Bivio

di Shainareth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***







CAPITOLO PRIMO





Shizuru, tu sei stata la prima ad avvicinarti a me quando ero incapace di credere negli altri. Tuttavia... non posso nutrire il sentimento che tu vorresti. Nonostante ciò, sono felice che tu mi abbia amata. Ti voglio bene.
   Quella volta erano bastate queste parole a calmarla, ma cosa sarebbe accaduto se...
   Natsuki strinse il piccolo post-it giallo nel palmo della mano. I suoi occhi verdi si fissarono sul moto ondoso del mare, lì dove diversi anni prima aveva rischiato di perdere la vita insieme a sua madre e al fedele Duran. Adesso, a distanza di mesi dal giorno in cui Shizuru aveva distrutto parte del promontorio per mezzo della sua naginata, il comune di Tsukimori aveva provveduto a ricostruire un guardrail di protezione che avrebbe evitato un brutto volo nel vuoto a chi avesse impostato male la curva che conduceva in quel posto. La ragazza vi era giunta a bordo della nuova Ducati che si era potuta permettere grazie al cospicuo patrimonio di famiglia: tutto ciò che le rimaneva di suo padre, scomparso con la sua nuova compagna mentre lei giaceva ancora inerme in un letto d'ospedale. Era forse questo il motivo per cui, oltre a non fidarsi della gente in genere, aveva avuto maggiori difficoltà a socializzare con gli uomini. Non che li disprezzasse a priori, ma non riusciva a concedere loro un livello di confidenza che andasse oltre la semplice conoscenza.
   Col passare del tempo le cose erano gradatamente cambiate, e, facendo mente locale, ora lei poteva quasi attribuire a Sakomizu-sensei quella figura maschile importante che le era venuta a mancare durante gli anni più difficili. L'aveva aiutata, sempre, tradendo l'Organizzazione e rischiando in prima persona. C'era anche Yamada che, nonostante fossero stati i soldi a fare da collante al loro legame, aveva mostrato di essersi affezionato sinceramente a lei, arrivando a farle dono di una moto nuova senza chiederle nulla in cambio. Peccato, si rammaricava la giovane Kuga, averla persa durante il Carnival...
   E poi, grazie alla benefica influenza di Mai, Natsuki aveva avuto modo di vedere con i propri occhi che il mondo era ancora pieno di brave persone, di amici fidati, di compagni preziosi.
   Aprì il pugno, tornando ad osservare il piccolo foglio spiegazzato. Sopra, con la disordinata calligrafia di Tate, vi era annotato un numero di telefono. Se avesse ignorato quell'invito, la sua vita, senza dubbio migliorata da quando lei e le altre undici HiME non erano più in grado di scorgere in cielo quella dannata Stella che le aveva condizionate sin dalla nascita, non avrebbe subito ulteriori cambiamenti. Se invece lo avesse accettato... Cosa ne sarebbe stato? Di lei, di lui, dell'amicizia con Shizuru? Per quanto grande fosse quest'ultima, Natsuki aveva l'impressione che in realtà essa fosse molto più labile di quanto gli altri credessero. Pur non ammettendolo, forse lei e la Presidentessa del Consiglio Studentesco erano le sole a conoscenza di quel precario equilibrio che le teneva ancora unite. E se Shizuru era uscita già di senno una volta perché non ricambiata, cos'avrebbe fatto se avesse saputo che lei...
   La ragazza si portò le mani al viso, il foglio stretto fra le dita, indecisa se lasciarlo in balia del vento e delle onde, o se piuttosto farne tesoro per cercare di raggiungere l'unica cosa che ancora non era riuscita ad avere nella vita. Non era innamorata, di questo ne era certa; tuttavia ormai nemmeno l'orgoglio poteva impedirle di riconoscere quanto meno con se stessa di provare finalmente un interesse per qualcuno. Nonostante le sofferenze passate, nonostante le violenze subite.
   Rabbrividì. Se per il freddo invernale o per altro, non poteva stabilirlo. Sentiva solo di essere preda di un'angoscia dalla quale non sapeva come liberarsi. Le martellava nella testa il pensiero che se quei sentimenti riuscivano a procurarle quel malessere, probabilmente non erano giusti. D'altro canto, però, si rendeva conto che prima o poi il problema si sarebbe ripresentato allo stesso modo. Dunque, non era quello che provava lei ad essere sbagliato. Ma che poteva farci?
   Col cuore stretto in una morsa dolorosa e le lacrime agli occhi, allentò la presa sul foglietto di carta e lo vide sfrecciare in aria guidato dal vento. Ne seguì il volo con lo sguardo fino a che esso non toccò la superficie del mare, imbevendosi d'acqua. Rimase ad osservarlo per pochi istanti ancora, ma alla fine il desiderio di fuggire prevalse. Inforcò il casco, montò sulla Ducati e, dando gas con rabbia mista ad una tristezza che mai le era appartenuta prima di allora, si allontanò a velocità sostenuta.
   Non se la sentiva ancora di scegliere, perché Shizuru le era rimasta accanto nei momenti più difficili. Andava bene così.
   Dovette frenare di colpo per via del pianto, e fortuna volle che nessun altro mezzo si trovasse a passare da quelle parti, rischiando un brutto incidente. La ragazza urlò, battendo i pugni contro i comandi della moto e rimase lì, curva sul manubrio, a pensare a tutto e a niente. Non le importava a chi appartenesse quel numero di telefono, era ciò che simboleggiava quello a cui lei stava rinunciando. E già troppe volte, nella vita, aveva dovuto mettere da parte legami importanti. Famiglia, amicizia, amore...
   Con il pericolo di cadere dal veicolo, lo scavalcò quasi di scatto e, a piedi, ripercorse velocemente la strada a ritroso. Si affacciò di nuovo verso lo strapiombo, ma i suoi occhi non erano più in grado di scorgere il foglietto. Alzò la visiera del casco nella speranza, questa volta, di vederlo. Fu inutile. Si accasciò in terra, seduta sui talloni, le mani strette al guardrail, lo sguardo nel vuoto. Che scema...

"Per amore di qualcun altro" e "prendersi la responsabilità" suonano davvero bene. Ma è questo, quello che desideri veramente?

Se solo Masashi Takeda lo avesse detto anche a lei...














Giuro che doveva venirmi fuori tutt'altro genere di storia, molto più leggera. Invece ho finito col farmi coivolgere dai sentimenti di Natsuki, arrivando a riconoscere me stessa in più di un passaggio. Vi chiedo scusa, spero di non essere andata troppo OOC.
Colgo l'occasione per ringraziare, come sempre, chi ha letto la shot postata da me ieri e soprattutto chi ha avuto la gentilezza di lasciarmi due righe.
Shainareth

N.B. L'apertura della fic, in corsivo, è stata ripresa dagli attuali fansub della serie, ma potrebbe risultare diversa in quelli nuovi (che però ancora non sono disponibili). L'unica cosa che mi sono permessa di cambiare è stata la frase finale: obiettivamente parlando, se avessi lasciato il Ti amo anch'io, Shizuru. degli attuali sub, il senso delle parole di Natsuki sarebbe stato incomprensibile, e pertanto, ho ritenuto necessario sottolineare che quello che la ragazza prova per Shizuru è solo un forte senso d'amicizia e nient'altro (come del resto si evince anche dalle scene finali dell'ultimo episodio).







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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***







CAPITOLO SECONDO





«Che cos'hai?»
   Natsuki sussultò, senza però meravigliarsi troppo del fatto che, non appena aveva rimesso piede al dormitorio, a Mai era bastata un'occhiata per capire che qualcosa la turbava. Seduta sul pavimento della camera, era intenta ad aiutare Mikoto con i compiti di matematica, e dal momento che suo fratello si trovava negli Stati Uniti per via dell'intervento che gli aveva da poco salvato la vita, la piccola Minagi era diventata per lei un surrogato di Takumi a tutti gli effetti.
   «Nulla, ho solo fatto un giro in moto» rispose la giovane Kuga, avanzando verso il proprio armadio ed abbassando la zip della tuta di pelle per cambiarsi. Gli occhi azzurri dell'amica seguirono ogni suo movimento.
   «Mai, facciamo una pausa?» Mugolò la minore delle tre, che già da un pezzo sbraitava per la fame.
   Miss Ottantasette Centimetri le posò una mano sul capo per scuoterlo affettuosamente. «Non ceneremo finché non avrai finito l'ultimo esercizio. Forza, non è difficile.»
   «Ma ho un buco allo stomaco!» protestò l'altra, accompagnando la sua lamentela ad un poco elegante rumore proveniente dall'addome.
   Mai sospirò. «D'accordo, ho capito. Ma prima va' a farti un bagno.»
   «No!» replicò Mikoto, facendo oscillare le treccine scure a destra e a manca in segno di diniego. «Non mi piace!» Non finì neanche di dirlo, che la bella Tokiha la prese da sotto le braccia ed iniziò a sollevarla da terra. «Nooo! Lasciamiii!»
   «Smettila di fare la bambina!» Prendendo della biancheria pulita da uno dei cassetti, Natsuki corrugò la fronte: ma quanto erano chiassose? L'emicrania continuava a crescere. «Natsuki, vieni a fare il bagno anche tu?»
   «Lo farò più tardi.»
   «Ma hai bisogno di rilassarti adesso, no?» Stupita, si voltò verso la ragazza dai capelli arancioni che ora la fissava con un sorriso complice sulle labbra. «Vieni?»

Ora che Mikoto aveva smesso di urlare e di dimenarsi per via del getto della doccia e del sapone, Natsuki sentiva l'acqua calda scioglierle i muscoli del corpo in modo talmente benefico che il mal di testa iniziò a scemare. Chiuse gli occhi e poggiò il capo all'indietro, godendosi il relax che quel bagno riusciva a concederle. Sentì lo sciabordio della superficie del liquido in cui era immersa ed avvertì subito la propagazione delle piccole onde sulla pelle. Alla mente le tornarono l'uno dopo l'altro il moto del mare, il vento, il foglietto che aveva abbandonato. Rialzò le palpebre, tornando ad assumere un'espressione tetra, pensierosa, cosa che non faceva da quando il Carnival era finito.
   «Senti, Mai...»
   Lei spostò la sua attenzione dal visetto imbronciato di Mikoto al suo, in attesa che l'amica continuasse, ma non lo fece. «È successo qualcosa?» Natsuki abbassò lo sguardo in un muto assenso. I tratti del volto di Mai si fecero scherzosi. «Beh, l'hai poi chiamato?»
   Kuga si mosse di scatto, schizzandosi da sola l'acqua in faccia, le gote arrossate per la vergogna. «Tate te l'ha detto?!»
   «Certo, sono stata io a suggergli di farlo.» L'occhiata che riservò alla coinquilina, indusse quest'ultima a ridere di cuore. «Andiamo, non c'è nulla di male!» La mora si votò di nuovo al silenzio, e lei si sentì autorizzata a continuare. «Non so cosa sia successo fra te e Takeda-senpai, ma lo sanno tutti che lui ha una bella cotta per te. E a quanto mi hanno detto gli altri, è una cosa che va avanti già da parecchio tempo, forse addirittura da che ti sei iscritta al Fuuka.»
   «Sì... credo...» bofonchiò Natsuki, troppo impacciata per fissarla. Non poteva farci nulla, quel tipo di argomento la metteva immancabilmente in imbarazzo, al punto che non le riusciva mai di parlarne in modo disinvolto.
   «E poi non ti eri già appartata con lui sulla spiaggia l'estate scorsa?»
   «Ti dissi già a suo tempo che si tratta di un malinteso!» sbottò, innervosita, trovando finalmente il coraggio di tornare a guardarla. Fu allora che si rese conto che l'ex-HiME dal caschetto color carota la stava di nuovo prendendo bonariamente in giro, forse con l'intento di farla rilassare. Sospirò, imponendosi di accontentarla e tornando perciò a poggiare la schiena contro il bordo della vasca. Era incredibile come quella ragazza fosse capace di farla star bene. Se Shizuru aveva avuto il merito di non averla lasciata da sola durante gli anni successivi alla morte di sua madre, Mai aveva quello di averle fatto scoprire l'amicizia e tutti quei buoni sentimenti a cui lei aveva rinunciato in passato. Le doveva molto, e solo adesso si rendeva conto di quanto la sua vicinanza avesse influito positivamente sul suo animo, spingendola a circondarsi di altre persone e persino ad iniziare a prendere in considerazione l'idea di trovarsi un ragazzo. Cosa, quest'ultima, di cui fino a poco tempo prima Natsuki non aveva neanche lontanamente voluto sentir parlare. E proprio quando lei aveva iniziato ad aprire il proprio cuore al mondo, l'incubo del Carnival l'aveva assalita, sconvolgendo la sua vita più di prima con notizie che avevano screditato l'immacolato ricordo di sua madre e con la scoperta di essere stata egoisticamente oggetto di desiderio da parte di quella che fino ad allora aveva creduto la sua migliore amica. No, l'unica amica. Aveva perdonato Shizuru in virtù del fatto che si era presa cura di lei; tuttavia, per quanto bene le volesse, non poteva cancellare quanto ella l'avesse segnata anche in negativo. Era stato questo a farla allontanare ancora di più dall'idea di innamorarsi: aveva paura di imbattersi in qualcuno che potesse trattarla ancora in quel modo, senza alcun riguardo verso i suoi sentimenti o anche solo verso la sua volontà.
   «Natsuki...»
   Rialzò gli occhi verdi verso la compagna di stanza, leggendo ora sul suo viso sincera preoccupazione. «Io... ho gettato via il numero che mi ha passato Tate.»
   «Perché? Takeda-senpai ha fatto qualcosa di male?»
   «No, tutt'altro» dovette riconoscere, ritrovandosi a sorridere lievemente. «È un bravo ragazzo.»
   «Allora perché non gli dài una possibilità?»
   Natsuki non era riuscita a raccontare a Mai quello che era successo con Shizuru; anzi, le uniche persone informate nel dettaglio di quanto accaduto, erano Yukino, la sua amica Haruka e Reito Kanzaki, Lord Kokuyou all'epoca degli avvenimenti. Non le andava di screditare la Presidentessa del Consiglio Studentesco più di quanto già non avessero fatto le malelingue, arrivando a spargere per l'istituto il pettegolezzo che fra loro vi fosse un rapporto di tipo amoroso. Nessuno, si ripeteva la ragazza, doveva sapere del turbamento psicologico di Fujino, e sulle prime si era stupita che Nao non avesse colto l'opportunità di vendicarsi di loro. Soltanto in seguito Natsuki si era resa conto che la sua kohai non lo aveva fatto per rispetto a lei sola, benché si trattasse di una situazione paradossale: quando Shizuru aveva sconfitto Julia, il Child di Nao, anche sua madre era svanita nel nulla, ed era stata in quell'occasione che, in barba al burrascoso rapporto che le aveva unite fino a quel momento, si era ritrovata per la prima ed unica volta fra le braccia della giovane Kuga. Non era stato un gesto consolatorio, quanto una dimostrazione di comprensione e di condivisione: anche lei aveva perso la figura materna proprio nel momento in cui questa aveva costituito tutto il suo mondo. Nao doveva aver apprezzato quello che Natsuki aveva fatto per lei quella volta, ed il silenzio in cui si era chiusa riguardo a Shizuru, era la sua dimostrazione di gratitudine.
   «Temo non possa funzionare» rispose con voce stanca, alzando le spalle e tornando a reclinare il capo all'indietro.
   Per nulla convinta da quelle parole, Mai continuò a scrutarla con una certa ansia. Tuttavia, non pose altre domande e lasciò cadere il discorso, comprendendo il bisogno dell'amica di rimanere da sola con i propri pensieri.













