Don't say a prayer for me now (save it till the morning after)

di fonzie19
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2. ***
Capitolo 4: *** 3. ***
Capitolo 5: *** 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ross O'Ryan sbattè la porta della sua stanza con così tanta decisione che la vecchietta che viveva al piano di sotto probabilmente si svegliò.

 

Sua madre, dopo aver visto la pagella di fine primo quadrimestre, aveva dato di matto, urlando che, se voleva diventare avvocato come suo padre, avrebbe dovuto studiare di più, che l'avrebbe chiusa in casa a forza, che avrebbe bruciato tutti i suoi romanzi e che le avrebbe buttato la radio dalla finestra. Ross, alla quale tutto si poteva toccare ma non la sua amatissima radio (comprata faticosamente con i soldi ricavati dalla vendita di tutti i suoi giocattoli di quand'era bambina), le aveva sbraitato contro che “non aveva nessuna intenzione di diventare avvocato, era tutto un progetto costruito interamente da lei e da quel dannatissimo uomo che lei chiamava 'padre', quell'avvocato ambizioso 'dannatamente severo, rigido e chiuso di mente' che si era inutilmente sforzato di farle entrare in testa quell'inutile, sedentario e noiosissimo lavoro verso il quale” e qui aveva iniziato veramente a urlare “lei non avrebbe mai provato qualcosa di simile alla simpatia, ma solo disprezzo”. Presto, molto presto, si ripeté mentre ficcava maglioni a caso nella valigia, lei sarebbe partita per l'Inghilterra e, perdio, sarebbe tornata a Belfast solo quando il dannato avvocato e la sua ancor più dannata moglie sarebbero stati sotto terra da almeno dieci anni. Poiché sentiva ancora i brontolii di sua madre fuori dalla porta, prese la prima cassetta che le capitò a tiro e la inserì nella radio; poi, quando partirono i Deep Purple, mise il volume al massimo. Soddisfatta, cominciò a scegliere con più calma cosa portare a Birmingham; promise a sé stessa che sarebbe andata a ogni concerto, a ogni serata dove ci fosse stata musica e ogni sabato in discoteca. Finora, infatti, i suoi genitori si erano rifiutati categoricamente di farla uscire la sera, nonostante urla, suppliche, cera passata su tutto il parquet dell'appartamento, pianti a non finire e impegno nello studio. Quando la ragazza aveva capito che non avrebbe mai ottenuto nulla, aveva iniziato a smettere di studiare, uscendo la sera con quelli che i suoi definivano “amici” (figli di colleghi di suo padre tali e quali a lui di mentalità, idee e linguaggio) e ammirando da lontano il gruppo punk nel quale una volta aveva provato a entrare, riuscendoci. Suo padre, dopo aver saputo ciò che aveva fatto, l'aveva presa letteralmente a schiaffi e le aveva fatto giurare che mai più si sarebbe avvicinata a “quei depravati”. Poi, intuendo che sua figlia una volta fuori di casa avrebbe dato il benservito a lui e al suo giuramento, aveva fatto in modo che venisse strettamente controllata.

 

Ross, o meglio Rossana, come suo padre ancora la chiamava, dopo che aveva avuto conferma dell'effettiva sorveglianza, aveva cominciato a risparmiare su tutto: cene e frappè con i suoi cosiddetti amici, scarpe, vestiti e, a malincuore, persino libri e cassette, finchè aveva raggiunto la somma sufficiente a partire per l'Inghilterra.

 

Suo padre le aveva detto che se fosse partita la porta di casa per lei sarebbe stata sbarrata a un suo eventuale ritorno e che l'avrebbe considerata morta; Ross, per nulla scoraggiata, anzi, quasi contenta di quest'affermazione, aveva ribattuto che allora sarebbe partita per l'Inghilterra il più presto possibile e che avrebbe abitato da suo zio, a Birmingham. Ciò aveva fatto ancora più infuriare suo padre, che detestava suo fratello minore per la sua sregolatezza e per la sua vita esagerata. La sorella minore di Ross, Amanda, si stava dimostrando tale e quale a sua madre in tutto e faceva i dispetti a sua sorella maggiore, la spia, e sosteneva che sarebbe stata contenta quando “una simile piaga per la famiglia avrebbe finalmente messo i piedi fuori di casa”. L'unica che veramente si preoccupava della sorte di Ross era la sorella di sua madre, Janie, che approvava il suo progetto di partire e le aveva detto di chiamarla prima dall'aeroporto, poi da casa di suo zio. Ross, grata a sua zia e commossa dalla sua preoccupazione verso di lei, le aveva promesso di scriverle con regolarità e di chiamarla tutti i giorni, proibendole però di mostrare quelle lettere ai suoi genitori e di fare loro il resoconto delle telefonate.

 

Pensando alla zia Janie, che le era tanto cara, Ross si sedette sopra la valigia per chiuderla, e poi, dopo aver giurato a sua madre che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto la sua faccia, uscì di casa, diretta a un tram che l'avrebbe portata dritta dritta all'aeroporto.

 

Irina O'Ryan non aveva risposto a sua figlia e non aveva minimamente provato a fermarla: sapeva che ogni sua resistenza sarebbe stata inutile e pregava solo che Ross a Birmingham stesse bene, sperando un giorno di poter ricevere il suo perdono.

 

Suo marito era in quel momento a lavoro e avrebbe reagito sbraitando contro di lei che l'aveva lasciata partire; poi si sarebbe ricordato della sua promessa e avrebbe considerato Rossana morta, non avrebbe mai chiesto più notizie di lei e, da uomo cocciuto qual'era, avrebbe dedicato ad Amanda ogni sua cura e attenzione.

 

Irina, al corrente dello strettissimo legame che c'era tra sua sorella Janie e sua figlia, si augurava che la ragazza non avesse tagliato tutti i ponti con lei e che, se le fosse successo qualcosa di grave, Janie gliel'avrebbe detto. Pensò poi che, se davvero a Ross fosse successo qualcosa di grave, lei non se lo sarebbe mai potuta perdonare.

