di una foglia frustata dal vento, rimase appeso al filo che lo collegava a Seijuro, lasciandosi studiare ed esplorare come molte altre volte era già accaduto; eppure, l'abitudine nulla toglieva al senso di oppressione, allo sgomento che sempre, inevitabilmente, lo teneva inchiodato lì, ai piedi dell'imperatore, succube della sua asfittica influenza.

Dopo svariati istanti di agonia, durante i quali il colorito di Reo virò pericolosamente dal rosa all'indaco, Seijuro decise che poteva ritenersi soddisfatto. Sorrise tra sé, sistemandosi la giacca della divisa che stava per scivolargli lungo la schiena. Non la indossava mai, preferiva tenerla languidamente poggiata sulle spalle, a suggerire noncuranza e rilassatezza. Ma era solo un artificio, come molti altri particolari della sua personalità e della sua immagine.

 

Ha sorriso... Perché? Che abbia capito quello che io...? No, stupidaggini! Per quanto possa essere incredibile, non è certo capace di leggere nel pensiero! “ valutò Reo, mentre torturava con le unghie la tracolla del suo borsone.

 

<< Akashi, vuoi forse chiedermi qualcosa? >>

 

<< Non credo sia necessario. Potresti stupirti di quanti particolari si riescano a dedurre semplicemente studiando il linguaggio del corpo. >>

 

<< E cosa ti starebbe dicendo, in questo momento, il mio corpo? >>

 

No, no, no! Perché gliel'ho chiesto? Mi sono bevuto il cervello?!

 

Seijuro approfondì il sorriso, mostrando anche i suoi perfetti denti bianchi. Era piuttosto raro vederlo esprimersi in quel modo, ma comunque, non sembrava allegro, solo pienamente e sfacciatamente autocompiaciuto.

 

<< Mi dice che ti senti in colpa per qualcosa. >>

<< Davvero? >> Reo gli si avvicinò con passo sicuro, ormai ci aveva fatto il callo. Quella volta, non l'avrebbe accontentato. << ...Mi spiace doverti contraddire, ma in realtà, ti assicuro che sono sereno, fiducioso, pieno di energie e pronto ad allenarmi con il massimo impegno. >>

<< Beh... >> Anche Seijuro si fece più avanti e Reo dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non fuggire su Marte. << ...se ti senti così, non posso che esserne contento. Il Rakuzan, come ben sai, ha bisogno del suo tiratore in perfetta forma. >>

Una resa strategica, fasulla in effetti. Akashi Seijuro non avrebbe mai creduto davvero di essere nel torto.

<< Già, come dimenticarlo. Mi hai gentilmente chiarito quanto io sia indispensabile in un modo che, di sicuro, non lasciava adito a dubbi. >>

Anche Reo, tavolta, si divertiva a scagliare qualche freccia velenosa, ma le sue erano decisamente più deboli.

<< Perfetto allora, vedo che ci capiamo alla perfezione. >>

I due rimasero a fissarsi senza parlare, Seijuro per semplice puntiglio, Reo per ostentare tutta la spavalderia che, in realtà, non possedeva. Quella muta prova di resistenza avrebbe potuto perdurare anche fino alla fine dell'allenamento, ma l'arrivo chiassoso di Eikichi e Kotaro la interruppe bruscamente.

<< Oi, bella ragazzi! >> gridò il gorilla, calando la sua enorme mano verso Reo.

<< Quante volte ti ho detto di non farlo! Se mi colpisci con quella specie di badile, finisco fuori dalla finestra!>> protestò lui, schivando l'attacco con un aggraziato chassé. Poi, si volse esitante verso Kotaro, rimasto alle spalle di Eikichi, e tentò di parlargli.

<< Ehi, Kotaro... ciao. >>

<< Ehi. >>

Quel saluto, tutt'altro che entusiasta, testimoniava che la rabbia non era ancora sbollita. Reo evitò di lamentarsi, ma la testardaggine dell'amico cominciava ad esasperarlo.

<< Senti, Kota... >>

<< Bene, dato che siamo tutti qui, meglio iniziare subito... >> s'intromise bruscamente Seijuro, rimandando il confronto a dopo l'allenamento. << ...Il coach sarà in presidenza ancora per una mezz'oretta, ma negli ultimi giorni abbiamo già perso fin troppo tempo, per cui ci daremo da fare senza di lui. >>

<< E Mayuzumi? >> chiese Eikichi, guardandosi attorno con aria confusa.

<< É proprio dietro di te. >> gli rispose il capitano e quello fece un salto di quasi mezzo metro, prima di accanirsi contro il nuovo arrivato.

<< Ma che cazzo! Maledetto fantasma, prima o poi mi farai prendere un colpo! >>

<< Modera il linguaggio, Eikichi! >> lo ammonì prontamente Reo.

<< Non è colpa mia se questo ha il brutto vizio di apparire all'improvviso! >>

Chihiro si affiancò al terzetto con lo sguardo rabbuiato da un singolare cenno di fastidio.

<< Questo? Con chi credi di parlare?! Ti ricordo che sono un tuo senpai, Nebuya! Come minimo, dovresti chiamarmi Mayuzumi-san. >>

<< Sì, certo certo... >>

Il biascicare poco convinto di Eikichi non poteva sostituire delle sentite scuse, ma proprio quando Chihiro era ad un passo dal farglielo presente, Seijuro richiamò tutti all'ordine, brandendo una serie di coni di plastica impilati gli uni sugli altri.

Chissà a cosa gli serviranno... “ si chiese Reo “ ...forse vuol farci fare agility come al cinodromo.

<< So che potreste pensare ad un addestramento per cani... >>

Ok, sul serio, adesso comincio a spaventarmi. Esci dalla mia testa!

<< ...però fidatevi, dribblare rapidamente fra i coni, senza farli cadere, vi tornerà utile per imparare a schivare anche i nemici con la marcatura più stretta. >>

<< Gli avversari, vorrai dire... >> precisò Reo.

<< Fa forse qualche differenza? Ogni sfida, anche una semplice partita di basket, dev'essere affrontata con la stessa serietà di una guerra. Il principio di base, infatti, è primordiale, elementare ed universalmente valido: se vinci, ottieni successo e stima, se perdi, muori. E adesso basta chiacchiere, cominciamo! >>

Dopo un'affermazione del genere, non c'era molto altro da aggiungere, per cui i ragazzi si misero in fila indiana e partirono con gli scatti da canestro a canestro.

 

Le due ore di allenamento furono molto intense e Reo dovette riconsiderare le parole di Rumiko, perché effettivamente correre nelle sue condizioni non era proprio una boccata d'aria fresca. Si costrinse, comunque, a non fare smorfie di fastidio che di sicuro qualcuno sarebbe stato in grado di cogliere con una semplice occhiata. Kotaro si comportò come sempre, gli passò la palla tutte le volte che ne ebbe la possibilità e, anzi, rinunciò addirittura a qualche buona occasione di tiro in suo favore. Reo ipotizzò seriamente che fosse maturato, ma poi dovette ricredersi quando lo vide aggredire Chihiro solo perché quello gli aveva inavvertitamente pestato un piede.

<< E sta' attento, razza di trota ritardata! >>

<< Cos'hai detto, denti-a-sciabola?! >>

Un provvidenziale - quanto spaventoso - intervento di Seijuro, però, riuscì subito a calmare gli animi.

 

Poi venne la temuta fase delle docce.

La palestra del Rakuzan non aveva a disposizione cabine separate, quindi i giocatori dovevano lavarsi in contemportanea, talvolta anche addossati gli uni agli altri, specialmente quando capitava che riserve e titolari si allenassero insieme. Nessuno, comunque, si era mai lamentato di una simile mancanza di privacy, anzi, sarebbe quasi parso strano il contrario, data l'uniformità di genere della squadra. I cambiamenti verificatisi la settimana precedente, tuttavia, costituivano una valida ragione per mettere in dubbio anche le più piccole ed innocenti consuetudini, almeno secondo Reo. La doccia di quel lunedì, per l'appunto, sarebbe stata la prima con Eikichi e Kotaro dopo la “confessione” e, soprattutto, la prima con Seijuro dopo l' “umiliazione” - stigmatizzare con singoli termini eventi topici sembrava fungere da ottimo esorcismo -.

Reo, in realtà, non si preoccupava più di tanto dei suoi amici, confidando ciecamente nella mutua fratellanza che li teneva uniti da anni. A prescindere da qualsiasi eventuale incomprensione transitoria, infatti, loro lo conoscevano a fondo, forse meglio di chiunque altro, e non avrebbero mai potuto giudicarlo un maniaco approfittatore. Con Seijuro, invece, il discorso era molto diverso, sia a causa della frequentazione relativamente recente, che dei suoi atteggiamenti spesso poco decifrabili. E pensare che Reo avrebbe preferito farsi amputare un arto piuttosto che mancare di rispetto proprio a lui! Certo, gli piaceva parecchio, inutile negare l'esistenza di un'attrazione continua e, spesso, difficilmente contenibile, ma spiarlo con la comoda scusa dei separè inesistenti sarebbe stata una bassezza fin troppo indegna. Onestamente, qualche piccolo sguardo, di tanto in tanto, era riuscito a sfuggire alle briglie della forza di volontà, ma senza alcuna malizia; dopotutto, se le dimensioni e la struttura degli spogliatoi rendevano pressoché impossibile delimitare uno spazio personale degno di questo nome, non era colpa di nessuno...