Ehm... non chiedetemi il motivo per cui questa storia è diventata una long-fic, perché onestamente non potrei rispondervi. Mi auguro solo di farvi cosa gradita e di continuare a seguire una certa logica nell'introspezione del personaggio di Natsuki. Ho cambiato il genere della fiction e anche la voce relativa ai personaggi, sebbene né l'una né l'altra cosa siano definitive: tutto dipenderà da come si evolverà la situazione (e vi assicuro che non lo so neanch'io).
Mando un bacio a Chiarucciapuccia, NicoDevil, Atlantislux, Hanako_chan e Hinata_chan per aver recensito o comunque commentato in separata sede il primo capitolo, e ringrazio quanti hanno perso tempo a leggere ciò che ho scritto fino ad ora. ^^
Shainareth





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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***







CAPITOLO TERZO





Aveva intrapreso un cammino difficile, questo lo aveva capito sin dal principio. Tuttavia, era stato nelle ultime settimane che si era davvero resa conto di quanto questa scelta le sarebbe costata. Eppure voleva mettercela tutta, senza rimpianti.
   Shizuru le era stata vicino durante gli anni di solitudine. L'aveva salvata. E lei? Lei le aveva mandato il cuore in frantumi rifiutando il suo amore. Nonostante per logica sapesse quanto poco senso avesse, Natsuki si era quindi imposta di ricambiare i suoi sentimenti. Sarebbe stata una cosa graduale, certo, ma ci sarebbe riuscita. Doveva riuscirci.
   Erano questi i pensieri che le occupavano la mente durante la prima ora di lezione. Il pollice della mano destra continuava a premere nervosamente contro il cappuccio della matita, incurante del fatto che la mina fosse già caduta da un pezzo sul quaderno aperto davanti a lei. Il gomito sul banco, il viso sorretto dal pugno, gli occhi della fanciulla fissavano il vuoto, alle sue orecchie la voce del professore giungeva come un noioso ronzio di sottofondo. Se si fosse concentrata su quel proposito, avrebbe messo da parte qualunque interesse verso chicchessia: Takeda era talmente un bravo ragazzo che non gli sarebbe risultato difficile, col tempo, trovare qualcuno con cui vivere serenamente; Shizuru, invece...
   Il movimento delle sue dita si fermò, e Natsuki si curvò sul banco, le braccia incrociate sul ripiano, la testa poggiata su di esse. Perché l'amore doveva essere così maledettamente difficile? Avrebbe voluto avere il coraggio di prendere una coppietta qualunque e di scuoterla con fare selvaggio fino a che quella non le avesse rivelato tutti i segreti per essere felice. Il suo sguardo cercò automaticamente Akane, qualche posto più in là, nascosta dietro al compagno che le stava davanti per scambiarsi forse il primo sms della giornata con Kazuya. Senza che potesse evitarlo, Natsuki avvertì una stretta al petto, nitida, come quando John Smith le aveva detto la verità su sua madre. Nascose il viso contro il quaderno, non riuscendo a fare a meno di invidiarli.

«Mai mi ha detto che alla fine non lo hai più chiamato.» Nelle parole di Yuuichi c'era un vago rimprovero.
   «E non lo farò nemmeno in futuro» ci tenne a rispondergli la bella motociclista, mentre lui la raggiungeva in mensa e, senza nemmeno chiederle il permesso, le si sedeva di fronte, ignorando i richiami di Shiho che invece lo voleva accanto a sé e che veniva trascinata via da Mai e dalle sue amiche. «Di', a quanti lo hai detto?»
   «Tranquilla, Harada e Sonou non lo sanno, ma danno sempre man forte a Mai quando lei glielo chiede.» Il giovane prese le bacchette fra le mani e con un gesto secco le divise in due. «Ad ogni modo, secondo me perdi un'occasione.»
   L'occhiataccia che Natsuki gli lanciò fu davvero feroce. «Non sono tipo da occasioni, sai?»
   «Hai capito a cosa mi riferisco» non si scompose l'altro, iniziando a rimestare gli udon nella ciotola.
   «Perché ti interessa tanto quello che faccio?»
   «Perché se sto con Mai, è anche per merito tuo.»
   Lei inarcò un sopracciglio. «Mio?»
   «Tuo e del capitano.»
   Al solo sentirlo nominare, si irrigidì. «Di che diavolo parli?»
   Yuuichi mandò giù il primo boccone, quindi rispose: «Ricordi quando, durante il Carnival, svenisti e ti portarono in ospedale?»
   «E allora?»
   «Quella volta mi apristi gli occhi sui veri sentimenti di Mai.»
   «Mi pareva fossero palesi.»
   «Forse. O forse no. Fatto sta che poco tempo prima il capitano mi fece un discorso che lì per lì rifiutai di comprendere.»
   Ci fu una breve pausa, poiché Yuuichi si era portato di nuovo le bacchette alla bocca, ma lei non chiese nulla, limitandosi a rigirare con fare inquieto le sue fra le mani.
   «Riuscii a capirle solo dopo avere parlato con te» concluse allora il biondo, alzando lo sguardo nella sua direzione. Sorrise con aria da presa in giro. «Sembrava davvero che vi foste messi d'accordo.»
   Natsuki arrossì, stringendo nervosamente le posate nel pugno. «Ma di che diavolo parli, si può sapere?» ripeté, scontrosa.
   «Poco prima di tutto quel casino con Kanzaki-senpai... No, con... Come si chiamava? Beh, col tipo che ne aveva soggiogato la mente, mi ero reso conto che... beh, che mi ero innamorato di Mai» nel dirlo la sua voce divenne quasi un brusio per la vergogna, e lui soffocò quella dichiarazione con un altro po' di udon bollenti. «Ma proprio in quei giorni Shiho rimase ferita e venne ricoverata perché ci dissero che forse rischiava di perdere l'uso delle gambe.» Non riuscendo ancora ad afferrare dove lui volesse arrivare, la sua compagna accavallò le gambe, divise le bacchette ed iniziò a giocherellare con la foglia d'alga che galleggiava sulla sua porzione di ramen. «Fu allora che decisi di mettere da parte quello che provavo per Mai, per potermi così dedicare solo a Shiho, sforzandomi di volerle bene più che ad una sorella.»
   La mano di Natsuki si fermò. Con gli occhi fissi sul tuorlo dell'uovo sodo nella sua scodella, ogni parte del suo corpo rimase immobile, in attesa che il biondo riprendesse il racconto. Questi però non lo fece, obbligandola a riportare le iridi verdi su di lui. «E... allora?»
   Ben sapendo di tenerla sulle spine, il giovane si concesse comunque tutto il tempo di ingurgitare un po' di verdura prima di accontentarla. «Tu sai che lasciai il club di kendo per diversi mesi, vero? Beh, proprio in quel periodo il capitano venne a cercarmi per sapere se era mia intenzione tornarvi o meno. Gli dissi che non potevo, perché avevo deciso di restare accanto a Shiho e di prendermi cura di lei. Nella mia testa cercavo di convincermi che non ci fosse niente al mondo di più importante di questo.»
   «Ma tu...» fu la spontanea osservazione che iniziò ad uscire dalle labbra della bella Kuga. Non fu conclusa, perché qualcosa dentro di lei la mise a tacere.
   Yuuichi finse di non averla udita. «In realtà, come ben sai, quello che desideravo con tutta l'anima e che invece cercavo di nascondere persino a me stesso, erano due cose: tornare nel club e... stare con Mai.»
   «E... Munakata?»
   «Shiho si era fatta male per colpa mia, per starmi accanto. Come potevo rifiutare ancora i suoi sentimenti?»
   Natsuki affondò la punta dei legnetti nel brodo del ramen, senza neanche rendersene conto.
   «Sai, all'epoca ero seriamente convinto che fosse quella la cosa giusta da fare. Ma poi... poi parlai con te, rincorsi Mai, e Shiho mi accusò di averla presa in giro, di avere giocato con il suo cuore, di averle donato un amore inconsistente... Le avevo persino portato via un bacio senza sentirlo realmente, capisci?» Adesso anche Tate si era fatto dannatamente serio, segno che quella confessione doveva pesargli ancora molto sulla coscienza. «Fu solo in quel momento che compresi davvero come dovesse essersi sentita Shiho: stavo con lei perché mi sentivo in colpa. Ed un sentimento nato dalla compassione, non è vero amore.»
   Calò nuovamente il silenzio. Poi il ragazzo aggiunse, mestamente: «Starai pensando che sono un vero bastardo, è così?»
   La mora esitò qualche attimo, prima di scuotere la testa, facendo oscillare i capelli lunghi sulle spalle. «No. Io... temo di aver capito cosa intendevi.»
   «Volevo farla felice, e invece... le ho fatto del male senza neanche rendermene conto.»
   Non era forse la stessa cosa che anche Natsuki cercava di fare con Shizuru?
   «E... Takeda che ruolo ha in tutto questo?»
   L'altro tornò a sorridere. «Fu lui a farmi notare che quello che conta non è quanto possiamo sentirci in colpa verso qualcuno, ma quello che noi vogliamo veramente.»
   La fanciulla aggrottò la fronte, contrariata. «È un discorso egoistico.»
   «Credi?»
   «Assolutamente.»
   Il kendoka fece spallucce. «Può darsi. Ad ogni modo fu questo discorso a dare una svegliata sia a me che a Mai.» Con quest'ultima frase, riconquistò la totale attenzione della sua interlocutrice. «Vivere sacrificandosi per qualcuno, senza però pensare minimamente alla propria felicità, è inutile» le spiegò. «Se non mi credi, prova a chiederlo a Shiho. O a Takumi, quando sarà tornato dall'America.»
   «Cosa c'entra lui?»
   «Mai si è sempre spaccata la schiena pur di non fargli mancare niente, per mettere da parte i soldi per l'operazione. Eppure Takumi non era felice perché lei non lo era per prima.»
   Questo discorso, tuttavia, non andava bene per Shizuru, si ritrovò istintivamente a pensare Natsuki. Lei era diversa, voleva ottenere quello che desiderava a qualunque costo. Anche prendendolo con la forza, se necessario.
   Tu mi appartieni.
   Percorsa da un brivido, la ragazza lasciò ricadere le bacchette nella ciotola, stringendosi fra le braccia.
   «Kuga?» Alzò di nuovo gli occhi su Yuuichi, che ora la fissava con fare preoccupato. «Stai bene?»
   Lei distolse subito lo sguardo. «Sì... solo che... non ho più fame.»














Proprio ieri sera, parlandone con Atlantislux mi sono resa definitivamente conto dell'idiozia di fondo del personaggio di Natsuki. È stata una grande pecca, da parte mia, non essermene accorta subito. Per questa ragione, a caldo, la prima cosa che mi è venuta in mente, è stata il paragonarla a Yuuichi. Questa somiglianza fra loro mi ha anche fatta sorridere al pensiero che un gran numero delle persone che odiano Tate adorano invece Natsuki. Eppure i due agiscono allo stesso modo. Mah. Anzi, se posso dire la mia, Yuuichi si comporta con un pelino di amor proprio in più (per non dire intelligenza), dal momento che ad un certo punto lui comprende il proprio errore e vi pone rimedio. Di Natsuki, invece, non abbiamo notizie certe, ma mi piace pensare che questo personaggio, che ho amato molto, possa recuperare quanto sembra avere perduto nel discusso finale della serie.
Ringrazio come sempre i lettori ed i recensori.
Shainareth





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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***







CAPITOLO QUARTO





«Ehi, ehi! Miss Kuga è di cattivo umore, oggi?» Nervosa, lei si limitò a rivolgerle un'occhiata poco amichevole. Nao, che se ne stava a parlare con Mikoto sulla soglia della propria stanza dopo la fine delle lezioni, alzò un sopracciglio. «Che hai?»

   Natsuki tornò a fissare davanti a sé, apprestandosi ad entrare in camera. «Pensa agli affari tuoi.»

   «La tua amichetta ti ha di nuovo molestata?»

   Quelle parole non furono pronunciate con il mero intento di prenderla in giro, e la ragazza lo sapeva. Tuttavia avevano toccato un tasto più che dolente. La sua mano si fermò sul pomello della porta. «Nao, non è giornata» disse allora, con voce greve.

   «Non è mai giornata, con te» le fece notare quella, braccia conserte, spostando il peso del corpo da un piede all'altro. «Nell'ultimo periodo sei diventata più scostante di quanto già non fossi.»

   A quel punto, Mai intervenne, cercando di calmare gli animi. «Nao-chan, per favore... Probabilmente Natsuki ha avuto...»

   «Tu credi?» la interruppe quest'ultima, tornando a rivolgersi alla kohai, senza però voltarsi a guardarla.

   Lei scrollò le spalle con fare spiccio. «Mi limito a dire quello che vedo.»

   «E sarebbe?»

   «Un fiore che vuole appassire a tutti i costi.»

   La mano di Natsuki scivolò sulla maniglia, ed il braccio le ricadde lungo il fianco. «Capisco.» Per quanto frivola fingesse di apparire, Nao era molto più profonda di quello che credevano tutti. Anzi, era forse l'unica in grado di comprendere al meglio lo stato d'animo della giovane Kuga, perché entrambe avevano vissuto esperienze da dimenticare negli anni passati. «Tuttavia... credo tu abbia visto male» si riprese allora la maggiore, aprendo finalmente la porta.

   L'altra non rispose, e la vide sparire in camera con Mai. «Mikoto?» Lei alzò gli occhi nella sua direzione. «È successo qualcosa?»

 

«Preparo un po' di tè, va bene?»

   «Grazie, Mai» rispose Natsuki, lasciando la borsa con i libri in un angolo dell'ingresso e andando poi a sedersi sul proprio letto. Avvinta dalla sua invitante morbidezza, si stese all'indietro, le braccia verso l'alto, i capelli scuri sparpagliati attorno al capo. Un fiore che vuole appassire a tutti i costi. Si lasciò scappare un mesto sorriso e si girò di lato, dando le spalle alla compagna di stanza, intenta a riempire d'acqua il bollitore: per quanto simili potessero essere lei e Nao, quest'ultima non sapeva affatto di cosa stesse parlando.

   Quella rilassante quiete domestica, accompagnata unicamente dai rumori provenienti dall'angolo cucina, spinsero l’ex-padrona di Duran a socchiudere gli occhi nel tentativo di rilassarsi. Non voleva pensare a nulla, ma per quanto si sforzasse, la sua mente tornava al racconto di Tate e a quel maledetto foglietto di carta gialla.