 

Rimasta immersa nei pensieri e nei ricordi (e anche nella sua angoscia) non si era resa conto del tempo che era trascorso; quando aveva sentito girare la chiave nella porta di casa, aveva sobbalzato, aveva controllato l'orologio e si era augurata che sua figlia fosse già sull'aereo; poi, alzatasi in piedi, si era preparata a dare la notizia a suo marito.

 

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Capitolo 2
*** 1. ***


Durante il volo, Ross venne assalita dai dubbi.
Pensò che forse, alla fine, le sarebbe mancata sua madre, suo padre e perfino i dispetti di sua sorella. E se suo zio non avesse voluto riconoscerla? E se fosse diventato moralista come suo padre? E se l'avesse rispedita a casa?
Temendo di aver perso l'indirizzo, frugò nelle tasche del suo cappotto di camoscio e tirò fuori un foglietto di carta frettolosamente strappato, che indicava una casa nel quartiere periferico di Hollywood, a Birmingham. Sperò solo che la casa non fosse troppo in periferia e che non fosse troppo piccola; dormire sul divano non le sarebbe dispiaciuto, ma se suo zio avesse avuto una fidanzata come diavolo avrebbe fatto? Divenne rossa al solo pensiero di vedere signore più o meno dell'età di sua madre girare mezzo nude per casa. 
Certo, era scontato che prima o poi si sarebbe trovata un suo appartamento, avrebbe ovviamente mollato la scuola e si sarebbe cercata un lavoro per potersi permettere i famosi concerti e...
Signore e signori, vi preghiamo cortesemente di allacciare le vostre cinture di sicurezza; saremmo a Londra tra circa dieci minuti.
Ross sorrise nervosamente alla hostess e fece come le era stato detto, poi per qualche secondo dimenticò i problemi “futuri” per concentrarsi su quello più vicino: sopravvivere all'atterraggio.

Birmingham e Londra distavano circa un'ora e Ross fece appena in tempo a prendere l'ultimo pullman per la città; durante il viaggio la sua ansia si acuì e quando giunse a Birmingham era quasi sul punto di vomitare. 
Scese dal pullman che era pallidissima e si riappropriò della sua valigia, rendendosi conto in quel momento che avrebbe dovuto attraversare la città quasi buia con quel peso morto in mano.
Sì, perché nella sua fredda di andarsene di casa, aveva preso il volo delle cinque di sera, era arrivata a Londra che erano quasi le sette e giungeva a Birmingham che erano le otto e mezza.
La città brulicava di gente, non sembrava poi così diversa da Belfast; chiese a diverse persone indicazioni per Hollywood e per la via che stava cercando, finché non giunse a un edificio di mattoni. Controllò due volte il numero civico e la via per essere sicura di non sbagliare e si strinse nel suo cappotto: la notte non era poi così fredda, ma stava iniziando a gocciolare.
Spinta da un coraggio che non sapeva di avere e da una decisione che le segnò il viso, suonò il campanello.
Risuonarono varie voci all'interno dell'abitazione, e poi si aprì la porta d'ingresso.
Se ad aprire la porta fosse stato un robot, Ross non si sarebbe sorpresa di più di quel che vide; all'inizio pensò di aver sbagliato casa. Ma no, impossibile, aveva controllato tre volte l'indirizzo!
Era preparata al fatto che ad aprire potesse essere un uomo di mezza età, un vecchio, una signora o perfino una ragazza sulla ventina; ma ad aprire era stato un ragazzo sulla ventina, al che Ross prima pensò che potesse essere suo cugino, poi addirittura il compagno di suo zio, e poi il ragazzo parlò.
Buonasera signorina – le disse con un sorrisetto – cercava?
Buonasera, il signor O'Ryan vive qui?
Il ragazzo rimase perplesso per qualche terribile secondo, e la ragazza pensò di aver sbagliato indirizzo, ma ciò che disse dopo fu anche peggio.
Il signor O'Ryan? Viveva qui una decina d'anni fa, che io sappia... ma che stupido – disse mentre sul suo viso si apriva un altro sorrisetto- io le parlo dalla porta e lei è fuori sotto questa pioggia! Perché non si accomoda un secondo, mentre io vado a chiede a mia madre del signor.. O'Ryan?
Esattamente, O'Ryan – disse Ross con una certa enfasi mentre entrava.
L'ingresso era piccolo, con un appendiabiti dietro al portone sul quale erano appesi giubbotti in jeans e in pelle che dovevano appartenere al ragazzo e un parka scamosciato della madre. Le pareti erano state imbiancate da poco e in fondo si notava una scala, mentre ai lati del corridoio si aprivano diverse porte. In una di esse era scomparso un ragazzo sulla ventina, alto, dai capelli scuri e un po' lunghi sugli occhi, dal naso delicato e gli occhi castani che l'aveva fatta entrare. 
Ross dovette attendere solo pochi secondi e una donna di mezza età dall'aria bonaria ma severa, con un grembiule da cucina legato sui fianchi, si affacciò da una porta sulla destra.
Buonasera – salutò Ross cortesemente
Buonasera, signorina - rispose la donna in maniera gentile – mi ha detto mio figlio Nigel che lei cercava del signor O'Ryan...
Sì – specificò la ragazza – sarebbe mio zio.
La signora la guardò per qualche istante, poi disse: - Io sono Agnes Taylor – aggiunse porgendole la mano – prego, mi segua nel salotto, cara, la lascio un attimo sola con il mio figliolo, sa, deve arrivare mio marito e vorrei che al suo arrivo la cena fosse pronta... gradisce il pollo?
Sì – fece la ragazza un po' confusa.
Benissimo, allora ne aggiungerò un'altra coscia per lei.
Ma no – fece Ross imbarazzata – non si disturbi...
Ma la padrona di casa era tornata in cucina lasciandola sola, come annunciato, con Nigel, come lo aveva chiamato sua madre.
Dunque... ehm... Nigel, vivi qui? - disse passando dal lei al tu.
John – la corresse studiandola – il nome Nigel non mi è mai piaciuto granché... e sì, vivo qui. Tu, invece da dove arrivi?
La domanda era una pura formalità dato che dall'accento e dai capelli dal colore fiammeggiante Nigel, o meglio, John, aveva già capito la provenienza della ragazza. Gli sembrò comunque doveroso farle alcune domande sulla sua vita, nonostante da una rapida occhiata avesse già capito metà della sua storia.
Aveva circa diciassette anni, era di media statura, dai capelli rossi e gli occhi grigi. Il viso era tipicamente scandinavo, con zigomi alti, occhi piccoli e labbra ben disegnate. I tratti non erano particolarmente delicati, e indicavano una grande forza di volontà.
“A giudicare dalla valigia e dal fatto che il nuovo indirizzo di suo zio le sia sconosciuto, dev'essere scappata di casa”.
E, come già sappiamo, non sbagliava di molto.
Belfast, Irlanda del Nord – gli disse lei guardandolo in modo aperto e diretto, confermando le sue supposizioni.
Tendendogli la mano, gli disse ancora: - Rossana O'Ryan, ma ti prego – disse con una certa enfasi – chiamami Ross.
Ross... dovremmo avere all'incirca la stessa età...
Credo di... sì – rispose lei scrutandolo con nuova attenzione – devi avere, quanti anni.. venti? Diciannove?
Diciotto – rispose John, lusingato che gli avessero dato due anni in più del dovuto.
Anch'io diciotto! - disse lei sorridendo per la prima volta da quand'era entrata in casa – be'... - soggiunse correggendosi con un'aria vagamente imbarazzata – non ancora compiuti...
John aprì la bocca per dire qualcosa, ma in quell'istante si sentì rumore di chiavistello, al che il ragazzo le si avvicinò e le disse un po' agitato:- Odora la giacca un attimo.
Lei lo guardò come se fosse pazzo.
Ti prego! - disse lui con voce preoccupata – dimmi se puzzo di fumo!
Ah – rispose lei sollevata, si alzò dalla poltrona e poggiò la faccia sulla sua giacca, inspirando profondamente – no, non mi...
Nigel! - interruppe una voce di uomo – che fai, ti dai da fare con le ragazze?
Nigel, o meglio, John, abituato com'era a quelle battutine, rispose impassibile:- Stavo aiutando la nostra ospite – la quale era diventata di un colore imprecisato tra il rosso dei suoi capelli e il viola – ad alzarsi, quando...
Jack! - fece la voce della donna che aveva accolto Ross in casa – non mettere in imbarazzo la nostra ospite!
Chiedo umilmente perdono – disse l'uomo con un sorriso pacato, porgendo la mano alla ragazza – Jack Taylor, padre di questo scapestrato- disse sorridendo al figlio – e marito della donna meravigliosa che ci sta preparando la cena.
Jack...- fece Agnes Taylor avvicinandosi per ricevere un bacio dal marito. 
Poi, messa un po' in imbarazzo dalla manifestazione di affetto davanti a un'ospite, annunciò che la cena era servita e pregò il figlio di guidare...
Scusi signorina, come ha detto che si chiama?
Ross, che in realtà aveva detto il suo nome soltanto a John, si affrettò a rispondere:- Rossana.
… Rossana nella piccola sala da pranzo adiacente alla cucina.

