You’ll never lose me.

di Elle Douglas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO I ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO II ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO III ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO IV ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO V ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO VI ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO VII ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO VIII ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO IX ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO X ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO XI ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO XII ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO XIII ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO XIV ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO XV ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO XVI ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO XVII ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO XVIII ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO XIX ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO XX ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO XXI ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO XXII ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO I ***


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Prima di inoltrarvi in questa storia e incappare in SPOILER abnormi vi consiglio di passare alla prima parte della storia che trovate qui

 
 
CAPITOLO I
 
Qualcuno ha avvisato Regina?’ chiese Emma nel silenzio della sala.
‘Sicura di non riuscirci?’ s’insinuò David incrociando le braccia al petto con lieve apprensione.
Emma avrebbe voluto tanto fare tutto da sé, ma in quel frangente si sentiva del tutto inesperta e inutile. Nessuna come Regina poteva conoscere meglio la magia. ‘Se potessi, credi davvero che non lo farei? Ci ho provato e riprovato a comprendere ma non ne esco. Non so cosa fare!’ Emma era del tutto sconvolta e straziata.
Aveva visto con i suoi occhi ciò che era accaduto, quando pensava che fosse tutto finito e tutto sarebbe andato per il meglio, ma proprio in quel momento era successa la catastrofe. Killian era al di là della grande vetrata delle porte bianche. Lo vedeva distintamente non darsi pace e andare su e giù per il corridoio proprio dietro quella porta.
Lo straziava vederlo in quel modo, il suo uomo. Non ce la faceva e pur rimanendo concentrata sulla faccenda non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
‘Non ti da fastidio? Non sei gelosa di questo legame?’ Mary Margaret si fece spazio nei suoi pensieri prendendosi uno sguardo vago di Emma che non comprendeva appieno ciò che intendesse.
‘E’ l’ultima cosa a cui sto pensando adesso.’ Chiarii con una risata nervosa.
‘Sì, ma voglio dire ci avrai pensato almeno una volta al legame che si portano dietro. Non ti infastidisce?’ continuò imperterrita la donna al suo fianco.
‘Non mi sembrano cose di cui parlare al momento, mamma!’ disse, rivolgendole uno sguardo spazientito da tanta insistenza.
Mary Margaret si strinse nelle spalle arrendendosi.
‘Okay, scusa!’ sbottò volgendo in aria le mani in segno di resa.
Emma si strinse meglio nella giacca di pelle grigia, quasi come se avesse freddo e scosse la testa per liberarsi dei capelli che le erano davanti, e sbuffò.
‘All’inizio forse. Insomma sono stati tanto insieme, tanto l’uno per l’altra e quel legame è vivo ancora oggi, ma in maniera diversa. Lei vuole bene a Killian e viceversa. Hook mi ha parlato tanto di lei che mi sembra di conoscerla, di rivedermi in alcuni suoi passi, in alcuni suoi timori e paure e ora come ora non riesco a fare altro che preoccuparmi per lei tanto quanto lui.’ Chiarì indicandolo.
Killian era completamente assorto nel suo dolore, apprensione e preoccupazione lo avvolgevano. Era in quello stato da ormai un ora buona e non sembrava uscirne, era in bilico in attesa di notizie da quella porta che continuava a fissare.
‘Emma!’ sibilò Belle entrando nella grande sala d’attesa trafelata. ‘Ho avvertito Regina. Sta arrivando. Lei come sta? Si sa qualcosa?’ chiese apprensiva pronunciando tutto di fretta.
Emma si avvicinò a lei e le mise le mani sulle spalle, sapeva quanto anche lei fosse legata alla fanciulla.
‘Non si sa ancora nulla. Il dott. Whale non è ancora uscito. E comunque grazie per aver avvertito Regina, lei almeno saprà dirci di più su ciò che è successo.’ Belle annui con gli occhi che iniziavano a velarsi di leggere lacrime.
‘Tu, come stai?’ si preoccupò la Salvatrice. Anche lei non era messa meglio.
Belle si strinse nelle spalle, esausta. Sembrava fosse invecchiata di colpo, tutto il dolore che le era stato arrecato dal marito cominciava a farsi vedere.
‘Andrà meglio.’ si limitò a dire con voce rotta. Emma l’abbracciò forte per infonderle il suo coraggio e per confortarla.
Anche lei aveva combattuto tanto quella sera, non con armi né con della magia, ma aveva combattuto con il cuore e non c’era peggior battaglia. Belle sorrise, lievemente.
‘Ora pensiamo a lei. Non voglio perderla. Non per mano di Tremotino, non lo merita. Dobbiamo salvarla.’
‘Se le è successo qualcosa, faremo di tutto per salvarla. Te lo prometto.’ E si sorrisero a vicenda in quella convinzione.
Un paio di minuti, e quella porta si aprì facendo risvegliare Killian dal suo stato di torpore e facendo accorrere tutti al suo fianco.
‘Allora, come sta?’ chiese Killian di getto. Tutti pendevano dalle labbra del dott. Whale.
‘Volevo informarvi, innanzitutto che è viva. Respira ancora un po’ a fatica, motivo per cui l’abbiamo attaccata ad un respiratore’. A queste parole tutti insieme, quasi, tirarono un respiro di sollievo. Killian ricominciò a riprender fiato e a sorridere a quella notizia. ‘Nonostante questo, però, non siamo sicuri di quando si risveglierà.’ Il dott. Whale assunse la posa delle cattive notizie che a Killian non piaceva.
‘In che senso?’
‘Nel senso che è ancora troppo debole, e ancora non si è risvegliata per accertarsi di come stiano le cose a livello salutare. La terremo in osservazione per le prossime ventiquattro ore, se non si risveglierà in questo determinato lasso di tempo inizieremo a prendere in considerazione il fatto che sia andata in coma.’
Un tonfo al cuore, un po’ per tutti che ormai – chi più, chi meno - si erano affezionati a quella misteriosa fanciulla che solo in pochi conoscevano davvero. E furono soprattutto quei due a patire le maggiori conseguenze di quella notizia.
‘Possiamo vederla almeno?’ azzardò Belle che assimilava un altro duro colpo.
Il dottore gli rivolse un rapido sguardo.
‘Potete entrare, e solo per questa volta potete farlo tutti.’, le sussurrò e le concesse date le loro facce. In quel preciso istante Regina entrò con Henry a passo svelto.
‘Che succede? Sono corsa qui appena ho potuto. State tutti bene?’, esaminò ansiosa tutti i loro volti come non aveva mai fatto.
Il silenzio sprofondò tutti intorno.
‘Non tutti, purtroppo.’ Puntualizzò, amara, Mary Margaret.
[…]
Emma e Belle, dopo una rapido ed esaustivo resoconto dei fatti avevano fatto esaminare a Regina, il corpo inerme di Esmeralda con la sua magia, nel caso in cui potesse dire o fare qualcosa in più.
‘Ciò che asserite lei abbia fatto sono secoli che non si vedeva nella storia della magia. Nemmeno io ho mai visto una cosa del genere e quasi credevo fossero solo leggende.’ Spiegò Regina, quasi estasiata ad Emma e Belle poco lontane dal resto del gruppo.
‘Perché cos’è stato il suo gesto?’ chiese Emma.
‘Il suo gesto è stato un atto di puro amore. Vedete ha talmente tanto combattuto con sé stessa per non ferire l’uomo che ama, che è stata in grado, da sola, di riappropriarsi del proprio cuore contenuto nelle mani di una delle persone più oscure di tutti i regni. Facendo ciò ha però consumato tutte le forze possibili e immaginabili, scaricandosi del tutto. E’ viva sì, ma bisogna vedere quanto ci metterà il suo corpo a svegliarsi. L’impatto e la forza che ella ha messo per ribellarsi sono state un mix micidiale per il suo corpo fragile e minuto.’
‘Con ciò vuoi dire che non si risveglierà stasera?’, chiese Belle.
Regina scosse la testa e incrociò le braccia al petto.
‘C’è da chiedersi piuttosto quando si sveglierà: potrebbe volerci un giorno, un mese o due, o anni interi. Questo è il prezzo per la magia. Una cosa è prendere un cuore e rimetterlo a posto con le dovute attenzioni, seppur con forza, un altro è scagliarlo con un impatto tale da creare quest’effetto e lei se n’è riappropriata in questo modo.’ espose indicandola.
Emma ci pensò un attimo, poi una frase le sembrò strana: ‘Lei se n’è riappropriata…?
Regina la rimirò non capendo il senso della ripetizione della sua osservazione. Poi sbatté le palpebre intendendo cosa volesse dire.
‘Non mi dire che non lo percepisci.’ Fece incredula sbarrando gli occhi.
‘Percepire cosa?’ chiese Belle che non ci stava capendo più nulla mentre tutte e due guardavano la fanciulla a letto.
‘Esmeralda ha la magia.’ Constatò Emma appena affinò i sensi per sentire ciò che sentiva Regina.
‘Cosa? Esmeralda?!’
‘Ti sembra tanto incredibile? Un gesto del genere non può essere compiuto da un comune mortale. Esmeralda ha la magia, ma non sa di averla. Proprio come…’
‘Me.’ Finì Emma che ancora era intenta a fissarla.
Quelle due ragazze, erano più simili di quanto pensasse. Constatò la Salvatrice.


Note Autrice:
Eccomi qui, di nuovo, con una nuova storia ma poi non tanto nuova.
In realtà dopo aver terminato 'I thought I’d lost you forever' mi sentita in dovere di continuare la storia in questione perché non potevo lasciarvi come vi ho lasciati, e dopo vari pareri e shock da parte di alcuni ho deciso di rimettermi a scrivere.
Premetto già che gli avvenimenti di questa storia si interpongono nelle sei settimane di stacco tra la la 4A e la 4B di ONCE, e vanno anche oltre, ma senza intaccarla.
Ho pensato di inserire un po' di personaggi nuovi che introdurrò prossimamente e che spero vi possano entusiasmare.
Io ringrazio sin da ora tutte le persone che mi danno il loro supporto e affetto e che leggono sempre tutto ciò che scrivo.
Ringrazio chi ha seguito la precedente storia con affetto e spero che anche questa, per voi, non sia da meno.
Io spero sempre mi facciate sapere cosa ne pensate, nel bene e nel male.

Un bacione.
Alla prossima.

- Elle.

 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO II ***


CAPITOLO II
 
Ed eccomi tornata con un nuovo capitolo.
Ci ho messo un po’ più del solito, lo so ma perdonatemi tra il caldo e vari impegni sono riuscita solo ora a pubblicarlo.
E’ un capitolo un po’ lunghino ma spero gradiate.
Io come sempre, ringrazio tutte le persone che hanno aggiunto la storia alle preferite/seguite, e che hanno recensito e mi hanno fatto avere pareri su questa long.
Ringrazio anche chi si è aggiunto solo adesso, siete un grande monito per me, davvero.
Grazie mille dal profondo del cuore. ♡
Spero che anche questo vi entusiasmi altrettanto, come sempre fatemi avere pareri a riguardo sia nel bene che nel male. Sono pronta a tutto.
Vi lascio al capitolo e la smetto di parlare.
 
Buona lettura e alla prossima.
 
- Elle.


 
I giorni si susseguivano senza un reale senso logico.
Tutto in quella prospettiva sembrava fermo, stantio e le giornate divennero macigni pesanti da sostenere in quel costante senso d’ansia.
Killian non ci credeva, ancora una volta no. Qual’era la sventura che lo perseguitava? Era successo una volta – la prima – a causa di Milah, la seconda a causa di Zelena e la terza a causa di chi? Non era convintissimo che la colpa tutta intera fosse di Tremotino soltanto, no. In tutta quella faccenda, e tutto ciò che era avvenuto dopo era solo colpa sua.
Tremotino doveva prendere lui, prendere il suo cuore e non lei con il suo cuore fragile e reduce da mille delusioni e disavventure. Era stato solo il colpo di grazia. Pensare però a tutte quegli episodi creava nel pirata un senso di inquietudine e soppressione che lo rendeva ancora più preoccupato.
L’aveva visto quel cuore, era stato lo stesso Signore Oscuro ad averglielo mostrato con una certa soddisfazione e ad avergli detto che era raro trovare un cuore in quelle condizioni capace di battere ancora, su tutto.
Perché Esmeralda era forte, pur sembrando esile e fragile. Portava sulle sue spalle anni e anni di sofferenza in parte taciuta e confidata solo a lui.
Ella indossava la sua maschera di ragazza dura, ma quante barriere cadute e occultate si trovavano oltre quegli argini? Ad una persona normale tutto sarebbe sembrato regolare, ma ai suoi occhi, no. Killian lo vedeva da lontano un miglio quando fingeva, e si trovava a fingere per non soffrire e lacerarsi ancora e ancora per non rovinarsi andando in frantumi, era così che aveva continuato a vivere, o meglio a sopravvivere. Era stato l’unico modo. Ma lui meglio di tutti sapeva che cosa, chi c’era dietro quella maschera che portava costantemente con gli altri. Lei che ormai non si fidava più di nessuna donna, a causa di Milah.
Quella donna l’aveva ustionata, e resa ancora più debole di quanto già non fosse.
Quella Esmeralda che aveva conosciuto agli inizi era ancora lì per quanto volesse negarlo: quella ragazza spaurita e timida che aveva rinchiuso nella stiva, cambiata a causa degli eventi che le erano stati inflitti era ancora lì tra le mentite spoglie di una ragazza ormai cresciuta e capace di cavarsela da sola con il dolore che era diventato il suo peggior amico e compagno, e chi tra tutti aveva deciso per il suo destino? Chi le aveva dato quell’orribile fato e quella vita? Era stato lui! Tutto ciò che era successo ad Esmeralda era colpa sua e quel senso di colpa dentro di lui s’ingigantiva sempre più in quel momento soffocandolo quasi.
Se non l’avesse rapita lei sarebbe rimasta con la sua famiglia, se non avesse accettato quel patto con la madre lei avrebbe visto crescere i suoi fratelli e avrebbe potuto conoscere l’uomo della sua vita lì senza rovinare quel rapporto con chi l’aveva messa al mondo, se non avesse fatto entrare Milah a far parte della ciurma lei non sarebbe mai finita con quelle bestie, non sarebbe finita a Parigi sotto le grinfie di un malato mentale e se non si fosse ubriacato non l’avrebbe mai persa. La sua testa era un vortice di probabilità che gli vorticavano intorno logorandolo, e quel rum che continuava a sorseggiare distratto non aiutava per niente il suo stare bene.
Esmeralda era sempre stata la sua piccola donna da proteggere, e in quella sola ed unica promessa aveva fallito.
Che uomo era davvero? Lei era stata la prima a varcare le insidie del suo cuore e ad entrarci senza alcuna remora, lei era sempre stata lì per lui, anche quando era ancora tutto agli inizi, e anche quando tutto sembrava smarrito e perso non aveva mai smesso di considerarla una parte di sé, perché Esmeralda viveva da sempre nei meandri del suo cuore e non poteva fare altrimenti ed era per questo che ora quella situazione la viveva nel modo peggiore.
Tutto ciò che le stava accadendo lo considerava solo una sua mancanza.
In tutto quel tempo Killian e Belle erano quelli che maggiormente non facevano altro che prendersi cura di Esmeralda alternandosi, anche se Killian non ce la faceva mai per tanto tempo a star lontano da quella stanza. Era più forte di lui ed Emma per quel poco che poteva non faceva altro che aiutare.
Lei, considerata la salvatrice di quel mondo fatto di fiabe divenuto realtà.
Perché anche lei si sentiva legata a quella ragazza conosciuta pochissimo, perché il suo spirito era completamente affine al suo, e nonostante il fatto che Esmeralda fosse restia a volerla conoscere lei sentiva di doverla aiutare, di doverla conoscere perché si riconosceva in quella ragazza sperduta, abbandonata e lasciata in balia di se stessa. Che aveva imparato a fidarsi, e che era stata tradita e che per quel motivo aveva creato muri immensi intorno a sé affinché nessuno li valicasse. Che si era trovata sola al mondo e si era fatta coraggio sulle sue forze. Esmeralda ed Emma erano più simili di quanto pensasse, constatò ancora una volta la salvatrice mentre in quell’enorme sala si ritrovò a ponderarci sul serio.
Belle, ormai rimasta sola, si recava ogni giorno a farle visita con la speranza nel cuore di rivedere quei suoi occhi e quel sorriso splendido incorniciarle il viso: ricordava l’ultima volta che era successo in seguito ad una sua sbadataggine al banco dei pegni: Esmeralda era scoppiata a ridere fragorosamente invadendo l’intera stanza vuota e contagiando anche lei nel farlo. Quanto le mancava. Portava vari libri con sé, e di tanto in tanto gliene leggeva uno, altre volte la aggiornava sugli eventi in città, altre volte le ricordava attimi di vita vissuti insieme in quella fuga da Parigi.
Ella sapeva cosa aveva significato per la zingara quella città, ma non nei minimi dettagli come era stato concesso a Killian. Lui aveva sempre avuto un posto speciale per lei e questo Belle lo sapeva, e anche nei momenti più difficili che aveva attraversato con lui la bibliotecaria non faceva altro che cercare di farli riappacificare non solo perché aveva un gran cuore, ma perché sapeva ciò che l’uno era per l’altro. E in tutto questo non poteva fare altro che volerle bene e sentirsi anch’ella in parte in colpa per ciò che era accaduto, perché era stato il marito ad appropriarsi del suo cuore ed era stato per colpa sua se Esmeralda si trovava in quelle condizioni.
Come aveva fatto a non accorgersi di nulla? Il marito aveva architettato tutto incurante del fatto che la ragazza fosse una delle sue più care amiche.
Che riserbo poteva avere per lei allora se per lui non contava nemmeno quello? Tutto per il potere, sempre tutto per il potere senza alcun ritegno e considerazione per nessuno.
Come aveva potuto credere che fosse cambiato? Che avesse rinunciato ai poteri per lei? Lui in continua sete di potere. Che ingenua era stata, soggiogata dal suo stesso marito. Da colui che amava, perché era questo che l’aveva ingannata: l’amore che provava per lui. Tremotino era rimasto lo stesso di sempre, e nonostante il poco tempo passato Belle sentiva ancora quella ferita bruciare più di altre, e l’unico modo per stare meglio era salvare Esm, e l’avrebbe fatto a qualsiasi costo insieme agli altri.
Avrebbe studiato tutti i libri in biblioteca, si sarebbe informata a dovere e l’avrebbe tolta dai guai.
In tutto questo Esmeralda restava immobile, stesa su quel letto d’ospedale da ormai sette giorni e attaccata ad alcune macchine che la nutrivano e la tenevano in vita, e ad alcuni quel tempo non sarebbe sembrato eccessivo rispetto ai soliti tempi di un coma, ma per chi teneva a lei sembrava un tempo infinito che non voleva cessare. Ogni giorno si sperava in un suo risveglio, in un suo cenno, in un qualcosa per smettere di vivere in quel perenne senso di ansia e angoscia che attanagliava l’aria ma nulla. I giorni, le ore, i minuti scorrevano lenti quasi a voler sottolineare quella frustrazione dovuta ai fatti: Esmeralda era ancora debole e ancora non dava cenni di miglioramento. Il Dottor Whale entrava nella stanza con la sua solita faccia appesa che non faceva presagire nulla di buono.
E Killian? Killian era disperato. Il suo viso era da giorni cupo e gli occhi vuoti mentre lei, lei sembrava non mutare e anche in quelle condizioni e in quello stato del tutto incosciente, restava una delle bellezze più rare di tutti i reami constatarono tutti. L’unica cosa che mancava in quel quadro perfetto e indiscutibile erano i suoi occhi, che da giorni erano sempre completamente chiusi e volti a nascondere quelle rare gemme preziose che vi erano incastonate. 
Killian restava lì, incapace di abbandonarla, incapace di lasciarla anche solo per un momento. Da quando tutto era successo, lui restava al suo capezzale senza mai spostarsi, se non raramente, restava lì a tenerle la mano a parlarle, a rimembrarle degli episodi che solo loro sapevano aspettando di sentirla muovere magari. Magari l’avrebbe sentito, avrebbe percepito la sua presenza e si sarebbe risvegliata. Avrebbe aperto i suoi magnifici occhi verdi e l’avrebbe folgorato, come la prima volta in cui la vide.
Come tutte le volte in cui si fermava ad osservarlo silenziosamente.
 
*Killian si trovava nella propria camera da minuti indefiniti mentre la Jolly Roger varcava i mari. Fuori il cielo andava verso l’imbrunire, era ormai pomeriggio inoltrato mentre il capitano se ne stava lì, seduto sulla sua scrivania, con quel foglio di carta in mano. L’aveva trovato per caso, tra le mille cianfrusaglie che erano rimaste stipate nei meandri nel suo cassetto e l’aveva quasi dimenticato, pensava di averlo gettato via, e invece no, era ancora lì come un promemoria del suo misfatto. E ora lo rimirava, quasi stanco e spossato al ricordo.
L’aveva scritto un suo marinaio sotto la dettatura della madre di Esmeralda, così da consegnarlo nel momento opportuno a quella figlia che tanto aveva amato e che aveva affidato a lui con l’inganno. Al momento giusto sarebbe servita per far perdere le speranze alla fanciulla riguardo al pagamento del riscatto.
Ancora aveva in mente il volto della ragazza quando glielo aveva dato dopo i tre giorni di prigionia: nel leggerlo andava sempre di più a svuotarsi, a perire, e sconfitta dal dolore di quelle parole impresse su carta da chi decantava essere suo padre, la lasciò cadere a terra con lei che ne seguiva le veci.
Quella sera Esmeralda era stata distrutta, per ore aveva pianto tra le sue braccia, e per ore si era aperta a lui facendo crollare i muri che li dividevano. Era stato l’inizio di tutto.
L’inizio del loro rapporto, e l’inizio della sua vita in mare che ora agli occhi di entrambi era stata basato tutta su una terribile bugia.
Si sentì sporco, un traditore e in colpa nei suoi confronti, come faceva a guardarla negli occhi con la consapevolezza di ciò che realmente era stato? Lei era sempre stata sincera con lui, ma lui non poteva dire lo stesso. Non poteva dirle nulla perché l’avrebbe persa e quel rapporto instaurato da mesi con lei sarebbe caduto in frantumi e si sarebbe dissolto come niente. L’avrebbe odiato, come era giusto che fosse, e poi Killian? Killian non l’avrebbe sopportato. Avrebbe dovuto portarsi quel segreto nella tomba senza mai rivelarlo, pensò mentre un incessante mal di testa gli pulsò in capo.
Si massaggiò le membra chiudendo gli occhi e poggiando quel foglio sotto il suo viso.
Era affaticato.
Quando li riaprì, distrattamente, una fanciulla più simile ad un sogno ad occhi aperti lo guardava dalla soglia della porta: un sorriso appena accennato, le braccia incrociate al petto mentre una sua spalla poggiava lievemente all’anta della porta. Quando notò il suo sguardo su di lei, il suo sorriso si apri illuminando tutto il resto.
‘Ehi, capitano.’
Killian sorrise in tutta risposta, come sempre quando se la trovava davanti.
‘Esmeralda.’ Enunciò sopraffatto aggiustandosi meglio sulla sedia.’Da quanto tempo sei lì?’ chiese riacquistando la sua voce.
‘In realtà da non molto, giusto il tempo di vederti così.’ Chiarì indicandolo. ‘Sei stanco?’ fece avanzando verso di lui.
‘Un po’.’ Esmeralda annui, mentre Killian si stendeva meglio sulla sedia.
‘Cosa ti affligge?’, chiese curiosa la fanciulla ignara di cosa fosse davvero il motivo di tale apprensione.
Killian era in bilico, titubante sul parlare o meno della lettera che aveva dinanzi. Di certo non poteva nascondergliela, ormai era lì, di fronte a lui e sarebbe stato scortese mostrarle che aveva qualcosa da nascondere. Ci pensò un po’ su, dopodiché si alzò per avvicinarsi a lei e prese quel foglio di carta in mano ancora incerto.
Esmeralda attendeva vicino al camino, misurando ogni suo passo mentre si avvicinava. Se ne stava lì con le mani dietro la schiena come una bambina.
‘Questa.’ Fece il pirata mostrandole quel foglio di carta dalla parte opposta.
‘Cos’è?’ domandò la fanciulla non comprendendo.
‘Una lettera.’ Chiarii il capitano guardando in basso mentre tra le mani torturava ancora i lembi di quel messaggio, indeciso se dargliela o meno.
Esmeralda cacciò fuori un sorriso che sapeva di ingenuità. ‘E’ qualcuna delle tue spasimanti?
Killian sorrise sornione in quel pensiero che le era venuto. Sapeva anche lei che le spasimanti le aveva, ma no, quella lettera non apparteneva a nessuna di loro.
‘No, in realtà…’ disse consegnandogliela. ‘E’ di tuo padre. E’ la lettera che ti ho dato quando…’
‘quando mi hai detto che mio padre non sarebbe mai venuto a prendermi.’ Disse con gli occhi fissi sul foglio per esaminarla, ora più cupa nel ricordo. Rimirava ogni sua riga con sguardo truce e freddo, quasi come se non le appartenesse, ma Killian restava lì pronto ad ogni sua reazione improvvisa.
‘Io… io l’ho raccolta quella sera dopo averti messa a dormire, e pensavo di averla gettata. Non avrei mai dovuto tenerla, mi dispiace.’
‘E per cosa, Killian? Tu non ne hai nessuna colpa.’ Chiarii alzando lo sguardo per guardarlo negli occhi.
Già che colpe aveva lui se non quella di aver deciso per lei con sua madre? Nessuna. Pensò continuando a torturarsi.
Sorrise debole.
‘Era a questo che stavo pensando, ma se me la dai ora la getterò nel fuoco e non esisterà più. Non potremo levare il ricordo, ma leveremo via ogni sua prova.’ Chiarii prolungando la mano per riprendersela.
Esmeralda ci pensò su, abbassò lo sguardo, e con espressione forte di chi vuole lasciarsi tutto alle spalle esclamò: ‘Posso gettarla io?.
Killian non se l’aspettava e ne restò sorpreso, in tutta risposta annui.
Pochi secondi dopo quella carta nel fuoco cominciò ad annerirsi fino a ridursi in cenere. Esmeralda si strinse nelle braccia mentre la guardava dissolversi, quasi ad abbracciarsi, poi scrollò la sua chioma alzando nuovamente la testa dal fuoco e volle lasciarsi alle spalle quella brutta esperienza e ricordo, riprese controllo di sé e rivolse il suo sguardo all’uomo che le era accanto con un sorriso nuovo.
‘Allora, sei venuto qui perché dovevi mostrarmi qualcosa, ora se non era quell’orrenda lettera vuoi dirmi cos’era? Chiese incuriosita.*
Quella sensazione provata allora, in quel frangente era esattamente uguale a ciò che provava ora che Esmeralda era stesa lì di fronte ai suoi occhi.
Anche allora di fronte a quell’evento inaspettato si era ripresa mostrando sfoggio della sua enorme forza e Killian non se lo sarebbe mai aspettato, e sperava in cuor suo, che anche in quella situazione lei si sarebbe ripresa. Sperava che anche ora, in quella situazione, si sarebbe aggrappata con le unghie e con i denti per riemergere e mostrare nuovamente il suo sorriso, che tanto gli mancava.
 
‘Hai bisogno di forze per quando si sveglierà.’ Fece Emma entrando nei pensieri di Killian mentre gli porgeva una tazza di caffè fumante. ‘Esmeralda avrà bisogno di te quando si sveglierà.’ Ripetè la salvatrice con fare incoraggiante.
Stava male per lui, era inevitabile.
Vedere il suo uomo sempre così pungente e spavaldo essere completamente assente e preoccupato la faceva stare male a sua volta, del tutto incapace di poter fare qualcosa di utile. Avrebbe voluto che la magia risolvesse tutto, ma a poco serviva in quel caso e quel senso di impotenza si faceva sempre più forte in lei.
‘E se non si risvegliasse? E se ci vorrebbero anni prima che lo facesse?’, la disperazione di Killian riemerse nuovamente. Erano giorni che lo assillava. ‘Come ho potuto permettere che si mettesse in pericolo per me?’
Emma prese il suo viso tra le mani e lo guardò dritto negli occhi: ‘La salveremo.’ Chiarii convinta affinché quella sua convinzione arrivasse anche a lui e lo assorbisse, affinchè pensasse positivo. ‘Tu sei un pirata: hai solcato i sette mari, sei andato in capo al mondo. Hai superato le peggiori sfide, non lasciarti abbattere adesso. Devi restare lucido per trovare una soluzione. Insieme.’
Gli occhi del capitano non potevano che essere languidi. Era stanco. Stanco di perderla sempre, di prometterle protezione e poi farla sacrificare. Stanco di dover temere per lei ogni giorno.
‘È stata tutta colpa mia, ecco la verità. Ho sbagliato quando ho accettato Milah a bordo, ho sbagliato nel crederle e nell’assecondarla. Ho sbagliato a non pensare che fosse stata lei ad architettare tutto. E’ colpa sua se l’astio di Tremotino nei miei confronti è continuato per anni. Ed è colpa mia se si è riversato su di lei alla fine.’ Sbottò rosso in viso.
‘Killian, non rimuginare su ciò che è stato: il passato non si cambia. Ma puoi cambiare il futuro, pensa a questo. Esmeralda si risveglierà e non sarà contenta di vederti così.’ Gli disse infine affinché la vedesse in quella ottica. Killian si sbollì, prese la mano di Emma che le carezzava il viso nella sua e appoggiò la sua fronte contro quella dell’amata.
‘Lo so che non sono nella mia forma migliore..’ biascicò.
‘E come potresti esserlo? Non pretendo che tu lo sia, ma pretendo che tu non perda la tua forza d’animo.’
Killian chiuse gli occhi.
Emma, la sua Emma aveva ragione, abbattersi e darsi tutte le colpe del modo non serviva a nulla. Doveva restare concentrato e sperare, anche se era snervante.
Annui, e le diede un bacio per ringraziarla per la sua forza e tenacia.
Per ringraziarla di essergli sempre accanto.
Per ringraziarla di tutto.
 
[…]
 
*Killian la guardò sorpreso da cotanta forza d’animo. Esmeralda restava lì di fronte a lui e di fronte a quel camino a braccia incrociate, impaziente di vedere cosa quel capitano avesse in serbo per lei. Killian la guardò con il sorriso ritrovato.
Quella ragazza era capace di riportarlo in vita, di risanarlo ogni volta ed era vero aveva qualcosa da mostrarle, ma non era quella lettera.
Si voltò un attimo, dando le spalle alla fanciulla, e afferrò qualcosa di indefinito da dentro il cassetto di poco prima. Esmeralda si sporse incuriosita da dietro la sua spalla per capire meglio di cosa si trattasse.
Adorava le sorprese, ma al tempo stesso la snervavano data la eccessiva curiosità che albergava nel suo animo.
Killian non gliene dette tempo: si girò di colpo cogliendola sul fatto, mentre lei si apprestava a far finta di nulla con un sorriso scaltro, e le afferrò la mano in tutta fretta trascinandola con sé oltre il locale.
Si trovarono sul ponte di comando poco dopo, dopo aver corso per tutto il tempo.
Esmeralda all’arrivo scoppiò in una risata clamorosa mentre cercava di riprendere fiato.
‘Capitano, ma cosa le passa per la testa?’ chiese ridendo, ancora.
Killian le diede il tempo di riprendersi da quel gesto e da quella corsa improvvisa, mentre imperterrito continuava ad osservarla senza perderla d’occhio.
‘Ti avevo detto di aspettare qui per un motivo.’ Precisò mentre Esmeralda continuava a non capire dove fosse quella sorpresa su di un ponte.
Si guardò intorno confusa.
‘E’ inutile che guardi altrove, ciò che devo mostrarti è proprio qui.’ Specificò il pirata indicando il timone vuoto.
Esmeralda lo guardò a sua volta ancora più confusa.
‘Cosa c’entra il timone? Non puoi aver nascosto qualcosa in un timone.’ Verificò perlustrandolo.
Killian era del tutto divertito dal suo stato confusionale. Il suo viso in quei casi assumeva una smorfia buffa e splendida difficile da replicare o anche solo da descrivere.
‘No, infatti. Nel timone non ho nascosto nulla di materiale.’ La tranquillizzò. ‘Piuttosto che tu imparassi a portare una nave.’ Disse, infine, soddisfatto della sua idea.
Esmeralda si arrestò di colpo da quella ricerca e si voltò a guardarlo.
‘Tu stai scherzando.’ Esalò infine.
Il pirata, del tutto divertito, fece cenno di no con il capo.
‘Mai stato più serio.’
La fanciulla non era in grado di proferire parola tanto era esterrefatta e sconcertata allo stesso tempo. Più volte cercò di dire qualcosa senza risultato. Si guardò intorno.
‘Non hai più marinai in grado di portarla?’ chiese in tutta serietà.
‘No.’ Continuò lui, convinto incrociando le braccia e trattenendo una risata. ‘Dai non sarà difficile.’
E la tirò a sé, per una mano, per farla arrivare al comando.
La fanciulla era del tutto spaesata e incerta, posò le sue mani su quel grande cerchio di comando non sapendo bene come muoverle. Lui era dietro con le sue mani sulle sue, pronta a guidarla in quell’impresa.
Esmeralda diventò la cosa più simile a una vampata a quel contatto così ravvicinato e persistente.
Si staccò e gli si parò davanti.
‘Ma perché mai vuoi insegnarmi questo genere di cose? Insomma le mani le hai entrambe per guidarlo tu stesso!’ constatò con palese nervosismo.
‘Metti che non possa portarla io stesso, che diventi monco e non ci riesca, o che non ci siano altri marinai nei paraggi avrei te.’ Le fece intendere. ‘Non devi avere alcuna paura. Ci sono qui io.’ La rassicurò vedendo il lampante timore farsi strada nei suoi occhi.
Lei abbassò lo sguardo.
‘E se facessi qualcosa di male? E se ti deludessi.’
‘Non potresti mai.’ Le spiegò fiducioso.
Esmeralda fece un lungo sospiro prima di rimettersi con le mani sul timone più decisa. Killian era di nuovo lì, dietro di lei, pronto a guidarla.
‘… e questo ti servirà per vedere la tua meta.’ Disse tirando fuori il suo cannocchiale. Era ciò che aveva preso dalla sua camera.
Killian per mostrarle il modo giusto in cui usarlo, si posizionò delicatamente nell’incavo del suo collo. Guancia contro guancia con il cannocchiale protratto in avanti davanti al viso di entrambi.
Esmeralda annuiva fingendo di capirci qualcosa in tutte quelle parole strane che il pirata pronunciava, in realtà era lontana anni luce da quel ponte.
Era molto più vicino al paradiso di quanto non fosse mai stata, perché certo ormai era – in qualche modo – abituata al suo prenderla per mano, ma mai fino ad allora avevano avuto un contatto del genere e la fanciulla di fronte a tutto quello non sapeva come reagire.
Sperava solo che Killian non si accorgesse del suo corpo che bolliva, come glielo avrebbe spiegato?
‘… e ora per navigare come si deve devi imparare qualche gergo piratesco. La parte sinistra si chiama babordo. Quella destra si chiama tribordo.’ Spiegò mentre guardava verso l’orizzonte, a pochi centimetri da lei e gesticolava per indicargli i movimenti. ‘Una volta che avrai imparato, sarà una passeggiata.’
Esmeralda annui, troppo presa da lui più che dalla navigazione in sé.
‘Ora vai due tacche a babordo.’ Impartii mentre l’osservava.
Babordo era sinistra vero? Si chiese nel panico, dopodiché girò nella direzione indicata sperando di aver eseguito bene gli ordini.
Da Killian non arrivò nessuna parola di conforto, alche Esmeralda si voltò nella sua direzione.
‘… cosa ne pensi?’ chiese vacillante in cerca di un suo consenso.
Killian la guardò in pieno entusiasmo e orgoglio.
‘Non ho mai visto nessuno guidare così la mia nave al primo colpo. Sei bravissima come immaginavo.’
Esmeralda arrossì, non era abituata ai complimenti. E i suoi erano ancora peggio.
‘Ma questo perché tu eri qui dietro di me.’
‘Sei bravissima e basta.’ La ammonì prima che continuasse.
Esmeralda si perse nel suo sorriso.*
 
Un tocco leggero, quasi impercettibile, arrivò alla mano ancora buona del pirata che era appoggiata sul letto. Poco lontana dalla sua.
Egli si ridestò guardandosi intorno, confuso su dove si trovasse: era ancora in ospedale, constatò.
Nel vegliare su di lei, come faceva da più giorni ormai, doveva essersi appisolato per la troppa stanchezza. Da quanto non dormiva sereno o almeno un po’? Si guardò intorno come nel cercare qualcuno, ma intorno o nella stanza non vi era nessuno oltre lui. Chi, allora, l’aveva toccato? Perché quel tocco c’era stato, poteva ancora sentirne la sensazione sulla pelle, pensò Killian rimettendosi in sesto prima di andar via con quel pensiero fisso in testa. Mancava davvero poco al termine dell’orario di visita, e nell’ospedale ormai regnava il silenzio più assoluto, si rese conto perciò che doveva essere davvero tardi quella sera ed Emma lo aspettava affinché mangiassero insieme, come promesso. Soprattutto lui che andava avanti sorseggiando rum per quanto ne sapeva la salvatrice.
Killian si alzò definitivamente dal suo posto diretto alla porta scrollandosi di dosso quella sensazione di essere osservato, questo non prima di salutarla però.
‘Ehi piccola, io vado via ora, ma domani sarò di nuovo qui, non ti lascio. Ora che ti ho ritrovata farò sempre di tutto per tenerti accanto a me. Non mi arrenderò perché io ho bisogno di te, ricordalo sempre.’ E le diede un bacio leggero sulla fronte, in modo delicato poi la guardò per l’ultima volta prima di darle le spalle e dirigersi verso l’uscita.
‘… anche io ho bisogno di te.’ Biascicò una voce flebile riempiendo la stanza pochi secondi dopo.
Killian in tutta risposta si pietrificò incapace di reagire. Possibile che fosse lei? Lei davvero? O le allucinazioni di un tempo stavano tornando, in preda a quella stanchezza e mancanza ormai distinta?
Si voltò piano verso lo stesso punto di prima per avvalorare la sua tesi: Stava impazzendo, probabilmente. Ecco a cosa portavano tutte le ore di sonno perse e uno stomaco perennemente vuoto, forse doveva filare dritto e raggiungere Emma prima di degenerare completamente. Ma quando si voltò definitivamente due occhi verde smeraldo lo puntavano, e la sua bocca si piegò in quello che doveva essere un sorriso, ma da quella prospettiva pareva solo un pallido ghigno di chi non ha più forze neppure per tentare in una ghigno decente.
Il pirata in un balzo fu da lei, di nuovo.
‘Esm! Tu sei sveglia… io…’ gli si formò un nodo alla gola e l’abbracciò forte perdendosi nei suoi capelli corvini. La fanciulla d’altro canto era ancora un po’ intontita e si limitò ad accennargli un ghigno senza davvero ricambiare l’abbraccio.
‘Killian, mi sei mancato.’ La sua voce non era che un debole soffio.
Killian alzò il capo nel guardarla più attentamente, ancora incredulo. ‘Mi sei mancata anche tu.’ Dichiarò con l’emozione che gli velava gli occhi.
In tutto questo il Dottor Whale e altri infermieri cominciarono ad entrare per constatare la situazione mentre il pirata non osava toglierle gli occhi di dosso così da accertarsi che non fosse solo una sua proiezione quella scena e che Esmeralda fosse davvero lì, con gli occhi aperti.
Un telefono, improvvisamente, in quel trambusto di gioia e sconcerto iniziò a squillare.
Era quello del pirata. Killian lo prese senza dargli troppe attenzioni, e lo portò all’orecchio.
‘Hook, si può sapere dove sei finito? Sono qui da Granny ad aspettarti da un po’.’
‘Swan…’ prese fiato. ‘Esmeralda si è svegliata.’ Annunciò.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO III ***


CAPITOLO III
 
La vita pian piano ricominciò ad assumere il solito ritmo e le solite sfumature di sempre in quella piccola cittadina situata nel Maine, sconosciuta al resto del mondo.
Come sempre la prima meta del mattino da quelle parti era decisamente da Granny: era lì che, letteralmente parlando, la gente del posto si rimetteva al mondo al mattino presto ed era lì che alla solita ora e quasi sempre allo stesso tavolo potevi trovare Killian e quella che ormai era parte della sua vita. La sua metà e la sua anima gemella: Emma Swan.
I due solevano stare lì per un tempo variabile, tra risate, sorrisi e ammiccamenti palesi.
Killian era tornato quello di prima: lo stesso pirata dal sorriso sornione e splendido capace di stendere chiunque. Ormai il peggio era passato e quelle settimane di sofferenza e agonia che lo avevano contraddistinto e stretto in una morsa, erano solo un lontano ricordo che ormai aveva solo seppellito per non ritrovarlo mai più, e almeno così sperava.
Ed Esmeralda? Beh, Esmeralda ricominciava a riprendere i ritmi della vita e iniziava a riprendersi pian piano, perché si, si era svegliata, ma le premure nei suoi confronti non si erano mai davvero fermate, né da parte di Killian né tantomeno da parte di Belle, che continuavano imperterriti a starle dietro.
Una volta tornata in sesto, nessuno dei due in questione aveva voluto rimandarla a vivere nei boschi, nemmeno con Will nei paraggi.
‘Non lascerò nemmeno lontanamente che tu vada a stare in una radura lontana dalla città!’ aveva tuonato Killian nel sentire quella richiesta. A poco erano servite le sue promesse di avere Will accanto e di farsi vedere e sentire tutti i giorni con quell’infernale aggeggio che le aveva procurato Emma. Com’è che l’avevano chiamato? … il telefono parlante? Premevi un tasto e magicamente, anche lontanissimi, potevi sentire le voci altrui senza vederle.
Ancora non sapeva se definirla una benedizione o maledizione, pensò Esmeralda rimirandoselo tra le mani.
Stessa cosa aveva pensato Belle, che si era detta totalmente contraria alla cosa.
‘Non penso che appena uscita da una convalescenza tu debba startene isolata.’ Constatò in modo pacato quando gliene parlò. ‘E se ti venisse qualcosa di notte e nessuno di noi sarebbe lì con te? E se ti succedesse qualcosa?’ ed ecco che partivano i melodrammi in quarta con scene apocalittiche in cui lei si trovava nel mezzo.
Esmeralda adorava Belle, era davvero affezionata a lei, ma a volte credeva che con i troppi libri letti desse un po’ troppo di fantasia.
‘Ci sarebbe Will.’ Aveva ribattuto ella convinta e decisa mentre quest’ultimo le era accanto. Anche lui si era precipitato da lei appena saputo la notizia di ciò che era accaduto a casa dell’Oscuro.
‘Non per Will, ma non mi fido affatto a lasciarti lì.’ Aveva esordito il pirata in quella discussione che andava accendendosi.
Will alzò le mani, e piegò la testa di lato nel rivolgersi ad Esmeralda come un ‘Te l’avevo detto.’
L’aria tutt’intorno si era fatta abbastanza tesa mentre tutti e quattro erano intenti a trovare una sistemazione. Esmeralda non riusciva a capire cosa potesse andare bene a quei due per accontentarli quando la proposta arrivò, quasi in maniera inaspettata.
‘E se…’ azzardò Belle con un sorriso di gioia. ‘E se venissi a stare da me? Si, insomma la mia casa è abbastanza grande per entrambe ed è terribilmente vuota, motivo per cui mi sento terribilmente sola. Killian e Will sarebbero i benvenuti per venire a farti visita ogni volta che vogliono e intanto potremmo farci compagnia a vicenda.’
Lo stupore negli occhi di Esmeralda era palese, accolse la richiesta con un gran sorriso mentre iniziava a pensarci seriamente.
‘Dici davvero?’ chiese quasi timida.
‘Certo che sì, è una casa enorme e se avrai bisogno di stare un po’ fuori c’è un grande giardino sul retro pieno di verde e alberi che ti sembrerà di stare nei boschi.’ La incitò la bibliotecaria.
Esmeralda pur conoscendola, restava ogni volta incantata per il suo grande cuore. Belle era, in assoluto, la donna più altruista e generosa che conoscesse. Era disposta anche a cambiare opinione sulle persone, a ricredersi se gliene davi atto ed era successo anche con Killian. Belle le aveva raccontato i loro trascorsi eppure a vederli ora nessuno lo avrebbe mai detto.
‘Solo che io… io non vorrei disturbare. Insomma tu hai i tuoi ritmi e non vorrei li stravolgessi per me e –‘
‘Dopo tutto quello che ti è successo, dopo tutto quello che mio marito ti ha fatto è il minimo che io possa fare. E poi non lo faccio solo per questo: siamo amiche da tempo immemore, ti ho salvata dalle grinfie di quel soldato a Parigi, dovresti saperlo che tengo a te tanto quanto Killian.’ Le fece notare.
Killian serrò la mascella in quel ricordo che le stava donando. Sapere così della sua vita lo rendeva nervoso e irascibile. Ruotò gli occhi guardando altrove e celando il suo stato d’animo a tutti, tranne che ad una. Per Esmeralda lui era un libro chiaro e distinto da leggere e interpretare, e viceversa. La fanciulla si alzò dal letto e sporse la mano verso la sua per afferrargliela. Non voleva che continuasse in quel deterioramento. La incrociò alla sua e sorrise appena sentii le sue dita chiudersi sulla sua pelle. Gli sorrise anch’egli.
Entrambi i presenti conoscevano, ormai, il rapporto intimo che vigeva tra i due per ciò che li legava perciò non si fecero domande per quel gesto improvviso.
Non c’era nessuna malizia in esso, ma solo un grande affetto reciproco che non potevano nascondere. Non ci sarebbero mai riusciti.
Esmeralda ci pensò un po’ su, mentre tre paia di occhi la guardavano frementi. Ella teneva lo sguardo basso così da non farsi influenzare da nessuno in quella scelta, solo alla fine alzò lo sguardo nel suo cielo per avere un consenso. Da lui a cui sembrava non andare bene niente quando si trattava della sua incolumità.
Sarebbe andato a trovarla in quella nuova casa, o non l’avrebbe fatto perché apparteneva al suo acerrimo nemico? Lo guardò e tutto si fece chiaro e cristallino, e quasi come se lui avesse udito le sue preoccupazioni, annui sorridendo. Poi guardò anche Will, lui che era divenuta la cosa più simile ad un migliore amico sin dall’inizio, e anch’egli condivise quella decisione.
Esmeralda era felice di aver trovato un compromesso capace di accontentare tutti e quattro e quasi si ritrovò a saltellare sul posto come una bimba.
‘Okay.’ Fece aprendo il suo sorriso. ‘Ci sto.’
Belle quasi corse ad abbracciarla per quella buona notizia, ma Esmeralda la bloccò.
‘A patto che né tu, né altri –‘ disse guardando torva la testa sopra la sua. ‘mi trattiate come una bambolina di pezza da tenere in casa e non stropicciare. Ormai sto bene e voglio aiutare.’
I tre si guardarono perplessi.
‘Aiutare come?’ Azzardò Killian guardando sotto il suo mento.
‘Non lo so, tipo se ci fosse – di nuovo –  difficoltà in città promettete di dirmelo senza usare mezze parole e sotterfugi e senza tenermi all’oscuro di tutto come qualcuno di voi ha già fatto.’ Di nuovo uno sguardo torvo colpì Killian in pieno orgoglio. Quello si portò una mano dietro l’orecchio imbarazzato quasi e messo alle strette.
‘Giuro, che sarà fatto.’ Pronunciò Belle dando valore a quella promessa, insieme a lei anche Will. L’ultima parola toccava al pirata a cui venne rivolto lo sguardo di tutti e tre.
‘Non sono più una bambina da proteggere Killian e se non accetti questo io…’
‘Okay.’ Sentenziò esausto l’uomo. ‘Okay. Qualsiasi cosa ci fosse – speriamo nessuna – sarai messa al corrente.’ Pronunciò a denti stretti, come se stesse pronunciando una condanna.
‘E in più…’ continuò imperterrita la fanciulla prima che Killian le lasciò la mano.
‘No, basta. Io ti ho già promesso il massimo, non puoi chiedermi altro.’ Fece alzando la mano in segno di resa. Esmeralda alzò gli occhi al cielo, divertita dalla sua costante preoccupazione.
‘La mia prossima richiesta non è per te.’ Lo rassicurò. ‘E per Belle.’ Disse indicandola.
‘Per me?’ Fece quella del tutto sorpresa.
‘Vige la stessa regola detta poc’anzi. Verrò a stare a casa tua ad una sola condizione, che tu ti faccia aiutare: In casa, e se ti serve in negozio o in biblioteca dato che sei sola anche lì. Non voglio starmene tutto il giorno in casa a non fare nulla, non ce la farei.’
Belle la guardò piena di orgoglio e gratitudine.
‘E’ una richiesta che posso accettare di buon grado. Le conseguenze di Tremotino vigono ancora, e Killian ne sa qualcosa.’ disse lanciandogli uno sguardo fugace che lasciasse intendere qualcosa che sarebbe stato spiegato dopo ad Esm. ‘.. e insieme a te potremo trovare una soluzione ai suoi danni magari. Più siamo e meglio sarà, e poi mi aiuterai sia in negozio che in biblioteca. Potremo alternarci.’
Esmeralda sorrise entusiasta di quell’esito.
Di certo se doveva restare in quella città non voleva rimanere a fare la bambolina da tenere a posto mentre il resto della popolazione si muoveva e faceva qualcosa per rimediare ai danni causati o non dal Signore Oscuro. Nel frattempo avrebbe anche aiutato Belle con le attività e a riprendersi da quella relazione andata male. Non l’avrebbe lasciata sola.
Non era un eroe e non voleva di certo diventarlo, voleva solo vivere la sua vita facendo quello che aveva sempre fatto: aiutare gli altri.
 
[…]
 
‘Sai che non devi farmi da balia, vero Killian?’ chiese la ragazza con gli occhi puntati sull’inventario, mentre sentiva i suoi occhi addosso come quelli di un falco.
Era lì da mezz’ora buona senza un reale motivo.
‘Io… io non ti sto facendo da balia.’ Chiarii il pirata colto sul fatto, un po’ in imbarazzo. ‘Sono solo venuto a salutarti.’
‘E la seconda volta in una sola mattina. Ricordi che oggi mi hai portato un caffè nonostante non sia tra le mie bevande preferite?’ chiese sarcastica alzando lo sguardo adesso, palesemente divertita. ‘Non avevi un appuntamento con Belle questa mattina? Dovete incontrarvi in biblioteca per quella questione, ricordi?’
‘Certo che ricordo, non c’è giorno che quelle immagini non mi assillino.’ Disse appoggiandosi ad un bancone e massaggiandosi le membra. ‘Se le fate sono in quel dannato cappello è solo colpa mia.’
Esmeralda posò la penna che aveva in mano e gli andò incontro.
‘Sai che non eri tu in quel frangente. Non hai nessuna colpa.’ E leggermente gli toccò una spalla in segno di conforto. ‘Vedrai che si risolverà tutto. Siamo in tanti e ce la faremo insieme.’ Lo incoraggiò, fiduciosa. Quella situazione era una delle più pesanti da tollerare, ma lei con i suoi sorrisi e i suoi modi, e la sua presenza rendeva il mondo giusto anche quando era totalmente sbagliato.
Come aveva fatto tutti quei secoli senza di lei? Si domandò il pirata sorridendo incontrando i suoi occhi.
‘Ieri notte io e Belle non abbiamo fatto altro che studiare e cercare una soluzione a riguardo, non ne siamo venuti a capo. E’ da giorni che non facciamo altro che cercare, anche su quella macchina infernale… ma niente.’ Esmeralda, intanto, era tornata dietro il bancone a svolgere le sue mansioni, ma con un occhio sempre su di lui.
Killian si accigliò al pensiero. Sarebbero mai riusciti a liberare le fate da quel maledetto cappello in cui erano imprigionate?
‘E non hai dormito per niente.’ Notò indicandola. ‘Avanti Esm! Non ti ho chiesto di perdere il sonno per questione che mi appartengono.’
‘… che ci appartengono.’ Lo corresse la fanciulla. ‘Ti ricordo che se non ti fossi messo in mezzo, a quest’ora sarei stata io ad aver fatto ciò che hai fatto tu e saremmo allo stesso punto di adesso, ma non credo che tu non ti preoccuperesti come io sto facendo. Qui ci sono delle persone da salvare e di chi sia la colpa poco importa dato che tu non eri che il braccio soltanto, la mente è stata solo una persona malvagia che finalmente non abbiamo più qui.’
Killian la guardò in quella nuova forza d’animo mai riscontrata mentre si chiedeva fosse la stessa che aveva, magari, in quel di Parigi.
‘Ed Emma? Cosa dice lei? Ha scoperto qualcosa?’ chiese la fanciulla desiderosa di avere buone notizie almeno da parte di qualcuno.
Per Killian era strano sentirla parlare di Emma con una tale leggerezza d’animo. Non che non lo volesse, ma prima ogni volta era una fatica per lei pronunciare anche solo il suo nome, quasi come dovesse portare un carico importante addosso. Lo poteva percepire, e invece ora ne parlava come se Emma corrispondesse a Belle. Come se fossero amiche da anni e anni.
Inutile dire che restava sempre sorpreso da quel tono e da quella predisposizione positiva, non che non le volesse amiche, certo. Ma prima Esm era così restia ne suoi confronti per ciò che ai suoi occhi rappresentava che non sapeva bene come reagire. Da parte sua c’era una totale sincerità e affetto che ne restava spiazzato.
‘Ehm… no. Ancora nulla, ci sta lavorando su. Pensa che magari con i suoi poteri si potrebbe fare qualcosa, ma pur provandoci lei e Regina sono riuscite a fare ben poco.’
Esmeralda, attenta, annui nello sconforto e nella preoccupazione per quelle povere persone.
‘Speriamo di risolvere presto questa situazione. Insomma ci sarà una via d’uscita.’ Esalò la fanciulla nei suoi pensieri. ‘Appena finisco qui, passerò in biblioteca.’ Promise la ragazza dando una rapida occhiata a ciò che le restava da fare.
‘Non ce n’è bisogno. Hai già fatto tanto questa settimana.’ Esmeralda lo rimirò torva.
‘Ricordi cosa avevamo detto? Non mi fermerò fin quando quelle fate non torneranno sane e salve qui a Storybrooke.’ Sentenziò con un’accesa determinazione.
 
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Esmeralda fissava quello stupido cappello da più di mezz’ora convita, forse, di trovarvi delle risposte o di perforarlo lei stessa con lo sguardo, ma nulla. Per tutto il giorno aveva scandagliato tra gli scaffali, letto libri su libri, e tranne qualche piccola cosa del tutto futile e insignificante non aveva trovato niente. Niente che desse un minimo di speranza ai presenti, e tutto ciò la faceva sentire ancora più un inetta.
Si alzò, infine, dalla sedia stizzita portandosi una mano alla tempia, esausta.
‘Esm! Riposati un po’ dai! E’ da stamane che ci sei sopra, o peggio da ieri notte. Stai facendo già tanto.’ Le assicurò Killian andandole incontro, preoccupato della sua situazione.
Esmeralda non aveva toccato nulla. Se ne era stata lì per tutto il giorno chiusa nei libri determinata più che mai a fare la differenza, e a fare del suo meglio.
Ora gli dava le spalle, si sentiva amareggiata. Delusa. Triste. Nervosa.
‘No invece.’ Sbottò nervosa. ‘Io non riesco a far nulla, e non ci sono abituata a queste condizioni. A Parigi trovavo sempre il modo di fare qualcosa, e ci riuscivo anche se dopo giorni magari, ma ce la facevo. Qui no, non ci riesco e non vorrei che pensassi che cerco una soluzione per la gloria e la vittoria, io voglio davvero aiutare ma non ci riesco. Non ci riesco e mi sento totalmente inutile.’ Eruppe stremata tenendo gli occhi bassi lontani dal resto dei partecipi.
‘Esm…’ la richiamò Killian, che l’aveva subito raggiunta e aveva appoggiato una mano sulla sua spalla per farla voltare.
Ella si voltò lentamente, anche se non avrebbe voluto perché preferiva sbollirsi da sola piuttosto che sembrare la solita ragazzina in cerca di conforto. Non ne aveva bisogno.
‘Esm, ce la farai. Ce la faremo l’hai detto tu stessa a me stamattina e ora non puoi essere tu a scoraggiarti. Siamo in quattro a cercare una soluzione e ne verremmo a capo. Non sei sola, non devi avere tutto sulle tue spalle.’
‘Hai ragione.’ Esclamò la ragazza facendo un lungo respiro e chiudendo per un istante gli occhi. Poi si aprì in un sorriso prima incerto poi sempre più sincero.
‘Perché non vai a casa Esm? Qui ci pensiamo noi.’ Intervenne Belle da dietro quel lungo bancone, apprensiva come sempre.
‘E voi, qui?’
‘Io tra un po’ torno a casa, si è fatto anche piuttosto tardi e ho una certa fame.’
‘Si, e tra un po’ andrò via anche io. Domani sarà un’altra lunga giornata.’ Sentenziò Emma alzando il capo da uno di quei libri. ‘Non preoccuparti Esm. Andrà tutto bene.’
‘Lo so, è stata una reazione piuttosto eccessiva la mia. Vi chiedo scusa.’ Si giustificò, quasi timidamente.
‘No.’ Emma posò il libro e le andò incontro. ‘Non ti devi scusare di nulla, davvero. Stai facendo del tuo meglio qui, e sei di grande aiuto.’
‘Quando sono utile se ho dei poteri che non so usare? Perché magari potrei fare qualcosa se li potessi sfruttare… magari…’
Emma le sorrise, capiva il suo stato d’animo.
‘E’per questo che stai così?’
‘Come ti sentiresti se tu avessi qualcosa di utile che non sai sfruttare?’
‘Io ero come te. Ero esattamente come te, anche io avevo dei poteri che non sapevo di avere, che non sapevo sfruttare ma ho imparato. Il percorso non è stato dei più facili ma ora ne ho il pieno controllo.’
Esmeralda s’illuminò in quella visione, perché se anche Emma era stata come lei allora c’era speranza e magari, forse…
‘Che ne diresti di aiutarmi allora?’
Emma restò spiazzata da quella richiesta. Non sapeva bene cosa dire.
‘Io… non è una cosa facile e non saprei dove iniziare.’ Rispose del tutto sincera, non perché non volesse aiutarla ma perché per davvero non sapeva come fare.
‘Non mi sembra il caso Esm…’ intervenne Killian con la preoccupazione che riemergeva. ‘Sei uscita da poco da una situazione delicata e…’
‘… e se non fosse stato per ciò che ho fatto inconsapevolmente non sarei qui a fare tutto questo.’ Fece notare fulminandolo con lo sguardo.
Perché Killian non voleva che fosse al massimo delle sue potenzialità? Due persone con la magia erano meglio di una, e lei voleva imparare seriamente a controllarla.
Emma diede uno sguardo fugace a Killian, comprendendo le sue ragioni.
Ormai non aveva bisogno di altro per comprendere gli stati d’animo del suo uomo.
‘I poteri, la magia non è facile come credi. Una volta liberata potrebbe ritorcersi contro di te se non sai controllarla e allora che faresti?’
‘Potresti aiutarmi tu, ci sei già passata d’altronde…’ lasciò intendere speranzosa.
Emma era del tutto imbarazzata dalla situazione, non voleva dirle di no ma non voleva nemmeno esporla ad un rischio eccessivo. Insomma quando i suoi poteri erano venuti alla luce aveva dovuto allontanare tutto e tutti per non far loro del male, era stata male ed era arrivata al punto di volersene liberare per mano di Tremotino a cui aveva creduto e se non fosse stato per Elsa che l’avrebbe fatta desistere e ragionare sarebbe finita anche lei come le fate, che avevano preso il loro posto. E se fosse successo anche lei? Killian non glielo avrebbe perdonato, e poi dopo tutto ciò che aveva passato come poteva esporla ad un simile rischio? Era da pazzi.
Se non fosse stato per Elsa… quella frase le balenò in mente. Era stata Elsa ad aiutarla a domarli e ad usarli con cautela perché lei non poteva essere per lei ciò che Elsa era stata?
Non l’avrebbe messa in pericolo e qualsiasi cosa fosse accaduta le sarebbe stata accanto.
Le aveva detto che c’era un lieto fine per lei, e voleva trovarlo e forse non era quello ma sarebbe stato qualcosa che le avrebbe avvicinate magari e lei ed Esm erano così simili…
‘Okay.’ Sospirò decisa con gli occhi fissi sulla fanciulla che aveva dinanzi per non avere alcuna occhiataccia.
A Killian quasi prese un colpo, mentre Esmeralda era tutta una gioia.
‘Domani.’ Sentenziò la salvatrice. ‘Ci vediamo al molo domattina presto.’
 
Il molo al mattino era uno spettacolo assoluto con il sole che si levava e i colori che era intento a regalare al paesaggio tutt’intorno.
Esmeralda arrivò presto e aspettò Emma quasi sul ciglio del pontile di fronte al mare, lo stesso mare in cui per secoli aveva navigato con Killian.
Decise di sedersi lì in attesa, con le gambe abbandonate al vento e al vuoto, con un senso di spensieratezza a lei poco conosciuto che l’alleggeriva in qualche modo.
Si sentì diversa, cambiata, e matura e la cosa creava in lei un misto di paura e gioia insieme che erano difficili da distinguere. Tirava un po’ di vento quella mattina, e per il periodo in cui si trovavano continuava a fare un po’ freddo.
Sarà l’effetto delle Regina delle Nevi che non se n’è ancora andato, pensò la fanciulla in tutta risposta.
Ella si strinse di più a sé cercando di riscaldarsi, continuando a fissare il mare, e un sorriso le scolpì il volto mentre si perse nei ricordi.
I capelli erano simili ad una cascata nera scomposta dal vento e bagnata da quella luce magica. Bella e immobile come una dea, con i suoi occhi di mare: iridi smeraldo umide di lacrime, che l’aria asciugava troppo rapidamente per lasciarne anche solo un vago indizio.
Il peggio era passato eppure Esmeralda era ancora in quello stato d’allerta che la contraddistingueva. Si chiese se mai sarebbe riuscita ad essere tranquilla e in quel momento non ebbe nessuna risposta ben precisa.
Nella sua vita non era mai stata tranquilla, ogni volta puntualmente accadeva qualcosa e per qualche motivo quell’inquietudine continuava a far parte di lei.
Per qualche strana ragione quel senso di oppressione si fece spazio in lei.
‘Ehi Esm.’ La voce di Emma sovrastò il rumore del vento, arrivando fino a lei e facendola trasalire.
Si alzò di scatto e la raggiunse poco lontana.
‘Buongiorno Emma.’ Salutò Esm andandole incontro provando un sorriso incerto.
‘Ti ho spaventata? Io non volevo…’
‘Niente affatto, tranquilla. E’ che ogni volta il mare ha uno strano effetto su di me.’ Chiarì la fanciulla unendo le mani tra loro e guardando oltre la deriva.
La salvatrice annui, comprendendo e non aggiungendo altro.
Poi scosse la testa, quasi a cancellare tutto ciò che aveva rivisto nella mente, quella sensazione che aveva sentito nuovamente poco prima, per concentrarsi a dovere su ciò che avrebbe dovuto fare.
‘E allora? Perché ci siamo incontrate proprio al molo?’
‘E’ il posto più isolato che ci sia in città in questo periodo, e l’ultimo posto in cui potresti farti del male e fare del male.’ Disse Emma mentre le due iniziavano a incamminarsi verso un luogo prestabilito.
Esmeralda annuì, pensierosa.
Perché di punto in bianco sentiva di non volerlo fare? Forse era quella la paura che aveva sentito crescerle nel petto poco prima. Forse non era la cosa più adatta da fare, forse doveva fermarsi lì, era ancora in tempo. Più s’incamminava con la salvatrice più quel senso di oppressione cresceva esponenzialmente nel suo petto intenta a soffocarla.
Una parte di sé si stava opponendo a quella decisione.
La sua vita era sempre stata ‘normale’ senza poteri, e se fosse cambiata? E se quei poteri non facessero parte di lei come credeva e avrebbe forzato solo quella parte di sé e l’avesse sopraffatta?
E se fosse cambiata?
Mille domande le inondarono la testa facendola mancare, quasi.
Se la sentii scoppiare e di colpo si arrestò restando poco più indietro rispetto la salvatrice con lo sguardo nel vuoto.
‘Emma…’ la chiamò flebile.
La bionda si voltò, non capendo il motivo per cui fosse rimasta in quel punto.
‘Esmeralda, che c’è?’ le chiese in modo premuroso e gentile avvicinandosi.
Come gliel’ha avrebbe detto? Si era alzata presto per lei, per aiutarla e ora dopo tanto insistere stava cedendo. E se Emma l’avrebbe presa male?
Le sembrò che la testa le esplodesse.
Emma la osservava, ora seriamente preoccupata.
‘Esmeralda, sicura di stare bene?’ osservò la salvatrice toccandole un braccio per farla rinsavire.
‘Emma, ho paura…’ le lacrime le assediarono gli occhi mentre si stringeva le braccia intorno. ‘Io… io non so se voglio ancora farlo.’
Emma vide quella piccola donna in quelle condizioni e le partì l’istinto di abbracciarla.
Quante volte anche lei era stata esattamente il suo riflesso con quella paura palese negli occhi? ‘E lo so, lo so che sono stata io ad insistere, a farti alzare presto per me, ma ho questa paura che mi attanaglia e mi rende vulnerabile e non vorrei. E non lo sto facendo per egoismo, per codardia ma…’ quella improvvisamente prese a singhiozzare più forte.
‘Ehi. Ehi Esmeralda ascoltami! non ti devi incolpare di nulla, e non preoccuparti per me, non devi.’ Le disse aprendo uno dei suoi splendidi sorrisi raggianti. ‘Se non ti senti pronta, se hai cambiato idea non c’è nulla di male, è umano e tu sei umana e se non ti senti pronta allora non farlo. Cambieremo le cose anche senza poteri.' La salvatrice prese le sue mani e la guardò negli occhi. Non aveva mai visto i suoi occhi così da vicino, sapeva che erano molto simili allo smeraldo –molte volte ne aveva sentito parlare -, ma nessuna delle sue immaginazioni eguagliava la cosa.
Aveva uno sguardo del tutto ipnotico e difficile da dimenticare, notò la bionda.
Esmeralda si soffermò a pesare quella parola: umana.
Non si era mai sentita umana lei, non le era stato mai concesso. Da secoli aveva perso il senso di quella parola, probabilmente dai tempi sulla Jolly Roger. Non era mai stata definita umana, e non di certo per la bellezza lei da sola non si è mai classificata tale. Ma nessuno in vita l’aveva mai trattata e sostenuta come una persona.
‘Andrà tutto bene.’ Continuò la salvatrice. ‘Ci siamo io, te, Killian, Belle e chiunque altro in questa città. Siamo come una grande famiglia e ce la faremo.’
Esmeralda decise di fidarsi di quelle parole, perché Emma era la prima dopo tanti anni ad ispirarle un sentimento simile.
Decise di fidarsi con l’idea che la sua vita non sarebbe stata più la stessa che sarebbe cambiata e per una volta volle credere in meglio.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO IV ***


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CAPITOLO IV
 
 
‘Vuoi un caffè?’ aveva azzardato Ruby affacciandosi sul suo tavolo con la caraffa piena e un sorriso cordiale.
Esmeralda fissava da tempo indefinito quella tazza che aveva in mano senza muovere un muscolo. Si era persa nei pensieri, come succedeva da un po’ in verità. O per meglio dire, si era persa nel vuoto della sua mente fino ad assumere quasi uno stato catatonico perenne.
Forse perché era da due giorni che non chiudeva occhio? Probabile, ma succedeva anche prima pensò e quella non era la prima vera volta.
Prima l’agitazione per il fatto di non trovare una soluzione per tirare fuori le fate dal cappello, poi l’impazienza di imparare ad usare i suoi poteri che alla fine aveva abbandonato. Erano stati giorni frenetici.
La fanciulla dedicò un sorriso alla cameriera, riprendendosi e poggiando entrambi i gomiti sul tavolo di metallo e sbattendo le palpebre come per risvegliarsi da un lungo sonno.
Si aggiustò meglio su quella poltrona. ‘No grazie Ruby, sto bene così.’
Ruby si fermò un attimo incerta sul da farsi. Si guardò intorno per constatare quanta gente ci fosse nel locale. Aveva conosciuto Esmeralda tempo prima, e anche lei come il resto di Storybrooke si era affezionata alla fanciulla anche grazie a Belle.
Era stata lei a farle incontrare un giorno e durante il tempo dei primi periodi nei boschi era stata lei ad incontrarla e molte volte a tenerle compagnia.
‘Come va?’ Chiese la ragazza sedendosi di fronte a lei e prendendosi un attimo di pausa. Il locale era ancora semivuoto data l’ora mattutina.
Esmeralda fece spallucce, con gli occhi fissi su quella tazza che si rigirava tra le mani, quasi come se ne fosse ipnotizzata.
‘Va tutto bene, a dirla tutta.’
‘Sei sicura? Allora perché ti vedo un po’ stanca.’ Osservò indicandola.
Esmeralda poggiò la schiena alla poltrona, osservando ora l’amica che aveva dinanzi.
‘Si, davvero tutto bene. Sono solo un po’ stanca, è da due giorni che non chiudo occhio.’ Un sorriso stanco le incorniciò il viso mentre si apprestava a incrociare le braccia.
‘Se vuoi puoi riposarti un po’ nelle stanze, per la nonna non ci sono problemi.’
La fanciulla fece cenno di no con il capo.
‘Non ce n’è bisogno, davvero.’ Chiarii.
Avrebbe riposato la sera, in realtà non vedeva l’ora di rientrare a casa e l’idea di un letto morbido e caldo la stuzzicava alquanto, ma scosse la testa per allontanare via quella sensazione. Sarebbe tornata a casa presto quella sera, si promise convinta.
‘E tu? Come va Ruby? E’ da un po’ che non ci fermiamo a parlare.’ Chiese spostando l’attenzione da sé stessa.
Avere troppe attenzioni, per quanto lusingante potesse essere, la sfiancava in alcuni momenti.
Ruby si aprì in un enorme sorriso spensierato. Quella ragazza era sempre una pura e travolgente allegria capace di contagiarla. Esmeralda amava passare del tempo con lei quando poteva.
‘In locanda tutto bene, non ci si può lamentare anche se qui in cucina va decisamente meglio.’ Disse la ragazza riferendosi agli affari. ‘Sono pochi i visitatori che arrivano fin qui.’
E le due si scambiarono un cenno d’intesa.
Con quelle continue maledizioni e restrizioni chi poteva entrare?
‘Stai vedendo mio fratello?’ chiese con lo sguardo basso.
L’aveva visto l’ultima volta appena si era ripresa, anche più volte in un giorno. Avevano passato un po’ di tempo insieme, cercando di ritrovare il tempo perso. Sapeva che alloggiava nella locanda, soprattutto dopo gli avvenimenti accaduti con la madre. Non avrebbe mai voluto allontanarli, di certo il loro rapporto era migliore di quanto lo avesse lei con sua madre, ma era stato lui a decidere di prendere le distanze senza volerne più sapere.
Aveva mentito ad entrambi e Ray non tollerava i bugiardi, aveva spiegato, perciò quella relazione non poteva che uscirne a pezzi.
‘Vive ancora qui, nella sua solita stanza al secondo piano. Puoi andare a trovarlo, se vuoi, anche se credo che stia ancora dormendo.’ Disse facendo notare l’ora sulla parete dietro il bancone. Erano le 7.15 del mattino. ‘Non è una persona mattutina, e la nonna è solita conservargli la colazione.’
Risero insieme, Esmeralda un po’ assente.
‘Non mi sembra il caso ora, ma se lo vedi oggi puoi dirgli che ci vediamo presto. Di sera magari, non so. Sa dove abito, ormai.’
Un attimo di silenzio attraversò la sala.
‘E’ molto arrabbiato con tua madre.’ Notò la locandiera fissandola. ‘Gliel’ho sentito dire l’altro giorno a Killian. Sembra che vadano molto più d’accordo ora.’
‘Sono momenti sporadici, non durerà. Ho chiesto io a Killian di tenerlo d’occhio, se così si può dire. Non voglio che si senta solo, anche se non so se abbia amici qui in verità, ma saperlo con Killian mi fa sentire… meglio.’ Poi scoppiò in una risata appena notò lo sguardo di Ruby su di lei. ‘Oh, lo so che non è più un bambino, lo so. Ma io l’ho lasciato come tale e per me lo è ancora.’ Spiegò, poi si fece più cupa. ‘Per quanto riguarda nostra… madre, non volevo finisse così. Almeno non tra loro.’
‘E come pretendevi che finisse? Era inevitabile che lui si allontanasse da lei. Ho fatto anche io lo stesso quando la mia vera madre voleva fare del male a Snow, o anche peggio, ma se vuoi davvero bene ad una persona e ti fidi e per te è un modello e venire a scoprire una cosa del genere non può che cambiarti la vita. Lui ha scelto te, ha scelto te perché sei sangue del sangue e non solo, ma anche perché ti vuole bene.’
‘E io a lui.’ Specificò aprendosi in un sorriso malinconico.
Nel frattempo i clienti iniziavano ad armonizzare la loro prima tappa mattutina, Esmeralda guardò l’ora insieme a Ruby.
Le 7.30.
‘Mi dispiace averti preso del tempo.’ Ebbe un guizzo la fanciulla, ora in procinto di alzarsi e prendere il cappotto.
Ruby si alzò con lei.
‘Non dirlo nemmeno per scherzo.’ Le rispose in tono.
‘Magari qualche volta potresti venire da noi, da me e Belle intendo, è da un po’ che non passiamo una serata tra noi.’
‘Assolutamente! Una di queste sere sarò dei vostri.’ L’entusiasmo la pervase, mentre Esmeralda sorrise di tutto punto mentre si dirigeva verso l’uscita.
‘Ah Ruby!’ fece richiamando l’attenzione della ragazza che era guizzata ormai dietro il bancone. ‘io mi sto recando in biblioteca. Ci sono tutti i libri sparsi e dovrò riordinarli a dovere stamane, ma se vedi Killian o Will potresti dirgli di passare? Si erano ripromessi di aiutarmi.’
‘Assolutamente. Sarà fatto!’
‘Grazie mille!’
‘Mi raccomando però riposa poi, o vedrò di dirlo a Killian e Belle.’ Minacciò benevolmente l’amica.
Esmeralda sorrise in quelle premure che la gente del luogo non faceva altro che riversare su di lei, specie quelle che aveva imparato a conoscere.
‘Okay!’ fece arretrando mentre continuava a guardarla con la coda dell’occhio, per poco non si ritrovò a sbattere su di un uomo che stava entrando.
‘Mi scusi!’ disse senza davvero guardarlo protraendo le mani in avanti, mentre sgusciò fuori nel clima mite che iniziava ad animare la città.
 
Esmeralda ripose l’ennesimo libro sull’ennesimo scaffale quella mattina, ma nonostante ciò quell’enorme colonna non accennava a diminuire anzi sembrava triplicarsi sempre più. Su quanti libri avevano studiato la sera precedente? Si domandò in preda a un attacco di panico davanti quella montagna sparpagliata.
La fanciulla sbuffò sonoramente, chiudendo per un istante gli occhi intenta a riposarsi almeno un attimo. Non vedeva davvero l’ora di tornare a casa quel giorno: l’idea di lasciarsi andare a Morfeo la stuzzicava sempre più ma c’era ancora tanto da fare e non era quello il momento giusto per demoralizzarsi. Almeno non ancora. Un attimo e riprese convinta e decisa nelle sue mansioni, iniziò a trasportare quei libri su di un carrello verso i proprio scaffali. Cercando in ogni libreria il loro posto designato.
Quando Belle sarebbe tornata al pomeriggio l’intero edificio sarebbe stato in ordine, era quello il suo obiettivo.
Certo, poi, se Will o Killian fossero arrivati in orario a darle una mano non avrebbe dovuto fare su e giù dalla scala in continuazione, pensò sbuffando.
Ma dove diavolo erano finiti entrambi o uno di loro? Eppure non avevano fatto altro che parlarne la sera prima e accordarsi.
Esmeralda guardò l’orologio appeso sulla grande parete oltre il bancone: Le 7.54.
Dalla scala su cui si trovava volse uno sguardo fuori da una delle finestre per scorgerli, un vento leggero che sapeva di acqua e nubi in arrivo muoveva le tende che accarezzavano il muro e regalava una fresca brezza che la sfiorava dolcemente, gente fuori parlava ma nessuna di quelle voci la riconobbe come la loro. Nessuno di loro che si avvicinava.
La fanciulla sospirò paziente.
 
