Boston never seemed to be

di MuchLoveNoah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Boston never seemed to be ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** Avviso per chi segue la storia! ***



Capitolo 1
*** Boston never seemed to be ***


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#Capitolo 1
 
Non mi immaginavo che Boston fosse così bella in autunno. Era ancora più magica e assolutamente bellissima. Mi stavo guardando intorno già da un po’, e non c’era nulla che non mi piacesse. Decisi di prendere le mie valigie e mettermi in cerca del mio college.
Dopo qualche informazione dei passanti e un po’ di intuito, finalmente ci arrivai. Era un blocco di edifici rosa, pieno di giardini e natura, al centro un’enorme edificio argentato pieno di vetrate. Fui immediatamente accolta d una ragazza sui 25, di nome Catherine. Mi disse che lei era la responsabile all’accoglienza per il college, conosceva qualsiasi cosa lo riguardasse, e dovevo chiedere a lei se avessi avuto dei problemi.
Finalmente entrai nell’edificio infondo ala strada. Catherine diede due pugni alla cabina dell’ascensore dopo che lo aveva chiamato, ma nulla, sembrava non volerne sapere. Risultato: trasporto di due valigie pesanti per tre piani di scale e corridoi strettissimi.
Arrivai alla mia camera, non era certo uno splendore ma ero sicura che con il tempo avrei potuto renderla carina. L’altra parte della stanza era occupata, Catherine mi spiegò che la mattina stessa era arrivata una ragazza spagnola, ovvero la mia ufficiale compagna di stanza.
Mi propose poi di portarmi al secondo piano per farmi conoscere i ragazzi restati in dormitorio quella sera. In realtà non ne avevo molta voglia, ero stanchissima, avevo gli effetti del jet lag, ed ero sudata e sporca, sembravo più che altro una barbona. Decisi comunque di andare.
I ragazzi erano tutti seduti su un divano in una veranda, guardavano la tv, mangiavano e chiacchieravano, qualcuno giocava a carte. Quando si accorsero di Catherine tutti gli occhi furono puntati su di me. Mi sentivo abbastanza a disagio, io non parlavo molto, e dall’altra parte nessuno aveva nulla da dire. Ad un certo punto davanti a me comparve un ragazzo dai capelli scuri e ricci, veniva dall’altra parte del corridoio per rientrare in veranda. Mi squadrò un po’, poi accennò un sorriso e mi disse un semplice “ciao” che ricambiai.
Finalmente tornai in camera. Mi buttai sul letto, ero davvero esausta. Non avevo ancora realizzato quello che stava succedendo. Io, Noah Regan, ero arrivata in America dall’Europa per portare avanti i miei studi di lingue straniere e aumentare il mio livello; il mio percorso di studi era triennale, ma non sapevo effettivamente quanto mi sarei potuta fermare. Speravo quanto più tempo possibile, avevo solo 18 anni, e questa nuova esperienza e vita da una parte mi intrigava, dall’altra a volte mi faceva nascere moltissimi dubbi.
Suonò la sveglia. Girai la testa verso la finestra, era già mattina. Mi ero addormentata la sera prima senza meno essermene accorta. Ad un certo punto la sveglia fu bloccata, e fu allora che notai la mia compagna di stanza, sdraiata sul letto.
-“Come ti chiami?”
-“Noah”
-“Io sono Ariana, piacere”
-“Piacere mio”
Erano appena le sette del mattino, ed avevo scoperto che dovevo essere pronta in due ore per andare a scuola. La stessa mattina avrei avuto i test di ingresso per i corsi a cui volevo accedere.
Decisi di farmi una doccia, mi sistemai, e presi le prime cose che capitavano dalla valigia. Maglietta oversized bianca, felpa nera, jeans chiari strappati, vans nere, capelli legati. Io e Ariana avevamo deciso di andare insieme, così l’avevo dovuta aspettare. Era di media statura, occhi azzurri, capelli biondi e una passione matta per lo shopping, lo si capiva da subito.
Camminammo per qualche metro ed entrammo nella caffetteria. A differenza mia Ariana aveva fatto amicizia in meno di 24 ore, per questo la seguii e mi sedei ad un tavolo lungo vicino a lei insieme agli altri, onestamente non mi ricordavo la faccia di nessuno che avessi visto la sera prima. Non parlai molto, mi limitai a mangiare e ad andare in classe subito dopo.
La mia insegnante era sulla trentina, capelli corti ed occhi chiari e ci diede il test, che trovai abbastanza semplice. Infatti mi avevano inserito nel livello B delle classi della mattina, fatta esclusione per la classe di conversazione che era unica. Comunque i miei test non erano finiti, dovevo ancora affrontare quello di letteratura inglese, perciò saltai il pranzo e presi la metro. A quell’ora era quasi vuota, sapevo che non sarebbe stato lo stesso quando sarei tornata. Mi sedei in prossimità dell’entrata; non avevo molto da fare, il mio zaino era quasi vuoto dato che non avevo neanche aperto le valigie, e non avevo dietro un libro da leggere. Così cominciai a guardare fuori dal finestrino, mi sentivo osservata. E infatti un ragazzo davanti a me mi fissava, aveva una faccia vagamente familiare, ma non avrei saputo dire di più.
-“Ciao” mi disse inclinando leggermente il viso. Adesso avevo capito, era il ragazzo della sera prima che avevo visto di sfuggita.
-“Ciao a te” dissi con aria vaga. Aveva degli occhi grandi e marroni, capelli corti e ricci. Portava una giacca rossa e dei semplici jeans.
-“C’eri ai test di stamattina?” mi chiese con un sorriso in faccia.
-“Sì” annuì. Ero pessima nelle conversazioni, non ero capace e spesso mettevo in imbarazzo la gente –“E tu?”.
-“Sì, sono arrivato un po’ in ritardo e quindi mi hanno messo nei posti in fondo, magari non mi hai visto per quello” disse con aria cordiale.
-“Non penso ti avrei riconosciuto comunque” sembrò incassare un colpo; forse, anzi, sicuramente, avevo detto qualcosa di poco carino, ma anche se non lo avevo fatto intenzionalmente non me ne ero pentita, era un po’ egocentrico come ragazzo. Ma forse ci era rimasto davvero male, quindi decisi di recuperare in extremis:
-“ In che livello ti hanno messo? Io sono nel B”
-“B ovviamente” disse accennando un sorriso.
-“Ovviamente?” dissi sorpresa. No, non mi sbagliavo, il ragazzo aveva problemi di ego.
Si fece una risata per il mio commento.
-“Non mi scambiare per un presuntuoso, è che è abbastanza normale, vengo dall’Inghilterra”
Ci fu del silenzio.
-“Scusami, ma allora perché sei venuto a studiare inglese in una scuola a km da casa tua e costi notevoli, se sei madrelingua?”
-“Non sono venuto a studiare inglese, io frequento la Berklee. Io ed i ragazzi della mia band la frequentiamo, solo che per continuare a stare qui dobbiamo raccogliere crediti extra, e l’unico modo per farlo è seguire lezioni ad una scuola con materie regolari”
-“ Hai una band?”-chiesi con un sorriso sulla faccia-“ come vi chiamate?”
-“The Vamps” disse sorridendo con uno sguardo fiero.
-“Forte”.
Ridemmo entrambi.
-“Comunque io sono Brad” disse tendendomi la mano con un gran sorriso.
 
 

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Capitolo 2
*** 2 ***


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#Capitolo 2

Esitai un attimo.
-“Io sono Noah” strinsi la sua mano, era fredda.
Finalmente arrivammo alla seconda sede della scuola, nel centro di Boston. Lì la gente era tutta super impegnata e non si guardava un attimo indietro, in giro però c’erano gruppetti di ragazzi che chiacchieravano e le aule erano davvero in stile americano, come chiunque se le immaginerebbe.
Io e Brad ci presentammo al desk informazioni, una ragazza sui 20 era sommersa da carte e moduli e aveva attaccato al vestito un cartellino con su scritto “Erika”. Freddamente ci chiese i nomi:
-“Noah Regan”
Spostò un po’ di fogli sul tavolo, poi sembrò trovare il mio e me lo consegnò
-“allora… letteratura inglese, stanza 13, il test inizia tra mezz’ora” annuii. Brad si fece avanti.
-“Bradley Simpson”
La ragazza cercò concentrata tra la sua pila di fogli; un’espressione rilassata le si disegnò sul volto quando lo trovò
-“cultura inglese, stanza 5, il tuo test comincia tra circa venti minuti”
-“e se volessi spostarmi a letteratura?” chiese lui tranquillo. La ragazza staccò lo sguardo dalla scrivania e lo guardò dritto negli occhi.
-“tu sei quello della Berklee, vero?”-Brad annuì-“ ieri mattina sei rimasto a discutere con il signor Gibson per non so quanto affinchè ti lasciasse partecipare al test di cultura inglese, già completo, e ha deciso di fare un’eccezione per te dato che sei qui solo per ottenere crediti. E adesso, dopo tutto questo giro, pretendi di ritornare a letteratura?” chiese lei visibilmente urtata.
-“Ascolta, capisco che forse ieri ho un po’ esagerato, però pensaci: mi metto nel corso in cui sarei dovuto stare, e non causerò problemi, e poi il corso di cultura inglese non mi vedrà nemmeno in foto.” 
Ci fu un attimo di silenzio
-“E va bene”- disse Erika sbuffando, gli scrisse qualcosa sul foglio e lo lasciò andare.
Io ero in piedi vicino l’aula tredici, e lui mi stava raggiungendo, camminava in modo strano, quasi come se quel corridoio fosse una passerella, stringeva le bretelle dello zaino che aveva sulle spalle; per qualche motivo trovai quel suo atteggiamento divertente.
Eravamo stati un po’ in silenzio, io ero immersa nei miei pensieri e poi non ero un mostro di eloquenza.
-“Certo che proprio letteratura inglese dovevi scegliere, eh?” mi chiese con aria divertita.
-“L’hai scelta anche tu” -dissi incurvando le sopracciglia divertita-“ anzi, hai fatto molte più storie di me per frequentare questo corso”- risi, in cerca di una spiegazione.
Lui mi guardò ridere sorridendo a sua volta e poi disse:
-“bhe… i crediti! Non mi piace letteratura inglese, ma… cosa non si fa per i crediti!” disse annuendo esageratamente.
Scoppiammo a ridere entrambi
-“Seriamente, cosa ti ha spinto a fare… questo?”-disse tranquillamente facendo un gesto con entrambe le mani
-“ mi piacciono le lingue, tutto qui. Amo le culture diverse, i paesi e la gente che non conosco, le tradizioni, la geografia. Per me è molto più che il piacere di seguire una lezione, è una vera passione”- dissi sorridendo. Lui annuì.
-“E tu… la tua musica?”
-“Passione anche la mia”- disse subito- “l’ho sempre condivisa con gli altri del gruppo, e adesso oltre che passione è un sogno… in quattro ci si sente molto più forti. Oltre al fatto che non ho un piano B”- lo guardai incuriosita-“ insomma, deve funzionare, la musica è l’unica cosa che mi piaccia davvero e di cui capisca qualcosa, se non funziona sono un po’ nella merda” disse ridendoci su-“ ma vale la pena di rischiare”.
Entrammo finalmente nell’aula per sostenere il test, che durò circa un’ora. Mi ero seduta nelle file centrali e avevo perso di vista Brad. Quando ci chiesero di consegnare diedi il mio foglio ed uscii immediatamente dalla stanza, avviandomi verso l’uscita abbastanza velocemente.
-“Non si aspettano gli amici?”- chiese Brad con un sorriso sulla faccia arrivandomi da dietro.
-“Ma noi non siamo amici”- si voltò verso di me serio-“ siamo conoscenti; tu sai qualcosa di me ed io qualcosa di te, tutto qui” dissi accennando un sorriso.
-“E allora, la mia ‘conoscente’ avrebbe voglia di accompagnarmi da Marshalls per prendere dei vestiti?”- mi fermai in mezzo al corridoio, e lui con me.
-“Ad un ragazzo serve l’aiuto di qualcuno per del banale shopping?”
-“ Oh sì. Dai, poi finisco per entrare nei negozi, vedo solo cazzate, le compro a prezzi smodati, rimango senza soldi e giro pure come un barbone. Se c’è qualcuno a moderarmi forse posso farcela”. Io risi.
-“Ti prego?”- mi chiese inclinando la testa con un sorrisetto in faccia.
-“Brad, mi fa schifo fare shopping, e onestamente anche io mi vesto un po’ a caso.” Dissi guardandolo ricambiando il sorrisetto.
-“Va bene allora dovrai solo moderarmi, ancora più facile!” 
Lo guardai meglio. Sembrava tenerci davvero, ed in fondo io non avevo nulla da fare nel resto del pomeriggio. 
-“Andata.” Dissi io.
Finalmente entrammo da Marshalls, che era davvero grande, era impossibile pensare che qualcuno non ci trovasse qualcosa da comprare, dunque eravamo nel posto giusto. Brad andò nel reparto uomo, io lo avrei aspettato fuori dai camerini in una decina di minuti, quando avrebbe finito di provare le cose. Per passare il tempo decisi di recarmi nel reparto donna, e guardai qualche paio di scarpe. Dal lato opposto dello scaffale qualcuno aveva mosso male la pila di scatole, facendone cadere una quasi sulla mia testa. Dallo scaffale spuntò un ragazzo sui venticinque.
-“Mi dispiace tantissimo, scusami! Stai bene?” – chiese agitato
-“Tranquillo, non mi ha neanche sfiorato” dissi con un leggero sorriso. Sembrò tranquillizzarsi.
-“Comunque piacere, io sono…”- alle mie spalle arrivò Brad di colpo.
-“Senza offese amico, ma chiunque tu sia questa tecnica di abbordaggio è un po’ passata”- disse con aria schietta mentre il tizio lo guardava confuso-“ niente di personale , ma devi fartene una ragione”- disse rivolgendogli un sorriso, e trascinandomi via.
-“Ma che ti prende?”- chiesi mentre mi trascinava stringendomi il polso. Si fermò e mi guardò.
-“gli americani sono più schietti di quanto chiunque tra noi pensi. Se vedono una ragazza carina ci provano indipendentemente da tutto”- disse ovvio. La sua affermazione mi fece pensare: io ero sempre stata una di quelle ragazze che difficilmente rimane impressa, avevo dei tratti comunissimi e non ero bella, né possedevo nulla di singolare, e la cosa a dirla tutta non mi dava problemi. Ma avevo anche io notato la schiettezza degli americani, pur essendo lì da pochi giorni.
Lo accompagnai alla cassa. Aveva con sé qualche felpa, giacca e maglione. Vicino alla cassa notai un cesto con gli indumenti in sconto. Presi in mano un maglione grigio con dettagli bianchi e neri.
-“ Questo ti starebbe bene”- dissi avvicinandomi a Brad. Lui squadrò il maglione.
-“Non mi convince”- disse storcendo la bocca
-“Ma come? Il grigio ti sta bene”. Sul suo volto comparve un sorrisetto
-“L’altro giorno avevo una maglietta grigia. Quindi quando mi hai visto hai pensato a quanto mi stesse bene” disse divertito.
-“Ho semplicemente detto che questo maglione andrebbe bene per te dato che il grigio ti sta bene, fine” dissi ovvia ma divertita dai suoi giri mentali. Rimase a guardarmi per qualche secondo.
-“Questo è il primo complimento che mi fai”- alzai gli occhi al cielo-“ perciò prenderò il maglione” disse ridendo. La cosa mi fece comunque piacere.
Ci incamminammo verso la sede. Era a circa 5 minuti a piedi, ed erano le 18.30, il che voleva dire che avremmo cenato da lì a poco. Entrammo nell’atrio e prendemmo direzioni diverse. Finalmente entrai nella mia camera, non avevo visto Ariana, la mia compagna di stanza, dalla mattina presto e mi dispiaceva. Parlammo un po’ della giornata e con piacere scoprii che avremmo frequentato circa le stesse lezioni. Ad un certo punto sentimmo bussare alla porta, andammo ad aprire. Era Catherine.
-“Ragazze, sono venuta a darvi una notizia un po’ buona e un po’ cattiva”- disse con un sorrisetto. Io e Ariana ci guardammo.
-“Dunque, quest’anno gli studenti americani e quelli stranieri sono più del previsto, il che vuol dire che dovremo lasciare le stanze al primo piano per i ragazzi americani e spostare gli stranieri”- io e Ariana già sbuffavamo.
-“Dove andremo quindi?”- chiese Ariana
-“Qui arriva la seconda parte della notizia. Verrete messe in una camera più grande, ci sono tre stanze da due con in comune un salotto, il che è una cosa positiva. Però voi sarete le uniche ragazze, dato che ci sono quattro maschi, il che forse è un po’ meno positivo per voi”- disse Catherine stringendo i denti.
Il fatto dei ragazzi non mi dava fastidio, almeno non quanto Ariana, ma non avevo alcuna voglia di spostarmi e condividere il mio spazio con gente sconosciuta che dovevo sopportare tutto il santo giorno.
-“Almeno sappiamo i nomi dei quattro ragazzi?”- chiesi.
-“Sì”- estrasse un foglietto dalla tasca dei jeans-“… James McVey, Tristan Evans, Bradley Simpson e Connor Ball”. Il classico scherzo del destino insomma.
Catherine disse che dovevamo spostarci la mattina dopo e perciò saremmo stati giustificati per l’assenza dalle lezioni del mattino. Io e Ariana ci fermammo a parlare e decidemmo poco dopo di andare a cena. In quel momento mi vibrò il cellulare.


“Sentite le novità? Sembra che saremo costretti a sopportarci! Io ed i ragazzi del gruppo siamo appena arrivati in mensa, se avete voglia di venire potremmo fare le presentazioni. Brad x”

Cinque minuti dopo io ed Ariana eravamo in mensa, dopo aver preso un hot dog e un po’ di patatine ci sedemmo al tavolo e Brad fece le presentazioni. Durante la serata tutti avevano parlato molto, specialmente il ragazzo biondo che doveva chiamarsi Tristan, mentre Connor, che tra l’altro mi sedeva vicino, si limitava a ridere. 
-“Che ne pensi del trasferimento?” dissi a bassa voce voltandomi verso di lui.
-“ Non mi crea problemi”- disse dopo un attimo di spaesamento.
-“Tranquillo, neanche io parlo tanto, perciò non ti forzerò a farlo”- mi rivolse un sorriso.
-“Brad mi aveva detto che eri una in gamba, infatti era felice del trasferimento”- disse. La cosa mi aveva un po’ confusa, ma non ci badai.
Alla fine tornammo in camera verso le undici ed esausta mi buttai sul letto e presi subito sonno.