   D'un tratto la porta si aprì, così prepotentemente che a Mai scivolò di mano una tazza; se non si ruppe, fu pura fortuna. «Ma sei completamente idiota?!» fu l'aggressione che seguì, spingendo Natsuki a chiedersi che diavolo avesse quella matta dalla chioma fiammante da urlare in camera sua senza ragione apparente.

   «Nao-chan, ma cosa...?» provò ad acquietarla Tokiha, sentendo ancora il cuore batterle forte in petto per lo spavento.

   Lei non rispose ed avanzò verso la senpai con i capelli lunghi. «Di',» riprese con voce più bassa, le mani sulle anche, «che cavolo ti salta in mente di rifiutare l'invito di un uomo che ti interessa?»

   Spiazzata da quella dichiarazione, l'altra avvampò per l'imbarazzo. «Ma... tu come...?!» Rendendosi conto che con tutta probabilità era stata Mikoto a raccontarle tutto, spostò gli occhi adirati su di lei. «Era necessario spifferarlo ai quattro venti?!»

   «Nao è preoccupata per te!» si giustificò la brunetta, indispettita da tanta irriconoscenza.

   «Non sono affatto preoccupata!» ci tenne a precisare quella, poco disposta ad ammettere di considerarsi parte del loro gruppo. «È solo che quel poveretto mi fa pena!»

   Natsuki, ora di nuovo seduta sul letto, si calmò. Anche Nao, com'era ovvio, la pensava come gli altri. E nessuno provava a capire quello che in realtà le si agitava nell'animo. Il solo Yuuichi si era avvicinato, così tanto da lasciare il segno; però rimaneva il fatto che Shiho e Shizuru avessero due temperamenti molto diversi. «Se ti piace tanto, puoi uscirci tu, con lui.»

   La bella Yuuki aggrottò la fronte, sentendo la voglia di prenderla a sberle salirle alle mani. «Pensi davvero che non sappia perché lo stai facendo?» Le iridi chiare della motociclista tornarono rapide su di lei, allarmate. «Ma lascia che ti faccia notare una cosa: dici tanto sull'amicizia e sul senso di riconoscenza verso chi ti è stato vicino, e cosa fai? Lasci che quelle stesse persone si preoccupino per te, vedendoti infelice solo perché tu hai stupidamente deciso di gettarti tra le fauci di una squilibrata?»

   «Non un'altra parola!» proruppe la mora, rimettendosi velocemente in piedi per fronteggiarla sotto gli sguardi perplessi di Mai e Mikoto, ignare dell’oggetto del diverbio.

   «Io so di cos'è capace, quella» continuò invece Nao, incurante della minaccia. «Li ho visti, i suoi occhi, mentre era in preda alla follia. So cosa ho sentito e so cosa ho visto. E ti assicuro che nessuna persona sana di mente farebbe quello che ha fatto lei per un motivo tanto egoistico.»

   Il braccio di Natsuki scattò, colpendo la ragazza al volto.

   «Natsuki!» gridò Mai, accorrendo fra loro. La prese per una spalla e l'allontanò dalla compagna di scuola.

   «Dovresti imparare a riflettere, prima di parlare.»

   «E tu dovresti imparare a pensare a te stessa, ogni tanto» replicò Nao, avanzando per restituirle lo schiaffo senza che le altre potessero evitarlo. Anche Mikoto allora si mise di mezzo, tenendola indietro.

   «Per te che sei sempre stata sola è facile dirlo!»

   Nao scosse il capo, fissandola con estrema compassione. «Lo sai, Kuga? Se davvero credi che sia una buona idea, allora meriti di sprecare in questo modo il resto della tua vita. Visto che ti rifiuti di ragionare, per me puoi fare quello che ti pare; sappi, però, che così facendo renderai tristi molte persone, a cominciare da te stessa. E tutto per compensare i complessi di un singolo individuo che ha tradito la tua fiducia, cancellando in un attimo tutto il bene che aveva fatto per te fino a quel momento.»

   L'altra non rispose, né lei ebbe bisogno di aggiungere altro. Girò sui tacchi e riattraversò la stanza con decisione, imboccando il corridoio e rientrando nella propria camera.

 














A quanto pare non sono l'unica a pensare che Yuuichi e Natsuki hanno molto in comune nonostante la diversità caratteriale apparente. Bene, vuol dire che una volta tanto sono stata lungimirante. XD
In realtà c'è una sostanziale differenza fra le due persone che si sono approfittate della gentilezza di questi personaggi, e continua a meravigliarmi il fatto che, se Shiho è presa in antipatia per il suo essere capricciosa, Shizuru è amatissima per il suo essere ipocrita. E di nuovo mi viene da dire: Mah. Perché per me è giustificabile una ragazzina di tredici-quattordici anni che, non avendo mai fatto nulla per nascondere i suoi sentimenti, e sentendosi presa in giro in quel modo, ad un certo punto inizia a prendersela con coloro che l'hanno portata alla disperazione; mentre mi diventa di gran lunga più difficile (e diciamo pure impossibile) riuscire a comprendere una giovane di quasi diciotto anni che, pur avendo mostrato molta maturità in altri ambiti (altrimenti non sarebbe la Presidentessa del Consiglio Studentesco), si dimostra tremendamente egoista. E non è una giustificazione il fatto che fosse complessata per la propria omosessualità, anzi: questo non fa che renderla un personaggio debole. E, nonostante tutto, più pericoloso. Distruttivo. Inquietante. Mi fa pena, detto sinceramente.
Ora, sia ben chiaro che questa fic non ha come scopo quello di denigrare Shizuru, anche perché quello lo faccio apertamente con le amiche e ne vado fiera. XD Nei miei scritti, invece, tendo (o per lo meno ci provo) ad essere imparziale e a procedere con una certa logica. Se pertanto pensate ch'io stia mancando in qualcosa o che mi sia sfuggito qualche tratto della personalità di questo elemento a me poco gradito, vi prego di farmelo notare: odio Shizuru, è vero, ma ancor più odio il character bashing (e l'OoC).
L'intento di questa storia, quindi, è unicamente quello di analizzare il personaggio di Natsuki ed il suo rapporto (esistente o possibile) con gli altri. Nient'altro che questo.
Scusandomi per questa lunga riflessione, chiudo come sempre con i ringraziamenti ai lettori e ai recensori.
Shainareth





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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***







CAPITOLO QUINTO





Il silenzio che si era venuto a creare nella stanza pesava su di loro, mettendole in forte disagio. Mai, come sempre, provò a risollevare l'umore generale. «Mikoto, perché non...»

   «Vado da Nao» annuì quella, capendo al volo il bisogno delle amiche di restare fra loro. Anche se tra lei e Natsuki era nata comunque una certa, bizzarra amicizia, era senza dubbio la ragazza dai capelli arancioni ad essere la più legata alla maggiore del gruppo. Mikoto seguì quindi le orme della compagna di classe, e si chiuse la porta alle spalle, lasciandole sole.

   Mai si volse verso la giovane Kuga, rimasta ferma e muta, il capo basso ed i pugni stretti lungo i fianchi. Non sapeva precisamente di cosa stessero parlando lei a Nao un attimo prima, ma le era chiara la sofferenza che Natsuki continuava a portarsi dentro, nonostante il Carnival fosse finito. Alle orecchie le arrivò il rumore dell'acqua che, sul fuoco, aveva iniziato ormai a bollire. Si avvicinò quindi nuovamente all'angolo cucina e spense il fornello. «Il tè è quasi pronto, siediti» disse in tono piuttosto allegro, sperando così di poter smorzare la tensione. Si chinò per raccogliere la tazza rimasta sul pavimento, la pose nel lavandino e ne prese una pulita. «Stavo pensando che è da un po' che non andiamo al karaoke» iniziò poi a perdersi in chiacchiere, mentre si dava da fare per mettere in infusione le foglie. «So che a te non piace, ma se non si va tutti insieme, diventa noioso, non credi anche tu?» L'altra non le rispose. Non perdendosi d'animo, lei continuò: «Tra l'altro mi piacerebbe ripetere la sfilata di cosplay che mise su Midory la prima volta, ti ricordi?»

   Di nuovo calò il silenzio. Intuendo la necessità dell'amica di rimanere con i suoi pensieri, anche Mai smise di parlare, limitandosi ad aspettare che la tisana fosse pronta. Tornò poi a voltarsi verso di lei, camminando in direzione del tavolino basso posto quasi al centro della stanza. Vi si inginocchiò accanto e vi posò su le due tazze che aveva preparato.

   «Forza, vieni, altrimenti si fredderà» tornò ad invitarla con fare gentile.

   «Mai?»

   Alzò gli occhi azzurri su di lei e solo allora si accorse che Natsuki era sull'orlo delle lacrime: l'unica volta che l'aveva vista in quelle condizioni, era stato quando aveva assistito alla sconfitta del Child di Shiho e alla conseguente morte, seppur fittizia, di Yuuichi: avevano pianto insieme, quel giorno. «Dimmi.»

   La mora ci mise un attimo prima di ritrovare la voce. Le costava non poca fatica farlo, ma dopo il confronto con Nao si era resa conto che non avrebbe retto a lungo a tenere tutto per sé. E Mai era la sola della quale riuscisse a fidarsi appieno, tanto che era stato con lei che aveva deciso di condividere le sue ultime ore di vita prima dell’unica vera battaglia che aveva combattuto durante il Carnival, affrontando proprio Shizuru. Quel giorno, nonostante le sofferenze di entrambe, Natsuki si era sentita vicina a lei più di chiunque altro: erano rimaste per sole, eppure il fatto di stare insieme era riuscito ad infondere nel loro animo il coraggio necessario per affrontare il loro destino di HiME una volta per tutte.

   «Vorresti... Vorresti ascoltarmi?»

   La dolce Tokiha le sorrise con affetto. «Certo.»

 

Mentre risciacquava le stoviglie, la sua mente era intenta a rielaborare con sconcertata attenzione quanto la sua compagna di stanza le aveva raccontato, senza tralasciare nulla, questa volta. Era stato un resoconto che le aveva messo i brividi, e in più di un’occasione, durante l'esposizione dell'amica, Mai si era chiesta come avesse fatto, Natsuki, a reggere tutto quello che le era capitato. Capiva il motivo per cui era riuscita a perdonare Shizuru e quello che questa le aveva fatto, però... Anche Shiho era uscita di senno durante il Carnival, tuttavia lei aveva avuto la scusante dell’essere stata illusa e dell'essersi sentita tradita da due delle persone a cui teneva di più.

   Fujino-san, invece...

   Non si era dimostrata soltanto egoista, ma anche terribilmente debole, dando prova di non avere alcuna fiducia nell'amicizia e nell'affetto di Natsuki. Se solo le avesse parlato con il cuore in mano, Mai era sicura che Natsuki avrebbe compreso i suoi sentimenti. E invece lei si era giocata il tutto e per tutto nel modo più sbagliato. Vergognandosi di quello che aveva dentro, vergognandosi di se stessa.

   Non è amore, questo.

   Mai non lo aveva pensato neanche per un secondo, ciò nonostante era convinta che Natsuki ritenesse opportuno riferirle ogni cosa non soltanto per doversi sfogare, ma anche perché in un certo qual modo glielo doveva. Il loro rapporto, nato in maniera burrascosa, era cresciuto nel tempo e si era rafforzato senza quasi che se ne avvedessero. Eppure adesso erano arrivate davvero al punto da potersi considerare l'una la migliore amica dell'altra. Senza polemiche, senza eccezioni. Era così e basta. Perché ci credevano, perché mai si sarebbero messe di nuovo su binari opposti, perché avevano mostrato di volersi bene per davvero.

   Tokiha chiuse il rubinetto dell'acqua e si asciugò le mani su di uno strofinaccio da cucina, lasciandolo poi da conto non appena tornò a voltarsi verso la sua coinquilina: dandole le spalle, Natsuki se ne stava seduta ai piedi del letto, con lo sguardo che oltrepassava i vetri della finestra e pareva scrutare il cielo che in quei minuti segnava il passaggio tra il dì e la notte. La ragazza dal caschetto color carota, avanzò nella sua direzione e le si sedette accanto, decidendo di rimanere in silenzio fino a che non fosse stata lei a parlare per prima.

   Non dovette attendere molto, perché Natsuki scivolò di lato e poggiò il capo contro la sua spalla. «Sto sbagliando, vero?»

   L'altra si concesse un attimo per rispondere. «Più che altro... credo che prima di prendere una decisione, qualunque essa sia, tu debba sentire davvero quello che hai dentro.»

   «Voglio bene a Shizuru.»

   «Lo so.»

   «E non sono innamorata di Takeda.»

   Mai sorrise. «Natsuki... non è questo il punto, e lo sai: non importa che sia Takeda-senpai o un altro.»

   «Sì, è vero» mormorò lei dopo qualche attimo, socchiudendo gli occhi. Si sentiva spossata, e mai come allora aveva provato il desiderio di staccare la spina, di mandare al diavolo tutto e tutti, e di andare lontano. Tuttavia si rendeva anche conto che scappare non era la soluzione migliore.

   «Io stavo per commettere lo stesso errore.» La voce dell'amica risuonava calda, comunicandole una sensazione di pace nonostante continuassero a parlare di un argomento che la stava davvero facendo ammattire. «Quando Reito-san si avvicinò a me, ebbi paura. Fino a quel momento avevo vissuto in funzione di mio fratello, dovevo vivere per lui. Pensavo che la sua felicità sarebbe stata la mia, ma lui stesso mi contraddisse in più di un'occasione. Fu appunto quando Takumi iniziò a farmi notare che non era necessario dipendere così tanto l’uno dall’altra, che mi resi conto che non avevo idea di cosa fare per me stessa. Avevo del tempo libero, e neanche sapevo come impiegarlo. Le mie amiche mi spinsero a cercare un diversivo, e allora, quando se ne presentò l'occasione, accettai di uscire con Reito-san, senza però che lo sentissi veramente.»

   «Ma lui ti piaceva?»

   «Mh» annuì Mai, posando la testa contro quella di Natsuki. «Ma all'epoca non mi ero ancora resa conto che nel mio cuore stava iniziando a nascere un sentimento verso Yuuichi, anche per via del fatto che avevo dato la mia parola a Shiho che l’avrei aiutata, che avrei appoggiato ciò che lei provava nei suoi confronti.»

   «Che bugiarda» la prese in giro la mora.

   Lei mise il broncio. «Ero confusa, sai? Completamente nel pallone.»

   «Sì, posso immaginarlo» ammise la sua amica, intrecciando le braccia al petto ed accoccolandosi meglio sulla sua spalla. Era esattamente quello che stava accadendo a lei in quel momento, anche se con piccole varianti.

   L'altra sospirò. «Proprio per questa ragione non avrebbe senso, secondo me, obbligarti ad uscire con Takeda-senpai: rischieresti di allontanarti maggiormente da lui, arrivando ad evitarlo persino più di prima.»

   «Ti successe questo col fratello di Mikoto?»

   «Fu orribile» confermò con espressione desolata in volto, una mano sulla fronte. «Non sapevo cosa dirgli, come comportarmi... Se prima avevo provato piacere nello stargli accanto, successivamente iniziai a sentirmi davvero a disagio.» Rimasero zitte per qualche istante, poi lei ruotò le iridi chiare verso l'amica. «A che pensi, ora?»