Un cigolio improvviso e graffiante arrivò poi dal lato est dell’edificio attirando l’attenzione della fanciulla che tirò un sospiro di sollievo, era la porta principale della biblioteca che qualcuno aveva intenzionalmente aperto.
Per contro lei non diede peso alla cosa dato il fatto che stesse attendendo uno dei due aiutanti.
‘Killian o Will che sia, vi dispiacerebbe venire a darmi una mano con questi libri?’ esalò esasperata con una pila che teneva in equilibrio sul braccio destro. Gli occhi fissi sulla lista e gli scaffali in cui depositarli.
Dei passi si facevano sempre più distinti e vicini, ma Esmeralda non alzò lo sguardo sul visitatore per accertarsi chi fosse in quanto dava per scontato i volti che avrebbe visto da lì a poco da quell’altitudine.
‘Salve…’ fece una voce profonda, del tutto nuova e sconosciuta, rompendo il silenzio che regnava nella stanza e facendo trasalire la ragazza.
Esmeralda quasi ebbe un colpo di fronte a quella voce ignota e per poco non cadde dalla scala su cui si trovava. I libri, che stringeva in mano, caddero a terra rovinosamente rimbombando in tutta la sala mentre per poco quella non cacciò un urlò che s’apprestò a trattenere mentre in tutta fretta si era prodigata a mantenersi sulla gradinata troppo alta.
‘Siamo chiusi!’ aveva urlato, con qualche ottava in più, stringendosi una mano al petto per lo spavento.
Quello si fece avanti protraendo le mani in segno di difesa. ‘Non volevo assolutamente spaventarvi.’ Azzardò bonario. ‘E mi dispiace essermi intromesso ancor prima dell’orario d’apertura, ma… volevo restituirvi questo.’ E dalla tasca dei pantaloni tirò fuori un ciondolo ovale forgiato di un argento pregiato con una pietra verde smeraldo incastonata al suo interno. Esmeralda, d’istinto, si portò subito una mano al collo per constatare la realtà: Era la sua. Come aveva fatta a perderla?
In anni e anni non era mai successo ed ora eccola lì nelle mani di quello straniero che gliel’aveva riportata.
Attentamente, e mettendo un piede uno dietro l’altro, scese dalla scala per avvicinarsi.
La collana nelle sue mani schiuse brillava così nettamente riflessa dal leggero riverbero del sole che, entrando dalle finestre, batteva su di essa rendendola ancora più meravigliosa. Più bella di quanto fosse mai stata in realtà. Splendeva per la prima volta di una luce nuova, sana che Esmeralda non aveva mai visto, neppure nei suoi giorni migliori, in cui il sole batteva a pieno regime su di essa.
Era qualcosa di magnifico, a suo dire, dalla quale la fanciulla stessa non riusciva a riprendersi.
‘Io… io ti ringrazio davvero tantissimo e anzi, scusami per il mio comportamento. Non volevo essere così scortese, ecco.’ Disse dedicandogli uno sguardo e riprendendosi di colpo sentendo il suo sguardo addosso come un laser in grado di attraversarle l’anima. I suoi occhi blu, limpidi e cristallini la presero alla sprovvista, in quello scambio di sguardi, facendola boccheggiare quasi.
Erano così… così… non trovava una parola adatta a descriverli per davvero.
‘No, no davvero scusami tu, avrei dovuto passare più tardi magari, ma ho chiesto alla tua amica – quella con cui ti ho vista parlare in locanda – e mi ha detto che ti avrei trovata qui per restituirtela.’
‘Tu eri lì?’ i suoi occhi si fecero due fessure nell’intento di ricordare il suo volto. Non l’aveva mica visto.
Quello rise nell’osservare quell’espressione così buffa. ‘Si, mi sei praticamente venuta addosso mentre uscivi.’ Le fece ricordare.
Esmeralda ripercorse mentalmente quei momenti, quell’uscita dalla locanda, e ne ritrovò il frammento a cui non aveva dato gran peso.
‘Ah, già.’ Abbassò lo sguardo nel pieno imbarazzo e timidezza. Ringraziò sempre la sua carnagione per non rendere la cosa abbastanza evidente. ‘Mi scuso anche per quello allora.’
Entrambi sorrisero insieme.
Era incredibilmente facile perdersi nei suoi occhi, nei suoi sorrisi, osservò la fanciulla: un’attrazione inspiegabile ma completamente normale allo stesso tempo e della quale sembrava non riuscire a farne a meno in quel momento. Era naturale, priva di alcuna forzatura, totalmente indipendente e quel ragazzo non lo conosceva nemmeno da pochi attimi.
Il ragazzo che le era dinanzi, dopo tutti i convenevoli del caso, le passò quindi la collana che da tanto aveva in mano. Esmeralda la prese cautamente, da sempre quella collana aveva rappresentato qualcosa di importante per lei: La possedeva da sempre, sin da quando aveva memoria, era stata sua nonna materna a regalargliela e in tutti quei secoli quella collana non aveva fatto altro che accompagnarla ovunque senza mai sfilarsi.
Sua nonna aveva pronunciato qualcosa quando gliela diede: era qualcosa di magico e profetico. Aveva recitato una specie di formula e gliel’aveva messa al collo con un gran sorriso ad accompagnarla.
‘Dovunque vada, qualsiasi cosa noti su di essa non far sì che passi inosservato ai tuoi occhi. Ti indicherà la strada.’
‘La strada per cosa?’ le aveva chiesto la bambina accogliendola nelle sue mani per rimirarsela ancora meglio. Era davvero grande sul suo piccolo torace.
‘Per ciò che è meglio, bambina mia.’ Aveva replicato con un gran sorriso l’anziana donna.
Era tutto ciò che ricordava solcando nella sua mente, di tutto il resto compresa la formula recitata non rimembrava assolutamente nulla.
Appena la sua pelle ingenua e scura sfiorò quella dell’uomo che le era di fronte entrambi avvertirono una scossa che li costrinse ad interrompere quel contatto. Cos’era stato quel netto brivido che aveva percorso la sua pelle – e non solo - arrivandole in tutto il corpo? Non era freddo, ne era sicura. Per quante volte il freddo avesse sfiorato la sua pelle quella non era di certo la sua solita sensazione. Era altro.
Sbatté le palpebre diverse volte, come faceva sempre quando era sorpresa o disorientata. ‘Ehm… ti ringrazio davvero tanto per avermela riportata. Magari qualcun altro avrebbe potuta tenerla per sé, in quel caso mi sarei davvero disperata… con questo non voglio dire che però tu sia il tipo che tiene le cose, cioè nemmeno ti conosco…’
‘Tranquilla.’ Esalò quello uscendosene con un risolino per il suo essere impacciata.
Esmeralda sbuffò divertita piegando la testa di lato per osservarlo con più enfasi. ‘Ti sembrerò una scema ora.’
‘No, niente affatto.’ La tranquillizzò il ragazzo. ‘Anzi, direi che sei… normale.’ Azzardò l’uomo pensandoci un attimo.
‘… Normale.’ Ripeté la ragazza quasi implicitamente mentre distrattamente era tornata alle sue mansioni: afferrò uno dei libri caduti a terra e lo risistemò lì su quel carrello che ne conteneva ancora tanti, mentre lui era ancora lì intento ad osservarla indeciso sul da farsi, avrebbe dovuto andarsene o restare ad aiutarla? fin quando il suo senso di altruismo ebbe la meglio. Non poteva lasciare quella fanciulla in quel modo, in quella marmaglia senza darle un aiuto. Si chinò a raccogliere il resto.
‘Non sono né Killian o Will – che da come ho inteso sono quelli che stai aspettando -, ma se può farti piacere posso aiutarti nel metterli a posto.’ Azzardò il ragazzo mentre con cautela aggiungeva altri libri alla pila riposta nel carrello.
Esmeralda sbarrò gli occhi, continuando a tenerli fissi nei suoi. Boccheggiò, incapace di elaborare ciò che aveva detto e ne tantomeno una risposta sensata. Perché per lei era un totale sconosciuto, perché si sarebbe dovuto prodigare ad aiutarla?
‘Dici sul serio?’ osò mentre lo fissava raccogliere tutto ciò che gli era intorno.
‘Certo che sì! D’altronde sono stato io a spaventarti prima, e a far cadere tutti i libri dalle tue mani. E’ il minimo che possa fare.’
Esmeralda riscese l’unico gradino della scala che aveva fatto per andargli incontro.
‘Non ce n’è davvero bisogno.’ Fece ponendosi di fronte a lui con la mano a mezz’aria, quasi a volerlo toccare.
‘Oh, non mi farò sviare.’ Commentò quello irremovibile e fermo sulla sua decisione.
Per quanti anni avesse passato con vili creature colui che le era di fronte non sembrava appartenere per niente a quella categoria, perciò non ebbe motivo di vedere in quell’atto un secondo fine pensò serena, e poi per qualche strano motivo gli ispirava fiducia e non sapeva se dar completamente credito a quell’istinto o meno, ma decise di fidarsi.
‘Okay, allora, ma ad una condizione: Mi aiuterai solo finché non arriverà qualcun altro a farlo.’
Quello annui con un sorriso, soddisfatto dell’accordo.
Esmeralda non fece altro che osservarlo nel mentre. Non l’aveva mai visto in quella piccola cittadina, e se fosse arrivato dopo, da dove poi? Erano tutte domande che non riusciva a non porsi perché erano palesi. Da quanto era a Storybrooke? Lei era stata in coma quando? Una settimana? Ma neanche prima le era capitato di vederlo o di conoscerlo.
Ma in fondo quante persone conosceva lei stessa? Pensò, ne conosceva più Killian che lei in quella cittadina in cui era ancora tutto nuovo, per certi aspetti.
Ella, dall’alto della sua scala, a volte si fermava a fissarlo per imprimere la sua immagine in mente e poi perché per qualche strana ragione si sentiva in qualche modo attratta da lui: era un uomo ben piazzato, alto e muscoloso, con un sorriso talmente bello che non riuscivi davvero a distogliere lo sguardo quando te ne regalava uno. I capelli leggermente rasati, sotto i raggi del sole, risplendevano di un biondo grano che andava in contrapposizione con i suoi corvini.
In quel lasso di tempo che si erano concessi insieme, si ritrovarono a dir poco o quasi nulla fermi in un qualsivoglia stato di imbarazzo.
‘… Questo libro dovrebbe essere riposto nel secondo scaffale della quinta libreria.’ Indicò quello con un enorme libro dalla copertina rossa in mano.
Esmeralda guardò il titolo sulla copertina per poi controllarlo sul foglio che teneva in mano per constatare. Era vero.
Fissò il tipo che aveva di fronte incredula e con gli occhi sbarrati.
‘Come lo sai?’ chiese sbalordita. ‘Sei un mago o un veggente?’ fece seria.
‘In realtà, sono un poeta. Scrivo poesie, di tanto in tanto.’ Ammise con una certa sicurezza di chi sa il fatto suo. ‘Ho letto quasi tutti i poemi che possano esistere in questo mondo e questo è uno dei tanti.’
Esmeralda era totalmente affascinata da quell’arte. Incrociò le braccia al petto e si mosse sempre più accanto intenta a sapere dell’altro riguardo all’uomo con cui condivideva quella parte della sua giornata e scoprire che lui era un poeta invogliava la fanciulla a conoscerlo ancora di più di quanto avesse fatto mentre riordinavano la biblioteca.
Per un po’ si ritrovarono a parlare di libri. Esmeralda ne aveva letti pochissimi in confronto a lui e si sentì quasi in imbarazzo e inesperta mentre lui le elencava – e le mostrava - tutti i titoli che aveva studiato.
‘Questo posto dovrebbe appartenere più a te che a me.’ Osservò la fanciulla, estasiata dai suoi molteplici racconti.
Ogni libro che aveva letto era un’incontro di poesia e magnificenza che la stimolava subito a rimediare. Le sue narrazioni erano così ricche e uniche che finirono entrambi con il sedersi a gambe incrociate a terra, mentre Esmeralda lo ascoltava con gli occhi sognanti di una bambina.
Finchè lui le raccontava di sue avventure personali, mischiate alla poesie e alla narrazione dei libri letti sentiva che sarebbero potuti andare avanti anche per tutto il giorno, e forse anche per tutta la notte senza che lei ne fosse mai stanca, per lo più la fanciulla si scopri davvero affascinata dal carisma di quell’uomo misterioso.
‘E’ davvero fantastica.’ disse ammirandolo un’altra volta mentre assimilava una nuova storia. Quante volte glielo aveva ripetuto mentre parlavano? Sembrava un disco rotto, probabilmente. ‘Penso sempre di più che questo posto sia uno spreco per me..” sospirò a un certo punto.
‘Che vuoi dire?’
‘Che non sono per niente brava. Cioè in tutti i miei anni non ho poi letto così tanto quanto te, pur sapendo quanto fascino ci sia dentro un libro. Non mi sono mai soffermata più di tanto, mentre tu… tu sei così ricco di cultura e sapienza che mi lasci meravigliata.” ammise con gli occhi che le brillavano. ‘Tu sei stato in grado di catalogare quel libro senza nemmeno vedere la lista che mi ha lasciato Belle in proposito.’
Il ragazzo ci pensò un attimo su, e non la conosceva bene per credere o meno a ciò che dicesse, ma quella ragazza tutto poteva sembrargli tranne che una bugiarda.
‘Dalla mia parte c’è la passione e tanto tempo, ma non abbatterti pensando che tu non possa eguagliarmi.’
‘Non ce la potrei mai fare.’ Ella scosse più volte la testa per marcare ancora di più il suo dissenso.
‘Sei sempre così pessimista?’ Osservò lui, rimirandola, sarcastico.
Stare sotto il suo sguardo la metteva in soggezione e in imbarazzo oltre tutto il resto. Si passò una mano nei capelli, nervosa.
Perché quell’effetto strano? In fondo nemmeno lo conosceva quel ragazzo e quella sensazione non aveva alcun senso. La guardava in un modo strano, in un modo in cui non era mai stata guardata prima, quasi come cercasse di leggere anche lei come un libro. Questa cosa la metteva a disagio.
I suoi occhi profondi e limpidi come l’acqua la mettevano a disagio quando la puntavano in quei silenzi imbarazzanti, eppure lei sentiva di volerne sapere di più. Di volerlo conoscere più a fondo, per qualche irragionevole motivo.
‘Allora come ti viene?’ chiese di soprassalto per fargli distogliere lo sguardo.
‘Cosa?’
‘L’ispirazione per scrivere ciò che scrivi, insomma. Dovrai attingere a qualcosa…’
‘L’ispirazione può arrivare in un attimo, anche mentre sei solo al buio a non pensare a nulla. Non so cosa la faccia scattare. Altre volte scatta come una molla alla vista di un tramonto, di una panca vuota, di due amanti o una strada deserta o di una splendida fanciulla.’ E un sorriso sornione gli solcò il volto nel contemplarla quasi come ad indicarla. Esmeralda si sentì avvampare sotto i suoi occhi. Sembrava prender fuoco. ‘… o davanti a un panino. Può succedere anche davanti ad un panino.’ Osservò facendo allentare la tensione che si stava creando tutta intorno. La fanciulla ringraziò il cielo perché da lì a poco avrebbe smesso di respirare.
‘Vorrei poter legger qualcosa di tuo.’ Disse sincera con l’intenzione seria di vedere i suoi lavori.
‘Vorresti davvero?’
La ragazza annui convinta.
‘Ma vorresti leggere qualcosa solo per poi prenderti beffa di me?’ chiese canzonatorio. La fanciulla si senti spaesata. Perché mai avrebbe dovuto farlo?
Spalancò la bocca. ‘No! Assolutamente no. Voglio davvero leggere qualcosa di tuo. Non te lo chiederei affatto se non fosse così. Perché dovrei?’
Il ragazzo che le era di fronte, seduto accanto a lei con le gambe incrociate stava perdendo colpi. La prospettiva di darle qualcosa di suo, così profondo e intimo non lo alettava più di tanto, non perché non fosse sicuro della sua arte, ma al pensiero di lei lì, che leggeva i suoi scritti lo preoccupava, lo spaventava. Per la prima volta.
Quello si fermò un attimo a pensarci prima di darle una vera e propria risposta.
‘Non credi che tu debba meritartelo?’
‘Meritarmelo…?’ sorrise, disorientata non capendo cosa volesse intendere.
Quando d’un tratto qualcuno entrò nella biblioteca interrompendo la loro fitta e appassionante conversazione.
‘Esm?’ chiese Will trovandola seduta a terra con quell’uomo ignoto. Lo guardava squadrandolo da capo a piedi chiedendosi cosa ci facesse insieme alla zingara nella biblioteca. In difensiva.
I due sembravano molto in confidenza, anche se ai suoi occhi il volto dell’uomo era del tutto nuovo. Che fosse un amico o il fratello di Esmeralda che ancora non aveva conosciuto?
Non avevano alcuna somiglianza però. Notò il fante, esaminandolo ancora.
‘Oh, ehm… Will. Finalmente!’ se ne uscì la fanciulla alzandosi di tutto punto nel trovarselo di fronte. Quest’ultimo l’aiutò porgendole una mano e tirandola su.
Esmeralda battè le mani sui pantaloni intenta a pulirsi, ma era più che altro un gesto implicito. Un gesto che aveva imparato nel tempo da zingara, in quel di Parigi. Poi pose le mani nelle tasche anteriori dei jeans intenta ad osservare le espressioni dei due che aveva affianco.
Entrambi sfoggiavano uno sguardo vago e incerto.
‘Scusa per il mio ritardo, sono passato dal banco dei pegni convinta fossi lì oggi ma ho trovato Belle e mi sono trattenuto anche troppo.’ Fece scusandosi per il ritardo. Poi si guardò intorno, con lo sguardo in cerca di qualcosa o qualcuno. ‘Killian?’ chiese convinto di vederlo sbucare da qualche parte.
‘Killian, niente nemmeno lui. Non so dove sia, sinceramente.’ Ammise.
Il ragazzo che era tra i due iniziò ad avvertire un senso di disagio non indifferente. Cominciò a sentirsi di troppo, quasi.
‘Ora che sono arrivati i tuoi tanto agognati aiuti, i miei servigi non sono più richiesti.’ Notò con un sorriso quasi… dispiaciuto? Poteva essere.
‘Se non fosse stato per te sarei ancora in pieno lavoro, perciò ti ringrazio. Ti ringrazio per la tua entrata fortuita che mi ha permesso di compiere metà del mio lavoro, ti ringrazio per avermi riportato la collana. Senza mi sarei sentita davvero persa. E ti ringrazio per avermi permesso di passare una piacevole mattina in tua compagnia, mi ha fatto davvero piacere conoscerti e discorrere con te, e…’ prese fiato, quasi come se non avesse più. Il cuore assunse qualche battito in più. ‘… mi piacerebbe rivederti di nuovo, se a te va bene e se per te…’
‘Sì.’ Disse con troppa enfasi, interrompendola.
Entrambi si ritrovarono a ridere.
‘Sì, sarei davvero lieto di passare un'altra giornata con te.’ Si corresse. ‘Magari davanti ad un caffè…’
‘Non mi piace il caffè.’ Lo informò.
‘Ah, ehm… okay.’ Rise. ‘Una passeggiata? Un tè?’
Ci pensò un po’ su.
‘Una passeggiata con un thè credo vada più che bene.’ Annunciò, divertita dall’espressione che le rivervava.
‘Allora vada per la passeggiata con il thè, domani.’
La fanciulla annuì con una strana sensazione in corpo.
Ed entrambi nell’idea di incontrarsi nuovamente si sentirono invasi da un nuovo senso di felicità e impazienza condiviso, ma celato. Esmeralda sentii un certo pizzicore mai provato attraversarle lo stomaco e la pancia, rendendola inquieta e soddisfatta allo stesso tempo. Un sorriso enorme risiedeva sul suo viso d’ebano, talmente grande da non starle dietro.
Anche Will che era tra i due notò qualcosa di strano in lei.
Esmeralda non riusciva a definire in una parola ciò che in quel momento, e in quella mattinata, la stesse pervadendo.
Poi in un attimo, come un lampo, una consapevolezza le attraversò il pensiero.
Gli afferrò il braccio, facendolo voltare nuovamente. ‘Il tuo nome? Non so il tuo nome.’
Quello si voltò e le dedicò il suo ennesimo sorriso.
‘Mi chiamo Pierre. Pierre Gringoire.’
 

NOTE AUTRICE:
Ed ecco introdotto il primo di due nuovi personaggi: Pierre Gringoire. Un personaggio originale dell'opera di Victor Hugo - da cui è stato ispirato Il Gobbo di Notre Dame dove però il suo personaggio è stato unito a quello di Clopin -.
E' inutile che vi dica che il ritratto che io ho fatto di questo nuovo personaggio è totalmente diverso rispetto all'originale dell'opera e spero possa piacervi quando nel prossimo capitolo approfondirò la sua conoscenza. 
Scoprirete il rapporto che andrà ad instaurarsi con Esmeralda e spero possa piacervi il modo in cui l'ho definito. Nel mio immaginario - è giusto che ve lo dica. v.v - Pierre Gringoire ha il volto di Stephen Amell, attore che ho conosciuto da poco e che già adoro fin troppo.
Ringrazio come sempre chi mi fa avere i suoi pareri, e anche i lettori che in silenzio leggono e apprezzano (?) il mio operato.
Come sempre mi aspetto pareri a riguardo. 

Un bacione enorme e alla prossima.

- Elle.


 

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Capitolo 5
*** CAPITOLO V ***


CAPITOLO V

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PRIMA PARTE.
 
Belle e Will camminavano sereni tra le strade di Storybrooke, il loro rapporto si era sempre più affermato e consolidato nel corso delle settimane.
Will era stato per Belle una nuova conoscenza entrata nella sua vita per merito di Esmeralda, era stato per merito suo se i due erano entrati sempre più in contatto fino a diventare sempre qualcosa di più. Non era stato uno dei momenti più felici per la bibliotecaria: La dipartita di Tremotino e il suo tradimento erano stati un duro colpo da assimilare per la giovane donna che mai si sarebbe immaginato, perché quando l’aveva sposato e quando lui le aveva giurato amore eterno lei ci aveva creduto.
Aveva creduto che il suo cuore fosse sincero, che lei fosse il suo completamento e ciò che più desiderava al mondo perché quando l’aveva ritrovata, dopo averla creduta morta a causa di Regina gliel’aveva letto dentro quanto la amasse, quanto era stato devastato da quella convinzione.
Aveva sentito la sua mancanza, pensò e forse era così, ma lei da sola per lui non sarebbe mai stata abbastanza.
Tremotino era stato da sempre un uomo a metà tra desiderio di amore e potere, anche quando l’aveva ritrovata si era subito apprestato a ridare alla città di Storybrooke la magia, essenza senza il quale sembrava non poter vivere, e già da allora avrebbe dovuto capire tanto riguardo l’uomo che aveva accanto.
Un uomo che avrebbe sempre scelto il potere piuttosto che lei, solo ora lo comprendeva appieno.
E Will in tutto questo l’aveva ascoltata e le aveva dato una spalla su cui piangere quando ne aveva avuto più bisogno. Will c’era stato per lei nel modo in cui nessuno aveva mai fatto.
In lui aveva trovato un amico, uno dei migliori.
Pian piano aveva permesso al suo cuore di liberarsi dall’immagine nitida e ferma che aveva di Tremotino. Pian piano aveva permesso al suo cuore di alleggerirsi e ritornare alla luce uscendo dalle tenebre. Pian piano l’aveva nuovamente riempito di quell’amore di cui lei aveva bisogno e che aveva sempre agognato.
Con lui ora, la bibliotecaria, sentiva di essere felice nel modo in cui si dovrebbe essere felici accanto ad un uomo, e Tremotino pur restando suo marito era ora un ricordo lontano e indissolubile che non faceva più lo stesso male di prima accanto a lui. Il suo ricordo, il suo volto non raschiavano più come prima sulle pareti del cuore.
Will le aveva permesso di rinascere da quel dolore che l’aveva sommersa: Da ogni lacrima, in quelle sere nella grande villa, aveva fatto nascere un sorriso e una risata e da ogni preoccupazione aveva estrapolato una certezza.
All’inizio il fante entrò lentamente nella sua vita, con passi leggeri e inudibili, si fece strada tra appuntamenti e visite ad Esmeralda fino a prolungarsi sempre più al suo fianco decidendo di restare anche quando la zingara non era in casa con Belle. Era tutto nato spontaneamente, senza alcuna forzatura da parte di nessuno dei due, come un seme che accidentalmente cade sull’asfalto e da i suoi frutti. Era tutto nato così e Belle non poteva che sentirsi raggiante e serena in tutto questo.
Per questo quella mattina erano insieme quando vennero presi di soprassalto da Killian che avvicinandosi tuonò: ‘Sono giorni che cerco Esmeralda, e sembra sempre che la storia si ripeta inesorabilmente, solo che a differenza delle altre volte lei c’è, è in città ma sembra non voglia farsi trovare da me. Tutti la vedono, tutti l’hanno vista… persino Emma stamattina quindi so per certo che sta bene ed è viva. Ora qualcuno può spiegarmi cosa succede?’
Gli occhi spalancati e rossi, il viso completamente paonazzo per la rabbia.
Che Killian tenesse ad Esmeralda, e che fosse in qualche modo il suo tesoro, ormai era cosa risaputa da tutti in città quindi nessuno si sarebbe stupito di una reazione simile da parte sua, piuttosto il problema nasceva per altro. Come si spiegava ad un pirata il perché Esmeralda lo evitasse? Non era fattibile e nemmeno discutibile.
Non che Esmeralda lo facesse di sua spontanea volontà, molte volte staccava prima e per pochi secondi non incrociava il corsaro che bramava la sua presenza anche per un rapido saluto, ultimamente molto più di prima.
Era sempre apprensivo nei suoi confronti e quelle continue disavventure lo rendevano sempre irrequieto sul fronte Esmeralda.
Il fatto era che Esmeralda era lì, presente a Storybrooke, ma assente dal resto del mondo intero.
Da settimane infatti anche Belle, che viveva con lei, la vedeva sempre meno spesso e di rado rispetto a prima. I suoi turni in biblioteca e al banco dei pegni venivano sempre mantenuti, mai da parte sua c’era stato uno sgarro per far lamentare Belle a tal punto da eliminarla dalle attività, per lei Esmeralda continuava ad essere un valido aiuto tra un uscita con Will, un po’ di babysitting al piccolo dei Charmings e qualche questione a casa. Esmeralda era stata per lei quella che si potrebbe definire una manna dal cielo, solo che negli ultimi tempi tutto era diventato strano, o per meglio dire… diverso.
Esmeralda per prima era diversa.
Il suo sorriso durante quei giorni si era sempre di più aperto fino a non lasciare mai davvero il suo volto. Ogni cosa la divertiva, ogni cosa sembrava nuova e più brillante ai suoi occhi come se la vedesse per la prima vera volta. I suoi occhi avevano conosciuto la luce e la gioia di una risata al mattino – non che prima non ridesse, ma qualcosa in lei annunciava un cambiamento completo e visibile agli occhi di tutti. Stava mutando.
Esmeralda si era levata di dosso quell’aria cupa e onnipresente del suo passato che incombeva come uno spettro alle sue spalle e si era lasciata andare al sole e alla luminosità del mondo che la circondava con un nuovo atteggiamento, un mondo che per lei aveva assunto un nuovo significato e aspetto.
Divenne ancor più un piacere e una goduria per gli occhi osservare il suo splendore accrescersi e divagarsi in ogni dove: in casa o per strada, in biblioteca o in negozio, lasciava una scia di spontaneità e luce di cui non si poteva più fare a meno. Non più.
Tutti al suo passaggio si voltavano incantati e la bellezza avuta fino ad allora non era nulla comparata a quella che aveva ora.
I suoi occhi risplendevano dando ancora più vita ai suoi smeraldi, e la sua pelle, i suoi capelli e tutto il resto erano più raggianti e luminosi.
Era più radiosa ed esplodeva sola in una magnificenza intrinseca che non era mai stata solita avere.
Belle, che la conosceva da molto prima di tutto il resto e aveva vissuto con lei in quel periodo parigino, non poteva che essere contenta di quel cambiamento, contenta di vederla finalmente… poteva dirlo? Felice, per la prima vera volta in vita sua.
La sua felicità, per contro, era stata del tutto scaturita da un solo incontro, una sola persona che in un giorno come in un altro aveva deciso di fare il suo ingresso nella sua vita donandole quella luminosità che le mancava: Pierre Gringoire.
Belle aveva assistito al suo rientro quel giorno, il giorno in cui lo conobbe. E qualcosa, inevitabilmente non era più la stessa.
Rientrò con Will, mezza frastornata e totalmente su una nuvola con un sorriso enorme. Belle si prese uno spavento: era la prima volta che la vedeva in quello stato e pensava le fosse accaduto qualcosa. In effetti qualcosa era accaduto, ma nulla di grave.
Appena rientrata aveva guardato nella sua direzione senza nemmeno vederla e sospirante si era appoggiata alla porta, poi non aveva smesso un attimo di parlargliene, dei suoi racconti, del modo in cui era entrato, della collana che aveva smarrito e che lui aveva ritrovato.
Quell’uomo era entrato nella sua vita come una bomba pronta a stravolgerla.
Era stata un tornado di emozioni quel giorno, e quella notte. Sì, perché non dormì nemmeno un attimo in attesa del loro nuovo incontro.
Era da allora che i due avevano iniziato a frequentarsi, prima in giorni sporadici, poi sempre più frequenti ma quel giorno quell’attesa era ancora impressa negli occhi di Belle come fuoco ardente.
 
*
‘Insomma tu pensi che stia bene, vestita così?’ disse per l’ennesima volta rimirandosi all’enorme specchio della camera.
Quel giorno lo specchio sembrava non darle retta, più si guardava più sembrava non ritrovarsi in quel riflesso, e tutte le paranoie del caso ebbero il sopravvento facendola esasperare.
Belle le stava dietro paziente e premurosa.
‘Stai un incanto.’ Sentenziò un ultima volta nell’osservarla. E lo era davvero.
I capelli le cadevano sinuosi sulle spalle e un trucco leggero le adornava il viso facendo risaltare il suo sguardo profondo.
Chiunque l’avesse vista quella sera sarebbe diventato un suo spasimante, scherzò l’amica per rassicurarla.
‘Oh, smettila!’ aveva sbuffato la fanciulla tenendo gli occhi addosso al suo riflesso.
Non indossava niente di troppo impegnativo: una leggera maglia sul bordeaux le adornava il punto vita, e un jeans stretto le fasciava le gambe snelle e lunghe fino a terminare con degli stivali fino alla caviglia un po’ alti, ma non troppo. Ormai poteva dirsi abituata, pensò.
‘Vieni qui!’ le aveva detto l’amica trascinandola per un braccio fino al letto per distoglierla dallo specchio. Sapeva anche lei quanto potesse essere divoratore e distorto in quelle situazioni.
Le due si sedettero l’una accanto all’altra. Esmeralda con le braccia intorno allo stomaco irrequieta.
‘Devi stare calma.’ Le intimò Belle. ‘Non serve agitarsi, non stai andando al patibolo…’ Esmeralda la guardò torva, bloccandosi. ‘Okay. Pessima battuta.’ Si scusò l’amica. ‘Il punto è che stai uscendo con una persona nuova. Una persona che hai conosciuto da poco e con cui hai un appuntamento…’
‘Non definirlo così.’ La interruppe la ragazza ricominciando ad iperventilare.
‘E come vorresti chiamarlo? State per uscire insieme: è un appuntamento.’
La zingara sbuffò roteando gli occhi.
‘Con Killian sono sempre uscita…’ le fece notare.
‘Con lui è diverso.’ Sentenziò secca l’amica.
‘Ma perché?’ disse Esmeralda non venendone a capo. ‘Insomma perché con lui è diverso. Mi sento diversa… ho questo mal di stomaco che mi attanaglia il respiro e mi rende debole. Sento le gambe che tremano. E se non mi reggessi in piedi? E se cadessi? Forse è meglio indossare qualcosa di più basso.’ Concluse decisa catapultandosi all’armadio. Belle si alzò di scatto, pronta a fermarla.
‘Non ne hai bisogno.’ Fece tranquilla mettendole due mani sulle spalle.
‘Sei innamorata di questo ragazzo?’ domandò senza mezzi termini l’amica. Schietta.
Esmeralda si senti spiazzata da quella domanda così diretta e restò per vari attimi interdetta in cerca di una risposta sensata alle sue orecchie. Innamorata? E come poteva saperlo? Non lo conosceva mica, quanto sapeva di quel ragazzo per dirsi innamorata? Era una parola grossa, a suo dire.
Era troppo.
‘Lo trovo molto affascinante, in qualche modo ciò che sa e il modo che ha di parlarmi mi attrae, ma innamorata mi sembra troppo. Sento di voler approfondire la mia conoscenza con lui.’ Chiarii la fanciulla mentre Belle la rimirava con un sorriso sornione, che ella non comprendeva.
‘Perché mi guardi così?’
‘Niente.’ Si era defilata la bibliotecaria distogliendo lo sguardo.
Esmeralda restò perplessa, poi continuò: ‘Il punto è: che si fa in questi casi? Come ci si comporta? Cosa si dice?’ una serie di domande a raffica cadde mentre la fanciulla attendeva risposta.
‘Esm, non c’è un protocollo prestabilito. Ci si incontra, si chiacchiera e tutto il resto vien da sé.’ Sorrise l’amica bonaria.
‘E se io non ne fossi capace? Non mi sono mai trovata in questa situazione. Se mi trovasse noiosa o pedante… lui è così colto, così magnifico, così….’ E si perse a guardare il vuoto mentre la sua mente si prodigò di immaginarlo nell’immagine che aveva conservato.
Belle celò un piccolo risolino nel vederla così presa, poi quella scosse la testa per riprendersi.
Puntò più volte il suo sguardo al pavimento con la fronte corrucciata, persa in una qualsivoglia preoccupazione in cui si stava affliggendo.
‘Allora dove vi incontrate?’ fece Belle per farla tornare alla realtà.
‘A casa, in realtà. Le ho dato il nostro indirizzo. Non mi andava di rincontrarci in biblioteca, spero non ti dispiaccia.’ Fece spalancando gli occhi spaventata da una reazione negativa di colei che le era accanto e che, in effetti, era la padrona di casa.
‘Ma no. Assolutamente no, Esm. Tranquilla.’ Le prese le mani per infonderle il suo coraggio. ‘Sai che questa è anche un po’ casa tua ormai!’
Esm annuì, ora più convinta.
‘Passeggeremo per la città, o per il lago e poi prenderemo un thè.’ Disse più come un promemoria personale che per informare Belle.
‘Andrà tutto bene. Gli piacerai.’ Un guizzo attraversò i suoi occhi. ‘Insomma hai conquistato metà Storybrooke perché lui no?’ sentenziò quasi come l’amore per lei fosse ovvio. Facile. Sicuro.
E se così non fosse stato? E se lui fosse stato l’eccezione? E se quell’incontro si fosse rivelato un fiasco? Insomma non poteva andare sempre bene con tutti, ponderò la fanciulla. Ma perché cos’era andato mai bene nella sua vita? E poi perché riponeva in quell’uomo così tante speranze e così tanta paura di fallire?
Quando ci pensava seriamente non riusciva a capirlo.
Esm, è un uomo come un altro! Si convinse decisa. Se va bene, avrai passato una bella serata, altrimenti arrivederci e grazie. E perché al sol pensiero di quell’esito il cuore decelerava di qualche battito?
‘Speriamo.’ Se ne uscì la fanciulla facendo un lungo sospiro.
Il tempo per quest’ultimo e un campanello cominciò a suonare, risuonando in tutta casa.
Esmeralda saltò sul posto come una molla, gli occhi spalancati e disorientati.
Belle la osservò in ogni minima azione ed espressione, divertita.
‘E’ qui.’ bisbigliò la zingara in un sussurro strozzato.
‘Già.’ L’espressione del suo viso era un incanto. ‘Vado io?’ chiese l’amica vedendola immobile con espressione sovraeccitata.
‘NO!’ tuonò quella con un certo timore. ‘Vado io.’ Disse con gli occhi fissi alla porta della camera oltre la quale l’attendeva un lungo corridoio e poi un imponente scalinata che conduceva alla porta d’ingresso. Si mosse come un automa con la bocca completamente riarsa e secca.
Per un ultima volta si voltò verso l’amica che le mimò un ‘Vai!’ convinta e incoraggiante.
Esmeralda corse quasi verso la porta poi, per non dare troppa enfasi alla cosa, rallentò in prossimità della scalinata da varcare, da cui lui l’avrebbe vista perché era una porta a vetri.
Scese lentamente fissando ogni gradino, ad attenderla un gran sorriso che intravedeva distorto attraverso i vetri colorati.
Il cuore in gola. Perché?
Un ultimo passo e spalancò la porta che li divideva.
‘Ciao…’ lo salutò lei, avvicinandosi di qualche passo verso di lui.
‘Ciao… ‘ ripeté Pierre, sporgendosi in avanti per poggiare le sue labbra sulle gote morbide della fanciulla.
Rimasero alcuni istanti con gli occhi fissi in quello dell’altra, nel più totale imbarazzo che svelto si ripresentò dinanzi a loro. Incapaci, entrambi, di dar voce ai pensieri che stavano fluendo rapidi e limpidi nelle loro menti.
‘Mi scuso immensamente per il ritardo, ma ho avuto un imprevisto e non vorrei avessi pensato al peggio…’
‘Oh, no assolutamente!’ charii la ragazza interrompendolo. In realtà, troppo presa dalla sua ansia ed eccitazione non se n’era nemmeno accorta ma trovò impossibile riferirglielo.
Restarono un attimo lì sulla soglia di quella porta a guardarsi.
“Andiamo?” la sollecitò Pierre.
Esmeralda annui e velocemente afferrò la sua giacca nera dall’appendiabiti nel caso avesse iniziato a far freddo.
‘Dove preferisci andare prima?’ le chiese con garbo l’uomo al suo fianco.
‘Perché non passeggiamo un po’?’
Quello sorrise.‘Per me va bene.’
Esmeralda se ne stava lì, accanto a lui, del tutto impacciata e incapace di proferir parola e rompere il ghiaccio. Ecco, cosa avrebbe pensato adesso? Magari già ora si stava pentendo di essere uscito con lei, magari era per quello che non faceva altro che fissarla con un sorriso da ebete mentre teneva le mani in tasca.
Avrebbe dovuto scusarsi. Scusarsi e fare dietro front verso casa e…
‘Posso dirti che sei davvero incantevole?’ azzardò con un sorriso più accentuato rompendo il silenzio che li dominava.
Esmeralda avvertì il complimento e sorrise timida sussurrando un ‘Grazie’ appena udibile.
Insomma perché reagiva così? Da quando era diventata così? Si maledì mentalmente per ciò che non riusciva più a fare.
‘Da quanto sei qui, Pierre?’ gli domandò per rompere il ghiaccio. ‘Qui a Storybrooke, intendo.’
‘Scommetto che non mi hai mai visto.’ Notò il ragazzo continuando a camminare. ‘In realtà sono qui da sempre. Sono sempre stato a Storybrooke sin dalla prima maledizione che ci spedì in questo posto. Ma sono sempre stato più il tipo che se ne sta in disparte, per i fatti suoi, con pochi amici e poche uscite. Non perché non volessi, ma il più delle volte amavo starmene a casa a scrivere piuttosto che uscire. Sono sempre stato abituato così. Non fraintendermi e non prendermi come un pazzo solitario, anche io ho i miei amici, certo non sono famosi come i tuoi…’ scherzò affabile.
‘I miei amici sono famosi?’ chiese divertita la fanciulla.
‘Vorresti negarlo? Chi qui a Storybrooke non conosce la salvatrice Emma Swan e il suo pirata compagno di cui mi sfugge il nome?’
‘Killian Jones.’ Gli suggerì.
‘Esatto, lui.’ Concordò ridendo.
‘Gli amici non si scelgono.’
‘Ed è qui che ti sbagli: gli amici sono la famiglia che ti scegli, Esmeralda.’ Le fece notare.
‘Il più delle volte potevi trovarmi al molo, o in giro per la città verso il tramonto. Adoro anche il bosco che percorre la città.’ Continuò. ‘Per questo è sempre stato raro per te e per gli altri vedermi.’
Esmeralda lo osservava, continuamente presa da qualsiasi cosa lo riguardasse come una calamita. La attraeva per qualche motivo non apparente. Per qualche ragione ignota si sentiva attratta da lui e da ogni sua storia, come poche volte in vita sua.
‘E tu? Perché non mi racconti un po’ di te?’ la incitò Pierre non togliendole gli occhi di dosso.
‘Di me? Beh non saprei cosa dirti su di me…’
‘Avrai una storia, tutti l’abbiamo. Ho sentito che in molti qui ti chiamano zingara, e sarei curioso di sapere come è nato tutto ciò…’
Fantastico! L’unica cosa che quello sapeva di lei è che era una zingara.
‘Beh… non lo sono sempre stata. Lo sono diventata dopo… nel tempo. Prima ero una comunissima ragazza di villaggio che viveva in una famiglia piccola e modesta.’ Raccontò poi però si bloccò incerta se rivelargli o meno i dettagli. ‘… ma non è una storia del tutto interessante. Io non sono poi così importante, dopotutto.’ Fece spallucce decisa ad abbandonare l’argomento.
‘Tu sei importante…’ gli occhi dentro ai suoi, ora più intensi e profondi. ‘… come ogni persona su questo mondo, e io ti ho raccontato le mie storie perciò sei in debito con me…’ le fece notare, furbo.
Quella restò spiazzata dal suo rigirare le cose e un sorriso sincero e improbabile le nacque sul volto.
‘Ma sei stato tu ieri a volermele raccontare, non io!’ dibatté la ragazza parandosi di fronte a lui.
‘Ad ogni modo, te le ho raccontate!’ enunciò sentendosi preso con le spalle al muro.
La ragazza rimase a fissarla incredula dalla sua tenacia e dal suo ricatto, scosse la testa divertita da ciò che stava facendo per invogliarla. Poi prese fiato e riordinò le idee nella sua mente prima di iniziare.
‘Come sei arrivata qui, Esmeralda?’ domandò, stavolta mostrandosi serio e inchiodandola con gli occhi.
Esmeralda lo fissò per qualche attimo, gli occhi sinceri che non la perdevano di vista.
‘In realtà non lo so… la mia vita è stata un continuo rapimento.’ Sorrise pensando a quanto fosse vera quell’affermazione.’Il primo rapimento di tutti fu quello di Killian Jones…’ e da lì iniziò a raccontargli tutto da quel suo rapimento poi rivelatosi un imbroglio e un inganno della madre per allontanarla e farle vivere una vita migliore, al reciproco affetto che iniziò a legare il pirata e lei in un legame indissolubile ed eterno. Killian era stato l’unico appiglio, l’unica luce in quella vita disastrosa che aveva continuato a dargli speranza.
Poi l’inganno ordito di Milah per allontanarla, perché gelosa del loro rapporto e la sua vendita a quei soldati.
Gringoire la guardava come rapito, del tutto concentrato sulle espressioni del suo viso che variavano dall’allegria al puro terrore e disgusto. In tutto questo l’uomo si chiese come avesse fatto, una fanciulla dalla fragilità apparente a sopportare tutto ciò, tutto quel dolore e tutte quelle pene. Ai suoi occhi quella donna, assunse un nuovo aspetto, un nuovo volto di cui non potè fare a meno di invaghirsi ancor di più. Poi d’un tratto lo sguardo gli cadde sui pugni chiusi della ragazza. Era tesa mentre guardava in modo vitreo qualcosa davanti a sé, del tutto assente.
‘Qualcosa non va?’ chiese lui apprensivo fermandosi a constatare il suo stato.
La ragazza, chiuse gli occhi giusto il momento di riprendersi, allentò la stretta delle sue mani chiuse in un pugno e respirò a pieni polmoni. Scosse la testa e sorrise.
‘No, va tutto bene. Solo… siamo vicini a questa locanda, ti va di prendere quel thè?’
E i due che camminavano da ore interminabili raccontandosi, decisero di fermarsi un po’ lontano dal frastuono di Storybrooke. Entrarono perciò in una piccola locanda. Era accogliente e piccolina, niente a che vedere con la locanda della nonna, lo stile decisamente provenzale dominava ogni angolo della sala.
Esmeralda lo trovò accogliente e delizioso quando si sedette mentre continuava a guardarsi intorno.
‘Non sono mai stata qui.’ Osservò. ‘E’ carino.’
E Pierre la osservò in quella bellezza naturale che emanava quando lo stupore le invadeva l’animo. Era la cosa più bella che avesse mai visto.
Entrambi ordinarono un thè alla vaniglia, ed entrambi per gustarlo al meglio aspettarono un paio di minuti prima di gustarlo.
Pierre, seduto dinanzi a lei, incrociò le braccia appoggiandole su quel tavolino di metallo protraendosi verso di lei con fare impaziente.
‘E poi?’
‘E poi cosa?’ chiese disorientata, mentre con entrambe le mani teneva sotto il mento la tazza fumante, intenta farla raffreddare e nel contempo riscaldarsi le mani.
‘Cosa è successo dopo i soldati?’
Quella parte della storia era sempre la più difficile e ardua, graffiava ancora forte sulle pareti dell’anima per poterla raccontare in maniera serena e calma. Non si sentiva ancora pronta a raccontarla per bene all’uomo che aveva di fronte e che la guardava con sguardo perso.
Esmeralda poggiò la tazza a pochi centimetri dalla sua e avanzò a pochi millimetri dal suo viso.
‘Perché non mi racconti di te?’ chiese per sviare il discorso.
‘Sai già tutto ciò che c’è da sapere.’
‘Lo pensi tu.’
Il tipo capì l’antifona.
‘Ohh non rigirerai la frittata. Hai chiesto di conoscerci, beh voglio conoscerti.’ Puntò i piedi, deciso.
Esmeralda capì che era un osso duro e che non l’avrebbe sviato facilmente. Si guardò un po’ intorno, pensando o meno al da farsi poi optò per la verità.
‘Te ne parlerò, lo prometto. Magari più avanti.’ Promise, incapace in quel momento di andare oltre. Sarebbe stato troppo e non voleva appesantire l’aria con la sua storia. Non ora che lo stava conoscendo.
Pierre la vide incupirsi e decise di accettare le sue condizioni. Non voleva spingerla e costringerla a parlare di cose appartenenti al suo passato se non voleva.
Annui mesto.
Per tutto il resto della serata il tempo sembrò aver messo le ali. Il tempo si ritrovò a correre veloce tra scherzi, frecciatine e risate di ogni genere, fino al momento di salutarsi.
Erano ormai le dieci quando i due si ritrovarono sotto il portico dell’enorme casa di Belle.
Esmeralda tornò al visibile impaccio iniziale.
‘Sono stata davvero bene, stasera.’ proferì la fanciulla con una certa emozione. ‘Ti ringrazio.’
‘Grazie per cosa?’
‘Per avermi fatto dimenticare per un attimo tutto il resto. Per avermi fatto ridere, divertire da quando… come davvero mai prima d’ora.’
‘Grazie a te per avermi permesso di conoscerti.’
‘Oh, in realtà è stato tutto merito suo.’ Disse alzandosi il ciondolo che aveva al collo e indicandolo. ‘Se non fosse caduto, tu non me lo avresti riportato…’
‘E non ci saremmo mai incontrati.’ la interruppe finendo la frase, e incrociando i suoi occhi quando li rialzò su di lui.
Entrambi sorrisero di un sorriso vero e sincero che arrivava fino al cuore.
Esmeralda incrociò le mani lungo la vita e ritornò al sguardo basso.
‘Anche io sono stato bene, oggi. E vorrei continuare a stare bene se per te va bene…’ disse dando luogo ad un gioco di parole che divertì entrambi.
‘Con questo vuoi dire che ci sarà una prossima volta?’
‘Tu non vuoi?’
Esmeralda annuì. La timidezza continuava a far capolino sul suo animo.
‘Allora ci vediamo domani. A colazione. Da Granny.’ Annunciò mentre si allontanava.
Esmeralda avrebbe contato le ore, i minuti e i secondi che li separavano come una ragazzina alla prima cotta e Belle sarebbe stata lì a sorbirsi ogni suo racconto sognante sul loro primo… incontro.
 
Si incontrarono poi il giorno dopo, come stabilito e poi il giorno dopo ancora, e il giorno dopo ancora fino a diventare dei frequentatori assidui che trovavano ogni escamotage per passare del tempo insieme. Sembrava che entrambi non potessero fare a meno l’una dell’altra, e quell’uomo entrato per caso nella sua vita iniziò a divenire giorno dopo giorno, qualcosa in più nella sua vita.
Esmeralda non faceva altro che parlarle dei suoi occhi, dei suoi magnifici occhi blu in cui si perdeva e di cui non riusciva mai a stancarsi, e ogni volta che ne parlava Belle non poteva non notare quell’espressione da ebete che sottolineava i suoi tratti quando quel sentimento ti prende e ti travolge. Quando l’amore ti entra nella pelle e nelle vene e comincia a parlare da solo.
E in lei non poteva che essere evidente, perché quando ti innamori è così e tutti, inevitabilmente se ne accorgono perché sei tu a emanare bellezza in ogni dove, ed Esmeralda era bella. Più bella di ogni astro esistente in cielo, ora ancora di più.

 
CONTINUA…

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Note Autrice:

E rieccomi con un nuovo capitolo!
Ultimamente sto scrivendo davvero tanto, saranno anche le giornate estive immense in cui io prediligo restare a casa piuttosto che uscire? – Amo l’autunno/inverno se non si è capito. Lol – Btw ho cercato in tutti i modi di rendere al meglio il tutto parlando anche di Belle e Will  e di come – nella mia fantasia – si sia sviluppata la loro relazione nella 4B e usando Esm come cavillo per tutto questo.
Mi è piaciuto un casino immaginare questa possibilità, che sia stata lei a farli conoscere e tutto il resto, vi dirò la verità. :3
Intanto vi ho un po’ accennato il rapporto che sta nascendo tra Esm e Pierre. Spero davvero che lo gradiate e che vi piaccia, e spero tanto di avere pareri a riguardo.
E ovviamente ringrazio chi assiduamente segue la storia e mi fa avere suoi pareri, ringrazio anche tutti quelli che entrano e lasciano un piccolo - ma, per me, significativo - like al capitolo. Non so chi siate, ma vi ringrazio tanto, e anche chi ovviamente anche senza lasciarmi pareri legge silenziosamente. 
Insomma grazie davvero a tutti, perché è anche grazie a voi se questa storia ha preso e sta prendendo vita ogni giorno che passa. ♡
Ovviamente aspetto pareri - qui o sul sito - per sapere cosa ne pensate, lo sapete che mi fa sempre piacere.
 
Alla prossima.
 
-Elle.

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Capitolo 6
*** CAPITOLO VI ***


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CAPITOLO VI

SECONDA PARTE.
 
Belle non chiese mai di conoscerlo, mai di sua spontanea volontà almeno. Certo l’aveva intravisto, ma mai si era fatta avanti per farselo presentare. Non voleva essere d’intralcio, quando Esmeralda sarebbe stata sicura del loro rapporto gliel’avrebbe presentato lei stessa senza troppi giri di parole, per ora conosceva di lui solo quello che la fanciulla decideva di condividere con lei come amica e confidente, e ciò che raccontava era la cosa più vicina ad un sogno che si potesse vivere.
‘Secondo te è normale sentirsi così? Sentirsi capaci di librare nel cielo liberi e leggeri? Perché a me capita ogni giorno e non so se è una cosa che appartiene solo a me. Mi sento così stupida. Sarò malata?’ aveva chiesto sarcastica d’un tratto una sera davanti a un piatto di patate novelle con carne, ancora incapace di metabolizzare il suo sentimento e di ingurgitare ciò che aveva nel piatto.
‘Non sei affatto malata, cara, anzi è tutto nella norma.’ La tranquillizzò lei.
‘Ah sì? E allora perché sento qui… sento come un solletico, un lieve pizzicore proprio qui?’ chiese mettendo le sue lunghe mani sul suo stomaco per indicarglielo.
Belle posò la stoviglia che aveva in mano e afferrò le sue mani.
‘Tesoro, quell’uomo ti sta entrando nelle vene. Ti stai innamorando.’ E un sorriso si accese sulle labbra di Belle, mentre Esmeralda la guardava disorientata.
‘E’ questo l’effetto che fa? E’ così che ci si sente? Perché… perché io non lo ricordo.’
‘Oh cara, come potresti? Non tutti gli amori sono uguali, ma quando sono amori speciali, amori condivisi è diverso. Amori che non fanno altro che riempirti la vita è ciò che succede, e da ciò che mi racconti è ciò che ti sta accadendo.’
Quella restò a pensarci seriamente per un paio di attimi.
Che fosse quello, che fosse per quello che si sentiva in quel modo?
Eppure in passato era stata innamorata, pensò. Altrimenti cos’era stato ciò che aveva sentito per Killian secoli prima? Ma non ricordava nulla, nulla di ciò che sentiva ora era comparabile a ciò che era stato quando Killian le era accanto sulla Jolly Roger. Il fatto era che non l’aveva dimenticato però, sentiva solo che era tutto diverso.
Tutto ora con la vicinanza di Pierre assumeva una sfumatura diversa ai suoi occhi e tutto ciò che aveva provato per Killian non aveva più una definizione. Poteva chiamarlo amore ?
Quell’amore che per secoli e anni aveva sentito, che l’aveva tenuta in vita e a cui si era aggrappata non era lo stesso, non era… amore. Almeno non nel senso totalitario che avvertiva ora. Non che non lo volesse più accanto, dentro di sé sentiva sempre quel forte legame che li univa ma come poteva definirlo? Affetto? Era la parola giusta? O forse no. Il loro rapporto non avrebbe mai trovato una definizione adatta a descriverlo.
Esmeralda si arrovellò per giorni in quel pensiero.
E se tutto fosse successo in seguito alla questione con Tremotino? Lei si era riappropriata del suo cuore pieno di crepe e segni visibili dovuto alle continue disavventure e delusioni che le erano state provocate negli anni e l’aveva rigenerato portandola a nuova vita. E se in un certo senso l’avesse resettato e si fosse data la possibilità di rivivere appieno la vita?
Poteva essere? Poteva giustificare in quel modo tutto ciò che stava vivendo?
Intanto quei giorni passavano e sempre più spesso Esmeralda era del tutto sfuggente, ormai presa completamente dal suo compagno.
Quindi come poteva tutto questo non allarmare e infastidire il pirata che odiava tutto e tutti vicino a lei?
La sua iperprotettività sarebbe stata corrotta e sarebbe esploso nel momento stesso in cui glielo avrebbero detto.
Intanto lui era ancora lì, a sbarrargli la strada, e ad aspettare una risposta con tracotante attesa dai due che gli erano dinanzi.
I due si guardarono, indecisi sul da farsi. Poi fu Will a farsi avanti.
‘Senti amico…’
‘Io e te non siamo amici!’ dibattè lui lambendo l’ira.
‘Ascolta Killian.’ Intervenne Belle intromettendosi tra i due prima del delirio. ‘Esmeralda sta bene, non hai alcun motivo per preoccuparti.’
Quello se ne uscì con sguardo ovvio.
‘Grazie Belle, questo lo sapevo già! Ma lei dov’è?’
Era pomeriggio inoltrato, quasi sera ed entrambi sapevano dove e con chi Esmeralda soleva passare le serate in quel periodo. E anche meglio con chi. Peccato che lui no, lui non ne sapeva nulla.
Belle mesta gli andò più vicina, misurando ogni passo.
‘Ascolta, Killian…’ prese fiato cercando il modo più giusto per rivelargli il tutto. ‘Esmeralda è sicuramente in giro, è solita farlo ultimamente dopo il lavoro. Sarà al lago, o per le vie di Storybrooke a girare. Ieri si è fermata in un locale qui vicino a Granny, mi pare mi abbia detto.’
Il viso dell’uomo si schiarì, ora più sereno e con un indicazione da seguire.
‘Ti ringrazio.’ Fece prima di voltarsi deciso.
‘Aspetta!’ urlò quasi la bibliotecaria afferrandogli un braccio per farlo voltare. Prese fiato, di nuovo. ‘Non è da sola.’ Confidò.
Quello ci pensò un attimo, forse intento a pensare alle possibili persone di cui si era circondata. ‘E con chi è?’
Un attimo di silenzio invase l’aria.
‘E’ in compagnia di qualcuno. Un uomo.’ Rivelazione fatta. Reazione innescata. I due restarono lì in attesa dell’esplosione imminente.
‘Un uomo. Chi?’ spolmonò tra i denti il pirata cercando di rimanere il più calmo possibile. La sola idea lo mandava su tutte le furie e la cosa era anche abbastanza evidente.
‘Per il modo in cui reagisci non mi sembra il caso di dirtelo.’ Propose la donna con una certa preoccupazione. Esmeralda non aveva fatto altro, non le aveva chiesto altro che non dire nulla a Killian. Almeno non per il momento. ‘E poi Esmeralda per ora non vuole che tu lo sappia… per ora.’ Aggiunse.
Il pirata strabuzzò gli occhi incapace di intendere davvero il significato di quelle parole appena udite.
‘Che significa tutto questo? Perché Esm non vorrebbe che io lo sapessi?’
‘Per i tuoi modi iperprotettivi. Nelle ultime settimane sta conoscendo un uomo, un uomo capace di renderla serena e felice e spensierata come non lo è da anni, o addirittura secoli, o addirittura come non lo è mai stata. E’ con lui che esce ogni giorno, è con lui che passa la maggior parte delle sue giornate, ed è con lui adesso.’
‘Ha paura di me?’ chiese disorientato da tanta segretezza.
‘Vuoi negare che la notizia non ti abbia mandato fuori dai gangheri? Che non vorresti arrivare dov’è lei per vederlo e magari fargli una specie di paternale?’ rincarò Belle guardandolo in modo accusatorio.
‘L’ho mai fatto forse? Quando? Quando le ho negato di conoscere altra gente?’ strepitò quello vicino all’ira.
Will alzò la mano, facendo un passo avanti.
‘Non vorrai dimenticare la sera in cui sei venuto a cercarmi al Rabbit Hole, pirata.’ S’insinuò rammentandogli l’episodio.
‘Aveva appena conosciuto Will e tu ti sei subito prodigato ad acciuffarlo in privato con modi discutibili per farlo allontanare da lei…’ intervenne Belle.
Killian ruotò gli occhi e alzò una mano catturando l’aria vuota.
‘Pensavo fosse una ripicca del fante per il pugno che gli avevo dato, e non volevo che le facesse del male!’ si giustificò, invano.
‘Non ho mai pensato minimamente di farlo.’ Continuò quello sicuro di sé.
La sua sicurezza irritava Killian ora come allora. Strinse i pugni.
‘Converrai con me nelle sue insicurezze nel parlartene o anche solo incrociarti. Semmai sapresti di quest’individuo che le è accanto non faresti nulla?’
‘NO!’
‘Lo sai da te che non è vero, Killian. Andiamo!’ proseguì Belle, l’essere più buono al mondo, irritandosi a sua volta. Conosceva bene Killian, e per quanto fosse cambiato negli ultimi anni sapeva il rapporto che lo legava alla zingara. ‘Tu ora andresti lì, incurante di tutto ciò che hanno e saresti pronto anche a scaraventarlo ad un muro. Specie nelle condizioni in cui sei ora.’
Prese un attimo di silenzio, e ispirò a pieni polmoni. Doveva calmarsi.
Dovevano calmarsi.
Un silenzio carico di elettricità avvolse l’aria tra la coppia e il capitano.
‘Comunque sia, non sarò io a parlarti del nuovo amico di Esmeralda. Non spetta a me.’ Disse più serena. ‘Quando sarà pronta lei verrà da te con il cuore in mano a parlartene come ha sempre fatto, ti basti però sapere che è felice, e posso dirlo a piena voce perché l’ho percepisco in ogni giorno che passa. In ogni attimo che le sto accanto non fa altro che ridere e sorridere spensierata come se al mondo non ci fosse che beatitudine e serenità. Ti basta vederla, circondarti di lei, vivere anche un secondo della tua giornata in sua compagnia per accorgerti di quanto sia cambiata. Di quanto sia felice e di quanto sia ancora più bella grazie a tutto questo. Di quanto quest’uomo la renda tale. E dovresti essere felice solo per questo. Per lei. Perché ha sofferto tanto, e anche tu sei stato partecipe del suo dolore e dovresti saperlo più di chiunque altro in questo mondo.’
‘Non pensare che non voglia la sua felicità, non potresti essere più in errore…’
‘E allora permettile di essere felice, di vivere i suoi momenti, di amare ed essere amata come merita davvero e lasciale i suoi spazi. Quando sarà il momento verrà da te, ti parlerà e te ne parlerà come ne parla a me ogni sera da quando lo conosce.’
Killian un po’ incerto pensava a tutto quello che Belle le stava dicendo, combattuto dal lasciarla perdere o meno.
‘Non rovinare tutto, perché sai che lei dopo ti odierebbe. Anche se non ne è capace, anche se pur promettendoselo non lo ha mai fatto perché tu sei una sua estensione più di quanto voglia ammettere, ma se le togli questa felicità. Se le togli questa cosa, potrebbe davvero farlo.’
‘Anche se lo minacciassi di sparire dalla sua vita, che uomo sarebbe se lo facesse davvero? Che uomo sarebbe se la lasciasse sola solo perché sono io ad imporglielo? Significherebbe che non tiene a lei quanto dice e si rivelerebbe il suo vero intento. Potrei salvarla finché è in tempo per essere salvata.’ Azzardò il pirata, con sguardo torvo.
‘Esmeralda non ha bisogno di essere salvata, e te l’ha dimostrato tante volte ormai. Esmeralda è una donna forte, ora più di prima. So quanto tieni a lei, tutti lo sappiamo e nessun uomo ha mai azzardato avvicinarla per questo, lo dovresti sapere. Perché non provi a fidarti una buona volta? Non di lui, - che nemmeno conosci! -, ma di lei. Fidati del suo istinto.’
E Killian quando si era fidato del suo istinto?
La volta in cui gli aveva riferito la sua avversione per Milah l’aveva forse ascoltata? No.
No, perché lui era solito fare sempre di testa sua. perché non l’ascoltava mai, perché se l’avesse ascoltata quella volta probabilmente niente di ciò che le era successo sarebbe mai accaduto. Se le avesse dato ascolto, pensò… ma era inutile rimuginare sui soliti errori commessi. Ciò che non aveva fatto in passato, rimaneva nel passato. Doveva rimediare ora magari. L’unica cosa è che non ne era tanto convinto e fingere non era mai stato il suo forte.
Fingere di non sapere o fingere che il tipo gli andasse a genio?
E ti prometto che se tu troverai qualcuno fuori da questa nave, capace di amarti come tu vorrai e desideri, ti lascerò andare. Quella promessa ora, fatta secoli prima gli rimbombò in testa più maligna e infima per ricordargli il patto che doveva mantenere. Perché lui aveva sempre un onore da difendere, ma quanto valeva l’onore di fronte all’amore che continuava a provare per lei? Quell’amore che per secoli aveva tenuto segreto nel rimorso e nel dolore di una perdita? Se sarebbe entrato bruscamente in quella relazione, l’avrebbe persa davvero e quella era l’ultima cosa che cercava. Non poteva perderla.
Per nulla al mondo l’avrebbe lasciata a quell’uomo anche se l’avesse accettato.
Doveva darle i suoi spazi, essere meno apprensivo. D’altronde, poi, ora c’era un nuovo uomo nella sua vita, un uomo a cui era incapace di assegnare un volto, ma c’era e all’occorrenza sarebbe stato lui a salvarla dalle avversità. E lui? Lui che avrebbe fatto? Non avrebbe sopportato nemmeno il pensiero di farsi da parte, non quando si trattava di Esmeralda. Non ci sarebbe riuscito. Nell’eventualità l’avrebbe aiutato? Ah, ma come avrebbe fatto se nemmeno lo conosceva? Avrebbe dovuto fidarsi solo del fatto che Esm l’aveva accolto nella sua vita e nel suo cuore e considerando il suo giudizio lui si sarebbe fidato di lei?
Tutto era successo troppo in fretta, in modo inaspettato. Killian non sapeva cosa fare per davvero, ma per darla a bere a Belle annui, seppur amareggiato.
 
Come poteva… come poteva per davvero accettare tutto ciò? Accettare che Esm frequentasse un uomo di cui non era nemmeno a conoscenza? Più pensava ad un essere vicino a lui più gli si torceva lo stomaco fino a far male.
Erano giorni che ci pensava, giorni che non riusciva a farsene una ragione e giorni in cui di Esm nemmeno l’ombra più remota. L’aveva semplicemente chiamato un giorno per disdire un incontro che avevano programmato da tempo perché, a suo dire, stava male.
A quanto pareva aveva contratto l’influenza e Belle le aveva raccomandato di stare a casa, ma ci giurava. Ci poteva giurare che non era in quel modo.
Sotto c’era un uscita con il tipo o zero voglia di affrontare una discussione scomoda con lui.
‘Vengo a trovarti. Ti porto del brodo della nonna, pare che sia un toccasana per l’influenza, dicono qui.’ E aveva sorriso a quel pensiero. Al sol pensiero di vederla.
‘No, Killian. Sto proprio male. Non ho voglia di mangiare nulla al momento.’ Aveva esordito lei con voce lontana.
Il volto di Killian s’incupì.
Quell’uomo gliel’ha stava portando via. Ogni giorno di più, sempre di più e Killian non lo poteva accettare.
Proprio no.
 
Era pomeriggio inoltrato quando dopo pochi giorni Killian si trovò ad oltrepassare il parco che era situato a Storybrooke.
Non era solito recarsi lì, ma quel giorno, a causa di una commissione datele dal suo sceriffo non potè fare altrimenti. Ormai aiutava Emma in tutto e per tutto e vivere di lei in ogni suo giorno da quelle migliaia di anni gli sembrava ancora irreale.
Sin dal primo momento, dal primo attimo qualcosa aveva attratto quel pirata a quella donna e l’idea di averla ora e definirla davvero la sua Emma gli sembrava surreale.
Avrebbe fatto di tutto per lei, anche andare avanti e indietro nel tempo come già aveva fatto.
Ed era in tutti questi pensieri, con il cuore colmo di un incurante felicità quando una nuova scena – ad un paio di metri di distanza – gli si parò davanti incurante degli eventi.
Il sole era vicino al tramonto quando tutto avvenne e nel suo cuore si ebbe un tonfo pari all’indicibile perché mai nella vita avrebbe immaginato di assistere ad una scena simile.
Più in là, su una panchina oltre il lago, c’era una coppia.
Una coppia nuova, mai in quella piccola cittadina Killian aveva visto quelle due persone l’una accanto all’altra. Mai nella vita aveva visto quel miscuglio di anime così vicine: lei era seduta di lato, seduta al suo posto sulla destra e completamente rivolta verso di lui con il sole alle spalle a creare un insolito gioco d’ombre che si rifletteva al suolo. Le sue gambe erano appoggiate su quelle di lui che vi teneva le mani sopra, intende a carezzargliele.
Entrambi si sorridevano a vicenda e c’erano istanti scostanti in cui lei scoppiava a ridere di gusto chiudendo gli occhi e piegandosi in avanti forse in risposta a qualche suo commento, aneddoto o chissà che cosa. Lui la guardava completamente rapito e assorto, incapace anche solo di prestare attenzione alla cosa più ovvia.
Sarebbe potuto tremare il mondo, sarebbe potuto andare a fuoco anche, ma lui aveva solo occhi per lei.
Il sorriso che risiedeva sul volto dei due amanti era qualcosa che catturava e rapiva chiunque lì intorno, Killian non poté fare altro che constatare le parole di Belle alla vista di Esmeralda: la ragazza era ancora più bella di quanto soleva ricordare.
Killian fu incapace di udire anche una sola parola del loro discorso così ilare e lezioso, era fin troppo distante per percepire anche un loro sussurro, ma fu abbastanza perspicace nel capire ciò che sarebbe accaduto da lì a poco. I loro sguardi persi l’uno nell’altro e con quell’atteggiamento, quel modo di fare di entrambi si poteva andare a parare solo in un modo.
Lo sguardo dei due era abbastanza palese quando il ragazzo, ammiccando, si sporse verso di lei andando a colmare la distanza delle loro labbra. In tutta risposta lei gli si avvinghiò portando le sue mani sulla parte posteriore del collo del ragazzo, mentre le mani di quest’ultimo andarono a posizionarsi sui suoi fianchi quasi a sollevarla su di se in un modo che nemmeno lui aveva mai osato o forse sì, ma era un tempo che apparteneva al passato.
Killian si senti mancare, per la prima vera volta. Tentò di afferrare qualcosa per sorreggersi da quelle parti, ma niente. Non c’era niente.
La terra sembrò mancargli e quel mal di mare che non aveva mai avuto lo invase, inaspettatamente.
Sapeva con certezza che Esmeralda non era sua, non in quel senso almeno ma conosceva i sentimenti che per secoli lo avevano perseguitato e avevano perseguitato anche lei costringendoli nel silenzio di un incomprensione. Quei forti sentimenti che aveva avuto per lei si erano protratti nei secoli nascosti nel silenzio e nel dolore di quella che era stata una perdita. Ora aveva Emma, era vero e non vi era cosa più felice nella sua vita, ma un immagine del genere sparata così arrivò dritta in pieno petto dissodando i solchi di un cuore che a suo tempo l’aveva amata perdutamente.
Ma quali pretese poteva avanzare su di lei? Specialmente ora. Specie in quella situazione. Se fosse accaduto in passato, se lui l’avesse avuta sin dal passato non ci sarebbe stato niente e nessuno dopo. Killian si senti combattuto in tutto questo. Perché si sentiva così? Perché quella parte, quel se stesso del passato ora prevaricava su quello del presente? Lui aveva Emma dopotutto, era Emma il suo lieto fine, perché pretendeva Esmeralda? Perché provava così tanta gelosia e rancore verso quell’uomo che dinanzi a sé le stava dando ciò di cui lui non era stato capace?
Perché non accettava il fatto che Esmeralda meritava qualcun altro nella sua vita che non fosse lui?
Immaginò allora per un attimo come doveva essere stato per lei vederlo con Emma la prima volta.
Quella prima volta fuori da Grannys quando le era corso dietro e lei le aveva urlato tutto contro. Lui non aveva mai compreso appieno la sua reazione quella sera, quella sua fuga, quella sua rabbia distinta e ora quasi come un gioco del destino, eccolo in quella stessa situazione. Cosa doveva aver provato? Era possibile che avesse sentito un tonfo nel petto pari alla caduta di un meteorite o anche peggio? Perché era ciò che sentiva in quell’istante anche se non se ne capacitava.
Si possono amare due donne nella vita? Si possono avere due amori nella vita capaci di tale intensità? Ci si può sentire costantemente a metà?


Note Autrice:
Ci ho messo un po' a pubblicare il nuovo capitolo, lo so e chiedo venia ma ho avuto un po' di problemi per la quale non ho avuto ne tempo, nè modo di trascrivere ciò che avevo in mente, ma ora ci sono! Son tornata!
Reduce dalla Season Premiere di ONCE tra l'altro che mi ha lasciato senza fiato, vi avverto. Sono ancora totalmente emozionata! 
Btw ringrazio davvero, sempre, di cuore tutti coloro che leggono la storia e che la trovano interessante a tal punto da inserirla tra i preferiti/seguite. Vi ringrazio dal profondo del cuore.
Vale tanto per me avere i vostri apprezzamenti. 
E ringrazio anche chi legge in silenzio e lascia un like con il pulsante sopra, anche se mi piacerebbe prima o poi avere anche i vostri pareri, e infine tutti coloro che mi fanno sapere costantemente cosa ne pensano e sono partecipi alla vita di Esmeralda perché presi dal mio pg. 
GRAZIE DI CUORE. 

Detto tutto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia entusiasmato e coinvolto.
Aspetto vostri pareri a riguardo, fatemi sapere.

Un bacione.
Alla prossima.

- Elle.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO VII ***


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Note Autrice: 
Ehilà! 
Oggi, non mi dilungo tantissimo, vorrei solo farvi notare una piccola nota musicale per accompagnare la lettura del capitolo che spero possa piacervi, io come sempre aspetto recensioni e pareri in merito. 
Grazie mille a tutti quelli che aggiungono la storia ai preferiti/seguiti, come sempre.

Alla prossima.
xoxo

- Elle.
 

CAPITOLO VII
 
 
Esm lo cercava da giorni. Interi giorni in cui si dimostrava assente e del tutto schivo nei suoi confronti, e fu come se i ruoli si fossero invertiti per una volta.
Killian si sentiva ferito.
Ferito da quell’essere tagliato fuori, ferito nell’averlo scoperto in quel modo da parte di terzi senza la minima considerazione.
Chi era lui per lei? Nonostante i secoli e tutto il resto possibile che non si fidasse di lui? Possibile che pensasse che avrebbe potuto fare del male a quella persona nella sua vita? Era assurdo. Assurdo anche solo concepire quel pensiero e Killian non riusciva a togliersi di dosso quella rabbia, e allora, piuttosto che inveire contro di lei. La evitava.
Dentro di sé quello era il modo più adatto per farle capire quanto si fosse sentito tradito, perché lei lo sapeva. Lei sapeva che Killian ne era venuto a conoscenza.
Belle gliel’aveva detto.
Le aveva parlato di quell’incontro avvenuto mentre era con Will ed Esmeralda si era tanto arrabbiata anche con lei perché non gliene aveva parlato subito.
Come doveva essersi sentito Killian?
Killian, il pirata che pur essendo cambiato in certi aspetti restava lo stesso in altri.
Riusciva solo ad immaginare la rabbia che si portava dietro e che non osava pronunciare, per paura, per orgoglio, o per chissà cos’altro. Non aveva imparato nulla dal passato: dal fatto che a tenersi dentro tutto ci si allontana soltanto. Ci erano passati infondo ma Killian sembrava recidivo a cambiare in quel senso e dentro Esm ribolliva quella paura nuova ad animarla.
Perché se avesse perso Killian, se avesse perso lui, avrebbe perso una parte di sé a cui non era disposta a rinunciare.
Killian, ascoltami. Ci vediamo per parlarne? So cosa stai facendo, e lo sai anche tu. Ti ricordo che se ci siamo allontanati la prima volta è successo a causa di un errore simile, non permettermi di perderti di nuovo, lo sai quanto tengo a te, e so… so di aver sbagliato io. Avrei dovuto parlartene, renderti partecipe di questa cosa, ma so come reagisci e sì, ho avuto paura…  sono stata una sciocca ma dammi la possibilità di spiegarmi insomma. Ti prego.
Richiamami.
 
‘Per quanto tempo hai intenzione di ignorarla?’ aveva chiesto Emma facendo capolino con una tazza fumante di caffè in una casa vuota. I charmings erano usciti presto quella mattina.
‘Non la sto ignorando.’ Fece il pirata, sorseggiando cupo.
‘Guarda che evitare ed ignorare sono la stessa cosa, Killian.’ Le fece intendere la salvatrice.
Il pirata sbuffò.
‘Non ho voglia di parlarle per ora, potrò averne diritto o no?’
‘Non fin quando stai così: facilmente irritabile e con il musone.’ Gli fece notare. ‘Fatti qualche domanda sul perché i miei sono andati via presto stamattina.’
Uno sguardo ovvio attraversò i due sul divano. ‘Andiamo Killian! Non è così che è successo tutto la prima volta? E se succedesse di nuovo? E se lei si allontanasse anche restando qui? La gente non ti viene dietro per sempre, e per quanto lei tenga a te un giorno si stuferà. Non fare il bambinone!’ si burlò, la ragazza sorridendogli.
Killian si alzò stizzito da tutte quelle eventualità che la salvatrice gli stava inculcando.
‘Stavolta è diverso, e lo sai!’
‘Diverso perché? Perché ha trovato un altro con cui stare e tu sei geloso? Ora sai come mi sentivo all’inizio con lei almeno.’
‘Sai che tengo a te…’
‘… quanto tieni a lei. Lo so, e allora perché non trovi un modo per parlarle invece di farle pesare la sua relazione? E come se stando insieme a lui facesse un torto a te. Non porla davanti ad una scelta Killian, non lo vuoi nemmeno tu.’
‘Sai che non è ciò che voglio. Sai che ce l’ho con lei perché non ha avuto il coraggio di dirmi il motivo per cui mi evitava, perché non mi ha detto che si è trovata qualcuno.’
‘E perché non le dici a lei queste cose invece di tenertele dentro che fanno solo male? E’ l’ennesimo messaggio che ti lascia a casa, non lasciare che una nuova incomprensione vi allontani. Non ci vivresti bene tu e nemmeno lei.’ Consigliò la salvatrice, benevola.
Il buon cuore di Emma era sempre stato ciò che l’aveva contraddistinta anche quando certe situazioni potevano ritorcesi contro, a lei non importava. Indicava la strada giusta e lasciava che tutto andasse per il meglio, sempre. Non per niente era conosciuta come la salvatrice.
Era quello il suo compito, intriso in lei sin dalla nascita e Killian ogni volta ne restava colpito.
Sorrise fiducioso delle parole della donna che aveva accanto e decise di fare la sua mossa. Basta sotterfugi, basta evitarsi.
Compose il numero della ragazza con trepidante ansia fino a che non rispose.
‘Pronto…?’
 
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‘Perché non mi hai detto niente? Perché mi hai tenuto all’oscuro di tutto quasi come se fossi un estraneo?’ grignò Killian cercando di restare del tutto calmo di fronte a quella situazione assurda.
‘Perché era esattamente questo che temevo – indicò la fanciulla indicando i suoi modi -. Tu che sbraitavi e mi urlavi contro…’
‘Se me lo avessi detto, se mi avessi parlato dell’uomo che hai… accanto non starei facendo questo. Non sarei qui ad urlarti contro perché è l’ultima cosa che voglio!’ affermò il pirata incapace di star fermo e seduto sul divano lì accanto a lei. Aveva bisogno di camminare, di prendere aria. Di non stare accanto a nessuno.
‘E tu cosa hai fatto, Killian? Tu, che sei tanto migliore di me?’ lo sfidò la zingara guardandolo dritto negli occhi. Sapeva quanto il pirata fosse esposto a quel contatto visivo.
Killian si senti mancare, messo alle strette e vulnerabile incapace di intendere cosa volesse dire.
‘Quando sono arrivata qui mi hai fatto intendere che niente era cambiato, che tu eri quello che eri sempre stato. Che i tuoi sentimenti nei miei confronti fossero rimasti immutati. Che per secoli, per quanto fossi un rubacuori, mi avessi aspettato e invece? Sei finito con Emma Swan, la salvatrice. Allora ora, dimmi, Killian, perché non me ne hai parlato? Perché non mi hai detto come stavano le cose prima che lo venissi a scoprire in quel modo?’ chiese Esmeralda mettendosi a un palmo dal suo naso, con gli occhi fissi nei suoi affinché non sfuggisse a quella verità.
Killian annaspò, nella sua mente quella scena gli tornò in mente e si sentì nuovamente in colpa come allora.
‘E per questo che lo hai fatto? E’ per questo che mi hai evitato, per farmi assaggiare la tua stessa pillola?’ chiese per sviare ciò che davvero era vero e sincero.
Esmeralda scosse la testa e rise.
Killian non era mai stato capace di ammettere i suoi sbagli, specie quando la cosa gli veniva fatta notare palesemente.
Esmeralda camminò a passo lieve ma deciso verso quel divano, intenta a riprendersi la giacca.
‘Se non hai voglia di chiarire, ne di sentire le mie ragioni. E se hai voglia di dare solo a me la colpa, io me ne vado.’ Gli disse, decisa e irremovibile. Infilò la giacca con cautela e palese calma e andò per dirigersi verso la porta che dava all’esterno quando l’uncino di Killian le afferrò il braccio bloccandola.
Killian chiuse gli occhi e sospirò.
‘Ho sbagliato anche io.’ Ammise.
Esmeralda, di spalle al pirata, sorrise della resa poi si girò più seria.
‘Sai quanto tengo a te. Probabilmente tengo più a te che a chiunque altro in questa città. Sei la persona che più amo in questo mondo, e in tutti i sette reami messi insieme e per te farei di tutto. E te l’ho anche dimostrato…’
‘E mi auguro tu non lo faccia più.’ La ammonì severo.
‘Potrei dirti lo stesso! Qualsiasi cosa accada ad entrambi, entrambi faremmo qualsiasi cosa per l’altro: io per te, tu per me. Abbiamo questo rapporto strano e speciale che ci lega oltre ogni cosa e mondo ma noi non stiamo insieme. Io non sono il tuo lieto fine, la tua anima gemella. Non sono tua amica, non sono tua sorella, cosa siamo noi Killian? Non potrai occuparti per sempre di me come vorresti. Tu hai Emma! Il tuo lieto fine, la tua anima gemella e a lei che dovrai dare il tuo amore e la tua protezione. Ed è con lei che vivrai la tua vita, ma non è questo il punto. Il punto è che anche se io ho un altro, anche se io passo le mie giornate con un'altra persona, rido con quest’altra persona non vuol dire che io mi dimentichi di te. Non vuol dire che io non ti ami più come ti ho sempre amato anche nei momenti peggiori. E se sono stata lontana da te in queste settimane è stato solo per permettermi di conoscerlo. Se non te l’ho presentato finora è perché è vero: ho paura di una tua reazione. Neghi forse che tendi ad essere troppo iperprotettivo con me?’
‘Ho le mie buone ragioni.’ Controbatté lui, fiero. ‘A me non importa di avere Emma, perché pensi che sia un ostacolo? Pensi che un giorno ti accantonerò, che non avrò più tempo per te e che non continuerò ad amarti come ho sempre fatto? E per questo che ti sei trovato qualcun altro?’
‘No. Assolutamente no! Io ho trovato Pierre per caso. E’ tutto nato per caso in biblioteca, non me lo sono andata a cercare perché pensavo di essere d’intralcio a te. Killian, io amo Pierre.’ E un sorriso del tutto naturale e ampio le si aprì sul viso etereo. ‘E lui ama me. Mi rende felice come non sono mai stata, come mai nessuno mi ha mai reso. Stare insieme a lui, passare il mio tempo con lui mi riempie di una tale gioia mai provata. Lui è la cosa migliore che ho da quando sono stata messa al mondo, Killian.’
Killian provò una strana sensazione a quelle parole, a ciò che Esm gli stava raccontando, una sensazione strana e pungente che lo infastidiva e gli faceva mancare l’aria. Dovette alzarsi mentre lei continuava da sé a discorrere di tutti i pregi che quell’individuo sembrava avere: Le aveva dato felicità, l’aveva resa felice come mai prima d’allora. Nessuno l’aveva mai resa così felice in tutta la sua esistenza e poi? Poi cosa? Killian aveva smesso di sentirla da vari minuti ormai troppo preso da ciò che lo attanagliava: la gelosia. Per quanto cruenta fosse quella era la verità. Odiava quell’uomo al sol pensiero di ciò che riusciva a darle, ciò che lui a quanto pare non era mai riuscito a fare. Come poteva pretendere che l’avesse resa felice in qualche modo? Non aveva fatto altro che portarle infelicità nella sua vita. Prima il rapimento, poi l’allontanamento, i soldati, Frollo e chissà cos’altro, e come se non bastasse infine anche il tradimento della madre.
Lui non le aveva dato mai nulla di buono e quell’uomo entrato nella sua vita da poco, era già la sua felicità più immensa: la faceva ridere, non le dava pensieri o timori, non avrebbe complottato con la madre per farle del male. Quell’uomo era esattamente un angelo. La buona cosa di cui aveva bisogno, probabilmente.
Esmeralda era esattamente come dicevano tutti quelli che l’avevano vista in seguito a quella relazione: bella e raggiante e stupenda come mai era stata. Capace di farlo invaghire ancora di più.
Killian sorseggiò il suo rum ancora una volta in tutti quei pensieri.
Odiava dal profondo del cuore quel tizio perché era stato in grado di darle tutto quello che voleva dargli lui da secoli prima. Perché quell’uomo era stato capace di amare lei e solo lei senza riserve o ripicche, gliel’aveva confessato sin da subito e lei era diventata sua in un batter d’occhio. Odiava quel tizio perché a differenza sua era stato in grado di averla dandole ciò che lei meritava: una felicità che lui, lo constatava ora, non le aveva mai davvero dato.
‘… e poi me l’avevi promesso.’ Esmeralda lo guardava attendendo una risposta. Una risposta che lui non aveva inteso perché non aveva sentito nemmeno una parola del suo intero discorso.
‘Mmh?’ chiese facendo il finto tonto una volta guardandola.
‘Ti ricordi? Sulla Jolly Roger mi avevi promesso che semmai avessi trovato un uomo capace di rendermi felice mi avresti lasciata andare.’
Di nuovo quella promessa. Di nuovo a ripresentarsi infima e sfacciata alle sue orecchie, stavolta.
‘Mentivo!’ disse sorseggiando nuovamente il suo rum indifferente. Da quanto beveva rum? A causa dei pensieri aveva perso il conto. Scosse la fiaschetta: era mezza vuota.
‘C-cosa?’ fece perplessa la zingara.
‘Non so se te l’ho già detto o meno. Non ricordo, ma nel momento stesso in cui ho pronunciato quelle parole mi sono pentito. Non ti avrei mai data a nessuno!’
Esmeralda era scioccata da una rivelazione così meschina.
‘Quindi dicevi sul serio quando mi hai accennato che questo era il tuo vero piano?’
Killian asserì con una certa tracotanza, ancora più saccente nel farglielo notare.
‘Allora perché l’hai detto? Perché mi hai mentito così spudoratamente mentre ti parlavo con il cuore in mano, Killian? Perché ti piaceva tanto accanirti su di me in quel modo?’
‘Perché quella persona dovevo essere IO!’ quell’ultima parola tuonò nella stanza, spinta ancora di più dall’alcol ora.
Esmeralda non sapeva cosa dire, completamente immobile e intenta ad elaborare il tutto nella sua testa.
‘L’uomo capace di renderti felice dovevo essere io! Ma indovina? Ho fallito. Con te ho fallito in tutti i sensi. Ti ho amata in silenzio e ti ho fatto il dispetto di farmi vedere con Milah – che possa marcire all’inferno – e ti ho fatta vendere da lei ad alcuni soldati che ti hanno fatto del male e da cui sei dovuta scappare per finire in ancor peggio situazioni! Quindi indovina un po’? Io ho fallito con te nel modo peggiore quando per te volevo essere il migliore. Volevo essere la tua felicità ma a quanto pare tutto mi è stato tolto da Pierre che è l’unico in grado di renderti felice ed è l’unico che ti abbia mai reso tale! Lui è del tutto la mia controparte e sono sicuro del fatto che mentre io sarò sempre disponibile per te, pronto a proteggerti e a salvarti se fosse necessario lui ti allontanerà da me nello stesso modo in cui ti sei allontanata da me in queste settimane!’ urlò diventando rosso in viso e cacciando tutto ciò che covava al suo interno.
‘Pensi davvero che io con te non sia stata felice? Che tu per me sia stato solo fallimento e disperazione? Tu sei stato la mia luce nell’oscurità! Il mio cielo a cui confidavo tutto di me. Sei stato l’unico per anni mi ha tenuta al sicuro e mi ha fatto sorridere. Sei stato l’unico che mi ha dato la forza di affrontare ciò che avevo intorno quando non c’eri!’
‘Ora però non lo sono più. Non c’è più posto per me nella tua vita, e quello che mi vuoi dare non mi basta perché ti ho già persa una volta a causa di qualcun altro, non lo permetterò di nuovo!’ e tutte le sue paure vennero fuori. I suoi occhi languidi si scontrarono con quegli smeraldi incapaci di assumere un colore definito.
Ecco che tutte le sue paure, tutti i suoi timori riemersero a galla come spettri tenuti nascosti per troppo tempo.
‘Ti sei chiesta perché io abbia dato via la Jolly Roger?’ disse più calmo infrangendo il silenzio tra loro.
‘L’hai data via per salvare Emma, ti ho sentito quella notte…’
 ‘Non l’ho solo data via per salvare Emma dall’imminente pericolo. L’ho data via perché per secoli mi ha dato il tormento. In ogni angolo, in ogni anfratto vedevo te. Vedevo noi ed era la cosa più simile a una tortura che potessi avere, non perché non volessi ricordarmi di te ma perché riportava in me il mio continuo fallimento. Negli anni la Jolly Roger non era più tale, era diventata la mia Esmeralda.’ Confessò il pirata carico di emozioni.
Esmeralda era interdetta, un nodo alla gola sembrava sopprimere ogni parola sul nascere. Mai nella sua vita le aveva detto cose simile, mai si era aperto in tal modo. Certo le aveva raccontato tanto della sua vita, della sua infanzia e di suo padre, ma mai le aveva confessato un simile sentimento a parole. Ella non sapeva come reagire, come muoversi o cosa dire di fronte a tutto quello. L’aveva spiazzata.
‘Hai dato il mio nome alla tua nave?’ chiese a metà tra lo stupore e l’interdizione.
Killian, gli occhi fissi dentro i suoi.
‘Non ufficialmente, ma sì. È andata così. Con il tempo mi riferivo a lei come se fossi tu, convinto che in qualche modo tu mi ascoltassi.’
Quanto valeva una nave per un pirata? Killian gliel’aveva imparato a suo tempo. Una nave non era mai solo una nave per loro, era qualcosa più, diventava una parte di loro a cui difficilmente rinunciavano. Qualcosa che andava oltre ogni cosa.
Qualcosa che era anche difficile da spiegare pienamente.
‘Killian, io non sapevo tutto questo. Io… certo non è da questo che dovrei intendere il tuo affetto, ma è una cosa che mi spiazza.’ Chiarii impacciata guardandosi le mani, incapace di guardarlo negli occhi. Quante volte l’aveva fatto sentire in colpa per lei? ‘Mi dispiace. Mi dispiace non avertene parlato e di averti fatto credere che non tenessi a te, e so che magari rimediare ora non è la stessa cosa. Che in qualche modo ti ho deluso, ma potrei presentartelo… potrei.’
Killian scosse la testa quasi infastidito da quella proposta.
‘Niente affatto.’ Asserì. ‘Non voglio assolutamente conoscerlo.’
‘Ti ho chiesto scusa. Voglio renderti partecipe…’
‘Non ce n’è alcun bisogno. Per ora meglio che resti all’oscuro.’ Sentenziò Killian, duro. Ancora recidivo nei confronti dell’uomo che le stava portando via la sua Esm.
‘Potremmo essere io e Pierre, e tu ed Emma.’ Suggerì la ragazza intenta a farsi perdonare. Con l’aiuto di Emma, le cose potevano cambiare.
‘Ho detto di no, Esm! Non parliamone più.’ Il solo sentirlo nominale gli provocava l’orticaria, quasi come un allergia. Quasi come una repulsione: non sopportava sentirlo nominare, figurarsi conoscerlo. Facendo così però non dimostrava la tesi di Esm secondo la quale lui avrebbe avuto una brutta reazione? Gliela stava dando vinta? Forse sì, perché in fondo a chi voleva darla a bere? A lei che lo conosceva da secoli? Non avrebbe mai tollerato quella presenza al suo fianco. Con la coda dell’occhio Killian vide il suo dispiacere farsi strada nel suo animo.
Era delusa.
Aveva gli occhi bassi e gli angoli della bocca all’ingiù, le mani incrociate sulle gambe visibilmente dispiaciuta. Magari dopo avergliene parlato e chiesto scusa si aspettava qualcosa di diverso, si aspettava davvero che Killian avrebbe conosciuto quell’essere senza niente da obiettare? Niente da dire? Non poteva andare così, e non sarebbe mai andata così.
Esmeralda aveva preso la sua strada e aveva deciso di percorrerla già da prima del suo consenso e approvazione, quindi quanto poteva importare per lei che i due si conoscessero? Magari li avrebbe visti per strada, li avrebbe incrociati da Granny o in biblioteca dove lui soleva darle una mano ora, ma nessuna presentazione formale sarebbe avvenuta tra loro. Nessuna chiacchierata o scambio di idee. Per lui quell’uomo sarebbe rimasto un enigma, era meglio così.
Esmeralda si alzò infine dal divano, su cui erano stati seduti per tutto il tempo. Fuori la notte iniziava a calare con timide nuvole all’orizzonte.
Afferrò la giacca, lo sguardo basso e quel nodo alla gola incapace di fare andare oltre il discorso. Certo conosceva Killian e riconosceva il suo sbaglio, glielo aveva anche ammesso, ma mai avrebbe pensato ad una cosa simile. La sua reazione era al di fuori di ogni sua aspettativa.
Le aveva chiesto di scegliere, certo non l’aveva espresso a parole, ma cosa avrebbe dovuto fare una volta che si sarebbero incontrati? Poteva accadere. Storybrooke non era enorme. Dovunque ti giravi conoscevi e incontravi tutti, come poteva pretendere che tra loro non accadesse? Quando sarebbe stata insieme a Pierre cosa avrebbe dovuto fare, salutarlo? Scansarlo?
Le sembrò per un momento di rivedere quel pirata egoista che era stato sulla nave. Di nuovo pronto a rindossare quella maschera.
‘Mi stai chiedendo di scegliere, Killian?’ chiese sforzandosi.
Gli dava le spalle, era anche troppo osservarlo ancora mentre asseriva a quella domanda e confermava la sua intuizione.
‘Sai che non te lo chiederei mai.’
‘E allora cosa vuoi? Vuoi che allontani questa persona dalla mia vita o che allontani te?’
‘Voglio che tu stia attenta a chi introduci nella tua vita, solo questo.’
‘Ma tu non l’accetti.’ sostenne incolore.
‘Lo ami? Allora che importanza ha che io non lo accetti? Che io non lo conosca?’.
Esmeralda continuava a non guardarlo, sapeva quanto Killian influisse sul suo stato d’animo in quel momento.
‘M’importa nello stesso modo in cui a te importava farmi conoscere Emma, e nonostante sia stata ostile all’inizio, con il tempo mi sono resa conto di quanto sia speciale cosa che evidentemente tu non vuoi fare per me. Far conoscere due persone che sono nella mia vita è qualcosa che per me significa tanto, ma evidentemente devo lasciar perdere.’ Esalò esasperata aprendo la porta d’uscita. ‘Ti chiedo ancora scusa per ciò che ho fatto.’ E chiuse la porta alle sue spalle lasciando Killian lì, sul ciglio.
Killian non poteva capacitarsi, non poteva sbollire la sua rabbia in un attimo. Era un atto egoista e forse proprio per le sue azioni l’avrebbe persa, ma doveva concedergli quel tempo. Quel tempo utile a rigenerarsi, ad accettare la cosa e a renderla reale. Ora come ora l’idea di conoscere quell’uomo non era nei suoi piani, magari con il tempo… magari con il tempo… magari mai.
Ecco cosa gli suggeriva la sua mente oltre che al suo cuore. Non le avrebbe mai chiesto di scegliere, quello no. Non l’avrebbe sopportato lui stesso, ma non avrebbe accettato quell’uomo. Mai.