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Capitolo 3
*** 3 ***


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#Capitolo 3
 
-“E questa è l’ultima”- disse James poggiando a terra un borsone di non so bene cosa –“beato Brad che si è defilato”- disse ironicamente.
-“Ha avuto culo. Oggi doveva andare alla Berklee per finire delle registrazioni. Arriverà che la parte peggiore del trasferimento sarà passata”- aggiunse Connor.
Io ero seduta sul divano, una delle poche cose ancora presenti in quella stanza. Ero circondata da scatoloni, valigie, borse e oggetti vari sparsi per terra. Nello stesso momento entrò Ariana, era sudata, e visibilmente affaticata, aveva con sé le sue tremila valigie non del tutto chiuse e si perdeva cose andando in giro. Appena chiuse la porta lasciò cadere il tutto a terra, e la sua roba non fece altro che aggiungersi al mucchio già presente. Sbuffò, poi mi guardò e sorrise. Era una ragazza un po’ eccentrica, ma era dolcissima- e si vedeva.
-“Che ore sono?”- chiese poi di colpo. Guardai lo schermo del cellulare- “Le 10.30”- dissi distrattamente.
-“Sono in ritardo, miseria”- disse cominciando a frugare in una delle sue borse.
-“Ritardo per cosa? Siamo giustificati dalle lezioni Ari”- dissi
-“Lo so, appunto”- la guardai con aria confusa-“ mi  vedo con qualche ragazza spagnola del campus. Se sto con loro sento meno la mancanza di casa mia”- disse sorridendo. Annuii. Sembrò aver trovato quello che cercava, poi prima di varcare la soglia si ricordò di qualcosa e ricominciò a frugare. –“Ho qualcosa per voi”- la guardammo incuriositi- “ecco!”- tirò fuori una lavagna di plastica extralarge. La guardammo tutti interrogativi.
-“E’ una lavagna per segnare dove saremo a che ore. Così almeno sapremo se saremo qui soli o ci sarà qualcuno, e se vogliamo evitarlo”- disse ridacchiando.
-“Ehi, non siamo così male”- disse Tristan risentito. Ariana appoggiò la lavagna su una mensola, poi salutò velocemente e scomparve dietro la porta. Eravamo rimasti io, Tristan, James e Connor. Mi alzai dal divano e guardai meglio la lavagna: avevo le lezioni della mattina tutti i giorni in compagnia di Ariana e qualche mattina anche con tutti i ragazzi. Il pomeriggio avrei condiviso letteratura con Brad e Tristan, mentre Connor e James erano iscritti a cultura inglese, ma non sarebbero venuti tutti i pomeriggi a causa delle lezioni alla Berklee.
-“Come hai detto che si chiama la tua amica?”- disse James rivolto nella mia direzione, mentre si sedeva sul divano.
-“Ariana, perché?”- dissi incuriosita. James sembrò bloccarsi per un attimo e poi rirendere coscienza.
-“Niente. E’…carina”- Connor e Tristan iniziarono un coro di ‘uuh’, e James abbassò lo sguardo ridendo. La cosa mi fece ridere.
-“Potresti parlarle intanto. Giuro che non se la tira come sembra, devi solo catturare la sua attenzione”- dissi tranquillamente. Lui fece un’espressione sconsolata.
-“Mi sa che per il momento l’unica cosa che catturerò sarà un posto sulla panca da addominali della palestra”- disse alzandosi e prendendo un borsone- “ci vediamo stasera”. E così, in meno di 10 minuti, eravamo rimasti solo in tre. Io decisi di sdraiarmi sul divano, mentre Connor e Tristan spostavano le cose dal pavimento. Aprii il mio Instagram, e comparvero in home molte foto delle persone che conoscevo, qualche amico. Mi sembrava di vivere in una dimensione parallela, e mi sentivo come se le vite delle persone con le quali avevo condiviso 18 anni di vita si fossero bloccate con la mia partenza. Purtroppo però non era così.
-“Di chi è questa roba?”- disse Tristan alzando un sacchetto dal pavimento. Riconobbi il sacchetto di Marshalls.
-“Di Brad, siamo andati a prendere i vestiti l’altra sera”- di scatto le facce d Tristan e Connor si fermarono contemporaneamente sulla mia.
-“Lo so che è strano, ma me l’ha chiesto lui”- mi guardarono doppiamente male- “Già, quello gliel’ho consigliato io”- dissi soddisfatta mentre Connor tirava fuori il maglione grigio. Stavolta Tristan e Connor si scambiarono un’occhiata sotto il mio sguardo confuso.
-“E’ davvero così anormale?” – chiesi seriamente.
-“Insomma”- disse Tristan facendosi avanti- “Brad è uno molto insicuro riguardo al suo aspetto, e quando compra vestiti o roba simile deve andarci da solo altrimenti si sentirà a disagio il 90% del tempo”- disse prendendo posto sul divano.
-“Brad insicuro?”- dissi poco convinta
-“Lo so, lo maschera bene. Poi non avrebbe motivo a dire la verità. Cioè, guarda Connor, lui non si fa problemi eppure sono entrambi alti un metro e un toast.”
-“Grazie amico”- disse Connor sarcastico. Tristan gli rivolse un sorrisetto.
 Brad insicuro, non lo avrei mai detto. Era una persona che amava stare al centro dell’attenzione, si metteva in gioco ed ero ancora dell’idea che avesse un ego smisurato. Non erano proprio le caratteristiche di un insicuro.
-“Comunque devo andare anche io, allenamenti di calcio”- disse Connor. Improvvisamente mi venne un dubbio.
-“Ma nessuno di voi viene oggi pomeriggio a lezione?”- chiesi
-“Nah, siamo giustificati”- disse Connor scettico
-“Per la mattinata”- precisai io
-“Faremo finta che di aver capito che era anche per il pomeriggio, questo era il piano”- disse facendo spallucce e chiudendosi la porta dietro. Mi venne da ridere per la sua risposta.
-“Dai ragazza seria, se anche salti le lezioni il prof non si metterà a piangere”- disse Tristan ridendo e dandomi un pugnetto al fianco.
-“Ma non è per questo”- disse ridendo insieme a lui.
-“Sìsì lo so, è che sei appassionata e ami le lingue”- disse Tristan dopo essersi alzato ridendo e imitandomi. Io lo guardai interrogativa.
-“Lo so, ieri sera mentre preparavamo la roba Brad ci ha fatto una testa così”- disse serio. Il suo commento mi fece ridere. Poi Tristan rischiò quasi di inciampare su un qualcosa, gli imprecò dietro e gli diede un calcio, che portò l’oggetto quasi ai miei piedi: uno skateboard. Lo osservai meglio, era in legno con rifiniture nere e una stampa sul retro.
-“Di chi è questa meraviglia?”- chiesi mentre osservavo lo skateboard attentamente. Mi ricordava molto quello che avevo a casa. Lo avevo sin da piccolissima e avevo imparato ad andarci con tanto impegno e tutto da sola. Era una delle cose che più mi era dispiaciuto lasciare.
-“Oh no, non dirmi che vai anche tu sullo skate altrimenti Brad non la finirà più di parlare di te”- disse serio. La sua faccia mi fece ridere.
-“Certo che Brad chiacchiera davvero tanto. Ci conosciamo da pochissimo eppure mi ha nominata già così spesso. Ha preso la nostra non-amicizia proprio sul serio”- dissi distrattamente. Tristan si bloccò e mi guardò come se all’improvviso avesse capito qualcosa.
-“Direi proprio di sì” disse serio guardandomi. Riprese poi a sistemare le sue pile dei cd sulla mensola. Riconobbi la grafica di “Songs about Jane” dei Maroon 5.
-“Ti invidio sai?”- lui mi guardò interrogativo- “Ascolto i Maroon 5 da sempre, ma ho cominciato a collezionare da poco. Ormai quell’album non si trova più”.
-“Tieni”- disse porgendomi il cd. Lo guardai per un attimo, quasi non mi sembrava vero.
-Te lo ridarò subito, promesso”- dissi seria
-“Puoi tenerlo, ormai l’ho sentito così spesso che lo so a memoria”- non sapevo ancora se avrei accettato ma le sue parole mi fecero così tenerezza che mi scappò di dargli un abbraccio, cosa che non facevo mai. A sorpresa il suo mento era esattamente sopra la mia testa e per quanto preso alla sprovvista mi sembrò che quell’abbraccio gli fece piacere tanto da ricambiarlo.
-“Che fai, alla fine oggi mi lasci anche tu sola a lezione?”- chiesi io
Tristan mi guardò e sorrise per la mia faccia finto-triste.
-“Va bene dai, ma vengo solo per i fottuti crediti”- disse ridendo.
Finì di sistemare i suoi cd, poi mi disse che ci saremmo visti direttamente in sede dato che prima della lezione doveva passare alla Berklee ad aiutare Brad. E così rimasi sola. Decisi di tirare via dal pavimento le valigie e mettere i miei vestiti finalmente in un armadio. Me la cavai per circa un’ora dopo di che cominciai a stufarmi, andai in bagno e cominciai a prepararmi per la giornata dato che ero ancora in simil-pigiama. Dopo la doccia indossai un maglione oversized bordeaux, jeans chiari e vans, poi presi la mia giacca di pelle e lo zaino e uscii anche io con l’intenzione di prendere il pranzo.
In mensa c’era troppa gente a quell’ora, così misi due involtini primavera in un sacchetto e andai alla fermata della metro. Il mio viaggio fu breve e arrivai tranquillamente in anticipo, nell’atrio trovai Tristan che mi aspettava come promesso. Ci recammo in classe e per due ore rimanemmo lì e seguimmo la lezione su Oscar Wilde, a me era davvero piaciuta e quel corso aveva centrato in pieno le mie aspettative. Tristan era certamente meno interessato, era evidente che fosse lì solo per i crediti, in compenso continuò a scrivermi battute e cose stupide sul banco, e alcune mi fecero davvero ridere. Insomma, avevamo trovato il modo di far passare il tempo.
L’insegnante ci diede il via libera per uscire ed io e Tristan camminavamo velocemente nel corridoio. Ad un certo punto rallentò il passo.
-“Brad mi scrive se abbiamo voglia di andare al Walmart a cercare i mobili per la stanza con tutti gli altri, ti va?”
In realtà mi andava, ma non capivo se anche Tristan lo volesse. Dopo che era venuto a lezione solo perché glielo avevo chiesto e mi aveva dato un pezzo della sua collezione di cd l’ultima cosa che volevo era ringraziarlo lasciandolo solo in college.
-“A me sì”- disse rivolgendomi un sorriso
-“Andata allora”-
Arrivammo al Walmart dopo poco, e lì fuori c’erano James, Connor, Brad e Ariana ad aspettarci. Brad mi accolse con un sorriso e non perse occasione per prendermi in giro dato che avevo frequentato le lezioni anche quel giorno. Ci ridemmo su tutti quanti e chiacchierammo del più e del meno.
Decidemmo di dividerci per velocizzare le cose: Connor; James e Brad avrebbero cercato i mobili nell’altro reparto, mentre io Ariana e Tristan avremmo cercato stampe quadri e qualcosa di arredamento per rendere le stanze più vivaci.
Avevo appena adocchiato una stampa di New York, in bianco e nero che sarebbe stata perfetta per il muro in salotto. Era davvero bellissima, e Ariana e Tristan la approvarono. Notai però che la confezione era in uno scaffale altissimo e non c’era nessuno dell’assistenza in giro.
-“Non ci arriveremo mai a prenderla lì su, ed è troppo tardi per chiamare quelli dell’assistenza”- dissi scettica
-“Ma va, sali sulle mie spalle e la prendiamo lo stesso”- disse Tristan. E così feci: continuavo a dire di andare due passi più avanti, uno più indietro, mentre Ariana e Tristan ridevano come matti.
“Eccoci coni mobili”- disse Connor. Vidi arrivare anche James, mentre Brad si era fermato impalato un po’ più indietro.
-“Fermo!”- dissi a Tristan, e così riuscii a prendere la mia amata stampa. La guardai, ero proprio soddisfatta.
-“Allora, che ne dite?”- dissi mostrandola agli altri. James mi mostrò un pollice in su e Connor un sorriso, mentre Brad fissava Tristan.
-“Poteva farsi male”- tutti lo guardammo interrogativi, mentre non staccava lo sguardo da Tristan
-“No che non poteva, la tenevo e non l’avrei fatta salire se non fossi stato certo di poterla tenere”- disse Tristan tranquillamente.
-“E quando l’avresti accertato? Forse mentre ridevate quando l’avevi in spalla?”- disse in tono di attacco.
-“Smettila sto benissimo, non ho cinque anni. E poi ho insistito io per prendere la stampa”- dissi calma.
Brad si voltò velocemente allontanandosi e ci dirigemmo tutti alla cassa. Io e Tristan eravamo rimasti indietro.
-“Mi dispiace che abbiate litigato per colpa mia, se vuoi ci parlerò io”- dissi intono di scusa
-“Ma no, lascia stare. Lui è un tipo così, stasera farà un po’ di scena e domani sarà tutto apposto” disse rivolgendomi un mezzo sorriso.
Finalmente arrivammo in college, Brad ci aveva preceduto, non aveva aiutato a scaricare nulla, era tornato in camera e si era chiuso in quella che era la stanza che divideva con James. Io ero sinceramente dispiaciuta, Tristan tranquillo e così Connor e James. Ariana era dispiaciuta perché mi vedeva giù, e infatti mi disse che la mattina dopo sarebbe andato tutto bene. Le sue parole mi fecero piacere, e mi addormentai con quel pensiero in testa.

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Capitolo 4
*** 4 ***


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#Capitolo 4
 
Aprii gli occhi e mi girai d’istinto verso la finestra, vedevo poca luce dalla tapparella; di sicuro era mattina ma era certamente troppo presto perché avevo davvero troppo sonno. Mi girai dall’altro verso e chiusi gli occhi, ma all’improvviso sentii una porta aprirsi e chiudersi: se io e Ariana fossimo state in ritardo nessuno dei ragazzi ci avrebbe avvertito credo, sempre se si fossero ricordati delle lezioni.
Decisi di alzarmi, con poca voglia, dal letto e dirigermi nel nostro salotto. Aprii lentamente la porta che fece uno strano cigolio, e sbirciai in giro: Brad era seduto sul divano e guardava il cellulare. Decisi di raggiungerlo.
-“Ciao”- dissi piano e con un tono incerto. Lui sembrò sorpreso di vedermi, come se non fossi mai stata lì.
-“Ciao”- disse guardando altrove. Mi sembrava ancora incazzato per la storia della sera prima, anche se onestamente credevo avesse esagerato. Ma se non parlava con me di sicuro ce l’aveva ancora con Tristan, e il fatto che litigassero a causa mia per qualcosa di poco valore mi fece sentire in dovere di rompere il ghiaccio.
-“Come mai sveglio?”
-“Non riuscivo a dormire. Pensavo a delle cose e per non svegliare James ho preferito venire di qua”- disse poggiando lo sguardo su di me- “Mi dispiace se ti ho svegliata”- mi rivolse un vago sorriso che ricambiai.
-“Senti”- iniziai io-“ non so se centra con quello che ti tiene sveglio, ma volevo parlarti già da ieri sera; so che quando Tristan mi ha preso in braccio potevo farmi male, ma non è successo. E come ti ha detto non mi avrebbe preso se non fosse stato sicuro di farcela. E poi ho insistito io, quindi la colpa sarebbe stata mia. In ogni caso, non è successo nulla e non voglio che tu e lui litighiate per cose sceme come queste o litighiate a causa mia. Insomma, siete amici per la pelle, tu e tutti i ragazzi del gruppo, e non potete certo mettervi contro per cose simili, o per qualcuno. O almeno non per una stampa del Walmart”- dissi accennando un sorriso. Brad aspettò prima di parlare.
-“Sì, io e Tris siamo grandi amici. Ma le cose sono un po’ più complicate di quello che pensi tu. Tu… non vedi le cose come le vedo io, o come le vede lui.”- disse guardandomi. La mia faccia mostrava un’espressione confusa da quando aveva detto che ‘le cose erano complicate’, e Brad se ne era sicuramente accorto. Prese un profondo respiro e poi accennò a parlare.
-“Ascolta…”- disse girandosi completamente nella mia direzione.
-“Oggesùgiuseppemaria!”- urlò Connor attaccato alla parete con una faccia terrorizzata, Tristan era alle sue spalle.
-“Te l’avevo detto che non era niente!”-disse Tristan ridendo.
-“Ma che avete?”- chiesi sorpresa.
-“Connor ha il sonno leggero, ha sentito dei bisbigli nell’altra stanza e credeva che fossero i ladri. Gliel’ho detto che doveva essere qualcuno già sveglio, ma è voluto venire per forza!”- spiegò Tristan quasi sul punto di ridere.
-“Provvidenziali direi”- sussurrò Brad guardando altrove visibilmente seccato.
Si alzarono anche James ed Ariana a causa del rumore.
-“Bè, se c’è una cosa buona è che vi ho svegliati in perfetto orario per fare colazione in tempo e andare in classe”- disse Connor soddisfatto.
Ci muovemmo tutti per prepararci. Io andai in camera e aprii il mio armadio, che a sorpresa era totalmente vuoto. Guardai nell’angolo della stanza la pila di panni che dovevo lavare. Chiesi ad Ariana se aveva qualcosa da prestarmi, ma lei era circa nella mia stessa situazione. Le cose erano due: dovevo saltare le lezioni o chiedere in prestito i vestiti ai ragazzi. Mi piaceva vestire largo, ma James e Connor dovevano fare le lavatrici, Brad era ancora lì sul divano che sbuffava, e Tristan era abbastanza magro ma non troppo per darmi quello che mi serviva. Mi diressi in camera sua.
-“Tristan, devi prestarmi dei vestiti”- dissi dirigendomi in camera sua e di Connor.  Lui si bloccò davanti alla porta non facendomi passare.
-“Ti prego, non ho fatto la lavatrice e tu sei l’unico che possa o voglia prestarmi qualcosa” -dissi velocemente.
-“Ma io non voglio prestarti nulla!”- disse ad alta voce-“ i miei vestiti sono tra le cose che più amo”.
-“Solo per oggi, non posso non andare a lezione”- dissi quasi implorando. Lui sospirò.
-“Solo per oggi. Niente macchie, niente strappi, niente usi creativi”- disse alzando le sopracciglia.
-“Promesso”- dissi facendomi spazio e giungendo all’armadio. Brad brontolò qualcosa e poi si sbattè la porta di ingresso dietro. Era uscito prima di tutti nonostante avessimo deciso di fare colazione in gruppo.
-“Certo che qui non ci si capisce più nulla: Brad con l’umore di una mestruata, te che accompagni Brad come personal shopper e Tris che presta i suoi vestiti”- disse James facendo avanti ed indietro dal bagno.
Si vedeva che Tristan ci teneva ai suoi vestiti, e onestamente il suo stile mi piaceva. Alla fine decisi di prendere la sua giacca di pelle e una maglietta rossa a maniche corte.
Uscimmo dalla stanza in perfetto orario e pronti. Chiusi la porta a chiave e ci incamminammo.
-“I miei vestiti stanno meglio a me ma devo riconoscere che sei figa così”- disse Tristan.
-“Lo prendo come un complimento”- disse ridacchiando. Sentii la sua risata.
A colazione presi dei pancake e delle fragole, e non prestai molta attenzione alla conversazione in corso tra il gruppo. Mi guardavo intorno ma non vedevo Brad da nessuna parte. Mi sembrava che volesse dirmi qualcosa, e che si fosse urtato per non esserci riuscito. Mi dispiaceva il fatto che non ci fossimo ancora chiariti.
Giungemmo in classe alle nove in punto, mi ero seduta tra Connor e James, che a mia sorpresa aveva preso moltissima confidenza con Ariana. Brad a differenza degli altri giorni era nelle file centrali, vicino ad un ragazzo asiatico. La nostra insegnante entrò in classe e annunciò che desiderava vederci fare una presentazione, preparata su due piedi.
-“L’argomento sarà ‘l’amicizia’, abbastanza semplice da essere conosciuto da tutti, ma complesso abbastanza da avere qualcosa da dire a riguardo”- disse con un lieve sorriso- “Volontari?”- ovviamente nessuno fiatò- “Chiamo io… qualcosa mi dice che qualcuno è in cerca di crediti qui”- disse la donna passando il dito sull’elenco.
-“McVey?”- disse ad alta voce guardandolo. James tirò su la testa.
-“Senza offesa, ma a parte ‘chi trova un amico trova un tesoro’ e ‘uno per tutti e tutti per uno’ io non ci trovo molto altro da dire in una presentazione”- disse.
-“Ho capito”- disse l’insegnante, continuando a passare il dito sull’elenco. Sentivo Connor dire ‘non me, non me’; odiava parlare in pubblico.
-“Simpson?”- disse guardandolo. Brad si alzò e si sedette sulla cattedra, dopo un secondo di silenzio attaccò con il discorso.
-“L’amicizia è uno dei beni più preziosi che abbiamo, ma a volte è proprio un’arma a doppio taglio; lo si può vedere nelle relazioni di tutti i giorni. Normalmente le ragazze legano con facilità e spesso arrivano a chiamarsi ‘sorelle’ in meno di due giorni, purtroppo però spesso anche se non in tutti casi, la loro amicizia viene rovinata dall’invidia. L’amicizia trai ragazzi invece è molto più genuina e solida, ma non senza colpi di scena. Infatti ci vuole poco per mettere contro due ragazzi: ad esempio una ragazza. E poi i rapporti tra ragazzi e ragazze, bellissimi certo, ma dolorosi se uno dei due prova sentimenti non ricambiati. Tuttavia qualche ragazzo riesce a sentire quel brivido che solo contraddistingue la friendzone da qualcosa in più, tipico segnale può essere ad esempio quando avviene uno scambio di vestiti”- la classe rise- “ non ci credete? Bhe, guardate Noah e Tristan”- in un nanosecondo tutti ci guardavano ridendo.
-“Non ho fatto la lavatrice, sarà successo anche a voi”- dissi ridendo, il che portò  gli altri a fare lo stesso e ad alleggerire la cosa. Anche Tristan rideva e mi sembrava piuttosto rilassato, ci eravamo scambiati un’occhiata. La cosa non era grave, ma non capivo perché Brad avesse fatto una cosa simile: ora credevano tutti che Tristan ed io uscissimo insieme; l’opinione generale aveva poco peso, ma era comunque irritante dato che non era vero. Ad un quarto d’ora dalla fine delle lezioni mancavano dieci minuti, e ci dovevano dare delle comunicazioni.
-“Primo: domani questa classe partirà per la gita alle Isole che si tiene tutti gli anni ad inizio anno, siete tenuti a venire dato che servirà per i crediti e per la valutazione del vostro livello di orientamento e socializzazione. Secondo: l’organizzazione di Prudential ha deciso di dare alla scuola dei biglietti per l’accesso gratuito; per chi non lo sapesse è un grattacielo dal quale è possibile ammirare la città di notte da diverse altezze, i biglietti vi saranno distribuiti”.
In particolare il secondo annuncio ci colpì e in pochi minuti decidemmo di comune accordo di andare a Prudential quella sera stessa. Connor si avvicinò a Brad per chiedergli se volesse venire, e lui accettò volentieri. La cosa mi fece piacere.
Pranzai con Ariana in mensa con una semplice insalata, i ragazzi quel giorno avevano il pomeriggio alla Berklee perciò avevamo deciso di rivederci per le sette della sera stessa e di andare direttamente a Prudential. Io e Ariana seguimmo le lezioni, le diedi gli appunti della volta precedente, e nel complesso la giornata scolastica fu buona. In ritorno in metro Ariana mi disse che si sentiva poco bene e quasi sicuramente aveva la febbre. Tornammo in college, eravamo solo io e lei. Ariana si addormentò sul divano in salotto, per non disturbarla decisi di chiudere la porta della stanza e approfittai per preparare la borsa che avrei portato alle Isole. Dopo qualche minuto sentii bussare, dalla porta spuntarono le test di James e Connor.
-“Ciao” dissi sorridendo
-“Ciao, avremmo qualcosa da dirti riguardo stasera”- disse James a denti stretti, io feci cenno di andare avanti.
-“Ecco, come sai io gioco a calcio, e stasera per la prima volta mi fanno scendere in campo.”
-“E’ una bella cosa che si siano accorti del tuo talento”- dissi.
-“A dire il vero l’attaccante si è slogato la caviglia, ma grazie lo stesso”- disse ridacchiando, risi anche io.
-“E riguardo a me”- disse James-“ Ariana sta male e… insomma, abbiamo cominciato a legare e se adesso le dimostrassi che le sono vicino…”- disse in imbarazzo, io gli sorrisi e non lo feci andare oltre.
-“Anche Brad alla fine si è tirato indietro, mi ha scritto poco fa”- disse Connor.
-“Ho capito”- dissi- “ sarà per la prossima volta dai”- dissi accennando un sorriso. I ragazzi uscirono  e io finii la mia borsa, subito dopo mi sdraiai sul letto e decisi di ascoltare della musica.
All’improvviso spuntò la testa di Tristan dalla porta, doveva aver bussato ma non lo avevo sentito dato che avevo le cuffie.
-“Che fai?”- mi chiese con un sorriso in faccia
-“Ascolto musica”- risposi con un leggero sorriso. Lui annuì ricambiando.
-“Ti va se andiamo a Prudential?”- mi chiese-“ sono tutti fuori e l’ultima cosa di cui hanno bisogno Ariana e James sono due di troppo”- scoppiammo entrambi a ridere.
-“Allora?”-mi disse inclinando la testa
-“Ci sto”
Uscimmo dal college, e dopo qualche fermata di metro e un po’ di percorso a piedi finalmente eravamo su quella terrazza.
-“E’ bellissima”- dissi guardando Boston dall’alto
-“Lo è”- disse Tristan. Lo guardai più attentamente.
-“Da quanto sei qui a Boston?”
-“Quasi due anni”- disse voltandosi –“siamo venuti qui dopo il diploma”- annuii. Lui continuò a guardarmi.
-“Tu parli così poco di te”- mi disse
-“Non c’è molto da dire”- dissi ridacchiando-“ se proprio ci tieni, chiedi”- dissi. Lui sembrò pensarci un attimo.
-“Sei mai stata innamorata?”- disse tranquillamente
-“No”- dissi secca, lui annuì – “Tu?”
-“Una volta credo, ma non è andata mai bene quindi”- fece un gesto con la mano.
-“L’importante è non ricaderci penso”- dissi io. Lui mi fissò.
-“Non so se mi stia risuccedendo”- disse. Ci fu del silenzio, dopo di che mi rivolse un sorriso.
Ritornammo finalmente in college, verso le undici, Ariana e James si erano addormentati sul divano, ed erano dolcissimi, Connor e Brad forse erano già tornati. Io e Tristan ci salutammo in silenzio e io chiusi la porta della camera.
Finalmente ero a letto, la mia giornata era stata bella e non potevo lamentarmi, anche se c’erano delle cose che volevo cambiare. Pensai al nostro viaggio alle Isole e mi addormentai con quel pensiero.
 