   «Che ho una voglia matta di un panino con la maionese.» Mai scoppiò a ridere, e Natsuki quasi le scivolò in grembo tanto il suo corpo era scosso da quella reazione. «Che c'è di strano?» si lamentò, fingendosi seria. «Guarda che per colpa del tuo ragazzo, ho saltato il pranzo!»

   «Beh, ma non puoi negare che quella chiacchierata sia stata costruttiva» le fece notare la rossa, asciugandosi una lacrima.

   Lei annuì, tornando a sedersi in modo più o meno composto. «Mi fa uno strano effetto dirlo, però... è vero, io e Tate ci assomigliamo.»

   «È per questo che vado d'accordo con tutti e due» convenne l'altra, ottenendo in risposta uno sguardo scherzoso. Stiracchiò gli arti, lasciando ricadere le braccia sulle gambe, e domandò: «Che ne dici di lasciare perdere tutto e di farti suora?»

   Stavolta fu il turno della mora di sogghignare. «Se può farlo quella svergognata di Nao, in effetti...»

   «Suor Natsuki non suona poi così male.»

   Si volse a fissare la compagna con bonario rimprovero. «Sei matta.»

   «No, sono solo positiva.»

   «Già» le concesse con un sospiro. «Credo che stia tutta qui la differenza fra noi due.»

   «Beh, ma non è mai troppo tardi per iniziare ad essere ottimisti.»

   Natsuki si mise ad osservare la sommità dei propri piedi, notando con disappunto che uno dei suoi calzettoni viola era in procinto di bucarsi. «Nao ha ragione» disse poi, lasciando perdere i propri indumenti per tornare al nocciolo del discorso.

   «Per quanto bruschi siano i modi che usa per dimostrarlo, ti vuole molto bene» sostenne Mai, alzando le ginocchia al petto e poggiandovi su il mento.

   «Me ne sono accorta dalla forza del suo schiaffo» sorrise di sdegno la maggiore, portandosi una mano al volto. «Quella disgraziata… Mi fa ancora male.»

   «Cosa farai?»

   «Non voglio abbandonare Shizuru.»

   «Nonostante quello che ti ha fatto?»

   «Per colpa sua ho perso ulteriormente fiducia nell'amore, questo è vero. Però...» Spostò lo sguardo sull'amica, increspando con fare stanco le labbra verso l’alto. «Quando guardo te o Higurashi, e vedo la gioia che avete negli occhi... allora non posso fare a meno di credere che in realtà dev'essere una cosa davvero bella.»

   «Quella che hai conosciuto, è solo una versione distorta di ciò che è davvero» confermò lei, prendendole una mano. «Ma posso assicurarti che non c'è niente di più bello dell'amare e del sentirsi amati.»

   Natsuki strinse le dita in quelle di Mai. «Allora... cercherò di fare tesoro di questa convinzione. Grazie.»

   «E per cosa?»

   «Per la fiducia che riesci a darmi. Credevo di averla nuovamente smarrita.»

 














Non so davvero come ringraziare le persone che stanno appoggiando questo mio lavoro. Lavoro del quale, a dire il vero, non sono soddisfatta appieno. Ma non è una novità, lo sapete, quindi vi tocca sopportare le mie lamentele. XD
Tra tutti, però, vorrei rispondere a Gufo_Tave sulla sua osservazione riguardo Shizuru HiME (e non preoccuparti per avermi chiamata con un diminuitivo, non mi hai mica dato della cretina! XD Non ancora, per lo meno. XP). Non credo, infatti, che la Sunrise abbia voluto inserirla all'ultimo momento nel gruppo delle guerriere, anche perché, rivedendo la serie, mi sono resa conto che già dal dodicesimo episodio (se non ricordo male), qualcosa si potrebbe intuire: non è forse lei che parla con Yukariko di quanto successo con il vampiro della Searss, prendendosi per la prima volta le proprie responsabilità di Presidentessa del Consiglio Studentesco? Tant'è che, quando il dialogo fra le due finisce, Yukariko lascia l'aula guardandola quasi spaventata, o comunque perplessa.
Non ho altro da aggiungere, a parte mandare un mucchio di bacini bavosi a tutti, con la speranza nel cuore di essere riuscita a rappresentare in modo credibile l'amicizia che, a mio avviso, lega Mai e Natsuki (rapporto che adoro).
Shainareth
P.S. Dal momento che non mi sto avvalendo di un beta, per questa storia, se doveste trovare degli errori, delle ripetizioni o delle sviste, vi prego di farmelo notare, foss'anche in privato. Grazie. ^^





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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***







CAPITOLO SESTO





Subito dopo pranzo, Natsuki si mise in cerca di Nao. La trovò a rifarsi la manicure seduta sotto al piccolo porticato dove spesso dormiva Mikoto, ma di quest’ultima non vi era traccia. Sentendola arrivare, la rossa alzò lo sguardo e sul suo viso si dipinse un’espressione indispettita. Kuga si fermò a pochi passi da lei. Si fissarono per diversi istanti in assoluto silenzio, l’una passandosi distrattamente la limetta su di un’unghia, l’altra aprendo e chiudendo uno dei pugni attorno all’orlo della gonna grigia dell’uniforme.

   La prima a stancarsi di quel muto gioco tra donne testarde fu la minore. Sbuffò, seccata, e mise i palmi all’indietro per poggiarvi il peso del corpo. «Sentiamo, cosa vuoi?»

   «Mi chiedevo se non fosse possibile, per una volta, affrontare un discorso pacifico» rispose Natsuki, con voce roca.

   «Noi due da sole?» Lei annuì, e sulle labbra di Nao si dipinse un sorriso vezzoso. «Potrebbe essere interessante» concesse la studentessa delle medie, accavallando le gambe.

   L’altra allora si avvicinò per poggiarsi da una colonna, rimanendo però in piedi, le braccia intrecciate sotto ai seni. «Nao, so che ormai ti sei fatta una tua idea su Shizuru, però non pensi che dovresti provare a metterti nei suoi panni?»

   Quella la guardò come se avesse degli escrementi appiccicati in faccia. «Allora è vero che sei matta anche tu» concluse, riprendendo a rimirarsi le mani. «Non ho la minima intenzione di identificarmi con un elemento del genere, perché io un minimo di senso dell’onore ce l’ho.»

   Alla mora venne da ridere. «Il bue che dice cornuto all’asino…»

   Di nuovo Nao le scoccò un’occhiata truce. «Ehi» iniziò, piccata. «Io non ho motivo di nascondere quello che sono realmente.»

   «Non eri forse tu quella che se ne andava in giro a rapinare la gente?»

   «Quei bastardi non erano che degli schifosissimi…»

   «Sì, lo so» la interruppe Natsuki, tornando seria. «Capisco il perché lo facevi, e nemmeno mi sento di rimproverarti più di quanto non feci a suo tempo. Ma ciò non toglie che anche tu ti sei divertita a portare una maschera con gli altri, e a volte lo fai ancora.»

   «Non certo con le persone a cui tengo» ribatté la più giovane.

   L’altra sorrise di nuovo. «Questo significa che tieni anche a me, visto che sono una dei fortunati a conoscere la vera te stessa.»

   «Sta’ zitta» scattò stizzita Nao, decidendo che il colore perlaceo del suo nuovo smalto fosse molto più interessante da osservare.

   Anche la ragazza dai capelli lunghi volse gli occhi altrove, come fosse persa fra i propri pensieri. «Era spaventata.»

   «Lo eravamo tutte, all’epoca» fu corretta all’istante. «Però non mi pare che tu l'avessi minacciata di qualcosa. Era soltanto con me che doveva prendersela, come poi ha fatto, non contro colei che diceva di voler proteggere a tutti i costi.»

   «Nao...»

   «Fare quello che ha fatto lei è forse la cosa più vergognosa che possa esistere.»

   «Per favore...»

   «Il suo è stato un modo davvero schifoso di dimostrarti quanto in realtà fosse egoista, oltre che ipocrita.»

   Tacquero. Natsuki si rendeva conto che Nao aveva ragione, ma come poteva ammettere apertamente la verità? Doveva troppo a Shizuru per voltarle le spalle. Sia Mai che Tate si erano mostrati molto più comprensivi, l’avevano aiutata a riflettere, al punto che adesso le pareva, in parte, di aver ritrovato una certa calma interiore.

   «Cosa dovrei fare, secondo te?»

   «Perché me lo domandi?» rispose la rossa, ammorbidendo il tono. «Tanto hai già deciso.»

   La sua senpai stette a rifletterci un attimo su, poi mormorò: «Non voglio costringermi a fare qualcosa che non sento.» Subito le pupille di Nao scattarono nella sua direzione, stupite e, in qualche modo, rasserenate. «Per questo ho deciso di prendermi il tempo che mi serve per decidere.»

   «Mh» mugugnò Yuuki, tornando a dissimulare interesse. «Se hai bisogno, il confessionale della chiesa è a tua disposizione» celiò, mentre la sua voce si faceva di nuovo allegra.

   «Di certo non verrei a chiedere di te» rimbeccò Natsuki, guardandola di sbieco.

   «Allora, trovati un uomo e sfogati con lui.»

   «Se fosse questo, il problema, lo avrei già risolto.»

   «Ti assicuro che sei sessualmente frustrata.»

   «Chiudi il becco, idiota!» sbottò, imbarazzata, perdendo l’apparente postura da fanciulla posata ed elegante. «Una che se ne va in giro vestita da suora non dovrebbe parlare in questo modo!»

   «E perché no?» fece spallucce Nao, sempre più divertita. «Dopotutto, Sister Yukariko andò in confusione proprio per questa ragione: si sentiva inutile per la risoluzione dei problemi delle sue pecorelle.» Voltò la fronte verso la mora e aggiunse, in un miagolio: «Dovresti trovarlo anche tu un bel lupo affamato. E che sia di carne, questa volta, e non di metallo.»

   Finiva sempre così con lei, si ritrovò a pensare Natsuki, mentre si avventava contro la compagna di scuola per iniziare l’ennesima rissa. Di solito c’era sempre qualcuno pronto a mettere pace tra loro, ma questa volta non era necessario: sapevano che mai più avrebbero corso il rischio di rovinare quell’amicizia. Fuori dalle righe, senza dubbio, ma ugualmente preziosa. Nao era in grado di dire in faccia alla gente scomode verità che altri non avrebbero mai osato pronunciare, e battibeccare con lei era la soluzione ideale per smorzare il nervosismo accumulato durante una giornata andata particolarmente storta.

   In più, Nao aveva un passato simile al suo: era stata da sola per molto, troppo tempo.

   Quando furono stanche di mordersi e di tirarsi i capelli, condendo quei momenti non propriamente idilliaci con gli insulti più ricercati, le due ragazze collassarono in terra, l’una sull’altra, in cerca di fiato.

   «Sei una bruta, mi hai rotto un’unghia!»

   Natsuki si sentì troppo sfiancata per tirarle uno scappellotto. «Scusa se la pelle del mio viso, sanguinando, ha profanato il tuo corpo.»

   L’altra rise. «Credi sia il caso di tornare in classe?» domandò, sentendo in lontananza la campana della scuola che richiamava gli studenti per l’inizio delle lezioni.

   «Conciate in questo modo? Mi hai persino strappato una manica, accidenti a te.»

   «È la mia vendetta per lo schiaffo di ieri.»

   «Quello me lo avevi già restituito!»

   «Ah, sì?» si finse smemorata, indispettendo ulteriormente la maggiore. Questa allora le scostò senza tanti complimenti il capo che le premeva sullo stomaco e si rialzò a sedere, facendole quasi battere la nuca contro la pietra che ricopriva la pavimentazione del porticato. «Ma sei matta? Avverti prima di farmi lasciare le cervella qui!» la sentì lamentarsi.

   «Sai, Nao?» le disse invece lei, sorprendendola per la serietà del suo volto, nonostante i tre graffi rossi che le solcavano ingiustamente una guancia. «Una volta Mai mi disse che le piaceva la scuola, ma allora non capivo come potesse trovarla divertente. Adesso che posso vivere come una qualunque liceale, invece, riesco a comprenderla.»

   La rossa si soffermò a scrutarla, e per una volta non disse nulla, nemmeno per prenderla in giro: rispetto alla sera precedente, Natsuki sembrava più rilassata. A Nao non fu difficile attribuire quel cambiamento a colei che ancora, un po’ per scherzo un po’ per convinzione, continuava a chiamare Miss Perfezione. Sospirò, e sorrise sollevata.

 














Ed eccolo il confronto privato tra Nao e Natsuki che mi aveva chiesto NicoDevil. Ad essere onesta, avevo appena finito di scriverlo quando ho letto la recensione in cui lei ne parlava. Spero comunque di non averla delusa, anche perché queste due teste calde le adoro anch'io quando sono insieme. Riguardo invece Shizuru... L'hai detto, Cla': io stessa non avrei avuto niente da ridire sul suo personaggio se lei si fosse comportata in modo onesto, parlando con sincerità a Natsuki.
Ci tengo inoltre a ringraziare Hinata_chan, Hanako_chan, Atlantislux e Gufo_Tave per le loro splendide parole, e prometto che farò di tutto per rimanere fedele al progetto che ho in mente, senza lasciarmi trascinare dalle preferenze personali (quali l'odio per Shizuru e la passione per la ship MasashixNatsuki). Cercherò di continuare a far vincere la logica su tutto, anche a costo di far fondere Lanfranco (il mio neurone solitario).
Shainareth





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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***







CAPITOLO SETTIMO





«Tornate un’altra volta qui conciate in questo modo, e avverto la direttrice» le minacciò Sagisawa-sensei, applicando con poca grazia un cerotto sul braccio di Nao, proprio dove Natsuki le aveva lasciato i segni di un brutto morso.
   «Insomma, possibile che non impariate mai, voi due?»
   «È fiato sprecato, Midori: vanno avanti così da mesi.»
   La professoressa di Storia Giapponese, in piedi di fronte a Natsuki, i pugni sulle anche, si volse in direzione dell’amica. «È compito di ogni buon insegnante mettere in testa agli studenti che la scuola non è una giungla.» Tornò a fissare la propria alunna con aria stizzita. «Anche con i casi disperati come loro.»
   «Risparmiaci la predica» fu la risposta che sbuffò Kuga, braccia conserte.
   «Cosa?!» esclamò l’altra, incredula. Le puntò un dito contro e annunciò: «Fatelo di nuovo e, vi assicuro, vi assegnerò una punizione con i fiocchi!»
   «Sì, certo…» prese parola Nao, alzandosi dallo sgabello su cui si era accomodata per le medicazioni ed affiancandosi alla compagna. «Ma non di pomeriggio: ho i miei impegni in chiesa. E già quello è un supplizio.»
   «A te non basterebbe nemmeno il riformatorio» commentò la motociclista, attirandosi uno sguardo astioso da parte di tutte e tre le altre donne. Scrollò le spalle. «Tranquille, non ho voglia di ricominciare a litigare. Anzi, se ci lasciate andare, me ne torno in classe.»
   «Ecco, brave. È la miglior cosa» concordò Youko, rimettendo la cassetta di primo soccorso nell’armadietto dei medicinali. «E non fatevi più vedere da queste parti. Non prima del prossimo anno scolastico, possibilmente.»
   «Sì, sì…» bofonchiarono le due teppiste in coro, aprendo la porta ed uscendo dall’infermeria senza nemmeno salutare.
   La dottoressa scosse la testa. «Midori, lascia che ti dica una cosa: sei negata come insegnante.»
   Quella scattò sulla difensiva, scandalizzata. «Come osi?! I ragazzi mi adorano!»
   «Perché lasci che facciano i loro comodi, certo» fu la risposta caustica che ricevette.
   Midori soffiò, indispettita, sedendosi pesantemente sullo sgabello precedentemente occupato da Nao. «Scommetto che quelle due si presenteranno di nuovo qui prima di due settimane. E allora vedremo se la tua ramanzina avrà avuto effetti migliori delle mie.»