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Capitolo 3
*** 2. ***


 

 

 

- Jack – chiese la signora Taylor mentre gli serviva il pollo con l'insalata – ti ricordi per caso del signor O' Ryan?

Il signor Taylor corrugò la fronte mentre la padrona di casa si dava da fare per servire la cena al figlio, il quale, nonostante i suoi press'a poco diciotto anni, ancora protestava quando a cena c'era insalata.

- E' quello da cui abbiamo comprato la casa, o sbaglio? - chiese guardando interrogativamente la moglie.

- Si ricorda per caso il suo indirizzo? - chiese Ross speranzosa, tra un complimento e l'altro alla signora Taylor per la cucina.

- Quello nuovo vuoi dire? Mah – fece l'uomo – da qualche parte nelle stradine del centro, ma non ricordo la via precisa... perché?

- Be' – rispose la ragazza finendo di inghiottire il boccone d'insalata – vorrei raggiungere casa di zio il prima possibile, ho approfittato anche troppo della vostra cortesia e...

- Dove andresti a dormire? - chiese John guardandola attentamente e dicendo per la prima volta qualcosa che non riguardasse “questa stramaledetta insalata che mi costringete a mangiare”.

- Pensavo di andare in albergo...

… il che, non avendo più soldi, era una cosa abbastanza difficile da realizzare.

Avrebbe trovato un alloggio provvisorio, certo, ma avrebbe dovuto girare fino a chissà quale ora, trascinarsi la valigia per le strade bagnate di Birmingham mentre si inzuppava di una pioggia che cadeva sempre più forte, accompagnata da tuoni e lampi.

- Non se ne parla neanche! - le disse la signora Taylor, parlandole come avrebbe parlato a suo figlio – figurarsi! Lasciarti girare la notte per Birmingham con quella valigia gigantesca dietro chissà per quante ore, con questo tempo da lupi poi! Stanotte resti qui a dormire; poi domani si vedrà il da farsi.

- Non è affatto un disturbo, per noi – soggiunse il signor Taylor – per quanto mi riguarda (e puoi star sicura che parlo anche in vece di mia moglie) puoi restare qui finchè vuoi.

Ross, nonostante la sua forza d'animo, fu commossa da tanta gentilezza nei suoi confronti e si ripromise che, un giorno, avrebbe ricompensato quelle persone per averla aiutata in quel difficile momento della sua vita.

- Cara – le disse Agnes Taylor dolcemente – mi dispiace che tu sia arrivata poco prima di cena, altrimenti avrei preparato un dolcetto o un dessert...

- Ma di cosa si scusa!|- replicò la ragazza con veemenza. - Se non fosse per lei e per la sua famiglia io stanotte non so dove avrei dormito e probabilmente non avrei cenato, mi permetta di ringraziarla come posso... ora lei si sieda qui che io vado a fare i piatti.