 

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Capitolo 5
*** 5 ***


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#Capitolo 5


 
Il cielo era grigio e minacciava pioggia da un momento all’altro; adoravo le giornate come quelle, ma non quando dovevo andare da qualche parte. Anche quella mattina mi svegliai prima, decisi di alzarmi dal letto e vedere se qualcuno fosse nelle mie stesse condizioni.
Aprii lentamente la porta che fece il solito cigolio: calma piatta. All’improvviso dal divano spuntò la testa di Ariana, le sorrisi e lei si mise l’indice sulla bocca per dirmi di non fare rumore; mi avvicinai: lei era esattamente sdraiata su James, ed erano stati così per tutta la notte: lo sostenevo prima, ma quella era la conferma che dovessero stare insieme. Andammo in camera e lei chiuse la porta, con un sorriso a 32 denti.
-“E’ successo qualcosa?”- chiesi ridendo. Lei si fece più seria.
-“Bè, non qualcosa-qualcosa… ma ci stiamo avvicinando”- mi disse emozionata.
-“Ti piace?”- le chiesi altrettanto emozionata. Lei annuì.
-“All’inizio pensavo che fosse carino, ma niente in più. Adesso però è tutto diverso”- disse sospirando. Io risi.
-“L’amore ti sta rintontendo”- dissi ridendo
-“Vedrai che mi capirai, succederà pure a te molto presto”- disse.
-“Nah, io sto bene così”- dissi
-“Stiamo tutti bene così, fino a quando non dobbiamo prendere delle decisioni, o scegliere”- disse lei guardandomi, io ricambiai con uno sguardo confuso- “Basta, nonono, ho anche parlato troppo”- disse come rimprovero a sé stessa. Avevo capito che tentava di dirmi qualcosa, ma non avevo colto onestamente, perciò lasciai stare.
Io e Ariana ci preparammo silenziosamente e decidemmo di lasciare la stanza, i ragazzi sembravano dormire. In effetti eravamo in largo anticipo; avevamo molto tempo prima di trovarci al punto di raccolta, così io e Ariana ci dirigemmo allo Starbucks dietro la scuola, e rimanemmo lì a chiacchierare, in particolare di un argomento: James.
Finalmente l’ora arrivò e arrivammo al punto di ritrovo, c’era ancora poca gente e nessuno dei ragazzi in giro. Io e Ariana chiacchieravamo ancora, lei però perse il filo del discorso quando dalla porta uscirono James, che si diresse verso di lei, e Connor.
-“Brad e Tris?”- chiesi
-“Erano svegli, ma sono rimasti in camera perché discutevano riguardo qualcosa”- disse lui vago. Di sicuro riguardava quel progetto alla Berklee che avevano portato avanti l’altro giorno.
Tristan uscì dalla porta visibilmente infuriato, seguito da Brad che non era da meno.
-“Ehi Tris, ti hanno fatto incazzare già di prima mattina?”-disse James.
-“Chiedi a Brad, è molto bravo in questo gioco”- disse duramente, salendo sull’autobus. Il resto del gruppo lo seguì ed io mi misi in coda quasi per ultima. James ed Ariana sedevano vicini, Connor era con il suo gruppo di calcio, Tristan e Brad sedevano a due sedili di distanza entrambi con un posto al loro fianco, e mi guardavano. Io decisi di mettermi nei sedili finali dell’autobus, tra l’altro tutti vuoti, tirai su il cappuccio della felpa, misi le cuffiette e passai così circa due ore.
Finalmente arrivammo alle famose isole, la vista della città e dei grattaceli sembrava ormai lontanissima, tutto ciò che avevamo era una spiaggia, un ristorante chiuso, montagne e natura. Il vento era tanto perciò sembrava ancora più freddo nonostante fossimo solo a settembre. La nostra insegnante ci chiese di formare delle coppie. Mi ritrovai a guardarmi intorno e ad avere sia Tris che Brad parati di fronte a me; Connor corse verso di loro.
-“Uno di voi due sta in coppia con me?”- chiese Connor
-“No”- dissero entrambi voltandosi verso di lui e tornando a posare lo sguardo su di me. La nostra insegnante si avvicinò dicendoci che eravamo gli unici quattro a non aver formato le coppie.
-“Connor, sto io con te”- dissi rivolgendogli un sorriso ed ignorando gli altri due
-“Bene, allora Simpson ed Evans, voi sarete insieme”- disse l’insegnante, mentre Tris e Brad sbuffavano. Ci venne spiegato cosa dovevamo fare: avevamo una cartina e dovevamo raggiungere una meta ben definita, potevamo arrivarci attraverso il bosco, la montagna, o il giro più lungo della costa; l’importante era prendere le decisioni di comune accordo con il proprio partner e arrivare alla meta.
Il cammino fu abbastanza piacevole, io non avevo grande voglia e neanche Connor, oltre ad essere entrambi molto tranquilli e difficilmente attaccabrighe. Ci eravamo anche divertiti mentre chiacchieravamo e dopo aver deciso di prendere la strada del bosco non avevamo avuto grandi problemi, mi chiedevo se per Tris e Brad fosse stato lo stesso. Il punto di incontro consisteva in una spiaggia assolutamente pulita e libera, scoprimmo che avremmo dovuto montare le tende e avremmo passato lì la notte, inoltre la sera ci sarebbe stato un falò in tipico stile americano, insomma: marshmellow, biscotti, coperte; roba del genere. Io e Ariana decidemmo di condividere la tenda, e piano piano durante il pomeriggio riuscimmo a montarla tutta da sole, il che fu una grande soddisfazione dato che James e Connor non ci riuscirono: alcuni ragazzi del club di calcio li aiutarono.
Finalmente il falò arrivò: l’atmosfera era davvero bellissima, mangiavamo, James suonava la chitarra, si scherzava e si condividevano coperte. Erano tutti così felici, ed anche io stavo bene: Ariana e James ridevano insieme, dopo l’intervento di Connor alla partita i ragazzi del club lo avevano accettato definitivamente, Tristan chiacchierava con alcuni ragazzi dell’ultimo anno. Purtroppo però lui e Brad si ignoravano, e a dirla tutta Brad non era nemmeno nei paraggi. Mi guardai intorno, finalmente notai che era seduto su uno scoglio; decisi di raggiungerlo.
-“Ciao”- dissi. Ricambiò il mio saluto con un sorriso. Notai che evitava il mio sguardo.
-“Brad, che succede?”- avevamo intavolato il discorso mille volte e non eravamo mai arrivati ad una conclusione, dovevo approfittare di questa situazione.
-“Nulla”- disse vago.
-“Non è vero”- dissi io secca, lui mi guardò-“ cosa succede? Io e te sembravamo andare bene, poi hai cambiato atteggiamento, addirittura quella scenata in classe; adesso a malapena ci salutiamo la mattina. E cosa peggiore: litighi con Tristan, e sento che è colpa mia perché ho fatto qualcosa di sbagliato. In entrambi i casi c’è qualcosa che non funziona, ed io non voglio che vada avanti. Se c’è qualcosa, dobbiamo risolverlo”- dissi. Lui rimase in silenzio- “Allora?”- lo incalzai. Prese un respiro profondo.
-“E’ che mi piace avere un rapporto con te, tranne i ragazzi non ho mai avuto qualcuno fuori da quel tipo di vita, e poi quando sei arrivata mi sembrava del tutto perfetto. Sei praticamente la copia al femminile di Tris e sapevo vi sareste trovati bene, ma quando ho visto come eravate in sintonia, come scherzavate e quanto tempo e cose condividevate ho cambiato visione. Il fatto di avervi visti a Prudential insieme non ha fatto altro che contribuire.”- disse.
-“Come ci hai visti a Prudential?”- chiesi confusa.
-“Ero lì per caso, insomma… ci vanno le coppiette appena formate”
-“Brad, io e Tris siamo solo amici, eravamo lì perché i biglietti erano gratis ma si erano ritirati tutti. Non cambia niente in tutto questo, non dovete litigare, mai, avete troppa amicizia alle spalle per rovinarvi tutto”- dissi.
-“’solo amici’ uh?”- sorrise tristemente- “però su una cosa ti do ragione: siamo amici, spesso non è una motivazione sufficiente, ma forse ultimamente lo abbiamo un po’ dimenticato”- disse. Ci fu del silenzio.
-“Allora tutto come prima?”- chiesi.
-“Diciamo di sì”- disse. Poi mi rivolse un sorriso dei suoi, quelli che non avevo visto in tanti giorni, e capii che eravamo davvero ad un nuovo inizio.
Brad prese parte alla festa e lo vidi parlare con Tris come sempre era stato, la cosa mi rendeva felice. Arrivò il momento di andare a dormire, ero stanca come tutti. Mi diressi alla mia tenda, aprii la cerniera, ma con gran sorpresa: James era nella tenda con Ariana, entrambi dormivano. Mi diressi alla tenda di Connor, lo chiamai due volte prima che mi sentisse, purtroppo però la sua tenda era già strapiena. L’unica cosa che mi rimaneva da fare era andare a chiedere  Brad e Tris; e così feci.
-“Ehi”- sussurrai vicino alla loro tenda.
 

 

---Rubo solo un angolino!---

Buonasera a tutti
Prima di tutto vorrei ringraziare quelle persone che hanno recensito, stanno seguendo o semplicemente leggendo questa ff. Ho visto che molte ragazze si stanno appassionando e sono contentissima per questo. Diciamo che questa ff mi è venuta in mente da meno di una settimana, la sto scrivendo con molto piacere, e mi dà soddisfazione. Tuttavia, ecco il discorso:
io il giorno tra studio, impegni e cose varie sto pochissimo al computer, scrivo solo la sera, cioè quando ho tempo e mi sento maggiormente ispirata, infatti ho finito di scrivere ora il capitolo che sono mezzanotte e un quarto, e lo faccio con il sorriso sulla faccia perché lo trovo un buon lavoro.
Non so se mi seguivate già prima, ma la ff che avevo l’ho conclusa senza finale dato che aveva scarsissimo seguito ed era un lavoro buttato lì.

IL PUNTO E’:  ho molte idee per la storia, ma pubblicherò i capitoli fino a che qualcuno li leggerà. Se non lo farà mai nessuno, terrò semplicemente questa storia nella testa come mia ‘idea’. Inizialmente ho avuto riscontri iperpositivi, ma ultimamente nessuno si fa avanti, non so se sia un caso o perchè la storia vi stia deludendo o sia noiosa.
Per queste ragioni,
ho deciso che caricherò il prossimo capitolo quando e se riceverò qualche recensione. La storia mi piace molto, quindi non chiuderà qui, ma di certo se non avessi riscontri caricherei solo ogni tanto.
Il punto è che questa storia è un lavoro soddisfacente per me, e non voglio rovinarla solo perché mi sembra che gli altri non la apprezzino.
Spero capiate,
ci vediamo presto!

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Capitolo 6
*** 6 ***


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#Capitolo 6

 
Avete presente quando siete mezzi svegli e mezzi addormentati, ancora troppo stanchi per aprire gli occhi, ma abbastanza coscienti da poter ragionare? Era quello il mio stato in quel momento, e già mi sentivo felice: Brad e Tris finalmente erano tornati alla normalità, finalmente potevo dire che i miei amici- tutti quanti- stessero bene, perché andava proprio a gonfie vele, e quando succede non puoi fare altro che sentirti sereno.
La serata era andata bene, falò, chiacchiere, tante risate, ero sicura che sarebbe diventato nel tempo uno tra i ricordi più vividi che avrei avuto per quell’anno di college. Certo, qualche piccolo inconveniente c’era stato: a mezzanotte mi ero recata alla mia tenda, ma Ariana era già in compagnia di James. E le uniche persone che mi avevano ‘ospitato’ nella loro tenda erano state proprio Brad e Tristan, erano stati gentili dato che ero piombata dal nulla, si erano sdraiati vicino alle estremità della tenda in modo da lasciarmi il centro, e non erano tenuti a farlo. Aprii lentamente gli occhi, quando capii la situazione mi mossi leggermente: avevo la testa tra il collo e la spalla di Tristan, il suo mento era sopra la mia testa, Brad invece aveva la testa tra il mio collo e la mia spalla, ed entrambi avevano il braccio sul mio fianco. Evidentemente, si erano sdraiati ai lati ma non ci erano rimasti durante la notte. Per quanto cercassi un modo di non disturbarli eppure andarmene, i miei movimenti avevano svegliato Tristan. Vidi i suoi occhi azzurri andare in giro, e cambiarono espressione quando si accorse di tutto.
-“Scusa, non volevo”- disse bisbigliando e voltandosi. Se Tristan aveva sentito qualcosa, Brad non sembrava dare segni di vita. Lo scossi leggermente, lui aprì gli occhi, e mi rivolse un leggero sorriso.
-“Buongiorno”- sospirò
-“Brad, devo andarmene adesso che è ancora buio, se beccano me e James non sapremo come spiegarlo”- dissi seria. Me ne andai dalla loro tenda mentre Brad mi guardava uscirne.
Il viaggio di ritorno fu piuttosto tranquillo, James e Ariana lo passarono insieme e Connor era sempre più inserito nel suo gruppo di calcio. Tris e Brad mi avevano chiesto se volevo mettermi nel posto a tre con loro, ma decisi di passare il viaggio solo con le mie cuffiette. Tutto sommato vedevo che tra di loro andava bene, e non potevo essere più felice.
Finalmente arrivammo in college, pioveva a dirotto ma la cosa non avrebbe scombinato i piani della giornata: anche quel pomeriggio, nonostante l’uscita, avremmo avuto lezione. Sarebbe stata la mia prima assenza, ma il direttore ci aveva caldamente consigliato di prendervi parte dato che era l’ultima prima degli esami, quindi dovevo andarci. La mia prima sessione arrivata in un batter d’occhio, e a dirla tutta tra una cosa ed un’altra non era stata in cima ai miei pensieri. Tris, Connor e James dovevano consegnare dei lavori alla Berklee e avevano bisogno di modificarli ancora, quindi non sarebbero venuti: tutto sommato potevano permetterselo dato che avrebbero preso certamente 100 al test di grammatica e dunque anche nei peggiori dei casi avrebbero passato la sessione, in fin dei conti la media non gli interessava più di tanto. Ariana aveva bisogno di studiare ma voleva assolutamente accompagnare James e vederlo ‘a lavoro ’, quindi si sarebbe messa sui libri nel tardo pomeriggio. Brad invece, a mia sorpresa, aveva detto che era abbastanza avanti con il suo progetto alla Berklee e quindi sarebbe venuto a lezione con me.
Entrai in camera e finalmente mi feci una doccia, poi mi vestii a caso come sempre: jeans chiari strappati, felpa oversized grigia con scritte bianche e anfibi neri. Brad invece ci mise molto di più, per qualche motivo, alla fine uscì dalla stanza con un paio di pantaloni neri ed il maglione che gli avevo fatto comprare, sorrisi nel vederlo e lui ricambiò. Purtroppo per quanto avessimo corso avevamo ugualmente perso la metro, fortunatamente ce n’era una subito dopo; tuttavia arrivammo con un leggero ritardo in sede e fummo gli ultimi due ad entrare in classe: per questo Brad si sedette in quarta fila vicino al solito ragazzo asiatico ed io trovai posto in tre file più dietro. Vicino a me c’era una ragazza di nome Lauren Fernandez, veniva dal Messico e ci avevo scambiato quattro chiacchiere qualche volte a mensa. 
La lezione cominciò, notavo che Brad qualche volta si girava verso di me per farmi facce stupide e per prendere in giro il professore. Non mi pentii di essere andata a lezione dato che la trovai molto utile, per questo dopo poco cominciai ad ignorare Brad e mi concentrai più sull’argomento del giorno.
-“Signor Simpson?”- disse il professore nel bel mezzo della lezione fermandosi davanti alla cattedra –“è qui per prendere crediti, non per fissare la signorina Fernandez”- disse seriamente. Brad scosse la testa e sorrise, mentre tutti si girarono verso Lauren che avvampò. L’episodio mi fece ridere, e appena si girò gli mimai uno ‘scemo’ seguito da un sorriso che ricambiò.
Tra appunti e cose varie la lezione finì e io e Brad ci trovammo all’uscita dell’aula, nel frattempo una responsabile mi aveva detto di passare in segreteria: l’ultima cosa di cui avevo bisogno era perdere tempo in segreteria il giorno prima degli esami. Io e Brad ci stavamo dirigendo verso la segreteria quando improvvisamente da dietro sbucò Lauren, appoggiò il block notes sul petto di Brad, scrisse qualcosa, poi staccò il pezzo di carta e dopo averlo accartocciato lo mise nella mano di Brad; si allontanò con disinvoltura. Brad mi guardò confuso ed io risi per la sua faccia. Mentre ci dirigevamo in segreteria notai che Brad buttò la palla di carta in un bidone.
-“Lauren è carina, pure intelligente”- dissi seriamente. Lui mi guardò divertito
-“Forse, ma non è il mio tipo”- disse con un sorriso in faccia.
-“E da quando avresti un ‘tipo’?”- dissi ridendo.
-“Da qualche settimana”- rispose vago ma divertito. Ci fu una pausa di silenzio, attraversammo la grande porta a vetri con lo stemma della scuola, e ci ritrovammo davanti ad un bancone ad aspettare che qualcuno arrivasse.
-“Ciò non toglie che stavi fissando Lauren, ti ci sei messo d’impegno per confonderle le idee”- dissi ironica. Lui scoppiò a ridere.
-“Guardavo te”- disse ridendo. In effetti da un certo punto in poi lo avevo ignorato, ma lui non si era arreso evidentemente.
-“Hai fatto un errore, Lauren è carina! E se poi volessi invitarla, se cambiassi idea riguardo al tuo ‘tipo’, o se volessi semplicemente invitare un’altra tua fiamma?”- dissi.
-“Semplice, non le invito”- disse serio- “voglio passare il mio tempo solo con questa persona, cioè il ‘mio tipo’”- disse facendo un passo verso di me e guardandomi negli occhi. Eravamo davvero vicini, stavo per fare qualcosa ma ci pensò qualcuno al mio posto.
-“Allora ragazzi, ditemi”- disse allegra la segretaria. Spiegai che mi avevano convocato e dopo aver fornito dei dati mi diede un modulo da compilare; Brad era dietro di me. Fortunatamente tutto si concluse nel giro di un quarto d’ora e riuscimmo così a prendere la metro in tempo.
-“Quando avevi intenzione di dire che domani è il tuo compleanno?”-disse. Io guardai altrove, evidentemente aveva sbriciato sul modulo –“ dopodomani è quello di Ariana, insomma, possiamo fare qualcosa per voi due”- disse.
-“Non do molto peso al mio compleanno, perciò non ci pensare”- dissi con un lieve sorriso.
Dopo un pezzo di strada a piedi arrivammo finalmente in camera, solo io e Brad; l’ansia cominciò a salire dato che avrei avuto gli esami in meno di dodici ore e non sapevo assolutamente nulla di letteratura. In poco tempo il pavimento si riempì di fogli, quaderni, appunti e qualsiasi altra cosa inerente allo studio, fortunatamente avevo Brad che mi stava aiutando.
-“ Dunque in “An Ideal Husband” di Wilde, chi è la persona che più ha difficoltà nell’accettare il passato di Robert?”- chiese Brad serio con il mio libro tra le ginocchia.
-“La moglie, Lady…”- non riuscivo proprio a ricordarmi i nomi, spostai il mio sguardo dal pavimento alla faccia di Brad, dal mio sorriso Brad aveva capito che non riuscivo a concentrarmi. Mi mimò una ‘G’ per farmi capire.
-“Ginevra?”- dissi incerta. Brad mi guardò male
-“Gertrude!”- disse serio, poi bloccò lo sguardo su di me –“forse non sono abbastanza severo con te”- disse.
-“Tutti bravi con il libro davanti, non le sai neanche tu ‘ste cose”- dissi io scherzando
-“Signorina, sono qui per i crediti io, so già che passerò la sessione grazie a grammatica, poi letteratura può anche andare a farsi benedire”- disse ridendo, cosa che feci anche io.
-“Chi aiuta più di tutti Robert e Gertrude a rimettersi insieme?”- riprese Brad.
-“Lord…”- ecco un altro nome che mi sfuggiva. Guardai Brad, sulla sua faccia si stava disegnando un sorriso.
-“Te l’avevo detto!”- disse ridendo. Non feci in tempo a capire che mi ritrovai stesa sul pavimento tra i miei fogli e libri con Brad sopra che mi stava torturando con il solletico. La prima volta riuscii a ribaltare la situazione, successivamente però Brad riprese il comando e ritornò sopra di me. Ridevamo come matti, e per qualche secondo riuscii a non pensare gli esami. Poi Brad si fermò, mi guardò dritto negli occhi e si lasciò cadere sui gomiti. Risultato? La mia faccia e la sua a pochi centimetri di distanza, e nessuno dei due sembrava riuscirsi a muovere.
-“…Brad?”- dissi piano. Lui sembrava non sentirmi.
-“ti stai avvicinando un po’ troppo”- dissi con un sorriso sulla faccia. Lui chiuse gli occhi e si lasciò cadere alla mia sinistra. Ci fu del silenzio. Forse ci era rimasto male, e la cosa mi dispiaceva: a quest’ora poteva essere da qualsiasi altra parte, con chiunque altro e fare qualcosa di certamente più divertente che studiare; eppure era sdraiato su un pavimento pieno di fogli con me che non ricordavo un’informazione per più di dieci secondi.
-“Brad, volevo ringraziarti per l’aiuto che mi stai dando”- dissi.
-“Ma figurati”- rispose dopo un po’ assolutamente scocciato.
Erano già arrivate le otto e mezza di sera e le pagine da studiare non sembravano diminuire mai; James ed Ariana erano finalmente tornati e con loro avevano portato anche quantità industriali di caffè da Starbucks e panini. Circa un’ora dopo arrivarono anche Tris e Connor e si aggiunsero al nostro gruppo di studio. Alle 23.40 ero finalmente arrivata a fine capitolo ed ero esausta; mi guardai intorno: Tris e Connor dormivano circondati da libri, James era vicino a loro ed aveva Ariana sulla spalla, Brad occupava una parte del divano; sorrisi nel vedere tutti in quello stato. Chiusi finalmente il mio libro e cercai di mettere apposto i miei appunti, tra i fogli riconobbi la grafia di Brad: “
vedrai che andrà tutto bene, soprattutto grazie ai miei metodi d’insegnamento. Brad x”. Sorrisi nel vedere il bigliettino, mi girai verso Brad. Quanto era stato gentile? Mi aveva aiutato tantissimo e mi era stato vicino più di chiunque altro. Si era preoccupato per me quando non mi vedeva mangiare, mi aveva raccomandato di non andare a dormire tardi e adesso mi aveva lasciato anche un bigliettino pre-esame. Il fatto che si fosse così tanto preoccupato per me dimostrava non solo quanto fosse un ragazzo d’oro ma anche un grande amico, e non mi sentivo di aver fatto molto per ricambiare: lo avevo fatto litigare con Tris e non gli ero stata molto di aiuto nel resto del periodo.
Mi voltai verso di lui e lasciai un bacio sulla sua guancia, poi mi stesi sul letto in camera e mi addormentai pensando che solo poche ore mi separavano dalle vacanze post-esami.