La domanda che, in quel momento, richiedeva una risposta chiara ed immediata era se Seijuro fosse consapevole dell'incrollabile onestà del suo vice. In caso contrario, condividere la doccia sarebbe divenuto presto un serissimo ed imbarazzante problema.

 

I ragazzi, tirati fuori shampoo e bagnoschiuma dai rispettivi borsoni, iniziarono a spogliarsi chiacchierando del più e del meno. Erano tutti tranquilli e piuttosto espansivi, persino quel musone di Chihiro che, di solito, se ne stava in silenzio senza dare confidenza agli altri. L'unica nota stonata in quell'allegra composizione era proprio Reo, immobile vicino alla panchina, col viso in fiamme ed un'espressione colpevole. Colpevole di cosa, poi?

 

Di essere me stesso. Per una volta, è così strano, riesco a sentire il peso della mia diversità. Non mi piace, ho ancora molta strada da fare prima di potermi considerare completamente sicuro...

 

<< Oggi vado via prima. Ci vediam... >>

<< Fermo. >> Il comando, assoluto, di Seijuro fece saltare più di un paio di teste e bloccò Reo ad un soffio dalla porta. << ...Se esci così sudato, col freddo che fa stasera, la tua salute ne risentirà e gli Inter High sono troppo vicini per permetterti il lusso di saltare gli allenamenti. >>

<< Sì, è vero, ma... >>

<< Niente ma, buttati subito in doccia, prima che il tuo corpo si raffreddi troppo. >>

Reo, dopo qualche ultimo sprazzo di tacita ribellione, scelse l'obbedienza, soprattutto perché non osava immaginare cosa gli sarebbe accaduto se si fosse ammalato sul serio. Avanzò a piccoli passi verso l'attaccapanni e, senza distogliere per un attimo lo sguardo dal muro, si sfilò a poco a poco tutti i vestiti. Poi, per raggiungere in sicurezza la postazione sotto il quarto ugello, smise di fissare il muro e si concentrò sulle fughe del pavimento, procedendo sempre con la stessa, lentissima andatura.

Proprio quando, complici la schiuma profumata e l'acqua tiepida, stava cominciando a rilassarsi, ebbe l'improvvisa ed angosciante sensazione di essere osservato. Schiuse leggermente gli occhi e si ritrovò quelli dell'imperatore puntati sul collo. La sua reazione fu tanto istantanea quanto sprovveduta: spalancò la bocca con il proposito di chiedere spiegazioni, ma siccome teneva la testa piegata all'indietro, l'acqua gli finì subito in gola e lo fece strozzare. Eikichi, sempre pronto a soccorrere agli amici, lo colpì forte sulla schiena per calmare la tosse, ottenendo solo di fargli cozzare violentemente la testa contro la parete. Come se questo non fosse già sufficientemente imbarazzante per la fiera della pubblica umiliazione, Reo si sbilanciò a causa del contraccolpo e cadde col sedere a terra, scivolando per un buon tratto sulle piastrelle insaponate.

“ Patetico “ fu il commento disinteressato di Chihiro, mentre Eikichi aiutava il povero infelice a rialzarsi e Kotaro sghignazzava senza alcun ritegno.

Una volta tornato in posizione eretta, Reo soffocò a stento una coloritissima imprecazione, di quelle che forse solo il suo vecchio rivale Hanamiya Makoto sarebbe riuscito a produrre senza impallidire, e prese a massaggiarsi la fronte tumefatta con entrambe le mani.

<< É molto probabile che domani ti sveglierai con un livido... >> disse Seijuro, studiando attentamente la zona offesa. << …e credo formerà una coppia perfetta insieme a questo enorme sul collo. >>

Reo andò un attimo in confusione, non solo per la botta, ma anche perché effettivamente non capiva di cosa l'altro stesse parlando. Poi, l'illuminazione gli piovve addosso come un fulmine divino.

Ma porca... No! Ryūji mi ha lasciato un...

<< Hai ragione, Akashi... >> convenne, inaspettatamente e fin troppo di gusto, Chihiro. << ...è proprio una grossa melanzana, prima non l'avevo notata, nascosta sotto i capelli ed il colletto. Quì le possibilità sono due: o qualcuno ha cercato di strangolarlo, o ci troviamo in presenza di un bel... >>

<< Potete smetterla di ispezionarmi!? >> La voce di Reo era squillante e piuttosto alterata. Stava per perdere il controllo e gli prudevano le mani dalla voglia di prendere a schiaffi qualcuno. Presumibilmente, Chihiro, o anche Ryūji, se solo lo avesse avuto a portata di palmo.

<< Sì, infatti, basta così! >> intimò Kotaro, cogliendo il nervosismo dell'amico e dimenticando, solo per un attimo, che ce l'aveva ancora a morte con lui. Reo tentò di ringraziarlo con un'occhiata riconoscente, ma venne subito bloccato da una repentina e caparbia girata di spalle.

<< Comunque, della crema antinfiammatoria dovrebbe far sparire molto più velocemente sia l'ematoma che il fastidio. Nella cassetta del pronto soccorso ce n'è un tubetto appena comprato. >> suggerì Seijuro, prima di raccogliere un po' di shampoo nel palmo della mano e cominciare a frizionarsi i capelli.

<< Sì, ci penserò. >> bisbigliò Reo, chiudendosi in un silenzio ostinato, ma indispensabile, fino a quando non ebbe finito di lavarsi.

 

 

 

 

<< Eikichi, Kotaro, dove credete di andare? Oggi tocca a voi pulire la palestra. >>

Kotaro si fermò di colpo, voltandosi verso il capitano con uno sguardo pregno di sconforto. Eikichi, invece, preferì arrischiare un approccio diverso, più diretto.

<< No Akashi, ti sbagli, noi siamo di turno il martedì. Oggi dovete restare tu e Mayuzumi! >>

<< Ehi! >> sbottò il fantasma, già con tre quarti di busto fuori dall'edificio. << Vedi di non mettermi in mezzo, martedì scorso mi sono preso anche il vostro turno proprio per essere libero oggi! >>

<< E che avresti da fare, sentiamo? >> gli chiese velenoso Kotaro, insinuando, ben poco sottilmente, che uno come lui non potesse avere davvero una vita privata da riempire.

<< Devo andare ad un incontro con la mia autrice preferita di Light Novel e finalmente potrò chiederle un autografo, ma so che un ignorante come te non potrebbe mai comprendere l'importanza di questa opportunità. >> rispose a tono Chihiro, tuffandosi definitivamente in strada senza alcuna intenzione di ascoltare ulteriori obiezioni. Mau-Mau lo stava già aspettando da tre minuti e quarantacinque secondi.

<< Chi hai chiamato ignorante?! Non scappare, Mayuzumi! >>

Kotaro era pronto a correre dietro al senpai, ma Seijuro gli si parò davanti con un tempismo formidabile.

<< Basta così, Chihiro ha diritto ad uscire prima, si è già sobbarcato la sua parte di lavoro. >>

<< Sì, in effetti Mayuzumi se lo merita, ma tu che scusa hai, Akashi? >> insistette Eikichi, sfidando ancora una volta la sorte contro l'imperatore. La sua determinazione si alimentava della speranza che il possibile guadagno surclassasse i rischi del caso. Odiava veramente tanto pulire.

<< Stasera viene a trovarmi mio padre da Tokyo e non posso fare tardi. Vi avevo già informati con largo anticipo promettendo di recuperare, ma a quanto sembra non mi avete ascoltato. >>

Eikichi e Kotaro si scambiarono uno sguardo d'intesa. Non sapevano molto su Akashi Masaomi, ma si ritenevano ugualmente più che entusiasti di non averlo mai incontrato di persona. Un individuo estremamente autorevole, capace di sottomettere persino l'imperatore, doveva senz'altro avere qualche oscuro scheletro nell'armadio, oltre che tre Bentley, una Porche e quattro Rolls Royce nel garage.

<< D'accordo! Però potevi ricordarcelo prima della doccia! >>

Seijuro scosse un poco la testa, con fare condiscendente, quasi stesse lottando in vano contro due cocciuti bambini dell'asilo.

<< Non credo suderete chissà quanto a rimettere a posto i palloni e a stendere una mano di lucido. E comunque, dovevate pensarci da soli, io non sono certo la vostra balia, né la vostra agenda personale. Per questi ruoli credo dobbiate rivolgervi a qualcun altro... >>

Reo, sentendosi chiamato in causa e non avendo, al contempo, la benché minima intenzione di rimanere coinvolto, ripercorse lesto le orme di Chihiro, bruciando con poche falcate la breve distanza che ancora lo separva dall'uscita. Per quanto gli risultasse difficile anche solo ipotizzare una simile possibilità, sembrava proprio che Seijuro ci stesse prendendo gusto a provocarlo di frequente. Ma perché? Forse alla sete di sangue dell'imperatore non era bastato metterlo a nudo - figurativamente parlando - solo pochi giorni prima? Cosa poteva volere, ancora, da lui?

<< Anche se mi comporto spesso da balia, non vuol dire che lo sia davvero. I ragazzi hanno una loro dignità e non necessitano di essere guidati e rimboccati continuamente. >>

Eikichi sobbalzò, incredulo, e con lui anche Kotaro, solo in maniera un po' più dimessa per non mandare a monte la propria facciata schiva.

<< Reo, allora non mi rimproverai più se parlo con la bocca piena o se mi lascio un po' andare? >>

<< Non ci pensare nemmeno, gorilla! In mia presenza, devi sempre comportarti educatamente. E il tuo “lasciarti andare” non è affatto salutare, soprattutto per chi ti sta attorno. Beh, io vado. Buon proseguimento!>>

<< Vado anch'io, ricordate di chiudere a chiave e spegnere le luci. >>

 

Perfetto, ora dovrò stare solo con Akashi fino alla fermata e, francamente, proprio oggi non ne ho affatto voglia!