«Che strazio» si lamentò Yuuki, massaggiandosi il braccio mentre procedeva lungo il corridoio accanto alla sua senpai. La campana era suonata da una buona mezz’ora, e nessuna delle due aveva la minima voglia di rientrare in classe; tuttavia le assenze fatte fino ad allora erano troppe, e per non rischiare di dover ripetere l’anno erano costrette a comportarsi come alunne diligenti. Per quanto potessero passare per tali ricoperte di cerotti e mercurocromo.
   Quando furono in procinto di separarsi per dirigersi ognuna verso la propria aula, si ritrovarono di fronte il capitano della squadra di kendo. Tutti e tre arrestarono di colpo il passo.
   «Oh, bene» ruppe l’imbarazzante silenzio Nao, sorridendo da brava carogna. «Vedi, Kuga? Il destino è davvero magnanimo con te.»
   «Taci!» la seccò lei, furiosa, le gote sfumate di rosso.
   L’altra le batté affettuosamente una pacca sulla spalla, facendole anche male perché incurante di averle procurato un livido lì diversi minuti prima. «In bocca al lupo» le disse, iniziando ad allontanarsi per lasciarli soli. «E che sia di carne, mi raccomando!» aggiunse poi, in lontananza.
   «Mi capiterai di nuovo tra le mani, maledetta bastarda!» le inveì contro Natsuki, già dimentica di essere oggetto di attenzione da parte del giovane che, al momento, in qualche modo la interessava.
   «Uhm… Kuga?» Sobbalzò, ricordandosi finalmente di lui, ed avvampò più di prima, tornando ad assumere una postura elegante e spostandosi una ciocca dal viso con un rapido gesto della mano.
   «Dimmi» rispose, come se nulla fosse.
   Masashi la fissò perplesso, decidendo però di non domandarsi nulla: dopotutto non era la prima volta che vedeva l’amata alle prese con modi di fare poco femminili come quello. C’era, invero, un altro motivo che lo distraeva da quel comportamento. «Che ti è successo?»
   «Eh?» cascò dalle nuvole la fanciulla, aggrottando un sopracciglio.
   «Sei piena di ferite» le fece notare il kendoka, sempre più preoccupato. «E hai l’uniforme strappata.»
   Augurando a Nao di tutto cuore una seduta in bagno per le prossime tre ore, lei cercò di non dare peso alla cosa. «Ah, sì… Un piccolo incidente.»
   «Ma stai bene?»
   «Sì, certo.»
   «Meglio così» fece finta di crederle l’altro. «Allora ti conviene tornare in classe, le lezioni sono già cominciate.»
   Natsuki annuì. «E tu che ci fai in giro per i corridoi?»
   Takeda si sorprese. Molto. Da che si erano conosciuti, alla ragazza non era mai importato di quello che gli accadeva. Anzi, se non era lui a salutarla per primo, di sicuro lei non si sarebbe scomodata a farlo. Nell’ultimo periodo, però, l’atteggiamento della mora nei suoi confronti era cambiato, e se Masashi non ricordava male, il tutto era iniziato quel giorno di qualche settimana addietro, quando, sotto un’abbondante nevicata, lui le aveva offerto il proprio ombrello per accompagnarla a Tsukimori. Aveva già trovato abbastanza strano il fatto che lei avesse accettato quell’invito, ma mai si sarebbe aspettato che le cose tra loro prendessero una piega che pareva volgere verso l’amicizia – o qualcosa di simile.
   «Il responsabile della mia classe mi ha chiesto di portare questi in sala professori» spiegò allora, mostrandole una pila di questionari che aveva fra le mani e che Natsuki non aveva neanche notato.
   «Oh» mormorò questa, sentendosi una scema. «Bene, allora non ti trattengo. Ci vediamo.» Fece per proseguire, ma il giovane la chiamò indietro. Si volse di nuovo nella sua direzione, in attesa che lui parlasse. Lo fece.
   «Kuga… posso… Posso chiederti se è successo qualcosa?»
   Avvertendo una sensazione di calore al volto, lei abbassò il capo nell’inutile tentativo di dissimularlo. «Perché, cosa dovrebbe essere successo?» bofonchiò, intimidita.
   «Non so… È che mi sembri… cambiata…»
   Colpita e affondata, Natsuki fece un passo indietro. «C-Credi?»
   Takeda annuì, prendendo coraggio e avanzando di poco verso di lei. «Cosa ci facevi fuori dalla palestra quella volta?»
   Al ricordo di quanto accaduto quel pomeriggio in cui era rimasta sotto la pioggia battente ad aspettarlo, l’ex-HiME fu presa dal panico. «Niente! Cosa vuoi che ci facessi, lì?» iniziò a tartagliare, fingendo di non aver mai ammesso, pur con Tate testimone, che si trovava in quel posto per ricambiare un favore al capitano della squadra di kendo.
   Quest’ultimo però lo ricordava bene, per cui si mosse ancora nella sua direzione. «Kuga…»
   «È tardi, dovremmo andare in classe…» iniziò a fremere lei, evitando i suoi occhi.
   «Ascolta…» insistette purtroppo il giovane, non sapendo che la poveretta era nel bel mezzo di una crisi interiore: Masashi non era al corrente dei particolari riguardo Shizuru, solo dell’amore che quest’ultima provava per la bella amica.
   Natsuki fece quasi per scappare e lui la bloccò per un braccio, mostrandosi sicuro almeno per una volta. Non aveva forse deciso di rinunciare a lei? E allora perché adesso, quasi per dispetto, la compagna pareva stuzzicare di nuovo il suo cuore? Voleva capire cosa stesse succedendo. Doveva capirlo. Anche a costo di prendersi l’ennesimo ceffone da parte sua.
   «Lasciami!» urlò la ragazza. Il fatto di essere forzata fisicamente a fare qualcosa la terrorizzava al punto che in quegli attimi concitati smarrì la lucidità mentale. Con un brusco movimento del corpo riuscì a liberarsi dalla presa, ma uno dei suoi piedi perse l’appoggio e lei scivolò all’indietro. Takeda l’afferrò per l’altro polso e per la giacca dell’uniforme giusto in tempo per evitarle una brutta caduta, lasciando che i fogli che teneva in mano scivolassero sul pavimento e creassero così una gran confusione tutt’intorno.
  «Stai bene?»
   La sua voce giunse come da un mondo lontano, e quando Natsuki se ne rese conto, rialzò lo sguardo verso di lui, fissandolo come se non lo avesse mai visto prima di allora. Si accorse quindi che si trattava del suo senpai, di una persona che, in definitiva, non le aveva mai fatto del male, anzi. Di colpo, senza che potesse farci nulla, le lacrime cominciarono silenziosamente a scivolarle sulla pelle del viso.
   «Kuga…?»
   «Takeda…» La sentì rantolare lui, disperata. «Per favore… lasciami andare…»
  Subito l'accontentò, temendo di farla piangere di più. «Kuga... te ne prego, dimmi che è successo.»
  «Cosa sta succedendo?» gli fece eco Sakomizu-sensei che, uscendo dalla sala professori lì vicino, aveva sentito Natsuki gridare.

Le mise una tazza di tè caldo davanti e tornò a sedersi al proprio posto. Aveva fatto accomodare la ragazza accanto a lui, alla sua scrivania, nella speranza che lei potesse calmarsi. Amava Natsuki quasi come fosse stata sua figlia, forse in memoria dell'antico affetto provato un tempo per la madre di lei, Saeko. Si sentiva perciò responsabile di tutto quello che le capitava e, sperando che anch'ella potesse in qualche modo trovare conforto nella sua presenza, cercava di starle accanto nei momenti più difficili anche ora che la Stella delle HiME era scomparsa per sempre.
   Sorrise, vedendola tirare su col naso nel tentativo di camuffare il fatto di aver pianto. «Con chi ti sei azzuffata?»
   «Con nessuno.»
   Sospirò, prendendo in mano il proprio infuso. «È incredibile come tu riesca a mentire così sfacciatamente.» Volse la propria attenzione verso Takeda, impegnato a discutere con un altro docente riguardo i questionari che doveva consegnare. «Non sarà stato lui a ridurti in questo stato, voglio sperare...»
   Natsuki alzò la testa di scatto, fissandolo quasi offesa. «Assolutamente» proruppe, così ad alta voce che in molti levarono gli occhi nella loro direzione. «E comunque,» riprese lei, moderando il tono, «ho già avuto una strigliata da Midori e dalla sua amica.»
   «Credo che Sugiura-sensei sia più brava di me in questo genere di cose» le concesse l'uomo, sorseggiando il tè. «Allora, mi vuoi dire cosa ti è successo?»
   «Nulla di particolare.»
   «Che testarda...»
   La sua alunna lo imitò, prendendo la tazza ed iniziando a bere e a riscaldarsi i palmi contro la ceramica. «Dovrei essere in classe» disse poi, in perfetto contrasto con l'indolenza delle proprie azioni.
   «Così conciata?» Sakomizu-sensei scosse il capo. «Anzitutto dovresti smettere di piangere.»
   L'ex-HiME corrucciò la fronte, stizzita. «Non sto piangendo.»
   Il professore decise di lasciarla in pace. Vide Takeda che, alle spalle di lei, attraversava la stanza per uscire in corridoio: benché avanzasse verso la porta, i suoi occhi verdi sbirciavano la figura della ragazza. Kaiji si alzò da dove era seduto. «Takeda-kun» chiamò, facendo sussultare entrambi gli studenti. «Potresti farmi il piacere di accompagnare Natsuki in aula?» propose senza tanti giri di parole, lasciandoli spiazzati. «Indisciplinata com'è, non vorrei saltasse ancora una volta le lezioni del pomeriggio.»
   «Ehi!» protestò la mora, scattando in piedi.
   «Non lo hai appena detto tu che devi tornare in classe?»
   «Sì, ma non ho bisogno della baby-sitter.»
   Sakomizu-sensei rise bonariamente. «Nessuna baby-sitter, voglio solo assicurarmi che tu stia bene» spiegò, lasciandola piacevolmente stupita. Tornò a rivolgersi a Masashi. «Takeda-kun?»
   Lui fece un leggero inchino. «Certo, Sakomizu-sensei.»

Camminavano in silenzio, l'uno accanto all'altra. Il primo avanzando con movimenti rigidi, tanto era nervoso, la seconda stretta nelle spalle, il capo basso.
   Ormai aveva perso il conto, Natsuki, delle volte in cui si era sentita in colpa, come ora, nei confronti del suo senpai. Questi aveva la sfortunata capacità di trovarsi sempre nel posto sbagliato nel momento sbagliato, ma era anche vero che, abituata a non fidarsi di nessuno, lei continuava a fraintendere tutto ciò che quel poveretto faceva o diceva. La ragazza se ne rammaricava, anche perché adesso aveva iniziato a conoscerlo meglio e, tenendo a mente le parole di Tate, come quest'ultimo riusciva a vedere alcune delle qualità del giovane che lei invece aveva precedentemente ignorato.
   Anzitutto, il senso dell'onore. Non sapeva spiegarsi, la bella Kuga, se la sua fosse una virtù innata o se Takeda l'avesse rafforzata con il tempo, grazie agli esercizi di meditazione a cui egli era solito sottoporsi durante gli allenamenti di kendo. In ogni caso, era senza dubbio da apprezzare.
   Non farebbe mai ciò che ha fatto Shizuru...
   Fu questo il primo pensiero che le venne alla mente. Si morse le labbra, ricordandosi di come pochi minuti prima lei avesse reagito d'istinto ad un gesto del tutto innocuo del compagno di scuola. Era bastato davvero poco affinché la paura la sopraffacesse, e se ne domandò la ragione: perché succedeva soltanto ora, dopo mesi dalla violenza subita? Non aveva potuto spiegare a Mai cosa esattamente Shizuru le avesse fatto mentre era incosciente, perché lei stessa non lo sapeva: preferiva rimanere nell'ignoranza. Era forse questa la ragione per cui, illudendosi che in realtà l'altra HiME non le avesse fatto nulla, che le si fosse semplicemente stesa accanto, a Natsuki era stato più o meno facile perdonare l'accaduto. Tuttavia i dubbi continuavano ad attanargliarle il cuore, facendolo dolorosamente sanguinare adesso che finalmente aveva iniziato a prendere le distanze da quel lontano giorno, adesso che aveva potuto sfogarsi apertamente con qualcun altro.
   Quando raggiunsero l'aula della ragazza, Masashi arrestò il passo di scatto. «Eccoci arrivati» disse, quasi gridando per la tensione. Con una certa delusione, a Natsuki parve che fosse tornato ad avere paura di lei, come quando gli urlava contro senza motivo, e non poté dargli torto. «Ci... Ci vediamo.»
   «Takeda» lo richiamò prima ancora che lui potesse allontanarsi. «Mi dispiace... per prima.»
   «No... non importa, sta' tranquilla» si sentì rispondere con voce incerta.
   Scosse la testa, mortificata. «Importa a me.» Il kendoka la fissò ancora una volta allibito: da quando era diventato così importante per lei? «Io... non ti ho ancora ringraziato per avermi accompagnata a Tsukimori, quella volta.»
   Si portò una mano dietro la nuca, come fosse in imbarazzo. «Ah... No, no, non ce n'è bisogno, davvero. È stato un piacere.»
   Natsuki sorrise e rialzò gli occhi per fissarli in quelli di lui. «Sono io che ci tengo a sdebitarmi.»
   Spiazzato, e a dir poco spaventato da quella novità, Masashi lasciò ricadere la mascella. «Che...?» La vide ridere. La sua dea, Kuga, non lo aveva mai fatto in sua presenza. «Ne sei... sicura?»
   Lei annuì, tornando però ad imbronciarsi e a guardare altrove. «Però...» iniziò, arrossendo, «questo non è un appuntamento, sia ben chiaro.»
   Di nuovo l'altro rimase di stucco. «Oh, no, no!» esclamò, riprendendosi il prima possibile e gesticolando in modo decisamente buffo. «Non fraintenderò! Figurarsi se proprio tu... sì, se una come te... può voler uscire con me...» La prese come un gioco, ma la vecchia ferita tornò a riaprirsi dentro di lui. «Beh... allora fammi sapere dove e quando, ok?»
   «Non...» cominciò la fanciulla. Si fermò per riprendere fiato, o forse per riflettere. «D'accordo, ma non sarà in tempi brevi. Scusa.»
   «Kuga» non resistette alla tentazione di chiederle lui. Visto che, a quanto sembrava, poteva sentirsi libero di rivolgerle la parola quando voleva, decise di approfittarne. «Posso chiederti perché ti scusi?»
   «Forse...» rispose la mora, tornando a sorridere mestamente, «perché sono sempre stata ingiusta con te.»