 

-Rubo il solito angolino-

Buonasera a tutti!
Ci tenevo a ringraziare per tutte le recensioni arrivate dopo il messaggio dell’ultimo capitolo, super positive, mi fa molto piacere vedere che apprezzate questo lavoro! Altra cosa, penso che questo capitolo sarà online circa alle 18, ve lo dico a titolo informativo: è un’eccezione perché come dicevo scrivo la sera/notte e pubblico quindi in una fascia oraria che va
dalle 21 a 00.30 (ahahh), mi fa piacere sappiate quando potreste più o meno trovare un nuovo capitolo:)
Per quanto riguarda questo, mi sembra un po’ un capitolo di intramezzo, non succedono grandi cose, più che altro avrei voluto inserirci altri avvenimenti in 24 ore ma ho deciso di metterli nel capitolo 7 perché ci avrei messo davvero troppo per scrivere solo questo capitolo, e mi sembra di non aggiornare già da una vita e mezza.
Nei prossimi capitoli ci saranno diversi sviluppi, perciò preparatevi!
Per il solito discorso
aggiornerò quando e se riceverò qualche recensione, in modo da avere pure un po’ di tempo perché scrivere un capitolo ogni sera cominciava ad essere piuttosto difficile da gestire, in ogni caso parliamo di aggiornamento a giorni alterni e (tranne casi rari) non di più.
Penso sia tutto,
a presto!
 
 
 

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Capitolo 7
*** 7 ***


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#Capitolo 7
 
Tastai il comodino in cerca del mio cellulare, finalmente lo trovai e lo guardai con orrore: le 7.41. Non poteva essere.
Non DOVEVA essere: con i ragazzi avevamo deciso di svegliarci presto, prepararci tranquillamente, andare da Starbucks e ripassare davanti a un caffè, arrivare a scuola in anticipo e scegliere i posti. E invece, come al solito, nulla andò secondo i piani e l’unica cosa che seppi fare fu cacciare un urlo di avvertimento mettendomi a correre insieme a tutti gli altri in cerca delle mie cose. Afferrai la spazzola e pettinai alla meglio e peggio i capelli che raccolsi in una cipolla oscena, rimasi vestita così come mi ero addormentata la sera prima, afferrai il mio zaino dentro al quale non c’era altro che una penna e non tutti i miei appunti messi in ordine come avevo previsto; fu in queste condizioni che arrivammo appena in tempo davanti alla sede del college per registrarci e accedere alle aule. Lo stomaco mi bruciava, ero in ansia e il fatto di non aver mangiato di certo non mi aiutava.
Finalmente ci diedero i codici: io ed Ariana dovevamo presentarci nell’aula 2, mentre tutti i ragazzi erano nell’aula 1. Così cominciarono i nostri esami: ero vicino alla finestra, e vedere che fuori era tutto tranquillo, il sole splendeva di una luce pallida, gli alberi si muovevano leggermente a causa del primo venticello autunnale, mi tranquillizzò in qualche maniera, così girai il mio foglio e cominciai a segnare le risposte senza troppe difficoltà. Alle 10.15 ci fu un piccolo break e successivamente arrivò il temutissimo test di letteratura, pensavo ai ragazzi, incrociavo le dita sperando non fosse un test troppo crudele. Dopo un’ora dovemmo consegnare i fogli, non seppi dare un’autovalutazione e ciò da una parte mi consolava perché effettivamente non sapevo cosa aspettarmi, dall’altra mi agitava tremendamente per lo stesso motivo.
Mi sedetti su una panchina del giardino della scuola insieme ad Ariana, aspettando che i ragazzi uscissero dalla loro aula; dopo circa due minuti li vedemmo arrivare.
-“Come vi sono sembrati gli esami?”-chiesi con una voce stanca
-“Grammatica era facile”- io gli feci un sorriso ovvio che ricambiò divertito-“ e letteratura non era difficile in generale ma dipende molto da quanto si ha studiato per poterlo dire”
-“Quindi a te è andata una merda”- disse Connor ridendo e voltandosi verso di lui, Tris si limitò a ridere
-“E’ sempre stato così: avendo una memoria fotografica riesce ad avere grandi risultati, solo che non gli va d’impegnarsi e quindi passa sempre con il minimo- disse Brad
-“Non pensiamoci più, per favore!”- disse Ariana –“come festeggiamo l’inizio di una settimana di libertà?”- chiese
-“Andiamo a mangiare sushi al ristorante in centro”- disse Tris. Sapeva che odiavo il sushi ed infatti uno sguardo cadde su di me, come se si aspettasse che lo dicessi da un momento all’altro.
-“Andata”- disse Ariana con un sorriso.
-“Voi andate, io resto qui. Voglio aspettare che escano i risultati, tanto non riuscirò a mangiare fino a che non li vedrò. E poi me ne tornerò in camera per fami una bella dormita”- dissi tranquillamente. I ragazzi si scambiarono uno sguardo d’intesa.
-“Eh no”- disse Tris, io lo guardai confusa –“… da sola no”- disse vago-“ James starà con te!”- disse mentre lo spingeva nella mia direzione, gli rivolse un’occhiata d’intesa che James sembrò cogliere.
-“Tris non ho 4 anni, ce la faccio da sola”- dissi ironica. Questa volta gli sguardi erano tutti su di lui.
-“… ma fidati, troverete qualcosa da fare insieme”- disse lui sbrigativo. Ariana lo guardò stranita e così anche io, ma per evitare domande scomode il gruppo si allontanò. C’era qualcosa di strano. Guardai James con un sopracciglio alzato.
-“Ok, te ne devo parlare”- disse lui voltandosi verso di me-“ voglio chiedere ad Ariana di diventare la mia ragazza, e ho bisogno di scegliere un anello. Tu sei la sua amica, la sua compagna di stanza, insomma…”-disse tirando un sorriso. In quel momento capii.
-“Possiamo andarci… domani?”- la sua faccia sembrò delusa-“ ascolta, l’unica cosa che voglio è vedere i risultati e finire questa giornata con una dormita, non penso cambi chiederglielo domani: è pazza di te”- dissi ridendo. Mi venne in mente che oggi era il mio compleanno, me lo ricordavo solo ora, e chi lo sapeva per certo era Brad: avevo apprezzato il fatto che avesse fatto come gli avevo detto, cioè di non badarci.
-“Oggi è il giorno”- disse scuotendo la testa. Sospirai.
-“E va bene”- dissi. Mi rivolse un sorriso.
Dopo poco uscirono i risultati; quando mi avvicinai al tabellone mi tremavano le gambe, chiusi gli occhi e li riaprii un minuto dopo: 86. Un grande sorriso comparve sul mio volto, quel risultato era tanto inaspettato quanto gradito. Notai con piacere che anche gli altri erano passati: tutti i ragazzi ottennero il massimo punteggio nella parte grammaticale, mentre io ed Ariana ce la cavammo discretamente; nel secondo esame Connor, Ariana e Tristan ottennero la sufficienza, io ottenni un voto discreto mentre James e Brad passarono con quasi il massimo. Dunque i punteggi finali furono: Tristan 80, Brad 92, James 91, Connor 85 ed Ariana 69. Ero così felice che tutto fosse andato per il verso giusto!
Dopo poco io e James ci dirigemmo alla fermata degli autobus; per raggiungere il centro commerciale dovevamo aspettare circa un’ora; sembrò tuttavia valerne la pena dato che era davvero enorme e a giudicare dalla gente presente anche piuttosto in voga. James decise di entrare da Tiffany; non chiese aiuto a nessuno ma si limitò a guardare i vari tipi fino a quando non si bloccò davanti ad una vetrina: l’anello era totalmente in argento con una pietra azzurra nel centro ed era assolutamente bellissimo. Sapevo che Ariana lo avrebbe adorato perciò James guadagnò subito il mio assenso e se lo fece tirare fuori; pagò in contanti dicendomi che aveva fatto qualche straordinario e risparmiato per qualche mese, il che mi sciolse letteralmente perché, pur non essendo un’inguaribile romantica, trovai il gesto molto dolce.
James passò il viaggio di ritorno con un sorriso ebete sulla faccia ed era assolutamente assorto nei suoi pensieri perciò dopo averlo preso un po’ in giro decisi di lasciarlo in pace e passare il viaggio in compagnia della mia playlist ; quando arrivammo alla fermata davanti al college il tempo sembrò essere volato.
Sinceramente? Erano solo le sei di pomeriggio ma tutto ciò che volevo era mangiare qualcosa ed andare a dormire; qualcuno avrebbe definito la giornata del mio compleanno deprimente ma in fin dei conti era ciò che avevo chiesto e avevo avuto le mie soddisfazioni.
James aprì la porta della stanza ed io lo seguii; quando fummo in pieno salotto notai che i ragazzi andavano di qua e di là trasportando cose e avevano attaccato uno striscione che diceva “esami finiti!!”. Ariana passò un bicchiere a me e a James e tutti insieme brindammo ai nostri ottimi risultati.
Mi avvicinai al tavolino per sistemare il cibo sui piatti, i ragazzi stavano sistemando la musica tranne Brad che venne nella mia direzione.
-“Hai visto che è andato tutto bene?”- disse con un sorriso
-“Già”- dissi sollevata-“ a proposito, grazie ancora per l’aiuto”- dissi voltandomi verso di lui. Lui continuava a fissarmi, e non sapevo perché.
-“Ho visto che anche tu te la sei cavata bene”- dissi rompendo il ghiaccio e dandogli un colpetto sul fianco .
-“Sì, non mi lamento”- disse vago-“ ma è diverso da te”- disse continuando a sorridermi, io lo guardai confusa – “insomma, tu sei così determinata, sai cosa vuoi e te lo prendi… io spesso non sono così”. Per qualche ragione le sue parole mi fecero davvero tenerezza.
-“Ti sbagli”- dissi scuotendo la testa –“non sono sempre così sicura come sembro, e tu non sei così insicuro come credi di essere: se lo fossi non saresti dall’altra parte del mondo a costruirti un futuro con le tue forze”- mi interruppi –“a volte ci vuole solo più tempo di quello che crediamo per alcune cose”- conclusi.
-“ E’ che per certe cose si fa fatica ad aspettare senza abbattersi”- disse sinceramente. Io sospirai.
-“Credo che alla fine la vita dipenda solo da ciò che facciamo, quindi dipende da noi far accadere o no qualcosa, e decidere quando agire”- dissi tranquillamente, lui mi si rivolse un sorriso.
-“Chi vuole un pezzo di torta?”- disse Connor ad alta voce. Quando mi girai, notai una torta al cioccolato con la scritta ‘tanti auguri Noah’ in glassa bianca e 18 candeline. Mi voltai verso Brad con un sorriso.
-“Scusa ma i compleanni sono troppo belli per non essere festeggiati”- disse ridendo. Adesso aveva tutto senso: il fatto che avessero scelto il sushi in modo da non rendermi parte del gruppo, il fatto che James dovesse scegliere l’anello proprio oggi- anche se aveva in sé un po’ di verità.
Come se non bastasse, avevano anche pensato di farmi un regalo che mi diede Tristan: era un pacchetto lungo, abbastanza pesante d incartato con una carta bianca e rossa che tolsi velocemente. Uno skateboard, o per meglio dire, LO skateboard. Era semplicemente magnifico, bellissimo e perfetto e non osavo immaginare quanti soldi avessero speso per me.
-“Speriamo ti piaccia, anche perché è l’unico regalo che abbiamo”- disse Tris ironico. Io passai qualche secondo a rimirare lo skateboard.
-“Ragazzi, è semplicemente bellissimo, e vuol dire tanto per me. Grazie di cuore”- dissi quasi sul punto di commuovermi. Ci fu un nuovo brindisi, che venne interrotto da James che abbassò di colpo la musica.
-“In realtà questo non è l’unico regalo di stasera”- disse nervoso James avvicinandosi ad Ariana; lei lo guardò confusa-“ molti mi hanno dato del pazzo per quello che sto per fare, una dichiarazione davanti a tutti. Ma onestamente non importa perché lo hanno capito tutti che sei semplicemente qualcosa di speciale per me, così speciale che ora non trovo neanche un aggettivo più specifico. E spero che lo abbia capito anche tu, perché se non lo avessi capito o ancora peggio non volessi capirlo, non penso lo sopporterei. E’ che non mi basta più chiamarti semplicemente Ariana, ho bisogno di chiamarti con il nome più adatto: la mia ragazza, la mia compagna, la mia metà. E spero tu senta lo stesso”- concluse così il discorso aprendo la scatoletta con l’anello; Ariana in lacrime gli saltò al collo accompagnata dai nostri applausi. Aaah, per quanto non fossi romantica, vedere l’inizio di una coppia è sempre speciale.
Poco prima di cena decisi di andare a sedermi nei giardini del college, ero su una panchina a riflettere: avevo degli amici fantastici, una vita piena di emozioni, la scuola andava bene e mi sembrava di essere ogni giorno più vicina ai miei obbiettivi. I miei amici erano un vero e proprio tesoro, e forse non me li meritavo. Ciò che riuscivo a fare era sentirmi estremamente grata per tutto ciò che avevo. I mei pensieri furono interrotti da Brad, che si sedette vicino a me.
-“Che ne dici se andiamo a provare lo skateboard alle rampe”- disse senza troppi indugi
-“Ci sto”- risposi immediatamente con un sorriso sulla faccia
Quando arrivammo alle rampe non c’era più nessuno, il che ci permise di fare letteralmente ciò che volevamo; notai che Brad era davvero bravo e a mia sorpresa scoprii di non essere ridotta così male come credevo. Dopo circa due ore decidemmo di ritirarci, e questa volta il desiderio di quella dormita che avevo sin dalla stessa mattina si stava facendo molto forte.
-“Dobbiamo andare alla Berklee”- disse Brad d’improvviso –“devo prendere una cosa”. Ero così stanca che non ce la facevo più nemmeno a reggermi in piedi.
-“Non possiamo andarci domani?”- dissi con voce flebile, lui scosse la testa. Era stato così gentile con me e onestamente si era sempre fatto in quattro, non era proprio giusto fargli pesare qualcosa –“E va bene”- dissi.
Dieci minuti dopo eravamo davanti all’enorme edificio di mattoncini rossi, entrammo nello studio della band; c’erano foto dei ragazzi ovunque, strumenti in giro e spartiti sparsi sul tavolino. Mi sedei su un amplificatore.
-“Ecco qui”- disse Brad portando con sé un grande pacco nero con un fiocco rosso in cima –“ho preferito darti il mio regalo a parte”- disse con un sorriso leggermente nervoso. Con un gesto mi invitò a scartare, cosa che feci. Il pacco conteneva una bellissima chitarra, aveva disegnato un dragone in argento sui tasti. Avevo detto a Brad che nella mia vita avrei voluto imparare a suonare la chitarra, prima o poi, e lui se l’era ricordato.
-“Mi hai regalato una chitarra?”- dissi quasi con le lacrime agli occhi. Lui annuì.
-“Così potrò insegnarti a suonarla”- disse con un sorriso. Io lo guardai dolcemente.
-“Brad, non ho parole. Io… grazie mille”- dissi quasi in lacrime. Lui sorrise. Guardai meglio la chitarra, notai che in prossimità del dragone c’era inciso il nome ‘Alex’.
-“’Alex’?”- dissi interrogativa indicando la chitarra
-“Era il nome di mio fratello, la chitarra era sua ma l’aveva regalata a me. Ha un piccolo difetto di fabbrica; non produce un suono stonato, ma neanche uno completamente perfetto. E’ speciale per questo, e mi aveva detto di regalarla a qualcuno che fosse stato altrettanto speciale. E due mesi dopo è morto in un incidente, il giorno dopo aver reso la patente. Che sfortuna”- disse piano. Una lacrima mi rigò il viso.
-“Brad non posso accettare” – dissi velocemente porgendogli la chitarra.
-“Sì che puoi”- disse respingendola- “ … è giusto così. A lui saresti piaciuta”- disse con un sorriso sulla faccia.
Quando tornammo in college ciò che feci fu addormentarmi né più né meno come la sera precedente, e anche se ero stanca mi sentivo inevitabilmente felice.

 
-Solito angolino-

Buonasera
(o forse buonanotte)!
E' da un pò che lavoro su questo capitolo e finalmente questa notte l'ho concluso, mi sembra soddisfacente al contrario di quello precedente che- come avrete notato -era molto d'intramezzo; insomma mi sembra abbia del suo----->
spero di avervi soddisfatto!
Fatemi sapere cosa ne pensate, ormai come al solito aggiornamento a quando e se avrò qualche recensione, che comunque non sarà tra molto dato che mi sono venute un altro paio di idee mezze pazze (o forse no).
A presto!
 