 

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QUI trovate un blog Tumblr dedicato alla mia fan fiction con anteprime e stralci della storia, le canzoni e musiche che mi hanno ispirato nel scrivere, se vi va di seguirlo.
 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO VIII ***


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  CAPITOLO VIII
 
‘Ehm… forse sarebbe meglio fare colazione altrove.’ Aveva enunciato Esmeralda all’uomo che aveva accanto appena entrata da Granny.
Era abbastanza a disagio per la situazione e non voleva renderla ancora più surreale di quanto già non fosse. Killian era lì, e li aveva visti entrare annunciati da quella solita scampanellata che annunciava ogni volta la porta della locanda.
Strinse i pugni e in contemporanea la sua mascella si serrò visibilmente irritato. Guardò altrove.
Esmeralda con la coda dell’occhio vide la sua reazione e s’irrigidì ancora di più. Titubante sul da farsi. Non si era mai trovata in una situazione tanto delicata e la cosa la irritava alquanto.
Pierre, dal canto suo, guardava il capitano in maniera torva. Non tanto per la rivalità che aveva in quella situazione, ma per come aveva imposto la sua scelta ad Esmeralda.
Diceva di tenere a lei, di volerle bene e di amarla – perché era palese che fosse così, e lo era anche ai suoi occhi, ora più che mai.- invece eccolo lì, incurante del fatto che la ragazza che tanto esaltava di amare soffriva per una sua decisione. Un suo capriccio. Pierre non faceva che osservarlo con disprezzo in quella mattina grigia. Non tollerava minimamente quella sua presenza, quel pregiudizio gratuito che aveva nei suoi confronti.
Insinuare che lui fosse un traditore o uno che non la meritava solo perché non accettava la realtà dei fatti. Non accettava che lei non pensasse o vivesse alla sua continua ricerca, ora.
‘Pierre, ti prego!’ lo ammonì la fanciulla strattonando la sua giacca, appena osservò il suo sguardo rabbioso nei confronti del pirata.
Per quanto ci fossero attriti tra loro non voleva rendere le cose ancora più evidenti. Perché mancava poco e la bomba sarebbe esplosa, ne era certa.
‘E’ per lui che stai così! Ti pare giusto?’ fece cercando di contenere la propria rabbia.
‘Pierre, ti prego. Ne abbiamo già parlato e sono cose che riguardano noi. Lascia stare.’ Disse in un sussurro quasi inudibile. Esmeralda non osava fissare nella sua direzione, ma sapeva di per certo che il suo sguardo e il suo udito erano fissi e attenti su di loro che non erano tanto lontani dal loro tavolo.
‘Gli permetti di trattarti così. Di dominarti con i suoi sentimenti, se terrebbe a te non lo permetterebbe.’ Inveii lo straniero.
Doveva restare fermo.
Non farti provocare più. Non far sì che ti dia un motivo per spaccargli la faccia più di quanto già non voglia. Pensò il pirata stringendo i pugni a quelle provocazioni mirate che gli stavano piombando addosso. Che ne sapeva lui? Che ne poteva sapere dell’affetto che lui provava per Esmeralda?
Lui così sapientone e marcio nella sua convinzione.
Per quanto Esmeralda le avesse raccontato tutto, non avrebbe mai compreso appieno il loro rapporto. Nessuno mai lo avrebbe fatto.
Sapeva che sarebbe stata difficile e sapeva che probabilmente lei gli avrebbe raccontato la situazione. Doveva aspettarselo, ma era più difficile di quanto credesse.
Un aria tesa attraversò il locale per intero mentre Esmeralda si senti morire, quasi sull’orlo di una crisi. Killian più di tutti lo percepiva, lo sentiva il suo stato d’animo e avrebbe voluto correre da lei, prenderla con sé, prenderle le mani e abbracciarla forte respirando il suo profumo e chiedendole scusa. Quante volte lo aveva fatto secoli prima? Quante volte lei si era stretta a lui in quelle tempeste improvvise in cui la nave oscillava più forte del solito?
 
‘Non devi aver paura. Ci sono io.’ Le sussurrava il pirata stringendola più forte, quasi fino a stritolarla.
Le sue mani piccole e lunghe si insinuavano sotto il suo panciotto, dietro la sua schiena, per tenersi ancora più ancorata. Convinta che se l’avesse lasciato sarebbe andata peggio e non ce l’avrebbe fatta. I suoi lunghi capelli neri proprio sotto il suo mento mentre lei si accovacciava impaurita e tremante sul suo corpo.
Ogni parte del suo corpo e della sua anima veniva affidata a lui.
‘I temporali non mi sono mai piaciuti.’ Rispondeva lei, a un passo dal delirio. ‘Ma qui sulla nave sono anche peggio.’ Fiatava contro il suo collo facendolo rabbrividire.
Un attimo di perdizione gli sfiorava la mente. Un attimo di gioia, per poi ridestarsi.
‘Ci sono qui io, Esm.’ Sussurrava, infondendole coraggio e rendendo quell’abbraccio ancora più saldo
 
E ora? Ora per quanto quel desiderio fosse enorme come il suo istinto non poteva farlo. Non poteva e non per una ripicca a lei, ma perché quel tizio continuava a non tollerarlo.
Vederla in quello stato, fingendo indifferenza era un’arma a doppio taglio che feriva entrambi.
Possibile che non capisse che era lui a metterla a disagio ora più della situazione in sé? Esmeralda aveva lo sguardo basso, fisso sui suoi piedi, mentre lui continuava a dar contro al pirata, cercando la forza per calmare Pierre ed uscire di lì in modo dignitoso senza scatenare risse. Un solo sguardo, uno solo che Killian avrebbe incrociato con il suo e sarebbe corso da lei.
L’avrebbe fatto e poco sarebbe importato. Avrebbe corso e accettato ogni conseguenza per lei, perché nonostante tutto, nonostante ogni cosa lei restava il suo punto debole.
Esmeralda teneva duro per tutti e tre. Sempre.
‘Esm, ti ho preparato la colazione da portar via.’ La salvò Ruby spuntando al bancone, appena intesa la situazione.
La tensione era una lama affilata pronta a far fuori chiunque in quella sala, senza bisogno di tante parole.  
‘Grazie tante, davvero!’ aveva risposto Esmeralda, più scura in volto. Prese Pierre per mano e lo trascinò fuori, quasi di corsa, quasi come se non respirasse più.
Killian chiuse gli occhi per un attimo, intento a riprendersi. Si massaggiò le tempie. Doveva sforzarsi di non esplodere in nessuna emozione per quanto facesse un male cane.
‘Questa situazione è migliore, secondo te?’ domandò Emma dall’altro lato del tavolo, su cui erano seduti.
‘Non ho mai detto che fosse migliore.’
‘Beh, è quello che lasci intendere se lasci che le cose vadano così.’
‘Non so che fare!’ esordì il pirata più su di un’ottava, visibilmente irritato.
Emma attraversò con la mano il tavolo per afferrare la sua, come al loro primo appuntamento, per calmarlo.
‘Ehi!’ lo richiamò a sé. ‘Lo sai che c’è un’unica soluzione se vuoi averla accanto.’
Killian intese il suggerimento, ma non era tra le sue corde.
‘Non accetterò quell’uomo nella sua vita.’
‘Non sei tu che devi accettarlo, è lei. E sembra averlo già fatto. La tua approvazione, il tuo voler conoscerlo, vorrebbe dire tanto per lei e sarebbe l’unico modo per…’
‘Non esiste, Emma. Lo sai.’ Controbatté lui, fermo sulle sue decisioni.
Emma gli lasciò la mano, ritornando al suo posto un po’ triste. ‘Allora non c’è altro esito, Killian.’ Disse scuotendo il capo.
Non c’era era vero.
Non c’era una strada da decidere e percorrere a questo giro, perché era stata già decisa. Questa era una strada a senso unico che non includeva via d’uscite. Se voleva averla nella sua vita per non perderla, Killian avrebbe dovuto solo ritornare indietro e imboccare la seconda strada che aveva rifiutato e conoscerlo, ma Killian non ci riusciva. Non era disposto a farlo.
Era ancora ferito. Ferito e geloso, ma questo Emma non lo sapeva, o probabilmente sì e sapeva nasconderlo bene.
 
[…]
 
‘Perché? Perché hai dovuto fare quella scenata di fronte a lui?’ spolmonò Esmeralda una volta fuori.
‘Perché ti preoccupa tanto che abbia ferito quel pirata? Lui non ha sentimenti. Se li avrebbe non ti avrebbe posto di fronte ad una scelta per egoismo. Perché io accetto che lui sia nella tua vita, non ho nessun motivo di perderti, e ho fiducia in te! Lui no. Lui vuole che tu resti sola a vita. Una pedina nelle sue mani da controllare e manipolare come vuole.’
‘Non lo conosci, Pierre. Non puoi dirlo.’ Lo guardò torva.
‘Conosco ciò che sto vedendo e vedo ciò che è: quell’uomo è ancora innamorato di te. Non vuole solo la Salvatrice al suo fianco, vuole anche te e se non fosse così come dico perché ti avrebbe messo di fronte ad una scelta?’
La biblioteca era ancora vuota mentre Esmeralda raccoglieva i libri e li riponeva nei vari scaffali nella sua maschera di silenzio. Non voleva più parlarne. Non voleva più scavare la ferita. Voleva che si rimarginasse, che guarisse e basta. La decisione era stata presa, tanto valeva conviverci e basta senza bisogno di sottolineare l’ovvio.
Pierre si avvicinò mesto a lei, e con una pila di libri in mano si appoggiò alla libreria a cui era vicina. Lo sguardo cupo nell’osservare quella espressione vuota sul suo viso. Sapeva di aver combinato tutto lui, ma non accettava di vedere il sole dei giorni precedenti abbandonarla. Lui voleva solo che la sua ragazza, la sua Esmeralda fosse felice.
‘Lo faccio solo perché non voglio che soffri.’ Sottolineò il ragazzo.
‘Lo so.’ Fece Esmeralda, esausta mentre continuava a riporre i libri al loro posto.
Pierre poggiò i libri ponendoli su uno scaffale, poi la prese per mano e la tirò a sé. Le alzò il mento con un dito affinché i loro occhi s’incrociassero.
Erano cupi, privi di luce.
‘Ti chiedo scusa.’
Esmeralda ci pensò un attimo, ancora indecisa. ‘Voglio solo che lasci stare, non perché non voglio che ti batti per me, ma perché so che non c’è nulla per cui lottare. E perché vorrei dimenticare la faccenda per stare meglio.’
‘Hai sofferto abbastanza, mi sembra. Anche se non mi hai raccontato tutto della tua vita e c’è ancora molto da scoprire lo deduco dai tuoi occhi e dalle tue cicatrici.’ Disse solcandone una sul polso. ‘E non solo quelle visibili, e per questo che mi batto per te. Perché non voglio che più nessuno ti faccia soffrire. Mai più.’
Sul volto di Esmeralda spuntò un sorriso stanco. Molte cose gli erano state celate sempre per la solita paura: l’avrebbe voluta ancora dopo aver scoperto tutto ciò che le era accaduto e che le era stato fatto? E se l’avrebbe abbandonata? Se avrebbe reagito male? Una stretta le prese lo stomaco.
Sarebbe stato un colpo che non avrebbe potuto accettare. Killian era l’unico a conoscere la sua vera storia, tutta intera. Ad averla accettata, sempre. Ma ora che senso aveva? Lui non sarebbe più stato nella sua vita. Non avrebbe più potuto correre da lui, stare con lui, abbracciarlo come una volta, raccontare e ricordare. Doveva farsene una ragione senza continuare a rimuginare. La sua storia l’avrebbe custodita con sé probabilmente. Solo questo.
‘Non voglio più litigare o iniziare una battaglia per lui. Non ne vale la pena.’ La sua fronte sulla sua.
‘Lo so.’ Rispose Esmeralda ancora intenta a riprendersi.
Un bacio si posò sulle sue labbra leggero e pronto a portar via tutto quel rammarico, e a riprendersi quel perdono. Esmeralda si sforzò di sorridere, ma no. Non era ancora pronta. Ricambiò il bacio ma con la mente altrove, quasi nello stesso luogo in cui era Killian.
‘Ora hai intenzione di lasciarmi?’ chiese sarcastico per strapparle un sorriso.
Esmeralda si staccò da lui e sorrise dando a Pierre ciò che voleva.
‘No, certo che no.’ Rispose.
Una porta si aprì e a grandi falcate qualcuno si avvicinò ai due amanti.
‘Ciao Esm!’ esordì il nanerottolo presentandosi. Era il figlio di Emma.
‘Ehi Henry.’ Lo salutò a sua volta la fanciulla staccandosi dal poeta, imbarazzata. ‘Cosa ci fai qui?’
‘In realtà sono venuto qui perché mi servirebbero dei libri per approfondire un argomento che sto studiando. Mi chiedevo se puoi mettermeli da parte per il pomeriggio.’ Chiese il ragazzo.
‘Certo che sì, Henry. Se vieni con me mi dici quali sono e te li metto sin da ora da parte.’
‘Ora vado di fretta, perché devo andare a scuola, ma ti lascio questa lista.’ Disse il ragazzo afferrando un biglietto dalla tasca e porgendolo alla ragazza.
Esmeralda lo prese dandogli una rapida occhiata.
‘Va benissimo, Henry. Te li farò trovare appena arriverai.’ E gli dedicò un sorriso cordiale.
‘Allora a dopo Esm. E ciao Pierre.’
 
‘Ruby mi ha parlato di un certo attrito tra te e mia sorella, oggi. Che succede?’ Ray gli si presentò davanti mentre si dirigeva al bancone della locanda.
Che ora era? Aveva pensato il pirata vedendolo arrivare. Ray non era un mattiniero, non lo era mai stato. E non aveva nemmeno assistito alla scena infatti.
L’orologio al muro segnava le 11.06
Killian era stato lì per tutto il tempo senza muoversi, senza ordinare nulla. Aveva detto ad Emma che sarebbe passato alla stazione dello sceriffo e invece era rimasto immerso nei mille pensieri sorseggiando il suo rum.
‘Tu e Ruby eh?’ chiese facendo l'occhiolino lasciando intendere ad una relazione agli sbocchi.
‘Nah, tra me e Ruby non c’è assolutamente nulla. E’ solo una grande amica.’
‘Si inizia così, lo sai.’ E buttò giù un altro sorso dalla sua fiaschetta.
Il ragazzo scosse nuovamente la testa affermando la sua tesi. ‘E comunque non sono venuto qui a chiederti questo.’ Lasciò intendere fissandolo. ‘Che succede tra te e mia sorella?’
Killian non sapeva cosa rispondere, ma quella domanda era un pugno nello stomaco per ora. Ruotò gli occhi, esausto.
Che succedeva? Se avesse potuto dare una definizione a ciò che stava accadendo, al tumulto che aveva dentro.
‘Cosa vuoi che succeda? Le solite cose anche se non credo si risolveranno stavolta.’ Rivelò abbandonandosi sulla poltrona, senza speranza.
Il giovane che gli era di fronte annuì comprendendo il suo stato.
‘E per Pierre, vero?’
Il pirata annui, angustiato. ‘Non mi fido di lui.’ Rivelò quasi a giustificarsi.
‘Non lo vuoi accanto a lei.’ Lo sfidò Ray lanciandogli un occhiata d’intesa di chi aveva capito tutto.
‘Non lo voglio accanto a lei perché non mi fido di lui. Lo conosce appena, come fa a dichiarare che sia il suo amore? Come ha fatto ad innamorarsi di lui in così poco tempo? Lo comprendi che non è possibile. Che non può essere reale tutto ciò.’
‘E per questo che ce l’hai con lei o perché non ti ha raccontato nulla?’. Ray sorseggiò la sua bibita tenendo gli occhi fissi su di lui.
‘Tu lo sapevi?’ chiese strabuzzando gli occhi di fronte ad un tale inganno.
‘Certo che sì, Killian, sono suo fratello!’ chiarì palesando la ovvia realtà.
Killian si sentì ancora più tradito arrivato a quel punto. Aveva passato ogni giorno con suo fratello e anche lui l’aveva tenuto all’oscuro di tutto.
‘Ehi, però Killian, aspetta! Non me lo ha mai rivelato lei, l’ho capito da solo quando l’ho vista nel modo in cui tutti l’hanno vista: raggiante e serena, e felice. E’ stata Ruby a darmi la novità, a farmi sapere il suo nome e il motivo di così tanta luce in lei. Lei non me ne ha ancora parlato, non la sto vedendo nemmeno!’ chiarì il fratello vedendo Killian esaltato.
Il pirata si rilassò un attimo meditando il silenzio.
‘Lo sai che quando ci siamo incontrati la prima volta, sai ciò che pensavo. Sai qual’era la mia idea su di te, Killian. Sai l’idea che mi ero fatto su di te nei secoli per mia madre, e sai che poi ho cambiato idea, perché sei stato tu a farmela cambiare. Ti ho conosciuto e…’
‘Non ho intenzione di conoscere quell’uomo, Ray. Se è questo che intendi.’
‘Non sto dicendo questo. Sto solo dicendo che ho visto il modo in cui tieni e hai tenuto a mia sorella nei secoli, pur non avendola accanto, pur commettendo i tuoi sbagli l’hai fatta restare nel tuo cuore e nella tua vita nonostante tutto e le hai donato la forza per affrontare la sua vita, sempre. Se mia sorella è sopravvissuta a questa vita è solo merito tuo e non c’è modo di ringraziarti per questo. Il modo in cui lei tiene a te è lo stesso modo in cui tu tieni a lei. Ciò che voglio dire è che insieme siete una forza nuova, divisi morite entrambi e già si vede, figurati lei se non è il tuo ritratto in questo momento.’ Gli lasciò immaginare per logorarsi ancora di più. Come se non bastasse il suo pensiero.
‘Cosa dovrei fare, secondo te?’ domandò serio, volto a voler cambiare le cose.
‘Accettare lei, come hai sempre fatto. Come lei ha accettato te e solo te quando è arrivata a Storybrooke. Era avversa ad Emma, ma non a te. Nonostante le cose, nonostante le novità che le hai dato nello stesso modo in cui lei le ha date a te, lei non si è allontanata. Ti è rimasta accanto, ha mantenuto i contatti con te perché gli mancavi troppo, perché per quanto lei si sia sforzata di allontanarti non ce l’ha fatta. Potresti fare lo stesso senza includere lui. Io non so come sia fatto, ma se è come Emma e vuole la sua felicità lascerà che sia così senza intromettersi.’
Killian pensò seriamente alle sue parole: insieme siete una forza nuova, divisi morite entrambi. Ed era così, lo sentiva in ogni anfratto di sé che era così.
Il cielo e il mare potevano dividersi forse? No. Nessuna forza poteva dividerli e quindi come poteva pretendere che fosse così per loro? Poteva seguire il consiglio di Ray, ponderò. Forse era quella l’unica vera soluzione.
Doveva solo trovare il modo di provarci senza provare rancore.
 
--
 
‘E’ permesso?’ chiese Henry quando a pomeriggio inoltrato entrò nella biblioteca della città.
‘Henry! Da questa parte.’ Gli indicò Pierre palesandosi ai suoi occhi. Henry a grande falcate attraversò l’atrio per arrivare al punto designato. Si salutarono.
‘Esmeralda?’ chiese il ragazzo non vedendola in giro.
‘E’ uscita un attimo, ma ha detto che sarà qui a momenti. Se vuoi cerchiamo i libri che cercavi. Stamane abbiamo avuto poco tempo.’
Il ragazzo annui mettendosi al lavoro con Pierre.
Henry e Gringoire erano lì da più di un ora a scandagliare tra gli scaffali in cerca dei libri richiesti, ed alcuni li avevano anche trovati, ma il resto erano ancora dei punti incerti in quell’immensità di sapere. Esmeralda li aveva studiati per tutta la mattina prima di trovarli, aveva segnato tutti i loro posti sul foglio che Henry le aveva dato per velocizzare il processo, con la lista con l’aiuto di Belle - La più esperta in questo ambito – ma ora dov’era? Pur essendo un esperto anch’egli, Pierre si sentiva sperduto senza la sua metà.
Lei era lì da più tempo e lui era anche nuovo a quel ‘lavoro’.
L’aiutava a riordinare, e a volte a trovare i libri che gli venivano richiesti, ma alcuni – come quelli che chiedeva Henry – proprio non riusciva a trovarli.
‘Pierre, ma sei sicuro che Esmeralda stia arrivando? Sono passate più di due ore.’ Constatò il ragazzo dando adito alla sua preoccupazione.
Sentiva che qualcosa non andava, e quella sensazione andava sempre più a farsi avanti dentro sé.
L’orologio segnava le 18.10 e di Esmeralda nemmeno l’ombra. In fondo non era andata lontanissima: si era congedata per prendere qualcosa nel supermercato a due isolati, magari era passata da casa per riporre gli acquisti o da Belle per parlare, ma nessuna azione giustificava una tale assenza così prolungata.
L’animo iniziò a farsi inquieto al pensiero delle eventualità peggiori.
Qualcosa non andava.
In Pierre l’ansia iniziò a farsi strada in maniera ancora più pronunciata. Si allontanò un attimo per constatare che fosse nel vicinato ma nulla. Rientrò allora agitato più che mai dalla situazione che si stava creando. Dov’era Esmeralda?
Henry, ignaro di tutto, percepiva la sua totale preoccupazione e gli si avvicinò: ‘Pierre, tutto bene?’
L’uomo alzò lo sguardo come da un risveglio brusco.
‘Devo andare da Belle.’ Disse con gli occhi fissi nel vuoto, quasi come se non udisse o vedesse nemmeno il ragazzo che gli era di fronte.
‘Perché?’
‘E’ successo qualcosa. Esmeralda non fa mai così tanto ritardo e a meno che non sia da Belle, non sarà da nessun’altra parte. Tu resta qui e nel caso torni chiama Belle.’ stabilì il poeta incamminandosi verso l’uscita.
Quando Pierre entrò nel locale era del tutto trafelato e stanco, quasi non respirava più.
Belle, era la prima volta che se lo trovava davanti in quello stanco, e per contro si spaventò.
‘Ehi, cosa succede?’ disse la donna avvicinandosi all’uomo che se ne stava lì del tutto stanco.
‘Belle, io lo so che non mi conosci, non ci siamo mai presentati. Io sono…’
‘Pierre.’ Terminò lei aiutandolo. Voleva sapere dell’altro, poco importava dei convenevoli. Il suo sguardo non preannunciava nulla di buono e Belle non era contenta di sentire quella sensazione invaderle l’animo. Quella sensazione di puro terrore e allerta, come se il peggio fosse vicino.
‘Hai visto Esmeralda?’ chiese mentre iniziava a riprendersi.
Belle restò stranita da quell’insolita domanda e per un attimo si perse nel cercare una logica. Perché una domanda simile?
‘Pierre, che succede? Io non vedo Esm da stamattina a casa. Dov’è Esm?’ chiese quasi prendendo le sembianze di Pierre ora, sul quale un terrore più distinto iniziò a rischiararsi in modo distinto.
A quella domanda si passò una mano tra i capelli rasati, sull’orlo. Glielo si leggeva negli occhi.
‘Io… io non lo so. Sento che c’è qualcosa che non va, per questo sono corso da te. Pensavo fosse qui. E’ uscita da più di due ore per una commissione e non è più tornata…’ la voce quasi rotta.
Stava succedendo di nuovo? Seriamente? Belle era incredula.
‘Magari… magari si è fermata da qualcuno. Non conosce solo me.’ Tentò di vedere quello spiraglio di luce per non abbattersi e risollevare l’uomo che le era di fronte che sembrava totalmente provato dall’evento. ‘E se fosse con Killian?’ azzardò.
Nella mente dell’uomo quella probabilità. E se l’avesse incontrato senza dirgli nulla? Magari per non scatenare gelosie o rabbia? Poteva essere?
‘Io… non lo so. Hanno litigato.’
Sul volto di Belle nacque un sorriso, quasi risollevato, di chi ne sapeva molto di più.
‘Non li conosci abbastanza. Quei due non possono star lontano per molto: se avessi un soldo per tutte le volte che hanno litigato e in meno di un giorno fatto pace. Sarà con lui, tranquillo.’ Le disse la donna, ma in Pierre quella cosa non dava sollievo. Un lieve pizzicore le pizzicava lo stomaco e no, non era gelosia - Non solo quella almeno -, era la stessa sensazione con cui era entrato che si accentuava. Qualcosa continuava a non andare. Qualcosa era successo.
Belle vedendolo scuro in volto abbandonò il suo sorriso benevolo.
‘Se vuoi lo chiamo io, e gli chiedo dove sono.’ Fece per convincerlo ancor di più che probabilmente la zingara si era fermata con il suo pirata senza rendersi conto del tempo che passava, ed ecco il motivo per la quale era sparita. Quei due non sapevano cosa fosse il tempo quando stavano insieme.
Pierre annui, cupo.
Rapidamente Belle compose il numero di Killian al telefono per constatare le sue supposizioni e calmare gli animi.
Uno squillo. Due squilli. Tre squilli. Quattro… niente.
Belle riattaccò senza farsi notare e compose il numero di Emma, convinta che magari ne sapesse qualcosa. Al primo squillo avviò la chiamata.
‘Ehi Belle!’ fece la salvatrice in quello che doveva essere un sorriso.
‘Ehi Emma, ho bisogno urgente di sapere dove sei.’
Emma non capì il senso della domanda. ‘Alla stazione, dove sono sempre fino a sera.’
‘Killian è con te?’ domandò trepidante di sentire confermate i suoi presagi.
‘Sì.’ Parte del castello crollò. ‘E’ stato con me per tutto il tempo.’ Il castello si sfracellò a terra, rovinosamente.
L’attimo di silenzio che venne dopo fu agghiacciante.
‘Senti, lo sai com’è fatto: ancora non comprende bene come funziona un telefono ed è per questo che non ti ha risposto…’
‘Emma…’ disse la bibliotecaria inghiottendo a vuoto.
Emma percepì il tono e d’un tratto si zittì. La luce nel suo volto si offuscò e uno sguardo cupo venne rivolto a Killian che le era accanto.
‘Okay… okay. Siamo subito lì. Glielo dico io.’ E congedò la chiamata.
‘Che succede?’ chiese Killian percependo una cattiva aurea tutta intorno, e avrebbe voluto smentire la cosa ma no. Lo sguardo di Emma era puro e cristallino nei suoi occhi.
‘Killian.’ Come si poteva… come si faceva a dire una cosa del genere a lui? Emma inghiottì a vuoto afferrando le sue mani.
Killian divenne ancora più nervoso.
‘Emma, cosa…’
‘Killian, Esmeralda è scomparsa.’
Il mondo di Killian cadde. Ed era l’ennesima volta.
 
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‘TU. SEI STATO TU A FARLA SPARIRE. DOV’E’? DIMMI ADESSO DOV’E’ PRIMA CHE TI SBUDELLI CON IL MIO STESSO UNCINO!’ L’ira di Killian appena entrò nel banco dei pegni era pari ad un uragano in piena azione.
Appena entrato aveva puntato Pierre con lo sguardo e l’animo in fiamme pronto a farlo fuori.
Per lui era colpa sua.
Lui che ora faceva la vittima, e il povero angosciato per la sua scomparsa, nella sua mente era l’artefice di tutto che lui avrebbe eliminato. A niente era servita Emma che aveva cercato di trattenerlo tenendolo per la giacca e quasi strappandogliela: Killian era una furia. Una bomba pronta ad esplodere su Pierre Gringoire. Se non fosse intervenuto Will a tenerlo a bada a quest’ora la storia avrebbe avuto un ulteriore esito e fine.
‘Amico, fermati!’ lo aveva incitato Will prendendolo di peso per spostarlo mentre lui continuava a dimenare l’uncino di fronte al volto del poeta con fare minaccioso.
I suoi occhi, quel mare sempre calmo e solo a tratti agitato a volte, erano in piena tempesta. Erano uno tsunami, mentre il suo viso era il pieno ritratto della pazzia: era completamente rosso e fuori di sé.
‘Io non ho fatto assolutamente nulla. Non potrei mai fare del male ad Esmeralda, non potrei nemmeno torcerle un capello. IO LA AMO.’ Aveva dibattuto il poeta andandogli contro quasi ad un palmo dal suo viso sfidando la sorte.
Quello bastò ad infuriare ancora di più il pirata.
‘NON OSARE! NON OSARE NEMMENO DICHIARARE UN SIMILE SENTIMENTO NEI SUOI CONFRONTI.’ Sbraitò il pirata colmo d’ira.
‘Cosa ti da fastidio, pirata? Che tu non possa dirlo ad alta voce? Non è tua!’ contrattaccò il poeta mirandolo. ‘Odi così tanto me da volermi incolpare di qualcosa di così spregevole, di qualcosa che nemmeno lontanamente penserei. Pensi che mi sia avvicinato a lei con l’inganno, perché è più comodo pensarla così per te.’ Gli aveva urlato Pierre, in preda a spasmi di rabbia.
‘QUI DOBBIAMO CALMARCI TUTTI!’ fu Belle a porre fine a tutto. Lanciò un urlo capace di far tremare persino le pareti e tutti si arrestarono, senza calmarsi però. ‘Siamo qui perché non riusciamo a trovare Esm, ed è questo ciò che conta. Dei vostri stupidi battibecchi ce n’è occuperemo poi.’ Aveva esordito saggiamente.
I due, pur essendo in un piccolo spazio, costretti a stare l’uno sotto la vista dell’altro cercarono di non animare alcun’altra discussione. Esmeralda: era lei il loro obiettivo, come aveva detto Belle.
Intanto alla comitiva si erano uniti anche David e Mary Margaret, che avevano raggiunto il locale il prima possibile e con loro anche Regina e Robin. Pronti a fare tutti la differenza.
L’avrebbero trovata, e magari era sana e salva da qualche parte.
‘Avete provato con Ray?’ aveva chiesto Mary Margaret per aiutare.
‘Ho parlato con lui. E’ stato dalla madre, nel caso fosse lì anche se era improbabile, ma niente. Non è nemmeno lì. Ora è in biblioteca, nel caso vada lì.’ Chiarii Will informando il resto della comitiva.
‘E se la cercassimo?’ chiese David. ‘Potremmo dividerci e…?’
‘Dove andremmo? Non abbiamo una pista.’ Fece Emma, rammaricata e tesa.
Killian era lì, appoggiato sul bancone, le braccia incrociate e la fronte corrucciata con lo sguardo basso. Lontano da tutto e tutti. Si stava sforzando di capire, di intravedere i luoghi in cui poteva essere. In cui poteva essere andata.
Che l’evento di quel giorno l’avesse messa alle strette e voleva starsene da sola? Era solita farlo, insomma. L’aveva fatto anche tempo prima quando l’aveva scoperta con Will. Era sempre stato quello il suo modo di pensare e reagire agli eventi. Si isolava, pensava e poi tornava.
Sì, forse era lì.
‘Nei boschi! Avete provato nei…’
‘Ho controllato io, Killian, e di lei non c’è traccia. Di guardia è comunque rimasto Little John che ci avvertirà in caso di qualche movimento.’
Dov’era? Dov’era finita nuovamente Esmeralda? Nessuno l’aveva vista, ne tantomeno sentita. Era sparita da parecchie ore e l’unica cosa che le rimaneva di lei ora erano i suoi occhi cupi quel mattino da Grannys. Sembrava un incubo mandato a ripetizione.
Era passata un ora in quella locanda, tra quei pegni, e tranne le solite chiacchiere niente era tornato a galla. Nessuna soluzione, niente per trovarla.
Killian sembrò impazzire mentre vegetava nel silenzio più assoluto, sempre nella stessa posizione.
‘Dovremmo concentrarci su altro.’ Intervenne David. ‘Direi che a questo punto potremmo definirla davvero una… sparizione.’ L’ultima parola fu un sussurro mentre rivolse il suo sguardo a Killian.
Probabilmente avrebbe dovuto essere abituato a quella situazione. Quante volte era successo, in fondo? E invece no. Killian aveva sempre lo sguardo di chi cadeva a pezzi all’idea di non averla con sé. Di saperla chissà dove, d’altronde cosa avrebbe fatto, come si sarebbe sentito lui se fosse capitato a Mary Margaret? Già al ricordo della sua scomparsa subito dopo aver recuperato i ricordi lo faceva rabbrividire.
‘Cosa proponi?’ chiese Emma in attesa come il resto dei presenti.
‘C’è già chi la sta cercando fuori. Noi dovremmo cercare qualcosa dall’interno, scavare nelle sue giornate. Cercare un indizio di qualcosa che non è andata, che stona.’
Emma ci pensò su, un po’ come tutti. La sua mente viaggiò in cerca di quel qualcosa che magari di sfuggita aveva notato: una parola, un gesto, una risata troppo spenta che aveva sentito o che le aveva rivolto, ma nulla. L’unica cosa che le veniva in mente era la situazione tesa di quella mattina, quella stessa situazione che aveva coinvolto anche Killian che ormai era da ore lì immobile e con l’ansia che premeva su ogni anfratto del suo corpo.
Emma aveva paura che si sarebbe sgretolato al solo tocco, se l’avesse toccato. E Pierre? Quell’uomo che era entrato nella sua vita e contro la quale Killian si era scagliato appena entrato? Lui aveva passato ogni singolo giorno con lei, poteva aver notato qualcosa di diverso?
‘Pierre, tu che dici? Hai passato intere giornate con lei. Hai notato magari qualcosa di strano o sospetto? Non solo in lei, ma anche intorno.’ Si fece avanti, Emma, parandosi davanti a lui.
Il ragazzo, seduto vicino al bancone, prese vita di fronte alla salvatrice. Come se fino a quel momento fosse stato da tutt’altra parte.
‘Tranne la giornata di oggi.’ Sottolineò la cosa con maggior enfasi come una freccia diretta al pirata, che serrò la mascella e strinse i pugni cercando di calmarsi. ‘Non c’è mai stato nulla di strano in lei. Non ho notato nulla che potesse farmi allarmare se è questo che intendi…’
Emma lo guardò dritto negli occhi attivando il suo potere: non stava mentendo. Era sincero. E allora cos’altro poteva chiedere? Gli voltò le spalle e iniziò a girare intorno in cerca di idee.
‘Anche se…’ azzardò Pierre, pensieroso.
Un guizzo tra i pensieri di Emma che si voltò di scatto nella sua direzione. Anche Killian che in silenzio aveva ascoltato tutto, anche se passivo, gli diede attenzione.
‘Anche se?’ lo incitò a continuare, Emma.
‘Qualcosa di strano è accaduta una settimana fa, e si è ripetuta per un paio di giorni.’
Tutti lo guardavano aspettando i resoconti di quegli eventi definiti strani. ‘Cioè?’ chiesero quasi in coro, sulle spine.
‘Un paio di giorni fa in biblioteca è arrivato un uomo. Era un uomo strano, con una certa autorità e saccenza anche nei modi. Non l’avevo mai visto prima.’ Raccontò. ‘Si aggirava tra gli scaffali senza però mostrare un vero interesse per i libri in sé, aveva gli occhi puntati sulla porta mentre era intento a perlustrare l’area intorno quasi come se stesse cercando qualcosa, così data la situazione mi sono avvicinato. Esmeralda era via, era uscita da qualche ora perché Belle l’aveva chiamata al banco dei pegni e…’
‘Posso aiutarla?’ Chiesi gentilmente. Lui quasi si spaurì trovandomi alle sue spalle, ma non lo fece notare in modo pronunciato.
La sua presenza creava in me e tutt’intorno una sensazione strana, quasi vicina all’inquietudine, quando mi riservò un sorriso tirato.
‘Non stavo cercando nulla in particolare, buon uomo.’ Rispose continuando ad essere circospetto. ‘Ma mi dica, lei lavora qui?’
‘In realtà aiuto la ragazza a cui è stata affidata la biblioteca: Esmeralda.’ E un sorriso compiaciuto sembrava aver preso posto sul suo volto ossuto e spigoloso. Un sorriso che mi fece rabbrividire in un primo momento. ‘La conoscete?’
Sembrava essersi perso tra i pensieri perché quando rispose era totalmente altrove con la testa. ‘Penso di conoscerla.’
‘Ha lasciato detto qualcosa a lei? Potrei chiamarla e chiederle…’
‘Lasci stare, giovane. Esmeralda saprà darmi ciò che voglio a tempo debito. Non ho alcuna fretta.’ È così che rispose mentre girò i tacchi e con fare elegante e austero sgusciò fuori dalla porta.
Killian era diventato tutto bianco al sol racconto e non riusciva a riprendersi da quel pensiero malsano che gli sfiorava la mente.
‘Non l’hai più rivisto?’ chiese David cercando di esaminare la situazione.
‘In realtà sì. Più volte l’ho visto aggirarsi davanti la biblioteca sempre con lo stesso sguardo e la stessa austerità che mi aveva propinato la prima volta.’
Un silenzio unanime s’impose nella sala.
‘Io non ho mai visto nessuno del genere in città.’ Osservò Regina. ‘Non lo ricordo nemmeno nella foresta incantata.’
‘Sapresti dire com’era? Che aspetto avesse?’ la voce di Killian ne uscì roca e spezzata, dopo svariate ore in silenzio. Pierre lo guardò perplesso, un po’ per il tono, un po’ per il fatto che gli stesse rivolgendo la parola con quel tono apprensivo.
Sbatté le palpebre in cerca del suo volto e del suo aspetto nei suoi ricordi.
‘Era… era un uomo anziano, dalla corporatura molto esile in verità. Che quasi sembrava spezzarsi con un alito di vento. Poteva avere sessant’anni? Non lo so con certezza. Ma in tutta la sua presenza, in tutto il suo essere aveva quel qualcosa di inquietante, di angosciante. Persino nell’abbigliamento era parecchio strano. Era un insieme di abilità oratoria, carisma, presenza e inquietudine: il tutto a stento trattenuto da quella pelle pallida e ossuta coperta dalle lunghi vesti. Così insolito qui a Storybrooke che per questo non credo di averlo mai visto in giro. Aveva su un abbigliamento, oserei dire canonico.’
Un brivido attraversò la schiena del pirata a cui vennero realizzate tutte le sue paure. Tutto ciò che aveva raccontato e descritto combaciava con una sola persona, la sola persona più orribile che esistesse e di cui gli era stato raccontato. Lui era quello più di tutti le aveva fatto del male e l’aveva perseguitata. La sola persona che Esmeralda mai si era augurata di rivedere, perché lo sapeva morto. Già, lui era morto. Caduto dalla balaustra mentre tentava di uccidere lei e Quasimodo che pendeva in bilico dal cornicione.
‘Non può essere…’ sibilò Killian a corto di fiato. Stava quasi soffocando, come se una mano pesante gli stesse avvolgendo il collo. Non poteva essere.
Esmeralda lo sapeva morto. Era morto, non poteva essere…
‘Killian, che succede…?’ chiese Emma allarmata di vederlo in quello stato. Killian la vide incrociò i suoi occhi, poi quelli di Pierre che lo guardava perplesso.
‘Lo conosci?’ chiese alzandosi con palese apprensione.
‘Io no, ma lei… lei me ne ha raccontato tempo fa. E se è lui dobbiamo trovarla al più presto prima del peggio.’ Fiatò ritrovando la forza necessaria.
‘Chi è quest’uomo, Killian?’
Killian guardò tutti i presenti in locanda e inghiottì il boccone pronunciando il suo nome: ‘Frollo. Claude Frollo è tornato.’

 
--
NOTE AUTRICE: 
E BOOM.
Oggi il capitolo è abbastanza lungo me ne rendo conto, ma dovevo propinarvi questo colpo di scena che da troppo avevo in mente e mi tenevo dentro.
E’ così avete scoperto anche l’ennesimo personaggio che ho deciso di introdurre: Claude Frollo, in un misto tra il Gobbo di Notre Dame e l’opera di Hugo. Sarà il nuovo evil della mia storia e presto scoprirete i suoi intenti e ciò che farà.
Spero solo di renderlo al meglio ai vostri occhi e di non fallire. 
Io spero come sempre di non deludervi e che la storia desti in voi un certo interesse. Come sempre ringrazio chi legge la mia storia e mi fa avere i suoi pareri, e ringrazio anche chi legge in silenzio e da un tacito apprezzamento attraverso i bottoni social sopra. Grazie a tutti, sempre. Sono ripetitiva, probabilmente, lo so.
Io spero di avere vostri pareri in merito al più presto.
 
Alla prossima.
Xoxo
 
- Elle.

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QUI trovate un blog Tumblr dedicato alla mia fan fiction con anteprime e stralci della storia, le canzoni e musiche che mi hanno ispirato nel scrivere, se vi va di seguirlo.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO IX ***


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CAPITOLO IX
 
 
DUE SETTIMANE DOPO.

 
Archie entrò tutto trafelato quel giorno, quasi avesse corso una maratona. Quando lo scampanellio della porta del locale di Granny lo annunció, tutti i presenti si voltarono a guardarlo per il troppo impeto con cui era entrato.
‘Se sei qui per i pancake, Archie, dovrai ancora aspettare!’ enunciò la nonna in modo burbero.
‘Non sono qui per quello, ora.’ Chiarii il rosso.
'Che è successo stavolta?' Chiese David voltando gli occhi al cielo e aspettandosi l'ennesima tragedia o rivelazione. Non si poteva mai star tranquilli, specie a Storybrooke. Nemmeno per un singolo attimo di solitudine in famiglia.
'Voi non sapete chi ho visto all'angolo. Quasi non ci credo.' annunciò e tirò un gran sospiro tutt'insieme per riprendere fiato una volta per tutte.
'Chi?' Aveva chiesto Mary Margaret più allarmata che curiosa. Chi mai aveva potuto incontrare Archie durante la sua passeggiata mattutina con Pongo?
La sua espressione non era per niente rassicurante.
'Esmeralda!' annunciò quasi in modo solenne.
‘Esmeralda?’ aveva chiesto l’uomo alle sue spalle. Nessuno l’aveva udito entrare.
Era Pierre.
Da giorni, per conto proprio aveva cercato spiegazioni, indizi a quella fuga o rapimento, come tutti avevano dedotto. Esmeralda non se n’era andata da sé. Che motivi avrebbe potuto avere per andarsene poi? Tranne l’ultimo evento, nella sua vita le cose stavano andando alla grande, ed era davvero felice.
Esmeralda era come scomparsa, inghiottita nell’oscurità di quella piccola cittadina sperduta.
Nessuno più l’aveva vista o sentita, e nonostante le continue ricerche che andavano avanti da due settimane di lei non vi era traccia alcuna. Era come se non fosse mai esistita.
A niente era servito andare dalla madre, una donna con cui non aveva alcun rapporto e che quando seppe della sua scomparsa si disperò come non mai. Un conto era saperla in città, viva e felice.
Da tempo la donna la osservava da lontano senza intromettersi, rispettando le volontà della figlia senza biasimarla. Più volte aveva desiderato avvicinarsi a lei ma non lo fece per paura di una sua reazione – un’altra era saperla scomparsa chissà dove per mano di un uomo che in passato l’aveva perseguitata.
Perché sì, l’unico responsabile di quella sua scomparsa era Frollo.
Nessuno l’aveva visto in città e nessuno aveva reagito alla sua descrizione. Solo Killian. Solo lui aveva inteso che qualcosa non andasse in quella rappresentazione, solo lui aveva inteso quel sentore per nulla rassicurante. Perché lui aveva sempre avuto quel rapporto con la sua Esmeralda e perché solo a lui era stato concesso quel privilegio di conoscerla a fondo fino ai suoi più reconditi segreti. Pierre si senti un po’ amareggiato in quella consapevolezza.
Il pirata ne sapeva sempre più di quanto in realtà avrebbe dovuto sapere. Era lui il suo ragazzo e non quel pirata che l’aveva abbandonata, tradita e delusa più volte! Pierre si trovò adirato nel pensare a quel rapporto sempre troppo intimo, sempre troppo confidente, sempre troppo… sotto ogni punto di vista.
Dopo quel giorno da Belle non l’aveva nemmeno più visto. Parlando con Emma aveva scoperto che il pirata aveva i suoi metodi di ricerca e che non faceva altro che cercarla in ogni dove senza darsi pace. Erano giorni che Killian non era più Killian. Sempre chiuso in sé stesso e concentrato su una possibile soluzione, su una possibile localizzazione. Esmeralda era diventata il suo obiettivo, e forse lo era sempre stato. Non si sarebbe dato pace fino a che non l'avrebbe rivista e avuta con sè.
Aveva chiesto anche un incantesimo di localizzazione attraverso un suo oggetto, ma era servito a ben poco. Esmeralda risultava sparita dai radar di Storybrooke e la cosa non fece altro che allarmare.
Di quel ministro del culto sapevano poco o nulla se non quello che Esmeralda aveva distillato a Killian, e Killian a loro. Non era sceso nei dettagli però, quelle erano cose che dovevano restare solo tra lui ed Esmeralda. Così aveva esordito facendo accrescere nel poeta un intensa gelosia.
Sì, era vero che se non fosse stato per lui a quest’ora non sarebbero arrivati a nulla - benché meno ad un nome - ma Pierre continuava ad odiarlo nel più profondo del suo essere.
Esmeralda in fondo era stata innamorata di lui, lo aveva amato e magari lo amava ancora in silenzio in un modo tutto suo mentre in lui? In lui era palese quel senso di proprietà che vigeva sulla ragazza. Quasi come se… fosse sua. E Pierre come poteva competere con quell’amore?
In fondo l’aveva visto mentre l’osservava in locanda e fuori. Aveva incrociato i suoi occhi in quegli istanti e si era sentito disorientato nel trovarsi davanti ad un simile sentimento così intenso e quel tipo d’amore.
Quel tipo d’amore che pareva solcare ogni avversità, dolore o distanza. Quel tipo d’amore che risultava essere qualcosa di indissolubile. Quel tipo di amore che aleggiava su di loro come una sorta di spettro. Perché quel tipo d’amore era difficile che perisse, o che svanisse, difficile che volasse via e se ne andasse per lui e per entrambi, perché quel tipo di amore non sarebbe mai morto.  
E Pierre poteva competere con un tale sentimento, con un tale vissuto e un tale legame? Ora, soprattutto in quella situazione, arrivò a chiederselo spesso.
'Dove?' Aveva chiesto quasi con fare minaccioso sbarrando gli occhi e ponendosi di fronte al grillo parlante.
Quello si spaurì un attimo nell’udire quel tono.
'L'ho intravista all'angolo. Avete presente quel nuovo fioraio che ha aperto da poco? Era lì.'
E Pierre non se lo fece ripetere due volte. Appena ebbe quell'indicazione si precipitò dalla porta senza sentire il resto. Senza aspettare gli altri, semmai l’avessero seguito.
Esmeralda era lì, era a pochi passi da lui e quell'irrefrenabile voglia di vederla, di abbracciarla era qualcosa che lo sovrastava.
Corse veloce per quei pochi metri che li separavano quando la vide.
Era oltre la strada, li nel l'angolo mentre perlustrava qualche fiore e ne contemplava un altro.
Il poeta era quasi incredulo in quella visione: Esmeralda era lì. Di fronte ai suoi occhi e apparentemente pareva non essere passato un solo giorno da quant’era scomparsa, cosa ancora più strana non sembrava né turbata né impaurita in quella visione. Esmeralda sembrava non avere nulla che non andasse: era sorridente e raggiante come due settimane prima.
Perché allora se era tornata non si era fatta vedere? Perché non era andata da lui, o dai suoi amici? Da Belle? Perché nessuno sembrava saperne nulla. Che Hook lo sapesse? Che fosse scomparsa per stare con lui ed erano d’accordo? … no, ora stava decisamente divagando.
Pierre si diresse a passo deciso verso di lei con l’intenzione di esaminarla, ora.
‘Esmeralda…?’ chiese titubante una volta di fronte a lei. La voce gli tremava.
Quella si apri in un sorriso che sembrava far dispetto persino al sole quel giorno. ‘Buongiorno!’ fece lei, dandogli attenzione. Poi parve pensarci un attimo.
‘Tu… sai il mio nome…’ constatò aggrottando le sopracciglia e creando una piccola ruga nel mezzo. ‘Ci conosciamo?’
Pierre restò disorientato da quella domanda. Cosa voleva dire? Era un gioco? Lo stava prendendo in giro per riderci su? Cos’era quella domanda?
‘Esmeralda…’ annaspò, cercando le parole giuste. ‘Esmeralda, sono io, Pierre.’
Un minuto di silenzio attraversò l’aria intorno mentre lei sembrava seriamente pensarci. Pierre riconosceva sempre quell’espressione sul suo viso: era come se stesse scandagliando tra i meandri della sua mente. Come quando cercava qualcosa di importante in mezzo a quegli scatoloni in biblioteca.
Poi si illuminò e Pierre, che nel frattempo era diventato viola, riprese a respirare regolarmente.
‘Ah già! Scusa se non ti ho conosciuto subito, ma ne passano tanti al giorno qui. Hai ordinato un mazzo o un vaso di fiori per qualcuno? Se mi fornisci il tuo cognome provvedo subito…’
Pierre fece fatica mentre attutiva quelle parole una ad una cercando di dare un senso a tutto.
Quali fiori, quale ordinazione? Pierre stava impazzendo. Di fronte aveva la donna che gli era stato accanto, la donna di cui era innamorato follemente, la donna che aveva conosciuto in carne ed ossa… ma non era lei. Era vuota. Era… nuova.
Di Esmeralda aveva solo l’aspetto meraviglioso e seducente, il sorriso e quegli occhi che erano da sempre qualcosa di incantevole ma… non era lei.
Pierre inghiottì il boccone amaro della realtà e non seppe cosa fare. Era vicino ad una crisi quasi.
‘Esmeralda, cosa stai dicendo? Tu lavori con me, nella biblioteca che ti ha affidato Belle. Cosa ci fai qui?’
La ragazza parve ancora più confusa da quel discorso.
‘Belle? Non conosco alcuna Belle e… insomma di cosa stai parlando?’
Pierre prese a strattonarla quasi, convinto che scuotendola sarebbe rinvenuta. ‘Io e te eravamo innamorati, come puoi averlo rimosso? E’ uno scherzo tutto questo?’
‘Scherzo? Quale scherzo? Io non ti conosco e per quanto mi riguarda devi essere un pazzo! Lasciami andare. ORA!’ Pierre mollò la presa sbarrando gli occhi. Niente. Di lei non c’era niente. Nei suoi occhi di lui, di quell’amore condiviso non vi era alcuna traccia.
‘Pierre, vieni. Andiamo.’ Era David, l’aveva preso per un braccio per trascinarlo fuori da quella situazione. Erano arrivati anche loro, ora, e avevano constatato la realtà dei fatti.
Si mise le mani in tasca, lo sguardo basso e s’incamminò.
Esmeralda era lì, ma non era lei. Qualcosa in lei era stato rimosso, e di lui non vi era più traccia.
‘Cercheremo di capire che è successo, Pierre. Risolveremo la situazione.’ Ma Pierre era troppo sconfortato per crederci. Aveva bisogno di tempo per pensare e assimilare quell’incontro, quell’esperienza. Giorni spesi a cercarla e a preoccuparsi, giorni senza né dormire né mangiare e ora questo. Magari non c’entrava nemmeno quel Frollo, magari era lei che aveva fatto tutto. E se avesse preso una pozione per dimenticare, per non soffrire quel distacco da Killian che le era stato imposto?
Aveva bisogno di allontanarsi per un po’, Pierre. Si divincolò dal braccio di David.
‘Ho bisogno di restare da solo, scusate.’ Fiatò prima di incamminarsi oltre il viale e girare l’angolo.
Mary Margaret e David si scambiarono un rapido sguardo. Impotenti.
 
‘Dovremmo chiamare Emma e Killian.’ Esordì più tardi Mary Margaret con il piccolo Neal tra le braccia.
Lei e David si erano recati alla stazione dopo l’accaduto.
‘Non potremmo risolvere o scoprire le cose da noi e poi farglielo sapere?’
‘Assolutamente no! Se Killian verrebbe a sapere che l’abbiamo saputo e glielo abbiamo tenuto nascosto come credi che reagirebbe? Ed Emma non sarebbe da meno.’ Ragionò la moglie. ‘E poi in che modo noi potremmo scoprire o anche solo fare qualcosa? Esmeralda non è lei ed è sicuro opera di un maleficio. Non possiamo tenerlo nascosto. Tu non preferiresti saperlo se in ballo ci fossi io?’
David si ritrovò a pensarci fissando la moglie dritta negli occhi: Assolutamente sì.
‘Dobbiamo dirglielo allora.’ Esordì il vice sceriffo sospirando pesantemente.
‘Dire cosa a chi?’ Emma era un raggio di sole quando mano nella mano entrò con il pirata. David fu un po’ titubante sulla sua ultima parola allora: vedere la figlia che dopo tanto tempo aveva trovato la serenità e la felicità in quell’uomo – che all’inizio non aveva accettato di buon grado. – e pensare che con Esmeralda tutto poteva svanire, era una dura prova da affrontare. David aveva paura che ogni passo verso Esmeralda l’allontanasse da Emma, ma non spettava a lui fare l’egoista e decidere della vita degli altri.
L’egoismo non era per gli eroi, pensò.
Poteva condannare una fanciulla innocente a quella vita? No. Poi Emma si fidava ciecamente del suo uomo e voleva fidarsi anche lui.
‘Che hai, papà? Che succede?’ ora Emma guardava entrambi con aria sospetta.
Uno scambio di sguardi con Mary Margaret per un consenso e il principe azzurro decise di parlare. Guardò prima Emma, poi Killian. ‘Abbiamo trovato Esmeralda. Un paio di ore fa.’
Tutti gli sguardi caddero su Killian.
‘Dov’è?’
‘Non qui, ancora.’ Emma li guardò incrociando le braccia.
‘Che significa?’
‘Pierre è stato il primo a recarsi da lei…’ Pierre! Quel dannato poeta l’aveva presa con sé e non l’avrebbe rivista tanto presto.
‘E…’ continuò Emma dando voce ai pensieri di Killian che assisteva al discorso impaziente.
‘A quanto pare lavora da quel nuovo fioraio all’angolo.’ Killian era già pronto a precipitarsi, senza domande, senza spiegazioni. Nessuna lucidità in quel momento gli dettava che c’era qualcosa che non andava già nel fatto che lavorasse altrove così, da un momento all’altro.
‘Killian, aspetta!’ lo chiamò David.
‘Non ho tempo e…’
‘Lei non è più lei.’ Esordì il vice sceriffo quasi urlando per farsi sentire con una nota amara nella voce. Egli ricordava com’era avere accanto qualcuno a cui tenevi senza riconoscerlo. Killian si fermò non capendo cosa intendesse. ‘Quando Pierre si è presentato a lei, lei… non lo ha riconosciuto. Ha detto, inoltre, di non conoscere alcuna Belle e di non aver mai lavorato in una biblioteca.’
‘La sua mente è una tabula rasa.’ Constatò Emma.
Killian guardò tutti e tre. ‘Che diavolo significa?’
‘Significa che gli è stato fatto qualcosa. Una sorta di maleficio uguale al nostro quando siamo arrivati qui: non ricorda la sua vita precedente. Non ha idea dei legami che ha instaurato durante quest’ultima. E’ una nuova persona ora.’ Spiegò Mary Margaret.
Killian non ci credeva. Poteva forse non riconoscere gli altri, gli ultimi rapporti instaurati, ma lui? No. Con lui era impossibile.
‘Riconoscerà me, ne sono certo.’ E s’incamminò con il cuore colmo di quella convinzione che continuava ad animarlo.
‘Cosa te lo fa pensare?’ chiese Mary Margaret, curiosa.
Killian si voltò un’ultima volta, stringendo i denti. ‘Non so, forse per cose che riguardano solo noi? Per cose che vanno oltre il tempo e lo spazio che abbiamo intorno? Io e lei abbiamo un rapporto speciale e questo di sicuro non può passarle inosservato!’
‘Killian, David era il mio principe azzurro. La persona che più di tutte mi apparteneva e prima che arrivasse Emma io non sentivo nulla di ciò che era stato. Ho avuto mia figlia accanto e non sentivo alcun tipo di legame speciale con lei che mi facesse rinvenire. Come pensi che per voi sia diverso? Anche a te è capitato con Emma quando l’hai recuperata a New York, ricordi?’
Killian guardò in basso, constatando tutte quelle verità.
‘Con noi sarà diverso.’ Attestò continuando in quella convinzione, in quella speranza. Doveva esserlo.
Sarebbe successo qualcosa o Killian avrebbe trovato di fronte a sé un muro difficile da abbattere? La sua presenza avrebbe smosso qualcosa in Esmeralda? Killian lo sperava, sperava davvero che quel legame valesse. Era impossibile che l’avesse dimenticato, lui e tutto ciò che era.
Era assolutamente impossibile.
A grandi passi Killian arrivò all’angolo designato. Prese fiato ed entrò nel negozio.
'Esmeralda...' Lo stupore nel rivederla era sempre pari all'impossibile.
La ragazza si voltò velocemente verso quella nuova chiamata, verso quella voce, quasi istintivamente.
Incrociò i suoi occhi. Cielo e mare che si incontrano di nuovo, senza discrepanze. Senza punti di confine.
'Ho aperto da qualche giorno ma a quanto pare sono già famosa!' Esordi la fanciulla sentendosi chiamare di nuovo per nome.
'Esmeralda, sono Killian.' Si presentò lui come se la cosa fosse facile, ovvia. La voce flebile di chi ha paura di sbattere forte contro una convinzione non esatta.
Esmeralda ci pensò un po'. Piegò la testa di lato come faceva sempre quando cercava di capire qualcosa. C'era qualcosa in quel ragazzo. Qualcosa di non ben definito che la spingeva ad arrovellarsi.
Non l’aveva fatto per altri che quel giorno erano venuti. Dove l'aveva già visto?
Il suo viso non era del tutto sconosciuto.
Poi sbattè le mani tra loro come segno di una ritrovata intuizione. Killian sorrise, riprendendo coraggio.
'Tu sei Killian Jones. Come ho fatto a non riconoscerti? Sei il fidanzato della salvatrice.'
Killian morì nell'istante stesso in cui pronunciò quelle parole. Lui non era solo quello. 'Sei venuto qui per un regalo alla tua ragazza! Dimmi l'occasione e ti saprò trovare il fiore adatto... Cosa vuoi dire alla donna che ami?'
'Che voglio che torni da me' rispose in un sussurro appena udibile. Quell’ennesima rottura lo portò nello sconforto.
‘Come scusa?’ lei era totalmente distaccata e professionale come ogni commessa gentile doveva essere, ma lei non era nulla di ciò. Lei era la sua Esmeralda con un muro enorme di menzogne davanti che non riusciva a solcare. Chissà cosa le aveva fatto, cosa le aveva detto per ridurla nel fantasma di sé.
Killian si guardò intorno con una rabbia improvvisa che lo montava, inesorabile.
Dov’era quel lurido bastardo? Perché era impossibile che dopo tanto ‘lavoro’ la lasciasse in giro in quel modo e quel negozio gli puzzava peggio di un incendio in atto. Era sorto da un momento all’altro e di punto in bianco lei era ricomparsa. Quello doveva essere il suo covo, ma lui non c’era, o almeno non era lì. Non era visibile.
Killian serrò la mascella e chiuse gli occhi per calmarsi.
‘Esmeralda.’ Il suo nome gli graffiava l’anima, ma si fece forza. ‘Da quando sei qui?’
‘Da sempre, che io sappia.’
‘E prima di lavorare qui, lavoravi altrove?’ continuò Killian sondando il terreno.
‘Ho lavorato anche altrove sì, ma in questo momento…’
‘Esmeralda, ti vogliono nel retro per smistare i nuovi addobbi.’ Un’altra donna, un po’ più in carne e paffuta, s’intromise esortandola in nuove mansioni. Qualcuno la desiderava sul retro.
‘Spero che tu voglia scusarmi.’ Si congedò la fanciulla andandosene per seguire gli ordini.
‘Se vuole posso aiutarla io…’
Killian era già sull’uscio della porta. ‘Non importa. Passerò di nuovo.’
 
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‘Desiderava vedermi, signore?’
‘Esmeralda cara, spero che vada tutto bene di là. Ho visto che oggi sei stata molto richiesta di là e non vorrei che la cosa ti stressasse o indebolisse in qualche modo.’ chiese l’uomo alto e spigoloso facendo cenno alle sue premure.
Esmeralda scosse la testa.
‘Non so perché abbiano cercato tutti me oggi, non ho la più pallida idea ma non c’è alcun problema.’ Il sorriso che sfoggiò per asserire ciò che diceva, colpì in pieno petto l’uomo che cercò di mantenere la più dovuta calma.
‘Conoscevi qualcuno di tutte le persone che sono venute oggi?’ e analizzò ogni sua microespressione nel mentre.
La fanciulla non capiva seriamente il senso di quelle domande.
‘No, non ho conosciuto nessuno.’ E un guizzo di soddisfazione riempì l’animo dell’uomo a quella constatazione. Il piano che le aveva indotto stava riuscendo alla grande. ‘… Anche se…’
‘Anche se…?
‘L’ultimo uomo che è arrivato. Quello con l’uncino… non mi è del tutto nuovo.’ Egli aveva l’espressione di chi aveva appena ricevuto un duro colpo.
Quel dannato pirata! Pensava di averlo rimosso, di averlo estrapolato dal suo animo finalmente, e invece eccolo che riemergeva. Dannazione! Lui era l’unica falla di un piano altrimenti perfetto.
‘Va bene allora. Se qualcuno t’infastidisce però, ti prego di informarmi.’
‘Si, signore.’ L’uomo la guardò con disapprovazione. Esmeralda rammentò.
‘Volevo dire Frollo. Mi scusi.’ Esmeralda abbassò lo sguardo, imbarazzata.
‘Ecco, così va bene. E mi raccomando ti voglio alle sei su da me.’
Esmeralda annuì, per poi sparire oltre la porta.
L’uomo, tuttavia, si crogiolò per tutto il tempo affinché il suo piano andasse a buon fine. Era convinto che presto sarebbe riuscito a imporsi totalmente sulla zingara e che avrebbe eliminato, in breve tempo, ciò che rimaneva di lei, tutti i suoi legami passati e di ciò che era stata. In breve tempo, si convinse, avrebbe ricevuto la fedeltà e l’amore più assoluto.
L’unico suo cruccio era che questi suoi progetti sarebbero potuti essere rovinati da quel suo legame con il pirata. L’unica falla di un piano altrimenti già collaudato e perfetto. Bastava un gesto, una certa ingenuità che permeava, un po’ di incontri – perché ci giurava che quel pirata non avrebbe mollato la presa – e tutto sarebbe svanito. Tutti i suoi piani ben ingegnati: doveva tenerla d’occhio e istruirla come si conveniva per evitare che venisse trascinata da qualche stupida e pericolosa fantasia che lui le avrebbe inculcato nel tempo.
Il cambiamento sarebbe stato più rigido, più doloroso, ma ne sarebbe valsa la pena perché stavolta nessuno si sarebbe messo in mezzo.

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Capitolo 10
*** CAPITOLO X ***


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NOTE AUTRICE:

Buonasera a voi, lettori. 
Sono un po' in ritardo sulla tabella di marcia, ma mi sto rimettendo in carreggiata. 
Oggi un capitolo incentrato su Frollo e sulla sua visione e intenti, un incontro con Killian e un esito inaspettato. Io vi consiglio di ascoltare anche i suggerimenti musicali che ho inserito, che sono quelli che mi hanno ispirato nel scrivere.
Spero,. come sempre, che il capitolo non vi deluda e sia di vostro interesse e gradimento. Attendo pareri e recensioni, perché lo sapete che ad uno "scrittore" serve anche quello. v.v
Grazie a tutte quelle persone che continuano a supportarmi in quest'avventura, ve lo dico sempre - e sarò ripetitiva -, ma mi riempite di gioia ed emozione. Grazie per il tempo che dedicate alla lettura dei miei capitoli. 

Alla prossima, tesori. 

- Elle.

 
 
 
CAPITOLO X
 
PARIGI - PAST DAY.
 
Era primavera inoltrata, quando tutto avvenne.
Nessun presagio, nessun avvertimento divino annunciò quell’evento che cambiò la sua vita.
Per la piccola città di Parigi quel giorno era un giorno speciale. Un giorno di festa senza precedenti: nella piazza antistante la cattedrale di Notre Dame si sarebbe svolta la Festa dei Folli, un evento popolare in cui tutti i cittadini, di ogni razza, rango ed etnia si sarebbero uniti in festa senza troppe conseguenze ai propri comportamenti. Ci sarebbero stati vagabondi, zingari, pazzi e stranieri a prendere parte a quell’enorme festività che si teneva ogni anno quasi come una maledizione. Perché questo era per il giudice Claude Frollo, che non era propriamente della stessa idea o coinvolgimento, naturalmente.
Per lui tutta quella gente si traduceva benissimo in ladri, borseggiatori, e qualsiasi altra gentaglia per cui non aveva alcun rispetto. Tutta la feccia dell’umanità era tutta riunita lì, in quell’angolo di mondo, tutti mescolati insieme nel torpore dell’ubriacatura che avrebbe riecheggiato per tutta la piazza per tutto il giorno.
Se non fosse stato per il suo obbligo di partecipare – essendo un funzionario pubblico – egli non avrebbe mai aderito ad una situazione così odiosa e riprovevole, che condannava sopra tutto e tutti. Era da sempre qualcosa che non riusciva a tollerare. Tutti quei giochi, quei lussuriosi balli e quel senso di libertà in ogni azione gli davano la nausea e il ribrezzo.
Era convinto, inoltre, che gli zingari usassero quell’occasione per prendersi gioco di lui senza pericolo alcuno. Perché l’odio di Frollo, specialmente per quella razza, era innato. In loro non vi era alcuna disciplina, nessun ordine morale, niente di buono. Gli zingari erano coloro che istigavano le genti alla perdizione. I loro modi barbari infiammavano gli istinti più bassi della gente, ed era per questo che in lui si era inculcata la convinzione e la cocciutaggine quasi uguale alla pazzia, di eliminarli dalla faccia della terra.
Il suo posto tra la folla, quello che spettava a lui e che gli era stato preparato, venne innalzato a pochi metri di distanza dal palco dove si sarebbero tenuti tutti quegli ignobili spettacoli a cui si rendeva spettatore. Frollo lo ritenne ancora di più uno smacco nei suoi confronti, e ciò non faceva che alimentare le sue convinzioni riguardo al fatto che si burlassero di lui.
Si sedette con un’aria di profondo inasprimento.
Mancò poco e lo spettacolo ebbe inizio: Frollo prestava solo pochissima attenzione a ciò che lo circondava e a ciò che aveva davanti. Lo spettacolo che proveniva dal palco lo attirava ben poco. Niente era all’altezza della sua cultura e intelletto e non c’era nulla che attirasse la sua attenzione, come sempre. La musica, allegra e vivace, circondava e arrivava in ogni anfratto della piazza rallegrando e attirando i passanti o chi arrivava puntualmente in ritardo, ma in egli non destava alcunché, cercava infatti di lasciar penetrare meno note possibili nella sua testa. Tutto ciò non faceva che inasprire il suo umore già fosco. Si sentiva sempre più sporco ogni minuto che trascorreva lì, ma l’unica cosa che poteva fare era appunto chiudersi in se stesso e aspettare.
Aspettare che quella ignobiltà terminasse, aspettare il giorno dopo per poter punire tutti per uno sgarro.
A un tratto però la musica allegra finì e ne iniziò una più provocatoria che involontariamente attirò l’attenzione di Frollo: era vivace, ma sensuale.
Entrò una donna, che in realtà donna non era. Era più che altro una ragazza.
Una stupenda e meravigliosa ragazza che Frollo non aveva mai visto. Il giudice cercò faticosamente di ignorarla, di non dar peso a quell’attrazione che improvvisamente invadeva uno come lui: un uomo di chiesa, ma lo sforzo fu alquanto vano e la situazione peggiorò quando sul palco ella si mise a ballare in maniera ancora più sensuale e distinta di fronte ai suoi occhi, avvolta in un inebriante profumo di incenso. Era la creatura più incredibilmente bella che Frollo avesse mai visto in vita sua.
Da dove veniva una simile creatura?
Il giudice seguì con gli occhi spalancati le sue forme ben definite che, attraverso quell’abito rosso, gli volteggiavano davanti. Era eterea. Alla vista di quei tratti di pelle abbronzata che non erano nascosti dai veli scarlatti e dei piedi nudi Frollo deglutii in maniera indecente.
I capelli neri e lucenti erano sparsi in modo ingenuamente provocante sulla schiena castamente coperta mentre Frollo continuava ad osservarne i riflessi creati dai raggi del sole con le pupille che ormai avevano raggiunto la larghezza di due piattini.
Era una bellezza mai vista. Una bellezza tutt’altro che divina. Era terrena, ed era lì, avvolgente e seducente pronto ad accoglierlo.
‘Guardate che esibizione rivoltante!’ aveva esclamate alle sue guardie per contraddire ciò che in realtà provava dentro di sé. Era più forte di lui, e per quanto cercasse di dominare gli istinti e stare calmo ci riusciva ben poco di fronte a quella dea.
Ma Frollo non ebbe il tempo di rendersene conto: la donna aveva iniziato a danzare e i suoi occhi, ora, lo scrutavano con sguardo audace e seducente che lo costrinsero a socchiudere la bocca per lo stupore e la meraviglia a cui era posto.
Mai, mai nella vita si era sentito così. Che aveva quella donna? Cos’era, soprattutto?
Lei, nel vortice della danza, si avvicinò a lui. Ora Frollo la vedeva distintamente. Ancora di più. Poteva distinguere le diverse sfumature di colore che la luce donava alla sua chioma. Sempre di più poteva sentire quel profumo invaderlo. E sempre di più inizio a fantasticare in maniera poco consona alla sua mansione e persona. Ormai poteva individuare tutte le tonalità di verde che componevano le sue iridi e la rendevano ancora più incantevole. Così vicina. Le labbra di lei erano a un passo dalle sue e il giudice fremette, spinto da un impulso ancestrale. Un impulso s’impadronì di lui e quasi si arrese a quel dolce richiamo.
Era sua.
Ma tutto passò con la velocità di un lampo. Un sorriso beffardo e ammiccante le disegnò il viso davanti agli occhi rapiti del giudice che non smetteva di ammirarla estasiato, dopodiché si allontanò di nuovo verso il centro del palcoscenico e terminò la sua danza facendo un lieve inchino con il capo.
Mai. Mai era sceso così in basso, e mai era stato deriso fino a quel punto da quegli zingari dalla quale, ora, si sentiva doppiamente osservato. Sembrava perfino che stessero ridendo di lui in lontananza. Frollo si sistemò meglio sulla sedia. Si era decisamente superato ogni sorta di limite! Egli aveva l’espressione di chi aveva appena ricevuto un duro colpo, ma mantenne le apparenze con tutte le forze per non dimostrarlo.
Non poteva. Ne andava di lui, della sua dignità, della sua persona distinta e tutto… tutto si era completamente dissolto in un paio di secondi per quella ragazza. Per quella deplorevole zingara oscena e lussuriosa. Come aveva osato ridurlo in una condizione così indegna e vergognosa? La sua insolenza le sarebbe costata cara.
Le avrebbe imparato tutto ciò che le mancava e le avrebbe inflitto le peggiori pene, si ripromise Frollo.
Era colpa sua se si era riscoperto debole. Era colpa sua se aveva peccato, se aveva instillato in lui quei pensieri carnali che non aveva mai avuto, era colpa sua se la sua carne era stata viziata. Per di più l’aveva anche deriso con quel suo potere demoniaco.
Ella non era una dea. Piuttosto era un demone, un demone travestito da angelo arrivato sulla terra per allontanarlo dalla retta via. Quella retta via che era diventata la sua vita, ormai.
Lei era quella prova che Dio gli stava inviando e lui sembrava aver fallito perché vi aveva ceduto.
Quella zingara era il male, il male più puro e il giudice l’avrebbe punita di persona, quando i suoi uomini l’avrebbero catturata. Perché poteva giurarci che l’avrebbe fatto. Quella zingara aveva le ore contate.
Era furioso.
La voleva viva, ma non voleva assolutamente mostrarle il motivo vero della sua cattura. Farlo voleva dire scoprirsi e dare in pasto a lei le sue debolezze. No, doveva morire con l’ombra scura del terrore sopra di lei. Niente doveva esserle anche solo di vaga soddisfazione.
“Ecco a voi Esmeralda!”
Il nome le rendeva merito, pensò in un altro momento di perdizione pentendosene amaramente una frazione di secondo dopo. Si portò le mani alla fronte, esausto da quel conflitto a cui ella l’aveva condotto.
Cosa gli aveva fatto quella donna?
Cos’era quella donna e perché aveva preso la sua anima per condurlo in quell’antro buio della perdizione?
Lui, un uomo di chiesa, un uomo che mai avrebbe immaginato quella sorte orribile.
Nonostante fosse senza dubbio adirato nei suoi confronti, il ricordo di quelle labbra di fuoco a pochi centimetri dalle sue gli provocava un brivido lungo e profondo e sentiva la gola farsi secca e arida. La voleva, la bramava, come non mai.
Non riusciva a darsi una spiegazione. Il desiderio carnale era per uomini comuni senza troppi scrupoli morali, non certo per lui che era il prediletto del Signore: doveva essere una strega. Ecco cos’era ed ecco perché si sentiva così. Su di lui aveva scagliato il suo incantesimo, e non c’era alcun antidoto a quel maleficio potente. Ormai era entrato troppo dentro la sua anima, aveva intaccato le ossa, i muscoli e tutto il resto. Frollo si senti vulnerabile in quella situazione e non fece altro che maledirla come non mai. L’incantesimo che aveva usato doveva essere stato ben potente.
Tutto nacque da lì: la sua ossessione e passione.
Frollo non faceva altro che pensarla e maledirla, maledirla e pensarla in tutte le ore e giorni della sua misera vita.
Esmeralda, divenne un pensiero fisso e un ossessione costante che non riusciva a scacciare.
Come poteva essere? Continuava a chiedersi ingenuamente. Lui che era sempre stato un uomo senza macchia e ricco di virtù. Era sempre stato un uomo puro senza alcun pensiero di quel genere in testa. Perché era dovuto capitare proprio a lui tra tutti gli uomini della terra? Perché proprio lui era caduto nel suo sortilegio?
Aveva l’anima debole o era lei e la sua magia troppo forte?
L’anima gli bruciava al sol pensiero del suo volto, del suo corpo e dei suoi occhi. Non riusciva più davvero a distinguere tra ciò che immaginava e ciò che vedeva. Sembrava esser divenuto pazzo. Frollo si maledì ancora una volta per questo!
Si sentì annegare nei pensieri e nei sentimenti che non aveva mai davvero provato, e si sentì perso. Senza via d’uscita.
Il desiderio per lei dentro di sé andava sempre più ad accrescersi quasi come una febbre che si innalza esponenzialmente portandolo al delirio. Sempre di più quel desiderio carnale si impossessava del suo essere, più lui la vedeva, iniziava a sentire la sua voce, percepire ogni suo movimento.
In lui il desiderio di farla sua, di rendere il suo corpo di sua proprietà.
Lei era il diavolo, e tra tutti aveva deciso di insinuarsi proprio in lui: nell’uomo di Dio. Frollo non faceva altro che desiderare tutto di lei: sentiva forte il bisogno di amarla, toccarla e desiderarla dentro sé, quasi fosse una malattia. Quella zingara era il diavolo che l’allontanava dalla retta via, continuava a professare mentre continuava incessante in quei pensieri.
Momenti di lucidità come sprazzi.
La sua anima bruciava in quei dolci pensieri.
Di fronte al suo pensiero, di fronte a lei tutto si annientava e tutto spariva davanti ai suoi occhi: esisteva solo lei. Lei e nessun altro. Nemmeno Dio, che in quei momenti sembrava sparire persino dal mondo. Tutto, tutto era incentrato su di lei, su quella bellezza profana su cui lui avrebbe voluto mettere le mani. Voleva averla, a tutti i costi.
Il desiderio carnale che ardeva in lui era fuori controllo.
Una volta, una volta sola sarebbe bastato, forse o nemmeno.
Quella donna l’avrebbe distrutto e annientato nel desiderio e lui non sarebbe più uscito. Mai più quella donna avrebbe lasciato la sua mente e il suo corpo mentre un pensiero e un desiderio fisso di averla s’insinuò dentro lui fino alla pazzia.
Frollo l’avrebbe avuta, prima o poi, anche con la forza se necessario. Era l’unico modo per spegnere quel fuoco che dentro di lui ardeva più di mille fuochi.
 
 
STORYBROOKE - PRESENT DAY.
 