Anzitutto chiedo scusa se questo capitolo dovesse risultare confuso o pieno di errori (di qualunque tipo), ma ho avuto delle serie difficoltà a scriverlo perché mi sono ritrovata in una situazione che non avevo previsto: inizialmente avevo intenzione di far fare a Takeda l'ennesima figuraccia, cadendo in modo maldestro su Natsuki o roba simile. Se non è accaduto è per due ragioni: 1. lo trovavo banale; 2. dopo aver subito uno stupro (o quel che era) da parte di quella che credeva la sua unica amica, come avrebbe preso, Natsuki, un incidente del genere? Di sicuro non bene. Sarebbe davvero stato cattivo da parte mia, e onestamente non me la sento di fare ancora del male a questo personaggio che gli sceneggiatori hanno già massacrato abbastanza (non che agli altri sia andata meglio, ma loro si sono ripresi a fine serie, mentre Natsuki ha ancora a che fare con quella là).
Mi auguro, in ogni caso, di essere riuscita a seguire una certa logica... Sappiatemi dire, per favore.
Concludo con gli immancabili ringraziamenti ai lettori e ai recensori: siete davvero preziosi. ^^
Shainareth





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Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo ***







CAPITOLO OTTAVO





«Ho detto a Takeda che usciremo insieme.» Mai alzò di scatto gli occhi dal libro di scienze, guardandola come se fosse matta. «Non sarà un appuntamento» dovette precisare l'altra, sulla difensiva, mostrandole un'espressione imbronciata.

   «Natsuki, dovresti comunque prenderti del tempo» le rimproverò l'amica.

   «Ed è quello che ho intenzione di fare, sta' tranquilla» la rassicurò lei. Spostò la propria attenzione su Mikoto che, davanti al televisore, era intenta a ridere e a mangiare crackers di riso. «Ehi, tu non dovresti studiare?»

   «Copierò gli esercizi di Nao» spiegò la minore del terzetto, in modo del tutto spontaneo.

   «Perché, quella li fa?» si domandò Natsuki, scettica.

 La ragazza dal caschetto arancione si era intanto alzata dalla propria scrivania e aveva raggiunto la piccola Minagi, i pugni sulle anche. «Mikoto!» iniziò a starnazzare. Dal momento che Takumi non era mai stato un problema come fratello, malattia a parte, la disobbedienza di Mikoto le dava in qualche modo la possibilità di scaricare i nervi. «Fila a fare i compiti!»

   «Non ne ho voglia» fu la logica obiezione che sollevò la moretta. «Pure Natsuki non li sta facendo, sgrida anche lei!»

   «Io ho il polso slogato!» ribatté quella. Non era vero, ovviamente, ma ora che la scarsa inclinazione per lo studio se ne stava a braccetto con i problemi personali, Natsuki evitava di concentrarsi inutilmente su altro.

   «Bugiarda! Nao non può averti fatto così male!»

   A quell'osservazione di Mikoto, Mai batté le palpebre, perplessa. Poi, finalmente, fu colta da un'illuminazione. «Ah!» gridò, additando la maggiore. «Ha ragione! Dovresti avere il polso fasciato, se ti facesse male!»

   Kuga sobbalzò, tradita dalla sua stessa ingenuità. «Non mi faceva male fino a che non ho provato a scrivere, ecco perché l'amica di Midori non me lo ha immobilizzato» s'inventò sul momento.

   L'ex-HiME del fuoco, però, le era già addosso, gli occhi negli occhi. «Na-tsu-ki» sillabò tra i denti.

   «Che... Che vuoi?»

   «Capisco che tu stia passando un brutto periodo, ma gli esami di fine anno sono alle porte: vuoi essere di nuovo bocciata?»

   Con gran faccia tosta, la motociclista evase il suo sguardo, riportandolo distrattamente sul catalogo di biancheria intima che aveva davanti a sé. Con un gesto brusco, Mai lo chiuse, prendendolo fra le dita e gettandoselo alle spalle, dall'altra parte della stanza. «Ehi!» protestò Natsuki, facendo per alzarsi e per andare a recuperarlo.

   L'altra le bloccò la strada. «Che altro è successo?» Stupita, lei rimase muta e tornò al suo posto. «Perché hai detto a Takeda-senpai che saresti uscita con lui?»

   «Ci uscirò di sicuro, quindi evita il condizionale.»

   «Sta bene» le concesse la minore. «Ma perché?»

   «Glielo devo.»

   Quella risposta fece accigliare la rossa di più. «Natsuki!» esclamò, spazientita, battendo il palmo della mano contro il ripiano della scrivania dov'era seduta la sua amica. «Smettila di concedere a destra e a manca favori che non vuoi fare! Non devi sentirti obbligata!»

   «Questa volta è diverso!» replicò l'altra, seccata. «Lo faccio perché voglio!» precisò allora. «Oggi l'ho trattato male per l'ennesima volta, senza che quel poveretto se lo meritasse! Il minimo ch'io possa fare, ora, è spiegargli come stanno le cose!»

   Sorprendendosi di quelle parole, Mai la fissò con occhi sgranati: pur nella confusione che cercava in ogni modo di farla impazzire, Natsuki aveva iniziato a reagire, stabilendo una certa logica per le proprie azioni future. La ragazza dalle forme generose rilassò il corpo, lasciandosi cadere sulla sedia. «Lo sai? Anche se fingi di fare la dura,» iniziò col sorriso sulle labbra, «sei davvero gentile.»

   Kuga arrossì e, vivendo quelle parole come un déjà vu, si nascose alla sua vista, poggiando il viso giusto sul polso che avrebbe dovuto farle male. «Sta' zitta» bofonchiò, non volendo ammettere che quella non era la prima volta che qualcuno glielo faceva notare.

   «Però... dovresti giocare a carte scoperte anche con Fujino-san. L'onestà è la cosa più importante, l'ho imparato anch'io a mie spese.»

   «Lo so.»

 

«Ti stai di nuovo prendendo gioco di me, Fujino?!»

   La voce agguerrita di Suzushiro sarebbe stata capace di oltrepassare persino l'altopiano del Tibet, se ne avesse avuto l'opportunità. Fu questo ciò che pensò Natsuki fermandosi davanti all'aula del Consiglio Studentesco. Non le riuscì però di captare la risposta che la bionda ricevette; seppe solo che dovette indisporla parecchio, poiché Haruka ruggì qualcosa che fece scandalizzare Yukino, ed uscì dalla stanza come una furia, arrivando quasi a travolgerla.

   Gli occhi violetti del Direttore Esecutivo la fissarono con sorpresa. Quindi, quando la giunonica fanciulla parve acquietarsi, le scoccò uno sguardo infastidito. «Non dovresti aggirarti da queste parti senza scorta» affondò senza preamboli, facendo cenno col capo verso l'interno dell'aula e dando così conferma a Natsuki che vi fosse un'ennesima persona che, benché non fosse legata a lei da rapporti di amicizia, dimostrava di preoccuparsi per lei.

   «Esageri.»

   «Tu credi?» Kuga non rispose e passò oltre, indispettendo ulteriormente la sua senpai. «Poi non dire che non ti avevo avvisata» borbottò questa, incrociando le braccia sotto ai seni prosperosi.

   «Haruka-chan...»

   Quel pigolio di Yukino le ricordò che aveva qualcosa da fare. Voltò allora le spalle alla ragazza mora e si avviò a grandi falcate lungo il corridoio, mentre il suo braccio destro, salutata la compagna, le trotterellava dietro con aria dispiaciuta.

   «Natsuki!» chiamò la Presidentessa in tono allegro, vedendo la sua amica varcare la soglia. Se ne stava accanto alla finestra, rigorosamente chiusa per via del freddo di inizio febbraio, e la sua sagoma aggraziata si stagliava contro la luce del sole al tramonto.

   A Natsuki tornò alla mente la medesima cosa che pensava ogni volta che si trovava in sua compagnia: a vederla, Shizuru appariva come una diplomanda qualunque, matura e posata. La motociclista non credeva alle parole di Nao, che la dipingeva come un'ipocrita. Si era piuttosto convinta che la gentilezza di Fujino fosse congenita e che quei suoi lampi di follia fossero unicamente frutto della paura. Ciò non toglieva, comunque, che Kuga si sentisse prigioniera di quella sorta di doppia personalità che affliggeva quello che un tempo era stato il suo unico spiraglio di luce in un mondo fatto di ombre. Nei suoi incubi ricorrenti, sognava che, dopo averle detto di avere l'intenzione di uscire con un ragazzo, l'indomani lei stessa rinveniva da qualche parte il cadavere del suddetto individuo. E allora, svegliandosi di soprassalto da quelle terribili immagini, si rimproverava la scarsa fiducia e la pessima dimostrazione di affetto che, dentro di sé, dimostrava per Shizuru.

   Il timore che qualcosa potesse comunque accadere in futuro, continuava tuttavia ad albergare nel suo cuore.

   «Vanno meglio le ferite?» si sentì chiedere con fare premuroso.

   «Sì, non preoccuparti.» Non le aveva raccontato della rissa con Nao, non se l'era sentita. Benché odiasse mentirle, si era sentita costretta a raccontarle che, cadendo da alcuni gradini presenti nel cortile del campus, era finita addosso ad uno di quei gatti randagi che vivevano lì e che facevano spesso compagnia a Mikoto nei momenti di solitudine. Aveva così potuto spiegare, Natsuki, sia i lividi che i graffi sul viso. Shizuru pareva averle creduto, e tanto bastava.

   «Volevi parlarmi?»

   Quella domanda che la Presidentessa le pose con aria serafica le mise invece addosso una certa tensione. Provò a prendere tempo per tranquillizzarsi e saltò a sedere sulla cattedra, i palmi delle mani accanto ai fianchi, premuti contro il ripiano di legno. «Sono già usciti i risultati degli esami d'ammissione all'università che hai scelto?»

   «Ti preoccupi per me? Che cara.» Sembrava averla fatta felice con così poco. Tuttavia sapeva che le sarebbe bastato anche meno per distruggere quella calma apparente. Shizuru spostò il proprio sguardo al di là dei vetri della finestra. «Dovrebbero pubblicarli domani» rispose poi. «Sarà un peccato lasciare questo istituto. Mi mancherà.»

   Fu più forte di lei pensare che vivere due anni di scuola senza di lei sarebbe stato come una liberazione; eppure, di nuovo, Natsuki si biasimò per averlo fatto. Alla mente le sovvenne il ricordo che Mai aveva inconsapevolmente rispolverato il giorno addietro: mesi prima, accompagnando lei e suo fratello in ospedale per una delle ultime visite di controllo a cui Takumi si era sottoposto in Giappone prima di partire per l'America, si era ritrovata in sala d'attesa insieme ad Okuzaki.

   Era stata, inizialmente, una situazione strana per tutte e due. Non soltanto perché non avevano mai avuto granché modo di passare del tempo insieme, come era successo all'ultimo compleanno di Mai, ma soprattutto per via del fatto che entrambe erano tipi di poche parole. In molti avrebbero potuto definirle tsundere per quella loro aria apparentemente seria e impenetrabile, nonché per la facilità con cui poi, invece, si imbarazzavano quando c'erano da mettere in gioco i grandi sentimenti che portavano nel cuore, di qualunque natura essi fossero.

   «Kuga?» Natsuki si era stupita che l'altra avesse avuto qualcosa di cui discutere con lei. «La sorella di Takumi mi ha detto che, quando sono stato sconfitto al Carnival, mi hai salvato la vita.»

   «Ah... davvero?» Le era uscito spontaneo di bocca. Non che non considerasse l'esistenza di Akira, semplicemente non lo ricordava perché in quell'occasione aveva agito di istinto.

   La ragazzina le aveva sorriso timidamente, sorvolando sulla cosa. «Anche se l'hai dimenticato, lo hai fatto. Quindi ci tenevo a ringraziarti.»

   «Non è necessario.»

   «Lo è, invece. Anzi, sono mortificato per non averlo fatto prima.»

   Era sceso di nuovo il silenzio fra loro, e gli occhi della maggiore si erano soffermati involontariamente a scrutare con una certa attenzione la figura minuta della sua kohai. A dispetto di quanto avessero ritenuto tutti fino ad una manciata di giorni prima, dal modo in cui quest'ultima si guardava attorno e si rivolgeva a Takumi, si poteva capire che era una ragazza dentro e fuori, su questo non vi era alcun dubbio. Eppure continuava a parlare di se stessa come di un uomo. Non doveva essere stato facile, aveva iniziato d'un tratto a pensare Natsuki, vivere come tale pur nella consapevolezza di essere una donna. Partendo dal presupposto che quella sua condizione femminile fosse sbagliata, per di più.

   «Okuzaki...» Lei aveva alzato gli occhi a mandorla, segno che le prestava attenzione. «So che questo significa approfittarsene, ma posso chiederti una confidenza, in cambio?»

   Akira ci aveva pensato un attimo. Quindi aveva risposto: «Mi sembra giusto. Ti sono debitore.»

   «Hai un alto senso dell'onore, tu» era stata lieta di riconoscerle la sua interlocutrice.

   «Fa parte della mia educazione.»

   «Immagino di sì» aveva concordato, avvertendo però uno strano senso di contraddizione attorno alla questione: se da una parte tutto ciò che la famiglia aveva inculcato in quella bambina era stato sbagliato, almeno sui principi fondamentali non aveva fallito.

   «Di che si tratta?»

   Natsuki si era presa il tempo di raccogliersi i capelli fra le mani per osservarne distrattamente le punte, prima di proseguire. «Quando... Quando ti sei accorta di quello che provavi per Takumi,» la piccola ninja era sobbalzata, non aspettandosi una domanda del genere, «non ti è mai passato per la testa di approfittarti del fatto di condividere la sua stessa camera?» aveva proseguito comunque lei, cercando di non badarvi.

   La minore, a quel punto, aveva rizzato la schiena, mostrandole un cipiglio a dir poco furioso. «Ho un alto senso dell'onore. Lo hai detto poco fa» aveva tenuto a precisare con voce divenuta improvvisamente dura.

   La studentessa delle superiori le aveva rivolto un sorriso, lieta di sentirglielo dire. «Non fraintendere. Immaginavo già che non lo avresti fatto per questa ragione» l’aveva rassicurata. «Quello che mi chiedevo era se non ti fosse mai capitato di desiderare in qualche modo di avere un contatto, anche innocente, a sua insaputa.»

   «No» aveva ribattuto all'istante Akira, per nulla ammorbidita. «Sarebbe stato come sporcare ciò che sento per lui.» Quelle parole erano penetrate nella mente e nel corpo di Natsuki più di quanto la piccola avesse potuto immaginare.

   «Nemmeno quando hai temuto di perderlo?»