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Capitolo 8
*** 8 ***


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#Capitolo 8


 
Le settimane passarono velocemente, forse perché furono estremamente ordinarie, o forse perché cominciamo ad abituarmi alla mia nuova vita.
Mangiavo qualcosa al volo la mattina, andavo a lezione con i ragazzi, pranzavamo insieme, andavo alle lezioni del pomeriggio, a volte sola a volte in compagnia; ci fermavamo da Starbucks a chiacchierare per ore davanti ad un caffè, cenavamo in college e passavamo bellissime serate: mi chiedevo se tutto questo abituarmi mi stesse facendo male.
Fu così che tra tutto ciò alcune settimane volarono e il freddo di novembre nonché il Ringraziamento arrivarono più velocemente del previsto. Avevamo cinque giorni liberi, chi voleva poteva tornare a casa per fare visita alla famiglia: così aveva fatto Ariana, tornando a Barcellona; io invece avevo deciso di passare quei giorni in college e godermeli nel modo più semplice possibile, i ragazzi invece pur volendo vedere le loro famiglie erano costretti a rimanere a Boston a causa di progetti ancora in corso alla Berklee. Morale della favola: ero spesso sola, i ragazzi tornavano tardi e ciò che facevo era guardare serie tv nel mio pigiama, stare sdraiata sul letto e dare segni di vita ogni dodici ora mettendomi alla ricerca di cibo.
Qualcuno avrebbe definito le mie vacanze ‘tristi’ e ‘buttate’, ma onestamente mi stavo rilassando e anche divertendo; non negavo però che avrei potuto fare qualcosa di meglio invece che guardare serie tv e abbuffarmi di schifezze, e avrei potuto passare il mio tempo in compagnia diversa da quella di un pc. Che ci potevo fare se ero solitaria per natura?
In quel momento uno spiraglio della mia porta si aprì, e ne spuntò la testa di Brad un secondo dopo, con il solito sorrisetto.
-“Bel pigiama”- disse ridendo. In quel momento mi guardai nello specchio sul retro della porta: avevo i capelli tirati su in una cipolla disordinata, la felpa extralarge con lo stemma del college e leggins neri.
-“Ciao anche a te”- dissi ridendo
-“Stasera alla Berklee c’è il saggio per il Ringraziamento. Presentiamo i lavori degli ultimi mesi, ci farebbe piacere se tu venissi”- disse lui tirando un sorriso.
-“Mh… non lo so Brad”- dissi poco convinta.
-“Ehi, le puntate di The Vampire Diaries non scappano sai”- disse sarcastico. Io lo guardai.
-“Sono così orribile, eh?”- dissi ironica. Lui scoppiò a ridere.
-“No, anzi stai benissimo. Solo, da quanto non esci?”- io lo guardai e lui mi inviò uno sguardo esplicativo –“solo stasera, dai”- disse inclinando la testa.
-“E poi sarò libera di abbuffarmi e guardare tutte le serie tv che voglio?”- dissi ironicamente alzando le mani
-“Diciamo di sì”- disse ridendo
-“Allora si può fare”- dissi ricambiando il sorriso.
Il mio pomeriggio passò stando ancora davanti al pc, comodamente sdraiata sul letto. Avevo praticamente perso il concetto spazio-temporale, infatti Brad sarebbe passato alle 18 per andare insieme alla Berklee ed io mi accorsi appena in tempo dell’orario.
Mi misi sotto la doccia, poi mi vestii comodamente con felpa, jeans, vans, giacca di pelle nera e sciarpa dello stesso colore. Decisi anche di applicare un po’ di fondotinta per coprire i numerosi sfoghi sulla mia faccia causati dalla pessima alimentazione degli ultimi giorni, poi piastrai leggermente i capelli che decisi di lasciare sciolti. Nello stesso momento sentii bussare alla mia porta, aprii e senza sorpresa trovai Brad.
-“Stai benissimo”- disse squadrandomi. Il suo commento mi stranì.
-“Mi vesto così tutti i giorni”- dissi confusa indicando i miei vestiti. Lui sorrise.
-“Appunto”- abbassai lo sguardo e lo spinsi, cosa che lo fece ridere.
Camminammo fino alla Berklee rimanendo quasi in silenzio. La cosa non mi dava problemi dato che non ero mai stata un tipo di molte parole, tuttavia sentivo Brad molto a disagio e trovavo la cosa in parte divertente.
Finalmente entrammo nell’atrio della Berklee, era una scuola bellissima soprattutto in quei giorni in vista del saggio. Ci trovai i ragazzi, non erano agitati né per il saggio né per la vista di tanto pubblico, ci tenevano più che altro a finire il più presto possibile. Parlammo per circa cinque minuti, mi dissero poi che ci saremmo rivisti all’uscita della scuola e non prima dato che dovevano rimanere dietro le quinte per tutto il tempo fino alla fine dello spettacolo per poi uscire ai ringraziamenti finali. Annuii, li guardai allontanarsi e presi poi posto nelle ultime file.
Gli allievi erano tutti molto bravi, mi accorsi rapidamente del loro alto livello: cominciavo a capire perché i ragazzi avessero fatto tanto per entrare in quella scuola. E dopo quaranta minuti di esibizioni finalmente arrivò il loro turno. Si esibirono in una cover di “22” di Taylor Swift (
https://www.youtube.com/watch?v=_CiyDlUle-8 ), non ero di certo una musicista, non sapevo nemmeno suonare una chitarra ma mi sembrarono incredibilmente bravi ed ebbi la sensazione che tutto il pubblico stesse pensando la stessa cosa. La conclusione della loro esibizione fu seguita da molteplici applausi. Dopo qualche minuto di silenzio mi stupii nel vedere Tristan risalire sul palco, questa volta però era solo e aveva una chitarra. Aggiustò il microfono, poi si schiarì la voce e cominciò a parlare.
-“Dunque… chi mi conosce sa che non amo essere al centro dell’attenzione e che non penso di saper davvero cantare”- ci fu una risata generale –“però ho sempre pensato che la musica esprimesse al meglio ciò che non sono capace di dire a parole. C’è qualcosa che vorrei dire ad una ragazza in particolare e penso che questa sia la migliore maniera per farlo. Spero che lei lo colga e che la canzone vi piaccia”- le sue parole furono seguite da alcuni applausi incerti, poi calò il silenzio e cominciò a suonare la chitarra. Cantò una canzone che non avevo mai sentito prima (
https://www.youtube.com/watch?v=o2-Tq9ekCHY , ascoltatela perché è importante per lo svolgimento della storia❤). Trovavo anche lui bravissimo e pieno di talento, non mi capacitavo di come potesse pensare il contrario, e a giudicare dagli applausi alla fine dell’esibizione il pubblico la pensava come me. Ero così contenta che fossero così bravi nella strada che avevano deciso di intraprendere, e non mi pentii affatto di essere uscita dal letto per prendere parte a quel saggio.
Era ancora rimasta un’ora di esibizioni, alle quali cominciai a non prestare più molta attenzione. Improvvisamente sentii toccarmi la spalla e al mio fianco trovai una ragazza dalla pelle scura e capelli ricci.
-“Ti ho vista con Tristan Evans nell’atrio, sei una sua amica?”- disse bisbigliando, io annuii – “ha lasciato i suoi appunti vicino al mio violoncello, potresti darglieli tu al posto mio?”- mi chiese porgendomi un raccoglitore colmo di fogli.
-“Certo”- bisbigliai sorridendole. Lei mi diede il raccoglitore e la guardai allontanarsi.
Le esibizioni di musica classica cominciavano davvero ad annoiarmi, tuttavia dovendo rimanere fino alla fine decisi di trovarmi qualcosa da fare. Aprii il raccoglitore di Tristan, riconobbi subito la sua calligrafia disordinata. Notai che aveva scritto il piccolo discorso pronunciato quella stessa sera, e a mia sorpresa più di una volta: aveva riempito decine di fogli con diverse versioni; girai tutte le pagine fino ad arrivare a quella che aveva scritto per prima, di cui lessi distrattamente la prima frase.

 

“Questa canzone è per Noah, sperando che finalmente capisca come mi sento tutte le volte”


Il mondo sembrò bloccarsi intorno a me, non sentivo più nessun suono e non mi sembrava di sentire neanche più il mio corpo.
Tristan aveva cantato quella canzone per me, Tristan aveva indirizzato a me il significato del suo testo. Tristan provava più di una semplice amicizia.
Ripresi piano piano il controllo di me stessa e di ciò che mi circondava; mi alzai velocemente senza curarmi di quanto rumore stessi facendo o di quanta gente avessi disturbato, corsi nell’atrio e abbandonai il raccoglitore di Tristan su un tavolino qualsiasi.
Presi a correre per le strade di Boston, senza una meta precisa, senza il più assoluto controllo di me stessa, della mia testa, dei sentimenti che non avevo mai provato, che nessuno aveva mai tentato di smuovere.
Mi fermai in mezzo ad una strada qualsiasi, era tutto così calmo mentre io, persona razionale per 18 della sua vita, stavo diventando un miscuglio di sensazione senza una connessione logica. Faceva troppo freddo per correre, ed era stato fin troppo pericoloso. Non mi sorpresi quando mi trovai davanti allo Starbucks a pochi metri dal college; ero sempre prevedibile e sempre razionale: non sarei mai scappata in luoghi che non conoscevo. Sempre razionale.
Mi scese una lacrima, che poi ne chiamò un’altra ed un’altra ancora.
Mi presentai al desk e ordinai una cioccolata praticamente in lacrime, sotto gli occhi del commesso visibilmente in imbarazzo. Mi stavo semplicemente odiando in quel momento.
Presi la mia cioccolata e decisi di sedermi ad un tavolino poco lontano dall’entrata. Dopo poco vidi entrare Tristan, che dopo essersi guardato intorno, tenendo in mano il suo raccoglitore, mi vide.
Aveva capito cosa era successo, aveva capito perché. Io appoggiai dei soldi sul tavolino e corsi all’uscita dalla parte opposta. Stavo correndo ma qualcosa mi bloccò il braccio da dietro. O meglio qualcuno.
-“Noah, ti prego… non scappare da me”- disse quasi disperato. Io scoppiai a piangere, un’altra volta. La mia vista sembrò distruggerlo.
Si avvicinò a me, le nostre fronti si toccarono e lui tentò di guardarmi negli occhi.
-“Devi smetterla di avere paura”- sussurrò vicino alle mie labbra.
-“Non ho paura”- dissi determinata, allontanai da me Tristan e mi asciugai le lacrime.
-“Certo che ne hai”- urlò lui- “tu non hai paura di vivere forse, di stare da sola, di viaggiare da sola, di essere indipendente. Ma hai paura di perdere la tua autonomia, di appoggiarti a qualcuno, di mostrare le tue debolezze, di piangere, di guardare qualcuno come io guardo te. E allora lascia che ti chieda che razza di vita pensi di vivere”- disse con il fiatone –“la vita è troppo breve e difficile per fare tutto da soli”- disse piano inclinando la testa e mantenendo lo sguardo su di me.
-“Non puoi farmene una colpa se sono così, non puoi pretendere che io sia sbagliata perché noi due siamo diversi. Tu forse pensi di amarmi ora, ma è proprio per questo che non funzionerà. Io ho paura dei rapporti che ti distruggono, delle cose che non posso controllare”- dissi ad alta voce. Lui si riavvicinò a me.
-“E paura di amare”- disse sospirando
-“E paura di amare”- ammisi io.
-“Non devi”- disse dopo una pausa. Le sue labbra toccarono le mie, riscaldandole e proteggendole da quel freddo pungente di metà novembre.
 
 


-Solito angolo-
Mi odierete per quello che sta succedendo, ho capito che tra di voi ci sono molte più #broah shippers che TristanxNoah (trovatelo voi un nome che io non sono capace ahaha). Ma lo avevo già in mente dall’inizio, è parte della storia; sappiate che però i ‘colpi di scena’ non sono finiti qui, quindi
non sfiduciatevi !
Grazie ancora per le varie recensioni, spero che nonostante tutto il capitolo vi sia piaciuto. Comunico che a breve avrò una serie di impegni per circa una settimana, quindi non so se riuscirò ad aggiornare, di sicuro non così frequentemente (come al solito
quando e se ci saranno recensioni). In ogni caso è solo per una settimana, quindi non vi sto abbandonando.
A presto!
 

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Capitolo 9
*** 9 ***


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#Capitolo 9

 
Stavo canticchiando “All I want for Christmas is you” di Mariah Carey, ero felice come tutte le volte che si avvicinava il periodo di Natale.
-“E sentiamo, chi è che vorresti a Natale?”- disse Ariana ironica con uno guardo esplicativo.
-“In che senso?”- chiesi io ricambiando il sorriso anche se avevo assolutamente capito a cosa si riferisse, come stava facendo da ormai parecchi giorni.
-“Andiamo Noah, lo so che hai capito che intendo”- disse lei buttando a terra qualche addobbo, io scossi il capo lievemente –“ tu e Tristan non siete una coppia, ma non siete neanche ‘solo amici’. Che siete allora?”- disse lei gesticolando eccessivamente. Io posai il mio sguardo su di lei prima di rispondere.
-“Qualcosa di bello”- risposi io facendo spallucce e riprendendo a concentrarmi sugli addobbi natalizi e così fece anche Ariana.
-“Bhe, sappi che ‘qualcosa di bello ’ non sarà sufficiente in eterno per chi ti sta accanto e chi… vi sta vicino”- disse lei esplicativa mentre srotolava un filo di luci ed usava il suo tono ‘dovremmo-parlarne-ma-non-ti-forzo’.
-“Questi addobbi che ci ha dato Catherine non ci basteranno mai, andiamo da Walmart a prenderli al volo?”- dissi bruscamente voltandomi verso di lei. Lei mi fissò per qualche secondo.
-“Come vuoi”- disse con aria rassegnata afferrando la sua giacca che era rimasta sulla spalliera del divano.
Le strade di Boston erano semplicemente meravigliose in quel periodo dell’anno. Le luci, la neve, il freddo pungente, il clima natalizio accompagnato da quella serenità della durata di appena due settimane. Non solo era magico, era tranquillo, era quello che ci sarebbe servito in un intero anno; o almeno per come la vedevo io: forse era proprio per questo che amavo tanto il Natale.
Il 25 era ormai vicino, e io ed Ariana ci stavamo occupando delle decorazioni. Volevamo un Natale che rispettasse le tradizioni, ma eravamo le uniche a poterci pensare: i ragazzi sarebbero stati occupati alla Berklee probabilmente fino alla mattina del 24 per consegnare gli ultimi lavori di dicembre. E tutto ciò li aveva presi così tanto che li vedevo davvero raramente, le ultime lezioni le avevo passate in compagnia di Ariana, i nostri orari coincidevano così poco tanto da non vederci neanche prima di andare a dormire o al risveglio pur stando nello stesso appartamento. Parlavo così poco con Tristan, ancora meno con Brad, e mi faceva stare male: sentivo qualcosa che non quadrava in tutto ciò.
In meno di un’ora il nostro carrello si era riempito: addobbi vari, palline e qualsiasi cosa di natalizio potesse venire utile; ci avviammo così alla cassa. Notai l’insegna sui vari stand: “AIUTO COMMESSI PER IL PERIODO NATALIZIO CERCASI”; lo fissai per qualche secondo riflettendo. Quando arrivò il nostro turno aprii il portafoglio e ci trovai appena la giusta somma per pagare: in effetti un lavoretto non mi avrebbe fatto male, ero piuttosto libera nel periodo delle vacanze, dovevo fare i regali e odiavo chiedere sempre ai miei genitori.
Dissi ad Ariana di andare avanti ed io cercai di parlare con la stessa commessa che ci aveva servito riguardo quel lavoro. Mi disse di presentarmi la mattina dopo sul presto, circa le 8: era stato più facile di quello che potessi pensare. Il tragitto verso casa fu lento, eravamo entrambe stanche e piene di borse; dopo essere arrivate in college e aver finito di decorare il nostro appartamento mi scoprii più stanca di quello che credevo pur non avendo fatto nulla di che. Ariana andò quasi subito a dormire; io invece mi sdraiai un po’ sul divano prima di seguirla e così ne approfittai per visitare i miei social. Improvvisamente il cellulare mi vibrò tra le mani e notai la notifica verde di WhatsApp: era Tristan.

-Allora domani mattina andiamo a fare colazione insieme? xx-

Sospirai.

-E’ venuto fuori un impegno: poi ti spiego ma mi sa che dovremo rimandare. E’ un problema?-

-No tranquilla, abbiamo tutte le vacanze per recuperare:)-
-
Sicuro di non essertela presa? Scusami davvero-

Ci mise qualche secondo in più a rispondere e la cosa già cominciava ad agitarmi.

-Con te mai! Nessun problema. Fai sogni d’oro principessa xx-

Sorrisi alla vista di quel messaggio.
La mattina seguente mi svegliai di buon ora, mi vestii comoda e calda dopo una bella doccia e mi diressi al Walmart della sera precedente. Parlai con quella che doveva essere la responsabile del reparto, una donna sulla quarantina di poche parole e molti ordini, e a me andava bene così. Mi disse di mettere sugli scaffali delle scatole di decorazioni in vetro ed eventualmente buttare quelle danneggiate; aggiunse anche che un ragazzo si sarebbe aggiunto per darmi una mano. Dieci minuti dopo giunse e il suo volto non mi risultò per niente nuovo.
-“Cosa ci fai qui?”- chiesi con un sorriso, che il ragazzo- cioè Tristan- ricambiò.
-“Lavoro come te”- disse ovvio. Io lo squadrai.
-“Chi te l’ha detto?”-chiesi io.
-“Ari”- ridacchiò, ed io insieme a lui.
Tristan era un ragazzo molto autonomo, come tutti i ragazzi della band poi. Ma in particolare lui era il classico tipo nella situazione economica in cui chiedere un aiuto extra ai genitori non era un problema, ed apprezzavo che non lo avesse mai fatto notare da quando lo avevo conosciuto. Tuttavia proprio per questi motivi non potevo fare a meno di chiedermi perché fosse venuto.
-“Ci vediamo così poco, e quelle volte che ci riusciamo non è abbastanza”- aveva risposto lui da solo alle mie domande- “Penso che potrà essere divertente e così magari riusciremo anche a parlare un pò”- disse, con lo sguardo fisso su di me.
-“Bhe siamo pagati per lavorare e non chiacchierare, però il pensiero è stato carino lo stesso”- dissi vagamente prendendo qualche scatola. Tristan rimase fermo, dritto in piedi come era arrivato, guardando spostarmi.
-“Non così Noah”- disse dopo una breve pausa, inclinando leggermente la testa e fissandomi. Io lo osservai con lo sguardo di chi è colpevole, ed è stato beccato. Ad un punto cieco per giunta.
-“Che vuoi dire?”- dissi incrociando le braccia e stringendomi in me stessa per poi girarmi verso di lui.
-“Che ti voglio un bene dell’anima, ma mi sento come se non avessi un posto. Ci vediamo poco, a volte nemmeno mi guardi quando siamo insieme, forse non camminiamo allo stesso modo in questa cosa”- disse tranquillamente.
-“Te lo avevo detto che non ero la persona giusta, io non sono quel tipo di ragazza che si ferma a guardarti,  che sente il bisogno di tenerti la mano per strada o ti schiocca un bacio sulla guancia dal nulla. Io… non mi innamorerò mai così. Non sono questo tipo di persona…”- dissi piano girando lo sguardo altrove.
-“Non sei questo tipo di persona, perciò non esserlo. Va bene”- disse per poi fare un passo verso di me –“Ma devo sapere se potrò prenderti io la mano quando sentirò di farlo, darti un bacio in mezzo al corridoio al cambio dell’ora solo perché ne ho voglia… o se tu preferisci guardare qualcun altro”-
-“Non dirlo neanche per scherzo, ok?”- dissi prendendo lentamente il suo viso tra le mani –“Devi solo darmi un po’ di tempo”- dissi inclinando la testa, lui abbassò lo sguardo.
-“Lo sai che ho preso le mie batoste, non sono così sicuro come sembro”- disse con un sorrisetto –“solo, non chiedermi tempo se sai che non porterà a nulla”- disse seriamente. Quelle sue parole mi fecero uno strano effetto, e mi addolcì molto. Abbassai il suo volto che avevo tra le mani nella mia direzione e lo baciai; fu strano per me ma bellissimo, e per quanto fosse sorpreso anche Tristan ne era stato felice.
La giornata lavorativa si concluse bene; presi la mia paga, che sommata ai miei risparmi e qualche extra mi permise di fare i regali. Avevo a disposizione un pomeriggio intero nel centro di Boston per darmi da fare, ma ero più che sicura che ci avrei messo molto pur avendo le idee abbastanza chiare, motivo per cui mi misi subito all’opera.
I regali per Connor e James furono i più facili: a Connor presi un paio di scarpini nuovi per i suoi allenamenti di calcio, dato che erano consumati; invece a James presi qualche vinile in un negozio un po’ nascosto nel centro della città: sapevo che li adorava, ma non aveva modo di portare avanti le sue collezioni.
Ad Ariana invece presi una borsa che desiderava da molto: nera e con qualche borchia; cosa regalare di meglio ad una malata di shopping?
I regali di Brad e Tristan furono quelli che richiesero più tempo per me, ci avevo pensato giorni e giorni prima e finalmente avevo avuto un’illuminazione: avevo prenotato un paio di bacchette per la batteria per Tris, ci avevo fatto incidere il suo nome. Nello stesso negozio poi prenotai anche un bracciale per Brad; decisi di prenderlo in pelle nera, ci feci incidere un dragone simile a quello sulla chitarra di suo fratello, questo si intrecciava nel suo nome.
Non sapevo quanto avrebbero potuto apprezzare quei regali, ma io nel complesso pensavo di aver fatto un buon lavoro, perciò mi ritenni soddisfatta una volta tornata in college.
Finalmente arrivai alla porta della camera, non vedevo l’ora di sdraiarmi sul divano e rimanerci fino a sera. Ariana era indietro con i regali ed i ragazzi sarebbero tornati sul tardi, giusto in tempo per scartare i regali. Così, sistemai i miei pacchetti sotto l’albero e mi buttai sul divano, cominciando a fissare il soffitto, per non so quanto tempo.
Improvvisamente sentii girare delle chiavi nella toppa della porta, anche se era ancora decisamente presto. Vidi Brad entrare e lui sembrò altrettanto sorpreso.
-“Ciao”- dissi, con un tono onestamente strano. Lui rimase sul posto e cominciò a fissarmi –“Successo qualcosa?”- continuai guardandolo interrogativa.
-“Fa strano aprire la porta e vederti”- rise.
-“Come la devo prendere?”- risi anche io
-“Come ti pare”- disse ironicamente sedendosi accanto a me. Lo guardai per qualche istante.
-“Mi sembri di buon umore”- dissi
-“Sembro infatti. Bè, a Natale bisogna stare allegri anche se si è a pezzi”- disse rivolgendo un sorriso triste al pavimento.  Ci fu del silenzio.
-“Finiti in tempo i regali?”- chiesi cambiando bruscamente discorso
-“Anche molto prima di te signorina”- disse rivolgendomi un sorrisetto. Io risi, e lui fece altrettanto.
Dopo poco arrivarono anche tutti gli altri, e cominciammo a scartare i regali. Avevo fatto centro per tutti, ma non avevo ancora dato a Brad il suo e anche a me mancava il regalo da parte sua. In compenso Tris mi regalò la sua giacca di pelle nera, e tutto il resto dei ragazzi mi regalò l’ultimo cd dei Maroon 5; adoravo quei regali!
-“Per te”- disse Brad porgendomi il suo regalo con un sorriso. Afferrai il pacchetto, incredibilmente leggero. Ciò che trovai all’interno fu una bandana rossa, uguale a quella che aveva usato lui il giorno che eravamo andati insieme alle rampe.
-“Brad è bellissima, grazie”- dissi contenta continuando a fissare quell’oggetto.
-“Quando l’ho vista ti ho pensata”- disse con un leggero sorriso. Dietro di lui vidi Tristan spostare lo sguardo verso il basso.
-“Questo è tuo”- dissi rapidamente porgendogli la scatoletta. Lui ne tirò fuori il braccialetto; lo osservò e poi passò il dito sul dragone inciso: quel gesto mi fece capire che aveva in un certo senso colto il messaggio.
-“Lo adoro”- disse alzando la testa e guardandomi con un grosso sorriso. Poi mi abbracciò sussurrando un grazie; fu un abbraccio decisamente lungo e Brad sembrava deciso a non lasciare i miei fianchi, e per quanto mi fosse sembrato che tutti intorno a me si sentissero in imbarazzo almeno quanto lo ero io, non mi sentii di lasciarlo andare.
La serata si concluse con tanti ringraziamenti, qualche gesto affettuoso da parte di James e Ariana, e uno sguardo che mi lanciò Brad prima di chiudere la porta della sua camera. Quando mi sdraiai nel letto invece che essere presa dal sonno fui presa da molti pensieri: quanto ancora poteva andare avanti così? Prima che si rompesse tutto irreparabilmente, a causa mia o del tempo stesso?
Girai lo sguardo verso la finestra, guardai la neve scendere silenziosa ed inesorabile. L’amavo così tanto che proprio la notte della Vigilia di Natale decisi di scendere dal letto, mettermi un paio di scarpe ed una vecchia coperta addosso ed uscire all’aperto. Mi sedei su una panchina qualsiasi a riflettere. Improvvisamente sentii dei passi e quando mi voltai ci vidi a sorpresa Brad.
-“Sapevo che ti avrei trovata qui”- disse con un sorriso triste, sedendosi vicino a me. Io sorrisi, e poi seguì uno strano silenzio.
-“Sai che non potremo rimandare la nostra discussione in eterno, vero?”- disse serio voltandosi verso di me.
-“Non stasera Brad”- dissi con voce debole, ma lui sembrò non ascoltarmi.
-“Ci sono così tante cose da dire, talmente tante che più che il modo non trovo mai il momento. Perché ormai siamo circondati da casino, come quello che hai portato tu nelle vite di tutti. Le hai sconvolte per sempre, ed è stato davvero fantastico”- disse con un sorriso amaro sotto il mio sguardo attento per poi voltarsi nella mia direzione –“io ti amo Noah, ma mi hai spezzato il cuore. E se non senti lo stesso, va bene, mi farò da parte e ti lascerò andare, Dio solo sa con quale forza. Ma lo farò, anche se farà male da schifo, anche se non mi ero mai innamorato prima, forse avevo grandi aspettative.”- disse tristemente –“Ti lascerò libera”- sussurrò voltandosi verso di me. Una lacrima mi rigò il viso.
-“Non volevo causare tutto questo dolore, lo sai vero?”-dissi piano. Lui si voltò e mi guardò negli occhi.
E poi successe.
Fu un attimo, quasi indescrivibile tanto per la sua brevità quanto per la sua intensità. Fu un bacio strano, voluto ma inaspettato, vero ma surreale in un certo senso. Una contraddizione in termini, come eravamo io e Brad alla fine. Due persone contrastanti, bianche e nere e senza grigi in mezzo, che non si sa come erano arrivate a tanto. Il nostro rapporto era contraddittorio; amici, estranei, sgraditi e poi amati: così sembrava andare tra noi.
Quando mi sdraiai sul mio solito letto di tutte le sere mi ritrovai con più domande rispetto all’ultima volta in cui mi ci ero messa.
La mattina dopo aprii gli occhi e li voltai verso la finestra; una tipica giornata invernale si stava facendo avanti. Mi alzai ed andai tranquillamente in salotto, notando che probabilmente ero sola in camera anche quella mattina. Ma mi sbagliavo.
-“Noah…”- disse Tristan, seduto sul divano accanto a Brad, entrambi voltati verso di me.
-“E’ arrivato il momento”- disse Brad.
 