‘Non m’importa quanto tempo ci vorrà. A costo di passare lì ogni giorno, io la riporterò indietro!’ sbraitò Killian nella grande sala del sindaco. Il motivo per la quale tutti erano restii a salvarla gli restava sconosciuto, pareva che fosse lui solo quello deciso a riportarla in salvo. Lui solo era quello a cui importava, tutto il resto di Storybrooke sembrava tranquillo in quella menzogna e non capiva perché.
Perché David e Mary Margaret erano così riluttanti nell’aiutare Esmeralda? Non erano loro gli eroi di cui tanto si decantava tra i reami? E allora perché ora si tiravano indietro.
Killian non riusciva a capacitarsene.
‘E come intendi fare, Killian? Non c’è modo di fare nulla.’ Replicò David in uno spasmo. I timori dentro di lui accrescevano.
Killian continuava a non intendere quella riluttanza, da dove nascesse e da cosa fosse provocata.
Alzò gli occhi al cielo e sbattè una mano sulla gamba, intento a calmarsi.
‘Come puoi dirlo? Proprio tu… proprio voi che avete subito una maledizione del genere e vi siete ripresi? Come potete sperare che io rinunci a lei con la consapevolezza di chi è e cosa è per me, e viva la mia vita normale come niente fosse? Come potete anche solo pensarlo?’
‘Non pensi che così sia più felice? Non in continuo conflitto o…’
Killian era incredulo.
‘Non siete seri. Non potete esserlo davvero. Io mi rifiuto.’ Disse alzando le mani, dichiarandosi disgustato di fronte a tanta ipocrisia. ‘Voi eroi, fate ciò che volete, ma io non rinuncerò MAI a lei. La proteggerò e la salverò sempre. È ciò che le ho promesso ed è ciò che mantengo. Lei vale più della mia stessa vita per me e non la lascio sola in balia di un uomo malato!’ spolmonò il pirata digrignando i denti e rosso in viso per la rabbia. ‘Voi non immaginate nemmeno di cosa sia capace!’
Casomai sarebbe andato da Belle. Lei era l’unica a cui continuava ad importare qualcosa di Esmeralda, per tutto il resto di Storybrooke… poteva anche bruciare all’inferno senza di lei.
Killian non diede il tempo agli altri di ribattere, attraversò l’uscio e uscì dall’edificio incurante anche del fatto che Emma stesse arrivando.
Aveva altro a cui pensare. Aveva la sua Esmeralda da salvare.
 
Più avanti, oltre il vicolo, un uomo camminava indisturbato ascoltando con un ghigno la sofferenza che arrecava.
Il capitano gli passò davanti senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Non sapeva chi fosse e poi era troppo occupato per dare attenzioni al passante, e già era un punto a suo favore.
Frollo lo osservò bene e impresse dentro la sua mente l’immagine di colui che tratteneva il cuore di Esmeralda. Quindi era lui, dedusse. Lui era il capitano che l’aveva rapita e della quale si era poi innamorata. Lui era colui che nonostante le varie sedute, restava ancora intaccato in lei quasi risiedesse nelle viscere della sua esistenza.
Nonostante avesse sradicato la sua memoria fino a raschiare il fondo in quelle settimane, lui continuava a vivere in lei. Come era possibile? Quel legame non era umano. Frollo iniziò ad invidiare e ad odiare quel rapporto a cui sembrava non saper porre fine.
Quell’uomo era troppo per la zingara e non poteva sopportarlo se la voleva solo sua. Quel pirata era solo un intralcio e lui mai nella vita, prima di arrivare lì, aveva pensato che si fossero riuniti. Certo chi l’aveva condotto sino a lì gliene aveva parlato, ma mai avrebbe pensato a una cosa del genere.
Su di lei aveva fatto e stava facendo tanto: la stava rimodellando, se così si può dire.
Le cose che credeva, le cose vissute erano state spazzate via e rimpiazzate con la sua presenza nella sua memoria. Esmeralda ora ricordava di averlo avuto accanto anche in passato. Ricordava di quando fu Frollo ad accoglierla in casa, quando sua madre l’abbandonò. E ricordava di come lui fosse stato amorevole e premuroso nei suoi confronti.
Certo, l’inizio non era stato facile. Rapire Esmeralda mentre era consapevole di chi fosse era stato un azzardo bello grande, ma era stato l’unico modo per avvicinarla. Se solo l’avesse visto in giro prima avrebbe avvertito di sicuro quel qualcuno e il suo piano sarebbe andato a rotoli, per questo aveva indagato prima, scoprendo i suoi luoghi e i suoi legami.
L’aveva tenuta d’occhio in tutti i suoi movimenti senza che lei se n’è accorgesse o avesse il minimo sospetto.
Non era andato di certo a Storybrooke per villeggiatura, quello no. Lui era lì per lei.
Solo per lei.
Nei secoli la sua visione di amore carnale si era ridimensionato ed era cambiato. Perché desiderare soltanto il suo corpo, quando poteva avere anche la sua anima e soprattutto il suo cuore?
Il cuore era la cosa più sicura da avere, ma anche la più difficile. Richiedeva uno sforzo e un lavoro in più.
Come avrebbe potuto, però, un uomo come lui prendere il suo cuore conoscendo i suoi trascorsi? Per lui, da parte sua, c’era solo odio e la cosa non poteva cambiare dopo secoli. Era alquanto improbabile. L’unico modo che aveva era quello di truccare un po’ il gioco, pensò. Se la zingara avesse dimenticato i suoi trascorsi e qualsiasi altro uomo nella sua vita sarebbe stato più facile per lui introdursi nella sua esistenza e arrivare all’obiettivo. Arrivare al suo cuore. Doveva renderla una tabula rasa.
In quelle due settimane trascorse aveva cercato di instillare in lei una certa devozione e gratitudine, perché l’amore… beh quello non poteva di certo ottenerlo in quel modo, ma era già un buon metodo per spianare il terreno in quella direzione.
Sarebbe bastato un altro po’ di sforzo, un altro po’ di lavoro sulla sua mente e finalmente avrebbe potuto renderla sua.
Arrivare fin lì sarebbe stato più duraturo e più certo, pensò il giudice. Gli avrebbe assicurato sempre un posto fisso senza opposizioni. E per altrettanti secoli Frollo cercò di escogitare un piano che facesse avverare i suoi desideri più reconditi perché nonostante i secoli, e nonostante tutte le donne che gli passavano davanti, Esmeralda continuava ad esercitare il suo maleficio su di lui.
Quella zingara che aveva visto sopravvivere, quella zingara che sapeva fosse fuggita era da sempre la sua più grande rovina. Dov’era? E con chi?
Frollo la cercò disperatamente senza esito alcuno.
Come si era ridotto, pensò più volte. Alla mercé di una strega.
Nel frattempo aveva elaborato i suoi metodi e il suo piano per averla. Tutto era pronto.
Non avrebbe praticato la magia, quello no. Egli l’aveva sempre rifiutata come stile di vita, ma l’alchimia… quella sì. Quella era un arte che se maneggiata e usata per bene riusciva di sicuro ad eguagliarla.
L’aveva imparata nei secoli e non l’aveva mai abbandonata perché sapeva che un giorno gli sarebbe tornata utile.
Le avrebbe causato un amnesia e avrebbe inculcato, attraverso delle pozioni che aveva studiato, in lei nuovi ricordi che sarebbero andati in linea con la sua vita, senza stravolgerla troppo. Doveva pur mantenere il suo temperamento e carattere senza sbarazzarsene completamente. Non avrebbe avuto senso allora.
La zingara sarebbe stata un foglio bianco su cui riscrivere la propria storia, una nuova vita che lo avrebbe incluso.
E se non fosse stato per quel pirata tutto sarebbe filato liscio. Nessuno sforzo supplementare, niente. Esmeralda sarebbe già stata pronta ad aprirgli il suo cuore, senza ulteriore lavoro o sofferenza per lei, perché sì quelle sedute che egli le imponeva non erano di certo semplici: all’inizio aveva dovuto legarla per tenerla ferma. Le pozioni che le somministrava le provocavano forti convulsioni e spasmi incontrollati, e fare tutto ciò contro la sua volontà non era di certo una delle cose più facili. Esmeralda si dimenava e si opponeva a quel trattamento in maniera ripetuta e costante.
'Tu eri MORTO!' Urlava. 'Perché mi fai questo?' Continuava a ripetere tra le lacrime mentre il suo cervello veniva sottratto di ogni cosa. Esmeralda si sgolava, urlava contro quel mostro tutto il suo odio e il suo rancore e il fatto di saperlo vivo e ancora con quella sua ossessione per lei non faceva altro che renderla incredula.
Alla fine ne usciva sempre stremata e stanca e quasi non era più lei. Pareva perdere ogni volta dieci anni di vita. Il tutto la rendeva debole e priva di forze per tutte le ore successive che le toccavano: il più delle volte se ne stava nella stanza a cui era stata designata e reclusa a perdere parti di se. Sembrava quasi di sentirle scivolare mentre fissava il soffitto con sguardo totalmente perso e spento. Ed era una cosa che si ripeteva ogni due giorni. Quell'uomo la stava divorando, smembrandola di ogni parte del suo essere. A poco a poco tutto spari: i suoi fratelli, suo padre, il suo villaggio, la sua radura e ciò che era stato e l’aveva segnata. Poco a poco anche la Jolly Roger divenne un ricordo sbiadito e sepolto che ricordava solo vagamente come quegli occhi color del cielo che ora aveva di fronte a sé e la osservavano con uno sguardo familiare.
'Di nuovo tu. Sei venuto spesso in questi giorni.' Osservò la fanciulla scrutandolo con il suo solito sguardo. Quel vago sentore che non l'abbandonava. 'Non pensi che la Salvatrice possa essere gelosa?' Chiese sistemando alcune gardenie nel proprio vaso.
Come aveva potuto essere così sfacciata? Si domandò non comprendendosi. Osservò il pirata che sembrava alquanto perplesso.
Esmeralda era in totale imbarazzo.
'Io..  Io ti chiedo scusa. Non volevo...'
'Non importa.' Fece lui tranquillo.
'Che fiori posso darti stamattina?' Era la decima mattina di fila che Killian si recava al suo negozio e nonostante ci fossero altre persone disposte a servirlo lui sembrava aspettare solo lei.
La zingara non capiva ma continuava a mantenere un certo riserbo.
'Hai mai visto questo fiore?' Chiese il pirata porgendole un anemone davanti.
'Lavoro in un negozio di fiori, come potrei dirti di no?'
Non parlo qui dentro, ma fuori di qui. Pensi di averlo mai visto?'
Esmeralda ci pensò seriamente poi scosse la testa.
'No, non credo.'
'Cerca in te e trova quel ricordo perché io sono sicuro che un fiore così bello non puoi non averlo mai visto.'
E allora ella si sforzò, si sforzò di compiacerlo. Si sforzò di cercarlo davvero quel fiore nelle sue memorie perché sembrava essere di vitale importanza per lui, ma più si sforzava più si scontrava con l'oscurità del suo buio. Tutto era nebbia, come coperto da uno spesso strato scuro. Esmeralda percepiva che forse qualcosa c'era ma nonostante gli sforzi quello strato non veniva via. Le girò vorticosamente la testa in quello sforzo mentale e quasi cadde a terra. Killian l'afferrò in tutta fretta per le braccia prima che cadesse a terra e la strinse forte a sè come d'istinto.
Una scossa attraversò il corpo di entrambi come un ricordo: un ponte, il rumore del mare e una sensazione di vuoto. Due braccia che l'afferrano e forti la ritirano in un abbraccio solido a cui lei si aggrappa come un ancora.
Cos'era quel ricordo, quella sensazione? Da dove usciva fuori?
'Stai bene?' Chiese il pirata fissandola negli occhi e creando il vuoto intorno a lei. Quegli occhi... Cosa avevano quegli occhi? Qualcosa nella sua testa ronzava ogni volta che si ci perdeva e la pelle che l'aveva sfiorata sembrava voler dire qualcosa. Quasi ribolliva.
'ESMERALDA!' Tuonò una voce incappando in una simile scena e vedendola così persuasa.
La zingara rabbrivi appena incrocio quegli occhi interrompendo quel legame bruscamente. In lei si rinnovò la paura.
'Scusami Frollo. Io non volevo... Torno subito al lavoro.' Lo sguardo di astio di Killian guizzó su di lui come un lampo. Eccolo allora, ecco Frollo.
'Va di là. Ora!' ordinò in modo autoritario.
La ragazza ubbidì sentendosi profondamente in colpa.
‘E’ inutile che ti sforzi di farla rinsavire, capitano. Non ci riuscirai mai.’ E un ghigno beffardo gli attraversò il volto mentre gli si avvicinava.
‘Tu credi?’ Killian strinse i pugni.
‘Ormai la zingara è stata modellata e rieducata. Non sa più nulla di te o del vostro scabroso passato.’ La sua voce fine sfiorava l’arroganza e la saccenza di chi si sente superiore.
Killian scattò in avanti, a pochi centimetri dal suo volto.
‘Esmeralda tornerà da me, tornerà alla sua normalità, che tu lo voglia o no. La libererò dal tuo maleficio costi quel che costi! Non darti per vinto nemmeno per un secondo: sarò un ombra alla costante ricerca del suo essere. Non l’abbandonerò alle tue grinfie. Lotterò per lei.’ Lo sguardo rabbioso e determinato.
La sua determinazione spiazzò per un attimo il giudice. Dentro di lui ardeva quel fuoco, quel fuoco che l’avrebbe spinto ovunque per lei.
La situazione e quel legame era davvero un problema enorme.
‘Tu non capisci capitano, ogni passo che fai verso di lei, ogni ricordo o sensazione che riporti indietro le faranno ancora più male.’
‘Cosa le stai facendo? Cosa vuoi farne di lei?’ Quel ghigno malefico che non l’abbandonava quasi a sottolineare di quanto godesse in quella situazione. ’RISPONDIMI!’ urlò. La gente in negozio si tramortì voltandosi tutta nella loro direzione. Killian non se n’è curò, continuava imperterrito a fissare l’uomo dinanzi a sé con occhi pieni d’odio. Frollo ne risultò del tutto infastidito, specie ora che aveva attirato troppo l’attenzione.
Il giudice si avvicinò ancora di più al pirata con aria di sfida.
‘Voglio renderla mia. Per sempre. E tu, mio caro pirata, non la rivedrai mai più.’
In Killian la rabbia si ridestò più funesta pronto a scagliarsi contro quella meschinità.

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Capitolo 11
*** CAPITOLO XI ***


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CAPITOLO XI
 
Emma aveva il fiato corto quando, in tarda mattinata, attraversò il piccolo atrio della stazione per dirigersi nel suo ufficio.
Lì ad attenderla c’erano David e Mary Margaret. Entrambi stavano parlottando di qualcosa con sguardo complice e colpevole, ma Emma non ci badò. Era troppo preoccupata.
‘Avete visto Killian?’, domandò interrompendo i due.
Entrambi si guardarono spaesati.
‘Non abbiamo visto ombra di Hook, stamattina.’
Sul volto di Emma un sentore tale ad un sesto senso non le suggeriva nulla di buono. Killian non era mai in ritardo, mai una volta era venuto meno ai loro incontri, e quell’atteggiamento non era da lui nonostante avesse altro per la testa.
Mary Margaret vide il suo viso farsi sempre più scuro, con lo sguardo altrove, alla caccia di risposte che non immaginava.
‘Ehi tesoro, tutto bene?’ le chiese toccandole un braccio per riportarla lì dove erano. Emma rinvenne con un sussulto. ‘Che è successo?’
‘Stamattina io e Hook dovevamo incontrarci da Grannys, come tutte le mattine, poi a causa di un impegno ho dovuto rimandare ad una mezzora dopo e sembrava essere tutto apposto. Mi ha risposto che andava bene e che ci saremmo incontrati dopo. Ora sto provando a richiamarlo, ma non risponde.’ Guardò i genitori in cerca di rassicurazione, di un idea che le desse coraggio e speranza sul fatto che il suo sesto senso si stesse sbagliando.
‘Emma, tu sai che rapporto ha Hook con la tecnologia. È ancora riluttante e poco pratico, vedrai che ti richiamerà o si paleserà al più presto da quella porta.’ Fece David con un sorriso.
La Salvatrice cercò di tranquillizzarsi, almeno un po’.
Posò la giacca sullo schienale della sua poltrona prima di sedersi e avviare il computer, decisa a svolgere il suo lavoro per distrarsi.
‘Comunque perché hai rimandato il vostro incontro stamattina? Eri uscita presto.’ Constatò Mary Margaret, curiosa.
‘Mi ha chiamata Pierre.’ Annunciò appoggiandosi allo schienale e incrociando le braccia al petto. ‘In realtà l’ho trovato davanti la porta di casa in procinto di bussare.’
‘Che voleva?’ chiesero quasi all’unisono.
‘Era abbastanza cupo e scuro in volto. Sembrava quasi dimagrito, anche. Non sta affrontando benissimo la cosa. Soffre per Esmeralda perché non sa che fare, ha detto che ha provato a contattarla, ha provato a parlarci ma nulla. Sembra non ricordare nulla di ciò che era.’ Riferì la donna.
‘La cosa che mi sembra ancora più strana in tutto questo e perché rapirla e tenerla comunque sotto gli occhi e in rapporti con tutti se sai che potrebbe comprometterti?’ osservò David.
‘E in più ti rendi anche tu visibile, che senso ha?’
Tra loro, un attimo di silenzio attraversò l’aria. Tutti e tre ci pensarono seriamente non venendone a capo.
Che senso aveva quel piano che faceva acqua da tutte le parti?
‘Ma la cosa ancora più inquietate e sconcertante, in un certo senso, è che Pierre mi ha detto che sembra dimenticare informazioni anche da un giorno all’altro. A volte anche se le dici qualcosa il giorno dopo la dimentica, come se la sua memoria a breve termine si svuotasse nella notte.’
‘Come è possibile se ricorda di vedere le persone giorno dopo giorno?’
‘Forse è l’unica cosa che le viene concessa di tenere per non destabilizzare la normalità delle cose. E’ l’unica cosa che mi viene in mente.' Emma scrollò le spalle.
Ciò che pervase la mente di David in quel momento fu macabro.
‘E’ come se subisse una lobotomia, ogni giorno.’
Mary Margaret rabbrividì con Emma al sol pensiero. Quell’idea era l’idea più malsana che potesse esserci, ma anche l’unica plausibile a ciò che le era stato descritto, perché Emma non si era ancora recata in quel luogo per vederla e per constatare i cambiamenti e i danni. Voleva preservarsi, saperne di più e poi escogitare un piano per salvarla.
‘Povera piccola, ne ha passate già abbastanza. Cosa le sta facendo ora quel mostro?’ fu la domanda di Biancaneve che disorientò tutti portandoli nella vera ottica della cosa: che metodi usava quel mostro per espropriarla dei suoi ricordi? Killian sembrava aver detto che quell’uomo odiava la magia, che l’aveva sempre rifiutata – come riferito da Esmeralda. – allora cosa faceva? A cosa la sottoponeva per quel procedimento?
‘Sicuri che non la stia controllando con il cuore?’ azzardò David, volendo allontanare quei mali pensieri dalla mente.
‘No.’ Rispose secca Emma. ‘Quell’uomo non usa la magia, non è in grado di strappare cuori pur essendo malvagio, è molto più crudo e macabro di quanto pensiamo. Di quanto osiamo immaginare, e se non salviamo Esmeralda adesso rischieremo di perderla per sempre e non me lo perdonerei io per prima, oltre che per Killian e Pierre.’
Killian… di nuovo quel pensiero rivolto a lui. Dov’era e perché non varcava quella soglia che Emma non smetteva di osservare? Controllò nuovamente il telefono e lo prese in mano. Niente. Nessun segno, nessun messaggio. Nulla.
Allora ci vediamo dopo, tesoro. Nel tempo che ci divide vado a controllare la situazione dal fioraio. Non mi fido a lasciare Esm da solo con quel lurido nemmeno per un secondo. Ecco cosa aveva detto. Ecco la parte mancante ad un discorso altrimenti lineare.
Ed ecco perché Killian non era nel suo ufficio e non arrivava.
Quel sentore riprese il sopravvento su di lei, ora più forte: e se fosse successo qualcosa al suo pirata? Se quell’uomo l’avesse preso? Ma no, si convinse. Killian sopravive sempre, e non poteva essere.
Cercò di scacciare via quel pensiero mentre si alzò decisa. ‘So dove può essere Hook.’ Annunciò.
 
Quando Emma e i suoi si recarono al posto designato la desolazione regnava.
Il locale era semivuoto, e una piccola signora di un età considerevole era lì a reggere le redini dell’attività, o più che altro a giocare a sedoku nell’attesa di un cliente.
‘Salve.’ Disse la Salvatrice mostrandosi, quella alzò gli occhi dal giornaletto e le rivolse un sorriso.
‘Salve a voi, come posso esservi utile?’ fece la donnina in tono gentile.
‘In realtà stiamo cercando il proprietario dell’attività, se è possibile, vorremmo parlare con lui…’ Nemmeno il tempo di terminare codesta frase che uomo altezzoso e dall’aria autoritaria e impassibile si palesò dal retrobottega.
‘Amanda, hanno bisogno di te di là, qui ci penso io.’ E scrutò i presenti mostrando un autentico sdegno per ciò che rappresentavano: gli eroi.
‘Lei deve essere Emma Swan, immagino. Ho sentito tanto parlare di lei qui in città.’ Disse osservandola da cima a fondo. ‘ E stessa cosa vale per i suoi genitori. Loro sono famosi in tutti i reami invece.’
‘Non possiamo dire la stessa cosa riguardo a lei.’ Disse David con avversione.
‘Oh, oh… mi pare di udir dell’astio. Ci siamo appena conosciuti, vi sono stati recapitati dei fiori non graditi?’ chiese mentre si muoveva dietro il bancone. Lo sguardo di sufficienza che lo contraddistingueva.
‘Siamo qui per Killian ed Esmeralda.' Tagliò corto Emma, stanca della sua superiorità e prese in giro. Il solo stare nella stessa con quell’uomo la stizziva e le dava la nausea.
Quello fece, in tutta risposta, fece uno sguardo vacuo, innocente.
'Esmeralda e Killian, dite? Da come ne parlate suppongo che io li debba conoscere. Sono dei fornitori o...?'
'Basta con questi giochetti, signore!' Emma sbatté le mani sul bancone per riportarlo all'ordine e farsi sentire. Quei giochi da stupidi poteva tenerseli per sè, se tanto gli piacevano. Lei stava perdendo la pazienza. 'Ci dica come stanno le cose. Dove sono?'
Quello non sembrò per nulla impaurito dalla scena appena propinata. 'Non so davvero di chi stiate parlando, mia cara.' Continuò, deciso a non demordere.
'C'è chi giura di aver visto entrare il pirata Captain Hook qui nel vostro negozio stamattina. Dov'è?' Chiese Emma digrignando i denti.
La rabbia dentro di lei ribolliva.
'Ripeto, signorina Swan, non so di chi lei stia parlando e possibilmente una cortesia: non alzi la voce davanti a me. Mi irrita.' E una voce più cupa sembrò minacciarla.
Emma capi che non sarebbe arrivata da nessuna parte in quel modo e, decisa, alzò le mani in segno di resa.
'Mi perdoni.' Gli disse con il sorriso stampato in faccia. 'Dato che non vuole chiamarmeli lei, e io sono più che convinta che entrambi siano qui, inizierò a chiamarli a gran voce se permette. Ah, e non potrà nemmeno chiamare lo sceriffo per togliermi fuori di qui, perché vede, qui la giustizia sono io.' E con un sorriso ancora più enorme e beffardo gli mostrò il distintivo.
'ESMERALDA. KILLIAN DOVE SIETE? SO CHE SIETE QUI.' Urlò Emma avanzando verso il retro, e poi il suo ufficio e poi il deposito. Tranne una decina di facce sconosciute, di loro non c'era neanche l'ombra.
Come era possibile?
Dietro di lei, Frollo era alle stelle. Furioso.
'Ora è soddisfatta di aver usufruito dell'abuso di potere e di aver urlato quei nomi strampalati per tutto il mio negozio?' Fece Frollo, del tutto irritato e scocciato della presenza di quegli intrusi.
Emma rivolse uno sguardo deluso ai suoi che erano ancora lì. Eppure il suo istinto non sbagliava, loro erano li. E poi perché Esmeralda non lavorava? Dov'era? Emma si guardò intorno alla sua ricerca. Perché non era spuntata fuori nell'udire il suo nome?
'Esmeralda... Dov'è oggi? Non lavora?'
'Esmeralda? Lo vuole capire o no che qui non esiste nessuno con questo nome!'
Come poteva negarlo se tutti l'avevano vista lavorare li? Frolllo inghiotti a vuoto, in trappola. Per un nanosecondo con lo sguardo indicò una porta oltre le scale, al piano di sopra. Emma lo notò.
'La porta al piano superiore.' Dedusse. 'Cosa c'è oltre?' Chiese mentre si avviò decisa a scoprirne di più.
Frollo, più agile, arrivò prima oltre la salvatrice e si posizionò davanti ad essa.
'Ma cosa pensa? Di venire qui e dettare legge o di essere a casa sua? Mi ha già irritato abbastanza. Ora se ne vada.'
'È palese che nasconde qualcosa, o meglio qualcuno...'
'Beh, se è tanto curiosa di scoprire cosa nascondo venga qui con un mandato.' Le propose.
Emma si trovò alle strette in quella situazione. Dietro quella porta era sicura che ci fossero loro, era il suo sesto senso a dirglielo e il suo sesto senso non sbagliava mai, ma dovette stringere i pugni e trattenersi. Doveva attenersi a quello che era un obbligo per non piombare nell'anarchia.
'Vuole un mandato? Avrà un mandato.' Accettò iniziando a scendere le scale per andare via. 'Ma non si illudi, non sarà da solo. Voglio evitare ogni sorpresa da parte sua. Mamma, tu lo terrai d'occhio.' Snow annuì, non togliendo gli occhi di dosso al giudice.
Emma scese le scale di corsa.
'Sta facendo un grosso sbaglio, salvatrice!' Urlò l'uomo per richiamare la sua attenzione.
Emma si voltò: 'Non ha detto che non si urla nel suo negozio? Provi a mantenere le sue stesse regole.' E se ne andò.
 
Quando Emma e David tornarono trovarono un gran subbuglio e Snow era a terra, completamente priva di sensi. David, appena la vide, accorse a sollevarla. Emma le andò dietro impaurita.
'Mamma, stai bene? Che è successo?' Snow era ancora stordita e del tutto incapace di parlare quando apri gli occhi.
'Emma!' Sospirò Killian nel rivedere la donna che preoccupata osservava la madre riprendere i sensi .
'Killian!' Fece Emma sospirando e correndogli incontro per abbracciarlo. 'Ho temuto il peggio. Come hai fatto a liberarti?'
'Ti ho sentita mentre mi chiamavi, allora ho capito che il tuo istinto aveva avuto la meglio e avevi capito tutto. Quel lurido mi aveva legato, ma sono riuscito a liberarmi e a scappare. L'ho preso alle spalle ma è fuggito...'
'Ed Esmeralda, dov'è?' Fece Emma cercandola. ‘È riuscito a portarla via con sè.’
'La troveremo, Killian.' Disse prendendo il suo viso tra le mani e guardandolo dritto negli occhi.
Killian annuì, affondando ancora di più il suo volto in un abbraccio della salvatrice.
 
'C'è mancato davvero poco affinché scoprissero dove ti trovavi, capitano. A quanto pare ho fatto un passo falso nel prendere anche te, ma comprendi che sei un problema? Un problema che non posso tollerare perché io amo la perfezione, e tu intralci quest'ultima. Perché vedi se tu non ci fossi il mio piano andrebbe a gonfie vele, e invece tu, tu rovini i miei obiettivi. Esmeralda non diventerà mai mia se tu continui ad essere in giro. Ad esserle in giro. Non arriverà mai al completamento di ciò che ho serbo per lei e non comprendi che le fai più male così? Non riesco a eliminarti completamente dalla sua mente, in qualche modo riemergi sempre ma se tu non ci fossi pensa a come si risolverebbe il problema!'
Quando si risvegliò dalla batosta subita, Killian sapeva di non essere più nel posto in cui erano prima. Si erano spostati. Il forte odore di muffa e l’umidità impregnavano i muri freddi e madidi, mentre un rumore meccanico sembrava essere ovattato al di sotto di loro. Si svegliò pian piano mentre l’uomo, quel viscido di Frollo, continuava a parlargli.
Killian era ancora del tutto frastornato, e gli ci volle un po’ prima di riuscire a vedere le cose in modo chiaro.
Lo avrebbe fatto a pezzi con il suo uncino, pensò mentre la sua voce gli riempiva la testa. Era l’unico pensiero che riusciva ad occupargli la mente.
Provò a muovere una mano in sua direzione ma niente, entrambe le braccia gli erano state legate dietro la schiena e riusciva a far poco in quella maniera. Provò a dimenarsi, ma nulla: l’aveva legato bello stretto a quella sedia e non c’era via di scampo.
‘Puoi provare quanto vuoi a liberarti, pirata! Non ci riuscirai mai!’ e rise di gusto.
Dov’era Emma? L’aveva udita poco prima oltre la parete. L’aveva catturata? Dove si trovava?
‘Dov’è Emma? Cosa le hai fatto?’
‘Oh, la tua salvatrice è salva, se è questo a preoccuparti. Anzi, avrei preferito che tu continuassi a preoccuparti di lei piuttosto che della mia Esmeralda.’ A quel senso di possessività, il modo in cui pronunciava il suo nome e cosa osava pensare fece scattare Killian.
‘Lei. Non. È. Mai. Stata. TUA.’ Spolmonò scandendo ogni parola ed esplodendo sull’ultima. Doveva togliersi dalla mente che si sarebbe arreso così, che l’avrebbe lasciata a lui senza nemmeno combattere o provare a salvarla.
‘Presto capitano, non avrai di che preoccuparti. Quando morirai non sarai più un problema ed Esmeralda sarà felice con l’uomo della sua vita: me.’ Disse a un palmo del suo naso con un sorriso malefico e arcigno.
‘Perché non la lasci in pace? Perché non le permetti di vivere una vita felice?’
Quello gli rise in faccia. ‘Come credi possa essere felice senza di me? Io sono il suo lieto fine, e sai, l’ho capito solo dopo. Prima avevo solo un desiderio carnale e morboso nei suoi confronti, ora – oltre quello -, sento proprio il desiderio di farla mia per tutta la vita. Perché la sua vita felice è con me. Non con te, non con quel poeta da strapazzo. CON ME.’
‘Tu sei malato!’ continuò il pirata disgustato dalla persona che aveva di fronte a sé. Il pirata scosse la testa, mentre cercava ancora un modo per liberarsi e aiutarla, perché dovunque fosse lei non era lì.
‘Dov’è adesso? Cosa le stai facendo?’
‘Lei è qui, non potevo mica lasciarla dov’eravamo prima. L’avrebbero trovata e non potevo permetterlo, lo comprendi, vero? Ma non la vedrai. E’ piuttosto impegnata a dimenticarti in questo momento.’
‘COSA. LE. STAI. FACENDO?’ chiese Killian, digrignando i denti, a quelle parole. Aveva paura. Paura del dolore a cui la stava sottoponendo per i suoi scopi.
Paura che quel dolore la stesse straziando.
‘Sto cercando di eliminarti dalla sua esistenza, pirata. Perché vedi è come se io stessi azzerando tutti i suoi ricordi, tutto ciò che ha su di me, su tutti quelli che ha conosciuto non ci sarà più. Solo così potrà amarmi, solo dimenticando ciò che è stato con gli altri e con me, potrà farlo.’
‘Non è amore, quello. La stai plagiando.’
‘Non è amore, ora. Ora è solo devozione, ma presto lo sarà. Quando la sua mente e il suo cuore, grazie alle pozioni e intrugli che le sto iniettando, saranno completamente vuoti dei suoi sentimenti e della tua presenza tutto sarà più facile. Tutto avrà fine, perché tu continui ad essere una costante, un perno capace di farla pensare seriamente. L’unica cosa che non è in grado di lasciare andare completamente. Tu sei l’unica cosa che resta nonostante tutte le sedute a cui la sto sottoponendo, e se ci sei tu non posso esserci io, e comprendi che non va bene?’ Chiese l’uomo fissandolo dritto negli occhi.
‘La stai facendo soffrire, quindi? E questo il modo in cui la vuoi? E questo il modo in cui intendi farla innamorare di te? E lei non ricorderà tutto questo? Non ricorderà tutta la sofferenza che le stai infliggendo? COME CREDI CHE POTRA’ ANCHE SOLO PROVARE QUALCOSA PER TE SIMILE ALL’AMORE?’ Killian era rosso di rabbia mentre non riusciva a capacitarsi del piano malvagio che quell’uomo malato aveva in testa. Non riusciva più a stare lì fermo, non riusciva più a stare lontano da lei senza sapere in che condizioni fosse dopo quelle rivelazioni.
Quel suo accanimento morboso, quella saccenza di comandare la vita di un’altra persona.
Esmeralda gliene aveva parlato, più e più volte come la rappresentazione dei suoi peggiori incubi. Le capitava di sognarlo, a volte, e di svegliarsi di soprassalto dalle tenebre in cui era costretta a rivederlo e a rivivere il suo volto spigoloso.
Molte mattine l’aveva vista turbata e quasi pallida e non c’era bisogno di molte parole per capire a chi e a cosa fosse dovuto il suo stato.
‘Come puoi pretendere che lei resti se stessa dopo averle rimosso i ricordi e gli avvenimenti che l’hanno resa tale. Come puoi pretendere che lei resti la stessa di ciò che è.’
‘Comprendo la tua confusione pirata, non hai mai praticato l’alchimia e non conosci i suoi benefici. Quello che la sta facendo soffrire sei TU, pirata. Se tu non ti presentassi a lei ogni giorno non dovrebbe più subire nulla, non saremmo arrivati a questo punto, e invece è a causa tua se devo ancora sottometterla a tutto questo.’ E gli fece comprendere tutto. Ogni suo piano. Ogni suo delirio. La stava forzando a diventare un'altra persona. La stava forzando a dimenticarlo. ‘Sei tu a decidere del suo destino, quindi. Puoi salvarla da questa sofferenza e dalle prossime. Se sceglierai di lasciarla andare e non farti più vedere da lei, ti lascerò andare senza farti alcun male. Continuerai la tua vita, quella che ti sei scelto, con la tua salvatrice e farai conto di averla persa di nuovo, oppure potresti pensare di non averla mai ritrovata. Posso aiutarti, se vuoi, e fare si che faccia meno male per te.’ Disse falsamente benevolo. ‘Tu dovrai preoccuparti solo della tua Salvatrice e non dovrai avere più alcuna interferenza nella sua vita, in alcun modo.’ Gli propose mentre riprese a girargli intorno. ‘Oppure, potrei cancellare anche lei da te, ma temo di avere gli stessi risultati e non so quanto mi converrebbe. Non ho molto tempo. Per forza di cose poi, se decidi di perseverare in questa tua malsana intenzione, dovrò ucciderti perché comprendi che non ho scelta. Tu sei un ostacolo che non posso permettermi.’
Frollo attendeva risposta mentre, a mani giunte, gli si era parato davanti.
Killian alzò gli occhi, dopo aver ascoltato ogni singola parola uscita da quell’uomo viscido. Ciò che si palesò di fronte a Frollo fu uno sguardo truce e violento che prometteva vendetta.
‘Non ti permetterò mai di farle del male. Non ti permetterò mai di attuare il tuo piano. Non ti permetterò nemmeno di torcerle più un capello. Lei non sarà mai tua e io non la lascerò mai nelle tue grinfie. Lotterò per lei fino a che avrò fiato! Lotterò per lei sempre!’ Frollo a tutta quella forza d’animo che l’animava non si scompose più di tanto. Dedicò solo un piccolo ghigno al pirata che sembrava non piegarsi alle sue volontà. ‘E allora non preoccuparti, non durerà a lungo. La sua sofferenza sta per avere fine con la tua imminente morte e tu, in un certo senso, l’avrai salvata. Sarai il suo salvatore, non sei contento?’ e un sorriso di compiacimento gli riempì il volto a quel pensiero.
Mancava poco, pochissimo e il suo piano avrebbe avuto la fine che tanto attendeva ed Esmeralda sarebbe stata sua, per l’eternità.
 
‘Sei uno sciocco! Ci hai quasi fatto scoprire.’ Sibilò qualcuno a denti stretti.
‘Mi sono ripreso in fretta, per quanto tu possa vedere!’ rispose Frollo cercando di non dar peso alla cosa. Prese la caraffa in mano, dando le spalle all’ospite presente, e intenzionato a riversarlo in una grande mug capace di ridargli le forze necessarie dopo quella intensa giornata.
‘Ripreso, dici? Ripreso? Se non fosse stato per me non ti saresti tirato fuori da quella situazione e avresti coinvolto anche me!’ digrignò i denti l’uomo che, di fronte a Frollo, si stava alterando anche per la sua mancata gratitudine. ‘Se ti ho fatto entrare in questa città era perché volevo che eseguissi i tuoi piani nel pieno riserbo. Volevi la zingara? Te l’ho offerta su un piatto d’argento, indicandoti ogni sua mossa e il suo prediletto e amato capitano affinché la distogliessi da lui e ne facessi ciò che ti pare ma hai combinato un casino!’
Frollo ruotò gli occhi, esausto da quei continui rimproveri. Nella vita non era mai stato sottomesso da nessuno, e il fatto che l’uomo che gli era di fronte gli stesse rinfacciando ogni sua azione dedita ad aiutarlo, lo irritava parecchio.
‘Il piano è quasi terminato, ed è vero che si è complicato qualcosa, ma ho tutto sotto controllo. Poi nessuno ti ha visto, di cosa ti lamenti?’ attizzò stizzito.
L’uomo, a quel punto, stanco per la continua riconoscenza mancata, lo prese per il bavero della camicia e se lo portò davanti.
‘C’è che ho altri piani di cui occuparmi e i tuoi guai mi stanno togliendo tempo prezioso che dovrei spendere a fare altro.’
‘Non avrai più nulla di cui preoccuparti. Lo prometto.’ Disse Frollo sostenendo il suo sguardo arcigno, quasi come se per la prima volta temesse qualcuno. ‘Il piano è quasi terminato e la zingara è quasi pronta a diventare come nuova. Ognuno di noi avrà avuto ciò che voleva. Per te, ucciderò il pirata e, per me, farò mia Esmeralda.’
Il sorriso dell’altro uomo si fece ancora più grande a quella notizia. Lasciò andare il giudice e gli lisciò la camicia sgualcita.
‘Benissimo. Entrambi pagheranno per ciò che hanno fatto e per me non c’è soddisfazione migliore.’ Sibilò infine, prima di scomparire in una nube viola.
 
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ANGOLO AUTRICE:
 
Eccomi qui, miei cari lettori.
Vi prego di perdonarmi per la mia prolungata assenza ma ho avuto un periodo un po’ difficile in cui ogni volta che aprivo Word decisa a continuare la storia mi si presentava il vuoto più totale davanti. Avrò scritto qualcosa ogni non so quanto, ma ora sembra andare meglio e il mio ritmo sembra essere tornato alla normalità.
Spero che questo capitolo vi piaccia altrettanto come tutti i precedenti e che soddisfi le vostre aspettative. C’è stato un piccolo confronto Killian/Frollo ma non sarà il solo, la storia è ancora in pieno sviluppo e ci sono ancora un po’ di cose da raccontare per bene.
E chi sarà l’uomo con cui Frollo parla alla fine del capitolo? Partono le scommesse. Vediamo se riuscite ad indovinare. lol
Lasciatemi delle recensioni in merito perché sono curiosa di sapere cosa ne pensate, e voglio confrontarmi con voi. Tra l’altro son contenta che questa storia – insieme alla prima parte – stia crescendo tanto. Ogni giorno – o quasi - mi arrivano i vari apprezzamenti che mi spingono sempre più a continuare ciò che faccio.
Siete un gran monito per me, e vi ringrazio davvero dal profondo del cuore.
Grazie per il tempo che mi dedicate, e grazie per i pareri che mi date.
Grazie di tutto. ♡
 
Vi lascio con l’augurio di un buon anno e delle buone feste per tutti voi.
Alla prossima.

PS: Se vi va, e se non l'avete ancora visto, qui trovate un piccolo teaser di un video che ho voluto creare per questa fanfiction.
Voglio premettervi che: è il primo video in cui mi cimento, non ne ho mai fatti prima, quindi siate clementi. ;D
Mentre qui trovate il blog Tumblr dedicato alla storia con varie estratti e/o preview dei vari capitoli.
Vi ringrazio tanto. 
 
-Elle.

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Capitolo 12
*** CAPITOLO XII ***


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CAPITOLO XII
 
 
Esmeralda si risvegliò da quel sonno profondo quasi come disabilitata ancora una volta.
Si sentiva stanca, e debole e priva persino della benché minima voglia di aprire gli occhi. Li aprì piano, poi, per ritrovarsi completamente isolata: le pareti che le si presentavano di fronte erano completamente spoglie e fredde, lo spirito che aleggiava in quella stanza la faceva tremare.
Un tremendo odore di muffa riempiva tutta l’aria dandole la nausea. Istintivamente si portò una mano sul naso per diminuire quell’odore e sensazione fastidiosa.
Tutto era grigio e sguarnito di ogni cosa. Solo una finestra, posta in alto, sembrava illuminare la stanza di una luce mattutina che filtrava tacita e tenue illuminando un solo anfratto dell’enorme camera.
Ella la percepiva anche se non le arrivava appieno: poteva intravedere solo una parte di quel cielo azzurro.
Esmeralda si avvolse in un suo stesso abbraccio per riscaldarsi. Lì dentro si ghiacciava davvero e intorno non aveva altro per coprirsi.
Dov’era finita? E com’era finita lì? L’ultima cosa che ricordava era il suo arrivo in negozio quella mattina, l’incontro con Frollo e poi più nulla. Si toccò con un gesto automatico il capo quasi a costringersi a ricordare gli eventi che mancavano all’appello, ma senza nessun risultato.
Quella non era la sua stanza, e allora dov’era? Com’era finita lì?
La testa iniziava a dolere di più quando cercava di pensarci: varie fitte e giramenti di capo la costringevano a smettere poco dopo e a chiudere gli occhi. Appoggiò la testa alla parete, e ad occhi chiusi, attese che quel dolore svanisse.
Forse era troppo stanca, forse era troppo debole. Non avrebbe più dovuto provarci.
Si guardò intorno cercando di sfuggire a quel senso di oppressione che sembrava invaderla. Essere chiusa, in quel modo la rendeva nervosa.
Con un movimento lieve e misurato si alzò dalla brandina su cui si era accovacciata e cercò di dirigersi verso quell’unica finestra che sembrava dare sull’esterno.
Era molto più alta di quanto credesse, perciò pensò di trascinare il piccolo tavolinetto posto nell’angolo fin sotto di essa per salirvi. Il tavolo, trascinato, prese a garrire in modo stridente e sonoro in tutta l’area producendo un eco che rimbombava tuonandole addosso, in quanto vuota. Esmeralda cercò di sopportarlo.
Era vitale, per lei, vedere il cielo e la sua serenità sembrava essere suggerita tutta da quel colore tenue e cristallino. Sembrava quasi vitale, e nemmeno lei, ne comprendeva pienamente il motivo. Quando posizionò il tavolo, a piedi nudi e con un evidente agilità che non rimembrava nemmeno avere, salì su di esso e ne osservò lo spettacolo: La lieve luce del sole insieme ai suoi caldi raggi le penetrarono fin sotto l’epidermide e la fanciulla sembrò goderne. Finalmente un po’ di calore, pensò sorridendo.
Quando aprì gli occhi il cielo che le era dinanzi le sembrò la cosa più bella mai vista. Si sentii in pace con sé stessa, quasi, e il mal di testa che le premeva sulle tempie sembrò svanire nello stesso attimo in cui lo vide. Si sentiva bene.
‘Esmeralda!’ una voce profonda, più alta di un ottava, squarciò la sua pace e la tranquillità che si era instaurata. Esmeralda, per lo spavento arrecato, quasi cadde dal tavolo su cui si ergeva perdendo l’equilibro, ma per qualche caso fortuito riuscì a mantenerlo. Si voltò poi di scatto per scoprire chi era entrato senza alcun preavviso.
Lo sguardo cupo e ammonitore di Frollo la fulminò costringendola a scendere come se avesse fatto chissà quale danno o casino. A capo chino e lentamente si avvicinò all’anziano a mani giunte.
Non sapeva perché lo stava facendo.
Sentiva la sottomissione come una cosa lontana da lei, eppure si stava avvicinando come se sentisse davvero quel rimprovero.
Esmeralda si lisciò il vestito sgualcito. Non sapeva che aspetto avesse, quella mattina non aveva avuto tempo per guardarsi e ora che poteva notarlo, non vi era nemmeno alcuno specchio lì per rimirarsi.
Non osò immaginare che aspetto avesse in quel frangente.
‘Esmeralda.’ Continuò quello. ‘Cosa ci facevi su quel tavolo in quella maniera?’
‘Avevo un gran mal di testa e sentivo il bisogno di sentire e vedere il cielo per risanarmi. La nausea mi stava attanagliando l’animo e sentivo che una piacevole brezza avrebbe potuto cambiare le cose.’ Confessò, sentendosi colpevole.
L’uomo la osservava mentre piano si sfilava la giacca per riporla poi all’appendiabiti.
‘Il cielo? La brezza? Tutte baggianate. Tu non hai bisogno di queste cose. Tu devi rimanere nascosta qui.’ Le disse, ponendole due mani sulle spalle per fissarla meglio negli occhi.
Nascosta…? Perché nascosta?
La fanciulla piegò leggermente la testa di lato ad osservarlo meglio in quella rivelazione.
‘Nascosta? Da cosa?’ chiese.
Frollo si morse la lingua cento volte. Avrebbe dovuto omettere quella parola e sostituirla con un’altra! Stava facendo un errore dietro l’altro. Era diventato un inetto o era la strega che ancora possedeva i suoi oscuri poteri a fargli perdere il senno appositamente per fuggire?
La scrutò nuovamente per cercare un alibi a ciò che pensava, ma la ragazza ai suoi occhi continuava a sembrare ingenua, priva di qualsiasi vera intenzione.
Con l’aria autoritaria che non abbandonava mai il giudice esaminò la piccola camera cercando degli indizi che la facessero cadere. Che quella solitudine a cui era costretta le avesse ridato la memoria? E se avesse fatto un passo falso rinchiudendo lì la zingara che era costretta a restar sola con i suoi pensieri e li avesse riacquistati?
‘Come puoi ben vedere, non faccio altro che pensare alla tua salute mia cara. Ti ho portato alcune cibarie che ti rimetteranno in forze.’ Disse spingendola verso il tavolo che aveva rimesso a posto nel contempo. ‘Spero tu abbia fame!’ fece stentando un sorriso.
Frollo non era per nulla abituato a darne, e si sentiva quasi a disagio mentre gliene mostrava un cenno. A cosa si era ridotto per quella donna. Cosa doveva fare per averla!
‘Tanta!’ fece, pregustando già il buon sapore degli alimenti da cui si elargiva un così tanto buon odore.
La zingara fece i suoi ultimi passi prima di riuscire a mettersi comoda accanto a quell’uomo. Lui era l’unico di cui si fidava, l’unico che l’aveva accolta e aiutata. L’unico in grado di supportarla, e per gran parte del tempo iniziò seriamente a considerare la proposta che le era stata posta tempo prima dal suddetto. D’altronde chi altri aveva più? E poi nel tempo, oltre la devozione nei suoi confronti, aveva iniziato davvero a sentir nascer qualcosa di diverso, a provare qualcosa per quell’uomo che agli estranei sembrava del tutto freddo e ostile. Il suo cuore l’aveva mostrato solo a lei e voleva pur dire qualcosa.
E se avesse unito la sua vita alla sua come egli desiderava in segreto da tempo? Quell’idea, per la prima volta non le sembrava poi così malvagia.
‘Che ci faccio qui?’ gli chiese poi, prendendo coraggio.
‘Oh mia cara, non ricordi nulla di ciò che è accaduto, vero?’ Frollo le dedicò uno sguardo premuroso mentre l’esaminava. ‘Un epidemia ha invaso l’intero paese, stavi per contrarre il virus anche tu, ma fortunatamente sono riuscito a salvarti in tempo e portarti qui dove ti tengono al sicuro.’
Esmeralda restò scioccata da una simile rivelazione. Era per quello che si era sentita male prima? Era per quello che aveva quel senso di oppressione che non l’allontanava? Era per quello che sforzandosi di ricordare si sentiva male? Ella venne prese dal panico a quella notizia e iniziò a vagare così per tutto il perimetro della stanza, senza sosta, per sbollirsi.
‘E… e potrei infettarti ora allora. E’ meglio che tu vada.’
Frollo le andò incontro e vedendola visibilmente spaventata cercò di fare quello che una persona avrebbe dovuto fare in quelle situazioni: tranquillizzarla, ma non sapeva bene come fare.
Esmeralda era spalle al muro con la testa tra le mani a scervellarsi su quella rivelazioni mentre collegava tutti i suoi sintomi a quella epidemia che probabilmente aveva contratto. ‘E se non mi avessi salvato e io stessi ancora male? Sto ancora male… ecco perché ero alla finestra prima, ecco perché…’ Esmeralda prese ad ansimare forte.
Ella aveva perso molto del suo temperamento e della sua temerarietà in quel cambiamento. Avendo rimosso tutto le esperienze e tutto ciò che erano state le sue avventure, aveva rimosso a sua volta anche tutto ciò che l’aveva resa tale. In un certo senso l’aveva modellata. Ecco perché ora era più vulnerabile, più timorosa di quanto non fosse mai stata.
Erano le conseguenze del cambiamento che le era stato imposto, dei ricordi che in lei aveva cambiato.
Frollo, dal canto suo, cercò di far qualcosa per dimostrarle il suo affetto, ma come pretendeva di saperlo fare se tutto ciò era sempre stato sconosciuto a lui?
‘Per me non devi avere alcun timore: sono immune.’ Annunciò sperando che quello bastasse a calmarla. Era la prima cosa che gli era balenata in mente, e sembrava plausibile.
‘E gli altri?’ gli chiese facendolo sbiancare. ‘Gli altri come stanno?’
‘… gli altri? … chi sono gli altri?’ domandò con un filo di voce. E se ricordasse? Quella paura riemergeva sempre nel suo animo.
‘Gli altri cittadini, come stanno?’
Frollo riprese a fiatare. Non ricordava nulla, allora. Restò però sorpreso da quell’altruismo.
Egli notò come quel suo senso di altruismo e cura per gli altri restasse in lei a quella domanda. Non conosceva nessuno in quella città – o almeno questo era quello che gli aveva impresso nella mente e nei ricordi -, ma nonostante ciò, nonostante tutte le pozioni e tutte le sedute, quel suo senso nel preoccuparsi per gli altri restava in lei quasi a farle da perno.
Era del tutto innato per lei mentre lui non riusciva a spiegarsi una simile preoccupazione.
Che importanza avevano gli altri?
‘Oh, gli altri… stanno bene.’ Cercò di proferire abbassando lo sguardo come conviene a chi mente. ‘Alcuni sono qui, ma gli altri stanno bene.’ Cercò di sembrare il più sincero possibile così da non destare sospetti e mantenere la sua copertura.
Esmeralda parve più tranquilla e rilassata a quella notizia e Frollo ne restò sempre più sorpreso e disgustato da così tanta filantropia.
Nel contempo di quell’incontro il giudice non fece altro che metterla alla prova e cercare di plagiarla ancor di più con i suoi subdoli mezzi.
‘Sei preoccupata per qualcuno in particolare?’ chiese l’uomo misurando ogni gesto ed espressione per capirne i celati significati mentre imboccava un chicco d’uva.
Esmeralda scrollò le spalle mentre guardava fissa il grappolo che aveva tra le mani. ‘A nessuno, credo.’ E un mezzo sorriso le spuntò sul viso.
‘Pensi che quell’uomo che viene di tanto in tanto in negozio… com’è che si chiama? Lo vedo con te molto spesso.’
Esmeralda aggrottò la fronte, segno del fatto che ci stesse realmente pensando. Bene! Pensò Frollo, sempre con gli occhi su di lei.
‘Io… non ricordo il suo nome.’ Decretò restandone sorpresa anch’ella. Eppure ogni mattina, puntuale come sempre, le si presentava davanti elargendo parole su parole.
La soddisfazione cominciò a farsi strada sempre più. ‘Senti qualcosa per lui?’
‘Per chi?’ chiese Esmeralda, ingenuamente, non capendo ancora il nesso di quel discorso e del perché si fosse puntato su quella persona in particolare.
‘Per quest’uomo che viene a trovarti ogni giorno. Provi qualcosa per lui?’
La zingara non sapeva il motivo di così tante domande su quell’uomo e ne restò confusa mentre ci pensava seriamente.
‘No.’ Disse infine scuotendo il capo, decisa. ‘Come potrei provare qualcosa verso un uomo di cui non ricordo nemmeno il nome?’ La fanciulla prese le mani di Frollo dentro le sue. ‘Potrete definirmi pazza, se volete, ma se devo provare qualcosa per qualcuno la provo per voi che mi avete sempre protetta e amata come nessun’altro tenendomi al vostro fianco da tempo immemore. E’ verso di voi che sento di provare qualcosa.’ Dichiarò spiazzando il giudice che non si aspettava di certo un simile risultato tanto presto.
La lontananza da quel pirata stava dando i suoi frutti ancora prima del previsto. Era bastato non vederlo per lei, per dedicarle tutte le sue attenzioni e dedicarsi a chi davvero amava nel profondo.
Frollo le si avvicinò ancor di più a quella rivelazione. Erano a pochi centimetri l’uno dall’altro e le sue labbra carnose che aveva desiderato per secoli erano a un millimetro da lui.
Si sentiva a un millimetro anche dal paradiso per tutte quelle gioiose rivelazioni che stava avendo quel giorno dopo tanto lavoro.
‘Perché dovrei trovarti pazza?’ disse mischiando i suoi occhi ai suoi. ‘E se ti dicessi che era da tempo che aspettavo una dichiarazione del genere da parte tua, nonostante sappia che non conviene ad una donna farlo. So che avrei dovuto essere io a fare un primo passo ma essendo ciò che sono, come potevo trovare il coraggio di un simile gesto? Ma ora che me lo hai rivelato sento di essere l’uomo più felice del mondo.’
Uno sguardo. Un battito di ciglia e due sorrisi che diventano un tutt’uno. Uno di essi pregusta già quell’agognato bacio da parte di chi, per lui, è oggetto del desiderio da anni. Le distanze stanno per abbattersi e Frollo è già sul punto di entrare in paradiso.
Un bussare ripetuto alla porta spezza l’idillio. La magia svanisce. Esmeralda si allontana dal viso di Frollo lasciandogli le mani e chiudendole a pugno sulle ginocchia in totale imbarazzo.
‘Ministro Frollo, il monco è fuggito.’ Annuncia una guardia.
‘Cosa?’ sibila Frolla tra il nervosismo e l’esaurimento che inizia a farsi strada dentro di lui.
‘Non è più nello stabile. Sembra essere sparito.’
‘Ma come io…’ rimugina tra sé pensando a come quel lurido pirata possa essersi liberato. Rabbia. Paura. Sdegno. E’ in grave pericolo. Quel bastardo sa tutto e ancora di più, in quel momento, è una minaccia. ‘Io… io arrivo subito!’ decreta alzandosi di scatto.
‘Devi andare già via?’ chiede Esmeralda con gli occhi languidi.
‘Purtroppo sì, mia cara. Un altro nelle tue condizioni è fuggito e se non lo recuperiamo subito potrebbe far gravi danni. Deve essere fermato.’ Gli occhi saettati di sangue. La fine del pirata era stata decretata: l’avrebbe trovata e ne avrebbe posto la fine senza esitazione, soprattutto dopo quello sgarro.
 
 
--
 
Quando Killian fece la sua entrata nella stazione di polizia per poco non si accasciò straziato al suolo.
Non sapeva quante miglia aveva percorso fuggendo, sapeva solo che il luogo da cui era fuggito era molto lontano da dov’erano tutti.
‘Killian, che succede?’ fece avvicinandosi Mary Margaret che si trovò davanti una simile scena.
‘Emma.’ Fiatò. ‘Dov’è Emma?’
‘Te la chiamo, okay? Sembra che tu non vada molto d’accordo con i telefoni.’ E Biancaneve ruotò gli occhi di fronte a quel pirata che ancora non si abituava alla tecnologia.
Ella stava per comporre il numero della figlia quando quest’ultima si palesò di fronte ai loro occhi con Pierre.
‘Ehi Hook, perché questo fiatone? Capisco che non riesci a starmi lontano ma non dovevamo vederci più tardi?’. Emma era serena e spensierata. A Killian sembrò persino che stesse ridendo quando era entrata.
‘Io… cosa? Quando ci siamo messi d’accordo per questo? Sono giorni che non ci vediamo!’ asserì facendo scendere il gelo nella stanza.
Il sorriso, dal volto di Emma scomparve a quella confessione. Fu Mary Margaret a prendere la parola, anche se sul suo volto aveva la stessa espressione della figlia: ‘Ma se vi siete visti e poi sentiti poco fa. Killian, che ti prende?’
Killian guardò i tre che, con espressione abbastanza seria, iniziavano a chiedersi se non stesse impazzendo.
‘E’ da giorni che non ho il mio telefono parlante. Non ho visto, né sentito nessuno di voi, come devo dirvelo?’
‘E se non sei stato tu chi è che fino a prima è entrato ed uscito di qui spacciandosi per te?’ fece Emma, sconcertata dal fatto che avesse avuto Killian accanto fino a poco tempo prima che non era lui. Chi aveva abbracciato? Con chi si era confidata? E a chi aveva dedicato ammiccamenti e quant’altro?
‘Qualcuno si è spacciato per me? Non l’avrai mica anche baciato!’ pensò Killian, aggiungendo preoccupazione all’ansia.
‘NO!’ urlò Emma, arrossendo. ‘Voglio dire non ne ho avuto il tempo… e menomale.’ Disse in un sussurro voltandosi a guardare altrove per il totale impaccio in cui si trovava.
‘Okay, nessuno ha baciato nessuno qui,’ fece Pierre riportando all’ordine le cose, esausto di stare sulle spine. ‘Allora chi era quel tizio?’ chiese guardando i presenti.
‘Non ne ho la più pallida idea.’ Esalò Emma, disgustata mentre abbandonava il caffè sulla scrivania.
‘Che sia Frollo?’ chiese Killian, più tra sé che con il resto della stanza.
‘Ma Frollo non ha poteri, non può cambiare aspetto.’ Constatò Pierre.
‘Sì, ma ha l’alchimia dalla sua parte ed è con quella che ha plagiato e sta plagiando Esm costringendola a dimenticare ogni suo legame e facendole del male.’
Nell’aria il silenzio.
Pierre avanzò verso di lui. ‘Hai detto Esm? Dov’è? Con lui?’ Strinse i pugni.
‘E con lui che sei stato per tutto questo tempo?’ dedusse Emma, più in un affermazione che in una domanda.
‘Aye.’ Killian annuì, accigliato e sull’orlo della rabbia per non averla trovata. ‘Ero con lui quando siete arrivati in negozio. Ero andata a cercare Esm prima che lui mi colpisse, mi legasse e ci portasse altrove per impedirvi di trovarci. E’ li che sono stato per tutto questo tempo. E’ lì che tiene Esmeralda.’
‘Lei come sta? Dov’è?’ Ormai Pierre era un covo di rabbia pronto ad esplodere e scagliarsi su Frollo.
‘Ho cercato di trovarla prima di fuggire, ma è uno stabile ampio, pieno di immense stanze che portano ad altre e altre ancora. Ho pensato che tornando qui e unendo le forze potremmo fare di più per trovarla, e in fretta.’ Emma annuì. Aveva fatto la cosa giusta, andando da solo ecco cosa aveva fatto: si era fatto prendere e aveva concluso poco.
‘Dov’è questo posto?’ chiese la salvatrice.
‘Ecco il punto: vengo ora dì lì e so che è abbastanza lontano perché ho camminato parecchio ma non ricordo la strada percorsa… è come se fosse scomparsa.’
‘Un incantesimo di protezione.’ Dedusse Mary Margaret che era rimasta in ascolto.
‘Con l’alchimia non credo, però, riesca a fare tanto. Deve avere qualcuno. Deve avere un complice all’interno che lo copre in tutto e per tutto.’ Considerò Emma, lasciando tutti perplessi ed esterrefatti per quel pensiero che non avevano considerato.
‘Ecco anche perché l’incantesimo di localizzazione non ha funzionato.’ ipotizzò Pierre.
Emma annuì a quella deduzione ovvia del poeta. ‘Come ci muoviamo allora, per trarla in salvo?’ Dovevano escogitare un piano, e in fretta.
‘Cosa ha in mente Frollo, Killian?’, fece Mary Margaret alle sue spalle. ‘Perché aveva preso anche te?’
‘Aveva intenzione di eliminarmi, così da permettere ad Esmeralda di assimilare meglio le nuove informazioni che le sta dando. Ha detto che io sono l’unica pecca di un piano altrimenti perfetto che altrimenti gli permetterebbe di concludere la sua opera.’ Lo sguardo, involontariamente cadde su Pierre per carpirne la gelosia che pian piano andava avanzando dentro lui.
‘Avete più trascorsi, questo è certo.’ Giustificò il poeta trattenendo l’astio. Di lui non ricordava nulla, nemmeno quando andava a trovarla, mentre il pirata… il pirata viveva ancora in lei.
Io sono una costante, un perno capace di farla pensare seriamente. L’unica cosa che non è in grado di lasciare andare completamente. E’ ciò che mi ha detto.’ Il silenzio riempi la stanza mentre tutti cercavano di assimilare – e inghiottire – le informazioni che venivano date. ‘Lui vuole averla per sé. Vuole avere il suo cuore e l’unico modo che ha per farlo è eliminare ciò che è stato, e tutti i suoi legami passati e presenti in modo che possa dimenticare il male che le ha fatto e innamorarsi di lui completamente.’
‘E’ una cosa… orribile.’ Sibilò Mary Margaret che diede voce a tutti i loro pensieri che non si azzardavano ad uscire. ‘forzare il destino. Forzare il cuore a battere per qualcuno. Che possiamo fare? Come possiamo salvarla?’ continuò esaminando il volto dei tre che erano con lei.
Emma corrucciò la fronte in cerca di un idea, un illuminazione, un qualcosa dell’animo di quella salvatrice che aveva sempre avuto.
La rabbia nell’animo di Pierre si fece ancora più forte: avrebbe trovato Esm, l’avrebbe salvata e avrebbe dato il ben servito a quell’uomo che l’aveva segregata privandola di tutto e prima ancora di se stessa.
Non importava cosa avrebbero fatto o detto gli altri, una volta lì avrebbe reso fine alla sua vita per ciò che aveva fatto.
‘E se chiamassimo Ray? Lui ha un legame di sangue con Esmeralda, potremmo creare un incantesimo di localizzazione più forte e trovare il posto in cui la tiene nascosta.’
‘Vado a cercarlo.’ Si propose Pierre, mentre stava già per avviarsi. ‘Chiamo David affinché ci raggiunga e arrivo.’
‘E poi?’ Killian attendeva già il piano d’azione per prepararsi.
‘E’ l’unica cosa che ora sono riuscita a pensare. Dopo essere riusciti in questo penseremo al resto, non preoccuparti.’ Emma si fermò giusto un attimo per fissarlo negli occhi e tranquillizzarlo prima di seguire Pierre nella ricerca di Ray. ‘Killian, tu forse è meglio che riposi. Non voglio tu svenga. Andremo io, Pierre e David.’
Killian afferrò un braccio di Emma e la fece voltare. ‘Non crederai davvero che io resti qui mentre voi affrontate quell’uomo? Non puoi essere seria.’
‘Mi preoccupo per te, lo vedi così malsano?’
‘Ti ho dimostrato più volte che riesco a sopravvivere, non crederai che ora che c’è in ballo la vita di Esm io me ne resti qui a far nulla? Per lei farei di tutto e ora sotto le grinfie di quell’uomo io non resterò qui a non far nulla. Perderò il sonno se è necessario ma Esm dovrà tornare da me e in sé il prima possibile.’
‘Ti ammalerai così.’ Emma gli carezzò una guancia premurosa e preoccupata seriamente per la sua salute. Era da giorni che non lo vedeva, aveva appena constato, e da quando Esmeralda era sparita si era fatto in quattro per cercarla, per trovare un modo, per salvarla. Sempre.
‘Mi ridurrò anche a brandelli per lei.’ Fece Killian, deciso.
 
Fuori dalla grande porta della stazione qualcosa non quadrava: Mary Margaret, David e Pierre erano immobili di fronte a qualcosa che né Emma né Killian avevano visto.
L’apprensione fece largo e i due si precipitarono fuori per constatare cosa li avesse bloccati.
Aprirono la porta e tra tutti trovarono di fronte lui: Frollo.
In Killian montò una rabbia disumana, ed era già pronto con il suo uncino a scagliarsi su quell’ossuto e fragile corpo.
‘DOV’E’?’, urlò mentre cercò di raggiungerlo. Emma l’afferrò per un braccio, bloccandolo ed evitando il peggio.
Frollo alla vista del pirata si concesse un applauso di puro gaudio per la scena che gli aveva propinato. Era da tempo che non assisteva a gesti di così tanta passione e ardore.
‘Come volevasi dimostrare sei esattamente dove ho immaginato saresti fuggito, pirata.’ Disse accompagnando la sua acclamazione. ‘Sei corso subito da chi non può fare nulla per salvare la zingara pur essendo la salvatrice. Come ci si sente ad essere così impotenti, mia cara?’ disse ruotandole intorno. ‘Come puoi stare con un pirata che non dedica a te la sua totale attenzione e amore e pensa a cercare qualcuno che di diritto mi appartiene ed è mia?’ domandò congiungendo le mani e fermandosi di fronte ad Emma attendendo risposta.
‘Forse perché il suo amore è molto più vero del tuo dato che la stai ingannando, facendo del male e la stai privando di se stessa per darle una parvenza di amore che in realtà è puro odio nei tuoi confronti.’ Rispose Emma sostenendo il suo sguardo arcigno senza la minima paura con cui voleva persuaderla.
Frollo restò quasi deluso da una simile forza d’animo, ma era la temeraria salvatrice di cui aveva tanto sentito parlare, cosa si aspettava dunque?
‘Immagino cosa ti abbia raccontato, date le tue parole. Beh, era abbastanza prevedibile immaginarlo.’
‘Come è prevedibile immaginare la fine che farai se non la lasci in pace.’ Infierì Pierre andandogli incontro con fare minaccioso.
‘Ah, il poeta!’ Frollo rise di gusto quando notò la sua presenza. ‘Vuoi colpirmi con le tue parole? Tu che meno tra tutti influisci sulla vita della zingara?’ Quel colpo basso tramortì Pierre facendolo oscillare ancora di più in quel sentimento che credeva avesse per lui. ‘Posso capire il pirata, ma tu. Tu sei stato così facile da eliminare. Da distruggere. Ti confesserò una cosa, poeta: Tu sei stato il primo ad essere stato spazzato via dai suoi pensieri e dal suo cuore. Praticamente è bastato un niente. Una parola e puff… sei svanito.’ Sussurrò il prete godendo del suo dolore. ‘Non hai messo radici.’
Pierre ne rimase vuoto, sconcertato. Non poteva crederci.
Come poteva essere? E allora quell’amore e quel tempo passato insieme cos’erano stati per lei? Niente. Se era stato tanto facile da eliminare, non valeva niente allora. Ecco, quella conferma. Ecco quella fitta enorme che sembrava lacerargli il petto.
Quel vuoto riecheggiava in ciò che rimaneva.
‘Non credere alle sue parole, Pierre! Ti sta ingannando così che tu smetta di combattere per lei!’ Lo animò David vedendolo crollare. ‘E’ un suo inganno. Non devi cedere. E’ ciò che lui vuole.’
‘Oh, tu!’ Frollo lo indicò. ‘Tu, il principe azzurro che cerca di incoraggiare un poeta a non arrendersi perché ha troppa paura che il pirata, entrato da poco nella vita della sua piccina, lasci Emma per Esmeralda. Teme che la sua piccina torni a perdere qualcuno e ad alzare i muri che sembra aver rimosso con il pirata. E’ per questo che lo fai, dillo! E’ per un tuo interesse personale, non perché sei un eroe!’
David si sentì in trappola, osservato da ognuno dei presenti con sguardo querelante. Come aveva fatto quel prete a conoscere quelle verità nascoste? Come faceva a sapere tutto ciò che si celava in lui? Killian avanzò lo sguardo verso David per cercare la verità, era davvero ciò che credeva?
‘E tu, pirata, avrei dovuto ucciderti nel momento stesso in cui ti ho preso piuttosto che propagare quest’agonia. A volte non seguo i consigli che mi vengono dati. Ammetto di essere ancora un inesperto in certi ambiti, pur avendo una certa carriera alle spalle.’
‘Cosa non comprendi ancora del fatto che non ti lascerò fare ciò che vuoi? Tu sei un uomo malato.’ Digrignò i denti, Killian mentre stringeva i pugni quasi a sanguinare.
Si stava trattenendo, perché con la violenza non avrebbe ottenuto nulla. Se l’avesse ucciso in quel momento, non avrebbe mai scoperto dove teneva Esm, ed era solo per lei se il suo uncino non era ancora dove avrebbe dovuto essere.
‘Sai in chi vedevo un simile ardore? Nel gobbo storpio che ho cresciuto a Parigi. Più volte gli avevo detto di stare alla larga da lei, di non crederle, e invece? Il suo animo ha continuato a dirgli che era la cosa giusta da fare, che doveva salvarla perché era innamorato della zingarella, sai dov’è ora? All’altro mondo dove non può più godere dei suoi privilegi. Le zingare non sono capaci di vero amore, pirata e sei uno sciocco se credi che lei ti abbia mai amato o che ti ami ora. D’altronde lo sai anche tu, in cuor tuo, ti ha baciato e poi ha finto di dimenticarsene. Si è servita di te come si è servita di tutti coloro che ha conosciuto. La zingara non ha cuore, non è capace di amare e io gliel’ho insegnato. Le insegnato ad amarmi eliminando tutto il resto, compreso te a cui continuava ad aggrapparsi come se fossi un ancora, ma presto tutto questo finirà e voi sarete liberi dal suo sortilegio: da questa voglia malsana di salvarla. Vi libererò di lei per sempre e se tenete alle vostre vite, e ai vostri rapporti, fatevi da parte e lasciate che compi il mio lavoro in pace. Questo è il patto che vi propongo per una convivenza felice.’ Propose sorridente.
Killian lo puntò, come un avvoltoio punta una preda prima di attaccarla.
Questo era l’amore che lui professava di provare? L’amore malato di un uomo che credeva ancora che fosse una strega?
‘E’ bello vedere come tu sia convinto di convincermi a demordere con queste quattro parole. Parli di lei come se fosse una strega e professi di amarla, e di averle insegnato ad amare come se lei non l’avesse mai fatto prima. Tu non sai nulla, tu non sai niente di lei e non è riprogrammando i suoi sentimenti e i suoi ricordi che potrai avere una qualche pretesa su di lei. In fondo sai, in cuor tuo, che lei non è stata e non sarà mai tua nemmeno così, prete.’ Killian era ad un palmo dal suo viso mentre con quella rabbia velata gli mostrava che per quante minacce e giochi mentali facesse lui non avrebbe mai ceduto, perché se sai per cosa e per chi combatti non puoi cedere e non vuoi cedere.
‘Temo che allora non ci sia nulla da fare per convincervi. Pensavo teneste di più alle vostre vite, e pensavo che sarebbe stato più facile attuare il mio piano quando sono entrato in questa città.’
Emma aguzzò l’udito a quell’affermazione. Entrato in città? Quindi non c’era da prima? Come aveva fatto ad entrare in città senza la formula?
‘Come sei entrato in città?’ chiese Emma avanzando verso di lui e sorpassando Killian.
‘Questa è la storia più bella, e credo di non averla nemmeno raccontata al pirata. Perché vedete, è stato Tremotino.’ Il timore si espanse tra i presenti che al solo nome agghiacciarono restando immobili.
‘Tremotino… non può essere. E’ stato esiliato…’
‘Oh, è tornato. E da un bel po’, in effetti. Per prima è entrato lui e poi, attraverso il confine, mi ha passato la formula per fare lo stesso. E’ stato un gioco da ragazzi. E’ stato lui ad aiutarmi e a dirmi dove trovare la donna che cercavo da secoli.’
‘E’ stato lui ad aiutarti, quindi? Ed è lui colui che ti aiuta ancora?’ chiese Emma.
‘Beh dove non arriva l’alchimia, arriva la magia. Un arte che io non possiedo e che ripudio, tra l’altro, quindi sì. Il vostro Oscuro è il mio complice quindi non potete nulla contro di me.’ La sicurezza che albergava nei suoi gesti e comportamenti, il fatto che dietro tutto quello ci fosse colui che pensavano essersi tolto dai piedi fece tramortire tutti che si trovavano di fronte ai fatti incapaci di pensare davvero.
Che cosa ci faceva l’Oscuro lì, di nuovo? E cosa aveva in mente? Perché potevano giurarci che l’inclusione del piano di Frollo fosse solo un più che non includeva il piano più grande. Dovevano chiedere a Regina, e andare da Belle. Dovevano avvertirla e farsi aiutare da lei in tutto quello.
Solo lei poteva.
Killian ed Emma si scambiarono un accenno e si capirono all’istante.

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ANGOLO AUTRICE: 
Eccovi qui, a fine capitolo.
Ho ricevuto un bel po' di recensioni al capitolo precedente e ve ne sono grata, per questo ho deciso di farvi attendere meno per questo. L'ho scritto davvero in pochissimo e non vedevo l'ora di pubblicarlo, vi dico la verità.
La matassa va sbrogliandosi e spero che gli avvenimenti, con il mio stile e tutto il resto, soddisfino le vostre aspettative. Ci tengo davvero tanto ad avere pareri in merito, quindi recensite per farmi sapere.
Come sempre ringrazio tutti quelli che già lo fanno, e che aggiungono la mia storia ai preferiti/seguite/ricordate. Grazie per il supporto e l'affetto che mi date in ogni circostanza, questo non avrebbe mai preso vita senza voi che mi spronate a continuare.
Grazie mille, ancora - sono ripetitiva, lo so! lol -.

Alla prossima. 


- Elle.

 

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Capitolo 13
*** CAPITOLO XIII ***


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Qui una piccola nota musicale per accompagnare il capitolo, dato che sostanzialmente è quello che mi ha aiutata a scriverlo. 

CAPITOLO XIII
 
 
‘Lui è qui?’ chiese Belle, incredula di fronte ai fatti che le erano stati raccontati. I cinque si erano recati in tutta fretta al banco dei pegni per avvertirla e trovare una soluzione. ‘Ma non è possibile.’
‘Pensavi davvero che non sarebbe tornato?’ fece Mary Margaret con sguardo ovvio.
‘Il pugnale. Devi consegnarcelo e riusciremo a sistemare le cose.’ Intervenne Emma muovendosi verso il bancone.
‘Il pugnale? Ma non ce l’ho io, ce l’ha Killian.’ E tutti gli sguardi vennero puntati a lui. Perché l’aveva lui e perché non aveva detto nulla? Quando l’aveva preso?
Killian si sentì spaesato. Cosa stava dicendo?
‘Chi? Io? Non vedo quel pugnale da quando gli hai detto di andarsene, la prima volta.’ Contrattaccò per togliersi quel sospetto di dosso. Belle doveva aver sognato, perché credere e far credere che ce l’avesse lui? Che intenzioni aveva?
‘Ma te l’ho dato ieri sera per metterlo al sicuro.’ Fece la bibliotecaria, più decisa.
‘Visto quanto ho lottato per liberarmi dell’Oscuro, non potrei certo dimenticare di averlo preso e poi come avrei potuto prenderlo io se ero altrove, imprigionato chissà dove da Frollo?’
David ci pensò davvero su, e annui, considerando ovvia la sua osservazione.
‘Okay, ma se non l’ho dato a te, allora…’
‘L’hai dato a Gold.’ Dedusse Emma, arrivando al nocciolo di tutto prima degli altri. Era stato intelligente nel fingersi un'altra persona per impossessarsi dell’unica cosa che poteva comprometterlo e metterlo fuori gioco. Davvero furbo, ma ora cosa si poteva fare? ‘Ha ingannato te, come ha ingannato me e tutti noi assumendo le sembianze di Killian. E’ tornato, e con lui i suoi poteri.’
‘Il tutto non avrebbe destato sospetti dato che Killian era fuori gioco.’ Vagliò Pierre.
Belle si ritrovò sconsolata in quella visione: si era preso gioco di lei. Di nuovo.
‘Pensavo che non avrebbe più potuto ingannarmi, ma ha trovato nuovamente un modo per farlo.’ Fece Belle affranta, sull’orlo di un pianto. Killian la guardò, e oltre tutto il resto, non riusciva a tollerare che quel coccodrillo continuasse a fare del male.
‘L’esilio è stata una punizione troppo leggera per lui. Avremmo dovuto colpirlo al cuore con il pugnale.’ La rabbia sembrava non abbandonarlo quel giorno e a quella notizia il suo astio non fece che peggiorare visibilmente. La voglia di trovarlo dentro di lui accresceva sempre di più.
‘E adesso il tuo nome sarebbe lì sopra.’ Emma cercò di farlo ragionare. Di calmarlo.
‘E’ un prezzo che avrei pagato per non vederlo più.’ Continuò Killian non demordendo. ‘Se non fosse stato per lui quel pazzo ora non sarebbe qui a far del male ad Esm e…’
‘Non arrabbiarti. Ti ho detto che troveremo un modo e lo sconfiggeremo ancora una volta.’ Gli occhi di Emma erano in quelli di Killian, intenta a rassicurarlo.
Doveva calmarsi. Così non ragionava. Così non si andava da nessuna parte.
Chiuse gli occhi e inspirò l’aria a pieni polmoni. Doveva mantenere la calma. Espirò.
‘Dobbiamo capire come.’ Pensò Mary Margaret.
‘Prima però pensiamo ad Esmeralda. Prima la salviamo, prima pensiamo a sconfiggere chi ha causato tutto questo.’ Spiegò Emma per non accavallare troppe cose insieme. Una cosa per volta per non impazzire, e la priorità andava sicuramente alla povera ragazza segregata chissà dove.
‘Vi aiuterò io.’ Intervenne Belle, risoluta. ‘Non permetterò che né Frollo, né Gold le facciano del male. Non gli permetterò di perseguire nel suo piano, e se c’è un modo per fermarlo io devo trovarlo. Esm ha già sofferto più di ogni essere umano, e credere ad un uomo che sostanzialmente voleva ridurre il suo cuore in polvere per puro egoismo… non l’accetto. Finalmente era felice, finalmente era serena.’ Disse Belle, che non riusciva a capacitarsi, non riusciva a pensare davvero a quanta malvagità l’Oscuro avesse dentro sé. Come aveva fatto ad innamorarsi, a credere che quell’uomo fosse diverso da come tutti lo vedevano? Era un assurdità. Era assurdo anche solo pensarci.
Era stata, ed era, un ingenua.
Nel mentre la bibliotecaria stava già cercando di darsi da fare muovendosi in ogni dove nella sala in cerca di qualcosa che potesse fare la differenza, che potesse aiutarli nell’impresa.
Ogni oggetto, ogni libro poteva essere una potenziale arma e Belle non voleva darsi per vinta. A muoverla in tutto questo non era solo il suo cuore d’oro ma l’affetto profondo che provava per quell’amica ritrovata. Non l’avrebbe abbandonata, gliel’aveva promesso, e così sarebbe stato.
Emma le andò incontrò e le prese le mani, intenta a fermarla. ‘Sei troppo scossa, Belle, perché non ti fermi un attimo?’
‘Non posso. Ogni attimo che passa è un attimo in più di agonia per Esm, e non posso tollerarlo. So cosa ha passato, lo sa anche Killian molto più di me, e non voglio stia dov’è un attimo in più.’
Emma la guardò dritta negli occhi, era visibilmente provata da tutte quelle informazioni ma voleva continuare a cercare. Forse per sbollirsi, forse per distrarsi dalle troppe notizie apprese e dal troppo dolore che quel ritorno e inganno le aveva arrecato.
Ognuno di noi, d’altronde, reagisce al dolore come meglio può. Ognuno ha le sue armi per difendersi e forse questo era ciò che stava facendo.
‘Okay.’ Sibilò Emma, con un mezzo sorriso, ancora preoccupata per lei ma decisa a darle corda.
Era una ragazza in gamba, e tutti lì in città lo sapevano.
Killian era fermo lì vicino a loro. Una statua di marmo non avrebbe retto il confronto. Aveva la fronte corrucciata, gli occhi fisso su un determinato punto del pavimento mentre era intento a pensare, intento a catturare ogni cosa che potesse cambiare gli avvenimenti in corso e potesse salvare Esm.
Cosa potevano fare? Dov’era? Cosa gli stava facendo quell’uomo? So cosa ha passato… aveva detto Belle e fu quello a sbloccarlo, a catturare la sua attenzione e ad indicargli la strada da percorrere, pensò. I suoi occhi fulminei catturarono Belle, oltre il bancone.
‘Sai cosa sta passando anche ora…’ sibilò il pirata con lo sguardo fisso su di lei. Tutti lo guardarono non capendo a chi si stesse riferendo davvero. Stava pensando ad alta voce o si riferiva a qualcuno di loro?
‘Cosa… con chi parli?’ chiese Belle guardandolo stranita.
‘Con te. Tu ci sei passata, tu sai cosa vuol dire perdere se stessi e non ricordarsi chi sei.’ Le fece intuire. ‘Quando sono arrivato qui. Quando sono arrivato, ricordi? Ti ho sparato al confine e tu hai dimenticato chi eri, credevi di essere un'altra persona e non ricordavi più nulla del coccodrillo.’
‘Già…’ osservò Belle ripensandoci. Come poteva esserle sfuggito?
‘L’avevi fatto per vendetta contro il tuo nemico. Dicesti che avevi colpito il suo cuore e che Belle era il suo nascondiglio.’ Asserì Emma sottolineando gli eventi.
‘Aye.’ Annui il pirata. ‘E’ come se lui ti stesse ripagando con la stessa moneta. E’ come se lui stesse facendo lo stesso servendosi di un altro.’ Continuò la salvatrice.
‘L’Oscuro non dimentica. L’Oscuro trova sempre un modo per vendicarsi.’ I pensieri di Mary Margaret furono i pensieri di tutti in quel momento. 
‘Cosa ha fatto? Cosa hai fatto per riavere la memoria e ricordarti chi sei?’ il tono disperato di Killian era più accentuato. Era l’unica cosa a cui poteva aggrapparsi per riportarla indietro. Riportarla da lui, ecco perché riponeva tanta fiducia in quella risposta.
Il pirata pendeva letteralmente dalle labbra della bibliotecaria attendendo una sua risposta.
Belle, ora sotto l’attenzione di tutti, strizzò gli occhi come chi è in cerca di qualcosa, di un evento che possa riportare in vita la speranza. Era da tempo che non pensava seriamente a quel periodo.
‘In quel periodo molti hanno cercato di farmi tornare la memoria. Non ricordavo nulla, e non ricordavo nemmeno il mio nome, infatti continuavo a non comprendere perché mi chiamassero tutti Belle. Ero confusa, spaventata e disorientata perché non ricordavo nulla e non sapevo nemmeno chi fossi e non capivo perché tanto interesse da parte di quell’uomo che mi perseguitava. Sentivo di avere un passato con lui, ma non sentivo assolutamente nulla di ciò che era stato.’
‘E come hai fatto, come si è sbloccato tutto?’ chiese Hook, fremendo.
‘E’ venuto da me.’ Disse David guardando tutti. ‘Gold è venuto da me a chiedermi di aiutarlo a far riemergere la vecchia Belle da ciò che Regina le aveva fatto credere.’
‘Cosa gli hai suggerito allora?’ quelle informazioni date poco a poco lo stavano snervando parecchio.
‘Gli ho suggerito… di mostrargli l’uomo di cui si era innamorata.’
L’uomo di cui si era innamorata? Doveva portarla nuovamente sulla Jolly Roger, farle rivivere i suoi ricordi? Far finta di rapirla? Cosa significava? Quella soluzione lo confondeva ancora di più ora.
Chi era l’uomo di cui si era innamorata? Cosa doveva fare esattamente?
‘Quindi cosa dovrei fare?’ Killian non si aspettava la sua voce in capitolo, forse perché tra tutti nemmeno considerava fosse tra loro.
Forse perché dopotutto lui non aveva mai creduto che lui fosse il suo vero amore. Dopotutto cosa aveva detto Frollo? Era stato eliminato così facilmente dalla sua memoria che come osava farsi avanti decantandosi come quello che avrebbe risolto tutto? Killian non l’accettava.
Non accettava la sua presenza in città. Non accettava la sua presenza in quel negozio tra loro, e più di ogni altra cosa non l’accettava accanto a lei.
Come poteva credere che fosse lui quello che doveva salvarla? Il pirata guardò basso il pavimento, per calmarsi, per stemperare quella rabbia che irrompeva nel suo corpo.
Esmeralda. E’ lei l’obbiettivo. E’ a lei che devo concentrare tutto me stesso. Solo a lei. Un lungo respiro e via.
‘Fermi tutti un attimo.’ Belle richiamò la loro attenzione che ormai stava divagando fuori dai cardini principali. ‘Esm non ne ha bisogno. Lei ricorda già chi è, sa di chiamarsi Esmeralda, sa di aver passato tutto ciò che ha in realtà ha passato, ma in maniera errata. Bisogna solo riportare i suoi ricordi sulla via principale. Lei è ancora lì dentro, bisogna solo riportarla indietro.’
Infatti, non era nelle stesse condizioni di Belle. Lei era ancora lì e doveva tornare a ciò che era. Ma come? Sembrava un rebus senza fine.
Non era una cosa: un vaso a cui dovevi rimettere insieme i cocci, lei era come un binario. Doveva solo ritrovare la retta via verso ciò che era.
Ma riportarla indietro… come se fosse facile.
Come se già non ci avesse provato prima. Come si fa a riportare indietro qualcuno che è tenuta segregata altrove? Qualcuno a cui è stato rimosso la parte vitale del proprio essere? Qualcuno che ha persino dimenticato i suoi legami più forti? Killian si sforzò di pensare. Perché non ricordava nulla del posto in cui era stato? Perché non riusciva ad essere utile nell’unica cosa in cui poteva esserlo?
Cercò di proferir parola quando Belle esclamò: ‘La pozione.’ E gli occhi le brillarono di una luce intensa, nuova mentre grondante di speranza si recò sul retrò del negozio in cerca di qualcosa. Tutti si chiesero cosa le fosse preso.
‘Belle?’ fece Mary Margaret abbandonando gli altri e raggiungendola. Belle era un razzo che si muoveva e dimenava da un angolo all’altro del retro senza sosta. Sembrava cercare in ogni dove qualcosa che aveva perso.
‘Belle cosa cerchi?’
‘La pozione.’ Fece lei non fermandosi nemmeno a constatare chi era. Nel frattempo gli altri, sentendo il frastuono che proveniva dalla stanza, le raggiunsero.
‘Belle, che pozione?’
Belle non rispose alla domanda di Pierre, troppo concentrata sui suoi pensieri ora per prestare attenzione ai presenti. Poi, ad un tratto, si fermò esausta mettendo le mani sui fianchi. Doveva fare mente locale. Dove l’aveva vista l’ultima volta? Gold l’aveva conservata. Lo ricordava come se fosse ieri che ne era rimasta un bel po’ nella boccetta, e non poteva essere svanita nel nulla a meno che… Belle si voltò verso i presenti che la guardavano senza capire cosa l’avesse animata così tanto.
Erano lì in cerca di spiegazioni e tutti sembravano avere un enorme punto interrogativo sulla testa.
‘La pozione deve averla presa lui.’ Dedusse. ‘Ma certo che sì, ha studiato tutti nei minimi dettagli per vendicarsi per bene.’
‘Di che pozione parli, Belle?’ fece Emma mettendosi davanti a lei.
‘La pozione della fata turchina. E’ stata lei a riportarmi indietro quando ero Lacey. E’ stata lei a farmi ricordare chi sono. Rumple mi ha dato una pozione azzurra su cui aveva lavorato lei per uno dei nani che aveva attraversato il confine e che era nelle mie stesse condizioni. Ne era rimasta un po’, lo ricordo ma ora non c’è più.’
‘Era impossibile che ci lasciasse una via di scampo.’ evinse la salvatrice comprendendo lo stato di Belle.
‘Che possiamo fare, allora?’ pierre era intento a trovare una soluzione. Non poteva darla vinta a quel malvagio, non l’avrebbe fatto. ‘Non si può creare nuovamente?’
Un lampo di genio attraversò l’animo della bibliotecaria. ‘E’ ciò che faremo!’ annunciò. ‘Dobbiamo andare da lei, dalla fata turchina. Faremo ricreare la pozione e salveremo Esm.’
 