 

<< C'è qualche problema, Reo? >>

 

É un demone. Questione risolta.

 

 

 

 

 

Il clima di Kyoto, in autunno, riusciva obiettivamente ad essere davvero insopportabile. L'aria pungente ed appiccicosa, l'umidità che faceva grondare d'acqua i tetti degli edifici e le narici dei passanti, le foglie marce che continuavano a cadere senza sosta, riempiendo le strade più velocemente di quanto la nettezza urbana fosse in grado di gestire... Fascia subtropicale umida, un nome un programma. E le estati, neanche a parlarne, erano persino peggiori.

 

<< Comunque, avevi ragione... >> Anche se quella breve passeggiata avrebbe potuto tranquillamente concludersi senza parole, Reo non sarebbe rimasto in silenzio a rodersi il fegato, per nessuna ragione al mondo. << ...stasera fa molto freddo. >>

Seijuro si riavviò il borsone sulla spalla.

<< Io ho sempre ragione, Reo. >>

<< E sei sempre modesto. >>

<< La modestia preferisco lasciarla agli ipocriti ed ai bugiardi. Dopotutto, è mai capitato che mi sbagliassi su qualcosa? >>

Reo sospirò pesantemente, allacciando anche l'ultimo bottone della felpa.

<< Fino ad ora, no, anche se ammetterlo mi secca un po'. >>

Seijuro si fermò a due passi da lui e gli rivolse uno sguardo vago, sospeso tra lo stupore e la composta ironia.

<< Non preoccuparti, puoi sempre ringraziarmi dopo per averti risparmiato una bronchite coi fiocchi. >>

Reo avrebbe voluto ridere, ma preferì trattenersi e rispondere con una sottile nota di sufficienza.

<< Mi sorprendi, Akashi. Credevo fossi al di sopra di certe inezie, a che ti serve la mia gratitudine? >>

<< A nulla, infatti. Comunque, anch'io credevo fossi al di sopra di certe inezie... Cos'è stato quel mezzo teatrino nelle docce? >>

<< Non so di cosa tu stia parlando. >>

E, invece, lo sapeva bene.

<< Ti vergognavi come un ladro, forse a causa di quel senso di colpa che ho colto oggi pomeriggio, o forse, per un timore ancora più strampalato. >>

<< E sarebbe? >>

Seijuro assottigliò le palpebre, come a voler mettere meglio a fuoco la persona che aveva di fronte.

<< Strano, mi stai chiedendo un po' troppo spesso di spiegarti i tuoi stessi pensieri. >>

<< Visto che ti credi tanto bravo, perché non approfittarne? >>

Quella volta fu Seijuro a sforzarsi di non sorridere.

<< Allora ti accontento. Non volevi fare la doccia con me perché temevi mi fossi fatto un'idea sbagliata. In realtà, ormai posso dire di aver capito abbastanza bene che tipo di persona sei. So per certo che non ti metteresti mai a sbirciare nudo un compagno di squadra con intenzioni poco limpide. >>

 

E questa cosa, in fondo in fondo, ti dispiace, vero?

 

Ovviamente no. Non sono un ragazzino frustrato come te.

 

Sarebbe piuttosto interessante stabilire chi di noi due sia il più frustrato, ma credo che, per il momento, dovremo rimandare la discussione.

 

 

<< Akashi, tutto bene? >>

<< Mh? >>

Apparentemente, era andato in black-out per qualche secondo. Tutta colpa di quell'inutile impiastro!

<< Sì, nessun problema. Hai detto qualcosa? >>

<< Niente di importante. La tua schiettezza mi ha sorpreso come sempre, anche se... No, accidenti!E adesso che c'è? >>

Reo iniziò a pescare nelle tasche dei suoi pantaloni per trovare il cellulare. In genere, a quell'ora, nessuno gli telefonava, per via degli allenamenti. Forse era Rumiko che voleva accertarsi delle sue condizioni...

 

<< Mamma? Perché mi chiami? Sono appena uscito da.. >>

<< -scolta Reo, noi stiam- ...dand... >>

<< Che dici? Non ti sento, la linea è disturbata. >>

<< -i senti? >>

<< No, cerca di spostarti dove c'è più campo. >>

<< Mi raccom... Non... arti! Stiam- andand... tuo padr- ...spedale. >>

<< Cosa?! State andando all'ospedale, per papà?! >>

<< Sì, lu... >>

<< Mamma?! >>

<< St... etto... -upido. >>

<< Mamma, mamma! >>

<< … >>

<< No, si è spento! Questo dannato macinino! >>

Reo represse a stento l'impulso di scagliare a terra l'apparecchio e frantumarlo sotto i piedi. Iniziò a tremare senza controllo ed il respiro gli si mozzò in gola.

<< Reo, cos'hai? >>

<< I-io non... non... Questo dannato coso! Papà, papà è... >>

<< Calmati, prendi fiato lentamente! >>

Seijuro gli afferrò la testa fra le mani e tentò di farlo ricomporre quel tanto che bastava per metterlo in condizione di parlare. Durante la telefonata si era allontanato da lui perché detestava origliare le conversazioni altrui, quindi non aveva idea di cosa fosse accaduto.

<< Mio padre soffre di... soffre di cuore e lo stanno portando in ospedale! Devo andare, ma questo coso non funziona! Il pullman, quale pullman devo prendere?! >>

Reo si accasciò a terra, sul punto di svenire. Vedeva tutto annebbiato, un inquietante alone scuro restringeva sempre più il suo campo visivo. Il viso di Seijuro divenne, invece, una maschera di gesso. Con tutta la forza che aveva nel braccio destro, sollevò di peso Reo e lo trascinò verso la lucida Rolls nera che già lo attendeva da qualche minuto in fondo al parcheggio del liceo. All'interno dell'abitacolo, l'autista spense un toscanello e tentò di mascherarne rapidamente l'odore attivando l'aria condizionata.

 

<< Hattori! >>

<< S-signorino Akashi, mi scusi, stavo solo... Ma cosa..? >>

<< Dobbiamo fare una deviazione, portaci subito... >>

Dove? In quale ospedale stavano portando il padre di Reo? Il più vicino alla scuola era il Kouzo Memorial, ma se non fosse stato quello giusto?

<< Reo, ricomponiti e cerca di dirmi... >>

<< Devo andare, lasciatemi andare! >>

Reo era del tutto fuori controllo. Ansimava e cercava disperatamente di aprire la portiera, sentendosi quasi prigioniero in quell'accozzaglia sconosciuta di metallo e radica.

<< Hattori, passami la busta vuota delle ciambelle! Non mi incanti, so che ne tieni sempre una sotto il sedile! >>

L'autista, punto nel vivo, fu costretto a tirar fuori la prova del suo secondo vizio più grave, dopo il fumo, tassativamente vietato dal grande capo in orario di servizio.

<< Reo, respira qui dentro, prendi ampie boccate. >>

<< No, smettila! Che diavolo ci sto... ah ah... far... devo... ah ah ah... >>

Dopo qualche secondo di ulteriore frenesia, l'iperventilazione cominciò a ridursi e Reo tornò parzialmente lucido. Gli era venuto un tremendo attacco di panico e questa consapevolezza lo fece innervosire ancora di più. Possibile che fosse così debole ed inetto? Doveva raggiungere suo padre quanto prima e dare tutte le informazioni necessarie, non c'era tempo per i piagnistei!

<< Il medico di base ed il cardiologo... di papà... lavorano entrambi al... ah ah... Red Cross Daiichi Hospital. Penso siano... andati lì. >>

<< D'accordo, sta' tranquillo, Hattori ci farà arrivare in un lampo. >> gli disse Seijuro, a voce bassa, stringendogli il polso con un po' troppa forza. In realtà, non aveva smesso di farlo fin da quando erano saliti in macchina, ma Reo se ne rese conto solo in quell'istante, notando anche le piccole gocce di sudore che imperlavano appena la fronte del suo - solitamente impassibile - capitano, sotto l'attaccatura della lunga frangetta rossa.

 

 

 

 

<< Stiamo cercando Mibuchi Gori, dovrebbe essere in cardiologia. >>

La giovane segretaria, il trucco slavato e sulle spalle il peso di un turno di più di dodici ore consecutive, scorse rapidamente la lista del reparto, senza trovare riscontro.

<< Mi spiace, ma non c'è alcun paziente registrato con questo nome. >>

<< Guardi meglio! Dev'esserci per forza, probabilmente si tratta anche di un'emergenza! >>

Reo avrebbe voluto saltarle alla gola o, in alternativa, strapparle dal cranio tutti i capelli unticci e sfibrati. Possibile che gli ospedali assumessero personale tanto incapace? Si trattava di leggere un nome, non di eseguire un'operazione al cervello!