La donna provò a replicare, ma la ragazza la costrinse a non muovere un dito. Pensò però comunque di andare in cucina con lei per chiacchierare un po'.

- Dimmi la verità – esordì la signora Taylor con una voce profonda ma piena di affetto – sei scappata di casa?

Ross, tutta intenta a lavare i piatti, rispose arrossendo: - Diciamo che se io adesso volessi tornare a casa mio padre mi sbatterebbe fuori... ormai mi considera come morta – aggiunse quasi tristemente.

- Povera cara! - disse la sua interlocutrice mentre la costringeva a interrompere il lavoro di casalinga per darle un abbraccio da madre – la tua vita non doveva essere facile, doveva essere un problema serio quello che ti ha spinto a tagliare i ponti in maniera così brusca!

- Mio padre è un avvocato di successo, uno di quegli uomini che vorrebbe avere il controllo sulle vite degli altri, soprattutto se di sua figlia – rispose Ross in maniera un po' brusca.

La signora Taylor si accorse che quell'argomento era, comprensibilmente, un tasto delicato e decise che avrebbe ripreso il discorso quando la ragazza fosse stata meno vulnerabile.

- Hai la stessa età di Nigel, vero? - chiese con un tono allegro.

- Sì – rispose sollevata la giovane – abbiamo solo pochi mesi di differenza.

- Bene! Spero che mentre starai qui da noi riuscirai a fraternizzare anche col mio povero figliolo... nonostante i suoi difetti – disse la donna guardando con affetto verso il soggiorno, dov'era seduto John – ha un cuore d'oro.

Ross sorrise e credette senza nessuna difficoltà alle parole della donna. Lo scapestrato Nigel, infatti, sotto i suoi sorrisetti maliziosi e i suoi modi alquanto esplosivi, dimostrava di essere come tutte le persone vivaci: in fondo era un pezzo di pane.

In quel momento si sentì una specie di ruggito: - Nigel!

- Sì papà? - rispose il ragazzo uscendo dal salotto e indovinando prima che il padre rispondesse il motivo di quell'urlo di rimprovero che aveva appena lanciato.

- Puoi gentilmente spiegarmi cosa sono queste? - chiese, tirando fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca del giubbotto.

- Le sto tenendo a Nick – rispose prontamente il dolce rampollo, con un sorriso innocente.

- Quindi a Nick non dispiacerà se ora ti odorassi la giacca, giusto per capire se ti ha fumato addosso, non è vero?

- Non credo – rispose John, rassicurato dal fatto che prima di cena Ross gli avesse detto che non puzzava.

Dopo un'attenta analisi, Jack Taylor decretò:- La giacca non puzza di fumo, forse questa volta hai detto la verità... ma bada, ragazzo, se ti dovessi ribeccare con una sigaretta in mano imparerai a masticare non solo il tabacco, ma anche il cartone della confezione, parola mia!

John brontolò un sissignore.

- E queste – proseguì soddisfatto il padre di famiglia – le tengo io. Si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio!

Ed entrò in soggiorno per sedersi sul divano.

John, incredulo per lo scampato pericolo, decise di salire nella sua stanza a suonare.

La donna e la ragazza, che avevano seguito tutta la scena, si scambiarono uno sguardo e poi scoppiarono a ridere, poi la signora Taylor disse: - Vieni, Rossana, ti faccio vedere la tua stanza.

Ross prese la valigia e la seguì su per le scale.

 

La stanza era piccolina ma calda e accogliente.

Il letto era addossato alla parete destra, sul quale la signora Taylor, aiutata da Ross, aveva appena sistemato un lenzuolo di un bel colore azzurro e una calda coperta di lana rossa. Le aveva lasciato un ulteriore coperta, nel caso sentisse freddo, e l'aveva lasciata sola.

L'armadio era posizionato accanto al letto, ugualmente addossato alla parete. Era robusto e grande, un po' vecchio stile, e Ross aveva fatto in fretta a sistemare il contenuto della valigia nei grandi cassetti. Di fronte alla porta c'era una finestra di media misura, con sotto una cassapanca dalla quale erano state tirate fuori le coperte, mentre addossata alla parete destra c'era una scrivania e un armadietto con diversi libri di narrativa e alcuni vecchi quaderni di Nigel.

Ross, dopo essersi fatta una doccia rilassante che le aveva tolto di dosso la stanchezza e l'ansia, aveva indossato il pigiama e si era sdraiata nel letto con I Tre Moschettieri, per poterlo iniziare a leggere.

Aveva appena acceso l'abat-jour, quando bussarono. Ross si mise a sedere e rispose:- Avanti.

- Compermesso, signorina – esordì John entrando con l'aria del perfetto maggiordomo inglese – la mia cara e distinta madre mi ha raccomandato di mettere a suo agio Vostra Grazia tenendole compagnia o chiedendole di andare in soggiorno a onorarci della sua presenza sul divano.

Vi va?

- Ringraziate lady Taylor, ma ditele che preferisco rimanere qui. Però se vuole venire a farsi una chiacchierata è la benvenuta. Accomodati, se ti va! - disse esortando il ragazzo e dimenticando i modi da Sua Signoria.

John non si fece pregare e si sedette nella sedia della scrivania.

- La stanza? Ti piace?- chiese guardandosi intorno come se non ci fosse mai entrato.

- Sì, è così accogliente! – disse la ragazza stringendosi nelle spalle.

- Sono contento che ti piaccia – disse John con tono sincero.

Poi si alzò e aprì la libreria, tolse l'edizione di “Come conquistare una ragazza in 10 semplici mosse” e controllò qualcosa dietro. Ross lo guardava incuriosita.

Ad un certo punto lo udì esultare:- Menomale, pensavo di averli finiti!

- Cosa?- chiese Ross balzando in piedi e mettendosi al suo fianco mentre tirava fuoi dalla libreria una scatola ancora intatta di gustosi biscotti al cioccolato.

La ragazza scoppiò a ridere e lui si giustificò:- Ehi, se mamma li vede mi costringe a dividerli con lei, così li nascondo...