Belle era subito partita in quarta a quell’idea, e insieme a lei, Pierre e Will erano andati al suo seguito mentre Ray e Ruby li avevano raggiunti poco dopo sul posto. Si erano ripromessi di chiamarsi a vicenda in caso ci fossero state novità importanti. Belle aveva annuito ed era sparita oltre la porta con i due uomini.
‘Cosa faremo noi ora?’ aveva chiesto Mary Margaret intenta a rendersi utile.
‘Come ha detto Belle, cercheremo di creare un incantesimo di localizzazione. Tutte le istruzioni sono sul libro di Regina. Se ci rechiamo alla sua cripta troveremo anche tutti gli ingredienti per crearlo.’ Disse Emma cercando di darsi da fare il prima possibile. ‘Dovremmo creare un incantesimo più forte del solito, perciò tu, Hook, nel frattempo dovrai trovare qualcosa che appartiene ad Esmeralda e portarmela. Qualcosa di forte. Sai come funziona!’ impartì la donna autoritaria.
Hook annui, intento già a metter piede fuori. David andò con lui.
‘Con Frollo che ti ha già preso una volta, non vorrei ci riprovasse.’ Chiarii davanti allo sguardo stralunato del pirata che non poté fare a meno di chiedersi perché lo seguisse.
‘Okay.’ Rispose Killian camminandogli davanti e noncurante di chi gli fosse dietro. Certo gli sembrava strano dopo quello che aveva appena sentito, ma poco importava ora.
Il pirata camminava a passo svelto per la strada mentre David a passo più sostenuto correva per tenergli il passo.
‘Hook, aspettami. Se ti perdo d’occhio a poco sarà servito il fatto che ti sto seguendo.’
‘Sai dove sto andando, quindi anche se resti indietro saprai dove trovarmi!’ asserì il pirata senza guardarlo.
‘Potrebbe succedere qualsiasi cosa da qui all’alloggio di Grannys, e che faremmo poi? Ci ha già provato una volta d’altronde e poi a cosa sarà servito che io ti sia venuto dietro?’ continuò il principe.
‘Non credo sia tanto stupido! E il fatto che tu abbia voluto seguirmi è stata una scelta tua e non mia, quindi se vuoi stare al passo bene altrimenti non è un mio problema. Non adesso, almeno.’ Il pirata si fermò giusto il tempo per fronteggiarlo e chiarire come sarebbero andate le cose durante quel tragitto, in quello scambio che lo stava snervando.
Per lui il principe poteva anche restare lì o raggiungere gli altri. Non importava.
Nulla importava quando il suo obiettivo era qualcosa di ancora più vitale e prezioso. Non avrebbe perso nemmeno un secondo per tenere il passo lento e calcolato di David e camminargli al fianco.
‘Ehi!’ fece il principe raggiungendo e strattonandolo per la giacca di pelle nera con l’intento di farlo girare. Lo sguardo scontroso del pirata che riemergeva gli si parò davanti. ‘Ehi, so quanto tieni a lei, okay? E mi dispiace che tu abbia sentito quelle cose, ma tu ti rendi conto che è ciò che Frollo voleva? Metterci contro per trarne vittoria. Ha fatto lo stesso con Pierre per farlo cadere. Forse è per questo che ora ce l’hai con me, ma sono qui a fare la mia parte per salvarla.’
‘Frollo sa bene come sfruttare le menti altrui, è ciò che ha fatto ad Esmeralda se non ricordi male, ma non preoccuparti di questo. Ciò che ha detto sul tuo conto è l’ultima cosa che mi sta sfiorando i pensieri, ora.’
‘Ma nutri del rancore e lo sento, e non è ciò di cui abbiamo bisogno ora.’
‘Concentriamoci sull’obiettivo principale ora: Esmeralda. E’ a lei che dobbiamo pensare, al resto penseremo dopo.’
‘Non possiamo salvarla se c’è rancore tra noi, Killian, e lo sai. Avresti paura delle mie azioni e non ti fidi di me in questo momento, puoi negarlo?’
‘Assolutamente no!’ asserì il pirata, dandogli ciò che stava cercando mentre inflessibile continuava a camminare senza fermarsi.
‘Pensi che io non abbia paura? Che solo perché sono un eroe non ne abbia il diritto? So quanto significa quella ragazza per te e sì, mi è sfiorato in mente il pensiero che tu possa far soffrire Emma per lei. E’ lecito penso. Puoi farmene una colpa?’
‘E allora preferiresti che lasciassi le cose come stanno? Che se ne occupi Frollo e elimini il problema, il di più che affligge i tuoi pensieri?’
‘So che non è bello sentirsi dire questo, ma hai attraversato un periodo oscuro, ti sei impregnato di oscurità, sai che questi pensieri possono capitare…’
‘Allora nel tuo pensiero oscuro che ti è vacillato in mente, anche solo per un istante, preferiresti che lasciassi perdere? Preferiresti che lasciassi Esm con quello psicopatico e vivessi la mia vita!'
'Non è ciò che sto dicendo!' controbatté il principe facendo valere i suoi principi che tornavano a galla e contrastavano quella versione malsana e contorta che si era creata in lui e che ora era lui stesso a ripudiare.
Come aveva potuto pensare una cosa del genere? C’era già cascato una volta e si era ripromesso che non sarebbe più accaduto. Poteva biasimare il pirata ora, quindi per quella espressione di puro sdegno che gli stava dedicando ora che si era voltato? Fosse stato lui al suo posto… anzi ci era già stato, si riconosceva in tutto ciò che rappresentava e lo compativa.
'E allora cosa intendi?!' Chiese il pirata adirandosi il doppio di quanto fosse lecito, mentre stringeva i pugni per non far qualcosa di troppo avventato di cui poi si sarebbe pentito. Quell’oscurità l’aveva abbandonata ma era in momenti come quelli che tentava di riemergere. Era a quei momenti di rabbia furente che quell’oscurità latente si aggrappava e resisterle, respingerla era ancora un dolore fisico per Killian Jones.
‘Non lo so.’ Fece David implorando il suo perdono. ‘Non so cosa mi sia passato per la testa, e ti chiedo scusa.’ Gli occhi del pirata si chiusero, intenti a riordinare le idee e a ritrovare la pace in mezzo a quel caos mentale: Non era il momento.
Non era il momento di sbottare, né di sbraitare, né di inveire contro nessuno. Esmeralda aveva bisogno di lui, e quello importava più di ogni altra cosa.
Il suo obiettivo restava lei anche in mezzo alla tempesta più funesta. Lei era il suo punto di riferimento. La sua ancora. Il suo mare, e i pirati si sa quanto appartengano al mare e nello stesso modo Killian Jones apparteneva ad Esmeralda in un modo che ancora non era del tutto chiaro ma che avrebbe compreso meglio più avanti.
Quando dopo pochi minuti David si ritrovò davanti al vascello del pirata restò stranito: ‘Pensavo dovessimo andare da Grannys, non è lì che alloggia Esmeralda? Che ci facciamo qui?’
Killian scosse la testa mentre saliva sulla sua imponente nave che aveva riavuto indietro con gentile concessione dalla strega del mare.
‘Esm ha lì solo gli indumenti e le cose che appartengono a ciò che è ora, ma per un incantesimo di localizzazione forte bisogna trovare qualcosa di più forte che segni il legame e la persona da localizzare.’ Espose il pirata nel frattempo che i due si erano introdotti a bordo.
‘E questo oggetto o indumento sarebbe…’ fece David attendendo risposta.
Killian si recò nella sua stanza, e dalla sua scrivania estrasse un piccolo scrigno custodito e chiuso meticolosamente a chiave. David pensò al contenuto che potesse avere dato quel tale riserbo e quasi si ritrovò a curiosare nell’attesa di scoprirlo. Killian si sfilò l’uncino quasi con un gesto automatico e dall’altra parte di esso né spuntò fuori una chiave.
Lo stupore prese posto sul viso dell’ingenuo spettatore che non si aspettava una simile ingegneria. Killian sorrise compiaciuto.
Lasciava sempre tutti a bocca aperta per quel particolare.
Quando lo scrigno si aprì Killian ne estrasse un bendaggio. Niente di sfarzoso o di prezioso, niente di appariscente ma una semplice e inutile stoffa senza alcun valore monetario. Killian lo prese in mano e lo rimirò quasi come se dinanzi avesse un qualcosa di inestimabile valore, quasi come se fosse una pietra preziosa degna di essere custodita in tal modo.
Questo era ciò che custodivano i pirati? Dove erano allora tutti i gioielli e le cose preziose di cui si raccontava nelle storie di tutti i tempi? Nessuno sapeva che quella stoffa, per quanto logora e vecchia fosse, aveva una storia a sé che Killian non aveva mai lasciato andare perché era l’unica cosa che gli restava di lei, l’unica cosa che ancora le era rimasta accanto nei secoli quando credeva di averla perduta per sempre.
Era con quella che l’aveva medicata la prima volta quando l’aveva sciolta dalle corde. Era con quella che lei gli aveva parlato per la prima volta.
‘Tutto qui? E’ questo che permetterà la localizzazione? Una stoffa?’
‘Ha più valore di quanto tu creda.’ Disse Killian legandosela alla mano quasi come un promemoria di cose passate, mentre richiudeva lo scrigno e s’incamminava verso l’uscita dal vascello.
Quel misero pezzo di stoffa aveva segnato il loro vero primo incontro, la fiducia l’uno nell’altro, la loro amicizia, quel senso di famiglia che si era instaurato e quell’amore forte e indissolubile che li avrebbe legati e stretti nei secoli seguenti. Quella benda era l’oggetto più forte che avesse per localizzarla e riaverla tra le braccia.
Killian affidò ad esso tutti i suoi pensieri e le sue speranze mentre nella tasca della giacca continuava a stringerla dentro ad un pugno chiuso. L’aveva sempre fatto, e ora più di prima ne sentiva il bisogno. E poi ogni volta averlo tra le mani cambiava le cose, cambiava il suo umore.
Killian senti la rabbia e il rancore abbandonarlo per lasciare spazio ad emozione ben più serena ora, ma comunque agitata per il da farsi.
‘Le mie intenzioni, con Esmeralda, non erano malvagie e ciò che ha detto Frollo è vero, lo ammetto, ma voglio davvero salvare Esm perché sono un eroe ed è ciò che ho sempre fatto.’ Disse David interponendosi nei suoi pensieri e risvegliandolo mentre, quasi come un automa, continuava a camminare senza destare troppa attenzione a ciò che aveva intorno.
‘Quindi è per questo che lo fai? Non perché ritieni sia giusto salvarla ma perché sei un eroe?’ controbatté Killian.
‘Sai che non intendevo dire questo, certo che voglio salvarla a prescindere dal mio essere un eroe. Ne ha passate tante e merita di essere felice.’
‘Ma hai paura che la sua felicità sia con me, è per questo che sei stato titubante a riguardo, ed è per questo che Frollo ha fatto leva su questo.’
‘Senti, vedo quanto è importante per te. Quanto tieni a lei e quanto inevitabilmente siete legati, ma mettiti nei miei panni. Avete un trascorso e un legame più forte di qualsiasi altra cosa, quasi privo di confronto. Come pensi possa sentirmi come padre? E’ normale che abbia paura per mia figlia.’
‘Non farei mai del male ad Emma, pensavo l’avessi capito ormai, ma non per questo lascerò fuori Esm dalla mia vita. Non posso, non è vita senza di lei nonostante tu la veda ancora come un’intralcio.’
David scosse la testa, intento a lasciare che il pirata capisse le sue totali buone intenzioni, ora.
‘Un po’, ma non eviterei di salvarla per questo. Non lo merita, e come per tutti in questa città voglio che abbia la serenità e il lieto fine che si merita, quindi ora vediamo di sbrigarci e andiamo a prenderla! Non perdiamo tempo.’  E una mano si posò sulla spalla del pirata intenta a dargli forza.
Killian annuì.
Erano pronti.
 
[…]
 
Arriviamo subito. Era l’eco della voce di Emma che aveva attraversato la cripta ed era arrivato dritto nel petto di Killian quando arrivò a destinazione con David. Ciò che gli si parò davanti appena arrivò di fronte agli occhi della Salvatrice non gli fece presagire nulla di buono, e per un momento l’aria, la terra, il tempo parve fermarsi in funzione di quel momento.
‘Che è successo?’ fu David ad esprimere la domanda che impotente e inetta se ne stava tra le corde vocali di Killian senza il coraggio di uscire.
Lo sguardo di Emma balenò prima sul volto del padre, poi in tutta fretta sul volto di Hook che implorante gli chiedeva di annullare quel sentore negativo che gli attanagliava il respiro in una morsa. Emma gli andò incontro mentre in tutta fretta si apprestò a sistemare il telefono nella tasca posteriore dei jeans.
‘Era Belle.’ Disse, scura in volto e con sguardo fisso su Killian. Lui la guardava impaziente, mentre dentro il cuore decelerava sempre di più nell’attesa. ‘Hanno trovato Esmeralda.’ Annunciò.
L’espressione non mutava.
Le avevano dato la pozione? Era tornata se stessa? Doveva tirare un respiro di sollievo? E allora perché Emma continuava ad essere cupa? Non riusciva a spiegarselo. Qualcosa era andato storto? O magari gli presentava quell’espressione perché era stato Pierre a salvarla e non sapeva come dirglielo perché sapeva quando poco accettava quell’uomo? Era vero, ma se fosse stato in grado di salvare Esm e riportarla in sé l’avrebbe solo ringraziato. Ciò che egli voleva era solo la sua Esm indietro ed era pronto a riabbracciarla.
Quei secondi parvero anni!
‘E sta bene? Ci sono riusciti?’ chiese provando un sorriso. Voleva che le cose fossero andate bene e chissà se un sorriso avrebbe aiutato le cose.
‘Belle è lì, di fronte a lei, con gli altri.’ Un minuto pari ad un eternità che continuava a protrarsi più del dovuto. Emma gli prese la mano. ‘Sono al confine. Frollo è intento ad oltrepassarlo. Con lei.’ Annunciò ponendo fine a quell’agonia e dando inizio a quella rabbia mista alla paura che in Killian si ridestò più violenta del solito.

 
ANGOLO AUTRICE:
Scusate per l’immensa attesa che vi ho fatto patire, cari lettori, ma in quest’ultimo periodo ho avuto meno tempo del solito.
Finalmente, però, ora sono riuscita a pubblicare!
Ho inserito alcuni frammenti dall’episodio 4x16 giusto per darvi un idea di dove sono con la trama e perché ci stava benissimo come riallacciamento. Ora tutti si sono mobilitati per salvare Esm, ognuno di loro sta cercando e cerca di fare qualcosa per salvarla da Frollo e manca davvero poco alle battute finali, devo solo decidere come e quanto voglio continuare.
Io spero come sempre che mi diate pareri a riguardo per capire dove sto andando a parare e se tutto ciò vi entusiasma.
Io spero come sempre che vi piaccia tutto ciò che scrivo e ringrazio tutti coloro che dedicano del tempo alla mia storia e mi supportano costantemente. Grazie mille.
 
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.

xoxo
- Elle.

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Capitolo 14
*** CAPITOLO XIV ***


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CAPITOLO XIV
 
 
‘Esm, ascoltami. Ti ricordi di me? Sono Belle, la tua migliore amica e lei è Ruby.’ Avanzò Belle per l’ennesima volta mentre piano cercava di parlare con Esm che non voleva sentire ragioni.
Prima di lei, Ruby e prima ancora Pierre che le avevano parlato con il cuore in mano cercando di farla rinvenire da ciò che era diventata.
Era lì, stretta tra le braccia di quell’uomo immondo quasi impaurita e spaesata. Non era lei. Non era più lei.
La ragazza che avevano dinanzi in quel frangente non era Esmeralda e faceva male al cuore osservarla nella totale privazione di sé stessa.
La sua mente, i suoi ricordi, piegati al suo volere.
‘Io e te eravamo amiche, Esm. Ti ricordi? Venivi ogni mattina alla locanda di mia nonna e ci fermavamo a parlare per ore, alcune volte.’ Ruby era ancora più sofferente nel vederla ridotta in quello stato così lontano da lei, cosi lontano dalla testarda e temeraria ragazza con cui trascorreva del suo tempo. Così lontano da ciò che aveva conosciuto.
La ragazza in tutta risposta non reagiva, anzi era del tutto sofferente mentre con entrambe le braccia si copriva il volto sul petto dell’ecclesiastico, che compiaciuto rimirava la sua opera finalmente conclusa e del tutto succube ad egli, che le carezzava i capelli con fare possessivo.
Quel sorriso tracotante non faceva altro che far rabbrividire e irritare i presenti che erano lì, in piedi e inermi, a guardare la scena svolgersi di fronte ai loro occhi.
‘State sprecando solo fiato: lei non sa nemmeno chi siete. Siete il totale vuoto per lei!’ Frollo era quasi incredulo di fronte al risultato ottenuto, e non faceva altro che dimostrarlo con quel sorriso sbieco.
Ci aveva provato e riprovato e, alla fine, gli sforzi di una vita erano stati ripagati: il suo cuore era suo, ed era incredibile la sensazione che l’avvolgeva a quella rivelazione.
Quella sensazione di averla finalmente con sé dopo secoli e secoli. L’immortalità non era mai stata gradita come ora.
‘Cosa hai fatto a mia sorella?’ sbraitò Ray facendosi avanti per scontrarsi con Frollo. Pierre lo bloccò con una mano, intento a calmarlo. La stessa rabbia ribolliva in lui ma non era quello il modo di affrontare la situazione.
Quando lo sguardo di Esmeralda si incrociò con il suo dinanzi ebbe il vuoto totale. Chi era quella donna?
‘Perché continuate a tormentarmi? Io non so chi siate!’ disse Esmeralda in un sussurro flebile. Perché gente che non conosceva, con cui non aveva mai scambiato o condiviso nulla sostenevano il contrario? ‘Frollo, chi sono queste persone?’
‘Oh, non preoccuparti tesoro. Il virus ha contagiato le loro menti, come ti ho detto. Credono a cose mai accadute, a legami mai instaurati per questo devi starmi vicino. Potrebbero portarti via da me e farti del male!’ fece Frollo infondendole quella visione del mondo e quella visione delle cose che avvalesse la sua tesi.
Ecco cosa le aveva fatto credere ed ecco perché Esmeralda ne era spaventata.
Ruby non potè credere a ciò che il suo udito aveva captato. Non poteva credere al modo in cui la stava cambiando.
‘Come osi?’ ringhiò. Gli istinti del lupo che erano in lei erano meno facili da dominare quando la rabbia aveva il sopravvento. ‘Come osi prenderti gioco di lei per i tuoi scopi malati? Come osi portarla via dalle persone per lei importanti facendole credere che non siamo nessuno?!’ Ruby mostrava i denti ora, mentre impettita e furibonda gli andò incontro con fare minaccioso. ‘Ridacci la nostra amica e vedrò di essere clemente con la tua disgustosa carne!’ minacciò prima che Ray la tirasse a sé cercando di farla calmare.
‘Ruby, calma! Non dobbiamo peggiorare le cose, e non vogliamo renderci cattivi ai suoi occhi.’ Fece Ray prendendole il volto tra le mani.
‘Dobbiamo allontanarla da lui senza atti violenti.’ Decretò Belle per l’ennesima volta.
‘Altrimenti gli sarei già andato contro!’ dichiarò Pierre che non lo perdeva un attimo di vista e sosteneva il suo sguardo. Quanto avrebbe voluto saltargli addosso e riempirlo di ciò che si meritava, ma non poteva e più volte respinse quell’irrefrenabile impulso di sferrare i suoi pugni sul suo volto ossuto e prepotente.
Come aveva fatto a plagiarla in quel modo?
Pierre la osservò dettagliatamente mentre disgustato rimirava la sua immagine tra le braccia di lui. Persino la visione di lei tra le braccia del pirata sarebbe stata migliore a quello spettacolo. Come poteva abbracciarlo senza rendersi conto di cosa le aveva fatto? Possibile che avesse così tanto potere da spazzare via ogni sopruso e angheria che aveva subito?
Erano passate due settimane da quando l’ultima volta l’aveva vista e ora la sua visione pareva del tutto diversa: era spenta. Ogni cosa di lei non emanava luce. Quella luce che la contraddistingueva tra la folla e il resto del mondo accanto a lui, dopo quello che aveva subito, era svanita.
E il suo corpo? Sotto il flebile e caldo sole che tramontava dietro di loro sembrava più esile, ancora più fragile di quanto già non fosse. Persino le sue guancie erano più scavate di quanto ricordava e dall’intera visione sembrava quasi che lei si aggrappasse a lui non solo per ciò che le aveva instillato, ma perché da sola sembrava non reggere.
Era convinto che se Frollo l’avesse abbandonata lei sarebbe crollata su se stessa incapace di fare tutto da sé. L’aveva resa quasi incapace di vivere lontano da lui. L’aveva resa dipendente da lui quasi ad impedirle di fuggire anche se avesse voluto.
Pierre guardò il punto oltre il confine che Frollo voleva superare e a cui loro si erano opposti.
‘Non sopravvivrà.’ Sussurrò in modo impercettibile alla controparte, diretto verso la bibliotecaria che gli era affianco.
Belle lo guardò stranito non comprendendo a cosa si riferisse. ‘Cosa…?’
‘Esmeralda non sopravvivrà se oltrepassa il confine. E’ disabilitata. È troppo stanca e debole per poter reggere il confine, sia mentalmente che fisicamente.’ Belle l’osservò comprendendo ciò che intendeva: Esmeralda era quasi un ombra dentro quegli abiti troppo grandi per lei. Aveva gli occhi stanchi e con le mani si aggrappava con tutte le forze agli abiti del monaco senza riuscirci pienamente. ‘Se oltrepasserà il confine, morirà.’ Uno sguardo di puro terrore attraversò i quattro mentre constatavano quella terribile verità.
'Povera Esm!' E gli occhi di Belle, della sua amica di sempre, cominciarono ad inondarsi a quell'amara constatazione, dando il sopravvento alla sua sensibilità.
'Non è il tempo di abbattersi Belle, la salveremo in tutti i modi e a tutti i costi!' La risolutezza di Ruby era una manna dal cielo in quel momento di sconforto. La forza d'animo di quella ragazza era quello che ci voleva.
'Cosa facciamo, quindi? Non lascerò mia sorella con quel mostro! Guarda com'è, come l'ha resa. È sua succube e non è lei.'
'Non dobbiamo farlo attraversare.'
'Oppure...' Considerò Ruby con un sorriso vittorioso di chi già pregusta una vittoria. 'Potremmo mandare solo lui oltre il confine.'
'Come?' Chiese Belle.
'Se le togliamo Esmeralda dalle braccia potremmo spingere lui oltre il confine permettendogli di non tornare mai più.'
'E come? Ha la pergamena, sa come entrare. Potrebbe riprovarci.'
'Potremmo farglielo dimenticare con un incantesimo.'
'Oppure potremmo allontanarlo da Esm e fare i conti con lui dopo.' Propose il fratello esausto. Insomma sua sorella era li, quasi agonizzante e loro pensavano a Frollo?! Avrebbero preso Esm e il modo in cui l'avrebbe pagata l'avrebbero escogitato dopo. Perché si, non ne sarebbe uscito illeso: avrebbe pagato per le noti dolenti di ora e del passato nei confronti di Esm. Questo era sicuro.
'Si, ma come facciamo? Esm è debole e collasserà a terra appena si staccherà da lui, lo vedete?' Osservò Pierre che non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Sembrava che fosse sul punto di crollare da un momento all'altro ed era evidente a chiunque fosse presente.
Stava malissimo.
La domanda a quella domanda sorse spontanea in ognuno di loro: perché portarla oltre il confine, andarsene proprio ora nonostante la salute non ottima di lei? Era una condizione normale e quotidiana per Esm quella? E se così era la cosa sembrava ancora più agghiacciante. Immaginarla a patire ogni giorno quel dolore, immaginarla spenta in ogni singolo giorno era ancora più un pugno allo stomaco.
'Non deve avere avuto scelta.' Pensó Belle dando voce a quella conversazione solo mentale. 'È stato scoperto e non sa più cosa fare. Non ha più risorse e Tremotino deve averlo abbandonato a sé stesso.'
Era così che era andata. Doveva essere così.
Frollo dall'altra parte della strada iniziò a snervarsi di tanta inettitudine.
'Insomma quanto tempo dovrò aspettare prima che vi leviate di torno?'
'Per quanto mi riguarda anche un eternità. Tu non passerai di certo di qui. Almeno non con lei!' Fece Pierre indicandola. Lei non sembrava del tutto presente.
'Vuoi fare l'eroe? Vuoi salvare colei che nemmeno sa chi sei?'
'Se non sa chi sono è solo merito tuo, ma non sarà per molto. Appena non sarà più sotto la tua influenza tornerà ad essere ciò che è sempre stata. Tu l'hai resa un cadavere! L'hai ridotta uno straccio e che tipo di amore è questo?!'
'Le cose cambieranno appena sarà via di qui. Non dovrete più preoccuparvi per lei.'
'Le cose cambieranno appena si allontanerà da te e sarai tu ad andare via di qui!'
'Dovete solo provarci.' E una risata tracotante riempi l'area tutta intorno.
 
‘Tu, Frollo! Allontanati da lei immediatamente!’ urlò Emma alle sue spalle arrivando sulla scena con Killian, Mary Margaret e David al seguito. Quest’ultimo camminava puntandogli una pistola contro intendo a farlo demordere e intimidire. Quello si voltò e seppur con una vena di nervosismo, per essere stato accerchiato, cercò mascherare il tutto con una falsa risata che non convinceva nemmeno lui. ‘Mi hai sentito? Lasciala, ora!’ urlò nuovamente la salvatrice avvicinandosi cautamente.
Killian era subito dietro di lei. Aveva corso a perdifiato nel raggiungerla appena saputa la notizia delle intenzioni di quell’uomo, per poi arrestarsi di colpo appena si trovò davanti a quella scena: il corpo di Esmeralda sembrava quasi scivolare sotto il peso di troppo sofferenza subita. Non la vedeva in volto, gli dava le spalle ed era avvinghiata a lui quasi ad aggrapparsi più che ad abbracciare quel perfido. In Killian emozioni contrastanti ebbero luogo.
‘Ed è così che la salvatrice ha intenzione di fare il suo lavoro? Oh, mia cara, sei ancora così ingenua e acerba per questo ruolo che non ti si addice.’
‘Devo dimostrarti seriamente ciò che sono in grado di fare?’
‘Cosa credi di fare con la tua magia? Spingermi via? Trascinerei anche lei, e anzi vista così mi daresti anche una mano nel farlo dato che qui non vogliono lasciarmi passare.’
‘Perché tu di certo non vai da nessuna parte, e non sarò io ad aiutarti.’
‘Perché no?’ fece Frollo fingendo un broncio. ‘Ti toglieresti Esmeralda dai piedi e il pirata penserebbe solo a te.’ Le fece notare. ‘Così sei metà dei suoi pensieri, metà della sua vita, metà del suo tempo, metà di tutto.’ Il modo in cui cercava di manipolare le menti altrue era avvilente. Per un attimo venivi invasa da quell’idea e mancava quel qualcosa affinché arrivasse a fondo, per fortuna.’
‘Esm!’ la chiamò, Killian, avvicinandosi agli altri lentamente affinchè potesse vederla in viso e contemporaneamente spezzarsi il cuore, perché lo sapeva, la visione di quell’Esmeralda sarebbe stata straziante. ‘Esm, sono io. Sono Killian Jones.’
Esmeralda non si voltava. Il suo volto era completamente sul suo petto e di lei vedeva solo la chioma corvina. ‘Esmeralda, sono Killian, voltati. Guardami, sai di potermi riconoscere.’
Frollo lo guardò torvo per il suo tentativo, sapeva che influenza lui avesse sulla fanciulla e non poteva permettere che la persuadesse. Di poco si abbassò su di lei, sul suo orecchio destro e le sussurrò qualcosa di inudibile per loro.
‘ESM! Esm ascoltami, qualsiasi cosa ti dica, qualsiasi informazione ti stia passando non ascoltarlo. Ti ha distrutta, la tua vita non è questa. La tua vita è con me, con noi. Siamo noi che ti conosciamo e ti vogliamo bene, lui no! Lui ti ha manipolata. Lascialo andare, allontanati da lui e noi ti prenderemo.’
Un ‘Non ascoltarlo.’ Si udii appena da quella distanza. Ancora cercava di plagiarla.
‘Esm, ascoltami! Voltati verso di me, qualsiasi cosa ti abbia detto non è vera.’
Frollo non faceva che sussurrarle qualcosa come ad intimarla di fare lo stesso con lui: di non ascoltare l’uomo che dietro di lei continuava a dire cose maligne sul suo conto. Cosa bisognava fare? Cosa potevano fare per convincerla a evadere da quell’uomo.
Esmeralda, dal punto in cui era, ancora di spalle cerco di voltarsi per constatare chi fosse l’uomo la cui voce sembrava smuoverla dall’interno. Era stata diversa rispetto a tutti gli altri. La sua voce, il solo sentirlo, sembrava richiamarla a sé e fu per questo che lentamente la fanciulla cercò di voltarsi per vederne il volto.
Perché si sentiva attratta? Perché quell’uomo apparentemente sconosciuto le provocava una sensazione di serenità e beatitudine? Si voltò piano e nel farlo lo constatò davvero a pochi passi.
Era protratto in avanti, pronto a scattare, se fosse stato necessario e sul suo volto una rabbia indistinta premeva sulle sue tempie. Appena la vide incrociare i suoi occhi però la sua espressione cambiò e un senso di apprensione misto a gioia per quel gesto banale che lei aveva fatto nei suoi confronti, lo cambiò totalmente.
‘Esm, puoi dirmi che non mi riconosci? Puoi sentirlo che non è così.’ Disse benevolo prolungando una mano verso di lei. L’uomo che era poco lontano da lui, accortosi della sua attenzione, lo affiancò cercando di fare lo stesso. Aveva parlato con lei prima, lo aveva osservato con la coda dell’occhio. Come aveva detto di chiamarsi? … Pierre. Si chiamava Pierre.
‘Esmeralda, siamo noi.’ Continuò la ragazza bassina e dagli occhi cerulei che sin dall’inizio non aveva fatto altro che essere in apprensione per lei come una madre.
‘Stanno cercando di confonderti, cara. E’ questo il loro trucco.’ La avvertì Frollo. Era l’ennesima volta che glielo diceva e allora perché quando osservava gli occhi di quell’uomo vestito in pelle sentiva di potersi fidare? Perché sentiva con lui quell’attrazione magnetica che la spingeva anche a gettarsi in un fuoco se gliel’avesse chiesto.
Esmeralda alzò gli occhi verso Frollo in maniera quasi disperata. La sua testa iniziava a mostrare i primi segni di un dolore inevitabile, come un dolore che abbassa i muri della menzogna e inizia a mostrare ogni verità celata e coperta sotto strati di bugie. Esmeralda chiuse gli occhi mentre iniziò a offuscarle la vista.
Ebbe un attimo di mancamento quando Killian e Pierre scattarono quasi istintivamente per prenderla temendo il peggio. Frollo la riprese e la strinse a sé negando loro anche solo di sfiorarla.
‘Perché ti ostini a tenerla con te? Le fai del male, non vedi?’ disse Emma cercando di farlo ragionare, perché aveva speranza. La speranza era diventata la sua linea guida e sperava che anche un malvagio di quel genere potesse redimersi di fronte a quella visione.
‘Non sono io a farle del male, ma siete voi che la state confondendo!’ ribattè quello infoiato di rabbia.
‘Giuro sul Dio che tanto proclami di venerare che te la farò pagare per questo!’ Ray ormai era accecato. ‘Stai distruggendo mia sorella! Stai distruggendo le nostre vite, bastardo!’
‘La mia voglia di sventrarti non fa che aumentare!’ minacciò Ruby rabbiosa.
Killian aveva gli occhi fissi su di lei mentre tutto intorno si fece acceso. Tutti erano accesi di rabbia furente, e tutti davano contro Frollo. Lui non parlava, in silenzio osservava Esmeralda crollare sofferente sotto il peso della confusione che le stavano arrecando. La immaginava mentre da sé cercava di combattere all’istinto di impazzire, la vide portarsi una mano ai capelli e la immaginò stringere forte gli occhi per domare il dolore che iniziava a prender piede.
Ricordarle chi era l’avrebbe salvata, ma Frollo era andato troppo a fondo estirpando una parte di lei e rimpiazzandola, non poteva ricordare e basta doveva prendere la pozione che stringeva in mano Belle per renderla più facile. Quella stessa pozione che in un certo senso aveva anche risvegliato Emma a New York.
Esmeralda iniziò a contorcesi dal dolore mentre i muri iniziavano a crollare rivelando spifferi di luce degni di verità. L’avrebbero distrutta però. Non avrebbe retto a lungo.
Killian guardò la situazione, della quale aveva sentito ben poco in verità. Aveva visto i loro movimenti, le loro labbra schiudersi e poi richiudersi, alcuni rossi in viso per la rabbia, ma non aveva udito una sola parola perché troppo concentrato sul dolore di Esm che pareva quasi il suo. Quasi riusciva a percepirlo, a sentirlo addosso in maniera insopportabile.
‘Và da Belle e prendi la fiala.’ Sbottò Killian ordinando a Pierre che gli era accanto e che, insieme a lui, sembrava concentrato su Esmeralda.
‘-Cosa?’ chiese quello rivolgendogli uno sguardo degno di chi si sveglia da un pensiero troppo torbido.
‘Vai da Belle e prendi la pozione! Esm non può scavare a fondo mentre cerca di ricordarsi di noi, la distruggerebbe.’ Gli fece notare mentre Pierre le dedicò un rapido sguardo.
La constatazione divenne ovvia nel suo sguardo e scattò nella direzione di Belle senza chiedere altro.
D’un tratto Esmeralda cacciò un urlo divincolandosi da Frollo e cadendo a terra, sulle proprie ginocchia, lasciando intorno a sé un enorme silenzio. La fanciulla si prese la testa tra le mani, come a reggere un dolore troppo grande, e si accasciò a terra.
‘COSA VOLETE DA ME?’ chiese straziata mentre ad occhi chiusi cercava di badare a quelle continue richieste che le arrivavano da tutte le parti. Chi le chiedeva di ricordare, chi li contraddiceva chiedendole di stare attenta. E poi quell’uomo, quello stesso uomo che ora le si era precipitato accanto come un fulmine, perché la confondeva ancora di più?
La sua testa sembrò esploderle.
‘Esmeralda, vieni via. Dobbiamo andare.’ La strattonò il monaco convincendola ad alzarsi. Lei si divincolò ancora una volta strisciando più avanti, mentre Frollo veniva preso da David alle spalle.
Nel momento stesso in cui Esmeralda era caduta e libera, non perse attimo: David che era a pochi passi dal monaco lo prese mettendogli le braccia dietro la schiena. Era la cosa giusta da fare e doveva essere lui a farla perché aveva dato una visione sbagliata al pirata e si sentiva in colpa per quello, ancora. Forse era per quello, che pieno di adrenalina, lo aveva acciuffato in fretta.
Oramai non c’era più pericolo, potevano sbatterlo fuori senza problemi o portarlo in centrale dove sarebbe marcito. Esmeralda era lontana dalle sue braccia ora.
‘Prendi questo.’ Ordinò Killian prendendole una mano per donarle quella pozione dal colore azzurro. Esmeralda senti il suo tocco e sobbalzò guardandolo. Era a pochi centimetri da lei e la guardava fisso con la speranza addosso che lo animava. ‘Questa ti aiuterà Esm, ti farà vedere come stanno davvero le cose.’ La incoraggiò.
Esmeralda, che per un attimo pareva essere stata abbandonata dal dolore, si rigirò la pozione in mano quasi a constatare se fosse o meno un bene. ‘Perché tieni… perché tenete tanto a me?’ chiese al pirata che continuava ad essere lì accanto a lei.
‘Perché sei una mia estensione, una parte di me, e ho promesso di proteggerti per il resto della mia vita. Non ho intenzione di perderti, mai più perché è già successo e non so stare senza te. Ci siamo dichiarati a vicenda tutto ciò, e ora non ricordi, ma appena berrai questo lo saprai. Saprai che non ti sto dicendo bugie.’ Dichiarò quasi languido.
‘Anche così posso percepirlo. Posso percepire quanto tu sia sincero con me, lo sento.’ Un piccolo sorriso le riaffiorò ed era tutto dedicato a lui. A quell’uomo a cui sentiva di appartenere già dapprima di quelle parole.
‘ESMERALDA.’ Si sentì tuonare. ‘Stai permettendo loro di vincere, ti stai allontanando da me.’ Frollo era tutto rosso in viso quando l’osservò. Le mani dietro la schiena mentre l’uomo dietro di lui lo trascinava in auto quasi di peso.
‘Bevi questo, Esm. Starai meglio.’ Insisti Emma che si era avvicinata, benevola.
‘Esmeralda tu mi ami non puoi farlo!’ continuò quello che aveva deciso di non mollare, di non mollarla. Esmeralda però lo sentiva lontano, quasi come se stesse scomparendo dalla sua vita. Non conosceva nessuno lì, ma quell’uomo con l’uncino le ispirava fiducia e volle fidarsi mentre con cautela svitò il tappo in sughero che era sulla bottiglia e con la stessa cautela, tra i dolori che le martellavano la testa e non le permettevano un ragionamento prolungato, si portò la boccetta alle labbra e ne assaporò un sorso, giusto quello poi qualcosa che avvenne in fretta anche per essere percepito appieno. Esmeralda avvertì un dolore acuto al petto. Qualcosa sembrò non andare per il verso giusto. Ansimò, sentendosi mancare il fiato mentre tutti intorno non capivano cosa stesse accadendo. La pozione era giusta, cosa stava succedendo? Fu Pierre a prenderla quando nell’invano tentativo di alzarsi da terra, barcollò e crollò nuovamente.
Si sentì intorpidire le membra, mentre quel pirata sembrava parlarle ma le non udiva una sola parola. Alzò gli occhi al cielo che le era dinanzi, cercando di muovere le dita delle mani e dei piedi, ma nulla. Niente rispondeva ai suoi comandi. Si sentiva in trappola.
Era come se il suo corpo si fosse trasformato in piombo. Non riusciva a far nulla, nemmeno battere le ciglia e tutti intorno a lei si sentirono impotenti. Tutte le parlavano ma lei non riusciva nemmeno a rispondere chiedendo aiuto. Tentò di aprire bocca per urlare ma non né usci alcun suono.
Più in là qualcuno urlava contro Frollo parole che non percepiva appieno mentre Emma aveva le mani su di lei cercando di curarla con i suoi poteri. Era disperata, poteva percepire appieno la sua ansia nel non riuscire nel suo intento. Poi la vista si annebbiò, iniziando ad abbandonarla. Le palpebre le tremarono. Qualcuno la stava chiamando ma Esmeralda non intese bene chi fosse, troppo stordita. Le voci si fecero un brusio strano e cupo, sembravano lontane ora, come le braccia di chi la stava cullando e le mani di Emma sembravano aver allentato la presa.
Pierre, l’uomo che aveva dichiarato di amarla e di far parte della sua vita, si fece più vicino e le tenne la testa in grembo, ma lei non riusciva a percepire il contatto delle sue dita sulla pelle. Lo vedeva muovere la bocca, ma non uscivano parole. Era come se tutto si fosse zittito. Fissò lo sguardo sul suo viso e lo osservò trasformarsi in una maschera di dolore.
C’erano altre persone intorno al suo corpo che giaceva a terra, ma non li percepiva.
Pierre, allora, tentò l’unica cosa che gli fosse possibile. L’unica cosa che poteva salvarla: si chinò su di lei e la baciò, ma Esmeralda non sentì neppure il tocco delle sue labbra sulle sue. Era come se stesse baciando qualcun altro e lei non fosse altro che una semplice spettatrice di una scena che non le apparteneva. Poi si ritrasse e lo vide pronunciare il suo nome, la chiamò di nuovo e la baciò di nuovo tentando nel disperato tentativo di salvarla. A quel punto le ultime forze che le erano rimaste per assistere a tutto quello l’abbandonarono, e la scena davanti ai suoi occhi si tinse di nero.
 
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ANGOLO AUTRICE:
 
Ed eccomi qui con un nuovo capitolo appena pubblicato.
Mi dispiace avervi fatto attendere tanto ma alcuni capitoli mi trattengono più di altri mentre cerco di farli quadrare alla perfezione con il contesto di OUAT.
E’ stata durissima, ve lo assicuro ma alla fine ce l’ho fatta. Il finale è abbastanza angst, me ne rendo conto, ma con ONCE che mi da le basi per soffrire sempre non potevo fare altrimenti: E’ in pieno stile Once Upon a Time. Esmeralda si è liberata di Frollo, in un certo senso, ma cosa le è accaduto? Perché giace a terra, ora? Le risposte e un finale arriveranno presto perché niente è ancora concluso e tutto è possibile quindi non disperate!
Io spero che questo capitolo vi abbia conquistato e/o emozionato e vi ringrazio per il vostro tempo, oltre che ringraziarvi per il vostro affetto perché siete davvero tanti che mi seguite.
Aspetto presto recensioni in merito, perché quest’ultime sono sempre un carburante capace di farmi andare avanti e perché voglio capire se sto proseguendo bene – anche se vi faccio soffrire, i know. Chiedo venia. Ma nessun male viene per nuocere. -.

Alla prossima.
 
- Elle.

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Capitolo 15
*** CAPITOLO XV ***


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CAPITOLO XV
 
Prima di inoltrarvi nel capitolo vi lascio questa melodia per accompagnarvi nella sua lettura.
E’ ciò che ho ascoltato ininterrottamente mentre scrivevo quindi ve lo lascio come suggerimento, se volete ascoltarla.
Buona lettura.

 
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Era difficile rendersi conto di ciò che era accaduto. era difficile anche solo rendersi conto che tutto ciò era la realtà.
Ognuno di loro si era chiuso in se stesso dopo l'accaduto. Come era potuto succedere? E come era successo? Tutt'intorno, insieme, ripercorrevano quelle fasi mentalmente con una certa incredulità. La scena si era materializzata dinanzi a loro, ma ora erano tutti in fase di negazione.
Pierre non se lo spiegava: perché il suo bacio non aveva funzionato? Non era mai stato vero amore allora? Era da giorni che non si dava pace sprofondando nell'oscurità più profonda. Se ne stava lì, senza mai lasciarla davvero. Vagava tra una stanza all'altra come uno zombie cercando forse di ricredersi, cercando una spiegazione, cercando un ritorno che non sarebbe arrivato.
Aveva fallito e in quel pensiero si rimuginava l'anima senza darsi pace. Aveva preso a pugni un muro, per sfogare quella rabbia repressa, fino a farsi sanguinare le nocche. Da quando tutto era accaduto non aveva toccato cibo, beveva un po', anche alcol, ma a stomaco vuoto come il suo cuore e tutto faceva ancora più male.
Granny più volte gli portò da mangiare e più volte aveva rifiutato. Si era chiuso in se stesso incapace di proferir parola con tutti.
Come si superava una cosa così? Ci aveva creduto, e per quanto aveva potuto, aveva lottato per salvarla. Aveva lottato per portarla via dalle grinfie di Frollo e non era servito a nulla. A nulla.
A nulla erano serviti i suoi sforzi e a nulla era servito il suo bacio.
Il pensiero che ancora di più si annidava nella sua mente era che Frollo aveva ragione: Lui non era mai stato niente per lei ed era stato facilissimo espropriarlo dalla sua mente. Quel pensiero che all’inizio credeva un suo gioco si era rivelato reale e andava dritto a colpire il cuore in modo più netto, ora.
Questa cosa aggiungeva ancora di più una rabbia che non riusciva a cacciare da sé, ad esternare. Con chi avrebbe dovuto sfogarsi?
Esmeralda non era più cosa sua.
Esmeralda se n’era andata.
Esmeralda era morta lì, sul ciglio della strada.
Dopo lo straziante episodio che ne conseguì, tutte le persone che le volevano bene si radunarono intorno al suo corpo inerme e immobile. Gli occhi serrati a nascondere quegli smeraldi ormai spenti. Il dolore che dipinse i loro volti squarciò l’anima. Belle era incredula, mentre scrollava la testa cercando di rifiutare ciò che aveva di fronte a sé come la peggiore delle maledizioni. Ruby l’accolse tra le braccia, anche lei nello strazio più totale. E Ray? Ray restò lontano da quel corpo quasi a non riconoscerlo, quasi a non voler accettare che sua sorella se ne fosse andata senza più ritorno. Il solo toccarla avrebbe dato una prova tangibile di ciò che era, e Ray non lo voleva. Era tutto rosso in viso e si poteva ben dire che quasi non respirasse più mentre lo guardavi. Sembrava essere entrato in uno stato di catatonia.
Tra tutti, poi, inginocchiato lì accanto a quel corpo e a lui c’era Killian Jones. Il suo pirata, quello che mai aveva o avrebbe potuto battere nel suo cuore. Guardava il corpo di Esm con la paura anche solo di toccarlo. Forse perché era tra le braccia di Pierre e gli sembrò uno sgarbo o forse perché stava ancora elaborando la cosa ad occhi fissi su di lei. Erano vari minuti che non sbatteva le palpebre e un lieve tremore gli muoveva il corpo, poi parve risvegliarsi e uno sguardo vitreo incontrò quello del poeta.
‘Provaci ancora! Provaci!’ lo incitò. ‘Non è finita. Devi solo… riprovarci.’ Fiatò con la voce sul punto di rompersi. Deglutii per rimettersi in sesto.
‘Killian non posso fare più nulla.’ La voce vuota e incolore di Pierre mentre l’aveva ancora tra le braccia.
‘No! Non è vero. Lei non andrà via così. Lei non andrà via!’ e con decisione levò il suo corpo inerme dalle braccia di Pierre per prenderla tra le sue. La osservò ancora una volta mentre piano se l’adagiava al petto come una bambina e la rimirava. Le spostò una ciocca di capelli dal viso. Niente l’avrebbe coperta. Niente avrebbe celato la sua bellezza.
‘Ehi Esm, sono qui. Sono qui, mi senti?’ alcune lacrime copiose iniziarono a riempirgli gli occhi. ‘Non puoi andartene. Non puoi.’ Scosse il capo mentre continuava a parlarle convinto di poter cambiare le cose. ‘Ricordi cosa ci siamo detti una volta? Eravamo io e te, nel tuo alloggio sulla Jolly Roger, e mi hai detto: Dovunque andrai tu, verrò anche io e dovunque andrò io verrai anche tu. Noi due non possiamo dividerci. Nessuno ci avrebbe dovuto dividere e ci siamo già divisi una volta. Non puoi farlo di nuovo, non permettere a qualcun altro di dividerci perché noi siamo indivisibili, lo sai. Certo che lo sai, ce lo siamo ripetuti tante volte. E non puoi andartene senza di me. Non puoi lasciarmi.’ Un pianto incontenibile si scatenò nel pirata mentre il cielo su di lui e su quella scena sembrava essere suo complice: una pioggia forte e battente aveva iniziato a ripercuotersi sulla piccola cittadina del Maine e lui non se n’era nemmeno accorto.
 
Una tempesta si era abbattuta quel giorno sulla Jolly Roger, e navigare in piena tempesta su una nave era ancor peggio del solito per una fanciulla che alla vita di mare non era abituata per niente: Il vascello soleva oscillare ancora di più, mosso dalle onde di un mare in tumulto, e l’instabilità di Esmeralda con tanto di nausea si faceva ancor di più sentire in quei momenti.
Ella si affacciò dall’oblò giù in camera per osservare i suoi effetti sul mare. Odiava tutto ciò, lì, ma di per sé aveva sempre amato la pioggia quando era nel suo regno: osservare il suo cielo urlare e piangere per chissà quale motivo la faceva sentire triste ma allo stesso tempo rapita. La pioggia era sempre stata una cosa strana per lei, ma vedere che effetti aveva anche sull’oceano era ancora più affascinante. Vedere le onde perdere il controllo mentre il cielo strepitava era assolutamente meraviglioso.
‘E’ la tua prima tempesta in mare, milady. Devi proprio vederla!’ disse il pirata entrando con veemenza ed entusiasmo nel suo alloggio. Quella si spaurì in un primo momento per poi restarne scioccata: ‘E’ questo ciò che intendi quando dici che sei un gentiluomo? Irrompere così nella mia stanza! E se fossi stata…’ Esmeralda si arrestò pensando all’impetuosità con la quale aveva pronunciato quelle parole, e alla parola che stava per pronunciare. Si vergognava troppo, mentre invece il pirata ne parve divertito.
Un sorriso beffardo era lì ad incitarla a continuare. Ella abbassò lo sguardo incrociando le mani.
‘… se fossi stata nuda?’ camminava quasi gongolando mentre si avvicinò sempre più a lei per esaminarla meglio. Lo faceva sempre per scorgere ciò che non diceva a parole.
‘Beh, sì!’ disse Esmeralda sentendosi troppo al centro della sua attenzione mentre, decisa, alzò lo sguardo velocemente.
Quel sorriso si aprì ancor di più mentre non le toglieva gli occhi furbi di dosso. Mise le mani dietro la schiena e si voltò dopo mezzo secondo quasi ad andarsene. Si allontanò di poco.
‘Beh, in quel caso ci saremmo divertiti…’ Si voltò. ‘… insieme.’ Ed alzò il sopracciglio intento a farle intendere che tipo di divertimento avrebbero avuto. Giocava con lei e con ciò che sospettava provasse, o la stava mettendo alla prova, o ancora – cosa più probabile – lo faceva con tutte.
‘Oh, Killian!’ cercò di svincolarsi lei.
‘In ogni caso, ho bussato. Sei tu che non hai sentito perché, a quanto vedo, sei troppo presa dal cielo.’ Fece avvicinandosi nuovamente. Quasi Esmeralda poteva sentire il suo odore inebriarle la mente. Era dietro di lei a fissare nella stessa direzione oltre la piccola finestra.
‘Ho sempre adorato la pioggia, il moto che porta con il suo ribellarsi e lasciarsi andare, e vedere cosa è capace di fare al mare m’inquieta ma allo stesso tempo mi affascina.’ Disse completamente rapita dallo spettacolo che aveva dinanzi. Killian la osservava anche in quella penombra. Era affascinante osservarla guardare qualcosa che dichiarava di amare.
‘Dal ponte è ancora più affascinante osservare tutto ciò.’ Le suggerì per smuoverla. Esmeralda l’osservò non capendo il suo intento. Killian le porse una mano. ‘Vieni con me e ti porto su.’
‘Ma rischiamo di bagnarci e di beccare un fulmine.’ Fece preoccupata. La madre era sempre stata quella che le vietava di uscire di fronte a quei temporali funesti ed Esmeralda era cresciuta con quell’idea e quel timore.
‘Non succederà nulla. Te lo assicuro, e poi non è la prima volta che sali sul ponte.’
‘E considerando com’è andata la prima volta non ci tengo a ripetere quell’emozione.’ Rimembrò Esmeralda riportando l’episodio in mente anche al pirata. La volta precedente aveva quasi rischiato di finire in mare per uno scossone della nave. La fanciulla si ritirò dalla finestra e, cercando equilibrio, cercò di muovere i passi verso la branda.
‘Questa volta ti tengo.’ Le prese una mano e la tirò a sé prendendola alla sprovvista e facendola spaventare. Esmeralda aveva già sentito quelle parole, erano le stesse che le aveva detto la volta precedente. Lo guardò con scherno. ‘… In maniera più salda.’ Aggiunse il pirata per essere più convincente.
‘Se mi lasci andare anche stavolta…’
‘Non ti lascerò mai.’ Fece serio. Esmeralda notò quel repentino cambiamento nel suo sguardo e un po’ ne fu contenta perché quella frase suonava quasi come una promessa che nessuno le aveva mai fatto e volle crederci.
‘Dovunque andrai tu, verrò anche io e dovunque andrò io verrai anche tu. Noi due non possiamo dividerci.’ Disse convinta, e quasi divertita perché si sentiva di farlo e perché quella persona per quanto l’avesse rapita non l’aveva mai ingannata o maltrattata. A modo suo l’aveva sempre protetta e in qualche modo si sentiva amata, per quanto potesse essere immaginaria come cosa voleva crederci, e credere di appartenere a qualcuno in qualche modo la faceva sentire bene perciò quella promessa – se così poteva chiamarsi – le usci sincera e forse troppo in fretta.
Il pirata, che ormai la teneva per i fianchi, sorrise a quella dichiarazione avventata.
‘E’ una promessa.’ Consolidò Killian mantenendo il contatto visivo.
Sorrisero entrambi.
‘Quindi, considerando la promessa appena fatta, se mi fai cadere giù tu cadi con me!’ il capitano rise di gusto a quella deduzione e al guaio in cui si era cacciato se fosse accaduto, e la portò con sé al livello superiore stando ben attento a non perdere quella parte di sé che stringeva tra le braccia.
 
‘Killian? … Killian, Esmeralda è… morta. Dobbiamo portarla via di qui.’ Emma gli mise una mano sulla spalla riportandolo alla realtà mentre, con sguardo afflitto, cercava di convincerlo di come stessero le cose. Killian la guardò stranito, quasi a non riconoscerla, quasi ancora lì in quei ricordi. Sulla Jolly Roger secoli addietro, con lei. La pioggia, che batteva forte su di loro, li aveva bagnati tutti e anche Esmeralda era completamente fradicia. Sul suo volto delle gocce avide scorrevano sul suo viso proprio come quella volta sul ponte di comando: come rideva e quanta meraviglia era riuscita ad emanare in quel frangente. Nella pioggia sembrava libera e spensierata mentre lui continuava a tenerla per mano, o stretta a sé, mentre lei era completamente rapita da ciò che riteneva uno spettacolo della natura e lui era rapito da lei quasi come se non avesse mai visto una donna in vita sua.
Alla fine ritornarono all’interno bagnati fradici di pioggia che era caduta e aveva occupato una parte della loro vita che si ritrovava anche ora come il ricordo più prezioso. Esmeralda era come allora in quel momento, i capelli erano incollati al suo viso ma non stava lì a spostarseli, Esmeralda non sorrideva come allora sotto quella pioggia che amava tanto, e non si stringeva forte a lui quando aveva paura di cadere perché non aveva più forze. Esmeralda non c’era più. Esmeralda se n’era andata e l’aveva lasciato solo.
Del tutto solo.
Il pirata forte che era si smaterializzò lasciando il posto ad un uomo del tutto distrutto.
 
--
 
Killian era fermo sulla soglia della tomba gelida, la fiaschetta in mano. Era strano per lui osservare quella ragazza, la sua ragazza così silenziosa e immobile priva di ogni luce, lontana da ogni sorriso che soleva regalargli ad ogni loro incontro. Aveva le braccia incrociate sul petto in una posa del tutto solenne ed era distesa sul blocco di pietra, quasi a voler riposare. Se non fosse stato per quel pallore, del tutto inappropriato su di lei, e le labbra livide nessuno avrebbe mai immaginato che fosse morta.
In fin dei conti però l’aveva rivista, no? L’aveva rivista per un solo attimo prima che lasciasse quel mondo. Le aveva parlato e aveva cercato di aiutarla… invano. A niente era servita la pozione procurata in tutta fretta, a nulla era servito il suo correre per prendere un oggetto che le appartenesse. Se n’era andata, e nel peggiore dei modi.
Che fosse stata la pozione nessuno lo sapeva, tutto era successo così in fretta appena l’aveva ingurgitata che nessuno badò più a quell’intruglio. Era caduto chissà dove, ora, e forse si era del tutto disperso sotto la pioggia. La colpa di tutto ciò, colui che aveva fatto tutto quello era Frollo. Quel monaco malvagio che le aveva fatto il lavaggio del cervello e l’aveva manipolata e modellata a suo piacimento provocandone il crollo definitivo.
Come poteva essere stato per lei ricordarsi ciò che era, sforzarsi di trovare la sua identità dopo che era stata soggiogata? La sua mente aveva ceduto trasportando con sé tutto il resto e a poco era servito portarla in ospedale, ma Killian si era accanito come chi non vuol lasciar andare via quel qualcosa di prezioso e caro. Killian sentiva di non demordere mentre la vita aveva già abbandonato la sua amata Esmeralda.
Fu un colpo ancor peggiore quando il Dottor Whale, con sguardo truce, gli rivelò di non poter far nulla in suo potere per rianimarla. Esmeralda era ormai un caso perso.
Killian ricordava quegli istanti come i più eterni e i peggiori mai vissuti. Niente erano stati i 28 anni con Cora nella foresta incantata, e niente era stato quel tempo infinito in cui aveva cercato di vendicarsi del coccodrillo. Niente era comparabile all’eternità intrisa in quei momenti.
In quanto a Frollo, Emma non gli permise di avvicinarsi a lui e non perché non volesse giustizia ma perché sapeva che con quel dolore non sarebbe arrivato a nulla di buono se lo avesse avuto sottomano. Quell’oscurità l’avrebbe di nuovo annebbiato e l’avrebbe portato con sé in gesti che poi gli si sarebbero ritorti contro.
‘Esmeralda non vorrebbe.’ Disse la salvatrice ponendogli una mano sul petto per fermarlo. ‘Credi che Esm voglia che tu ti macchi del suo sangue per vendicarla? Non vuole. Lo rinchiuderemo, non potrà più fare del male a nessuno e non potrà andarsene e quando sarai lucido abbastanza, e se lo vorrai, parlerai con lui.’
‘Con i mostri non si parla, i mostri si distruggono e basta.’ Digrignò, Killian, tra i denti con gli occhi puntati sul frate che affranto sembrava guardare dispiaciuto la sua vittima.
‘Tu non lo distruggerai, Killian. Esmeralda non vorrebbe che macchiasse anche la tua vita come ha fatto con lei. L’unica cosa da fare è dare un saluto dignitoso a lei.’ E le rivolse uno sguardo invitando Killian a fare lo stesso. ‘ E’ a lei che devi pensare.’ Gli disse, ed era vero.
Killian non avrebbe lasciato Esmeralda nemmeno per un secondo. Nemmeno in quel momento.
E forse era per questo che era lì, immobile quasi a farle da guardia e da compagnia. Il pirata prese un altro sorso di rum, godendosi il familiare bruciore alla gola.
Era rimasto a guardare le persone che entravano nella sala per porgere l’estremo saluto ad Esmeralda: erano arrivati i nani, uno per uno, e la nonna, che non riusciva a trattenere le lacrime e persino Regina e Robin era arrivati il più presto possibile per lei. Alcuni erano passati davanti al suo corpo con le lacrime agli occhi, poi si erano inginocchiati e avevano pregato. Era arrivata anche sua madre, Agnese, che era da tempo che non vedeva: era una totale maschera di dolore mentre attraversava la sala per vedere la figlia e accasciarsi piangendo sul suo corpo. Accanto a lei, Belle, l’aiutò a risollevarsi, piangendo anch’ella. Probabilmente non aveva mai smesso di piangere l’amica perduta quasi come se avesse perso una sorella.
Agnese, non aveva mai conosciuto la figlia. era stata ripudiata e allontanata da lei dopo che quest’ultima aveva scoperto tutto e portava con sé il rimorso ancora più grande di aver fatto la cosa sbagliata unita ora al fatto che l’avesse persa per sempre. Per mesi aveva cercato di rimediare, di contattarla, ma Esm era stata categorica e impassibile: non voleva più saperne perché non riusciva ad andare oltre la visione della madre e fu per questo che ora i suoi lamenti e le sua grida erano la cosa più straziante in quella sala in cui sembravano riecheggiare.
Erano le grida di una madre disperata che perde la propria figlia, e come si poteva darle torto. I suoi lineamenti ricordavano quelli della fanciulla sdraiata sulla lastra di marmo, ma molto più scuri e scavati. Due borse sotto gli occhi che la dicevano lunga su quanto avesse pianto già dapprima di essere lì. Ray era fuori da quella sala, oltre la porte, con Ruby e Pierre ad ascoltarla senza batter ciglio. Non si sarebbe allontanato da quella porta, ma non sarebbe accorso a sostenere la madre in quel momento di dolore che avrebbero potuto condividere. I loro rapporti erano ormai chiusi da tempo, ed ecco perché ad accompagnarla era stata Belle. Non se la sentiva di lasciarla sola di fronte a quella visione.
‘Belle ha compassione anche per chi non lo merita.’ Disse Ray, con sguardo duro rivolto alla madre e facendo in modo che le arrivasse quel pensiero.
Una volta che tutti furono oltre la porta e quel via vai di gente si arrestò per qualche minuto il pirata si avvicinò di un passo alla ragazza, tracannando ciò che restava del rum, nella speranza che lo stordisse ancora di più.
‘Eccoci qui.’ Disse, con la voce che rimbombava nella sala vuota e gelida. ‘Dove tutto finisce. Non avrei mai pensato di vederti… così. Di dirti addio.’ Si sporse verso di lei, notando la rigidità marmorea che il suo corpo aveva assunto, come le sue dita che divennero difficili da intrecciare alle sue. La sua pelle era fredda come il ghiaccio.
Non sopportava di vederla a quel modo, priva di vita.
Gli sarebbe mancato tutto di lei, ogni singola, minima e minuscola cosa: dalla sua voce, alle sue risate che riempivano l’aria circostante contagiando anche lui, alla sua gran forza che l’aveva spinta a vivere da sola e ad affrontare il mondo come una guerriera.
Se fosse arrivato prima… appena dopo la chiamata di Belle si era subito diretto nel bosco, sfrecciando tra le betulle, e percorrendo fortissimo la strada di fronte a sé fino a non distinguere alcunché e lasciando indietro gli altri, ma non ce l’aveva fatta.
‘Stai dormendo, vero?’ disse disperando ingurgitando un altro sorso. ‘Proprio come quando, più volte, ti ritrovavo a fare sulla Jolly Roger. A volte mi fermavo ad osservarti e a starti accanto come ora. Emma ha detto che in questi tempi sarei stato uno stalker.’ Rise tra sé, immaginando Esmeralda ridere con lui. ‘Tra un po’ ti sveglierai, non è vero? Tra un po’ ti sveglierai e tornerai nella mia vita sempre lì, a starmi dietro, a sorridermi e a litigare per sciocchezze di poco conto. Non avrei mai dovuto chiederti di scegliere. Ti chiedo scusa.’ Allungò la mano buona quasi a voler sfiorare la sua, non era certo di poterlo fare. Di riuscire a farlo. Le toccò lentamente sentendone il gelo pervadergli la pelle.
Deglutii a fatica, Esm non avrebbe certo voluto che piangesse, almeno non lì. Davanti a lei. ‘Avrei dovuto proteggerti. Meritavi meglio che me, e magari se fossi rimasta nel tuo villaggio e non mi avessi mai incontrato tutto questo non sarebbe accaduto.’ Continuò. Poi le studiò il viso, i capelli di quel nero pece erano sciolti e acconciati in qualche ricciolo ribelle. Qualcuno le aveva poi messo una rosa tra i capelli, e Killian si ritrovò subito a pensare ad Agnese. Doveva essere stata lei. ‘Ma nonostante tutto, nonostante tutto ciò che ci è capitato voglio che tu sappia che ti ho amata.’ Dichiarò, quasi come se la fanciulla potesse sentirlo. Quasi come se Esmeralda fosse ancora viva. Con l’alcol che lo animava era anche più facile parlare. ‘Ti ho amata più di ogni cosa, più di chiunque altro al mondo sin da quando sei entrata a far parte della mia ciurma. Sino a quel momento non avevo mai provato nulla di simile, mai nella vita aveva provato un simile sentimento tanto da non riconoscerlo sin da subito e per equivoci e fraintendimenti ti ho persa e ti ho lasciata sola.’ La sua voce si ruppe. ‘Se solo… se solo non mi fossi allontanato da te, se solo non avessi permesso a Milah di insinuarsi tra noi chissà dove saremmo adesso. Ti ho lasciata sola e ti ho lasciato alla mercé di un mondo che non meritavi di conoscere, ho permesso a quell’uomo di perseguitarti e non me lo perdonerò mai, come non perdonerò mai Milah e quei soldati per averti presa quella notte. Io non ti meritavo, ecco tutto.’ Le sue parole vacillarono mentre gli saliva un groppo in gola. Quanto era difficile dirle addio? Come era difficile dire addio a quella persona tanto preziosa? ‘Mi dispiace tanto di averti delusa.’ Killian si fermò un attimo per riprender fiato e cercare la forza di abbandonarla per sempre.
Il viso etereo del pirata era ormai umido di pianto.
Killian le carezzò i capelli per l’ultima volta. ‘Ora potrai rincontrare Quasimodo, quell’amico che ha fatto molto più di quanto ho fatto io e che amavi tanto. Sarai una delle più belle lassù.’ Rise immaginandola. ‘Sappi che però non ti dimenticherò mai e che potranno passare i secoli ma tu resterai sempre la mia Esmeralda. Oltre l’eternità. Saremmo divisi fisicamente, forse, ma mai lontani. Tu sarai sempre qui al mio fianco e io sarò sempre qui a tenerti per mano. Ti amerò per sempre, mia Esmeralda.’
Si abbassò poi, e per un istante accostò le labbra a quelle di lei, con un gesto sereno. Quasi a salutarla in quel viaggio, dovunque ella fosse. L’avrebbe sempre amata, per l’eternità e forse anche dopo.
Poi si voltò e decise di uscire un attimo dopo quella lunga giornata. Aveva bisogno d’aria.
Killian lasciò la sala e i suoi passi riecheggiarono lungo le pareti. Non si guardò indietro nemmeno una volta, ma se l’avesse fatto, se avesse osservato Esmeralda con attenzione prima di uscire dalla porta, avrebbe visto le sua pelle cominciare a riprendere il suo colore, avrebbe colto un fremito nelle palpebre. Esmeralda schiuse le labbra, fece il primo respiro di una nuova vita. Un piccolo soffio che si poteva udire appena nella sala immensa e gelida.

 
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ANGOLO AUTRICE:
 
Salve miei cari lettori, e grazie per essere arrivati fin qui dopo un capitolo cupo e straziante.
Ogni volta prendere una decisione, decidere che strada prendere mentre si scrive è la parte più difficile. Quella che la maggior parte delle volte mi tiene ferma a fissare il foglio bianco di Word aspettando che si illumini la via, in un certo senso. Ogni volta alla storia piace cambiare direzione – un po’ come le scale in Harry Potter. -. Pensi una cosa e mentre scrivi ti ritrovi da tutt’altra parte a fare l’esatto opposto di ciò che avevi pensato. Di solito è sempre la storia che mi porta con sé e non il contrario. Non sono io che conduco ma i miei personaggi ed Esmeralda ha deciso per me mentre vagliavo mille opzione per la – quasi – fine di questa storia.
Mi riterrete proprio malvagia (?) arrivata a questo punto ma a tutto c’è un motivo, a tutto c’è una spiegazione e se leggete tra le righe avrete un po’ di speranza e gioia (?) verso la fine.
Io, come sempre, spero che ciò che scrivo, come scrivo vi entusiasmi abbastanza da lasciarvi una qualche emozione e sentimento. Spero di esservi arrivati al cuore con questo e aver suscitato in voi qualcosa che vi spinga a lasciarmi un vostro parere positivo o negativo che sia.
Tutte le recensioni sono benzina per portare avanti questa macchina di idee e fantasia che non smette mai di girare, anche quando non ho un pc davanti.
Spero mi farete sapere, e ringrazio tutti quelli che lo fanno già costantemente. Tutti quelli che hanno da poco iniziato la storia e sono arrivati già sino a questo punto perché l’hanno divorata. Ogni volta mi vengono fatti dei complimenti bellissimi anche in pagina che mi riempiono il cuore di gioia e io per questo vi ringrazio e abbraccio tutti perché non sapete quanto valgano per me.
Ora finisco questo papiro, che tra un po’ renderò più lungo del capitolo, e vi saluto.
Il prossimo capitolo arriverà presto, cercherò di farcela.
 
Un abbraccio enorme a tutti voi.
- Elle. 

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Capitolo 16
*** CAPITOLO XVI ***


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CAPITOLO XVI
 
Aveva deciso di uscire e prendere un po’ d’aria. Almeno un po’ prima dell’ultimo saluto che tutti le avrebbero dato.
L’aria stantia e muta di quella sala iniziava a dargli alla testa insieme a tutto il resto e oltretutto era abbastanza provato e scosso per restare ulteriormente. Aprire il suo cuore e rivelarle tutto quando ormai non poteva più sentirlo era vano, pensò.
Perché non era stato in grado di farlo prima? Perché lo sapeva, pensò. Esmeralda in cuor suo sapeva quanto lui l’amasse anche se non gliel’aveva mai detto. Glielo aveva dimostrato un sacco di volte, no? E allora perché non si sentiva apposta con se stesso? Perché sentiva che non era stato abbastanza ciò che aveva fatto?
Killian si fermò un attimo nella fitta boscaglia in cui era finito, senza pensarci. Aveva camminato fino a lì, quasi a non rendersene conto, fino al suo posto. Quel luogo in cui aveva alloggiato più volte e in cui lui era andato a farle compagnia supplicandole di ritornare in locanda.
Killian si adagiò piano su quel tronco d’albero adibito a panca e gli sembrò di rivederla: rannicchiata lì, con le ginocchia sotto il mento, chiusa tra i suoi pensieri.
Per un attimo Killian fermò i suoi lamenti, che non si erano arrestati nemmeno per un attimo, e si fermò ad ascoltare ciò che aveva intorno.
Tutto sembrava così vuoto e silenzioso senza di lei. Tutto era così tetro senza di lei.
Killian si prese la testa tra le mani e iniziò a piangere come un bambino, senza freni. Lontano da tutti.
Che cosa ne sarebbe stato di lui? Sarebbe caduto in quel vortice come secoli prima. Quell’evento l’avrebbe spinto a cambiare.
Lo supererai, come lo hai già superato. Aveva detto, tempo prima. Come lo credeva possibile? Come lo credeva anche solo immaginabile? Esmeralda non capiva quanto solo quell’idea, allora, lo straziasse. Figurarsi ora che quella situazione si era avverata in maniera imprevedibile.
Cosa doveva fare? Come poteva superare tutto questo. Come hai già fatto. Gli suggerì una voce nella sua testa. Quasi fosse la sua. Aveva il suo stesso timbro.
Un risata nervosa ne scaturì dalla gola del pirata. Si passò una mano tra i capelli, stizzito.
‘Come credi sia possibile?’ chiese come ci fosse qualcuno ad ascoltarlo. ‘Come credi sia possibile che io possa andare avanti ora? Dopo mesi ecco che si avvera ciò che tu mi hai detto tempo fa: sei morta, ma io non riesco a muovere un passo senza di te. Sono perso, e no. Non è vero che ci sono già abituato. Ti confermo che non è così. Mi trema la terra sotto i piedi e non so che fare senza te intorno. NON SO CHE FARE.’ Spolmonò esausto.
Un fruscio di siepi e un rumore tra i cespugli attirò la sua attenzione.
Si voltò di scatto immaginando il suo delirio materializzarsi e mostrarla ai suoi occhi. L’ansia dentro di lui cresceva a dismisura. Aguzzò la vista per vedere chi fosse e ne restò sorpreso più del dovuto: era Pierre.
Ne uscì sollevato, in parte, per aver constatato di non essere impazzito completamente.
'Scusa, se ti ho spaventato.' Disse Pierre sbucando da dietro i'erba fitta.
Killian si rimise in sesto dandogli le spalle e asciugando le lacrime dal viso umido.
'Nessuno spavento, tranquillo.' Rispose con voce incolore. 'Anzi, magari eri qui da prima e sono io che ho disturbato te.'
Pierre gli fece cenno di no con la mano, poi si avvicinò non sapendo bene come comportarsi. I due non erano mai stati in buoni rapporti, lo sapevano bene. Killian era abbastanza restio a lui. Da quando si era messo con Esm e quest'ultima si era allontanata da lui tenendolo all'oscuro della loro relazione non l'aveva visto di buon occhio.
E Pierre, d'altro canto, viveva con Esm con il suo paragone sempre accanto a tormentarlo. Non che fosse lei a palesarglielo, Killian bastava da se con i suoi sguardi rivolti alla loro relazione o a lei per fargli intendere che non gli andava a genio e che nella sua vita ci sarebbe sempre stato come un ombra, anche quando le aveva chiesto di scegliere. Killian sarebbe sempre stato lì anche se Esm gli avesse detto di starle lontano. E la cosa era reciproca, ma in quella situazione, ritrovati insieme nello stesso posto che si poteva dire? Che si poteva fare? Entrambi avevano amato la stessa donna ed entrambi ora si trovavano a pezzi.
'Non ce la facevo più in quella situazione, volevo prendere una boccata d'aria.' Si giustificò al pirata.
Killian annuì, senza darci troppo peso. L'ultima cosa che voleva fare era avere una conversazione. Non si riusciva mai a star soli, nemmeno nei boschi.
Eppure avrebbe dovuto pensarci. Magari era un ricordo di lei anche per lui. Magari quel posto era stato un loro posto, o forse si erano ritrovati lì di tanto in tanto.
'Mi dispiace.' Continuò il poeta con sguardo fisso davanti a se, per infastidirlo meno.
'Non ti crucciare, amico. Non mi hai disturbato.' Chiarii nuovamente il pirata stavolta più irritato. Perché continuava a parlare? Perché non se ne stava nel suo dolore in silenzio? Non era tanto difficile, porca miseria. Perché quel giorno non riusciva a star solo per un momento? Aveva voglia di urlare.
'Mi dispiace di non averla salvata.' Rivelò Pierre con voce sul punto di rompersi. E allora Killian capi. Quel bacio. Quello che avrebbe dovuto salvarla, perché era il bacio del vero amore, non aveva avuto esito. Non si era risvegliata come previsto e allora immaginava ora il modo in cui poteva sentirsi Pierre: aveva creduto di non esserne capace, di non amare abbastanza Esmeralda, o peggio ancora: aveva creduto che fosse lei a non amarlo abbastanza, e questo era qualcosa che lo stava logorando nel senso di colpa nel modo più meschino.
Per questo teneva lo sguardo basso o lontano, per questo non lo incrociava al suo: si sarebbe innescata una reazione inevitabile se l’avesse fatto condita di rabbia in quel pensiero e rancore.
'Esmeralda ti amava.' Gli disse, forse per consolarlo, forse perché era vero, forse perché era l'unica cosa da dire in quella situazione per non farlo sentire male ulteriormente.
'Ma non era abbastanza, giusto?' E sembrava più un affermazione che una domanda. Quella rabbia che iniziava ad impadronirsi di lui. 'D'altronde Frollo l'ha detto: io sono stato facile da eliminare per lei. Mi ha rimosso subito nella sua mente. Non ho lasciato radici. Io l'ho amata con tutto me stesso, e sento in cuor mio di averla amata più di ogni altra cosa, e lei invece... Niente.' Era furioso mentre ci ripensava. Quasi isterico. 'Cosa che non è successa con te. Perché tu sei rimasto? Tu sei ciò che lei voleva e che non ha potuto avere. Perché avevi radici in lei più radicate delle mie?!' Chiese. Gli occhi rossi di chi non si spiega. La rabbia di chi non accetta ed ha il nemico davanti.
'Amico, non lo so. Io e lei siamo sempre stati uniti. Sempre stati un tutt'uno... Ma ascolta, tu non hai nessuna colpa, non devi arrovellarti in questo pensiero contorto.’
‘E invece non riesco a togliermelo dalla testa. Se mi avesse amato…’
‘Senti Pierre, non voglio vantarmi di saperne di più su di lei ma è così: Non avrebbe mai scelto di stare con te se non ti avesse amato, se per te non avesse provato nulla. Esmeralda non era così. Non lo è mai stata.’
‘… o forse ero un rimpiazzo al fatto che non poteva averti.’ Lo sguardo sul pirata in cerca di conferma a quel pensiero, Killian gli diede le spalle.
Non rispose.
Forse perché non lo sapeva, forse perché un po’ era vero, o forse perché egoisticamente l’aveva sperato, ma non fin al punto di non farla risvegliare quello no. Era molto contrariato, ma se Pierre l’avesse risvegliata da quel sonno eterno per il suo amore, Killian lo avrebbe ringraziato a vita senza pensarci di più. E invece non era successo e tutte le speranze erano svanite e andate via con lei insieme alle sicurezze del poeta che ora passava il tempo a crogiolarsi.
‘Dovremmo tornare indietro.’ Ponderò Killian voltandosi. ‘Tra un po’ ci sarà la sepoltura e…’ le parole gli si fermarono a metà. Non ce la faceva, non ce l’avrebbe mai fatta a dire o sostenere quella parola. Quella parola, quella condizione non si addiceva a lei, al suo essere e da lì a poco sarebbe stata sepolta. Chiusa in una bara sotto cumuli di terra senza vedere più la luce. Il suo corpo sarebbe scomparso e i suoi occhi non avrebbero più visto quel cielo che amava tanto. A Killian venne un conato al sol pensiero.
Pierre annuì, mite, senza più proferir parola.
 