<< Le ripeto che qui non risulta. Forse la persona che cerca è stata inviata in un altro reparto o, forse, è ancora al pronto soccorso. Vi consiglio di andare a controllare lì, non posso fare di più. >>

<< Ancora al pronto soccorso?! I codici rossi o neri salgono subito! Che idiozie pensa di rifilarmi?! >>

<< Ehi... >> intervenne Seijuro, tirando a sé il compagno con fermezza, ma senza fargli male. << ...non dare per scontato che sia un codice rosso o nero, magari non è nulla di grave. Andiamo al pronto soccorso e chiediamo se tuo padre è passato di lì, d'accordo? >>

Reo si abbandonò senza più forze sulla spalla del capitano, sorprendendosi, subito dopo, nel constatare quanto solida e possente potesse essere, nonostante le dimensioni discrete. Era bellissimo sentirsi completamente sorretti, tastare a piene mani quella presenza così forte, stabile e calda, alla sola distanza di un respiro un po' più pronunciato. Sembrava quasi un'apparizione distopica, ma pur sempre meravigliosa e totalizzante, sbucata dal nulla con il solo scopo di aiutarlo a sconfiggere la paura. E cosa poteva fare Reo, se non afferrarle le dita ed intrecciarle con le proprie, per non farsela sfuggire, per non vedersela svanire all'improvviso davanti agli occhi?

Seijuro, o meglio, l'apparizione, non si tirò indietro, anzi, ricambiò il gesto con trasporto, guidando il suo improbabile protetto a passo sicuro, tra i corridoi angusti dell'ospedale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


NOTE:

 

Ed eccoci alle - dolenti - note, Salve a tutti!

Per vostra fortuna, questo capitolo non contiene nessun particolare che la mia pedanteria ritenga necessario approfondire, quindi vi ho risparmiato i soliti numeretti antipatici in coda - me lo merito proprio un bel konpetto, no? -

Dato che siamo entrati nel vivo della storia, spero che l'impostazione generale e la caratterizzazione dei personaggi vi stia appassionando. Noto con piacere che, effettivamente, ci sono delle persone che mi seguono e\o si ricordano di me, delle RECENSIONI - ebbene sì ^.^ - e molte visualizzazioni. Per un'autrice alle prime armi, questo supporto è veramente importantissimo, non mi stancherò mai di ringraziarvi, anche a costo di ostentare la pedanteria di cui sopra.

Adesso vi ruberò un altro po' di attenzione per una questione del tutto personale XD Approfitto dello spazio delle note per confermare tutta la mia stima ad Agapanto Blu - che immagino già conosciate in molti, ma se così non fosse, leggete le sue storie. SPAM A NON FINIRE- una splendida autrice di questo fandom, divenuta mia senpai ^.^ ! Grazie al suo prezioso aiuto sto cercando di migliorare alcuni aspetti di questo “esperimento” presuntuosamente definito storia, concentrandomi meglio sulla caratterizzazione. Mi auguro che l'ultimo aggiornamento le piaccia - notice me, senpai! And be kind! - e le faccio i miei più sentiti auguri per questo nuovo anno accademico.

 

Bene, stop, adesso ho proprio finito!

 

Un abbraccione e grazie ancora

 

 

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Capitolo 10
*** Legami allo specchio ***


Sottopelle

 

 

 

decimo strato:

 

 

 

 

Legami allo specchio.

 

 

 

Quando scorse finalmente le spalle magre di sua madre alla fine di uno dei tanti settori del pronto soccorso, Reo si sentì di nuovo venir meno, ma per fortuna, Seijuro era sempre accanto a lui, pronto a rimetterlo in piedi.

<< Mamma! >>

Sakura aveva il viso piuttosto disteso, ma si rabbuiò all'istante quando vide suo figlio correrle incontro, stravolto e mortalmente pallido.

<< Reo, che ci fai qui? >>

<< Ma come che ci faccio qui?! Sei impazzita?! Papà... dov'è papà?! >>

Sakura si portò le mani alle labbra e scosse la testa più volte, in un patetico tentativo di negazione. Era stata imperdonabilmente superficiale; la rabbia nei confronti del marito le aveva fatto perdere di vista le cose più elementari e così Reo, ignaro di tutto, si era ritrovato a doverne pagare il prezzo.

<< Tesoro, sta' calmo, va tutto bene! Prima ti ho chiamato solo per avvisarti che non ci avresti trovato a casa. Credevo mi avessi sentito quando ti ho spiegato che papà si è lussato una spalla, anche se, effettivamente, ad un certo punto non hai più risposto. >>

<< Certo che non ho più risposto! La comunicazione faceva schifo, capivo mezza parola ogni tre!>>

<< Dopo ho provato anche a richiamarti, ma si attaccava la segreteria. >>

<< Lo so, il telefono è morto. >>

<< Magari sabato prossimo ne compriamo un altro, eh? Ormai questo ha fatto il suo tempo. >>

<< S-sì, non posso più tenerlo. Quindi... quindi mi assicuri che non è il cuore? >>

<< Non è il cuore. >>

Reo sospirò di sollievo, ma dalla sua gola emerse solo un gemito smorzato. Era esausto, per cui si gettò fra le braccia della madre, senza alcuna vergogna; affondò il viso nel suo petto, come faceva da bambino, e diede finalmente pieno sfogo ad un agognato pianto liberatorio.

<< Ho av... avuto una pa...-ra tremen... >>

<< Immagino, mi dispiace veramente tanto! Ho dato per scontato che ci fossimo capiti e ti ho fatto preoccupare! Sono una madre pessima. >>

<< Non di-... non dire così. Ma poi, cosa... >>

<< É successo? É successo che tuo padre, prima o poi, mi manderà al manicomio criminale! “Moglie uccide il marito a padellate e poi si dà alla macchia”, riesco già a visualizzare il titolo su Giallo e Quarto Grado*! Erano giorni che predicava di voler salire sul tetto a sturare quelle maledette grondaie. Io gliel'avrò detto almeno mille volte che non è più un ragazzino e che certe cose non può farle da solo, ma lui, ovviamente, non mi ha ascoltato, ha preferito far di testa sua e questi sono i risultati! Per poco non si spezzava l'osso del collo, quello stupido testone! >>

<< Ma ora sta bene? >>

<< Sì, anche troppo per i miei gusti! Il medico ha appena iniziato a fasciargli la spalla nella saletta qui accanto. Se vuoi andare salutarlo e farlo sentire ancora più in colpa per la sua idiozia, ti accompagno subito. >>

<< Un attimo solo, devo prima ringraziare una persona. >>

<< Già, è vero! Ora che ci penso, come hai fatto ad arrivare dal liceo così velocemente? Sei con qualcuno? >>

<< Mi ha accompagnato un amico. >>

<< Quale amico? Vorrei scusarmi con lui per l'inconveniente. >>

Reo si stropicciò gli occhi e diresse lo sguardo nel punto in cui ricordava di aver percepito per l'ultima volta il calore di Seijuro ancora accanto a sè, ma vi scoprì solo un misero spazio vuoto. Improvvisamente, anche lui si sentì vuoto e solo come non mai, anche se sul suo polso stavano già comparendo i segni che, incontrovertibilmente, qualche ora più tardi, gli avrebbero confermato di non esserlo mai stato, neppure per un secondo, durante quella folle corsa all'ospedale.

<< Mamma, aspettami, vado a cercarlo. >>

 

 

 

 

Seijuro si lasciava scivolare piano, a piccoli scatti, contro il freddo muro del bagno; più il busto precipitava pesantemente verso il pavimento, più le ginocchia si accostavano ad esso, come a volerlo sorreggere, ma senza successo. Un suono sgradevole, quasi lamentoso, accompagnava il fruscìo abrasivo della stoffa sintetica, compressa tra la schiena e le piastrelle smaltate.

 

Cosa ci faccio qui?

 

La domanda sorgeva spontanea, perché Akashi Seijuro, nella vita di tutti i giorni, non scantonava nel primo bagno libero senza motivo, non aveva i crampi allo stomaco per l'ansia, non rischiava di collassare e, soprattutto, non si raggomitolava vergognosamente su se stesso. Eppure, in quel momento, era innegabile che si trovasse bloccato a terra, con il petto costretto, i brividi ed un fortissimo mal di testa a confondergli ulteriormente le idee.

La testa, già... Come aveva fatto a non arrivarci subito? Doveva per forza essere quell'infima vigliacca la responsabile del suo comportamento assurdo. Gli dava sempre un mucchio di problemi, ogni volta per un motivo diverso. Dirottava spesso i pensieri su vecchie conoscenze, ormai prive di valore, e quando trovava campo libero, le difese anche di un minimo malferme, l'attenzione lievemente calata sotto la soglia di sicurezza, si metteva bellamente a giocare con i ricordi, rigirandoli come nodi da sciogliere senza pietà.

 

Una figura piuttosto sottile e fragile sedeva composta davanti al suo specchio ovale preferito, incassato tra oro ed ottone, finemente impreziosito con fiori, volute, girali e farfalle, opera dei più famosi maestri artigiani della capitale. Accanto ad esso, tre pettini di dimensioni diverse, disposti a raggiera su un drappo di seta borgogna.

La luce calda del pomeriggio filtrava attraverso il balcone semiaperto, macchiando a tinte forti il massiccio pavimento di mogano che percorreva l'intera camera da letto ed il corridoio; sulle vesti leggere e sulle tende, fresche di bucato, appena prelevate dal giardino rigoglioso dell'Akashi Mansion, un profumo intenso di sapone e primavera.

 

<< Mammina? >>

Quando il suono più bello del mondo le carezzò le orecchie, leggero come una piuma soffiata dal vento, Shiori si volse adagio verso la porta, accogliendo con un enorme sorriso lo sgambettare impacciato di suo figlio.

<< Mammina, che stai facendo? >>

<< Ciao cucciolo, stavo per spazzolarmi i capelli. >>

Seijuro sgranò gli occhi ed arrossì, perché la mamma era tanto bella, la più bella del mondo. Da grande l'avrebbe sposata, senza dubbio.