- Dentro una libreria?!- fece Ross che ancora rideva.

- Dentro una libreria!- rispose lui aprendo i biscotti. - C'è chi le cose preziose li nasconde sotto i tappeti o dietro i quadri e chi dentro le librerie. Non essere razzista!

Poi glieli porse e lei accettò di buon grado. Mentre mangiavano, lui a bocca piena chiese:- Posso farti una domanda?

- Certamente – rispose Ross, anche se era un po' in ansia per quello che avrebbe pouto voler sapere.

- Non ti mancano i tuoi amici, il tuo ragazzo... aspetta – disse scrutandola – tu non hai un ragazzo, altrimenti ora saresti con lui, giusto?

- In realtà – rispose Ross – mio padre me ne aveva destinato uno, ma era così figlio di papà che è stato una dei tanti motivi che mi ha spinto ad andarmene.

- Te ne aveva destinato uno?! - chiese John stupito. - Crede di essere ancora nel Medioevo o cosa?! Scusa – disse poi- è pur sempre tuo padre e magari nonostante tutto gli vuoi bene.

- Sai – Ross assunse l'aria pensierosa – è la stessa cosa che penso io di lui. Mentalità medioevale, maniaco del controllo, ho trovato una definizione negativa per tutti gli aspetti del suo carattere. Penso che lo faccia perchè mi vuole bene, ma so benissimo che non passerà sopra al suo orgoglio per nessuno e che sarà più facile per lui credermi morta piuttosto che una barbona che dorme per strada al solo scopo di scappare da casa sua.

- Quando te ne sei andata non lo sapevi..? O forse te ne sei andata proprio perchè sapevi che lui non ti avrebbe più cercata?

- Se mi chiedesse di tornare – fece Ross con uno sguardo cupo – non lo farei per tutto l'oro del mondo.

John, che si era seduto accanto a lei per dividere i biscotti, le mise una mano sulla spalla e lei sussultò: - Qualcosa hai preso da lui... l'orgoglio. Cerca solo di mettergli un limite, o finirà per consumarti.

 

John Taylor era chiuso nella sua stanza, occupato a togliersi le lenti a contatto che portava per avere un aspetto migliore di quello che gli davano i suoi occhiali a fondo di bottiglia. Era così miope che si definiva quasi cieco, ma da quando aveva iniziato a usare le lenti a contatto e a farsi crescere il ciuffo, aveva notato un crescente interesse per lui tra le ragazze della sua classe e della sua scuola.

Il giorno prima aveva notato Sylvia Jackson, una biondina carinissima alta uno e sessantacinque per due metri di petto, che lo guardava in una maniera che a lui era sembrata adorante. Questo gli aveva dato il coraggio sufficiente di avvicinarsi, appoggiarsi al muro con un'aria che, come sostenevano le sue amiche “gli donava” e farle la proposta di uscire il sabato sera a farsi una chiacchierata. Lei, con un sorrisone e il volto paonazzo aveva accettato, pensando magari ingenuamente che per lui sarebbe stata una ragazza fissa (cosa impossibile a un ragazzo “vivace” come Nigel “John” Taylor) e ora il ragazzo si preparava la roba da mettere.

Controllava se la felpa nera che gli dava un'aria sufficientemente attraente fosse stirata, i jeans stretti come mai ne aveva avuti in vita sua puliti, le Converse smacchiate, il prufumo... dov'era il profumo?! Si chiese in preda all'ansia e cominciando a vedere immagini di sua madre che sbadatamente lo faceva cadere per terra, rompeva il vetro e ne nascondeva i frammenti della bottiglietta in modo che il povero Nigel non ci rimanesse troppo male... Scese come uno spiritato al piano di sotto per interrogare sua madre, quando all'improvviso ricordò di averlo riposto nel cassettone della stanza degli ospiti. La stanza cioè, dove dormiva Ross.

Il ragazzo si era congedato da lei da circa tre quarti d'ora, e sperando di trovarla addormentata, aprì lentamente la porta cigolante e si addentrò a tentoni nella stanza.

Entrava la luce di un lampione dalla finestra, e John poteva vedere i capelli della ragazza sparsi sul cuscino e le coperte che si era tirata su fino al collo; udiva il suono leggero del suo respiro e osservava il viso che aveva dipinto un mezzo sorriso straordinariamente sereno nel sonno.

“Chissà cosa starà sognando” si chiese il ragazzo, con un mezzo sorriso. E, seguendo un impulso improvviso, dopo aver agguantato il profumo si chinò sulla guancia della ragazza e la baciò, leggero come una piuma.

Poi, quasi impacciato, uscì dalla stanza e silenziosamente chiuse la porta dietro di sé.

 

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Capitolo 4
*** 3. ***


Ross O' Ryan si svegliò e si guardò intorno, chiedendosi dove fossero improvvisamente finiti il comodo letto col materasso di piume, l'armadio in mogano che per dispetto a sua madre aveva riempito di poster dei Kiss e degli Aerosmith, il gigantesco cassettone sopra il quale era solita buttare disordinatamente i vestiti del giorno prima e, ultima ma non ultima, la sua bellissima radio e la mensola che la sovrastava colma di musicassette. Poi, come un fulmine a ciel sereno, si ricordò di essere fuggita da casa sua e di aver trovato riparo presso i Taylor, nella vecchia casa di suo zio.

Suo zio, che doveva trovare al più presto.

Si alzò e uscì dalla camera dopo aver dato una lisciatina la pigiama. Trovò la signora Taylor in cucina, intenta a scaldare un po' di latte sui fornelli e a prelevare un pacco di biscotti dalla credenza.

Vedendola, sulla sua faccia bonaria si aprì un sorriso:- Cara, ti sei svegliata anche prima di quanto credessi; vorresti accomodarti mentre ti preparo la colazione?

Ross si sedette sulla sedia a capotavola del piccolo tavolo della cucina, poi chiese:- Dove sono il signor Taylor? E Jo... Nigel? -

- Jack è al lavoro, è uscito stamattina presto... Nigel a quest'ora – e in quel momento, guardando l'orologio appeso sopra la credenza delle tovaglie, Ross si rese conto che erano quasi le dieci di mattina- Nigel a quest'ora spero abbia avuto la buona grazia di entrare a scuolae non di andarsene in vela come fa a volte.