   «Allora dovrei farlo anche adesso, visto che la sua è l’unica vita ancora in pericolo. Inoltre,» a questo punto la voce di Okuzaki si era fatta più bassa, quasi un bisbiglio, «Takumi sapeva che ero un maschio. Se anche mi fossi reso conto di quello che provavo sin dal principio, sarebbe stato assurdo sperare che lui ricambiasse i miei sentimenti.»

   Aveva ragione lei. Quella situazione non era stata poi dissimile da quella che aveva vissuto Shizuru, eppure fra questa e la giovane kunoichi vi era una certa differenza.

   «Perciò... eri pronta a rinunciare a lui?»

   Rossa in volto per il ritrovarsi ad aprire così tanto il proprio cuore ad una persona che, in definitiva, non era neanche sua amica, l'ex-HiME addestrata al ninjustu aveva abbassato lo sguardo. «Se devo essere sincero, i primi tempi ho cercato di reprimere quello che stava nascendo dentro di me. Credevo fosse sbagliato, perché un uomo non avrebbe dovuto innamorarsi di qualcuno del suo stesso sesso.»

   La più grande l’aveva fissata, continuando a provare pena e al contempo ammirazione. «Tu però sei una ragazza.»

   Akira aveva annuito. «È una cosa che ho sempre saputo, ma che tendevo a sottovalutare. Vi davo importanza meramente da un punto vista fisico.» Dal modo in cui faticava a centellinare quelle confessioni, Natsuki si era resa conto della sofferenza che ancora la sua kohai si portava nell'animo. La capiva perfettamente. «Takumi è troppo importante. Non mi sarebbe mai saltato in testa di fargli pesare i miei problemi ben sapendo che lui stesso ne aveva di più gravi. E se anche non li avesse avuti, l'approfittarmi della mia condizione mi avrebbe dato la sensazione di allontanarlo da me.»

   No, si era sbagliata: fra Shizuru e Okuzaki vi era un abisso.

   «È... È questa la tua concezione di amore?» L’aveva vista assentire di nuovo in silenzio. «È lodevole.» L'altra era arrossita più di prima, e lei le aveva sorriso ancora. «Scusa se ti ho fatto delle domande tanto personali. Avevo bisogno di capire una cosa.» La ninja l’aveva guardata come se avesse intuito qualcosa, ma non aveva aggiunto niente. «Terrò per me ciò che mi hai raccontato, non temere.»

   «Non ti avrei detto nulla, se non avessi avuto la certezza di potermi fidare.»

   Attonita, Natsuki le aveva chiesto: «Tutto questo solo perché ti ho salvata?»

   «Anche. Ma soprattutto perché, come la sorella di Takumi, fino all'ultimo hai creduto di poter evitare di combattere.» Le era stato risposto. «Sei una persona gentile.»

   Stavolta era stato il suo turno di avvampare per l'imbarazzo. «No-Non dire idiozie» aveva balbettato, evitando i suoi occhi.

   Riconoscendosi in quegli stessi atteggiamenti, Akira aveva disteso le labbra e aveva lasciato cadere il discorso.

   A distanza di tempo, per quanto ne dicessero lei e Mai, l’ex-padrona di Duran non riusciva assolutamente a considerarsi come tale. Non dopo i pensieri che continuavano a materializzarsi nella sua mente nell’ultimo periodo, soprattutto.

   «Verrai a vederli insieme a me?»

   La melodia della voce di Shizuru la riportò al presente. Sapeva che la sua senpai non era una stupida, per cui doveva avere ben intuito che qualcosa non andasse per il verso giusto.

   «Se ti fa piacere» acconsentì, cercando di mettere da parte ogni brutto ricordo.

   Si era finalmente resa conto di avere sbagliato ad imporsi di amare una persona verso la quale non poteva provare che semplice affetto. Quello che doveva fare, invece, era trasformare quel debole filo che ancora teneva in piedi la loro amicizia, in un rapporto molto più solido, impostandone alla base una sincerità assoluta. Com'era stato con Mai, con Nao, con tutti gli altri.

   La porta si aprì velocemente, e si sentì qualcuno chiedere permesso: Masashi Takeda. Lui e Natsuki si fissarono stupiti, non immaginando di incontrarsi di nuovo così presto.

   «Takeda-kun,» fu invece il cordiale benvenuto della Presidentessa, «hai poi ottemperato al tuo spiacevole compito?»

  «Non ancora, anche se mi rendo conto che avrei dovuto farlo diverse settimane fa» rispose il giovane, muovendo qualche passo nella stanza.

  La ragazza mora balzò giù dalla cattedra. «Natsuki, hai la gonna sollevata» la informò la sua amica. Lei avvampò, portandosi immediatamente le mani al fondoschiena per coprirsi, frattanto che il kendoka indietreggiava e trovava appoggio alla parete per non collassare a terra.

  «Shizuru!» sbottò poi Kuga, rendendosi conto dell'essere stata presa in giro. «Non è affatto vero!»

  Quella le sorrise con amore. «Scusami, ma è davvero divertente vederti saltare la mosca al naso.»

  «Stupida» masticò l'altra fra i denti, ancora troppo imbarazzata per poter alzare di nuovo lo sguardo sul compagno di scuola, ora intento a reggersi il petto come se fosse appena stato colto da un infarto.

  Fujino tornò a rivolgersi proprio a lui. «È già stato deciso chi sarà il nuovo capitano?»

  Natsuki tese le orecchie: Takeda intendeva abbandonare il club?

  «Ci sono ancora delle discussioni al riguardo» lo sentì replicare, mentre i suoi occhi si ostinavano a rimanere fissi su quella piccola, insignificante crepa nell'intonaco che circondava l'intelaiatura della porta. «Dal momento che ho la massima fiducia in lui, ho proposto Tate per sostituirmi.» Già, pensò lei, quei due erano grandi amici... «Però, visti i suoi mesi d'assenza dalla palestra, diversi membri della squadra si sono opposti alla mia scelta. Per cui avrò bisogno ancora di qualche giorno, nella speranza di far cambiare loro idea.»

  «Capisco.» Shizuru si avvicinò, affiancandosi alla loro kohai. «Ad ogni modo, qualunque sia la decisione che verrà presa, dovrai esserne fiero: hai fatto grandi cose per il club di kendo in questi sei anni.»

  «Grazie, Fujino» rispose Masashi, omaggiandola con un inchino. «Non appena avrò un nome definitivo, tornerò a comunicartelo.»

  «Prenditi pure il tempo che ti serve.»

  «Allora, se non hai bisogno d'altro, io andrei a casa.»

  Natsuki strinse i pugni: non ci aveva pensato prima, ma anche lui, come Shizuru, avrebbe lasciato il Fuuka a breve. Ecco perché si dimetteva dal ruolo di capitano della squadra di kendo. Mancavano ancora alcune settimane al diploma, ma se lei avesse aspettato troppo, difficilmente le sarebbe ricapitata l'occasione di rivederlo per saldare il debito che aveva nei suoi confronti. Se solo non avesse gettato via il suo numero di telefono...

  «Aspetta» proruppe all'improvviso, bloccando Takeda quando era ormai in procinto di uscire, e stupendo la Presidentessa. «So che ti avevo detto che non sarebbe stato presto, ma fra gli esami di fine anno, il diploma ed i tuoi impegni con il club, difficilmente riusciremo a conciliare un giorno libero per entrambi.»

  I suoi senpai la fissarono allibiti: l'uno perché mai avrebbe sperato che Kuga si sarebbe sbottonata così tanto davanti a Fujino; l'altra perché spaventata dalla possibilità che la sua Natsuki avesse infine scelto qualcuno che non fosse lei. In preda al panico, neanche lontanamente le sfiorò l'idea che la ragazza non poteva essere così indelicata da comunicarle una cosa tanto importante in quel modo.

  Vedendola voltare il capo verso di lei, Natsuki impallidì dinanzi alla sua espressione, rendendosi conto che quel filo invisibile che le univa, tendendosi più del dovuto, era ora in procinto di spezzarsi. Se non indietreggiò, fu soltanto perché le pareva che le gambe le si fossero paralizzate.

«Shizuru...» mormorò, cercando di non dare a vedere la propria paura. «Sai... Takeda è stato gentile con me, un po' di tempo fa» cominciò a spiegare, facendosi coraggio. Era comunque una cosa che prima o poi avrebbe dovuto farle sapere, perciò tanto valeva rischiare. «E siccome non ho ancora avuto modo di ringraziarlo a dovere, pensavo di farlo oggi, offrendogli qualcosa di caldo.»

  Lasciando da conto il doppio senso da lei pronunciato, e che invece avrebbe divertito da morire Nao, Masashi fissò entrambe, sgomento: cosa diavolo era quella pesante tensione che avvertiva fra le due amiche?

  «Oh...» sospirò Shizuru, chinando il capo ed iniziando probabilmente a rasserenarsi. Il cuore che le si era fermato in petto un attimo prima, ora batteva all'impazzata, mentre i suoi occhi riacquistavano una certa luminosità. «In tal caso, posso venire con voi?»

  Il giovane non parlò perché gli era palese che si trattava di una questione che Natsuki doveva risolvere da sola.

  «Scusa, Shizuru,» provò infatti a farlo lei, senza nascondere un forte disagio, «non avevi qualcosa in sospeso con Suzushiro?»

  Quella parve ricordarsene soltanto allora; tuttavia insistette: «Sono sicura che saprà cavarsela benissimo senza il mio aiuto.»

  L'altra scosse la testa, ed i suoi capelli scuri ondeggiarono in un modo che piaceva molto ad entrambi i suoi senpai. «Dovresti smetterla di approfittarti così di lei» fu il suo rimprovero.

  «Ma...» tentò di obiettare la Presidentessa, mortificata. Perché di colpo Natsuki era diventata così dura? Non era invece stata sempre lei la più forte delle due?

  «Takeda?» la interruppe l’amata, tornando finalmente a rivolgere su di lui lo sguardo. Verde nel verde, le loro iridi sembrarono, per una volta, cercarsi spasmodicamente: se Kuga glielo avesse chiesto, Masashi l'avrebbe portata lontano da lì.

  «Dimmi.»

  «Sei libero ora?»

  «Sì, certo.»

 














Oddio, voi non immaginate che fatica. Anzitutto perché non è facile evitare di perdersi in tutte 'ste elucubrazioni mentali. Poi perché qui non mi si vuole fare scrivere. Sul serio, sembra che la gente faccia a gara per chi debba tenermi lontana dal PC più a lungo.
Vi chiedo perciò scusa per gli errori, le incongruenze o quant'altro; anzi, se avete notato qualcosa che non quadra, avvertitemi ed io provvederò subito a metterci una pezza.
La situazione pare stare volgendo a favore di Takeda. Non era mia intenzione, davvero. Mi limito a seguire il filo logico dei pensieri di Natsuki, anche se non so fino a che punto io sia capace di gestirli.
Come mi ha detto NicoDevil nella sua ultima recensione, scrivere questa fiction si sta rivelando più pesante di quanto avessi inizialmente previsto. E non posso che appoggiare anche ciò che afferma Atlantislux: e vissero felici e contenti non è propriamente la conclusione che adatterei a tutti i personaggi della serie, anzi. Salutando e ringraziando di vero cuore anche Hinata_chan, Hanako_chan e Gufo_Tave, vorrei fare un piccolo applauso a Chiarucciapuccia che, nonostante sappia tutto ciò che penso del suo personaggio preferito (Shizuru) e nonostante il tema della storia, è ancora qui a leggere e a sostenermi in quest'avventura: grazie davvero. ^^
Shainareth





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Capitolo 9
*** Capitolo Nono ***







CAPITOLO NONO





Si era costretta a rimanere ferma dov’era, anche per via del fatto che quell’atteggiamento di Natsuki l’aveva scombussolata al punto da inibirle qualsiasi reazione. Era stato solo dopo un paio di minuti che era stata in grado di tornare alla finestra, indirizzando immediatamente lo sguardo verso l’uscita dell’edificio, visibile dall’aula in cui si trovava. Non dovette aspettare molto, perché, tra i pochi studenti ancora presenti nei dintorni, poté presto scorgere quei due che l’avevano appena salutata per andare via insieme. Insieme.

   Fu solo quando sparirono alla sua vista che Shizuru si rese conto che il suo corpo era scosso da un tremore che non gli era proprio. Si strinse nelle spalle, disorientata, avvertendo il battito cardiaco farsi sempre più accelerato ed il respiro pesante. Non si domandò cosa le stesse accadendo, poiché lo sapeva, e questo la spaventava. L’ultima volta che aveva avuto una reazione simile…

   Aveva giurato a se stessa che non sarebbe più capitato, perché Natsuki aveva già sofferto abbastanza per colpa sua: era stata costretta a fare qualcosa che non voleva, e cioè combattere contro una sua amica.

   Gli occhi le si velarono di lacrime e la Presidentessa del Consiglio Studentesco si morse il labbro inferiore, cercando in tutti i modi di calmarsi; ma quanto più si sforzava di non perdere la testa, tanto più si agitava.

 

La sua Natsuki era diventata forte e non aveva più bisogno del suo aiuto.

 

La sua Natsuki si stava allontanando da lei.

 

La sua Natsuki le preferiva qualcun altro.

 

Serrò la presa delle dita attorno ai gomiti al punto da sentire le unghie nella carne. Non poteva più ricorrere all’aiuto di Kiyohime, né della sua infallibile naginata. Come avrebbe potuto, allora, proteggere la sua Natsuki dal mondo esterno? Come avrebbe potuto, allora, evitare che lei la abbandonasse?

   «Natsuki…»

   Non si accorse del tono che le uscì di bocca, ma se lo avesse fatto, se ne sarebbe meravigliata: le apparteneva solo per metà. Non era più melodioso, non era più gentile: era un richiamo disperato e orribilmente inquietante. Se Natsuki lo avesse udito, si sarebbe di nuovo sentita scaraventata in quel regime di terrore vissuto meno di sei mesi prima.

   D’un tratto quello status mentale che le annebbiava la ragione venne quasi a dissolversi, lasciandole la spiacevole sensazione di aver smarrito il senso del tempo, come se fosse stata svenuta, e adesso la testa le girava. Due braccia la sorreggevano, circondandola completamente, ed un petto robusto premeva contro la sua schiena. Forse quella era la prima volta che entrava in contatto così intimo con un uomo.

   «Shizuru-san.» La voce calda di Reito le accarezzò le orecchie, riuscendo nell’incredibile impresa di rassicurarla. Avvertì il tepore del suo respiro sui capelli, la gentilezza del suo tocco, l’affetto con cui, vedendola in quelle condizioni, si era premurato a correrle accanto. Era stato uno dei pochi ad assistere al teatro dell’orrore che lei aveva messo su tempo addietro. Anzi, per meglio dire, ne era stato il vero artefice, seppur inconsciamente, e Shizuru, mettendoci molto di suo, si era subito prodigata a dargli man forte.

 

Dentro di me c’è una bestia, che si comporta come se fosse stata intrappolata in una gabbia. Come se si fosse impossessata del mio corpo. Qualcosa che mi sembra molto familiare, ma al contempo ancora estranea… Qualcosa di estremamente aberrante. […] Ecco perché la desideravo. Credevo che lei sarebbe riuscita ad estirpare la bestia che c’è in me. Era una tenue, flebile fiammella di speranza.