 
Killian e Pierre raggiunsero la cripta poco dopo il tramonto. A Killian pulsavano le membra dalla sera precedente ormai e tutto non sembrava cessare.
Un deciso movimento e confusione si trovarono davanti quando tornarono alla cripta.
I due non ne capivano il motivo mentre, davanti a loro, sfilavano sorrisi e lacrime di gioia quasi come se fosse festa. Urla e versi di giubilo sembravano riecheggiare nell’area tutta intorno. A Killian irritò quell’atteggiamento in merito alla situazione, quasi come se si stessero divertendo nel sapere che Esmeralda era morta. Quasi come se Esmeralda non fosse nessuno o poco niente.
Forse quel sentimento era una cosa solo sua e dell’uomo che gli era dietro e lo seguiva, ma trovava irrispettoso tutto quello. Cosa c’era tanto da ridere e da festeggiare? Avevano aspettato che si allontanasse per gioire e fare festa? Ciò che aveva avuto davanti prima di allontanarsi era stata tutta una messa in scena per far credere che importasse qualcosa a loro di Esmeralda? Killian era irritato e quasi rabbioso per quegli atteggiamenti così repentini e diversi da come li aveva lasciati.
Percorse solo pochi passi e poi si fermò. Guardò il poeta alle sue spalle per comprendere se era il solo a non capire, ma quello alzò le spalle con la stessa irritazione.
Riprese a camminare, sentendo che qualcosa era cambiato. Accelerò il passo sempre di più, mentre intorno a loro si levavano grida gioiose sempre più forti.
E la cosa che più lo sorprese, andando avanti, fu Emma che pareva esser quasi contenta con David e Mary Margaret appena fuori dalla sala in cui giaceva Esmeralda. David aveva manifestato il suo timore e il suo desiderio di lasciar perdere Esm quando avevano l’occasione di salvarla da Frollo, ma Emma? Killian non sapeva come porsi. Come presentarsi davanti a lei.
‘Come potete ridere ed essere così gioiosi di fronte ad un lutto?’ intervenne Pierre ferocemente irritato, dando voce anche a Killian. ‘Non aspettavate altro che sbarazzarvi di lei, no?’
Il sorriso dai loro volti si spense di colpo appena incrociarono quei due paia di occhi. Come doveva esser sembrato quell’atteggiamento? Come dovevano essere sembrati freddi e meschini per loro che ancora non osavano immaginare nulla di ciò che era accaduto durante la loro assenza?
‘No.’ Si interpose Emma decisa, cercando di scusarsi. ‘Non è come pensate.’ Scosse la testa per affermare ancora di più la sua posizione. Percepiva anche lo sguardo di Killian addosso e, in quell’attimo, si senti davvero uno schifo.
‘Vi dovreste solo vergognare!’ fece Pierre con pieno disprezzo, avanzando e sorpassandoli per raggiungere la bara dell’amata e lasciarsi alle spalle quello spettacolo indegno. Emozione che sembrava essere in parte contenuta sul volto di Killian.
Emma gli toccò un braccio, quasi a fermarlo, mentre proseguiva dietro Pierre.  ‘Killian, ascoltami. Ho una giustificazione a tutto questo. Non stavamo ridendo per la morte di…’
‘Esmeralda!’ aveva urlato Pierre in preda ad un emozione indefinita che arrivò fino a dove Killian e gli altri erano fermi. Che significato aveva quell’urlo? Perché aveva urlato? Killian lasciò Emma lì dov’era e si precipitò a constatare il motivo di una simile agitazione e quando lo vide fece fatica nel crederci.
Non poteva.
Era completamente uscito di senno, ora?
Spalancò gli occhi e si appoggiò alla parete più vicina, con la mano buona, alla visione che ebbe dinanzi ai suoi occhi. Era incredulo. Stava davvero impazzendo? D’altronde aveva parlato da solo nei boschi, d’altronde ci era già passato anche all’inizio. Prima che tutto ciò si ripetesse.
Ricordava ancora quando si cibava della sua presenza fittizia dopo i primi tempi e il timore che la cosa si riproponesse anche ora era il suo incubo peggiore pronto a ripercuotersi nuovamente su di lui.
Ma un verde pieno e brillante era davanti ai suoi occhi e le si parava davanti con un sorriso enorme e rassicurante pronto a fargli esplodere il cuore e a fargli credere che fosse davvero lì. Un sorriso più grande del normale, un sorriso che era nato apposta per lui appena l’aveva visto entrare di corsa.
‘Killian.’ Aveva sospirato divertita e così colma di gioia da non saperla trattenere pienamente. ‘Killian…’ aveva continuato a nominarlo, tenendo gli occhi fissi su di lui sin da quando era entrato in sala. Quasi come se, distogliendo lo sguardo, fosse lui a svanire. Era bastato un attimo, un battito di ciglia per volare da lui, tra le sue braccia che erano la cosa che più bramava per ritornare in vita per davvero. Aveva abbandonato le braccia di Pierre in un istante e, completamente presa dal suo pirata, gli era corsa incontro preoccupandosi poco del fatto che dovesse stare calma e quieta perché era ancora debole.
Killian la guardava come chi non crede ai propri occhi e sta lì a chiedersi se ciò che gli è dinanzi sia reale o sia frutto del suo enorme dolore. Appena la consapevolezza lo invase non aveva perso altro tempo ad indugiare: l’aveva incontrata a metà strada. Era corso da lei appena aveva realizzato che la sua presenza era vera e tangibile ai suoi occhi.
Entrò nelle sue braccia con una veemenza tale da rischiare di farlo cadere e cadere insieme a lui. Quell’abbraccio fu la cosa più sentita che riusciva a cogliere. La riportò in vita e risanò tutte le loro ferite. Le lacrime versate, la rabbia, il rancore, la paura, il buio che li aveva divorati entrambi, ma in modi diversi, erano tutti stati spazzati via mentre l’uno si trovava nelle braccia dell’altro. Era come se si stesse rinvigorendo e rigenerando. Killian l’abbracciò più forte del dovuto mentre Esm si teneva stretta a lui come ad un ancora, che non era pronta ad abbandonare.
E pianse. E piansero. Anche Killian che, con lei, era sempre vulnerabile.
‘Credevo di averti perso…’ fiatò Killian tra i suoi capelli neri.
‘No. Sono qui… sono qui.’ E non riuscì a dire altro Esmeralda, anche se avrebbe voluto. L’emozione di rivederlo le bloccava le corde vocali rendendola incapace di aggiungere altro. Ma non voleva riempire quell’abbraccio di altro se non del loro ritrovo e dei loro corpi stretti l’uno nell’altro. Ad Esmeralda erano mancati i suoi abbracci come aria e voleva riprenderseli tutti in un attimo mentre non riusciva, e non voleva, staccarsi da lui.
Lui era la sua casa e quello era il suo ritorno.
Poi scostò il viso dal suo, giusto il tempo di rimirarla ancora meglio, senza lasciarla andare. Come se quell’abbraccio non fosse durato abbastanza.
‘Mi hai detto che ci ero già passato e che il dolore non sarebbe stato così terribile, che mi sarei abituato perché in fondo ci ero già passato. Che tutto questo, stavolta, sarebbe stato diverso, beh ti sbagliavi. Ti sbagliavi di grosso.’ La ammonì Killian con un sorriso. Ad Esmeralda scappò un lieve risata a quell’ammonimento.
‘Sono felice di essere qui a sorbirmi il tuo “Te l’avevo detto!”’ e scoppiò in una risata, mentre il pirata le carezzava il volto cercando di asciugarle le lacrime che le avevano bagnato il viso.
‘Stai bene?’ chiese subito dopo. Esmeralda cercò di tirar fuori l’affermazione che serviva a tranquillizzarlo, ma infine annuì.
‘Vorrebbe farti credere che sia così ma deve stare calma, almeno fin quando non arriverà il dottor Whale a visitarla e a confermare che può andarsene in giro come se nulla fosse accaduto.’ Intervenne Belle mettendole le mani sulle spalle, cercando di riportarla seduta al suo posto.
La felicità e il sollievo di Belle nel riavere la sua amica accanto era pari all’indicibile. La bibliotecaria non aveva fatto altro che starle accanto durante l’assenza di Killian al suo capezzale ed era stata la prima persona che Esmeralda si era trovata davanti quando riaprì gli occhi facendo sobbalzare Belle nel terrore poi tramutato in gioia.
‘Belle, come è successo? Che hai fatto?’ domandò Killian che non riusciva a comprendere del tutto la vicenda.
‘Io?’ chiese Belle indicandosi con stupore. ‘Assolutamente nulla, credimi. Mi ero ormai rassegnata e sono stata con lei pochi minuti prima che aprisse gli occhi e mi trovasse in una valle di lacrime. Ray era poco più lontano.’ Chiarii indicando il fratello della fanciulla che era lì accanto a loro e annuì nel confermare la sua storia.
 ‘Cosa è stato a riportarti in vita, allora?’ chiese Regina più tra sé che agli altri, spuntando dalla porta, sorpresa e felice quanto gli altri, ma anche con il solito sguardo di chi cerca di capire. Aveva ascoltato ogni singola parola e non ne veniva a capo. Nel tempo anche lei aveva imparato ad avere intorno quella zingara dall’anima perduta ed ad amarla per le poche volte in cui avevano avuto a che fare.
La verità era che non c’era un solo essere lì a Storybrooke che non fosse stato coinvolto dalla sua personalità.
‘Non lo so, in verità.’ Esmeralda scosse il capo. ‘Non so cosa sia stato. Cosa mi abbia riportato indietro, in realtà non ricordo quasi nulla se non gli ultimi istanti che ho vissuto.’ La fanciulla non sapeva davvero cosa l’avesse risvegliata dal suo sonno eterno. Durante quelle ore non aveva udito né percepito nulla. Era davvero morta, quindi come poteva sapere cosa fosse successo? L’ultima cosa che ricordava era lei che beveva quella pozione che le era stata data mentre intorno a lei regnava il caos con Frollo che la pregava di fidarsi e non farlo. Sapeva solo che ora era viva, ma non sapeva e non ricordava in che modo fosse accaduto.
Regina dedicò un minimo sospetto ad entrambi gli uomini che se la contendevano, percependo che il merito fosse di uno di loro anche se non immaginava di chi in realtà. Era stato il pirata, che ancora la teneva stretta a sé o il poeta che, agli estremi della sala, faceva da spettatore ad una scena quasi come un estraneo afflitto e deluso? La regina incrociò le braccia al petto e cercò di pensarci senza dare ulteriormente a vedere le sue indagini mentali.
Il sentore di qualcosa di magico tutt’intorno si faceva sentire in maniera forte e tangibile in un modo che sua maestà riconosceva in modo innato ormai, perché sì, Esmeralda era morta ed era ormai prossima alla sepoltura prima di risvegliarsi completamente, quindi cosa o chi l’aveva riportata indietro? Era successo anche in passato d’altronde e in ogni favola che si potesse rispettare ormai Regina sapeva che c’era solo un modo per risvegliare un’anima condannata a un sortilegio o al sonno eterno: il vero amore. E se il vero amore che l’avesse risvegliata fosse stato il sentimento del poeta le cose sarebbero filate completamente lisce: entrambi avrebbero avuto il loro lieto fine senza toccare la vita di terzi, ma che accadeva se a darle quel bacio fosse stato Killian Jones? Tutto si sarebbe complicato più del dovuto. In Regina il sospetto che fosse stato proprio lui a fare quella mossa la premeva più di ogni altra cosa.
Chi sembrava amarla sopra ogni cosa e chi sarebbe stato capace di morire per lei?
Il legame che legava entrambi quegli esseri era la cosa più pura e vera che esistesse, ed era evidente. Qualcosa che non si era mai visto né sentito nemmeno tra le storie d’amore più leggendarie. Sembrava essere qualcosa di mitico, quasi, di cui Regina aveva solo letto e a cui non aveva mai davvero data troppa attenzione perché non ne aveva mai avuto prova.
L’uno veniva spinto verso l’altro con una naturalezza che era da pochi. Erano due calamite. Regina l’aveva visto di rado quell’amore nei secoli, ma nessuno a quei livelli: quell’amore pronto a tutto, che vive nei secoli anche a distanza e che brucia anche nelle tenebre più oscure.
Che il bacio datole fosse quello? Quello dell’amore che tiene vivo entrambi per riflesso, quello che non sarebbe mai morto se non congiunto?
 
I due amanti che provano un sentimento simile saranno forgiati da mille disavventure con la quale il loro amore verrà messo alla prova.
Niente sarà facile.
Esso li condurrà nella morte o in prossimità di essa, li porterà agli estremi della vita. Ci saranno eventi e persone che cercheranno di dividerli sempre e li porteranno ad allontanarsi ma mai saranno lontani dal pensiero dell’altro. Fin quando l’uno non smetterà di vivere in concomitanza dell’altro i due amanti saranno destinati a vivere per l’eternità l’uno accanto all’altro, nella gioia e nel dolore fin a quando le loro anime non si ricongiungeranno così com’era stato scritto.
Essi potranno vivere o morire solo per mano dell’altro.
 
Il libro di Cora parlava chiaro e in quelle parole non c’erano altro che loro: Esmeralda e Killian, uniti e intrecciati nell’eternità sempre e per sempre. Oltre gli ostacoli di quella vita.
Come aveva fatto Regina a non accorgersene prima?

 
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Capitolo 17
*** CAPITOLO XVII ***


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CAPITOLO XVII
 
‘Emma?’ Regina corse dietro la salvatrice appena la vede uscire dalla sala. Emma sobbalzò nel sentirla lì, non l’aveva vista mentre la seguiva.
‘Oh, Regina. Dimmi.’ Fece, arrestandosi sul posto.
‘Come ti senti?’ chiese Regina incrociando le braccia al petto e abbassando lo sguardo impacciata e totalmente non a suo agio nel porre quella domanda così lontana da lei.
La salvatrice piegò la testa di lato e abbozzò un sorriso nel trovarsi davanti a quella domanda così insolita.  ‘Bene… ?’ fece titubante, non sicura che fosse una domanda seria e immaginando nascondesse altro. Scosse il capo. ‘Regina, che hai?’
Quella si guardò intorno spaesata e allargò le braccia. ‘Perché?’ chiese sentendosi osservata. Fin troppo.
‘Perché non sei solita in queste premure.’ Chiari la salvatrice.
‘Beh, solo perché non lo chiedo spesso non significa che sia una persona fredda. Lo chiedo solo quando la situazione lo richiede.’ Sottolineò scaltra.
Emma aggrottò le sopracciglia, creando un piccolo solco, cercando di intuire il motivo della domanda. Regina era impassibile e molto vicina all’irritazione e al pentimento per averglielo chiesto. Insomma, ci si dimostrava carini con gli altri e tutti a destare sospetti? Tanto valeva rimanere nei propri atteggiamenti disinteressati.
‘Bene.’ Rispose infine Emma arrendendosi a quella domanda e chinando il capo mentre giocherellava con un piede.
A Regina non la diede a bere del tutto.
‘Sei preoccupata o… gelosa del rapporto di Killian con Esmeralda?’
Quella venne colta di sorpresa da un simile pensiero. Era questa l’idea che dava?
‘No… no! Perché ritenete tutti che il loro rapporto sia nocivo per me? Son contenta di avere di nuovo Esmeralda qui.’ Chiarii spazientita, la salvatrice, da quelle continue accuse che le venivano mosse. Non odiava Esmeralda, e mai l’avrebbe fatto. Ella sapeva tutti i trascorsi della fanciulla con il pirata e pur avendo più tra loro non era mai stata gelosa del loro rapporto né mai ne aveva avuto timore.
‘Perché dovresti.’ Rispose Regina, dura.
 
‘Direi che è tutto a posto. Certo non capita tutti i giorni di dover visitare qualcuno di ritorno dal regno dei morti. O forse per dove siamo noi potrei dire di sì.’ Scherzò il dottor Whale con il suo solito atteggiamento. Appena aveva potuto era arrivato nel luogo designato per visitare la fanciulla di cui parlavano tutti nel piccolo paesino, quindi a poco era servito il fatto che l’avessero chiamato.
‘Quindi sta bene?’ chiese Killian per l’ennesima volta come un disco rotto, mentre era lì accanto a lei. Continuava a starle accanto ed era intenzionato a non lasciarla nemmeno un secondo.
‘Assolutamente sì. Sta benone.’ Confermò il medico nascondendo l’irritazione con un sorriso. ‘Anche se, però, deve cercare di non stressarsi troppo almeno per i prossimi giorni. Ecco perché intendo chiederti di uscire appena ritornerai del tutto stabile.’ Ammiccò il dottore intento a flirtare con lei mentre chiudeva la borsa.
Esmeralda non seppe cosa rispondere e abbassò lo sguardo intenta a svincolarsi da quella situazione. Pierre, che era presente anch’egli, strinse i pugni covando delusione e rancore ma rimase al suo posto senza proferir parola, anche se avrebbe voluto. Il fatto che lei fosse impegnata con lui e non lo avesse nemmeno menzionato mentre quello ci provava non faceva che aumentare la sua agitazione e il suo disagio in quella situazione. Quasi si sentiva il terzo incomodo. Quasi fosse di troppo in quella situazione.
Quando lui distolse lo sguardo da lei guardando altrove per distrarsi e riuscire a trattenere appieno le emozioni che in lui sembravano ribollire, lei lo vide in quello stato ed ebbe un tonfo al cuore enorme. Sapeva, sentiva in cuor suo, che la colpa era sua e il sorriso che dapprima risiedeva sul suo viso sparì di colpo.
Se Pierre era in quello stato, privo di ogni sorriso nel rivederla o una parvenza di felicità era solo per colpa sua. E la cosa, per come era la zingara, la faceva soffrire più del dovuto.
Nella sala erano rimasti solo loro tre dopo che il dottore si congedò. Erano lei, Killian e Pierre ed ella sentiva di dover chiarire le cose per sentirsi meglio e mettere le cose in chiaro. Sentiva che qualcosa non andava. Quella sensazione le arrivava forte in pieno petto e non se la sentiva di ignorare l’elefante nella stanza e far finta di nulla, come se non fosse nulla. Pierre era tanto. Era pur sempre una parte di lei e doveva rimettere a posto e ridefinire nella sua vita perché era chiaro come il sole che qualcosa lo turbava e qualcosa non era più lo stesso.
Esmeralda guardò Killian negli occhi, poi lo prese per mano. ‘Puoi lasciarci un attimo da soli?’ chiese, piegando la testa di lato ad indicare Pierre poco più in là.
Killian ci pensò un attimo, avvertendo l’aria tesa che affluiva tra i due. Poi annuì.
‘Ci vediamo fuori.’ E le posò un leggero bacio amorevole in fronte. Uno di quelli che si da ai bambini. Uno di quelli che si da come simbolo di un affetto smisurato.
Appena la porta alle loro spalle si chiuse vennero accolti da un silenzio pesante e fastidioso. Il silenzio di chi ha troppo da dire ma preferisce far marcire le parole dentro sé perché potrebbero far male e ferire piuttosto che aiutare e, perché quelle parole potrebbero portare a conclusioni a cui nessuno dei due vorrebbe arrivare.
‘Pierre?’ un tocco incerto e delicato sul suo braccio muscoloso lo fecero ritirare come una molla. Era bastato quel poco a farlo esplodere. Si voltò di scatto a quel contatto quasi avesse preso la scossa, mentre Esmeralda rimase con la mano a mezz’aria a toccare il vuoto.
Ecco ciò di cui Esmeralda aveva paura: il confronto. Sarebbe stato duro, schietto ma necessario perché quella tensione era intollerabile.
‘Oh, ora siamo soli o c’è qualcun altro con cui devi intrattenerti?’ Pierre si schiarì la voce cominciando a sferrare il primo colpo. ‘Ora che siamo soli puoi degnarmi di una parola?’
‘Ma… cosa dici?’ cercò di sibilare la fanciulla nella più completa confusione. ‘Pierre, che succede? Spiegami.’ Ed Esm cercò di avere un nuovo contatto, un qualcosa con lui che potesse aiutare a comprenderlo perché si sentiva eternamente spaesata.
Ma Pierre si scostò evitando il tutto e andò più avanti, lontano da lei. Voleva mantenere la giusta distanza, magari farla sentire come lui si era sentito in quelle ore appena trascorse. Oppure stava prendendo tempo per pensare, per reagire nella maniera migliore possibile ma non era semplice. Non lo era affatto.  
Non riusciva a proferir parola, nemmeno una risposta. Niente. Non riusciva nemmeno a guardarla come la guardava prima. Sentiva sempre più la delusione farsi strada nel suo cuore e prendere il posto dell’amore che prima regnava in lui per lei.
‘Pierre, così mi spaventi. Parlami, ti prego. Ti imploro se serve, ma guardami e dimmi cos’hai. Cosa c’è?’ E Pierre restava chiuso nel suo muro di silenzio perché buttarle tutto addosso in quel momento le avrebbe fatto ancora più male e doveva stare calma, come aveva detto il medico. Quello stesso medico che con lei ci aveva provato mentre lui era lì, a pochi passi da lei. A pochi passi certo, perché chi era accanto a lei? Chi, se non lui? Il suo valoroso pirata. Il suo Killian Jones che sembrava essere la sua ombra, da sempre.
‘Pierre…’ Esmeralda cercò di farlo voltare, stavolta più decisa.
‘Mi sento fuori posto, qui con te. Quasi come non facessi parte della storia. Della tua storia.’ Continuò.
‘Di cosa stai parlando Pierre? Perché dici così?’
‘Non so che dirti.’ E tutto sembrava stantio, stretto, fermo nel tempo. Quell’aria che si era creata rendeva quasi difficile respirare, e forse era la situazione, forse era perché l’espressione di Pierre era più eloquente di mille parole ma Esmeralda capì tutto ciò che sentiva pur non incrociando i suoi occhi. L’aveva deluso. L’unica persona che aveva avuto accanto era stata trafitta da una lama tagliente da lei, che mai avrebbe voluto fargli del male.
‘Ti ho deluso.’ Fiatò, fissando il pavimento, terribilmente dispiaciuta. Un alzata di capo e un cenno le fecero capire di averci azzeccato. ’Ma non capisco perché. Spiegami.’
‘Che ognuno sembra più importante di me in questo posto e che a me non consideri neanche.’ Fiatò.
‘Pierre, non è così. Se non fossi importante non ti avrei voluto nella mia vita. Non saresti qui.’
‘E che ruolo occupo? Dopo quante persone arrivo?’ Esmeralda continuava a non capire a cosa si riferisse e nonostante cercasse di avvicinarlo, lui sgusciava via intento a non avere nessun contatto con lei. 
‘Pierre cosa stai dicendo?’ abbassò la testa e si rimirò le mani, quasi fosse in cerca delle parole da dirle.
‘E’ evidente che ciò che provo per te non è lo stesso di ciò che tu provi per me.’ Esmeralda scosse il capo per affermare quanto fosse in disaccordo con quel suo pensiero.
‘Tu non sai ciò che provo.’ Fiatò afferrando il suo polso, più ferma.
‘E invece sì, è evidente ogni volta che lo guardi, ogni volta che gli sorridi, ogni volta che lo incroci il tuo sguardo cambia e hai occhi solo per lui. Ero qui con te, prima, eppure ti è bastato vederlo entrare in sala per lasciarmi e catapultarti tra le sue braccia senza pensarci di più. Io non sono per te ciò che lui è.’ Chiarii, con voce dura. Quasi fosse un rimprovero.
Esmeralda sapeva bene il rapporto turbolento che aveva con il pirata e si rendeva conto di quanto quel gesto fosse stato malvisto dal suo punto di vista, per ciò che covava nei suoi confronti, ma come poteva pretendere che non gli fosse mancato? Era stato un gesto automatico, senza nessun pensiero. Erano stati i sentimenti a guidarla verso di lui, avrebbe dovuto trattenersi e nasconderlo? Era impossibile.
‘Credi che l’abbia fatto di proposito? Credi che sia stato un gesto fatto di proposito nei tuoi confronti?’ chiese incredula Esmeralda di fronte a quelle insinuazioni. Lei, di proposito, era corsa tra le sue braccia di fronte a lui. ‘Non sono forse corsa anche da te quando ti ho visto?’ gli chiese incrociando le braccia al petto.
‘Non con la stessa intensità che mostri con lui.’ Rispose Pierre, istantaneamente, irritato.
Esmeralda ruotò gli occhi e sollevò le braccia in aria a mò di chi non crede a ciò che sta sentendo. ‘Parli seriamente Pierre? Stai misurando l’affetto in base all’impeto?’ la sua voce si fece più stridula mentre lo osservava inorridita da un simile paragone.
In vita sua non si era mai contenuta. Mai aveva pensato prima di lanciarsi addosso una persona a lei cara.
‘Non è solo in base a questo che faccio i miei resoconti?’
‘Quindi mi analizzi?’ non poteva credere a ciò che stava sentendo venir fuori da quello che doveva essere un felice ritrovo. ‘Non credi che mi mancasse anche lui?’
‘Il fatto non è questo.’ Urlò spazientito dal suo non voler intendere le cose o nemmeno provarci. Urlò, più di quanto non avesse mai fatto. ‘Il fatto è che lui ti manca più di chiunque altro quando, sostanzialmente, sono io il tuo ragazzo. Io dovrei mancarti di più! Come ti sentiresti nei miei panni, Esmeralda? E ogni volta non riesco a non prendermela, a non ingelosirmi quando vorrei che uno di quegli sguardi… uno solo fosse rivolto a me con la stessa intensità e sentimento. Io per te non sono lo stesso a ciò che tu sei per me o non è così?’ Ringhiò ad occhi sbarrati. Le stava puntando quella verità addosso come un faro con la capacità di accecarla.
Esmeralda abbassò lo sguardo, questa volta, quasi ferita. Si sentiva in colpa.
‘Dimmi che non è così ora, avanti.’ Le dice con un tono di rabbia in meno. Esmeralda trema come una foglia. ‘Perché voglio che tu sia sincera con me.’
Quanto poteva dirgli? In fondo sapeva anche lei che era così. Era sempre stato così. L’amava sì, ma non con l’intensità che lui ricercava e meritava. L’amava ma non come lui amava lei. Quello no. C’era sempre stata una discrepanza tra loro, un sottotono che era facilmente percepibile tra i due. Era solo difficile rivelarselo, ma ora di fronte a quella domanda esplicita, esplosa come una bomba nella stanza, come si poteva rispondere? Come rivelargli qualcosa di cui lui già aveva il sospetto senza ferirlo? Esmeralda non voleva pensasse fosse un rimpiazzo. Non lo era mai stato. Era stato il suo amore grande. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, ed Esmeralda sapeva quanto si era prodigato per salvarla mentre era prigioniera di Frollo. L’aveva saputo dopo.
Pierre era il suo amore grande, ma non grande abbastanza da superare e farle dimenticare Killian Jones.
Il suo cuore in fondo era stato suo dalla notte dei tempi e Pierre sì, l’aveva conquistato, ma in minima parte. Quella minima parte che non bastava a controbattere quella verità davanti a cui l’aveva appena posta. Esmeralda non sapeva se rispondere o meno, non sapeva quanto volesse fargli sapere a riguardo.
‘RISPONDIMI!’, urlò, diventando paonazzo, esasperato su di lei non ricevendo alcun esito.
‘‘SI!’, sbraitò anch’ella, affrontando il suo sguardo e prendendo forza dalla rabbia che aveva dentro. Dalla rabbia che provava più per se stessa che per lui. Perché si sentiva incapace. Incapace di amare un uomo che l’amava più di ogni altra cosa. Un uomo che l’avrebbe e l’aveva sempre messa al primo posto. Un uomo che l’aveva fatta sentire davvero amata e protetta ed era solo suo, fuori da ogni incomprensione o triangolo fuori luogo.
Perché non poteva il suo cuore cedere a tutto quello e darsi completamente a lui strappandosi dalle mani di chi aveva intrapreso un’altra vita? Perché il cuore decideva sempre di intraprendere le vie più intricate piuttosto che le più facili? Se avesse amato Pierre con la stessa intensità che lui aveva con lei sarebbe stato meglio. Forse Pierre aveva ragione e lo sapeva sin dall’inizio, ma ci sperava che la risposta fosse diversa. Forse quella era la fine di tutto ed Esmeralda si sarebbe ritrovata di nuovo sola. Se l’avesse amato, continuava a ripetersi, non avrebbe sofferto e invece eccoli lì in quella stanza fatta ormai di sole macerie.
La magia era svanita e non c’era più nessun motivo di tenersi tutto dentro. Le aveva chiesto di essere sincera e il suo cuore non si era più sentito in dovere di nascondersi e aveva urlato ubbidendo a quella sua richiesta. Tutto era stato rivelato per ciò che era e non c’era più nulla che servisse per risolvere le cose.
Ora che tutto era venuto a galla era anche difficile guardarsi in faccia, ed Esmeralda si sentiva morire. Incapace di muoversi verso di lui.
Pierre iniziò a guardarla quasi come se non la conoscesse più, e la cosa trafisse in pieno petto Esmeralda. Un silenzio piombò nella stanza mentre sembrava essere passato il peggio dei cicloni.
Nessuno dei due sapeva più che fare.
‘Sai, sentirlo da sé è una cosa ma sentire che tutto ciò è vero è un colpo che ti butta a terra e ti tramortisce al punto da non farti alzare più.’ Spolmonò per tutta la camera, andando in giro con i pugni chiusi.
‘Non pensare che non ti abbia mai amato, o che non ti ami, o che tu sia stato un rimpiazzo per me.’ Dichiarò, ferma al suo posto, con gli occhi fissi su di lui.
‘E cosa dovrei pensare? Cosa penseresti tu al mio posto?’
Già, ad una rivelazione del genere Esmeralda non avrebbe pensato altro. Come poteva prendere bene quella rivelazione?
‘Tu non sei stato il mio rimpiazzo. Tu sei quello che mi ha amata più di ogni altra cosa e che mi ha fatto sentire amata. Sei stato solo mio. Sei stato colui che mi ha aiutato a non pensare, che mi ha distratto e mi ha reso felice. Tutti in città se ne sono accorti, Pierre. Non ti ho mai preso in giro. Io ti ho amato, e ti amo anche ora ma in qualche modo sembra non bastarti e io sento di non poter fare di più.’
Pierre fa un cenno con la testa, quasi ad asserire. ‘Lo so.’ E ne uscì fuori una voce smorzata.
Le diede le spalle ad Esmeralda poi, quasi a celarsi, ma la sua voce lo smascherò. Avrebbe voluto avvicinarsi a lui, stringerlo e abbracciarlo, ma la situazione sarebbe divenuta ancora più insostenibile.
‘Hai mai sperato… hai mai provato ad amarmi con la stessa intensità con cui ti amo io?’ chiese.
‘L’ho sempre sperato, in ogni mio giorno, che tu potessi scacciare via i vecchi sentimenti e insinuarti allo stesso modo con cui io mi sono insinuata dentro te e ci ho provato. Non credere che non l’abbia fatto, che non mi sia maledetta per non provare lo stesso, perché lo sentivo e sento che ciò che tu provi è diverso da ciò che provo io. Ci ho provato ma invano.’ Ammetterlo era la parte più difficile. ‘Sono difettosa, Pierre. Forse sono rotta.’ Le parole si fermarono lì in gola incapaci di proseguire oltre.
Perché l’amore è così: non si piega alla tua volontà, per quanto tu lo desideri. Non va dove vuoi. Puoi forzarlo e forzare i tuoi pensieri, ma il cuore deciderà sempre da sé e battere per chi vuole lui. L’amore va da sé e non puoi forzarlo ad andare oltre e a provare qualcosa di più.
Pierre si voltò e la vide crollare e singhiozzare.
Sapeva quanta verità si celasse in lei, di quello non aveva mai dubitato. Sapeva che era vero quando diceva di averlo amato e avrebbe voluto che fosse bastato a risolvere le cose per farli vivere felici e contenti ma non fu così, Pierre non ce la faceva e non ce l’avrebbe mai fatta. Sapere di averla accanto sempre a metà, sempre con un pensiero a lui non era tra le sue idee per vivere felici e contenti insieme. Quel pirata sarebbe stato sempre un’ombra su di lei, su di loro perché quel pirata non si sarebbe mai allontanato dalle loro vite per lasciargli spazio e Pierre non riusciva a tollerarlo, ma nonostante tutto non riuscì a restare inerme di fronte a lei che era visibilmente distrutta. Ponderò un attimo sul da farsi: sarebbe stato meglio andarsene o lasciarla lì? E non passò molto prima che corresse ad abbracciarla e nel mentre piangesse con lei.
Esmeralda si rifugiò sul suo petto e pianse di disperazione, quasi vergogna. Si sentiva in una tremenda colpa, una colpa che non riusciva a levarsi di dosso.
‘Mi… dispiace.’ Singhiozzò cercando di aggiungere anche altro. Pierre la strinse più forte.
Pierre non rispose.
Era troppo dirle che non era colpa sua, che gli dispiace anche ad egli. Dentro di sé la rabbia si era solo attenuata e non era pronto a simili parole di conforto. Si limitò a carezzarle i capelli cercando di ricordarne per sempre la sensazione sotto la pelle. ‘Avrei dovuto fare di meglio per aggiudicarmi il tuo cuore.’
Esmeralda alzò il capo e lo scosse. ‘Hai fatto tanto, il problema sono io che non riconosco ciò che è sano per me.’
‘… Vieni via con me.’ Fiatò Pierre d’improvviso, più flebile, quasi a deporre le armi che le aveva puntato contro definitivamente. Quasi ad implorarla mentre si portava la sua mano al petto e la tirava più a sé. La guardò dalla sua altezza ancora una volta e non poté non estasiarsi di fronte a quella bellezza immensa. Avrebbe dovuto esserci abituato. Quante volte l’aveva tenuta tra le braccia, e quante volte l’aveva osservata nel silenzio della notte mentre gli dormiva accanto?
‘Vieni via con me… dove?’ domandò la fanciulla con un divertimento appena accennato sulle labbra.
‘Via da qui. Via da questo posto che ti ha fatto solo male. Abbandoniamo tutto questo e andiamo via.’ Le propose con la speranza negli occhi. ‘Andremo oltre il confine e andremo dovunque tu voglia. Sarò sempre al tuo fianco e forse, con il fatto con l’avrai più sotto gli occhi, saprai amarmi come dici di desiderare.’ Le propose. ‘Com’è che si dice? Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.’
Era forse stata la deduzione migliore, pensò Pierre.
‘Mi stai chiedendo di andar via con te per dimenticarmi di lui?’ Pierre fece cenno di sì con la testa con un lieve sorriso che trapelava speranza.
Esm la scosse. ‘Non potrei mai.’
Pierre non potè crederci.
‘Siamo stati secoli separati Pierre, eppure non è cambiato nulla. Non te ne rendi conto? Io e Killian potremo anche dividerci fisicamente ma non saremmo mai lontano dal cuore. Quel detto per noi non è mai valso.’
Pierre sciolse l’abbraccio e si allontanò da lei con le mani tra i capelli per trattenere ancora quella rabbia che stava per tornare.
Aveva scelto lui. Di nuovo.
Avrebbe sempre scelto lui.
‘Non ci provi neanche a staccarti da lui.’ Ringhiò.
‘Non servirebbe a nulla.’
‘Non lo puoi sapere. Hai la possibilità di allontanarti, di vivere ovunque e rifiuti senza pensarci due volte.’
‘Lo so che sei arrabbiato, deluso, e probabilmente mi odi per tutto ciò, ma non ho bisogno di pensare a cose che già so.’
‘Peccato che per lui non sia stato lo stesso, non credi?’ le si rivolse, acido. Badando poco alle sue parole ora. Era stanco.
Stanco di sentirla trovare scuse per non amarlo quanto avrebbe dovuto. Stanco che mettesse sempre quel pirata al primo posto anche quando le aveva proposto di essere felici, una proposta che altre avrebbero colte al volo se davvero erano stanche di soffrire. ‘Non ci ha messo tanto a prendere con sé altre donne, a divertirsi per bene con tutte quelle che le capitavano a tiro, e ora? Dichiara di aver trovato il suo vero amore, il suo lieto fine. Non sei tu, quindi. Non ti ha aspettato e poco se ne frega di te. Credo che al pirata piaccia solo averti accanto come un giocattolo che può tirare a sé quando e come vuole. Se terrebbe a te come sostiene non ti starebbe accanto sbattendoti in faccia la sua relazione, non credi?’
‘Non è così. L’unica cosa che voglio è stargli accanto, non pretendo di stare con lui.’ Ribattè Esmeralda.
‘Sei falsa.’ Controbatté lui. ‘Sei falsa con te stessa e prendi in giro me come se già non fosse abbastanza tutto il resto. Vuoi dirmi che se lui lasciasse Emma o viceversa, tu non tenteresti di stare con lui?’
Quella domanda era come una trappola ben studiata, Esmeralda sperava di non caderci. Non davanti a lui.
‘No! Come puoi pensare una cosa del genere? Mi credi così meschina?’
Forse in cuor suo, nella parte più remota e ben celata sotto strati di sentimenti ormai trasformati in accettazione, esisteva quella supposizione. Quel pensiero. Ma Esmeralda non l’avrebbe mai ammesso, o almeno non l’avrebbe più tirato fuori e in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri. Pierre, la persona più vicina al suo futuro, la stava abbandonando ed Esmeralda si sentiva mancare il pavimento sotto i piedi. Era come se stesse per crollare.
Si trovava in bilico su una crepa destinata ad aprirsi e non sapeva come rimediare.
Tutto ciò che era stato, tutto il loro tempo insieme e l’amore speso era sull’orlo di un baratro ed Esmeralda non riusciva a recuperare nulla per salvare la situazione.
‘Ti credo falsa e anche meschina, sì, perché se tornassi indietro e mi ritroverei in tali circostanze so per certe che le mie supposizioni sarebbero vere. Menti quanto vuoi e vedila come vuoi. Per lui non sarai mai al pari di ciò che sei per me, ma tu stagli accanto per il resto della vita a roderti il fegato. Ho notato che ti piace tanto soffrire quindi te lo lascio fare. Io sono stato un rimpiazzo d’altronde, una distrazione dal vedere il tuo amato con un'altra donna. Cosa sono stato, per te, Esmeralda?’ non le diede nemmeno il tempo di rispondere. ‘Ti sei presa gioco di me. Probabilmente mi hai deriso mentre ci pensavi seriamente. Che povero illuso sono stato ad amarti con tutto me stesso e con ogni mia forza. Che povero illuso sono stato mentre quel pirata ti restava attorno!’ tutta la rabbia che covava era veleno che scorreva veloce e dritto all’interessata. ‘Avevo sentito che eri maledetta. Mi avevano avvertito!’
‘Maledetta?’ chiese con un filo di voce. Perché le aveva riservato una simile parola? Esmeralda si portò le mani al petto quasi ad attenuare un dolore che andava levandosi.
‘Sì. Magari tuo padre era il diavolo e tu sei la sua maledizione sugli uomini, non puoi saperlo.’
Esmeralda si senti colpita in pieno petto ancora più forte, come se qualcuno le avesse dato un pugno capace di bloccarle il respiro.
‘Continua a restare sola, Esmeralda. Continua a voltare le spalle a chi ti ama davvero e morirai sola, perché non avrai accanto nessuno. E’ questo il lieto fine che ti aspetta.’
E uscì dalla porta che aveva dinanzi non prima di averle rivolto lo sguardo più truce che Esmeralda avesse mai incrociato.
Non prima che in Esmeralda qualcosa si gelasse.
 
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‘Stai bene?’ quante volte mi avevano rivolto quella domanda nelle ultime settimane? Sinceramente avevo perso il conto e pure la voglia di contare.
Mi sentivo un peso. Un grondante peso che gravava sui suoi amici più cari sin da quando era rientrata nelle loro vite. Ero una maledizione, forse lo ero davvero. Una delle peggiori probabilmente, e specie per Killian che sembrava sempre quello che più si preoccupava per me. Sentivo di gravare sul suo destino peggio che su quello degli altri.
Sentivo che, fin quando io fossi stata in giro, lui non avrebbe vissuto la sua vita come avrebbe dovuto con Emma o con chicchesia. Nelle ultime settimane ero terribilmente apatica, gelida, e all’apice del pessimismo, come se non bastasse. Me ne stavo lì, tra quelle quattro mura di casa di Mr. Gold, a marcire nella mia commiserazione senza badare a nulla per davvero.
Mi sentivo malissimo per ciò che era successo con Pierre, per come l’avevo fatto sentire, per la mia indolenza che non aveva inteso e calcolato i suoi sentimenti. Come dovevo essere sembrata ai suoi occhi? Meschina? Diabolica? Una a cui non importava nulla? Certo, me l’aveva detto. Me l’aveva gridato addosso con tutta la rabbia che aveva in corpo e che tratteneva da non so quanto, ma non avevo fatto tanto caso alle parole, già il tono era bastato a farmi sentire una merda tale da non aver voglia di essere lì.
‘Sto bene.’ Risposi quasi come un automa mentre presi a sorseggiare un sorso di quell’acqua che avevo in mano da secoli forse, non ricordavo più. Era completamente persa nel vuoto tanto da non accorgermi nemmeno di chi fosse nella stanza in quel momento.
‘Io sono qui, lo sai.’ Fece intendere il capitano al suo fianco.
‘Non dovresti.’ Rispose lei di rimando, scuotendo la testa e rivolgendogli uno sguardo gelido. Killian la guardò cercando di intendere i suoi vaneggiamenti.
‘Perché?’ chiese cauto.
‘Perché dovresti vivere la tua vita senza interferenze da parte mia. Non dovrei essere un peso per te, né per gli altri. Non dovrei approfittare del vostro tempo. Non dovrei stare con nessuno, e nessuno dovrebbe stare con me.’ Si alzò iniziando a girare per la stanza, esausta. ‘Sono solo una maledizione, magari, e voi ignari mi state ancora intorno. Dovunque vada porto con me cose non buone, dovrei allontanarmi e stare lontano e nessuno dovrebbe più cercarmi.’ La sua voce s’incrinò irrimediabilmente. Si portò una mano davanti la bocca per evitare di singhiozzare o anche solo iniziare a farlo. Killian si alzò per andarle incontro, in un gesto che ormai era diventato un riflesso condizionato. Come sempre. Esm interpose una mano tra loro per tenerlo lontano. ‘Non ci provare.’ Disse dedicandogli uno sguardo di chi è a pezzi e vuole restarci.
‘Esm, andiamo. Non puoi convincerti di questo. Sei entrata nel cuore di chiunque come puoi definirti una maledizione?’ cercò di farla ragionare.
‘Come credi che agiscano le maledizioni? E io sono la più infida e bastarda, chiedi a Pierre…’ gli occhi le si inondarono al solo nominarlo, come sempre, e il groppo in gola non le permise di andare oltre. La ferita era ancora aperta, fresca, e parlarne faceva più male di un coltello affillato. Si fece forza e riprese a parlare con una leggera nota stonata. ‘Sono come una sanguisuga che si nutre del tuo sangue senza che tu te ne accorga. Sono la pulce su un cane. Un pidocchio… io… tu non dovresti essere qui con me, costantemente. Non dovresti prenderti cura di me tralasciando la tua vita. Non dovrebbe farlo nemmeno Belle che si ostina ad ospitarmi a casa sua incurante del pericolo. Perché, per una buona volta, non mi lasciate tutti in pace?’  
‘Tu sei la mia vita.’ Dichiarò Killian con gli occhi dentro ai suoi. A un passo da lei pronta a sorreggerla.
Esmeralda lo sapeva ed era pronta a restare il più ferma possibile.
Non devo crollare. S’impose.
‘Potrei essere la tua morte, invece.’ Fece seria. Killian le dedicò un sorriso rassicurante, quel solito sorriso che prometteva un abbraccio degno di amore. Un abbraccio che l’avrebbe protetta. Quell’abbraccio che l’avrebbe riportata a casa.  ‘E io potrei essere la tua, se ci pensi. Se non fosse stato per me non avresti vissuto la vita che ti ha segnato e ti ha fatto conoscere delle persone indegne.’
Esmeralda era vulnerabile, lo era sempre stata, ma in quei momenti sentiva di crollare quel tanto da portarla ad autodistruggersi completamente in pensieri e supposizioni.
‘Non ci provare. Non provare a rimuginare di nuovo su questa storia, Killian. Non provare a dire e ad addossarti colpe che non hai mai avuto. Sono stufa. Stufa di questa vita, stufa di me stessa. Vorrei tanto non essere ciò che sono. Vorrei tanto non provare ciò che provo.’
Lo sguardo vuoto e fisso sul quel bicchiere che si rigirava tra le mani.
‘L’ho deluso.’ Fiatò piano. ‘L’ho ferito e questa cosa mi sta distruggendo più di ogni altra cosa perché era l’ultima cosa che avrei voluto fare.’
‘Lo so.’ Rispose Killian, a pochi passi da lei. La conosceva talmente bene che sapeva che i muri erano pronti a cadere. La conosceva così tanto da sapere che se non le fosse stato accanto si sarebbe fatta morire sotto le macerie.
‘Perché non ho saputo amarlo come lui voleva?’ un velo di lacrime le offuscarono gli occhi. ‘Cosa farò?’ Esmeralda fece spallucce, esausta. ‘Come farò? Come farò a stare senza di lui? Come potrò farne a meno?’ e si ritrovò a piangere. Questa volta non si trattenne, non riuscì ad evitarlo come avrebbe voluto. Aveva bloccato quelle lacrime per ogni fottuto secondo che aveva passato nell’ultima settimana da quanto tutto era accaduto. Ogni dannato attimo in cui aveva dovuto negare, mentire e semplicemente dire che ero solo stanca ma che andava tutto bene e che sarebbe andato tutto bene. La verità era che negli ultimi giorni si era solo chiusa in bagno tante di quelle volte da aver perso il conto.
Chinò il viso nelle mani e scoppiò a piangere, sempre più forte, lasciando sfogare tutto quello che non era uscito dal mio corpo fino ad allora, ma non fu abbastanza. Killian corse da lei, inevitabilmente, a tenere insieme i pezzi di quella piccola fanciulla troppo fragile per quella vita, ma Esmeralda non cercò conforto. Appena sentì il contatto con la sua pelle sfiorarla si riprese e lo allontanò con la mano in modo brusco.
‘Non toccarmi.’ Fece quasi ringhiando. Veloce guardò su e si asciugò quelle poche lacrime che aveva versato. Le tirò via con la mano, poi tirò i capelli all’indietro facendo su con il naso.
Killian era rimasto ad osservarla mentre si riprendeva da sé.
Era quasi come se, dal suo ritorno, la sua presenza e il suo esserle vicino fossero sfiancanti per lei. Quasi come se la irritasse.
Killian osservò come nel suo comportamento e gesti avanzasse il gelo più che forza. Era come se avesse deciso di spegnersi pur lasciando una crepa evidente da cui vederla crollare. Egli non sapeva nulla della sua rottura con Pierre, e con lui anche Belle e tutti gli altri. Esmeralda aveva tenuto il completo riserbo a riguardo e quando uscì dalla stanza dopo averli lasciati soli, come da lei richiesto, non aveva notato un cambiamento tangibile che lo potesse insospettire, né un turbamento ambiguo.
Nemmeno Belle, che stava insieme a lei costantemente, si era accorta di qualcosa. I dubbi erano nati quando alla domanda: ‘Ma Pierre? Dov’è Pierre?’ Esmeralda rispondeva con: ‘E’ andato via per un po’.’ O faceva spallucce, abbassava lo sguardo e si apprestava a fare altro o parlare d’altro per deviare la questione.
Un atteggiamento del genere insieme ai suoi sorrisi ben orchestrati e recitati sarebbero, ed erano passati, inosservati a chiunque ma potevano passare inosservati al pirata che la conosceva quasi meglio della sua Jolly Roger? Ma non voleva forzarla a parlare, non voleva estorcerle le parole. Non era così che capitava tra i due. Le parole sarebbero fuoriuscite con il loro tempo, com’era successo all’inizio. All’inizio di tutto quando tutto era più semplice, ma ora? Ora Esmeralda era cambiata e indossava armature più spesse e infime che lasciavano poco all’intuizione di ciò che era davvero ed era per questo continuava a propinarle, insistente, quel ‘Stai bene?’ che tanto la snervava. Erano settimane che era chiusa in se stessa avvolta dai suoi pensieri, e nonostante iniziasse a dare segni evidenti di crollo si ostinava a non cedere.
Intorno a lei i muri costruiti da Ingrid non erano nulla, e neanche di Pierre nessuna traccia. Killian non poteva intraprendere nemmeno la seconda via per saperne di più e allora continuava ad osservarla in silenzio cercando di scorgere qualcosa, qualche indizio, dalla crepa che andava dipanandosi con troppo ritardo rispetto al solito.
Esmeralda lasciò i soldi sul bancone e con un gesto riprese la giacca di pelle nera posta sullo schienale della sedia.
‘Devo andare.’ Fu l’unica cosa che concesse di sapere al pirata. Sentiva che non faceva altro che arrovellarsi sui suoi comportamenti ed era snervante.
‘Come…? Andare dove?’ chiese il pirata in tutta fretta seguendole oltre la porta del Grannys.
‘In un posto. Non serve che tu lo sappia. Non è necessario.’ Disse non voltandosi e continuando a camminare sicura verso la meta.
Killian continuò a seguirla come se non avesse parlato. Esmeralda, sentendo i suoi passi dietro i suoi, si voltò decisa a fronteggiarlo. ‘Ora basta! Smettila di seguirmi. Non sono una bambina, sono cresciuta. Da sola e lo vedi? Sono sopravvissuta! Posso fare anche due passi in una cittadina del genere o no? Non mi serve la balia. Non mi serve che tu e Belle, o chiunque altro, mi stia con il fiato sul collo a chiedermi in continuazione come sto. Sto bene. Sto meglio di quanto non sia mai stata e voglio stare sola. S O L A. Comprendete questa parola? Non vi voglio intorno. Né te, né altri. Non crollo, perché so che è ciò che ti aspetti che faccia ma non lo farò, e se lo farò voglio crollare sola.’ Gli si rivolse esasperata e rabbiosa più che mai, tutto in un fiato. ‘Lasciatemi sola. Distribuisci il messaggio.’ E si voltò proseguendo per la sua strada e lasciando un Killian sconvolto che la osservava andar via fino a quando la perse di vista.
Non si sentì in colpa, nemmeno un po’, per aver trattato Killian in quel modo. La sua ostinata apprensione era diventata snervante e forse sarebbe stato meglio andare via con Pierre quando gliel’aveva proposto. Ogni angolo, ogni anfratto, ogni posto in quella città ora le dava una nausea immensa e mai provata.
Odiava ogni singola cosa in quel posto e mal tollerava la gente che vi abitava da quando era tornata in vita. Pierre era andato via. Aveva conseguito da solo l’obiettivo di allontanarsi da quella città. Da quell’aria malsana e infetta da cui la voleva salvare, e le mancava. Dio, come le mancava.
Il suo proteggerla e abbracciarla, il suo salvarla con una risata, la sua dolcezza immensa e la felicità che le aveva donato prima di spezzare l’incantesimo. Prima che tutto accadesse, prima che Frollo entrasse nelle loro vite e contorcesse le loro menti in pensieri malsani. Era stato Frollo ad insinuare in Pierre quel dubbio e quell’idea. A dirgli che era stato facile sradicarlo da lei. Non era vero. Era stato Frollo a far crollare ogni cosa e a far contorcere la sua mente. Sapeva quanto poteva essere persuasivo e malvagio e sapeva ciò che aveva detto a Pierre quando l’aveva presa.
Era solo lui il colpevole di tutto ciò che era successo, ed era lui che doveva pagare per tutto ciò.
‘Salve.’ Salutò l’infermiera dietro il bancone. ‘Chi sta cercando?’ chiese aprendo un registro sul tavolo, già pronta a scorrere sui nomi dei pazienti all’interno della struttura.
Esmeralda le dedicò un gran sorriso cordiale.
‘Salve. Vorrei vedere il monsignor Claude Frollo, se è possibile.’
‘Lei è?’ chiese l’infermiera con la penna in mano.
‘Mi chiamo Agnès. Agnès Phil.’ L’unico momento in cui usare e nominare sua madre non le sembrava così fastidioso. La donna oltre il bancone annotò il tutto accanto al nome del paziente. Sapeva che il suo nome avrebbe potuto ridestare dei sospetti e decise di non correre il rischio. Non sapeva se qualcuno aveva incaricato la struttura di chiamare in caso di una certa Esmeralda, quindi meglio affrontare la cosa con prudenza e riserbo. Esmeralda guardò circospetta oltre la porta d’ingresso accertandosi di non essere stata seguita.
‘Una firma qui, per favore.’ Disse la donna avanzando il registro.
Non era una scelta che avrebbe mai pensato di prendere. Mai era stata invasa da un simile desiderio ma era l’unica soluzione, forse l’unica via d’uscita e poco importava delle conseguenze.
Esmeralda non aveva più nulla da perdere, più nulla per cui restare con i nervi saldi. La sua buona stella l’aveva abbandonata ed Esmeralda si sentiva persa a brancolare nel buio a cui ormai si era disabituata.
Quella decisione, anche se arrivata in ritardo, era l’unica. Si convinse.
‘Signor Frollo ha visite.’ Fece la donna, che l’aveva accompagnata, aprendo la porta. Lo stupore sul viso di Frollo fu impagabile.
‘Sei qui. Hai deciso di venirmi a trovare.’ Disse speranzoso.
‘La tua persuasione è svanita, mio caro. Ora non ci resta che fare i conti.’ Spiegò la fanciulla prima che l’uomo si esaltasse troppo.

 
 
ANGOLO AUTRICE.
 
Bentornati lettori e scusate l'assenza prolungata - Ultimamente non faccio altro che scusarmi, lo so. –
Scusatemi per l'assenza prolungata e per avervi fatto penare nell'attesa del nuovo capitolo, non era mia intenzione ma ultimamente tra il blocco dello scrittore e vari impegni mi sono tenuta abbastanza lontana dalle mie pagine da terminare e dalla mia storia da raccontare. Come vedete siamo al capolinea, penso di chiudere la storia entro un paio di capitoli. Devo solo organizzare la situazione al meglio.
Per Pierre ed Esmeralda c'è stata una conclusione un po' infelice e abbiamo visto la reazione di Esm tutto ciò. Pierre è stato duro con lei e ne è rimasta sconvolta perché non credeva che tutto potesse emergere ma è successo ed ora ne patisce le conseguenze. Ora ci sarà un incontro con Frollo con cui si sconterà perché è lui la causa di tutto... O no? Esmeralda andrà incontro ad un periodo difficile e un po' ingarbugliato in cui dovrà capire alcune cose e probabilmente avrà una rivelazione. Spero di pubblicare il prossimo capitolo al più presto, ci sto già lavorando. Intanto ringrazio chi continua a seguirmi e a supportarmi in questa storia che va avanti da un po' e su cui non pensavo di continuare per tanto. Grazie a tutti quelli che continuano ad inoltrarsi in essa, ai nuovi arrivati, e a chi continua a darmi i loro pareri a riguardo. Significa tanto per me.

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Capitolo 18
*** CAPITOLO XVIII ***


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CAPITOLO XVIII
 
UNA SETTIMANA PRIMA.
 
‘Oscuro, dove sei? Io ti invoco!’ mai nella vita Esmeralda aveva pensato di poter pronunciare quelle parole. Mai nella vita avrebbe pensato di invocare colui che aveva fatto entrare il suo carnefice oltre il confine e nuovamente nella sua vita.
Più volte aveva pensato di strozzarlo, piuttosto, e mai di invocarlo a quel modo. Aveva provato sulla propria pelle quanto mettesse nei guai mischiarsi con la sua persona e la sua natura e in fondo se era lì e se si trovava in quelle condizioni disperate era anche per colpa sua.
‘Oscuro!’ tentò nuovamente guardandosi intorno, guardinga. Era andata nel posto più isolato e poco lontano dal centro per invocarlo senza qualcuno che interferisse e sperò vivamente che nessuno l’avesse seguita fin lì. Conosceva Killian e le sue premure, le conosceva anche fin troppo bene. Ma ultimamente Esmeralda sentiva di non averne bisogno.
Ogni volta che qualcuno le chiedeva come stava in sé sentiva un forte senso di soffocamento e irritazione che le davano la nausea. Ogni volta che persone come Ruby, Belle, Ray e soprattutto Killian le stavano troppo addosso lei si sentiva mancare e asfissiare mentre regalava sorrisi falsi in risposta. Quella commiserazione gratuita e quel tenerla sotto una campana di vetro perché ‘aveva subito anche troppo’ le rivoltava lo stomaco e le dava conati ma continuava a fingere e loro sembravano crederle.
Sembravano crederle mentre iniziava a sfiorare l’apatia e l’insensibilità.
Sembravano crederle mentre pareva affievolirsi sotto i loro occhi perché quando la delusione sfiora il dolore ciò che porta con sé non può condurre a nulla di buono, ma Esmeralda continuava a mascherarsi e tutto sembrava passare inosservato.
‘Oscuro, andiamo! Mostrati!’ gli ordinò categorica e più decisa questa volta.  Non aveva il suo pugnale con cui sapeva, fosse di norma, invocarlo ma sperava apparisse ugualmente da qualche parte e che sentisse le sue parole. Magari la sentiva e si stava solo pregustando la scena di una ragazza patetica che parlava al vuoto.
Esmeralda sbuffò, incapace di sapere cosa fare. Non sapeva come porsi. Non l’aveva mai fatto, nonostante ci avesse avuto già a che fare tante di quelle volte da sembrare una cosa regolare. Da quando era approdata lì a Storybrooke la sua vita era stata una continua oscillazione nelle sue grinfie. Esmeralda non poteva far altro che chiedersi cosa destasse in quell’essere quel forte ripudio verso di lei. Più volte si chiese, quindi, se ciò che aveva in mente fosse o meno la cosa giusta da fare. Più volte le parve una pessima idea intraprendere quella strada.
Non era da lei, avrebbe detto qualcuno.
Se solo avesse rivelato il moto che sentiva dentro al mondo, le fiamme che sembravano divorarla, nessuno le avrebbe creduto. Nessuno l’avrebbe presa sul serio.
‘Bene, bene, bene.’ Disse una voce alle sue spalle facendola sobbalzare. Esmeralda si voltò a constatare che fosse la presenza di chi aveva invocato a squarciagola. L’uomo attendeva il suo sguardo con fare serio e con le mani congiunte lungo i fianchi. ‘Questa proprio non me l’aspettavo.’ E l’accenno di un sorriso compiaciuto rivelarono il suo divertimento nel trovarsi davanti chi meno avrebbe immaginato. ‘Mi stai invocando con così tanto fervore, pur sapendo che per invocarmi per bene c’è bisogno di un pugnale di cui tu sei sprovvista.’ Constatò indicando le sue mani.
‘Sei comunque qui.’ Osservò la zingara sostenendo il suo sguardo.
Tremotino fece una leggera smorfia di compiacimento per la sua arguzia e notò in lei qualcosa di nuovo. Un’atteggiamento che preannunciava qualcosa di nuovo. Qualcosa che fino a quel momento non aveva mai visto in lei e ne rimase incuriosito. Rimase a scrutarla per un po’ mentre le si avvicinò per osservarla meglio.
‘Hai avuto coraggio nel chiamarmi pur conoscendo i nostri trascorsi, te lo riconosco. E ne sono sorpreso, lo ammetto. Non hai paura che possa di nuovo servirmi di te per i miei scopi?’
‘Non ti sei servito già abbastanza?’ rispose a tono. Tremotino la guardò bene in quell’atteggiamento quasi acido e borioso. Qualcosa nel suo atteggiamento, qualcosa in lei stava nascendo e mutando. Qualcosa in lei non era più uguale a prima.
‘Problemi in paradiso?’ chiese canzonandola.
‘Non credo di esserci mai stata, e tu?’ Poi fece come a ricordare. ‘Ah già, come potresti?’ e rise arrogante e sfacciata, abbassandosi quasi al suo livello. Tremotino ne risultò infastidito quasi, con quella punta di curiosità che lo spingeva a non volatilizzarsi del tutto abbandonandola alla sua superbia ritrovata.
‘Perché mi stupisce vederti con questo grado di acidità tu fragile fiorellino che tutti hanno bisogno di proteggere? Cosa cerchi dall’Oscuro?’
‘Un patto.’ Tagliò corto, senza perdere altro tempo.
‘Un patto?’ rimarcò impressionato. Non smetteva di stupirlo e quello spalancò gli occhi a una richiesta simile da parte sua. ‘I guai devono essere stati grossi in paradiso per ridurti così.’ Osservò sprezzante quasi con la consapevolezza e la voglia di irritarla maggiormente per fare uscire il meglio da lei. La fanciulla gli dedicò uno sguardo carico d’odio.
‘Come se tu non fossi consapevole. Come se tu non ne sappia nulla.’ Lo accusò aspra. Come poteva far finta di nulla quando era stato lui ad aver acceso la miccia.
‘… Perché non chiedi aiuto agli eroi?’ chiese, non tenendo conto delle saette che dai suoi occhi gli si scagliavano contro, insieme a tutte le maledizioni che sembrava lanciargli contro.
Esmeralda sbuffò sonoramente a quella domanda, incupendo lievemente quei suoi grandi occhi verdi. Doveva restare ferma nella decisione presa. Il momento era arrivato e lei era sempre più propensa a buttarcisi a capofitto perciò prese coraggio. Dopotutto l’aveva invocato quindi a cosa sarebbe servito tirarsi indietro? Ci aveva già pensato abbastanza.
‘Perché credo che tu sia più disposto ad aiutarmi per le vie più facili piuttosto che per le vie più tortuose che non ho tempo e voglia di intraprendere.’ Chiarii veloce sperando di non incappare in ulteriori e fastidiose domande.
Quelle parole furono musica per le orecchie di chi, in quelle vie, ci aveva passato la vita ad assaporare il gusto dolce del potere. Certo, era sorpreso di trovarsi davanti una simile occasione: un anima pura che si concedeva di sua spontanea volontà era un caso più unico che raro e Tremotino sentiva già quel dolce sapore inumidire le labbra.
‘Cosa ne pensa il tuo pirata di questa tua idea?’ Esmeralda distolse lo sguardo che teneva fisso sull’essere che aveva dinanzi e lo abbassò in modo impercettibile. Quasi in colpa.
‘Non ne è a conoscenza, e preferirei restasse così.’ Chiarii severa.
Non c’era alcun bisogno che lui sapesse le sue intenzioni prima di compierle anche perché, in quel caso, Killian non avrebbe fatto altro che ammonirla cercando di farle vedere le cose in maniera diversa. L’avrebbe spinta a compiere le azioni nel modo migliore, seguendo la strada da eroe buono e quell’etica morale che si era sviluppata in lui e che da tempo aveva intrapreso ed Esmeralda sentiva di non averne bisogno. Quelle tiritere non avevano portato a nulla, se non ad ulteriore sconforto e lei non ne voleva più sapere di quelle belle favolette che sembravano raccontate per alleggerire gli animi e per placare ciò che in realtà andava fatto.
Esmeralda non ne voleva sapere. Era stanca e voleva semplicemente togliersi quel peso al più presto possibile.
Tremotino già pregustava la scena: Il pirata all’oscuro di un atto della sua zingara? Ne era deliziato. Sarebbe impazzito e questa volta non era stato lui a farle volutamente del male. La zingara stava facendo tutto sola.
‘Non pregustarti troppo la scena, a tempo debito lo saprà. Con annesse conseguenze, probabilmente.’ Decantò con la mente a visionare la sua reazione: non l’avrebbe accettato, sarebbe stato in disaccordo e avrebbe odiato i mezzi che avrebbe usato per raggiungere il suo fine. Probabilmente avrebbe odiato anche lei, ma se aveva imparato una cosa nel tempo e che ogni magia aveva il suo prezzo e probabilmente l’odio nei suoi confronti sarebbe stato il suo, ma poco importava arrivati a quel punto.
‘Cosa vuoi, allora?’
Esmeralda era lì e ci aveva rimuginato già abbastanza. Abbastanza da sentire le membra darle il tormento e dolore e non voleva pensarci più. La decisione era stata presa e con lei tutte le sue conseguenze.
Prese fiato.
‘Cercherò di farti riconciliare con Belle se mi aiuterai a vendicarmi di Frollo.’ Quella parola tuonò più forte di quanto pensasse in quella landa desolata. Anche Tremotino ne restò sconcertato. ‘E’ ciò che vuoi in fondo e io ti farò perdonare. La riporterò al tuo fianco.’ Gli promise sperando che accettasse.
Esmeralda si sentì una vigliacca nel momento stesso in cui lo propose: Belle era sua amica e per fare un piacere a se stessa la stava ridando in mano a chi aveva sempre messo il potere davanti al loro amore. Belle era diventata una merce di scambio. Affidarla nuovamente ad un uomo che l’aveva più volte fatta soffrire era una cosa riprovevole, una cosa che non avrebbe mai fatto prima. Lo sapeva da sé, eppure era ferma più che mai in quella decisione che man mano ricominciava a sfiorare il disinteresse. Divenne egoista, come non era mai stata e l’aura che Tremotino intravedeva alle sue spalle venne sempre più smorzata.
La sua espressione sempre più impassibile senza il minimo senso di colpa.
‘Il tuo pirata non ti ha spiegato quanto intricata e oscura sia la via per la vendetta? Lui l’ha cercata per secoli.’ Le ricordò. Esmeralda inghiottì a vuoto. Sapeva cosa comportasse quella scelta ma ci aveva rimuginato abbastanza prima di prenderla in considerazione seriamente.
‘Sei sicura di ciò che vuoi fare?’ Non che l’Oscuro volesse farla tornare sui suoi passi. L’Oscuro non intendeva affatto farla ragionare voleva solo sentire quella consapevolezza che le attraversava l’animo per renderla ancora più viva.
Esmeralda non ebbe alcun dubbio né ripensamento, con una fervida decisione che decretava e suggellava quel patto, lo guardò dritto negli occhi e fiatò un sonoro: ‘Sì.’
Tremotino sorrise nuovamente con vittoria a quella risposta. Portare la zingara al lato oscuro poteva essere il più gran vantaggio e la più grande vendetta nei confronti del pirata, perché lui non aveva mai deposto l’arma nei suoi confronti e non cogliere un’occasione del genere sarebbe stato da sciocchi.
Esmeralda era la cosa più pura che avesse mai visto, macchiarla completamente di oscurità e approfittare di quella fiamma che andava spegnendosi dentro di lei sarebbe stato uno spasso e una vendetta che già pregustava con l’acquolina in bocca.
‘Allora ci stai?’ chiese Esmeralda ignara del suo secondo fine, impaziente.
‘Certo che sì.’ Decretò con evidente soddisfazione. ‘E inizieremo oggi stesso.’
 
OGGI.
 
Perché non dici a queste persone che il mio è sempre e solo stato un atto d’amore? Ti volevo solo per me perché ero in grado di darti l’amore che cercavi. Cosa c’è di così malsano?’ Frollo risiedeva nella struttura del manicomio.
Era stato rinchiuso lì subito dopo essere stato catturato.
Era stato rinchiuso lì mentre Esmeralda lasciava quella terra sul freddo asfalto. Quando pensava di essere salvata. Quando pensava di poter tornare alla normalità.
Di lui non aveva saputo più nulla fino a qualche giorno prima. Nessuno aveva voluto dirle dove l’avessero portato e tutti alla domanda: ‘Dov’è Frollo?’ sviavano il discorso o restavano in silenzio sempre spinti dal ‘Esmeralda ne ha passate già tante’ che incombeva su di lei come una malattia. Si può dire che le condizioni in cui era tornata a vivere e il suo non avere vere emozioni avevano aiutato a tenere il riserbo sul luogo in cui era stato rinchiuso. Ed Esmeralda non riusciva a darsi pace completamente sapendo che Frollo c’era, era vivo, ma non sapeva dove.
Fu Tremotino a rivelarglielo e fu lui stesso a mostrargli la cella in cui si trovava senza che il diretto interessato se n’e accorgesse. Esmeralda sin da quella prima sbirciata che l’Oscuro le aveva concesso senti in lei il forte desiderio di essere per lui un’ombra di cui doveva aver paura e doveva temere perché al più presto sarebbe arrivata. E quel desiderio si ridestava ancora più forte in lei adesso che l’aveva dinanzi.
Lo vedeva sbraitare e professare le sue ragioni mentre Esmeralda se ne stava lì a sopportarlo con le mani sulla tempie. Quanto era patetico? Quanto era insulso? Sembrava un piccolo insetto ora. Un insetto piccolo e insignificante pronto ad essere schiacciato e gettato via.
Esmeralda lo osservò meglio in quel delirio mentre, a pochi passi da lei e ben legato ai polsi, non faceva che sembrare grottesco e bizzarro. In tutto questo Esmeralda si lasciò andare in una forte risata quasi fosse al cinema e stesse guardando uno di quei film spassosi che la facevano ridere tanto. Vederlo ridotto così era uno spettacolo ancora più grandioso che le dava piacere.
Aveva creduto di conquistare il mondo, di conseguire nel suo obiettivo di averla e ora eccolo lì relegato come un pazzo in una cella di isolamento.
Esmeralda lo osservava e dentro di lei sentiva il vuoto. Il vuoto più assoluto la pervadeva e si sentiva per la prima volta in pace di fronte a quel mostro. Per la prima volta capace di fronteggiarlo senza più timore. Senza più quel timore che la rendeva incapace di ragionare e reagire alle sue malefatte. La paura, avuta negli anni per lui, era più nulla. Era svanita completamente. Dissolta. Su di lei pareva non avere più alcun effetto. Dopo tutto il soggiogamento, dopo tutte le torture subite ella lo guardava come fosse la cosa più normale possibile. Prima non ce l’avrebbe mai fatta.
Era orgogliosa di aver intrapreso quel cambiamento.
Era fredda e impassibile, quasi a rasentare il gelo. Gli smeraldi che possedeva e che avevano sempre brillato di una luce pura sembrava svanita e il suo sguardo sembrava quasi di ghiaccio.
Nessuna emozione ad animarla, almeno nessuna che fosse positiva.
Esmeralda guardava il suo carnefice con gli occhi di chi non sente più alcun timore, sul suo viso solo una smorfia che rendeva i suoi contorni sempre delicati del tutto duri.
Esmeralda risultava impassibile, quasi un’altra persona.
Aveva osservato, assistito e riso ai suoi deliri per quasi un’ora buona, quasi come fosse uno spettacolo, quando si alzò dal posto in cui si era accomodata e con un sorriso suadente si diresse di fronte all’uomo che strepitava così tante pazzie da rasentare il ridicolo. Frollo la bramò nuovamente con la convinzione di averla convinta.
Il suo viso era a pochi centimetri dal suo intenta a farlo delirare maggiormente.
‘Tu sei pazzo.’ Gli alitò piano prima di ritirarsi e lasciarlo lì come l’allocco che era. Era sempre più divertita mentre con aria maliziosa e persuasiva gironzolava nella stanza carezzando ogni singolo mobile che conteneva.
‘Sai? Credo che questo posto non sia adatto a te.’ E scosse il capo.
‘E dove dovrei stare secondo te?’ chiese l’uomo, ancora un po’ intontito, con un filo di voce.
Esmeralda sorrise constatando quando quell’ingenuità la irritasse. ‘Sicuramente non in questa terra. Sicuramente in nessun regno. Sicuramente non qui. Quale altro posto rimane in esclusione?’
Esmeralda lo guardò spalancando gli occhi e attendendo una risposta con impazienza. L’uomo la guardava fisso con un rinnovato timore che lo fece inghiottire a vuoto. Non rispose.
‘Oh, Andiamo!’ lo incitò la fanciulla divertita e fiera di vederlo prendere coscienza. ‘Non è così tanto difficile da dire: I n f e r i.’ E sorrise di un sorriso quasi inquietante. ‘Volevi mandarci me, dopotutto. Ricordi a Parigi? Quasimodo ti sentiva sempre e mi ha riferito tutto. Per anni non hai fatto altro che incutermi timore. Mi hai spinta a vivere come una fuggitiva e mi hai messa al rogo per non essermi sottomessa al tuo volere. Al tuo decantato amore di cui ancora parli come se ne sapessi qualcosa. Come se lo provassi davvero.’
‘Ma è vero! Puoi ascoltare il mio cuore. Senti come batte per te e…’
‘ZITTO!’ tuonò fulminandolo con lo sguardo. Perché continuava a voler affrettare le cose? Come se le sue mani non prudessero già abbastanza e la sua voglia non fosse già abbastanza insistente.
‘Ti rendi mai conto di ciò che sei? Di ciò che hai fatto a me e a chi ti ostacolava? A Parigi hai cercato di incutermi paura. Qui mi hai resa prigioniera, mi hai privato di ogni dignità e pensiero. Di ogni scelta solo per un tuo capriccio. Mi hai usato come una marionetta per il tuo gioco meschino e hai cercato di plagiarmi ad amarti, cosa impossibile perché renditi conto di ciò che sei.’ E lo derise perfida, come non era mai stata. ‘Ora lo sai cosa provo per te? Disprezzo. Unico, puro e violento disprezzo. Mi resta solo quello e puoi ben vederlo da te. Ecco cosa hai ottenuto. Sei una persona ignobile e malvagia. Non puoi più niente. Sei solo un povero vecchio pazzo che non può più niente e che presto finirà nel posto che gli è più consono.’ E rimarcò ogni parola impregnandola con il peggiore dei veleni. Ogni parola era un carico di odio che rasentava il peggio e la rendeva cupa. ‘Tu mi hai rovinato la vita.’ continuò a denti stretti.
Frollo a quelle parole cariche di melodrammaticità sogghignò.
‘La tua non era una vita, Esmeralda, non lo è mai stata. Non fin quando non sono arrivato io.’ Le disse con un mezzo sorriso. ‘Se avessi deciso di stare con me ne avresti avuta una. Non capisci? Ti avrei amato e ti avrei dato quella vita a cui era destinata da sempre perché tu sei sempre stata destinata a cose grandi e non alla strada per cui ti aggiravi come una zingara. Se avessi deciso di darmi il tuo amore a quest’ora non saresti qui e non verresti riconosciuta come la zingara di cui tutti parlano.’
‘Oh, ma come sei magnanimo.’ Il velo di sarcasmo fu pungente.
‘Ho solo cercato di mostrarti quanto tu sei per me. Ho cercato di farti innamorare di me cosicché tu capissi quanto ti amo.’ Esmeralda ruotò gli occhi, seccata, di fronte ai suoi continui vaneggiamenti di cui non si pentiva, neanche ora.
Nonostante tutto non si rendeva conto del male che aveva inflitto, del male che egli stesso era stato ed era per gli altri.
Esmeralda gli aveva resa chiaro le sue intenzioni e nemmeno in quel punto decideva di arrendersi ammettendo ciò che era. Tremotino le aveva detto di non concedere spiegazioni e per l’ennesima volta, in quei giorni, si ritrovò a mangiarsi le mani per non aver seguito i suoi consigli.
Egli continuò in quell’idea. Continuò a ripetergliela ancora e ancora, convinto che le potesse entrare in testa una volta per tutte. ‘Tu ti sei predeterminata a non amarmi ed ecco perché non ha funzionato, e questo perché non ti rendi conto che io sono l’unico alla tua altezza. L’unico che ti merita. L’unico che farebbe davvero di tutto per te.’ Esmeralda strinse forte i pugni.
Mantenne le sue intenzioni in se stessa. Ancora non pronta sul da farsi.
‘E’ solo un brutto scherzo. Tu lo sei. Un brutto scherzo che mi ha inviato il destino per mettere alla prova la mia pazienza e la mia bontà. Per vedere fino a che punto può arrivare, ecco cosa sei. Se sono arrivata a questo stadio è solo per merito tuo, ed eccomi! Eccomi in ciò che hai fatto. Non è andata come speravi e io ne ho pagato le conseguenze. Hai allontanato, hai ucciso chiunque avessi più caro al mondo!’ Esmeralda era sull’orlo di una crisi di nervi e per quanto cercasse di mantenersi temeva di non farcela.
Quell’uomo tirava fuori il suo peggio. Quel peggio a cui non era mai arrivata, quel peggio dalla quale lei si era sempre tenuta alla larga e che non aveva mai nemmeno sfiorato. Quel peggio che aveva sempre ritenuto riprovevole negli altri.
‘Parli di Quasimodo, ancora? Quel ragazzo era meno di niente. Hai tolto un peso a questo mondo.’
Quella fu la goccia che fece travisare il vaso. Esmeralda lo puntò con gli occhi di chi ha agganciato la sua preda e non vuole lasciarla scappare. Gli si avvicinò repentinamente e le sue dita afferrarono e circondarono la sua gola senza badarci oltre. Il disprezzo e l’irritazione che sentiva addosso, le energie negative che l’avvolgevano quando quell’uomo le era accanto erano indescrivibili. Dentro di lei ardeva un fuoco vivo di vendetta che non sembrava placarsi, ma che piuttosto andava intensificandosi e con quella parola non aveva fatto altro che dare benzina al tutto.
Esmeralda strinse ancora più saldamente le sue fragili dita intorno alla sua collottola. Gli occhi del monaco divennero gonfi e il suo viso completamente paonazzo mentre cercava in vano di togliersi quella mano di dosso senza risultati.
‘Non devi… azzardarti.’ Sibilò quasi come un avvertimento, incutendo nel monaco una paura mai provata prima. Il monaco trasalii quasi tremando ed Esmeralda lo percepì. Lo ritenne solo l’inizio di una lunga soddisfazione. Dentro di sé quasi sorrise con un certo godimento, capendo quasi che libidine poteva portare quell’azione. Era così allettante.
‘Tu sei un mostro e il peso che si sarebbe tolto a questo mondo sei sempre stato tu. E sei ancora tu.’ Disse ad un palmo dal suo naso e a denti stretti, prima di allentare la presa e allontanarsi dandogli le spalle.
‘Senti… lo so. Lo so che i miei atti non siano stati dei migliori, e mi rendo conto del rancore che porti ma con il tempo…’ insisté, riprendendo fiato.
‘Oh, STA ZITTO!’ gli impose una volta per tutte. Non sopportava più essere nella sua stanza, sentirlo parlare e vaneggiare. Era già andato avanti fin troppo.
Non sopportava più la sua voce e la sua orrida vista che la ripugnava peggio di ogni altra cosa. ‘Non ci sarà nessun tempo. Io ti voglio fuori dalla mia vita!’ Esmeralda era inasprita. Nonostante tutto ancora pensava di farcela, di conquistarla. Ancora convinto che il fatidico tempo avrebbe portato a cose nuove. ‘Il tuo non è mai stato amore, è sempre e solo stato possesso ed io non sono tua e ne lo sarò mai!’ Urlò e prese a tremare forte per la rabbia.
Esmeralda serrò forte i pugni lungo i fianchi, quasi a farsi sanguinare. Quasi a farsi male alle nocche.
Devi aspettare il momento giusto. Cerca di calmarti. Si ripeteva come un mantra, ma non ce la faceva. Era esausta e al limite e anche se pensava di farcela, anche se pensava di poter chiarire la cose prima, sembrava più difficile del previsto.
Esmeralda non aveva calcolato il rancore e l’odio che provava nei suoi confronti. Almeno non nella giusta quantità. Pensava di poterlo tollerare, pensava di potercela fare e invece eccola lì in mezzo ad una cella mentre cercava di riprender fiato e calmarsi. La sua testa sembrava essere in fiamme insieme alle sue mani.
Le guardò quasi bruciare e le richiuse assorbendo il dolore che le davano.
Dipende tutto dalle emozioni. Non lasciarti sopraffare. Aspetta il momento giusto. Queste erano le regole che le erano state impartite. Queste erano le regole per poter fare tutto al meglio.
Esmeralda chiuse per un attimo gli occhi ed espirò tutta l’aria che stava mantenendo dentro sé.
‘Cosa vuoi esattamente? Vuoi che ti chieda scusa? Vuoi che ti dica che mi rifarò una vita senza intaccarti?’
‘Non me ne farei niente.’ Esmeralda si voltò lentamente più tetra. ‘Non me ne faccio nulla delle tue scuse. Non me ne faccio niente del tuo essere qui, e non voglio assolutamente che tu ti rifaccia una vita. Sarebbe un male e chissà chi avveleneresti con la tua inutile presenza oppure torneresti a cercarmi. Gli altri sono convinti che questa sia la giusta punizione per te, e forse la vecchia Esmeralda sarebbe stata della stessa idea, perché le buone azioni sono sempre le migliori, no? Ma io sono così stanca anche di lei.’ Disse avvicinandosi con passo felino mentre giocherellava con una ciocca di capelli. ‘Io ti conosco abbastanza bene da sapere che ciò è anche troppo poco per te.’
‘E cosa dovrei fare? Uccidermi o vorresti uccidermi… tu?’
‘Non ti sembro capace?’ chiese avvicinandosi con la stessa aggressività che più volte le aveva impartito.
‘Credo che tu sia più vicina all’oscurità di quanto credi. Non ti ho mai vista così.’ Osservò con circospezione.
L’Esmeralda che aveva avuto dinanzi aveva subito un’evoluzione al peggio e sembrava persino diversa rispetto a quando era entrata.
‘Ah, sì? E di chi credi sia la colpa? Sono pronta ad accettare tutto ciò che comporta se ciò è l’unico modo per eliminarti.’
‘Ed è per questo che sei venuta fin qui?’
‘Per cosa credevi allora? Di certo non è una visita di cortesia.’ Rimarcò mentre con un gesto della mano chiuse la porta blindata alle sue spalle. Piegò la testa di lato e un sorriso di pura perfidia e compiacimento si dipinse sul suo volto mentre guardava la paura far sbiancare l’uomo dinanzi a lei.
‘Mi hai decretato una strega più volte e mi hai messa al rogo per questo ricordi? Pensavo fosse giusto diventarlo davvero dimostrandoti cosa sono in grado di fare.’ E nella sua mano destra si accese un vivido fuoco che fece arretrare il monaco fino al muro alle sue spalle. Esmeralda era ancora più appagata. ‘Ora che ne dici se ci divertiamo un po’?’
L’Oscurità le sembrava così dannatamente allettante ora che vedeva il suo predatore farsi topolino.
 