Le porse una tazza di latte bollente e le mise sul tavolo un pacco di biscotti, mentre continuava a chiacchierare:- Aveva intenzione di ritirarsi da scuola, ma io davvero gliel'ho proibito. Almeno il diploma dovrebbe averlo, non credi? E poi, uno abbandona la scuola se vuole mettersi a lavorare. Ma lui, quando si parla di lavoro, dice “Mamma, io ti prometto che quando farò successo, e ti assicuro è solo una questione di tempo, non dovrai mai più preoccuparti per i soldi, te l'assicuro!”.Si può avere un figlio più matto, dico io..? spero solo che col passare degli anni rinsavisca un po' e finisca per accettare il fatto che deve trovarsi un buon lavoro onesto e una brava ragazza onesta...- quando arrivò a questo punto del discorso, a Ross sembrò che la donna la stesse guardando di sottecchi - … con cui passare la vita e avere dei figli. Ah, che bello che sarebbe avere dei nipotini! Tu, cara, che intenzioni hai?

Tra un sorso e l'altro di latte, Ross ribattè:- Troverò prima mio zio, poi un lavoro e infine un appartamento tutto mio... poi, quando avrò racimolato soldi a sufficienza, partirò in America e... oddio, devo chiamare mia zia! - fece, correndo via dalla cucina.

-Signora Taylor, mi può dire dove tenete il telefono?

- Veramente il telefono è qui...

La ragazza tornò di corsa e, dopo aver promesso di pagare la telefonata, compose velocemente un numero. Agnes Taylor la osservò mentre, pallida, aspettava che qualcuno rispondesse al telefono; quando ciò accadde, la ragazza tirò un sospirone di sollievo.

-Pronto?

- Zia, sono Ross! Chiamo dalla pseudo casa di zio.

- Ross – fece una voce chiaramente sollevata all'altro capo dell'apparecchio- sono così felice di sentirti! Ma come sarebbe a dire pseudo casa?!

- L'indirizzo che ho trovato a quanto pare era vecchio di dieci anni.

- Vecchio di dieci anni?! Ma come?! Se vuoi chiedo a tua madre di...

- Prova a parlare con quella strega – sibilò la ragazza con un tono peggiore che se avesse urlato – e ti giuro, Janie Smith, che questa sarà l'ultima volta che sentirai la mia voce. Chiaro?

- Chiaro. Cercherò comunque di scoprire l'indirizzo in qualche modo, magari con l'elenco telefonico... intanto cerca anche tu e richiamami domattina, anche se non hai trovato niente. A proposito, da dove stai chiamando?

- Casa di zio, ora è abitata da una famiglia di persone sipaticissime.

- Spero tu ti trovi bene con loro... scusa tesoro, ora devo andare, richiamami domattina intese? Passa una buona giornata, tesoro.

-Anche tu zia, a domani.

Riappese la cornetta e sorrise alla signora Taylor, che aveva continuato ad osservarla per tutto il corso della telefonata. Era sicuramente sovrappensiosero, perchè Ross dovette chiamarla un paio di volte prima che le rispondesse:- Scusa cara, riflettevo su cosa preparare a pranzo. Mi daresti una mano, se non è troppo disturbo?

Ross pensò che fosse il minimo e le rispose che avrebbe fatto tutto ciò che voleva. Quindi, Agnes Taylor la spedì a fare la spesa a un negozietto del quartiere, chiedendole di comprare un po' di carne, lattuga e pomodori per l'insalata. Poco dopo che la ragazza fu uscita, telefonò alla scuola di suo figlio.

- Pronto? - fece la voce di una bidella che era stata sua compagna di scuola.

- Parlo con Esther? - chiese Agnes Taylor, mentre si accingeva a sfornare la torta che aveva preparato, con la cornetta tra l'orecchio e la spalla.

- Agnes! - fece la donna - come stai?

- Esther cara, noi stiamo benissimo, voi tutto bene? - disse, non accennando minimamente a Ross.

- Si, certo anche noi. Ma non hai chiamato per chiedermi notizie sulla famiglia, vero?

- Effettivamente no, Esther. Sai per caso se Nigel è entrato a scuola, stamattina?

- A dire il vero non l'ho visto, e non ho visto nemmeno Nick. Vuoi punirlo per le sue mattine in vela?

- Diciamo di sì – fu la risposta vaga della donna.

- Povero, non essere troppo dura con lui... in fondo è un bravo ragazzo, sta simpatico a tutti!

- Non ne dubito – rispose sarcasicamente la signora Taylor.

- Agnes cara, il dovere mi chiama... ci sentiamo presto!

- A presto! - disse Agnes Taylor riappendendo.

 

Ross O' Ryan percorreva le strade di Bimingham che la signora Taylor le aveva segnato su un foglietto. Aveva detto che il negozio era nel quartiere, ma Ross stava camminando da dieci minuti e doveva attraversare ancora un parchetto e cinque vie prima di giungere a destinazione.

Scoraggiata ma contenta di poter fare qualcosa di utile, attraversò le siepi e cominciò a percorrere la stradina che tagliava il parchetto.

 

Nigel – John – Taylor era andato in vela per l'ennesima volta, certo che sua madre avesse di meglio da fare che stare a controllare dove si trovasse lui. In quel preciso istante ci stava provando con una che Nick Rhodes, suo amico di sempre, gli aveva presentato e ovviamente, come sempre, dopo le prime parolin giuste la ragazza iniziava a cedere e gli poggiava la testa sulla spalla, poi gli faceva capire che voleva essere baciata e poi...