<< Posso aiutarti io? >>

Shiori fu quasi sul punto di dirgli di no; un genitore saggio e consapevole, nelle sue stesse condizioni, l'avrebbe fatto sicuramente. Poi, però, si chiese se avesse davvero ancora un senso allontanare l'amore più profondo ed importante della sua vita con la scusa di proteggerlo.

<< Certo, vieni qui. >>

Seijuro si fece coraggio e, con sguardo risoluto, quasi stesse per compiere una missione di vitale importanza, si posizionò alle spalle di Shiori. Lei gli porse il pettine più grande, rigirandoselo più volte fra le dita.

<< Mammina, i tuoi capelli sono morbidissimi! >>

<< Davvero? >>

Non poteva essere vero.

<< Sì, certo, i più morbidissimi di tutti! >>

<< Non si dice “i più morbidissimi”. Solo “più morbidi” o “morbidissimi”. >>

Seijuro s'innervosì e lasciò cadere il pettine. Aveva sbagliato, davanti alla mamma!

<< Scusami! >>

Shiori, ridendo di gusto, lo circondò con un braccio e gli pizzicò delicatamente la nuca. Almeno lei doveva essere accomodante, spensierata ed allegra, per infondere un po' di serenità nel cuore del suo cuore. Fin quando le sarebbe stato concesso...

<< Nessun problema, tutti commettiamo degli errori e tu, amore mio, per fortuna, non fai eccezione. >>

<< Mmh.. é una cosa brutta? >>

<< Non è né brutta né bella, fa parte delle costanti della vita. Un'altra costante che non dovrai mai dimenticare è che la mamma ti adora proprio così come sei, meravigliosamente imperfetto. >>

Seijuro, lievemente confuso da concetti che non poteva ancora comprendere appieno, ma comunque rincuorato, sedette sulle ginocchia della madre e si lasciò coccolare dalle sue carezze lievi, che premiavano e riempivano d'immenso affetto, senza nulla chiedere in cambio.

<< Allora, vuoi finire il lavoro che hai cominciato? >>

<< Sì, subito! >>

Fu proprio durante l'ultimo colpo di pettine che una generosa ciocca di capelli morti, a dispetto di ogni prematuro ottimismo, rimase paurosamente incastrata fra i denti d'argento, come monito futuro per tutte le altre.

<< Mamma, scusa, scusa! Ti ho fatto tanto male? >>

<< No, tesoro, davvero, è tutto a posto. >>

<< Ma i tuoi... >>

<< Shh... è tutto a posto. >>

 

 

<< Bugiarda. >>

Ripensare a certe cose non era da lui, ma per quanto si sforzasse di tenere la mente occupata da altro, veniva irrimediabilmente condizionato dal luogo in cui si trovava. Seijuro, infatti, detestava gli ospedali, i loro colori smorti, la puzza di alcool ed umori corporei, il senso d'oppressione negli androni, i degenti dallo sguardo smarrito, i disperati ed anche i felici, specialmente i felici; il personale a volte stolido, a volte inutilmente stucchevole, i sorrisi di cortesia, le belle parole buttate al vento perché, si sa, non contano mai davvero, le lacrime anch'esse vane, i sorrisi sempre più rari con lo scorrere del tempo o il sopraggiungere dell'infausta sentenza... Per farla breve, tutto il tripudio di umanità trasudato dalla compassione gli appariva quanto mai falso e rivoltante. Ed avrebbe continuato ben volentieri a tenersene alla larga, se il caso non gli avesse messo tra i piedi Reo Mibuchi, con la sua emergenza familiare, con suo padre cardiopatico. Suo padre...

 

Genitori: non puoi sceglierteli prima di nascere e non puoi neanche scegliere chi di loro farti morire davanti agli occhi.

 

<< Akashi, sei qui? >>

 

Dannazione, devo alzarmi!

 

<< Non ti ho più visto e allora... >>

 

Alzati! Alzati! Alzati!

 

<< Ak- .. ehi! Che ci fai a terra?! Non ti senti bene? >>

 

Troppo tardi.

 

<< Tutto a posto, ho avuto solo un piccolo capogiro. >>

<< Aspetta, lascia che ti... >>

<< Non serve! >>

La mano di Seijuro respinse quella tesa di Reo con un colpo secco e diretto. Reo si ritrasse, ferito profondamente nell'orgoglio, ma cercò di mascherare la delusione come meglio potè.

<< Mi spiace, ma sembra proprio che ti abbia fatto venire sin qui per una sciocchezza. >>

<< Davvero? >>

<< Sì, papà si è solo lussato una spalla. Mamma al telefono ha pure cercato di dirmelo, ma la linea disturbata non mi ha fatto capire nulla e sono subito andato in panico, pensando al peggior scenario possibile. >>

Seijuro cambiò subito espressione, il suo viso tornò roseo come sempre e la fronte si rilassò, spogliandosi di tutte le rughe. Reo registrò diligentemente quei particolari, proponendosi di rifletterci con attenzione in un secondo momento, quando sarebbe stato solo a casa, senza distrazioni.

<< É del tutto comprensibile che tu abbia reagito in quel modo. L'importante è che tuo padre stia bene. Certo, fatta eccezione per la spalla. >>

<< Si riprenderà in fretta, è un osso duro. >>

<< Già, immagino. >>

Seijuro decise di provare a tirarsi su, ma siccome non riusciva ancora a percepire la punta dei suoi piedi, il rischio di ritrovarsi nuovamente a terra non era proprio pari a zero; dopo qualche secondo di raccoglimento, valutò che, per assumere una posa più o meno dignitosa, probabilmente avrebbe dovuto puntellarsi con i gomiti sul muro, a mo' di staffa. Quando, finalmente, riuscì a guadagnare qualche livello dal pavimento, fu lieto di non traballare come uno stambecco appena nato. E questo gli fece tornare in mente una scena piuttosto comica che sembrava vecchia di una vita intera*. Doveva proprio smetterla di pensare.

<< Sei sicuro di non volere una mano? Prima tu mi hai aiutato, posso restituirti il favore senza problemi. Lo sai che sono piuttosto forte, anche se la mia sconvolgente eleganza naturale rende difficile crederlo. >>

<< E pensare che, poco fa, ero io ad essere criticato per scarsa modestia! Comunque è vero, l'eleganza è una qualità che decisamente non ti manca. >>

Reo quasi ingoiò la propria lingua. Non credeva che Seijuro gli avrebbe mai detto una cosa del genere, perché somigliava troppo ad un complimento... Lo era, vero?

<< Grazie... credo. >>

Seijuro annuì ed afferrò con due dita il colletto della felpa di Reo, dal lato del livido.

<< Dovresti nasconderlo con più cura, se non vuoi che i tuoi genitori ti facciano domande. >>

<< Chissà, magari è meglio metterlo in mostra. >>

<< Sul serio? Sei arrivato a questo punto? Allora comincio ad avere un quadro piuttosto chiaro della tua situazione. >>

Reo sorrise arrendevolmente, conscio del fatto che il suo formidabile capitano avesse a disposizione tutti i tasselli necessari a ricostruire il puzzle senza che lui gli desse ulteriori imbeccate.

<< Cioè? >>

<< Sospettavo che in famiglia avessi qualche difficoltà a parlare delle tue preferenze, del resto, l'ostilità in questi casi è piuttosto comune, tuttavia non riuscivo a capire perché ti fossi addirittura rimediato una fidanzata fasulla. Adesso che ho scoperto le problematiche del signor Mibuchi, riesco ad immaginare cosa ti sia passato per la testa. >>

<< Ho solo cercato di dargli una speranza. A lui, ed anche alla mamma. Cominciavano a stressare un po' troppo con la faccenda “relazioni ed appuntamenti inesistenti”. >>

<< Ottima strategia. >>

<< Fai sul serio? >> Reo strabuzzò gli occhi, incredulo. Come poteva dirgli “ottima strategia” dopo averlo sbugiardato a quel modo? << ...Ma se appena l'altro giorno mi hai fatto presente, senza mezzi termini, che mi sto solo incasinando di più la vita! >>

<< Sì, e lo confermo, ti sei cacciato in una bella matassa di bugie, ma visto che non hai libertà d'azione, valutando rischi ed eventuali benefici, credo che fingere sia la scelta più sensata. Non puoi spiegare a tuo padre come stiano realmente le cose, ma contemporaneamente non puoi dargli a bere che un ragazzo sano di diciassette anni non abbia ancora il minimo interesse nelle donne. Un rapporto di rappresentaza risolve il problema alla radice e pone fine alle domande. >>

<< Grazie tante! Potevi pensarci prima di farmi sentire un insensibile ed un bugiardo patologico! >>

Seijuro indossò un sorriso affilato; i suoi occhi si fecero improvvisamente molto vividi, ma conservarono l'inquietante vena di ferocia che li aveva sempre contraddistinti.

<< Davvero ti importa così tanto ciò che penso di te? >>

Reo, colto alla sprovvista, decise di appellarsi all'ultimo scampolo di coraggio rimastogli, ma già sapeva di non potervi fare eccessivo affidamento.