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‘Da quanto mi mandi a chiamare, coccodrillo?’ disse Killian entrando nella bottega dell’Oscuro con fare stizzito.
Esmeralda se n’era andata nel peggiore dei modi quel giorno e il loro rapporto dal suo ritorno sembrava totalmente peggiorato. Gli aveva chiaramente detto che mal tollerava le sue continue attenzioni e zeli. Gli aveva detto che non ne poteva più e inevitabilmente Killian si era sentito ferito.
A suo favore c’era il fatto che mai avrebbe voluto controllarla, e mai avrebbe voluto insinuare che non era forte abbastanza da cavarsela. Killian conosceva la sua forza e la sua determinazione e sapeva che anche nelle occasioni peggiori se la sarebbe cavata di gran lunga meglio da sola, gliel’aveva dimostrato anche con il fatto di essere viva dopo secoli. Di essere sopravvissuta, era notevolmente chiaro che riusciva a cavarsela, non era mai stato quello il punto. Il punto era sempre quello: Per Killian lei restava la ragazzina che aveva preso con sé secoli prima sulla Jolly Roger. La fragile ragazzina che non sapeva restare in piedi su una nave, e ora saltava anche sui tetti. La fragile ragazzina che preferiva la compagnia, mentre ora preferiva di gran lunga la solitudine. La fragile ragazza timida che aveva bisogno di protezione, e che ora invece sapeva cavarsela da sé.
Forse in fondo aveva ragione, quando ci pensava su Killian si rendeva conto di quanto potesse risultare opprimente. Forse doveva lasciarle i suoi spazi. Doveva solo trovare il coraggio.
‘I pensieri ti vorticano sulla testa capitano, posso vederli distintamente.’ Fece indicandogli il capo con due dita. ‘Problemi?’
Killian gli riservò uno sguardo perplesso, poi si guardò intorno. ‘C’è la tua mogliettina in giro e vuoi farti sentire benevolo?’ Da quanto siamo amici?’ pronunciò l’ultima parola quasi con marcato disgusto. Al sol pensiero gli veniva il mal di stomaco.
‘Non lo siamo.’ Fece quello scuotendo lentamente la testa e restando nella sua tranquillità senza farsi toccare minimamente dal suo nemico.
‘Bene.’ Fece Killian facendo una smorfia. ‘Perché non ho nessuna voglia di raccontarti i miei fottuti problemi.’ E fece per riaprire la porta da cui era entrato irritato dal fatto che l’avesse chiamato per niente.
‘Sai son contento che in fin dei conti tu sia spensierato e felice, sarai più predisposto ad attutire la nuova disavventura.’ Provocò avanzando oltre il bancone. Fece il giro e, a mani conserte, si pregusto la notizia che stava per dargli.
Killian chiuse piano la porta e volse lo sguardo inquisitore a colui che non voleva altro che quello.
‘Cosa vuoi dire?’ chiese rivolgendo il corpo verso il suo interlocutore. Killian non sentiva nulla di buono all’orizzonte, specie se ad annunciare qualcosa era lui.
Tremotino si prese un momento facendolo stare ancora più sulla spine. Adorava tanto quando il suo nemico di sempre sprizzava ansia da tutti i pori. Si tolse un pelucchio dalla giacca prima di continuare. Era ancora più piacevole quando la preda ignara cuoceva nel proprio brodo.
‘Ti conviene parlare prima che ti prenda a pugni.’ Killian si fece sempre più vicino e rabbioso. ‘Cosa intendi con nuova disavventura?’
Con il suo solito sorriso maligno, l’Oscuro gli dedicò la sua attenzione guardandolo con sufficienza. ‘Con Esmeralda va tutto bene? So che è quello che ti preoccupa più di ogni altra cosa.’
Un brivido percorse la schiena del pirata. ‘Cosa c’entra Esmeralda?’
‘Oh, Esmeralda c’entra sempre. E’ il centro dei tuoi pensieri anche adesso. Il suo comportamento ultimamente non fa altro che preoccuparti e tenerti sveglio. Te ne sarai accorto anche tu che da quando è tornata in vita è strana… più apatica, quasi oscura…’ disse quelle parole lentamente, guardando fisso il suo nemico perdere il suo colorito ad ogni sillaba. Ogni sua preoccupazione si accentuava e Killian inghiottì a vuoto prima di porre quella domanda: ‘Oscura… oscura in che senso?’
‘Insomma non mi dire che non riconosci qualcuno in quell’atteggiamento. Capisco che ora sei cambiato, ora sei un eroe e tutto il resto ma quel comportamento ha fatto parte di te per tanto tempo dovresti riconoscerlo meglio di chiunque altro ormai. Hai convissuto con lui per secoli mentre quell’impulso ti teneva sveglio. Sei stato con lui notte e giorno, ti sei lasciato divorare e hai bevuto con lui. In fondo non è poi così diverso adesso in lei.’
Tremotino camminava con le mani dietro la schiena per tutta la stanza mentre istruiva il capitano e gli imboccava la parola che ormai era tanto lontana da lui ma che si stava ridestando in lei. Quella stessa parola conforme al sentimento che era diventata il suo unico obiettivo annullando tutto il resto. Annullando se stessa.
Killian a quell’illuminazione spalancò gli occhi e una paura avvolse la sua schiena fino a non lasciarlo più.
‘Lei…’ l’aiutò Tremotino con fare impaziente. Voleva sentirlo dire da lui mentre se ne rendeva conto. Voleva vederla quella totale paura farsi strada nel suo animo. Se ne sarebbe cibato.
Voleva vederlo mentre si accorgeva del reale motivo del comportamento della sua zingarella. Il reale motivo per la quale lo aveva allontanato, quello stesso motivo che lo voleva fuori dai piedi perché l’avrebbe fatta desistere e intralciata.
‘… sta cercando vendetta.’ Sussurrò quasi più a se stesso che all’uomo che gli serpeggiava intorno. Quello a quella deduzione rise di gusto, battendo le mani e facendo sussultare il pirata.
Killian sbattè le palpebre più volte tornando alla realtà dei fatti.
‘E tu che affermi di conoscerla bene non ti sei accorto di questo suo cambiamento. Troppo preso da altro, capitano?’ continuò a punzecchiarlo.
Killian serrò la mascella e decise di attutire quel colpo rendendosi conto che aveva ragione. Come aveva fatto a non rendersi conto di nulla?
‘E tu, infimo! Cosa ne sai?’ fece furente.
‘Da chi pensi sia venuta quando ha avuto bisogno di trovare la strada facile?’ Tremotino si indicò con ovvietà mentre quel sorriso tronfio gli riempiva la bocca e l’anima di mera soddisfazione, intento ad irritarlo il più possibile.
‘Non ci credo.’ Lo sguardo vitreo era fisso su di lui. Non poteva essere. Quel maledetto lo stava ingannando.
‘Oh, devi crederci caro. Sono stata la prima persona che ha invocato perché sapeva che tu l’avresti convinta rinunciare con il tuo fare da eroe…’ disse facendo il verso a quell’ultima parola. ‘… e lei è così desiderosa di vendetta che era un peccato sprecare tutto quel potenziale. Non è da me.’
Killian era lì con la testa che gli vorticava mentre cercò di metabolizzare tutto. ‘Così non farà altro che macchiarsi di oscurità. Lei, che ha il cuore più puro di tutti.’ Parlava più tra sé che con colui che era presente.
‘Esatto! Capisci da te che macchiare un cuore puro di oscurità è la mia specialità.’ Killian ormai non l’ascoltava nemmeno più, troppo immerso nei suoi pensieri.
Doveva lasciare che se la cavasse da sé, non se l’era ripromesso? Lasciarle i suoi spazi, aveva detto. Ma non se questo comportava l’immergersi in quella dannata oscurità. In quella dannata pozza che l’avrebbe portata all’infelicità eterna. Esmeralda stava per imboccare una strada senza sbocchi. Una strada, che per quanto fosse alettante e facile, era la più intricata e tortuosa di sempre.
La vendetta l’avrebbe consumata e l’Oscurità l’avrebbe accolta e divorata come il più gustoso dei bocconi.
Killian si voltò furente come un vulcano verso L’Oscuro e gli si fermò ad un palmo dal naso. ‘Come hai potuto? Cose le hai dato?’
‘Io?’ Scosse il capo. ‘Nulla. Sarà tutta farina del suo sacco, e sarà fenomenale.‘ ghignò. ‘E non pensare nemmeno per un attimo che io te lo abbia riferito per una cortesia. L’ho fatto solo per pregustarmi la tua espressione di fronte all’ennesima disavventura che ti presenta questa zingara. Io fossi in te taglierei ogni rapporto con lei.’ Gli suggerì. ‘Quante opportunità ti sta dando per abbandonarla a se stessa?’
Sarebbe stato più facile, forse. Sarebbe stato più sano abbandonarla ma il sol pensiero creava in Killian un disagio tale da star male. Lui non avrebbe mai abbandonato la sua Esmeralda, anche se lo avesse portato alla fine dell’universo, del mondo e di ogni cosa possibile.
‘Tu sei un vigliacco, io no. Io so cosa significa amare, tu ami solo il tuo potere.’ E lo strattonò forte prima di lasciarlo andare e fiondarsi oltre la porta.
 
Il caos che Killian si trovò davanti una volta alla struttura era simile al delirio più puro. Ciò che si ritrovò davanti lo fece rabbrividire contro ogni previsione.
Non pensava assolutamente di ritrovarsi davanti ad una situazione già del tutto degenerata. Forse era per quel motivo che l’Oscuro l’aveva avvertito. Forse era per quello stesso motivo che l’aveva avvertito con così poco preavviso. Aveva atteso che le cose si svolgessero prima di farlo precipitare ad assistere.
Perché era quello ciò che voleva, come sempre, voleva che Killian assistesse alla nefandezza, alla caduta di Esmeralda nell’oscurità.
La maggior parte delle persone e degli adetti alla struttura erano tutti accatastati dinanzi ad una porta, a cui urlavano alcuni ordini che venivano palesemente ignorati. Non fu difficile perciò localizzare dove il tutto si stesse svolgendo. Esmeralda era lì e Killian sperava fosse ancora in tempo.
La porta dinanzi a loro sembrava chiusa e invalicabile mentre ognuno cercava di aprirla a modo proprio.
 ‘Dovremmo chiamare Regina!’ azzardò una donna mingherlina e con lo sguardo intriso di timore. ‘Lei è l’unica che potrebbe aprirla. Qui serve la magia!” il panico sembrò aver preso possesso della sua voce mentre urlava a squarciagola quel consiglio ai presenti.
‘Non c’è nessun bisogno di Regina.’ Fece Killian avanzando nella folla. Non aveva chiamato nessuno. Non aveva lasciato messaggi a Ray, Belle o chiunque altro convinto del fatto che sarebbe bastato lui stesso a risolvere la situazione che si era andata creando. O almeno così sperava. ‘Ci penso io.’ Aveva esclamato.
‘E voi chi siete?’ aveva chiesto la donna squadrandolo a dovere. ‘Non sarà il vostro uncino ad aprire questa porta.’
‘Non avevo la minima intenzione di usare il mio uncino, ma grazie per la dritta.’ Avanzò con irritazione e impazienza perché non lo lasciavano fare. ‘Voglio parlare con la ragazza che è all’interno.’
‘Ci abbiamo provato, ma non ascolta nessuno. Sembra dannata. Cosa le fa credere che ascolti proprio lei?’
‘Perché io la conosco meglio di chiunque altro in questo mondo.’ E in quell’attimo la donna pensò che peccasse troppo di presunzione, ma lo lasciò fare.
Avanzò piano in direzione della porta con il cuore di chi non sa cosa aspettarsi e nemmeno vuole immaginarlo.
Si inoltrò piano e arrivato all’uscio non cercò di forzarla, come non aveva mai fatto nemmeno con lei, si limitò a cercarla dalla piccola finestrella sulla porta che dava sulla stanza.
‘Esmeralda!’ la richiamò quasi come fosse un padre che richiama all’ordine una bambina. Quella, udito il suo timbro e la sua voce, si voltò a constatare la sua presenza aggiunta al resto degli spettatori che si erano formati fuori da quella cella e che cercavano di richiamarla in difesa di quell’ignobile che aveva dinanzi. La sua voce fu l’unica a cui prestò attenzione dimostrando quanta influenza avesse Killian su di lei anche in quelle rinnovate condizioni.
Esmeralda ruotò gli occhi, quasi indignata dal fatto che l’avesse raggiunta. Ci mancava solo lui, il suo salvatore personale, a riportarla su quella via che lei aveva deciso di abbandonare ormai. Lui e la sua voglia di fare le cose in modo giusto, era diventato così noioso.
Esmeralda si voltò e lo fulminò con lo sguardo per essere giunto fin lì.
Quando Killian incrociò lo sguardo di Esmeralda oltre la porta blindata, un brivido gli percorse l’animo. Il suo sguardo, preso alla sprovvista da una visione così diversa, guizzò sulla fanciulla che con sguardo profondo e oscuro si era dimostrata fortemente infastidita dalla sua partecipazione alla cosa. Il pantalone di pelle nera le avvolgeva le gambe magre e lunghe, una scollatura generosa dominava la parte superiore della ragazza che veniva avvolta da un corpetto e una giacca, anche essa nera. I capelli lunghi neri come la pece le coprivano a tratti il volto. Non rivolse alcuno sguardo oltre la sua figura, aveva paura di constatare che quello sguardo fosse frutto di un azione già commessa.
‘Non so perché, ma sapevo che saresti arrivato.’ Rivelò scocciata.
‘Esmeralda … dimmi che non…’ biascicò il pirata incapace di continuare appena incrociò il suo sguardo gelido e completamente distante. Lo sguardo di chi si è arreso a ciò che l’attende. L’Esmeralda che gli si palesò davanti era un muro di gelo ancor peggiore del muro di ghiaccio che Ingrid aveva instaurato al confine di Storybrooke.
‘Dirti che non cosa, Killian?’ chiese la fanciulla con voce profonda e oscura. Killian si sentì spaesato nel non riconoscerla quasi. ‘Che non seguo più quei principi che non portano a nulla? Che non seguo più la bontà che mi contraddistingueva? Voglio solo che colui che mi ha ridotta a questo paghi nel modo più veloce possibile.’ L’odio che graffiò la sua voce era più incisivo che mai.
‘Non è così che risolverai le cose.’
‘E allora come devo risolverle?’ chiese incrociando le braccia per sentire il resto della lezione che egli le avrebbe impartito. Perché non poteva farne a meno. Perché ora che era un eroe non poteva che dirle sempre le stesse cose: la speranza, il lieto fine e tanti bla bla bla di cui Esmeralda ne aveva piene le tasche. Esmeralda era lugubre, era cupa e voleva vendetta in una maniera così forte e viva che la sentiva fremere da ogni poro della pelle, e la cosa non passava di certo inosservata a Killian che con quel sentimento aveva passato una vita. Che con quel sentimento si era rovinato la vita. Esmeralda lo ascoltava stanca mentre fissava tutti i presenti alla conversazione nel disinteresse più totale.
‘Lo riconosco quel sentimento che provi. Te lo vedo bruciare sotto la pelle nello stesso modo in cui consumava me e guardami. Guarda dove mi ha portato!’ disse mostrandole l’uncino. ‘Credi che voglia la stessa cosa per te?’
‘Non credo che essere compagni d’uncino sarebbe poi così male.’ Scherzò la fanciulla rimirandosi la mano e immaginando un uncino al suo posto con la stessa espressione che avrebbe fatto di fronte alla cosa più alettante del mondo. Ormai sembrava non avere più cognizione.
Esmeralda era fuori dalla realtà e la cosa non faceva che intimorire ancora di più Killian perché con una donna consumata come lei e così lontana quanto poteva fare per portarla indietro? Serviva un ancora. Qualcosa che le desse un approdo e un attraccaggio sicuro e stabile, altrimenti sarebbe presto finita in acque lontane e oscure in balia del vento e delle onde. Killian poteva già vederla andar via senza nessun ritorno ed egli sapeva quanto fosse facile per lei abbandonarsi a quella via. Quanto quell’oscurità bramasse nuove vittime.
‘Esmeralda, guardami.’ La pregò cercando il suo sguardo e affacciandosi ancora di più da quella piccola finestra. ‘Esmeralda!’ Quella alzò lo sguardo senza la minima voglia di farlo.
‘Esmeralda, non cedere all’oscurità. Vendetta e oscurità camminano di pari passo ma tu non cedervi, non lasciare che ti ingoi. E’ la via facile, per come ti senti ora lo è, ed è allettante ma non lasciare che s’impadronisca della tua vita. Basta un piccolo passo e non sarai più capace di uscirne e tu sei già troppo vicina. Io non avevo nulla per cui vivere e ho ceduto ma tu sei forte, ti conosco. Non puoi cedere. Non puoi farlo.’ La implorò con tutte le forze e i sentimenti sperando che l’ascoltasse per davvero.
Sperando che la vera Esmeralda varcasse quella facciata oscura che si era impossessata di lei e ragionasse.
‘E sentiamo, Killian, per cosa dovrei vivere io? Illuminami. Tu ti rendi conto che se Pierre ha creduto… se Pierre mi ha lasciato è stato per quest’uomo ignobile che mi ritrovo ancora in giro? Come puoi permettere o tollerare che sia ancora qui? Il pirata di una volta, il pirata di qualche mese fa voleva scuoiare vive le persone a cui Milah mi aveva venduto e ora sei qui ad offrire clemenza ad un uomo che mi ha distrutto e ha allontanato da me l’unica persona che avevo accanto e che potevo avere per il resto della vita?’
‘Non offro clemenza a nessuno, Esm. L’unico motivo per cui lui è ancora qui è perché questa è la giusta via da seguire ma non pensare nemmeno per un attimo che il mio istinto non voglia fargli del male-’ A quelle parole un ghigno spuntò sul viso della ragazza. Con uno scatto la porta che li divideva era pronta a riaprirsi. Fece uno scatto.
‘E allora vieni e fai ciò che ti dice l’istinto. Se tieni davvero a me come blateri abbandona ogni briciolo di bontà e fai a quest’uomo ciò che avresti fatto a quegli uomini.’ Lo incitò suadente in quell’idea muovendosi verso la porta che li divideva in maniera sinuosa e felina. Portarlo con sé in quell’obiettivo non sarebbe stato male. ‘Dimostrami che mi ami come professi da sempre.’
Quanto era invitante in quella nuova veste? Per qualche motivo Killian ne fu attratto più che mai mentre l’osservava quasi con bramosità. Quell’oscurità sembrava renderla perfetta e lei sembrava calzare a pennello in quella nuova veste che sembrava sfruttare come si deve. Era l’essere più bello che avesse mai visto e Killian ne era terribilmente attratto.
Lei sorrise ammiccante vedendolo vicino alla decisione definitiva. Era bastato poco per convincerlo. Era bastato davvero pochissimo per farlo cedere.
Il pirata poi scosse il capo. ‘No.’ Fece lui, duro.
Ecco come attaccava. Ecco come si impossessava della gente intorno. L’oscurità aveva quel fascino intrinseco di attirarti a sé e con Esmeralda il gioco venne reso ancora più facile. Prendere Esm con sé sarebbe stato il suo doppio bingo.
Esmeralda scosse il capo, irremovibile e delusa dal fatto che non avesse accettato quell’offerta.
Richiuse la porta e la serrò per bene. ‘Come pensavo: non tieni a me come dici.’ Mise il broncio come una bambina. Come puoi Killian? Dici sempre di tenere a me e quando ti chiedo di dimostrarmelo, di lasciare che il pirata di un tempo esca fuori ti tiri indietro? Mi ha definitivamente delusa.’
‘Non è così che risolveremo le cose e non è da questo che deduci il mio amore per te. Esci di qui. Lascialo andare al suo destino. Ritorna in te! Insomma, quanto credi che sia felice in questo posto?’
‘Non mi frega niente se questo per lui è il paradiso o l’inferno, il fatto che continui a respirare non mi da pace. Il fatto che Pierre abbia creduto di non essere il mio vero amore, il fatto che lui abbia istillato in lui il dubbio che l’ha aizzato contro di me non mi fa più dormire la notte. Pierre è stata l’unica persona che mi ha dato vita, e non potrà essere il mio vero amore per causa di un suo bacio che non mi ha svegliata dal sonno eterno, ma era una parte di me che ora mi odia.’ Sbraitò in tutta rabbia. ‘Non ti rendi conto che se il bacio non ha funzionato è solo colpa sua? L’ha fatto così tanto dubitare di se stesso! Non ti rendi conto che questa è la sua ennesima colpa?’ accusò, indicando il vecchio monaco dietro di lei ancora vivo e relegato in un angolo. ‘E’ un manipolatore, Killian. Ti entra in testa e non ti fa più ragionare. Ti entra in testa e ti rende vulnerabile.’
‘L’hai detto tu stessa che non era il tuo vero amore. Le cose non sono andate bene con lui, me ne rendo conto, ma non pensi che lui non c’entra quanto credi? Stai cercando in lui solo un capo espiatorio per come si sono concluse le cose con Pierre. Lo capirei se te la stessi prendendo con lui per cosa ti ha fatto, anche se non giustifico nella stessa maniera questa tua azione, ma non puoi incolparlo per il vero amore mancato di Pierre. Non è lui. Non è mai stato lui.’
‘E se non è lui allora chi è? Possibile che per me non ci sia nessuno a questo mondo?’
‘Ci sono io, Esm. Ci sarò sempre io per te e con te. Sarò con te sempre, anche quando di me non ne potrai più. Potrai sbuffare quanto vuoi, potrai anche odiarmi se ciò ti aggrada ma non ti lascerò mai. Sarò con te per sempre e sempre pronto a baciarti di nuovo per riportarti in vita.’
L’aria tutt’intorno sembrò fermarsi. Tutto sembrò bloccato e il tempo sembrò scorrere più lento mentre nello sgomento generale, e maggiormente nell’animo di Esmeralda, avanzava quell’accenno fatto con rabbia e in tutta fretta.
Il tempo per metabolizzare la cosa sembrò eterno mentre Esmeralda lo fissava con espressione sbigottita e incredula. Qualcosa in lei si sciolse e il fuoco, che sentiva arderle dentro, sembrò placarsi lentamente. Restò a fissare Killian da oltre la porta con fare confusa.
‘Sei stato tu…’ riprese fiato perché in quel momento le sembrò cortissimo. ‘Sei stato tu a baciarmi e a riportarmi in vita?’
Quella consapevolezza per quella rivelazione inaspettata e sconosciuta recò nel suo animo una rinnovata gioia che illuminò i suoi occhi smeraldini ridonandogli brillantezza mentre il capitano, oltre la porta, assisteva alla scena e con un certo diletto le sorrideva nel più splendido dei sorrisi. Asserì e si trovò specchio del suo sorriso mentre vedeva quell’oscurità abbandonarla man mano per ridare luce alla sua dolce e piccola Esmeralda.

 
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ANGOLO AUTRICE:
Salve dolcissimi lettori, eccoci arrivati al nuovo capitolo tanto atteso.
Ci ho lavorato un po’ prima di pubblicarlo ufficialmente perché non mi convinceva tantissimo inizialmente e allora son stata lì a leggerlo e rileggerlo prima di pubblicarlo perché volevo che le cose quadrassero per bene e non cascassero nel banale, ecco il motivo per quale ci ho messo un po’.
Come vedete la patata bollente è stata lanciata ed Esmeralda ne è uscita del tutto confusa, perché no, lei non immaginava neanche questo esito e né si era posta il dilemma fino ad ora. Troppo presa da ciò che la dipartita di Pierre ha portato con sé per chiedersi: ‘Ma come diavolo ho fatto a tornare qui?’. Di certo questo è stato un evento che l’ha certamente segnata e abbiamo visto cosa ha comportato tutto ciò. Ha quasi rasentato l’oscurità e quasi non è caduta vittima di ciò che Tremotino voleva per lei, ma Killian l’ha riportata indietro tendendole una mano. Cosa succederà ora?
Io spero come sempre che questo capitolo vi sia piaciuto e, come sempre, chiedo venia se vi faccio attendere tanto tra un capitolo e l’altro.
Vi ringrazio se siete arrivati fin qui, e ringrazio tutti coloro che seguono/aggiungono la mia storia alle seguite/preferite. Mi date sempre tanta gioia nel continuare.
E grazie a tutti coloro che recensiscono e continuano a darmi pareri a riguardo. Siete preziosi per me e vi ringrazio di cuore.
Alla prossima.

- Elle.
 
-- PS: Vi ricordo che qui potete trovare stralci, idee, e canzoni che mi hanno ispirato nel scrivere questa storia.
Se volete potete scrivermi e aggiungermi anche qui.
Inoltre nella mia bio trovate tutti gli altri modi per contattarmi, se volete. Dategli un'occhiata. 

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Capitolo 19
*** CAPITOLO XIX ***


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Prima di proseguire nella lettura del capitolo, vi consiglio di aprire questa melodia per accompagnarlo. 
 
CAPITOLO XIX
 
‘Ahi!’ esclamò la fanciulla tenendosi il capo nel pieno dolore dell’attimo infertogli dalla donna alle sue spalle che era intenta a sistemarle i lunghi capelli. La minuta ragazza si voltò giusto un attimo per saettarla per bene. ‘Quante volte ti ho ribadito che sono abbastanza grande da acconciarmi da sola, madre?’ chiese retorica la fanciulla non potendone più.
Era lì da quindici minuti buoni e la madre sembrava non voler smettere.
‘Quando non sarai più la mia bambina.’ Esclamò la madre con sguardo placido e un lieve sorriso divertito da quegli atteggiamenti così poco consueti. Erano così lontani ormai quegli atteggiamenti nella figlia ormai cresciuta troppo in fretta che quasi le mancavano e quando si riproponeva Agnese non poteva che sorridere.
La ragazza seduta sotto di lei sbuffò esausta a quella tortura ma continuò a lasciarla fare.
‘Tu non sai acconciarti per bene per la locanda, l’ultima volta che sei venuta ad aiutarmi i tuoi capelli erano tutti fuori posto dopo un po’.’ Precisò la madre a mo’ di leggero rimprovero.
‘Oh, non è vero… è che… è che andavo di fretta e me li sono sistemata mentre ero in cammino.’ Confessò la ragazza nascondendo il viso e vietando alla madre di guardarla negli occhi per evitare il suo stupore misto a quello che sarebbe stato un rimprovero palese.
In locanda doveva sempre prepararsi in una certa maniera e acconciarsi nel modo adeguato in modo che i suoi lunghi capelli non le fossero d’intralcio mentre serviva e in modo da non destare troppa attenzione negli uomini che solevano frequentare il locale, perlopiù, anche se nascondere una simile bellezza era sempre tanto difficile.
Esmeralda non sarebbe passata inosservata nemmeno volendo.
Non che la madre non ne fosse fiera, ma non voleva preoccuparsi di chi potesse girarle intorno mentre era lì. La maggior parte degli uomini erano abbastanza balordi e stupidi per essere fini con lei e la locandiera non voleva destare ulteriori problemi, né tantomeno voleva che la figlia subisse del volgare interesse portato avanti dai modi poco gentili che li contraddistinguevano.
‘Sai che so cavarmela.’ Le fece notare la fanciulla quasi leggendole il pensiero e guardandola attraverso lo specchio nei suoi stessi occhi.
Agnese, che sembrava essersi persa nel vuoto per alcuni attimi, si ridestò a quelle parole dedicandole un sorriso.
‘Certo che lo so.’
‘E allora perché ti preoccupi?’
‘Perché non vorrei farti vivere questa vita. Costringerti ad aiutarmi in quel postaccio fatto di gente depravata e ubriaca è una delle cose peggiori che potessi farti.’ Sospirò la donna veramente dispiaciuta e quasi sulla soglia del pianto. Agnese non era mai stata una donna forte. In famiglia era sempre stata la più debole, vittima di un marito troppo autoritario e avaro.
La donna di un tempo, in quel momento, giaceva sotto anni di sconfitte e delusioni, l’unica cosa a mandarla avanti erano i suoi figli e loro soltanto, a cui il suo cuore di madre non faceva che pensare.
‘Lo vedo tutte le sere come ti guardano e come ti parlano… sei ancora una bambina e non dovrei permettergli di parlarti così… non dovrei farti venire con me.’
Esmeralda si voltò verso di lei e le prese le mani levandole la spazzola che impugnava mentre risultava essere fortemente agitata.
‘Mamma.’ La richiamò a sé affinché si calmasse e s’inginocchiò dinanzi a lei affinché la vedesse. ‘Mamma, non devi preoccuparti per me. Non sono più una bambina e non sei tu a costringermi ma sono io a volerti aiutare perché in due possiamo farcela meglio e perché mi va. Perché ti preoccupi allora? Sono abbastanza grande per aiutarti e deciderlo di mia spontanea volontà, di quegli uomini poco m’importa e non serve che tu mi difenda. So sempre come riprenderli. Non saranno loro a minare sulla mia vita.’ Disse infondendole coraggio e un sorriso che Agnese non sarebbe mai stata in grado di fare.
Erano sempre state diverse quelle due. Così diverse, ma nonostante tutto così unite.
‘E ora forza!’ esclamò alzandosi e invitando la madre a fare lo stesso. ‘Andiamo prima che Marine imprechi peggio di tutti gli uomini in locanda.’ La madre rise di gusto immaginando quell’amica darsi alla pazzia perché non vedeva arrivare le sue aiutanti. Esmeralda si diede un’ultima occhiata veloce prima di sfrecciare fuori con la madre: era già tardissimo.
 
Per tutta la sera era stato un combattimento in locanda per Esmeralda, mentre la madre svolgeva il suo compito da dietro il bancone ella non fece altro che servire ai tavoli.
Chi l’aveva chiamata di là, chi di qua, chi l’aveva stordita con le troppe parole, chi l’aveva invitata a sedersi per unirsi al gruppo e chi invece aveva fatto degli apprezzamenti in modo poco carini che Esmeralda si era fatta scivolare addosso abbastanza in fretta senza che la madre potesse anche solo udirli. Avrebbe dato di matto ed era l’ultima cosa che cercava quella sera.
Ora dopo quelle interminabili ore in cui le era sembrato di ballare una danza frenetica tra un tavolo e l’altro, la locanda aveva iniziato a sbollentarsi ed erano pochi i clienti che erano rimasti tra i tavoli a servirsi. Esmeralda ne approfittò giusto il tempo di riprendersi: era stanchissima.
Un senso di sollievo la pervase quando decise di sedersi ad uno di quei tavoli ormai vuoti. Ella decise di accomodarsi e ponendo una mano sotto il suo capo decise di chiudere un attimo gli occhi prima di riprendere in quel lavoro che sarebbe durato ancora varie ore. Non si sarebbe ridotta a questo stadio se avesse dormito un po’ di più, pensò. O meglio non si sarebbe ridotta così se avesse dormito nelle sere precedenti. Sì, perché erano vari giorni che in Esmeralda vorticavano pensieri, dubbi e paure in vista di quel nuovo incontro.
Questa volta non era riuscita a fuggire davanti a quella nuova imposizione. Non aveva fatto in tempo.
Questa volta era in trappola e in tale si sentiva e a Rafael cosa e quanto poteva importare di tutto ciò? Poco o niente, infatti. L’uomo non faceva altro che programmare alla figlia incontri con possibili e aspiranti uomini ricchi che avrebbero fatto la sua fortuna perché abbienti e dalla sua parte aveva combattuto il fato che gli aveva donato una figlia così dannatamente bella da far dubitare che fosse sua.
Questa volta era il turno di un conte, un duca o chissà cos’altro che egli era riuscito ad adescare. Esmeralda non lo ricordava quasi più, sentiva solo quel peso costante ed enorme che gravava sulla sua testa perché tutto dipendeva da lei e quando le cose andavano male, perché quest’ultima partiva già maldisposta appositamente per far scappare il nuovo designato, i guai e l’ira del padre ricadevano su di lei come la peggiore delle tempeste. Cosa avrebbe dovuto fare quindi? Esmeralda non voleva abbassarsi a ciò che lui voleva per lei, ma desiderava da sempre incontrare l’uomo giusto per conto suo senza pressioni e senza che ci fosse necessariamente un cospicuo beneficio dietro.
Esmeralda, quindi, se ne stava lì con aria sconsolata e infelice mentre tutti quei pensieri non facevano che attaccarla appena non era impegnata in qualcos’altro. Era uno strazio e se non fosse stato per i suoi piedi doloranti la fanciulla avrebbe continuato nelle sue mansioni tenendo la mente occupata e non avrebbe sfiorato per nulla l’idea e l’angoscia che le dava quel prossimo incontro.
‘Ehi.’ Fece Marine facendo capolino di fronte alla sua testa.
‘Marine.’ La accolse lei con un sorriso greve ma gentile. Non voleva darle l’impressione che fosse scontrosa nei suoi confronti.
‘Piccola, come stai? Non abbiamo avuto modo di parlare questa sera ma tua madre mi ha accennato. E’ domani?’ La ragazza annui alzando lo sguardo su di lei, del tutto abbattuta.
Marine per empatia fece lo stesso.
‘Questa volta non sei riuscita a sfuggire ai tuoi doveri!’ tentò di scherzare ma il risultato fu vano, anzi Esmeralda ne usci ancora più irritata.
‘Questo è un dovere, non quello che mi impone mio padre per un proprio capriccio.’ Sbuffò.
‘Ma potrebbe andare bene. Non partire già prevenuta. Potrebbe anche piacerti.’ Cercò di tirarla su facendole notare una prospettiva diversa. Quella le dedicò uno sguardo truce.
‘Non è l’uomo in sé, è l’idea. Non l’accetterò mai.’ Disse puntando i piedi e affermando le sue accese convinzioni. ‘Io non mi vendo al miglior offerente. Non sono una merce di scambio per chi ha più soldi e poco m’interessa di mio padre e della sua cocciutaggine.’
‘E se incontrassi ciò che cerchi, l’uomo della tua vita, il tuo principe azzurro, l’amore vero in queste circostanze? Non lo puoi sapere. Magari tra gli uomini che ti impone tuo padre si nasconde la persona con cui passerai il resto della vita.’
Esmeralda continuava imperterrita nella sua idea senza smuoversi. A muoverla in essa era il suo completo ideale. Quello stesso ideale che si era costruito e si era instillato in lei sin da quando iniziò a capirne di più. Tutto ciò aveva immesso in lei delle radice difficili da estirpare: Ella era innamorata dell’idea dell’amore, e quell’amore fiabesco di cui sentiva parlare era ciò che desiderava più di ogni altra cosa. Ella era convinta che l’amore, una volta trovato, l’avrebbe chiamata a sé come un richiamo che non avrebbe confuso con altri.
Esmeralda scosse violentemente il capo, contrariata.
‘Non penso proprio.’ Affermò ferma. ‘L’amore vero si cela sotto gli occhi ed è quasi come un richiamo che senti distintamente. Non ha lo stesso suono di mille altri: lo percepisci, lo senti, e vieni mossa da lui in gesti e passi consapevoli e non costretti e imposti.’
Marine sorrise a quella visione che aveva, così ingenua e così fanciullesca.
‘Parli come se ne sapessi qualcosa.’ Constatò l’amica attratta da quel suo ideale.
‘Perché l’ho incontrato negli occhi di chi l’ha provato davvero e invidio quello sguardo. Vorrei un giorno averlo anche io.’ Rivelò con il pensiero a quella possibilità che le faceva battere il cuore.
‘Ehi tu!’ si senti tuonare tra i tavoli da un uomo abbastanza alticcio e paonazzo. Quella era il loro solito modo di richiamare le locandiere a loro quando avevano bisogno di un nuovo ordine con cui cadere ancora di più nel baratro.
‘Pensa se a richiamarti fosse uno di quelli!’ canzonò Marine alzandosi per dirigersi da quel bifolco.
Esmeralda finse un sorriso mentre decideva di stare al gioco, ma né Marine e né altri avrebbero capito il suo concetto e ciò che intendesse davvero ma andava bene così.
Si fece forza e brandendo il vassoio che aveva poggiato sul tavolo, si rimise in piedi per tornare al suo lavoro che sarebbe durato ancora infinite ore prima di vedere quel suo nuovo incubo materializzarsi.
Esmeralda sbuffò pesantemente e si preparò a servire i nuovi clienti che erano appena entrati in quella bettola. Sempre con il solito sorriso, sempre con la solita pazienza inconsapevole del fatto che alle sue spalle un uomo aveva ascoltato l’intera conversazione con l’amica mentre non aveva di meglio da fare. L’uomo si ritrovò ad ascoltare la conversazione nel più completo disinteresse mentre al suo tavolo, pieno di gente, era calato un silenzio stanco: la maggior parte di chi aveva intorno era già partito per bene tra donne e sbronze pesanti mentre lui, inaspettatamente, era ancora abbastanza lucido da ascoltare la cosa con un certo interesse.
Il pirata dentro di sé sorrise a quelle idee. Ne venne attratto, quasi.
 
 
‘Pensi davvero che io possa dirti una bugia?’ chiese Killian quasi indignato di fronte all’incredulità di Esmeralda. Come se le avesse mai mentito, come se la stesse prendendo in giro.
Quel sorriso sul volto della fanciulla durò il tempo di un fulmine prima che la consapevolezza e i dubbi le remarono contro.
‘Credo che per come sei fatto, e per l’affetto che provi nei miei confronti. faresti di tutto per togliermi fuori dai guai in questo momento. Vuoi così disperatamente che io segua la via giusta che saresti capace di mentire.’ Dichiarò Esmeralda restia a dargli fiducia questa volta. Restia a seguire ed accettare ciò che aveva appena asserito.
E se fosse stato un suo trucco? Un modo per farla uscire di lì illesa? Killian ne era capace eccome.
‘Ti ho baciata Esm. Son stato io a risvegliarti.’ Ammise, nuovamente cercando nel contempo di farla desistere da quell’azione malsana che aveva intrapreso e in cui sembrava perseguire. ‘E lo ammetto ora perché non sapevo come dirtelo prima. Converrai anche tu che non eri nel giusto stato per accogliere una notizia del genere.’
Esmeralda ruotò gli occhi incredula. ‘O forse converrai con me che per te era più difficile ammettere tutto ciò dato la relazione che ti lega alla salvatrice. Come l’avrebbe presa Emma? Come la prenderà ora?’ chiese quasi acida colpendolo dritto in petto e incrociando le braccia al petto mentre attendeva una risposta dal pirata. ‘Prima di includere me, ammetti che è per questo che non l’hai ammesso prima. Ora sei alle strette, non puoi più nascondere una cosa del genere perché sai che probabilmente è l’unico modo per farmi tornare indietro e hai sputato il rospo. L’avresti fatto altrimenti?’
Killian fremeva, oltre quella porta, perché sì in cuor suo sapeva che il motivo per cui non l’aveva detto né ammesso prima – nemmeno a sé stesso – era quello. L’aveva fatto d’istinto, senza pensarci due volte, e mai avrebbe immaginato un simile esito. Non che se ne pentisse, solo Dio – e tutta Storybrooke – sapeva quanto quel pirata tenesse a quella zingara, ma arrivati a quel punto che significava tutto ciò? Era Esmeralda ad essere destinata a lui, ad essere il suo vero amore? O era Emma, che continuava comunque ad amare? Killian ne era uscito confuso quel giorno al suo risveglio, senza darlo però nell’occhio alcuno, e una volta fatto ciò che si era sentito di fare non avrebbe voluto nessun merito anche per questo. Avrebbe preferito che fosse stato Pierre a prenderselo: era stato lui a baciarla sull’asfalto dopotutto, gli effetti erano stati tardivi ma c’erano comunque stati, ma Pierre aveva capito tutto troppo in fretta a l’aveva lasciata lì lo stesso giorno in cui ella tornò senza però rivelarle nulla però. Forse perché non ne era sicuro, forse perché lo era troppo ma non voleva altro dolore ammettendo ciò che aveva sempre sostenuto.
E se tutto fosse passato inosservato e Pierre avesse creduto di essere stato lui a riportarla in vita? Killian aveva pensato anche a questa eventualità e si era infastidito parecchio all’idea, ma avrebbe lasciato correre per renderla felice perché con lui sembrava esserlo davvero. O almeno sembrava sul punto di raggiungere ciò che le augurava da tempo anche senza di lui.
Eppure quel bacio aveva innescato delle conseguenze e li aveva posti tutti, inevitabilmente, di fronte al suo esito finale.
Un esito che non era facile.
Un esito abbastanza ambiguo e non sicuro.
Un esito che stravolgeva tutto ciò che era stato creato. Tutto era stato messo in discussione e tutto ora sembrava assumere un nuovo significato fatto di nuove domande a cui era anche difficile formulare una risposta forse fu anche per questo che Esmeralda, ancora scettica su quanto dichiarato da Killian, volle consultare l’acchiappasogni al banco dei pegni di Tremotino.
Voleva essere davvero certa di quanto Killian le avesse rivelato. Voleva averne la prova tangibile che ciò che aveva raccontato per tirarla fuori fosse la più completa verità perché sì, Esmeralda faceva fatica a credere che tutto ciò fosse vero, specie per la situazione che si era creata.
Killian, con la paura costante di vederla divorare dall’oscurità, le avrebbe detto di tutto.
‘Oh, non dirmi che ti sei lasciata abbindolare dalle parole del pirata!’ disse Tremotino una volta che vide entrare la zingara in compagnia del pirata verso il bancone e con fare deciso quasi volesse ucciderlo e fosse tornata in sé, alla vecchia Esmeralda. ‘Ti ci è voluto poco per fallire.’ Osservò l’Oscuro indignato dal suo tracollo mentre Killian lo guardava in cagnesco.
‘Non perderti subito d’animo, Oscuro. Il fatto che io sia qui con lui non significa che non voglia perseguire nella mia missione iniziale: Frollo è ancora lì. L’ho lasciato in bilico tra la vita e la morte, ma prima voglio verificare se ciò che lui sostiene per salvarmi dall’imminente oscurità che mi sovrasta sia vero o meno.’ fece con un tono greve nella voce impercettibile, mentre si muoveva sinuosa e felina. Killian, al suo seguito, risultò infastidito dal suo essere mal fidata. Insomma rivelando una cosa del genere stava solo complicando ancor di più una situazione che aveva cercato di mantenere sotto mentite spoglie. Una situazione che andava avanti da tempo e che ora sembrava sorgere e levarsi come la verità più assoluta.
Ciò che l’acchiappasogni avrebbe mostrato avrebbe rivelato le cose per come stavano senza più alcun velo.
‘Lo sai che qualsiasi cosa ti abbia detto è solo un modo per salvarti?’ fece l’Oscuro con il suo solito atteggiamento. Esmeralda con un balzo si sedette sul bancone rivolta verso Killian, scrutando ogni suo atteggiamento e sguardo che potesse tradirlo.
‘E chi mi dice che ciò che mostrerai non sarà un tuo maleficio per farla perseguire nel tuo intento e non farla credere in ciò che dico?’ ringhiò Killian, puntandolo con la mano buono.
‘Il mio intento, dici? Non ho alcun ruolo o iniziativa in tutto ciò. E’ stata la zingara a chiedere il mio aiuto e io non ho fatto altro che fare ciò.’ Fece con aria innocente prima di porgere ad Esmeralda l’acchiappasogni che aveva richiesto. Esmeralda se lo rigirò tra le mani e lo guardò per bene prima di sbandierarlo davanti al viso di Killian Jones. ‘Forse temi che ciò che dici non sia vero? Forse è per questo motivo che temi il mio intervento. Se ti senti più a tuo agio io andrò via e chiamerò qui gli eroi che son coloro di cui tu fai parte’ propose furbamente affabile.
Killian serrò la mascella per il suo fare indisponente, quella con cui voleva farlo passare in cattiva luce senza sapere effettivamente cosa aveva da mostrare poi.
‘Ciò che dico è verissimo e per quanto mi riguarda puoi chiamare chi vuoi, ma tra questi chiama anche Belle e mostrale ciò che hai fatto – per l’ennesima volta – alla sua migliore amica. Anche lei ti vedrà per ciò che sei. Di nuovo.’ Fece inchiodandolo e irritandolo come sempre. Come di consueto voleva il loro rapporto con il loro continuo provocare.
Tremotino tornò sui suoi passi, subito dietro Esmeralda, dietro il bancone.
‘Cosa devo fare?’ chiese impaziente Esmeralda saltando giù dal bancone su cui era seduta. Tremotino afferrò il polso della mano in cui teneva l’acchiappasogni e lo mosse sulla testa del pirata affinché potesse acchiappare i ricordi che intendeva mostrare. L’acchiappasogni gli sventolò davanti. Quello iniziò ad illuminarsi facendo scaturire da sé una luce dorata.
‘Cos’è?’ chiese la zingara incantata da un simile sfavillio.
‘Sono ricordi.’ Spiegò Tremotino al suo fianco. ‘Ricordi vividi, di un tempo appena trascorso o di un tempo lontano. Ricordi celati. Sta’ attento a ciò che vuoi mostrare, pirata!’ lo avvertì l’Oscuro, poi tornò su Esmeralda. ‘La magia è già dentro di te.’ Le sussurrò facendola sussultare. ‘Non devi usare né quella buona, né quella cattiva. Usa solo della sana magia per attivare l’acchiappasogni e vedere i ricordi del pirata che ti interessano.’
La fanciulla si sforzò, aguzzò la vista per vederci attraverso e cercare ciò che voleva ma la nebbia non si diradava e quella luce dorata restava semplicemente… luce dorata senza mostrare nulla.
‘Non ci riesco.’ Esalò Esmeralda cercando aiuto. ‘Non ce la faccio. Non vedo nulla.’
‘Il tuo pirata esige che sia tu a farlo perché non si fida di me perciò devi essere tu a cercare. Devi volerlo. Cerca, tra tutti i ricordi che trovi, quello che vuoi e mostralo attraverso l’acchiappasogni.’
Esmeralda l’afferrò allora con entrambe le mani, provandoci nuovamente con più impegno e dedizione quando un ricordo riemerse tra tutti: Killian le carezzò i capelli per l’ultima volta. ‘Ora potrai rincontrare Quasimodo, quell’amico che ha fatto molto più di quanto ho fatto io e che amavi tanto. Sarai una delle più belle lassù.’ Rise immaginandola. ‘Sappi che però non ti dimenticherò mai e che potranno passare i secoli ma tu resterai sempre la mia Esmeralda. Oltre l’eternità. Saremmo divisi fisicamente, forse, ma mai lontani. Tu sarai sempre qui al mio fianco e io sarò sempre qui a tenerti per mano. Ti amerò per sempre, mia Esmeralda.’
Si abbassò poi, e per un istante accostò le labbra a quelle di lei, con un gesto sereno. Quasi a salutarla in quel viaggio, dovunque ella fosse. L’avrebbe sempre amata, per l’eternità e forse anche dopo.
Non ebbe nemmeno il tempo di reagire a quel ricordo, a quel momento che le era stato raccontato e di cui ora ne aveva la prova, che un nuovo ricordo avanzò prepotentemente di fronte ai loro occhi:
 
Esmeralda era ancora un tantino immersa in quelle idee e in quella conversazione appena conclusa per destare attenzione ai suoi piedi che si muovevano – ancora doloranti – uno dietro l’altro. Forse fu anche per questo che quando si ritrovò a terra se ne rese conto con pochi attimi di ritardo.
Aveva sentito l’urto: qualcuno l’aveva spinta? Strattonata o cos’altro? Chi diamine era l’artefice di tutto questo e quanto aveva bevuto per non rendersi conto di lei?
‘Potresti anche guardare dove metti i piedi prima di avventurarti e muoverti così!’ la voce infuriata di Esmeralda sovrastò persino il brusio che regnava come di consuetudine nel locale. ‘Insomma tu vai in giro a questa maniera?’ chiese irritata senza rivolgergli il minimo sguardo, troppo intenta a raccogliere i danni provocati. ‘Quanto diamine sei ubriaco?’ chiese infine alzando lo sguardo per esaminare lo quello del colpevole e constatare che avesse ragione.
Quello doveva essersi scolato mezzo locale.
Quando incrociò il suo sguardo, invece, si ritrovò del tutto disorientata. Lo sguardo di chi la guardava era un mare limpido e calmo che quasi non scoppiò a ridere per il suo essere tanto adirata. Quel limpido e calmo blu che di tutto sapeva tranne che di sbronza. O almeno non era fortissima.
Voleva dire altro, e lo avrebbe fatto se solo le sue corde vocali non si fossero aggrovigliate.
‘Non sono affatto sbronzo, come puoi vedere.’ Disse chinandosi per raccogliere i resti, ormai inutili, di un boccale andato in frantumi.
‘Beh, avresti potuto esserlo data la veemenza con cui son caduta.’ Rimarcò una volta tornata in sé e aver rischiarato la voce mentre raccoglieva i cocci rotti con la massima attenzione.
‘Da a me.’ Fece l’uomo porgendogli le mani a mo’ di cestino. Esmeralda lo rimirò guardinga, chiedendosi se facesse sul serio, prima di porgergli quei frammenti. Poi si rialzò con un balzo. Nessuno mai, tra tutti quegli uomini li aveva offerto aiuto.
La fanciulla si batté le mani sulla gonna per togliere altre tracce che potevano esserle rimaste tra le mani. Marine, che aveva assistito all’intera scena, accorse in aiuto dell’amica con fare abbastanza furioso: ‘Non state mai attenti a cosa fate voi!’ inveii contro il pirata che la guardò stranito. ‘Insomma potevi farle male!’ Poi si rivolse ad Esmeralda scrutandola per bene e prendendole le mani nelle sue per constatare i danni arrecati. ‘Stai bene?’ le chiese premurosa.
‘Marine, va tutto bene.’ Chiari la fanciulla con un sorriso per tranquillizzarla. Quella tirò un sospiro di sollievo e ringraziò Dio tra sé e sé. ‘Tua madre avrebbe dato seriamente di matto se fosse successo qualcosa.’
‘Lo so.’ Esmeralda guardò dritta al bancone per accertarsi in che stato fosse, ma per fortuna non c’era. Di sicuro, pensò Esmeralda, era sul retro a sbrigare altre faccende.
‘Ora dai qua.’ Disse al pirata facendogli cenno di buttare i cocci nel suo grembiule. In un gesto tutti i cocci finirono nel suo camice aggiustato a mo’ di cestino. ‘E la prossima volta sta’ attento a dove metti i piedi, pirata!’ chiarii con lampante disprezzo.
‘Bada a camminare la prossima volta. Non vorrai investire qualcun altro.’ Lo frecciò incamminandosi dietro Marine e lasciandolo lì senza la possibilità di controbattere.
Quando alcune sere seguenti Esmeralda se lo ritrovò davanti, al momento dell’ordinazione, quasi le prese un colpo.
‘Lieto di rivederti.’ La salutò quello con un sorriso da fare invidia agli Dei. Esmeralda né restò quasi incantata e accennò un sorriso prima di tornare in sé. Insomma, cosa le prendeva?
‘Io un po’ meno, ma ditemi :cosa desiderate?’
‘Il solito. Vostra madre ne è al corrente.’ Chiarii il pirata senza smettere di guardarla. I suoi occhi blu l’avevano avvinghiata incapace di abbandonarla.
Esmeralda asserì con il capo, senza aggiungere altro. Prese nota delle ordinazioni degli pirati seduti al tavolo, e filò via.
I passi che la fanciulla udì poco dopo alle sue spalle le fecero intendere che non era finita lì.
‘Siete venuto nuovamente per farmi cadere qualcos’altro questa sera?’ disse senza nemmeno voltarsi e con gli occhi fissi sul taccuino. ‘Aspetta almeno che prenda qualche boccale in mano.’
L’uomo alle sue spalle sorrise divertito da quel suo piglio pungente. Non aveva ancora dimenticato quella sera e sembrava essersela segnata al dito.
‘Vi ho chiesto scusa.’ Le fece notare.
‘No, non l’avete fatto.’ Chiarii lei, irremovibile e senza rallentare il passo mentre raccoglieva le stoviglie lasciate in giro da clienti ormai andati. Lui non la mollava e continuava ad essere un ombra imponente e a tratti fastidiosa per la fanciulla che conseguiva le sue normali mansioni.
‘Allora ve lo chiedo adesso: scusatemi!’ e fu un grande sforzo per lui. Per lui che non aveva mai chiesto scusa a nessuno anche quando la colpa era totalmente sua.
Di solito lasciava correre e lasciava che le cose andassero da sé, ma in quella situazione no. In quella situazione lo sentiva quasi come un dovere.
La ragazza ruotò il capo facendo sventolare i suoi lunghi capelli mossi color dell’ebano e lo squadrò per bene per notare quanto e se fosse davvero sincero. La sua espressione e il suo sguardo le avrebbero rivelato se fingeva e si prendeva gioco di lei per accalappiarla o se era davvero lì con l’intento di scusarsi dal profondo del cuore.
Perché i pirati erano sempre così ed Esmeralda lo sapeva bene. La madre l’aveva messa in guardia da loro: persone spregevoli e dedite solo ai soldi e alle ricchezze. Persone a cui non importava nulla. Si ubriacavano fino a perdere il senno. Si circondavano di donne per solo divertimento e per il proprio sollazzo e poco importavano i sentimenti.
‘Perdonami se l’altra sera ti ho fatta cadere, ma credimi sulla parola quando ti dico che pensavo ad altro. Perdonami.’ Ed era tutto nei suoi occhi: quella sincerità che Esmeralda cercava era tutta racchiusa lì ed Esmeralda volle credergli.
‘Va bene. Voglio credervi.’ Acconsentì facendo illuminare il suo volto. ‘Non ti serbo rancore, se è quello che volete sentirvi dire.’
‘Non è quello che voglio sentirmi dire, è ciò che vorrei davvero: che voi mi perdonaste perché lo sentite davvero e non perché io vi faccio pressione…’
‘Okay, okay…’ dichiarò la fanciulla quasi esausta e alzando la mano libera in segno di resa. ‘Vi perdono perché lo voglio davvero e perché mi sembrate sincero… solo perché?’
Il pirata ne uscì confuso da quella domanda. ‘Perché cosa?’ domandò.
‘Perché tanta insistenza?’ chiese cauta con gli smeraldi limpidi che tanto incantavano il pirata.
‘Perché per la prima volta, da quando sono in mare, sento di voler conoscere qualcuno in maniera disinteressata.’ Rivelò il pirata senza troppi indugi e ammiccando in modo spudorato. La ragazza arrossì di fronte ad un tale interesse che non pensava di poter provocare, ma non lo diede a vedere. Non voleva sembrare una di quelle ragazze a cui tremavano le ginocchia di fronte alle lusinghe di un avvenente uomo che sembrava avere occhi solo per lei.
Esmeralda prese il vassoio con entrambe le mani così da porre una certa distanza con l’uomo che le era dinanzi.
‘Quindi è questo che volete da me? E’ così che abbindolate le donne che vi portate a letto sulla vostra imponente nave? Beh, mi spiace informarvi che qui non troverete nulla di tutto ciò.’ E fece per andarsene, quasi indignata.
Il pirata, repentino, l’afferrò per un gomito costringendola a voltarsi e non finire in quel modo quella conversazione.
‘Niente di tutto ciò.’ Disse svelto con lo sguardo mesto. ‘Se avessi voluto far di voi la mia compagna per una notte avrei usato altri metodi, ma i miei intenti sono distanti da ciò che credete e dai vostri pregiudizi su noi pirati. Se fosse così non vi direi il mio nome, il mio vero nome: sono il capitano Killian Jones e tutto ciò che vi chiedo è il vostro nome e il permesso di scambiare qualche parola con voi, nulla di più.’ Spolmonò con un gran sorriso, uno di quelli che avevano incantato Esmeralda sin dal primo momento e che rendevano facili i suoi coinvolgimenti.
‘Esmeralda.’ Fiatò, completamente presa da chi non mollava la presa dal suo braccio che aveva iniziato ad ardere. ‘Mi chiamo Esmeralda.’
‘Un nome che vi si addice perfettamente.’ Fu l’unica cosa che disse Killian prima di lasciarla andare, prima di essere totalmente affascinato da quella fanciulla che iniziava a prendere vita nella sua esistenza.
 
L’acchiappasogni cadde fragorosamente a terra quando Esmeralda mollò la presa in modo brusco.
Era ancora lì, in piedi, mentre con occhi vitrei e confusi guardava Killian senza comprendere il senso di ciò che aveva appena visto. Dall’altra parte Killian non era da meno: guardava Esmeralda fisso negli senza comprendere cosa e da dove fossero scaturite tutta quella serie d’immagini che fino a quel momento gli erano sfilati davanti.
‘Cos’era… cos’erano quelle immagini?’ chiesero quasi all’unisono con lieve timore.
Timore per ciò che non si conosce. Timore per ciò che non si comprende.
‘Sei stato tu, coccodrillo?’ ringhiò Killian in preda allo sgomento mentre Esmeralda attendeva risposta in maniera impaziente.
Tremotino, in tutta risposta, reagì con una smorfia alquanto eloquente: non sapeva nulla di ciò che aveva appena visto e non era opera sua. ‘Di tutto ciò che avete appena visto, e che ho appena visto, non ne so assolutamente nulla. Perché avrei dovuto creare qualcosa del genere?’ chiese indicandolo con un certo ribrezzo. Non era da lui.
‘E allora cos’è stato?’ chiese Esmeralda con una punta di isteria nella voce.
‘E’ un ricordo. E’ ovvio.’ Fece Tremotino del tutto indifferente e per niente scosso. ‘E’ un ricordo del nostro capitano.’
‘Un mio… un mio ricordo? No. Io non ho mai incontrato Esmeralda in locanda. Io ed Esmeralda non ci eravamo mai incontrati prima che sua madre non me lo chiedesse.’
‘A quanto pare non è così.’ Osservò l’Oscuro scuotendo il capo. ‘L’hai appena visto: tu e la tua zingara vi siete incontrati prima del rapimento e a quanto pare ti sei fatto avanti come tuo solito, con il tuo charme.’
Esmeralda lo guardò senza comprendere, o meglio con l’aria di chi non vuol comprendere come stiano le cose. Un’altra bugia? Killian la conosceva dapprima e l’aveva rapita? No. Non poteva.
Era assurdo.
Killian, leggendo nei suoi occhi i dubbi che le si andavano creando, cercò di rimediare. Di parlare anche se non ce la faceva. Come doveva sembrare ai suoi occhi tutto ciò? Un ennesimo inganno?
‘Esm… credimi. Non ne so nulla. Non so cosa sia…’
‘E’ un tuo ricordo, Killian. E’ un tuo ricordo che… come puoi non sapere cos’è?’ La sua voce più alta del solito iniziava a dar sfogo ai suoi sospetti. ‘Mi hai di nuovo ingannata? Sapevi tutto? Tu e mia madre?’
‘NO! Non so… non so nulla. Non so cosa sia. Non so nulla!’ urlò, quasi esasperato.
Tremotino assisteva alla scena da spettatore mentre qualcosa, dentro sé, iniziava a prendere vita. Qualcosa dal passato. Qualcosa di simile che aveva già visto e che aveva provato a fare lui stesso.
‘… qualcuno ha cancellato i vostri ricordi.’ Disse, più tra sé che per tranquillizzare i presenti.
‘Cosa?’ entrambi si voltarono verso di lui.
‘Qualcuno non voleva che ricordaste quel momento. Qualcuno ha cancellato quel momento di tutto punto. E’ stato fatto di proposito.’ Osservò l’uomo come un lampo di genio.
‘Quindi è successo davvero?’ chiese Esmeralda ancora intenta a riprendersi.
Tremotino la osservò con sguardo ovvio. ‘Tutto ciò che mostra l’acchiappasogni, tutto ciò che fa vedere è pura verità. Son ricordi. Ricordi veri, presenti, passati e anche celati. Il suo, è uno di questi.’
Entrambi a quella notizia, per Tremotino lampante, si guardarono e ancora più increduli su quanto accaduto. Cos’era quel ricordo? E quando era accaduto?
‘Deve esserci un’informazione, un qualcosa che chi ha fatto questo voleva che restasse nascosta. Deve essere uno stregone molto potente, e arrivati a questo punto mi chiedo chi sia.’
‘Non sai chi sia?’
‘Vi pare che ci sia qualche firma? Una qualche traccia? E’ un lavoro pulito, netto senza alcun indizio e chi l’ha fatto è qualcuno da temere perché potente. Anche più potente di me, perché credetemi, ho provato a fare qualcosa di simile e non ci sono mai riuscito con questi risultati.’ Dichiarò l’Oscuro impensierito e irritato all’idea di essere surclassato da qualcuno che non conosceva e di cui ignorava persino l’esistenza.
Esmeralda si allontanò da quei pensieri, da quelle idee che Tremotino formulava per sé più che per gli altri. Si era prodigato a recarsi dietro il bancone tirando fuori un grosso libro su cui diceva di avere tutti i più grandi stregoni di ogni regno. Era intenzionato a cercarlo, più per se stesso che per loro. Che per lei.
Esmeralda era completamente sommersa di tristezza, e di rabbia, ma di una rabbia diversa. Non gridava vendetta, non voleva sangue e non voleva porre fine ad alcuna vita: voleva solo spiegazioni.
L’oscurità che sembrava averla avvolta fino a poco prima, andò dipanandosi lasciando il posto alla vecchia luce che adornava Esmeralda: una luce cupa e triste che entrava nuovamente a farle da padrona.
Perché se quella vita, quell’incontro era vero Esmeralda voleva sapere fino a che punto era arrivata e che svolta aveva preso la sua vita prima di essere spazzata via in un gesto, per chissà quale motivo. In chi si era imbattuta e chi aveva tolto la vita, quella vita che andava sbocciando per entrambi?
Un nuovo pretendente, un estraneo che per chissà quale voglia e con chissà quale intento aveva giocato con le loro vite o qualcuno che aveva fatto arrabbiare? Possibile che avesse fatto e incrociato qualcuno tanto da adirarlo in questa maniera? E se invece lei non c’entrasse e i conti in sospeso li avesse avuti Killian con qualcuno? D’altronde si era messo contro anche Tremotino quindi perché non pensare che fosse stato lui ad inimicarsi qualcuno di potente che ora nemmeno ricordava?
Se c’era stata la possibilità di stare con Killian prima di tutto quel che era accaduto perché poi tutto era svanito? Cos’era accaduto e chi era l’artefice?
Esmeralda si strinse le braccia intorno mentre mille pensieri la incupivano e la rendevano assente.
Troppi perché, come e cosa l’avvolgevano in mille possibilità senza sbocco.
La sua testa parve scoppiare nell’intraprendere quelle mille strade che le venivano in mente.
‘Scopriremo cosa è accaduto.’ Le promise Killian avvicinandosi e prendendole la mano senza che lei se ne rendesse conto. Esmeralda gli dedicò un cenno debole con il capo prima di fiondarsi tra le sue braccia per stringerlo forte. Per rifugiarsi in un posto senza pensieri.
Affondò la testa nell’incavo del suo collo e si sentì al sicuro non appena senti le braccia di lui dietro la schiena che la stringevano ancora più forte. Si aggrappò forte alla sua giacca di pelle nera mentre inspirò forte il suo odore fatto di salsedine e sale che le pizzicò quasi il naso.
Killian era questo: la sua ancora da sempre, fatta di passato, presente e futuro. Sapeva di infinito.
Voleva sentirsi al sicuro. Ne aveva urgente bisogno. Voleva sentirsi al riparo ancora una volta mentre si sentiva quasi mancare. E non erano i poteri ad averla sfiancata, come l’ultima volta, ormai con loro ci aveva fatto il callo. Erano quelle novità, quei ricordi che dovevano essere anche i suoi e che ignorava. Cercarli in testa l’aveva sfiancata ulteriormente.
Come quando Frollo le aveva fatto il lavaggio del cervello e lei si sforzava di ricordare il volto di Killian. Si sentii nella stessa maniera e le sembrò di essere tornata ad un punto morto con un rebus ancora più grande da risolvere: Come aveva fatto a dimenticare una parte della sua vita? Specie quella in cui aveva incontrato l’amore di un’esistenza che avrebbe potuto essere diversa? Come aveva fatto a dimenticare i suoi occhi gettandoli nell’oblio?
Killian scostò il capo da lei e con l’uncino le sollevò il mento per scrutarla per bene: Esmeralda era tornata Esmeralda e più nessuna traccia di quell’oscurità risiedeva in lei. Killian fu sollevato da tutto ciò, per quel piccolo punto che sembrava essere sparito e tornato alla normalità, ma dentro di lei la confusione e l’angoscia erano più vivi che mai e al pirata non sfuggiva.
Esmeralda tirò su con il naso e levò via una lacrima, sorridendo o almeno si sforzò di farlo. ‘E’ così che deve andare, giusto? Un altro tassello che si aggiunge alla mia lista di infelicità. Pensi davvero che io sia maledetta o che siano le cose intorno a me ad esserlo?’ chiese con voce roca.
‘Mai pensato che tu sia maledetta.’
‘Io sì. Valico tra “Sono maledetta o sono le cose intorno a me ad essere maledette?”’ disse ironizzando. Killian non faceva altro che carezzarle le spalle senza saper bene cosa dire, cosa aggiungere per rincuorarla e per tirarla su. Anche lui era confuso e anche lui non sapeva come uscirne, forse perché questa volta anche lui era coinvolto più del solito e forse perché gli stessi interrogativi che premevano in lei erano gli stessi in lui.
Anche in lui vigeva quella voglia di sapere, di conoscere quella parte nascosta che pendeva sulle loro vite.
Tutto poteva cambiare. Tutto poteva essere decisivo ma da dove dovevano iniziare?
Com’era andata? Come aveva dimenticato un simile viso, una simile gioia, dei simili occhi? Quegli stessi occhi che gli avevano bucato il cuore e in cui si era ritrovato? Quando tutto questo era successo?
‘Scopriremo tutto ciò che è accaduto e chi ha fatto tutto questo.’ Ed era una promessa che era deciso a mantenere, per lei, per lui. Per entrambi.
‘Non finirà mai.’
‘Tutto avrà fine, puoi credermi.’
‘Chi ti da questa sicurezza? Insomma Killian, guarda! Niente finisce mai. Le cose accadono una dietro l’altra e a me sembra quasi di non respirare, di non riuscire a metabolizzare niente. Non ne ho il tempo. Tutto succede e mi crolla addosso mentre io sono ancora a terra incapace di rialzarmi.’ Si scostò da quell’abbraccio per sfogarsi altrove senza colpirlo, perché quando Esmeralda si agitava era solita muoversi senza star ferma un momento con le mani. Sbuffò, passandosi una mano nei capelli.
Le sembrò di soffocare per davvero.
‘Noi. Il fatto che siamo insieme e che la supereremo insieme. Ci siamo dentro entrambi, e anche io voglio sapere cosa è accaduto. E poi, anche se ci fossi stata solo tu dentro, pensi che ti avrei abbandonato?’ chiese palesando l’ovvietà della risposta.
Esmeralda sorrise di rimando al suo sorriso facendo intendere di aver capito l’antifona, prima che Killian la tirasse nuovamente a sé.
‘No. Tu non mi abbandonerai mai.’ Disse chiusa nel suo abbraccio mentre i suoi occhi balzarono sull’acchiappasogni ancora a terra, scatenando in lei un’idea.

 
 
ANGOLO AUTRICE:
 
Bentornati lettori/lettrici,
come sempre faccio passare tanto tempo tra un capitolo e l’altro facendo crescere in voi l’attesa e l’ansia (?). Meglio così! lol
Una nuova svolta prende piede nella vita di Esmeralda e questa volta coinvolge anche Killian in modo più diretto: qualcosa si cela nel loro passato. Un passato che li vede insieme, ma fino a che punto? Tutto accade per un motivo, sappiate solo questo e tutto assumerà un nuovo significato sconvolgendo un po’ le basi e le vite di tutti.
Verranno poste nuove domande e tutto verrà messo in discussione.
E’ una svolta su cui ho ponderato abbastanza prima di mettermici su per davvero, perché non sapevo che reazioni avrebbe potuto portare: inizialmente volevo concludere la storia con questo capitolo ma poi non ce l’ho fatta. Perché non ce la faccio ad abbandonare Esmeralda e non ce la faccio a dirle addio per ora, perciò continuerò fin quando lei mi racconterà la sua storia e perché sì, ho ancora mille idee su cui scrivere a riguardo e non posso tenerle tutte per me.
Alla fine ho optato per l’introduzione di questa svolta che porterà con sé nuovi enigmi e un nuovo, inaspettato, personaggio.
Io spero vi piaccia il tutto e spero me lo facciate sapere tramite le recensioni. Ringrazio già di cuore chi dedica tempo e amore per la mia storia, dandomi ogni volta il loro parere.
Grazie a tutti quelli che l’aggiungono alle varie sezioni, siete dei tesori.
 
Alla prossima.
xoxo
 
- Elle.

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Capitolo 20
*** CAPITOLO XX ***


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CAPITOLO XX

 

‘Quindi lavorate qui con vostra madre?’ chiese il pirata.
‘Di tanto in tanto, quando posso e c’è più lavoro da fare in locanda. Cerco di dare una mano, per quanto riesco e se non c’è da fare in casa con i miei fratelli.’ Rivelò la ragazza sotto gli occhi inquisitori e curiosi dell’uomo che le era di fronte.
Dopo aver lavorato a lungo la fanciulla si era concessa la sua solita pausa in compagnia del pirata, a cui aveva fatto promessa.
L’uomo l’aveva attesa per tutto il tempo senza concedersi la minima distrazione. Non aveva bevuto nemmeno un goccio della sua solita birra per restare lucido. Non avrebbe permesso a niente e a nessuno di allontanarlo da quel luogo quella sera e fu anche per questo se a notte fonda, con la locanda mezza vuota, lui era ancora lì seduto a quel tavolo incuriosito dalla ragazza che era seduto di fronte a lui con fare impacciato e poco sicuro.
‘Ah, avete dei fratelli?’ fece il pirata sorpreso. ‘Qualcuno che io debba temere?’ chiese palesando ancor di più il suo interesse alla fanciulla.
‘Temere per cosa?’ fece lei, fingendo di non capire per non legarsi e non cadere troppo nel suo interesse fin troppo evidente. ‘Sono ambedue degli ingenui bambini, ma lasciate che diventino grandi abbastanza.’ Azzardò la ragazza stando al suo gioco. ‘E mi faranno da guardia per tutto il tempo.’
Il pirata azzardò un sorriso sghembo facendo tremare il cuore della fanciulla. ‘Allora cercherò di prendere il vostro cuore prima che sia troppo tardi.’
I due sorrisero all’unisono, illuminandosi a vicenda in quella nuova complicità mentre Esmeralda arrossì violentemente senza darlo a vedere.
Non era mai stata abituata a tanta attenzione da parte di qualcuno, o meglio: non era mai stata abituata a tanta attenzione da parte di qualcuno per cui il suo cuore batteva, e fu anche per questo che la situazione le pareva alquanto strana.
Si sentiva strana.
Non che l’uomo fosse invadente o altro, egli le parlava con modi gentili e cauti ma ella si sentiva abbastanza a disagio in quel nuovo atteggiamento.
Il pirata, d’altro canto, la guardava rapito quasi non avesse mai visto una simile beltà. La sua venustà avrebbe sconfitto chiunque.
Negli anni aveva sentito e risentito storie a proposito delle sirene e della loro immortale bellezza con cui incantavano ogni uomo traendolo in trappola, ma – a suo dire – la creatura che aveva accanto era molto più incantevole di ogni essere su tutti i regni e i mari che aveva navigato.
Killian la osservava nelle sue movenze e in quella sua eleganza innata e notava come in lei quella consapevolezza fosse inesistente. Magari nessuno gliel’aveva mai fatto notare, pensò.
Killian voleva aspettare ancora un po’ prima di rivelarle ciò che pensava, non voleva sembrarle un donnaiolo e nemmeno abbastanza sornione. Egli si limitò solo ad ascoltarla nel più completo interesse mentre non faceva che raccontargli di sé.
‘E voi?’ chiese d’un tratto con lo scaltro tentativo di spostare le attenzioni da sé e di respirare un po’. ‘Voi cosa fate?’
‘Sono un pirata. Siamo pirati.’ Disse indicando con una mano quello che restava della sua ciurma più in là. ‘Navighiamo dove vogliamo e non rispondiamo a nessuna corona per farlo.’ E quel sorriso le venne riproposto.
Era capace di far venir giù un regno intero con quel suo fare e forse era in quel modo che faceva cadere tutte ai suoi piedi. Esmeralda scosse il capo, riprendendosi da quell’incanto.
‘Ed è bello viaggiare così tanto? Non siete stanco?’ chiese con fare curioso e tremendamente interessata ai suoi racconti.
Esmeralda era solita perdersi nella sua radura e viaggiare mentalmente in terre lontane quando voleva fuggire dai propri impegni, dal proprio destino, dai propri doveri e imposizioni che il padre soleva darle senza prendere in considerazione lei e i suoi pensieri per prima. Esmeralda era solita fuggire in quel suo luogo per poi sdraiarsi e perdersi un po’ in luoghi del tutto nuovi che nascevano nella sua fantasia. Aveva sempre sognato, e con il tempo ancor di più, di lasciare tutto e andarsene. Raggiungere luoghi lontani era diventato il suo obiettivo senza però averne il vero coraggio: Esmeralda non avrebbe mai lasciato la madre e i suoi fratelli da soli con l’ira che sarebbe scaturita nel padre dopo il suo gesto. Non l’avrebbe mai fatto.
Quelle tre persone erano la sua sola e unica ancora che la tenevano tuttora ormeggiata lì dov’era.
Killian, a quella domanda, rispose con una smorfia di dissenso. ‘Assolutamente no. La stanchezza non fa parte di me, non potrei essere un pirata se mi stancassi del mare e di viaggiare, non credete?’ chiese retorico. ‘Sapete, anzi, ci sono città in cui l’aria profuma di spezie e le donne siedono su pietre preziose. Ci sono poi città che di voi ne sarebbero degne perché eguagliano la vostra beltà e ci sono città che si fondono con il mare fino a perdersi e diventare un tutt’uno. Non vi piacerebbe vederle?’
Esmeralda era del tutto incantata da quelle descrizioni, da quei luoghi così vividi e splendidi davanti ai suoi occhi da sembrare quasi un ebete quando Killian le pose quella domanda. Sì. Sì che avrebbe voluto vederle, una per una. Viverci dentro, assaporare ogni pietanza che quel luogo le avrebbe dato come specialità e inebriarsi di ogni profumo che l’avesse circondata e quella sarebbe stata la sua risposta, quella che le aveva subito illuminato il volto a quell’invito se non fosse stato per quell’ancora che la teneva stretta a terra. A quella terra.
Allora Esmeralda abbassò lo sguardo e quel guizzo che aveva avuto si spense apparendo quasi triste in quella consapevolezza. Killian se n’è accorse ma aspettò che fu lei a parlare.
‘Vorrei…’ biascicò. ‘Ma non posso.’ Chiarì volgendo il suo sguardo, in maniera implicita, alla madre che non faceva che tenerla d’occhio con acuta disapprovazione per quel comportamento insolito della figlia. Killian segui lo sguardo e capi ogni cosa senza bisogno di aggiungere altro.
Sembrava di vederla con i suoi pregiudizi sui pirati che le vorticavano in testa.
‘Beh, non c’è alcuna fretta.’ Disse il pirata riportando l’attenzione su di sé. ‘Io sarò qui per tutto il tempo che vorrete. Mi troverete qui ogni sera e cercherò di rendervi possibile viaggiare attraverso i miei racconti. Se voi vorrete.’
‘Davvero lo fareste?’ chiese la fanciulla rapita da quel suo comportamento.
‘Aye.’ E un gran sorriso era lì ad accoglierla in quello che sembrava avere le sembianze di un rifugio fatto apposta per lei. Esmeralda fu felice di quell’incontro, fu felice di aver incontrato quel capitano quella sera e fu felice di avergli concesso la possibilità che tanto aveva bramato.
Era diverso da ogni pirata.
Killian Jones era la cosa più bella che le fosse capitata fino a quel momento, pensò quasi credendosi matta e per tutto il tempo non fece che andare in giro con un enorme sorriso. Per tutte le sere da quella sera Esmeralda andava sfoggiando in giro quel sorriso unico e raro che sentiva estraneo persino da sé. Le sembrò che il mondo fosse più leggero e ogni sera, per tutte le sere, non faceva che attendere quei momenti di pausa per stare con lui. Il suo modo di raccontare le cose, il modo che aveva di farla viaggiare in capo al mondo era ancora più vivido e bello di quanto facesse da sola nella radura. Ella era solita chiudere gli occhi mentre assaporava appieno ogni paesaggio che le venisse proposto mentre si scoprì sempre più invaghita.
Killian Jones l’aveva portata in quei mondi e con sé aveva portato il sorriso di un nuovo sentimento che le scaldava il cuore e che le pareva quasi uguale a ciò che da sempre aveva visto negli occhi delle fanciulle che incontrava: l’amore. E quasi non ci credeva.
Come poteva un pirata, dall’evidente charme e fascino, averle preso il cuore a quel modo? Esmeralda non glielo diede mai a vedere in quelle sei settimane d’incontri perché amava il modo in cui lui si prodigava per farle intendere i suoi sentimenti e amava tenere il pirata sulle spine.
Quei sorrisi e luminosità non fecero che accompagnarla in ogni dove. Uno di quei sorrisi che sono qualcosa di nuovo, uno di quei sorrisi che donano luce a chi li porta. Quella luce che Esmeralda avrebbe portato solo grazie a lui.
‘Lo capisci che è un pirata?’ la strattonò Agnese una volta che la figlia ritornò sul retro della locanda. Fuori da ogni sguardo estraneo.
Eccola quella bomba che Esmeralda aspettava, e che da una parte temeva, era esplosa. Erano settimane che la madre osservava quegli incontri silenziosa e quasi impassibile, tanto da far temere il peggio. Esmeralda sapeva e conosceva la madre tanto da sapere che in lei qualcosa veniva repressa: la vedeva ogni sera grugnire e lanciare occhiatacce di disapprovazione al suo accompagnatore senza però mai intervenire. Preferiva tenere per sé le proprie considerazioni, dandone evidente deplorazione piuttosto che fare una sfuriata. Esmeralda sapeva che la donna stava covando qualcosa e che quel rapporto che si era instaurato per lei non era un bene. Lo vedeva ogni qualvolta si ritrovava ad osservarla al bancone durante i lori incontri. Forse la donna aveva semplicemente aspettato – e semplicemente sperava - che le cose finissero da sole e aveva preferito il silenzio alle tiritere, ma ora eccola lì con i frutti di tutto ciò che si era tenuta dentro.
Eccola lì pari ad un vulcano.
‘Lo sai che è un pirata e sai cosa ti ho detto su di loro.’ La avvertì nuovamente la donna rimarcando il concetto impartitole tempo prima.
‘Killian non è come i pirati su cui mi hai avvertito.’ Dibatté Esmeralda sicura e sostenendo il suo sguardo furente.
La madre ruotò gli occhi a quelle parole, sbottando. ‘Non puoi essere così ingenua. Non ti ho cresciuta così!’.
‘Sì, è vero, non mi hai cresciuta così. Mi hai cresciuta con dei valori a cui non sono mai venuta meno, son cresciuta credendo che c’è altro dietro le persone e non è ciò che fanno a determinare che persone sono. Tutto ciò che mi hai detto sui pirati non è per niente uguale a come le cose son davvero.’
‘E’ un inganno!’ sbottò la donna sovrastandola. ‘I pirati ingannano. Vuole solo che tu diventi il suo trofeo. Non ti ha già chiesto di andare con lui? Beh, te lo chiederà perché questo è ciò che fanno.’
‘E’ qui da sei settimane! Come puoi credere che sia qui solo per questo? Chi ti ha raccontato queste cose?’
‘Vorrà dire che sei un premio più ambito! Sei una fanciulla stupenda, è normale. Ti sta ingannando mostrandosi dolce, simpatico e chissà cos’altro ma quello è il suo obiettivo. Insomma guardati! Stai cadendo nella sua rete!’ inveì la donna per farle vedere le cose come stavano e costringerla a porre fine a quel rapporto.
‘’Dovresti conoscermi e dovresti sapere come sono. Non mi sono mai fatta ingannare da nessuno, noto subito quando le attenzioni sono mirate ad altro. Tra me e lui non esiste nulla di tutto ciò, è un rapporto puro e semplice e… tra me e lui non c’è niente di ciò che credi.’
‘Ma se te lo si legge in faccia.’ Notò la madre indicando il suo viso. I suoi occhi.
‘Cosa?’
‘Che inizi ad amarlo.’ La ragazza si sentì stordita dal fatto che fosse così ovvio. Così evidente. Così lampante. Lo era per tutti, anche ai suoi occhi? O lo era solo agli occhi di chi l’aveva messa al mondo?
‘Vuoi che a tua madre sfugga tutto ciò? Quel sorriso, quegli atteggiamenti, quella luce li hai solo con lui, quando parli di lui e quando sei vicino a lui. Potrà non essere evidente a te ma è evidente a chiunque entri qui e vi veda e voglio solo che tu non soffra quando lui andrà via.’ Le confessò più calma.
L’ultima cosa che Agnese voleva era vedere la sua figlia prediletta soffrire, e in cuor suo, sapeva che sarebbe successo e voleva allontanarla dal pericolo prima che fosse troppo tardi. Era per questo che aveva sbottato. Le cose tra quei due erano state troppo approfondite, si erano troppo affezionati e le cose stavano solo precipitando verso un’inevitabile esito.
Esmeralda incrociò le braccia al petto e abbassò lo sguardo rattristandosi all’idea che quell’eventualità fosse possibile.
‘Chi ti dice che andrà via?’
‘Lo farà, e se non sarà per sua volontà lo farà per volontà di qualcun altro. Lo sai.’ Disse perentoria rimarcando quell’ultima parola come a renderle chiaro un concetto che già doveva essere intriso in lei senza bisogno di riportarlo alla mente.
Ad Esmeralda quella frase parve quasi una minaccia che non si sentiva di tollerare.
‘Dovresti volere la mia felicità e non remarci contro. Perché vuoi che se ne vada? Perché vuoi rendermi di nuovo infelice se ti rendi conto che con lui posso essere felice?’ Esmeralda era quasi sull’orlo di piangere. Era rabbiosa ed esausta di stare ai suoi voleri. Perché non poteva accettare tutto e basta?
La donna divenne specchio della figlia iniziando a piangere anch’ella mentre si avvicinava per rincuorarla. ‘L’ultima cosa che voglio, amore mio, è che tu sia infelice.’
‘Come puoi dirlo se stai dicendo che devo troncare i rapporti con l’uomo lì fuori?’
‘Non l’accetto. Sai cosa penso sui pirati ma sarei pronta a cambiare idea perché sono pronta a credere in ciò che dici: quell’uomo è diverso. E so quanto vale per te quel capitano e c’è un motivo se accetto che tu venga qui ogni sera e lascio i bambini a Meredith ora.’ Asserì la madre facendo intendere le sue idee a riguardo.
Da non fraintendere: Agnese amava vedere sul volto e negli atteggiamenti della figlia quel piglio allegro e insolito. Avrebbe voluto concedere alla figlia quella vita abbandonando persino i suoi pregiudizi su quella gente se fosse stato utile a farla felice per davvero, ma qualcosa aleggiava su quella felicità come un’ombra imminente e Agnese voleva solo tirarla via prima del previsto. Prima che si facesse male. ‘Non l’accetto, ma adoro vedere la mia bambina felice e se tu ci tieni tanto a questi incontri, e a lui, per me va bene.’ Esmeralda era confusa, ma felice di sentire nella madre quella consapevolezza. ‘Ma renditi conto che in un modo o nell’altro lui se ne andrà.’
Continuava a ribadirlo quasi come un avvertimento che ad Esmeralda non era chiaro. Esmeralda non capiva.
‘Perché continui a dirlo? Perché dovrà andarsene per forza?’
'Perché sai che c’è qualcuno sopra di noi. Sai che c’è qualcuno che pensa per te… ed è tuo padre.’ Quella parola bastò a intorpidire e raffreddare l’aria e a far dissipare quella parvenza di felicità a cui Esmeralda aveva pensato e aveva sognato.
Tutto, davanti ai suoi occhi, cadde rovinosamente a terra: ogni possibilità, ogni speranza si sfracellarono al suolo provocando un rumore sordo e graffiante.
‘Tuo padre non accetterà mai un pirata nella tua vita, questo lo sai. Ancora oggi ti propina spasimanti facoltosi che tu ignori innescando la sua ira ed è all’oscuro di tutto. Non sa niente e né io gli dirò mai nulla.’ La rassicurò. ‘Ho sempre mantenuto il più completo riserbo a riguardo continuando a tenerti il gioco mentre eri inconsapevole e asserendogli che mi servi in locanda, ma quanto pensi che durerà? Che farai poi? Che farà il tuo pirata? Credi che combatterà o tuo padre gli darà un ingente somma per convincerlo ad andarsene? I pirati hanno bisogno di tesori, e pur essendo poveri, tuo padre troverà il modo di dargli qualcosa per allontanarlo da te. Non accetterà mai ciò che potrebbe essere tra voi.’
Ogni cosa andò persa ed Esmeralda si sentì perduta.