 


-Solito angolo-

Holaaa
Mi scuso per questa lunga assenza: avevo detto una settimana ed invece sono state quasi due; in più ho impiegato tre sere per scrivere questo capitolo, l’ho trovato parecchio impegnativo da scrivere ma tutto sommato penso possa andare. Spero vi soddisfi!
Avete presente quel paio di idee pazze di cui parlavo? Bhe le sto perfezionando e nell’insieme penso ne uscirà qualcosa di figo, spero di avere le capacità per far rendere le mie idee.

Grazie ancora per tutte le recensioni positive e commenti carini, siete dolci e mi rendete sempre soddisfattissima!
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, penso che non sarà lunghissimo, o almeno non quanto il solito, ma forse lo troverete un po’ uno shock, quindi
vi avverto ahah
Bhe, come al solito il prossimo capitolo arriverà
quando e se ci saranno recensioni. Penso sia tutto, ora vado a dormire che è pure tardi.
A presto!
 

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Capitolo 10
*** 10 ***


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#Capitolo 10


 

(ho scritto questo capitolo mentre ascoltavo : https://www.youtube.com/watch?v=K_AYf7-B9VA , mi farebbe piacere se la ascoltaste mentre lo leggete c: )

E’ il momento di scegliere.
Forse sì. Il problema era che dentro di me lo sapevo, sapevo che non potevo andare avanti a lungo, ma non sapevo darmi delle risposte. Non mi ero mai vista al fianco di nessuno, tanto meno di uno tra due amici, due amici che sarebbero cambiati se io avessi preso una decisione. Due amici che avrebbero cominciato a salutarsi freddamente in una mattina apparentemente ordinaria, due amici che avrebbero cominciato a chiamarsi tali solo per delle convenzioni.
Scossi la testa, non potevo, semplicemente non potevo. Tristan mi guardava con uno sguardo afflitto, mentre Brad mi rivolse lo sguardo di chi pur essendo dispiaciuto non poteva fare diversamente.
-“Lo sai che è meglio per tutti vero?”- disse Brad alzandosi e venendomi davanti, pronunciando queste parole con una voce tremolante. Io esitai.
-“Brad, ti ricordi quando hai detto che mi avresti lasciato libera?”- lui annuì intristito –“sono io che vi lascio liberi”- dissi con la voce rotta dal pianto. Lui sembrò non poterci credere per un attimo; poi quel suo sguardo tornò, e si rivolse a Tristan che non era altro che più afflitto.
Non era così che saremmo andati avanti, qualcuno avrebbe detto che avevo paura di prendere un decisione, e forse era vero. Ma più di tutto mi spaventava la certezza che se avessi scelto niente sarebbe più stato lo stesso per nessuno. Era meglio così. Meglio per modo di dire; invece che sentirmi alleggerita le lacrime continuavano a scorrere sul mio viso, e potevo immaginare come si sentissero Tris e Brad.
Mi preparai senza riuscire a fermare i singhiozzi; mi guardai allo specchio: semplicemente distrutta. Non ero mai stata tanto male, non mi era mai capitato di non riuscire a gestire la mia sfera emotiva. Uscii dalla porta guardando di sfuggita Tristan e Brad, che erano rimasti lì dove li avevo lasciati, semplicemente impotenti. Andai a lavoro continuando a piangere; la gente mi guardava, chi in imbarazzo, chi dispiaciuto o indifferente. Mi stavo odiando per questo mio lasciarmi andare.
Il mio compito era esattamente uguale a quello del giorno precedente: decorazioni in vetro, posizionarle o gettarle via. Lo feci, non con molta attenzione; ero lenta e mi distraevo spesso. Ad un certo punto una scatola mi scivolò dalle mani, e le decorazioni che vi erano dentro non fecero altro che andare in frantumi. Mi chinai per raccoglierle; ma notai quanto quella situazione insulsa mi potesse rappresentare: una decorazione di vetro, apparentemente bella e solida, sembra che non cadrà mai, che sarà sempre così: intatta e perfetta. Ma poi ci si rende conto di come con una leggera spinta possa cadere e rovinarsi per sempre. A pezzi, ecco cos’ero.
Mi sedei sul pavimento chiudendomi in un pianto disperato, tra le lacrime riconobbi un paio di scarpe familiari ; subito dopo si chinò vicino a me Ariana. La guardai, vedevo solo la sua immagine sfocata tra tutte le lacrime che stavo versando.
-“Me l’avevi detto eh”- dissi con una voce irriconoscibile. Lei scosse la testa.
-“Non ha più importanza ora”- disse rivolgendomi un sorriso triste e comprensivo.
-“Sono a pezzi Ari… dovevo stare lontana, ecco cosa”- dissi piangendo. Lei tentò di calmare il mio pianto abbracciandomi.
-“Io… lo so. Lo so come ti senti”- disse piano –“ma non devi fare così”- disse guardandomi e asciugandomi le lacrime. Notai che la responsabile ci stava fissando.
-“Ascolta, non posso stare ancora qui, torno in college ma se hai bisogno di me chiamami”- disse guardandomi, io annuii –“cerca di farti forza, non ti ho mai vista così e non voglio cominciare oggi”- disse triste. La guardai allontanarsi.
Mancanza. All’improvviso. Come si fa a sentire la mancanza di qualcosa che non si ha mai avuto? Mi ero illusa di avere qualcosa, avevo vissuto in un film. Mi ero sempre definita una persona con i piedi per terra, eppure questa volta avevo fallito miseramente.
Ero innamorata? Non ero neanche capace di pensare a qualcosa che potesse andarci vicino. Poteva fare davvero così male, pur non essendoci talmente tanto dentro?
I sentimenti ci fregano sempre; ci prendono di petto nei momenti più inaspettati, ci straziano e tormentano fino alla fine, per poi lasciare un grande vuoto e tante domande che forse non riceveranno mai risposta. Non si vive per soffrire, non per questo; eppure tutti ci passiamo prima o poi. Anche io, quella che se n’era sempre tenuta lontana, soprattutto per la paura di quello che poi mi stava accadendo in quel preciso istante. Non pensavo potesse fare tanto male, che fosse qualcosa di così lacerante tanto da farti arrivare al non capire più te stesso.
La mia giornata fu un miscuglio di cose confuse, a caso e senza senso e connessione logica. Avevo un pensiero in testa, e non pensavo ad altro. Ecco a voi la ragazza che avete sempre dipinto come forte: un soffio in una giornata normale della sua vita normale ed era finita in mille pezzi.
Uscii dal supermercato vagando senza un’idea precisa. Non volevo tornare in college, non così, ma non sapevo dove andare. Era freddo, ero sola, nel dolore e nelle lacrime. Poteva essere peggio di così? Improvvisamente cominciavo a capire tutti i testi di quelle canzoni che avevo sempre ascoltato; scritte per quelli come me in una notte simile.
Arrivai davanti a Marshall, quel negozio in cui ero entrata qualche mese prima con un ragazzo qualsiasi, senza immaginare tutto questo. Decisi di sedere su una panchina in prossimità dell’entrata, guardare le famiglie felici entrare ed uscire era strano: c’erano passati anche loro prima?
Improvvisamente vidi accostare una macchina. Il finestrino si abbassò e riconobbi il volto di Brad, che mi fece segno di salire. Esitai, ma poi decisi di salire; ormai il peggio era andato.
Salii in silenzio, e anche Brad continuò a guidare sena proferire parola.
-“Perché ci tenevi che salissi? Non abbiamo più molto da dire noi due”- dissi piano. Notai che Brad continuava a guidare, sempre dritto, e si era addentrato in una stradina di Boston. –“Brad?”- dissi con un tono più deciso. Lui frenò di colpo, in mezzo alla stradina in cui eravamo.
-“Non puoi fermarti qui”- dissi ad alta voce.
-“Al diavolo”- disse urlando, per poi voltarsi verso di me –“vuoi sempre decidere tu, avere tu l’ultima parola, come se sapessi già tutto”- ci fu del silenzio –“Sai cosa? Ascolta tu me. Qui nessuno lascia libero nessuno”- disse guardandomi negli occhi –“Ti amo Noah. Così tanto che ti direi di sì tutti i giorni. Ma non deve essere per forza così. Non penso che smetterò di amarti, almeno non a breve. Ma se ti amo ora è perché prima di tutto siamo diventati amici, e posso continuare ad esserlo. Farò un passo indietro, va bene”- disse con convinzione.
-“E a quale scopo? L’amore deve essere bianco o nero, non grigio. Non è giusto”- dissi piano.
-“Posso sopportare di averti come amica, ma non di non averti più”- disse guardandomi negli occhi. Ci fu del silenzio.
Poi alle spalle di Brad vidi riflessa tantissima luce, di un bianco abbagliante. Ci furono parecchi rumori, prima una suonata di clacson e poi rumori sempre più confusi. Fu tutto così veloce.
E poi buio.

 

-Solito angolo-
 
Buonaseeera
Mi scuso per avervi fatto aspettare, ho avuto tanto da fare e questo capitolo ha richiesto tempo. E’ molto introspettivo, un po’ diverso dal solito soprattutto nel finale
(non odiatemi dai). Lo avevo già in programma, tutto sommato mi piace e spero lo apprezziate c:
Nota veloce: sì, la canzone è di Ariana Grande e sì, ho dato ad uno dei personaggi il nome Ariana;
ma no, non sono una sua fan. Mi piace qualche sua canzone (tipo quella del link), però non la seguo; Ariana, compagna di stanza di Noah, è un personaggio creato sulla base di una persona realmente esistente e che conosco in prima persona.
Nulla, stasera diluvia e amo ‘sto tempo, in più è tardi e sarebbe il caso di andare a dormire.
Vi lascio il mio ask, così se avete voglia di vedermi, chiacchierare, o informarvi sul capitolo: http://ask.fm/NoahStayStrong (creiamo confidenza ahaha).
Penso sia tutto, ovviamente nuovo capitolo
quando e se ci saranno recensioni!
A presto!
 
 

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Capitolo 11
*** 11 ***


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#Capitolo 11

 

Aprii gli occhi. Mi trovavo in una stanza luminosissima; doveva essere pieno giorno e per giunta doveva splendere un sole assurdo per quanta luce c’era. Mi girai verso la finestra con grande fatica: anche respirare sembrava essere diventato difficile. Poi mi resi conto: ero in una stanza completamente bianca, senza un quadro, un segno; ero sdraiata in un letto con flebo attaccate e macchinari mai visti prima, e fu proprio in quel momento che mi accorsi di non essere sola. Mia nonna, la donna che mi aveva accompagnato durante tutta un’infanzia, era lì, con il suo sorriso tranquillo ed imperturbabile che mi osservava con i suoi occhi vivaci; era anche per questo che l’adoravo: quando ero con lei le mie paure e le mie ansie scomparivano.
-“Ciao Noah”- disse sorridendomi, cosa che ricambiai- “è bello poterti vedere”- disse piano. Appoggiò la sua mano sulla mia nel tentativo di stringerla, ma io non sentii nulla, e lei lo capì.
Poi tutto cominciò ad avere senso, all’improvviso, a prendere forma: 11 dicembre 2011. Di quel giorno ricordo solo che ero passata a casa di mia nonna prima della scuola; la trovai a fare giardinaggio e le feci notare che quella non era la stagione adatta, e lei rispose che quel giorno si sentiva bene e che quel giardino l’aveva coltivato con mio nonno per cui non voleva essere da nessuna altra parte. Le promisi che sarei rimasta a pranzo da lei dopo la scuola; e poi tutto il resto fu veloce e confuso. Ricordo le ambulanze fuori da casa sua, i medici che dicevano che era stata una cosa improvvisa, come succedeva in tanti casi. Se n’era andata nel suo stile: in punta di piedi, per non disturbare.
-“Nonna… io sono..”- dissi con voce incerta. Lei mi rivolse il suo sorriso.
-“No tesoro, non sei morta. Ci vuole ben altro per ammazzare mia nipote!”- disse ridacchiando- “però tu e quel Brad ci avete fatto prendere un bello spavento qui su”- disse tornando seria. Sgranai gli occhi.
-“Nonna… Brad, lui”- lei mi fece segno di fare silenzio, cosa che rispettai per poco- “E poi come faccio a vederti se non sono morta e tu sì”- lei ripeté quel gesto, ma la cosa non mi stava bene –“Ti prego non tenermi in sospeso”- dissi con voce tremolante.
-“Non lo farei mai”- io stavo per ricominciare a parlare ma lei mi bloccò –“Noah, non ho molto tempo per fare quello che devo”- disse seria. Io non capii quello che intendeva.
-“Tu pensi sempre di avere le risposte a tutto, di sapere come sono andate o andranno le cose, e se non conosci le risposte ti allontani subito. Ma non può essere così per sempre, devi capire che c’è un motivo per cui la gente si comporta in certi modi, fa certe cose; cose che tu non comprendi ma che hanno senso per loro”- disse, toccando i miei capelli –“avrei voluto insegnartelo da viva, ma ora questa è l’unica maniera che mi è rimasta”- disse facendo scendere una lacrima, cosa che successe anche a me.
-“Ti voglio bene piccola mia, non dimenticarlo mai”- disse in lacrime allontanandosi sempre più da me.
Non so come e perché ma mi trovai catapultata da qualche parte, in piedi com’ero, senza una spiegazione. Ero in un campo di calcio, ero sicura di essere a Boston; solo non sapevo dove. Da dietro spuntò un gruppo di ragazzi che non conoscevo, decisi di seguirli. Scoprii dopo poco che si stavano dirigendo allo spogliatoio maschile e mi sentii abbastanza in imbarazzo quando mi trovai tra ragazzi in intimo e simili.
-“Ehi!”- disse uno tra i ragazzi urlando nella mia direzione –“non sai che lo spogliatoio femminile è dall’altra parte?”- disse con aria sarcastica, ma ero pronta a ribattere. Tuttavia, prima di farlo capii che la battutina non era indirizzata a me, ma al ragazzo che subito dopo posò il borsone sulla panca: Connor.
Sbuffò visibilmente prima di parlare:
-“Dave, chiamami come ti pare basta che mi fai entrare in campo, cinque minuti,  sono migliorato ed il mister…”- disse determinato, ma fu interrotto.
-“Niente da fare sfigato”- disse ridendo e tirandogli in faccia una maglia, poi uscì dalla porta seguito dagli altri ragazzi ancora tra ghigni e battutine. Si vedeva che Connor ci teneva e quindi ci era rimasto male, tirò un pugno all’armadietto e si lasciò scivolare sulla parete. Era così solo e triste, avrei voluto aiutarlo, ma non sapevo come.
Come se nulla fosse, la vista mi si annebbiò, non mi reggevo in piedi, fino a quando mi ritrovai catapultata in un’altra situazione, altrettanto sconosciuta, altrettanto strana. Ero in un salotto, ma mi resi conto che non era un salotto qualsiasi: era la living room del college. Notai due ombre dietro la porta a vetri: riconobbi James, ma non la ragazza che lo seguì immediatamente dopo.
-“Ti fermi per favore?”- urlò lei prendendogli un braccio, ma lui si liberò velocemente dalla sua presa.
-“Fermarmi per cosa? Parlare?!”- disse lui con uno sguardo furioso, che non avevo mai visto prima. Lei lo fissò impotente –“Parlare di che? Del nostro futuro che non avremo mai?”- disse alzando la voce e voltandosi dall’altra parte, visibilmente furioso. Ci fu una pausa di silenzio.
-“Ascolta, bisogna essere realisti. Questo anno insieme è stato una meraviglia, ma tu rimarrai qui ancora per molto tempo e io tornerò in Argentina tra due settimane…” – disse lei titubante. Lui la fissò intensamente.
-“Io sono pronto ad affrontarla questa distanza, Anna”- disse James serio. Lei ricambiò lo sguardo intenso, prima di proferire parola.
-“Ma io no”- disse a voce bassa. James abbassò la testa con delusione, tristezza. Lei tuttavia gli prese il viso tra le mani –“un giorno troverai quella ragazza che ti merita davvero, a cui potrai realmente mettere un anello al dito”- disse bisbigliando. Lui la guardò.
-“Speravo tanto fossi tu”- disse triste. La ragazza, impotente, lo abbracciò; abbraccio che lui ricambiò ancora più intensamente.
Lo scenario cambiò nuovamente, cominciavo a capire che tutto ciò che stavo vivendo in quel momento, in qualche modo, era legato alle persone con cui avevo condiviso la mia quotidianità in quegli ultimi mesi.
Mi trovavo su una terrazza, sembrava essere inverno; temperature rigide delle notte. Era la terrazza di Prudential, quella su cui mi aveva portato Tris; motivo per cui non mi stupii nel vederlo comparire da un momento all’altro. Stava raggiungendo una ragazza appoggiata alla ringhiera, era quasi certamente ubriaca e sembrava essere appena uscita da una festa. Quando si girò notando Tris un’espressione seccata si disegnò sul suo volto.
-“Ma mi segui ovunque?”- disse con un tono di voce strano.
-“Quanto hai bevuto?”- disse Tris in tono aggressivo, afferrandole il volto.
-“Ma che ne so, è una festa! Ci si diverte”- disse, bevendo un sorso da una bottiglia – “dovresti cominciare a farlo pure tu”- disse girandosi noncurante, mantenendo a stento l’equilibrio.
-“E allora è per colpa della vodka che ti ho trovata con quel tipo, o per colpa tua?”- disse a voce alta. Ci fu una pausa.
-“Te l’ho detto: fai troppe domande”- disse in tono amaro, per poi girarsi verso di lui- “non lo so cosa voglio, come mi gira”- disse ridacchiando. Lui la guardò visibilmente amareggiato.
-“Ti avevo chiesto di scegliere: se mi vuoi mollare, va bene, me ne faccio una ragione anche subito.”- disse –“ Ma se vuoi stare con me non c’è spazio per le sbronze, le corna e gli uomini da una serata”- lei lo guardò, mantenendo quanta più attenzione potesse su di lui.
-“Te l’ho detto che non so cosa voglio; sei carino ma io voglio divertirmi”- lui sorrise sarcasticamente spostando lo sguardo altrove- “tu non vuoi che ti si lasci in sospeso, ma lasciare in sospeso è l’unica cosa che io sappia fare”- disse bisbigliando.
Il mio scenario cambiò nuovamente: mi trovai davanti ad una parete, dopo poco riuscii a mettere a fuoco qualcosa. C’erano attaccate delle foto: riconobbi Brad, ed ebbi un tuffo al cuore. Dunque stava bene? Non riuscivo davvero a capire cosa ci stesse succedendo.
In tutte quelle foto, vicino a lui, c’era un ragazzo che per certi versi gli somigliava; forse era leggermente più scuro di capelli, ma avevano indubbiamente lo stesso sorriso. Sotto ad una delle tante foto notai un attestato, era un diploma, guardai il nome in grassetto: Alexander Simpson.
In un attimo collegai tutto: era proprio quell’Alex, l’Alex di Brad, suo fratello, il suo punto di riferimento – per certi versi.
Alle mie spalle sentii un suono di chitarra, pochi accordi. Mi girai: lì seduti su un letto, in una camera disordinata di due ragazzi qualsiasi, c’erano Brad e suo fratello, quest’ultimo suonava la chitarra e Brad gli era vicino. Alex gli rivolse un sorriso, che lui ricambiò, e smise di suonare.
-“Sentito? E’ completamente sballata”- disse Alex ridendo riferendosi alla chitarra. Brad rise.
-“E’ vero, però ha un qualcosa di diverso che non è male”- disse. Alex lo fissò per qualche attimo.
-“Già, è quello che chiamano un errore. Una chitarra da buttare”- disse assorto nei suoi pensieri, passando le dita sui tasti della chitarra- “ma magari è più un pezzo unico, una rarità, qualcosa di più unico che raro”- disse accennando un lieve sorriso – “Ci sono davvero poche cose così. E poche persone così”- aggiunse lui. Ora lo sguardo di Brad si spostò dalla chitarra agli occhi di suo fratello.
-“Voglio che la tenga tu”- concluse lui, senza dare a Brad il tempo di replicare –“per la tua persona più unica che rara, come lei”- disse riferendosi ancora alla chitarra.
-“Ma dai, lo sai che io no…”- disse Brad ridendo imbarazzato.
-“Senti lo so che dici che non è roba per te, però non lo puoi ancora sapere. Io credo che almeno una volta nella vita ci sarà quella persona che ci sembra maledettamente giusta, compatibile, che ci porta a fare cose per la maggior parte del tempo irrazionali.”- disse lui- “ però dicono sia la parte più bella di questa vita, e cazzo, io non voglio perdermela. Quindi ci devi credere, capito?”- concluse lui. Dopo un momento d’incertezza, Brad annuì.
Era questo.
Ecco perché Connor era spesso così indeciso, titubante e adesso aveva così tanta fame di vittoria. Ecco perché James ci teneva a stabilire un rapporto così profondo con Ariana, anche se a me era sembrato precoce e quasi senza senso. Ecco perché Tristan mi aveva chiesto così insistentemente di non tenerlo in sospeso. Ecco perché Brad mi aveva dato la sua chitarra. Ecco perché aveva fatto tutto quello che aveva fatto.
Non conoscevo il loro passato, le loro storie, anche se avevo sempre creduto il contrario agendo di conseguenza.
Era questo che mia nonna aveva cercato di dirmi per tutto quel tempo, ed io lo avevo capito solo in quel momento.
Cominciai a rivedere il buio più totale, il che all’inizio mi preoccupò. Poi mi accorsi che a mano a mano acquisivo sensibilità e percezione del mio corpo, cosa che non avevo avuto per tutto il tempo precedente. Sbattei con difficoltà e piuttosto lentamente le palpebre, e cominciai a vedere a poco a poco la luce ed a mettere a fuoco una qualsiasi stanza bianca ed anonima dell’ospedale. Percepii il ‘bip’ dei macchinari. Questo non era un flashback; era la mia vita.
Ed ero viva.
Sul mio letto, appoggiata in maniera scomoda, c’era una testa bionda con capelli scompigliati. Era la testa di Tris, l’avrei riconosciuta ovunque. Lui sembrò percepire i miei movimenti, in qualche modo.
Tirò su la testa, il che mi permise di notare le sue occhiaie: chissà per quante notti si era messo in quella posizione scomoda e non aveva dormito. Incredulo mi osservò attentamente, io ero molto spaesata.
-“Sei sveglia”- bisbigliò, facendo comparire un flebile sorriso sul suo volto – “SEI SVEGLIA”- urlò.
 