<< Certo che m'importa. >>

<< E perché? >>

<< Lo sai. >>

<< Voglio sentirmelo dire da te. >>

<< Cos'è questa adesso, vanità? >>

<< No... >> Seijuro gli si avvicinò con incedere prevaricatorio, chiudendo tutte le sue vie d'uscita, e Reo si ritrovò presto a sbattere col fondoschiena contro uno dei lavandini. << ...Ti sto solo dimostrando che si può avvincere completamente qualcuno anche senza lascargli stupidi marchi sul corpo. Li trovo un po' volgari, a dire il vero. La tua finta fidanzata ha velleità antiquate. >>

Reo cominciò a sudare freddo. Avrebbe voluto invertire le posizioni e schiantarsi senza pietà sul suo presunto “aguzzino” o, in alternativa, lasciarsi circuire come una scolaretta indifesa. Si sentiva combattuto tra entrambi gli estremi ed era un impulso molto strano, potente, forse il più intenso che gli fosse mai capitato di sperimentare. Persino col sesso, non c'era paragone.

<< Peccato che... >> bisbigliò, la voce sottile, ma salda e priva di sbavature. << ...questo “marchio” non me l'abbia lasciato la mia finta fidanzata, ma il mio vero amante. >>

Seijuro sembrò stupirsi sul serio, anche se solo per una frazione di secondo.

<< Amante? Quante sorprese riservi, Reo... >>

<< Visto? Suppongo che nessuno sia soltanto ciò che appare. >>

<< Oh, di questo puoi esserne certo. >>

E senza un'altra parola, l'imperatore invase lo spazio personale di Reo ben oltre il limite consentito dalla comune decenza. Non era molto difficile intuire che la situazione fosse leggermente sfuggita di mano ad entrambi, ma avevano troppi sguardi da scambiarsi per preoccuparsene davvero.

<< Sei-chan... >>

<< Si? >>

<< Non lo so. >>

<< Non lo sai? >>

<< I-in verità, comincio a sentirmi un po' a disag... >>

Ma la frase gli morì fra i denti, soffocata da una mano che andava a premersi proprio sul segno galeotto, alla base del suo collo.

<< Non si può sopportare. É un pugno nell'occhio, rozzo e privo di senso. Macchiare una tela così bianca dovrebbe valere per reato. >>

 

Non sta bene far certe cose con il tuo tutor, Reo-chan... tu sei puro, come la prima neve dell'inverno... “

 

<< Stupidaggini. Questa tela non è più bianca da un pezzo. >>

<< Può darsi, ma ci sono modi più raffinati di imbrattarla. >>

<< Ah sì? E me li mostreresti? >>

Seijuro infierì sull'ematoma con la punta delle dita, percorrendone i contorni violacei senza preoccuparsi di far male. Poi, scivolò delicatamente sotto la felpa, fermandosi a metà strada tra la maglietta e la canottiera.

 

 

<< Reo! Reo, sei lì dentro? >>

 

No, proprio adesso!

 

<< S-sì mamma, sono in bagno. Ho trovato il mio... amico. >>

<< Bene, allora sbrigati ad uscire, non farmi strillare come un'aquila! Papà ha quasi finito. >>

 

Seijuro si allontanò come se niente fosse, sfoderando la sua classica espressione compita ed educata. Reo gli tenne dietro con il respiro affannoso e le palpitazioni. Le gambe gli tremavano pericolosamente e sperava con tutto l'animo che sua madre non lo notasse, altrimenti sarebbe stato piuttosto difficile spiegarle il perché.

 

<< Buonasera signora Mibuchi, il mio nome è Akashi Seijuro, sono il capitano della squadra in cui gioca anche Reo. Mi rincresce davvero che suo marito abbia avuto un incidente, ma sono ugualmente lieto che non gli sia accaduto nulla di grave. >>

Sakura prese a fissare il giovane rampollo con tanto d'occhi. Da quando in qua suo figlio usciva con gente così altolocata? Gli Akashi erano una famiglia potentissima, conosciuta praticamente in tutta la provincia di Tokyo e Kyoto... Forse Reo stava davvero imparando come stare al mondo. Ottimo, ne era orgogliosa.

<< Salve Akashi... sama? É un piacere fare la sua conoscenza! >> cinguettò, entusiasta e quasi civettuola nel suo sbattere le palpebre con eccessiva insistenza.

Ci risiamo! Adesso anche mamma fa la leccapiedi come i ragazzi a scuola.

<< Mamma, non usare questo tono così affettato, è inutile, per non dire imbarazzante! >> la rimproverò Reo, cercando di arginare il suo eccesso di zelo.

<< Oh, non pensavo di essere stata inopportuna, mi scus... voglio dire, scusami Akashi-kun. >>

<< Akashi-kun va più che bene. Akashi-sama non ha nulla a che vedere con me. >> disse Seijuro, senza alcuna intonazione particolare, ma pensando in automatico a suo padre. Sakura si soffermò ad osservarlo per qualche istante, prima di proseguire con i ringraziamenti formali. Aveva un bel portamento, una carnagione deliziosamente chiara e dei lineamenti decisi. Eppure, in quel quadro armonioso c'era qualcosa di stonato, un'increspatura che la donna non riusciva a mettere a fuoco...

<< Ti ringrazio davvero molto per esserti preso cura di Reo. Purtroppo, è stata tutta colpa mia, non ho pensato di verificare che mi avesse sentita al telefono e, così, gli ho fatto prendere un bello spavento, coinvolgendo anche te. In ogni caso, la tua presenza si è rivelata una fortunatissima coincidenza, perché, se si fosse trattato di una faccenda seria, mio figlio avrebbe avuto accanto una persona fidata e questo è estremamente importante. >>

<< Sì, la mamma ha ragione, grazie infinite. Non credo di avertelo ancora detto come si deve. >>

Il sorriso di Reo era così genuino e colmo di tenerezza che Seijuro faticò a non lasciarsene trasportare. Quegli occhi limpidi sapevano di vento e di mare, ma trasmettevano pace, la stessa pace di un'isola scomparsa dalle cartine. Occasionalmente, si popolavano anche di guizzi di vita ed estrema passione, come quando fissavano il canestro per rincorrere la perfetta parabola, o indugiavano attoniti sulla scena di un film particolarmente struggente, o si posavano leggeri, senza disturbare, sul profilo fiero dell'imperatore, pensando di non essere scoperti.

 

<< Beh, Akashi-kun, visto che è già piuttosto tardi, che ne dici di fermarti a cena da noi? Ne saremmo davvero onorati. >> chiese Sakura speranzosa ed, al tempo stesso, preoccupata per le riserve che aveva in dispensa. Poteva davvero imbastire un menù degno del suo ospite? O avrebbe fatto la figura della pezzente?

<< Tardi? Mi scusi, ma... che ore sono? >>

<< Le otto passate, perché? >>

<< Dovevo essere a casa più di un'ora fa. Sono spiacente di non potermi trattenere signora, ma avevo già preso appuntamento con mio padre. >>

 

Preso appuntamento? Quindi i nobili, anche per vedersi in famiglia, fanno convocazioni ufficiali? “ si chiese Sakura, profondamente affascinata da quel mondo patinato di cui riusciva ad avere un assaggio solo sulle riviste di gossip e finanza.

<< Tranquillo, ci rifaremo la prossima volta. Piuttosto, hai bisogno di un passaggio a casa? >>

Dì di sì, per favore, voglio vedere da vicino la famosa villa di Kyoto!

<< No, la ringrazio, il mio autista mi aspetta nel parcheggio. >>

Ovviamente, l'autista...

<< Va bene, allora Reo, accompagna Akashi-kun alla macchina e aspettaci nel cortile anteriore, la nostra è parcheggiata lì. Vado a recuperare tuo padre che sicuramente si sarà imbucato a chiacchierare con gli infermieri. >>

 

Reo tentò di accogliere l'invito della madre con la massima tranquillità, ma gli era rimasta addosso una certa tensione e, onestamente, non sapeva se sarebbe riuscito a rimanere ancora solo con Seijuro senza far danni. Perché, poi, si era venuta a creare quella situazione tanto ambigua? Cos'era realmente successo in una manciata di minuti? Aveva capito bene o aveva frainteso tutto? Possibile che, anche Seijuro...

 

<< Da questa parte. >>

<< S-sì, arrivo. >>

 

 

 

 

L'ascensore che conduceva al piano interrato aveva un volume molto ampio per permettere l'ingresso delle forniture, ma sembrava minuscolo agli occhi dei due ragazzi, incapaci di posizionarsi ad una distanza reciproca che potesse mascherare bene i loro pensieri. Reo si sentiva alquanto frastornato; faticava a liberarsi definitivamente della speranza, ma, al contempo, un meccanismo di autodifesa gli impediva di attribuire significati positivi a ciò che aveva visto e sentito.

Seijuro, invece, non era incline a porsi molte domande circa i propri desideri. Generalmente, se non poteva in alcun modo evitarlo, ne prendeva atto e li accettava così come si presentavano, per non essere costretto a fronteggiarli troppo da vicino. Alle medie, ad esempio, aveva scoperto che trascorrere il tempo con il suo ex capitano, Nijimura Shūzō, gli piaceva davvero molto, forse un po' troppo, e si era, a poco a poco, convinto di nutrire nei suoi riguardi un interesse più profondo rispetto alla semplice amicizia. Sempre in quello stesso periodo, però, erano successe molte cose, Shūzō se n'era andato ed anche Seijuro, in un certo senso. Tutte le sensazioni difficilmente classificabili avevano smesso di comparire a tradimento e la nuova realtà, costruita ad hoc per eradicare qualsiasi turbativa non necessaria, si era sostituita alla precedente senza fare prigionieri e senza conservare particolari lasciti di quella prima esperienza adolescenziale, caduta presto nel dimenticatoio.