John Taylor scattò in piedi (con grande disappunto della ragazza) si diede una sistematina al ciuffo e, dopo aver avvisato Nick che “aveva una missione da compiere”. L'amico gli lanciò uno sguardo comprensivo e John, indossati gli occhiali da sole che gli ricordavano molto un pittore degli anni sessanta di Liverpool, si lanciò verso il sentiero che attraversava il parchetto, certo che colei che aveva visto nessun'altra poteva essere che Rossana O'Ryan. Lei lo vide mentre si avvicinava e gli sorrise, e quando lui gli si affiancò commentò sorridendo:- Mi diceva tua madre che andare in vela non è contemplato tra i tuoi doveri scolastici.

- Mia madre diceva anche che io sono un ragazzaccio, cosa, come vedi, non vera. Che ci fai qui con un foglietto in mano?

- Io? - fece Ross. - Tua madre mi mandava a fare la spesa.

- E dove ti mandava a fare questa benedetta spesa, se posso chiedere? - domandò lui sorridendo – Ad Aston?

- Ma se non so neanche dove diavolo sia Aston! Lei mi ha detto il negozietto del quartiere!

- Mia cara – disse John con un tono da gentleman – voi siete uscita dal quartiere da un pezzo. Credete davvero che io sia così stupido da andarmene in vela e rimanere a Hollywood?!

- Tieni! - gli disse lei piccata – Dimmi se qui dietro non c'è questa via! Sto camminando da dieci minuti e ho pure sbagliato strada!

John, mentre si appoggiava alla siepe che delimitava la fine del parchetto, osservò il foglio. Ross si appoggiò accanto a lui, allungando il collo per ricontrollare i nomi delle vie.

Alla fine lui disse:- Ross, la strada che ti ha dato è giusta, ma ad arrivarci ci metterai una ventina di minuti. Non capisco perchè abbia cambiato negozio; quello dietro casa era così...

Si bloccò di colpo.

Ross continuava a guardarlo mentre lui fissava incredulo il foglietto.

- Ross – chiese – il foglietto te l'ha scritto mia madre?

La ragazza fece cenno di sì.

- Il negozietto, mia cara, è dietro casa. E sai perchè lei ti ha fatto fare tutto questo giro? Perché ha scoperto che vengo in vela qui, ultimamente! E voleva che tu le dicessi se mi avevi visto! - rise.

- Cosa devo dirle? - chiese Ross sorridendo, mettendosi di fianco – ora posso ricattarti.

- Dille che io assolutamente non c'ero, ma fallo solo se te lo chiede!

Le mise le mani sulle spalle e fu come se una scossa elettrica attraversasse la spina dorsale di entrambi, perchè sussultarono simultaneamente. E John Taylor, al quale sembrava che questa piccola scossettina gli avesse dato l'effetto di un bicchiere di vodka, si avvicinò a Ross fino a sfiorarle la fronte con le labbra e mormorò: - Capito?

Lei rispose, matenendosi perfettamente immobile ma con un sorrisino malizioso che avrebbe sciolto una calotta polare: - Capito.

Poi partì di corsa, lasciando John con le braccia per aria e un lieve sorrisino verso la strada, mentre da dietro giungeva l'amica di Nick.

- Michelle! - esclamò girandosi a guardarla quando Ross ebbe girato l'angolo. - Oh, mia adorata Michelle, posso offrirti da bere?

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Capitolo 5
*** 4 ***


Tornò a casa ancora soddisfatto di Michelle, che si era rivelata un'ottima amica. Avrebbe dovuto saperlo, pensò: Nick non sbagliava mai.

Entrò in casa e venne accolto da un profumino di fritto da far resuscitare un morto, e tutto pimpante varcò l'ingresso della cucina. Trovò sua madre ai fornelli che chiacchierava tranquillamente con Ross, seduta al tavolo, con un grosso libro di pagine gialle in mano.

- Se mi cercavate – disse con fare allegro – sono qui da voi. Donzella, potete anche chiudere il libro di pagine gialle, se non vi dispiace.

Lei alzò un sopracciglio e senza sollevare gli occhi dalla pagine rispose:- Donzello, scusa ma prima di cercarti sulle pagine gialle prima di tutto farei un festino e poi... - il viso s'illumino. - Trovato!

- Chi trovato?! - fece John, confuso.

- Ma caro, mio zio, Paul Kevin O'Ryan! - la ragazza, esultante com'era, non si accorse dell'espressione del ragazzo, che si affrettò a stamparsi un sorriso in faccia:- Fantastico.

- Meno male! Leggi l'indirizzo, così dopo pranzo mi ci potrai portare... sempre se vuoi – gli rivolse un sorriso supplichevole.

- Ah no, aspetta. - disse la signora Taylor. - Io non mi fido a lasciarti andare subito da un uomo che si ricorda appena di te, quindi Nigel ti accompagnerà, tornerete a casa, riferirà le sue impressioni, poi se vorrai ti potrai trasferire subito da lui. Altrimenti – proseguì – la nostra porta per te è aperta, cara.

Commossa per la seconda volta in due giorni dalle preoccupazioni che la donna dimostrava per lei, con affetto filiale l'abbracciò. Agnes Taylor, dal canto suo, la strinse come fosse sua madre e servì il pranzo per loro tre soli, dato che il signor Taylor lavorava tutto il giorno.

 

Erano le tre del pomeriggio quando, finalmente, i due ragazzi si misero in cammino in cerca di un certo Paul Kevin O'Ryan.

Per motivi noti a lui solo, John scelse di non prendere tram, taxi o qualunque mezzo potesse portarli più velocemente in centro, a suo dire “perché volevo mostrarti un po' Birmingham prima di consegnarti a tuo zio”. Ross, da vera patita del calcio qual'era, chiese di mostrarle lo stadio dell'Aston Villa, richiesta a cui il ragazzo acconsentì con un sorriso, portandola nel quartiere di Aston, a meno di un chilomentro da casa di suo zio.

- Ta daaaaaaan! - esclamò John, indicandole finalmente l'agognato stadio. Sorrise al vedere gli occhi di Ross che s'illuminavano mentre osservava la grande costruzione, e rapido tirò fuori dalla tasca del giubbotto una macchina fotografica, inserì un rullino nuovo e disse soltanto:- Sorridi!