 

-Solito angolo-

Buonaseeera!
Mi dispiace troppo per questo ipersupermega ritardo, scusatemi davvero! Quando ho postato il capitolo 10 non ho ricevuto nessuna recensione per più di una settimana, ed avevo cominciato a pensare che nessuno si filasse più questa ff. Poi le recensioni sono arrivate (graziee), ma io ho dovuto dare la precedenza ad altre cose, tipo gli esami di settembre – che poi fortunatamente sono andati bene. Poi è subito arrivato l’inizio della scuola, sono all’ultimo anno di liceo e quindi non ho quasi mai trovato il modo di scrivere il capitolo.
Mi dispiace davvero, scusatemi. Non pensate che non voglia continuare, o lasciare il lavoro incompleto, assolutamente no. Però dovrò chiedervi di portare pazienza per i prossimi capitoli perché devo cercare un po’ di organizzarmi con tutte le cose che ho ed avrò in ballo. Comunque i capitoli arriveranno, spero avrete la pazienza di aspettarmi (mi impegnerò per far sì che sia il minor tempo possibile).
Nulla, spero che questo capitolo vi sia piaciuto anche se mi rendo conto che non sia proprio il top. Ovviamente il prossimo capitolo arriverà
quando e se ci sarà qualche recensione (as always).
A presto!
 

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Capitolo 12
*** 12 ***


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#Capitolo 12


 
Tutto ciò che venne dopo il mio risveglio fu un susseguirsi di azioni non meglio definite: Tris chiamò Ariana, James e Connor e al mio risveglio parteciparono anche le infermiere del reparto. Si erano tutti preoccupati per me, e a giudicare dalle loro facce, gli avevo tolto un grande peso.
Scoprii, in seguito alla visita medica, di essere stata in coma per un po’ più di una settimana pur rimanendo stabile, senza aver riportato danni più gravi di qualche bernoccolo: per l’incidente che avevo avuto, un vero frontale con un camion, potevo ritenermi più che fortunata. Per questi motivi, il dottore mi disse che probabilmente mi sarei sentita strana e stordita ancora per qualche giorno, e che non mi sarei dovuta stancare più di tanto; tuttavia ero libera di uscire dall’ospedale quando più credevo opportuno, non presentando sintomi di nessun tipo.
Avevo riacquisito il concetto spazio-temporale, ma non di certo grazie ad i miei amici. Lo sapevo. Sapevo che avevano paura di quello che certamente, prima o poi, avrei chiesto; e questo mi inquietava ancora di più. Ero sdraiata sul letto, e Tristan, Ariana, James, Connor erano intorno a me. Cercavano di parlare quanto più possibile, e temevano ogni attimo di silenzio, ogni attimo in cui avrei potuto dire qualcosa. Temevano le mie domande, speravano mi limitassi solo ad ascoltare. Parlavano di qualsiasi cosa, ad una velocità assurda, mi raccontavano tutto ciò che gli passasse per la mente.
Mentre Connor stava raccontando della sua ultima partita, bisbigliai un “lui dov’è?” ma il fatto che parlai piano permise loro di fingere di non aver sentito, anche se capii che in realtà avevano sentito, giudicando dalle occhiate che si scambiarono tutti.
Dopo Connor subentrò Ariana, con in mano una rivista di moda, che sapeva non interessarmi; eppure si impegnò molto nel descrivermi le nuove collezioni, appoggiando il giornale sul mio letto e tentando di farmi vedere il tutto. Eppure io non la seguivo, guardavo solo i suoi occhi in cerca del suo sguardo.
-“Lui dov’è?”- dissi interrompendo il tutto, sentii il respiro di Tristan, era come se lo avesse trattenuto da quando mi ero risvegliata. Nessuno parlava, tutti evitavano il mio sguardo e se ne scambiavano altri. Silenzio. Solo inquietante silenzio.
-“Se è morto vorrei saperlo, per favore”- dissi con una voce tremolante. In realtà no, avrei preferito non saperlo, avrei preferito che tutto questo non fosse successo. Ma non serviva a nulla scappare.
-“No, no. Non è morto”- disse Tristan affrettandosi, come per non peggiorare la situazione, sedendosi sul mio letto e toccando la mia mano. Io lo fissai, gli occhi mi bruciavano.
-“Ma non sta bene, vero?”- dissi, con la voce ancora più instabile, ci volle tanta forza per non piangere. Tutti si scambiarono degli sguardi, e quello che capii era che tutti preferivano che Tristan parlasse, una volta per tutte. Lui si voltò e prese un gran respiro.
-“Bhe. Brad non si è ancora svegliato dal coma, però è stabile”- disse abbassando lo sguardo. Ci fu una pausa.
-“E quando si risveglierà?”- chiesi ingenuamente, anche se conoscevo già la risposta. Tristan alzò le spalle e scosse lievemente la testa. Ci fu del silenzio.
-“Io mi sono risvegliata, perché non dovrebbe risvegliarsi anche lui, no?”- dissi scossa. Tristan mi rivolse un mezzo sorriso comprensivo. Sospirai, abbassando lo sguardo. Non sapevo proprio che dire.
L’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che oggi era il 3 gennaio. 3 gennaio… perché avevo così a cuore questa data? E poi mi venne in mente. Quella stessa sera i ragazzi sarebbero dovuti partire per il loro primo tour ufficiale. Andavano in giro per l’America, si facevano conoscere e sentire nelle città più famose, quasi come artisti di strada. Nulla di grande, ma per loro era importante dato che era la prima volta che si impegnavano come un manager. Dopo tanti sforzi, se lo meritavano.
-“A che ora partite stasera?”- chiesi di colpo. I ragazzi si guardarono.
-“A dire il vero pensavamo di non partire più, penso chiameremo il manager nel pomeriggio”- disse James.
-“Ma perché?”-chiesi sconvolta.
-“Perché tu stai così, e poi Brad è il nostro asso nella manica, non avrebbe senso andare”- mi spiegò Connor.
-“Bhe, Brad non andrà tanto lontano, ed io nemmeno. Il dottore ha detto che sto bene, e quindi se non mi affatico non succederà nulla”- Tristan, benchè abbattuto, sembrò divertito- “E poi siete una grande band perché siete tutti bravi, lo so che Brad è il vostro frontman, ma se intanto andate voi farete bela figura con il manager e vi conosceranno un po’. E quando Brad starà di nuovo bene, farete altri tour. E’ quello che vorrebbe per tutti”- dissi. Non ero così sicura di quello che avevo detto, non ero realmente così ottimista. Ma pensavo fosse la miglior cosa da dire, credevo davvero che ce la potessero fare. I ragazzi ne discussero per un po’, e scoprii che decisero di partire, Ariana compresa.
Passai il pomeriggio da sola dato che i ragazzi tornarono al college per prepararsi alla partenza. Alle 18 vennero tutti nella mia stanza per salutarmi, farmi raccomandazioni e per lasciarmi le chiavi della macchina. Li guardai dalla finestra del terzo piano dell’ospedale mentre si allontanavano con il loro pulmino per il tour.
Il dottore mi visitò nuovamente, e mi confermò di poter uscire quella sera stessa, a patto che non mi affaticassi. Preparai il mio borsone, indossai una felpa rossa e nera, una maglia bianca e dei semplici jeans, ovviamente anche sciarpa e cappello. Lasciai la mia camera e lentamente mi avviai all’uscita, passai lunghi corridoi nel silenzio più totale, ma qualcosa cambiò appena ne stavo per svoltare uno dei tanti.
Sentivo parlare una donna a voce molto alta, e perciò, invece di svoltare, mi fermai.
-“Le dico che ha mosso il dito, l’ho sentito”- la donna era di bassa statura, capelli castani, la vedevo solo da dietro. Sembrava disperata.
Poi capii. Dal vetro della camera vidi Brad, sdraiato ed inerme. Quella donna e quell’uomo non potevano essere altri che i suoi genitori. Una fitta allo stomaco mi colpì d’improvviso. L’uomo mise un braccio intorno alla donna come per calmarla, ma lei sembrava non volerne sapere nulla.
-“Dottore, mi ascolti”- implorò lei. Il dottore si avvicinò titubante.
-“Signora, non lo metto in dubbio. Il problema è che l’aver mosso un dito non rappresenta un segno incoraggiante in nessun modo. E’ più un segno neutrale, nel suo caso”- disse piano, quasi spaventato dalle reazioni della donna.
-“Che cosa intende dire per ‘il suo caso’?”- chiese stavolta l’uomo. Il dottore sospirò.
-“Signori Simpson, bisogna essere oggettivi. Vostro figlio è ormai in coma da parecchi giorni e non ha dato segni migliori di quelli di stabilità. Ci vuole qualcosa di più del muoversi di un dito per farci sperare che si riprenda.”- la donna affondò la testa nella giacca del marito, in un pianto disperato; l’uomo invece rimase impassibile.
-“Inoltre”- continuò il medico-“ anche se si dovesse risvegliare in tempi più o meno brevi, non so quanto positiva possa essere la sua situazione. Presenta tante ferite, e stando attaccato ad una macchina tutti i giorni perde sempre più tono muscolare”- concluse distaccato.
-“Cosa vuol dire?”- chiese il padre. Il dottore esitò per un attimo.
-“Se si dovesse risvegliare potrebbe non riuscire più a camminare e muoversi normalmente”- disse stavolta visibilmente dispiaciuto. L’uomo crollò, insieme alla donna, nel pianto più disperato.
Scappai attraverso i corridoi, uscii dall’edificio ed entrai subito in macchina, come se fosse stato il mio rifugio dal mondo esterno. Avevo davvero paura di quello che sarebbe potuto succedere, non sapevo che fare, ero così impotente. Guidai fino al college, non del tutto cosciente, se avevo trovato la strada era solo per la pura abitudine, perché non riuscivo a ragionare.
Una volta entrata in college, aprii la porta della camera, ora vuota. Non era cambiato molto dall’ultima volta che l’avevo vista. Mi buttai sul divano, la testa mi sembrava essere così pesante; forse era per i medicinali, il post-ospedale o per i pensieri che passavano veloci.
Avrei ricordato per tutta la mia vita quei pianti disperati. In parte era colpa del destino, eppure in una notte qualsiasi, in una strada qualsiasi di una città qualsiasi quel camion aveva colpito proprio noi. E l’altra parte del merito ovviamente era mio. Se non avessi creato questa situazione difficile, Brad non avrebbe sentito il bisogno di portarmi in macchina, se non avessimo cominciato a litigare non si sarebbe fermato e il camion avrebbe proceduto regolarmente. Se io e Brad non ci fossimo mai conosciuti, ora lui sarebbe in tour con i suoi amici invece che in un letto di ospedale con la vita appesa ad un filo; se non ci fossimo conosciuti ora io avrei fatto qualcosa di diverso dallo stare sdraiata su un divano con il mal di testa ed il senso di colpa che mi affliggevano.
Se non fossi comparsa dal nulla, tutto questo non sarebbe successo. Ero io il problema. E si sa, che quando i problemi scompaiano, le cose vanno meglio.
 
 



-Solito angolo-
 
‘Giornooo,
finalmente ho pubblicato un altro capitolo, dopo circa un mese, sono contenta di non avervi fatto aspettare più di tanto. So che questo capitolo è un po’ più corto rispetto agli altri, ma se avessi messo questi eventi insieme a quello che succederà tra poco sarebbe venuto sì un capitolo più lungo, ma anche troppo denso di avvenimenti. Quindi ho preferito spezzare, e tenterò di mettere il sequel al più presto. Spero davvero vi piaccia, perché non li ho trovati facili come avvenimenti da descrivere…
fatemi sapere che pensate! Cosa pensate “suggerisca” il finale di questo capitolo? Cosa pensate che farà Noah? Vediamo se qualcuno indovinaaa :P
Nulla, la scuola mi sta uccidendo lentamente ma spero ce la farò con tutto!
Come al solito, il prossimo capitolo
quando e se ci saranno recensioni.
A presto!
 

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Capitolo 13
*** 13 ***


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#Capitolo 13

 
Sentivo le urla, i pianti, la disperazione; ero ancora in quel corridoio di quel maledetto ospedale.
Mi mancava il respiro, sudavo e ansimavo sempre di più. Era terribile, non ero più in grado di ragionare e la vista mi si offuscava.
E poi finì tutto.
Era stato solo l’ennesimo incubo. Il medesimo, tremendo incubo che mi perseguitava da ormai quattro mesi.
Pensavo che andare via da Boston mi avrebbe aiutato,  che mi avrebbe resa più leggera: ma evidentemente non era così. Prendere il primo volo per andarmene dall’America, trovare un nuovo posto in cui stare, altro continente; nuova città, scuola e vita: pensavo funzionasse, e invece il mio piano si era rivelato un grande buco nell’acqua.
Quella fredda sera di inizio anno la ricordavo ancora come molto strana e frammentaria, avevo fatto le cose senza pensarci troppo, andando a naso, e questo non era da me. Avevo deciso che dovevo andarmene, perché era la cosa migliore. Londra era la migliore alternativa in cui potessi continuare gli studi, così mi preoccupai di prendere il primo volo per raggiungerla e trovare una scuola che potessi frequentare senza perdere l’anno. Contro ogni aspettativa, ce l’avevo fatta. La mia nuova scuola aveva tutto ciò di cui c’era bisogno, vivevo in un piccolo appartamento.
Avevo lasciato i ragazzi con un biglietto scritto di fretta, mi scusavo e spiegavo come la mia assenza fosse la cose migliore per tutti. Li pregavo di non cercarmi, da nessuna parte, e dovevo dire che avevano rispettato le mie scelte. Certo, trovarmi era davvero difficile: avevo disattivato facebook, instagram e i vari social; avevo cambiato numero e in giro mi facevo chiamare con il mio secondo nome “Leigh”.
Ai miei avevo detto che volevo solo cambiare aria, e che desideravo tornare in Europa per portare avanti gli studi ma essere comunque più vicina a loro. Non pensavo se la fossero bevuta, ma non mi avevano mai fatto domande dunque andava bene così.
Mi alzai dal letto, andai davanti alla finestra appena socchiusa che mi permetteva di vedere la città illuminata da un sole pallido, sentivo l’aria ancora fresca sulla pelle. Stavo bene, era tutto passato.
E invece non era così, non stavo bene e non ricordavo di essere stata mai tanto afflitta dal mio passato.
Avevo cercato di evitare il nome di Brad in ogni maniera, evitare di scoprire come stesse. Ma ora non potevo più.
Dovevo cercare la sua famiglia, che viveva a Londra, e scoprire qualcosa di più. Certo, non sapevo come. Mi misi al computer per cercare ogni recapito, ogni cosa che potesse portare a loro, e dopo un’ora di ricerca trovai il nome della via, nella periferia di Londra.
Mi vestii velocemente; indossai un cardigan nero, una canotta bianca e dei jeans strappati e presi distrattamente le chiavi della macchina. Non sapevo cosa avrei fatto, come avrei spiegato la mia sola presenza, ma sapevo che dovevo andare. Cominciavo a stupirmi di quanto impulsiva fossi diventata.
Dopo qualche minuto di viaggio, giunsi finalmente davanti alla casa di Brad. Era piccolina ed in tipico stile londinese. Dopo aver squadrato l’abitazione mi fiondai davanti alla porta d’ingresso, e suonai il campanello senza troppi indugi.
Una donna sulla quarantina, dai capelli biondi ma dagli stessi occhi marroni di Brad, mi aprì la porta.
-“Buongiorno”- disse lei
-“Salve”- risposi in tono incerto. Ci fu del silenzio.
-“Con chi ho il piacere di parlare?”- disse la donna perplessa
-“Sono Leigh”- dissi, tendendole la mano che con il suo tremore non mi aiutò a mascherare il nervosismo. Nel panico non seppi dire altro, riportando il tutto ad un tremendo silenzio.
-“E cosa posso fare per lei, Leigh?”- chiese lei dubbiosa. Sentii uno strano calore nel mio corpo, lo stesso che sale quando si è ad un vicolo cieco, senza via di scampo, mentre la mia mente viaggiava velocemente senza permettermi di distinguere i pensieri.
-“Sono venuta per un’intervista”- mi lasciai scivolare, non so nemmeno come –“per suo figlio Brad, membro dei ‘The Vamps’… è lei sua madre?”- continuai. La donna mi squadrò da capo a piedi, forse pensando che una giornalista non avrebbe indossato mai dei jeans strappati, o forse che Leigh era un nome strano, o forse che ero l’ennesima disturbatrice a cui sbattere la porta in faccia.
-“E’ strano, di solito non vengono mai da me per delle interviste su mio figlio”- disse perplessa, aprendomi la porta e facendomi cenno di seguirla nella sua casa. Mi fece accomodare su un divano di pelle, e si sedé davanti a me –“Non è così famoso”- disse poi con un sorriso, che mi fece sentire meglio.
-“In realtà sono venuta principalmente per aggiornarmi sulle sue condizioni di salute dopo l’incidente”- lei mi guardò con un’espressione vuota, e questo mi preoccupò –“ci sembrava invadente intervistare Brad in una situazione così delicata”- dissi, ora con un tono più incerto.
Silenzio.
Poi la donna sospirò.
-“Brad è in riabilitazione”- ringraziavo Dio di non saper dimostrare le mie emozioni.
-“Oh…”- dissi, presa in contropiede.
-“Sta facendo della fisioterapia, ma i risultati sono buoni”- disse con tono tranquillo.
-“Rischiava delle gravi complicazioni, mi sbaglio?”- chiesi, ancora su di giri.
-“Sì, i medici sono rimasti a bocca aperta nel vederlo risvegliarsi in piena consapevolezza”
-“E come è stato possibile?”- chiesi d’impulso. La donna tacque ed io temei di essere apparsa troppo invadente, e poco “professionale”.
-“Non saprei, penso che qualcuno lo abbia protetto”- disse, voltandosi  leggermente verso un tavolino dietro alle sue spalle, su cui era stata poggiata una foto di Brad, sulle spalle di suo fratello Alex.
Quell’immagine mi commosse particolarmente, immaginavo a stento il dolore che quella donna aveva provato, e provai un estremo senso di colpa nel pensare che in parte ne ero stata io la causa.
-“Se sapesse chi è stato la causa dell’incidente di suo figlio, chi o cosa lo ha distratto, lei… lei come reagirebbe?”- dissi con voce tremante. La donna mantenne il suo sguardo nel vuoto, e scosse leggermente il capo.
-“Io… io ho solo capito che certe cose succedono e basta. A volte le situazioni sono bloccate, e in qualche modo serve un aiuto per smuoverle, a volte più violento altre meno”- sembrava immersa nei suoi pensieri- “Quando Alex è morto ho capito che se fosse rimasto in vita io e mio marito probabilmente ci saremmo separati e Brad avrebbe avuto un’altra vita. Seppur nel male, io e mio marito ci siamo riconciliati per farci forza e darne a Brad. Era così che doveva andare forse”- parlava a ruota libera, senza pensare che teoricamente non sapevo chi fosse Alex, senza pensare che stava raccontando a me, una completa sconosciuta, dei fatti estremamente personali.
La nostra conversazione si concluse poco dopo, mi lasciò addosso una sensazione che a stento sapevo descrivere, dolce-amaro. Brad stava bene, in ripresa. Era un bene, no? Era quello che avevo desiderato. Eppure mi sentivo così terribilmente in sospeso, nel pensare che dopo quattro mesi ero lì, impotente di fronte alla mia situazione, pensando che se Brad non fosse più stato parte della mia vita forse sarei stata meglio, che avrei smesso di sentirmi sempre così. E subito dopo mi vergognai di quei pensieri, pensando a quanto egoista riuscissi ad essere, a volte.
Tornai nel mio appartamento, con la testa pesante. Cucinai distrattamente un piatto di pollo e riso, e mi sedei al tavolo pronta a mangiare. Improvvisamente squillò il mio cellulare, non riconobbi il numero ma decisi di rispondere ugualmente.
-“Pronto?”-
-“Ciao Noah” – il mio respiro si bloccò –“sono Tris”- disse
-“Ciao”- tentai di mantenere un tono quanto più normale possibile
-“… come va?”- chiese dopo una breve pausa
-“ bene”- dissi in tono vago- “ e come va…lì?”-
-“… bene”- disse Tris dopo un sospiro, e con tono triste -“so che non volevi essere contattata, ma avevo bisogno di sapere che stai bene”- disse.
Quelle sue parole mi spezzarono il cuore, ma trattenni le lacrime.
-“Sì… sì, sto bene”- dissi con voce tremante. Ci fu una pausa di silenzio, sentivo l’affanno di Tris.
-“Ti prego, torna a casa”-
 