 

Quando Esmeralda tornò al tavolo era abbastanza stravolta e scombussolata da camminare tra i tavoli senza pensare bene a dove dovesse andare. Sembrava un automa incapace di connettere per davvero e in tutto questo sembrava avesse visto un fantasma per quanto era bianca. Il suo caratteristico colorito era svanito nel nulla.
La sua condizione era stata abbastanza lampante per il pirata che la vide entrare in quelle condizioni e l’afferrò con l’intento di farla sedere prima che sbandasse e finisse altrove.
Aveva evidentemente la testa da tutt’altra parte, del tutto immersa nella conversazione appena conclusa e nella consapevolezza appena arrivata. Come aveva fatto a non pensarci? A credere che tutto fosse facile? 'Tutto bene?' Chiese Killian, con una punta di preoccupazione. Esmeralda non era mai stata giù come in quel momento o almeno a lui non era mai parso.
'Oh, ehm... Si.' Biascicò la fanciulla tornando al suo posto senza badare bene a cosa stava facendo.
'Non va tutto bene.' Osservò il pirata ancora più convinto ora e più in pensiero. 'Dimmi cosa ti turba.' Le ordinò, quasi, cercando i suoi occhi smeraldini che sembravano essersi incupiti.
Esmeralda incrociò il suo azzurro limpido e fece spallucce incapace di rispondere. Era come se la gola si fosse chiusa e avesse imprigionato le corde vocali impedendo loro di emettere il minimo suono. Le faceva quasi male.
Abbozzò un sorriso insicuro e cercò di passare oltre per non mostrare le sue debolezze. Cosa avrebbe dovuto dirgli? Non gli aveva mai parlato del padre. In tutti i discorsi che avevano avuto aveva solo accennato a lui per poi ometterlo del tutto. Cosa avrebbe dovuto raccontargli? Degli incontri a cui il padre la costringeva per suo capriccio? Esmeralda non sapeva da dove iniziare e la sua pausa stava per finire quindi perché non rimandare l'incontro e salutarlo? Il giorno dopo tutto sarebbe passato o almeno avrebbe pensato al da farsi.
'È tardi. Devo ancora pulire quei tavoli.' Disse indicandoli e tornando in sè dopo quel momento. 'Forse è meglio che tu vada. Sarò qui domani.' Disse e fece per congedarsi mentre si alzava dalla panca. Killian la fermò.
'Non vado da nessuna parte se non mi dici che è successo, perché qualcosa è successo e non puoi negarlo. Quasi non ti riconoscevo quando ti ho vista arrivare: eri pallida come un cencio. Mi sono spaventato!' Lo spavento era ancora evidente nei suoi occhi che non smettevano di fissarla in cerca di spiegazioni.
Esmeralda ci pensò su mentre lo guardava dall'alto della sua altezza. Vederlo a quel modo, così preoccupato e in preda al panico la convinse a restare. Se non l'avesse amata a quel modo, se le avesse dimostrato più negligenza di fronte a quell'episodio avrebbe reso le cose più facili.
A momenti Esmeralda mancò un buon e arrogante pirata, pensò.
Esmeralda fece un respiro profondo e gli sedette di fronte, sulla stessa panca. Più vicina che mai al suo corpo. Non si era mai azzardata a così tanto.
Spostò una ciocca dei suoi capelli indietro così che niente intralciasse i loro sguardi.
‘Si tratta di mio padre. Non ti ho mai parlato di lui.’

Ciò che l’acchiappasogni celava, ciò che la loro vita celava, fu sempre più sconvolgente quando venne a galla.Guardare quei ricordi, trame di un passato, scorrere loro davanti agli occhi e sentirsi estranei davanti a tutto li aveva lasciati tramortiti e allo stesso tempo emozionati.
Quante volte Esmeralda aveva sperato in quella possibilità? Incontrarlo lì, in locanda, in modo semplice e casuale. Innamorarsi di lui lì senza essere altrove.
Sarebbe stato semplice. Sarebbe stato vero. E sarebbe stato suo nel tempo, e forse sarebbero stati ancora lì, vivi in quel tempo.
E ora era facile anche credere che quel desiderio fosse un ricordo ben nascosto che forse le dava qualche indizio. Ora era facile credere a tutto mentre nessuno dei due ricordava nemmeno una virgola di quegli episodi che andavano scorrendo, tutto si svolgeva davanti ai loro occhi come quello che qui avevano imparato a chiamare film.
Guardavano quelle immagini e stentavano a credere a tutto ciò che vedevano. Com’era possibile?
Com’era possibile che il cuore avesse dimenticato? Era la domanda che muta si ponevano entrambi.
C’era una vita. Una vita piena e completamente diversa, sempre desiderata, era nascosta dietro un telo nero e spesso che copriva tutto escludendo i ricordi e qualsiasi sua parvenza. Era una vita fa eppur sembrando tutto una finzione, tutto aveva fatto il suo decorso e aveva fatto parte di entrambi.

‘Allora è di questo che parlavi quella volta.’ Azzardò Killian ripensando a quella conversazione a cui aveva origliato un po’ di sere prima. Esmeralda non capì a quale conversazione si riferisse e lo guardò piegando leggermente il capo come a cercare di intendere quale conversazione intendesse e soprattutto quando avesse parlato con lui già.
‘Cosa?’
‘Quella sera…’ spiegò Killian cercando di non risultare invadente. ‘La sera in cui ci siamo scontrati ho origliato, senza volerlo ad una conversazione. Non era mia intenzione. Non sapevo chi fossi, non sapevo nulla di te ma mi sono ritrovato ad ascoltare tutto senza volerlo e ti ho sentito mentre parlavi con quell’altra donna a proposito di un incontro imposto.’ illustrò brevemente per far recepire alla fanciulla cosa intendesse.
Esmeralda, del tutto ignara, se ne uscì con un ‘Ah!’ sorpresa del fatto che inconsapevolmente già sapesse. Quasi in imbarazzo si passò una mano tra i capelli e se li spostò dietro l’orecchio.
Quella sera li aveva sciolti, contro il volere della madre.
I suoi lunghi capelli neri le coprivano il viso nell’imbarazzo del momento: lui sapeva tutto ma ignorava fosse lei. E ora?
‘Oh sì, ricordo. Ti basti sapere che hai origliato solo ad una piccola parte del mio disappunto. E’ stato anche peggio sul retro.’ Cercò di tirarsi fuori.
L’uomo sorrise mesto a quell’informazione con il cuore che quasi gli usciva dal petto. Cos’era mai quella fervida emozione che gli causava quella tachicardia? Killian era in attesa di saperne di più.
‘E’ andato tutto bene, poi? L’hai incontrato?’
La ragazza annuì impacciata dal confermare tutto. ‘Sì, ma non è andata granché bene.’ Osservò. Il pirata si ritrovò a respirare con meno fatica, fuori da una morsa.
Dentro sé esultava quasi.
‘Cosa è andato storto?’ chiese, sorseggiando un po’ di birra.
‘Cosa va sempre storto, vorrai dire. Semplicemente non l’accetto e cerco di mostrarmi del tutto disinteressata causando l’ira di mio padre subito dopo.’
‘Non ti è mai capitato di interessarti a qualcuno senza dover ostentare disinteresse?’
‘No, mai.’ tagliò corto la fanciulla. ‘Mio padre è solito adescare uomini facoltosi con mezzi subdoli per poi farsi perdonare attraverso la sua moneta più preziosa: io. Non sono che questo per lui.’
‘Ma se tu ti sposassi con uno di loro potresti andare via da lui.’ suggerì scaltro il pirata.
‘Non mi sposerei mai senza sentire dentro me quel sentimento che divampa e mi divora. Nessuno di quegli uomini merita il mio interesse, e sicuramente mio padre non merita questa soddisfazione. Non merita di arricchirsi sulla mia pelle in maniera avara.’
‘Il disprezzo che ti muove nei confronti di tuo padre è palese.’ osservò il pirata.
‘Tu lo faresti? Se ti venisse imposta una donna in questo momento l’accetteresti?’
‘Come potrei decidere di affiancarmi ad un’altra donna se il mio cuore è già occupato? Non ho più occhi per nessuna da un bel po’, tesoro.’ e Killian le si avvicinò sempre più. In maniera pericolosa al suo viso con il suo fare ammaliatore.
Esmeralda cercò di restare calma mentre un fuoco dentro lei sembrava divampare. Abbassò lo sguardo dai suoi occhi fin troppo vicini anche solo per ragionare.
‘E da chi sarebbe occupato?’ tossicchiò cercando di emetter suono.
‘Oh, ora non fare la finta tonta.’ chiarì sfiorandole la mano poggiata sul tavolo e dedicandole uno sguardo che come un faro la indicava come la prescelta. Una risposta ovvia.
Ogni volta che lui l’ammetteva Esmeralda moriva un po’ di più sommersa da tanto interesse.
Prese una gran boccata d’aria prima di connettere.
‘Non dovresti.’ gli fece notare.
‘E perché no?’ chiese sornione non staccandosi da lei.
‘Perché dopo ciò che ti ho raccontato non dovresti più darmi alcun interesse. Non ci sarebbe futuro.’
‘E chi lo dice?’
‘Credi che mio padre accetterebbe di buon grado un pirata nella mia vita? Che ricchezza potresti dargli tu economicamente per me? Non mi darebbe mai via per niente in cambio che possa sfruttare. Credi che non cercherebbe di corromperti per mandarti via, il più lontano possibile?’ disse con rammarico affrontando quella realtà che non piaceva nemmeno a lei ma che era ciò che era. Il padre non avrebbe mai permesso che fosse felice.
‘E credi che io mi faccia corrompere? Credi che non combatterei per te?’
‘Credo che ad un certo punto ti stancheresti di lottare perché mio padre non si arrenderebbe di fronte ad un tuo rifiuto.’
‘E io combatterò ancora, e ancora, e ancora, e ancora per farlo cedere. Per renderti mia. Non ti lascerò andare a nessuno. Non accetterò nulla in cambio perché nessuna ricchezza vale una vita con te.’ Inconsapevolmente il pirata l’aveva presa per i fianchi e l’aveva avvicinata ancora più pericolosamente a sè. Esmeralda aveva le mani sul suo petto troppo presa dal momento.
Quelle parole che sapevano di una promessa che avrebbe mantenuto a tutti i costi le erano entrate dritte nel petto e tutta quel far finta di nulla ora non reggeva più.
La fanciulla aveva gli occhi dentro ai suoi, ad un solo attimo dalle sue labbra che non smetteva di fissare.
Era quasi seduta sulle sue gambe quando le sue piccole mani lasciarono il suo petto per dirigersi al suo viso. Lo prese tra le mani. Non smetteva di fissarlo.
Non smettevano di guardarsi con quell’amore capace di radere al suolo il mondo intero quando le loro labbra s’incontrarono per la prima volta in un lieve bacio sgretolando ogni tipo di distanza tra loro. Disintegrando ogni centimetro pezzo per pezzo.
Un bacio casto, tenue, morbido, quasi impacciato che riempi il cuore di entrambi e che fece esplodere quello di Esmeralda perché in esso aveva riconosciuto ciò che aveva sempre visto negli altri e che aveva sempre desiderato per sè.
Ecco che sapore aveva l'amore.
Ecco come ci si sentiva una volta che si entrava in contatto con esso.
Furono entrambi coinvolti in un bacio che li portò in paradiso e forse anche oltre e che li rese ancora più bramosi l’un dell’altro.
Un bacio che li rese ancora più desiderosi di iniziare a vivere quella vita insieme oltre tutto e tutti, pronti a sconfiggere il mondo. 

ANGOLO AUTRICE
Buonasera lettori, e scusate l'assenza prolungata. 
Mi dispiace, come sempre far passare così tanto tempo tra un capitolo e l'altro ma vari impegni/motivi personali mi stanno tenendo lontana dal mio scrivere. Questo non vuol dire che io dedichi alla storia meno passione, anzi, le idee continuano ad accrescere in me ecco perché sta diventando sempre più qualcosa di simile ad una saga ormai. 
Non so quanto realmente finirà tutto ciò ma voglio ringraziare tutti coloro che ancora seguono la storia con trasporto ed emozione, e continuano a supportarmi in tutto ciò: vi ringrazio davvero di cuore perché siete anche voi che mi invogliate a continuare sempre. 
La storia sta rivelando nuove sfumature. 
Sta assumendo dei nuovi colori, ancora tenui, ma che pian piano diventeranno più chiari e vividi. Capirete il perché di certe azioni e scelte e tutto verrà mostrato a voi come un quadro completo che spero possa piacervi. 
Sto mettendo davvero tutta me stessa in questi capitoli e spero possiate apprezzarli.
Spero me lo facciate sapere attraverso le recensioni, f
atemi sapere cosa ne pensate e se la cosa vi sta piacendo, ve ne sarei grata.

Alla prossima. 
xoxo

- Elle.

 

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Capitolo 21
*** CAPITOLO XXI ***


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NOTE AUTRICE:
Hello everyone! Come procede la vostra vita in queste caldissime giornate estive? Spero al meglio perché io sto lentamente morendo.                                                    L'estate non è decisamente la mia stagione preferita, anzi! Sono tipo Elsa di Frozen: "Cold never bother me anyway!"
Ma bando alle ciance ed eccomi arrivata al fatidico - e faticato! - ventunesimo capitolo.  Ci ho messo un po', e non perché non avessi in mente le vicende da narrare, ma perché a volte è difficile trascrivere ciò che hai in mente nero su bianco dandogli una forma coerente con il resto. Il problema è che tendo ad essere un po' troppo perfezionista e se una cosa, un determinato momento non rende come voglio tendo a starci per un bel po' di tempo fin quando non mi quadra tutto. Che ci volete fare? Ho cercato di rendere al meglio ogni cosa: un legame celato, ma non del tutto e un segreto meschino che nessuno si sarebbe mai aspettato di conoscere. Spero possiate inoltrarvi nel capitolo e che vi prenda almeno come ha preso me nel momento in cui l'ho scritto e immaginato ogni cosa. E' un po' lungo, lo so, ma ho cercato di racchiudere tutto in poco per non creare capitoli immensi. 

Io sono sempre qui ad aspettare le vostre reazioni/opinioni. Un bacione immenso a chi è ancora qui. ♡

Alla prossima.

- Elle.

CAPITOLO XXI
 

 

« E io combatterò ancora, e ancora, e ancora, e ancora per farlo cedere. Per renderti mia. Non ti lascerò andare a nessuno. Non accetterò nulla in cambio perché nessuna ricchezza vale una vita con te.» Quelle parole esplodevano dentro il cuore di Esmeralda come una bomba appena innescata. Sentiva il cuore pompare così fino a farle temere che sarebbe esploso per davvero per tutta quella felicità che in lei veniva compressa.
Di certo non poteva mostrarsi facilmente agli occhi del padre, ma quanto diamine era faticoso?

Durante il giorno non doveva pensarci, non doveva pensarlo.

Doveva evitare di ricordare i suoi occhi, e quei sorrisi che le dedicava. Doveva dimenticare il modo in cui le parlava e anche tutte le carezze che di tanto in tanto si scambiavano.

Ma quanto diamine era difficile non esprimere il tutto e non poterne parlare e cantare liberamente in ogni dove e persino in casa.

E per quanto si sforzasse al massimo di restare in silenzio sembrando sempre uguale agli occhi del padre, a volte proprio non ce la faceva.

A volte il cuore prendeva il sopravvento sulla ragione, sulla calma e la normalità che doveva dimostrare e allora la tradiva mostrando sorrisi e facendola canticchiare in modo sdolcinato canzoni che mai aveva osato canticchiare.

Maledetto cuore! Perché non zittisci una buona volta?” Si chiedeva Esmeralda quando si rendeva conto di essersi concessa troppo al pensiero di lui.

Il padre, in quei momenti, la scrutava attentamente cercando di capire il nesso di quegli atteggiamenti un po’ insoliti. Perché sì, Esmeralda era sempre allegra e solare. Soleva cantare di tanto in tanto, ma mai in quel modo. Mai con quella luce. Mai con quell’amore che pareva sprigionarsi e invadere la casa.

E Rafael cercava, allora, di far mente locale: ‘Chi aveva incontrato pochi giorni prima? Chi le aveva propinato?’ Perché era da tempo che il padre cercava di accasarla con qualcuno che potesse darle  anche ricchezza.
Che fosse la volta buona? Che qualcuno, tra tutti quegli uomini, avesse fatto breccia nel suo cuore? Rafael non vedeva l’ora di sapere. Perché sicuro qualcuno c’era.
L’amore che emanava la figlia era palese come il sole al mattino e Rafael doveva solo capire chi fosse il fortunato che se la sarebbe presa e avrebbe dato a lui qualcosa in cambio.
Esmeralda era tutta un sorriso e canti, non solo a chiunque la incontrasse, ma al padre che iniziò sempre più a fare domande ad Agnese, sua moglie.
"Vedo Esmeralda più spensierata." Osservava con un certo orgoglio, mentre in Agnese un certo stato d'ansia iniziava a farsi strada.
La donna conosceva il motivo di tanta felicità - ella stessa ne era complice e spettatrice ogni sera - e nonostante avesse avvertito la figlia riguardo a certe esternazioni davanti il padre, ella non riusciva a tenere quel sentimento per sè. Perché da che mondo è mondo non è mai stato facile nascondere la gioia di un sentimento ricambiato.
Di un amore appena nato.
Di due cuori che esplodono e vivono insieme in cerca dell’altro in modo costante.
Agnese lo sapeva, ma in presenza del marito, a quelle osservazioni, ella smetteva di mangiare e quasi respirava a fatica con il timore di essere scoperta. Di essere scoperte.
S’irrigidiva come un tronco e la lingua si allappava in cerca di parole utili a spostare ogni probabile sospetto su quello che poteva arrovellarsi nel cervello dell’uomo.
Alzava piano lo sguardo oppure, meglio ancora, non lo incrociava per niente. Come se dal solo contatto il marito potesse scoprire.
Sudava freddo.
Quasi come se le due fossero complici di un omicidio e stessero nascondendo il cadavere sotto il pavimento o chissà dove.
Agnese viveva con il timore che potesse fiutare ogni cosa. Che potesse venire scoperta e che potesse intuire il “tradimento” delle due. Perché Rafael faceva questo.
A volte sembrava possedere qualche tipo di stregoneria che la intimoriva alquanto.
Era difficile nascondergli tutto, anche se non ti comportavi come Esmeralda.
"Credo che questa volta ci siamo: forse si è convinta di quel Sir. Richard." Esultava Rafael alla moglie con una certa fierezza per essere stato complice di quel fortuito incontro.
E i polmoni sembravano riattivarsi di fronte a quell'ingenuità.
Agnese tirava un sospiro di sollievo, limitandosi ad un: "Già!" appena accennato. Quasi strozzato. Senza il minimo trasporto.
Se solo Rafael avesse scoperto, o avesse avuto il minimo sospetto, quell'aria tronfia sarebbe svanita e sarebbero stati guai amari. Per tutti.
Ogni sera i due amanti solevano sedere in fondo alla bettola in cui Agnese lavorava. Estraniati dal mondo. Nella loro bolla di sentimenti, sorrisi ed effusioni timide che ella soleva osservare con un certo rammarico. Agnese viveva costantemente in un limbo di emozioni: felice, da una parte, quando guardava la figlia essere felice come non lo era mai stata.
Quando vedeva quell’uomo guardarla come se la figlia fosse una delle cose più preziose al mondo - ed Agnese sentiva di accettarlo anche di più per questo. La guardava con quell’amore immenso che la rassicurava del fatto che l’avrebbe protetta e amata davvero per il resto della vita.
Finalmente vedeva la figlia spensierata e questo non poteva che farle bene perché ogni madre desidera solo questo.
E dall’altra viveva con il terrore di essere scoperta.
Se Rafael avesse scoperto chi era davvero colui che occupava il cuore della figlia, se avesse scoperto chi era colui per cui canticchiava per ore senza rendersene conto, e colui per il quale era illuminata da una luce diversa le cose avrebbero presa una piega ben diversa. E volente o nolente,  Agnese sapeva che prima o poi sarebbe successo ma taceva. Taceva sulla verità, perché non avrebbe mai fatto un torto alla figlia, ma si contorceva.
Si contorceva ogni sera cercando di dormire mentre quell’ansia prendeva il sopravvento sulla sua vita.
Ogni volta che chiudeva gli occhi lo stesso incubo: Esmeralda e Killian torturati nella maniera peggiore. Carnefice: Rafael.
A ciò si svegliava di soprassalto e non chiudeva più occhio.
Sarebbe successo. Sussurrava una voce nella sua testa. Tutto si distruggerà. Ne vale davvero la pena? Agnese ingurgitava un bicchiere d’acqua convinta di affogare ogni cosa in esso.

Esmeralda volteggiava allegramente, completamente presa e piena dei suoi pensieri. La sua mente, come il suo cuore, erano via, rivolti con un certo trasporto e impazienza a colui che dalla prua della sua nave non faceva che ricambiare la cosa.
Avrebbe voluto precipitarsi da lui in quei lunghi pomeriggi invece che star lì dov'era. Aspettare una giornata intera per vederlo era un supplizio enorme da sopportare, e ormai erano mesi che si trovava in quella situazione.
Quell’amore relegato alla sera, come due amanti che devono vergognarsi di provare un sentimento così bello e puro.
Più volte aveva pensato di fuggire.
Di prendere quelle poche cose che aveva, scrivere una lettera e salpare con il suo capitano dovunque per essere libera di amarlo alla luce del sole.
Più volte aveva impugnato il calamaio e aveva cercato di scrivere qualcosa, più volte l’aveva proposto a Killian.
« Portami ovunque. Portami lontano da qui! » gli aveva sussurrato una volta fuori dalla locanda, l’unico luogo dove negli ultimi tempi si erano spinti.
Esmeralda non ce la faceva più a stare relegata con lui su quella panca in quella locanda. Voleva respirare. Voleva baciarlo sotto la luce della luna per avere una parvenza di libertà. Per sentire come fosse, e pur stando nascosti dietro un muro appena fuori le cucine, Esmeralda voleva sapere che sapore avesse un amore “libero”. 
Killian l’aveva guardata ridendo. Non sapeva se crederci o meno.
« Dici sul serio? Lo faresti? »
Esmeralda annuì, convinta. « Non credo di poterlo più fare. » Esclamò. « Lo vedi questo? Lo senti? » Disse protraendosi verso le sue labbra e dandogli un bacio furtivo. « Voglio farlo alla luce del sole. Voglio poterti abbracciare, baciare, parlare anche con il sole. Sono stanca della luna. Sono stanca di questa locanda. Sono stanca di questo angolo nascosto dietro la cucina. » sbottò.
Killian sorrise ancor di più di fronte a quelli che sembravano i capricci di una bimba piccola, in special modo quando arricciava le labbra e lo guardava con sguardo esausto.
« Anche per me è lo stesso, lo sai. Se fosse per me ti porterei via oggi stesso. Adesso! » azzardò divertito e speranzoso di farlo sul serio.
Esmeralda annuì ancora più felice di vedere il suo desiderio condiviso dal suo amato e annuì entusiasta prima di prenderlo per mano e incitarlo a farlo davvero.
«Andiamo allora! » Esclamò facendo sul serio.
Killian restò fermo lì dov’era e la tirò a sé guardandola con sguardo dispiaciuto. Lei non capì e quasi ne uscì adirata. « Non potrei mai farlo. Non potresti mai farlo. » spiegò.
« Credi che non ne sia capace? Che le mie siano solo parole? »
« No, è questo il punto. Ne saresti capace, ma saresti anche capace di pentirtene poi e pensare a tua madre e ai tuoi fratelli per tutto il tempo. »
Nello sguardo di Esmeralda quel guizzo, quella fervida idea svanì di colpo spegnendosi. I suoi muscoli tesi si ammorbidirono constatando la realtà che le aveva propinato. Ormai la conosceva.
Ormai sapeva tutto di lei.
E sapeva che per quanto Esmeralda fosse animata da quell’amore che gli donava, e per quanto l’amasse, diventava triste alla sola idea di allontanarsi dalla madre e i fratelli.
« Già. » Esclamò Esmeralda mesta sedendosi su uno degli scalini che erano lì vicino. Killian fece lo stesso.
« Troveremo il modo di stare insieme. » Le promise.
« Rapiscimi! » disse scherzando facendolo scoppiare a ridere di gusto.
A quel punto anche quell’idea, conoscendo come andò la loro vita, la considerarono uno scherzo del destino.
« Così dopo non mi ameresti più. Mi odieresti. » le fece notare.
« Non è vero! »
« Lo faresti. » La fece ragionare.
Esmeralda ne uscì davvero sconfitta moralmente di fronte a quegli empisse che continuavano a spuntare. Non ne sarebbe mai uscita.
Sarebbe stato per sempre un’amore nascosto come la peggior peste e la cosa non le andava giù per nulla.
« … E se… mi presentassi a tuo padre? » Azzardò Killian quasi sussurrando e in attesa di una sua reazione.
« TU SEI PAZZO! » quasi urlò, guizzando in piedi come se qualcosa l’avesse punta.
« Potrei fingermi facoltoso. Potrei mostrargli parte delle ricchezze che… non ho guadagnato onestamente, e fingermi qualcuno che non sono. » Killian le andò dietro.
« NO! » disse Esmeralda senza la possibilità di controbattere. « Se poi ti scoprisse, sarebbe ancora peggio. » e incrociò le braccia al petto.
« Mi potrei presentare a lui. Gli darò ogni ricchezza voglia e poi andremo via una volta che avrà accettato la cosa. »
« Come puoi esserne certo? Non accetterà mai, Killian. Non permettergli di scoprirci e rovinarci. »
« Perché credi voglia presentarmi? »
« Perché credi voglia evitarti un simile incontro? Scoprirebbe l’inganno e anche tutto il resto. Non ne vale la pena. » lo implorò quasi.
L’idea che Killian potesse presentarsi a lui con l’inganno la fece tremare.
L’idea che suo padre potesse scagliarsi contro di lui, contro di loro, per il doppio inganno che avrebbe scoperto quasi le causò uno svenimento.
Il timore che il padre esercitava su di lei, in special modo ora dopo quel segreto tenuto per mesi in modo egoista per essere felice, era talmente forte da farla raggelare al sol pensiero.
« Ti prego. Non farlo. » Lo implorò con un filo di voce.
Killian, vedendola abbastanza provata, annuì rassegnato. La tirò a sé e l’avvolse in un’abbraccio in cui ella si rifugiò.
« Troveremo un’altro modo. » esclamò.
E l’avrebbe fatto perché non avrebbe rinunciato a lei per nessun motivo al mondo. Doveva solo riflettere su come fare, ed era difficile.
Fu solo un momento di tranquillità prima del peggio.
Dalla locanda una voce arrivò alle orecchie di Esmeralda pronta a farle venire i brividi. 
Era una voce che sembrò di conoscere a menadito come una di quelle note stonate che s’intromettono in melodie altrimenti perfette, come uno stridio sordo che ti fa accapponare la pelle.
Esmeralda sciolse l’abbraccio con il suo amato in maniera brusca e violenta.
« Mio padre! » disse con visibile paura guardando Killian che era rimasto lì senza capire cosa fosse accaduto.
Esmeralda era diventata nuovamente un fascio di nervi.
« Esatto, Rafael è qui! Le abbiamo detto che sei in cucina per prendere tempo. Ora muoviti e seguimi! » era Marine che, dopo un cenno di Agnese, era volata ad avvisare Esmeralda della visita in locanda del padre. Esmeralda inghiottì un boccone amaro constatando che ci aveva sentito giusto e facendosi mille domande nel contempo: Sospettava qualcosa? Perché era venuto in locanda? Lui non veniva mai in locanda a trovare la moglie e la figlia. Doveva aver capito qualcosa. E se qualcuno avesse parlato? Qualcuno che la frequentava assiduamente. Lo stomaco le si aggrovigliò.
« Tu! » fece Marine indicando il capitano. « Aspetta un po’ fuori, poi entra in locanda come tuo solito. » le aveva impartito. Non tanto perché tenesse a Killian. Marine non vedeva di buon occhio i pirati da tempo immemore, ma quello teneva ad Esmeralda e questo bastava a volerlo salvare proteggendo entrambi.
Killian non era abituato a prendere ordini, non lo era mai stato, ma quella volta ubbidì. Resto fermo dietro quel muro giusto il tempo per non smuovere sospetti pericolosi.

« Ciao padre! » salutò Esmeralda, forse con troppa enfasi mentre si allacciava il grembiule in vita.
Aveva usato troppa enfasi? Anche quell’atteggiamento le pareva ora essere di troppo. Cercò di far finta di nulla. « Posso servirvi qualcosa? »
Con lui c’erano i fratelli: Ray e George, che salutò con un cenno della mano e un gran sorriso.
« Dato che me lo chiedi portami una birra. » aveva ordinato l’uomo sorridendo di quel sorriso che prospetta un nuovo incontro da propinarle. Un nuovo pollo da farle incontrare.
Da una parte la consolazione che non sospettasse di nulla e che fosse lì perché non poteva attendere oltre per annunciarlo, dall’altra la solita solfa a cui lei non voleva partecipare.
Sperò di sbagliarsi.
« Cosa ci fai qui, Rafael? » chiese Agnese ferma dietro il bancone con il cuore in gola. 
In quel momento Killian entrò nella locanda, del tutto inosservato.
Esmeralda si voltò e poggiò la birra straripante sul bancone per darla al padre. Uno sguardo fugace e incolore lo dedicò al suo pirata che si sedette ad un tavolo poco lontano da loro fingendosi indifferente.
« Sono qui perché ero impaziente di dirlo ad Esmeralda e non potevo aspettare domattina come mio solito. Per stasera ho dato via il mio vino per questo. » Disse credendo di suscitare curiosità in chi l’ascoltava.
Esmeralda alzò lo sguardo per niente interessata a cosa stava per dirle.
« Domani c’è Sir Richard che vorrebbe incontrarti. Ti ricordi di lui? » chiese con una certa letizia ricordando come la figlia fosse felice dopo il loro ultimo incontro e ignorando il vero motivo che si trovava alle sue spalle. Iniziò facendo smuovere in Esmeralda quella solita rabbia che le montava a quel punto mentre fingeva di ascoltarlo. Annuiva e sorrideva in punti casuali del discorso fatto di descrizioni approfondite e di come si sarebbe dovuta comportare a riguardo.
Da dietro anche qualcun altro ascoltava attentamente il tutto mentre serrava la mascella fingendo disinteresse.
« Non mi pare il momento di approfondire qui il discorso Rafael. » Si era intromessa Agnese, facendosi coraggio. « Esmeralda ha molti tavoli da servire stasera. E come vedi Marine, da sola, non ce la fa. »
« Va benissimo. Siccome son passato di qui, ho pensato di accennarlo. Ho notato che ne sei rimasta colpita dall’ultimo incontro.» Si difese l’uomo.
« Ti ringrazio per questo, padre. » Disse la fanciulla che celò lo zero entusiasmo con un sorriso finto mentre s’incamminò verso i tavoli vuoti da servire, lasciando volutamente per ultimo quello di chi - era sicura - avesse origliato tutto il discorso.
Il padre si fermò giusto un momento in locanda per poi andare via con i bambini.
Fu in quel momento che Esmeralda ebbe il via libera per avvicinarsi a Killian, sempre con il taccuino in mano nel caso tornasse, e parlargli.
« Desideri qualcosa? » chiese, attirando la sua attenzione.
« In questo momento mi ci vorrebbe un barile di rum, se è possibile. »
Le strappò un sorriso, a cui conseguì il suo tirato e carico di nervosismo.
« Hai sentito tutto, come immaginavo. » Constatò Esmeralda.
« Ero proprio qui! » le fece notare indicandole la distanza tra il bancone e il tavolo a cui era seduto.
« E sai anche che non c’è nulla di cui preoccuparsi. Tu lo sai che di tutti quelli che mi propina non mi interessa nulla. »
« E tu sai anche che a me da fastidio lo stesso. » dibatté, ancor di più.
Sapere che Esmeralda avrebbe incontrato un altro uomo lo faceva ingelosire alquanto, inutile dirlo. Era un sentimento nuovo per lui già da un po’ e a cui non sapeva tener testa.
Se solo avesse potuto presentarsi.
Se solo avesse potuto averla solo per sè.
« Fuggirò via non degnandolo del minimo interesse, come sempre. » le sussurrò Esmeralda all’orecchio. Anche lei sapeva farci quando voleva.
Ma in Killian quel pensiero continuava ad avanzare prepotentemente. Sarebbe stato un’inganno, è vero. Magari lei si sarebbe adirata inizialmente, ma poi sarebbero andati lontano e allora perché non ne valeva la pena?
Non valeva la pena vivere la vita con lei alla luce del sole, baciarla e amarla senza doversi più nascondere? Anche lui era stanco della luna, della notte, di quell’angolo dietro la cucina della locanda in cui si relegavano.
Con lei avrebbe voluto passeggiare per i regni, solcare i sette mari e sposarla per farla definitivamente sua. Non le avrebbe dato una vita agiata, ma ci sarebbe stato il loro amore a salvarli e allora perché non tentare? Doveva almeno provarci.

Dopo che l’incontro, il secondo, con Sir Richard era stato un buco nell’acqua le ire del padre erano di poco inimmaginabili. Lui che aveva creduto sin dall’inizio in quel possibile sviluppo - date la felicità che aveva mostrato la figlia con i segni che tutto l’amore può dare - ora vedeva tutto a terra, per l’ennesima volta. Cosa doveva fare per accasare la figlia, tanto incantevole quanto ribelle? Che dilemma immane. Il fatto che partisse già prevenuta verso tutti gli uomini non lo faceva mai sperare per i nuovi incontri, e fu per questo che per l’ennesima volta, ci andò con i piedi di piombo nel presentarle quel nuovo giovane. Questa volta era senza speranze. Ormai sapeva che Esmeralda avrebbe mandato tutto all’aria dopo poco.
Si era presentato a pochi giorni dall’ultimo incontro, facendosi avanti da sé perchè - a suo dire - gli era capitato di vedere Esmeralda, gli era giunta voce che cercasse marito e voleva fare la sua conoscenza. Ne era rimasto incantato.
Che fortuna sfacciata!
Pensò Rafael adocchiandolo nel migliore dei modi, pur mantenendo un certo distacco. 
Il giovane era aitante e di bell’aspetto, pareva quasi un mascalzone a prima vista, e dichiarava di essere il principe di un regno lontano il cui nome era James. Un principe interessato a sua figlia!
Rafael si chiese quale fosse la sua buona stella quel giorno, e sperò davvero per il meglio.
Questa volta l’uomo non annunciò alcunché alle due donne che solevano essere avvisate prima degli incontri. Egli, impaziente e timoroso che il reale cambiasse idea a riguardo, prese la palla al balzo e si presentò nella locanda quella sera stessa in sua compagnia.
Se aveva visto la figlia già prima e ne era rimasto colpito, che effetto poteva mai fargli il vederla in abiti da lavoro, o comunque al suo solito?
Cosa ci faceva una persona di quel rango in quella insulsa e sporca bettola? Egli entrò seguendo l’uomo con apparente disgusto malcelato. Agnese nel vederlo sbiancò di colpo. Cosa stava accadendo e perché quell’uomo era al suo seguito?
« Rafael, cosa succede? » chiese titubante non togliendo gli occhi di dosso all’uomo vestito di tutto punto e in maniera insolita per il posto.
« Succede che questo gentiluomo ha dichiarato di voler fare la conoscenza di Esmeralda, e io non posso che esserne onorato tant’è che non ho saputo attendere per esaudire una simile richiesta. » iniziò del tutto entusiasta. « Potresti chiamarla per venire a presentarsi al principe James? »
« Sono onorato nel fare la vostra conoscenza, milady. » disse l’uomo con fare autorevole.
La donna a stento trattenne una risata.
« Sono io ad essere onorata di un simile privilegio da parte vostra, mio signore. » e quasi sembrò stesse recitando. E diamine se era brava!
Anche l’uomo, che nel frattempo le aveva dedicato un baciamano, sembrò dedicarle un sorriso complice. Agnese arrossì e prima di congedarsi ad avvertire l’interessata, fece un piccolo inchino in suo favore che l’uomo ringraziò con un cenno del capo.
Agnese era riuscita a stento a trattenere le risate davanti ai due. Stava esplodendo.
Esmeralda nel mentre di tutto ciò era indaffarata nel conservare alcuni piatti nei propri ripiani quando si vide la madre alle spalle, e quasi trasalii.
« Madre! » quasi urlò per lo spavento.
La madre, dalla sua, scoppiò in una risata contenuta per non rovinare nulla alla figlia in prossimità di quell’incontro che l’avrebbe cambiata.
« C’è tuo padre! » tagliò corto, senza troppi preamboli inutili.
« E ridi cosa allora? » disse con una nota più alta nella voce e guardando oltre la tenda della porta che dava sul locale, senza riuscire a scorgere nulla.
Ogni volta la presenza del padre in giro le dava sui nervi e quasi le mancava il respiro.
« E non è solo. » continuò la madre attirando il suo sguardo ancora più atterrito.
« Che significa? » e la domanda fu quasi un sussurro.
La madre le mise le mani sulle spalle e cercò di calmarla. « Non ti devi preoccupare di nulla stavolta. »
« Non mi stai calmando per niente se il tuo intento è quello! » disse la fanciulla ancora più sulle corde di filo spinato.
« Ha portato con sé qualcuno che vorrebbe conoscerti. »
Sbarrò gli occhi in modo più pronunciato, sbiancando.
« Che significa? Anche qui? E se arriva Killian? Dì che non voglio conoscere nessuno… che non mi sento bene, perché in effetti non mi sento bene ora! » e fece per fuggire quando Agnese la riprese. « Vedrai che stavolta andrà meglio, te lo assicuro. » e cercò di infonderle quel coraggio di cui presto si sarebbe riappropriata. Appena l’avrebbe visto.
Esmeralda cercò aiuto in un maniera disperata e respirò a fondo prima di accettare che anche la madre era d’accordo. Diceva che sarebbe andata meglio e non ne capiva il senso, ma voleva fidarsi. Agnese non le aveva mai mentito, e l’aveva sempre protetta quindi magari stavolta sarebbe andata davvero meglio. Magari quell’uomo lì fuori aveva qualcosa che ispirava fiducia nella madre.
Ma Killian? Il suo pensiero, il pensiero di perderlo per qualcun altro le attanagliava il petto e si trovava pietrificata al suo posto.
« Non preoccuparti di Killian. Capirà! » Fece dolce la madre.
In che modo avrebbe dovuto capire? E cosa? Anche la madre dava per scontato che questa volta era quello giusto? Ma chi diavolo era?
La confusione si aggiunse a tutto il resto di sensazione che le aggrovigliavano il petto. Aveva la nausea.
Agnese la spinse ad andare avanti con un sorriso pieno di fiducia e pace.
Esmeralda respirò a fondo ed andò verso la tenda che la separava da quel mistero che aveva conquistato persino la madre, senza nemmeno interessarsi a chi fosse per intortare entrambi così.
Che ammaliatore era? Avrebbe ammaliato anche lei? Non voleva.
Si diede una sistemata alla gonna sgualcita che portava addosso e, con un gesto, sport la tenda davanti a sé mentre la madre la seguiva. L’uomo che era oltre il bancone insieme al padre e che sorrideva con il sorriso più bello di tutti i regni la spiazzò togliendole il fiato.
Agnese dietro sorrise ancor di più alla sua reazione.
Il reale non attese nemmeno che arrivasse che si precipitò a presentarsi come si deve: « Non posso aspettare oltre per presentarmi ad un simile incanto: Sono il principe James e mi è capitato di incontrarvi quasi per caso in questo giorno mentre eravate con vostro padre, e sin da quel momento non sono riuscito a pensare ad altro se non ai vostri occhi e alla vostra incantevole bellezza. Mi avete stregato. Ho pregato vostro padre di venire subito qui per questo, perciò non gliene vogliate. E’ tutta colpa mia. » Non le aveva nemmeno il tempo di fiatare mentre ella lo guardava del tutto conquistata e divertita dalla scena. Lui le dedicò il suo più bel sorriso mentre non faceva che tenerle la mano. « Mi volete fare l’onore di fare la vostra conoscenza? » Uno sguardo in più all’uomo che, dinanzi a lei, la guardava con tutta la speranza del mondo e si sentì spiazzata dalla decisione che doveva intraprendere e alle conseguenze che avrebbe portato e a cui aveva pensato solo lei.
Poteva sempre non accettare poi, come aveva sempre fatto con tutti, ma rifiutare significava rinunciare a qualcosa che poteva essere un sogno.
I dilemmi e la valutazione di tutto la faceva sempre cadere e restare con i piedi per terra. Che doveva fare? Tutti sembravano fiduciosi mentre lei non faceva che vedere il negativo di quella situazione e quello che avrebbe portato se…
Quando realizzò il tutto dedicò uno sguardo al padre del tutto intimorita da quella cosa improvvisa.
Con un cenno Rafael la incitò a guardare il suo interlocutore e dargli una risposta. Esmeralda era confusa e non riusciva a capire che doveva fare esattamente.
Il divertimento iniziale lasciò posto alla paura e si aggiunse a tutto il resto perché le sembrava un gesto azzardato.
« Dai piccola, dai una possibilità a questo gentiluomo. » la incoraggiò la madre.
Esmeralda guardò il suo pretendente dritto negli occhi cercando il coraggio anche da quel mascalzone e titubante come sempre rispose con un « Sì. » facendo esultare il padre che già vedeva un futuro brillante per i due, anche per il modo in cui la figlia aveva reagito.
Il principe era più felice che mai alla risposta positiva della ragazza.
« Potremo andare da qualche parte per conoscerci meglio. Magari al molo o dove più ti aggrada. »
« Io non so… » non sapeva come muoversi in quella situazione. Come un’elefante che cammina tra bicchieri di cristallo con la paura che da un momento all’altro tutto vada in pezzi.
Che azzardo immane!
« C’è una sala privata dietro quella porta. Potrei portarvi qualche cibaria mentre voi potete parlare con calma. » suggerì Agnese per non farli allontanare e allo stesso tempo tenerli sotto controllo.
« Direi che per me va benissimo! » James assecondò quell’idea di buon grado.

Il tavolo all’interno della piccola sala un po’ tetra e con un forte odore di muffa non era decisamente il meglio che si potesse desiderare per un incontro del genere con una persona di quel rango, ma tutto era stato del tutto inaspettato e… finto.
Quando i due restarono soli nella sala adibita alla meglio e la porta alle loro spalle si chiuse Esmeralda si avvicinò all’uomo sferrandogli un pugno leggero all’altezza del petto.
« Si può sapere cosa ti passa per la testa? » era totalmente adirata con lui. La rabbia che le montava in petto insieme a quel senso di nausea non l’abbandonava nemmeno ora.
Cosa c’era di sbagliato in lui da voler rischiare così? Perché doveva rovinare tutto? Voleva liberarsi di lei? Perché sì, in quel modo ci sarebbe riuscito benissimo!
Esmeralda le diede le spalle e incrociò le braccia al petto per evitare di fargli ancora più male.
« Esm. Ascoltami. » la pregò il pirata incitandola a voltarsi.
L’uomo che si era presentato come il principe James e si era vestito di tutto punto sistemandosi a dovere per passare come tale altri non era che Killian Jones: il suo pirata. Lo stesso uomo per cui si era preoccupata e a cui aveva detto di non fare nulla di pazzo per lei quando le aveva accennato quell’idea malsana.
A che serviva mostrargli le sue preoccupazioni e le sue paure se poi lui se ne beffava altamente?
Esmeralda restò immobile al suo posto. Non voleva guardarlo.
« L’ho fatto per te. Per noi. Lo hai detto tu che non vuoi più vivere tutto clandestinamente. E nemmeno io. Non potevo dichiararmi a tuo padre da pirata. »
« E dimmi, ora che ricchezze gli darai. Ora cosa gli dici se io accetto di passare la mia vita con te? Dov’è il tuo castello, i tuoi averi, le tue terre e il tuo regno. Ci hai pensato? Ora io dovrò rifiutarti mentre ti amo e tu non potrai più mettere piede nemmeno qui perchè se ti vede capirà l’inganno e sarà peggio. TU hai messo fine alla nostra storia e io non potrò più averti in nessun modo! » Si era voltata nel modo più rabbioso possibile e Killian non l’aveva mai vista in quello stato.
Perché non ci aveva pensato? Perché era sempre così avventato nelle cose?
« E’ vero. Lo ammetto, non ho pensato a tutto il resto di cose che sarebbero avvenute poi. Ma puoi stare certa di una cosa: io non ti abbandono. » Lei stava per ribattere e probabilmente gli avrebbe detto che il padre lo avrebbe messo in condizioni di farlo senza nemmeno fregarsi della sua versione. L’aveva ingannato, preso in giro, e il padre gliel’avrebbe fatta pagare. Non importava altro.
« Dimentichi che sono un pirata e non sarà tuo padre a intimorirmi e farmi scappare. Non ho altra ragione al mondo se non te. Come puoi anche solo pensare che io possa andare avanti senza quella parte di me che sei tu? Quando dico di amarti, non intendo che ti amo più di quanto tu ami me. Ti amo più dei giorni bui che ci ritroveremo davanti. Ti amo più di ogni battaglia che dovremmo mai affrontare. Ti amo più di ogni distanza. Ti amo più di qualsiasi ostacolo che potrei mai trovarmi davanti e tra noi. Ti amo più di tutto questo. Ti amo come non ho mai amato niente e nessuno nella mia vita. » e il suo cuore si sciolse insieme alle sue braccia serrate al petto che mollarono la presa cadendo lungo i fianchi. Non voleva perderlo e ciò che le aveva dichiarato in quel momento era lo specchio dei suoi sentimenti per lui. Averlo accanto ogni giorno era per lei una benedizione e una forza. Non aveva mai conosciuto l’amore sino ad allora e mai nella vita avrebbe immaginato di darlo ad un pirata, ma era successo e ora lei temeva costantemente che tutto quello finisse. In quel momento ancora di più.
Li aveva messi alle strette e lo sapeva, lo sentiva, che era stato quel sentimento a spingerlo a tanto e l’amava ancora di più per questo ma… c’era un ma che gravava pesantemente sulle loro teste e la faceva sentire in pericolo.ù
« Dirò tutto a tuo padre. La verità. » annunciò avvicinandosi a lei e prendendole le mani in modo cauto. L’aveva sconvolta abbastanza.
Lei sobbalzò. « No! Cosa?! NO. » vociò con ancora più impeto.
« Lo scoprirebbe comunque, prima o poi. L’hai detto anche tu. E poi voglio essere sincero voglio rivelare il mio amore per te senza fingere di essere qualcun altro. » annunciò con decisione. « Dev’essere Killian Jones a chiedere la mano di sua figlia, e non questo… » con la mano indicò l’abito che si era messo e in cui si sentiva fortemente a disagio. « … coso. Non sono io. »
« Non sei tu. » ripetè Esmeralda scuotendo il capo. Forse era la decisione migliore e sì, le conseguenze ci sarebbero state e si sarebbero riversate funeste su di loro, in qualsiasi modo andasse. Pensò.
Era inevitabile.
Era inevitabile come sperare che il padre capisse il gesto e si sciogliesse di fronte a quell’amore dichiarato come si era sciolta lei. Che accettasse che anche senza alcuna ricchezza la felicità della figlia bastava così com’era e fosse più accomodante nei confronti di quell’uomo che le sarebbe stato accanto. Esmeralda sperava, perché quel modo di essere non l’abbandonava e pensò che forse accanto al suo pirata quella battaglia sarebbe stata più facile, meno sanguinosa. Avrebbe avuto quell’uomo a darle man forte e tutto sarebbe andato per il meglio, come aveva detto la madre.
Forse era un segno.
Esmeralda ci sperava mentre Killian la guardava cercando il perdono per un gesto del tutto non calcolato appieno, perché l’amore per lei quasi lo tramortiva, e perché l’amore per lei gli rendeva difficile pensare pienamente alle conseguenze.
« Non ti devo perdonare di nulla, anzi ti amo anche di più per questo, solo che ho paura. E questa cosa mi blocca. L’idea di non averti più con me, ma forse combattendo insieme… forse se tu sei al mio fianco in tutto questo sarà più facile. Sarà più efficace. Voglio sperarci davvero. »
Entrambi si sorrisero di un sorriso carico di ogni emozione possibile.
Quel momento stava arrivando.
Esmeralda lo guardò per poi avvicinarsi e in un punta di piedi raggiungere le sue labbra e gettarsi nell’abisso.

Quando i due attraversarono il corridoio verso la sala ormai spoglia di gente ormai rincasata o chissà dove, per andare incontro a chi attendeva con ansia l’esito di quell’incontro durato una serata, ci andarono mano nella mano come chi combatte insieme e cerca di darsi forza.
Anche se era più Killian a dar forza alla fanciulla.
Lei, all’apparenza una roccia, per poco non cadeva frantumandosi. Killian invece no.
Killian era sicuro di sé, pronto e con le migliori intenzioni per non far crollare nulla.
Alla vista dei due, Rafael sobbalzò mostrando gaudio per quel mano nella mano che sembrava gridare ‟ci siamo, papà, ho trovato l’amore della mia vita!
E in effetti così era, ma non nel modo in cui sperava il padre.
Agnese, seduta accanto al marito, non sapeva bene come reagire alla cosa. Se lo sentiva che qualcosa non andava. Sentiva da lontano implodere la tempesta, glielo leggeva benissimo in faccia ad entrambi e si preparò all’impatto che avrebbe avuto.
« E’ fatta! » gioì l’uomo battendo le mani in segno di festa. Dall’altra parte i due non ne avevano nessuna voglia.
« Aspetta a festeggiare, Rafael. » e il battito di mano insieme al suo enorme sorriso cessarono di colpo immaginando il peggio.
Ecco, Esmeralda aveva di nuovo rovinato tutto. Pensò.
« Non ritenete mia figlia degna di voi? » avanzò l’uomo cercando di capire.
« Assolutamente no, anzi, vostra figlia è la cosa più incantevole e più amorevole che possa esistere su questo regno e conoscendola meglio non posso che affermarlo ancora di più ed esserne - se è possibile - ancora più invaghito di prima, ma… » E Rafael restò in attesa con il fiato sospeso attendendo il resto come un bimbo che ascolta una favola e vuole scoprire il resto. « Ma… ? » proferì invitandolo a continuare.
« Ma voglio essere totalmente sincero con voi, perché lo meritate. Meritate di sapere ogni cosa e meritate di sapere che amo vostra figlia più di quanto abbia mai amato chiunque nella mia vita. Che per lei sono pronto a cambiare vita e starle accanto. E voglio renderla felice, in ogni modo possibile. Voglio restare al suo fianco perché sento di appartenere solo a lei in questa vita, e lei a me. Non c’è cosa che non farei per lei e voglio che sappiate non mi arrenderò mai di fronte ad un rifiuto. Che combatterò se fosse necessario. »
Rafael continuava, durante quel discorso, a non capirne il nesso. Mentre Agnese, poco dietro di lui, ingoiava bocconi amari e presagiva l’imminente arrivo dell’ira del marito.
Esmeralda, più visibile, non era da meno.
« Combattere perché? » azzardò l’uomo con fare confuso.
« Perché non sono stato totalmente sincero con voi, e non sono chi ho detto di essere. »
Silenzio.
In tutta la sala e nei quattro presenti cadde un silenzio tetro e freddo capace di ghiacciare ogni cosa intorno. Esmeralda strinse ancora più forte le dita intorno alla mano di Killian, lui rimarcò la presa.
Per nulla cosa al modo l’avrebbe mollata.
Rafael restò interdetto, attendendo il resto per reagire.
« Sono Killian Jones, capitano della Jolly Roger. Sono un pirata e amo vostra figlia. » bastò quella presentazione a far iniettare di sangue gli occhi di Rafael. L’uomo parve scoppiare mentre in tutta la veemenza possibile si girò verso la moglie additandola.
«Tu! TU LO SAPEVI! » disse additandola. « Ti ho vista tremare come una foglia più di una volta, anche quando LEI» e indicò la figlia come se volesse staccarle la testa e il cuore. «LEI canticchiava per casa con l’amore nel cuore. ERA PER LUI. PER QUESTO SPORCO PIRATA. » Sbraitò a pieni polmoni avvicinandosi ai due che continuavano ad essere uniti.
« VOI ERAVATE COMPLICI ALLE MIE SPALLE. PER QUESTO RIFIUTAVI TUTTI. PER QUESTO ADORAVI STARE QUI IN QUESTA BETTOLA. » urlò con tutto il fiato e il disprezzo che aveva in corpo senza che accennasse a sbollirsi.
« E TU, TU, SPORCO PIRATA DIMENTICA TOTALMENTE IL TUO AMORE PER LEI E TUTTE LE TUE BAGGIANATE. Non potrai mai averla! Non ti darò mai il permesso di starle accanto. MAI PIU. Non ho fatto una figlia per darla ad un corsaro maledetto! » e con una forza tale sciolse le loro mani intrecciate e puntò Killian con un coltello lasciato lì accanto.
Esmeralda volò al suo fianco per ritirarlo da quel contatto. Agnese fece lo stesso con il marito che però la strattonò e la gettò a terra.
« Va’ da tua madre. » le sussurrò Killian pieno e in modo calmo. Esmeralda scosse fermamente il capo, contraria. «Devi andare da lei. Io me la cavo. » E la invitò a fare come le aveva detto.
« Certo che te la caverai. Andando via di qui adesso. Prendi la tua insulsa nave e lascia questo regno, ORA. »
« Mai. » e Killian sorrise spavaldo. « Sono stato sincero con voi e ho cercato di mostrarvi che il mio sentimento è vero, e VOI invece di essere un padre felice per la propria figlia. Di volere per lei l’amore, volete mandarvi via. Volete negare ad Esmeralda la felicità che ha con me. »
« Voi pirati siete tutti così: abbindolate le vostre prede, le ingannate facendo credere loro che l’amate, ma non è così. Siete delle persone spregevoli e io ti allontanerò da mia figlia prima che questo accada. »
« La vostra poca fiducia mi offende insieme ai vostri pregiudizi per la mia gente, ma sapete cosa? Vi ho detto che sarei stato pronto a combattere se non avreste accettato le cose come stanno e così farò. » E sfonderò la spada puntandogliela al petto. «Siete sicuro di voler iniziare così a volermi bene? » e la sua insolenza si accentuò facendolo scattare ancor di più.
«Ti faccio vedere io cosa sono capace. »
La moglie, che nel frattempo si era messa in piedi, si era nuovamente avvicinata al marito per farlo ragionare. Per fargli capire quanto in realtà ciò che diceva il pirata fosse vero e che lei ne era stata testimone per lunghi mesi, anche se questo avrebbe voluto dire più guai per lei, ma poco importava. Il danno era fatto e la felicità della sua bambina valeva ogni cosa. Ma non ne ebbe il tempo.
Rafael lanciò il coltello a terra e con un gesto della mano scaraventò la moglie oltre la porta d’ingresso della locanda. Dopo tutte ogni possibile via di fuga fu bloccata.
Agnese continuava a bussare come una forsennata per entrare, ma niente.
I due rimasti all’appello rimasero spiazzati.
Da quando il padre di Esmeralda possedeva la magia? Chi era quell’uomo?
« Credevi davvero che non avrei combattuto anche io? » Disse con un sorriso beffardo mentre con un gesto altrettanto semplice lo disarmò della spada con cui l’aveva minacciato. « Certo, sono un po’ arrugginito ma per metterti a posto rispolvero volentieri le mie vecchie armi anche a costo di venire scoperto.» E lo teneva in pugno mentre Killian temeva i suoi gesti. Non tanto nei suoi confronti, avrebbe sopportato ogni male pur di salvare lei che nel mentre avanzava correndo per impedire al padre ogni possibile gesto.
Killian ebbe il tempo di urlarle un « NO! » contro prima che venisse scaraventata con forza al muro dall’altra parte della stanza. Era inchiodata lì mentre cercava di divincolarsi e salvare il suo lui, ma non ci riusciva e delle lacrime sgorgavano copiose dai suoi smeraldi.
Avrebbe voluto correre da lei e prenderla con sé, e fuggire sulla sua nave lontano da quell’uomo immondo ma era nella sua stessa situazione e non poteva fare altro che osservarla inerme.
« A te penserò dopo, cara figlia. Ti farò pentire di esserti presa gioco di me come se fossi uno sciocco. » 
«NON OSARE TORCERLE UN CAPELLO! » minacciò il pirata digrignando i denti.
« Altrimenti cosa? Cosa potrai farmi poi? Tra un momento per te tutti questi momenti svaniranno nell’oblio e non ricorderai nemmeno più chi siamo. »
« Cosa vuoi dire? »
« Non te ne curare. Da questo momento non sono più affari che vi riguardano. Nè te, né lei vi ricorderete dell’altro. »
« Lei non svanirà mai da me. Potrai eliminare ogni ricordo e ogni momento passato insieme ma non potrai mai levare il sentimento che entrambi proviamo per l’altro. Io l’amerò sempre e per sempre. NON CI RIUSCIRAI! » imperterrito Killian continuava a dargli contro.
Il pensiero di dimenticare tutto, di perderla, si stava facendo reale e anche lei dall’altra parte della sala e di fronte ai suoi occhi urlava disperata cercando di non permetterlo.
Killian, inconsapevolmente, aveva creduto di poter far cambiare idea ad un uomo privo di cuore. Ad un uomo freddo. Ed ora inconsapevolmente stava rendendo reali le paure di entrambi.
Rafael rise di gusto. « Non hai mai provato la mia magia. C’è un motivo se non posso più usarla, ma ora basta con tutte queste ciance. Addio capitano! » e Killian s’addormentò contro il suo volere rimuovendo ogni cosa di ciò che era stato. Rimuovendo ogni cosa di lei in memoria, ma non nel cuore.

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Capitolo 22
*** CAPITOLO XXII ***


NOTE AUTRICE:
E rieccomi ancora una volta.
Non sparisco apposta ogni volta, e che mi serve tempo per elaborare ciò che ho in testa per la maggior parte delle volte.
Questa volta ho dimezzato il capitolo in due parti in modo da propinarlo al meglio. In origine erano molte più pagine, ma ho deciso di pubblicarlo alla prossima anche perché ci saranno un po' di novità e va letto al meglio. Intanto ora vi lascio al ventiduesimo sperando vi piaccia.

Alla prossima.

- Elle.

 

PS: QUI : https://open.spotify.com/user/21vclflvepg4r6uh4odtw66ya/playlist/2sFRbj9wcHBisC8JvvOqWL?si=tt4-u9KgTjir87-_pBzWaQ trovate la playlist di tutte le canzoni che mi hanno ispirato per la storia, se volete ascoltarla.

 

CAPITOLO XXII

 

La rabbia e lo sgomento che montava in entrambi ora era del tutto esplosiva.
Esmeralda se ne stava, appoggiata sul bancone per sorreggersi dopo una simile colpo. Stanca. Ancora più stanca e a capo chino con i lunghi capelli che la celavano da ogni sguardo. Inspirava ed espirava per elaborare ogni cosa.
C'era una vita dietro quei ricordi e una volta che il drappo nero che qualcuno aveva issato cadde con lui cadde ogni cosa, di nuovo.
Non era più la stessa.
"Tu ti rendi conto..." disse voltandosi verso Killian di scatto e rossa in volto. 'Ti rendi conto che ogni certezza che ho non la posso definire tale." Ed era più un pensiero scandito ad alta voce che altro.
Killian, di fronte a lei, serrava forte la mascella e un pugno quasi a farsi davvero male. Aveva lo sguardo fisso a terra mentre cercava di capire perché. Perché aveva permesso tutto quello.
Con i ricordi erano arrivati anche le sensazioni di quei momenti: dai più belli, dall'amore di cui esplodeva per lei, ai più amari, come gli ultimi istanti.
Non riusciva a crederci.
Il tocco leggero di Esmeralda che afferrava il suo pugno per farlo schiudere lo riportò al presente. Con un dito la ragazza raccolse una lacrima che inaspettata si era gettata giù dalle sue ciglia.
"Mi dispiace." Riuscì a dire soltanto mentre incontrava il suo sguardo. "Mi dispiace di non essere stato capace di amarti abbastanza. Mi dispiace se ti ho dimenticato. Ho realizzato le tue paure e le mie e ti ho abbandonata." Dichiarò visibilmente distrutto.
"Non è vero. Non potevi fare nulla. Anche io non ricordo nulla e come ho potuto?" E fece spallucce. Non perché non le importasse ma perché non poteva fare alcunché per cambiare le cose. Entrambi si incolpavano e non serviva a nulla.
La verità è che il padre era stato talmente forte da abbatterli. Da farli cadere.
"Rafael Dumbledore. Non ci posso credere!' In tutto ciò Tremotino ne era uscito incredulo, quasi entusiasta mentre riservava ai due un sorriso enorme per ciò a cui aveva assistito. "Ho dinanzi la figlia del grande Dumbledore!' E gongolò battendo le mani e ridendo alla vecchia maniera. 'Non ci posso credere!' Continuava a dire.
'Dov'è?' Chiese Killian inveendo contro l'emozione dell'Oscuro e avanzando nella sua direzione.
'Chi?'
'Questo Rafael Dumbledore. L'uomo che sembri ammirare tanto. L'uomo che ci ha divisi!' E ringhiò a quel pensiero.
Tremotino realizzò il motivo di una simile domanda e rise, rise ancora più forte.
'Credi davvero di potergli fare un graffio? Di poter avere vendetta verso un uomo che ti ha già battuto quando non era ancora ciò che è ora? Seriamente? Non essere così sicuro di te, capitano!' E non smetteva di gioire. 'Non solo hai perso la tua oscurità e ciò che poteva farti avere una chance, ma non c'è la minima speranza che tu possa fare qualcosa. Ti ucciderebbe con un solo sguardo se sapesse ciò che è successo poi oltre il fatto che anche adesso siete ancora insieme.' Gli fece notare indicandoli.
Esmeralda che per tutto il tempo aveva ascoltato senza proferir parola ebbe un lampo: 'Perché non mi ha perseguitata?' E guardò Killian in cerca di risposte. 'Perché non mi ha perseguitata quando mi hai rapito o comunque ha scoperto che ero con te?'
'Forse tua madre non le ha mai detto nulla. In fondo non ci ricordavamo nulla dell'altro.
Tuo padre non ne ha saputo nulla. Forse è per questo che ha voluto che ti portassi via.'
'Si, ma sapeva che ti avevo dimenticato. Sapeva che non facevi più parte dei miei ricordi quindi anche se ha pensato alla fuga da parte mia non mi ha mai perseguitata e né tantomeno ha perseguitato la Jolly Roger per accertarsene. Non ha mai sospettato che l'avessimo nuovamente ingannato. Cosa avrà pensato quando sono fuggita? E perché ha lasciato perdere?"
C'erano davvero tante domande a cui da soli non avrebbero trovato alcuna risposta. Tante domande che sarebbero ronzate in eterno in testa se non avessero fatto altre ricerche.
'Abbiamo solo un modo per scoprire tutto ciò che è accaduto. Dobbiamo parlare con tua madre.'

Quando bussarono alla piccola casa immersa nella fitta boscaglia di quella cittadina nel Maine la donna che andò loro ad aprire la porta non sembrava nemmeno più lei dall'ultima volta: era invecchiata tantissimo. La sua pelle prima radiosa ora sembrava spenta e grigia, quasi come i muri di quella casa ormai logora.
Esmeralda stentò a riconoscerla quando se la trovò davanti e quasi si chiese se non avessero sbagliato porta, ma era l'unica casa nei paraggi e quindi c'era poco da pensare.
Agnese si portò una mano al petto quando vide chi era colei che aveva bussato, e senza chiedere il permesso - in un gesto irrazionale, dettato al cuore - le buttò le braccia al collo e l'abbracciò forte piangendo.
"Non ci posso credere! Sei tornata! Sei tornata da me." E pianse quasi quando la prima volta in cui la rivide viva e vegeta di fronte ai suoi occhi.
Era passato tanto di quel tempo.
Esmeralda sorrideva a stento, e altrettanto a stento ricambiava l'abbraccio di chi l'aveva messa al mondo. Il rancore nei suoi confronti non si era ancora placato.
Diciamo che a fare i conti ora nessuno dei suoi genitori meritava affetto da lei. Entrambi l'avevano delusa, in un modo o nell'altro, rovinandole la vita.
"Salve Agnese." La salutò Killian mostrandole un sorriso.
Killian non ce l'aveva mai avuto con la donna. In un modo o nell'altro, fino a quel momento, era stata lei a fare entrare Esm nella sua vita e già questo bastava a non vederla mai in cattiva luce.
"Possiamo entrare?" Domandò Esmeralda in modo freddo e distaccato. Era lì solo per dovere, nonostante non avesse la minima voglia di avere a che fare con lei.
La madre sciolse l'abbraccio e notò la voce tetra che non preannunciava nulla di buono.
Si fece da parte e fece entrare entrambi in casa.
"Che succede stavolta?" Chiese corrucciando la fronte con fare apprensivo mentre la chiuse alle sue spalle.
"E' una lunga storia." Cominciò Killian preannunciando che doveva sedersi se voleva ascoltarla tutta. Tutti e due, alternandosi, le raccontarono ogni cosa: del loro amore clandestino, dei loro incontri, di Rafael e di quell'inganno quella sera e nulla alle orecchie della madre sembrò farla sobbalzare a tal punto da renderla incredula.
Tutto per la madre era un triste episodio che non faceva altro che ricordare, come un promemoria incancellabile che ancora oggi si portava dietro come un marchio.
"Perchè credi che io me ne stia qui e che nessuno mi abbia mai visto in città?" Fece notare alla figlia più che a Killian. 'Perchè credi ti abbia affidata a lui appena ho potuto?'

Erano mesi che Killian Jones non approdava più nel nostro regno. Ogni tanto mi ritrovavo a chiedere di lui a qualche pirata o al molo dove sapevo, erano solite attraccare le navi. Alcuni non lo conoscevano nemmeno, altri mi dicevano che era andato via da tempo e che era approdato in terre lontane. Era difficile che tornasse.
Mi sentivo scoraggiata e persa mentre guardavo mia figlia vivere una vita con un pezzo mancante: quello che la rendeva più felice. Quello che le aveva dato vita, e di cui io ricordavo ogni cosa senza poterne parlare. Più volte sono stata tentata a cedere mentre Esmeralda mi parlava sognante di viaggi, esplorare il mondo e tutte cose che sapevo erano, in qualche modo, delle sue rimembranze. Era stato Killian più volte a parlargliene facendola sognare ad occhi aperti, e lo sapevo perché più volte lei si era confidata con me a riguardo. Avevo assistito alla loro nascita e al loro declino, e tutto di fronte ai miei occhi.
Avrei voluto fare qualcosa, ma non avrei potuto nulla.
Se sapevo che Rafael Dumbledore fosse un potente stregone? Certo che no. Se lo avesse anche solo accennato a me in primis non l'avrei mai preso in sposo, ma lo scoprì tardi. A quel tempo ero già incinta di Esmeralda e non potevo più tirarmi indietro. Sarei stata esiliata dalla mia stessa famiglia se l'avessi fatto.
Lo scoprì un giorno, durante il mercato del paese. Rafael si adirò così tanto con un mendicante per non ricordo cosa che lo soffocò con un gesto, ma nessuno se ne accorse. E chi lo fece ebbe paura di fare la stessa fine e fece finta di nulla.
Ai miei occhi divenne un mostro e la nostra vita matrimoniale andò in mille pezzi.
Gli vietai severamente di farne uso, nè tantomeno di rivelarlo ai nostri figli.
Per questo nemmeno Esmeralda ne era conoscenza.
Nessuno avrebbe mai dovuto saperlo, in più gli era stato proibito usarla da qualcuno per questo nessuno ne sapeva nulla. Ma molte volte perdeva il controllo e succedeva il macello.
Non avrei mai pensato che quella sera Killian avesse intenzione di rivelarsi a lui, l'avrei avvertito altrimenti. In realtà, con il senno di poi, mi son pentita di aver fatto iniziare ogni cosa tra voi perché non ho mai calcolato per bene le conseguenze di ciò che stava prendendo vita.
Ho assistito ad ogni cosa conoscendo tutto e non ho fatto nulla per evitarlo, ma come si fa a frapporsi quando vedi sul viso di tua figlia la felicità che da sempre desideri per lei? Come puoi? Avrei desiderato che Killian fosse diverso per odiarlo almeno un po' e avere la forza di allontanarlo, ma non ce l'ho fatta. Perchè per quanto ci avessi provato all'inizio, Killian era tutt'altro che un uomo cattivo o approfittatore. Era semplicemente la cosa migliore che una madre potesse desiderare per la propria figlia. Ed Esmeralda cantava in ogni dove grazie al suo amore, grazie al loro tempo insieme che... come potevo?
Ogni sera li osservavo da lontano e m'innamoravo del loro amore.
Quando successe tutto quella sera mi battei con tutta me stessa per salvarvi, entrambi, ma siete stati testimoni della sua magia. L'avete vissuta sulla vostra pelle con tutte le conseguenze derivate e a poco è servita la mia volontà. Quella sera nè uscii con le mani sanguinanti per quanto bussai e quando la porta si aprii davanti a me ebbi il timore anche solo di entrare per constatare i danni.
Mi alzai piano da terra, e con la stessa lentezza mi avvicinai alla porta mezza aperta con il timore nel cuore.
Sapevo che era capace di fare un lavoro pulito, e sapevo che non aveva potuto far nulla di male alla figlia, ma temevo per Killian. Temevo di trovarlo disteso a terra in chissà quali condizioni, in più non conoscevo la magia che aveva operato su Esm e non sapevo come l'avrei trovata: avrebbe patito la scomparsa del suo amato o cosa? In qualsiasi caso avrei dovuto raccoglierne i pezzi, rimetterla a posto e farle forza.
Quando entrai Rafael era in piedi a rimirare il suo operato sul pirata.
« L'ho tolto di mezzo. » disse vincente. « Non sarà più un problema d'ora in poi. » E con un gesto lo fece sparire in un nube di fumo viola.
'
Non lo è mai stato.' Ma fu solo un mio pensiero. Non lo esternai.
Andai accanto alla mia bambina e m'inginocchiai per prenderle la testa e costatarne i danni. Avevo il timore di scorgere anche un goccio di sangue sui suoi capelli o a terra.
« Non preoccuparti per lei. » disse mentre continuava a darle le spalle e nel mentre cercava di lucidare quel coltello. « Non ricorderà nulla di tutto ciò. E Il pirata? Non l'avrà mai visto in vita sua. Cercherà qualcuno di più meritevole. Niente di tutta questa insulsa storia è mai esistita. Tutto è stato rimosso come un virus, un'infezione che non ha motivo di esistere. Riguardo a te, invece... » e si voltò questa volta, mostrandole compassione. « Renderò la tua vita un inferno per aver solo pensato di farla franca insieme alla tua figlioletta. Ricorderai ogni singola cosa di questa sera e non potrai raccontare nulla a nessuno. Nè tantomeno ad Esmeralda. Questo è stato uno sgarro che ti costerà la vita, giorno per giorno. » e con questa minaccia usci di scena.
« Ti aspetto a casa, ovviamente. Non pensarci proprio, nemmeno tu, alla vendetta. »
Per tutto il tempo successivo conobbi l'inferno vero e proprio, lontano da voi e lontano dalla vostra vista in maniere che ora non voglio nemmeno ricordare perché fanno ancora male, ma non ho mai ceduto e mai l'ho dato a vedere.
Quando, dopo quasi un anno da tutto ciò che era accaduto, Killian si ripresentò davanti ai miei occhi quasi piansi di gioia, e avrei voluto correre ad abbracciarlo, ma lui non mi riconobbe. Non sapeva chi fossi e dovetti trattenermi anche perché sembrava totalmente diverso: più spavaldo, ammiccatore e mascalzone di quanto ricordassi.
Qualcosa in lui era andato perso e mi chiesi se era lo stesso di un tempo.
Sperai non andasse via nei giorni seguenti mentre cercavo di capire se potermi fidare o meno di lui, perché sì avevo già in mente ciò che poi ho fatto e tutto perché non solo speravo di salvarti da tuo padre, ma perché speravo che in voi qualcosa si ridestasse.
Che quell'amore che albergava in voi si rifacesse vivo incontrandovi e potesse vivere la storia per cui tanto avete vissuto e combattuto. Speravo poteste avere il vostro lieto fine lontano da lui.
Io non avrei assistito a nulla, mai più avrei visto quella gioia nei vostri occhi, ma ci speravo. Speravo che lui non avesse rimosso troppo, o che non fosse entrato troppo a fondo, e un accenno in voi c'è stato perché altrimenti non sareste qui uniti l'uno all'altra, ma non è bastato. Non siete riusciti ad andare oltre la sua forza, ma dovete sapere che l'ho fatto a fin di bene e non per egoismo.
Ogni cosa l'ho fatta per voi.

Dichiarò ai due presenti con le lacrime agli occhi. Esmeralda, che aveva ascoltato ogni cosa si rese conto di quanto grande fosse il cuore della madre, di quanto quella donna l'avesse aiutata più e più volte mentre lei non aveva capito mai nulla.
Era stata amata nel miglior modo possibile e se ne rendeva conto solo ora.
La fanciulla si ritrovò a singhiozzare fortemente quando si rese conto di quella grandezza e si precipitò tra le braccia della madre come una bambina.
Si erano ritrovate e capite ed assistere a quella scena fu la cosa migliore del mondo per Killian che si ritrovò ad amare quella donna ancora di più dopo aver scoperto tutto.
Si era sempre tenuto tutto dentro senza mai rivelare nulla a nessuno, e aveva sopportato un marito dispotico ed egoista come una tortura ogni giorno, come poteva un essere umano avere una simile tolleranza? In Killian l'odio per quell'uomo non faceva che accrescere.
Chi diceva che non poteva sconfiggerlo? L'avrebbe fatto, eccome.
"Io non sapevo tutto questo, perché non me l'hai raccontato?"
"Perché odiavi tuo padre già abbastanza, non serviva aggiungere altro carico." E sembrava non serbare alcun rancore mentre lo diceva. Mentre ormai conoscevano ogni verità.
"Perché vivi qui nascosta allora?"
"Perchè mi sono sacrificata per voi. Per la sua felicità." Rivelò carezzando il viso della figlia che non smetteva di guardarla. Entrambe non smettevano di guardarsi. "E non ho sacrificato solo me." Uno sguardo cupo la scurì al ricordo, ancora una volta.
Appena Killian fece ciò che gli avevo chiesto e seppi che eravate salpati, quello stesso giorno, levai le ancore. Per restare in tema.

Conoscevo ormai da tempo la routine di Rafael e dove bazzicava perciò appena lo seppi fuori casa, presi tutto il necessario per darmela a gambe. La sua ira e le sue torture erano già funeste in seguito a ciò che era successo, riuscite ad immaginare cosa sarebbe stato capace di fare una volta saputo che Esmeralda era fuggita? La prima cosa a cui avrebbe pensato sarebbe stata un coinvolgimento di Killian e una falla nella sua magia, poi sarebbe toccato a me. Immaginavo già le sue macchinazioni riguardo al fatto che vi avevo aiutato. Sapeva quanto simpatizzavo per Killian. Insomma per reggervi il gioco penso l'avesse capito.
Quindi non gli sarebbe stato difficile pensarlo di più dopo quel gesto.
Appena preso tutto l'occorrente fuggì prendendo il piccolo Ray con me e decisi di non guardarmi più indietro pur sacrificando qualcosa di enorme. Lasciai il mio cuore e una parte di me lì con lui e decisi di non pensare al peggio in alcun modo. Fuggendo così, di punto in bianco, sacrificai anche George. Il piccolo indifeso George che in quel momento era uscito con il padre a mia insaputa. Nel mio piano di fuga c'era anche lui. Non ho mai avuto intenzione di abbandonarlo. Poi le cose presero una piega diversa.
Esmeralda si portò una mano alla bocca, sconcertata e incredula.
Ho sacrificato tutto per fargli credere che tu fossi con me. Che eravamo fuggiti tutti insieme affinchè evitasse di perseguitare Killian perché immaginavo l'avrebbe fatto. Sarebbe stato il suo primo pensiero trovare quella nave e perlustrarla per constantare che non ci fosse davvero sua figlia. L'avrebbe rasa al suolo credendolo, e non oso immaginare che altro avrebbe potuto fare, così decisi di metterlo alle mie calcagna pur di non metterlo alle vostre.
Avevo architettato tutto, lasciando tracce qua e là in modo che seguisse me e non voi almeno fino ad allontanarlo abbastanza e sfiancarlo. Come se fosse possibile.
Se c'è una cosa che Rafael sa fare è non stancarsi mai, specialmente quando cerca vendetta. Una vendetta sanguinolenta e avergli fatto un simile torto significava non toglierselo più di dosso.
Ero stanca ed esausta dopo anni che vivevo come una nomade a causa sua. Ma era una cosa che avevo fatto io. Che avevo avuto io in mente perciò non potevo lamentarmi e non volevo.
Durante i vari paesi sperduti cercavo di restare il più invisibile possibile per non attirare attenzioni. Per non far arrivare Rafael da me. Sapevo che seguiva ogni mio passo e ogni giorno portavo con me il timore di rincontrarlo. Anche quando vedevo Ray giocare con altri bambini non ero mai del tutto tranquilla. Giravo di paese in paese sull'attenti e guardinga senza mai pace. Intanto il mio pensiero andava a George: chissà che faceva ora e ogni anno contavo gli anni che iniziavano a distanziarci sempre di più. Ogni anno festeggiavo i suoi compleanni e i tuoi come se foste con me, sempre. Mi addolorova non avervi accanto e mi domandavo se mai nella vita vi avrei rivisti e se vi avrei riconosciuti in quel caso. Molte volte ho chiesto di mia figlia e di Killian Jones ma nessuno sapeva niente. Molte volte mi recavo con Ray ai vari moli delle città in cui arrivavo cercando di scorgere una nave familiare, ma niente.
Erano passati svariati anni, Ray era ormai più grande mentre io ero davvero stanca. Non ce la facevo più e sapevo di non potermi fermare per nessun motivo ma ogni passo che facevo mi disabilitava sempre di più. Avevo passato la mia vita fuggendo e camminando fino a quel momento, quando la incontrai. Fu lei a venirmi incontro quasi come se avesse udito il mio urlo disperato e le mie fatiche. Ray dormiva vicino ad un sasso mentre io vegliavo su di lui, sempre vigile perché non potevo permettermi un momento di riposo. Nemmeno uno.
Si avvicinò dall'alto nella sua luce blu e mi porse un bicchiere d'acqua. Lo presi e mi abbeverai in modo indecoroso, davvero, ma erano ore che non bevevo un sorso.
La fatina mi osservava con un sorriso dolce infondendomi una serenità che mi mancava.
"E' arrivato il momento di fermarti, Agnese. Ne hai davvero bisogno." Professò con una vocina soporifera e pacifica.
"Cosa vuoi dire?" Domandai non capendo nè chi l'avesse inviata, nè perchè mi dicesse quelle cose.
"Che hai camminato abbastanza per tutti i luoghi possibili. Ora puoi fermarti. Puoi finalmente riposare tutto il tempo che vorrai."
"Ma... ma io non posso. Ho un uomo alle calcagna. Mi perseguita. Se mi troverà saranno guai per me e per mio figlio. Non posso!' Ribattei categorica.
Quella mi volò più vicino, quasi accecandomi. "Ora non devi più preoccuparti. Sarai protetta e tuo marito non riuscirà mai più a trovarti. Tu e tuo figlio vi stabilirete qui." E con un gesto della mano puntò una casetta poco più lontana. "Vivrai al sicuro e tuo marito non sarà più in grado di farti del male. Non saprà più dove sei. Hai corso abbastanza, ora goditi il tuo meritato riposo!" sentenziò.
"Perchè?" Chiesi a quel punto. Non ne capivo il motivo.
"Noi fate guardiamo tutti voi umani e decidiamo di far doni solo ai più meritevoli. Tu e tuo figlio siete due di quelli. Avete sofferto abbastanza." E sorrise. "Ma bada cara, non potrai più allontanarti da questo luogo una volta accettato il nostro regalo. Nessuno dovrà più sapere di te, in alcun modo. Dovrai restare chiusa qui."
Restai sconcertata. Da una condanna all'altra.
Ogni magia, seppur gratuita, aveva il suo prezzo. Era proprio vero. "Ma come farò da sola... senza uscire, nutrirmi... nutrire mio figlio." Chiesi indicandolo. "Non potrà vivere di stenti." Mi sembrava malsano. "Sarà lui a sostenerti, a pensare a te. Sarà lui a poter andare in città. Di lui non si curerà nessuno, ma tu potrai muoverti solo in quest'area. Sarà questo il tuo posto." E così feci, e continuo a fare. Ray continua a portarmi del cibo, ma senza rivolgermi parola. Mi lascia ogni cosa fuori dalla porta ogni mattina, anche se non sa nulla di tutto ciò. Nessuno l'ha mai saputo finora.

 

FINE PRIMA PARTE

 

 

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