La ragazza lo guardò stupita e sorrise allargando le braccia, mentre John, tenendo la mano il più ferma possibile, scattava la fotografia.

- Trova un'altra posa, così te ne faccio un'altra!

E stava premendo il tasto per scattare, quando vide una familiare testa bionda venire verso di lui.

- John! - lo chiamò la voce di Syliva Jackson, della cui esistenza il ragazzo si era quasi totalmente dimenticato.

- Syliva! - esclamò di rimando il ragazzo andandole incontro e mettendole un braccio intorno alle spalle – che ci fai da queste parti?

Shopping! - rise lei, sollevando una busta che John non aveva notato prima; poi chiese, con fare indifferente ma fissando il ragazzo come se dalla risposta ne dipendesse la sua vita:- Quella chi è?

Indicò Ross con un cenno della testa mentre lei era in contemplazione dello stadio, ma non era abbastanza lontano per non aver sentito. Stava lì, con gli orecchi tesi, a sentire la risposta di John Taylor, che nel tono più basso che aveva, ma che basso non era abbastanza, rispose:- Chi, la rossa laggiù? Non la conosco...

Sulle labbra della diretta interessata apparve un sorriso di sdegno tale che se ne accorse pure Sylvia, perché domandò:- Oh oh, sicuramente ci ha sentiti...

Il primo pensiero di Ross, si capisce, fu quello di andare da lui e fargli fare una figuraccia con la suddetta biondina, ma poi pensò che era qualcosa di grossolano e optò per la soluzione “migliore”: girò i tacchi, prendendo una direzione a caso, e s'incamminò, tremando di orgoglio e di rabbia contro colui che aveva osato umiliarla.

Naturalmente non aveva capito che John l'aveva fatto per non compromettere l'uscita con la ragazza dell'indomani, o se l'aveva capito non dava segni di pietà verso il ragazzo che, dopo che Ross aveva girato l'angolo, aveva frettolosamente salutato Sylvia Jackson e l'aveva seguita passando per un'altra strada.

I capelli rossi di lei fiammeggiavano nel raggio di sole che si era aperto tra i nuvoloni di pioggia, il portamento eretto di una duchessa e la bocca atteggiata a una leggere smorfia non lasciavano trasparire niente se non una leggera superbia. Gli occhi grigi, invece, mandavano lampi, tuoni e fulmini di un uragano in Polinesia con un nome di donna, e, quando John la intercettò per strada, capì che l'indesiderato oggetto della burrasca era proprio lui.

Ross... scusa se io..

Venne interrotto da una risata squillante, tanto falsa quanto sdegnosa, della ragazza a cui stava parlando.

Levati dai piedi, caro, prima che cacci un urlo davanti a un poliziotto e dica che tu mi stai importunando.

Ma io... veramente...

Nigel – gli disse freddamente, guardandolo in una maniera tale da farlo sentire un verme – vattene.

Cosa dirò a mia madre? - borbottò tra sé e sé; lei lo sentì e gli rispose, con la stessa risata di prima:- Caro, sono affari tuoi. E adesso, davvero, lasciami andare o griderò finché mezza polizia di Birmingham non sarà lì ad inseguirti. Chiaro?

Lo spostò con uno spintone, proseguendo con una camminata veloce e rabbiosa. John Taylor, stanco di inseguirla, si diresse dalla parte opposta per tornare a casa, maledicendo la gentilezza di sua madre, i genitori di Sylvia per averla messa al mondo, sé stesso (in modo molto modesto, si capisce) per essere così affascinante e i genitori di Ross, per la loro mentalità troglodita.

Presto, però, si ritrovò a chiedersi cosa gli avrebbe detto sua madre e come avrebbe reagito suo padre non vedendo la ragazza tornare a casa con lui. “Solo io riesco a cacciarmi in guai del genere”, pensò, entrando nel quartiere di Hollywood.

 

Ross aveva continuato a camminare, finché la rabbia non aveva sbollito un po', poi aveva iniziato a chiedere in giro informazioni sulla via in cui doveva andare. Dopo un paio di tentativi riusciti male e un terzo di un tale che le aveva fatto uno scherzo di cattivo gusto, una ragazza sui venticinque anni che spingeva una carrozzina con un neonato le aveva dato le indicazioni chiare e giuste da seguire. Dopo aver benedetto lei, suo marito e tutto il loro albero genealogico ancora da svilupparsi, Ross trovò la via che cercava e il numero civico la portò in una casa ristrutturata vecchio stile, a due piani, stretta tra una casa in mattoni rossi e una piccola palazzina in pietra. Le imposte delle finestre erano tutte chiuse e fu allora che, con una morsa allo stomaco, si ricordò la passione per i viaggi di suo zio. “Ma porca miseria” pensò irritata, mentre suonava il campanello “devono succedere tutte a me!”. Al primo squillo non rispose nessuno, così Ross riprovò.

Niente.

Ancora una volta.

Ancora niente.

Suo zio era in viaggio da qualche parte nel mondo e lei era sola, a Birmingham, dopo aver orgogliosamente rifiutato l'aiuto che le era stato offerto. Si stava quasi per mettere a piangere, quando sentì il rumore di una persiana che si spalancava e alzò gli occhi sulla casa, speranzosa. Ma non era dalla casa di suo zio che le era arrivato il rumore le era arrivato, ma dal piano superiore della casa in mattoni di fronte. Uscì sulla piccola terrazza una signora sui cinquantacinque anni sorridente, dall'aria pettegola, che le chiese dal terrazzo:- Mi scusi, signorina, cerca per caso il signor O'Ryan?

Il viso di Ross s'illuminò di speranza:- Sì, mi può dire se è in città?

In città? - chiese la signora, sporgendosi pericolosamente dal terrazzo per osservare meglio la ragazza.

Sì – disse Ross, che iniziava a innervosirsi – è in città o è partito per uno dei suoi numerosi viaggi?

Cara, l'unico viaggio che Paul O' Ryan ha fatto negli ultimi tempi è stato da casa sua in chiesa e dalla chiesa in cimitero. E' morto più di un mese fa'...

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