 


-Solito angolo-
 
Holaa
Mi spiace di avervi fatto aspettare più di un mese per questo capitolo, spero la vostra attesa sia stata ben ripagata. Sono stata impegnata con molte cose, e anche se non sono ancora del tutto libera comincio a vedere un po’ di luce aka à si avvicinano le vacanze di Natale. Penso e spero il prossimo capitolo arriverà a breve, tenterò il possibile, perché le novità non sono del tutto finite e (come qualcuna aspettava),
Noah ritorna dai ragazzi c:
Fatemi sapere cosa pensate del capitolo, il prossimo verrà caricato al più presto come al solito
quando e se ci saranno recensioni. Per ora credo sia tutto
A presto!

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Capitolo 14
*** 14 ***


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#Capitolo 14


 
“Ti prego, torna a casa”.
Quelle erano state le ultime parole di Tris, le parole che mi avevano convinto a prenotare il biglietto aereo, tornare a Boston, affrontare tutto di nuovo.
Ultimamente continuavo a vagare da un posto ad un altro senza un motivo valido, dimostrando ancora di più quanto le mie idee fossero confuse, quanto non ci fosse un reale “perché” dietro le mie azioni, ma solo tanta voglia di scappare dagli inconvenienti- che era poi ciò che avevo fatto durante gli ultimi mesi.
Dopo qualche scalo, avevo fatto un volo di 11 ore e finalmente ne ero scesa, riprendendo la mia valigia. Quando le porte scorrevoli si aprirono al mio movimento, alzai lo sguardo e notai subito la figura di Tris. Quel giorno, si slanciava in tutta la sua altezza, in dei vestiti casual ma di uno stile sempre molto accurato, i capelli biondi spettinati, degli occhiali da sole neri e un sorriso che si aprì sul suo volto.
Mi fermai a pochi centimetri da lui, che si avvicinò senza esitazioni, stringendomi i fianchi e sussurrando un “bentornata”.
Quel gesto, aveva significato molto più di quanto avrebbe mai potuto esprimere in parole. Voleva dire “bentornata”, affetto, mancanza, casa, accoglienza, un sentimento puro.
Salimmo in macchina, senza parlare. Ero contenta che Tris non mi avesse bombardato di domande, come sicuramente avrebbe fatto chiunque altro. Tuttavia, quella volta ero io che avevo bisogno di capire, e ne sentii il bisogno ancora prima che mettesse in moto l’auto.
-“Come hai fatto?”- dissi di getto. Un vago sorriso comparve sul suo volto, come se se lo aspettasse-“ sì insomma… credevo di aver pensato a tutto e poi arrivi tu e boom, trovi il mio numero in 5 minuti”- dissi.
-“Probabilmente avevi pensato a tutto”- disse tranquillamente-“ il problema è, che io so bene cosa pensi il 90% del tempo”- disse serio-“ Mi sono intrufolato in segreteria, ho scoperto a che scuola avevano indirizzato i tuoi documenti, mi sono finto tuo fratello e con un po’ di sforzo ho ottenuto il tuo numero”- concluse tutto d’un fiato.
Ci fu del silenzio.
-“Ti dispiace che ti abbia chiamato?”- chiese
-“Sono contenta di essere qui”- dissi dopo un momento di riflessione. Presi fiato per porre un’altra domanda.
-“No, loro non lo sanno”- disse con un leggero sorriso sul volto. Io lo ricambiai leggermente, mentre allacciavo la mia cintura di sicurezza e Tris metteva in moto.
Il nostro viaggio passò nel silenzio, Tris guidava guardando la strada davanti a sé, ed io guardavo lui. Era un ragazzo oggettivamente bello, aveva dei lineamenti non perfetti ma sicuramente singolari, era intelligente e nell’insieme un ragazzo interessante, attraente. Non so perché mi soffermai sul quel pensiero; forse perché mi piaceva Tris. E non “piacere” nel senso romantico del termine, era una tra le persone di cui più gradivo la compagnia, che mi piaceva di più in tutta la mia vita.
Finalmente arrivammo davanti al college, nulla era cambiato. Dentro di me ci speravo, mi avrebbe fatto sentire meno strana, fuori luogo. Passai dietro la macchina per prendere la mia valigia, ma Tris mi bloccò dicendomi che l’avremmo presa dopo, e mi consigliò di andare in mensa a salutare tutti, dato che il mio arrivo era ancora sconosciuto al mondo.
Entrammo nel grande edificio di vetro, il profumo di cibo sembrò estremamente familiare, perché a quell’ora di tutti i giorni ne ero pervasa, per qualche mese era stata la mia routine. Quando arrivammo in cima alle rampe di scale, prima di svoltare nella sala, Tris afferrò la mia mano delicatamente e mi fece strada.
Ci avvicinammo al tavolo dei ragazzi, non avevo il coraggio di alzare lo sguardo, e mi nascondevo dietro l’altezza di Tris.
-“Guardate chi è tornato?”- disse Tris, si spostò alla mia sinistra, e finalmente trovai il coraggio di alzare gli occhi.
Notai dei sorrisi che si disegnavano sui volti di James, Connor, Ariana si alzò per abbracciarmi, per un momento un grande sorriso si disegnò anche sul volto di Brad e scomparve subito dopo, ma non ci prestai particolare attenzione.
Rimasi in piedi a chiacchierare con gli altri, con Tris al mio fianco, e dopo una decina di minuti notai che non avevo ancora scambiato una parola con Brad. Dopo aver finito di raccontare della mia breve esperienza a Londra, cadde il silenzio, e colsi il momento per parlare con Brad che era stato zitto per tutto quel tempo, anche se sentivo il suo sguardo su di me.
Spostai lo sguardo sul suo volto, i suoi occhi incrociarono subito i miei, perché non si erano mai spostati.
-“Ciao”- dissi piano, ma in tono calmo, anche se nascosi abilmente un po’ di nervosismo.
-“Ciao”- disse appoggiando i gomiti sul tavolo, e ricambiando con uno dei suoi sorrisi- “come stai?”- mi chiese tranquillamente, anche se un po’ in imbarazzo, tutti lo percepivano.
-“Me la cavo”- dissi ricambiando il suo sorriso-“ … e tu piuttosto?”- Brad aprì la bocca per proferire parola, ma venne preceduto.
-“Sta molto bene, finalmente”- disse Lauren, ponendo grande accento su quella parola, “finalmente”, che mi diede la sensazione di essere piena tanto di esasperazione quanto di rancore. La ragazza fece scivolare il suo braccio intorno al collo di Brad, lasciandogli un bacio sulla guancia; mi diede l’impressione di essere un segno per marcare il territorio, e a giudicare dall’imbarazzo di Brad e dagli sguardi che gli altri si erano scambiati, non ero la sola.
Perché sentiva la necessità di farlo di fronte a me? Non rappresentavo una minaccia in nessun modo.
Lauren Fernandez era sempre stata attratta da Brad, l’avevo vista scrivere il suo numero su un pezzo di carta e lasciarlo nella sua mano, senza pensarci troppo. Mi sembrava una ragazza tranquilla, certamente non vittima di risentimenti inesistenti, eppure si stava dimostrando tutto il contrario.
Tristan abbracciò delicatamente il mio fianco, dirigendomi in una direzione diversa, salutammo gli altri e scendemmo la rampa di scale per prendere la mia valigia e sistemare le mie cose in camera.
Arrivammo nel cortile e successivamente nel parcheggio. Ci fu del silenzio.
-“Lauren e Brad?”- dissi stranita. Una risata uscì da Tristan, si aspettava quella reazione.
-“Brad era rassegnato, si è guardato intorno e Lauren ha giocato bene la sua partita, semplice”- disse tranquillamente.
-“Va bene, è normale, lo capisco. La cosa non mi dà fastidio, non ne ho il diritto. Non vedo perché si debba comportare da cane da guardia però, come se Brad fosse una bistecca ed io un lupo mannaro”- sproloquiai.
Tris mi guardò divertito, facevo dei ragionamenti oltre la nostra dimensione quando le cose non mi quadravano.
-“A te non dà fastidio forse, ma a lei sì, lo sa che Brad prova qualcosa per te e la sua strada non è totalmente libera”- disse secco, mentre tirava giù la valigia.
Rimasi stupita da quel commento.
-“No Tris, non deve essere così, io… voglio lasciarvi spazio”- dissi in tono triste, riflessivo- “non voglio che faccia così, che faccia sentire così la sua ragazza-“ Tris ascoltava ma non rispondeva, mentre inseriva la chiave nella toppa della porta –“non dirmi che fai così anche tu con le ragazze che frequenti?”- dissi all’improvviso. Tris si fermò e voltò il suo sguardo verso di me.
-“Io non frequento altre ragazze”- disse immediato, aprendo la porta e lasciandomi dietro le sue spalle.
Era questo il punto. Andare via non era servito a nulla, aveva lasciato le cose come prima amplificandone solo i problemi. Era in definitiva una scelta sbagliata.
Quei pensieri mi presero ancora a lungo, per molti giorni, ma cercai di conviverci e di tornare alla regolarità delle lezioni, i pranzi e le cene alla mensa con tutti i ragazzi, Lauren inclusa.
 

*** una settimana dopo ***

Presi posto al tavolo, vicino ad Ariana e davanti a Connor, non parlai, esattamente come facevano gli altri. C’erano tutti, meno che Tris: la cosa non mi stupì, era ritardo la maggior parte delle volte.
Lo vidi poi entrare in mensa, svoltando da dietro la colonna prima della rampa di scale, esordì con un buongiorno ricambiato da mugugni, e mi lasciò una lettera che aveva trovato nella cassetta della posta.
La aprii incuriosita, notai che me l’avevano spedita i miei genitori, quando scollai la parte superiore della busta osservai un biglietto scritto a mano ed un biglietto aereo. Qualunque cosa fosse, non mi piaceva. Decisi di guardarla dopo, infilai il contenuto all’interno della busta, quando notai che le mie azioni si erano svolte sotto lo sguardo attento di Brad.
All’intervallo delle 11, presi posto su una panchina e mi decisi ad aprire quella lettera: era da parte dei miei genitori, che mi chiedevano di fargli visita, dato che ultimamente avevo viaggiato molto. In effetti non vedevo i miei da più di 6 mesi, e tranne qualche chiamata veloce non avevamo grandi contatti. Estrassi il biglietto, notando che mi avevano già prenotato e pagato il viaggio.
Alle mie spalle giunse Brad, che si sedé sulla panchina al mio fianco; istintivamente tentai di nascondere la busta, fallendo miseramente. Il suo sguardo si fermò sul biglietto aereo.
-“Riparti?”- chiese trattenendo per un attimo il respiro. Scossi la testa.
-“I miei vogliono che li vada a trovare per qualche giorno, e non penso accettino un ‘no’ come risposta…”-dissi sospirando, un sorriso comparì sul volto di Brad.
-“Bè, che c’è che non va?”- chiese. Io presi un lungo respiro e voltai gli occhi in basso.
-“Io voglio bene alla mia famiglia, ma… non sono delle persone facili. Non accettano che qualcosa sia differente da come se lo immaginano. Prima di uscire da casa, non mi sono mai sentita libera di esprimere me stessa, e…”-
-“E ora che ti sei liberata, non te la senti di vederli”- completò la mia frase. Ci fu un attimo di silenzio.
-“Esatto”- dissi piano rivolgendogli un sorriso triste –“non sopporterei il confronto con loro, so già che la mia intera vita per loro sembrerà un’assurdità”- conclusi.
-“ Dagli un’altra possibilità”- disse Brad dopo un attimo di silenzio- “magari questa è la volta buona per fargli vedere chi sei”- disse.
-“Non lo so…”- dissi dubbiosa.
-“Ti accompagnerò io, almeno non dovrai affrontarli da sola”- disse serio.
-“Non credo sia una buona idea, Brad”- dissi.
-“Perché no?”-  rispose risoluto.
-“Brad, Lauren è la tua ragazza”- dissi ad alta voce. Ci fu un momento di silenzio.
-“Lo so”- rispose piano, portando il suo sguardo altrove.
-“… e a giudicare dagli sguardi che mi lancia l’ultima cosa che vorrebbe è che noi due ci facessimo un viaggio insieme”- conclusi, cercando di riprendere un tono calmo.
-“Non c’è niente di male se approfitto per vedere il tuo paese, se vede qualcosa di sbagliato in questo, non penso ci sia molto da dire.”- rispose ovvio.
La sera stessa io e Brad eravamo pronti per partire, mi aveva convinto, semplicemente perché avevo capito quanto il mio impormi sulla volontà di Tris e Brad portasse ai risultati contrari. Salutammo velocemente tutti in mensa, Tris aveva detto che sarebbe arrivato con qualche minuto di ritardo.
Eravamo al parcheggio dietro al college, mentre caricavamo i bagagli su un taxi.
Vidi arrivare Tris di corsa, non disse niente, mi abbracciò solamente, uno dei suo abbracci lunghi, e poi mi rivolse un sorriso. Poi si avvicinò a Brad, si strinsero in un abbraccio fraterno, e sentii Tris mormorare un “prenditi cura di lei”.
A nostra sorpresa arrivò anche Lauren, per salutare nuovamente Brad, anche se lui non se l’aspettava. Mi diede quasi la sensazione di non volerla vedere, soprattutto quando Lauren lo baciò e lui ricambiò svogliatamente. A mia sorpresa si avvicinò anche a me, mi abbracciò e sussurrò al mio orecchio un “avvicinati troppo e facciamo i conti quando torni”.
Era ufficiale, Lauren mi vedeva come una minaccia.
 
 

 

-Solito angolo-


Hooola
Avevo promesso di caricare questo capitolo molto prima, scusate- mi dispiace!
Ho sempre avuto da fare, altre volte non mi sentivo ispirata, mentre oggi l’ispirazione è arrivata e dunque sono riuscita a scrivere, spero che questo capitolo vi piaccia!
Tenterò di caricare al più presto, tuttavia avrò molti impegni (tra cui la maturità che si avvicina, la patente e l’ammissione all’università); dunque
il capitolo arriverà, solo non vi posso promettere se tra una settimana o un mese.
Come al solito, il capitolo
quando e se ci saranno recensioni!
P.S.: raccontatemi un po’ del vostro Natale, se avete voglia!
A presto!

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Capitolo 15
*** Avviso per chi segue la storia! ***


Hola bella gente!

Non girerò molto intorno a quello che devo dire, sia perchè è piuttosto sbrigativo sia perchè non ho poi così tanto tempo.

Il 3 febbraio ho caricato il quattordicesimo capitolo di questa ff, che per giunta è sempre andata bene: mi avete dimostrato tanto apprezzamento e benchè non sia nè popolare nè un capolavoro un paio di recensioni le ho sempre ottenute. 

Ho deciso di aspettare un bel pò, di avere almeno una recensione per poi postare il capitolo successivo, ma non è arrivata. La cosa mi è dispiaciuta un pò, ma ovviamente non è una tragedia!

Il punto è che (anche precedentemente) ho notato che le visualizzazioni dei capitoli arrivano a numeri molto più grandi rispetto a quelli delle persone che seguono la storia o che comunque recensiscono. Ho motivo di credere dunque che ci siano molti lettori silenziosi, il che mi ha sempre fatto ugualmente piacere... come non potrebbe, mi fa piacere anche chi legge di sfuggita un solo capitolo!

Ho sempre richiesto qualche recensione per andare avanti, e sono sempre arrivate; considerando ciò che ho detto, ovvero che ci sono parecchie persone che leggono/seguono questa storia (ripeto,ne sono molto contenta) deduco che essendo mancate le recensioni questo mese la storia non sia più seguita, o comunque non vi piaccia più o la troviate noiosa.

Ripeto quello che ho detto sin dal primo capitolo, mi piace molto scrivere la storia anche perchè cerco sempre del tempo per scrivere i capitoli e scriverli bene, ma se vedo che nessuno dimostra interesse per la ff, smetterò di pubblicare. E questo non perchè sono una disperata in ricerca di attenzione (ahaha) ma perchè mi prendo il tempo di scriverla non solo perchè mi piace, ma anche perchè piace a voi, per condividere qualcosa, perchè l'apprezzate. E se tutto questo manca, terrò tutto questo per me, nella mia testa. Ho già raccontato che quest'anno per me sarà tosto (maturità, patente, ammissione all'università...), di tempo non ne ho molto, ma ho sempre ritagliato uno spazio per scrivere, però se nessuno legge ovviamente non ha senso.

Detto ciò,
qui è il punto: se avete piacere che la storia continui, recensite il capitolo 14 (se volete anche gli altri capitoli, se già non lo avete fatto!); inoltre gradirei recensiste questo "capitolo" - è più un annuncio però, non un effettivo capitolo -magari dicendomi ciò che vi piace/non piace nella storia, quali scene vi piacerebbe vedere di più/ di meno (ho comunque in mente una linea della storia, però terrò anche in conto i vostri commenti!), o tutto ciò che vorreste commentare a riguardo!
Dopodichè, valuterò il da farsi! Se qualcuno inserirà una recensione almeno al capitolo 14,
procederò con il prossimo, se invece dovesse tutto rimanere come ora deciderò comunque di aspettare un pò, e se in un mesetto da oggi nessuna recensione dovesse arrivare posterò poi un messaggio in cui vi confermerò la mia scelta. Infatti, se così dovesse essere dichiarerò la storia conclusa, e penso sarà la mia scelta definitiva a meno che a seguito più e più persone si dimostreranno assolutamente interessate.

Ora dunque sta a voi, penso di aver detto tutto.


A presto!

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