 

«Reito-san…» Abituata a mostrarsi sempre elegante anche nella sua follia, adesso la ragazza si sentiva tutt’altro che capace di badare a se stessa, tutt’altro che capace di sostenere il gioco delle apparenze. Le sue parole non erano che un tremolio quasi indistinguibile, tanto la sua gola era soffocata da quel nodo che le toglieva il fiato. «Natsuki si sta allontanando da me…»

   «Lo so» le rispose lui, affermando una truce verità con quel suo modo di fare confortante. Era un’impresa in cui soltanto loro due riuscivano così bene.

   «Allora… cosa devo fare?»

   Kanzaki si curvò per poggiare il mento sulla sua spalla, lo sguardo perso nel gioco di luci del sole che continuava a scomparire all’orizzonte. «Temo che l’unica cosa che tu possa fare, è lasciarla andare.» Adesso si sentiva libero: la bestia che lo aveva afflitto fin dalla nascita era ormai svanita nel nulla, distrutta dai poteri delle HiME insieme a quella maledetta Stella che aveva condizionato la vita di tutti loro.

   Per Fujino, però, le cose non stavano allo stesso modo, perché la bestia che avvertiva dentro di sé non era dovuta a cause esterne, ma faceva parte integrante del suo essere. «Come posso lasciarla andare? Natsuki mi appartiene…»

   «Se lo credi davvero, la perderai del tutto.»

   «Perché?»

   «Perché ho creduto la stessa cosa di Mai-san, mettendole addosso un’ansia che avrei dovuto evitarle» riconobbe il giovane. «Se da un lato le assicuravo che la miglior cosa da fare era quella di lasciarsi i problemi alle spalle per cominciare a vivere pensando anche a se stessa, dall’altra, mio malgrado, ne approfittavo per avvicinarla a me, cercando in tutti i modi di diventare quel sostegno di cui lei avrebbe sempre avuto bisogno.»

   «Dovrei rinunciare a Natsuki…?» Shizuru si sentiva morire anche solo a pensarlo.

   «Dovresti cominciare a pensare alla sua felicità.»

   «Tu hai rinunciato al tuo amore?»

   «No. Ma ho deciso di accettare la volontà di Mai-san.»

   «Non so se ci riuscirò…»

   «È il solo modo che hai per non perdere quel poco che ti resta di lei.»

   Reclinò il capo all’indietro, fino a poggiare la nuca nell’incavo del collo di Reito, gli occhi spenti. «Capisco…»

 

 

Si trovavano ad attraversare un vialetto che costeggiava il giardino di rose dove Mai aveva conosciuto Mashiro e Fumi, perché Natsuki aveva preferito prendere una strada differente da quella solita, così da sfuggire al più presto allo sguardo di Shizuru.

   I due liceali camminarono in assoluto silenzio per un pezzo prima che la ragazza domandasse in un bisbiglio: «Ci sta seguendo qualcuno?»

   Lui si issò meglio la custodia della shinai sulla spalla e poi si volse indietro, senza neanche chiedersi la ragione di quella curiosità. «No, siamo da soli.»

   Natsuki rallentò il passo. «Davvero?»

   «Sì.»

   Si fermò. Le ci vollero alcuni attimi prima di immagazzinare a dovere quella notizia, e quando lo fece sentì le gambe tremare. Dovette aggrapparsi al braccio del giovane per non collassare in terra, tanto che lui si spaventò.

   «Ehi, stai bene?!»

   Lei annuì più volte, freneticamente, avvertendo sempre più l’opprimente bisogno di piangere. Masashi se ne accorse e, approfittando del contatto fisico, la guidò adagio verso il gazebo, dove avrebbe potuto farla sedere per qualche minuto. Faceva freddo ed il vento invernale scuoteva le piante spoglie di fiori. Il kendoka fece riparare la propria kohai dietro ad una delle colonne che tenevano in piedi la piccola costruzione in cemento e le si inginocchiò di fronte, preoccupato.

   «Vuoi che vada a prenderti qualcosa di caldo da bere?» le propose, avvertendo sulla pelle il gelo delle mani di lei. La vide scuotere il capo. «Ti riaccompagno al dormitorio?»

   «Takeda?» esordì invece l’ex-HiME, cercando di tranquillizzare anzitutto se stessa. «Sto bene. Sul serio.»

   «A me non sembra» osservò lui, deciso. Era chiaro che qualcosa non andasse, per la miseria! Che cosa le avevano fatto per ridurla in questo stato? Quasi non la riconosceva più… «Scusa se te lo chiedo, ma hai litigato con Fujino?»

   La fanciulla strinse la presa attorno alle sue dita. «Mi… Mi dispiace.»

   «Per cosa?»

   «Perché non so se mi sto comportando bene con te.»

   Il suo compagno di scuola sorrise per rassicurarla. «Non importa. Preferisco così, perché almeno, finalmente, mi prendi in considerazione.»

   Questa volta in piena consapevolezza, Natsuki crollò in lacrime: eccolo, l’amore di cui tutti parlavano, quel sentimento forte e sincero, capace di riscaldare il cuore senza pretendere nulla in cambio. Masashi rimase in attesa che lei si calmasse, avvertendo un pugno allo stomaco ogni volta che un singhiozzo la faceva sussultare. Non disse nulla, si limitò a sorreggerla e a stringerle le mani nelle proprie.

   Non sapeva dire, la ragazza, se quel pianto fosse dovuto al sollievo che vi fosse qualcuno capace di volerle bene in modo disinteressato o se invece servisse per sfogare la tensione accumulata in precedenza. Si rendeva solamente conto di essere riuscita a far capire a Shizuru che lei non le apparteneva, che aveva una propria autonomia, che voleva sentirsi libera di donare il proprio affetto a qualcun altro. Aveva deciso di risolvere la questione in quel momento anche in virtù del fatto che la sua rivale al Carnival aveva ormai perso i poteri, come tutte le altre HiME, e per tale ragione, se anche fosse uscita nuovamente di senno, poteva essere ritenuta molto meno pericolosa di un tempo. E se anche avesse avuto la meglio su di lei, Natsuki avrebbe potuto di sicuro contare sull’aiuto di Takeda. Era stata la sua presenza, unita a tutti i discorsi che i suoi amici e conoscenti le avevano fatto, dimostrandole un amore onesto e privo di egoismo, a darle la forza necessaria per affrontare la sua più grande paura.

   Si sentiva meglio, sì. Una piccola parte del suo essere riusciva ancora a provare l’ombra di un remoto senso di colpa verso l’amica, segno che ci teneva tuttora a lei; eppure, la consapevolezza di avere compiuto, almeno per una volta in vita sua, il passo giusto, le faceva, adesso, sentire l’animo leggero come mai era stato in precedenza, nemmeno dopo la disfatta della Stella e del Signore d’Ossidiana.

   Ben presto il suo pianto si placò, e la prima cosa che disse, quando riprese fiato, fu: «Grazie, Takeda.»

   «Non ho fatto nulla.»

   Scosse i crini scuri e alzò lo sguardo ancora intriso di lacrime su di lui. «Nonostante il mio essere scostante, nonostante le mie stranezze… sei sempre rimasto a vegliare su di me, anche se da lontano.»

   Il volto del giovane si fece buio. «Avevo deciso di rinunciare a te perché avevo capito che era inutile continuare a sperare in un amore che non sarebbe mai nato da parte tua.» Il fantasma di un sorriso gli si dipinse sulle labbra. «Ma non c’è stato verso di mettermi il cuore in pace.»

   Natsuki si rese finalmente conto di quanto fosse profondo il sentimento che il suo senpai doveva provare per lei e si morse l’interno della bocca, dandosi della stupida per non averlo scoperto prima. Per quale dannato motivo non aveva potuto vivere come una normale studentessa della sua età? Per quale dannato motivo, dopo il Carnival, i problemi, pur mutando in qualcosa di diverso, erano ancora lì a perseguitarla, allontanandola per l’ennesima volta da ciò che contava davvero nella vita?

   Masashi le lasciò una mano per prendere il fazzoletto pulito dalla tasca del proprio cappotto; glielo porse, così che lei potesse asciugarsi il viso. La sentì pigolare un tremulo grazie. «Kuga… non è necessario uscire insieme, se non te la senti.»

   La fanciulla esplose in una breve risata, stupita dalla differenza che vi era fra quel ragazzo e Shizuru. Dondolò di nuovo la testa a destra e a manca in segno di diniego. «No, no… Voglio saldare il mio debito» ci tenne a fargli sapere. «Ti chiedo solo la cortesia di aspettare. Mi rendo conto di essermi smentita per due volte, sull’argomento, ma questa volta non cambierò idea.» Si passò il fazzoletto sugli occhi. «Ho solo bisogno di tempo per riflettere, perché non ho ancora capito se ho iniziato ad interessarmi a te per una questione di comodo... o se perché, invece, lo sento davvero.» Vide Takeda strabuzzare gli occhi, incredulo, la mascella che gli ricadeva verso il basso, ma continuò a parlare, imperterrita, sentendosi loquace per la prima volta in vita sua. Glielo doveva, e pertanto decise di non risparmiarsi. «Non voglio illuderti dicendoti che fra qualche tempo io sarò in grado di ricambiare i tuoi sentimenti. Non meriti di stare ancora male per colpa mia, quindi… sentiti pure libero di vivere la vita come meglio credi, senza curarti di me.»

   «La fai facile, tu…» biascicò l’altro, ciondolando il capo in avanti per non farle capire di essere sul punto di piangere anche.

   «Dopo il vostro diploma, tu e Shizuru dovrete entrare in una nuova realtà, e magari col tempo le cose cambieranno dentro tutti noi.»

   «Non credo basterà così poco…» protestò, scoraggiato.

   Natsuki lo strattonò per una manica, e Masashi tornò ad alzare gli occhi verdi su di lei e si accorse che era arrossita. «Vorresti… aspettare?» Batté le palpebre, sicuro di non aver inteso le sue parole. «Non ti sto chiedendo di aspettare ch’io prenda una decisione, sarebbe egoistico da parte mia… Però… mi piacerebbe che, rivedendoci, in futuro, nessuno di noi due possa avere alcun dubbio riguardo a… quello che proviamo…»

   Non era un rifiuto, constatò, ma neanche un sì. Tuttavia, la cosa ebbe il potere di tranquillizzarlo. «Aspetteremo insieme» le assicurò, sorridendole sebbene sentisse ancora il cuore pesante.

   «Grazie» mormorò lei. «E scusa.»

   «Per cosa?»

   «Non ha importanza. Scusa» insistette, accigliandosi perché non le andava di ripetersi una terza volta: non era già abbastanza difficile confessare certe cose? Il giovane quasi rise, sollevato. Si passò una mano sul volto: stava tornando la Natsuki di sempre. Non ricevendo risposta, lei lo afferrò per la sciarpa e gliela strinse attorno al collo con fare violento. «E guai a te se questa conversazione giunge alle orecchie di altra gente» sottolineò per evitare sorprese in futuro.

   «S-Sarò muto come… un pesce…» rantolò Masashi, sentendosi soffocare, e temendo seriamente per la propria incolumità.

   La sua compagna lo lasciò andare e si rimise lentamente in piedi, guardandolo di sbieco. «Bene. Ora puoi andare a casa.»

   «Posso riaccompagnarti al dormitorio?» osò l’altro, mentre tornava a respirare a pieni polmoni.

   «Non se ne parla:» si scandalizzò Kuga, mostrandogli il pugno, «se qualcuno ti vedesse, penserebbe chissà cosa.» Nella sua testa si materializzò all’istante l’immagine di Nao che, spanciandosi dal ridere, le lanciava contro battutine idiote dai triplici sensi, uno più sconcio dell’altro.

   Il capitano della squadra di kendo annuì, alzando le mani in segno di resa. «Allora… ci vediamo domani.»

   «Sì, meglio.»

   Si levò sulle gambe robuste ed iniziò ad allontanarsi, le mani in tasca, ancora troppo frastornato per l’accaduto per potersi sentire libero di dare un giudizio sull’evoluzione che aveva preso il suo rapporto con l’amata.

   Natsuki lo seguì per qualche attimo con lo sguardo, indecisa se richiamarlo indietro o meno per potergli chiedere quel maledetto numero di telefono. Alla fine desistette, stringendo nel pugno il fazzoletto che lui le aveva prestato.

 

 

 

 

 

«Dove stai andando, adesso?» le chiese Sakomizu-sensei, interrando delle nuove piante nella piccola aiuola di cui si prendeva quotidianamente cura.

   Nascosta dietro al solito albero che la teneva all’ombra degli sguardi indiscreti, la ragazza dai capelli scuri fece qualche passo in avanti ed alzò gli occhi al cielo, ammirando estasiata la pioggia di petali di ciliegio che cadevano dagli alberi del giardino della scuola: con l’arrivo della primavera, anche lei si sentiva rinascere come la natura. «Chi lo sa. Penso di aver bisogno di un po’ di tempo per riordinare le idee. Questo è quello che voglio fare adesso.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non so se qualcuno si aspettava qualcosa di diverso, ma il finale di questa long-fic era praticamente già segnato dall’epilogo della serie animata, dalla quale ho appunto rubato le ultime battute di Sakomizu e Natsuki.

Spendo due parole per dire "Grazie di cuore!" alle persone che mi hanno sostenuta in questa impresa e che mi hanno dato un parere sincero al riguardo: Hinata_chan, NicoDevil, Atlantislux, Hanako_chan, Gufo_Tave e Chiarucciapuccia.

Lasciatemi fare, però, un ringraziamento speciale ad una ragazza che circa un mese e mezzo fa ha letteralmente ucciso l’ispirazione che mi avrebbe consentito di scrivere una semplice shot su Natsuki e Yuuichi (sempre sulla scia di Pioggia), perché quel giorno la suddetta persona fece un grave torto a me e ad altre due mie amiche, offendendo pesantemente la nostra moralità e dubitando della nostra onestà. All’epoca non lo avrei mai detto, tuttavia è stato proprio grazie a quel penoso incidente, che tra l’altro ha portato quella tizia ad allontanarsi dal nostro gruppo (poiché tutti gli altri ci hanno difese a spada tratta), se ho potuto imbastire questa storia a capitoli in cui mi sono gettata perché nauseata dalla cecità e dall’ottusità del fandom yurista (specie quello non italiano). Secondo alcune fangirls, poi, tra le due, è Natsuki ad essere in torto poiché non ricambia i sentimenti di Shizuru, e non quest’ultima che si è approfittata di lei. Roba da manicomio.

Sebbene non siano la mia passione, non ho nulla contro lo shoujo-ai e/o lo shonen-ai, purché essi abbiano senso: lo ShizNat, secondo la mia logica, non ne ha (non in Mai-HiME, per lo meno), ecco  perché non posso scriverci su. E, sperando di avere spiegato a dovere le mie motivazioni proprio in questa fiction, concludo affermando che sono stata davvero felice di sentire il parere di altre persone che la pensano allo stesso modo al riguardo.

Grazie ancora di tutto,

Shainareth

 

 

 

 

 

 

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