L'imperatore, comunque, aveva un ego incompatibile con i silenzi di convenienza e non poteva tollerare di farsi schermo con lo stridio metallico delle pulegge fino alla fine della discesa. Mosse qualche passo verso Reo senza spostarsi di un millimetro, semplicemente aprendo dal nulla una conversazione che gli consentisse di non apparire in difficoltà, perché effettivamente, non lo era.

<< Prima, mi hai chiamato di nuovo Sei-chan. >>

Reo fece spallucce, più per confermarsi sicuro e stabile che per fingersi rilassato.

<< Già, è vero. Questa cosa ti infastidisce? >>

<< Non mi ha mai dato fastidio, altrimenti te l'avrei detto subito. >>

<< D'accordo, però è strano. >>

<< Cosa è strano? >>

<< Che non ti dia fastidio. In fondo, si tratta pur sempre di un nomignolo. >>

<< Pensi di mancarmi di rispetto, chiamandomi in quel modo? >>

Ovviamente no, anzi, Reo si sentiva fin troppo premuroso e pieno di buone intenzioni quando sceglieva deliberatamente di abbandonare ogni sciocca formalità. Era come vezzeggiare a distanza.

<< Tutt'altro. >>

<< Bene, quindi è inutile discuterne. >>

Inutile discuterne, certo. Seijuro passava sempre sopra tutto e tutti con grande agilità. Forse non si era neppure reso conto degli ingranaggi frenetici che aveva messo in moto dentro il compagno, semplicemente con qualche parola di troppo ed una mano peregrina. Reo, comunque, avrebbe fatto di tutto per tenerglieli nascosti, giacché si era convinto di essere la parte più debole, emotivamente parlando, e non porre domande sull'incontro ravvicinato di quella sera gli avrebbe consentito di preservare un briciolo d'orgoglio, anche se in un modo ostinantemente infantile.

<< Adesso che tornerai a casa, riuscirai a vederti con tuo padre? >>

Seijuro alzò lo sguardo sulla volta dell'ascensore e, poi, si perse ad osservare distrattemante sul display i numeri dei piani che scalavano, a poco a poco, verso il -1.

<< Non so... quasi sicuramente si è già rimesso in viaggio. Oggi doveva passare a Kyoto solo per effettuare un'operazione in banca, quindi era già previsto che non si trattenesse molto a casa mia. >>

<< Casa tua? >> chiese Reo, stupito da quella singolare scelta di parole.

<< Sì, mia. La residenza di Kyoto è già intestata a me. In più, vivo da solo per la maggior parte del tempo. >>

<< Che fortuna! Io non penso riuscirò mai a possedere realmente un tetto sopra la testa, occupo una casa in affitto da quando sono nato e, probabilmente, continuerò a farlo anche dopo aver lasciato i miei. Comunque, stare per conto tuo già a quest'età dev'essere fantastico! >>

<< Sì, ma considera che la villa di Kyoto costituisce anche il centro amministrativo della filiale locale, quindi, oltre alle bollette da pagare, devo star dietro a contabilità, bilanci e rapporto-produttività, occuparmi delle spese impreviste e seguire la servitù passo passo, per evitare sprechi inutili di tempo e denaro. Diciamo che vivere da solo è un ottimo banco di prova. >>

<< Accidenti! >>

Reo era riuscito a stento a seguire tutta quella sfilza di impegni che sembravano davvero seccanti e farraginosi; a lui già tornava complicato ritirare all'ufficio postale la pensione della nonna, quando la schiena impediva a quella santa donna di alzarsi dal letto ed andarci da sola. << ...Fai davvero tutte queste cose senza alcun aiuto? >>

<< Certo, è indispensabile che me ne occupi, in quanto futuro responsabile dell'Akashi Group. Se non fossi in grado di gestire simili sciocchezze, sarei indegno del mio titolo. >>

Sciocchezze?!

<< Ma seriamente, tutto questo impegno non ti pesa neanche un po'? >>

<< Assolutamente no. >>

<< Wow, sei proprio un uomo tutto d'un pezzo, Sei-chan! Non barcolli mai. >>

<< In effetti... >> Seijuro era quasi tentato di aggiungere variabili a quell'affermazione, ma la consapevolezza di chi fosse lo rimise presto in riga. << ...sì, è vero. >>

<< Rapido e risoluto*, giusto? Immagino che, con un figlio del genere, anche i tuoi genitori siano fierissimi. >>

<< Mia madre non può più dirmelo e mio padre, se anche fosse entusiasta di me, non lo dimostrerebbe mai. In ogni caso, non cerco l'approvazione di nessuno, al di fuori di me stesso. >>

<< Ma come, tua...? >>

<< Siamo arrivati, parcheggio interrato al blocco D. Da qui proseguo da solo, arrivederci e a domani. >>

<< Va bene, a dom... >>

 

Le porte dell'ascensore si chiusero con un debole scatto metallico, inghiottendo Reo - che doveva risalire di un piano per raggiungere il cortile esterno all'ospedale - e tutti i suoi dubbi.

 

Mia madre non può più dirmelo... Significa forse che...? Sei-chan!

 

 

 

 

Luci spente, tende tirate, silenzio pesante. La casa sembrava meravigliosamente vuota, incolore e tetra come in tutte le sere normali. Per un attimo, Seijuro pensò di averla scampata.

 

<< Hai più di un'ora di ritardo. >>

 

Sussultò nell'ombra, ma riuscì a trattenere il fiato e a non emettere suoni compromettenti. Forse avrebbe dovuto aspettarselo ed entrare più cautamente. Nessun problema comunque; niente che non potesse essere risolto sfruttando un linguaggio lezioso ed argomenti neutrali, già testati in innumerevoli ed inconsistenti occasioni di confronto.

<< Padre... Ero convinto che foste già andato via*. >>

Masaomi cominciò a spingersi verso la porta con un'andatura insopportabilmente lenta. I suoi passi, sporcati da un lieve trascinare, lascito di una brutta caduta da cavallo, risuonavano fra pareti coperte da costosi broccati e scaloni di infiti gradini, fra balconate lugubri ed archi catalani, fra stanze stipate di roba inutile ed armature stupidamente occidentali, per poi farsi largo, alla fine della loro corsa, anche fra le meningi di Seijuro, come pallettoni sparati a bruciapelo da un fucile a canne mozze.

<< Avevamo un appuntamento per le 19 o sbaglio? >>

<< Sì, è vero, ma Hattori avrebbe dovuto avvisarvi del... >>

<< Che cosa ti ho insegnato? >>

<< Mi è successo un impr... >>

<< Rispondi alla domanda, Seijuro! >>

A quel richiamo, l'imperatore si contrasse, rapidamente, in tutto il suo essere, stritolato da una voce d'impareggiabile inflessibilità. Masaomi riusciva sempre ad insinuare una vena di timore nel suo subconscio, sebbene tra loro non si fossero mai verficati rilevanti scontri fisici o verbali - a dirla tutta, Masaomi non aveva sfiorato Seijuro neppure il giorno in cui era venuto al mondo -. La paura, comunque, si radica facilmente anche senza particolari pretesti, trovando spesso terreno fertile in qualche forma d'ignoranza. E siccome Seijuro ignorava pressappoco tutto dell'uomo che, per avverso fato e senza possibilità di recesso, gli era rimasto come unico genitore, non c'era affatto da stupirsi che gradisse la sua compagnia quanto quella di un pugnale conficcato a fondo nel torace.

<< Mi avete insegnato che gli impegni vanno sempre rispettati e che la puntualità non è un optional. >>

<< E poi? >>

<< Che quando sbaglio non devo nascondermi dietro stupide scuse. Non importa il motivo, una mancanza è sempre una mancanza. >>

<< Esatto. Pensavi davvero che farmi telefonare dall'autista fosse la scelta migliore? Non sei ancora così importante da poter scansare i tuoi doveri servendoti di gregari qualunque. Mi aspettavo che dopo anni di educazione e disciplina questi concetti ti fossero entrati fin nelle ossa, invece mi vedo costretto ad appurare che sai solo recitarli a cantilena. >>

Seijuro digrignò i denti e serrò i pugni nelle tasche dei pantaloni. Avrebbe voluto dire così tante cose che la gola gli si strinse, soffocata dall'eccesso di parole ingorgate fra la mente e la laringe. Purtroppo, non poteva far altro che chinare il capo e gettare le armi, perché sapeva che non gli sarebbe convenuto ingaggiare battaglia con un nemico tanto più forte e pieno di risorse.

<< Avete ragione, sono stato irrispettoso. >>

Masaomi ricacciò un commento ferale. Sapeva che suo figlio non era davvero pentito e che, con molta probabilità, lo stava assecondando solo per porre termine a quella conversazione il più rapidamente possibile. In fondo, non poteva dargli tutti i torti. Alcune persone, dopo un lutto comune, si avvicinano e rinsaldano il loro legame, altre, invece, si allontanano definitivamente. Il secondo caso li rispecchiava a pieno: col passar del tempo erano diventati, in sordina e senza particolari drammi, due perfetti sconosciuti, occasionalmente costretti a fingere confidenza ed intimità per il pubblico e le apparenze. Parlare di inezie non avrebbe apportato alcun miglioramento, né, tanto meno, ribadire a voce alta l'ovvia fallacia del loro arido menage familiare.

<< Lascia perdere, ormai non ha più senso continuare questa discussione. Piuttosto, come procedono gli studi? >>

<< Al solito, nessun problema da segnalare. >>

<< E lo sport? La tua nuova squadra è promettente come la vecchia? >>

<< Promettente come la vecchia... >> Seijuro ebbe un attimo di esitazione. Se avesse dovuto attribuire di getto un aggettivo alla Teiko, l'avrebbe senz'altro definita “straordinaria”, molto più che semplicemente promettente. Ma, nel suo stato attuale, la nostalgia non era un sentimento che poteva liberamente far breccia e sconvolgerlo, quindi gli sembrò del tutto lecito liquidare con un semplice mezzo sospiro ogni pensiero di troppo. << ...Il liceo Rakuzan, anche prima del mio arrivo, disponeva di una delle squadre più forti di tutto il Giappone. Ora che ne sono diventato il capitano, punto a rendere le statistiche favorevoli al cento per cento. >>

<< Bene, ovviamente mi aspetto che tu ci riesca. A quando i prossimi tornei? >>

<< Tra meno di un mese si disputeranno gli Inter High. >>

<< Porta a casa un altro trofeo e non deludermi. Ora parliamo d'affari, mi è rimasto poco tempo. >>

 

Padre e figlio si spostarono silenziosamente, come in processione, in uno dei tanti salotti al primo piano. Nel farlo, finalmente accesero delle luci.

Masaomi ragguagliò Seijuro sugli ultimi progressi dell'azienda, informandolo di voler presto aprire una nuova filiale a Kagoshima.

<< Finito il liceo, potresti diventarne direttore generale e, parallelamente, iscriverti all'università. >>

<< Direttore generale? Ma con l'università sarebbe... >>

<< Riuscirai benissimo a lavorare e studiare contemporaneamente, dopotutto, gli Akashi lo hanno sempre fatto per prepararsi al meglio al mondo del lavoro e tu lo stai già sperimentando da qualche anno. >>

<< Sì, ho capito. >>

<< Ora devo ripartire per Tokyo, domattina è in programma una riunione alla sede centrale. >>

<< E quando dormirete? >>

<< In auto, come sempre. >>

 

 

 

 

 

 

<< Reo, che fai ancora in piedi a quest'ora? >>

Gori reggeva con la mano libera dalla fasciatura un bicchiere di latte freddo ed osservava, senza capire, ma con discreta curiosità, i movimenti frenetici di suo figlio in cucina. Era quasi mezzanotte e quello se ne stava lì ad impiastricciare ciotole e ruoti, come fosse la cosa pià normale del mondo...

<< Tranquillo papà, sto preparando una cosa per domani, ma ho praticamente finito. >>

<< Credevo che l'economia domestica la insegnassero solo alle ragazze. >>

<< Oh, ancora questa storia! >> Reo si volse con finta ferocia verso Gori, sguainando un mestolo sporco di impasto al cioccolato. << ...Alcuni degli chef più famosi e pagati al mondo sono maschi! Se ogni tanto anche tu ti sforzassi di dare una mano alla mamma, capiresti quanto possa essere bello cucinare! >>

<< Mh, non fa per me, ma se tu ti diverti tanto... >>

<< Sì, anche se stavolta non è solo per piacere personale. Voglio preparare un presente di ringraziamento. >>

Gori corrugò la fronte, sorpreso ma non abbastanza da interrompere bruscamente quella conversazione. Non ancora, per lo meno.

<< Mi vuoi dire che stai impastando una torta per quel tuo amico figlio di papà che ti ha portato in ospedale?! >>

<< Prima di tutto, sono dei muffin al cioccolato e cannella, niente torta. E poi, non mi sembra giusto che chiami Sei-... Akashi figlio di papà in modo tanto dispregiativo. Mi ha aiutato a venire da te, dopotutto, e solo perché tu non ne combini una giusta! >>

<< Già, hai ragione, oggi ho fatto proprio un bel guaio e ti ho anche spaventato. >> ammise mestamente Gori, col mento appesantito da un sincero senso di colpa. Reo, vedendolo in quello stato, non poté che intenerirsi e sorridergli di sghembo.

<< Fa niente, io e mamma ci manteniamo giovani grazie a te. Piuttosto, come va la spalla? >>

<< Ha vissuto momenti migliori, ma gli antidolorifici sono ancora in circolo. >>

<< Mio padre diventerà dipendente da morfina... >>

<< Sempre meglio che fare il pasticcere per l'aristocrazia... >> rispose l'uomo, pronto di spirito, abbozzando un inchino che annientò, di colpo, ogni residua serietà. << ...E comunque, ai miei tempi, se preparavi un dolce per un compagno di scuola, quello ti prendeva a calci nei gioielli di famiglia. Si fraintendeva con poco, sai? Oggi, invece, siete tutti all'avanguardia, spregiudicati... >>

<< I muffin sono solo muffin e non credo si possano considerare spregiudicati vessilli della lotta alle tradizioni. >>

<< Come parli bene tu! Allora i soldi che spendo per farti studiare servono a qualcosa! >>

<< Non ti illudere, m'impegno solo per andare presto via di casa! >>

<< Adesso dici così, ma fidati, quando dovrai mantenerti da solo, rimpiangerai tutte le comodità della vita da figlio di famiglia! Il piatto caldo ogni giorno, senza dovertelo sudare, le chiacchiere con mamma e papà, la stanza magicamente pulita e sistemata, i libri incolonnati, niente rogne di alcun genere... >>

 

Proprio così, probabilmente quello fortunato sono io. Non credo che Sei-chan debba pulirsi la stanza da solo, ma tutte le altre responsabilità sulle sue spalle saranno ben più sfibranti. E poi... La faccenda della mamma...

 

Reo non riusciva a capacitarsi di aver ignorato per mesi un elemento così importante della vita di Seijuro. Era pur vero che lui non parlava mai di sé, ma questo non costituiva una giustificazione accettabile.

 

<< Papà, se non hai intenzione di aiutarmi, tornatene a letto! Devo finire qui, altrimenti domani avrò l'aspetto di un cadavere. >>

<< Ho capito, ho capito, mi tolgo dai piedi, ma non fare troppo tardi e, mi raccomando, lascia qualcosa anche per me e tua madre. >>

<< I dolci ti fanno male! >>

<< Dai, non essere così meschino, lo vedi che sono ferito? Mi merito un po' di zucchero. >>

<< E va bene, ma ti conservo solo un muffin! >>

<< Me lo farò bastare. >>

 

Reo cercò di concentrarsi subito sul suo lavoro, ma un magone di vecchia conoscenza gli impedì di rimmettersi all'opera con l'entusiasmo sperato. Aveva ancora qualche secondo di tempo per cogliere una buona occasione e, forse, sarebbe stato saggio, data l'imprevedibilità del vivere, non lasciarsela sfuggire.

 

<< Papà, senti... >>

<< Sì? >>

<< Oggi ho proprio temuto che tu... insomma... è stato devastante. Giuro che se ti perdessi sul serio, non saprei cosa fare. Mi manca l'aria solo a pensarci, solo a realizzare che non è per niente scontato scambiarci il buongiorno ogni mattina e la buonanotte ogni sera. Quindi, papà, d'ora in poi mi riprometto di dirti più spesso quanto... quanto ti voglio bene. >>

Gori - che aveva quasi messo piede sul primo scalino, col suo bicchiere ancora mezzo pieno - per poco non rischiò di gettarsi tutto il latte sul pigiama. Era sorpreso e non riusciva a gestire opportunamente l'affettività, a volte molto schietta, di suo figlio, ma sapeva di poter dire solo una cosa che avesse un minimo di valore e che descrivesse, anche se in minima parte, i suoi reali sentimenti.

<< Anche io te ne voglio, Reo. Ma non costringermi a ripetertelo, ché sai come sono fatto! >>

<< Haha... certo, tranquillo! Non è che per me sia tanto divertente poi, te lo assicuro! Comunque... Buonanotte. >>

<< Buonanotte e... a domani. Fidati, te lo promette papà, ci saremo tutti. >>

 

 

 

 



 

 

NOTE:

 

  1. Giallo e Quarto Grado = programmi televisivi di cronaca nera italiani. Sicuramente in Giappone ce ne saranno di analoghi, ma non mi andava di cercarli e, soprattutto, mi sembrava piuttosto comico utilizzare questi due titoli. Certo, la mia ironia spesso fa schifo, quindi potrei benissimo aver toppato anche qui.

  2. E questo gli fece tornare in mente una scena piuttosto comica che sembrava vecchia di una vita intera “ = su su, a che scena mi riferisco? Vediamo chi indovina ^.^

  3. Rapido e risoluto ” = quick and decisive, è il motto di Akashi, rivelato nei trivia.

  4. Ero convinto che foste già andato via “ = Akashi si rivolge al padre utilizzando “ il voi ”, un registro più tipicamente formale. In italiano, questa scelta mi sembrava rendesse meglio l'idea della distanza tra padre e figlio.

     

Salve a tutti!

Questo capitolo è particolarmente lungo, mi rendo conto, ma non potevo tagliare nulla e quindi ho preferito lasciarlo così, piuttosto che spezzettarlo. I prossimi aggiornamenti potrebbero essere più incostanti causa studio, ma conto di mantenermi entro limiti temporali umani.

Ringrazio ufficialmente Wendy97, _Leopardo delle nevi_ e Sakanade che hanno recensito ogni capitolo fino ad oggi, siete davvero gentilissime. Spero di poter leggere presto anche altri commenti, perché fanno sempre piacere, ammettiamolo XD, ma se così non dovesse essere, l'importante è continuare a produrre qualcosa di interessante. Le visualizzazioni son tante ed incoraggianti, quindi mi ritengo già abbastanza motivata ^^

Grazie a tutti i lettori silenziosi.

 

Un abbraccio e alla prossima!

 

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